Legati da due stelle di trullitrulli (/viewuser.php?uid=46671)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un compromesso ***
Capitolo 2: *** Coda azzurra ***
Capitolo 3: *** Partenza ***
Capitolo 4: *** Il piccolo Lah ***
Capitolo 5: *** Sayan? ***
Capitolo 6: *** Ti insegnerò io a volare ***
Capitolo 7: *** Non puoi sfuggire alla luna ***
Capitolo 8: *** La notte porta incubi ***
Capitolo 9: *** Chiari presagi ***
Capitolo 10: *** Il patto del nemico ***
Capitolo 11: *** Reminescenza ***
Capitolo 12: *** Reminescenza (parte seconda) ***
Capitolo 13: *** La vigilia del plenilunio ***
Capitolo 14: *** Il corteo della luna ***
Capitolo 1 *** Un compromesso ***
Era
sdraiata sul suo letto con la faccia affondata nel libro di matematica,
stava facendo finta di studiare.
Non che equazioni algebriche di secondo grado fossero un problema per
la geniale Bulma Brief, figlia dell’illustre presidente della
capsule corporation : bella, viziata, intelligente...
In realtà aveva già finito i compiti da un pezzo,
solo che fingere di essere ancora presa dalla matematica era una buona
scusa per non essere disturbata.
La quindicenne riemerse dal libro un pochino spettinata,
sbuffò e la ciocca di capelli che ricadeva sulla faccia
venne scostata.
Si sdraiò a pancia in su ad osservare il soffitto; quando
non aveva niente da fare si ritrova stranamente a guardare verso
l’alto, studiando la parete del muro in tutti i suoi minimi
particolari, ma poi si sentiva inevitabilmente annoiata e la sua
attenzione veniva spostata dall’intonaco bianco al cielo
azzurro che richiamava il colore dei suoi occhi.
Si stiracchiò e decise che era arrivato il momento di
alzarsi per uscire fuori dal balconcino della sua stanza ed osservare
il sole tramontare e il cielo passare da un colore blu intenso alle
sfumature arancione delle otto in una giornata calda di settembre.
-Caro…- esordì la signora Brief sfornando dei
muffins dal forno tentando di distoglierlo dalla lettura di un
"interessantissimo" giornale di scienze e attualità.
-Si cara?-
-La nostra piccola Bulma sta ancora studiando?- la chiamava ancora
piccola Bulma non riuscendo a far fissare nella sua testa coperta da
riccioli biondi che la loro “bambina” era ormai
quindicenne, e non più una ragazzina come ancora tendeva a
definirla lei
-Si credo- fece il prof Brief poco interessato –
starà ancora studiando matematica-
-Oh è così intelligente la nostra piccola Bulma-
la lodò la madre, era sempre incline a sperticarsi lodi
esagerate che avevano come soggetto la figlia.
Il prof Brief sospirò e riprese la lettura del suo giornale.
Un leggero bussare alla porta avvisò Bulma che non ostante
lei stesse studiando, per così dire, qualcuno la stava
disturbando.
La porta si aprì senza che la persona che aveva bussato
ricevesse il permesso di aprirla e ne sbucò
l’allegra faccia della signora Brief.
-Oh ciao mamma- fece Bulma girandosi e rivolgendole uno sguardo
scocciato.
La madre la raggiunse fuori dal balcone.
-Ciao piccola-
-Mamma non sono piccola, ho quindici anni-
- Ok, va bene, Bulma, credi che scenderai di sotto per cena?-
La ragazza tornò a rivolgere le sue attenzioni al cielo.
-No mamma, non ho fame-
La madre le accarezzo i capelli.
-Comunque se te ne viene la cena è nel microonde- disse e si
avviò verso l’uscita richiudendo la porta alle sue
spalle.
Lontano…
Vegeta
se ne stava appoggiato al muro nella sua tipica posa, con le braccia
incrociate al petto e l’aria di superiorità.
Gli occhi socchiusi davano l’idea che si fosse
momentaneamente appisolato, ma non era così, era rimasto
sveglio e vigile.
Appoggiato alla navicella stava ascoltando i discorsi dei suoi compagni.
-Incredibile che dopo tutto quello che abbiamo fatto per lui Freezer
non abbia voluto pagarci- si lamentò Nappa che stava seduto
su una pietra a guardare il cielo rossastro e poi Radish.
-Cosa puoi aspettarti da un verme come lui?-
Vegeta, che fino ad allora non aveva mostrato il minimo interesse per
la conversazione dei due, sorrise sarcasticamente.
-Si è un verme, ma ha conquistato il potere-
I due si rivolsero a Vegeta guardandolo con aria smarrita, un
po’ confusi .
Vegeta si staccò dalla navicella e si mise tra i due sempre
con gli occhi socchiusi puntati verso il basso.
-Voi perché credete che siamo ancora qui a farci trattare
così da quel miserabile?-
I due si guardarono; non ostante la giovane età Vegeta
sembrava, anzi era, molto più sveglio di loro.
-Beh, ve lo dico io perché - disse vedendo che i compagni
non ci arrivavano.
-Ad ogni combattimento i Sayan diventano più forti e guarda
caso Freezer ha bisogno di guerrieri superiori che combattano per lui,
per conquistare- fece una pausa guardando anch’egli il cielo.
-Una volta che saremo diventati abbastanza forti da poter combattere
con lui io mi impossesserò del suo potere e allora non
dovremo più sottometterci a nessuno, perché un
uomo che ha in mano il potere controlla il suo destino-
Fece una pausa per guardarli assicurandosi che avessero capito e
sembrava che i due avessero messo in azione le loro cellule celebrali,
finalmente.
-E i Sayan torneranno la gloriosa razza che erano un tempo, non dei
semplici soldati al servizio di un arrogante come Freezer-
-Giusto ben detto-
Vegeta si sedette su una pietra li vicino.
-Dobbiamo solo avere un po’ di pazienza e vedrete che
batterò quel Freezer, so che ora non avrei nessunissima
speranza- ammettere la sua inferiorità gli costò
un duro colpo nell’orgoglio
–ma vedrete che un giorno io lo batterò, vedrete-
ridacchiò tra se e se, compiaciuto dei suoi grandi
obbiettivi.
“si, un giorno il tuo regno, l’universo,
sarà mio”
Bulma
stava ancora fissando il cielo con le iridi azzurre perdute nel
nero
della
notte, erano le nove, era li da ben un ora.
“Sarebbe ora di rientrare Bulma, non vorrai che le occhiaie
sfigurino la tua faccia domani?”
Bulma rientrò, effettivamente aveva un certo freddo, si
cambiò in fretta mettendosi la sua camicia da notte rosa,
lunga e informe, si legò i capelli in una coda e si
sdraiò nel letto provando a prendere sonno.
Inutile, niente da fare, era da un po’ che non riusciva a
dormire c’era sempre un pensiero che si faceva strada nella
sua mente mettendo in secondo piano tutti gli altri.
Da quando sua madre le aveva raccontato di come lei e suo padre si
erano conosciuti, ovvero circa cinque anni fa, aveva sempre un
desiderio fisso che le continuava a martellare in testa tutti i giorni.
“Già...trovare il ragazzo perfetto per
me” pensò lei tornando a rivolgere le sue
attenzioni al soffitto.
Non che a scuola non fosse corteggiata, anzi, ma ogni ragazzo che le
rivolgeva la parola aveva un difetto per lei, dopo di che lo schedava
nella sua formidabile memoria come non adatto al ruolo.
Sbuffò seccata da ogni misero fallimento.
Fino a che non avesse compiuto l’impresa non avrebbe potuto
dire di essere veramente felice, eppure non le mancava niente: era
ricca, era bella, era intelligente, ma sembrava non bastare.
-Uffa, cos’ho che non va?- si lamentò lei ad alta
voce verso il cielo, come aspettandosi che qualche voce provvidenziale
le rispondesse.
-Tesoro hai detto qualcosa?- chiese la madre da dietro la porta.
-No, niente mamma- si affrettò a rispondere in extremis per
salvare la sua privacy in futuro.
Bulma sbuffò ancora ed ancora, infine affondò la
faccia nel cuscino per soffocare un gridolino disperato.
La sua era una vera e propria ossessione psicotica, perfino le poche
amiche che aveva si rifiutavano di ascoltarla quando ne parlava.
“Almeno sapere se esiste” pensò lei
“solo sapere se da qualche parte
c’è”
Conoscere cosa ci riserva il futuro: una delle ansie di quando si
è a metà strada dal diventare adulti.
Si rivolse di nuovo al cielo come per avere un segno, qualcosa,
qualunque cosa che potesse fare chiarezza.
Sembrò che le preghiere della ragazza fossero state esaudite.
Due fasci di luce bianca attraversarono il cielo, gli occhi della
ragazza si illuminarono d’improvviso.
“Siiii! Allora c’è qualcuno che mi vuole
bene lassù” esultò lei saltando
giù dal letto e correndo fuori dal balcone.
“Io desidero…sapere se…”
Era
orami notte anche su quel pianeta e i Sayan erano ancora li, si erano
procurati del cibo, avevano mangiato e ora volevano solo dormire.
-Però devo dire che su questo pianeta erano un branco di
incapaci, non abbiamo neppure dovuto trasformarci- disse Radish mentre
mandava giù la carne di qualcosa.
-Già, non mi sono divertito gran che- proseguì
Nappa mangiando anche lui qualcosa che però sparì
subito, tutti conoscno la voracità dei Sayan.
Vegeta non partecipava alla conversazione; non era tagliato per queste
cose, per lo più non era un tipo loquace, e non si poteva
nemmeno capire ciò che pensasse; il suo sguardo perennemente
truce non lasciava intuire niente di ciò che avrebbe voluto
dire.
Osservava il cielo che da rossastro si era fatto nero, gli piaceva
l’oscurità, in questa aveva la certezza che
nessuno sarebbe venuto a disturbarlo mentre pensava, già
pensava molto, molto più di quanto dicesse.
“se solo potessi sapere se mai Freezer
verrà annientato, se mai mi trasformerò nel
leggendario super Sayan”
Socchiuse nuovamente gli occhi.
“ma certo che lo diventerò, io sono il principe
dei Sayan, il migliore”
Un bagliore attirò la sua attenzione.
Vide con la coda dell’occhio due stelle cadenti che
percorrevano il cielo.
-Ehi Radish, guarda la hai mai visto due stelle cadenti nello stesso
istante?-
-No, e non me ne importa una...-
-Beh non so te ma io esprimerei un…-
-Tnsk-
La voce di Vegeta attirò la loro attenzione, di nuovo.
-Che stupidi che siete, vi lasciate impressionare da due puntini
bianchi, vi facevo più svegli-
Nappa e Radish si ammutolirono e rimasero in silenzio per alcuni
secondi.
-Sarebbe ora di andarcene da questo mucchio di sassi- rispose Vegeta al
loro silenzio, alludendo al fatto che dovevano tornare alla base.
-Freezer ci aspetta su un pianeta poco distante: ha installato li la
sua nuova postazione.- proseguì lui afferrando il
telecomando della sua navicella e premendo un pulsante.
Lentamente la porta della navicella si aprì e lui ci si
adagiò dentro socchiudendo gli occhi.
Era implicito che Nappa e Radish erano “cortesemente
invitati” a fare lo stesso e così anche loro si
infilarono nelle loro navicelle pronti a partire per lo spazio.
Vegeta gettò ancora uno sguardo al cielo guardando una
stella che in realtà era il pianeta che dovevano
raggiungere, senza sapere che, inconsciamente, aveva espresso un
desiderio.
“Io desidero… sapere se...”
Nel
palazzo di re Yhamer, intanto, la vecchia indovina Baba stava accanto
alla scrivania del capo a osservarlo annoiata timbrare documenti con la
meccanicità di chi ripete molte volte lo stesso gesto
quando…
-Ohoh altri due desideri in arrivo!- disse una vocina roca appartenente
ad un vecchio che se ne stava seduto sul tetto tutto il tempo a
osservare il cielo.
Baba sospirò.
-Scusa ti dispiacerebbe andare a dire al maestro Soso di smettere di
strillare ogni volta che passa una stella?- fece re Yhamer mentre
timbrava l’ennesimo documento con più forza del
solito.
-Va bene –fece Baba decisamente scocciata
dall’ingrato compito.
La vocetta stridula del vecchio faceva eco per tutto
l’aldilà e a Baba il vecchio mago non andava
particolarmente a genio.
-Uno che si mette ad esaudire i desideri della gente a destra e a manca
per l’universo senza sapere chi li esprime, diamine! Un
po’ di giudizio dovrebbe avere quell’uomo- diceva
sempre lei.
Arrivò sul tetto dove un vecchio dai lunghi baffi bianchi
lunghi quanto la sua altezza stava esibendo le sue capacità
di ballerino per la gioia.
-Maestro Soso- lo richiamò lei -le dispiace smettere di
agitarsi in quel modo? Re Yhamer è molto occupato- disse lei
senza fare alcuno sforzo per nascondere la sua antipatia.
-Oh, Baba. Che piacere vederla- fece lui che al contrario nascose alla
perfezione i suoi pensieri dietro un largo sorriso da orecchia ad
orecchia.
-Che motivo avrete mai di urlare così ai quattro venti?
Ormai tutto il palazzo vi ha sentito. Per piacere contenetevi-
continuò lei sempre più seccata dal finto garbo
che il vecchio le rivolgeva.
-Mi scusi, ma ho appena ricevuto due desideri davvero interessanti,
espressi contemporaneamente e a due stelle in tutti e due i casi per
giunta e ho tutta l’intenzione di esaudirli-
Baba inarcò il sopraciglio: la stava incuriosendo, anche
perché di solito quel uomo, con i desideri, combinava un
sacco di guai esaudendo quelli che avrebbe dovuto lasciar perdere e
scartando le richieste più ragionevoli.
-E chi li ha espressi, si può sapere?-
-Oh due persone dalla parte opposta della galassia Bulma Brief e Vegeta
il principe dei Sayan- disse sfogliando un registro che teneva sempre
apportata di mano.
Baba sempre più confusa scese dalla sua sfera volante e
guardò al suo interno con molta attenzione mentre sulla sua
superficie si delineavano di due giovani: il primo seduto nella
navicella monoposto e la seconda fuori dal balcone di casa propria a
guardare il cielo con le dita intrecciate in una preghiera infantile.
-E che cosa avrebbero chiesto?-
Il maestro Soso sorrise –Previsioni del futuro. Una richiesta
interessante non trova?-
Baba sgranò gli occhi.
-Che cosa! E lei è così sciocco da volerli
esaudire?-
Il vecchietto stava cominciando a dare segni di cedimento, non riusciva
più a nascondesi dietro il credibile sorriso gentile.
-Certo che si! In quanto sono stati espressi mentre passavano ben due
stelle cadenti e io ho intenzione di raccogliere la loro richiesta.
Mi lasci fare il mio lavoro e io non le dirò come
consigliare re Yhamer- disse con saccenza.
Baba si portò le mani ai fianchi.
-Lo so benissimo che le stelle cadenti e i desideri sono di sua
competenza, ma la rivelazione del futuro è compito mio e io
le dico che se ora lei rivela gli eventi futuri a quei ragazzi
scatenerà delle conseguenze disastrose-
Il vecchio scosse il capo -Cosa mai potrà succedere? Sono
solo dei ragazzi, il loro destino non potrà essere di
così fondamentale importanz…Ahia!-
Baba gli aveva già tirato la sfera sulla faccia rischiando
così di spaccarli i grossi occhiali dalla montatura
circolare che teneva sul naso.
-Guardi bene che cosa succederà a loro nel futuro- gli
puntò addosso l'indice -e rifletta bene prima di
rivelarglielo- urlò Baba.
Il vecchio si grattò la pelata luccicante guardando nella
sfera di cristallo il corso degli eventi.
-Beh... effettivamente, il loro destino è davvero molto
importante per l’intero universo, ma io seguendo il codice
stellare devo comunque esaudire il desiderio, gliel’ho
già spiegato. Due stelle rendono assolutamente certo
l’avverarsi della richiesta-
Baba lo guardò indignata –se lei vuole sconvolgere
il corso degli eventi si accomodi, ma io non me ne prenderò
al responsabilità- e detto questo fece per allontanarsi.
-Ehi no, aspetti Baba ho avuto un idea...-
La vecchia si voltò a fissare l’ometto che le
stava sorridendo compiaciuto di se stesso.
-...e se trovassimo un compromesso?- Baba si avvicinò a lui,
aveva definitivamente catturato la sua attenzione.
-La ascolto-
Bulma
stava ancora in attesa sul balcone, forse sperava di ricevere una
visione con il volto del suo futuro marito, ma ciò con
accadde e lei si riavviò più sconsolata che mai
al suo letto coprendosi la testa con le coperte.
-Uffa non lo troverò mai- si lamentò sussurrando
per non svegliare i suoi genitori.
Chiuse gli occhi tentando di non pensare a niente e di rilassarsi
cadendo in un torpore che poi divenne un sonno pesante.
Vegeta
osservava il cielo con gli occhi socchiusi, le braccia incrociate, lo
sguardo indefinibile e un sorrisetto stampato in faccia.
“Un giorno tutte le stelle mi apparterranno”
“solo questione di tempo”
E si appisolò scivolando lentamente in un sonno profondo.
***
Vegeta
si svegliò di soprassalto aveva la fronte imperlata di
sudore e il cuore gli batteva forte.
Forse aveva fatto un brutto sogno, ma per quanto si sforzasse non
riuscì e ricordarsi cosa avesse sognato, eppure gli sembrava
di essersi addormentato solo pochi minuti prima.
Si mise la testa tra le mani per scacciare quel dolore che gliela stava
trapanando quando, si accorse che il pianeta verde su cui Freezer gli
aspettava non era più solo una stella, ma era davanti a loro.
Si preparò a inviare i dati della loro missione dal computer
di bordo a quello della base e una volta fatto si preparò
all’atterraggio.
-Signore, le navicelle dei Sayan stanno per atterrare nel porto
aerospaziale- fece un alieno con due occhi decisamente sproporzionati
al resto del corpo a un altro dalla corporatura simile a quella
terrestre con la pelle verde e gli occhi viola.
-Benissimo, hanno fatto in fretta, Freezer sarà contento,
prepara la pista per l’atterraggio-
-Si signore- fece l’alieno facendo il segno con la mano che
convenzionalmente si faceva ai superiori.
Vennero predisposti i cuscini appositi per frenare
l’atterraggio delle navicelle e una volta atterrate da queste
uscirono i Sayan.
Tutti i soldati che erano venuti ad accoglierli fecero il segno
militare e gli arrivati risposero con lo stesso cenno, tutti tranne
Vegeta.
Attraversarono i corridoi diretti nelle sale dove Freezer riceveva gli
ospiti per fare rapporto e ricevere la loro ricompensa.
Mentre percorrevano le stanze che gli avrebbe portati dal loro
“capo” la loro strada venne intralciata da una
figura femminile distesa per terra.
Pareva stesse dormendo, forse era un schiava stremata dalle fatiche
delle sue mansioni o che un guerriero aveva appena abbandonato al suo
destino dopo averla usata e poi picchiata, eppure il suo volto non era
segnato dalle fatiche dei lavori.
Era giovane, avrà avuto ad occhio e croce quindici anni.
I capelli turchini le incorniciavano il viso angelico dormiente ed
indossava una camicia da notte rosa informe.
I tre guerrieri si fermarono per un secondo ponendosi tutti la stessa
medesima domanda.
Poi però decisero di aggirarla e di lasciarla li fino a che
non si fosse svegliata; se era una serva ci avrebbero pensato gli altri
soldati di classe inferiore a lei.
Ma l’attenzione di tutti e tre venne attirata da qualcosa che
si muoveva sotto la sua veste che pochi secondi dopo si
rivelò essere una striscia di pelo azzurro o più
comunemente definita come coda.
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Capitolo 2 *** Coda azzurra ***
Vegeta
osservò quella insolita coda azzurra che si muoveva di
qua e di la lentamente metre la ragazza continuava a dormire
ingnara e pacificata.
Si rigirò un pochino per cercare comodità nel
freddo pavimento di metallo della base e gemette.
-Che cosa significa?- chiese Radish per rompere il silenzio che si era
creato.
Nappa si avvicinò lentamente quasi la ragazza dovesse
esplodere da un momento all’altro.
Si inginocchiò per osservarla meglio.
Viso angelico, capelli azzurri, corporatura poco robusta, fragile e
dalle forme gentili, molto giovane circa sui , sedici anni.
La sua caratteristica più curiosa era la coda; il motivo per
cui l’avevano degnata di fermasi e chiedersi che cosa ci
facesse addormentata nel corridoio.
Goffamente tentò di afferrarla, cosa non facile visto che
continuava a muoversi di qua e di là solleticandogli il naso.
-Etciù-
-Che diamine stai facendo?- fece Radish imbarazzandosi per il compagno.
-Cerco di capire se è vera o se ci stanno prendendo in giro-
rispose indignato lui che nel frattempo era riuscito ad afferrare la
coda.
Se la sventolò davanti agli occhi per studiarne
l’insolito colore blu, la tiro un po’ per vedere se
fosse finta, ma questa non si staccava.
-Sembra vera- affermò dandosi aria esperta.
Radish si coprì la faccia con la mano e
grugnì rumorosamente.
Bulma aprì i suoi occhi azzurri, infastidita dalla luce che
sembrava non appartenere a quella fievole del mattino terrestre.
Aveva un gran mal di testa, aveva sognato, ma a ricordare cosa... non
riusciva proprio a venirne a capo.
Sbatté un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco il
soffitto della base, si guardò intorno e vide distintamente
due e poi tre figure.
La vista era ancora appannata e nello stato a metà tra il
cosciente e l’assonnato si stiracchiò non
rendendosi
conto di trovarsi in un luogo completamente diverso.
Appena prese coscienza della situazione ed aver avviato bene ogni
funzione realizzò che quella non era la sua stanza e che una
delle figure le stava inginocchiata accanto e la osservava scioccato,
reggendo in mano qualcosa di azzurro.
Si alzò di scatto forse un po’ troppo velocemente
perché barcollò e si vide costretta ad
appoggiarsi alla parete.
-Si è svegliata- disse Nappa alzandosi e riavvicinandosi
alla ragazza guardandola da diverse angolazioni mentre Bulma tentava di
fare mente locale e sforzarsi di ricordare cosa fosse successo la notte
prima.
-Chi siete voi?- fece lei scandalizzata ed l’indignata
– E che cosa ci faccio io qui? Dov’è la
mia stanza? Dove sono i miei genitori? E… e..
perché siete vestiti in quel modo? Carnevale è
passato da un pezzo- continuò lei assumendo ora un tono
derisorio nei confronti di quelli che considerava rapitori di ricche e
innocenti ragazzine.
-Non ti permettere marmocchia- fece Radish finendo di guardare altrove
e puntandole gli occhi selvaggi addosso.
-Io non sono una marmocchia, ho quindici anni- disse lei come se fosse
un età veneranda.
Vegeta stava continuando a guardarla quasi inorridito di avere come
suddite una ragazzina in quelle condizioni, con quel ridicolo colore di
capelli ed i modi insulsi di qualcuno che è stata viziata,
addirittura adorata nel caso specifico.
-Ehi Vegeta, che dici, secondo te è Sayan?- fece Nappa che
si era allontanato un pochino, ma non abbastanza.
Vegeta grugnì senza mutare ne la sua espressione ne la sua
posizione.
-Che cosa? Che cosa sarebbe un Sa… Say… insomma,
quello che hai detto tu-
Vegeta si accigliò leggermente, che vergogna avere al
cospetto un suo simile e sapere che non sa neanche pronunciare il nome
della propria razza.
Le puntò un dito contro, e fece scaturire una piccolissima
sfera di energia che scagliò contro la mocchiosa.
Dopo subito il contraccolpo contro il muro, Bulma, la schiena
reclina verso il muro, si sollevò lievemente e
si rialzò dolorante per l’impatto sia con
la parete, si ricompose spolverandosi indolenzita la camicia da notte.
-Ma dico! Sei impazzito?- disse lei contorcendosi per il dolore allo
stomaco dove la sfera era andata a colpirla.
-Le ragazze non si picchiano neanche con un fiore!- e tentò
di risistemarsi i capelli.
“Che diamine sta facendo? Non ha poteri, ne
l’indole, l’unica cosa di Sayan che ha è
il caratterino e la ridicola coda azzurra” pensò
Vegeta.
Solo allora Bulma sembrò accorgersi della cintura pelosa che
avevano in vita.
-Di un po’- disse rivolta a Vegeta che inarcò un
sopracciglio, stupito che osasse rivolgere la parola a lui in modo
così diretto – Che cosa sarebbe quella ridicola
cintura che portate? Non sarà pelo sintetico? E poi chi mai
penserebbe di potare una cintura di pelo, siete proprio ridicoli,
potevo essere rapita da tipi più idioti?-
Vegeta ringhio sommessamente, innervosito dall’impertinenza
di quella ragazzina.
-Come osi!!!- Fece Nappa sentendosi ferito nell'orgoglio della sua
specie.
-Questa è una coda- disse srotolandosela dalla vita e
agitandola per dimostrarle quanto fosse vera, Radish fece lo stesso.
Bulma si portò le mani ai fianchi.
-State scherzando vero?Non ci credo che avete la coda mi state
prendendo in giro, su toglietevi quel orrore tanto non sono stupida-
disse mantenendo il suo tono derisorio.
I tre al limite della sopportazione stavano per seguire i loro
animaleschi istinti assassini e farla finita con quella mocciosa
impertinente, ma Vegeta, molto più sveglio degli altri due,
decise di optare per una diversa forma di sofferenza, rivelandole la
sgradevole notizia che anche lei era dotata di “quel
orrore” come lo aveva definito.
-Tnsk guarda un po’ dietro di te- fece lui
indicandole le gambe e quel che sbucava dalla sua veste.
Bulma si voltò seguendo la direzione che indicava il ragazzo
e notò l’azzurro pelo che le spuntava dalla
camicia da notte.
Fece un balzo verso i Sayan andando a sbattere contro Nappa,
avvinghiandosi al suo collo, tentando, inutilmente, di allontanarsi
dalla nuova parte del suo corpo.
-Che orrore! E voi toglietemi questo affare, toglietemelo!!! Sembra
vero!!! Toglietemi questo avanzo di costume da scimmia!!! Fate
qualcosa!-
Vegeta sinceramente divertito sogghignò.
Nappa non fece niente per staccarsi Bulma di dosso visto che si era,
senza rendersene conto, praticamente aggrappata a lui; la cosa
più vicina che avesse trovato, per sfuggire alla sua coda.
-Ehi, carina, guarda che è vera- disse lui.
Disgustata Bulma verificò la verità delle sue
parole muovendola un paio di volte, le obbediva come un qualunque
muscolo del corpo.
-Ma…ma come è successo?- fece continuando a
testare l’autenticità della coda dimenandola di
qua e di la.
Poi si rese conto di essersi avvinghiata al più alto e
massiccio dei tre dottati-di-coda, e si staccò doppiamente
disgustata.
-Ditemi dove ci troviamo- disse Bulma autoritaria.
-Come? Non lo sai? Sei nella nuova base di Freezer- Nappa
allargò le braccia in modo sarcastico e cerimonioso.
Bulma si voltò verso Radish –E chi sarebbe questo
Freezer?-
Nappa sussurrò a Vegeta –Ma non sa proprio niente,
deve aver battuto forte la testa da qualche parte-
-Già, ma in fondo...- fece lui facendo una pausa per
trattenersi dal darle un pugno poichè si stava ancora
sistemando i capelli azzurri –...è pur sempre una
Sayan, anche e se preferirei eliminarla e non dover più
ascoltare la sua voce dobbiamo portarla da Freezer-
Bulma accortasi che stavano parlando di lei si girò verso di
loro –Insomma chi è questo Freezer? E quando posso
tornare a casa mia?Avrei degli impegni!-
-Sono stati cancellati- fece Vegeta sarcastico.
-Prendetela-
Nappa le afferrò i polsi e cominciò a suon di
spintoni e ginocchiate a condurla verso le stanze principali, dove si
trovava la sala di Freezer.
La grande porta blindata conduceva in un luogo decisamente "ameno",
buio, avente come unica finestra un enorme vetrata che dava sullo
spazio aperto.
Il palazzo era stato costruito in modo che la sala dove Freezer
riceveva i suoi ospiti si trovasse quasi fuori
dall’atmosfera, dando l’impressione di essere nello
spazio aperto, al disopra si tutto il pianeta.
La porta si aprì, Zarbon annunciava l’arrivo dei
Sayan.
Con riluttanza Freezer disse –Bene, falli entrare-
-Signore, hanno portato anche qualcun altro.-
Freezer si girò verso Zarbon.
-Falli entrare lo stesso-
Pochi secondi dopo un’altra porta laterale si aprì
lasciando entrare tre Sayan per nulla affaticati dalla missione e dal
lungo viaggio verso il pianeta trascinando una giovane che si opponeva
verso un altra direzione.
-Chi è la ragazza?- disse soffermandosi sulla coda blu
“Un altro Sayan?!”
-L’abbiamo trovata nei corridoi- disse Vegeta inchinandosi,
la sola idea gli dava i brividi stomachevoli, ma li ingoiò e
procedette senza abbassare gli occhi.
Bulma notando che tutti, compreso quello che sembrava essere il capo,
si erano inginocchiati davanti a quello che parevava un lucertolone
dalla faccia contorta, bianca, munito di una grossa coda che sporgeva
dal suo trono levitante, capì di essere di fronte ad un
autorità superiore, ma figurarsi se si comportò
come se fosse anche lei sottoposta ai suoi comandi esordendo
brillantemente con la frase -E lei chi sarebbe?E
si può sapere che razza di faccia si ritrova?-
Freezer storse il naso, eccolo li il caratterino Sayan caratteristico
anche di Bulma Brief.
-Che razza di Sayan mi avete portato?-
-Ha la coda non vede?- disse Vegeta sempre con lo sguardo alto, si
vedeva benissimo che pur di non essere in quella posizione avrebbe
ucciso quello sgorbio, nome che, si stava delineando nella mente di
Bulma come descrizione di quel… quel coso.
-Lo vedo benissimo Vegeta, ma tu non vedi che non ha i capelli neri e
neanche mi sembra dotata di una forza straordinaria, sembra solo una
marmocchia.
-Io non sono una marmocchia. Ho quindici anni- ribadì.
La seconda sfera di energia della giornata la colpì di nuovo
allo stomaco scaraventandola nuovamente contro l’ancor
più dura porta blindata.
-Ahia…- gemette lei.
-E questa a voi vi sembra un Sayan?-
Vegeta inghiottì di nuovo a vuoto e stette in silenzio.
-Portatela in laboratorio e verificatelo, é tutto-
Niente ricompensa, era perfettamente inutile ricordarlo a Freezer.
Vegeta si alzò, e così fecero anche gli altri due.
Radish recuperò Bulma e se la caricò in spalla
per poi seguire i compagni verso l’uscita.
Bulma
era nella vasca di rianimazione.
Non che ne avesse bisogno, la sfera di energia di Freezer non era poi
così potente, così come quella da Vegeta; le
avevano provocato solo un brutto mal di pancia che però, si
era alleviato quasi subito grazie al liquido azzurro-verdognolo.
-Allora?- fece Vegeta con l’aria di uno che vuole essere da
tutt’altra parte.
-Si- fece il medico grattandosi il mento –è un
Sayan, ma non sembra dimostrare altri poteri, avrei detto che fosse una
mezzo sangue, ma la macchina non riesce a rilevare altro, se non che
del Sayan qualcosa ha.-
Vegeta guardò Bulma che si stava agitando picchiando con i
pugni sul vetro imprecando contro di lui e guardandolo in modo
così diretto e spavaldo.
I rumori le arrivavano alle orecchie in modo ovattato a causa
dell’acqua e del vetro così come le immagini, ma
continuava a dare calci e pugni alla vasca senza però
ottenere risultati.
Un Sayan avrebbe potuto romperlo senza problemi, ma a quanto pareva lei
non ne era in grado e lo pensavano tutti i presenti guardandola, un
po’ confusi, dimenarsi nell’acqua.
-Signore, non vorrei mettere in discussione una sua decisione, ma
perché non ha eliminato quella ragazzina?-
Freezer che stava degustando del vino guardò Zarbon e
Dodoria con la coda dell’occhio.
-Per lo stesso motivo per cui non ho eliminato gli altri Sayan-
-Ma... lei è debole- protestò Dodoria.
-Un Sayan non deve essere forte, è sufficiente che abbia la
coda e allora può sempre e comunque essere utile- sorrise
malignamente volgendo lo sguardo a qualche pianeta che da li sembrava
una stella parendo indeciso su quale per primo inviare la ragazza.
A Umpa_Lunpa: sono felice di aver catturato la
tua attenzione spero che questo capitolo ti piaccia.
A Angelo Azzurro: speriamo che questo capitolo sia interessante come il
primo!
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Capitolo 3 *** Partenza ***
Bulma si
scrutava perplessa, ammirando l’esile figura riflessa sulla
superficie dello specchio.
Lei era in piedi davanti all’oggetto a esaminare lo strano
abbigliamento che portava: un armatura sopra a un body rosa con delle
spalline e delle strane protezioni che dalla vita le scendevano fino a
metà gambe, scoperte.
Si girò, posò, e continuò ad ammirarsi
compiaciuta, tentando di capire come accidenti aveva fatto a svegliarsi
vestita così.
Si era svegliata da poco, dovevano averla addormentata, ignorava in che
modo.
I Sayan l’avevano affidata a dei servi che le avevano
procurato dei vestiti “adatti” e la sua camicia da
notte rosa probabilmente aveva fatto una brutta fine.
Diede un paio di colpetti all’armatura constatando che era
dura, ma per niente scomoda.
Il completo da combattimento era munito anche di un foro per la sua
coda dal colore insolito.
Quella coda... come diamine le era spuntata?
Non lo sapeva, ma al momento era il minore dei mali.
Se la legò attorno alla vita come avevano fatto gli altri
che la possedevano e si lasciò cadere su una branda li
vicino.
Aveva fame, e sete.
Si guardò attorno e vide la porta, aveva troppa fame; era
dal pranzo del giorno prima che non mangiava, ma perché non
aveva cenato?
Si alzò e notò che questa non aveva una maniglia.
“Deve essere ad apertura automatica” purtroppo
nessun pannello era presente vicino ad essa e allora la sua attenzione
fu attirata dalla finestrella li vicino.
Guardò fuori, e tutto ciò che potè
vedere era una sfilza di palazzi altissimi che sfioravano il limite
dell’atmosfera.
-Non uscirò mai da qui-
Si accasciò di nuovo sulla branda fissando quel soffitto.
Si voltò e notò che per sua fortuna
c’era della frutta su un comodino li vicino.
“Allora si sono ricordati che gli esseri viventi hanno
bisogno di mangiare” disse scherzando tra se e se afferrando
un frutto dalla forma e dal colore insolito senza badare a che cosa
fosse, non le importava, aveva troppa fame.
Tutto ciò che sembrava commestibile e alla sua portata
avrebbe potuto andare come nutrimento.
Lo addentò e ne uscì un succo violaceo saporito.
Se lo gustò fino a che la vista non le cominciò
ad appannarsi.
“Sarà simile alle cipolle”
pensò lei strofinandosi gli occhi e alzandosi, ma si accorse
che le gambe non la reggevano.
Si risedette cercando di mantenere la calma.
“No Bulma, non ti agitare, cerca di mantenere la calma, sei
solo un po’ stanca, dunque…”
pensò mettendosi la testa tra le mani e guardandosi attorno.
“Sei in una stanza…” continuò
a pensare quasi per tenere la sua mente in esercizio e assicurarsi di
mantenere la lucidità “su un pianeta che non
sembra essere la…”
Dun’tratto non si ricordava più il nome del suo
pianeta.
“…la…” si diede un colpo in
testa per smuovere i neuroni che cominciavano ad assopirsi.
“Calma Bulma, sei solo stanca, non ti agitare dunque ti
chiami Bulma Brief, hai quindici anni e abiti nella
città… nella
città…” neanche il nome della sua
città si ricordava.
“Calmati ti ripeto che sei solo stanca
Bu…” no, era davvero troppo non si ricordava
neanche più il suo nome segno che qualcosa non andava.
Si mise le mani tra i capelli per la disperazione quando ad un
tratto… qualcosa sembrò spezzarsi dentro di lei,
le sue pupille divennero più piccole, il cervello le si
azzerò completamente e ricadette all’indietro
sulla branda.
La
porta automatica si aprì mostrando tre figure robuste e
forti.
Vegeta si avvicinò al corpo “disattivo”
della ragazza.
-Ha funzionato?- chiese Nappa facendosi avanti.
Fu Radish a parlare -Certo che ha funzionato. Non vedi?-.
Vegeta ridacchiò soddisfatto.
-Dunque è giunto il momento della sua
“iniziazione”-
Nappa
si avvicinò e se la caricò di nuovo in spalla.
-Per quanto ancora rimarrà in questo stato?-
-Non molto- Vegeta si allontanò verso l’uscita.
-Non ne ha mangiato tanto, il suo cervello rimarrà
scollegato per qualche giorno-
Percorsero i corridoi con il corpo momentaneamente inattivo di Bulma
fino ad arrivare ai porti aerospaziali della nuova base di Freezer.
-Ehi tu!- fece Nappa rivolgendosi ad un meccanico.
-Ci servono quattro navicelle pronte entro subito-
Il meccanico annuì, ma non potè fare a meno di
nascondere la sua curiosità per quel che Nappa aveva in
spalla e si sporse per guardarla meglio.
-Che hai da guardare?- fece il principe trafiggendolo con lo sguardo.
-Nulla Vegeta- balbettò lui avviandosi verso la sala comandi.
Dopo poco alcuni portelloni nel pavimento si aprirono e delle
piattaforme portarono in superficie quattro navicelle monoposto Sayan.
-Potete partire anche subito, le coordinate del pianeta scelto da
Freezer sono già inserite nei computer- disse una voce
all’altoparlante.
La prima si aprì e come in una reazione a catena si aprirono
anche la seconda, la terza e la quarta.
Nappa si avvicinò alla prima e ci mise dentro Bulma che
aveva gli occhi azzurri sbarrati nel vuoto e privi di qualunque
emozione.
-Buon viaggio - sogghignò il Sayan richiudendo la navicella.
La navetta cominciò a librarsi in volo, prima di pochi
centimetri e poi di qualche metro, improvvisamente poi, con una
velocità impressionante, sfrecciò nel cielo di
uno strano colore verdognolo.
-Andiamo, non vorremo fare tardi per vedere la fine di un
pianeta-
Nappa si voltò sorridendo divertito pregustando la scena.
-Hai ragione Vegeta muoviamoci-
Vorrei
specificare che questa storia del cervello disattivo non è
tutta farina del mio sacco, mi sono ispirata a una storia presente sul
sito www.vegeta.it
che ora non esiste più perché l’hanno
cancellato.
A Angelo
Azzurro: concordo, ha fatto davvero un acquisto interessante e
comunque, si, vuole mandarla a conquistare un pianeta, ma le cose non
andranno esattamente come Freezer doveva aver previsto, grazie per aver
continuato a seguire.
A Umpa_lumpa: Grazie mille, spero che sia avvincente anche questo
capitolo.
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Capitolo 4 *** Il piccolo Lah ***
Vegeta,
Nappa e Radish camminavano con non curanza tra le strade
del pianeta mercantile dove erano atterrati.
Nessuno faceva caso a loro con tutti gli alieni che c’erano
in
giro!
Vegeta si guardò intorno con aria di sufficienza.
Poi guardò in alto.
“La navicella della ragazza sarà atterrata da un
pezzo”
Le sue divagazioni vennero interrotte da Nappa.
-Ehi Vegeta, ma non credi che daranno l’allarme a tutte le
altre
città, così il tuo piano andrà in fumo-
Vegeta sorrise malignamente, compiaciuto della sua idea.
-Non ti preoccupare, ci premureremo di eliminare tutti i possibili
testimoni, e tranciare qualunque comunicazione con il resto del
pianeta,
così lasceremo il resto alla ragazza.-
Nappa sorrise immaginando la scena.
-Okey ora possiamo muoverci? La puzza di questi esseri inferiori
mi da la nausea- disse Radish schifato da qualche strano piatto alieno
su una
bancarella del mercato.
-Non preoccuparti Radish, tra poco di questi viscidi alieni non
rimarrà neanche la polvere- disse Vegeta, scrutando bene la
zona per stabilire
da che parte cominciare.
-Ehi, voi!-
Un alieno dal cranio allungato all’indietro si
avvicinò mostrando
un distintivo.
-Sono della polizia spaziale, vi dispiace mostrarmi il vostro
permesso di sbarco?- fece lui tirando fuori un taccuino.
-Ma certo- rispose divertito Nappa.
E invece dei documenti, che non aveva, allungò la mano
facendo
partire una sfera di energia che prese in pieno l’alieno,
scaraventandolo contro
un palazzo che cominciò lentamente a crollare dalle
fondamenta, travolgendo metà
della strada, e insieme a questa i passanti.
Vegeta notò che un alieno dalla pelle verde e i capelli blu
stava
prendendo un apparecchio per contattare i rinforzi.
Tese la mano verso l’apparecchiò, ridusse gli
occhi a due fessure e lo
incenerì.
L'alieno guardò l'aggeggio ormai
inutilizzabile e poi Vegeta sentendosi gelare il sangue
nelle vene.
-Cosa credevi di fare? Vi comunico che il vostro pianeta è
stato
scelto per l’iniziazione di un guerriero- disse con tono di
scherno
Tutti si misero a tremare stringendosi alle persone che avevano
vicino per farsi forza.
-Già, è un grande onore sapete?- si intromise
Nappa
ridendo sotto i baffi.
Vegeta mise a terra un dispositivo dalla forma conica e premette
il pulsante di un telecomando estratto dalla sua divisa.
L’apparecchio iniziò a vibrare, per un attimo la
gente temette che
fosse una bomba, ma non era nello stile dei Sayan farla finita
così in fretta,
a loro piaceva uccidere con le proprie mani.
Un suono acutissimo e assordante pervase tutta la città,
frantumando
i vetri dei palazzi, facendo saltare tutti gli apparecchi elettronici,
e bloccando
qualunque segnale.
Il piccolo cono smise di tremare e Vegeta premette un altro
pulsante del telecomando.
Subito dal congegno scaturì un
raggio bianco che poi
cominciò a ingrandirsi fino a disegnare nel cielo la
proiezione perfetta del
disco lunare.
La sua pallida e artificiale luce si riflette negli occhi neri di
Vegeta che incantato
mormorò…
-Ora ci divertiamo…-
Bulma si trovava nella navicella con gli occhi sbarrati davanti a
se, privi di espressività, poi, qualcosa sembrò
farla riattivare improvvisamente,
il suo cervello riprese la normale e regolare attività e
lentamente le sue
pupille cominciarono a ingrandirsi.
Si stiracchiò.
Le sembrava di aver fatto un viaggio di un
paio di
giorni seduta senza mai alzarsi e, effettivamente, era rimasta seduta
in una
navicella spaziale per due giorni di fila.
Dopo che ebbe realizzato che era intrappolata cominciò a
battere
forte i pugni sul vetro nel tentativo di liberarsi, la porta essendo
già aperta
si aprì senza alcuna resistenza facendo cadere Bulma fuori
dalla navicella.
Si tastò la guancia dolorante: era caduta con la faccia per
terra.
Si guardò intorno.
Dove
era?Cosa le era successo? E
soprattutto…
chi era lei?
Vide che vicino al cratere dove era finita lo strano apparecchio cavo
c’era un laghetto.
Si
avvicinò e guardò la
sua immagine riflessa.
Qualcosa le venne in mente, ricordava che si era addormentata su
un pianeta e … si era svegliata in una base spaziale
“…o qualcosa del genere”
pensò lei.
“Poi ho mangiato un frutto, mi sono addormentata
e…”
Si guardò sempre più intensamente, poi
corrugò la fronte.
“Ogni volta che mi addormento mi sveglio in un posto diverso,
la
prossima volta mi sveglierò su un meteorite forse”
pensò esasperata lei
continuando a fissarsi nello specchio d’acqua.
“Però una cosa è
certa…” disse posando davanti alla superficie
riflettente “…sono proprio uno schianto”
Distolse lo sguardo dall’acqua dello stagno e notando che
all’orizzonte
si vedeva una città con un puntino luminoso in cielo.
Quel puntino luminoso in cielo… era davvero bello.
Una luce strana un po’ opaca, non molto intensa
eppure…
Quella luce sparì prima che lei potesse chiedersi cosa fosse.
Si sentì rinvenire da una specie di catalessi, scosse la
testa; era
leggermente confusa.
Un urlo simile a quello di un animale la fece sobbalzare; sembrava
un grido di guerra.
Udì altre urla animalesche e poi un altre e un altre ancora.
Parevano ruggiti di bestie feroci.
Poi quelle urla, gradualmente divennero più umane, parvero
divenire
urla di
uomini sofferenti poi lentamente divennero gemiti.
Prima che la fonte di quelle agghiaccianti urla arrivasse da lei
sarebbe stato meglio filarsela.
Ma dove?
Il boschetto li vicino poteva essere un buon rifugio, nessuno
l’avrebbe
cercata li.
Non si era addentrata molto nella piccola foresta: non voleva
perdersi, sarebbe stato meglio rimanere sul confine, così
avrebbe avuto un
punto di riferimento.
Con la coda slacciata, che si dimenava nervosamente tra le fronde
abbattendo qualche rametto, camminava lungo
l’apice del tratto boschivo della zona
evitando ome poteva gli arbusti e le spine di alcuni strani fiori
fucsia.
Senza rendersene conto, a tratti si addentrava sempre più
all’interno
della foresta.
“non mi allontano molto voglio solo vedere quanto
è grande” pensò.
Ma man mano che camminava l’azzurro del cielo che si
intravedeva
dal bordo del bosco scompariva, quando se ne accorse era troppo tardi.
“accidenti” pensò battendo un piede per
terra per dare sfogo alla sua concitazione e incrociando le
braccia.
Sentì qualcosa muoversi e sfiorarle il piede.
Le si mozzò il respiro, disgustata credette che fosse un
serpente,
ma una volta che ebbe controllato, quel qualcosa risultò
essere una specie di
liana, semplice vegetazione aerea dunque.
“eppure mi era parso che si fosse mossa”
pensò perplessa Bulma
camminando verso un albero e appoggiandosi contro il suo tronco.
Scivolò verso il basso accomodandosi sull’erba
umida di rugiada.
"Uff ma dove sono finita?” si chiese guardando il poco
azzurro del
cielo che si intravedeva da laggiù.
Poi un profumo strano la attirò quasi la chiamasse.
Un basso gorgoglio echeggiò per la foresta.
Era il suo stomaco.
Accidenti, come aveva fatto a sopravvivere senza mangiare per due
giorni?
Si guardò in torno per capire da dove provenisse quel
profumo
dolce e allettante, dopo poco ne individuò la fonte.
Si trattava di un albero di frutti dall’insolito colore
proprio
accanto a lei, dove si era appoggiata.
Sembrava quasi che la stessero invitando ad afferrarne uno.
Qualunque cosa la stessero invitando a fare lei ne afferrò
uno
strappandolo da un ramo molto basso con tutta l’intenzione di
mangiarselo, ma
poi, le sembrò di avere un deja vù.
Lasciò cadere il frutto per terra e questo si
ammaccò.
Si alzò senza smettere di fissare quel cibo.
Di nuovo si sentì sfiorare il piede da qualcosa, ma questa
volta
sembrò che quell’affare si stesse avvolgendo,
silenziosamente, attorno alla sua
gamba.
Sentì un potente strattone che la fece capovolgere
lasciandola
penzolare da un ramo di quell’albero.
Attorno a lei da quel ramo cominciò a…
incredibile ma vero… sudare
una specie di liquido giallognolo che pareva resina.
Questo
cominciò a scorrerle
sulla faccia: sembrava colla.
L’albero stava cominciando a tessere un bozzolo che la stava
lentamente ricoprendo.
Impaurita e al contempo disgustata prese a urlare.
Poi sembrò che la liana con cui era sospesa in aria cedette
e lei
cadde a terra, sporca di quel liquido disgustoso.
-Lasciala in pace- urlò una voce piuttosto infantile.
Bulma si mise una mano dietro la testa grattandosi il capo e
massaggiandosi la schiena per il dolore.
Una
figura bassina, con un bastone sulla cui punta
c’era
una piccola lama simile a quella di una lancia, le stava davanti .
Aveva due enormi orecchie a punta e degli occhi grandissimi di un
solo unico colore verde privi di iride, una pelle di diverse sfumature
viola e
un paio di piccole antenne dello stesso colore.
-Tutto bene?- chiese.
Bulma si riprese dallo spavento e mise a fuoco la persona che
aveva davanti.
Sgranò gli occhi nel vedere un bambino di circa otto anni
con una
tunica nera e pure armato.
-Si credo…-
Il bambino sembrò rilassarsi.
-Bene cominciavo a temere che avessi mangiato uno di quei frutti-
disse indicando la pianta che si trovava alle sue spalle.
-Perché scusa?-
Il bambino senza smettere di sorridere proseguì.
-Perché se li mangi cadi in trans e ti risvegli dopo
mooolto
tempo- fece lui facendo si con la testa come per
dire che era un ovvietà.
Bulma si irrigidì, spaventata.
-Credo di averne già mangiato uno prima sai!-
Il bimbo sgranò gli occhi.
-E come sono? Saporiti? Come è svenire? Come ti sei sentita
dopo?-
Bulma rimase un attimo stordita da tutte quelle domande.
-Credo siano dolci e poi… poi…-
Il bimbo assunse un espressione un po’ più
preoccupata.
-Oh no, tu hai un amnesia!!!-
Bulma inclinò la testa, non aveva capito cosa intendesse.
-Ne hai mangiato uno e ora fai fatica a ricordare!- continuò
lui.
-Devi venire a casa mia, la mia mamma può aiutarti,
così poi puoi
tornare a casa-
Bulma lo guardò ancora un po’ stupita.
-Non mi ricordo dove è…-
-Non ti preoccupare, puoi stare da me finche non ti torna in mente-
proseguì lui mentre le tese le mani per aiutarla a rialzarsi.
Dopo essersi rialzata seguì quel bambino che correva per il
bosco
con sicurezza.
-Ehi aspettami- urlò lei.
-Devi andare più veloce – disse lui ridendo.
-Guarda che corro veloce- proseguì, ma che faceva? La
prendeva
in giro?
-Vedrai che ti raggiungo- disse lei stando al gioco.
-No, nessuno può raggiungermi, io sono il velocissimo Lah-
Vegeta stava davanti alle macerie di un palazzo ridendo tra se e
se.
-E pensare che gli altri abitanti del pianeta non sanno nemmeno
che siamo qui- disse Nappa addentando qualcosa che sembrava
commestibile.
-Ehi Vegeta quale città lasciamo alla ragazzina?-
Vegeta si voltò.
-Quella vicino al bosco, la sua navicella è atterrata li
secondo
il rilevatore-
Radish rise.
-Non vedo l’ora di vedere cosa sa fare-
Vegeta sorrise malignamente e sussurrò
-Nemmeno io-
A
Angelo Azzurro: Nella guida turistica di Freezer non credo ma in
quella di questo pianeta forse quei frutti sono indicati come letali, e
come
vedi non è l’unica volta che Bulma ci ha avuto a
che fare, sono felice che la
storia ti stia piacendo.
A
Umpa_Lumpa: grazie di avermi fatto notare che nelle altre mie
storie la punteggiatura non è delle migliori, adesso la sto
correggendo, ci
vorrà del tempo, ma grazie di avermelo dettoJ
A
ely_chan:eccoti il continuo grazie per la rece.
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Capitolo 5 *** Sayan? ***
Vegeta
sorvolò la foresta guardando dritto davanti a se, seguito
dai suoi compagni che si divertivano a lanciarsi ottusamente nelle
insolite nubi
bianche uscendone zuppi.
Stupidi esseri inferiori, avrebbe dovuto pensare se eliminarli o
no una volta conquistato il potere.
Cercò di imporsi di non guardarli, mentre si svagavano in un
modo
così stupido e continuò a guardare fisso davanti
a lui.
All’improvviso il rilevatore segnalò qualcosa
sotto di se, nella
coltre boschiva, e si fermò di scatto lasciando i compari
perplessi.
Si fermarono e osservarono il principe rimanere fisso guardando in
basso con occhio critico.
-Ehi Vegeta, che aspetti muoviti-
Vegeta sollevò per un attimo gli occhi trafiggendo Nappa
con uno
sguardo gelido che poi divenne distaccato e sprezzante,
tornò a guardare giù
con molto interesse.
-Che succede?-chiese Radish allarmato.
-C’è qualcuno li sotto- disse lui senza girarci in
torno.
Nappa indirizzò lo sguardo nel punto che Vegeta fissava con
tanto
interesse e il suo rilevatore individuò due presenze dal
livello combattivo
poco preoccupante.
-Di che ti preoccupi scusa? Su questo pianeta non
c’è nessuno in
grado di competere con noi- disse sogghignando.
Vegeta alzò di nuovo lo sguardo visibilmente seccato.
Non disse nulla si limitò a fare un cenno
con il capo indicando la sua destra.
Nappa fissò nella direzione da lui indicata e
notò la navicella
che aveva scavato un cratere piuttosto profondo nel terreno.
Guardò Vegeta, finalmente aveva messo in funzione i
pochi
neuroni di cui disponeva.
-è lei?-
Vegeta sorrise maligno.
Il
piccolo Lah continuò a correre sorridendo gaio come solo un
bambino può fare, Bulma lo rincorreva.
Non aveva idea di quanto avessero corso, si erano divertiti ad
acchiapparsi a vicenda per i boschi proprio come quando faceva lei
quando era
piccola con la sua mamma.
Lah si fermò davanti ad un albero.
Bulma smise di correre, prese un bel respiro e si preparò ad
ascoltare ciò che il piccolo aveva da dirle.
-Siamo arrivati, quella laggiù è casa mia- disse
indicando una
piccola costruzione a cupola circondata da un altrettanto piccolo
giardino.
Bulma rimase oltremodo stupida dalla semplicità della
abitazione;
si era immaginata gli alieni come esseri superiori in tutto, tecnologia
compresa, invece quella casetta somigliava a quelle pittoresche della
montagna
del suo pianeta, costruita in metallo.
Il bambino saltellò tra le aiuole divertendosi a scavalcarle
senza
rovinare i fiori e arrivò alla porta.
Bussò tre colpi sull’acciaio e l’uscio
si aprì.
Il bambino rivolse un altro sorriso incoraggiante a Bulma
invitandola a seguirlo.
-Mamma sono tornato- disse allegro Lah che correva verso una
stanza adiacente al salone e abbandonando il suo bastone per terra.
L’arredamento era semplice, ma sobrio, e non poi tanto simile
a
quello delle astronavi o della base spaziale; quella famiglia viveva
con
estrema semplicità.
Un’aliena alta dall’anatomia uguale a quella del
figlio fece
capolino dalla stanza che sembrava essere la cucina.
Aveva gli occhi Blu, anche questi privi di
iride o pupilla e la pelle violacea come il piccolo.
Sulla fronte spuntavano due lunghe antenne pettinate
all’indietro
che le ricadevano lungo la schiena.
Era snella e indossava una tunica di color violetto chiaro che le
arrivava alle caviglie legata in vita aveva una strana fascia blu.
Vedendo l’espressione entusiasta del figlio si
rallegrò subito e
mise giù il piatto che stava lavando per andare incontro ad
abbracciarlo.
Quella scena di affetto famigliare scaldò il cuore alla
ragazza,
di cui l’aliena, non aveva ancora notato la presenza.
Bulma sorrise nel vedere gli occhi della donna, decisamente
sproporzionati al resto del viso secondo i canoni terrestri,
illuminarsi nel
vedere il figlio così felice e il suo sorriso materno le
ricordò… qualcosa…
La sua mente cominciò a popolarsi di immagini, parole e
pensieri,ricordava distintamente molte cose.
Scene di vita quotidiana terrestre, sua madre alle prese con i
suoi “famosi” dolcetti, suo padre che lavorava con
dei curiosi macchinari che a
lei, da piccola, parevano come magici.
Lentamente iniziò a far sue quelle sensazioni, riacquistando
possesso di parte della sua memoria.
Lah si staccò dall’abbraccio materno per voltarsi
verso l’ospite.
-Mamma lei è una ragazza che ho incontrato nella foresta-
disse
quasi orgoglioso.
La madre si alzò e sorrise amichevolmente
all’ospite.
-Molto piacere sono Maya- disse avvicinandosi alla ragazza.
-Posso sapere il tuo nome signorina?-
Bulma rimase spiazzata.
Tentò di ricordare come i suoi genitori la chiamassero, ma
non le
veniva in mente niente, le sembrava fosse qualcosa che iniziasse con la
“b”.
-Ehmm…mi scusi ma credo di non…ricordare molto
bene… qualcosa come
Bu…bu..-
La donna rimase perplessa.
-Mamma, ha mangiato uno di quei frutti viola che tu mi dici sempre
di non toccare- disse Lah avvicinandosi desideroso di rendersi utile.
-Hai mangiato quella roba?- disse alla ragazza.-Non l’avrai
mica trovata
sull’albero
vero?- domandò al figlio.
-Si mamma- disse annuendo col capo- l’albero la stava per
imbozzolare.-
La donna riprese a guardarla, parve studiarla con molta
attenzione.
Era un aliena di certo, non poteva essere di quel pianeta, non con
quei capelli.
Si avvicinò e le girò in tondo; studiare la sua
anatomia era
fondamentale per la sua guarigione.
La sua attenzione si soffermò sulla cinta pelosa che portava
in
vita, Bulma si era riallacciata la coda perché non le fosse
di intralcio
durante la corsa: doveva ancora abituarsi alla presenza di quella nuova
parte
del suo corpo.
-Il tuo abbigliamento è insolito ragazza, sembra quasi che
tu
facessi parte di un esercito, e quella cintura pelosa poi... devi
venire
da un
pianeta con costumi davvero singolari, potresti gentilmente sfilartela?-
Bulma obbedì e si slacciò la coda lasciandola
libera di muoversi e
agitarsi.
La donna in una frazione di secondo strabuzzò gli occhi e
cacciò
un urlo, fece due passi indietro, afferrando il figlio e stringendolo
in un
abbraccio protettivo.
Non sembrava fosse schifata, più che altro atterrita.
-Vattene da casa mia Sayan!!!- ordinò lei puntandole il dito
contro.
Bulma spaventata dall’urlare della donna cominciò
a guardarsi
intorno e si mise sulla difensiva, ma quando capì che il
motivo di tanta
agitazione era lei guardò l’aliena stranita.
-Sayan?- disse Bulma incuriosita e scioccata dalla reazione che
l’aliena aveva avuto alla vista della sua coda.
In effetti non ricordava di averla sempre avuta, ma la sua
reazione le parve esagerata.
-Non far finta di non capire! Chi ti ha mandato qui?é stato
Freezer?-
Bulma ci capiva sempre meno.
-Freezer?- l’unica immagine che questo nome evocava in lei
era
quello di una strana scatola bianca in acciaio molto fredda molto
fredda.
-è qualcosa di freddo?- chiese lei incapace di capire a cosa
si
stesse riferendo la donna.
L’aliena allentò la stretta che aveva su suo
figlio che, anche lui
incapace di intuire le preoccupazioni della madre, si stava
divincolando per
non essere strangolato dall’abbraccio materno.
-Mamma cosa sono i Sayan?-
La madre guardò il figlio e poi la ragazza, avevano entrambi
lo
sguardo rivolto su di lei, entrambi confusi e in attesa di una risposta.
Lasciò del tutto il figlio libero di avvicinarsi alla coda
della
ragazza.
Il piccolo corse verso di lei osservando a striscia di pelo di
colore azzurro che scodinzolava.
La studiò e provò ad afferrarla mentre si agitava
nervosamente di
qua e di là.
-Che bel colore che ha- disse ammirato lui.
Bulma non sapeva se sentirsi lusingata o imbarazzata, incapace di
emettere parola, si limitò a fissare la donna che la
guardava ancora con
sospetto.
-Di solito non è di quel colore- decretò
l’aliena ora in tono
freddo che non lasciava intravedere alcun tipo di gentilezza.
-ecco… io non ricordo di averla sempre avuta- disse Bulma
come per
discolparsi da qualcosa di cui improvvisamente si sentiva responsabile.
La donna sospirò perplessa, quella ragazza non sembrava una
Sayan,
il colore degli occhi e dei capelli non corrispondevano ai caratteri
tipici
della razza, ma la coda…non lasciava possibilità
di errore.
Si avvicinò e afferrò la coda dandole un potente
strattone.
Bulma gemette e la testa iniziò a girarle.
-Ahia…mi sento…tanto stanca- disse cadendo in
ginocchio.
-mmm…- la donna continuava a nutrire dubbi sulla natura
Sayan
della ragazza, nonostante la coda fosse vera, e lei, avesse la tipica
reazione
di un Sayan allo strattone a cui era stata sottoposta.
-alzati- ordinò la donna.
A Bulma parve che l’aliena avesse perso qualunque forma di
gentilezza e cortesia, non sembrava più la madre premurosa
di poco fa, ora era
una donna terribilmente seria, e preoccupata.
Anche il piccolo Lah sembrava spaventato dall’atteggiamento
gelido
della madre, lui la ricordava sempre così dolce e piena di
attenzioni, la
ragazza però non sembrava andarle a genio, eppure a lui
sembrava innocua.
-Sei sorda? Ti ho detto di alzarti- tutta la durezza che mise in
questa frase non sfuggì al piccolo che si rintanò
dietro il divano, spaventato
dalla madre.
Alla donna, invece, non sfuggì il timore del figlio e si
affrettò
ad addolcire il tono per quanto le era possibile.
-Alzati, ti devo aiutare no?-
Bulma si rialzò aggrappandosi a un pezzo di mobilio in
acciaio li
vicino e seguì con lo sguardo l’incedere lento e
flemmatico della donna, che
aprì un mobiletto e ne estrasse una boccetta.
-Ti terremo qui fino a che non ti sarai ricordata il pianeta dove
abiti, ma poi pretendo che tu torni da dove sei venuta, sai il pericolo
che fai
correre all’intero pianeta?-
Bulma rimase immobile, non lo sapeva.
Scosse il capo.
-Oh cielo, sei ridotta peggio di quanto temessi, non ricordi
proprio nulla?-
Bulma scosse il capo di nuovo.
-Non ricordi di aver mai ucciso qualcuno, degli stermini e dei
genocidi che hai compiuto?-
Bulma scandalizzata si ritrasse inorridita e offesa.
-E io avrei fatto qualcosa di così orribile? No questo mai,
io non
sono capace di combattere-
La donna sospettosa appoggiò la boccetta di liquido
verdognolo sul
tavolo.
-Esci in giardino- ordinò
Bulma non obbedì, rimase ferma davanti alla donna con le
braccia conserte,
indispettita per l’insulto appena ricevuto.
Lei non aveva mai torto un capello a nessuno, i genocidi di cui
parlava l’aliena non poteva essere opera sua.
-Esci ho detto!- si ritrovò a urlare lei.
Bulma con le braccia sempre conserte uscì, camminando nel
modo più
dignitoso che le riusciva.
Percorse le scale in un silenzio straziante e una volta che la
donna l’ebbe raggiunta sull’uscio emise queste
parole.
-E ora?-
L’aliena non smise di guardala con lo sguardo più
gelido di un
icberg.
-Difenditi- si limitò a dire e le puntò un dito
contro.
Dalla sua mano scaturì un lampo verde che colpì
Bulma
scaraventandola contro un albero.
Con la schiena contro il tronco Bulma cadde a terra con
l’armatura
incrinata.
Chi diamine era quella donna?
-Mamma, che hai fatto!- urlò il piccolo Lah che si ritrasse
quando
la figura materna si avvicinò a lui.
-Piccolo, va a vedere se sta bene, coraggio-
Il piccolo obbedì alla madre e corse verso Bulma che riversa
contro l’albero aveva lo sguardo sbarrato nel vuoto e gemeva
debolmente.
-come stai?- chiese lui inginocchiandosi per essere alla sua
altezza.
Bulma lo guardò negli occhi, la mente cominciava ad
intorpidirsi,
ma riconobbe in lui una faccia amica e gli sorrise.
-Tua mamma si…sarà convinta…che non so
combattere … vero?-
Il piccolo guardò prima lei poi si voltò a
fissare la madre con,
l’ereditario, sguardo di ghiaccio.
La madre rimase impassibile, sapeva quello che faceva, con i Sayan
si raccomandava prudenza, non voleva rischiare ancora, dopo tutto
ciò che aveva
fatto per tenere il figlio lontano dalla guerra.
Il bambino si voltò di nuovo verso Bulma e la
sollevò leggermente
da terra in modo che potesse mettersi seduta.
-Mia mamma non è cattiva- la giustificò lui
sapendo ciò che la sua
nuova amica stava pensando.
Bulma sorrise, ma non era convinta, un bambino così dolce
come lui
avrebbe fatto di tutto pur di difendere la madre.
-Ti cureremo e potrai tornare dai tuoi genitori-
Bulma rivolse lo sguardo al cielo, era come quello della terra.
L’aliena sparì nella porta di ingresso per poi
ricomparire con la
boccetta che aveva prima.
Si avvicinò al corpo di Bulma che era ormai prossima a
perdere i
sensi.
Le alzò il mento e le poggiò
l’estremità del contenitore sulle
labbra.
Lasciò che il contenuto del vetro scorresse sulle sua bocca
macchiandole di verde la faccia.
Bulma contrasse le labbra ripugnata dal sapore amaro del rimedio
alieno.
-Lah, aiutami a portarla dentro-
Lah fece un cenno con la testa e la aiutò ad alzarla.
Bulma si manteneva appoggiata all’aliena.
Una volta dentro la fecero distendere sul divano e le misero un
cuscino dietro la testa in modo che potesse riposare comoda.
-Mamma…-
La donna si voltò verso il piccolo con un sorriso, il
piccolo non
lo ricambio, era deciso a castigarla per il modo in cui si era
comportata eil
miglior modo che lui conoscesse era privarla della sua parola e tenerle
il
broncio il più a lungo possibile palesando il suo sdegno.
-Cosa sono i Sayan?-
La madre parve rabbuiarsi, strinse le mani sulla stoffa leggera del
suo vestito imponendosi di astenersi dal singhiozzare.
-I Sayan sono degli alieni perversi, abitavano su Vegeta-sei,
speravo che fossero stai eliminati tutti durante l’esplosione
del loro pianeta...
mi sbagliavo-
Bulma era ancora cosciente, ascoltava.
-E io cosa ho fatto per meritarmi di essere ridotta così-
chiese acida
senza nascondere la propria indignazione.
La donna la trafisse con un occhiataccia, ma Bulma non si fece
intimorire.
-Tu hai la coda, per ciò sei una Sayan, a quanto pare non
hai mai
imparato a combattere-
Si voltò nuovamente verso il figlio.
-I Sayan sono esseri spietati, cinici guerrieri, che non si fanno
scrupoli nell’eliminare le genti dei pianeti e a rivenderli-
Abbassò lo sguardo.
-Noi siamo superstiti di un pianeta che la tua sanguinaria gente
ha distrutto completamente- disse rivolgendosi a Bulma, quasi in
lacrime.
Bulma scosse la testa.
-Io non so di cosa tu stia parlando-
La donna la fissò gelida.
-Vedremo quando ti sarà tornata la memoria, adesso dormi,
domattina ti sarà tutto più chiaro- e detto
questo si alzò e con un cenno
invitò il piccolo Lah a seguirla.
In effetti Bulma non poteva negare i sentirsi piuttosto debole.
-Io non ho fatto del male a nessuno- disse, ma parlò
soprattutto a
se stessa, la donna infatti si era già allontanata.
Vegeta camminava, solo, in una landa desolata.
Il sole era tramontato, le prime stelle si facevano timidamente
vedere e lui camminava sulla cenere di una città, la cenere
di vite e vite
spente per mano sua.
Ora delle imponenti costruzioni non rimaneva che un territorio
spianato da un energia a cui gli abitanti avevano potuto opporre
resistenza.
Neanche il tempo di urlare, gli aveva dato, non aveva avuto
bisogno della luna.
Guardava la terra arida su cui poggiava i piedi compiaciuto della
sua forza.
I suoi compagni erano andati a vedere se le città vicine
distavano
tanto.
Non avevano fretta, quel pianeta potevano distruggerlo in meno di
un giorno, l’unico motivo del loro ritardo era una giovane
Sayan dai colori blu
del cielo dispersa chi sa dove.
Vegeta alzò gli occhi al cielo, contemplandone un punto
impreciso,
osservando la stella più grande della volta celeste.
L’immensità dello spazio era sopra di lui, la
mancanza di
illuminazione avvolgeva il territorio circostante in un buio.
Si sedette e a gambe incrociate rimase a guardarla, un ghigno
maligno si dipinse sulla sua faccia.
Un giorno, quella stella così bella sarebbe stata sua, tutta
la
volta del celo notturno che ora abbracciava il pianeta sarebbe stata
sua, le
stelle, i pianeti e insieme a questi i loro abitanti, ogni
più piccola creatura
del creato si sarebbe inchinata al suo cospetto provando terrore.
Sorrise compiaciuto.
Angelo Azzurro: si
però
loro hanno in mente un piano ^^e poi siamo davvero sicuri che la madre
vogli
concederle tutta questa fiducia??? Grazie di leggere la mia fic.
Umpa_lumpa:si
è la loro unica proprietà e hai visto anche tu in
natura a cosa serviva quella proprietà,
quell’albero è davvero bastardo^^(ah
piante carnivore)eccoti la risposta sulla madre di Lah ma
c’è dell’altro
continua a seguire grazie, di aver recensito e di seguire la mia ficcy^^
Shizue
Asahi:Si deve essere proprio buffa^^
No no hai ragione, Vegeta si sbaglia di grosso, anche perché
come
hai visto anche tu lei non ricorda assolutamente niente della sua vita
le hanno
solo azzerato il cervello, tutto qui.
Certo il fatto che la madre di Lah creda che lei abbia fatto del
male a qualcuno ha dell’assuro, come vedi ho postato, grazie
di aver lasciato
una rece(non sapete che piacere mi fate, sono commossa^^)
Ringrazio
inoltre chi ha aggiunto la storia tra i preferiti.
|
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Capitolo 6 *** Ti insegnerò io a volare ***
Ecco
il continuo, ringrazio tutti per gli adorabili commenti che mi lasciate
che è meglio siano pochi positivi e sopratutto
costruttivi anzi che tanti corti e assolutamente inutili ( davvero sono
commossa), ma se volete lasciatene di più
naturalemente^^fanno sempre piacere anche negativi.
Spero che la storia stia piacendo, anche perchè a me sta
piacendo scriverla, mi cresce in mano così...nonostante
avessi stabilito una linea della trama precisa^^ beh che dire ringrazio
tutti ancora.
Ecco un altro capitolo troppo lungo, scusatemi^^
Bulma
aprì leggermente le palpebre, rivelando l’insolito
colore azzurro
delle sue iridi.
A destarla era stata una vocina infantile che proveniva oltre la
vetrata della casa.
Istintivamente Bulma allungò il braccio verso il comodino
credendo
si trattasse della sua sveglia elettronica per colpirla e mettere a
tacere quel
vociare.
Quando però sul comò accanto al divano non
percepì la presenza
dell’oggetto fu costretta a scoprirsi la faccia dalle coperte
adoperate per
proteggersi dalla luce.
Se le scostò scalciando e lanciandole oltre il bracciolo
della
parte opposta del sofà e si tirò su, lentamente,
poiché aveva, come ultimamente
le capitava da quando tutta quell’assurda situazione era
iniziata, un gran mal
di testa.
Non le ci volle molto per individuare la reale fonte del rumore
colpevole di averla riportata alla realtà e si
affacciò alla finestra notando
il piccola Lah, insieme alla madre, che si esercitava nello sferrare
mirati
fendenti a un punto, apparentemente indefinito, dell’aria.
Bulma si strofinò gli occhi perplessa sentendoli ancora
impastati
dal sonno.
Era una bella giornata nella piccola distesa erbosa nascosta dagli
alberi dove si ergeva la piccola casupola.
Bulma portò il suo sguardo alla volta celeste del mattino, corrugò la
fronte tentando di
mettere a fuoco con i suoi assonnati occhi un puntino fermo nel cielo.
La luce contrastava il suo tentativo di visualizzare
l’oggetto non
identificato, che sospeso tra le nuvole, pareva avere fattezze umane.
Una nube coprì la sagoma sconosciuta, Bulma fece spallucce
non
curante e si avviò verso l’esterno ancora con il
suo body rosa e la sua battle
suite a dosso.
-Bravo Lah, continua così, cerca però di essere
più veloce- lo
spronava Maya mentre osservava il piccolo saltare e colpire gli arbusti
vicino
a lui.
-Bastone allungati!- gridò Lah puntando l’arnese
verso il cielo e
usandolo come asta per il salto in alto andando a finire sul tetto
dell’abitazione.
Bulma era ancora sull’uscio con la vista appannata dal sonno
e il
corpo indolenzito dalla notte passata sul divano.
Maya si voltò verso di lei e il suo sguardo divenne di nuovo
gelido, seppellì dentro di se tutto l’amore
materno per il figlio e ergendo un
invisibile barriera per proteggersi da quella Sayan.
-Buon giorno- disse lei alzando le braccia al cielo,
stiracchiandosi e lasciandosi inebriare dall’odore, simile a
quello del
gelsomino, che aleggiava per il giardino.
Maya si alzò e le andò in contro senza mutare la
sua espressione.
-Ricordi qualcosa?-
Bulma si portò le mani ai fianchi e continuò a
guardare in su con
aria incerta; le era parso di nuovo di vedere quel puntino.
-Bah non so, al momento credo che questo cielo sia magnifico, mi
ricorda tanto quello di casa mia- disse inspirando l’aria
senza essersi resa
conto di quello che aveva detto.
Maya strabuzzò gli occhi.
-ti ricordi dove è casa tua?- chiese fiduciosa.
Bulma ci pensò un po’ su.
-Credo fosse un pianeta che si chiamava… si
chiamava…- Bulma si
bloccò.
-Beh, non lo so di preciso però so che abitavo in un posto
che si
chiama città dell’ovest- disse non dando
particolarmente rilievo a questa
informazione.
-Come ti chiami?- chiese Maya distendendo la faccia in un
espressione meno crucciata e più rilassata, sciogliendo per
un attimo le
barriere di ghiaccio della sua diffidenza.
-Mia madre mi chiamava la sua piccola Bulma- fece lei vaga.
-Ma anche dolce Bulma, adorabile Bulma, fiorellino, tesoro
e…-
Maya la interruppe con un gesto della mano, ora le era chiaro
perché
non avesse imparato combattere, quelli non erano nomignoli che una
famiglia
dedita alla guerra poteva dare a una bambina.
-Va bene… Bulma… vieni in casa-
Bulma la seguì scodinzolando in attesa di qualcosa.
Maya si sedette sul divano dove c’erano le coperte sgualcite
usate
dalla Sayan.
-Siediti-
Bulma si sedette e la fissò intensamente, curiosa, con i
suoi
profondi occhi azzurri color del cielo.
-Cara, tu sei una Sayan, non ci sono possibilità di
errore…- disse
lei interrompendosi guardando la coda della ragazza dimenarsi per
curiosità e l’ansia.
-Sospetto che poiché tu fossi
così…beh…diciamo differente, e avevi
un livello combattivo…minimo…ti abbiano spedito
su un pianeta; con le tue
fattezze non sarebbe stato difficile confonderti con la sua gente e
appena la
luna piena fosse spuntata tu lo avresti distrutto, ti avrebbero
cancellato la
memoria e la storia si sarebbe ripetuta da capo spedendoti
però su un altro
pianeta.- una teoria fondata in fondo.
Bulma reclinò il capo di lato.
-Cosa centra la luna piena?- chiese.
Maya la guardò, non sapendo cosa dire.
-vorresti dire che non ti è mai successo niente
di…strano- disse
preferendo non rivelare la caratteristica Sayan di trasformarsi durante
le
notti in cui la luna regnava sul cielo limpido nero.
-Cara…- disse con più calma possibile
–…tu l’hai mai guardata la
luna piena, hai mai visto il disco lunare?-
Bulma sorrise.
-Si, è uno spettacolo talmente romantico- disse
immaginandosi la
scena.
-e non ti è mai successo niente…di strano?-
Bulma scosse il capo smarrita; non capiva davvero cosa intendesse.
-Allora non è un problema- disse lei sorridendo evasiva, ma
nessuno può ingannare Bulma Brief, e tantomeno cercare di
inibire la sua
curiosità.
-Vorrei guardarla la luna- disse ferma.
Maya non riuscì a trattenere un –no!- allarmato.
-Perché scusa?- disse lei certa di aver imbroccato il suo
punto
debole, ora lei non poteva negarle una spiegazione.
-Perché…vedi…potrebbe…potrebbe
capitarti qualcosa di male- disse
lei tentando di fornirle una spiegazione molto generica e poco precisa,
ma che
fosse comunque in grado di rendere l’idea di cosa sarebbe
potuto accadere.
-Vuoi dire che porta sfortuna alle persone con la coda?-
Maya guardò il soffitto.
Cosa aveva fatto per meritarsi questo?
-Beh… si-
-Ah…- fece Bulma non sapendo cosa ribattere, ma la cosa non
finiva
li, lei certo non si faceva imbrogliare così facilmente.
-E che cosa può capitarmi?-
Maya rimase in silenzio.
-è meglio per tutti noi che tu non la guardi, anzi,
è meglio
eliminare il problema alla radice- disse entrando nella cucina e
uscendone con
una forbice per potare le piante, abbastanza grossa da poter recidere
la
protuberanza sul didietro della ragazza.
Bulma inorridì e iniziò a sudare freddo.
-No, no, no, no non ti avvicinare a me con quel’affare- disse
intuendo
le intenzioni di Maya e afferrando l’estremità
della sua coda per sottrarla
alle lame dell’utensile da giardino.
-Non fare la sciocca, sono sicura che è proprio
così che guardando
la luna in tutto questo tempo non ti è successo niente, sul
pianeta dove ti
avevano inviato da piccola ti hanno tranciato la coda,
perciò smettila di fare
storie e dammela.
Bulma si ritrasse –Non sai quanto avrei voglia di liberarmene
ma…-non
voleva sottoporsi a questo - lascia in pace la mia coda e basta-
urlò lei
allontanandosi il più possibile dalla donna.
-Non fare la bambina-
Bulma era ormai alle spalle contro la porta.
-Aspetta, aspetta la mia coda non è pericolosa se non guardo
la
luna piena giusto?-
Maya annuì interessata , disposta ad ascoltare il suo
espediente
alternativo.
-Se io non la vedessi non ci sarebbe alcun problema?-
Maya annuì.
-Allora basterà che non la guardi- fece lei con
ovvietà.
La donna non potè che darle ragione: la luna su quel pianeta
appariva ogni cinquant’anni, casualmente però, a
breve sarebbe apparsa e lei
non poteva rischiare.
-Si, però la luna ci sarà tra qualche settimana-
Bulma tentò ulteriormente di sfuggirle, ma era troppo vicina
e
tutto ciò che potè fare fu comprimere la sua
schiena contro la porta di
ingresso sperando di attraversarne l’acciaio, e pregando
pietà al cielo.
-Ma aspetta- disse interponendo le braccia tra la forbice e la sua
coda che tentava di nascondere dietro di se - e se il tempo non
consentisse una
perfetta visione della luna io non dovrei più tagliarmi la
coda no?- disse
speranzosa.
Maya rimase perplessa.
-Beh… no, la luna si vede una volta ogni
cinquant’anni non credo
che oltre ad adesso rappresenterebbe più un problema-
Bulma tirò un sospiro di sollievo, forse poteva convincerla,
la
sua geniale mente sfornò delle ottime argomentazioni.
-Che bisogno c’è di tagliarmela adesso? Aspettiamo
fino al giorno
prima del plenilunio, così possiamo stare tranquilli- disse
lei tentando di
cavarsi fuori da quel doloroso impiccio.
Maya posò le forbici su un tavolino.
-Va bene, ma se il tempo non sarà sfavorevole dovremo
tagliarla-
sentenziò.
-Nessun problema- fece lei mentendo.
Lah spalancò la finestra e guardò le due donne
una davanti all’altra.
-Avete fatto pace?- chiese sorridendo speranzoso.
Come poterli resistere?
-Certo piccolo- fece Bulma sorridendoli di rimando.
-Allora può venire a giocare in città vero
mamma?- fece lui ancora
più brioso.
Ma stavolta sembrò Bulma ad essere contraria.
-Non ci penso neanche, le ragazze non fanno queste cose-
Il bambino si avvilì e chinò lo sguardo verso il
suo bastone.
-Bulma, vorresti un vestito nuovo? Se devi andare in città
con Lah
non potrai farti vedere così-
-Si non vorrei andare in giro con questo affare -disse lei
squadrando il suo abbigliamento.
-Ti chiami Bulma?- chiese Lah ridacchiando – che nome buffo-
Bulma si adirò – Non c’è
bisogno di prendermi in giro, non vi
sopporto voi ragazzi quando fate così- disse lei voltando il
capo offesa e
incrociando le braccia.
Maya sorrise, quei due le avrebbero dato problemi –Vieni
Bulma, ti
do un vestito- disse lei facendole cenno di seguirla con una mano.
Uscì con il suo svolazzante vestito di tulle bianco che le
arrivava qualche centimetro sopra il ginocchio e uscì di
corsa seguendo Lah
che era riuscito a convincerla a fare un
salto in città con la scusa dei numerosi negozi in centro.
Grande fu la sorpresa della ragazza quando il piccolo si
alzò in
volò.
Rimase bloccata sull’uscio con la mascella caduta
giù che ancora
non aveva rialzato.
Lah vedendo che la ragazza non l’aveva seguito si
voltò e constatò
che era ancora sulla terra ferma con gli occhi strabuzzati in un
espressione
davvero colpita.
-Beh perché non voli?- disse voltandosi.
Bulma si accigliò.
-Mi sembra logico. Non ho le ali di conseguenza non volo. Tu come
fai a volare scusa? Scendi subito di li, non lasciarmi qui- disse
battendo il
piede per terra rafforzando il concetto di “ora e
subito”.
Il bambino abbassò la quota in modo da essere faccia a
faccia con
Bulma.
-Come non sai volare?- disse lui tra un misto di stupore e
delusione.
-Te l’ho già spiegato e ora scendi del tutto e
prendiamo una
macchina- disse lei che, senza rendersene conto, riacquistava parte dei
suoi
ricordi.
Il piccolo Lah sbuffò contrariato.
-Guarda che la città sarà a circa cento
chilometri, non possiamo
andarci a piedi e neanche in macchina:non torneremo in tempo- disse pedante poiché era indispettito
dall’isterismo della sua
nuova amica.
-E io come faccio?-
Lah si illuminò entusiasta alla prospettiva
dell’idea che stava
prendendo forma nella sua mente.
-Ti insegnerò io a volare-
-Ehi Radish.-
Sentendosi chiamare in causa Radish si voltò verso il
compare.
-Secondo te Vegeta quando ha intenzione di far muovere la
ragazza?-
Radish si voltò di nuovo osservando da un altezza
considerevole il
paesaggio desolato che si intravvedeva dal bordo di una parete rocciosa
verticale.
La polvere che avvolgeva le macerie dell’ennesima
città ridotta a
niente arrivava fin
li grazie al vento,
che portava anche l’odore dei corpi morti: tutto
ciò che era rimasto della
popolazione della metropoli.
Tutto questo, i due, osservavano senza scomporsi, passando oltre,
cancellando, come per le altre, la missione dalla loro lista di
cose da
fare.
Il loro compito l’avevano svolto, nessuna nota particolare,
nessun
avvenimento fuori dal comune o degno di trovar posto nella loro memoria
era
successo, niente di interessante che li avesse particolarmente
infastiditi o
divertiti, per loro quel semplice compito appena portato a termine era
la
routine, una quotidianità.
-Non lo so, ma spero presto, mi annoio a distruggere solo una
città al giorno, perché non ce la sbrighiamo in
fretta? Così possiamo andare a
divertirci altrove. Questi non sono degni di combattere con noi,
è troppo
facile-
-Hai ragione-
La voce di Vegeta richiamò i suoi subordinati.
-Ma devi avere pazienza Radish, vedrai che ci sarà da
divertirsi
quando sarà il turno di quell’oca- disse
aggiungendosi al gruppo per
compiacersi di se stesso davanti alla sua opera, che immenso piacere era sentirsi i
più forti della galassia.
A
BulmaMiki: sono contenta che apprezzi la mia storia e sono contenta che
ti piaccia il modo in cui scrivo, si lo so sono il mio cruccio gli
errori di battitura, come ho già detto, la storia mi cresce
in mano però sto cercando di migliorare da questo punto di
vista^^non sei la prima persona (oltre a mia madre) che mi rimpreovera
per questa mancanza^^il compromesso in realtà è
molto semplice, o forse lo è per me perchè
conosco la storia^^ grazie tantissimo.
A
Umpa_lumpa: mi dispiace che ti abbia confuso la storia dell'iniziazione
anche perchè io non ho specificato di cosa si trattava (
intendevo una cosa precisa, non anticipo niente) ma spero che,
leggendo, ti sia molto più chiaro, mi premurerò
di specificare molte cose in seguito, credo che tu abbia detto, con
quella tua frase, che ho calcato molto la mano con una sua
caratteristica (rendendolo magari troppo esagerato magari
troppo " per fare un esempio qualsiasi, senza collegamenti con la
storia" petulante, vanitoso, simpatico non so) comunque neanche io ne
sono sicura perciò non prenderla come un rimprovero eh^^
|
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Capitolo 7 *** Non puoi sfuggire alla luna ***
-Lah?- chiese intimorita Bulma fissando il paesaggio che le si
presentava sotto gli occhi e deglutendo rumorosamente.
-Si?- fece lui di rimando.
-Non credo che questo sia il modo giusto- fece lei adirata in un
misto tra scocciata, per essere stata rapita e portata a qualche metro
di
troppo dal suolo, e impaurita; timorosa per la sua sorte una volta che
il
piccolo avesse messo in atto il suo piano, che lui riteneva geniale e,
infallibile.
-Si invece, sono sicuro che prenderai un tale spavento che volerai
pur salvarti la pelle- disse lui con aria esperta, sicuro dei suoi
metodi
educativi.
-Ma se davvero poi non funziona? A questa altezza non ce la
farò a
rimanere intera- disse sperando di persuaderlo a desistere dal suo
intento.
-Se continuerai ad agitarti così cadrai prima del tempo,
andrà
tutto bene, se non ci riesci ti vengo a recuperare io prima che tocchi
terra-
disse barcollando un po’ salendo ulteriormente, quotando bene
quale fosse
l’altezza giusta da cui far precipitare Bulma.
Lei fissò di nuovo il tratto boschivo che stavano sorvolando
valutando bene le parole del piccolo, ponderando la sua decisione per
stabilire
se fosse il caso di fidarsi.
“Assolutamente no!”
-Ci ho ripensato- disse aggrappandosi al collo di Lah e stringendo
più che poteva la presa sulle sue spalle – Non
voglio imparare a volare, mi
porterai tu sulle spalle ogni volta- continuò in preda a una
vertigine mentre
cercava di non guardare più la coltre verde sotto di loro.
-Bulma staccati- la incoraggiava tentando di levarsela di dosso.
-Bulma mi fai perdere l’equilibrio. Bulma!!! Bulma,
staccati!!!
Per tutta risposta lei cominciò a piangere
–No!!!Io non salto.
Sono troppo giovane e bella!Voglio tornare a casa!-
piagnucolò lei.
Lah stava pericolosamente perdendo quota e stabilità, oltre
che
alla poca pazienza di cui un bambino di otto anni è munito
In oltre, per lui, il peso di Bulma non era indifferente e
già era
un prodigio se era riuscito a salire fin là su trascinandosi
dietro la ragazza.
-Smettila di agitarti- imprecò lui tentando di calmarla
mentre
scalciava, si dibatteva, piangeva e implorava -Lah! Portami
giù!Portami giù!- tra un
singhiozzo e l’altro.
-Se non la smetti finiamo giù tutti e due-
Bulma ignorò le sue raccomandazioni continuando a
sbracciarsi in
preda al panico.
-Bhuaaaaahaha voglio scendere. Fammi scendere-
-Bulma basta- si
ritrovò a
urlare lui.
In quel momento caddero: Lah aveva perso forze ed equilibrio.
-Lah fa qualcosa- strepitò lei.
-Non posso! Pesi troppo- le urlò di rimando lui con un tono
che
sapeva fin troppo di insulto.
-Cosa!? Come ti permetti brutto…- e mentre nelle frazioni di
secondi seguenti Bulma esponeva al piccolo Lah ciò che
pensava di lui con
appellativi poco lusinghieri, la loro caduta venne interrotta.
Bulma cacciò un urlo che echeggiò per tutto il
bosco: era stata
afferrata per la coda, riprese i suoi mugolii sommessi
poiché non voleva dare a
vedere al suo salvatore che stava piangendo.
-Ahia mi fai male, fammi scendere, lasciami- inveì lei
riprendendo
a scalciare, il che ebbe, come unica conseguenza, quella del rafforzare
la
stretta sulla sua protuberanza per evitare che cadesse.
E quindi: più dolore.
-Sta zitta altrimenti ti lascio per davvero- la riprese una voce
femminile.
Bulma guardò la sua salvatrice che ora si rivolgeva al
piccolo
Lah, il quale era saldamente tenuto per
l’estremità della tunica rossa che
indossava, e veniva guardato con rimprovero.
-Lah!Ma che cosa ti è saltato in testa?-
Il piccolo abbassò lo sguardo colpevole, non vedendo come
sottrarsi alla paternale alla quale la madre, ne era certo,
l’avrebbe
sottoposto.
-Volevi gettarla da questa altezza? Dovresti vergognarti-
Bulma aveva dipinta in volto un espressione da povera vittima di
uno sbaglio altrui provando un sottile piacere nel vederlo in
difficoltà.
Decise di intervenire per vendicarsi per averla esposta ad un
simile pericolo.
-Io te l’avevo detto- disse con un sorrisetto appagato.
Lo sguardo inclemente di Maya si andò a incrociare con gli
occhi
azzurri della ragazza che ancora fissavano Lah.
-E tu signorina- la richiamò Maya.
-Più tardi discuteremo del modo in cui ti dimenavi
lassù
rischiando la tua vita e quella di mio figlio e delle parole poco
carine che
gli hai rivolto-
L’immaginaria aureola dell’innocenza si
spostò dalla testa
foltamente coperta di capelli azzurri di Bulma a quella viola e munita
di
antenne del piccolo Lah, il quale non perse tempo a deridere Bulma
facendole la
linguaccia.
Maya sospirò –Siete proprio impossibili! Coraggio
Bulma! Conosco
un metodo migliore per farti imparare a volare-
Quest’ultima frase venne pronunciata guardando
significativamente
Lah che di nuovo abbassò umilmente lo sguardo sentendosi,
nuovamente,
responsabile e intrecciando le dita delle manine dietro la schiena.
Maya scese lentamente di quota andandosi a posare nel mezzo di uno
spiazzo erboso.
Bulma si massaggiò la radice della coda azzurra lamentandosi
sommessamente.
Lah intanto, una volta liberatosi dalla presa di Maya, si era
alzato in volo e si era andato ad appollaiare sul ramo di un albero per
osservare la lezione della sua mamma.
-Bulma per favore alzati- disse facendole segno con la mano di
avvicinarsi.
Una volta vicina le afferrò la coda e le alzò la
gonna.
Indispettita Bulma si divincolò dalla presa di Maya, ma
questa
l’ammonì con uno strattone che la fece gemere.
-Sta ferma!Vuoi che la coda ti sia di intralcio mentre ti
eserciti? Bada che ci vuole molta concentrazione- la avvisò
mentre le legava la
striscia di pelo azzurro in un nodo e lo nascondeva sotto le tulle
della gonna.
Bulma si girò con le braccia incrociate e un aria piuttosto
stizzita e indignata.
-Non sarà poi così difficile, io sono la grande
Bulma Brief, non
sarà un impresa per me-
Maya portò le braccia incrociate al petto e la
guardò con aria di
sfida.
-Allora potrai benissimo imparare da sola- intimò lei
avviandosi
verso l’albero sul cui ramo più grosso si era
accovacciato suo figlio.
-Ehi aspetta! E io che dovrei fare qui?- disse allargando le
braccia per indicare il piccolo spiazzo verde.
-Sei tu la grande Bulma… come hai detto che ti
chiami…ah si…
Brief, non sarà un impresa per te capire come si impara- la
canzonò lei.
Bulma strinse i pugni; non aveva voglia ne tempo di discutere o di
essere garbatamente presa in giro.
-Va bene! Scusami! Adesso mi puoi insegnare?- fece lei tentando di
essere il più umile possibile, ma dando a vedere di essere,
solo, molto
seccata.
-Va bene- disse con un sorrisetto soddisfatto lei, riavvicinandosi.
-Mettiti qui al centro della radura- disse indicandole un punto
indefinito nel centro della piccola piazza verde.
Bulma le obbedì e si posizionò dove le aveva
indicato.
-Bene- fece lei.
-Per cominciare- e le mise una mano sulla spalla – devi
essere
molto concentrata e rilassata, distendi i muscoli, devi solo rimanere
qui,
respirare e cercare di non pensare a null’altro se non a
volare, sentiti
leggera- disse lei come se si trattasse davvero di una cosa semplice.
Bulma sbatte un paio di volte le palpebre prima di formulare una
frase di senso compiuto –Tutto qui?-
Si pentì subito di quel che aveva proferito e
puntò gli occhi
verso il basso per dare ad intendere che si era ravveduta, ma Maya
rimase calma
e addirittura le sorrise.
-Provaci- le disse con tutta la tranquillità di cui era
dotata e
si allontanò da Bulma per lasciarle lo spazio necessario,
raggiungendo il
figlio.
Si distese all’ombra dell’ albero che era diventato
la postazione
di osservazione del figlio e osservò la scena godendo del
fresco.
Bulma cominciò a dondolare le braccia avanti e indietro
insieme al
corpo e quando le parve che i muscoli delle gambe fossero
sufficientemente
distesi provò a rilassare anche la mente, come le aveva
consigliato Maya.
Si mise in punta di piedi, forse, attendendo che una forza
misteriosa la sollevasse dal suolo.
Più il tempo passava più si adirava vedendo il
piccolo Lah
rincorrere, volando, una farfalla dalle ali di un giallo acceso.
Un moccioso di otto anni volava come un uccellino e lei, la grande
Bulma Brief, non ci riusciva.
Rivolse un astioso sguardo a Maya che se ne stava pigramente
distesa a osservare le nuvole correre spinte via veloci dal vento che
fischiava
e sibilava tra gli alberi della foresta.
-Ehi- la richiamò.
Con tutta la pacatezza del mondo Maya alzò lo sguardo calma
e
sorridente, il che fece inasprire ancor di più Bulma.
-Hai intenzione di aiutarmi?Vorrei imparare a volare il prima
possibile- disse incrociando le braccia al petto imbronciandosi come
una bimba
capricciosa stanca di aspettare.
Maya raccolse una margherita prendendo a sfiorare i petali con le
affusolate dita violacee minacciando di strapparli e attorcigliandone
il gambo.
-Allora?-
Maya non staccò gli occhi dal fiore che aveva avuto la
sfortuna di
cadere tra le sue mani.
-Credevo che ci saresti riuscita da sola-
Bulma la fissò adirata, stava forse mettendo in dubbio le
sue
capacità?
-Come sarebbe a dire?-
Maya lasciò la margherita al suo destino e prese a
armeggiare con
la sacca che si era portata dietro.
-Ci vuole circa un anno per imparare a controllare la propria
energia- proseguì estraendo oggetti più o meno
inutile dal contenitore –per
volare è necessario avere un minimo di questo controllo,
forse esiste un modo
per aiutarti a concentrarti -
Estrasse dalla borsa in tela un oggetto lungo e lucido.
-Siediti e riprova-
Bulma si gonfiò di indignazione sbuffando scocciata e
obbedendo al
comando ricevuto.
Una volta seduta prese a torturare i fili d’erba con le dita
guardando di sottecchi Maya che continuava a brigare con
l’oggetto.
-Rimani concentrata- intimò lei senza neanche guardarla.
Bulma sbuffò sempre più seccata e decise che il
modo migliore per
rilassarsi; era imporsi di non guardare quella donna così
irritante e chiuse
gli occhi.
Tentò di distendere il suo volto crucciato in un espressione
più
rilassata, riuscendoci.
Respirò a pieni polmoni l’aria che le soffiava in
faccia svuotando
la mente e rilassandosi a tal punto che avrebbe potuto addormentarsi
con quel
silenzio.
La quiete fu rotta dal suono modulato di un flauto.
In uno stato in villico tra la consapevolezza e il torpore che
precede un sonno lungo e pesante schiuse infastidita una palpebra per
constatare che Maya soffiava in uno strumento lungo e sottile, muovendo
le sue
dita affusolate sopra i fori dell’arnese.
Ad ogni soffio un suono melodico riempiva l’aria e Lah
cominciò a
dondolare le gambe che penzolavano dal ramo al ritmo della musica.
Bulma richiuse l’occhi e smise di spiare l’ambiente
circostante,
lentamente la musica flemmatica cominciò a modificarsi,
divenne un continuo
trillare, un ritmo incalzante e orecchiabile.
Maya muoveva veloce le dita sui buchi dello strumento musicale e
cominciò a tenere il ritmo della musica battendo il piede
sull’erba umida.
Bulma seguiva le note con attenzione e dopo l’ennesimo
ritornello
era in grado di prevederne il corso, inconsciamente cominciò
a canticchiarla
senza che le sue labbra si dischiudessero le sue corde vocali
cominciarono a
intonare le strofe e i ritornelli e ogni qual volta la canzoncina si
esauriva e
terminava con un suono lento e di volume decrescente riprendeva
dall’inizio.
Lentamente, quasi a millimetri cominciò a sollevarsi da
terra, i
fili d’erba le sfioravano le gambe nude e l’orlo del
vestito non si era ancora
completamente staccato dal suolo, ma… levitava anche se di
pochi millimetri
levitava, come sollevata da un vento che soffiava dal basso verso
l’alto.
I suoi capelli cominciarono a svolazzare verso il cielo e
ricadendole sul viso.
Questa brezza in grado di farle vincere la gravità sembrava
soffiare a intervalli, ogni volta che veniva a mancare per qualche
frazione di
secondo Maya e Lah sussultavano, pronti a scattare nella direzione di
Bulma.
L’orlo del suo vestito cominciò a staccarsi
dall’erba, umido per
il terriccio bagnato e la gonna cominciò a gonfiarsi del
vento che tirava.
Bulma aveva assunto un’espressione corrugata, come se fosse
alle
prese con il problema tecnico del motore più complicato che
suo padre avesse
mai costruito.
Le gambe incrociate, le mani serrate sulle gambe, gli occhi chiusi
e il vento che la trascinava in alto sempre più verso
una nube.
Ormai aveva superato l’altezza dell’albero dove si
era sistemato
Lah e Maya la osservava con il naso all’insù
sempre suonando il flauto.
La musica cominciava ad allontanarsi divenendo, con lentezza,
gradualmente più fievole fino a diventare un lontano
mormorare.
Il freddo cominciava a pungerle il viso come aghi di ghiaccio,
l’umidità a cui andava in contro tra le nuvole si
faceva sentire sulla sua
pelle e l’aria di fece più rarefatta.
Ormai era ad un’altezza non indifferente e la musica non
poteva
più essere distinguibile dalla voce del vento.
La presa con cui stringeva i lembi del suo vestito cominciò
ad
attenuarsi rilassò i muscoli del viso e lentamente
aprì gli occhi.
-Maya?-
Gli occhi adesso erano spalancati sul vuoto davanti a lei, solo
una fitta nebbia umida la avvolgeva senza lasciar intravvedere un
fazzoletto di
cielo azzurro.
Era finita nel bel mezzo di una nuvola.
Da lontano poteva sembrare qualcosa che aveva una consistenza,
morbida e fresca come un cuscino, un materasso accogliete dove
sprofondare per
fare un sonnellino, simile al coton fioc, alla morbida ovatta.
Da piccola molto spesso si era chiesta come sarebbe stato
toccarla, ma ora che c’era in mezzo capiva che si trattava di
una patina bianca
e grigia che impediva la vista, per niente morbida e comoda, solo
nebbia;
quella che contribuisce a dare una atmosfera lugubre e spettrale ai
film
dell’orrore, e, per di più, fredda.
Sussultò e sciolse le gambe che prima teneva incrociate
ritornando
in posizione eretta e irrigidendosi.
Il suo equilibrio già cominciava a vacillare, temeva che a
poco a
poco, la concentrazione, e la forza che la reggeva in aria, si
sarebbero
dissolte e lei sarebbe precipitata senza scampo.
La voce del flauto aveva del tutto smesso di intonare la canzone,
non si sentiva più quel mormorio così melodioso e
piacevole.
Si mise a canticchiarla di nuovo per farsi compagnia, per riempire
il silenzio, per non farsi prendere dal panico, per consolarsi.
-Bulma!-
La voce di Lah, una voce amica.
-Lah-
Pronunciato il nome Bulma vacillò, descrisse dei cerchi con
le
braccia per tenersi in equilibrio.
-Lah aiutatemi-
-Tranquilla Bulma ti recuperiamo- sta volta era la voce di Maya
-Rimani ferma dove sei e non provare a muoverti-
La stavano cercando, l’avrebbero portata giù, ma
perché ci
mettevano così tanto?
In una nube non potevano certo affidarsi alla vista… se solo
avesse potuto parlare, ma ogni minimo movimento, persino il vibrare
delle corde
vocali, sembrava sbilanciarla.
Riprese a canticchiare la canzone ma per poco non perse del tutto
la calma, per un momento i fili invisibili che ancora la teneva
sollevata e
precariamente al sicuro vennero a mancare, scese vertiginosamente di
quota e
cacciò un urlo ma come se le corde invisibili si fossero
improvvisamente tese
lei ritornò stabile e ferma.
Con gli occhi serrati e la coda che si era sciolta e che ora era
irrigidita dietro di lei sfiorò qualcosa.
Ritrasse il prolungamento al tocco freddo di qualcosa che sembrava
metallo e per poco non cadde all’indietro.
Lentamente si voltò per appurare chi si nascondesse dietro
di lei,
non potevano essere Maya o suo figlio, la avrebbero afferrata, non si
sarebbero
nascosti.
Lah era solo un bambino, era vero, poteva aver deciso di farle uno
scherzo idiota, ma non pensava che arrivasse a volerla spaventare in
una
situazione del genere, era troppo importante.
Metri e metri la separavano dal suolo, e, a tenerla ancora in aria
era la debole energia che aveva imparato a sprigionare.
Un bip proveniente da un apparecchio meccanico le fece irrigidire
ancora di più i muscoli della schiena, mentre un brivido le
attraverso la
schiena dall’estremità della coda fino al collo.
Gli occhi sbarrati davanti a se si rifiutavano cocciutamente di
guardare chi ci fosse dietro.
Un ombra velocissima le si parò davanti a qualche metro di
distanza, era a braccia incrociate, come se si aspettasse una mosso da
lei, ma,
una volta che ebbe chiuso e riaperto le palpebre non’ era
più svanita come un
miraggio.
Sbatte ancora un paio di volte le palpebre ma non riapparve.
Si rassegnò a pensare che, con tutto quello che le stava
capitando, si stava suggestionando da sola quando sentì un
respiro caldo sul
suo collo.
Sbarrò gli occhi e si voltò di scatto, ma quel
movimento riflesso
fu sufficiente da far svanire completamente la forza che la salvava da
un salto
nel vuoto.
Scese di quota di alcuni centimetri quando senti una stretta forte
e dolorosa al suo polso.
Da li poteva distinguere le diverse sfumature di verde delle
colline che si stendevano sotto di lei che diveniva quasi marrone a
causa
dell’erba secca e gialla. Poteva vedere le nubi che si
facevano più rarefatte e
che venivano disperseda un vento gelido che aveva cominciato a soffiare.
La sua testa scattò in direzione del sostengo e della voce
che
disse.
- non sai neanche reggerti in volo sciocca bastarda mezzo sangue-
Bastarda…
Quella parola la ferì più di quanto non avesse
potuto immaginare,
aveva sentito chiamare altra gente con quell’appellativo: a
scuola, per strada,
sull’autobus di ritorno a casa.
La fece sentire miserabile, cosa che non poteva mai aver provato a
casa sua tra tutte le comodità della sua ricca vita.
Lei una bastarda?
Per cosa?
Non era certo una figlia illegittima…o almeno non ricordava
di
esserlo…nessuno doveva insultare Bulma Brief nemmeno se
era…
Una volta girata vide un ragazzo.
Quanti anni poteva avere? Sedici? Diciassette?Aveva un bel viso
dai lineamenti duri e spigolosi, dei capelli ritti sulla testa, neri e
a forma
di fiamma con l’attaccatura dei a V e una fronte spaziosa e
ben disegnata.
Occhi neri tanto quanto i capelli, anzi più neri, quando
Bulma li
incrociò le sembro che silenziosamente la minacciassero di
morte, belli e
profondi.
Alla parola bastarda la stretta sul polso della ragazza si
rafforzò.
Bulma strinse i denti e affondò le unghie sui guanti dello
sconosciuto
sperando di raggiungere la carne.
Rise del suo patetico tentativo di fargli male, lesse nei suoi
occhi che l’offesa aveva sortito l’effetto sperato,
si era indignata a tal
punto da sfidarlo.
-Bastarda…-gli fece eco lei come se stesse analizzando la
parola
come per assimilarla, per non dimenticarla, per legarsela al dito, per
meglio
comprende il motivo dell’insulto
-Bastarda?- odio puro le passò negli occhi come
un bagliore improvviso
ed effimero, sibilò a bassa voce con la mascella serrata.
-Non osare mai
più…chiamarmi…così-Le sue
unghie stavano scavando
per ferirlo, rafforzò la stretta.
Il riso strafottente di Vegeta non era scomparso, anzi, si era
trasformato in una smorfia di intimo compiacimento e scherno.
-Cosa credi di fare? Mocciosa. Dovresti essermi grata, ti sto
salvando dal vuoto qui sotto- disse dando un occhiata al paesaggio- di
un’altra
parola e ti lascio andare.-
Bulma si morse il labbro livida di rabbia e inasprita.
Poteva leggerli in viso la soddisfazione di averla zittita.
La sollevò ancor di più in modo che i loro visi
fossero alla
stessa altezza, la fisso storcendo il naso.
-Mpf-
L’oculare che aveva fissato all’orecchio sinistro
segnalò un
numero scritto in giallo che risaltava sul vetro verde, Bulma lo lesse
al
contrario; era una cifra bassa.
Il congegno emise un suono
di allarme e una freccia sulla lente
segnalò la direzione alla sinistra dal ragazzo, subito
seguita da un altro
numero.
-Bulma!Bulma mi senti?-
“Lah”
-Il moccioso…-
Ebbe l’impressione che stessero salendo di quota, si
addentrarono
ancor di più nella nebbia, Bulma osservò prima il
basso, i prati che si
allontanavano che venivano ricoperti dalle nubi e poi la freccia sul
vetro
verde che ora, accano al numero segnava giù.
-Ti verremo a prendere- intimò il ragazzo, sembrava
più una
minaccia che una promessa-non sfuggirai alla luna-
Non riuscì a non farsi sfuggire una smorfia di terrore.
Il polso venne liberato dalla stretta e non ci fu più nulla
che
lei potesse fare per salvarsi.
Cadde nella nube osservando piena di rancore Vegeta che si godeva
la scena perfettamente immobile con il sorrisino che si
allargò ancor di più
sulla sua faccia.
Qualcosa la fermò, piuttosto lei cadde su qualcosa.
Si girò, sotto di lei c’era un sofferente Lah che
lottava per
resistere all’improvviso peso che gli era caduto in braccio.
-Bulma disse con la voce soffocata dallo sforzo.
-Lah!!!- esultò lei prima di rendersi conto che il ragazzo
poteva
ancora essere là, ma non c’era.
Se ne era andato, lasciandola con una minaccia.
Rabbrividì al pensiero della promessa che i suoi occhi
contenevano, rabbrividì al ghigno che aveva stampato in
faccia quando l’aveva
lasciata andare, rabbrividì al pensiero del piacere che
aveva visto nel suo
sguardo nel vederla impaurita,…rabbrividì.
“non sfuggirai alla luna...”
Perdonatel'immenso ritardo di questo capitolo ma sono stata in vacanza
per un mese, e francamente l'ispirazione è venuta a mancare,
ho scritto questo capitolo pezzettino per pezzettino e il risultato
neanche mi soddisfa più di tanto...be alla fine ho postato,
con immensa fatica e una decina di consutazioni con mia sorella per
capire se fosse giusto cancellare o pubblicare ma alla fine questo
capitolo è stato postato ( per nostra immensa sfortuna nd
tutti)
BulmaMiky:Lo so, lo so devo scrivere
sopratutto per me stessa, in fondo è quello che fanno quelli
di questo sito no? Scrivono principalmente per amore verso la lettura e
verso i loro anime manga e tutti gli altri generi esistenti in questo
sito, anche se un commentuccio fa sempre piacere riceverlo.
Umpa_lumpa 1:Grazie sono felice che
ti piaccia sempre di più ( e naturalemnte sono felice che tu
stia notando i miei miglioramenti, a detta tua, perchè
questi "miglioramenti" io proprio non li vedo) mi fa piacere che tu
abbia trovato comica la scena dove tentano di reciderle la coda, mi ha
sorpreso perchè non era nata a scopo di far ridere ma doveva
essere un semplice " intermezzo" ebbene si i guai ci saranno e sono
presagiti anche da Vegeta in questo capitolo.
Umpa_lumpa 2: Non ti preoccupare mi
fa sl piacere ke tu recensisca (^^ancora resisto ai tuoi commenti)
|
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Capitolo 8 *** La notte porta incubi ***
L’eco
di quella minaccia risuonava nei suoi incubi.
Si svegliava madida di sudore sbarrando gli occhi sul soffitto, in
cerca dell’aiuto di Lah e Maya.
Afferrava la fodera del divano, dissennata, scuoteva il capo nel
sonno come per sottrarsi a qualcuno, scalciava disfacendosi delle
coperte e
delle lenzuola gridando di andarsene al vento.
Quando finalmente si sottraeva agli incubi, svegliandosi, si
ritrovava la mano unita con quella di Maya che le urlava
“Svegliati, fatti
forza! Svegliati!”.
Una volta che trovava le sue dita intrecciate strette
con quelle di Maya, le scioglieva da quelle
dell’aliena abbandonando il capo sul
comodo guanciale respirando faticosamente e socchiudendo le palpebre
stanca,
pronta per sprofondare nuovamente nel sonno e ritornare preda delle sue
visioni
angosciose.
Aveva continuato a prendere la medicina miracolosa, e, giorno dopo
giorno, riacquistava possesso di piccoli ricordi del suo passato.
Sentiva ancora la sapidità agrodolce del medicinale da poco
preso.
Anche quel giorno si era svegliata con la confusa memoria di un incubo,
si
era passata una mano sui capelli, per scostarli dalla faccia, e poi sul
suo viso
sfatto, su cui si stavano inevitabilmente formando i segni delle sue
dormiveglie e dei suoi sogni inquieti.
Maya sosteneva che si trattava di un travagliato percorso di
acquisizione
della reminescenza che riportava alla mente, durante il sonno, ricordi,
anche
spiacevoli.
Bulma però dubitava della validità della sua
teoria poiché, al
risveglio, oltre alla paura e alla angoscia, delle sue visioni
notturne, non
ricordava proprio nulla.
Solo un grido bestiale, prima del risveglio.
Si sentì strattonare la manica della veste bianca.
Si voltò verso la figura che reclamava la sua attenzione.
-Bulma!Bulma!-
Lah la chiamava con insistenza indicando con l’indice della
mano
libera una bancarella di biscotti.
-Me ne compri uno?-
Non se la sentì di deludere le sue speranze e gli
allungò
sbuffando un po’ dei soldi che Maya le aveva offerto.
Osservò il bambino correre e sparire tra
l’affollamento cittadino
per poi tornare con la faccia infilata in un sacchetto di carta alla
ricerca
delle rimanenze dei biscotti.
-Ma quanto mangi?- chiese con una smorfia una volta che la faccia
di Lah, sporca di qualunque glassa avesse ornato la superficie del
biscotto,
riaffiorò dalla carta arancione del pacchetto.
Si grattò la nuca consapevole di non avere giustificazioni
per la
sua ingordigia, e rise di se stesso e dei suoi difetti.
-Ne volevi un po’ anche tu?- chiese osservando le poche
briciole
rimaste nella bella carta.
-Figurati, fa ingrassare quella robaccia- disse guardando altrove
con le braccia incrociate al petto.
Era da quando si era alzata che teneva gli occhi bassi
sull’asfalto
della città, svuotata della sua solita allegria, agitando
furiosamente la coda
sotto la veste.
-Bulma, hai fatto ancora brutti sogni?-
Risentita gli sbraitò in faccia.
-Non sono affari tuoi mocciosetto-
Ormai non si inalberava più quando si rivolgeva lui con
termini di
questo genere.
Da quando era arrivata aveva collezionato un vasto repertorio di
appellativi poco lusinghieri con cui veniva regolarmente chiamato ogni
volta
che non si faceva gli affari propri e, vinto dalla
curiosità, chiedeva a Bulma
che stesse facendo o a cosa pensasse.
-Certo, però è tutto il giorno che hai quella
faccia si può sapere
cos’hai?-
Si strinse nelle spalle e strinse ancor di più le braccia al
petto
come per proteggersi.
-Non lo so, ma ho freddo...- fece una pausa grave fregandosi con le mani le braccia intirizzite- ...un gran freddo-
Lah la guardò inclinando il capo lievemente, come faceva
sempre
quando desiderava che gli si spiegasse meglio qualcosa.
-Ma come? Ci sono circa 27 gradi-
Bulma si voltò seccata
-Non so perché ma ho freddo- rincarò la dose lei
con più fermezza
e irrigidendo la coda.
-Ma è impossibile-disse perplesso-starai covando un raffreddore- disse citando le parole materne.
-Ho come la sensazione…- si guardò intorno alla ricerca di qualcosa -che qualcuno…mi stia
fissando la coda…-
confessò cercando di ritirarla sotto l'abito,
rabbrividendo.
-Vuoi che andiamo a casa?-
Si guardò un po’ intorno per appurare di essere
l’oggetto dell’interesse
di qualcuno, ma il flusso di gente procedeva per la strada nei sensi di
marcia
stabiliti senza fermarsi a prestare attenzione e lei, e men che mai alla
sua
coda.
Ma sentiva una presenza invisibile che, frigida, la guardava come se
dovesse valutarla e indagare le sue intenzioni, qualche volta si
rendeva
discernibile, e poteva scorgerla con la coda dell’occhio
più vicina che mai,
insieme all’odore del sangue che si portava dietro.
Temeva che la minaccia ricevuta, prima o poi, sarebbe stata portata
a compimento, qualunque cosa il ragazzo avesse voluto dire.
E ogni
giorno che
passava, ogni notte che se ne andava, lo sentiva guizzare velocissimo
vicino a
lei lasciando che avvertisse la sua presenza solo con l’aria
che spostava e grazie
l’aroma di selvatico che lo accompagnava.
E vedeva la luna in cielo crescere sempre di più, spicchio
dopo
spicchio, farsi quasi piena, notte dopo notte, e le faceva paura
l’idea della
sfera lunare che dominava sul cielo sommando la sua pallida luce a
quella
delle stelle.
La vedeva, a volte, anche durante il giorno, nel cielo, quasi come fosse incorporea
e trasparente, priva di luce, come a volerle ricordare che era sempre
li, che
non poteva sfuggirle, che era inevitabilmente collegata alla minaccia
che le agitava
il sonno.
-Va bene, andiamo-
Lah le fece strada tra la massa di persone, una volta uscita dai
confini della città poterono spiccare il volo indisturbati.
Prima che le sua scarpine bianche potessero staccarsi da terra di nuovo una folata di vento la investì, il freddo
ritornò a farla
rabbrividire, ad attecchire sulla sua pelle.
Le soffiò in faccia l’odore delle selve dove
l’entità invisibile
si accampava, quello del sudore che aveva stillato in combattimento,
dei
cadaveri su cui aveva infierito.
Tutti questi erano segni lampanti della sua presenza, che la sua
minaccia era ancora valida, che la teneva d’occhio con
sguardi alteri,
inclementi, disdegnosi.
Questa volta riuscì a distinguere i suoi passi.
Erano vicinissimi, si sarebbe aspettata che di li a poco sarebbe
apparso dietro di lei e avrebbe stretto la mano sulla sua spalla per
portarla
via come aveva preconizzato.
Si voltò verso destra: la direzione dove era arrivato
distinto il
suono dei suoi stivali sull’erba rugiadosa.
Un corpo si interponeva alla luce del sole che tramontava, sospeso
in aria, eclissando la stella a metà.
I contorni del suo viso non erano distinguibili ma quelli del suo
corpo si, belli e avvenenti, sullo sfondo di nuvole tinteggiate di rosa, dove il sole lentamente affondava tra queste opacando gradualmente la sua luce, che nel frattempo gettava nel cielo colorandolo di rosso.
Sfacciatamente, occultando la sua paura, gli fece un saluto
aprendo e chiudendo le dita sul palmo della mano, e sorridendo spudoratamente.
Era consapevole di starlo palesemente provocando, di star sventolando senza criterio il drappo rosso davanti al muso del toro; non
aveva
riflettuto troppo sulle conseguenze che avrebbe avuto la sua
sfrontatezza; l’istigazione
di un individuo che si era dimostrato pericoloso... ma lo fece.
Solo l’aria mosse i suoi capelli, non ebbe alcun tipo di
reazione all'imprudenza della Sayan dai colori del cielo.
-Bulma!Non volevi andare a casa?-
Lah la osservava salutare il sole senza effettivamente capirne il
motivo.
-Ma chi stai salutando?-
Bulma si voltò verso Lah e poi di nuovo nella direzione dove
Vegeta oscurava la luce del sole calante.
Non c’era più.
Livida di vergogna si alzò in volo e raggiunse il piccolo.
Eccomi
tornata, ultimamente ho
avuto un po' da fare con "Nel bene e nel male...noi" nuova fic e ho
lasciato un po' da parte questa ma ora posto questo capitolo, molto
più
corto rispetto alla mia media ma non ho molto tempo.
Ringrazio chi
ha aggiunto la storia tra i preferiti:
Haruka
miettajessica
Nico22
Shizue Asahi
sonietta87,
super
vegetina,
Vegtina
grazie smak.
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Capitolo 9 *** Chiari presagi ***
Cari lettori rieccomi, sono
imperdonabile, ho avuto un periodo scolastico un po' travagliato ma ora
che la situazione si è poco o meno stabilizzata ho trovato
un secondino per competare questa schifezza.
Umpa_Lumpa, caso mai
passassi di quà ti ricordo che io non godo a svalutarmi ma
sottovalutare i miei limiti è un grosso sbaglio e io voglio
migliorare.
Non mi resta che
augurarvi buona lettura^^ by trullitrulli
Di tutto
ciò che si poteva trovare a pochi passi dal bosco quella era
forse la più
paradossale.
Una
capsula sferica con all’interno un sedile che al tatto pareva
confortevole
quanto bastava per un viaggio decente e una serie di pannelli in disuso
da
alcuni mesi. Ma la vegetazione proliferava con una velocità
impressionante in
quella sua nuova casa e l’interno era già stato
invaso da rampicanti e da uno
strano…rettile,che aveva dovuto scacciare non senza ripulso,
che ne aveva fatto
la propria tana.
Un Lah
saltellante ed eccitato per la scoperta la disturbava nelle sue
meditazione e
girava intorno al marchingegno strappando gli arbusti che si erano
spavaldamente spinti oltre la portiera spalancata.
La
ragazza aveva preso anche lei girarci intorno con una mano adagiata al
mento in
atteggiamento meditativo e aveva assestato un paio di calci alla
struttura
esterna per saggiarne la resistenza.
Era di un
metallo pallido e ammaccato dal travagliato atterraggio.
Nel poco
del pianeta che aveva conosciuto in quei giorni non aveva mai visto
niente di
simile, poteva
addirittura pensare che il mal funzionamento delle reti di
telecomunicazione, che aveva appreso ad utilizzare da Maya, fosse
dovuta a
qualche interferenza nel sistema di quell’aggeggio, oppure da
qualcosa a esso
direttamente collegabile.
Forse si
stava solo ingannando, ma quale altra eventualità avrebbe
potuto prendere in
considerazione?
Si sporse
nell’abitacolo, dopo aver fatto un altro giro attorno al
mezzo, diede un paio
di colpetti alla lamina interna con un’ aria competente che a
Lah non sfuggì.
-Tu sai
farlo funzionare?-
Senza
interrogarsi sul perché di quella sua apparente esperienza
nel campo della
robotica e della meccanica si adagiò sul sedile affondandoci
dentro e
sfregandosi le mani con soddisfazione.
Si chinò
sui comandi cercando e distinguendo quelli di accensione, il regolatore
di
velocità, il ricettore di messaggi, schedando le
funzionalità di ogni bottone
con un idoneità che presupponeva un grande talento e
conoscenza.
Lah la
osservava ammirato con gli occhi luccicanti di interesse, consapevole
di aver
fatto due scoperte.
-Ma come
fai?-
Sollevò
gli occhi azzurri dalla tastiera non capendo la domanda.
-Cosa?-
-Questo!-
disse allargando le braccia –Sei un meccanico-
Bulma
sussultò.
In
realtà, non si era posta il problema, aveva una naturale
predisposizione nel
maneggiare circuiti e macchinari, ma sul momento aveva trovato la
struttura
della navicella elementare e supponeva che anche Lah avrebbe potuto
giocarvi
senza far troppi danni.
Confidando
nell’assoluta normalità delle sue conoscenze aveva
dato fondo a queste sue abilità
senza riflettere, spinta dalla sua sopita passione ed attitudine.
Realizzò
solo al momento di aver in mano i fili del meccanismo di una consolle
estremamente complicata.
-Come?Tu
non lo sai fare? Eppure è così semplice, guarda!-
Lah
guardava e quello che vedeva era lei, e un sacco di fili rossi, gialli,
blu,
viti, bulloni, cip…
Bulma
aveva cominciato ad elargire le sue conoscenze mentre abilitava il
circuito di
avvio e lui si era perso a “è estremamente
semplice non bisogna far altro che
prendere questi due fili collegarli con il generatore inserire il cip
blablablablabla......Ehi
Lah? Mi stai ascoltando-
Sussultò.
-Eh?-
-Non mi
stavi ascoltando!?-
Ammiccando
un sorriso a disagio Lah si passò una mano dietro la nuca.
-Ehm…ho
perso il filo del discorso-
Esasperata
appuntò i gomiti appoggiandoli sui comandi e spingendo
inavvertitamente il
bottone rosso.
Il
portellone le si chiude davanti sotto gli occhi di Lah e la consolle
cominciò a
emettere segnali luminosi preoccupanti.
Ci fu una
lieve scossa e poi percepì la mancanza del suolo sotto il
velivolo che stabile
si librava di pochi centimetri.
Cominciò
ad armeggiare affannosamente con i comandi tentando di sfuggire alla
situazione.
Lah si
dimenava non con minor foga dietro il vetro
dell’oblò, ormai distante.
L’ambiente
ovattato isolava i rumori all’esterno lasciandola fisicamente
del tutto sola.
Si
allacciò alla cintura il più velocemente che
potè per evitare almeno di ferirsi
e visto che ormai la partenza era stabilita doveva impartire al
computer le
coordinate.
Scelse
quelle più vicine che le vennero in mente per scampare a
viaggi interplanetari.
Si sentì
compressa sulla poltrona della cabina dalla velocità.
Sfrecciò
tuffandosi nelle nubi e mantenendosi ben salda ai braccioli del sedile
trovando,
tra se e se, il tempo per pregare.
Si chiuse
gli occhi non appena vide riavvicinarsi il verde del pianeta, sentiva
il sibilo
del vuoto che la navicella lasciava dietro di se tagliando
l’aria con la sua
velocità.
Era
evidente che l’eccesso stava procurando danni
all’interno perché i bulloni
cominciarono a cedere e una sottile linea fumosa ad invadere
l’abitacolo.
Ma Bulma
era troppo occupata per pensarci.
Uno
schianto dall’intensità e rumore direttamente
proporzionale all’indicatore di
velocità sul piccolo schermo laterale fece cedere la sua
presa sui braccioli e
la cintura e si ritrovò a testa in giù.
Cercò di
ricomporsi come poteva, si sistemò i capelli, si
lisciò inutilmente le pieghe del
kimono rosa, si diede un occhiata allo specchiante schermo incrinato e
fumante.
Poi
provvide a guardarsi intorno e non darsi pena per il suo aspetto
scomposto e
lievemente corrotto.
Appurò
che il portellone era bloccato: uno sbilancio durante
l’atterraggio aveva
capovolto la navicella e l’aveva fatta atterrare frontalmente.
Lo spinse,
lo tempestò di deboli pugni, disperata, poi vista
l’utopia del suo tentativo si
accasciò sconsolata sul sedile, sistemandosi come poteva
nonostante fosse
ribaltato, cercando un comodo incastro per la sua figura.
Soffiò
via aria e chiedendosi perché capitassero a lei tutte le
disgrazie di questo
mondo picchiò la parete con un pugno.
Si rivelò
una pessima idea perché lo schianto le restituì
un dolore lancinante alle
nocche.
Mentre si
soffiava sulle dita come se potesse soffiare via la sofferenza la
struttura
interna scricchiolò pericolosamente.
Notò una
crepa delle dimensioni di non più di tre pollici.
La
osservò curiosa del fatto che si trovasse proprio dove aveva
punito la navicella
per essere un inutile pezzo di rottame mal funzionante.
Possibile
che l’impatto con il suolo erboso avesse provocato una
rottura della lamina
interna.
Scartò
l’ipotesi; il materiale doveva essere stato concepito e
lavorato proprio per
evitare disastri del genere.
Ma come
se fosse bastato guardarla venne innescata la propagazione del danno.
La crepa
si allungò, ne apparvero altre con rumorosi cigolii mentre
il guscio interno si
sfaldava; la parete si
frammentò implodendo su se stessa con un pesante polverone
e uno scoppio sonoro.
Bulma si
ritirò per evitare i contaminare ulteriormente la sua
persona di danni.
Si
ritrovò ugualmente con il polverone nella cabina e addosso
una strana
sensazione di dejavù.
Si
spolverò con il palmo della mano e uscì dal
rudere stellare.
Tossì
convulsamente per espellere l’accumulo di polvere dal naso e
dalla bocca.
In un
secondo momento, quando la sua vanità fu esaudita e si fu
ripulita assimilò
quel che era successo.
Si guardò
le mani come a volerle interrogare.
Non conosceva
la sua forza.
“Ma
che vado a pensare” disse con un gesto della mano scacciando
l’ipotesi come una
mosca fastidiosa e un sorriso di scherno verso se stessa.
“Una
ragazza giovane e carina come
me…ahahahah….figurarsi se sono in grado
di…”
Tutta la
struttura del velivolo franò al suolo senza troppe cerimonie.
Con la
mascella molle Bulma osservò la navicella disfatta.
Questo
non poteva ignorarlo.
Doveva
ammettere che nell’ultimo periodo le stavano accadendo
stranezze simili,
collegabili.
Una
volta, mentre si esercitava nella levitazione, quando era ancora ai
primi
rudimenti della tecnica ed era ansiosa di riuscire ad eguagliare il
mocciosetto
di otto anni, Lah la continuava a disturbare, intuendo il disagio
dell’amica
nella sua provvisoria inferiorità.
Pervasa
dal nervoso aveva interrotto gli esercizi appositamente per assestargli
un
calcio nelle natiche, che lo spedì molto più in
alto e lontano di quanto non
avesse calcolato.
Era una
giornata molto ventosa e ipotizzò si fosse trattato di un
potente spiffero
ascensionale sul sedentario.
Teoria dubbia,
ma bastò sedare i sospetti.
La
seconda volta, in un' uscita mattiniera e tempestosa, una decina di
alberi aveva “casualmente” preso fuoco invasi dalle
fiamme di
un’energia silenziosa e potente che si era sentita strisciare
in corpo
rapidamente ed esplodere all’esterno frammentando anche i
vetri della casa e
qualche sassolino quando Lah le aveva fatto uno sgambetto facendola
finire
dritta nella poltigliosa fanghiglia accanto.
“Incredibile cosa accada durante i temporali su questo
pianeta” pensò
attribuendo i meriti del disastro ad un altro ignoto fenomeno fisico.
Ora non
poteva nascondere le sue doti dietro ricercate spiegazioni.
Aveva
pure notato che, col passare dei giorni e il susseguirsi dei disastri,
Majia
spifferava a Lah qualcosa nell’orecchio con
l’indice in alto autoritario e
serio sempre più di frequente.
Aveva
preso a trattarla con una mielosa e fasulla gentilezza ricreata con
enorme
sforzo anche quando rompeva qualcosa in modo volontario.
Ad ogni
modo si trovava sola, lontana chilometri dalla casa dei suoi
soccorritori, e
neanche alzandosi in volo riusciva ad arrivare con lo sguardo fino al
bosco
dove avevano sostato a bere prima lei e quella piccola peste.
“Chissà,
forse ha toccato la
navetta dove non
doveva quel mostriciattolo alto un metro e uno sputo”.
Il
bollore non le si era ancora spento.
Si voltò
per esaminare quale altro possibile panorama le offrisse il pesaggio,
ma quel
che trovò servì a tutt’altro che a
infonderle sicurezza.
Una
collina oltre la quale i corvi descrivevano cerchi ampi in un chiaro
messaggio
di morte.
Le si
indurì la coda sotto la veste.
Timorosa
scalò l’ostacolo non troppo sicura di voler
assistere mentre i corvi scendevano
in picchiata.
Non
avevano mai assaggiato civili.
Spiò
oltre l’erba e poi si issò lentamente, del tutto
dritta, rapita da uno
spettacolo opera di selvaggia distruzione.
Le
lacrime cominciarono la risalita insieme al pranzo, la scena era troppo
cruda
per essere sostenuta rimanendo indenne.
Caddè di
nuovo in ginocchio, piegata dalla paurosa consapevolezza della morte, e
dell’addio
di quella gente.
Il vento
che si portava via quel poco che rimaneva della città, pezzo
per volta
disperdeva ciò che i corvi avevano lasciato, coinvolgeva
nella corrente anche
le azzurre ciocche di capelli libere.
Ora che
ci pensava, quel paesaggio aveva qualcosa di sconvolgente, negativo
è vero… ma
di nuovo faceva capolino nelle sue membra quella scarica, vibrante e
viscerale
del silenzioso risveglio di un potere strano, di una rabbiosa voglia di
distruggere espressa al massimo nella spinta trascinante dei Sayan
trasformati
nei feroci gorilla della luna piena.
Alimentato
dalla rabbia
Odiava la
vista di quei resti butterati gli uni sugli altri, la miseria di quella
gente,
con lo sguardo disperso nel niente, era avvilente.
Più si
sforzava di non guardarli più si rendeva conto che non
c’era altro da guardare
li.
Odiava
soprattutto essere costretta a osservarli lo odiava perché
in un certo qual
modo le ispirava di nuovo quell’orribile sensazione di
dejavù.
-Come ci
sei arrivata qui?-
Quell’energia
si dissipò, gelata insieme al sangue.
Si voltò
verso un accumulo di sangue raggrumato e secco sulla pelle del suo
tormentatore.
I sogni
la notte si stavano delineando, e specchiavano Vegeta come il carnefice
che
era.
Nelle sue
paure, il suo.
Incapace
di parlare o pensare, per un momento credette si trattasse di un
cadavere
tornato alla vita tanto era lordo della sporcizia, le ci volle un
po’ per
capire che sotto tutta quella rappresa e maleodorante sudiceria di
origine
viscerale non c’erano ferite.
Si figurò
a dire qualcosa di davvero offensivo, ma non si accorse che invece
della
risposta elaborata le uscirono una serie di suoni disarticolati senza
alcun
senso.
Vegeta alzò
lievemente il mento in un espressione composita di interrogativo e
beffeggiamento e un sorrisino sghembo.
-Vedo che
ti piace il panorama…-
La
afferrò senza attendere che si accorgesse della magra figura
e per il braccio
la trascinò ad osservare il resto.
Bulma
prese nuovamente possesso delle sue facoltà e
strepitò imperiosa senza riuscire
a mantener fermo il tono.
- Vedi?Schifosa
mezzosangue vedi? Vedi!!!!!?- Le urlò direzionando
violentemente il suo sguardo
con uno schiaffo verso l’estensione cittadina di morti.
Bulma si
dibatteva strizzava gli occhi, le debordavano lacrime di impotente
sofferenza.
-Lasciami!-
-No!-
-Lasciami…-
-Apri
quegli occhi bastarda. Cos’è? Hai paura del tuo
compito?-
Bulma non
comprese fino in fondo il senso.
La colpì sul fianco con un calcio- Guarda!-
Lo ripugnava dover educare una
sciocca
mezzosangue alla sopportazione e successivamente
all’indifferenza a queste
cose, avrebbe preferito costringerla a ficcarsi in bocca le membra
putrefatte,
sarebbe stato più facile, e sadicamente più
spassoso.
Bulma era
in lacrime.
Schifato
e indignato da quella sua troppo umana tristezza per quegli indegni
esseri
morti miseramente proprio come tali la mollò lasciandola per
terra con le mani
sugli occhi e una frenata voglia di vomitare.
-Sei una
debole-
Avvertì
la frase come un insulto davvero eccesso per una situazione del genere.
Di nuovo
quel fremito, quella parziale coscienza di potersi riscattare, e
compensare
quella strage.
-Sei
stato tu?-
Gli urlò
con voce rotta.
Un
sorriso detestabile e slargato, e capì che ci aveva pure
goduto nel farlo.
Prima che potesse valutarsi pazza si avventò folle urlando
come un'ossessa odiando, il pugno fu bloccato e contenuto dalla mano
del Sayan puro.
Ritrovava sempre in lui quella goduria della sua
superiorità, e ogni volta, la sua volontà si
piegava nella profonda e orrenda consapevolezza di essere simile a lui,
vincolata dal sangue a un dovere destestabile che lui
assolveva...stimolato dal male.
Si
ritrovò di nuovo a terra, indenne, sporca e col fiatone.
Un
pestone le oppresse la schiena nella polvere.
-Se la
vuoi mettere su questo piano…-
Pressò di
più.
Bulma
urlò all’insopportabile punizione.
Spiò la faccia
al disopra di lei, il suo sadico divertimento la accompagno fino
all’incoscienza.
Aveva capito, ora sapeva chi era, o meglio quel che doveva essere, la
maledizione della sua prima luna piena si faceva più
completa, meno nebulosa.
Quel trucidatore era un Sayan, il suo principe, lei tenuta a obbedire
al suo sangue e a lui.
Non voleva, rifiutava di prestarsi alla sua natura.
La
trascinò via per i capelli.
***
-Non
volevo guardare, non volevo guardare- ripetè convulsamente
Lah.
Ricordava
di essersi spostata su questo angolo commerciale perché suo
figlio non vedesse…
e conoscesse solo tutta la serenità e il suo
amore…non poteva pensare che
quelle sue cruente narrazioni sarebbero fermentate nella sua mente,
sarebbero
state i suoi incubi, oggetto di considerazioni più mature
quando fosse stato
grande, e lei da questo male non poteva difenderlo, tanto meno un
ragazzino
sveglio e ingenuo come lui.
Si
strinse al morbido petto della madre lacrimoso, singhiozzando, mosso
dall’umano
dispiacere e dalla sensibilità di un bambino che non
conosceva altro che la
pace e il torpore della
loro vita reietta.
Maya lo
avvolse nell’unico materno schermo che gli poteva offrire
contro il dolore.
-Non l’ho
trovata, non c’era, non c’era- sentendosi colpevole
di cose più grandi di lui.
Lo fissò
con i suoi occhi dell’innaturale blu alieno privo di irride,
rivide come in uno
specchio il suo sguardo sofferente e ansioso.
-La
troveremo-
Pianse
finche non ebbe esaurito la forza di versare lacrime, purtroppo non si
addormentò, rimase aquattato su se stesso in un angolo della
casa, respingendo
Maya nelle sue attenzioni.
Si
dondolava, ripeteva morboso “ Non c’è,
cosa l’è successo? Non
c’è… è colpa
mia…non c’è…”.
|
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Capitolo 10 *** Il patto del nemico ***
Nappa
osservava svogliato e indisposto il laghetto reduce delle distruzione
terminate, ci gettava stancamente dei sassolini per scandire i minuti
guardando
il sole lentamente abbassarsi e tuffarsi in quel pacifico silenzio per
nulla
armonizzante con il paesaggio che aveva alle spalle.
Rise al
pensiero.
Radish
scalpitava alle sue spalle misurando a passi lenti la distanza dal
terriccio
che bordava l’acqua dalla sua navicella.
Emanava
una carica negativa furiosa e palpabile.
Conoscendo
il temperamento fastidioso del compagno ritenne
opportuno ammonirlo.
-Radish…-
ringhiò.
-Che
vuoi?- non smise di camminare a braccia conserte esplodendo
all’interruzione
della sua reticenza nell’impulso bellicoso della sua
suscettibilità.
-Farai
venire un esaurimento ad entrambi- prese nella piccola
attività distruttiva
che era strappare energicamente l’erba allietando i suoi
nervi.
-Ma
quando torna Vegeta?- urlò allargando le braccia
rivolgendosi sia al compagno
sia a qualcosa di superiore e imprecisato che sembrava volergliene male
per le recenti
stragi, accelerando il passo.
Nappa
assentì sbuffando, appoggiandolo brevemente nella sua rabbia.
-Non lo
so- grugnì.
Si sentì
il passo cadenzante del compare e lo strascicare di un peso trascinato
per
terra.
I
pensieri risposero all’istinto decidendo che in
virtù del fatto che si era
disturbato a portarli la cena potevano anche passare oltre le sue
prolungate e
snervanti assenze.
-Era
ora…- sbuffò Radish appoggiandosi alla navicella.
-Si può
sapere dove…-
L’immagine
di Vegeta che trascinava nella polvere dietro di se una bella ragazza
fece
schizzare il tachimetro della sua soddisfazione a zero.
Per
qualche momento nessuno dei due fu capace di lamentarsi distinguendo la
peculiarità
color blu del motivo per cui non se ne erano andati da quel
fottutissimo e
cimiteriale pianeta.
Radish si
vide scostare con una certa insofferenza dalla sua posizione, vide
aprire la
portiera del velivolo ed osservò la ragazza che veniva
sbattuta con la stessa
insofferenza sul sedile, fissata e rifissata con più cinture
di sicurezza.
Quel
pezzo di ferraglia di navicella venne chiuso e quasi spaccato da
un’incurante e
principesca rabbia senza attenzione o rispetto per nessuno.
Quando
Vegeta lesse il riflesso di stupidità
negli occhi sei subordinati esplose nella maniera contenuta e dignitosa
che
usava solo fuori dalla battaglia.
-Che avete razza di idioti?-
Il primo
segno di coscienza lo diede Nappa: sbattendo le palpebre.
Radish fu
capace di emettere un rantolio di parole che uscirono disordinatamente
e senza
senso, l’indignazione non gli concedeva di trovare le labbra,
forse era meglio
così.
Vegeta ringhiò
tediato da quei celebro lesi
dei suoi soldati, tediato dal russare della mezzo sangue…
tediato da tutto.
-Pensavamo
fossi uscito a cercare da mangiare…-
Scoccò
un’occhiataccia a Nappa comandando silenzio.
Per
quella notte le città avrebbero dormito tranquille, permise
al tranquillo
declino del fuoco azzurrino di placare il suo cuore solitario.
***
Il suo
stato volteggiava tra la coscienza e la sonnolenza pesante e torbida.
Fremettero
le ciglia, provò a rigirarsi, ma non era consentito.
Le
articolazioni risposero ai confusi ordini della mente nebbiosa.
Premeva
sul suo corpo un macigno scottante di polvere.
Percepì
lo scotto della pelle lungo la schiena, si ramificava come se le fosse
stato
lasciato colare addosso acido.
Il sedile
era lievemente rosso, ma lei non poteva saperlo.
Sentì in
una voce esterna un suono roco come lo scricchiolio di ghiaia, profondo
e ovattato.
Aprì gli
occhi, concentrandosi su una fessura sul mondo reale.
Una
faccione slargato e pelato le rivolgeva un attenzione un po’
invadente in certi punti del
corpo.
Non ci
badò perché non poteva badarci.
La
coscienza era faticosa, meditava un ritorno nel sonno, nella sua
svogliatezza
di pensare, perché pensare era doloroso, ogni minuto
più del primo.
Cosa
sarebbe successo in un plenilunio limpido?Non avrebbe saputo dire, non
aveva
frammenti di verità con cui ricostruire un futuro prossimo.
Solo dopo
che, dopo varie volte che provava, si rese conto che il dolore acuto al
corpo
che pulsava forte sotto la pelle non concedeva una tregua,
aprì del tutto gli
occhi.
Quella
faccia la stava ancora guardando, rozza, con due baffetti sottili; un
testone
enorme di un gigante.
Provò ora
a muovere le braccia, ma erano impedite, pesanti, e salde al corpo.
Se le
guardò.
Forte
dell’energia Sayan in aumento esponenziale le forze non
tardarono a riviverle
in corpo e un’adrenalinica rabbia le esplose di botto nel
cervello, nutrendosi
di tutto il resto.
-Ehi!-
urlò alla faccia –Fammi uscire!-
Picchio con
i piedi liberi sul finestrino, ma sembrò solo divertire
maggiormente.
Il rumore
era contenuto e amplificato dalla cavità della navicella, ma
non smise.
-Razza di
deficiente, fammi uscire di qui!-
-Mi
dispiace molto ragazza…-
-No che
non ti dispiace. Ti diverte che mi stia sfiatando!-
-Sei poco
amichevole eh?-
-Dov’è il
tuo capo? Voglio parlare con lui- urlò con convinzione.
-Non è
qui-
-Menti-
-Se fosse
stato qui ti avrebbe già tirata fuori-
-Non è
vero! Lui mi ha chiuso qui. Io voglio uscire!-
Si mise a
sollecitare le cinture con strattoni.
-Ci trovi
da ridere?- urlò.
-Se anche
fosse?-
-Non
ridere-
Le
sicurezze di spezzarono facendola sbattere contro
l’oblò con la testa.
Si lamentò
brevemente massaggiandosi la tempia con la mano che non batteva sulla
portiera.
Sottolineava
ogni pugno con un –Apri, apri, apri- e la navicella
tremò ripetutamente sotto
la sua forza.
La grande
faccia ebbe un attimo di esitazione nel durare la sua arroganza, era
evidentemente preoccupato che potesse accadere qualcosa alla navicella.
Oltre
all’immediato problema, la fuga, ci sarebbe stato poi da
decidere chi sarebbe
rimasto a terra.
Certo lui
visto che del danno era l’indiretto artefice.
-Quanta
forza…-
Un voce
che non poteva appartenere al grezzo soldato la attirò con
il breve fascino del
suo suono, come una lusinga ben calibrata, la indusse a fermare la mano
sospesa
a mezz’aria tra il cessare e il continuare a picchiare.
Il gusto
per quel complimento, che il suo lato sayan apprezzava più
pi quanto fosse
lecito, svanì.
Aveva
confuso una minaccia di pericolo con un apprezzamento.
La porta
venne aperta con una certa delicatezza.
-Perdonaci…-
la sbeffeggiò.
-Avrai
fame, no?-
Bulma
fissò il soldato dei suoi incubi sondandone le
intenzioni…aveva fame però.
Scese con
tutta la dignità che la sua prigionia le conservava, senza
prestargli
attenzione, fissando davanti a se.
Si
incupì.
-Io vi
conosco!-
Venne
spinta impazientemente verso un fuoco dove era arrostita una creatura,
l’odore
era calamitante, ma dopo il frutto, non sapeva cosa altro avrebbe
potuto
accettare dal nemico.
Si
sedette per terra, dove le venne sbattuta la sua colazione.
-Mangia-
Non si
sedettero.
-Voi non
mangiate?- lo sfidò con un’insinuazione sensata.
-è carne
normalissima-
-Non è
vero-
-Provare
per credere-
-Non
sperarci…-
-Non
resisterai per molto, hai dormito per due giorni, ormai non sei
più una mezzo
sangue, si sente dal tuo
odore-
Bulma
trasalì, se prima l’ignominia invadeva solo
metà del suo sangue, diluita senza
conseguenze, ora la contaminava tutta facendone un pericolo di funzione.
-Devi
essere stata il risultato di qualche esperimento- brontolò
il terzo,
sistemandosi la chioma inselvatichita.
-In ogni
caso…- riprese il capo – il tuo appetito cresce-
Bulma
fissò il sangue grumoso e nero, viscido e cotto.
Si leccò
un angolo delle labbra pastose.
Attirò la
carcassa odorosa a se.
Ne
strappò un pezzo e se lo ficcò in bocca con una
convinzione che non apparteneva
alla sua parte razionale.
Ne
seguirono molte altre, mangiate fissando i tre militi, con paura che le
portassero
via il pasto e paura che non lo facessero.
Rimaste le ossa e la carne sfilacciosa Bulma le poso e fissò
i suoi rapitori
con odio.
-Ti abbiamo
nutrito, cos’hai da guardarci così?-
domandò Vegeta asciutto.
-Mi avete
obbligato- protestò.
-Radish
tu l’hai toccata?-
Radish si
voltò sghignazzando.
-No
affatto-
-Nappa e
invece tu?-
-Neanche
un capello-
Vegeta la
fissò sarcastico come l'avesse battuta con clamore.
-Come
vedi…hai fatto tutto da sola-
-Non è
vero! È colpa vostra se ora sono così-
La
leggerezza del sarcasmo che mettevano nelle loro risate la infastidiva.
-Voi mi
avete sbattuta in quella navicella quando ero incosciente, e mi avete
portato
qui, avete asciato che la VOSTRA natura, estranea,
diventasse la mia, ora anche io
posso uccidere-
Le
immagini del massacro si rincorsero senza pietà nei suoi
pensieri.
Vegeta
esplose a ridere, maligno, divertito.
-Non
siamo noi ad averti fatto questo…-
Loro
erano le prime persone che ricordasse dopo la sua vita normale, come
potevano
non essere loro la causa?
E anche se non lo fossero stati non avevano tentato
nulla per aiutarla.
Fissò
saccente e furente la bocca di Vegeta che rideva e sghignazzava alla
sua
presenza.
-Voi non
siete soddisfatti neanche adesso, il vostro obbiettivo non è
certo quello di
farmi saltare i nervi, IO non ho ancora raggiunto il punto di non
ritorno…-
-…è la
luna il punto di non ritorno…ogni giorno che passava, ogni
filo di luce che
allungava quella stramaledettissima falce…voi mi avete
lasciato qui del tutto incosciente
e impotente di quel che mi succedeva…-
Vegeta si
avvicinò, la tirò su per un braccio senza
incontrare troppa resistenza.
- Ascolta bene, noi ora
ti lasceremo andare- dopo averla umiliata davanti a se stessa e ai suoi
simili, e aver accertato la fase avanzata della metamorfosi non voleva
più la sua presenza intralciante.
Bulma lo
fissò pronta a disobbedire a qualunque seguito avesse
ordinato, perché ne era
certa, voleva qualcosa.
-Ma nulla
è gratis-
Si
morsicò il labbro inferiore.
-Non
dovrai fare danni, non dare segni di impazienza, sappiti controllare se
non
vuoi distruggere il pianeta, perché TU, non ti rendi conto,
PUOI distruggere
questo sacco di sassi.-
Deglutì
alla prospettiva.
-Vogliamo
trovarti al plenilunio in un luogo pubblico, più gente
c’è meglio è.
Mancano
due settimane perché il cerchio si completi, e sappi che se
non ci vieni, ti ci
trasciniamo di peso e ammazziamo la donna e il lattante!-
Abbandonò
il suo braccio giustamente convinto che non avrebbe trasgredito al
patto
involuto.
-Puoi
volare ho visto- disse squadrando la sua postura rigida.
-...Si…- la
sua voce era senza trama, come il buio di una notte senza luna.
Si sollevò
lievemente quanto bastava perché la punta
dell’erba le accarezzasse il piede.
Lentamente
salì alle nuvole, perdendo la sua immagine nel bianco
inconsistente e
apparente.
-Tz-
L’indicatore
di Vegeta la rilevò, fulminea, con l’aura alta di
terrore rabbioso.
Adorava
sentire l’ira delle sue debolezze.
Indicò la
direzione che aveva preso con uno scatto del mento ai compagni, quella
opposta
alla casa.
Mossa
mirata a confonderli.
-Che non
creda…-mormorò – di farcela nel nostro
campo- spiccò il volo veloce e mortale.
Bulma
volava, convinta che il gioco fosse volto in suo favore da
quell’incastro.
Stavolta sono stata un po'
più puntuale, rispetto all'imperdonabile ritardo della volta
precedente, spero che questo capitolo, s cui ho dedicato mezz'ore del
mio tempo una settimana si e l'altra no ( perciò trascurato)
in cui non assicuro che la grammatica renderà per mancanza
di tempo per correggere ( ma in fondo non rende mai mi ritrovo piena di
critiche di Umpa_lumpa che giustamente mi fa notare gli errori).
Spero sia soddisfaciente.
* angolo ringraziamenti.
1) Kamy: Sai, sei stata
l'unica ad arrivarci, ma è fatto apposta così il
personaggio di Lah, più tardi si capirà
perchè...grazie anche per tutte le rece che hai lasciato
nelle mie altre storie-
2) Umpa_lumpa::spero di aver reso
altrettanto bene Vegeta in questo tratto perchè la cosa mi
lascia un po' in dubbio, i miei ringraziamenti non saranno lunghi come
i tuoi commenti x mancanza di tempo^^ ( a proposito, credo che tu abbia
ricevuto quella mail, dove dicevo che non me l'ero presa eccetera
eccetera) grazie del sostegno costante.
3) luisa 87: Ecco qua il continuo, sn
felice che la storia ti piaccia, come vedi Bulma e Vegeta si separano
di nuovo ma non per molto, aspetta e vedrai.
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Capitolo 11 *** Reminescenza ***
Atterrò
nei pressi di alcuni rovi che la sfiorarono sulle gambe nude
lasciandola senza
ferite o dolore; nulla di ciò che era così debole
della foresta poteva scalfire
la sua nuova tempra Sayan.
Aveva
volato più velocemente e percorso una distanza ben
più lunga di tutte le altre
volte da quando era riuscita a staccarsi dal suolo e a vedere il mondo
al di
sopra di tutto, perfino al disopra delle stesse forze della natura che
l’avevano sempre tenuta sicura alla terra.
Non era
ancora ben consapevole della sua nuova condizione e ancora meno lo era
delle
sue nuove possibilità.
Si guardò
le mani come se da esse potessero immediatamente venirne cose orribili.
Tra gli
alberi, come attraverso delle sbarre, vide la piccola cupola di Maya e
del
giovane Lah. Tese i suoi sensi verso lo spazio della casa, recuperando anche la
sua mente
lucida e calcolatrice della scienziata. Contò cinque passi
affrettati, poi
altri otto in direzione sud, sentì l’odore amaro
della medicina che aveva
lasciato nel bicchiere la mattina prima.
Sussultò.
Bulma Brief, 15 anni, figlia
dell’illustre
professor Brief, residente e fondatore della Capsule Corporation,
l’azienda
famosa per la praticità e l’efficienza dei suoi
prodotti, comodamente trasportabili
in piccole capsule,
facili da aprire, e
della signora Bunny Brief, moglie dello scienziato.
Si prese
la testa tra le mani affondando le lunghe e sottili dita tra le ciocche
di
capelli, tirandoseli con i nervi consumati.
La sua residenza è la
C.C. ( Capsule
Corporation), nella periferia della Città
dell’Ovest.
frequenta il liceo
della suddetta città con
frequentissime assenze giustificate durante l’ultimo anno
scolastico(79). La
giustificazione debitamente firmata era “Mi
annoiavo”.
La media scolastica è 10 –, il voto è
stato abbassato dalla pessima condotta ( voto 6-) e
dall’atteggiamento irrispettoso
che dimostra verso i professori.
Sentì
il
sapore di farmaco misto a saliva, la fronte era febbrilmente calda e
sudata, i
capelli le erano appiccicati al viso, sporchi ed incrostati di polvere
e
terriccio.
Via Lattea. Sistema solare. Pianeta
Terra ( un sole ed un satellite “Luna”).
Di colpo
si ritrovò in possesso di tutta la sua vita, smosse le
pagine di quel pesante
tomo con curiosità e familiarità. Rivide là il
volto di suo padre, quello
grazioso e sorridente della madre, trovando che tutte le informazioni
che
riusciva a riavere si stipavano nel corretto ordine combaciando le une con le
altre.
Ma
mancava un passaggio importante per completare l’incastro,
ovvero quando sul
fondo schiena le era germogliata quell’appendice blu.
-Di un po’-
disse rivolta a Vegeta che
inarcò un sopracciglio, stupito che osasse rivolgere la
parola al grande
principe dei Sayan– Che cosa sarebbe quella ridicola cintura
che portate? Non
sarà pelo sintetico? E poi chi mai penserebbe di potare una
cintura di pelo,
siete proprio ridicoli, potevo essere rapita da tipi più
idioti?-Vegeta
ringhio sommessamente, innervosito dall’impertinenza di
quella ragazzina.-Come
osi!!!- Fece Nappa sentendosi ferito nel suo orgoglio Sayan.-Questa
è una coda- disse srotolandosela dalla vita e agitandola per
dimostrarle quanto
fosse vera, Radich e Vegeta fecero lo stesso.
Bulma si portò le mani
ai fianchi.-State scherzando vero?Non ci credo
che avete la coda, mi
state prendendo in giro. Su toglietevi quell’ orrore tanto
non sono stupida-
disse mantenendo il suo tono derisorio. I tre al
limite della
sopportazione stavano per seguire i loro animaleschi istinti assassini
e farla
finita con quella mocciosa impertinente, ma Vegeta, molto
più sveglio degli
altri due, decise di optare per una diversa forma di sofferenza,
rivelandole la
sgradevole notizia che anche lei era dotata di “quel
orrore”, come lo aveva
definito. -Tnsk guarda un po’
dietro di te- fece lui
indicandole le gambe e quel che sbucava dalla sua veste.
Bulma si
voltò seguendo la direzione che indicava il ragazzo e
notò l’azzurro pelo che
le spuntava dalla camicia da notte.
Quel
che ricordava
circa la sua coda era molto frammentario, e dopo di essa, grosse
voragini si
aprivano da un giorno ad un
altro. –Mamma!-
si riscosse con un sussulto. –Mamma l’ho vista,
l’ho vista!- urlava Lah
reagendo con un sorriso isterico –è qui, alla
finestra, vieni alla finestra!-.
Bulma spiccò un salto aggrappandosi felina al ramo di un
grosso albero e
rifugiandosi nel fitto fogliame alto, rivolto al sole.
È
molto
più corto della media dei miei capitoli, ma in fondo era ora
che imparassi a
non ammorbarvi più^^.
Mi scuso
per il lungo silenzio scritto, ma proprio non ho avuto il tempo
materiale per
proseguire, stento a trovare qualche minuto per connettermi ultimamente.
Ed anche
questo, l’ho scritto rischiando di addormentarmi di colpo
sulla tastiera.
T-T
Non ci
sono rece a cui rispondere.
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Capitolo 12 *** Reminescenza (parte seconda) ***
Bulma
balzò agilmente da un ramo all’altro, le macchie
d’ombra e di luce della volta
di fogliame le scorrevano addosso nelle sue folli arrampicate,
scivolate, balzi
acrobatici e nelle sue soste.
Si
aggrappò ad un tronco, mulinando la coda e tastando lo
spazio dietro di se. Si
lasciò scivolare lungo la corteccia ed atterrò a
carponi, a mo di gatto.
Si
sollevò rigida mentre gli occhi le schizzavano in tutte le
direzioni ed i suoi
sensi abbracciavano ettari di terreno e cielo.
Il boato
fu così inaspettato e così intenso che il suo
orecchio sinistro fremette di
eccitazione, e tutta la sua postura si tese, chiudendosi lievemente su
se
stessa in attesa di gettarsi sulla figura che aveva sfondato il tetto
di foglie e
le si imponeva davanti.
-Mi stai
seguendo da giorni- ringhiò con voce lievemente arrochita
per il poco uso che ne
aveva fatto.
-Un oca
come te, vivere così…- si compiacque guardandosi
intorno –Niente male davvero,
mocciosa, niente male davvero-
-Rallegrati
lontano da me, e lontano dai miei…-
-Parenti?-
-I miei parenti naturali sono, sia
lodato
il cielo, lontano anni luce da te, e maledetto sia il cielo, da me-
-Toccante-
sbadigliò Vegeta.
-Commuoviti
lontano da me-
-No, temo
che questo non sia possibile-
-Io posso
difendermi, ora-
-Sei solamente un
mucchietto di energia combattiva base, potrei farmi prendere a pugni da
te
quanto vuoi, e dubito che riusciresti anche solo farmi uscire il sangue
dal
naso- ridacchiò spietato.
Bulma gli
piantò a dosso gli occhi luccicanti di un lampo folle
all’idea che si lasciasse
picchiare senza opporsi, aveva sempre avuto quella natura vivace ricordava, ma aveva anche sempre
dovuto servirsi di utensili o di
armi improprie, ora poteva servirsi solo di se stessa.
-Cosa
succederà ora?- chiese.
Vegeta
fece una smorfia, schifato.
-Succederà
ciò che Freezer ha deciso di farti capitare…-
Bulma
ebbe una fugace visione di un trono e di una statura contenuta fino ad
essere
ridicola.
-E
succederà al plenilunio- concluse lei, ma ancora non sapeva
cosa in realtà fosse il
suo punto di non ritorno.
-Non ho
mai visto la fine di un pianeta- mormorò.
-Immagino
che finirà nel fuoco-
-Oh-
sghignazzò Vegeta –Sarai tu a decidere come-
Bulma gli
lanciò un’occhiata affilata, come se con questa
avesse dovuto ucciderlo con un
unico taglio netto.
Lui
capiva come si stesse affannando a cercare una via di fuga, un
compromesso con
la nuova minaccia di se stessa, e fuggire vivendo da creatura selvatica
non era il migliore.
Non aveva
ben capito le modalità della fine del mondo in cui lei
sarebbe rientrata, non le
capiva e, matematicamente, non le sconfiggeva.
Vegeta si
avvicinò con leggerezza, a lei, che era troppo preoccupata
da altro per
reagirgli.
Sfoderò
una spietata faccia da poker e poi sorrise.
Fu come
se un lampo di furia l’avesse spazzata via, letteralmente.
Sentii l’energia
rabbiosa salirle alle unghie ed ai denti. Sentì
l’impeto di dover fare
qualcosa di violento.
Lui
inclinò la testa candidamente, rendendosi più
irritante.
-Io…io-
la rabbia la rendeva incoerente, provò a disperdere quella
forza furiosa, ma non ci riuscì.
-Io non
distruggerò il mondo- disse con un’ottava in
più nella voce distrutta.
Vegeta
scoppiò a ridere, una risata grottescamente priva di
allegria.
-È la
miglior minaccia che riesci a sputarmi in faccia così- si
indicò.
-È il
miglior ritratto della verità-
-Tu distruggerai il pianeta!- le
ordinò,
alzando la voce.
-Io sono
una creatura libera- urlò -perfettamente padrona di me
stessa e consapevole di
quello che faccio-
Vegeta
sogghignò, perché c’era
un’unica circostanza in cui tutto questo non valeva. Avrebbe
proprio voluto vederla al plenilunio, questa creatura perfettamente
consapevole
di quel che faceva. Bulma ansava un poco, e tendeva ed ammorbidiva le
dita in tic spasmodici.
Sembrava storidta dal silenzio e dal sorriso enigmatico intriso di
piacere crudele di Vegeta.
Le sfiorò il viso senza che questa reagisse, poi percorse la
curva del collo, la sentì irrigidirsi, sentì il
cuore che pompava e spingeva al massimo come dopo una corsa.
Chissà da quanto tempo non stava con una donna, si
ritrovò a pensare scrutandola, mentre lei si ostinava a
guardare fisso davanti a se senza sbattere gli occhi, non importava
cosa.
Era poco più di una ragazzina ma, non fosse per l'altezza,
dimostrava diciassette anni fatti.
Quando ritrasse la mano sentì ogni fibra di Bulma emanare
una specie di sospiro di sollievo generale.
Ok, questa è la seconda parte
del capitolo precendete.
L'avevo in serbo già da un po' ma non ho avuto il tempo di
pubblicarla.
Giuro che non vi ringrazierò mai abbastanza per tutte le
rece che mi lasciate *_* sono commossa *_*
*Angolo ringraziamenti*
luisa87: Mi dispiace di averti
delusa, mi sono attardata con l'aggiornamento non ostante lo avessi
pronto, non pensare ad un eccesso di sadismo però^^ io sono
la prima a starci male quando la gente non aggiorna in fretta. Ciauciao.
kamy: No non ho
abbandonato le mie fic, solo che ultimamente l'ispirazione ha ripiegato
su altro, e io non ho potuto far altro che assecondarla ( mi consola la
cosa, credevo che il capitolo non fosse piaciuto a nessuno, mi sono
sentita avvilita senza recensioni, che autrice fallita T_T, ho pensato).
Luna_07: Per "I draghi dei Sayan" mi
sa che devi aspettare ancora un po', la mia mente è secca ed
arida in questo periodo, credo di conoscerne il motivo ( velatissima
allusione nel caso chisoio passasse do quà). Comunque, sono
felice che ti piacciano, le recensioni sono il pane di un autore^^. Non
ti ringrazierò mai abbastanza.
nitrovtesta: Grazie, grazie, sono felice
che comunque tu l'abbia notata, fa sempre piacere ricevere commenti^^.
Wow tutta d'un fiato? Undici capitoli? Io non reggerei, ammirevole^^.
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Capitolo 13 *** La vigilia del plenilunio ***
Non seppe
come, non seppe quando, il corpo di Vegeta se ne andò,
spazzando la pianura con
l’aria violenta che smosse la sua velocità.
Poi lei
si ritrovò a camminare verso casa, col passo ondeggiante dei
sonnambuli.
Non seppe
come, non seppe quando, il suo corpo se ne andò da solo alla
porta e bussò
lentamente.
Lah le
aprì, il breve attimo che impiegò per
riconoscerla, le lacrime agli occhi, un
salto mostruoso.
Il modo
in cui la abbracciò, gettandosi di peso, la
lasciò interdetta e commossa per un
istante…cosa le era successo? dove era stata? era stata in
pericolo? si era
persa? tutti erano preoccupati per lei! era sicuramente stanca,
perché non si
accomodava? serviva un altro po’ di quella speciale medicina!
Ebbe una
vertigine, Maya la fece stendere sul divano.
La donna
rimase un po’ confusa quando rifiutò la medicina;
quell’intruglio verde, disse,
le avrebbe dato sicuramente solo la nausea, e poi, continuò,
non era più
necessario, davvero.
-Ti
ricordi proprio tutto, ora?-
Con
enorme sollievo della madre, quando Bulma aveva infilato il primo piede
oltre
la porta di casa, Lah era tornato ad essere il vivace ed irresistibile
bambino
dagli occhi luccicanti di vivaci pensieri ed invadenza.
Bulma
fece un cenno millimetrico con la testa, alzando ed abbassando il mento
una
volta.
-Su che
pianeta abitavi?-
Bulma
rispose senza entusiasmo a tutte le domande.
-Avevi la
coda anche nella città dell’Ovest?-
Meccanicamente
rispose di no.
-Perché
ora ce l’hai?-
Bulma
chiuse gli occhi scuotendo la testa. Non voleva più
ascoltare e rispondere a
nessuna domanda.
Voleva
dormire e fingere che tutto non esistesse.
Finche
avesse tenuto gli occhi chiusi e ci fosse stato silenzio avrebbe anche
potuto
cascarci.
Si addormentò
come se le avessero rifilato una violenta manata sulla nuca, ed un
secondo dopo
si risvegliò che era una mattina grigiastra, con Lah
accoccolato sotto la sua
ascella.
Nei
giorni successivi si sfibrò il cervello a cercare un modo
per fare uno sgambetto
a Vegeta, non aveva in programma di dargli la soddisfazione di
distruggere il
mondo, e nemmeno che la cosa accadesse a più riprese, su
altri pianeti, con
altre persone che avrebbe amato…
Ma quando
oramai aveva smesso di sperarci e pregarlo, in ricompensa le
arrivò un'unica,
piccola grazia.
Il
maltempo.
Nuvole
dense e fredde in poco tempo si accatastarono in massa l’una
sull’altra attorno
al tetto della cupola e lo stesso avvenne attorno alle punte dei
grattacieli
della città più vicina.
Il
risultato fu che, durante le notti, attraverso le nuvole non
riuscì ad
intravvedere nemmeno l’ombra dell’ombra,
dell’ombra del cerchio quasi-pieno
della luna.
La luna del pianeta dove si era
insediata
non era come la ricordava sul suo pianeta natio.
Era
screziata di crateri e nubi di polvere bluastre, molto più
grande della sua
luna di casa. Tanto grande da avere un’atmosfera sottile ed
insufficiente.
Aveva
anche appreso che quel satellite aveva un nome suo, ma era decisamente
troppo
complicato e lungo da pronunciare per lei.
Aveva
deciso di utilizzare una comoda abbreviazione; Thamkàn.
Quando
l’aveva detto per la prima volta Maya era scoppiata a ridere,
di una risatina
nervosa ed isterica.
Bulma le
aveva chiesto il perché e Maya le aveva risposto che sul
pianeta nativo Thamkàn
assomigliava decisamente alla
parola Thàmcan che in
gergo voleva
dire buco del culo.
“Chi gipp a fùxil sen pur
thamcàn du Sayan”
ricordava di aver ringhiato durante gli ultimi anni di guerra contro i
Sayan
sul suo pianeta, quando suo marito era morto e si era ripresa dalla
tristezza a
sufficienza perché questa sfociasse in odio represso e
debilitante.
-Più o
meno sarebbe “ai Sayan schiafferei il fucile laser su per il buco del
culo”- aveva tradotto.
Bulma
l’aveva trovata una coincidenza divertente, e credeva che il
nome riadattato da
lei fosse più azzeccato per quel satellite, che le avrebbe
causato un sacco di
guai.
Rivolgersi
alla fonte dei suoi problemi con insulti aveva un certo qual potere
gratificante e corroborante, gli insulti avevano una loro forza
dirompente e
rendevano bene l’idea di ciò che si dice
“essere
scazzati”.
Per
quelle benedette nuvole però, ora lei
aveva
vinto, il meteo segnalava tempo umido e cielo
coperto con precipitazioni intense durante la sera, il giorno del plenilunio.
Avrebbe
guastato la festa a tutti. Non avevano idea che quasi tutti i grandi
agglomerati urbani della zona fossero stati rasi al suolo e poi
spianati. Tutte
le comunicazioni erano state tagliate, nessun fortunato superstite era
sopravvissuto per raccontare nulla ed il maltempo non invogliava
nessuno a
viaggiare. Chi viaggiava, tra l’altro, non tornava indietro.
A
migliaia e migliaia di chilometri di distanza Vegeta giocava con un
aggeggio
dall’aspetto innocuo di un videogame in grado di supplire
all’inconvenienza nel
breve spazio di un secondo, ovvero il tempo di premere il pulsante rosso ed avviare una macchina da
guerra semi-umana
semi-scimmione-fuori-misura.
Bulma
intanto accorciava le distanze.
Era
andata a godersi le nuvole, il mal tempo era davvero violento, i
bollettini
meteo avevano raccomandato prudenza. A quanto pare le tempeste sul
pianeta erano
pari ai monsoni terrestri.
E questa
perturbazione aveva tutta l’aria del diluvio universale.
Stranamente
il freddo pungente dell’aria non la disturbava, non aveva in
brividi che le
facevano rizzare i capelli sulla nuca, e quando Maya le aveva proposto
di portare
un mantello da viaggio lei l’aveva guardata come si guarda
una persona che non
può rendersi conto di quello che dice.
Non fosse
stato per l’aliena, sarebbe potuta uscire in costume da bagno.
Comunque si
era assicurata personalmente che il tempo non migliorasse, ora che era
anche
sicura che la coda non le sarebbe stata recisa a sforbiciate con un
arnese per
potare i cespugli riusciva persino a guardare la forbice con la sicurezza di chi
ha vinto.
Atterrò
in una pianura sgombra piena di erba secca afflosciata per terra, un
paesaggio
desolante, ampio a perdita d’occhio.
L’erba
praticamente implorava acqua.
Lo
scheletro di qualche albero agonizzante, bruciato dal sole si sosteneva
in
piedi per miracolo.
Bulma
notò una punta nera e cespugliosa oltre una pietra.
Un radar
prese vita all’improvviso con un beeeeep
allarmante e una freccia che indicava alle sue spalle.
Vegeta
aprì un occhio. Lesse il numero sul vetro verde.
Guardò alla sua sinistra senza
muoversi più del necessario. E richiuse un occhio.
Bulma in
questi casi era portata a credere che nel repertorio di Vegeta
rientrasse un'unica
espressione facciale; la completa assenza di espressione facciale, e da sempre
gli
attribuiva anche una totale assenza di interesse per qualsiasi cosa che
non
fosse disturbare, eliminare e percuotere corporalmente.
Nonchè
provocare irritazione ed incertezza fino a rendere psicotici!
Decisamente
un bel soggetto, proprio un maniaco!
-Hai
scoperto che la nostra specie non ha un inutile bisogno di dormire ogni
dodici-tredici
ore?-
Bulma
fisso il cielo, stabilì che erano le undici.
-In
effetti, no- si mise a suo agio, solo chi ha
vinto può permettersi di prendersi la
libertà di sedere accanto al nemico e,
con leggerezza, sbattergli in faccia tutta la propria soddisfazione ed
i suoi
errori.
-Non ho
mai avuto problemi a stare sveglia fino a tardi- si
stiracchiò allungando la
schiena sulla pietra, sperando di dargli fastidio; era talmente
infantile…
-Immagino
che domani sia il grande giorno?- non riuscì a non
permettersi un sorrisino
infame.
-Di sicuro lo sai meglio di me- replicò.
-Allora...?-
Vegeta
non ebbe alcuna reazione, persino non sbatte le palpebre.
-Le
dinamiche? Gli effetti? Qualche spiegazione?-
-Proprio
nulla-
-Non mi
dirai nulla-
-No-
-Bene,
qui nessuno mi dice mai niente, nemmeno Maya, nemmeno Lah, nessuno!-
Nessuna
risposta.
Fu la
stura di un fluire ininterrotto di discorsi più o meno
articolati e, o
disarticolati.
-Maya la
prima volta ha avuto la faccia di dirmi che porta
sfortuna alle
persone con la coda guardare
la luna piena, Lah, sono certa che non ne ha idea, d’altronde come
potrebbe? È piccolo.
E Maya ha fatto la guerra, con suo marito. Che poi è morto.
Era proprio distrutta.
Disse che erano stati i Sayan, disse che l’avevano bucato in
due.
Non mi
voleva in casa perché pensava che sapessi combattere e che
avrei ucciso Lah. È stata
proprio gentile, dopo; mi ha offerto una casa, da mangiare, un divano
dove
dormire e non mi ha chiesto niente. Non so fare quasi niente. Ma sono
intelligente. So costruire e riparare le macchine. Ho aggiustato la
navicella
in cui mi avete imbottigliata sai? Però poi l’ho
fatta a pezzi…per sbaglio
naturalmente. Sai, non potevo avere ancora idea che avrei
potuto…beh si,
insomma, sbriciolarla. Ero arrabbiata, mi ci…ero chiusa
dentro, le ho dato un
pugno, è apparsa una crepa e poi BAM! Si
è
polverizzata, mi è cascata addosso!-
Avrei
potuto tornarci a casa. Anche se non so cosa avrebbero detto i miei con
questa
coda. E poi come sarei riuscita ad andare a scuola? Mi
avrebbero…-
Non c’era
da illudersi, continuò ancora ed ancora, al principe dei
Sayan si distorse la
vista tanto il mal di testa e l’ira gli pulsavano dietro gli
occhi.
-…quando
vi ho visto per la prima volta non credevo davvero che quelle fossero
code! Ricordi
che ti ho detto che erano cinture di pelo sintetico…-
Sembrava volesse
raccontargli la storia della sua vita, dopo essersi sorbito la sua
infanzia
dalla perdita dell’orsacchiotto rosa chiamato Puk alla
rottura della sua gamba
a dodici anni, gli occhi minacciavano di venirgli fuori dalle orbite, il
respiro
era irregolare, ed i suoi nervi erano talmente tesi che
con
questi si sarebbero potute fabbricare altrettante corde di violino!
-…ed
allora ho pensato “ chi è questo deficiente con il
testone pelato dietro il
vetro della navicella? Perché ci sono seduta e legata
dentro? Perché…"-
-Basta!
Ok, ascolta bene! Perché non sono sicuro che il messaggio
filtri! Non devi
parlarmi, toccarmi, guardarmi, respirarmi addosso o chissachealtro!
Puoi solo
essere eliminata e fisicamente percossa! Potevo essere più
chiaro e limpido di
come sono stato? Zittanonrispondereotitrucido!-
Bulma
chiuse la bocca dopo aver preso fiato a metà.
-Non
voglio sentirti nemmeno sbattere le palpebre!-
-Ma io mi
annoio!-
Nessuna
risposta.
-Parlami!-
Vegeta
non si mosse.
-Ehi?-
Idem.
-Devo
pensare che ti sia venuto un attacco di…qualcosa? Sei vivo?-
Vegeta
alzò gli occhi al cielo, sbuffò dal naso con un
ringhio minaccioso, come se un
toro stesse caricando e poi in un raptus di rabbia infantile si
limitò ad
alzare il pugno destro e con esso il dito medio.
-Sei
antipatico-
-Sei una
pazzoide. Zitta!-
-Hai la
sensibilità di un pezzo di plexiglas!-
-E tu sei
fastidiosa come una pustola. Zitta!-
-Ah! Vedi
stai parlando con me! Lo sapevo. Lo sapevo!-
Che
strano, le mani gli si muovevano da sole! Le avrebbe lasciate
volentieri andare
dove volevano, ma non si voleva rovinare da solo.
Con uno
sforzo eroico chiuse gli occhi. Inspirò fino a che non gli
fece male il petto e
le costole. Poi buttò fuori aria. Era l’origine di
un esaurimento nervoso.
Luna_07 :
Beh alla fine ho aggiornato, eccoti un altro po' di "chiacchiere" tra
futuri coniughi, come vedi non c'è molta differenza tra come
discuteranno tra vent anni^^.
luisa87
: Felice di non averti delusa affatto, spero sia lo stesso
con questo capitolo.
kamy :
Diciamo che ho costretto l'ispirazione a tornare, mi sono piazzata
davanti al computer a fissare la fine del capitolo precendente e mi
è venuto questo, avevo voglia di far litigare Bulma e Vegeta
ancora un un po' "l'amore
non è bello se non è litigarello" e
cavolate varie^^.
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Capitolo 14 *** Il corteo della luna ***
-
-
- D'un tratto
- la
luna riuscì a passare per quell'ammucchiata
- di
nubi e a sistemarsi bella linda
- tonda
nel cielo; più morbida
- ed
evanescente, più tonda e bella
- brillava
nell'acqua del fiume,
- dove
un rapido vapore passando,
- la
sbrindellò.
- (Un
tratto della poesia "La luna coperta" di Rino Passigato)
Il
risveglio fu un improvviso spalancarsi di cielo pieno di nuvole davanti
a sé.
Fece la
smorfia con cui di solito ci si protegge dalla luce, ogni ricordo della
sera
prima era come velato da una patina di attutimento; gli occhi gli si
erano
fatti sempre più piccoli dal sonno, e poi si era svegliato.
Tramortito
fece per alzare il braccio sinistro e sfregarsi gli occhi col pollice e
l’indice, ma qualcosa gli fece resistenza; improvvisamente
era difficile
muoversi.
Si divincolò
con una comica confusione tra vergogna ed irritazione per sfilarsi
dalla presa
di Bulma, che aveva prediletto il suo petto come guanciale e era
avviluppata al
suo braccio con la tenerezza e l’amore con cui ci si
abbraccia al peluche che
assolve l’importante compito di conciliarci al nostro sonno
profondo.
Bulma si
mosse infastidita e picchiò la testa contro la roccia dietro
di sé. Scattò in
avanti col busto e le mani afferrate alla nuca, soffocando con i denti
l’urlo:
il dolore l’aveva distinto benissimo nel sogno leggero che
già dissolveva e
impallidiva contro la forza dirimpetto della luce fuori dal sonno.
Smarrita,
superfatta di trovarsi lì, talmente abituata era a trovar
sotto un divano e il
groviglio di una coperta, si mise a tastare e a guardarsi in giro.
Ma non
era solamente agitata perché non si trovasse in una casa,
era secondario, aveva
il senso che non avrebbe dovuto essere sola, di essersi addormentata
col sottofondo
più morbido del silenzio di un respiro e di un cuore che
batteva contro
l’orecchio.
Alla fine
sbuffò, contrariata, ragionò come il suo orgoglio
voleva che ragionasse e
mentre si raddrizzava piano e stirava il vestito di balze con la mano
pensò che Vegeta
fosse troppo assorto nel ruolo del guerriero Sayan duro e puro per
poter
pensare di rimaner lì a vegliare sul suo sonno, anche giusto
perché volesse
assicurarsi di conservarla per il plenilunio; non voleva più
aggiustarsi il suo
piano? Si permise di compiacersi ed il labbro superiore si
stirò in un
sorrisetto strano che non donava alla sua bellezza azzurra per
contrasto con l'aspetto angelico.
Per il
sonno in arretrato il suo volo verso casa fu malfermo e diseguale e, insonnolita che
era, cominciava a
perdere il controllo dei nervi e l’attenzione perdeva presa
sui contorni delle
cose.
Dormire
sul suo divano le avrebbe fatto bene almeno fino alla festa.
Eppure,
con un senso di più fine della ragione, sentiva che ci fosse
ancora qualcosa ad
incombere sul suo destino.
-Sarà
bellissima, sarà stupenda, la vedrò per la prima
volta tutta intera!- Lah era
in paradiso.
Bulma,
tesa, in ripensamento si artigliava i capelli con le mani, li tirava
su, li
teneva in pugno in una coda, li scioglieva lungo le spalle in tanti
marosi
azzurri, ne attorcigliava ciocche attorno all’indice, li
tormentava come se venisse da
loro la colpa di tutto e se li gettava dietro le spalle.
-Ci sono
le nuvole- ringhiò con la voce depressa di chi vien a
proclamare la stessa cosa
la seconda centinaia di volte perché il messaggio ha
problemi a filtrare –non
si vedrà nulla!-
-Si
schiarirà! Ne sono sicuro, me lo sento qui!- si batte i due
pugni sul petto stretto,
poi unì le mani e si rivolse al soffitto come uno che prega
–Oggi facci vedere
una luna piena stupenda- recitò. Chiaro che per lui
l’apparizione del disco
avesse il valore di una festa e non della fine del mondo “non
ne sa niente!”
pensò Bulma “e non è chiaro neppure a
me ciò che accadrà!” si disse.
Dopo i
capelli toccò alla coda, se la legò sotto la
gonna corta in modo che non
facesse impressione alla gente.
Lah con
quell’egoismo della felicità le sorrise nel tal
candore dei suoi otto anni, che
lei, alla vista di Maya appariva con più risalto abbattuta e
floscia sotto
tutti i problemi.
-Allora?
Tu non ne sei impaziente? Io si? E tu? E tu?-
Bulma
deglutì.
Maya, con
la sua finezza di fiuto, sentiva il disagio nell’aria e guardava Bulma
perforandola con lo
sguardo da dietro.
Bulma
effettivamente percepì un dolore ficcante alla nuca e si
voltò verso la donna
venuta dalla stanza attigua.
-Cosa
c’è?- fece una smorfia, seccata,
appuntò i gomiti, e ricambiò lo stesso sguardo
squadrandola dalla cima delle antenne allo smalto delle unghie.
Era a
piedi nudi decorati con l’henné, sotto tutti i
bracciali che portava non si
vedevano più caviglie ed avambracci.
L’abito
era senza maniche, d'un candore smagliante, lungo e stretto ad
evidenziare il punto vita
sottile con una cinta rossa, Bulma si sentì impallidire al
confronto.
Le
antenne lunghe e nervose, che aveva gettate dietro la schiena, si
intrecciavano
e si scioglievano tra loro allo stesso modo di un terrestre che si
sfrega le
mani con risolutezza preparandosi a adempiere qualcosa di ingrato.
Dallo
strofinio crepitavano sprazzi di corrente.
-Nulla…-
era evidente che non capiva l’insistenza di Bulma a
presentarsi ad una festa, e
si vedeva che non si era mai fatta vedere molto nella città
per pura
abitudinaria asocialità.
Ma suo
figlio era felice di andarci e questa era l’unica cosa che la
mandava avanti
nel suo proposito. Lah saltellava raggiando gioia dagli occhi grandi di
blu
monocromo e scuro verso tutta la casa.
Afferrò
Bulma per entrambi i polsi con ansia di far tardi, tirando con
imprevista forza
verso l’uscita.
-Dai!
Dai!- faceva estasiato –Dai! Dai!- indicava a dito i fari
delle coreografie
luminose che superavano i grattacieli e brillavano nel fiume.
La festa
aveva esattamente l’aspetto del grande caso planetario che
Bulma si era
immaginata: un corteo esaltato di gente fatta, procedeva per le strade
inglobando e fagocitando chi trovava di traverso alla strada.
Lo
spirito che presiedeva all’euforia generale della festa si
impossessava di loro
per trascinarli nell’ eccitazione con cui si ballava,
cantava, si correva per
arrivare in testa.
Una corte
di aliene vestite come damine bianche dalla faccia pitturata
d’argento e
polveri blu interpretavano con grazia la parte di tante piccole lune al
seguito, coprendo la scia della sfilata di polvere argentea e svolazzi
dei loro
veli trasparenti.
In cima
al corteo i funamboli camminavano sulle mani, in mezzo alla folla
qualche
alieno schioccava le dita e da queste partiva un fuoco
d’artificio incorporeo
che travolgeva di luce purpurea e di fiammate la folla festante.
Al centro
un carro con una strana forma di stereo accompagnava con musica la
marcia
entusiasta di milioni di gente, insieme ad aliene dalla pelle di un
verdastro
sgradevole a contrasto col tema argentato a cui si ispirava
l’aspetto di tutti,
ma con i visi delicati di donne
terrestri e voci da soprani talmente potenti ed aggraziate da commuover
fino
alle lacrime.
Bulma
rimase, contro tutti i suoi sforzi, intrappolata e sedotta da tutta la
bellezza
della corte della luna, dalle voci bellissime,
dall’eterogeneità di razze
vestite tutte dello stesso tema, dalla maestria dei funamboli che
improvvisavano con doti straordinarie, che i terrestri non potevano
immaginare
di imitare nemmeno nei loro sogni più vivaci, salti di
metri, avvitamenti,
piroette.
Lo
spirito della corrente d’eccitazione padroneggiò
anche la sua volontà e la
buttò sempre più a fondo nella marcia allegra: si
sparse la faccia di
brillantina blu, saltava a ritmo di tutti, ogni tanto faceva bella
mostra si
sé, dell’arte di volare, la gonna le si sollevava nella
corrente e lei si stagliava in volo
contro la luce dei fari sul cielo di nuvole. Perdette d'occhio il
rischio che si correva comunque (la luna, dietro le nuvole, continuava
sempre a esistere) e perdette Maya e Lah.
Ritrovò
Maya con la faccia tutta pitturata come le damine e come lei,
volteggiava nel bel mezzo di
un gioco pirotecnico. Tutti gli alieni, e soprattutto quelli che non
erano
natali del pianeta, facevano bella mostra di doti magiche, senza meno
anche Lah
e Maya si esibivano.
Vide Lah
in testa al corteo dei funambuli che correndo urlava “Bastone
allungati”.
Ficcò il
bastone in una buca nell’asfalto: l’asta si
piegò e come una catapulta lo
proiettò verso l’alto, lui era in paradiso e si
soffocava con le risate.
Eppure,
di solito quando qualcosa è troppo bello per esser vero,
vuol dire che non lo è:
Bulma, improvvisamente ferma in strada, mentre quella corrente di gente
entusiasta le scorreva attorno e le scivolava addosso, sentiva che era quello il
caso.
C’era un
ombra scura sulla città, e non si trattava di nuvole.
Come in
risposta affermativa, due mani come badili si chiusero sui suoi fianchi
stretti
e tirarono verso acque più tranquille. Fece ogni resistenza:
si attaccò alle
braccia di sconosciuti, urlò aiuto, si aggrappò
con tutte le forze ad un lampione,
che come pastella prese l’impronta dell’interno del
suo pugno stretto. Quando
fu fuori dal cuore vivo della festa uno dei badili le tappò
la bocca, troppo
enorme anche per morderlo, l’altro la inchiodò a
qualcosa di duro. Girò la
faccia per quanto glielo permettesse la mano ruvida e si accorse di
essere
attaccata a Napa.
In
risposta al suo sguardo terrorizzato il gigante si leccò le
labbra -Ma che
bella mise- il vestitino striminzito le parve più
striminzito che mai e sotto
la seconda pelle della brillantina sentì il sangue alla
faccia un po’ per la
vergogna un po’ per l’aura che saliva.
A testa
in giù le svolazzò davanti prima la folta
capigliatura di Radish poi la faccia
del medesimo che calava per mettere il viso in linea col suo.
Fece una
smorfia, raddrizzò il volo e le atterrò davanti
coprendola tutta nella sua
ombra.
-Ma
guarda come siamo carini questa sera- proseguì Napa, che si
beccò uno occhiata assassina
dal compagno.
Bulma si
agitò per resistere alla stretta e rispose sotto la mano, ma
ne venne fuori un
verso simile a –Afhiupho!-
Vegeta
venne fuori dalla zona di semiombra dove era stato fino ad allora,
nella solita
posa statuaria, con gli occhi stretti che splendevano come diamanti
appuntiti e
duri.
Bulma lo
vide ammantato del fascino che gliene veniva ad essere nel suo elemento
ideale e per un attimo fu spaesata sul modo di reagirvi. Se dar retta
all’istinto di esser docile e contrita che ispirava Vegeta o
se resistere una
volta di più a tutta l’arroganza con cui i Sayan
speravano di fruir della sua
nuova energia così disgustosamente affine alla loro.
Perché,
ne era certa: se erano lì, se lei era lì con
loro, era perché le strade
attraverso cui può compiersi un destino sono tante, ed il
destino di Bulma era
davvero ingrato.
Mezz’ora
dopo
-Dov’è?
Bulma dov’è?-
-Mamma!
Mamma!- pianse Lah –L’abbiamo persa di nuovo.
L’abbiamo persa di nuovo-
-No, Lah.
Non piangere. Non è persa, è da qualche parte- Si
inginocchiò davanti a lui,
asciugò una lacrima e gli prese il viso nelle mani.
-Vola in
alto. Più in alto che puoi. Cercala da là. Non ho
mai visto nessun altro con i
capelli azzurri-
Lah tirò
su col naso, annuì, e decollò.
Era
preoccupata, Maya: il giorno di luna piena Bulma, l’ultima
Sayan di cui si
sappia sul pianeta, sparisce. Il cielo non dava nessun segno di
schiarita, non
c’era verso che Maya conoscesse in cui si potesse trasformare
un Sayan senza
luna piena. La corrente d’eccitazione l’aveva
completamente abbandonata.
Passò
mezz’ora.
L’ignoranza
di tutte le maschere e di tutte le persone smascherate, degli acrobati
e delle
damine, ma soprattutto la musica che le suonava vibrando attorno, ed
anche dentro il torace, erano
tutte cose che, mentre si sforzava a pensare, contribuivano a
mantenerla in uno
stato di esasperazione non lontano dalla pazzia.
Si prese
disperata la fronte tra le mani, mentre le antenne le si rizzarono in
tutta la
lunghezza
sulla testa, rendendola alta più di tre metri.
Intanto,
sul tetto, una luna sorgeva pallida e languida come un fantasma.
-Che
facciamo? La spogliamo?- si lambiccava il cervello Napa.
Radish lo
fissò una volta di più con gli occhi che lo
volevano uccidere.
-Che
vuoi! Non vorrei che le esplodesse il vestito!-
-Efhplohdule!-
si agitò Bulma sotto la mano –Uhaaaa-
piagnucolò -Nun vullioh efhplohdule! Nun
fhatumu efhplohdule!-
-Le tappi
bene quella bocca?- Vegeta con somma sopportazione si infilò
la mano nel collo
della battle-suite cavandone fuori un telecomando con due pulsanti:
“accendi” e
“spegni” e tre occhiali dalle lenti gialle che
passò ai suoi soci.
Napa
liberò la bocca della ragazza solo per schiaffeggiarla
facendole uscire il
sangue dal labbro.
Il pianto
nella voce di Bulma si attenuò di nuovo nel palmo della mano
di Napa e anche le
lacrime finirono tra le sue dita.
La
giovane Sayan si dibatté nella rete come un pesce in fin di
vita, che
nonostante sia più morto che vivo ha ancora in corpo
l’istinto della
sopravvivenza a perseverare al posto della ragione. E così
resistere per lei
era l’ultima fatica prima di diventare una distruttrice della
risma adatta alla
sua razza: se così doveva andare, voleva ricevere il
battesimo del sangue
non senza non poter dire di avervi opposto ogni brandello di forza.
La gamba
sinistra si allungò a dare un calcio alla tibia di Napa, non
si illuse neanche
per un momento di fargli male, ma si azzoppò da sola.
Siccome
insisteva a provare Napa la sollevò da terra lasciandola
scalciare a vuoto. Se
la sistemò meglio in braccio, tappò meglio gli
urli e seguì Vegeta fuori dal
vicolo.
Uscirono
nella luce del lampione, passando per una strada secondaria adiacente,
anche lì
la corte della luna aveva lasciato il segno del suo passaggio.
Due vie
oltre la festa continuava ignara.
-Bulma!-
La
ragazza sollevò gli occhi lucidi al cielo alla ricerca
dell’ultima speranza. Lah
era un puntino sulle nuvole che veniva verso di lei. Bulma si
spaventò ancor di
più di quello che stava per succedere: si dimenò,
urlò sotto la presa di Napa,
cercò di far capire a Lah di allontanarsi, poiché
lei stessa non sapeva quanto
poco avrebbe risposto delle sue azioni.
-Chi
sono? Bulma!- urlava, e tutti ora guardavano il piccolo alieno viola in
mezzo
al cielo.
Vegeta
brandì il telecomando ironicamente cerimonioso
all’indirizzo di un palazzo
dietro il quale la sfilata carnevalesca era nel pieno dei suoi
festeggiamenti, che
non si facevano certo scoraggiare dalla mancanza della festeggiata.
Sembrava
che per la luna non ci fosse un momento migliore in cui fare un
ingresso
trionfale nel cielo.
Indirizzò
a Bulma un sorriso che diceva “Alla fine ho vinto
io” ed in merito a questo schiacciò
il pulsante “accendi”.
Un raggio
partì dalla macchina sul tetto del grattacielo e la sua luce convergeva
tutta in un disco
pallido che simulava, raggiandole intorno, onde Bluz. Lah si stagliava
proprio
davanti alla luna, oltre i palazzi qualcuno alla festa se
n’era già accorto, ma
Bulma era immobile, Napa le aveva liberato la bocca. Non urlava
più, ma aveva
le labbra schiuse delicatamente e gli occhi spalancati quanto li aveva
grandi,
le pupille si dilatavano lentamente e specchiavano la luna.
Dalla
gola le salì una specie di risucchio strozzato, come se
stesse per morire
asfissiata, la coda le si era liberata dal nodo e le si agitava sotto
la gonna.
-Beh?-
fece Napa che ormai l’aveva lasciata del tutto e le stava
dietro fissandola da sotto
gli occhiali –perché non si trasforma?-
Radish
gli diede uno scapaccione sulla nuca –La prima volta ci vuole
un po’ di tempo,
e poi lei è una femmina!-
All’improvviso
un battito di cuore violento scosse le spalle di Bulma, poi, dalla gola
le salì
di nuovo il rumore di soffocamento e grugnì qualcosa con
dolore –Non respiro!
Non respiro!-
I colpi
si erano fatti più veloci e ora la squassavano tutta, e Lah
aveva la curiosa
impressione che i vestiti le aderissero di più.
Ad ogni
pulsazione del cuore una specie di corrente elettrica la attraversava
facendola
vibrare di dolore, ad ogni ripresa sembrava incurvarla ed allargarle
spalle e
collo. Ora aveva grosse spalle forti e gobbe come quelle di una scimmia
e un
mostruoso collo taurino, anche le braccia sembravano più
lunghe.
Bulma ruggì
di dolore con la voce umana quanto l’aveva alta, e come nello
sforzo di uscire
dalla sua pelle prese a contorcersi in maniera sempre più
rivoltante, finché
non divenne il doppio dell’altezza di Napa con grossi tendini
tesi come corde
di chitarra.
Lah rimaneva
con la mascella cadente diviso tra il sollievo di essere troppo in alto per
essere nella portata di Bulma e tra il dubbio che si sarebbe ingigantita.
Bulma ora
era tre metri di muscoli fuori taglia ed il vestito le si era
sbrindellato
addosso, ma sulla nuca il pelo azzurro le si infittiva e le spuntava
incolto
sulla schiena, il pelo delle sopracciglia aveva debordato su tutta la
faccia ed
il muso le si allungava ed imbruttiva come quello di una scimmia ad
ogni
pulsazione del corpo.
La coda
azzurra, ora, era spessa come un palo della luce…
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