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di Rosette_Carillon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Biancaneve ***
Capitolo 2: *** Cercasi Vedova Nera ***
Capitolo 3: *** Una nuova missione ***
Capitolo 4: *** Mamma ragno ***
Capitolo 5: *** Madre ***
Capitolo 6: *** Segni ***
Capitolo 7: *** Tempo ***
Capitolo 8: *** Madame B. ***
Capitolo 9: *** Little sister ***
Capitolo 10: *** Just keep living ***
Capitolo 11: *** Miss American Pie ***
Capitolo 12: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Biancaneve ***




Capitolo 1
Biancaneve
 
 
 
 






 
 
 
 
 
 
Tony Stark, da quando è diventato padre, è cambiato.
È un fatto ovvio, eppure Natasha fatica ancora a riconoscere l’Iron Man che ha conosciuto anni prima nell’uomo che ha davanti adesso.
L’uomo ha trascorso giorni chino sul suo tavolo da laboratorio, fra calcoli e programmi, per creare una nuova intelligenza artificiale.
Il risultato è stata D.A.N.A. Daughter, artificial, nanny, assistant.*
Pepper ha subito messo in chiaro che sarà lei in prima persona a occuparsi della crescita della bambina, e vuole -pretende- che Tony sia presente.
Dal canto suo, l’uomo ha già deciso che sarà il miglior padre dell’anno. Anzi, del secolo. A Morgan non mancherà mai l’amore di una famiglia. Lui sarà un padre perfetto.
Sarà sempre presente per sua figlia, le insegnerà tutto ciò che sa, la sosterrà in ogni momento, sarà sempre pronto ad ascoltarla e consigliarla.
Ma non sarà un padre invadente. Oh, no, lui sarà in grado di capire quando il suo aiuto sarà richiesto, sarà in grado di essere presente senza essere invadente.
Lui sarà un padre modello. Sarà il padre migliore che una bambina possa desiderare.
Natasha lo guarda intenerita da sopra le pagine del suo libro.
Davanti a lei c’è un Tony Stark diverso, che mai pensava avrebbe visto.
Il tempo, dopotutto, era passato per tutti, e le cose erano cambiate. Forse molti di quei cambiamenti erano dovuti anche al fin troppo recente scontro contro Thanos.
Se l’erano davvero vista brutta… la morte era stata così vicina che anche lei aveva avuto paura. Tanta paura. Aveva davvero temuto che quella volta non ce l’avrebbero fatta.
Per la prima volta si era veramente resa conto che c’erano ancora tante cose che voleva fare, e che la vita era, in fondo, veramente degna di essere vissuta.
Ha deciso che non vuole nemmeno immaginare un mondo in cui loro Avengers non erano riusciti nel loro compito.
Il suo presente è vivo, pieno di sfide ma anche di promesse, e lei vuole viverlo.
<< Oh, andiamo Capitano, questo lo conoscono tutti. >>
Natasha, curiosa, chiude il suo libro e si fa più attenta.
<< Io avevo vent’anni, Stark. Guardavo Betty Boop. >>
<< Bè, non posso dire di non essere d’accordo, ma Biancaneve la conoscono tutti. >>
Oh, she’ll neve find me here.
And if you let me stay, I can make the house work. I could wash, sew, swipe, cook…**
Oh, she’ll neve find me here
Quelle parole…
And if you let me stay
Quelle parole erano ancora incise nella sua mente. Nonostante gli anni, non le aveva dimenticate. Nonostante gli anni, ripeterle le veniva naturale.
I can make the house work.
The housework.
Dolore.
I could wash.
Uccidere.
Sew.
Terrore.
Swipe.
Obbedire.
Cook.
Sacrificio.
Dopo tutti quegli anni, quando pensava ormai di esserne uscita, quando pensava di essere libera.
Non vuole sentirle, non vuole ricordare. Non vuole ripetere.
Deve andarsene.
Deve andarsene.
Due esili braccia la afferrano per i gomiti e cercano di guidare il suo corpo in una direzione che non sa identificare.
Qualcuno chiama il suo nome, ma lei non riesce a rispondere. Si inginocchia per terra, una spalla contro il muro fresco, e cerca di respirare e riprendere il controllo. Sente una stretta alla mano che non riesce a ricambiare.
Si tratta di una minaccia? No. Si tratta di qualcuno non allenato, con scarsa forza fisica, qualcuno che potrebbe eliminare in – Marta!
Maledizione! È solo Marta.
La stanza rossa è un lontano ricordo, ormai è stata distrutta.
Un’altra voce la chiama, sente una presenza alle sue spalle che si avvicina, e il suo corpo si muove senza che lei se ne renda davvero conto.
Qualcuno urla e, quando i contorni del mondo sono nuovamente nitidi, si accorge di Visione a terra, che si tiene una mano premuta contro il volto.
Wanda è vicina a lui, e la guarda spaventata, poi c’è Marta che, incerta, si tiene a distanza.
Natasha si rende vagamente conto di essere in corridoio, appena fuori dal salotto.
Come è arrivata lì?
<< M-mi dispiace. I- io- >>
<< È stata colpa mia agente Romanoff, >> si scusa Visione << avrei dovuto prevedere una reazione simile da parte sua. Avrei dovuto lasciarle il suo spazio. >>
Si sono avvicinati anche Tony e Steve.
<< Nat? >> il capitano fa un passo nella sua direzione << va tutto bene? >>
<< Sì, >> mente, passandosi una mano sul volto. << Tornate a vedere i vostri cartoni animati, >> mormora allontanandosi.
Gli altri si scambiano degli sguardi incerti, poi Marta le va dietro.
<< Ho detto che sto bene, >> la ferma Natasha, rallentando il passo.
<< Ho sentito. >>
<< E allora perché sei qui? >>
<< Perché sappiamo entrambe che non è vero. >>
Natasha si ferma << Marta, >> inizia.
<< Non sono così ingenua come sembro. E hai lo stesso sguardo che ha Bucky quando ripensa al suo passato…di qualsiasi cosa si tratti, non sei costretta ad affrontarla da sola. >>
Lo sguardo della Vedova Nera diventa più duro e freddo, solo un momento, poi compaiono la stanchezza e la rassegnazione << non crede che si ci sia qualcuno in grado di capire. E poi, è un problema mio, solo io posso risolverlo. Non posso aspettarmi l’aiuto di nessuno. >>
Marta la guarda allontanarsi lungo il corridoio.
 
                                                                                   §
 
Quella notte, la Vedova Nera non riesce a prendere sonno.
Era convinta di essere riuscita a fare pace col suo passato, ma evidentemente aveva solo ingannato sé stessa.
Ora che non c’era più nessun Thanos che minacciava il mondo, era come essere nuovamente in Norvegia, sola con sé stessa.
Dopo la guerra civile, con gli Avengers separati, si era allontanata perché convinta che fosse finita lì. In America sembrava non esserci più nulla per lei, ora anche le sorti dello S.H.I.E.L.D. erano incerte.
Stark e il capitano erano testardi, ma lei li aveva giudicati male. I due l’avevano stupita quando avevano ripreso a collaborare. Meglio così, però: sarebbe potuta andare molto peggio se quei due testoni avessero continuato a litigare come bambini.
E poi, modestamente, era anche merito suo se gli Avengers erano nuovamente uniti: non era certo tornata indietro per nulla.
Era stata sola per così tanto tempo da convincersi che, ormai, per lei fosse naturale come respirae.  Eppure qualcosa era cambiato.
In Norvegia si era sentita quasi schiacciata da quella solitudine.
Ora, nella sua stanza alla New Avengers Facility, con gli Avengers nuovamente uniti, si sentiva nuovamente in quel modo. Aveva quasi l’impressione di non essere nemmeno lì.
Sentiva freddo attorno a sé.
Aveva…aveva disperatamente bisogno di una certezza, di un punto fermo nella sua vita.
Apre il cassetto del comodino accanto al letto.
Erano davvero poche le cose che, in tutti quegli anni, non erano cambiate. Forse era solo una. Forse l’unica cosa reale, costante, che non l’aveva mai abbandonata, era il dolore inflittole dalla Stanza Rossa.
Durante la notte si agita, e il giorno dopo è un fastidioso dolore a svegliarla. Quando la piccola chiave fa scattare la serratura, il metallo libera il polso e rivela un segno rosso.
Natasha si massaggia la pelle e sospira.
 
 
 
 


 
 
NOTE.
*Ok, lo so, come nome non è il massimo. Non sono brava con gli acronimi e questa è l’unica cosa che mi è venuta in mente.
**La citazione di ‘Biancaneve’ è presa dalla serie tv ‘Agent Carter’, dove viene mostrato che la Stanza Rossa usava i cartoni animati per indottrinare le bambine.
In generale, come capitolo forse è un po' caotico, spero comunque che sia stato almeno interessante.
Grazie a chi a letto :)




 

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Capitolo 2
*** Cercasi Vedova Nera ***



Note: questo capitolo, un pò come il primo, sarà un pò lento, ma mi serviva per cominciare a entrare nel vivo della storia. Dal prossimo capitolo la narrazione sarà più interessante.
Buona lettura :)!

 





Capitolo 2
Cercasi Vedova Nera
                                                            
 
 
 
 
 
 
 
 
 
                                                                          
 




È sera, e le prima luci artificiali cominciano ad accendersi per illuminare la New Avengers Facility, e alcuni degli alberi più vicini agli edifici. Più lontano, invece, sono delle piccole lucciole a far luce nel buio.
È un’immagine rilassante, e Natasha si ferma ad osservarla. In spira ed espira lentamente, rilassa le spalle.
Per un momento, un breve momento, dimentica di essere a New York.
Per un breve momento riesce a illudersi di essere in Ohio, con Yelena bambina, e Alexei e Melina che fingono ancora di essere i loro genitori.
Il cellulare vibra sulla scrivania, la donna allunga distrattamente una mano e lo prende.
È un messaggio di Clint: le ha mandato una foto.
I ragazzi ti salutano. Dice il messaggio. Nello schermo, Lila e Cooper sorridono, mentre Nathaniel dorme fra le braccia del fratello maggiore.
Arriva un altro messaggio. Come stai?
Poi, un altro ancora. Sei sicura di non voler venire a stare da noi per un po'?
Sicurissima, risponderebbe, poi opta per qualcosa di più articolato, e delicato.
Va tutto bene, mente.
È meglio che resti qui: qualcuno dovrà pur badare agli Avengers, aggiunge.
Solo dopo aver inviato il messaggio pensa che, forse, cambiare aria avrebbe potuto aiutarla. E i bambini le mancano: non li vede da tanto.
Scuote la testa: sta bene lì dov’è.
Scosta una manica della maglia, e si guarda il polso. Non fa proprio male, è più un fastidio.
Da bambina non le era mai successo. O forse sì, ma non se lo ricordava? Probabile…
Forse, negli anni, aveva imparato a dormire immobile, a restare nella stessa posizione in cui si addormentava e, soprattutto, a non muovere troppo il braccio, in modo che le manette non lasciassero segni sulla sua pelle.
Qualcuno bussa alla porta, Natasha nasconde il polso sotto la manica << avanti. >>
Il capitano entra lentamente, e si chiude la porta alle spalle.
Lei lo osserva, e si siede meglio. Sa cosa sta per arrivare, ha riconosciuto lo sguardo e il linguaggio del corpo dell’uomo.
<< Ehi, >> comincia lui, piano << tutto bene? >>
Le sue labbra si piegano in un sorriso, ma lui la blocca prima che possa dire qualcosa.
<< Non mentire, >> mormora. << Non sei costretta a dirmi nulla. >>
E il sorriso di Natasha scompare. È davvero diventata così facile da leggere? È imbarazzante. Umiliante. Lei è una Vedova Nera, lei-
<< Voglio solo che tu sappia che, se hai bisogno… >>
<< Steve, >> lo interrompe pacatamente << posso cavarmela da sola. Non sono una bambina. >> Non lo è mai stata. << E comunque sto bene. >>
Lui annuisce rivolgendole uno sguardo di puro scetticismo, e lei si sente aggredita.
Mentire non era solo crearsi nuove identità convincendosi che fossero reali, mentire era anche proteggersi, nascondersi, passare inosservata per essere al sicuro.
<< Steve… >> sospira la donna, passandosi una mano sul volto, e lui solleva le mani in segno di resa. << Va bene, va bene. È quasi ora di cena, vieni? >>
<< Più tardi. >>
Il capitano fa per ribattere, ma cambia idea. Dopotutto, Natasha è una donna adulta, pertanto si limita ad annuire prima di andarsene. Eppure non riesce a essere tranquillo.
Magari potrebbe chiedere a Barton, anche se sarà impegnato con la sua famiglia, o a Bucky, che presto tornerà dalla missione.
O a Marta. Insomma, se Bucky sta meglio è anche grazie a lei. Ora sembra quasi la persona che era prima della guerra, prima dell’Hydra
Già, la persona che era prima.
Chi era Natasha prima di tutte le guerre che ha visto? Non ne ha la più pallida idea. Sapere poche informazioni sul suo conto è una cosa che ha sempre dato per scontata, ma non va bene. Non va affatto bene.
Steve si ferma in mezzo al corridoio.
Forse ha sbagliato.
Per Natasha non è facile fidarsi, forse avrebbe dovuto insistere, farle capire che poteva davvero fidarsi di lui, che voleva solo aiutarla.
Torna indietro a passo rapido, svolta l’angolo, e trova la donna in piedi davanti a lui. Gli dà le spalle, occupata a leggere qualcosa sul telefono.
Allunga una mano nella sua direzione. << Nat? >>
Prima che lei sue dita possano sfiorarla, viene colpito in pieno volto.
Geme, e si preme una mano contro la parte offesa. Gli lacrimano gli occhi mentre si appoggia al muro, stordito dal dolore.
<< Oh, cazzo. >>
<< Nat! Che ti prende? >>
La donna davanti a lui ha gli occhi sgranati, allunga preoccupata le mani verso di lui << non volevo, io- cazzo. Dovesti farti vedere da Marta. >>
<< Ah, non serve. Non pensare di essere la prima persona ad avermi preso a pugni, >> geme di dolore, massaggiandosi con cautela il volto << però sei sicuramente una delle più violente. >>
<< Oh, mio Dio, >> si passa una mano fra i capelli.
<< Si può sapere che ti succede? >>
<< Non lo so… >> mormora, più fra sé e sé che per rispondere a Steve, poi si riprende << ti prego, vai in infermeria da Marta. >>
Si volta e si affretta lungo il corridoio che porta alla sua stanza. Steve la guarda allontanarsi, poi decide di seguire il suo consiglio.
 
                                                                           §
 
Visione la guarda con terrore misto ad ammirazione. Wanda, almeno apparentemente, sembra tranquilla.
Steve ammira il suo coraggio, ma vorrebbero fermarla, e Tony non c’è, ma sicuramente vorrà sentire il racconto dell’impresa.
Marta, dal canto suo, cerca di ignorare tutti. La stanno fissando, lo sa, ma non è di quello che vuole preoccuparsi.
Raccoglie tutta la sua sicurezza, stringe il vassoio fra il petto e il braccio, e bussa alla porta.
Nessuna risposta.
Attende.
Nulla.
Bussa ancora.
Silenzio.
Solleva la mano, pronta nuovamente a farsi sentire, ma dall’interno provengono dei rumori, poi la porta viene aperta e Natasha compare sulla soglia.
<< Buongiorno, >> saluta Marta allegramente, entrando nell’ufficio della donna senza che lei l’abbia invitata << ho portato una tazza di tè, e del pane con marmellata. >>
Poggia il vassoio sulla scrivania, spostando i documenti che la ingombrano.
Natasha si passa una mano sul volto. È stanca, quella notte non ha dormito, e il polso le fa male.
<< Non dovevi disturbarti, >> mormora stancamente.
<< Bè, questo è il piano A, >> ribatte Marta, voltandosi verso l’altra donna, le braccia incrociate sotto il seno << il piano B è attendere la tua morte per inedia, poi mettere un annuncio sul giornale: CERCASI VEDOVA NERA. >>
Natasha ridacchia piano, è una risata stanca e amara. << Ci sono molte più Vedova di quanto immagini. >> Forse.
Non ha idea di cosa abbiano fatto le altre, una volta liberate dal condizionamento mentale di Dreykov, però se l’è chiesto spesso.
Ora che ci pensa, nessuno sa del progetto ‘Vedova Nera’, o della Stanza Rossa. A meno che Bucky non abbia raccontato qualcosa.
Nemmeno Clint sa tutto.
Marta non si scompone. Indica il vassoio << colazione, >> dice semplicemente. << Ora, >> precisa, senza accennare ad allontanarsi. << Sono quasi due giorni che non mangi nulla, >> aggiunge poi, preoccupata.
Quasi due giorni? Natasha, interdetta, non risponde. Davvero sono passati quasi due giorni?
Bè, allora forse è il caso di mettere qualcosa nello stomaco.
Allunga una mano verso il tè. La tazza e tiepida, ed emana un delicato profumo di bergamotto. Ne beve un sorso. È dolce. È buono.
Sorride appena. << Non ti fidi? >> chiede poi, notando che Marta è ancora lì.
<< Volevo parlarti. >>
Natasha, la tazza in una mano, annuisce incoraggiandola a continuare.
Marta non risponde subito, non sa be come cominciare. Ci pensa un po', poi decide semplicemente di indicarsi il polso.
Natasha capisce subito. Si irrigidisce pe un momento, poi scuote la testa << non è nulla. >> Infondo è vero: non è nulla di cui preoccuparsi.
Marta fa per ribattere, poi sospira e, pur palesemente non convinta, decide di non insistere. Ha già tentato troppo la fortuna, non è il caso di spingersi oltre.
<< Riposati, >> le consiglia. << Adesso siamo in pace, puoi prenderti una pausa. Almeno qualche giorno. >>
<< Non preoccuparti. Va- >> si blocca ripensando, per un momento, al pugno che ha dato a Steve << tutto bene. Va tutto bene. >>
Marta non insiste, sospira e annuisce prima di andare via.
Fuori sono rimasti Steve e Wanda.
<< Lasciamola tranquilla, >> dice Marta allontanandosi. << Di qualsiasi cosa si tratti, non credo sia ancora pronta per parlarne. >>
<< Ha almeno mangiato qualcosa? >> chiede il capitano.
L’infermiera annuisce.
<< Forse, >> comincia Wanda << dovremmo dirlo a Clint, >> propone. << Magari con lui si sente più… a suo agio. >>
Anche Marta è d’accordo, ma pensa comunque che sia giusto lasciare a Natasha un po' di tempo. Forse non è ancora pronta a parlare, forse ha bisogno di riordinare le idee e iniziare a capire da sola quale sia il problema.
Steve annuisce pensieroso. Cammina dietro le due donne, lo sguardo basso.
Poche ore prima ha ricevuto una comunicazione da parte di Fury. Si è trattato di un messaggio piuttosto criptico, non sa ancora se sia il caso di preoccuparsi o meno.
Non l’ha ancora detto agli altri.
Forse sta solo lavorando di fantasia…insomma, non è la prima volta che Fury vuole vedere tutti gli Avengers. Il fatto che abbia esplicitamente chiesto la presenza di Bucky, però, gli suona strano.
Si sarebbero potuto incontrare oggi stesso, invece l’uomo ha preferito aspettare.
Solleva lo sguardo e si accorge di Wanda. La donna si è fermata davanti a lui e lo guarda preoccupata, allora lui cerca di sorridere.
<< Che succede, Steve? >>
Il sorriso dell’uomo si spegne. Non vuole mentire, non lo considera giusto. <<  I-io…non ne sono sicuro, >> ammette. << Andiamo dagli altri, vi devo parlare, >> aggiunge poi, stringendo una spalla di Wanda con fare rassicurante.
Più tardi informerà anche Natasha di quella riunione.
Sperando che lei non gli faccia un occhio nero prima.
 
 

 

 

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Capitolo 3
*** Una nuova missione ***




Capitolo 3
Una nuova missione
 
 
 
 
 
 
 
 







Tornato dal Wakanda, Bucky avrebbe voluto riposarsi.
Almeno un po'.
Infondo, però, è colpa sua: è stato lui a chiedere cosa stesse capitando a Natasha, ma l’aveva fatto sperando in una risposta diversa da ciò che suonava tanto a ‘hai una nuova missione, soldato.’
Per prima cosa, decide di parlarne con a Marta.
<< Wanda dice è qualcosa del suo passato, tu che ne pensi? >>
<< Bè, lei può leggere nella mente… >> risponde, interdetta, l’infermiera.
<< Non dico che sbagli, ma vorrei sapere se, secondo te, potrebbe esserci dell’altro. >>
La donna si stringe nelle spalle, una tazza di caffè fra le mani. Secondo lei potrebbe trattarsi anche di PTSD dovuta allo scontro contro Thanos.
Non è sicura, ma ci sono alcune cose…
<< Cosa? >>
Marta scuote la testa. Non sa se dirglielo, forse è una cosa stupida. Insomma, sono gli Avengers: anche durante dei semplici allenamenti sono in grado di procurarsi infortuni non da poco.
<< Ha un segno rosso al polso, >> si decide ad ammettere. << Attorno a tutto il polso, >> specifica. << Non ne parla, lo nasconde. E io non riesco a capire come se lo sia proccurato. È come…come se indossasse un… bracciale. Come se si legasse una corda particolarmente stretta. >>
Un’ombra scende sul volto di Bucky quando dice che parlerà con la Vedova Nera quanto prima.
Marta tace, spera che non sia nulla di grave, e non si aspetta ancora ciò che i giorni seguenti porteranno.
Comincia tutto il lunedì sera, quando Bucky parla con Natasha.
Sono sul prato, non molto lontano dagli edifici della New Avengers Facility. È  il tramonto, e la donna sembra osservare affascinata le numerose lucciole che brillano fra gli alberi.
L’uomo le si avvicina.
<< Ehi. >>
<< Oh, ti prego, >> sorride lei. << Ti prego, >> continua << hanno mandato te a…cosa? Farmi da psicologo. >> È stanca. Odia aver attirato l’attenzione su di sé in quel modo.
Infondo è colpa sua: avrebbe potuto fare più attenzione.
<< Natasha…so che per te fidarti non è facile, ma- >>
<< No, >> il suo sguardo è freddo << dubito che tu sappia. >>
<< Nemmeno io mi fiderei tanto degli altri, se coloro che consideravo genitori mi avessero mentito, e consegnato a un’organizzazione- >>
<< Smettila, >> intima la donna.
<< Ho indovinato, mh? È qualcosa che riguarda la Stanza Rossa. >>
Marta li osserva da lontano, seduta in un salottino.
La donna mette via il pc e attende. Ha una brutta sensazione, sente che la situazione sta per degenerare.
Forse dovrebbe inventarsi una scusa, uscire fuori e fermarli.
Oppure no. Forse si sta preoccupando per nulla.
Intanto, i due continuano a parlare. Litigare? Spera di no.
Bucky urla qualcosa in russo, e Marta decide che quella non è più una conversazione civile, anche se non capisce una parola di ciò che sta sentendo.
L’uomo afferra Natasha per un braccio, e le scopre il polso da cui non è ancora sparito il segno che ha insospettito l’infermiera.
<< Smettila di mentire, che diavolo è questo? >>
La Vedova Nera si infuria, e Marta, pur da lontano, vede ciò che la donna è stata prima di entrare nello S.H.I.E.L.D., e vede la temuta assassina che è abituata a vedere solo come un’eroina.
È una scena spaventosa, non può non ammetterlo. Una scena che avrebbe preferito non vedere.
L’ex Soldato d’Inverno è a terra, e la Vedova Nera si allontana senza dire nulla, testa alta e passo rapido.
<< Me lo sono cercata, >> ammette Bucky, calmatosi,<< me la sono cercata, >> ripete mentre Marta lo accompagna dentro.
Quando gli altri gli chiedono spiegazioni, non risponde subito. Ritiene che non spetti a lui parlare della vita privata di Natasha. Probabilmente, lei non sarà contenta.
Mentre riflette, incontra lo sguardo di Steve: sembra davvero preoccupato.
Lo sono tutti.
<< Quello è il segno che lasciano le manette dopo una notte agitata. >> No, detto in quel modo suona decisamente male. << Insonne, >> si corregge << una notte insonne, >> precisa. << Tutte le Vedove, durante l’addestramento venivano ammanettate ai loro letti in modo che non potessero scappare, o per- >> bè, non è il momento di scendere nei dettagli. << È un’abitudine difficile da perdere. Credevo che Natasha ci fosse riuscita… >>
Attorno a lui c’è silenzio, sguardi increduli. Nemmeno Stark riesce a fare un commento.
<< Quindi… >> inizia Bruce << come possiamo aiutarla? >>
<< Credo che prima dovremmo convincerla a parlare, >> suggerisce Marta. << Non credo che le farà piacere sapere che è stato Bucky a dirci qualcosa che lei voleva nasconderci. >>
Lui annuisce.
Poi, continua l’infermiera, potrebbe essere utile tentare con i principali metodi per uscire da una dipendenza.
                                                                              §
 
Terminata la riunione, per un momento, Nick Fury rimane fermo al suo posto riflettendo sul da farsi.
Gli Avengers lo guardano sedersi, e restano in attesa nel caso l’uomo debba comunicare altro, ma lui fa loro cenno di andare.
Quello che ha appena detto è sicuramente stato un bel colpo per Natasha, e probabilmente lo è stato anche per Barnes, anche se entrambi sono rimasta impassibili.
Guarda Barnes allontanarsi, il capitano gli va dietro. Bene, almeno uno dei due è sistemato.
Nella sala rimane solo Natasha.
Fury la richiama proprio mentre lei sta per uscire. La donna si ferma, si volta e aspetta.
L’uomo pensa con attenzione alle parole che sta per pronunciare.
Non può certo chiederle direttamente se vada tutto bene, nonostante ciò che gli ha riferito il Capitano.
Non può nemmeno costringerla a stare in disparte, visto che non si tratta di una missione vera e propria. E nemmeno vuole ordinarle di farlo.
Natasha sa badare a sé stessa, ha fiducia in lei.
<< Perché non vai per un po' a fare la zia adottiva con i figli di Barton? >>
<< Come, prego? >>
Maria Hill sospira scuotendo la testa. << Non sappiamo in quali rapporti tu sia con Melina Vostokoff, >> interviene, << ma, visto…visti i trascorsi, Fury ha pensato che avresti preferito non esserci, quando lei arriverà. >>
L’uomo indica Maria e annuisce << quello che ha detto lei, >> conferma.
<< Ho avuto occasione di sistemare le questioni irrisolte con Melina dopo gli accordi di Sokovia. Nel peggiore dei casi, potrò sempre ignorare la sua presenza. >>
Fury annuisce. Non è davvero convinto che sia tutto a posto, ma non dice nulla.
Natasha esce dalla sala chiudendosi la porta alle spalle.
Si sente stanca.
La prospettiva di incontrare nuovamente Melina non è particolarmente allettante. Non è certa di voler rivederla, nonostante si siano lasciate in buoni rapporti. Circa.
Nonostante tutto, non riesce a perdonarla, a non pensare a tutto ciò che ha vissuto per colpa sua.
È stata anche colpa di Alexei, certo, ma Melina…l’aveva davvero considerata come una madre. Con lei era stato più facile illudersi, dimenticare di essere in missione. Aveva davvero creduto che la donna l’avrebbe protetta.
Alla fine è stata colpa sua. È stata lei a dimenticarsi che quello che stava vivendo in Ohio non era reale.
Continua a camminare, una mano contro la parete.
Ha bisogno di stare da sola, di tornare nella sua stanza e sdraiarsi un momento. Almeno un momento, per mettere a tacere la sua mente.
Accelera il passo.
Ha bisogno di silenzio. E buio.
Perché la luce è così forte in quel corridoio? E da quando i suoi passi fanno così tanto rumore?
C’è qualcun altro, oltre a lei? Si volta con un movimento rapido, che le provoca un giramento di testa.
Il corridoio è vuoto, luminoso e caldo.
Inspira ed espira lentamente, ignorando i giramenti di testa. Si volta e cerca di proseguire verso la sua stanza, sempre reggendosi al muro con una mano, nonostante non riesca davvero a sentire la parete fresca contro la sua pelle.
Le fa male il petto, non riesce a respirare.
Vede Melina sporca di sangue, sente le urla di Yelena il giorno che le hanno separate, quando ha lasciato che le separassero perché non è stata in grado di proteggerla.
Melina semisvenuta, e la paura per quello che succederà.
<< Natasha? Andiamo, forza. Forza. >>
<< Tony, aspetta- >>
<< Non possiamo certo lasciarla qui. Coraggio, Romanoff. >>
<< Prendo del ghiaccio. >>
Tony la accompagna fino al vicino salotto, dove lei si lascia cadere in ginocchio, reggendosi a un divano. La voce di Tony le arriva fastidiosamente chiara, vorrebbe intimargli di tacere, ma concentrarsi sulle sue parole la aiuta a schiarirsi le idee e calmarsi.
<< Okay…okay. Bruce arriverà tra poco con del ghiaccio, tu stai qui da brava e respiri piano. Fai- fai con calma. >> Bè, non che la donna abbia molte altre possibilità.
Non sa bene cosa fare, o meglio, lo sa. Sa come comportarsi durante un attacco di panico, ma non è certo che ciò che funziona per lui possa essere utile anche a lei. << Posso fare qualcosa, intanto?  >> chiede. Sa bene per Natasha non è facile rispondergli, ma sa anche cosa significhi essere costretto a comportarsi in un modo, solo perché un’altra persona pensa che gli farà bene.
Non piegarti in due, Tony.
Prova a contare fino a dieci.
Guardati attorno e concentrati su cosa vedi.
<< Oh, guarda. Avevo chiesto una borsa del ghiaccio, invece hanno portato un ghiacciolo gigante…una punta d’iceberg, praticamente. >>
Il gelo contro la nuca scuote Natasha che, dopo un singhiozzo, comincia a tremare. Steve si inginocchi accanto a lei, la prende fra le sue braccia, e le fa posare la testa contro il suo petto.
Magari lei si calma, o magari lui muore per essersi preso tanta confidenza. << Serve chiamare Marta? >>
<< Non osare, >> minaccia la donna, la voce malferma. Una minaccia appena mormorata, debole, ma pronunciata con un tono di voce abbastanza duro da suonare pericoloso. Natasha deglutisce a vuoto; il primo istinto è quello di scusarsi.
Si mette in piedi, ancora stordita, lasciandosi aiutare dal capitano. Non ha ancora recuperato pieno controllo del suo corpo, sente le mani rigide. << Vuoi restare sola? >> le chiede lui.
Lei non risponde subito. Si passa una mano sul volto, stanca e ancora impaurita.
No. No, non vuole restare sola. Ha paura.
Deglutisce a vuoto e solleva la testa << torno nella mia stanza. Scusate. >>
I tre uomini la lasciano andare.
<< Bè, ognuno gestisce un attacco di panico a modo suo, >> mormora Tony, cercando di suonare convincente.
<< Sì, ma io non credo… >> inizia Bruce.
<< Fra un’ora vado a vedere come sta. >>
<< Porta con te lo scudo, Cap. >>
Natasha si allontana in silenzio, sente vagamente le voci degli altri Avengers alle sue spalle, ma non riesce a capire di cosa parlino, e nemmeno le interessa.
Si sente debole, eppure il suo cuore batte ancora rapido.
Forse…forse potrebbe andare da Marta, e farsi dare qualcosa. Forse, ma non ne ha voglia.
Torna nella sua stanza e si abbandona sul letto. Stremata, si addormenta poco dopo.
Si sveglia poco prima quando qualcuno bussa alla sua porta, ma non si alza subito: è seriamente tentata di fingere di essere ancora addormentata, e aspettare che la persona in corridoio se ne vada, ma magari si tratta di qualcosa di importante.
Fuori c’è Bucky.
<< È successo qualcosa? >>
<< Dimmelo tu. Poco fa ho incrociato Steve, e mi ha detto che ‘per te è una brutta giornata’. Si è rifiutato di dirmi altro. >>
Non è nulla di importante, sarebbe potuta restare a letto.
Natasha si poggia con una spalla contro lo stipite della porta, ringrazia mentalmente il capitano, e sospira.
<< Si tratta dell’arrivo di Melina, vero? Nemmeno a me piace l’idea di averla attorno, >> comincia Bucky, vedendo che lei non dice altro << ha lavorato anche lei al mio condizionamento mentale…per me non è facile fidarmi di lei, ma immagino tu ti fidi di Fury: se lui dice che è tutto a posto, allora…e, chissà, forse è cambiata. Forse anche lei era sotto un qualche tipo di condizionamento, magari adesso vuole davvero aiutarci con le sue ricerche. >>
<< Non si tratta di fiducia… ci siamo già riviste in un’altra occasione, tempo fa… >> non ha voglia di parlarne, nemmeno lei sa bene perché non sopporti l’idea di rivedere la donna << di’ pure a Steve che non deve preoccuparsi, >> termina prima di tornare nella sua stanza.
<< Ehi, aspetta, >> blocca la porta con una mano, e Natasha si volta.
<< Non devi fare tutto da sola. Non sei più nella Stanza Rossa, nessuno ti giudicherà meno forte per esserti mostrata umana. >>







 

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Capitolo 4
*** Mamma ragno ***




Capitolo 4
Mamma ragno
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


<< Allora, come vanno le cose, Nick? >>
L’uomo seduto davanti a lei sospira. << A proposito di questo, vorrei  un consiglio. Hai già incontrato una Vedova Nera, o sbaglio? Mi sembrava di aver sentito qualche storia… >>
La donna annuisce. << Sì. Credo fosse il ’45, o il ’46. Era da un po' che non sentivo nulla su di loro. >>
<< Bè, a quanto pare la calma è finita, >> mormora Fury, allungandole un fascicolo.
Peggy Carter lo prende e lo sfoglia lentamente.
<< Qualche suggerimento su come procedere? >>
La donna non risponde subito. Continua, pensierosa, a sfogliare il fascicolo.
Fury la guarda in attesa. << Margaret? >> la richiama poi, visto che lei non si decide a rispondere. << Che c’è? >> sorride << vuoi suggerirmi di darle una seconda possibilità? >>
Il volto della donna resta serio.
<< Margaret! >>
<< Non credo tu sappia come le addestrano, vero? >>
L’uomo non risponde e, in ogni caso, la sua risposta sarebbe negativa.
<< Lo S.H.I.E.L.D. non è un’organizzazione caritatevole dell’oratorio di quartiere… >> cerca di ribattere << quella donna >> indica il fascicolo << è pericolosa. Non sono nemmeno sicuro di avere agenti in grado di eliminarla. >>
<< Quella donna era una bambina che non ha avuto un’infanzia. Né una vita, >> continua, ignorando lo sguardo contrariato dell’altro uomo. << Le Vedove imparano a uccidere subito dopo aver imparato a camminare, non conoscono altro. A loro non è concesso il libero arbitrio. Non sono padrone dei propri corpi, come non lo sono delle proprie menti. >>
Fury tace. Poi sospira.
Bè, è stata una sua idea chiedere consiglio a Peggy Carter, e forse ha l’agente giusto per quella missione.
 
                                                                             §
 
Melina arriva un freddo sabato mattina, assieme a Fury.
Natasha guarda l’auto che si avvicina da una delle vetrate della New Avengers Facility.
È una sensazione strana quella che prova vedendo la donna, da lontano, dopo tutto quel tempo.
Non c’è più la diffidenza della prima volta che si sono rincontrate, ma c’è ancora un’incertezza che non riesce a scacciare.
Da un lato vorrebbe rivederla. Le è quasi mancata. Dall’altro, si è accorta che dimenticare ciò che ha vissuto anche a causa sua, non è facile come aveva creduto.
Gli altri non sanno nulla di lei e Malina. Non saprebbe nemmeno cosa dirgli.
Come dovrebbe definire la donna? Madre? Madre adottiva? Collega di lavoro?
O carnefice?
Se durante i tre anni vissuti in Ohio era riuscita a illudersi di avere finalmente una madre, tornare in Russia l’aveva riportata brutalmente con i piedi per terra.
Melina era sempre rimasta la madre che non l’aveva protetta ma, alla fine, si trattava sempre di una madre. L’unica che avesse mai avuto.
No. In realtà poteva scegliere: quella che era morta per lei, e che non aveva mai conosciuto, o quella ancora viva che non l’aveva protetta.
Bucky, al contrario, si è sentito abbastanza a suo agio per raccontare che gli studi della donna erano serviti a perfezionare il suo condizionamento mentale.
L’ex Soldato d’Inverno sembra aver fatto pace col suo passato, ma nemmeno lui impazziva dalla voglia di incontrare la donna.
<< Tu osservi sempre da lontano, mh? >> Si volta, e nel corridoio c’è Marta.
Sorride, volta la testa per guardare un’ultima volta Melina che viene accolta da Tony e Bruce. Lavorerà con loro per…non sa quanto.
Si volta nuovamente verso Marta << sì. Da lontano si vede meglio. >>
<< Ma è anche più facile farsi delle idee che non corrispondono alla realtà. >>
Natasha annuisce, ma non dice nulla. Si chiede se la frase dell’infermiera sia un riferimento a qualcosa di particolare…l’altra donna nota sicuramente più di quanto lascia intendere.
<< Ti immaginavo con Bucky. Lui dice che va tutto bene, ma la presenza di Melina non l’ha di certo reso più allegro. >>
<< Con lui c’è il capitano, >> sul volto dell’infermiera si allarga un sorriso.
<< Oh. >> Guarda nuovamente fuori: non c’è più nessuno, devono essere entrati. << Abbiamo tre scienziati sotto il tetto, >> guarda nuovamente l’infermiera << i prossimi giorni saranno molto…esplosivi. >>
<< È ciò che temo, >> sospira l’altra.             
                                                                              §
 
 
Marta è curiosa.
Melina Vostokoff è una novità, e mentirebbe se  dicesse che il suo interesse non è dettato principalmente dalla semplice curiosità per un fuori programma.
Certo, dopo Thanos un po' di calma è quello di cui chiunque aveva bisogno, ma la vita continua, e non si può stare fermi per sempre.
L’arrivo della donna è stato accolto in maniera differente dagli Avengers.
C’era chi ne ha timore, come Wanda, per via dei contatti che la scienziata aveva avuto con l’Hydra; c’era Bucky, che fingeva di ignorarla, ma in realtà era agitato.
C’era chi era palesemente eccitato, come un bambino la mattina di Natale, all’idea di poter collaborare con lei: Tony Stark.
E poi c’era Natasha Romanoff.
Aveva avuto come l’impressione che le due donne si conoscessero – il modo in cui lei aveva parlato dell’altra, come l’aveva guardata - e non aveva ancora capito se Natasha fosse contenta o meno del suo arrivo.
Marta sospira, da sola, nel lungo corridoio vuoto.
Non è una psicologa, l’agente Romanoff non è tenuta a parlare con lei, ma vorrebbe che almeno si lasciasse aiutare.
Se non ricorda male, fra qualche giorno Occhio di Falco sarà di ritorno, e forse…forse, cosa? Non lo sa nemmeno lei.
Si è lasciata trascinare dal pensiero generale. “Clint la conosce da più tempo, hanno condiviso molto: con lui parlerà. “
Forse.
Forse no.
Forse stanno esagerando, e Natasha ha solo bisogno di tempo.
Effettivamente, se ci riflette con attenzione, in quegli ultimi giorni le sono stati addosso al punto da ottenere l’effetto opposto a quello desiderato.
Mossa poco intelligente, in effetti, ma aveva senso: quasi tutti gli Avengers, per quanto ne sapeva, non avevano avuto una famiglia su cui contare, sapevano cosa significasse essere ignorati. Si comportavano con lei come nessuno si era comportato con loro quando si erano trovati in difficoltà.
Era una cosa… tenera, infondo, e anche abbastanza triste.
Davanti a lei, alla fine del corridoio, scorge due figure. Sembra che stiano parlando fra loro, e non vuole interromperli.
Marta rallenta il passo pensando a cosa fare. Le viene in aiuto una delle porte che da accesso all’esterno. La apre, ed esce fuori.
Non ha fretta, e aveva comunque intenzione di prendersi una pausa. Resterà per qualche minuto lì a prendere un po' d’aria. Fuori non c’è così freddo come aveva temuto, si sta bene.
Dall’interno proviene il brusio lontano di due voci, ma lei lo ignora, e guarda il cielo sopra di lei: è grigio.
<< Sergente…Barnes? >>
Lui si volta e aspetta che la donna lo raggiunga. << Non sono più un sergente. >>
Melina è a disagio. << Quando tutto sarà finito, voglio dire, quando non vi servirà più il mio aiuto… bè, immagino che lei non abbia un bel ricordo della Russia. E…credo di essere l’ultima ancora in vita. Gli altri scienziati che si sono occupati del progetto sono morti, a Dreykov ci ha pensato Natasha…io sono l’ultima. >>
All’inizio l’uomo non capisce cosa lei voglia dirgli, dove quel suo discorso voglia terminare.
Poi ricorda.
Ricorda come si ragiona nella Stanza Rossa, nell’Hydra… schemi mentali che lui aveva imparato a dimenticare. Evidentemente, per la donna non era stato così.
<< …non sono più nemmeno un assassino. La tua morte, non mi renderebbe il mio passato. E poi…non hai nessuno che ti aspetta? >>
<< Bè, >> per un momento le sue labbra si piegano in un sorriso allegro, dolce, ma cerca subito di ricomporsi << ho Alexei. Ci siamo sposati, >> sorride nuovamente, felice. << Questa volta, però, è tutto vero. E-e ho mia fi- Yelena. >>
<< Bè, se ti facessi fuori, >> cerca di scherzare, << qualcuno si incazzerebbe a morte. >>
<< Oh, sono certa che Alexei troverebbe un’altra. >>
<< Ma non è di lui che ho paura. >>
Ridono.
Il corridoio torna silenzioso.
La porta si apre, e Marta si volta.
<< Vuoi forse ammalarti? >>
<< Oh, andiamo, si sta bene. >>
<< Sì, certo, >> Bucky si scosta << dentro, >> intima, facendo alla donna segno di entrare.
<< Va tutto bene? >>
Lui annuisce distrattamente, poi si accorge che la donna lo sta guardando. << Potrebbe andare peggio, >> dice infine. << Melina…credo che nemmeno lei se la sia passata bene. Se anche Natasha le parlasse… >> si rende subito conto di ciò che ha detto, e si schiarisce la gola a disagio.
<< Si conoscono, >> mormora Marta. Non lo sta chiedendo. Non vuole nemmeno che lui confermi o smentisca, dopotutto, non ve n’è bisogno.
Presto succederà qualche casino, lo sente.






 

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Capitolo 5
*** Madre ***




Capitolo 5
Madre
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




Chi è una madre?
Chi mette al mondo dei figli, o chi li cresce?
Se non si hanno figli propri, non si è madri?
L’istinto materno è compreso nel pacchetto ‘gravidanza’? Quando il ventre comincia a ingrossarsi, una donna diventa immediatamente competente in materia di bambini?
Sono domande che si è fatta spesso in quegli anni.
Dopo essere stata abbandonata da Melina.
Per strada, quando vedeva una donna assieme a dei bambini, o quando sentiva voci infantili urlare un acuto “mamma!”.
Quando aveva conosciuto Laura.
E Lila. E Cooper. E Nathaniel, e li aveva tenuti in braccio, li aveva visti crescere, e si era chiesta come sarebbe stato se ci fosse stata lei al posto di Laura.
Non con Clint, lui era solo un amico. Bè, forse qualcosa di più, ma quello che c’era fra loro non era amore.
Si era chiesta come sarebbe stato avere una casa propria, un lavoro normale, un marito…dei figli.
O anche solo avere il ciclo.
Non era mai riuscita a darsi una risposta, non era mai riuscita a immaginare di vivere una vita simile.
Inevitabilmente, quei pensieri la portavano poi a ragionare su Melina.
Cos’era stata lei, per l’altra Vedova Nera?
Una missione, in cui aveva recitato la sua parte talmente bene da illudere anche sé stessa? L’occasione di vivere la vita che avrebbe desiderato avere? No, Melina aveva conosciuto solo la Stanza Rossa.
Però, spesso si pensa di non volere qualcosa solo finché non la si prova, e poi non si riesce più a farne a meno.
A lei era successo.
La porta si apre dopo qualche secondo, e sulla soglia compare una donna dai lunghi capelli castani. << Sì? >>
<< Sono Natasha Romanoff, agente- >>
Il volto della donna si illumina, e le sue labbra si piegano in un largo sorriso. << Agente Romanoff, che piacere conoscerla, >> le tende la mano << mio marito parla tanto di lei. Io sono Laura Barton. Cerca Clint, vero? Adesso non è qui, è andato in città a fare la spesa, ma dovrebbe tornare fra poco. Venga, lo aspetti dentro, >> Laura la guida all’interno. << Si sieda pure, >> la invita << posso offrirle- ? >> un pianto sommesso la interrompe. << Solo- solo un momento >> Laura si allontana verso il salotto.
Natasha la osserva chinarsi sopra una culla in vimini posata su un divano. << Oh, tesoro, che c’è? Che succede? >> Quando si risolleva, tiene fra le braccia un fagottino di coperte. << Oggi Lila è un po' nervosa, >> sorride, accennando alla bambina, mentre torna in cucina. << Posso offrirle qualcosa? >>
Natasha la guarda cullare dolcemente la bambina, e scuote appena la testa << non serve, si occupi di sua figlia. >>
<< Non si preoccupi. Allora, cosa posso offrirle? Le va un bel tè caldo, o preferisce un caffè? >>
<< Va bene un tè. >>
Laura annuisce e, continuando a tenera la bambina contro il suo petto, prende il bollitore mentre cerca di calmare la figlia. Natasha continua a osservarla poi, pur non sapendo bene cosa potrebbe fare, si alza e si offre di aiutare la padrona di casa.
Laura le chiede se può tenere un momento Lila, giusto il tempo di riempire d’acqua il bollitore.
La Vedova Nera si trova la bambina fra le braccia prima di poter rifiutare.
Lei è un’assassina, non una tata. Nessun essere umano è al sicuro con lei, soprattutto uno che non ha nemmeno un anno di età, ma prende comunque la piccola, cercando di imitare i movimenti della signora Barton.
Fra le sue braccia, Lila comincia a calmarsi.
Laura si volta stupita, poi sorride. Fa per commentare qualcosa, poi si blocca e resta in ascolto per qualche momento, e sorride ancora.
Poco dopo la porta d’ingresso si apre.
<< Amore, >> è la voce di Clint.
Laura corre all’ingresso << ssh! Lila si è appena addormentata, >> sussurra. << C’è qui la tua collega, Natasha Romanoff. L’ha calmata lei. >>
Era stato quello il momento in cui si era davvero resa conto di quanta poca normalità ci fosse nella sua vita. E, soprattutto, si era resa conto di ciò che avrebbe potuto avere, e di ciò che non avrebbe mai avuto.
Forse, però, se anche avesse avuto una scelta, non sarebbe comunque diventata madre.
Non lo sa, e non lo saprà mai, ma avrebbe voluto una scelta, e un corpo tutto intero.
Natasha resta chiusa nel suo ufficio tutto il giorno finché, di sera, non arriva Steve.
<< Però…quella vodka doveva essere davvero buona, >> commenta l’uomo accennando alla bottiglia vuota sulla scrivania.
Lei sbuffa, leggermente stordita dall’alcool, << sono russa, >> borbotta. O lo era.
È russa? Per quanto ne sa, potrebbe essere nata in Romania, o Moldavia.
<< Nat? Hai mangiato? >>
Ecco: il capitano, per esempio, sarebbe una madre perfetta, pensa Natasha scuotendo la testa.
Il capitano sospira: le porterà qualcosa da mangiare.
<< Steve? >>
<< Dimmi. >>
<< Ti capita mai di…non sapere- >> non sapere cosa, esattamente? Scuote la testa << niente. >>
Lui le sorride bonariamente, deciso a non lasciar cadere quel discorso. << Niente? Vuoi scherzare? Ogni giorno. Andiamo, Nat, sono nato nel 1918, mi sono arruolato per fermare i nazisti e volevo solo che la guerra finisse per poter tornare a casa con Bucky. Volevo sposare Peggy, avere una famiglia… >>
<< Ma ora… sei felice con James? >>
<< Certo. >> L’uomo le sorride rincuorante <<  Sai, raramente la vita va come vogliamo, ma questo non è necessariamente un male. Credo che…dobbiamo vedere le cose per quello che sono, non per quello che vorremmo che fossero. Non sempre ciò che desideriamo può renderci felici. >>
 
                                                                              §
 
 
<< Lei è la nostra infermiera-psicologa-confidente… fa un po' tutto, per la verità. È un miracolo che Fury l’abbia assunta. >>
È così che Marta viene presentata a Melina. È piuttosto imbarazzante, ma nessuno contraddice le parole di Tony Stark, e l’infermiera non può non essere felice.
<< Manca solo…. >> l’uomo si guarda attorno << avete visto Natasha? >> c’è una nota di preoccupazione nella sua voce. L’unica risposta alla sua domanda è il silenzio. << No, ovvio, >> mormora lui, perdendo il buonumore per un momento.
Melina osserva la preoccupazione nei loro volti, e non può fare a meno di condividerla.
<< Bè, dottoressa Vostokoff, manca solo Natasha Romanoff, ma sono certo che comparirà più tardi e gliela presenteremo. >>
<< Oh, bè, immagino sarà impegnata. >>
<< Sì, Natasha è sempre impegnata, sacrificio, il dovere al primo posto… secondo me è colpa del capitano Rogers, sa? >> l’uomo in questione rotea gli occhi fingendosi offeso << sta cercando di plagiarci e farci diventare tutti dei soldatini- ahi! >>
<< Taci, >> sbuffa Pepper rendendo a Morgan, l’orsacchiotto in peluche con cui ha colpito il padre. La bambina, pacificamente accoccolata fra le sue braccia, stringe il giocattolo fra il suo corpo e quello della madre.
Lo sguardo di Melina si sposta sulla donna e sulla bambina. << Le chiedo scusa, >> continua Pepper << mi marito tende a esagerare. >>
Melina sorride << i mariti… >> sospira.
<< È sposata? >>
<< Sì, ma lui è rimasto in Russia. Con nostra figlia. >>
<< Sentiranno la sua mancanza, >> commenta Bruce. Si conoscono da poco più di un giorno, ma si sono subito resi conto di essere molto più simili di quello che pensavano, e di ragionare quasi allo stesso modo.
Banner, all’inizio stressato all’idea di avere una persona nuova attorno, si è subito rilassato grazie al carattere pacato della donna, decisamente meno caotica di Tony.
<< Oh, staranno bene. >>
Melina si ritrova al centro dell’attenzione. Risponde alle domande in maniera un po' vaga, ma cerca di non mentire. Solo, ommette alcune informazioni.
Come ha omesso che vorrebbe tanto rivedere Natasha, e che è preoccupata per lei, soprattutto dopo aver visto che anche gli altri Avengers lo erano.
Non ha detto che Natasha è sua figlia. Non le è stato chiesto, dopotutto, e non è certa che l’altra donna voglia quell’etichetta.
<< Oh, ecco, >> la voce di Iron Man la distoglie dai suoi pensieri.
La porta del salotto si apre all’arrivo dell’altra Vedova Nera.
Senza pensare, si alza dal divano e le si avvicina, talmente è felice di rivederla. Si ferma e la osserva: è dimagrita, ha le occhiaie.
 I capelli non sono più di quel bel rosso vivo: per metà sono biondi, e la ricrescita rossa è di una tonalità spenta.
<< Natasha? >> chiama. Vedendo l’altra donna irrigidirsi e guardarla leggermente stupida, si rende subito conto di aver fatto un errore.
Tony guarda prima l’una e poi l’altra, e anche gli altri presenti sono sorpresi.
<< Vi conoscete già? >> chiede Stark, rompendo il silenzio.
Melina è pronta a mentire.
Potrebbe dire che sì,  conosce l’altra donna, ma solo di fama; oppure dire ciò che più si avvicina alla verità: si sono conosciute durante una missione.
Natasha risponde prima di lei. << È mia madre, >> mormora. 
Ci ha pensato a lungo, e non vuole più nascondersi.
<< Tua…madre? Tua madre…ma che fortuna... la mamma è la persona che ci conosce meglio di tutti, si sa. Perché non vi fate una bella chiacchierata, eh? >>
Melina guarda interdetta tutti i presenti, sperando in una risposta, poi gli sguardi delle due Vedove si incontrano, e la più anziana guarda la più giovane con attenzione, e senza fare nulla per nascondere la preoccupazione.
<< Vedo che state bene assieme, non vorrei privarvi della sua compagnia. >> La più giovane è la prima a cedere. << Fate come se non fossi passata, >> dice infine, abbassando lo sguardo.
Si volta per andare via; Melian guarda i presenti in attesa di una spiegazione. Era certa che sarebbe stata la sua presenza a infastidirla, ma c’è qualcos’altro
Bucky risponde con un << non è un bel periodo per lei. >>
<< Vado a parlare, >> dice risoluta. È compito suo, dopotutto.
Bè, più o meno. Forse non ha più alcun diritto di immischiarsi nella vita di colei che, anni prima, aveva davvero considerato sua figlia e che, infondo, lo è ancora adesso.
Uscendo, non si accorge degli sguardi curiosi che vengono rivolti a Bucky.
 

 




 

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Capitolo 6
*** Segni ***





Capitolo 6
Segni
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
<< Natasha, >> la chiama Melina, andandole dietro lungo il corridoio vuoto. I suoi passi e la sua voce riecheggiano nel silenzio.
L’altra donna si ferma e si volta. << Per favore, non- >>
<< ‘Non’ cosa? Guardati. Sei magra, hai le occhiaie, >> allunga una mano per prendere la treccia che le ricade sul seno << e i tuoi capelli… che ti è successo? >>
<< Nulla. >>
<< Chi ti ha insegnato a mentire? Ha fatto un pessimo lavoro… >>
Quel commento la fa quasi ridere. Nonostante tutto, Melina è una Vedova Nera. Sospira. << Sto bene, torna dagli altri. Vi stavate divertendo, no? >>
<< Bè, >> non può negarlo, si stava trovando bene. Era grata della possibilità che aveva avuto: lavorare assieme a Tony Stark e Bruce Banner, con loro poteva parlare senza doversi fermare ogni volta a spiegare cosa avesse appena detto. Loro la capivano.
Inoltre, finalmente, poteva fare qualcosa che aveva scelto lei, avere la certezza che le sue ricerche non sarebbe state sfruttate senza morale.
<< Stai mangiando? >> chiede poi, determinata a non cambiare argomento.
<< Sì! >>
Melina non è convinta, ma decide di non insistere.
<< Senti, >> cerca di tranquillizzarla Natasha << non devi preoccuparti di nulla…ci pensa già Steve. >>
La donna sorride << Captain America… >> mormora.
Gli sguardi delle due donne si incontrano, e entrambe sorridono. Entrambe hanno pensato la stessa cosa, e si sono capite senza bisogno di parlare.
<< Lui lo sa che adesso abiti sotto lo stesso tetto di Captain America? >>
<< Oh, sì. >>
Natasha comincia a ridere.
<< Era furioso, >> continua Melina << Capitan America vuole rubare le mie donne, >> imita la voce di Red Guardian. Le due ridono, mentre Melina continua a imitare il marito che parla della sua nemesi americana, accusandolo di azioni mai compiuto, e vantandosi di vittorie mai ottenute.
<< Sai, Alexei si preoccupa per te… non ti sei più fatta sentire… hai una famiglia… >>
<< Ne ho due. >>
<< E le tieni lontane entrambe. >>
Non è vero, vorrebbe dire, ma sa che non ha senso mentire all’altra donna.
<< Non devi giustificarti, >> la precede Melina << so quello che provi. So cos’hai vissuto... l’ho vissuto anche io. Non sai mai di chi fidarti, non sei abituata a essere importante per qualcuno… serve tempo per cambiare, per disimparare schemi mentali che ora non ti servono più. >>
Natasha non dice nulla.
Non ha mai avuto occasioni di parlare con un’altra Vedova. Nemmeno con Yelena.
È una sensazione strana.
Si sente compresa.
Melina allunga una mano e prende quella della figlia, la stringe fra le sue e la accarezza piano.
<< Anche tu, da bambina, venivi ammanettata al letto? >> le chiede senza pensare, prima di cambiare idea. Non sa nemmeno perché, se voglia un consiglio, o abbia solo bisogno di dirlo ad alta voce.
<< …sì, >> annuisce l’altra, la testa bassa.
<< Come-come…? >>
<< Oh, ci ho messo anni. Devi cominciare. >> Prima qualche ora a notte, finché non ci si sveglia agitate alla ricerca di qualcosa con cui bloccare il polso; poi tutta una notte. Poi due, tre…e poi, forse, se non si smette di provare…
Natasha annuisce.
Ci sono tante cose che vorrebbe chiedere.
Come sta Yelena? Dove abita?
E le altre Vedove? E Antonia?
Ma non riesce a parlare, le parole le restano bloccate in gola. Resta in silenzio, una mano in quelle di sua madre, e quasi le sembra di essere tornata bambina.
Quando erano piccole, Yelena non esitava mai a cercare l’aiuto della madre. La chiamava a gran voce, correva da lei…lei non era mai stata così, forse perché sapeva.
Ora vorrebbe tanto riuscire a essere come la bambina che è stata sua sorella, e chiedere ciò di cui ha bisogno senza preoccuparsi troppo.
 
                                                                                §
 
 
Una mano si poggia sulla sua spalla, Natasha si volta.
Clint le indica le indica il polso poi, con un’ espressione interrogativa, segna la parola ‘dolore’. *
Andare dritto al punto è proprio da lui, ma almeno poteva degnarla almeno di un ‘ciao’.
Non risponde subito; il primo istinto è distogliere lo sguardo: Clint ha sempre avuto l’abitudine di guardarla come se potesse leggerle dentro e, cosa che l’aveva sempre infastidita, la maggior parte delle volte ci è riuscito.
Alla fine, si decide a segnare un distratto ‘sto bene’. Ovviamente, l’uomo non è convinto.
È arrivato quella mattina, ma sicuramente qualcuno l’ha già aggiornato riguardo le ultime novità, altrimenti non se lo sarebbe trovato fuori dalla porta del suo ufficio.
<< Hai una famiglia, >> gli fa notare Natasha, guardandolo, in modo da permettergli di leggere il labiale.
‘Anche tu’ risponde l’uomo.
È offeso? Comprensibile, sicuramente devono avergli detto anche di Melina. Non gli ha mai parlato di lei, di Alexei o di Yelena. Sa che ha avuto delle persone importanti per lei, ma non è mai scesa nei dettagli.
<< Scusa. >>
Clint si porta una mano aperta vicino al volto e, con espressione interrogativa, abbassa il medio. Perché?
<< Avrei dovuto dirtelo. >>
Clint scuote la testa.
Natasha chiude la mano a pugno, solleva l’indice a formare un uncino e lo avvicina all’orecchio, poi porta la mano vicino al busto, allunga il dito e lo agita. Dov’è il tuo apparecchio acustico?
‘Scarico’, segna l’uomo.
Lei annuisce.
‘Sono passato a vedere come andavano le cose senza di me,’ riprende l’uomo ‘resto per due giorni.’
Natasha annuisce nuovamente, poi segna che dovrebbe andare da Wanda.
Dapprima incerto, alla fine l’uomo acconsente.
Dopotutto, ha due giorni: sono abbastanza per farsi dire dall’altra donna cosa le stia succedendo, e perché gli altri siano preoccupati.
 
                                                                           §
 
<< Va tutto bene? >>
La mano di Steve gli sfiora delicatamente le spalle in gesto amorevole.
Bucky abbandona il suo disegno che stava facendo, e segue con lo sguardo l’uomo che si avvicina al giradischi << ti va un po' di musica? >>
<< Mh-mh. >>
Ora che abitano nella New Avengers Facility, potrebbero anche fare a meno di quel giradischi. Per la verità, avrebbero potuto farne a meno anche prima.
Potrebbero usare semplicemente un pc: semplice, leggero, con musica illimitata.
Il giradischi era pesante, e fragile. Trovare la musica non era sempre facile, ma il suono graffiato che veniva fuori sembrava avesse viaggiato nel tempo, e fosse arrivato lì dagli anni trenta.
Ogni tanto era piacevole lasciarsi illudere.
<< Sto bene, Steve, sto bene. Non guardarmi così. >>
L’altro uomo sospira, e si passa una mano sul volto << sai, qualche volta mi piacerebbe che tu e Natasha vi fidaste di me. Non ho idea di cosa avete vissuto, ma sono pronto ad aiutare come posso, se mi viene permesso. >>
Bucky chiude il blocco da disegno con un sospiro. << Non si tratta di fiducia. >>
<< E di cosa, allora? >>
L’altro non risponde. Si tratta proprio di fiducia, ma non vuole dirlo.
Se lo sapesse, Marta gli farebbe una bella ramanzina. Quasi sente la sua voce ricordargli di provare sempre a parlare con Steve, senza preoccuparsi troppo. ‘Finché non inizi, non ti verrà mai naturale confidarti con lui.’
<< Steve, >> sospira allora << per anni...non potevo fidarmi di nessuno…e non ho nemmeno avuto nulla confidare. Non ricordavo nemmeno il mio nome. >>
<< Ma ora sì, >> gli si avvicina e si china su di lui, scaricando il peso del corpo sullo schienale della poltroncina su cui è seduto Bucky << e io sono qui, >> termina allungando una mano per accarezzargli il volto, e chinandosi per baciarlo. << E vale lo stesso per Nat. >>
<< Spero di avere l’esclusiva per quanto riguarda i baci. >>
Ridono.
<< Certo. >>
Attorno a loro, la stanza viene riempita dalla voce di Vera Lynn.
<< E poi, ora che è tornato Occhio di Falco… >>
<< Sei geloso? >>
<< No! >>
Steve ride. << Menti meglio, >> consiglia bonariamente, sollevandosi.
<< Non sono- ! È che- >> si alza, si passa una mano fra i capelli. << C’è stato un tempo in cui si è confidata con me, >> ammette poi << un tempo in cui siamo stati stupidi, e abbiamo pensato di poter scappare dalla Russia…eravamo soli e…non so, credo mi manchi quell’intimità dovuta, forse, solo al momento di necessità. >>
<< In quel periodo hai conosciuto anche Melina? >>
<< Poco dopo…io e Natasha tentammo di scappare. Ci trovarono, ovviamente, e usarono il lavoro di Melina per perfezionare il mio condizionamento mentale. È una fortuna che i suoi studi non fossero ancora terminati, altrimenti sarei stato condizionato chimicamente, e ora non sarei qui con te. >>
<< Ma non è successo, >> lo rassicura Steve, allungando una mano ad accarezzargli il volto. Bucky ama il contatto fisico, e lui si assicura che non gli manchi mai. Allarga le braccia, e avvolge gentilmente l’altro uomo.
Bucky poggia la fronte contro il suo petto e socchiude gli occhi stringendosi a lui.
Quando può, evita di ripensare al suo passato da Soldato d’Inverno, non sono mai ricordi piacevoli.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE
*Per chi non lo sapesse, nei fumetti Clint Barton è sordo. Secondo me, sarebbe stato interessante che il personaggio avesse questa caratteristica anche nei film.
È la prima volta che scrivo di un personaggio sordo, spero che la scena sia comprensibile.
Per i segni, mi sono aiutata con un dizionario.
 
 


 

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Capitolo 7
*** Tempo ***





Capitolo 7
Tempo
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



Ormai quella di Melina è una presenza fissa, fa parte della quotidianità della New Avengers Facility.
Trascorre la maggior parte del suo tempo con Tony e Bruce, pertanto Natasha non ha molte occasioni di parlarle e, in fondo, le va bene così.
Ci sono tante cose che vuole dirle, ma non si sente ancora pronta. Può aspettare.
Ora Melina è lì e non sembra che se ne andrà tanto presto.
C’è tempo, si ripete ogni volta che si incontrano.
C’è tempo, si ripete mentre i giorni passano.
C’è tempo, si ripete ogni volta che decide di tacere.
Poi le cose cambiano, e si rende conto di quanto è stata ingenua.
Comincia tutto con un allarme, poi la voce di F.R.I.D.A.Y. che avvisa di un incidente nel laboratorio.
È in quel momento, mentre corre lungo i corridoi, che spera di poter avere ancora tempo.
Fuori dal laboratorio c’è fumo, Bruce è in ginocchio sul pavimento. Con lui c’è Wanda, gli occhi sgranati, che cerca mantenere la calma e di calmare l’uomo, nonostante lei stessa sia presa dal panico.
<< Andate via, >> le ordina Natasha.
<< No, >> si oppone Bruce << Tony- >> un colpo di tosse lo interrompe, ma lui riesce a rantolare un << e Melina… >>
<< Ci penso io. Andatevene! >>
Wanda aiuta l’uomo a sollevarsi, e lo spinge via. In suo aiuto arriva Visione, seguito da Marta con la sua borsa medica.
<< Che diavolo è successo? >>
<< Non lo so. Pensa a Bruce, io aiuto gli altri. >>
L’infermiera fa per andare dietro all’uomo, poi cambia idea << fuori discussione! Non- Natasha! Tona qui! >>
Il laboratorio è invaso dal fumo. Ci sono fiamme, ma l’impianto antiincendio si è attivato.
Trova Tony vicino all’ingresso. È stordito, e lo aiuta a rimettersi in piedi e a uscire.
Cerca Melina con lo sguardo, ma non la vede, e spera che sia riuscita a uscire senza che se ne sia accorta.
Fuori in corridoio sono arrivati anche Steve e Bucky, ma la donna non si vede.
Steve aiuta Tony a sederti per terra, la schiena contro la parete. << Sei ferito? >>
<< No- tutto intero, >> geme l’altro << maledizione. È stato un errore di calcolo…Banner non verde, vero? >>
<< No, no >> lo rassicura Natasha << va tutto bene. È con Wanda- >> risponde, guardandosi attorno.
Melina non c’è, non è ancora uscita.
Deve tornare indietro.
Fa un respiro profondo e torna dentro il laboratorio prima che gli altri la possano fermare.
Sente Tony che urla il suo nome, e un << fa’ qualcosa, Cap! >> che somiglia molto a un rantolo.
È Bucky a correrle dietro, ed è lui a trovare Melina e a portarla fuori.
La trova priva di conoscenza, riversa a terra con un palmare scheggiato in mano.
 
                                                                           §
 
Una mano le stringe delicatamente la spalla.
Lei si volta.
<< Dovresti andare a dormire. >>
È Tony.
Non si aspettava che sarebbe stato proprio lui a cercare di convincerla ma, Stark è una continua sorpresa da quando è nata Morgan.
<< Che ci fai ancora qui? Dovresti essere da Pepper e tua figlia. >>
<< È quasi l’una del mattino, loro dormono. Dovesti farlo anche tu, >> consiglia gentilmente, con voce pacata. << Marta dice che sta bene, >>  aggiunge accennando a Melina, che dorme nel letto dell’infermeria.
Natasha annuisce. Lo sa, ha parlato anche lei con Marta ma, non lo ammetterà mai ad alta voce, non riesce a non avere paura.
<< Scusa. >>
<< Per…cosa? >>
<< L’errore di calcolo che ha provocato l’esplosione in laboratorio, >> spiega Tony, senza riuscire a guardarla in faccia, le mani nelle tasche dei pantaloni << è stata colpa mia. Ho voluto strafare, ho mandato il sistema in sovraccarico e, con tutti quegli agenti chimici attorno…cazzo, >> mormora passandosi le mani sul volto. Sarebbe potuta andare infinitamente peggio di così, sarebbero potuto morire, o perdere il senno.
Capirebbe se Natasha volesse prenderlo a pugni: lui lo farebbe. Lui avrebbe eliminato Bucky per aver ucciso sua madre.
Anche suo padre.
Forse.
Sicuramente, l’avrebbe ucciso per vendicare la morte di sua madre.
La donna, però, è troppo stanca per quello.
<< Vai a letto, Natasha. Farai preoccupare Steve, >> cerca di scherzare << alla sua età non gli fa bene. >>
Le labbra della donna si piegano in un sorriso, ma rimane lì, seduta accanto al letto dove dorme sua madre.
Non chiude occhio.
Spesso guarda le lancette dell’orologio che girano segnando le ore, poi torna a guardare la donna stesa sul letto.
Si sente spaventosamente sola, pur non essendolo, e ha paura.
Odia quella paura, perché è stupida e irrazionale: Melina sta bene, sta solo dormendo. Non morirà.
Eppure ha paura.
Ripensa a tutto ciò che avrebbe voluto dirle, e chiederle.
Ripensa a quando era una ragazzina in Ohio, alla Stanza Rossa.
Una parte di lei non vuole fidarsi della donna, l’altra parte, però, non può farne a meno.
Le sembra quasi che il buio della notte, rischiarato solo dalla soffusa luce di una lampada da terra, possa inghiottirla, annullarla, e attende con ansia le prime luci del giorno.
Mentre attende, continua a pensare. Pensa fino a farsi venire il mal di testa, e non arriva a una soluzione.
Melina si sveglia la mattina seguente, stordita e indolenzita.
Era la più vicina all’esplosione, pertanto ha subito effetti collaterali più importanti, come i lividi dovuti alla caduta causata dall’onda d’urto, e una brutta storta al polso.
Nulla, però, le impedisce di fare una ramanzina alla figlia per il modo in cui ha trascorso la notte.
Sotto lo sguardo divertito e sollevato di Marta, Natasha si arrende e lascia l’infermeria per farsi una doccia e mangiare qualcosa.
Si sente decisamente più tranquilla e, dopo la doccia, quando la tensione la abbandona, si rende conto di essere davvero affamata.
In cucina ci sono Bucky e Wanda che fanno colazione.
L’uomo le allunga subito una sedia, e Wanda le porge una tazza di tè. << Non fate quelle facce, non sto morendo. >>
Bucky le rivolge un’espressione poco convinta, ma non dice nulla, e continua a bere il suo caffè.
<< Ti sarai presa un bello spavento, >> mormora Wanda, e Natasha sa che l’altra donna non è in grado di capirla solo grazie alle sue abilità.
Le sorride comprensiva. << Tu stai bene? >>  chiede poi.
Non deve essere stato facile per lei dare una mano. Il ricordo della morte dei suoi genitori è ancora vivo in lei, così come la paura che ha provato, e che viene rievocata da rumori forti, come le esplosioni.
La minaccia di Thanos l’ha resa più forte, e più fredda. Il rischio di perdere Visione è stato un duro colpo e, da quanto tutto è finito, i due trascorrono molto tempo assieme quasi che temano una separazione che potrebbe essere definitiva.
Vorrebbero tornare in Scozia, vivere per conto loro, ma non è possibile ignorare il fatto che il mondo avrà ancora bisogno degli Avengers.
Natasha un po' li invidia: quei due sembrano leggersi nella mente, e forse è davvero così, col risultato che si capiscono alla perfezione.
È palese, chiunque lo noterebbe, e lei l’ha sempre trovato affascinante.
Capire le persone per lei è sempre stato lavoro. Osservare i loro gesti, capire la prossima mossa poteva essere vitale durante missione.
Certo, il suo legame con Clint si avvicina a qualcosa che, forse, può essere definito una connessione mentale. Quasi. Riescono ancora a mentirsi, se vogliono.
Visione arriva. Bucky si alza e va via, poi va via anche lei.
Wanda la guarda in silenzio mentre Visione le si avvicina e la abbraccia dolcemente, poggia la fronte contro quella della donna, che socchiude gli occhi respirando piano, poi sposta la testa e la poggia contro il petto di lui.
Non c’è battito cardiaco, benché, se volesse, Visione potrebbe riprodurne il suo suono. A lei va bene così, le basta sentire la sua mente calma e, nell’ordine dei suoi pensieri, riesce a trovare la sua serenità.
 
                                                                                  §
 
Quando Natasha entra nella sua stanza, Melina le sorride e, con una mano, le fa segno di avvicinarsi.
Marta le ha consigliato di fare con calma, e di restare a letto almeno per qualche giorno. In ogni caso, col braccio immobilizzato a causa della storta, non potrebbe comunque fare molto.
<< Dammi il polso. >>
Non specifica quale. Non serve, lo sanno entrambe.
Melina lo osserva con sguardo critico. La pelle non è tagliata, ma è ancora rossa, e c’è un livido violaceo. << Non hai detto niente a nessuno, mh? >>
Natasha abbassa la testa senza rispondere.
Si sente ancora in soggezione davanti alla donna. Da bambina lei era stata il suo idolo, il suo modello, ciò che aspirava a diventare…e poi si era resa conto di aver sbagliato tutto, ma Melina era ancora quella madre/modello della sua infanzia in Ohio.
<< Tieni. >>
La donna le porge una scatolina verde << questo l’ha preso Yelena, voleva dartelo quando vi sareste riviste, ma…siete entrambe davvero testarde, e ho deciso di portartelo io. Lei adesso vive con me e Alexei, mi sta dando una mano ad aiutare le altre Vedove. Sai, vorrebbe tanto che tu fossi orgogliosa di lei… >>
Natasha apre la scatolina, e all’interno trova un filo di perle verde scuro. Lo prende in mano e lo osserva attentamente. Le piace, ed è un regalo di sua sorella.
<< Mettitelo al polso, la notte, quando vai a letto >> la invita Melina << il tuo cervello ti convincerà di avere delle manette. Dovrebbe funzionare, né ho parlato anche con l’infermiera. >>
Natasha si irrigidisce.
<< Lei non voleva dirmi nulla, >> la precede Melina << ma a me non serviva, io sapevo già. >>
<< Era lei che non sapeva… nulla. >>
<< Credo che sappia più di quanto credi. È sveglia, e attenta. >>
Natasha non dice nulla, si limita a osservare il bracciale.
Il silenzio sceso fra le due, viene interrotto da qualcuno bussa alla porta, è Stark.
Si scusa subito, non voleva disturbare, ma è riuscito a riparare il palmare di Melina, e voleva solo informarla che le era arrivato un messaggio. << Non ho la più pallida idea di cosa sia, >> garantisce << è tutto in russo. >>
Melina prende il palmare e cerca il messaggio in questione. È quasi certa che sia l’ennesima lamentela di Alexei su Captain America.
<< Melina, che succede? >>
<< Devo- devo andare, devo tornare in Russia- >>






 

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Capitolo 8
*** Madame B. ***





Capitolo 8
 Madame B.
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
 
Bucky si trova davanti un Tony piuttosto preoccupato, e rimpiange subito i bei tempi andati in cui era congelato e non aveva problemi da risolvere.
<< Ci sono due assassine russe, che si stanno urlando contro in russo. E, sai, tu qui sei l’unico che possa capirle. >>
Bucky non sa cosa pensare. La prima opzione è che Stark voglia giocargli un brutto scherzo perché, insomma, dopotutto si parla di Anthony Edward Stark, il figlio di Howard Stark.
Poi pensa che l’altro abbia semplicemente ingigantito la situazione a causa dell’incomprensione linguistica.
Quando però si trova davanti Melina e Natasha che si urlano contro, dalle poche frasi che riesce a sentire, capisce che c’è davvero un casino da risolvere.
Alle solite, insomma. Anzi, no, peggio del solito.
Incontra lo sguardo di Natasha, che volta subito la testa, dopo aver urlato qualcosa che non avrebbe mai nemmeno voluto pensare.
<< Posso- >> si schiarisce la gola << dare una mano? >>
<< Non serve, >> risponde Natasha.
<< Sì! >> la contraddice l’altra donna, mentre Tony mormora un << bè, hanno le idee chiare. >>
<< Se vuoi andare tu, >> Melina si rivolge a Natasha << non andrai da sola. No! >> la sua voce è acuta, quasi uno strillo << non andrai lì da sola! >> ripete.
<< Sono un’Avengers, e una Vedova Nera, >> la voce di Natasha è un sibilo carico d’odio, e i due uomini provano la sgradevole sensazione di essere intrusi in una conversazione particolarmente privata. Si scambiano uno sguardo di disagio, mentre le due donne continuano a litigare, questa volta in inglese.
<<  Ho imparato a badare a me stessa quando ero una bambina, non ho mai avuto la protezione di nessuno. Di certo, non ne ho bisogno ora. >>
Melina tace e abbassa la testa. È colpa sua e, per quanto cerchi di rimediare, nulla potrà cancellare ciò che ha fatto.
Natasha passa oltre i due uomini per uscire dalla stanza proprio mentre arriva Marta, attirata dal chiasso.
<< Che succede? >> chiede l’infermiera, guardandosi attorno confusa.
<< Tutto sotto controllo, >> promette Tony, prima di andare dietro a Bucky, che è già corso via per fermare Natasha.
Trova i due in fondo al corridoio, e rallenta il passo: non vuole trovarsi in mezzo a un’altra conversazione privata, anche se non capirebbe nulla, visto che i due parlano in russo. Poi Bucky gli si avvicina << credo sia il caso di esaminare la situazione assieme agli altri. >>
La donna cerca di opporsi: non serve farne una questione di dominio pubblico, si tratta di un problema che riguarda solo lei.
I due non la ascoltano
Riuniti tutti nel salotto della New Avengers Facility, Melina spiega la situazione.
È strano per lei essere al centro dell’attenzione di persone pronte ad aiutarla, quasi non riesce a parlare, perché il timore di non potersi veramente fidarsi di loro è difficile da ignorare.
In parte si sente anche stupida. La sua preoccupazione suona come la semplice agitazione di una madre qualsiasi, ma lei sa che non è così, sa che, se Yelena non ha più dato sue notizie, e Alexei l’ha contattata, allora è successo qualcosa.
<< Credi che sia ancora in Russia? >>
<< Sì. Lei… era una cosa che voleva fare da tempo e…voleva assolutamente sapere chi fosse la sua famiglia d’origine, e- così ho provato a fare qualche ricerca. Io ho- io ho trovato qualcosa, ma non ho voluto dirglielo. Deve aver scoperto le mie ricerche…Alexei mi ha detto che lei è partita poco dopo di me, lui si è fidato, non le ha chiesto nulla…era convinto che avrebbe avuto tutto sotto controllo. Non è colpa sua, >> si rivolge a Natasha << lui non sa come- >>
<< No, certo, >> la schernisce la donna. << Lui non sa mai nulla. >>
Bucky cerca di riportare la calma, e chiede a Melina se abbia un’idea di dove iniziare le ricerche.
Lei balbetta qualcosa riguardo una casa nella foresta, vicino a  Vyborg; accenna a una Vedova che si era ritirata lì, e a documenti segreti che erano stati nascosti.
Balbetta che non è certa che le sue supposizioni siano giuste, e che non sa precisamente dove si trovi la casa, quando Natasha la interrompe. << Voglio dei nomi! >> sbotta, ignorando Bucky, che cerca di calmarla.
<< M-madame B. >>
<< Madame-? >>
<< Madame B. >> Agli inizi del 2000 la donna era scomparsa portando con sé documenti riguardanti le Vedove. Non ne sa molto a riguardo, non era compito suo. Sa solo che c’era qualcosa dietro, forse una missione.
Natasha deglutisce a vuoto. Sente una mano posarsi sulla sua spalla, e stringere delicatamente in maniera confortante: è Bucky. Volta la testa, e i loro sguardi si incontrano.
Lui non ha mai avuto molto a che fare con quella donna, ma se la ricorda, e ricorda la freddezza con cui osservava bambine uccidersi a vicenda.
<< Direi che l’unica cosa che manca, >> si intromette Tony << è decidere con chi andrai in missione di salvataggio. Non si discute, Romanoff. Non vorrai far certo preoccupare tua madre, mh? >>
 
                                                                                  §
 
Non è particolarmente contenta di essere dovuta partire con Steve ma, dopotutto, non le sarebbe andato bene nessuno.
Certo non poteva venirci Bucky con lei. Per lui sarebbe stato troppo tornare in Russia, rivedere luoghi che aveva già visto con gli occhi del Soldato d’Inverno.
Da quando sono partiti, il capitano non le ha chiesto nulla, si è limitato solo a comunicarle dettagli tecnici: arriveranno a Vyborg in dieci ore circa, il clima è gelido e piove.
F.R.I.D.A.Y. ha localizzato il luogo in cui potrebbe trovarsi il luogo cercato da Yelena, e Tony ha inviato loro le coordinate.
<< Nat, >> la ferma, dopo l’ennesima volta che smonta, controlla, e poi rimonta la sua semiautomatica. << Andrà bene, troveremmo tua sorella. >>
Lei annuisce, ma non si sente davvero rassicurata da quelle parole.
<< Nat? >> la richiama lui, sempre pacato. È un invito a parlare, a confidarsi con lui, se ne ha bisogno, ma anche il desiderio di capire meglio cosa stia succedendo.
È stata piuttosto concisa riguardo…tutto.
Mia sorella è scomparsa mentre cercava dei documenti in possesso di una delle persone che mi hanno rovinato la vita, e reso chi sono ora. Non voglio il tuo aiuto, ma se proprio insisti…
Si sente in colpa nei confronti di Steve e poi, nonostante mentire sia naturale per lei, comincia a stancarla. Per tutta la vita non ha fatto altro, ma ora vorrebbe riuscire a parlare liberamente senza preoccuparsi di nulla.
Né di cosa verrà fatto con le informazioni che dirà, né delle reazioni di chi ascolta.
Steve tace, pacato come sempre, e rispettoso, e lei decide che ha bisogno di raccontare tutto a qualcuno.
È nata a San Pietroburgo, nel 1939. Non ha mai conosciuto la sua vera famiglia, e non sa fino a che punto le interessi conoscere le persone che l’hanno venduta alla Stanza Rossa. Sua madre, però, almeno secondo quanto le è stato detto, si era opposta.
È stata addestrata fino a quando ha compiuto otto anni, fino al suo primo tentativo di fuga.
È stata riportata indietro, e…non sa cosa sia successo, non lo ricorda. Forse ha tentato di scappare un’altra volta, forse no. Poi è stata congelata e, dopo quello, il suo primo ricordo è la nuova responsabile del suo addestramento: Madame B.
Racconta poi della missione in Ohio, di Yelena e della loro finta famiglia, del ritorno in Russia. Arriva fino a Budspest, e Clint.
Parla degli orrori della Stanza Rossa, di tutto il sangue che è stato versato, da lei e davanti a lei. Parla del suo addestramento, e delle missioni che le sono state affidate quando era solo una bambina.
Parla di quella sorella con cui non condivideva il sangue, ma che è sempre stata sua. Eppure l’ha abbandonata più volte.
La prima, dopo Budapest, l’ha fatto per paura, confessa. Paura che, se fosse tornata indietro, non sarebbe più riuscita a scappare. Aveva avuto l’occasione di ottenere la libertà, e non voleva rischiare. Era stata schifosamente codarda, e egoista.
Racconta tutto senza freni, parla liberamente come non aveva mai pensato sarebbe stata capace di fare, e Steve, seduto accanto a lei, la ascolta in silenzio senza giudicare.
<< Alla fine è colpa mia che mi sono illusa, >> termina << Melina non era nessuno, e Alexei voleva solo la gloria della Grande Madre Russia. Però, >> ammette poi << li ho odiati a lungo. >>
<< Qualche volta abbiamo bisogno anche di quello. Di odiare, intendo. >> Ride piano, notando lo sguardo stupido della donna << spesso odiare qualcuno significa semplicemente riconoscere che quella persona ci ha fatto del male. Credo sia una sorta di meccanismo di autodifesa: ti rendi conto che anche tu sei importante, che non meriti il trattamento che ti è stato riservato. >>
<< E io che pensavo mi avresti detto di perdonarli… >>
<< Dipende da cosa tu intenta per ‘perdono’. Perdonare non vuol dire dimenticare, o fingere che non sia successo nulla. Vuol dire andare avanti con la propria vita, e riuscire a lasciare il passato al suo posto. >>
Natasha chiude gli occhi e inspira, poi li apre espirando lentamente. Se ne usciranno vive, promette, passerà del tempo con Yelena. Si faranno una vacanza, mangeranno tante schifezze e passeranno le sere a vedere film. E le regalerà un cane.
<< Andrà tutto bene, Nat. >>
E la donna non può non trovare rassicuranti delle parole dette con quel tono.
 
                                                                                 §
 
Bucky si siede stancamente al bancone della cucina, una tazza fumante in mano, quando Marta arriva alla ricerca di biscotti, possibilmente al cioccolato.
<< Cosa bevi? >> chiede incuriosita, mentre controlla gli armadi.
<< Fiori d’arancio e camomilla. >>
I biscotti perdono di colpo importanza, e la donna si volta a rivolgergli uno sguardo interdetto.
<< Che ti aspettavi? Sono vecchio, io, ragazzina. >>
<< Oh, vecchio… >> dimentica i biscotti, e si siede accanto a lui. << Tutto bene? >> chiede poi, dopo un momento di silenzio. << Tu e Melina mi preoccupate. >>
<< Nah, insomma, va… >> prova << va tutto… >> ma alla fine si arrende << va. >>
Lei gli sorride. << Tieniti impegnato, >> consiglia. Movimento, disegni, musica…qualsiasi cosa.
Lui annuisce << grazie. >>










NOTE:
Per chi non ricordasse chi sia Madame B., compare in Avengers Age of Ultron, nel flashback di Natasha.

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Capitolo 9
*** Little sister ***





Capitolo 9
Little sister
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 




Camminano da quasi mezz’ora seguendo un sentiero fra gli alberi, quando Natasha si ferma.
Steve la vede rallentare il passo fino a fermarsi completamente per restare immobile, una mano poggia contro la corteccia di un albero.
<< Ci deve essere un errore, >> mormora lei, mentre lui la raggiunge.
<< Un errore? >>
Davanti a loro si estende quella che, da lontano, potrebbe sembrare una vasta radura. Da vicino, invece, gli alberi caduti, e i loro tronchi anneriti si rivelano essere il risultato di un’esplosione.
Ci sono pietre, assi di legno e i resti di un muro, dove prima doveva esserci stata una casa.
Natasha fissa quella distruzione senza riuscire a muoversi.
È Steve a riscuoterla dal torpore. Le poggia piano una mano sulla spalla e stringe piano, attirando la sua attenzione << può essere successa qualsiasi cosa, >> comincia pacato << non è detto che tua sorella sia rimasta vittima dell’esplosione che ha distrutto questo posto. >>
Per quanto ne sanno, Yelena potrebbe anche non essere mai stata lì.
Avanzano con cautela, guardandosi le spalle, ma sembra davvero che in quella foresta ci siano solo loro.
Scavalcano e aggirano fronde e tronchi d’albero, e si avvicinano alle macerie.
Di quella che doveva essere stata una casa abbastanza grande, è rimasto solo un muro, e qualche asse di legno che probabilmente era appartenuta al soffitto.
Steve le sposta, più per non lasciare nulla al caso, che perché convinto di poter davvero trovare qualcosa sotto, e rimane stupito nello scoprire quella che sembra una botola.
Si china per aprirla, ma Natasha lo blocca.
<< Aspetta. Aspetta, non- >>
È troppo strano, è tutto troppo tranquillo.
Il capitano intuisce i suoi pensieri, e si mette davanti a lei << stai indietro, >> dice prendendo lo scudo per proteggersi. Si china nuovamente per aprire la botola.
Il legno scricchiola sui cardini vecchi e mezzo rotti, che si spaccano appena l’uomo fa forza.
Nel buio pece, si intravedono delle scale che scendono di sotto.
I due si guardano incerti, poi Steve inizia a scendere, lo scudo sempre davanti a sé . << Resta dietro di me, >> dice alla donna << non sappiamo cosa ci sia sotto. >>
Natasha annuisce, toglie la semiautomatica dalla fondina, e gli va dietro.
Scendono lentamente quei gradini in pietra, che sembrano portare verso l’inferno.
Una luce illumina all’improvviso la stanza, e Natasha sobbalza sollevando la semiautomatica e analizzando il luogo, pronta a prendere la mira e sparare.
La mano del capitano si poggia sul suo polso, e le abbassa le mani delicatamente, poi indica l’interruttore con uno sguardo di scuse.
La donna si rilassa. Almeno, avrebbe potuto avvertirla.
Si guardano attorno.
Non ci sono finestre, e la stanza, scarsamente illuminata, ha un forte odore di chiuso.
<< Non c’è niente qui, >> la voce di Natasha è appena un soffio << ci deve essere un errore, ci deve essere- >>
<< Una porta. >>
<< Cosa? >>
È nella parte meno illuminata della stanza, quasi non si nota.
La donna si avvina alla porta, e resta in ascolto per qualche secondo prima di aprirla.
Dentro ci sono solo scaffali, due, e sono vuoti. Per terra ci sono delle grosse macchie di sangue secco.
Natasha impreca.
<< Continuiamo a cercare, >> la incoraggia Steve << torniamo fuori. Troveremmo sicuramente qualcosa. Le coordinate non erano molto precise, queste macerie non significano nulla. >>
La donna non ne è così convinta, ma ha bisogno di crederci, perché l’alternativa sarebbe ammettere che Yelena sia morta nell’esplosione che ha distrutto quella casa.
Decidono di dividersi, ma senza allontanarsi troppo l’uno dall’altra e dal quinjet: il fatto che tutto attorno a loro sembri tranquillo, non significa nulla.
 
                                                                        §
 
Natasha si dirige verso nord, Steve verso est, fino ad arrivare a un lago.
Il cielo è livido, davanti a sé ha una superficie cristallina incorniciata da alberi di betulla: è uno spettacolo magnifico.
Si ferma un momento ad ammirarlo, immerso in quel pacifico silenzio, e a riprendere fiato, quando lo scatto di un grilletto lo richiama al presente.
Si è distratto quando non avrebbe dovuto.
Una voce femminile gli dice qualcosa, ma parla in russo, e lui non capisce. Incerto, lascia cadere lo scudo sul terreno morbido, e solleva le mani per mostrare che non cerca uno scontro.
<< Tu sei Captain America, >> questa volta la voce parla in inglese, senza alcuna traccia di un accento russo.
È incerta, e l’uomo si sente in dovere di confermare la sua identità.
Per un momento cala il silenzio.
Il vento soffia leggero increspando leggermente la superficie del lago.
<< Come faccio a sapere che sei tu? >>
<< Lo scudo non basta? >>
<< Potresti averlo rubato. >>
<< No. Non mi farei mai rubare lo scudo. Da nessuno. >>
<< Potresti essertene costruito uno uguale. >>
<< Il vibrano non scorre certo a fiumi. E non è facile da lavorare. >>
Silenzio.
<< Perché sei qui? >>
Steve valuta la sua risposta. Non sa chi ci sia alle sue spalle ma, chiunque sia, sembra solo spaventata e non pericolosa. Decide di dire una mezza verità, e vedere cosa succede << sto cercando una persona.
<< Sei in missione… >>
<< Sì. >>
<< Sei- solo? >> la voce della donna si incrina.
<< Sei ferita? >> chiede lui, ignorando la domanda, preoccupato.
Non arriva nessuna risposta. Steve sente un tonfo alle sue spalle, si volta e vede una donna inginocchiata accanto a una delle betulle. Si regge al tronco, e respira affannosamente.
<< Sei ferita? Stai male? >>
<< Stai lontano! >> intima lei, ma la voce spezzata e le lacrime che le rigano il volto non la fanno apparire minacciosa come avrebbe voluto. Le mani le tremano, e non riesce a stringere la semiautomatica che ha per difendersi.
<< Non voglio farti del male, lascia che ti aiuti. >>
La voce di Natasha gracchia nel suo orecchio << Steve? Mi senti? >>
<< Ti sento, Nat. >>
La donna davanti a lui solleva la testa << Natasha? >> rantola << è qui? >>
L’uomo si ferma, ignorando Natasha che gli parla, e lo chiama ripetutamente non ricevendo risposte da parte sua. << Yelena? >> chiede, e lei annuisce appena << Natasha! Ho trovato tua sorella. Resta lì, sto arrivando. >>
Si avvicina alla donna, e le passa un braccio attorno alla vita << forza, vieni con me. Andiamo via. Riesci a stare in piedi? Sei ferita? >>
Yelena scuote la testa. Non è ferita ma, appena cerca di mettersi in piedi, le gambe le cedono.
<< Non sforzarti, >> il capitano la prende in braccio, pronto alle sue proteste che, però, non arrivano. << Da quanto sei qui? >>
<< Non- non mi ricordo. >>
<< Okay. Tranquilla. Ora sei al sicuro. >>
La strada che ha seguito per arrivare al lago ora gli sembra infinitamente più lunga, ora che ha Yelena con sé.
Non ha visto sangue, quindi ci sono buone probabilità che la donna non sia davvero ferita, ma non ne ha la certezza.
Appena possibile, devono mettersi in contatto con la New Avengers Facility, e parlare con Marta sperando che, anche a distanza, possa essergli di aiuto.
Per due volte Steve teme di essersi perso, quelle betulle sono tutte uguali, e trovare punti di riferimenti non è facile ma poi, finalmente, gli alberi cominciano a diradarsi, e davanti a loro compare il quinjet.
Natasha lo aspetta lì, pronta a partire.
<< Che cazzo è successo? >>
<< Credo che sia sotto shock, >> risponde Steve, affidando una semi-incosciente Yelena alla sorella. << L’ho trovata vicino a un lago, ha detto di non essere ferita. Era stordita. >>
<< Sbrighiamoci ad andarcene da qui. >>
<< Resta con lei, io penso al decollo. >>
Yelena apre gli occhi mentre sono in volo.
Si guarda attorno stordita, e spaventata da quel luogo che non riconosce. Si mette a sedere tremando.
Ha caldo, e le manca l’aria. Si sente soffocare quando nel suo campo visivo compare un volto conosciuto.
<< Ehi, ehi… guardami, >> mormora Natasha, tenendo delicatamente il suo volto fra le mani << va tutto bene, è tutto okay. Ssh, ssh, >> le asciuga le lacrime con i polpastrelli; respira piano, cercando di farsi copiare dalla più giovane. << Ssh. Va tutto bene, >>
Steve, dalla postazione di comando, non può vederle, ma ascolta in silenzio. Non vuole intromettersi, ma è pronto ad aiutare come può, in caso di necessità.
<< Va tutto bene, >> continua Natasha << va tutto bene. Ora- ssh, respira. Mi dirai dopo cosa ti è saltato in mente di fare…dopo…hai fatto spaventare tutti. Ho avuto paura che…>>
<< Chissà, >> Yelena cerca di sorridere << che faccia farà nostro padre, >> un singhiozza la interrompe, e si deve fermare a riprendere fiato << quando saprà di- di lui, >> accenna con la testa a Steve.
Ridono piano, le due sorelle, l’una stretta contro l’altra.
La risata di Yelena lascia nuovamente il posto alle lacrime. Natasha la guarda preoccupata, non sapendo come aiutarla, e lei singhiozza un  << condizionamento chimico. >>
Steve non perde tempo, e si mette in contatto con la New Avengers Facility per parlare con Marta
Mentre il quinjet sorvola la Polonia, Yelena si addormenta stremata dopo aver mangiato, convinta dalla sorella, una barretta alla frutta.
Chiude gli occhi stringendo la mano di Natasha perché è stanca, ma non abbastanza da non avere più paura.
Natasha la stringe dolcemente contro il suo corpo, e guarda Steve che le si avvicina.
<< Come sta? >>
<< Credo si sia calmata, almeno per il momento. >>
L’uomo annuisce << bene. Credi che abbia bisogno di un medico? >>
<< Spero, >> mormora la donna in un sussurro << Dopo che esci dalla Stanza Rossa, riesci a vedere i medici soli come un incrocio fra dei macellai e degli scienziati pazzi, >> conclude con un sorriso triste.
Steve annuisce: ha già sentito parole simili pronunciate da Bucky.
Yelena continua a dormire, Natasha le accarezza piano i capelli e la fronte, le parla piano cercando di rassicurarla quando il suo sonno diventa agitato.
Fra qualche ora saranno nuovamente in America, e solo allora lei si sentirà tranquilla.
Non sono davvero in pericolo, non si devono nascondere da nulla e da nessuno, eppure… forse è solo l’effetto che la Russia, nonostante gli anni, continua ad avere su di lei.





 

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Capitolo 10
*** Just keep living ***



Capitolo 10
Just keep living
 
 





 
 
 
 
You will feel better than this. Maybe not yet, but you will.
You just keep living until you are alive again.
-Call the midwife
 
 
 





 
<< E Natasha? >> mormora Bucky, stringendosi al corpo dell’uomo, e premendo la fronte contro l’incavo del suo collo.
<< Dorme, >> risponde Steve, la voce stanca. << L’ho portata in camera sua. Sua madre era preoccupata che avrebbe passato la notte in infermeria, sul letto di Yelena. >>
<< Sei preoccupato anche tu. >>
Ha cominciato a piovere poche ore prima, poco dopo il loro ritorno dalla Russia. È rilassante vedere la pioggia che scorre sui vetri, stando comodamente sdraiati sul letto; ascoltare il battere ritmico delle gocce, mentre le musiche di Satie riempiono l’aria.
<< Non ho mai visto Nat così…credo che questa missione l’abbia davvero provata… >>
<< Mh… e tutto è finito bene, no? >>
<< …Yelena ha parlato di un condizionamento chimico… >>
<< Lascia che ci pensi Melina. È brava. >>
<< Mh. >>
<< Ora dormi, >> mormora, sistemando le coperte << sei stanco anche tu. >>
 
                                                                              §
 
<< Cos’è? >>
<< Thè nero. Melina dice che ti piace. >>
<< Solo thè? >>
Marta le rivolge uno sguardo incerto, poi realizza.
Che stupida, avrebbe dovuto capirlo prima: lo sguardo di diffidenza di Yelena è lo stesso che le aveva rivolto Bucky anni prima.
<< Io non posso mentire, >> allunga la tazza alla donna << letteralmente, >> precisa. << E tu dovresti davvero mandare giù qualcosa. >>
Yelena è ancora diffidente, e Marta la capisce. Avrebbe voluto che ci fosse Melina, ma la donna era preoccupata per Natasha così, mentre Yelena dormiva ancora, si era allontanata per assicurarsi che la maggiore delle sorelle stesse bene.
<< Chiunque sa mentire, >> commenta poi Yelena, accettando la tazza. << Basta imparare. >>
<< Io no, sto male. Fisicamente. >>
<< Che sfiga. >>
Marta si stringe nelle spalle << ormai sono abituata. >>
L’altra donna la guarda con attenzione << e tu… chi saresti? Diventi verde, vieni da un pianeta lontano, o…? >>
<< Oh, no. Io sono solo l’infermiera. >>
<< Ah. Tu rimetti assieme i pezzi di Avenger che rimangono dopo le missioni, >> stringe la tazza tiepida fra le mani. << Dove sono Natasha e mia mamma? >> chiede poi.
La porta dell’infermeria si apre, << io sono qui, >> mormora un’assonnata Natasha << Melina è andata a mangiare qualcosa. >>
Marta le allunga un thermos << qui c’è del caffè zuccherato. No, non voglio sentire storie, hai bisogno di zucchero. E mi aspetto che tu mangi qualcosa prima di pranzo. Chiaro? >>
<< Sì, signora, >> la donna è troppo stanca per discutere, e accetta le condizioni dell’infermiera senza ribattere.
<< Bene, io vi lascio. Chiamatemi se succede qualcosa. >>
Le due sorelle restano sole, una davanti all’altra, poi la maggiore si siede sul letto della minore, il thermos in mano, e la invita a bere il suo thè prima che diventi freddo.
Non sa bene come iniziare quella conversazione. Ci sono tante cose che vorrebbe dire, ma non sa come iniziare.
<< Ho respirato qualcosa mentre ero lì, >> mormora Yelena dopo un po'.
Natasha annuisce << va tutto bene. Hai solo minacciato Bucky puntandogli contro una semiautomatica e intimandogli di ‘stare lontano da tua sorella’. >>
<< Bè… se lo sarà meritato. >>
<< Gli hai urlato contro che ‘lui non mi merita’, >> continua, sedendosi sul letto.
<< Oh, no. >>
<< Sì. E che ‘nostro padre odia gli americani’. >>
<< Ma che-? >>
<< Parole tue, >> ridacchia Natasha, sorseggiando il suo caffè. Allunga una mano e accarezza delicatamente il volto della sorella.
<< Bè, non ero in me, >> sussurra l’altra, socchiudendo gli occhi.
<< No, non eri in te, >> il suo tono si addolcisce. << Melina dice quello che hai respirato è solo… un antifurto in versione Stanza Rossa. Ti ha incasinato gli ormoni, e per alcuni giorni sarai un po' stordita, e agitata. Potresti avere crisi depressive. >>
<< Quindi che si fa? Sarò imbottita di antidepressivi?  >> una lacrima le riga una guancia, e Natasha gliela asciuga delicatamente con le dita << no, la situazione dovrebbe sistemarsi entro qualche giorno, >> le accarezza la fronte lentamente, traccia il profilo del naso << va tutto bene, sei al sicuro. Sei forte. Sei tanto forte, >> la rassicura. << Quello che hai respirato avrebbe dovuto spingerti al suicidio. Sembra si tratti di una sostanza pensata per spingere i nemici a togliersi la vita, senza che nessuno debba alzare un dito. >>
Yelena non dice nulla, si abbandona al contatto fisico, che per lei non è mai abbastanza, e si gode quelle attenzioni. Le lacrime continuano a rigarle le guance, e lei stringe le labbra combattuta fra l’umiliazione che prova mostrandosi così fragile, e la necessità di farsi aiutare.
Se fossero state ancora bambine, non si sarebbe certo fatta tutti quei problemi: avrebbe chiamato sua madre fra le lacrime, o avrebbe cercato la protezione di Natasha.
Ma non è più quella bambina, e Natasha…chi è Natasha?
<< Ci ho provato. >>
<< Cosa? >>
<< A- >> le manca la voce. << Mi dispiace. Non so…n-non- era come se non fossi io, e mi stessi osservando dall’esterno…ma la semiautomatica era scarica, e- >>
<< Che cosa? >>
<< Scusa, ti prego, s- >>
Natasha poggia il thermos sul comodino, e si siede accanto alla sorella. La prende fra le braccia e la stringe dolcemente contro il suo corpo. << Raccontami tutto, >> le chiede, mentre le sue mani giocano con i suoi capelli. Si attorciglia lunghe ciocche bionde attorno alle dita.
Traccia, fra le spalle di Yelena, e lungo la sua schiena, figure immaginarie. Cerchi, spirali e linee, e aspetta che la sorella si tranquillizzi.
<< Ti ricordi la nostra filastrocca? Quella che ti piaceva tanto?  Walking through the jungle X marks the spot/ >> un dito traccia una croce sulla schiena di Yelena. << Dot dot >> due punti, uno a destra e l’altro a sinistra, << line line / spiders crawling up your spine >> la mano di Natasha risale rapida lungo la sua schiena. << Snakes slithering down/ spiders crawling up your back Snakes slithering down >> poi la lascia scivolare giù << here comes the spider to bite you- *>>
Vorrebbero continuare a ridere, dimenticare tutto. Yelena si contorce, ridendo, fra le sue braccia, e la filastrocca resta incompiuta; si rifugia fra le braccia della sorella e mormora un << non mi hai mai detto di essere nata nel 1939. >>
Silenzio.
<< Non l’ho mai ritenuto troppo importante, >> ammette poi l’altra donna. Molti di quegli anni non li ha davvero vissuti, è stata congelata più volte, e i primi anni della sua vita sono avvolti nella nebbia.
Non sa se i pochi ricordi di quel periodo siano dovuti al congelamento, o a un meccanismo di protezione del suo cervello, che ha scelto di cancellare ricordi troppo traumatici.
Le chiede come abbia fatto a scoprirlo.
<< Ho trovato dei fascicoli nella casa. >> Sapeva di non essere mai stata una ballerina? Le avevano insegnato la danza per sottometterla alla disciplina, e non era mai stata sul palco di un teatro: quei ricordi erano artificiali**, parte del suo condizionamento.
Natasha annuisce piano: se n’era resa conto tempo dopo aver lasciato la Russia, ma aveva avuto dei dubbi anche prima di ciò.
Però non ha appeso al chiodo le scarpette.
<< Perché? Non era reale, ti hanno costretta. >> Yelena non capisce.
<< Amavo la danza. Era l’unica cosa che ho imparato a non avere a che fare con la morte. È confortante lasciare che il corpo si muova in maniera automatica, formando figure a lei conosciute e talmente familiari da non aver bisogno di essere davvero concentrata su come si sposta nello spazio.
Si tratta solo di seguire uno schema, nulla di più. << Cos’altro hai trovato? >> chiede poi.
Yelena esita. << Sono nata a Kiev***- >> si ferma, la voce trema.
Durante il suo racconto si ferma più volte, cerando di trovare le parole che le restano bloccate in gola. Parlare le fa quasi male, sente i muscoli del collo contrarsi, come volessero impedirle di dare voce alla sua storia.
Una parte di lei vuole tacere, perché finché non lo dirà ad alta voce, potrà ancora illudersi che nulla di ciò che è venuta a sapere sia reale.
Suo padre era un ufficiale del KGB, sua madre sarebbe stata una Vedova Nera. << Rimasta incinta di quel bastardo quando aveva quindici anni. Scappò, ma lui la trovò, e la riportò indietro. >>
Non ha mai trovato un certificato di nascita, perché non è mai esistito.
Non fu chiamato nessun medico ad assistere al parto. Non fu chiamato nessuno.
Sua madre morì dissanguata, abbandonata in una cella.
<< Sarei dovuta morire con lei. >>
<< Invece sei qui, >> la consola Natasha << perché sei forte. Hanno cercato di eliminarti, ma tu ti sei salvata ogni volta. >>
<< Credi sia davvero meglio così? Sopravvivere ricordando tutto? >>
<< Sì. Credo di sì, magari non subito, ma starai meglio. Magari non sempre, ma ci saranno tantissimi momenti in cui, anche se per poco, riuscirai a dimenticare il tuo passato, il male che ti hanno fatto. Sarai talmente immersa nel tuo presente, che ringrazierai di essere ancora viva. >>
E nel frattempo?
Nel frattempo può restare in America. Possono guardare i the Peanuts fino a notte fonda, cenare con latte e biscotti, fare colazione con i lucky charms.
<< Oh, mio Dio. >>
<< Mh-mh. >>
<< Ma siamo adulte. >>
<< E allora? >>
Ridono.
<< Papà Alexei? >>
<< Melina l’ha avvisato. Dice che, se Captain America ha aiutato le sue figlie, valuterà la possibilità di non considerarlo più un nemico mortale, >> le accarezza piano il volto. Scuote la testa : quell’uomo è un idiota, ma era davvero preoccupato. Ha fatto loro tanto male, ma non è cattivo.
<< No. No, è solo un idiota. >>
<< Sì. Un idiota che non è capace di mostrare affetto in modo normale. >>
<< Non puoi mostrare affetto, se non sai come. >> Fa una pausa, incerta se continuare. << Sai perché è convinto che il capitano sia suo nemico? Hanno condizionato anche lui****. >>
<< Cosa? >>
Yelena annuisce. Non ha idea di come sia successo, ma ha trovato un fascicolo a riguardo.
Vorrebbe avere con sé tutto ciò che ha trovato in Russia, ma è stata stupida, e ha distrutto tutto.
È stata lei a distruggere la casa vicino a Vyborg, ammette. Tanto non la abitava più nessuno…solo uno scheletro.
<< Uno scheletro? >>
Yelena annuisce << una donna. >>
<< Madame B. >>
<< Spero di sì. La stronza è morta da sola, come si meritava. >>
Natasha non commenta. Poco dopo, Yelena si addormenta fra le sue braccia, e lei resta lì. Si alza solo quando arrivano Melina e Marta, e si allontana per non disturbare la sorella.
Melina la tranquillizza. << Ha respirato il prodotto di un incapace, che ha usato le mie ricerche pensato di riuscire a fare di meglio. L’idea era di spingere chiunque lo respirasse al suicidio, ma- >>
<< Ha detto di averci provato. >>
<< Potrebbe essere dovuto alla crisi depressiva, >> le fa notare Marta pacatamente. << Non è ferita, quindi vuol dire che- >> si ferma cercando un modo delicato per continuare. Non vuole sminuire il problema, né essere troppo tecnica.
Natasha non capisce nulla di tutta quella chimica, biologia e roba da scienziati pazzi, vuole solo essere certa che sua sorella starà bene.
<< Qualsiasi cosa sia successa prima, >> riprende Marta << ora non c’è pericolo. Si tratta di uno squilibrio ormonale che tantissime donne sperimentano durante il ciclo. Ha solo bisogno di stare tranquilla, mangiare un po' di cioccolato e farsi coccolare. >>
<< Desiderava non essere mai nata, >> fa notare.
<< Durante il ciclo si può soffrire di depressione, è piuttosto comune, ma ciò non significa che metà delle donne tenti ogni mese di togliersi la vita. >>
Natasha sospira: le due donne parlano di cose che lei non può capire, e l’unica cosa che le resta da fare è fidarsi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE.
*Di questa filastrocca ne esistono tantissime varianti, io l’ho conosciuta grazie ai video ASMR di Scottish Murmurs ASMR.
**Questa è un’ informazione che ho letto su internet. Non ricordo più se sia un headcanon del fandom, o se si tratti di qualcosa capitato nei fumetti, e non sono riuscita a trovare la fonte.
***Nei fumetti, Yelena è nata lì, ma il resto della sua storia è inventato da me.
**** Questo è un mio headcanon XD.
 
 
 

 
 
 

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Capitolo 11
*** Miss American Pie ***




Capitolo 11
Miss American Pie
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
<< Oppure, potresti-potresti venire tu. >>
Silenzio.
<< Venire in America? >> chiede la voce dall’altra parte del telefono.
Melina annuisce, tesa, nonostante Alexei non possa vederla. << Che-che ne dici? >>  chiede preoccupata, dal silenzio.
In quegli anni trascorsi in Russia l’America le era mancata, e le erano mancate anche le libertà che aveva guadagnato grazie alla lontananza dalla Stanza Rossa, ma non si era resa conto di quanto quella vita le fosse mancata come in quel periodo trascorso con gli Avengers.
Vorrebbe così tanto restare lì… << non importa, >> si stringe nelle spalle << credo che dovrei- >>
<< No. >> Alexei si schiarisce la gola, fa per dire qualcosa, ma cambia idea. Melina non gli chiede altro, sa che l’uomo ha bisogno di pensarci prima di darle una risposta.  << Come stanno le ragazze? >> chiede lui.
<< Oh, bene. Stanno bene. Yelena si sta riprendendo… Natasha un po' mi preoccupa, però… >> si ferma. Forse non è il caso di parlarne con lui, probabilmente non capirebbe.
<< Come padre sono pietoso, >> mormora Alexei, con un tono serio che gli ha sentito poche volte.
<< N-no, no- >>
Lui ride, ma è una risata amara. Sì, invece, come padre ha fatto schifo.
Quella missione in Ohio l’ha rovinato. Avrebbe solo dovuto recitare la parte del padre di famiglia, invece si è lasciato coinvolgere, e alla fine ha combinato un casino su tutti i fronti.
Vuole convincersi, tuttavia, di poter fare qualcosa per cercare di farsi perdonare, cercare di essere migliore.
Melina non ha mai parlato molto con lui del suo passato, forse per paura… non lo sa.
E altre Vedove, invece, un po' come la sua Yelena, si sono fatte meno scrupoli.
È certo che, almeno in parte, le donne gli abbiano raccontato gli orrori della Stanza Rossa principalmente per farlo sentire in colpa, oltre che per fargli capire cosa ci fosse dietro alcuni comportamenti di Melina e delle sue ragazze.
<< La mia era solo un’idea, Alexei, non ci pensare. Tornerò in Russia a fine mese. >>
 
                                                                                     §
 
<< Patricia, are you aware of what’s happening? >>
<< No, M’am, I don’t know what’s going on, but I’am awake! >>
*
Le due sorelle ridono.
<< Melina mi ha detto di aver chiesto ad Alexei di venire in America. >>
Yelena solleva la testa e la guarda preoccupata. << È uno scherzo, vero? Che intenzioni hai, nascondere Captain America sotto il tappetto? Perché vuole venire qui? >>
<< Non lo so, magari ha paura che Captain America stia attentando all’integrità morale delle sue donne. >> ride piano.
<< Per quanto riguarda me, può stare tranquillo. >> Distoglie lo sguardo, e fa per tornar a sdraiarsi sul divano, ma Natasha la ferma. << Mi vuoi dire qualcosa? >> chiede pacata. << Ti piacciono le donne? >> tenta ancora, non avendo ricevuto una risposta.
<< Non mi interessa nessuno, >> sospira l’altra << sono asessuale**. >>
Natasha non dice nulla, si limita ad annuire e le fa segno di poggiare la testa sulle sue gambe: Yelena non se lo fa ripetere.
Sullo schermo del pc, Peppermint Patty esce di casa immersa nel buio della notte, e cammina nella neve.
<< Alexei dice di essere disposto andare d’accordo con Steve, visto che ci ha aiutate. >>
<< Mh. Chissà cosa dirà quando saprà che  lui e il Soldato d’Inverno sono una dolce coppietta di innamorati… lui è un po' all’antica, ricordi? Mi stupisce il fatto che non mi abbia mai chiesto quando mi sposerò… >>
<<  Ma tu vuoi solo un cane, giusto? >>
Snoopy si sveglia in mezzo al lago ghiacciato, e cade dopo aver perso l’equilibrio.
<< Mh. Meno problemi, >> risponde. << Insomma, come gliela racconto a un uomo la mia infanzia nella Stanza Rossa? E te li immagini i pranzi di famiglia? >>
<< Non devi giustificarti, >> la tranquillizza Natasha accarezzandole la fronte con la punta delle dita.
<< Un cane non chiede nulla in cambio, e non sa mentire. Magari mi insegna anche a pattinare: ho sempre voluto imparare, sai? >>
Altro punto da aggiungere alla lista “cose che non ho potuto fare a causa della Stanza Rossa”.
Dev’essere bello scivolare in quel modo sul ghiaccio… forse, se la sua vita fosse stata diversa, sarebbe stata una di quelle bambine che sognavano di diventare una famosa pattinatrice.
<< Ti va di andare via? >>
<< Non si potrebbe trovare una soluzione meno drastica? >>
Natasha ride << intendevo per qualche giorno, per prenderci una pausa dalla vita. Solo noi due. Il Canada è bellissimo in questa stagione. >>
Yelena non risponde subito e, per un momento, è la familiare colonna sonora dei Peanuts a riempire il silenzio. << Quando vorresti partire? >> chiede poi.
<< Questo fine settimana? Ci prendiamo una settimana di calma prima dell’arrivo di Alexei. >>
<< Potremo averne bisogno quando se ne andrà. >>
<< Potrebbe non andarsene. >>
<< Che vuoi dire? >>
<< Melina vorrebbe restare in America. Lui non ha ancora detto nulla, però… >>
Yelena sbuffa << farà tutto quello che lei gli chiede. >>
<< Ho proposto a Melina di- bè, sarebbe bello essere vicini… le ho proposto di trasferirsi nello Stato di New York, o vicino, in Connecticut, in Massachusetts … vicino, insomma. >>
Yelena sorride. Sì, sarebbe bello.
Scoppia a ridere quando Peppermint Patty indossa il ‘vestito’ appena cucino da Marcie, per poi uscire dalla casa abbattuta; cammina nella neve candita, sotto una luna bianco latte incorniciata dai rami spogli di un albero.
Ha sempre trovato rilassanti i paesaggi dei Peanuts.
 
                                                                                      §
 
Natasha traffica con la radio, e il brano rock della trasmissione si interrompe. Le luci dell’auto si riflettono sulle perle verdi del suo bracciale, ormai lo indossa sempre, anche se non ne ha più bisogno.
Yelena si volta per un momento rivolgendolo uno sguardo interdetto tendente all’offeso, poi torna a concentrarsi sulla strada davanti a loro. Che aveva quella musica di sbagliato? Le piaceva.
Natasha non dice nulla, si limita a sorridere mentre una musica familiare si diffonde nell’auto.
A long, long time ago
I can still remember how that music
Used to make me smile
Yelena si irrigidisce, stringe con forza il voltante.
No.
And I knew if I had my chance
That I could make those people dance
And maybe they′d be happy for a while
Non vuole sentire quella canzone. L’ultima volta che l’ha sentita la sua famiglia si è sfasciata, ha perso tutto. Era solo una bambina che ancora non sapeva nulla del mondo, e ha imparato tutto nel peggiore dei modi.
<< Non- >> la voce trema. Fa male. Non ha ancora superato quel trauma.
But February made me shiver
With every paper I'd deliver
Bad  news on the doorstep
I couldn′t take one more step
<< Era la tua canzone. >>
<< Sì, finché… non la ascolto da anni.  L’unico ricordo che mi tornare in mente è la notte in cui- >> si ferma, e deglutisce a vuoto. Non ha nessuna intenzione di apparire fragile davanti a Natasha << ti prego, toglila. >>
<< Non permettere che ciò che ti hanno fatto ti tolga ciò che ami. È la tua canzone, anche se non sei più la bambina innocente che eri. Sei più forte di Draykov, della Stanza Rossa…sei più forte di tutti. E poi, non credi sia arrivato il momento di crearsi nuovi ricordi? >>                                                       
I can't remember if I cried
When I read about his widowed bride
Something touched me deep inside
The day the music died
<< So, bye-bye, Miss American Pie, >> canticchia Natasha a bassa voce << drove my Chevy to the levee, but the levee was dry. And them good ol' boys were drinkin′ whiskey and rye, >> un mormorio gentile e rassicurante,
<< singin′, "This'll be the day that I die.” >> Yelena accenna qualche nota, << “this′ll be the day that I die" >> mormora incerta.                                           
Cerca di rilassarsi, di lasciarsi trascinare dalla musica.
Did you write the book of love
And do you have faith in God above
If the Bible tells you so?
                                                              
Le due sorelle ridono e cantano assieme mentre l’auto procede spedita lungo la strada costeggiate dagli alberi.                                                                                       








NOTE
* Il film in questione è "She's a good skater, Charlie Brown".
** Nei fumetti Yelena è asessuale.

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Capitolo 12
*** Epilogo ***




Epilogo
 
 
 
 
 
 
 
 


Melina è seduta fuori, a respirare la fresca aria della sera, quando sente un rumore di ruote lungo la strada che porta alla New Avengers Facility.
Decide di ignorare chiunque sia, non si volta nemmeno a guardare.
Continua a guardare il cielo rosato sopra la distesa verde di alberi. Sono i suoi ultimi giorni in America: vuole godersi anche il minimo dettaglio, così avrà più ricordi che le faranno stringere il cuore una volta tornata in Russia.
Non vuole andarsene.
Forse avrebbe dovuto insistere di più, ma non ne è stata capace.
<< Melina. >>
La voce di Bucky la chiama. Lei solleva la testa, e lui, con un cenno del capo, le fa segno di guardare alle sue spalle.
Che succede? Le ragazze sono partite solo da due giorni, non possono essere già tornate.
Dall’auto scende l’agente Barton, e con lui  c’è un altro uomo che si guarda attorno palesemente a disagio.
Melina si alza lentamente, incerta. << Alexei? >> chiama poi.
<< Ah, sei qui, >> l’uomo le va subito incontro, visibilmente sollevato nel vedere un volto conosciuto. << Pensavo…pensavo fossi impegnata. >>
<< Mi sono presa una pausa. >>
L’uomo annuisce, poi si accorge di Bucky. << Tu! >> ringhia, mentre sul suo volto la felicità muta in rabbia.
<< No, Alexei. >> Melina si mette in mezzo ai due uomini. << Alexei, no, non- >>
<< Tu! Io lo so cos’hai fatto a mia figlia, tu l’hai- tu- >>
Bucky non è affatto preoccupato dalla furia del Guardiano Roso. << Ti riferisci a quando ho cercato di salvarla aiutandola a scappare dalla Stanza Rossa? >>
<< No. Mi riferisco a quando hai- io lo so, lo so cos’avete fatto… >>
<< Andiamo, Alexei, erano giovani e innamorati. >>
<< Era la mia bambina, >> si lamenta lui.
<< Ed era consenziente. Ora dimmi perché sei qui, >> cerca di cambiare argomento, << è successo qualcosa? >>
L’uomo si calma, e si schiarisce la gola cercando di evitare lo sguardo indagatore della moglie.
Quello sguardo l’ha sempre messo a disagio. Melina è sempre stata silenziosa e remissiva, ma quel suo sguardo sembra poter leggere nella mente di chiunque.
E forse è davvero così, dopotutto è una Vedova Nera quella che ha davanti.
Che domanda è? Si trasferisce, non è ovvio? Mostra la sua valigia. Si è fatto aiutare, e ha fatto una ricerca su internet: Concord è una città carina e tranquilla, e ha trovato una casa poco fuori città a poco prezzo.
Sempre che Melina non voglia tornare in Russia, è ovvio, ma lui crede sia davvero il caso di restare in America, vicino alle ragazze: non si sa mai.
La donna non lo fa finire e gli getta le braccia al collo, stretta che lui ricambia un po' impacciato, dopo un momento di incertezza.
Si guarda attorno: Clint e Bucky li hanno lasciati soli.
<< Le ragazze? >>
<< In Canada. Torneranno presto. >>
<< Mh. >>
 
                                                                                §
 
Immersa piacevolmente nella vasca colma di acqua calda, Yelena preme il suo corpo contro quello della sorella.
Natasha la abbraccia dolcemente. Ormai si è abituata alla continua ricerca di contatto fisico da parte dell’altra, e non le dispiace.
Non sono mai state abituate al semplice contatto senza secondi fini. Uccidere, o sedurre. Nella loro vita non c’era mai stato spazio per abbracci o carezze.
L’acqua in cui sono immerse è colorata, un tenue rosa e un delicato azzurro si mischiano al lilla e al verde. C’è profumo di fiori, forse lavanda, lillà… non è sicura.
La bomba da bagno l’ha comprata Yelena, eccitata come una bambina all’idea di usarla. “Guarda: ha anche i brillantini”, aveva squittito “ è una figata pazzesca.”
<< Pensavo avresti preso quella di Harry Potter, >> mormora, cercando di non pensare a cosa dovrà fare per togliersi di dosso tutti quei glitter che galleggiano nell’acqua << Secondo me, sei Serpeverde. >>
<< Scherzi? Quelle erano le bombe da bagno ufficiali: se io le avessi comprate, zia Rowling ci avrebbe guadagnato. Quella non se li merita i miei soldi. >>
Un telefono squilla: è quello di Yelena. Lei si allunga verso il telo da bagno per asciugarsi la mano prima di rispondere alla chiamata.
È Melina. Va tutto bene, ha chiamato solo per sapere come se la passino le sue ragazze. Com’è il Canada? E l’albergo? Hanno mangiato?
<< Hai la voce stanca, sicura che vada tutto bene? Oh, >> Natasha le rivolge uno sguardo interdetto, ma lei le fa segno di aspettare. << Ah, sì? E cos’ha detto? Ah. No, non preoccuparti: torneremmo il più tardi possibile. >>
Chiude la chiamata e, mentre si allunga per posare il telefono sul mobiletto in legno fuori dalla vasca, racconta le ultime novità. << Papà è a New York, >> inizia. << È pedante come al solito. Voleva staccare la testa a James per essere stato a letto con te, >> si sistema nuovamente fra le braccia della sorella. << Bè, in realtà, credo volesse staccargli qualcos’altro, >> precisa giocando con la schiuma e le bolle << ma mamma l’ha fermato. >>
<< E com’è andata con Steve? >>
<< Oh, ha preso molto bene il suo essere gay: se va con gli uomini, le sue donne sono al sicuro. >>
Natasha non è convinta. Davvero l’ha presa così bene? Non ha veramente fatto nessun commento.
<< Ha detto che non riesce a capire chi dei due stia sotto, sono- >>
<< Oh, ti prego, ti prego, >> la ferma con un sospiro << non aggiungere altro. >> Con una mano smuove gentilmente l’acqua colorata, poi sfiora un braccio di Yelena, che socchiude gli occhi.
<< Non osare sparire mai più dalla mia vita. >>
<< No, >> la rassicura. << No, non succederà più. >>




 

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