TRANNE CHE TE

di Aqua Keta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Respinto ***
Capitolo 2: *** L' alba ***
Capitolo 3: *** Tranne che te ***
Capitolo 4: *** Silenzi ***
Capitolo 5: *** Profumo ***
Capitolo 6: *** Arras ***
Capitolo 7: *** ... Andrè ***
Capitolo 8: *** Tormenti ***
Capitolo 9: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 10: *** Soldati della Guardia ***
Capitolo 11: *** Ostacoli ***
Capitolo 12: *** Un bacio rubato ***
Capitolo 13: *** Oscar si sposa! ***
Capitolo 14: *** Per amore ***



Capitolo 1
*** Respinto ***


Nemmeno la morte ora potrebbe impaurirmi o placare in me quel senso d’angoscia, di frustrazione, di umiliazione.
Di condanna.
Stordito. Un senso di nausea mi stringe lo stomaco. Appoggio la mano al muro.
Assaporo l’amaro delle lacrime che sento bagnarmi le guance.
Barcollo e a fatica riesco ad aprire la porta ed entrare nella mia stanza.
Con l’anima squarciata dal dolore, fisso impotente le mani ancora tremanti, bruciare come se carboni ardenti fossero conficcati nei palmi.
Solo un benemerito idiota disperato. Solo un pazzo poteva giungere a tanto. Io lo sono.
Mi maledico stringendo la testa, rivedendoti mentre, impaurita, per la prima volta, di fronte alla mia forza di uomo, non sei stata in grado di ribellarti a colui che avrebbe dovuto difenderti, sempre, e comunque, sostenerti in ogni dove e quando.
Ho tradito la tua fiducia. Ho violato la tua vera natura. Tentando di aprirti gli occhi, assaporando la dolcezza delle tue labbra non ho saputo trasmetterti tutto l’amore che da sempre nutro per te.
Come un prigioniero invoca il suo carceriere, il suo carnefice, mi hai intimato di lasciarti andare.
Una preda nei cui occhi si è riflessa solo la ferocia della belva di fronte a lei.
Ma la rabbia mi assale.
Si, io l’ho fatto.
E vorrei gridarti a squarciagola che non ho sbagliato, che non ho nulla di cui chiedere perdono.
Non sono più quel ragazzino che incrociava con te la spada per gioco.
C’era un uomo di fronte a te.
Un uomo che non potrà più essere solo il tuo amico di sempre.
Ho tradito me stesso, ho tradito i miei principi. Ho tradito chi  amo più della mia stessa vita.
Come un cane bastonato mi accascio a terra.
In un angolo, nel buio di queste quattro mura, rinchiuso in un carcere invisibile, dietro le sbarre di rimorsi, pentimenti, del contrario di tutto.
Sanguinassero le mani, almeno mi libererei di questa macchia che rimarrà indelebile sul nome … se tu non mi perdonerai.
Indegno di amarti.
Mi pare di udire il tuo singhiozzare far eco in questa stanza.
Ho conosciuto donne. Non sono certo di primo pelo. Ma nessun’altra potrei amare.
Sollevo lo sguardo. Vorrei immensamente che quella porta si aprisse come facesse anche il tuo cuore.
Hai provato cosa significhi amare senza essere ricambiati.
Lo provo sulla mia pelle ogni giorno di fronte ai tuoi occhi che non vedono oltre.
Forse domani mi caccerai da questa casa.
Ne avresti tutte le ragioni.
Ho calpestato quel poco di orgoglio rimastomi per riuscire ad affrontarti.
Non era mia intenzione.
Non volevo arrivare a questo.
Eppure l’ho fatto.
Oscar … è tuo il respiro che sento al di là, lungo il corridoio?
 
 
Tremante come una preda abbandonata dopo essere stata assalita dalla belva.
Il tuo odore su di me, come le strette ai polsi ed il sapore della tua bocca sulla mia.
Tu.
Mai nessuno.
Tu, il primo uomo ad aver violato la mia essenza di donna celata in un profondo che ho tentato, da sempre, di imprigionare … non solo per volere altrui.
Tu. Disperatamente. Teneramente.
Non esiste più alcuna certezza, se non quella di non poter più avere un amico fidato al mio fianco.
Non esiste più l’amore fraterno che credevo.
Di te ho sempre avuto ben altra considerazione.
Non mi sono mai accorta … o forse non ho mai voluto … vedere oltre ciò che mi mostravano gli occhi.
Il cuore vede molto più lontano.
I miei singhiozzi spezzano il silenzio in questa stanza.
Come un animale ferito in pieno deserto, le lacrime soffocano le mie grida.
In tutti questi anni, mai un gesto inconsueto, azzardato da parte tua.
La mia piena fiducia, in ogni tua singola parola, in ogni tuo singolo, gesto, in ogni tuo sguardo.
Per la prima volta ho paura di un uomo.
Ho paura di te.
Cosa? Che cosa mi hai fatto Andrè?
Come una fiera ti sei scagliato su di me.
Il mio compagno d’infanzia e di giochi spensierati, il mio consigliere, il mio miglior amico …
Tu, Andrè.
Che cosa hai voluto provare a me …  a te stesso?
Non voglio più averti accanto.
Non voglio più avere paura.
Mi sono sentita umiliata.
Non voglio più provare tutto questo.
Questo è un dolore troppo grande.
Essere donna non è per me.
Raccolgo i pezzi di ciò che rimane di Oscar, tentando di rimettermi in piedi.
Mi tolgo di dosso l’oggetto del delitto. Che mai possa vederlo Nanny.
Mi ricompongo. Respiro. Inghiotto le lacrime. Le sento graffiarmi la gola.
Indosso una candida camicia. Come volermi riappropriare della mia anima.
Appoggio la mano, giro la maniglia.
Il silenzio padrone della notte accarezza i miei passi sul pavimento freddo.
E forse così anche il tuo cuore, Oscar?
 
 

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Capitolo 2
*** L' alba ***


Ho bisogno di bere e soprattutto di una boccata d’aria.
Frastornata e ferita nell’anima scendo le scale nel silenzio e nel buio di questa notte colpevole di una certezza: la verità.
Inconsciamente mi ritrovo di fronte alla tua camera.
Il cuore implodere.
D’stinto allungo la mano per bussare. La tentazione è quella di entrare, afferrarti per il collo e sferrarti un pugno, proprio come ai vecchi tempi, quando così risolvevamo le incomprensioni adolescenziali. Ma non siamo più ragazzini.
“Credo di averti sempre amata”- mentre le immagini si susseguono veloci .
 La ritraggo subito.
Resto col fiato sospeso nella speranza che tu non m’abbia udito. Mi allontano.
Ho avuto modo di rielaborare le tue parole. Nessun dubbio.
Mai nessuna fra loro fu più vera. Tu mi conosci. Troppo bene.
Al mio fianco da una vita, non potresti avere idee più chiare di quella che sono veramente.
Amare è troppo doloroso
Ed essere donna lo è ancora di più. E questo mi tortura.
Io non posso. Non voglio.
Hai tentato di aprirmi gli occhi di fronte all’evidenza.
Forse la paura più recondita quella di guardarsi nel profondo.
Non lo farò. Farò la mia scelta, prenderò la mia decisione sulla vita che d’ora in avanti vorrò condurre.
E tu non ne farai parte.
Domani mi recherò da sua Maestà. Allontanarmi, pure da lei, è quello che desidero.
Annullare ogni debolezza. Riprendere in mano quel mondo che mi appartiene .
Non raccolgo i frammenti ma rinasco in una nuova consapevolezza.
Verso dell’acqua fresca ed esco sul retro.
Socchiudo gli occhi.
Le tue mani grandi e forti mi legano i polsi. Le tue labbra. Il tuo sapore a riempirmi ancora la bocca ed un fremito strano mi scuote. Una tempesta di emozioni sconvolge improvvisamente ogni mia certezza, ogni mia convinzione.
Come ho potuto non accorgermi di tale sentimento?
Sollevo lo sguardo.
Che magnifico cielo stellato.
Inspiro a saturare d’aria i polmoni. La sento sulle guance e fra capelli a cancellare ogni traccia di ciò che è stato.
Le luci del mattino accarezzano l’orizzonte.
Il nuovo giorno si affaccia .
Mi allontanerà da te.
E’ la cosa più sensata.
Quella più giusta.
 

Mi sento graffiare dal tormento.
Non posso starmene rinchiuso in questa stanza in attesa di un’alba che porterà inevitabilmente a conseguenze logiche a questa follia di amarti, alla mia azione riprovevole.
Non posso che confidare nella benevolenza di Dio, affinchè questo segreto resti tale, imprigionato in questa notte.
Ma non mi sia chiesto di smettere di amarti e di invocare il tuo perdono. Solo la tua clemenza di non essere allontanato. Nonna ne morirebbe di dolore.
La pendola lungo il corridoio batte le quattro. Un senso d’arsura nella gola mentre mi accorgo di avere le guance infuocate ripensando. Il cuore non ha rallentato la sua corsa e nemmeno respiri profondi aiutano a riappropriarmi di me stesso.
Raggiungo la cucina. Riempio un bicchiere di vino che trangugio senza fiato in un unico sorso. Poi un altro.
Mi appoggio alla credenza spingendo lo sguardo oltre i vetri.
“Credo di averti sempre amata” - parole che risuonano insistentemente.
Mi strofino la faccia come a lavarmi il viso e liberarmi di tutto.
La porta sul retro è aperta.
Tu, sotto un cielo stellato da fare paura. Come questo sentimento, come quello che sei, come ciò che non vuoi essere nonostante tu non possa cambiare la tua vera natura.
Sollevi lo sguardo.
Avrai compreso quello che sento per te?
Faccio un passo sulla soglia.
Vorrei stringerti ancora. Ma che tu lo desiderassi.
Mezzo giro su me stesso. Ripongo il bicchiere ed afferro la giacca dimenticata dietro la porta.
Ripercorro il corridoio ed esco su lato opposto .
I passi affondare nell’erba quasi trascinati da un desiderio di fuga.
Ho la vista stranamente appannata.  Mi sfrego gli occhi .  Le mani salde sulle briglie invitando Alexander verso l’ignoto.
Questa notte è troppo lunga e pesante da vivere.
I primi raggi  filtrano attraversando il viale alberato.
So che hai deciso.
E non potrò fare più nulla.
 

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Capitolo 3
*** Tranne che te ***


Ho cavalcato senza meta fino a quando il sole non si è levato alto in questa giornata di vento che potrebbe segnare definitivamente il mio destino.
Rientrando ho incrociato il tuo silenzio freddo e severo accogliermi sui gradini dell’entrata.
Non una parola.
Non hai domandato dove fossi stato. Non hai chiesto perché fossi in giro a quell’ora e non avessi sellato Cesar.
Un piede sulla staffa e un semplicemente –“Andiamo a Versailles”
Dietro i tuoi occhi il desiderio di prendermi a schiaffi.
Avresti dovuto farlo. Come ieri sera.
Conosco ogni tuo singolo sguardo, ogni suo significato. 
Che cosa ti brucia dentro, Oscar?
Si è spezzato quel filo rosso che ci legava, vero?
Una parte di me esalta il gesto quale liberazione da quello stato di frustrazione perenne di fronte alla tua cecità.
Dall’altra lo condanno quale violenza sulla stessa donna che amo.
Che Dio mi perdoni, e ancor di più tu. Ma sono un uomo. Un uomo forse destinato a soffrire in eterno, castigato dal fato stesso.
Infondo non è una giustificazione valida. Sono un idiota.
I tuoi passi risuonano pesanti sotto il colonnato. Ognuno di loro li sento schiacciarmi l’anima.
Risali a cavallo volgendomi le spalle –“Andrè … da oggi non ho più bisogno di te. Mentre attendo la nuova designazione vado ad Arras”
Vuoi fuggire Oscar? Perché non smetti di cercare di essere ciò che in realtà non sei. Una rosa è sempre una rosa.
“Per quanto riguarda ieri sera non ce l’ho con te. Comunque, preferisco dimenticare”
Dimenticare cosa? Perché?
Bruciano ancora le mani come ferite cosparse di sale.
Quanto mi odi ora ?
L’amore ha mai trovato posto nella tua vita? Era amore quello per Fersen?
Tu, di soli sentimenti nobili, mi allontani per proteggere te stessa, per paura di soffrire ancora.
Sproni Cesar lasciandomi nel mezzo del piazzale.
Ti ho perso. Definitivamente.
 

Immaginavo di trovarti a fare colazione.
La torta di mele è ancora intatta al centro della tavola.
Solo dopo aver sellato Cesar ti vedo apparire sul piazzale. Ma dove diavolo sei stato questa notte?
Non incroci i tuoi occhi con i miei.
Mi accorgo che senti pesare il mio sguardo mentre con l’aspetto di un cane bastonato esegui semplicemente i miei ordini – “Andiamo a Versailles”.
L’incontro con sua Maestà è formale come da etichetta in queste occasioni.
“Madamigella Oscar perché? Perché volete lasciare la Guardia Reale? Domandatemi tutto ciò che volete, ma non questo”
Il capo chino, in senso di umile rispetto nei vostri confronti ma … non posso dirvi che mi è difficile continuare a servirvi dopo quanto accorso con Fersen.  Non adempierei con la giusta concentrazione ai miei doveri verso la corona.
Non posso dirvi che sarebbe un continuo tormento vedere quotidianamente l’uomo verso il quale ho nutrito, e forse nutro ancora, sentimenti a me nuovi. L’uomo che ha risvegliato in me ciò che sono in realtà. Una donna.
Devo poter cancellare queste mie debolezze e ritrovare me stessa.
Attendo fiduciosa in una vostra decisione.
E quel –“prenderò in considerazione la vostra richiesta”- alleggerisce ogni mio pensiero.
Lascio comunque a malincuore le vostre stanze.
Un primo ostacolo è superato.
Ora mi attende quello più gravoso e che non mi lascia via di scelta se non allontanarmi ed allontanarsi definitivamente.
Il colonnato nasconde per metà la tua figura.
Non immaginavo di dover arrivare a prendere certe decisioni.
Niente e nessuno mi hanno mai potuto incutere alcun tipo di timore.
Eppure questa mattina, per la prima volta, posare i miei occhi su di te è stato decisamente impossibile.
Ho sentito il tuo sguardo cercarmi con un senso di smarrimento, in attesa di una mia ipotetica risposta a ciò che è stato.
Sento ancora il tuo odore su di me, il tuo respiro rimbalzare sulle mie labbra e le tue parole aggrapparsi disperatamente a quella mia parte di donna che non voglio e non posso riconoscere.
“Non potrai mai cancellare di essere una donna”- feriscono nell’orgoglio di dimostrare in primis a me stessa di poter equiparare un uomo in tutto e per tutto.
Non è così.
Certe verità ti uccidono.
“Da dieci anni non esiste donna per me. Non potrei amare nessuno … tranne che te”
Occhi profondi come il mare, che sanno sostenere, ammonire, asciugare ogni lacrima, confortare …
La tua è un’anima pura, trasparente. Come ho potuto non accorgermi? Tu?
Quale donna non ti ha mai desiderato? Quale non ha mai posato lo sguardo su di te? Come hai potuto riversare l’attenzione dei tuoi sentimenti solo su di me?
Ed io?
Non posso che comprendere bene la tua sofferenza … amare e non essere ricambiati.
Ciò che ora mi tormenta è il dolore che ho saputo infliggerti. Andrè.
Amare è un sentimento cha sa provocare solo ferite insanabili.
Fermo accanto ad Alexander. Il capo chino.
Ti vedo con la coda dell’occhio. Non poso sostenere il tuo sguardo.
Devo allontanarmi. Per me. Per te.
“Da oggi non ho più bisogno di te”- infilo il piede nella staffa –“In attesa della nuova designazione vado ad Arras”
Tiro le briglie facendo muovere Cesar.
“Andrè…”
“Si..”- sibili quasi timoroso.
“Per quanto riguarda ieri sera non ce l’ho con te. Comunque preferisco dimenticare”
Sprono il mio cavallo.
Non mi volto. Non voglio.
Non posso.
E’ tempo di dimenticare.
 

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Capitolo 4
*** Silenzi ***


Ho sempre amato Arras. Fin dall’infanzia.
Adoro passeggiare tra le sue vie piene di vita. Mi aiuta a non pensare.
Avrei potuto scegliere una meta differente per questo momento d’attesa.
Non essere particolarmente lontana da Parigi mi permetterà di rientrare rapidamente nel qual caso mi venga comunicata la nuova designazione.
Il vociare caotico mi distrae da Fersen. Un beneficio per intraprendere serenamente la strada di questa mia nuova vita.
Non avrò più modo di lasciarmi andare a debolezze e frivolezze da donna.
Gradirei particolarmente una posizione in uno degli eserciti posti al confine. Ne sarebbe orgoglioso anche mio padre.
Ma è qualcosa che faccio prima e soprattutto per me stessa.
So bene, madre, che la cosa non vi farà piacere. Voi che non vi siete mai, in alcun modo, opposta al volere dell’uomo che avete al vostro fianco, al padre delle vostre figlie.
Non riesco ad immaginarmi diversa da quella che sono, nonostante abbia indossato per una volta i panni femminili. Un mio sciocco vezzo. Ho ben compreso non sia quella la strada da percorrere. Risulterebbe alquanto complicato apprenderne modalità, tecniche, organizzazione. Un goffo e alquanto ridicolo manichino.
Ad agitare un ventaglio preferisco di gran lunga incrociare una spada.
E tu Andrè? Cos’avrai deciso di fare?
Questi giorni distanti da casa, allontaneranno quelle immagini che voglio a tutti i costi cancellare dalla mente.
Per sempre.
Sono a conoscenza di quanto tu sia forte. Ma non immaginavo il tuo corpo così possente, non ne avevo mai percepito il calore. Ho come la sensazione di averti ancora addosso. Il tuo odore si è insinuato nella mia pelle.
Mi da quasi un piacevole senso di stordimento.
Sono stata tra le braccia di un uomo. Un uomo che credevo amico. Un uomo che, al contrario di Fersen, mi ha sempre desiderata, amata, senza che fossi in grado di coglierne il benché minimo segno.
Appoggio una mano alla fontana.
Dio mio, sto farneticando.
Mi sciacquo il viso con l’acqua fresca.
Rammenti?  Venivamo qui per le vacanze. Scorrazzavamo per le viuzze e poi via per i campi, le corse sfrenate a cavallo. Si rideva. Si scherzava. Nonna ci faceva trovare una fetta di torta. Tutto era spensierato.
Poi arrivava mio padre. 
Era un tornare alla realtà.
 

Non ho chiuso occhio.
Anima dannata.
Non avrei dovuto. O forse si.
Si, dovevi sapere.
Possibile che in tutti questi anni tu non ti sia mai accorta di nulla?  Ti sono sempre stato al fianco … e non hai visto che Fersen.
Già. Avresti meritato più lui di me?
Sono stanco di lacerarmi il cuore.
Me ne sto qui in giardino di fronte alle tue finestre, attorniato come un idiota da piccioni mentre alcuni mi beccano in mano.
Il Generale mi chiama.
Il mio sguardo da perfetto imbecille. Mi alzo. I pennuti volano via.
“No, non ha voluto darmi alcuna giustificazione.  Con me non ha fatto cenno di nulla”. Che cos’avrei dovuto rispondere “Guardate, ho baciato vostra figlia e in un tentativo di resistenza, la mia ira è esplosa e le ho strappato la camicia”?
Sono così inutile in questo preciso momento.
Tu sei lontana.
Io mi sento morire.
Immobile, con sguardo severo mentre mi fissa quasi cercasse la verità di tutto questo.
Poche parole e mi ritrovo in sella ad Alexander.
Il Generale mi ha ordinato di raggiungerti ad Arras. Il mio compito è quello di sempre.
A nulla è valso il tentativo di fargli comprendere che fosse meglio non andare contro la tua decisione.
Mi trovo pertanto a dover obbedire.
A malincuore per un verso ben cosciente della tua reazione. Desideroso di vederti dall’altra.
Lungo la strada mi sono domandato per quale ragione tu avessi scelto di rifugiarti in un luogo a noi così caro, carico di ricordi. Non vuoi spezzare del tutto quel filo che ancora ci lega?
E’ quasi ora di cena quando raggiungo la piccola tenuta alle porte della cittadina.
Conosco uno ad uno i domestici.
Ai piedi della scala resto in attesa che ti avvisino.
Percepisco il gelo del tuo sguardo nel silenzio.
“Ti ha mandato mio padre?”- nella tua voce nessuna emozione.
Annuisco sollevando appena gli occhi.
Quando li riabbasso capisco solo che non sei più in cima alle scale.
Tiro un leggero sospiro di sollievo. Tutto sommato mi è andata bene.
Ripongo le poche cose nella mia stanza e me ne vado in cucina a mangiare un boccone.
Passo il tozzo di pane sul bordo del piatto e lo addento. Un sorso di vino.
Poso il bicchiere.
Stringo i pugni.
Perché te ne stai in silenzio alle mie spalle?
Credi non abbia riconosciuto i tuoi passi sebbene leggeri?
Non vedo da un occhio, ma l’udito è fino.
Mi viene da sorridere.
Non mi volto.
Il tuo respiro si percepisce appena.
Dimmi Oscar.
Sono qui.
 
 

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Capitolo 5
*** Profumo ***


Fisso il bicchiere vuoto.
Che cosa stai aspettando ?
Socchiudo gli occhi. Inspiro il tuo profumo.
Il frusciare leggero della tua camicia.
“Perché sei venuto?” – le tue parole sono lame di ghiaccio affilate alle mie spalle.
“Ho eseguito un ordine di tuo padre”- il mio tono è tranquillo.
“Non dovevi!”- percepisco una sottile irritazione nonostante tu faccia il possibile per nascondere ogni emozione.
“E tu Oscar?”-  ti allontani dalla cucina –“E tu da cosa stai fuggendo?”
Non mi volto. So che se potessi mi colpiresti.  Ma mai alle spalle.
“Domattina te ne andrai!”
Mi alzo. Sistemo la sedia –“No.  ….Di cosa hai paura Oscar? Che si ripeta quella sera? O di ammettere che le mie parole non siano pura fantasia?”
Non mi dai il tempo di terminare il discorso. Appena incrocio il tuo sguardo ho solo la prontezza di riflessi di afferrarti per il polso. Non lo farai ancora.
Ti divincoli e ti aggrappi con l’altra mano alla mia nel tentativo di liberare la presa.
“Lasciami Andrè! O giuro che io …”
I tuoi splendidi occhi. Quanto sei bella.
E quanto ti amo.
La mia stretta si allenta.
Mi trattengo. L’ho giurato. Mai più ti toccherò senza che tu lo voglia.
Porti entrambe la mani al petto.
Mi guardi stupita.
Che cosa credevi?
Non puoi nasconderti
Nessuno può leggerti dentro come me.
La verità è che non vuoi che io vada.
Stringo i pugni, serro la mascella mentre posso accarezzarti solo con gli occhi
“Buona notte”- lasciandoti sola.
Il corridoio è immerso nel silenzio.
In lontananza i rintocchi della vecchia pendola nello studio di tuo padre.
Richiudo la porta.
Non ho voglia di pensare e lacerarmi il cuore.
Ripongo i vestiti sulla sedia.
Le lenzuola sanno di fresco.
Presto arriveranno notizie da Versailles.
Potrei anche non essere più qui.
Basta. Sono stanco. Mi metto su un fianco.
La notte è lunga.
 

Leggermente chino sul piatto.
La cucina nella penombra.
Tu. Io.
Mi irrita che mio padre si sia permesso di non farsi per una volta gli affari suoi.
Io non ti volevo.
Devo imparare a cavarmela da sola. Senza il tuo sostegno.
Non ho più bisogno di te. “Perché sei venuto?”- la rabbia si aggrappa alle mie parole ma cerco di non dartelo a intendere.
Mi rispondi semplicemente di aver eseguito un ordine. Ma tu non dovevi.
Basta. Non posso più stare ad ascoltarti.
Domani te ne andrai. Posso garantirtelo.
Non mi guardi. Non hai alcuna intenzione di farlo.
Sollevo la mano. Mi afferri. La presa è forte.
 “Di cosa hai paura?”- di nulla, proprio di nulla. Mi secca solo tu sia venuto ad Arras. E non temo certo si ripeta quella sera. 
Le tue parole mi hanno graffiata, ma non scalfita.
Incrocio i tuoi occhi.
Il mio sguardo si sofferma su quella cicatrice che va dal sopracciglio allo zigomo,  senza però deturpare il tuo volto.
Ci sono istanti in cui mi domando che cosa significhi per te vedere il mondo a metà.
Il mio respiro è in affanno.
Non riesco a sostenere il verde profondo dei tuoi occhi.
Perché, ora, averti di fronte mi fa quest’effetto?
Le tue dita lasciano libero il mio polso. Il braccio ricade sul fianco.
Volgo lo sguardo. So che non mi ubbidirai.
“Buona notte”- passandomi accanto muovi l’aria ed il tuo profumo mi toglie il respiro.
Deglutisco.
Socchiudo gli occhi.
Quando li riapro sei già lungo il corridoio.
Mi viene spontaneo quasi tirare un sospiro.
E’ difficile riuscire a domare questa tempesta.
L’orgoglio vuole che tu te ne vada.
Eppure il cuore …
Basta!!
Ma che mi succede? Ti ho sempre avuto accanto, perché questa confusione nell’anima?
Riprendo possesso di me.
Appoggio le mani al tavolo.
Sono qui per un preciso motivo. Dimenticare.
Un paio di giorni in questo luogo e mi pareva di iniziare a buttarmi tutto alle spalle
Ho avuto modo di elaborare i miei sentimenti per Fersen.
Assurdo soffrire così per amore … . Che lo fosse?
Mi avvio verso la mia stanza.
Voglio solo dormire e non pensare più.
Prima di salire le scale mi soffermo a fissare la tua porta.
Andrè, dormi?

Non dovevi venire.
 

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Capitolo 6
*** Arras ***


Dormire si è trasformato in un incubo.
Questa mattina il pensiero è quello che tu rimanga sulle tue decisioni ed io debba andarmene.
Quando entro in cucina, sei lì, di fronte alla finestra a sorseggiare la tua cioccolata.
“Buongiorno”- mi sembra normale ed il minimo dover dire.
Assorta nei tuoi pensieri. Silenziosa. Come sempre in quest’ultimo periodo.
Verso il caffè. Non riesco a vederti da questa angolazione, ma capisco che mi stai fissando.
Cosa ti passa per la mente, Oscar?
Vuoi veramente che lasci Arras? Che vada via da questa casa? Che esca per sempre dalla tua vita?
Riponi la tazza sulla tavola.
“Prepara i cavalli”
Nessuna motivazione, tanto meno destinazione.
Mi limito semplicemente ad annuire – “Va bene, Oscar”
Il tempo per sellare Cesar ed Alexander che mi hai già raggiunto alla scuderia.
 
 
Se voglio ricominciare , devo saper gestire ed affrontare anche questa situazione decisamente assurda.
Ho avuto modo di ripensare a quanto accaduto in questi giorni.
Di cosa mai dovrei aver paura?
La vita continua e probabilmente, questi saranno anche gli ultimi momenti di servizio che presterai a casa Jarjayes, o per lo meno, nei miei confronti.
E’ opportuno pertanto che tempo e destino facciano il loro corso.
Con la coda dell’occhio ti vedo arrivare.
I tuoi modi sono sempre gentili, rispettosi –“Buongiorno” – la tua voce calda, rassicurante.
Al contrario, mi rendo conto di essere spesso scontrosa nei tuoi confronti. Anche troppo.
Sei il mio attendente. Ciò non toglie che dovrei approcciarmi in maniera differente.
Tra noi esiste un legame profondo che va ben al di là del rapporto “padrone servitore”.
Ripongo la tazza.
Versi il caffè.
Hai le spalle larghe. I capelli corti lasciano parte del collo scoperto. Le ciocche sono morbide e alla luce hanno riflessi corvini.
E’ assurdo. Riesco a riconoscere il tuo profumo.
Mio dio! E’ pazzesco! Com’è possibile?
Sento avvampare le guance. Devo allontanarmi.
Non voglio tu te ne accorga.
“Prepara i cavalli”- il tono composto solito.
Lascio la stanza velocemente.
Devo controllare il respiro.
Mi cambio.
Ancora una volta devo riprendere possesso di me stessa.
Finalmente riesco a calmarmi.
Ti raggiungo alla scuderia.
Ligio e preciso hai già sellato Cesar e Alexander.
Non so dove ci condurranno.
Ma oggi ho deciso così.
 
 
Non ci limitiamo alla campagna circostante.
Cavalchiamo a lungo senza scambiare mezza parola.
Sproni Cesar al galoppo in diverse occasioni, quasi a volermi sfidare.
Lo hai fatto tante volte. Ti ho sempre lasciata arrivare prima.
Eppure non hai perso l’abitudine di voltarti a cercarmi ed aspettare se mi attardo.
Sull’ora di pranzo siamo nei pressi di un piccolo paesino non distante dalla spiaggia.
Suggerisci di fermarci a mangiare un boccone.
Mettiamo i cavalli al riparo dal sole e sediamo ad un tavolo malmesso sotto una pergola incorniciata dall’intreccio di un’edera di un verde brillante spettacolare.
Ti riempio il bicchiere di vino.
Ad un tavolo accanto, due pescatori parlottano sottovoce. Capisco al volo che l’argomento sei tu.
Che cosa stai guardando Oscar? I tuoi occhi sono persi nel vuoto a fissare un punto indefinito all’orizzonte.
Bevo un sorso. Ho la gola arsa
 
 
Hai il viso accaldato.
La brezza ti agita le ciocche sulla fronte imperlata di sudore.
Sorrido dentro di me.
Non so perché resto affascinata dalla tua gola mentre bevi.
Discosto lo sguardo appena mi accorgo che i tuoi occhi sono su di me.
“Giornata calda” – accenno addentando un pezzetto di pane.
“La primavera bussa prepotentemente alle porte”.
Terminato il pranzo, forse l’effetto del vino, mi invita a scambiare finalmente due chiacchiere -“Una cavalcata in spiaggia?”
I cavalli lanciati al galoppo.
Sei al mio fianco.
 
 
Sorridi … quasi ridi divertita tentando di allungare su Alexander.
Hai i capelli al vento.
E’ magnifico vederti così spensierata.
Poi rallenti.
Ti assecondo.
Ferma sulla riva. Una mano scorre delicata sulla criniera di Cesar.
“E’ tanto che non mi sentivo così bene”- ti lasci sfuggire.
Oscar, hai mai provato la felicità?
Tiri le redini e ti avvicini.
Scendi.
Faccio altrettanto.
I nostri passi affondano nella sabbia.
“Rammenti Andrè … non ho mai amato particolarmente il bagno in mare”- ma è del tutto inutile ricordarmelo. Lo so bene, da quella volta che hai rischiato di annegare.
“Sei stato tu ad insegnarmi a nuotare dicendo che mi avrebbe potuto salvare la vita”- mentre con le dita sfiori il pelo dell’acqua.
Stringo le briglie in una mano.
Il suono del mare è in grado di cullare ogni animo attraversato dalla tempesta.
I ricordi si susseguono nei nostri dialoghi e ci illuminano i volti di sorrisi e di risate.
Con fare disinvolto calci l’acqua spruzzandomi.
Mi viene naturale “Provochi?”
Lo fai nuovamente fischiettando.
Rispondo in egual modo, giusto per inumidirti appena i pantaloni.
Non ti fermi. Come quando eravamo ragazzini.
Dov’è quella Oscar severa e fredda che vuoi apparire?
Prendi a rincorrermi continuando a spruzzarmi.
Mi afferri all’improvviso per un braccio.
Perdi l’equilibrio.
Mi volto di scatto parandomi davanti a te mentre roviniamo sulla battigia.
Ti cingo un fianco.
Tra le mie braccia.
La tua bocca è così vicina che basterebbe mi  allungassi appena, ne assaporerei la dolcezza.
Le fisso tentato all’inverosimile.
Serro la mascella.
Non posso.
I tuoi occhi nei miei. Le guance leggermente arrossate.
Oscar. Sento il tuo cuore battere sul mio petto. Ed è semplicemente meraviglioso.
Il tuo seno ansimante si solleva e abbassa su di me provocandomi brividi indescrivibili.
Appoggi velocemente una mano sulla sabbia mentre ti aiuto ad alzarti.
Scosti lo sguardo ed osservi camicia e pantaloni –“Scusa”
E’ tenero il tuo imbarazzo.
“Ma di cosa” penso io. Di cosa devo scusarti.
Attimi preziosi che non posso che conservare nel mio cuore.
Di spalle. Ti isoli per riprendere in mano le redini dell’essere Oscar.
“Ci conviene andare. Rischiamo di rientrare col buio. ”- le giuste parole per rasserenarti.

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Capitolo 7
*** ... Andrè ***


L’uomo è fermo, in piedi, sulla porta.
Vedo le sue labbra muoversi velocemente mentre mi comunica la nuova designazione.
Uno scossone.
Tutto torna alla normalità.
Mi risveglio improvvisamente da quel torpore in cui mi sono sentita avvolta i questi due giorni.
Belli. Strani.
Irreali.
Intensi.
“Riferite a Sua Maestà che sono onorata dell’incarico. Accetto e la ringrazio per aver accolto la mia richiesta”.
Ascolta, annuisce. Batte i tacchi.
Lo vedo montare a cavallo ed allontanarsi sparendo nelle prime luci della sera.
Incrocio il tuo sguardo.
Una piega di disapprovazione ti attraversa la fronte.
La mascella irrigidita. I pugni serrati.
Mi volto avviandomi verso le scale.
“Oscar” la tua voce mi fa sussultare.
Mi fermo.
“Sei veramente intenzionata ad accettare?”
Non mi giro.
Mi rendo conto di riuscire ad affrontarti ed affrontare meglio certe situazioni voltandoti le spalle ed isolandomi “Puoi tornare a casa” sono le uniche parole che mi sento di rivolgerti.
“Oscar” pronunci nuovamente il mio nome “Non lo fare. I Soldati della Guardia non sono sicuramente il posto più adatto a te”
“Questo oramai non deve più riguardarti” rispondo senza nemmeno pensare al tono freddo, distaccato che ti riservo.
“Sei una donna” le tue ultime parole che come una lama affondano trafiggendomi nell’orgoglio.
Sento il sangue ribollire nelle vene per questa tue affermazione. Non ho alcuna intenzione di discutere circa la mia decisione. Ci siamo già detti tutto prima ancora che venissi qui “Puoi rientrare a Parigi” voglio concludere questa conversazione quanto prima.
Mi accingo a salire.
Domani avrà inizio la mia nuova vita.
La tua presenza non è più necessaria.
Stringo lo scorrimano “Andrè …”
Un momento di silenzio nell’attesa di una tua risposta che pronta arriva “Si Oscar”
“Grazie per la compagnia”


Al rientro c’è quell’uomo in attesa.
Lo so.
L’incarico è arrivato.
Si torna alla realtà.
Non mi interessano le sue parole, voglio solo che arrivi al punto.
Ho visto i tuoi occhi spalancarsi increduli, nonostante tu abbia cercato di nascondere lo stupore e forse un pizzico di perplessità quando ha letto sul documento reale “Soldati della Guardia”.
“Riferite a Sua Maestà che la ringrazio dal profondo del cuore per la nuova assegnazione ed accetto senza riserve”
Intercetto appena il tuo sguardo.
Un muro di ghiaccio .
Quei momenti magici creatisi ad oggi svaniscono come anelli di fumo.
Forse non hai compreso a pieno dove ti stanno mandando.
No. Non ti è chiaro.
Non avrai a che fare con i soliti soldati con i quali sei abituata, rigorosi nella disciplina, nell’etichetta e nel linguaggio. Questa è la vera vita al di fuori delle mura dorate di Versailles.
Stai ancora fuggendo da Fersen o dalla donna che ama più della sua stessa vita, mentre io al contrario cerco disperatamente di raggiungere colei che amo più della mia stessa vita.
Non posso dirti di non accettare ma …“Oscar” richiamo la tua attenzione non appena volgendomi le spalle ti accingi a salire le scale.
“Sei veramente intenzionata ad accettare?”
Per qualche istante solo il silenzio riempie il baratro formatosi tra noi.
Le tue parole mi colpiscono come uno schiaffo in pieno volto “Puoi tornare a casa”
Ma sei impazzita? Vuoi veramente che me ne vada? No … no Oscar.
Ti chiamo nuovamente. “Non lo fare. I Soldati della Guardia non fanno par te”.
Ma tu affondi di più con le parole “non deve più riguardarti”.
Ma mi basta pronunciare “sei un donna” che la voragine si spalanca di fronte a me.
Nulla ti farà cambiare idea. Un motivo in più ciò che ti ho appena detto. Ti conosco toppo bene.
Tu sai ferire con le parole, io so colpirti nell’orgoglio.
Di cosa hai paura Oscar per non essere in grado di guardarmi negli occhi? Temi di ritrovare la tua vera natura, di riprovare le emozioni che in questi giorni hanno fatto parte di te?
Sento la porta della tua camera richiudersi mentre resto come un imbecille a fissare la rampa delle scale.
“I Soldati della Guardia. Assurdo” . Non posso più far nulla qui.
E del tutto inutile restare.
Non cambierai idea.


Richiudo la porta della mia stanza.
Il buio avvolge ogni cosa.
Siedo sul letto.
Non posso tornare indietro.
Domani farò rientro a Parigi. Voglio presentarmi prima al cospetto dei miei nuovi uomini.
Non voglio tornare indietro.
Questa è la nuova vita che mi aspetta. Nessuno mi obbliga o lo ha fatto. La scelta è mia.
Voglio dimenticare il passato. Voglio ricominciare e riprendere in mano la mia vita. Voglio tornare quella Oscar che ero, convinta, infondo, di essere veramente un maschio. Ricordi Andrè? Te l’ho ripetuto quella sera, la sera dove tu ….
Mi blocco. Scorrono veloci le immagini di questa giornata appena trascorsa. Il cielo azzurro, le nuvole bianche, la cavalcata, il pranzo … la spiaggia.
Stringo forte le braccia, strizzando gli occhi a voler cancellare quelli che non posso che ritenere puri momenti di debolezza.
Quella non ero io.
Scuoto il capo per togliere dagli occhi quelle immagini che non fanno che turbarmi.
Basta.
Uno scalpitio.
Mi alzo accostandomi alla finestra.
Scosto la tenda.
“Andrè … ma che fai?” mi viene spontaneo chiedere senza proferire parola.
Sistemi le briglie ad Alexander. Un piede nella staffa. Monti in sella.
Sollevi lo sguardo verso l’alto.
Apro il vetro. Ma che stai facendo?
Una brezza invade la stanza.
Abbassi gli occhi e volgi il capo.
Un colpetto sui fianchi del cavallo.
Le sagome di entrambi si sciolgono nelle ombre della notte.
… Andrè






 

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Capitolo 8
*** Tormenti ***


Era tempo che non ce la spassavamo così.

I ragazzi sono molto più che euforici.

Essere riusciti a far dare le dimissioni a quella mezza calzetta del comandante è stato un vero traguardo.

Non potevamo non festeggiare.

D’Agoult è un tozzo di pane.

Ce ne vorrà prima che trovino qualcuno con le palle da affiancarlo.

Mi sbottono la giacca. Comincia a far caldo.

Al bancone Colette ammicca e mi lancia occhiate passandosi ripetutamente la punta della lingua sulle labbra.

E’ un po’ che mi ronza attorno e penso proprio sia la serata giusta per darle una passatina.

Vino e voglia di scopare si ripercuotono ovviamente dentro i pantaloni. Più la guardo e più lo sento drizzare tanto da provare dolore per la costrizione della tela stretta.

Stringo il cavallo delle braghe. “Cazz…”

Si avvicina portando nuovi boccali riempiti fino all’orlo e come una gatta in calore, si struscia contro di me.

“Ehi dolcezza, lascia che ti aiuti a riportare i vuoti” e così dicendo l’accompagno sul retro.

Non le lascio il tempo di sistemare. Con una mano le sollevo la gonna.

La pelle è liscia sotto i polpastrelli. Le gambe sono piene. Il sedere sodo.

La spingo con le spalle contro il muro ed affondo l’altra mano sul seno morbido e abbondante.

“Alain” ride divertita.

Le abbasso il corpetto e le afferro un capezzolo tra i denti. Lo stuzzico con la lingua, ci gioco sentendolo inturgidirsi nella mia bocca.

Cavoli, quasi miagola dal piacere “Vuoi giocare con lo zio Alain?” le sussurro mentre mi affonda le dita tra i capelli.

Non mi risponde ma il suo silenzio è un tacito assenso.

D’impeto la giro e la piego in avanti obbligandola ad appoggiarsi a delle casse di legno.

Slaccio la cinta e mi libero da ogni costrizione. Mi chino “Sei uno schianto” in un colpo affondo in lei.

Trattiene un grido. L’afferro per i fianchi. Segue il mio ritmo. “Ti adoro”mordicchiandole un orecchio.

Dall’altra parte sento i ragazzi chiamarmi. La loro insistenza mi distrae un secondo e mi ritrovo Colette in ginocchio ad ultimare il lavoro.

 

Uno spicchio di luna mi ha fatto strada nel buio della notte.

Rientrando a Parigi non sono passato per casa.

Sono andato direttamente alla taverna.

La scelta di affogare delusioni e dispiaceri nell’alcool non è certo la migliore delle soluzioni. Ma almeno mi aiuterà a non pensare.

Oscar, abbiamo trascorso momenti indimenticabili sulla spiaggia, te ne rendi conto? Non ti ho mai vista così libera da ogni costrizione. Ho sentito il ritmo del tuo cuore forte sul mio petto... sul mio cuore.

Non dirmi di non aver provato alcuna emozione.

Batto ripetutamente il pugno chiuso sul bancone. Il capo riverso in avanti.

E la rabbia mescolata alla disperazione monta sempre più fino ad esplodere “Non posso crederci. Voglio entrare nei Soldati della Guardia”. La mano serrata colpisce con violenza il ripiano.

“Che cosa vorresti?” un tono spavaldo irrompe nella confusione.

Sollevo lo sguardo e mi ritrovo una specie di armadio affianco.

Basettoni, occhi vispi ed un sorriso beffardo.

“Che cosa dicevi a proposito dei Soldati della Guardia? Vorresti farne parte?”.  Il bestione esplode in una fragorosa risata “Non è certo un luogo per affogare le pene d’amore come stai facendo con quel boccale di vino”. Mi arriva come un’onda potente la sua pacca sulle spalle.

“Dai, vieni. Smettila di stare a crogiolarti in pensieri insani.”

 

 

Colette si ricompone. Le schiocco un bacio sulle labbra carnose.

“Fatti vedere più spesso” mi strizza l’occhio e ritorna a servire.

Passo le mani tra i capelli mentre mi avvio fra quel branco di balordi dei miei compagni.

Ma prima mi fermo al bancone in attesa di riprendere a bere.

Quel tizio credo sia la seconda volta che viene qui.

Solo. Non mi pare abbia voglia di compagnia.

Non alza mai lo sguardo. Curvo su se stesso, nei propri pensieri …. Una donna. Non può essere nient’altro.

Lo sento quasi gridare nel bel mezzo della confusione “Voglio entrare nei Soldati della Guardia”

Sorrido e mi avvicino.

“Ehi anima triste. Che cosa? Vorresti entrare nei Soldati della Guardia?” esplodo in una risata “E’ così che vorresti affogare le pene d’amore?”

Solleva gli occhi. Sono di un verde brillante spaventoso.

Mi accorgo che uno è spento.

Mi fissa come smarrito.

“Dai”gli fiondo una pacca sulle spalle “vieni a divertirti un po’. Smettila di startene da solo”

Non so come, ma lo convinco.

 

 

Non riesco a prendere sonno.

Andrè se n’è andato. Immagino sia rientrato a casa.

Meglio così. Starò più tranquilla.

Eppure mi giro e rigiro nel letto senza trovare pace.

Tento di chiudere gli occhi ma l’immagine è sempre la medesima. Noi sulla spiaggia.

Afferro il cuscino. Lo sposto, afferro l’altro. Lo ripongo. Mi corico su entrambi. Li spingo verso la testiera. Li tolgo.

Basta!

Siedo sul letto. La testa tra le mani.

Perché non riesco a togliermi questo pensiero? Perché mi batteva così forte il cuore?

Le sue braccia a cingermi la vita.

Mi sento avvampare rivedendo le sue labbra così vicine.

Oscar … rammenti. Sensazioni analoghe le provasti con Fersen. Ma questa volta …

No! Non può essere.

Che cosa mi sta succedendo?

Mi strofino la faccia e scuoto la testa a sciogliere quelle immagini che cominciano veramente ad essere un tormento.

Devo concentrarmi su altro.

Basta frivolezze da donnette di corte.

La cosa migliore è recarmi in anticipo in caserma a conoscere i miei uomini.

Prima rientro, più velocemente dimenticherò tutto questo.

 

 

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Capitolo 9
*** Un nuovo inizio ***


Andrè se n’è andato.

Un senso di vuoto mi pervade. Immagino sia normale.

Averlo avuto sempre  al fianco. La sua costante presenza … i suoi occhi, il suo profumo …

Ma che mi prende?

Strizzo gli occhi a cancellare la sua immagine fissa nella mia mente.

Sguaino la spada.

Un paio di colpi ed affondi, a tagliare l’aria. Basta!

Ho già preso la mia decisione.

Nessun tentennamento. Nessuna debolezza.

Pensieri frivoli da donnette di corte.

E’ difficile che io rimpianga qualcosa. Eppure Arras mi dava serenità … anche se … era necessario rientrare.

Continuo a rimuginare su certe situazione, su determinati avvenimenti … su di te.

Nonna è preoccupata.

Ma dove diavolo ti sei cacciato? Due giorni che non rientri a casa. Di te non si sa nulla.

“Non darti pena. Siamo adulti, sappiamo ciò che facciamo e sappiamo cavarcele benissimo”- non c’era altro modo per rincuorare quella povera donna.

Ma cosa ti salta in mente? Perché non l’hai avvisata?

 

Ci è giunta voce che arrivi un nuovo comandante.

Mi auguravo ce ne saremmo rimasti in pace ancora qualche giorno.

Ho messo una buona parola per far arruolare quel figlio di un falegname, “occhi tristi” come l’ho soprannominato.

E’ un bravo ragazzo, tranquillo. Piuttosto riservato.

Due giorni che è qui e si è già abituato ai nostri modi e ritmi.

… eppure ho la sensazione nasconda qualcosa.

“Smetti di tormentarti per amore. Con tutto quel ben di Dio che sei, un gran bel pezzo di manzo. Sai quante femmine potresti rallegrare quotidianamente con quello che hai tra le gambe? E senza impegnarti?”- sbellicandomi dalle risa.

E’ rimasto a fissarmi con quell’unico occhio, verde, intenso, profondo oltre il quale si cela un’indescrivibile sofferenza.

Cosa nascondi Grandier?

 

Alain è stato un grande. Sono riuscito ad entrare nei Soldati della Guardia.

I ragazzi mi hanno accolto quasi tutti con un bell’entusiasmo. A parte per qualcuno nel quale ho riscontrato un po’ di reticenza.

Ho raggiunto il mio scopo. Questo è ciò che importa.

Mi spiace solo di non essere riuscito a passare da nonna per informarla.

Ad ogni modo dovrò andare a prendere alcuni effetti personali.

Mi è stata assegnata la branda sotto Lasalle, un bravo e buon ragazzo. Di fronte, quella di Alain.

E’ chiaro che è lui a comandare la baracca. Tutti lo temono e lo rispettano.

“Smetti di tormentarti per amore … sai quante femmine puoi soddisfare con quello che hai fra le gambe? Nessun impegno … e puoi unire l’utile al dilettevole” in una fragorosa risata.

E’ uno che non si fa certo problemi. Ha il suo giro di donne ma … quella Colette, alla taverna, deve essere quella che frequenta più assiduamente. Gli ronza attorno peggio di un’ape. Gli si struscia contro. Appena lo vede stringe i laccetti del corpetto sollevando e mettendo ancora più in mostra il seno abbondante. Lui naturalmente va in brodo di giuggiole e le mani scivolano ovunque, nemmeno fossero cosparse d’olio.

Poi sparisce quella mezz’oretta per riapparire con stampato in viso un sorrisetto malizioso e compiaciuto, mentre la ragazza riprende il servizio con il volto infiammato.

Mi viene da sghignazzare ripensando alla scena.

Mi ha raccontato di avere una sorella, Diane. Pare che qui in caserma tutti l’adorino. I ragazzi me l’hanno descritta come un fior fior di ragazza.

Sono curioso.

 

Indosso la mia nuova uniforme blu dai toni più severi, a mio parere.

Sistemo gli alamari, la spada sul fianco.

Sono pronta.

Bussano.

Il Colonnello D’Agoult è un uomo alto, qualche anno più di mio padre, folti baffi grigi, occhi scuri e profondi.

“Comandante benvenuto. Vi attendavamo solo fra qualche giorno” batte i tacchi portando la mano alla fronte.

“Ho preferito presentarmi prima per poter conoscere i miei uomini” lo invito al riposo.

“Suppongo non siano pronti ma…” il tono leggermente preoccupato.

“Meglio così”- mentre infilo  i guanti.

Il corridoio è per lo più nella penombra, umido e l’aria non è certo quel miscuglio di profumi presente a Versailles, tanto meno quello di salsedine delle spiagge della Normandia o dei campi fioriti di Arras.

D’Agoult mi apre la porta.

Stranamente i soldati sono disposti sulla mia destra e sulla mia sinistra, in riga, ordinati.

Avanzo di un paio di passi “Sono il vostro nuovo comandante. Il mio nome è Oscar Francois de Jarjayes” il mio tono è autoritario mentre gli occhi scorrono su uno ad uno degli uomini.

Li squadro. Li studio velocemente.

Mi trovo quasi nel centro dello stanzone e volgendomi su un lato, incrocio quello sguardo.

“Salutiamo in nostro comandante!” si leva una voce dal gruppo.

Tutti sull’attenti.

Anche tu.

Dietro. In seconda fila.

Serio.

Obbedisci.

La mano tesa alla fronte.

 

 

 

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Capitolo 10
*** Soldati della Guardia ***


Dannazione!

Il nuovo comandante si appresta a far visita alla camerata. In anticipo …

Liberiamo velocemente il tavolo da carte e bottiglie.

Dico ai ragazzi di ricomporsi, sistemarsi le braghe e allacciare le giacche.

La porta si spalanca e d’Agoult fa entrare … UNA DONNA!!!

Non posso credere ai miei occhi. Non so se i miei compagni se ne siano resi conto, ma io ho l’occhio lungo. Ho una certa esperienza.

Un fiume di riccioli dorati ad incorniciare due schegge di cielo. Caz … che pezzo di femmina! E questa dovrebbe impartirci degli ordini?

Con voce ferma pronuncia il suo nome “Sono Oscar Francois de Jarjayes e sono il vostro nuovo comandante”

Ma dove siamo? A carnevale?

Quello schianto fasciata in blu avanza al centro della stanza con passo fiero. Lo sguardo è di ghiaccio. Ogni occhiata è una lama che ti sfiora.

Scorre velocemente il volto di ognuno … poi …

Ehi… un momento. Forse agli altri può essere sfuggita la cosa, ma non ad Alain de Soissons. I suoi occhi si soffermano sul mio nuovo compagno, alle mie spalle, il figlio del falegname. Una leggera nota di stupore. Che cosa significa? Si conoscono? Questa faccenda non mi piace. E ancora di meno dover prendere ordini da una donna. In più nobile. Con le donne sono io a dar ordini. Loro eseguono e … io ne esco soddisfatto e loro altrettanto. Con me le donne amano prendere gli ordini.

“Soldati della Guardia salutiamo il nuovo Comandante” invito i ragazzi mettendoci tutti sull’attenti.

Si volta per uscire e non posso che rimanere meravigliato per il portamento elegante e nel contempo composto e fiero di questa Jarjayes.

La porta si richiude.

Volgo lo sguardo verso Grandier. Mi deve delle spiegazioni.

 

Non posso crederci. Convinta di ricominciare, ora ti ritrovo qui.

Intravvedo il tuo volto tra le fila dei soldati.

Esco dallo stanzone e mi ritiro nel mio ufficio.

Chiedo a D’Agoult di convocarti .

La porta si apre.

Da quando sei così imponente? E’ forse l’uniforme che esalta ancora di più la tua figura?

Non lasci trasparire alcuna emozione.

“Perché sei qui? Perché ti sei arruolato nei Soldati della Guardia? Ti ho detto che non ho più alcun bisogno di te” – sono furiosa.

“Non cercare inutili spiegazioni Oscar. Mi sono semplicemente arruolato. Avrei dovuto rimanere con le mani in mano? Credi che il Generale mi avrebbe tenuto a palazzo Jarjayes?  Per cosa? Per continuare a strigliargli il cavallo?  Ho un amico nei Soldati della Guardia …”

Serro i pugni pronta a controbattere ma mi anticipi – “Che cosa ti urta di più Oscar? E’ forse l’essere consapevole che io sia l’unico in grado di proteggerti?”

Non stacchi lo sguardo dal mio . Una sfida o cerchi una conferma alle tue parole?

Svio il discorso per un attimo – “Potevi almeno mettere al corrente tua nonna. E’ sinceramente preoccupata”

“Immagino l’avrai rincuorata. E comunque sabato sarò in libertà. Andrò a trovarla e prenderò alcuni miei effetti personali”

Non ne comprendo il motivo ma provo una strana sensazione, un senso di abbandono di fronte a quanto hai appena detto – “Non  tornerai più a casa?”- ti domando nei miei pensieri.

I tuoi occhi si insinuano nei miei. Li sento scavarmi dentro. Quanto mi conosci?

Sull’attenti, batti i tacchi e porti la mano tesa alla fronte facendo il saluto militare –“Sempre ai vostri ordini Comandante”.

“Andrè io …!”

Richiudi la porta senza voltarmi le spalle.

“Fa come ti pare”- è ciò che riesco solo a pronunciare mentre dentro mi sento bruciare per questo tuo affronto.

 

Nei tuoi occhi lame d’orgoglio pronte a trafiggere il tuo interlocutore.

Il tuo sguardo gelido oramai non può più nulla su di me. Ti conosco Oscar. So leggerti dentro. Pensieri ed anima. Dove tu sarai, io sarò.

Quale scusa vuoi inventare? - “Cosa ti urta? Che io sia qui o che sia l’unico in grado di proteggerti?”

Brucia la rabbia nei pugni stretti di fronte all’evidenza.

“Ho alcune amicizie nei Soldati della Guardia. Mi hanno semplicemente dato una mano a trovare un nuovo lavoro.”

“Potevi almeno avvisare tua nonna. E’ molto preoccupata”- tenti di deviare la conversazione. Non è stata forse tua la preoccupazione? Che cosa hai pensato quando mi hai visto andare via qualche sera fa? Che cosa hai provato?

“Ho il primo giorno di libertà sabato. La andrò a trovare … anche per prendere alcuni effetti personali”

Increspi leggermente la fronte con un velo di stupore -“Vuoi dire che non verrai più a casa?”- è questo che stai pensando. Oscar ti stai tradendo semplicemente con i tuoi gesti ed i tuoi sguardi.

Fisso il tuo volto contratto in un’espressione tra la disapprovazione e l’essere dispiaciuta.

“Io ci sarò . Sempre”- concludo quasi bisbigliando battendo i tacchi – “Sempre ai vostri ordini Comandante”.

 

I ragazzi si lamentano.

“Volete sapere una cosa? Il nostro comandante, in realtà, è una donna!”

Obbedire ad una donna, MAI! Non ne vogliono sapere.

Me ne sto sdraiato tentando di mettere insieme i primi tasselli di questa storia per nulla chiara.

“Alain … noi ti consideriamo il nostro capo. Cosa ne pensi?”- sono tutti assiepati attorno alla mia branda.

“Questa storia non mi piace, non mi piace per niente”- gli occhi chiusi. La vedo attraversare i miei pensieri.

Se non erro Grandier non è tra loro. D’Agoult lo è venuto a chiamare.

Non voglio metterlo in difficoltà di fronte agli altri.  Avrò occasione di chiarire. Non amo i sotterfugi tanto meno essere preso in giro.

Eccolo. Richiude la porta.

Siedo sul letto e fisso quella sua unica luce.

Andrè … cosa nascondi?

 

Richiudo la porta.

Alain siede sulla branda. Mi fissa.

I ragazzi si voltano. Sento tutti i loro sguardi pesare, carichi di domande.

Li ho uditi parlare del fatto che tu sia una donna. A loro non garba il fatto.

Hanno fatto finta di nulla ed io altrettanto.

Terminato di lucidare il fucile ho cenato in disparte. Ho evitato ogni tipo di conversazione.

Oscar, so che sei fermamente convinta nel proseguire su questa strada. Non sarà certo un manipolo di uomini rozzi a farti cambiare idea. Ti conosco bene. Andrai avanti a testa alta e qualsiasi cosa possa succedere sarai in grado di venirne fuori vittoriosa. Come sempre.

E’ ora della ronda. Stasera tocca ad Alain e a me.

Non fa freddo.

Il mio compagno siede addossandosi al muretto del ponte – “Perché mi hai mentito? Mi hai raccontato di essere figlio di un falegname …”

Sento il sangue raggelarsi.

Conosco ancora poco Alain …  ho già compreso abbia un occhio di riguardo nei miei confronti … purchè … vi sia sincerità.

Non vuole chiarimenti sul fatto che mi sia recato dal Comandante.

“Non voglio sapere le motivazioni reali per cui tu mi abbia chiesto di arruolarti. Fai attenzione. I Soldati non vedono di buon occhio quella donna … qualsiasi tipo di rapporto tu possa avere con lei … fai attenzione”

 

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Capitolo 11
*** Ostacoli ***


Quella femmina ci vuole sulla piazza d’armi?

Ah ah … ridicola. Ma chi si crede di essere?

La biondina ha sbagliato caserma. Se ne deve tornare al Palazzo di Versailles. Qui per lei non c’è posto.

Quell’idiota di Bouillè avrà voluto compiacere un capriccio del padre se non proprio suo di lei.

Ho spedito “occhi tristi” ad avvisarla che non abbiamo alcuna intenzione di eseguire i suoi ordini.

Eh … una rivista per il nuovo comandante. Mi viene proprio da ridere.

E’ un vero piacere starsene sulla branda oggi.

Oscar Francois de Jarjayes.

Il padre deve essere un pazzo a chiamare la figlia Oscar … e farle intraprendere la carriera militare.

Il bel moretto, ultimo arrivato, non me la racconta giusta. Tanto meno la stangona.

Deve avere un corpo magnifico sotto quell’uniforme. La pelle diafana, la chioma dorata, due occhi da far paura nonostante di giaccio.

Cavoli! Ci vorrebbe Colette ora!

La porta si spalanca nel bel mezzo di una partita a carta dei ragazzi, tra bicchieri di vino, braghe slacciate ed il disordine totale.

Eccola! Fiera, sulla soglia. Un angelo demone.

 

 

Non posso credere che abbiano mandato te per rifiutare un mio ordine.

Lascio Cesar davanti all’entrata e con il Colonnello D’Agoult percorro il corridoio che porta alle camerate.

Il mio passo riecheggia tra le pareti umide della caserma.

Spalanco la porta.

Cadono le carte a terra.

Gli sguardi di quegli uomini su di me. Se credono di intimorirmi spingendomi poi ad abbandonare … forse non hanno ancora capito chi sia Oscar Francois de Jarjayes.

Li richiamo all’ordine e quello che sembra essere il loro capo, senza nemmeno alzarsi dalla branda – “Ascoltate. Non abbiamo alcuna intenzione di prendere ordini da una donna”

Lo invito a ricomporsi e a dirmi il suo nome. Fiero pronuncia “Alain De Soissons”. Comprendo al volo l’astio nei suoi occhi, ma non sarà certo il suo tono ribelle ed i suoi modi grezzotti  a retrocedere sugli ordini impartiti.

“Si, non abbiamo alcuna intenzione di avere una femmina tra i piedi”- lo sostiene un altro.

“Fate silenzio!- li zittisce – “Siamo un gruppo  piuttosto irruento e poco educato. Beh … ecco, non vorremmo rendervi ridicola di fronte ai vostri superiori  e ….”

Non gli do il tempo di terminare la frase. Ho compreso molto bene dove vuole parare.

“Se volete mettermi alla prova e qualcuno di voi fosse interessato  a battersi con me spada, pistola … non ho preferenze. Lo aspetto sulla piazza d’armi.”

 

 

Il tuo arrivo tra i Soldati della Guardia non è certo stata una passeggiata.

Sui volti dei miei compagni leggo solo astio. Nei tuoi confronti.  Anche nei miei.

Le notti riposo a malapena. In allerta. Costante.

Anche se so che Alain riesce a tenere la situazione sotto controllo. Nonostante quel suo fare disinvolto e bonaccione, lo vedo tenermi sott’occhio. Leggo sul suo volto mille interrogativi. Fortunatamente non ha incalzato troppo nelle domande alla ricerca di una verità che attualmente  mi pare palese dover tenere esclusivamente per me.

Si, sono entrato nelle sue grazie ma … comunque è meglio andarci con i piedi di piombo.

Ho temuto per te … forse inutilmente. Batterti con quel bestione per ottenere rispetto ed obbedienza. Non v’erano dubbi sul fatto che avresti raggiunto l’obiettivo … in parte.

Oscar dimmi … sii sincera, non era certo questo il benvenuto che ti aspettavi. Devo comunque complimentarmi con te, ero certo ne saresti uscita vincente.

Eppure ora sul tuo magnifico volto traspare stanchezza. Oscar … proseguirai vero? Non ti sei mai tirata indietro su nulla.

Da stasera ho la mia prima licenza. Tornerò da nonna. Mi mancano terribilmente le sue torte di mele.

 

 

Vi ho osservata a lungo quest’oggi mentre sfilavamo durante la rivista in vostro onore.

Sto cercando di capire cosa vi leghi a Grandier.

Avete dimostrato grande determinazione e coraggio con gli uomini. Non credevo.

Siete uno schianto in uniforme. …. In uniforme. Che cosa nascondete? Che cosa ci fate esattamente tra di noi? Siete un’aristocratica … siete una donna.

Butto un occhio su Andrè. Di spalle, si sta preparando per la sua prima licenza.

 

L’accoglienza non è certo stata delle migliori. Questa nuova avventura tra i Soldati della Guardia è partita tutta in salita. A cominciare da te. Non me lo aspettavo.

Credevo di essere stata piuttosto chiara e che tu avessi accettato il fatto che io non abbia più bisogno di te, del tuo servizio, del tuo aiuto … della tua vicinanza.

Allibita dalla tua caparbietà e sfrontatezza. Rivangare il fatto che io sia una donna non fa che alimentare in me rabbia. Questo tuo modo di sfida costante nei miei confronti  brucia, terribilmente.

Me la sono saputa cavare da sola nel duello con quel bestione. Che cosa credevi? Non mi fanno certo paura.

… forse temo più me stessa.

Tiro le somme di questi giorni.

Non mi spaventa di certo avere a che fare con uomini rozzi quali sono. Ben comprendo non sopportino il fatto di prendere ordini da una donna. Questa è la realtà. Nonostante viva il mio quotidiano da soldato la verità è un’altra.

Se nella Guardia Reale venivo considerata in tutto e per tutto un uomo, come effettivamente mi sentivo, ora è difficile affrontare arroganza, derisioni continue, linguaggio che va ben oltre la decenza.

Risuonano vere in questo momento le tue parole “non potrai mai cancellare di essere una donna”. Tu lo sai bene.

Sono giorni che non ti vedo. Sei tornato a Palazzo Jarjayes? Certo è che sebbene voglia negarlo a me stessa, sento pesare la tua assenza.

Ho scelto di rimanere in caserma a dormire presso gli alloggi riservati ai superiori nel tentativo di integrarmi al meglio in quest’ambiente sinceramente sporco, maleodorante e malsano. Voglio dimostrare ai miei uomini che questo tipo di vita non mi turba in alcun modo.

Se fossi su un campo di battaglia non dormirei di sicuro in un letto comodo, dalle lenzuola pulite e profumate. Un mettermi alla prova per l’ennesima volta.

Fra i commilitoni spicca come presenza Alain de Soissons, il portavoce, il loro capo. Mi ha fatto capire chiaramente che non hanno alcuna intenzione di stare a i miei ordini nonostante il duello per me si sia concluso positivamente. Ha una bella parlantina e a differenza di tutti gli altri, i modi di interloquire con me si differenziano. La sua mancanza di rispetto nei miei confronti si puo’ leggere tra le righe della sua maliziosa ma composta arroganza.

Sono stanca.

 

 

Stasera si cena  a casa e Diane ha preparato uno stufato strepitoso.

Ha trascorso tutto il tempo a raccontarmi di un tale di cui pare si sia innamorata … e ricambiata. La mia adorata sorellina.

Andrè … si, devo ammettere che lo avrei visto come un buon partito … ma pare che le donne proprio non gli interessino.

Io proprio non lo capisco. Alla taverna Pauline si è quasi offerta su di un vassoio d’argento. E che fa sto scemo? La fissa e s’intristisce ancora di più.

Lo vedo scrutarmi con quell’unica luce quando caccio la lingua in bocca a Colette e la palpo sotto la gonna. L’afferro per il corpetto che fa quasi trabordare il seno … non fa una piega.

Non è che c’entri qualcosa il nostro biondo comandante?

 

 

Dopo diversi giorni ho preso la decisione di rientrare a casa.

Accompagno il cavallo alle scuderie.

Sei li!!  Stai sistemando le selle. “Oscar …”- pronunci il mio nome. Dimentico che sai riconoscere perfettamente il mio passo, la mia presenza.

“Si, sono io”- la mia conferma.

“Bentornata a casa” – Non esistono  parole  più confortanti. 

Accompagni  Cesar  nella sua stalla – “Ha bisogno di essere ferrato a nuovo” – ti accosti.

Il profumo leggero della tua colonia mi carezza l’olfatto. Sento i battiti accelerare.

Abbasso lo sguardo. Mi sento il volto infuocato. Che diamine mi succede?

“Hai già cenato?”- ti volgo le spalle. Ripongo le briglie. Un espediente per nascondermi.

“No, ti aspettavo”- la tua voce sempre carezzevole. Come facevi a sapere che sarei  tornata?

“Nonna ha già messo tutto in tavola. Rientriamo?”

Annuisco.  Un passo dietro me,  ci avviamo.

Sono felice di essere  a casa.

 

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Capitolo 12
*** Un bacio rubato ***


Ho chiesto a nonna di preparare i tuoi piatti preferiti. Mangiare in caserma è così triste e … beh, sinceramente non trovo un termine … . I miei compagni si avventano sui loro pasti come non vi fosse un domani spazzolando via ogni briciola. Non avanza mai nulla. Si, ogni tanto qualcosa di buono viene proposto ma … la cucina di nonna è unica.

E’ bello stare nuovamente a tavola assieme.

L’ultima volta che ti ho vista divertita è stato sulla spiaggia, quel pomeriggio, ad Arras.

Nonna piomba su di me con il suo fedele mestolo. Tento disperatamente di non farmi colpire incrociando le braccia sulla testa. Tu continui a ridere –“Potresti aiutarmi!” - e so bene che non lo farai. Raramente hai preso le mie difese di fronte alle sue legnate …. Anche da ragazzini l’hai quasi sempre scampata e io a prenderle tutte.

Ma nonna non è cattiva. Si preoccupa. Siamo i suoi “bambini” …. Anche se oramai siamo cresciuti.

Ti allontani silenziosa. Solo gli angeli come te fluttuano …

Ti seguo con la coda dell’occhio, dall’angolo buono. Scendi in giardino. L’aria è più fresca del solito, ma tu adori passeggiare lungo il viale … nel silenzio completo.

Afferro una coperta.

 

 Questo nuovo incarico spinge a confrontarmi con una realtà ben lontana dagli opulenti corridoi di Versailles.

La maggior parte di questi uomini è qui semplicemente per portare a casa un pezzo di pane. A parte Andrè, se non si fossero arruolati probabilmente sarebbero lungo una strada a mendicare o a derubare qualche commerciante …

Quest’epoca sta mutando. Velocemente. Troppo velocemente.

Non abbiamo fatto in tempo a sederci a tavola che nonna ha ricoperto d’insolenze Andrè minacciandolo sempre con il suo mestolo. Povera donna. Continuiamo a farla preoccupare.

“E tu che hai da ridere?” – tenta di pararsi il capo con le braccia –“Perché non vieni in mio soccorso?”

Rido divertita. E’ diventato così raro – “Non credi che questa volta tu te la sia cercata?”

“Non è giusto. Alla fine ci prendo sempre di mezzo io”

Terminato di cenare –“Mi mancava la tua cucina. Quella in caserma è pessima”- mi alzo. Ho bisogno si fare due passi.

Sento la stanchezza di questi giorni. Oscar, gli anni cominciano a passare anche per te.

Scendo in giardino. Chissà che l’aria fresca non mi aiuti a trovare un po’ di tranquillità. Avvolta dal buio … solo un timido raggio di luna filtra tra le fronde degli alberi del vialetto.

Dei passi alle mie spalle. Mi volto di scatto. Un’ombra si avvicina.

Andrè, sei tu.

 

E’ stato come tornare indietro nel tempo. Ricordi le nostre cene, le nostre passeggiate serali prima di tutto questo?

Ravvivo il fuoco nel camino.

Un fruscio. La coperta è scivolata a terra. Volgendomi hai il capo poggiato su un lato della poltrona.

Mi avvicino. La raccolgo. La poso delicatamente sulle tue gambe. Sollevo lo sguardo. Il bagliore delle fiamme dona riflessi  dorati ai tuoi capelli e a quelle ciocche sulla fronte. Allungo una mano. Ne scosto un paio.

Le labbra socchiuse, il respiro quasi impercettibile.

Ho fatto un promessa … ma ora … Ti prego perdonami. Le sfioro … appena.

Che io sia dannato in eterno!

 

Assopita … giusto per qualche minuto.

Ti sento entrare nella stanza.

Ravvivi la fiamma nel camino. La tua presenza è semplicemente rasserenante.

La coperta scivola a terra.

Ti avvicini. Raccolta la posi sulle mie gambe . Inspiro nel silenzio il tuo profumo. Sai sempre di buono. E di mille attenzioni. Nessuno se non tu.

Le tue dita leggere allontanano alcuni capelli dalla mia fronte. Il tuo volto. Sento il tuo respiro vicino.

Poi … le tue labbra … si posano, lievi … in un bacio rubato.

Non voglio aprire gli occhi …

 

Mi ricompongo. Sbatto ripetutamente le palpebre. Appena in tempo, prima che nonna porti la cioccolata.

Tiro un sospiro.

Oscar … comincio ad avere qualche problema con la vista. Ho come la sensazione che l’altro occhio sia affaticato. Ma non voglio turbarti. Sai, mi sono accorto di aver affinato molto l’udito … almeno questo mi aiuta.

“E’ stanca la mia bambina”- posando il vassoio.

“Ci penso io a versarglielo”- sto sudando freddo. Ci lascia soli.

Riempio la tazza. Sto per allontanarmi. Mi afferri una mano –“Grazie”

Volgendomi incrocio i tuoi occhi. Ci sono sguardi di te che sanno disarmare da tanta dolcezza altri rabbrividire per quanto sono freddi e distaccati – “Resta”- mi inviti a non lasciarti sola.

Ti allungo la tazza. Le tue labbra si posano sul bordo con una sensualità da togliere il fiato.

Deglutisco. Oscar …

 

Riapro gli occhi. Stai versando la cioccolata portata da nonna. Come mi mancava.

L’aroma si sparge per il salottino.

Volgendoti  incroci il mio sguardo.

I tuoi occhi hanno riflessi come l’ossidiana da lasciare senza fiato. Cosa mi succede?

Fai per andartene …. no, ti prego resta. Ti afferro una mano. Da quanto non lo faccio?

Eppure un tempo era un gesto quotidiano, normale, spontaneo. Ora mi provoca una tempesta di emozioni …  che tuttavia mi fanno stare bene, lo sai?

 

Mi sono dovuto alzare presto.

Sei tornata solo ieri sera, ma io devo rientrare in caserma. La prima licenza è stata breve ma sono felice di aver trascorso almeno una serata assieme.

Ora pensa a riposarti. D’Agoult saprà sostituirti in maniera impeccabile.

Appena varco la porta – “Ehi Grandier … hai trovato il tempo per scopare in questi giorni? Ma come cazzo fai a non sentirne mai la necessità!”- Alain non si smentisce mai.

Ma lui non può capire …

 

So che sei rientrato.

Forse sarei dovuta venire prima … avremmo trascorso qualche giorno in più assieme.

Andrè … le ho sentite le tue labbra sulle mie …

Ho fatto una lunga cavalcata. Avevo bisogno di non pensare a nulla … anche se ora il pensiero fisso sei tu.

Appena entro nel cortile trovo nonna attendermi sulla gradinata –“Oscar, Oscar … vieni! Presto!”

“Che cos’è tutta questa agitazione?”- scendo da Cesar.

“C’è un ospite che ti sta aspettando … e da molto, anche” – Chi mai può venirmi a cercare? Un ospite?

Varco la soglia del salottino e mi trovo Victor Florien de Girodel. Ma che è venuto a fare? Una vera sorpresa.

“Victor … voi!” – sono basita. Lo invito a bere qualcosa ma dopo aver rifiutato –“Sono felice di aver potuto ammirare ancora una volta il vostro sorriso”. Una leggera riverenza per salutarmi e lasciarmi frastornata sul piazzale. Che cosa significa?

Continuo a fissare la sua figura allontanarsi – “Sai il motivo per cui Girodel sia venuto quest’oggi?”- chiedo a nonna.

“Oh certo che si, bambina mia. Il conte è venuto a chiedere la tua mano al Generale”- Non comprendo se il suo tono sia velato di gioia o meno –“Sono veramente onorato di questa vostra richiesta che prenderò seriamente in considerazione”- sono le parole pronunciate da mio padre.

Onorato? Prenderò in considerazione? Victor è venuto a chiedere la mia mano?

Sfilo gli stivali. Mi siedo sul letto.

Victor mio marito? Sinceramente non so se ridere o dar di stomaco.

Victor mio marito. La cosa più assurda sulla faccia della terra.

Andrè …. Un uomo mi ha chiesto in moglie. Girodel mi ha chiesto in moglie.

Ora …. ti vorrei qui …

 

 

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Capitolo 13
*** Oscar si sposa! ***


Vado incontro a Diane.

Quanta dolcezza e spensieratezza nel suo sguardo.

Mi prende sotto braccio e si stringe a me –“Ciao Andrè, che bello rivederti!”- I suoi occhi mi rammentano quelli di un cerbiatto. Mi sorride mentre un refolo di vento le accarezza i capelli.

“Alain arriva subito. E’ dal Comandante”- è così piacevole starle accanto.

Poggia il capo sul mio braccio – “E’ sempre una gioia venirvi a trovare”.

Percorriamo il colonnato verso le camerate. Alain appare all’improvviso –“Ciao sorellina”- il volto gli si illumina –“Fai attenzione. Occhi tristi è un rubacuori” – esplode in una fragorosa risata.

Si solleva sulle punte dei piedi, mi sfiora la guancia con un bacio delicatissimo –“E’ un ragazzo adorabile. Un vero pezzo di pane. Ce ne fossero come lui”

Mi sento imbarazzatissimo di fronte a quell’armadio di suo fratello. Mentre sento di arrossire una manata mi arriva potente sulla spalla –“Senti … che intenzioni hai? Vuoi portarmi via la mia sorellina?

“Smettila Alain”- lo bacchetta Diane allungandogli una borsa con la biancheria pulita.

 

Stasera metà dei ragazzi è di ronda.

A noi è concessa una serata di svago e … incredibilmente ho convinto anche il nostro Comandante a farsi un boccale.

Siamo tutti piuttosto euforici. Tranne … ovviamente, Oscar e “occhi tristi”, moderati entrambi  nel bere.

Colette si avvicina ed inizia a lisciarmi come una gatta in calore … come sempre.

La presenza del Comandante non mi frena certamente. Le infilo una mano sotto la gonna, tra le gambe. Lei apprezza e sussulta al mio tocco.

Con la coda dell’occhio scruto la bionda mentre affondo la lingua nella bocca di Colette.

Si volta. Discosta lo sguardo.

“Andrè … dovresti sentire che paradiso c’è qua sotto. Dai, vieni”- gli afferrò una mano spingendola sotto il tessuto frusciante e gliela struscio. Lei, puttana, geme.

Mi sto eccitando –“Cazz … se non te la fai tu  … “ – intravvedo quei due pezzi di ghiaccio ardere improvvisamente.

Che hai Oscar? Vorresti essere al suo posto? Dillo! Hai mai provato il piacere, quello vero? Ti ha mai scopato un uomo? Ma uno bravo, capace di farti godere come si deve. Ti vorrei vedere sotto quell’uniforme …  Sei donna. Smettila di fare la sostenuta.

Andrè velocemente si libera.

“Senti dolcezza … ti aiuto a portare i boccali vuoti nel retrobottega”.  Mi alzo –“Comandante … la ragazza necessita di un aiuto …”- non batti un ciglio. Non comprendo se il fatto ti urta o eccita. Ti fisso dietro la tenda mentre spingo Colette contro il muro – “Che fretta hai”- miagola compiaciuta.

“Taci”- affondo in lei. …

Voglio vederti.  La tenda si muove appena  ed incrocio i tuoi occhi. Oscar …

 

Non so perché ho accettato. Forse solo per trascorrere una serata diversa e amalgamarmi meglio con gli uomini.

Questo locale è puzzolente … ma la birra non è male. Amo bere ma non posso certo perdere il controllo. Vedo Alain che continua a tenermi sott’occhio. Che diavolo  ….?

La ragazza porta un nuovo giro di boccali. Sembra intendersela con Soissons. Si struscia come una gatta.

Prima infila lui le mani sotto la gonna poi all’improvviso ne afferra una di Andrè –“Vieni a toccare il paradiso”.

La ragazza si lascia scappare un gridolino di piacere. Vorrei alzarmi ed uscire. Ma resto. Volgo lo sguardo altrove. Sento quegli occhi come la pece scrutarmi pesantemente. Di spalle deglutisco e sento le guance prendere fuoco.

Alain si fa insistente pronunciando parole oscene. Sono tesa come una corda di violino.

 

Siamo andati tante volte a bere assieme, divertendoci anche. Ma stasera è diverso.

Non è un luogo adatto a te. Capisco bene perché tu lo abbia fatto.

Primo giro di birre. Bevi ma sai anche di doverti contenere. Non puoi certo permetterti di lasciarti andare di fronte ai tuoi uomini come hai fatto tante volte con me.

Poi arriva il secondo giro e Colette, vedendo Alain su di giri, inizia a strusciarsi. Lo fa sempre.  Ora capisco perché gli piaccia venire qui.

E le mani gli scivolano ovunque. Affondano nel corsetto quando si china per ascoltare chissà quali oscenità sussurrate. E  s’infilano sotto la gonna.

All’improvviso mi prende per un polso, mi tira e mi spinge la mano sotto gli abiti tra le gambe della ragazza. Deglutisco appena sento che non indossa biancheria intima. Si lascia andare ad un gemito mentre Alain mi tiene bloccato.

Non riesco a vederti. So che sei alle mie spalle. Oscar … perdonami … io ….

Uno strattone e mi libero –“Sei un idiota”- mormora Alain tra i denti. Si alza e se la porta nel retrobottega.

Poi ti volti.

Hai le guance infuocate.

 

Richiudo la porta.

Mi lascio andare sulla sedia. Che serata terribile. Inspiro profondamente.  Non mi sono mai sentita così in imbarazzo. 

Stasera avrei veramente preferito rientrare a casa …. Mi viene da scuotere il capo. Che cosa vuole fare esattamente Alain? Gli piace provocarmi, ormai l’ho capito.

In quest’ambiente sto scoprendo particolari del lato maschile che non conoscevo. Eppure sono stata educata come e con un ragazzo al mio fianco.

Ma Andrè è diverso.

Oscar , sii sincera con te stessa. Quel gesto di prendergli la mano e infilarla ….

Sento un brivido percorrermi la schiena.

Mi sdraio sulla branda. Spero solo di riuscire a riposare.

 

Slaccio le braghe e mi butto sulla branda.

Che cosa guardavi Comandante?  Forse avresti voluto essere al posto di Colette? Io si.

Ho visto i tuoi occhi ardere di rabbia …  Grandier ….  Che cosa c’è fra voi?

Forse con “occhi tristi” ci sei riuscita a nasconderti ma con me no. Avevi le guance infuocate.  La cosa mi è piaciuta.

Prima o poi capiterà l’occasione di restare soli …

 

Sono giorni che non rientriamo a casa. Sei sempre più silenziosa ed è veramente sempre più difficile scambiare con te anche solo un paio di parole. Ho capito che qualcosa ti turba ma non ho ancora ben compreso di cosa si tratti.

I ragazzi si stanno abituando alla tua presenza e qualcuno si è lasciato scappare –“Tosto il nostro comandante. Tutto sommato non mi dispiace”. Stai raggiungendo il tuo obiettivo. Non posso che esserne felice.

Lasalle mi chiama –“Grandier, hai visite!” - ma chi mai potrà essere?

Non appena giungo all’esterno nonna mi attende sotto il colonnato.

“Sono giorni che non vi fate vedere. Non credi ci sia bisogno di cambiare la biancheria? Ecco, tieni”- mi mette una sacca tra le braccia. E’ bello vederla.

Scambiamo quattro chiacchiere. Poi all’improvviso abbassa lo sguardo sistemando gli occhiali sul naso – “Che succede?”

“Ecco … veramente. Non so se faccio bene a dirtelo ma …. Oscar presto si sposerà.”

Scioccato non riesco nemmeno a respirare – “Che cosa?” – non capisco se nonna sia felice di questo oppure no. Non ho neppure il coraggio di chiederle chi sarà il fortunato pretendente che già se ne deve andare.

La vedo sparire all’orizzonte. Mi sento frastornato.  Quelle parole non fanno che risuonare dentro la mia testa.

Corro veloce sotto il colonnato stringendo forte gli occhi. Si sposerà! Si sposerà! Oscar si sposerà! Non posso crederci, non può essere. Diventerà moglie di qualcuno che nemmeno conosce    Oscar …. Come … tra le braccia di un altro. Un altro uomo respirerà il profumo dei tuoi capelli, accarezzerà la tua pelle, sfiorerà le tue labbra. Oscar …

 

Come se non avessi abbastanza pensieri. Ora ci si mette pure mio padre.

Questa storia di sposarsi …. vorrei proprio capire da dove sia saltata fuori, chi mai può avergli messo nella testa un’assurdità del genere. Girodel? Che sia tutto collegato a quella visita?

La conversazione appena terminata stona notevolmente con la sua scelta di avermi educato come un maschio. Perché dopo anni arrivare a dirmi che se Victor non mi dovesse andare bene sarà possibile trovarne un altro? Ma di cosa stiamo parlando? Vuole forse mettermi sullo stesso piano delle mie sorelle? Non sono certo merce da esporre al mercato. Amo mio padre. Nemmeno lui potrà mai comprendere quanto.

La sua scelta forse mi avrà penalizzato da un lato ma dall’altro mi ha spalancato le porte di un mondo che tutto sommato fino ad ora mi ha reso libera dalle costrizioni imposte dalla società odierna. E tutto d’un tratto vorrebbe ch’io facessi un passo indietro?

La divisa non mi ha impedito di provare sentimenti da donna. Certo. Sono stata innamorata di Fersen, è vero. Ho provato sensazioni ed emozioni che mai …. Ho creduto potesse essere l’ uomo della mia vita, l’unico che avrei potuto amare. Ho creduto … Oramai fa parte del mio passato.

Bouillet poi vuole dare un ricevimento  … dove io dovrei cercare marito. Pazzesco. Ho la sensazione che tutti siano usciti di senno.

Rientro in caserma. Non voglio più ascoltare discorsi del genere. Ho altro a cui pensare.

Riprendo il mio lavoro. Ho diversi documenti da firmare entro domattina.

Ma che succede? Apro la porta. Il trambusto proviene dall’armeria.

Accelero il passo. Sembra proprio che se le stiano dando di santa ragione. Che diamine!

Mi ricordo solo all’ultimo che D’Agoult oggi è di riposo. Dovrò sbrigarmela da sola.

All’improvviso tutto pare sia terminato.

Vedo gli uomini allontanarsi. Mi fermo un attimo. Li lascio passare senza che si accorgano di me.

Sono sulla porta.

Resto senza parole, immobile. Il sangue raggelarsi.

Andrè!

 

 

 

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Capitolo 14
*** Per amore ***


Alcuni ragazzi si sono accaniti su “occhi tristi”.

“Ehi … vorrei essere messo al corrente quando decidete di massacrare qualcuno”.

“Ma no Alain noi … menavamo solo un po’ le mani”- uno di loro ha pure il coraggio di controbattere.

“Ricordate che Andrè è un mio amico. Che non capiti più”- lascio scivolare il mio coltello sotto la manica.

Indietreggia – “No, no Alain … non capiterà più. “

Si allontanano. Immagino abbiano compreso.

Mi avvicino piano. Cazz … - ”Ehi, ti hanno conciato proprio per le feste. Dai su, rialzati”- Gli appoggio una mano sulla spalle e mi accorgo di quelle lacrime rigargli il volto – “Oscar … ti prego. Non ti sposare”.

Distolgo lo sguardo da Andrè riverso sul pavimento per volgermi.

Sei li. Sulla porta.

Fissi entrambi. I tuoi occhi non sono più di ghiaccio ma sconvolti di fronte a quell’uomo che tra le lacrime e nell’incoscienza ha proclamato tutto il suo amore disperato.

Dunque sei tu la donna per la quale trascorre notte insonni, crucciandosi.

Sei tu la donna per cui s’infligge così tanta sofferenza.

Che cosa? Che cosa lo spinge ad amarti così all’inverosimile?

Sorrido ironicamente mentre con le mani in tasca ti raggiungo –“Mhh… ora ho capito …. Grandier  vi ama”.

Sei focalizzata solo su di lui –“Vi ama a tal punto da mettere in gioco la sua stessa vita”- le senti le mie parole?  Spero tu abbia udito e compreso pure le sue –“Credo a questo punto dobbiate occuparvene voi”.

Avvicino il volto. Voglio scrutarti.  Voglio vedere quegli occhi ora cosa celano – “Oscar …”- si, ti chiamo per nome per la prima volta –“Aprite gli occhi. Nessun uomo merita di soffrire così tanto per amore”.

Ti lascio a malincuore. Un pugno allo stomaco avrebbe fatto meno male.

Non mi volto. Non voglio vedere, sapere cosa farai ora.

Per una manciata di secondi desidero  essere al posto di Andrè. Solo pochi secondi … perché uno come me non  ti merita. Non so se potrei essere in grado di dare la mia vita per amore. Non so se una donna potrebbe meritarsi tanto.

Forse tu.

Si. Forse.

Forse …

 

 

Il pavimento è dannatamente umido.

Non so fino a che punto possa fregarmene.

Le mie lacrime si mescolano a quel rigolo di sangue che sento scorrere ad una angolo della bocca. Tento di passarmi la lingua sulle labbra, sta di fatto che raccolgo terra mista a non so bene cosa impastandosi con la saliva. Un dolore lancinante allo stomaco. Arranco nel respirare.

Sento le palpebre gonfiarsi soprattutto quella dall’occhio cieco. Non riesco ad alzarmi. E’ come se mi avessero spezzato le gambe.

Percepisco a malapena la voce ovattata di Alain. Un ronzio nell’orecchio destro.

Poi il silenzio.

I tacchi dei tuoi stivali si avvicinano. Dannazione! Perché mi devi vedere così!!?

Sollevo la faccia tanto quanto basta per volgerla dalla parte opposta. Non voglio vederti.

In piedi immobile. Di fronte a me.

Non voglio la tua pietà. Non me ne faccio nulla.

Ora sei china su di me. La tua mano sulla mia schiena –“Andrè …”

Deglutisco – “Vattene Oscar … ti prego … lasciami in pace”- riesco a sibilare.

Le tue dita scostano ciocche di capelli appiccicate sulle guancia e la fronte – “Vattene via”- mi aggrappo all’ultimo filo di voce che ho.

“Riesci ad alzarti?”- tenti di infilare un braccio sotto il mio per sollevarmi.

Piano piano faccio forza sulle mani e le ginocchia. Mi trovo a carponi come un cane bastonato.  Una mano contro il muro,

L’occhio è gonfio. Non riesco ad aprirlo. Le tue dite lo sfiorano – “Non mi toccare”- allontano la tua mano.

“Andrè, ti prego. Vieni. Hai bisogno di essere medicato.

Non vorrei  ma mi lascio condurre nella stanza accanto.

Siedo.

Con un fazzoletto mi pulisci l’angolo della bocca.

Odio farmi vedere da te in queste condizioni.

 

 

Immobile.

Ho udito le tue parole appena sussurrate.

Io …

Alain mi fissa. Chino su di te –“Ora capisco. Beh Comandante … direi che vi ama. Il fatto è evidente” – quasi sghignazzando.

Rimessosi in piedi si avvicina. Non riesco a guardarlo. I miei occhi sono concentrati solo su di te –“Direi che a questo punto sia meglio che ve ne occupiate voi, no?”.

Mi passa accanto e fermandosi un secondo –“Comunque vi ama a tal punto da rischiare la propria vita per voi”- Sento il suo scrutarmi avanzare sul mio volto alla ricerca delle mie reazioni, emozioni.  E’ come sentirsi improvvisamente nudi. 

Siamo rimasti soli.

Tu. Io.

Non ti muovi. Mi chino lentamente … respiri. Hai il viso sporco e tumefatto. L’occhio dal quale non vedi è spaventosamente gonfio. Scosto alcune ciocche dalla tua fronte. Come ti hanno ridotto!

Sollevi appena il capo per volgere il viso dalla parte opposta –“Vattene Oscar …. Ti prego” – riesci a mormorare.

Tento di infilare un braccio sotto il tuo per darti una mano a rimetterti in piedi.

Ti appoggi piano e a gran fatica riesci a sollevarti.  Una mano contro  il muro, l’altra al costato dolorante.

Vorrei fare qualcosa . Mi allontani. “Vattene  … non voglio tu stia qua”

“Io …”- veramente non so …

“Ti chiedo solo di andartene …”- i tuoi passi sono instabili. Non posso lasciarti ora. Tento di cingerti la vita facendoti mettere un braccio attorno al mio collo. Ti accompagno nella stanza accanto. Qualcuno ha chiamato il medico.

Ti passo un fazzoletto all’angolo della bocca per toglierti quel rigolo di sangue. Andrè …

 

 

Mi slaccio la giubba. Non riesco a sfilare la camicia.

Avanzi di un passo nel tentativo di aiutarmi.

“Comandante … vi chiedo di uscire”- il dottore armeggia nella sua borsa.

“E’ uno dei miei uomini”- lo interrompi.

Ti prego, vattene. Le ferite fisiche sono nulla a confronto con quelle dell’anima.

Il dottore medica il taglio vistoso sul labbro. Poi le sue mani si concentrano sull’occhio. Mugugna. Tastandomi il torace mi trova probabilmente una costola incrinata. Un colpo di tosse. Sputo sangue.

“Avete bisogno di riposare qualche giorno e fare impacchi all’occhio”. Faccio spallucce –“Quell’occhio non serve”- sottolineo. 

Lo sento richiudere la borsa – “Se potete, fatelo riposare”- mentre lasciando la stanza ti saluta.

Rimaniamo soli.

So che sei alle mie spalle. Percepisco il tuo respiro. Che cosa vuoi Oscar? Che cosa vuoi chiedermi? Che cosa vuoi sapere che già non sai? Tu piuttosto … tu forse hai qualcosa da dirmi. Parlami. Come facevi una volta quando eravamo ragazzini e nel buio della notte mi raggiungevi nella mia stanza e ti confidavi. Non c’erano segreti tra di noi. Parlami. Perché non me lo hai detto? Parlami. Chi, chi sarà l’uomo che prenderà la tua mano all’altare? Ti donerai a qualcuno che nemmeno conosci? …

La tua mano si posa delicata su una mia spalla –“Andiamo a casa”

 

 

Sotto il porticato ti guardo mentre aiuti Andrè a salire a cavallo.

Serro la mascella. Sei qui da poco. Non so cosa sia successo. Forse quel tuo modo così distaccato, freddo, quel tuo essere sempre sicura di te, di non temere nulla …. Che cosa mi hai fatto Jarjayes.

Ho avuto mille pensieri su di te che nemmeno puoi lontanamente immaginare.

La notte, nel buio, nella mia branda … quante volte ti ho desiderata.

Seguirti, ovunque. Questo fa Grandier. Questo è l’uomo che ti ama alla follia, che affoga il suo dolore nell’alcool, che non guarda e tocca nessun’altra donna. Che darebbe la sua stessa vita per te.

E bravo il nostro comandante che ha stregato due uomini.

Sogghigno.

Ti vedo alzare lo sguardo per un secondo e rivolgerlo verso di me.

Batto i tacchi e porto una mano alla fronte.

Agli ordini … mio comandante.

 

 

 

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