Beyond

di ClostridiumDiff2020
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** William, la soffitta e il cassettone ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 - Io non ho fili eppur sto in piè… ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 - Topolini in soffitta ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 - Shine On You Crazy Diamond ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 – Echi dal passato ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 – Big Dark Eyes ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07 - Can I Keep You? ***
Capitolo 8: *** Capitolo 08 – the Spider… ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 – Come un diamante in mezzo al cuore… ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Stay With Me ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 – Nelle fiamme… ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 – il bacio di Giuda ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Souls ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 – Parallel Universe ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 – Nothing Else Matters ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - One ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 – Blue Butterfly ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO 18 – Per aspera… Ad astra ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 - Trust me… ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 – Learning to Fly ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 – Believer ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 – Do you can feel? ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 - Neverending Stories ***



Capitolo 1
*** William, la soffitta e il cassettone ***


Capitolo 01 - William, la soffitta e il cassettone






Si rigirava la lettera tra le mani osservandone ogni dettaglio. I bordi stropicciati, l'inchiostro sbavato del timbro postale. Anche il lato strappato dove l'incauto lettore l'aveva aperta con così poco garbo, strappando malamente la povera busta che quasi gemeva tra le sue mani.
Era stata così felice quella mattina quando l'aveva ricevuta, così piena di aspettative.
Vuota... la lettera che aveva tanto atteso era stata lacerata, violata... rubata.
E ad attenderla nella cassetta della posta vi aveva trovato solamente un sofferente involucro vuoto che giaceva tra le sue mani.
Lei lo sosteneva come fosse un delicato uccellino, si intravedeva a malapena, vergato in uno sbiadito inchiostro verde, il suo indirizzo... Niente mittente, nessuna parola. Solo una voragine di silenzio in una busta giallastra, vuota.




________
 
Lo schermo si spense e Micaela poggiò il telecomando sul letto. Perché si prendesse la briga di sperare che lo schermo le mandasse un'immagine diversa non se lo spiegava. Come poteva la trama cambiare, ormai era tutto deciso, definito. Eppure, irrazionalmente sperava che lui potesse avere un finale migliore.
Quando era nervosa come in quel momento cercava il conforto del suo personaggio preferito, ma ogni volta alla fine del suo percorso doveva sopportare di vederlo morire.
La sua coinquilina scuoteva la testa, erano le sue aspettative il vero nemico.
Come fai ad affezionarti a un qualcuno che nemmeno esiste.
Cristina aveva ragione, solo che Micaela non lo avrebbe mai ammesso a voce alta.
Si comportava come una mamma certe volte invece che da amica, e la sua saggezza poteva essere estremamente irritante.
Micaela appoggiò il telecomando sul comodino e si alzò dal letto.
Inutile rimuginare su un’impossibile salvezza, William era imprigionato in un ciclo perenne duna prigione di celluloide , tanto valeva che desse un senso a quella mattinata, prima di entrare a lavoro.
Salì le scale e si recò nella polverosa soffitta.
Da quando lei e Cristina si erano trasferite in quella grande vecchia casa gialla Cristina le aveva ripetuto ogni giorno di sistemare la soffitta, ma lei l'aveva sempre ignorata.
Dopotutto non era giusto che scaricasse quell'ingrato compito su di lei. Ok, Cristina lavorava molto di più, e quindi? Questo non trasformava Micaela nella sua Cenerentola di fiducia. Comunque, non andava  in soffitta per darle ragione ma perché doveva sfogare la frustrazione.
La soffitta era come sempre ricolma di vecchi mobili e scatoloni. Vecchie foto ingrigite, abiti di un altro secolo, valige ricolme di vestiti abbandonati da precedenti inquilini e tanta, tanta polvere. Ecco cosa l'avrebbe attesa in quelle ore che la separavano dal suo turno di tirocinio ospedaliero.
Si era fatta convincere da Cristina a lasciare gli studi d'arte e passare a quella che sarebbe stata una carriera certa, sicura, l'infermiera. Ma le mancavano molto le ore nelle aule di arte, passate a fissare delle vecchie e scolorite diapositive. Purtroppo, Cristina aveva ragione, l'amore per l'arte non l'avrebbe portata da nessuna parte. Un grosso cassettone occupava parte della soffitta, accanto a un gigantesco armadio guardaroba. Micaela l'aveva subito aperto, constatando con delusione che quello fosse solo un armadio.
Cosa ti aspettavi? Di trovare l'accesso per Narnia?
In effetti sì, ci aveva davvero sperato.
Invece il grande cassettone non lo aveva mai degnato neanche di uno sguardo.
Probabilmente lo avrebbe scoperto ricolmo di stracci polverosi.
Ma quel giorno decise che era giunto il momento di scoprirlo.
Micaela afferrò le maniglie e tirò senza successo, forse era incastrato, doveva lascare perdere, quella era un'ottima scusa per passare ad altro. Ma non voleva sentire la voce di Cristina cantilenare un'altra volta tutte scuse, dì invece che non avevi voglia...
Tirò di nuovo, perché aveva la forza di uno scoiattolo pelle e ossa? O di mollusco?
Inutile, quello stupido cassettone non voleva aprirsi, e Micaela era stanca di sprecare tempo a tentare.
Assurdo, ora che non poteva sapere cosa ci potesse essere contenuto, era impaziente di saperlo.
Era come il suo personaggio prediletto... La storia ti invogliava a conoscerlo e poi di sbatteva la porta in faccia uccidendolo malamente. Il suo sguardo era come quel dannato cassettone, ti lasciava intravedere un'infinità di possibilità ma come quel mobile anche il suo personaggio restava chiuso, impenetrabile... William... chiuso in un altro mondo e irraggiungibile.
Cristina avrebbe aggiunto "inesistente" ma a Micaela quello sguardo pareva così reale...
Alla fine si decise ad abbandonare quell’ammasso di polvere e delusione, tornò in camera, si gettò addosso le prime cose che trovò, afferrò il suo fedele zaino e corse a prendere l'autobus.
Non aveva combinato nulla, ci mancava solo che arrivasse in ritardo.
Entrò in ospedale di corsa e arrivò a timbrare il cartellino con il fiatone, ma in tempo.
"Dovresti marcare in divisa... non con la tua felpa sporca di casa..."
OVVIO... Cristina non poteva non coglierla sul fatto per la milionesima volta.
"Scusa... stavo riordinando la soffitta... Me lo dicevi da una vita di farlo..."
Cristina la squadrò con i suoi penetranti occhi blu e Micaela fu certa che la sua bugia avesse delle gambe non corte... Assenti proprio... Ma non era del tutto una bugia, un tentativo lo aveva fatto, se non fosse stato per quello stupido cassettone...
"Certo... Certo... e scommetto che al massimo avrai spostato un po' di polvere... Prima di tornare a sprofondare nel mondo della fantasia in cui ti rintani sempre..."
Micaela alzò gli occhi al cielo e quando entrò nello spogliatoio femminile Cristina la seguì.
"Domani sono libera e mi ci metto d'impegno... pro..." iniziò a giustificarsi Micaela, incapace di negare il suo rifuggire alla ricerca di William nel suo mondo di immaginazione.
"Tranquilla, non ha più importanza" la interruppe Cristina "Sono venuta perché devo dirti una cosa... Ho rimandato per molto... Ma..." Cristina si prese una pausa e distolse lo sguardo da Micaela che attendeva con il fiato sospeso.
"Mi trasferisco, cambio città... Mi spiace non aver avuto modo di dirtelo prima ma... dovresti proprio iniziare a cercare una nuova coinquilina... Magari possiamo iniziare adesso... abbiamo una camera libera se sgomberi quella benedetta soffitta, ho visto che c'è un letto..."
Micaela inarcò un sopracciglio incredula...
Avrebbe voluto chiederle mille cose. Perché se ne andava, da quanto lo stava progettando...
Ma il perché in fondo lo sapeva, conosceva Cristina, non sarebbe rimasta là a lungo dove non le stavano dando alcuna possibilità di crescita. Eppure, una piccola parte di lei sperava che quel momento non sarebbe mai arrivato e invece...
Avrebbe potuto almeno chiederle per quanto aveva atteso prima di svelarle la verità ma invece si stampò in volto un sorrisetto falsamente divertito e sussurrò "E che dovrei scriverci sull'annuncio? Cercasi topolino? O stiamo cercando Cenerentola?"
 
 
_____
 
 

Micaela si lasciò cadere sul letto. Era stata una giornata maledettamente anonima.
La fine arrivava sempre, lo sapeva bene, e non sempre vi era un degno addio.
Quella busta strappata ne era la prova.
Forse perché cercava di distrarsi, ma non riusciva a togliersi di mente quello stupido cassettone, come se fosse tutta colpa sua se Cristina avesse deciso di andarsene.
Chiuse gli occhi e cercò di cercare il sonno.
Tlin Tlin
Micaela balzò a sedere, uno scampanellio?
Si dette della folle ma pareva provenire dall'alto...

La soffitta era avvolta nella penombra, e quel debole scampanellio si era fatto maledettamente più insistente. Micaela sì sentì alquanto ridicola nel suo logoro pigiama stropicciato e scolorito, troppo corto sulle caviglie, Si sentiva maledettamente una scema eppure, in quella noiosa e silenziosa notte stava accadendo qualcosa di strano.
Il cassettone la osservava sonnolento, chiuso come quel pomeriggio, Micaela gli si sedette davanti con cipiglio di sfida. Quando ne afferrò le maniglie di ottone e lo scampanellio aumentò.
Che diavolo, lo apro, deve essersi acceso qualcosa qua dentro, mica si tratta della scatola di JUMANJI, non rischio mica di finire in una giungla finché qualcuno tirerà i dadi sperando nell'uscita di un 5 o di un 8...
Quando il cassetto si mosse Micaela sorrise soddisfatta ma la felicità durò solo un battito di ciglia, una luce accecante la colpì e cadde a terra. Mentre si massaggiava il volto udì una voce squillante esclamare "Finalmente mi hai sentito, temevo che non saresti più tornata quassù... Dopo tutto quel tempo confinato in quel maledetto cassetto ero tutto incriccato..."



Micaela aveva osservato quella strana creatura dalle orecchie a punta e dai grandi occhi di cristallo saltare felice per tutta casa seminando il panico tra i suoi poveri gatti spaventati.
Lei lo osservava a bocca aperta, incapace di credere a quello che i suoi occhi avevano visto.
Magia...
Un folletto esuberante dalle orecchie a punta e nessuna spiegazione plausibile per giustificare quanto stesse vedendo.
"Io ti sarò debitore in eterno, farò tutto quello che dovrai solamente chiedere. Sarò in debito per il resto dei tuoi giorni, non sarei mai riuscito ad uscire da quella maledetta prigione senza di te, quindi il minimo che possa fare è far sì che ogni tuo desiderio sia… Ordine"
La voce del folletto era tintinnante come lo scampanellio che Micaela aveva udito e che l'aveva attratta in soffitta. La ragazza apriva e chiudeva la porta incredula. "Tu... Sei... chi?" riuscì finalmente a farfugliare.
Il folletto sorrise "Pixie, puoi chiamarmi così..."
Micaela inarcò un sopracciglio "Veramente?"
"No Micaela, ma sento che mi stai chiamando così nella tua mente e non mi spiace come suona... Il mio nome vero, purtroppo, non sarebbe comprensibile per te quindi Pixie va davvero bene"
Micaela sbattè le palpebre perplessa. Quella creatura conosceva il suo nome? Ma cosa più importante... Le leggeva nella mente? Veramente?
"Allora questi desideri?"
Micaela mosse le labbra senza riuscire a emettere una sola sillaba, cosa poteva dire. Doveva trattarsi di un sogno assurdo, lei si era sdraiata a letto e aveva iniziato a vaneggiare dalla stanchezza. Sognando di aver aperto un magico cassetto da cui era uscito uno scintillante folletto che aveva deciso di rendere ogni suo sogno realtà, non potevano esserci altre spiegazioni. E poi desideri, che cosa desiderava? Nemmeno lei lo sapeva più.
Pensò ai suoi libri, alle sue storie incompiute, ai suoi sogni infranti e poi a William. Chiuso nella sua storia di celluloide, con un inevitabile tristo epilogo, che lei non riusciva ad accettare. Pensò a tutti i suoi personaggi, che aveva abbandonato come avevano fatto gli autori di William, chiudendo frettolosamente la sua storia. Tagliando la sua vita come se fosse semplicemente un filo di troppo che sporgeva da una manica. Micaela pensò a quanto William avesse ancora da dire e che mai sarebbe stato raccontato.
Sogni, Cristina le avrebbe chiamate illusioni, anzi forse vaneggiamenti.
Micaela sbuffò, se soltanto anche lei avesse fatto parte di una di quelle storie, magari come super eroina, con favolosi poteri. Allora sì che avrebbe avuto tantissimi desideri da esprimere ma lei no. Lei, Micaela, una quasi infermiera che viveva alla giornata, in ore sempre più grigie e insapori. Lavorando da operatrice sottopagata in un grigio vecchio ospedale, lei cosa mai avrebbe potuto desiderare?
"Perfetto" esclamò il folletto con un enorme sorriso stampato in volto.
Micaela si accigliò, lei non aveva detto nulla, a cosa poteva riferirsi mai?
I denti appuntiti di Pixie scintillarono di nuovo in un sorriso, la luce sfarfallò giusto un momento e la stanza parve svanire avvolta da una stranissima nebbia. Il tempo di un battito di ciglia e tutto riapparve. Micaela sospirò, non era successo nulla dopotutto, era quasi delusa.
Poi un debole rumore attirò la sua attenzione, qualcosa di leggero e metallico era caduto a terra. Micaela si voltò distrattamente e si paralizzò.
Stretto nella sua felpa grigia con il cappuccio alzato, quei jeans sgualciti e strappati, quegli anfibi scuri sporchi di fango. E quei grandi occhi neri, ancora più smarriti dell'ultima volta in cui li aveva intravisti al di là di uno schermo la fissavano increduli. William era davanti a lei, in piedi, alto e rigido, così fuori posto nella piccola stanza rosa e decorata con vecchia carta da pareti. Degli occhiali da sole a specchio giacevano a terra accanto a lui, scivolati probabilmente dalla sua mano lievemente tremante. Era esattamente come era rimasto impresso nella sua mente nel fotogramma in cui lo aveva messo in pausa prima di andare a lavoro quella mattina, anche le cicatrici che segnavano il suo volto erano al loro posto. La bocca di William era dischiusa in una silenziosa domanda, che non riusciva ad esprimere a voce alta, la stessa che Micaela cercava di afferrare.
Come? Come poteva essere possibile?

(editato....[circa XD] in data 22 aprile 2021)

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 - Io non ho fili eppur sto in piè… ***


Capitolo 02 - Io non ho fili eppur sto in piè…
 
 
 


Micaela aveva chiesto al folletto di non farsi vedere, poteva restare nella sua stanza ma Cristina non doveva scoprire niente. Si era avviata a prendere l’autobus, non sapeva esattamente perché aveva preso quegli occhiali da sole, perché se li portava dietro assieme alla busta vuota. Forse perché era una delle tante speranze svanite nel nulla.
Aveva riposto gli occhiali dentro la busta, buffo che si stesse focalizzando così tanto su quello, che si aspettava? Che restasse a bere un caffè con lei parlando del più e del meno?
Avrebbe anche dovuto trovare una soluzione per il suo piccolo problema, la sua tendenza incendiare involontariamente le cose. Aveva anche chiesto al folletto di riprendersi quel fastidioso dono ma Pixie aveva scosso la testa perché a detta sua non era quello che veramente desiderasse.
Le aveva anche chiesto perché non avesse seguito William nonostante fosse quello che desiderasse fare. Lei si era limitata a mandarlo al diavolo intimandolo di non uscire dalla sua camera.
Era dovuta correre via perché Cristina le aveva chiesto di coprire il turno di notte, fare l’OSS nel tempo che le mancava alla laurea era snervante. Oltretutto essendo l’ultima arrivata era quella che doveva coprire tutti i buchi ed essere sempre reperibile.
Scese dall’autobus mentre nelle cuffie veniva ripetuta per la milionesima volta Believer degli Imagine Dragons. Lo aveva associato a William da quando aveva visto un video a lui dedicato.
Assurdo, pensare che fosse veramente a giro per la sua città, mentre allo stesso tempo in quella stessa realtà un ignaro attore viveva inconsapevole che uno dei personaggi da lui interpretato avesse preso vita.
Micaela continuava ad arrovellarsi, come si comportava un personaggio al di fuori della propria storia?
Avrebbe dovuto preoccuparsi per tutti loro ma non riusciva a non pensare a William, forse perché lo aveva guardato negli occhi e aveva visto un profondo senso di smarrimento. Sapeva, che quello non era il suo posto. Un po’ era preoccupata, per lui, per chi lo avrebbe incontrato. Lo adorava ma non ignorava la sua natura, tendeva a prendere facilmente fuoco. Il che era ironico pensato da lei, ora che poteva incendiarsi veramente. C’era uno strano silenzio nell’aria, come se persino i merli che si appostavano negli alberi dietro all’ospedale temessero i cambiamenti nell’aria.
Lo spogliatoio era vuoto, lei arrivava sempre prima degli altri, Aprì l’armadietto, le foto delle sue serie la osservavano dall’interno, ovviamente tra quelle c’erano anche immagini di William.
“Ciao, chissà se anche a te toccherà una serata impegnativa…” borbottò Micaela rivolta alla sua immagine prediletta.
“Non saprei, tu cosa ne dici?”
La sua voce era gracchiante, roca, come se non la usasse da tempo ma era l sua, o meglio era la voce che il doppiatore gli aveva dato. Micaela balzò all’indietro e si voltò.
William la osservava appoggiato alla parete.
“Sai… Stai di nuovo andando a fuoco… Non ci sei molto abituata vero?”
Micaela imprecò e iniziò ad agitare la mano, nuovamente in fiamme.
“Dubito che sia di grande aiuto sai? Non che me ne intenda… ma non credo che sia del normale fuoco, dovresti… calmarti”
“Ma davvero?” Micaela si sentiva sempre più innervosita.
Pixie sapeva quello che voleva, a quanto pareva meglio di lei. William era un personaggio inventato e capiva al volto come gestire le sue fiamme, tutti comprendevano tutto tranne lei.
 
“Rilassati” si disse Micaela cercando di concentrarsi sulla fiamma che ardeva nella sua mano.
“Parli da sola?”
Micaela fulminò William con lo sguardo. “Non stare là a fissarmi e girati, mi innervosisci! Se come dici, per spengere questo fuoco devo calmarmi, sappi che essere osservata da quegli occhioni che ti ritrovi non aiuta minimamente a rassenerare la mente… affatto…”
William ridacchiò ma si voltò subito. “Ho solo notato che prendi fuoco solo quando sei nervosa, ti ho osservato da quando hai lasciato casa, sono semplici deduzioni…”
Micaela trasse un profondo respiro. Era tutto assurdo, lui l’aveva osservata quasi impassibile, come se accettare l’impossibile fosse la sola cosa intelligente da fare. Voleva rubare la sua calma, farla propria. Micaela respirò di nuovo e d’un tratto si immaginò nel suo posto sicuro. Quella vecchia libreria con la porta a vetri scheggiata, e la scritta rossa mezza cancellata, dove da bambina passava ogni momento. In mano aveva lui, il volume più bello dell’universo, la copertina in pelle chiara e le scritte scintillanti incise sul dorso. L’odore di polvere e carta invecchiata le riempiva le narici. Ed era di nuovo una bambina che viaggiava con l’immaginazione, persa in una foresta, mentre osservava delle strane creature strette attorno al fuoco, mentre un’oscura e impalpabile minaccia incombeva su di loro, di spazzarli via dal loro mondo rendendoli… nulla.
Quando Micaela riaprì gli occhi le fiamme erano scomparse e William era ancora davanti a lei, , poteva intravedere nell’oscura profondità dei suoi occhi, il nulla.
Nulla, a cosa ti aggrappi quando ogni certezza ti viene strappata via? Quando ti rendi conto di non avere un passato? Era tornato da lei perché era il vero principio, la sua vera nascita.
Lo sapeva, glielo leggeva in quegli occhi rassegnati, lui aveva capito che tutto quel casino che nella sua testa gli aveva causato tanto dolore erano solo storie inventate.
Micaela si sentì colpevole, ma sei davvero un mostro se torturi delle creature fatte solo d’inchiostro e non di carne e sangue?
“Vorresti vedere la tua storia?” Micaela si soprese della determinazione nella sua voce. Forse era il più grande degli errori, ma se non poteva aiutarlo almeno doveva mostrargli cosa i suoi autori avevano scritto per lui.
Lui annuì quasi impercettibilmente, Micaela trovava incomprensibile il fatto che sembrava si comprendessero tanto bene senza che si dovessero dire niente, surreale. Eppure glielo leggeva in quello sguardo smarrito. Era fuggito, ma aveva compreso fin troppo presto che non c’era posto in quel mondo dove potesse andare, perché non ne faceva parte. Quella non era la sua storia. Chi era veramente? Forse nemmeno lo ricordava, chi era stato? Forse non pensava avevesse nemmeno più alcuna importanza, dopotutto era tutta una finzione.
Micaela lo accompagnò in una stanza in manutenzione e gli lasciò il suo telefono, un caricabatteria e le sue cuffie. Avrebbe avuto tutta la notte e era certa che al mattino lo avrebbe trovato nuovamente là. Non sapeva bene come avrebbe reagito alla visione. Dopotutto avrebbe avuto finalmente un punto di vista esterno al suo, per la prima volta. Era come un palloncino smarrito che fluttuava verso il cielo, smarrito, senza più alcun legame.
Avrebbe voluto lasciarlo da solo tutto il tempo ma non riuscì a trattenersi dal controllare se stesse bene.
Lo trovò rannicchiato su quella sedia, con l’espressione persa. Lei gli lasciò una bottiglia d’acqua e dei panini sul tavolo ma lui se ne accorse appena. Micaela era sgattaiolata via pensando di aver violato uno spazio sacro, intimo.
Il resto delle ore di lavoro furono un continuo cercare di non pensare a William, a cosa stesse pensando, provando. Micaela si soprese più volte di se stessa, stava volutamente ignorando che ci fosse un folletto esaudisci desideri nella sua stanza che per qualche assurdo motivo aveva deciso di attaccarsele addosso come una cozza perché? Perché lei lo aveva liberato senza nemmeno sapere come?
Come?
Micaela aveva ripensato più volte agli avvenimenti di quella sera.
Era andata a letto… Aveva sognato di nuovo la stessa cosa… aveva chiuso gli occhi per pochi minuti e quell’auto era tornata subito da lei.
Era stato quello scampanellio ad attirarla in soffitta, come un irresistibile richiamo.
Forse stava ancora dormendo e niente di quel che era accaduto era davvero reale.
Ma William la aspettava dove l’aveva lasciato, quando lo raggiunse lo trovò ad occhi chiusi, Micaela per un attimo pensò che stesse dormendo. Appoggiato alla parente.
Ma quando sentì i suoi passi aprì gli occhi, quei pozzi oscuri vuoti, come se ciò che avesse visto gli avesse sottratto ogni scintilla di luce.
“Grazie per i panini e per l’acqua…” sussurrò con voce spezzata.
“Scusa se non ti ho lasciato in un posto più confortevole, questo ospedale è vecchio, ha molti spazi vuoti, ma non sono particolarmente comodi”
Alle parole di Micaela lui fece spallucce, era abituato a ben peggio, o almeno così doveva aver creduto.
“Tranquilla, sono uscito solo per andare in bagno e… solo dopo essermi accertato che non ci fosse nessuno nei paraggi...”
Micaela gli si sedette accanto, non sapeva bene che dirgli, però riconosceva quello sguardo perso di chi improvvisamente realizza di essere caduto oltre il bordo e di essere finito fuori dal mondo.
“Molte cose nemmeno le ricordavo, forse non le avevo ancora vissute o… forse arrivare qua me le ha strappate via… Tutto il resto era… Estraneo… E adesso non so…” William chiuse di nuovo gli occhi come a cercare di riordinare le parole, che Micaela poteva vedere vorticare nella sua mente confusa. “Sono fatto di storie, sono nato da una penna, ho preso vita in una pellicola e… tutto quello che mi definisce mi è stato attaccato addosso da altri, mi hanno costruito come si fa con una macchina, mettendomi su un binario che poteva andare in una sola direzione e… Adesso che sono al di fuori di tutto e vedo il mio mondo dall’alto e mi appare tutto così piccolo e approssimativo… Non so più niente. Chi sono? Chi potrei mai essere?”
“William…” la voce di Micaela lo scosse, aprì gli occhi e la osservò come se si aggrappasse alla sua presenza. “Puoi essere tutto quello che desideri! Hanno reciso i fili, ma non sei caduto a terra perché sei vivo, sei nato nuovamente, puoi essere tutto quello che vuoi… Adesso stai iniziando a scrivere da solo la tua storia”
 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 03 - Topolini in soffitta ***


Capitolo 03 - Topolini in soffitta
 
 



 
Per Micaela era strano camminargli accanto, soprattutto perché per stare al suo passo doveva quasi correre. Maledisse mentalmente le sue gambe corte un sacco di volte, ma non gli chiese di rallentare.
“Perché mi chiami William e non… Bill o Billy, come fanno tutti da dove vengo?”
Micaela non finiva di sorprendersi del freddo distacco che William continuava a mostrare, era quasi certa che stesse per esplodere da un momento all’altro invece la osservava pacato.
“Perché dovrei storpiare il meraviglioso nome che fu del maestro Shakespeare? William è un bellissimo nome, Bill… Billy… Non sei mica un cane no? Però se preferisci…”
“No William va benissimo… è solo strano, non ci sono abituato… Ma in fondo magari è quello che ci vuole… un nuovo nome…”
Micaela avrebbe voluto fargli presente che William era il suo nome, solo che non lo aveva mai usato per intero, ma rimase in silenzio.
William la osservò come se le leggesse nella mente. “Mi piaceva Billy, mi piaceva la storia che avevo…” William si interruppe con un sorriso amaro stampato in volto. “Avevano… Avevano costruito per essa…”
“Comunque se vuoi mi sforzerò di…”
“No, davvero, William va bene…” la interruppe lui con un mezzo sorriso, stavolta divertito.
“Non so se tu e Pixie mi leggiate nel pensiero o cosa…” sbottò Micaela. Da quando li aveva incontrati si era sentita scansionata, trasparente.
William rise e Micaela si appuntò mentalmente di indurlo più spesso alla risata, a costo di diventare un giullare. Le piaceva la sua risata sincera, rilassata. Invidiava il suo spirito di adattamento, come se ogni problema fosse rimasto in quello schermo. Come se la prospettiva di essere una lavagna vuota su cui scrivere quello che voleva gli piacesse più di qualsiasi cosa al mondo. O era un bravissimo attore… Non lo escludeva del tutto ma sperava di poterlo fare.
“Forse perché quello che pensi ti si stampa praticamente in faccia… Devi essere un disastro a poker… O … Nella strategia in generale…” proseguì William.
Micaela si sentì avvampare, vero… alle volte scordava. Solo che era da tempo che nessuno le prestava cos’ tanta attenzione, era strano.
“Già… forse mi sono disabituata ad avere a che fare con le persone…” borbottò.
La vita dopo il 2020 faticava a tornare la stessa… Le persone si erano cos’ tanto rinchiuse nelle proprie isole digitali da scordare che vi era un mondo reale e tangibile al di fuori della propria finestra.
5 anni… Non pensava che potesse durare tanto.
William la osservava in attesa. “Devo farti un riepilogo degli ultimi forse sei… otto anni… qui tutto è cambiato… neanche fosse passato lo schiocco di Thanos…” allo sguardo perplesso di William Micaela sospirò. “E devo anche farti un riassuntone di molte altre cose…”
Il viale alberato era ancora immerso nella penombra, albeggiava e la flebile luce del mattinino faticava a filtrare attraverso le folte fronde degli alberi. Tronchi pallidi che spiccavano nelle tenebre.
La grande casa gialla spiccava nella vegetazione. Si ergeva a un passo dal bosco, sul confine della città. Micaela ricordava di aver adorato la casa dal primo sguardo, si era sentita a suo agio dal primo giorno e adesso sarebbe rimasta lì da sola, ora che Cristina se ne andava via.
Osservò attentamente William. “Non è che ti andrebbe di…” cercò un modo migliore di chiedergli se volesse sistemarsi come un topolino nella sua soffitta polverosa, ma prima che riuscisse a formulare la frase un gemito la bloccò.
Vicino al cancello arrancava, strisciando una creatura. Micaela si chinò incredula. Riconosceva quell’esserino, proveniva da una dei tanti volumi che popolavano i suoi scaffali. Che fosse uno di quelli rapiti dal potere di Pixie?
“Scusa non dovevo uscire…” Micaela balzò in piedi, William invece non si era scomposto.
“Pixie… che diavolo…” Micaela aveva quasi rimosso la fuga dalle storie, tanto era stata presa dal parlare con William, ora la realtà le era davanti agli occhi.
“Lui è stato qua… “Sussurrò il folletto fluttuando incorporeo come una nuvola di fumo sopra le loro teste.
 
“Abbiamo ospiti”
Non l’aveva vista uscire dalla porta, Micaela sobbalzò quando udì la voce di Cristina e cercò con lo sguardo la creatura agonizzante che fino a poco prima giaceva a terra ma stava svanendo sbriciolandosi come un cumulo di cenere.
Cristina era sulla porta, con al fianco una valigia.
Micaela rimase a bocca aperta, stava andando via? Così… La salutava per sbaglio?
Entrarono in casa, Cristina pareva visibilmente a disagio.
“Lo sai che non sopporto gli adii… Si fa tutto più difficile…” Micaela distolse lo sguardo. Tipico, doveva sempre giustificarsi.
“Ma vedo che non sei sola…” proseguì Cristina mentre William si appoggiava alla parete dell’ingresso, le lunghe gambe distese, le osservava guardingo.
“Allora chi è questo…” enunciò Cristina squadrando William da capo a piedi, soffermandosi a lungo sull’intricata rete di cicatrici che segnavano il suo volto. Micaela avrebbe voluto ricordarle di non essere tanto indelicata ma il panico le avvolse la mente, Che le poteva dire? Possibile che non lo riconoscesse? Ovvio che no... Quando mai aveva davvero prestato attenzione a ciò che reputava inutile?
“Il topolino” Esclamò Micaela “Ho trovato il topolino per la nostra soffitta… la mia soffitta…”.
William inarcò le sopracciglia perplesso. Evidentemente nessuno lo aveva mai appellato così. Di certo il suo aspetto non ricordava un timido topolino.
Cristina non sembrava del tutto convinta così Micaela aggiunse “È un nuovo collega di Hans, mi ha detto che non aveva ancora una sistemazione, a me serviva un coinquilino e… eccolo… topolino trovato…”
Cristina sorrise, più che un sorriso sembrava una smorfia. Non approvava, ovvio. Di certo avrebbe voluto metterle lei in casa la persona giusta. Micaela ringraziò William di essere piovuto dal cielo.
Pixie però era svanito, per sua fortuna, ci mancava solo che la sua pragmatica amica, l’essere più razionale del mondo vedesse un essere evanescente fluttuarle sulla testa.
Cristina doveva aver una gran fretta, perché afferrò la borsa, si soffermò appena di fronte a William incerta se dargli o meno la mano e poi passò oltre.
“Ci sentiamo Micky, promesso”
Micaela rimase in silenzio finché la porta non si chiuse alle spalle dell’altra.
Una vita, legate a doppio filo e adesso, ciò che più era stato vicino a una famiglia se ne andava. Quasi aveva scordato della presenza di William o di Pixie e quando il folletto apparve di fronte a lei con un sonoro crack.
“È andata via? Perché dovremmo proprio… proprio… Parlare…”
 
Micaela trovò tutto molto strano.
William che sorseggiava un caffè con espressione assente ma tranquilla. E Pixie che la osservava fremente con grandi occhi di cielo sgranati.
“Il fatto è che… Potrei aver omesso alcune cose”
Micaela sorrise divertita. Già… Ovvio.
“Io… e … l’altro… il Cacciatore, non siamo di questo mondo. Noi ci spostiamo tra le realtà, trascriviamo le storie. Solo questo dovremmo fare. Non siamo i soli… Pensate che ci sono popoli interi che vivono per questo scopo… Noi ecco… Non posso dirvi molto ma siamo… nati per questo. Io però volevo altro, non mi bastava trascrivere… Io volevo creare… Così LUI mi ha… rinchiuso, come punizione. E quando…” Pixie si fermò e osservò Micaela. “Quando mi hai liberato ero così… Avevo bisogno di liberare tutto quell’energia che trattenevo da… Troppo… E i tuoi desideri erano così forti… Come il suo volto così chiaro da essere vero. Ma il Cacciatore lo ha scoperto, sono stato stupido a pensare… sperare… Dobbiamo trovarli…”
Micaela se ne stava seduta a braccia conserte. Come? Come potevano fare?
“William tu… Tu potresti… In cambio Pixie potrebbe donarti qualsiasi cosa… O la faccenda dei desideri era tutta una balla”
Il folle scosse la testa “Giuro è vero… Io… Ti sarò debitore per la vita, mi hai liberato e, esaudirò tutto quello che vorrai, è la mia natura… Non potrei fare diversamente”
Micaela era tentata di ridere, di fronte a quei grandi occhioni di cielo sgranati.
“Ti credo… Solo che… La prossima volta aspetta che li esprima a voce alta…”
Pixie sorrise divertito “Anche se così è meno divertente… prometto…”
Micaela si voltò verso William, era rimasto immobile, lo sguardo velato. Micaela avrebbe voluto sapere cosa vorticava nella sua mente in quel momento, ma poi lui si scosse e annuì.
“Bene, abbiamo un accordo… Che la caccia abbia inizio…”
Micaela era felice, ma voleva anche dire che la sua permanenza sarebbe stata legata alla ricerca e poi?
Ma in fondo era anche giusto, era più tempo di quanto lei avrebbe mai immaginato.
Pixie fluttuò via, come se avesse percepito una voce, o avesse avuto l’impellente bisogno di cambiare stanza. Micaela pensò a tutti quei personaggi che i suoi involontari desideri avevano strappato alla propria storia, solo perché Pixie voleva realizzare tutto quello che fosse passato dalla sua mente. Come rendere reali dei personaggi della fantasia o, donarle poteri soprannaturali. Non poteva fare a meno di chiedersi cosa sarebbe mai successo se nella sua mente ci fossero stati desideri normali, sensati. Come quelli che probabilmente si trovavano in quella di Cristina. Che aspirava a fare carriera, avere soddisfazione e lei invece, lei Micaela ancora si perdeva in creature di inchiostro e celluloide. Come William… Eppure, lui adesso era reale, la sua mano, che le stava sfiorando la spalla era vera, percepiva va sua presa, lui per un attimo la guardò, i suoi occhi scuri erano di nuovo due pozze di oscurità, Micaela vi vedeva qualcosa, una domanda che lottava per emergere che svanì nel tempo di un battito di ciglia. Dopo poco sorrideva sornione e divertito. “Topolino?” le chiede ridacchiando. Lei lo osservò perplessa prima di ricordare lo scambio di battute avuto con Cristina, ma prima che potesse dire qualcosa William sorrise e riprese a parlare. “Quindi immagino che volessi chiedermi se ero interessato a… viere qua?  Beh… abbiamo un accordo mi pare?”
Micaela annuì. Già avevano un accordo, forse solamente quello.
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 04 - Shine On You Crazy Diamond ***


Capitolo 04 - Shine On You Crazy Diamond
 
 
 
 

 
Il pallido volto del cacciatore si intravedeva appena velato da un cupo cappuccio mentre osservava la grande casa gialla. Ciocche di capelli scuri velavano i suoi occhi, uno smeraldo, uno nero come la notte. Scrutava divertito lo spettacolo che gli si profilava davanti.
 La piccola vita che aveva reciso era tornata al luogo a cui apparteneva, ma nel frattempo aveva svolto il suo compito, l’umana e il suo compagno si erano mostrati. E persino il suo antico compagno di viaggio.
L’uomo alto se ne stava spavaldo a fianco della ragazza, un’altra creatura fuggiasca. Il Cacciatore lo stava scrutando quando lo vide voltarsi e piantare i suoi occhi scuri nella sua direzione. Il Cacciatore ebbe la netta impressione che potesse vederlo, i suoi occhi, neri come la notte stessa, lo sguardo tagliente come una lama e quel sorrisetto. Una sfida? Davvero pensava di essere all’altezza? Il Cacciatore socchiuse, lasciandolo sperare fino all’ultimo di essere libero. Solo allora gli sarebbe calato addosso, decorandogli il prezioso volto di nuovi segni, prima di strappargli il cuore dal petto. Era solamente una storia, nient’altro, doveva estirparlo da quel mondo come un’erbaccia e rigettarlo la dove sarebbe morto altre infinite volte, un interminabile ciclo sanguinoso. Era il suo destino, non importava quanto quello stupido di suo fratello sperasse il contrario, non era possibile dare veramente vita a delle creature di fantasia, quella non era vita, era una mera illusione. Il loro compito, in quanto custodi delle storie non era quello di portare doni e realizzare desideri. Dovevano trascrivere… Solo quello… E lui avrebbe rimesso ogni cosa al suo posto. Ma di certo non si sarebbe negato un po’ di divertimento. La creatura si credeva diversa? Pensava di aver infranto il velo della narrazione, si credeva un vivente, glielo leggeva nei suoi occhi neri.
Il Cacciatore sorrise, si sarebbe preso il suo tempo, li avrebbe braccati, mostrando loro cosa li avrebbe attesi e poi avrebbe chiuso l’ultima storia, quella di quella creatura dagli occhi scuri, William.
 
 
 
 
Micaela sbuffò frustrata quando si accorse di aver letto lo stesso rigo per la milionesima volta, così poggiò la testa sul tavolo. Era così stanca…
Aveva mostrato a William la soffitta, che sarebbe diventata la sua caotica nuova dimora dicendogli di sistemarsi come volesse. Aveva trovato tempo prima una serie di valigie, forse vecchi affittuari che avevano dimenticato lì le loro cose.
Per sua fortuna uomini e per sua fortuna avevano dimenticato molti indumenti o non avrebbe saputo cosa dare a Williamo. Lui si era seduto su quel vecchio letto scricchiolante per guardare cosa gli venisse offerto e Micaela aveva deciso di lasciargli il suo spazio e di recarsi alla vicina biblioteca dell’Università per cercare di studiare un po'.
Una vocina dentro di lei le chiedeva se fosse saggio lasciarlo da solo, ma si era risposta che se non avesse voluto dargli fiducia non avrebbe dovuto invitarlo a restare da lei e nemmeno incuriosirsi tanto alla sua storia.
Si sollevò e il suo sguardo cadde sul suo segnalibro. Era un’immagine di William, ne aveva stampate diverse. Le aveva fatto piacere sentire quelle immagini vicine, all’epoca non l’aveva trovata una cosa strana, era solamente un personaggio inventato, adesso era reale. Le aveva fatto compagnia in infinite notti di studio, o di lavoro, e malgrado si fosse presa in giro più volte non poteva negare che alle volte osservando quegli occhi neri immortalati in un momento si era messa a parlargli, come se fosse stato là con lei a accompagnarla lungo quelle noiose ore.
Un colpetto di tosse le rivelò la presenza di qualcuno alle sue spalle. Un colpo di vento. L’odore della notte gli si era come attaccato addosso.
“Credo di aver capito da dove iniziare le ricerche…” disse a mezza voce. Era cauto, rispettoso di quel luogo, nonostante la sola lettrice fosse Micaela.
Micaela sobbalzò e chiuse di scatto il libro, quando si voltò William stava ridacchiando, di certo aveva visto la foto. Si era messo una maglia nera con una grande scritt, una canzone dei Pink Floyd sotto una nera giacca di pelle, dei jeans scoloritigli, ma gli stivaletti erano sempre i suoi. Forse non aveva trovato delle scarpe della sua misura, o forse semplicemente amava quegli stivaletti da militare.
Shine on you Crazy Diamond diceva la maglietta.
I suoi occhi neri dardeggiavano, la caccia era iniziata e William fremeva impaziente, Micaela lo percepiva.
“Hai ancora i miei occhiali…” le chiese improvvisamente abbassando lo sguardo su di lei.
Micaela sussultò e si portò la mano alla tasca della giacca, li prese e glieli porse. “Sì scusa… ho scordato di renderteli…”
Non riusciva ad abituarsi a quel tono confidenziale che William aveva con lei.
Pixie fluttuava sopra le loro teste, a malapena visibile.
Micaela sollevò lo sguardo su di lui, si era aspettata che il folletto movesse dei dubbi sulla scelta di donare a William un desiderio, o quantomeno che mettesse in dubbio le sue capacità… Invece aveva accettato di buon grado. Anzi, lo osservava con un mezzo sorriso incuriosito. Lo studiava, voleva capire quanto del suo personaggio avrebbe mostrato e quanto di nuovo sarebbe sbocciato da William, ora che si era aveva compreso che quello che creda fossero ricordi non erano altro che ombre proiettate su un muro di un mondo ben più vasto. Ora che era consapevole di essere uscito dai binari della sua narrazione.
William sogghignò soddisfatto come se lo aspettasse “tranquilla puoi tenerli, ero solo curioso…”
A Micaela scappò una mezza risata, ecco, ora lo riconosceva. Quel pizzico di superbia era adorabile.
William avanzava a passo svelto e Micaela si ritrovò a corrergli dietro, si sentiva dannatamente un cagnolino che gli trotterellava dietro. William si arrestò.
Quando sei pronta… alle tue spalle… cerca di lanciare più fuoco che puoi… Aspetta il mio segnale.
Micaela sbiancò. La voce di William le era rimbombata nella mente.
“Pixie…” imprecò tra i denti la ragazza.
Il folletto sorrise imbarazzato.
Era davvero incapace di non impastare la realtà che gli si mostrava davanti?
“So che sei qua, so che ci stai seguendo… E non sono disposto a fare il tuo gioco ancora a lungo” scandì William voltandosi con uno sghembo sorriso. Nei suoi occhi Micaela lesse la certezza che quello fosse il segnale, fissava qualcosa dietro di lei a testa alta, allargando le braccia, con un ghigno beffardo di sfida rivolto a qualcosa alle sue spalle pronto ad attaccarlo.
Pixie fremette e si adagiò a terra con un fremito di terrore.
Il tempo rallentò mentre una lama sfrecciava diretta verso il petto di William.
Micaela la vedeva muoversi pigramente nell’aria come se ogni suo respiro si dilatasse all’infinito e potesse vedere oltre il tempo mentre si conficcava nel petto di William gettandolo a terra.
La afferrò sorprendendosi della propria velocità e la sentì divenire rovente nel palmo della sua mano mentre la furia infiammava del suo petto. Si voltò e si lanciò quella scheggia dardeggiante al mittente.
Uno scampanellio, il fruscio delle fronde di un albero e un grido, la lama era andata a destinazione e il Cacciatore si afflosciò a terra con un’ala di smeraldo lacerata e fremente.
Appariva come un ragazzino con al massimo venti anni, lunghi capelli scuri arruffati dal vento e uno sguardo furioso. Uno dei due occhi pareva una gemma di giada, l’altro un abisso di tenebra. Micaela non riusciva a guardarlo. Non era come i vitali occhi di William, così intensi, profondi. In cui ci si poteva perdere, dolcemente naufragare. Quell’occhio oscuro era vitreo, morto e fissarlo le faceva temere di perdere la ragione.
Un ghigno furioso deformava quel bel volto. “Ben fatto…” sibilò sollevando lo sguardo su Pixie che cadde a terra con un tonfo. Era improvvisamente diventato concreto. Il folletto non riusciva a guardare l’antico compagno negli occhi, terrorizzato cercava rifugio nella propria mente, come se negare l’evidenza bastasse ad allontanarlo. 
“Non sei il solo a poter giocare con la realtà…”
Alle parole del Cacciatore Pixie si portò le mani alle orecchie “Non puoi farlo, non tu… Tu non puoi…”
Il Cacciatore si sfiorò il volto, indicando il nero occhio morto e ringhiò “Questo era prima…”
Pixie sollevò lo sguardo tremante e Micaela lo vide diventare evanescente come uno sbuffo di fumo. Non era così che probabilmente lo ricordava. Quando le aveva parlato del Cacciatore Micaela aveva percepito timore, ma anche rispetto nella sua voce, quasi reverenza. Adesso vi era solo incredulità nel suo sguardo e orrore.
“Dovrei ringraziarti…” Proseguì il Cacciatore. “In fondo mi hai insegnato il valore del dolore e dell’odio… Adesso posso abbracciare il cambiamento, accettare la sfida… Rendilo difficile, goditi questa vittoria… Non puoi riscrivere la loro storia, per nessuno di loro… Ma per ora… Continua pure a illuderti”.
Una folata di vento si sollevò dal suolo, un fruscio di fronde, Micaela chiuse gli occhi un secondo e quando li riaprì il Cacciatore era svanito. Al suo posto una lieve bruciatura sul terrendo e una strana foglia essiccata. William avanzò la raccolse e la sbriciolò tra le dita. “Ti aspetteremo…”
William sorrise e alzò la mano, Micaela sollevò lo sguardo. Un ragazzino li stava scrutando affacciandosi da un vicolo, aveva capelli scuri, era basso e paffuto e stringeva al petto un libro in pelle chiara con il rilievo un simbolo a Micaela molto familiare. Due serpenti che si avviluppavano tra loro.
“Pixie… Va da lui… Bastiano deve essere molto spaventato… Rimandalo a casa…”
La ragazza osservò il folletto fluttuare verso il bambino e William le si avvicinò. Lei si voltò e gli rifilò un pugno fiammeggiante sulla spalla. “Sei un’idiota, potevi dirmelo”
Lui si massaggiò il braccio divertito “Sapevo che mi avresti coperto le spalle… Sai l’ho… sentito…”
Micaela alzò gli occhi al cielo. Già il nuovo dono di Pixie, lo stava dimenticando. La ragazza sospirò sperando che non fosse qualcosa di permanente. Non era certa di voler scambiare pensieri con William… Almeno non in un ciclo continuo.
“Come sapevi che il cacciatore ci avrebbe usato per arrivare agli altri personaggi?”
William si strinse nelle spalle “Io al suo posto lo avrei fatto…”
“Per la cronaca non sei invitato nella mia testa, quindi evita… Se non vuoi finire sulla graticola”
Lui rise e la osservò sornione. Il suo mezzo sorriso era chiaro.
Sicura?
 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 05 – Echi dal passato ***


Capitolo 05 – Echi dal passato
 
 
 
 

 
 
“Perché è qua?”
Hans alzò gli occhi al cielo. “Ti prego non dirmi che gli hai detto di sì per quei due occhioni a calamita… Andiamo…”
Micaela sorrise colpevole. Non voleva dirgli di sì ma dire di no sarebbe stata una bugia immensa e lei aveva il malaugurato vizio di mostrare ogni sua emozione stampata in viso.
“Micky mi ha detto che cercavate qualcuno che potesse dar mano per i turni di notte e le ho detto che ero interessato, credo di aver le qualifiche necessarie”
Hans sollevò lo sguardo su William quando sentì la sua voce. Appoggiato alla parete a braccia conserte il corpo rilassato. Era davvero così sicuro di sé?
Hans annuì e gli chiese di sedersi nel suo ufficio.
Micaela si accorse solo quando William si chiuse le porte alle spalle dopo averle fatto un occhiolino divertito, che lei si accorse di aver trattenuto il respiro.
Micky… Era dal saluto con Cristina che non sentiva quel nomignolo. Le faceva strano… Associare Cristina a William… Le lasciava un amaro sapore in bocca. Come se potesse preannunciare un altro addio. Alla fine, Cristina se n’era andata… Non l’aveva ancora chiamata. E di sicuro anche William presto avrebbe fatto lo stesso, di certo non sarebbe rimasto si disse Micaela.
Sollevò lo sguardo e lo intravide seduto attraverso la parete a vetri dell’ufficio di Hans.
Lo intravedeva seduto rilassato, sicuro di se, lo sguardo di chi sa bene di avere molte moltissime frecce al suo arco. Cristina lo avrebbe definito un vero sbruffone, ma lo avrebbe anche adorato perché William era in grado di incantare chiunque, e non solo perché aveva grandi occhi da cucciolo. Era veramente competente, faceva parte del suo essere ormai.
Dopo un tempo che a Micaela parve interminabile William uscì con un sorriso sornione e soddisfatto facendole segno ok con la mano prima di seguire le indicazioni di Hans e allontanarsi verso gli spogliatoi.
Hans si strinse nelle sue ampie spalle e inarcò un sopracciglio, Micaela riconobbe l’espressione.
“Te l’avevo detto che era adatto”
Hans l’osservò con i suoi occhi di ghiaccio. “Non lo nego ma… Sappiamo entrambe che è qui per quei due occhioni da cucciolo… Non negarlo, sono il tuo punto debole anche con quel personaggio della tv che adori tanto… anzi… Sai che me lo ricorda non poco?”
Micaela fece spallucce e abbassò lo sguardo, ringraziando Pixie e i suoi miracoli nel rendere reale William così tanto da aver fatto apparire come per magia anche il suo fittizio passato.
Però se ripensava a quando William aveva intravisto il messaggio di Hans e le aveva chiesto di proporlo come sostituto come guardia al suo ospedale, Micaela non poteva negare a se stessa di aver esitato davanti a quei grandi occhi scuri.
“Beh spero che ci sia altro dietro quegli occhioni da gatto con gli stivali…” sbuffò Hans dandole un colpetto alla schiena.
“Non dubitarne” rispose lei senza esitare.
 
Micaela era abbastanza certa che la riluttanza di Hans nei confronti di William sarebbe durata poco e così era stato.
William era bravo a entrare in simpatia alle persone, si adattava bene. Nel giro di poco nel suo piccolo giro pendevano tutti dalle sue labbra. Perché era in gamba, perché era divertente, alla fine persino Hans gli aveva concesso il beneficio del dubbio che non fosse solo grandi occhi e un sorriso ammaliante.
Quando inevitabilmente erano arrivate le domande sulle cicatrici che gli segnavano il volto William aveva scrollato le spalle definendolo un incidente. Non avevano insistito, dopotutto in quella realtà avevano visto un po’ tutti ben di peggio.
Hans prestava servizio in ambulanza. Nel gruppo di Hans Aron e Oscar erano infermieri in pronto soccorso da molto tempo, quindi la curiosità era passata in fretta.
William aveva risposto tranquillamente, ma un lampo nei suoi occhi neri aveva fatto intuire molto bene che non volesse dire molto altro.
Il lavoro procedeva bene, ormai aveva un piccolo brando di ragazzi con cui si vedeva spesso. William sembrava così integrato nella sua nuova realtà che alle volte Micaela pensava di scordare da dove fosse fuorisucito.
Era strano come la ricerca dei personaggi smarriti, la minaccia del Cacciatore fosse passato il secondo piano. La vita reale l’aveva risucchiata e i giorni avevano iniziato a scivolare gli uni sugli altri.
William la sera se ne saliva in soffitta e leggeva, macinava libri su libri. A Micaela pareva che cercasse il suo vero io nelle storie degli altri. Si dedicava soprattutto ai libri incompleti, da cui Pixie aveva strappato liberandone parti nel mondo.
 
Il folletto dall’incontro con il Cacciatore era rimasto abbastanza taciturno, inconsistente.
Aleggiava per l’appartamento, incorporeo quasi tutto il giorno.
Micaela aveva atteso, ma dopo un mese decise che aveva rispettato abbastanza i sentimenti del folletto. Poteva essere scioccato dal cambiamento del compagno quanto voleva, ma poteva farlo chiarendole un paio di cose. Aspettò che William rientrasse, non voleva farlo alle sue spalle, non le sembrava corretto. Rientrò puntuale, come sempre e si lasciò cadere sul divano rosso dell’ingresso. Lei lo aspettava seduta sulla sua poltrona nera e quando vide la sua espressione William aveva fatto un mezzo sorriso sornione “Sono nei guai?”
“Tranquillo, Samu mi ha già detto che hai detto la parola proibita stamattina… E ti ringrazio…” rispose Micaela con sguardo torvo.
Gli aveva detto più volte che in ospedale non andava mai fatto, lui si era fatto una risata e aveva risposto che erano stupidamente superstiziosi e poi lo aveva detto “Che noia è tutto così tranquillo stasera”
Ovviamente a quella parola era seguito un putiferio. Micaela detestava coprire i turni di reperibilità in pronto soccorso, anche senza che William attirasse il finimondo.
William aveva continuato a sostenere che quanto fosse successo non potesse minimamente essere dipeso dall’uso di quella parola. “Mi devi una sbronza, per dimenticare…”
William aveva risposto con un’alzata di spalle.
“Seriamente, di cosa volevi tanto parlare…”
Il sorriso tardava ad abbandonare il suo volto ma i suoi occhi erano attenti e in attesa.
Pixie sfiorò il suolo e finalmente Micaela parlò.
“Devo capire. Quella sera quando il Cacciatore si è mostrato. Ho sentito chiara nella mia mente la voce di William, come se stesse parlando a voce alta. Solo che lui era in silenzio. Come se riecheggiasse nella mia mente. Potevo sentire chiaramente una connessione. Sapevo cosa dovevo fare, dove dovevo colpire. Come se per un attimo fossimo un tutt’uno. Sei stato tu Pixie? Perché? Capiterà di nuovo? Pixie… Io devo potermi fidare di te”
William era rimasto immobile e Pixie per un attimo era apparso opaco.
“No… io… La connessione è nata quanto William è uscito dalla sua storia. Lui è emerso per via del tuo desiderio… Interferire con le linee prestabilite ha degli effetti indesiderati e… Questo è uno di quelli”
Micaela incrociò le braccia, non la convinceva. Era una risposta evasiva, era abbastanza certa che il folletto stesse evitando di dirle molte cose. Il Cacciatore lo aveva accusato di giocare a creare destini, che lo stesse facendo anche con lei e William per pure divertimento?
“Quindi è stato solamente un incidente?” borbottò la ragazza scrutando il folletto.
Avrebbe voluto chiedere altro ma doveva farlo nei tempi e nel modo giusto, altrimenti non avrebbe ottenuto altro se non risposte elusive e approssimative.
Trovava piuttosto curioso che tra tutte le creature proprio con William si fosse creato un legame, non poteva essere un caso. William tra tutti era diventato così rapidamente speciale nella sua mente prima ancora che divenisse di carne e sangue.
Non aveva più percepito i suoi pensieri ma la sua presenza stava diventando sempre più una certezza costante.
“Pixie… Non vorrei essere ripetitiva ma… Cerca di non realizzare altri desideri che non siano stati espressi verbalmente… Evitiamo di complicare ulteriormente la situazione”.
“Ovviamente” rispose il folletto guardandola con i suoi grandi occhi di cielo.
Micaela scosse la testa, non riusciva proprio a credergli e le dispiaceva. Non ricordava quando era diventata così cinica.
Un tempo avrebbe dato qualsiasi cosa per quell’avventura... Ma era prima… Prima di quella lettera… Prima…
“Bene… Allora, la riunione è finita, andate in pace…” tagliò corto Micaela riscuotendosi dai suoi pensieri.
Si diresse verso camera e si sedette alla scrivania, prese di tasca gli occhiali di William e li rigirò tra le dita, li portava sempre con sé, le davano senso di sicurezza. Come se dovesse verificarne costantemente la presenza.
Percepì il suo sguardo come un solletico dietro la nuca.
“Non avevi un appuntamento stasera?” La domanda eruppe spontanea, era rimasta la che premeva sulle sue labbra da quando Samuel, il suo collega di lavoro le aveva detto della dottoressa carina dai capelli neri  dai lineamenti orientali che aveva puntato William chiedendogli di uscire. Samuel la prendeva in giro.
Se ti irrita tanto fai tu un passo in quella direzione. Lei lo aveva mandato a quel paese riattaccando il telefono.
Micaela si morse il labbro inferiore maledicendosi per quel punto di irritazione che era trapelata nella sua voce.
“L’ho annullato, avevo una mezza idea di bermi una birra con te e parlare dell’uomo di ghiaccio. Credo di sapere come trovarlo…”
Micaela sollevò gli occhi su William “Ho uno stranissimo deja-vu…”
Lui inarcò un sopracciglio “Giuro solennemente di non avere…”
“Buone intenzioni?” concluse Micaela con una risata.
“Avrei dovuto dirlo puntando una bacchetta verso una mappa… ma non sono molto sicuro che sarebbe di grande aiuto sai?”
Micaela rise e si guardò attorno, aveva scordato che per ammazzare il tempo William avesse scelto di leggere anche la saga di Harry Potter, ma apprezzò che avesse colto la citazione.
“Non ho intenzione di adescarti tramite l’alcool” proseguì lui.
“Mi fido topolino della mia soffitta… anzi se dovessi adescare qualcuno, cerca di avvertire. Quanto ti muovi al piano di sopra sembra che sia in corso una battaglia, se mi svegliassi dopo un turno di notte potresti rischiare una calorosa sorpresa…”
Lo sguardo di William era indecifrabile ma si limitò all’ennesima scrollata di spalle “ Ne terrò conto…”
 
Il Pub prediletto di Micaela era quello che Cristina avrebbe definito una bettola.
Micaela si sorprese a pensare di nuovo a lei dopo tanto tempo. Era la madre sorella che aveva sempre desiderato, aveva guidato le sue scelte e adesso che era sparita faticava a camminare da sola. Forse per questo si appoggiava a William così tanto. Lei era sparita e lui era letteralmente apparso dal nulla.
A William il suo pub piaceva, forse perché gli ricordava quelli che aveva frequentato nel suo fittizio passato. O forse solo perché era un buon posto per bere birra, guardare una partita e fumare senza avere troppi problemi.
Era rimasto sorpreso quando Micaela si era accesa la prima sigaretta. Lei lo aveva fulminato con lo sguardo alla sua espressione interdetta.
Micaela lo aveva ascoltato osservando le sue lunghe dita muoversi, le aveva esposto la sua idea, mostrandole i ritagli di giornale che evidenziavano le glaciali anomalie lasciate da colui che William aveva ribattezzato l’uomo di ghiaccio. Micaela si era soffermata sul logoro braccialetto di plastica che William ancora portava al braccio, scolorito e privo di scritte. La sola cosa del suo mondo che gli era rimasto addosso, quando la voce di William attirò la sua attenzione.
“Ti dispiace molto che Pixie mi abbia portato in questa realtà?”
Micaela sgranò gli occhi e lo osservò. Quella luce nei suoi occhi. Stava per rispondere quando lui riprese a parlare. “Sembravi scocciata…”
“No”, eruppe Micaela “Era quello che volevo, solo che… Insomma, non era mia intenzione importelo…”
Micaela lo osservò, la semi penombra del locale sembrava avvolgere William, i suoi occhi sembravano silenti, soppesavano ogni parola.
“Vuoi tornare nel tuo mondo?” le chiese lei sorprendendosi di quella domanda. Le era parso sereno in quel mese passato assieme, ma poteva aver finto tutto il tempo per quel che ne sapeva. Nel suo passato era stato molto bravo a farlo.
William rimase in silenzio e solo quando sussurrò un lento “No” Micaela si accorse di aver trattenuto il respiro in attesa, temendo quella risposta.
“Vuoi mandarmi via?”
Vorrei che restassi per sempre…
Micaela ingoiò la risposta e scosse la testa. “La mia soffitta sarà sempre aperta topolino…”
William rise, era come se entrambi percepissero l’eco della lontana voce di William, ormai quasi estranea eppure era sempre sua Mi facevano entrare ma senza mai davvero farmi entrare… Micaela si chiese se la lucidità acquisita vedendo la sua intera esistenza oltre lo schermo avesse davvero cancellato i suoi spettri, le sue paure profonde. A cosa si aggrappava William la sera, quando chiudeva i suoi occhi, ora che sapeva che tutto quel passato non era reale. Erano svaniti i suoi incubi?
“Squit squit…” aggiunse William con un sorriso sghembo.
 
 
 
 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 06 – Big Dark Eyes ***


Capitolo 06 – Big Dark Eyes
 
 
 
 
 
 
Micaela aveva represso le sue fiamme così a lungo che adesso sentiva di voler esplodere.
Fu felice di essersi spostata nel giardino dietro l’ospedale e ringraziò mentalmente il coprifuoco dato dallo stato di pandemia che vietava a quasi tutte le persone di uscire di casa.
Perché doveva farle così male?
Il numero da lei chiamato potrebbe essere spendo o inesistente.
Cristina aveva davvero tagliato i ponti con lei, l’aveva abbandonata. E William… Aveva trovato quella dottoressa del laboratorio analisi, presto non avrebbe avuto più bisogno di lei. Quella Alena, con la sua pelle bronzea liscia e perfetta, i suoi riccioli scuri e quegli occhi da cerbiatto. Aveva rimandato una volta l’appuntamento ma poi? Per quanto?
L’immagine di Alena che poggiava con fastidiosa naturalezza la mano sul braccio di William le faceva ribollire il sangue, ma non come il sorriso di rimando di lui, tranquillo e rilassato.
Certo, tutti alla fine desiderano un lieto fine, una principessa da salvare dolce e ammaliante. Di certo non una pazza incendiaria che parla a vanvera e che ti chiama topolino.
E quindi? Perché le importava?
Il suo topolino poteva liberamente lasciare la soffitta.
La mano le prese istantaneamente fuoco. Micaela si sedette a terra e la strinse al petto.
Le fiamme divampavano senza controllo.
Ti scoccia? Le aveva chiesto quella mattina quando le aveva detto della nuova richiesta di Alina. Lei si era limitata a una scrollata di spalle.
Forse avrebbe dovuto dirgli qualcosa, ma cosa?
Certo che mi scoccia William, e tu lo sai bene! Dovresti… Te lo devo proprio chiedere?
Resta con me ok? Smettila di fissare Alena con quello sguardo da cucciolo. Magari stasera non dormire in quella soffitta muffosa, scusa ma avrei davvero bisogno di coccole, davvero devo dirtelo? Non mi dici sempre che ho tutto stampato in faccia?
Cristina non mi risponde… E non avrò mai più quella risposta, la lettera è andata perduta… Sono sola, proprio come te, come vorrei che tutto questo fosse una storia inventata da qualcun altro, da poter archiviare e andare oltre. Magari potremmo andare avanti assieme William
“Micky…”
Micaela sobbalzò e le lasciò andare e le fiamme che esplosero innalzandosi verso l’orizzonte. Rilasciare le fiamme l’aveva lasciata improvvisamente spossata, oscillò disorientata come se le forze l’avessero abbandonata. Stava per cadere quando delle braccia forti la sollevarono da terra.
“Ehi… torcia umana calmati o mi trasformerai in un carboncino”
I grandi occhi scuri di William la fissavano e Micaela si soprese di vederlo sorridere.
“Di solito mi dicevano che quando mi arrabbiavo esplodevo… ma tu… Lo fai letteralmente… Mi piace”
“Che ci fai qua? Non avevi da fare?”
Micaela si detestò per averlo chiesto, perché detestava tanto l’idea che William uscisse con quella vamp del laboratorio analisi, eppure continuava a chiederli perché non lo facesse. Si disse che la sua coerenza era encomiabile. “Oggi non possiamo andare a cercare l’uomo di ghiaccio” nella sua bocca quel nomignolo le sembrava dannatamente ridicolo. Non si chiamava così ma non era riuscita a non seguire William, così anche lei lo aveva ribattezzato Uomo di ghiaccio.
“Non sono davvero in vena di stare rintanato nella mia soffitta e dato che posso solo aspettare domani, vengo con te… Entreremo in azione appena hai finito il turno”
“Ma sei matto?”
William la squadrò inarcando un sopracciglio e Micaela esplose.
“Sai che vuol dire passare una notte in ospedale? Te lo racconto… Sopportare le paturnie di un infinito ammasso di egocentrici che pensano che tu esista solo per stringer loro la mano? Solo che io di mani ne ho due… non 20000… Quindi non posso accontentarli tutti. E quando vorresti sparare a tutti ti ricordi che non puoi proprio farlo perché poi dovresti anche soccorrerli… Urleranno il tuo nome così tante volte che inizierai ad odiarlo. Forse tanto quanto odierai il genere umano. E… ti ho sempre invidiato perché sono aver ammazzato qualcuno non dovevi informare i parenti, chiamare il medico di guardia, il medico curante, le pompe funebri, preparare la salma, firmare un’infinità di carte che sicuramente andranno ricompilati tempo zero… Mi sono spiegata?”
William aveva un sorriso sghembo stampato in faccia. “Insomma posso venire anche io?”
Micaela alzò gli occhi al cielo poi sbuffò un “Fai come ti pare…”
Lui sorrise. Micaela trovava sorprendentemente strano adorare come le cicatrici del suo volto si piegassero quando sorridesse, rendevano le sue espressioni uniche.
Lei andò a cambiarsi e quando entrò nel corridoio del pronto soccorso Samuel la aspettava e  le fece cenno di avvicinarsi con un largo sorriso stampato in volto. La ringraziò subito di aver coperto il turno vacante per l’ennesima volta e lei incrociò le braccia.
Samuel era un suo vecchio compagno di corso, solo che lui aveva finito il percorso che lei ancora aveva lasciato a mezzo. Lui era un infermiere da più di un anno mentre lei ancora era una semplice operatrice sanitaria che studiava per diventare infermiera.
Samuel aveva una cesta di ricci neri e occhi scurissimi, non troppo dissimili da quelli di William, difatti anche con lui lei aveva seri problemi a dire di no. Si malediceva ogni volta per la sua debolezza, non era come con William ma ci andava molto vicina. Hans la prendeva sempre in giro per questo. Ti prego non puoi dirgli di sì per due occhioni da cucciolo. In quello William però era il maestro supremo, cintura nera di occhioni giganti da gatto con gli stivali. Nel quando lo osservava nella sua storia lo aveva sempre trovato il sicario con gli occhi più da cucciolo che potesse esistere.
“Vieni” la chiamò Samuel “Abbiamo una piccola emergenza…”
Micaela alzò gli occhi al cielo e lo affiancò. Era alto poco più di lei, quindi non molto. Lei si considerava un nano da giardino, ma Samuel a fianco di William che li scrutava dall’altro dei suoi un metro e ottantotto sembrava un bimbo barbuto. Il pensiero la fece ridere di gusto Samuel la prese sottobraccio “Andiamo… William ha appena affermato che secondo lui sarà una giornata estremamente noiosa… Sai bene questo a cosa ci porterà”
Micaela si voltò verso William che li osservava divertito.
“Dì un po’… ora lo fai di proposito?”
Lui le fece l’occhiolino “Giusto un po’…”
 
 
 
William era piegato in due dalle risate, inforcò gli occhiali, ne aveva comprati un altro paio a specchio, molto simili a quelli che aveva lasciato a Micaela. Lei lo squadrava indecisa se ridere assieme a lui o prenderlo a pugni. “Sai… Avrei voglia di metterti sotto con la macchina e passarti sopra un milione di volte”
Samuel sorrideva divertito e se ne stava stravaccato sulla panchina del parco.
Micaela andava spesso a pranzare in quel posto, una gigantesca serra di acciaio e vetro.
Micaela adorava quel posto, aveva un vago ricordo di felicità, dove lei scivolava via da una mano pallida per correre dietro a una farfalla dalle ali blu.
“Non potete davvero pensare che sia colpa mia” esclamò William cercando di ricomporsi.
Micaela si sedette a forza tra lui e Samuel e sbuffò spazientita. “Hai detto le parole bandite… Non si deve mai e poi mai dire è tutto tranquillo… non succede niente… va tutto bene… sarà una giornata tranquilla… Sarebbe come dire Macbeth in teatro…”
“Altra stupida superstizione…”
Samuel ridacchio stancamente. Come potevano fargli capire quanto scaramantici potessero essere i sanitari.
Non rifare i letti in tre persone o il più giovane sarebbe precocemente passato a miglior vita.
Se morivano due persone di fila ben presto ne sarebbe seguita una terza. E se malauguratamente ne fosse arrivata una quarta, quasi certamente ne sarebbero arrivate una quinta e una sesta. Dato che per una qualche regola magica le morti arrivavano a gruppi di tre. E così molte altre. Micaela avrebbe voluto dargli ragione ma per far parte del gruppo aveva dovuto accettare anche le sue piccole superstizioni, e con il tempo le aveva assorbite.
Quando Samuel si congedò salutandoli con la mano William si alzò porgendole la mano.
“Pronta?”
Micaela avrebbe voluto solo dirgli di no, voleva solamente dormire ma annuì.
“Sai, detesto questa cosa?”
Lui abbassò leggermente gli occhiali sulla punta del naso “Cosa?”
Questa mia incapacità di dire di no a quei tuoi occhioni a calamita.
Lui rise e sbattè le palpebre molto lentamente. Micaela maledisse mentalmente Pixie sperando che potesse sentirla.
 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 07 - Can I Keep You? ***


Capitolo 07 - Can I Keep You?
 
 
 


 
 
Micaela sbuffò borbottando “Tranquilla Micky, ci penso io… Se la situazione si dovesse fare troppo fredda, prometto di chiamarti…” scimmiottò con enfasi la profonda voce di William.
Non voleva che andasse con lei, gli serviva solamente un passaggio.
“Idiota…” borbottò. Perché lui era il super killer che poteva affrontare anche persone con superpoteri… Ovvio… Non aveva minimamente timore che quello che lui chiamava Uomo di Ghiaccio potesse tranquillamente farlo a fettine senza troppo sforzo? No, ovvio che no. Perché lui aveva un piano…
“Sento che sei preoccupata”
Micaela sobbalzò, Pixie svolazzava come una nuvola leggera sopra la tua testa.
“Senti anche quanto mi infastidiscono le tue apparizioni improvvise per caso?”
Voleva pensare ad altro, ma riusciva solo a immaginare la morte di William in infiniti modi diversi con l’iconica frase di chiusura…. Fatality… Brutality… Ma no… William aveva una preparazione d’alto livello… Prima che gli spaccassero la testa, lo strappassero al suo mondo e gli sconvolgessero l’esistenza… Micaela scosse la testa.
William stava bene, in quel mese non aveva mai dato segno di avere dei disturbi, o incubi, o qualsivoglia problema. Poteva dissimulare per nascondergli ciò che sentiva?
Non riusciva a comprendere l’intensità del legame che Pixie aveva creato. Alle volte William le sembrava vicinissimo altre infinitamente lontano, come in quel momento.
Micaela si bloccò, voleva intensamente avere la certezza che stesse bene, che tutti i suoi pensieri fossero solo stupide preoccupazioni vuote.
Percepì un battito… Era il suo cuore… Il battito lento, regolare, controllato. Come sempre.
Era sempre così inquietantemente tranquillo, così controllato…
Poi un guizzo e Micaela si bloccò, il suo battito stava accelerando, perché?
“Pixie… portami là, subito…”
Il folletto la guardò perplesso “Quello è un marcantonio di quasi due metri, palestrato… non è una donzella in difficoltà, cerca di tenerlo a mente”
“Non posso crederci, una volta che esprimo un desiderio a voce alta muovi dei dubbi?”
“Perché quelli che riesci a esprimere non sono veramente…”
Micaela esplose furente “Ascolta la mia mente allora, lo senti che desidero raggiungerlo? Non sto mentendo”
Il folletto annuì, ma uno spettro di tristezza apparve sui suoi grandi occhi di cielo. Esitava.
“È un mio amico” sussurrò Micaela in una supplica “Un grosso idiota, forse è pericoloso nella sua realtà ma qua… Lui è solo… E anche se non vuole ammetterlo nemmeno a se stesso, è disorientato… Niente di quel che accade ormai ha senso ma so che è in difficoltà! Di certo non lo lascerò da solo”
Pixie annuì di nuovo e le prese il polso. Lei si sentì sollevare da terra, il mondo rapidamente svaniva ingoiato dalle tenebre per poi riapparire emergendo dalla nebbia che li aveva avvolti.
Il rumore di ghiaccio spezzato una risata divertita, Micaela riconobbe William.
Erano apparsi in un magazzino, da dietro le grandi casse di legno dietro cui si trovavano lei e Pixie non poteva vedere niente, ma l’aria era gelida e questo poteva voler dire solo che l’uomo di ghiaccio era davvero là.
Cautamente si affacciò, William impugnava una lama… no la lama spuntava dalla manica della sua maglia.
Lei alzò gli occhi al cielo, ovvio… aveva ricreato la sua arma prediletta, prevedibile.
Prese appunto di introdurlo al mondo videoludico di Assassins Creed due, era certa che avrebbe adorato Ezio Auditore perché era sfacciato e un po’ idiota… quanto lui. Un’adorabile idiota presuntuoso si disse Micaela con un mezzo sorriso.
Il suo avversario gli balzò addosso e William con un rapido scatto lo afferrò gettandolo a terra, era in vantaggio e Micaela si dette dell’idiota. Le sfuggiva come pensasse di catturare l’uomo di ghiaccio o di rimandarlo nel videogioco da cui era uscito ma di certo non sembrava curarsene ne appariva in difficoltà.
William sorrise esaltato, lo aveva battuto, ma Micaela non fece a tempo a urlargli di non abbassare la guardia, non con quell’avversario che il lampo di ghiaccio lo aveva già colpito.
La fiammata di Micaela lacerò l’oscurità della stanza e quando si avvicinò al suo bersaglio il soldato di ghiaccio era sparito.
Corse da William che se ne stata rannicchiato con il respiro ansante.
“È stata davvero… una stupidata vero?” voleva scherzare ma il suo sorriso era tremante e il suo respiro si congelava nell’aria gelida mentre il calore abbandonava il suo corpo rapidamente. Micaela si rannicchiò accanto a lui e gli sfiorò la pelle. Era così freddo, i suoi occhi faticavano a stare aperti. “Ehi… Guardami topolino…”
William sorrise “Ti avevo detto che ci pensavo io…” sussurrò con un filo di voce. Si stava addormentando e se lo avesse fatto il gelo lo avrebbe stretto in una morsa letale.
“Già vedo come ci hai pensato…” ringhiò Micaela. Se non fosse stato letteralmente congelato e agonizzante lo avrebbe preso a sberle.
“Sei venuta a coprirmi le spalle…”
“Già, sono il tuo angelo custode incazzato…”
Il respiro di William era tremante la sua voce spezzata, ma Micaela percepiva una flebile nota di soddisfazione.
Lui chiuse gli occhi e lei lo chiamò, doveva riscaldarlo, subito. Micaela lo strinse e sperò che il fuoco che sentiva bruciarle dentro potesse scaldare entrambi.
William poggiò la testa sul collo di lei, abbandonandosi a quella stretta mentre il calore lo riportava rapidamente alla vita.
“Non è… Non è poi così male il tuo potere dopotutto…”
Micaela si mosse d’istinto, lasciò scivolare la mano sotto la sua maglia e la poggiò sul cuore il suo cuore.
Batteva regolare, il respiro era ritmato, Micaela si concentrò su William. Lui mugolò come un gatto soddisfatto. “Non so cosa tu stia… facendo… Ma… è dannatamente gradevole…”
“Potrei aver bruciato quei tre peli che ti ritrovi sul petto…”
William ridacchiò “Potrei farmene una ragione…”
Micaela sentì le braccia di William serrarsi attorno a lei. “Dì un po’… stai meglio?”
“Non sono sicuro… Credo di aver bisogno di un altro po’ di tempo… Dopotutto sono stato ferito…”
Micaela sbuffò, fingendosi spazientita, ma poggiò la testa su quella di lui e lasciò scivolare l’altra mano sotto alla maglia di lui, sfiorandogli la schiena. Poteva sentire il suo battito riecheggiare dentro di sé. Quella connessione che Pixie aveva creato alle volte sembrava riverberare nel tempo. Come se il folletto avesse intrecciato le loro vite molto prima che si incontrassero. Perché lo aveva fatto? Per noia? In realtà non le importava poi molto.
“Ma guardatevi come siete carini”
La voce squittente del folletto spezzò l’incantesimo e Micaela si allontanò da William più rapidamente di quanto volesse e lui la guardò con i suoi grandi occhi scuri. Lei distolse lo sguardo sentendosi andare in fiamme il volto e ringraziò che non stesse realmente bruciando.
Il folletto porse la mano a William mentre lei si alzava che gli sorrise divertito.
Il folletto lo scrutò con i suoi grandi occhi di cielo e sghignazzò. “Con quegli occhi enormi sembri un gatto che sta per essere messo sotto da una macchina”
William ammiccò e una volta in piedi cercò di muoversi, ma il suo passo era maledettamente incerto e Micaela lo affiancò cercando di sorreggerlo. Diavolo, non si era mai sentita più bassa di quel momento. Se le fosse crollato addosso sarebbero andati  di certo a gambe all’aria ma lei non si mosse.
“Eccola, il bastone della mia vecchiaia…” esclamò William appoggiandosi alle sue spalle.
“Ti prego non poggiare tutto il tuo peso su di me…” annaspò lei.
“Stai forse insinuando che sono pesante?”
Lei lo fulminò “Sarai anche fatto d’acciaio, ma anche quello pesa e tanto…”
Lui rise e le strinse una spalla poi chinandosi le sussurrò “Grazie…”
 
 
 
 
 
William Se ne stava sdraiato, abbandonato in un sogno che doveva essere bellissimo dato il mezzo sorriso stampato il volto. Micaela ne fu felice perché ricordava le notti insonni e gli incubi della sua vita nel suo mondo. Ma da che ne era uscito sembrava non averne più fatti. Come se quelle visioni che gli spezzavano la mente fossero rimasti blindati nel suo mondo di celluloide.  Adesso era abbandonato senza paura, le lunghe gambe rilassate, il braccio sporgeva oltre il bordo del letto. La gamba destra piegata sotto all’altra. Era aperto, senza timore. Ricordava di averlo visto dormire arroccato, chiuso nei suoi incubi. Era davvero libero?
Micaela incrociò le braccia. “Te lo scordi, io non dormo in soffitta dopo tutta la fatica che ho fatto…” Così aveva detto William. Lei facendo spallucce aveva solamente detto “Fa come vuoi…”. Era troppo stanca per obiettare e si era andata a fare una doccia senza aggiungere altro. Ma questo non pensava implicasse il permesso di occupare il suo letto.
Avrebbe potuto usare quello di Cristina ma evidentemente quel letto non era di suo gradimento.
William sbuffò, arricciò le dita dei piedi che spuntavano da quella tuta grigia troppo corta che si era messo addosso, la mano mollemente poggiata sull’addome, un piccolo mugolio le fece temere che si stesse per svegliare ma il crescente russìo la rassicurò. Sembrava maledettamente più giovane con i lineamenti rilassati dal sonno. Micaela non voleva disturbarlo, ma era davvero stanca, voleva dormire almeno un paio di ore prima di andare a lavoro, e quello dopotutto era il suo letto, così si sdraiò titubante accanto a lui. Percepiva il calore del suo corpo, anche senza sfiorarlo.
William si mosse nel sonno e un suo braccio le cadde sul fianco, lui sbuffò e piegò il volto verso il cuscino.
Micaela stava per chiudere gli occhi quando la sonnolenta voce di William la raggiunse. “Tutto ok?” Lei annuì.
“Grazie… di avermi fatto entrare”
“Fortuna il letto è grande…” borbottò lei. Sbuffò pensando che quella risposta non avesse senso. Entrare nella sua vita o nella sua anima? Percepiva sempre il battito del cuore di William rimbombare nella sua mente. Quel ritmo lento e regolare la rilassava.
Lui ridacchiò e poi il silenzio cadde di nuovo nella stanza.
William si mosse nel sonno e un suo braccio le cadde sul fianco, lui sbuffò e piegò il volto verso il cuscino.
“William…” sussurrò lei.
Per tutta risposta lei percepì il suo respiro farsi più forte, stava russando?
“William… Posso tenerti con me?” Chiuse gli occhi e rise di se stessa. Perché sstava citando il film Casper? Posso tenerti con me? Non era un cucciolo abbandonato… il suo topolino.
Squit squit…” sbuffò lui facendola sorridere.
Forse non lo sarebbe stato per sempre, non importava, lo era in quel momento.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 08 – the Spider… ***


Capitolo 08 – the Spider…
 
 
 
 
 
 
Il Cacciatore osservò il rubino che splendeva, illuminato dalla placida luce del fuoco. Sfiorando l’anello al suo anulare poteva percepirne ogni minima imperfezione. Due serpenti, uno divoratore dall’occhio di rubino e uno divorato, dall’occhio di giada. Poteva percepire ogni sua verità, a lungo era rimaste precluse. Ma non era tempo per i rimpianti, il suo servo era giunto da lui.
“Sei stato stupidamente incauto…” sussurrò mentre alle sue spalle qualcuno si muoveva della penombra.
“Un rischio calcolato” rispose William mostrandosi alla luce.
Il cacciatore sorrise, che avesse sottovalutato la superbia di quell’umano?
“Hai rischiato inutilmente la tua vita e per cosa?”
“Per quanto trovi commovente la tua preoccupazione, ti stai agitando per nulla. Dovevo avvicinarmi maggiormente a lei e ci sono riuscito. Ma non temere, l’uomo di ghiaccio non mi sfuggirà ancora a lungo...”
Il cacciatore si voltò a osservarlo e quanto il suo occhio morto si poggiò su William questi abbassò lo sguardo. “Sono infastidito da questa tua intraprendenza, non mi piace che tu creda di essere indipendente, devi seguire le mie direttive. Non vorrei essere costretto a rimangiarmi quanto promesso. Per il tuo bene, non scordare mai questa cosa, sono io che detto le regole, non tu… topolino”
Lo sguardo di William si indurì ma non si mosse, il suo volto rimase impassibile e non si mosse finché il Cacciatore non lo congedò con un breve cenno della mano.
William passeggiò muovendosi tra le ombre, si sentiva a suo agio nell’oscurità, soprattutto il quel mondo ancora così estraneo ai a suoi occhi. Tutto, i colori, le luci, gli odori, le sensazioni che provava. Tutto gli appariva sbagliato. Come se i suoi occhi faticassero ad accettare quello che gli si parava davanti.
Puoi essere tutto quello che desideri
Davvero poteva essere altro oltre a come lo avevano scritto, definito?
La casa di Micaela si stagliava nelle tenebre gialla, luminosa, quasi feriva i suoi occhi.
Si arrampicò lungo la grondaia fino a raggiungere la stanza di lei, poi scivolò come un gatto dalla finestra atterrando senza un rumore nella stanza. Micaela era ancora sdraiata nel letto. William si tolse la giacca e la poggiò vicino alla scrivania. Si era tolto i pesanti stivali prima di scendere dalla finestra o più che un gatto sarebbe stato un goffo ippopotamo. Si avvicinò al letto sedendosi sul bordo e rimase un momento assorto tra i suoi pensieri.
Micaela stringeva le coperte con espressione contratta, quando si mosse, quasi a cercarlo lui le prese la mano e si lasciò trascinare giù.
“Dovresti svegliarti…” le sussurrò.
Lei nascose il volto e borbottò “Ancora qualche minuto, fa troppo freddo là fuori…”
William chiuse gli occhi cercando di rievocare quel calore, che percepiva ancora bruciare dentro di sé da quando Micaela aveva iniziato a scavarsi nel suo petto.
Percepiva il suo battito frenetico, incessante. La vita che fremeva vitale.
Si sarebbe preso i suoi tempi, il Cacciatore avrebbe imparato il significato dell’attesa.
 
 
 
 
Pixie chiuse gli occhi ricacciando indietro ogni dubbio. Aveva gettato la sua vita in un bidone, come un idiota, ne era pienamente consapevole ma non ne era affatto pentito. Avrebbe portato avanti la sua causa, perpetrandolo fino in fono. Ma non poteva rinnegare nemmeno quel dolore. Quella scheggia che gli si era conficcato nel cuore quando lui lo aveva osservato di nuovo dopo infinite ere di distacco e nei suoi occhi aveva potuto intravedere solo disprezzo.
Fluttuando Pixie si era soffermato davanti alla porta aperta della camera di Micaela li aveva visti addormentati assieme, aggrovigliati in un abbraccio. William aveva ingabbiato Micaela, l’aveva cercata nel sonno stringendola con forza a sé. Lei aveva intrecciato le gambe a quelle di lui e aveva affondato il volto nel suo petto inseguendo il battito del suo cuore. Se solo avessero saputo quello che sapeva lui, quel sentimento che stava mettendo radici sarebbe mutato? Per il momento poteva lasciarli dormire e sognare liberi.
Un tempo era stato lo stesso anche per lui e il suo compagno, che ormai era diventato un letale Cacciatore. Pixie ricordava il vecchio se che lo aveva cercato nelle tenebre per rassicurarsi. Quando i suoi occhi erano entrambi di giada, luminosi e bellissimi in cui avrebbe potuto perdersi in un universo di stelle.
Quando lo aveva rivisto aveva creduto che il suo cuore si potesse fermare. Se solo fosse stato possibile, se avesse potuto morire e avere quella pace che alle volte bramava.
Invece doveva trascinarsi per l’eternità consapevole di quell’odio e del suo desiderio di ucciderlo. Il Cacciatore lo aveva imprigionato perché gli era stato impossibile distruggerlo, sperando che non emergesse mai più da quella gabbia eterna. Pixie era consapevole che il suo tradimento non sarebbe stato perdonato. E Pixie non gli avrebbe mai chiesto di perché mai si sarebbe fermato, continuando a intessere le sue tele, intrecciando vite finché non fosse riuscito a congiungere in modo indissolubile quei due destini.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 – Come un diamante in mezzo al cuore… ***


Capitolo 9 – Come un diamante in mezzo al cuore…
 



 
 
Micaela lo chiamò di nuovo e finalmente William apparve sulla porta inforcando gli occhiali da sole con un mezzo sorriso accennato.
“Sei decisamente troppo lento per i miei gusti” borbottò lei.
Lui le passò il caffè che aveva appena preso da portar via al bar iniziando a sorseggiare il suo. “E tu sei troppo frenetica… Rilassati, non siamo in ritardo…”
“La fai facile tu… vai a ritirare un documento… io devo fare tirocinio e coprire mezzo turno in pronto soccorso con Samuel… Sento la nuvola della sfortuna gravare su di me… Sento che mi attende un camion di idioti pronti a rendere ogni mia ora un incubo…” sbottò Micaela dandogli un pugnetto sulla spalla.
Camminarono discutendo di Doctor Who, la serie che William aveva iniziato quella mattina.
Finalmente si era deciso a guardare qualcosa di diverso. Da quando Micaela gli aveva proposto la serie di fumetti legati al mondo da cui era emersa la sua realtà, lui non le aveva dato tregua con le domande.
Quando fu il momento di separarsi William le dette un colpetto al cappello prima di congedarsi con un “Ci vediamo più tardi, non temere per il camion di idioti, cercherà di fermarlo io…”
Micaela si sfiorò la visiera con un sorriso “certo… mio eroe…” borbottò con un mezzo sorriso lasciando cadere il bicchiere vuoto nel cestino.
“Fa strano vederti così in confidenza con qualcuno… Non mi sei sembrata così a tuo agio nemmeno con Cristina…E ne parlavi come fosse una sorella…”
La voce di Hans la fece sobbalzare.
Lei lo salutò e sprofondò dentro la felpa, troppo grande per lei, la felpa di William, quella che si era portato dietro dal suo mondo. 
Quella fredda mattina l’aveva trovata sulla sedia e l’aveva presa sovrappensiero. Lui l’aveva adocchiata borbottando con un mezzo sorriso “Ladra” ma l’aveva lasciata fare.
Micaela si strinse, poteva percepire il suo odore impresso sulla felpa, era stranamente familiare.
“Vado… sono in ritardo…” aveva borbottato fuggendo al chirurgico sguardo inquisitorio di Hans.
“Tu non sei mai in ritardo! Arrivi sempre almeno un’ora prima”
Le urlò dietro Hans. Già… Prima di William era sempre stata una persona puntuale.
Poi però aveva finalmente un motivo per rallentare la sua vita, malgrado fingesse che la cosa la infastidisse. Adesso aveva un motivo per non passare le serate a isolarsi dal mondo.
Andava molto più spesso al suo pub preferito con Samuel e William e quel giro che si era creato attorno a loro. William era come una calamita, le persone entravano nella sua orbita e non riuscivano a staccarsene. Forse anche lei soffriva della medesima sindrome. E non poteva negarlo… Nemmeno ci provava…
Malgrado non riuscisse a socializzare quanto lui, ci provava.  
Si allontanò a passo svelto sorprendendosi a chiedersi cosa avrebbe detto Cristina di lei e William. Ne sarebbe stata felice? Perplessa? Preoccupata? O forse non le sarebbe importato nulla. La presenza di William era la sola cosa che le aveva impedito di sprofondare nella tristezza della lontananza. Era apparso letteralmente dal nulla nel momento in cui Cristina era svanita. Le pensava, ma meno spesso di quanto avrebbe immaginato. Quando la malinconia iniziava a raggiungerla la sua mente rifuggiva a William e lentamente sentiva emergere un rumore ormai familiare. Calmo e ritmato quel battito, il cuore di William.
Micaela non riusciva a capire se fosse lei a cercarlo o lui a percepire la sua ansia. Si era ripetuta più volte che di sicuro la prima possibilità era quella più probabile. Però… Quella vicinanza. Il legame che Pixie aveva creato si rafforzava di giorno in giorno e alle volte aveva l’impressione di poter sfiorare la sua anima, seppur con timore, come se temesse di poterlo ferire. Ma lui non si ritraeva a quel tocco.
Non avevano più parlato da settimane della ricerca dei personaggi perduti, né dell’uomo di ghiaccio. Micaela si era detta che non volesse mettergli fretta, ma parte di lei non era così impaziente di riprendere la ricerca, come se la cosa potesse trattenere William da lei.
Non era tornato in soffitta, ormi era abituale trovarlo addormentato nel suo letto, dopotutto lei passava più tempo in ospedale che a casa tra lavoro e tirocinio. Forse trovava strano quel contatto, ma le piaceva e molto. Come se si stessero studiando, erano vicini, ma non arrivavano mai a un vero e proprio contatto.
Micaela era certa che William percepisse quel sentimento che lei nascondeva in profondo ma anche i dubbi e la cautela e la mole di segreti che teneva sigillati in profondità.
Micaela sentiva che per William era lo stesso, e lo comprendeva. Dopotutto lei sapeva fin troppo, di lui del suo passato, delle sue emozioni. Aveva letteralmente visto la sua fragilità esposta come un nervo dolente, ed era giusto che ora si ritagliasse delle nuove emozioni da non condividere con nessuno. Erano vicini, ma ancora distanti.
Micaela nonostante desiderasse perdersi in lui esitava sulla soglia, e si chiedeva se tra i pensieri che le erano preclusi ci fosse anche questo, il fatto che forse lui non volesse avvicinarsi davvero più di tanto. Così attendeva, percependo una punta di dolore.
La giornata era proseguita come sempre, qualche battuta, quando era in tirocinio o a lavoro Micaela si sentiva talmente travolta dagli eventi da scordare tutto il mondo al di fuori dall’ospedale. Come se quel posso esistesse al di fuori della vita vera, quella dove c’era William e un tempo avrebbe detto anche Cristina. Ma più ci pensava più era cerca che Cristina non era veramente parte della sua realtà. Era parte del lavoro, parte dei suoi studi, parte dei suoi doveri… Non aveva mai condiviso nulla con lei, non come con William.
Lui, forse perché si stava approcciando a un modo molto diverso dal suo… Un mondo che aveva affrontato una pandemia e molte altre cose. Ma anche dover rimettere assieme i pezzi.
Pixie era una presenza fluttuante, le metteva ansia che potesse far apparire cose a caso pensando di farla felice. Ogni pensiero andava dosato con attenzione.
Quando il suo turno finì Micaela rimase per un attimo nell’oscurità dello spogliatoio.
Era così egoista? Avrebbe dovuto chiamare Cristina, avrebbe dovuto concentrarsi sulla ricerca dei personaggi… Invece voleva solo prolungare quel momento di stasi.
Chiuse gli occhi e si concentrò sul battito di William.
Le sue grida infransero il placido silenzio notturno raggiungendo Micaela dritta al cuore.
Un attimo prima era nello spogliatoio dell’ospedale e un attimo dopo era davanti al suo letto. William si svegliò di soprassalto e quando lei si chinò su di lui la afferrò e la trasse a sé nascondendole il volto alla vista. Lei lo strinse, stava tremando, ansimava.
Non le importava se Pixie avesse infranto la promessa di non agire se non su una specifica richiesta, era felice che lo avesse fatto. Aveva sentito la sua ansia, e il suo grido le era riecheggiato nella mente lacerandola di dolore.
“William è solo un incubo…” sussurrò carezzandogli la testa. Le era sempre parso un cucciolo indifeso quando nel suo mondo lo aveva visto agitarsi nel sonno.
Non ne aveva più avuti da che era emerso quella sera, perché erano tornati?
Lui non disse nulla, Micaela si concentrò sul battito del suo cuore, improvvisamente frenetico e e irregolare. Voleva tranquillizzarlo, sperando che solo stringendolo e ricambiare quella stretta convulsa potesse bastare. Poi lo vide, come se fosse scivolata dentro i suoi pensieri.
Era in catene e il Cacciatore troneggiava bellissimo e crudele, con il suo occhio morto e quelle immense ali di smeraldo. Uno scampanellio accompagnava ogni suo movimento.
Aveva allungato la mano e aveva preso il volto di William tra le mani.
Ti avevo avvertito… E adesso… Ti strapperò via ogni cosa… Pezzo per pezzo…
A partire da ciò che le da maggior conforto…
Davvero pensavi… Che avrei permesso che un tale abominio si perpetrasse nuovamente…
Per prima cosa, mi prenderò i tuoi begli occhi scuri, che so lei amare tanto…
La sua voce strascicata trasudava veleno e rabbia. William aveva ruggito come un leone, si era dimenato e qualcosa di freddo e viscido lo aveva immobilizzato, Micaela poteva percepirlo come se fosse stata al suo posto. Era così reale, come delle spire che si stringevano attorno alle membra. Il Cacciatore si era mosso e quando si era nuovamente avvicinato Micaela aveva potuto vedere il curioso strumento di metallo. Lo aveva poggiato con un sorriso sul volto di William prima di sussurrare divertito Ti consiglio vivamente di stare fermo…
Il dolore era arrivato trafiggente. Come se le stessero davvero strappando gli occhi dal cranio.
Il Creatore poteva plasmare la realtà come Pixie, lei lo sapeva, il folletto glielo aveva confermato eppure… aveva scelto di usare uno strumento tanto barbaro, perché? Perché voleva farlo soffrire tanto?
È soltanto un sogno… è soltanto un sogno…
La realtà era quel corpo sconvolto che le tremava tra le braccia, così fragile che a Micaela sembrava potesse sbriciolarsi se avesse stretto troppo.
“William, è solamente un sogno…” ripeté cercando di controllare il tremolio della propria voce. Voleva convincere lui o sé stessa?
“Il dolore non sembrava… non…” la voce di William era a malapena percepibile.
Micaela gli prese il volto tra le mani, teneva gli occhi serrati, come se temesse di aprirli.
“William guardami, non sei un coniglietto spaventato e lo sai bene, è solamente un sogno, soltanto un brutto incubo, non può ferirti, né indebolirti in alcun modo… Respira, quando avrai trovato il tuo centro, quando avrai trovato te stesso capirai che non hai nessun motivo di temere i sogni, per quanto realistici ti possano sembrare…”
William pose le sue mani su quelle di lei, lentamente i suoi occhi si aprirono e il suo respiro iniziò a farsi più ritmato e regolare, nonostante il suo cuore battesse ancora forte.
I suoi occhi erano ancora là, due pozze di tenebra in cui lei si perdeva ogni volta.
Lui gli chiuse di nuovo, come se percepisse ancora quel dolore esondare dal sogno e lei si chinò e gli baciò la palpebra sinistra. Voleva alleviare quel dolore e scacciare ogni ombra. Si scostò ma prima che potesse sfiorargli il volto lui si mosse e le loro labbra si sfiorarono.
La mano di William le sfiorò il collo. Lei si scostò un attimo solo per intravedere i cuoi occhi scuri fissarla in attesa di una conferma, di ritrovare la calma di scacciare ogni ombra al di fuori da quella stanza. Gli sfiorò la nuca e poi le labbra di lei incontrarono nuovamente quelle di William. 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Stay With Me ***


Capitolo 10 - Stay With Me



 
 
 
 
William rise é Micaela alzo gli occhi al cielo.
"Assurdo ha funzionato davvero" esclamò dandogli un colpetto al braccio.
Gli aveva chiesto di spacciarsi per un dottore per gioco, perché aveva scommesso con Samuel che sarebbe riuscito a ottenere qualsiasi cosa con i suoi grandi occhi scuri e lui l'aveva fatto.
Samuel aveva pagato e Micaela aveva dato il cinque a William.
Pareva assurdo che quella mattina non fosse riuscita nemmeno a fissarlo.
William era parso quasi ferito, lei lo aveva afferrato e trascinato in uno sgabuzzino.
"Sei piccola ma forte..." aveva sussurrato con un mezzo sorriso prima che lei strattonasse verso di sè per baciarlo. Si prese il suo tempo prima di sfiorargli il collo e sollevare il volto per guardarlo decisa negli occhi, si sentiva imbarazzata ma decisa a dirgli quello che aveva provato per tutta la mattinata.
"Sto evitando di guardarti perché c'é un folletto impertinente che rende reale ogni mio pensiero... E... Ogni volta che incrocio il tuo sguardo penso a questa notte... te... me... non vorrei che ti ritrovarsi nudo in mezzo al mio ospedale... non..."
Ma non terminò la frase perché William la bacio con foga.
"Sai... Pixie ha detto di esaudire solo i desideri più profondi... che restano spesso inespressi... ma non serve che lui faccia niente... Sono qui, con te..."
Avrebbe voluto che il tempo in quello sgabuzzino ingombro, tra gli scaffali di metallo, non fosse mai finito. Non amava di solito sentirsi piccola, ma William era la sua armatura e la faceva sentire bene. Quei momenti erano solamente loro e di nessun altro. Le loro storie si intrecciavano libere, svincolate da tutto. Non c'erano Cacciatori o folletti, storie fittizie da dimenticare o false amicizie.
Poi erano usciti e William si era congedato con un buffo numero, fingendo di coprirsi imbarazzato, come se i vestiti gli fossero spariti all'improvviso.
Micaela aveva continuato il suo turno con sorriso stampato in viso. E poi William era tornato é aveva partecipato al suo piccolo gioco.
Samuel aveva insistito perché passassero dal orco dietro alla ospedale per arrivare prima al pub, William l'aveva presa sottobraccio. Un gesto che aveva ripetuto molte altre volte ma Samuel li aveva guardati come se avesse compreso, come se vedesse la differenza. Micaela si era stretta nella sua felpa, aveva stretto la mano poggiata sulla su spalla.
Forse era un'illusione, non importava. Avrebbe voluto non finisse mai. Non credeva possibile di ritrovare la fiducia nei sogni.
In fondo era meno cinica di quanto credesse.
 
 
Micaela chiuse l’armadietto, afferrò lo zaino da terra e si guardò attorno. Lo spogliatoio era avvolto nella tenebra. Uscendo intravide la porta semi aperta del vecchio reparto abbandonato, quasi senza riflettere vi entrò.
Poteva quasi vedere William seduto in quella stanza a fissare uno schermo nero.
Ormai era così diverso dal personaggio che era emerso quel giorno.
“Sei soddisfatta di come sta evolvendo la tua storia?”
Micaela sorrise, finalmente il folletto aveva deciso di manifestarsi di nuovo. Non aveva detto poi molto da quando avevano incontrato il Cacciatore.
Se non fosse che stesse dando la caccia a William Micaela avrebbe trovato affascinante quella creatura dalle ali di smeraldo, un’essenza a metà tra delicatezza e la brutalità, due opposti apparentemente incompatibili. Quella metà dall’occhio di giada mostrava un’anima quasi fiabesca mentre l’altra, quell’occhio nero, vitreo, morto. Era quello che la affascinava di più. Cosa vedeva attraverso la metà di tenebra? Come dovevano apparire sciocchi e futili tutti quanti dinanzi a una creatura eterna.
“Lo sai già, perché me lo chiedi?” concluse Micaela riscuotendosi dai suoi pensieri.
“Vorrei che me lo dicessi”
Micaela si voltò sorpresa. Pixie era davanti a lei, opaco come mai prima. Concreto, non evanescente e fumoso.
I suoi occhi di cielo rannuvolati, come se i suoi pensieri stessero per emergere da essi come nuvole di pioggia.
La ragazza si strinse nelle spalle e sospirò. “Ad essere sinceri sono spaventata, la speranza è pericolosa. Quando speri di aver ritrovato la gioia, di esserti ritagliata uno spazio, capisci che è solo un fugace momento destinato a passare…”
“Potresti rinunciare alla ricerca dei personaggi e…”
“E aspettare che il cacciatore venga per William? O mi stai dicendo che sai come salvarlo senza rinchiuderlo dentro un cassetto? Non potrei mai confinarlo…”
“So che non lo faresti mai… La prigionia è un destino peggiore della morte…”
Micaela lo osservò, cosa doveva aver provato confinato per un tempo illimitato, solo… Senza la speranza di liberarsi.
“L’uomo di ghiaccio tornerà, rimandare non serve a molto… Come la fine della ricerca… O lo scontro con il Cacciatore e poi?” Micaela lasciò cadere la domanda e osservò il folletto. Forse sperava che lui potesse darle delle risposte ma la sua forma si stava facendo nuovamente evanescente.
“Vedrai dove la storia vi porterà o forse, sarai tu a decidere che direzione darle… darvi…”
Nessuna risposta.
Il folletto era anche questo, metteva in moto gli ingranaggi ma poi si limitava ad osservare… Salvo poi però rimescolare le carte trasformando in realtà i suoi pensieri.
“Che interesse hai… Nel mettermi continuamente in collisione con William?”
Il folletto era quasi del tutto scomparso. “Seguo soltanto il flusso dei tuoi desideri e questi ti riconducono continuamente a lui. È costantemente nei tuoi pensieri, il suo battito insegue il tuo. Se io non agissi, probabilmente non cambierebbe nulla…”
“O tutto…”
Pixie scomparve e la porta si spalancò là dove era stato il folletto, William avanzò con un mezzo sorriso stampato in volto. “Ne ho trovato un altro…”
 
 
 
 
 
 
 
Non capiva bene come potesse quel pugnale essere apparso nelle sue mani ma vedeva William a terra e in un attimo si decise.
Il coltello si piantò a terra e per un Micaela trattenne il respiro prima che William lo estraesse da terra e le rivolgesse uno sguardo stranito?
“Ehi, hai guardato almeno? Mi hai quasi inchiodato a terra” le urlò
“Ti sembra il momento di cavillare sulla mia mira? Concentrati!”
Lui le fece il suo solito sorriso sghembo poi ruotò su se stesso e afferrò la lama.
Quella luce era come se improvvisamente in lui bruciasse qualcosa di antico.
William conosceva bene quella danza, era impressa in profondità nel suo io, lo avevano creato per essere quello, un killer perfetto al servizio della trama. Ma libero dai freni del suo creatore.
Micaela non aveva previsto che la loro preda l’avesse vista, ne aveva avvertito la minaccia, era troppo concentrata su William.
Ma la lama di William non mancò il colpo e il serpente si inchiodò al suolo prima che la lama celata di William si piantasse sul personaggio che si dissolse davanti agli occhi di William.
I due si osservarono in attesa, Micaela voleva ringraziarlo, chiedergli cosa aspettasse per rivelare il suo asso nella manica ma poi un’imprecazione attirò la loro attenzione.
Micaela riconobbe la voce.
“Con il senno di poi non è stata una buona mossa scegliere questo posto…”  borbottò William
Samuel li osservava incredulo, li aveva visti… aveva visto tutto.
 
 
 
 
Samuel sobbalzò e sgranò gli occhi.
Allungò la mano verso il volto di William che si ritrasse.
Micaela stava per chiedergli di non trattarlo come un oggetto in esposizione, era sempre William, lo conosceva eppure era come se lo vedesse per la prima volta.
Micaela avrebbe voluto tornare indietro e cambiare tutto, non tentare di attirare in ospedale quel personaggio, confidando che quel reparto fosse vuoto, che in un luogo familiare tutto sarebbe stato più facile.
Non aveva pensato che avrebbero potuto scoprirli.
Samuel parve non aver fatto caso al movimento di William così avanzò. William pareva un animale in trappola, lo spazio era finito e si ritrovò a cozzare contro il muro mentre la mano di Samuel si protendeva di nuovo verso di lui bramosa, sfiorandogli le cicatrici.
“Incredibile…  Non avevo collegato questi segni, non poteva essere possibile. Anche perché non mi sembravi il gran bastardo. Avrei mille cose da chiederti… Non sembri poi così folle o forse uscire dalla propria storia cambia così nel profondo? Di certo ci sai ancora fare con il coltello…”
William deglutì lentamente, le labbra serrate, lo sguardo un pozzo di oscurità che racchiudevano tutta l’energia repressa. Si sentiva sezionato, Micaela lo percepiva attraverso il battito del suo cuore che accelerava rapidamente. Se lo avesse inciso con un bisturi probabilmente sarebbe stato meno doloroso.
La realtà implodeva e la figura che si era costruito del se in quel mondo si stava sgretolando con dolore.
Micaela si frappose tra loro “Samuel, non te ne abbiamo parlato perché lo esaminassi come un insetto della tua collezione. È importante che tu capisca, non devi parlarne con nessuno”
Samuel sorrise alzando gli occhi al cielo “Va bene! Non ne farò parola con anima, ne viva ne morta di questa storia, del… Cacciatore…”
Aveva dovuto dirgli quasi tutto, tranne di Pixie e dei suoi poteri. Era già stato difficile fargli comprendere che quella creatura che aveva visto sparire era un personaggio.
Lo osservava come fosse un oggetto, non più il suo compagno di bevute. Dava noi a lei, ma William, lo sentiva fremere come fosse ferito.
Micaela percepì le dita di William serrarsi attorno al suo polso
Andiamo…
La sua voce riecheggiò nella sua mente.
Una supplica, la sicurezza che aveva intravisto durante lo scontro era evaporata, restava solo un animale ferito e sofferente.
Uscirono senza aggiungere una parola, lasciando Samuel da solo a cercare di rimettere assieme le informazioni apprese.
Micaela si ritrovò a correre, trascinata dalle lunghe gambe di William che la stringeva con forza. Si fermarono solo quando si ritrovarono all’ombra della grande serra del parco. Prima che potesse dire qualcosa Micaela si ritrovò stretta tra le braccia di William mentre il rimbombare del suo battito echeggiava nella sua mente.
“Avevo bisogno di sentire solo te… Per calmarmi… Di ascoltare il tuo cuore…”
Sentiva il suo battito rimbombare nella sua testa e lì premere contro il suo volto, forte frenetico.
Non il solito placido ritmo regolare.
“Ho realizzato, mentre Samuel mi analizzava, che sono come quelle creature, che la polvere mi attende… Mi chiedo che ne sarà di me quando svanirò? Esisto? O sono solo uno spettro? Cosa…”
“William, sei William sei la persona che più...” Micaela ebbe l’impressione che il mondo si fermasse, di aver perso un battito e che William si fosse cristallizzato in un respiro nelle parole che Micaela non riusciva a dire, per paura di ammettere ciò che ormai aveva ben chiaro, che non comprendeva se William avesse compreso. Deglutì e sussurrò “la persona che sento…”
“Resta con me…” la interruppe William con voce spezzata.
Forse non voleva sentire e Micaela cercò di ricacciare quelle parole dietro alla porta preclusa a lui.
Lo strinse con forza.
Sono qua… Sempre…
“Resta come ne adesso, ti prego…”
Solo un momento, per inventarsi qualcosa e lasciare l’ospedale per un’improvvisa malattia.
Samuel l’avrebbe coperta, Micaela ne era certa. Sentiva l’impellenza di William di nascondersi nella sua grande casa gialla, rifuggire quella realtà improvvisamente così ostile, vista attraverso gli occhi di Samuel. Avere conferma di ogni sensazione di quel se ancora così indefinito.
E nella loro stanza ormai avevano trovato il loro angolo di rifugio dalla realtà, dal cacciatore, da Pixie da tutto.
L’aveva baciata prima ancora di chiudere la porta.
Disperazione e conferme della propria esistenza. Premeva con forza le sue labbra su quelle di lei, supplicandola di segnare la sua pelle, come se nel dolore potesse trovare la conferma della sua stessa vita. Le chiedeva di divorarlo, di renderlo parte di sé così che non potesse mai davvero svanire da quella realtà. Carne nella sua carne. Intrecciati mentre il battito del suo cuore rimbombava e rullava nella sua testa all’impazzata.
Crollò tremante e Micaela lo strinse sfiorandogli la nuca. I capelli stavano riprendendo a crescere, adesso poteva affondare le dita percependone le ciocce sotto i polpastrelli.
Percepiva l’urgenza, la disperazione di avere la conferma.
Io esisto, io sono reale…
E Micaela non osava porgli la domanda che la tormentava. Loro lo erano? Reali?
Lui era accaldato e il suo torace un rifugio il suo respiro ansante un conforto concreto ma quanto sarebbe durato? Se Micaela aveva una certezza, era che per lei la gioia era una breve parentesi tra un cambiamento e l’altro. Tra un abbandono e l’altro. E per William era lo stesso. Quando gli aveva chiesto di restare con lui la disperata richiesta di conforto era stata così forte che Micaela era stata certa di non potercisi sottrarre.
William le sfiorò la fronte accompagnandole una ciocca di capelli ramati dietro la testa prima di baciarla. Intrecciando le dita della sua mano con quelle di lei. Micaela le trovava così piccole, quelle di una bambina vicino alle sue. Una bambina che chiedeva di perdersi nell’oscurità del suo sguardo e restarvi per sempre.
Rifuggendo la solitudine e la paura di quello che si trovava al di fuori di loro.
 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 – Nelle fiamme… ***


Capitolo 11 – Nelle fiamme…
 
 


 
Sfiorò l’intreccio di fili, purpurei. Ogni filo legava, ingabbiava le loro anime.
Doveva proteggere quanto costruito, doveva celare quei cuori, quel legame. Il Cacciatore stava già muovendo i suoi pezzi sulla scacchiera, facendo leva sulla trama di William, il suo punto debole. Il suo background… Il canovaccio da cui era nato. Ma Pixie avrebbe agito di conseguenza.
Non avrebbe più provato quel doloroso senso di impotenza di fronte agli autori che dall’altro intessevano le loro ragnatele, imprigionando, ghermendo, strappando le ali a creature meravigliose.
William avrebbe avuto la sua possibilità di liberarsi da quella tela e Micaela…
“Sai che sono qua, eppure esiti… Non sei mai stato un tipo silenzioso o meditabondo”
Pixie deglutì, stringendo con forza quei sottili fili che si aggrovigliavano tra le sue dita. Poteva vedere le loro anime legate, intrecciate. Il timore di William svaniva e trovava nuove certezze, doveva stare solo lontano dalle grinfie dell’altro di quello smeraldino tentatore.
“Mi ignori, un’altra novità… Fa uno strano effetto percepire la tensione, la paura… Forse hai finalmente compreso…”
Pixie si voltò, il cacciatore gli sorrise divertito “Ed eccoti… posso vedere il tuo vero io, il burattinaio di anime… Il ragno che intesse la sua tela e gioca con le sue marionette… Li osservi correre nel tuo labirinto, quando ti stancherai di loro li farai a pezzi? Li taglierai quei fili?”
Il folletto strinse con forza quella matassa rossa.
“Perché sei qua? Non sei venuto per William… Non sei ancora pronto per dirgli la verità… Per cui perché sei qua…”
Le ali del cacciatore fremettero “Volevo vederti…”
I grandi occhi di cielo del folletto fremettero.
“Lo detesto, ti detesto… Ma non riesco a rinnegare questo bisogno… Ora che sei qua, di nuovo…”
Pixie chiuse gli occhi, non poteva concedersi di provare qualcosa, non di nuovo. Qualunque cosa dicesse, provasse lo avrebbe contrastato ancora, ferito. E avrebbe lottato con tutte le sue forze per distruggere tutto quello che stava cercando di costruire.
“Io li proteggerò…”
“A costo di sacrificare tutte quelle vite? Per questo li hai strappati alle loro storie? Per distrarmi dai tuoi protetti? Mi spiace che tutti i tuoi sforzi siano vani… William ti si rivolterà contro e senza neanche saperlo si condannerà a morte da solo…”
Pixie si voltò, non riusciva a osservare quell’occhio morto senza provare dolore.
“Se sai che ne sono a conoscenza, cosa ti fa credere che non trovi una soluzione?”
La risata del cacciatore echeggiò per la vuota soffitta, come un delicato scampanellio.
“So che stai cercando di legarlo a lei… La tua speranza si basa sul nulla, è solo una creatura d’inchiostro e immaginazione, non può uscire dalla traccia che è stata scritta per lui.. Potete chiamarlo William, far leva sulle sue… emozioni… Una mera illusione, alla fine lui verrà da me, perché è questa la sua natura. E dopo che mi avrà dato quello che voglio morirà, perché è solamente un errore, una delle tue aberranti mostruosità…”
Pixie si portò le mani al petto, il gomitolo stretto al petto, le loro anime ancora si sfioravano serene ignare della lotta che avveniva così vicino ai loro cuori.
“Perché mi dici questo…”
La fata attese, osservando le spalle frementi del folletto.
“Perché come ti ho detto… Per quanto ti detesti, non posso non provare dolore per la tua sofferenza… Volevo essere… Gentile, avvertirti che questa cosa non ha futuro, di non legarti troppo a loro…”
“William ti sorprenderà…”
“Io ne dubito…”
Un ultimo scampanellio e Pixie seppe che il Cacciatore se n’era andato.
Si allontanò dalla soffitta, la casa era avvolta dalla tenebra. Quasi poteva sentire il battito dei loro cuori. Dormivano assieme, intrecciati, lei nascosta tra le braccia di lui. Il folletto si avvicinò gli sfiorò il volto, adesso rilassato, sereno. William stava sognando? La sua mente si aggrappava a quelle sensazioni mentre Micaela lo ancorava a quel mondo, affondando le unghie in quello spirito.
 
 
 
Micaela osservò William indossare la giacca per poi scrollare le spalle. Lo faceva sempre quando si fermava a pensare un momento. Dava una piccola scrollata indugiando sulla spalla destra, come se potesse ancora fargli male dopo tutto quel tempo. Non se l’era rotta da un giorno, in realtà non era mai davvero accaduto, era parte del suo background e Micaela non era certa che se ne sarebbe mai davvero dimenticato. Non un dolore fisico, ma di certo la sua mente continuava a focalizzarcisi, come se potesse catalizzare tutto il dolore passato e futuro in quel piccolo quasi impercettibile movimento.
Micaela lo osservava, le grandi spalle che si sollevavano e poi si riabbassavano, che si sforzavano di mostrare sicurezza e tranquillità.
Ma lei poteva percepire la tensione malcelata, anche se non gli avesse stretto la spalla. Era così incordato da farle pensare che effettivamente sentisse dolore. I suoi muscoli erano tesi.  
“Sorridi, non dovrai passare una mattinata al centro prelievi a imprecare contro le vene malmesse…”
Lo sentì ridere nervosamente. Prima di sfiorarle la mano e alzarsi, scivolò via dalle dita. Lo osservò portarsi le mani al volto sollevando con le dita ai lati delle labbra in un sorriso simulato, prima di accennare un saluto ed allontanarsi.
Micaela sapeva cosa lo rendesse tanto nervoso, la paura che quel che avesse costruito fino a quel momento stesse per crollare. Avrebbe voluto dirgli che non ne aveva motivo, ma per quanto Samuel le avesse promesso che non avrebbe parlato Micaela non aveva controllo su di lui. Non avrebbe potuto risanare lo strappo che sia era andato creandosi tra lui e William.
A William era evidente quanto mancasse sentirsi parte di un gruppo, a capo del suo personale branco. Forse aveva anche pensato di averne trovato uno nuovo e ancora una volta si era sgretolato davanti ai suoi occhi.
Micaela voleva urlargli dietro di non abbattersi, ma si trattenne, sarebbe stato dannatamente infantile come cosa da fare.
Avere accesso ai pensieri di William così facilmente la faceva sentire una ladra ed era quasi grata che avesse delle porte chiuse nella sua mente a cui non potesse accedere, esattamente come lei. Delle parti dei suoi pensieri che le fossero preclusi. Avrebbe trovato ingiusto il contrario.
La cosa assurda è che lei oltre le sue porte tenesse anche cose che forse non necessitavano di protezione. Come parole che sentiva premere quando gli sfiorava la mano.
Lo osservò allontanarsi, aveva le spalle incurvate e quel passo spavaldo alle volte lasciava il posto a un andamento strascicato ed incerto. Come se parte di lui desiderasse incollarsi al suolo per non avanzare più.
 
 
_______________
 
 
Samuel appoggiò la cartella sulla pila, non lo vedeva dalla grande rivelazione.
Forse era stato davvero più sgarbato di quanto pensasse, gli mancava il suo amico, anche se si era guardato bene di scriverglielo. Non era una fidanzatina lamentosa, ma si era abituato a vederlo comparire nel suo reparto con quell’espressione da schiaffi per proporgli una bevuta con lui e Hans.
Aveva molti colleghi, tante persone con cui scambiare una bevuta e qualche battuta ma nessuno era William e ora lo capiva. Era stufo di aspettare, Disse alla collega che si allontanava un attimo e uscì dalla corsia. Intravide William alla macchinetta del caffè, Hans. Soppesò come esordire ma ogni frase gli pareva una colossale scemenza.
Perché gli importava tanto? Stava per fare marcia indietro rinunciano ai propri propositi quando Hans lo vide e lo chiamò con la sua voce cavernosa lo raggiunse. Samuel imprecò e si stampò in faccia un sorriso fittizio. Evidentemente anche William aveva optato per la stessa strategia perché sollevò lo sguardo dal suo caffè e gli fece cenno di saluto con quel sorriso sghembo da gatto. Già ora che lo osservava bene lo aveva visto quel sorriso nella sua serie televisiva, era il sorriso paraculo che si stampava in faccia quando stava per dire una menzogna talmente palese che nemmeno lui ci credeva davvero. Della serie, sappiamo entrambi qual è la verità ma non te la ammetterò mai nemmeno sotto tortura.
Samuel avrebbe voluto stare al gioco, scambiare qualche battuta di farlocca ma sorprendendosi di se stesso si diresse da William e con una pacca alla spalla esordì con “vieni, stanno operando un tizio che ha abbracciato un cartello stradale con la macchina”
Hans alzò gli occhi al cielo “Questa vostra comune passione mi disgusta immensamente”.
William dette una scrollata di spalle, era sorpreso, ma non quanto Samuel lo era da se stesso.
Salutarono Hans e si avviarono, Samuel sentiva la sua mente fumare, straripante di pensieri.
William camminava molleggiante con le mani in tasca.
Maledetto, si disse Samuel, perché non provava lui a avviare una conversazione, e se non aveva voglia di parlargli… perché cavolo aveva detto di si e non si era inventato una scusa? Se era tutto cambiato definitivamente, che senso era. Avrebbe voluto picchiarlo, solo che era il doppio di lui, non sarebbe stata una scelta accorta. Non c’era nessuno studente a d assistere all’intervento. Forse perché era notte inoltrata, o forse perché non tutti avevano quella sua malsana passione.
Quando ancora si parlavano William era stato sempre piuttosto curioso di sapere ogni dettaglio e Samuel non avrebbe potuto esserne più entusiasta. Non sempre gli capitava di potersi andare a briglia sciolta con qualcuno, generalmente lo stoppavano ma non William. In effetti anche Micaela era sempre stata molto interessata. In effetti era una casa che condividevano tutti e tre.
Gli mancava, voleva resettare quanto appreso e tornare a prima, voleva solo vedere il suo amico di bevute, fare qualche battuta e non pensare ad altro.
“Non ci credo… ancora altri pezzi di cartello…” esclamò William avvicinandosi al vetro.
“Io non riesco a credere che con tutta la musica esistente al mondo riesca sempre a scegliere il brano peggiore… Poveri martiri quelli del suo staff…” borbottò Samuel.
“Magari se lo meritano…”
“Nessuno se lo meriterebbe mai… Ma ci pensi, con il cervello aperto chissà cosa può entrarci dentro… anche pessimi gusti in fatto di musica… Dovremmo proprio salvare quel poveretto...”
William sghignazzò divertito e Samuel sentì la tensione sciogliersi, forse poteva semplicemente far finta di nulla.
“Credevo che volessi farmi delle domande… Su…”
“No, decisamente…  Volevo solo farmi due risate e magari andare a vedere la partita a fine turno, ma se preferisci il terzo grado…”
“Diavolo no…”
Tornarono a guardare l’intervento.
Samuel riprese a parlare e William a commentare divertito.
Forse non era cambiato poi molto, forse quella nuova consapevolezza non poteva davvero guastare alcunché. Era sempre quello scemo di William, curioso, sarcastico e divertente, con cui bersi una birra davanti a fine turno e parlare di tutto.
 
 
___________
 
 
 
Micaela si concentrò sulla sua mano, una piccola fiamma vi apparve. Lei la osservò prima di ricacciarla indietro con un rapido gesto. Non le era più capitato di perdere il controllo del suo potere. Era strano chiamarlo così. Sospettava di dover ringraziare William. Tanto si era sentita smarrita all’addio di Cristina tanto William la rassicurava. Era serena, malgrado persistesse quella sottile insinuante paura che alla fine di tutto, William avrebbe preso il suo desiderio e sarebbe fuggito.
Lontano da lei, come facevano tutti.
I suoi genitori, Cristina…
Forse anche Pixie alla fine l’avrebbe abbandonata.
Pixie… Micaela non riusciva a inquadrarlo, non riusciva a credere fino in fondo che fosse sincero quando affermava di voler solo esaudire i suoi desideri.
Per gratitudine?
Qualcosa non le tornava, nell’espressione furente del cacciatore, cosa poteva aver fatto per meritare una condanna eterna? Una condanna peggiore della morte.
Micaela indossò la giacca e si caricò lo zaino in spalla.
William era andato con Samuel a prendere una birra e lei era felice che il suo rapporto con l’amico si fosse rassestato. Lei aveva anche deciso di rivelargli dei suoi poteri ipocinetici, non voleva rischiare di farglieli scoprire nel peggiore dei modi.
Mentre camminava si accorse di tremare, l’aria si addensava e il suo fiato improvvisamente formava nuvolette di ghiaccio.
Il lungo viale alberato era improvvisamente silente, non un rumore, non un sussulto. Come se il tempo stesso di fosse congelato. Micaela si strinse nelle spalle, ben consapevole di quello che stava per accadere. Ma non aveva i riflessi da combattente di William e quando la lancia di ghiaccio balenò nel suo campo visivo evocò le fiamme troppo tardi ed essa esplose troppo vicina a lei sbalzandola a terra.
Micaela percepì il suo battito accelerare all’improvviso, mentre il guerriero di ghiaccio emergeva dalla penombra in cui si era nascosto.
‘Perché diavolo fanno tutti così, si nascondono in piena vista e nessuno li vede mai…’
Quando l’uomo avanzò osservandola con i suoi occhi lattiginosi Micaela si ritrasse.
‘Perché non ho chiesto a William di insegnarmi qualcosa… Perché faccio sempre affidamento sul fatto che lui ci sia… Non può apparire sempre per coprirmi le spalle.’
Le fiamme erano tremanti e incerte, il freddo le penetrava nelle ossa e poteva percepire lo sguardo ostile e divertito del Cacciatore. Magari era stato lui a inviarle contro il Soldato di ghiaccio, stipulando un accordo. Non era una bambina, non era la creaturina bisognosa che Cristina aveva sempre visto.
Non voleva essere un peso per nessuno, nemmeno per se stessa.
Quando il Guerriero di Ghiaccio avanzò. Cercò dentro di sè la rabbia e le fiamme apparvero rigogliose avvolgendola come un abbraccio. Il suo potere, bramato, la sua forza dono inatteso e inespresso.
Micaela si lasciò andare e le fiamme esplosero. La sua furia eruppe in un oceano rosso.
Era come se di fronte a sé non avesse solo quella creatura di ghiaccio, ma anche quell’uomo che con impassibile determinazione aveva visto uccidere William infinite volte, quella donna e le sue parole sferzanti… E sì, anche quella donna dagli ipnotizzanti occhi neri. Voleva nutrirsi di quelle emozioni così nere, alimentare con esse le sue fiamme. Ed era finalmente forte e libera. Una risata le risalì in gola ma invece della sua voce udì un ruggito feroce.
Poi il suo sguardo si abbassò e si rivide specchiata nei grandi occhi scuri di William, nei quali splendeva un drago fiammeggiante.
Quando era apparso? Evocato da Pixie? Trascinato da lei contro la sua volontà da quel folletto dispettoso e impertinente?
L’espressione che lei vide nel volto di lui la fece vacillare, vi vide terrore, che mai aveva visto in William e che mai avrebbe pensato possibile vedere. Almeno non mentre la osservava. Non credeva di poter spaventare nessuno, ma William… Aveva paura che lei potesse fargli del male?
Le fiamme svanirono in uno sbuffo di fumo, rapide come erano arrivate, l’uomo di ghiaccio scomparso in una manciata di cenere azzurra.
Le forze sembravano abbandonarla come le certezze che l’avevano trattenuta in piedi.
Micaela avanzò un passo incerto mentre il cuore le sprofondava in petto di fronte ai grandi occhi sgranati di William.
Quando allungò la mano verso di lui lo vede ritrarsi all’istante.
Fu un istante e poi William si riscosse. “Scusami io…”
Ma Micaela non udì altro, aveva desiderato intensamente di sparire e il nulla l’aveva avvolta.
Cadde a terra con un stonfo e imprecò furente “Pixie maledizione! Quante volte ancora devo dirti di non decidere per me… Non ti ho chiesto nulla”
Il folletto fluttuò davanti a lei, evanescente come sempre. “No, ma lo hai desiderato. Con tanta di quella forza che è come se lo avessi urlato”
William si era ritratto davanti a lei, Lui alto e possente, forte, che non chiedeva mai aiuto e che non temeva niente, che mai aveva dimostrato di averne, era spaventato, da lei. Dalla sua incapacità di controllare quella forza che esplodeva con la sua furia. Non era lui quello che nel suo background non controllava la rabbia? Doveva esserci pure una traccia di quei ricordi, doveva comprendere… Si era sbagliata? Non erano davvero simili come immaginava.
In effetti da quando aveva lasciato la sua storia si era sempre dimostrato molto calmo e controllato. Mentre lei aveva completamente perso il controllo di un potere che le era arrivata dal cielo e di cui si era appropriata così facilmente, come se se fosse sempre stato suo. Era lui che non l’aveva fatta davvero entrare, era lui che la stava lasciando da sola, esattamente come Cristina. Scacciò le lacrime ma non riuscì a allontanare da se quel senso di dolore e delusione.
Micaela si guardò attorno, era al buio, seduta a terra, rannicchiata su se stessa.
“Dove sono?”
Il folletto si guardava attorno “Non so… Era il posto che desideravi raggiungere…”
Il posto che lei desiderava davvero raggiungere era il nulla, la forza di Fantasia che è in grado di cancellarti dalla realtà. Ma non si trovava nel Nulla, vi era un suolo a contatto con la pelle della sua mano. I suoi occhi si abituavano all’oscurità e dalle tenebre vide emergere una struttura in metallo che si elevava verso il cielo tutto attorno a lei, metallo e vetro, lo riconosceva. Era la grande serra che si intravedeva dall’ospedale. Ci aveva passeggiato giusto quella mattina assieme a William e Samuel. Doveva avergli detto come una scema quando da piccola si recava in quel posto cercando di nascondere i messaggi per le fate degli incavi degli alberi. Si era sorpresa di quella confidenza. Quando Samuel le aveva chiesto quale dei suoi genitori l’avesse portata al parco lei aveva cambiato bruscamente discorso. Aveva visto una strana luce negli occhi di William, sapeva bene quanto l’argomento genitori fosse un tasto dolente, nonostante tutto… Quei ricordi erano troppo radicati nella sua mente per poter andare oltre le proiezioni. Era stata una bella mattinata, di risate e battute stupide, le sembrava una cosa così lontana ormai.
Voleva sentire la sua voce, voleva sentire la sua dannata risata e ridere assieme a lui di qualcosa di scemo.
“Micky”
Micaela sollevò lo sguardo e una lacrima le rigo il volto.
“Micky dove sei?”
La voce di William ruppe il silenzio.
“Pixie non volevo che lo portassi qua di forza, non è un pupazzo, non puoi trascinarlo a giro per l’universo… Non importa cosa io desideri…”
Era vero, lo desiderava più di qualsiasi cosa, ma non in quel modo.
Il folletto scosse la testa prima di svanire “Io non ho fatto niente… Ha fatto tuto da solo…”
Lo intravide e poi emerse dall’oscurità come uno spettro. Pallido, i grandi occhi scuri sgranati come potessero assorbire la tenebra che li circondava.  Quando la vide le corse incontro e prima che lei potesse dire qualcosa la strinse a se con forza da mozzarle il fiato.
Mi dispiace, non volevo… Non… bruciami, mi lascerò divorare dalle fiamme ma non arretrerò mai più…
I suoi pensieri erano così forti che Micaela credette di averlo sentito urlare.
Chiuse gli occhi e ricambiò la stretta.
Posso restare stretta a te per sempre?
Non le importava che potesse sentirla, voleva aggrapparsi a lui con tutte le sue forze e chiedergli di non chiuderla al di fuori di troppe porte.  

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 – il bacio di Giuda ***


Capitolo 12 – il bacio di Giuda
 



 
 
Le sfiorò il volto, era davvero disposto a sacrificare anche quel legame per paura di sentirsi davvero debole di fronte a quell’emozione così potente?
Davvero avrebbe potuto continuare? Adesso si sentiva sicuro, sapeva cosa voleva. Restare in quel luogo, con Micaela, essere il suo topolino. Con Samuel, con Hans che lo osservava con quel fare dispotico ma paterno.
Essere William, solo William. Adesso ci credeva. Quando rideva assieme a Samuel, quando sentiva la sveglia che lo riportava alla veglia. Quando ogni giorno si sentiva sempre più reale, più vero e lontano da quel bagaglio di ricordi fittizi che una mente lontana aveva creato per lui.
Adesso percepiva la differenza tra quel che gli era stato costruito addosso e quello che sentiva veramente.
Un flebile scampanellio e William si irrigidì, il Cacciatore era nella stanza.
“Il burattino che cerca di tagliare i proprio fili, il pupazzo alla disperata ricerca di un cuore umano… Adorabile… Nauseante…”
 
 
 
 
 
 
Micaela aveva percepito il suo odore nel dormiveglia, ebbe l’impressione di sentire le sue labbra e di averlo sentito sussurrare… aveva detto che gli dispiaceva? Perché?
Micaela aprì gli occhi, la sua camera era vuota, eppure percepiva la presenza di William, era come se il suo calore non avesse del tutto lasciato la stanza.
Era irrazionalmente preoccupata, come se potesse sentire del dolore in quell’aria.
“Pixie…”
Non percepiva il battito di William, non riusciva a raggiungerlo e le era sempre risultato semplice.
Doveva essere colpa del cacciatore, che lo avesse catturato?
“Pixie… Maledizione…”
Perché il folletto si faceva attendere, le stava sempre incollato per complicargli l’esistenza cercando di esaudire i suoi desideri e adesso che lei aveva davvero bisogno di lui si faceva desiderare?
Percepì un flebile scampanellio e per un attimo Micaela temette di aver evocato il Cacciatore dai suoi incubi. Per un attimo lo immaginò emergere dalle ombre trascinandosi dietro il corpo esangue di William. Solo l’ombra di quel pensiero le provocava una fitta al cuore. E percepì le fiamme alimentare il suo fuoco. A fatica le trattenne dentro di sé. Perché continuava a immaginare il suo corpo senza vita? Ma stavolta non era solo un personaggio della fantasia oltre lo schermo. Lo aveva stretto, abbracciato, si era scavato una nicchia nel profondo della sua anima, pensare che il Cacciatore lo avesse cancellato dall’esistenza con la stessa facilità con cui si poteva rimuovere un segno di gesso da una lavagna le accendeva nuove fiamme.
“Pixie dove diavolo sei finito?”
“Sono qua, perché gridi, ero qua accanto a te…”
La voce trasognata del folletto la fece sobbalzare, lui fluttuava come una nuvola a malapena percepibile.
“Portami da William, adesso”
Il folletto la osservò in silenzio, una nuvola violacea e impalpabile.
“Che aspetti? Portami da lui adesso…” un singhiozzo le mozzò le parole “… Ti prego…”
Mentre il mondo svaniva attorno a loro avvolto dalle ombre Micaela percepì la voce del folletto insinuarsi tra i suoi pensieri.
“Mi dispiace, avresti dovuto scoprirlo in un altro modo…”
Emersero dalle ombre, l’odore del sangue impregnava l’aria. A Micaela non aveva mai dato fastidio, ma quell’odore era così forte e il pensiero che potesse essere in qualche modo legato alla fine di William le precludeva ogni pensiero razionale.
“Sei soddisfatto per adesso? O devo continuare per tutta la notte… Per me non è un problema, ma preferirei organizzarmi meglio la prossima volta…”
La voce di William emerse dalle tenebre.
Quando Micaela udì la risata tintinnante del Cacciatore fare eco alla voce di William sentì il suo cuore fermarsi. Il mondo appariva lentamente dall’oscurità, erano nella serra del parco, il suo posto preferito e adesso era macchiato dal sangue e dal senso di tradimento che le dava quell’immagine.
William stava pulendo lentamente la sua lama celata, davanti a lui una creatura di fantasia si sbriciolava, svaniva tornando al mondo da cui era fuoriuscito, ucciso dalla lama di William, per ordine del Cacciatore. La visione le strappò una risata amara.
A quel suono William sollevò lo sguardo e lei li vide, i suoi occhi neri spalancati e confusi.
Il Cacciatore la stava osservando divertito, come se si aspettasse quel momento, come se fosse certo che lei sarebbe arrivata, richiamata da quel silenzio che aveva percepito dentro di sé.
Era stato lui a isolarla da William, perché? Voleva che lo vedesse? Che il velo si sollevasse e spazzasse via le sue illusioni? Perché?
Micaela scoppiò a ridere, era chiaro, limpido, cristallino. Avrebbe voluto prendere al schiaffi William per essersi fatto usare, per aver ceduto al timore, aver permesso al Cacciatore di far leva sul suo costrutto, la storia che lo aveva generato e che inevitabilmente continuava a condizionarlo.
“Volevi che vedessi, volevi che lo abbandonassi da solo perché così avrebbe avuto solo te per salvarsi… Così da poterlo usare finché ti fosse stato utile… Ma poi lo avresti reciso perché niente, niente può distoglierti dalla tua idea vero? Ogni cosa deve andare al suo posto giusto? Qualunque cosa tu gli hai promesso non la manterrai, deve tornare alla sua storia alla fine, come tutto. Deve seguire il piano vero?”
Micaela vide il cacciatore fremere furente, non aveva previsto che lei fosse riuscita a comprendere il suo gioco, che Pixie le avesse rivelato più di quanto volesse. Micaela non si fidava veramente del folletto ma le aveva detto il vero. Il Cacciatore era irreprensibile e non avrebbe mai concesso a una storia da lui sorvegliata di uscire dai binari che l’immaginaria mano del fato aveva costruito.
Prima che il Cacciatore potesse fare qualsiasi cosa le fiamme lo avvolsero costringendolo a ritirarsi tra le ombre. Per un attimo Micaela ebbe l’impressione che la realtà stessa si piegasse dinanzi alla sua furia, poi il silenzio.
William aprì la bocca cercando di parlare ma si ritrovò a muovere le labbra senza emettere un suono.
Taci, non voglio sentire una sola parola, non una singola sillaba. La tua voce… Sono satura…
I pensieri di Micaela eruppero lasciandolo stordito, oscillò come se lo avesse davvero colpito. William si riscosse subito cercando di gridare, invano, non riusciva ad emettere un suono. Se ne stava fremente e teso, stringendo con furia i pugni chiusi.
Micaela non dovette nemmeno dirlo, Pixie li riportò a casa, nella soffitta polverosa dove tutto era iniziato.
William continuava a tentare di parlare, di inviarle i suoi pensieri ma lei lo aveva chiuso fuori, precludendogli la sua mente, i suoi pensieri, impedendogli di parlare.
Micaela trasse un profondo respiro e cercò di dosare la sua voce.
“Scusa, non dovrei incolparti di niente. Dovevo immaginare che potesse succedere, dopotutto è la tua natura, non potevi agire diversamente vero?”
Sollevò lo sguardo su William, i suoi occhi lucidi riflettevano emozioni che Micaela ormai non riusciva a comprendere. Dolore? Frustrazione? Delusione? O solamente rabbia. Avrebbe voluto dire che non le importava ma sarebbe stata una menzogna. Ma non voleva più concedersi di sentire niente.
Lui protese una mano tremante verso di lei poi si sfiorò il collo e lei poté distinguere chiaramente sulle sue labbra la supplica. Ti prego…
Lei scosse la testa e scese le scale, esitò prima di entrare nella sua stanza solo quando finalmente Pixie gli restituì la parola e udì William invocarla con voce spezzata, un lamento, un gemito di dolore.
Micaela si chiuse la porta alle spalle. Avrebbe voluto chiuderlo anche fuori da se stessa. Invece William se ne rimaneva là, aggrappato alla sua anima sanguinante dove si era scavato a forza la sua tana. 

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Souls ***


Capitolo 13 - Souls
 
 


 
“Che pensi di fare?”
La domanda di Pixie rimase sospesa nel vuoto, fluttuante come colui che l’aveva posta.
Micaela non rispose, era piena di dubbi e Pixie era al centro di quasi ognuno di essi. “Mi dirai mai il tuo vero nome?” Micaela se ne stava rannicchiata nel suo grande letto, sembrava così piccola.
“Rispondi ad una domanda con un’altra domanda?”
“E tu per quanto pendi di rimanere inconsistente nella realtà che ti circonda?”
La stanza le sembrava così fredda, nonostante le mille coperte che aveva recuperato a giro per casa.  Alla fine, aveva ceduto e si era rimessa quella stupida felpa, si era calata su il cappuccio e si era rintanata in nell’odore familiare e maledettamente confortante di William.
Lui è al piano di sopra a leccarsi le ferite dell’orgoglio… potresti salire e parlarci, cercare una spiegazione che non ti sia già data da sola.
Ma non aveva voglia di sentire la sua voce. O meglio aveva voglia di sentirla ma non aveva voglia di discutere, di cedere a quello sguardo.
“Lui è ancora qua?”
Sapeva che Pixie aveva compreso, lui le leggeva dentro senza alcun ritegno, senza remore, come se fosse uno delle sue tante storie che amava tanto riscrivere.
“Certo, credevi che il professor Moriarty fosse una facile preda? Per il cacciatore o per… il suo sicario?”
Micaela aveva notato la piega della voce del folletto nel pronunciare quelle parole.
William, il sicario del cacciatore. Avevano stretto un patto, probabilmente sin dall’inizio ed era stato così abile nel celare quella parte della sua mente dietro una porta che lei scioccamente aveva scelto di lascare chiusa. Si era detta di averlo fatto per lasciargli i suoi spazi privati, ma la verità era che l’aveva spaventava immaginare cosa si potesse celare dietro si esse.
Ormai aveva compreso di non avercela davvero con lui, si sarebbe data dell’ipocrita altrimenti. Non era così sciocca da pensare che William potesse essere solamente quella parte che lui aveva scelto di mostrarle, era più complicato di così, e lo aveva saputo sin dall’inizio. Ma era una persona contorta anche lei, per questo aveva evitato di legarsi agli altri, portava solo altre complicazioni. Inoltre, non voleva più concedersi alcuna emozione. Ne dolore ne piacere, solo il nulla.
In un momento di tristezza aveva persino chiamato Cristina. Dopo quella sera di rivelazioni, tenere fuori William dalla sua mente era stato uno sforzo così snervante. Doveva lottare non solo contro la volontà di lui di far breccia nel muro mentale che si era eretta attorno ma anche contro se stessa. Le mancava percepire il suo cuore vicino al suo. Il suo respiro pesante nel cuore della notte, il suo corpo caldo e avvolgente quando si posizionava sopra di lei come una corazza che teneva fuori tutto il resto.
Lei era stata fredda distaccata. Aveva finto interesse, accampato mille scuse.
La verità era che quel rapporto non aveva più senso di esistere, era semplicemente finito. E lei era stata così sciocca a sperare che ci fosse un motivo. Non c’era, era solo finito e nessuna delle due aveva avuto il coraggio di ammetterlo. Micaela lo sapeva, le era successo più volte. Dopotutto erano solo due passeggeri su quel caotico treno chiamato vita. Avevano passato del tempo assieme, condividendo parte del tragitto. Poi Cristina era semplicemente scesa.
In quel preciso momento il suo viaggio era comparso William. Non un personaggio rinchiuso dietro uno schermo, una persona vera, che aveva vissuto completamente.
Dalla sua fissa per la pulizia, al suo mangiare solo cereali integrali e frutta al mattino.
Al voler prendere il caffè allo stesso bar tutte le mattine, a indossare felpe che lei definiva color verde marcio… Micaela si riscosse, doveva smettere di pensare. Ormai aveva compreso che l’apatia sarebbe stata la migliore scelta.
Quando aveva perso quella dannata lettera, quando le avevano strappato quella speranza aveva iniziato a scegliere l’insensibilità, il nulla. Aveva appena iniziato a divenire dolcemente insensibile quando Pixie era emerso da quel dannato cassettone le aveva donato William. Come un cucciolo con il fiocco in testa. I suoi grandi occhi scuri e quel suo dannato sorriso sarcastico. Stupidamente si era concessa di credere nelle emozioni e nei sogni, come una bambina che crede che la polvere di fate la farà volare. Lo aveva creduto sempre più, stando assieme a lui, percependo il suo calore. Tramite lui si era riavvicinata a Hans, Samuel alle persone che la circondavano e che dopo il 2020 aveva inevitabilmente allontanato. Persino quella dottorina dagli occhi da cerbiatto, quello stupido folletto, si era concessa il beneficio del dubbio che forse i rapporti non erano la cosa più sbagliata del mondo. Così tante anime avevano toccato la sua. Ora basta, doveva sigillarle fuori, ma prima doveva fare un’ultima cosa, prima di abbandonarsi al nulla.
Si mise la giacca e sgattaiolò fuori dalla finestra. Sperava che così lui non la vedesse.
Lo stava evitando da giorni.
Alla fine, sembrava essersi arreso e non stazionava più davanti alla sua porta.
Sembrava appunto, Micaela sapeva bene che William non era il tipo di persona che demordeva.
Forse era arrabbiato anche lui, per la sua totale chiusura. Bene, così poi non desidererà restare e potrà lasciarmi nella mia dolce apatia.
Micaela atterrò sul prato gelato dalla fredda notte. Sorrise, non lo faceva da tanto, da quando da ragazzina sgusciava via dalla casa dei genitori affidatari per andare a rintanarsi nella grande serra all’ombra dell’ospedale, passando dalla breccia nella rete di recinsione. Era stato il suo rifugio per molto e ora era stato violato, dal sangue e dal tradimento. Tornare a non sentire nulla era preferibile. Le emozioni erano un luna park di incertezze.
“Cosa pensi di fare Micaela? Ancora non me lo hai detto…” insistette il folletto fluttuandole appresso, mentre lei accelerava il passo.
Lei sorrise, lui le leggeva la mente eppure adesso voleva che gli esponesse le sue idee, perché quella finzione? Perché voleva sentirsi partecipe?
La breccia era sempre al suo posto, era confortante che certe cose non cambiassero davvero mai.
Entrò nel giardino, la porta della grande serra di vetro era rotta, forse era stato William, forse qualcun’altro, a conoscenza del suo piccolo passaggio segreto. Non importava. Al momento la grande serra era vuota e silenziosa. Avvolta dall’abbraccio della notte.
Il folletto fremeva al suo fianco.
“Convocalo…”
Lui la osservò perplesso ma annuì.
Lei avrebbe voluto dargli una sberla, quando gli aveva chiesto di portarla da William aveva esitato, ma non ci pensava due volte a far apparire il genio del crimine, il ragno tessitore.
E lui emerse dalle ombre, come se esse stesse lo ricostruissero, come ne facesse parte.
Aveva strappato da quella storia Moriarty, o la versione che si era ricreata nella mente.
Un potente stregone, padrone della tenebra e parte di essa.
Lui accennò un mezzo sorriso divertito, i suoi occhi scintillavano predatori in attesa, come se già sapesse quel che lei stava per dire.
 
 
Pixie si lasciò andare, librandosi verso il cielo azzurro macchiato di rosso, una nuova alba su quel mondo opaco. Sentiva la risata del Cacciatore echeggiare nella sua mente.
Hai fallito, povero sciocco… Lui non è altro che una linea di trama, una traccia… Non ha un’anima… Non è reale… Lo userò ancora un po’ e poi me ne sbarazzerò. Cancellando anche questa tua nuovo errore…”
Un ringhio ferino eruppe dalla sua gola.
Si sbagliava, poteva apparigli davanti dalle ombre quante volte voleva e vantarsi di quanto fosse nel giusto. Non poteva più confinarlo in quel cassetto, non poteva impedirgli di intessere storie.
William era la sua più grande creazione, il suo traguardo.
Era reale, era vero. Doveva solamente trovare il modo di dimostrarlo, non importava quanto sangue avrebbe dovuto spargere.
Pixie discese verso quel mondo brulicante di menti confuse.
L’ospedale si ergeva austero, come un templio solenne dedito alla scienza della vita.
William se ne stava seduto stretto nella sua giacca di lavoro, fissava il vuoto, la mente sgombra, il cuore colmo e greve. Pixie non vedeva chiaramente nella sua anima, non come faceva Micaela. Ma era pur sempre un Custode di storie e ne era consapevole a differenza di lei. Sapeva dosare il suo potere, quindi, riusciva a vedere oltre le porte, oltre le barriere.
William era a un passo dalla rivelazione, era a un passo dalla verità.
Vi erano molte creature in quel piano di realtà, alcune erano solo opache ombre striscianti.
Altre invece erano ancora concrete, anime tormentate bramose di vita, ed era quel che stava cercando.
Cosa pensi di fare? Vuoi gettarlo in pasto a delle anime morte, bramose di nutrirsi dalla carne dei vivi.  Fameliche di vita. Cosa sei disposto a fare per dimostrare a te stesso e a lui di aver ragione? Che la sua anima è reale, non solo una traccia d’inchiostro su un foglio. Potrebbe morire, dilaniato tra atroci sofferenze ma anche questo perorerebbe la sua causa. Morendo dimostrerebbe che avevi sempre avuto ragione, che puoi farlo e che tutti loro ne avevano una vera anima. Forse a quel punto il Cacciatore avrebbe ascoltato.
 
 
Samuel recuperò la lattina dalla macchinetta e si chiede se fosse il caso di scuoterla con forza, magari fargli il bagno con la Cola poteva essere un’idea, avrebbe strappato a William qualcosa. Di quei tempi anche farlo arrabbiare era una conquista. Era diventato insopportabilmente apatico. Samuel voleva dire qualcosa di molto stupido, strappargli una risata e tirargli su il morale anche se per poco, ma anche farlo infuriare per aver sporcato la sua linda giacca perfetta poteva andar bene. In quei giorni aveva visto William mutare il proprio umore come l’imprevedibile clima scozzese. Lo aveva visto arrabbiarsi, disperarsi e alla fine arrendersi al silenzio di Micaela. E quell’arrendevolezza Samuel non la poteva accettare. Preferiva vederlo mille volte infuriato che scagliava oggetti e sollevava mobili da terra che seduto a fissare il vuoto con sguardo vitreo. Samuel non sapeva bene come scuoterlo così si era limitato a stargli accanto, incassando le sue grida, dandogli appoggio nei momenti di crollo e si era trattenuto dal dirgli che un po’ se lo era andato a cercare. Non serviva e in fondo William lo sapeva già, non serviva ricordarglielo. Poi non era compito suo fargli la predica, non era sua madre, era suo amico e gli amici servivano per far scemenze assieme, non a predicare sermoni.
Era quasi arrivato alla panchina dove aveva lasciato William poco prima, a rimuginare fissando il vuoto, il suo passatempo prediletto da un po’ di tempo a questa parte. Quando arrivò la panchina era vuota e William si stava allontanando alle spalle di un evanescente ma ben visibile Pixie. Che quel dannato spiritello non si prendesse la briga di evitare di mostrarsi in quel modo in pubblico per Samuel non aveva senso. Tutto di quell’essere gli dava sui nervi, dai grandi occhi cristallini, allo scampanellio che lo annunciava ovunque decidesse di manifestarsi. Da quando Micaela aveva scelto di presentarglielo Samuel lo aveva osservato sospettoso. Forse perché aveva il vizio di esprimere i desideri di Micaela a caso, come donarle un incontrollabile fuoco che poteva esplodere ogni volta che la ragazza si arrabbiava, quindi spesso.  
Pixie aveva promesso a William un desiderio. Per Samuel non avrebbe mai dovuto esprimerlo, sembrava che quel folletto travisasse ogni parola, mutando i desideri in incubi.
Vide William chiudersi dietro le spalle la porta del garage. Samuel non seppe dirsi perché decise di seguirli. Aprì la porta e li cercò subito con lo sguardo. Impiegò del tempo ad adattarsi alle ombre.
Pixie si era fermato, stava parlando a William che gli dava le spalle.
Samuel vide le creature che strisciando convergevano verso di loro. Grigie, composte di ombre.
Il folletto aveva allungato la mano verso William e d’istinto Samuel aveva urlato perché le ombre, silenziosi spettri dai denti aguzzi erano giunti alle spalle di William. Non sapeva perché ma era certo che fosse una bieca trappola del folletto. Magari voleva giocare un po’ con William, come sembrava facesse con tutto. Dando a Micaela dei poteri che non poteva controllare, strappando alle proprie storie dei personaggi ignari. Lo sguardo di Pixie era determinato e la mano sul petto del suo amico era quasi un invito per quelle creature ad agguantare la loro preda.
 
Wiliam udì la voce di Samuel sussultò fece per voltarsi verso di lui quando la mano di Pixie lo spinse con innaturale forza verso gli spettri.
William annaspò colto alla sprovvista “Cosa diavolo…” sussurrò sgranando gli occhi incredulo. Era sorpreso, forse si sentiva stupido. Aveva sempre sottovalutato il folletto, ed era stato un errore madornale.
Le anime lo ghermirono in un attimo, una fitta alla spalla gli strappò un grido di dolore quando sentì delle zanne affondare nella sua carne.
Erano morti eppure erano così concreti. Artigli gli laceravano la pelle e le loro viscide mani lo stringevano trascinandolo a terra. Dei mostri in vita, dei mostri nella morte. Wiliam gridava dimenandosi, ma le forze lo abbandonavano.
“Solo un vivente può dar loro forza, questo sarà la prova definitiva… La tua morte…” sibilò il folletto con voce impassibile. “Si nutrono solamente di anime viventi… Come adesso stanno facendo con te, perché sei vivo sei reale…”
William Avrebbe voluto chiedergli perché? Ma non ne aveva la forza. Sentì la voce di Samuel raggiungerlo oltre le sue grida. Sollevò lo sguardo cercando di mettere a fuoco la stanza oltre lo sguardo del folletto e intravide Samuel correre verso di lui.
“No”, gemette con tutta la voce che riusciva a racimolare “Samu non avvicinarti non...’
Le parole rimasero bloccate nella sua mente mentre dei denti gli laceravano un fianco strappandogli un altro grido. Lo stavano divorando, le sue resistenze venivano meno e quelle creature di ombra e polvere divenivano sempre più concrete, tangibili.
Pixie fermò Samuel con un gesto brusco “Se ti avvicinerai, loro attaccheranno anche te…”
Il ragazzo osservò il folletto disgustato, imprecò spingendolo da parte “Lo stanno uccidendo brutto bastardo, al diavolo i rischi…”
“Samu… no...”
La sua voce gli risuonò come un latrato non sufficiente l’amico. Samuel si gettò su di lui immergendosi in quell’ammasso gelatinoso di spettri, afferrando William con forza. Con un uno strattone urlando con tutta la disperazione che potesse provare ne emersero e crollarono a terra. Samuel lo afferrò per il torace e cercò di trascinarlo lontano da quell’ammasso che si protendeva verso di loro.
William continuava a gemere, le ferite sanguinavano copiosamente, era mortalmente pallido.
“Samu stai… perdendo colore…”
Samuel vedeva la sua pelle divenire grigia e fragile come una pagina bruciata ma non avrebbe mollato la presa, non lo avrebbe lasciato come pasto di quelle creature per il diletto del folletto.
“Non ti lascio te lo scordi. Non…”
Il mondo svaniva velocemente, un ronzio aumentava nelle sue orecchie ma non demordeva e lo stringeva con forza aggrappandosi alla vita con disperazione.
Prima di perdere i sensi fu certo di sentire la voce del folletto “Grazie… di avermi dimostrato che avevo ragione…”
 
Samuel giaceva su di lui, pallido, cereo come la morte. Quando William lo chiamò non si mosse. Il suo corpo si sbriciolò come spazzato via da una folata di vento. Del suo amico restava solamente cenere.
Voleva gridare, ma non aveva più voce. Il suo corpo aveva smesso di gemere, il sangue defluiva via.
Sono solamente un’ombra… Samu perché?
“Perché non sei solamente un’ombra… E adesso anche lui lo sa…”
Con la voce di Pixie nelle orecchie William si svegliò urlando.
La prima persona che vide fu Samuel, pallido ma sorridente. Le fossette nel suo volto incavato celavano la smorfia di dolore. Gli avevano medicato un taglio sulla fronte e bendato il polso.
“Come…” farfugliò William.
“Micaela… Fortuna che le sue fiamme scacciano quei cosi… o saremmo cacchina di spettro a questo punto…”
William avrebbe voluto ridere ma sentì la rabbia infiammarsi nel suo petto. “Sei un idiota? Non dovevi avvicinarti, hai rischiato di morire, non dovevi… Non avresti…” annaspando nella sua stessa furia. Voleva colpirlo e abbracciarlo sollevato al tempo stesso. Quando lo aveva visto sbriciolarsi sotto la sua presa si era sentito impotente e colpevole. Perché se fosse morto sarebbe stata tutta colpa sua, ad avergli permesso di stargli vicino.
Samuel gli fece l’occhiolino colpevole “Già, la prossima volta ci penserò… Ma credo che farei comunque di testa mia… Ora sta zitto, Micaela non era incline a medicare anche te, quindi ci sto pensando io, ora, taci e lasciami finire…”
A quelle parole William si irrigidì, Micaela non era nella stanza e non percepiva nemmeno il battito del suo cuore, come da un po’ di tempo a questa parte.
‘Dovevo immaginare che ti comportassi così… Sei stato creato così dopotutto…’
Faceva ancora male, sentiva di meritarselo ma non poteva rinnegare di detestare come quelle parole suonassero nella sua mente. Bruciavano come tizzoni ardenti nella sua mente.
Samuel si stava dedicando alla ferita al fianco, William trattenne una smorfia quando iniziò a suturare. “Mi spiace di non poterti disinfettare con il whisky, ma sai qua, preferiamo il disinfettante vero…”
William rise prima che il suo volto fosse deformato da una smorfia. “Percepisco una vena di critica ai miei metodi…”
“Solo un pochino…” sogghignò Samuel “Ma vedrai che i miei ricami non hanno rivali, sarei quasi tentato di autigrafarti”.
William accennò un sorriso a quel blando tentativo di distrarlo. Doveva aver intravisto la delusione sul suo volto nel realizzare che Micaela non fosse rimasta al suo capezzale. Malgrado non sentisse di non aver diritto di sperarlo, parte di lui se l’era immaginata in un angolo della stanza, a fissarlo con cipiglio ricco di disappunto.
Se la immaginava di leggere nel suo sguardo qualcosa come Non so come, ma ti sei cacciato un’altra volta nei casini. Ma non era colpa sua… Pixie… Era stato uin idiota a sottovalutare quella creatura. Il Cacciatore era molto più pericoloso e aveva ritenuto che fosse cosa saggia confinarlo in una prigione eterna.
Sei vivo… E adesso anche lui lo sa…
Chi? Il cacciatore sapeva che non era solo una traccia d’inchiostro? Davvero poteva servire a qualcosa? Di certo era capace di fare cazzate e anche di soffrire, visto le stilettate che gli dava ogni punto che Samuel si apprestava a mettergli. Era reale quel vuoto che gli lasciava il silenzio di Micaela. Dubitava che questo sarebbe importato al Cacciatore. Si stavano usando, a nessuno dei due importava dell’altro. William voleva una possibilità in più di vivere. Non sapeva cosa volesse il cacciatore, non pensava si limitasse a voler ricacciare nell’ombra una manciata di creature magiche. Aveva optato per quell’alleanza prima… prima di stringere quel legame con Micaela, prima che il battito del suo cuore gli divenisse quasi più familiare del proprio.
Adesso gli restava solo un doloroso silenzio.
“Non mi perdonerà mai vero?”

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 – Parallel Universe ***


Capitolo 14 – Parallel Universe
 



 
 
La penna si ruppe e Samuel sputacchiò inchiostro imprecando contro se stesso.
L’aveva rosicchiata così tanto da romperla ritrovandosi la lingua blu piena di inchiostro.
Sentì la sua collega fare un commento che ignorò, alzò lo sguardo nervoso.
Ecco adesso ti stai comportando come mamma chioccia si disse osservando William da sotto il bancone. Aveva detto a Samuel di non dire niente, che per lui stava bene. Allo sguardo critico di Samuel William aveva ingoiato un analgesico e si era tolto gli abiti insanguinati per poi riprendere il lavoro. Adesso stava parlando con Hans come nulla fosse. Ma a Samuel non sfuggiva che si massaggiasse spesso la spalla e con la mano si toccava spesso il fianco.
Samuel era certo di aver fatto un ottimo lavoro, ma William avrebbe dovuto stare a riposo, non muoversi e agitarsi. Samuel non riusciva a togliersi dalla testa l’idea che avrebbe potuto far saltare tutti i punti e dissanguarsi in un attimo. Ok, forse quello era esagerato, non gli aveva mica suturato un’arteria vitale per la sopravvivenza. Ma gli appariva comunque troppo pallido, troppo affaticato, troppo… sfibrato. Come se delle creature da incubo avessero cercato di divorarlo, ecco come lo vedeva e William se ne stava impettito e sorridente come nulla fosse. Poteva ingannare Hans ma Samuel sapeva, e non lo avrebbe perso di vista. Così si era ritrovato a fare il camaleonte, osservandolo in tralice.
“Ehi Samu mi passi del ghiaccio, su in reparto da noi si è rotta di nuovo la macchina ed il Bos è nel panico sono arrivati due ragazzi stanotte vittime di un incidente assurdo e lui pare incandescente… Seriamente temo che prenda fuoco da un momento all’altro se non gli porto un quintale di ghiaccio pretenderanno la mia testa…”
Samuel alzò lo sguardo stordito da quel fiume di parole incrociando lo sguardo di Jualian, il suo vecchio compagno di corso che lavorava in terapia intensiva al piano sopra al suo.
“Eh?”
Julian alzò gli occhi al cielo e si passò la mano tra i corti capelli castani.
“Samu, sei connesso? Che hai fatto?”
In quel momento William si appoggiò alla parete con una smorfia appena percepibile per poi tornare alla sua consueta maschera sorridente. Samuel in un attimo balzò in piedi per poi paralizzarsi quando William si voltò verso di lui.
Lo salutò sforzandosi di sorridere, William ricambiò ma il suo sguardo gli urlava Ti prego smettila di fissarmi.
Samuel si lasciò cadere sulla sedia.
“Samu… Ci sono problemi in paradiso?”
Julian lo osservava perplesso.
“Ehi Juls… che mi stavi dicendo scusa non ti ascoltavo…”
Julian si sedette paziente accanto all’amico “Ti stavo chiedendo un camion carico di ghiaccio… Hai presente quei due ragazzi arrivati in nottata al pronto soccorso mezzi morti? Ecco… Mi piacerebbe moltissimo che fossero ancora tra noi alla fine del mio turno e magari trovarli anche domani mattina quando tornerò, ma lui sta per evaporare quindi per piacere puoi darmi del ghiaccio? Poi prometto di interessarmi a tutte le tue paranoie lo giuro…”
Samuel si riscosse, doveva essere presente, stava lavorando, non era in sala giochi.
Mentre la macchina del ghiaccio riempiva il contenitore che Julian si era portato appresso Samuel sfogliò svogliatamente la cartella informatizzata dei due ragazzi. A quando dicevano i documenti lei era una volontaria del servizio di soccorso, faceva parte dei soccorritori che erano accorsi ad assistere il ragazzo. Lo avevano trovato incosciente nella sua macchina ribaltata. Lo avevano caricato sull’ambulanza e mentre stavano correndo verso l’ospedale lui si era risvegliato in stato di grande agitazione. A quanto risultava nel rapporto era andato in escandescenza al minimo tocco. Samuel sbuffò, non gli avevano certo aperto la maglia per cattive intenzioni. A quanto pareva cercando di fuggire dall’ambulanza in movimento aveva trascinato fuori la ragazza.
Erano stati soccorsi dai compagni di lei. Tra di loro c’era il suo amico Ivan, ora che ci pensava conosceva di vista anche lei. Erano arrivati in pessime condizioni, ma mentre loro lottavano tra la vita e la morte anche lui aveva avuto il suo bel da fare con spettri famelici, folletti infami e amici incoscienti.
Incoscienti.
Samuel osservò la foto del ragazzo. “Buffo…” si disse tra sé e sé.
“Buffo cosa?” Chiese Julian prendendo il contenitore del ghiaccio.
“Lui… la sua faccia mi è familiare…”
Quei capelli neri e quelle cicatrici sul volto, quel piccolo neo sotto all’occhio, somigliava tantissimo a William… O all’attore che nella sua realtà lo aveva interpretato. Ma assolutamente non era lui, però… Anzi quell’espressione contratta nonostante lo stato di incoscienza era così vicino a William.
Samuel si chiese dove fosse la mente di quel ragazzo in quel momento, forse era imprigionata in una gabbia, quanto quella di William. Magari se l’era costruita da solo anche lui, magari si sentiva spaventato e prendeva decisioni stupide tanto quanto William. Julian gli diede una pacca “Samu io devo scappare, ma se dopo il turno vuoi parlare e berti una cosa ci sono, ok?”
Samuel gli fece un sorriso sornione, si scompigliò i riccioli scuri e scosse la testa “Scusa, sarà per un’altra volta, ho preso un impegno, un amico non si sente troppo bene e devo riaccompagnarlo a casa…”
Julian annuì “ok, quando vuoi non farti problemi”
Prima di andare gettò uno sguardo a William poggiato a braccia conserte contro la parete. “È grande e grosso, penso che ce la farebbe anche da solo a tornare a casa sai?”
Samuel dette una scrollata di spalle e lo salutò.
Sì, era grande grosso e stupido, si disse Samuel tornado alla sua postazione di controllo.
Il lavoro lo aveva riassorbito senza che se ne rendesse conto e in un attimo Samuel si era ritrovato travolto dalla routine del reparto.
Era in ambulatorio, detestava stare là, lui si era sempre sentito un animale da pronto intervento. Ma doveva fare la sua parte negli ambulatori per i pazienti meno gravi. Un sacco di reazioni allergiche, turisti con piccole fratture o distorsioni e se c’era la luna piena o ogni santo venerdì o sabato sera interi battaglioni di ubriachi da rimettere in sesto e rispedire a casa.
Alle volte gli arrivava qualche incauto guidatore colto sul fatto dalla polizia, che aveva avuto l’ardire di contestare l’esito dell’esame alcolemico. Come quel signore dai capelli grigio paglia che gli sedeva davanti, paonazzo in volto e ammantato da un alone rancido.
Il poliziotto che lo aveva scordato si era defilato con la scusa del bagno lasciandoli soli.
Samuel si era sorpreso dal suo nervosismo, quell’uomo non gli piaceva affatto. Era più teso di quanto volesse dare a vedere e soltanto per una multa, non era certo qualcosa per cu essere eccessivamente tesi. Lo fissava senza battere le palpebre. Quando Samuel si avvicinò per metterli il laccio emostatico al braccio in un attimo si ritrovò le sue mani alla gola. Era forte, molto più di quanto apparisse. Samuel annaspò sentendosi sollevare da terra, i suoi occhi sembravano cambiare divenire vitrei, serpentini. La stretta si faceva più forte e Samuel iniziava a percepire il mondo sempre più opaco, mentre una moltitudine di ombre iniziavano ad emergere dalle lattescenti pareti. Mentre la fame d’aria diveniva insopportabile e il dolore alla gola serrata da quelle mani che Samuel tentava invano di allontanare da sé.  Samuel sentì uno strattone e lo straniero lo lasciò andare. Samuel crollò a terra ansimando, tossendo. L’aria pungeva ma ogni respiro era vita che tornava da lui.
Percepì delle voci sopra di sé e degli urti. Infine, un grido animale lacerò l’aria mentre una manciata di cenere esplodeva nell’aria. Poi delle mani lo sfiorarono, si vergognò di se stesso di essersi raggomitolato a terra, come un pulcino tremante.
“Samu… Stai bene?” William lo aiutò ad alzarsi.
Samuel avrebbe voluto annuire ma scosse con forza la testa. William gli disse che avrebbe pensato a tutto lui, parlò con il poliziotto, si inventò che il misterioso uomo che aveva aggredito Samuel fosse scappato da una porta di servizio, nessuno fece caso al cumulo di cenere sul pavimento ne dubitarono di quanto detto da William.
Come dal nulla apparve anche Micaela, ignorò William e si diresse da Samuel, ma lui non la ascoltava, la sua voce era un brusio lontano che cercava di farsi strada in un groviglio di dubbi. Continuava a massaggiarsi la gola, mentre nella sua mente si stagliava quel volto, quegli occhi improvvisamente serpentini.  Era una creatura strappata da Pixie? Perché lo aveva aggredito? Aveva paura di essere scoperto? O lo aveva attaccato deliberatamente e si era fatto portare lì appositamente per attaccare lui?  Perché? Non aveva alcun senso eppure, quella lucida determinazione insinuava in lui mille dubbi.
Pixie voleva usare William per dimostrare qualcosa. A se stesso? Al mondo? Lo vedeva come un tramite, aveva senso per il suo piano lasciarlo solo?
Il Cacciatore lo vedeva come uno strumento, un mero oggetto per quello che voleva. Aveva già cercato di allontanarlo da Micaela e forse ci era riuscito, malgrado Samuel sperasse ancora il contrario.
Ma soprattutto il Cacciatore voleva colpirlo, dai racconti di William Samuel vedeva il freddo distacco, divertimento anche? Voleva che William si sentisse solo magari, così sarebbe stato più malleabile, più fragile, gestibile?
Samuel si riscosse e con orrore sollevando lo sguardo sull’amico notò una macchia di sangue si stava rapidamente allargando sul fianco di William, inzuppando la felpa che invano cercava di nascondere. Quando il poliziotto gli era passato accanto sfiorandolo appena William si era tradito con una smorfia di inequivocabile dolore. Samuel stava per balzare in piedi quando Micaela afferrò William per una manica, era pallida e il suo volto tradiva preoccupazione. “Stai sanguinando…”  sussurrò lei con un filo di voce.
Una lacrima solcò il volto di William. “Patetico vero?” sussurrò prima di crollarle addosso privo di sensi.
 
 
Il cacciatore incombeva su di lui, il suo occhio morto trasudava oscurità e le sue lunghe dita pallide gli sfioravano il volto. “Questo gioco è durato anche troppo…” sibilò facendo schioccare la lingua. William si sentiva bloccato, paralizzato nel suo stesso corpo.
“Sto arrivando… Topolino…”
Il battito di Micaela lo raggiunse e William vi sia aggrappò con forza lasciandosi trascinare via e prima di aprire gli occhi percepì il grido furioso del Cacciatore.
Il mondo riprese ad avere consistenza, era steso su un letto. Sentiva il bip di un monitor, gli elettrodi attaccati al suo torace. Poi percepì la mano di Micaela poggiata sul suo petto all’altezza del cuore. E poi il suo respiro, doveva essere così vicina. Il suo sospiro rotto dai singhiozzi. Lacrime scorrevano sul suo volto scivolargli sulle labbra. “Credevo che saresti morto…” gli sussurrò a fior di labbra. “Quando ho cercato il tuo cuore era così lontano… Scusami… è tutta colpa mia. Ti ho trascinato qua e poi ti ho caricato di aspettative, di… Tu sei tutto questo ed è ok. Non ci sono parti di te che voglio perdermi, anche quelle che mi fanno incazzare. Anche quelle parti che fanno male, sono… Te… Io…”
William le prese il volto e premette con forza le sue labbra su quelle di lei. Voleva respirare e vivere di lei. Aggrapparsi a quell’ esistenza e restarvi impresso per sempre.  
 
 
William scoppiò a ridere “Non conoscevo questo tuo lato mamma…”
Micaela lo fulminò con lo sguardo prima di rannicchiarsi contro di lui. Percepiva il cuore rimbombare contro il suo orecchio e nella sua mente e batteva forte assieme al suo.
“Come potevo non preoccuparmi… Ti hanno dovuto ricucire due volte… E non ho intenzione di chiamare in causa Pixie… Non dopo quello che ha fatto… Non l’ho ancora visto…”
“Sai che non ho paura del dolore…anzi…”
“Sai che giocare con delle cicatrici e eviscerarsi durante il sesso non è propriamente la stressa cosa vero?”
William rise di nuovo “Ok mamma…”
“Se solo agguanto Pixie… io…”
William si pose su di lei e la baciò con foga “Non voglio parlare di lui… non voglio pensarci, ne a lui ne al cacciatore” le disse distaccandosi.
“Mi sta bene… però stai attento…Ti stai agitando…”
Ma le parole di Micaela furono divorate dalle labbra di William.
Erano di nuovo nella loro bolla sicura. Avevano chiuso tutto fuori ancora una volta.
“Ehi Micky, quindi vuoi ancora tenermi con te?”
Micaela sollevò lo sguardo, l’aveva sentita quella sera?
Lui le sorrise confermando i suoi dubbi.
“Sì topolino…”
Lui squittì prima di stringersi di nuovo a lei per un altro bacio. Tra le sue braccia trovava la sua casa, avrebbe lottato per proteggerla.
 
 
Era di nuovo davanti a lui, un’ombra evanescente.
Il cacciatore lo osservava. “Tranquillo, sei nel tuo piccolo letto, siamo nei tuoi sogni”
William si sollevò a sedere e si guardò attorno. Non era in ospedale era… un luogo fittizio, di quel mondo che gli avevano costruito per diletto. Per farlo danzare come un animale ammaestrato. Il suo volto, i capelli… Tutto era diverso. Era il vecchio sé… Quello che aveva tentato di costruirsi qualcosa sgomitando in quel mondo che lo odiava.
Quello che aveva fallito ancora e ancora fino a morire.
“Pensavo che in un luogo familiare sarebbe stato più…facile…”
William chiuse gli occhi. Non gli era familiare, ormai la sua casa era un’altra.
Era vecchia e malconcia, odorava di umido, la mattina poteva sentire il cinguettio degli uccelli e quando pioveva l’odore del bosco entrava nella sua stanza con prepotenza. Ma no… Nemmeno quello. Ricordò il respiro di Micaela, le sue lacrime sulle sue palpebre e quel tocco gentile sulla sua testa. Il suo cuore che vibrava all’unisono con il proprio. Era rinato in lei, come poteva essere? Quando si perdeva in lei sentiva come se un’energia defluir da lei.
Come quando Pixie esaudiva i desideri, plasmando la realtà.
“Io so a quale luogo sento di appartenere e lotterò per esso. Il nostro patto è annullato, anche se so già che non avevi intenzione sin dall’inizio di mantenerlo. Ci siamo… Usati a vicenda e adesso sono saturo. Se manderai di nuovo qualcuno. A ferire lei o Samuel o me capirai che non sono solo un pupazzo…”
Il cacciatore sorrise “Sai trovo quasi tenero che vi difendiate a vicenda nonostante tutto… Lei ha persino cercato di farmi uccidere da uno dei suoi personaggi fuggiaschi… Peccato che non sappia bene come funzioni il gioco. Ci ha provato e le si è ritorto contro… Ben presto non avrai ben molto da proteggere se non te stesso, per quanto valga…”
Per quanto in parte fosse felicemente sorpreso William percepiva le minacce del cacciatore incombere.
“Sei qui a dirmelo, immagino che possa fare qualcosa, che tu abbia un nuovo accordo da propormi…”
L’occhio morto del cacciatore scintillò e un ghigno gli deformò il volto.
 
 
 
Samuel imprecò quando sentì il campanello suonare per l’ennesima volta, si sorprese quando vide William dietro la porta.
Quando gli aprì lui entrò di fretta e si appoggiò alla parete.
“Temo di aver fatto una cazzata”
“Sarebbe nuova…” borbottò Samuel ancora assonnato buttandosi sul divano.
William si sedette accanto all’amico “touché…”
William si piegò prendendosi il volto tra le mani “Il Cacciatore mi ha proposto un patto… Micaela ha cercato di proteggermi e… Per quanto lo trovi dolce è stato rischioso. Il cacciatore lo ha rivolto contro di lei e mi ha detto che se non prendo le distanze la farà uccidere… Io…”
William si interruppe.
“Tu che hai fatto?”
William si massaggiò la testa “Io gli ho detto di andare al diavolo, che avrei lottato per lei… che non avrebbe dovuto sottovalutarla… Ne sottovalutare me…”
Samuel gli sorrise sornione “Finalmente un passo avanti, non dubitare, Micaela sarà orgogliosa di te. Non è una principessina che vuole essere protetta e non tiene così poco a te, al vostro rapporto da non lottare come una furia per esso. Ti ama lo sai?”
William distolse lo sguardo. Lo sapeva?  Sospirò chiudendo gli occhi “So per certo che io amo lei, e che non la deluderò di nuovo”

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 – Nothing Else Matters ***


Capitolo 15 – Nothing Else Matters
 




 
Pixie fluttuava osservando quella pigra città che si nascondeva tra le fronde degli alberi, oltre la foresta, oltre l’oscurità.
“Ti aspettavo, credevo che non lo avresti mai lasciato… Il tuo nido sicuro, le sue braccia… Sento che hai portato con te il suo cuore, il suo battito lento e regolare rimbomba assieme al tuo. Vi ho unito io, lo hai scordato?”
Micaela si bloccò sfiorando il cassettone.
“Quando lo hai capito?”
Pixie sorrise “Non ho mai avuto dubbi. Soltanto un Custode di storie poteva spezzare le mie catene. Il Cacciatore pensava che nessuno avrebbe potuto liberarmi, ma io sapevo, che eri là. Conoscevo i tuoi genitori, conosco molte cose su di te…”
“No… Non ti ho chiesto questo” lo interruppe bruscamente Micaela. Aveva accantonato quella lettera, l’aveva messo da parte, l’aveva messa via e non avrebbe riesumato dal profondo della sua mente.
“Ma è legato a chi tu sei veramente… Sei un’aliena in questo mondo di mortali, tu viaggerai spostandoti tra i mondi, come me… Potrai intessere vite, non solo trascriverle come il Cacciatore. Potrai…”
“Giocare con delle vite come hai fatto con William e Samuel? So che sei stato te… Hai gettato William in pasto a delle anime, poteva morire e non ti sarebbe importato. Hai dirottato quel personaggio su Samuel per colpire me, ma soprattutto per far soffrire William e per cosa? Per continuare il tuo gioco? Per dimostrare ancora una volta che il suo cuore può sanguinare? Tu e il Cacciatore pensate di poterlo usare come un burattino, di poterlo cancellare quando non vi sarà più utile ma non ce la farete. È una tigre, un combattente e io lotterò assieme lui con tutte le armi che riuscirò a trovare.”
Il folletto la osservava etereo e impalpabile. “Credi davvero di poter contrastare il Cacciatore senza di me?”
“Lo scopriremo…”
Micaela si voltò e scese le scale lasciando che il folletto fluttuasse via verso le tenebre.
William la attendeva in piedi all’inizio delle scale. “Ho parlato con il Cacciatore…” le disse con sguardo deciso.
Lei annuì, lo sapeva già, lui l’aveva portata con se, aveva seguito i suoi pensieri.
Micaela trasse un profondo respiro “Non la daremo loro vinta… Sono andata da Pixie, volevo chiedergli perché ha cercato di ucciderti ma… Alla fine lo sapevo già… forse dovevo capire quanto fossi simile a lui…”
William la osservò in attesa.
“Sì, sono come lui… Solo che sono inutilmente incapace di usare quel dono…”
“No…”
Micaela lo osservò, William era avvolto dalla penombra. “Non sei come lui, né come il Cacciatore… Nessuno è come te… Troveremo la nostra strada”
Micaela si avvicinò per stringersi a lui. “Questo hai detto al Cacciatore?”
“Lo stesso che tu hai detto a Pixie…”
 

 
Micaela si fermò per prendere fiato con una mano sul fianco dolente.
“Quindi avevo ragione! Quel benedetto folletto non la diceva tutta…Lo sapevo, non ho mai creduto alle sue menzogne… Non voglio dirvi TE L’AVEVO DETTO ma…”
William si soffermò alla panchina per un po’ di stretching mentre Micaela imprecava contro sé stessa per aver accettato di seguirli per una rinvigorente corsa mattutina. Non era rinvigorente e non la stava aiutando a chiarirsi le idee.
“Ma quindi tu sei… I tuoi genitori… Ma davvero non ne sapevi nulla?”
William si voltò verso Micaela e la vide irrigidirsi, non avevano affrontato l’argomento. Lui non aveva osato aprire quella porta e lei lo aveva guardato supplichevole.
Lascia stare ti prego, so che non è giusto che tu sappia così poco di me mentre io… Di quello che hanno scritto per te so quasi tutto… Più di quanto vorresti aver mai detto...  Ma ti prego non chiedere…
E lui si era rinchiuso dentro le sue domande. La parte che emergeva dal suo passato comprendeva, forse era questo che li aveva uniti.
La dolorosa consapevolezza di non riuscire mai ad aprirsi del tutto… Eppure… Parte di lui sperava di poter andare oltre, superare quelle barriere. Ma sapeva che non serviva forzare quell’apertura, non serviva… però era doloroso. Voleva aggrapparsi a lei, e voleva farlo subito, prima che la morte lo trascinasse via.
La sentiva insinuarsi dentro di sé ogni giorno di più da quando gli spettri avevano bacchettato con la sua carne.
Quando la mano di William si sfiorò il fianco a stento trattenne un gemito di dolore, la maglia era umida, le dita si stavano sporcando del suo sangue, si sentiva venire meno mentre le voci di Micaela e Samuel diventavano echi lontani.
Ringraziò di aver scelto un abito nero, cercò Samuel con lo sguardo che stava ancora blaterando sui possibili poteri di Micaela, su quanto potessero durare le vite dei Custodi e se fosse possibile procreare con un umano e quando sollevò lo sguardo su William aspettandosi una battuta sferzante da parte sua si impietrì imprecando tra i denti. William ringraziò che Micaela parve non comprendere.
“Mic… accidenti” Esclamò improvvisamente Samuel “Ti prego… potresti tornare alla macchina? Ho scordato l’insulina… e… non ce la faccio a tornare indietro… e… Ti prego vai tu?”
Lei lo guardò incredula ma sbuffando e maledicendo la sua sbadataggine si avviò.
Quando fu scomparsa oltre l’orizzonte Samuel si precipitò da William che si afflosciò sulla panchina.
“Cavolo… Posso sapere perché…” ma le sue parole gli si bloccarono nella gola quando sollevando la maglia vide quanto sangue il ragazzo doveva aver perso. La ferita gemeva, come se fosse stata appena inflitta. William tremava pallido. I punti erano svaniti, come se qualcosa nel sangue di William li avessero sciolti. Delle tracce di liquido argenteo emergevano nel sangue.
“Quelle creature… Ti hanno iniettato qualcosa… che impedisce al tuo corpo di guarire… Quanto potrai andare avanti?” Samuel aveva aperto il suo zaino e William a rise quando l’amico estrasse un kit di pronto soccorso.
“Che c’è? Sono previdente a differenza tua” borbottò Samuel.
“Sto morendo Samu… Hanno iniettato la morte in me… sta strisciando verso il mio cuore, lo sento…”
Samuel si bloccò e sollevò lo sguardo sul volto dell’amico “Magari Micaela potrebbe…”
“Ti prego non dirle nulla… Non voglio che… Non conosce il suo potere… Non voglio che scenda a patti con nessuno per salvarmi e… Non voglio che si incolpi per la mia morte…”
Samuel terminò la medicazione al fianco e passò alla spalla. “Tu non morirai…”
“Samu… non dirlo a Micaela”
Samuel sospirò, la voce di William era tremante e flebile, sembrava così giovane in quei momenti, quando la sua anima spezzata emergeva e lo fissava con occhi da bambino. In parte lo era, come se la sua vita fosse iniziata in quel primo respiro fatto nel loro mondo.
La sagoma di Micaela si intravide in lontananza e Samuel si affrettò a terminare prima di passargli una felpa per colpire la maglia zuppa. “Per quanto credo che tu sia un grosso stupido idiota, tranquillo, non le dirò nulla, ma tu dovresti…”
 

 
William imprecò afferrando altre garze mentre Samuel blaterava al telefono di premere con forza. “Sto premendo maledizione… Ma non serve a niente…”
Si era rinchiuso in bagno quando aveva sentito la ferita prudere e pungere. Aveva fatto a tempo prima di vederla gemere di nuovo e sanguinare copiosamente.
“Vieni in ospedale, come minimo avrai un solo globulo rosso che sta lavorando per mille, ti serve una trasfusione… Alza il deretano e vieni… O devo mandarti un’ambulanza?”
William lo fulminò con lo guardo.
“Sai… le intimidazioni non servono, nemmeno negare l’evidenza…”
“Sto benissimo… devo solo tamponare questa lieve emergenza, e potrò rimettermi a lavorare sui libri. Se ci sanguino sopra è difficile far credere a Micaela che stia bene…”
“Credo che già sappia che non stai bene, hai un colore che può sembrar giusto solo su vampiro… E dato che non lo sei, fidati, si nota che hai problemi…”
“Parli in senso figurato? Sì in effetti si nota…” cercò di scherzare William.
“Mettiti una giacca e vieni in ospedale, adesso!”
“Smettila di fare la mamma, sto bene…” concluse riattaccando prima che Samuel potesse dire altro.
Il sangue sembrava rallentare, forse lo stava davvero esaurendo, si mise un nuovo cerotto, abbasso la maglia e si osservò allo specchio. Cereo, come una statua, perfetto per una lapide.
Uscì dalla stanza e intravide Micaela seduta in salotto.
Leggeva i libri che lui le aveva mostrato in soffitta, dei trattati sui viaggi intra dimensionali, di creature in grado di rendere reale la fantasia e dei Custodi delle storie. Micaela cercava informazioni che il precedente proprietario della casa si era lasciato alle spalle. Forse uno studioso, forse un altro Custode di storie.
Qualunque cosa pur di acquisire un vantaggio sul Cacciatore e su Pixie.
William si avvicinò al divano, era immersa nella lettura.
“Ci deve essere un indizio… Se la persona che viveva qua era una Custode, perché non ha liberato Pixie? Forse sapeva quanto fosse pericoloso… Oppure temeva il Cacciatore… Troverò qualcosa, devo…” borbottò la ragazza.
William la osservava, i capelli rossi arriffati legati con un elastico di fortuna, la sua felpa la avvolgeva, troppo grande per lei. “Micky… Se anche non trovassi nulla non sarebbe colpa tua, lo sai vero? Ci stai provando…”
“Se stai cercando di convincermi a desistere… Sappi che è fiato sprecato…”
“Sto cercando di dirti che potrebbe essere inutile… Ma che quel che mi accadrà non sarà colpa tua, quel che è successo non è colpa tua e quello che sta accadendo, le mie ferite io…”
Micaela lo osservò, non vi era sorpresa nel suo sguardo, lui le sorrise quasi sollevato dalla consapevolezza che intravedeva nei suoi occhi.
“Lotterò contro quel veleno, poi contro il cacciatore, contro Pixie contro chiunque… Non ti lascerò scivolare via…”
“Ok…” rispose William con un mezzo sorriso.
Rimasero in silenzio per un po’ mentre Micaela cercava il coraggio di porgergli la domanda che si covava dentro da tempo. “Quanto sono gravi?”
Lui distolse lo sguardo, voleva indorarle la pillola ma sarebbe stato solo stupido. “Continuano a sanguinare, come se me le avessero inferte da poche ore, assieme al sangue esce questa sostanza… Samuel non sa cosa sia… lo chiama veleno spettrale… Magari ha ragione…”
“Qualunque cosa sia troverò una soluzione…”
William si rannicchiò sulla poltrona e chiuse gli occhi, era stanco, era sempre più stanco da quando gli spettri avevano iniziato a divorarlo. Poteva sentire i loro denti penetrare nella sua carne, continuamente. Ogni volta si portavano via parte della sua vita. Percepì il cuore di Micaela avvicinarsi a lui prima ancora di sentire le sue braccia avvolgerlo per trarlo a sé.
“Quando sei arrivato… Quando sei apparso…” Si corresse Micaela carezzandogli la testa, affondando le dita tra i corti capelli che iniziavano a infoltirsi. Scure ciocche che scivolavano tra le dita. “Avevo da poco ricevuto una lettera, ci sarebbe dovuto essere l’indirizzo, un indizio di dove i miei veri genitori fossero… Ma la lettera era strappata, ne restava solo un involucro vuoto… Solo adesso comprendo perché non fa più male, perché ci sei tu e il passato non ha più alcuna importanza, non può darmi risposte, né sollievo. Finché posso sentire il battito del tuo cuore non mi importa di nient’altro.”
Il suono dell’ambulanza li fece sobbalzare e William scoppiò a ridere quando sentì battere alla porta “Samuel, serio? Hai davvero mandato un’ambulanza?”

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - One ***


Capitolo 16 - One
 





 
Una foresta, lunghi alberi pallidi e spogli, le ultime foglie gialle stavano cadendo a terra. Il ragazzo si chinò su di esse, ne prese una tra le mani. Una strana foglia a forma di cuore dai bordi frastagliati e dal lattescente color topazio. Fragile, si disintegrava al tatto sotto le sue mani.
Un tappeto giallognolo ricopriva la terra brulla. Qualcuno lo osservava oltre l’orizzonte, lo attendeva. Il ragazzo si voltò, percependo una voce alle sue spalle chiamarlo con quel nome ormai dimenticato.
Bill…
Le foglie si sbriciolavano divenendo rosse, l’albero gemeva e la sua corteccia trasudava sangue.
Il ragazzo si guardava attorno terrorizzato mentre il suo nome riecheggiava per la valle.
Le ombre si sollevavano dal terreno, mani morte lo afferravano. Denti aguzzi trafiggevano la sua carne facendolo urlare
Bill…
No... Non Bill, non più. Il mio nome è William…
Le ombre lo trascinavano giù, il ragazzo sollevò lo sguardo verso l’orizzonte. Molte lo osservavano, lo attendevano ancora. Allungò la mano sperando che qualcuno la afferrasse ma invano. Era di nuovo solo, come lo era sempre stato, nel nulla e nel silenzio del disinteresse.
“William… William svegliati…”
Lui aprì gli occhi, si sentiva ardere, Micaela era china su di lui e gli sfiorava la fronte con sguardo preoccupato.
“Santo cielo… stai bruciando…”
Il suo volto si fece indistinto svanendo tra le ombre. William percepiva il modo fluttuare attorno a sé, nei febbrili deliri. Lentamente il suo corpo diveniva reale. La spalla e il fianco pulsavano dolorosamente.
Percepiva il letto sotto di sé zuppo di sangue e sudore poi la sua mente sprofondò di nuovo nell’incoscienza.
Era ancora in quel prato rosso e oro… I grandi alberi pallidi erano spogli. Dinanzi a lui un ragazzo dai capelli scuri e grandi occhi di cielo. Le orecchie erano umane, ma il suo sorriso era lo stesso che ricordava. Pixie…
“Mick… sei tornato…” una scintilla di luce sfarfallò verso di loro, superò William come se non lo vedesse e prese la forma di un ragazzo. I capelli scuri e due grandi occhi di giada, immense e bellissime ali di smeraldo che tintinnavano come piccoli campanellini, il cui battito ricordava il rumore delle fronde degli alberi… Il Cacciatore? William era incredulo. I suoi occhi erano freschi felici. Entrambi splendenti, il suo occhio non era morto, vitreo. Appariva così diverso.
“Hai visto bei posti? Trascritto molte storie?” chiese Pixie giocherellando con qualcosa nelle sue tasche.  Il cacciatore saltellò e si librò in aria felice.
“Come posso descrivere a parole le meraviglie in cui mi sono imbattuto. I colori, gli odori, i sapori di quei posti… è un onore tramandare tutto questo, essere la memoria vivente di tutte queste storie…”
“E scrivere in esse…”
A quelle parole il Cacciatore si rabbuiò “Cosa intendi Mick… Cosa hai fatto?”
Il sorriso di Pixie era così familiare agli occhi di William.
“Ho iniziato a narrare una storia, noi abbiamo iniziato una storia… Puoi unirti anche tu e creare qualcosa di mai visto prima. Assieme, possiamo creare nuove vite, nuovi percorsi… Intrecciare destini…”
Lo sguardo del cacciatore era glaciale, terrore e disgusto impressi sui suoi grandi occhi di giada, entrambi piantati sul folletto. “Non permetterò questo abominio…” sibilò.
William emerse dal bosco, un panno freddo si poggiò sulla sua fronte rovente.
“William…” la voce di Micaela lo guidava verso la realtà. “Apri gli occhi ti prego…”
Il suo battito tentava di riportarlo indietro ma al tempo stesso la morsa degli spettri lo trascinava a fondo, verso le ombre.
Abominio…
Il cacciatore così lo aveva spesso definito, una creatura di inchiostro e cellulosa, senz’anima.
E allora cos’era che si dibatteva in lui per non sprofondare, per non cadere nell’oscuro oblio?
 
….
 
“Da quanto è incosciente?”
La voce di Samuel era molto preoccupata, scorreva le dita lungo il polso di William percependo sotto le dita il suo flebile battito.
“Samu, è tutto inutile. Questa è magia, non un virus, o un veleno normale… Le ombre lo stanno distruggendo…”
Sembrava rilassato, il sonno mortale quasi gli donava.
Samuel le sfiorò la spalla “Mic… devi provare… So che hai paura ma… Conosci la sua storia, conosci lui… Scrivi… Magari riesci a rendere reali le tue parole...”
Micaela lo guardò incredula. “Se fosse così semplice non credi che lo avrei già fatto?”
Samuel non si perse d’animo “Non ci hai mai davvero creduto… Nelle tue storie… Nelle tue capacità… Adesso devi provare, per…” Si interruppe e poggiò la mano sul petto dell’amico “Provaci per lui, prova… Ce la puoi fare.”
Lei annuì.
Non sarebbe colpa tua… Hai fatto del tuo meglio…
Davvero? Non era del tutto certa, la paura non poteva bloccarla, William pensava che avrebbe provato e lei doveva provare fino allo sfinimento, glielo doveva. Micaela chiuse gli occhi e cercò di raggiungere la mente di William. Poteva percepire i suoi pensieri avvolti in una lattescente nebbia. Ci sono, sono qua…
Delle ombre si muovevano in lontananza. Un bosco, una selva di pallidi alberi.  si concentrò, doveva trovare le parole giuste, sentirle, e io lento flebile battere del cuore di William l’avrebbero guidata. Non ricordò come si fosse ritrovata la penna in mano ma improvvisamente la punta correva rapida sulla pelle di lui. La sua mente ricercava frasi, dipingeva speranza di rivedere quei grandi occhi scuri e di potercisi perdere ancora e ancora. Scintillanti, vibranti di energia, sarcasmo, ironia… Un universo di emozioni in uno sguardo.
“Mic funziona… guarda…” esclamò Samuel balzando in piedi. L’inchiostro svaniva mentre le parole divenivano delle linee incise nella pelle sottili incisioni nella pallida pelle di William.
Micaela osservò William, davvero era riuscita a dare una sterzata alla sua storia a alterare la realtà stessa con le sue parole? Aveva scritto qualcosa che avrebbe influenzato l’esistenza di William? Per un attimo si sentì in colpa. Non voleva plasmare la persona che amava, anche se per il suo bene. Amare… Sì era quello che sentiva, che desiderava esprimere più di ogni altra cosa ma se muoveva le labbra la sua voce veniva meno.
Non era. Qualcosa che aveva mai detto a nessuno e forse non ne sarebbe mai stata capace davvero. Premette la fronte contro quella di lui, il suo respiro le solleticava la guancia, fu un lungo interminabile momento di agonizzante attesa, poi le mani di William si strinsero su quelle di lei e il battito del suo cuore rombò forte contro il suo petto, come un motore scalpitante. “Mi hai trovato…” farfugliò William con voce impastata. 
L’aveva vista emergere dalle ombre in quel bosco spettrale e trascinarlo di nuovo alla vita. Si era aggrappato a quella mano e vi si era stretto con forza.
“Mi dispiace non sapevo come altro fare, non volevo scrivere su di te io… Non volevo essere come Pixie e influenzare la tua storia… Ma non c’era altra strada… Non”
“Tranquilla é ok…” la interruppe William passandole una mano dietro la schiena per stringerla a sé. “Io non mi farò più mordere da spettri succhia vita e tu non scriverai più la mia storia per salvarmi, direi che si può fare”
“Ok…” singhiozzò Micaela lasciandosi cullare dal cuore di lui. Lento, regolare, la sua casa.
 
….
 
Pixie fluttuava e sorrideva, poteva vedere oltre la soglia le parole di Micaela.
Per ogni custode era diverso. Come lui agiva attraverso i desideri, rubati dalle menti degli altri. Così come il cacciatore agiva attraverso la musica trascrivendo la storia del mondo, trasformandola in note, suoni, arpeggi. Micaela agiva con le parole, come i suoi genitori prima di lei. Come i più potenti custodi della loro specie. Creature magiche, speciali che potevano trarre forza dalla realtà e dagli elementi. Micaela credeva che lui le avesse donato il potere del fuoco, quella forza era sempre stata dentro di lei, come in sua madre quella di animare le tempeste. Il dono scorreva forte nel loro sangue puro e il Cacciatore non avrebbe potuto fermarla. Aveva provato l’ebrezza di alterare una storia, non avrebbe potuto resistere. Presto avrebbe cercato una guida e lui sarebbe stato pronto. Forse anche solo per proteggere William dal Cacciatore. Pixie non aveva mai voluto fare del male a William, ma lui era la sua leva, per lui Micaela avrebbe smosso montagne, prosciugato gli oceani e distrutto galassie. Il solo modo per forzarle la mano era agire su William. Così avrebbe anche dimostrato di aver ragione che le sue azioni potevano davvero generare la vita. Forse così il Cacciatore avrebbe avuto più rispetto del suo operato.
 
….
 
Lo aveva visto tra le ombre di quel bosco ed era certo che non fosse solo il febbricitante delirio della morte. Aveva visto qualcosa di reale. Pixie, il Cacciatore. Il vero nome di Pixie si era affacciato nella sua mente e William e non riusciva a dare un senso a quanto visto. Lo sguardo cristallino del Cacciatore, le sue ali, e la follia nello sguardo e nelle parole di Pixie. Quel luogo doveva essere reale, lo percepiva, lo sentiva. Aveva viaggiato lontano dal suo corpo e aveva trovato un luogo intriso di ricordi, un non luogo al di fuori del tempo. Anche Micaela era rimasta impressionata dal suo racconto, ma era stata molto più terrorizzata dall’idea che lui vi si smarrisse tra quegli alberi pallidi. Quasi era accaduto, ma poi le parole di Micaela l’avevano riportato alla vita, donandogli nuova energia, nuova linfa vitale. William si osservò allo specchio, sfiorandosi l’addome, le parole erano perlacei segni sulla sua pelle, le parole si fondevano tra loro rendendole illeggibili. William le carezzò, provava quasi affetto, voleva conoscere quelle parole, voleva sapere cosa Micaela avesse deciso di scrivere per lui. Quelle parole erano come se avessero segnato un taglio dal suo passato, quel segno era parte del suo nuovo percorso, un segno indelebile che la sua identità si stava librando oltre la pellicola. La porta di casa si aprì e Micaela si precipitò in casa con i rissi capelli arruffati e un sorriso incredulo. Lui la osservò divertito, percepiva i suoi pensieri ma era curioso di sentire le parole che avrebbe scelto per godersi le sue mille espressioni.
“Sai quando ho detto che non avrei più dovuto farlo? Influenzare le vite degli altri? Ecco… Potrei averlo fatto di nuovo… E… Mi è piaciuto moltissimo”
Micaela si lanciò sul divano vicino a William, lui la percepiva, una vibrante nota di soddisfazione. “Ero a lavoro, ho preso un foglio e… ho iniziato a scrivere una nuova storia per una mia paziente… E lei magicamente è… è guarita… E adesso sarà rivalutata e probabilmente dimessa… E non riesco a non pensare che tutto questo avrà delle conseguenze, ma nemmeno a smettere di provare soddisfazione…” Quando lei si voltò William si chinò su di lei per un lungo bacio. “Dimmi che devo fermarmi…”
Lui le carezzò il volto “Come potrei, a me hai cambiato l’esistenza, hai dato un’esistenza… E adesso parte di te è impressa su di me e non vorrei mai separarmene… Non posso dirti cosa fare.”
“Samuel pensa che tu e io siamo come due parti della stressa persona” borbottò Micaela contornandogli il viso con le dita.
Lui le sorrise sornione. “Può darsi, in fondo in parte sono nato da te, da un tuo desiderio…”
“Come parte di me è rinata insieme e a te…” completò lei insinuandosi nella sua breve pausa.
“Assieme andremo avanti… Senza paura…”  

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 – Blue Butterfly ***


Capitolo 17 – Blue Butterfly
 

 
Il campanile rintoccò la mezzanotte, Micaela si strinse nella sua felpa, la felpa di William. Voleva sentirlo vicino, voleva provarci. Era andata al lavoro, Samuel le aveva portato il ghiaccio, poi aveva preparato i documenti per il suo ultimo esame. Si sforzava di comportarsi in modo normale, ma sapeva che due custodi ben più esperti di lei vagavano nella sua realtà e che avrebbero di nuovo cercato di distruggere tutto ciò che più era importante.
Che fosse per un esperimento o per dovere avrebbero cercato di ferire William.
E poi quando era rientrata quel che più temeva si era reso reale. La casa vuota e un biglietto.
 
Ti aspetto alla serra a mezzanotte - the Hunter
 
E Pixie seduto vicino alle scale. “Lui sa che puoi essere pericolosa, così ti ha portato via la sola cosa che può portarti a confrontarti con lui
Perché adesso?
Lui l’aveva guardata, i suoi occhi di cielo scintillavano. “Perché adesso tu sai, sti iniziando a muoverti nella tua nuova vita… E questo lo preoccupa. Vieni con me, e io posso insegnarti. Lasciati tutto alle spalle, loro sono vite limitate ma tu hai di fronte l’eternità per costruire storie… altre storie, con altri William, altri Samuel, altre Micaela…”
Ovviamente l’aveva mandato a quel paese e si era recata all’appuntamento. Ma non aveva potuto smettere di pensare alle sue parole. Cosa poteva voler dire con Hai l’eternità… Che la sua vita sarebbe stata più lunga di quanto avrebbe mai potuto immaginare? Mentre tutti gli altri sarebbero stati destinati a invecchiare e morire? Persino William?
Non poteva pensarci in quel momento, non ora che era di nuovo in pericolo.
Fu il suo battito a richiamarla, si voltò e lui era là all’ombra della serra, in ginocchio, furioso ma incolume. Il forte corpo vibrante di rabbia mentre Il cacciatore incombeva su di lui.
Un attimo prima non c’erano e un attimo dopo erano apparsi dal nulla.
“Ed eccoti qua, prevedibile, umana fin troppo dopotutto, legata a una storia già scritta che non puoi alterare…”
“Posso e tu lo sai…”
Il bel volto del cacciatore fu deformato da una smorfia, il suo occhio morto emetteva sinistri bagliori.
“Puoi? Puoi impedirmi di cancellare la sua storia?”
Solo quando le catene che bloccavano William di vennero incandescenti Micaela le notò.
William si lasciò scappare un gemito, Micaela poteva sentire quanto dolore riuscisse a reprimere.
“Nel suo mondo era forte, inarrestabile e ora guardalo… Una linea di trama spezzata…”
Le catene si stringevano con forza soffocandolo. William stramazzò a terra annasoando, guardando il suo carnefice con occhi furenti. Cercò di rialzarsi ruggendo come una furia si scagliò contro il cacciatore che lo rigettò a terra con un gesto pigro colpendolo con la sua ala di smeraldo.
“Sì… su una cosa hai ragione caro William, sei davvero patetico… Limitato dalla tua storia, da ciò che di definisce… Ti resta solamente un’ultima cosa da fare… morire e tornare alla tua prigione di celluloide.”
Il suo occhio oscuro dardeggiava feroce mentre l’altro, l’occhio di giarda pareva annoiato.
Un getto di fuoco si scagliò contro il Cacciatore che lo deviò pigramente.
“Ancora non hai compreso, non puoi salvare lui e te stessa. Per quanto mi ripugni adesso ho qualcosa di ben peggiore di cui preoccuparmi… Tu…”
Micaela sorrise, forse poteva ancora salvare William ma prima che potesse dire qualsiasi cosa William si era di nuovo scagliato contro il Cacciatore venendo scagliato senza troppo garbo contro la grata di metallo della serra.
“Fermo” gridò Micaela con le lacrime agli occhi, doveva sbrigarsi o il cacciatore lo avrebbe comunque ucciso.
“Perché? Perché continui a rialzarti…” sospirò il Cacciatore con tono annoiato.
“Una vita per una vita” gridò Micaela.
Il Cacciatore sbattè le palpebre, il suo volto impassibile turbato da una strana luce, curiosità?
“Quindi è vero, sei disposta a consegnarti a me… E tu sai cosa farò. Come Pixie devi essere confinata in una realtà dove potrò limitare i danni che potresti fare con l’uso sconsiderato del tuo dono… E tu ti stai offrendo, spontaneamente? Per… un personaggio di pura fantasia?”
“Lui è reale…  Se è la mia vita che vuoi, prendila, ma lascialo libero di scegliere. Lascialo vivere, puoi concedere un’eccezione alle tue regole per una volta? In cambio ti offro quello che cerchi… Non lo cancellerai, non annullerai la sua mente, non… Prendi la mia vita e lascialo stare”
William la osservava incredulo “No…” gemette in un sibilo.
Micaela evitava il suo sguardo, ma sentiva il suo battito accelerare.
Mi dispiace, so che te lo avevo promesso… Che lo avremmo affrontato assieme ma… Questo è l’unico modo…
Non sono abbastanza capace… E questo è l’unico modo che ho di tenerti al sicuro…
Non voleva tenerlo lontano dalla propria mente, forse sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe potuto percepire i suoi pensieri, ma non voleva rendere ancora più doloroso quell’addio.
Il Cacciatore allungò la mano e una piccola farfalla di cristallo si librò dalle sue dita.
William scattò in avanti, e finalmente Micaela posò lo sguardo su di lui. I suoi grandi occhi scuri bruciavano di disperazione. Come se cercasse di fermare il tempo che scorreva rapido dinanzi a lui.
Lei sorrise allungando una mano, poi chiuse gli occhi e in quel momento la farfalla entrò nel suo petto.
Micaela oscillò indietro e William la afferrò per il braccio, ancora proteso verso di lui, gemendo, sussurrando, tremando. La strinse tra le braccia, scostandole i ramati capelli dietro la nuca osservando quell’ultimo sorriso bloccato sul suo folto. Non respirava, era morta? Il Cacciatore aveva mentito quindi? Non aveva mai voluto imprigionarla in una storia?
Lui la strinse invocando il suo nome, mentre le lacrime scorrevano libere. La invocava cercando di rinnegare quella realtà troppo dolorosa.
Poi lentamente il suo corpo svanì sbriciolandosi come i personaggi distrutti dal Cacciatore.
La mano del cacciatore scivolò sulla nuca di William “Benvenuto tra i vivi William… Fa buon uso del tempo che lei ti ha donato…”
William sollevò lo sguardo furente ma il Cacciatore era già svanito lasciandolo nella buia serra, di Micaela non restava che polvere e silenzio.
William si rannicchiò stringendosi la testa.
Perché? Perché non aveva scelto di lottare con lui, di provare a sconfiggere il Cacciatore. Perché si aveva preferito arrendersi… Perché lo aveva lasciato da solo?
 
 

 
 
Samuel lo strinse con forza “Perché non mi ha detto niente?”
William si sedette di fronte a lui e si riempì nuovamente il bicchiere.
“Hai un piano vero?”
A quella domanda William sollevò lo sguardo sull’amico. Quando lo aveva chiamato Samuel era arrivato all’istante, e adesso lo osservava nella cucina del suo appartamento pronto, lo avrebbe seguito fino in capo al mondo, William ne era certo. Sorrise e annuì “Sì ho un piano…” Poi sollevò lo sguardo al cielo. “Pixie…” ringhiò furente “Mi devi un desiderio… Micaela… Lei… Appari maledetto…”
L’idea era entrata nella sua desta con forza. Aveva una possibilità e doveva coglierla.
“Appari adesso!”
“Cosa credi di fare? Cosa credi che io possa fare?” La voce del folletto ruppe il silenzio. Lo scampanellio accompagnò l’apparizione di Pixie. William sollevò i suoi occhi scuri. Il folletto lo osservava rassegnato, come se si aspettasse quanto stava vedendo in quel momento.
William si sollevò e lo osservò dall’alto della sua furia. Samuel si sedette, eccolo che emergeva dal suo passato la fiera feroce a lungo assopita. “Mi devi un desiderio e la sola cosa che io desidero adesso è che mi porti da lei, che mi aiuti a riportarla indietro” La sua voce era un lungo ruggito feroce.
Il folletto lo osservò “Lei è rinchiusa nel luogo da cui tu sei stato strappato… Se attraversi quel velo, svanirai… E non potrai salvare nessuno… Se attraversi ciò che separa il mondo reale dall’immaginazione tu tornerai al nulla…”
“No”, il ruggito di William fece sussultare Pixie. Era il momento di crederci, aggrapparsi all’identità che si era costruito e crederci veramente come lo aveva fatto Micaela fin dal primo momento in cui aveva posato gli occhi su di lui. “Attraverserò ogni realtà e tornerò qua con lei, non importa come… tu mi aiuterai…”
“Non sarà semplice… Stavolta non basterà essere un Custode per spezzare l’incanto che la imprigiona… Ma forse il Cacciatore ha sottovalutato il legame che vi unisce… Forse, se vuoi arrischiarti a compiere questo viaggio… C’è speranza”
“Ci arrischiamo” rispose Samuel il folletto lo guardò incredulo ma William annuì “Andremo insieme…”
Il folletto annuì con espressione esasperata, lo sguardo di William non accettava repliche. Micaela lo aspettava oltre la soglia e lui, era stanco di aver paura di avanzare verso l’ignoto. 
Il folletto sfiorò la parete. “Non vi è che molti veli che separano i vari mondi… Si sfiorano senza nemmeno accorgersene. Solo noi custodi ne intravediamo le crepe. Dove è possibile passare e andare oltre. Concentrati sul suo cuore, concentrati sul legame che ho creato tra voi che ancora persiste… E troveremo la via.
L’aria dinanzi a loro si era fatta lattescente, un sottile velo attraverso cui si intravedeva un’altra stanza, non dissimile da quella ma infinitamente diversa.
William chiuse gli occhi e sfiorò quel velo sottile. Chiuse gli occhi e avanzò deciso, a testa alta. Una lieve brezza ed era arrivato, nella sua vecchia storia, ma ancora consapevole del suo cuore. “Io sono William, io esisto veramente Micaela, sono qua, per te…”

 

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Capitolo 18
*** CAPITOLO 18 – Per aspera… Ad astra ***


CAPITOLO 18 – Per aspera… Ad astra
 
 
 
Micaela si affacciò lentamente alla finestra, era davvero là. Sdraiato nel letto apparentemente addormentato. La maschera gli nascondeva il volto. Lo osservava incerta, aveva atteso, indecisa. Poi alla fine l’aveva cercato e alla fine aveva preso la sua decisione, doveva riprovare, alterare la storia, se quella doveva essere la sua realtà doveva essere come voleva che fosse.
 Quando Micaela si era risvegliata aveva impiegato diverso tempo a capire dove si trovasse, ma poi la luce, tutto gli era risultato immediatamente familiare… Il Cacciatore l’aveva confinata nella storia di William, la storia da cui era nato. La seconda cosa che aveva compreso era che se non era interessata a relazionarsi con le creature che si muovevano in quella storia nessuno si accorgeva della sua presenza.
Persino se lei modificava la storia, scrivendo storie, alterando la realtà stessa che componeva quel mondo, continuavano a ignorarla.
Quella sarebbe stata la sua casa, chissà per quanto, forse avrebbe dovuto rivivere tutta la storia all’infinito, fino a arrivare a detestarla? Aveva ricercato il cuore di William, invano.
Era stato quel senso di nostalgia a indurla a cercarlo, nonostante le sue remore.
Entrò nella stanza, nessuno la vedeva, nessuno le chiedeva nulla.
Sarebbe stato difficile indirizzarlo verso un nuovo finale? Forse non avrebbe alleviato quel vuoto, ma avrebbe comunque realizzato un desiderio, anche a costo di tentare infinite volte.
In fondo era là che il Cacciatore l’aveva confinata, doveva trovare pure un modo di dare un senso.
“Chi sei?”
La sua voce era graffiante, ovattata dalla maschera che aveva calata sul volto.
Micaela si voltò, perché la vedeva? Lei non aveva fatto nulla per consentirglielo, sarebbe dovuta rimanere invisibile eppure, lui la osservava da dietro alla maschera attraverso cui poteva intravedere i suoi grandi occhi scuri.
Lei si sedette sul letto, aveva pensato mille cose ma adesso che era il momento ogni pensiero era scivolato via.
“Anche tu sei qui solo per fissarmi? In attesa di qualche risposta… O non so che diavolo volete da me? Non so chi siete… non…” ringhiò lui.
“Tranquillo… Non mi conosci…”
Se lo osservava non poteva percepir nulla, lui non era William, non poteva sentire il suo cuore rimbombare nel suo petto, non lo avrebbe mai più sentito.
Ma un altro pensiero si affacciò nella sua mente “Lei è già stata qua…” La donna che aveva deciso di dedicare la propria vita all’ucciderlo. Se avesse dovuto salvarlo avrebbero dovuto muoversi.
Micaela lo sciolse dalle contenzioni “Alzati”
Lui rise “Come scusa?”
Micaela prese un foglio, scrisse velocemente, febbrilmente mentre lui la osservava seduto sul letto in attesa, incerto. “Ok, adesso la via è libera, andiamo…”
Ma lui la osservava incerto “Bill muoviti, non fare quella faccia potrai crogiolarti nei tuoi dubbi su sogni di sangue e ricordi spezzati, dopo…”
Lui le osservava la mano che ardeva “Fantastico, almeno questo hai in comune con William…”
Sospirò, non doveva pensare a William, o avrebbe fatto esplodere la stanza.
“Adesso alzati…”
Bill si irrigidì la osservò con occhi sgranati e si alzò dal letto, la osservava fremente. “Cosa stai facendo?” ringhiò incredulo. “Ti salvo”
Oltre la soglia Micaela sorrise soddisfatta, le sue parole avevano funzionato.
“Dove…” Bill si guardava attorno smarrito nel corridoio deserto.
“In effetti visto così sembra più il set di Walking Dead” commentò Micaela “Andiamo non so quanto durerà… e la tua nemesi potrebbe arrivare da un momento all’altro… Hai presente quella furia dagli occhi da cerbiatto che ama fissarti? Andiamo… Non penso perderebbe occasione per piantarti anticipatamente tutte le pallottole possibili in corpo…”
Come evocata dalle parole di Micaela Dinah emerse dall’ascensore li osservò per un attimo mentre Micaela imprecava, contro la sua cattiva stella
 
……
 
Pixie emerse dal varco, un parcheggio, il sole spariva oltre gli edifici.
Samuel crollò a terrà tossendo.
“Diavolo, ma come fate a restare…” la nausea lo travolse in un attimo.
Quando William si avvicinò Samuel però scosse la testa “Va meglio…” annaspò prima di voltarsi e vomitare.
“Attraversare il velo tra i vari mondi può essere devastante per una semplice creatura umana…” commentò Pixie osservando Samuel ansimare e cercare di ricomporsi.
William lo fulminò con lo sguardo “Hai volutamente dimenticato di dirci che potesse essere pericoloso per lui?” il folletto lo guardo con un mezzo sorriso “Voi non avete chiesto a me non interessava dirvelo… Ma sta tranquillo, questa è la tua realtà d’origine… Altra cosa sarà uscirne di nuovo… Potresti svanire nel percorso o perdere del tutto il senno, oppure potrebbe essere così doloroso da desiderare di svanire… chi lo sa… Sono curioso…”
William si stampò un sorriso in faccia.
“Che ti stupisci, quello psicopatico vede il mondo intero come il suo personale parco giochi… tutti i mondi esistenti…” borbottò Samuel afferrando la mano protesa di William per rialzarsi.
“Sbrighiamoci a trovare Micaela e ad andare via… Non sono impaziente di conoscere il tuo ex migliore amico…”
 
….
“Oh per l’amor dei cielo togliti questa cosa, ne ho abbastanza di maschere, per tutta la mia esistenza… Non puoi capire… Tu non hai vissuto il 2020, non hai avuto il piacere” Esclamò Micaela e con un gesto lanciò la maschera a terra e con un rapido gesto lo spinse di nuovo sulla sedia. Era ancor su di giri per la fuga rocambolesca.
Bill era stato troppo incredulo e una volta trovato un rifugio si era messo a girare per la stanza come un’animale in gabbia.
“Ora sta fermo ed ascolta” esplose Micaela. Si era dimenticata come era stato con William i primi tempi. Bill si sedette osservandola con i suoi grandi occhi scuri. Dondolava la gamba in modo ossessivo, martellandosi il ginocchio con rapidi colpi di mano. Sembrava troppo incredulo per reagire. Forse perché lei poteva far apparire cose dal nulla o perché aveva quasi carbonizzato una persona nella fuga o fuso una serratura. Micaela dovette ammettere che sentirsi libera di usare le proprie fiamme. “Sì, come hai notato conosco a menadito questa storia, anche se non so cosa accadrà adesso, che ho cambiato le cose… Apri le orecchie, serve un rapido riassunto per andare avanti. Sì, il tuo migliore amico ti ha sfigurato, hai contribuito alla fine della sua famiglia sono cose che fanno arrabbiare. Sì con quella tipa che ti ha sparato ci sei andato a letto svariate volte, sì anche lei ti vuole morto, che dire hai un talento naturale per finire nel mirino delle persone. No, non è previsto un lieto fine per te qualunque cosa tu faccia. Quindi ora taci e lasciami pensare a cosa posso fare… Non sono molto pratica di questo… Pixie si è guardato bene dallo spiegarmi come funziona e io in effetti potrei avergli detto che non ne avevo bisogno. Sì, decisione decisamente stupida non me lo dire. E il Cacciatore… Non voleva certo darmi alcuna spiegazione… Chi sono i guardiani, i loro poteri… i miei poteri… Ma posso usarli comunque, posso imparare e posso darti un lieto fine… E… Ma sei un po’ troppo silenzioso…”
Bill la guardò incredulo e mosse invano la bocca senza emettere un suono.
E allora Micaela comprese.
Quando gli aveva detto di non emettere un suono doveva avergli involontariamente tolto la parola. Il suo era un dono pericoloso e non ne aveva il controllo, questo la spaventava.
“Ok, scusa, parla… Ma non urlare o ti zittisco di nuovo…”
Micaela lo osservò, non capiva. Per qualsiasi cosa doveva scrivere una storia invece su lui era tutto più immediato. E aveva la netta impressione di iniziare a percepire i suoi pensieri. Come le capitava con William… La sola differenza era che lui, per quanto fosse molto simile, non era il suo William.
Bill gemette e si massaggiò la gola come se gli dolesse per lo sforzo di aver tentato di parlare fino a quel momento.
“Chi.. Chi sei…”
“Sono il tuo angelo custode, puoi chiamarmi… Non so chiamami come vuoi”
“Non ha in un semplice nome, o sei un folletto folle… O una mia fottutissima allucinazione…”
“Non sono un’allucinazione, e nemmeno un folletto… sono solo Micky… una deficiente…”
Bill incrociò le braccia “è vero?”
“Cosa? Le fiamme? Prova a toccarle e l’ustione che ti provocherai sarà la risposta”
“No… quello che hai detto?... di…”
Micaela si sedette di fronte a lui “Scusa sono stata un po’ brusca… ma non avevo davvero tempo che lo scoprissi con i tuoi tempi, con esaurimento nervoso annesso… So che non riesci a crederlo e che non lo ricordi ma… Sì… è vero e, fidati puoi solo lasciartelo alle spalle perché…” ma le parole di Micaela le morirono in gola. “Ma sei ferito e non mi hai detto nulla…”
Bill si osservò l’addome dove si stava allargano una macchia di sangue, a Micaela ricordò il morso degli spettri, William febbricitante e le parole che lei aveva scritto per lui. Ma quella era solo una scheggia di vetro.
“Andiamo, ho in mente un posto perfetto per pensare un piano di riserva…”
“Cioè?”
Micaela sorrise “Posso alterare la realtà, pensi che sia un problema per me trovare un nascondiglio perfetto?”
 
…..
 
Bill osservò l’edificio incredulo “Era… L’ho visto esplodere…”
Micaela alzò gli occhi al cielo “sì… Ma io l’ho rimesso a posto, ci serviva un posto dove riposare. Poi ero curiosa di vederlo per bene…”
Bill la seguì scrutandola interdetto finché Micaela non si voltò esasperata “Parla, qual è il problema, sento i tuoi dubbi ronzarmi nella testa come uno sciame di mosche… Sai ti adoro ma alle volte sai essere maledettamente fastidioso…”
Lui la guardò e sembrò soppesare ogni sillaba.
“Tu… potresti rimettere a posto…” si interruppe e indicò le cicatrici sul suo volto.
Micaela scosse la testa “Non lo so… non ho mai agito sulle persone… in modo così incisivo… Ora sbrigati, fortuna che qui la realtà si plasma bene, ma hai delle ferite che sanguinano e se dovessi svenire sarebbe un po’ un problema trascinarti… Fidati, parlo per esperienza… Sei pesante”.
Bill non si mosse “Aggiusta la mia faccia”
“E tu la mia pazienza… ti prego seguimi e sta zitto…”
Micaela avanzò sentendosi un po’ in colpa, lo sentiva fremere ma obbligato a obbedirle.
William l’avrebbe di certo ripresa, ma lui non era là, era da sola… E non aveva energie per assecondare Bill.
L’appartamento era minimale come lo ricordava, quasi asettico.
Lo fece sdraiare in camera sul suo letto poi si mise in cerca di un kit di pronto soccorso, senza successo. Estrasse un foglio e riprese a scrivere. Mentre la storia veniva scritta sul foglio nella realtà apparivano gli oggetti da lei evocati. Preso il kit tornò da Bill.
Dovette tagliare la maglia e mentre si dedicava a mediare quelle ferite.
“Se ti restituisco la voce prometti di non tediarmi di nuovo su quel che dovrei o non dovrei fare?”
Lui annuì e Micaela sorrise percependo la riabbia malamente contenuta che stentava a non esprimere. La sentiva ringhiare dentro di lui come una fiera in gabbia.
“Non so niente di come funziona questa cosa… La mia natura di Custode non mi è stata spiegata, posso fare quello che so. Ti medico alla vecchia maniera, in modo corretto tra le tante. Prendi nota, se sei un killer, un po’ di disinfettante, due garze e impara a fare due suture. Certo da soli non è facile, ma non basta metterci una toppa e sperare che semplicemente smetta si sanguinare da sé… Certo a una certa smetterà. Quando sarai morto. Meglio evitare di arrivare a quel punto ti pare?”
Rimasero in silenzio mentre lei finiva il lavoro.
Si stava rilassando? L’anestetico era davvero così efficace?
“Quindi… Tu che dici di sapere tutto… Cosa diavolo pensi dovrei fare”
“Beh sei straordinariamente calmo per essere… insomma tu…”
“Deve essere l’anestetico...”
A Micaela scappò un sorriso “Vedi non è così male…”
La medicazione era finita, Micaela gli passò una nuova maglia. “Bill… puoi… essere tutto quello che vuoi… Posso aiutarti. Tutto quello che è successo per ora è stato scritto da altri ma da ora in avanti potrai scrivere tutto quello che vorrai...”
“Anche a William lo hai detto?” ma allo sguardo perplesso di Micaela lui aggiunse “Non io, quella versione di me nel tuo mondo, quello a cui non smetti di pensare un attimo. All’inizio era fastidioso ma… Devo ammettere che mi sto abituando ai tuoi pensieri. Malgrado siano maledettamente monotematici. Però… è liberatorio poter essere onesti. Tu senti quello che sono quindi...”
Bill le mostrò una foto “Ho uno stranissimo taglio di capelli”
Micaela alzò gli occhi al cielo, avrebbe voluto dargli del ladro per avergli sottratto di tasca la foto che aveva appena ricreato dal nulla ma guardando l’immagine di William riuscì solo a dire “Vero con quel ciuffetto sembri un uccellino…”
Lui le passò la foto, Micaela la osservò, era strano essere così vicini a qualcuno con un volto così simile al suo… identico in effetti, ma sentirlo così lontano. Bill non era il suo William.
“Lui è il famoso William… sono…io”
Micaela sorrise ma scosse la testa “No... non sei tu… Lui è… Beh siete come due gemelli, identici nell’aspetto ma… No, non siete la stessa persona… Tu sei molto più irritante…”
A Bill scappò un mezzo sorriso.
“Se trovassi un modo per tornare da lui?”
“Non c’è…”
“Strano, non mi sembravi il tipo che si arrende facilmente…”
Micaela annuì. Se si concentrava molto aveva l’impressione di percepire lontano, l’eco di un battito, William e la cosa le faceva male. L’ultima volta che lo aveva guardato si era sentita maledettamente in colpa per aver deciso per lui ma... Almeno… Era vivo… “Non mi è mai mancato qualcuno così tanto… Nessuno… Mi mancherà sempre ma almeno so che sta bene, Pixie gli donerà il suo desiderio e lui potrà andare lontano, ovunque lo porterà i suoi desideri…”
“E ti sta bene così?”
“No… Per niente”
Bill si sollevò a sedere e la guardò dritta negli occhi “Micaela, se non sai ancora quali siano i limiti di questo tuo potere, diavolo, smettila di frenarti. Al diavolo i rischi, tenta e ritenta ancora. Neanche io voglio restare confinato qua, potremmo entrambi lasciare questo posto e essere liberi, Quindi che ne dici socia?”
 “Al diavolo i rischi?”
Bill le fece un sorriso sornione, sì avrebbero provato.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 - Trust me… ***


Capitolo 19 - Trust me…
 


 
Micaela si piegò in due a ridere mentre Bill si ricomponeva nonostante nei suoi occhi si poteva ancora intravedere l’ombra dello spavento.
“Non posso credere… Ti ho fatto urlare come una ragazzina…”
Il volto di Bill si contrasse e Micaela rise ancora più forte.
Un’ombra calò su di loro e Bill arretrò irrigidendosi.
“Ehi sta tranquillo, non ti farà nulla… Anzi credo che gli piaci molto…”
Un enorme drago nero lo osservava dall’alto. Le grandi scaglie nere e immensi occhi di brace.
Micaela lo carezzava avvertiva il suo cuore ardente così simile al proprio.
“Non riesco a credere che proprio tu creda che abbia esagerato…”
Quando aveva scritto quel pezzo, aveva cercato di evocare ogni immagine, ogni frammento che si era andato creando nella sua mente e poi un ruggito aveva lacerato l’aria. Bill aveva osservato il cielo incredulo, quasi intimorito e poi era piombato su di loro, Balerion in terrore nero, l’immenso drago che aveva forgiato uno dei troni più famosi della letteratura.
Bill si era lasciato scappare un grido inciampando sui suoi piedi.
Era reale, lo percepiva. Micaela l’aveva carezzato “Questo decisamente attirerà l’attenzione, la degna cavalcatura di un conquistatore… è magnifico non è vero?”
Bill si era avvicinato senza distogliere i grandi occhi neri dal drago, che ricambiava, quasi divertito dal timore che incuteva. La sua testa era grande come un’utilitaria e il suo grande corpo si ergeva colossale.
“Ho sempre desiderato un drago…” proseguì Micaela rapita dalla gigantesca creatura. “Lui è proprio come te… meraviglioso, pericoloso, unico…”
Bill lentamente allungò la mano “Parlavi dell’altro me vero? Il tuo William…”
“Forse… Anche se anche tu potresti crearti la tua storia e diventare qualcosa di diverso…”
Bill poggiò la mano sulle scaglie dell’animale e un brivido gli corse lungo la schiena.
Micaela rise di nuovo poi si protese verso di lui “Dobbiamo devastare questa storia per uscirne, sfaldare la trama stessa della realtà” poi protese una mano verso di lui.
“Ti fidi di me?”
Lui la guardò “Ti saresti sentito più tranquillo se ti avessi invitato a salire su un tappeto volante?”
“Forse…” borbottò prima di prendere la sua mano.
 
-----
 
Pixie lo osservava incuriosito, e quando Samuel lo afferrò William provò finalmente sollievo.
La testa sembrava volergli esplodere lampi da quel passato archiviato, Frank appariva, il teschio rosso. Ma Samuel lo riportava al presente. Aveva bisogno del battito di Micaela, non voleva sparire, non voleva diventare polvere di ricordi.
“Che succede?” chiese Samuel
Pixie fece spallucce “tornare al suo mondo di origine lo sta spaccando… Quello che è lotta contro quello che è stato… Rimanere in questo luogo troppo a lungo potrebbe farlo svanire…”
Samuel strinse la mano sul braccio di William “Resisti amico, stringi i denti, troveremo Micaela e torneremo a casa nostra. Tu cerca di non mollare ok?”
William si sfiorò il fianco cercando di ricordare le parole di Micaela, doveva ricordarle. Le percepiva incastrate nei suoi ricordi.
 
La morte non può toccarmi, sono vivo, il mio sangue mi appartiene finché questo mio cuore continuerà battere assieme al tuo. Tu, io, loro non possono afferrarci. Nei tuoi occhi infiniti universi, un’incontenibile esistenza che spazza via le gelide mani della pallida signora.
 
William le sentiva rimbombare nella sua mente, le parole di Micaela.
“La mia forza, tu… io… Esisto…” farfugliò William stringendosi il petto.
Poi un’eco lontano…
Il battito del cuore di Micaela, l’aveva trovata.
 
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“Mi hai sparato?” esclamò Bill massaggiandosi il petto la dove il giubbotto antiproiettile.
“Sì forse dovevo dirtelo che non esattamente una buona mira…”
“E con le fiamme come accidenti fai?”
“Mica prendo la mira” sclamò Micaela appoggiandosi al drago “io le lascio andare e…”
“E poi tutti vanno in fiamme… Ricordamelo la prossima volta che decidi di esplodere”
Micaela gli passò la pistola che era lievemente incandescente.
“Non ti sei scaldata un po’ troppo?” borbottò lui prendendola e percependone il calore nel palmo della mano. “Senti da che pulpito…” Micaela si appoggiò a Balerion, aveva sperato che spargere il caos, dilaniando in quella storia e invece aveva solo smosso la superficie dell’acqua. E la storia di Bill sembrava inchiodata nella stessa direzione. Per quanto grande potesse essere quel mondo, alla fine incontravano sempre quelle persone che avrebbero inesorabilmente causato la sua morte. Micaela aveva provato ad allontanarli, ma tornavano sempre.
E non era riuscita ad ucciderli, era come se sentisse di dover chiedere a Bill il permesso, ma non osava farlo.
“Cos’era quel coso che… è apparso nel centro commerciale?”
Micaela scoppiò a ridere “Credo si chiami Demogorgone…”
“Hai un vero debole per i mostri vero?” borbottò Bill sedendosi accanto a lei mentre il regolare respiro del drago li cullava. “Magari ti piaccio per questo…”
“Tu non… Dovresti proprio smettere di dire scemenze lo sai vero?”
“Dove verresti andare se il tuo William fosse qua con te, al mio posto…”
“Perché dovrebbe prendere il tuo posto? Potrebbe essere qua, assieme a te… Potrebbe essere come… Beh un gemello che non sapevi di avere… Potrei andare alla ricerca di come utilizzare questo dono. Magari scriverei storie o le raccoglierei. Non so che tipo di Custode potrei essere…”
“Io credo che vorrei davvero scoprirlo…”
Micaela percepiva in lontananza quel flebile battito, che fosse solo un lontano eco del suo William? Eppure, sembrava così reale.
Ehi, se potessi vedere Balerion… Ti piacerebbe un sacco…
Ne sono sicuro…
Quando udì la sua voce Micaela sobbalzò. Era William… Erano i suoi pensieri.
Sei… Davvero qua?
Bill la osservava incerto mentre la voce di William le dava conferma. Lei gridò saltando.
“Come… come?” farfugliò “William… “
“Sì?” le rispose Bill
“No… William, il mio William è qua… io lo sento… Sai… Sento… alle volte i suoi pensieri… il suo battito e… Si sta facendo sempre più forte… Brutto bastardo, dovevi solo andartene non… Adesso siamo bloccati qua”
Micaela sorrise Però insieme ce la faremo.
Bill alzò gli occhi al cielo “Evviva…” Borbottò
Micaela avrebbe voluto leggere nei suoi pensieri, come faceva con William, ma Bill non era un libro aperto, ma nel suo sguardo c’ea un velo di delusione. Per un attimo aveva creduto che lei lo avesse chiamato William e forse gli era piaciuto, ma queste per lei erano solo ipotesi. Non riusciva a decifrare quello sguardo scuro ma sentiva che in qualche modo lo aveva ferito.
“Mi dispiace…”
William la guardò e sorrise “Di cosa? Perché è tutto a posto… Tu riavrai la tua dolce metà, che ovviamente non sono io e… Potremo, volare verso l’orizzonte?”
“Direi fare qualsiasi cosa… E tu sei… Sei complicato ecco cosa sei…” Bill distolte lo sguardo con un mezzo sorriso borbottando “complicato non a sufficienza…”
Lei gli porse la mano “Andiamo, libriamoci sopra tutto, aiuta vedere la realtà dall’altro per schiarirsi le idee…”
Lui la prese percependo il calore che quella minuta ragazza emanava, era sempre sorpreso dalla sua forza. “Possiamo danzare nelle fiamme?”
Lei rise come se non aspettasse altro.
….
 
William sorrise mentre per quel breve intenso contatto la sua mente si rischiarava, scacciando via le visioni il dolore.
“Quando tu e Bill, il tuo te che vive in questo mondo vi incontrerete il Cacciatore non potrà negarsi, tutto sta andando come avevo previsto…”
Samuel afferrò il folletto per le vesti “Lo avevi previsto? Avevi previsto che William avrebbe sofferto cos’ tanto qua dentro? Che sarebbe potuto svanire? E cosa accadrò quando incontrerà l’altro se? È pericoloso non è vero? Ma a te non importa, stai continuando il tuo esperimento non è vero?”
Un ruggito lacerò l’aria. Pixie scoppiò a ridere mentre una gigantesca sagoma si librava in aria.
William si premette le mani sulla testa mentre un grido gli spaccava la testa.
“Interessante… la storia reagisce contro di te come con un corpo estraneo, più Micaela altera la sua struttura più questo mondo cerca di dissolvere la tua anima… mi chiedo se sopravvivrai ancora a lungo…”
Samuel lo lasciò andare disgustato “Dobbiamo andarcene, portaci da Micaela, adesso”
Il folletto sorrise sornione “Non ancora… non è il momento…”
Samuel guardò verso l’orizzonte “ti prego Micky vieni presto…”
Non sapeva come avrebbero potuto lasciare quel mondo se il folletto si fosse rifiutato di aiutarli, se l Cacciatore fosse entrato nella storia per rimettere tutto a posto, ma sperava che se si fossero riuniti William avrebbe avuto una possibilità di sopravvivere.
Samuel lo osservò, si sforzava di nascondergli quel che sentiva, di nasconderlo a Micaela attraverso il loro legame. Ma forse le sue sole forze non sarebbero bastate.

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 – Learning to Fly ***


Capitolo 20 – Learning to Fly


 
Non lo aveva visto arrivare, poi però aveva udito la sua voce.
Erano da poco planati in mezzo a una strada affollata, beandosi dell’effetto che il gigantesco Balerion sortiva dalle persone attorno.
Micaela avrebbe voluto sentirsi in colpa, ma non ci riusciva, era esaltante stare in groppa a quella creatura, persino l’umore nero di Bill sembrava essersi mitigato. Eppure, nonostante tutto non era sufficiente. La storia non si dilaniava, la via restava chiusa.
Non sapeva esattamente cosa sarebbe dovuto succedere, si immaginava che si sarebbe aperto uno squarcio, attraverso cui avrebbe potuto raggiungere qualsiasi posto. Invece non accadeva niente, la sua frustrazione era arrivata al massimo quando uno sparo aveva lacerato l’aria e Bill era stato sbalzato a terra.
Era eccolo là, il suo incubo, con indosso la maschera da diavolo rosso.
La storia aveva iniziato a proteggersi dopotutto.
Il paladino dei buoni, il protettore di quella storia era arrivato alla fine a cercare di riportare tutto sui binari prestabiliti.
Quando Micaela aveva visto il sangue allargarsi sulla maglia di Bill le fiamme si erano liberate avvolgendo tutto.
Balerion aveva protetto Bill con una delle sue ali mentre il mondo attorno a loro aveva iniziato a bruciare.
Micaela era scesa dalla groppa di Balerion e Bill si era rialzato zoppicando.
“Credo di aver carbonizzato il tuo ex migliore amico…” farfugliò cercando di controllare la ferita. “Avrei dovuto chiedertelo prima sai?” gli rispose lui controllandosi l’addome.
“Smettila di guardarmi così, è solo un taglietto, l’idiota mi ha preso di striscio… l’ultima occasione che ha avuto di finire il lavoro…”
Micaela vide un riflesso di tristezza nel suo sguardo “Mi dispiace” Non riuscì a trattenersi da dirglielo, lui arricciò il naso e ridacchiò, ma i suoi occhi sembravano che stessero per piangere contro la sua volontà.
Si sollevarono così in alto che l’aria che il mondo sotto di loro parve divenire un piccolo giocattolo. Bill se rimase in silenzio, osservando la sua storia con distacco. Come se ormai non ne facesse più parte, come se quel caos che lui e Micaela avevano scatenato fosse solo una proiezione su un telo bianco.
Atterrarono vicino al loro rifugio e lasciarono Balerion libero.
“Dovremmo preoccuparci di dove andrà a cacciare?”
Bill sogghignò e Micaela scoppiò a ridere “siamo davvero delle brutte persone vero?”
Stavano ancora ridendo quando un fischio attraversò la mente di Micaela bloccandola.
Come se una lama infuocata l’avesse trapassata.
Ti ho sottovalutato… Ma non accadrà di nuovo…
La voce del cacciatole.
Sei ancora bloccata qua dentro, e il mondo che hai ferito adesso ti restituirà il colpo…
Micaela sollevò lo sguardo, lei era la, la sentenza finale, la donna che aveva cercato di allontanare da Bill per tutto quel tempo, guidata dalla volontà del cacciatore, mossa dai suoi abili fili. Si era lasciata trascinare dalle parole del Cacciatore, non aveva visto la pistola.
Perché era puntata contro di lei…
Di tutte le cose, dopo tutto… Draghi, spettri, creature di ghiaccio, fate… Alla fine era quella la fine? Davvero poteva bastare così poco a spezzare la sua storia?
Non sentì il rumore degli spari ma un’ombra la si protese davanti e quando Micaela sollevò lo sguardo, Dinah. Era a terra la intravedeva semicoperta dalla sagoma di Bill, che se ne stava imponente dinanzi a lei. Micaela si sollevò. “Bill… Dobbiamo andare, adesso… il Custode, lui…” Ma le parole le morirono in gola quando vide la sua felpa bianca inzuppata del suo sangue. Troppo sangue, le aveva fatto da scudo e con un sorriso crollò a terra.
Micaela gli fu subito a fianco. Scostò la felpa, era un doloso déjà-vu. La storia alla fine arrivava alla sua conclusione. Ma stavolta era stata una sua colpa. Aveva giurato cdi proteggerlo e invece.
Cercò una penna, un foglio ma Bill le prese la mano. “No… Ferma…”
Il sangue non smetteva di uscire, Micaela continuò a premere.
“Se solo… Posso rimediare, lo hai visto… Ci posso… Mi serve solo un po’ di tempo e le parole verranno da me…”
“No…” ripeté Bill.
Lei sollevò lo sguardo, era tranquillo, rassegnato, non era così che lo ricordava nei suoi ultimi istanti.
“No, no… Non puoi arrenderti… NO!”
Lui le rivolse uno dei suoi mezzi sorrisi “Va bene così… L’ho scelto io, non mi è capitato per caso…”
“No… No no…”
“Ehi Micky… Perché non hai detto a William di amarlo…”
“E chi te lo dice che io non…” farfugliò lei senza smettere di premere sulle ferite. Non aveva senso continuare a mentire, perché?
Micaela continuò a premere… voleva riscrivere tutto da capo ma sentiva che non era questo che Bill avrebbe voluto, non quel Bill, non avrebbe cancellato sé stesso per riiniziare da capo. E lei non era Pixie, ormai lo sapeva. Era Bill che scriveva la sua storia questa volta.
“Non lo so… Lo sento, come mai prima ma… Non… Non ci riesco… Non ci sono mai riuscita…”
“Ma prima hai mai desiderato farlo?”
“No…”
“Diglielo… Continuamente, quanto pensi che lo sappia, ripetiglielo… è bello sapere di essere amati ma sentirlo… udire quelle parole può cambiarti la vita… Lui deve sentirlo dalla tua bocca, udirlo con il cuore…”
“Siamo…” singhiozzò Micaela “Siamo diventati dei poeti…”
“Già… Deve essere colpa tua credo…” sogghignò “Non avere paura…”
“Non voglio che te ne vada…” singhiozzò Micaela. Gli strinse la mano mentre il suo sguardo si spengeva “Grazie, di essere rimasta con me… con noi… fino alla fine…”
Non sentì una voce invocare il suo nome, ne percepì il battito di William rimbombare crescere rullando come un tamburo. Quando le mani di William la sollevarono da terra e lei urlò.
“Micky sono io…”
Micaela finalmente lo percepì, il suo cuore, William, il suo William la stringeva, osservandola con i suoi grandi occhi scuri. Ma Bill giaceva immobile ai loro piedi e Micaela si protese verso di lui. “Non voglio lasciarlo da solo…”
William la strinse a sé “Non era da solo, non stavolta…”
Micaela si strinse a William premendo il volto contro il suo petto, il suo respiro, il suo cuore. “Ti amo” sussurrò.
William la strinse mentre sentiva parti di se svanire assieme al corpo di Bill, trascinate via come se fossero connesse tra loro. Micaela cercò di sostenerlo ma era cos’ pesante.
Lo accompagnò a terra mentre Samuel rompeva il silenzio che il rispetto gli aveva imposto fino a quel momento.
“Cosa?” singhiozzò Micaela mentre William le scivolava via tra le dita.
“La storia… Da qui è nato e qui potrebbe svanire… Forse non è abbastanza reale per vivere…”
Micaela non si sarebbe aspettata di udire la voce del Cacciatore, invece eccolo là, emergere da un portale.
Aveva infranto le sue stesse regole pur di tentare di cancellarla dai mondi. Aveva stravolto a sua volta una delle storie che aveva giurato di osservare, tutto solo per ucciderla. Ma Bill si era frapposto e aveva sacrificato se stesso vanificando gli sforzi del Cacciatore. Ed adesso era giunto da lei, l’ultima dei Custodi delle storie, la più inesperta, di fronte al Cacciatore. Avrebbe dato qualsiasi cosa, tutto il potere, tutte le vite pur di trattenere William con sé. Lui le sfiorò il volto, mentre il Cacciatore avanzava trionfante.
Aveva vinto? Si sarebbe preso anche lui? Pixie sarebbe rimasto ad osservare? Dopotutto lui voleva plasmare nuove vite e per lui William valeva abbastanza?
“Mick io… ti amo… Ed esisto grazie a questo, in questo… In noi…”
Micaela si premette la sua mano sulla guancia.
“L’amore…” Micaela udì il Cacciatore avvicinarsi e lei si strinse a William, il suo respiro flebile, a malapena percepibile. Scivolava via, come Bill, distrutto dal suo passato, da passato che ancora lo consumava, come una fiamma incandescente, sotto il gelido sguardo dei due antichi custodi. “Pixie, noi ormai siamo gli ultimi… La tua follia ci ha portato a questo, vedere il nostro mondo svanire tra le ombre, mentre la nostra lotta lo consumava. L’amore per tua figlia ha portato tanta morte… Tu confinato per secoli, incapace di vederla crescere, creare, guidare le sue parole. Persino quando la sua discendenza è andata avanti nell’ignoranza tu non hai potuto che osservare… come adesso… Hai compreso? Siamo custodi, raccogliamo storie, non le scriviamo. Abbandona la tua follia, lascia che svanisca assieme a quest’essere…”
Micaela percepì la presenza al suo fianco grazie allo scampanellio che sempre lo aveva accompagnato. Percepì la mano premuta sulla sua sul petto di William.
“Vorrei poter vedere le storie che scriverete assieme…”
Il Cacciatore sussultò “Cosa stai facendo?”
Micaela si sollevò per osservare gli occhi di cielo del folletto. Lui le sorrise.
La sua stirpe, la sua discendenza, la storia che aveva scelto di proteggere.
Il folletto si chinò su William “Ti dono le mie parole… Di dono le chiavi delle infinite storie dei mondi… Ti dono la mia storia… A te William Russo, che sei stato Bill.. Billy… Ora rialzati come custode di tutte le storie e vivi di nuovo per raccontarle.”
Invano il Cacciatore gridò avanzando rapido, era tardi, il folletto stava svanendo, il suo dono che germogliava in William.
Micaela lo baciò stringendolo a sé mentre il suo battito che si faceva sempre più forte.
William si rialzò stringendo Micaela a sé, percepiva la nuova forza donatagli da Pixie si volse verso il Cacciatore. Ma la fata era arretrata. La storia che aveva sperato di controllare gli si aggrappava lo ghermiva imprigionandolo la dove lui aveva sperato di confinare Micaela e condannare William.
William comprese che doveva provare a usare quel nuovo inatteso dono. Le emozioni avrebbero come le parole scritte per Micaela, sarebbe stato quello la sua forza. Afferrò la mano di Samuel e cercò di raggiungere con il pensiero quella casa gialla, il luogo dove sentiva di essere rinato, la sua vita. Hans, il parco della serra dietro l’ospedale. La stanza in cui Samuel e lui aveva osservato così tanti interventi, il loggiato per gli studenti. La saletta caffè e quella brodaglia annacquata che aveva accompagnato tante conversazioni. L’odore della pioggia, il calore delle fiamme di Micaela.
Casa.
La sua vecchia storia li lasciava andare, sgusciavano tra i mondi guidati dai ricordi.
Per un attimo fu tutto buio, poi quel familiare odore di aria rafferma, polvere e umido li raggiunse. Erano nella soffitta della grande casa gialla, stretti l’uno all’altro.
Samuel stringeva entrambi con forza, come se temesse che potessero svanire di nuovo. William sorrise e ricambiò. Micaela se ne stava stretta tra loro ad occhi chiusi, aggrappata al rintocco del cuore di William. La sua casa, il suo luogo sicuro.

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 – Believer ***


Capitolo 21 – Believer

 



William si svegliò, il mondo attorno a lui faticava a mettersi a fuoco, la testa gli martellava. Era una sensazione maledettamente familiare. I ricordi che si confondevano nella sua mente, sgretolandosi come ombre spazzate via dal sole. Ricordava Micaela stretta tra le sue braccia e la risata trionfante di Samuel. E poi? Non riusciva ad afferrare una singola immagine. Il Folletto che gli donava i suoi poteri, e il ruggito del cacciatore e il corpo dell’altra versione di sé svaniva. Si prese la testa tra le mani. Si trovava in un parco giochi per bambini, era sdraiato su una panchina, ed era solo.
La giostra dinanzi a lui, il girello si muoveva incessantemente, cigolando, provocandogli fitte alla testa. William si massaggiò le tempie. Il sole morente lo salutava spruzzando di bronzea luce un luogo estraneo.
Silenzio.
Il cuore di Micaela era silente, la sua mente vuota.
“Finalmente ti sei svegliato!” Una cantilenante voce sonnolenta lo raggiunse “Temevo di averti colpito con troppa forza… No in effetti non lo temevo, sapevo di averti colpito con forza, ma sai… sei un pennellone bello alto. In realtà ero soprattutto annoiato di osservarti russare… Sono impaziente che il gioco inizi”
William seguì la voce e incrociò lo sguardo con un ometto dai vestiti a quadri lo fissava con due divertiti occhi da squalo. Aveva già visto due occhi simili, il ragno tessitore, la creatura che Micaela aveva cercato di usare contro il Cacciatore, ma non era lui. Quello sguardo, quegli occhi morti erano così simili a quelli del cacciatore, al suo occhio morto.
“Dove mi trovo? Dov’è Micaela? Samuel? Dove…”
“Non preoccuparti per i morti, preoccupati per te stesso, non ti è rimasto altro… Ho sentito il richiamo della tua anima da molti mondi di distanza… Che magnifico banchetto… Quando sarà pronta tu…” L’essere fece schioccare la lingua divertito “Azazello banchetterà con la tua mente…”
William scattò in piedi e Azazello fece un salto all’indietro ridendo. Era molto più basso ma il suo corpo emanava una forte energia, un alone oscura che piegava lo spazio attorno a lui.
William serrò i pugni, la testa gli martellava. Qualunque cosa volesse quell’omuncolo demoniaco, stava mentendo, doveva essere così. Micaela era viva e così Samuel, un attimo prima i loro cuori erano vicini al suo, doveva essere un ingannò di quella creatura. Doveva essere così.
Allora perché non riusciva a percepire niente. Né il potere che Pixie gli aveva donato, né i pensieri di Micaela, il suo cuore? Solo un doloroso silenzio.
Quando Azazello si avvicinò William arretrò “Dove sono? Dove li hai nascosti, che razza di posto è questo?” ringhiò stringendo i pugni.
“Questa è la tua prigione, mio caro… Delizioso pranzetto… Aspetterò che il tuo cuore sia ricolmo insaporito dalle emozioni che tanto solleticano il mio palato. Dolore… E poi…”
“Azazello, piccolo demonio… Ti ho detto di non giocare con il cibo”
A quelle parole il piccolo demone si ritrasse scivolando al fianco di una figura avvolta da un’ampia veste purpurea.
“Sei qua, assieme agli altri Custodi per espiare al caos che avete generato con la vostra piccola scaramuccia. Tu sei l’anomalia che tanto tormenta le nostre menti, per questo devi essere isolato e studiato… E in base a quello che decideremo saprai quale sarò il tuo destino… Ti è tutto chiaro?”
William annuì abbassando lo sguardo.
“Micaela e Samuel sono…”
“Su questo punto il mio fedele Azazello ha ragione, non è cosa di cui ti devi interessare”
“Ma io lo vorrei sapere comunque”
“Sua maestà Voland non può interessarsi a quello che desideri, ringrazia solo di non essere cancellato dall’esistenza e di poter essere qua, mantenere un dono che non era previsto fosse destinato a te. Un dono che la follia del folletto ha voluto legare alla tua esistenza…” Azazello lasciò schioccare di nuovo la lingua e l’essere che aveva chiamato Voland agitò pigramente una mano. “Smettila Azazello, se il nostro nuovo custode non si rivelerà all’altezza potrai divorarlo, ma non prima di aver testato le sue capacità. Già il fatto che abbia infranto la prigione creata da Maël ci fa sperare che forse il dono di Pixie non sarà andato sprecato…”
“Se supero le vostre prove, potrò tornare da Micaela?” William si maledisse per il tremore che avvertì nella sua voce. Voleva solo tornare a casa, tornare a quella vita a cui si era aggrappato per uscire dalla prigione del Cacciatore, di Maël. Era dunque quello il suo vero nome? Quello che quasi aveva udito in quel ricordo, quando la sua vita era stata in bilico tra la vita e la morte. In un non luogo di ricordi perduti ed emozioni. Prima che Micaela lo riportasse indietro con le sue parole. William si sollevò la maglia e sfiorò le parole sul suo fianco.
Non erano svanite, erano impresse sulla sua pelle come cicatrici d’argento.
“No”, La voce di Voland calò su di lui come una lama. “Questo legame è sbagliato… Ha già creato fin troppi problemi. Ha trascinato un mortale oltre i limiti della sua conoscenza e generato esplosioni che hanno riecheggiato per tutte le realtà, adesso dovremo riordinare le storie e decidere cosa fare di te e della tua storia spezzata…”
Voland si voltò, William allora li rincorse e cercò di afferrarli ma con inattesa rapidità Azazello si frappose tra loro. William sentì le sue gambe irrigidirsi, l’aria pareva essersi addensata, come se tentasse di camminare nel cemento, ma si sforzò comunque di avanzare. “Ditemi almeno che stanno bene…”
“Non è un tuo problema… Quel legame che percepisci è irrilevante”
William crollò a terra, ma tentò nuovamente di alzarsi. Ringhiando, ruggendo mentre i suoi nuovi padroni si allontanavano. Riuscivano ad alterare la realtà senza alcuno sforzo, mentre lui, nemmeno riusciva a difendersi. “Patetico…” sussurrò crollando di nuovo a terra.
“Già davvero patetico…” Lo scampanellio del Cacciatore accompagnò quelle parole.
William si irrigidì e si conficcò le unghie nei palmi delle mani.
Si voltò, nella calda luce del tramonto, appoggiato ad una fatiscente altalena sedeva mollemente il Cacciatore.
“Maël… Quindi è questo il tuo nome…”
La fata lo osservò con i suoi strani occhi, quello nero dardeggiante mentre quello di giada pareva quasi divertito. “Devo ammettere che non immaginavo che avrebbero preso così sul personale le nostre piccole schermaglie e mai, avrei immaginato di ritrovarmi in questo luogo di punizione assieme a qualcosa di tanto…”
“Inutile, spregevole, futile?”
Maël sorrise con segno di approvazione “Credo che patetico ti riassuma decisamente meglio…”
“Se lo dici tu… Cacciatore…”
“Non sono più un cacciatore, sono solamente un ex Custode, posto sotto giudizio per colpa della sconsideratezza di un mio smile, colui che un tempo chiamavo fratello, un traditore… La storia dovrebbe esserti familiare…”
William sorrise amaramente. “Non la mia storia…”
“Tu non hai una storia, spregevole anomalia… Per colpa tua sono bloccato qua… assieme a te. Se avrò fortuna Azazello tornerà per divorarti, solitamente non molla una preda dopo averla puntata. Non prima di aver affondato le sue unghie in ogni momento doloroso della sua breve esistenza e credimi, farò del mio meglio perché tu possa averne molti altri…”
William lo ignorò, si sedette su una delle sedie del girello e con il piede si dette una piccola spinta. Ogni volta che sentiva di aver trovato una piccola certezza il terreno si sbriciolava sotto i suoi piedi. Era nato in una stanza, aveva visto il suo mondo scorrergli davanti come la storia di un altro. Aveva ritrovato una strada, aveva trovato Micaela, Samuel… aveva iniziato a scrivere la sua storia e il cacciatore gliel’aveva strappata. Aveva rincorso il cuore di Micaela e facendosi guidare da esso aveva ritrovato la via e poi? Nemmeno ricordava come lo avessero catturato, portato via dalle sue braccia. Non ricordava nemmeno l’ultima volta che aveva sentito la sua voce.
Si sfiorò le parole impresse sul fianco, le percepiva sotto le dita. Si aggrappò all’emozione che gli ricordavano.
No, non è un errore… Sei legata a me…
Fu un fremito… poi un flebile sussulto, quasi un eco lontano. E infine rombante riecheggiò sempre più forte, un altro battito, un altro cuore, Micaela.
Mi hai trovato…” gli sussurrò nella mente.
“Fantastico” Esclamò il Cacciatore come se avesse percepito i pensieri di William “Altre complicazioni. Riuscirete mai a rinunciare a tutto questo? Mettereste seriamente a rischio il destino degli universi pur di potervi riunire di nuovo?”
William si aggrappò a quel battito, una nuova sicurezza rinata in lui.
“Sì, senza esitare…”
 

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 – Do you can feel? ***


Capitolo 22 – Do you can feel?


 
 
“Credi che dovremo vagare ancora a lungo in questo incubo di ombre in cui il sole non tramonta mai?”
“Ti prego vuoi tacere? Detesto il suono della tua voce e tu mi costringi a sentirla continuamente… Capisco, tu devi esserne innamorato… Ma ti imploro metti fine alle mie sofferenze.” Ringhiò la fata con voce esasperata. Il suo occhio morto dardeggiò verso William quando lui scoppiò a ridere. William si sentiva soddisfatto dall’irritazione che percepiva nella voce del Cacciatore.
Si muovevano continuamente ma si ritrovavano sempre in quel parco giochi per bambini. Il girello continuava a girare su se stesso, le altalene oscillavano. Tutto in perfetto equilibrio in un ciclo perpetuo.
“Mi stai chiedendo di ucciderti?”
Il Cacciatore scosse le ali e si voltò per fulminarlo nuovamente con lo sguardo.
“Se gli sguardi potessero uccidere…”
“Se fosse…” sibilò il Cacciatore tra i denti “Ti stavo solo suggerendo di fare un favore a tutti i mondi esistenti e eliminarti dall’equazione del mondo… Voland e Azazello mi perdoneranno e l’equilibrio dell’Universo sarà ripristinato, basta che tu sia un po’ razionale…”
“Che peccato…” borbottò William sedendosi sull’altalena e molleggiando sulle sue lunghe gambe.
La fata disegnò in aria dei segni, parole di una lingua dimenticata nel tempo e il suolo si lacerò con un boato. 
William lo osservò con sguardo annoiato e si protese verso il bordo del precipizio. “Sarei più impressionato, se non sapessi che non sei più un reale pericolo per me…Lo hai detto tu stesso… sono un tuo simile, non puoi uccidermi”
La fata rise folle mentre il suolo sotto ai loro piedi si ricomponeva, e la loro prigione immutata riprendeva il suo ciclo perpetuo. “Non posso ucciderti, ma posso farti soffrire… Non lascerò che Voland ti cancelli, quell’onore deve sperare a me. Quando sarà il momento… spazzerò via ogni anomalia… tu Micaela… ogni essere che ha osato muoversi in un territorio che non gli spettava…” La fata sorrise quando lo sguardo di William si indurì. “Non riesci nemmeno a raggiungere la tua Micaela…” ma le parole della fata svanirono al sorriso di William. “Cosa accidenti hai da ridere” sbottò furente.
“Tu… Tutte queste minacce, questo tuo adorabile modo di sputare veleno verso di me… Sono abbastanza certo che nasconda altro… Ho visto un frammento del tuo passato, di te e quando usavi il tuo nome e aspettavi fremente … Mick… strano come il suo nome sia così simile a quello di Micaela… Per questo ti irritiamo così tanto? Perché io e lei avremo quello che tu e il folletto non avete mai osato tentare di costruire assieme?”
“Non nominarlo… Non… Non sei in grado di gestire il dono di Pixie… la tua patetica esistenza non acquisirà mai valore...”
“Sicuro?” Ti ho imprigionato qua, mentre Micaela veniva da me… e tu, non te ne sei neanche accorto…Voltati, puoi dirle in faccia cosa vuoi fare. Pixie mi ha insegnato qualcosa, mi ha detto che qualunque cosa gli altri custodi possano fare, finché percepirò in cuore di Micaela, niente potrà mai fermarci…” 
Quando William sollevò lo sguardo non fece a tempo a dire altro, Micaela gli saltò tra le braccia. Lui la strinse con forza. 
La fata ringhiò frustrata, la sensazione che le parole di William bruciassero nella sua mente, guardandoli sapeva che aveva ragione. Loro avevano quello che un tempo avevano condiviso lui e Pixie é che aveva perduto ormai da tempo. 
 
….
 
 
Bill dischiuse di nuovo gli occhi al nuovo giorno, sorpreso di essere ancora vivo. Un letto morbido bende sulle sue ferite, un odore di aria rafferma e polvere.
“Sta fermo”
Una voce brusca gli intimò di non muoversi.
Bill Si guardò attorno. Ricordava la Madani, le pallottole e il drago… Ricordava di aver sentito la vita scivolare via da sé eppure… Allo stesso tempo ricordava anche di esser stato raccolto dal grande drago nero, i suoi artigli che lo afferravano con un’inaspettata delicatezza. Era tutto così confuso nella sua testa, ancora una volta. Si strinse la testa tra le mani, cercando di raccogliere i propri pensieri confusi. Micaela… William… Frank… Era morto? Micaela lo aveva consumato con le sue fiamme. E lui come si sentiva a riguardo? Voleva vederlo morto? Non ne era più così sicuro. Prima di Micaela parte di lui ancora sperava di riavere indietro il suo migliore amico, ma adesso si chiedeva se addirittura quel rapporto fosse mai davvero esistito, se non in frammenti di un passato fittizio. Perché quello era, una storia scritta e mai davvero vissuta. Allora perché faceva così male pensarci… chissà cosa provava a riguardo William, il suo sé che Micaela aveva scelto, quello che lei riteneva migliore. Si lasciò cadere sbuffando frustrato.
Una donna dal volto rotondo lo stava osservando, i suoi occhi dorati impazienti.
I lunghi capelli corvini raccolti dietro la nuca. “Il tuo drago ti ha depositato qua davanti, non è stato difficile sentire il suo richiamo. Eri messo uno schifo, ma non è stato difficile rimettere assieme le parti di te… I custodi ti hanno lasciato proprio un vero straccio bucherellato…”
Bill si impietrì, la osservò sbigottito “Tu… Sei come… Tu sei come Micaela…”
La donna scosse la testa “No, non esattamente… Lei è, mentre non doveva… Eppure esiste… Mentre io dovevo essere… Ma le cose non sono esattamente andate secondo i piani…”
“Perché mi hai aiutato…” farfugliò Bill ritraendosi
“Vedo nella tua storia… Così tante sensazioni condensate in una sola essenza… Lo trovo interessante.”
Quando la donna si sedette Bill trasalì notando un pugnale conficcato in profondità nella gamba di lei.
“Stai… sanguinando…”
Lei abbassò lo sguardo e alzò un sopracciglio, sbuffò osservando il pugnale, si sollevò e si allontanò con una placida calma.
Bill la osservò incredulo rimuovere il pugnale e iniziare a medicarsi senza minimamente scomporsi.
“Ma come…”
“Te l’ho detto… Sono quasi come loro, i custodi… Ma non del tutto. Risultato una vaga quantità di potere e un’inutile incapacità di provare qualunque cosa… dolore, interesse… calore, freddo… niente… Buffo, sento invece che tu riesci a provare così tanto… Sarà interessante studiarti”
Bill deglutì lentamente.
Come se la donna avesse percepito i suoi pensieri con voce apatica aggiunse “non intendo sezionarti…”
Forse non ancora… Pensò Bill.
“Come dovrei chiamarti…”
“Puoi chiamarmi Ké’Mal”


 
 
Voland osservava nascosto nel suo mantello le storie che scorrevano oltre la sua dimora, immagini che scorrevano del cielo che circondava la torre di tutte le storie.
Aveva confinato l’anomalia, ma per prelevarli aveva dovuto riavvolgere le storie danneggiate. Quell’azione era stata come un veleno, iniettato nel tessuto della realtà stessa. Generando altre anomalie. Quel Bill… Ma quella vita ne stava richiamando altre. Le storie si stavano ingarbugliando tra loro, attratte dall’energia di William, cresceva esponenzialmente. Se non contenuta avrebbe alterato ogni storia. Era questo che quel dannato folletto aveva voluto creare? Il caos, spezzare tutte le trame mescolandole tutte assieme?

 

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 - Neverending Stories ***


Capitolo 23 - Neverending Stories
 
 
“Non sono sicuro di aver compreso”
Samuel ridacchiò, il Cacciatore imprecò tra i denti e Micaela alzò gli occhi al cielo.
“Quei deficienti hanno incasinato tutto. Per condurci in questo luogo per una sonora tirata d’orecchie… E tutto sembra si sia legato a te… Quando hai fatto appello ai poteri che Pixie ti ha trasmesso… Lo hai fatto d’istinto, ti sei aggrappato alle tue emozioni… L’eco del tuo potere è dilagato e ha attratto tutte gli spiriti a te affini… Risucchiati lontano… E adesso vagano disorientati in storie non loro… Capisci?”
William scosse la testa confuso.
Il cacciatore esplose “Maledizione ma sei ottuso o cosa? Hai visto già tre piani di realtà diversi… Hai incontrato un’altra versione di te. Ti è così difficile comprendere che possono esserci molte, moltissime altre versioni di te in storie diverse, con nomi diversi… Magari tra di loro ce ne sarà almeno una che non desideri pugnalare un milione di volte o vedere cadere morto crivellato da una pioggia di proiettili…”
Samuel nascose il volto tra le mani cercando di trattenere le risate. “Sai William, se non pensassi che il farfallino qua presente non ha un cuore e non è in grado di provare emozioni, direi che è follemente innamorato di te e che ogni minaccia sia una metafora di… beh… altro…” Quando William inarcò un sopracciglio interdetto Samuel rise ancora più forte.
“Lo sai Will quando ti irriti quei segni sul tuo volto sembrano comporre un punto interrogativo…”
“Sei uno stronzo”
“Ti annoiavi tanto senza di me vero?” sogghignò Samuel.
“Perché questa semplice linea di trama è qui? Perché parla e interagisce con noi” sbottò il Cacciatore.
William dette a Samuel un colpetto sulla spalla. E si voltò verso il Cacciatore.
Samuel accettava le sue stronzate, si era tuffato tra le braccia degli spettri per riagguantarlo, ed era stato sempre presente senza chiedere niente. Lo aveva seguito oltre ogni limite e era là.
“Perché è il mio migliore amico… Ecco perché…”
“Già… Goditelo finché la sua linea di trama durerà… Perché noi attraversiamo tutte le storie mentre lui sarà sempre legato ad una sola… Presto o tardi dovrai lasciartelo alle spalle… è il destino di non appartiene più a niente…”
 

 
“Non mi somiglia per niente”
“Beh la sua faccia lacerata come un quadro di Fontana, deve essere per questo…”
Bill si voltò verso Ke’Mal furente.
Benjamin se stava riverso sul letto, il respiro regolare.
“Non pensavo potesse perdere i sensi tanto facilmente… Questo altro…”
“Un sedativo rende tutti molto più collaborativi sai?”
“Lo hai drogato?”
Ke’Mal alzò gli occhi al cielo “L’ho reso più… Mansueto... anche se era più per consentirci di trasportarlo senza doverci preoccupare di non farlo urlare, Balerion non apprezza affatto…”
Bill aveva chiesto a Ke’Mal di riportarlo al suo appartamento, dato che per la storia quell’edificio risultava distrutto da tempo, nessuno li avrebbe mai cercati in quel posto.
“Come sai il suo nome?”
“Riesco a leggere attraverso la sua storia, come leggo nella tua Bill… Deve essere successo qualcosa di grave, come se le storie stessero collassando le une sulle altre. Magari a breve saremo attaccati da dei Volcra o incroceremo la Strega Bianca…”
Bill la osservò perplesso.
“Sono altre storie collegate a te, interpretate da un altro te…”
“In tutto questo Micaela e William dove sono finiti?”
Bill aveva cercato di spiegare quel che ricordava degli avvenimenti vissuti con Micaela, ma Ke’Mal non aveva voluto dargli alcuna risposta. Lei se ne sarebbe rimasta rintanata, non voleva rischiare di incrociare altri Custodi.
“Come ti ho detto, per quel che ne so potrebbero essere morti entrambi… Ma se sono vivi, molto probabilmente sono stati chiamati a giudizio dai Custodi anziani… Mentre attorno a loro i mondi crollano…”
“Almeno sono assieme…”
Ke’Mal lo scrutò incuriosita. “Magra consolazione per noi…”
 
 
Benjamin si svegliò, ricordava di essersi risvegliato in un vicolo. La testa gli martellava, un attimo prima era a un passo da lei, e quello dopo si era ritrovato da solo, in un vicolo sporco e maleodorante e il panico lo aveva divorato. Si era rannicchiato su se stesso sperando di svegliarsi da quell’incubo. Poi una voce roca, bassa lo aveva afferrato obbligandolo in piedi.
“Finalmente ti ho riacciuffato Bill… Ora smettila di comportarti come un coniglietto spaventato… Reagisci…”
Aveva chiuso gli occhi cercando di proteggersi, mentre la confusione e l’angoscia lo stritolavano mozzandogli il respiro.
Voleva rispondere a quella voce “Non sono chi cerchi, non so chi sei… Non so dove siamo…”
Ma la voce gli morì in gola in un sospiro rantolante.
Lo aveva spinto conto la parete con tanta di quella forza da fargli uscire tutta l’aria che aveva in corpo in un botto solo lasciandolo senza fiato.
“Dov’è quella maledetta bestia, dove pensavi di fuggire?”
La vista si era fatta appannata, la forza con cui quell’uomo gli premeva contro il torace lo schiacciava. Aveva intravisto il suo volto per un attimo. Sfiorato con il pensiero i suoi capelli. Ma le sue mani gli erano scivolati tra le dita e l’oscurità lo aveva abbracciato.
Si era risvegliato in quella stanza spoglia, pareti grigie, un letto duro e un uomo con un volto così simile al suo seduto di fronte a lui. Aveva profonde cicatrici che gli segnavano il viso, e i suoi occhi scuri lo osservavano con durezza.
“Si sveglio finalmente… Benjamin…”
 

 
Voland si guardò attorno, il moto perpetuo del parco giochi lo aveva incantato.
“Come ci sei riuscito? Senza che nessuno ti avesse detto cosa potevi fare…”
La sorpresa nella voce dell’uomo in maschera era evidente.
William si limitò a una scrollata di spalle “Forse ci sono riuscito proprio perché non sapevo cosa potevo o non potevo fare…”
“Impressionante… Tu ti focalizzi su un’emozione e attraverso di essa influenzi il mondo che ti circonda, notevole… Ogni custode è diverso, ma tu…”
Il Cacciatore sbuffò “Stiamo dando un eccessivo valore alla fortuna…”
Azazello fece schioccare la lingua “O alla sfortuna, avrei voluto tanto mangiarti… Invece temo che dovremo lasciarti andare…”
William sogghignò come un gatto “Spiacente di lasciarti a bocca asciutta…”
La mano di Micaela si strinse attorno a quella di William mentre il suo sguardo si incendiava.
“Quindi tutte queste parole cosa sottintendono?”
Volanda avanzò, la sua veste purpurea che svolazzava attorno a lui.
Si fermò di fronte a William, si portò le mani guantate alla maschera e quando lo rimosse William spalancò la bocca, un volto così simile al suo, lunghi capelli neri, uno sguardo senza tempo. “Ma tu chi sei?”
Voland sorrise con un sorriso sornione così simile a quello di William.
“Non è questa la domanda giusta… Voi adesso avete un compito… Tornerete nella tua storia, c’è un bel po’ di confusione da rimettere a posto, c’è un certo Benjamin che avrebbe tanto bisogno di un passaggio a casa… Poi avete tutta l’eternità per viaggiare in tutte le storie, io vi controllerò…”
“E Azazello continuerà a sperare di nutrirsi…” Voland sorrise al suo compagno, poi agitò una mano in aria “Le strade sono aperte…”
“E io cosa dovrei fare?” 
Voland si appoggiò pigramente all’altalena. Micaela lo osservava, in quella luce arancione la somiglianza con il suo William era impressionante.
“Tu dovrai andare con loro, sarai vincolato ai loro successi come ad ogni fallimento…”
La fata imprecò e William gli sorrise divertito “Il mio assistente…”
Micaela avrebbe voluto chiedere altro. Di se stessa, della natura dei custodi.
Pareva chiaro che Voland e Azazello avessero delegato il Cacciatore per questo perché si erano volatilizzati. Senza una parola, un saluto. Erano svaniti come erano apparsi mostrando loro il lungo viaggio che gli attendeva davanti.
“Quindi?”
“Quindi… Benjamin è a rischio… quel tritacarne idiota che avevi come amico, non saprà distinguere tra te e lui… e Benjamin… non è … non è te”
“Pazzo intendi?”
Micaela scosse la testa “Addestrato”
“O propenso a scatti violenti?” aggiunse Samuel “Nel tuo mondo di origine almeno…” aggiunse in fretta.
“Anche se dovesse morire, cosa ce ne importa?” Sbraitò la Fata. “Tornerebbe nella sua storia…”
“A me importa”.
“Scusate ma non lo avevi carbonizzato?” chiese Samuel perplesso.
“La storia è collassata su se stessa… potrebbero essercene centinaia di Frank… tutti impegnati in un’infinita caccia …”
“Che meraviglia”
“Già… magari potrò assistere alla morte di almeno un magliaio di te… non è la stessa cosa ma melo farò andar bene”
Micaela osservò con astio il loro nuovo compagno di viaggio.
“Samu credo…” iniziò il discorso la ragazza.
Samuel gli sorrise rassegnato “Sono stato fortunato a condividere con voi tutto questo, adesso però capisco che non potrò più venire con voi…”
William sollevò lo sguardo su Micaela che afferrò la fata per allontanarla.
Il parco giochi era illuminato dalla stessa luce aranciata, un sole morente per un addio.  
William si avvicinò all’amico cercando di trovare le parole adatte.
Che poteva dirgli? Grazie di non avermi mai giudicato, di essere il migliore amico che la mia nuova vita avesse mai potuto sperare di incontrare?
Samuel gli dette un colpetto sorridendo ma quando parlò la sua voce tremava. “Allora… Cerca di badare a te stesso ragazzone”
William si strinse nelle spalle “In questo sono bravissimo…”
Samuel fece una piccola smorfia “Direi decisamente di no…” poi dopo una piccola pausa.
“So che Micaela non te lo farà scordare mai ma… Anche se resti un grosso scemo il più delle volte, vale la pena averti intorno… ok? Cerca di… insomma… Di non prendere troppe decisioni avventate…”
“Mi mancheranno queste conversazioni…”
Samuel abbassò lo sguardo “A me mancherà il mio amico…”
“Anche a me… Grazie Samu di… Esserci stato, di avermi fatto entrare nella tua vita…”
Sapeva che quello era un addio.
Samuel doveva tornare alla sua storia e lui, Micaela e il Cacciatore avrebbero iniziato una nuova avventura attraverso storie infinite. Alla ricerca di Benjamin e molti altri, smarriti…
Il sole tramontò e sul parco giochi calò il buio.
 
…..
 
Molti anni dopo per Samuel …
 
Samuel sospirò osservando il paesaggio oltre la finestra.
Da un po’ di tempo pensava spesso a William e Micaela, come non gli capitava da molto.
Forse perché si era fatto vecchio e malinconico, forse perché avrebbe sempre voluto sapere come erano andati i loro viaggi. Forse perché continuava a sentire la sua mancanza.
Poi lo vide, una sagoma scura si stagliava sulla porta, avrebbe riconosciuto quei segni tra mille, quegli occhi e quel mezzo sorriso.
William si avvicinò al letto, non vedeva quel vecchio involucro, poteva vedere quei ricci neri e quel sorriso sornione tanto familiare. Gli occhi di Samuel incrociarono i suoi e un grande sorriso si allargò sull’anziano volto. “Temevo che non ti avrei mai più rivisto…”
William rispose al sorriso e si sedette accanto all’amico, prendendogli la mano. “Ho viaggiato molto e in molte storie… Ma sapevo che sarei tornato… Non ti avrei mai lasciato andare da solo…”
Samuel sorrise. “Non ti sei cancellato quelle cicatrici alla fine… Hai vissuto molte avventure?”
“Moltissime, ma volevo essere presente all’inizio di questo tuo ultimo viaggio…”
“Resterai con me? Fino alla fine?”
William strinse quella fragile mano tra le proprie. “Fino alla fine”
Il sole stava tramontando, la pallida luce del comodino illuminava il sorriso di Samuel, l’ultimo.
 
 
 
 
 


 
THE END
 
 
La storia finisce qua, William e Micaela e il loro simpatico terzo incomodo viaggeranno ancora a lungo, ormai sono custodi e hanno molto lavoro da fare.
Ringrazio chi è passato per leggere questo piccolo delirio.

 

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