Segretaria

di kamy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 Datore di lavoro ***
Capitolo 2: *** Cap.2 Uno strano cliente ***
Capitolo 3: *** Cap.3 Ferocia coniugale ***
Capitolo 4: *** Cap.4 Lucius e Narcissa si lasciano ***
Capitolo 5: *** Incontro-scontro ***
Capitolo 6: *** La ‘madrina’ ***
Capitolo 7: *** Primo vero lavoro ***
Capitolo 8: *** Il migliore amico ***
Capitolo 9: *** Cap.9 Uscita con Malfoy senior ***
Capitolo 10: *** Telefonata serale ***
Capitolo 11: *** Ricovero in ospedale ***
Capitolo 12: *** Conclusione ***



Capitolo 1
*** Cap.1 Datore di lavoro ***


Partecipa alla fanfiction challenge:

Pairing: Harry/Hermione.

Prompt: Vorrei rimanere a chiacchierare, ma veramente, non posso… Lanciata da Silvia Giorgetti (LittleHarmony13)



 


Cap.1 Datore di lavoro

 

 

Hermione, nel sentirsi chiamare, strinse il nodo della cravatta e chiuse l’ultimo bottone della sua giacca nera.

«Signorina Granger!» ripeté la voce e la giovane assottigliò gli occhi, sospirando. Si allontanò dalla macchina fotocopiatrice in funzione e si diresse verso la porta dell’ufficio del suo datore di lavoro, leccandosi le labbra.

"Lo so che non è suo padre, quell’uomo era petulante ed insopportabile. Da quando era rimasto vedovo non faceva altro che infastidirmi.

Però non posso fare a meno di trovare ugualmente odiose le sue attenzioni. Io sto dovendo fare la gavetta, partendo dal basso, nonostante mi sia laureata in giurisprudenza col massimo dei voti e lui, solo perché è figlio di papà, ha già la poltrona" pensò, entrando.

«Sì, signor Potter?» domandò.

L’avvocato dall’altra parte della scrivania aggrottò le sopracciglia e posò una carpetta bianca sul tavolo.

«Mi chiedevo se lei, adesso, fosse impegnata, signorina» sussurrò tentando di ottenere un tono di voce seducente, le sue iridi verdi brillarono.

Hermione avvertì l’inizio di una forte emicrania. «Signore, adesso mi preparavo a compilare le carte riguardanti il caso Paciock» gli spiegò.

Lui si piegò in avanti e tentò ancora: «Non si preoccupi, la pratica non scappa. Potremmo chiacchierare un po’, signorina», rendendo la voce così roca da raschiarsi la gola.

Hermione trattenne un sospiro, pensando: "Quanto è odiosa questa situazione". «Potremo parlare appena avrò finito, signore» lo liquidò, uscendo.

Harry guardò la porta richiudersi.

"Non riesco proprio a capire cosa sbaglio con lei. Eppure Sirius mi ha detto che così papà aveva successo alla mia età.

Non ho mai incontrato una ragazza che m’interessasse quanto la Granger: bella e brillante" pensò, pulendosi le lenti degli occhiali tondi.

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Capitolo 2
*** Cap.2 Uno strano cliente ***


Scritta sentendo il Nightstep di The angels among demons
Partecipa alla fanfiction challenge II:
Personaggi: Hermione, Lucius Malfoy
Prompt: Studio legale


Cap.2 Uno strano cliente

 

Hermione appoggiò il contenitore del caffè sul tavolo, sopra una piccola stuoia che proteggeva il legno. Si leccò le labbra piene, sporcandosi la lingua di rossetto e chinò il capo, sistemandosi una ciocca castana dietro l’orecchio.

Udì dei passi e sollevò lo sguardo, scorse un uomo con la giacca nera di un completo, di fattura pregiata, e una mano pallida posata su un fianco.

«Questo è: lo studio legale Potter?» le domandò una voce maschile.

Hermione alzò la testa e, rispondendo: «Sì. L’avvocato al momento è fuori in pausa pranzo», aguzzò lo sguardo.

L’uomo dinnanzi a lei aggrottò le sopracciglia sottili, si leccò le labbra pallide e scosse il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli biondo-argentei.

«A chi è stato dato molto, molto è richiesto. Dovrebbe essere sempre pronto ad aiutare i suoi clienti» sibilò.

Lo sguardo di Hermione fu calamitato dai suoi occhi: dalle iridi blu fiordaliso. La giovane, avvampando, deglutì a vuoto e gli domandò: «Vuole un appuntamento… signor?» domandò.

«Lucius Malfoy signorina. Sì, vorrei sottoporre il mio caso all’avvocato» sussurrò lui, piegandosi verso di lei con un sorriso di superiorità.

Hermione deglutì a vuoto, il battito cardiaco accelerato.

«E lo otterrò nel momento esatto del suo ritorno, ero un vecchio cliente del padre» spiegò con voce vellutata, avviandosi verso i sedili neri appoggiati alla parete. Si accomodò, accavallando le gambe, e sollevò il bastone d’ebano che teneva per il pomello dorato.

 

 

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Capitolo 3
*** Cap.3 Ferocia coniugale ***


Cap.3 Ferocia coniugale

 

«Mi stai fottutamente prendendo in giro, Draco?» gridò Astoria, puntando un coltello verso il marito. «Sei solo un lurido maiale! Un porco che meriterebbe di finire macellato» ringhiò.

Draco indietreggiò fino a un pilastro. «Puoi fermarti per un secondo, per favore?», ansimò. «Lasciami solo spiegare».

«E che cosa mi potresti mai dire questa volta, Draco?» sbraitò Astoria e lanciò il coltello da cucina. «La mia migliore amica? La mia migliore amica, Draco?!».

Draco si riparò dietro una colonna, nascondendosi dall’arma che cadde a terra con un rumore metallico. «Vorrei ricordati che il nostro matrimonio è stato solo un accordo» rispose. Si sporse con gli occhi socchiusi. «Ed entrambi abbiamo cercato altre relazioni extraconiugali…» iniziò a risponderle.

«Siamo sposati da solo tre mesi!» sbraitò Astoria. Lanciò i piatti contro la colonna, facendoli finire in frantumi, alcune schegge ferirono il viso di lei e le mani di Malfoy, che si era coperto gli occhi.

«Ho pensato…» sussurrò Draco, nascondendosi nuovamente dietro la colonna.

«Hai pensato che cosa?! Che mi sarebbe andato bene essere derisa dalle mie amiche?!» strillò Astoria.

Draco si mise a correre, si gettò carponi e gattonò sotto il tavolo. «Astoria, hai accettato tu» ribatté, indurendo il tono.

«Fottiti, Draco. Sei un abominio di liquami e sperma» ringhiò la moglie.

Draco si passò la mano sul viso e si mise seduto, rimanendo sotto il tavolo.

«Seriamente, la nostra relazione non è mai veramente cominciata. È ridicolo che tu stia facendo così. In fondo a me interessa fare bella figura in società quanto interessa a te» borbottò.

Astoria afferrò una sedia e la abbatté al suolo, mandandola in pezzi.

Un rivolo di sudore scese lungo il viso di Draco che dimenò le mani davanti a sé.

«Perché non vuoi fare una discussione da adulti con me? Sono convinto che riusciremo a capirci se parliamo come le persone civili» propose.

«Possiamo provare, ma…» sibilò lei e sputò per terra. «Tu sei uno stupido porco che non pensa ad altro che a riprodursi».

Draco uscì da sotto il tavolo, tenendo le mani alzate. "Se le facessi notare proprio ora che non si sta per niente comportando da signora e sembra una sgualdrina di bassa lega, mi ucciderebbe" pensò.

«Mi dispiace, ma mai avrei pensato che fosse la tua migliore amica» si scusò, deglutendo rumorosamente e continuò ad avanzare. Si mordicchiò il labbro a sangue. «Ferma. Mi raccomando rimani ferma» la implorò, tremando.

«Ascoltami, va bene? In fondo io non ho fatto tutte queste storie quando ti ho visto con quel Trevor, perché lo so che con me sei infelice…» disse con voce tremante.

«Non sai nemmeno il suo fottutissimo nome, bastardo discendente di una stirpe di lerci porci» strepitò lei.

«V-va bene» ribatté Draco, sentendo il sudore gelido scendergli lungo la schiena. "Con le sue parole mi sta dando il voltastomaco". «Va bene, Astoria. Però cerca di essere sincera con te stessa, prova ad essere realistica per un minuto. Tu non sei felice… E la tua storia con lui non è stata seria come non è stata seria la mia» disse, rendendo più sicuro il tono. Il petto di lei si alzò e abbassò affannoso.

«Io non avevo realizzato quanto bisogno avessi tu di divertirti con altre streghe!» esclamò la donna. Sospirò pesantemente, raggiunse il divano e vi si lasciò cadere seduta di peso.

Draco le si sedette accanto e la guardò in viso, dicendole gentilmente: «Mi dispiace averti fatto soffrire così».

Astoria arricciò il labbro superiore. «Se ti aspetti che i tuoi modi gentili mi affascinino, ti sbagli. Non scivolerò fuori dal vestito per te come fanno tutte le tue donnine, piuttosto tirerò fuori te dalla tua pelle» disse gelida.

Draco deglutì rumorosamente.

«Per come è andato il nostro matrimonio, sono sempre stato io a scivolare fuori dai miei vestiti per svendermi a te» ribatté.

Astoria si alzò in piedi di scatto.

«Fottiti, Draco» sibilò.

 

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Capitolo 4
*** Cap.4 Lucius e Narcissa si lasciano ***


Scritto per l’iniziativa ‘I prompt del lunedì’ di Il giardino di Efp.

Prompt di D. B.:

- Se il gatto resta, io me ne vado.

- Giuramelo!

 

Cap.4 Lucius e Narcissa si lasciano

 

Lucius accarezzò la testa del suo gatto, sentendogli fare le fusa, lo grattò dietro l’orecchio e gli passò le dita sottili sotto la testa.

Narcissa si soffiò rumorosamente il naso, la sua pelle pallida si era arrossata e la sentì pizzicare.

«Quell’animale…» ringhiò.

Lucius batté un paio di volte le palpebre.

«Astoria ha deciso di lasciare nostro figlio. A seguito di questo, Draco è stato costretto a tornare a casa con noi.

Sono già stato dal legale per parlare del contratto che hanno stipulato, per vedere se…»  iniziò a dire.

«Tu ti sei informato per il nostro di matrimonio, vero? Vorresti lasciare ‘me’» ringhiò Narcissa. Arricciò il naso alla francese e starnutì. «Non cambiare discorso, comunque. Sono allergica a quella maledetta bestia». La voce le era diventata rauca e sentiva la gola bruciarle.

Lucius osservò fuori dalla finestra, continuando a accarezzare l’animale.

"Vorrei che ci fosse solo il silenzio della notte. Da quando ho conosciuto quella ragazza, dall’avvocato, non ho pensato ad altro. Guardo le stelle e mi sembra di sentire la sua voce" pensò.

«Non mi hai lasciato finire. Per il momento il gatto è l’unica cosa che è riuscito ad ottenere. Questo perché ci sono le prove del suo tradimento.

Dovrò pagare il silenzio di parecchi» spiegò Lucius.

Narcissa serrò un pugno, venendo scossa da tremiti, le sue ciocche more si confondevano con quelle biondo platino. «Per quanto mi riguarda puoi abbandonare quella bestiaccia in strada!» strillò, sgranando i suoi occhi arrossati.

«Dovresti calmarti. Ricordi fin troppo quella folle di tua sorella Bellatrix. Ti ricordo che hanno dovuta ricoverarla in una clinica psichiatrica» ribatté secco Lucius.

Il gatto sulle sue gambe aveva iniziato a leccarsi, tranquillizzato dalle carezze misurate di Malfoy.

"Vuoi una scusa per liberarti di me, vero? Beh, sta bene anche a me. Ormai odio anche solo la tua vista.

Hai rovinato la vita a nostro figlio promettendola a quella Astoria, non ti permetterò di rendere un inferno la mia esistenza un giorno di più!" pensò Narcissa, digrignando i denti.

«Mettiamola così… Se il gatto resta, io me ne vado» minacciò.

«Giuramelo» rispose Lucius. Adagiò delicatamente il gatto per terra, che fece un basso miagolio e si allontanò dal divano.

Narcissa si alzò a sua volta. «Puoi contarci. Vado immediatamente a prendere le mie cose.

Sono stanca di essere rinchiusa in questo maniero ad appassire giorno per giorno!» sbraitò. Starnutì rumorosamente e indietreggiò, sentendo la pelle irritarsi, mentre il felino le si avvicinava.

«Chiamo i domestici per farti aiutare. Ovviamente non avrai niente da me, oltre ciò che ti porterai adesso» disse gelido Lucius.

«Non preoccuparti. I miei genitori mi hanno lasciato abbastanza soldi da farmi vivere da regina anche senza di me. In fondo il tesoro dei Black è rimasto tutto a me» ribatté Narcissa. Gli diede le spalle, facendo ondeggiare i lunghi capelli.

Lucius la guardò allontanarsi e scrollò le spalle.  «Andiamo micio, sarai un compagno migliore» disse.

"Tratta meglio quel gatto di quanto abbia mai trattato me. Gli dà da mangiare di persona, mentre a me, ha sempre lasciato solo la compagnia di una villa vuota e qualche domestico" pensò Narcissa.

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Capitolo 5
*** Incontro-scontro ***


Incontro-scontro

 

Hermione si strinse nella giacca e chinò il capo, avanzando lungo la strada innevata, lasciando le proprie impronte, evitando le altre persone che camminavano a testa china come lei, con i visi nascosti dalle pesanti sciarpe o dai larghi capelli.

"Il signor Paciock sembra ancora innamorato di sua moglie. Non riesco a comprendere perché cerchi di far di tutto per riconquistarla, quando è ovvio che lei non ne vuole più che sapere di lui. Ormai ha occhi solo per il suo collega". Si mordicchiò le labbra. "Paciock non dovrebbe svilirsi così. Si tratta di un bell’uomo, intelligente e gentile. Sono convinta che potrebbe trovare qualcuno di meglio di quella ‘lunatica’".

Sentì il suo cellulare vibrare e socchiuse gli occhi, sbuffando. "Almeno le poche ore che mi lasciano libera potrebbero evitare di sfiancarmi" si lamentò mentalmente. Guardò il numero che la stava chiamando, le aveva già lasciato otto chiamate perse.

Signor Potter, mi lasci in pace» borbottò, rimettendolo in tasca, lasciando che vibrasse a vuoto

Andò a sbattere contro qualcuno davanti a lei e, con un gemito, cadde a terra a gambe larghe.

Lo sconosciuto era caduto a sua volta, i capelli biondo argentei arruffati e gli occhi, dalle iridi azzurro-grigie, arrossati.

Hermione si lasciò sfuggire sorpresa: «La conosco! Lei è la pratica Malfoy».

Draco si rialzò in piedi con aria smarrita e si piegò in avanti, porgendole una mano, vedendo che lei l’afferrava, l’aiuto a rimettersi in piedi. «Sono abituato al fatto che Malfoy sia il mio cognome, non mi sono mai visto come una pratica» scherzò.

Hermione arrossì e piegò il capo in avanti, lasciando che la cascata di capelli castani le finisse davanti al viso. Si scusò dicendo: «Mi dispiace. Io sono l’avvocato che suo padre ha assunto sia per la sua causa che…».

«Per la propria?» domandò lui. Alcune persone li fissarono per qualche minuto, altre si allontanarono accelerando il passo, altre ancora, dopo averli guardati borbottando, se ne andarono.

«Già… Dev’essere dura per lei in questo momento» disse Hermione con aria contrita.

Draco scrollò le spalle e si passò la mano tra i capelli morbidi, dicendo con tono secco: «Mio padre e mia madre sono sempre stati molto freddi ed è per questo che ho cercato».

L’avvocato ammise: «Lei è parecchio disinvolto», sentendolo ridacchiare.

Draco ribatté: «Più sciocco, direi. Sto già facendo la figura del traditore fedifrago. Però le posso assicurare che la prima a tradirmi è stata mia moglie».

«No, è giusto che lei mi dica queste cose. Devo saperle per portare avanti la sua difesa» borbottò Hermione e si schiarì la gola, che le doleva leggermente.

«Allora le converrà sapere che anche i miei genitori si sono traditi vicendevolmente diverse volte» le svelò Draco, cercando lo sguardo sfuggente di lei.

«Sì, ma magari non ne parlerei in strada» gli ricordò Hermione, pulendosi la giacca dalla neve. Draco le chiese: «Sono stato molto sgarbato. Signorina?».

«Granger» rispose lei, pensando: Certo che assomiglia molto a suo padre. Ne ha la stessa bellezza, ma non la medesima alterigia spaventosa.

«Posso offrirle qualcosa di caldo, signorina Granger?» domandò affabile Draco, indicandole un bar alla fine della via.

«I-io… la ringrazio, ma…», Hermione si allontanò camminando all’indietro. «Sarà per un’altra volta, va bene?».

Malfoy annuì, dicendole con voce calda: «Ci conto», guardandola allontanarsi con passo frettoloso.

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Capitolo 6
*** La ‘madrina’ ***


Scritta sentendo: "Toss A Coin To Your Witcher" METAL COVER; https://www.youtube.com/watch?v=bS4Q-WWyl3Q.

Scritta per: 6characterchallenge di Non solo Sherlock ~ gruppo eventi multifandom.

Personaggio: Tonks.

 

La ‘madrina’

 

Il salottino era arredato in chiave moderna e minimalista: un tripudio di oggetti metallici e stoffe bianche e nere.

Hermione era sdraiata sul divano, i capelli legati sulla testa e una crema idrante sul viso, alzò la testa udendo un rumore. Tonks stava gettando un mazzo di rose nella spazzatura. «Fammi indovinare, le aveva inviate il mio capo» le disse e la donna annuì.

Hermione sospirò. «Così finirò per farmi licenziare. Non potrà sempre passare sopra ai miei continui rifiuti», pensando: "Magari in cambio di una singola cena potrei convincerlo a farmi occupare di un caso da sola. Sono stanca di dover fare la segretaria, sbrigando pratiche e portando caffè. Potrei aiutare davvero in quel caso! Saprei anche con chi parlare".

«Non sei tu che non hai capito le regole del gioco, ma lui. Siamo avvocati divorzisti, non crediamo nell’amore» le ricordò Tonks.

«Tu eri sposata» le ricordò Hermione. Nascosti sotto il tavolinetto c’erano alcuni cubi di legno colorati con dei numeri e delle lettere.

Tonks fece una smorfia ed estrasse un pacchetto di sigarette dalla tasca. «Finché mio marito non è scappato con mio cugino. Quella è stata la molla che mi ha fatto passare da avvocato d’ufficio a divorzista e si guadagna molto di più». Aprì la finestra e si affacciò con la testa, accedendosi una sigaretta, se la portò alle labbra e sospirò. «Cugino che consideravo come un fratello» le ricordò passandosi la mano tra i corti capelli grigio topo, in contrasto con le capigliature rosa acceso che sfoggiava nelle fotografie.

«Non sei il cuore di pietra che vuoi fare credere. Sei una madre dolcissima per Teddy e mi ospiti nel tuo appartamento da mesi» ribatté Hermione. Si alzò in piedi, indossava i calzini di due colori diversi che richiamavano uno il top, l’altro i pantaloncini.

«Proprio per questo non voglio che frequenti il figlioccio di mio cugino» disse Tonks. Il vento trascinò via un po’ della cenere della sigaretta.

Hermione le fece presente: «E mi hai messo in guardia anche da tuo zio Lucius e suo figlio», dirigendosi verso il bagno.

«Non è colpa mia se sono imparentata con mezza città» si vantò Tonks. Sentì l’altra risponderle: «No, ma è una cosa che sfrutti sul lavoro».

Sul pavimento erano rimaste una foglia e diversi petali delle rose rosse infilate nella spazzatura.

«Senti, se proprio sei così interessata al gentil sesso… Che ne dici di Fred Weasley? Mi sembra un ragazzo intelligente» insinuò Tonks.

«Lo sai che è solo il mio migliore amico. Non l’ho mai visto in quel senso» disse secca Hermione, chiudendosi in bagno.

Tonks ridacchiò, ribattendo: «Mai dire mai».

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Capitolo 7
*** Primo vero lavoro ***


Primo vero lavoro

 

Hermione indossava un tailleur nero che risaltava in contrasto con la mobilia di un rosa acceso. C’erano diversi trofei per la casa e fotografie di un ragazzino sovrappeso con un’aria porcina.

«Quindi lei lavora per Barty Crouch Junior. Devo dedurre che sia con lui che il mio cliente ha contratto tutti quei debiti per cui rischia la casa» disse la giovane, accomodandosi in una poltrona.

L’omone davanti a lei, corpulento quanto il ragazzetto delle fotografie, le rispose: «Il suo cliente è un debole senza spina dorsale. Pur riempendolo di pugni con un sacco da box, non ha sganciato un soldo. Dubito che la sua ex-moglie avrà più fortuna di me».

Hermione chiese: «Lei sta ammettendo che ha aggredito il mio cliente?», guardando l’omaccione spostarsi dal divano alla poltrona accanto alla sua.

«Ci vuole polso fermo, capisce? Altrimenti questi idioti pensano di potersi allargare e di poterti mettere i piedi in testa» abbaiò Dursley.  «Polso fermo?» ripeté Hermione, mentre il suo viso perdeva di colore.

«Sì. Qualche cazzotto può solo fargli bene. Lei è donna, non capisce quanto siano importanti due pugni dati al momento giusto. Il signor Crouch è ben felice di rivolgersi a me quando ce n’è bisogno». Vernom aveva il viso rosso acceso e rimarcò il concetto colpendosi una mano grassoccia con l’altra chiusa a pugni.

«Capisco» rispose Hermione, individuando delle foto in cui il giovinastro era un giovane uomo, di qualche anno più grande di lei. Molto del suo grasso si era trasformato in muscoli, ma l’espressione rimaneva suina.

Vernon le domandò: «Perché non la smette di pensare a quel perdente e non inizia a notare gli uomini veri?», cercando di ottenere una voce seducente che lo portò a sputacchiare saliva tutt’intorno.

Hermione rispose: «Come lei, ad esempio?», mentre il suo viso si tingeva di un verde delicato.

«Esattamente. Sono anche spirito, sa? Conosco alcune barzellette che fanno pisciare dalle risate. Ad «esempio ne conosco una su un golfista cinese…» si vantò Vernon, facendo una risata sguaiata.

Hermione alzò lo sguardo, la lampada era lucidata, come tutte le superfici di metallo dell’abitazione. «Le posso assicurare che tra me e il mio cliente c’è un rapporto puramente professionale» disse atona.

Vernon si lasciò andare ad una risata sguaiata. «Mi sta dicendo che un bel bocconcino come lei non se l’è ancora accaparrato nessuno?» domandò, facendole l’occhiolino.

«Lei, invece, suppongo che sia riuscito a trovare una moglie» il tono di Hermione rasentava l’ironico, mentre la sua espressione era nauseata.

«Oh sì. Un’acida e rinsecchita, un vero manico di scopa, ma di famiglia importante. Ha ereditato un’intera fabbrica di trapani. Altrimenti avrei preferito sposare qualche donna procace come lei» si lamentò Vernon, digrignando i denti furioso.

«Perché fa un secondo lavoro?» chiese Granger, spostandosi di lato per evitare che la mano paffuta dell’uomo riuscisse ad accarezzarle la gamba, lasciata in parte scoperta dalla gonna. Le venne risposto: «Quella è tirchia solo con me, per le scemenze li butta i soldi. Sta facendo crescere nostro figlio come un debole, viziato. Fortuna che gli ho insegnato io le buone maniere. Ci vuole il bastone, sa?».

Bussarono alla porta ed Hermione scattò in piedi, impallidì scorgendo Harry Potter entrare.

«Buongiorno. Mi dispiace signorina Granger, ma abbiamo urgentemente bisogno di lei» disse il giovane con fare sbrigativo. Hermione annuì e lo raggiunse con passo veloce, gli si affiancò e bisbigliò: «Grazie per avermi salvato», in modo che la sentisse solo lui.

«Tu…» ringhiò Vernon, riconoscendo Potter. Sentendosi rispondere: «Ciao, zio. Come va?».

Hermione chiuse gli occhi, sentendo le tempie pulsare e pensò: "Possibile che chiunque sia parente di chiunque altro? Sembra che si conoscano sempre tutti! Non vedo l’ora di lasciare questo buco di paese e trasferirmi a Londra".

«Dannazione, ci mancavi solo tu. Vedi di sparire!» abbaiò il padrone di casa.

«Signorina Granger, mi segua» disse Potter, uscendo dalla porta principale della villetta di Privet Drive.

Hermione annuì e lo seguì fuori, nel momento in cui si furono allontanati prese un sospiro di sollievo

«Le do un passaggio con la mia auto?» propose Potter.

Hermione serrò le labbra fino a farle sbiancare, pensando: Preferirei aspettare l’autobus, ma gli devo un salvataggio «Va bene, signore» acconsentì.

Entrò nella macchina e si accomodò, Harry si sistemò al posto di guida. Mise in moto, borbottando: «Quando ho accettato che si occupasse lei del caso, non avrei mai immaginato che sarebbe venuta a incontrare proprio mio zio».

«Lei non si è fidato del mio operato, non è vero?» chiese Hermione, mentre i suoi occhi dardeggiavano.

Harry scrollò la testa, facendo ondeggiare i corti capelli mori. «Non io. Le ricordo che pur essendo socio alla pari, devo comunque sottostare al signor Lupin» ribatté. «Quindi è lui che non si è fidato» mormorò Hermione.

Harry annuì, confermando: «Il signor Lupin non si fida di nessuno, nemmeno di me». "O di se stesso" pensò Harry.

"Avrebbe dovuto lasciarlo la mia madrina" si disse Hermione, nascondendo una smorfia dietro la mano. Cambiò discorso, dicendo: «Le sembrerò scortese, ma… Come fa ad essere parente di quel tipo?».

«Mia zia odiava così tanto la sua famiglia che è scappata col primo buzzurro che ha trovato. A lei basta avere una perfetta casetta in periferia e accetta anche le corna pur di sembrare una famigliola comune, mirabilmente integrata a livello sociale» ringhiò Harry. Hermione rabbrividì nel notare la sua espressione feroce. «Sembrate parecchio risentito nei loro confronti» mormorò.

«Lo sono. Non si sono degnati di venire né al funerale di mia madre, quando ero piccolo, né a quello di mio padre due mesi fa» rispose Harry, svoltando a destra.

Hermione guardò dal finestrino, pensando: "Non dovrei essere così dura con lui, in fondo è rimasto orfano da poco".

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Capitolo 8
*** Il migliore amico ***


“Questa storia partecipa a Prompt nevosi e natalizi indetta da Emy Milicchio nel Giardino di Efp”.
Prompt: 1) A non sa pattinare e B prova a insegnarglielo

Il migliore amico


Fred si legò i lunghi capelli rossi in un codino e sfrecciò avanti e indietro, davanti al parapetto in plastica trasparente del palaghiaccio.

«Dai, non puoi sempre e solo pensare al lavoro. Devi anche divertirti ogni tanto!» spronò la migliore amica, che si trovava dall’altra parte. Era illuminato dalle luci elettriche del palazzetto e su alcuni pannelli di plastica bianca vi erano riportati alcuni marchi di prodotti famosi.

«Tu sembri non fare altro» borbottò Hermione, accomodata su un sedile di legno e distolse lo sguardo per non vederlo muoversi così rapidamente.

Fred le rispose prontamente: «Perché ho trovato un lavoro che mi rende felice e che permette anche agli altri di divertirsi. La sentì sbuffare e tentò nuovamente: «Dai, vieni».

«Se cado e mi rompo qualcosa, ti verrò a cercare» fu la risposta di Hermione, che iniziò a infilarsi i pattini da ghiaccio. Fred scrollò le spalle. «Uh, accetterò il rischio. Dai, t’insegno io» la confortò.  Il viso del giovane era spruzzato di efelidi e le sue labbra erano piegate in un sorriso luminoso.

Hermione lo punzecchiò, chiedendogli: «Pensi di riuscire anche a prendermi al volo?» domandò. Si appoggiò al parapetto per non cadere ed entrò in pista. «Ovviamente. Sei perfettamente al sicuro al mio fianco, ci penso io a te» la rassicurò Weasley.

«Grazie, mio fulvo cavaliere dalla ‘bianca armatura’» disse ironica Hermione, afferrandosi alle braccia del giovane, che gliele offriva con aria incoraggiante. Weasley si concentrò per non farla cadere facendole fare alcuni giri sul posto. «Di niente, mia principessa dalla lingua di drago» tentò di scherzare.

Il viso di Granger divenne vermiglio e la ragazza fece una smorfia. «Io non sputo fiamme» borbottò.

Fred rise e la guardò infilare i pattini, girando su se stesso. «Oh, lo so. Voi avvocati avete armi più pericolose del fuoco». La luce delle lampade che si rifletteva sul ghiaccio faceva brillare i suoi capelli vermigli.

Hermione gli lasciò andare le braccia e cercò di pattinare da sola, rischiò di cadere all’indietro e lui l’afferrò, aiutandola ad aggrapparsi nuovamente al parapetto. Granger tentò diverse altre volte e Fred la aiutò ogni volta, senza perdere il sorriso e la gentilezza.

«Ti va, se finito tutto questo, ti offro una cioccolata calda? Temo di averti torturato anche troppo» scherzò.

Hermione annuì vigorosamente. "Pensavo che la nostra amicizia sarebbe finita quando ho lasciato Ron. Invece lui mi è rimasto accanto. Lo conosco da quando ero bambina e non so se ce l’avrei fatta senza di lui, l’ho sempre considerato come un elemento importante della mia vita. Lui è forse l’unico, nella sua numerosa e rumorosa famiglia, ad aver capito che ho lasciato quel traditore quando l’ho trovato a baciarsi con Lavanda. Non m’interessa se era invidioso della mia carriera, non l’ho mai considerato un perdente, ha fatto tutto da solo" pensò. «Con molto piacere».

Fred si allontanò e fece qualche piroetta sul posto, ridendo forte.

"Chi non lo conosce bene, potrebbe pensare che è davvero sempre allegro. Invece è solo bravo a nascondere il dolore. Io lo so cosa ha sofferto quando i suoi si sono separati e suo padre si è portato via il suo gemello".

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Capitolo 9
*** Cap.9 Uscita con Malfoy senior ***


Scritto col prompt de: I prompt del lunedì di Frida Rush: Caffé al volo.

Scritta sentendo: Nightcore - Big Bad Wolf; https://www.youtube.com/watch?v=szPhtf7CC74.

 

Cap.9 Uscita con Malfoy senior

 

Fuori dalle ampie finestre dello starbucks passavano delle macchine lentamente e persone si avvicendavano all’interno del locale, facendo scattare la porta. Ne uscì una donna dai morbidi capelli afro e un impermeabile giallo che teneva in mano una confezione di ciambelle ed entrò un uomo in giacca e cravatta, con una vistosa sciarpa verde.

Lucius guardava Hermione davanti a sé. «Si rilassi, le sto solo offrendo un caffè al volo» le disse, il viso di lei era parte coperto dai suoi riccioli castani.

Hermione serrò le labbra, pensando: "A quanto pare suo figlio non gli ha raccontato del nostro incontro di qualche tempo fa. Si somigliano parecchio, ma nel modo di fare di Malfoy senior c’è una grazia da nobile decaduto che mi affascina". Si massaggiò il collo e abbassò lo sguardo. "Solo che è un uomo molto più grande di me ed è un cliente. Non posso mandare tutto all’aria per degli stupidi ormoni".

«Lo so e non ho dubbi che non approfitterà di questo per niente di disdicevole» mormorò. Dietro un ampio bancone di legno ad angolo si trovavano i commessi che servivano instancabilmente bicchieri di carta, vivande o stilavano scontrini, parlottando a bassa voce. Indossavano tutti la stessa divisa, ma avevano diversi segni della stanchezza sul viso.

«Assolutamente» rispose l’uomo rivolto alla avvocatessa, accavallando le gambe e appoggiandosi con la schiena al sedile. Ad ogni suo movimento faceva ondeggiare i suoi lunghi capelli argentei, legati da un nastrino nero. Stringeva il pomello d’argento del suo bastone nero e i suoi occhi erano liquidi.

Hermione spiegò: «Semplicemente temo che questa confusione possa rendere più difficile visionare questi documenti». Sul tavolinetto rotondo davanti a loro erano posati dei fascicoli. "Ho cercato di spiegargli che non potevo far uscire buona parte del materiale dagli uffici e qui gli ho potuto portare solo delle fotocopie riassuntive, ma sa essere davvero testardo se vuole.

Poi, con la sua grazia innata, sa bene che nessuno sa rifiutargli niente. Questo è un uomo che è cresciuto col comando. Il figlio, invece, l’ho visto più alla mano, meno sicuro, ma più sensibile. Mi ha fatto tenerezza.

Al contrario del giovane Potter, mi sono subito sentita in sintonia con lui".

«Mi sto affidando completamente a lei. Ho capito subito la sua competenza» rispose Lucius, aprì e chiuse una mano coperta da un guanto candido. Hermione gli porse un foglio, portando la sua attenzione su un punto particolarmente spinoso: «Signor Malfoy, sua moglie sta chiedendo delle cifre esorbitanti. Se ne rende conto?».

Lucius rispose: «Concedetele pure tutto ciò che chiede. Voglio chiudere questa storia alla svelta», scrollando le spalle. I suoi occhi chiari si posarono distrattamente sui tanti altri clienti.

Hermione chiese: «La ama ancora?», abbassando la voce. La gelida risposta fu: «No, sono solo stanco di soffrire».

«Era per caso così infelice a causa di un tradimento? Mi dispiace dover scendere nei dettagli specifici, ma il mio lavoro me lo richiede» chiese Hermione. Imbarazzata si grattò vicino l’occhio, ma mantenne un tono formale.

Lucius negò col capo. «No, agli occhi di tutti era un matrimonio perfetto», sospirò. «Soltanto che stavo vivendo una vita vuota, vacua». «Quando arrivi alla mia età ti rendi conto di desiderare qualcosa di più. Quello che all'inizio mi andava bene, all'improvviso era divenuto insopportabile».

Hermione annuì. "Anche su questo lui è il figlio hanno fin troppo in comune. Hanno sofferto troppo per sottostare all’occhio della società.

Mi chiedo se anche Potter, alla fine, non sia solo schiacciato da quello che deve dare a vedere per colpa di suo padre". Ingoiò un sospiro. "Non vedo l’ora di poter parlare con Fred. Almeno lui non è così complicato".

 

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Capitolo 10
*** Telefonata serale ***


Prompt di Il giardino di Efp di F.R.: "non me la cavo con la tecnologia"

 

Telefonata serale

 

Fred ridacchiò, vedendo che Hermione correva nell’altra stanza con il cellulare in mano, la suoneria di lei risuonava per la casa. «Puoi usare il mio computer se ti serve, tanto la conosci la password».

«Grazie!» rispose lei. «Si tratta del cliente di cui ti raccontavo, quello che mi ha invitato per il caffè…».

«Dai, rispondi, prima che il ‘signore del maniero’ si offenda. Io continuo a cucinare questi spaghetti» la rassicurò il migliore amico.

Hermione chiuse la porta dello studio di lui e si sistemò dietro la scrivania, alzando lo schermo del computer, rispondendo al cellulare.

«Buonasera, signor Malfoy» rispose, ticchettando con le punte dei piedi sul pavimento. «Non le è arrivata la mia mail?» chiese, giocherellando con una ciocca di capelli.

La risata di Lucius risuonò roca e lontana. «Buonasera, signorina, mi perdoni il disturbo. La mail è arrivata, ma ho preferito risponderle di persona», si sentiva in sottofondo un suono leggermente disturbato, come la musica di un giradischi. «Non me la cavo con la tecnologia».

Hermione sorrise, riconoscendo nel salvaschermo di Fred una loro fotografia. "Ricordo quel giorno al parco acquatico" pensò. «Non si deve preoccupare, mi dispiace solo di averle dato cattive notizie». Si umettò le labbra e si schiarì la voce. «Giacché voi e vostro figlio state portando avanti una causa di divorzio nello stesso periodo, l’avvocato di vostra moglie vuole descrivervi come dei cacciatori di dote, lasciando intendere una accusa di tradimento» illustrò.

«Pensa che non riusciremo a vincere la causa? Ho proprio sbagliato momento, ma vede… Non resistevo più» ammise Malfoy.

Hermione alzò lo sguardo sul soffitto. «Non si preoccupi. Ho controllato chi sarà il giudice che presenzierà al processo e sono convinta di poter trovare gli argomenti giusti».

«Allora mi affidò completamente nelle sue mani» soffiò Malfoy. Hermione arrossì e utilizzò il portatile per aprire la propria mail, aveva ricevuto diversi messaggi da Potter e dal figlio di Lucius.

"Non perderò nessuna delle mie due cause importanti. Non resterò più una semplice segretaria" si ripromise.

«Buon proseguimento di serata, signorina. Ancora grazie di tutto» le disse Lucius. Hermione rispose: «Arrivederla e non si preoccupi. Non esiti mai a chiamarmi, in qualsiasi momento». Chiuse la chiamata e iniziò a guardare le mail, dalla stanza accanto arrivò la voce di Fred: «Gli spaghetti sono pronti!».

 

 

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Capitolo 11
*** Ricovero in ospedale ***


Prompt di Il giardino di Efp di F.R.: Borsa nuova

 

Ricovero in ospedale

 

Hermione stava scendendo le scalinate davanti al tribunale, Potter le si affiancò. Chiedendole: «Perdonami se te lo chiedo, ma… Ti dispiacerebbe se ti accompagnassi io a casa con la macchina?».

Hermione alzò lo sguardo su di lui, la luce del sole illuminava le sue iridi verde smeraldo, dando vita a dei giochi di riflessi. Il suo viso era incorniciato da un sorriso amichevole e sulla fronte aveva un vistoso cerotto.

"Chissà cosa gli è capitato s’interrogò lei. «Va bene» accettò.

Harry la portò con sé fino alla sua macchina lucida e le aprì la portiera, facendola accomodare. Si mise al posto di guida e le domandò: «Vuoi che accenda la radio?». «No, sto bene così. A me piace anche viaggiare in silenzio» rispose.

«Questo è un invito a non parlare?» chiese Potter. Hermione ridacchiò, rispondendogli: «No, affatto. Anche se non penso di avere argomenti interessanti di cui parlare».

«Beh, io ne ho di molto comuni. Mi piacciono molto i film e i libri» enumerò Harry.  «Suppongo film e libri impegnati» tirò a indovinare Hermione. Al loro fianco, il marciapiede era gremito di pendolari che stavano uscendo dal sottopassaggio della metropolitana, altrettanti stavano scendendo.

«Oh no, affatto. Non sono tipo da film d’autore o da libri pesanti come mattoni» scherzò Harry. Tra i palazzi s’intravedeva qualche grosso piccione intento a svolazzare.

"Man mano che si va oltre le apparenze, si scopre che è qualcuno alla mano. Non è il ragazzo che cerca di fingere di essere. Si può essere amici di qualcuno così" pensò Hermione. Dicendogli: «Scusami per i miei preconcetti. Ammetto che non ho molto tempo per i film, ma sono una lettrice onnivora. Non c’è niente di meglio che immergersi in mondi sempre nuovi».

«Allora permettimi una di queste volte di portarci al cinema a vedere qualche film che possa farti cambiare idea» le propose Harry.

«Permesso concesso» scherzò Hermione. Il suo cellulare squillò e la giovane rispose: «Pronto?».

Harry stava rallentando, incolonnato nel traffico. Impallidì sentendo Granger dire con tono concitato: «Quando? Davvero?! Dica al signor Malfoy che arrivo subito». Attese che la telefonata fosse conclusa per chiedere: «Malfoy senior o junior?».

Hermione rispose: «Draco, si trova in ospedale. A quanto pare la sua ex-moglie lo ha aggredito».

 

***

 

Hermione si rigirò la borsetta tra le mani.  «Non posso accettare». "Anche se vorrei. Non solo mi piacerebbe avere una borsetta nuova, ma questa è anche di incredibile fattura, un modello davvero fine" pensò.

Draco tentò di convincerla: «La prego, deve. Io insisto». 

Hermione lo guardò, era steso nel letto candido dell’ospedale, intorno a loro le pareti verde acqua e i mobili di una tinta più scura. «Mi sta già pagando per il mio lavoro…».

«Con questa, però, si ricorderà di me. Non ha idea di quanto le sono debitore per avermi finalmente liberato da quell’incubo». Dalla finestra socchiusa entrava un filo di vento, gli altri letti nella stanza erano vuoti.

Granger gli fece notare: «Sì, ma si trova in un letto di ospedale». "Mi sento in parte responsabile. Ho messo sotto pressione quella pazza e sì che avrei dovuto capire che era pericolosa".

Draco indicò con la testa il comodino accanto al letto di metallo. «Non potevo certo offrirle le terribili confetture che mi propinano in questo posto terribile». Si passò la mano tra i corti capelli biondo platino. «Ammetto che non m’importerebbe neanche se avessi tutte le ossa rotte, l’incubo è finalmente concluso».

«Sua moglie è stata davvero una belva. Se avessi immaginato che l’avrebbe aggredita, le avrei detto di prendersi una guardia del corpo» disse Hermione. Malfoy le ricordò: «In realtà la sua furia ci ha aiutato a vincere la causa, non che con la sua bravura lei non ci sarebbe riuscita ugualmente».

«Penso che ci aiuterà a vincere ben due cause. Se riuscirà a presentarsi durante il caso di suo padre, sono convinta che susciterà una certa simpatia…» ribatté Hermione, con tono più professionale.

«Diciamo la verità, si tratterebbe di pena» chiarì Draco. Hermione volse lo sguardo, ammettendo: «Forse, ma solo perché non la conoscono bene».

«Ho visto che il suo capo si complimentava con lei per la sua vittoria con molto trasporto cambiò discorso Draco. Hermione distolse lo sguardo, fissando la finestra. Bisbigliò: «Forse non credeva che ci potessi davvero riuscire». "Non so, fino a qualche tempo fa avrei creduto in queste parole, ma adesso mi appaiono ingiuste. Tra lui e Potter non sembra scorrere buon sangue, eppure ‘Harry’ mi ha portato subito qui quando ha saputo quello che era successo".

Draco le prese la mano nella propria e la vide trasalire. «La prego, venga a trovarmi, almeno finché non sarò guarito. Non voglio perdere i contatti con lei, anche se non sono più suo cliente».

Hermione gli rivolse un sorriso benevolo. «Può contarci» promise.

 

 

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Capitolo 12
*** Conclusione ***


Finalmente avvocato

 

«Hai vinto due cause su due. Bisogna festeggiare disse Fred, versando del vino nei due bicchieri sistemati sul tavolinetto di vetro davanti a lui. Ti senti soddisfatta?» La stanza era in penombra, illuminata dalla luce della televisione accesa, ma con l’audio messo al minimo.

Hermione prese uno dei due bicchieri, specchiandosi nel liquido rosso. Gli rispose: «Sono una persona fortunata». Fred le chiese: «Perché hai finalmente ottenuto il lavoro dei tuoi sogni? Ora sì che finalmente ti riconoscono come avvocato».

«Ho combattuto tutta la via per quello, ma non solo rispose Hermione e fece un lungo sospiro. «Ho conosciuto tante persone speciali». Si sentì domandare: «Speciali?».

«Sì, alcune le conoscevo già, ma non avevo compreso quanto fossero incredibili. Hanno sofferto tanto e sono affamate d’affetto» rispose Granger.

«Strano discorso per un avvocato divorzista» scherzò Fred. Le gote di Hermione s’imporporavano, mentre lei continuava a bere. «Forse».

«Solo affetto?» s’informò Fred, cercando il suo sguardo e i loro occhi si specchiarono.

«No, hanno bisogno d’amore» ammise Hermione. Fred svuotò il suo bicchiere in qualche sorsata. «Qualcuno di loro potrà avere il tuo di amore?» approfondì. «Non lo so. Forse, in futuro. Ora voglio vivere la mia vita» gli venne risposto.

Fred addolcì il sorriso, dicendole: «Hai già fatto la scelta di amare la persona che più lo meritava: te stessa».

Hermione gli rivolse un sorriso grato. «Sapevo che tu avresti capito».

 

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