Slice of life

di AlnyFMillen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Contatto ***
Capitolo 2: *** Astinenza ***
Capitolo 3: *** Donna ***
Capitolo 4: *** Paralisi ***
Capitolo 5: *** Sogno ***
Capitolo 6: *** Cicatrici ***
Capitolo 7: *** Scuse ***



Capitolo 1
*** Contatto ***


 
Titolo: Contatto
Rating: Giallo
Genere: Introspettivo, Romantico
Personaggi: Levi Ackerman, Petra Ral
Tipo di coppia: Het
Note: AU
 




Contatto.

Levi non era mai stato molto fisico, non lo era mai stato con nessuno. Sembrava che lo infastidisse, addirittura, la vicinanza di altri esseri umani e, come un gatto, si ritraeva ad ogni contatto indesiderato. Tollerava a malapena le pacche sulla spalla che Erwin alle volte gli riservava e sguisciava via veloce dalla presa di Hanji quando quella tentava di abbracciarlo con irruenza.
Conosceva pochi gesti d’affetto, sconosciuti ai più. Scompigliava i capelli di Isabel per dirle che era orgoglioso di lei, offriva da bere a Farlan se doveva scusarsi e prendeva a male parole Hanji per esprimere quanto le volesse bene.
Con Petra, in un certo senso, non era stato diverso: toccava il ginocchio con il suo quando erano seduti vicini, intrecciava le loro gambe mentre dormivano insieme, tratteneva appena le dita sulle sue quando le passava una tazza di the. Tutte piccole accortezze, alle volte immotivate, ma ricche di significato; intimità che a nessun’altro se non lei concedeva.
Eppure, da qualche tempo a quella parte, Petra aveva scoperto che Levi era anche molto altro. Non era solo l’uomo che si sentiva a disagio a tenerla per mano in pubblico, quello che le permetteva di camminargli accanto con le spalle che si sfioravano appena. Era anche l’uomo le toccava i fianchi quando facevano l’amore, quello che le mordeva il collo e le torturava i seni. Era l’uomo che le chiedeva silenziosamente il permesso prima di sfiorarla, che fremeva appena quando lei gli passava le mani sulla schiena, quello che nascondeva un’espressione impertinente e compiaciuta se la sentiva gemere sotto le sue attenzioni.
La prima volta che avevano fatto l’amore era stata umida ed incerta per entrambi. Si erano scoperti con lentezza, l’imbarazzo e i timori vinti dalla voglia di appartenersi.
Levi si era irrigidito appena mentre Petra sfiorava quei lembi di pelle intimi e privati che mai a nessuno aveva dato il permesso di toccare. L’aveva guardata mentre seguiva con i polpastrelli la linea dritta del suo naso, la mascella, il pomo d’Adamo e s’attardava un poco nel piccolo incavo alla base del collo. L’aveva vista alzare timidamente gli occhi nei suoi, chiedendogli il permesso per continuare a sfiorarlo, adorarlo.
Quella era stata forse la prima volta in cui Petra aveva davvero preso piena consapevolezza di quanto Levi fosse bello. Bello di una bellezza intensa, profonda, da bloccarle il respiro in gola, con gli occhi liquidi di desiderio e i ciuffi scomposti sulla fronte. Era arrossita a sua volta nel notare la lieve sfumatura pescata che gli aveva illuminato gli zigomi e, come ipnotizzata, aveva passato le dita su quelle labbra gonfie e rosse, che s’erano schiuse sotto il suo tocco lieve. Gli aveva carezzato le spalle, le braccia, il petto e l’aveva guidato a fare altrettanto.
Avevano amato e si erano lasciati amare, con calma e dedizione, senza fretta alcuna.
Levi non era mai stato molto fisico, ma da quella sera, mentre il respiro di Petra gli inondava il volto sudato e respirava affondo l’odore della sua pelle, aveva deciso che per lei avrebbe fatto un’eccezione.


 
[509 parole]

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Capitolo 2
*** Astinenza ***


 
Titolo: Astinenza
Rating: Giallo
Genere: Slice of life, Sentimentale, Divertente
Personaggi: Levi Ackermann, Petra Ral
Tipo di coppia: Het
Note: AU 




Astinenza.

Erano giorni che Petra si dannava e la situazione stava rapidamente sfuggendo al suo controllo. Aveva provato davvero di tutto, eppure nulla era riuscito a darle un po’ di sollievo.  
Non la lettura – i saggi non la distraevano abbastanza, i romanzi stimolavano sin troppo le sue fantasie e le poesie la sua decisamente fervida immaginazione.
Non la cucina – il forno era davvero troppo caldo e, quando si era ritrovata ad ansimare davanti all’impasto dell’ennesima torta, aveva deciso di darci un taglio.
Non la televisione – aveva gridato di frustrazione davanti una delle tante scene poco pulite di una delle serie che Hanji le aveva consigliato e, per sfogarsi, si era accanita con rabbia contro il pulsante di spegnimento del telecomando.
Petra bruciava ogni momento di più e la cosa la imbarazzava non poco. Aveva fatto di tutto per nasconderlo a se stessa, ma alla fine si era arresa.  
Il problema si era presentato quando, settimane prima, Levi aveva iniziato a lavorare sette giorni su sette senza tregua. L’uomo tornava a casa solo per poche ore, nei momenti più disparati, stanco come non l’aveva mai visto. E Petra sapeva che c’erano altre priorità, altre preoccupazioni a cui avrebbe dovuto dedicarsi, eppure non riusciva a non bruciare. Inutile ripetere quanto se ne vergognasse.
Dopo il fallimento delle serie tv, aveva preso la difficile quanto necessaria decisione di uscire di casa. Per sempre, si era detta, mentre fuggiva al profumo di lui che impregnava ogni lembo dell’abitazione. Si era iscritta ad un corso di yoga e, anche se sperimentare tutte quelle nuove posizioni non era stato proprio un toccasana per i suoi sogni ad occhi aperti, aveva trovato il modo di tirare avanti. Si era offerta di fare i turni full-time nei finesettimana alla mensa dei poveri e non si faceva certo pregare per gli straordinari al lavoro.
La sua vita era diventata frenetica, tanto che erano rari i momenti in cui riusciva a pensare. La mattina in doccia non aveva il tempo di indugiare sulle carezze dell’acqua calda, la sera era troppo stanca per attardarsi sulla vista del proprio corpo nudo quando si spogliava. Aveva trovato un equilibrio, un limbo che le consentiva di ridurre al minimo il problema e poggiava su un unico assunto di fondo: evitare, sempre e comunque, in tutti i modi possibili, il proprio fidanzato.
Le fu quindi difficoltoso mantenere la calma quando quella mattina, entrando in cucina per prepararsi la colazione, lo ritrovò appoggiato contro il lavabo. Quasi non si strozzò con la sua stessa saliva.
Levi teneva stretta tra le dita una tazza di coccio e, di tanto in tanto, la portava svogliatamente alla bocca – una bocca fresca e umida che voleva toccare e baciare e mordere – e Dio, quanto avrebbe voluto essere quella dannatissima tazza.
Petra aveva passato lo sguardo sugli avambracci scoperti, sulla pelle nuda del collo e sulla curva sinuosa che dal mento andava giù e giù fin dove le asole vuote della camicia le permettevano di arrivare. Aveva deglutito a vuoto, prima di passare la lingua sulle labbra improvvisamente secche.
L’uomo l’aveva guardata, le iridi scure ancora appannate dal sonno, e gli aveva dato il buongiorno con voce roca. S’era avvicinato a lei, le aveva baciato lieve la fronte.
Petra non aveva resistito e l’aveva tirato a sé. Il problema, contro le sue labbra, non le era mai sembrato tanto grande e tanto dolce.
Dannatissima astinenza.


 
[566 parole]

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Capitolo 3
*** Donna ***


 
Titolo: Donna
Rating: Verde
Genere: Introspettivo, Sentimentale
Personaggi: Levi Ackermann, Petra Ral
Tipo di coppia: Het
Note: Nessuna
 




Donna.

Alle volte essere donna ed essere un soldato era più complicato di quanto si potesse pensare.
Era stato complicato quando, la sera prima della sua prima spedizione al di fuori le mura, si era resa conto di dover tagliare i capelli per aumentare le sue possibilità di sopravvivenza. Mentre le ciocche chiare cadevano a mucchi sotto il suo tocco inesperto, la consapevolezza che non avrebbe mai più potuto lasciarli crescere l’aveva colpita forte, nella sua semplicità.
Era stato complicato quando, sedendo al tavolo con gli altri soldati, i ragazzi l’avevano trattata in modo diverso, da debole, solo perché era una donna. Sotto gli sguardi di compassione, scherno e tenerezza di chi la giudicava fragile, aveva deciso di non arrendersi, dare il massimo per non permettere a nessuno di farla mai più sentire indifesa o inferiore.
Era stato complicato quando, durante gli allenamenti sfiancanti, i seni le erano stati di intralcio e le cinghie della divisa l’avevano stretta nei punti sbagliati, lasciando segni che la imbruttivano e le raschiavano la pelle.
Col tempo, Petra ci aveva fatto l’abitudine e aveva trovato il modo di farsi rispettare. Picchiava forte tanto quanto un uomo, non perdeva tempo ad acconciarsi più del dovuto e camminava dritta, senza ancheggiare nemmeno un po’. La sua voce continuava ad essere sottile, il suo animo sensibile e i suoi fianchi pronunciati, ma era riuscita a trovare un equilibrio tra l’essere donna e l’essere un soldato, a pensarsi semplicemente come un essere umano. Aveva accettato quella nuova sé mestamente, senza farsene un problema.
Eppure, capitava ancora che essere donna ed essere soldato risultasse complicato. Capitava spesso, a dire il vero, se era in presenza del Capitano Levi.
Petra non s’era accorta, non subito. Lo aveva realizzato una mattina, durante il suo giorno libero. S’era alzata di buon’ora, quel giorno, aveva indossato una camicia pulita, un paio di pantaloni leggeri e aveva ammucchiato le lenzuola sporche in un catino. Si stava dirigendo verso la lavanderia, passando davanti all’entrata del campo d’addestramento, quando aveva incontrato il Capitano Levi.
L’uomo sedeva ai margini del campo, voltato nella sua direzione. La maglia sottile che indossava era incollata al torace per il caldo e i capelli gli ricadevano scomposti sulla fronte.
Petra l’aveva osservato qualche tempo, in un modo strano, incuriosito e poi affascinato. L’aveva guardato come una donna guarda un uomo e non come un soldato ne guarda un altro. Quando lui aveva incrociato il suo sguardo e le aveva fatto un cenno con il capo, era arrossita. S’era messa sull’attenti e aveva eseguito il saluto militare, per quanto il bacile che teneva fra le mani glielo permettesse. Poi aveva affrettato il passo.
Il cuore le batteva all’impazzata: si sentiva una ladra colta con le mani nel sacco ed era assurdo, perché non aveva effettivamente fatto nulla di male.
Mentre lasciava che i capelli le scivolassero in volto per coprire le guance rosse, aveva desiderato una chioma più lunga, più lucida e più curata. Tutt’a un tratto, s’era trovata a rimpiangere di non aver pitturato appena le sue labbra di rosso e di non aver indossato, al posto dei pantaloni e della camicetta, un bel vestito ricamato, di quelli che sua madre indossava quando era giovane.
Di punto in bianco, si era accorta di trovare il Capitano attraente e di voler apparire come una donna, oltre che un soldato, ai suoi occhi.


 
[559 parole]

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Capitolo 4
*** Paralisi ***


 
Titolo: Paralisi
Rating: Verde
Genere: Hurt/Comfort
Personaggi: Levi Ackermann, Petra Ral
Tipo di coppia: Het
Note: What if?, Spoiler!, Accenni di linguaggio scurrile
Altro: la fanfiction si svolge dopo l’infortunio di Levi, alla fine della guerra; Petra è sopravvissuta, ma costretta sulla sedia a rotelle
 




Paralisi.

Paralisi totale delle gambe: era quella la diagnosi definitiva, nulla di più e nulla di meno. Perdita permanente della capacità di muovere gli arti inferiori. In altre parole, fine dei giochi. Non c’era nulla da dire, nessun modo in cui lui avrebbe dovuto “prenderla”. L’aveva semplicemente presa nel culo, come spesso gli era accaduto nella vita.
Passava le giornate steso su una branda, aspettando che le ferite guarissero o che qualcuno, chiunque, decidesse di metter fine una volta per tutte alla sua vita. Una vita di merda, che a quanto pare sembrava non aver ancora finito con lui.
Era mattina inoltrata, non sapeva bene di quale giorno, quando due colpi alla porta l’avevano strappato alla sua insonnia, puntuali come sempre. Levi si era limitato a pronunciare un inutile “Avanti”, senza spostare lo sguardo verso la figura minuta che aveva varcato la soglia.
“Buongiorno, Capitano”.
Il cigolio di una sedia a rotelle, due tazze che sbattevano.
Petra era cambiata in quegli anni, complice la guerra che l’aveva costretta a crescere prima del previsto. Il viso era maturato, rendendola più adulta e meno bambina. I capelli chiari, ormai lunghi qualche dito sotto le spalle, le incorniciavano il volto con dolcezza e le guance avevano perso il grasso in eccesso.
Due cose, tuttavia, erano rimaste le stesse: il sorriso e gli occhi, che lo guardavano grandi e vividi.
“Come si sente?”
Levi aveva passato la lingua sui punti che gli cucivano parte delle labbra. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte, come succedeva abitualmente del resto, non sentiva più le gambe da un po’ e l’occhio gli tirava in modo atroce. Come cazzo vuoi che stia?, avrebbe voluto sputare. Tuttavia, non lo fece.
“Ho sete”, le aveva detto con voce impastata. Parlare non gli risultava ancora facile.
“Le ho portato il suo tè”.
Quelle parole davano a Levi uno strano senso di quiete e stabilità: gli ricordavano tempi in cui il mondo era più piccolo, più persone erano vive ed entrambi si reggevano sulle proprie gambe senza sforzo.  
La donna aveva posizionato sul comodino il vassoio che teneva poggiato alle gambe. Poi, come da prassi, lui aveva piantato i gomiti sul materasso e fatto leva per mettersi seduto. S’era sporto con la mano buona verso la tazzina e lei gli aveva versato la bevanda. Nonostante tutto, le loro prese erano ancora salde e ferme.
Dopo aver posato nuovamente la teiera sul ripiano, Petra si era diretta verso le finestre e, sporgendosi appena per arrivare alla maniglia, aveva spalancato le imposte. “Oggi è una bella giornata”.
Lo diceva tutte le mattine e Levi si chiedeva sempre come facesse ad asserirlo con tanta leggerezza.
Petra era confinata su una sedia a rotelle da ormai quattro lunghi anni. Era stata costretta ad abbandonare il campo di battaglia e a restare dietro le quinte, a Paradise, durante l’intera durata della guerra. Aveva perso gran parte dei suoi affetti: la sua squadra, i suoi compagni, la sua famiglia. Eppure, tutti i giorni si alzava – metaforicamente, ovvio – dal letto e gli portava il suo fottutissimo tè, come se nulla fosse.
Guardando il sole giocare con i suoi capelli dorati, Levi s’era chiesto chi tra di loro fosse davvero il più forte. E mentre Petra gli porgeva la mano per farsi restituire la tazzina, si era domandato quanto tempo ci sarebbe voluto ancora prima che riuscisse ad afferrare quelle dita per farsi trascinare nella luce.


 
[566 parole]

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Capitolo 5
*** Sogno ***


 
Titolo: Sogno
Rating: Arancione
Genere: Erotico, Romantico
Personaggi: Levi Ackermann, Petra Ral
Tipo di coppia: Het
Note: Lime
 




Sogno.

“Levi”, più un ansito, che un vero e proprio sussurro. Sudore, scontri di bocche e schiocchi di denti. Lingue che si cercano, che raschiano, leccano. Gemiti dapprima soffocati, poi improvvisi, a labbra schiuse. E morsi sulla pelle, graffi che lasceranno il segno.
“Levi”, ancora un sospiro, una supplica. Ed è bottoni saltati e cosce che si stringono. Sono polsi inchiodati al materasso, bacini che si incontrano. È calore e Petra ovunque, vicino a lui, sotto di lui, attorno a lui, che lo stringe e lo accoglie e lo bacia e lo ama. È così bello che non sembra vero.
E infatti non lo è.
 
Quando nel dormiveglia Levi aveva sentito il fruscio delle lenzuola che venivano sposate per l’ennesima volta, aveva pensato di impazzire. Il corpo di Petra premeva contro il suo, con un’impudenza che gli rendeva difficile respirare regolarmente. La ragazza s’agitava nel sonno, ignara delle conseguenze che i suoi movimenti stavano avendo su di lui in quegli istanti.
Non era da Levi fare sogni di un certo qual tipo, non era davvero da Levi. Eppure, quella mattina, era evidente che qualcuno, lì sotto alle coperte e fra le sue gambe, fosse già più sveglio e impettito che mai.
L’uomo era rimasto immobile per un attimo, un braccio sugli occhi stropicciati. Tentava di tornare a pensare lucidamente, capire cosa fosse reale e cosa no. Si era girato di mala grazia su un fianco: il profumo di Petra lo stordiva, il braccio che sembrava volerlo aiutare a scacciare le immagini tentatrici del sogno cingeva traditore la vita della ragazza.
Aveva aperto gli occhi per mettere a fuoco la situazione e il suo sguardo era caduto su un punto morbido e invitante del collo della ragazza, appena sotto l’orecchio. L’aveva osservato con intensità, prima di sporgersi a baciarlo, mordendo e succhiando appena. Sotto di lui, Petra aveva mugugnato qualcosa e, tirando una mano fuori da sotto il cuscino, gli aveva accarezzato i capelli, ancora intontita.
Il palmo era scivolato verso l’alto, percorrendole la pancia scoperta sino al petto, mentre le labbra lambivano ancora il collo, la spalla nuda. Aveva raccolto un seno, l’aveva stretto appena.
Petra aveva aperto gli occhi, intuendo le intenzioni del fidanzato. “Levi”, l’aveva rimproverato, svogliatamente e con voce impastata dal sonno. “Sto dormendo”, si era lamentata. Le dita dell’altro correvano ad accarezzarle la schiena, i fianchi, le cosce. Prima che potesse accorgersene, la biancheria era già scivolata lungo le sue gambe e il petto nudo di Levi le aderiva alla schiena.
“Sarò veloce, non hai bisogno di svegliarti”, voce roca e brividi ovunque.
Lei lo aveva chiamato di nuovo, più un ansito che una vera e propria protesta.  Levi l’aveva presa mentre ancora era distesa a pancia in giù e Petra gemeva già forte quando l’aveva voltata supina per far incontrare le loro bocche.
Ed erano stati respiri affannosi, volti arrossati e gambe che si piegavano. Erano mani che si stringevano, bacini che si incontravano, saliva e sudore che si mischiavano. Era calore e Petra ovunque, vicino a lui, sotto di lui, attorno a lui, che lo stringeva e lo accoglieva e lo baciava e lo amava.


 
[519 parole]

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Capitolo 6
*** Cicatrici ***


 
Titolo: Cicatrici
Rating: Verde
Genere: Hurt/Comfort
Personaggi: Levi Ackermann, Petra Ral, Hanji Zoe
Tipo di coppia: Het
Note: Nessuna, Ispirata alla fan art 
 

  
 



Cicatrici.

L’odore del disinfettante pizzicava fastidiosamente gli occhi di Petra che, stesa sulla brandina dell’ufficio di Hanji, aspettava che la compagna finisse di medicarle il costato. La missione l’aveva ridotta piuttosto male, quella volta: una ferita abbastanza profonda le percorreva il ventre, appena sotto il seno, e numerosi graffi solcavano le braccia, le spalle e il viso.
“Bene Petra, ho finito”.
“La ringrazio davvero, Caposquadra. Mi dispiace di averla disturbata”.
Hanji, come sempre, le aveva sorriso per rassicurarla. “Figurati, sono felice che le mie capacità, anche se minime, possano aiutare”.
Petra aveva tirato su il busto nudo, coprendosi appena il petto con la maglia. S’era sfiorata delicatamente la guancia destra, dove un cerotto bianco faceva bella mostra di sé e la pelle tirava in modo doloroso.
La Caposquadra aveva racimolato i propri strumenti. Mentre li riponeva nell’apposita valigetta, le aveva strizzato l’occhio con aria complice, strappandole un sorriso. “Dura la vita delle donne nell’esercito, eh”.
Lei aveva riso piano. “Non penso che potrei mai piacere ad un uomo, con tutte queste cicatrici”. Era arrossita e aveva fissato le proprie mani. Sussurrava appena. “Non ho un compagno, ma… L-Lei ci pensa mai?”
La donna ci aveva pensato su prima di parlare. Poi il rumore della porta che s’apriva con violenza aveva coperto le sue parole.
“Quattrocchi, sto entrando”.
Hanji, con una prontezza d’animo che lei non aveva avuto, le si era spostata davanti per coprirla. “Levi”, l’aveva poi salutato, aggiustandosi gli occhiali sul naso. “Dovresti avvertire, prima di entrare”.
“Come stanno le ferite di Petra?”, l’uomo, come prevedibile, l’aveva ignorata.
“Dovrà riposare per due settimane, ma niente ossa rotte”.
Petra si era apprestata a coprirsi il seno come meglio poteva. Rossa di vergogna e di imbarazzo, non riusciva a guardare il proprio superiore in volto e si limitava a tenere lo sguardo chino sulla maglia che stringeva al petto. “Mi dispiace Caporale”, aveva pigolato. “Ho causato così tanti problemi e preoccupazioni”.
Il Caporale aveva aggirato il letto e le aveva preso il viso tra le dita senza troppe cerimonie. L’aveva scrutata con sguardo attento, quasi clinico, inclinandole leggermente la testa da un lato e dall’altro.
“Sono permanenti?”, aveva chiesto, sempre rivolto ad Hanji. Si riferiva alle cicatrici che le costellavano il volto.
“Quelle probabilmente spariranno”.
“Mi dispiace di averla fatta preoccupare”. Petra aveva alzato un poco la voce, per evitare di essere ignorata ancora.
Levi si era quasi accigliato. “Hai fatto il tuo dovere di soldato e sei tornata viva, non hai motivi per scusarti”. L’uomo aveva allontanato le dita dalle sue guance, pur continuando a guardarla. “Dato che sei una donna, spero solo che le cicatrici sul tuo viso svaniscano”.
Petra l’aveva guardato a sua volta, gli occhi grandi di stupore, le ciglia che cominciavano ad inumidirsi.
Avrebbe ringraziato Hanji, dopo, per essersi intromessa.
“Bene, bene”, aveva detto la donna. “Ti pare il modo di comportarsi, Levi? Pervertito! Avvicinarsi così ad una ragazza mezza nuda… È ora che tu te ne vada, altrimenti Petra non potrà rivestirsi”. Aveva spinto l’uomo fuori dalla stanza, tra deboli proteste ed insulti. Chiusa la porta, s’era voltata di nuovo verso Petra, che singhiozzava silenziosamente.
La Caposquadra aveva sorriso, intenerita. L’aveva incoraggiata, passandole una mano sul capo per rassicurarla. “Levi non può far a meno di pensare che tu sia carina, per questo vuole che ti prenda cura di te”, le aveva rivelato. “Sei stata fortunata a tornare viva oggi, Petra”.


 
[564 parole]

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Capitolo 7
*** Scuse ***



Titolo: Scuse
Rating: Verde
Genere: Slice of Life, Demenziale
Personaggi: Levi Ackermann, Petra Ral, Erd Gin
Tipo di coppia: Het
Note: AU
Avvertenze dell’autrice: Sì, è demenziale e no-sense, ma ho sentito il bisogno di scriverla comunque. 




Scuse.

Quando aveva portato alle labbra l’ennesimo bicchiere, Erd aveva scosso la testa in segno di disapprovazione.
Lei, per tutta risposta, aveva oscillato la mano su e giù, sbiascicando un qualche verso di protesta. Se avesse saputo prima che l’avrebbe trattata come una ragazzina alla sua prima birra, si sarebbe rivolta a qualcun altro. Magari a Gunter o ad Auruo. Ecco, sicuramente Auruo non le avrebbe levato i bicchieri dalle mani traballanti. Forse avrebbe fatto lo scemo con lei, ma almeno l’avrebbe lasciata bere in santa pace. Erd, invece, continuava ad essere la voce della sua coscienza e Petra non voleva proprio ascoltare niente di ragionevole, in quel momento.
Aveva osservato il liquido ambrato del cocktail vorticare un po’ sotto i suoi occhi, prima di prendere una nuova lunga sorsata. Era talmente intontita che, quando il tavolo aveva iniziato a vibrare, l’amico le aveva dovuto indicare lo smartphone che si agitava spasmodicamente tra un bicchiere e l’altro.
“Ti stanno chiamando”.
Lei aveva mugugnato un’altra risposta poco carina ed era tornata al proprio bicchiere, l’espressione imbronciata. Il telefono si era acquietato per qualche attimo, per poi riprendere a suonare, ancora e ancora. Alla fine, col grande disappunto di Petra, che aveva tentato di impedirglielo, Erd s’era arrischiato a prendere in mano il cellulare. Dopo aver letto il mittente, aveva imprecato: “Levi sta arrivando”. Breve, lapidale.
La ragazza s’era imbronciata ancora di più. Gli aveva lanciato qualche insulto, incolpandolo di essere un pessimo amico, un pessimo compagno di bevute e, per di più, uno spione. Finiti gli insulti, si era chiusa nel mutismo più totale, lasciando che il risucchio fastidioso della cannuccia dalla quale beveva parlasse per lei.
Erd aveva davvero pregato che Levi arrivasse al più presto, ma quando l’uomo aveva finalmente varcato la porta del locale, il pensiero che sarebbe stato davvero più saggio evitare di rispondergli si era fatto strada nella sua mente.
Levi aveva raggiunto il tavolo che stavano occupando a passo di marcia, lo sguardo affilato fisso sulla ragazza. “Ti porto a casa”, le aveva detto, il tono atono che non ammetteva repliche.
“Te lo scordi”, aveva borbottato la rossa di rimando e, se non fosse stata lei, Erd era sicuro che Levi gli avrebbe staccato la testa di netto all’istante. “Non mi muovo da qui finché non ti scusi”. In quel momento, Petra non se lo ricordava nemmeno bene il motivo per cui avevano litigato, ma sapeva di pretendere delle scuse.
“Petra sei ubriaca”. L'uomo sibilava.
“Ma che ubriaca e ubriaca”. La ragazza aveva teso la mano verso di lui con il palmo verso l’alto, come aspettando che le consegnasse qualcosa. “Le tue scuse”.
Levi aveva assottigliato gli occhi e serrato la mascella. Erd aveva fatto del suo meglio per andarsene con discrezione, per lasciarli parlare, ma alla fine era fuggito a gambe levate tra la calca del bar. Prima di imboccare l’uscita, aveva sentito Petra sbiascicare qualcosa a squarciagola – “Avete sentito gente? Levi Ackerman mi ha chiesto scusa!” – e gli era quasi parso di vedere la figura trafelata di Levi dirigersi all’esterno, con la ragazza buttata sulle spalle come un sacco di patate.


 
[535 parole]

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