shooting star

di ljkeavjrgjn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Santana Lopez, 18 anni, era sdraiata sul divano del suo loft di New York. Loft che divideva con Rachel Berry, odiosa, e Kurt Hummel, fastidioso. La latina aveva costantemente mal di testa, forse legato al fatto che i suoi due coinquilini cantavano canzoni dei musical di Broadway ogni secondo. Si fissavano con un determinato musical per qualche settimana, le facevano odiare quelle stupide canzoni e poi passavano a un altro. Ora era il turno di Heathers.
"Honey, what you waitin' foooor? Step into my candy store!" cantavano i due dall'altra stanza, mentre Santana cercava di guardare il finale di stagione di Gossip Girl. Stava recuperando la serie, che non aveva visto appena uscita, ed era arrivata alla fine della seconda stagione. Sperava che Blair Waldorf, ormai la sua fantasia sessuale più importante, riuscisse a ricevere quelle tre parole da Chuck Bass. E una parte di lei immaginava di essere Chuck, per poter avere Blair tutta per lei.
"Stai ancora vedendo quella cavolata?" chiese Rachel, entrando nella stanza, con la sua solita voce acidula e fastidiosa. A Santana veniva voglia di spaccarle qualcosa in testa. 
"Non è una cavolata." affermò Kurt, sedendosi accanto all'amica ispanica e mettendole un braccio intorno alle spalle "Allora? Gliel'ha detto?" chiese, curioso. 
Santana, troppo concentrata sulla serie per scansare il braccio di Kurt, rispose solo muovendo la testa da un lato e dall'altro. Il ragazzo rimase deluso dalla risposta negativa e tornò a guardare la serie. 
Forse a Santana piaceva tanto la storyline di Blair e Chuck perché le ricordava la sua vita. La sua relazione con Brittany. Chuck, esattamente come lei, non riusciva ad ammettere i suoi sentimenti per un'altra persona e questo portava a una miriade di problemi. All'ispanica faceva ancora male ricordare Brittany. Ormai si erano lasciate da mesi, ma era più che ovvio che la latina fosse ancora innamorata della bionda. L'unica cosa che Santana voleva in quel momento era Brittany tra le sue braccia. Ma ora la ragazza aveva Sam e erano innamorati. Il pensiero che la bionda potesse essere innamorata di qualcun altro le faceva ancora male, anche se era giusto. Sarebbe stato egoistico desiderare il contrario. 
"Ma come è partito?!" esclamò Kurt, scattando verso la TV e interrompendo i pensieri di Santana. Lei stessa era abbastanza confusa e infastidita, ma stava pensando a Brittany e si era distratta. 
"Mh...cosa?" chiese la ragazza, girandosi verso il suo coinquilino. 
"Non stavi ascoltando?" domandò il ragazzo, improvvisamente preoccupato per la sua amica.
Lei si morse il labbro, sentendo che stava per scoppiare a piangere a causa dei ricordi che aveva appena rivissuto. Ma non poteva piangere davanti a lui, quindi mise in pausa la serie e andò in bagno, dove aveva lasciato il telefono. Nel tragitto incontrò Rachel, che provò a fermarla chiedendole cosa non andasse, ma lei la spostò e continuò a camminare
"Zitta, Berry" disse, chiudendo la porta del bagno dietro di sé. 
Si sedette sul water e prese in mano il suo telefono. In quell'istante le arrivò un messaggio da Trouty Mouth. Strano che Sam le scrivesse in orario scolastico. Forse aveva qualche problema con quella sua bocca enorme? Oppure...
No, non poteva essere. Se fosse successo qualcosa a Brittany, l'avrebbe saputo dentro, ne era convinta. No, sicuramente non era successo niente, continuava a ripetersi, in ansia. Sentiva il cuore battere più velocemente e non aveva il coraggio di aprire il messaggio.
Mentre leggeva il primo, cominciarono ad arrivare altri, ma lei non ci fece caso. Il primo messaggio diceva: 


Santana. Ci sono stati due spari a scuola


La ragazza si portò una mano al cuore. Aveva sentito una specie di pugnalata e aveva reagito d'istinto. Ma ovviamente si era immaginata tutto. Nessuno aveva provato ad ucciderla.


Santana, è una cosa seria.

Non scherzerei su una cosa del genere. 

Santana, noi siamo tutti nell'aula canto, al sicuro.
 


Al quarto messaggio tirò un sospiro di sollievo. Loro erano al sicuro. Brittany era al sicuro. 


Ma lei no. 


Altra pugnalata. Stavolta più forte.


Era in bagno. Nessuno ha sue notizie.

Santana, sto impazzendo.


Santana chiuse gli occhi per frenare in qualche modo le lacrime. Tanto sapeva benissimo anche lei che non si sarebbero fermate. 


Santana, rispondimi almeno. 


Ma la ragazza non rispondeva: era uscita dal bagno e stava andando verso la porta del loft. Le lacrime le rigavano le guance, quindi cercò di asciugarle con il dorso della mano. 
"Dove vai?" chiese Rachel, con la sua voce fastidiosissima alle orecchie dell'ispanica. 
"Santana, cosa succede?" domandò invece Kurt, prendendole il braccio e facendola girare. Lei, non riuscendo a parlare, gli passò il telefono e gli fece leggere i messaggi. Anche la ragazza più bassa si avvicinò e lesse tutto. 
"Santa Barbra!" esclamò la Berry, prendendo le chiavi della macchina. 
Santana però a quel punto si era ripresa il telefono e stava già correndo lungo le scale del loft. Arrivata all'uscita del palazzo, cercò di chiamare un taxi, senza grandi risultati. 
Rachel la raggiunse e mise una mano sul suo braccio.
"Andiamo con la mia macchina" affermò, sicura. 
La latina annuì soltanto, non riuscendo a dure una parola. I tre salirono in macchina e Rachel mise subito in moto, dirigendosi verso l'uscita della città. 
Santana si era presa il viso tra le mani e Kurt, seduto dietro accanto a lei, la strinse in un abbraccio.
"S-se le f-f-fosse successo qualcosa...i-io non ce-ce la farei..." riuscì a dire la ragazza tra i singhiozzi. Kurt, tenendola ancora stretta a sé, prese il telefono dalle sue mani e rispose a Sam. 


Sam. Sono Kurt. Santana non è in grado di scrivere in questo momento. Stiamo arrivando. 


"Tesoro, devi stare tranquilla. Andrà tutto bene. Lei sta bene" Kurt cercò di rassicurare la ragazza, anche se le parole suonavano false alle sue stesse orecchie. 
Tanto Santana non aveva neanche recepito quelle parole: era come in uno stato di trance. L'unica parola che continuava a girare nella sua mente era Brittany. Se Brittany fosse morta (anche solo pensare quella parola le faceva male al cuore) lei non sapeva se sarebbe riuscita ad andare avanti. Non sarebbe più stata la stessa: si sarebbe trasformata in un'altra persona. In un'altra triste persona. Ma il pensiero che non riusciva ad lasciarla in pace era che non aveva detto alla ragazza che la amava per l'ultima volta. Se fosse morta, non avrebbe mai saputo che Santana la amava ancora. Cominciò a pregare sottovoce. Lei, che non credeva più in Dio da anni. Lei, che era convinta che non si potesse salvare una vita con una preghiera. Lei si mise a pregare. E, visto che non ricordava le preghiere che le erano state insegnate da piccola, le creò lei, inventando le parole. 
"Ti prego, Dio. Ti prego, non portarmela via. Ho bisogno di lei per andare avanti. Non posso sopravvivere senza di lei" sussurrò la ragazza, ma sia Rachel che Kurt la sentirono.


Spazio autrice
okay, raga. Non so cosa sia. So solo che mi sono sempre chiesta come abbia reagito Santana alla notizia degli avvenimenti di "Shooting Star". Cioè, non credo che l'abbia presa benissimo. Comunque ci saranno altri capitoli, almeno due. 
Buona lettura a tutti :)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Rachel e Kurt si guardavano attraverso lo specchietto retrovisore. La strada per Lima era lunga e, anche se sapevano che era più comodo prendere un aereo, Santana non sarebbe riuscita a stare ferma, inerme e impotente, in aeroporto per ore. Stava impazzendo lì nel sedile posteriore. La testa era piena di pensieri che non le facevano bene, primo fra tutti la paura che la ragazza se ne fosse andata senza sapere la verità. Che Santana non aveva mai smesso di amarla. La latina si ripromise che gliel'avrebbe detto, se fosse stata ancora viva. Al diavolo l'orgoglio. Al diavolo la sua vita di New York. Al diavolo il suo futuro. Sarebbe tornata a Lima, almeno finché la ballerina non si fosse diplomata. Si trattava di pochi mesi, alla fine. Mesi che intendeva passare accanto al suo angelo biondo. Non avrebbe sopportato un altro giorno lontana da lei, ora che stava rischiando di perderla per semrpe. Brittany avrebbe lasciato Bocca da Trota e sarebbero tornate insieme. Poi sarebbero andate a vivere insieme a New York, per sempre. Il pensiero le diede coraggio. Sarebbe andato tutto bene. Doveva essere così, no? 
"Sì, non sembra neanche lei. Non credo che sia il caso" diceva Kurt al telefono. Certo, lui era tranquillo. Blaine era al sicuro con gli altri. Solo lei rischiava di perdere la persona che amava sopra ogni altra cosa.
"Non urlare, per tutti i numeri di Vogue! Ora te la passo!" esclamò nervoso, dando il telefono a Santana, che lo prese di controvoglia. Non aveva voglia di parlare con chiunque fosse dall'altro lato della linea.
"Pronto?" disse con la voce rotta dal pianto, la tristezza che si percepiva dal suo tono.
"Santana..." sospirò la voce familiare. La latina prese un grande respiro. Quinn Fabray era l'unica persona con chi avrebbe parlato in quel momento. La verità è che, anche se non l'avrebbe detto a nessuno, aveva bisogno della sua migliore amica in quel momento. Non si doveva vergognare di essere vulnerabile. C'era il rischio che avesse perso il grande amore della sua vita.
"Qu-Quinnie..." sussurrò con la voce roca, usando il nomignolo che le riservava solo quando aveva il ciclo o era ubraiaca. Il nomignolo della vulnerabilità. Dell'amore che provava per la bionda. I due in macchina sgranarono gli occhi, sentendo quella piccola parola. Santana non notò quello sguardo, ma non le sarebbe importato. Essere forte, in quel momento, era l'ultimo dei suoi pensieri. Aveva il diritto di essere debole, una volta nella sua vita. Di mostrarsi debole. Poteva lasciarsi andare. Le lacrime ormai le rigavano completamente le guance. 
"Tana, va tutto bene..." sussurrò la bionda dall'altro capo, ma la sua voce era debole. Dopotutto, Brittany era anche la sua migliore amica. Santana si ritrovò a pensare a quella nottata passata con Quinn, al matrimonio di Shue. Non erano seguiti altri incontri, ma le due ragazze si erano allontanate, forse per l'imbarazzo provato la mattina dopo quando, da sobrie, avevano dovuto affrontare le conseguenze di quella notte. Ma, nel momento del bisogno, Quinn c'era. Era lì al telefono con lei. Per aiutarla.
"Q...Ho paura...Non...Non ce la faccio..." ammise al telefono, il nodo in gola che si faceva più stretto, liberando altre lacrime. Si portò una mano al cuore e iniziò a singhiozzare. 
"Santana, per favore. Calmati..." Quinn voleva tranquillizzarla, anche se si sentiva morire. Brittany era indifesa, nessuno lì a difenderla. Doveva essere terrorizzata, in quel bagno. 
"CALMARMI?!" urlò la mora, facendo spaventare i suoi compagni di viaggio, che credevano di essere rinchiusi nella vettura con il diavolo in persona. 
"Lo so che è difficile. Ma lei non vorrebbe che tu la prendessi così" a quelle parole Santana strinse le mani intorno al telefono, quasi al punto di spaccarlo.
"Quinn..." sospirò la latina, continuando a singhiozzare. Si sentiva mancare l'aria. Non le arrivava nei polmoni, si fermava a livello della trachea. Era oppressa dalla preoccupazione e dalla sofferenza.
"Santana, sto in macchina anche io, okay? Sto arrivando e ti starò vicina, nel bene e nel male" tra i singhiozzi scappò un urletto alla ragazza. 
"Non lo merita. Non se lo merita" disse la mora a bassa. Diventò una specie di mantra che continuava a ripetere. Quasi non si accorse che Rachel aveva accostato e che si era scambiata con Kurt. Quasi non si accorse che le braccia dell'amica ora erano stretta attorno a lei, la bocca vicino al suo orecchio, le sua voce dolce che ripeteva parole di consolazione. Quasi. 
"Tana, devi essere forte" mormorò Quinn a mo' di saluto. Santana non voleva chiudere la chiamata, non voleva. Voleva continuare a parlare con la sua migliore amica, volev essere consolata. Ma non aveva più forze. Non rispose al saluto, convinta che Quinn avrebbe capito. E Quinn capì, mentre poggiava sul sedile il suo telefono dalla cover azzurra, concentrandosi di nuovo sulla guida. 
"Questa non è la Santana Lopez che conosco" sussurrò Rachel, vicina alla latina. Troppo vicina, in condizioni normali. Troppo lontana ora. I due - insopportabili, fastidiosi - erano la sua famiglia. Aveva bisogno della loro vicinanza. Aveva bisogno di Rachel, che Zeus la fulminasse anche solo per averlo pensato.
"Rach?" la ragazza dalla pelle olivastra alzò gli occhi - così vulnerabili, pieni di emozione, vuoti allo stesso tempo, come notò la più bassa - e li puntò in quelli dell'amica, che si sentì mancare un battito al nomignolo. Santana era così dolce, doveva stare davvero male. Non le piaceva così, voleva che tornasse ad insultarla. 
"Sì?" la diva le spostò i capelli da davanti il viso, mettendoglieli dietro l'orecchio, con una dolcezza tale che non pensava di possedere.
"Qualsiasi cosa succeda, ti voglio bene" disse con un filo di voce, senza forze. Non era mai stata così spenta in vita sua. Kurt spalancò gli occhi, sentendo quell'affermazione. Santana si era praticamente trasformata nell'ultima mezz'ora. Aveva lasciato che le difese intorno al suo cuore fossero distrutte. Aveva fatto cadere la maschera che usava per nascondersi ogni giorno. Rachel si accorse che stava conoscendo un lato dell'amica che sospettava avesse visto solo Brittany. L'affermazione l'aveva scossa. Santana le voleva bene. Sentì il cuore battere con più forza. Ciò che la turbò, tuttavia, fu la premessa. 'Qualsiasi cosa succeda'. Le parole non dette firmarono un muro tra le due. O forse lo buttarono giù. Entrambe sapevano cosa quelle parole significavano realmente. Significavano che, se tutto fosse andato male, se Brittany fosse morta, se le paure più grandi di Santana fossero diventate realtà, avrebbe voluto finirla lì. E sarebbe morta anche lei. Senza Brittany, ormai Rachel lo sapeva, Santana non era se stessa. Erano cresciute insieme e non avrebbero mai smesso di amarsi. Le loro vite erano incatenate, non importa quanto fossero lontane. Rachel stava per rispondere a Santana, stava per dirle "ti voglio bene anche io" o forse qualcos'altro, quando la vide prendere il telefono e cambiare del tutto espressione. 

San. Ho paura. 

Diceva un messaggio da Brittany. La sua Brittany le aveva scritto. Santana si sentì travolgere da un'ondata di sollievo. Era ancora viva. Brittany, il suo grande amore, era viva. Sentiva ancora il cuore che voleva distruggerle il petto, ma poteva dirglielo. Poteva dirle che l'amava ancora, che non aveva mai smesso, che l'aveva lanciata andare perché starle lontana faceva troppo male, perché due videochiamate ogni tanto non erano abbastanza. L'avrebbe saputo. 
Piccola mia.
Rispose velocemente, asciugandosi gli occhi per vedere meglio la tastiera. 

Ci sono io qui. Non devi aver paura di niente.

Digitò più velocemente che poteva. Voleva dirle tante cose. Tante di quelle cose. 
Non sei qui, non c'è nessuno qui.
Rachel continuava ad accarezzarle la spalla, con un minuscolo sorriso, mentre, anche se non doveva, leggeva la conversazione. 

Sto arrivando, bimba.

Non ho mai smesso di amarti. 

Quando arrivò quel messaggio, Santana pensò che stesse per morire di felicità e di amore. Brittany la amava ancora. Non amava Sam. Amava lei. Il cuore le galoppava nel petto. La sua mano olivastra trovò quella di Rachel e la chiuse in una morsa da cui era impossibile liberarsi. 

Non amo Sam, amo solo te.

Non potevo morire senza che lo sapessi.

Era una conversazione che dovevano avere faccia a faccia. Non potevano vivere l'una senza l'altra, ma non erano cose da dire per messaggio.

Ti amo anche io. Ma non dire che morirai. Starai bene, fidati di me.

Santana si stava calmando, piano piano. Almeno non piangeva più di dolore, ma di gioia. A Rachel bastava quello. Non voleva più vederla in quelle condizioni.

Shue mi ha fatto uscire. Sono con gli altri ora. 

L'ultimo messaggio arrivo circa cinque minuti dopo e Santana pensò che era finita. Brittany era al sicuro. Era viva. E sapeva che la amava. Sentì le labbra delicate della sua amica sulla propria fronte.
"Va tutto bene..." sussurrò Rachel. E sì, andava tutto bene. 

Spazio autrice
Lo so, è passato tanto tempo. Mi dispiace se sono stata assente, ma eccomi tornata. In questo capitolo ho deciso di usare le originali parole della rottura delle ragazze, che consiglio a tutti di leggere perché sono stupende e decisamente migliori di quelle che sono state scelte alla fine. In realtà non mi fa neanche così tanto impazzire questo capitolo. Cioè boh, spero che non risulti una schifezza. 
Buona lettura a tutti :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


"Signora Pierce!" esclamò Santana, vedendo la madre della sua ex-ragazza, non appena la porta di casa Pierce si aprì davanti ai suoi occhi. Quella casa che ormai considerava un po' la sua. Forse perché lo era. Forse perché aveva passato più tempo tra quelle quattro mura di un vivace giallo che nella propria abitazione. Forse perché per la prima volta si era sentita al sicuro proprio in quell'edificio, circondata da visi sorridenti, piuttosto che dalla sua violenta famiglia. In effetti, non c'era giorno in cui Santana non andasse a trovare la sua amica, poi la sua amante, poi la sua ragazza. Spesso si presentava con un sorriso imbarazzato, chiedendo di poter restare per la notte. Altre volte, veniva ritrovata seduta sul portico, il viso solcato dalle lacrime, i capelli fradici per il temporale che imperversava intorno a lei, reduce da un'altra furiosa litigata dei suoi genitori. Un paio di volte, sfoggiava, con la sua solita aria orgogliosa e mai spaventata, - anche se Brittany poteva sempre vedere il terrore e il dolore nei suoi occhi di pece - un livido violaceo proprio sullo zigomo. Allora di solito si accusava, diceva che non aveva nessun altro posto dove andare, che poteva tranquillamente rimanere sul portico, non avrebbe creato problemi. E Susan Pierce la faceva entrare con il suo solito sorriso gentile, attenta a non farle sembrare quell'invito un gesto di carità, altrimenti non lo avrebbe accettato.

"Santana! Quante volte ti ho detto che mi devi chiamare Susan?" la donna gettò le braccia al collo della ragazza che ormai considerava sua figlia, inspirando il suo profumo delicato. La strinse in un abbraccio come se da questo dipendesse tutta la sua vita. Sapeva quanto le due ragazze erano rimaste legate, se non effettivamente, nei rispettivi cuori. E sapeva quanto Brittany avesse bisogno dell'altra in quel momento. 

"Lei..." Santana esitò un secondo, staccandosi dall'abbraccio. "Lei come sta?" chiese preoccupata, non poteva stare bene dopo quella giornata di inferno. La donna la fece entrare e la latina rimase ferma al centro del salotto, imbarazzata. Non doveva permettersi di considerare quella casa la sua, non più. Aveva abbondanato Brittany e ne doveva affrontare le conseguenze ora. Le si spezzò il cuore al solo pensiero. Quella non era più casa sua. Brittany non era più sua. Si chiedeva come mai Susan non ce l'avesse a morte con lei, ma, alla fine, preferiva non saperlo. Preferiva che tutto rimanesse così. Che la madre della sua ex-ragazza la amasse ancora. Rimase lì, in piedi, ad aspettare qualcosa, forse la risposta della madre di Brittany. Forse il coraggio di salire quelle poche, ma infinite, scale che conducevano alla camera del suo amore. 

"Non bene, non vuole parlare con nessuno" Susan Pierce sospirò, avvicinandosi a Santana e mettendole una mano sulla spalla. "Ha cacciato Sam." 

Il cuore della ragazza fece un salto, quasi le arrivò in gola, sentiva come se stesse uscendo dalla bocca. Perché aveva cacciato Sam? Era il suo ragazzo. I suoi messaggi le tornarono in mente. La bionda amava lei. Non Sam. Voleva lei. E non l'avrebbe cacciata. E a Susan andava bene? Dopotutto, Santana aveva fatto soffrire sua figlia. Semplicemente ignorava questo fatto? Come se non fosse mai successo?  Quasi come se sentisse i pensieri di Santana, la madre di Brittany la abbracciò di nuovo e disse: 

"Lei ti ha perdonata, sai? Sa che lo hai fatto per lei e non potrebbe esserti più grata. E te ne sono anche io, ho visto come stava quando eravate ancora insieme. Non voglio più vederla così" sussurrò, dandole un bacio tra i capelli. Santana alzò lo sguardo su di lei, gli occhi neri arrossati e lucidi di lacrime. 

"Non avrei mai dovuto lasciarla qui" mormorò, provando disperatamente a calmarsi. Odiava piangere in pubblico, sopratutto davanti agli adulti. Non voleva che la considerassero debole. Ma non riusciva a non piangere pensando a Mine, a come aveva lasciato Brittany, allo sguardo nei suoi occhi chiari, alla delusione, al dolore che emergevano. Quello sguardo le spezzava il cuore ogni volta. La tormentava durante i suoi peggiori incubi e, sempre più spesso, anche quando non dormiva. Si era sentita morire e non era più stata se stessa. Non era più la stronza di Lima Heights, sempre con una battuta sarcastica pronta. Era una ragazza che passava intere giornate a piangere, raggomitolata sul suo letto, spesso confortata da una dispiaciuta Rachel Berry, la sua mano delicata che disegnava lievi carezze sulla schiena della latina, non volendo essere troppo intrusiva, ma neanche troppo distante.

Ora era quasi il fantasma della vecchia se stessa. Come se il suo corpo fosse un involucro vuoto.

"Hai fatto la cosa giusta. Devi pensare al tuo futuro" disse Susan, comprendendo il motivo che aveva portato la mora a rompere con sua figlia. 

"È lei il mio futuro" rispose a bassa voce la latina, mentre saliva le scale, dritta alla stanza di Brittany. Cosa le avrebbe detto? Aveva avuto un intero viaggio per pensarci e, comunque, non aveva la minima idea delle parole che avrebbe usato. Non che non l'avesse vista dalla rottura, anzi, era tornata più volte a  Lima solo per avere una scusa per ammirare ancora una volta quei diamanti azzurri, ma si erano dette "ti amo" via messaggio. Stavolta era diverso. Stavolta avrebbe dovuto affrontare quei pozzi blu pieni di aspettative e di tristezza. E avrebbe dovuto consolarla. Non era mai stata brava a consolare. E se Brittany non la volesse più perché non sapeva consolare? Santana si dice che era un'idiota anche solo a pensarlo. La bionda la amava per quello che era e il sentimento non poteva cambiare per una cosa del genere. Ma la amava? E se le avesse scritto solo perché pensava che stesse per morire? E se non la amasse davvero? E se amasse Sam? Santana si costrinse a spegnere quella vocina nella sua testa che generava in lei quei dubbi. Non aveva certo bisogno di insicurezze, non in quel momento. 

Bussò delicatamente alla porta della sua ex, per non disturbare. Era stata così delicata che, data una mancata risposta, per un po' credette che non si fosse sentito. O che non avesse bussato davvero, che fosse davvero la sua immaginazione che le stava giocando brutti scherzi. Sentì il bisogno di tornare indietro, a New York, di non affrontare le conseguenze delle sue azioni. 

Codarda. Disse la vocina nella sua testa.

Codarda. Codarda. Codarda.

"Mamma ti ho detto che voglio stare da sola" una debole voce si levò dalla stanza, rotta dal pianto. La sua voce. Santana si sentì svenire. Il cuore le batteva all'impazzata. Non era allegra, come al solito. Era triste, quasi distrutta. Le si strinse il cuore quando sentii quel tono. Le venne voglia di piangere. Aprì la porta delicatamente e mise la testa dentro. La bionda era di spalle, raggomitolata su stessa, una coperta che la avvolgeva completamente. Sembrava una bambina impaurita. Stringeva forte i pugni e singhiozzava silenziosamente, le lacrime che bagnavano il cuscino rosa con gli unicorni stampati sopra. Quegli occhi stupendi erano chiusi, strizzati. Il viso era rosso. 

"Britt, sono io" mormorò la latina, camminando lentamente verso il letto, i passi leggeri uno dopo l'altro. 

Brittany si girò di scatto sentendo la sua voce, sgranando gli occhi. Il nero si specchiò nell'azzurro dopo così tanto tempo. I quattro occhi si fusero, diventarono una cosa sola, al punto che non si distingueva più dove finiva la pece e dove iniziava il cielo. Santana non si sentiva più le gambe, forse stava per svenire di fronte all'oggetto del suo amore. Non riusciva a respirare bene, il fiato era imprigionato nelle sue narici. Il polso le batteva come se avesse appena corso da New York fino a Lima.  Dopo un bel po' di tempo - troppo, o forse troppo poco - passato a guardarsi negli occhi, Santana ruppe il contatto visivo, abbassando lo sguardo imbarazzato per terra, fissato sul pavimento a mattonelle bianche. Pochi secondi dopo sentì una debole stretta a metà della schiena, poco sopra il bacino. Istintivamente strinse le braccia intorno al collo della ragazza e con una mano tremante le accarezzò i capelli biondi come la luce del sole. La più alta nascose il viso nell'incavo del collo dell'altra e singhiozza silenziosamente, appiccicando il suo corpo da ballerina a quello della mora. Santana trattenne il fiato quando sentii le curve della bionda premere sulle sue. La testa le girava e la voglia per la ragazza si riaccese in lei. Come se fosse mai andata via. 

"Grazie" sussurrò Brittany, inspirando forte il profumo dell'altra, nel punto in cui era più intenso. Sapeva di vaniglia, come al solito. E non si trattava di un profumo artificiale, era il suo aroma, emanato dal suo corpo stesso. Grazie per cosa? Per essersi praticamente teletrasportata da New York? Per averle detto "ti amo"? Per quell'abbraccio? 

Lentamente, Brittany si staccò dall'abbraccio, solo un pochino, trovandosi faccia a faccia con la latina. Quei due diamanti incastonati nel viso latteo erano fissi nei buchi senza fondo di Santana. La leggevano come nessuno era mai stato in grado di fare. Scoprivano i suoi segreti più profondi e lo mettevano a nudo, sottoponendoli all'esame di una lente di ingrandimento. Ma la mora non aveva più voglia di scappare da quell'esame accurato, non aveva più paura. Si sottoponeva ad esso volontariamente, lasciava che la maschera cadesse. 

"Quei messaggi...Ne...Ne dovremmo parlare" disse Santana, balbettando per la prima volta nella sua vita. Si accorse solo allora delle lacrime che le stavano scivolando lungo le guance. Erano lacrime di sollievo e di amore. Si era ricongiunta con la sua metà. Era completa. Si asciugò frettolosamente le guance, come per nascondere che avesse versato una lacrima. Come se Brittany potesse non accorgersene. 

La bionda annuì distrattamente e la condusse verso il letto, facendola sedere accanto a lei. I suoi occhi blu erano ancora rossi per il pianto, così come il naso e alle guance, bagnate di lacrime. Santana si mise a gambe incrociate come quando, molto tempo prima, per la prima volta si erano baciate, un po' spaventate dalle emozioni che si rivelavano su di loro. 

"Penso davvero quello che ti ho detto. Voglio lasciare Sam" disse la ballerina con una risoluzione che Santana non credeva possedesse. Le sue mani color cioccolato trovarono quelle bianche dell'altra e le strinsero. 

"Non voglio più vivere a New York, voglio stare qui, con te. Per favore permettimi di farlo" disse la latina tra i singhiozzi, gli occhi stretti per evitare la fuoriuscita di altre lacrime. L'altra, quasi come se si fossero accordate in precedenza, sgranò gli occhioni azzurri. 

"No, non ti permetterò di rinunciare al tuo futuro per me" rispose con sicurezza, quasi rabbia. Non voleva che la latina abbandonasse i suoi sogni solo per passare del tempo con lei. 

"Lo capisci che non posso proteggerti se sono a New York?!" urlò Santana disperata, spalancando gli occhi, incontrando quelli chiari di fronte a lei. La paura che succedesse qualcosa di brutto alla bionda mentre lei era lontana, come era accaduto quella volta, la uccideva. Non si sarebbe perdonata se avesse corso pericoli a causa sua.

"E io non voglio che tu torni in questa cittadina per stare con me!" rispose Brittany con la stessa disperazione nella voce. Presero entrambe un grande respiro, non volevano urlare l'una contro l'altra,  on ora che si erano ricongiunte.

"Scusa" Santana abbassò la testa nel mormorare quella piccola parola, mordendosi il labbro, perché lei di solito non chiedeva scusa, era difficile per lei. Sentì due dita sotto il suo mento che lo rialzavano e le due paia di occhi si scontrarono. Era possibile che avesse un mini infarto ogni volta che i suoi occhi incontravano quelli della mia bionda? Non poteva andare avanti così. Quasi non si accorse del viso della bionda che si avvicinava al suo, fino alla collisione delle loro labbra. Si scambiarono un bacio dolce e delicato. Santana sentì di nuovo il sapore della sua ex ragazza. Ambrosia, nettare di Paradiso. 

Il bacio durò troppo poco, le due ragazza si seperarono, poggiando le fronti l'una contro l'altra. I loro respiri affannati si mischiarono, erano ancora così vicine. Faceva quasi male esserle così vicina e non poterla toccare, per Santana. Ogni sua cellula voleva un nuovo bacio con la bionda, tanto che iniziò a tremare. Aveva un bisogno fisico di lei. Di starle accanto. 

"San..." sussurrò la bionda, il suo respiro che arrivava addosso all'altra. Dopo quella piccola parola, azzerò di nuovo le distanze tra di loro, fondendo le loro labbra in un bacio diverso. Era famelico, bisognoso, fatto di capelli tirati e di morsi. Le mani di Santana trovarono immediatamente il grano dei capelli di Brittany, tirandola più vicino a sé, mentre con la lingua esplorava la bocca della bionda. Le sembrava di tornare a casa. Le loro lingue si intrecciarono in una danza furiosa, le mani iniziarono ad esplorare, come se fosse la prima volta, il corpo dell'altra. I loro respiri si fecero corti, affannati, come se avessero appena corso la maratona. Santana, riluttante, si staccò dal bacio. 

"Non...non possiamo. Non voglio essere l'amante" disse con la voce bassa, i ricordi di suo padre che tradiva sua madre che le affollavano la mente. Non poteva essere come loro, non voleva che Brittany fosse come loro. Provò a scacciare l'immagine di suo padre immerso tra le gambe della sua segretaria di vent'anni. Era una bambina di dieci anni, all'epoca. Ne era stata distrutta. Si costrinse ad allontanare quelle immagini dalla mente. 

Si morse il labbro, voleva Brittany. Ma non in quel modo. Non come l'amante da nascondere nell'armadio.

"Santana, domani mattina lascio Sam. Ma ho bisogno di te ora" sussurrò la bionda, mettendo le mani sul viso dell'altra, facendolo alzare. 

Santana esitò qualche secondo. Si fidava di Brittany. Sapeva che avrebbe lasciato davvero Sam. E di certo anche lei aveva bisogno della bionda. 

Non sei come tuo padre, disse una vocina nella sua testa. La latina si avventò ancora una volta sulle labbra sottili di Brittany. Doveva averla in quel momento. 

Le due ragazze si abbandonarono alla passione, mani intrecciate, sospiri combinati, quasi un unico sospiro, cuori che battevano all'unisono, urla e gemiti soffocati da bocche fameliche. Si amarono come se fosse stata la prima volta, come se si stessero conoscendo. Si amarono più che mai, era troppo tempo che stavano lontane. Quando raggiunsero l'ennesimo apice del piacere, insieme, si accasciarono l'una contro l'altra, i corpi quasi fusi in uno solo. Respiravano con difficoltà, Santana che disegnava lenti cerchi sulla pelle lattea della sua migliore amica-ragazza-anima gemella. 

"Ti amo" sussurrò la bionda nel suo orecchio, mentre si sentiva sempre più assonnata. 

"Ti amo anche io" rispose Santana nello stesso tono, addormentandosi lentamente anche lei. 





Spazio autrice

In un primo momento avevo pensato di chiudere la ff così, ma ora ho voglia di scrivere un altro capitolo, quindi e in fase di scrittura. Ho cercato di rendere i capitoli più lunghi, come mi è stato giustamente suggerito, spero di essere riuscita nel mio intento. Buona lettura a tutti :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Santana si svegliò con un grugnito, a causa della luce che entrava nella stanza della sua...della sua cosa? Cos'erano, esattamente? Non stavano insieme, ma avevano appena fatto l'amore. Ripetutamente. Quindi non erano solo migliori amiche. Non potevano esserlo. La latina sapeva solo che non l'avrebbe abbandonata di nuovo. Non ce l'avrebbe fatta, ora che era lì, il suo corpo nudo contro l'altro, le coperte leggere che coprivano solo la bionda, nonostante la mora avesse freddo. Non le avrebbe mai levato la coperta. Non avrebbe mai permesso che dormisse male a causa delle basse temperature. Non era importante cosa fossero. Lo avrebbero capito. 
Insieme. 
Quella parola bastava a far battere più velocemente il cuore di Santana. Avrebbero potuto affrontare una guerra insieme. Potevano affrontare una definizione che, alla fine, neanche necessitavano. Erano Brittany e Santana. Santana e Brittany. Non avevano mai avuto bisogno di un'etichetta. E decisamente non ne avevano bisogno ora. Era solo una parola, loro erano molto di più. Proprio in quel momento il corpo, ancora profondamente addormentato, della bionda si strinse al suo istintivamente. Le loro gambe erano incrociate, illuminate dalla tenue luce dell'alba. La latina guardò la persona che amava sopra ogni cosa, dormiva con la bocca leggermente aperta, lasciando intravedere i denti bianchi, e un sottile rivolo di bava le scivolava verso il mento. La mora si ritrovò a ridacchiare addolcita, dormire insieme alla bionda la faceva sentire a casa. L'amore che provava rischiava di farle esplodere il cuore. Portò una mano ad accarezzare la chioma  bionda, spostando qualche ciocca dagli occhi chiusi. Chissà cosa stava sognando. Chissà se sognava di loro due, chissà se ricordava della notte appena trascorsa. La mora indugiò per pochi secondi con le dita sulla guancia chiara della ragazza, perdendosi nel guardare le sue ciglia che sbattevano leggermente nel sonno. Rimase a guardarla per un tempo indefinito, forse il tempo si dilatò, si allungò fino a circondarla con il suo corpo sempre in movimento. Non le interessava di quanto tempo passasse, voleva guardare Brittany finché non avesse imparato la posizione di ogni neo, di ogni lentiggine, finché non avesse memorizzato il suo viso. Il petto della ragazza si alzava e si abbassava ritmicamente, con una canzone che, ormai, Santana conosceva a memoria. I capelli biondi erano scompigliati, segno di una notte passata a fare l'amore. Santana ricordò delle proprie mani immerse in quei raggi di sole, tirandoli e stringendoli. Le mani della sua amante si erano strette sulla sua schiena, lasciando dei segni rossi sulle scapole. I due corpi portavano i segni gemelli dell'amore. 
Brittany in quel momento cambiò posizione, avvicinandosi ancora di più alla latina inconsciamente, forse divorata dal bisogno di averla accanto. La testa bionda finì sul suo petto, dove era stata per infinite notti negli anni precedenti. Brittany russava sonoramente, facendo ridere ancora di più la mora. Sì, non le aveva fatto piacere di svegliarsi così presto, ma, se poteva vedere la donna che amava dormire, ne valeva decisamente la pena. 
"Ti amo, cucciola" sussurrò Santana, stampando un bacio sulla guancia della ragazza e sorridendo come una scema. Si sentiva troppo smielata, ma la verità è che si trasformava in un dolcetto quando si trattava di Brittany. La latina inspirò il profumo dei capelli dell'altra, sapevano di casa. Sentendo un familiare brontolio nello stomaco, Santana si alzò, decisa a scendere e preparare la colazione. Scesa dal letto, iniziò a cercare i propri vestiti, lanciati in un attimo di passione. 

"Non hai bisogno di questo" disse la bionda, una luce divertita negli occhi blu, mentre lanciava il reggiseno rosso della mora, abbassandosi, poco dopo, per dedicarsi ai suoi capezzoli scuri. 

Santana scacciò il ricordo, bastava per farla eccitare di nuovo. E non aveva più voglia di provare piacere se non era Brittany a regararglielo. Quando si era accorta per la prima volta di desiderare solo Brittany, le era sembrato strano. Lei era Santana Lopez e non avrebbe mai ristretto il suo campo di scopate a una sola persona. Eppure, gli altri non la soddisfacevano più. I ragazzi, con le loro mani ruvide e dure, la toccavano, ma lei non sentiva più niente. Si sentiva vuota, non importava quanto in realtà fosse piena. Con Brittany era diverso, bastava un suo sguardo per farla sentire piena e felice. E allora si era dovuta arrendere al desiderio che provava per la bionda. 
Santana recuperò la sua t-shirt di due taglie più grandi - che usava per dormire e che dunque indossava quando aveva scoperto dello sparo, quando non si era preoccupata di rendersi presentabile - e la indossò, in modo da coprirsi fino a metà coscia. Con un ultimo sguardo alla bionda addormentata - e un sorriso - , si diresse nel bagno a cui si accedeva direttamente dalla stanza da letto. Guardandosi allo specchio, la latina ridacchiò notando la condizione dei suoi capelli. Erano scompigliati, sicuramente dal modo in cui erano stati afferrati e tirati la notte prima. Non era aggiustata, non era truccata, era senza filtri e, soprattutto, portava ovunque i segni dell'amore. Eppure non si era mai sentita più bella, non come in quel momento, quando si guardava allo specchio e trovava degli occhi neri che ricambiano il suo sguardo. Occhi felici, come non lo erano stati per tanto tempo. Sembrava che sprogionassero gioia, così smisurata che presto anche le labbra carnose della mora si aprirono nel più sincero dei sorrisi. 
Sei proprio fottuta. La prese in giro bonariamente la vocina nella sua testa, ma lei scosse leggermente la testa, facendo ondeggiare i capelli a destra e a sinistra. Non era fottuta, era solo innamorata. E forse le due cose si equivalevano. Si costrinse a distogliere lo sguardo dal riflesso e a scendere a preparare la colazione. Fece le scale con passo leggero, totalmente diverso dal modo in cui aveva salito quella stessa rampa il giorno prima. Arrivata in cucina, preparò attentamente il caffè. Sentì il profumo arrivare nelle narici ed inebriarle i sensi. Nel frattempo, prese gli ingredienti per preparare i pancakes, abitudine di New York, dove, ogni domenica, presa da quell'affetto che stupiva sempre i suoi due coinquilini, si metteva ai fornelli e faceva dei dolci deliziosi.
"Vedo che sei migliorata in cucina" commentò una voce alle sue spalle. Santana sussultò al suono inaspettato e imprecò. Si girò lentamente e salutò con un sorriso Susan Pierce, che la osservava con i capelli raccolti in una coda e con una vestaglia. Sul viso aveva un sorriso gentile, quello che riservava sempre alla latina, memore del modo in cui aveva fatto stare bene la figlia.
Santana era color peperone, indossava solo una maglietta, non aveva neanche pensato a rimettersi gli slip. E ora la madre della sua amante, che tra l'altro era ancora fidanzata, le stava parlando. Non che Susan non le avesse beccate in situazioni compromettenti, ma stavolta era diverso. Non stavano più insieme. E si vedeva, anche solo guardandola, che avevano fatto sesso. 
"Non c'è bisogno di essere imbarazzata, cara. Come se non vi avessi mai visto scopare" esclamò allegramente Susan mentre controllava i pancakes. A volte Santana si dimenticava di quanto fosse diretta la donna. Ingoiò a vuoto, cercando di calmare il tremore delle mani. Sentì una mano sulla sua spalla e una leggera stretta. 
"Allora, come è andata?" chiese Susan dolcemente, stampando un bacio tra i capelli incasinati della mora, quasi come se fosse sua figlia. 
"Ehm..." balbettò la ragazza. Non poteva di certo parlare della sua vita sessuale con la madre della sua partner. Partner? Per la seconda volta da quando si era svegliata, Santana si chiese cosa fossero lei e Brittany. Per la seconda volta scacciò il pensiero, avevano tempo per pensarci.
"Va bene, ne parleremo più avanti" liquidò la situazione Susan, notando le guance ormai andare a fuoco della latina. In più, le sue mani scure tremavano a causa dell'agitazione.
"Ho paura che non lasci Sam" ammise Santana a bassa voce, gli occhi incollati al pavimento. Non amava ammettere le sue debolezze, tranne che con Brittany. Solo con lei poteva essere se stessa senza la paura costante di essere giudicata. Solo con lei si era permessa di piangere, di urlare e di disperarsi. Ma anche di amare. Non era mai stata in grado di resistere a quegli occhioni blu. E non avrebbe iniziato ora. 
"Santana, lei ti ama. E se ti ha detto che lo farà, lascerà Sam. Credo che sappiamo entrambe con chi deve stare. E credo che lo sappia anche Sam" mormorò la donna, stringendo la mora a sé, presa da uno dei suoi pochi momenti di serietà. Forse più unici che rari. 
Ed è la cosa giusta? chiese la vocina onnipresente nella testa di Santana, quella che rappresentava tutte le sue debolezze, quelle che non mostrava al mondo. La vocina che rappresentava la vera Santana, invisibile alla maggior parte delle persone. Era la cosa giusta permettere a Brittany di lasciare Sam? Sì. Lei sarebbe rimasta stavolta. Non sarebbe tornata a New York, non senza la bionda. Sicuramente anche Rachel e Kurt sarebbero stati felici di non averla più tra i piedi. 
Notando che i pancakes erano pronti, la mora li mise su due piatti e prese anche la caffettiera fumante, posizionando il tutto su un vassoio fornito da Susan. Borbottando un "grazie" - Santana Lopez non ringraziava mai, per questo era difficile farli ad alta voce - , salì di nuovo le scale, stavolta attenta a non rovesciare il contenuto del vassoio per terra. Un piatto ospitava una "torre" di pancakes annaffiati con sciroppo d'acero, il condimento preferito della bionda. Accanto c'erano un coltello e una forchetta e una tazzina fumante di caffè. 
Santana entrò nella camera e trovò la ballerina seduta a gambe incrociate, intenta a guardarla con un sorriso dolce. Sorriso che la latina non poté non ricambiare, le guance che le si arrossavano. 
"Avevo paura che non tornassi, come facevi all'inizio" sussurrò Brittany quando la ragazza si sedette nella medesima posizione di fronte a lei. Flash dei loro primi mesi di relazione invasero la mente della bruna. Si ricordò di come scappava dal letto dell' "amica", spaventata di affrontare i suoi sentimenti, quelli che nascondeva a tutto il mondo. Aveva paura che la bionda, guardandola negli occhi, intuisse quella verità celata con tanta difficoltà dalla mora. Sapeva di ferirla e la cosa le spezzava il cuore, ma non aveva alternative. Evidentemente i suoi occhi si erano riempiti di lacrime, perché senti una mano calda e gentile sulla guancia. 
"Va tutto bene, so perché lo hai fatto, ti ho perdonata tanto tempo fa" sussurrò la voce di miele. Chissà come, Brittany sapeva sempre leggerle dentro, come se fosse un libro aperto. Ne era sempre stata in grado. Anche quando Santana si sforzava di nascondere le sue emozioni, Brittany le conosceva. Forse anche prima che le conoscesse la mora. 
"Non ti lascerò più. Non ho intenzione di andarmene" mormorò la latina, alzando lo sguardo su quegli occhi blu, che la stavano già scrutando. 
"Ho mollato Sam con un messaggio" disse subito dopo la bionda, iniziando a tagliare i pancakes. Santana spalancò gli occhi a quell'affermazione. Lo aveva lasciato per lei. Potevano stare insieme veramente, non come amanti.
Brittany era nuda. Non avevano avuto né tempo né voglia di indossare vestiti dopo aver fatto l'amore la sera prima. Avevano dormito prive di essi e abbracciate, dandosi calore a vicenda. Santana osservò il petto della bionda che si alzava e si riabassava ritmicamente, poi sentì le dita calde della ragazze che prendevano la sua mano e la portavano all'altezza del suo cuore. 
"Questo batte solo per te" la voce di Brittany si spezzò per l'emozione, le sue dita si strinsero con più forza su quelle abbronzate. "È sempre stato così e lo sai."
"Lui ti ha reso felice, chi sono io per tornare e riprenderti?" chiese disperata la mora, inondata improvvisamente dai sensi di colpa. Stava facendo soffrire Sam, dopotutto. 
"Io voglio te, non lui, non so più come dirtelo." 
Santana cominciò a tremare, chiuse gli occhi per provare a bloccare il pianto. Brittany le prese entrambe le mani, sapeva che stava per avere un attacco di panico. Le era capitato spesso, soprattutto dopo il coming out forzato e la bionda era sempre stata lì per aiutarla a calmarsi. Stavolta non sarebbe stata da meno.
"Shhh, va tutto bene, ci sono io. Sono io, Brittany. E ti amo. Lo capisci che sei l'amore della mia vita?" la strinse forte a sé, accarezzandole i capelli scuri. 
Ci volle un po', ma piano piano la latina riprese a respirare normalmente e riaprì gli occhi, la prima cosa che vide fu quell'azzurro mozzafiato, velato fa un'espressione preoccupata. Immediatamente ebbe bisogno di un bacio da quelle labbra sottili. Si sporse e lo ricevette, sentendo il sapore di quell'unico pezzo di pancakes che la bionda era riuscita a mangiare prima dell'attacco. Il sapore dello sciroppo d'acero fu il Paradiso per le papille gustative della mora. 
"Rovino sempre tutto" disse dispiaciuta, staccandosi dal bacio. Ma Brittany aveva altri piani. Ricominciò a baciarla dolcemente e le prese le mani ancora tremanti, poggiandole sui propri fianchi. Santana si risvegliò dalla trance provocata da quel momento di debolezza e si rese conto di avere davanti la ragazza più bella che avesse mai visto, nuda. Tra baci e carezze, la colazione fu presto dimenticata. E cadde rovinosamente per terra. 


Spazio Autrice 
Siamo arrivati alla fine di questa storia. Considerando che io avevo progettato uno, al massimo due, capitoli, sono felice di avere avuto ancora da raccontare sull'argomento. Spero che la lettura sia stata piacevole, a presto (sì, ho un paio di altre idee)

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