Insignificante

di MaryFangirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Uno ***
Capitolo 2: *** 2. Casa ***
Capitolo 3: *** 3. Uno sguardo nell'abisso ***
Capitolo 4: *** 4. Incontro ravvicinato ***
Capitolo 5: *** 5. No comment ***
Capitolo 6: *** 6. Non parliamo più ***
Capitolo 7: *** 7. La verità è ***
Capitolo 8: *** 8. Colpo di fortuna ***
Capitolo 9: *** 9. Niente ***
Capitolo 10: *** 10. Non c'è inizio senza una conclusione ***
Capitolo 11: *** 11. Flusso sanguigno ***
Capitolo 12: *** 12. Solo un po' di più ***
Capitolo 13: *** 13. Epifania ***
Capitolo 14: *** 14. Due settimane dopo: nuovi inizi ***



Capitolo 1
*** 1. Uno ***


Questa è una storia tradotta in italiano dall'inglese. Tutte le info subito qui sotto.
 
Titolo originale: Insignificant
 
Ciao a tutti ^_^ con la rilettura di Slam Dunk, allo stesso modo – e ovviamente, è una conseguenza naturale – mi sono messa alla ricerca di fanfiction HanaRu (o RuHana) e devo dire che non è facile trovarne oramai, specialmente di valide XD ce ne sono tante in cinese ma purtroppo non sono in grado di leggerle T_T...qualcosa di valido però c'è, ed ecco che mi sono imbattuta in una storia molto bella che ho deciso di tradurre e, dopo aver ottenuto il consenso dell'autrice...eccola qua :) spero che sia di vostro gradimento.
 
La storia è, chiaramente, Hanamichi/Kaede, con qualche accenno di Yohei/Haruko.
 
Ci sarà un aggiornamento ogni lunedì (salvo eccezioni e/o imprevisti). Buona lettura e, se vorrete, fatemi sapere che ne pensate. 
 
 
 
Hai mai mentito a qualcuno che ami? Per tue ragioni egoistiche, naturalmente. Volevi chiudere tutto perché in quel momento pensavi solo a te stesso, ignorando scioccamente l'altra persona. In quel momento, in qualche modo sei convinto del fatto che non ami quella persona tanto quanto un tempo. In realtà l'amavi, la ami ancora, ma la realtà è che cerchi di resistere a quel sentimento. Poi inizi a chiederti perché. Perché volevi resistere così tanto quando lo avevi praticamente accettato. Diventa quindi una battaglia confusa tra il desiderio libero e l'accettazione della sensazione di soccombere a ciò che le persone o la società ne penseranno.
 
Non c'è da fraintendermi, però, di solito non me ne frega niente del giudizio degli altri, ma quando si tratta di amore e obiettivi di vita, non so resistere all'allettante desiderio del campo, ai rumori familiari della folla e degli applausi e il quasi mistico suono del globo rotondo noto come palla da basket. Con qualsiasi tipo di relazione o storiella d'amore, può durare solo fino a un certo punto prima che io sappia che devo andarmene. Quello è uno di quei casi in cui essere indifferente nei confronti dei miei incontri con le persone sarebbe utile, mi evita la fatica di affrontare le emozioni di un'altra persona piuttosto che le mie, dato che non c'è più nulla a cui guardare se ad un certo punto decido che l'America è troppo dura per un ragazzo cresciuto nella semplice Kanagawa. Tuttavia, non è così. Sarebbe diverso se si trattasse solo di una momentanea consolazione per il solitario, ma posso subito affermare che è tutt'altro che così.
 
Le relazioni insignificanti sono quello che sono, insignificanti. E mentirei se dicessi che non ho mai avuto una relazione insignificante prima d'ora. Oltre alla mia natura molto indifferente verso tutto ciò che non è il basket, ci sono momenti in cui si avverte un temporaneo vuoto che deve essere riempito. Si potrebbe pensare che, come maschio, userei la mia manifesta popolarità per approfittarmene. Per quanto possa risultare superficiale, non è completamente falso ma neanche del tutto vero. Come chiunque altro, ho avuto la mia giusta dose di curiosità e, come qualsiasi altro ragazzo, ho notato cose che non avevo notato prima e mi sono fatto domande che non mi ero mai posto prima. Che ci si creda o no, ho dato una chance al cosiddetto 'appuntamento al buio' e anche se lei non era tanto male ed è stata un'esperienza carina, non ho sentito nulla di particolarmente speciale come speravo. Anzi, mi ha fatto pensare che le ragazze sono una scocciatura da gestire. Quella sera ho deciso che forse le emozioni non sono qualcosa che io mostro facilmente.
 
Tuttavia, c'è stata un'eccezione con un certo tizio chiassoso dai capelli rossi. C'era chimica tra noi e non sono sicuro da dove sia sbucata o come sia successo, ma era così. Lentamente ma senza dubbio, anche io ho dovuto soccombere all'anormale fascino di Hanamichi Sakuragi. Non so di cosa si tratti però, lui era rumoroso, testardo, aggressivo, per non parlare delle qualità che si attribuiva da solo. Tuttavia, a differenza di qualsiasi altra relazione in crescita, l'inevitabile è accaduto lasciando con scelte indesiderate, scelte da ritenere ingiuste. Rimanere in contatto era un'altra opzione, ma la distanza tra America e Kanagawa non è quella di un viaggio in auto e, inoltre, preferisco risparmiare il tumulto emotivo e il trambusto che questi sentimenti causano. Non ne vale la pena, non importa di chi si tratti.
 
Ricordo quel giorno molto bene. Era giugno, e avevo notato Hanamichi che passeggiava allegramente a suo solito modo.
 
 
Ehi, doaho” Kaede chiamò il rossino che camminava disinvolto di fronte a lui.
 
Che c'è?” rispose lui con un sorrisetto ancora vivo sulle labbra. Kaede guardò Hanamichi con cautela, i suoi occhi si soffermarono su quelli marroni dell'altro in un'espressione seria, facendo sparire il sorriso di Hanamichi.
 
O-ohi, kitsune, che c'è?”
 
Kaede continua a sostenere lo sguardo di Hanamichi, senza vacillare, battendo le palpebre solo una volta. Un vasto oceano di pensieri circolano nella sua mente mentre continua a fissarlo.
 
Lasciamoci” la voce di Kaede era seria e fredda, portando l'espressione di Hanamichi a diventare confusa e sorpresa.
 
L-lasciarci?” Hanamichi ripeté le dolorose parole, cercando la conferma che le sue orecchie non lo avessero tradito. Kaede si limitò ad annuire, affermando la sua asserzione.
 
Stiamo insieme da un po' e ho riflettuto” spiegò Kaede. Hanamichi rimase silenzioso e fermo. “Presto andrò in America e non potremo comunque vederci” continuò.
 
Hanamichi annuì leggermente e si morse il labbro per resistere al flusso di lacrime che lentamente si formava nei suoi occhi. Kaede si allungò a prendergli le mani nelle proprie.
 
Sarò molto onesto con te adesso, doaho, quindi ascolta” sospirò Kaede, guardando gli occhi marroni di Hanamichi. “Non credo di provare più le stesse cose”
 
Il silenzio riempì l'aria mentre nessuno dei due parlava ma si limitavano a guardarsi a vicenda, il dolore chiaramente visibile nei loro occhi.
 
Hanamichi abbassò lo sguardo sul suolo, cercò disperatamente di evitare quello di Kaede. Tolse le mani dalla salda presa di Kaede. Se non avesse provato dei sentimenti per Kaede, allora sì, sarebbe stato molto più indolore e facile. Ma li provava, e ora sentiva dolore dentro di sé. Così tanto dolore.
 
Eppure non era che non avesse mai pensato che questo potesse accadere, ci aveva pensato e pensarci sembrava più facile che sperimentarlo per davvero.
 
Non sono abbastanza?” chiese Hanamichi, cercando di trovare una ragione a quel cambiamento.
 
Kaede osservò con attenzione Hanamichi, la domanda scatenò una sensazione inspiegabile. Era compassione? Senso di colpa? Qualcosa di simile? Prese il viso di Hanamichi gentilmente tra le mani, si inclinò lentamente in avanti mentre Hanamichi si piegava indietro.
 
Non prenderla sul personale, doaho...io...” prima che potessea continuare, Hanamichi sospirò e si separò con forza da Kaede.
 
Bastardo!” ringhiò. “Fai quello che vuoi. Non mi importa più! Vai in America e...fai quello che ti pare!” imprecò rabbiosamente.
 
 
Sospiro rammentando la separazione amara e brusca tra me e Hanamichi. Come ho detto, le relazioni diventano insignificanti e non importa quanto si abbia apprezzato il sentimento o il rapporto, è meglio contare su se stessi che su qualcun altro.
 
“Hanamichi Sakuragi...”
 
È un principio con cui sto imparando a vivere ed è un ricordo con cui posso coabitare, almeno per ora.

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Capitolo 2
*** 2. Casa ***


Kaede Rukawa era seduto scomodo in economy class, imprecando mentalmente contro la donna al check-in per avergli rifilato deliberatamente il posto vicino al finestrino dopo averlo rassicurato sul suo posto selezionato verso il corridoio. Strizzò gli occhi mentre spostava lentamente lo sguardo accanto a sé, sperando internamente che il sedile accanto a lui restasse vuoto. All'improvviso, come se fosse stato chiamato, un uomo muscoloso arrivò brancolando goffamente sul sedile, le mani occupate dai bagagli. I suoi movimenti scossero praticamente l'aereo mentre riponeva frettolosamente le valigie nello scompartimento sopraelevato. Guardò Kaede, fissando attentamente gli occhi su quel bel ragazzo. La sua espressione fu inizialmente di sorpresa, poi di colpo diventò imbarazzata. Kaede gli lanciò un'occhiata minacciosa, che gli fece immediatamente distogliere lo sguardo da lui.
 
“Scusami, ragazzo, mi serve spazio” l'uomo procedette a buttare il suo zaino gigante sotto il sedile,
spingendo il ragazzo con maggiore insistenza verso il finestrina, mettendolo praticamente all'angolo. Kaede lanciò un'occhiataccia all'uomo, il suo sguardo emetteva un livello di irritazione che sembrò catturare l'attenzione degli altri passeggeri, ma venne ignorato dall'uomo che si mise a sfogliare con disinvoltura la rivista di bordo.
-Deficiente- imprecò mentalmente Kaede. Se lo spazio non fosse stato così angusto, forse avrebbe dato il via a una rissa. Ma in fondo, così tanta energia sarebbe stata sprecata per un individuo così banale.
 
Kaede si appoggiò allo schienale del sedile, incrociando le braccia contro il petto mentre ricordava gli eventi che lo avevano portato a quel volo di 13 ore per tornare in Giappone. I dettagli non erano chiari ma ricordava i sogni, la sagoma di una figura familiare e un lampo rosso. Era uno schema ricorrente; i rimasugli di un certo individuo turbolento sembravano trovare la loro strada nella sua psiche. All'inizio si trattava di ricordi casuali, ricordi che gli rammentavano il crescente attaccamento tra lui e la testa rossa. Sguardi impacciati, confessioni silenziose e accettazione riluttante, il tutto aveva richiesto circa un anno. Ma più cercava di resistere ai suoi pensieri, più apparivano evidenti, come un'ondata di ricordi inesorabili che improvvisamente lo investiva.
 
Kaede fissò il biglietto che aveva in mano. Sospirò; i suoi occhi lanciarono uno sguardo esitante allo schermo di fronte a sé mentre si copriva stancamente il viso con la mano. Kaede aggrottò le sopracciglia, realizzando improvvisamente quello che la sua decisione suggeriva, come se avesse intenzione di rincorrere la sua passata relazione. Scosse leggermente la testa, affermando a se stesso che ciò era lontano dalle sue volontà.
 
Erano passati due anni dalla loro separazione e conoscendo Hanamichi, l'ultima cosa che avrebbe voluto vedere era la faccia di Kaede Rukawa di ritorno in Giappone.
 
Erano passati due anni da quando aveva lasciato Kanagawa e non aveva mai pensato di tornare indietro. La verità era che intendeva rimanere in America il più a lungo possibile, o almeno fino a quando non avesse raggiunto lo scopo che desiderava. La decisione di tornare era ordinaria, normale per la maggior parte degli standard. Alcune sere Kaede se ne stava in silenzio sul suo balcone, a osservare la visione notturna e iridescente di New York City, assorbendo i forti clacson e i lamenti delle sirene nella città insonne. Alcune notti si ricordava della differenza tra Kanagawa e l'America, e alcune notti gli mancava la semplicità del Giappone e la natura più calma di quello stile di vita.
 
Era passato un mese da quando aveva ricevuto una lettera da casa. I suoi genitori lo imploravano di tornare a casa perché sentivano la mancanza del loro unico figlio e gli avevano chiesto di farsi vivo per un'imminente riunione di famiglia. All'inizio aveva rifiutato, disinteressato ai piani che i suoi genitori lo convincevano sempre a mettere in atto.
 
Era stato un po' in conflitto, rassicurandosi che tornare avrebbe solo rallentato i suoi progressi. Ma forse una parte di nostalgia di casa lo aveva spinto ad acquistare i maledetti biglietti aerei. O forse era stato posseduto. In ogni caso, si era promesso che si sarebbe trattato solo di una breve visita.
 
Due anni erano un periodo lungo durante il quale rimanere lontani. Si domandò delle persone che conosceva e si chiese quanto le cose fossero o meno cambiate.
 
“Mi scusi” un leggero colpetto lo strappò rapidamente dai suoi pensieri. Kaede sbatté le palpebre quando noto che la hostess gli sorrideva vivacemente. “Può sollevare il finestrino, per favore? Stiamo per atterrare”
 
Kaede eseguì mentre i suoi occhi si strinsero per l'improvvisa luce accecante che penetrò dal finestrino.
 
“Signore? Signore, si svegli” l'hostess cercò di scuotere l'uomo accanto a Kaede per farlo svegliare. Con un rapido movimento, Kaede gli rifilò una gomitata. “Eh? Che succede?” l'uomo dagli occhi appesantiti esaminò l'ambiente circostante e notò Kaede che guardava intensamente fuori dal finestrino mentre l'hostess indicava l'insegna delle cinture di sicurezza illuminata. “Stiamo atterrando; per favore, raddrizzi il sedile”
L'uomo imprecò, irritato, e posizionò il sedile verticalmente.
 
Kaede si legò la borsa della Nike alle spalle trovandosi in mezzo alla fila di persone che reclamavano caoticamente i loro bagagli.
“Mi scusi, può aiutarmi per favore?” una ragazza bionda dagli occhi azzurri cercava invano di raggiungere la sua borsa in alto. Kaede la recuperò dallo scompartimento e porse alla ragazza il suo bagaglio rosso. “Grazie” sorrise lei educatamente prima di fermarsi un attimo a guardare attentamente il suo eroico sconosciuto. I suoi occhi si spalancarono ammirati quando notò i suoi bei lineamenti e la sua corporatura forte. Le sue guance diventarono rosso cremisi e i suoi occhi brillarono, istantaneamente incantati.
 
“Intende prenderla?” chiese Kaede semplicemente, con la borsa ancora in mano.
 
Lei afferrò in fretta il bagaglio e si diresse verso l'uscita, guardando di sfuggita Kaede un'ultima volta, sorridendo sfacciatamente prima di scomparire dalla visuale.
 
Kaede camminò con sicurezza lungo le strade familiari di Kanagawa, segretamente grato di essere riuscito a rientrare poco prima di mezzogiorno. Mentre osservava gli edifici noti, pensò all'America e alla sua prima settimana di adattamento alle strade energiche di New York. Il rumore, le persone, lo skyline e lo stile di vita elettrizzante erano molto da assorbire per un semplice ragazzo. Ma lentamente si era abituato alla città, alle persone e alla cultura. Tuttavia, c'erano state volte in cui aveva trovato difficile adattarsi a un luogo in cui le persone erano così informali.
 
Per una persona riservata come Kaede, era un passo al di fuori della sua comfort zone. Certo, amava il suo spazio personale come avrebbe fatto qualsiasi introverso, ma ciò non lo rendeva propriamente un eremita.
 
Stabilirsi in un altro paese era stata una delle cose più impegnative e strane che Kaede avesse mai vissuto. Senza contare l'inevitabile necessità di adeguarsi all'uso della lingua inglese. Si era pentito di non aver prestato attenzione durante le lezioni di inglese dato che era sempre stato beccato a dormire. Parlare era già abbastanza difficile, ma farlo in un idioma che sembrava così distante dalla sua lingua non era solo crudele quanto imbarazzante. Per un po' era stato terrificante, poi era diventata un'opzione a cui era stato in grado di uniformarsi.
 
Kaede sbadigliò, portandosi una mano alla bocca. I suoi occhi scrutarono l'ambiente circostante, fermandosi per osservare una struttura familiare dall'altra parte della strada. Si avvicinò ai cancelli aperti di quella che sembrava essere una scuola. Sulle pareti, un cartello diceva 'Liceo Shohoku'. Kaede si fermò e fissò il vecchio edificio. Fino ad allora, non aveva realmente pensato a cosa quella scuola significasse davvero per lui. In passato, non gli era importato di dove avesse deciso di andare; tutto ciò che contava era entrare nella squadra di basket. Ma osservando quel posto ora, si chiedeva se sarebbe stato lo stesso se fosse andato al Ryonan o al Kainan.
 
“R-Rukawa?” lo chiamò una voce femminile, il tono tra l'interrogativo e l'incredulo. Kaede si voltò e vide una ragazza dai capelli castani con luminosi occhi marroni che lo fissavano genuinamente sconvolti. I suoi occhi erano sbarrati e la sua bocca era aperta. Lui la guardò, le sopracciglia aggrottate, mentre cercava disperatamente di ricordare il suo viso.
 
-Oh, è la sorella del capitano...- pensò finalmente, imbarazzato dal fatto di non ricordare il suo nome.
 
“Sei tornato!” Haruko lo fissò con occhi spalancati, avvicinandosi all'alta figura. Kaede annuì semplicemente e fissò la ragazza. “È passato molto tempo, vero?”

“Più o meno”

“Com'è l'America? Ti piace?” chiese la ragazza entusiasta, lo sguardo raggiante per l'impazienza e la curiosità. Kaede si strinse nelle spalle e si strofinò la nuca incerto. “È...diversa”
 
“Sembra eccitante!” esclamò Haruko, battendo le mani con aria infantile. “Come stai, Rukawa? Non abbiamo sentito molto di te da quando sei partito per l'America”

Kaede si agitò leggermente, ricordando i numerosi tentativi falliti di inviare della posta. “Oh, sono stato impegnato...”

Haruko annuì, il sorriso ancora stampato sulle labbra. “Certo, immagino non sia stato facile. La squadra parla ancora di quanto fossero orgogliosi. Dovresti fare un salto a vedere gli altri. È l'ultima stagione di Sakuragi allo Shohoku e dato che Miyagi e Mitsui rimarranno per un anno finale, è la loro ultima stagione insieme”

“Ah, capisco” disse Kaede pensieroso.
 
Haruko fissò Kaede, i suoi occhi tracciarono attentamente i suoi lineamenti; dalla sua pelle di porcellana ai suoi capelli nero corvino che sembravano sempre coprire leggermente i suoi occhi color cobalto. Notò che era ancora bello come sempre e la sua espressione ancora indifferente, come quando si era innamorata di lui per la prima volta.
 
La ragazza gli sorrise, felice del suo ritorno. Kaede percepì lo sguardo su di sé ma guardò goffamente altrove sperando di spezzare quel contatto che lo metteva a disagio.
 
Bzzz...bzzz...
 
“Oh, sono in ritardo” disse Haruko fissando il telefono che teneva in mano. “È stato bello rivederti, Rukawa” si inchinò cortesemente, sorridendo allegra un'ultima volta prima di allontanarsi. Lui la osservò mentre camminava, continuando a salutare freneticamente. “Vieni a trovarci, okay!”
Kaede riuscì solo ad alzare la mano prima che la ragazza scomparisse dalla sua vista. Rimase lì per breve tempo, elaborando ciò che era appena accaduto prima di procedere sul suo cammino.
 
Dopo un po' raggiunse un'abitazione dall'aspetto modesto. Rimase lì, a familiarizzare con la casa di fronte a sé. Esaminò attentamente la struttura mentre diversi pensieri gli giravano per la mente. Strinse saldamente la borsa ed emise un pesante sospirò mentre procedeva per entrare nel cancello della casa.
 

 

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Capitolo 3
*** 3. Uno sguardo nell'abisso ***


Yohei era seduto con disinvoltura in un caffè; il suo corpo era inclinato in avanti mentre sorseggiava la sua spremuta d'arancia appena fatta. I suoi occhi seguivano il movimento di una figura alta attraverso la stanza, il suo sguardo incollato al rossino mentre raggiungeva diversi tavoli, praticamente correndo mentre si spostava da una parte all'altra.
-Devono di nuovo essere a corto di personale- pensò sospirando alla vista del ragazzo che ripetutamente sorrideva, salutava e appuntava le comande per i diversi tavoli. Yohei non poté fare a meno di sorridere a quell'insolita visione, mai avrebbe immaginato che il suo amico avrebbe effettivamente colto la sfida accettando un lavoro part-time. Non che pensasse che Hanamichi fosse incapace di un simile compito, ma considerando il suo atteggiamento, non riusciva davvero a immaginare il ragazzo che dedicava il suo tempo ad altro rispetto al basket. Ma ora, eccolo lì, se i suoi amici avessero scommesso su di lui anni prima, avrebbero perso.
 
Capiva perché Hanamichi avesse deciso di tenersi occupato con lavori e attività, visto che l'anno precedente lo aveva lasciato emotivamente svuotato. Nonostante quello che il rossino avrebbe potuto dire o quali potevano essere le sue ragioni, non c'era dubbio che parte del motivo del suo improvviso sforzo su se stesso era dovuto al fatto di poter concentrarsi su cose diverse, persone diverse e ambienti diversi. La sua priorità principale era e avrebbe continuato a essere lo sport che amava, ma nemmeno quello era sufficiente per cancellare una figura persistente che ossessionava la sua esistenza da sveglio.
 
Distrazione. Ecco di cosa si trattava. Qualcosa, qualsiasi cosa per deviare i suoi pensieri. Non importava quanto Hanamichi avesse cercato di seppellire il ricordo di un passato doloroso, Yohei poteva in qualche modo vedere il barlume di dolore che avvolgeva il turbolento ragazzo. Anche se tecnicamente non era stata una lunga relazione, capiva la complessità e l'influenza che Rukawa e Hanamichi avevano l'uno sull'altro.
 
Yohei osservò Hanamichi scherzare con un altro collega, ridacchiando infantilmente a un tentativo fallito di quella che poteva essere una bella battuta.
 
L'espressione di Yohei si addolcì alla vista del suo allegro amico. Era sorprendente quanto Hanamichi fosse cambiato, anche se in modo sottile, ma il cambiamento c'era. Era ancora energico e sfacciato, ma c'era un'indipendenza e una maturità nel suo amico che non poteva fare a meno di ammirare.
 
“Benvenute!” sorrise Hanamichi quando due donne entrarono nel caffè; una di loro sussultò leggermente, sorpresa dall'alta figura che aveva salutato. Fissò Hanamichi per un momento prima di sorridere, “Tavolo per due, per favore”, indicò il numero due con le dita. Hanamichi annuì ed esaminò il locale, notando per la prima volta quanto fosse effettivamente affollato. Esitò, cercando rapidamente un potenziale tavolo libero.
 
Yohei sentì le guance tendersi mentre osservava Hanamichi che salutava e sorrideva ripetutamente ai clienti che entravano nel caffè. Temeva che se Hanamichi avesse sorriso ancora, la sua mascella sarebbe caduta. All'improvviso la porta si spalancò e una figura familiare entrò nel locale. Hanamichi si voltò immediatamente per salutare la persona e si fermò, il suo sorriso si accentuò più del solito.
 
“Haruko!” la salutò allegramente, gesticolando entusiasta. Lei gli sorrise, agitando la mano verso di lui. “Buongiorno, Sakuragi”
 
“Yohei è laggiù” fece lui indicando il tavolo vicino alla finestra. “Il mio turno è quasi finito; vi raggiungerò presto”
Haruko annuì, quindi si diresse verso il punto in cui Yohei era attualmente seduto. Lui le sorrise, muovendo la mano in un gesto amichevole, raddrizzandosi lievemente. “Ehi, Haruko”
 
“Sakuragi sembra piuttosto impegnato oggi” disse lei, notando i movimenti quasi frenetici del rossino.
“Sai com'è Hanamichi: è sempre così motivato, qualunque cosa faccia” ridacchiò piano Yohei, immaginando soldati indistruttibili con le fattezze di Sakuragi che marciavano in riga con un'espressione minacciosa e inflessibile incisa sui volti.
 
“Sono contenta che gli piaccia il suo lavoro” disse Haruko ottimista.
“Intendi dire che sei contenta che sia riuscito a dimenticare Rukawa, giusto?” continuò Yohei, facendo cambiare l'espressione di Haruko, i suoi occhi si spalancarono all'istante e senza battere ciglio ricordò di colpo il suo precedente incontro. Yohei se ne accorse subito e lanciò uno sguardo interrogativo alla ragazza, agitandole la mano davanti al viso. Quando Haruko uscì di scatto dalla sua trance, il suo viso divenne gradualmente colpevole, i suoi occhi si addolcirono in tono di scusa, ricordando la sua conversazione con il moretto.
 
“Yohei” iniziò Haruko, facendogli cenno di avvicinarsi leggermente. Yohei inclinò la testa e piegò leggermente il corpo in avanti, piegando il capo per ascoltare. “Oggi ho visto Rukawa” bisbigliò. Gli occhi di Yohei si sbarrarono immediatamente alla notizia, tornando bruscamente indietro. “Cosa?”

“Rukawa è tornato, gli ho parlato prima” ripeté Haruko, la voce ancora sommessa.
“Sei sicura che fosse lui?” chiese lui con aria seria. La ragazza annuì, sicura: “Non mi sbaglio, riconoscerei quel volto ovunque”
Un leggero rossore si espanse sulle guance di Haruko mentre ricordava i bei lineamenti familiari della sua passata cotta. Yohei alzò gli occhi al cielo alla sua reazione, detestando il suo sguardo di ammirazione. “Bene, ho capito” disse con amarezza, la sua voce esprimeva una lieve sfumatura di gelosia. “Non possiamo dirlo ad Hanamichi...”
 
“Dirmi cosa?” neanche a farlo apposta, Hanamichi intervenne afferrando una sedia vuota e accomodandosi. Haruko e Yohei furono colti alla sprovvista dall'improvvisa presenza e cercarono ansiosamente di coprire l'ovvia espressione apprensiva sui loro volti.
 
“Non possiamo dirti che sei davvero un genio!” disse Yohei, schiaffeggiandosi internamente per aver tirato fuori una scusa così scarsa.
 
“Sì, perché è ovvio, chi non lo sa?” continuò Haruko, alimentando la scusa usata come spiegazione. Per una qualche ragione sembrò funzionare, Hanamichi si portò le mani ai fianchi con sicurezza e sorrise orgoglioso, iniziando a ridere istericamente: “Certo, sono contento che voialtri finalmente mi capiate”
-Grazie a dio il suo ego è grande quanto il suo piede- pensò Yohei rassicurato.
 
“Oh Haruko, sapevi che Yohei ha comprato una macchina?” fece Hanamichi eccitato.
 
“Wow, davvero?” replicò lei, sorpresa. “Sul serio? È fantastico, dev'esserti costata parecchio”

Hanamichi annuì. “Si è fatto il culo con quel suo cavolo di lavoro, se l'è meritata”

Yohei sorrise all'amico: “Era ora di investire in un buon veicolo, la vecchia vespa non poteva permettersi di sopportare altri abusi”

Haruko ridacchiò al pensiero del vecchio veicolo fatiscente che Yohei aveva fin dal primo anno e alla sua grandiosa resistenza anche dopo essere riuscito a supportare cinque ragazzi su un unico posto.
 
“Hai gli allenamenti oggi, Hanamichi?” chiese Yohei. Hanamichi si alzò con la stessa velocità con cui si era seduto nel ricordare il suo programma di allenamenti con la squadra di basket. “Sono in ritardo!” si lamentò.
 
“Guido io?” Yohei fece penzolare la chiave della macchina in modo allettante davanti a lui mentre un ampio sorriso allargava lentamente le guance del ragazzo. “Andiamo, Haruko, vieni con noi” Hanamichi le fece cenno di seguirlo. “Possiamo sperimentare in prima persona quanto Yohei guida male”

“Sei sicuro?” chiese la ragazza esitante. Yohei le prese la mano e la tirò gentilmente. “Sì!”


 
 
Kaede sbadigliò mentre si muoveva nel suo comodo letto; i suoi occhi arrossati scrutarono stancamente l'ambiente circostante. Sospirò di nuovo sentendo il proprio corpo stanco e incapace di sollevarsi.
-Ugh, jet lag- pensò guardando pigramente l'orologio sul comodino accanto. Erano le 8.30.
 
“Sei già sveglio?” disse la donna a bassa voce, attenta a non svegliare il figlio nel caso stesse ancora dormendo. Kaede seppellì la testa sotto il cuscino nel tentativo di bloccare il raggio di luce che penetrava dalla stanza e il suono dell'intrusione di sua madre. Gemette disperato mentre la madre entrava in punta di piedi nella stanza, sollevando il capo gentilmente.
 
“Kaede?” mormorò in tono allegro.
 
“Sono sveglio, sono sveglio” disse, alzando la mano per rassicurarla. Sua madre sorrise vivacemente a quella risposta. “La colazione è pronta, raggiungici, ok”
Kaede annuì, la testa ancora immersa nella comodità del suo cuscino. Una delle cose che gli mancava del vivere da solo in America sicuramente era la privacy.
 
Si rialzò e iniziò a ciondolare prima di trascinarsi con titubanza fuori dal letto, dirigendosi verso il bagno dove si liberò dei germi che era riuscito a raccogliere dal volo del giorno precedente. Indossò la sua consueta felpa grigia e una giacca nera della squadra universitaria, abbinandola a jeans blu scuri per completare la sua tenuta di stile. Se c'era qualcosa che era riuscito a portare con sé dall'America, sicuramente era il senso della moda. Di solito preferiva lo stile semplice, ma la curiosità aveva avuto la meglio, quindi perché avrebbe dovuto opporre resistenza?
 
Entrò in sala da pranzo e fu accolto dai genitori che avevano un'aria sorpresa.
 
“Co-cosa stai indossando?” chiese suo padre in un tono non così casuale. I suoi genitori lo conoscevano abbastanza bene da sapere che il suo senso della moda di solito si riduceva nello stile semplice e diretto, ma ora sembrava che avesse finito un servizio fotografico e fosse scappato via indossando gli stessi abiti.
 
“Roba americana”

“Beh, è diversa” aggiunse sua madre. Kaede scrollò le spalle e si accomodò. Dissero le preghiere e consumarono una vasta gamma di pietanze deliziose disposte sul tavolo.
 
“Per quanto rimani, Kaede?” chiese sua madre.
 
“Due settimane”
 
“Oh, è poco tempo” disse delusa. Kaede si strinse nelle spalle e disse:
 
“Non posso stare via troppo a lungo, devo tornare e allenarmi”

“Questa non è forse casa tua?” disse suo padre, alzando un sopracciglio interrogativo.
 
“Sì, ma non posso tornare a casa se non ho raggiunto il mio obiettivo”

I suoi genitori si guardarono; la loro espressione rispecchiava un cipiglio preoccupato. “Sono sicuro che una lunga vacanza sia l'ideale allora”

Kaede lanciò a suo padre uno sguardo minaccioso non appena le parole gli sfuggirono di bocca. Senza dire nulla, suo padre alzò entrambe le mani in una posizione esitante e si schiarì la gola.
 
“Ci sono altre cose importanti rispetto al basket, sai!” sbottò improvvisamente la madre di Kaede, le sopracciglia piegate per la frustrazione rivolta al suo unico figlio. Kaede la fissò, realizzando per un attimo la serietà dell'atmosfera e le parole sconsiderate che erano riusciti a scagliargli addosso dal suo arrivo. Si alzò, la sua alta figura torreggiava sui suoi genitori.
“Grazie per la colazione” riuscì a dire prima di prendere la borsa e dirigersi verso la porta.
 
“Kaede!” gridò suo padre dalla sala da pranzo ma era troppo tardi, Kaede era già sgattaiolato dal cancello ed era uscito da quella casa piena di tensione.

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Capitolo 4
*** 4. Incontro ravvicinato ***


Yohei era appoggiato alla parete della palestra, la sua attenzione distrattamente fissata al centro del campo dove le figure si muovevano l'una contro l'altra. Osservò Hanamichi dribblare, schivando con grazie ogni altro sfidante che lo bloccava.
 
“Hanamichi è migliorato molto, no?” una voce intervenne al suo fianco. Yohei guardò a sinistra e vide Haruko in piedi accanto a lui, mentre sorrideva guardando l'energico rossino con un luccichio orgoglioso negli occhi. Yohei annuì alle sue parole, il miglioramento che il suo amico aveva ottenuto nel corso degli anni era notevole.
 
“Sakuragi! Passa!” gridò un compagno di squadra, segnalando la mano libera. Hanamichi annuì e manovrò abilmente la sua posizione, passando la palla al compagno disponibile.
 
“Vai Takamune!” esultò con sicurezza.
 
“E ha anche un incredibile spirito di squadra” aggiunse Haruko arricciando significativamente le labbra. Yohei sorrise sinceramente a quel commento, riconoscendo per la prima volta la verità nel fatto che il suo amico fosse davvero cambiato. Era un miracolo per la maggior parte delle persone vedere la differenza che poteva fare un anno o giù di lì anche a qualcuno così rozzo come Hanamichi Sakuragi, ma per quanto le persone dubitassero del suo potenziale, aveva così tanto da offrire, così tanti lati che sorprendevano la gente giorno dopo giorno. La sicurezza era un tratto che Hanamichi aveva in abbondanza e la sua fiducia e sincerità alla fine riuscivano a toccare le persone. Aveva colpito persino il popolare, impenetrabile e gelido Kaede Rukawa. Ok, forse era un eufemismo dal momento che c'era stato molto di più.
 
“Pensi che starà bene?” fece Haruko, rivolgendo la sua attenzione a Yohei, lo sguardo leggermente preoccupato. “Voglio dire, sono passati due anni da quando Rukawa e-” si fermò, incapace di completare la frase.
Se Yohei doveva essere onesto, non sapeva come Hanamichi avrebbe reagito se avesse incontrato Rukawa casualmente. Certo, era facile prevedere la sua risposta in passato, ma dati i recenti miglioramenti, non poteva affermarlo con sicurezza e ciò lo spaventava.
 
“Non so davvero come rispondere” disse Yohei onestamente. “Per la prima volta, non so come reagirà”

Haruko rimase silenzio per breve tempo, prima di tornare su Yohei, “Qualunque cosa accada, non dovrà affrontarla da solo”. I suoi occhi lo rassicurarono dolcemente. Yohei si agitò leggermente sotto lo sguardo della ragazza, sentendo le proprie guance emettere improvvisamente calore. I suoi occhi si mossero discretamente verso il basso per incontrare i suoi e rimasero lì incantati a guardarsi. Lei gli sorrise e lui giurò che fino a quel giorno non aveva mai visto niente di così accattivante e umano.
 
“Ehi, tutto bene?” una voce arrivò subito facendoli uscire dal loro sogno ad occhi aperti.
 
“Ehi, l'allenamento è già finito? Avete fatto veloce”
 
“Beh, non direi, Ryo-chin ci ha lasciati andare 10 minuti fa. Aspettavo solo che voi finiste...” Hanamichi li guardò sospettosamente, “di fare qualsiasi cosa stiate facendo”
 
Haruko arrossì furiosamente all'allusione. Hanamichi ridacchiò alla reazione, divertito dalla tensione crescente tra di loro.
“Andiamo, ho fame” sorrise Hanamichi, dirigendosi verso l'uscita. “Yohei offre la cena”
Yohei sbarrò gli occhi, “Aspetta, cosa? Ancora?”
Hanamichi rise fragorosamente mentre usciva dalla palestra con Haruko e Yohei che lo seguivano.
 
 
 
Seduto su una panchina, Kaede Rukawa si trovava circondato dal rilassante scenario del tramonto che si scioglieva in una tela tempestata di stelle e illuminata dalla luna. L'aria frizzante e tagliente, un'atmosfera che gli mancava da tanto tempo. New York era bellissima di per sé, ma forse c'era qualcosa in Kanagawa che nemmeno uno stile di vita frenetico e stravagante poteva sostituire. Fissò il cielo, respirando l'aria limpida.
“Due settimane...” sussurrò, espirando lentamente. “Solo due settimane”, era tutto ciò di cui aveva bisogno per alleviare quella scomoda sensazione di nostalgia.
 
Pensò ai suoi genitori e al battibecco che avevano avuto in precedenza. Forse la sua era stata un'uscita un po' drammatica, ma le loro parole avevano colpito un nervo. Il basket non era mai stato un percorso di carriera ideale che i suoi genitori avevano pianificato per lui, no, non era abbastanza prestigioso nella loro mente per meritare la loro approvazione. Fin da quando era piccolo, lo avevano esposto all'idea di diventare qualcuno di più 'rilevante' e 'rispettabile', ma lui non era mai stato interessato al pensiero di futuri imposti o cose del genere. Fin da quando aveva facoltà di ricordare, il basket non aveva mai smesso di essere la sua priorità, un sogno che voleva e che aveva promesso di realizzare.
 
Sapeva che essere bravo non sarebbe mai stato uno standard sufficiente. Voleva di più dal basket; voleva giocare nei grandi campionati in America, migliorare, essere riconosciuto per le sue abilità da sportivo fuori dal Giappone. Pochi potevano sperimentare quel successo ma, d'altronde, pochi avevano la sua passione e questa era un'altra enorme differenza. Inoltre, aveva 21 anni ormai ed era un'età abbastanza matura da permettergli di prendere le sue decisioni.
 
Bzz Bzz
 
Kaede infilò la mano in tasca per prendere il telefono, fece scorrere il dito sulla notifica di messaggio non letto sullo schermo.
 
'Kaede, torni a casa per cena?' - Mamma
 
Kaede guardò l'orologio e rimise il telefono in tasca. Si alzò, raccogliendo la palla arancione accanto a sé. Per quanto gli piacesse contemplare a lungo sulla sua vita, il suo stomaco sembrava detestare l'idea.
 
“Fai sempre così Hanamichi!” fece una voce conosciuta. La familiarità della voce e del nome trasmise una strana sensazione nel petto di Kaede, che scrutò l'ambiente circostante, cercando di individuare la fonte.
 
“Ti ripagherò se mi lascerai guidare la tua macchina” sorrise Hanamichi al suo amico con ritrosia.
 
“Va bene” rispose Yohei, incrociando le braccia contro il petto sconsolato. “Ma farai meglio a prendertene cura e non dire a Noma che te la presto”
 
“Certo” concordò Hanamichi. “Ma sai, scommetto che Haruko ti ha ritenuto un vero gentiluomo per aver pagato la cena” disse con tono scherzoso. Yohei arrossì e si schiarì la gola.
 
Hanamichi ridacchiò all'immediato cambio di colore sulle guance di Yohei.
 
Kaede osservò le due figure da lontano che si avvicinavano nella sua direzione, il caratteristico colore rosso dei capelli risaltava.
 
Kaede si fermò di colpo, trovando difficile muoversi. Era come se le sue gambe si fossero congelate al suolo. Il suo primo istinto era quello di comportarsi in modo disinvolto e indifferente. Una normale tattica alla Rukawa. Per la prima volta dopo molto tempo, vedendo Hanamichi e potendo sentire la sua voce a distanza di due lunghi anni, si sentì inondato da un improvviso senso di paura mescolato al desiderio. Kaede si rese conto della realtà del contesto e che quello era più di un semplice scenario visualizzato nella sua mente. No, stava realmente accadendo. Immaginare la situazione era diverso dal viverla realmente. Certo, affrontare volti familiari era sempre in programma, ma vederli così in fretta era, francamente, piuttosto intimidatorio.
 
“Oh, aspetta, le stringhe. Tieni questo” Hanamichi si fermò e porse a Yohei il suo borsone mentre si inginocchiava per allacciare i lacci delle scarpe.
 
All'improvviso, occhi blu incontrarono occhi neri, gli sguardi si bloccarono momentaneamente. Yohei Mito, il migliore amico di Hanamichi, lo osservò con uno sguardo severo e privo di sorpresa, uno sguardo feroce ma protettivo, come se Kaede fosse una sorta di ladro pronto a rubare qualcosa di prezioso. La reazione di Yohei non mostrava alcun segno di stupore, era anzi simile all'attesa. Come se avesse sempre saputo che si sarebbero incrociati.
 
“Yohei, tutto bene?” fece Hanamichi, inclinando la testa di lato.
 
“Hanamichi, penso sia la strada sbagliata” Yohei fece girare rapidamente l'amico nella direzione opposta, spingendolo in avanti freneticamente. Hanamichi alzò le sopracciglia con aria interrogativa: “Ma il parcheggio è...”
 
“Ho ancora un po' fame” mentì Yohei, spingendo con insistenza il rossino, lontano dalla panchina dove si trovava Kaede. Erano così vicini, se Hanamichi avesse prestato un po' più attenzione avrebbe sicuramente potuto individuare gli occhi blu che li fissavano.
 
“Hai mangiato solo una scodella in meno di me, come puoi avere ancora fame?”

“Forza, dai una mano a un amico”

“Ma Yohei, sono stanco dopo l'allenamento-”
 
“Hanamichi, per favore!” stordito dall'improvvisa urgenza di Yohei, Hanamichi annuì e si avviò verso la città. Yohei si guardò alle spalle e vide ancora Kaede piantato saldamente a terra, gli occhi fissi sull'ignaro rossino. Yohei sospirò tra sé e diede una pacca sulla schiena di Hanamichi. “Ti offro anche da bere”
 
Hanamichi ghignò mentre i suoi occhi si illuminarono brevemente prima di stringerli interrogativamente al suo amico, “Non ti laverò la macchina però”

Yohei ridacchiò piano, scuotendo il capo: “Non preoccuparti, non lo vorrei neanche”
 
Kaede osservò le due figure che scomparivano dalla sua vista. Si rilassò ed emise un sospiro di sollievo per quell'incontro ravvicinato. Qualunque fiducia in se stesso o idea avesse prima dell'incontro sparì rapidamente e al suo posto arrivò l'attesa, il presagio di un futuro confronto imminente.

 

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Capitolo 5
*** 5. No comment ***


Hanamichi si mosse goffamente sotto la coperta, grugnendo intontito alla sveglia che stava suonando. Avvolto in uno strano sushi roll di coperte, scontrosamente e alla cieca armeggiò per trovare la sveglia e spegnerla.
 
“Ngh, che rumore, che rumore...” mormorò incoerentemente, chiudendo gli occhi ancora di più, affondando la testa in maggiore profondità sotto la coperta per evitare il raggio di luce che penetrava lentamente dalle finestre. Prima che potesse rimettersi comodo, la seconda ondata della sveglia echeggiò ad alto volume facendo irrigidire Hanamichi per la frustrazione. Si alzò di scatto e lanciò un'occhiataccia all'oggetto innocente, gli occhi stanchi si contrassero leggermente.
 
Hanamichi sospirò, sconfitto, accettando il fatto che la sua sveglia non gli avrebbe permesso di continuare a riposare. Sbadigliò, si stropicciò gli occhi assonnati guardando l'orologio. I suoi occhi si spalancarono non appena lesse l'ora, erano le 10. Lo shock lo percorse con la stessa rapidità con cui tornò alla realtà.
 
Ma prima che potesse muoversi, il telefono squillò.
 
“Sakuragi!” la voce era severa e furiosa. “Hai idea di che ore sono?”
 
Hanamichi balzò in piedi alla voce familiare dall'altra parte, la consapevolezza aumentò mentre guardava l'orologio. Fantastico, era il capo.
 
“Uh...” prima che potesse parlare, Hanamichi fu interrotto da una fredda risposta: “Dovevi iniziare alle 8”
 
Hanamichi trasalì, realizzando improvvisamente. Quello, tra tutti i giorni, era una pessima giornata per essere in ritardo.
 
“Se non vieni subito al lavoro, farai doppi turni per un anno” affermò con fermezza la voce. “Oh e dato che sei in ritardo, domani prenderai il turno di Ichiya” Con l'ultima minacciosa frase, la linea si interruppe immediatamente.
 
Hanamichi sospirò e gemette per la sfortunata situazione. Non l'aveva preventivato, aveva sperato di dedicarsi a una rigorosa sessione di allenamenti di basket con Miyagi dato che avrebbe dovuto finire prima quel giorno. Per non parlare del fatto che aveva intenzione di chiedere una settimana di ferie dal lavoro, ma ora sembrava improbabile. Guardò di nuovo l'orologio, chiedendosi perché aveva dovuto fare tardi proprio quel giorno. Gemette per l'improvviso mal di testa pulsante e la sensazione di vertigini. Sbornia? Hanamichi scosse la testa nel tentativo di schiarire la visuale offuscata. Rammentava qualche frammento, ricordi sconnessi di risate, un bicchiere versato fino all'orlo e lui che lo buttava giù in un sol colpo. Ricordò Yohei, le guance rosse per il calore ma ancora in grado di mantenersi dritto. Ricordò distintamente di essere caduto e di aver rotolato allegramente.
 
“Oh, vero...” rifletté tra sé, ricordando gli eventi della notte precedente.
 
Non era mai stato aggraziato o figo da ubriaco, quello era sempre stato Yohei. Lui era del tipo ubriaco spensierato o ubriaco stordito, poco elegante quando si trattava di un appuntamento. Hanamichi sospirò, incolpando internamente Yohei per la situazione attuale. Era stata sua l'idea di bere fino a ore assurde della notte. Qual era esattamente il suo obiettivo? Yohei voleva avvelenarlo? Si era comportato in modo insolito pretendendo irremovibilmente di bere qualcosa. In genere non c'era nulla di strano ma c'era stata una particolare preoccupazione nella sua espressione che turbava il rossino.
 
Ricordava l'insistenza di Yohei e il gesto quasi evasivo che aveva fatto, il tipo di linguaggio non verbale che usava quando era arrabbiato o nascondeva qualcosa. Hanamichi scosse il capo. -Probabilmente voleva che mi ubriacassi al punto da dimenticarmi di prendere in prestito la sua macchina- sbuffò, -Beh, indovina un po', amico, non lo dimenticherei nemmeno se fossi morto cerebralmente-.
 
Hanamichi si districò dalle coperte e si alzò lentamente. Ancora un po' stordito, si avviò con noncuranza verso il bagno.
 
 
 
Yohei entrò nel caffè; i suoi occhi studiarono il locale e venne improvvisamente accolto da una figura alta e familiare che lo guardava con aria piuttosto delusa. “Posso aiutarla, signore?”
“Hanamichi? Pensavo fossi a riposo oggi” chiese Yohei. Hanamichi strinse gli occhi sospettosamente. “A quanto pare, ieri ero troppo ubriaco per capire qualcosa”
Yohei si grattò la testa nervosamente. “Mi dispiace, però è stato divertente, no?”
 
Hanamichi borbottò tra i denti, incrociando le braccia.
“Dato che sono qui, posso sedermi?”
Hanamichi annuì e indicò il tavolo davanti al bancone. “Puoi chiedere a Makoto, io ho alcuni ordini da prendere”
Yohei annuì, si diresse verso il lungo tavolo e si sedette. Un bel ragazzo dai capelli castani lo salutò, un sorriso luminoso era inciso sui suoi lineamenti.
 
“Ehi, Yohei, è da tanto che non ci vediamo” fece Makoto, agitando la mano verso di lui.
 
La serata trascorse come al solito, con sempre più clienti che entravano e uscivano a ogni ora.
 
Hanamichi non si era mai reso conto di quanto potesse essere affollato il caffè dato che di solito non era in servizio nei fine settimana. Nei giorni feriali ce n'era qualcuno, ma il sabato era un incubo tenere il conto. Riusciva a stento a riprendere fiato quando il campanello della porta continuava a suonare con un'ondata di clienti che aspettavano e agitavano le mani per richiamare l'attenzione.
“Non avevo idea che il sabato fosse così folle” disse Hanamichi, accanto ai suoi due colleghi Makoto e Riku.
 
“Sembra che tu l'abbia capito in ritardo, Sakuragi” fece Riku alzando le sopracciglia. Hanamichi si limitò a fissarlo, confuso.
“Quello che intende dire” iniziò Makoto, “è che c'è un sacco di gente perché siamo l'unico locale che rimane aperto tanto a lungo. Inoltre alle giovani coppie piace di più il nostro caffè per le loro uscite nei fine settimana proprio perché chiudiamo così tardi”
“Coppie?” ora che esaminava l'ambiente, sembrava che ci fossero più coppie a occupare il locale.
Hanamichi scrollò rapidamente le spalle decidendo che non erano affari suoi e non era così sorpreso dato che il proprietario era uno stronzo affamato di soldi.
 
“Non porti mai la tua ragazza in un bel ristorante, Sakuragi?” Makoto gli diede una cauta pacca.
 
Hanamichi rimase in silenzio, incerto su come affrontare la domanda. Makoto lo guardò, i suoi occhi si spalancarono.
 
“Un momento, non dirmi che non hai mai...”
 
Hanamichi arrossì e scattò subito.
 
“S-sì, invece!” disse Hanamichi sulla difensiva, la voce balbettò leggermente. Makoto e Riku sorrisero scherzosamente per quella reazione.
 
“Mh...” mormorò Makoto, interessato. “Cos'hai fatto al tuo primo appuntamento? Conoscendoti, probabilmente l'hai portata in una scadente tavola calda e hai fatto del tuo meglio per apparire figo”
 
Hanamichi abbassò il capo pensando al suo vero primo appuntamento. Avrebbe voluto dire che era stato con Haruko, sarebbe stato più facile vantarsene in quel contesto. Ma invece, ricordava il goffo 'appuntamento' con Rukawa da Denny's e il suo scarso tentativo di apparire tranquillo e composto quando si era sentito tutto il contrario.
 
“Si...può dire così” ridacchiò Hanamichi, cercando di pensare a quel ricordo con divertimento.
 
“Ci credo” commentò Riku battendo leggermente il pugno sulla spalla di Hanamichi.
 
“Ehi, Yohei, com'era lei?” Makoto si sporse in avanti, chiedendo con disinvoltura. Yohei quasi si soffocò con il panino alla domanda.
 
“Lei?” chiese Yohei, Makoto annuì e strizzò l'occhio ironicamente a Sakuragi, ora sorprendentemente dritto e immobile. Schiarendosi la gola, Yohei guardò Makoto. “Perché me lo chiedi?”

“Sei il suo migliore amico, sai tutto di lui” disse Makoto, incrociando le braccia contro il petto con sicurezza. Yohei rimase fermo, notando il linguaggio del corpo difensivo di Hanamichi. Capì benissimo che l'argomento non era qualcosa di cui parlava tranquillamente, considerato il subbuglio che gli aveva lasciato.
 
“Chissà” Yohei scrollò le spalle. “Ha frequentato un po' di persone, dovresti essere più specifico”
 
Makoto si accigliò, deluso per la risposta vaga.
 
Osservarono le coppie felici che mangiavano, parlavano e condividevano momenti imbarazzanti insieme. Alcune coppie avevano più successo di altre, si guardavano stupidamente a bocca aperta, tenendosi per mano senza alcun riguardo di ciò che stava intorno.
 
Makoto sospirò sognante: “Avete mai condiviso qualcosa di così bello con qualcuno?”
 
Hanamichi e Riku rimasero in silenzio per un momento prima che Riku commentasse: “Vuoi dire come quando condivido la torta con te?”
 
Hanamichi ridacchiò e Makoto aggrottò le sopracciglia. “Ehi, è una domanda seria”
 
Riku si strinse nelle spalle. “Ho frequentato alcune ragazze ma non mi sono affezionato davvero a nessuna”

“Sakuragi?” lo pungolò Makoto. Hanamichi rimase in silenzio, distogliendo lo sguardo da Makoto, irrigidendosi leggermente. La domanda gli trasmetteva una strana sensazione nel petto, un'improvvisa percezione di oppressione, ricordando quello che aveva detto sulla sua vita amorosa. Erano passati due anni da quando tutto era successo, ed era un tempo sufficientemente lungo per riprendersi da un patetico cuore spezzato. Se voleva dimenticarsi di lui e andare avanti, parlarne non avrebbe più dovuto influenzarlo.
 
“Ehi” intervenne Yohei, “fatti gli affari tuoi, non ti riguarda”
 
Hanamichi fissò Yohei, sorpreso dalla sua rapida reazione.
 
“Stavo solo-” Makoto si interruppe quando vide l'occhiataccia di Yohei su di sé, i suoi occhi intensi fissavano quelli verdi di Makoto.
 
“Va bene, Yohei, non è un problema” Hanamichi posò la mano sulla spalla di Yohei, rassicurante, Yohei si limitò a guardarlo. Avrebbe parlato con Yohei di quello sfogo più tardi.
 
“Sì, certo, ho avuto una relazione seria” disse semplicemente, come se non fosse niente di importante. Sia Makoto che Riku lo guardarono in silenzio, le espressioni impazienti di ottenere ulteriori informazioni.
 
“Sì, e?” Makoto inarcò un sopracciglio, “che tipo di ragazza hai frequentato, Sakuragi? Sono curioso” le sue labbra si allargarono in un sorriso malizioso.
 
“Ha importanza?” Hanamichi sentì le guance riscaldarsi leggermente, spostò goffamente i piedi, abitudine che tendeva ad avere quando era a disagio. Per quanto odiasse ammetterlo, una parte di lui si sentiva ancora amareggiata e affranta per quella situazione. Pensava fosse perché ancora non comprendeva appieno le ragioni di Kaede. Poteva soltanto ritenere Kaede uno stronzo che non aveva mai preso la cosa sul serio, ma, in qualche modo, dopo aver riflettuto adeguatamente, a volte Hanamichi si chiedeva se non ci fosse stato dell'altro.
 
“Perché vi interessa, comunque?” aggiunse Yohei, osservando i due sospettosamente.
 
Makoto e Riku si immobilizzarono. “Oh, sai, semplice curiosità”
 
Yohei e Hanamichi si guardarono, alzando le sopracciglia scetticamente.
 
“Mi scusi” chiamò un uomo, “stiamo aspettando, per favore”
 
“Anche qui!” una donna alzò la mano per attirare la loro attenzione. Con ciò, sia Riku che Makoto corsero rapidamente dai clienti, inchinandosi per scusarsi non appena raggiunsero i tavoli.
 
Yohei sospirò appoggiando la guancia sul palmo della mano, sollevato che la conversazione si fosse interrotta prima che qualcosa potesse sfuggire al controllo. Lanciò un'occhiata ad Hanamichi che stava pulendo il bancone di fronte a lui.
 
“Hanamichi” iniziò. “Stai bene?” chiese, non c'era altro che sincera preoccupazione nella sua voce. Hanamichi sorrise, mostrando il pollice alzato.
 
“Sul serio”

“Sto bene, non c'è niente che non va” assicurò Hanamichi.
 
“Quindi tutto a posto con...sai?” pungolò Yohei. Hanamichi si fermò momentaneamente ma scrollò le spalle. “Senti, Yohei, sono passati anni, non credi che abbia cose importanti su cui concentrarmi al momento? Non ho tempo per pensare a qualcosa che è successo anni fa”
 
-Wow, è maturato più di quanto pensassi- rifletté Yohei, fissando l'amico con un nuovo senso di ammirazione. Forse aveva pensato troppo a come avrebbe reagito l'Hanamichi del passato da non aver nemmeno considerato come l'avrebbe presa l'Hanamichi attuale. E ora, sembrava che si fosse preoccupato per niente. Sicuramente l'Hanamichi del passato avrebbe dato testate e demolito una casa, ma questo Hanamichi poteva accettare meglio le situazioni e l'esito di qualcosa.
 
“Ehi, Hanamichi” continuò Yohei, mordendosi il labbro indeciso. “E se...se Rukawa tornasse in Giappone. Sai, se tornasse all'improvviso”
 
“Lo ucciderei” ringhiò Hanamichi a bassa voce, il pugno tremò al pensiero. Yohei si inclinò indietro, sorpreso. Cominciò a sudare e cancellò la visione troppo ottimista del suo amico. Dov'era finita tutta la maturità?
 
“Okay, sei abbastanza chiaro” ridacchiò.
 
Hanamichi sospirò, serio, “Yohei, perché ho la sensazione che tu mi stia nascondendo qualcosa?”

Yohei esitò, riflettendo. Doveva dirglielo? Non serviva molto perché si imbattesse in Rukawa in ogni caso e farglielo sapere subito era meglio che più tardi. Qualunque sarebbe stata la sua reazione, Yohei pensava che Hanamichi meritasse di conoscere la verità.
 
“Oh...” notando l'improvvisa serietà nella postura e nella voce di Yohei, Hanamichi annuì e prestò attenzione. Ma prima che Yohei potesse procedere, una voce gridò al rossino: “Ehi, che stai a fare lì! C'è un cliente in attesa!”
 
Hanamichi si alzò di scattò e si inchinò in tono di scusa, “Ah, scusa, parleremo più tardi”

“Un cameriere sarà da lei tra un minuto” sorrise Makoto, il cliente si limitò ad annuire e continuò a leggere il menu.
 
“Mi scusi per averla fatta aspettare” fece Hanamichi tirando fuori il taccuino. “Allora, cosa...” la sua frase si interruppe non appena alzò lo sguardo. Un paio di familiari occhi blu cobalto lo fissarono, senza alcun accenno di sorpresa o shock. In quel momento, Hanamichi poté sentire la propria anima sfuggire dal corpo; un'ondata di intorpidimento gli divorò i sensi. Ogni pensiero e movimento cessarono, impallidendo alla vista dell'uomo di fronte a sé. I suoi occhi si spalancarono, increduli: “T-tu sei...”
 
Kaede attese la sua reazione, i suoi occhi non lasciarono mai il ragazzo. Sapeva che confrontarsi con lui e rivelarsi probabilmente era sciocco, come iniziare una guerra che poteva essere facilmente evitata. Se avesse scansato i posti chiavi per un po', le possibilità di incontrarlo sarebbero state scarse o nulle. Era fattibile, ma in un certo senso sarebbe stato un codardo.
 
“Assomigli proprio a qualcuno che conosco” disse infine Hanamichi e Kaede fece una lieve smorfia. “Anzi, sei uguale a lui” Hanamichi si avvicinò, approcciando la testa a Kaede per esaminarlo. Sorpreso dall'improvvisa prossimità, Kaede si reclinò leggermente all'indietro, gli occhi puntati sul curioso rossino. Kaede deglutì a fatica, cogliendo la familiarità del ragazzo. Era passato molto tempo dall'ultima volta in cui si era trovato così vicino ad Hanamichi e si era dimenticato di quanto gli facesse battere il cuore.
 
Hanamichi si lasciò sfuggire una risata forzata, scuotendo subito il capo. “È impossibile, è impossibile”
 
“Non sei lui” disse Hanamichi, dando una pacca sulla schiena di Kaede, “se n'è andato. Non è possibile che-”
 
Kaede si limitò a guardarlo, impassibile. “Doaho”
 
Con quella semplice parola, Hanamichi sentì che tutto crollava.
 
“R-Rukawa?” una domanda, una domanda su cui voleva aver torto. Ma Kaede rispose casualmente con un, “Mpf, ci hai messo tanto”
 
“Rukawa!” gridò Hanamichi, suscitando l'interesse di tutti i presenti. “Che ci fai qui? Non dovresti essere qui!” ringhiò.
 
Kaede scrollò le spalle, “L'ultima volta che ho controllato, ci vivo”
 
“Non fare l'arrogante con me!” Hanamichi afferrò il colletto della camicia di Kaede, il pugno tremante.
 
“Sakuragi, che ti salta in mente di aggredire un cliente!” si spaventò Makoto, sconvolto. Riku si portò la mano alla bocca, intrigato dalla situazione che aveva davanti. Tutto il locale osservava con preoccupazione, le ragazze notavano Kaede, ovviamente del tutto rapite dal suo bel viso, mentre i ragazzi erano incuriositi, in sostanza entusiasti alla prospettiva di una rissa.
 
“Hanamichi” una voce arrivò da dietro e immediatamente placò il ragazzo. Hanamichi girò la testa e vide Yohei posargli una mano gentile sulla spalla, lo sguardo implorante. Hanamichi abbassò gli occhi a terra, analizzando la situazione, raccogliendo tutti i pensieri. Guardò Kaede, i suoi gelidi occhi blu fissavano quelli marroni di Hanamichi. Poi, lentamente, osservò di nuovo il suo migliore amico e di colpo tutto ebbe senso.
 
Lasciando la presa da Kaede, si voltò verso Yohei; i suoi occhi esprimevano quanto si sentiva tradito. “Yohei” iniziò. “Tu l'hai saputo per tutto questo tempo”

Yohei rimase in silenzio e annuì, evitando lo sguardo di Hanamichi. Hanamichi chiuse gli occhi, assorbendo la delusione. Sospirò e si ricompose.
 
“Makoto” lo chiamò, “Vado a casa”

Perplesso e confuso dal comportamento bizzarro del rossino, il collega aprì la bocca per protestare ma una mano apparve a fermarlo. Guardò accanto a sé e trovò Yohei che scuoteva la testa, in un'indicazione silenziosa di lasciarlo andare.
 
Kaede guardò Hanamichi lasciare il ristorante, ignorando la sua presenza. Sospirò, tornando a sedersi. Si era aspettato la reazione di Hanamichi e non dubitava della sua capacità di drammatizzare le situazioni, ma almeno non doveva più nascondersi, non doveva più chiedersi se lo avrebbe incontrato svoltando il successivo angolo. Certo, era una questione banale e generalmente non gli sarebbe importato ma, in qualche modo, questa volta era diverso.

 

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Capitolo 6
*** 6. Non parliamo più ***


I overdosed
Should've known your love was a game
Now I can't get you out of my brain
Oh, it's such a shame*
 
 
C'erano solo alcune cose che Hanamichi Sakuragi odiava, oltre a perdere. Odiava essere vulnerabile, odiava essere tradito e odiava Kaede Rukawa. Beh, 'odiare' era una parola forte, ma al momento qualsiasi cosa inferiore sarebbe stata un eufemismo. Mentre camminava sulla strada irregolare, Hanamichi sospirò profondamente. Erano passati alcuni giorni da quando stava ignorando le chiamate di Yohei e si era dato malato abbastanza spesso da essere sicuro che sarebbe stato licenziato entro la fine della settimana.
 
Ma non poteva tornare lì. Non dopo...
 
Un paio di gelidi occhi blu balenarono nella sua mente, la loro familiarità lo spaventò. Aveva fissato troppo quegli occhi in passato da averli memorizzati in maniera particolare. E dopo tanto tempo, ancora lo colpiva.
 
Hanamichi strinse il pugno al pensiero. Il pensiero del tradimento, il pensiero di essere reso così vulnerabile dal fantasma del suo passato, dall'unica persona a cui una volta aveva pensato di poter affidare la propria anima. Quella persona una volta innocente e bellissima, contaminata dal freddo tradimento di una mancanza di spiegazioni e da una partenza improvvisa.
 
Lo ammetteva, la reazione che aveva avuto al locale era stata tutt'altro che ideale. Al ragazzo era venuto in mente che, se avesse incontrato Kaede, la sua reazione sarebbe stata calma e soave, come se la sua presenza non lo avesse influenzato quanto un tempo. Due anni gli avevano dato il tempo e lo spazio di cui aveva bisogno per eliminarlo dalla sua vita. Come avrebbe potuto affrontare Kaede Rukawa adesso?
 
Se doveva essere onesto con se stesso, era più triste che arrabbiato, più ferito che amareggiato. Il fatto che Kaede fosse così disinvolto nel tornare e presentarsi provava più di ogni altra cosa che si trattava di una frustrazione a senso unico. Ancora una volta, gli veniva ricordato quanto i suoi sforzi e il suo impegno fossero insignificanti, soprattutto per uno come lui.
 
Per quanto avrebbe voluto, non poteva cancellare quei momenti che avevano avuto, non proprio. Per quanto fosse stata brusca, si trattava pur sempre dell'unica relazione lunga e ufficiale che avesse mai avuto con qualcuno. Dopo mesi di discreto inseguimento, era terribile sapere che non aveva significato nulla considerando la fase di negazione, confusione e segretezza avevano dovuto sopportare per arrivare fino a quel punto.
 
A cos'era servito tutto quanto, allora?
 
A parte i sentimenti amari, la relazione era comunque stata un'esperienza. Se avesse dovuto ricordare le cose buone, ce ne sarebbero state molte. Kaede non era la persona più romantica che esistesse per quanto riguardava la comunicazione verbale, ma era evidente che ci avesse tenuto attraverso gesti e azioni.
 
“È sempre stato un uomo d'azione” sospirò, sorridendo leggermente.
 
Il breve ma persistente sguardo che Kaede gli rivolgeva non aveva mai mancato di farlo rabbrividire, o il modo in cui gli stringeva, senza preavviso, la mano. Quel contatto affettuoso lo riempiva ancora di felicità ogni volta che ci pensava.
 
Gli mancavano le conversazioni, per quanto insignificanti. A modo suo, Kaede sapeva come calmarlo o motivarlo. Uno dei vantaggi di avere un ragazzo sopra le media, supponeva. C'era un certo conforto nello stare con lui, un legame taciuto che condividevano. Capendosi senza doverne parlare o dire niente.
 
Hanamichi sorrise al ricordo, la sua espressione si addolcì rimpiangendo lentamente la reazione aggressiva nei confronti dell'altro.
 
“Perché è così facile per te?” mormorò Hanamichi, appoggiandosi tristemente alla panchina solitaria. Si chiese perché fosse così bloccato su quel punto; non erano mica sposati. Non era mica stato tradito, almeno non pensava. Non lo amava mica ancora, no?
 
No?
 
“Ah, è tutto così confuso!” Hanamichi strinse i denti, imprecando contro il cielo notturno e il dio lassù che era così ingiusto con lui.
 
“Stai di nuovo gridando alla luna, eh?” fece una voce familiare. Sorpreso, Hanamichi trovò Kaede Rukawa che lo guardò dall'alto al basso, con una borsa della spesa in una mano.
 
“R-Rukawa!”
 
“Dimenticavo quanto sei drammatico” sorrise Kaede.
 
“Co-cosa ci fai qui!”
 
“Cerco di tornare a casa?” rispose Kaede come fosse una domanda, “ti ricordi che vivo nei dintorni, giusto?”

Hanamichi smise di respirare notando la familiarità dell'ambiente circostante. Le sue guance si colorarono di una sottile sfumature scarlatta. Doveva aver vagato accidentalmente mentre era immerso nei suoi pensieri.
 
“Lo...lo sapevo!”
 
Kaede si avvicinò al ragazzo e si fermò accanto a lui, e Hanamichi si allontanò lentamente.
 
“Sei venuto a stalkerarmi?”
 
Le guance di Hanamichi diventarono rosse scarlatte a quell'allusione e cercò freneticamente di negare.
 
“No, cosa? Stai scherzando? È suolo pubblico, sono venuto qui per schiarirmi le idee!”

Kaede ridacchiò alla sua reazione, divertito da quanto fosse agitato e arrossito.
 
“Hai qualcosa in mente?”

“Non sono affari tuoi” rispose immediatamente Hanamichi, voltando il viso dall'altra parte e incrociando le braccia.
 
“Ah, sei ancora arrabbiato con me?”

Silenzio.
 
“Sei ancora arrabbiato con me”
 
Kaede sospirò per quel tipo di comunicazione unilaterale, appena impaziente. Voleva parlare, ma quel rifiuto iniziava davvero a colpirlo.
 
“Senti” iniziò, “hai il diritto di essere arrabbiato, ma dopo due anni pensavo che l'avresti superata”
 
Le sue parole uscirono più freddamente del previsto, ma sorprendentemente aveva poca pazienza verso l'atteggiamento di Hanamichi. All'inizio non ci aveva pensato ad andarsene senza una parola, ma quel rifiuto lo infastidiva più di ogni altra cosa. Dopo il confronto, pensava che almeno ci sarebbe stata qualche iniziativa. Due anni erano un tempo lungo per superare una rottura e anche se sapeva quanto Hanamichi potesse diventare testardo, non pensava che la sua reazione lo avrebbe irritato in quel modo.
 
“Vattene via!” disse Hanamichi a denti stretti.
 
“Sai, mi aspettavo di meglio da te”

“È così che hai fatto tu, Rukawa? L'hai superata e basta?” gridò Hanamichi di rimando, liberando ogni grammo di frustrazione conservata.
 
“Non parlare come se sapessi tutto” il tono di Kaede era basso ma severo, il suo sguardo acuto penetrò gli occhi marroni di Hanamichi. Quest'ultimo si ritrovò sorpreso dalla sua intensità e in parte intimidito.
 
“Se vuoi fare così, va bene, fa' pure. Me ne andrò tra pochi giorni quindi non devi preoccuparti di beccarmi in giro”

Kaede si allontanò, ribollendo di frustrazione. Mentre il suono dei passi si allontava svanendo, Hanamichi si rilassò, il suo corpo tremava. Le lacrime che gli annebbiavano la vista scesero lungo le guance, a poco a poco, bagnandogli il viso. Singhiozzò piano sotto il cielo notturno.
 
Il cuore di Hanamichi soffrì al pensiero, sapeva che stava lottando per riconciliare i suoi sentimenti da solo ma doverli confermare per davvero faceva più male di quanto immaginasse. Dopo tutto quel tempo, a Kaede non importava, non gli era mai importato e mai gli sarebbe importato. La parte peggiore era che, nonostante tutta la testardaggine e la spavalderia, dentro di sé lui ancora ci teneva e questo lo spaventava.
 
 
*We don't talk anymore – Charlie Puth & Selena Gomez

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Capitolo 7
*** 7. La verità è ***


Il giorno successivo sembrò riprendere normalmente, con gran gioia di Hanamichi. Entrò nel locale, distratto e con le spalle accasciate.
“Ehi, Hanamichi” lo salutò Makoto con disinvoltura, accanto a Riku.
 
“Ehi” rispose, mettendosi il grembiule.
 
“Allora, vuoi dirci cosa diavolo è successo l'altro giorno?”

Hanamichi sospirò, li guardò e scrollò le spalle. “È solo un ragazzo con cui...”
 
“Con cui?” si animò Riku, gli occhi impazienti. Hanamichi si fermò, “Con cui andavo a scuola! Che diamine state pensando?”
 
I colleghi furono evidentemente delusi. “Stai mentendo!”
 
“Perché cavolo dovrei mentire!”
 
“Allora perché quel casino! Hai causato un bel dramma” disse Makoto oggettivamente. “Quel tipo di tensione si può spiegare solo con una sorta di odio profondo, o rimpianto, o una cosa simile...”

Hanamichi deglutì a fatica, sudando leggermente per l'assurda accusa. Non voleva dire a nessuno della sua relazione con Kaede, non in quel modo.
 
“Sai chi è lui per te?” intervenne Riku.
 
“Certo che lo so! Vi ho detto che andavamo insieme alla stessa scuola”
 
“Sì, certo” disse Riku con tono sprezzante, “quindi sai chi è davvero?”

“Come?”

“È Kaede Rukawa!” Riku si inclinò in avanti, gli occhi raggianti. “Mi sembrava familiare ma non ne ero sicuro. Lui è QUEL Kaede Rukawa”
 
Hanamichi inarcò un sopracciglio, confuso.
 
“Ho sentito storie su di lui, non l'ho mai incontrato. Ma per quanto ne so, è una leggenda del basket dello Shohoku” disse Makoto, toccandosi pensieroso il mento. Hanamichi si lasciò sfuggire un sorrisetto sarcastico. “Dovete essere grandi fan”
 
“Sì!” gridarono entrambi i ragazzi allo stesso tempo con espressione sincera negli occhi, cogliendo Hanamichi di sorpresa. “Per essere un ragazzo, è anche piuttosto bello”
 
Hanamichi rivolse la sua attenzione su Makoto, facendo del suo meglio per mantenere una faccia neutra.
 
“Sì, è molto popolare tra le donne, ma non mi sorprenderei se lo fosse anche tra gli uomini”
 
Il cuore di Hanamichi si bloccò e avvertì una sensazione di vuoto nello stomaco, sentendosi leggermente nauseato. Quelle parole erano innocue ma a lui sembrava che qualcuno gli stesse strizzando il cuore. Rimase in silenzio, non sapendo bene come reagire. Di norma avrebbe negato tutto iniziando a vantarsi di come lui fosse migliore ma, in qualche modo, in quel momento, non riusciva a scrollarsi la questione di dosso o riderci sopra. Non poteva negare perché era vero. Kaede era popolare tra le donne e gli uomini. Le donne lo trovavano bellissimo mentre gli uomini ne ammiravano la determinazione e le capacità. A detta di tutti, Kaede Rukawa era migliore di lui.
 
Hanamichi conosceva quella verità da molto tempo ed era in grato di negare e seppellire quella stessa verità ogni volta. Ma per qualche ragione oggi non ci riusciva. Si guardò le mani e ricordò la prima volta che aveva tenuto quelle di Kaede. Notando quanto fosse caloroso nonostante la sua fredda apparenza. All'inizio era stato imbarazzante, avevano titubato, ma dopo settimane e mesi di rinvio, alla fine si erano sciolti. Era stata una delle cose più inaspettate che avesse vissuto, aveva sempre pensato che Kaede sarebbe stato freddo ma, in realtà, era stato il contrario. Kaede gli aveva fornito quel calore di cui non aveva saputo di avere bisogno. Dopo tutto quello che avevano passato, dopo tutto l'auto-disprezzo, la fase di negazione e di consapevolezza, Kaede era sempre stato quello più paziente. Lui non sapeva cosa fosse cambiato o a che punto tutto fosse mutato, ma rivivere quei momenti gli spezzava sempre il cuore. Dovendo essere onesto con se stesso, a volte ne avvertiva la mancanza. Certo, era uscito un paio di volte con altre persone in seguito, ma nessuno si era mai avvicinato...ancora.
 
“Ehi, stai ascoltando?” Makoto schioccò le dita davanti alla faccia di Hanamichi.
 
“Uh?” fece lui alzando lo sguardo, confuso.
 
“Ti ho chiesto, sei geloso?”

“Di cosa?”

“Di Rukawa, ovviamente!” Riku incrociò le braccia contro il petto, un sorrisetto in viso.
 
“Perché dovrei essere geloso di quella kitsune!” Hanamichi si accigliò e li guardò male.
 
“Perché è popolare con le donne, non è per questo che hai reagito così”

Hanamichi distolse lo sguardo, gli occhi ancora taglienti e le sopracciglia aggrottate.
 
-No, per niente- pensò tra sé, finalmente venendo a patti con i motivi per cui era rimasto ferito così profondamente.
 
 
 
In piedi davanti alla porta bruna, alzò la mano e bussò gentilmente.
 
“Hanamichi?”
 
“Ciao, so che è tardi, ma posso entrare?”

“Certo!”

“Grazie”, si tolse le scarpe ed entrò.
 
“Che succede, stai bene?”
 
“Non so a chi altro rivolgermi, voglio solo parlare” disse rapidamente Hanamichi, l'espressione ancora turbata. “Di qualsiasi cosa, non mi interessa”
 
Yohei lo guardò, sorpreso, poi sorrise al suo migliore amico. “Vado a prendere l'alcool”
 
Sdraiati sui cuscini in soggiorni, Hanamichi e Yohei si divertirono, bevvero e parlarono con disinvoltura di tutto ciò a cui potevano pensare.
 
“Sì, Haruko diceva che Gori era molto goffo con le ragazze, da risultare adorabile!” rise Hanamichi.
 
“E guardalo ora” ridacchiò Yohei. “L'università può seriamente cambiarti”

“Nah, a volte lo confondo ancora con un vero gorilla” sghignazzò Hanamichi, sorseggiando il suo drinl.
 
“Sei cattivo, non pensi?”

“Lui lo sa” Hanamichi bevve altri sorsi, questa volta più numerosi.
 
“Sì, sei decisamente troppo cattivo”

“Solo perché ti piace Haruko, vero?” le parole di Hanamichi uscirono sbiascicate. “Quando glielo dirai?” continuò. Yohei si fermò e spostò lo sguardo sul bicchiere che teneva in mano.
 
“Non è il momento giusto”
 
“Cosa? Certo che è il momento giusto! Hai più possibilità con lei di chiunque altro nell'intero universo. Non rovinare tutto come ho fatto io”
 
Yohei osservò il suo amico; Hanamichi mostrava i primi segni di ubriachezza. In quelle condizioni era più onesto e trasparente riguardo i suoi pensieri e sentimenti.
 
“Glielo dirò se ammetti che ci tieni ancora a Rukawa”
 
Hanamichi sbatté il pugno sul tavolo. “Non tengo a lui!”
 
“Allora perché sei venuto qui?”

“Per parlare! Volevo parlare con te! Sei il mio migliore amico!” gridò Hanamichi, l'espressione contorta e confusa.
 
“Esatto, Hanamichi, io ti conosco” gli sorrise Yohei, “volevi parlare...e volevi distrarti. Vuoi parlare di Rukawa, vero?”
 
Hanamichi sorseggiò ancora, mostrando nervosismo.
 
“Non posso aiutarti se non mi dici la verità, Hanamichi”
 
Il volto di Hanamichi era rosso per l'alcool e scosse leggermente la testa cercando di scrollarsi di dosso la sensazione di ebbrezza.
 
“Voglio solo...voglio solo sapere perché non sono stato abbastanza” la sua voce si spezzò e le lacrime si accumularono nei suoi occhi. In quel momento, davanti a quella confessione, il viso di Yohei fu sconvolto, allungandosi subito per abbracciare il suo amico.
 
 
 
Fissando il muro di fronte a sé, Kaede fissava il calendario appeso ordinatamente proprio sopra la sua scrivania. Ecco, mancavano solo tre giorni, poi sarebbe tornato in America. Onestamente, non sapeva dire come si sentiva al riguardo. Una settimana prima avrebbe senza dubbio detto di essere felice di partire. Sapeva che tornare gli avrebbe riportato un senso di nostalgia che preferiva non tirare fuori. Per quanto odiasse distrarsi perché sapeva che avrebbe potuto trascorrere il tempo allenandosi di più in America con la sua squadra, allo stesso tempo Kanagawa gli mancava. Gli mancava la semplicità, la cultura e il modo in cui tutto era e sarebbe sempre stato parte di lui. Sempre. I posti in cui era cresciuto sembravano così piccoli ora. Col passare del tempo, lui era maturato e le sue ambizioni erano diventate troppo grandi perché rimanesse lì. Aveva voluto, più di ogni altra cosa, sfidare se stesso, vivere quel sogno che aveva sempre desiderato. Tuttavia, desiderava che ci fosse qualcosa da poter portare con sé. Un ricordo, una sensazione, qualcosa di costante.
 
“Kaede! Telefono per te!”
 
-Chi mi chiama a quest'ora?- pensò Kaede uscendo.
 
“Chi è?”

“Non lo so, ma sembra ubriaco”
 
Sollevando la cornetta, Kaede rispose esitante: “Pronto?”
 
Non ci fu risposta, ma sentì qualcuno respirare dall'altra parte. Confuso, fece per mettere giù quando udì delle urla in sottofondo.
 
“Ehi, Hanamichi, fermati! Dammi il telefono!”
 
Hanamichi? Quel nome sconvolse il ragazzo: il cuore quasi gli cadde dal petto.
 
“Rukawa, bastardo! Come osi mostrare di nuovo la tua faccia qui! Perché non sei rimasto dov'eri!”
 
“Ehi, Hanamichi, sei ubriaco, no non andare-”
 
Ci fu un forte tonfo e un clic.
 
“Ti sei chiuso in una stanza, idiota?” ridacchiò Kaede.
 
“Non cambiare argomento!”
 
“Sono tornato solo per trovare i miei genitori” rispose semplicemente Kaede. “Non sapevo di dover rimanere chiuso in casa”

“Beh, non avresti dovuto mostrare la tua faccia! Perché sei venuto al locale?”

“Non sapevo che lavorassi lì, non posso nemmeno mangiare?”
 
Hanamichi rimase in silenzio, improvvisamente insicuro su cosa dire.
 
“Stai bene?” la voce di Kaede risuonò dolce, come un sussurro.
 
“Non voglio ammetterlo, ma questa è l'unica volta in cui lo farò...” la voce di Hanamichi era altrettanto morbida, più vulnerabile. Il cuore di Kaede batté forte in attesa.
 
“Dopo che te ne sei andato, ero un disastro. So che siamo stati insieme solo per pochi mesi, ma io...non mi ero mai sentito così male” Kaede lo sentì tirare su leggermente col naso e avvertì il senso di colpa gravare su di sé. Gli sembrava che qualcuno gli avesse dato un pugno nello stomaco.
 
“Non era amore, lo so” Hanamichi emise un sospiro straziante. “A prescindere da quanto cerchi di buttarmelo alle spalle, di andare avanti come hai fatto tu, forse volevo solo che fosse reale. Lo speravo”
 
A quelle parole, Kaede avvertì il proprio cuore che si spezzava. Non pianse ma non ci era mai stato così vicino.
 
“Anche se si tratta di te, non posso continuare a negare come mi sento. Forse è per questo che non riesco ad andare avanti; mi sono limitato a tenermi tutto dentro. Volevo dirtelo, volevo dirti come mi sento davvero...” la voce sommessa di Hanamichi tremò e tutto ciò che Kaede desiderava fare era correre da lui e confortarlo.
 
“Come ti senti?” suggerì Kaede. Lo spazio tra loro era assordante, poté udire Hanamichi deglutire nervosamente.
 
“Io...”
 
Il cuore di Kaede tamburellò nell'attesa, ma invece delle parole, sentì il suono soffocato provocato dal vomito seguito dal rumore di una porta che si apriva prima che la linea si interrompesse.

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Capitolo 8
*** 8. Colpo di fortuna ***


Hanamichi gemette, stordito, la sua testa sembrava girare da troppo tempo. La sua visuale si adattò e vide un bicchiere d'acqua accanto a sé. Afferrò il bicchiere goffamente e bevve il contenuto in un unico sorso.
 
“Sei sveglio”
 
Hanamichi alzò lo sguardo e vide Yohei in piedi vicino alla porta con le braccia al petto e un'espressione mortificata.
 
“C-cos'è successo ieri sera?”
 
“Sei venuto qui e abbiamo parlato” disse Yohei, sedendosi accanto al ragazzo scarmigliato. “Poi le cose sono evolute rapidamente, mi sono voltato per un secondo e...” si grattò nervosamente la testa, distogliendo lo sguardo.
“Yohei, cosa ho fatto?” Hanamichi fece una smorfia preparandosi a quello che stava per sentire.
“Hai chiamato Rukawa, hai vomitato e poi sei svenuto” disse Yohei tutto d'un fiato. Hanamichi si bloccò per il terrore, il viso sconvolto, sembrava quasi avesse smesso di respirare. Yohei toccò il suo amico che non reagiva, assicurandosi che fosse ancora vivo.
 
“Cosa ho detto?!” balzò Hanamichi, in preda al panico.
 
“Ti sei chiuso in bagno! Volevi dirgli come ti senti”

“Come mi sento?”

“Sì, hai imprecato un sacco, eri davvero arrabbiato”
 
Hanamichi si mise a sedere e annuì. “Quindi, l'ho insultato al telefono? Bene. Ha senso” sorrise, soddisfatto.
 
“Hanamichi” Yohei si inclinò, posando il palmo sulla sua guancia. “È questo che senti davvero?” chiese osservando l'amico, cercando di capirlo.
“Certamente!”
Yohei sospirò e alzò le spalle davanti a quella palese menzogna. Era un po' deludente che Hanamichi lo considerasse il suo migliore amico, dimenticando completamente che lui vedeva oltre quella falsa spavalderia che si portava dietro. Yohei sapeva quando Hanamichi mentiva. Ma pensò che, se era disposto a insultare la loro amicizia in quel modo, lui sarebbe stato al gioco della negazione. Almeno fino a quando Hanamichi non sarebbe stato disposto ad ammettere consapevolmente a se stesso che stava soffrendo.
 
Fino a quel momento, Yohei avrebbe mantenuto la consapevolezza di aver trovato il suo amico che piangeva sul pavimento del bagno con il telefono contro il petto, ripetendo a se stesso il nome di Rukawa. Era triste, pensò Yohei. Avrebbe voluto che Hanamichi affrontasse i suoi sentimenti in prima linea. Dopotutto erano passati due anni: doveva essere un grande fardello.
 
“Non devi lavorare o altro?” chiese Yohei.
“Nah” disse Hanamichi, pettinandosi i capelli con le dita. “Ma penso di dover tornare a casa. Mi sento esausto”
Yohei annuì, d'accordo. “Non dimenticarti di stasera”
Hanamichi annuì: “Ci vediamo stasera”.
 
 
 
Due giorni. Gli rimanevano due giorni. Per qualche ragione, si sentiva riluttante a tornare, il che era strano dato che da quando era arrivato aveva fatto il conto alla rovescia. Kaede era seduto su una panchina di fronte ai piccoli negozi e un caffè, dall'altra parte della strada. Guardò il pezzo di carta che aveva in mano, un invito. Haruko aveva parlato di una rimpatriata, apparentemente quella sera ci sarebbe stata una festa per l'intera squadra.
 
Pensò che una lettera fosse sconveniente dato che lei avrebbe potuto semplicemente chiamarlo. Scrollò le spalle: c'era comunque qualcosa di speciale a riguardo. Passò le mani sulla grafia ordinata, riflettendo sull'idea di andarci. Voleva farlo? Sì, ma allo stesso tempo, pensava che avrebbe causato solo una tensione inutile tra lui e un certo turbolento rossino.
 
Kaede sospirò, ripensando alla sera precedente. La sincerità nelle parole di Hanamichi lo aveva colto di sorpresa, provava dolore sapendo di essere la causa del cuore spezzato del ragazzo. Kaede sapeva che Hanamichi ce l'avrebbe avuta con lui, lui si sarebbe sentito nello stesso modo se qualcuno si fosse comportato così con lui. Pensò che lui avrebbe voluto tagliare i legami con qualcuno che lo aveva lasciato ed evitarlo il più possibile ma, a differenza di Hanamichi, avrebbe potuto imparare a lasciar andare. A differenza di Hanamichi, dopo due anni, alla fine avrebbe accettato quello che era successo. Kaede si aspettava il risentimento che era stato sicuro di ottenere nel tornare, ma non aveva immaginato l'onestà e la cruda emozione emanate da Hanamichi. Conosceva Hanamichi, sapeva cosa gli piaceva e cosa no. Sapeva cosa pensava, come se i suoi pensieri fossero intuibili da chiunque. Ma non era così. Proprio quando si era convinti di capirlo, lui sorprendeva. Kaede era sicuro di non aver mai incontrato nessuno così complicato e intenso come Hanamichi. Ed era iniziata esattamente così. La sua irritazione verso di lui si era trasformata in qualcosa di più col passare del tempo. La sua innocenza e la sua sincerità erano qualcosa che Hanamichi mostrava raramente, ma le poche volte in cui Kaede ci si era imbattuto gli avevano fatto venire voglia di avvicinarsi, voler sapere tutto di lui, immergersi nella complessità che era Hanamichi Sakuragi.
 
Non era amore, lo so”
 
Volevo che fosse reale, ci speravo”
 
Le parole echeggiavano, improvvisamente il suo cuore si strinse al pensiero. Ricordava di essersi scontrato con Hanamichi per la maggior parte del suo anno da matricola, ma ad un certo punto le cose erano cambiate. Kaede non riusciva a ricordare esattamente quando era successo.
 
 
 
Onestamente, non odiava il rossino, ne era irritato, certo, ma Kaede cercava di evitare tutto ciò che non era importante. C'erano due cose a cui teneva durante il primo anno, cioè il sonno e il basket. Qualsiasi cosa oltre a quelle era extra. L'amore era una cosa strana, qualcosa di oscuro che lasciava perplesso persino lui. Non detestava il sentimento, a differenza di quello che le persone potevano presumere. Kaede non era mai stato il tipo che perdeva tempo a sognare pigramente che le cose andassero bene o che qualcuno giungesse a cambiarle. A volte ciò lo faceva sentire fuori luogo. Quando tutti pensavano alle ragazze o quando le persone intorno a lui iniziavano e terminavano relazioni, lui non ci rifletteva molto. Forse perché lui era l'unico che veniva fissato dalle ragazze e ciò irritava la maggior parte dei ragazzi a scuola.
 
Ogni tanto si chiedeva se non fosse soltanto asessuale. Se fosse stato così, non gli sarebbe dispiaciuto molto, i suoi genitori sarebbero stati quelli delusi, lui no. Essendo l'unico figlio maschio, era sottinteso che ci fosse una sorta di dovere che doveva portare a termine. Non c'era niente che i suoi desiderassero di più per lui che sistemarsi, sposarsi e avere un lavoro stabile. Dopo anni passati in America, quella prospettiva tradizionale sembrava così banale e poco interessante. L'esposizione a una cultura più individualista era stata strana all'inizio, ma aveva davvero imparato ad apprezzare la libertà che ne derivava. Gli americani erano assertivi, non c'erano significati nascosti e le persone tendevano ad essere autosufficienti.
 
L'amore, secondo Kaede, tendeva ad essere usato con molta noncuranza. Era stato testimone dell'amore di diversi persone e tutte si erano sempre separate.
 
Una volta Kaede aveva chiesto a un amico cosa significasse l'amore per lui e, con un premuroso colpetto sul mento, quello aveva risposto con sicurezza: “Penso che se ti fa battere forte il cuore e provare la sensazione di non riuscire a controllarti, allora sì, è amore”
“Quando non riesci a controllarti?” aveva ripetuto Kaede, confuso.
“Sì, sai, quando ti senti elettrizzato”
Sorpreso da quella debole risposta, Kaede aveva annuito, accettandola. Giungendo da una persona con esperienza, aveva pensato che quello fosse un modo di interpretare l'amore.
 
Con Hanamichi, accorgersi dei suoi sentimenti non era stata la cosa più facile. Inizialmente voleva
solo conoscerlo, avvicinarsi, capire cosa lo rendeva così...appassionato. Sembrava che Hanamichi avesse molti più strati che anche quelli che gli erano più vicini non conoscevano. Beh, a eccezione di Yohei, quel tipo sapeva tutto. La spavalderia che Hanamichi mostrava di continuo era irritante e penosa da guardare a volte. Soprattutto considerando che possedeva le abilità di cui spesso si vantava. Gradualmente, avevano stabilito una sorta di amicizia e dopo un po' erano stati in grado di vedere oltre i battibecchi inutili e di parlare davvero. Beh, Hanamichi preferiva perlopiù prenderlo in giro, ma era comunque un miglioramento.
 
La prima volta in cui parlarono seriamente fu a causa di una ragazza.
 
Kaede ricordava che Hanamichi gli si era avvicinato dopo che tutti avevano lasciato la palestra.
 
Il cielo era un brillante mix di giallo e rosso, a segnalare il tramonto. Era bellissimo. Si fermò un attimo ad ammirarlo prima che un'alta figura apparisse accanto a lui. Capelli rossi e un accenno di preoccupazione sul viso. Kaede notò l'aria irrequieta del ragazzo, decidendo di interrompere quella strana atmosfera.
 
Se hai un problema, sputa”
 
Hanamichi sussultò leggermente, armeggiando nervosamente con i pollici.
 
Volevo solo chiederti se c'è qualcuno che ti piace”
 
Kaede alzò un sopracciglio interrogativo, non aspettandosi quell'improvvisa domanda.
 
No” dichiarò, senza esitazione.
 
Con quella risposta, Hanamichi espirò, apparendo sollevato. Cambiò poi rapidamente la sua espressione in una in preda al panico.
 
Male!”, scosse freneticamente la testa. “Cioè, bene!”
 
Cosa?” fece Kaede, irritato per quel dialogo senza senso.
 
Ho promesso ad Haruko che te ne avrei parlato” spiegò Hanamichi, “Le piaci davvero davvero”, ogni parola provocava una fitta ad Hanamichi, evitò lo sguardo di Kaede, imbarazzato per il livello a cui si era abbassato.
 
E a te lei piace davvero davvero?” Kaede non intendeva deriderlo, ma la tristezza negli occhi di Hanamichi gli fece capire di aver esagerato. “Dovresti dirle come ti senti, doaho”
 
Ci ho provato!” scattò Hanamichi sulla difensiva. “Ci ho provato...” ripeté piano. Kaede non sapeva se doveva dispiacersi per lui o invidiarlo per il fatto che non fosse sommerso dalle ragazze che sciamavano verso di lui come api.
 
Un momento”, Hanamichi guardò Kaede, indietreggiando leggermente. “Non dirmi che tu...sei dell'altra sponda...”, Hanamichi fece un gesto oscillante con la mano.
 
È meglio che la smetti” Kaede guardò male Hanamichi, irritato.
 
Non capisco, kitsune” fece Hanamichi, sinceramente confuso. “Hai tutta questa popolarità, ma non hai sorriso a una ragazza nemmeno una volta”
 
Kaede sospirò, “A loro importa solo l'aspetto”
 
Ma sono interessate. Pensaci, kitsune” Hanamichi gli si avvicinò, posandogli la mano sulla spalla. “Approfittane a tuo vantaggio. Vai a qualche appuntamento, le tieni per mano e le accompagni a casa. Poi, quando è il momento giusto, la luna brilla su di te e su di lei, il cuore batte forte mentre accarezzi le sue guance delicate, ti avvicini e premi le tue labbra contro le sue”
 
Kaede poteva percepire il desiderio nella voce di Hanamichi, in estasi a quell'idea romantica. Era così vicino che poteva sentire il calore direttamente dal suo petto. Kaede si allontanò e si sistemò la giacca.
 
Amore”, Kaede sbeffeggiò l'idea, “Sembra una perdita di tempo”.
 
Kaede ridacchiò sarcasticamente a quel ricordo. Oh, si era così sbagliato. Se solo il se stesso del passato avesse potuto vedere la situazione in cui si trovava ora, si sarebbe preso a calci da solo molte volte.
 
 
 
Hanamichi gemette, strofinandosi la mano sulla tempia mentre con l'altra si lavava i denti. Fissando il proprio riflesso nello specchio nebbioso del bagno, si rammaricò della penosa decisione che aveva preso la sera precedente. Non sapeva cosa lo avesse spinto a disturbare Yohei alle undici di sera, tutto ciò che sapeva era che si era sentito turbato, quasi irrequieto a causa di pensieri indesiderati. Se non si fosse confidato con qualcuno o non si fosse distratto sarebbe sicuramente esploso. Le conversazioni al locale rendevano difficile concentrarsi. I suoi colleghi non smettevano di tormentarlo su Rukawa ed era stufo. Più domande facevano, più lo costringevano a far riaffiorare ogni ricordo, ogni dettagli, ogni informazione sull'uomo che preferiva non rammentare. A peggiorare le cose, la vera ciliegina sulla torte era che donne mai viste avevano iniziato a frequentare il locale alla ricerca del bellissimo sconosciuto dagli occhi blu. Hanamichi alzava gli occhi al cielo e se non fosse stato per le regole sul suo contratto, le avrebbe cacciate.
 
Sul serio, era come se non ci fosse via di scampo. Dio era davvero così crudele da punirlo in quel modo?
 
Hanamichi si lavò la faccia e rimise lo spazzolino nel bicchiere. Si fermò ed esaminò il suo viso stravolto, riconoscendo chiaramente lo stress. Sospirò, “Calma, Hanamichi, ha detto che starà qui solo per pochi giorni. Sì, pochi giorni e poi non lo rivedrai mai più” si rassicurò. “Non lo rivedrai mai più...” ripeté, la voce bassa e insicura.
 
Era quello che voleva, no? Se era così, perché si sentiva tanto incerto? Era stato bene a vivere la sua vita per due anni senza sentire nulla di Rukawa, senza vederlo. Era più facile, più facile rispetto a ora. Almeno poteva fingere che Rukawa non esistesse e che non ci fosse stato niente tra loro. Ma vederlo, in carne e ossa, dava la sensazione che non se ne fosse mai andato. Rendeva la loro rottura reale, come a prenderlo in giro per avergli fatto credere di tenerci. Ricordava che Rukawa aveva considerato l'amore come una perdita di tempo. Aveva senso che forse tutto ciò che avevano provato fosse a sua volta una perdita di tempo, lui se n'era reso conto e se n'era andato. Senza preavviso, Rukawa aveva improvvisamente deciso che non lo voleva o che Hanamichi non gli piaceva più e si era limitato a porre fine a tutto senza una spiegazione.
 
Sedendosi sul balcone, Hanamichi si strinse le braccia intorno, mettendosi comodo mentre fissava il tramonto. Osservò la strada sotto e subito visualizzò il suo passato.
 
 
 
Era una calda notte estiva; aveva appena concluso un altro appuntamento senza successo con una ragazza. A quel punto era pronto ad arrendersi e ad accettare il fatto che non sarebbe piaciuto a nessuna ragazza per quello che era. Quasi tutti gli appuntamenti finivano con le ragazze che lo usavano come mezzo per avvicinarsi a Rukawa. Alcune erano sincere, ma presto diventava chiaro che non erano così interessate. Hanamichi era un romantico senza speranze, quindi senza diventare scortese, diceva loro che doveva lavorare al mattino e se ne andava dopo aver pagato il conto. Stava tornando a casa con la schiena curva ed era accigliato, un'abitudine dopo ogni appuntamento fallito, pensando a tutto ciò che aveva fatto o non fatto. Certo era un po' timido ma ci stava attento, non volendo combinare casini. Ma ovviamente, aveva fatto un pasticcio. Teneva lo sguardo fisso a terra quando apparvero un paio di scarpe da ginnastica. Si fermò e alzò gli occhi per scoprire Rukawa che lo scrutava dall'alto al basso, con una palla da basket in mano.
 
Perché sei vestito così, doaho?”
 
Rukawa! Che ci fai qui?”
 
Sono venuto qui per allenarmi” rispose l'altro seccamente. Hanamichi studiò l'ambiente circostante e vide che si era diretto involontariamente verso il campo da basket pubblico. Prima che potesse capirci qualcosa, si ritrovò seduto accanto a un sudato Kaede Rukawa. Questi si asciugò il sudore dalla fronte con l'asciugamano, il respiro irregolare per l'intenso esercizio. Hanamichi fissò Kaede, chiedendosi come sarebbe stato se avesse potuto avere il suo aspetto e la sua abilità per un giorno. Sebbene Hanamichi continuasse a vantarsi delle proprie capacità, sarebbe stato stupido negare il puro talento di Kaede. Non importava quanto lo negasse.
 
Che c'è?” chiese Kaede, notando il suo sguardo intenso.
 
A volte vorrei che ci scambiassimo i ruoli”
 
Kaede alzò un sopracciglio interrogativo.
 
Insomma, solo per un giorno!” si affrettò a dire Hanamichi. “Solo per sapere come ci si sente ad essere popolari”
 
Oh, si tratta ancora di ragazze? Vuoi sapere come ci si sente ad essere così desiderate dalle ragazze”
 
Non è quello che vogliono tutti?” rispose Hanamichi.
 
Io no” disse Kaede senza alcuna esitazione.
 
Questo è un tuo problema” borbottò Hanamichi, imbronciato, appoggiandosi al muro. Kaede sorrise a quell'adorabile replica.
 
Perché ti disturba?” chiese Kaede, sinceramente curioso. Hanamichi rifletté sulla domanda, concentrandosi sull'anello del canestro di fronte a sé. “Voglio solo sapere come ci si sente” disse Hanamichi con sguardo distante. “Non ho mai baciato nessuno”
 
Quella fissazione sull'amore di Hanamichi lo sconcertava. Non aveva mai visto nessuno desiderare di provare qualcosa di così banale. In genere se qualcuno era così disperato, o si arrendeva, o abbassava le sue aspettative.
 
Se ti facessi vivere l'esperienza, smetteresti di parlarne?”

Hanamichi si strozzò per le parole uscite dalla bocca di Kaede, dette con così tanta disinvoltura. I suoi occhi si spalancarono, increduli, la sua testa scattò verso il ragazzo così velocemente che credette che forse si era stirato un muscolo.
 
Senti, non è nulla di che. È solo un bacio” Kaede scrollò le spalle.
 
Oh, e tu hai esperienza?”

Kaede incrociò le braccia contro il petto. “Hai detto di approfittare del mio aspetto, non sei l'unico ad aver avuto qualche appuntamento”. Per qualche ragione, Hanamichi avvertì il proprio cuore scivolargli nello stomaco. Lo ignorò e sorrise: “Finalmente mi ascolti!”
 
Non lusingarti da solo, idiota”
 
L'atmosfera tra di loro si fece tranquilla, non c'era altro che la leggera brezza del vento caldo a soffiare intorno. Hanamichi fissò gli occhi blu di Kaede, notando per la prima volta che si trattava di blu cobalto, il colore dell'oceano. Rimasero immobili, c'era solo il forte battito dei loro cuori contro il loro petto. Hanamichi inghiottì il suo nervosismo: la cosa si stava facendo troppo reale. Onestamente avrebbe preferito di gran lunga farlo con una ragazza, ma forse l'esperienza sarebbe stata più facile. Kaede si avvicinò, gli occhi socchiusa, e prima di accorgersene Hanamichi stava già chiudendo gli occhi. “No, tienili aperti” il respiro caldo di Kaede gli solleticò la pelle. “Ti insegnerò solo una volta”. Hanamichi annuì e aprì lentamente gli occhi. Le sue guance bruciavano come fossero in fiamme, Kaede era così vicino da poterlo quasi sentire. Il cuore gli batteva così forte da avvertirlo nelle orecchie. Kaede colmò lo spazio tra loro, le labbra si incontrarono dolcemente e per la prima volta Hanamichi notò quanto fossero morbide le labbra di Kaede. Fu un bacio leggero e Hanamichi aveva la sensazione di perdere già il controllo. Tutto si chiudeva intorno a lui, si sentiva risucchiato da quel momento. Aveva sognato la possibilità di provare quella sensazione. Ogni volta che aveva visto un film romantico, si era chiesto come ci si sentisse. Quanto desiderasse condividere qualcosa di privato e intimo con qualcuno. Una sola volta era sufficiente.
 
In fondo, era stata una pessima idea perché, senza nessun autocontrollo, Hanamichi premette maggiormente contro Kaede e la sua mano vagò lentamente sui capelli neri. Kaede gemette leggermente e ciò sembrò strappare subito Hanamichi da quel momento. I suoi occhi si aprirono di scatto e interruppe immediatamente il bacio. Il viso bruciava ancora mentre si schiariva goffamente la gola.

“Ora la smetterai di parlarne?” chiese Kaede, apparendo indifferente. Hanamichi annuì e smise di parlarne.

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Capitolo 9
*** 9. Niente ***


Shohoku – Secondo anno
 
L'estate in giugno era insolitamente spietata a causa del caldo afoso e dell'umidità soffocante. Il cielo notturno era un baldacchino d'inchiostro scuro punteggiato solo da poche stelle, mentre solo poche ore prima era stato un azzurro giorno estivo. L'aria era particolarmente umida, il che rendeva leggermente più difficile focalizzarsi, ma non era niente di impossibile. Dopo l'ultimo tiro a canestro, Kaede respirava pesantemente, passandosi l'asciugamano sulla faccia zuppa di sudore. Fermandosi un momento per riprendere fiato, fissò il cielo silenzioso: una sfumatura viola ametista e blu avvolgeva l'atmosfera, creando uno scenario mozzafiato. Kaede sorrise leggermente al cielo notturno, pregando silenziosamente per la buona fortuna del futuro. Non era estremamente religioso: faceva in modo di lavorare sodo ogni giorno, ma un aiuto extra non sarebbe stato male.
 
Con la coda dell'occhio notò apparire una macchia rossa. Kaede si voltò e vide una figura familiare che camminava verso il campetto con un'andatura insolitamente depressa. Il corpo accasciato, la sua espressione era ermetica e lo sguardo fisso sui piedi. Senza pensarci troppo, Kaede gli si avvicinò, fermandosi proprio di fronte a lui.
 
“Perché sei vestito così, doaho?”
 
“Rukawa! Che ci fai qui?”
 
Il volto di Sakuragi era un misto di tristezza e sconfitta, diverso dalla sua solita personalità focosa.
 
Doveva esserci qualcosa di eccitante nell'amore che Kaede non aveva ancora capito. Doveva esserci dato che tutti sembravano impazzire all'idea di avere una persona importante, come fosse l'unica cosa per cui valesse vivere. O almeno era quello che tutti credevano, una versione idealizzata dell'amore. Sebbene non fosse il migliore a esprimere le emozioni, Kaede non era inesperto. Si dilettava nel regno degli appuntamenti: non era purtroppo qualcosa che trovava elettrizzanti. Baciarsi, tenersi per mano, si trattava di scintille ma non duravano mai. Eppure in fondo pensava che l'idea di innamorarsi fosse fantastica. Forse un giorno si sarebbe sentito completamente infatuato di qualcuno, qualcuno che avrebbe reso il suo mondo più luminoso, migliore, e fatto battere più velocemente il suo cuore. O forse no. Per una persona espressivamente inetta come Kaede, poteva sembrare improbabile. Se ciò era destinato ad accadere, chi era lui per andare contro il fato?
 
“A volte vorrei che ci scambiassimo i ruoli” disse Sakuragi in un basso sussurro. “Solo per sapere come ci si sente ad essere popolari” continuò.
 
Eccolo di nuovo, a parlare di 'e se'. Era diventato così frequente che Kaede si infastidiva a sentirlo. Aveva ormai inculcata l'idea che l'unica cosa che Sakuragi voleva era guadagnarsi un po' di affetto da ragazze superficiali per provare il suo valore. Kaede ne era stufo, stufo di tutte le lamentele. Soprattutto perché gli lasciava una sensazione acida nello stomaco, non sapeva perché ma non gli piaceva. Kaede respirò pesantemente, appoggiandosi al muro.
 
“Se ti facessi vivere l'esperienza, smetteresti di parlarne?” disse con tono piatto. Era snervante quanto la domanda fosse uscita con disinvoltura. Dopo lo shock, l'atmosfera si fece subito pesante e l'attesa si impossessò di loro. Il nervosismo peggiorò solo a causa della rovente notte estiva. Ogni centimetro in meno li rendeva irrequieti, il respiro solleticava la pelle. Hanamichi deglutì a fatica a quella sensazione, rendendosi conto che quella non era la migliore delle idee. Ma la curiosità ebbe la meglio su di lui e, prima che potesse fermarsi, guardò Kaede con gli occhi socchiusi, osservando i suoi bei lineamenti. Era ingiusto quanto Rukawa fosse sempre calmo, anche mentre la sua bocca si appoggiava su quella del suo compagno di squadra.
 
Non appena la sensazione fu reale, il primo a reagire fu Hanamichi. Il suo corpo sobbalzò, in allerta, e i suoi sensi si intensificarono al contatto. Le labbra si trovarono insieme facilmente, un tocco, un bacio, niente di insistente eppure Hanamichi sentì la propria testa girare. Kaede era sorpreso dalla rapidità con il ragazzo cedeva. Dopo avergli detto di non chiudere gli occhi, lui lo fece comunque senza rendersene conto. Kaede sorrise contro le sue labbra: era adorabile quanto Sakuragi stesse prendendo la cosa sul serio.
 
Senza preavviso, Hanamichi premette più forte contro Kaede, le loro labbra ora ferme l'una sull'altra. Sorpreso, Kaede sbatté le palpebre, per una volta colto di sprovvista. Una mano vagò tra i suoi capelli, pettinandoli leggermente. Hanamichi pressò il suo corpo contro Kaede mentre le loro labbra iniziavano a muoversi piano. Cedendo, Kaede emise un involontario gemito che sembrò rompere l'incantesimo. Hanamichi si fermò e i suoi occhi si spalancarono per l'orrore di fronte all'imbarazzante situazione. Spezzando immediatamente il bacio, Hanamichi si allontanò da Kaede, lasciando il vuoto tra di loro. Le sue guance ardevano, rosse, mentre si schiariva la gola e si scusava.
 
“Ora la smetterai di parlarne?” fu tutto ciò che Kaede poté dire, apparendo imperturbabile come al solito. Ma la tinta rossa sulle sue guance indicava diversamente.
 
Col senno di poi, Kaede avrebbe dovuto badare ai fatti suoi e lasciar perdere. Ma non l'aveva fatto, e ora non sapeva come far rallentare il suo cuore.
 
 
 
Sembrava esserci un lato di Hanamichi che Kaede notò ed era diverso da quello del solito individuo rumoroso, fastidioso e arrogante. Certo, manteneva ancora tutte quelle caratteristiche, ma a volte si riusciva ad avere uno scorcio del genuino, ingenuo e innocente Hanamichi.
Hanamichi Sakuragi era, in ogni caso, un paradosso, una persona complicata. Per quanto si dimostrasse stupidamente fiducioso in se stesso, le sue insicurezze venivano fuori.
 
Con il passare dei mesi, Kaede diventò capace di tollerare le minacce a vuoto e gli scontri spontanei; non portavano mai a niente in ogni caso. Tuttavia, sempre più Kaede si sentiva irritato dal rossino. Era abituato alle buffonate di Hanamichi abbastanza da trovarle divertenti anche se frustranti, ma c'era qualcosa in lui che rimaneva irrequieto. Hanamichi lo aveva dichiarato un rivale ed era una cosa stupida dato che erano nella stessa squadra, quella rivalità unilaterale era semplicemente fuori luogo e Kaede aveva pensato che ignorarlo fosse la cosa migliore. Non aveva mai visto nessuno così ridicolo e devoto, così arrogante ma allo stesso tempo fragile. Non sapeva perché ma lo trovava in qualche modo interessante. C'era innocenza in quella personalità focosa; qualcosa che non molte persone vedevano. Ma Kaede sì, era solo un accenno, ma c'era.
 
Rimaneva comunque un idiota.
 
La prima volta in cui Kaede si rese conto di segnali preoccupanti fu quando iniziò a notare di più la presenza di Sakuragi, più del solito. Litigavano maggiormente e Kaede ribatteva aspramente più volte.
 
“Doaho! Concentrati!” lo fulminò.
 
“Fatti gli affari tuoi, kitsune!” rispose Hanamichi.
 
Andò così per un po'. Anche se Kaede non riusciva a capire per sempre, succedeva sempre quando non riusciva a ottenere la sua attenzione.
 
Se avessero chiesto a Kaede in che momento la sua opinione su Hanamichi era cambiata, avrebbe risposto che era successo quando aveva notato la sincerità nascosta che Hanamichi custodiva segretamente. Non fu di aiuto lo scambio di quel bacio, anche se educativo, tuttavia Kaede non riusciva a toglierselo dalla testa. Le conseguenze del bacio furono sorprendentemente pesanti perché quella notte tornò a casa distratto ed esausto, la sua mente deconcentrata e fissa su quel momento. Era buffo, Kaede era sicuro di non essere il tipo da preoccuparsi di qualcosa di così banale, ma forse anche i migliori cadevano a volte.
 
Non c'erano molte cose che Kaede riusciva ad ammirare in una persona senza essere almeno un po' scettico. Era un difetto, o un meccanismo di difesa, o entrambi. Kaede aveva imparato presto che il modo è crudele, le persone si aspettano sempre qualcosa ed è meglio essere autosufficienti che dipendenti. Non era diffidente, solo che aveva delle riserve su ciò che gli altri dicevano e intendevano. A volte, rimanevano due cose separate. Per Kaede, le parole erano quasi inutili a meno che non fossero supportate dalle azioni.
 
Quindi fu una sorpresa apprendere che si faceva distrarre proprio da Hanamichi Sakuragi. Kaede ebbe un'espressione sconvolta nel rendersi conto dell'ironia della situazione.
 
Il problema era che si trattava di qualcosa per cui non era preparato. Provò a rifiutare l'idea, ma più lo faceva, più diventava difficile. Un altro problema era che Kaede sembrò sviluppare una brama per l'attenzione di Sakuragi. Interveniva sottilmente in ogni situazione stupida o commentava con indifferenza le sue buffonate solo per ottenere una reazione dal rossino. Tuttavia, si accorse di come Sakuragi si comportava diversamente con lui. Osservò il modo in cui distoglieva lo sguardo, rifiutandosi di mantenere un contatto visivo più lungo e la maniera in cui agiva, leggermente tesa quando c'era lui, come se fosse stata l'ultima persona con cui voleva interagire. Kaede fece del suo meglio per fare lo stesso, ricordandosi che l'ultima cosa di cui aveva bisogno era una distrazione.
 
 
 
Innamorarsi è un processo, una montagna russa di emozioni in cui ci si sente incerti riguardo a quel sentimento ma rassicurati ogni volta che si vede quella persona. È follia e cura, chiarezza e confusione.
 
Il momento in cui tutto iniziò ad avere un senso fu quando si rese conto che forse c'era qualcosa di più a parte l'irritazione. Non trovava nessuna ragione per cui avrebbe dovuto pensare a Sakuragi come a qualcosa di più, ma sarebbe riuscito ad accettare quei sentimenti.
 
Cercò di ignorarlo, ma il battito sordo del suo cuore non si sarebbe fermato. Ci provò ma l'innegabile sensazione che avvertiva istintivamente gli diceva di ammetterlo.
 
Kaede sospirò stancamente, esasperato da quella sensazione, come se niente avesse un senso. Cercò di capire i motivi per cui si sentiva così, facendo del suo meglio per considerare i modi in cui Sakuragi lo influenzava. Più vedeva Sakuragi, più era irritato. Perché lui, tra tutti? C'erano altre persone più straordinarie, talentuose e di bell'aspetto là fuori e l'unica a cui pensava era Hanamichi Sakuragi. O aveva standard davvero bassi, o...
 
“Haruko!” Hanamichi chiamò la minuta ragazza, il viso raggiante di gioia.
 
“Sakuragi” sorrise lei. “Oh, non ti avevo visto. Ti allenavi qui da solo?”

Hanamichi annuì, le guance tinte di rosso. Kaede era in piedi vicino alla porta e guardava i due.
 
“Cercavi qualcuno?”

“Ah” le gote di Haruko arrossirono a quella domanda. “Mi stavo solo...chiedendo se Rukawa fosse qui” continuò, reggendo un pacchetto contro il petto.
 
“Oh” fece Hanamichi, un accenno di delusione nella voce. Asciugandosi il sudore che gocciolava da un lato della fronte, respirò pesantemente.
 
Notando il suo broncio, Haruko alzò le sopracciglia. “Ti va di cenare insieme?”
Hanamichi si illuminò all'istante, annuendo vigorosamente. La sua espressione cupa divenne subito allegra.
 
Divertita, Haruko ridacchiò. “Ti aspetto qui mentre ti cambi” fece sedendosi sulle panchine.
 
Hanamichi si rianimò, un ampio sorriso stampato in faccia e l'entusiasmo che gli ribolliva in petto.
 
Non appena entrò negli spogliatoi, vide Rukawa seduto sulla lunga panchina di fronte agli armadietti, le mani sui lacci delle scarpe.
 
“Sei ancora qui?” la voce di Hanamichi era sulla difensiva ricordando come Haruko lo stesse cercando. Kaede non gli prestò attenzione, decidendo che le stringhe gli stessero dando già abbastanza problemi.
 
Hanamichi si diresse verso il suo armadietto che casualmente era accanto a Rukawa. “Continuo a pensare che sia ingiusto che tu abbia tutta questa popolarità senza aver mai sorriso a una ragazza”

Kaede rimase in silenzio.
 
“L'altra sera...quando qui...insomma, hai detto di avere esperienza...” Hanamichi balbettò leggermente, “Se hai qualche consiglio...vado a cena con Haruko, quindi mi chiedevo se...”

Kaede sospirò e si alzò, afferrando il borsone accanto a sé.
 
“Avevi detto che avresti smesso di parlarne” replicò, le sopracciglia aggrottate e lo sguardo fisso su Hanamichi. Questi incontrò i suoi occhi per un attimo prima di distogliere lo sguardo.
 
“Stavo solo...”

“Perché insegui sempre persone che non ti apprezzano?”
 
Sorpreso dall'improvvisa serietà, Kaede si morse il labbro e spostò lo sguardo sul pavimento, evitando la reazione del rossino. L'atmosfera si fece pesante e imbarazzante, entrambi erano sorpresi dall'improvvisa irritazione che serpeggiava tra loro.
 
“Perché ti interessa tanto?”

“Non mi interessa” rispose Kaede, “è patetico” disse prima di potersi fermare. Sorprendentemente, la replica non giunse e solo il silenzio si allungò tra loro. Kaede gli lanciò un'occhiata, aspettandosi un ringhio, un'occhiataccia, trambusto, qualsiasi cosa, ma incontrò solo due occhi feriti. Hanamichi era sbiancato, gli occhi bassi e le labbra schiacciate. Kaede sentì il proprio cuore sguazzare nel senso di colpa. Con il rimorso che lo rodeva, si voltò in silenzio verso l'armadietto fingendo di mettere altre cose nella borsa.
 
“È meglio se ti sbrighi, ti sta aspettando” fu tutto ciò che Kaede disse per alleviare la tensione. Senza perdere altro tempo, Hanamichi chiuse l'armadietto e si soffermò per un attimo. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma cambiò rapidamente idea andandosene.
 
“Doaho” lo chiamò Kaede. Hanamichi si voltò, aspettandosi un'altra rispostaccia. Kaede spostò gli occhi altrove, sospirando leggermente prima di dire: “...sii te stesso”. Colto alla sprovvista dal cambio di tono, Hanamichi annuì leggermente prima di allontanarsi, lasciando Kaede a riflettere da solo nello spogliatoio vuoto. La sua presa sulla piccola porta di metallo si rafforzò, e si maledisse per la propria aggressività fuori luogo. Non aveva voluto essere meschino, ma non riusciva a controllare l'irritazione. Un'ondata di amarezza lo investiva al pensiero di Sakuragi solo con una ragazza. Poteva immaginare il sorriso sciocco e l'espressione stupida sul suo viso fin troppo chiaramente.
 
Kaede sospirò, arrendendosi all'improvviso sentimento di invidia. Stava diventando una seccatura.
 
 
 
Ci volle un secondo, un momento perché tutto si aprisse. Bastò una volta a Kaede per agire in base ai suoi sentimenti, un breve momento fragile. Qualcosa nella prepotente pressione dovuta al dover seppellire quell'inutile sensazione faceva sentire Kaede particolarmente vulnerabile.
 
Era stata una partita stressante e Sakuragi e Rukawa erano gli ultimi rimasti in palestra, incaricati di ripulire l'attrezzatura. L'atmosfera era sorprendentemente leggere e amichevole tra loro. Si sentiva la risata accesa di Hanamichi che echeggiava nei corridoi.
 
“Neanche tu sei stato male” sorrise Hanamichi, l'espressione gentile. “La tua abilità nell'aiutare la squadra è fantastica” continuò. Kaede gli gettò un'occhiata, cercando un qualsiasi segno di derisione o sarcasmo, ma non ne trovò.
 
“Insomma, sei riuscito a eseguire l'ultimo canestro. È stato figo”, c'era ammirazione nella sua voce.
 
Kaede rimase in silenzio, sforzandosi di ignorare il formicolio al cuore.
 
“Qualcosa non va, kitsune? Sembri teso” chiese Hanamichi, avvicinandosi. Kaede deglutì, batté le palpebre, tutto in lui gli urlava di ignorarlo e andare via. Lanciò un'altra occhiata al rossino, notando quanto fosse vicino ora. Prima di potersi fermare, afferrò il braccio di Sakuragi, facendolo girare contro il solido muro.
 
“Ehi, Rukawa...”

Prima che Hanamichi potesse reagire, Kaede premette le labbra contro quelle screpolate di Hanamichi. Iniziò come un bacetto, solo un tocco, ma gradualmente insistette, muovendo leggermente le labbra, avido di avere di più. La mano di Sakuragi minacciava di spingerlo via, ma Kaede rafforzò la presa su di lui. L'impeto del momento stordì Hanamichi e, prima di rendersene conto, si ritrovò a cedere al bacio, approfondendolo ulteriormente. Quando Kaede finalmente si separò, lo fece dolcemente e lentamente, come se stesse assaporando ogni minima sensazione.
 
“Che stai facendo?” sussurrò Hanamichi, la voce uscì roca e ansimante.
 
“Non va bene?”

“Sei impazzito?” disse Hanamichi, le guance rosse. Si guardarono, incerti su come dare senso all'attuale situazione. Kaede si morse il labbro, i suoi occhi non lasciarono mai Hanamichi. Osservò gli occhi nocciola che lo studiavano e tutto ciò che Rukawa riuscì a pensare era quanto fosse attraente il colore marrone.
 
Le labbra di Hanamichi si aprirono, fissando interrogativamente l'altro.
 
“Non va bene se mi piaci?”, era più una domanda a se stesso, ma le parole gli sfuggirono senza che se ne accorgesse. Era una domanda che si poneva sempre e ora, in quel momento fragile, cercava disperatamente una risposta. Andava bene o no?
 
Gli occhi di Hanamichi si spalancarono insieme alla sua bocca. “Cosa?!” esclamò, sobbalzando. “Ti piaccio?! Ma...tu...cioè-” balbettò, cercando con angoscia una replica. “Ma sono un ragazzo” borbottò piano.
 
“Così sembra” Kaede incrociò le braccia contro il petto.
 
“Non è-”
 
Gli occhi spalancati di Hanamichi fissarono quelli di Kaede, lasciando apparire confusione e incertezza. Kaede inarcò le sopracciglia, mantenendo lo sguardo fisso.
 
“Non puoi-” Hanamichi si interruppe. “Sono un ragazzo!” ripeté, la voce ancora bassa.
 
“Che importanza ha?” chiese Kaede. “In che modo è diverso con le ragazze?”

“Certo che è diverso!” esclamò subito Hanamichi. “Cioè...insomma, non possiamo fare questa cosa! Non va bene!”

“È quello che pensi davvero?” chiese Kaede, la voce grondante disprezzo. Hanamichi non rispose e Kaede sentì il cuore stringersi in petto, rendendosi conto che agire in base all'istinto e ai sentimenti forse non era la cosa più intelligente da fare. Faceva più male di quanto si aspettasse. A cosa stava pensando? Perché era stato così avventato?
 
Kaede strinse il pugno. “Hai ragione, dimentichiamo tutto”

“Rukawa, aspetta!” Hanamichi afferrò il polso di Kaede, ma lui si divincolò immediatamente.
 
“Se vuoi continuare a correre dietro a persone che non ricambiano i tuoi sentimenti, fa' pure” il tono era un po' più amaro del solito, ma Kaede era troppo frustrato per preoccuparsene. Kaede guardò Hanamichi seriamente: “Per come la vedo io, i sentimenti sono sentimenti. Il genere non m'interessa. Ma se è così importante per te, farò in modo che...tu non mi piaccia più” il suo sguardo era sul pavimento, voltò le spalle ad Hanamichi e si allontanò.
 
Hanamichi osservò Kaede scomparire. Rimase lì, solo con i suoi pensieri, elaborando il peso di quella situazione. Le sue guance arrossirono al pensiero delle labbra di Kaede che sfioravano le sue e lui che si arrendeva al bacio, desiderando segretamente di più. Avvertì il proprio cuore battere più forte ricordando la sincerità negli occhi di Kaede. Kaede Rukawa aveva appena ammesso che lui gli piaceva. Era tutto vero?
 
 
 
C'erano stati pochissimi casi in cui i sentimenti di Hanamichi erano stati ricambiati. Ok, forse meno che pochissimi. Ma non aveva mai portato a nulla perché dopo la prima settimana lei era passata oltre o si era sentita troppo imbarazzata per continuare a voler stare con lui.
 
Poteva ammetterlo, non era stato una grande persona in passato. La sua vita era stata consumata dalle risse. Era l'unica cosa in cui era davvero bravo e che gli dava uno scopo. Dopo la morte dei suoi genitori, la vita in gang lo aveva consumato di più. L'unica cosa che lo aveva tenuto con i piedi per terra erano stati suoi amici, in particolare Yohei, sempre presente fin dall'inizio. Senza nessuno intorno, non aveva trovato molti motivi per badare a tutte le cose a cui solitamente gli altri ambivano. In fondo però, lo aveva desiderato, aveva voluto che gli importasse. Nel vedere gli altri così pieni di propositi, con la felicità impressa sui volti e una luce negli occhi, come se fossero le persone più fortunate al mondo, così contente della vita, Hanamichi aveva solo potuto desiderare di trovare la stessa cosa un giorno. Prima o poi.
 
Tutte le persone che gli erano piaciute lo avevano rifiutato. Era sempre stato così.
 
Hanamichi fissò intensamente la tazza che aveva in mano, facendo roteare leggermente il liquido all'interno, immerso nei suoi pensieri. Sospirò.
 
“Stai bene?” Yohei gli diede una leggera spinta.
 
“Sì” sospirò Hanamichi, ma Yohei non fu convinto.
 
“Non hai nemmeno toccato il tuo pranzo” disse Yohei, guardando la sua pasta intatta. “È un po' preoccupante” aggiunse scherzando.
 
“Scusa” disse Hanamichi, posando il bicchiere.
 
“Qualcosa non va, Hanamichi?”

Hanamichi strinse le labbra, pensieroso. “Come reagiresti se qualcuno ti si dichiarasse?”

“Sarei contento?” Yohei inarcò un sopracciglio, “è ovvio, no?”

Hanamichi sospirò, incrociando le braccia sul petto. Aggrottò le sopracciglia, concentrato. “Ma se fosse un ragazzo?” si rivolse lentamente a Yohei, aspettandosi di trovarlo sconvolto. Invece Yohei era calmo: i suoi occhi osservarono Hanamichi, stringendoli con sospetto.
 
“Chi ti si è dichiarato?”

“Non è questo il punto!” esclamò Hanamichi.
 
“Quindi hai un ammiratore...che a quanto pare è un ragazzo” Yohei alzò le spalle, “qual è il problema?”
 
Hanamichi si grattò nervosamente il collo, le guance diventarono di una tonalità più scura di rosso. “È strano, no? Due ragazzi...sai, insieme”

Yohei sorrise, sorseggiando dal suo bicchiere. “È strano se pensi che sia strano”

“Che intendi?”

Yohei incontrò il suo sguardo e inarcò le sopracciglia: “Per come la vedo io, i sentimenti sono sentimenti. E se ti piace qualcuno, il genere non è importante”
Hanamichi sbarrò gli occhi, sorpreso da quanto fossero familiari quelle parole. Rukawa aveva detto la stessa identica cosa. Illuminato, annuì, assorbendo attentamente le parole di Yohei.
 
“Ma non tutti la pensano così. Se ti crea problemi, non sei costretto a ricambiare i suoi sentimenti” aggiunse Yohei.
 
 
 
Si ritrovava in una strana situazione, in cui era difficile guardare Rukawa per troppo tempo, come era solito fare. Se lo faceva, gli rimaneva una strana sensazione. Un'ondata di nervosismo lo investì iniziando a notare Rukawa per come era, non come un rivale ma come un individuo fiducioso e competente. Hanamichi aveva sempre saputo quanto fosse bravo, aveva sempre saputo quanto talento e abilità avesse, ma osservarlo gli faceva capire quanto si fosse concentrato nel tentativo di batterlo da dimenticare di apprezzare le sue capacità sportive. Molte volte Hanamichi provava un senso di soggezione e ammirazione, chiedendosi segretamente come qualcuno potesse essere così talentuoso.
 
Non era amore: almeno, non pensava. Ma non si era mai sentito così prima, quindi non poteva identificare con precisione di cose si trattasse. Forse era solo stufo di quel ragazzo, forse la sensazione di disagio nello stomaco e il ritmo veloce del suo cuore indicavano una malattia più grave. Forse sarebbe morto, e Hanamichi impallidì.
 
Yohei rise quando gli disse questo.
 
“Magari ti piace?” lo stuzzicò, strappandolo dai suoi pensieri. Sorpreso, Hanamichi balzò in aria, tossendo.
 
“Cosa?!”
 
Yohei ridacchiò: “Lo eviti come una scolaretta paurosa”

Hanamichi arrossì e incrociò le braccia contro il petto in segno di protesta. “Lasciami in pace!” alzò gli occhi al cielo. “È soltanto bruttissimo da guardare!”

“E poi?”

Hanamichi si strofinò il mento, pensieroso, riflettendo seriamente sulla domanda. “Rukawa è...”

In quel preciso momento apparve una figura alta, che si fermò proprio di fronte a lui. Gli occhi blu si scontrarono contro quelli marroni, l'azzurro freddo urtò il rosso fuoco.
“R-Rukawa!” fu l'unica cosa che Hanamichi riuscì a dire.
 
Kaede lo vide, gli occhi fissi su di lui. Hanamichi si agitò sotto quello sguardo, tormentandosi ansiosamente la manica. L'atmosfera era imbarazzante, non molto, era solo una sfumatura, una tensione inespressa che riempì improvvisamente l'aria aperta. Yohei spostò lo sguardo dal suo amico a Rukawa, poi ancora una volta, sospirando e rimanendo neutro. Senza dire niente, Kaede passò davanti al rossino, lasciandolo a fissarlo mentre si allontanava. La domanda di Yohei aleggiò, ancora in attesa di una risposta.
 
“Strano...” continuò piano Hanamichi, fissando meditabondo la figura che scompariva, ignorando le proprie guance spolverate lievemente di rosso.
 
 
 
Presente
 
Hanamichi fissò il suo drink, muovendo il bicchiere circolarmente, distratto dal liquido che roteava. Seduto in una stanza affollata, era preoccupato da un ricorso: un flashback sconnesso che non sapeva se fosse reale o solo un sogno. Giungevano brandelli di parole, domande che lui aveva posto a qualcuno. Ricordava di essersi sentito triste e vulnerabile, come alla disperata ricerca di una sorta di conferma.
 
Volevo dirti come mi sento davvero”
 
Anche se si tratta di te, non posso continuare a negare come mi sento.”
 
Hanamichi chiuse gli occhi e respirò profondamente, cercando di scuotere i propri pensieri. Guardandosi intorno, osservò i suoi amici immersi nell'atmosfera della festa. Vide Hisashi che faceva del suo meglio per sedurre le ragazze mentre Ryota beveva birra a ritmo sconsiderato con i ragazzi.
 
Lui stava davvero cercando di amalgamarsi, di divertirsi; doveva sembrare lontano dal solito Hanamichi al momento. Aveva pensato che la festa avrebbe potuto aiutarlo a dimenticare, almeno per un po'. Eppure eccolo lì, seduto a casa di Haruko, con pensieri di qualche giorno prima, in cui da ubriaco aveva chiamato Kaede.
 
Yohei gli aveva chiesto cosa provava riguardo a Kaede, cos'avrebbe fatto se lo avesse rivisto. Ovviamente quel giorno la sua risposta immediata era stata solo di disprezzo nei confronti di Kaede. Aveva negato ogni sentimento; si era accigliato, incrociando le braccia. E, naturalmente, Yohei aveva sorriso consapevolmente, senza prendere sul serio nessuna delle sue risposte.
 
Hanamichi si faceva un sacco di domande. Quando era solo, quando osava essere onesto, si poneva sempre le stesse, cosa significava Kaede Rukawa per lui, sempre se ancora significava qualcosa, e perché si sentiva così amareggiato anche dopo tanto tempo?
 
Aveva la sensazione di regredire, ora più che mai. Negare ed essere vendicativo erano cose che l'Hanamichi del passato avrebbe fatto, ma non quello presente. Era cambiato, lo sapeva. Ma perché Kaede lo faceva sentire come se non fosse cambiato affatto?

Onestamente, non odiava Kaede, non avrebbe mai potuto.
 
“Forse Yohei ha ragione, sto fuggendo...” borbottò Hanamichi, massaggiandosi il collo pensieroso. “Beh, pazienza, non lo incontrerò certo qui”.

 

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Capitolo 10
*** 10. Non c'è inizio senza una conclusione ***


First, you think the worst is a broken heart
What's gonna kill you is the second part
And the third, is when your worls splits down the middle*
 
 
Kaede era steso sul letto, ad aspettare pigramente che giungesse la notte. Era in dibattito con se stesso sull'idea di andare alla festa. Gli rimanevano solo due giorni a Kanagawa, quindi la cosa più sensata da fare sarebbe stata godersela il più possibile, lasciandosi andare a ciò che gli era familiare. Ma era esitante al pensiero di incontrare di nuovo Sakuragi e non sapeva perché. Non aveva paura di lui, quindi perché continuava a fuggire? Era per senso di colpa?
 
Si mise a sedere e si avvicinò alla finestra, ammirando il paesaggio. Gli era mancato tutto questo, quella serenità. Certo, a volte era più cupo di New York, ma era più calmo e, onestamente, lo preferiva.
 
-Il blu è sconfinato come l'oceano- pensò Kaede mentre immaginava il cielo lentigginoso di stelle. Alcuni giorni era un puro, ininterrotto blu che si estendeva senza interruzione come su una vasta tela. Quando il sole sorgeva, le tonalità di giallo brillante e di rosa si accumulavano l'una sull'altra, riflettendo su nuvole basse sospese che riempivano il mondo di una foschia meravigliosa. Oggi, nuvole grigio scuro erano raccolte insieme rabbiosamente, spingendosi a vicenda. Kaede osservò il paesaggio della città, respirando la calda atmosfera di Kanagawa. Pioggia o sole, la tranquilla città sembrava costantemente viva.
 
Kaede sospirò mentre l'immagine di un ghignante Hanamichi Sakuragi balenava nella sua mente. Ricordava il modo in cui Hanamichi gli sorrideva sinceramente quando pensava di non essere osservato. Il cipiglio un tempo rabbioso di un tempo si era gradualmente trasformato in un sorriso affettuoso e dolce che lo rammolliva sempre, anche ora, a distanza.
 
Ricordava il modo in cui Hanamichi lo guardava, i suoi occhi marroni sempre brillanti di gentilezza, sincerità e una strana sfumatura di ansia. La prima volta che aveva visto il rossino durante il primo anno, aveva pensato che non fosse diverso dalle altre persone che aveva incontrato, il tipo che si fissava su cose inutili. Lo era stato, ma più aveva conosciuto Sakuragi, più si era ritrovato a gravitare verso di lui. Era iniziata in maniera abbastanza innocente, andando d'accordo, poi avevano iniziato a vedersi di più. Una cosa aveva tirato l'altra e improvvisamente Kaede si era ritrovato a intraprendere un secondo approccio, più deliberato e intimo nei confronti di Sakuragi.
 
Gli occhi di Hanamichi erano noci ricche come l'anima della terra; del colore della cioccolata calda in una fredda serata d'inverno. Trasudavano calore che in qualche modo faceva sentire gli altri preziosi e al sicuro, dando un'emozione dentro la quale ci si voleva avvolgere. Quelle profonde pozze vorticose color cannella scura avevano la pienezza e la pesantezza di storie non raccontate. Consistevano in pura emozione e, se osservati da vicino, rivelavano l'onestà che la maggior parte delle persone non riuscivano a vedere. Kaede poteva giurare di non aver mai visto niente di così bello, poteva rivaleggiare con le stelle.
 
Kaede chiuse gli occhi e immaginò il ragazzo, il modo in cui la sua espressione arrabbiata ma confusa si trasformava in una dolce e affettuosa. Nonostante le loro differenze, erano compatibili. Kaede era più pacato e riservato, ma Hanamichi era in grado di tirare fuori il suo lato emotivo.
 
Alla fine si erano rivelati davvero una buona squadra. Sia in campo che fuori, erano efficaci. Si bilanciavano a vicenda: Sakuragi tendeva a dargli in qualche modo qualcosa di cui aveva bisogno. Lui si sentiva più libero a esprimersi con lui anche se Sakuragi a volte reagiva animatamente, non lo faceva mai con l'intento di giudicare. Per quanto complessa potesse essere la loro relazione, c'era della semplicità. Kaede era pronto a giurare che nemmeno Yohei conosceva il livello di profondità di Hanamichi.
 
In un modo o nell'altro, Hanamichi era riuscito a perforare senza sforzo la riservata maschera di Kaede. Era l'unico che lo capiva. A modo suo, era così.
 
Sorrise al pensiero. La sicurezza di Sakuragi a volte era accattivante, la volontà di perseverare anche in assenza di speranza era probabilmente il motivo per cui riusciva a persistere così. Era sicuramente una delle sue qualità migliori.
 
Kaede si voltò e si avvicinò alla scrivania, fissando il tavolo esitante. Aprendo il cassetto, emise un sospiro vedendo il noto contenuto. Schede e foto sistemate ordinatamente accanto ai quaderni, nascoste a prima vista. Raccogliendo le carte, le esaminò a fondo, ricordando il significato che portavano. Ne aprì una, rivelando un biglietto. E così, la nostalgia lo colpì all'istante.
 
Kaede fece scorrere le dita sulla lettera, il suo sguardo si addolcì. Sorrise leggermente al lontano ricordo: non si sarebbe mai aspettato di innamorarsi ulteriormente di Hanamichi quel giorno, ma in quel momento era difficile il contrario.
 
Ma per quanto Kaede lo ricordasse come un individuo chiassoso e rumoroso, l'ultima espressione che Hanamichi gli aveva rivolto era amara. Quella che si tira fuori quando il proprio ragazzo decide di rompere la relazione. Aveva perseguitato Kaede fino ad ora. La gente poteva pensare che non gli desse fastidio, ma non era così, affatto. Ma aveva dovuto fare una scelta. C'erano state innumerevoli notti in cui era rimasto sveglio pensando alla sua decisione. L'amore, aveva pensato, avrebbe solo reso le cose più difficili; gli avrebbe fatto venire voglia di restare. Kaede fissò il cielo, malinconico, sentendo il cuore appesantito dal ricordo del suo tumulto interiore. Anche Hanamichi se n'era accorto, per come si era comportato durante tutti i mesi precedenti alla rottura. Il modo in cui Kaede si scostava prima quando si abbracciavano o quando era troppo occupato da dimenticare ogni promessa che avevano fatto insieme.
 
Era doloroso pensarci adesso, ma Kaede era convinto di aver fatto la scelta giusta, l'unica scelta sensata. Non comprendeva quell'esitazione, era quello che aveva voluto. Era stato così sicuro, così convinto che fosse giusto. C'era stato un momento nella sua vita in cui Kaede si era espresso in modo onesto, ma sapendo in precedenza che non sarebbe potuta andare avanti in quel modo. Non avrebbero potuto continuare a fingere che la vita non si sarebbe immischiata. Lui aveva dei sogni, e anche Hanamichi. Stare insieme non avrebbe solo reso tutto difficile?
 
Ricordò il modo in cui Hanamichi lo aveva guardato male quella sera dopo averlo affrontato al bar. Gli occhi dal ragazzo stavano bruciando di rabbia e dolore, cogliendolo di sorpresa. Tuttavia, la sua frustrazione aveva preso il sopravvento e aveva lanciato un'occhiataccia a Sakuragi con animosità simile dopo che l'altro l'aveva accusato di essere senza cuore. Ora che ci pensava, era sembrata proprio così. Era egoista da parte sua voler far capire a qualcuno come si sentiva senza effettivamente alcuna spiegazione.
 
Kaede strinse fermamente il pugno, irritato al pensiero di concedersi al senso di colpa. Non voleva sentirsi così, non avrebbe dovuto né potuto. Ma invece lo aveva sentito ed era ancora così.
 
Sospirò pesantemente, aprendo gli occhi piano e rendendosi conto che per guarire da qualsiasi senso di colpa, avrebbe dovuto smettere di negare e affrontare le sue emozioni. Dati i giorni che gli erano rimasti, forse anche Hanamichi meritava una spiegazione.
 
Senza più esitare, afferrò la giacca di jeans nera sul letto ed uscì con la speranza di dare un senso ai suoi sentimenti. Aveva bisogno di una conclusione, ne avevano bisogno entrambi.
 
 
 
 
*Six degrees of separation – The Script

 

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Capitolo 11
*** 11. Flusso sanguigno ***


I thing I might've inhaled you
I can feel you behind my eyes
You've gotten into my bloodstream I can feel you flowing in me*
 
 
Kaede fissò la casa decorata con luci da feste e il suono distinto della musica che proveniva dall'interno. Si sistemò prima di suonare il campanello. Dopo averci ripensato, Kaede aveva deciso che forse presentarsi alla festa sarebbe stato bello per vedere i suoi amici e compagni di squadra per un'ultima rimpatriata. Erano una parte importante della sua vita e non voleva perderla a prescindere da come avrebbe agito.
 
Fissando il pesante ornamento rappresentato dalle luci e sentendo la musica ad alto volume, sorprendente sembrava meno una 'piccola riunione' e più una festa da confraternita. Aveva però dei dubbi sul fatto di presentarsi, incerto su come la gente lo avrebbe accolto. Era la prima volta dopo due anni che incontrava volti familiari e, considerando che non aveva mai scritto delle lettere malgrado i tentativi, sarebbe stato trattato diversamente?

Se fosse stato così, fino a che punto gli avrebbe dato fastidio? Se non fosse stato così, si sarebbe pentito di non averci provato prima?
 
Più di tutto, pensò alla telefonata della sera prima. Non riusciva a smettere di pensarci. La cruda sincerità di Hanamichi gli aveva lasciato una sensazione di brama che non avvertiva da molto tempo.
 
Kaede sospirò, preparandosi a ciò che sarebbe accaduto.
 
“Ehi, non toccare!” sentì qualcuno gridare, sembrava Hisashi Mitsui. “Aspettiamo qualciun altro?”

Hisashi aprì la porta; si bloccò immediatamente vedendo il viso familiare. Sorpreso e sbalordito, Hisashi fissò Kaede. Questi sembrava torreggiare leggermente su di lui dall'ultima volta che si erano visti.
 
“Senpai” lo salutò Kaede, inchinandosi leggermente.
“Rukawa?” Hisashi rimase fermo per lo shock, pallido come se fosse appena stato salutato da un fantasma. Kaede si sentì in colpa per aver evitato le persone in quel modo. Si rese conto che forse era stato egoista da parte sua non aver fatto visita alla squadra di basket prima, nonostante gli scrupoli che poteva avere con Hanamichi. Hisashi scosse il capo e sorrise: “Haruko non mi aveva detto che saresti arrivato! Quando sei tornato? Entra, entra!”

Hisashi lo trascinò dentro, entusiasta. Kaede scrutò la casa e capì di avere avuto ragione, era un po' più che una piccola riunione. C'erano molte facce sconosciute e molte bottiglie di birra buttate sul pavimento. Si chiese se ci fosse qualcosa in più nella dolce e innocente Haruko rispetto a quanto lei aveva dimostrato. La musica era piuttosto alta ma non era così male come aveva pensato, almeno si potevano sentire i propri pensieri o parlare. La maggior parte delle persone era in salotto, alcuni erano sul balcone a chiacchierare, a giocare o pomiciare. Non che avesse molta importanza, era stato a feste più movimentate, ma vedere i suoi amici con sconosciuti in quelle condizioni era a dir poco sorprendente.
 
Le persone lo fissarono appena entrò, i loro occhi lo guardarono dall'alto al basso. Le ragazze sorrisero nella sua direzione mentre i ragazzi sembravano rivolgergli un'espressione mista tra il critico e lo shock. Kaede ignorò quei pesanti sguardi ed esaminò i dintorni, alla ricerca di qualsiasi segno rosso.
 
“Ehi, ragazzi, guardate chi c'è!” annunciò Hisashi. Ryota Miyagi, che stava bevendo la sua birra, sputò spontaneamente vedendo il ragazzo dagli occhi blu. Haruko saltellò eccitata, battendo le mani.
 
“Sono così felice che tu sia venuto, Rukawa!”

Kaede annuì.
 
“Quando cavolo sei tornato!” Ryota si schiarì la gola, cercando di ricomporsi.
 
Mentre era sul punto di rispondere, Yohei intervenne con bottiglie di birra vuote.
 
“Haruko, c'è-” Yohei si interruppe, notando la presenza di Kaede. L'atmosfera si fece densa di tensione ma, ignorandola, Kaede accolse Yohei con un piccolo cenno. Non è che avessero problemi tra di loro in senso stretto, ma non era difficile immaginare che il migliore amico del suo ex amante non fosse così entusiasta nel vedere la faccia dell'uomo che aveva spezzato il cuore dell'amico.
Era una cosa che Kaede capiva perfettamente e non incolpava Yohei per la sua reazione negativa.
 
“Ehi, Rukawa” salutò Yohei di rimando, la sua espressione stoica si ammorbidì in una più amichevole, sorprendendo Kaede. Wow, ci aveva messo poco, pensò.
 
“Dovreste uscire con noi sul balcone; Hanamichi sta di nuovo facendo lo scemo” ridacchiò Yohei.
 
“Non cambia mai” commentò Ryota.
 
Stupito da quell'atmosfera tranquilla, Kaede si rilassò, il suo disagio scomparve gradualmente.
 
Hisashi sospirò: “Quell'idiota dà sempre spettacolo”

Yohei afferrò due bottiglie di birra e si allontanò, seguito da Ryota e Hisashi. Haruka sorrise a loro e poi a Kaede prima di camminare nella stessa direzione.
 
Il mood sembrava essere troppo piacevole ed era sospetto, pensò Kaede. Non era superstizioso, tutt'altro. Ma, per esperienza, quando qualcosa andava troppo bene di solito finiva per essere il contrario. Kaede scosse il capo, scrollandosi di dosso quel cupo pensiero. Era un'idea stupida.
 
 
 
Yohei uscì sul balcone, avvicinandosi al rossino che ora chiacchierava con una ragazza bionda. Le risatine di lei si sentivano a un miglio di distanza. Yohei notò quanto fossero fastidiose, la sua risata acuta sembrava più uno strillo che altro. Yohei si chiese perché il suo amico le stesse dando retta. Hanamichi non aveva le migliori idee, a volte.
 
Non che a Yohei dispiacesse se Hanamichi parlava con le ragazze, era contento per lui anzi. L'unico problema era che odiava vedere il suo amico così patetico. Inoltre, non era d'aiuto il fatto che la ragazza, Sayori, fosse nota per ingannare i ragazzi. Yohei sapeva cosa Hanamichi voleva veramente, cosa provava veramente. Fino a quando Hanamichi non avesse smesso di essere immaturo cercando effettivamente una conclusione a quella situazione, non si sarebbe mai sentito bene, per quanto cercasse di convincersi.
 
Hanamichi era ancora innamorato di Rukawa, di ciò Yohei era sicuro.
 
“Hanamichi” Yohei diede un colpetto sulla spalla del ragazzo, “penso che dovremmo rientrare, a quanto pare pioverà”

“Penso che sia piuttosto romantico stare fuori sotto la pioggia, non credi?” sorrise la ragazza seducente al rossino. Yohei alzò gli occhi al cielo per quell'orribile tecnica di seduzione. Ma, ovviamente, Hanamichi era d'accordo.
 
“Ehi, hai visto il ragazzo appena entrato?” intervenne un'altra ragazza, sussurrando e picchiettando eccitata sulla spalla di Sayori. “È bellissimo! È quel ragazzo che ti piaceva dal primo anno. Sai...Kaede Rukawa” sussurrò, ridacchiando.
 
Se Yohei avesse potuto, le avrebbe minacciate di tenere la bocca chiusa. Era contro la violenza sulle donne ma, a volte, soprattutto quando erano così insensibili, non erano diverse dai delinquenti con cui lottava.
 
Gli occhi di Sayori si allargarono interessati sentendo quel nome, mentre il sopracciglio di Hanamichi si corrugò, evidentemente preoccupato.
 
“Sai, il tuo amico ha ragione, dovremmo rientrare”. Senza alcuna esitazione, senza nemmeno la cortesia di considerare i sentimenti del ragazzo, le due se ne andarono, lasciando Hanamichi ad elaborare ciò che era appena successo.
 
Calò il silenzio.
 
“Stai bene?” Yohei si avvicinò al suo amico, offrendogli una bottiglia di birra. Hanamichi la prese e trangugiò immediatamente. “Wow, ehi, rallenta” Yohei si spaventò, fissando Hanamichi che era in stato di shock. “Sei così sconvolto da cercare di affogarti?”

Hanamichi deglutì l'ultima goccia di birra e si pulì le labbra. Le sue guance ora erano rosse e il suo corpo emetteva calore.
 
“Se devo superare questa sera, tanto vale farlo da ubriaco...” borbottò. Yohei emise un sospiro pesante. Odiava vedere Hanamichi così, sempre a negare, sempre a scappare, senza mai cercare un confronto. La sua pazienza aveva dei limiti. Capiva quanto era stato colpito, quanto gli era stato tolto. Ma se Hanamichi non avesse mai affrontato i suoi sentimenti, sarebbe rimasto per sempre intrappolato in quel circolo.
 
“Hanamichi” iniziò Yohei, “forse dovresti parlare con Rukawa”

Hanamichi si voltò verso di lui, sorpreso.
 
“Doveva avere le sue ragioni per-”
 
“Non è mai stato serio con me, mi ha illuso e ora vive tranquillamente in America senza alcun rimpianto” disse Hanamichi con amarezza, ogni parola era un coltello nel suo cuore. Faceva male, oh dio faceva male.
 
“Hanamichi, questo non lo sai”

“Sì, lo so” rispose Hanamichi con fermezza, mentre le lacrime cominciavano a salirgli.
 
Ed eccolo di nuovo, sul punto di spezzarsi all'istante.
 
“No, non lo sai” replicò Yohei, il tono improvvisamente serio. “Pensi di sì, ma io so che hai solo paura di affrontarlo”

Hanamichi aggrottò le sopracciglia, colto di sorpresa dalla repentina obiezione. Sospirò: “Yohei, so che hai buone intenzioni, ma non ho niente da dirgli”

“Hanamichi, per favore, so che è difficile, ma-”

Hanamichi si strofinò la fronte, sentendosi leggermente stordito dall'alcool.
 
“Possiamo smetterla di parlarne?”

“Senti, odio vederti così” disse Yohei, “so che ci tieni ancora e solo per una volta ti sto chiedendo, come amico, di farti un favore e di parlare con lui. Anche se non ne uscirà nulla, almeno non avrai rimpianti”

Dentro di sé sapeva che Yohei aveva ragione, in fondo sapeva che doveva smettere di scappare. Ne aveva voglia. Perché la stava facendo così difficile?

“So che hai ragione” concordò Hanamichi chinando la testa, sospirando.
 
 
 
Quando Kaede aveva immaginato una 'piccola rimpatriata', non aveva previsto che sarebbe stata piena di estranei. Un sacco di volti sconosciuti lo fissavano a destra e a manca. Le ragazze sembravano voler flirtare con lui all'infinito mentre i ragazzi continuavano a fargli domande personali.
 
Seduto sul divano, Kaede si sforzò di mimetizzarsi e di tenersi occupato. Si sentiva così fuori luogo, e all'improvviso si pentì di essere andato lì. Alla faccia del voler riallacciare con le amicizie passate, metà di loro erano ubriachi. Si guardò intorno, alla ricerca di qualsiasi segno di rosso, solo per rimanere deluso dalla mancanza di colori vivaci.
 
Di colpo una figura si sedette accanto a lui.
 
“Rukawa” apparve Hisashi, sorridendogli e porgendogli una bottiglia di birra. L'afferrò, inchinandosi appena. “Com'è l'America?”

“Bella” rispose Kaede, sorseggiando.
 
“Ci scommetto” Hisashi fece l'occhiolino. “L'America dev'essere fantastica, ho sempre voluto visitarla” continuò, improvvisamente entusiasta.
 
Kaede annuì. “Sì, lo è abbastanza. È solo diversa”
 
A un tratto una voce femminile li interruppe. Una ragazza bionda sorrise loro in modo civettuolo, gettandosi i capelli sulle spalle nel tentativo di apparire seducente. Si sedette accanto a Kaede, intrappolandolo. Kaede indietreggiò leggermente, a disagio per la mancanza di spazio.
 
“Posso aiutarti?” chiese Kaede, alzando un sopracciglio.
 
“Mitsui, chi è il tuo amico?” sorrise la ragazza, avvicinandosi leggermente. Da quella distanza lui poteva sentire il suo travolgente profumo alla fragola e vedere il trucco così esagerato da scorgere lo spessore della cipria sul suo viso.
 
“Oh, lui è Kaede Rukawa” lo presentò Hisashi: “Rukawa, lei è Sayori, al secondo anno dello Shohoku”
 
Kaede si accorse della mancanza di onorifico da parte di lei quando si rivolgeva a Hisashi e sussultò.
 
“Allora” iniziò lei, “tu devi essere Kaede Rukawa. Ho sentito parlare tanto di te”

Kaede si limitò a fissarla, disinteressato.
 
“Sei bello come immaginavo” continuò a guardarlo con i suoi grandi occhi marroni appesantiti dal mascara. “In realtà, anche meglio” ridacchiò, fissandolo con aria sognante.
 
“Grazie” Kaede scrollò le spalle, il tono distaccato, sperando che lei cogliesse l'antifona e lo lasciasse in pace. Ma, ovviamente, non fece che alimentare la bionda. Sayori rimase lì, seduta deliberatamente così vicino in modo da lasciar strofinare le sue gambe scoperte contro i suoi jeans. Se la sua gonna fosse stata più corta di così, Kaede poteva giurare che sarebbe riuscito a vedere i suoi genitali.
 
“Vedo che sono di troppo” Hisashi si alzò. “È stato bello vederti, Rukawa. Dovremmo uscire tutti insieme di nuovo prima che tu te ne vada”

Kaede sorrise all'idea. Hisashi ricambiò il sorriso prima di lasciare Kaede ad affrontare il fardello che aveva accanto.
 
“Wow, non sapevo conoscessi così bene Mitsui”

Kaede si limitò a guardarla, il viso piegato in un'espressione scostante; era un miracolo che fosse riuscito a non vomitare.
 
“Wow” sorrise lei, con tono ammiravo, “vivi in America? Sei molto meglio di qualsiasi ragazzo abbia incontrato. Tutti quelli con cui sono stata non hanno nulla di speciale, ma so che tu sei diverso” disse facendogli l'occhiolino.
 
Kaede ebbe voglia di correre fuori dalla porta. Quella patetica scusa per tentare di flirtare era atroce, contemplò di trangugiare la birra nella speranza di intorpidire il dolore, per dimenticare la presenza della ragazza.
 
Kaede afferrò la birra, bevve un sorso, sentendo il calore scivolargli in gola. Era seduto lì da ore e non aveva intravisto la testa rossa da nessuna parte. Forse era solo una perdita di tempo, forse quello era un segno che gli diceva di lasciar perdere. Kaede si alzò, sospirando mentre si infilava la giacca.
 
Aveva davvero sperato di incontrare Hanamichi. Voleva parlare, sistemare le cose prima di andarsene e potersi lasciare alle spalle ogni senso di colpa. Altrimenti, anche solo vederlo una volta sarebbe stato sufficiente.
 
Improvvisamente, Kaede sentì una voce familiare provenire dalla porta del balcone. Girò la testa così velocemente da avvertire una fitta di colore al collo. Lì, con una felpa con cappuccio nera e jeans strappati blu, c'era Hanamichi Sakuragi. Anche in una stanza affollata come quello, era ancora l'unico che pareva distinguersi.
 
Kaede si sentì subito e nuovamente irrequieto. Non era spaventato, solo teso. Ebbe dei ripensamenti sull'affrontare Hanamichi. Pensò che forse lasciare le cose come stavano, senza cercare di giustificare nulla, non era così male.
 
Scosse il capo, riprendendosi da quell'idiozia. Da quando era così ansioso?

Kaede non esitava mai in quel modo. Ma, in un certo senso, quando si trattava di Hanamichi, aveva scoperto di essere molte cose che non sapeva.
 
Prima l'avesse superata, meglio sarebbe stato.
 
“Dove stai andando?” chiese Sayori, sorpresa. Lui la ignorò e si diresse verso il familiare punto rosso appoggiato allo stipite della porta, mentre rideva per qualche battuta.
 
Gli diede un colpetto sulla spalla, aspettandosi la reazione che arrivò. Hanamichi si girò e sbarrò gli occhi, impalato per lo shock. Per un momento il tempo sembrò fermarsi, l'espressione di Kaede rimase distaccata e piatta, in contrasto con quella sbalordita di Hanamichi. L'istante tra loro si dilatò come se tutto fosse stato costruito apposta per quell'incontro.
 
“Rukawa...?” Hanamichi sussultò alla vista del ragazzo.
 
Kaede annuì. “Parliamo”

“Adesso?”

“Sì, adesso”

“Va bene” sospirò Hanamichi, “usciamo”.
 
 
 
Tra tutte le persone che pensava di incontrare, Kaede Rukawa era l'ultima. Eppure eccolo lì, fuori e in piedi insieme al suo ex ragazzo emigrato. Sapeva che sarebbe successo, ma era un po' troppo presto. Se avesse saputo che avrebbe affrontato Kaede, almeno si sarebbe preparato.
 
Ma andava bene così, ne aveva bisogno.
 
“Hai bevuto un sacco, vero?” notò Kaede, vedendo il rossore sulle guance di Hanamichi.
 
“Se volevi farmi la predica, bastava dirlo” Hanamichi incrociò le braccia sulla difensiva, mantenendo la postura distaccata.
 
“No, io” Kaede guardò Hanamichi, per una volta sentendo di essere quello vulnerabile tra i due, “volevo solo parlare di quello che è successo”

Hanamichi incontrò lo sguardo serio di Kaede, e fu investito da un'improvvisa ondata di desiderio. Eccola: ecco la conclusione di cui aveva bisogno. Si era posto domande per tanto tempo, e quella che lo teneva sveglio la notte ora poteva finalmente avere una risposta. Per due anni si era chiesto il perché e ora sembrava quasi inutile saperlo. Qualunque informazioni avesse ottenuto, non avrebbe cambiato i fatti: non avrebbe cancellato gli anni che aveva trascorso mentre era perso e confuso. Hanamichi ingoiò il groppo che aveva in gola: avrebbe mentito se avesse detto di non essere nervoso.
 
Stare di fronte a Kaede gli faceva capire per quanto a lungo avesse aspettato quel momento. Gli faceva capire quanto tempo aveva perso a dispiacersi per se stesso. Aveva lasciato che il dolore lo consumasse per troppo tempo e ora, dopo le interminabili notti che aveva trascorso, avrebbe fatto qualche differenza?
 
“Forse dovremmo solo lasciare le cose come stanno” disse Hanamichi in tono piatto, la sua voce sembrava sconfitta. “Non cambierebbe nulla tra di noi”

Kaede guardò Hanamichi severamente, “No, dobbiamo risolverla”

“Qualunque cosa diremo non farà differenza” Hanamichi distolse lo sguardo; l'immagine di Yohei non smetteva di tormentarlo dicendogli di parlare con Kaede per fargli capire quanto la sua assenza lo avesse influenzato. Hanamichi fece una smorfia al pensiero di riversare i suoi sentimenti su Kaede.
 
Kaede indietreggiò appena; la sua alta postura ora era leggermente incurvata.
 
“Senti, so che le cose non sono andate alla grande” Kaede spostò lo sguardo a terra, concentrandosi su un tratto irregolare del suolo, “ma stavo solo cercando di allontanarmi da tutto. Sapevo che dirtelo avrebbe solo reso la situazione più difficile”

“Allontanarti?” ripeté Hanamichi, la voce bassa mentre cercava di dare un senso a quella parola. Hanamichi avvertì il suo cuore affondare sapendo che Kaede aveva voluto separarsi dalla loro relazione. Era stato così pessimo? Aveva causato così tanti problemi che Kaede aveva deciso che era meglio tagliarsene completamente fuori? Era stato così orribile? Hanamichi sbatté le palpebre, sorpreso dalla spiegazione di Kaede.
 
“Stai scherzando, vero?” sbuffò Hanamichi, il tono beffardo. “Per questo hai deciso di andartene? Che razza di uomo evita così tanto i suoi problemi da essere disposto a trasferirsi solo per scappare?” strinse il pugno, la rabbia aumentò. “Avevi detto che non provavi più le stesse cose, senza dirmi il perché!” Hanamichi occupò lo spazio di Kaede, ogni parola che usciva dalla sua bocca era come veleno e i suoi occhi lampeggiavano di ira ardente.
 
Kaede ricambiò il suo sguardo con simile intensità, “Ti avrebbe aiutato ad andare avanti”
 
“Oh, come hai fatto tu?” scattò Hanamichi, la voce grondante di disprezzo. Voltò la testa, distogliendo lo sguardo da Kaede. Non riusciva a guardarlo, era difficile farlo senza aver voglia di prenderlo a pugni, rendendo il tutto insopportabile. Hanamichi inspirò pesantemente, ricordando la conversazione con Yohei. In fondo sapeva che Yohei aveva ragione, ma stare lì in quel momento, proprio in quel momento, fisicamente presente, era più difficile di quanto avrebbe potuto prevedere. Certo, aveva immaginato quella scena più di qualche volta. Nella sua testa, non era così difficile, nella sua testa sapeva esattamente cosa dire. Nella sua testa, Kaede era quello che faceva fatica.
 
Kaede strinse gli occhi rispetto a quelli accesi di Hanamichi. Rimase in silenzio, lasciando che l'altro sfogasse la sua frustrazione. In qualche modo, non riusciva ad arrabbiarsi.
 
“Capisco come ti senti...” iniziò Kaede.
 
“No, non lo capisci! Vuoi sapere come mi sento?” Hanamichi alzò la voce, trasudando delusione. “Ho passato due anni a cercare di andare avanti, ma non ci riesco. Per la metà sono stato arrabbiato, chiedendomi perché te ne fossi andato in quel modo. Per me non era finita, sei l'unica persona che mi fa sentire come se stessi perdendo la testa! Sai una cosa” continuò, “non avremmo dovuto iniziare niente! Almeno funzionavamo meglio come nemici che come amanti!”
 
Ogni parola che usciva dalle sue labbra era un pugno nello stomaco. Era sorprendente quanta frustrazione avesse represso, sfogarla così sembrava catartico. Poteva avvertirla mentre gradualmente lo abbandonava.
 
L'atmosfera si fece pesante, lo spazio tra loro più ampio. Kaede incrociò le braccia, incerto su come continuare ulteriormente la conversazione.
 
Aprì la bocca per dire qualcosa ma le parole gli morirono sulle labbra. Qualsiasi cosa avesse detto avrebbe solo peggiorato le cose.
 
Il silenzio calò lasciando nient'altro che il loro respiro e il suono della brezza intorno a loro. Piccole gocce d'acqua iniziarono a scendere segnalando l'arrivo della pioggia. Di colpo si mise a piovere a dirotto, infradiciandoli entrambi.
 
“Non hai idea di cosa mi hai fatto passare” Hanamichi digrignò i denti, gli occhi si strinsero pericolosamente e il pugno era chiuso mentre sopprimeva le lacrime che minacciavano di scoppiare. “Ho perso la testa quando te ne sei andato!” esclamò, muovendo animatamente le mani per trasmettere il suo avvilimento con il proprio corpo, “Ho incolpato me stesso per non essere mai stato abbastanza! Ho lottato con l'idea che forse, se avessi fatto di più, allora saresti rimasto...” la sua voce si incrinò leggermente, rivelando la fragilità che cercava così duramente di nascondere, stringendo ulteriormente le braccia contro il petto. Il peso delle sue parole sembrava reale ora.
 
“Dopo tutto quello che abbiamo passato...” Hanamichi si bloccò, le lacrime ora gli scendevano sul viso, “certo che la prendo sul personale”

Kaede sentì il proprio cuore spezzarsi, subendo il colpo derivato da ogni parola. La realtà lo sbalordiva. Per qualche ragione, era più difficile di quanto avesse pensato. Si era aspettato la rabbia di Hanamichi; si era immaginato tutta la brusca durezza che gli avrebbe riservato. Ma non aveva mai considerato quanto le proprie azioni avessero ferito la persona a cui teneva, quanto fosse sembrato codardo. Immaginare la scena era stato facile; viverla effettivamente era più difficile.
 
Ciò rendeva le cose più complicate. Lui aveva solo voluto spiegare, giustificare le sue azioni, ma ora non sapeva più cosa dire. Tutto quello che sapeva era che Hanamichi era ferito; tutto quello che sapeva era che ora lo sentiva anche lui. Per quanto sconsiderato fosse apparso, non aveva mai voluto intenzionalmente causare così tanti danni. Non aveva saputo fare di meglio, era scappato perché sapeva che se non lo avesse fatto non sarebbe riuscito a convincersi. Non si era mai sentito così combattuto per niente e nessuno. Per tutta la vita era sempre stato sicuro di ciò che desiderava ma in quel momento, con Hanamichi, si sentiva confuso su ciò che voleva e su ciò che pensava di meritare.
 
Hanamichi incontrò il suo sguardo, la sofferenza visibile nei suoi occhi marroni. Erano lucidi di lacrime mentre aspettava la sua risposta.
 
“Mi dispiace” la voce di Kaede era bassa e vulnerabile. Stupì Hanamichi: lo guardò con compassione, abbassando leggermente le difese. Tra tutte le reazioni che aveva immaginato da Kaede, quella era l'ultima.
 
Kaede chiuse gli occhi, respirando il rimpianto che sembrava inseguirlo da troppo tempo. C'era sempre stato, che lui scegliesse di ignorarlo o meno. Dopo tanto tempo, ora più che mai era chiaro che aveva continuato a negare, a reprimere ogni ricordo. Aveva voluto così disperatamente andare avanti, ma la verità era che aveva voluto salvarsi dal proprio dolore. Era stato egoista, era ancora egoista. Hanamichi aveva ragione, aveva pensato solo a se stesso.
 
Essere lì in quell'istante rendeva chiaro che non meritava di far parte del mondo di Hanamichi, lo amava ma ora poteva vedere che agire senza intenzione di impegnarsi era dannoso tanto quanto il potenziale sprecato. Gli faceva capire da quanto tempo stava scappando e quanto l'idea di perdere lo spaventava. Kaede non si vedeva mai come qualcuno che rinunciava a cose o a persone a cui teneva, ma evidentemente era diventato proprio la persona che non avrebbe mai voluto essere. Quel confronto non riguardava solo lui: si trattava di superare gli errori, di dare un senso ai suoi sentimenti.
 
Kaede ingoiò il groppo in gola, la tristezza si insinuava in lui. “Ho avuto paura...”
Hanamichi avvertì la fragilità dell'unica persona che pensava non potesse essere altro che forte.
 
Kaede lanciò un'occhiata ad Hanamichi, spostando lentamente lo sguardo da terra al suo viso, come aspettandosi che Hanamichi si mettesse a ridere. Invece, il ragazzo lo fissò, confuso. I suoi occhi scrutavano ogni dettaglio del bel viso di Kaede, cercando di dare significato all'improvviso scoppio di emozioni.
 
“Pensavo che se avessi chiuso tutto, sarebbe stato più facile” le sua voce si affievolì. “Ma ho pensato solo a me stesso”

Si strofinò il collo, abitudine che aveva quando era teso. Inarcò le sopracciglia, lo sguardo fisso a terra.
 
“La verità è che sarei rimasto se me lo avessi chiesto” Kaede alzò le sopracciglia, accettando l'onestà delle sue stesse parole, “L'America, il basket, ho pensato di lasciar perdere...sono stato egoista” disse con le lacrime agli occhi, “ero confuso”
 
Si morse il labbro tremante, asciugando le lacrime che ora colavano, grato che la pioggia fosse in grado di mascherarle.
 
“Non mi sono mai sentito così prima...” non appena la prima lacrima si liberò, il resto fu un flusso ininterrotto. Kaede seppellì il viso tra le mani, asciugando aggressivamente le lacrime che scendevano. Ogni sincera affermazione sembrava di per sé una liberazione. Come fosse la prima volta che ammetteva i suoi veri sentimenti.
 
“Ho avuto paura di perderti...”

“Ma mi hai lasciato” rispose Hanamichi.
 
“Lo so” ribatté subito Kaede, “lo so, ma pensavo che se avessi interrotto tutto, non avrei dovuto perderti quando la vita un giorno avesse deciso che non dovevamo stare insieme. Senti” sospirò, “se non avessi chiuso tutto, sapevo che sarebbe stato difficile perché non sarei stato in grado di...ho pensato che se mi fossi concentrato solo sul basket, tutto sarebbe andato bene” chiuse gli occhi, pensando a tutte le volte in cui si era tenuto impegnato solo per poter dimenticare i suoi sentimenti. “Ma non andava bene. Mi dispiace di non aver mai considerato i tuoi sentimenti”.
Gli occhi blu di Kaede incontrarono quelli color cioccolato di Hanamichi, la sincerità sovrastava il suo sguardo cobalto.
 
“Non posso continuare a negare come mi sento” la voce di Kaede era morbida come un sussurro. Gli occhi di Hanamichi si spalancarono, ricordando un particolare incidente di ubriachezza che aveva avuto al telefono.
 
“Ti amavo allora, ti amo ora e ti amerò per sempre...” la sua voce uscì soffocata, sopprimendo le lacrime. “Ma hai ragione; forse sarebbe stato meglio non iniziare niente. Non te lo meriti”
 
Hanamichi lo fissò con ritrovata empatia, la sua espressione si addolcì ad ogni confessione. Era sorprendente vedere Kaede Rukawa così distrutto di fronte a sé, una persona che sapeva così sicura di sé ora talmente fragile. Hanamichi era stato così preso dal sentirsi amareggiato e vendicativo che non si era mai fermato a pensare a come poteva sentirsi Kaede. Aveva sempre pensato che lui fosse perlopiù intoccabile, distaccato e indifferente anche quando stavano insieme. Ma forse era stato cieco alle emozioni di Kaede. Sarebbe stato più facile se fosse stato arrabbiato, sarebbe stato più facile se avessero ceduto al lato aggressivo, lasciando le cose quanto più in disordine.
 
Hanamichi continuò a fissare Kaede, senza parole e perplesso per quanto aveva sentito. Non aveva idea di quanto fossero ancora forti i suoi sentimenti. Un'improvvisa ondata di desiderio lo investì.
 
Rimasero così: nessuno dei due disse nulla, solo le loro espressioni mostravano visibilmente ciò che le loro parole non potevano. Kaede pensò che se fosse rimasto lì ancora un po', la pioggia lo avrebbe annegato. Kaede spinse all'indietro i capelli bagnati, sentendo la pelle inzuppata. Ogni centimetro di lui era fradicio.
 
Il silenzio si prolungò tra loro, molto più a lungo al punto che Kaede non lo ritenne più confortevole. Provando imbarazzo, Kaede si spostò per superare Hanamichi. Ma prima che potesse avanzare, una mano gli afferrò il polso.
 
“Aspetta” la voce di Hanamichi era dolce e i suoi occhi caldi. Kaede non poté fare a meno di lasciarsi trascinare dallo sguardo confortante. Era sempre stato debole davanti agli occhi di Hanamichi, non smettevano mai di ammaliarlo. Kaede girò il suo corpo verso Hanamichi, di fronte a lui. Hanamichi lasciò andare rapidamente il suo polso e portò le mani lungo i fianchi, come se si fosse appena ustionato.
 
“Mi dispiace di averti urlato addosso” il tono di Hanamichi era morbido e tenero, il suo sguardo fisso al suolo. “Ero solo...arrabbiato”

Senza preavviso, Hanamichi avvolse le braccia intorno a Kaede come per confortarlo. L'ondata della calore da parte di Hanamichi inviò una raffica di emozioni che girarono a spirale in forti onde. Le mani di Kaede armeggiarono appena prima di cingere la forte schiena di Hanamichi. La sensazione era familiare mentre assorbiva il calore e il profumo di Hanamichi. Se fosse potuto rimanere così, non si sarebbe lamentato.
 
“È stato difficile anche per me, sei la prima persona che io-” Hanamichi ingoiò le parole, “Ho sempre la sensazione di non essere mai abbastanza per te”

Kaede si reclinò e guardò Hanamichi, tracciando attentamente i suoi lineamenti, dai suoi occhi color cioccolato ai suoi capelli rossi, ricordando i giorni passati a memorizzarlo. “Doaho” lo stuzzicò, sorridendogli.
 
Prima di potersi fermare, Kaede si avvicinò e ridusse la distanza tra loro. Premette le labbra contro quelle morbide di Hanamichi. Un piccolo bacio, niente di più, ma fu abbastanza per far sentire a Kaede il martellare del proprio cuore. La travolgente apertura che si era concesso o l'improvvisa leggerezza dell'atmosfera fecero evaporare completamente la tensione, facendolo sentire così coraggioso. Non poteva fare a meno di sentirsi travolto dalle emozioni, emozioni che aveva cercato così duramente di rifiutare per tanto tempo. L'emozione ora era scoperta e cruda, esposta agli occhi di tutti.
 
Si tirò leggermente indietro, la fronte appoggiata contro quella di Hanamichi mentre annegava nel calore di quell'istante. Le guance di Hanamichi erano molto rosse, i suoi occhi a malapena aperti e le labbra socchiuse. Inspirò pesantemente per la mancanza di labbra soffici contro le sue. Si guardarono, i loro visi rispecchiavano il desiderio che ancora aleggiava tra di loro.
 

*Bloodstream – Stateless

 

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Capitolo 12
*** 12. Solo un po' di più ***


Just a little more, just a little more
 
Can we stay like this here forever?
 
 
 
Kaede Rukawa si svegliò, aprendo gli occhi su ciò che lo circondava. Era buio mentre alla cieca cercò intorno e sentì il morbido comfort del materasso sotto di lui e la mancanza di indumenti sul suo corpo. Kaede esaminò la stanza e i suoi occhi si adattarono. Un familiare rossino giaceva respirando profondamente accanto a lui, russando appena. Kaede osservò Hanamichi addormentato, catturando e ammirando la visione. L'evento della sera precedente era ancora chiaro nella sua mente, le emozioni crude e la sincerità che si era riversata come lo zampillo di una cascata. Era molto da assorbire, ma era qualcosa di cui entrambi avevano bisogno. Il senso di colpa che si era portato dietro per quegli anni era scomparso dopo quella notte e smise di tormentarsi fingendo che le cose andassero bene quando non era così.
 
Dopo il confronto, le cose tra loro erano diventate improvvisamente e molto velocemente parecchio intime. Ricordò di essere entrato inciampando in casa di Hanamichi, entrambi intossicati e drogati dal calore del momento. Le loro mani non avevano mai smesso di esplorarsi, non c'era stato bisogno di parole, solo le loro labbra premute insieme, le loro lingue che ballavano insieme in un bacio appassionato e caldo, cercando disperatamente di recuperare il tempo che avevano perso e quello che rimaneva. Ogni bacio, ogni tocco sembrava una richiesta di scuse, una confessione di tutti i loro rimpianti. Il calore e l'intimità li avevano annegati, come un'onda gigante che si infrangeva su un'arida spiaggia di sabbia, forte e appassionata, avvolgendo ogni senso del loro essere.
 
Il solo pensiero gli provocava una vampata all'altezza dello stomaco. Era passato molto tempo da quando aveva provato tutto ciò. Nonostante il tempo passato, i suoi sentimenti per Hanamichi non erano mai cambiati nonostante avesse cercato di convincersi del contrario. Non poteva negare ora.
 
C'era un momento nella vita di una persona in cui parte di essa cambiava, in meglio o in peggio. Si trattava di circostanze in cui tutto ciò che si pensava di sapere, sentire o pensare, cambiava. Un breve momento, un battito, una pausa dove tutto iniziava a rallentare, conseguentemente alterava un frammento o una parte di percezione. Per Kaede Rukawa, c'erano stati due momenti nella sua vita in cui aveva avvertito tremare il terreno sotto di sé. Il primo era stato con la sua ritrovata determinazione per giocare seriamente a basket, perseguendo quell'ambizione, seguendo i grandi invece che limitarsi a rimanere dove si trovava. Era abbastanza bravo, lo sapeva, ma aveva bisogno di essere il migliore. Ovviamente, quello era l'obiettivo più tangibile, quello a cui poteva mirare, qualcosa che sapeva di volere, qualcosa che aveva deciso, qualcosa di meno...complicato.
 
Il secondo evento nella sua vita da adolescente coinvolgeva un certo rossino. Qualcuno che, dalla prima volta in cui aveva posato gli occhi su di lui, era stato una presenza che non aveva potuto ignorare del tutto. Poi, lentamente ma inesorabilmente, Hanamichi Sakuragi si era gradualmente insinuato, intenzionalmente o meno, e la sua presenza aveva avuto impatto su di lui. Aveva avuto e aveva tuttora importanza. Forse perché Kaede aveva agito in base ai suoi sentimenti, prima di tutto guidato dalla frustrazione. Doveva ammettere che allora si era sentito avvilito per il modo in cui Hanamichi lo aveva colpito, perché non si era mai sentito così vulnerabile prima. E forse era stato egoista da parte sua pensare che Hanamichi provasse lo stesso, perlomeno fin dall'inizio. Ma piano piano, ciò era accaduto. Immaginava che sarebbe sempre stato così, Hanamichi avrebbe sempre avuto quel tipo di influenza su di lui, a prescindere dalla distanza o dal tempo passato.
 
Kaede ricordò la dichiarazione da ubriaco, il calore dei baci al momento e l'incerto ma audace progresso della loro relazione. Era bastato un istante perché si mettessero insieme, dopo mesi trascorsi a danzare l'uno intorno all'altro evitando i loro sentimenti, alla fine si erano lasciati andare casualmente. Hanamichi era riuscito a far crollare ogni superficiale rancore e Kaede, col tempo, ce l'aveva fatta ad aprirsi di più, a modo suo. Sebbene capitasse ancora di insultarsi scherzosamente e amichevolmente ogni tanto, non c'era stata più nessuna vera cattiveria. Con il passare del tempo era diventato evidente che ruotavano sempre più l'uno intorno all'altro, addolcendosi e sostenendosi a vicenda. Era stata una relazione sana, che funzionava.
 
Lui aveva buttato via tutto per paura. Se c'era qualcosa per cui poteva prendersi a calci, era stato lasciare andare qualcosa di prezioso così velocemente. Guardando Hanamichi che dormiva accanto a lui, pacifico, si chiese come sarebbe andata se non avesse avuto così vergognosamente paura. Era stato troppo reale, troppo veloce. Prima di tornare in Giappone aveva voluto solo dimenticare, non aveva pianificato di riaccendere nulla, intenzionato solo a scusarsi. Ma forse il destino aveva altri piani.
 
Però ora aveva la possibilità di sistemare la loro relazione. Ma doveva farlo? Aveva fatto così tanti danni che non era sicuro di averne il diritto. Anche se non poteva stare insieme, almeno forse poteva finalmente dare ad Hanamichi la chiusura che si meritava.
 
“Kit...sune?” Hanamichi emise un gemito stanco, i suoi occhi si aprirono, strizzandoli per osservare il ragazzo dai capelli corvini. Kaede lo guardò e fece un sorriso, comunque contenuto.
 
“Cos'è quell'espressione?”

“Quale espressione?” chiese Kaede, alzando un sopracciglio.
 
Hanamichi si sollevò e si sistemò accanto a Kaede. “Pensierosa” fece con aria scherzosa.
 
“Mpf, doaho” replicò Kaede.
 
Hanamichi sorrise a quell'epiteto familiare, il suo sguardo si addolcì osservando Kaede. Per la prima volta dopo molto tempo, l'atmosfera tra di loro era positiva, di nuovo informale.
 
Ci fu un momentaneo silenzio tra loro, poi Hanamichi si portò casualmente il braccio a massaggiarsi il collo, segno di nervosismo.
 
“Kaede” iniziò, la voce bassa. “Quello che ho detto ieri sera...io...mi dispiace”

Kaede lo fissò. “Per cosa?”

“Non sapevo che fosse difficile anche per te”

Kaede fece una breve pausa, il suo viso si addolcì rilasciando un piccolo sorriso. Aveva dimenticato quanto Hanamichi potesse essere sincero, quanto fosse un libro aperto, rendendo il senso di colpa ancora peggiore. A pensarci bene, per tutto il tempo in cui era scappato da tutto quanto, non si era fermato a considerare seriamente le ripercussioni che avrebbe subito Hanamichi. Kaede poteva solo immaginare quanto gli avesse realmente fatto male. Sapeva quanto avesse significato la relazione per Hanamichi e cosa rappresentava lui stesso, decidendo di tradirlo improvvisamente in quel modo. Semmai, il minimo che Kaede poteva fare era dirgli la verità, il minimo che poteva fare, se voleva concludere tutto, era dargli una chiusura.
 
Kaede si allungò per toccare la guancia di Hanamichi, accarezzandola leggermente. “Non hai fatto niente di male”

Hanamichi si attardò sul tocco di Kaede, le guance arrossate mentre si muoveva lentamente in avanti. Kaede rimase fermo, sia per timore che per eccitazione. Hanamichi si sporse, appoggiando la fronte contro la sua. Chiusero gli occhi, i respiri tremanti. Il bacio fu dolce e lento, le loro labbra si sciolsero toccandosi. Anche se non si trattava di un bacio erotico, fu comunque in grado di far impazzire Kaede. Sbuffò al pensiero di poter resistergli. Si era convinto per anni che Hanamichi non avrebbe avuto potere su di lui e si era sbagliato di grosso. Lentamente, Kaede portò la mano dietro la testa di Hanamichi, attirandolo di più, approfondendo il bacio, spingendolo verso di sé, cadendo sulla schiena mentre l'altro si spostava sopra di lui. Per la prima volta, la mente di Kaede si bloccò sul presente. Le preoccupazioni del passato e del futuro evaporarono come ghiaccio che si scioglieva sotto il sole cocente. Qualunque cosa fosse accaduta non lo spaventava più, il senso di colpa svanì e tutto ciò che desiderò in quel momento era recuperare il tempo che aveva perso senza stare con l'unica persona che più contava.
 
“Kaede...” sussurrò Hanamichi contro le sue labbra, allontanandosi leggermente. “Cosa c'è che non va?”

“Niente”

“Mmh...” mormorò Hanamichi, poco convinto mentre si sedeva sul grembo di Kaede, incrociando le braccia. “Mi stai baciando come se dovessi morire. Non che mi lamenti, ma lasciami respirare”

“Scusa”

Hanamichi si spostò e si mosse sistemandosi accanto a lui. “Ehi, com'è l'America? Non scrivi mai, pensavo che fossi morto o scappato con una donna occidentale”

Kaede lo guardò con aria impassibile prima di rispondere con un “Doaho”. Sospirò, ricordando tutte le lettere incompiute che non aveva mai spedito.
 
“È bella, l'America è bella” disse con tono piatto, privo di qualsiasi entusiasmo. Notandolo, Hanamichi si affannò a pensare qualcos'altro per cambiare argomento.
 
“Sai, un giorno ci andrò anch'io” disse, facendo lo spaccone. “Quindi è meglio che tu sia abbastanza bravo, così potrò prenderti a calci” avvertì, stringendo il pugno, deciso. Kaede fece un sorrisetto, sospirando. “Mpf, tutte chiacchiere”, “Sta a guardare!”
 
“Anche Kanagawa è cambiata un po' da quando te ne sei andato” aggiunse Hanamichi, appoggiando una mano sulla sua guancia. “Sai Denny's?”

“Certo, ci vai ogni singolo giorno”

Hanamichi annuì, “Solo perché fanno gli spaghetti migliori! Ed è economico! Sai quanto si risparmia!”

Kaede ridacchiò appena, “Tu sei piuttosto economico” disse affettuosamente.
 
“Lo prendo come un complimento” Hanamichi sorrise orgoglioso, “beh, comunque, ha chiuso e ora c'è una gioielleria di lusso” fece accigliandosi.
 
“Che tragedia” sbuffò Kaede, divertito per quanto Hanamichi la prendesse sul serio.
 
“Sì!” esclamò Hanamichi drammaticamente. “Avrei protestato se Yohei non mi avesse dissuaso”

Kaede lo guardò meravigliato mentre descriveva animatamente i terribili giorni in cui aveva assistito al destino del suo locale preferito. E mentre stavano lì, a loro agio in presenza l'uno nell'altro, poteva fingere che quella fosse una costante nella sua vita. Qualcosa che non sarebbe mai cambiato. Più Kaede ci pensava, più si rendeva conto di quanto quel momento fosse fugace e di come le cose presto sarebbero tornate com'erano, con loro distanti l'uno dall'altro.
 
Quella consapevolezza inviò una raffica di emozioni in lui. Aveva provato molte cose durante la settimana trascorsa lì, ma la sensazione preponderante in quel momento era la confusione. Era confuso su come sarebbero o avrebbero dovuto essere le cose in seguito. Sarebbero diventati amici? Avrebbero ricominciato una relazione? Avrebbero dovuto parlarne?

Erano tutte domande alle quali non aveva una risposta.
 
“Denny's era un bel posto; sono successe cose importanti lì” sospirò Hanamichi, terminando il lungo monologo sulla tragedia rappresentata dalla chiusura del suo locale prediletto.
 
“Sì, cose importanti” Kaede sorrise significativamente, ricordando il loro appuntamento nel piccolo caffè.
 
Hanamichi sentì le proprie guance scaldarsi, spostando esitante lo sguardo dagli intensi occhi cobalto di Kaede. Lo sguardo di Kaede rimase su di lui, i suoi occhi si addolcirono cercando di memorizzare e catturare quel momento, ricordando quanto fosse bello stare lì e per quanto tutto sarebbe finito presto, per quanto quel breve istante fosse tutto ciò che avrebbe avuto da custodire, allora così doveva essere.
 
“Perché mi fissi così?” chiese Hanamichi, alzando interrogativamente le sopracciglia.
 
“Voglio solo ricordare tutto questo”

“È inquietante” disse Hanamichi, distogliendo lo sguardo per nascondere l'imbarazzo.
 
Improvvisamente, una mano si allungò delicatamente per toccare il mento di Hanamichi, deviando lentamente la sua attenzione verso l'uomo che aveva accanto. Kaede sostenne lo sguardo, gli occhi teneri. Quell'intensità fece sobbalzare leggermente Hanamichi, non aveva mai visto Kaede con un'aria così...seria. Kaede si sporse piano in avanti, i loro respiri si mescolarono. Hanamichi chiuse gli occhi e sporse le labbra, preparandosi al contatto e a un intreccio di lingue, ma non arrivò mai. Invece, sentì un bacio sulla guancia. Hanamichi aprì gli occhi su Kaede che si allontanava lentamente. Il calore si irradiò dal punto in cui le labbra di Kaede lo avevano toccato sulla guancia, diffondendosi dappertutto. Era solo un bacetto, eppure fece battere forte il cuore di Hanamichi.
 
“Devo andare” Kaede si mise a sedere e uscì dal letto.
 
“Adesso?”

Kaede osservò brevemente Hanamichi prima di distogliere lo sguardo. “Ho il volo per l'America stasera”. Proprio così, con quelle parole, l'umore cambiò, l'atmosfera si fece pesante, come se fosse giunto di colpo un grosso macigno. L'informazione non era una sorpresa, sapevano che sarebbe successo, ma la realtà poteva essere crudele dopo essersi lasciati travolgere dall'illusione che le cose rimanessero come dovevano essere. Ma, come diceva un vecchio proverbio, 'Tutte le cose belle hanno una fine'. E quello era il capolinea.
 
Lo sapevano ma faceva comunque male riavere qualcosa che si amava solo per doverlo perdere di nuovo.
 
Ma, in fondo, forse era colpa loro.
 
“O-oh” fu tutto ciò che Hanamichi riuscì ad emettere.
 
“Se mi dici di restare, io...”

“No” Hanamichi lo interruppe rapidamente, sorprendendo Kaede per quanto fosse sembrato precipitoso. “Idiota, non sprecare questa opportunità”

Preso alla sprovvista, Kaede cercò di non apparire deluso. Sapeva che Hanamichi aveva ragione, ma gli rimaneva comunque una sensazione amara in petto. Strinse le labbra, fissando lo sguardo.
 
“Okay” sorrise leggermente.
 
Prima di poter alzarsi completamente dal letto, una mano lo fermò afferrandolo per il polso.
 
Hanamichi lo guardava, i suoi occhi erano dolci e comprensivi. “Non preoccuparti, non ti odierò questa volta”

Kaede fece una smorfia. “Lo dici adesso” ironizzò con un sorrisetto a tirargli le labbra. Per quanto rassicurato, il suo cuore era ancora oppresso. “Non so quando tornerò, forse tra altri due anni”

“Oh” Hanamichi poté sentire il proprio cuore affondare a quelle parole. Cercò di scrollarsi di dosso la sensazione di delusione. “Certo, sì”

Kaede lo guardò con rimorso, avrebbe voluto dire qualcosa, qualcosa di tranquillizzante. La sua mente gli urlava di restare, almeno per un po'. Tutto in lui gli diceva di assaporare quel momento, di resistere, di recuperare tutto il tempo sprecato. Ma tutto ciò che riuscì a fare fu stringere forte la mano di Hanamichi prima di lasciarla andare, esitante.
 
Hanamichi osservò silenziosamente Kaede scivolare fuori dalla porta, chiudendosela alle spalle con un clic. Per tutto quel tempo aveva trattenuto il respiro sperando che, almeno quella parte, fosse tutta un sogno e che Kaede fosse ancora lì con lui. Lo spazio accanto a lui era freddo e la stanza ormai priva di vita. Il silenzio era assordante e mentre Hanamichi rimaneva lì, nel suo letto, nudo e solo, sapeva che le lacrime che aveva trattenuto minacciavano di scoppiare. Le trattenne, asciugandosi gli angoli degli occhi.
 
Si raggomitolò su se stesso, abbracciandosi, convincendosi che era giusto. Per entrambi. Avevano parlato, avevano avuto la chiusura di cui avevano bisogno ed era sufficiente. Comprendere la loro confusione era il massimo che potessero chiedere.
 
Cosa si aspettava, comunque? Le cose non sarebbero mai cambiate così tanto.
 
La realtà non funzionava in quel modo. Dovevano lasciare la presa.

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Capitolo 13
*** 13. Epifania ***


Hanamichi si considerava un uomo ragionevole, e aveva attraversato abbastanza dilemmi da percepire quando una situazione era tutt'altro che salvabile. Questa era una di quelle situazioni. Ma mentre rimaneva sdraiato lì, preoccupato al pensiero di ciò che il domani avrebbe potuto portare, non poteva fare a meno di reprimere il suo desiderio di cambiare le circostanze. Ma quanto sarebbe apparso egoistico desiderare, ora, che Kaede rimanesse a Kanagawa, un contrasto rispetto alle ultime settimane, in passato, in cui aveva decisamente voluto e atteso la sua partenza. Immaginò come sarebbe andata se non si fossero mai affrontati o se non avessero parlato quella sera. Cosa sarebbe stato di loro se non avesse accettato di concedergli un momento, se non avesse seguito il consiglio di Yohei? Sicuramente, sarebbero rimasti per sempre in una condizione di amara pace l'uno verso l'altro. Pace, si disse. Forse no. Perché se fossero rimasti ignari, non si sarebbero mai resi conto dell'attaccamento e dell'affetto esistenti tra loro. Ma valeva la pena saperlo ora che inevitabilmente dovevano lasciare la presa?
 
Quelle ore gli avevano offerto l'opportunità, anche se veloce, di stare con Kaede. Era facile dare la colpa al tempo, ma se avessero solo parlato invece di girarsi intorno evitandosi, forse i rimpianti avrebbero potuto essere risparmiati. Si raggomitolò ancora, in una posizione che risultava molto confortante. Eppure, nulla lo aiutava a porre fine all'incessante raffica di emozioni che stava montando in lui.
“Stasera...” mormorò. “Kaede parte stasera”
Dopo una momentanea pausa, Hanamichi si alzò e uscì dal letto, mettendosi una camicia bianca e jeans blu. Proprio in quel momento due colpi si risentirono contro la porta e Yohei entrò con un sacchetto di plastica pieno di cibarie di vario genere.
 
“Ehi, Hanamichi, c'è la colazione”
Il suono del tono allegro di Yohei sollevò leggermente il suo spirito. Hanamichi accolse il suo amico con la massima normalità possibile, ma Yohei, attento e in sintonia con i diversi stati d'animo di Hanamichi, colse l'apparente tristezza nella sua voce. Yohei sospettava che l'argomento Rukawa pesasse in maniera opprimente sulla mente di Hanamichi e, prima che potesse chiedere, il suo amico si stava già sfogando con lui su ogni dettaglio accaduto durante quella notte con Rukawa. Nessun punto venne risparmiato, raccontò a Yohei ogni parola, ogni scena e ogni emozione con molto entusiasmo. Yohei ascoltò Hanamichi, dubbioso, come spesso succedeva.
Si sedettero e iniziarono a mangiare quando Yohei disse: “Tu e Rukawa avete deciso cosa succederà d'ora in poi?”
Hanamichi rimase seduto in silenzio, poi rispose: “Sì, non succederà nulla. Rukawa e io rimaniamo come siamo e non c'è più niente da fare”
Yohei inarcò un sopracciglio, sorpreso dal cambio di percezione. Era certo, dal modo in cui Hanamichi aveva dato a lungo sfogo al suo affetto per il ragazzo, che la sua predilezione per Rukawa esistesse ancora, poteva solo immaginare la conversazione che aveva avuto luogo e lo avrebbe portato nuovamente a tradire i propri sentimenti.
“Quindi, ti sta bene che se ne vada?”
 
Bevendo un sorso della sua bibita, Hanamichi annuì. Yohei ovviamente non gli credette e pensò che cercasse di evitare la domanda. Non era insolito per Hanamichi Sakuragi.
“Quindi, ti sta bene che non lo vedrai mai più?” chiese di nuovo, deciso a ricevere una risposta.
Hanamichi sobbalzò leggermente alle osservazioni di Yohei poi, il più tranquillamente possibile, procedette a soddisfarlo con una replica.
“Anche se non fossi d'accordo, non potrei farci niente” disse appoggiando le bacchette sulla ciotola vuota. “Solo perché abbiamo parlato non significa che vada tutto bene” aggiunse.
Yohei poteva capirlo e guardò Hanamichi con premura mentre il ragazzo cercava di prendere una decisione matura e sensata. Lui, più di chiunque altro, sapeva che nella vita le cose non erano sempre ideali. E Yohei era davvero sbalordito da quanto Hanamichi tentasse di fare una scelta che la maggior parte delle persone avrebbe ritenuto appropriata. Tuttavia, essendo suo caro amico e l'unica persona in grado di persuadere qualcuno testardo come Hanamichi, decise di interrogarlo ulteriormente.
“Cosa ne pensa Rukawa?”
Hanamichi fece una pausa prima di rispondere. “Niente, il che significa che probabilmente ritiene che sia giusto lasciare tutto così com'è”
“Forse” sottolineò Yohei. “Non lo sai per certo. Perché non lo scopri, assicurandoti che siete della stessa opinione prima che qualcuno ricominci a tenere il broncio”
“Nah”
 
Yohei sospirò pesantemente e disse: “Hanamichi, dimmi onestamente, cosa vuoi? Vuoi dimenticare tutto? Rukawa? Ora che sai cosa prova e cosa provi tu, farai davvero finta che non sia successo nulla?”
Yohei studiò attentamente l'espressione di Hanamichi, assicurandosi che il suo aspetto esteriore esprimesse le sue parole. Hanamichi esitò e abbassò lo sguardo per evitare la grave condanna di Yohei. Per quanto la critica di Yohei fosse del tutto vera, Hanamichi non avrebbe osato pensare di mettersi tra Kaede e la sua carriera, non per proprio opportunismo. Sapeva di non averne il diritto, non aveva il diritto di agire egoisticamente e supplicarlo di restare. Lo sapeva, se fosse stato lui quello in America, avrebbe voluto concentrarsi su ciò che davvero contava. Yohei ruppe il lungo silenzio dichiarando che prendeva il mutismo di Hanamichi come conferma e accettazione del fatto che il suo amico volesse davvero di più da Rukawa e, sebbene il suo sacrificio fosse nobile, gli faceva male vedere che si crogiolava nel dolore piuttosto che non affermare a Kaede Rukawa ciò che segretamente provava e voleva. Hanamichi sfiorò il discorso, ma spiegò che si sentiva ugualmente in colpa per il dolore che aveva causato a Rukawa inconsapevolmente, credendo che quella decisione sarebbe stata migliore per entrambi in futuro. Hanamichi assicurò a Yohei che ora potevano andare avanti pacificamente.
“Andrà tutto bene, va bene. Tornerà comunque in America” lo tranquillizzò ancora Hanamichi, ma il tremore nella sua voce nascondeva gran parte del sentimento che lo tradiva. Yohei rimase poco convinto, ma non insistette oltre sulla questione.
 
 
 
Kaede stava preparando i bagagli per la partenza di quella sera quando venne distratto da un colpo alla porta.
“Kaede, hai un visitatore” lo informò sua madre dall'altro lato della porta. Il cuore di Kaede si fermò, sospettando che potesse essere Hanamichi, che compiva l'impresa di andarlo a trovare un'ultima volta. Procedendo ad aprire la porta, fu stupito di trovare Yohei Mito in piedi di fronte a lui.
“Ehi, Rukawa, scusami per essere passato così all'improvviso. Spero non ti dispiaccia, voglio solo parlare” si scusò Yohei, inchinandosi leggermente per educazione. Ancora colto alla sprovvista dall'improvvisa visita, Kaede rimase immobile, poi ricambiò immediatamente il gesto di cortesia e lo invitò nella sua stanza. Yohei rimase vicino alla porta e Kaede si sedette sul letto, la distanza tra loro non avrebbe potuto rendere più chiaro quanto la situazione fosse imbarazzante. L'aria era tesa perché avevano iniziato una sorta di conversazione privata di quel tipo anni prima. L'ultima volta che si era verificata una scena simile era stato quando Yohei, essendo l'amico che era per Hanamichi, era preoccupato per lui e aveva voluto sapere per conto suo quanto fossero veri la sua confessione e i suoi sentimenti verso Hanamichi, minacciandolo in caso le sue intenzioni fossero state meno che serie. Kaede supponeva che l'intento fosse ancora presente perché sospettava che il motivo della sua visita ora fosse simile.
 
“Spero di non essere invadente nel chiederti” iniziò Yohei, “come vedi la tua relazione con Hanamichi ora?”
Kaede sorrise alla domanda, sollevato che i suoi sospetti fossero confermati. Lo trovava bello e pensò che Hanamichi fosse fortunato ad avere un amico premuroso come Yohei.
 
“Non credo che cambierà nulla tra di noi” rispose Kaede. Dal modo in cui le sopracciglia di Yohei si restrinsero, temette di aver dato una risposta sgradevole.
“Cosa? Anche tu?” Yohei quasi impallidì. “Forse siete davvero sulla stessa lunghezza d'onda per una volta” avrebbe potuto ridere per quanto la circostanza fosse diventata ironica.
Kaede alzò le spalle con disinvoltura. “Penso di avergli causato abbastanza problemi”
“Lo penso anch'io” ribatté subito Yohei. “Devi sapere che, anche dopo che te ne eri andato, lui ha incolpato se stesso”
“Lo so”
“No, non credo che tu comprenda l'entità” insistette Yohei. “Quel ragazzo sa essere piuttosto altruista. Pensa di aver combinato abbastanza guai, ma sembra che abbia una grande stima di te” aggiunse, anche se con aria insoddisfatta. “Era davvero pazzamente innamorato”
Kaede non poté fare a meno di sentire il proprio cuore entusiasmarsi a quella conferma.
“Senti, Rukawa, so che forse sto esagerando perché, insomma, tu e Hanamichi avete deciso di prendere strade separate. Ma sono venuto qui solo perché sono preoccupato e voglio capire. Non ho niente contro di te, almeno non più, ma sono venuto qui...non ho mai sentito la tua versione della storia. So che non sei il tipo di persona che prende in giro qualcuno, almeno non senza un motivo”
Kaede si stupì della percezione positiva che Yohei aveva di lui anche se si era comportato in modo irrispettosamente negativo nei confronti del suo amico.
“Ero confuso e spaventato”
Yohei lo guardò e poté constatare la rivelazione causata da quella confessione.
“Ehi...il potente e impavido asso del basket Kaede Rukawa, spaventato?” ironiccò Yohei, facendo arrossire subito Kaede. “Spaventato di cosa? Dei sentimenti?”
Kaede annuì e a bassa voce disse: “Di quanto sono forti”
La dichiarazione mise a tacere entrambi, Kaede per la propria onestà e Yohei per quanto era stata inaspettata.
“Sono tornato perché io-”
“-ti sei pentito della tua decisione” finì Yohei, e Kaede lo fissò stupito, perplesso da quella schiettezza. Aprì la bocca per cercare di spiegare che aveva più a che fare con la sua indifferenza verso quei sentimenti, ma poté solo tacere e concordare.
 
“Capisco che Hanamichi possa essere un po'...intenso. So che può essere complicato a volte, ma è stato difficile essere amico di Hanamichi e vederlo com'era, non sapevo se sarebbe stato bene. Sai com'è lui, si dimentica di esprimere le sue emozioni in maniera così ostinata e trasparente”
Kaede annuì riflettendo ma il senso di colpa cresceva in lui per come aveva lasciato Hanamichi in quegli anni di assenza. Risparmiò a Yohei la verità delle ragioni iniziali che lo avevano spinto a concludere la relazione con Hanamichi. Sebbene ora fosse più giudizioso e le sue percezioni iniziali fossero drasticamente cambiate, non poteva ammettere a nessuno, nemmeno a Yohei, di aver iniziato tutto con una bugia. La sua menzogna si era così fissata nella sua mente in passato da essersi convinto, sopra ogni cosa, che la rettitudine delle sue azioni avrebbe superato indubbiamente il peso delle sue emozioni. Se avesse avuto un po' di buon senso avrebbe risparmiato ad Hanamichi qualsiasi forma di dolore e a se stesso qualsiasi forma di inganno.
 
“Non volevo ferirlo”, e quella era la verità. Kaede aveva sentito di non aver altro da dare alla situazione se non pensare alla felicità di Hanamichi. Yohei, compiaciuto della risposta, addolcì la sua espressione. “Sì, ma l'hai fatto” rispose e Kaede chinò vergognosamente la testa, evitando lo sguardo penetrante di Yohei.
 
Il silenzio si prolungò tra i due, entrambi rispettivamente sepolti nei loro pensieri, poi Yohei disse: “Se il tuo sentimento verso Hanamichi fosse lo stesso che provi per il basket, probabilmente sarebbe più facile, vero?”, usò un tono spensierato, ma Kaede lo prese sul serio.
Kaede rifletté sulla rivelazione di Yohei, ripensando alla sera della festa in cui avevano rivelato le loro incomprensioni e sentimenti reciproci. Non si era mai sentito tanto vulnerabile come in quel momento ed era ironico come fosse successo, dato che il suo scopo era stato evitare una scenata in primo luogo. Ma non si era potuto trattenere, forse c'era del vero nel giudizio di Yohei e il rammarico per la sua decisione aveva sbloccato più i suoi sentimenti che il senso di colpa.
“Onestamente, ho fatto tutto il possibile per proteggerlo da te” disse Yohei. “Ma più è rimasto alla larga, più ha sofferto. Non lo ammetterebbe mai perché è testardo, ma moriva dalla voglia di vederti”

L'illuminazione pesò sul suo cuore e Kaede non pensò ad altro se non alle conseguenze delle sue azioni. -Ha sofferto molto a causa mia-.
Kaede si rese conto, seduto mentre osservava Yohei che si preoccupava per il suo amico, che l'amore e le relazioni non erano così banali come inizialmente aveva creduto. L'amore, pensò Kaede, in una delle sue forme più pure e platoniche assomigliava alla relazione tra Hanamichi e Yohei, un tipo di amore quasi familiare, di cui Kaede a volte si sentiva invidioso. Era incondizionato, in cui una persona pensava solo al benessere di un'altra. Era significativo affrontare il problema di garantire l'integrità e la bontà di un amico. Era significativo, pensò Kaede. Quel livello di preoccupazione per qualcuno non poteva essere altro che una prova di altruismo. In quel momento Kaede considerò di essere stato testimone dell'importanza dell'amore e delle ragioni per cui le persone ci badavano tanto. In quel momento comprese la propria codardia. Per tutto il tempo, aveva decisamente evitato il proprio cuore spezzato.
 
“Ma, dato che tu e Hanamichi avete deciso di prendere strade separate, allora va bene. Ognuno di voi incontrerà qualcun altro” disse.
Appena Yohei terminò di pronunciare quelle parole, il corpo di Kaede si irrigidì. Si accorse che quella era un'idea che respingeva. Era bloccato dalla rivelazione che gli anni, i decenni o chissà quanto tempo non avrebbero mai potuto renderlo insensibile alla verità, cioè che sarebbe sempre stato trascinato nella gravità rappresentata da Hanamichi Sakuragi. Quando aveva chiesto a quell'amico dell'amore, quello, con tutta l'esperienza di un sedicenne, si era limitato a fare appello ai suoi aspetti primitivi, come 'È quando non riesci a controllarti' o 'quando ti ecciti'. L'amore non era affatto quello, non quello vero, comunque. Gli venne lentamente tutto in una volta, le emozioni e i pensieri divennero disordinati in un'epifania al punto che sentì che il pavimento cominciava a oscillare avanti e indietro.
Riteneva ancora che le relazioni fossero così insignificanti? Quella notte era una prova sufficiente, durante la quale aveva scoperto tutto ciò che i suoi sentimenti gli permettevano e anche la sua percezione delle banalità di cuore era cambiata. In quel momento non gli importò più chi avesse ragione, non gli importò più di sopportare il dolore che la separazione inevitabilmente avrebbe portato, avrebbe sofferto volentieri e dignitosamente tale dolore se ciò avesse significato poter vivere autenticamente, senza finzione.
 
 
 
Il tempo non era mai stato così scoraggiante come adesso. Ogni tic, ogni movimento della lancetta dei minuti arrecava ansia e Hanamichi non si era mai sentito così consapevole della sua esistenza come adesso. Hanamichi fissò con trepidazione e solennità il cielo, le ricche sfumature di rosso mescolate con arancione, viola e cremisi. Era opinione universale che i tramonti fossero mozzafiato, nel modo in cui riuscivano a incarnare il potere puro e la promessa di un nuovo giorno, ma tale bellezza, come tutto il resto, era fugace.
Il cuore di Hanamichi era pesante quella sera, ma si rifiutava di soffermarsi su qualsiasi pensiero che lo avrebbe condotto a uno stato di depressione. Se le sue 50 dichiarazioni d'amore gli avevano insegnato qualcosa, era che il dolore era temporaneo e qualcun altro sarebbe arrivato quando meno lo aspettava. Si sentiva più in pace in quella circostanza, e capiva Kaede più di quanto avesse mai fatto. Dopo aver vagato distrattamente per le strade, aveva dato il via a ogni varietà di pensiero, riconsiderando gli eventi, determinando le possibilità e riconciliandosi con se stesso come meglio poteva, preparandosi per il ritorno alla normalità. Non avrebbe dovuto essere troppo difficile nonostante il cambiamento nel suo cuore.
Per alleviare la fitta agrodolce che sapeva avrebbe sopportato, cercò di consolarsi nell'unico modo che conosceva. Con un respiro profondo, iniziò a cantare a squarciagola in una tonalità disarmonica 'Sono un genio del basket', più e più volte, e sembrò funzionare mentre iniziava a rilassarsi e il suo umore si rallegrava.
 
“Sei troppo rumoroso, doaho!”
Hanamichi si fermò bruscamente, il corpo teso mentre si girava rigidamente verso il proprietario della voce.
“K-Kaede...”
Kaede si avvicinò ad Hanamichi con passo sicuro e serio, fermandosi a circa un metro di distanza. La scena ricordava la sera di due anni prima e Kaede non riusciva a pensare a niente di più ironico di quella circostanza.
“Che ci fai qui, kitsune?” esclamò Hanamichi, “non torni in America?”
“Sì” rispose lui.
Hanamichi si sentì confuso, poi chiese con cautela, “Allora, cosa stai-?”
“Sarò onesto con te adesso, doaho, quindi ascolta”
“Uh?”
“Ho rotto con te perché non capivo i miei sentimenti” esordì Kaede, “Mi rendo conto, più di ogni altra cosa, che non volevo perdere. Non volevo essere debole...” fece una pausa e si riprese, incoraggiandosi a continuare. “Ma alla fine ho perso e sono diventato debole”
“Kaede, Kaede, ho capito” disse Hanamichi, agitando animatamente la mano, “va bene, non ti odio più”
Kaede si avvicinò e aggiunse: “Odio sentirmi vulnerabile e tu, per come sei, mi rendevi davvero vulnerabile. Mi faceva incazzare”
Hanamichi lo guardò, poi distolse subito lo sguardo dagli occhi irresistibili di Kaede. Era difficile capire se lo stesse insultando.
“Idiota, se stai cercando di insultar-”
“Io ti amo!” gli uscì frettolosamente ma, con tono tremante, continuò: “Ti amo. È la verità stavolta”, le parole gli erano sembrate pesanti sul bordo delle labbra ma, una volta rilasciate, provò una sensazione di naturalezza ed euforia. Si sentiva più leggero. Lo stupore di Hanamichi era al di là di ogni descrizione. Arrossì, dubbioso, e tacque.
“Sei abbastanza. Più che abbastanza, semplicemente non l'ho mostrato. Ma se mi dai una possibilità-” l'espressione di Kaede si addolcì e Hanamichi si sentì avvampare a quella dichiarazione.
 
Hanamichi, la cui espressione ora era imbarazzata e sorpresa, cercò, suo malgrado, di domare il calore che cercava di avvolgere tutto il suo corpo. La conseguenza della dichiarazione di Kaede gettò Hanamichi in una raffica di stati emotivi. Aveva voglia di correre eccitato su e giù per le strade, gridando del suo legame verso Kaede Rukawa, aveva voglia di rifiutarlo e di fuggire a casa il più velocemente possibile. Aveva voglia di urlare nel vuoto infinito del cielo notturno. Nessuna azione era troppo assurda per sbloccare il suo stato attuale. Mentre Hanamichi fissava il ragazzo di fronte a sé con profondo incanto per la sincerità della sua confessione, emersero diverse emozioni e considerò la realtà e le sue decisioni.
 
Hanamichi fu rapito dalle proprie riflessioni, pensando che il silenzio tra loro si stesse dilungando troppo, ma prima che potesse rispondere Kaede lo ruppe e disse: “Non mi devi nulla, possiamo anche rimanere come siamo. Qualunque cosa tu scelga, voglio solo che tu sia felice”
 
Hanamichi si avvicinò a Kaede lentamente e con cautela, senza mai distogliere lo sguardo intimamente impresso nel proprio. “Va bene, solo...andiamoci piano” disse, così vicino che Kaede sentì il suo respiro contro il proprio. Soddisfatto della risposta, Kaede annuì e disse: “Capisco”
 
“Ma scrivimi ogni giorno. Voglio sapere com'è l'America!”
“Sì” rispose Kaede, approcciandosi ancora un po' quando Hanamichi aggiunse: “E devi tornare ogni estate, inverno, primavera, Natale, Halloween, San Valentino...”
“Doaho” replicò Kaede.
 
Hanamichi ridacchiò e disse: “Sto scherzando, kitsune. Sei sicuro?” chiese poi conferma della sua decisione.
 
Kaede, da persona che raramente sorrideva per qualsiasi cosa, non poté fare a meno di sorridergli. “Più di quanto tu sappia”, annuì, la rigidità che aveva avuto fino a quel momento svanì all'istante appoggiando la fronte su quella dell'altro. Hanamichi irradiava un particolare calore e Kaede, senza alcuna riserva, raggiunse dolcemente le sue guance, accarezzandole.
Si separarono titubanti solo dopo che Hanamichi, apparentemente l'unico dei due a preoccuparsi di quanto tempo fosse passato, spronò Kaede ad andarsene. Kaede, in completa indifferenza, considerò di perdere il volo, insistendo che avrebbe potuto riprenotarlo senza problemi.

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Capitolo 14
*** 14. Due settimane dopo: nuovi inizi ***


Il tempo trascorse in fretta, come spesso accadeva. E, insieme, portò un nuovo inizio. Non appena si separò da Kaede, quella fatidica notte, Hanamichi si ritrovò in uno stato di confusione, diverse emozioni lo attraversavano e l'unica cosa che poté pensare di fare era trovare Yohei. Tuttavia, non appena raccontò a Yohei degli eventi che si erano verificati, lui, per ragioni che Hanamichi non poteva supporre, non sembrò così sorpreso e si limitò a rispondere con un sorrisetto complice. Tuttavia, era felice e si congratulò con loro per aver restaurato la loro relazione. Da quella notte, lo spirito di Hanamichi era particolarmente sollevato, disorientando non solo i compagni di squadra e i colleghi, ma anche gli insegnanti. Non che di solito fosse di cattivo umore, ma era così felice che le persone intorno a lui pensavano avesse vinto la lotteria. Le insicurezze, l'amarezza e le domande che un tempo affliggevano i suoi pensieri ora erano diventati fardelli del passato ed era evidente dai suoi modi di fare e dall'aria che aveva.
 
Kaede scriveva spesso come aveva promesso e Hanamichi aspettava intensamente l'arrivo di una risposta. I contenuti delle lettere normalmente riguardavano la salute, le attività e gli avvenimenti attuali che potevano essere interessanti. Dopo aver ricevuto una lettera un giorno, fu sorpreso di scoprire che Kaede, in uno sforzo di spontaneità, aveva incluso diverse fotografie di scenari e panorami iconici di New York, con delle descrizioni ad accompagnarle. Le immagini piacquero molto ad Hanamichi quando le ricevette per la prima volta, così tanto che si mise a vantarsi con chiunque fosse così gentile da dedicargli del tempo.
 
“Stai pensando troppo” disse Yohei, osservando il suo amico che mostrava un'espressione vitrea e lontana. Stupì Hanamichi, facendolo uscire subito dal suo stato di trance.
“Cosa gli dico?” gemette, inquieto.
“Dai, calmati, bevi” suggerì Yohei porgendogli una lattina di Pepsi. “Ok, dimmi a che punto sei”
Hanamichi si schiarì la gola e iniziò a leggere: “Caro Rukawa, grazie per la tua lettera. Spero che tu ti stia divertendo in America. A proposito, grazie per le foto. Hanamichi”
 
Una volta finito, fu accolto da uno sguardo incredulo di Yohei. “Tutto qui?” chiese, sperando che la risposta fosse negativa, ma Hanamichi annuì esitante. “Hanamichi, so che sai scrivere lettere migliori di così”
Hanamichi arrossì: “Lo so, ma è...Rukawa. È diverso”
“Pensavo che provassi dei sentimenti per lui?”
“È proprio per questo!”
“Giusto”
“Beh, cosa scrivo? Rukawa, lo sai? I tuoi occhi blu sono i più belli che abbia mai visto su un uomo, e anche se non sorridi spesso, quando lo sai, mi fai battere pazzamente il cuore” lo disse ironicamente, ma Hanamichi rimase sorpreso quando Yohei, con tono serio e senza scherzare, disse: “Scrivi questo, se lo pensi sinceramente”
“Sai che stavo solo scherzando, vero?” disprezzò subito l'idea, ma tra sé borbottò: “Preferirei dirglielo quando è qui”
“Cos'hai detto?”
“Ho detto che è troppo banale!”
 
“Okay, beh” Yohei si reclinò all'indietro con i palmi ben saldi sul pavimento. “Cosa vuoi che sappia? Della tua giornata? Della squadra? Della tua vita?”
Hanamichi si fermò, momentaneamente riflessivo, alzando la testa. Dopo un po', i suoi occhi si spalancarono, procedendo ad afferrare frettolosamente la penna, iniziando a scrivere la lettera con sincera concentrazione. Niente, nemmeno un uragano sarebbe riuscito a distoglierlo dal suo stato di focalizzazione. Yohei non poté fare a meno di sorridere osservando l'amico che scriveva, riversando il suo cuore su una lettera, notando il contegno soddisfatto di Hanamichi e un'espressione che spesso mancava. Il processo di recupero comportava la necessità di affrontare il dolore in modo sano. La conseguenza del dolore era la crescita e Hanamichi, per quanto ferito, era veloce a perdonare ed era più che disposto a sacrificare i propri desideri per quelli di Rukawa.
 
“Hanamichi, non pensi che 'Rukawa' suoni male?”
“Che vuoi dire, è il suo- oh” le guance di Hanamichi arrossirono all'istante e con il colore ancora vibrante sul viso, riprese la sua lettera.
 
 
 
In alcuni aspetti della vita di Kaede, tutto era normale e senza eventi particolari, come sempre. Non che i rigorosi allenamenti di basket che sopportava fossero tranquilli, ma si trattava della routine che riempiva le sue giornate. Era un venerdì sera e la pioggia aveva lavato le strade, lasciando una traccia luccicante sulla superficie. C'era un odore gradevole che accompagnava frequentemente la prima pioggia dopo un periodo di temperature calde e secche, seguito da un senso di serenità e freschezza nell'atmosfera. Kaede respirava l'aria frizzante e pulita, assaporando la tranquillità offerta da una solitamente città frenetica e affollata.
 
Kaede camminava per le strade, osservando ogni edificio che superava in riflessiva contemplazione. Gli venne in mente che desiderava ardentemente la familiarità del Giappone, ora più che mai. Non che non gli piacesse l'America, affatto, ricordava che c'era stato un tempo in cui lo lasciava in costante meraviglia. A volte, era ancora così. Forse era diventata troppo conosciuta o forse, ora che le circostanze erano rassicuranti e facili, la distanza rendeva solo più insopportabile il vuoto e la nostalgia per una certa persona. Si fermò e guardò l'Empire State Building, radicato come un punto di riferimento iconico, grandioso e monumentale. Si meravigliò dell'atmosfera pittoresca, ipnotizzato ogni volta anche se era su una strada che abitualmente prendeva per tornare a casa, immaginava che fosse qualcosa che nessuno poteva ignorare facilmente ed era ovvio data la sua natura distintiva. Mentre lo osservava, sollevò la fotocamera e scattò con attenzione una foto. Oramai scattare foto era diventata una specie di abitudine perché, nel suo sforzo di essere più premuroso, aveva iniziato a inserire le immagini che catturava nelle lettere ad Hanamichi. Gli sembrava un'idea brillante, non solo riusciva a ritrarsi sotto una luce favorevole, ma gli avrebbe fatto indubbiamente risparmiare qualsiasi costo per l'acquisto di foto che lui stesso poteva scattare.
 
Raggiunto il suo appartamento, fu accolto da fogli e buste sul suolo. Alzò gli occhi al cielo, irritato per il modo in cui tutto era stato infilato con noncuranza attraverso il piccolo scomparto sulla porta. Ricevere buste e carte era quasi una routine e ogni volta che pensava di ricevere una lettera dal Giappone, trovava pubblicità o bollette e lettere indirizzate a un certo Robert. Kaede aggrottò le sopracciglia, considerò l'opzione di raccogliere i fogli e buttarli via immediatamente. Mentre controllava le buste contenenti fatture e annunci e due lettere a Robert, vide un nome che subito gli fece palpitare il cuore per l'eccitazione. Hanamichi Sakuragi. Non appena lo vide, lasciò perdere le altre buste e con un moto di pura attesa ed esultanza, aprì la lettera con delicatezza ma rapidamente. Con un profondo respirò, la osservò per un momento prima di leggere:

'Kaede'
 
Kaede fece una pausa, arrossendo nel leggere il proprio nome.
 
'Grazie per le fotografie! Wow, quelle che hai scattato sono fantastiche, mi fa venire voglia di venire lì in questo momento. Ti deve davvero piacere, eh. Sono geloso.
Io sto bene, perlopiù pratico basket, lavoro e gironzolo con Yohei e la squadra. Sai, le solite cose.
Come stai? Come vanno gli allenamenti di basket? Com'è l'America? Sarà meglio che tu non batta la fiacca, kitsune!
In Giappone va tutto bene, ma quest'anno fa caldo. Ricordi di aver detto che verrai a trovarci, vero? È meglio che tu venga qui prima che debba trascinartici io di persona.
Sai, non mi sono mai reso conto di quanto sia noioso qui senza di te. Non c'è nessuno da prendere in giro.
Alcune matricole si sono unite alla squadra di basket e c'è questo tipo che non smette di darmi sui nervi. In realtà, mi ricorda te. Presuntuoso, arrogante e impertinente. Ma è a posto. Ovviamente non è grandioso quanto il tensai!
I ragazzi della squadra ti salutano e ti chiedono di passarli a trovare. Si sono messi a litigare per le foto che hai mandato, eheh.
Yohei ti dice di tornare presto, così potremo pianificare un viaggio insieme o una cosa simile. Yohei dice sempre cose di questo tipo, ma ciò significa che dovrò fare più turni. Quel tipo pensa che io sia fatto di soldi.
Oh! Sai, Yohei ha finalmente chiesto ad Haruko di uscire! Eheheh, finalmente! Era uno spettacolo doloroso da guardare!
Comunque, è meglio che vada, lavoro tra un'ora.
Ci vediamo, kitsune!
Non dimenticare di scrivere!
 
H.S.'
 
L'angolo della sua bocca si piegò verso l'altro mentre leggeva e fu rassicurato dai toni allegri del mittente. Una sensazione lo riempì di soddisfazione e appagamento travolgente, sostituendo il precedente fastidio di quando era appena entrato. Terminata la lettura, il desiderio si ripresentò. Erano passate due settimane da quando aveva lasciato il Giappone, esattamente quindici giorni e lui, per la prima volta nella sua vita, rivelava il proprio desiderio ed era onesto a riguardo, senza aspettative o disturbi. Non gli importava molto quale sarebbe stata la reazione o la risposta di Hanamichi, ma voleva disperatamente che sapesse quanto contava per lui. Ne aveva abbastanza di rimpianti. Immaginava ci fosse del vero nelle parole di Yohei, quando diceva che se avesse dato ad Hanamichi la stessa importanza che aveva dato al basket, allora forse avrebbe alleggerito ad entrambi il fardello. Quel viaggio era stato un sollievo e una benedizione, mettendo in luce la propria ingenuità e follia perché, se non avesse dato retta alle sensazioni corrosive di confusione e colpa, avrebbe proseguito nella sua arroganza e indifferenza, credendo per sempre che le relazioni fossero insignificanti. Kaede osservò ancora una volta la lettera, rileggendola, assorbendo ogni parola il più possibile. Nonostante apparisse calmo, il suo umore si illuminò di colpo e se l'appartamento fosse stato dotato di insonorizzazione, avrebbe sfogato il suo entusiasmo.
 
Emise un sospiro soddisfatto mentre osservava la città illuminata, diversi pensieri entrarono nella sua mente mentre guardava la lunga fila di puntini illuminati che si muovevano lentamente sulle strade. Guardò la città sotto di lui, persa nella sua vastità e nelle sue ritmiche percussioni. Improvvisamente, Kaede sentì il mondo così enorme, come se si fosse improvvisamente espanso e lo avesse inghiottito, libero da qualsiasi paura, senso di colpa o peso che potesse fargli mettere in discussione la sua nuova prospettiva. Aveva percepito l'indipendenza come unico mezzo per vivere, poco convinto della natura frivola che giungeva con ogni relazione romantica.
Alcune relazioni erano sicuramente ancora insignificanti, tuttavia, non potevano essere considerate tali soltanto a prima vista.
 
C'era qualcosa di più profondo, l'altruismo delle azioni o gli sguardi calorosi, la sensazione di felicità o la sicurezza del cuore.
 
Era un vuoto che veniva riempito, lo sapeva. Le relazioni diventavano insignificanti solo quando qualcuno le rendeva tali, e per anni Kaede era stato esattamente quel qualcuno. Ma in quel momento, mentre guardava l'ampio e intricato labirinto di rumorose strade cittadine, un senso di eccitazione lo pervase. Con una lettera intimamente indirizzata a lui, un inaspettato sentimento di felicità lo consumava. Avvertì la trasformazione di ogni indifferente credo del mondo in qualcosa che aveva uno scopo e fu colpito dall'epifania che l'unico modo per dare un senso al cambiamento era immergersi in esso.
 
Kaede fece un piccolo sorriso mentre la tranquillità prendeva possesso del suo spirito e i suoi occhi iniziavano a brillare di nuova speranza.
 
 
 
Eccoci alla fine!! Che dire...un amore vero può sopravvivere a un po' di distanza, no? Insomma, dev'essere VERO AMORE...e penso si sia capito che quello tra Hanamichi e Kaede lo è :D poi, ognuno può immaginare cosa succederà nel futuro...
 
Non mi dilungo troppo, spero ci siano ancora fan della HanaRu lì fuori, io li trovo sempre perfetti e mi emozionano un sacco!
 
Grazie a chi ha letto e apprezzato la storia e un plus per chi ha commentato: Alice_In_Black, Aimi_fantasy, rahide, ThelviaBB.
 
A presto!

 

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