A King and his Knight

di Little_GirlMoon005
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** I ***









"Ah, allora è vero."
Ornstein fermò i propri passi, senza nemmeno voltarsi verso quella voce. "Te ne stai andando."
Quelle parole furono accompagnate da una risata aspra, ovattata dall'elmo che il Cavaliere indossava.

A rispondergli fu il silenzio di Ornstein. Non immaginava che Smough il Giustiziere si scomodasse tanto per vederlo partire.
"Lord Gwyndolin non sarà affatto felice."

Un'eco metallico risuonò tra le pareti quando qualcosa cadde sul pavimento di pietra. Smough parlò di nuovo, questa volta senza l'elmo.
"Mi chiedo come mi ricompenserebbe se gli presentassi il tuo cadavere. Se la fortuna è dalla mia parte, mi lascerà avere le tue ossa. Devo ammettere che il loro gusto mi ha intrigato a lungo."

Ornstein si voltò per affrontare il suo, ormai si può definire, ex collega, accigliandosi alla vista del viso scoperto di Smough. Se le circostanze fossero state diverse, lo avrebbe rimproverato per la sua insolenza. Istintivamente brandì la sua lancia, i nervi tesi e in atteggiamento difensivo, proprio come era solito fare. Nello stesso modo in cui Lui gli aveva insegnato.

"Le mie ossa potrebbero essere il mio regalo d'addio per te, vecchio amico." Disse Ornstein, sputando l'ultima parola con veleno, mentre sottili fili d'orati brillavano sulla sua armatura. "Ma solo se riesci a sconfiggermi. So che non mi mostrerai misericordia."
Anche se confidava nelle proprie capacità, Ornstein non osava mai sottovalutare Smough. Al boia non era mai stato concesso il titolo di Cavaliere di Gwyn, non perché fosse un debole.

Era forte, spietato e barbaro, uno che poteva uccidere Ornstein con un solo colpo se fosse stato colto alla sprovvista, egli stesso non era estraneo alla sua ferocia essendone stato testimone in innumerevoli occasioni. Era il suo ''vizio'' di voler divorare la carne umana che gli impediva di scalare di rango.

Il Giustiziere però non sembrava voler combattere. Non brandì il suo possente martello, come Ornstein si aspettava. In un certo senso ne era grato.
"No..." fece Smough, quasi con una smorfia disgustata. "Mi rendo conto che l'idea di mangiarti potrebbe... farmi venire la nausea. Le ossa di un buon cuore come te sono destinate a essere troppo dolci, e non voglio che i miei denti marciscano."

Mentre parlava si era avvicinato, lento, verso l'Ammazzadraghi.
Ornstein avrebbe potuto porre fine alla vita di Smough in un istante perforandogli il petto con un attacco a sorpresa. Eppure non fece niente.
"Non voglio combattere contro di te, Ornstein." Ammise Smough. "So bene cosa pensi di me. Non sei diverso da Lord Gwyn e dai tuoi cari cavalieri, nessuno di loro si è sforzato a nascondere il loro disprezzo nei miei confronti, un disprezzo che anche tu provi. Tuttavia... sei sempre stato gentile con me e ti sei tenuto per te le tue opinioni, trattandomi al tuo pari. Questo... è uno dei motivi per cui ti lascerò andare. "

Ornstein quasi ringhiò come un animale da sotto l'elmo, puntandogli la lancia contro. "Se pensi che io abbia bisogno della tua compassione, Smough... ti sbagli." sbottò. "Tienitela per te, convincerai qualcun'altro." Gli diede le spalle, pronto per andarsene via...
"Vero," rise il Giustiziere, "Allora tornerò al mio posto legittimo al fianco di lady Gwynevere, mentre tu lascerai questo posto in cerca del tuo re, uno sporco traditore."

Ma le ultime parole di Smough lo fecero bloccare sul posto. "Non osare parlare così di lui..." qualcosa si accese nell'animo di Ornstein, una furia che tentò di tenere a bada prima che gli facesse compiere gesti sconsiderati. Ma Smough volle rincarare la dose.
"Altrimenti che fai, micio? Mi graffierai? Sei proprio come lui... un traditore e un codardo!"

Fu la goccia che fece traboccare il vaso, quella che accecò la mente dell'Ammazzadraghi di rabbia pura, portandolo ad agire d'istinto e privo di logica.
Il suo corpo e le sue braccia si mossero così veloci che lo sguardo umano non poté seguire.
Si rese conto solo dopo di aver brandito la lancia, la lama penetrata affondo sulla giugulare del Giustiziere da qui stava scorrendo sangue. Per un umano qualsiasi sarebbe stata mortale, ma non per Smough, che con tutta la semplicità del mondo estrasse via la lama con la propria mano.

E invece che rispondere all'attacco, si limitò a ridere e a portarsi una mano sulla ferita, sporcandosela di sangue.
Non aveva distolto mai lo sguardo da quello di Ornstein.
"Lascia questo posto, Ornstein." disse. "Ma ricordati, ogni volta che ti ritroverai a rimpiangere questa decisione, che ricorderai i tempi in cui eri l'orgoglioso Capitano dei Cavalieri di Gwyn, ricordati... che Smough il Giustiziere è stato l'ultimo degno Cavaliere di Anor Londo."

Ornstein trattenne il respiro. Cercò di distogliere lo sguardo, ma sentì la mano di Smough afferrargli il pennacchio rosso sopra l'elmo, costringendolo a guardarlo. Sussultò a quel gesto, perchè quelli erano i suoi capelli.
"Artorias consumato dall'Abisso, Ciaran distrutta dal dolore, Gough reso cieco e rinchiuso in una torre, e ora, il loro capo, abbandona il suo dovere per seguire un traditore. I leggendari Cavalieri di Gwyn hanno fallito, ma io no. Tienilo a mente Ornstein, perché questo è l'altro motivo per cui ti lascerò andare via, vivo."

Per il Cavaliere era troppo, il ricordo dei suoi compagni caduti rischiò di farlo vacillare, e ringraziò di avere l'elmo che cevala il suo sguardo lucido.

Con grande sforzo si liberò dalla morsa di Smough. "Accomodati, Smough. La Cattedrale è tua, io... sono stanco di proteggere delle bugie!"
E si allontano il più possibile e velocemente da lui, senza voltarsi all'indietro. Poteva ancora udire la risata sadica di Smough incombere sui suoi pensieri. Smough non l'aveva fisicamente ferito, ma non poteva dire lo stesso del suo orgoglio, andato in pezzi.
Ma sarebbe guarito.

'Una volta che ti avrò trovato, tutto tornerà ad avere senso. Ne sono sicuro.'
E con questo ultimo pensiero che il Cavaliere lasciò definitivamente Anor Londo, la sua fasulla bellezza, i suoi finti Dei, e il suo finto Sole, per sempre.

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Capitolo 2
*** II ***





Il Cavaliere rimase esterrefatto alla vista della Vetta, baciata da un sole così brillante e alto nel cielo che irradiava tutto con una potenza che aveva quasi obliato in tutti questi anni. Avanzò con passo calmo, la Lancia ben stretta nella mano, compagna di mille battaglie e unica gloria che gli era rimasta, ammirrando quello che lo circondava.

Era molto tempo che Ornstein non vedeva un sole così.
Sembrava un posto perfetto per il primogenito di Gwyn, Dio della Guerra, Principe del Sole, esiliato dallo stesso Padre dopo quella che per il popolo di Lordran fu solo una tremenda disputa, ma Ornstein conosceva il vero motivo.

Gwyn fece in modo che nessuno ricordasse più la sua figura o addirittura il nome, che provvide a togliergli.
Tutti si dimenticarono di lui, tranne il suo fidato Cavaliere.
Lo aveva seguito, era stato addestrato da lui, ricordava il suo potere devastante ed il suo furioso spirito combattivo, unito alla sua profonda nobiltà d'animo e lungimiranza.

Ancora oggi, dopo tanto tempo, ricordava il suo nome, e l'avrebbe pronunciato ancora.



Il giorno in cui il Primogenito di Gwyn se ne andò, fu il giorno in cui Ornstein perse una parte importante di sè. Perse un Mentore, un grande Mentore, ma soprattutto perse un amico.
Il giorno in cui il Primogenito di Gwyn venne esiliato fu uno dei momenti che più di tutti lo tormentava, affogandolo nel senso di colpa più che mai.
E tutti col tempo avevano già scordato la figura, l'aspetto, il nome del Primogenito di Gwyn.

Tranne Ornstein, perché non poteva.
Non poteva scordarsi di lui. Aveva bisogno di aggrapparsi a quei ricordi, e nessuno, nemmeno Lord Gwyn stesso, poteva portarglieli via.

Dire che il suo nome venne cancellato sarebbe un eufemismo di quello che successe esattamente quel giorno.
Gli venne tolto tutto, il suo passato, il suo rango nobiliare, le sue gesta, tutto ciò che gli riguardava fu distrutto e bruciato, e la gente non poteva più permettersi di parlare di lui.

Ornstein non potrà mai perdonare se stesso per aver permesso tutto ciò.

Era la sera prima di quel fatidico giorno, e il rumore dei suoi stivali contro il pavimento era l'unico suono che rompeva il silenzio intorno a lui, mentre percorreva i corridoi di Anor Londo, la luna ormai alta nel cielo.
La stretta sulla Lancia era così forte che avrebbe potuta spezzarla in due, e l'elmo celava il suo viso preoccupato e malinconico.
Non fece caso alle occhiate perplesse delle persone che gli passarono a fianco, non aveva tempo per questo.

Infine arrivò davanti alle camere private del Primogenito di Gwyn, Figlio del sole, non esitò a battere le nocche contro la porta e attese. Udì i passi di qualcuno che si avvicinava, la maniglia che si abbassava e Ornstein entrò ancor prima di guardare il viso suo Signore.
"Vostra Altezza, mi spiace molto disturbarti così a tarda notte." annunciò Ornstein chinando il capo in segno di rispetto. Alzandolo incontrò gli occhi divini ma gentili del Principe, dello stesso colore del sole, due iridi dorate e scintillanti. Egli accennò un sorriso.

"Ornstein, amico mio, non sei costretto ad essere così formale con me." disse, la voce limpida e fresca. Una volta chiusa la porta, gli disse "Cosa ti porta qui? Deve essere molto importate, se non sei riuscito ad aspettare il giorno dopo."

Ornstein era congelato sul posto, stringendo la lancia fino a far tremare la mano. E il Principe capi' che la questione era grave, a giudicare dal silenzio del suo Cavaliere. 

"Devi lasciare questo posto, non è più sicuro per te." parlò infine Ornstein con voce pesante, più pesante dell'armatura che indossava, più pesante delle lacrime che minacciarono di rigargli il viso. Per fortuna aveva ancora l'elmo.
"Tuo Padre ha deciso di bandirti con l'accusa di tradimento, e se entro domani all'alba non abbadonerai Anor Londo vi ucciderà." Gli ci volle un grande sforzo nel pronunciare queste parole, e ancor di più alzare il volto per vedere la reazione del suo Principe.

Dall'altra parte il Primogenito di Gwyn rimase in silenzio, gli occhi che si velarono di tristezza e strinse labbra. "Ti ha mandato lui?" chiese. "No!" Si affrettò a rispondere Ornstein. "Ho deciso io di venire da voi.
Non m'importa se questo ne va del mio titolo... voglio solo... voglio solo proteggerti..."
Non riuscì a continuare sentendo un forte nodo alla gola che tento di mandare giù, senza successo.

Sentì le mani del suo Principe sulle spalle, e le sue dita si muoversi per togliergli con cura l'elmo. In quel momento, Ornstein abbassò il capo, contrito.
Si sentiva così vulnerabile senza di esso, il mostrare il proprio volto era qualcosa che accadeva solo tra i guerrieri che tenevano il più profondo rispetto e cura l'uno per l'altro.

Ornstein aveva mostrato il suo viso solo in presenza di Artorias, Ciaran e Gough. Soprattutto, l'aveva fatto quando era in compagnia del suo Principe. "Guardami," egli ordinò con voce mite. "Desidero almeno guardati un ultima volta, amico mio."

Fu troppo per l'animo di Ornstein. Lasciò cadere la lancia a terra, incurante del fragoroso suono che emise. Permise al suo Signore di guardarlo negli occhi color nocciola, gonfi e arrossati, il viso rigato dalle lacrime, e i capelli rossi che gli ricadevano sulle spalle.

Provò una vergogna immensa perché stava piangendo come un bambino davanti al suo Principe. Lo stesso Principe che lo attirò a sè in un abbraccio che Ornstein non esitò a ricambiare, affondando il viso sulla spalla e singhiozzando liberamente. Stettero così per alcuni minuti, ma che sembravano durare un eternità.

Ornstein lo stringeva a sè come se fosse la sua ancora di salvezza, il viso leggermente solleticato da alcune delle sottili ciocche di capelli del Principe, candide come la neve caduta.
"Ornstein," sussurrò il Primogenito, mentre accarezzava la schiena dell'amico. "Se mio padre viene a sapere che sei dalla mia parte... non oso immaginare cosa potrebbe farti...!" Ornstein si ritrovò a ridere amaramente. "Lo so, mio Principe." gemette. "Ma non sono solo."

Lentamente il Primogenito si allontanò dall'abbraccio, quanto bastava per guardarlo in viso. "Che vuoi dire?"
"Lord Gwyn aveva incaricato Ciaran e le sue Lame di giustiziarti l'indomani, ma... in questo momento sono pronte per farci fuggire da Palazzo senza destare sospetti."

Vide il suo Principe trattenere per un attimo il respiro. "Ornstein, ti prego... non siete costretti a fare questo per me. State rischiando molto...!"
"Lo so, e anche Ciaran," affermò deciso l'Ammazzadraghi, nonostante gli occhi ancora gonfi e rossi, "Ma non temono le possibili conseguenze! Persino Artorias sta facendo la sua parte, distraendo insieme a Sif le sentinelle nel loro turno di guardia." Il Principe non riuscì a trattenere un sorriso, di fronte a tanta fedeltà nei suoi confronti. "Grazie," disse, "Sono felice di non essere solo. Ma tu, Ornstein... devi restare qui."

"No!" L'Ammazzadraghi scosse il capo, "io verrò con te! Sei il mio Principe, è mio dovere servirti-"
"Proprio perché sono il tuo Principe, ti dico di restare!"

Ornstein aprì la bocca per replicare, ma ne uscì solo un sospiro. "L'unico macchiato di tradimento sono io, non tu." Riprese il Primogenito. "I Cavalieri d'Argento perderebbero il loro unico punto di riferimento, chi altri meglio di te può guidarli? E poi... credi che mi perdonerebbero, se ti portassi via con me? Artorias non esiterebbe a scagliarmi Sif sulla giugulare." aggiunse, e con sollievo vide il suo Cavaliere accennare un sorriso
 per la sua ultima frase.

"Sembra che non riesco a convincerti, mio Signore." borbottò Ornstein asciugandosi le guance col dorso della mano.
"Dove andrai, quindi? Quale posto sicuro troverai fuori Anor Londo?"

Il Primogenito di Gywn rimase in silenzio, soppesando alle prossime parole da dire. Poi disse, "C'è un posto, avvolto da voci e leggende, dove vivono uomini serpente, e dove splende sempre il sole. L'ho sognato molte volte, durante le mie meditazioni, ed è l'unico posto dove potrei essere al sicuro."
Ornstein non capì subito, perché lo guardò con un velo di confusione in viso. "Questo è ciò che posso dirti, ma so che capirai, sei sempre stato molto sveglio."

Il Primogenito gli prese una mano, porgendogli un piccolo oggetto sul palmo. "E forse le nostre strade si incroceranno nuovamente lì, un giorno, quando non dovremo più niente alla nostra gente. Non importa quanto tempo passerà, non ti dimenticarò mai, mio fidato Cavaliere."
Il Cavaliere dorato strinse tra le dita una piccola e semplice scintillante vena d'oro. L'ultimo dono da parte del suo Principe, e anche lui volle lasciargli un ricordo.

Prese nuovamente la sua lancia, e portò la lama affilata su una delle sue ciocche di capelli che tagliò di netto. Non aveva nessun gingillo da donargli, quella ciocca quindi era tutto ciò che poteva dare.
Infine, la strinse intorno al polso del suo Signore come se fosse un bracciale, mentre lui lo guardava con meraviglia.
Si rese conto del profondo significato di quel gesto che doveva valere così tanto per il suo Cavaliere, e fu lui questa volta ad avere gli occhi lucidi.

"Io non ti dimenticherò mai, mio Principe. E ti prometto, una volta compiuto il mio ultimo dovere, che ti troverò."


 


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Capitolo 3
*** III ***



Le voci sulle creature che popolavano la Vetta si rivelarono giuste, perché il Cavaliere si scontrò con due soldati dalla testa di serpente, che caddero inermi sotto i colpi della sua lancia. Potenza e eleganza erano -lo sono tutt'ora- due elementi che combaciavano perfettamente nello stile di combattimento di Ornstein.

Nonostante gli anni, era rimasto invariate anche se iniziava a non avere più la resistenza dei tempi in cui era uno dei Quattro cavalieri di Lord Gwyn.
Entrando nell'antica costruzione presente nella Vetta, il suo sguardo venne catturato da una delle ultime tracce del suo Signore: una statua, un'enorme raffigurazione del tutto simili a quelle che Lord Gwyn aveva distrutto in preda alla rabbia. Forse qui resa ancora più maestosa rispetto a quelle una volta presenti a Lordran.

Erano ricordi confusi, come se a vivere quei giorni fosse stato un altro guerriero, un altro cavaliere, forse... forte abbastanza da completare quell'ultimo compito. Piegò un ginocchio a terra inchinandosi davanti alla statua in segno di rispetto, portandosi la mano sul cuore, come faceva una volta davanti agli altari a Lui dedicati, in cerca di una Benedizione che lo proteggesse in battaglia.

Il rintocco di una campana risuonò nell'aria, forte e rimbombante. Da quando aveva raggiunto quel posto, ad intervalli regolare, una Campana lontana suonava. Che fosse Lui stesso l'artefice di quel suono? Ornstein non lo sapeva, ma si levò in piedi impugnando la sua lancia, andando avanti e uccidendo ogni creatura armata che osava intralciare il suo cammino, sopportando tutte le ferite che riceveva.

Non riuscì a godere di quelle vittorie mentre la lama della lancia perforava la pelle di quei draghi imperfetti, perchè non vi era onore in quelle uccisioni.
Non si voltò mai indietro, senza osservare i monti lontani da cui era fuggito, dimenticando i fantasmi che si era lasciato alle spalle, e coloro che aveva perso...






Ornstein fissò il Cavaliere d'avanti a sè, sconvolto. "Hai perso la ragione, Artorias!?"
Quasi gridò, tutt'altro che felice della decisione presa dal migliore dei suoi guerrieri. "Non muoverai un passo da qui, non sai nemmeno a cosa vai incontro!"

Il Cavaliere lupo affronto' il suo interlocutore, ''Ho giurato di proteggere queste terre e la loro gente, Capitano. Anche se il nemico é troppo potente, non verrò meno alla mia promessa.'' rispose. Ornstein prese un lungo sospiro, prima di parlare nuovamente, questa volta con voce più pacata.
''Artorias, sei il guerriero più valoroso che ho e quello dall'animo più puro... ma questa volta non avrai la mia approvazione. Non ora che abbiamo bisogno di te, che io ho bisogno te!''

''E per che cosa? Per proteggere una città che è solo l'ombra di se stessa?'' rispose Artorias. ''Sono stufo di vagare per questi corridoi, osservare soldati che non sono altro che mere illusioni, stare sempre allerta nel caso il tuo amico provi a divorare il giovane Gwyndolin!'' Ornstein avrebbe avuto da ridire sulla parte 'il tuo amico' ma rimase in silenzio, ascoltando le parole del Cavaliere lupo.

''Non sono così, Ornstein. E una volta nemmeno tu lo eri!'' Davanti a quella affermazione, il cavaliere dorato non seppe cosa dire, perchè aveva ragione. Niente era ormai lo stesso dopo gli avvenimenti che erano successi. ''Hai ragione...'' rispose solamente, privandosi dell'elmo per guardare direttamente negli occhi del Cavaliere lupo.

L'elmo venne posto su un piedistallo, dove una volta vi era una statua del Primogenito di Gwyn. ''Ma le cose ora sono diverse. Il nostro Lord si è sacrificato per tutti noi, e Gwyndolin è troppo giovane ed inesperto per prenderne il posto. E tocca a noi quindi guidare questa città.''
Artorias imitò il gesto dell'amico, togliendosi anche lui l'elmo. Il suo volto era chiaro, incorniciato da capelli neri e due occhi blu. ''Ma a quale prezzo? A cosa servono le nostre abilità se non possiamo nemmeno usarle per mantenere l'equilibrio nel regno?''

"Artoriascomprendo quello che provi, ma è un sacrificio che dobbiamo fareAnche se significa rinunciare alla cosa che desideriamo di più-"
"L'Ammazzadraghi che conosco non avrebbe detto questo! Avrebbe invece a cuore il bene della sua gente." sbottò il Cavaliere Lupo.
"Io ho a cuore la nostra gente, ma non puoi buttarti in un impresa di cui non conosci nemmeno i pericoli." ribatté Ornstein.

Artorias fece incarnare un sopracciglio. "Non posso?" Ribatté, quasi in un atteggiamento di sfida. "Scusa, Capitano... ma non ho intenzione di rinunciare." fece per andarsene ma venne prontamente fermato da una mano che gli afferrò il braccio. Le parole che Ornstein disse sorpresero il Cavaliere lupo. "Io non perderò un altro amico."

Il Cavaliere dorato aveva già subito la perdita del suo mentore, il primogenito di Lord Gwyn. Poi fu la volta di Gough, e Ornstein non avrebbe accettato di perdere anche Artorias: un amico testardo ed impulsivo ma, allo stesso tempo, dotato di immensa lealtà, che non avrebbe mai sostituito con nessun'altro al mondo.

"È solo questo...?" sussurrò Artorias non senza un sorriso sulle labbra. "Ti stai ammorbidendo col tempo, Capitano. Mi aspettavo la tua lancia sul mio collo, a fermarmi." Lo disse con tutta la tenerezza del mondo. Ma c'era anche della serietà in quelle parole. Sentì la presa del suo Capitano farsi più stretta. "Non sto ridendo Artorias." sbottò il Cavaliere dorato. Solo allora il Cavaliere lupo si accorse del luccichio che vi era negli occhi del suo amico. "Ornstein..." Artorias, nonostante il suo carattere, sapeva quando era il momento di essere serio.

"E da quando lui se ne andato?" chiese, il silenzio di Ornstein fu sufficiente come risposta. "So quanto sia difficile per te, accettare il fatto che il Primogenito si sia alleato coi nostri nemici, e che non vorresti perdere nessun'altro. Ma non chiedermi di rinunciare ad aiutare quella gente. Non potrei sopportare il solo pensiero che avrei potuto aiutarli e, invece, non ho fatto nulla e sono rimasto qui, a vagare per i corridoi senza uno scopo."

"Non cambierai mai idea, vero? Lo farai, qualunque cosa succeda?" disse Ornstein, la sua pareva una domanda ma in realtà era una constatazione, perché conosceva la risposta. "Qualcuno deve farlo." furono le parole che uscirono dalle labbra di Artorias.
Ornstein allora lasciò il braccio dell'amico, e disse, "Allora non ti impedirò di aiutare quella gente, anche perché sono sicuro che andrai lì ugualmente pure se ti rinchiudessi in una stanza. Promettimi comunque che non andrai lì da solo."

Artorias sorrise; ancora una volta aveva avuto la conferma che, qualunque difficoltà si palesasse, il legame d'amicizia tra i due era indistruttibile. Ornstein era il suo Capitano, un suo Superiore anche se a lui non piaceva questo termine, ma soprattutto era un amico, che lo conosceva più di chiunque altro.
"Porterò Sif con me, non preoccuparti. Ci guarderemo le spalle, come sempre!"

Ornstein emise una flebile risata, ''Quella piccola palla di pelo...!''
''Non è tanto piccola adesso, sai? Inoltre... è diventato un ottimo combattente, forse migliore di me.''
"Allora... sappi che è stato un onore essere tuo amico, e quando tornerai festeggeremo insieme." disse Ornstein con un sorriso porgendogli il braccio destro.

"L'onore è mio, Ornstein." rispose Artorias imitando il suo gesto stringendogli l'avambraccio, gesto che i due erano soliti compiere prima di salutarsi per una missione. Ornstein lo tira però a sé, stringendolo in un abbraccio del tutto inaspettato. Artorias ne rimase un attimo spiazzato, ma ricambiandolo poi con la stessa intensità.

"Ti auguro buona fortuna, amico mio." disse prima di sferrargli una poderosa pacca sulla schiena, e lasciarlo andare.
Il Cavaliere Lupo quindi si rimise l'elmo, rivolse un breve inchino prima di voltarsi e dirigersi verso il grande portone di legno che delimitata l'ingresso della sala.

Ornstein non lo sapeva ancora, ma quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto Artorias. E non perdonerà mai se stesso per aver permesso ciò.

 


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Capitolo 4
*** IV ***





Ad Anor Londo vi era un posto ben nascosto da occhi indiscreti, raggiungibile tramite le grandi e movibili scale a chiocciola. Per un mortale qualunque non era altro che una semplice stanza, vuota ad eccezione della statua raffigurante Gwyn stesso. Ma pochi sapevano che quella era una mera illusione, frutto di una magia molto potente che solo alcuni di loro potevano far svanire. Tra cui l'unico dei Cavalieri di Gwyn rimasto in vita.

Ornstein ne attraversò la barriera magica che svanì al suo passaggio, scendendone la rampa di scale presente. Giù, dopo un lungo corridoio, vi era un ampia stanza e in fondo una grande tomba. La tomba dedicata a Lord Gwyn.

Ma la stanza non fungeva solo da camera tombale. Quella era anche la camera dell'unica divinità, vera, rimasta ad Anor Londo. Gwyndolin, la Luna Oscura, il più giovane dei figli di Gwyn, si eresse dalla propria sedia alla vista dell'Ammazzadraghi. Le sue vesti erano candide come la neve, la corona sul capo dorata e scintillante i cui ornamenti ricordavano i raggi il sole, e sotto la gonna tanti serpenti che sibilavano tra loro.

''Saluti, Lord Gwyndolin.'' disse Ornstein inchinandosi poi al suo cospetto. La Luna Oscura fece un gesto con la mano, invitandolo a rialzarsi. ''Ornstein, mio caro, possiamo fare a meno delle formalità. Dimmi, cosa ti porta qui?'' rispose la Luna Oscura, delicato come una fanciulla. ''Ho preso la mia decisione.'' esclamò l'Ammazzadraghi senza esitazione. Gwyndolin non ebbe bisogno di altre parole, perchè capì esattamente a cosa si riferiva. ''Te ne andrai?''
''Si, mio signore.''

La Luna Oscura incrociò le mani, piccole e delicate, portandosele sul ventre, ''Sai quindi dov'e...?'' chiese, senza osare pronunciarne il nome. Nonostante i secoli passanti ancora non si sentiva a suo agio dirne il nome ad alta voce. ''Posso dire con certezza dove si trovi.'' rispose Ornstein. Gli Archivi del Duca erano fonte di grande conoscenza e Ornstein, per tutto quel tempo rimasto ad Anor Londo, ebbe la possibilità di fare delle ricerche inerenti al culto dei draghi, e il posto dove venivano venerati queste immense creature e dove i mortali potevano compiere la lunga e tortuosa Via del Drago, nella speranza di diventare anch'essi come le bestie che veneravano.

Tutto collegava a Lui, ed aveva perfettamente senso visto che Egli decise di schierarsi dalla parte dei Draghi.

''Dimmi quindi, dove si trova.''
''Lothric.''
Gwyndolin sussultò. ''E'... molto lontano. Ornstein sei sicuro di volerlo fare? Non intendo fermarti, ma voglio avere la certezza che tu sia pronto.''
''Lo sono, ho avuto molto tempo per pensarci e ho deciso. E' una promessa che Gli devo, e desidero mantenerla.'' continuò a parlare Ornstein, il tono calmo e sicuro, e Gwyndolin ne ebbe la certezza; era pronto. Notò, non senza un lieve sorriso, che l'Ammazzadraghi portava ancora il Suo anello al dito.

''Allora non farò nulla per impedirtelo. Ma prima che tu te ne vada, devo chiederti un'immenso favore. L'ultimo da parte mia.''
''Dimmi pure, mio signore.''
''Ho bisogno di un piccolo frammento della tua anima.''

La richiesta della Luna Oscura sorprese non poco l'Ammazzadraghi. Era usanza degli Dei reclamare anime o piccoli frammenti di essa, ma Ornstein non pensava di essere meritevole di tale credenza. ''Come volete.'' rispose, senza nessuna obbiezione. ''Grazie,'' disse la Luna Oscura. ''Per favore, in ginocchio,'' e Ornstein fece come gli era stato detto, rimanendo in attesa. Vide la Luna Oscura avvicinarsi, chinandosi anche lui e avvicinando le mani esattamente verso il suo petto. ''Cercherò di essere il più delicato possibile.''

Un tenue bagliore dorato avvolse le mani della Luna Oscura, Ornstein rimase immobile mentre percepiva un calore intenso penetrargli nello spesso strato di metallo dell'armatura, fino a raggiungere la sua pelle, e dentro. L'ammazzadraghi lasciò che le proprie palpebre si chiudessero mentre sentiva quel calore farsi strada dentro di se'. Era difficile da spiegare, era come se delle mani stessero modellando la propria anima, con cura ed estrema delicatezza.
Ad un certo punto quelle mani ne 'strapparono' una piccolissima parte, come quando si strappa un frammento di carta da un foglio.

Lui lo sentì chiaramente, ma fu inaspettato e lo fece sussultare.

''Perdonami,'' sussurrò Gwyndolin. Infine le mani della Luna Oscura, giunte a coppa, si allontanarono dal suo petto e nei suoi palmi si pote' intravedere un piccolissimo fascio di luce, avvolto da piccole fiamme che parevano danzarle intorno. Era veramente affascinante per quanto fosse piccola, e Ornstein ne rimase sbalordito. Non avrebbe mai pensato di vedere coi propri occhi la sua anima, o una piccola parte di essa. ''Grazie Ornstein, ne farò buon uso.'' disse Gwyndolin tenendola con cura. ''Dimmi come ti senti, caro.''

L'ammazzadraghi si levò lentamente in piedi, tastandosi il petto con una mano. ''Sto... bene, mio signore. E' qualcosa che non ho mai provato.'' rispose, ancora leggermente scosso da quella sensazione.

''Se posso, cosa ne vorrete fare?'' chiese, ma forse lo aveva già compreso consideranno i poteri illusori della Luna Oscura.
''E' per... mantenere le apparenze.'' rispose Gwyndolin. ''Sarà molto difficile rispetto ai Cavalieri d'argento. Sei un guerriero formidabile e il tuo stile di combattimento è ineguagliabile. Farò del mio meglio per crearne un illusione forte quanto te.''
''Capisco,'' disse Ornstein. ''Sono certo che farai del tuo meglio, mio signore. Permettete,'' si portò le mani al collo, cacciando un anello indossato a mo' di collana con un filo, porgendolo alla Luna Oscura. ''Tenetelo, io non ne ho più bisogno.'' l'anello in questione era l'Anello del Leone, donatogli quando venne eletto Primo Cavaliere di Gwyn.

Un simbolo che ora aveva perso il suo valore, ora non era altro che un misero anello con lo stemma di un leone inciso sopra.
La Luna Oscura gli rivolse un sorriso. ''Grazie, Ornstein. Immagino che... dovremmo dirci addio.'' sussurrò non senza un velo di tristezza. ''Mi auguro che il tuo viaggio sia sereno e privo di pericoli.'' L'Ammazzadraghi si inchinò profondamente davanti al giovane Dio della Luna. Quando fece per allontanarsi la voce di Gwyndolin lo fermò. ''Ornstein?''
''Si?''
''Se riuscirai ad Incontrarlo, chiedigli se si ricorda ancora di noi.'' disse con tutta la tenerezza del mondo. E l'Ammazzadraghi sorrise.
''Lo farò.''









L'enorme drago imperfetto infine giaceva inerme, esalando il suo ultimo respiro. Sangue fresco che imbrattava il terreno baciato dal sole, e l'Ammazzadraghi che respirava a pieni polmoni, mentre l'adrelanina lasciava il suo corpo.
Era passato troppo tempo da quando aveva lottato così duramente, e doveva ammettere che non aveva la forza di una volta nonostante se la cavasse ancora.

Una volta avrebbe provato un senso di soddisfazione nel vedere una di queste creature cadere sotto la sua lancia, ma ora non provava niente. Solo disgusto, verso se stesso.

Gemette di dolore quando, provando ad avanzare, sentì una terribile fitta sul fianco che lo costrinse a reggersi con la sua lancia per non crollare al suolo.
Poteva sentire il sangue scorrere da sotto l'armatura, piccole chiazze rosse gocciolarono sotto i suoi piedi e la sua spalla, lacerata da un colpo d'ascia, gridava dal dolore. Era sicuro che quelle non fossero le uniche ferite, con tutti i nemici che aveva incontrato, ma non gli importava.

Andò avanti, non curante del suo corpo che stava gridando dal dolore, non curante della scia di sangue che si lasciava ad ogni passo che compiva.
Il Cavaliere dorato, superò un cancello aperto che dava su un'enorme piazza, dopo aver battuto un'altro di quei draghi imperfetti che vi era di guardia.
Altro sangue che scorreva lungo il suo corpo e che macchiava la sua armatura.

Ciò che trova davanti a se' fu qualcosa che lo fece emozionare, e intimorire allo stesso tempo.
La piazza era disseminata di statue, raffiguranti le creature alate che lui aveva tanto odiato, che aveva ucciso nel corso della sua carriera da Ammazzadraghi. Tutte quelle opere intorno a lui lo soffocavano, quasi minacciandolo di tornare sui suoi passi, ma non era questo ciò che lo fece tremare.

No. Ciò che lo fece veramente emozionare era la figura di un uomo seduto non poco lontano, a gambe incrociate sul pavimento polveroso e pieno di ciottoli. Ornstein non si rese nemmeno conto del forte nodo alla gola che gli si era formato. Era esattamente come ricordava, eppure allo stesso tempo così diverso.

Aveva attraversato le montagne e regni distrutti. Ogni terra solitaria, piccola o grande che era. Nella vana, debole speranza di trovarlo.
Il suo Re. Il suo Signore. Il suo Amico. E ora l'aveva trovato. Era proprio lì, a pochi passi da lui, eppure nonostante fosse così vicino... Ornstein non riuscì a fare un passo. Vorrebbe solo inginocchiarsi, lasciarsi andare e cadere su quel pavimento, permettendo così al suo corpo di avere un attimo di tregua. La sua mano, quella con cui aveva sempre impugnato la lancia in una presa ferrea, ora tremava. Tremava per paura. La paura di essere odiato, la paura di non essere riconosciuto... la paura di essere ucciso.

Ma alla fine, quando il Primogenito di Gwyn posò lo sguardo su di lui, Ornstein ebbe la sicurezza di essere dove avrebbe dovuto esserci molto tempo fa.
E colui che ora si faceva chiamare Re senza Nome si alzò in piedi, avvicinandosi con passo lento. ''Hai... vagato lontano da casa tua, mio cavaliere.''

Una volta l'aspetto del Primogenito era a tutti gli effetti quella di un Principe Guerrafondaio, ora si avvicinava di più a quella di un antico saggio. Fu in quel momento che Ornstein tornò in se' e tutto ciò che riuscì a fare, tra i brividi di stupore uniti all'estrema sorpresa, era chinare il capo, gli occhi celati dall'elmo fissi sui propri piedi. Occhi offuscati da lacrime che minacciavano di rigargli il viso, soprattutto quando sentì una mano posarsi sulla propria spalla. Un gesto per nulla autoritario, ma che richiamava un amicizia lontana, intima, che era sopravvissuta nonostante i secoli.

Anche se non era possibile, Ornstein pote' chiaramente sentire il calore di quella mano anche attraverso la sua sporca, ammaccata e polverosa armatura dorata. Quando il Re parlò nuovamente, la sua voce era un flebile sussurro. ''Ti ci è voluto molto tempo per trovarmi...'' e quando Lui lo attirò dolcemente in un abbraccio, che sapeva di scuse mai dette, Ornstein si lasciò andare, dando sfogo a tutto il dolore e l'emozione che stava provando.

E quando la presa sull'arma si fece debole, il suono che emise contro il pavimento fu assordante. Spezzato via dai forti venti della Vetta dell'Arcidrago. Si sentì finalmente a casa.







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Capitolo 5
*** V ***









''Quando ti ho visto, lì davanti a me...  '' parlò il Re, lo sguardo puntato verso due giovani viverne che stavano volando nel cielo sereno. ''...per un attimo, ero convinto che fossi nient'altro che una mera illusione.'' A quelle parole, Ornstein smise di passare lo straccio umido sul suo elmo sporco, per volgere uno sguardo curioso verso il suo Re. Egli non disse altro fissando ancora il manto azzurro, la mente persa in pensieri che il suo cavaliere pote' immaginare, prima di volgere la sua attenzione al cucciolo di drago che gli si era appollaiato sulla spalla.

Aveva si e no le stesse dimenzioni di un gatto adulto, e Ornstein si chiese quanto grande e spaventoso fosse stato, una volta cresciuto.

''Un'illusione, mio signore?'' chiese con estrema esitazione. Da quando era arrivato alla Vetta, lui e il suo Re si erano scambiate poche parole. Ma a loro andava bene, il loro silenzio non era affatto opprimente, bensì quasi confortevole, perche' a volte parlando si rischiava di fare domande sbagliate, e rievocare ricordi spiacevoli.

Il Re senza Nome era particolarmente riservato su tutto ciò che lo riguardava, ogni volta che il suo cavaliere tentava di chiedere qualcosa relativo ai Draghi, o alla sua vita dopo essere stato esiliato, tutto ciò che riceveva era solamente silenzio, un silenzio che sapeva di tristezza. Quella era la prima volta che il suo Re iniziava una conversazione di sua spontanea volontà. E Ornstein non voleva che si fermasse, voleva sentirlo parlare. Voleva sapere. Sapere come il suo Re abbia vissuto, lontano da tutti, con nessuno con qui parlare e interagire -eccetto le creature alate-, marchiato come traditore e cancellato dalla storia.

Alla fine egli rispose, senza voltarsi.
''E' successo molto spesso. Erano come... echi del passato, resti di una vita che non mi apparteneva più.'' fece una breve pausa mentre alzava il braccio permettendo al cucciolo di drago di posarsi sul suo avambraccio. Gli diede una carezza sotto il muso. ''Ho visto... mio padre, una volta. Molto tempo dopo che la Fiamma è stata Vincolata.''

Ornstein osservò come la creatura fosse docile sotto i tocchi gentili del suo Re, come se fosse addomesticato, -anche se non gli piaceva affatto come termine-, ed era qualcosa che Ornstein non avrebbe mai pensato di vedere. Si rese conto di quanto fosse profonda la fiducia tra il suo Re e le creature di quel posto. Tuttavia, questo rispetto e amicizia verso i draghi, non era un qualcosa che il cavaliere era disposto ad aprirsi totalmente. Non subito.

Non era una sorpresa. Era stato chiamato Ammazzadraghi per un motivo, ed era temuto per quanti draghi aveva abbattuto sotto la sua lancia e i suoi dardi elettrici, tutto in nome di Gwyn. Eppure, mentre guardava il suo Re con quel giovane drago -a debita distanza, perchè nonostante nessuna di quelle creature avesse provato a fargli del male, Ornstein non si sentiva ancora al sicuro- si chiese perchè li avesse odiati. O forse, non li aveva mai odiati per davvero. Forse era semplicemente bravo ad uccidere creature grandi quattro o cinque volte più di lui, ed eseguiva i suoi ordini senza battere ciglio.

Era un pensiero che gli attanagliava la mente. E non riuscì a comprendere come il suo Re gli abbia permesso di restare qui, nonostante il suo passato da Ammazzadraghi potesse essere una minaccia per le creature del posto.

Vide il Re dare un ultima carezza al cucciolo, prima che questi prese il volo. Il lieve sorriso sulle sue labbra svanì lentamente, prima di voltarsi verso il suo cavaliere. Ornstein distolse velocemente lo sguardo tornando a pulire un altro pezzo d'armatura, eliminando il sangue secco tra le fessure e gli angoli del torace. Non osò rialzare lo sguardo, nemmeno quando lo sentì sedersi accanto a lui.

''Ho visto anche i miei fratelli, molto spesso...''
''Allora... ti ricordi ancora di loro?''
''Certo che li ricordo. Ricordo Gwyndolin, ricordo Gwynevere, e... ricordo gli altri.'' Il Re non osò pronunciarne i nomi, non chiese nemmeno se erano ancora vivi. Conosceva già la risposta, in un certo senso. E sentì che nel farlo poteva riaprire ferite nel cuore del Cavaliere.

''Dopo che tu sei stato... esiliato, anche loro se ne sono andati.'' parlò Ornstein, il cui movimento della mano sull'armatura si era fatto più lento. ''Prima Gough, poi quel testardo e... cocciuto di Artorias, e infine Ciaran ha lasciato che il dolore prendesse il sopravvento. Ho... lasciato che i miei compagni cadessero, li ho condotti alla morte... e ne sono consapevole.''

Si udì il tintinnio di piccole gocce d'acqua cadere sul metallo dell'armatura. ''Io... io invece sono ancora qua, quando... dovrei essere con loro. Non ho più un nome, non ho più passato, e non ho più la forza di un tempo. Ho lasciato che Anor Londo cadesse, ho abbandonato il mio dovere, e ho deluso tutti. Sopratutto, ho deluso te, l'unico che mi ha reso un vero cavaliere. Non era meglio se fossi stato un'illusione...?'' tenne ancora lo sguardo basso, anche quando sentì chiaramente il corpo del suo Re irrigidirsi a quelle parole.

''Non mi hai mai deluso,'' quando egli parlò, la sua voce fu così gentile che Ornstein percepì una stretta al cuore, guardandolo con leggero stupore. ''Anche se fosse, sono grato di averti qui.'' Il cavaliere chinò nuovamente la testa, incontrando il proprio riflesso sul metallo dorato, e quasi si stupì di vedere un lieve sorriso sul proprio volto. ''Mi prendi in giro...''
Ma il tono del Re divenne serio quando rispose, ''No, Ornstein. Mi sei mancato molto, davvero.''
Anche tu mi sei mancato. Vorrebbe tanto dire il cavaliere, ma alla fine decise di rimanere in silenzio.





Ornstein scoprì a suo malgrado quanto le notti sulla Vetta potessero essere fredde. E quando glie lo fece notare al suo Re, egli si limitò a ridere genuinamente, forse per la prima volta da quando mise piede sul posto. E proprio il giorno dopo una pila di vestiti era stata posta accuratamente su quella che poteva chiamare la sua camera. Erano vesti da materiali spessi, di pelli e pellicce, molto più calde della sua armatura. Da lì era diventato più piacevole trascorrere ogni sera nell'antica costruzione, camminando senza una meta precisa.

Il cavaliere non era una persona che dormiva molto. La sua era una vita di guerra e battaglie, una vita piena di pericoli che ti portavano ad essere vigile anche quando eri tra le coperte, ed era stato abituato ad affrontare intere giornate anche con poco sonno addosso. Anche in quest'epoca priva di draghi, dove i suoi talenti divennero pressocche' inutili, era un abitudine che non riusciva a far morire.

Le sere alla Vetta erano ancora più serene, con le viverne che dormivano e il suo calmo vento notturno. E quando Ornstein guardò l'orizzonte, non vide altro che una coltre di nuvole e montagne, e la luna che impregnava tutto con i suoi gelidi raggi. Era come se non esistesse altro al di fuori della Vetta. Come se fosse l'unico essere vivente in questo mondo.

Ma era un tipo di solitudine diverso, era piacevole, diversamente da quella che provava quando faceva la guardia ad Anor Londo. La bella cittadella era divenuta un posto ormai vuoto, freddo, la cui unica compagnia era quella di un cannibale spietato e mere illusioni sotto la sua sorveglianza. Passato da un potete guerriero che combatteva alla pari del suo Re, ad una sentinella solitaria in un posto colmo di menzogne che aveva iniziato il suo lento declino all'esilio del suo Re.

Ci fu un tempo in cui Ornstein l'aveva odiato. Odio che non aveva mai voluto riconoscere seppellendolo nel profondo del suo cuore, chiuso sotto chiave insieme ad altri sentimenti che non aveva mai osato mettere in mostra. Non l'aveva odiato per il suo tradimento, ne' per aver abbandonato tutti loro, ne' per aver abbandonato una città a se stessa, quando non vi era più un Lord a governarla. L'aveva odiato perche' l'aveva lasciato indietro, abbandonandolo ad un compito che perse significato col tempo, fino a quando Gwyndolin non fu l'unica divinità rimasta nella città.

E Ornstein ricordava perfettamente le lunghe e tormentate notti dove non si udiva nemmeno un suono in tutto il palazzo, dove era solo, dove il silenzio gli faceva tremare il cuore di paura, più di una tempesta di fulmini. Era una sensazione orribile, un vuoto che poteva colmare solo spargendo il sangue di tutti quei poveri non morti che osavano sfidare i pericoli di Anor Londo. Tutte vite che lui aveva strappato via senza pietà. Si passò una mano sul viso, sospirando profondamente cercando di scacciare via tutti quei pensieri. Pensieri che ora appartenevano ad un vecchio guerriero, e che non doveva più permettergli di tormentargli la mente.

Aveva odiato il suo Re, ma più di tutto odiava il fatto che non lo odiava, nemmeno un pochino.





Il Re senza nome aveva l'abitudine di meditare molto spesso. Molte volte Ornstein si univa a lui, perchè scoprì che meditare lo aiutava a liberare la mente. E qualche volta gli si sedeva accanto per leggere alcune pergamene rimaste intatte in quella che era una vecchia biblioteca della Vetta. Quasi tutti gli scritti parlavano della Via del Drago.
Gli uomini serpenti che vagavano tra le rovine non erano altro che il risultato non andato a buon fine di coloro che avevano tentato di trasformarsi in draghi. Altri invece non erano nemmeno sopravvisuti.

Seduto contro il muro di pietra, Ornstein era immerso nella sua lettura, di fronte a lui il Re concentrato nella sua meditazione, silenzioso e immobile. E senza rendersene conto, Ornstein lo fissò, ignorando la pergamena tra le mani. Intorno a loro i raggi del sole filtravano dolcemente tra le fessure della struttura e il vento muoveva i vecchi drappeggi appesi, insieme a delle piccole campane che emettevano il loro flebile tintinnio. E il suo Re che pareva una statua, per quanto fosse concetrato nella meditazione. Le gambe incrociate, la schiena dritta e le mani poggiate una sull'altra. Era una visione rilassante.

''Amico mio, cosa ti turba?''
La voce del suo Re lo fece trasalire un po', e Ornstein abbassò lo sguardo leggermente imbarazzato. ''Perdonami, ero... uhm, in sovrappensiero.'' balbettò, il suo Re interruppe la sua meditazione distendendo le gambe per mettersi in una posa più comoda. E le sue labbra si piegano in quello che era un sorriso divertito. ''Non preoccuparti, so bene che hai la tendenza a pensare troppo.''
''Beh, è vero...'' ribatte' sorridendo lievemente. Ai tempi, il Primogenito amava prenderlo un pochino in giro scherzando sui difetti del suo cavaliere, e per ripicca Ornstein faceva lo stesso ricordandogli quanto fosse testardo e impacciato come Principe.

''Ornstein, c'è qualcosa che ti preoccupa?''
''Io... mi stavo chiedendo... '' Ornstein esitò, incerto se continuare. Ma alla fine si fece coraggio. ''Cosa hai trovato nella Via del Drago di così importante, da decidere di lasciarti tutto alle spalle?'' per un attimo trattenne il respiro, temendo che il suo Re potesse infuriarsi per via della sua insistenza. Ma invece gli rispose, e gli raccontò tutto.

Gli raccontò di come considerava i metodi, le idee di suo padre sbagliate e sciocche. Di come l'Era dell'Oscurità non doveva essere così temuta, e di come la guerra coi Draghi non era giusta, e che la loro stirpe non aveva mai cercato una guerra con l'uomo.
Gli raccontò di come il dubbio instillò la sua mente nel momento in cui riuscì a domarne uno, e che forse non era suo desiderio sterminare tutti i draghi.
Gli confessò che l'idea di essere disconosciuti dalla propria famiglia era qualcosa che all'inizio l'aveva spaventato. Ma poi si rese conto che solo la libertà lo avrebbe reso un vero Re, padrone di se stesso e delle proprie scelte.

Gli raccontò di come suo padre non fosse altro uno stolto che rifiutava l'ordine naturale delle cose, e di come i draghi avevano invece scelto la strada dell'evoluzione pur di sopravvivere. E fu questa la strada che scelse, scelse di essere un tutt'uno coi draghi.
Gli raccontò della sua nuova vita con quelle creature, di come li aveva compresi col tempo e, a loro volta, i draghi lo avevano accettato. Di come avessero combattuto insieme, e di come gli piaceva volare nel cielo seduto sul loro dorso. E di come la Vetta era divenuta la loro Casa, e che l'avrebbe protetta a costo della vita.

Ornstein lo ascoltò attentamente, e quando il suo Re finì di parlare anch'egli gli pose delle domande. Il Re gli chiese dei suoi fratelli, degli altri cavalieri di Gwyn, e del loro destino. E il cavaliere si rese conto che, nel parlarne, non faceva più così male come prima. Così parlarono, parlarono molto, e infine pregarono insieme per loro, per le anime di coloro che lasciarono questo mondo. E si avvicinarono l'uno all'altro, senza rendersene conto. Ornstein aveva ormai smesso di indossare la sua armatura, e così sentì chiaramente la mano del Re sfiorare la sua.

Nonostante tutto quello che si dissero, Ornstein non gli parlò di un qualcosa che stava prendendo in considerazione da quando aveva iniziato le sue ricerche sulla Via del Drago. Non subito, almeno.











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Capitolo 6
*** VI ***










''Ti prego, non sei costretto a farlo.''
Ornstein sollevò lo sguardo verso il suo Re, e quello che vide nelle sue iridi dorate lo fece sorridere. Vi era un sottile ma evidente velo di preoccupazione, ma allo stesso tempo anche una sorta di accettazione, come se sapesse che Ornstein non si sarebbe mai tirato indietro sulla sua decisione. Forse vi era anche senso di colpa, ma su questo il cavaliere sperò di sbagliarsi.
''Lo so,'' egli rispose, ''ma voglio farlo, mio signore.''

Il Re strinse la pergamena che teneva tra le mani, spianandola poi su un tavolo mostrandone il suo contenuto. Su di essa vi erano formule antiche e parole scritte nella lingua dei draghi, riguardanti la Via del Drago. ''Perchè... hai preso questa decisione?'' chiese, la sua voce per un istante perve tremare.
Perchè... pensò Ornstein, Come se non fosse così evidente, come se il motivo non fosse chiaro come il sole.

Il cavaliere, seduto sul pavimento a gambe incrociate, osserva la lancia che stringeva tra le mani. Una volta la considerava il suo orgoglio, importante quanto la sua stessa vita. Ma apparteneva ad un vecchio Ammazzadraghi, un vecchio ricordo che era pronto abbandonare senza pensarci due volte. Pareva più pesante di quanto ricordasse.

''Desidero servirti di nuovo. Se seguire la Via del Drago è l'unico modo per farlo, così sia.'' rispose il cavaliere.
''Io non comando nessuno, Ornstein. Draghi, viverne... non sono miei servitori, sono alleati. Fratelli d'armi, e di battaglia.''
''Allora...'' tentò nuovamente Ornstein, ''lasciami combattere al tuo fianco ancora una volta. Come alleato, come facevamo una volta.''

Il Re ispirò profondamente e, nonostante fosse cotrario a ciò, non poteva ignorare la determinazione che bruciava negli occhi del suo cavaliere. Non era cambiato affatto, pensò il Re. Orgoglioso, deciso, determinato... tutte qualità che lo rendevano il migliore dei quattro cavalieri, ai tempi dell'era del fuoco, e che avevano catturato l'attenzione del Re, tanto da chiedere di avere lui come suo primo cavaliere.

''Potresti morire, Ornstein...'' gli disse il Re, in un ultimo tentativo di dissuaderlo da tale decisione, e come poteva biasimarlo? La via del Drago era lunga e tortuosa, e nessuno -nemmeno il suo Re- poteva garartirgli che ne sarebbe uscito vivo. Ma Ornstein non temeva più la morte, anzì forse sarebbe stata tra le sue ombre fitte e scure che avrebbe ritrovato la pace. ''Ne sono consapevole, mio signore, ma è un rischio che sono pronto a correre.'' lo rassicurò il cavaliere sorridendo.

Infine posò la lancia sul pavimento, congiungendo le mani una sopra l'altra all'altezza del ventre. Il Re si mosse superando il tavolo per avvicinarsi al suo cavaliere, per poi inginocchiarsi davanti a lui. Per un attimo fu come tornare indietro nel tempo, quando erano due giovani e sfacciati guerrieri che condividevano insieme brevi momenti di serenità in tempi di guerra. Ornstein nient'altro che una nuova recluta tra i Cavalieri d'Argento, e il Re ben lontano da farsi chiamare 'Dio della Guerra.'

''Non è buffo...?'' sussurrò, ''Il miglior Ammazzadraghi di tutta Lordran che abbandona tutto per diventare egli stesso un drago...?'' l'ironia di quelle parole nascondeva anche del dolore che Ornstein chiaramente percepì. ''Non ero il migliore, mio signore...'' ribattè, ''Hai dimenticato le tue gesta? La tua forza? Eri... una tempesta, e per me eri... per me eri tutto ciò che volevo essere.''

Il Re non disse nulla, limitandosi ad allungare le mani per prendere quelle del cavaliere e stringendole dolcemente. ''Ornstein, quando... me ne sono andato,'' potè sentire il cavaliere irrigidirsi -forse a causa di quel ricordo- e il Re gli accarezzò i dorsi delle mani coi pollici, come a volerlo confortare. ''ero pronto a tutto. Ero pronto ad essere odiato dalla mia famiglia, dai miei uomini, e da te. Sapevo cosa mi sarebbe successo, sapevo che sarei stato dimenticato, ed ho scelto comunque questa strada. Eppure, nonostante io non abbia rimpianti,'' si fermò per un attimo chiudendo gli occhi, ''non è stato facile, affatto.''

''Lo so.'' rispose Ornstein. E lui lo sapeva, più di chiunque altro. Era stato il suo primo cavaliere, il suo fratello d'armi, e il suo amico più intimo e fidato. Quindi Ornstein lo sapeva, e lo capiva.

''Le mie effigi sono state distrutte, tutto ciò che mi riguardava è stato bandito, i testi che parlavano delle mie gesta bruciate, qualsiasi cosa mi menzionasse... cancellata per sempre, e non mi è mai importato. Ma tu, Ornstein...'' una delle mani del Re si mosse per porgere una carezza sulla guancia lentiginiosa del cavaliere. Il polso ornato da una vecchia ciocca di capelli, crespi, il cui colore -un tempo di un vivido rosso fuoco- era sbiadito col tempo.

''Dopo tutto questo tempo, ricordi ancora il mio nome...?''
''Certo che lo ricordo.'' rispose Ornstein, la cui voce non era altro che un sussurro, ma il suo Re lo sentì chiaramente. Fece combaciare le loro fronti, entrambi con gli occhi chiusi e i visi che covavano dolore.

''Allora ti prego, Ornstein... Chiamami col mio nome, perchè qui non ci sono ne Signori, ne Re, ne cavalieri. Ma solamente uomini e draghi.''
''Gwynsen.'' e Ornstein fece come gli venne detto, e il suo nome lasciò le sue labbra. Quel nome cancellato dalla storia e dalla memoria, che legava il Re senza Nome a tutto ciò che aveva rinnegato. Ma anche a ciò che amava.

''Cosa vuoi che faccia con la tua armatura e la tua lancia?''
''Lasciale qui, a me non servono più. Sono pronto.''

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Capitolo 7
*** Epilogo. ***





La trasformazione in drago era come essere letteralmente fatti a pezzi.
Come se mani invisibili modellavano il tuo corpo a loro piacimento, senza che tu possa fare nulla per impedirlo.

Le ossa si allungavano e si spezzavano, i muscoli si tendevano e si laceravano, e la pelle bruciava come se fosse colpita da mille fulmini. L'odore era terribilmente simile a quello che Ornstein sentiva ogni volta che la sua lancia penetrava nella pelle di un Drago. Carne e scaglie che si scioglievano sotto i dardi elettrici. Era questo ciò che hanno provato tutti i draghi che aveva ucciso senza pietà...?

Sentiva il sangue bollire dentro di se', il suo corpo e la sua gola bruciavano come se fosse avvolto dalle fiamme. E con orrore si rese conto che era proprio fuoco quello che scorreva dentro di se', e il suo sangue non era altro che carburante che alimentava tale calore. Si chiese se era questa la sensazione di quando ci si vincolava alla Prima Fiamma, se fosse questo ciò che Gwyn provò quando si sacrificò per la luce del mondo.

Era terribile, più dolorso di qualsiasi ferita subita in battaglia, e di qualsiasi ustione sulla propria pelle.

Ci furono molti momenti in cui il dolore lo faceva urlare, il suo corpo scosso da spasmi di dolore che non riusciva a controllare, e questa era la cosa che odiava di più; il non riuscire ad avere il pieno controllo di se'.

Succedeva spesso e di notte, e il suo Re gli era sempre accanto. Nei suoi brevi momenti di lucidità, tra le lacrime che scorrevano libere sul suo viso, Ornstein poteva vederlo mentre lo teneva tra le braccia. E il Re lo stringeva a se' nonostante si dimenava come un animale in agonia, nonostante le sue mani -contorte fino ad assomigliare ad artigli- gli graffiassero le braccia, le vesti e il viso, nonostante i suoi lamenti simili a quelli di un drago erano così intensi da fargli venire il mal di testa.

Il suo Re era sempre con lui, anche quando Ornstein finalmente si calmava e il suo respiro tornava regolare. Gli rimaneva accanto sussurrandogli parole di conforto mentre puliva e fasciava ferite che involontariamente Ornstein si procurava o riapriva. E anche quando egli cadeva nel sonno, rannicchiato su se stesso e avvolto tra le pesanti coperte, il Re non lo lasciava mai. 

Aveva visto molti di loro intraprendere la via del drago, tanti non riuscivano a resistere, traditi dal proprio corpo, e così morivano senza rendersene conto. Ornstein era forse uno dei pochi che stava resistendo così a lungo, e ne stava subendo le conseguenze. Era terribile vederlo soffrire così, potendo fare ben poco per alleviare il suo dolore. Tutto ciò che poteva fare era stargli accanto, sperando che la morte non lo portasse via nel suo gelido abbraccio.
Tutto questo ogni giorno e ogni notte, per un tempo così lungo che il Re ne perse la cognizione.

E nonostante tutta questa sofferenza, Ornstein non ebbe mai paura, ne rimpianse mai questa scelta.








Passarono giorni, molti giorni, poi mesi ed anni. Molte cose sono successe su questa terra, niente che però li influenzasse.
Per loro ormai il tempo era obsoleto. Soli ed isolati dal resto del mondo.

La Vetta era diventata la loro casa, e nessuno osava più minacciare la quiete di quel posto. Non quando a proteggerla erano un Re, dimenticato e consumato dal tempo, e un fedele cavaliere, divenuto ora il maestoso e temibile Re delle Tempeste.
Hanno combattuto insieme, battaglia dopo battaglia, e insieme dominavano il cielo.

Ma quando un Campione della Cenere mette piede alla Vetta, in cerca di risposte e di un'anima potente, entrambi hanno quella terribile sensazione che il loro tempo stava per finire. E ancora una volta, scesero in battaglia, pronti a morire per proteggere tutto ciò che gli era rimasto.

I due Re si muovono in modo autonomo e, allo stesso, rimangono uniti quasi come se fossero un unico corpo. Si intendono, si capiscono a vicenda, e sanno come muoversi in una battaglia. Esattamente come ai vecchi tempi, combatterono insieme, implacabili e uniti da una profonda fiducia reciproca.
Una raffica di fuoco e fulmini riempe il campo di battaglia, il drago vola, colpisce e si tuffa sul nemico, e il Re scaglia dardi di luce, e la sua lancia ferisce il la creatura di cenere.

Ma non basta. Questa cenere è più forte di quanto sembri, e colpo dopo colpo ferisce il Re delle Tempeste. Ed egli resiste, tenta di non cadere, nonostante il dolore lo rallenti, lo renda meno agile. Resiste, fino a quando non ce la fa più, e cade sotto la lama del Campione di Cenere.

Quando il suo corpo incontra il pavimento, il mondo intorno a lui trema e tutto si ferma. La sua vista è sfocata, e un gelido freddo si insinua dentro di lui, lo stesso gelo che percepiva quando vagava nei corridoi vuoti di Anor Londo.
Quando era umano.

L'unico calore che percepisce è quello di una mano, la mano di Gwynsen, che gli concede un ultima e gentile carezza prima di conficcargli la lancia sul collo, un segno di pietà verso il suo amico in fin di vita, agonizzante in seguito a quella battaglia.

Nei suoi ultimi istanti di vita, Ornstein pote' sentire, anche per un breve istante, la voce di Artorias chiamarlo, accompagnato dalla giocosa e roca risata di Gough, quella flebile e dolce di Ciaran, e l'intenso abbagliare di un grande lupo grigio.
E poi vede nero.


Il Re senza nome ritrae la lancia dal collo del suo piumato compagno, l'arma che ora scintillava tra le sue mani piena di un potere che finalmente aveva uno scopo. E una silenziosa lacrima scende sul suo viso mentre punta la lancia tonante verso colui, colei, che lo aveva privato dell'ultima cosa che gli era rimasta.














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