Legati da due stelle

di trullitrulli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un compromesso ***
Capitolo 2: *** Coda azzurra ***
Capitolo 3: *** Partenza ***
Capitolo 4: *** Il piccolo Lah ***
Capitolo 5: *** Sayan? ***
Capitolo 6: *** Ti insegnerò io a volare ***
Capitolo 7: *** Non puoi sfuggire alla luna ***
Capitolo 8: *** La notte porta incubi ***
Capitolo 9: *** Chiari presagi ***
Capitolo 10: *** Il patto del nemico ***
Capitolo 11: *** Reminescenza ***
Capitolo 12: *** Reminescenza (parte seconda) ***
Capitolo 13: *** La vigilia del plenilunio ***
Capitolo 14: *** Il corteo della luna ***



Capitolo 1
*** Un compromesso ***


Era sdraiata sul suo letto con la faccia affondata nel libro di matematica, stava facendo finta di studiare.
Non che equazioni algebriche di secondo grado fossero un problema per la geniale Bulma Brief, figlia dell’illustre presidente della capsule corporation : bella, viziata, intelligente...
In realtà aveva già finito i compiti da un pezzo, solo che fingere di essere ancora presa dalla matematica era una buona scusa per non essere disturbata.
La quindicenne riemerse dal libro un pochino spettinata, sbuffò e la ciocca di capelli che ricadeva sulla faccia venne scostata.
Si sdraiò a pancia in su ad osservare il soffitto; quando non aveva niente da fare si ritrova stranamente a guardare verso l’alto, studiando la parete del muro in tutti i suoi minimi particolari, ma poi si sentiva inevitabilmente annoiata e la sua attenzione veniva spostata dall’intonaco bianco al cielo azzurro che richiamava il colore dei suoi occhi.
Si stiracchiò e decise che era arrivato il momento di alzarsi per uscire fuori dal balconcino della sua stanza ed osservare il sole tramontare e il cielo passare da un colore blu intenso alle sfumature arancione delle otto in una giornata calda di settembre.
-Caro…- esordì la signora Brief sfornando dei muffins dal forno tentando di distoglierlo dalla lettura di un "interessantissimo" giornale di scienze e attualità.
-Si cara?-
-La nostra piccola Bulma sta ancora studiando?- la chiamava ancora piccola Bulma non riuscendo a far fissare nella sua testa coperta da riccioli biondi che la loro “bambina” era ormai quindicenne, e non più una ragazzina come ancora tendeva a definirla lei
-Si credo- fece il prof Brief poco interessato – starà ancora studiando matematica-
-Oh è così intelligente la nostra piccola Bulma- la lodò la madre, era sempre incline a sperticarsi lodi
esagerate che avevano come soggetto la figlia.
Il prof Brief sospirò e riprese la lettura del suo giornale.
Un leggero bussare alla porta avvisò Bulma che non ostante lei stesse studiando, per così dire, qualcuno la stava disturbando.
La porta si aprì senza che la persona che aveva bussato ricevesse il permesso di aprirla e ne sbucò l’allegra faccia della signora Brief.
-Oh ciao mamma- fece Bulma girandosi e rivolgendole uno sguardo scocciato.
La madre la raggiunse fuori dal balcone.
-Ciao piccola-
-Mamma non sono piccola, ho quindici anni-
- Ok, va bene, Bulma, credi che scenderai di sotto per cena?-
La ragazza tornò a rivolgere le sue attenzioni al cielo.
-No mamma, non ho fame-
La madre le accarezzo i capelli.
-Comunque se te ne viene la cena è nel microonde- disse e si avviò verso l’uscita richiudendo la porta alle sue spalle.

Lontano…

Vegeta se ne stava appoggiato al muro nella sua tipica posa, con le braccia incrociate al petto e l’aria di superiorità.
Gli occhi socchiusi davano l’idea che si fosse momentaneamente appisolato, ma non era così, era rimasto sveglio e vigile.
Appoggiato alla navicella stava ascoltando i discorsi dei suoi compagni.
-Incredibile che dopo tutto quello che abbiamo fatto per lui Freezer non abbia voluto pagarci- si lamentò Nappa che stava seduto su una pietra a guardare il cielo rossastro e poi Radish.
-Cosa puoi aspettarti da un verme come lui?-
Vegeta, che fino ad allora non aveva mostrato il minimo interesse per la conversazione dei due, sorrise sarcasticamente.
-Si è un verme, ma ha conquistato il potere-
I due si rivolsero a Vegeta guardandolo con aria smarrita, un po’ confusi .
Vegeta si staccò dalla navicella e si mise tra i due sempre con gli occhi socchiusi puntati verso il basso.
-Voi perché credete che siamo ancora qui a farci trattare così da quel miserabile?-
I due si guardarono; non ostante la giovane età Vegeta sembrava, anzi era, molto più sveglio di loro.
-Beh, ve lo dico io perché - disse vedendo che i compagni non ci arrivavano.
-Ad ogni combattimento i Sayan diventano più forti e guarda caso Freezer ha bisogno di guerrieri superiori che combattano per lui, per conquistare- fece una pausa guardando anch’egli il cielo.
-Una volta che saremo diventati abbastanza forti da poter combattere con lui io mi impossesserò del suo potere e allora non dovremo più sottometterci a nessuno, perché un uomo che ha in mano il potere controlla il suo destino-
Fece una pausa per guardarli assicurandosi che avessero capito e sembrava che i due avessero messo in azione le loro cellule celebrali, finalmente.
-E i Sayan torneranno la gloriosa razza che erano un tempo, non dei semplici soldati al servizio di un arrogante come Freezer-
-Giusto ben detto-
Vegeta si sedette su una pietra li vicino.
-Dobbiamo solo avere un po’ di pazienza e vedrete che batterò quel Freezer, so che ora non avrei nessunissima speranza- ammettere la sua inferiorità gli costò un duro colpo nell’orgoglio
–ma vedrete che un giorno io lo batterò, vedrete- ridacchiò tra se e se, compiaciuto dei suoi grandi obbiettivi.
“si, un giorno il tuo regno, l’universo, sarà mio”

Bulma stava ancora fissando il cielo con le iridi azzurre perdute nel nero della notte, erano le nove, era li da ben un ora.
“Sarebbe ora di rientrare Bulma, non vorrai che le occhiaie sfigurino la tua faccia domani?”
Bulma rientrò, effettivamente aveva un certo freddo, si cambiò in fretta mettendosi la sua camicia da notte rosa, lunga e informe, si legò i capelli in una coda e si sdraiò nel letto provando a prendere sonno.
Inutile, niente da fare, era da un po’ che non riusciva a dormire c’era sempre un pensiero che si faceva strada nella sua mente mettendo in secondo piano tutti gli altri.
Da quando sua madre le aveva raccontato di come lei e suo padre si erano conosciuti, ovvero circa cinque anni fa, aveva sempre un desiderio fisso che le continuava a martellare in testa tutti i giorni.
“Già...trovare il ragazzo perfetto per me” pensò lei tornando a rivolgere le sue attenzioni al soffitto.
Non che a scuola non fosse corteggiata, anzi, ma ogni ragazzo che le rivolgeva la parola aveva un difetto per lei, dopo di che lo schedava nella sua formidabile memoria come non adatto al ruolo.
Sbuffò seccata da ogni misero fallimento.
Fino a che non avesse compiuto l’impresa non avrebbe potuto dire di essere veramente felice, eppure non le mancava niente: era ricca, era bella, era intelligente, ma sembrava non bastare.
-Uffa, cos’ho che non va?- si lamentò lei ad alta voce verso il cielo, come aspettandosi che qualche voce provvidenziale le rispondesse.
-Tesoro hai detto qualcosa?- chiese la madre da dietro la porta.
-No, niente mamma- si affrettò a rispondere in extremis per salvare la sua privacy in futuro.
Bulma sbuffò ancora ed ancora, infine affondò la faccia nel cuscino per soffocare un gridolino disperato.
La sua era una vera e propria ossessione psicotica, perfino le poche amiche che aveva si rifiutavano di ascoltarla quando ne parlava.
“Almeno sapere se esiste” pensò lei “solo sapere se da qualche parte c’è”
Conoscere cosa ci riserva il futuro: una delle ansie di quando si è a metà strada dal diventare adulti.
Si rivolse di nuovo al cielo come per avere un segno, qualcosa, qualunque cosa che potesse fare chiarezza.
Sembrò che le preghiere della ragazza fossero state esaudite.
Due fasci di luce bianca attraversarono il cielo, gli occhi della ragazza si illuminarono d’improvviso.
“Siiii! Allora c’è qualcuno che mi vuole bene lassù” esultò lei saltando giù dal letto e correndo fuori dal balcone.
“Io desidero…sapere se…”


Era orami notte anche su quel pianeta e i Sayan erano ancora li, si erano procurati del cibo, avevano mangiato e ora volevano solo dormire.
-Però devo dire che su questo pianeta erano un branco di incapaci, non abbiamo neppure dovuto trasformarci- disse Radish mentre mandava giù la carne di qualcosa.
-Già, non mi sono divertito gran che- proseguì Nappa mangiando anche lui qualcosa che però sparì subito, tutti conoscno la voracità dei Sayan.
Vegeta non partecipava alla conversazione; non era tagliato per queste cose, per lo più non era un tipo loquace, e non si poteva nemmeno capire ciò che pensasse; il suo sguardo perennemente truce non lasciava intuire niente di ciò che avrebbe voluto dire.
Osservava il cielo che da rossastro si era fatto nero, gli piaceva l’oscurità, in questa aveva la certezza che nessuno sarebbe venuto a disturbarlo mentre pensava, già pensava molto, molto più di quanto dicesse.
“se solo potessi sapere se mai Freezer verrà annientato, se mai mi trasformerò nel leggendario super Sayan”
Socchiuse nuovamente gli occhi.
“ma certo che lo diventerò, io sono il principe dei Sayan, il migliore”
Un bagliore attirò la sua attenzione.
Vide con la coda dell’occhio due stelle cadenti che percorrevano il cielo.
-Ehi Radish, guarda la hai mai visto due stelle cadenti nello stesso istante?-
-No, e non me ne importa una...-
-Beh non so te ma io esprimerei un…-
-Tnsk-
La voce di Vegeta attirò la loro attenzione, di nuovo.
-Che stupidi che siete, vi lasciate impressionare da due puntini bianchi, vi facevo più svegli-
Nappa e Radish si ammutolirono e rimasero in silenzio per alcuni secondi.
-Sarebbe ora di andarcene da questo mucchio di sassi- rispose Vegeta al loro silenzio, alludendo al fatto che dovevano tornare alla base.
-Freezer ci aspetta su un pianeta poco distante: ha installato li la sua nuova postazione.- proseguì lui afferrando il telecomando della sua navicella e premendo un pulsante.
Lentamente la porta della navicella si aprì e lui ci si adagiò dentro socchiudendo gli occhi.
Era implicito che Nappa e Radish erano “cortesemente invitati” a fare lo stesso e così anche loro si infilarono nelle loro navicelle pronti a partire per lo spazio.
Vegeta gettò ancora uno sguardo al cielo guardando una stella che in realtà era il pianeta che dovevano raggiungere, senza sapere che, inconsciamente, aveva espresso un desiderio.
“Io desidero… sapere se...”

Nel palazzo di re Yhamer, intanto, la vecchia indovina Baba stava accanto alla scrivania del capo a osservarlo annoiata timbrare documenti con la meccanicità di chi ripete molte volte lo stesso gesto quando…
-Ohoh altri due desideri in arrivo!- disse una vocina roca appartenente ad un vecchio che se ne stava seduto sul tetto tutto il tempo a osservare il cielo.
Baba sospirò.
-Scusa ti dispiacerebbe andare a dire al maestro Soso di smettere di strillare ogni volta che passa una stella?- fece re Yhamer mentre timbrava l’ennesimo documento con più forza del solito.
-Va bene –fece Baba decisamente scocciata dall’ingrato compito.
La vocetta stridula del vecchio faceva eco per tutto l’aldilà e a Baba il vecchio mago non andava particolarmente a genio.
-Uno che si mette ad esaudire i desideri della gente a destra e a manca per l’universo senza sapere chi li esprime, diamine! Un po’ di giudizio dovrebbe avere quell’uomo- diceva sempre lei.
Arrivò sul tetto dove un vecchio dai lunghi baffi bianchi lunghi quanto la sua altezza stava esibendo le sue capacità di ballerino per la gioia.
-Maestro Soso- lo richiamò lei -le dispiace smettere di agitarsi in quel modo? Re Yhamer è molto occupato- disse lei senza fare alcuno sforzo per nascondere la sua antipatia.
-Oh, Baba. Che piacere vederla- fece lui che al contrario nascose alla perfezione i suoi pensieri dietro un largo sorriso da orecchia ad orecchia.
-Che motivo avrete mai di urlare così ai quattro venti? Ormai tutto il palazzo vi ha sentito. Per piacere contenetevi- continuò lei sempre più seccata dal finto garbo che il vecchio le rivolgeva.
-Mi scusi, ma ho appena ricevuto due desideri davvero interessanti, espressi contemporaneamente e a due stelle in tutti e due i casi per giunta e ho tutta l’intenzione di esaudirli-
Baba inarcò il sopraciglio: la stava incuriosendo, anche perché di solito quel uomo, con i desideri, combinava un sacco di guai esaudendo quelli che avrebbe dovuto lasciar perdere e scartando le richieste più ragionevoli.
-E chi li ha espressi, si può sapere?-
-Oh due persone dalla parte opposta della galassia Bulma Brief e Vegeta il principe dei Sayan- disse sfogliando un registro che teneva sempre apportata di mano.
Baba sempre più confusa scese dalla sua sfera volante e guardò al suo interno con molta attenzione mentre sulla sua superficie si delineavano di due giovani: il primo seduto nella navicella monoposto e la seconda fuori dal balcone di casa propria a guardare il cielo con le dita intrecciate in una preghiera infantile.
-E che cosa avrebbero chiesto?-
Il maestro Soso sorrise –Previsioni del futuro. Una richiesta interessante non trova?-
Baba sgranò gli occhi.
-Che cosa! E lei è così sciocco da volerli esaudire?-
Il vecchietto stava cominciando a dare segni di cedimento, non riusciva più a nascondesi dietro il credibile sorriso gentile.
-Certo che si! In quanto sono stati espressi mentre passavano ben due stelle cadenti e io ho intenzione di raccogliere la loro richiesta. Mi lasci fare il mio lavoro e io non le dirò come consigliare re Yhamer- disse con saccenza.
Baba si portò le mani ai fianchi.
-Lo so benissimo che le stelle cadenti e i desideri sono di sua competenza, ma la rivelazione del futuro è compito mio e io le dico che se ora lei rivela gli eventi futuri a quei ragazzi scatenerà delle conseguenze disastrose-
Il vecchio scosse il capo -Cosa mai potrà succedere? Sono solo dei ragazzi, il loro destino non potrà essere di così fondamentale importanz…Ahia!-
Baba gli aveva già tirato la sfera sulla faccia rischiando così di spaccarli i grossi occhiali dalla montatura circolare che teneva sul naso.
-Guardi bene che cosa succederà a loro nel futuro- gli puntò addosso l'indice -e rifletta bene prima di rivelarglielo- urlò Baba.
Il vecchio si grattò la pelata luccicante guardando nella sfera di cristallo il corso degli eventi.
-Beh... effettivamente, il loro destino è davvero molto importante per l’intero universo, ma io seguendo il codice stellare devo comunque esaudire il desiderio, gliel’ho già spiegato. Due stelle rendono assolutamente certo l’avverarsi della richiesta-
Baba lo guardò indignata –se lei vuole sconvolgere il corso degli eventi si accomodi, ma io non me ne prenderò al responsabilità- e detto questo fece per allontanarsi.
-Ehi no, aspetti Baba ho avuto un idea...-
La vecchia si voltò a fissare l’ometto che le stava sorridendo compiaciuto di se stesso.
-...e se trovassimo un compromesso?- Baba si avvicinò a lui, aveva definitivamente catturato la sua attenzione.
-La ascolto-

Bulma stava ancora in attesa sul balcone, forse sperava di ricevere una visione con il volto del suo futuro marito, ma ciò con accadde e lei si riavviò più sconsolata che mai al suo letto coprendosi la testa con le coperte.
-Uffa non lo troverò mai- si lamentò sussurrando per non svegliare i suoi genitori.
Chiuse gli occhi tentando di non pensare a niente e di rilassarsi cadendo in un torpore che poi divenne un sonno pesante.

Vegeta osservava il cielo con gli occhi socchiusi, le braccia incrociate, lo sguardo indefinibile e un sorrisetto stampato in faccia.
“Un giorno tutte le stelle mi apparterranno”
“solo questione di tempo”
E si appisolò scivolando lentamente in un sonno profondo.

***

Vegeta si svegliò di soprassalto aveva la fronte imperlata di sudore e il cuore gli batteva forte.
Forse aveva fatto un brutto sogno, ma per quanto si sforzasse non riuscì e ricordarsi cosa avesse sognato, eppure gli sembrava di essersi addormentato solo pochi minuti prima.
Si mise la testa tra le mani per scacciare quel dolore che gliela stava trapanando quando, si accorse che il pianeta verde su cui Freezer gli aspettava non era più solo una stella, ma era davanti a loro.
Si preparò a inviare i dati della loro missione dal computer di bordo a quello della base e una volta fatto si preparò all’atterraggio.
-Signore, le navicelle dei Sayan stanno per atterrare nel porto aerospaziale- fece un alieno con due occhi decisamente sproporzionati al resto del corpo a un altro dalla corporatura simile a quella terrestre con la pelle verde e gli occhi viola.
-Benissimo, hanno fatto in fretta, Freezer sarà contento, prepara la pista per l’atterraggio-
-Si signore- fece l’alieno facendo il segno con la mano che convenzionalmente si faceva ai superiori.
Vennero predisposti i cuscini appositi per frenare l’atterraggio delle navicelle e una volta atterrate da queste uscirono i Sayan.
Tutti i soldati che erano venuti ad accoglierli fecero il segno militare e gli arrivati risposero con lo stesso cenno, tutti tranne Vegeta.
Attraversarono i corridoi diretti nelle sale dove Freezer riceveva gli ospiti per fare rapporto e ricevere la loro ricompensa.
Mentre percorrevano le stanze che gli avrebbe portati dal loro “capo” la loro strada venne intralciata da una figura femminile distesa per terra.
Pareva stesse dormendo, forse era un schiava stremata dalle fatiche delle sue mansioni o che un guerriero aveva appena abbandonato al suo destino dopo averla usata e poi picchiata, eppure il suo volto non era segnato dalle fatiche dei lavori.
Era giovane, avrà avuto ad occhio e croce quindici anni.
I capelli turchini le incorniciavano il viso angelico dormiente ed indossava una camicia da notte rosa informe.
I tre guerrieri si fermarono per un secondo ponendosi tutti la stessa medesima domanda.
Poi però decisero di aggirarla e di lasciarla li fino a che non si fosse svegliata; se era una serva ci avrebbero pensato gli altri soldati di classe inferiore a lei.
Ma l’attenzione di tutti e tre venne attirata da qualcosa che si muoveva sotto la sua veste che pochi secondi dopo si rivelò essere una striscia di pelo azzurro o più comunemente definita come coda.

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Capitolo 2
*** Coda azzurra ***


Vegeta osservò quella insolita coda azzurra che si muoveva di qua e di la lentamente metre la ragazza continuava a dormire ingnara e pacificata.
Si rigirò un pochino per cercare comodità nel freddo pavimento di metallo della base e gemette.
-Che cosa significa?- chiese Radish per rompere il silenzio che si era creato.
Nappa si avvicinò lentamente quasi la ragazza dovesse esplodere da un momento all’altro.
Si inginocchiò per osservarla meglio.
Viso angelico, capelli azzurri, corporatura poco robusta, fragile e dalle forme gentili, molto giovane circa sui , sedici anni.
La sua caratteristica più curiosa era la coda; il motivo per cui l’avevano degnata di fermasi e chiedersi che cosa ci facesse addormentata nel corridoio.
Goffamente tentò di afferrarla, cosa non facile visto che continuava a muoversi di qua e di là solleticandogli il naso.
-Etciù-
-Che diamine stai facendo?- fece Radish imbarazzandosi per il compagno.
-Cerco di capire se è vera o se ci stanno prendendo in giro- rispose indignato lui che nel frattempo era riuscito ad afferrare la coda.
Se la sventolò davanti agli occhi per studiarne l’insolito colore blu, la tiro un po’ per vedere se fosse finta, ma questa non si staccava.
-Sembra vera- affermò dandosi aria esperta.
Radish si coprì la faccia con la mano e grugnì rumorosamente.
Bulma aprì i suoi occhi azzurri, infastidita dalla luce che sembrava non appartenere a quella fievole del mattino terrestre.
Aveva un gran mal di testa, aveva sognato, ma a ricordare cosa... non riusciva proprio a venirne a capo.
Sbatté un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco il soffitto della base, si guardò intorno e vide distintamente due e poi tre figure.
La vista era ancora appannata e nello stato a metà tra il cosciente e l’assonnato si stiracchiò non rendendosi
conto di trovarsi in un luogo completamente diverso.
Appena prese coscienza della situazione ed aver avviato bene ogni funzione realizzò che quella non era la sua stanza e che una delle figure le stava inginocchiata accanto e la osservava scioccato, reggendo in mano qualcosa di azzurro.
Si alzò di scatto forse un po’ troppo velocemente perché barcollò e si vide costretta ad appoggiarsi alla parete.
-Si è svegliata- disse Nappa alzandosi e riavvicinandosi alla ragazza guardandola da diverse angolazioni mentre Bulma tentava di fare mente locale e sforzarsi di ricordare cosa fosse successo la notte prima.
-Chi siete voi?- fece lei scandalizzata ed l’indignata – E che cosa ci faccio io qui? Dov’è la mia stanza? Dove sono i miei genitori? E… e.. perché siete vestiti in quel modo? Carnevale è passato da un pezzo- continuò lei assumendo ora un tono derisorio nei confronti di quelli che considerava rapitori di ricche e innocenti ragazzine.
-Non ti permettere marmocchia- fece Radish finendo di guardare altrove e puntandole gli occhi selvaggi addosso.
-Io non sono una marmocchia, ho quindici anni- disse lei come se fosse un età veneranda.
Vegeta stava continuando a guardarla quasi inorridito di avere come suddite una ragazzina in quelle condizioni, con quel ridicolo colore di capelli ed i modi insulsi di qualcuno che è stata viziata, addirittura adorata nel caso specifico.
-Ehi Vegeta, che dici, secondo te è Sayan?- fece Nappa che si era allontanato un pochino, ma non abbastanza.
Vegeta grugnì senza mutare ne la sua espressione ne la sua posizione.
-Che cosa? Che cosa sarebbe un Sa… Say… insomma, quello che hai detto tu-
Vegeta si accigliò leggermente, che vergogna avere al cospetto un suo simile e sapere che non sa neanche pronunciare il nome della propria razza.
Le puntò un dito contro, e fece scaturire una piccolissima sfera di energia che scagliò contro la mocchiosa.
Dopo subito il contraccolpo contro il muro, Bulma,  la schiena reclina verso il muro, si sollevò lievemente e si rialzò dolorante per l’impatto sia con la parete, si ricompose spolverandosi indolenzita la camicia da notte.
-Ma dico! Sei impazzito?- disse lei contorcendosi per il dolore allo stomaco dove la sfera era andata a colpirla.
-Le ragazze non si picchiano neanche con un fiore!- e tentò di risistemarsi i capelli.
“Che diamine sta facendo? Non ha poteri, ne l’indole, l’unica cosa di Sayan che ha è il caratterino e la ridicola coda azzurra” pensò Vegeta.
Solo allora Bulma sembrò accorgersi della cintura pelosa che avevano in vita.
-Di un po’- disse rivolta a Vegeta che inarcò un sopracciglio, stupito che osasse rivolgere la parola a lui in modo così diretto – Che cosa sarebbe quella ridicola cintura che portate? Non sarà pelo sintetico? E poi chi mai penserebbe di potare una cintura di pelo, siete proprio ridicoli, potevo essere rapita da tipi più idioti?-
Vegeta ringhio sommessamente, innervosito dall’impertinenza di quella ragazzina.
-Come osi!!!- Fece Nappa sentendosi ferito nell'orgoglio della sua specie.
-Questa è una coda- disse srotolandosela dalla vita e agitandola per dimostrarle quanto fosse vera, Radish fece lo stesso.
Bulma si portò le mani ai fianchi.
-State scherzando vero?Non ci credo che avete la coda mi state prendendo in giro, su toglietevi quel orrore tanto non sono stupida- disse mantenendo il suo tono derisorio.
I tre al limite della sopportazione stavano per seguire i loro animaleschi istinti assassini e farla finita con quella mocciosa impertinente, ma Vegeta, molto più sveglio degli altri due, decise di optare per una diversa forma di sofferenza, rivelandole la sgradevole notizia che anche lei era dotata di “quel orrore” come lo aveva definito.
-Tnsk guarda un po’ dietro di te- fece lui indicandole le gambe e quel che sbucava dalla sua veste.
Bulma si voltò seguendo la direzione che indicava il ragazzo e notò l’azzurro pelo che le spuntava dalla camicia da notte.
Fece un balzo verso i Sayan andando a sbattere contro Nappa, avvinghiandosi al suo collo, tentando, inutilmente, di allontanarsi dalla nuova parte del suo corpo.
-Che orrore! E voi toglietemi questo affare, toglietemelo!!! Sembra vero!!! Toglietemi questo avanzo di costume da scimmia!!! Fate qualcosa!-
Vegeta sinceramente divertito sogghignò.
Nappa non fece niente per staccarsi Bulma di dosso visto che si era, senza rendersene conto, praticamente aggrappata a lui; la cosa più vicina che avesse trovato, per sfuggire alla sua coda.
-Ehi, carina, guarda che è vera- disse lui.
Disgustata Bulma verificò la verità delle sue parole muovendola un paio di volte, le obbediva come un qualunque muscolo del corpo.
-Ma…ma come è successo?- fece continuando a testare l’autenticità della coda dimenandola di qua e di la.
Poi si rese conto di essersi avvinghiata al più alto e massiccio dei tre dottati-di-coda, e si staccò doppiamente disgustata.
-Ditemi dove ci troviamo- disse Bulma autoritaria.
-Come? Non lo sai? Sei nella nuova base di Freezer- Nappa allargò le braccia in modo sarcastico e cerimonioso.
Bulma si voltò verso Radish –E chi sarebbe questo Freezer?-
Nappa sussurrò a Vegeta –Ma non sa proprio niente, deve aver battuto forte la testa da qualche parte-
-Già, ma in fondo...- fece lui facendo una pausa per trattenersi dal darle un pugno poichè si stava ancora sistemando i capelli azzurri –...è pur sempre una Sayan, anche e se preferirei eliminarla e non dover più
ascoltare la sua voce dobbiamo portarla da Freezer-
Bulma accortasi che stavano parlando di lei si girò verso di loro –Insomma chi è questo Freezer? E quando posso tornare a casa mia?Avrei degli impegni!-
-Sono stati cancellati- fece Vegeta sarcastico.
-Prendetela-
Nappa le afferrò i polsi e cominciò a suon di spintoni e ginocchiate a condurla verso le stanze principali, dove si trovava la sala di Freezer.
La grande porta blindata conduceva in un luogo decisamente "ameno", buio, avente come unica finestra un enorme vetrata che dava sullo spazio aperto.
Il palazzo era stato costruito in modo che la sala dove Freezer riceveva i suoi ospiti si trovasse quasi fuori dall’atmosfera, dando l’impressione di essere nello spazio aperto, al disopra si tutto il pianeta.
La porta si aprì, Zarbon annunciava l’arrivo dei Sayan.
Con riluttanza Freezer disse –Bene, falli entrare-
-Signore, hanno portato anche qualcun altro.-
Freezer si girò verso Zarbon.
-Falli entrare lo stesso-
Pochi secondi dopo un’altra porta laterale si aprì lasciando entrare tre Sayan per nulla affaticati dalla missione e dal lungo viaggio verso il pianeta trascinando una giovane che si opponeva verso un altra direzione.
-Chi è la ragazza?- disse soffermandosi sulla coda blu
“Un altro Sayan?!”
-L’abbiamo trovata nei corridoi- disse Vegeta inchinandosi, la sola idea gli dava i brividi stomachevoli, ma li ingoiò e procedette senza abbassare gli occhi.
Bulma notando che tutti, compreso quello che sembrava essere il capo, si erano inginocchiati davanti a quello che parevava un lucertolone dalla faccia contorta, bianca, munito di una grossa coda che sporgeva dal suo trono levitante, capì di essere di fronte ad un autorità superiore, ma figurarsi se si comportò come se fosse anche lei sottoposta ai suoi comandi esordendo brillantemente con la frase -E lei chi sarebbe?E si può sapere che razza di faccia si ritrova?-
Freezer storse il naso, eccolo li il caratterino Sayan caratteristico anche di Bulma Brief.
-Che razza di Sayan mi avete portato?-
-Ha la coda non vede?- disse Vegeta sempre con lo sguardo alto, si vedeva benissimo che pur di non essere in quella posizione avrebbe ucciso quello sgorbio, nome che, si stava delineando nella mente di Bulma come descrizione di quel… quel coso.
-Lo vedo benissimo Vegeta, ma tu non vedi che non ha i capelli neri e neanche mi sembra dotata di una forza straordinaria, sembra solo una marmocchia.
-Io non sono una marmocchia. Ho quindici anni- ribadì.
La seconda sfera di energia della giornata la colpì di nuovo allo stomaco scaraventandola nuovamente contro l’ancor più dura porta blindata.
-Ahia…- gemette lei.
-E questa a voi vi sembra un Sayan?-
Vegeta inghiottì di nuovo a vuoto e stette in silenzio.
-Portatela in laboratorio e verificatelo, é tutto-
Niente ricompensa, era perfettamente inutile ricordarlo a Freezer.
Vegeta si alzò, e così fecero anche gli altri due.
Radish recuperò Bulma e se la caricò in spalla per poi seguire i compagni verso l’uscita.


Bulma era nella vasca di rianimazione.
Non che ne avesse bisogno, la sfera di energia di Freezer non era poi così potente, così come quella da Vegeta; le avevano provocato solo un brutto mal di pancia che però, si era alleviato quasi subito grazie al liquido azzurro-verdognolo.
-Allora?- fece Vegeta con l’aria di uno che vuole essere da tutt’altra parte.
-Si- fece il medico grattandosi il mento –è un Sayan, ma non sembra dimostrare altri poteri, avrei detto che fosse una mezzo sangue, ma la macchina non riesce a rilevare altro, se non che del Sayan qualcosa ha.-
Vegeta guardò Bulma che si stava agitando picchiando con i pugni sul vetro imprecando contro di lui e guardandolo in modo così diretto e spavaldo.
I rumori le arrivavano alle orecchie in modo ovattato a causa dell’acqua e del vetro così come le immagini, ma continuava a dare calci e pugni alla vasca senza però ottenere risultati.
Un Sayan avrebbe potuto romperlo senza problemi, ma a quanto pareva lei non ne era in grado e lo pensavano tutti i presenti guardandola, un po’ confusi, dimenarsi nell’acqua.
-Signore, non vorrei mettere in discussione una sua decisione, ma perché non ha eliminato quella ragazzina?-
Freezer che stava degustando del vino guardò Zarbon e Dodoria con la coda dell’occhio.
-Per lo stesso motivo per cui non ho eliminato gli altri Sayan-
-Ma... lei è debole- protestò Dodoria.
-Un Sayan non deve essere forte, è sufficiente che abbia la coda e allora può sempre e comunque essere utile- sorrise malignamente volgendo lo sguardo a qualche pianeta che da li sembrava una stella parendo indeciso su quale per primo inviare la ragazza.

A Umpa_Lunpa: sono felice di aver catturato la tua attenzione spero che questo capitolo ti piaccia.
A Angelo Azzurro: speriamo che questo capitolo sia interessante come il primo!

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Capitolo 3
*** Partenza ***


Bulma si scrutava perplessa, ammirando l’esile figura riflessa sulla superficie dello specchio.
Lei era in piedi davanti all’oggetto a esaminare lo strano abbigliamento che portava: un armatura sopra a un body rosa con delle spalline e delle strane protezioni che dalla vita le scendevano fino a metà gambe, scoperte.
Si girò, posò, e continuò ad ammirarsi compiaciuta, tentando di capire come accidenti aveva fatto a svegliarsi vestita così.
Si era svegliata da poco, dovevano averla addormentata, ignorava in che modo.
I Sayan l’avevano affidata a dei servi che le avevano procurato dei vestiti “adatti” e la sua camicia da notte rosa probabilmente aveva fatto una brutta fine.
Diede un paio di colpetti all’armatura constatando che era dura, ma per niente scomoda.
Il completo da combattimento era munito anche di un foro per la sua coda dal colore insolito.
Quella coda... come diamine le era spuntata?
Non lo sapeva, ma al momento era il minore dei mali.
Se la legò attorno alla vita come avevano fatto gli altri che la possedevano e si lasciò cadere su una branda li vicino.
Aveva fame, e sete.
Si guardò attorno e vide la porta, aveva troppa fame; era dal pranzo del giorno prima che non mangiava, ma perché non aveva cenato?
Si alzò e notò che questa non aveva una maniglia.
“Deve essere ad apertura automatica” purtroppo nessun pannello era presente vicino ad essa e allora la sua attenzione fu attirata dalla finestrella li vicino.
Guardò fuori, e tutto ciò che potè vedere era una sfilza di palazzi altissimi che sfioravano il limite dell’atmosfera.
-Non uscirò mai da qui-
Si accasciò di nuovo sulla branda fissando quel soffitto.
Si voltò e notò che per sua fortuna c’era della frutta su un comodino li vicino.
“Allora si sono ricordati che gli esseri viventi hanno bisogno di mangiare” disse scherzando tra se e se afferrando un frutto dalla forma e dal colore insolito senza badare a che cosa fosse, non le importava, aveva troppa fame.
Tutto ciò che sembrava commestibile e alla sua portata avrebbe potuto andare come nutrimento.
Lo addentò e ne uscì un succo violaceo saporito.
Se lo gustò fino a che la vista non le cominciò ad appannarsi.
“Sarà simile alle cipolle” pensò lei strofinandosi gli occhi e alzandosi, ma si accorse che le gambe non la reggevano.
Si risedette cercando di mantenere la calma.
“No Bulma, non ti agitare, cerca di mantenere la calma, sei solo un po’ stanca, dunque…” pensò mettendosi la testa tra le mani e guardandosi attorno.
“Sei in una stanza…” continuò a pensare quasi per tenere la sua mente in esercizio e assicurarsi di mantenere la lucidità “su un pianeta che non sembra essere la…”
Dun’tratto non si ricordava più il nome del suo pianeta.
“…la…” si diede un colpo in testa per smuovere i neuroni che cominciavano ad assopirsi.
“Calma Bulma, sei solo stanca, non ti agitare dunque ti chiami Bulma Brief, hai quindici anni e abiti nella città… nella città…” neanche il nome della sua città si ricordava.
“Calmati ti ripeto che sei solo stanca Bu…” no, era davvero troppo non si ricordava neanche più il suo nome segno che qualcosa non andava.
Si mise le mani tra i capelli per la disperazione quando ad un tratto… qualcosa sembrò spezzarsi dentro di lei, le sue pupille divennero più piccole, il cervello le si azzerò completamente e ricadette all’indietro sulla branda.


La porta automatica si aprì mostrando tre figure robuste e forti.
Vegeta si avvicinò al corpo “disattivo” della ragazza.
-Ha funzionato?- chiese Nappa facendosi avanti.
Fu Radish a parlare -Certo che ha funzionato. Non vedi?-.
Vegeta ridacchiò soddisfatto.
-Dunque è giunto il momento della sua “iniziazione”-


Nappa si avvicinò e se la caricò di nuovo in spalla.
-Per quanto ancora rimarrà in questo stato?-
-Non molto- Vegeta si allontanò verso l’uscita.
-Non ne ha mangiato tanto, il suo cervello rimarrà scollegato per qualche giorno-
Percorsero i corridoi con il corpo momentaneamente inattivo di Bulma fino ad arrivare ai porti aerospaziali della nuova base di Freezer.
-Ehi tu!- fece Nappa rivolgendosi ad un meccanico.
-Ci servono quattro navicelle pronte entro subito-
Il meccanico annuì, ma non potè fare a meno di nascondere la sua curiosità per quel che Nappa aveva in spalla e si sporse per guardarla meglio.
-Che hai da guardare?- fece il principe trafiggendolo con lo sguardo.
-Nulla Vegeta- balbettò lui avviandosi verso la sala comandi.
Dopo poco alcuni portelloni nel pavimento si aprirono e delle piattaforme portarono in superficie quattro navicelle monoposto Sayan.
-Potete partire anche subito, le coordinate del pianeta scelto da Freezer sono già inserite nei computer- disse una voce all’altoparlante.
La prima si aprì e come in una reazione a catena si aprirono anche la seconda, la terza e la quarta.
Nappa si avvicinò alla prima e ci mise dentro Bulma che aveva gli occhi azzurri sbarrati nel vuoto e privi di qualunque emozione.
-Buon viaggio - sogghignò il Sayan richiudendo la navicella.
La navetta cominciò a librarsi in volo, prima di pochi centimetri e poi di qualche metro, improvvisamente poi, con una velocità impressionante, sfrecciò nel cielo di uno strano colore verdognolo.
-Andiamo, non vorremo fare tardi per vedere la fine di un pianeta- 
Nappa si voltò sorridendo divertito pregustando la scena.
-Hai ragione Vegeta muoviamoci-

Vorrei specificare che questa storia del cervello disattivo non è tutta farina del mio sacco, mi sono ispirata a una storia presente sul sito www.vegeta.it che ora non esiste più perché l’hanno cancellato.

A Angelo Azzurro: concordo, ha fatto davvero un acquisto interessante e comunque, si, vuole mandarla a conquistare un pianeta, ma le cose non andranno esattamente come Freezer doveva aver previsto, grazie per aver continuato a seguire.
A Umpa_lumpa: Grazie mille, spero che sia avvincente anche questo capitolo.

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Capitolo 4
*** Il piccolo Lah ***


Vegeta, Nappa e Radish camminavano con non curanza tra le strade del pianeta mercantile dove erano atterrati.
Nessuno faceva caso a loro con tutti gli alieni che c’erano in giro!
Vegeta si guardò intorno con aria di sufficienza.
Poi guardò in alto.
“La navicella della ragazza sarà atterrata da un pezzo”
Le sue divagazioni vennero interrotte da Nappa.
-Ehi Vegeta, ma non credi che daranno l’allarme a tutte le altre città, così il tuo piano andrà in fumo-
Vegeta sorrise malignamente, compiaciuto della sua idea.
-Non ti preoccupare, ci premureremo di eliminare tutti i possibili testimoni, e tranciare qualunque comunicazione con il resto del pianeta, così lasceremo il resto alla ragazza.-
Nappa sorrise immaginando la scena.
-Okey ora possiamo muoverci? La puzza di questi esseri inferiori mi da la nausea- disse Radish schifato da qualche strano piatto alieno su una bancarella del mercato.
-Non preoccuparti Radish, tra poco di questi viscidi alieni non rimarrà neanche la polvere- disse Vegeta, scrutando bene la zona per stabilire da che parte cominciare.
-Ehi, voi!-
Un alieno dal cranio allungato all’indietro si avvicinò mostrando un distintivo.
-Sono della polizia spaziale, vi dispiace mostrarmi il vostro permesso di sbarco?- fece lui tirando fuori un taccuino.
-Ma certo- rispose divertito Nappa.
E invece dei documenti, che non aveva, allungò la mano facendo partire una sfera di energia che prese in pieno l’alieno, scaraventandolo contro un palazzo che cominciò lentamente a crollare dalle fondamenta, travolgendo metà della strada, e insieme a questa i passanti.
Vegeta notò che un alieno dalla pelle verde e i capelli blu stava prendendo un apparecchio per contattare i rinforzi.
Tese la mano verso l’apparecchiò, ridusse gli occhi a due fessure e lo incenerì.
L'alieno guardò l'aggeggio ormai inutilizzabile e poi Vegeta sentendosi gelare il sangue nelle vene.
-Cosa credevi di fare? Vi comunico che il vostro pianeta è stato scelto per l’iniziazione di un guerriero- disse con tono di scherno
Tutti si misero a tremare stringendosi alle persone che avevano vicino per farsi forza.
-Già, è un grande onore sapete?- si intromise Nappa ridendo sotto i baffi.
Vegeta mise a terra un dispositivo dalla forma conica e premette il pulsante di un telecomando estratto dalla sua divisa.
L’apparecchio iniziò a vibrare, per un attimo la gente temette che fosse una bomba, ma non era nello stile dei Sayan farla finita così in fretta, a loro piaceva uccidere con le proprie mani.
Un suono acutissimo e assordante pervase tutta la città, frantumando i vetri dei palazzi, facendo saltare tutti gli apparecchi elettronici, e bloccando qualunque segnale.
Il piccolo cono smise di tremare e Vegeta premette un altro pulsante del telecomando.

Subito dal congegno scaturì un raggio bianco che poi cominciò a ingrandirsi fino a disegnare nel cielo la proiezione perfetta del disco lunare.
La sua pallida e artificiale luce si riflette negli occhi neri di Vegeta che incantato mormorò…
-Ora ci divertiamo…-


Bulma si trovava nella navicella con gli occhi sbarrati davanti a se, privi di espressività, poi, qualcosa sembrò farla riattivare improvvisamente, il suo cervello riprese la normale e regolare attività e lentamente le sue pupille cominciarono a ingrandirsi.
Si stiracchiò. 
Le sembrava di aver fatto un viaggio di un paio di giorni seduta senza mai alzarsi e, effettivamente, era rimasta seduta in una navicella spaziale per due giorni di fila.
Dopo che ebbe realizzato che era intrappolata cominciò a battere forte i pugni sul vetro nel tentativo di liberarsi, la porta essendo già aperta si aprì senza alcuna resistenza facendo cadere Bulma fuori dalla navicella.
Si tastò la guancia dolorante: era caduta con la faccia per terra.
Si guardò intorno.

Dove era?Cosa le era successo? E soprattutto… chi era lei?
Vide che vicino al cratere dove era finita lo strano apparecchio cavo c’era un laghetto. 
Si avvicinò e guardò la sua immagine riflessa.
Qualcosa le venne in mente, ricordava che si era addormentata su un pianeta e … si era svegliata in una base spaziale “…o qualcosa del genere” pensò lei.
“Poi ho mangiato un frutto, mi sono addormentata e…”
Si guardò sempre più intensamente, poi corrugò la fronte.
“Ogni volta che mi addormento mi sveglio in un posto diverso, la prossima volta mi sveglierò su un meteorite forse” pensò esasperata lei continuando a fissarsi nello specchio d’acqua.
“Però una cosa è certa…” disse posando davanti alla superficie riflettente “…sono proprio uno schianto”
Distolse lo sguardo dall’acqua dello stagno e notando che all’orizzonte si vedeva una città con un puntino luminoso in cielo.
Quel puntino luminoso in cielo… era davvero bello.
Una luce strana un po’ opaca, non molto intensa eppure…
Quella luce sparì prima che lei potesse chiedersi cosa fosse.
Si sentì rinvenire da una specie di catalessi, scosse la testa; era leggermente confusa.
Un urlo simile a quello di un animale la fece sobbalzare; sembrava un grido di guerra.
Udì altre urla animalesche e poi un altre e un altre ancora.
Parevano ruggiti di bestie feroci.
Poi quelle urla, gradualmente divennero più umane, parvero divenire urla di uomini sofferenti poi lentamente divennero gemiti.
Prima che la fonte di quelle agghiaccianti urla arrivasse da lei sarebbe stato meglio filarsela.
Ma dove?
Il boschetto li vicino poteva essere un buon rifugio, nessuno l’avrebbe cercata li.
Non si era addentrata molto nella piccola foresta: non voleva perdersi, sarebbe stato meglio rimanere sul confine, così avrebbe avuto un punto di riferimento.
Con la coda slacciata, che si dimenava nervosamente tra le fronde abbattendo qualche rametto, camminava lungo l’apice del tratto boschivo della zona evitando ome poteva gli arbusti e le spine di alcuni strani fiori fucsia.
Senza rendersene conto, a tratti si addentrava sempre più all’interno della foresta.
“non mi allontano molto voglio solo vedere quanto è grande” pensò.
Ma man mano che camminava l’azzurro del cielo che si intravedeva dal bordo del bosco scompariva, quando se ne accorse era troppo tardi.
“accidenti” pensò battendo un piede per terra per dare sfogo alla sua concitazione e incrociando le braccia.
Sentì qualcosa muoversi e sfiorarle il piede.
Le si mozzò il respiro, disgustata credette che fosse un serpente, ma una volta che ebbe controllato, quel qualcosa risultò essere una specie di liana, semplice vegetazione aerea dunque.
“eppure mi era parso che si fosse mossa” pensò perplessa Bulma camminando verso un albero e appoggiandosi contro il suo tronco.
Scivolò verso il basso accomodandosi sull’erba umida di rugiada.
"Uff ma dove sono finita?” si chiese guardando il poco azzurro del cielo che si intravedeva da laggiù.
Poi un profumo strano la attirò quasi la chiamasse.
Un basso gorgoglio echeggiò per la foresta.
Era il suo stomaco.
Accidenti, come aveva fatto a sopravvivere senza mangiare per due giorni?
Si guardò in torno per capire da dove provenisse quel profumo dolce e allettante, dopo poco ne individuò la fonte.
Si trattava di un albero di frutti dall’insolito colore proprio accanto a lei, dove si era appoggiata.
Sembrava quasi che la stessero invitando ad afferrarne uno.
Qualunque cosa la stessero invitando a fare lei ne afferrò uno strappandolo da un ramo molto basso con tutta l’intenzione di mangiarselo, ma poi, le sembrò di avere un deja vù.
Lasciò cadere il frutto per terra e questo si ammaccò.
Si alzò senza smettere di fissare quel cibo.
Di nuovo si sentì sfiorare il piede da qualcosa, ma questa volta sembrò che quell’affare si stesse avvolgendo, silenziosamente, attorno alla sua gamba.
Sentì un potente strattone che la fece capovolgere lasciandola penzolare da un ramo di quell’albero.
Attorno a lei da quel ramo cominciò a… incredibile ma vero… sudare una specie di liquido giallognolo che pareva resina. 
Questo cominciò a scorrerle sulla faccia: sembrava colla.
L’albero stava cominciando a tessere un bozzolo che la stava lentamente ricoprendo.
Impaurita e al contempo disgustata prese a urlare.
Poi sembrò che la liana con cui era sospesa in aria cedette e lei cadde a terra, sporca di quel liquido disgustoso.
-Lasciala in pace- urlò una voce piuttosto infantile.
Bulma si mise una mano dietro la testa grattandosi il capo e massaggiandosi la schiena per il dolore.

Una figura bassina, con un bastone sulla cui punta c’era una piccola lama simile a quella di una lancia, le stava davanti .
Aveva due enormi orecchie a punta e degli occhi grandissimi di un solo unico colore verde privi di iride, una pelle di diverse sfumature viola e un paio di piccole antenne dello stesso colore.
-Tutto bene?- chiese.
Bulma si riprese dallo spavento e mise a fuoco la persona che aveva davanti.
Sgranò gli occhi nel vedere un bambino di circa otto anni con una tunica nera e pure armato.
-Si credo…-
Il bambino sembrò rilassarsi.
-Bene cominciavo a temere che avessi mangiato uno di quei frutti- disse indicando la pianta che si trovava alle sue spalle.
-Perché scusa?-
Il bambino senza smettere di sorridere proseguì.
-Perché se li mangi cadi in trans e ti risvegli dopo mooolto tempo- fece lui facendo si con la testa come per
dire che era un ovvietà.
Bulma si irrigidì, spaventata.
-Credo di averne già mangiato uno prima sai!-
Il bimbo sgranò gli occhi.
-E come sono? Saporiti? Come è svenire? Come ti sei sentita dopo?-
Bulma rimase un attimo stordita da tutte quelle domande.
-Credo siano dolci e poi… poi…-
Il bimbo assunse un espressione un po’ più preoccupata.
-Oh no, tu hai un amnesia!!!-
Bulma inclinò la testa, non aveva capito cosa intendesse.
-Ne hai mangiato uno e ora fai fatica a ricordare!- continuò lui.
-Devi venire a casa mia, la mia mamma può aiutarti, così poi puoi tornare a casa-
Bulma lo guardò ancora un po’ stupita.
-Non mi ricordo dove è…-
-Non ti preoccupare, puoi stare da me finche non ti torna in mente- proseguì lui mentre le tese le mani per aiutarla a rialzarsi.
Dopo essersi rialzata seguì quel bambino che correva per il bosco con sicurezza.
-Ehi aspettami- urlò lei.
-Devi andare più veloce – disse lui ridendo.
-Guarda che corro veloce- proseguì, ma che faceva? La prendeva in giro?
-Vedrai che ti raggiungo- disse lei stando al gioco.
-No, nessuno può raggiungermi, io sono il velocissimo Lah-


Vegeta stava davanti alle macerie di un palazzo ridendo tra se e se.
-E pensare che gli altri abitanti del pianeta non sanno nemmeno che siamo qui- disse Nappa addentando qualcosa che sembrava commestibile.
-Ehi Vegeta quale città lasciamo alla ragazzina?-
Vegeta si voltò.
-Quella vicino al bosco, la sua navicella è atterrata li secondo il rilevatore-
Radish rise.
-Non vedo l’ora di vedere cosa sa fare-
Vegeta sorrise malignamente e sussurrò
-Nemmeno io-

A Angelo Azzurro: Nella guida turistica di Freezer non credo ma in quella di questo pianeta forse quei frutti sono indicati come letali, e come vedi non è l’unica volta che Bulma ci ha avuto a che fare, sono felice che la storia ti stia piacendo.

A Umpa_Lumpa: grazie di avermi fatto notare che nelle altre mie storie la punteggiatura non è delle migliori, adesso la sto correggendo, ci vorrà del tempo, ma grazie di avermelo dettoJ

A ely_chan:eccoti il continuo grazie per la rece.

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Capitolo 5
*** Sayan? ***


Vegeta sorvolò la foresta guardando dritto davanti a se, seguito dai suoi compagni che si divertivano a lanciarsi ottusamente nelle insolite nubi bianche uscendone zuppi.
Stupidi esseri inferiori, avrebbe dovuto pensare se eliminarli o no una volta conquistato il potere.
Cercò di imporsi di non guardarli, mentre si svagavano in un modo così stupido e continuò a guardare fisso davanti a lui.
All’improvviso il rilevatore segnalò qualcosa sotto di se, nella coltre boschiva, e si fermò di scatto lasciando i compari perplessi.
Si fermarono e osservarono il principe rimanere fisso guardando in basso con occhio critico.
-Ehi Vegeta, che aspetti muoviti-
Vegeta sollevò per un attimo gli occhi trafiggendo Nappa con uno sguardo gelido che poi divenne distaccato e sprezzante, tornò a guardare giù con molto interesse.
-Che succede?-chiese Radish allarmato.
-C’è qualcuno li sotto- disse lui senza girarci in torno.
Nappa indirizzò lo sguardo nel punto che Vegeta fissava con tanto interesse e il suo rilevatore individuò due presenze dal livello combattivo poco preoccupante.
-Di che ti preoccupi scusa? Su questo pianeta non c’è nessuno in grado di competere con noi- disse sogghignando.
Vegeta alzò di nuovo lo sguardo visibilmente seccato.
Non disse nulla si limitò a fare un cenno con il capo indicando la sua destra.
Nappa fissò nella direzione da lui indicata e notò la navicella che aveva scavato un cratere piuttosto profondo nel terreno.
Guardò Vegeta, finalmente aveva messo in funzione i pochi neuroni di cui disponeva.
-è lei?-
Vegeta sorrise maligno.

Il piccolo Lah continuò a correre sorridendo gaio come solo un bambino può fare, Bulma lo rincorreva.
Non aveva idea di quanto avessero corso, si erano divertiti ad acchiapparsi a vicenda per i boschi proprio come quando faceva lei quando era piccola con la sua mamma.
Lah si fermò davanti ad un albero.
Bulma smise di correre, prese un bel respiro e si preparò ad ascoltare ciò che il piccolo aveva da dirle.
-Siamo arrivati, quella laggiù è casa mia- disse indicando una piccola costruzione a cupola circondata da un altrettanto piccolo giardino.
Bulma rimase oltremodo stupida dalla semplicità della abitazione; si era immaginata gli alieni come esseri superiori in tutto, tecnologia compresa, invece quella casetta somigliava a quelle pittoresche della montagna del suo pianeta, costruita in metallo.
Il bambino saltellò tra le aiuole divertendosi a scavalcarle senza rovinare i fiori e arrivò alla porta.
Bussò tre colpi sull’acciaio e l’uscio si aprì.
Il bambino rivolse un altro sorriso incoraggiante a Bulma invitandola a seguirlo.
-Mamma sono tornato- disse allegro Lah che correva verso una stanza adiacente al salone e abbandonando il suo bastone per terra.
L’arredamento era semplice, ma sobrio, e non poi tanto simile a quello delle astronavi o della base spaziale; quella famiglia viveva con estrema semplicità.
Un’aliena alta dall’anatomia uguale a quella del figlio fece capolino dalla stanza che sembrava essere la cucina.
Aveva gli occhi Blu, anche questi privi di iride o pupilla e la pelle violacea come il piccolo.
Sulla fronte spuntavano due lunghe antenne pettinate all’indietro che le ricadevano lungo la schiena.
Era snella e indossava una tunica di color violetto chiaro che le arrivava alle caviglie legata in vita aveva una strana fascia blu.
Vedendo l’espressione entusiasta del figlio si rallegrò subito e mise giù il piatto che stava lavando per andare incontro ad abbracciarlo.
Quella scena di affetto famigliare scaldò il cuore alla ragazza, di cui l’aliena, non aveva ancora notato la presenza.
Bulma sorrise nel vedere gli occhi della donna, decisamente sproporzionati al resto del viso secondo i canoni terrestri, illuminarsi nel vedere il figlio così felice e il suo sorriso materno le ricordò… qualcosa…
La sua mente cominciò a popolarsi di immagini, parole e pensieri,ricordava distintamente molte cose.
Scene di vita quotidiana terrestre, sua madre alle prese con i suoi “famosi” dolcetti, suo padre che lavorava con dei curiosi macchinari che a lei, da piccola, parevano come magici.
Lentamente iniziò a far sue quelle sensazioni, riacquistando possesso di parte della sua memoria.
Lah si staccò dall’abbraccio materno per voltarsi verso l’ospite.
-Mamma lei è una ragazza che ho incontrato nella foresta- disse quasi orgoglioso.
La madre si alzò e sorrise amichevolmente all’ospite.
-Molto piacere sono Maya- disse avvicinandosi alla ragazza.
-Posso sapere il tuo nome signorina?-
Bulma rimase spiazzata.
Tentò di ricordare come i suoi genitori la chiamassero, ma non le veniva in mente niente, le sembrava fosse qualcosa che iniziasse con la “b”.
-Ehmm…mi scusi ma credo di non…ricordare molto bene… qualcosa come Bu…bu..-
La donna rimase perplessa.
-Mamma, ha mangiato uno di quei frutti viola che tu mi dici sempre di non toccare- disse Lah avvicinandosi desideroso di rendersi utile.
-Hai mangiato quella roba?- disse alla ragazza.-Non l’avrai mica trovata sull’albero vero?- domandò al figlio.
-Si mamma- disse annuendo col capo- l’albero la stava per imbozzolare.-
La donna riprese a guardarla, parve studiarla con molta attenzione.
Era un aliena di certo, non poteva essere di quel pianeta, non con quei capelli.
Si avvicinò e le girò in tondo; studiare la sua anatomia era fondamentale per la sua guarigione.
La sua attenzione si soffermò sulla cinta pelosa che portava in vita, Bulma si era riallacciata la coda perché non le fosse di intralcio durante la corsa: doveva ancora abituarsi alla presenza di quella nuova parte del suo corpo.
-Il tuo abbigliamento è insolito ragazza, sembra quasi che tu facessi parte di un esercito, e quella cintura pelosa poi... devi venire da un pianeta con costumi davvero singolari, potresti gentilmente sfilartela?-
Bulma obbedì e si slacciò la coda lasciandola libera di muoversi e agitarsi.
La donna in una frazione di secondo strabuzzò gli occhi e cacciò un urlo, fece due passi indietro, afferrando il figlio e stringendolo in un abbraccio protettivo.
Non sembrava fosse schifata, più che altro atterrita.
-Vattene da casa mia Sayan!!!- ordinò lei puntandole il dito contro.
Bulma spaventata dall’urlare della donna cominciò a guardarsi intorno e si mise sulla difensiva, ma quando capì che il motivo di tanta agitazione era lei guardò l’aliena stranita.
-Sayan?- disse Bulma incuriosita e scioccata dalla reazione che l’aliena aveva avuto alla vista della sua coda.
In effetti non ricordava di averla sempre avuta, ma la sua reazione le parve esagerata.
-Non far finta di non capire! Chi ti ha mandato qui?é stato Freezer?-
Bulma ci capiva sempre meno.
-Freezer?- l’unica immagine che questo nome evocava in lei era quello di una strana scatola bianca in acciaio molto fredda molto fredda.
-è qualcosa di freddo?- chiese lei incapace di capire a cosa si stesse riferendo la donna.
L’aliena allentò la stretta che aveva su suo figlio che, anche lui incapace di intuire le preoccupazioni della madre, si stava divincolando per non essere strangolato dall’abbraccio materno.
-Mamma cosa sono i Sayan?-
La madre guardò il figlio e poi la ragazza, avevano entrambi lo sguardo rivolto su di lei, entrambi confusi e in attesa di una risposta.
Lasciò del tutto il figlio libero di avvicinarsi alla coda della ragazza.
Il piccolo corse verso di lei osservando a striscia di pelo di colore azzurro che scodinzolava.
La studiò e provò ad afferrarla mentre si agitava nervosamente di qua e di là.
-Che bel colore che ha- disse ammirato lui.
Bulma non sapeva se sentirsi lusingata o imbarazzata, incapace di emettere parola, si limitò a fissare la donna che la guardava ancora con sospetto.
-Di solito non è di quel colore- decretò l’aliena ora in tono freddo che non lasciava intravedere alcun tipo di gentilezza.
-ecco… io non ricordo di averla sempre avuta- disse Bulma come per discolparsi da qualcosa di cui improvvisamente si sentiva responsabile.
La donna sospirò perplessa, quella ragazza non sembrava una Sayan, il colore degli occhi e dei capelli non corrispondevano ai caratteri tipici della razza, ma la coda…non lasciava possibilità di errore.
Si avvicinò e afferrò la coda dandole un potente strattone.
Bulma gemette e la testa iniziò a girarle.
-Ahia…mi sento…tanto stanca- disse cadendo in ginocchio.
-mmm…- la donna continuava a nutrire dubbi sulla natura Sayan della ragazza, nonostante la coda fosse vera, e lei, avesse la tipica reazione di un Sayan allo strattone a cui era stata sottoposta.
-alzati- ordinò la donna.
A Bulma parve che l’aliena avesse perso qualunque forma di gentilezza e cortesia, non sembrava più la madre premurosa di poco fa, ora era una donna terribilmente seria, e preoccupata.
Anche il piccolo Lah sembrava spaventato dall’atteggiamento gelido della madre, lui la ricordava sempre così dolce e piena di attenzioni, la ragazza però non sembrava andarle a genio, eppure a lui sembrava innocua.
-Sei sorda? Ti ho detto di alzarti- tutta la durezza che mise in questa frase non sfuggì al piccolo che si rintanò dietro il divano, spaventato dalla madre.
Alla donna, invece, non sfuggì il timore del figlio e si affrettò ad addolcire il tono per quanto le era possibile.
-Alzati, ti devo aiutare no?-
Bulma si rialzò aggrappandosi a un pezzo di mobilio in acciaio li vicino e seguì con lo sguardo l’incedere lento e flemmatico della donna, che aprì un mobiletto e ne estrasse una boccetta.
-Ti terremo qui fino a che non ti sarai ricordata il pianeta dove abiti, ma poi pretendo che tu torni da dove sei venuta, sai il pericolo che fai correre all’intero pianeta?-
Bulma rimase immobile, non lo sapeva.
Scosse il capo.
-Oh cielo, sei ridotta peggio di quanto temessi, non ricordi proprio nulla?-
Bulma scosse il capo di nuovo.
-Non ricordi di aver mai ucciso qualcuno, degli stermini e dei genocidi che hai compiuto?-
Bulma scandalizzata si ritrasse inorridita e offesa.
-E io avrei fatto qualcosa di così orribile? No questo mai, io non sono capace di combattere-
La donna sospettosa appoggiò la boccetta di liquido verdognolo sul tavolo.
-Esci in giardino- ordinò
Bulma non obbedì, rimase ferma davanti alla donna con le braccia conserte, indispettita per l’insulto appena ricevuto.
Lei non aveva mai torto un capello a nessuno, i genocidi di cui parlava l’aliena non poteva essere opera sua.
-Esci ho detto!- si ritrovò a urlare lei.
Bulma con le braccia sempre conserte uscì, camminando nel modo più dignitoso che le riusciva.
Percorse le scale in un silenzio straziante e una volta che la donna l’ebbe raggiunta sull’uscio emise queste parole.
-E ora?-
L’aliena non smise di guardala con lo sguardo più gelido di un icberg.
-Difenditi- si limitò a dire e le puntò un dito contro.
Dalla sua mano scaturì un lampo verde che colpì Bulma scaraventandola contro un albero.
Con la schiena contro il tronco Bulma cadde a terra con l’armatura incrinata.
Chi diamine era quella donna?
-Mamma, che hai fatto!- urlò il piccolo Lah che si ritrasse quando la figura materna si avvicinò a lui.
-Piccolo, va a vedere se sta bene, coraggio-
Il piccolo obbedì alla madre e corse verso Bulma che riversa contro l’albero aveva lo sguardo sbarrato nel vuoto e gemeva debolmente.
-come stai?- chiese lui inginocchiandosi per essere alla sua altezza.
Bulma lo guardò negli occhi, la mente cominciava ad intorpidirsi, ma riconobbe in lui una faccia amica e gli sorrise.
-Tua mamma si…sarà convinta…che non so combattere … vero?-
Il piccolo guardò prima lei poi si voltò a fissare la madre con, l’ereditario, sguardo di ghiaccio.
La madre rimase impassibile, sapeva quello che faceva, con i Sayan si raccomandava prudenza, non voleva rischiare ancora, dopo tutto ciò che aveva fatto per tenere il figlio lontano dalla guerra.
Il bambino si voltò di nuovo verso Bulma e la sollevò leggermente da terra in modo che potesse mettersi seduta.
-Mia mamma non è cattiva- la giustificò lui sapendo ciò che la sua nuova amica stava pensando.
Bulma sorrise, ma non era convinta, un bambino così dolce come lui avrebbe fatto di tutto pur di difendere la madre.
-Ti cureremo e potrai tornare dai tuoi genitori-
Bulma rivolse lo sguardo al cielo, era come quello della terra.
L’aliena sparì nella porta di ingresso per poi ricomparire con la boccetta che aveva prima.
Si avvicinò al corpo di Bulma che era ormai prossima a perdere i sensi.
Le alzò il mento e le poggiò l’estremità del contenitore sulle labbra.
Lasciò che il contenuto del vetro scorresse sulle sua bocca macchiandole di verde la faccia.
Bulma contrasse le labbra ripugnata dal sapore amaro del rimedio alieno.
-Lah, aiutami a portarla dentro-
Lah fece un cenno con la testa e la aiutò ad alzarla.
Bulma si manteneva appoggiata all’aliena.
Una volta dentro la fecero distendere sul divano e le misero un cuscino dietro la testa in modo che potesse riposare comoda.
-Mamma…-
La donna si voltò verso il piccolo con un sorriso, il piccolo non lo ricambio, era deciso a castigarla per il modo in cui si era comportata eil miglior modo che lui conoscesse era privarla della sua parola e tenerle il broncio il più a lungo possibile palesando il suo sdegno.
-Cosa sono i Sayan?-
La madre parve rabbuiarsi, strinse le mani sulla stoffa leggera del suo vestito imponendosi di astenersi dal singhiozzare.
-I Sayan sono degli alieni perversi, abitavano su Vegeta-sei, speravo che fossero stai eliminati tutti durante l’esplosione del loro pianeta... mi sbagliavo-
Bulma era ancora cosciente, ascoltava.
-E io cosa ho fatto per meritarmi di essere ridotta così- chiese acida senza nascondere la propria indignazione.
La donna la trafisse con un occhiataccia, ma Bulma non si fece intimorire.
-Tu hai la coda, per ciò sei una Sayan, a quanto pare non hai mai imparato a combattere-
Si voltò nuovamente verso il figlio.
-I Sayan sono esseri spietati, cinici guerrieri, che non si fanno scrupoli nell’eliminare le genti dei pianeti e a rivenderli-
Abbassò lo sguardo.
-Noi siamo superstiti di un pianeta che la tua sanguinaria gente ha distrutto completamente- disse rivolgendosi a Bulma, quasi in lacrime.
Bulma scosse la testa.
-Io non so di cosa tu stia parlando-
La donna la fissò gelida.
-Vedremo quando ti sarà tornata la memoria, adesso dormi, domattina ti sarà tutto più chiaro- e detto questo si alzò e con un cenno invitò il piccolo Lah a seguirla.
In effetti Bulma non poteva negare i sentirsi piuttosto debole.
-Io non ho fatto del male a nessuno- disse, ma parlò soprattutto a se stessa, la donna infatti si era già allontanata.


Vegeta camminava, solo, in una landa desolata.
Il sole era tramontato, le prime stelle si facevano timidamente vedere e lui camminava sulla cenere di una città, la cenere di vite e vite spente per mano sua.
Ora delle imponenti costruzioni non rimaneva che un territorio spianato da un energia a cui gli abitanti avevano potuto opporre resistenza.
Neanche il tempo di urlare, gli aveva dato, non aveva avuto bisogno della luna.
Guardava la terra arida su cui poggiava i piedi compiaciuto della sua forza.
I suoi compagni erano andati a vedere se le città vicine distavano tanto.
Non avevano fretta, quel pianeta potevano distruggerlo in meno di un giorno, l’unico motivo del loro ritardo era una giovane Sayan dai colori blu del cielo dispersa chi sa dove.
Vegeta alzò gli occhi al cielo, contemplandone un punto impreciso, osservando la stella più grande della volta celeste.
L’immensità dello spazio era sopra di lui, la mancanza di illuminazione avvolgeva il territorio circostante in un buio.
Si sedette e a gambe incrociate rimase a guardarla, un ghigno maligno si dipinse sulla sua faccia.
Un giorno, quella stella così bella sarebbe stata sua, tutta la volta del celo notturno che ora abbracciava il pianeta sarebbe stata sua, le stelle, i pianeti e insieme a questi i loro abitanti, ogni più piccola creatura del creato si sarebbe inchinata al suo cospetto provando terrore.
Sorrise compiaciuto.

Angelo Azzurro: si però loro hanno in mente un piano ^^e poi siamo davvero sicuri che la madre vogli concederle tutta questa fiducia??? Grazie di leggere la mia fic.

Umpa_lumpa:si è la loro unica proprietà e hai visto anche tu in natura a cosa serviva quella proprietà, quell’albero è davvero bastardo^^(ah piante carnivore)eccoti la risposta sulla madre di Lah ma c’è dell’altro continua a seguire grazie, di aver recensito e di seguire la mia ficcy^^

Shizue Asahi:Si deve essere proprio buffa^^
No no hai ragione, Vegeta si sbaglia di grosso, anche perché come hai visto anche tu lei non ricorda assolutamente niente della sua vita le hanno solo azzerato il cervello, tutto qui.
Certo il fatto che la madre di Lah creda che lei abbia fatto del male a qualcuno ha dell’assuro, come vedi ho postato, grazie di aver lasciato una rece(non sapete che piacere mi fate, sono commossa^^)


Ringrazio inoltre chi ha aggiunto la storia tra i preferiti.

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Capitolo 6
*** Ti insegnerò io a volare ***


 

Ecco il continuo, ringrazio tutti per gli adorabili commenti che mi lasciate che è meglio siano pochi  positivi e sopratutto costruttivi anzi che tanti corti e assolutamente inutili ( davvero sono commossa), ma se volete lasciatene di più naturalemente^^fanno sempre piacere anche negativi.
Spero che la storia stia piacendo, anche perchè a me sta piacendo scriverla, mi cresce in mano così...nonostante avessi stabilito una linea della trama precisa^^ beh che dire ringrazio tutti ancora.
Ecco un altro capitolo troppo lungo, scusatemi^^

Bulma aprì leggermente le palpebre, rivelando l’insolito colore azzurro delle sue iridi.
A destarla era stata una vocina infantile che proveniva oltre la vetrata della casa.
Istintivamente Bulma allungò il braccio verso il comodino credendo si trattasse della sua sveglia elettronica per colpirla e mettere a tacere quel vociare.
Quando però sul comò accanto al divano non percepì la presenza dell’oggetto fu costretta a scoprirsi la faccia dalle coperte adoperate per proteggersi dalla luce.
Se le scostò scalciando e lanciandole oltre il bracciolo della parte opposta del sofà e si tirò su, lentamente, poiché aveva, come ultimamente le capitava da quando tutta quell’assurda situazione era iniziata, un gran mal di testa.
Non le ci volle molto per individuare la reale fonte del rumore colpevole di averla riportata alla realtà e si affacciò alla finestra notando il piccola Lah, insieme alla madre, che si esercitava nello sferrare mirati fendenti a un punto, apparentemente indefinito, dell’aria.
Bulma si strofinò gli occhi perplessa sentendoli ancora impastati dal sonno.
Era una bella giornata nella piccola distesa erbosa nascosta dagli alberi dove si ergeva la piccola casupola.
Bulma portò il suo sguardo alla volta celeste del mattino, corrugò la fronte tentando di mettere a fuoco con i suoi assonnati occhi un puntino fermo nel cielo.
La luce contrastava il suo tentativo di visualizzare l’oggetto non identificato, che sospeso tra le nuvole, pareva avere fattezze umane.
Una nube coprì la sagoma sconosciuta, Bulma fece spallucce non curante e si avviò verso l’esterno ancora con il suo body rosa e la sua battle suite a dosso.

 
-Bravo Lah, continua così, cerca però di essere più veloce- lo spronava Maya mentre osservava il piccolo saltare e colpire gli arbusti vicino a lui.
-Bastone allungati!- gridò Lah puntando l’arnese verso il cielo e usandolo come asta per il salto in alto andando a finire sul tetto dell’abitazione.
Bulma era ancora sull’uscio con la vista appannata dal sonno e il corpo indolenzito dalla notte passata sul divano.
Maya si voltò verso di lei e il suo sguardo divenne di nuovo gelido, seppellì dentro di se tutto l’amore materno per il figlio e ergendo un invisibile barriera per proteggersi da quella Sayan.
-Buon giorno- disse lei alzando le braccia al cielo, stiracchiandosi e lasciandosi inebriare dall’odore, simile a quello del gelsomino, che aleggiava per il giardino.
Maya si alzò e le andò in contro senza mutare la sua espressione.
-Ricordi qualcosa?-
Bulma si portò le mani ai fianchi e continuò a guardare in su con aria incerta; le era parso di nuovo di vedere quel puntino.
-Bah non so, al momento credo che questo cielo sia magnifico, mi ricorda tanto quello di casa mia- disse inspirando l’aria senza essersi resa conto di quello che aveva detto.
Maya strabuzzò gli occhi.
-ti ricordi dove è casa tua?- chiese fiduciosa.
Bulma ci pensò un po’ su.
-Credo fosse un pianeta che si chiamava… si chiamava…- Bulma si bloccò.
-Beh, non lo so di preciso però so che abitavo in un posto che si chiama città dell’ovest- disse non dando particolarmente rilievo a questa informazione.
-Come ti chiami?- chiese Maya distendendo la faccia in un espressione meno crucciata e più rilassata, sciogliendo per un attimo le barriere di ghiaccio della sua diffidenza.
-Mia madre mi chiamava la sua piccola Bulma- fece lei vaga.
-Ma anche dolce Bulma, adorabile Bulma, fiorellino, tesoro e…-
Maya la interruppe con un gesto della mano, ora le era chiaro perché non avesse imparato combattere, quelli non erano nomignoli che una famiglia dedita alla guerra poteva dare a una bambina.
-Va bene… Bulma… vieni in casa-
Bulma la seguì scodinzolando in attesa di qualcosa.
Maya si sedette sul divano dove c’erano le coperte sgualcite usate dalla Sayan.
-Siediti-
Bulma si sedette e la fissò intensamente, curiosa, con i suoi profondi occhi azzurri color del cielo.
-Cara, tu sei una Sayan, non ci sono possibilità di errore…- disse lei interrompendosi guardando la coda della ragazza dimenarsi per curiosità e l’ansia.
-Sospetto che poiché tu fossi così…beh…diciamo differente, e avevi un livello combattivo…minimo…ti abbiano spedito su un pianeta; con le tue fattezze non sarebbe stato difficile confonderti con la sua gente e appena la luna piena fosse spuntata tu lo avresti distrutto, ti avrebbero cancellato la memoria e la storia si sarebbe ripetuta da capo spedendoti però su un altro pianeta.- una teoria fondata in fondo.
Bulma reclinò il capo di lato.
-Cosa centra la luna piena?- chiese.
Maya la guardò, non sapendo cosa dire.
-vorresti dire che non ti è mai successo niente di…strano- disse preferendo non rivelare la caratteristica Sayan di trasformarsi durante le notti in cui la luna regnava sul cielo limpido nero.
-Cara…- disse con più calma possibile –…tu l’hai mai guardata la luna piena, hai mai visto il disco lunare?-
Bulma sorrise.
-Si, è uno spettacolo talmente romantico- disse immaginandosi la scena.
-e non ti è mai successo niente…di strano?-
Bulma scosse il capo smarrita; non capiva davvero cosa intendesse.
-Allora non è un problema- disse lei sorridendo evasiva, ma nessuno può ingannare Bulma Brief, e tantomeno cercare di inibire la sua curiosità.
-Vorrei guardarla la luna- disse ferma.
Maya non riuscì a trattenere un –no!- allarmato.
-Perché scusa?- disse lei certa di aver imbroccato il suo punto debole, ora lei non poteva negarle una spiegazione.
-Perché…vedi…potrebbe…potrebbe capitarti qualcosa di male- disse lei tentando di fornirle una spiegazione molto generica e poco precisa, ma che fosse comunque in grado di rendere l’idea di cosa sarebbe potuto accadere.
-Vuoi dire che porta sfortuna alle persone con la coda?-
Maya guardò il soffitto.
Cosa aveva fatto per meritarsi questo?
-Beh… si-
-Ah…- fece Bulma non sapendo cosa ribattere, ma la cosa non finiva li, lei certo non si faceva imbrogliare così facilmente.
-E che cosa può capitarmi?-
Maya rimase in silenzio.
-è meglio per tutti noi che tu non la guardi, anzi, è meglio eliminare il problema alla radice- disse entrando nella cucina e uscendone con una forbice per potare le piante, abbastanza grossa da poter recidere la protuberanza sul didietro della ragazza.
Bulma inorridì e iniziò a sudare freddo.
-No, no, no, no non ti avvicinare a me con quel’affare- disse intuendo le intenzioni di Maya e afferrando l’estremità della sua coda per sottrarla alle lame dell’utensile da giardino.
-Non fare la sciocca, sono sicura che è proprio così che guardando la luna in tutto questo tempo non ti è successo niente, sul pianeta dove ti avevano inviato da piccola ti hanno tranciato la coda, perciò smettila di fare storie e dammela.
Bulma si ritrasse –Non sai quanto avrei voglia di liberarmene ma…-non voleva sottoporsi a questo - lascia in pace la mia coda e basta- urlò lei allontanandosi il più possibile dalla donna.
-Non fare la bambina-
Bulma era ormai alle spalle contro la porta.
-Aspetta, aspetta la mia coda non è pericolosa se non guardo la luna piena giusto?-
Maya annuì interessata , disposta ad ascoltare il suo espediente alternativo.
-Se io non la vedessi non ci sarebbe alcun problema?-
Maya annuì.
-Allora basterà che non la guardi- fece lei con ovvietà.
La donna non potè che darle ragione: la luna su quel pianeta appariva ogni cinquant’anni, casualmente però, a breve sarebbe apparsa e lei non poteva rischiare.
-Si, però la luna ci sarà tra qualche settimana-
Bulma tentò ulteriormente di sfuggirle, ma era troppo vicina e tutto ciò che potè fare fu comprimere la sua schiena contro la porta di ingresso sperando di attraversarne l’acciaio, e pregando pietà al cielo.
-Ma aspetta- disse interponendo le braccia tra la forbice e la sua coda che tentava di nascondere dietro di se - e se il tempo non consentisse una perfetta visione della luna io non dovrei più tagliarmi la coda no?- disse speranzosa.
Maya rimase perplessa.
-Beh… no, la luna si vede una volta ogni cinquant’anni non credo che oltre ad adesso rappresenterebbe più un problema-
Bulma tirò un sospiro di sollievo, forse poteva convincerla, la sua geniale mente sfornò delle ottime argomentazioni.
-Che bisogno c’è di tagliarmela adesso? Aspettiamo fino al giorno prima del plenilunio, così possiamo stare tranquilli- disse lei tentando di cavarsi fuori da quel doloroso impiccio.
Maya posò le forbici su un tavolino.
-Va bene, ma se il tempo non sarà sfavorevole dovremo tagliarla- sentenziò.
-Nessun problema- fece lei mentendo.
Lah spalancò la finestra e guardò le due donne una davanti all’altra.
-Avete fatto pace?- chiese sorridendo speranzoso.
Come poterli resistere?
-Certo piccolo- fece Bulma sorridendoli di rimando.
-Allora può venire a giocare in città vero mamma?- fece lui ancora più brioso.
Ma stavolta sembrò Bulma ad essere contraria.
-Non ci penso neanche, le ragazze non fanno queste cose-
Il bambino si avvilì e chinò lo sguardo verso il suo bastone.
-Bulma, vorresti un vestito nuovo? Se devi andare in città con Lah non potrai farti vedere così-
-Si non vorrei andare in giro con questo affare -disse lei squadrando il suo abbigliamento.
-Ti chiami Bulma?- chiese Lah ridacchiando – che nome buffo-
Bulma si adirò – Non c’è bisogno di prendermi in giro, non vi sopporto voi ragazzi quando fate così- disse lei voltando il capo offesa e incrociando le braccia.
Maya sorrise, quei due le avrebbero dato problemi –Vieni Bulma, ti do un vestito- disse lei facendole cenno di seguirla con una mano.

 
Uscì con il suo svolazzante vestito di tulle bianco che le arrivava qualche centimetro sopra il ginocchio e uscì di corsa seguendo  Lah che era riuscito a convincerla a fare un salto in città con la scusa dei numerosi negozi in centro.
Grande fu la sorpresa della ragazza quando il piccolo si alzò in volò.
Rimase bloccata sull’uscio con la mascella caduta giù che ancora non aveva rialzato.
Lah vedendo che la ragazza non l’aveva seguito si voltò e constatò che era ancora sulla terra ferma con gli occhi strabuzzati in un espressione davvero colpita.
-Beh perché non voli?- disse voltandosi.
Bulma si accigliò.
-Mi sembra logico. Non ho le ali di conseguenza non volo. Tu come fai a volare scusa? Scendi subito di li, non lasciarmi qui- disse battendo il piede per terra rafforzando il concetto di “ora e subito”.
Il bambino abbassò la quota in modo da essere faccia a faccia con Bulma.
-Come non sai volare?- disse lui tra un misto di stupore e delusione.
-Te l’ho già spiegato e ora scendi del tutto e prendiamo una macchina- disse lei che, senza rendersene conto, riacquistava parte dei suoi ricordi.
Il piccolo Lah sbuffò contrariato.
-Guarda che la città sarà a circa cento chilometri, non possiamo andarci a piedi e neanche in macchina:non torneremo in tempo- disse pedante poiché era indispettito dall’isterismo della sua nuova amica.
-E io come faccio?-
Lah si illuminò entusiasta alla prospettiva dell’idea che stava prendendo forma nella sua mente.
-Ti insegnerò io a volare-

 
-Ehi Radish.-
Sentendosi chiamare in causa Radish si voltò verso il compare.
-Secondo te Vegeta quando ha intenzione di far muovere la ragazza?-
Radish si voltò di nuovo osservando da un altezza considerevole il paesaggio desolato che si intravvedeva dal bordo di una parete rocciosa verticale.
La polvere che avvolgeva le macerie dell’ennesima città ridotta a niente  arrivava fin li grazie al vento, che portava anche l’odore dei corpi morti: tutto ciò che era rimasto della popolazione della metropoli.
Tutto questo, i due, osservavano senza scomporsi, passando oltre, cancellando, come per le altre, la missione dalla loro lista di cose da fare.
Il loro compito l’avevano svolto, nessuna nota particolare, nessun avvenimento fuori dal comune o degno di trovar posto nella loro memoria era successo, niente di interessante che li avesse particolarmente infastiditi o divertiti, per loro quel semplice compito appena portato a termine era la routine, una quotidianità.
-Non lo so, ma spero presto, mi annoio a distruggere solo una città al giorno, perché non ce la sbrighiamo in fretta? Così possiamo andare a divertirci altrove. Questi non sono degni di combattere con noi, è troppo facile-
-Hai ragione-
La voce di Vegeta richiamò i suoi subordinati.
-Ma devi avere pazienza Radish, vedrai che ci sarà da divertirsi quando sarà il turno di quell’oca- disse aggiungendosi al gruppo per compiacersi di se stesso davanti alla sua opera, che immenso piacere  era sentirsi i più forti della galassia.

A BulmaMiki: sono contenta che apprezzi la mia storia e sono contenta che ti piaccia il modo in cui scrivo, si lo so sono il mio cruccio gli errori di battitura, come ho già detto, la storia mi cresce in mano però sto cercando di migliorare da questo punto di vista^^non sei la prima persona (oltre a mia madre) che mi rimpreovera per questa mancanza^^il compromesso in realtà è molto semplice, o forse lo è per me perchè conosco la storia^^ grazie tantissimo. 

A Umpa_lumpa: mi dispiace che ti abbia confuso la storia dell'iniziazione anche perchè io non ho specificato di cosa si trattava ( intendevo una cosa precisa, non anticipo niente) ma spero che, leggendo, ti sia molto più chiaro, mi premurerò di specificare molte cose in seguito, credo che tu abbia detto, con quella tua frase, che ho calcato molto la mano con una sua caratteristica  (rendendolo magari troppo esagerato magari troppo " per fare un esempio qualsiasi, senza collegamenti con la storia" petulante, vanitoso, simpatico non so) comunque neanche io ne sono sicura perciò non prenderla come un rimprovero eh^^









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Capitolo 7
*** Non puoi sfuggire alla luna ***


 
-Lah?- chiese intimorita Bulma fissando il paesaggio che le si presentava sotto gli occhi e deglutendo rumorosamente.
-Si?- fece lui di rimando.
-Non credo che questo sia il modo giusto- fece lei adirata in un misto tra scocciata, per essere stata rapita e portata a qualche metro di troppo dal suolo, e impaurita; timorosa per la sua sorte una volta che il piccolo avesse messo in atto il suo piano, che lui riteneva geniale e, infallibile.
-Si invece, sono sicuro che prenderai un tale spavento che volerai pur salvarti la pelle- disse lui con aria esperta, sicuro dei suoi metodi educativi.
-Ma se davvero poi non funziona? A questa altezza non ce la farò a rimanere intera- disse sperando di persuaderlo a desistere dal suo intento.
-Se continuerai ad agitarti così cadrai prima del tempo, andrà tutto bene, se non ci riesci ti vengo a recuperare io prima che tocchi terra- disse barcollando un po’ salendo ulteriormente, quotando bene quale fosse l’altezza giusta da cui far precipitare Bulma.
Lei fissò di nuovo il tratto boschivo che stavano sorvolando valutando bene le parole del piccolo, ponderando la sua decisione per stabilire se fosse il caso di fidarsi.
“Assolutamente no!”
-Ci ho ripensato- disse aggrappandosi al collo di Lah e stringendo più che poteva la presa sulle sue spalle – Non voglio imparare a volare, mi porterai tu sulle spalle ogni volta- continuò in preda a una vertigine mentre cercava di non guardare più la coltre verde sotto di loro.
-Bulma staccati- la incoraggiava tentando di levarsela di dosso.
-Bulma mi fai perdere l’equilibrio. Bulma!!! Bulma, staccati!!!
Per tutta risposta lei cominciò a piangere –No!!!Io non salto. Sono troppo giovane e bella!Voglio tornare a casa!- piagnucolò lei.
Lah stava pericolosamente perdendo quota e stabilità, oltre che alla poca pazienza di cui un bambino di otto anni è munito
In oltre, per lui, il peso di Bulma non era indifferente e già era un prodigio se era riuscito a salire fin là su trascinandosi dietro la ragazza.
-Smettila di agitarti- imprecò lui tentando di calmarla mentre scalciava, si dibatteva, piangeva e implorava -Lah! Portami giù!Portami giù!- tra un singhiozzo e l’altro.
-Se non la smetti finiamo giù tutti e due-
Bulma ignorò le sue raccomandazioni continuando a sbracciarsi in preda al panico.
-Bhuaaaaahaha voglio scendere. Fammi scendere-
-Bulma basta-  si ritrovò a urlare lui.
In quel momento caddero: Lah aveva perso forze ed equilibrio.
-Lah fa qualcosa- strepitò lei.
-Non posso! Pesi troppo- le urlò di rimando lui con un tono che sapeva fin troppo di insulto.
-Cosa!? Come ti permetti brutto…- e mentre nelle frazioni di secondi seguenti Bulma esponeva al piccolo Lah ciò che pensava di lui con appellativi poco lusinghieri, la loro caduta venne interrotta.
Bulma cacciò un urlo che echeggiò per tutto il bosco: era stata afferrata per la coda, riprese i suoi mugolii sommessi poiché non voleva dare a vedere al suo salvatore che stava piangendo.
-Ahia mi fai male, fammi scendere, lasciami- inveì lei riprendendo a scalciare, il che ebbe, come unica conseguenza, quella del rafforzare la stretta sulla sua protuberanza per evitare che cadesse.
E quindi: più dolore.
-Sta zitta altrimenti ti lascio per davvero- la riprese una voce femminile.
Bulma guardò la sua salvatrice che ora si rivolgeva al piccolo Lah, il quale era saldamente tenuto per l’estremità della tunica rossa che indossava, e veniva guardato con rimprovero.
-Lah!Ma che cosa ti è saltato in testa?-
Il piccolo abbassò lo sguardo colpevole, non vedendo come sottrarsi alla paternale alla quale la madre, ne era certo, l’avrebbe sottoposto.
-Volevi gettarla da questa altezza? Dovresti vergognarti-
Bulma aveva dipinta in volto un espressione da povera vittima di uno sbaglio altrui provando un sottile piacere nel vederlo in difficoltà.
Decise di intervenire per vendicarsi per averla esposta ad un simile pericolo.
-Io te l’avevo detto- disse con un sorrisetto appagato.
Lo sguardo inclemente di Maya si andò a incrociare con gli occhi azzurri della ragazza che ancora fissavano Lah.
-E tu signorina- la richiamò Maya.
-Più tardi discuteremo del modo in cui ti dimenavi lassù rischiando la tua vita e quella di mio figlio e delle parole poco carine che gli hai rivolto-
L’immaginaria aureola dell’innocenza si spostò dalla testa foltamente coperta di capelli azzurri di Bulma a quella viola e munita di antenne del piccolo Lah, il quale non perse tempo a deridere Bulma facendole la linguaccia.
Maya sospirò –Siete proprio impossibili! Coraggio Bulma! Conosco un metodo migliore per farti imparare a volare-
Quest’ultima frase venne pronunciata guardando significativamente Lah che di nuovo abbassò umilmente lo sguardo sentendosi, nuovamente, responsabile e intrecciando le dita delle manine dietro la schiena.

 
Maya scese lentamente di quota andandosi a posare nel mezzo di uno spiazzo erboso.
Bulma si massaggiò la radice della coda azzurra lamentandosi sommessamente.
Lah intanto, una volta liberatosi dalla presa di Maya, si era alzato in volo e si era andato ad appollaiare sul ramo di un albero per osservare la lezione della sua mamma.
-Bulma per favore alzati- disse facendole segno con la mano di avvicinarsi.
Una volta vicina le afferrò la coda e le alzò la gonna.
Indispettita Bulma si divincolò dalla presa di Maya, ma questa l’ammonì con uno strattone che la fece gemere.
-Sta ferma!Vuoi che la coda ti sia di intralcio mentre ti eserciti? Bada che ci vuole molta concentrazione- la avvisò mentre le legava la striscia di pelo azzurro in un nodo e lo nascondeva sotto le tulle della gonna.
Bulma si girò con le braccia incrociate e un aria piuttosto stizzita e indignata.
-Non sarà poi così difficile, io sono la grande Bulma Brief, non sarà un impresa per me-
Maya portò le braccia incrociate al petto e la guardò con aria di sfida.
-Allora potrai benissimo imparare da sola- intimò lei avviandosi verso l’albero sul cui ramo più grosso si era accovacciato suo figlio.
-Ehi aspetta! E io che dovrei fare qui?- disse allargando le braccia per indicare il piccolo spiazzo verde.
-Sei tu la grande Bulma… come hai detto che ti chiami…ah si… Brief, non sarà un impresa per te capire come si impara- la canzonò lei.
Bulma strinse i pugni; non aveva voglia ne tempo di discutere o di essere garbatamente presa in giro.
-Va bene! Scusami! Adesso mi puoi insegnare?- fece lei tentando di essere il più umile possibile, ma dando a vedere di essere, solo, molto seccata.
-Va bene- disse con un sorrisetto soddisfatto lei, riavvicinandosi.
-Mettiti qui al centro della radura- disse indicandole un punto indefinito nel centro della piccola piazza verde.
Bulma le obbedì e si posizionò dove le aveva indicato.
-Bene- fece lei.
-Per cominciare- e le mise una mano sulla spalla – devi essere molto concentrata e rilassata, distendi i muscoli, devi solo rimanere qui, respirare e cercare di non pensare a null’altro se non a volare, sentiti leggera- disse lei come se si trattasse davvero di una cosa semplice.
Bulma sbatte un paio di volte le palpebre prima di formulare una frase di senso compiuto –Tutto qui?-
Si pentì subito di quel che aveva proferito e puntò gli occhi verso il basso per dare ad intendere che si era ravveduta, ma Maya rimase calma e addirittura le sorrise.
-Provaci- le disse con tutta la tranquillità di cui era dotata e si allontanò da Bulma per lasciarle lo spazio necessario, raggiungendo il figlio.
Si distese all’ombra dell’ albero che era diventato la postazione di osservazione del figlio e osservò la scena godendo del fresco.
Bulma cominciò a dondolare le braccia avanti e indietro insieme al corpo e quando le parve che i muscoli delle gambe fossero sufficientemente distesi provò a rilassare anche la mente, come le aveva consigliato Maya.
Si mise in punta di piedi, forse, attendendo che una forza misteriosa la sollevasse dal suolo.
Più il tempo passava più si adirava vedendo il piccolo Lah rincorrere, volando, una farfalla dalle ali di un giallo acceso.
Un moccioso di otto anni volava come un uccellino e lei, la grande Bulma Brief, non ci riusciva.
Rivolse un astioso sguardo a Maya che se ne stava pigramente distesa a osservare le nuvole correre spinte via veloci dal vento che fischiava e sibilava tra gli alberi della foresta.
-Ehi- la richiamò.
Con tutta la pacatezza del mondo Maya alzò lo sguardo calma e sorridente, il che fece inasprire ancor di più Bulma.
-Hai intenzione di aiutarmi?Vorrei imparare a volare il prima possibile- disse incrociando le braccia al petto imbronciandosi come una bimba capricciosa stanca di aspettare.
Maya raccolse una margherita prendendo a sfiorare i petali con le affusolate dita violacee minacciando di strapparli e attorcigliandone il gambo.
-Allora?-
Maya non staccò gli occhi dal fiore che aveva avuto la sfortuna di cadere tra le sue mani.
-Credevo che ci saresti riuscita da sola-
Bulma la fissò adirata, stava forse mettendo in dubbio le sue capacità?
-Come sarebbe a dire?-
Maya lasciò la margherita al suo destino e prese a armeggiare con la sacca che si era portata dietro.
-Ci vuole circa un anno per imparare a controllare la propria energia- proseguì estraendo oggetti più o meno inutile dal contenitore –per volare è necessario avere un minimo di questo controllo, forse esiste un modo per aiutarti a concentrarti -
Estrasse dalla borsa in tela un oggetto lungo e lucido.
-Siediti e riprova-
Bulma si gonfiò di indignazione sbuffando scocciata e obbedendo al comando ricevuto.
Una volta seduta prese a torturare i fili d’erba con le dita guardando di sottecchi Maya che continuava a brigare con l’oggetto.
-Rimani concentrata- intimò lei senza neanche guardarla.
Bulma sbuffò sempre più seccata e decise che il modo migliore per rilassarsi; era imporsi di non guardare quella donna così irritante e chiuse gli occhi.
Tentò di distendere il suo volto crucciato in un espressione più rilassata, riuscendoci.
Respirò a pieni polmoni l’aria che le soffiava in faccia svuotando la mente e rilassandosi a tal punto che avrebbe potuto addormentarsi con quel silenzio.
La quiete fu rotta dal suono modulato di un flauto.
In uno stato in villico tra la consapevolezza e il torpore che precede un sonno lungo e pesante schiuse infastidita una palpebra per constatare che Maya soffiava in uno strumento lungo e sottile, muovendo le sue dita affusolate sopra i fori dell’arnese.
Ad ogni soffio un suono melodico riempiva l’aria e Lah cominciò a dondolare le gambe che penzolavano dal ramo al ritmo della musica.
Bulma richiuse l’occhi e smise di spiare l’ambiente circostante, lentamente la musica flemmatica cominciò a modificarsi, divenne un continuo trillare, un ritmo incalzante e orecchiabile.
Maya muoveva veloce le dita sui buchi dello strumento musicale e cominciò a tenere il ritmo della musica battendo il piede sull’erba umida.
Bulma seguiva le note con attenzione e dopo l’ennesimo ritornello era in grado di prevederne il corso, inconsciamente cominciò a canticchiarla senza che le sue labbra si dischiudessero le sue corde vocali cominciarono a intonare le strofe e i ritornelli e ogni qual volta la canzoncina si esauriva e terminava con un suono lento e di volume decrescente riprendeva dall’inizio.
Lentamente, quasi a millimetri cominciò a sollevarsi da terra, i fili d’erba le sfioravano le gambe nude e l’orlo del
vestito non si era ancora completamente staccato dal suolo, ma… levitava anche se di pochi millimetri levitava, come sollevata da un vento che soffiava dal basso verso l’alto.
I suoi capelli cominciarono a svolazzare verso il cielo e ricadendole sul viso.
Questa brezza in grado di farle vincere la gravità sembrava soffiare a intervalli, ogni volta che veniva a mancare per qualche frazione di secondo Maya e Lah sussultavano, pronti a scattare nella direzione di Bulma.
L’orlo del suo vestito cominciò a staccarsi dall’erba, umido per il terriccio bagnato e la gonna cominciò a gonfiarsi del vento che tirava.
Bulma aveva assunto un’espressione corrugata, come se fosse alle prese con il problema tecnico del motore più complicato che suo padre avesse mai costruito.
Le gambe incrociate, le mani serrate sulle gambe, gli occhi chiusi e il vento che la trascinava in alto sempre più verso
una nube.
Ormai aveva superato l’altezza dell’albero dove si era sistemato Lah e Maya la osservava con il naso all’insù sempre suonando il flauto.

 
La musica cominciava ad allontanarsi divenendo, con lentezza, gradualmente più fievole fino a diventare un lontano mormorare.
Il freddo cominciava a pungerle il viso come aghi di ghiaccio, l’umidità a cui andava in contro tra le nuvole si faceva sentire sulla sua pelle e l’aria di fece più rarefatta.
Ormai era ad un’altezza non indifferente e la musica non poteva più essere distinguibile dalla voce del vento.
La presa con cui stringeva i lembi del suo vestito cominciò ad attenuarsi rilassò i muscoli del viso e lentamente aprì gli occhi.
-Maya?-
Gli occhi adesso erano spalancati sul vuoto davanti a lei, solo una fitta nebbia umida la avvolgeva senza lasciar intravvedere un fazzoletto di cielo azzurro.
Era finita nel bel mezzo di una nuvola.
Da lontano poteva sembrare qualcosa che aveva una consistenza, morbida e fresca come un cuscino, un materasso accogliete dove sprofondare per fare un sonnellino, simile al coton fioc, alla morbida ovatta.
Da piccola molto spesso si era chiesta come sarebbe stato toccarla, ma ora che c’era in mezzo capiva che si trattava di una patina bianca e grigia che impediva la vista, per niente morbida e comoda, solo nebbia; quella che contribuisce a dare una atmosfera lugubre e spettrale ai film dell’orrore, e, per di più, fredda.
Sussultò e sciolse le gambe che prima teneva incrociate ritornando in posizione eretta e irrigidendosi.
Il suo equilibrio già cominciava a vacillare, temeva che a poco a poco, la concentrazione, e la forza che la reggeva in aria, si sarebbero dissolte e lei sarebbe precipitata senza scampo.
La voce del flauto aveva del tutto smesso di intonare la canzone, non si sentiva più quel mormorio così melodioso e piacevole.
Si mise a canticchiarla di nuovo per farsi compagnia, per riempire il silenzio, per non farsi prendere dal panico, per consolarsi.
-Bulma!-
La voce di Lah, una voce amica.
-Lah-
Pronunciato il nome Bulma vacillò, descrisse dei cerchi con le braccia per tenersi in equilibrio.
-Lah aiutatemi-
-Tranquilla Bulma ti recuperiamo- sta volta era la voce di Maya -Rimani ferma dove sei e non provare a muoverti-
La stavano cercando, l’avrebbero portata giù, ma perché ci mettevano così tanto?
In una nube non potevano certo affidarsi alla vista… se solo avesse potuto parlare, ma ogni minimo movimento, persino il vibrare delle corde vocali, sembrava sbilanciarla.
Riprese a canticchiare la canzone ma per poco non perse del tutto la calma, per un momento i fili invisibili che ancora la teneva sollevata e precariamente al sicuro vennero a mancare, scese vertiginosamente di quota e cacciò un urlo ma come se le corde invisibili si fossero improvvisamente tese lei ritornò stabile e ferma.
Con gli occhi serrati e la coda che si era sciolta e che ora era irrigidita dietro di lei sfiorò qualcosa.
Ritrasse il prolungamento al tocco freddo di qualcosa che sembrava metallo e per poco non cadde all’indietro.
Lentamente si voltò per appurare chi si nascondesse dietro di lei, non potevano essere Maya o suo figlio, la avrebbero afferrata, non si sarebbero nascosti.
Lah era solo un bambino, era vero, poteva aver deciso di farle uno scherzo idiota, ma non pensava che arrivasse a volerla spaventare in una situazione del genere, era troppo importante.
Metri e metri la separavano dal suolo, e, a tenerla ancora in aria era la debole energia che aveva imparato a sprigionare.
Un bip proveniente da un apparecchio meccanico le fece irrigidire ancora di più i muscoli della schiena, mentre un brivido le attraverso la schiena dall’estremità della coda fino al collo.
Gli occhi sbarrati davanti a se si rifiutavano cocciutamente di guardare chi ci fosse dietro.
Un ombra velocissima le si parò davanti a qualche metro di distanza, era a braccia incrociate, come se si aspettasse una mosso da lei, ma, una volta che ebbe chiuso e riaperto le palpebre non’ era più svanita come un miraggio.
Sbatte ancora un paio di volte le palpebre ma non riapparve.
Si rassegnò a pensare che, con tutto quello che le stava capitando, si stava suggestionando da sola quando sentì un respiro caldo sul suo collo.
Sbarrò gli occhi e si voltò di scatto, ma quel movimento riflesso fu sufficiente da far svanire completamente la forza che la salvava da un salto nel vuoto.
Scese di quota di alcuni centimetri quando senti una stretta forte e dolorosa al suo polso.
Da li poteva distinguere le diverse sfumature di verde delle colline che si stendevano sotto di lei che diveniva quasi marrone a causa dell’erba secca e gialla. Poteva vedere le nubi che si facevano più rarefatte e che venivano disperseda un vento gelido che aveva cominciato a soffiare.
La sua testa scattò in direzione del sostengo e della voce che disse.
- non sai neanche reggerti in volo sciocca bastarda mezzo sangue-

 Bastarda…
Quella parola la ferì più di quanto non avesse potuto immaginare, aveva sentito chiamare altra gente con quell’appellativo: a scuola, per strada, sull’autobus di ritorno a casa.
La fece sentire miserabile, cosa che non poteva mai aver provato a casa sua tra tutte le comodità della sua ricca vita.
Lei una bastarda?
Per cosa?
Non era certo una figlia illegittima…o almeno non ricordava di esserlo…nessuno doveva insultare Bulma Brief nemmeno se era…
Una volta girata vide un ragazzo.
Quanti anni poteva avere? Sedici? Diciassette?Aveva un bel viso dai lineamenti duri e spigolosi, dei capelli ritti sulla testa, neri e a forma di fiamma con l’attaccatura dei a V e una fronte spaziosa e ben disegnata.
Occhi neri tanto quanto i capelli, anzi più neri, quando Bulma li incrociò le sembro che silenziosamente la minacciassero di morte, belli e profondi.
Alla parola bastarda la stretta sul polso della ragazza si rafforzò.
Bulma strinse i denti e affondò le unghie sui guanti dello sconosciuto sperando di raggiungere la carne.
Rise del suo patetico tentativo di fargli male, lesse nei suoi occhi che l’offesa aveva sortito l’effetto sperato, si era indignata a tal punto da sfidarlo.
-Bastarda…-gli fece eco lei come se stesse analizzando la parola come per assimilarla, per non dimenticarla, per legarsela al dito, per meglio comprende il motivo dell’insulto   -Bastarda?- odio puro le passò negli occhi come un bagliore improvviso ed effimero, sibilò a bassa voce con la mascella serrata.
-Non osare mai più…chiamarmi…così-Le sue unghie stavano scavando per ferirlo, rafforzò la stretta.
Il riso strafottente di Vegeta non era scomparso, anzi, si era trasformato in una smorfia di intimo compiacimento e scherno.
-Cosa credi di fare? Mocciosa. Dovresti essermi grata, ti sto salvando dal vuoto qui sotto- disse dando un occhiata al paesaggio- di un’altra parola e ti lascio andare.-
Bulma si morse il labbro livida di rabbia e inasprita.
Poteva leggerli in viso la soddisfazione di averla zittita.
La sollevò ancor di più in modo che i loro visi fossero alla stessa altezza, la fisso storcendo il naso.
-Mpf-
L’oculare che aveva fissato all’orecchio sinistro segnalò un numero scritto in giallo che risaltava sul vetro verde, Bulma lo lesse al contrario; era una cifra bassa.
Il congegno emise un
suono di allarme e una freccia sulla lente segnalò la direzione alla sinistra dal ragazzo, subito seguita da un altro numero.
-Bulma!Bulma mi senti?-
“Lah”
-Il moccioso…-
Ebbe l’impressione che stessero salendo di quota, si addentrarono ancor di più nella nebbia, Bulma osservò prima il basso, i prati che si allontanavano che venivano ricoperti dalle nubi e poi la freccia sul vetro verde che ora, accano al numero segnava giù.
-Ti verremo a prendere- intimò il ragazzo, sembrava più una minaccia che una promessa-non sfuggirai alla luna-
Non riuscì a non farsi sfuggire una smorfia di terrore.
Il polso venne liberato dalla stretta e non ci fu più nulla che lei potesse fare per salvarsi.
Cadde nella nube osservando piena di rancore Vegeta che si godeva la scena perfettamente immobile con il sorrisino che si allargò ancor di più sulla sua faccia.
Qualcosa la fermò, piuttosto lei cadde su qualcosa.
Si girò, sotto di lei c’era un sofferente Lah che lottava per resistere all’improvviso peso che gli era caduto in braccio.
-Bulma disse con la voce soffocata dallo sforzo.
-Lah!!!- esultò lei prima di rendersi conto che il ragazzo poteva ancora essere là, ma non c’era.
Se ne era andato, lasciandola con una minaccia.
Rabbrividì al pensiero della promessa che i suoi occhi contenevano, rabbrividì al ghigno che aveva stampato in faccia quando l’aveva lasciata andare, rabbrividì al pensiero del piacere che aveva visto nel suo sguardo nel vederla impaurita,…rabbrividì.
“non sfuggirai alla luna...”

Perdonatel'immenso ritardo di questo capitolo ma sono stata in vacanza per un mese, e francamente l'ispirazione è venuta a mancare, ho scritto questo capitolo pezzettino per pezzettino e il risultato neanche mi soddisfa più di tanto...be alla fine ho postato, con immensa fatica e una decina di consutazioni con mia sorella per capire se fosse giusto cancellare o pubblicare ma alla fine questo capitolo è stato postato ( per nostra immensa sfortuna nd tutti)

BulmaMiky:Lo so, lo so devo scrivere sopratutto per me stessa, in fondo è quello che fanno quelli di questo sito no? Scrivono principalmente per amore verso la lettura e verso i loro anime manga e tutti gli altri generi esistenti in questo sito, anche se un commentuccio fa  sempre piacere riceverlo.

Umpa_lumpa 1:Grazie sono felice che ti piaccia sempre di più ( e naturalemnte sono felice che tu stia notando i miei miglioramenti, a detta tua, perchè questi "miglioramenti" io proprio non li vedo) mi fa piacere che tu abbia trovato comica la scena dove tentano di reciderle la coda, mi ha sorpreso perchè non era nata a scopo di far ridere ma doveva essere un semplice " intermezzo" ebbene si i guai ci saranno e sono presagiti anche da Vegeta in questo capitolo.

Umpa_lumpa 2: Non ti preoccupare mi fa sl piacere ke tu recensisca (^^ancora resisto ai tuoi commenti)

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Capitolo 8
*** La notte porta incubi ***


 





L’eco di quella minaccia risuonava nei suoi incubi.
Si svegliava madida di sudore sbarrando gli occhi sul soffitto, in cerca dell’aiuto di Lah e Maya.
Afferrava la fodera del divano, dissennata, scuoteva il capo nel sonno come per sottrarsi a qualcuno, scalciava disfacendosi delle coperte e delle lenzuola gridando di andarsene al vento.
Quando finalmente si sottraeva agli incubi, svegliandosi, si ritrovava la mano unita con quella di Maya che le urlava “Svegliati, fatti forza! Svegliati!”.
Una volta che trovava le sue dita intrecciate strette con quelle di Maya, le scioglieva da quelle  dell’aliena abbandonando il capo sul comodo guanciale respirando faticosamente e socchiudendo le palpebre stanca, pronta per sprofondare nuovamente nel sonno e ritornare preda delle sue visioni angosciose.
Aveva continuato a prendere la medicina miracolosa, e, giorno dopo giorno, riacquistava possesso di piccoli ricordi del suo passato.
Sentiva ancora la sapidità agrodolce del medicinale da poco preso.
Anche quel giorno si era svegliata con la confusa memoria di un incubo, si era passata una mano sui capelli, per scostarli dalla faccia, e poi sul suo viso sfatto, su cui si stavano inevitabilmente formando i segni delle sue dormiveglie e dei suoi sogni inquieti.
Maya sosteneva che si trattava di un travagliato percorso di acquisizione della reminescenza che riportava alla mente, durante il sonno, ricordi, anche spiacevoli.
Bulma però dubitava della validità della sua teoria poiché, al risveglio, oltre alla paura e alla angoscia, delle sue visioni notturne, non ricordava proprio nulla.
Solo un grido bestiale, prima del risveglio.
Si sentì strattonare la manica della veste bianca.
Si voltò verso la figura che reclamava la sua attenzione.
-Bulma!Bulma!-
Lah la chiamava con insistenza indicando con l’indice della mano libera una bancarella di biscotti.
-Me ne compri uno?-
Non se la sentì di deludere le sue speranze e gli allungò sbuffando un po’ dei soldi che Maya le aveva offerto.
Osservò il bambino correre e sparire tra l’affollamento cittadino per poi tornare con la faccia infilata in un sacchetto di carta alla ricerca delle rimanenze dei biscotti.
-Ma quanto mangi?- chiese con una smorfia una volta che la faccia di Lah, sporca di qualunque glassa avesse ornato la superficie del biscotto, riaffiorò dalla carta arancione del pacchetto.
Si grattò la nuca consapevole di non avere giustificazioni per la sua ingordigia, e rise di se stesso e dei suoi difetti.
-Ne volevi un po’ anche tu?- chiese osservando le poche briciole rimaste nella bella carta.
-Figurati, fa ingrassare quella robaccia- disse guardando altrove con le braccia incrociate al petto.
Era da quando si era alzata che teneva gli occhi bassi sull’asfalto della città, svuotata della sua solita allegria, agitando furiosamente la coda sotto la veste.
-Bulma, hai fatto ancora brutti sogni?-
Risentita gli sbraitò in faccia.
-Non sono affari tuoi mocciosetto-
Ormai non si inalberava più quando si rivolgeva lui con termini di questo genere.
Da quando era arrivata aveva collezionato un vasto repertorio di appellativi poco lusinghieri con cui veniva regolarmente chiamato ogni volta che non si faceva gli affari propri e, vinto dalla curiosità, chiedeva a Bulma che stesse facendo o a cosa pensasse.
-Certo, però è tutto il giorno che hai quella faccia si può sapere cos’hai?-
Si strinse nelle spalle e strinse ancor di più le braccia al petto come per proteggersi.
-Non lo so, ma ho freddo...- fece una pausa grave fregandosi con le mani le braccia intirizzite- ...un gran freddo-
Lah la guardò inclinando il capo lievemente, come faceva sempre quando desiderava che gli si spiegasse meglio qualcosa.
-Ma come? Ci sono circa 27 gradi-
Bulma si voltò seccata -Non so perché ma ho freddo- rincarò la dose lei con più fermezza e irrigidendo la coda.
-Ma è impossibile-disse perplesso-starai covando un raffreddore- disse citando le parole materne.
-Ho come la sensazione…- si guardò intorno alla ricerca di qualcosa -che qualcuno…mi stia fissando la coda…- confessò cercando di ritirarla sotto l'abito, rabbrividendo.
-Vuoi che andiamo a casa?-
Si guardò un po’ intorno per appurare di essere l’oggetto dell’interesse di qualcuno, ma il flusso di gente procedeva per la strada nei sensi di marcia stabiliti senza fermarsi a prestare attenzione e lei, e men che mai alla sua coda.
Ma sentiva una presenza invisibile che, frigida, la guardava come se dovesse valutarla e indagare le sue intenzioni, qualche volta si rendeva discernibile, e poteva scorgerla con la coda dell’occhio più vicina che mai, insieme all’odore del sangue che si portava dietro.
Temeva che la minaccia ricevuta, prima o poi, sarebbe stata portata a compimento, qualunque cosa il ragazzo avesse voluto dire. E ogni giorno che passava, ogni notte che se ne andava, lo sentiva guizzare velocissimo vicino a lei lasciando che avvertisse la sua presenza solo con l’aria che spostava e grazie l’aroma di selvatico che lo accompagnava.
E vedeva la luna in cielo crescere sempre di più, spicchio dopo spicchio, farsi quasi piena, notte dopo notte, e le faceva paura l’idea della sfera lunare che dominava sul cielo sommando la sua pallida luce a quella delle stelle.
La vedeva, a volte, anche durante il giorno, nel cielo, quasi come fosse incorporea e trasparente, priva di luce, come a volerle ricordare che era sempre li, che non poteva sfuggirle, che era inevitabilmente collegata alla minaccia che le agitava il sonno.
-Va bene, andiamo-
Lah le fece strada tra la massa di persone, una volta uscita dai confini della città poterono spiccare il volo indisturbati.
Prima che le sua scarpine bianche potessero staccarsi da terra di nuovo una folata di vento la investì, il freddo ritornò a farla rabbrividire, ad attecchire sulla sua pelle.
Le soffiò in faccia l’odore delle selve dove l’entità invisibile si accampava, quello del sudore che aveva stillato in combattimento, dei cadaveri su cui aveva infierito.
Tutti questi erano segni lampanti della sua presenza, che la sua minaccia era ancora valida, che la teneva d’occhio con sguardi alteri, inclementi, disdegnosi.
Questa volta riuscì a distinguere i suoi passi.
Erano vicinissimi, si sarebbe aspettata che di li a poco sarebbe apparso dietro di lei e avrebbe stretto la mano sulla sua spalla per portarla via come aveva preconizzato.
Si voltò verso destra: la direzione dove era arrivato distinto il suono dei suoi stivali sull’erba rugiadosa.
Un corpo si interponeva alla luce del sole che tramontava, sospeso in aria, eclissando la stella a metà.
I contorni del suo viso non erano distinguibili ma quelli del suo corpo si, belli e avvenenti, sullo sfondo di nuvole tinteggiate di rosa, dove il sole lentamente affondava tra queste opacando gradualmente la sua luce, che nel frattempo gettava nel cielo colorandolo di rosso.
Sfacciatamente, occultando la sua paura, gli fece un saluto aprendo e chiudendo le dita sul palmo della mano, e sorridendo spudoratamente.
Era consapevole di starlo palesemente provocando, di star sventolando senza criterio il drappo rosso davanti al muso del toro; non aveva riflettuto troppo sulle conseguenze che avrebbe avuto la sua sfrontatezza; l’istigazione di un individuo che si era dimostrato pericoloso... ma lo fece.
Solo l’aria mosse i suoi capelli, non ebbe alcun tipo di reazione all'imprudenza della Sayan dai colori del cielo.
-Bulma!Non volevi andare a casa?-
Lah la osservava salutare il sole senza effettivamente capirne il motivo.
-Ma chi stai salutando?-
Bulma si voltò verso Lah e poi di nuovo nella direzione dove Vegeta oscurava la luce del sole calante.
Non c’era più.
Livida di vergogna si alzò in volo e raggiunse il piccolo.

Eccomi tornata, ultimamente ho avuto un po' da fare con "Nel bene e nel male...noi" nuova fic e ho lasciato un po' da parte questa ma ora posto questo capitolo, molto più corto rispetto alla mia media ma non ho molto tempo.
Ringrazio chi ha aggiunto la storia tra i preferiti:

Haruka
miettajessica
Nico22
Shizue Asahi
sonietta87,
super vegetina,
Vegtina

grazie smak.

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Capitolo 9
*** Chiari presagi ***


Cari lettori rieccomi, sono imperdonabile, ho avuto un periodo scolastico un po' travagliato ma ora che la situazione si è poco o meno stabilizzata ho trovato un secondino per competare questa schifezza.
Umpa_Lumpa, caso mai passassi di quà ti ricordo che io non godo a svalutarmi ma sottovalutare i miei limiti è un grosso sbaglio e io voglio migliorare.
Non mi resta che augurarvi buona lettura^^ by trullitrulli

Di tutto ciò che si poteva trovare a pochi passi dal bosco quella era forse la più paradossale.
Una capsula sferica con all’interno un sedile che al tatto pareva confortevole quanto bastava per un viaggio decente e una serie di pannelli in disuso da alcuni mesi. Ma la vegetazione proliferava con una velocità impressionante in quella sua nuova casa e l’interno era già stato invaso da rampicanti e da uno strano…rettile,che aveva dovuto scacciare non senza ripulso, che ne aveva fatto la propria tana.
Un Lah saltellante ed eccitato per la scoperta la disturbava nelle sue meditazione e girava intorno al marchingegno strappando gli arbusti che si erano spavaldamente spinti oltre la portiera spalancata.
La ragazza aveva preso anche lei girarci intorno con una mano adagiata al mento in atteggiamento meditativo e aveva assestato un paio di calci alla struttura esterna per saggiarne la resistenza.
Era di un metallo pallido e ammaccato dal travagliato atterraggio.
Nel poco del pianeta che aveva conosciuto in quei giorni non aveva mai visto niente di simile, poteva
addirittura pensare che il mal funzionamento delle reti di telecomunicazione, che aveva appreso ad utilizzare da Maya, fosse dovuta a qualche interferenza nel sistema di quell’aggeggio, oppure da qualcosa a esso direttamente collegabile.
Forse si stava solo ingannando, ma quale altra eventualità avrebbe potuto prendere in considerazione?
Si sporse nell’abitacolo, dopo aver fatto un altro giro attorno al mezzo, diede un paio di colpetti alla lamina interna con un’ aria competente che a Lah non sfuggì.
-Tu sai farlo funzionare?-
Senza interrogarsi sul perché di quella sua apparente esperienza nel campo della robotica e della meccanica si adagiò sul sedile affondandoci dentro e sfregandosi le mani con soddisfazione.
Si chinò sui comandi cercando e distinguendo quelli di accensione, il regolatore di velocità, il ricettore di messaggi, schedando le funzionalità di ogni bottone con un idoneità che presupponeva un grande talento e conoscenza.
Lah la osservava ammirato con gli occhi luccicanti di interesse, consapevole di aver fatto due scoperte.
-Ma come fai?-
Sollevò gli occhi azzurri dalla tastiera non capendo la domanda.
-Cosa?-
-Questo!- disse allargando le braccia –Sei un meccanico-
Bulma sussultò.
In realtà, non si era posta il problema, aveva una naturale predisposizione nel maneggiare circuiti e macchinari, ma sul momento aveva trovato la struttura della navicella elementare e supponeva che anche Lah avrebbe potuto giocarvi senza far troppi danni.
Confidando nell’assoluta normalità delle sue conoscenze aveva dato fondo a queste sue abilità senza riflettere, spinta dalla sua sopita passione ed attitudine.
Realizzò solo al momento di aver in mano i fili del meccanismo di una consolle estremamente complicata.
-Come?Tu non lo sai fare? Eppure è così semplice, guarda!-
Lah guardava e quello che vedeva era lei, e un sacco di fili rossi, gialli, blu, viti, bulloni, cip…
Bulma aveva cominciato ad elargire le sue conoscenze mentre abilitava il circuito di avvio e lui si era perso a “è estremamente semplice non bisogna far altro che prendere questi due fili collegarli con il generatore inserire il cip blablablablabla......Ehi Lah? Mi stai ascoltando-
 Sussultò.
-Eh?-
-Non mi stavi ascoltando!?-
Ammiccando un sorriso a disagio Lah si passò una mano dietro la nuca.
-Ehm…ho perso il filo del discorso-
Esasperata appuntò i gomiti appoggiandoli sui comandi e spingendo inavvertitamente il bottone rosso.
Il portellone le si chiude davanti sotto gli occhi di Lah e la consolle cominciò a emettere segnali luminosi preoccupanti.
Ci fu una lieve scossa e poi percepì la mancanza del suolo sotto il velivolo che stabile si librava di pochi centimetri.
Cominciò ad armeggiare affannosamente con i comandi tentando di sfuggire alla situazione.
Lah si dimenava non con minor foga dietro il vetro dell’oblò, ormai distante.
L’ambiente ovattato isolava i rumori all’esterno lasciandola fisicamente del tutto sola.
Si allacciò alla cintura il più velocemente che potè per evitare almeno di ferirsi e visto che ormai la partenza era stabilita doveva impartire al computer le coordinate.
Scelse quelle più vicine che le vennero in mente per scampare a viaggi interplanetari.
Si sentì compressa sulla poltrona della cabina dalla velocità.
Sfrecciò tuffandosi nelle nubi e mantenendosi ben salda ai braccioli del sedile trovando, tra se e se, il tempo per pregare.
Si chiuse gli occhi non appena vide riavvicinarsi il verde del pianeta, sentiva il sibilo del vuoto che la navicella lasciava dietro di se tagliando l’aria con la sua velocità.
Era evidente che l’eccesso stava procurando danni all’interno perché i bulloni cominciarono a cedere e una sottile linea fumosa ad invadere l’abitacolo.
Ma Bulma era troppo occupata per pensarci.
Uno schianto dall’intensità e rumore direttamente proporzionale all’indicatore di velocità sul piccolo schermo laterale fece cedere la sua presa sui braccioli e la cintura e si ritrovò a testa in giù.
Cercò di ricomporsi come poteva, si sistemò i capelli, si lisciò inutilmente le pieghe del kimono rosa, si diede un occhiata allo specchiante schermo incrinato e fumante.
Poi provvide a guardarsi intorno e non darsi pena per il suo aspetto scomposto e lievemente corrotto.
Appurò che il portellone era bloccato: uno sbilancio durante l’atterraggio aveva capovolto la navicella e l’aveva fatta atterrare frontalmente.
Lo spinse, lo tempestò di deboli pugni, disperata, poi vista l’utopia del suo tentativo si accasciò sconsolata sul sedile, sistemandosi come poteva nonostante fosse ribaltato, cercando un comodo incastro per la sua figura.
Soffiò via aria e chiedendosi perché capitassero a lei tutte le disgrazie di questo mondo picchiò la parete con un pugno.
Si rivelò una pessima idea perché lo schianto le restituì un dolore lancinante alle nocche.
Mentre si soffiava sulle dita come se potesse soffiare via la sofferenza la struttura interna scricchiolò pericolosamente.
Notò una crepa delle dimensioni di non più di tre pollici.
La osservò curiosa del fatto che si trovasse proprio dove aveva punito la navicella per essere un inutile pezzo di rottame mal funzionante.
Possibile che l’impatto con il suolo erboso avesse provocato una rottura della lamina interna.
Scartò l’ipotesi; il materiale doveva essere stato concepito e lavorato proprio per evitare disastri del genere.
Ma come se fosse bastato guardarla venne innescata la propagazione del danno.
La crepa si allungò, ne apparvero altre con rumorosi cigolii mentre il guscio interno si sfaldava; la parete si
frammentò implodendo su se stessa con un pesante polverone e uno scoppio sonoro.
Bulma si ritirò per evitare i contaminare ulteriormente la sua persona di danni.
Si ritrovò ugualmente con il polverone nella cabina e addosso una strana sensazione di dejavù.
Si spolverò con il palmo della mano e uscì dal rudere stellare.
Tossì convulsamente per espellere l’accumulo di polvere dal naso e dalla bocca.
In un secondo momento, quando la sua vanità fu esaudita e si fu ripulita assimilò quel che era successo.
Si guardò le mani come a volerle interrogare.
Non conosceva la sua forza.
“Ma che vado a pensare” disse con un gesto della mano scacciando l’ipotesi come una mosca fastidiosa e un sorriso di scherno verso se stessa.
“Una ragazza giovane e carina come me…ahahahah….figurarsi se sono in grado di…”
Tutta la struttura del velivolo franò al suolo senza troppe cerimonie.
Con la mascella molle Bulma osservò la navicella disfatta.
Questo non poteva ignorarlo.
Doveva ammettere che nell’ultimo periodo le stavano accadendo stranezze simili, collegabili.
Una volta, mentre si esercitava nella levitazione, quando era ancora ai primi rudimenti della tecnica ed era ansiosa di riuscire ad eguagliare il mocciosetto di otto anni, Lah la continuava a disturbare, intuendo il disagio dell’amica nella sua provvisoria inferiorità.
Pervasa dal nervoso aveva interrotto gli esercizi appositamente per assestargli un calcio nelle natiche, che lo spedì molto più in alto e lontano di quanto non avesse calcolato.
Era una giornata molto ventosa e ipotizzò si fosse trattato di un potente spiffero ascensionale sul sedentario.
Teoria dubbia, ma bastò sedare i sospetti.
La seconda volta, in un' uscita mattiniera e tempestosa, una decina di alberi aveva “casualmente” preso fuoco invasi dalle fiamme di un’energia silenziosa e potente che si era sentita strisciare in corpo rapidamente ed esplodere all’esterno frammentando anche i vetri della casa e qualche sassolino quando Lah le aveva fatto uno sgambetto facendola finire dritta nella poltigliosa fanghiglia accanto.
“Incredibile cosa accada durante i temporali su questo pianeta” pensò attribuendo i meriti del disastro ad un altro ignoto fenomeno fisico.
Ora non poteva nascondere le sue doti dietro ricercate spiegazioni.
Aveva pure notato che, col passare dei giorni e il susseguirsi dei disastri, Majia spifferava a Lah qualcosa nell’orecchio con l’indice in alto autoritario e serio sempre più di frequente.
Aveva preso a trattarla con una mielosa e fasulla gentilezza ricreata con enorme sforzo anche quando rompeva qualcosa in modo volontario.
Ad ogni modo si trovava sola, lontana chilometri dalla casa dei suoi soccorritori, e neanche alzandosi in volo riusciva ad arrivare con lo sguardo fino al bosco dove avevano sostato a bere prima lei e quella piccola peste.
“Chissà, forse  ha toccato la navetta dove non doveva quel mostriciattolo alto un metro e uno sputo”.
Il bollore non le si era ancora spento.
Si voltò per esaminare quale altro possibile panorama le offrisse il pesaggio, ma quel che trovò servì a tutt’altro che a infonderle sicurezza.
Una collina oltre la quale i corvi descrivevano cerchi ampi in un chiaro messaggio di morte.
Le si indurì la coda sotto la veste.
Timorosa scalò l’ostacolo non troppo sicura di voler assistere mentre i corvi scendevano in picchiata.
Non avevano mai assaggiato civili.
Spiò oltre l’erba e poi si issò lentamente, del tutto dritta, rapita da uno spettacolo opera di selvaggia distruzione.
Le lacrime cominciarono la risalita insieme al pranzo, la scena era troppo cruda per essere sostenuta rimanendo indenne.
Caddè di nuovo in ginocchio, piegata dalla paurosa consapevolezza della morte, e dell’addio di quella gente.
Il vento che si portava via quel poco che rimaneva della città, pezzo per volta disperdeva ciò che i corvi avevano lasciato, coinvolgeva nella corrente anche le azzurre ciocche di capelli libere.
Ora che ci pensava, quel paesaggio aveva qualcosa di sconvolgente, negativo è vero… ma di nuovo faceva capolino nelle sue membra quella scarica, vibrante e viscerale del silenzioso risveglio di un potere strano, di una rabbiosa voglia di distruggere espressa al massimo nella spinta trascinante dei Sayan trasformati nei feroci gorilla della luna piena.
Alimentato dalla rabbia
Odiava la vista di quei resti butterati gli uni sugli altri, la miseria di quella gente, con lo sguardo disperso nel niente, era avvilente.
Più si sforzava di non guardarli più si rendeva conto che non c’era altro da guardare li.
Odiava soprattutto essere costretta a osservarli lo odiava perché in un certo qual modo le ispirava di nuovo quell’orribile sensazione di dejavù.
-Come ci sei arrivata qui?-
Quell’energia si dissipò, gelata insieme al sangue.
Si voltò verso un accumulo di sangue raggrumato e secco sulla pelle del suo tormentatore.
I sogni la notte si stavano delineando, e specchiavano Vegeta come il carnefice che era.
Nelle sue paure, il suo.
Incapace di parlare o pensare, per un momento credette si trattasse di un cadavere tornato alla vita tanto era lordo della sporcizia, le ci volle un po’ per capire che sotto tutta quella rappresa e maleodorante sudiceria di origine viscerale non c’erano ferite.
Si figurò a dire qualcosa di davvero offensivo, ma non si accorse che invece della risposta elaborata le uscirono una serie di suoni disarticolati senza alcun senso.
Vegeta alzò lievemente il mento in un espressione composita di interrogativo e beffeggiamento e un sorrisino sghembo.
-Vedo che ti piace il panorama…-
La afferrò senza attendere che si accorgesse della magra figura e per il braccio la trascinò ad osservare il resto.
Bulma prese nuovamente possesso delle sue facoltà e strepitò imperiosa senza riuscire a mantener fermo il tono.
- Vedi?Schifosa mezzosangue vedi? Vedi!!!!!?- Le urlò direzionando violentemente il suo sguardo con uno schiaffo verso l’estensione cittadina di morti.
Bulma si dibatteva strizzava gli occhi, le debordavano lacrime di impotente sofferenza.
-Lasciami!-
-No!-
-Lasciami…-
-Apri quegli occhi bastarda. Cos’è? Hai paura del tuo compito?-
Bulma non comprese fino in fondo il senso.
La colpì sul fianco con un calcio- Guarda!-
Lo ripugnava dover educare una sciocca mezzosangue alla sopportazione e successivamente all’indifferenza a queste cose, avrebbe preferito costringerla a ficcarsi in bocca le membra putrefatte, sarebbe stato più facile, e sadicamente più spassoso.
Bulma era in lacrime.
Schifato e indignato da quella sua troppo umana tristezza per quegli indegni esseri morti miseramente proprio come tali la mollò lasciandola per terra con le mani sugli occhi e una frenata voglia di vomitare.
-Sei una debole-
Avvertì la frase come un insulto davvero eccesso per una situazione del genere.
Di nuovo quel fremito, quella parziale coscienza di potersi riscattare, e compensare quella strage.
-Sei stato tu?-
Gli urlò con voce rotta.
Un sorriso detestabile e slargato, e capì che ci aveva pure goduto nel farlo.
Prima che potesse valutarsi pazza si avventò folle urlando come un'ossessa odiando, il pugno fu bloccato e contenuto dalla mano del Sayan puro.
Ritrovava sempre in lui quella goduria della sua superiorità, e ogni volta, la sua volontà si piegava nella profonda e orrenda consapevolezza di essere simile a lui, vincolata dal sangue a un dovere destestabile che lui assolveva...stimolato dal male.
Si ritrovò di nuovo a terra, indenne, sporca e col fiatone.
Un pestone le oppresse la schiena nella polvere.
-Se la vuoi mettere su questo piano…-
Pressò di più.
Bulma urlò all’insopportabile punizione.
Spiò la faccia al disopra di lei, il suo sadico divertimento la accompagno fino all’incoscienza.
Aveva capito, ora sapeva chi era, o meglio quel che doveva essere, la maledizione della sua prima luna piena si faceva più completa, meno nebulosa.
Quel trucidatore era un Sayan, il suo principe, lei tenuta a obbedire al suo sangue e a lui. 
Non voleva, rifiutava di prestarsi alla sua natura.

La trascinò via per i capelli.


 

***

 

 
-Non volevo guardare, non volevo guardare- ripetè convulsamente Lah.
Ricordava di essersi spostata su questo angolo commerciale perché suo figlio non vedesse… e conoscesse solo tutta la serenità e il suo amore…non poteva pensare che quelle sue cruente narrazioni sarebbero fermentate nella sua mente, sarebbero state i suoi incubi, oggetto di considerazioni più mature quando fosse stato grande, e lei da questo male non poteva difenderlo, tanto meno un ragazzino sveglio e ingenuo come lui.
Si strinse al morbido petto della madre lacrimoso, singhiozzando, mosso dall’umano dispiacere e dalla sensibilità di un bambino che non conosceva altro che la pace e il torpore  della loro vita reietta.
Maya lo avvolse nell’unico materno schermo che gli poteva offrire contro il dolore.
-Non l’ho trovata, non c’era, non c’era- sentendosi colpevole di cose più grandi di lui.
Lo fissò con i suoi occhi dell’innaturale blu alieno privo di irride, rivide come in uno specchio il suo sguardo sofferente e ansioso.
-La troveremo-
Pianse finche non ebbe esaurito la forza di versare lacrime, purtroppo non si addormentò, rimase aquattato su se stesso in un angolo della casa, respingendo Maya nelle sue attenzioni.
Si dondolava, ripeteva morboso “ Non c’è, cosa l’è successo? Non c’è… è colpa mia…non c’è…”.

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Capitolo 10
*** Il patto del nemico ***


Nappa osservava svogliato e indisposto il laghetto reduce delle distruzione terminate, ci gettava stancamente dei sassolini per scandire i minuti guardando il sole lentamente abbassarsi e tuffarsi in quel pacifico silenzio per nulla armonizzante con il paesaggio che aveva alle spalle.
Rise al pensiero.
Radish scalpitava alle sue spalle misurando a passi lenti la distanza dal terriccio che bordava l’acqua dalla sua navicella.
Emanava una carica negativa furiosa e palpabile.
Conoscendo il temperamento fastidioso del compagno  ritenne opportuno ammonirlo.
-Radish…- ringhiò.
-Che vuoi?- non smise di camminare a braccia conserte esplodendo all’interruzione della sua reticenza nell’impulso bellicoso della sua suscettibilità.
-Farai venire un esaurimento ad entrambi- prese nella piccola attività distruttiva che era strappare energicamente l’erba allietando i suoi nervi.
-Ma quando torna Vegeta?- urlò allargando le braccia rivolgendosi sia al compagno sia a qualcosa di superiore e imprecisato che sembrava volergliene male per le recenti stragi, accelerando il passo.
Nappa assentì sbuffando, appoggiandolo brevemente nella sua rabbia.
-Non lo so- grugnì.
Si sentì il passo cadenzante del compare e lo strascicare di un peso trascinato per terra.
I pensieri risposero all’istinto decidendo che in virtù del fatto che si era disturbato a portarli la cena potevano anche passare oltre le sue prolungate e snervanti assenze.
-Era ora…- sbuffò Radish appoggiandosi alla navicella.
-Si può sapere dove…-
L’immagine di Vegeta che trascinava nella polvere dietro di se una bella ragazza fece schizzare il tachimetro della sua soddisfazione a zero.
Per qualche momento nessuno dei due fu capace di lamentarsi distinguendo la peculiarità color blu del motivo per cui non se ne erano andati da quel fottutissimo e cimiteriale pianeta.
Radish si vide scostare con una certa insofferenza dalla sua posizione, vide aprire la portiera del velivolo ed osservò la ragazza che veniva sbattuta con la stessa insofferenza sul sedile, fissata e rifissata con più cinture di sicurezza.
Quel pezzo di ferraglia di navicella venne chiuso e quasi spaccato da un’incurante e principesca rabbia senza attenzione o rispetto per nessuno.
Quando Vegeta lesse il riflesso di  stupidità negli occhi sei subordinati esplose nella maniera contenuta e dignitosa che usava solo fuori dalla battaglia.
-Che avete razza di idioti?-                            
Il primo segno di coscienza lo diede Nappa: sbattendo le palpebre.
Radish fu capace di emettere un rantolio di parole che uscirono disordinatamente e senza senso, l’indignazione non gli concedeva di trovare le labbra, forse era meglio così.
Vegeta ringhiò tediato da quei celebro lesi dei suoi soldati, tediato dal russare della mezzo sangue… tediato da tutto.
-Pensavamo fossi uscito a cercare da mangiare…-
Scoccò un’occhiataccia a Nappa comandando silenzio.
Per quella notte le città avrebbero dormito tranquille, permise al tranquillo declino del fuoco azzurrino di placare il suo cuore solitario.

 

***

 
Il suo stato volteggiava tra la coscienza e la sonnolenza pesante e torbida.
Fremettero le ciglia, provò a rigirarsi, ma non era consentito.
Le articolazioni risposero ai confusi ordini della mente nebbiosa.
Premeva sul suo corpo un macigno scottante di polvere.
Percepì lo scotto della pelle lungo la schiena, si ramificava come se le fosse stato lasciato colare addosso acido.
Il sedile era lievemente rosso, ma lei non poteva saperlo.
Sentì in una voce esterna un suono roco come lo scricchiolio di ghiaia, profondo e ovattato.
Aprì gli occhi, concentrandosi su una fessura sul mondo reale.
Una faccione slargato e pelato le rivolgeva un attenzione un po’ invadente in
certi punti del corpo.
Non ci badò perché non poteva badarci.
La coscienza era faticosa, meditava un ritorno nel sonno, nella sua svogliatezza di pensare, perché pensare era doloroso, ogni minuto più del primo.
Cosa sarebbe successo in un plenilunio limpido?Non avrebbe saputo dire, non aveva frammenti di verità con cui ricostruire un futuro prossimo.
Solo dopo che, dopo varie volte che provava, si rese conto che il dolore acuto al corpo che pulsava forte sotto la pelle non concedeva una tregua, aprì del tutto gli occhi.
Quella faccia la stava ancora guardando, rozza, con due baffetti sottili; un testone enorme di un gigante.
Provò ora a muovere le braccia, ma erano impedite, pesanti, e salde al corpo.
Se le guardò.
Forte dell’energia Sayan in aumento esponenziale le forze non tardarono a riviverle in corpo e un’adrenalinica rabbia le esplose di botto nel cervello, nutrendosi di tutto il resto.
-Ehi!- urlò alla faccia –Fammi uscire!-
Picchio con i piedi liberi sul finestrino, ma sembrò solo divertire maggiormente.
Il rumore era contenuto e amplificato dalla cavità della navicella, ma non smise.
-Razza di deficiente, fammi uscire di qui!-
-Mi dispiace molto ragazza…-
-No che non ti dispiace. Ti diverte che mi stia sfiatando!-
-Sei poco amichevole eh?-
-Dov’è il tuo capo? Voglio parlare con lui- urlò con convinzione.
-Non è qui-
-Menti-
-Se fosse stato qui ti avrebbe già tirata fuori-
-Non è vero! Lui mi ha chiuso qui. Io voglio uscire!-
Si mise a sollecitare le cinture con strattoni.
-Ci trovi da ridere?- urlò.
-Se anche fosse?-
-Non ridere-
Le sicurezze di spezzarono facendola sbattere contro l’oblò con la testa.
Si lamentò brevemente massaggiandosi la tempia con la mano che non batteva sulla portiera.
Sottolineava ogni pugno con un –Apri, apri, apri- e la navicella tremò ripetutamente sotto la sua forza.
La grande faccia ebbe un attimo di esitazione nel durare la sua arroganza, era evidentemente preoccupato che potesse accadere qualcosa alla navicella.
Oltre all’immediato problema, la fuga, ci sarebbe stato poi da decidere chi sarebbe rimasto a terra.
Certo lui visto che del danno era l’indiretto artefice.
-Quanta forza…-
Un voce che non poteva appartenere al grezzo soldato la attirò con il breve fascino del suo suono, come una lusinga ben calibrata, la indusse a fermare la mano sospesa a mezz’aria tra il cessare e il continuare a picchiare.
Il gusto per quel complimento, che il suo lato sayan apprezzava più pi quanto fosse lecito, svanì.
Aveva confuso una minaccia di pericolo con un apprezzamento.
La porta venne aperta con una certa delicatezza.
-Perdonaci…- la sbeffeggiò.
-Avrai fame, no?-
Bulma fissò il soldato dei suoi incubi sondandone le intenzioni…aveva fame però.
Scese con tutta la dignità che la sua prigionia le conservava, senza prestargli attenzione, fissando davanti a se.
Si incupì.
-Io vi conosco!-
Venne spinta impazientemente verso un fuoco dove era arrostita una creatura, l’odore era calamitante, ma dopo il frutto, non sapeva cosa altro avrebbe potuto accettare dal nemico.
Si sedette per terra, dove le venne sbattuta la sua colazione.
-Mangia-
Non si sedettero.
-Voi non mangiate?- lo sfidò con un’insinuazione sensata.
-è carne normalissima-
-Non è vero-
-Provare per credere-
-Non sperarci…-
-Non resisterai per molto, hai dormito per due giorni, ormai non sei più una mezzo sangue, si sente dal tuo
odore-
Bulma trasalì, se prima l’ignominia invadeva solo metà del suo sangue, diluita senza conseguenze, ora la contaminava tutta facendone un pericolo di funzione.
-Devi essere stata il risultato di qualche esperimento- brontolò il terzo, sistemandosi la chioma inselvatichita.
-In ogni caso…- riprese il capo – il tuo appetito cresce-
Bulma fissò il sangue grumoso e nero, viscido e cotto.
Si leccò un angolo delle labbra pastose.
Attirò la carcassa odorosa a se.
Ne strappò un pezzo e se lo ficcò in bocca con una convinzione che non apparteneva alla sua parte razionale.
Ne seguirono molte altre, mangiate fissando i tre militi, con paura che le portassero via il pasto e paura che non lo facessero.
Rimaste le ossa e la carne sfilacciosa Bulma le poso e fissò i suoi rapitori con odio.
-Ti abbiamo nutrito, cos’hai da guardarci così?- domandò Vegeta asciutto.
-Mi avete obbligato- protestò.
-Radish tu l’hai toccata?-
Radish si voltò sghignazzando.
-No affatto-
-Nappa e invece tu?-
-Neanche un capello-
Vegeta la fissò sarcastico come l'avesse battuta con clamore.
-Come vedi…hai fatto tutto da sola-
-Non è vero! È colpa vostra se ora sono così-
La leggerezza del sarcasmo che mettevano nelle loro risate la infastidiva.
-Voi mi avete sbattuta in quella navicella quando ero incosciente, e mi avete portato qui, avete asciato che la VOSTRA natura, estranea, diventasse la mia, ora anche io posso uccidere-
Le immagini del massacro si rincorsero senza pietà nei suoi pensieri.
Vegeta esplose a ridere, maligno, divertito.
-Non siamo noi ad averti fatto questo…-
Loro erano le prime persone che ricordasse dopo la sua vita normale, come potevano non essere loro la causa?
E anche se non lo fossero stati non avevano tentato nulla per aiutarla.
Fissò saccente e furente la bocca di Vegeta che rideva e sghignazzava alla sua presenza.
-Voi non siete soddisfatti neanche adesso, il vostro obbiettivo non è certo quello di farmi saltare i nervi, IO non ho ancora raggiunto il punto di non ritorno…-
-…è la luna il punto di non ritorno…ogni giorno che passava, ogni filo di luce che allungava quella stramaledettissima falce…voi mi avete lasciato qui del tutto incosciente e impotente di quel che mi succedeva…-
Vegeta si avvicinò, la tirò su per un braccio senza incontrare troppa resistenza.
- Ascolta bene, noi ora ti lasceremo andare- dopo averla umiliata davanti a se stessa e ai suoi simili, e aver accertato la fase avanzata della metamorfosi non voleva più la sua presenza intralciante.
Bulma lo fissò pronta a disobbedire a qualunque seguito avesse ordinato, perché ne era certa, voleva qualcosa.
-Ma nulla è gratis-
Si morsicò il labbro inferiore.
-Non dovrai fare danni, non dare segni di impazienza, sappiti controllare se non vuoi distruggere il pianeta, perché TU, non ti rendi conto, PUOI distruggere questo sacco di sassi.-
Deglutì alla prospettiva.
-Vogliamo trovarti al plenilunio in un luogo pubblico, più gente c’è meglio è.
Mancano due settimane perché il cerchio si completi, e sappi che se non ci vieni, ti ci trasciniamo di peso e ammazziamo la donna e il lattante!-
Abbandonò il suo braccio giustamente convinto che non avrebbe trasgredito al patto involuto.
-Puoi volare ho visto- disse squadrando la sua postura rigida.
-...Si…- la sua voce era senza trama, come il buio di una notte senza luna.
Si sollevò lievemente quanto bastava perché la punta dell’erba le accarezzasse il piede.
Lentamente salì alle nuvole, perdendo la sua immagine nel bianco inconsistente e apparente.
-Tz-
L’indicatore di Vegeta la rilevò, fulminea, con l’aura alta di terrore rabbioso.
Adorava sentire l’ira delle sue debolezze.
Indicò la direzione che aveva preso con uno scatto del mento ai compagni, quella opposta alla casa.
Mossa mirata a confonderli.
-Che non creda…-mormorò – di farcela nel nostro campo- spiccò il volo veloce e mortale.

 

Bulma volava, convinta che il gioco fosse volto in suo favore da quell’incastro.

 Stavolta sono stata un po' più puntuale, rispetto all'imperdonabile ritardo della volta precedente, spero che questo capitolo, s cui ho dedicato mezz'ore del mio tempo una settimana si e l'altra no ( perciò trascurato) in cui non assicuro che la grammatica renderà per mancanza di tempo per correggere ( ma in fondo non rende mai mi ritrovo piena di critiche di Umpa_lumpa che giustamente mi fa notare gli errori).
Spero sia soddisfaciente.

* angolo ringraziamenti.

1)  Kamy: Sai, sei stata l'unica ad arrivarci, ma è fatto apposta così il personaggio di Lah, più tardi si capirà perchè...grazie anche per tutte le rece che hai lasciato nelle mie altre storie-

2) Umpa_lumpa::spero di aver reso altrettanto bene Vegeta in questo tratto perchè la cosa mi lascia un po' in dubbio, i miei ringraziamenti non saranno lunghi come i tuoi commenti x mancanza di tempo^^ ( a proposito, credo che tu abbia ricevuto quella mail, dove dicevo che non me l'ero presa eccetera eccetera) grazie del sostegno costante.

3) luisa 87: Ecco qua il continuo, sn felice che la storia ti piaccia, come vedi Bulma e Vegeta si separano di nuovo ma non per molto, aspetta e vedrai.

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Capitolo 11
*** Reminescenza ***


Atterrò nei pressi di alcuni rovi che la sfiorarono sulle gambe nude lasciandola senza ferite o dolore; nulla di ciò che era così debole della foresta poteva scalfire la sua nuova tempra Sayan.
Aveva volato più velocemente e percorso una distanza ben più lunga di tutte le altre volte da quando era riuscita a staccarsi dal suolo e a vedere il mondo al di sopra di tutto, perfino al disopra delle stesse forze della natura che l’avevano sempre tenuta sicura alla terra.
Non era ancora ben consapevole della sua nuova condizione e ancora meno lo era delle sue nuove possibilità.
Si guardò le mani come se da esse potessero immediatamente venirne cose orribili.
Tra gli alberi, come attraverso delle sbarre, vide la piccola cupola di Maya e del giovane Lah. Tese i suoi sensi verso lo spazio della casa, recuperando anche la sua mente lucida e calcolatrice della scienziata. Contò cinque passi affrettati, poi altri otto in direzione sud, sentì l’odore amaro della medicina che aveva lasciato nel bicchiere la mattina prima.
Sussultò.

 

Bulma Brief, 15 anni, figlia dell’illustre professor Brief, residente e fondatore della Capsule Corporation, l’azienda famosa per la praticità e l’efficienza dei suoi prodotti, comodamente trasportabili in  piccole capsule, facili da aprire, e della signora Bunny Brief, moglie dello scienziato.

 

Si prese la testa tra le mani affondando le lunghe e sottili dita tra le ciocche di capelli, tirandoseli con i nervi consumati.

 

La sua residenza è la C.C. ( Capsule Corporation), nella periferia della Città dell’Ovest.
 frequenta il liceo della suddetta città con frequentissime assenze giustificate durante l’ultimo anno scolastico(79). La giustificazione debitamente firmata era “Mi annoiavo”.
La media scolastica è 10 –, il voto è stato abbassato dalla pessima condotta ( voto 6-) e dall’atteggiamento irrispettoso che dimostra verso i professori.

 

Sentì il sapore di farmaco misto a saliva, la fronte era febbrilmente calda e sudata, i capelli le erano appiccicati al viso, sporchi ed incrostati di polvere e terriccio.

 

Via Lattea. Sistema solare. Pianeta Terra ( un sole ed un satellite “Luna”).

 

Di colpo si ritrovò in possesso di tutta la sua vita, smosse le pagine di quel pesante tomo con curiosità e familiarità. Rivide là il volto di suo padre, quello grazioso e sorridente della madre, trovando che tutte le informazioni che riusciva a riavere si stipavano nel corretto ordine combaciando le une con le altre.
Ma mancava un passaggio importante per completare l’incastro, ovvero quando sul fondo schiena le era germogliata quell’appendice blu.

 

-Di un po’- disse rivolta a Vegeta che inarcò un sopracciglio, stupito che osasse rivolgere la parola al grande principe dei Sayan– Che cosa sarebbe quella ridicola cintura che portate? Non sarà pelo sintetico? E poi chi mai penserebbe di potare una cintura di pelo, siete proprio ridicoli, potevo essere rapita da tipi più idioti?-Vegeta ringhio sommessamente, innervosito dall’impertinenza di quella ragazzina.-Come osi!!!- Fece Nappa sentendosi ferito nel suo orgoglio Sayan.-Questa è una coda- disse srotolandosela dalla vita e agitandola per dimostrarle quanto fosse vera, Radich e Vegeta fecero lo stesso. Bulma si portò le mani ai fianchi.-State scherzando vero?Non ci credo che avete la coda, mi state prendendo in giro. Su toglietevi quell’ orrore tanto non sono stupida- disse mantenendo il suo tono derisorio. I tre al limite della sopportazione stavano per seguire i loro animaleschi istinti assassini e farla finita con quella mocciosa impertinente, ma Vegeta, molto più sveglio degli altri due, decise di optare per una diversa forma di sofferenza, rivelandole la sgradevole notizia che anche lei era dotata di “quel orrore”, come lo aveva definito. -Tnsk guarda un po’ dietro di te- fece lui indicandole le gambe e quel che sbucava dalla sua veste. Bulma si voltò seguendo la direzione che indicava il ragazzo e notò l’azzurro pelo che le spuntava dalla camicia da notte.

Quel che ricordava circa la sua coda era molto frammentario, e dopo di essa, grosse voragini si aprivano da un giorno ad  un altro. –Mamma!- si riscosse con un sussulto. –Mamma l’ho vista, l’ho vista!- urlava Lah reagendo con un sorriso isterico –è qui, alla finestra, vieni alla finestra!-. Bulma spiccò un salto aggrappandosi felina al ramo di un grosso albero e rifugiandosi nel fitto fogliame alto, rivolto al sole.

 

È molto più corto della media dei miei capitoli, ma in fondo era ora che imparassi a non ammorbarvi più^^.
Mi scuso per il lungo silenzio scritto, ma proprio non ho avuto il tempo materiale per proseguire, stento a trovare qualche minuto per connettermi ultimamente.
Ed anche questo, l’ho scritto rischiando di addormentarmi di colpo sulla tastiera.

 

T-T
Non ci sono rece a cui rispondere.

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Capitolo 12
*** Reminescenza (parte seconda) ***


Bulma balzò agilmente da un ramo all’altro, le macchie d’ombra e di luce della volta di fogliame le scorrevano addosso nelle sue folli arrampicate, scivolate, balzi acrobatici e nelle sue soste.
Si aggrappò ad un tronco, mulinando la coda e tastando lo spazio dietro di se. Si lasciò scivolare lungo la corteccia ed atterrò a carponi, a mo di gatto.
Si sollevò rigida mentre gli occhi le schizzavano in tutte le direzioni ed i suoi sensi abbracciavano ettari di terreno e cielo.
Il boato fu così inaspettato e così intenso che il suo orecchio sinistro fremette di eccitazione, e tutta la sua postura si tese, chiudendosi lievemente su se stessa in attesa di gettarsi sulla figura che aveva sfondato il tetto di foglie e le si imponeva davanti.
-Mi stai seguendo da giorni- ringhiò con voce lievemente arrochita per il poco uso che ne aveva fatto.
-Un oca come te, vivere così…- si compiacque guardandosi intorno –Niente male davvero, mocciosa, niente male davvero-
-Rallegrati lontano da me, e lontano dai miei…-
-Parenti?-
-I miei parenti naturali sono, sia lodato il cielo, lontano anni luce da te, e maledetto sia il cielo, da me-
-Toccante- sbadigliò Vegeta.
-Commuoviti lontano da me-
-No, temo che questo non sia possibile-
-Io posso difendermi, ora-
-Sei solamente un mucchietto di energia combattiva base, potrei farmi prendere a pugni da te quanto vuoi, e dubito che riusciresti anche solo farmi uscire il sangue dal naso- ridacchiò spietato.
Bulma gli piantò a dosso gli occhi luccicanti di un lampo folle all’idea che si lasciasse picchiare senza opporsi, aveva sempre avuto quella natura vivace ricordava, ma aveva anche sempre dovuto servirsi di utensili o di armi improprie, ora poteva servirsi solo di se stessa.
-Cosa succederà ora?- chiese.
Vegeta fece una smorfia, schifato.
-Succederà ciò che Freezer ha deciso di farti capitare…-
Bulma ebbe una fugace visione di un trono e di una statura contenuta fino ad essere ridicola.
-E succederà al plenilunio- concluse lei, ma ancora non sapeva cosa in realtà fosse il suo punto di non ritorno.
-Non ho mai visto la fine di un pianeta- mormorò.
-Immagino che finirà nel fuoco-
-Oh- sghignazzò Vegeta –Sarai tu a decidere come-
Bulma gli lanciò un’occhiata affilata, come se con questa avesse dovuto ucciderlo con un unico taglio netto.
Lui capiva come si stesse affannando a cercare una via di fuga, un compromesso con la nuova minaccia di se stessa, e fuggire vivendo da creatura selvatica non era il migliore.
Non aveva ben capito le modalità della fine del mondo in cui lei sarebbe rientrata, non le capiva e, matematicamente, non le sconfiggeva.
Vegeta si avvicinò con leggerezza, a lei, che era troppo preoccupata da altro per reagirgli.
Sfoderò una spietata faccia da poker e poi sorrise.
Fu come se un lampo di furia l’avesse spazzata via, letteralmente. Sentii l’energia rabbiosa salirle alle unghie ed ai denti. Sentì l’impeto di dover fare qualcosa di violento.
Lui inclinò la testa candidamente, rendendosi più irritante.
-Io…io- la rabbia la rendeva incoerente, provò a disperdere quella forza furiosa, ma non ci riuscì.
-Io non distruggerò il mondo- disse con un’ottava in più nella voce distrutta.
Vegeta scoppiò a ridere, una risata grottescamente priva di allegria.
-È la miglior minaccia che riesci a sputarmi in faccia così- si indicò.
-È il miglior ritratto della verità-
-Tu distruggerai il pianeta!- le ordinò, alzando la voce.
-Io sono una creatura libera- urlò -perfettamente padrona di me stessa e consapevole di quello che faccio-
Vegeta sogghignò, perché c’era un’unica circostanza in cui tutto questo non valeva. Avrebbe proprio voluto vederla al plenilunio, questa creatura perfettamente consapevole di quel che faceva. Bulma ansava un poco, e tendeva ed ammorbidiva le dita in tic spasmodici.
Sembrava storidta dal silenzio e dal sorriso enigmatico intriso di piacere crudele di Vegeta.
Le sfiorò il viso senza che questa reagisse, poi percorse la curva del collo, la sentì irrigidirsi, sentì il cuore che pompava e spingeva al massimo come dopo una corsa.
Chissà da quanto tempo non stava con una donna, si ritrovò a pensare scrutandola, mentre lei si ostinava a guardare fisso davanti a se senza sbattere gli occhi, non importava cosa.
Era poco più di una ragazzina ma, non fosse per l'altezza, dimostrava diciassette anni fatti.
Quando ritrasse la mano sentì ogni fibra di Bulma emanare una specie di sospiro di sollievo generale.

Ok, questa è la seconda parte del capitolo precendete.
L'avevo in serbo già da un po' ma non ho avuto il tempo di pubblicarla.
Giuro che non vi ringrazierò mai abbastanza per tutte le rece che mi lasciate *_* sono commossa *_*
*Angolo ringraziamenti*

luisa87: Mi dispiace di averti delusa, mi sono attardata con l'aggiornamento non ostante lo avessi pronto, non pensare ad un eccesso di sadismo però^^ io sono la prima a starci male quando la gente non aggiorna in fretta. Ciauciao.

kamy: No non  ho abbandonato le mie fic, solo che ultimamente l'ispirazione ha ripiegato su altro, e io non ho potuto far altro che assecondarla ( mi consola la cosa, credevo che il capitolo non fosse piaciuto a nessuno, mi sono sentita avvilita senza recensioni, che autrice fallita T_T, ho pensato).


Luna_07: Per "I draghi dei Sayan" mi sa che devi aspettare ancora un po', la mia mente è secca ed arida in questo periodo, credo di conoscerne il motivo ( velatissima allusione nel caso chisoio passasse do quà). Comunque, sono felice che ti piacciano, le recensioni sono il pane di un autore^^. Non ti ringrazierò mai abbastanza.

nitrovtesta: Grazie, grazie, sono felice che comunque tu l'abbia notata, fa sempre piacere ricevere commenti^^. Wow tutta d'un fiato? Undici capitoli? Io non reggerei, ammirevole^^.






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Capitolo 13
*** La vigilia del plenilunio ***


Non seppe come, non seppe quando, il corpo di Vegeta se ne andò, spazzando la pianura con
l’aria violenta che smosse la sua velocità.
Poi lei si ritrovò a camminare verso casa, col passo ondeggiante dei sonnambuli.
Non seppe come, non seppe quando, il suo corpo se ne andò da solo alla porta e bussò lentamente.
Lah le aprì, il breve attimo che impiegò per riconoscerla, le lacrime agli occhi, un salto mostruoso.
Il modo in cui la abbracciò, gettandosi di peso, la lasciò interdetta e commossa per un istante…cosa le era successo? dove era stata? era stata in pericolo? si era persa? tutti erano preoccupati per lei! era sicuramente stanca, perché non si accomodava? serviva un altro po’ di quella speciale medicina!
Ebbe una vertigine, Maya la fece stendere sul divano.
La donna rimase un po’ confusa quando rifiutò la medicina; quell’intruglio verde, disse, le avrebbe dato sicuramente solo la nausea, e poi, continuò, non era più necessario, davvero.
-Ti ricordi proprio tutto, ora?-
Con enorme sollievo della madre, quando Bulma aveva infilato il primo piede oltre la porta di casa, Lah era tornato ad essere il vivace ed irresistibile bambino dagli occhi luccicanti di vivaci pensieri ed invadenza.
Bulma fece un cenno millimetrico con la testa, alzando ed abbassando il mento una volta.
-Su che pianeta abitavi?-
Bulma rispose senza entusiasmo a tutte le domande.
-Avevi la coda anche nella città dell’Ovest?-
Meccanicamente rispose di no.
-Perché ora ce l’hai?-
Bulma chiuse gli occhi scuotendo la testa. Non voleva più ascoltare e rispondere a nessuna domanda.
Voleva dormire e fingere che tutto non esistesse.
Finche avesse tenuto gli occhi chiusi e ci fosse stato silenzio avrebbe anche potuto cascarci.
Si addormentò come se le avessero rifilato una violenta manata sulla nuca, ed un secondo dopo si risvegliò che era una mattina grigiastra, con Lah accoccolato sotto la sua ascella.

 
Nei giorni successivi si sfibrò il cervello a cercare un modo per fare uno sgambetto a Vegeta, non aveva in programma di dargli la soddisfazione di distruggere il mondo, e nemmeno che la cosa accadesse a più riprese, su altri pianeti, con altre persone che avrebbe amato…
Ma quando oramai aveva smesso di sperarci e pregarlo, in ricompensa le arrivò un'unica, piccola grazia.
Il maltempo.
Nuvole dense e fredde in poco tempo si accatastarono in massa l’una sull’altra attorno al tetto della cupola e lo stesso avvenne attorno alle punte dei grattacieli della città più vicina.
Il risultato fu che, durante le notti, attraverso le nuvole non riuscì ad intravvedere nemmeno l’ombra dell’ombra, dell’ombra del cerchio quasi-pieno della luna.
La luna del pianeta dove si era insediata non era come la ricordava sul suo pianeta natio.
Era screziata di crateri e nubi di polvere bluastre, molto più grande della sua luna di casa. Tanto grande da avere un’atmosfera sottile ed insufficiente.
Aveva anche appreso che quel satellite aveva un nome suo, ma era decisamente troppo complicato e lungo da pronunciare per lei.
Aveva deciso di utilizzare una comoda abbreviazione; Thamkàn.
Quando l’aveva detto per la prima volta Maya era scoppiata a ridere, di una risatina nervosa ed isterica.
Bulma le aveva chiesto il perché e Maya le aveva risposto che sul pianeta nativo Thamkàn assomigliava decisamente alla parola Thàmcan che in gergo voleva dire buco del culo.
Chi gipp a fùxil sen pur thamcàn du Sayan” ricordava di aver ringhiato durante gli ultimi anni di guerra contro i Sayan sul suo pianeta, quando suo marito era morto e si era ripresa dalla tristezza a sufficienza perché questa sfociasse in odio represso e debilitante.
-Più o meno sarebbe “ai Sayan schiafferei il fucile laser su per il buco del culo”- aveva tradotto.
Bulma l’aveva trovata una coincidenza divertente, e credeva che il nome riadattato da lei fosse più azzeccato per quel satellite, che le avrebbe causato un sacco di guai.
Rivolgersi alla fonte dei suoi problemi con insulti aveva un certo qual potere gratificante e corroborante, gli insulti avevano una loro forza dirompente e rendevano bene l’idea di ciò che si dice “essere scazzati”.
Per quelle benedette nuvole però, ora lei aveva vinto, il meteo segnalava tempo umido e cielo coperto con precipitazioni intense durante la sera, il giorno del plenilunio.
Avrebbe guastato la festa a tutti. Non avevano idea che quasi tutti i grandi agglomerati urbani della zona fossero stati rasi al suolo e poi spianati. Tutte le comunicazioni erano state tagliate, nessun fortunato superstite era sopravvissuto per raccontare nulla ed il maltempo non invogliava nessuno a viaggiare. Chi viaggiava, tra l’altro, non tornava indietro.
A migliaia e migliaia di chilometri di distanza Vegeta giocava con un aggeggio dall’aspetto innocuo di un videogame in grado di supplire all’inconvenienza nel breve spazio di un secondo, ovvero il tempo di premere il pulsante rosso ed avviare una macchina da guerra semi-umana semi-scimmione-fuori-misura.
Bulma intanto accorciava le distanze.
Era andata a godersi le nuvole, il mal tempo era davvero violento, i bollettini meteo avevano raccomandato prudenza. A quanto pare le tempeste sul pianeta erano pari ai monsoni terrestri.
E questa perturbazione aveva tutta l’aria del diluvio universale.
Stranamente il freddo pungente dell’aria non la disturbava, non aveva in brividi che le facevano rizzare i capelli sulla nuca, e quando Maya le aveva proposto di portare un mantello da viaggio lei l’aveva guardata come si guarda una persona che non può rendersi conto di quello che dice.
Non fosse stato per l’aliena, sarebbe potuta uscire in costume da bagno.
Comunque si era assicurata personalmente che il tempo non migliorasse, ora che era anche sicura che la coda non le sarebbe stata recisa a sforbiciate con un arnese per potare i cespugli riusciva persino a guardare la forbice con la sicurezza di chi ha vinto.
Atterrò in una pianura sgombra piena di erba secca afflosciata per terra, un paesaggio desolante, ampio a perdita d’occhio.
L’erba praticamente implorava acqua.
Lo scheletro di qualche albero agonizzante, bruciato dal sole si sosteneva in piedi per miracolo.
Bulma notò una punta nera e cespugliosa oltre una pietra.
Un radar prese vita all’improvviso con un beeeeep allarmante e una freccia che indicava alle sue spalle.
Vegeta aprì un occhio. Lesse il numero sul vetro verde. Guardò alla sua sinistra senza muoversi più del necessario. E richiuse un occhio.
Bulma in questi casi era portata a credere che nel repertorio di Vegeta rientrasse un'unica espressione facciale; la completa assenza di espressione facciale, e da sempre gli attribuiva anche una totale assenza di interesse per qualsiasi cosa che non fosse disturbare, eliminare e percuotere corporalmente.
Nonchè provocare irritazione ed incertezza fino a rendere psicotici!
Decisamente un bel soggetto, proprio un maniaco!
-Hai scoperto che la nostra specie non ha un inutile bisogno di dormire ogni dodici-tredici ore?-
Bulma fisso il cielo, stabilì che erano le undici.
-In effetti, no- si mise a suo agio, solo chi ha vinto può permettersi di prendersi la libertà di sedere accanto al nemico e, con leggerezza, sbattergli in faccia tutta la propria soddisfazione ed i suoi errori.
-Non ho mai avuto problemi a stare sveglia fino a tardi- si stiracchiò allungando la schiena sulla pietra, sperando di dargli fastidio; era talmente infantile…
-Immagino che domani sia il grande giorno?- non riuscì a non permettersi un sorrisino infame. 
-Di sicuro lo sai meglio di me- replicò.
-Allora...?-

Vegeta non ebbe alcuna reazione, persino non sbatte le palpebre.
-Le dinamiche? Gli effetti? Qualche spiegazione?-
-Proprio nulla-
-Non mi dirai nulla-
-No-
-Bene, qui nessuno mi dice mai niente, nemmeno Maya, nemmeno Lah, nessuno!-
Nessuna risposta.
Fu la stura di un fluire ininterrotto di discorsi più o meno articolati e, o disarticolati.
-Maya la prima volta ha avuto la faccia di dirmi che porta sfortuna  alle persone con la coda guardare la luna piena, Lah, sono certa che non ne ha idea, d’altronde come potrebbe? È piccolo. E Maya ha fatto la guerra, con suo marito. Che poi è morto. Era proprio distrutta. Disse che erano stati i Sayan, disse che l’avevano bucato in due.
Non mi voleva in casa perché pensava che sapessi combattere e che avrei ucciso Lah. È stata proprio gentile, dopo; mi ha offerto una casa, da mangiare, un divano dove dormire e non mi ha chiesto niente. Non so fare quasi niente. Ma sono intelligente. So costruire e riparare le macchine. Ho aggiustato la navicella in cui mi avete imbottigliata sai? Però poi l’ho fatta a pezzi…per sbaglio naturalmente. Sai, non potevo avere ancora idea che avrei potuto…beh si, insomma, sbriciolarla. Ero arrabbiata, mi ci…ero chiusa dentro, le ho dato un pugno, è apparsa una crepa e poi BAM! Si è polverizzata, mi è cascata addosso!-
Avrei potuto tornarci a casa. Anche se non so cosa avrebbero detto i miei con questa coda. E poi come sarei riuscita ad andare a scuola? Mi avrebbero…-
Non c’era da illudersi, continuò ancora ed ancora, al principe dei Sayan si distorse la vista tanto il mal di testa e l’ira gli pulsavano dietro gli occhi.
-…quando vi ho visto per la prima volta non credevo davvero che quelle fossero code! Ricordi che ti ho detto che erano cinture di pelo sintetico…- Sembrava volesse raccontargli la storia della sua vita, dopo essersi sorbito la sua infanzia dalla perdita dell’orsacchiotto rosa chiamato Puk alla rottura della sua gamba a dodici anni, gli occhi minacciavano di venirgli fuori dalle orbite, il respiro era irregolare, ed i suoi nervi erano talmente tesi che con questi si sarebbero potute fabbricare altrettante corde di violino!
-…ed allora ho pensato “ chi è questo deficiente con il testone pelato dietro il vetro della navicella? Perché ci sono seduta e legata dentro? Perché…"-
-Basta! Ok, ascolta bene! Perché non sono sicuro che il messaggio filtri! Non devi parlarmi, toccarmi, guardarmi, respirarmi addosso o chissachealtro! Puoi solo essere eliminata e fisicamente percossa! Potevo essere più chiaro e limpido di come sono stato? Zittanonrispondereotitrucido!-
Bulma chiuse la bocca dopo aver preso fiato a metà.
-Non voglio sentirti nemmeno sbattere le palpebre!-
-Ma io mi annoio!-
Nessuna risposta.
-Parlami!-
Vegeta non si mosse.
-Ehi?-
Idem.
-Devo pensare che ti sia venuto un attacco di…qualcosa? Sei vivo?-
Vegeta alzò gli occhi al cielo, sbuffò dal naso con un ringhio minaccioso, come se un toro stesse caricando e poi in un raptus di rabbia infantile si limitò ad alzare il pugno destro e con esso il dito medio.
-Sei antipatico-
-Sei una pazzoide. Zitta!-
-Hai la sensibilità di un pezzo di plexiglas!-
-E tu sei fastidiosa come una pustola. Zitta!-
-Ah! Vedi stai parlando con me! Lo sapevo. Lo sapevo!-
Che strano, le mani gli si muovevano da sole! Le avrebbe lasciate volentieri andare dove volevano, ma non si voleva rovinare da solo.
Con uno sforzo eroico chiuse gli occhi. Inspirò fino a che non gli fece male il petto e le costole. Poi buttò fuori aria. Era l’origine di un esaurimento nervoso.

Luna_07 : Beh alla fine ho aggiornato, eccoti un altro po' di "chiacchiere" tra futuri coniughi, come vedi non c'è molta differenza tra come discuteranno tra vent anni^^.

luisa87 : Felice di non averti delusa affatto, spero sia lo stesso con questo capitolo.

kamy : Diciamo che ho costretto l'ispirazione a tornare, mi sono piazzata davanti al computer a fissare la fine del capitolo precendente e mi è venuto questo, avevo voglia di far litigare Bulma e Vegeta ancora un un po' "l'amore non è bello se non è litigarello" e cavolate varie^^.

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Capitolo 14
*** Il corteo della luna ***



D'un tratto
la luna riuscì a passare per quell'ammucchiata
di nubi e a sistemarsi bella linda
tonda nel cielo; più morbida
ed evanescente, più tonda e bella
brillava nell'acqua del fiume,
dove un rapido vapore passando,
la sbrindellò.
(Un tratto della poesia "La luna coperta" di Rino Passigato)

Il risveglio fu un improvviso spalancarsi di cielo pieno di nuvole davanti a sé.
Fece la smorfia con cui di solito ci si protegge dalla luce, ogni ricordo della sera prima era come velato da una patina di attutimento; gli occhi gli si erano fatti sempre più piccoli dal sonno, e poi si era svegliato.
Tramortito fece per alzare il braccio sinistro e sfregarsi gli occhi col pollice e l’indice, ma qualcosa gli fece resistenza; improvvisamente era difficile muoversi.
Si divincolò con una comica confusione tra vergogna ed irritazione per sfilarsi dalla presa di Bulma, che aveva prediletto il suo petto come guanciale e era avviluppata al suo braccio con la tenerezza e l’amore con cui ci si abbraccia al peluche che assolve l’importante compito di conciliarci al nostro sonno profondo.
Bulma si mosse infastidita e picchiò la testa contro la roccia dietro di sé. Scattò in avanti col busto e le mani afferrate alla nuca, soffocando con i denti l’urlo: il dolore l’aveva distinto benissimo nel sogno leggero che già dissolveva e impallidiva contro la forza dirimpetto della luce fuori dal sonno.
Smarrita, superfatta di trovarsi lì, talmente abituata era a trovar sotto un divano e il groviglio di una coperta, si mise a tastare e a guardarsi in giro.
Ma non era solamente agitata perché non si trovasse in una casa, era secondario, aveva il senso che non avrebbe dovuto essere sola, di essersi addormentata col sottofondo più morbido del silenzio di un respiro e di un cuore che batteva contro l’orecchio.
Alla fine sbuffò, contrariata, ragionò come il suo orgoglio voleva che ragionasse e mentre si raddrizzava piano e stirava il vestito di balze con la mano pensò che Vegeta fosse troppo assorto nel ruolo del guerriero Sayan duro e puro per poter pensare di rimaner lì a vegliare sul suo sonno, anche giusto perché volesse assicurarsi di conservarla per il plenilunio; non voleva più aggiustarsi il suo piano? Si permise di compiacersi ed il labbro superiore si stirò in un sorrisetto strano che non donava alla sua bellezza azzurra per contrasto con l'aspetto angelico.
Per il sonno in arretrato il suo volo verso casa fu malfermo e diseguale e, insonnolita che era, cominciava a perdere il controllo dei nervi e l’attenzione perdeva presa sui contorni delle cose.
Dormire sul suo divano le avrebbe fatto bene almeno fino alla festa.
Eppure, con un senso di più fine della ragione, sentiva che ci fosse ancora qualcosa ad incombere sul suo destino.

 
-Sarà bellissima, sarà stupenda, la vedrò per la prima volta tutta intera!- Lah era in paradiso.
Bulma, tesa, in ripensamento si artigliava i capelli con le mani, li tirava su, li teneva in pugno in una coda, li scioglieva lungo le spalle in tanti marosi azzurri, ne attorcigliava ciocche attorno all’indice, li tormentava come se venisse da loro la colpa di tutto e se li gettava dietro le spalle.
-Ci sono le nuvole- ringhiò con la voce depressa di chi vien a proclamare la stessa cosa la seconda centinaia di volte perché il messaggio ha problemi a filtrare –non si vedrà nulla!-
-Si schiarirà! Ne sono sicuro, me lo sento qui!- si batte i due pugni sul petto stretto, poi unì le mani e si rivolse al soffitto come uno che prega –Oggi facci vedere una luna piena stupenda- recitò. Chiaro che per lui l’apparizione del disco avesse il valore di una festa e non della fine del mondo “non ne sa niente!” pensò Bulma “e non è chiaro neppure a me ciò che accadrà!” si disse.
Dopo i capelli toccò alla coda, se la legò sotto la gonna corta in modo che non facesse impressione alla gente.
Lah con quell’egoismo della felicità le sorrise nel tal candore dei suoi otto anni, che lei, alla vista di Maya appariva con più risalto abbattuta e floscia sotto tutti i problemi.
-Allora? Tu non ne sei impaziente? Io si? E tu? E tu?-
Bulma deglutì.
Maya, con la sua finezza di fiuto, sentiva il disagio nell’aria e guardava Bulma perforandola con lo sguardo da dietro.
Bulma effettivamente percepì un dolore ficcante alla nuca e si voltò verso la donna venuta dalla stanza attigua.
-Cosa c’è?- fece una smorfia, seccata, appuntò i gomiti, e ricambiò lo stesso sguardo squadrandola dalla cima delle antenne allo smalto delle unghie.
Era a piedi nudi decorati con l’henné, sotto tutti i bracciali che portava non si vedevano più caviglie ed avambracci.
L’abito era senza maniche, d'un candore smagliante, lungo e stretto ad evidenziare il punto vita sottile con una cinta rossa, Bulma si sentì impallidire al confronto.
Le antenne lunghe e nervose, che aveva gettate dietro la schiena, si intrecciavano e si scioglievano tra loro allo stesso modo di un terrestre che si sfrega le mani con risolutezza preparandosi a adempiere qualcosa di ingrato.
Dallo strofinio crepitavano sprazzi di corrente.
-Nulla…- era evidente che non capiva l’insistenza di Bulma a presentarsi ad una festa, e si vedeva che non si era mai fatta vedere molto nella città per pura abitudinaria asocialità.
Ma suo figlio era felice di andarci e questa era l’unica cosa che la mandava avanti nel suo proposito. Lah saltellava raggiando gioia dagli occhi grandi di blu monocromo e scuro verso tutta la casa.
Afferrò Bulma per entrambi i polsi con ansia di far tardi, tirando con imprevista forza verso l’uscita.
-Dai! Dai!- faceva estasiato –Dai! Dai!- indicava a dito i fari delle coreografie luminose che superavano i grattacieli e brillavano nel fiume.
 

 
La festa aveva esattamente l’aspetto del grande caso planetario che Bulma si era immaginata: un corteo esaltato di gente fatta, procedeva per le strade inglobando e fagocitando chi trovava di traverso alla strada.
Lo spirito che presiedeva all’euforia generale della festa si impossessava di loro per trascinarli nell’ eccitazione con cui si ballava, cantava, si correva per arrivare in testa.
Una corte di aliene vestite come damine bianche dalla faccia pitturata d’argento e polveri blu interpretavano con grazia la parte di tante piccole lune al seguito, coprendo la scia della sfilata di polvere argentea e svolazzi dei loro veli trasparenti.  
In cima al corteo i funamboli camminavano sulle mani, in mezzo alla folla qualche alieno schioccava le dita e da queste partiva un fuoco d’artificio incorporeo che travolgeva di luce purpurea e di fiammate la folla festante.
Al centro un carro con una strana forma di stereo accompagnava con musica la marcia entusiasta di milioni di gente, insieme ad aliene dalla pelle di un verdastro sgradevole a contrasto col tema argentato a cui si ispirava l’aspetto di tutti, ma con i visi delicati di  donne terrestri e voci da soprani talmente potenti ed aggraziate da commuover fino alle lacrime.
Bulma rimase, contro tutti i suoi sforzi, intrappolata e sedotta da tutta la bellezza della corte della luna, dalle voci bellissime, dall’eterogeneità di razze vestite tutte dello stesso tema, dalla maestria dei funamboli che improvvisavano con doti straordinarie, che i terrestri non potevano immaginare di imitare nemmeno nei loro sogni più vivaci, salti di metri, avvitamenti, piroette.
Lo spirito della corrente d’eccitazione padroneggiò anche la sua volontà e la buttò sempre più a fondo nella marcia allegra: si sparse la faccia di brillantina blu, saltava a ritmo di tutti, ogni tanto faceva bella mostra si sé, dell’arte di volare, la gonna le si sollevava nella corrente e lei si stagliava in volo contro la luce dei fari sul cielo di nuvole. Perdette d'occhio il rischio che si correva comunque (la luna, dietro le nuvole, continuava sempre a esistere) e perdette Maya e Lah.
Ritrovò Maya con la faccia tutta pitturata come le damine e come lei, volteggiava nel bel mezzo di un gioco pirotecnico. Tutti gli alieni, e soprattutto quelli che non erano natali del pianeta, facevano bella mostra di doti magiche, senza meno anche Lah e Maya si esibivano.
Vide Lah in testa al corteo dei funambuli che correndo urlava “Bastone allungati”.
Ficcò il bastone in una buca nell’asfalto: l’asta si piegò e come una catapulta lo proiettò verso l’alto, lui era in paradiso e si soffocava con le risate.
Eppure, di solito quando qualcosa è troppo bello per esser vero, vuol dire che non lo è: Bulma, improvvisamente ferma in strada, mentre quella corrente di gente entusiasta le scorreva attorno e le scivolava addosso, sentiva che era quello il caso.
C’era un ombra scura sulla città, e non si trattava di nuvole.
Come in risposta affermativa, due mani come badili si chiusero sui suoi fianchi stretti e tirarono verso acque più tranquille. Fece ogni resistenza: si attaccò alle braccia di sconosciuti, urlò aiuto, si aggrappò con tutte le forze ad un lampione, che come pastella prese l’impronta dell’interno del suo pugno stretto. Quando fu fuori dal cuore vivo della festa uno dei badili le tappò la bocca, troppo enorme anche per morderlo, l’altro la inchiodò a qualcosa di duro. Girò la faccia per quanto glielo permettesse la mano ruvida e si accorse di essere attaccata a Napa.
In risposta al suo sguardo terrorizzato il gigante si leccò le labbra -Ma che bella mise- il vestitino striminzito le parve più striminzito che mai e sotto la seconda pelle della brillantina sentì il sangue alla faccia un po’ per la vergogna un po’ per l’aura che saliva.
A testa in giù le svolazzò davanti prima la folta capigliatura di Radish poi la faccia del medesimo che calava per mettere il viso in linea col suo.
Fece una smorfia, raddrizzò il volo e le atterrò davanti coprendola tutta nella sua ombra.
-Ma guarda come siamo carini questa sera- proseguì Napa, che si beccò uno occhiata assassina dal compagno.
Bulma si agitò per resistere alla stretta e rispose sotto la mano, ma ne venne fuori un verso simile a –Afhiupho!-
Vegeta venne fuori dalla zona di semiombra dove era stato fino ad allora, nella solita posa statuaria, con gli occhi stretti che splendevano come diamanti appuntiti e duri.
Bulma lo vide ammantato del fascino che gliene veniva ad essere nel suo elemento ideale e per un attimo fu spaesata sul modo di reagirvi. Se dar retta all’istinto di esser docile e contrita che ispirava Vegeta o se resistere una volta di più a tutta l’arroganza con cui i Sayan speravano di fruir della sua nuova energia così disgustosamente affine alla loro.
Perché, ne era certa: se erano lì, se lei era lì con loro, era perché le strade attraverso cui può compiersi un destino sono tante, ed il destino di Bulma era davvero ingrato.

 
Mezz’ora dopo

 
-Dov’è? Bulma dov’è?-
-Mamma! Mamma!- pianse Lah –L’abbiamo persa di nuovo. L’abbiamo persa di nuovo-
-No, Lah. Non piangere. Non è persa, è da qualche parte- Si inginocchiò davanti a lui, asciugò una lacrima e gli prese il viso nelle mani.
-Vola in alto. Più in alto che puoi. Cercala da là. Non ho mai visto nessun altro con i capelli azzurri-
Lah tirò su col naso, annuì, e decollò.
Era preoccupata, Maya: il giorno di luna piena Bulma, l’ultima Sayan di cui si sappia sul pianeta, sparisce. Il cielo non dava nessun segno di schiarita, non c’era verso che Maya conoscesse in cui si potesse trasformare un Sayan senza luna piena. La corrente d’eccitazione l’aveva completamente abbandonata.
Passò mezz’ora.
L’ignoranza di tutte le maschere e di tutte le persone smascherate, degli acrobati e delle damine, ma soprattutto la musica che le suonava vibrando attorno, ed anche dentro il torace, erano tutte cose che, mentre si sforzava a pensare, contribuivano a mantenerla in uno stato di esasperazione non lontano dalla pazzia.
Si prese disperata la fronte tra le mani, mentre le antenne le si rizzarono in tutta la lunghezza
sulla testa, rendendola alta più di tre metri.
Intanto, sul tetto, una luna sorgeva pallida e languida come un fantasma.
 

-Che facciamo? La spogliamo?- si lambiccava il cervello Napa.
Radish lo fissò una volta di più con gli occhi che lo volevano uccidere.
-Che vuoi! Non vorrei che le esplodesse il vestito!-
-Efhplohdule!- si agitò Bulma sotto la mano –Uhaaaa- piagnucolò -Nun vullioh efhplohdule! Nun fhatumu efhplohdule!-
-Le tappi bene quella bocca?- Vegeta con somma sopportazione si infilò la mano nel collo della battle-suite cavandone fuori un telecomando con due pulsanti: “accendi” e “spegni” e tre occhiali dalle lenti gialle che passò ai suoi soci.
Napa liberò la bocca della ragazza solo per schiaffeggiarla facendole uscire il sangue dal labbro.
Il pianto nella voce di Bulma si attenuò di nuovo nel palmo della mano di Napa e anche le lacrime finirono tra le sue dita.
La giovane Sayan si dibatté nella rete come un pesce in fin di vita, che nonostante sia più morto che vivo ha ancora in corpo l’istinto della sopravvivenza a perseverare al posto della ragione. E così resistere per lei era l’ultima fatica prima di diventare una distruttrice della risma adatta alla sua razza: se così doveva andare, voleva ricevere il battesimo del sangue non senza non poter dire di avervi opposto ogni brandello di forza.
La gamba sinistra si allungò a dare un calcio alla tibia di Napa, non si illuse neanche per un momento di fargli male, ma si azzoppò da sola.
Siccome insisteva a provare Napa la sollevò da terra lasciandola scalciare a vuoto. Se la sistemò meglio in braccio, tappò meglio gli urli e seguì Vegeta fuori dal vicolo.
Uscirono nella luce del lampione, passando per una strada secondaria adiacente, anche lì la corte della luna aveva lasciato il segno del suo passaggio.
Due vie oltre la festa continuava ignara.
-Bulma!-
La ragazza sollevò gli occhi lucidi al cielo alla ricerca dell’ultima speranza. Lah era un puntino sulle nuvole che veniva verso di lei. Bulma si spaventò ancor di più di quello che stava per succedere: si dimenò, urlò sotto la presa di Napa, cercò di far capire a Lah di allontanarsi, poiché lei stessa non sapeva quanto poco avrebbe risposto delle sue azioni.
-Chi sono? Bulma!- urlava, e tutti ora guardavano il piccolo alieno viola in mezzo al cielo.
Vegeta brandì il telecomando ironicamente cerimonioso all’indirizzo di un palazzo dietro il quale la sfilata carnevalesca era nel pieno dei suoi festeggiamenti, che non si facevano certo scoraggiare dalla mancanza della festeggiata. Sembrava che per la luna non ci fosse un momento migliore in cui fare un ingresso trionfale nel cielo.
Indirizzò a Bulma un sorriso che diceva “Alla fine ho vinto io” ed in merito a questo schiacciò il pulsante “accendi”.
Un raggio partì dalla macchina sul tetto del grattacielo e la sua luce convergeva tutta in un disco pallido che simulava, raggiandole intorno, onde Bluz. Lah si stagliava proprio davanti alla luna, oltre i palazzi qualcuno alla festa se n’era già accorto, ma Bulma era immobile, Napa le aveva liberato la bocca. Non urlava più, ma aveva le labbra schiuse delicatamente e gli occhi spalancati quanto li aveva grandi, le pupille si dilatavano lentamente e specchiavano la luna.
Dalla gola le salì una specie di risucchio strozzato, come se stesse per morire asfissiata, la coda le si era liberata dal nodo e le si agitava sotto la gonna.
-Beh?- fece Napa che ormai l’aveva lasciata del tutto e le stava dietro fissandola da sotto gli occhiali –perché non si trasforma?-
Radish gli diede uno scapaccione sulla nuca –La prima volta ci vuole un po’ di tempo, e poi lei è una femmina!-
All’improvviso un battito di cuore violento scosse le spalle di Bulma, poi, dalla gola le salì di nuovo il rumore di soffocamento e grugnì qualcosa con dolore –Non respiro! Non respiro!-
I colpi si erano fatti più veloci e ora la squassavano tutta, e Lah aveva la curiosa impressione che i vestiti le aderissero di più.
Ad ogni pulsazione del cuore una specie di corrente elettrica la attraversava facendola vibrare di dolore, ad ogni ripresa sembrava incurvarla ed allargarle spalle e collo. Ora aveva grosse spalle forti e gobbe come quelle di una scimmia e un mostruoso collo taurino, anche le braccia sembravano più lunghe.
Bulma ruggì di dolore con la voce umana quanto l’aveva alta, e come nello sforzo di uscire dalla sua pelle prese a contorcersi in maniera sempre più rivoltante, finché non divenne il doppio dell’altezza di Napa con grossi tendini tesi come corde di chitarra.
Lah rimaneva con la mascella cadente diviso tra il sollievo di essere troppo in alto per essere nella portata di Bulma e tra il dubbio che si sarebbe ingigantita.
Bulma ora era tre metri di muscoli fuori taglia ed il vestito le si era sbrindellato addosso, ma sulla nuca il pelo azzurro le si infittiva e le spuntava incolto sulla schiena, il pelo delle sopracciglia aveva debordato su tutta la faccia ed il muso le si allungava ed imbruttiva come quello di una scimmia ad ogni pulsazione del corpo.
La coda azzurra, ora, era spessa come un palo della luce…

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