The Umbrella Academy and The Morgana Order: dawn of new heroes

di __Dreamer97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 0 ***
Capitolo 2: *** SELEZIONE OC ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 5.1 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 5.2 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO 10 ***
Capitolo 14: *** AVVISO IMPORTANTE ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 0 ***


CAPITOLO 0

 

 

         Era da poco appena passata la mezzanotte quando Felikz rientrò a casa. Silenzioso, cercò di fare il meno rumore possibile per non svegliare Richard McKinnon, famoso mago che aveva partecipato ad entrambe le battaglie contro il Signore Oscuro e in lizza per essere il nuovo Ministro. Era certo che, se si fosse svegliato, il padre lo avrebbe sgridato, iniziando a dirgli cose come “Non sei più un bambino, Numero Sette, devi prenderti le tue responsabilità…” e baggianate varie. Il ragazzo sorrise tristemente, ripensando a quanto si divertiva ai tempi dell’Umbrella Academy, il gruppo che il patrigno aveva formato per proteggere il mondo magico e il mondo dei babbani dal male. Ripensò ai suoi compagni, i suoi fratelli di vita, che però avevano deciso di andarsene dall’Istituto, probabilmente per scappare dal padre, compreso Numero 1, che era sempre stato un punto fisso per lui. Così, Numero Sette aveva deciso di rimanere a Villa Olympus, complice il suo cuore buono e il suo animo gentile. Anche Numero Tre sarebbe voluto rimanere, ma Numero Quattro glielo aveva impedito, portandoselo via senza lasciar segno.

            Preso com’era dai suoi pensieri, non si accorse del mobile di fronte a lui, finendoci contro causando parecchio trambusto. Un’imprecazione gli uscì dalle labbra, mentre iniziava a massaggiarsi il fianco. Un rumore lo portò ad alzare lo sguardo verso le scale, dove vide la Signora Davis, la domestica e Libby, l’elfo domestico, che cercavano di capire cosa fosse successo. Non appena si accorse del ragazzo, la Signora Davis sorrise dolcemente.

-Felikz, sei sempre il solito! Come minimo tuo padre te ne dirà di tutti i colori! - Numero Sette ridacchiò, aspettandosi il padre arrivare di gran lena. Tuttavia, nel non sentire alcun rumore, si preoccupò: che fosse in missione? Impossibile, non usciva dalla Villa dal dodicesimo compleanno dei fratelli. Preoccupato, afferrò la sua bacchetta e salì di corsa le scale, dirigendosi verso l’ufficio di suo padre, seguito dalla Signora Davis. Arrivato davanti alla porta, iniziò a bussare con insistenza, sperando di svegliare il padre. Tuttavia, non ottenne risposta. Deciso più che mai, chiuse gli occhi, cercando di richiamare a sé il suo potere, che la miracolosa nascita gli aveva assegnato. Appena aprì gli occhi, si ritrovò davanti un portale, che permise a lui, alla domestica e all’elfo di entrare nell’ ufficio di suo padre. Ritrovandosi al buio, si occupò di illuminare la stanza. Ciò che si ritrovarono davanti li paralizzò: seduto alla sua scrivania, Richard McKinnon stava seduto privo di vita, con un coltello nel petto. Mentre la Signora Davis iniziava a gridare e Libby cercava di sostenerla prima che svenisse, Felikz si diresse immediatamente verso il corpo, cercando di trovare qualcosa che gli facesse capire il colpevole. Non trovando nulla, Felikz si girò verso la domestica, che guardava spaventata il corpo senza vita del suo ex datore di lavoro.

-Signora Davis, Libby, andate ad avvertire il Ministero: Richard McKinnon è stato assassinato. - non appena la domestica e l’elfo corsero fuori dalla stanza, il ragazzo cominciò a camminare avanti e indietro, cercando di farsi venire un’idea. Poi, qualcosa gli balzò in testa: si tirò su la manica del braccio sinistro dove, opposto al tatuaggio dell’Umbrella Academy, stava raffigurato il suo Tarocco, La Ruota della Fortuna. Numero Sette osservò la figura, ricordandosi di quando, con i suoi fratelli e sorelle, avevano scelto di assegnarsi le carte dei Tarocchi, in modo da creare più unione tra loro. Vi appoggiò sopra la bacchetta, facendo sì che il simbolo si illuminasse. Sospirò, sapendo di non poter più tornare indietro: l’Umbrella Academy era stata convocata.

 

 

 

 

 

            Gabriel McKinnon era certo di una cosa, ovvero di essere stato fortunato a nascere con il dono della polvere dorata. Lavorando a stretto contatto con i bambini, Numero Tre aveva il potere di creare i sogni, proteggendoli così dagli incubi. Dopo essersene andato dalla sua casa di infanzia, era riuscito ad ottenere un posto nell’Ospedale Magico di Edimburgo, cominciando a lavorare nel reparto pediatrico, non stancandosi mai del suo lavoro.

Era appena passata la mezzanotte quando entrò nel suo appartamento, stanco dopo un turno durato otto ore. Tuttavia, notando la luce della cucina accesa, si accigliò: era insolito trovare Numero Quattro sveglio ad aspettarlo oppure a casa, visto i turni che faceva al pub. Dirigendosi in cucina, notò il fratello intento a preparare quella che doveva sembrare una pizza che però sembrava qualcosa appena uscito dal peggior bar dei bassifondi scozzesi.

-Mi spieghi cosa diamine stai facendo? - distratto dalla voce, l’altro ragazzo si girò verso di lui, facendolo sentire a disagio. Gabriel e Cameron erano gli unici veri fratelli di sangue dell’Umbrella Academy: nati dalla stessa madre, non si era mai riuscito a capire il perché di questo curioso fatto. Persino i loro poteri erano uguali, ma se Numero Tre creava i sogni, al contrario Numero Quattro creava incubi. Cameron fece per rispondere, ma un forte dolore al braccio sinistro colpì entrambi nel medesimo istante. Gabriel si tirò immediatamente sù la manica della maglia, rivelando così La Temperanza, quattordicesimo Tarocco degli Arcana Maggiori. Alzò lo sguardo verso il gemello, che intanto aveva scoperto La Morte, tredicesima carta dei Tarocchi e suo simbolo. Entrambi capirono immediatamente di cosa si trattasse.

-L’Umbrella Academy è stata convocata.

 

 

 

 

-È successo, è stato assassinato! - Emanuel smise immediatamente di guardare i fascicoli che aveva sulla scrivania, alzando lo sguardo verso la ragazza appena entrata nel suo studio.

-Chi è stato assassinato? - domandò. Katrina, dopo aver ripreso fiato per la lunga corsa, rispose.

-Richard McKinnon. - alle parole della strega, il ragazzo si alzò di scatto dalla sua scrivania, sconvolto. Dopo qualche minuto di silenzio, piantò gli occhi in quelli della ragazza.

-Alla fine, ce l’hanno fatta. Corri ad avvertire gli altri, dobbiamo subito metterci al lavoro. -

-E i ragazzi dell’Umbrella Academy? Numero Sette li ha convocati. Non dovremmo dirglielo? - Emanuel rifletté un attimo, prima di dare una risposta.

-Non possiamo rivelare la nostra esistenza, ci sono cose che non possono sapere. Ora va’, fa presto. - Katrina annuì e, com’era venuta, se ne andò di corsa.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Buonsalve, signore e signori! Ho appena chiuso le mie vecchie storie per perdita di interesse e mi dispiace un sacco, ma con questa so che non mollerò! Innanzitutto, benvenuti in questa mia nuova avventura! The Umbrella Academy è una serie tv che mi ha preso un sacco, tra l’altro sta per uscire la seconda stagione e non vedo l’ora! Ho pubblicato questa storia anche su Shadowhunters, ma con caratteristiche differenti: ho dovuto cambiare il potere di Numero Sette perché i maghi hanno la capacità di smaterializzarsi; quindi, il suo potere sarebbe stato alquanto inutile.

            Come avrete capito, il fondatore dell’Umbrella Academy è stato assassinato e toccherà ai nostri ragazzi capire cosa è successo! Quindi, potete inviare due categorie di personaggi: i primi sono ovviamente i ragazzi dell’Umbrella Academy, mentre i secondi fanno parte dell’Ordine di Morgana, un gruppo di maghi e streghe che lavorano sull’omicidio come l’Umbrella Academy. In caso scegliate il secondo tipo di personaggio, vi dovrò inviare tutte le informazioni, ovvero perché stanno indagando, ecc.…

 

 

 

 

Ecco le mie note:

 

-non accetto licantropi, vampiri e altre creature strane, preferirei rimanere solo su maghi e streghe perché mi viene più facile trattare solo loro (in caso qualcuno voglia una creatura strana c’è sempre l’altra interattiva XD);

-potete inviare al massimo tre Oc, basta che siano di sesso, fazione e orientamento differenti, per variare un po’;

-l’idea dei Tarocchi mi è venuta da un’interattiva che sto seguendo (tra l’altro ho chiesto all’autrice e non si tratta di plagio). I Tarocchi sono il modo che hanno i membri per comunicare tra di loro, una sorta di simbolo di unione. Vi consiglio di prenderne in considerazione almeno due o tre, perché se ho due personaggi che mi piacciono con la stessa carta posso decidere di cambiarla a uno;

-Niente Mary Sue/Gary Sue;

-i membri dell’Umbrella Academy hanno la stessa età, ovvero 25 anni, mentre i membri dell’Ordine possono andare da 24 a 35 anni;

-i poteri non devono essere ultra-mega potenti, siate coerenti su questo fatto, ma soprattutto: sbizzarritevi!

-essendo un’interattiva, vi farò delle domande ogni tanto: gli autori che non risponderanno per tre capitoli di fila, fatta eccezione per chi ha problemi e me lo comunicherà, si ritroveranno con i loro personaggi espulsi dalla storia.

-ovviamente, andando avanti con la storia, i due gruppi si incroceranno, ma per i primi capitoli ovviamente no. Ricordate: i membri dell’Ordine possono conoscere o aver frequentato Hogwarts insieme a loro (basatevi in base all’anno di nascita che ho dato), ma i membri UA non conoscono la loro identità.

 

 

 

 

 

Questi sono i Tarocchi, tra i quali potete scegliere:

 

 

  • IL MATTO

Persona spontanea, originale, intraprendente, ma imprevedibile.

  • IL MAGO

Persona determinata, pianificatore, intelligente ma arrogante.

  • LA PAPESSA

Persona paziente, studiosa, intuitiva, ma diffidente.

  • L’IMPERATRICE

Persona materna, creativa, dolce, ma gelosa.

  • L’IMPERATORE

Persona paterna, lungimirante, stabile, ma egocentrico.

  • IL PAPA

Persona coscienziosa, una guida, generosa, ma orgoglioso.

  • GLI AMANTI

Persona passionale, audace, tenace, ma vanesia.

  • IL CARRO

Persona avventurosa, carismatica, coraggiosa, ma impulsiva.

  • LA GIUSTIZIA

Persona sincera, leale, arguta, ma pignola.

  • L’EREMITA

Persona saggia, paziente, leale, ma schiva.

  • LA RUOTA DELLA FORTUNA    già occupato

Persona carismatica, indipendente, furba, ma competitiva.

  • LA FORZA

Persona tenace, combattiva, magnetica, ma irascibile.

  • L’APPESO

Persona versatile, originale, simpatico, ma incostante.

  • LA MORTE    già occupato

Persona risoluta, stratega, meticolosa, ma materialista. 

  • LA TEMPERANZA    già occupato

Persona diplomatica, ottimista, altruista, ma timida.

  • IL DIAVOLO

Persona magnetica, ironica, ambiziosa, ma vendicativa.

  • LA TORRE

Persona anticonvenzionale, autonoma, volitiva, ma testarda.

  • LE STELLE 

Persona loquace, allegra, onesta, ma indelicata.

  • LA LUNA

Persona calma, amorevole, pratica, ma pigra.

  • IL SOLE

Persona coraggiosa, carismatica, simpatica, ma possessiva.

  • L’ANGELO

Persona onesta, protettiva, altruista, ma permalosa.

  • IL MONDO 

Persona affascinante, autorevole, audace, ma lunatica.

 

 

 

E questi sono i dati che mi servono:

 

 

 

 

 

OC UMBRELLA ACADEMY

 


Nome e cognome:

Paese di nascita:

Nome in codice:

Ex-casa:

Aspetto fisico:

Prestavolto:

Carattere:

Potere:

Percorso scolastico:

Tarocco ad esso associato?

Paure e debolezze:

Passioni e talenti:

Orientamento sessuale:

Pregi e difetti:

Bacchetta:

Patronus:

Amortentia:

Molliccio:

Rapporto con Richard:

Rapporto con Felikz, Cameron e Gabriel:

Ama e odia:

Amicizie/inimicizie:

Relazione (da chi potrebbe essere attratto? Ha una relazione al momento? Volete che abbia un qualcosa con uno dei cinque Oc presentati? Ogni dettaglio serve al fine di descrivere al meglio il vostro Oc):

Cosa ha fatto dopo essersene andato dall’Umbrella Academy?

Cosa ne pensa della riunione organizzata? (è contento? Non vuole rimanere? Vuole scoprire cos’è successo?)

Canzone che lo rappresenta?

Frase che lo rappresenta?

Altro:

 

 

 

 

 

OC ORDINE DI MORGANA

 

Nome:

Cognome:

Nome in codice:

Età (dai 24 ai 35 anni):

Nazionalità:

Ex-casa:

Aspetto:

Prestavolto:

Carattere:

Percorso scolastico:

Paure e debolezze:

Passioni e talenti:

Orientamento sessuale:

Pregi e difetti:

Bacchetta:

Patronus:

Amortentia:

Molliccio:

Cosa pensa dell’Umbrella Academy (possono anche averci avuto a che fare):

Cosa pensa di Richard McKinnon:

Ama e odia:

Amicizie/inimicizie:

Relazione (da chi potrebbe essere attratto? Ha una relazione al momento? Volete che abbia un qualcosa con uno dei cinque Oc presentati? Ogni dettaglio serve al fine di descrivere al meglio il vostro Oc):

Canzone che lo rappresenta:

Frase che lo rappresenta:

Altro:

 

 

 

 

 

Ed ecco i miei Oc:

 

 

 

 

Richard McKinnon, deceduto

 ffff

Mago di grande prestigio, ha deciso di occuparsi del caso dei bambini nati in circostanze misteriose. Tuttavia, non è stato un padre esemplare: trattava i bambini come degli esperimenti, per capire le loro capacità e abilità. Non ha mai voluto nemmeno rivolgersi a loro con i nomi affidati loro dalla domestica, ma sempre con i numeri. È stato un uomo burbero, severo e autoritario, del tutto sconosciuto ai gesti d’affetto.

 

 

 

 

 

Felikz McKinnon, Numero Sette

Foxy | Australia | omosessuale | portal creation | La Ruota della Fortuna

Bacchetta di frassino, 11 pollici, flessibile, nucleo di crine di unicorno

Numb – Linkin Park

Il momento giusto è all’improvviso.

 eeee

È il terremoto dell’Umbrella Academy: sbadato, maldestro e distratto, ha come unico obiettivo quello di far sorridere i suoi fratelli. Ha un animo buono, per questo ha deciso di rimanere con il padre. Ha sempre delle idee strampalate e ne combina sempre una. Nonostante ciò, è molto furbo e competitivo, non ha mai perso una sfida e cerca sempre di pensare ad una buona soluzione, anche se poi finisce per seguire l’istinto.

 

 

 

 

 

Gabriel McKinnon, Numero Tre

Morpheus | Scozia | omosessuale | dream control | La Temperanza

Bacchetta di biancospino, 23 pollici, flessibile, nucleo di piuma di fenice

Castle of Glass – Linkin Park

Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso.

òòòòòò 

Gabriel è molto timido, difficilmente si apre con le persone. Preferisce un buon libro piuttosto che stare in compagnia. Ama scrivere poesie, soprattutto di notte visto che, dato il suo potere, non riesce a dormire ad orari umani. Di solito, vegliava sui sogni dei suoi fratelli. È attaccatissimo a Cameron, il suo gemello nonché Numero Quattro e ha paura di perderlo. Lavora come medimago in un reparto pediatrico, dove aiuta i bimbi con il suo potere.

 

 

 

 

 

Cameron McKinnon, Numero Quattro

Phobos | Scozia | pansessuale | nightmare control | La Morte

Bacchetta di mogano, 20 pollici, rigida, nucleo di capelli di veela

In the end – Linkin Park

Non c’è niente di più contagioso di una risata.

ddddd 

Cameron è l’esatto opposto di Gabriel: impavido, sfacciato ed egocentrico, niente lo spaventa, complice anche il fatto di saper causare incubi nelle persone. Il suo unico punto debole sembra essere Gabriel, che protegge anche a costo della vita. È stato uno dei primi ad andarsene dall’Istituto, trascinando poi il gemello. Lavora in un pub babbano come barista. Non offenderlo o toccare le persone a cui tiene: diventa crudele e spietato.

 

 

 

 

 

Emanuel Hedervary, 28 anni

Thanatos | Ungheria | bisessuale | Capo dell’Ordine di Morgana

Bacchetta di Tiglio, 13 pollici e mezzo, sufficientemente elastica, nucleo di corda di cuore di drago

Monster – Skillet

I’m in the mood for some chaos.

 ll

A capo dell’Ordine di Morgana, Emanuel è un mago ambizioso e astuto, difficilmente si fa fregare. Ex-Serpeverde, non si ferma davanti a niente; infatti, è se si pone un obiettivo cercherà in tutti i modi di realizzarlo. Vero manipolatore, sa convincere la gente a farsi dire quello che vuole. Ma attenzione: nonostante sia il capo, arriva sempre in ritardo agli incontri.

 

 

 

 

 

Katrina Arlovskaya, 28 anni

Medusa | Bulgaria | eterosessuale | Vicecapo dell’Ordine di Morgana

Bacchetta di Cipresso, 12 pollici, elastica, nucleo di capelli di veela

Pretty Little Psycho – Porcelain Black

B.I.T.C.H. : Beautiful, intelligent, talented, charming and hot.

lllll 

Non fatevi ingannare dal suo bel faccino: sa essere spietata e crudele. Compagna di casa di Emanuel e migliore amica di quest’ultimo, lo ha sempre appoggiato nelle sue scelte, anche in quelle che prevedevano soluzioni “tragiche”. Nonostante ciò, è gentile con le persone a cui vuole bene e si occupa dell’addestramento dei più giovani. Esperta di incantesimi, sul campo da battaglia è una vera guerriera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Perfetto, spero di avervi intrigato con questo prologo.  Ci vediamo alla prossima! Bacioni,

__Dreamer97

 

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Capitolo 2
*** SELEZIONE OC ***


SELEZIONE OC

 

 

 

 

Benvenuti a tutti! Con un giorno di anticipo, ecco qua la selezione! E’ stato davvero difficile scegliere i personaggi, perché erano tutti davvero molto belli, ma questi sono quelli che mi interessavano di più. Non sono riuscita a soddisfare tutti per quanto riguarda i numeri e le carte ma ho fatto il possibile. Spero li amiate come sto facendo io!

 

 

 

 

THE UMBRELLA ACADEMY

 

 

 

 

 

Richard McKinnon, deceduto

fff 

Mago di grande prestigio, ha deciso di occuparsi del caso dei bambini nati in circostanze misteriose. Tuttavia, non è stato un padre esemplare: trattava i bambini come degli esperimenti, per capire le loro capacità e abilità. Non ha mai voluto nemmeno rivolgersi a loro con i nomi affidati loro dalla domestica, ma sempre con i numeri. E’ stato un uomo burbero, severo e autoritario, del tutto sconosciuto ai gesti d’affetto.

 

 

 

 

 

Fëdor McKinnon, Numero Uno

Kratos | Russia | Ex Serpeverde | eterosessuale | Enhancement

Il Diavolo

Bacchetta di tasso, 12 pollici, rigida, nucleo di corda di cuore di drago

Detroit Rock City – Kiss

La mia ambizione è diventare un campione dei duelli per proteggere la mia famiglia e non mi fermerò davanti a nulla pur di ottenere quel titolo.

 ddddddd

Fëdor è un ragazzo molto ambizioso, tenace e combattivo. Gli piace combattere seguendo un codice d’onore, infatti detesta chiunque sia sleale in un duello. Se lo si offende o lo si prende in giro diventa irascibile, sia fuori che all’interno dei duelli. Se qualcuno se la prende con i deboli o con un membro della sua famiglia diventa vendicativo. Nonostante sia Numero Uno, non è incline al comando.

 

 

 

 

 

ELIMINATO

Emerald McKinnon, Numero Due

Gattopardo | Cuba | Ex Serpeverde | bisessuale | Metamorphosis

La Forza

Bacchetta di agrifoglio, 9 pollici e ¾, leggermente flessibile, nucleo di corda di cuore di drago

No New Friends – LSD

La vita è come quando vai dal parrucchiere; tu gli dici cosa ti piacerebbe e lui fa quel cavolo che vuole.

Emerald sa di essere bella, è egocentrica e cerca in tutti i modi di stare al centro dell’attenzione. Inoltre, è molto sicura di sé, non si ferma davanti a niente ed è una persona che ama la libertà. Perde subito la pazienza, ama le persone schiette e odia le persone pignole e che credono di sapere tutto. E’ un ottima ballerina. Non amante della scuola, ha trovato lavoro presso I Tiri Vispi Weasley, a detta sua “un lavoro adatto a lei”. Mai farla arrabbiare se non si vuole fare una brutta fine.

 

 

 

 

 

Gabriel McKinnon, Numero Tre

Morpheus | Scozia | Ex Corvonero | omosessuale | Dream Control

La Temperanza

Bacchetta di biancospino, 23 pollici, flessibile, nucleo di piuma di fenice

Castle of Glass – Linkin Park

Non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso.

ffffff 

Gabriel è molto timido, difficilmente si apre con le persone. Preferisce un buon libro piuttosto che stare in compagnia. Ama scrivere poesie, soprattutto di notte visto che, dato il suo potere, non riesce a dormire ad orari umani. Di solito, vegliava sui sogni dei suoi fratelli. E’ attaccatissimo a Cameron, il suo gemello nonché Numero Quattro e ha paura di perderlo. Lavora come medimago in un reparto pediatrico, dove aiuta i bimbi con il suo potere. E’ un Legilimens ma non ha mai usato questa capacità sui suoi fratelli e sorelle.

 

 

 

 

 

Cameron McKinnon, Numero Quattro

Phobos | Scozia | Ex Serpeverde | pansessuale | Nightmare Control

La Morte

Bacchetta di mogano, 20 pollici, rigida, nucleo di capelli di veela

In the end – Linkin Park

Non c’è niente di più contagioso di una risata.

ssss 

Cameron è l’esatto opposto di Gabriel: impavido, sfacciato ed egocentrico, niente lo spaventa, complice anche il fatto di saper causare incubi nelle persone. Alle parole preferisce i pugni e dove c’è una rissa lui è di sicuro coinvolto. Il suo unico punto debole sembra essere Gabriel, che protegge anche a costo della vita. E’ stato uno dei primi ad andarsene dall’Istituto, trascinando poi il gemello. Lavora in un pub babbano come barista. Non offenderlo o toccare le persone a cui tiene: diventa crudele e spietato.

 

 

 

 

 

Ophelia McKinnon, Numero Cinque

Flowers | Stati Uniti | Ex Corvonero | pansessuale | Weather Manipulation

Il Mondo

Bacchetta di abete, 13 pollici, rigida, nucleo di piuma di fenice

What About Us – P!nk

Tutti i nostri sogni possono realizzarsi se abbiamo il coraggio di inseguirli.

 ddddd

Ophelia è una ragazza affascinante, arguta e audace. Ha un grande ingegno e sa riparare di ogni, dai giocattoli dei fratelli all’orologio a pendolo del padre. E’ molto esigente con gli altri ma soprattutto con sé stessa. E’ abbastanza lunatica e nessuno capisce quando e come cambierà umore. Lavora duro per ogni cosa, non le piace giocare sporco ed è sempre sincera. Quando inventa o ripara qualcosa ha l’abitudine di legarsi i capelli con un nastro azzurro.

 

 

 

 

 

ELIMINATO

Oberon Ulrich Merlin McKinnon, Numero Sei

Shakespeare | Irlanda | Ex Grifondoro | pansessuale | Object Manipulation

Gli Amanti

Bacchetta di corniolo, 13 pollici e ¾, leggermente elastica, nucleo di corda di cuore di drago

Grow Old, Die Young – One Ok Rock

I want the cause of my death to be amazing sex

Oberon ha un’indole molto focosa e spesso fa molte allusioni mentre parla con qualcuno. E’ un grande amante della vita e cerca sempre qualcosa di spettacolare in grado di sorprenderlo.  Adora viaggiare e stare con gli amici, ma più di tutto ama la danza, che lui stesso pratica. E’ il classico pagliaccio del gruppo, ma non bisogna sottovalutarlo: a prima vista può sembrare un idiota ma ha una grande personalità.

 

 

 

 

 

Felikz McKinnon, Numero Sette

Foxy | Australia | Ex Tassorosso | omosessuale | Portal Creation

La Ruota della Fortuna

Bacchetta di frassino, 11 pollici, flessibile, nucleo di crine di unicorno

Numb – Linkin Park

Il momento giusto è all’improvviso.

ddddd 

E’ il terremoto dell’Umbrella Academy: sbadato, maldestro e distratto, ha come unico obiettivo quello di far sorridere i suoi fratelli. Tutta la sua goffaggine sparisce con il ballo, talento che coltiva oltre al disegno. Ha un animo buono, per questo ha deciso di rimanere con il padre. Ha sempre delle idee strampalate e ne combina sempre una. Nonostante ciò, è molto furbo e competitivo, non ha mai perso una sfida e cerca sempre di pensare ad una buona soluzione, anche se poi finisce per seguire l’istinto. E’ un Metamorphomagus e si presenta sempre con i colori più strampalati.

 

 

 

 

 

ELIMINATO

Lauren Amber McKinnon, Numero Otto

Nives | Canada | Ex Corvonero | eterosessuale | Psychokinesis and Mentalism

La Giustizia

Bacchetta di faggio, 9 pollici e ½, piuttosto rigida, nucleo di piuma di fenice

Bird Set Free – Sia

I’m not an adventurer by choice but by fate.

Testurbante tra Grifondoro e Corvonero ma poi smistata nella Casa dei corvi, Lauren è una ragazza cinica, introversa, studiosa e matura, che maschera le sue insicurezze e paure con il sarcasmo. Pignola e ligia al dovere, è la classica “so-tutto-io” che detesta quando la gente non comprende cose che per lei sono semplici. E’ molto selettiva sulle sue amicizie; tuttavia, se la si prende per il verso giusto, è un’ottima ascoltatrice e confidente e può essere un’ottima amica.

 

 

 

 

 

Elaija McKinnon, Numero Nove

Orpheus | Germania | Ex Grifondoro | omosessuale | Music Creation

Le Stelle

Bacchetta di acacia, 15 pollici e ¾, rigida, nucleo di piuma di fenice

Love Me – Yiruma

Danza la vita, canta e cammina.

fffff 

Elaija ha una personalità particolare: è rispettoso e tranquillo, ma ha una sincerità schietta e dice sempre quello che pensa. Non ha cattive intenzioni, semplicemente vuole essere sincero, rendendo impossibile arrabbiarsi con lui. Non è un amante della violenza, ma se si vuole fare capire farà in modo che i suoi gesti siano molto chiari. A causa di una meningite magica ha perso l’uso della parola e da allora comunica solamente con i gesti e con la musica, sua più grande passione. Quando si ritrova qualcuno davanti che inizia ad offenderlo, cercherà in tutti i modi di innervosirlo e di fargli perdere la calma, con il suo classico sorriso canzonatorio e ironico.

 

 

 

 

 

Mathias Morgan McKinnon, Numero Dieci

Mad Hatter | Paesi Bassi | Ex Grifondoro | bisessuale | Multiple Personalities

Il Matto

Bacchetta di pioppo bianco, 12 pollici e ½, molto elastica, nucleo di corda di cuore di drago

Brother – Kodaline

Essere pazzi è stupendo: puoi dire tante verità, tanto nessuno ti ascolta…

ww 

Mathias è un ragazzo imprevedibile: a causa del suo potere, non si può sapere se si sta parlando con lui oppure con una delle altre personalità che albergano nella sua testa. Tuttavia, se si becca la personalità giusta, Mathias è un ragazzo estroverso, simpatico e chiacchierone. E’ sempre distratto e dice sempre la prima cosa che pensa, non rendendosi conto di quello che ha intorno. E’ un ottimo cuoco e pasticciere: dopo la fuga dall’Umbrella Academy ha trovato lavoro in una pasticceria babbana.

 

 

 

 

 

Sheryl McKinnon, Numero Undici

Carmen | Islanda | Ex Tassorosso | bisessuale | Charme

L’Imperatrice

Bacchetta di castagno, 10 pollici, flessibile, nucleo di crine di unicorno

The lovers of the world – Jerry Wallace

Il senso di vuoto che provo non potrà mai essere riempito, se non da una persona che mi ami per tutta la vita e che la passerà insieme a me, fino al sopraggiungere della nostra morte.

 ooo

Sheryl è una persona estroversa e affettuosa, con la quale è facile fare amicizia. E’ molto creativa quando si tratta di trovare un modo per fare amicizia ma è anche molto gelosa. E’ una grande appassionata di pozioni e si diverte ad inventarle oppure a modificare quelle già esistenti, arrabbiandosi se non ci riesce. In amore, quando punta un ragazzo che gli piace non lo molla fino a quando questo non sarà ai suoi piedi. Con gli altri ragazzi dell’Umbrella Academy è molto protettiva e materna.

 

 

 

 

 

ELIMINATO

Travis McKinnon, Numero Dodici

Doctor Strange | Danimarca | Ex Tassorosso | bisessuale | Healing and Regeneration

Il Carro

Bacchetta di corniolo, 11 pollici e ½, molto flessibile, nucleo di crine di Unicorno

Drama – AJR

Live each day as if it were your last.

Travis è un ragazzo solare e sorridente, ma molto testardo e impulsivo. Non si tira mai indietro davanti ad una sfida e si infila sempre in qualche rissa. In una situazione difficile cerca sempre di far tornare il sorriso agli altri anche con frasi stupide, ma sa sempre come controllarsi. Se qualcuno tocca o danneggia la sua roba si arrabbia moltissimo e odia gli scherzi. Adesso gioca a Quidditch come professione, ma fa parte di una squadra tra le ultime in classifica.

 

 

 

 

 

 

 

 

ORDINE DI MORGANA

 

 

 

 

 

Emanuel Hedervary, 28 anni

Thanatos | Ungheria | Ex Serpeverde | bisessuale | Capo dell’Ordine di Morgana

Bacchetta di tiglio, 13 pollici e mezzo, sufficientemente elastica, nucleo di corda di cuore di drago

Monster – Skillet

I’m in the mood for some chaos.

 ssss

A capo dell’Ordine di Morgana, Emanuel è un mago ambizioso e astuto, difficilmente si fa fregare. Ex-Serpeverde, non si ferma davanti a niente, infatti è se si pone un obiettivo cercherà in tutti i modi di realizzarlo. Vero manipolatore, sa convincere la gente a farsi dire quello che vuole. Ma attenzione: nonostante sia il capo, arriva sempre in ritardo agli incontri.

 

 

 

 

 

Katrina Arlovskaya, 28 anni

Medusa | Bulgaria | Ex Serpeverde | eterosessuale | Vice-capo dell’Ordine di Morgana

Bacchetta di cipresso, 12 pollici, elastica, nucleo di capelli di veela

Pretty Little Psycho – Porcelain Black

B.I.T.C.H. : Beautiful, intelligent, talented, charming and hot.

dddd 

Non fatevi ingannare dal suo bel faccino: sa essere spietata e crudele. Compagna di casa di Emanuel e migliore amica di quest’ultimo, lo ha sempre appoggiato nelle sue scelte, anche in quelle che prevedevano soluzioni “tragiche”. Nonostante ciò, è gentile con le persone a cui vuole bene e si occupa dell’addestramento dei più giovani. Esperta di incantesimi, sul campo di battaglia è una vera guerriera.

 

 

 

 

 

ELIMINATO

Caleigh Hasegawa, 27 anni

Kitsune | Giappone | Ex Grifondoro | eterosessuale

Bacchetta di frassino, 1° pollici, flessibile, nucleo di crine di unicorno

First Burn – Rachelle Anne Go, Lexi Lawson, Shoba Narayan, Julia Harriman e Arianna Afsar

Think like a proton: always positive.

Testarda, vivace e dalla lingua tagliente, Caleigh perde queste sue caratteristiche di fronte a dei ragazzi, diventando improvvisamente timida. Ha una bassa autostima e, quando soffre, fa spuntare sempre una specie di sorrisetto falso. Come una Kitsune, è furba e brava a mentire. Con le persone a cui tiene diventa iper-protettiva e si butta sempre nelle situazioni pericolose, senza rendersi conto del rischio. Lavora come medimaga al San Mungo.

 

 

 

 

 

Scarlett Cross, 30 anni

Velvet | Inghilterra | Ex Corvonero | bisessuale

Bacchetta di ciliegio, 13 pollici, abbastanza rigida, nucleo di crine di unicorno

What I’ve Done – Linkin Park

Pensa, credi, sogna e osa.

 wwww

Scarlett è una donna che sa quello che vuole: intelligente e riflessiva, fa sempre una lista di pro e contro prima di prendere una decisione. E’ paziente e tollerante ma non bisogna mai irritarla troppo, sa essere vendicativa e la gente le sta alla larga finché non si calma. E’ molto determinata e riesce a capire quando qualcuno mente. E’ divorziata, ha un figlio di undici anni di nome Michael e lavora come Auror.

 

 

 

 

 

Jem Crowley, 35 anni

Magnus | Stati Uniti | Ex Tassorosso | eterosessuale

Bacchetta di abete, 12 pollici, flessibile, nucleo di piuma di coda di Thunderbird

Carry On My Wayward Son – Kansas

Sono un uomo buono, non amo la violenza e mi piace aiutare gli altri, ma se provi a fare del male ad uno dei miei compagni o allievi, preparati perché diventerò spietato e crudele.

wwwwwww 

Jem insegna pozioni ad Hogwarts, gentile e premuroso con i suoi studenti, ma severo quando serve. E’ gentile con tutti, ma quando qualcuno o qualcosa intacca la sicurezza dei suoi studenti o delle persone che ama, diventa spietato, nonostante sia un uomo che ripudia la violenza e che la usa solamente come ultima carta. Durante la sua vita ha iniziato a bere e a fumare, senza più riuscire a smettere e cadendo in una vera e propria dipendenza.

 

 

 

 

 

Harry Lynch, 24 anni

Eros | Inghilterra | Ex Serpeverde | eterosessuale

Bacchetta di quercia rossa, 12 pollici e ¾, leggermente flessibile, nucleo di capelli di veela

Fly – Ludovico Einaudi

H.O.P.E.: Hold On, Pain Ends.

 uuu

Harry è un ragazzo molto sicuro di sé, determinato e con la battuta pronta. Dice sempre quello che pensa e non sa mai quando è tempo di fermarsi. E’ molto permaloso e detesta chi cerca di comandarlo. Sotto sotto, però, è un ragazzo sveglio, intelligente e molto romantico. Viaggia per il mondo lavorando come spezzaincantesimi. Amante del silenzio e della musica classica, detesta il disordine e il troppo rumore.

 

 

 

 

 

Charlotte Henderson, 26 anni

Ruby | Francia | Ex Grifondoro | eterosessuale

Bacchetta di pino, 13 pollici, rigida, nucleo di crine di unicorno

Power – Little Mix

Life is short: smile while you have teeth.

aaaa 

Charlotte è una ragazza molto testarda, che farebbe di tutto per farti dire che ha ragione lei. Non si fa mettere i piedi in testa ed è molto orgogliosa. E’ anche una ragazza coraggiosa, determinata e solare, che adora partire all’avventura e alla ricerca di qualcosa di nuovo. Ottima conoscitrice di pozioni, lavora come aspirante alchimista nel sud della Francia, in una delle botteghe più famose el paese.

 

 

 

 

 

 

Ed eccoli qua! Come prima cosa, ecco le prime domande per voi: le domande che riguarderanno i ragazzi dell’Umbrella Academy saranno segnate in blu, mentre quelle dell’Ordine in verde. Partiamo subito:

Spiegatemi i vari rapporti con i vari fratelli.

 

Attenzione a questa domanda: non voglio due righe scarse in cui mi dite “va d’accordo con questo mentre con questo no”, ma non pretendo neanche i papiri visto che per ora sono ancora poche informazioni.

 

1.      I rapporti con i vari membri;

2.      Come hanno conosciuto Emanuel e Katrina e come sono entrati nell’Ordine;

 

 

 

Ricordo anche che, chi non risponde per tre capitoli di fila, vedrà i suoi personaggi eliminati dalla storia. Per adesso, una sola autrice mi ha dato delle motivazioni di impossibilità a recensire, voi non avete scusanti XD.

 

Ho finalmente detto tutto e spero che gli Oc vi piacciano! Fatemi sapere se le descrizioni sono adatte oppure ho sbagliato. Ci vediamo al primo capitolo! Bacioni,

 

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 1 ***


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CAPITOLO 1

 

 

 

4 Novembre 2020, Villa Olympus

 

 

         Era una piovosa mattinata di novembre e, nonostante fosse arrivato da almeno un quarto d’ora, Numero Sei non si azzardava a percorrere il vialetto di Villa Olympus. Non che avesse paura, figuriamoci: Oberon Ulrich Merlin McKinnon difficilmente si faceva spaventare da qualcosa. Semplicemente, non era ancora pronto ad incontrare quelli che per anni avevano costituito la sua famiglia: si ricordava molto bene di quanto si divertisse a fare casini con Emerald, Felikz e Travis, alias Numero Due, Numero Sette e Numero Dodici, oppure di quanto adorasse osservare Numero Cinque, Ophelia, riparare oggetti di ogni tipo. Il ragazzo sorrise malinconicamente, a ripensare a tutte quelle cose a cui aveva rinunciato. Mentre si trovava ancora assorto nei suoi pensieri, una dolce brezza lo raggiunse, mentre una melodia, che sembrava quella di un violino, si propagò attorno a lui. Oberon sorrise e si voltò: Numero Nove lo osservava sorridendo, felice di essersi fatto riconoscere dopo così tanto tempo. Elaija corse ad abbracciare il fratello, che ricambiò la stretta.

-Ciao El, mi sei mancato.- Disse Oberon una volta sciolto l’abbraccio. Numero Nove sorrise ancora di più e annuì, confermando che la cosa fosse reciproca. A quel punto, Oberon prese la sua valigia e, con la compagnia del fratello, entrò nella sua vecchia casa.

 

 

 

 

 

Ophelia stava sistemando le sue cose nella vecchia camera. Appena entrata, aveva subito notato che niente era stato cambiato, probabilmente una scelta di Numero Sette per non dimenticarli. La ragazza sospirò, mentre metteva i suoi vestiti nel vecchio armadio: perché chiamarli con così tanta urgenza? E perché usare i Tarocchi? Aveva bisogno di capire.

-Sapevo di trovarti qui.- Ophelia si girò di scatto, trovandosi davanti Sheryl che la guardava sorridendo. Passarono pochi secondi, prima che la rossa si lanciasse addosso all’altra.

-Mi sei mancata tantissimo!- disse mentre la bionda rideva.

-Anche tu! Merlino, è da troppo che non ci vediamo.- le due iniziarono a parlare del più e del meno, fino a quando una voce non le interruppe.

-Non vorrei rompere questo bel quadretto, ma giù ci attendono e dovreste sbrigarvi.- Le due si voltarono verso la porta, dove Emerald le guardava annoiata. Dietro di lei, Lauren fissava il soffitto, come a voler evitare un qualsiasi contatto visivo.

-Emerald, Lauren, è un piacere rivedervi! Grazie mille per averci avvertito, scendiamo subito!- rispose Sheryl sorridendo, mentre Ophelia guardava storta sia Numero Due che Numero Otto.

-Wow, neanche un ciao. Simpatica come sempre, no Emerald? E tu Lauren, non hai neanche il coraggio di guardarci in faccia?- alle parole della bionda, Sheryl cercò di dire qualcosa ma Emerald strinse i pugni cercando di avvicinarsi a Numero Cinque, venendo però fermata da Lauren.

-Il problema non è mio, Ophelia. Dovresti smetterla di fare la bambina e di comportarti come un’adulta.- un silenzio glaciale calò nella stanza, prima che Sheryl lo interrompesse.

-Che cosa ci è successo, ragazze? Ophelia, Lauren, voi eravate migliori amiche, cosa vi prende? Andavamo tutte così d’accordo…- nonostante le parole di Numero Undici, Emerald uscì dalla stanza sbuffando, mentre Lauren piantò gli occhi in quelli delle altre due sorelle.

-Semplice: siamo cresciute.-

 

 

 

 

 

-Lo sapevo che saresti tornato!- prima ancora di rendersi conto di chi avesse parlato, Travis si ritrovò stretto in un grosso abbraccio, che sembrava più la stretta di un serpente. Riconosciuto Cameron, iniziò a ridere.

-Anche tu, brutto imbecille! Ora staccati che così mi soffochi!- Non appena riuscì a liberarsi dall’abbraccio del fratello, Travis notò Gabriel sulla soglia della sua camera, che gli sorrise timidamente.

-Ciao Travis.- disse il rosso e Travis sorrise a sua volta, andando poi ad abbracciarlo.

-Ciao Gabi, mi sei mancato anche tu.- disse il moro, mentre Numero Tre raggiungeva il colore dei suoi capelli.

-Ma come, perché non mi viene a trovare nessuno? Noi ci stavamo annoiando!- Mathias, Numero Dieci, entrò nella stanza sorridendo. Con il “noi” sottolineava le sue altre personalità, cosa a cui i fratelli avevano fatto abitudine.

-Matt, da quanto tempo!-  esclamò Numero Quattro, mentre andava ad abbracciare il fratello.

-Vorrei tanto stare qui a chiacchierare, ma giù ci aspettano. Felikz deve comunicarci qualcosa.- disse Gabriel con voce flebile. Gli altri tre annuirono dandogli ragione e, recuperata la serietà, uscirono dalla stanza.

 

 

 

 

 

Dal casino che proveniva dalla stanza principale, Fëdor capì di essere l’ultimo arrivato. Lasciato il suo bagaglio vicino all’atrio. Si avvicinò alla sala, dove vide tutti i suoi fratelli: Emerald stava ridendo, probabilmente a causa di una battuta fatta da Oberon, mentre Elaija gesticolava rispondendo; Gabriel chiacchierava con Lauren, mentre Cameron, vicino a Sheryl e Ophelia, lo osservava da lontano; Travis e Mathias parlavano tra di loro, probabilmente parlando di una qualche partita di Quidditch e Felikz guardava tutti sorridendo. Fu proprio quest’ultimo ad accorgersi di lui e, appena lo notò, gli corse incontro per abbracciarlo!

-Fëdor, mi sei mancato tantissimo!- ormai notato, anche gli altri fratelli andarono ad abbracciarlo, mentre Numero Uno sorrideva.

-Oh Fëdor, finalmente! Mancavi solo tu!- la Signora Davis si avvicinò al ragazzo sorridendo.

-Signora Davis, da quanto tempo! Non è cambiata per niente.- rispose il ragazzo e la domestica si mise a ridere.

-Voi invece siete tutti così diversi, non siete più dei bimbi! Avevo preparato dei biscotti per l’incontro ma Felikz li ha mangiati tutti.- Gli sguardi dei fratelli volarono su Numero Sette, che iniziò a boccheggiare.

-Ero nervoso, va bene?!- disse mentre i suoi capelli passavano dal lilla all’arancio, colore che assumevano quando provava imbarazzo o vergogna. I fratelli iniziarono a ridere e, dopo che la Signora Davis se ne andò congedandosi, i ragazzi si sedettero sulle varie poltrone. A prendere parola fu Lauren.

-Forza, di cosa volevi parlarci? E dov’è il Signor McKinnon?- a quelle parole Fëdor sbuffò.

-Probabilmente non voleva vederci e se ne sta rinchiuso nel suo ufficio, come sempre.- Felikz sospirò.

-Veramente…- prese a parlare, ma venne subito interrotto da Oberon.

-Non essere così cattivo. Papà ci raggiungerà tra poco.- disse Numero Sei e questa volta fu il turno di Sheryl.

-Cattivo? Vorrei ricordarti che non mai stato un padre per noi. Lauren non lo chiama nemmeno così e secondo te dovremmo farlo noi?- i ragazzi iniziarono a parlare contemporaneamente, mentre Elaija cercava di calmarli, non riuscendoci. Gabriel, l’unico che non parlava, si accorse dello sguardo di Numero Sette.

-Ragazzi, adesso basta, Felikz deve dirci qualcosa di importante.- tutti si zittirono, non abituati a quel tono deciso da parte del Numero Tre. Persino Cameron lo guardò scioccato. Grazie al suo intervento, l’attenzione di tutti torno su Felikz, che ormai aveva assunto un’espressione seria. Puntò lo sguardo su quello dei suoi fratelli e sorelle, prima di parlare.

-Papà è morto una settimana fa.- Un silenzio glaciale cadde sul gruppo, interrotto poi da una piccola risata.

-Beh, e allora? Lo detestavamo tutti, no?- i vari sguardi si puntarono su Mathias, che lo osservava con i suoi grandi occhi blu, occhi che i fratelli sapevano non essere i suoi. Lauren, che tra tutti era quella che aveva fatto più caso alle personalità del fratello, gli si avvicinò.

-Ciao Harry, è un piacere vederti. Non vorrei essere cattiva, ma ci servirebbe Mathias per discutere di una cosa importante.- il ragazzo la guardò dritta negli occhi e la ragazza sussultò: nonostante il volto fosse il suo, lei sapeva che non si trattava di suo fratello. Improvvisamente, Numero Dieci sgranò gli occhi, che da azzurri diventarono verdi, mentre i capelli cambiavano colore diventando biondo scuro.

-I-io m-mi dispiace… H-Harry è s-sempre così c-cattivo…- iniziò a piagnucolare mentre Lauren iniziava a consolarlo. Seduto accanto a lui, Fëdor cercò di imitare la sorella, non sapendo come comportarsi. In fondo, non lo aveva mai capito.

-Non è colpa tua, Dylan. Ora potresti chiamarmi Mathias?- alla domanda della ragazza, Numero Dieci annuì e, dopo aver chiuso gli occhi, i capelli tornarono al loro marrone naturale. Il ragazzo aprì gli occhi, tornati marroni e sorrise, mentre Numero Uno lo guardava attonito, non avendo ancora capito questo cambio.

-Scusatemi ragazzi, ma da un paio di giorni ho problemi con gli altri. Allora, che è successo?- domandò mentre il resto dei fratelli lo guardava senza dire una parola. A rispondere alla sua domanda fu Ophelia.

-Papà è morto.- disse Numero Cinque e Mathias sgranò gli occhi, non sapendo cosa dire. Elaija si voltò verso Felikz e mosse una mano, mentre una frase compariva nell’aria.

Cos’è successo?

-E’ stato assassinato. Lo abbiamo trovato nel suo ufficio, con un pugnale nel petto. Sono appena riuscito a recuperare il coltello dal Ministero, ma non sono riuscito a trovare niente, nemmeno con la magia.-

-D’accordo, posso provarci io.- gli sguardi di tutti volarono su Oberon, che se ne stava seduto a gambe incrociate e sembrava pensieroso.

-Va bene. Possiamo però occuparcene domani? Almeno il tempo di riflettere con calma su cosa fare. Consiglierei di dormirci su, poi domani mattina agiremo.- Alle parole di Cameron tutti annuirono e, alzandosi dalle loro postazioni, uscirono dalla stanza. Elaija si alzò per ultimo, ma si fermò notando che Felikz non si era ancora mosso. Notando che tutti se ne erano già andati, si fece coraggio e si avvicinò al fratello. Con il suo potere e grazie al bracciale che Felikz indossava al polso, creò una piccola melodia. Ascoltandola, Numero Sette sorrise e si voltò verso Numero Nove.

 Tutto bene?

Felikz annuì e si alzò, trovandosi faccia a faccia con Elaija.

-Sì, sto bene. Domani ne parleremo meglio, ora ci conviene riposare. Sarete tutti stanchi, immagino.- Elaija annuì alle parole del fratello. Prima di potersene andare, però, si ritrovò tra le braccia del fratello, stretto in un caldo abbraccio. Sentendo il respiro di Felikz sul suo collo, Elaija rabbrividì e si ritrovò ad arrossire.

-Mi sei veramente, mancato, El.- a quelle parole,  Elaija cercò in tutti i modi di non far partire il suo potere, non volendo essere scoperto. Sciolse l’abbraccio e, dopo aver salutato Felikz, si allontanò dalla stanza.

 

 

 

 

 

4 Novembre 2020, Diagon Alley

 

 

Quel giorno, a Diagon Alley si respirava un’aria tesa: da una settimana, si discuteva solamente della morte di  Richard McKinnon, colui che sarebbe stato il futuro Ministro della Magia. Ormai giravano teorie di ogni tipo: c’era chi diceva fosse stato un rivale, oppure che il Signore Oscuro fosse tornato. Un’altra voce che girava  riguardava l’Umbrella Academy: secondo alcuni, i ragazzi della vecchia squadra di McKinnon si erano incontrati, ma non vi era niente di certo.

            In tutto questo trambusto, una giovane donna stava seduta ad un tavolo di un bar, sorseggiando tranquillamente la sua burrobirra. Una figura si sedette accanto a lei, ma la giovane non si mosse di un millimetro.

-Però, se mi avessero detto che ti avrei trovato a sorseggiare burrobirra mi sarei preparato. Sei ogni giorno una scoperta, lo sai Scarlett?- la donna si voltò verso l’uomo, che le sorrideva dolcemente.

-Diciamo che dovevo sembrare credibile, Jem. Allora, Michael come va? Si sta comportando bene?- disse la bionda. L’uomo annuì mentre un cameriere prendeva la sua ordinazione.

-Va molto bene. E’ un perfetto Grifondoro, sono sicuro che da grande farà strage di cuori.- rispose e la bionda sorrise.

-Scusate il ritardo!- i due si voltarono contemporaneamente, osservando Caleigh prendere posto al tavolo.

-Non sei in ritardo tesoro, tranquilla.- Caleigh sorrise alle parole di Scarlett, ma il suo voltò tornò serio non appena altre due figure si avvicinarono.

-Dovresti essere sempre puntuale. Non stiamo giocando.- disse Harry sedendosi, mentre la mora abbassava lo sguardo. Charlotte, alzando gli occhi al cielo, tirò uno scapellotto all’amico.

-E tu dovresti finirla di fare il superiore, ti ricordo che anche tu arrivavi spesso in ritardo!- il ragazzo sbuffò ma non disse niente. Charlotte era la sua più grande amica e l’unica di cui si fidasse veramente.

-Perfetto, ci siete tutti! Ora manca solo quel ritardatario di Ema e ci siamo!- Katrina prese posto tra Charlotte e Jem, togliendosi gli occhialo da sole e appoggiandoli sul tavolo.

-Non ho ancora capito come mai arrivi sempre in ritardo. Un capo dovrebbe essere sempre in anticipo.- commentò Harry e Katrina lo guardò torva.

-Si dia il caso che Ema è una persona comune come tutti noi, quindi può fare ritardo. E poi non sono affari che ti riguardano.- il biondo fece per replicare, ma un “crack” li fece voltare tutti. Emanuel si sedette al tavolo, sorridendo ai presenti.

-Scusatemi tanto, ma non trovavo la bacchetta.- a quella frase, Jem lo guardò stranito.

-Scusami, ma un incantesimo d’appello?- il giovane si voltò verso l’uomo con un sorriso malandrino.

-Non mi sarei divertito a cercarla altrimenti.- questa volta fu il turno di Katrina di tirargli uno scapellotto.

-Non fare l’idiota e cominciamo.- Emanuel annuì e si fece improvvisamente serio, seguito dai suoi colleghi.

-Come avrete capito, Richard McKinnon è stato assassinato l’altra settimana. Non si sa chi sia stato, ma sappiamo che si tratta di una persona molto potente. Non ha usato la magia ma un semplice pugnale, come a volersi prendere gioco di tutto il Ministero. In più, Numero Sette ha convocato l’intera Umbrella Academy.- ci fu qualche minuto di silenzio, prima che Scarlett parlasse.

-Quindi che facciamo? Indaghiamo?- Katrina annuì.

-Innanzitutto, dobbiamo recuperare il pugnale. Ho scoperto che, al momento, Numero Sette è riuscito a riprenderselo. Probabilmente utilizzeranno le capacità di Numero Sei per capire chi sia il colpevole. Questo è un fattore a nostro svantaggio, ma non dobbiamo arrenderci. Per muoverci, d’ora in poi useremo solamente i nostri nomi in codice. Non possiamo farci scoprire. Kitsune e Velvet, vi occuperete di ricavare informazioni al Ministero: prove, teorie, sospettati, qualsiasi cosa. Eros, Ruby, voi sorveglierete Villa Olympus.  Attenti a non farvi scoprire: in mezzo a loro si trovano degli elementi davvero potenti. Magnus, dovendo stare ad Hogwarts controllerai i dintorni della scuola, compreso Hogsmeade. In più, ti diamo il compito di sorvegliare Nocturne Alley: prendi nota di qualsiasi cosa succeda e vedi se riesci a scovare qualche indizio.- tutti annuirono e, pian pino, si smaterializzarono. Al tavolo rimasero solamente Emanuel e Katrina.

-Chi pensi possa essere stato?- domandò la ragazza.

-Non lo so. Devo scoprire se quella persona ha scoperto qualcosa, se Richard ha confessato o se…- Emanuel venne interrotto da Katrina, che gli aveva appoggiato una mano sulla guancia.

-Stai tranquillo. Richard non avrebbe mai parlato e lo sai. In caso contrario, ci penseremo. Devi avere fiducia.- alle parole dell’amica, il ragazzo annuì. Stettero seduti ancora un po’ poi, quando si fece tardi, si smaterializzarono.

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ed eccoci qua con il primo capitolo della storia! Avrei dovuto pubblicarlo settimana prossima, ma vista la situazione che stiamo vivendo, ho voluto anticipare, anche perché volevo un po’ far sorridere con l’aggiornamento. Prima di tutto, avrei da fare una piccola precisazione:

 

-come avrete notato, per i ragazzi dell’Umbrella Academy non ho rispettato tutte le risposte che mi avevate inviato, ma per un motivo valido: ho ricevuto commenti tipo “al personaggio X sta davvero simpatico il personaggio Y”, ma poi ho ricevuto “il personaggio Y odia a morte il personaggio X”. La mia decisione è stata questa: alcune delle vostre risposte le userò per il passato, quindi qualche volta vi troverete dei paragrafi che riguarderanno il passato dei nostri ragazzi. Ovviamente spiegherò tutto, quindi non preoccupatevi!

 

 

Come al solito, ecco le domande per l’Umbrella Academy:

 

 

-Il colore preferito?

-Raccontatemi un momento importante della loro infanzia e uno durante gli anni di Hogwarts. Per la scuola, deve trattarsi di un momento davvero importante, non “al quinto anno ha passato i G.U.F.O.” se ci siamo capiti.

 

 

Ed ecco per l’Ordine:

 

 

-Il colore preferito?

-Le sue abilità che gli hanno permesso di entrare nell’Ordine: ottimo duellante, conoscitore di pozioni, ecc…

-Raccontatemi il suo passato: la sua famiglia, la sua vita fino ad arrivare ad oggi.

 

 

Ricordo che più sarete dettagliati meglio io descriverò le cose e che le risposte vanno inviate per messaggio privato. E ricordate: prima ricevo le risposte, prima pubblico! Ci vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,

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P.S. Vi piace la copertina?

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 2 ***


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CAPITOLO 2






 

5 Novembre 2020, Villa Olympus, Londra

 

 

            L’alba aveva appena cominciato a sollevarsi, iniziando ad illuminare Londra, che ancora si trovava nel mondo dei sogni. I primi raggi del sole iniziarono a colpire i vari edifici, infiltrandosi tra le persiane e le tende. Un raggio di sole entrò in una delle camere di Villa Olympus, andando a colpire il viso di chi vi dormiva. Fëdor strizzò gli occhi, cercando di capire cosa gli stesse dando così fastidio. Aprì gli occhi e, ritrovandosi ad osservare i primi raggi solari, sbuffò, per poi girarsi dall’altra parte. Tuttavia, ormai privo di sonno, si mise a sedere sbuffando ancora. Si passò una mano sul viso stanco e, dopo un lungo sbadiglio, si guardò intorno. Essendo arrivato molto tardi il giorno prima e, dopo la tragica notizia, non si era dato nemmeno la briga di disfare la sua valigia che si era buttato subito sul letto, senza nemmeno essersi cambiato. Notò subito che la stanza era rimasta come l’aveva lasciata: accanto sulla parete di sinistra, vi si trovava la scrivania, con sopra varie pergamene, una piuma e un calamaio e qualche vecchio manuale di Incantesimi e duelli, che lui leggeva per allenarsi e conoscere più tattiche possibili. Accanto alla scrivania, la libreria era colma di libri di ogni genere, dai manuali scolastici ai libri di Astronomia ad altri libri di Incantesimi. Sulla parete di destra invece, stava un grande armadio, con all’interno alcuni dei suoi vecchi vestiti, la vecchia divisa scolastica e la divisa dell’Umbrella Academy e, tra l’armadio e la finestra, un telescopio, che Fëdor utilizzava per osservare le stelle e studiare le costellazioni. Ed infine le pareti, piene di bandierine e decorazioni verde-argento, in onore della sua vecchia Casa, vari disegni fatti dai suoi fratelli e sorelle – soprattutto Felikz ed Elaija – e le fotografie di loro da bambini, scattate nel corso degli anni da Mathias, l’unico di loro con una grandissima passione per la fotografia, oltre che per la cucina.

In quel momento, Fëdor provava nostalgia: quella stanza che per 18 anni aveva custodito i suoi segreti, ormai non la riconosceva più, sembrava quasi che lui non fosse mai stato lì. Preso com’era dai suoi pensieri, il ragazzo non si accorse di una figura che era appena entrata nella stanza. Questa poggiò una mano sulla sua spalla, facendolo sussultare.

-Scusami, non volevo spaventarti.- la voce di Gabriel gli arrivò come un sussurro, mentre lo guardava con i suoi grandi occhi verdi. Numero Uno scosse la testa.-

-Tranquillo, ero preso nei miei pensieri. Come mai sveglio? E’ ancora presto.- gli chiese mentre il fratello si sedeva sul letto accanto a lui. Quest’ultimo gli sorrise.

-Io non dormo come tutti gli altri, ricordi?- a quelle parole, Fëdor abbassò lo sguardo imbarazzato: tra tutti i fratelli, Gabriel era forse quello con cui aveva legato di meno, complice anche il carattere riservato del Numero Tre e il suo carattere ambizioso. Nel vedere la sua reazione, gli rimise la mano sulla spalla, per richiamare la sua attenzione.

-Fëdor, tranquillo. So anche io che non abbiamo avuto la possibilità di legare molto da piccoli… Ma adesso possiamo rimediare, no?- vedendo il volto felice di Gabriel, Fëdor annuì, sorridendo lievemente.

-Va bene. Vuoi dirmi comunque perché non dormi come gli altri?-

-Il mio potere non me lo permette. Sono il protettore dei sogni, quindi è compito mio far sì che voi siate sereni durante la notte.- Numero Uno rimase colpito da quelle parole.

-Quindi non puoi dormire? E come fai?- gli domandò.

-Diciamo che dormo circa dieci minuti ed è come aver dormito per otto ore- disse Gabriel ridacchiando imbarazzato. Fëdor pensò alle parole del fratello, per poi aggrottare le sopracciglia, con una nuova domanda in mente.

-Gabriel, la regola non dovrebbe valere anche per Cameron?- Numero Tre pensò un attimo, prima di trovare la giusta risposta.

-Beh, sai com’è: il suo potere non gli permette di dormire più di dieci minuti, ma Cameron non lo sa e dorme lo stesso.-

Quella mattina, il resto dell’Umbrella Academy venne svegliato dalle risate di Numero Uno e Numero Tre, che echeggiarono limpide tra le pareti della casa.

 

 

 

 

 

            Lauren uscì dalla sua stanza ancora sbadigliando, con l’intenzione di raggiungere la cucina e di fare colazione da sola. Non amava troppo il casino e, nonostante volesse bene ai suoi fratelli, aveva bisogno di stare un po’ per conto suo. Tuttavia, non appena arrivò davanti alla cucina, si ritrovò davanti Sheryl che, nascosta dietro allo stipite della porta, osservava inquieta qualcosa nella cucina.

-Ehi Sheryl, tutto bene?- la rossa si girò verso di lei spaventata, per poi rivoltarsi verso la cucina e riguardare nuovamente la sorella.

-Tu sei qui…- disse la rossa, confondendo ancora di più Numero Otto.

-In che senso? Che cosa stai guardando?- Sheryl, dopo aver dato ancora un’occhiata alla cucina, si avvicinò alla sorella.

-Gli oggetti in cucina stanno fluttuando. Pensavo fossi tu, ma a questo punto…- dopo aver guardato confusa Sheryl ancora una volta, Lauren decise di entrare. La cucina era rimasta la stessa di sempre: sulla destra, il lavandino, i fornelli e il forno mentre, alla sinistra, il grande frigorifero e, accanto ad esso, i mobili con all’interno piatti, bicchieri e posate; al centro, stava un lungo tavolo, dove i ragazzi erano soliti fare colazione e dove adesso stava seduto Numero Dieci. Il ragazzo aveva lo sguardo perso nel vuoto ed era circondato da una moltitudine di oggetti che gli fluttuavano intorno. Non sembrava essersi accorto delle due ragazze.

-Mathias…- provò a chiamarlo Sheryl, ma Lauren la fermò.

-No, non è Mathias. Matt ha come potere l’ipervelocità. E’ una delle sue personalità, ma io non l’ho mai incontrata.- Sheryl ascoltò attentamente la sorella, l’unica tra loro ad aver sempre fatto caso alle personalità del Numero Dieci.

-Hai ragione, cara. Sinceramente, è la prima volta che salgo in superficie.- Le due ragazze si voltarono contemporaneamente verso il ragazzo, che ora le osserva incuriosito: gli occhi non erano più marrone scuro, ma di tenue nocciola, quasi dorato; anche i capelli, dal nero, erano passati ad un biondo scuro. Le due ragazze si scambiarono uno sguardo rapido, per poi voltarsi nuovamente verso di lui.

-Ciao, io sono Sheryl, Numero Undici, mentre lei è Lauren, Numero Otto.- alle parole di Sheryl, Numero Dieci sorrise.

-Lo so, Mathias ci parla molto dei suoi fratelli e sorelle. Io sono James, piacere di conoscervi.-

-Come mai possiedi un potere tutto tuo?- domandò Numero Otto.

-Vedete, alcuni di noi hanno un potere e altri no. Mathias è la personalità Numero Uno qui dentro e, insieme a lui, avevamo deciso di non mostrarli mai, per questo le varie personalità che avete incontrato non hanno mai mostrato segni di potere. Pensavo di essere da solo e quindi di poterlo usare, ma a quanto pare non era così. Mi dispiace molto avervi spaventate.- dopo averlo ascoltato, fu il turno di Sheryl di porre una domanda.

-James, quante personalità siete e che poteri avete?- Il ragazzo aprì la bocca per rispondere ma, prima che potesse farlo, i suoi capelli e i suoi occhi tornarono al colore naturale di Mathias. Improvvisamente, gli oggetti che prima stavano fluttuando per la cucina caddero e, solo grazie all’intervento di Lauren, non si ruppero contro il pavimento. Dopo qualche secondo, Mathias si rivolse alle sorelle.

-Ehi ragazze, cos’è successo qui?-

-Tu non ne sai niente?- gli chiese Sheryl e, al diniego di Numero Dieci, si voltò verso Lauren.

-Non ti sei nemmeno accorto che una delle altre personalità è saltata fuori?- Mathias sgranò gli occhi sorpreso.

-No! Ero qua seduto, ho chiuso gli occhi un attimo e appena li ho riaperti ho visto voi due.- Il ragazzo si alzò in piedi dirigendosi poi verso la porta. Prima di uscire, si fermò a guardare le sorelle.

-Non mi è mai successo che qualcuno saltasse fuori così senza motivo. Ora scusatemi, ma devo fare una chiacchierata con gli altri. Ci vediamo di sopra nell’ufficio di papà!- Mathias le salutò e, senza aspettare una risposta, uscì dalla stanza.

 

 

 

 

            Ophelia se ne stava in piedi di fronte all’ufficio del padre, aspettando che qualcun altro arrivasse. Mentre aspettava, la ragazza rifletteva: il padre era stato un uomo di grande importanza nella comunità magica e, essendo in lizza per il ruolo di Ministro della Magia, era più che normale che avesse dei nemici. Ma chi sarebbe arrivato al punto di ucciderlo nella sua stessa casa? Senza l’utilizzo della magia, chi mai sarebbe arrivato a tanto. La ragazza cercava ancora di porsi delle domande, ma la sua linea di pensieri venne interrotta da dei passi, segno che i suoi fratelli stavano arrivando. Non appena la notò, Oberon sorrise.

-Sempre la prima, eh? Non siamo più a scuola, non ricevi punti ad arrivare in anticipo.- la frase del ragazzo la fece sorridere.

-Si sa, le vecchie abitudini non muoiono mai!- rispose Travis affiancandosi a Numero Sei. Dietro di lui, Emerald sbuffò.

-Non capisco tutta questa smania di svegliarsi prima per essere in anticipo! Se si dorme bene non c’è il bisogno d alzarsi presto!- Oberon le sorrise, mettendole un braccio attorno alle spalle.

-E chi ha parlato di dormire? Durante la notte si possono fare tante altre belle cose…Ahio!- Oberon si massaggiò la nuca, dove Elaija gli aveva tirato uno scapellotto. Oberon ricambiò il gesto ridendo e facendo sorridere ancora di più Numero Nove.

-La smettiamo di fare i bambini? Abbiamo un mistero da risolvere.- i cinque ragazzi si voltarono verso Sheryl, seguita da Lauren. Nello stesso istante, arrivarono Fëdor, Gabriel e Cameron, raggiunti poi da Mathias. Elaija si guardò intorno, prima di iniziare a gesticolare.

Felikz dov’è?

I ragazzi si guardarono tra di loro.

-Si ricorda che dovevamo trovarci qui, vero?- domandò Oberon: andava molto d’accordo con il fratello, ma non riusciva a sopportare la sua goffaggine e sbadataggine. A rispondergli fu Sheryl.

-Certo che si ricorda!- a quelle parole, Emerald si voltò verso di lei inarcando un sopracciglio.

-Stiamo parlando dello stesso ragazzo che a sette anni ha fatto gli auguri a Travis dicendo che non sapeva fosse il suo compleanno. E siamo nati lo stesso giorno.- i ragazzi scoppiarono a ridere, ricordando quel momento: erano rimasti tutti quanti attoniti da non riuscire a dire al piccolo Felikz che era anche il suo di compleanno. Ci volle solo tanta pazienza da parte della Signora Davis per fargli capire che erano nati tutti lo stesso giorno.

-Scusatemi per il ritardo!- Felikz finalmente apparve, fermandosi per riprendere fiato.

-Che fine avevi fatto? Sembra che tu abbia corso una maratona!- sentendo Travis, Felikz sorrise imbarazzato.

-Vedete, in realtà ero anche in anticipo e vi stavo aspettando… Ma dopo mi sono reso conto che non ero di fronte all’ufficio di papà ma dall’altra parte della casa.- i suoi fratelli e sorelle scoppiarono ancora a ridere. Elaija incrociò lo sguardo di  Felikz, che gli fece l’occhiolino facendolo avvampare. I ragazzi smisero solamente a causa dello sguardo serio di Fëdor.

-Ora basta scherzare. Siamo qui per una cosa seria, concentriamoci.- Ophelia, la più vicina all’ufficio, mise una mano sulla maniglia della porta e, dopo qualche tentennamento, la aprì.

 

 

 

 

            L’ufficio era proprio come Travis si ricordava: al suo interno vi erano almeno cinque librerie piene di libri; sulla parete di sinistra, vi era un quadro raffigurante l’uomo, con il suo solito sguardo torvo e austero, sempre pronto a criticare qualunque cosa facessero i ragazzi. Le tende, rosse come il resto dell’arredamento, vennero aperte da un colpo di bacchetta da parte di Elaija. Al centro della stanza, stava la scrivania del padre, con sopra il vecchio calamaio, alcune pergamene, una meridiana e qualche libro. Sopra la stoffa della sedia si poteva intravedere ancora qualche macchia di sangue, testimoni dell’omicidio accaduto. Improvvisamente, Travis si ritrovò a viaggiare con la mente, ripensando a quando erano bambini…

 

 

 

            Il suono di qualcuno che bussava alla porta distrasse il Signor McKinnon da quello che stava facendo.

-Avanti.- dopo il suo ordine, la porta si aprì, rivelando la figura di Libby.

-Padrone, i ragazzi vorrebbero augurarle la buonanotte.- disse l’elfa e il Signor McKinnon alzò lo sguardo. Notò dietro di lei le figure di Numero Nove e di Numero Dodici, immaginando che dovessero esserci anche gli altri. L’uomo ripose lo sguardo sui suoi documenti.

-Dì loro di andare a dormire Libby, è già troppo tardi per loro.- disse l’uomo e, senza aspettare una risposta da parte dell’elfa, chiuse la porta con un incantesimo non verbale. Libby si girò sconsolata verso i bambini, che la guardavano speranzosi.

-Mi dispiace bambini, ma vostro padre è molto impegnato stasera, magari un’altra volta…- a quella frase, i bambini annuirono, chi seccato e chi triste, per poi dirigersi verso le loro camere. Travis fece per andarsene, ma notò che Felikz era ancora fermo davanti alla porta dell’ufficio.

-Feli, andiamo. Se ci vede in piedi si arrabbia.- disse Numero Dodici sbuffando: odiava il comportamento del padre, che razza di impegni poteva avere per non poter salutare i suoi figli? Prese una mano di Felikz per condurlo verso le scale, ma non si aspettò di ritrovare il fratello sul punto di piangere.

-Papà non ci vuole bene? Non siamo importanti?- domandò Numero Sette. A quelle parole, Travis si arrabbiò.

-Smettila Feli! Noi siamo tutti importanti, colpa sua se non lo capisce!- nel vedere che il fratello era ancora triste, gli venne un’idea.

-Forza, vieni in camera mia.- gli disse e Numero Sette spalancò i suoi grandi occhi nocciola.

-Ma non possiamo! Se ci becca sono guai seri!- rispose Felikz ma Travis scosse il capo.

-Non lo saprà mai. La Signora Davis non dirà una parola! Ci stai?- il bimbo sembrò pensarci su, poi annuì, iniziando a sorridere. Così, Travis prese per mano il fratello e, insieme, si diressero verso la camera di Numero Dodici.

 

 

 

            -Bene ragazzi, cominciamo.- Travis si riscosse dai suoi pensieri e si voltò verso Felikz: il ragazzo teneva in mano un pugnale dall’elsa nera, mentre la lama era nascosta dalla fodera.

-Quello è il pugnale che hanno utilizzato?- domandò Fëdor e Numero Sette annuì. Il moro si avvicinò ad Oberon, che osservava attentamente il pugnale.

-Credi di riuscirci?- gli domandò e Numero Sei sorrise in modo beffardo: il ragazzo aveva la capacità di poter leggere la storia degli oggetti, dove erano stati e da chi erano stati utilizzati.

-Questo lo devi chiedere a Puck, non a me.- rispose il biondo, riferendosi al suo potere. Prese il pugnale tra le mani e chiuse gli occhi, aspettando di essere circondato dall’esperienza del pugnale e da tutte le varie sensazioni… Ma ciò non accadde. Oberon riaprì subito gli occhi e guardò i suoi fratelli.

-Io non lo so, non vedo niente…-

-Com’è possibile? Tu vedi sempre tutto!- disse Cameron. Fëdor lo guardò torvo.

-Manteniamo la calma. Deve esserci una sorta di sortilegio potente se nemmeno il potere di Oberon riesce a scoprire qualcosa.- alle parole del fratello, Oberon sbuffò seccato.

-Mi dispiace ragazzi, ma è la prima volta che mi succede…- iniziò a dire il ragazzo, ma venne interrotto da Sheryl.

-Non preoccuparti, non è mica colpa tua. Sarà una magia troppo potente persino per noi.- disse Numero Undici cercando di rassicurare Numero Sei. Mentre cercavano di fare luce su cosa potesse essere,  Felikz lasciò il pugnale sulla scrivania del padre. Elaija, che aveva osservato il gesto del fratello, si scoprì attratto dal pugnale. Avvicinandosi alla scrivania, lo prese in mano, iniziando ad osservarlo attentamente in modo da trovare qualcosa che potesse aiutarli a capire di chi fosse. Non trovando niente né sulla lama né sulla custodia, decise di riporre il pugnale sulla scrivania ma, improvvisamente, sentì una strana sensazione in testa. Numero Nove si rimise a guardare il pugnale che aveva in mano e, guidato da una forza sconosciuta, tolse la custodia, rivelando la lunga lama argentata.

Dall’altra parte della stanza, Gabriel ascoltava silenziosamente i vari commenti dei fratelli quando, dentro la sua testa, apparvero i pensieri di Elaija, assieme ad una voce mai sentita. Si voltò subito verso Cameron e Lauren, gli unici oltre a lui in grado di poter leggere i pensieri altrui e, dopo aver ricevuto conferma anche da loro, si voltò verso Numero Nove, che stava allungando un dito verso la lama. All’improvviso, si rese conto di ciò che stava accadendo.

-Elaija, no!- Il richiamo arrivò troppo tardi: Elaija si tagliò con la lama, facendo una piccola smorfia per il dolore. D’un tratto, lasciò cadere a terra il pugnale e, prima che Gabriel potesse dire un’altra parola, il ragazzo perse i sensi. Felikz riuscì a prenderlo prima che toccasse terra.

-Che cavolo gli è successo?!- domandò il Numero Sette ma tornò a concentrarsi sul fratello, che aveva iniziato ad avere delle convulsioni. Subito Fëdor e Ophelia gli furono accanto.

-Fëdor, Felikz, tenetelo fermo il più possibile, altrimenti rischia di farsi male da solo!- disse la bionda, che tra tutti era quella ad aver intrapreso la carriera da medimaga. Numero Cinque si voltò verso Travis.

-Travis, fa’ qualcosa!- a quel grido Numero Dodici sembrò risvegliarsi dalla trance in cui era finito. Accanto a lui, Sheryl si fiondò fuori dalla stanza, ma gli altri erano troppo occupati ad aiutare Elaija per accorgersi della scomparsa della sorella. Travis si inginocchiò accanto al fratello e gli prese una mano tra le sue, richiamando a sé il suo potere.

-Non riesco! Non riesco a guarirlo!- gridò Numero Dodici spaventato. Quando ormai i ragazzi non seppero più che fare, Sheryl ricomparve e, senza indugi, prese la boccetta che teneva tra le mani e ne versò il contenuto nella bocca di Elaija. Quest’ultimo smise di muoversi, facendo trattenere il fiato a tutti i fratelli. Dopo pochi secondi, Numero Nove riprese a respirare normalmente e tutti poterono tirare un sospiro di sollievo.

-Qualcuno sa dirmi cosa diavolo è appena successo?! E che cavolo gli hai versato in gola?!- disse Emerald, quasi urlando, a Sheryl. La rossa si affrettò a rispondere.

-Antidoto per i Veleni Rari. Funziona anche su quelli di origine oscura. Avevo pensato ad un Bezoar ma questo agisce meglio.- Gabriel, che in tutto quello aveva assistito alla scena terrorizzato, prese parola.

-E’ stato il coltello…- tutti i presenti si girarono verso il rosso.

-Che vorresti dire?- gli chiese Oberon. Gabriel abbassò lo sguardo spaventato e Cameron decise di continuare il discorso.

-Io, Gabi e Lauren abbiamo ascoltato la sua linea di pensieri, ma c’era qualcosa che non andava… Sembrava che il pugnale gli stesse parlando e gli stesse dicendo di ferirsi, ma non ne sono sicuro.-

-Di certo deve esserci una magia molto potente se nemmeno i poteri di Travis hanno funzionato. Dobbiamo cercare di capire cosa sta succedendo.- disse Mathias. Fëdor prese in braccio Elaija.

-Lo porto in camera sua e chiederò alla Signora Davis e a Libby di tenerlo d’occhio. Lauren, potresti gentilmente spostare quel pugnale senza toccarlo? Nessuno toccherà più quel pugnale, lo terremo al sicuro in modo che non possa combinare altri guai. Noi intanto andiamo in cucina e decideremo cosa fare.- i ragazzi annuirono alle parole del Numero Uno e uscirono dalla stanza. Solo Mathias rimase ad osservare il fratello.

-Sai Fëdor, saresti stato un ottimo capo.- disse Numero Dieci per poi andarsene, lasciando Fëdor da solo con Elaija e con i suoi pensieri.

 

 

 

 

            Non appena Numero Uno mise piede in cucina, gli altri fratelli rivolsero subito lo sguardo verso di lui.

-Come sta?- chiese Oberon preoccupato.

-Sta bene, sta riposando in camera sua. La Signora Davis passa ogni tanto a controllarlo. Dice che potrebbe svegliarsi tra un paio d’ore.- rispose il ragazzo.

-Diciamo che potrebbe svegliarsi anche domani mattina, ha avuto una brutta esperienza…- fisse Sheryl.  Oberon si voltò immediatamente verso Felikz.

-Quando hai ripreso il pugnale non ti sei accorto di questo piccolo particolare?- disse serio e Felikz sgranò gli occhi, iniziando a boccheggiare.

-I-io non lo sapevo…- iniziò a balbettare ma venne subito fermato da Numero Sei.

-Come facevi a non saperlo! Elaija ha rischiato di morire!- Felikz abbassò lo sguardo e Sheryl gli fu subito accanto.

-Oberon, non essere così cattivo. Secondo te non lo avrebbe detto? Secondo te avrebbe lasciato che toccassimo un oggetto pericoloso con così tanta leggerezza?- disse la rossa e Ophelia le diede ragione.

-Sheryl ha ragione Oberon, non essere così duro.- alle parole della bionda Oberon annuì.

-Avete ragione, mi dispiace molto. Felikz scusami, non avrei dovuto gridarti contro.- Felikz gli sorrise.

-Tranquillo, ti capisco. Siamo tutti preoccupati.-

-Piuttosto, come mai il Ministero non ti ha detto niente? Loro avrebbero dovuto comunicartelo!- disse Travis e, con quella frase, Lauren rifletté.

-Il Ministero non rilascia mai gli oggetti utilizzati negli omicidi, soprattutto oggetti così potenti. Come te lo sei procurato?- tutti gli sguardi si puntarono su Numero Sette.

-Diciamo che ho i miei metodi…- disse Felikz a tono basso. Emerald prese parola, un po’ per far ritornare la conversazione all’argomento principale e un po’ per togliere il fratello dall’imbarazzo che si era creato, che la ringraziò con lo sguardo.

-D’accordo, facciamo così: Sheryl, dovresti cercare di capire che tipo di veleno si tratta, tra tutti sei la più adatta. Una volta capito, vedremo se riusciremo a toglierlo o a spezzare l’incantesimo. Per adesso direi aspettare: sarà una lunga esperienza.-

 

 

 

 

5 Novembre, St. James Park, Londra

 

 

            Katrina se ne stava seduta tranquillamente su una delle panchine del parco, leggendo il libro che aveva tra le mani e osservando di tanto in tanto le persone che passeggiavano. Un leggero venticello passava tra gli alberi, creando un’atmosfera perfetta per quel periodo. L’’Autunno ormai era pienamente arrivato a Londra e Katrina sorrise, pensando alla sua stagione preferita. Stava ancora leggendo il suo libro, quando si accorse di una persona sedersi di fianco a lei.

-Romeo e Giulietta? Seriamente, non ti facevo così sdolcinata, ragazzina.- Katrina si voltò seccata verso Harry, che la guardava con il suo solito sorrisetto.

-Prima di tutto, non chiamarmi ragazzina, visto che sono più grande di te. Secondo, è una tragedia di uno dei più grandi scrittori inglesi, quindi porta rispetto. E terzo, sei in ritardo.- a quella ramanzina, il biondo sbuffò.

-Ma sentitela, solo perché ti scopi Emanuel che è il capo non significa che puoi… AH!- il ragazzo si ritrovò a massaggiarsi la guancia, dove la ragazza gli aveva appena appena tirato uno schiaffo, che dalla potenza poteva competere con un pugno.

-Sei fortunato che siamo tra i Babbani e che non posso affatturati. Ema è come un fratello per me e quello che c’è tra noi a te non deve interessare, chiaro?!- il ragazzo fece per ribattere, ma notando lo sguardo infuriato di Katrina decise di stare zitto. Improvvisamente, un rumore li fece voltare: dall’altra parte del parco, nascosto tra i cespugli, un esemplare di lupo grigio li osservava, facendo poi segno ai due ragazzi di seguirlo. Katrina e Harry si alzarono e si diressero verso il vicolo dove l’animale li stava portando. In seguito, dopo un paio di incantesimi di protezione, il lupo si trasformò, ritornando in forma umana.

-Ciao Lottie, hai scoperto qualcosa?- domandò Katrina mentre la rossa si risistemava i capelli.

-Come mai a lei non dici che è in ritardo?- chiese irritato Harry.

-Perché tra i due sono io l’Animagus che li sta tenendo d’occhio a distanza ravvicinata. Tu lo fai dall’altra parte della strada mangiando muffin.- rispose Charlotte sorridendo al ragazzo, che intanto aveva gonfiato le guance irritato. La ragazza si rivolse poi a Katrina.

-Il pugnale è coperto da una sorta di magia oscura, Numero Sei non è riuscito ad utilizzare il suo potere. In più, sembra che il pugnale sia ricoperto da uno strano veleno potente, ha quasi ammazzato Numero Nove. Sono dovuti ricorrere all’Antidoto per i Veleni Rari, perché anche i poteri di Numero Dodici parevano bloccati.- a quelle parole Katrina sgranò gli occhi scioccata.

-Che razza di magia può bloccare i loro poteri? Questa storia non convince!- esclamò Harry. Katrina sbuffò, passandosi una mano tra i capelli.

-Devo subito correre ad avvertire Ema, di sicuro lui saprà cosa fare. Nel frattempo, voi continuate a sorvegliarli e, se notate qualcosa di strano, fate subito rapporto.- i due ragazzi annuirono e, senza neanche salutare, Harry se ne andò, mischiandosi tra la gente che passeggiava.

-Come mai così arrabbiata? Di solito sei solo seccata dai suoi commenti, ma questa volta sei proprio furibonda! Cosa ti ha detto?- domandò Charlotte e Katrina sbuffò.

-Mi ha accusato di atteggiarmi a capo solo perché mi scopo Emanuel.- rispose la mora.

-Ed è vero?- Katrina si girò verso di lei.

-Certo che no! Emanuel è come un fratello, siamo praticamente cresciuti insieme! Ho persino deciso di seguirlo quando ha voluto lasciare Durmstrang, non potrei mai stare con lui.- Charlotte annuì alle parole dell’amica. Le due si salutarono e, non appena Charlotte riprese le sembianze da lupo, Katrina si smaterializzò.

 

 

 

 

5 Novembre, Testa di Porco, Hogsmeade

 

 

            Il sole era già calato da un’ora quando Jem entrò alla Testa di Porco. Quel giorno, il locale era completamente vuoto e immerso nel silenzio. Il locale puzzava incredibilmente di capra e ogni superficie possibile era coperta da qualcosa che l’uomo non volle identificare. Con un verso di disgusto, si recò verso l’altra sala del Pub, quella più piccola e, di sicuro, quella più adatta alle conversazioni delicate. Si guardò intorno e trovò subito il tavolo che interessava a lui, dove già si trovavano Emanuel, Scarlett e Caleigh.

-Scusatemi per il ritardo, ma stavo finendo di correggere alcuni temi del terzo anno. Dimmi un po’ Emanuel, un posto più pulito non andava bene?- alla sua domanda, il ragazzo sorrise.

-Lo sai, nonostante tutto questo è il posto più sicuro che conosco…Jem.- l’uomo sorrise notando il tentennamento del ragazzo: dopo ancora tutti quegli anni, i ragazzi facevano fatica a chiamarlo per nome, visto che era stato il loro insegnante di Pozioni per il loro periodo a scuola.

-Allora,- riprese Emanuel -avete novità da raccontare?-

-Io e Caleigh ci abbiamo cercato di capire qualcosa al Ministero, ma niente. Per nostra fortuna, il ragazzo che si occupa del Reparto Manufatti Magici era un vecchio compagno di Caleigh, quindi siamo riuscite ad avere qualche informazione.- spiegò Scarlett e Caleigh annuì.

-La prima cosa che gli abbiamo domandato, o meglio, che Scarlett ha domandato, era perché avesse consegnato il pugnale a Numero Sette e volete sapere una cosa? Non l’aveva nemmeno controllato.- a quelle parole, Jem e Emanuel si guardarono confusi.

-Come fa il responsabile del Reparto Manufatti Magici a non controllare un oggetto e a riconsegnarlo come se fosse una semplice penna?- chiese Ema e Caleigh iniziò a sghignazzare.

-Beh, con favori di letto tutto è possibile…- a quella notizia Ema emise un lungo fischio, mentre Jem scuoteva la testa divertito.

-Lo sapevo che avrebbe combinato una cosa del genere! D’altronde, non per niente era chiamato il “Terremoto dei Tassorosso”.-

-A parte questo, il ragazzo ha comunicato al suo capo che il pugnale non aveva niente di strano. Quindi, a questo punto pensano tutti che si sia trattato di qualche suo nemico che non lo voleva come prossimo Ministro.- continuò Scarlett.

-Avrebbero dovuto controllarlo invece. Ho ricevuto un messaggio da Katrina che è riuscita a parlare con Lottie e Harry: il pugnale è avvelenato e circondato da una forte magia oscura, ha annullato i poteri di Numero Sei e Numero Dodici e ha quasi ucciso Numero Nove.- gli altri tre sgranarono gli occhi.

-Ha azzerato i loro poteri? Come diavolo è possibile?- domandò Caleigh.

-E’ la stessa cosa che ci siamo domandati io e Katrina. Ora, vi chiederei gentilmente di tornare ai vostri lavori: finché non si smuovono le acque non possiamo fare niente. Ma fate attenzione: nessuno è più al sicuro.-

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Bentornati signore e signori! MI dispiace tantissimo per il ritardo ma avevo un importante esame da preparare! Inoltre, ascoltando i vostri commenti, ho cercato di allungare il capitolo con descrizioni varie e altre cose, quindi è anche per questo se ho fatto un po’ di ritardo. Spero tanto vi piaccia, come sempre fatemi sapere se qualcosa non va, che riguardi il capitolo o gli Oc. Come sempre, ho una domanda da farvi.

 

Per l’Umbrella Academy:

 

 

Un momento speciale passato con un fratello specifico. Non deve essere una cosa del tipo “un giorno ci siamo divertiti insieme”, ma qualcosa di importante.

 

 

Per l’Ordine di Morgana invece non ho domande al momento, mi dispiace. Spero tanto vi piaccia, ci vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 3 ***


collage

CAPITOLO 3

 

 

 

 

 

2004, Villa Olympus, Londra

 

 

            -Bene ragazzi, venite tutti intorno a me, presto!- i dodici bambini, sentendo il richiamo del padre, si avvicinarono. Indossavano tutti una tuta grigia con il simbolo dell’Umbrella Academy, tenuta che utilizzavano durante gli allenamenti. Taglie uguali, il che voleva dire che su persone come Gabriel, Elaija o Sheryl, bimbi molto minuti, andava un po’ larga, mentre su Oberon o Fëdor lasciava scoperte le caviglie. Quel giorno, Richard aveva incantato le scale che, invece di avere quattro rampe come al solito, divennero almeno venti. Non appena i bambini gli furono tutti intorno, l’uomo cominciò a parlare.

-Ascoltatemi tutti attentamente, L’allenamento di oggi consiste nel testare la vostra resistenza e la vostra capacità di adattarsi alle situazioni. Non è importante chi arriva prima, l’importante è vedere cosa siete disposti a fare per arrivare primi. Io vi aspetterò su all’ultimo piano e registrerò ogni vostro tempo.- finito di parlare, Richard si smaterializzò.

-Preparatevi in posizione.- disse dall’alto delle scale. I bambini fecero come ordinato, nonostante fosse difficile mettersi tutti in riga essendo dodici. Non appena si furono sistemati. Richard avviò il conto alla rovescia.

-Pronti, partenza… Via!- al comando, i bambini iniziarono a correre. I primi del gruppo furono subito Fëdor e Oberon, il primo perché utilizzava il suo potere per potenziare le proprie capacità, nonostante non lo padroneggiasse ancora bene, mentre il secondo, grazie agli allenamenti di danza, stava rafforzando la potenza delle gambe. Improvvisamente, i due notarono una specie di scia argentata e una piccola tigre passar loro accanto mentre, di fronte, apparve Felikz con un portale.

-Non è giusto, Felikz, Emerald e Mathias imbrogliano!- esclamò Oberon e dall’alto gli arrivò la voce del padre.

-Si sono adattati, com’è giusto che sia!- alla frase del padre, Felikz sghignazzò ma, a causa della sua sbadataggine, inciampò in un gradino, ritrovandosi faccia a terra. Numero Uno e Numero Sei lo sorpassarono, quest’ultimo ridendo, mentre Elaija, che seguiva i primi due, si fermò ad aiutare il fratello. Alla nona rampa, i due fratelli raggiunsero Mathias ed Emerald, tornata alla sua forma umana, che, non controllando ancora bene i propri poteri, si erano ritrovati a correre normalmente, venendo così superati. Verso il fondo, Cameron, Travis e Gabriel avevano appena raggiunto la settima rampa, mentre Ophelia, Sheryl e Lauren iniziavano la sesta. Dopo qualche minuto, Fëdor, che era riuscito ad ottenere un vantaggio su Oberon aveva appena raggiunto la diciannovesima rampa ma, prima di iniziare la ventesima, la vista gli si oscurò. Il ragazzo, non vedendo più, si accasciò a terra. Cercò di capire cosa stesse succedendo ma gli apparve davanti agli occhi una scena terribile: i suoi fratelli e sorelle erano riversi a terra e, di fronte a lui, un vampiro, dalla pelle pallida come la luna e la bocca sporca di sangue. Numero Uno indietreggiò spaventato, ma si ritrovò presto contro il muro. La creatura si abbassò alla sua altezza e il bambino non riuscì a staccare gli occhi da quel viso morto o dalle zanne, troppo terrorizzato per muoversi.

-Questa è tutta colpa tua, Fëdor. Tu sei Numero Uno, il primo, ma non sei riuscito a difendere i tuoi fratelli. E tu vorresti diventare il duellante migliore del mondo? Fai solo ridere, sei un piccolo bamboccio che ancora se la fa sotto…- finito di parlare, il vampiro scattò in avanti per morderlo e Fëdor chiuse gli occhi, aspettandosi di sentire le zanne del vampiro affondare nella sua pelle. Tuttavia, ciò non accadde: non appena riaprì gli occhi, Numero Uno si accorse di essere di nuovo sulle scale di casa sua. Guardò verso il basso, dove vide il resto dei suoi fratelli nelle sue stesse condizioni: Oberon si guardava intorno confuso, un’espressione di paura ancora dipinta sul volto; Felikz piangeva rannicchiato contro Elaija, che cercava di rassicurarlo nonostante avesse anch’esso gli occhi lucidi; vide arrivare Sheryl, Ophelia e Mathias, gli ultimi due che cercavano di calmare Ophelia, seguiti da Travis, che trascinava Emerald che continuava a singhiozzare fortemente. Improvvisamente, Fëdor sentì sghignazzare dalla sommità della rampa.  Alzò lo sguardo e vide Cameron, che lo guardava sogghignando e Gabriel, che teneva lo sguardo basso e si torturava la felpa con le mani. Improvvisamente, Numero Uno capì.

-Sei stato tu…- disse Fëdor guardando Numero Quattro. Quest’ultimo iniziò a ridere.

-Certo che sono stato io, chi altri? Papà ha detto di adattarsi e io l’ho fatto!- Numero Uno fece per dire qualcosa ma venne interrotto dal padre.

-Numero Quattro si è adattato alla situazione, ha utilizzato i suoi poteri contro i suoi nemici ed è riuscito a vincere la sfida. Per oggi abbiamo finito qui, domani l’allenamento sarà alle sette e trenta del mattino e vi consiglio di non tardare.- l’uomo finì di parlare e, senza neanche salutarli, si smaterializzò. Dopo un attimo di silenzio, Cameron prese parola.

-Visto? Sono il vincitore, vi ho battuti tutti quanti!- Lauren fece per dire qualcosa ma venne fermata da Oberon che si lanciò contro Cameron, facendo finire entrambi a terra.

-Tu, lurido imbecille! Siamo i tuoi stessi fratelli, si può sapere che ti è preso?!- Numero Sei aveva iniziato ad aggredire Cameron a suon di pugni e quest’ultimo, difendendosi, aveva cominciato anch’esso a colpire Oberon. Subito, Mathias e Travis si occuparono di allontanare Oberon dal fratello, mentre Gabriel aiutava il gemello a rialzarsi. Numero Quattro aveva il naso che sanguinava, mentre Numero Sei aveva un grosso livido sullo zigomo destro, che si sarebbe ingrandito ancora di più.

-Basta ragazzi, smettetela!- disse Sheryl mettendosi in mezzo tra i due. Oberon si liberò subito dalla presa dei fratelli e, senza nemmeno guardarli in faccia, scese le scale per dirigersi verso la sua camera. Sui fratelli scese un silenzio glaciale e, pian piano, tornarono tutti nelle proprie camere. Sulle scale rimasero solo Travis e Cameron.

-Era così necessario, amico? Ci hai quasi ucciso dalla paura!- alla frase del Numero Dodici, Cameron fece spallucce.

-Papà ha detto che dovevamo adattarci. Ho solo ragionato con la testa!- esclamò il rosso.

-Però con Gabriel non hai utilizzato il tuo potere, o sbaglio?- gli domandò ancora il moro.

-Ma che c’entra, lui è mio fratello!- immediatamente, Cameron si rese conto di aver utilizzato la frase sbagliata non appena incrociò lo sguardo triste di  Travis.

-Anche noi siamo tuoi fratelli, Cam. Ricordatelo.-

 

 

 

 

6 Novembre, Villa Olympus, Londra

 

 

            -Oberon, tutto bene?- a quel richiamo il ragazzo si voltò verso Emerald, che lo guardava preoccupata.

-Sì Em, stavo solo pensando.- rispose lui. Lei gli sorrise dolcemente.

-Forza, vieni con me. Devo farti vedere una cosa.- senza neanche aspettare una risposta, la ragazza prese per mano il fratello e iniziò a trascinarlo per i corridoi della casa fino a raggiungere una stanza del piano terra: le grandi vetrate facevano entrare tantissima luce, rendendo la stanza ancora più luminosa, mentre le altre tre pareti erano riempite di specchi. Nell’angolo a sinistra, si trovava un enorme giradischi mentre, nel lato opposto, un pianoforte a coda laccato in nero faceva la sua bella figura insieme ad un maestoso violoncello. Oberon si ricordò subito di quella stanza: il padre aveva trasformato un vecchio studio in una vera sala prove, quando aveva scoperto che tre dei suoi ragazzi possedevano la stessa passione. In più, aveva messo pure un pianoforte e un violoncello, per permettere ad Elaija di esercitarsi nella musica.

-Ti ricordi quando ballavamo insieme a Felikz ed Elaija suonava per noi? Ci divertivamo a creare le più belle coreografie e facevamo finta di essere in Tournée nei migliori teatri del mondo!- disse la ragazza cominciando a volteggiare per la stanza. Il ragazzo si mise a ridere di fronte all’allegria della ragazza.

-In realtà mi ricordo che cercavi di rubare la scena a noi e ti mettevi sempre davanti.- alle parole del fratello, Emerald sorrise serafica.

-Questi sono dettagli.- disse andando a sedersi vicino agli specchi, seguito poi da Numero Sei.

-Sai, non è vero che era la prima volta che il mio potere non andava.- disse Oberon appoggiando la schiena allo specchio, per poi continuare a parlare.

-Già da bambino mi ero accorto che il mio potere a volte faceva quello che voleva lui, da qui il motivo di dargli un nome proprio. Certe volte mi ascolta e altre no. Io non sono del tutto convinto che ieri fosse semplicemente un incantesimo.-

-Ma quindi, se ha una coscienza propria, come si comporta?- domandò Emerald.

-Vedi, certe volte mi catapulta nella coscienza degli oggetti senza che io abbia voglia e, certe volte, mi costringe a riguardare le stesse cose. Per esempio, sono due mesi e mezzo che si diverte a catapultarmi nella coscienza di un palo che si vede arrivare addosso un maledetto piccione.- a quella frase, la ragazza non riuscì a trattenersi dal ridere, facendo sorridere anche il fratello. Ad un certo punto, una melodia allegra travolse entrambi i ragazzi, che volsero lo sguardo verso la porta, dove ora si trovava Elaija. Vedendolo, i due si fiondarono subito da lui.

-Elaija, stai bene?- domandò Emerald avvicinandosi. Il ragazzo annuì, mimandole di sentirsi molto meglio.

-Ci hai fatto prendere davvero un brutto colpo, per poco non ci rimettevi la pelle!- Numero Nove abbassò lo sguardo alle parole del  Numero Sei. Emerald, notandolo, cercò di risollevargli il morale.

-Ehi, che ne dite di divertirci un po’? Come quando eravamo bambini!- Elaija annuì subito e, per scappare dalla nube di imbarazzo in cui era avvolto, corse subito verso il violoncello. Il ragazzo notò un piccolo sgabellino di fianco allo strumento, con appoggiati sopra alcuni vecchi spartiti. Si mise subito alla ricerca di un pezzo allegro, per permettere a due fratelli di liberarsi in passi movimentati e non troppo malinconici. Tra i vari fogli ne riconobbe subito uno, ingiallito dal tempo: era una vecchia ballata irlandese, che aveva voluto imparare a tutti i costi non appena aveva scoperto che Oberon proveniva proprio dall’Irlanda. Chiese ad Emerald di aprire una delle finestre, in modo tale da lasciar entrare ogni suono possibile. Sentì subito una leggera folata i vento e tanti piccoli uccellini che cinguettavano volando. Chiuse gli occhi, richiamando a sé il suo potere: subito, la melodia del violoncello avvolse la stanza, per poi diffondersi insieme ad altri suoni, creando una perfetta ballata. Oberon ed Emerald si misero a ridere per la scelta del fratello e si misero in posizione. Iniziarono a muoversi in cerchio, prima solamente camminando, per poi prendersi per mano ed iniziare a volteggiare insieme. Passi e saltelli si alternavano in un incantevole armonia, mentre i due fratelli improvvisavano dei passi sempre diversi. Elaija continuò a suonare ad occhi chiusi, creando una melodia sempre più movimentata. Aprì gli occhi per guardare i fratelli, ma notò un’altra persona sulla porta, che lo portò a fermarsi. Emerald ed Oberon si voltarono verso Elaija per via del suo improvviso arresto, per poi volgere lo sguardo nella direzione in cui guardava Elaija e trovando Felikz che li guardava sorridendo.

-Se volevate ballare potevate anche chiamarmi, che bei fratelli che siete!- esclamò il moro. Guardando Elaija si avvicinò a quest’ultimo, che intanto stava cercando di non diventare rosso come un peperone. Quest’ultimo sorrise imbarazzato e poi, senza aspettare un “ciao”, corse fuori dalla stanza.

-Ma che gli è preso, scusate?- chiese Numero Sette agli altri due. Oberon sbuffò e seguì l’esempio di Elaija, mentre Emerald gli si avvicinò divertita.

-Sai Felikz, ti voglio tanto bene, ma a volte sei proprio tonto.- e, detto questo, la ragazza lasciò la sala da ballo.

 

 

 

 

 

8 Novembre, Gelateria Fortebraccio, Diagon Alley

 

 

            -Spiegami che ci facciamo qui, dovremmo essere a lavoro!- di fronte ai continui sbuffi del collega, Charlotte alzò gli occhi al cielo ancora una volta, per poi girarsi verso il suo compagno.

-Siamo qui perché Ema e Kat hanno detto che potevamo andare un attimo in pausa, in quanto si occupavano loro di sorvegliare la casa e io mi sto godendo la mia meritata pausa!- questa volta fu il turno di Harry di alzare gli occhi.

-Sì, ma potremmo fare qualcosa, che ne so… Aiutare Caleigh o Scarlett o…-

-O niente. Dai ammettilo: davvero non hai voglia di un gelato?-  di fronte allo sguardo biricchino della rossa Harry abbassò lo sguardo, in modo tale da nascondere il sorrisetto che gli era appena spuntato in faccia. Sorridendo vittoriosa, Charlotte lo afferrò per un braccio, per poi dirigersi verso l’entrata della Gelateria Fortebraccio che, dopo la sconfitta di Voldemort, era stata riaperta dai figli. Superata l’entrata, si ritrovarono davanti almeno una ventina di persone. Si misero in coda, aspettando come tutti gli altri.

-Tu ti fidi ancora?- Charlotte si girò verso l’amico guardandolo interrogativa.

-In che senso?- Harry si guardò intorno, accertandosi che nessuno li stesse ascoltando.

-Parlo di Ema e Kat. Secondo me c’è qualcosa che non ci hanno detto. L’altro giorno li ho beccati parlare tra di loro e…- il biondo venne fermato prima di finire la frase.

-Hai origliato? Harry, è maleducazione!- lo sgridò Charlotte e il ragazzo scosse la testa.

-Fammi finire. Ho ascoltato per caso ma, a quanto ho capito, stavano discutendo riguardo al caso di McKinnon e indovina cosa? I due si conoscevano ancora prima dell’Ordine di Morgana. Inoltre, è legato al trasferimento di Emanuel e Katrina.-

-Stai scherzando?!- esclamò la ragazza, facendo voltare alcune persone verso di loro. Harry le lanciò un’occhiata truce.

-Abbassa la voce! Comunque sì, lo conoscevano, ma non sono riuscito a capire come e perché. Adesso ci credi che nascondono qualcosa?- la rossa pensò alle parole dell’amico, anche se sembrava ancora dubbiosa.

-Potresti aver ragione ma non dobbiamo arrivare a soluzioni affrettate. Ti ricordo che ci hanno salvato la vita e, in un modo o nell’altro ci sono sempre stati vicini.- chiusa la discussione, i due ragazzi rimasero in silenzio.

-Come va il lavoro? Hanno accettato il tuo trasferimento?- domandò Harry. A quella domanda, la ragazza sembrò rilassarsi.

-Sì, comincio a lavorare alla Loggia* domani. Sai, il sistema inglese è molto diverso da quello francese. Qui non hanno una conoscenza sull’Alchemia come quella francese, motivo che ha contribuito alla mia assunzione. Tu invece, stai finendo l’addestramento?- il biondo fece spallucce.

-Sì, anche se è molto complicato. Scarlett mi sta aiutando molto con la parte teorica, mentre per la pratica mi aiuta molto Emanuel.  Certo, perdiamo tempo più a discutere che a lavorare ma comunque mi sta aiutando. I posti per diventare Auror sono veramente pochi e noi saremo almeno il triplo.- La fila di persone avanzò e così fece Charlotte ma, osservando fuori dalle vetrate della gelateria, si fermò di botto e Harry le finì addosso.

-Ma che cavolo, Charlie!- il ragazzo la guardò arrabbiato, per poi seguire con lo sguardo quello che Charlotte stava fissando. Notando l’oggetto di interesse, sgranò gli occhi.

-Che diavolo ci fa lei qui?!- disse il ragazzo, osservando Numero Due che passeggiava tranquillamente per le vie di Diagon Alley. I due ragazzi si guardarono e, dimenticandosi della loro pausa, uscirono dal locale e si misero a seguire la ragazza. Ad un certo punto, Emerald si diresse verso I Tiri Vispi Weasley, altro negozio che, dopo la guerra e la morte di uno dei due proprietari, aveva riaperto. Notando il nome del negozio, Charlotte si fermò.

-Va bene, basta seguirla.- disse Charlotte, mentre Harry la guardava irritato.

-Non ti va di sapere come mai si trova qui? Probabilmente sta organizzando qualcosa!- il biondo fece per avanzare ma la ragazza gli tirò una piccola sberla sulla nuca.

-Idiota, non ti ricordi cosa ha detto Ema? Lei ci lavora! Aveva ragione Kat, ci facciamo prendere troppo dal lavoro.- il ragazzo guardò l’amica, guardò il negozio, poi tornò a guardare l’amica, ancora più arrabbiato. Questa sorrise e gli fece gli occhi dolci.

-Se vuoi ti offro il gelato…- Harry sembrò pensarci su.

-Con la panna?- Charlotte si mise a ridere davanti all’espressione del suo amico e lo prese a braccetto.

-Certo. Forza, andiamo!-

 

 

 

 

 

9 Novembre, Aula di Pozioni, Hogwarts

 

 

            -Perfetto ragazzi, la lezione finisce qui. La prossima volta vi farò vedere come preparare un perfetto Antidoto per i Veleni Comuni, quindi vedete di esserci tutti. Buona giornata.- un coro di “Arrivederci professore” si levò in tutta l’aula, mentre gli studenti del primo anno si affrettavano a lasciare la stanza per dirigersi alla prossima lezione, lasciando Jem a sistemare il materiale.

-Ah, Michael Cross!- al richiamo del professore, un ragazzino di Grifondoro si fermò e, salutando gli amici, si diresse verso il suo professore di Pozioni.

-Sì, Professor Crowley?- disse il ragazzino, preoccupato di aver fatto qualcosa di sbagliato.

-Mi è piaciuto molto come hai aiutato i tuoi compagni oggi, non molti lo avrebbero fatto. Voglio assegnare alla tua Casa dieci punti e spererei di assegnartene altri dopo oggi.- a quelle parole, il viso del ragazzino si illuminò e, dopo averlo salutato, si fiondò all’uscita. Rimasto finalmente solo, Jem iniziò a riordinare l’aula, pulendo con un colpo di bacchetta i calderoni, svuotandoli dai vari “intrugli” preparati dagli studenti.

-Come noto l’animo gentile della sua vecchia Casa è ancora presente, Signor Crowley.- il professore sorrise, riconoscendo subito la persona che aveva appena parlato.

-Le vecchie abitudini non si perdono mai, Professoressa McGranitt.- finito di sistemare, l’uomo si voltò verso quella che ora ricopriva il ruolo di Preside di Hogwarts: Minerva McGranitt lo stava osservando attentamente, con quello sguardo severo che lo aveva sempre spaventato a scuola, quando ancora lui era un giovane mago e lei era ancora l’insegnante di Trasfigurazione.

-Quante volte ti ho detto di chiamarmi Minerva, Jem? Non sono più una tua insegnante.- rispose la donna entrando nella stanza. L’uomo fece spallucce ma sorrise comunque. Non era strano che i professori la chiamassero ancora alla “vecchia”: persino Neville Paciock, insegnante di Erbologia e Ernie MacMillan, ex Tassorosso e ora insegnante di Cura delle Creature Magiche erano ancora intimoriti nel vedere la donna.

-Come vanno le lezioni? Ho sentito che gli alunni la adorano.- continuò la donna e Jem sorrise.

-Faccio solo il mio lavoro. Insegno una materia che può non piacere a tutti, quindi cerco modi alternativi per insegnare, tutto qui.- Jem volse lo sguardo verso la McGranitt, che lo osservava con occhio attento.

-Lo so, hai molta cura dei tuoi allievi. Inoltre piaci loro perché non hai favoritismi. Il Professor Walker sarebbe fiero di lei.- a quella frase, Jem sorrise, ripensando subito al suo vecchio insegnante di Pozioni, colui che gli aveva ceduto il posto di Insegnante nonostante avesse solamente ventun anni.

-Grazie mille, Profes… Volevo dire, Minerva.- la donna gli fece un cenno con il capo e si diresse verso l’uscita, per poi fermarsi.

-Sai Jem, il Signor MacMillan mi ha rivelato di non sentirsi all’altezza di essere a capo dei Tassorosso… Magari avrei già in mente un ottimo sostituto.- e, senza aspettare risposta, Minerva McGranitt si diresse verso la porta per poi fermarsi.

-Un’altra cosa. Se mai dovesse assentarsi qualche volta per “motivi di lavoro” mi faccia sapere.- a quelle parole, l’uomo si voltò di scatto verso di lei e la donna sorrise.

-Ci sono tante cose che non sai e che ignori. Buona giornata, Jem.- e, detto questo, se ne andò. Jem rimase ancora un attimo immobile, per poi riscuotersi e dirigersi verso la scrivania a prendere le sue cose. Tuttavia, apparve improvvisamente un foglietto sulla sua borsa, con sopra inciso un piccolo lupo. L’uomo lo afferrò immediatamente, riconoscendo subito il simbolo inciso e ne lesse velocemente il contenuto.

 

Magnus, abbiamo bisogno del tuo aiuto, fai presto a stai attento.

Medusa

 

 

 

 

 

9 Novembre, Ministero della Magia, Londra

 

 

            Scarlett camminava tranquilla per il corridoio principale del Ministero mentre, accanto a lei, una moltitudine di persone si muovevano in direzioni diverse. Nonostante il Signore Oscuro fosse stato sconfitto e molti dei suoi seguaci uccisi o mandati ad Azkaban, vi erano ancora dei maghi che cercavano di ricreare il vecchio movimento del loro Padrone. Come Auror, Scarlett si occupava principalmente di quello anche se, andando avanti con il tempo, i casi diminuivano.

-Auror Cross!- la bionda si girò, trovandosi davanti il suo Capo: Harry Potter, il Bambino Sopravvissuto e il Salvatore del Mondo Magico, in seguito alla sconfitta di Voldemort si era occupato di risollevare la comunità magica. Aveva iniziato l’addestramento per diventare Auror e, dopo anni, aveva ottenuto il comando di quel Dipartimento.

-Auror Potter, come posso aiutarla?- chiese Scarlett con un cenno del capo.

-Prima di tutto, chiamami pure Harry, siamo colleghi. Mi servirebbe principalmente il fascicolo dei tuoi ultimi casi, devo confrontarli con gli altri che mi sono arrivati.- Scarlett annuì.

-Poi volevo chiederle un’altra cosa… Ho sentito che suo figlio ha iniziato il primo anno. In che Casa è stato smistato?- a quella domanda, la donna si ritrovò spiazzata, ma rispose.

-Ha iniziato il primo anno a Grifondoro. Mi ha scritto che si trova molto bene e non ha fatto fatica ad ambientarsi.- il volto di Harry si illuminò.

-Allora avrà visto di sicuro James e Lily. Sono due dei miei figli, entrambi a Grifondoro. Se mai Michael dovesse avere problemi può sempre chiedere una mano a loro e…-

-Harry Potter, dopo anni ancora non hai capito che c’è modo e modo di rivolgersi ad una persona!- quel tono divertito fece voltare i due verso la persona che aveva parlato: Hermione Granger, una delle streghe più brillanti del Mondo Magico, Capo del Dipartimento della Regolazione della Legge Magica e migliore amica di Harry Potter.

-Non si preoccupi, Signora Granger, convivendo con mio figlio so che la loro comunicazione non è mai delle migliori.- disse Scarlett, facendo ridere l’altra donna.

-Lo so, serviamo sempre noi donne!-

-Scusate, io sarei ancora qui!- disse Harry sorridendo. Hermione smise di ridere, per poi tornare seria.

-Harry, ti cercava il Ministro per via delle tue ultime missioni. Ora vado, ho una riunione importante. Felice di averla conosciuta Signorina Cross e mi attacco a quello che Harry le ha detto prima: a Grifondoro ci sono almeno la metà dei nostri nipoti, se mai Michael avesse bisogno di una mano con qualcosa sa già su chi contare.- Scarlett li ringraziò entrambi e, dopo i saluti, si allontanò, riprendendo la sua strada. Aprì la sua borsa mettendosi alla ricerca di alcuni fogli, ma si stupì nel trovare un biglietto che era sicuro di non avere. Dopo averlo letto, si fermò di colpo, per poi dirigersi verso la Metropolvere. L’Ordine aveva bisogno di aiuto.

 

 

 

 

 

9 Novembre, Villa Olympus, Londra

 

 

            Mathias stava setacciando da almeno un’ora l’intero ufficio di Richard, guardando sotto ogni angolo e in ogni cassetto, senza mai trovare l’oggetto dei suoi pensieri. Elaija lo trovò così: il ragazzo aveva sentito dei rumori provenire dalla stanza e, preoccupandosi, aveva sbirciato dentro, trovando invece il fratello, intento a cercare all’interno di una piccola cassa, che si trovava al lato della scrivania. Bussò piano per non spaventarlo e, non appena l’altro lo notò, gli regalò un enorme sorriso. Secondo i loro fratelli, Elaija e Mathias erano gemelli mancati: entrambi di indole estroversa, passavano le ore a parlare di ogni svariato argomento ed Elaija si era proclamato primo assaggiatore di tutto ciò ce preparava Numero Dieci.

Posso entrare?

-Ciao El, certo che puoi! Scusami se ti ho spaventato con il casino che sto facendo, ma ero impegnato nella mia ricerca.- Mathias si sedette per terra, seguito poi dal fratello.

Cosa stai cercando?

A quella domanda, Mathias sospirò.

-Sto cercando i vecchi diari di papà. Sai quelli dove annotava tutti i nostri miglioramenti e tutto il resto. Sai, li ha annotato anche l’incidente…- a quelle parole Elaija annuì: conoscevano tutti dell’incidente avvenuto durante una delle missioni, ma nessuno sapeva cosa fosse successo a Mathias. L’unica cosa nota era che, dopo quel giorno, in Mathias erano apparse diverse personalità, con cui il fratello ora conviveva.

-Sai, l’altro giorno mi trovavo in cucina e, improvvisamente, una delle mie personalità ha preso il sopravvento. Mi sono ritrovato in me e ho trovato Sheryl e Lauren che mi guardavano preoccupate. Di solito io so sempre cosa succede, la mia mente funziona come una stanza affollata, ma degli ultimi tempi non so cosa stia accadendo. Sto perdendo il controllo.- Elaija lo osservò, non avendolo mai visto così: Mathias era quello spiritoso, divertente, combina guai e chiacchierone e vederlo triste e spaventato gli strinse il cuore. Elaija lo abbracciò di slancio.

Stai tranquillo, riusciremo a capire cosa ti sta succedendo. Iniziamo a cercare.

Mathias annuì e, alzatosi, si diresse verso le librerie.  Tuttavia, un rumore di vetri rotti li fece fermare.

-Cos’è stato?- domandò Numero Dieci. Insieme, i due fratelli si diressero fuori, incontrando poi Fëdor, Oberon e Ophelia.

-Non siete stati voi, vero?- domandò Numero Sei ed Elaija negò. Istantaneamente, i cinque estrassero le loro bacchette.

-D’accordo, manteniamo la calma. Mathias ed Elaija, voi controllate questo lato della casa. Oberon, Ophelia, dirigetevi verso il lato sinistro. Io controllo di sotto e vedo di trovare gli altri.- All’ordine di Numero Uno, tutti gli altri annuirono, per poi dividersi. Fëdor fece un respiro profondo e scese le scale, dirigendosi velocemente verso la cucina. Notò subito che una delle finestre della stanza era stata rotta e si fermò ad osservarla. Improvvisamente, sentì un movimento dietro di lui e si spostò rapidamente, poco prima di ricevere uno Schiantesimo. Si voltò e iniziò a colpire il suo attaccante, ingaggiando così un combattimento. Numero Uno chiamò a sé il suo potere e, notando una sedia lì vicino, la prese e la lanciò contro il suo avversario, che la distrusse con un Reducto. Fëdor iniziò a lanciargli ogni oggetto possibile alternandosi con vari incantesimi quando, ad un certo punto, sentì qualcosa colpirlo al collo come una puntura. Dopo qualche istante, cominciò a sentirsi debole e crollò a terra, mentre sentiva che pian piano si stava indebolendo. Vide la persona davanti a lui puntargli la bacchetta contro ma, prima che l’uomo pronunciasse qualcosa, Fëdor si sentì trascinare di lato. Si voltò e vide Sheryl, Travis, ed Emerald, che avevano ingaggiato il combattimento.

-Stai bene? Sei ferito?- gli chiese Numero Undici controllandolo. Il ragazzo annuì.

-Sì, ma mi sento confuso. Non riesco ad usare i miei poteri.- gli altri si guardarono tra loro. Emerald prese parola.

-D’accordo, ce ne occuperemo dopo. Adesso dobbiamo sistemare questi stronzi.-

 

 

 

 

 

            Gabriel era nascosto nel seminterrato, cercando di non farsi trovare. Numero Tre si trovava nella Biblioteca quando alcune persone avevano fatto irruzione nella cucina. Si era subito nascosto nel piano interrato, ma probabilmente alcuni lo avevano visto e si erano diretti nel piano inferiore. Il ragazzo li sentì avvicinarsi e si rannicchiò ancora di più su sé stesso: con gli Incantesimi non se l’era mai cavata tanto bene e il suo potere non era come quello di Emerald, di Lauren o di Fëdor, non serviva per fare del male. Ad un certo punto, notò che due si stavano avvicinando al suo nascondiglio. Gabriel indietreggiò d’istinto, ma nel farlo colpì per sbaglio una vecchia tubatura. Si irrigidì, sperando di non essere notato ma fu tutto inutile. Gli intrusi cominciarono a lanciargli vari incantesimi, mentre lui si proteggeva in ogni modo. Ad un certo punto, sentì delle grida e si coprì le orecchie con le mani. Quando fu sicuro di non sentire alcun suono, sbirciò e si trovò davanti una scena spaventosa: i quattro uomini che lo stavano cercando erano ora riversi a terra, con la pelle piena di venature nere e gli occhi vitrei. Alzò lo sguardo impaurito e vide Cameron, che osservava con ribrezzo i quattro maghi e lì capì.

Erano morti di paura.

-Gabriel, per Merlino, stai bene?!- il gemello gli corse incontro e lo abbracciò.

-S-sei stato tu… L-li hai…- Gabriel cercò di finire la frase ma vide, con la coda dell’occhio, che era arrivato qualcun altro e che puntava la bacchetta verso di loro. Gabriel urlò per avvertire il fratello, ma qualcosa spinse il mago contro la parete, lasciandolo poi a terra, privo di sensi.

-Ragazzi, state bene?- Lauren si avvicinò a loro aiutandoli a rialzarsi.

-Noi stiamo bene, tu? Sei ferita?- alla domanda di Cameron, Numero Otto scosse la testa.

-No, ma mi hanno colpito con qualcosa e adesso non riesco ad utilizzare i miei poteri.- la ragazza si controllò in giro.

-Forza, cerchiamo gli altri.-

 

 

 

 

 

            Ophelia si trovava contro una parete, senza via di fuga. L’avevano colpita con uno strano incantesimo e ora non riusciva più ad utilizzare il suo potere. Con la coda dell’occhio vide Oberon lottare contro un mago e una strega. Aveva la fronte che sanguinava e, con la mano sinistra, si teneva il fianco, dal quale colava del sangue. Cercò di difendersi in tutti i modi, ma la strega che stava fronteggiando riuscì a disarmarla, lanciando la sua bacchetta il più lontano possibile. Ophelia guardò la donna che si trovava davanti a lei che, sogghignando, le puntò la bacchetta contro. La ragazza realizzò di essere ad un punto cieco e chiuse gli occhi, aspettando la propria sorte. Tuttavia, essa non arrivò. La ragazza riaprì gli occhi, trovandosi davanti il corpo esanime della strega.

-Stai bene?- Numero Cinque si risvegliò dal suo stato di trance e volse lo sguardo verso il suo salvatore: si trattava di un ragazzo alto, dai capelli marrone scuro, lunghi quasi fino alle spalle e grandi occhi marroni. L’estraneo si inginocchiò e le pose la mano, per aiutarla ad alzarsi.

-Tu chi sei?- chiese la ragazza indietreggiando e il ragazzo scosse la testa sorridendo.

-Prima dovresti dirmi “grazie” non trovi, Ophelia?- la bionda sgranò gli occhi.

-Come sai il mio nome?- prima che potesse rispondere, vennero raggiunti da Oberon, che era riuscito a liberarsi del mago che lo attaccava e da Mathias ed Elaija.

-Ophelia, stai bene?  E tu chi sei?- domandò Numero Sei, ponendosi di fronte alla sorella per difenderla. L’estraneo si inchinò, come a volerli salutare.

-Il mio nome è Caleb e noi ci siamo già visti a scuola.- i tre ragazzi lo squadrarono attentamente, fino a che Mathias non sgranò gli occhi.

-Ma certo! Eri a Serpeverde, giocavi a Quidditch!-

-Aspetta: come diavolo facevi a sapere che fossimo in pericolo?- domandò Oberon dubbioso.

-Caleb, i maghi sono tutti sistemati. Gli altri sono di sotto con i fratelli.- il gruppo si voltò verso la ragazza che aveva appena parlato: aveva tratti asiatici, forse giapponese o thailandese, con lunghi capelli neri dai riflessi rossicci e gli occhi marroni.

Caleigh.

Elaija aveva subito riconosciuto la ragazza che, un tempo, era stata loro compagna di casa. Caleb le fece un cenno.

-Grazie Caleigh, arriviamo subito.- la ragazza annuì e corse al piano di sotto. Il moro si girò poi verso i quattro fratelli.

-Ci conviene scendere e raggiungere i vostri fratelli e i miei colleghi. Vi dobbiamo spiegare tante cose.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

E finalmente sono qui! Mi dispiace un sacco per il ritardo ma questo non è un periodo facile per me. Volevo fare ancora qualche paragrafo ma non ce la facevo e non volevo lasciarvi da soli per troppo tempo. Mi dispiace se non tutti i personaggi sono apparsi alla stessa maniera, la prossima volta mi farò perdonare! Ho tra l’altro qualche informazione sulla Loggia: non so se esista veramente nel mondo di HP, ma l’ho trovato su Internet, dove si dice che la Loggia sia la sede degli Alchimisti. Mi è piaciuto troppo che ho voluto riprendere il nome. Questa volta la domanda è la stessa per tutti: finalmente i due gruppi si incontrano! Questa è la prima domanda:

 

In che rapporti sono con i membri dell’altro gruppo? Ricordate che le età sono molto vicine, quindi si sono visti tutti. In caso abbiate dubbi scrivetemi e io vi risponderò volentieri.

 

 

Ultima cosa: ho deciso di presentare uno ad uno i nostri personaggi, intervallando i paragrafi normali con quelli del personaggio. Alternerò i due gruppi e non potete dirmi i vostri Oc, ma dovrete sceglierne un altro. Visto che sono di più, inizierò con i ragazzi dell’Umbrella  Academy:

 

 

Fëdor

Emerald

Gabriel

Cameron

Ophelia

Oberon

Felikz

Lauren

Elaija

Mathias

Sheryl

Travis

 

 

Vi lascio anche le immagini di come mi sono immaginata la sala da ballo e quella del pugnale, che mi sono dimenticata:

 

SALA BALLO



PIANO




PUGNALE




 

Ed ecco il link per la melodia che ho ascoltato per la musica di Elaija:

 

https://www.youtube.com/watch?v=-fwrU-LPBGs

 

 

Ci vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,

__Dreamer97

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Capitolo 6
*** CAPITOLO 4 ***


CAPITOLO 4

 

“I’m not an adventurer by choice, but by fate.”

 

 lauren

 

 

 

Novembre 2002, Villa Olympus

 

 

            Il silenzio era ormai calato da ore nella Villa e su tutti i suoi abitanti. Ogni bambino stava dormendo nella propria stanza, beandosi della dolce compagnia dei sogni. Tuttavia, nell’ottava stanza del corridoio, la piccola Lauren si agitava nel suo lettino. La bimba si svegliò all’improvviso e, massaggiandosi la testa, si mise a sedere. Sbuffò, sapendo che avrebbe faticato a prendere sonno nuovamente: aveva capito il suo potere da poco, a differenza di alcuni suoi fratelli che già da qualche anno avevano dimostrato di averne, ma ancora non ne aveva il pieno controllo. Si ritrovava così ad ascoltare i pensieri dei suoi fratelli, nonostante lei non ne avesse la voglia o l’intenzione e, durante la notte, capitava che lei finisse nella mente degli altri, iniziando ad ascoltare e a vedere i sogni e i pensieri degli altri. Con un mal di testa allucinante, la piccola si alzò e, cercando di non cadere in terra, uscì dalla sua stanza, con l’intenzione di andare a chiamare la Signora Davis per un po’ d’aiuto. Fece qualche passo ma, sentendo la testa girare, non si accorse della porta del bagno che, probabilmente per colpa di Mathias o di Travis, era rimasta aperta. Lauren andò diritta a sbattere contro la grossa maniglia in ottone, lanciando un urletto e cadendo all’indietro. Aspettò qualche momento prima di sedersi, in quanto la testa aveva iniziato a pulsare terribilmente.

-Ehi, tutto bene?- la bimba sobbalzò e si voltò verso la sua sinistra, dove due figure identiche la guardavano, una preoccupata e una annoiata. Nonostante il buio, riconobbe subito Gabriel e Cameron.

-Mi sono fatta male…- la voce di Lauren sembrava più un pigolio, ma Numero Tre la sentì e si avvicinò subito a lei per controllare il danno.

-Niente di grave, hai solamente un piccolo taglio sulla fronte. Scendo di sotto in cucina a prendere il kit di pronto soccorso.- Lauren non poté ribattere: Gabriel corse subito verso le scale, lasciandola da sola in compagnia di Cameron. Si creò così un silenzio imbarazzante, che venne poi spezzato dal bambino.

-Come mai eri sveglia? Di solito dormite tutti.- alla domanda di Cameron, la bambina si voltò verso di lui.

-E’ per colpa del mio potere… Il Signor McKinnon dice che ho il “Mentalismo” e la “Psicocinesi”, ovvero due capacità che mi permettono di spostare gli oggetti con la mente e di entrare nelle teste degli altri e cambiarne i pensieri…- durante il suo discorso, Lauren non si era accorta dello sguardo ammirato del fratello. Appena si voltò di nuovo verso di lui, notò il suo sguardo e arrossì furiosamente.

-E’ fantastico! Tu quindi sapresti modificare i ricordi?- le chiese Cameron sempre più interessato. La bimba annuì.

-Voi invece perché siete svegli?- alla domanda, Cameron fece spallucce.

-Gabriel ha scoperto di poter controllare i sogni delle persone e di produrre una specie di “polvere dorata”. Inoltre, non può dormire perché deve controllare voi che dormite e io gli faccio compagnia…-Lauren ascoltò attentamente il fratello, notando solamente in quel momento le leggere occhiaie che contornavano gli occhi di Numero Quattro.

-E tu, che potere hai?- gli chiese ancora.

-Non l’ho ancora scoperto, ma so che non è un bel potere. Fa del male agli altri.- Cameron si voltò verso di lei e Lauren sobbalzò, ritrovandosi improvvisamente negli occhi verdi del fratello. Rimasero a fissarsi ancora per qualche minuto, finché il silenzio non venne interrotto dall’arrivo di Gabriel, che era riuscito a recuperare la cassetta del pronto soccorso. Lauren ringraziò mentalmente il fratello, che era riuscita a toglierla da quella situazione imbarazzante. Nei giorni successivi, Lauren iniziò a guardare Cameron con occhi diversi.

 

 

 

 

 

10 Novembre, Sala Principale, Piano Terra, Villa Olympus

 

 

            -Fatemi capire bene: voi sareste un gruppo segreto -che adesso non è più così segreto- nato per proteggere la gente, nel nostro caso nostro padre, e che siete venuti a salvarci? E voi aspettate che noi vi crediamo?- con un ragionamento che non faceva una piega, Fëdor aveva dato voce ai pensieri che albergavano nella mente dei membri dell’Umbrella Academy.  A rispondere fu Emanuel.

-Lo so che può sembrare strano, ma dovete fidarvi di noi. Io e Katrina conoscevamo vostro padre e lui lo sapeva di essere protetto da noi. E’ per questo motivo che noi sappiamo tutto di voi e ei vostri poteri, perché ce ne ha parlato Richard.- in risposta, Oberon sbuffò.

-Perché io non ne sono convinto? Sembra quasi che voi l’abbiate montata questa storia.- alle sue parole, intervenne Katrina.

-Puoi anche non crederci, ma ti ricordo che, senza di noi, sareste cenere al vento. Se non sbaglio, è stato Emanuel a salvarti il culo prima ed è stata la nostra Caleigh a medicarti. Un ringraziamento è minimo.- Numero Sei fece per ribattere, ma venne fermato da Lauren.

-Per quanto mi costi ammetterlo, ha ragione lei. Non saremmo vivi se loro non ci avessero aiutato.-

-Wow sorella, degna della carta affidata!- disse Travis e Lauren lo guardò male. Non era il momento di fare battute.

-Lauren ha ragione. Nonostante ciò, come facevate a sapere che fossimo in pericolo?- domandò Sheryl ed Emanuel rispose.

-Dopo la morte di Richard, ci siamo mossi subito: abbiamo iniziato a tenervi d’occhio, aspettando solo il momento in cui vi avrebbero attaccato. Cosa che, alla fine, si è rivelata giusta.- disse alla fine il ragazzo. Il suo sguardo era per qualche secondo caduto sulla figura di Ophelia che, incrociando lo sguardo del moro, aveva abbassato la testa imbarazzata.

-Io vi credo.- quelle parole avevano gettato sul gruppo un silenzio di tomba. Cameron si girò verso il fratello, guardandolo sorpreso.

-Sei sicuro, Gabi? Non li conosciamo bene e…- Numero Quattro non finì nemmeno la frase, interrotto subito dal gemello.

-Pensateci bene. Se fossero stati pericolosi io o Cam o Lauren avremmo subito percepito del pericolo, ma così non è stato. E’ inutile giudicare adesso, visto che ci hanno anche salvato la vita.- a quelle parole, i vari membri dell’Umbrella Academy si guardarono tra di loro, per poi lasciare parola al Numero Uno.

-D’accordo, vi daremo una possibilità. Non sprecatela.- Emanuel e Katrina fecero un cenno con il capo, ringraziandolo silenziosamente.

-Adesso? Cosa facciamo? Quelli sono morti tutti, quindi non possiamo nemmeno sapere i loro piani o altro.- a rispondere alle parole di Emerald fu Harry.

-In realtà uno è sopravvissuto, è bloccato nel vostro scantinato. Cercheremo di farlo parlare in qualche modo.- a quelle parole, Cameron sorrise maleficamente, facendosi notare solamente dal gemello, che iniziò a guardarlo preoccupato. Scarlett prese parola.

-Di sicuro cercavano qualcosa. Magari dei progetti, qualsiasi cosa riguardasse Richard. Per arrivare ad ucciderlo doveva avere o sapere qualcosa.-

-I diari.- a quelle parole, l’attenzione generale si rivolse verso Mathias.

-Che intendi?- domandò Charlotte.

-Prima dell’attacco, stavo cercando nell’ufficio di papà i diari dove annotava tutti i nostri miglioramenti, i nostri poteri e persino le nostre origini. Tuttavia, sono tutti spariti. Secondo me li ha nascosti prima di morire e, insieme a quelli, ci dev’essere per forza qualcos’altro.- Questa volta, a prendere parola fu Felikz.

-Secondo me ha ragione lui: da qualche tempo papà era diventato paranoico, come se fosse preoccupato da qualcosa. Se fossi rimasto a casa quella sera forse…- Felikz non finì la frase, venendo interrotto da Jem.

-Non potevi sapere che sarebbe successo, non fartene una colpa.- alle parole del suo ormai ex-professore,  Felikz annuì debolmente.

-Perfetto. A questo punto direi di rimetterci in sesto e di riposare un attimo.- alle parole di Charlotte tutti annuirono. In seguito, sciolsero la riunione, dirigendosi in direzioni differenti.

 

 

 

 

 

Febbraio 2004, Villa Olympus

 

 

            -Ragazzi, qualcuno ha visto il mio scrigno?- alla domanda di Ophelia, tutti i fratelli negarono con la testa, mentre Lauren sentiva uno stato d’ansia calarle addosso come un macigno. Qualche giorno prima, Numero Otto si era diretta nella camera della sorella più grande*, in cerca di uno dei suoi libri che, sicuramente, era finito nella stanza di una dei pochi fratelli che condivideva la passione per la lettura. Era riuscita a trovare il libro quando, nel voltarsi, aveva colpito accidentalmente lo scrigno che si trovava sulla scrivania della sorella. L’oggetto era finito in terra, rompendosi in alcuni punti e perdendo il coperchio. Lauren era rimasta qualche secondo immobile, per poi raccoglierne velocemente i pezzi e andare a nasconderli in camera sua. Sapeva che quell’oggetto era molto importante per la sorella, in quanto era stato il primo oggetto che era riuscita a costruire da sola, raccattando pezzi da buttare per tutta la casa. Ora, Ophelia lo cercava disperatamente e Lauren sapeva di non poterlo più nascondere.

-Ehi Ophelia, devo farti vedere una cosa…- la bionda si girò verso di lei e, senza fare alcuna domanda, la seguì. Si diressero verso la stanza di Numero Otto e la mora aprì l’armadio, tirando fuori un pacchettino e porgendolo alla sorella.

-Mi dispiace, te l’ho rotto… Non l’ho fatto apposta, stavo cercando un libro e per sbaglio l’ho fatto cadere.- Lauren si aspettò le grida di rabbia della sorella e abbassò lo sguardo. Quello che non si aspettava, invece, era che Ophelia le mettesse una mano sulla spalla e la guardasse sorridendo.

-Stai tranquilla, ti capisco. Avrei fatto anche io la stessa cosa!- Numero Otto la guardò sorpresa, per poi ricambiare il sorriso. Numero Cinque le porse la mano.

-Forza, andiamo ad aggiustarlo: oggi sarai la mia assistente!- Lauren annuì e, insieme, le due bambine si diressero verso la stanza della bionda, dove passarono l’intero pomeriggio tra cacciaviti, bulloni e tante, ma tante risate.

 

 

 

 

 

Infermeria, Ala Ovest, Primo Piano

 

 

            -Ti serve una mano?- Ophelia si voltò verso Caleigh, che la guardava preoccupata. La bionda stava cercando di curarsi da sola la ferita alla testa, tuttavia senza successo. Numero Cinque annuì, affidando ago e filo all’altra ragazza.

-Come mai non usi la magia? Sarebbe molto più facile.- Ophelia negò con la testa.

-E’ un piccolo taglietto, sarebbe inutile. Qualche giorno e non ci sarà più nemmeno il segno.- a quella parole, Caleigh annuì. In seguito, Ophelia riprese il discorso.

-Tu lavori al San Mungo, giusto?- le domandò e la mora fece di sì con la testa.

-Esattamente. E lì dove ho incontrato Emanuel e Katrina, per poi essere reclutata.-

-Ho visto che siete tutti molto uniti.-

-Diciamo che abbiamo passato un po’ di tempo insieme. Sono un po’ come la mia seconda famiglia. Anche se a volte fanno perdere la pazienza.- Ophelia rise, contagiando anche l’altra. Un lieve bussare fece voltare entrambe verso la porta, dove Gabriel le stava osservando.

-Disturbo?- chiese e la sorella scosse la testa, dicendogli di entrare. Il rosso entrò e si diresse verso di loro, cercando qualche garza dal vassoio che si trovava accanto ad Ophelia.

-Devo curare Oberon e Fëdor, non sono feriti gravemente, quindi non serve mettere in gioco il potere di Travis.- Ophelia annuì, per poi notare qualcosa di strano nello sguardo del fratello.

-Gabi, che succede?- il ragazzo si fermò di colpo, per poi posare i suoi grandi occhi verdi su Numero Cinque e su Caleigh. Sospirò, per poi sedersi sul lettino accanto a loro.

-Si tratta di Cameron. In questi giorni è molto strano.-

-Se non sbaglio è sempre stato strano, non solo adesso.- disse Caleigh ma Gabriel scosse la testa.

-No, è diverso. Durante l’attacco, per difendere me, ha ucciso quegli uomini. Capito, li ha uccisi. E non con un incantesimo ma usando i suoi poteri. Io sono molto preoccupato.- di fronte allo sguardo affranto del fratello, Ophelia si intenerì, per poi mettergli una mano sulla spalla.

-Tranquillo, vedrai che non sarà niente. Ti consiglio di parlarne con lui, magari ti dirà qualcosa. Ora va’, altrimenti Oberon e Fëdor si ritroveranno a dover chiamare il tuo aiuto.- il ragazzo annuì e, dopo aver ringraziato la bionda e salutato Caleigh, uscì dall’Infermeria.

 

 

 

 

 

Aprile 2010, Biblioteca, Hogwarts

 

 

            La Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts aveva appena aperto le porte alla primavera, permettendo ai suoi studenti di godere dell’aria fresca e dei caldi raggi del sole. Quella domenica, il Castello era quasi vuoto, visto che i suoi alunni si dilettavano in attività all’aperto oppure ne approfittavano per studiare sotto l’ombra di qualche albero. Tuttavia, nella Biblioteca della scuola, una ragazzina Corvonero del quarto anno si era seduta nel tavolo più nascosto, cercando di studiare in santa pace. Tutti i suoi fratelli avevano deciso di andarsene ad Hogsmeade, più precisamente ai Tre Manici di Scopa: Gabriel e, stranamente, Felikz erano riusciti ad ottenere i ruoli di Cercatore e di Battitore per le rispettive squadre, evento che i fratelli avevano deciso di festeggiare. Nonostante le richieste e le suppliche degli altri, Lauren aveva deciso di portarsi avanti con lo studio, preferendo rimanere chiusa nel Castello a studiare e a scrivere temi.

-Buongiorno, Signorina McKinnon. Come mai rimane chiusa qui invece di approfittare di questa meravigliosa giornata di sole?- Lauren alzò improvvisamente lo sguardo, ritrovandosi davanti Neville Paciock, il suo professore di Erbologia e il Capo della Casa dei Grifondoro.

-Buongiorno Professore. Volevo portarmi avanti con lo studio per non rimanere indietro. E poi, preferisco stare dentro.- disse la ragazzina. Il Professor Paciock annuì.

-Capisco. Tuttavia, so che oggi i tuoi fratelli festeggiano qualcosa.  Ho seguito i provini delle squadre e Gabriel e Felikz sono stati davvero molto bravi. Nonostante li dessero per sconfitti, hanno tirato fuori una grinta invidiabile.- notando che Lauren non accennava a muoversi, Neville si sedette di fronte a lei.

-Lauren, ti dirò una cosa: nonostante il bellissimo rapporto che condividete come fratelli, non sarete sempre presenti l’uno per l’altra. Ci sarà un giorno in cui prenderete strade diverse e, probabilmente, non vi vedrete o sentirete più. Il mio consiglio è questo: approfittatene ora che siete in tempo. Ci saranno altri mille momenti per dimostrare di essere la migliore, ma questi momenti con i tuoi fratelli un giorno non ci saranno più.- Lauren rimase colpita dalle parole del suo insegnante, sapendo nel profondo quanto l’uomo avesse ragione. Così, iniziò a rimettere via le sue cose e i vari libri che aveva preso in prestito, per poi salutare con un sorriso il professore e dirigersi verso il villaggio di Hogsmeade, Arrivata ai  Tre Manici di Scopa, venne accolta calorosamente dai suoi fratelli e in quel momento diede ragione al professore: quei momenti non sarebbero rimasti per sempre, tanto valeva approfittarne adesso.

 

 

 

 

 

Corridoio delle Camere, Ala Est, Primo Piano

 

 

            -Tu stai bene? Hai bisogno di qualcosa?- alla domanda di Mathias, Elaija scosse la testa.

Sto bene, tranquillo. Tu?

-Tutto bene anche io. Un po’ ammaccato forse, ma tutto sommato mi sento bene.- rispose Numero Dieci e l’altro sorrise.

-Ciao ragazzi, qui tutto bene?- Lauren entrò nella stanza di Elaija, mentre i due fratelli le comunicavano di stare bene. Senza dire niente, la ragazza si avvicinò alla finestra, iniziando a controllare qualcosa fuori. I due ragazzi si guardarono, straniti dal comportamento della ragazza.

-Lauren, che stai facendo?- a quella domanda, la ragazza si voltò verso i due. Con un gesto della mano, chiuse la porta della stanza, facendo preoccupare ancora di più i due fratelli.

-Promettete che quello che dirò non uscirà mai da questa stanza.- Mathias ed  Elaija si guardarono di nuovo, per poi annuire. La ragazza sospirò, per poi prendere a parlare.

-Il giorno dopo la notizia della morte del Signor McKinnon, senza che nessuno lo sapesse ho innalzato una barriera protettiva intorno all’intera casa. Tuttavia, ieri sera quei maghi sono entrati in casa e io sono andata subito a controllare la barriera: era stata rotta.-

Pensi che siano stati quei ragazzi? , domandò Elaija, che dopo l’incidente con il pugnale era molto diffidente. Lauren negò.

-No, loro sono arrivati una volta caduta la barriera. Ma c’è di più: è stata rotta dall’interno.- a quell’informazione, i due fratelli sgranarono gli occhi.

-Pensi che qualcuno di noi ci stia tradendo?- domandò Mathias e la ragazza annuì.

-Promettetemi di non dirlo a nessuno. Se lo dicessimo, ci metteremmo tutti uno contro l’altro. Lo promettete?- dopo qualche attimo di silenzio, entrambi annuirono, decidendo di fidarsi delle parole della sorella, sperando con tutto il cuore che si sbagliasse.

 

 

 

 

 

Gennaio 2014, Villa Olympus

 

 

            -Quindi te ne vai anche tu?-  Lauren finì di sistemare le ultime cose nella valigia, per poi voltarsi verso Sheryl, che la osservava dalla porta. La mora sospirò.

-Sì. Non posso più rimanere qui e lo sai bene. Poi che senso ha rimanere? Emerald, Ophelia, Oberon, Cameron e Gabriel se ne sono già andati. L’Umbrella Academy non c’è più e dovremmo farcene una ragione.- Lauren non voleva essere così dura con la sorella, ma sapeva di aver detto la verità. La rossa abbassò lo sguardo a terra, per poi rispondere.

-Capisco e hai ragione. E’ questione di tempo prima che anche Mathias o Elaija abbandonino, li sentivo parlare l’altra volta. Tu cosa hai intenzione di fare?- Lauren si sedette sul suo letto e fece cenno a Numero Undici di sedersi accanto a lei.

-Ho trovato un lavoro e un alloggio in un pub a Diagon Alley. I due gestori sono una simpatica coppia che mi ha subito accolto a braccia aperte. Nel mentre studierò per entrare al Ministero della Magia.- rispose, per poi voltarsi verso la sorella. Quest’ultima la abbracciò.

-Mi mancherai tanto, sai? Qualche volta scrivimi, così ci teniamo in contatto.- Lauren sorrise e annuì, per poi alzarsi e prendere la sua valigia. Per fortuna aveva già salutato gli altri, quindi non avrebbe tardato la sua partenza. Salutò ancora una volta Sheryl e, infine, si smaterializzò, trovandosi poi in un vicolo di Diagon Alley. Prese un bel respiro profondo e si immise nella folla, raggiungendo velocemente il Pub in cui avrebbe vissuto da quel momento. Rimase ferma sulla soglia per qualche minuto e poi, senza guardarsi indietro, entrò nel locale con passo deciso.

 

 

 

 

 

Scantinato, Piano Interrato

 

 

            In quel momento, mentre gli altri erano impegnati a sistemare l’intera casa, Fëdor, Emanuel, Katrina e Harry si trovavano nello scantinato, cercando di far parlare il mago che erano riusciti a catturare.

-Capisco la mia presenza, nonostante io non volessi, ma lui come mai è qui?- domandò Numero  Uno riguardo ad Harry. Emanuel sorrise.

-Insieme a Charlotte è l’ultimo arrivato, così lo faccio entrare meglio nel gruppo.- Fëdor annuì, notando Harry e Katrina guardarsi in cagnesco, ma decise di non porre domande. Non appena i quattro entrarono nello scantinato, si ritrovarono subito sommersi dagli insulti del mago.

-Brutti bastardi, io non vi dirò niente! Piuttosto preferisco morire!- esclamò quello, sputando la frase come se fosse veleno. Emanuel si voltò verso Fëdor.

-Ho cercato di farlo parlare e ho anche usato la Legilimanzia, ma non è servito a niente. Hai qualche idea?- Numero Uno negò subito, finché qualcosa non gli balenò nella mente.

 

 

Il ragazzo se ne stava accucciato in un angolo dell’aula, terrorizzato fino al midollo. Fëdor si diresse subito da lui, per poi voltarsi adirato verso il fratello.

-Razza di idiota, cosa hai combinato!?-

 

 

Il moro rabbrividì al ricordo, per poi voltarsi verso gli altri tre.

-Io un’idea ce l’avrei. Vi avverto però: non è molto etica come cosa.- a quella frase, i tre membri dell’Ordine annuirono. Numero Uno uscì dalla stanza, tornando qualche minuto dopo seguito da Cameron.

-Avete bisogno?- chiese quest’ultimo annoiato. Katrin annuì.

-Non riusciamo a farlo parlare e, secondo tuo fratello, tu potresti farcela.- il sorrisetto di Cameron si trasformò in un vero e proprio ghigno, tanti da intimorire i presenti.

-Certamente, dovrei riuscirci. Gradirei però ve ne andaste.  Tu sai la prassi, vero fratellone?- Fëdor annuì lievemente, sapendo di fare qualcosa che andava contro i suoi principi. Tuttavia, se quello era l’unico modo per scoprire chi voleva fare del male alla sua famiglia, non aveva scelta. Il ragazzo fece cenno agli altri di uscire dallo scantinato. Prese la bacchetta per insonorizzare la stanza, quando dall’interno partì un urlo agghiacciante. Si sbrigò a lanciare l’incantesimo, voltandosi poi verso i tre, che lo guardavano allibiti.

-Gradirei non faceste domande, per favore. Cameron sa essere molto persuasivo, vi spiegherò tutto dopo.- Emanuel si avvicinò a lui.

-Ricordami di non far incazzare tuo fratello.-

 

 

 

 

 

3 Novembre 2020, Ufficio del Vice-Direttore dell’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche

 

 

            -Ha bisogno di qualcosa, Signorina McKinnon?- nel sentirsi chiamare, Lauren alzò lo sguardo verso la sua segretaria.

-No, puoi andare Emily. Ci vediamo domani.- la donna fece un accenno con il capo e, dopo averla salutata, uscì dall’Ufficio. Lauren sospirò, appoggiandosi con la schiena allo schienale della sua poltrona. Nonostante i venticinque anni, era riuscita ad ottenere il ruolo di Vice-Direttrice, dopo anni di gavetta, di duro lavoro e di porta-caffè. Lauren volse lo sguardo verso una cornice che si trovava sulla sua scrivania, regalo di Mathias per il dodicesimo compleanno: era una foto che riguardava tutti i fratelli, quando ancora erano felici e vivevano insieme. La ragazza ripensò a quei momenti, chiedendosi cosa stessero facendo gli altri membri dell’ormai ex-Umbrella Academy. Sapeva di aver fatto la scelta giusta ad andarsene, nonostante gli dispiacesse aver lasciato quella che, fino a quel momento, aveva considerato una famiglia. Dopo essersene andata, aveva vissuto sopra il pub in cui lavorava, venendo trattata come figlia dalla coppia che lo gestiva. Aveva studiato e, grazie alle sue capacità, era riuscita ad entrare al Ministero come matricola. Dopo anni di duro lavoro, era riuscita ad ottenere il lavoro, realizzando una delle sue ambizioni. Dopo il suo momento di riflessione, prese in mano la piuma per ritornare ai suoi appunti, quando un forte dolore al braccio sinistro le fece mollare la presa. Non capendo l’origine del dolore, si tirò su la manica della camicia, rimanendo di sasso: il suo tarocco, La Giustizia, aveva comnciato ad illuminarsi, segno che qualcuno aveva richiesto l’aiuto dell’Umbrella Academy. Senza farsi troppe domande, Lauren scrisse una nota per la sua segretaria, dicendole che si sarebbe assentata il giorno seguente. Si diresse velocemente a casa, un appartamento che era riuscita a permettersi con il suo lavoro, e prese velocemente alcune cose che ripose in una borsa. Infine, si smaterializzò, con la sua meta ben chiara nella sua mente.

 

 

 

 

 

Stanza delle Pozioni, Ala Ovest, Piano Terra

 

 

            -Questa stanza è magnifica!- di fronte all’entusiasmo di Charlotte,  Sheryl sorrise. Il padre le aveva permesso di avere una stanza per allenarsi con le sue Pozioni, in modo da poter lavorare in santa pace senza che i fratelli continuassero a disturbarla o combinassero danni distruggendo qualche pozione (la sua mente si diresse subito verso Travis o Felikz).

-Sono contenta che ti piaccia. Anche a me piaceva un sacco, era la mia stanza preferita. Ma non dobbiamo perdere tempo, dobbiamo occuparci di quel veleno.- Charlotte annuì e, insieme, iniziarono a lavorare, Sheryl che guardava su vari libri e Charlotte che analizzava attentamente il pugnale. Ad un certo punto, dalla tasca tirò fuori una boccettina di vetro, con al suo interno un liquido azzurrino.

-E quello cos’è?- domandò Numero Undici.

-Questo è un elisir che serve per individuare sostanze estranee o pericolose: cattura nelle sue particelle la sostanza, formando poi delle goccioline, così possiamo studiarlo. E’ molto usato nel mondo dell’Alchimia.-

-Posso aiutarvi o ve la state cavando anche da sole?- le due si voltarono verso Jem, che era appena entrato nella stanza. Sheryl gli regalò un sorriso gigantesco.

-Salve Professor Crowley, non ha idea di quanto io sia felice di rivederla!- alla frase dell’ex-alunna l’uomo sorrise.

-Anche io sono felice. Inoltre, puoi pure chiamarmi per nome, non sei più una mia allieva!- disse l’uomo avvicinandosi al tavolo da lavoro.

-Non pensavo di trovarl…trovarti in questo gruppo, Jem.- disse Sheryl con un po’ di imbarazzo, dovuto al fatto di chiamare quello che una volta era il suo professore preferito per nome.

-Diciamo che Emanuel e Katrina sono stati molto convincenti.- rispose l’uomo.

-Oh.- i due si voltarono improvvisamente verso Charlotte, che stava osservando la boccetta che teneva in mano.

-Cos’è successo?- le chiese Numero Undici. La rossa si voltò verso di loro.

-Ho appena scoperto di che sostanza si tratta. La risposta non sarà piacevole.-

 

 

 

 

 

 

*Nonostante siano nati tutti lo stesso giorno, utilizzano i numeri per dare un ordine, quindi Fëdor, essendo il primo, è il fratello più grande, mentre Travis è il più piccolo.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ben ritrovati! Cavoli, non ci ho messo così tanto come le altre volte, sorpresi neh? E dopo una lunga votazione, vince per 3 voti la nostra Lauren! Spero tanto di averla resa al meglio, davvero. Questo è anche un modo per presentarvi i collage che ho creato: come vedete, ci sono due tipologie di carte, quella a destra rappresenta il tatuaggio del polso. Ho usato questo mazzo perché un'autrice me lo aveva consigliato e io me ne sono innamorata. Inoltre, ho deciso di mettere il numero, il potere, la Casa e una passione. Spero che vi piacciano.
Per quanto riguarda l’ordine in cui se ne sono andati dall’Umbrella Academy, l’ho inventato io in base a quello che mi avevate scritto nelle schede. Wow, capitolo intenso, ho amato scriverlo e spero piaccia anche a voi. Colpo di scena: c’è un traditore tra i fratelli! 
Queste sono le domande di oggi:

 

 

Chi pensate che sia il traditore? Perché?

 

*Rullo di tamburi*

 

Con chi volete che il vostro personaggio abbia una relazione? Gradirei mi faceste due nomi, perché vorrei accontentare tutti. In più, ditemi perché la scelta di quell’Oc, come volete che si evolva la storia, un evento particolare, ecc…

 

 

Vi lascio qui i nomi tra cui scegliere (non metto Katrina ed Emanuel perché mi serve che siano tra gli ultimi):

 

 

 

Caleigh

Scarlett

Jem

Harry

Charlotte

 

 

 

 

Ci vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,

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Capitolo 7
*** CAPITOLO 5.1 ***


CAPITOLO 5.1

 

“Sono un uomo buono, non amo la violenza e mi piace aiutare gli altri, ma se provi a fare del male ad uno dei miei compagni o allievi, preparati perché diventerò spietato e crudele.”

jem 

 

 

 

 

 

 

Agosto 1996, Glasgow, Scozia

 

 

            -Lo sapevo! Sapevo che il mio piccolo bimbo avrebbe ricevuto la sua lettera!- a quella frase, John Smith guardava preoccupato sua moglie Alice, che sembrava in preda ad una vera e propria crisi euforica, intenta a saltellare per il soggiorno. Piano, si avvicinò alla moglie e le mise una mano sulla spalla, facendo sì che la donna si voltasse verso di lui.

-Mia cara, sono molto felice anche io per Jem, lo sapevo che sarebbe diventato un mago come te, ma…- l’uomo non finì la frase e la donna piantò i suoi grandi occhi marroni in quelli del marito.-

-Ma?- gli domandò, esortandolo a continuare il discorso.

-Hai sentito delle sparizioni che stanno accadendo per tutto il Regno Unito. Sarò anche un babbano, ma ho letto il vostro giornale. Babbani e Mezzosangue spariscono stranamente in circostanze misteriose e sai anche tu la vera fine che fanno. E se Jem non fosse al sicuro? E se gli accadesse qualcosa di brutto? E se…- Questa volta fu il turno della moglie di poggiargli una mano sulla spalla.

-John, devi stare tranquillo. Tra tutti i posti, Hogwarts è il più sicuro. Il suo preside, Albus Silente, è il mago più potente di tutti i tempi. Mi sono rifiutata di spedire Jem a Ilvermorny e ci siamo trasferiti qui perché volevo che frequentasse la mia stessa scuola. Devi avere fiducia, andrà tutto bene.- John annuì alle parole della moglie, lasciandosi rassicurare da quelle frasi. I due non si erano accorti però che Jem stava origliando la conversazione. Il ragazzino strinse i pugni: era preoccupato per le parole del padre, ma sapeva di dover ascoltare sua madre: cosa mai sarebbe potuto succedere?

 

 

 

 

 

13 Novembre, Sala Principale, Piano Terra, Villa Olympus

 

 

            Quella mattina, i due gruppi si erano riuniti nella Sala Principale della Villa, per discutere degli ultimi aggiornamenti. La Signora Davis, aiutata da Libby, aveva preparato una fantastica colazione per tutti, ricevendo molti complimenti da persone come Harry o Felikz, che andavano matti per i dolci.

-Come mai non siamo tutti?- domandò Harry, mettendosi una fragola in bocca.

-Jem è tornato ad Hogwarts per le lezioni, quindi fino al week-end non potrà esserci. Invece, Gabriel, Ophelia e Caleigh avevano i turni in ospedale e ci raggiungeranno più tardi.- disse Katrina sedendosi di fianco a Sheryl e accettando con un sorriso il biscotto offertole dalla rossa. Oberon si voltò verso Lauren e Scarlett, che consumavano la loro colazione in silenzio.

-Voi due non avreste dei lavori al Ministero? Mi meraviglio di te sorella, te la stai prendendo troppo comoda!- esclamò Numero Sei fingendo di essere sconvolto e facendo ridere Charlotte, Elaija e Mathias. La bionda rispose subito.

-Il mio Capo Auror, ovvero l’Auror Harry Potter, è informato del gruppo di cui faccio parte e mi ha dato alcuni giorni di permesso. Tornerò ufficialmente a lavoro domani.- dopo la frase di Scarlett, Lauren prese parola.

-Anche io dovrò tornare domani, per ora la mia segretaria se la sta cavando bene, ma non posso lasciarla da sola a lungo. E’ alquanto maldestra e potrebbe far esplodere qualcosa.- la frase fece ridere i presenti. Emerald si ritrovò a pensare che tutti loro dovessero tornare a lavoro prima o poi, quando un dubbio le assalì la mente. Si voltò verso Felikz.

-Felikz, tu che lavoro fai?- alla domanda di Numero Due, tutti si voltarono verso il ragazzo, che si era fermato dal mangiare il suo muffin al caramello.

-Io? Oh beh, da qualche annetto aiuto in un negozio di tatuaggi.- disse, ricevendo subito un’esclamazione da parte di Sheryl.

-Che bello, Felizk! E tu ne hai altri? Oltre ai nostri?- alla domanda della sorella, Felikz annuì e sollevò le maniche del maglione azzurro che indossava: sull’ avambraccio sinistro, oltre al tatuaggio raffigurante la Ruota della Fortuna, si trovavano i quattro assi delle carte, proprio sopra il polso; più in alto, sul braccio, si trovava il Caduceo, il bastone del Dio Ermes; sul braccio destro, invece, oltre all’ombrello simbolo dell’Umbrella  Academy, si trovava un tatuaggio Maori, che saliva verso la spalla e probabilmente continuava sul petto. Oberon notò Elaija guardare assorto il fratello e roteò gli occhi, prima di voltarsi verso il Numero Sette.

-Come mai non li abbiamo notati? E ne hai altri?- gli chiese Numero Sei e Felikz si avvicinò maggiormente al tavolo, sfoggiando il suo miglior sorriso malandrino.

-Non li aveta mai notati perché ho sempre indossato maniche lunghe e avevo su dei bracciali che coprivano quelli sul polso. Se ne vuoi vedere altri, perché non li vieni a cercare?- disse, facendo ridere tutti.

-Magari un’altra volta!- disse Oberon ridendo a sua volta. Travis si voltò verso Numero Sette.

-Che figata, fratello! Beh, dopo aver fatto i nostri tatuaggi, era forse il tuo futuro!- disse il moro ridendo.

-Quali tatuaggi?- chiese Emanuel, seduto a fianco di Fëdor. Contemporaneamente, i ragazzi mostrarono entrambe le braccia, dove mostravano sul destro il tatuaggio dell’Umbrella Academy e sul sinistro, invece, i rispettivi tarocchi. Emerald fece per parlare, ma venne interrotta da Charlotte

-Sarebbe una storia molto interessante da ascoltare, ma abbiamo altre cose di cui occuparci adesso.- alle parole della rossa, tutti annuirono e si fecero improvvisamente seri. A prendere parola fu Emanuel, che si rivolse sia a Charlotte che a Sheryl.

-Allora, novità sulla sostanza del pugnale?- chiese e le due rosse annuirono e Charlotte iniziò a spiegare.

-Sì e la risposta vi sorprenderà. Il motivo per il quale Travis non è riuscito ad utilizzare il suo potere è perché il tipo di veleno utilizzato è di tipo magico ed è estremamente raro, soprattutto perché Travis non vi è mai entrato in contatto, quindi non poteva riconoscerlo. Sto parlando del Veleno del Basilisco.- a quella frase, tutti ammutolirono, finché Mathias non prese parola.

-Com’è possibile? L’unico Basilisco di cui si conosce l’esistenza è quello nella Camera dei Segreti, ma è morto!-

-In realtà, è rimasto ancora il suo scheletro e i suoi denti sono ancora impregnati del veleno. Essendo serpenti molto grossi, le ossa impiegano molto più tempo a degradarsi e il veleno permane per molto tempo. A questo punto, una cosa è certa: chi ha ucciso vostro padre, ha contatti anche ad Hogwarts.- continuò Sheryl.

-Informeremo Jem di tenere d’occhio la situazione lì. Non possiamo lasciarci sfuggire niente se vogliamo scoprire qualcosa. Io, Harry e Katrina vedremo se riusciamo a far confessare qualcosa al nostro prigioniero.- disse Emanuel e tutti annuirono. Stavano per lasciare la stanza, quando la voce di Lauren li fermò.

-Ragazzi, io, Mathias ed Elaija vorremmo discutere di una cosa importante di famiglia. Urgentemente.- alle parole di Numero Otto, i membri dell’Umbrella Academy si guardarono tra di loro confusi. Scarlett, Katrina e Harry, senza farsi domande, uscirono dalla stanza. Emanuel si girò verso gli altri.

-Vi lasciamo da soli. Ci vediamo dopo.- il ragazzo salutò tutti e, dopo essere uscito, chiuse la porta, lasciando i ragazzi tra loro.

 

 

 

 

 

Maggio 1998, Hogwarts

 

 

            Jem correva il più velocemente possibile, insieme ai suoi compagni di Casa e agli altri alunni della scuola. Era successo tutto così in fretta: il Professor Piton, diventato Preside dopo la morte di Silente avvenuta l’anno prima, li aveva convocati tutti urgentemente nella Sala Grande. Lì, li aveva avvertiti della presenza di Harry Potter, che si era palesato subito dopo le minacce di Piton di uccidere chiunque avesse aiutato il Ragazzo Sopravvissuto, insieme all’Ordine della Fenice. Piton aveva cercato di attaccarlo, ma era stato fermato dalla McGranitt, che aveva ingaggiato un combattimento con l’uomo riuscendo a cacciarlo. Un grosso boato aveva sostituito il silenzio della Sala Grande e la McGranitt aveva affidato il comando a Harry. In seguito, aveva raccomandato a tutti gli studenti di fuggire dal castello, dando la possibilità ai maggiorenni di rimanere in caso avessero voluto combattere. Ora, in quel momento, Jem aveva raggiunto insieme ai suoi compagni un quadro, che nascondeva un passaggio segreto grazie al quale sarebbero riusciti a scappare. Il ragazzino spostò lo sguardo verso la ragazza del dipinto, che sorrideva a tutti loro per rassicurarli. Il dipinto di spostò, rivelando un lungo tunnel e gli alunni cominciarono a percorrerlo. Jem rivolse un ultimo sguardo verso la scuola poi, seguendo i suoi compagni, entrò nel tunnel.

 

 

 

 

 

Sala Principale, Piano Terra

 

 

            -No, non è possibile, non voglio crederci.- disse Sheryl. Non appena i membri dell’Ordine li avevano lasciato soli, Numero Otto, Numero Nove e Numero Dieci avevano spiegato loro tutto ciò che riguardava la notte dell’attacco. Ovviamente, come si aspettavano, ottennero diversi tipi di reazioni.

-State praticamente dicendo che uno di noi avrebbe fatto entrare quelli che hanno cercato di ucciderci?- domandò Travis ed Elaija scosse la testa, mimando che loro non conoscessero il colpevole.

-Beh, è implicito quello che intendete.- disse Emerald.

-Ragazzi, è ridicolo, nessuno di noi farebbe qualcosa del genere.- rispose Fëdor. Dopo qualche minuto di silenzio, fu Oberon a parlare.

-Almeno sapremmo già il nome del colpevole.- disse Numero Sei guardando dritto verso Cameron, che teneva lo sguardo basso verso il pavimento.

-Oberon, smettila.- a quel richiamo, il biondo si voltò verso Felikz, colui che lo aveva appena richiamato.

-Andiamo, lo so che tanto le pensate tutti. Quello probabilmente pensa che non esistiamo, quindi cosa gli impedirebbe di voltarci le spalle?- continuò Numero Sei, ma questa volta Cameron alzò lo sguardo, puntandolo dritto verso di lui.

-Smettila. Adesso.- disse semplicemente il rosso. Lauren cercò di calmarlo, ma Numero Quattro non la ascoltò. Oberon fece una smorfia, per niente spaventato dal fratello.

-Non fare l’idiota. Tra tutti sei sempre stato quello più incline alla violenza e un esempio chiaro lo abbiamo visto l’altra sera, quando hai ucciso quei maghi senza pensarci un’altra volta, oppure quando è successo l’incidente di Gabriel!- non appena Oberon nominò Numero Tre, Cameron si alzò improvvisamente.

-ORA BASTA!- gridò infuriato. Al suo grido, le luci della stanza avevano perso di intensità e qualche bicchiere sulla tavola era esploso. Lauren, preoccupata per il fratello, gli mise una mano sulla spalla: sapeva cosa potesse fare Cameron in preda ad emozioni come la rabbia, per cui bisognava fargli ritrovare la calma. Non appena si accorse del tocco della sorella, il rosso si voltò verso di lei, per poi osservare i suoi fratelli. Vide Oberon che lo osservava con uno sguardo duro, imitato da Emerald. Tuttavia, la cosa che gli fece più male, fu vedere Elaija e Travis, quelli che poteva considerare i suoi due migliori amici, osservarlo timorosi, quasi spaventati da lui. Il ragazzo strinse i pugni e, senza dire niente, lasciò la stanza.

-Vado io.- disse Lauren, che lasciò la stanza alla ricerca del fratello.

 

 

 

 

 

Corridoio delle Camere, Ala Est, Primo Piano

 

 

            Cameron si stava dirigendo a passo deciso verso la sua camera, adirato per quello che era appena successo: sapeva che Oberon avrebbe provato ad addossargli la colpa, ma vedere gli altri spaventati da lui lo aveva veramente ferito. Era così che lo consideravano? Un mostro crudele e senza cuore? A quei pensieri, Numero Quattro sentì la rabbia crescere dentro di sé, insieme all’incredibile voglia di rompere qualsiasi cosa lo circondasse Strinse i pugni, cercando di calmarsi ma senza successo. Improvvisamente, un forte dolore alla testa lo costrinse a fermarsi e ad appoggiarsi al muro, per evitare di cadere per terra.

“Non adesso…” Pensò Cameron appoggiando la schiena alla parete per poi scivolare verso il basso e sedersi. Chiuse gli occhi e iniziò a fare dei respiri profondi per fermare quello che, senza di dubbio, era un attacco di panico che stava nascendo, ma senza successo. Strinse ancora di più i pugni, pensando ad uno dei modi esistenti per calmare un attacco di panico, ma non ci riuscì – e aveva persino assistito Gabriel durante le sue crisi, maledizione!

Una mano sulla spalla lo fece sobbalzare e si voltò verso la persona che lo aveva toccato, trovandosi di fronte il viso preoccupato di Numero Otto.

-Respira, fai come me. Segui il mio respiro.- Cameron fu sorpreso dalle parole della sorella, ma fece come chiesto. Iniziò a seguire il ritmo di Lauren, riuscendo pian piano a stabilizzare il suo respiro. Quando finalmente riuscì a calmarsi, appoggiò la testa al muro, chiudendo nuovamente gli occhi. Lauren si sedette accanto a lui.

-Stai bene? Vuoi un po’ d’acqua?- gli chiese ma il ragazzo rifiutò. Dopo qualche minuto, Cameron si alzò e fece per andarsene, venendo però fermato da Lauren.

-Ehy, un ringraziamento sarebbe il minimo! Mi spieghi che cavolo ti è preso?- domandò ancora la strega. Cameron le dava le spalle, quindi non aveva visto il fratello chiudere gli occhi e sospirare.

-Lo so che pensate come Oberon.- a quella frase, fu il turno di Lauren di sobbalzare, non aspettandosi quel tono duro da parte del fratello più grande.

-Di cosa stai parlando? Cam, nessuno ha dato la colpa a te e-

-Non mentirmi!- il rosso si voltò infuriato verso la sorella, guardandola dritta negli occhi. Lauren si irrigidì: l’ultima volta, aveva incrociato lo sguardo di un ragazzo di diciassette anni, sorridente e malandrino; adesso, si ritrovava davanti uno sguardo diverso, più cupo. Persino il verde dei suoi occhi sembrava più scuro. La ragazza distolse lo sguardo e il fratello riprese a parlare.

-Controllo gli incubi e le paure delle persone. E’ stato facile sentire tutti i vostri timori riguardo a me. Anche tu sei tra questi, non mentire.-

-Cam, non è così…- provò a dire la ragazza ma l’altro scosse la testa, iniziando a ridere.

-Tranquilla, è normale che pensiate che sia io il cattivo: non lo sono sempre stato, forse? Crudele, meschino e altre cazzate varie. Poi con il potere che mi ritrovo, sarei un ottimo sospettato.- disse il rosso. Smise di ridere e si fece più serio, cosa che stranì Lauren.

 -Ora scusami, ma voglio andare in camera mia. Ti chiederei di non dire niente agli altri di quello che è successo, soprattutto a Gabi. Non voglio farlo preoccupare ancora di più.- il ragazzo si voltò ma venne fermato ancora dalla sorella.

-Aspetta! Io almeno posso sapere che cosa ti è successo? Ti conosco da tanto e non ti ho mai visto in preda ad un attacco di panico o quant’altro. Lo sai che con me puoi parlare, quindi ti prego. Cosa ti sta succedendo?- Il tono di Lauren si era fatto più dolce, nel vano tentativo di scoprire qualcosa di più su di lui. Tuttavia, Cameron negò con la testa.

-Non posso dirtelo per adesso. Forse un giorno, ma non oggi.- A queste parole, fu il turno di Lauren di annuire, decidendo di fidarsi del maggiore. Probabilmente aveva bisogno di essere lasciato da solo per un po’ e, quando sarebbe giunto il momento, si sarebbe confidato. Lo salutò e si diresse verso le scale.

-Amb.- Lauren si fermò di scatto: quel soprannome era stato usato unicamente da Cameron fin da quando erano piccoli, derivante dal suo secondo nome. All’inizio lo faceva per darle fastidio, ma poi era diventato una specie di legame tra di loro. La ragazza si voltò, trovando il fratello a capo chino che osservava il pavimento. Quando alzò la testa e la guardò, Lauren vide tristezza nei suoi occhi.

-Non sono stato io, devi credermi.- disse il ragazzo, il più sincero possibile. A quelle parole Numero Otto annuì e, salutando il fratello, scese le scale, sparendo dalla vista del rosso.

 

 

 

 

 

Dicembre 2000, Aula di Pozioni, Hogwarts

 

 

            -Mi voleva vedere, Professor Walker?- Jem entrò titubante nell’Aula di  Pozioni, in quanto era stato chiamato dal suo professore di Pozioni. Jeremy Walker era un uomo sulla settantina, che era stato chiamato per insegnare a seguito della morte di Severus Piton. Jem lo reputava un ottimo insegnante e l’uomo reputava il ragazzo il migliore della sua classe. Non appena lo sentì, il professore volse lo sguardo verso di lui e sorrise.

-Jem! Prego entra, accomodati pure.- spronato dalla frase dell’uomo, Jem si fiondò subito sulla sedia che si trovava di fronte alla cattedra. Il Professor Walker chiuse il libro che stava leggendo e posò gli occhi su suo alunno.

-Jem, penso tu sappia perché ti ho convocato. Ho notato che sei calato molto nelle varie materie e i tuoi voti sono peggiorati notevolmente e considerando i G.U.F.O. di quest’anno non va affatto bene. Vuoi dirmi che succede? Lo sai che con me puoi parlare di qualsiasi cosa.- Jem abbassò lo sguardo, non sapendo proprio cosa dire. Dopo qualche minuto di silenzio, il ragazzo decise di fidarsi di quell’uomo: sapeva che amava i suoi studenti e che cercava sempre di aiutarli. Quando volse nuovamente lo sguardo verso il suo professore aveva gli occhi lucidi.

-I miei genitori sono morti prima dell’inizio di quest’anno scolastico. Ero fuori in giardino e, quando sono rientrato in casa, li ho trovati entrambi accasciati al suolo. Ho chiamato i soccorsi ma non c’è stato niente da fare.- dopo la confessione del ragazzo, il professore si irrigidì.

-Mi dispiace tantissimo per la tua perdita Jem, davvero. Non potevo immaginare tu avessi subito un tale lutto, perdonami per essere stato indiscreto.- a quelle parole, il ragazzo lo guardò stranito, chiedendo come mai si stesse scusando.

-Sa, se io fossi entrato prima, magari lo avrei evitato, oppure…-

-Non dire sciocchezze, Jem. Per quanto siamo padroni di molte cose, il Destino e la Morte non entrano tra questi. In ogni caso, non avresti potuto fare niente, quindi non darti colpe che tu pensi di meritarti. Nonostante il tuo dolore, devi cercare di andare avanti e non di soffermarti su questo dolore. Sono sicuro che i tuoi genitori non vorrebbero questo per te.- il tono dell’uomo era dolce e gentile e, dentro di sé, Jem sapeva di dover ringraziare il suo professore, in quanto non lo stava compatendo come tutte le altre persone.

-Grazie professore, farò buon uso delle sue parole.- il quindicenne si alzò, salutò il suo professore con un cenno della testa e si diresse verso la porta.

-Jem, un’ultima cosa.- il ragazzino si voltò verso il suo professore.

-Sei un bravo ragazzo, non lasciare che il dolore ti consumi. Per qualsiasi cosa, puoi confidarti con me.- alle parole dell’uomo, Jem sorrise con le lacrime agli occhi e, dopo aver salutato nuovamente il suo insegnante, se ne andò.

 

 

 

 

 

Sala d’Addestramento, Piano Interrato

 

 

            Fëdor si stava allenando da più di mezz’ora, cercando di liberare la mente da ogni tipo di pensiero. Era rimasto parecchio sconvolto dalla rivelazione della sorella e sapeva che quella confessione avrebbe portato scompiglio tra loro. I ragazzi dell’Ordine avevano lasciato la sala, lasciando i fratelli a parlare tra loro e di questo Numero Uno ne era grato. Durante la piccola “riunione di famiglia”, aveva subito notato con la coda degli occhi che Cameron guardava in basso, quasi arrabbiato, come se avesse percepito gli sguardi dei fratelli su di lui. Cosa che, infatti, era successa: Oberon aveva puntato subito il dito verso Numero Quattro, seguito poi da Emerald. Persino Elaija e Travis, i due fratelli più legati a Cameron insieme a Gabi, lo avevano guardato di sottecchi.

Fëdor, preso da un’improvvisa rabbia, ricominciò a tirare incantesimi ai manichini che stava utilizzando per l’allenamento: voleva bene a tutti i suoi fratelli e, nonostante quasi tutti detestassero il padre, sapeva che i suoi fratelli non erano degli assassini.

-Ti stai allenando per il prossimo attacco? Tranquillo, per come li avete ridotti non credo che ricompariranno presto.- A quella voce, Fëdor si voltò verso l’entrata della stanza, dove vide Charlotte appoggiata allo stipite della porta: sopra ai vestiti, indossava una specie di grembiule nero, macchiato in qualche punto di qualche strana sostanza. Numero Uno intuì che la ragazza avesse aiutato Sheryl nel suo laboratorio, complici anche i capelli disastrati, raccolti in quella che prima doveva essere una treccia ordinata.

-Spererei di no, ma non bisogna mai farsi trovare impreparati.- rispose il ragazzo. Con un gesto della bacchetta, sistemò i manichini al loro posto, per poi andare a sedersi per terra contro la parete di destra.  Dopo qualche minuto, Charlotte seguì il suo esempio, sedendosi accanto a lui.

-Sai, non ho mai capito questo tuo desiderio di diventare un abile duellante. Con il potere che ti ritrovi, riusciresti a battere i tuoi nemici senza nemmeno muoverti, probabilmente.- A quelle parole, Fëdor si voltò di scatto verso la rossa.

-E’ proprio questo il motivo! Io voglio migliorare perché voglio vincere lealmente! Voglio che la gente mi veda per le mie capacità, non per il potere che mi sono ritrovato a possedere!- disse e la ragazza alzò le mani.

-Ok, calma! Non volevo offenderti. Mi dispiace per quello che ho detto, non dirò più nulla del genere.- fece Charlotte. I due tornarono in silenzio, che venne poi interrotto nuovamente dall’alchimista.

-Sai, tra tutti i tuoi fratelli, tu sei forse quello che mi è rimasto di più in mente.- Fëdor si voltò nuovamente verso di lei, guardandola interrogativo.

-In che senso?-

-Non so perché, ma hai sempre avuto quel qualcosa in più che ti rendeva diverso dagli altri. Io ho assistito alla vostra prima lezione sull’Incanto Patronus al quinto anno, ricordi?- gli domandò alla fine e Numero  Uno sembrò pensarci su, per poi annuire.

-Sì, lo ricordo. Ricordo soprattutto che avevi tirato degli scapellotti a Travis e Felikz che facevano gli idioti e il professore per poco non ti aveva cacciata dall’aula!- disse ridendo, contagiando poi la rossa.

-Merlino, avrei voluto affatturare i tuoi fratelli in quel momento. Comunque, torniamo a noi: in quella lezione, tu sei stato il primo a riuscire ad evocare un Patronus corporeo. Ricordo ancora la grandezza e la fierezza di quel Toro, che era riuscito ad attirare l’attenzione tra tutti.- Numero Uno sorrise, ricordandosi perfettamente quel momento, quando tutti i suoi fratelli si erano complimentati con lui e che il professore gli aveva assegnato venti punti, per essere riuscito in un Incantesimo così complesso.

-Diciamo che ne andai particolarmente orgoglioso.- disse il moro, facendo sorridere Charlotte.

-Dovevi esserlo! E’ uno dei tanti motivi per il quale ti ammiravo. Mi ricordo anche il tuo comportamento protettivo nei confronti dei tuoi fratelli, soprattutto durante il periodo di Elaija o l’incidente di Gabriel. Lì sei stato una vera guida per i tuoi fratelli.- disse la rossa ma il ragazzo negò con la testa.

-No, non lo sono mai stato. Voglio proteggere tutti i miei fratelli ma non mi sono mai visto come un leader. Per Elaija c’è sempre stato Felikz, mentre per Gabriel… C’era Cameron a proteggerlo, anche se io avrei dovuto proteggere Cam.- a quell’ultima frase, Charlotte lo guardò interrogativa.

-Proteggerlo da chi?-

-Da sé stesso.- disse Fëdor, facendo rabbrividire la rossa. Tornò a guardare il vuoto, prima di rivolgere nuovamente l’attenzione sul primo dei fratelli McKinnon.

-A proposito di Cam…  So che pensate che sia lui il colpevole…- questa volta fu il turno di Numero Uno di sospirare.

-Sì, per questo ho intenzione di parlare con lui. Io, Ophelia, Felikz e Gabriel non gli diamo la colpa di niente e ci teniamo a fargli capire che siamo dalla sua parte.- vide la ragazza annuire leggermente. Dopo qualche minuto, Fëdor si alzò e tese una mano verso la rossa, in un chiaro invito.

-Ti va di allenarti insieme a me? Ricordo che le tue erano le migliori Fatture Stendenti e vorrei mettermi alla prova.- Charlotte lo guardò, sorpresa dell’invito, ma alla fine sorrise e accettò, ponendo la sua mano in quella del ragazzo.

 

 

 

 

 

Luglio 2006, Tre Manici di Scopa, Hogsmeade

 

 

            L’aria tiepida e calorosa dei Tre Manici di Scopa era proprio come si ricordava. Jem entrò nella locanda con un sorriso stampato sulle labbra, ricordandosi di tutti i momenti passati insieme ai suoi compagni durante i suoi anni scolastici. Cercò all’interno del locale e, non appena vide l’oggetto della sua ricerca, sorrise ancora di più.

-Professor Walker!- Jem corse ad abbracciare il suo ormai ex professore di Pozioni che non vedeva da più di tre anni, da quando aveva finito la scuola e si era trasferito in Francia per la specializzazione in Alchimia.

-Jem, mio caro! Da quanto tempo, accomodati.- Jem si sedette di fronte al suo ex insegnante e, dopo aver detto il suo ordine a Madama Rosmerta, si voltò verso l’uomo. Questi prese parola.

-Ne è passato di tempo dall’ultima volta che ti ho visto. Sei diventato un uomo! Come hai passato questi anni? I francesi sono antipatici come dicono?- Jem ridacchiò alle parole dell’uomo. Sospirò e rivolse lo sguardo verso il suo ex professore.

-Professor Walker, rimarrei ore ed ore a parlare della specializzazione, ma sappiamo entrambi che l’argomento di questo incontro non è questo.- alle parole del ragazzo, fu il turno del Signor Walker di sospirare.

-L’ho sempre detto che sei un ragazzo sveglio, Jem. E va bene: saprai di sicuro del mio ritiro dall’insegnamento e ovviamente immaginerai la domanda che ti sto per fare.- si fermò per fare un cenno di ringraziamento a Madama Rosmerta, che aveva appena portato le loro ordinazioni. Non appena la donna se ne fu andata, l’uomo continuò.

-Allora: hai accettato la mia richiesta di sostituirmi e di diventare il nuovo insegnante di Pozioni?- a quella domanda, Jem spostò lo sguardo sul suo bicchiere.

-Ci ho riflettuto a lungo: vorrei farlo, ma non sono sicuro di essere la persona adatta. Ho ventun anni e ci sono tantissimi altri maghi con più esperienza che potrebbero ricoprire quel ruolo. E se poi sbagliassi qualcosa? E se i ragazzi non mi ascoltassero perché sono molto vicino a loro per l’età?- il ventunenne smise di parlare e, dopo qualche minuto di silenzio, alzò lo sguardo verso il suo ex professore, trovandolo sorridente.

-Cosa c’è?- domandò, incuriosito dall’espressione del Signor Walker.

-Quando smetterai con questa finzione e mi dirai che hai già accettato la mia proposta?- a quella rivelazione, Jem sgranò gli occhi, chiedendosi come facesse il suo ex professore a saperlo. Una persona gli venne subito in mente e il ragazzo sorrise.

-Non pensavo che la Professoressa McGranitt fosse così amante dei pettegolezzi.- disse e l’uomo si mise a ridere.

-Beh, allora abituati: sarà così per i prossimi anni che passerai ad Hogwarts!- i due uomini brindarono e Jem, tra le risate, seppe finalmente di aver fatto la scelta giusta.

 

 

 

 

 

Corridoio delle Camere, Ala Est, Primo Piano

 

 

            Gabriel era rientrato da almeno un’ora dal suo turno in ospedale, sfinito dopo dodici lunghe ore di lavoro. Appena rientrato, aveva subito scoperto quello che era successo tra Oberon e Cameron, dirigendosi subito verso la camera del gemello. Tuttavia, Numero Quattro non gli aveva nemmeno aperto la porta, così era stato costretto a farsi raccontare tutto da Sheryl. Ora, Gabriel si trovava in camera sua, più precisamente sul suo letto, a cercare di riposare, senza successo. Stava cercando di utilizzare il suo potere per comunicare con il fratello, ma Cameron non aveva voglia di parlare, per cui Gabriel smise con uno sbuffo. D’un tratto sentì bussare alla porta e il ragazzo sbuffò nuovamente. Pensò di lasciar credere all’altra persona di stare dormendo, mai poi si sentì immediatamente in colpa, perciò si alzò. Aprì la porta e rimase sorpreso, non aspettandosi di trovarsi di fronte Mathias, con un grosso sorriso stampato in faccia e un vassoio di muffin tra le mani.

-Ciao! Scusami se ti disturbo, non sapevo se stessi dormendo o altro, quindi chiedo scusa in anticipo se ti ho svegliato! Ho saputo che Cameron ha deciso di non parlare con nessuno, ci ho provato anche io ma non ho ricevuto risposta. Poi ho pensato a te e mi sono detto “magari è giù perché il fratello non gli parla” e quindi ho deciso di portarti dei muffin! All’inizio avevo pensato ad una torta ma poi ho pensato che fossero più carini dei muffin e quindi ho scelto questi e li ho fatti alle mele, che so che a te piacciono tanto!- Numero Dieci aveva parlato talmente veloce che Gabriel aveva perso qualche parola. Tuttavia, gli era arrivato chiaro e tondo il gesto che il fratello aveva fatto verso di lui e ne rimase meravigliato: difficilemnte le persone facevano qualcosa per lui, figuariamoci un dono.

-Ciao Matt, non mi hai disturbato, puoi stare tranquillo. Entra pure!- Numero Tre si spostò, permettendo a Mathias di entrare nella sua stanza. Il moro poggiò il vassoio sulla scrivania per poi iniziare ad osservare la camera del fratello: le loro stanze erano state le uniche cose su cui avevano avuto libertà di scelta, perciò ognuno aveva arredato la propria stanza a piacimento. La camera di Gabriel, come quella di Ophelia e Lauren, era piena di decorazioni che rimandavano alla sua vecchia casa, Corvonero; inoltre, vi erano due grandi librerie piene zeppe di volumi di ogni tipo, che variavano dalla grandezza al colore. Sul lato opposto, si trovava la scrivania dove, oltre a varie pergamene, si trovavano un quadernetto dalla copertina azzurra, consumata dal tempo, un calamaio e una piuma bianca, gli strumenti che Numero Tre utilizzava per scrivere i suoi racconti e pensieri. Finito il suo “controllo”, Mathias riportò l’attenzione su Gabriel, che era rimasto tutto il tempo a fissarlo.

-Sai, la tua camera non l’avevo mai vista. Ho disturbato talmente tanto gli altri che, per esasperazione, mi facevano sempre entrare.- disse Numero Dieci e Gabriel si accigliò.

-Come mai non sei mai venuto da me?- gli chiese il rosso, anche se poteva immaginare la risposta: tra tutti i dodici, Gabriel era sempre stato quello meno interessante, quello timido e fifone, che preferiva stare da solo e che si nascondeva dietro le spalle del gemello. Non aveva la determinazione di Fëdor o Emerald, non aveva l’ingegno di Ophelia o Lauren, la fantasia di Elaija e Felikz, la passionalità di Oberon, il carattere aperto di Travis e quello premuroso di Sheryl.

Mentre si ritrovava immerso nei suoi pensieri, non si era reso conto che Mathias si era avvicinato a lui finché non se lo ritrovò praticamente davanti. Gabriel sobbalzò dallo spavento, ma Mathias non se ne era nemmeno accorto.

-Mi dispiaceva disturbarti. Tu sei sempre stato diverso dagli altri, hai sempre cercato di non finire al centro dell’attenzione e cercavi di isolarti. Secondo me, però, così risaltavi ancora di più all’occhio. Ti ho sempre ammirato.- a quelle parole, Gabriel rimase sorpreso, non aspettandosi quelle parole. Dopo qualche istante, Mathias sorrise e, allontanandosi da lui, prese un muffin dal vassoio, per poi sedersi sopra il letto di Numero Tre. Un po’ titubante, Gabriel si sedette accanto a lui, accettando il muffin che il fratello gli offrì.

-Mi dispiace che gli altri abbiano incolpato Cameron, non lo merita. Sì, può essere un po’ scontroso a volte ma non penso che sia una persona che mette a rischio la propria famiglia.- disse Mathias e Numero Tre si voltò a fissarlo.

-E gli altri tuoi compagni? Cosa ne pensano?- all’appellativo relativo alle altre personalità Mathias si mise a ridere, facendo sorridere anche il fratello.

-Alcuni pensano sia innocente, mentre altri lo vorrebbero alla gogna. Diciamo che ci sono varie opinioni, ma riesco a tenerli a bada.-

-Come funziona? Con tutti gli Altri, intendo.- domandò Gabriel, ma notò il moro irrigidirsi. Rimase in silenzio per qualche secondo, per poi rispondere a Numero Tre.

-E’ come un grande capannone, nel quale dormiamo tutti insieme. Ognuno ha un proprio aspetto fisico mentre, alcune, sono uguali a me. Facciamo delle specie di riunioni, anche se a volte finisce che qualcuno inizia a litigare, - qui si fermò sentendo il fratello ridacchiare, per poi continuare, - e in quelle riunioni racconto praticamente cosa succede qui fuori, anche se spesso decidono di fare di testa loro e mi fanno dei dispetti.- Per tutto il discorso, Gabriel aveva ascoltato attentamente, un po’ sorpreso: dopo l’incidente, Mathias si era un po’ chiuso in sé stesso, nonostante rimanesse il solito ragazzo divertente ed estroverso. Non parlava quasi mai degli Altri, per questo il rosso era rimasto sorpreso alla confessione del fratello. Vedendo che Mathias non aveva intenzione di riprendere l’argomento, Numero Tre chiuse gli occhi, appoggiando la testa sulla spalla di Numero Dieci. Quest’ultimo non si smosse e, appoggiandosi a sua volta al fratello, chiuse anch’essi gli occhi, lasciandosi entrambi cullare dal silenzio.

 

 

 

 

 

Giugno 2009, Aula di Pozioni, Hogwarts

 

 

            Da ormai due settimane, l’aria calda dell’estate aveva lentamente riempito ogni angolo di Hogwarts, che si trovava i corridoi pieni di studenti alcuni in lacrime, alcuni felici e altri, quelli del settimo anno, emozionati per il loro ultimo giorno all’interno di quel castello. Mentre i ragazzi e le ragazze si dirigevano nei vari dormitori per preparare i bagagli e salutare i compagni, Jem si trovava nell’Aula di Pozioni, impegnato a sistemare la stanza, che sarebbe rimasta intatta fino al 2 Settembre dell’anno successivo. Era professore da ormai tre anni e gli alunni, dopo un periodo di dubbi e titubanze, avevano iniziato ad adorarlo, sia come professore che come confidente. Stava finendo di sistemare le fialette negli appositi scaffali, quando sentì la porta dell’aula aprirsi. Si voltò, ritrovandosi davanti due ragazzi appartenenti alla casa Serpeverde. Jem finì di sistemare e sorrise loro.

-Hedervary, Arlovskaya, non dovreste essere di sopra a festeggiare con i vostri compagni il vostro ultimo giorno ad Hogwarts?- domandò loro. I due ragazzi si guardarono, poi Emanuel prese parola.

-Ci scusi professore, ma volevamo parlare con lei. Urgentemente.- a quelle parole, Jem sobbalzò leggermente, sorpreso dal tono serio utilizzato dal diciassettenne. Si sedette alla sua scrivania, facendo cenno ai due ragazzi di fare lo stesso. Non appena si sedettero, Katrina riprese parola.

-Sa, quando noi abbiamo cominciato il nostro primo anno qui, tre anni fa, nello stesso momento lei iniziava il suo primo anno come insegnante. A differenza di tutti gli altri, che ci guardavano timorosi a causa dei nostri studi condotti a Durmstrang, lei è stato l’unico a trattarci come tutti gli altri, infischiandosene dei giudizi e pettegolezzi.  Quindi, adesso, noi vorremmo ricambiare il favore.- Jem guardò ancora più incuriosito i suoi ex alunni e fece un cenno per spronarli ad andare avanti.

-Da almeno due anni io e Kat facciamo parte di una congrega chiamata Ordine di Morgana, formata da maghi e streghe potenti che si sono resi disponibili per la protezione di grandi personaggi del Mondo Magico e non. Siamo stati incaricati dai nostri superiori di cercare persone che, secondo noi, possono essere adatte e lei presenta tutti i requisiti per entrare a far parte dell’Ordine.- man mano che Emanuel andava avanti con il suo discorso, Jem aveva ascoltato sempre più rapito quelle parole. Da anni circolavano voci sull’esistenza di un gruppo molto potente di maghi, ma non si era mai riusciti a rintracciarlo. Ora, Jem si trovava davanti due dei suoi migliori alunni che gli chiedevano di entrare nel loro stesso gruppo.

-Ragazzi, non so cosa dire. Avevo sentito dell’esistenza di questo gruppo ma pensavo fossero solo delle voci. Adesso, voi due venite qui a chiedermi di unirmi come se mi steste chiedendo di fare una gita al parco.- I due ragazzi si guardarono tra loro, preoccupati per la risposta del loro insegnante. Katrina ritornò a guardare Jem.

-Quindi la sua risposta…?- gli domandò e Jem sorrise.

-Vorrò di certo delle prove concrete, ma decido di fidarmi di voi: accetto il vostro invito.- disse e i due ragazzi esultarono dalla gioia, non curanti del fatto che qualcuno avesse potuto ascoltarli. Mentre osservava i due ragazzi, Jem sorrise e la sua mente volò verso i suoi genitori: sperava che sarebbero stati orgogliosi di lui e del mago che era diventato.

“Non preoccuparti. Riuscirò a rendervi fieri di me.”

 

 

 

 

 

Cucina, Primo Piano

 

 

            -Quindi è qui che ti nascondevi!- Ophelia alzò lo sguardo dalla sua tazza di Tè per posarlo verso Emanuel, che la osservava attentamente dall’entrata della cucina.

-Perché, mi stavi cercando?- domandò la ragazza alzando un sopracciglio come per sfidarlo. A quel gesto, il ragazzo sorrise.

-Non proprio, diciamo che mi annoiavo e avevo voglia di compagnia.- a quelle parole, Ophelia sbuffò.

-A scuola non volevi la compagnia di nessuno, stavi solo con Katrina. Dì la verità: perché sei qui?- disse la bionda e questa volta fu il turno di Emanuel di sbuffare.

-Ho sentito quello che è successo stamattina con i tuoi fratelli e volevo sapere come stessi.- rispose lui e Numero Cinque notò il suo tono di verità. Sospirò e riportò l’attenzione alla sua tazzina, mentre il moro si sedeva accanto a lei.

-Sinceramente, trovo ingiusto il fatto di accusare Cameron così a caso. Nonostante il brutto carattere che si ritrova, rimane comunque nostro fratello e non posso e non voglio dargli colpe che non ha.- Emanuel ascoltò le parole della ragazza in silenzio, come voler analizzare tutto quello che diceva. Ad un certo punto, lo sguardo del ragazzo cadde sul tatuaggio della bionda, raffigurante Il Mondo.

-Come vi siete fatti quei tatuaggi?- chiese e Ophelia posò lo sguardo sul suo braccio, per poi sorridere.

-E’ una storia alquanto bizzarra. Quando avevamo dieci anni, nostro padre aveva deciso di tatuarci il simbolo dell’Umbrella Academy, in modo che fossimo una squadra. Noi ovviamente non sentivamo quei simboli come i nostri, quindi avevamo deciso di farcene uno tutto nostro. Abbiamo discusso a lungo su cosa tatuarci, finché a Gabriel non sono venuti in mente i Tarocchi. Così, abbiamo recuperato un mazzo di carte, le abbiamo incantate e abbiamo lasciato che loro scegliessero il proprio protettore.-

-Scusa, ma come avete fatto a farli? Non avevate nemmeno l’attrezzatura.- disse Emanuel scettico e Numero Cinque rispose subito.

-Cameron e Mathias sono riusciti a rubare l’attrezzatura in un negozio babbano e Felikz ci ha fatto i tatuaggi. Nonostante sia maldestro e goffo, con un pennello o una penna è molto magnifico. Le carte ci hanno scelto per varie caratteristiche che abbiamo. Per esempio, Il Mondo, ovvero la ventunesima carta, mi ha scelto per la mia autorità e il mio portamento. Questo è il motivo ufficioso, ma secondo i miei fratelli mi ha scelto perché sono lunatica.- Emanuel scoppiò a ridere e, dopo qualche minuto, lei lo imitò. Emanuel smise di ridere e assunse un’espressione seria, stranendo la ragazza. Dopo qualche attimo di silenzio, iniziò a parlare.

-Sai, se dovessi aver bisogno di parlare con qualcuno o di sfogarti o di semplicemente stare in silenzio ad osservare il nulla… ecco, puoi contare su di me.- di fronte  aquel tono così sincero e vero, la ragazza rimase a bocca aperta ma si ricompose subito.

-Ehm, non so che dire…  Grazie, Emanuel.- rispose imbarazzata. Il ragazzo ricambiò il sorriso e, salutandola, si alzò dal tavolo per uscire dalla cucina, lasciandola da sola con i suoi pensieri.

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Mio Dio è stato un parto! Innanzitutto, mi scuso per l’immenso ritardo, ma ho cominciato a lavorare e torno ogni giorno stanca morta. Per farmi perdonare, il capitolo è più lungo dei precedenti. Doveva essere più lungo ma ho deciso di dividerlo in due parti, anche perché non volevo farvi aspettare ancora e devo iniziare a scrivere il primo capitolo dell’altra interattiva. Iniziamo subito con il botto con le prime colpe e accuse e i primissimi accenni di coppie! Ho cercato di ascoltarvi il più possibile riguardo questo secondo punto e ho scelto come meglio credevo, spero di non aver canato niente. Prima di passare alla domanda, avrei da fare dei chiarimenti:

 

-Non tutti i personaggi appaiono qua ma ho deciso così perché, dividendo il capitolo, ho voluto concentrarmi su alcuni, per cui non uccidetemi!

-Nonostante il capitolo sia dedicato a Jem, lui non appare semplicemente perché si trova ad Hogwarts, essendo professore, unico motivo. Non sarà meno importante degli altri ma dovevo farlo tornare a scuola. Non ci sarà neanche nel prossimo essendo continuo di questo ma apparirà in quello dopo ancora (cara autrice non odiarmi);

-Il comportamento di Oberon potrà sembrare un pochino esagerato ma ci sono motivi se ho scelto così: con tutto quello che sta accadendo, i ragazzi cominciano ad essere nervosi e la rivelazione di Lauren ha peggiorato le cose. Oberon è preoccupato per la sua famiglia e ho pensato fosse normale accusare Cameron. Tranquilli, i due faranno pace.

 

 

Per oggi, la domanda è solo per i membri dell’Umbrella Academy:

 

 

-Ovviamente, i ragazzi prima di essere adottati da Richard avevano delle famiglie. Potete farmi degli accenni? Parlatemi delle origini (purosangue, mezzosangue o nato babbano) e accennatemi i membri. Non voglio una cosa ultra dettagliata perché mi serve davvero poco come informazione ma è davvero importante.

Vi lascio qui la lista dei membri dell'Umbrella Academy per il prossimo capitolo:


 Fëdor

Emerald

Gabriel

Cameron

Ophelia

Oberon

Felikz

Elaija

Mathias

Sheryl

Travis

 

Spero che vi sia piaciuto e ci vediamo al prossimo capitolo!  Bacioni,

__Dreamer97

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Capitolo 8
*** CAPITOLO 5.2 ***


NOTA D’AUTORE:

 

All’inizio della storia, sia nella trama che nel prologo, avevo accennato al fatto che i ragazzi venissero addestrati per combattere il male. Infatti, come accade nella serie (per quelli che lo sanno), i ragazzi vengono mandati in missione, utilizzando i loro poteri per salvare vite e robe di questo tipo. Detto questo, buona lettura.

 

 

CAPITOLO 5.2

 

“Essere pazzi è stupendo: puoi dire tante verità, tanto nessuno ti ascolta…”

 

 MATHIAS

 

 

 

 

 

Agosto 2002, Sala d’Addestramento, Villa Olympus

 

 

            Quello era forse il giorno più caldo dell’anno, cosa che nel Regno Unito accadeva raramente. Stranamente, un forte sole riscaldava i palazzi delle città, regalando ai suoi cittadini buoni motivi per uscire e godersi l’aria fresca. Nonostante però la bella giornata, i bambini dell’Umbrella Academy, sotto l’ordine del padre, erano rimasti in casa per allenarsi. L’allenamento di quel giorno, inventato dal padre dopo varie circostanze, riguardava l’accrescimento dell’agilità e della velocità in quanto, pochi giorni prima, uno dei dodici ragazzini aveva finalmente mostrato il suo potere.

In quell’esatto momento, undici dei dodici ragazzi si trovavano sparsi per la Sala d’Addestramento, che per l’occasione era stata ingrandita, attenti ad ogni tipo di movimento.

-Non ho ancora capito l’utilità di quest’allenamento. Come facciamo a fermarlo?- domandò la piccola Emerald che, nervosa, giocava con una ciocca dei suoi capelli. A risponderle fu il padre, che si trovava a lato della stanza per prendere nota di tutto quello che accadeva.

-Semplice, Numero Due: alcuni di voi possiedono le forze per poterlo fare, mentre gli altri dovranno giocare d’astuzia. Numero Dieci non è ancora capace di gestire il suo potenziale, quindi utilizza una velocità minore rispetto a quella che sarebbe capace di utilizzare.- alle parole dell’uomo, Travis sbuffò.

-Se per velocità minore si intende quella di un ghepardo andiamo bene.- All’improvviso, in mezzo ai ragazzi passò una scintilla argentata che, dalla velocità, fece indietreggiare i bambini, mentre Felikz, Gabriel e Ophelia erano caduti all’indietro. La scintilla passò ancora tra loro, portandosi dietro l’eco di una risata. A quel punto, Fëdor e Lauren cominciarono a tirargli contro ogni tipo di oggetto, mentre Emerald si trasformava in un leopardo e iniziava ad inseguirlo, senza nemmeno raggiungerlo.

-Non riusciremo mai a fermarlo, è troppo veloce!- disse Oberon osservando il fratello che gli girava intorno. Accanto a lui, Felikz si mise di fronte ad Elaija, per impedire che quest’ultimo venisse colpito da Mathias, visto che il Numero Dieci aveva la tendenza a non direzionarsi. Improvvisamente, nella testa di Numero Sette si accese una lampadina e, dopo essere riuscito a inquadrare la direzione presa dal fratello, iniziò a tele-trasportarsi in giro per la stanza. Non sapendo ancora bene controllare il proprio potere, Felikz non sapeva la destinazione in cui sarebbe arrivato, motivo per cui continuava ad apparire e a scomparire. Ad un certo punto, il bambino si smaterializzò esattamente di fronte a Mathias che, non aspettandosi quell’ apparizione, non riuscì a fermarsi in tempo. Numero Dieci andò esattamente contro il fratello, per poi finire entrambi doloranti per terra. Preoccupati, gli altri si radunarono intorno a loro.

-Per i quattro Fondatori, state bene?- esclamò Sheryl preoccupata. Mathias si mise a sedere massaggiandosi la testa, per poi voltarsi verso Felikz.

-Fratello, c’erano mille modi per fermarmi, cavoli mi hai spaventato!- fece il ragazzino e, accanto a lui, Felikz sorrise.

-Beh, almeno ti ho fermato!- disse, facendo ridere tutti gli altri. I due si rialzarono da terra e Mathias riprese parola.

-Questa volta avete avuto fortuna, ma la prossima volta sarò ancora più veloce! Forza, ricominciamo!- i ragazzini non ebbero nemmeno il tempo di lamentarsi: Numero Dieci era partito alla carica, iniziando a correre e riempiendo la stanza di varie scie argentate. Gli altri fratelli si guardarono tar loro per poi ricominciare: sarebbe stata una giornata molto lunga.

 

 

 

 

 

14 Novembre, Cucina, Villa Olympus

 

 

            -Avete fatto cosa?!- a quella domanda, l’Umbrella Academy, privata di alcuni dei suoi membri, si voltò intimorita verso Ophelia: tornata dal lavoro in piena notte, era stata avvisata della mezza discussione con Cameron solamente la mattina dopo. In quel momento, i suoi occhi rispecchiavano la sua rabbia e Numero Cinque osservava i suoi fratelli.

-E’ quello che gli ho detto anche io!- disse Lauren, mentre Sheryl si voltò verso la sorella, sorpresa per il fatto che desse man forte alla bionda.

-Lo sappiamo e ci dispiace, abbiamo sbagliato. Però in quel momento sembrava un po’ colpevole…- provò a spiegare Travis ma si fermò non appena vide lo sguardo di fuoco di Ophelia piantarsi su di lui.

-Sembrava? Cam è il tuo migliore amico, non lo dovevi nemmeno pensare!- esclamò e Fëdor annuì.

-Ophelia ha ragione. Se non abbiamo fiducia tra di noi, come possiamo pretendere di riuscire a trovare il colpevole dell’assassinio di nostro padre?- alla frase di Numero Uno tutti i fratelli annuirono.

-Quando avrà voglia di uscire dalla sua camera gli chiederemo scusa. Tanto sappiamo che costringerlo a venire fuori non ha mai funzionato, quindi tanto vale aspettare.- fece Emerald. Un leggero bussare distolse l’attenzione generale del gruppo.

-Scusate se vi interrompo, ma avrei bisogno di Fëdor.- Emanuel fece la sua comparsa all’interno della cucina e sorrise al Numero Uno quando questi gli fece un cenno di assenso.

-Di cosa avete bisogno?- domandò il ragazzo e a rispondere fu Charlotte, che si trovava dietro ad Emanuel.

-Vorremmo cominciare l’interrogatorio e volevamo chiederti se volevi unirti a noi.-

-Il tipo della scorsa notte? Non ha ancora parlato?- domandò Sheryl ed Emanuel negò con la testa. Il Capo dell’Ordine notò il rapido scambio di sguardi che avvenne tra la sua collega e il primo numero dell’Umbrella Academy e, colto da una strana idea, sorrise: si sarebbe divertito.

 

 

 

 

 

Dicembre 2007, Località Sconosciuta

 

 

            Un lieve odore lo colpì nelle narici, costringendolo ad aprire gli occhi. Mathias si ritrovò nel buio più totale e sussultò, ricordandosi improvvisamente dove si trovasse. Pensava che fosse stato solo un brutto sogno, che si sarebbe risvegliato nel suo letto con Cameron che lo prendeva in giro per lo scherzo appena fatto, ma così non fu. Si ricordò immediatamente che, durante la missione in uno dei centri del mercato nero degli Artefatti Magici, lui e i suoi fratelli si erano scontrati con alcuni maghi che vi lavoravano e che, ad un certo punto, era stato accerchiato e in seguito catturato. L’ultima cosa che si ricordava erano le urla di Sheryl, che non aveva fatto in tempo a fermare i suoi rapitori. Non sapeva dove si trovava, sapeva solo di essere lì da un paio di giorni, durante i quali aveva ricevuto ogni tipo di sevizia. Ormai il suo corpo iniziava a cedere e Mathias sapeva che non avrebbe resistito ancora per molto. Provò a muoversi, ma una forte scarica alla gamba destra gli procurò un gemito di dolore. Molto probabilmente si era rotto la gamba, oppure erano stati quei maghi in modo da impedirgli di scappare, non ne aveva alcuna certezza. Nonostante le corde che gli tenevano bloccate le mani, Mathias cercò in tutti i modi di sfiorare il simbolo del Matto che aveva tatuato sul braccio sinistro, in modo da poter chiamare i suoi fratelli. Tuttavia, prima di riuscire a formulare l’incantesimo, la porta della stanza si aprì ed entrarono due uomini. Il ragazzino sussultò, riconoscendo subito i due che lo stavano torturando. Uno dei due lo vide e sogghignò.

-Ma guarda, il nanerottolo si è svegliato! Perfetto, così possiamo cominciare subito!- accanto a lui, l’altro ridacchiò.

-Quando e se McKinnon se lo riprenderà troverà solamente un guscio vuoto.- a quelle parole, Mathias indietreggiò, per quanto le corde e la gamba gli permettessero.

-Per favore…- piagnucolò ma l’uomo rise ancora più forte. Quello alzò la bacchetta e Numero Dieci chiuse gli occhi. Un dolore lancinante lo investì in pieno petto e gridò, mentre sentiva le fitte spargersi in ogni parte del suo corpo. Pregò con tutto sé stesso che quelli la finissero o che i suoi fratelli lo trovassero in fretta ma sapeva che era tutto inutile. Il dolore andò avanti per molto quando, all’improvviso, non sentì come una specie di strappo. Poi, il dolore cominciò a diminuire e intorno a lui si fece silenzio. Mathias prese un profondo respiro e, spinto dalla curiosità, aprì gli occhi: si trovava sempre nella stessa stanza ma, al posto dei due uomini, si trovavano dei ragazzi, che lo osservavano attentamente. Numero Dieci indietreggiò, spaventato che quelli potessero fargli del male. Alla sua reazione uno di loro, dopo essersi scambiato uno sguardo con gli altri, gli si avvicinò e gli si sedette di fronte. Mathias notò che il ragazzo gli somigliava molto, ad eccezione dei capelli biondo scuro e dei capelli nocciola.

-Voi chi siete e d-dove sono finiti quelli?- domandò e il ragazzo gli sorrise dolcemente.

-Noi siamo gli Altri, ovvero altre persone che vivono qui con te. Io sono James, piacere. Ci ritroviamo nella tua testa. Tranquillo, qui nessuno può farti del male.- gli disse e Mathias si guardò intorno, notando solo in quel momento di avere le mani libere e che la sua gamba non faceva più male.

-Che significa nella mia testa? Quindi quegli uomini…-

-Ti stanno ancora facendo del male, ma Evan, un altro ragazzo, è andato al posto tuo, per questo non stai soffrendo. Ma non ti preoccupare, ci siamo noi a proteggerti.- disse James e anche gli altri annuirono, come a voler confermare. Mathias era ancora confuso dalle parole del ragazzo ma si sentì sollevato. In quel momento, capì di avere una seconda famiglia e che, in caso di aiuto, avrebbe sempre potuto contare sul loro aiuto.

 

 

 

 

 

Stanza delle Pozioni

 

 

            -Ehi, ti posso disturbare?- a quella domanda, Sheryl volse lo sguardo verso la porta della stanza, dove Travis la osservava a braccia incrociate. Di fronte alla presenza del fratello, la rossa aggrottò le sopracciglia.

-Tu che ci fai qui? Di solito stai lontano da questa parte perché “troppo noiosa”.- fece la ragazza e Numero Dodici sorrise, mentre prendeva posto accanto alla sorella.

-Sì, lo so. Tuttavia avevo bisogno di un po’ di calma e, tra tutti, tu sei l’unica che non ha la forza di cacciarmi.- disse e Sheryl gli tirò un colpetto sulla spalla, ridendo. La rossa riprese a lavorare, lanciando ogni tanto un’occhiata a Travis, che aveva deciso di sfogliare uno dei tanti libri di Alchimia che Charlotte si era portata con sé. Notando che il fratello si stava annoiando decise di parlare un po’ con lui.

-Allora, novità dalla squadra?- domandò e Numero Dodici si voltò verso di lei sorpreso.

-Te lo ricordi?-

-Certo che sì! Ogni tanto, quando avevo tempo, seguivo qualche tua partita!- esclamò Numero Undici e il moro sorrise.

-Beh, allora saprai per certo che siamo gli ultimi in classifica.- rispose ma la sorella gli mise una mano sulla spalla.

-Ehi, non ti devi abbattere. Riuscirete a risollevarvi, devi solo avere un po’ più di fiducia.- a quelle parole, Travis e sorrise dolcemente e la rossa, sentendo le guance andare in fiamme, si voltò per evitare di farsi notare. Quindi, cercò di cambiare discorso.

-Allora, vuoi sapere qualcosa di più riguardo al tuo potere?- domandò e gli occhi del fratello si illuminarono.

-Certo che sì! Senza i diari di papà, i miei poteri mi sono sconosciuti.-

-Perfetto! Allora, una volta papà mi aveva detto che il tuo corpo possiede un metabolismo molto più rapido rispetto a quello di un normale essere umano: le tue cellule e i tuoi tessuti si rigenerano molto più velocemente. Insomma, potresti essere colpito da un “Sectumsempra” e il tuo corpo impiegherebbe un secondo a guarire!- Travis ascoltava ammirato il discorso della sorella, capendo sempre di più riguardo al suo potere. Un dubbio però gli attraversò la mente.

-Come faccio a guarire anche gli altri?- domandò e Sheryl rispose subito.

-Semplice: con il semplice tocco, trasmetti questa tua capacità anche alle altre persone. Certo, impiegheranno meno tempo di te a guarire ma sarà comunque un processo veloce.- finita la spiegazione, la rossa si voltò verso il fratello, notando subito lo sguardo triste dell’altro.

-Che succede?- domandò preoccupata.

-Mi dà fastidio di non essere riuscito a guarire Elaija. Se un semplice veleno mi blocca come posso pretendere di salvarvi?- di fronte allo sguardo affranto di Numero Dodici, la rossa sorrise dolcemente.

-Travis, non è stata colpa tua, non potevi saperlo. Se vuoi, io ti do una mano ad ampliare il tuo potere, d’accordo?- gli chiese e il fratello si voltò verso di lei.

-Lo faresti sul serio?-

-Certo, sono tua sorella e voglio aiutarti!- esclamò lei e, dinnanzi al suo entusiasmo, Travis non riuscì a dire di no.

 

 

 

 

 

            Maggio 2012, Campo da Quidditch, Hogwarts

 

 

            -Allora ragazzi, bisogna rimanere concentrati: è l’ultima partita dell’anno e siamo ad un passo dal vincere la Coppa. Però ricordate: qualunque cosa accada lì fuori, voi continuate a giocare e divertiamoci!- al discorso del loro Capitano, l’intera squadra di Grifondoro esultò, riempiendo l’intero spogliatoio di ansia ed eccitazione. Mathias prese un lungo sospiro e, preso coraggio, si avviò verso il Campo. Cercatore dal terzo anno, era riuscito ad ottenere il ruolo di Capitano solamente l’anno prima, quando Charlotte, l’ex-Capitano, aveva deciso che lui avrebbe condotto la loro squadra alla vittoria. Non appena la squadra scese in campo, venne subito acclamata dalla folla, soprattutto dalla tribuna giallo-oro. Il moro vide subito Elaija e Oberon che si sgolavano per fare il tifo, tenendo un cartellone che di sicuro aveva fatto Numero Nove; dalla tribuna verde-argento, l’altra casa che si batteva per la vittoria, Fëdor osservava attento il campo, anche se Mathias sapeva che sperava in una sua vittoria ed Emerald non sapeva se fare il tifo per la sua casa o per il fratello. Dalla tribuna dei Tassorosso, il più esaltato era di sicuro Felikz, che per poco non era caduto giù nel campo, salvato grazie solo all’intervento di Sheryl e Travis. Assetato di vittoria, Mathias aveva deciso di non dar peso alla tifoseria, non volendo farsi distrare. Poco prima dell’inizio, però, il suo sguardo cadde sulla tribuna dei Corvonero dove, accanto a Lauren e Ophelia che saltellavano eccitate, stava Gabriel tutto sorridente, con in mano una sciarpa rossa-oro, la sua sciarpa rossa-oro. Probabilmente Elaija doveva avergliela data prima della partita. Di fronte al sorriso luminoso e, allo stesso tempo, timido del fratello, Mathias rimase di stucco, pervaso improvvisamente da una strana adrenalina. In quel momento, Numero Dieci decise che avrebbe fatto del suo meglio per vincere.

Quel giorno, Grifondoro vinse per 210 a 50 e quella sera stessa i Grifondoro avrebbero festeggiato per tutta la notte.

 

 

 

 

 

Sala Grande, Hogwarts

 

 

Quella mattina, Jem si era stranamente risvegliato di buon umore, cosa che ormai accadeva poco. Quel giorno aveva in mente un’ottima lezione per quelli del primo anno e voleva che tutto andasse per il meglio. Prima di lui, Jeremy Walker era stato un insegnante coi fiocchi e anche se sapeva di non eguagliare la sua bravura, voleva esserne un ottimo seguito. Entrò nella Sala Grande, dove la maggior parte degli studenti era già riunita e si stranì nel notare la strana aria che circondava la sala. Nel passare in mezzo al tavolo di Tassorosso e Serpeverde, salutò alcuni degli alunni della sua casa. Nel tavolo verde-argento, alcune ragazze ridacchiavano per un articolo su un giornaletto e Jem sentì qualche frase della loro discussione.

-Dite che ci sarà anche lui?- domandò una ragazza dalla chioma rossa con aria sognante. La ragazza accanto a lei ridacchiò.

-Per forza! E’ un giocatore di Quidditch ma, cosa più importante, è un membro dell’Umbrella Academy!- a quelle parole, Jem si irrigidì: come mai quelle ragazze discutevano dei fratelli McKinnon. Tendendo l’orecchio, notò che anche agli altri tavoli si stavano svolgendo conversazioni di questo tipo.

 

-Lei è bellissima e lavora anche dai Weasley!

-Mamma mia, è veramente carino!

-Sì, ma dicono che giochi per l’altra squadra...

-Di lui si dice che abbia rischiato l’espulsione…

-Quanto vorrei averli conosciuti!

 

Ancora più stranito, Jem giunse al tavolo dei professori, sedendosi al suo posto e salutando i suoi colleghi. Dopo aver dato un’altra occhiata ai suoi studenti, si rivolse a Neville Paciock, seduto di fianco a lui.

-Come mai sono tutti così in fermento? Il Professor Ruf va in pensione e io non lo sapevo?- domandò l’uomo e l’insegnante di Erbologia si mise a ridere.

-Niente di tutto questo. In realtà, sono molto eccitati per questo.- spiegò Neville e passò una rivista a Jem. Quest’ultimo lesse la prima pagina e sgranò gli occhi, non sapendo cosa dire. Inventò una scusa per il suo collega, dicendo di avere ancora dei compiti da correggere e, cercando di rimanere calmo, si alzò e si allontanò dalla Sala Grande. In testa un solo pensiero: aveva bisogno di una fottuta sigaretta.

 

 

 

 

 

Febbraio 2014, Villa Olympus

 

 

            Era notte fonda e la villa era avvolta da un silenzio surreale. Mathias si ritrovava nel soggiorno, dando un ultimo sguardo a quella che per diciassette anni della sua vita era stata casa. Senza fare rumore, si diresse verso la cucina, per poter uscire dalla porta di servizio, ma sobbalzò non appena notò la presenza di qualcun altro seduto al tavolo. Si calmò solamente quando questa si voltò verso di lui. Mathias si avvicinò e, lasciato il suo borsone a terra, si sedette accanto a lui.

-Cerchi ancora di farmi cambiare idea?- domandò ed Elaija negò con la testa.

Qualsiasi cosa io dica non funzionerà.

-Ormai ho deciso, sono stufo di essere trattato come un esperimento. Voglio vivere la mia vita, vedere il mondo.- disse ed Elaija sospirò.

Dove andrai?

-Una nostra ex-compagna di scuola ha una sorella che studia la psicologia babbana associata alla magia, quindi potrebbe aiutarmi a capire di più cosa succede nella mia testa. Si è offerta di ospitarmi finché non troverò un alloggio tutto mio. Nel frattempo, lavorerò in una pasticceria babbana, quello che ho sempre desiderato.- disse sorridendo, imitato poi dal fratello. Mathias alzò lo sguardo e vide che l’altro lo stava guardando dolcemente.

-Cosa c’è?- domandò.

Non gliel’hai detto.

A quella frase, sgranò gli occhi, sapendo a chi si riferiva Elaija e abbassò lo sguardo.

-Volevo dirglielo ma… non ho avuto coraggio. Probabilmente non lo vedrò mai più, quindi è meglio che provi a dimenticarlo. Tanto, non mi avrebbe mai amato.- a quella frase, Elaija l’osservò attentamente.

Ne sei proprio sicuro?

Mathias aprì la bocca per dire qualcosa ma si fermò. Abbassò di nuovo lo sguardo, non avendo il coraggio di replicare. Vedendo che il fratello non aveva intenzione di riprendere l’argomento, Elaija lo abbracciò, mentre una lacrima gli solcava il viso.

-Sai El, mi mancherai davvero tanto… Scrivimi qualche volta, d’accordo?- gli domandò Mathias e Numero Nove annuì. Dopo aver rotto l’abbraccio, Mathias si alzò dal tavolo. Si asciugò le lacrime dagli occhi e, dopo aver donato un ultimo sorriso al fratello, si smaterializzò con la sua roba, lasciando Elaija da solo nel buio della cucina.

 

 

 

 

 

Terrazzo, Villa Olympus

 

 

Elaija aveva deciso di passare un po’ di tempo da solo: voleva molto bene ai suoi fratelli, ma in quei giorni continuavano a controllarlo e a chiedergli come stava e il ragazzo aveva bisogno di stare un po’ per conto suo. Prese le scale che portavano al terrazzo della villa ma, a qualche gradino dalla sua destinazione, sentì una melodia lieve. Incuriosito, aprì lentamente la porta del terrazzo e rimase a bocca aperta: Felikz, su una dolce melodia prodotta da un vecchio grammofono, danzava, compiendo movimenti fluidi che lo facevano sembrare un fiore accarezzato dal vento. Lentamente, non volendo disturbarlo, Elaija lo osservò attentamente. Il fratello era senza la maglietta e, per la prima volta, si poterono notare i suoi tatuaggi: il tatuaggio Maori del braccio destro procedeva fino ad arrivare al pettorale mentre, su quello sinistro, si trovava il numero sette. Tuttavia, quello che colpì di più Numero Nove fu il tatuaggio sulla schiena: oltre alla volpe sulla spalla sinistra, al centro della schiena, partendo dal collo fino a giù, si trovava l’unico tatuaggio colorato, rappresentante i patroni dei fratelli McKinnon: il Toro, l’Ocelot, la Civetta delle nevi, il Coyote, la Donnola, il Colibrì, la Volpe, la Volpe delle nevi, la Rondine – il suo, - il Furetto, il Gatto e il Falco.

Elaija era talmente incantato che non si era accorto che la musica aveva smesso di suonare e che il fratello si era fermato.

-Ehi El, ciao!- esclamò Numero Sette e l’altro sobbalzò. Ricambiò il saluto, cercando di rimanere il più calmo possibile e gli domandò cosa ci facesse lì tutto solo.

-Sono venuto qui perché Oberon ed Emerald hanno occupato la Sala da ballo e volevo starmene un po’ per i fatti miei. Guarda, ti ricordi di questo?- domandò Felikz indicando il grammofono che ormai girava a vuoto. Elaija vi rifletté sopra, per poi annuire vigorosamente: quello era stato il regalo suo, di Gabriel e di Sheryl quando Felikz aveva avuto il periodo no, durante il quale voleva mollare la danza. Con quel regalo, l’allora ragazzino aveva cambiato idea.

Ad un certo punto,  Elaija sentì che il suo potere iniziava a manifestarsi e, spaventato che questo potesse mostrare il suo più grande segreto, salutò il fratello e fece per andarsene, quando l’altro lo afferrò per il braccio, costringendolo a voltarsi.

-Tra me e te è tutto apposto, giusto?- domandò Numero Sette e il moro annuì. A quel punto, il maggiore gli lasciò il polso e sospirò sconsolato.

-E allora perché non mi parli più come una volta?- Elaija sussultò, non sapendo cosa dire. Tuttavia, sentiva il suo potere aumentare e, senza degnare l’altro di uno sguardo, si allontanò, lasciando Felikz solo con i suoi pensieri.

 

 

 

 

 

3 Novembre 2020, Camden Town, Londra

 

 

-Forza, e anche oggi è andata! Un applauso a noi!- alla frase della sua collega, Mathias scoppiò a ridere, mentre prendeva lo straccio per dare una passata al bancone. Da quando era riuscito ad ottenere un appartamento tutto suo, aveva finalmente ottenuto il ruolo di vice-socio alla “Dorian’s Bakery”, la pasticceria più famosa di Camden Town. La sua socia, Alex Sanders, era una giovane strega uscita due anni prima di lui e con la sua stessa passione per i dolci, con la quale andava d’accordissismo.

-Diciamo che se non ci fossi stato io a cucinare tutto il giorno altro che clienti amorevoli, ci saremmo ritrovati a dover gestire una rivolta!- esclamò il ragazzo, spostandosi leggermente per evitare la spugna che la ragazza gli aveva lanciato.

-Smettila di vantarti! Sei fortunato che sai cucinare e che piaci alle ragazze, altrimenti ti avrei già cacciato!- fece Alex sorridendo. Mathias le fece la linguaccia e tornò in cucina, con l’obiettivo di iniziare a preparare l’impasto per i dolci dell’indomani. Tuttavia, non appena prese in mano la ciotola della farina, un forte dolore lo colpì al braccio sinistro, costringendolo a mollare la presa sull’oggetto, che finì per terra.

-Matt, tutto bene?- domandò Alex che, non appena lo vide tenersi il braccio con una smorfia di dolore, gli si avvicinò preoccupata. Tuttavia, rimase sorpresa nel notare che il tatuaggio del ragazzo, raffigurante Il Matto, avesse iniziato ad illuminarsi.

-E’ la mia famiglia, è successo qualcosa…- disse Mathias, mentre la ragazza capiva a chi si riferisse. Aiutò il collega ad alzarsi, per poi andare a prendere la sua giacca e lanciargliela praticamente addosso.

-Va’ a preparare la tua roba.- disse e Mathias la guardò sorpreso.

-E con il negozio?-

-Me la cavo da sola, ora ti conviene andare. La tua famiglia ha bisogno di te.- il ragazzo annuì e, dopo averla salutata, si smaterializzò, sperando che non fosse successo niente di grave.

 

 

 

 

 

Seminterrato

 

 

-Dannazione, certo che non molla questo!- esclamò  Katrina sbattendosi la porta alle spalle. Harry, che era uscito prima di lei, sospirò, passandosi una mano tra i capelli.

-Ore e ore di interrogatorio e cosa abbiamo ottenuto? Un bel niente! Merlino, quando vorrei affatturarlo…- continuò la mora.

-Sembrava che con Cameron stesse iniziando a cedere e invece niente. Tempo che questi qui saranno degli ossi duri…- replicò il biondo. Notò che la collega faceva avanti e indietro davanti alla porta della stanza, borbottando tra sé e sé. Probabilmente, stava cercando le parole giuste da utilizzare con Emanuel.

-Di’ un po’, come mai ti sei trasferita qui da Durmstrang?- domandò e la ragazza si voltò verso di lui sorpresa, non aspettandosi minimamente una domanda del genere.

-Beh… ho deciso di seguire Ema. Non ci trovavamo bene lì e avevamo bisogno di un cambio d’aria.- rispose alzando le spalle, ma Harry non demorse.

-E come mai? Troppa magia oscura?- fece e Katrina lo fulminò con lo sguardo.

-Come mai sei improvvisamente interessato alla mia vita personale? Ti annoi, forse?- disse la mora guardandolo di sottecchi e il biondo sbuffò.

-Ma niente di che, ero solo curioso. Siamo partiti con il piede sbagliato e cercavo solo di essere gentile. Ma se vuoi comportarti come una vipera accomodati pure.- a quelle parole, fu il turno di  Katrina di sbuffare seccata. Fece per dire qualcosa ma una voce proveniente dal piano di sopra la distrasse. Insieme al collega, salì le scale che portavano verso il salotto, dove videro Caleigh saltellare allegra con una lettera in mano e i vari membri dell’Ordine e dell’Umbrella Academy che la raggiungevano.

-Quella cos’è?- domandò Oberon osservando con attenzione la busta e Caleigh rispose prontamente.

-Questo, miei cari amici, è un super evento!- la ragazza sorrise ancora di più e passò la lettera a Fëdor, che la aprì e iniziò a leggerla per tutti.

 

 

Gentili Signori e Signore McKinnon,

con la presente, siete invitati all’annuale ballo di beneficienza a cura del Ministero della Magia, che quest’anno celebrerà anche la tragica e prematura scomparsa del candidato a Ministro Richard McKinnon.

Il ricevimento si terrà Sabato 19 Novembre alle 20  presso il Criterion Restaurant di  Londra.

Cordiali Saluti,

Harold Holden

 

 

-Un ballo, che cosa emozionante!- esclamò Sheryl mentre, accanto a lei, Charlotte cominciava a disperarsi all’idea di indossare un vestito elegante.

-Il 19 è questo sabato. Un po’ improvviso ma okay.- disse Travis.

-Suppongo che ci vedremo lì, allora.- fece Emanuel ed Emerald lo guardò scettica.

-Come fai a sapere che avete ricevuto gli inviti?- a quella domanda, il ragazzo le rivolse un sorriso malandrino.

-Mia cara, ho ottime conoscenze al Ministero da ottenere degli inviti. Inoltre, avremo una possibilità per indagare sulla morte di vostro padre. Di sicuro, qualcuno sarà a conoscenza di cose che non non sappiamo.- alle parole del ragazzo, tutti annuirono e Scarlett prese parola.

-Perfetto. A questo punto mi rivolgo alle ragazze: è ora di trovare dei vestiti.-

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ce l’ho fatta! Sono in anticipo rispetto al solito, non ci posso credere! Cavoli, mi avete risposto quasi tutte subito e ho voluto subito scrivere il capitolo. Come potete notare, il capitolo di oggi è dedicato a Mathias! Personaggio complesso, lo ammetto, che aveva tanto da dire e ha ancora tanto da dire. Piccola nota: per prepararmi al suo “pezzo”, mi sono letta ogni cosa possibile riguardo allo “sdoppiamento di personalità”, scoprendo tante cose interessanti. Inoltre, vorrei fare una precisazione: ad un certo punto della narrazione, ho accennato ad uno “strappo”. Ebbene, questa idea proviene da una serie tv che sto guardando che possiede un personaggio di questo tipo. Nella serie, la ragazza parla di una lacerazione dell’anima nelle varie, personalità, da qui la mia decisione di utilizzare la parola strappo. Devo anche dire che non sono voluta entrare troppo nell’argomento perché la mia conoscenza è molto superficiale e non volevo dire qualcosa di sbagliato.

Passando ora alla parte più “leggera”: i nostri ragazzi sono stati invitati ad un ballo! Ho due domande da porvi, valide per entrambi i gruppi:

 

 

-Come sarà vestito il vostro Oc: questa è una vostra libera scelta, potete scegliere abito e acconciatura (nel caso delle donne). Mi raccomando: date sfogo alla vostra fantasia!;

-Un evento che volete che accada durante il ballo?

 

 

Come sempre lascio la lista tra cui scegliere per il prossimo capitolo:

 

Caleigh

Scarlett

Harry

Charlotte

 

 

Detto questo, non ho nient’altro da aggiungere. Per la stesura del capitolo ho già qualche idea, ma finché non scrivo e pubblico quello dell’altra interattiva sono ferma, quindi potete andare con un po’ più di calma. Ci vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,

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Capitolo 9
*** CAPITOLO 6 ***


CAPITOLO 6

 

“Pensa, credi, sogna e osa.”

 collage

 

 

 

 

 

 

Marzo 2000, Villa Cross

 

 

            Scarlett stava finendo di preparare la sua piccola valigia, ringraziando mentalmente l’incantesimo di Estensione che l’elfo domestico aveva applicato sulla borsa – ovviamente senza conoscere il vero motivo di quel gesto. Alla piccola, di soli dieci anni, si era stretto il cuore al pensiero di dover mentire a quella che, negli ultimi anni, era stata la sua unica amica. D’altronde, non aveva scelta: figlia del primo matrimonio di John Cross, rimasto vedovo ai due anni della bimba, veniva completamente ignorata dal padre in quanto tutte le attenzioni dell’uomo erano rivolte verso Kendra, la nuova compagna di quest’ultimo, e verso i loro tre figli. A Scarlett i suoi fratellastri non piacevano, così come la matrigna: se loro non ci fossero stati, probabilmente il padre le avrebbe riservato ancora del bene.

Sentì dal piano di sotto un leggero pianto, segno che Lara, l’ultima arrivata in famiglia, si fosse risvegliata dal suo sonnellino pomeridiano. Dalla stanza accanto alla sua, invece, John e Harold, rispettivamente di quattro e due anni, giocavano insieme. Sentendo le risate di suo padre e di Kendra, Scarlett si decise: si diresse verso il camino che si trovava nella sua stanza, in una mano le maniglie della valigia e nell’altra un po’ di Metropolvere, ed entrò nel camino. Sapeva con certezza la sua destinazione, ovvero la casa di Michael e Shirley Carter, i suoi nonni materni e, urlando a gran voce il nome dell’abitazione, sparì per sempre da quella casa priva d’amore verso di lei.

 

 

 

 

 

Mercoledì 16 Novembre, Primo piano, Villa Olympus

 

 

            -Mai e poi mai indosserò una roba del genere. Sembro un pinguino!- esclamò Cameron e i fratelli iniziarono a ridere. Da almeno due ore, i membri maschi dell’Umbrella Academy si erano riuniti nella stanza di Oberon – la più grande – per decidere cosa avrebbero indossato al ballo.

-Il problema non è come ti sta, ma il completo stesso. Fa a botte con i capelli che ti ritrovi.- fece Felikz, ricevendo un’occhiataccia dal fratello. Tuttavia, sapeva che il fratello aveva ragione: il completo grigio che stava provando – tirato fuori dalla cabina di vestiti che il padre aveva “comprato” per loro per eventi futuri se fossero rimasti all’Umbrella Academy – gli delineava il fisico asciutto ma faceva sembrare i suoi capelli molto più scuri, come se li spegnesse.

-Per Merlino, sembriamo delle ragazzine alle prese con il Ballo del Ceppo1.- disse Travis ricevendo un assenso da Mathias.

-Vi ricordate tutti i ricevimenti ai quali papà ci faceva partecipare?  Un incubo.- continuò Numero Dieci fingendosi orripilato. Fëdor, dopo essersi controllato ancora una volta allo specchio, si rivolse a Felikz.

-Con papà andavi ancora ai ricevimenti?- gli domandò e Numero Sette annuì.

-Sì, anche se spesso discutevamo per via dei miei capelli “troppo lunghi”. Alla fine siamo giunti all’accordo che, se mi lasciava tenere la mia lunghezza di capelli, lui avrebbe avuto il diritto di scegliermi l’abito, visto che nemmeno lì si fidava a lasciarmi via libera.-

-Se si lamentava con i tuoi, figuriamoci se mi avesse visto adesso!- replicò Oberon scatenando l’ilarità del gruppo: di sicuro il Signor McKinnon si sarebbe strappato i capelli dalla testa alla vista della barba e dei capelli del Numero Sei.

-Quelli erano alcuni dei pochi momenti che preferivo…- mormorò Gabriel ed Elaija gli scompigliò i capelli concordando, mentre Travis scuoteva la testa.

-Per forza, se non fosse stato per noi sareste rimasti nascosti in qualche angolino della sala. Almeno con noi vi divertivate!- disse, facendo riferimento ai tanti episodi in cui il Numero Quattro e Numero Nove si isolavano e i fratelli stavano con loro tutto il tempo per non farli sentire soli, anche a costo di perdersi tutta la serata.

Ad un certo punto, un leggero picchiettio li costrinse a portare i loro sguardi verso la finestra, dove un gufo delle poste continuava a picchiettare allegramente. Gabriel andò ad aprire per prendere la lettera e, dopo avergli dato qualche soldo e qualche grattino, il volatile volò via tutto contento.

-Cosa c’è scritto?- domandò Mathias. Numero Tre aprì la lettera e, leggendo quello che vi era scritto, si mise a ridere.

-Emerald, Ophelia, Lauren e Sheryl ci hanno inviato una lista di consigli per i vestiti. “Per i casi disperati”, così dice il titolo.- I membri si misero a ridere e il rosso passò la lista a Fëdor, che cominciò a leggere attentamente.

-“Cari fratelli, visto la vostra poca conoscenza nel campo della moda, ci siamo permesse di stilare questa lista per darvi qualche consiglio. Innanzitutto, Cameron e Gabriel dovete evitare colori come il nero, il grigio o colori scuri che potrebbero far sembrare i vostri capelli spenti. Oberon, hai via libera, ma punta su un colore caldo: ti si addice con la tua personalità”.-

-Salvatrici del nostro mondo!- fece Cameron cominciando a togliersi la giacca del completo che indossava. Numero Uno continuò.

-“Mathias, punta sul blu, perché sappiamo che è l’unico colore a mettervi d’accordo tutti.”- lesse e Numero Dieci annuì, sorridendo per la premura delle sorelle che si erano ricordate del colore capace di accontentare gli Altri.

-“Elaija, Travis e Fëdor hanno via libera, come Oberon. Per Felikz: fatti vestire da qualcun altro perché tu non ne sei capace.”- Nel sentire quell’ultima frase, Felikz emise un verso indignato, mentre gli altri scoppiavano a ridere.

-Io non lo trovo divertente!- esclamò il Metamorphomagus.

-Fidati, hanno pienamente ragione. Forza, al lavoro!- Travis si diresse a passo spedito verso l’armadio di Oberon ma, non appena lo aprì, una piccola creatura gli saltò addosso, facendogli lanciare un urlo decisamente poco virile.

-Che diamine è?- fece spaventato e Oberon si mise a ridere.

-E’ Sherlock2, il mio gatto. Niente di cui ci si debba preoccupare.- disse. Travis lo guardò con aria stralunata.

-Da quando hai un gatto? E da quanto tempo si trova qui?- domandò Numero Dodici cercando di allontanarsi il più possibile dall’animale: fin da quando era piccolo, aveva sempre avuto terrore dei gatti, nonostante i fratelli cercassero di fargli capire che fossero innocui. Il gatto, un bellissimo esemplare di siamese, si mise ad osservare tutti i presenti, per poi iniziare a strusciarsi contro la gamba di Cameron, la persona più vicina. Quest’ultimo, dopo aver avuto un’idea, prese in braccio il gatto e si voltò sorridente verso Travis.

-Caro Travis…- disse, mentre si avvicinava al fratello con il micio in mano. Numero Dodici indietreggiò.

-Non ti avvicinare con quel coso!- urlò ma fu costretto a scappare non appena il gatto scese dalle braccia del rosso per correre verso di lui.

-Fratello, sei cattivo.- disse Mathias e Cameron alzò le spalle.

-Impara a darmi colpe che non ho.-

 

 

 

 

 

1 Settembre 2001, Espresso di Hogwarts

 

 

            Non appena mise piede sull’Espresso di Hogwarts, Scarlett realizzò subito di non stare sognando: per i prossimi sette anni avrebbe frequentato la migliore scuola di Stregoneria e Magia che esisteva al mondo. I suoi nonni, così fieri di lei, l’avevano accompagnata al binario e la ragazzina si voltò per salutarli una volta ancora. Non appena i suoi nonni scomparvero dalla sua visuale, Scarlett si mise alla ricerca di un posto dove sedersi. Cercò di schivare gli altri ragazzi che le passavano accanto, osservandoli mentre si salutavano o chiacchieravano tranquillamente. Ad un certo punto vide, poco più avanti, una ragazzina che cercava di farsi strada tra tre studenti più grandi, senza però riuscirci. Notando la sua divisa, Scarlett capì che si trattava di una nuova studentessa come lei e, vedendola in difficoltà, decise di aiutarla. Riuscì a farsi spazio tra i tre ragazzi e afferrò la mano dell’altra, che la osservava con uno sguardo di gratitudine, per poi trascinarla con sé verso uno scompartimento libero. Non appena chiuse la porta, quella le rivolse un enorme sorriso.

-Grazie mille, mi hai davvero salvata! Pensavo sarei rimasta lì fino all’arrivo!- esclamò la ragazzina e Scarlett le sorrise di rimando.

-Figurati, ti ho visto in difficoltà e ho pensato di aiutarti. Finché saremo del primo anno penso sarà dura.- replicò e l’altra annuì, come a confermare le sue parole. Dopo qualche attimo, le tese la mano.

-Io mi chiamo Lucy O’Malley, tu?- le domandò. Scarlett osservò la mano, per poi sorridere e portare lo sguardo su Lucy.

-Scarlett Cross, è un vero piacere.- rispose stringendole la mano, dando così inizio ad un nuovo legame.

 

 

 

 

 

Giovedì 17 Novembre, Madama McClan Diagon Alley

 

 

            -Niente, non riesco a trovare niente!- esclamò Charlotte e Katrina fu sul punto di affatturarla: da ore le ragazze dell’Ordine, insieme alle ex-allieve dell’Umbrella Academy, si erano rinchiuse all’interno della famosa sartoria di Diagon  Alley alla ricerca di un vestito ma, mentre alcune avevano subito trovato qualcosa, per altre la situazione cambiava. Le vecchie allieve avevano spiegato loro riguardo all’armadio dei vestiti lasciato loro dal padre ma, visto che nessun abito si addiceva ai loro gusti, avevano deciso di trovare quelli giusti per conto loro. Katrina sbuffò, spostandosi una ciocca che le era finita davanti agli occhi, e cominciò a lisciarsi il vestito per nervosismo: aveva deciso di utilizzare un vestito che possedeva già, nero che sfumava via via fino a diventare blu sulla fine, dallo scollo a cuore senza spalline e che scendeva libero giù. Unico accessorio era una piccola cinturina di pelle nera, che risaltava ancora di più le forme della ragazza.

-Stai tranquilla, vedrai che riuscirai a trovare qualcosa.- cercò di rassicurarla Ophelia, mentre la sarta finiva di sistemarle gli ultimi ritocchi dell’abito blu che stava indossando. Accanto a lei, Sheryl osservava allo specchio il suo meraviglioso abito a sirena viola, formato da sottili spalline, un’ampia scollatura e da alcune balze che costituivano la fine dell’abito. Inoltre, come ultimo tocco, era interamente coperto di brillantini che, oltre all’aria elegante, donavano anche un aspetto più sensuale.

-Ophelia ha ragione, non sempre il primo vestito che provi è quello giusto.- continuò Caleigh, seduta su un divanetto accanto ad Emerald. Le due avevano già trovato i loro abiti e adesso si occupavano di dare vari consigli alle altre. Fu Emerald ad avanzare una proposta.

-Perché non provi un abito corto come quello di Lauren?- domandò, portando l’attenzione sulla Numero Otto: la ragazza indossava un elegante vestito, con la gonna che scendeva libera fino alle ginocchia, di un bel verde acqua che le risaltava la carnagione. Il sopra, costituito da una scollatura a cuore, era coperta da una specie di corpetto in pizzo nero, messo ancora più in risalto dal colore. Nel vedere la tipologia di vestito, Charlotte storse un poco il naso.

-Non lo so, non mi convince tanto….- rispose la rossa e Katrina decise di mettersi alla ricerca di un altro abito, aiutata da Caleigh ed Emerald. Dopo qualche minuto, la ragazza emise un versetto di gioia.

-Forse ho trovato quello giusto!- esclamò la mora passando il vestito a Charlotte. La ragazza si infilò dietro al separé e, non appena ricomparve, ottenne dei cenni di approvazione. L’abito che indossava era diviso costituito da due parti: il corpetto bianco, dallo scollo a cuore, era sormontato da del pizzo semitrasparente, ricoperto da punti luce che facevano sembrare il bianco ancora più brillante; la gonna, invece, era di un bel blu e, partendo dalla vita, scendeva leggera. Il contrasto di colori faceva risaltare sia la carnagione pallida che i capelli rosso fuoco di Charlotte.

-Ti sta benissimo.- disse Scarlett e la rossa sorrise.

-Okay, deciso. Pensavo non ce l’avrei mai fatta!- fece e tutte scoppiarono a ridere.

-Cavoli Ophelia, sembri una principessa! Chi vuoi incantare?- domandò Sheryl e Numero Cinque sorrise imbarazzata.

-Non voglio incantare nessuno.- rispose, mentre le sue guance si tinteggiavano di rosso.

-Chi vuoi prendere in giro? Pensi che gli sguardi che lanci ad Ema non si notino?- proferì Emerald e la sorella si voltò verso di lei con gli occhi sgranati. A dare manforte a Numero Due arrivò Lauren.

-Tra l’altro, non eri innamorata di lui a scuola? Non facevi che parlarne in continuazione.- affermò Numero Otto e Ophelia sospirò, desiderando ardentemente di venire risucchiata dal terreno. Intenerita dalla bionda, Sheryl decise di correre in suo aiuto.

-Beh, se per questo non è l’unica. Sbaglio, Lauren, o hai una particolare intesa con Cameron?- chiese la rossa e Lauren divenne paonazza in viso.

-No, tra noi non c’è niente… E poi siamo come fratelli3…- mormorò.

-Non ci provare! Non siete fratelli di sangue quindi questa scusa non vale.- Katrina pronunciò quelle parole con enfasi sapendo che, tutto sommato, aveva ragione lei. Scarlett, osservando la discussione, decise di salvare le ragazze da vari imbarazzi.

-Ragazze, ora che abbiamo trovato i nostri abiti, dobbiamo passare al passo successivo.- proclamò e le altre la guardarono curiose.

-E sarebbe?- domandò Caleigh. La bionda sorrise.

-Trucco e parrucco.-

 

 

 

 

 

Maggio 2007, Hogwarts

 

 

            -Scarlett, aspettami!- Nel sentirsi chiamare, la giovane Corvonero si voltò verso la sua amica Lucy, che la stava raggiungendo di corsa, e le sorrise. Dal momento in cui si erano conosciute, le due non si erano mai separate, nonostante Lucy fosse finita a Tassorosso, diventando così grandi amiche.

-Lucy, come mai sei qui adesso? Non avevi gli allenamenti del Quidditch?- le domandò la bionda una volta che l’amica le fu vicino.  Questa alzò le spalle ridacchiando.

-McKinnon Due, Sette, Nove, Dieci e Dodici4 hanno deciso di trasformare il Campo da Quidditch in una laguna, quindi abbiamo dovuto rimandarli. Cavoli, avresti dovuto vedere la faccia del Professor Paciock! Ha costretto quei quattro a sistemare il danno che hanno combinato e penso che rimarranno lì fino al 2023.- spiegò Lucy e Scarlett si fece scappare una risata. I fratelli McKinnon si trovavano solo al primo anno5 ma la loro fama come Membri dell’Umbrella Academy li aveva preceduti. Per ovvie ragioni, alcuni di essi cercavano metodi originali per distanziarsi da quel nome.

Mentre camminavano, Scarlett si accorse delle occhiate che ogni tanto la sua amica le lanciava.

-D’accordo, cosa vuoi chiedermi?- le domandò prendendola completamente alla sprovvista. Lucy boccheggiò un attimo, per poi decidere di voltare il sacco.

-Stai ancora con Gregor, vero?- Alla domanda dell’amica, Scarlett sbuffò, dandosi mentalmente della stupida per non essere riuscita a capire dove voleva arrivare Lucy: aveva conosciuto Gregor Sanders durante il primo anno, mentre lui si trovava al terzo anno a Serpeverde. Si erano messi insieme durante il terzo anno di lei e il sesto di lui, nonostante Lucy continuasse a ripeterle che il giovane non facesse per lei. Dopo qualche attimo di silenzio, decide di rispondere alla Tassorosso.

-Sì, stiamo ancora insieme e no, non ho intenzione di lasciarlo. Noi ci amiamo e stiamo bene così. Tra l’altro, abbiamo deciso di andare a vivere insieme.- A quelle parole, Lucy sgranò gli occhi.

-Come a vivere insieme? Ma siete troppo giovani!-

-La decisione ormai l’ho presa. Dopo il diploma mi trasferirò da lui, fine della discussione.- rispose Scarlett un po’ seccata e la sua amica alzò gli occhi al cielo. Restarono in silenzio ancora per qualche minuto.

-Ma ne sei sicura?- le domandò ancora e Scarlett emise un verso di frustrazione, facendo scoppiare a ridere la Tassorosso. Alla fine, decise di seguire l’esempio dell’amica mentre, nella sua testa, cercava di convincersi che Gregor fosse perfetto per lei.

 

 

 

 

 

Giovedì 17 Novembre, Camden Town

 

 

            Quel giorno, il grande quartiere di Camden Town ospitava più gente del solito, rendendo le strade poco fluide e decisamente troppo “asfissianti”. Di fronte a quelle persone, Harry storse il naso: fin da piccolo, non aveva mai amato il troppo rumore, il caos o le grandi folle e in quell’ambiente si sentiva decisamente un pesce fuor d’acqua. Il ragazzo riportò lo sguardo avanti, dove Emanuel lo precedeva facendosi strada tra la gente. Si muoveva con agilità, il che fece pensare all’ex-Serpeverde che il ragazzo dovesse essere abituato a quella mole di persone. Accelerò il passo, arrivandogli finalmente accanto.

-Mi puoi spiegare dove stiamo andando?- domandò il biondo sbuffando, mentre si spostava leggermente per evitare una donna che stava agitando le dita su di uno strano aggeggio metallico6.

-Non ti agitare, siamo arrivati.- gli comunicò Emanuel entrando in una via laterale. I due camminarono ancora per qualche minuto e giunsero poi di fronte ad un vicolo cieco. Prima che Harry potesse lamentarsi, Emanuel tirò fuori dalla tasca destra del suo cappotto nero una fialetta, versando poi qualche goccia sul muro in mattoni. Improvvisamente, sul muro apparve lentamente una porta bianca, con un lucente pomello dorato. L’ungherese aprì la porta ed entrò, seguito subito dal biondo. La porta si rivelò essere l’ingresso di un appartamento: procedendo dall’atrio, si arrivava alla cucina della casa, una piccola stanzetta con al centro un tavolo di legno e due sedie. Accanto alla cucina, vi era una specie di salotto, con un vecchio divano al centro e, di fronte ad esso, un’enorme libreria, piena di volumi e cornici di varie dimensioni, che ospitavano foto di vario genere. Harry osservò meravigliato l’ambiente che lo circondava, non accorgendosi di avere Emanuel dietro di sé.

-Se te lo stai chiedendo, io e Katrina viviamo qui.- disse facendo sobbalzare l’ex-Serpeverde. Con un cenno del capo, il moro gli fece segno di seguirlo al piano di sopra. Harry gli andò dietro, ammirando mentre saliva le varie foto che si trovavano appese alle pareti: alcune riguardavano Emanuel e Katrina ai tempi di Hogwarts, mentre altre li fotografavano insieme ad altre persone. Arrivati al secondo piano, i due ragazzi passarono di fronte ad una stanza e il biondo capì subito che si trattava della stanza di Katrina. Vide di sfuggita le pareti violette, ricoperte da alcuni poster e qualche mensola, ma nulla di più. Emanuel tirò dritto giungendo fino alla stanza più in fondo, che Harry capì essere la stanza dell’amico: le pareti erano grigio chiaro e creavano un forte contrasto con i mobili laccati di legno. La stanza era perfettamente in ordine e rispecchiava chiaramente l’animo del suo proprietario. Sulla parete di sinistra, una scrivania in legno nero occupava quasi tutta la lunghezza del muro e al di sopra si trovavano alcune pergamene, una piuma con il calamaio, qualche libro e una cornice, che raffigurava un ragazzino di circa otto anni e uno di circa dodici. Il biondo identificò il più piccolo come Emanuel, in quanto non era cambiato molto, mentre l’altro non sapeva riconoscerlo. L’ex-Serpeverde si voltò verso il compagno, ma subito si ritrovò addosso un panno, che l’amico gli aveva lanciato senza nemmeno voltarsi. Non appena se lo tolse dalla faccia, capì che si trattava di un paio di pantaloni neri e guardò interrogativo Emanuel, che intanto lo fissava annoiato.

-E con questi cosa ci dovrei fare?- domandò. Il moro alzò gli occhi al cielo.

-Provarli? Mi avevi detto di non avere abiti per il ballo e allora volevo prestarti qualcosa. Sei più basso di me ma sei più piazzato con il fisico, quindi dovrebbero starti lo stesso. Al massimo si può fare qualche incantesimo per sistemarlo.- spiegò ed  Harry rimase senza parole, non aspettandosi un tale gesto da parte del suo capo. Dopo qualche minuto, cominciò a spogliarsi, provando poi i vari capi che Emanuel gli passava.

-Tra te e Katrina c’è qualcosa?- chiese dopo un po’ il moro e per poco Harry non inciampò nei pantaloni che stava indossando.

-Cosa? No, niente di niente! E poi, neanche ci piacciamo!- rispose il biondo mentre le sue gote si coloravano di rosso. A quel punto, Emanuel sghignazzò, decidendo di infierire ancora.

-Davvero? E pensa che è stata proprio lei a proporti per l’Ordine.- continuò e a quel punto l’altro si volto incredulo verso di lui.

-Serio? Ma se continua a denigrarmi?- A quella domanda il sorrise, sapendo bene quanto Harry fosse testardo riguardo alle cose.

-Ti punzecchia, il che è diverso. E si, è stata lei. A me sembravi ancora troppo “immaturo” per un compito del genere ma Kat ha voluto darti fiducia.- Emanuel ricominciò a ravanare nel suo armadio, sotto lo sguardo sbigottito del suo sottoposto. Dopo qualche attimo, però, si fermò sospirando, per poi voltarsi verso il biondo.

-Senti, Katrina è la mia migliore amica, è come una sorella e la conosco da quando sono nato. Raramente qualcuno la convince e tu sei stato il primo. So di per certo che dell’interesse tra voi e l’unica cosa che ti chiedo è quella di non farla soffrire, altrimenti te la dovrai vedere con me.- Harry, di fronte al tono minaccioso dell’ex-Serpeverde, deglutì e annuì un po’ spaventato, sapendo quanto male avrebbe portato mettersi contro Emanuel. Non appena ottenuto un suo cenno, il moro sorrise, per poi passargli un’altra camicia.

 

 

 

 

 

20097, Casa Carter

 

 

            Sentendo dei continui rumori provenire dall’ingresso della casa, Shirley Carter afferrò la bacchetta che si trovava sul comodino accanto al suo letto e si diresse verso le scale. Da quando suo marito Michael era venuto a mancare tre anni prima, la donna aveva imparato a vivere da sola, nonostante certe volte sentisse molto la mancanza del marito. Quella notte, a causa della forte tempesta che colpiva le vecchie pareti della casa, la donna era rimasta sveglia ad osservare una vecchia foto del suo matrimonio, quando aveva sentito dei rumori.

Shirley iniziò a scendere le scale e vide di fronte alla porta d’ingresso una figura piuttosto minuta e la donna sgranò gli occhi, capendo chi si trovasse di fronte a lei. Con un gesto della bacchetta, le luci si accesero, illuminando così la giovane Scarlett: la bionda era bagnata fradicia, indossava una vecchia tuta grigia, era scalza e aveva gli occhi arrossati. Vedendola in quello stato, la nonna le si avvicinò subito preoccupata.

-Scarlett, bambina mia, cosa è successo?- le domandò la donna, mentre con un altro gesto della bacchetta accendeva il fuoco nel camino del salotto. Scarlett aprì la bocca, cercando di dire qualcosa ma, invece, uscì solamente un singhiozzo, seguito poi da molti altri. Shirley portò la nipote in salotto e, dopo averla fatta accomodare sul divano, appellò una coperta e incantò gli utensili della cucina, che si misero a preparare una tazza di cioccolata calda. Non appena ottenuta la coperta la appoggiò sulle spalle della nipote, che continuava a piangere ininterrottamente.

-Scarlett, cara, puoi dirmi cosa è successo? Dov’è Gregor?- le domandò Shirley. Scarlett tirò su con il naso, per poi prendere un respiro profondo.

-Gregor mi ha cacciata di casa…- disse ricominciando a piangere e la nonna sgranò gli occhi.

-Come ti ha cacciata di casa? Cosa è successo?- A quella domanda, Scarlett abbassò lo sguardo.

-Ha scoperto che sono incinta…- rivelò, facendo scendere un pesante silenzio tra le due. Dopo qualche minuto, Shirley strinse la nipote in un forte abbraccio.

-Non preoccuparti piccola mia, ti aiuterò io. Ce ne occuperemo insieme.- disse la donna e Scarlett ricambiò la stretta, lasciandosi poi cullare tra le braccia dell’unica persona che le voleva bene al mondo.

 

 

 

 

 

19 Novembre, Atrio, Villa Olympus

 

 

            Il continuo ticchettare del grande orologio a pendolo che si trovava nell’atrio della villa irritava leggermente Emanuel, che si trovava vicino alla porta d’ ingresso.  Aveva detto ai suoi compagni che si sarebbero trovati direttamente di fronte al locale, mentre lui sarebbe passato a controllare il prigioniero della villa, affidato alle cure della Signora Davis e di Libby. Nonostante avesse avuto qualche dubbio iniziale, il ragazzo si era dovuto ricredere: aveva scoperto che la Signora Davis, prima di andare a lavorare come domestica, era un Auror di alto livello e aveva lavorato a stretto contatto con il Signor McKinnon. Dopo il suo ritiro, l’uomo si era offerto di darle un lavoro e un posto in cui vivere e la donna aveva accettato subito. Aveva carattere ed era molto abile con gli incantesimi, quindi i ragazzi potevano stare tranquilli. Ad un certo punto, un rumore lo costrinse a portare lo sguardo verso le scale, dove venne colpito da una visione, a suo parere, “angelica”: Ophelia indossava un lungo vestito blu brillante, dalla gonna leggermente ampia e dalla scollatura a cuore; le maniche erano costituite da un leggero tessuto in pizzo e, inoltre, il corpetto era interamente decorato da brillantini, che coprivano anche varie parti della gonna. I capelli erano raccolti in due trecce che andavano a formare un elegante chignon, dandole un’aria ancora più principesca. Non appena lei lo notò, si fermò all’istante, arrossendo leggermente.

-Emanuel, pensavo che saresti andato direttamente lì.- disse l’ex-Corvonero ed Emanuel, dopo una piccola esitazione, rispose.

-Ero venuto qui a controllare il “prigioniero” e ho detto agli altri che li avrei raggiunti là. Inoltre, avevo alcune cose da riferire a Fëdor e volevo farlo il prima possibile.-

-E’ tutto apposto?- domandò lei leggermente preoccupata.

-Niente di cui ci si debba preoccupare in questo momento. Per ora godiamoci questa serata.- replicò l’ungherese. Ophelia fece per dire qualcosa, ma gli schiamazzi dei suoi fratelli, che si erano finalmente decisi ad uscire dalle loro stanze, la convinse a tacere, con sommo dispiacere del ragazzo. Ben presto, tutti i membri dell’’Umbrella Academy li raggiunsero.

-Però, che stile.- scherzò  Ophelia riguardo il vestito di Elaija, che richiamava completamente lo stile indiano, dal lungo camicione blu notte con dei decori blu zaffiro fino alle scarpe del medesimo colore. Numero Nove le fece la linguaccia sorridendo, in quanto tutti sapevano quanto quello stile affascinasse il ragazzo. A prendere parola alla fine fu Numero Uno.

-Forza ragazzi, - disse a tutti, - ci aspetta una lunga serata.

 

 

 

 

 

Giugno 2012, Diagon Alley

 

 

            Quel giorno, un forte sole copriva le strade di Diagon Alley, rendendo l’atmosfera ancora più allegra. Scarlett, in compagnia di sua nonna e di Michael, chiamato così in onore del nonno e che ora aveva tre anni8, aveva deciso di fare un giro insieme alla famiglia, per godersi quei primi raggi di sole che anticipavano la stagione estiva. Notando da lontano la Gelateria Fortebraccio, Michael saltellò entusiasta e, afferrando un lembo del vestito della nonna, cominciò a tirarla verso il negozio, mentre Scarlett li osservava da dietro sorridendo.

-Il piccolo Michael cresce bene. Fortuna che non ha preso niente dal padre.- disse una voce e Scarlett si voltò di scatto, per poi rilassarsi: di fronte a lei si trovava un ragazzo di circa ventun anni, con i capelli marroni lunghi quasi fino alle spalle, gli occhi nocciola e la carnagione abbronzata. Accanto a lui, una ragazza dai lunghi capelli neri e gli occhi del medesimo colore la osservava sorridendo. La bionda li riconobbe subito.

-Emanuel, Katrina, è bello vedervi.- li salutò la donna sorridendo. Suoi ex-compagni del club di Scacchi, aveva re-incontrato i due subito dopo il loro diploma e avevano riallacciato un po’ i rapporti. Aveva raccontato loro della questione di Gregor, in quanto si trattava di un loro vecchio compagno di casa e i due ragazzi si erano offerti di aiutarla con Michael.

-Eravamo qui a fare un giro perché mi servivano alcuni libri. Voi approfittate del bel tempo?- domandò Emanuel e Scarlett annuì.

-Sì, adesso che Michael ha imparato a camminare e a parlare è difficile tenerlo chiuso in casa a fare niente.- rispose la bionda. Notò i due scambiarsi un veloce sguardo e si insoppettì.

-Senti, dobbiamo chiederti una cosa importante.- fece Katrina e la bionda la guardò interrogativa.

-E’ qualcosa di cui mi devo preoccupare?- domandò e i due scossero la testa.

-No. Però prima di parlartene, dobbiamo sapere se possiamo fidarci. E’ una cosa difficile, vi è in gioco la sicurezza delle persone e può essere pericoloso. Possiamo fidarci?- A quella domanda, Scarlett si voltò, portando lo sguardo su sua nonna e su Michael, in fila per entrare da Florian Fortebraccio. Vide Michael sorridere per qualcosa che aveva detto Shirley e Scarlett prese la sua decisione. Si voltò nuovamente verso Emanuel e Katrina, che ora la osservavano fiduciosi.

-Sì, potete contare su di me.- rispose e Katrina le sorrise, mentre Emanuel prese un respiro di sollievo.

-Mai sentito parlare dell’Ordine di Morgana?-

 

 

 

 

 

Ore 19.50, Criterion Restaurant, Londra

 

 

            Il Criterion Restaurant9 era uno dei ristoranti più chic di tutta la capitale londinese. Situato nel cuore della città a Piccadilly Circus, venne fondato nel 1874 e i suoi locali ne rappresentavano in pieno il lusso dell’epoca. Era costituito da un’enorme sala piena di tavoli rotondi, ingrandita per l’occasione in modo che arrivasse a formare anche un ampio spazio per ballare e per l’orchestra. Inoltre, il locale si trovava collegato con un immenso teatro, dove venivano rappresentate le migliori opere del momento.

Scarlett ammirava meravigliata l’enorme atrio del ristorante, interamente illuminato da grandi lampadari che sembravano far risplendere ogni superficie. Accanto a lei, Jem continuava ad osservare il suo orologio, mentre Katrina camminava avanti e indietro.

-Kat, sento la tua testa macchinare fino a qui.- al commento di Scarlett, la bulgara si voltò verso di lei.

-Quei due dovevano essere qui almeno dieci minuti fa!- disse piccata, riferendosi agli ultimi due membri della loro congrega. A quelle parole, Jem sorrise.

-Stai tranquilla, vedrai che avranno avuto qualche problema.- Non appena il professore finì di dire quella frase, dalla porta di ingresso comparvero le figure di Charlotte e Harry: la prima, come accordatosi con le altre ragazze, aveva raccolto i capelli in una semi treccia, che si fermava a metà grazie ad un meraviglioso fermaglio argentato; accanto a lei, Harry aveva optato per un completo total black, compresa la camicia e il papillon.

-Scusate per il ritardo, ma questo fifone non ne voleva sapere di smaterializzarsi.- spiegò la rossa. A quel commento, il biondo si voltò verso di lei indignato.

-Io paura? Tu sei spericolata! Se continui così c’è il serio rischio che ti spezzi!- replicò lui, mentre Scarlett e Jem li guardavano divertiti. Katrina fu sul punto di affatturarli quando vide comparire anche Emanuel, seguito dall’intera Umbrella Academy.

-Ci siamo tutti?- domandò Lauren e Jem annuì, mentre si sistemava la giacca beige.

-D’accordo allora. Abbiamo il novantanove percento di essere riconosciuti, quindi prepariamoci a tante conversazioni noiose e a condoglianze non pensate.- pronunciò Travis. I fratelli si guardarono l’un l’altro poi, con una specie di assenso comune, entrarono nella sala.

 

 

 

 

 

 

1.      Ballo del Ceppo: ho pensato che, dopo la Battaglia di Hogwarts, il Ballo venisse introdotto come una specie di ballo annuale;

2.      Sherlock: il gatto di Oberon. Non mi ero dimenticata di lui, ma cercavo l’occasione adatta per presentarlo;

3.      Fratelli: qui Lauren fa riferimento a come sono stati cresciuti ma tecnicamente ha ragione Katrina, in quanto non presentano legami di sangue e, per come sono stati cresciuti, non sono proprio dei “fratelli”;

4.      Dodici: i ragazzi, famosi per via dell’Umbrella Academy, venivano ricordati con i numeri, per questo alcuni di loro cercano di staccarsi da quella realtà;

5.      Primo anno: essendo nati ad Ottobre, hanno iniziato la scuola un anno dopo, ovvero durante il settimo anno di Scarlett;

6.      Aggeggio metallico: il telefonino ma, essendo Harry un Purosangue, non lo conosce;

7.      2009: non so esattamente quando sia stato concepito Michael o quando sia nato, quindi ho provato a fare alcuni calcoli, spero di non aver sbagliato;

8.      Tre anni: stesso discorso del punto sei;

9.      Criterion: esiste veramente ed è uno dei più famosi.

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

E finalmente ce la fa!! Mamma mia, due mesi sono da punizione, mi dispiace tantissimo! Avrei voluto pubblicare prima ma proprio non ce la facevo.

Comunque, questo capitolo è incentrato sulla bella Scarlett, che non ha avuto tanto la vita facile. Povera, per fortuna ha la nonna dalla sua parte (e spero di essere riuscita a rappresentare anche lei). Allora, come avrete notato, qui non c’è niente di quello che mi avete detto nelle risposte ma, come penso abbiate intuito, ci saranno più capitoli sul ballo, quindi non preoccupatevi. Ho nuove domande per voi, che valgono per tutti:

 

-Come si comporterà al ballo? Che atteggiamento assumerà?

-Incontrerà qualcuno di speciale? Magari una persona importante della sua vita che ha conosciuto e che non rivedeva da tanto (questa domanda è facoltativa, se il vostro personaggio non ha conosciuto nessuno di importante evitate di sfollare, davvero)? Potete anche inviarmi dei prestavolti se volete.

 

 

 

Ecco qui i nomi per il prossimo capitolo. Mi raccomando, rispondete tuti, perché altrimenti mi trovo soluzioni di parità e non so che fare:

 

 

 

Fedor

Emerald

Gabriel

Cameron

Ophelia

Oberon

Felikz

Elaija

Sheryl

Travis

 

 

 

Inoltre, spero di aver fatto un buon lavoro con la descrizione dei vestiti. In ogni caso, ecco qui le foto degli abiti dei vostri pargoli:

 

 

 

UOMINI

 

DONNE

 

Fëdor

 
          fedor

Charlotte

 charlotte

Cameron

 

          cameron

Lauren

 lauren

Harry

 

            harry

Katrina

 katrina

Emanuel

 

      emanuel

Ophelia

 ophelia

Travis

 

       travis

Sheryl


sheryl

Jem

 

                  jem

Scarlett


scarlett

Oberon

 oberon

Caleigh

 

            caleigh

Gabriel

 

             gabriel

Emerald

 

               
        emerald

Mathias

 

            mathias

 

 

Elaija

 elaija

 

 

Felikz

 

         felikz

 

 

 

 

 

Ci vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,

__Dreamer97

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Capitolo 10
*** CAPITOLO 7 ***


CAPITOLO 7

 

“Danza la vita, canta e cammina.”

 elaija

 

 

 

 

 

 

1999, San Mungo, Londra

 

 

            Si sentiva stanco, gli occhi faticavano ad aprirsi. I suoni attorno a lui erano ovattati, un debole ronzio che aleggiava nelle sue orecchie. Facendosi forza, Elaija aprì gli occhi, richiudendoli subito dopo per la troppa luce. Dopo qualche minuto, riuscì ad abituarsi e si guardò intorno, cercando di capire dove si trovasse: notando le pareti bianche, capì di trovarsi in un reparto medico, ma la presenza di altre persone gli fece capire di non trovarsi all’Accademia. Vide un’infermiera sistemare il letto accanto al suo e fece per chiamarla, ma un bruciore a livello della gola lo costrinse a chiudere la bocca. Si portò una mano al collo e sussultò leggermente sentendo una benda. Ad un tratto, l’infermiera si accorse di lui e, dopo avergli passato un bicchiere d’acqua e aver ricevuto un cenno di gratitudine, uscì dal reparto. Tornò qualche minuto dopo, accompagnato da una signora e un signore, che Elaija riconobbe essere la Signora Davis e il Signor McKinnon.

- Oh, mio tesoro, sei sveglio! - esclamò la Signora Davis con le lacrime agli occhi, mentre gli correva incontro per abbracciarlo. Elaija provò di nuovo a parlare, ma il bruciore tornò, facendolo tossire. Il Signor McKinnon, che lo guardava impassibile, si voltò verso l’infermiera.

- Cos’è successo? - domandò l’uomo.

- Il piccolo Elaija ha avuto una brutta Meningite Magica. La Meningite è una malattia di origine infettiva, che colpisce le meningi e può essere causata da funghi, batteri o virus. E’ molto contagiosa e i batteri di solito stazionano nella zona della faringe. - spiegò l’infermiera. La Signora Davis fece per parlare, ma in quel momento arrivò un medico.

- Signor McKinnon, Signora Davis, salve. Sono il Dottor Thompson e sono il medico che ha in cura il vostro ragazzo. - si presentò l’uomo. Il Signor McKinnon fece un cenno del capo come saluto e si voltò verso Elaija, per poi sospirare.

- Dalle cartelle che tiene in mano suppongo che non abbia buone notizie. - replicò, facendo riferimento alla cartella che teneva in mano il Dottor Thompson e il medico annuì.

- Purtroppo sì. Vedete, la Meningite ha colpito fortemente il sistema immunitario, abbassandone così le difese. Questo ha portato ad una grave infiammazione delle corde vocali e abbiamo dovuto operare, con conseguente rimozione. - a quelle parole, la Signora Davis sgranò gli occhi.

- Vuol dire che… Non potrà più parlare? - domandò in un lieve sussurro. Elaija, che nonostante i suoi quattro anni era molto sveglio, aveva capito perfettamente dove volesse andare a parare il dottore. Inconsciamente, si portò una mano al collo, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. Una mano sulla sua testa lo costrinse ad uscire dai suoi pensieri e il bimbo portò lo sguardo sulla figura del Signor McKinnon.

- Non importa, - disse l’uomo, - l’importante è che tu stia bene. –

 

 

 

 

 

20.30, Sala Principale, Criterion Restaurant

 

 

-Quindi è così un ballo organizzato dal Ministero. – eslamò Harry non appena mise piede nella Sala Principale del Criterion Restaurant: l’intera sala, che per l’occasione era stata ingrandita per ospitare almeno il doppio delle persone, era stata decorata con alcuni mazzi di crisantemi, il fiore simboleggiante il lutto; sulla parete di sinistra vi si trovavano i tavoli del buffet e delle bevande, mentre alcuni camerieri avevano già cominciato ad offrire champagne agli ospiti. Sulla parete opposta all’entrata, vi si trovava il passaggio per la sala da ballo e, sul lato destro della sala, era stato innalzato una specie di palco, dove erano stati posizionati un leggio e un pannello commemorativo per Richard McKinnon. Nel notarlo, Oberon sbuffò.

- Per quanto dovremmo sorbirci questa pagliacciata? – domandò Numero Sei, ricevendo come risposta una gomitata da parte di Fëdor. Dopo essersi scambiati uno sguardo, il numero uno si voltò verso il resto dei suoi fratelli.

- Ricordatevi che questa è una cerimonia in onore di nostro padre, quindi evitate commenti inopportuni e maleducati. Per il resto del mondo noi eravamo una famiglia felice e siamo addolorati per la sua perdita. Tutto chiaro? – Gli undici membri dell’Umbrella Academy annuirono alle parole del maggiore.

- Noi controlleremo se ci saranno movimenti sospetti o qualcosa di strano. In caso succeda qualcosa vi avvertiremo. – fece Emanuel mentre, di fianco a lui, Katrina e Jem osservavano attentamente la folla di persone che si stava accomodando. Dopo essersi messi d’accordo, i membri dei vari gruppi si dispersero nella sala, dirigendosi in direzioni differenti. Oberon fece per andare verso il palco, ma venne fermato da Fëdor e si voltò verso di lui.

- Dimmi che mi stai per chiedere quello che penso. – fece Numero Sei e l’altro accennò un sorriso.

- So che probabilmente non ne avrai voglia, ma ho bisogno che mi aiuti a controllarli. Sai che molti di loro non sanno gestire situazioni di questo tipo e potrebbero scattare molti casini. – spiegò Numero Uno e Oberon annuì.

- Stai tranquillo, puoi contare su di me. D’altronde, ti ho mai deluso? – il commento fece ridere Fëdor e, dopo un piccolo cenno del capo, i due si separarono.

 

 

 

 

 

20.45, Sala da Ballo

 

 

            Charlotte osservava intimorita quello che accadeva intorno a lei: diverse coppie volteggiavano al centro della sala, seguendo un valzer eseguito alla perfezione da un piccolo quartetto di archi. La rossa fece per uscire dalla sala ma, nel voltarsi, si scontrò con qualcuno.

-Per Morgana, mi dispiace tantissimo! – cominciò a scusarsi senza nemmeno guardare in faccia la persona con la quale si era scontrata.

-Ehy calma! Sembri un treno in corsa! – esclamò quella persona. Non appena Charlotte alzò lo sguardo, incontrò il viso sorridente di Fëdor.

- Mai stata ad un ballo? – le domandò il ragazzo, mentre lei iniziava a torturarsi la treccia.

- In realtà non ne ho frequentati moltissimi. Durante quelli organizzati dalla Loggia stavo lì solo per i saluti e poi scappavo. – confessò, facendolo ridere.

- Erano davvero così male? –

- Non hai idea. Odio tutto questo. E’ pieno di gente falsa che fa la carina solamente per ingraziarsi qualcuno. – nel momento in cui finì la frase, Charlotte si rese conto di quello che aveva detto, diventando improvvisamente rossa in viso.

- Cioè… Non è che lo siete anche voi… Dicevo in generale… - farfugliò ma venne subito rassicurata da Fëdor.

- Tranquilla. Sinceramente, non è che piacessero molto anche a noi. Eravamo lì a fare le belle statuine per nostro padre, poi ci rifugiavamo da qualche parte utilizzando Elaija e Gabriel come scusa, visto che loro erano molto timidi e si rifiutavano di partecipare. – Questa volta fu il turno della ragazza di ridere. Il ballo finì, mentre i vari danzatori applaudivano per il pezzo appena concluso. Non appena il quartetto ricominciò a suonare, Fëdor tese una mano a Charlotte.

- Vuoi ballare? – le chiese. Alla domanda, la rossa lo guardò allibita.

- Non so neanche come muovermi. – replicò dispiaciuta e il ragazzo le sorrise.

- Non preoccuparti per questo: ti insegno io. -

 

 

 

 

 

20.53, Sala Principale

 

 

            -Santa Morgana, siamo qui da neanche dieci minuti e in quanti saranno già venuti a parlarci? Cinque? – domandò esasperato Travis, mentre Sheryl rideva per la sua reazione.

-In verità sette. E non possiamo farci niente, siamo comunque i figli dell’uomo che viene commemorato stasera. – rispose lei con tono gentile, mentre sorrideva a un uomo che l’aveva appena salutata. Numero Dodici la guardò scioccato.

- Come fai ad essere così tranquilla? –

- Semplice, faccio quello che mi ha sempre detto papà: sorrido, sono gentile e rispondo educatamente alle persone. Poi ci siete anche voi, quindi sono calma. – disse sorridendo, mentre Travis si passava una mano tra i folti capelli.

- Io ho smesso di ascoltare i suoi consigli a dieci anni. – replicò, ottenendo solo un altro sorriso dalla sorella, che lo fece tremendamente arrossire. Girò la testa, cercando di non farsi notare e si mise ad osservare la sala, notando poi la gente che ballava nell’altra sala. All’improvviso gli venne un’idea e si voltò verso la numero undici.

-Ehy Sheryl, ti andrebbe di ballare? – alla domanda, Sheryl si voltò verso di lui, per poi osservare un punto dietro Travis.

- Accetto volentieri la tua richiesta, ma prima dovremmo evitare che scatti un putiferio. – disse, facendo cenno al ragazzo che si voltò: Mathias era tampinato da alcune persone, probabilmente giornalisti della Gazzetta del Profeta a giudicare i taccuini e le macchine fotografiche. Tuttavia, quello che preoccupava i fratelli era un’altra cosa: sapevano benissimo come potevano reagire gli Altri se tallonati in quel modo e il ricordo del loro quarto ballo era ancora limpido nelle loro menti. Velocemente, Travis si avvicinò al fratello, notando che questi aveva già iniziato a cambiare il colore degli occhi e, lasciando che Sheryl prendesse il posto del fratello con i giornalisti, lo trascinò via. Non appena furono lontani da occhi indiscreti, si voltò verso Mathias.

- Con chi ho l’onore di parlare? – chiese Numero Dodici, ricevendo solamente un’occhiata stizzita. In quel momento, Travis notò che anche i capelli erano cambiati, passando dal castano scuro al biondo.

- Evan. Santa Priscilla, non li sopporto proprio quegli idioti, mi fanno venire voglia di cruciarli. – pronunciò Numero Dieci. Travis rabbrividì per quella minaccia velata, rassicurato però che a presentarsi fosse stata una delle personalità più gestibili: avevano avuto occasione di incontrare Evan altre volte, quando Mathias si trovava in mezzo a situazioni di forte stress. Fortunatamente, Evan era capace di gestire queste situazioni, evitando che altre personalità più ribelli uscissero allo scoperto. Dopo qualche minuto, i due vennero raggiunti da Sheryl.

- Sono riuscita a convincerli a lasciarvi stare. Ho detto loro che Mathias è ancora troppo colpito dalla perdita di nostro padre per parlarne. – spiegò la ragazza, ricevendo uno sguardo di ringraziamento da parte dell’altro.

- Ti ringraziamo molto, Sheryl. Ora, se volete scusarmi, vado in un posto isolato e cerco di far uscire Mathias. – Evan li salutò e si diresse verso l’uscita della sala, lasciando i due da soli. Dopo qualche minuto, Numero Undici si voltò sorridente verso l’altro.

-Allora, questo ballo che mi devi? -

 

 

 

 

 

2007, Villa Olympus

 

 

-          Cosa ci fai qui tutto solo? –

A quella domanda, Elaija sobbalzò leggermente. Tirò su con il naso e, cercando di asciugarsi il viso bagnato di lacrime, si voltò verso la sorella, leggermente infastidito: si trovava nel suo posto preferito, sotto l’ombra del vecchio salice piangente che si trovava nel giardino sul retro e mai nessuno era andato a disturbarlo. Tuttavia, la piccola Lauren si trovava di fronte a lui, la divisa dell’Umbrella Academy addosso e un cerchietto nero a tenerle in ordine la lunga chioma castana. Elaija, cercando di nascondere il foglio che teneva nella mano destra, le fece cenno di andarsene, dicendole che stava bene e che non doveva preoccuparsi. Nonostante le parole del fratello, la numero otto era cocciuta, motivo per il quale veniva chiamata dai fratelli – soprattutto da Elaija, Felikz ed Emerald – Lauren la Dura. Perciò, si sedette di fronte a Numero Nove, osservandolo poi con i suoi grandi occhi.

- Non me ne vado finché non mi rispondi e sai che non me ne andrò facilmente. - replicò la bambina ed Elaija sbuffò, sapendo che la bambina non avrebbe mollato facilmente. Così, con gli occhi che si riempivano nuovamente di lacrime, le passò il foglio che aveva cercato di nascondere in tutti i modi: si trattava di un disegno, raffigurante i bambini dell’Umbrella Academy, la Signora Davis, Libby e, al centro, il Signor McKinnon sorridente. Lauren lo osservò attentamente, per poi portare di nuovo lo sguardo sul fratello.

- L’uomo al centro chi sarebbe? – domandò lei e Numero Nove disegno nell’aria la risposta, scrivendo in caratteri maiuscoli la parola “papà”. A quella vista, la bimba, sgranò gli occhi.

- Vorresti dire il falso papà? – replicò. Nel sentire quelle parole, Elaija andò su tutte le furie, cominciando a gesticolare degli improperi rivolti a Lauren, che lo guardava impassibile. Ad un certo punto, la bimba gli afferrò entrambe le mani, fermando così i suoi insulti gesticolati.

- Mi dispiace, ma non capisco cosa stai dicendo, vai troppo veloce. Mi sembra però di capire che ce l’hai con me, giusto? – domandò e Numero Nove annuì vigorosamente. Stava per ricominciare ad urlarle contro quando lei si alzò di scatto, facendolo sussultare

- Ti arrabbi con me invece che con lui? Non lo capisci che da quando siamo qui non ci ha mai trattato come dei bambini ma solo come esperimenti? Non dovresti piangere per un uomo così. Non ci vuole bene. – rispose secca Lauren. Per tutto il discorso, Elaija aveva ascoltato attentamente, rendendosi conto man mano che la sorella aveva ragione: mai una volta il padre aveva rivolto loro dei sorrisi o dei complimenti, se non quando ottenevano dei buoni risultati negli allenamenti, ma anche lì non si allargava mai. Ad un certo punto, una mano spuntò nel suo campo visivo e guardò la sorella, che gli sorrideva dolcemente.

- Forza andiamo, gli altri ci staranno cercando. – disse, aiutando il fratello ad alzarsi. Così, i due bambini si recarono insieme verso il grande salone della Villa dove, seduti sul pavimento, i suoi fratelli giocavano insieme, chi con le carte, chi con qualche costruzione, sorvegliati dalla presenza costante della Signora Davis. Fu in quel momento che Elaija capì la sua fortuna: sapeva che non avrebbe mai ottenuto l’approvazione del padre, ma aveva cinque fratelli e quattro sorelle che gli volevano bene e questa era la cosa più importante.

 

 

 

 

 

21.36, Sala Principale

 

 

            Caleigh osservava meravigliata le decorazioni della Sala, appoggiata ad una colonna vicino al tavolo del buffet. Stava aspettando Charlotte, che era finita chissà dove nella sala da ballo e non era ancora tornata, cosa che aveva stranito la ragazza. Fece per muoversi per andare a cercarla, ma l’apparizione di un viso noto la costrinse a fermarsi, osservando scioccata l’uomo che si trovava a pochi metri di distanza. L’uomo, che non si era accorto di essere fissato, stava parlando con un gruppo di Auror, la mano stretta in quella di una giovane donna, che rideva probabilmente per una battuta appena detta. Non appena gli Auror se ne furono andati, questi si incrociò, incrociando così lo sguardo di Caleigh, rimanendo paralizzato per lo stupore. Disse qualcosa alla donna che, dopo aver fatto un lieve sorriso, si allontanò e l’uomo iniziò a camminare verso di lei, leggermente titubante. Non appena si ritrovarono faccia a faccia, si creò subito tensione, che venne poi spezzata da lui.

-Caleigh, sei cresciuta tantissimo dall’ultima volta che ti ho vista. E’ un piacere per me vederti. – disse abbozzando un leggero sorriso. Tuttavia, il viso di Caleigh rimase serio.

- Peccato che io non possa dire lo stesso, padre. – rispose la ragazza, cercando di risultare il più brusca possibile. Il tono ottenne l’effetto desiderato, poiché il padre sobbalzò leggermente.

- Senti, Caleigh, perché non ci buttiamo tutto alle spalle? Volevo presentarti una persona… - cominciò a dire l’uomo, ma la ragazza fu veloce ad interromperlo subito.

- Non se ne parla proprio! Hai almeno una minima idea di quanto dolore tu abbia causato a me? O alla mamma? – esclamò la ragazza, cercando sempre di contenere i toni della sua rabbia. Non appena vide Charlotte in lontananza, cercò di allontanarsi senza dire niente, ma il padre provò a fermarla.

- Caleigh, per favore, almeno ascoltami… - continuò a lui, continuando a pronunciare parole a vuoto. La ragazza si voltò verso di lui.

- Sei pregato di non rivolgermi più la parola. Hai deciso anni fa di uscire dalla mia vita, quindi sei pregato di non tornarci. – pronunciò queste parole con astio e, dopo aver dato ancora un’occhiata di disprezzo all’uomo, si recò dalla sua amica, lasciandosi il passato alle spalle.

 

 

 

 

 

21.20, Piano Superiore

 

 

            -Dici che questo posto è abbastanza appartato? – domandò Ophelia alla sorella. Lauren si guardò intorno, per poi riportare lo sguardo sull’altra.

- Secondo me qui non verremo disturbate, ma non possiamo stare qui molto, anche perché non penso sia permesso. – rispose Numero Otto mentre entrava in una delle tante stanze, seguita subito dall’altra. Ophelia l’aveva trascinata lì senza dirle perché e, man mano che le due ragazze cercavano un posto dove stare, Lauren ampliava la sua curiosità. Una volta dentro la stanza, Ophelia la chiuse a chiave e si assicurò con qualche incantesimo di non essere disturbate. Dopo di che, si voltò verso la sorella, rivolgendole un timido sorriso.

- Io… Ti volevo chiedere scusa. – mormorò la bionda, lasciando Lauren completamente di stucco. Scusarsi? E di cosa? Lauren cercò di pensare, finché nella sua testa non comparve una sola cosa… Oh, per quello.

- Ophelia… - provò a dire, ma venne subito interrotta dall’altra.

- No, lasciami parlare, altrimenti non finirò mai. Volevo scusarmi con te. Da quando siamo qui non abbiamo fatto altro che litigare o non parlare proprio e questa cosa mi sta uccidendo. – spiegò, non avendo il coraggio di guardarla negli occhi.

- Ophelia, tranquilla. E’ una cosa che è successa anni fa, ormai è acqua passata… - fece Lauren ma Numero Cinque scosse la testa.

- Me ne sono andata da sola, quando ti avevo promesso che, se mai ce ne fossimo andate, lo avremmo fatto insieme. Sono stata la prima ad andarmene, rovinando quell’equilibrio già precario che si era formato tra di noi. - continuò la bionda. Lauren, sorridendo dolcemente, andò ad abbracciarla, lasciando l’altra di stucco.

- Ophelia, non è assolutamente colpa tua! L’Umbrella Academy si stava già frantumando quando vi è stata la discussione tra Cameron e Fëdor e abbiamo preso le distanze l’uno dall’altro. Non posso negare di non esserci rimasta male e mi sono anche comportata da bambina in questi giorni. Sono io a dovermi scusare con te e non il contrario. – spiegò Lauren.

- Quindi siamo di nuovo amiche? – domandò Ophelia sorridendo e Numero Otto iniziò a ridere.

-Certo che lo siamo e lo siamo sempre state! Ora ci conviene tornare giù, magari ci stanno cercando. – Le due si diedero un ultimo abbraccio e poi, insieme, uscirono dalla stanza tornando dai loro fratelli con degli enormi sorrisi stampati in volto.

 

 

 

 

 andrew

21.38, Sala da Ballo

 

 

            Cercando in tutti i modi possibili di evitare la gente, Elaija camminava lungo la parete della sala, schivando ogni tanto qualche persona per non scontrarsi, mentre osservava le varie persone ballare. Vide con la coda dell’occhio Travis e Sheryl che ballavano insieme e sorrise teneramente, felice di come le cose si stessero evolvendo tra i fratelli. In effetti, da quando era tornato a Villa Olympus aveva cominciato a notare qualcosa di strano negli altri, come se la lontananza avesse migliorato quei rapporti che un tempo si pensavano distrutti.

Cercando di togliersi quei pensieri dalla testa, Elaija si mise a cercare per la sala Gabriel, che si era offerto di tradurre i suoi segni in caso di conversazioni. Il numero tre si era allontanato per andare a prendere da bere per tutti e due, costretto così a lasciare il fratello minore da solo. Il ragazzo fece per muoversi ancora, quando qualcuno gli picchiettò sulla spalla con un dito. Elaija si voltò, pronto ad insultare il giornalista impertinente di turno, ma per poco non si strozzò con la saliva: davanti a lui, Andrew McLagen lo guardava sorridendo, stretto nel suo impeccabile abito nero. Numero Nove si prese un attimo per ammirare il ragazzo – ormai uomo – che gli stava di fronte: non lo vedeva dai tempi della scuola, il suo fisico si era ancora irrobustito, perdendo quei tratti infantili che, un tempo, ne caratterizzavano il viso diciassettenne; aveva persino un accenno di barba. Dopo quella breve analisi, Elaija riportò nuovamente lo sguardo sul volto di Andrew, che non aveva perso il sorriso.

-Non ci vediamo dalla fine della scuola e non sei cambiato di una virgola. – disse il biondo continuando a sorridere, mentre Elaija sentiva la faccia in fiamme.

- Mi dispiace molto per la tua perdita, Elaija, Sarete sconvolti. – continuò lui, posando una mano sul braccio dell’altro. Numero Nove sorrise tristemente, ringraziandolo con un cenno del capo per le condoglianze.

Tu come stai? Chiese invece lui. Il ragazzo fece spallucce.

-Tutto bene, grazie per averlo chiesto. – rispose. Elaija fece per fargli un’altra domanda, ma la voce di Gabriel lo destò dalle sue intenzioni. Andrew si accorse dell’arrivo dell’altro fratello.

- Ti lascio parlare con tuo fratello. E’ stato davvero un piacere rivederti e spero di poterti ancora parlare più tardi. – fece il biondo e, salutandolo, si allontanò. Numero Nove lo stava ancora osservando, quando venne raggiunto dal fratello, che lo guardava sbalordito.

- Quello era Andrew McLagen? Quell’ Andrew McLagen? – domandò il rosso sottolineando la sua domanda. Elaija annuì e Gabriel rimase completamente senza parole. Fece per parlare, ma Elaija gli fece capire di cambiare argomento con un sorriso e, seppur controvoglia, fu costretto a rinunciare. Mentre si dirigeva verso la sala principale in compagnia del numero nove, si voltò nuovamente verso Andrew.

“Però, che strano modo di incontrare un ex…”

 

 

 

 

 

2009, Lago Nero, Hogwarts

 

 

            In quella piovosa mattinata di Novembre, gli studenti di Hogwarts si erano rifugiati all’interno del castello, a causa del brutto temporale che, verso le prime ore dell’alba, si era abbattuto sulla scuola. Tuttavia, due studenti del terzo anno, rispettivamente di Tassorosso e Serpeverde, si aggiravano nei pressi del Lago Nero, il secondo leggermente irritato.

- Sei sicuro che sia qui? - domandò Cameron togliendosi una ciocca di capelli bagnati dalla fronte. Felikz per poco non scivolò sul terreno fangoso e, dopo aver recuperato l’equilibrio, si voltò verso il fratello.

- Sono super certo. Sai, a casa El si nasconde sempre sotto il salice del nostro giardino e qui è l’unico posto dove può stare tranquillo. – rispose Numero Sette, riprendendo a camminare a passo spedito. Arrivato all’albero, cercò con gli occhi e, non appena notò la figura del fratello minore rannicchiata contro il tronco dell’albero, si illuminò. Gli corse incontro, notando subito l’incantesimo Ombrello che aveva effettuato il numero nove per proteggersi dalla pioggia.

- Elaija, sapevo di trovarti qui! – urlò il Tassorosso, spaventando Numero Nove e facendo sbuffare Numero Quattro. Il Grifondoro li guardò sbalorditi, chiedendo poi loro cosa ci facessero lì.

- Siamo venuti a prenderti. Avevamo promesso che ti avremmo aiutato e così faremo. Voleva venire anche Mathias ma ha avuto qualche problema con gli Altri, quindi siamo solo noi due. – spiegò Cameron e Felikz annuì, confermando le parole del fratello. Vedendo però che Elaija non si alzava, il Tassorosso decise di inginocchiarsi di fianco a lui, ignorando la sensazione di freddo che lo avvolse non appena le sue ginocchia entrarono a contatto con il terreno bagnato.

- Senti, so che sei spaventato, lo capisco. Ma ne abbiamo già parlato: non devi dare retta a quello che dicono gli altri. Hai passato due anni nel baratro totale per colpa di quegli idioti che non facevano altro che prenderti in giro, mentre noi non ce ne siamo accorti. Ma adesso siamo qui con te a supportarti. Hai una famiglia intera che ti vuole bene. – Di fronte a quelle parole, Elaija aveva sgranato leggermente gli occhi: mai si sarebbe aspettato un discorso del genere da parte del numero sette, vista la sua indole poco seria che lo precedeva.

“Ma se fossi davvero sbagliato?” chiese allora disegnando nell’aria la sua domanda. A quel punto anche Cameron si inginocchiò di fronte a lui.

-Elaija, non c’è niente di sbagliato in te. Ti piacciono i ragazzi, così come agli altri piacciono le ragazze. Sei umano e non devi assolutamente vergognarti di quello che sei. –

Di fronte allo sguardo duro di Cameron e a quello più dolce di Felikz, Elaija annuì e, dopo essersi alzati, si diressero insieme verso il castello, con destinazione la Torre di Gridondoro. Tuttavia, arrivati nei pressi del terzo piano, i tre si scontrarono con un gruppo di ragazzi più grandi, appartenenti a Serpeverde. Il più alto del gruppo, da corti capelli biondi e gli occhi castani, li scrutò attentamente il trio, focalizzandosi poi sulla figura di Eliaja.

- Guardate gente, il moccioso ha delle guardie del corpo adesso. – disse quello sogghignando, mentre gli altri ragazzi scoppiavano a ridere. Felikz e Cameron si scambiarono un rapido sguardo: avevano immediatamente riconosciuto Ethan Parkinson, Serpeverde del quinto anno e colui che, ormai da due anni, bullizzava Elaija trattandolo come feccia. Numero Nove fece per indietreggiare, ma un rapido movimento lo costrinse ad alzare lo sguardo: Cameron si era fiondato subito di fronte a Ethan, fronteggiandolo con sguardo duro. Per i suoi sedici anni, Ethan era abbastanza alto, ma Cameron, nonostante fosse solo un quattordicenne, era già alto come il compagno di casa, complici anche la sua statura robusta per via del Quidditch e gli innumerevoli allenamenti svolti con il padre.

- Cosa hai detto, Parkinson? Non ti ho sentito. – disse Cameron, rispondendo a tono con un ghigno. Elaija vide un lieve lampo di paura negli occhi dell’altro Serpeverde, ma fu solo per un attimo.

- Hai sentito benissimo, McKinnon. E ti conviene sparire, non è una questione che ti riguarda. – A parlare questa volta fu Thomas Xaxley, un altro ragazzo della casa verde-argento. Ethan fece per avanzare ancora di più, ma Felikz si mise di fianco a Cameron.

- Ti conviene lasciare in pace nostro fratello, Parkinson, o potresti pentirtene. – fece il Tassorosso, mentre Elaija cercava di tirarlo indietro per una manica: il numero sette non era conosciuto per la sua altezza e, in mezzo a quei Serpeverde, sembrava ancora più piccolo. Ethan si mise a ridere, contagiando anche gli altri ragazzi, e guardò Felikz dall’alto in basso.

- Altrimenti? Andrete a chiamare papà? Non avete legami di sangue, né tra voi né con quell’uomo. La feccia, con o senza successo, rimane feccia. –

Quello che Elaija non si sarebbe mai aspettato di vedere, fu Felikz colpire in faccia Ethan con un pugno, facendolo indietreggiare di qualche centimetro. Cameron si voltò, sconvolto quanto il Grifondoro, verso il fratello, ma non ebbe tempo di reagire, poiché Ethan era già scattato verso il Tassorosso. Numero Quattro cercò di difendere il fratello, ma anche gli amici di Ethan si erano buttati per aiutare l’amico. Elaija osservava la scena con occhi spalancati. Ripensò a quello che gli avevano detto i fratelli qualche momento prima, ovvero del fatto di avere una famiglia. Sorridendo a quel pensiero, prese la sua decisione: si buttò nella mischia.

 

Quando i tre uscirono dall’Infermeria, chi con una micro-frattura al naso – Cameron – e chi con un occhio completamente nero e gonfio – Felikz - , trovarono ad attenderli il resto dell’Umbrella Academy.

-Voi siete completamente fuori di testa! – esclamò Lauren non appena li vide arrivare. Subito, Mathias e Travis si affiancarono ai fratelli.

- Cavoli, volevamo esserci anche noi, perché non ci avete chiamato!? – domandarono, venendo subito zittiti dallo sguardo duro di Numero Uno. Poi, Fëdor si volto verso i tre incriminati.

- Siete fortunati che non c’erano testimoni e non hanno dato colpa a nessuno, nonostante vi siate beccati una lunga punizione. – disse il ragazzo. Felikz e Cameron si guardarono e, contemporaneamente, misero un braccio attorno alle spalle di Numero Nove.

- Non preoccuparti, - rispose Cameron, - adesso quegli idioti non gli daranno più fastidio.-

 

 

 

 

 

21.22, Giardino

 

 

-E così è qui che ti nascondi? – A quella domanda, Katrina guardò dietro di sé, trovando Harry che la fissava attentamente. La ragazza sbuffò, ma non impedì al ragazzo di sedersi di fianco a lei sulla panchina di granito. Al momento, i due si trovavano nel giardino personale del Criterion Restaurant: era un giardino abbastanza piccolo, ma non per questo meno incantevole, con graziosi cespugli di rose e alberi appena potati, tenuti rigogliosi attraverso degli incantesimi specifici. AL centro, una grossa fontana, con La Temperanza che versava l’acqua che scorreva da una brocca all’altra. I due ragazzi si trovavano seduti su una delle tante panche che circondavano la fontana, in silenzio.

- Non mi hai ancora detto perché ti trovi qui da sola. – sussurrò il ragazzo, intimorito dal fatto di dover interrompere il silenzio che si era creato. Pensò di non essere stato sentito, visto che Katrina continuava ad osservare di fronte a sé, ma la vide prendere un lungo respiro, segno che era stato capito alla perfezione.

- Non sopporto i balli. Quando frequentavo Durmstrang, venivano fatti dei balli ogni anno, prima delle vacanze invernali e prima di quelle estive. Pregavo sempre di non essere invitata perché non volevo andarci, ma a volte non avevo questa fortuna. – spiegò la ragazza. Harry si sorprese, visto che non capitava spesso che la ragazza si aprisse sul suo passato.

- Non potevi semplicemente farti invitare da Emanuel? Cioè, si spargeva la voce, nessuno ti invitava e tu potevi poi rintanarti nel tuo dormitorio. – Il biondo notò un lieve sorriso spuntare sulle labbra della collega, ma sparì quasi subito. Katrina si voltò verso di lui.

- Volevamo farlo una volta, ma ad Ema piacevano troppo e mi sentivo in colpa ad impedirgli di partecipare. Così ho fatto un piccolo sforzo anche io. – continuò. A quelle parole, Harry fece uno sbuffo divertito e la mora lo guardò torva.

- Cosa c’è da ridere adesso? – domandò stizzita e lui scosse la testa.

- Nulla, mi sembra solo strano che una ragazza odi i balli. Non aspettate solo quello? L’abito bello, il trucco e l’acconciatura perfetti, un cavaliere per il ballo… Tu e Charlotte siete uguali sotto questo punto di vista. – spiegò e Katrina gli rifilò un’occhiataccia.

- Primo, non tutte le ragazze sono delle bamboline felici di mettersi in mostra. E secondo… non odio proprio i balli in sé, odio il fatto di essere guardata, il che succedeva spesso a scuola… Santi numi, così sembra che me la tiri. – farfugliò coprendosi il volto con le mani, mentre Harry scoppiava a ridere. Ad un certo punto, i due sentirono uno scroscio di applausi provenire dalla sala, segno che un altro ballo si era appena concluso. Non appena la musica ripartì, Harry si alzò, sotto lo sguardo confuso di Katrina e le porse la mano.

- Kat, ti va di ballare con me? – chiese con voce incerta. La ragazza, non sapendo cosa dire, guardò prima la mano e poi il suo proprietario.

- Intendi… Ballare qui? – domandò e lui annuì.

- Hai detto che non ti piace stare al centro dell’attenzione. Beh, qui siamo solo noi, quindi nessuno ti guarderà. – disse con un cenno della testa. Dopo qualche attimo di silenzio, la ragazza annuì, prendendo la mano del ragazzo. I due iniziarono a volteggiare e Katrina fu grata al ragazzo, anche se non glielo avrebbe mai confessato.

 

 

 

 

 gregor     lucy

21.40, Sala Principale

 

 

            Di fianco al piccolo palco rialzato, Jem e Scarlett parlavano animatamente, in quanto la donna stava cercando di convincere il collega a non uscire per fumare, nonostante sapeva che fosse un brutto vizio dell’insegnante.

-Fumare fa male! – disse Scarlett, nascondendo il pacchetto di sigarette che aveva rubato dalla tasca della giacca di Jem. L’uomo alzò gli occhi al cielo.

- Sai vero che sono un adulto e che posso scegliere, vero? – replicò lui, ma la donna scosse la testa.

- Niente da fare, è una brutta abitudine che devi toglierti. Che poi, cosa ti ha spinto a cominciare a farlo? – domandò la bionda. A quel punto, sul volto dell’uomo comparve un triste sorriso.

- Non c’è un vero e proprio motivo. In realtà, ho cominciato e non ho più smesso. Un po’ come con l’alcool. A volte, mi sembrano le uniche soluzioni. – spiegò, tornando a guardare la folla che li circondava. Scarlett l’osservò attentamente e, con un piccolo sbuffo, gli riconsegnò il pacchetto, ricevendo un sorriso di ringraziamento da parte dell’altro. Non appena questi si fu allontanato, Scarlett si ritrovò da sola ad osservare le persone.

- Cavoli, Scarlett, non sei cambiata di una virgola. Bella eri e bella sei rimasta. –

Scarlett rabbrividì immediatamente, perché aveva riconosciuto la persona che possedeva quella voce. Si voltò, trovandosi faccia a faccia con il ghigno di Gregor Sanders. La bionda fece per andarsene, ma l’uomo la afferrò per un braccio, costringendola a fermarsi.

-Lasciami. Adesso. – disse Scarlett, con uno sguardo di fuoco, ma Gregor fece finta di non capire.

- Scarlett, sii più gentile. Sono venuto qui per chiederti come stai. Volevo anche sapere come stava mio figlio… - l’uomo non ebbe neanche il tempo di finire la frase che Scarlett cambiò completamente espressione.

- Non osare nominare Michael! Tu non devi neanche pensarci! – sbottò lei, chiedendosi come si fosse permesso quel verme di nominare suo figlio.

- Senti, mi dispiace per tutto quello che è successo, ma voglio rimediare. Quanti anni ha adesso? Nove, dieci? – continuò Gregor e Scarlett lo guardava incredula.

- Io non ti dirò un bel niente! Hai fatto finta che io non esistessi e la sera prima avevi detto di amarmi. Ora ti conviene allontanarti da me, o potrei non rispondere delle mie azioni. – la donna cercava di allontanarsi, ma lui non le aveva ancora lasciato il braccio.

- Senti… -

- Ha detto di lasciarla stare. – disse una voce. Scarlett si voltò e i suoi occhi si riempirono di gioia nel trovarsi di fronte Lucy, la sua migliore amica ai tempi della scuola. Gregor, dopo aver riconosciuto la nuova arrivata, si decise a mollare il braccio della bionda.

-Lucy, sei cambiata un sacco! –

- Peccato che tu non l’abbia fatto. Coglione eri e coglione sei rimasto. – rispose la ragazza e Scarlett ridacchiò, ricordandosi della “finezza” della sua amica. Gregor strinse gli occhi, ma decise di non rispondere alla provocazione. Fece un cenno alle due e, infuriato, se ne andò, lasciandole finalmente da sole. A quel punto, Scarlett corse ad abbracciare l’amica.

- Lucy, non sai quanto tu mi sia mancata! – disse lei, mentre la mora ricambiava la stretta.

- Fidati, posso sospettare. Diamine, non pensavo di trovare quell’idiota di Sanders qui! – esclamò Lucy e Scarlett sbuffò.

- Purtroppo è un Auror, quindi per forza di cose sarebbe stato qui, anche se speravo di non vederlo. Piuttosto, perdonami se ho perso un attimo la testa, non è da me. – a quelle parole, l’altra ragazza scoppiò a ridere.

- Oh tranquilla, sai che con me non devi farti problemi. Forza: hai un sacco di cose da raccontarmi! – Scarlett annuì e, prendendola a braccetto, la portò verso il tavolo del buffet, cominciando a raccontarle ogni cosa.

 

 

 

 

 

 dennis

21.45, Sala Principale

 

 

-Perché ci hanno chiamati tutti qui? – domandò Emerald, osservando la fiumana di persone che si dirigeva nella sala principale. A rispondergli fu Felikz, che si trovava di fianco a lei.

- Stanno per commemorare la memoria di papà. – rispose e Numero Due sbuffò, alzando gli occhi al cielo.

- Tutte falsità. Insomma, chi amava veramente nostro padre? Era un tiranno e un despota. – replicò la ragazza, ricevendo un’occhiataccia da alcune persone di fianco a lei. Oberon rivolse loro uno sguardo di scuse, voltandosi poi verso la sorella.

- Non dire queste cose mentre siamo qui. Nonostante non ti piacesse, era sempre nostro padre. Mostra almeno un po’ di rispetto questa sera. – disse duro Numero Sei. Emerald annuì, capendo subito il concetto. Ad un certo punto, sul palco salì un Auror, che i ragazzi riconobbero subito come Jonathan Habbot, Segretario del Ministro della Magia e un collega di Richard. L’uomo prese subito il silenzio e, non appena l’attenzione fu su di lui, cominciò a parlare.

- Signore e Signori, siamo qui oggi per commemorare la memoria di un uomo straordinario e geniale. Il Signor McKinnon non era solo un Auror formidabile, ma era anche un ottimo amico e un padre di famiglia eccezionale. – A quelle parole, almeno la metà dell’Umbrella Academy alzò gli occhi al cielo.

- Davvero dobbiamo sorbirci tutto il discorso? – sussurrò Cameron a Fëdor, ricevendo in cambio una gomitata. Sheryl, Lauren e Ophelia ascoltavano attentamente il discorso, mostrandosi come il padre aveva insegnato loro. Oberon le osservò, per poi portare l’attenzione sul resto del gruppo. Tuttavia, il passaggio di una persona dietro ai suoi fratelli lo fece trasalire, riconoscendo immediatamente la ragazza che lo stava fissando. Senza farsi notare, iniziò a seguirla, uscendo dalla sala.

-… E per questo io vi chiedo di alzare i calici, in onore di Richard McKinnon! – a quell’invito, tutta la sala brindò, mentre alcuni mormoravano “A Richard!”.

- E’ stato un discorso inutile. – disse Ophelia lisciandosi le pieghe del vestito. Un ragazzo si avvicinò a lei sorridendo, senza che lei se ne accorgesse.

- Sempre a criticare tutto, mai una volta che ti senta dire qualcosa di positivo! – Ophelia si voltò e si gettò addosso al ragazzo, avendolo riconosciuto subito.

- Dennis, per Merlino! Che ci fai qui? – domandò la strega. Dennis era un suo vecchio compagno di scuola, suo grande amico, che però si era dovuto allontanare con la fine della scuola.

- Sono il più uno di uno degli Auror. Volevo venire a salutarti prima ma non riuscivo mai a beccarti da sola. Come stai? Il lavoro? – domandò il corvino e Ophelia sorrise dolcemente.

- Sto bene, grazie per averlo chiesto. Anche al lavoro va alla grande. Tu invece cosa mi racconti? – alla sua domanda Dennis cominciò a spiegare, mentre Ophelia ascoltava attentamente. Ad un certo, guardando un attimo dietro al ragazzo, Numero Cinque notò Emanuel che la fissava, con una strana espressione stampata sul viso. La ragazza arrossì immediatamente e Dennis parve accorgersene, voltandosi seguendo la linea del suo sguardo. Non appena notò il ragazzo, tornò a guardare Ophelia.

- Ehy, quello non è il ragazzo che ti piaceva ad Hogwarts? – chiese e lei sobbalzò.

- Cosa? Oh, ecco… Diciamo di sì. Ci siamo riavvicinati molto in questo periodo. – ammise arrossendo e il ragazzo si mise a ridere.

- E perché non ti sei ancora buttata? Forza, vai a parlargli! – la esortò e Ophelia lo osservò sbalordita.

- Dici sul serio? – domandò e lui annuì. Ophelia guardò lui e poi portò il suo sguardo sulla figura di Emanuel, che si stava dirigendo verso la terrazza. Dopo qualche attimo di incertezza annuì e, dopo aver salutato il suo amico, si avviò.

 

 

 

 

 

2014, Stanza Nove, Corridoio delle Camere, Primo Piano, Villa Olympus

 

 

            Era ormai pomeriggio inoltrato e in casa non era rimasto quasi nessuno. Non che fosse un problema, rifletté Elaija: da quando anche Mathias se ne era andato, appena un mese prima, in casa erano rimasti solo in cinque e, adesso, anche lui se ne stava andando.

-Non dimentichi niente? – domandò una voce alle sue spalle. Il ragazzo si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con il volto sorridente di Sheryl. Numero Nove la guardò interrogativo, non riuscendo a capire e la sorella tirò fuori dalla tasca un foglio di carta piegato.

- Come farai ad entrare al Conservatorio senza la lettera di ammissione? Penso che questo ti serva se vuoi accedere ai corsi. – rispose la rossa ed Elaija arrossì: senza dire niente a nessuno, il ragazzo si era iscritto al Conservatorio di musica “Giuseppe Verdi”, situato a Milano e uno dei Conservatori più famosi al mondo.

Volevo dirvelo.

-Oh non preoccuparti, tanto ormai abbiamo smesso di dirci le cose da un bel po’ di tempo. – replicò Sheryl sorridendo. Aiutò il fratello a sistemare le sue cose nella valigia, cercando di fare attenzione agli spartiti del fratello, ponendoci sopra diversi incantesimi di protezione, p, er evitare che si danneggiassero. Non appena ebbero finito, i due si sedettero ai piedi del letto, immergendosi in un triste silenzio.

- Forza, ti conviene andare. Per fortuna papà ci ha fatto imparare un po’ di italiano*, altrimenti saresti perso!- disse la ragazza, mentre sul viso di Elaija spuntava un enorme sorriso, mentre faceva apparire nell’aria una frase.

E’ meglio che vada a salutarli.

Tuttavia, Sheryl lo fermò con una mano.

-Vai tranquillo, di loro mi occupo io. Se li salutassi, probabilmente cambieresti idea, quindi ti conviene partire subito. – Elaija rimase particolarmente colpito da quelle parole, ma sapeva che Numero Undici aveva ragione: se si fosse fermato anche solo per un minuto, sapeva che avrebbe deciso di non lasciarli. Con un cenno del capo si alzò e, dopo aver raccolto la sua roba e aver dato un abbraccio alla sorella, si smaterializzò.

Non appena aprì gli occhi, notò di trovarsi in un vicolo, poco lontano da una strada affollata. Non appena mise piede nella strada principale, notò di fronte a sé il Conservatorio, notando di trovarsi a Milano, e sorrise: un nuovo capitolo della sua vita stava per cominciare.

 

 

 

 

 

21.55, Bagni, Piano Superiore

 

 

            -Dici che è andato di qua? – domandò Felikz a Travis e il fratello fece spallucce. Da dieci minuti, i due stavano cercando Cameron in ogni angolo del locale, ma non erano ancora riusciti a trovarlo: Numero Sette aveva visto il fratello più grande uscire frettolosamente dalla sala principale e, preoccupato, aveva chiesto al numero dodici di aiutare a cercarlo.

- Non può essere sparito così, sarà nascosto da qualche parte. Sai com’è fatto. – disse Numero Dodici, ma Felikz scosse la testa.

- Impossibile, non lascerebbe mai Gabriel da solo, appunto perché lo conosco. – Ad un certo punto, i due sentirono un forte rumore provenire dai bagni e, dopo essersi scambiati uno sguardo, si fiondarono ad aprire la porta. Fortunatamente, aprirono in tempo per vedere il fratello crollare in avanti, contro i lavandini.

- Cam! – esclamò Travis, afferrandolo in tempo per evitare che picchiasse la testa da qualche parte. Poi, con l’aiuto del numero sette, lo appoggiò in terra, mettendolo seduto contro la parete: il rosso aveva il naso completamente sanguinante e la camicia una volta bianca ora era per lo più rossa. La pelle era bianca come quella di un cadavere e gli occhi erano solcati da profonde occhiaie.

- Ma che cazzo?! Cam, cos’è successo? – domandò preoccupato Felikz e Travis si alzò in piedi.

- Tienilo sveglio il più possibile, io vado a chiamare qualcuno. –

- No. – Sentendolo parlare, i due ragazzi si voltarono verso il fratello, che ora si teneva una mano alla testa.

- Come no? Cameron, stai sanguinando, dobbiamo trovare chi ti ha ridotto così! – fece Numero Dodici ma il numero quattro scosse la testa.

- Non è stato nessuno a ridurmi così, tra poco passa. Travis, chiudi la porta e fa’ in modo che nessuno si avvicini a questo bagno. – disse il rosso alzandosi, aiutato subito da Felikz. Il minore annuì e, dopo essersi assicurato dei giusti incantesimi di protezione, si voltò verso Numero Quattro, che aveva cominciato a lavarsi il viso per rimuovere ogni traccia di sangue secco. Poi, con un leggero colpo di bacchetta, tolse ogni macchia dalla sua camicia, rendendola nuovamente bianca.

- Che significa che non è stato nessuno? – domandò preoccupato Travis e il rosso, sospirando, si voltò verso i suoi fratelli.

- E’ una cosa che ancora non posso dirvi, mi dispiace. Prometto che ve lo spiegherò, ma non ora. – disse e i due si guardarono.

- Gabriel lo sa? – domandò Numero Sette e lui scosse la testa.

- No e non lo deve ancora sapere. Quindi vi prego, non ditelo ancora a nessuno. Per favore. – Cameron sembrava veramente disperato, cosa assai rara da vedere e Felikz, titubante, annuì.

- Va bene, per adesso non diremo niente. Ma entro la fine della serata dovrai parlarne con gli altri, altrimenti sarò io a farlo. -

 

 

 

 

 titania

21.42, Piano Superiore

 

 

            Oberon aveva seguito la ragazza verso il piano superiore, che lo aveva trascinato in una delle tante stanze presenti. In quel momento, i due si stavano osservando silenziosamente, cercando di capire chi avrebbe compiuto il primo passo. Dopo qualche minuto, fu lei a prendere parola.

-Se papà vedesse come sei ridotto, di sicuro ti prenderebbe a schiaffi. – la ragazza pronunciò queste parole con freddezza e scherno, con il solo obiettivo di attaccare il suo interlocutore. Tuttavia, Oberon non era persona che si offendeva facilmente e decise di rispondere a tono, con un piccolo ghigno stampato sul viso.

- Sai, Titania, a volte dovresti tirare via dal culo la scopa che ti ritrovi. Dicono faccia bene alla salute. – Dentro di sé, Oberon fu contento di vedere una leggera scintilla di rabbia negli occhi della bionda, ma decise di mostrarsi indifferente, sapendo di darla ancora più fastidio.

- Che ci fai qui? – chiese duramente.

- Si dà il caso che io sia un Auror, quindi automaticamente invitata. Piuttosto, sono sorpresa di trovare te qui. – rispose lei guardandolo dall’alto in basso, come era solita fare quando erano a scuola.

- Si dà il caso che Richard fosse mio padre. – replicò lui sul piede di guerra, in quanto sapeva dove lei volesse andare a parare. Infatti, a quelle parole era scoppiata a ridere.

- Non prendermi in giro, non lo sopportavi e non mancavi occasione di dimostrarlo. –

- Era pur sempre la mia famiglia, più di quanto non lo siate mai stati voi, sorella. – Oberon cercò di mantenere la calma, nonostante la faccia da schiaffi di Titania cercasse di convincerlo del contrario. Si voltò per andarsene, ma venne fermato dalla sua fredda voce.

- Come si sentirebbero i tuoi “fratelli” nel sapere che tu hai sempre conosciuto la tua vera famiglia, a differenza loro? Come reagirebbero nello scoprire che tu sei in realtà un Hamilton? – Titania aveva sempre saputo quali tasti toccare per infastidire le persone, ma fino a quel momento non aveva mai visto l’altro così infuriato.

- Non osare avvicinarti a loro! Se anche solo ti vedo osservare uno di loro giuro che non rispondo più delle mie azioni. E adesso addio, Titania, e a mai più arrivederci. – disse e, senza guardarsi indietro, uscì dalla stanza, sentendo in lontananza la risata della sorella.

 

 

 

 

 

21.57, Terrazza

 

 

            Ophelia, sorpassando la folla di gente che la circondava, era riuscita a raggiungere la terrazza, maledicendosi per non aver preso prima la giacca. Si guardò intorno e riuscì subito a trovare la figura di Emanuel, visto che era l’unico lì fuori. Lentamente gli si avvicinò e, appoggiandosi al parapetto, si mise ad osservare le stesse, imitando il ragazzo.

-Ho sempre cercato di capire dove si trovassero le varie costellazioni, ma non ci sono mai riuscito. – disse ad un certo punto il moro, con grande sorpresa di Ophelia. Sorridendo, continuò ad osservare il cielo, indicando poi una costellazione visibile.

- Quella lì in alto, verso la tua destra, è la costellazione dei Gemelli, dedicata a Castore e Polluce. – spiegò, mentre lo sguardo di lui seguiva la direzione del suo dito.

- Come fai a saperlo? – domandò divertito e lei alzò le spalle.

- Fëdor adora l’astronomia fin da quando è piccolo e, qualche volta, ci spiegava qualcosina. Ricordo particolarmente i Gemelli perché li associavo sempre a Gabriel e Cameron. –

- Come mai? –

- Secondo la leggenda, Castore venne ferito a morte e Polluce, disperato per la perdita del fratello, chiese a Zeus un modo per potersi riunire con il gemello e Zeus acconsentì, trasformandoli nella costellazione che noi tutt’ora osserviamo. – spiegò lei. I due continuarono a guardare le stelle, prima che Emanuel interrompesse nuovamente il silenzio.

- Era il tuo ragazzo? – chiese e Ophelia sobbalzò leggermente, voltandosi poi verso di lui.

- Cosa? No! Dennis è solo un mio vecchio amico di scuola, non lo vedevo dalla fine del settimo anno. Non siamo mai stati niente. – si affrettò a spiegare lei, con le gote leggermente arrossate. Giurò di aver visto il ragazzo fare un sospiro di sollievo, ma non ne era del tutto sicura.

- Va bene. Sai, in realtà è una bella cosa, perché c’è una cosa che desidero fare da tanto tempo. – confessò lui. Prima che lei potesse rispondere, Emanuel si tuffò sulle sue labbra, allontanandosi poi qualche secondo dopo, in attesa di una sua reazione. Ophelia lo guardò esterrefatta e senza parole ma, dopo qualche attimo, fu lei a baciarlo di nuovo, questa volta approfondendo il bacio. Ophelia venne subito investita dal profumo di lui, un misto tra gelsomino e vaniglia e pregò che quel momento non terminasse mai. Tuttavia, erano comunque degli esseri mortali e i due furono costretti a separarsi, a causa della mancanza d’ossigeno. Rimasero a guardarsi senza dire niente, con i respiri affannati e le labbra gonfie.

- Sai, desideravo farlo dal mio sesto anno. – ammise Emanuel arrossendo leggermente e Ophelia si mise a ridere.

- Ce ne hai messo di tempo allora. – disse lei prendendolo in giro. Dalla sala sentirono partire degli applausi e il ragazzo, dopo aver guardato attraverso le vetrate, si voltò verso la ragazza, porgendole la mano.

- Ci conviene rientrare, probabilmente si staranno chiedendo dove siamo finiti. Spero tanto che i tuoi fratelli non mi uccidano. – a quelle parole Ophelia scoppiò a ridere, contagiando pure Emanuel e, dopo avergli preso la mano, lo trascinò all’interno della sala, più felice che mai.

 

 

 

 

 

3 Novembre 2020, Royal Opera House, Londra

 

 

            Immerso nel silenzio della sera, Elaija muoveva con grazia l’archetto sulle corde, lasciandosi trascinare dalla melodia che veniva pian piano prodotta dal suo violoncello. Il ragazzo pensò a quanto fosse stato fortunato a ricevere un’occasione del genere: ormai da un anno lavorava come custode per la Royal Opera House di Londra e, per gentile concessione dei proprietari, aveva ottenuto il permesso di suonare nel teatro, a patto che controllasse il luogo dalla sera tardi fino alle prime luci dell’alba. Il ragazzo fermò il movimento della mano, ascoltando con tranquillità il silenzio che lo circondava. Dopo qualche minuto, riprese a suonare, lasciando questa volta che il suo potere si unisse alla musica. Elaija immaginò di trovarsi con una grande orchestra nel bel mezzo di un concerto: i violini svolgevano il loro ruolo di solista mentre lui, insieme al resto degli archi, dettava il ritmo della melodia. Stava per immaginare il gran finale quando, improvvisamente, un forte dolore lo colpì al braccio sinistro, facendogli interrompere la melodia. Poggiando violoncello e archetto per terra, si affrettò a tirarsi su la manica della divisa, scoprendo così il Tarocco delle Stelle che si illuminava. In quel momento lo sentì: la Ruota della Fortuna stava chiamando a raccolta l’intera Umbrella Academy. Con un incantesimo non verbale, rimise a posto il suo violoncello nell’apposita custodia e, con un altro incantesimo, creò immediatamente un’illusione di sé, in modo da poter controllare il teatro durante la sua assenza. Poi, dopo aver raccattato in fretta e furia le sue cose, si smaterializzò a casa sua. L’indomani, avrebbe raggiunto la sua vecchia casa.

 

 

 

 

 

22.00, Corridoio, Piano Superiore

 

 

            La musica aveva ricominciato ad andare dieci minuti dopo la commemorazione di Richard. Gabriel, che si era allontanato dai fratelli per cercare di dirigersi in un posto più appartato, era stato intercettato da Mathias che, visibilmente preoccupato, gli aveva chiesto di seguirlo. Insieme avevano raggiunto il piano superiore, nascondendosi in uno dei tanti corridoi.

-Matt, tutto bene? – domandò preoccupato, notando che il numero dieci aveva cominciato a torturarsi il labbro, un brutto vizio che aveva fin da quando era piccolo. Vedendo che il fratello pareva non sentirlo, gli si avvicinò, prendendogli le mani e stringendole forte, come faceva quando erano bambini. Immediatamente ottenne l’effetto sperato e subito gli occhioni nocciola di Numero Dieci si incatenarono nei suoi.

- Stai bene? – gli chiese ancora e l’altro, dopo un piccolo attimo di smarrimento, annuì.

- Sì, sto bene. E’ tutto ok. – rispose. Gabriel gli sorrise, nonostante non credesse molto a quelle parole. Tuttavia, il fratello era già visibilmente nervoso, non c’era bisogno di innervosirlo ancora di più.

- Mi dovevi dire qualcosa? – chiese ad un certo punto il rosso e Mathias annuì.

- Sì, ma manca ancora una persona che sta arrivando. – fece il moro. Gabriel annuì e abbassò lo sguardo, notando solo in quel momento che aveva ancora le mani del numero dieci strette tra le sue, arrossendo fino alla punta delle orecchie. Ritrasse le mani e anche il moro parve accorgersi del gesto, perché si allontanò leggermente dal fratello, un lieve rossore che si trovava sulle sue guance.

- Io… Mi dispiace… - mormorò Gabriel imbarazzato, ma Mathias lo fermò subito.

- No, tranquillo! Non mi davi fastidio… - fece lui, un silenzio imbarazzante che si creava tra di loro. I due si guardarono tra loro ma, sentendo dei passi avvicinarsi, ruppero il contatto visivo, accorgendosi entrambi della figura di Elaija che li fissava. Mathias notò il leggero sorriso sul volto del numero nove, fulminandolo con lo sguardo mentre quello faceva spallucce.

Ci volevi dire qualcosa? Domandò il biondo e Numero Dieci annuì.

-Sì. Ora che ci siete entrambi posso dirlo. – Mathias prese la bacchetta e, dopo aver pronunciato un “Protego Maxima”, rivolse completamente l’attenzione ai due fratelli.

- Penso di essere stato io. – dichiarò e Gabriel ed Elaija si scambiarono uno sguardo preoccupato.

- A fare cosa? – domandò Gabriel e Mathias stette in silenzio un attimo, prima di rispondere.

- Ad uccidere nostro padre. -

 

 

 

 

 

22.03, Sala da ballo

 

 

            Da almeno dieci minuti, Cameron stava appoggiato ad una delle colonne presenti nella sala, osservando attentamente l’oggetto dei suoi pensieri che, al momento, stava parlando insieme a Charlotte e Caleigh. Strinse con forza il calice di champagne che teneva in mano, mentre cercava di mettere ordine tra i pensieri che affollavano nella sua mente. Si fece forza e, bevendo l’ultimo sorso di vino, decise di avvicinarsi al trio, appoggiando poi il bicchiere sul vassoio di un cameriere di passaggio. Non appena si fu avvicinato, poté sentire subito gli occhi di Charlotte addosso che, divertita, aveva subito capito le sue intenzioni.

-Ehm…Lauren? – fece il ragazzo, facendo voltare Numero Otto verso di lui. Di fianco a lei, Charlotte e Caleigh si scambiarono un’occhiata di intesa.

- Si? – domandò la ragazza, girandosi completamente verso di lui. Numero Quattro si passò una mano tra i capelli e, acquistando un po’ più di sicurezza, si fece coraggio.

- Volevo chiederti se ti andasse di ballare con me. – Si rese conto solo in quel momento di essere stato un po’ brusco, complice anche l’occhiataccia che aveva appena ricevuto dai due membri dell’Ordine di Morgana. Le guance di Lauren si tinsero leggermente di rosso, ma annuì alla sua domanda. Salutò le due ragazze e, insieme al rosso, si diresse verso la pista, leggermente verso l’esterno. Cameron aveva sempre odiato stare troppo al centro dell’attenzione e, su questo, Lauren era perfettamente d’accordo con lui. Esitando, Cameron le mise una mano sul fianco, chiedendole il permesso con lo sguardo. Lauren gli sorrise e, non appena ebbe preso la mano del rosso, aspettò che questi cominciasse a muoversi, iniziando quel lento ballo. Niente di troppo difficile, solo un lieve ondeggiare.

- Ti ricordi ancora come si balla, vedo. – disse Numero Otto, facendo sorridere il fratello.

- Quando al bar arrivavano delle ragazze le ammaliavo sempre con qualche passo. Cadevano tutte ai miei piedi. – rispose lui facendola ridere.

- Mi ricordo quando dovevi ballare con la figlia dell’ambasciatore polacco e, per scappare, hai fatto finta di finirle addosso e le hai rovesciato l’intero contenuto del tuo bicchiere. Non ho mai visto il Signor McKinnon così furioso. –

- Per Merlino, quanti anni avremo avuto, sette? Non mi interessavano ancora le donne. – replicò Cameron. Dopo quella frase, tra di loro calò il silenzio, interrotto solo qualche minuto dopo da Lauren.

- Allora, come va il lavoro? – domandò. Cameron non si aspettava di certo una domanda del genere, ma si affrettò a rispondere.

- Procede bene in realtà. A volte è stancante fare turni che durano tutta la notte, ma mi permette di resistere fino a fine mese con l’affitto. – A quelle parole, la numero otto inclinò leggermente la testa, curiosa.

- E il tuo sogno di diventare Alchimista per la Loggia? – chiese, facendolo sobbalzare.

- Te lo ricordi ancora? – domandò e la ragazza annuì.

- E’ impossibile dimenticarlo. Ne parlavi sempre con Sheryl e vi divertivate insieme a creare pozioni… -

- Beh, adesso creo cocktail, il che non dovrebbe essere tanto differente. – lo schiaffetto leggero che ricevette sul braccio lo costrinse a tornare serio.

- Lauren, quello era un’ambizione che avevo quando ero bambino. Ma adesso, non so che farmene. Non ho né il talento né la forza per poterlo fare. Poi lo sai, tra tutti io ero quello destinato a non combinare niente. – Questa volta fu il turno di Lauren di sobbalzare.

- Ma cosa stai dicendo? Cameron, hai talento da vendere e sei sempre stato uno dei migliori! – esclamò lei, ma ricevette solo un diniego da parte di Numero Quattro.

- Ti sbagli. Magari a livello dell’Umbrella Academy ma, fuori di lì, ero tra gli ultimi. Cavoli Lauren, guardati: hai venticinque anni e già sei Vice-Direttrice in uno dei migliori reparti Del Ministero; Elaija e Oberon sono riusciti a realizzare i loro sogni nel campo della musica e della danza; Fëdor viaggia per il mondo e persino Mathias, nonostante il problema degli Altri, adesso ha una Pasticceria tutta sua. Io sono solo quello che è uscito con voti mediocri e che ha trovato un lavoro come barista e che fa fatica ad arrivare a fine mese.- Cameron stava andando avanti nel suo monologo auto-distruttivo e Lauren, per evitare che andasse oltre, gli mise entrambe le mani sulle guance, costringendolo a guardare verso di lei.

- Cameron, non è assolutamente vero. Sei un ragazzo straordinario, gentile e premuroso. Ti sei sempre cura di noi ed eri sempre in prima linea per difendere Gabriel o Elaija quando eravamo a scuola. Hai delle capacità strabilianti, devi solo sapere dove usarle. – Per tutta la durata del discorso, Lauren aveva piantato i suoi occhi castani in quelli verdi del fratello. Non appena ebbe finito, gli fece un cenno, cercando di capire se il rosso avesse compreso le sue parole. Ricevette in risposta un timido sorriso, raro da vedersi sul viso del Numero Quattro e sorrise di rimando. I due ripresero a ballare e, questa volta, Lauren poggiò la testa sul petto di Cameron, lasciandosi cullare dalle sue braccia.

 

 

 

 

 

22.08, Sala Principale

 

 

Appoggiato alla parete della sala, probabilmente per scappare da discussioni indesiderate, Fëdor osservava attentamente i suoi fratelli: Emerald, Travis e Sheryl si trovavano vicino al tavolo delle bevande, le due ragazze che ridevano per qualcosa che aveva appena detto Numero Dodici; Oberon, Ophelia e Felikz erano impegnati in una discussione con alcuni funzionari del Ministero spagnolo, probabilmente desiderando di essere da tutt’altra parte; Cameron e Lauren ballavano insieme e il numero uno ridacchiò alla vista del leggero rossore sulle guance del fratello, cosa assai rara; di Mathias, Gabriel ed Elaija nemmeno l’ombra. Fëdor fece per andare a cercarli, ma venne fermato da una mano sulla sua spalla. Si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con Emil Karkaroff, uno dei diplomatici del Ministero russo presenti alla festa, che lo guardava sorridendo.

- Signor McKinnon, è un piacere incontrarla, la trovo i forma smagliante. - disse quello tendendogli la mano e Fëdor la strinse, sorridendo leggermente.

- Signor Karkaroff, è un piacere per me vederla qui. Credevo che il Ministero russo avesse deciso di non prendere parte all’evento. - replicò il ragazzo.

- Vede, il Ministero centra ben poco. Io e suo padre abbiamo collaborato molte volte e mi sembrava il minimo venire qui. Le mie condoglianze, sarete distrutti dalla vostra perdita. - alle parole dell’uomo, Numero Uno fece un cenno, grato per le parole dell’uomo e cercò di non pensare al fatto che, molto probabilmente, qualcuno dei suoi fratelli aveva fatto i salti di gioia. Prima che potesse parlare però, il diplomatico lo precedette.

- Sa, Signor McKinnon, Richard parlava molto di voi. Non c’è mai stata una volta in cui vostro padre non vi abbia lodato, da quando siete piccoli.-

- Davvero? - domandò il ragazzo scettico e l’uomo annuì.

- Deve credermi. Non faceva altro che parlare di voi, era fiero di essere vostro padre e sapeva di non riuscire a dimostrarvelo. Era molto dispiaciuto quando ve ne siete andati di casa. - Fëdor sgranò leggermente gli occhi, ma cercò di non mostrarlo.

- Felikz è stato l’unico di noi che ha deciso di rimanere con nostro padre. Noi eravamo solo desiderosi di andarcene il prima possibile da quella casa. - ammise poi, sentendosi in colpa. Si ricordava ancora l’ultima discussione che aveva avuto con Numero Sette e la colpa che gli aveva dato. Il Signor Karkaroff gli mise la mano sulla spalla.

- E’ una cosa naturale per dei ragazzi desiderare di andarsene e questo lo sapeva anche vostro padre. Sa, vi chiamava “i suoi piccoli tredici successi”. Continuava a dire che eravate la migliore cosa che aveva. - Numero Uno annuì, per poi rendersi conto delle parole pronunciate dal diplomatico.

- Signor Karkaroff, ha detto tredici? – domandò e l’uomo annuì. Fëdor fece per chiedergli altro ma il Signor Karkaroff fu chiamato da alcuni suoi colleghi e fu costretto a salutarlo. A quel punto, rimasto solo, il ragazzo cercò con lo sguardo i suoi fratelli. Non riuscendo ad attirare le loro attenzioni, si alzò la manica della giacca, prese la bacchetta e la puntò contro il braccio sinistro, dove si trovava Il Diavolo. Il simbolo si illuminò e Fëdor alzò la testa, vedendo i suoi fratelli che si portavano una mano al braccio. Simultaneamente, posarono lo sguardo sul maggiore, che fece loro un cenno per seguirlo, richiamando ancora una volta l’Umbrella Academy.

 

 

 

 

 

            In un angolo della sala, un piccolo gruppetto di maghi e streghe si era radunato attorno ad un giovane, che sorrideva gentilmente mentre stringeva le mani di tutti. Ad un certo punto volse lo sguardo verso il fondo della sala, dove una giovane donna, con i capelli biondi e lo sguardo annoiato, lo stava fissando. Con un sorriso forzato, il giovane si congedò dalla folla e, velocemente, si diresse ai piani superiori, cercando di farsi notare il meno possibile. Arrivato su, notò di essere solo, ma una mano sulla spalla e un forte risucchio lo convinsero della presenza di qualcun altro. Non appena i suoi piedi toccarono terra, riprese a respirare, accorgendosi solo in quel momento di aver trattenuto il respiro. Si guardò intorno, realizzando di essere sul tetto e si voltò, trovandosi davanti due figure: la prima era la ragazza che aveva seguito, mentre l’altro era un ragazzo, poco più basso di lui, dalla carnagione olivastra e dalla folta chioma scura. Lo sguardo, formato da grandi occhi nocciola, era irritato ed era puntato su di lui.

- Sei in ritardo. - disse semplicemente e l’ultimo arrivato alzò gli occhi al cielo. Sbuffò e si portò una mano tra i capelli, come per togliere della polvere che in realtà non c’era.

- Vedi, Red, a differenza tua io ho una vita sociale, una fama, dei fan che mi acclamano… Capisco perfettamente la tua gelosia. - rispose, condendo il tutto con un piccolo sorriso. Il moro si fece avanti come per attaccarlo, ma al gesto della mano della ragazza si fermò.

- Red, Adder, sapete che i vostri teatrini sono sempre una delizia, ma siamo qui per un altro motivo, quindi vi chiederei di smetterla. - disse lei con tono piatto, come se avesse appena letto un copione.

- Ma Lolita, siamo qui per una ragione importante e questo qui non fa altro che atteggiarsi da idiota! - esclamò Red, mentre Adder alzava gli occhi al cielo un’altra volta.

- L’importante è che sia qui adesso, quindi piantala e cominciamo. - alle parole del castano, Lolita annuì, lisciandosi con le mani il tessuto della gonna blu.

- I membri dell’Umbrella Academy sono tutti presenti e sembra stiano indagando sulla morte del padre. - spiegò lei, mentre Red si accendeva una sigaretta.

- Penso anche che siano intenzionati a cercare i suoi diari. A casa loro non abbiamo trovato niente, aspettiamo che siano loro a guidarci. - aggiunse lui portandosi il bastoncino alle labbra.

- Sarete contenti di sapere che è presente anche tutto l’Ordine di Merlino. Nessuno escluso. - a quell’informazione, i due si voltarono verso Adder, che li guardava sorridendo.

- Perfetto, di bene in meglio. Adesso ci conviene tornare di sotto. Il vero divertimento comincia adesso. –

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Non ho parole. Per niente. Sono in ritardo mostruoso e me ne rendo conto, mi dispiace moltissimo. Questo capitolo è stato un parto, ho avuto una specie di blocco e non riuscivo ad andare avanti, ho scritto tipo la metà in due giorni. E sono soddisfatta. Fino ad ora, è il capitolo più lungo mai scritto, con 25 pagine, superando le 19 dell’ultimo capitolo dell’altra mia interattiva.

Innanzitutto, partiamo con Elaija: i suoi pezzi sono stati difficili da scrivere, perché è un personaggio con tanto da dire e in cinque paragrafi ho dovuto scegliere cosa raccontare. Spero di averlo rappresentato al meglio.

Che dire per il resto? Ho cercato di accontentarvi tutti per le richieste e per gli incontri, ascoltando anche i vostri consigli.

Per questa volta non ho domande per voi, quindi passerei subito ai nomi per il prossimo capitolo:

 

 

Caleigh

Harry

Charlotte

 

 

 

Ci vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,

__Dreamer97

P.S. Ho aperto una pagina instagram chiamata __Dreamer97_efp . Per tutti gli aggiornamenti e le curiosità potete cercarmi lì!

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Capitolo 11
*** CAPITOLO 8 ***


CAPITOLO 8

 

“H.O.P.E.: Hold On, Pain Ends.”

HARRY 

 

 

 

 

 

 

2000, Lynch Manor, Edimburgo

 

 

            Nel momento in cui mise piede nell’immenso salone di casa sua, Harry sapeva di trovarsi nei guai: nei suoi quattro anni, era già un bimbo molto sveglio. Non appena aveva varcato la soglia della stanza, il solo incrociare gli occhi con quelli di suo padre lo aveva fatto rabbrividire. D’altronde, William Lynch era un uomo che incuteva timore, sia per l’altezza prorompente che per il suo sguardo di ghiaccio, che sarebbe stato capace di far rizzare i capelli in testa al peggiore dei Mangiamorte. Lentamente, il bimbo si avvicinò alla poltrona in broccato scuro, dove ora stava seduto il padre, che lo osservava con sguardo serio.

-Ciao Harry, è andata bene la giornata? – domandò l’uomo e Harry sentì un brivido attraversargli la schiena.

-E’ andata bene, padre. – rispose lui, facendosi forza per non balbettare. Il padre lo squadrò ancora e il biondo sapeva che sarebbe successo qualcosa. Infatti, l’uomo si alzò e si avvicinò a lui, che si faceva forza per non indietreggiare.

- Ho saputo che hai giocato tutto il pomeriggio con i bambini della Signora Wilson. Sono babbani, giusto? – fece ancora e Harry capì subito di trovarsi in grossi guai. Non appena vide il padre alzare la mano chiuse gli occhi, aspettandosi subito il colpo. Tuttavia, sentì qualcosa accarezzargli la testa e, quando aprì gli occhi, incontrò subito lo sguardo intenerito del genitore.

-Stai attento, non ho voglia di dover obliviare qualche bambino perché ti ha visto far fluttuare un pallone o altro. – disse e Harry, dopo un attimo di smarrimento, sorrise. Ad un certo punto, sentì la voce di sua madre chiamarli dalla cucina e si voltò verso l’uomo, che gli sorrise di rimando.

-Penso che tua madre abbia fatto la torta. Sarà meglio andare. –

 

 

 

 

 

19 Novembre, Primo Piano, Criterion Restaurant, Londra

 

 

            -Fëdor, dimmi per favore che stai scherzando. Non può essere. Un tredicesimo? Ma scherziamo? E adesso cosa ci aspetta, maghi viaggiatori nel tempo? – di fronte all’incredulità di Emerald, che tuttavia era la stessa reazione degli altri, Numero Uno annuì. Una volta ricevuta la notizia dal Signor Karkaroff, Fëdor aveva subito contattato i suoi fratelli, desideroso di comunicare il prima possibile quello che aveva scoperto. Non aveva parlato però con i membri dell’Ordine di Morgana, in quanto ne voleva discutere prima con gli altri membri dell’Umbrella Academy.

- Se davvero esiste un tredicesimo ragazzo o ragazza come noi, perché nasconderlo? – domandò Lauren e, accanto a lei, Felikz scosse la testa, turbato da qualcosa. Elaija, esattamente di fronte al fratello, notò subito l’occhiataccia che il numero sette aveva ricevuto da Cameron e Travis. Fece per chiedere qualcosa, ma le sue orecchie captarono una frase di Oberon.

- Io avrei una proposta. – esclamò il numero sei, ricevendo attenzione da tutti.

- Cosa vorresti fare? – chiese Sheryl e il ragazzo continuò.

- Io ed Emerald avevamo pensato di intrufolarci nell’ufficio di papà al Ministero. – a quelle parole, gli altri dieci si guardarono tra loro.

- Pensateci, pensiamo che papà sia stato ucciso per quello che scriveva nei diari. E se avesse parlato anche di questo Numero Tredici? A casa non li abbiamo trovati ma forse perché, semplicemente, non li ha nascosti lì. – disse Numero Due.

- Non è una brutta idea. Se vogliamo scoprire qualcosa dobbiamo assolutamente trovarli. Domani mattina possiamo andare a cercare. – fece Ophelia ma Lauren negò.

- No, quell’ufficio è già stato parzialmente svuotato dalle sue cose. So che probabilmente li ha nascosti da qualche parte al suo interno ma, così come adesso, non possiamo entrare. –

- Allora ci conviene farlo stanotte. La sorveglianza sarà ridotta e noi non abbiamo mai avuto problemi ad entrare da qualche parte. – spiegò Mathias, mentre si torturava le mani. Accanto a lui, Gabriel gli mise una mano sul braccio per rassicurarlo e Numero Dieci gli sorrise. Poi, prese parola.

- Anche secondo me si può fare, ma non possiamo andare tutti, altrimenti la gente si insospettirebbe. Io propongo di dividerci in due gruppi da sei. Ovviamente, dovremmo comunicarlo anche agli altri, magari possono aiutarci. – alle spiegazioni di Numero Tre, i fratelli concordarono. Quella notte, avrebbero scoperto l’identità di Numero Tredici.

 

 

 

 

 

Giardino

 

 

             Cercando di passare nella folla di persone che si trovava all’interno della Sala da Ballo, Emanuel si diresse verso il giardino, dove si era dato appuntamento con Katrina. Aveva appena saputo dell’esistenza di un altro fratello da Oberon e aveva la massima urgenza di parlarne con la sua vice. Non appena raggiunse la fontana centrale notò subito la ragazza, seduta su una delle tante panchine di marmo.

-Sai, ad un ballo di solito si sta tra la gente, non qui da sola. – fece lui, mentre la ragazza sorrideva.

- In realtà, fino a cinque minuti fa non ero sola. Allora, suppongo che tu abbia qualcosa di urgente da dirmi per essere venuto qui in fretta e furia. – replicò lei sistemandosi una ciocca di capelli scappata dall’acconciatura. Emanuel, mentre si sedeva di fianco a lei, annuì.

- Oberon mi ha detto della presenza di un Numero Tredici che non conoscevano. – a quella frase, la mora si voltò di scatto verso l’amico.

- Come l’hanno scoperto? – domandò.

- Uno dei rappresentanti del Ministero russo, il Signor Karkaroff, ha raccontato a Fëdor che il Signor McKinnon ne parlava spesso. E no, non ha fatto nomi. – rispose, precedendo così la domanda che Katrina voleva rivolgergli. Si passò una mano sul viso, abbastanza stressato da tutta quella situazione. Tuttavia, Katrina sembrava più tranquilla.

- Se non hanno nomi da cui partire, significa che abbiamo ancora tempo. Cosa hanno deciso di fare? – chiese ancora la ragazza.

- Hanno deciso di intrufolarsi al Ministero stanotte. Stanno ancora cercando i diari del padre e pensano che lì abbia scritto qualcosa a riguardo. Ho deciso che tu, Charlotte e Harry li accompagnerete, mentre io, Caleigh, Scarlett e Jem resteremo qui con i restati membri dell’Umbrella a controllare. – spiegò il ragazzo. L’amica annuì e, dopo un cenno con l’altro, si diresse verso l’edificio, dove avrebbe subito comunicato a Charlotte e Harry le decisioni del loro capo.

 

 

 

 

 

2003, Old Calton Cemetery, Edimburgo

 

 

            Quel giorno, il cielo di Edimburgo aveva deciso di oscurarsi, regalando alla città una piccola nube di pioggia, che aveva iniziato per le prime luci dell’alba e che non aveva ancora smesso. Tuttavia, il brutto tempo non aveva impedito all’Old Calton Cemetery di celebrare un funerale, dando a quell’evento un’ulteriore malinconia. Mentre il prete celebrava la messa, il piccolo Harry osservava attentamente le bare contenenti i suoi genitori, strappati alla vita in seguito al brutto incendio che aveva colpito la loro abitazione. Era successo tutto all’improvviso: il fuoco aveva cominciato a diffondersi mentre tutti dormivano e quando Harry venne portato via dalla domestica della casa, per i suoi genitori era già troppo tardi. Così, ora si ritrovava a seppellire le due persone più importanti della sua vita, coloro che lo avevano cresciuto e che gli avevano voluto bene sin dalla nascita.

A fine funerale, una donna gli si avvicinò e gli mise la mano sinistra sulla spalla mentre, con la destra, si asciugava le lacrime con un fazzoletto color lilla. Harry si voltò verso sua zia Isabelle, sorella minore di suo padre e la osservò mentre tentava di fermare i singhiozzi.

-Secondo te si trovano in un posto migliore? – domandò il ragazzino e la donna sussultò, per poi voltarsi verso il nipote. Trovandosi di fronte i suoi occhi pieni di lacrime, sorrise e lo strinse a sé.

-Stai tranquillo, adesso stanno meglio. Veglieranno su di te come hanno sempre fatto. – gli rispose lei. Dopo qualche attimo, Isabelle gli fece segno di andare, avvertendolo della passaporta che, di lì a pochi minuti, lo avrebbe portato a casa della zia. Harry annuì e, dopo aver dato un’ultima occhiata alla lapide dei suoi genitori, si avviò.

 

 

 

 

 

Sala Principale

 

 

            Appoggiato alla parete della Sala Principale, dove si trovava il tavolo del buffet, Elaija osservava attentamente le varie persone attorno a lui. Di comune accordo, si era deciso che Felikz, Oberon, Sheryl, Lauren, Emerald e Travis sarebbero entrati al Ministero, mentre gli altri sei sarebbero rimasti lì. Insieme a loro si sarebbero uniti Katrina, Harry e Charlotte, in quanto Emanuel aveva deciso di rimanere lì insieme agli altri.

“Mi fido di Katrina, ha più doti di leadership di me.” Aveva detto il capo dell’Ordine ridendo.

Ad un certo punto, il ragazzo notò Andrew, impegnato in una conversazione con altre persone. In quel preciso istante, gli tornò in mente la promessa che i due avevano fatto ai tempi di Hogwarts e, prendendo coraggio, decise di avvicinarglisi. Non appena gli fu vicino, Andrew lo notò e, dopo essersi congedato dalle altre persone, gli sorrise.

-Ti ringrazio per avermi salvato da quella conversazione. Ancora qualche minuto e mi sarei maledetto da solo. – fece il biondo facendo ridere Numero Nove.

Possiamo parlare in privato, per favore? Domandò ed Andrew annuì. Così, I due si diressero verso l’atrio del locale, dove si trovavano solamente due o tre persone.

-Allora, come procede? Sei tornato a casa con i tuoi fratelli? – chiese il ragazzo ed Elaija annuì, nonostante con la testa fosse da tutt’altra parte.

Sì, abbiamo avuto la stessa idea. Un po’ ne sono contento, perché mi ha permesso di riavvicinarmi a loro. Rispose il numero nove.

-E per quella vecchia cosa… Come va? – a quelle parole per poco Elaija non soffocò con la sua stessa saliva e si voltò verso Andrew: anche lui si ricordava di quella vecchia promessa. L’ex-Grifondoro fece spallucce, cercando di non mostrare il suo stato d’animo.

Va bene… Penso. Tutto tranquillo, tu? Gesticolò ma, notando lo sguardo dell’altro, capì subito che non gli aveva creduto.

-El, ti conosco ormai da tanto tempo e so che non va tutto bene. Mi ricordo ancora del tuo “problema amoroso”. Allora, come va? Mi ricordo che durante il settimo anno la situazione era rimasta la solita e no, non guardarmi così, - fece, riferito all’espressione sorpresa di Elaija, - nonostante non stessimo più insieme ti osservavo comunque da notare quegli sguardi da ragazzina innamorata. Spero tu sia diventato meno ovvio. – a quel commento Numero Nove gli fece la linguaccia, per poi ridere.

- Elaija. – nel sentire il suo nome essere pronunciato così bruscamente, il ragazzo sobbalzò, voltandosi poi verso la persona che lo aveva chiamato: Felikz se ne stava lì, in piedi di fronte a loro insieme a Sheryl, mentre osservava Andrew come le lo volesse uccidere con lo sguardo. Elaija gli riservò un’occhiataccia ma, fortunatamente, Andrew non sia accorse di quello sguardo.

- Da quanto tempo. Felikz e Sheryl, giusto? Condoglianze per la vostra perdita, sono davvero dispiaciuto. – disse il biondo mentre gli tendeva la mano. Il numero sette la strinse, nonostante gli occhi continuassero a comunicare una sorta di astio nei confronti del ragazzo. Anche Sheryl imitò il gesto, sorridendo tristemente.

- E’ stato un brutto colpo per tutti. Per fortuna siamo qui ad affrontare questo dolore insieme. – rispose la rossa, rivolgendosi poi al numero nove.

- Io e Felikz siamo venuti a dirti che Gabriel ti stava aspettando, ma penso non gli dispiaccia aspettare, visto che sei già impegnato. – Elaija aggrottò le sopracciglia, ma poi capì subito il messaggio sottinteso della sorella: era un modo buffo per avvisarlo che sarebbero partiti per il Ministero. Fece loro un cenno del capo, facendo intendere di aver capito e i numeri sette e undici lo salutarono, per poi allontanarsi.

- Non so perché, ma ho come l’impressione che tuo fratello non mi sopporti. – disse Andrew ed Elaija scosse la testa, mentre ripensava a quanto fosse stato scortese Numero Sette.

Fidati, lo conosco da anni e ancora non riesco a capirlo.

 

 

 

 

 

Terrazza

 

 

            -Raccontami un po’ come stanno Michael e Shirley? E’ da un po’ che non ci sentiamo. – Dopo l’incontro avuto con Gregor, che se non fosse stato per l’intervento di Lucy sarebbe finito probabilmente al San Mungo, Scarlett aveva deciso di passare un po’ di tempo con la sua migliore amica che, causa lavoro e altre cose, era riuscita a vedere pochissimo.

- Stanno bene, grazie per averlo chiesto. Michael mi scrive praticamente ogni settimana raccontandomi di tutto, dalle lezioni di volo alle tende del dormitorio. E’ vivace e sono contenta stia vivendo quest’esperienza in modo molto positivo. Nonna invece è la solita: si arrabbia se la casa è sporca è in disordine, ma è fantastica e mi ha aiutato tanto. Tu con i bambini? – domandò la bionda e Lucy alzò gli occhi al cielo.

- Sei fortunata ad avere un figlio in età da Hogwarts, davvero. Jessica ha sette anni ed è la più grande ma sta già imparando qualcosa sulla magia e Asher e Declan hanno avuto già i loro scatti di magia involontaria. John è fantastico con loro, ma il lavoro come poliziotto lo prende più del previsto e io non sempre riesco a liberarmi dalle cause in tribunale. Ti invidio tanto, davvero. – mentre Lucy raccontava delle avventure della sua famiglia, Scarlett sorrideva, fiera della sua amica: era riuscita ad ottenere il ruolo dei suoi sogni come Magiavvocato, aveva sposato un uomo meraviglioso, un babbano poliziotto di nome John e aveva avuto tre figli magnifici.

- Ehy Scarlett, conosci quel ragazzo laggiù? Ti sta osservando da un po’. – fece ad un certo punto la ragazza e la bionda si voltò, aspettandosi di sicuro Emanuel che la teneva d’occhio. Tuttavia vide, dall’altra parte della terrazza, un ragazzo che non aveva mai visto: era abbastanza alto, dai corti capelli neri e la carnagione olivastra. Tuttavia, gli sembrò familiare. Non appena si accorse di essere stato visto, si allontanò, rientrando così nella Sala Principale.

- Secondo me ti stava puntando, ma non avrei dubbi. Sei bellissima in quest’abito, davvero. Ti slancia parecchio. – esclamò Lucy mettendola sul ridere ma Scarlett, complici tutte le sue esperienze da Auror e da membro dell’Ordine, non riusciva a rilassarsi completamente.

- Senti Lucy, ti dispiace se mi allontano un attimo? Mi sono appena ricordata di dover comunicare una cosa urgente ad un mio amico presente stasera. Ci vediamo qui tra poco, okay? – chiese lei e l’amica annuì, comunicandole che l’avrebbe aspettata proprio lì in terrazza. Così, Scarlett rientrò, cominciando a cercare uno dei suoi colleghi o anche i ragazzi dell’Umbrella Academy: aveva un brutto presentimento.

 

 

 

 

 

2008, Sotterranei, Hogwarts

 

 

 

 

            -Ehy guardate, l’orfano di Serpeverde! Stai ancora cercando i tuoi genitori? – nel sentire quella frase, Harry si fermò bruscamente, mentre gli altri ragazzini della sua casa che erano con lui continuavano a camminare. Il biondo si voltò, trovandosi faccia a faccia con tre ragazzi Corvonero, probabilmente più grandi di lui. Il biondo cercò di trattenere la rabbia, rivolgendo loro uno sguardo seccato.

-Cosa volete? – chiese lui e uno dei tre sogghignò, avvicinandoglisi poi con superiorità.

- Ho saputo che hai appena ottenuto il ruolo di Cercatore per la squadra, complimenti. Peccato che il ragazzo che hai battuto sia il mio caro fratellino. – rispose prontamente il Corvonero ed Harry aggrottò le sopracciglia, avendo ricordato perfettamente quel momento: si erano presentati solo in due per il ruolo di cercatore e, grazie alla sua agilità, aveva letteralmente stracciato il suo compagno che, a fine allenamento, gli aveva rivolto uno sguardo carico d’odio. A quel punto, non riuscendo a resistere, rispose anche lui con un ghigno.

-Sì, l’ho completamente stracciato. Se non fosse stato totalmente una schiappa forse sarebbe riuscito ad entrare come riserva. – Harry non fece neanche tempo a finire la frase che l’altro lo sbatté contro il muro, per poi puntargli la bacchetta alla gola.

- Sarà, ma se tu per caso finissi in Infermeria con un braccio rotto? Magari ti rompo anche qualche costola… -

- Hey! Lascialo andare! – gridò una voce e i quattro si voltarono, trovandosi davanti una ragazzina con la divisa rosso-oro. Tuttavia, la prima cosa che risaltò agli occhi di Harry fu la folta chioma rossa, tenuta ferma da una fascia verde smeraldo. Nel vederla, il Corvonero fece un verso irritato.

- Henderson, se non vuoi vedere i tuoi capelli trasformati in serpenti ti conviene levare le tende, altrimenti finirà male anche per te. – fece lui ma la ragazza non si lasciò intimidire, avvicinandosi con aria di sfida.

- Provaci Wallace e sappiamo tutti che la fine dell’idiota la farai solo tu. A chi vuoi che credano i professori: hai attaccato uno studente del secondo anno di un’altra casa per un motivo idiota, anche se confermo il fatto che tuo fratello faccia schifo a Quidditch, come te d’altronde; inoltre, lo hai fatto davanti a dei testimoni e sai che per me non è difficile convincerli a testimoniare. – rispose la rossa, alludendo alla piccola folla di Serpeverde che li stava osservando. Messo davanti ai fatti, Wallace si trovò messo alle strette e, a malavoglia, mollò la presa su Harry. Poi, dopo aver regalato un’altra occhiataccia alla ragazza, se ne andò seguito dai suoi due compagni. Mentre la Grifondoro disperdeva le persone che si erano fermate per lo spettacolino, Harry le si avvicinò.

- Potevi anche evitare di intervenire, ce l’avrei fatta benissimo da solo. – fece lui e lei rise, prendendolo in contropiede.

- Lo so perfettamente, ma visto che mi sembravi un tipo impulsivo, ho voluto evitare spargimenti di sangue. Ma non avevo dubbi sul tuo coraggio. Wallace è un idiota, mi chiedo ancora come abbia fatto il Cappello Parlante a metterlo a Corvonero. – ribatté. Dopo essersi assicurata che non ci fosse altra gente in giro, si voltò verso Harry, tendendogli la mano mentre sorrideva.

- Io sono Charlotte Henderson, quarto anno a Grifondoro. Piacere di conoscerti! – messo davanti a quelle parole, Harry guardò quella mano, decidendo poi di stringerla.

- Harry Lynch, secondo anno. Piacere. – disse, mentre un piccolo sorriso gli spuntava sulle labbra. In quel momento, nessuno dei due avrebbe immaginato che, di lì a poco, sarebbe nato uno dei duo più casinisti di Hogwarts e, insieme a quello, anche un legame profondo.

 

 

 

 

 

Primo Livello, Ministero della Magia, Londra

 

 

            -Siete sicuri che sia qui? – domandò Travis controllando in giro per evitare di trovare guardie e Ophelia annuì. I sei fratelli, utilizzando il potere di Felikz per non passare attraverso i camini, altrimenti li avrebbero subito presi, erano comparsi direttamente al Primo Livello dove, a detta di Lauren, si trovava l’Ufficio del Ministro della Magia. Dopo essersi cambiati d’abito per essere più comodi e grazie all’uso dell’incantesimo Silencio stavano attenti a girovagare per i corridoi. Stavano per svoltare l’angolo del corridoio che stavano percorrendo quando, ad un certo punto, Emerald, la prima della fila, si bloccò e Charlotte, che si trovava dietro di lei, le andò contro.

- Perché ti sei fermata? – le domandò ma Numero Due la zittì con un gesto della mano, indicandole poi la porta dell’Ufficio del Ministro. Sfortunatamente, di fronte ad essa si trovava una guardia, che controllava attentamente il corridoio.

- Va bene, voi state pronti, io provo a stenderlo. – fece Harry, che ricevette però in risposta una gomitata da Katrina.

- Imbecille, se qualcosa andasse storto chiamerebbe le altre guardie. Non puoi andare lì come uno spaccone e pretendere che non succeda niente. – a quelle parole Harry le rivolse un’occhiataccia, prontamente ignorata dal vice-capo dell’Ordine.

- Ci penso io. – tutti i presenti si voltarono verso Sheryl, che li osservava sorridendo. A differenza degli altri membri dell’Umbrella, che guardavano la sorella con grande ammirazione, i tre ragazzi dell’Ordine sembravano alquanto confusi. Ad un certo punto, Charlotte ebbe l’illuminazione.

- Ma certo, è un’idea fantastica! – esclamò e la numero undici le rivolse un sorriso di ringraziamento, per poi cominciare a dirigersi verso la guardia. In tuto questo, Harry continuava a non capire.

- Cosa starebbe pensando di fare? – domandò ma ottenne solo un occhiolino da parte di Ophelia.

- Aspetta e osserva attentamente. – disse semplicemente la bionda e il ragazzo riportò l’attenzione sulla rossa. La guardia la notò e fece per prendere la bacchetta ma, improvvisamente, l’aria nel corridoio si fece più calda e, attorno alla ragazza, apparve una specie di nube rosata. La guardia la guardò esterrefatto e Numero Undici gli si avvicinò tranquillamente. Nel momento in cui lei gli mise una mano sul braccio, una strana scintilla passò negli occhi dell’uomo, che cominciò poi ad osservarla adorante.

Da dove si trovavano loro si faceva fatica a capire quello che lei stesse dicendo alla guardia e Harry osserva a tutto attentamente. Nel notare l’espressione sul viso dell’amico, Charlotte rise.

-Ti ricordo che lei ha come potere lo Charme, ovvero la capacità di ammaliare le persone. – gli spiegò, nel momento in cui la rossa tornava da loro, venendo acclamata dai fratelli.

- Il tocco non lo hai perso vedo! – esclamò Felikz abbracciandola, mentre quella rideva.

- Diciamo che me la cavo ancora. Forza adesso, non perdiamo tempo: andiamo a vedere cosa si nasconde nell’ufficio di papà. -

 

 

 

 

 

Sala Principale, Criterion Restaurant

 

 

            -Come mai quel muso lungo? Sembra che tu abbia bevuto del succo di zucca andato a male. – a quella frase, Caleigh rivolse un’occhiataccia a Jem, che la osservava sorridendo mentre, tra le mani, teneva due bicchieri di champagne.

- Brutti incontri. – si limitò a dire la corvina mentre accettava la flûte offerto. Sperava tanto di evitare quella conversazione ma, sfortunatamente per lei, Jem era più furbo. O forse, aveva più esperienza.

- Caleigh, ti ricordo che sono stato il tuo insegnante e che ti conosco. Allora, chi hai incontrato che ti ha fatto comparire quella brutta smorfia sul viso al punto da farti comparire quelle brutte rughe? – domandò ancora e la ragazza sbuffò, sia per l’insistenza del suo ex professore che per il commento.

- Ho incontrato mio padre. – disse, pentendosi subito dopo di averne parlato: ogni membro dell’Ordine di Morgana conosceva la storia e il passato degli altri e la ragazza aveva mene in mente quello che aveva passato l’uomo durante la sua giovinezza. Tuttavia, anche Jem conosceva la sua storia, per questo le sorrise.

- Non preoccuparti cara. Da quello che ricordo, tuo padre è stato molto duro con te e con tua madre. E’ normale che ti abbia turbato così tanto vederlo qui questa sera. – fece lui. Caleigh si ritrovò ad osservare la sala, dove le persone si divertivano e parlavano tra loro. Notò subito il padre ad un lato della sala, mentre parlava e rideva con altri e quella visione le fece storcere il naso. Jem notò subito l’espressione dell’amica e si mise a ridere.

- Non dargli importanza. Ormai è un capitolo chiuso della tua vita, no? – le domandò e lei annuì. Ad un certo punto, i due vennero raggiunti da Fëdor, che era rimasto lì con loro.

- Cameron, qualcosa non va? – chiese Caleigh, avendo subito notato l’espressione cupa del biondo.

- Pensiamo che chi ha cercato di intrufolarsi in casa nostra sia qui presente. – sussurrò lui, controllando di non essere visti da occhi indiscreti.

- Come fate a dirlo? – gli chiese Jem, facendosi improvvisamente più serio.

- Scarlett pensa che qualcuno ci stia tenendo d’occhio. Ci conviene avvertire gli altri e controllare meglio. Io cercherò un modo di avvertire che si trova al Ministero. – comunicò Numero Uno. I tre si accordarono e poi, dopo un breve cenno, si separarono, cercando di trovare i loro compagni.

 

 

 

 

 

Dicembre 2009, Foresta Proibita, Hogwarts

 

 

            In quel momento, Harry si pentì di aver deciso di portare con sé Neve, la sua piccola gatta siamese. Se l’avesse lasciata a casa, come consigliato da sua zia Isabelle, non avrebbe dovuto cercarla in lungo e in largo per il territorio scolastico. Stava ormai per perdere le speranze quando, in lontananza verso la capanna di Hagrid, intravide l’animale, che lo osservava come a volersi prendere gioco di lui. Non appena quella cominciò a scappare, Harry gli andò dietro, senza rendersi conto di essersi avvicinato troppo alla zona della Foresta Proibita. Si fermò ma, nel vedere la sua gatta entrare senza problemi e volendo recuperarla, decise di addentrarsi, ringraziando il cielo che fosse inverno e che non ci fosse anima viva ad Hogwarts, ma solo qualche professore impegnato a controllare la Sala Grande. Così, inseguì il gatto, riuscendo poi ad acchiapparlo qualche minuto dopo.

-Ti ho presa! Guai se mi scappi un’altra volta! – le disse lui accarezzandole le orecchie. In risposta, l’animale cominciò ad agitarsi e a ringhiare, scatenando la curiosità e la preoccupazione del ragazzo, stranito dal comportamento anomalo della creatura. Tuttavia, impegnato com’era, non s’era accorto dell’Acromantula, dalle dimensioni di un bisonte, che gli si avvicinava di soppiatto. Sentendo un’improvvisa presenza dietro di sé, Harry si voltò, proprio nel momento in cui il ragno spiccò il salto.

- Aragna Exumai! – un improvviso fascio di luce gialla passò accanto al ragazzo e finì contro la creatura che, ferita, si allontanò velocemente, addentrandosi ancora di più nella foresta. Harry, spaventato, si voltò per vedere il viso del suo salvatore e sbiancò nel riconoscere Emanuel, suo compagno di casa del settimo anno e Caposcuola. Dopo aver controllato di essere da soli, il moro gli riservò uno sguardo di fuoco.

- Mi spieghi cosa diavolo ti è saltato in mente? Non lo sai che è pericoloso qui? Ringraziami che non sei diventato cibo per ragni giganti! – iniziò a dire quello, mentre Harry abbassava lo sguardo a terra stizzito: di tutte le cose che poteva odiare, farsi riprendere era forse la prima

- Beh si… Grazie. – si ritrovò però a dire, riconoscendo che, senza il compagno, probabilmente, non ce l’avrebbe fatta. A quelle parole, Emanuel annuì e gli fece cenno di iniziare ad avvicinarsi alla scuola, altrimenti sarebbero stati beccati. Lungo la via del ritorno, Harry si voltò per osservare il suo compagno, che sembrava perso tra i suoi pensieri.

- Non lo dirai ai professori vero? – domandò lui e l’altro si fermò. Dopo qualche secondo, si voltò verso di lui e sorrise.

- Certo che non lo dirò. Ma in cambio, mi dovrai un favore. – replicò Emanuel e Harry alzò gli occhi al cielo, dovendosi aspettare una cosa del genere.

- Di cosa si tratta? –

- Lo saprai tra qualche anno. –

 

 

 

 

 

Ufficio del Ministro della Magia

 

 

            -Okay ragazzi, cominciamo a cercare. Molte cose di papà sono già state portate via ma non ha importanza, perché di sicuro non avrebbe nascosto i diari a vista. Quindi, ci conviene cominciare dalle librerie e… Oberon, la smetti di toccare tutto? Potrebbero averci messo su qualche incantesimo d’allarme! – Emerald, da brava sorella maggiore qual era, aveva deciso di esercitare il suo potere di più grande per prendere in mano la situazione e richiamò subito il fratello, che sfiorava con le dita ogni oggetto che gli si parasse davanti. A quel rimprovero, Numero Sei sorrise.

- Vorrei ricordarti, cara sorella, che il mio potere è proprio questo: questi oggetti sono pieni di cose da raccontare. – le disse semplicemente e la ragazza roteò gli occhi, cominciando a cercare per conto suo. Accanto a lui, Harry lo osservava attentamente.

- Quindi riesci a vedere tuo padre? – gli chiese e Oberon annuì. Poteva vedere tutto: quando aveva spostato quel determinato libro, quante volte aveva utilizzato la penna stilografica che si trovava sulla scrivania… A detta di Oberon, gli oggetti raccontavano un mondo.

- In tutto ciò, come faremo a trovarli? Un mago potente come lui non si fa fregare da incantesimi base o da un semplice incantesimo di disillusione. – replicò Travis, mentre cominciava ad osservare vicino alla scrivania, per cercare di trovare possibili cassetti nascosti o altro.

- Non possiamo saperlo. Di sicuro avrà usato di ogni per nasconderli. – rispose Sheryl, che cercava nella libreria insieme a Ophelia e Felikz. A quelle parole, Katrina la guardò scettica.

- Siete sicuri? E se non fossero nemmeno qui? – domandò la mora e Numero Undici sospirò.

- Non abbiamo scelta. Se i diari sono veramente nascosti qui, la nostra unica possibilità è cercare. -

 

 

 

 

 

Giardino

 

 

            Lontano dal casino della Sala Principale e della Sala da Ballo, Gabriel se ne stava seduto sui rami di una grande quercia vicino ad una delle aiuole presenti nel grande giardino del posto. Aveva evitato la zona centrale, quella della fontana e le panchine appena sotto la terrazza, in modo da allontanarsi il più possibile dalle persone. Aveva visto Elaija parlare nuovamente con Andrew e aveva sorriso, felice che suo fratello fosse rimasto in buoni rapporti con l’ex fidanzato. Nel vedere come fosse tranquillo il fratello minore, il numero tre non aveva avuto il coraggio di allontanarlo dalla conversazione, decidendo così di rintanarsi da solo nel giardino. Aveva sempre odiato le feste o i balli che venivano organizzati e, ancora di più, aveva odiato dover fare la bella statuina per il padre, fiero di mostrare i suoi dodici figli. O esperimenti, non vi era poi così tanta differenza.

-Allora qui ti nascondi! – esclamò all’improvviso qualcuno facendolo sobbalzare. Si voltò, notando il viso sorridente di Mathias e si tranquillizzò, avendo pensato di trovarsi di fronte uno di quei giornalisti della Gazzetta del Profeta. Cosa buffa, perché era già successo, un altro dei tanti motivi per i quali stava seduto in giardino, nella zona meno illuminata e nascosto dai rami dell’albero.

- Mathias, mi hai spaventato. Ti avrei potuto affatturare. – disse il rosso ma il fratello scoppiò a ridere.

- Non ci crede nessuno. Avrei potuto anche essere il Signore Oscuro in persona ma non mi avresti fatto mai del male. Magari dopo tanta insistenza da parte mia, ma non sei credibile. – rispose lui, mentre si arrampicava sull’albero per sedersi accanto al fratello. Gabriel sentì il viso andare a fuoco e voltò lo sguardo dall’altra parte, cercando di non farsi vedere dal numero dieci. Fortunatamente per lui, l’altro non se ne accorse, troppo impegnato a cercare qualcosa nella sua tasca che doveva essere stata ingrandita da un incantesimo, visto che ormai il fratello ci aveva infilato quasi metà braccio. Con un piccolo grido di gioia, Mathias tirò fuori due pacchettini, che aveva creato lui con i tovaglioli di seta dei tavoli e ne porse uno a Gabriel, che lo guardò incuriosito.

- Ho visto che sul tavolo si trovava una bellissima torta con la crema Chantilly e non ho resistito a prenderne due grosse fette. Ho fatto fatica a prenderle perché, per Merlino, c’era una folla immensa. Penso ci fosse un famoso artista, Edgar qualcosa. – dichiarò sorridendo mentre scartava il suo pacchetto. Nel sentire quelle parole, il numero tre arrossì ancora di più ma, questa volta, si voltò verso Mathias, che sbocconcellava allegramente la sua torta, nonostante nei suoi occhi si potesse ancora leggere qualche scintilla di preoccupazione, che non aveva mollato il ragazzo da dopo la sua confessione. Gabriel notò immediatamente la loro stretta vicinanza: poteva sentire il calore dell’altro attraverso il braccio, leggermente appoggiato al suo. Come spinto da una forza sconosciuta, cercò di avvicinarsi il più possibile all’altro…

- Gabriel! Mi spieghi dove cazzo sei finito?! – dallo spavento preso per quell’improvvisa esclamazione, per poco il rosso non cadde dall’albero, salvato solamente da Mathias che l’aveva afferrato per il braccio. I due guardarono in basso, dove notarono Cameron che li osservava.

- E’ da un quarto d’ora che vi stavo cercando. – fece il numero quattro in modo brusco, cercando di nascondere la preoccupazione che, fino ad un secondo prima, lo aveva colpito.

- Scusami Cam, ma davvero non ce la facevo a stare lì dentro ancora un minuto. – ammise imbarazzato Gabriel, scendendo per poi essere imitato dal numero dieci.

- Avevi bisogno di qualcosa? – chiese Mathias, non accorgendosi dell’occhiata che Cameron gli stava riservando.

- I membri dell’Ordine pensano che qui ci siano le persone che hanno attaccato casa nostra. Dobbiamo parlare di alcune cose. – rispose il rosso spostando lo sguardo sul gemello. Gabriel annuì e, insieme a Mathias, si incamminò, mentre Cameron li seguiva da dietro. Numero Quattro continuava a pensare a quando i due si fossero avvicinati così tanto quando, sovrappensiero, andò a scontrarsi con qualcuno, afferrandolo prima che cadesse.

- Merda, mi dispiace molto. Ti sei fatta male? – fece lui non appena si accorse di aver urtato una ragazza. Quella gli mise una mano sul braccio e gli sorrise, segno che non si era fatta niente. Non appena il rosso si fu allontanato, lo sguardo della ragazza tornò neutro e si guardò le mani, dove cominciava ad apparire della polvere nera.

Adder, Red. Diamo inizio alla festa.

 

 

 

 

 

Agosto 2018, Diagon Alley

 

 

            Da qualche minuto, Harry attendeva pazientemente vicino al negozio di bacchette di Olivander, aspettando la persona che gli aveva dato appuntamento. Con la punta della scarpa continuava a picchiettare per terra mentre, ogni tanto, si passava le dita tra i riccioli dorati. Controllò l’orologio un’altra volta nell’arco di dieci minuti e sbuffò: aveva sempre odiato i ritardatari e, come se non bastasse, odiava rimanere lì fermo come un allocco, mentre la gente gli passava accanto. Stava per ricontrollare il suo orologio per l’ennesima volta quando, all’improvviso, sentì una folata di vento dietro di lui.

-Perdona il mio ritardo, ma ho avuto un piccolo contrattempo. E’ da tanto che non ci vediamo. – fece Emanuel mentre si sistemava i capelli con la mano destra. Harry sbuffò.

- Sai che detesto aspettare e si presuppone che se una persona fa un invito come minimo è la prima ad arrivare. – puntualizzò il biondo seccato, ma l’altro fece spallucce, come a sminuire la frase appena detta.

- Sarà. Comunque sia, ti ho chiesto di incontrarmi perché avrei una cosa molto importante da chiederti. Sei pregato di seguirmi. – replicò il più grande e Harry, seppur titubante, decise di fidarsi del suo ex compagno di scuola. I due si inoltrarono per le vie secondarie di Diagon Alley e, quando si avvicinarono all’entrata di Nocturn Alley, Harry si fermò bruscamente.

-Okay, dimmi cosa sta succedendo. Adesso. – sbottò lui ed Emanuel si fermò, voltandosi verso il biondo.

- Sei ancora testardo come ricordavo, lo sai? E va bene, ti dirò tutto. Quello che ti sto per dire è altamente riservato e non potrai dirlo a nessuno, intesi? – fece quello e Harry inarcò un sopracciglio.

- Come faccio a sapere che posso fidarmi? – domandò e l’altro gli sorrise.

- Mi devi ancora un favore, no? – di fronte a quelle parole, Harry si ricordò immediatamente di quando, anni prima, il suo compagno lo aveva aiutato. Sospirò, sapendo che non poteva tirarsi indietro da quello, in quanto il suo onore e il suo orgoglio glielo impedivano. Così, ricevendo un sorriso di gratitudine, decise di seguirlo.

 

 

 

 

 

Ufficio del Ministro della Magia

 

 

            -Niente, niente, niente! Non abbiamo trovato niente, è stato tutto inutile! – sbottò Oberon tirando un calcio al muro. D’altronde, gli altri lo capivano benissimo: avevano passato le ultime tre ore a cercare nell’ufficio del padre, controllando in ogni angolo possibile ma non avevano trovato niente. Dei diari, nessuna traccia.

- A quanto pare, papà era molto più furbo di noi. – commentò Emerald, appoggiata alla scrivania accanto a Travis. Katrina sospirò, passandosi una mano tra i capelli nel vano tentativo di cacciare via lo stress.

- Non vi viene in mente nessun altro posto in cui possa averli messi? – domandò la ragazza ma Lauren scosse la testa.

- Papà non ci ha mai detto niente riguardo ai suoi affari, eravamo all’oscuro di tutto. Ci ha mentito sempre, quindi perché non farlo con questo? – fece Numero Otto con tono neutro, dimostrando tutto l’astio che aveva sempre provato per l’uomo.

- A quanto pare mentire è un vizio di famiglia… - commentò il numero sette e Travis lo guardò truce.

- Felikz, piantala. – esclamò il dodici, ma Ophelia, che si trovava accanto al fratello più grande, li guardò stranita.

- Cosa dovete dirci, ragazzi? – chiese, portando così l’attenzione generale su di loro. Sorridendo pacatamente, Felikz si voltò verso il più giovane.

- Perché non glielo dici tu, fratello? – replicò e Numero Dodici avanzò verso di lui, fermandoglisi di fronte. Subito, Sheryl si mise di fianco ai due, per evitare che iniziassero a litigare.

- Abbiamo promesso che non avremmo detto niente. – Travis assottigliò lo sguardo, cercando di fermare il fratello dal suo tentativo di spifferare il segreto di Cameron. Sapeva che, in circostanze normali, non lo avrebbe mai fatto, piuttosto si sarebbe tagliato la lingua: ma allora, cos’era successo di così sconvolgente da aizzarlo come una vipera e per di più contro un membro della sua famiglia? Il numero sette fece per rispondere, ma venne fermato da Numero Undici, che si mise in mezzo a loro.

- Non so cosa vi sia preso ma adesso calmatevi, non è il momento per le vostre pagliacciate. E tu, - disse poi voltandosi verso Felikz, - ti conviene piantarla. Se sei arrabbiato perché una persona di nostra conoscenza, e sai a chi mi riferisco, ha dato attenziona a qualcuno che non sia tu, è perché sei talmente idiota da non riuscire ad affrontare da solo quello che effettivamente provi e sì, ce ne siamo accorti tutti. – finito il discorso della rossa, nell’ufficio non volava una mosca. Numero Sette deglutì, abbassando poi lo sguardo incapace di gestire quello della sorella. Fece per mormorare qualcosa, ma un improvviso rumore nel corridoio lo fermò.

- Cos’è stato? – domandò Charlotte, affrettandosi per prendere la sua bacchetta e imitata da Harry. Emerald, la più vicina alla porta, afferrò la sua bacchetta e uscì dalla stanza, imitata poi dagli altri: il corridoio era completamente deserto e, dove in teoria doveva trovarsi la guardia, adesso non vi era più nessuno. Numero Due fece alcuni passi avanti per controllare gli altri corridoi ma non trovò niente. Si voltò verso i fratelli per avvisarli ma, nel momento in cui si voltò, vide dietro ai ragazzi un alone opaco, dovuto ad una delle tante candele presenti ad illuminare il corridoio, troppo grande per essere solo un riflesso del pavimento lucido. In quel momento, ebbe una rivelazione.

Un incantesimo di disillusione.

-Oberon, dietro di te! – urlò la ragazza. Numero Sei si voltò di scatto, evitando per un pelo la fattura che gli avevano lanciato, finita poi contro il muro. Da quel momento, scoppiò il caos, alcuni maghi si smaterializzarono nel corridoio, cominciando ad attaccarli da entrambe le parti. Si ritrovarono così in uno scontro diretto e Oberon pensò che fossero gli stessi maghi che li avevano attaccati alla Villa.

- E io che pensavo di avere una serata tranquilla. -

 

 

 

 

 

Sala Principale, Criterion Restaurant

 

 

            -Quindi voi pensate che, chiunque vi abbia attaccato alla Villa, vi abbia seguiti qui? -  domandò Jem, mentre Elaija annuiva fortemente.

- A questo punto pensiamo che il colpevole dell’omicidio di papà possa avercela anche per noi. Il problema è che non abbiamo neanche il minimo sospetto. – spiegò Gabriel. Accanto a lui, Fëdor sembrava pensieroso.

- Sarei dovuto andare con loro… - mormorò il numero uno, in ansia per l’idea di aver lasciato da soli i fratelli più piccoli. Scarlett, con fare materno, gli sorrise.

- Vedrai che se la caveranno, sono tutti ragazzi molto in gamba. – fece lei e il biondo le riservò un sorriso di gratitudine.

- L’unica speranza che abbiamo è che trovino i diari. Da quelli almeno possiamo partire a formulare delle ipotesi. – Cameron era l’unico che sembrava preoccupato per qualcos’altro: aveva chiesto a Travis di controllare Felikz per impedire che facesse qualche cavolata, nonostante si fidasse ciecamente del fratello più piccolo. All’improvviso, uno scoppiò li colse alla sprovvista e delle urla iniziarono a riempire tutta la sala. I ragazzi corsero verso la Sala da Ballo, dove era partito il tutto, e rimasero pietrificati: alcuni maghi e streghe, con i volti coperti da delle maschere nere, avevano cominciato ad attaccare le persone, che scappavano in ogni direzione possibile. Al centro della sala, vi si trovavano due maghi, che Scarlett e Cameron riconobbero subito essere i ragazzi che avevano visto.

- Guarda Red, sono arrivati tutti. Come previsto. – esclamò la ragazza, osservandoli attentamente uno ad uno. Fëdor, Cameron, Mathias, Jem ed Emanuel si misero in prima fila. Senza aspettare alcun segnale, Numero Quattro usò il suo potere e, dopo aver creato delle grosse nubi di polvere nera, le scagliò contro i due ragazzi. Tuttavia, le cose non andarono come previsto: con sua grande sorpresa, la ragazza riuscì a fermare le nubi, dissolvendole nell’aria. Poi, come se niente fosse, creò dalle sue mani delle nubi nere. Maledettamente simili alle sue.

- E’ impossibile, dannazione! – esclamò Caleigh, mentre Elaija osserva ad occhi sbarrati la scena.

- Ha il tuo stesso potere… - sussurrò Mathias al numero quattro, improvvisamente sbiancato. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo d’intesa e in quel momento, dopo aver visto gli sguardi preoccupati degli altri, Fëdor si rese conto di una cosa: erano completamente fottuti.

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Io non ho più parole, davvero. Questo è un ritardo vergognoso, lo ammetto. In questi due mesi è successo di tutto e mi sono trovata sommersa da tante cose. Ma non ho mai rinunciato a questo capitolo, ho fatto una promessa e sono decisa a mantenerla.

In questo capitolo, scopriamo nel dettaglio la vita di Harry, membro più giovane dell’Ordine e di tutta la storia. So che alcuni paragrafi risultano più corti di altri ma è stata una mia scelta, dettata sia dalla mancanza di tempo che dal bisogno di avere pezzi un po’ più “dinamici”, passatemi il termine. Finiamo poi in bellezza! Avevo promesso dell’azione ed eccola qua!

Per questo capitolo non ho domande per voi. Prima di lasciarvi alla lista di nomi, però, ci tenevo ad avvisarvi per una cosa: nei prossimi mesi inizierò ad occuparmi di più delle lezioni universitarie fino ad arrivare alla sessione estiva. Ergo, fino a giugno/luglio non toccherò le interattive. Entro la fine del mese (inizio Aprile salvo imprevisti) dovrei aggiornare le altre due e poi bloccherò la scrittura. Scusatemi davvero, so di aver fatto sempre ritardi, ma questa volta è un motivo serio e voglio impegnarmi al cento per cento, per avere poi libera l’estate e lavorare meglio alle storie. Detto questo, ecco la lista dei fratelli:

 

Fëdor

Emerald

Gabriel

Cameron

Ophelia

Oberon

Felikz

Sheryl

Travis

 

 

 

Comunico che sulla mia pagina Instagram rimarrò attiva e, ogni tanto, posterò qualcosa, Nel frattempo, ci vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,

__Dreamer97

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Capitolo 12
*** CAPITOLO 9 ***


CAPITOLO 9

 

“Il momento giusto è all’improvviso.”

felikz
 

 

 

 

 

 

 

Dicembre 2001, Scantinato, Villa Olympus,

 

 

            Il leggero ticchettio delle scarpe del Signor McKinnon risuonò per l’intera casa, dando all’ambiente un’atmosfera ancora più sinistra. Deciso, l’uomo si stava dirigendo verso il piano interrato della Villa, dove si trovava attualmente Numero Sette per il suo addestramento. Superate le scale che portavano al piano di sotto, il mago percepì solo il silenzio e storse il naso infastidito, credendo subito che il bambino, di sei anni compiuti da due mesi, si fosse addormentato. Accelerando il passo, Richard raggiunse la porta dello scantinato e, con un incantesimo, la aprì: notò subito la figura minuta di Felikz che, rannicchiato contro la parete di fondo, osservava il vuoto con gli occhi sgranati, mentre tremava leggermente per il freddo della stanza.

-Numero Sette, hai avuto progressi? – domandò il Signor McKinnon e, nel sentire l’improvvisa voce di suo padre, il bambino alzò subito lo sguardo, piantandolo in quello serio dell’uomo.

- Io… Ci ho provato… Ma non mi riesce… Ho paura a stare qui da solo. – rispose Felikz tirando su con il naso, mentre gli occhi si riempivano di lacrimoni. Tuttavia, quella scena non servì ad intenerire l’uomo, che sospirò abbastanza seccato.

- Numero Sette, ne abbiamo già parlato. Come pensi di poter fare parte dell’Umbrella Academy se non riesci a creare un portale in grado di poter salvare i tuoi fratelli? Senza di te potrebbero farsi del male, è questo quello che vuoi? – domandò e il bambino, che teneva molto ai suoi fratelli e alle sue sorelle, negò immediatamente.

- Non voglio che si facciano male… Ma non riesco a crearlo, non posso controllarlo! – esclamò il numero sette, cominciando a piangere. Quasi un mese prima, aveva creato un piccolo portale all’interno della cucina della Villa, destando subito l’interesse del Signor McKinnon: così come era stato trovato, Felikz era stato il settimo bambino a mostrare per la prima volta il suo potere speciale. Da allora, aveva cominciato il suo addestramento, che si svolgeva regolarmente all’interno dello scantinato.

- Se riuscirai ad uscire di qui da solo, allora potrai smettere il tuo addestramento. Ma fino ad allora, Numero Sette, rimarrai qui dentro. – fece Richard, uscendo dalla stanza e chiudendosi la porta alle spalle. Nel notare quel gesto, Felikz si fiondò verso l’uscita, cercando di recarsi fuori, ma fu troppo lento. Così, immerso nuovamente nel buio, il bambino cominciò a prendere a pugni la porta mentre, terrorizzato, urlava al padre di lasciarlo uscire. Dopo qualche minuto, capendo che l’uomo non sarebbe tornato a liberarlo, si accasciò al suolo, piangendo ancora di più mentre si rannicchiava contro la parete. Per gli anni a venire, quell’addestramento gli sarebbe rimasto nella mente e, difficilmente, se ne sarebbe andato.

 

 

 

 

 

20 novembre, Reparto Avvelenamento, Terzo Piano, Ospedale San Mungo, Londra

 

 

            Il leggero rumore di passi che si sentiva nel corridoio dell’Ospedale continuava a rimbombare nella testa di Emerald, la quale non era abituata a tanto silenzio. Gli ospedali non le erano mai piaciuti, li trovava tristi, con troppo dolore ad impregnare le pareti bianche, neutre come lo era quel luogo. Si ricordava ancora di quella volta quando, a quattro anni, Elaija aveva rischiato la morte, o quando Cameron, durante il sesto anno, era finito lì dopo una brutta caduta durante una partita di Quidditch. Seduti sulle poltroncine come lei, gli altri membri dell’Umbrella Academy e alcuni dei ragazzi dell’Ordine di Morgana attendevano con ansia l’arrivo di qualche medico o, almeno, di qualche segno positivo.

-Quanto cavolo ci stanno impiegando, dannazione. – borbottò Jem, trattenendo l’impulso di tirare fuori una sigaretta: d’altronde, si trovava sempre in un ospedale.

Fortunatamente, qualche minuto dopo, Emerald vide Charlotte, che per tutto il tempo era stata seduta tra Fëdor e Harry, alzarsi velocemente, dirigendosi verso una figura, una donna dai capelli ramati, che camminava nella loro direzione: a giudicare dalla divisa color lime, la donna era un medico della struttura e, sempre a giudicare dalla sua espressione sorpresa, si capiva perfettamente che conoscesse la ragazza dai capelli rossi.

-Quella chi è? – sentì chiedere da Lauren, osservando come le due avessero cominciato a parlare. A rispondere ai suoi dubbi, fu Harry.

- Quella è la sorella di Charlotte, Coraline. – disse semplicemente il biondo, facendo sgranare gli occhi ai membri dell’Umbrella, che però non poterono dire niente, in quanto Charlotte stava tornando verso di loro, mentre il medico entrava nel reparto, dove loro stavano aspettando.

- Ha detto che adesso andrà a controllare le sue condizioni. Tra poco verrà a dirci qualcosa. – spiegò la pozionista, cercando di ignorare gli sguardi degli altri. A quel punto, Emerald sospirò, sollevata: finalmente, avrebbero conosciuto le condizioni di Numero Sei.

 

 

 

 

 

 

19 Novembre, Corridoio del primo piano, Criterion Restaurant, Londra

 

 

            Cercando di non voltarsi indietro per non perdere velocità, Caleigh correva tra i corridoi del locale, cercando di sfuggire ai due maghi che la stavano inseguendo. Maledì mentalmente il vestito che indossava che, nonostante fosse corto, le limitava i movimenti; per quanto riguardava i tacchi, quelli li aveva buttati già da tempo, per non rischiare di inciampare. Ad un certo punto, per cogliere di sorpresa i due uomini, si voltò di scatto, lanciando in contemporanea una fattura che riuscì a colpire i due inseguitori. Soddisfatta, si girò di nuovo per correre via, andando però a sbattere contro qualcuno che correva nella sua direzione.

-Ahi! Porco Merlino che botta! – esclamò lei massaggiandosi una spalla.

- Caleigh, ti sto cercando da una vita, mi stavo preoccupando! – esclamò Emanuel, a quanto pare la persona con cui si era scontrata. La ragazza si sentì subito sollevata nell’aver trovato un compagno.

- Mi dispiace, ma quei due ce l’avevano con me e stavo cercando di allontanarli. Gli altri come stanno? – domandò subito la Medimaga, seguendo il suo compagno che, nel frattempo, si era mosso per il corridoio.

- Gli altri per adesso bene, ma anche loro hanno dei problemi… Ma tu invece, perché non ti sei smaterializzata? –

- E’ come se qualcuno avesse messo una specie di campo di forza attorno all’edificio e non riesco a farlo… - a quelle parole, il moro si voltò verso di lei confuso.

- Come i poteri di Lauren? – chiese e la ragazza annuì.

- O Lauren ha creato un campo prima di andare al Ministero, oppure qui qualcuno la sta emulando. – nell’andare, i due videro Fëdor combattere con una strega, riuscendo a stordirla con una fattura.

- Fëdor! Stai bene? – domandò il Capo dell’Ordine e Numero Uno annuì.

- Ho perso di vista gli altri, ci hanno colti di sprovvista… Dovrei andare al Ministero a controllare. – disse il biondo ma Caleigh scosse la testa.

- Non sappiamo se anche lì sono stati attaccati. In ogni caso, se la sanno cavare, sono forti. Non abbiamo nulla di cui preoccuparci. -

 

 

 

 

 

Primo Livello, Ministero della Magia, Londra

 

 

            Attorno a sé, Lauren poteva percepire benissimo i pensieri dei suoi fratelli e dei suoi amici. Da quando era cominciato lo scontro la sua testa aveva cominciato a pulsare, piena delle emozioni e delle sensazioni delle persone che la circondavano. Tuttavia, aveva ormai imparato da tempo come gestire la situazione ed in quel momento, mentre lanciava un incantesimo dopo l’altro, si preoccupava di intercettare solamente i pensieri dei suoi fratelli e amici. Vide Charlotte e Harry, fianco a fianco, braccati da cinque maghi e decise quindi di utilizzare i suoi poteri, riuscendo così a spingere lontano i nemici e a liberare i due ragazzi, che la ringraziarono con un cenno. All’improvviso, nella sua testa percepì dolore e subito si voltò, alla ricerca di suo fratello Oberon. Appena lo trovò, sgranò gli occhi, trattenendosi dall’urlare: suo fratello era a terra, alcune vene visibili ad occhio nudo e di uno strano color verde. Accanto a lui, Travis cercava di svegliarlo, scuotendolo per far sì che aprisse gli occhi. A quella visione, spostò subito lo sguardo, trovando di fronte a sé un ragazzo alto che, a giudicare dal sorriso, doveva trattarsi del responsabile. Il corvino alzò una mano, pronto subito ad intervenire, ma Lauren fu più veloce.

-Diffindo! – urlò la ragazza e dalla sua bacchetta partì un raggio che colpì il braccio del ragazzo, ferendolo. Questi, colto alla sprovvista, gemette dal dolore e si voltò subito per osservarla: portava addosso una maschera nera, impedendo così di essere riconosciuto. Lauren alzò ancora la bacchetta ma, prima che potesse lanciare un nuovo incantesimo, quello si smaterializzò. Senza neanche preoccuparsi di quello, Numero Otto corse verso Travis che tentava ancora invano di risvegliare il fratello.

- È come con Elaija, i miei poteri non funzionano! – sbottò Numero Dodici, tentando in tutti i modi di attivare il suo potere.

- Cosa è successo? – domandò Lauren preoccupata, mentre cercava in qualche modo di controllare i segni vitali di suo fratello prendendogli il polso, vi era ancora battito.

- Stavamo combattendo e, ad un certo punto, quello è sbucato dal nulla e ha fatto qualcosa ad Oberon, ma non so cosa! – ribatté il dodici quasi sull’orlo di una crisi nevrotica. Tuttavia, non aveva senso pensarci in quel momento: dovevano salvare Oberon. Così, Lauren mandò un messaggio a Felikz, che subito si smaterializzò vicino a loro. Prima che potesse dire qualcosa, la ragazza parlò.

- Feli, mi serve che tu lo porti subito al San Mungo, ha bisogno di essere curato! – esclamò lei e Numero Sette, senza chiedere niente, afferrò il fratello e si smaterializzò, lasciando Numero Otto e Numero Dodici da soli.

- Forza, - disse Travis, con il fuoco negli occhi, - facciamo il culo a questi stronzi. –

 

 

 

 

 

2005, Stanza di Uno, Villa Olympus

 

 

-Perché lo devo fare io? – domandò preoccupato Felikz osservando i suoi fratelli, che si trovavano di fronte a lui e che si aspettavano una risposta. Quel giorno, sotto la ferrea e inalterabile decisione del padre, i ragazzi si erano dovuti far tatuare il simbolo dell’Umbrella Academy, un ombrello nero all’interno di un cerchio del medesimo colore, sul braccio destro, per rappresentare la loro appartenenza. Per “combattere” quel simbolo, Mathias aveva proposto di creare un loro simbolo da tatuarsi e Gabriel, visti tutti i libri che leggeva, aveva avuto la brillante idea di utilizzare i Tarocchi e di affidare ai vari fratelli un Arcana Maggiore. Così, Cameron, Mathias, Elaija e Travis, con l’aiuto di Felikz che era stato utilizzato per il trasporto, erano riusciti ad arrivare fino a Bloomsbury, dove avevano trovato un piccolo negozio di tatuaggi. A quel punto, Cameron aveva creato una nube nera che aveva completamente riempito il locale mentre Mathias, grazie alla sua velocità, era riuscito a prendere tutte le attrezzature – non sapeva cosa servisse, per questo aveva praticamente preso quasi tutto – ma le avrebbe riportate indietro, non era mica un ladro.

In quel momento, si trovavano tutti chiusi nella camera di Fëdor, con quest’ultimo e Oberon che avevano chiesto a Numero Sette di fare i tatuaggi a tutti i fratelli.

-Pensaci Feli, sei l’unico qui che sa disegnare perfettamente e che ha mano ferma. Ci stiamo mettendo nelle tue mani e abbiamo piena fiducia in te. – Numero Sei lo guardava implorante, cercando di ignorare il “non proprio tutti” di Travis, prontamente schiaffeggiato da Lauren, e Felikz sospirò, sapendo che i due sarebbero andati avanti all’infinito.

Alla fine, quattro ore e mezza dopo, tutti e dodici si ritrovarono due tatuaggi sulle braccia: uno, avrebbe simboleggiato la loro appartenenza all’Umbrella Academy, mentre l’altro, diverso per ognuno ma simile agli altri, avrebbe sempre ricordato loro il legame che condividevano.

 

 

 

 

 

Ministero della Magia

 

 

Ophelia stava lanciando incantesimi con una furia che non aveva mai avuto: non appena aveva visto Oberon cadere a terra e Travis corrergli incontro, aveva subito intuito che qualcosa di grave doveva essere successo. Così, accecata dalla rabbia, aveva smesso di utilizzare la bacchetta, passando all’utilizzo dei suoi poteri speciali: il corridoio si era ritrovato presto illuminato dai fulmini che la ragazza creava, colpendo ogni mago che minacciava lei e gli altri. Di fianco a lei, Emerald continuava ad usare la bacchetta, cercando solo il momento adatto per poter utilizzare il suo potere. Ophelia scagliò una fattura ad una donna che si trovava di fronte a lei, ma quest’ultima fu veloce a spostarsi. Fece per lanciare un incantesimo a Numero Cinque ma, prima che Ophelia potesse fare qualcosa, Felikz le apparve vicino e la strinse a sé, teletrasportandosi per aiutarla. Ricomparvero qualche metro più in là ed Emerald li raggiunse.

-Però, che salvataggio! – esclamò Numero Due scostandosi una ciocca di capelli dal viso sudato.

- Come sta Oberon? – domandò subito la bionda e Numero Sette fece una smorfia.

- Non bene. È stato avvelenato, se non ho capito male, ma non so come sia successo… - spiegò il ragazzo, guardandosi attorno per evitare che qualcuno li attaccasse.

- Penso che faccia parte dei nati come noi, ne sono sicura. Travis non è riuscito a fare niente, come l’altra volta. – replicò Emerald, mentre muoveva la bacchetta per lanciare un incantesimo ad una strega che li stava attaccando.

- Sono in troppi, così non riusciremo mai a fermarli! – sbottò la mora e a Felikz venne improvvisamente un’idea.

- Ophelia, crea della nebbia per impedire loro di poterci vedere. Al resto ci pensiamo io ed Em. – Numero Cinque lo guardò stranita, ma decise comunque di dar retta al fratello.  Chiuse gli occhi e in pochissimi secondo un folto strato di nebbia stava riempiendo il corridoio. La bionda sentì subito quei maghi borbottare qualcosa ma durò poco, in quanto sentì un potente ruggito rimbombare per le pareti. In mezzo alla nebbia, poteva benissimo vedere la linea sinuosa della tigre di Emerald, o aurea azzurrina creata da Felikz quando si teletrasportava. Così, ormai piena di adrenalina, ricominciò a scagliare fulmini contro i suoi nemici.

- Diamo inizio alle danze. –

 

 

 

 

 

Sala Principale, Criterion Restaurant

 

 

            -Scarlett, tutto ok? – nel sentire la voce preoccupata di Jem, Scarlett si girò, vedendolo subito correre nella sua direzione insieme a Fëdor. Nel vederli, la donna si sentì subito sollevata.

- Io sto bene, non preoccupatevi, sono abituata. Come Auror vedo di peggio. – si sbrigò a dire, non volendo preoccuparli ancora più del necessario. In seguito, con un cenno della testa, la bionda indicò la folla di gente che si diffondeva da tutte le parti in preda al panico.

- Dobbiamo evacuare il posto ed evitare che la gente si faccia male da sola. Cercate di prendere tempo. – i due annuirono e si misero all’opera. Mentre Scarlett aiutava la gente a fuggire, i due stavano pronti, con le bacchette in mano, per evitare di essere colti di sorpresa.

- Può davvero esserci un altro nato come voi con gli stessi poteri di Cameron? – domandò l’insegnante e il biondo scosse la testa.

- Non credo. L’unico che aveva una possibilità di avere gli stessi poteri di Cam è Gabriel, ma anche lui ha avuto poteri diversi. O è una specie di incantesimo potente, altrimenti… può rubare i nostri poteri. – ammise Numero Uno. Ad un tratto, l’intera sala cominciò ad essere ricoperta da una nube nera e Fëdor pensò inizialmente a suo fratello, pensando a come mai stesse facendo una cosa del genere. Fu solo quando vide la nube scagliarsi contro di loro che capì.

- Jem, attento! – gridò e l’altro uomo fu veloce a lanciare un incantesimo di protezione, impedendo così alla nube di avvolgerlo.

- Uffa, siete così noiosi… Mi fate quasi addormentare. – disse una voce, che i due collegarono immediatamente alla ragazza che li stava attaccando.

- Fatti vedere, brutta stronza! – urlò Jem, guardandosi intorno per cercare di vederla. Nel mentre, continuava a bloccare la nube.

- Non lasciare che la polvere ti avvolga, altrimenti potrà vedere tutte le tue paure e controllarti. – gli comunicò Fëdor, conoscendo bene il potere di Numero Quattro.

- Complimenti, Numero Uno, vedo che conosci bene questo potere. D’altronde, hai anche cercato di combatterlo. – continuò la ragazza, decidendo finalmente di mostrarsi ai due ragazzi. Il lungo abito blu che indossava risaltava ancora di più la sua carnagione pallida, facendola assomigliare ad una bambola di porcellana.

- Che cosa volete? – domandò Fëdor tenendo i suoi occhi incollati su di lei.

- Pensi che io sia così stupida da dirtelo? Ti facevo più sveglio, Numero Uno. – ribatté lei, sempre con lo stesso tono monotono.

- Ti proclami ancora a capo della tua famiglia, eppure non sai nemmeno se in questo momento gli altri al Ministero stiano bene… - messo di fronte a quelle parole, il ragazzo si ritrovò senza nulla da dire, mentre i dubbi cominciavano ad assalirlo. Tuttavia, prima che potesse chiedere qualcosa, la ragazza si smaterializzò, portando con sé la nube nera.

- Fëdor, non credere minimamente a quello che ti ha detto, può averlo fatto per mandarti in crisi! – esclamò Scarlett, che aveva sentito tutta la conversazione, mentre li raggiungeva.

- Devo andare a controllare se stanno bene. – disse lui, venendo però fermato da Jem.

- Non puoi fare una cosa del genere, ti devi calmare. – provò l’uomo, ma senza successo.

- Sono i miei fratelli e sono il maggiore e devo sapere se stanno bene… -

- Anche qui ci sono i tuoi fratelli! – sbottò ad un certo punto Scarlett, lasciando Numero Uno senza parole, spingendo la donna a continuare.

- Elaija, Gabriel, Cameron e Mathias si trovano qui da qualche parte e anche loro avranno bisogno del tuo aiuto. Non puoi essere in entrambi i posti. Occupiamoci prima di questi pazzi e poi andremo ad aiutare loro. –

Numero Uno non era molto convinto, ma sapeva che Scarlett aveva ragione: i suoi fratelli erano lì da qualche parte e avevano bisogno di lui.

 

 

 

 

 

Ministero della Magia

 

 

            Dopo che Felikz si era smaterializzato con Oberon per portarlo al San Mungo, Lauren e Travis avevano ripreso la battaglia. Travis era agguerrito, avendo in sé il desiderio di vendicare suo fratello. Tuttavia, un movimento attirò la sua attenzione e subito si mosse verso Sheryl, in difficoltà contro un mago che la stava tartassando di incantesimi.

-Stupeficium! – urlò Numero Dodici e riuscì a colpire il tipo, scaraventandolo a qualche metro più in là.

- Sheryl, stai bene? – domandò correndo verso di lei: la ragazza aveva una lunga ferita alla testa e il colore brillante del suo sangue risaltava ancora di più sulla sua pelle lattea. Subito Travis sgranò gli occhi, ma Numero Undici fece un piccolo gesto con la mano.

- Travis, sto bene, è solo un graffio. Mi sono distratta un attimo e sono stata colta di sorpresa, niente di grave. – tentò di spiegare, ma si zittì subito non appena sentì la mano di lui sulla sua guancia, in prossimità della ferita. Subito venne travolta da una sensazione di leggero torpore e il dolore alla testa passò, come se non fosse mai esistito.

- Adesso è tutto a posto. – commentò lui guardandola negli occhi e lei si ritrovò costretta a voltarsi per impedire a Travis di notare il suo rossore.

- Gli altri dove sono, stanno tutti bene? – chiese lei per cambiare argomento e il silenzio che incontrò come risposta la preoccupò. Si girò nuovamente verso Numero Dodici, che ora aveva un’espressione cupa in volto.

- Hanno ferito gravemente Oberon. Felikz si è smaterializzato per portarlo al San Mungo, ma è abbastanza grave. – disse e la rossa sentì il sangue gelarsi nelle vene.

- Ferito? Come è possibile? – fece lei senza parole.

- È come noi, Sheryl. È uno dei nati il 31 ottobre. – pronunciò e Numero Undici rimase ancora a bocca aperta, non sapendo cosa dire. Fin da quando avevano iniziato ad indagare sulla morte di loro padre, Sheryl aveva sempre avuto la certezza che niente avrebbe potuto attaccarli. Tuttavia, con Oberon ferito e nessuna informazione sui fratelli rimasti al locale, le sue certezze erano scomparse.

 

 

 

 

 

Giugno 2011, Ufficio della Preside, Hogwarts

 

 

            Da quando aveva ottenuto il ruolo di Preside, Minerva McGranitt aveva fatto di tutto per poter riportare Hogwarts al suo stato originale. Dopo anni di sacrifici, la donna era riuscita nel suo intento ed ora la scuola vantava nuovamente del prestigio di una volta. Tuttavia, oltre a quello, aveva ottenuto anche certi elementi, che un po’ ricordavano alla strega dei suoi vecchi alunni: dodici ragazzi, quattro ragazze e otto ragazzi attualmente del V anno, avevano suscitato lo stupore di tutti all’interno della scuola e, in quel momento, uno di loro, fasciato dalla divisa nera e gialla, sedeva a capo chino di fronte a lei. Non appena era venuta a conoscenza di quello che era successo quella stessa mattina, la donna aveva sospirato sconsolata: era l’ultima settimana di scuola e, sinceramente, aveva sperato ardentemente di finire senza guai.

-Lei sa perché si trova qui, signor McKinnon? – domandò Minerva e il ragazzino annuì, i capelli che gli coprivano parte del viso.

- Preside McGranitt, posso spiegarle… - cominciò a dire il ragazzino ma la donna scosse la testa.

- Ha attaccato un altro suo compagno di scuola, che ora si trova in Infermeria. Se fosse successo qualcosa di più grave, lei avrebbe rischiato la sospensione con conseguente bocciatura o, come credo, anche l’espulsione. – continuò la donna, mentre lo studente si irrigidiva improvvisamente. A quel punto, la strega sospirò.

- Felikz, scusami se entro in informalità, ma non è la prima volta che succede una cosa del genere. Tuttavia, non mi sembri proprio un ragazzo sconsiderato ed impulsivo. –

- Mi dispiace davvero tanto, Professoressa, giuro che non succederà più, e inoltre… -

- Che cosa pensi di fare l’anno prossimo? Hai già scelto quali materie continuare a seguire? Sai già cosa vuoi fare una volta terminata la scuola? – a quelle domande, Felikz interruppe la sua linea di scuse, cominciando ad osservare la donna come se fosse impazzita.

- Materie? Ehm, non lo so. All’inizio volevo diventare Auror, ma non credo di aver superato i G.U.F.O. E comunque, penso che rimarrei nell’Umbrella Academy… Non penso che mio padre ci lasci intraprendere altre strade. - disse il ragazzo, già pensando al suo futuro all’interno dell’Accademia. A quel punto, Minerva prese un respiro profondo.

- Non dovrei dirlo adesso, ma hai ottenuto una O in Difesa Contro le Arti Oscure, Trasfigurazione e Pozioni, mentre una E in Erbologia, Incantesimi e Cura delle Creature Magiche. Nelle altre hai una A, ma comunque hai ottenuto i G.U.F.O. in tutte le tue materie, dovresti esserne orgoglioso. – disse lei sotto lo sguardo attonito di Felikz: sapeva di non essere bravo come Lauren o Ophelia o Gabriel, ma si era sempre impegnato per raggiungere delle ottime valutazioni. Sapeva anche che il suo problema principale non era lo studio, ma il comportamento, cosa che gli penalizzava sempre i voti. Di fronte allo sguardo stupito di Felikz, la Professoressa sorrise.

- Vedi Felikz, so che avete sopra di voi la pressione della vostra famiglia, ma dovete anche pensare a voi stessi. Comincia a seguire i corsi per diventare Auror. Ovviamente, dovrai impegnarti come tutti gli altri e di sicuro migliorare alcuni aspetti del tuo “comportamento”. Detto questo, è libero di andare. Buona estate. – Felikz ringraziò la donna e, dopo essersi alzato, la ringraziò nuovamente per poi dirigersi velocemente verso il suo dormitorio, a prendere le sue cose per poter tornare a casa. Solo lui poteva decidere del suo futuro e avrebbe fatto di tutto pur di riuscire a realizzarlo.

 

 

 

 

 

 

Sala da ballo, Criterion Restaurant

 

 

            Elaija si guardò intorno, cercando qualche viso familiare tra i tanti sconosciuti. Nella Sala da ballo, dove attualmente si trovava, regnava il caos: sedie e tavoli ribaltati, cibo e bevande sul pavimento. Nel vedere quello, aveva capito che l’intento di quelli che li avevano attaccati non era quello di ferire le persone lì presenti, ma di colpire loro. O di distrarli da qualcosa.

-El! – Numero Nove si sentì chiamare da una voce conosciuta e si voltò, riconoscendo subito Emanuel e Caleigh. Fece per aprire bocca, ma il Capo dell’Ordine lo prese per un braccio e quasi lo strattonò.

- Non puoi stare così in piedi in mezzo alla sala, ti farai uccidere! – gli disse il moro, con uno sguardo che al moro ricordò quello che Fëdor gli rifilava quando lo beccava a fare marachelle. Il viso di Elaija si corrucciò, infastidito nell’essere trattato come un bambino, ma prima che potesse dire qualcosa venne ancora trascinato da Emanuel, mentre Caleigh lanciava degli incantesimi verso degli uomini che li stavano attaccando. Tuttavia, alcuni maghi comparvero di fronte a loro ed Emanuel e Elaija presero le loro bacchette, pronti ad attaccare. Vennero lanciati i primi incantesimi e lampi di luce blu e rossi attraversarono la stanza, cercando di colpire l’avversario. Ben presto, i tre ragazzi si trovarono subito circondati, in netta minoranza rispetto ai maghi nemici. Elaija si guardò intorno, notando subito come Emanuel e Caleigh si trovassero in difficoltà e in quel momento non sarebbero mai stati efficaci come i primi. Così, cercò di concentrarsi per trovare un’idea che li avrebbe fatti uscire vivi e fu in quel momento, che si rese conto di una cosa: in tutta la sala, echeggiavano i rumori della battaglia, il suono dei vetri che si infrangevano, ma anche suoni di esplosioni, incantesimi, persino il vento che passava attraverso le finestre ormai distrutte. Così, come gli era stato insegnato, chiuse gli occhi, lasciando che quella melodia, che poteva sentire solo lui, si amplificasse, in modo tale da interrompere quell’attacco.

Emanuel si rese subito conto che qualcosa stava cambiando nell’aria quando vide gli uomini e le donne che li attaccavano portarsi le mani alla testa, in un disperato tentativo di bloccare qualsiasi orribile suono stessero sentendo in quel momento. Tuttavia, Emanuel non riusciva a capirli, perché lui stava ascoltando tutt’altro, ovvero una dolce melodia, come se si trovasse circondato da un’orchestra in pieno svolgimento di un concerto. Quasi calmo, addirittura rilassato, si voltò, trovandosi di fronte l’espressione feroce di Numero Nove, che stava utilizzando il suo potere per salvarli. Ad un tratto, i maghi caddero a terra privi di sensi, come dei burattini ai quali erano stati tagliati i fili e, solo in quel momento, il viso di Elaija si rilassò, guardandosi poi intorno per accertarsi delle condizioni dei due compagni.

-Sono svenuti per i rumori? – domandò il Capo dell’Ordine e il numero nove negò, spiegando subito a gesti le forti emozioni di terrore e paura che aveva voluto far sentire, mentre a loro, per evitare danni, aveva cercato di trasmettere pace.

-Però, se avessi saputo che eri così agguerrito, ti avrei aizzato prima. – commentò Caleigh, strabiliata dalle doti del ragazzo. Il biondo fece un piccolo sorriso imbarazzato e mosse leggermente la testa, come a voler ringraziare la ragazza delle sue parole. Anche Emanuel sorrise.

- Se non fosse così dotato, non sarebbe un membro dell’Umbrella Academy. Forza, occupiamoci degli altri. Dobbiamo impedire che qualcuno si faccia male. -

 

 

 

 

 

Ministero della Magia

 

 

Charlotte si trovava da sola a girovagare per i corridoi del Ministero. Sapeva che non avrebbe dovuto allontanarsi da sola, ma aveva visto il ragazzo che aveva ferito Oberon allontanarsi dallo scontro, così aveva deciso di seguirlo. Con la bacchetta in mano per non trovarsi impreparata, Charlotte controllava ogni singolo angolo del luogo, cercando anche il minimo movimento.

-Bene bene, qualcuno si è staccato dall’alveare. Anche se non era chi mi aspettavo. – pronunciò una voce alle sue spalle e la ragazza si voltò, ritrovandosi faccia a faccia con il ragazzo, che la guardava sogghignando, nonostante il volto fosse coperto dalla maschera.

- Lasciatelo dire, sei un pezzo di merda. – replicò la rossa puntandogli contro la bacchetta. A quel gesto, il corvino scoppiò a ridere.

- Volgare come sempre, Charlotte? Non si addice ad una signora. – nel sentirsi chiamare per nome, Charlotte sussultò leggermente, cercando invano di non darlo a vedere.

- Come consoci il mio nome? – chiese quindi e lui la guardò sorridendo.

- Io so tutto di voi, mio piccolo raggio di sole. Siete stati bravi voi dell’Ordine a nascondervi dal mondo intero. Ma non avete fatto i conti con noi. – Charlotte aggrottò le sopracciglia ma, improvvisamente, si ritrovò scaraventata all’indietro, finendo poi per picchiare la testa contro il pavimento. Gemette dal dolore e si portò una mano al naso, che già perdeva sangue. Con la testa che girava, iniziò a cercare la sua bacchetta, scappata dalle sue mani, mentre il ragazzo cominciava ad avvicinarsi a lei. Quando lui le fu distante solo qualche metro, alzò la becchetta, puntandola verso di lei. Tuttavia, prima che potesse fare qualcosa, la bacchetta gli volò di mano e, dopo averla vista volare, si girò trovandosi Katrina e Harry che gli puntavano contro le bacchette. Contemporaneamente, i due lanciarono due incantesimi differenti, ma il ragazzo fu più veloce di loro, riuscendo a smaterializzarsi prima di essere attaccato. Non appena rimasero soli, i due si recarono subito dall’amica.

- Ti ha dato di volta il cervello? Potevi farti ammazzare! – iniziò a gridare Harry preoccupato e Charlotte si portò una mano alla testa. Nel notare la scena, Katrina tirò uno schiaffò sulla testa del biondo.

- Sono questi i modi? – fece lei e lui la guardò truce.

- Kat, dovresti essere arrabbiata, ha rischiato la sua vita! –

- Certo che sono arrabbiata, ma è ferita e non è urlando che risolveremo le cose. Charlotte, dobbiamo curare quella botta. – di fronte al tono duro utilizzato dal Vice-Capo, Harry si era ammutolito, ritrovandosi però a darle ragione: non appena vide la sua migliore amica a terra, aveva quasi perso la ragione. Aveva già perso troppe persone a lui care, non era disposto a perderne altre.

 

 

 

 

 

Giardino, Criterion Restaurant

 

 

Gabriel si trovava nascosto dietro le siepi dell’immenso giardino, spiando ogni tanto al di là delle foglie. Si stava nascondendo dalla ragazza bionda che li aveva attaccati e che, in quel momento, stava utilizzando il potere di suo fratello. Specchio, fu la prima cosa che gli era venuta in mente non appena l’aveva vista all’opera.

All’improvviso, sentì dei passi accanto a lui e prese in mano la sua bacchetta. Tuttavia, alla vista dei numeri quattro e dieci, tirò un sospiro di sollievo.

-Stai bene? – chiesero in contemporanea i due, scambiandosi poi un’occhiata sbilenca. A Gabriel però non sembrava importare in quel momento, in quanto si sentiva sollevato dalla presenza degli altri due.

- Io sto bene, ma la ragazza sa che mi sono nascosto qui. È un miracolo che non vi abbia beccato. – replicò Numero Tre, dandosi ancora un’occhiata in giro. Nel sentirla nominare, gli occhi del gemello si fecero ancora più scuri.

- Quella brutta stronza. Io non posso fare niente, ha i miei stessi poteri! –

- Ti sbagli. – a quelle parole, entrambi i gemelli si voltarono verso Mathias, che aveva lo sguardo di chi si era appena ricordato qualcosa di importante.

- Cosa vorresti dire? – gli domandò Cameron, non riuscendo a capire. Numero Dieci alzò lo sguardo su di loro.

- Vi ricordate le lezioni di papà? Del fatto che ci avesse detto che ne esistevano altri come noi ma con poteri diversi? – continuò il moro, mentre i due realizzavano finalmente le sue parole.

- Pensate che i due che ci stanno attaccando facciano parte dei bambini nati in circostanze misteriose? – alle parole di Cameron, Gabriel annuì.

- Sì. E credo anche che quella possa prendere i nostri poteri e replicarli. Penso che si tratti di una specie di riflesso, o specchio, come lo chiamava papà. – continuò il rosso.

- Dobbiamo capire, però, se li può replicare tutti insieme oppure no e, soprattutto, come abbia ottenuto i poteri di Cam. – ribatté Mathias, mentre tirava fuori la bacchetta a causa di alcuni rumori. Fu a quel punto che Cameron, che era rimasto in silenzio durante la spiegazione, ebbe un’illuminazione.

- E’ riuscita ad ottenere i miei poteri perché mi ha toccato. Riesce a prenderli se ha un contatto fisico con noi! – esclamò e gli altri due lo guardarono interrogativo.

- E come facciamo ad esserne sicuri? – chiese Gabriel. I tre stettero in silenzio, cercando di escogitare qualcosa. Tuttavia, il suono di una voce vellutata li costrinse a stare immobili.

- Lo so che vi nascondete qui, è inutile provare a scappare. – quasi annoiata da tutta la situazione, la ragazza che li aveva attaccati stava camminando per il giardino, precisamente nei pressi della fontana. Attorno alle sue mani, piccole nubi di polvere nera fluttuavano, pronte per essere usate al minimo movimento. Fu a quel punto che a Mathias venne un’idea.

- Facciamole prendere il mio potere e vediamo che succede. Tanto i vostri poteri si annullano a vicenda ma sono potenti, con il mio non può andare da nessuna parte, se non sa controllarlo. – si propose e a quel punto i due gemelli poterono solo annuire, in quanto sapevano che, in ogni caso, Mathias avrebbe avuto ragione: i loro poteri erano forti, quelli di Cameron soprattutto, ma entrambi si annullavano a vicenda, come se fossero quasi complementari. Prima però che potessero dire qualcosa, Mathias partì all’attacco, lasciando dietro di sé una scia argentata.

Nel frattempo, la ragazza stava ferma, vicino alla fontana, ascoltando in silenzio ogni singolo suono. Rimase immobile, finché non percepì l’aria cominciare a vibrare. Immediatamente, scatenò le nubi nere, cercando di colpire quella scia, che riconobbe essere Numero Dieci, che le vorticava attorno. Tuttavia, non riuscì a fermarlo completamente e Mathias le passò di fianco, toccandola proprio sul polso destro e si allontanò. Quasi subito, le nubi scomparvero e la ragazza emise un gemito di frustrazione, prendendo velocemente la sua bacchetta per evitare altri attacchi da parte del ragazzo.

-Ha funzionato! Avevamo ragione! – sbottò Gabriel stringendo lo smoking del gemello. I due videro la ragazza, infastidita, guardarsi attorno ancora una volta, per poi smaterializzarsi.

- Che vi avevo detto? Avevo ragione! – fece Numero Dieci avvicinandosi a loro, tutto sorridente per avere avuto ragione. I tre si guardarono intorno, ma non percepirono nessuna presenza ostile.

- Perfetto, io direi di cercare gli altri. Finché quella non tocca qualcun altro siamo a posto. Ora preoccupiamoci dell’altro. – propose Cameron. Una minaccia erano riusciti ad eliminarla, ma non era ancora finita. Erano ancora in pericolo.

 

 

 

 

 

2014, Ufficio di Richard McKinnon, Villa Olympus

 

 

            Felikz rientrò presso la Villa a tarda notte, quando ormai il silenzio aveva occupato l’intero edificio. Nel notare quel dettaglio, sospirò pesantemente, richiudendosi la porta alle spalle e cominciando a dirigersi verso il primo piano. Cercò poi di raggiungere la sua camera, la numero Sette, l’unica ancora aperta, quando la voce potente di suo padre lo richiamò dall’ufficio. Sbuffando, si recò velocemente nello studio dell’uomo, desiderando solamente di andare in camera sua per poter riposare.

-Volevi vedermi, papà? – chiese il giovane, avvicinandosi alla scrivania dove Richard era occupato a compilare alcune carte. Non appena lo sentì, il mago alzò leggermente lo sguardo, per ritornare poi a guardare i fascicoli.

- Sei rientrato troppo tardi e questa cosa non va bene. Ricordo che avete gli allenamenti la mattina presto, quindi presentarsi senza l’adeguato riposo non è accettabile. Domani parlerò con Numero Uno, voi ragazzi dovrete avere più disciplina… -

- Papà, Fëdor non c’è più, se n’è andato. Come gli altri, sono rimasto solo io. – interruppe Felikz, rimasto allibito dalle parole dell’uomo: possibile che non si fosse nemmeno reso conto di questo dettaglio? A quelle sue parole, l’uomo alzò finalmente su di lui, facendo rabbrividire il ragazzo.

- Allora, a questo punto, sarai l’unico membro dell’Umbrella Academy. Ora va, sto progettando alcune missioni che dovrai fare nei prossimi giorni. Buonanotte, Numero Sette. – dopo quel congedo, Felikz mormorò un saluto di rimando, uscendo dall’ufficio e dirigendosi subito in camera sua. Qui, chiusa la porta, prese un lungo sospiro, cercando in tutti i modi di non prendere a pugni il muro. Tuttavia, non poté impedire alle lacrime di scendere, perché con quella frase di suo padre, aveva realizzato quello che per giorni si era rifiutato di accettare: era rimasto solo. Tutti i suoi fratelli e sorelle se ne erano andati, e lui? Non aveva avuto il coraggio di fare la stessa cosa.

Sospirando ancora, si buttò sul letto, gettando poi uno sguardo alla sua scrivania dove, in mezzo a tutte le sue scartoffie, si trovava una lettera importante che, tuttavia, non avrebbe ascoltato:

 

“Gentile Signor McKinnon, le comunichiamo che ha superato i test di ammissione con il massimo dei voti, con la conseguente ammissione all’Accademia Auror. La aspettiamo per l’inizio delle lezioni.

Cordiali saluti,

 

Harry Potter

Capo del Dipartimento Auror

 

 

 

 

 

Ministero della Magia

 

 

            Felikz continuava a lanciare incantesimi senza sosta, alternandosi con la creazione dei suoi portali per cogliere i nemici di sorpresa. Tuttavia, i suoi poteri stavano cominciando a vacillare, segno che fosse già troppo tempo che li utilizzava. Notò anche i suoi fratelli nelle stesse condizioni, feriti e stremati dalla lotta. All’improvviso, quasi simultaneamente, i maghi e le streghe che li stavano combattendo si smaterializzarono, lasciandoli soli nel grande corridoio ormai vuoto.

-Dove sono andati? – domandò Travis, guardandosi intorno per evitare attacchi a sorpresa.

- Penso che siano stati richiamati dal loro capo. – disse Emerald, appoggiata alla parete in quanto non riusciva a reggersi in piedi.

- State tutti bene? – domandò Katrina guardandosi intorno e gli altri annuirono.

- Dobbiamo andare da Oberon e vedere come sta. Dobbiamo sapere se sta bene. – propose Ophelia e Travis e Sheryl annuirono.

- Prima dobbiamo recarci al Criterion. Se hanno attaccato noi è probabile che lo abbiano fatto anche agli altri. Oberon per adesso si trova in buone mani. – disse Lauren e i ragazzi si trovarono a concordare con lei. Così, con un ultimo sforzo, si smaterializzarono, impazienti di conoscere le sorti dei loro amici.

 

 

 

 

Sala Principale, Criterion Restaurant

 

 

-Finalmente riesco ad incontrare di persona un membro dell’Umbrella Academy. Che emozione. – fu con quelle parole che Fëdor vide per la prima volta il compagno della ragazza bionda.

- Se volevi un autografo, bastava solamente chiedere. – rispose Numero Uno ironico e quello sorrise, divertito dalla battuta.

- Che cosa volete da noi? – continuò il biondo, non distogliendo lo sguardo dalla figura dell’altro. Tuttavia, con la coda dell’occhio aveva notato alcuni maghi smaterializzarsi intorno a lui, circondandolo per togliergli ogni via di fuga.

- Oh, noi volevamo solo fare due chiacchiere con voi, niente di personale. – rispose il moro senza lasciare il suo sorriso.

- Quindi non siete stati voi ad uccidere nostro padre? – provò ancora Fëdor e quello rise leggermente.

- Chi lo sa. Potremmo come no, ma sono solo dettagli futili. Questa volta sarò io a farti una domanda: dove sono i diari? – chiese il ragazzo, avvicinandosi sempre di più alla figura di Numero Uno. Mentre lo osservava, il biondo vide qualcosa in mano al ragazzo, che da lontano non aveva potuto notare: sembrava una collana, anche se non poteva esserne sicuro, ma lui era sicuro di averla già vista.

- Non so di cosa tu stia parlando. – fece, riportando l’attenzione sul ragazzo che ora si trovava di fronte a sé.

- Che peccato. Allora immagino che ci rivedremo. Prendi tutto questo come una specie di avvertimento, Numero Uno: hai visto quello che possiamo fare e non abbiamo paura di rifarlo. Qualcuno dei tuoi ha già imparato la lezione… - prima che Fëdor potesse chiedere altro, quel ragazzo portò velocemente una mano al suo collo, cominciando a stringere. Il biondo sentì immediatamente l’aria mancare ma, oltre a questo, cominciò a sentire una strana sensazione: il suo sangue aveva cominciato a ribollire e si sentì come se stesse bruciando dall’interno. Pian piano, cominciava ad indebolirsi, iniziando a perdere coscienza…

Ad un certo punto, il ragazzo mollò la presa e Fëdor cominciò a sentire nuovamente l’aria entrare nei polmoni. Alzò lo sguardo, cercando di capire come mai quello avesse mollato la presa e sgranò gli occhi: Emanuel aveva creato delle fiamme, che stava usando per attaccare i maghi e le streghe. Ma la cosa che aveva stupito Numero Uno, era che il Capo dell’Ordine non stesse usando la bacchetta: le sue mani, dalle quali partivano le fiamme, erano completamente nere, solcate da delle venature di fuoco; i suoi occhi, invece del solito castano scuro, ora erano ambrati. Velocemente, tutte quelle persone si smaterializzarono, lasciando nella stanza solo loro due. Emanuel ritirò subito le fiamme, per poi voltarsi, con sguardo colpevole, verso Fëdor, che lo guardava senza dire una parola.

-Tu? – disse semplicemente ma, prima che il moro potesse dire qualcosa, qualcuno si smaterializzò nella stanza.

- Fëdor, devi immediatamente venire! – disse Gabriel, non preoccupandosi nemmeno dello stato in cui si trovavano i due. Come risvegliato da una sorta di trance, il biondo si voltò verso il fratello e, vedendo la sua espressione impaurita, si preoccupò.

- Cosa è successo? –

- Si tratta di Oberon. –

 

 

 

 

 

31 ottobre 2017, Dark Room, Camden Town, Londra

 

 

            -Perfetto ragazzi, un’altra giornata è andata, complimenti a tutti! – uno scroscio di applausi scoppiò all’interno del negozio, che era appena stato chiuso dopo l’uscita dell’ultimo cliente della giornata. Felikz sorrise, guardando divertito i suoi colleghi di lavoro: aveva cominciato a lavorare lì in quel negozio di tatuaggi, che tutto sembrava tranne che un negozio di tatuaggi, quasi per caso e arrivato a quel momento non si era ancora pentito di quella scelta.

- Finalmente, sono stufo degli idioti e dei loro tatuaggi stupidi! “Mi scusi, vorrei tatuarmi sul petto il nome della mia ragazza, così durerà per sempre!” Ma sei scemo?? – nel sentire Meredith, sua collega, lamentarsi di un cliente che aveva dovuto servire quel giorno, il ragazzo si mise a ridere, mettendole poi un braccio attorno alle spalle.

- Maddy cara, preferirei quello che si tatua il nome della fidanzatina piuttosto che quello che si tatua l’organo genitale femminile sul collo… - disse lui mentre Ethan, altro collega che stava ascoltando la conversazione, emise un gemito inorridito.

- La gente è sempre più strana al giorno d’oggi. – commentò Meredith, mentre Numero Sette annuiva. Ad un certo punto, Felikz fece per dirigersi verso il guardaroba, dove teneva il cappotto, ma i due amici lo fermarono e lui prese ad osservarli incuriosito.

- Dove pensi di andare? – gli domandò Ethan sorridendogli malandrino. Felikz continuava a non capire ma poi, quando vide il suo capo alzare al cielo una bottiglia di vino e due sue colleghe dirigersi verso di lui con una torta, improvvisamente capì.

- Buon compleanno! – esclamarono in coro tutti i ragazzi e le guance di Felikz si tinsero di rosso, così come i suoi capelli, ma di questo non si preoccupò, in quanto si trovava in un negozio pieno di maghi.

- Non pensavi mica che ce ne fossimo dimenticati? – esclamò Regan, dandogli una pacca sulla spalla che quasi lo fece cadere. D’altronde, si trattava di un armadio di due metri e Felikz, nonostante fosse alto 180 centimetri, sembrava uno scricciolo messo a confronto.

- Ragazzi davvero, non so che dire… - disse il ragazzo, quasi commuovendosi per quel gesto inaspettato. Quella volta, sarebbe stato il primo compleanno che passava in compagnia da quando i suoi fratelli se ne erano andati. Quella volta, sarebbe stata la prima volta in cui non si sarebbe sentito solo.

 

 

 

 

 

20 Novembre, San Mungo

 

 

            I ragazzi stettero seduti in quel corridoio asettico per altri venti minuti, prima che qualcuno uscisse dal Reparto e li raggiungesse.

-Novità? – chiese subito Fëdor alla sorella di Charlotte e lei scosse la testa.

- Ha subito un grosso avvelenamento e i medici non riescono a capire di cosa si tratti. Stanno cercando di curarlo con i vari antidoti che si trovano qui. Per adesso è in stato di stallo, ma se non riescono a trovare una soluzione… - la donna non fece nemmeno in tempo a finire la frase: tutti i presenti avevano capito. Mentre Charlotte salutava la sorella e la ringraziava per il favore che le aveva appena fatto, Sheryl si strinse forte a Travis, sconvolta dalla notizia ricevuta, mentre il numero dodici cercava di consolarla. Tuttavia, la situazione degli altri non era differente.

- Dobbiamo trovare quei bastardi. – pronunciò Felikz, desideroso di vendicare Numero Sei. Accanto a lui Elaija, con gli occhi rossi per le ore passate a piangere, concordò con quelle parole.

- Su tre solo due siamo riusciti a vederli in faccia e nemmeno questo ha aiutato, visto che non li abbiamo mai visti nelle nostre vite e solo la metà di noi li ha visti. – fece Harry, unica persona rimasta ancora seduta a terra.

- Per quanto mi costi ammetterlo, ha ragione. Se veramente sono come voi, dovrebbero avere la vostra stessa età e ad Hogwarts non li abbiamo mai visti. Abbiamo la necessità di trovare i diari di vostro padre e capire come mai li cerchino anche loro. – commentò Charlotte e, a quelle parole, il viso di Ophelia si fece pensieroso.

- Dite che può aver scritto qualcosa su di loro? – domandò lei ed Emerald fece spallucce.

- È probabile che lo abbia fatto. Quando siamo nati aveva cercato di recuperare più bambini possibili, quindi per forza avrà preso varie annotazioni. –

Dopo quella frase, il silenzio calò tra i presenti, pesante come un macigno.

-Ci sono novità, ragazzi? – domandò una voce e, come se fossero stati mossi dallo stesso ingranaggio, i membri dell’Umbrella Acadmey si voltarono contemporaneamente, incrociando lo sguardo duro di Katrina e Scarlett, che si trovavano di fronte ad Emanuel quasi come se lo volessero difendere da eventuali attacchi – che, visto le espressioni truci degli altri, non era da escludere. Il Capo dell’Ordine stava a capo chino, non avendo coraggio di guardarli negli occhi: lì, per la prima volta, l’aura di arroganza e di decisione che lo contraddistingueva sempre era sparita, lasciando spazio ad un semplice ragazzo quasi intimorito.

- Penso che dobbiamo parlare… - disse ad un certo punto lui e, a quelle parole, Fëdor annuì, sorridendo ironico.

- Certo, abbiamo molto di cui parlare, Emanuel. O forse dovrei dire Numero Tredici? –

 

 

 

 

 

20 Novembre, Villa Eriksen, Notting Hill, Londra

 

 

            Amalia continuava a girare il cucchiaino nella tazzina da tè, mescolando lo zucchero che ormai, passati i minuti, si era già sciolto. La giovane era assorta completamente nei suoi pensieri, non accorgendosi di quello che le succedeva intorno. Fu per quel motivo che non si accorse della presenza degli altri due ragazzi finché non se li ritrovò seduti al tavolo, uno di fronte a lei e l’altro accanto.

-Grazie per averci ospitato per questa notte, Lia. Ci hai fatto un enorme favore. – disse il più basso dei due e solo a quel punto la bionda si degnò di osservarli.

- Spero abbiate dormito bene. Di solito non ho ospiti la sera. – rispose, utilizzando sempre il suo solito tono annoiato, che fece sorridere l’altro ragazzo.

- Beh, se vuoi possiamo venirti a trovare ancora… - provò a dire il corvino, ma lo sguardo gelido della ragazza lo convinse a ritirare la proposta. Dopo essere riuscita a zittire il ragazzo, Amalia schioccò svogliatamente le dita e subito un elfo domestico apparve, portando con sé due tazze di caffè bollente e tre piattini con su tre pezzi di torta alla zucca. L’elfo poggiò il vassoio sul tavolo e, dopo un ulteriore inchino, si smaterializzò.

- A quanto pare abbiamo fatto un altro buco nell’acqua. – borbottò il ragazzo alto avventandosi sulla tazza di caffè. Annusando leggermente, si ritrovò a sorridere: Amalia doveva aver detto di correggere il suo caffè con la vodka, contento di avere qualcosa con cui sopportare il forte dolore al braccio.

- Edgar, tu hai fatto un buco nell’acqua, non noi. Il tuo unico obiettivo era quello di ottenere informazioni, non di ingaggiare un duello e mandarne uno all’ospedale! – sbottò l’altro, battendo una mano sul tavolo. A quel gesto, Amalia gli mise subito una mano sul braccio, invitandolo a calmarsi con lo sguardo.

- Carlos, è stato un imprevisto e gli imprevisti accadono. Inoltre, ci ho guadagnato un grosso taglio che rovina la mia immagine! E comunque, i diari non si trovavano nemmeno lì. Guarda il lato positivo: uno in meno da affrontare. – ribatté Edgar sbuffando come un bambino. Di fronte a quella reazione, Carlos trattenne l’impulso di prendere a pugni l’altro, alzandosi poi in direzione della finestra. Qui, la aprì, tirando poi fuori un pacchetto di sigarette.

- A questo punto, dovremo agire cautamente. Metà di loro ci ha visto in faccia, mentre Edgar ancora è un’incognita. Questo gioca di sicuro a nostro favore. Io direi di passare allo step successivo. – propose lui, ottenendo dei cenni di assenso da parte degli altri due. Edgar decise di imitarlo, decidendo anche lui di fumare, mentre Amalia si teneva a debita distanza: aveva sempre odiato il fumo.

- L’importante è che non sappiano ancora chi siamo. Non avendo mai vissuto qui, non riusciranno a rintracciarci facilmente. Edgar, ti sei occupato di quel problema a Villa Olympus? – chiese la bionda e il corvino annuì, sogghignando al solo pensare al suo operato. Dopo aver preso ancora un sorso del suo caffè, si voltò verso l’altro compagno, sorridendogli mellifluo.

- Non dimentichiamoci che abbiamo anche un altro asso nella manica. Se non sbaglio, Carlos, tu hai un rapporto stretto con uno di loro, giusto? Se non sospetta di niente, possiamo ancora utilizzarlo. – fece lui. A quel punto, anche Carlos sorrise.

- E’ ancora utilizzabile. Finché la volpe rimane la nostra spia, allora non abbiamo niente da temere. –

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Della serie a volte ritornano! Ciao a tutti ragazzi, sono tornata!!!!! Non sapete quanto io sia emozionata di pubblicare questo capitolo dopo così tanto tempo, davvero.

Ora, come avrete potuto notare, succedono un paio di cosucce.

Prima di tutto, Oberon starà bene, non preoccupatevi. Tuttavia, ho dovuto fare questo per via di una decisione che ho preso tempo fa a seguito di alcuni problemi avuti con la sua autrice, e sono giunta ad una conclusione: OBERON MCKINNON è ufficialmente eliminato dalla storia.

Non voglio entrare nei dettagli, perché è una cosa tra me e la sua autrice. Spero lo stesso di incontrarla per altri lavori futuri e che non abbia rancore verso di me.

Seconda cosa, abbiamo l’identità di Numero Tredici! Complimenti a chi ha indovinato, davvero brave!

E ultimo ma non per importanza… E’ toccato a Felikz! Sono stata contenta di questo perché, per la prima volta, vedete questo personaggio dal mio punto di vista e nella mia totale visione. Come avrete capito, ci sono molto legata, è il primissimo Oc completo che ho creato e ci ho messo l’anima all’interno.

Ma basta con i momenti strappalacrime, abbiamo finalmente i villains! Sono fiera quindi di presentarveli:

 

 

 

CARLOS SANTIAGO CORTÈS

Red | Spagna | Castelobruxo | bisessuale | Emokinesis

Bacchetta di tasso, 12 pollici, estremamente rigida, nucleo di corda di cuore di drago

Fallen Angel – Three Days Grace

Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici

 carlos

Carlos è arrogante e superbo, non ha paura di niente e si crede dio sceso in terra, grazie anche al suo potere. È violento, irascibile e permaloso, perde la pazienza subito e preferisce i pugni alla diplomazia. L'unica in grado di calmarlo è Amalia, che vede come una sorellina minore.

 

 

 

AMALIA ERIKSEN

Lolita | Finlandia | Durmstrang | eterosessuale | Power Absorption

Bacchetta di salice, 11 pollici e ½, abbastanza elastica, nucleo di capelli di veela

Mad World – Gary Jules

Soltanto gli esseri intelligenti provano noia.

 amalia

Amalia è una ragazza schiva e fredda, molto distaccata dalle altre persone. Se parla è solo per offendere e rifilare agli altri le sue battutine taglienti. Molto intelligente e scaltra, si crede superiore agli altri in quanto il suo potere è quello di poter assorbire i poteri degli altri e usarli. Sembra quasi annoiata da tutto e tutti, difficilmente qualcosa la intriga.

 

 

 

EDGAR ADAM TEMPLE

Adder | Sud Africa | Ilvermorny | pansessuale | Venom Control

Bacchetta di tasso, 12 pollici e ¾, piuttosto rigida, nucleo di capelli di veela

Makes me wonder – Maroon 5

All those fairy tales are full of shit.

edgar 

Edgar può sembrare un ragazzo espansivo, ma ama circondarsi di persone solo per via del suo essere egocentrico e vanitoso. È indomabile ed incontrollabile e soffre di IED, caratterizzato da forti attacchi di rabbia. È un attaccabrighe nato, ma non è violento, si diverte solo a stuzzicare la gente con il sarcasmo e non ha peli sulla lingua

 

 

 

Per quanto riguarda Edgar, devo ringraziare la fantastica ITSBEA che segue ogni mio sclero da una vita e che mi ha fatto l’onore di crearmi questo meraviglioso Oc.

Avrei qualche domanda per voi:

 

Come la prenderanno i ragazzi la questione di Emanuel?

Come reagiranno a tutta la situazione? Staranno da soli, cercheranno la compagnia di qualcuno in particolare…

 

Ed ecco finalmente la lista di nomi con le nuove aggiunte!!!

 

 

Emanuel

Caleigh

Charlotte

Katrina

 

Amalia

Carlos

Edgar

 

Ci vediamo alla prossima! Bacioni,

__Dreamer97

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Capitolo 13
*** CAPITOLO 10 ***


CAPITOLO 10

 

“I’m in the mood for some chaos.”

 f

 

 

 

 

2 gennaio 1992, Budapest, Ungheria

 

 

            Le temperature rigide erano ormai calate sotto lo zero e l’intera città era avvolta dal freddo. Fu per quel motivo che Etel Hedervary, nata Thót, stringeva a sé il figlio che aveva appena partorito, che ancora piangeva. Tuttavia, la donna sapeva che non fosse necessario: il bimbo irradiava un calore innaturale, troppo per una temperatura normale. Fu per questo che alzò lo sguardo verso suo marito che, di fronte al letto, fissava quel piccolo esserino.

-Ci sei riuscito, Jozef. – disse Etel e l’uomo si riscosse dai suoi pensieri, sorridendo alla moglie. Prese in braccio il bambino, - suo figlio, dannazione! – e, sentendone il calore, iniziò a ridere.

- Ormai è fatta cara mia, il nostro progetto è stato un successo! L’Ordine sarà felice di saperlo, era ormai questione di tempo! Ora dobbiamo seguirne lo sviluppo e capire cosa potrà fare, ma tra non molto potrò iniziare a vendere la mia creazione al mondo! – esclamò Jozef, cullando il bambino affinché si addormentasse.

- Pápa? – pronunciò una vocina dalla porta della stanza e l’uomo si voltò per vedere i suoi due figli gemelli, che osservavano intimoriti il bambino che teneva.

- Gilbert, Elisaveta, venite qui. Voglio presentarvi il vostro nuovo fratellino. – disse lui, mentre i due bambini si avvicinavano.

- Vi presento vostro fratello: Emanuel. –

 

 

 

 

 

20 novembre, San Mungo

 

 

            -Quindi è così che sei stato creato? Che noi siamo stati creati? – domandò Fëdor dopo aver sentito il discorso di Emanuel e quest’ultimo annuì. I membri dell’Umbrella Academy non sapevano cosa dire: finalmente, dopo venticinque anni, avevano scoperto come erano stati creati, ottenendo risposta ad uno dei tanti quesiti che li accompagnavano dalla nascita.

- Sono stato il primo esperimento di mio padre e, tre anni dopo, ha deciso di scegliere delle donne, e a loro insaputa dar loro la pozione. Così, siete nati voi. Tuttavia, mio padre non sapeva come gestire la cosa: ha contattato vostro padre, che a quanto pare conosceva da tempo, per cercare di adottarne il più possibile ed evitare casini. Purtroppo, non ha fatto i conti con il mio potere. Si è reso conto di non sapere come gestirmi solamente dopo che io… - Emanuel si fermò dal parlare e, accanto a lui, Katrina gli mise una mano sulla spalla, come a dargli forza.

- … dopo aver capito di non riuscire a controllarmi, ha contattato Richard e gli ha spiegato la situazione. Così, io e Katrina, che ha voluto seguirmi, siamo arrivati a Londra. Richard ci forniva di tutto e, due volte a settimana, mi insegnava a controllarmi. Durante il periodo scolastico, invece, mi rinchiudevo nella Stanza delle Necessità ad esercitarmi. –

- E l’Ordine di Morgana quando l’hai creato? – domandò Ophelia, osservando il ragazzo con sguardo duro. Emanuel si sentì intimorito, ma cercò di non darlo a vedere.

- Non l’ho creato. Mio padre era il responsabile, mi ha passato il comando solamente un anno dopo la mia uscita da Hogwarts. Permetteva a Richard di svolgere i suoi “lavori” senza che qualcuno venisse a scoprirlo. Dopo la morte di vostro padre, la nuova missione è stata difendere voi. Mi dispiace non avervelo detto prima, avrei voluto tanto ma mi era stato detto di non farlo. – a seguito di quella nuova rivelazione, la domanda che venne posta al capo dell’Ordine arrivò da Cameron.

- E i tre ragazzi che ci hanno attaccato? Sapevi anche di questo? –

- No. Sapevo ovviamente di altri ragazzi e ragazze con le nostre capacità, ma non pensavo qualcuno arrivasse a tanto. Per quanto io fossi molto più informato di voi, Richard teneva all’oscuro anche me. L’unico che poteva dire di conoscerlo perfettamente era mio padre. – i ragazzi rimasero in silenzio, non sapendo cosa dire dopo quella confessione. A quel punto, prendendo controvoglia in mano la situazione, Fëdor parlò.

- D’accordo. Torniamo a casa e sistemiamo le nostre idee. Ora che anche Numero Tredici è qui, capiremo cosa fare. –

- In realtà… - cominciò a dire Emanuel e dodici paia di occhi si posarono su di lui.

- Mi avete chiamato così e avete scoperto che anche io sono come voi, ma non sono io Numero Tredici. – dichiarò e la tensione che si creò era così densa da poter essere tagliata con un coltello.

- Che cazzo significa che non sei tu Numero Tredici?! – sbottò Felikz che, per tutto il tempo, aveva cercato di mantenere la sua rabbia.

- Essendo più grande e non stando mai con voi, Richard non mi ha mai considerato come un membro dell’Umbrella Academy. Diciamo che, essendo il primo esperimento, sarei Numero Zero. – spiegò il moro.

- Quindi, - prese parola Mathias, dando voce ai pensieri di tutti, - se lui non è Numero Tredici, allora chi cazzo è? -

 

 

 

 

 

Stanza 524, San Mungo

 

 

                        Felikz stava seduto vicino al letto del fratello, osservandolo attentamente come per controllarlo. Stava seduto composto, cosa insolita per uno come lui, mentre, con sguardo da falco, si guardava intorno come a voler captare movimenti sospetti. Fu così che Sheryl lo trovò e, anzi, si sorprese proprio di trovarlo nella stanza.

-Non pensavo di trovarti qui. – disse infatti la rossa e Felikz si voltò di scatto, rilassando poi le spalle nel notare la sorella minore. Le sorrise, per poi tornare a guardare il viso di Oberon.

- Non c’era nessuno qui con lui e tutti gli altri sono spariti. Non potevo lasciarlo da solo un’altra volta. – le rispose e Sheryl aggrottò le sopracciglia confusa, non riuscendo a capire le parole del fratello. Tuttavia, dopo qualche secondo, sgranò gli occhi, avendo capito perfettamente cosa intendesse il numero sette.

- Lo sai vero che non è colpa tua? –

- L’ho lasciato da solo! – Sheryl sobbalzò leggermente nel sentire il tono con cui il fratello più grande le si era rivolta e si sorprese ancora di più nel notare le lacrime che scorrevano sul viso del ragazzo. In tutti gli anni che lo conosceva, l’aveva visto piangere sì e no due volte.

- Sono stato addestrato apposta per proteggervi e trarvi in salvo, e non ci sono riuscito! Oberon è così perché io non sono stato in grado di svolgere il mio lavoro! – esclamò ancora Felikz. Tuttavia, Sheryl non si fece intimidire dalla rabbia del moro e gli si avvicinò, prendendo poi il suo viso tra le mani per asciugargli le lacrime.

- Feli, togliti subito dalla testa questo brutto pensiero. Eravamo nel pieno di una battaglia, potevamo intervenire tutti. Gli imprevisti accadono e non si possono prevedere o fermare. Anche se ci fosse stato Mathias probabilmente sarebbe successo lo stesso. Quindi smettila di darti colpe che non hai, perché allora siamo tutti colpevoli, non solo tu. – disse la rossa, cercando di calmare la crisi del fratello. Non appena questi annuì, sorrise; quel piccolo gesto le fece venire in mente quando erano piccoli, ed era il terremoto di casa a doverla rallegrare durante i suoi momenti di “solitudine”. Ma lei era l’Imperatrice, era suo compito prendersi cura degli altri: doveva stare vicino ai suoi fratelli.

 

 

 

 

 

Paiolo Magico, Londra

 

 

            Da quando erano arrivati lì, Jem non faceva altro che camminare avanti e indietro per la stanza che avevano affittato, mentre teneva nella mano destra una sigaretta quasi finita, a testimoniare il nervosismo che lo circondava. Sedute sul letto, in religioso silenzio, Charlotte e Scarlett guardavano entrambe per terra, avvolte nei loro pensieri, e Harry si trovava seduto vicino al piccolo tavolino che si trovava lì come arredo. Nessuno aveva ancora emesso una parola, troppo concentrati a ripensare a quello che era successo il giorno prima. Questo fino a quando, interrompendo il silenzio che si era andato a creare, Harry decise di parlare, esponendo tutto quello che fino ad allora gli ronzava nella testa.

-Quindi? Nessuno ha intenzione di dire niente? – domandò lui e gli altri si accorsero tutti del tentativo che il biondo stava cercando di fare per mantenere la calma.

- Cosa dovremmo dire? È stato un duro colpo per tutti. Di sicuro, mai avrei sospettato che lui fosse uno di loro. – gli rispose Scarlett, alzando finalmente lo sguardo sul suo collega biondo. Quest’ultimo sbuffò, alternando poi gli occhi sulle altre due figure presenti nella stanza.

- Sapete, - cominciò a dire Jem, - attirando su di sé l’attenzione di tutti, - quando nel mondo magico si diffuse la notizia della nascita di alcuni bambini miracolosi, restai affascinato dall’argomento. Come era stato possibile un evento del genere? A decine, tra medimaghi e ricercatori, si sono impegnati per trovare una risposta, ma nessuno è mai riuscito a scoprire qualcosa. Devo dire che sapere che il padre del nostro capo ha architettato tutto questo ha dell’incredibile. –

Dopo quelle parole, Harry fece per aggiungere qualcos’altro, ma il classico “crack!” della smaterializzazione li costrinse a rinviare quell’argomento. Inutilmente, visto che la persona che si era appena smaterializzata era Katrina.

-Per fortuna siete tutti qui, non avevo voglia di cercarvi in giro per Londra. Abbiamo tante, anzi troppe cose da discutere e sarà meglio che ci muoviamo. – finito di parlare, la corvina si guardò intorno e, notando che gli altri quattro la stavano osservando intensamente, aspettandosi qualcos’altro, sbuffò, per poi prendere un grosso respiro.

- Sentite, lo so che volete delle risposte. Innanzitutto, io ed Emanuel, che sta ancora discutendo con gli altri, vi dobbiamo delle scuse. Avremmo dovuto dirvi di questa cosa, ma poi abbiamo deciso di non volervi esporre troppo, anche se ci siamo resi conto di esserci sbagliati. Con questo, non sto dicendo che non ci fidiamo di voi o altro. Per questo motivo, vi chiediamo di fidarvi ancora di noi per un po’. Poi, avrete le vostre risposte. -

 

 

 

 

 

2001, Budapest

 

 

            Emanuel osservava attentamente la bambina di fronte a lui, squadrandola dalla testa ai piedi: della sua stessa età, stando a sentire suo fratello Gilbert, aveva lunghi capelli neri e grandi occhi del medesimo colore, impegnati a guardare i due adulti che si trovavano di fianco a loro. In realtà, Emanuel già la conosceva: praticamente cresciuti insieme dalla culla, i loro genitori erano amici di lunga data, il che comportava a frequenti cene domenicali. Tuttavia, i due bambini, forse complice il carattere riservato di entrambi e il fatto che la bimba parlava solo bulgaro, non si erano mai calcolati più di tanto.

Emanuel strinse gli occhi, cercando in qualche modo di metterle paura, ma sua sorella gli diede uno schiaffetto sulla nuca, attirando l’attenzione della bambina.

-Ema, non fare così. Lei è Katrina e, da adesso, starà da noi. Fa ancora fatica con la nostra lingua, per cui saremo noi ad aiutarla. – disse Elisaveta e i due bambini si squadrarono, arrivando allo stesso pensiero nel medesimo istante: non si sarebbero mai sopportati.

 

 

 

 

 

23 novembre, Biblioteca, Piano Terra, Villa Olympus

 

 

            Fëdor stava seduto al lungo tavolo della biblioteca, intento a leggere uno dei tanti manuali di Incantesimi che erano lì presenti. Li aveva letti tutti, ovviamente, ma in quel momento aveva bisogno di qualcosa che lo distraesse da tutti i pensieri che vagavano nella sua mente. Per questo, non si accorse della persona che era entrata fino a che non si trovò accanto al tavolo.

-Non ho voglia di parlare. – disse lui duramente e l’altra persona sorrise leggermente, decidendo poi di sedersi di fronte a lui.

- Non ti facevo un tipo da libri. Pensavo che tutte le tue abilità con la bacchetta derivassero solamente dagli allenamenti extra. – ribatté l’altra e solo a quel punto Fëdor alzò lo sguardo dal suo libro, piantandolo finalmente sul volto di Charlotte. I suoi grandi occhi verdi lo osservavano preoccupati e il ragazzo si sentì leggermente in soggezione. A quel punto, chiuse di scatto il volume di fronte a sé, ma la ragazza non si mosse di un millimetro.

- Sono preoccupata per te. – disse semplicemente la rossa e Fëdor capì subito a cosa lei si riferisse…

 

La casa era silenziosa, fin troppo per i loro gusti.

-Signora Davis? – provò a dire Ophelia, mentre gli altri membri dell’Umbrella Academy tiravano fuori le loro bacchette. Erano appena tornati dal San Mungo, e il pensiero che fosse successo qualcosa mentre erano via iniziò a tormentare le loro menti. Come se avessero ricevuto tutti insieme lo stesso comando, i ragazzi si separarono per la casa, alla ricerca della Signora Davis e di Libby, visto che non trovavano nemmeno lei. Dopo qualche minuto, le voci di Sheryl e di Fëdor si levarono, comunicando agli altri di aver trovato, prive di sensi, sia la domestica che l’elfa. A quel punto, era chiaro che qualcuno si fosse intrufolato nella loro dimora, rompendo completamente le barriere che avevano innalzato attorno alla casa prima del ballo.

Mentre i ragazzi si radunavano in cucina, cercando un modo per rianimare le due, Fëdor e Cameron avevano intuito qualcosa e si fiondarono nel seminterrato dove, con loro grande sorpresa, scoprirono il motivo di quell’intrusione: l’uomo che tenevano, quello da cui stavano cercando di ottenere informazioni, era morto. Ai due era chiaro che fosse stata utilizzata una Maledizione senza perdono, non erano degli stupidi. Ma quella vista fu capace di causare un brivido ai due…

 

 

La mente di Fëdor continuava a riportare in superficie quel ricordo e strinse i pugni. Era talmente concentrato che, non appena Charlotte mise le sue pallide mani sulle sue, il ragazzo sobbalzò.

-Fëdor, non potevate prevederlo, sono successe così tante cose quel giorno… - provò a dire la ragazza, ma lui scosse la testa.

- Non solo ci hanno attaccato e hanno ferito Oberon, ma si sono pure introdotti in casa nostra, mettendo in pericolo la vita della Signora Davies e di Libby. Oltre al danno pure la beffa… - commento Numero Uno. Alzò gli occhi per incontrare quelli di Charlotte e sobbalzò leggermente: i suoi grandi occhi verdi, in quel momento, avevano una sfumatura decisa, determinata, che oscurava ancora di più le sue iridi.

- Capisco che siate arrabbiati, ma non potete mollare adesso. È quello che vogliono loro: vi stanno colpendo in punti che sanno di poter rompere. Se cominciate a cedere in questo momento, stai certo che vi sgretolerete senza che loro abbiano fatto nemmeno un attacco. – Charlotte parlò con una decisione che mai aveva avuto ed era stato quello il primo dettaglio che Fëdor aveva notato. Non che la ragazza non fosse decisa, anzi spesso a scuola doveva tenere a freno la lingua. Ma mai con lui aveva utilizzato quel tono. Il ragazzo fece per parlare, ma lei lo precedette, alzandosi in contemporanea.

- È inutile stare nascosti e piangere sui propri errori. Ormai è successo, cerchiamo un modo per fermare quei tre psicopatici e di salvare Oberon. – disse ancora la rossa. Non sentendo alcuna risposta, la ragazza alzò lo sguardo, incrociando quello di Fëdor che la osservava meravigliato.

- Sei l’unica a non aver addossato a me tutta la responsabilità. – fece lui e Charlotte sgranò gli occhi, non aspettandosi una cosa del genere.

- In che senso? –

- Sai, essendo Numero Uno hanno sempre affidato a me ogni tipo di responsabilità o comando, cosa che io non ho mai voluto. Non per codardia o altro, sia chiaro. I miei fratelli e le mie sorelle hanno sempre fatto affidamento su di me e così tutti gli altri. Tu invece… sei diversa. – Fëdor disse quelle ultime parole quasi con imbarazzo, cosa rara per uno come lui. Di risposta, Charlotte sorrise.

- Non bisogna mai essere da soli nelle sfide più dure. Ricordalo sempre. –

 

 

 

 

 

25 novembre, Hogwarts

 

 

I sussurri che si sentivano mentre camminavano per i corridoi non accennavano a diminuire e Mathias, visibilmente a disagio, cercò di accelerare il passo per avvicinarsi a Cameron, che invece, al contrario di lui, camminava spedito fregandosene dei vari studenti che li osservavano. Davanti a loro, come se fosse una guida, Jem apriva un varco ai due, bloccando con un solo sguardo ogni studente che avesse anche solo un minimo pensiero di parlare con i due. D’altronde, nonostante si fossero separati ormai da anni, la nomea dell’Umbrella Academy era ancora alta, soprattutto dopo l’omicidio di Richard McKinnon.

-Siete sicuri che alla preside non dispiacerà? – domandò Mathias, cercando di ignorare gli sguardi fissi su di lui. Sogghignando, Cameron si voltò verso di lui.

- Non dovresti essere tu il Grifondoro? Mostra un po’ di coraggio. Le abbiamo mandato una lettera spiegandole tutto, è stata una sua scelta permetterci di cercare nei dormitori. – rispose il quattro e Mathias annuì, ripensando a quello che era successo nei giorni precedenti…

 

 

-È impossibile che sia stato tu ad ucciderlo. È una cosa assurda! – alle parole di Ophelia gli altri fratelli concordarono con lei, mentre Mathias stringeva ancora di più le dita attorno alla tazza di tè che aveva in mano. Erano passati due giorni dagli eventi del Criterion e il numero dieci, spronato da Elaija e Gabriel, aveva deciso di raccontare anche agli altri i suoi dubbi.

- Partiamo dall’inizio: perché credi di essere stato tu? – gli domandò Sheryl e Mathias le sorrise leggermente, prima di rivolgersi a tutti.

- Sapete, ogni tanto mi capitano dei momenti in cui mi isolo completamente dal mondo esterno e mi ritiro nella mia mente insieme agli altri… Da bambino mi capitava di rado e casualmente, ma poi ho cominciato ad andarci volontariamente… Ed è stato durante uno di questi incontri che ho scoperto qualcosa. – un silenzio tombale scese sul gruppo, intimoriti ma allo stesso tempo curiosi di sapere cosa avesse scoperto Numero Dieci.

- Cos’è successo? E perché credi di essere stato tu ad ucciderlo? – gli domandò Felikz, sempre più confuso dalla situazione.

- Poco prima della festa al Criterion una delle personalità, Einar, mi ha fatto intendere di aver ricevuto qualcosa da Richard, lo stesso giorno in cui è morto. –

- Ha ricevuto qualcosa? E perché tu non ne sapevi niente? – replicò Sheryl e Mathias scosse la testa.

- Quando uno degli altri prende il controllo io non ricordo nulla. Ho provato a chiedere a Einar cosa avesse ricevuto, ma ha la memoria corta e non si ricorda cosa fosse. – continuò il dieci.

- Fantastico, quindi siamo ancora con un mucchio di niente. Utile come lo schifo. – sbottò Cameron e Gabriel lo guardò torvo.

- Non prendertela con lui, era ovvio che non sapesse niente. Mathias, non starlo a sentire. Riusciremo a scoprire cosa fosse e dove lo ha portato. – fece il Numero Tre ed Elaija, accanto a lui, gli diede ragione.

- In realtà, il luogo me l’ha detto, era l’unico dettaglio che si ricordava. – a quell’informazione, tutti lo fissarono increduli.

- E dove? – alla domanda di Ophelia, Mathias sorrise.

- Nel mio dormitorio a Hogwarts. –

 

 

            Mathias sospirò, grato che la Professoressa McGranitt avesse acconsentito a farli cercare nel loro vecchio dormitorio. Inoltre, aveva promesso loro che avrebbe tenuto per tutto il tempo necessario gli studenti di Grifondoro fuori dalla Torre di Grifondoro.

-Se non avesse voluto aiutarci non vi avrebbe nemmeno fatti venire qui. Si ricorda ancora dei vostri casini all’interno del castello. D’altronde, come biasimarla, le avevate trasformato tutti i mobili dell’ufficio in zucchero filato. – commento Jem ridacchiando, ricordando vagamente le urla della donna. A quella frase, i due ragazzi si scambiarono uno sguardo divertito.

- Che vuoi farci, era il nostro ultimo anno. Dovevamo lasciare il segno e superare i gemelli Weasley! – esclamò Mathias e Cameron scoppiò a ridere, scuotendo la testa.

Dopo qualche minuto, i tre si ritrovarono di fronte al quadro della Signora Grassa che, dopo averli salutati sorridendo, ricordandosi di loro, li fece entrare con la parola d’ordine che la McGranitt aveva affidato loro. Mentre Mathias si fermava ad osservare la sua vecchia sala comune, Cameron e Jem partirono verso i dormitori.

-Matt, ti muovi? Tutto questo rosso mi sta facendo venire il mal di testa. – sbuffò il numero quattro e Mathias alzò gli occhi al cielo, evitando di dirgli come i suoi capelli facessero a pugni con l’ambiente circostante. Seguì gli altri due e, finalmente, si ritrovò nella sua vecchia stanza di dormitorio, quella che condivideva con Oberon ed Elaija e, al ricordo, una fitta di nostalgia lo colpì in pieno petto. A quel punto, Jem prese parola.

- Forza, mettiamoci al lavoro: abbiamo qualcosa da trovare. -

 

 

 

 

 

Royal Opera House, Londra

 

 

            Elaija teneva gli occhi chiusi mentre suonava il suo violoncello, avendo ormai impresso nella sua mente ogni singolo movimento dell’archetto sulle corde. Si era recato al suo lavoro solamente qualche giorno prima e da lì non si era mosso. Si era allontanato solamente per mangiare o dormire, ma comunque cercava di evitare il più possibile i suoi fratelli, in quanto aveva bisogno di solitudine. Ripensò ancora a tutto quello che era successo: al volto inespressivo di Oberon, alla scoperta di Emanuel, all’origine della loro nascita… Tuttavia, vi erano ancora troppe domande a cui mancavano le risposte, le quali servivano assolutamente, a lui e ai suoi fratelli, per poter risolvere il mistero della morte di suo padre.

Continuò a suonare per quelle che sembravano ore, sistemato sopra il palco della Royal Opera House, finché i pensieri che avevano in testa non furono troppi da sovrastare l’armonia della musica. Sbuffando, smise di muovere l’archetto sulle corde del suo violoncello, aspettando semplicemente che il silenzio lo avvolgesse. Questo accadde per pochi minuti, perché quasi subito le note provenienti dal pianoforte, che si trovava sul palco insieme a lui, gli arrivarono leggere nelle orecchie. Aggrottando le sopracciglia, si voltò verso lo strumento, sorprendendosi di trovare lì Gabriel che, in piedi, stava suonando qualche piccola nota sulla tastiera.

-Una volta mi hanno detto che non bisogna mai stare da soli per tanto tempo. – gli disse il fratello più grande ed Elaija sorrise leggermente, perché sapeva che quella frase proveniva proprio da lui.

Mi dispiace, ma avevo veramente bisogno di stare da solo. Replicò il nove, appoggiando a terra il violoncello e l’archetto per potersi avvicinare all’altro.

Non ricordavo che tu lo sapessi suonare. Continuò poi e questa volta fu il turno di Gabriel per sorridere.

-Infatti, non suono, erano le poche note che mi avevi insegnato tu. – rispose Numero Tre. Per un attimo tra i due calò il silenzio, entrambi persi nei loro pensieri.

- Pensi che qualcuno dei nostri possa collaborare con quei tre ragazzi? – chiese improvvisamente Gabriel ed Elaija sussultò, non aspettandosi direttamente una domanda del genere. Si voltò verso il fratello, che lo stava scrutando con i suoi grandi occhioni verdi.

Perché pensi una cosa del genere? Credi davvero che uno dei nostri fratelli possa giocarci un colpo così basso? Domandò a sua volta il numero nove e il rosso sospirò, arrossendo leggermente.

-Spero di no, ma ci sono troppe cose che non vanno, troppe coincidenze avvenute… Ho una brutta sensazione. – rispose, ancora più imbarazzato per aver espresso il suo pensiero. A quel punto, Elaija sorrise e gli mise una mano sulla spalla.

Non preoccuparti, vedrai che sistemeremo tutto. Elaija sapeva di aver rincuorato il più grande, anche se leggermente. Rotta ormai la tensione che si era venuta a creare tra di loro, i due si sedettero al pianoforte.

-Mathias e Cameron si sono recati oggi a Hogwarts con Jem. Appena scopriranno qualcosa ci avvertiranno. – spiegò Gabriel e, sentendo il nome del numero dieci, Elaija sorrise.

Tra te e Mathias sta andando tutto bene vedo. Gli disse, ridacchiando non appena il volto dell’altro si fece di fuoco.

-S-stai zitto, non puoi dire queste cose. E poi da che pulpito, tu che lanci sospiri a destra e manca da quando avevamo quattordici anni. – replicò Numero Tre e questa volta fu il turno del minore di colorarsi di rosso. Elaija gonfiò le guance indispettito e incrociò le braccia al petto, mentre Gabriel cominciava a ridere. Non appena riuscì a controllare l’attacco di riso, si alzò dallo sgabello.

- Forza, ci conviene fare ritorno verso casa o daremo altre preoccupazioni alle ragazze. Non fare quella faccia, se aspetti ancora un po’ a tornare riceverai una bella sgridata da parte di Sheryl, quindi vedi di sbrigarti. – lo richiamò ed Elaija si alzò di scatto, non volendo di sicuro essere sgridato dalla sorella più piccola. Con un colpo della sua bacchetta sistemò i suoi strumenti e, dopo aver preso per mano Gabriel, si smaterializzò insieme a lui.

 

 

 

 

 

 

5 settembre, 2006, Budapest

 

 

            Nella stanza regnava il silenzio più assoluto, cosa che Emanuel non aveva mai sentito.

Ed era tutta colpa sua.

Sentì le voci dei suoi genitori provenire dal piano di sotto, intenti a parlare con un uomo che non conosceva. Elisaveta, che ancora non parlava dalla sera prima, aveva deciso di stare con i genitori e Katrina era chiusa nella sua stanza, decisa a lasciare un po’ di spazio al ragazzino.

-Emanuel. – sentendosi chiamare alzò di scatto la testa, osservando il fratello che, attraverso le bende, gli sorrideva debolmente. A quella vista, gli occhi di Emanuel si riempirono di lacrime.

- Mi dispiace… - mormorò, cominciando a piangere, ma Gilbert mise una mano, anch’essa bendata, su quella del fratello minore.

- Non preoccuparti, non potevi controllarlo. – rispose il ragazzo. Emanuel fece per parlare, ma venne di nuovo interrotto dal fratello maggiore.

- L’uomo al piano di sotto… Chi è? – domandò.

- Si chiama Richard McKinnon, quello che si è occupato degli esperimenti di papà. Ha detto che si sta occupando degli altri ragazzini come me e che sarebbe disposto ad aiutarmi a controllare il mio potere. – spiegò il ragazzino, ripensando velocemente a quello che l’uomo inglese gli aveva detto prima di lasciarlo andare da Gilbert.

- Devo allontanarmi da voi… - riprese il minore con un filo di voce ma, ancora una volta, il maggiore lo rincuorò.

- Em, non ti devi preoccupare di niente. Ci scriveremo tutti i giorni e ci potremo vedere lo stesso. E, quando mi sarò ripreso, verrò a trovarti a Londra. Ci stai? – gli domandò Gilbert e il ragazzino, di fronte al sorriso del fratello, non poté far altro che sorridere ed annuire.

Tuttavia, non poteva sapere che quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrebbe visto. Il 23 settembre, quando le foglie iniziarono a cadere, Gilbert Hedervary morì, tirando il suo ultimo sospiro tra le braccia della sua famiglia, ma lontano da suo fratello minore.

 

 

 

 

 

Cucina, Villa Olympus

 

 

            -Sapevo di trovarti qui. –

Sheryl si trovava all’entrata della cucina della Villa, contenta finalmente di aver trovato Ophelia. La sorella stava seduta al tavolo in legno, intenta a riparare qualcosa, che Sheryl riconobbe essere il vecchio orologio di Cameron, con accanto una tazza di tè fumante. La rossa andò a sedersi accanto a lei, sorridendo nel vederla lavorare, come quando erano piccole. Le si sedette accanto, cercando di non disturbarla ulteriormente.

-Cameron mi ha detto che si è rotto durante gli scontri al Criterion, così ho deciso di ripararlo. – rispose secca Ophelia, non distogliendo lo sguardo dall’oggetto.

- Quindi sei molto arrabbiata. – disse Sheryl e, a giudicare dalla smorfia che fece la bionda, seppe di aver ragione. A quel punto, Numero Cinque poggiò l’orologio sul tavolo, ormai deconcentrata.

- Non sono arrabbiata, ma delusa. Il nostro rapporto era migliorato molto, non pensavo mi avrebbe tenuto nascosto una cosa del genere… -

- Guarda, capisco moltissimo il tuo disagio. – disse una voce e le due si girarono verso la porta, in tempo per vedere Harry entrare nella stanza, seguito da Scarlett.

- Quindi non lo sapevate nemmeno voi? – domandò Sheryl e Scarlett scosse la testa

- L’unica a saperlo era Katrina, che è praticamente cresciuta insieme a lui. Lei ci ha spiegato tutto mentre Emanuel parlava con voi. –

- Come hanno potuto tenerci nascosti una cosa del genere?? Noi rischiamo la vita per loro e ci tengono nascoste delle informazioni così importanti! – sbottò Harry e Sheryl ne rimase sorpresa: da quel che ricordava, Harry era sempre stato un ragazzo tranquillo e vederlo perdere il controllo così le fece capire che c’erano molte cose che non conosceva di quel ragazzo. Di fronte a quella piccola sfuriata, Scarlett aggrottò le sopracciglia.

- Harry, ci avevano avvertiti del rischio che avremmo corso se avessimo deciso di seguirli, non è un mistero. Inoltre, stiamo parlando di cose molto importanti e riservate che riguardano il loro passato, è ovvio che si sentissero in dovere di nascondere quelle cose, soprattutto Emanuel. La stessa cosa vale anche per te, Ophelia. – nel sentirsi nominare, la ragazza sussultò leggermente, voltando poi lo sguardo verso l’Auror.

- Io che cosa c’entro? – chiese e Numero Undici sorrise, capendo perfettamente cosa intendesse dire la più grande.

- Emanuel voleva solamente proteggerci tutti. Ha avuto un’infanzia difficile e si capisce dal rapporto che ha con Katrina che non vuole che le persone che ama si facciano del male. – spiegò la rossa, sperando che sia la sorella che Harry capissero cosa volesse dire. Infatti, come aveva previsto, i due realizzarono: Ophelia incrociò le braccia indispettita ed Harry sbuffò, proprio come due bambini. A quel punto, Scarlett e Sheryl si scambiarono un’occhiata complice, sapendo di aver colto nel segno.

- Vi lasciamo qui tranquilli a pensarci su. – fece la più grande e lei e Numero Undici abbandonarono la cucina, lasciando Harry e Ophelia ai loro pensieri. In fondo, ne avevano bisogno.

 

 

 

 

 

Camera 623, Hilton Hotel, Londra

 

 

            Edgar camminava avanti e indietro per la sua stanza, attendendo ansiosamente qualche notizia di Amalia o di Carlos. I due, avendo paura che potesse combinare qualche altro guaio, avevano deciso di lasciarlo nella sua suite, mentre loro cercavano di capire quanto fosse grave il ragazzo che aveva mandato all’ospedale. A quel pensiero, Edgar sbuffò: mica era un bambino da tenere sotto controllo o da mettere in punizione!

All’improvviso, il classico Crack! Della smaterializzazione lo avvertì dell’arrivo dei due e, sfoggiando il suo sorriso migliore, si voltò verso i due, non curante di Carlos che lo guardava come se stesse meditando di ucciderlo.

-Allora, scoperto se il nostro Numero Sei sia vivo o morto? – chiese con tono canzonatorio, anche se uno strato d’ansia cominciava ad impossessarsi di lui: sperava con tutto il cuore che quell’idiota fosse vivo, altrimenti Carlos avrebbe provveduto lui stesso a togliergli la vita. A rispondere alla sua domanda fu Amalia.

- È ancora vivo, fortunatamente, i tuoi poteri l’hanno portato solamente ad una specie di coma. Passerà del tempo prima che i medici scoprano cosa sia stato davvero ad avvelenarlo. – spiegò la ragazza mentre andava a sedersi sul grande letto king size al centro della stanza. Il suo tono gelido e monocorde l’accompagnava come sempre, facendo rabbrividire ancora di più il corvino.

- Perfetto, un problema in meno. Ora, che si fa? Il mio manager mi ha detto di non uscire da qui ma mi sto annoiando! – si lamentò Edgar come un bambino capriccioso. Tuttavia, a quelle lamentele Carlos rispose con un’occhiataccia.

- E qui rimarrai. Se sparisci troppo a lungo la gente si insospettirà e comincerà a fare domande. Per adesso, Amalia starà qui con te a farti compagnia, io ho delle faccende da sbrigare. – disse il moro ed Edgar rifletté un attimo a quelle parole. Poi, ebbe l’illuminazione.

- Stai andando dalla nostra piccola volpe?! – domandò eccitato e lo spagnolo annuì.

- Di sicuro in questi giorni avranno parlato tra di loro e avranno scoperto altre cose interessanti. Poi sapete come è fatto: è un gran chiacchierone. -

 

 

 

 

 

Novembre 2009, Budapest

 

 

 Il rigido inverno era finalmente arrivato anche alle porte della cittadina ungherese, costringendo i suoi abitanti a ritirarsi nelle loro abitazioni nella speranza di ottenere un po’ di calore. Tuttavia, nonostante le basse temperature che avrebbero fatto rabbrividire persino il sole, Emanuel si trovava a suo agio e sapeva di dover ringraziare il suo potere. Accanto a lui, Katrina era avvolta nel suo pesante cappotto nero e, attorno al suo collo, una folta sciarpa viola, che la proteggeva. Stava incollata ad Emanuel e non sarebbe stato difficile scambiarli per una coppia di fidanzati, ma loro sapevano che era solamente un modo alternativo che aveva la ragazza per scaldarsi. Accelerando il passo, raggiunsero velocemente la loro meta ed Emanuel sospirò: dopo anni, finalmente rivedeva la sua casa. I suoi genitori erano partiti per chissà quale viaggio, ma la casa era comunque abitata e sapeva perfettamente da chi.

Arrivati davanti la loro porta, Katrina suonò il campanello e subito dei rumori nacquero all’interno della casa, segno che qualcuno si stava precipitando ad accoglierli. Infatti, tempo qualche secondo, la porta si aprì, rivelando la figura minuta dell’elfo di casa. Appena riconobbe i due ragazzi, gli occhi dell’elfo si illuminarono di gioia.

-Signorino Emanuel, Signorina Katrina! È una gioia rivedervi così cresciuti! – esclamò e i due sorrisero, chinandosi entrambi per salutare colui che si era occupato di loro durante l’infanzia. Superati i saluti, l’elfo li fece accomodare entrambi nel salone principale, uscendo poi frettolosamente dalla sala. Emanuel si mise ad osservare ogni cosa lì presente, pensando con nostalgia ai momenti che aveva passato in quella casa. Fu quando il suo sguardo cadde sul dipinto sopra il camino che sentì la tristezza avvolgerlo: si trattava di un dipinto di famiglia, che suo padre aveva voluto far fare quando lui aveva nove anni. I suoi genitori stavano in piedi al centro del quadro e, di fronte a loro, i tre figli e Katrina. Sorridevano tutti e questo dettaglio fece ancor più male ad Emanuel, mentre osservava la felicità sul volto di suo fratello Gilbert. Un suono di passi arrivò alle sue orecchie, distogliendolo dai suoi pensieri, ma non ebbe bisogno di voltarsi, perché sapeva già chi fosse la persona che li aveva raggiunti.

- Non pensavo saresti venuta a ricevermi, Elisaveta. – disse il ragazzo, finalmente voltandosi per fronteggiare sua sorella: dall’ultima volta che l’aveva vita, ovvero prima di partire con Richard, era cambiata molto, aveva perso ogni tratto fanciullesco che la caratterizzava. Gli occhi azzurri della ragazza continuavano a vagare dal fratello più piccolo a Katrina, visibilmente a disagio.

- Dovevo per forza, visto che dobbiamo parlare di… questioni importanti. – pigolò lei, guardando tutto tranne che suo fratello. D’altronde, Emanuel capiva benissimo il perché del suo comportamento: dopo la morte di Gilbert, i due fratelli non si erano più parlati e nemmeno scambiati lettere. Notando la crescente tensione, Katrina cercò di calmare le acque.

- Grazie per aver deciso di chiamarci, Elisaveta, non eri tenuta a farlo… - provò a dire la corvina, ma la bionda si voltò duramente verso di lei.

- C’è una lettera sigillata con il nome di Emanuel e si aprirà solamente con lui. Non facciamone una questione sentimentale. – si pronunciò la più grande e, senza nemmeno aspettare, si mise a cercare tra le buste che erano appoggiate al tavolo del salotto. Trovato quello che cercava, lo porse al fratello minore, che si prese ad analizzarlo con molta attenzione: era una normale busta color avorio e, sul retro, il suo nome scritto in un corsivo ordinato. A chiudere il tutto un sigillo grigio in ceralacca, raffigurante il simbolo della famiglia Hedervary, ovvero il drago. Non appena ci mise sopra le dita, il drago prese vita e il sigillo sparì, dimostrando che Elisaveta aveva raccontato la verità.

- Che cosa dice? – domandò Katrina dopo che Emanuel ebbe letto attentamente. Non appena ebbe finito di leggere, Emanuel sgranò gli occhi, per poi voltarsi verso la sua amica e sua sorella.

- Mi ha ceduto il controllo dell’Ordine. –

 

 

 

 

 

Dormitorio di Grifondoro, Hogwarts

 

 

            -Niente, niente, niente! Non siamo stati capaci di cavare fuori un ragno dal buco! – si lamentò Cameron mentre, con un sospiro esasperato, si sdraiava su uno dei letti presenti nel dormitorio. Seduto per terra, Mathias aveva finito di ricontrollare per l’ennesima volta sotto i mobili, sconsolato nel non aver trovato niente e, vicino alla finestra, stava appoggiato Jem, le maniche della camicia tirate su fin sopra i gomiti.

- Stiamo cercando in questa stanza da almeno due ore e non abbiamo trovato niente. Forse i diari di vostro padre non si trovano qui. – provò a dire l’insegnante, ma Mathias scosse la testa.

- Devono essere per forza qui, Einar non mi avrebbe mai mentito. – replicò il numero dieci. A quelle parole, Cameron roteò gli occhi al cielo, sbuffando.

- Matt, l’hai detto pure tu che gli Altri non sono sempre affidabili. Che dobbiamo fare? Mica possiamo tirare fuori la tua personalità e dirgli “Ehy Einar, sai dirci per caso dove hai nascosto i diari di papà?” – sbottò il rosso. Fu in quel momento, che Mathias realizzò cosa avesse effettivamente detto il fratello.

- Cameron, sei un genio! – esclamò, alzandosi per andare ad abbracciare il fratello. Messo davanti a quel gesto, Numero Tre si voltò confuso verso Jem, che aveva la sua stessa espressione. Notando che i due sembravano non capire, Mathias si mise a ridere.

- È così semplice: basta chiedere a Einar! – spiegò e andò a sedersi su uno dei due letti.

- Sei sicuro di questa cosa? L’ultima volta che hai provato a far uscire uno degli Altri hai combinato un disastro. – ribatté Cameron, ricordando come, a tredici anni, Mathias avesse cercato di tirare fuori una delle sue tante personalità, portando però a galla quella sbagliata. La questione era finita con Fëdor con il naso sanguinante e Mathias colpito da un Petrificus Totalus.

- Cam, lo so che sei turbato e diffidente, ma è la nostra unica possibilità di capire che cosa sta succedendo. Negli anni che sono stato separato da voi mi sono allenato a tenere sotto controllo la mia mente. E ora zitti cari miei, che mi devo concentrare. – dopo quelle parole, il numero dieci chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, facendo calare la stanza nel silenzio più assoluto. Senza fare altro rumore, Jem si avvicinò a Cameron.

- Sei sicuro di quello che sta facendo? – gli domandò l’insegnante, mentre osservava uno dei suoi ex alunni concentrarsi al massimo. Accanto a lui, il rosso annuì.

- Se dice che può farcela non ho motivo di dubitare di lui. – rispose sulla difensiva. Osservarono qualche altro minuto e poi, all’improvviso, Mathias aprì gli occhi, prendendo un respiro profondo come se avesse trattenuto il fiato per tutto quel tempo. I capelli erano diventati completamente bianchi e anche gli occhi avevano cambiato colore, diventando di un bel rosso brillante. Si guardò intorno e, non appena vide i due che lo guardavano confusi, fece un enorme sorriso.

- Ma ciao, ragazzi belli! Mi ha detto il fratellone Matt che avete bisogno di me! – esclamò alzandosi con un saltello e Jem lo guardò con occhi sbarrati.

- Ciao Einar, sì, abbiamo davvero bisogno di te. – rispose Cameron, per nulla turbato da quel cambiamento: in fondo, aveva conosciuto molte delle personalità che albergavano nella testa di suo fratello. L’albino lo salutò allegramente con una mano, felice di sapere che il rosso si ricordasse il suo nome. si voltò poi verso Jem.

- Lei è il prof di Pozioni, giusto? Io e lei non ci siamo mai incontrati mentre il fratellone Matt studiava qui! Me l’aspettavo diverso. – borbottò Einar osservandolo attentamente e Jem fece una piccola smorfia, che secondo Cameron doveva essere una specie di sorriso.

- Sì, sono proprio io. Ora, Einar, ci riusciresti a dire dove hai nascosto i diari di Richard McKinnon? Mathias ti avrà sicuramente parlato della questione. – provò a spiegare l’uomo e l’albino annuì con fervore.

- Oh sì, mi ricordo! Richard mi aveva affidato personalmente il compito di nasconderli e li ho portati qui! Ma non ricordo dove. – sconsolato nel non poter essere d’aiuto, Einar si risedette sul letto, stringendo le labbra in un broncio. Cercando un modo di consolarlo, Jem si sedette accanto a lui.

- Einar, prenditi tutto il tempo che ti serve. Prova a fare mente locale: qualcosa che Richard ti avrà detto, un luogo che hai visto… Ogni dettaglio per noi è importante. – provò a convincerlo e diede un’occhiata a Cameron per farsi aiutare.

- Insieme agli Altri, conosci perfettamente ogni singolo ricordo di Mathias. Ci devi aiutare. – disse Cameron guardandolo dritto negli occhi e l’albino, sentendosi quasi in soggezione, annuì leggermente.

- Allora… pensiamoci su… Mi ricordo che il fratellone Matt aveva un posto speciale qui dentro… diceva sempre “nascondi le cose dove tu non staresti mai”. È un ragionamento strano, no? – fece Einar buttandosi all’indietro sul letto, mentre cominciava a cantare qualche strana canzoncina. Tuttavia, Cameron rifletté sulle parole che aveva appena sentito e, appena volse lo sguardo per osservare il dormitorio, capì perfettamente dove si trovasse il nascondiglio. Si portò al centro della stanza, guardando i tre letti di fronte a lui e cercò di immaginare la disposizione dei letti quando lui e i suoi fratelli si trovavano a scuola.

- Che cosa stai facendo? – gli domandò Jem e il rosso ghignò.

- So dove ha nascosto i diari. –

 

 

 

 

 

Dark Room, Camden Town, Londra

 

 

            Felikz canticchiava allegramente l’ultimo successo che passava alla radio mentre, insieme alla sua collega, preparava la stanza in vista del nuovo cliente che avrebbe dovuto servire. Aveva appena finito di sistemare le boccette di colore sul suo tavolo da lavoro quando, con la coda nell’occhio, vide la ragazza che lo fissava ansiosamente.

-Meredith, cosa c’è? – domandò lui e la castana si affrettò a negare con la testa.

- Niente! Assolutamente niente, devi stare tranquillo! – squillò lei sorridendo, ma il ragazzo sapeva che ci fosse qualcosa di strano.

- O sei improvvisamente diventata bisessuale e non me l’hai detto, oppure c’è qualcosa che non va. Anche se crederei tranquillamente anche alla prima, visto che sono fantastico. – replicò lui e Meredith gli lanciò, ridendo, lo strofinaccio che stava utilizzando per pulire i vari strumenti. Nonostante fossero maghi, la maggior parte di essi preferiva i metodi babbani per i tatuaggi.

- Scemo, neanche se fossi l’ultimo uomo sulla terra andrei con te. Sono solo… preoccupata. – ammise infine la ragazza e Felikz sospirò, in quanto doveva aspettarsi che l’argomento fosse quello. Tese una mano a Meredith e lei la afferrò, sorridendogli.

- Maddie cara, prometto che sei mai avrò qualche problema, tu sarai la prima a venirlo a sapere. Va bene? – a quelle parole, la ragazza annuì e questa volta il turno di sorridere fu di Felikz.

- Perfetto! Ora, devo prepararmi ad un’ora di infinite chiacchiere con Klaus*, che, come minimo, mi dirà ancora di essere un sensitivo! – esclamò il ragazzo riferendosi al cliente, ma Meredith era di altri piani.

- In realtà… Klaus arriverà oggi pomeriggio, hai un altro cliente in lista. – gli disse e, prima che il collega potesse ribattere, si smaterializzò fuori. Sbuffando, Felikz si passò una mano tra i folti capelli, quel giorno di un bel rosso brillante, cominciando poi a preparare tutto quello che gli serviva.

- E come sempre, non diciamo le cose a Felikz, ma no! Tanto i clienti noiosi li prende sempre lui! –

- Sono un cliente noioso ora? Eppure, pensavo di piacerti! – nel sentire quella voce, Felikz si immobilizzò. Si voltò lentamente e, nel capire che no, non era un’allucinazione il ragazzo che aveva di fronte, sorrise a trentadue denti. Di getto, si buttò tra le braccia dell’altro.

- Per Merlino, Carlos! Mi sei mancato moltissimo! – esclamò e l’altro rise, stringendolo nell’abbraccio.

- Volevo farti una sorpresa! Ethan e Meredith mi hanno chiamato qualche giorno fa e mi hanno detto che sei tornato a lavorare. Finalmente, direi anche. – rispose Carlos e il metamorphomagus si mise a ridere.

- Allora, cosa mi racconti? È da una vita che non ci vediamo! – disse, mentre faceva segno all’altro di stendersi sul lettino. Non appena Carlos si levò la maglietta, Felikz girò subito la testa dall’altro lato, non evitando di farsi notare.

- Cosa? Dopo tutto quello che abbiamo passato insieme fai ancora il pudico? Vuoi che ti ricordi cosa combinavi tu? – scherzò Carlos e tatuatore arrossì, mentre i suoi capelli assumevano sfumatura gialle.

- E smettila! Non sono una persona pudica! E ora sdraiati, altrimenti col cavolo che ti finisco il lavoro. – seguendo gli ordini dell’amico, il moro si sdraiò e Felikz cominciò ad osservare il tatuaggio maori che si trovava sulla sua spalla destra.

- Va tutto bene? – chiese improvvisamente Carlos, mentre l’altro si metteva i guanti.

- Stranamente sapevo che mi avresti fatto una domanda del genere. –

- Sono preoccupato per te. Ho saputo quello che è successo durante la cerimonia al Criterion. Mi dispiace moltissimo per tuo fratello. – continuò Carlos e Felikz sospirò, lasciando stare per un attimo il tatuaggio che doveva sistemare.

- Sta andando tutto male. Prima la morte di nostro padre, poi la comparsa di tre tizi strani e Oberon all’ospedale e adesso anche un altro ragazzo strano… Diciamo che “bene” è riduttivo per dire come mi stia sentendo in questo momento. – disse il numero sette e il moro si accigliò.

- In che senso un altro ragazzo strano? Avete trovato un altro come voi? – Carlos conosceva perfettamente la strana vita di Felikz; d’altronde, i due avevano condiviso molte cose e potevano dire di conoscersi fino in fondo.

- Non proprio come noi. È il figlio di un vecchio collaboratore di nostro padre ed è stato il primo a nascere con questi poteri. È da lui che è partito tutto. – spiegò Felikz, ovviamente omettendo i dettagli su Emanuel e sull’Ordine. Carlos sembrava colpito da quelle parole.

- E i tizi strani? Loro c’entrano con voi? – domandò e l’altro annuì.

- Sì. Non sappiamo ancora perché, ma di sicuro fanno parte dei ragazzi speciali come noi. È stato uno di loro a far del male a Oberon, ma noi riusciremo a trovare un modo per sconfiggerli. – negli occhi del ragazzo si poteva notare perfettamente un lampo di tristezza, per questo Carlos gli mise una mano sul braccio.

- Feli, per qualsiasi cosa sappi che ci sono, come una volta. Non hai di che preoccuparti. – disse sorridendo e Felikz fece lo stesso di rimando. Fece per dire qualcosa, ma il suo collega entrò nella stanza proprio in quel momento.

- Terremoto, scusami se disturbo il tuo momento intimo con il tuo amico, ma ho tua sorella Ophelia sulla linea e dice che è importante. – fece quello e il numero sette sbuffò.

- Marcel, dille che se Mathias ed Elaija hanno combinato casini io non ho colpe! – replicò, ma quello scosse la testa.

- Niente a che fare con quello, ma dice che ti vogliono a casa per qualcosa che hanno trovato i tuoi fratelli… - l’uomo non riuscì a finire la frase, perché Felikz aveva immediatamente capito.

- Per tutti i boccini! Marcel, per favore dille allora che sto arrivando! – non appena il suo collega uscì, il ragazzo cominciò a preparare le sue cose.

- Carlos, mi dispiace, ma devo subito tornare a casa. – si scusò e l’amico lo guardò preoccupato.

- Tranquillo, spero niente di grave. – replicò quello e Felikz, dopo essersi accertato che nessuno stesse per entrare, si avvicinò a Carlos.

- I miei fratelli sono riusciti a trovare i diari di nostro padre, quelli di cui ti avevo parlato tempo fa. Pensiamo che lì ci siano le risposte alle nostre domande. Ora devo andare. – disse e, dopo averlo salutato, scomparve in uno dei suoi soliti portali. Rimasto finalmente solo, Carlos si concedette un sorriso, fiero delle informazioni che aveva appena raccolto.

- Ah, mio caro Feli. Sei sempre il solito chiacchierone. –

 

 

 

 

 

Villa Olympus

 

 

            Felikz apparve improvvisamente in mezzo allo studio di Richard, dove sapeva che avrebbe trovato il resto dei suoi fratelli. Infatti, i dieci membri dell’Umbrella Academy lo aspettavano lì e, appoggiati sulla scrivania del padre, si trovavano i diari che tanto avevano cercato.

-Come caspita avete fatto a trovarli?! – domandò Numero Sette rivolgendosi a Mathias e Cameron.

- Semplice. Sotto mio consiglio, a quanto pare, Einar li aveva nascosti nel luogo che più odiavo del mio dormitorio: il mio letto. – rispose il moro e Numero Quattro si trattenne dal sorridere, perché tutti sapevano quanto Mathias McKinnon, ragazzino esuberante e vivace e iperattivo, odiasse stare fermo e che le sue ore di sonno fossero praticamente scarse.

- Dopo aver appurato la genialità di questo Einar, che ne dite di scoprire cosa ci sia scritto in quei diari? – chiese Fëdor che, abbastanza irrequieto, continuava ad osservare i dodici diari, insieme a molte buste e lettere. Tuttavia, nessuno mosse un muscolo: in quei fascicoli era racchiuso tutto quello che Richard pensava di loro. Nessuno si mosse per un po’, fino a che Ophelia non si decise a prendere il suo.

- Non possiamo stare a guardarli e sperare che parlino da soli! Abbiamo sempre voluto sapere cosa pensasse papà di noi, ora ne abbiamo la possibilità! – sbottò la bionda e gli altri, seguendo il suo esempio, presero i propri diari, anche se alcuni aspettarono ad aprirli.

- Fëdor, il tuo che dice? – domandò Gabriel al fratello, che stava leggendo ciò che il padre aveva scritto su di lui.

- La mia famiglia è purosangue… di San Pietroburgo. – lesse il numero uno e Sheryl si sporse, sorridendo poi nel leggere un particolare.

- Quindi la passione per i duelli l’hai presa da tuo padre! – disse la rossa e il ragazzo sorrise lievemente nello scoprire quella cosa. Seguendo l’esempio del numero uno, tutti si misero a guardare i propri diari. Uno di quelli più nervosi era Elaija, che sfogliava quelle pagine come se fossero impregnate di tutto il sapere del mondo. Accanto a lui, Mathias faceva lo stesso.

- Incredibile! Sono un Mezzosangue! – esclamò Numero Dieci, ma il nove non possedeva lo stesso entusiasmo.

Mi ha trovato in un orfanotrofio babbano… Mia madre mi ha lasciato lì. Fece Elaija, profondamente turbato da quello che aveva appena letto. Per provare a consolarlo, Mathias gli mise una mano sulla spalla.

-Ho una gemella. – l’improvvisa dichiarazione portò lo sguardo di tutti su Felikz, che fissava sconcertato il suo diario.

- Una gemella? Che non ha avuto i tuoi stessi poteri? – fece Ophelia, sorpresa come gli altri di quella scoperta. Numero Sette continuò a leggere.

- “Proveniente da una famiglia russa… Madre babbana e padre magonò, entrambi circensi… Due fratelli più grandi… una gemella, che non ha ereditato gli stessi poteri…” – il ragazzo chiuse di scatto il libro, spaventando Sheryl che si trovava alla sua sinistra. Nel mentre, sul fondo della stanza, Cameron stava appoggiato allo stipite della porta, tenendo in mano il suo diario. Non lo aveva ancora letto, e di questo se n’era accorto Fëdor, che quindi gli si avvicinò.

- Non hai intenzione di aprirlo? – gli sussurrò e il rosso alzò le spalle indifferente.

- Sinceramente? No. Non voglio sapere quello che papà diceva su di me. È una vita che non ho vissuto, tanto vale lasciarla lì. – spiegò Numero Quattro, anche se non credeva a niente di quello che aveva detto: se suo padre avesse scritto quella cosa sul diario, mica avrebbe potuto leggerlo davanti a tutti. Fëdor sembrò capire.

- D’accordo, come vuoi tu. Ma non pensi che almeno Gabriel voglia sapere invece? – provò ancora il maggiore e a quel punto Cameron si voltò confuso.

- Cosa vorresti dire? –

- Beh, il diario che hai in mano è quello di Gabi. – gli rispose il numero uno e, a quel punto, Numero Quattro osservò la copertina del diario, dando effettivamente ragione al fratello: sulla copertina rilegata in pelle, stava un numero tre. Fu in quel momento, che realizzò effettivamente il danno della situazione. Doveva recuperare il suo diario prima che…

- Cameron, cosa vuol dire che stai morendo? – l’improvvisa domanda da parte del suo gemello ebbe il potere di portare il silenzio in tutta la stanza. Come se il tempo si fosse rallentato, Cameron si voltò, girandosi verso Gabriel che lo fissava con in mano il suo diario aperto.

- Cameron, - disse ancora Numero Tre, con uno sguardo che mai gli avevano visto addosso, - cosa cavolo vuol dire che stai morendo? -

 

 

 

 

 

Settembre 2019

 

 

            Emanuel osservava attentamente ogni persona di fronte a sé, fiero del piccolo gruppo che aveva formato: cinque persone stavano sedute di fronte a lui, tutte in attesa di qualche sua parola. Accanto a lui, Katrina era scettica, mentre puntava lo sguardo su due persone in particolare.

-Ci spiegherete finalmente finché siamo qui? O cominciamo a tirare ad indovinare? – domandò seccata la ragazza con i capelli rossi e il moro sorrise.

- Niente da indovinare, cara Charlotte. Vi abbiamo chiamati tutti qui perché voi siete i nuovi membri della Squadra Phobos. – rispose e sorrise ancora di più non appena vide i cinque irrigidirsi, sapendo benissimo perché: ovviamente sapevano già tutto sull’Ordine di Morgana, Emanuel e Katrina si erano occupati personalmente di reclutarli, ma mai si sarebbero aspettati di essere scelti per la prima squadra dell’organizzazione.

- Sinceramente, scusate se mi permetto, non siamo proprio il prototipo di una squadra perfetta. – disse il più giovane del gruppo e Katrina alzò gli occhi al cielo. Tuttavia, Emanuel sapeva che quella fosse una domanda lecita: come avrebbero fatto un Auror, un insegnante, una Medimaga, uno Spezzaincantesimi e una Pozionista a proteggere i pezzi grossi del mondo magico?

- So che siete abbastanza perplessi su questa cosa, e lo capisco. Ma, parlando onestamente, nella vita mi sono fidato di pochissime persone. Oltre a Kat, voi siete gli unici di cui mi fidi veramente per un compito del genere. Per questo ho deciso di portarvi tutti nella mia squadra: mi avete dimostrato di avere le doti giuste per questo incarico e io stesso metterei la mia vita nelle vostre mani. Allora, che ne dite? – messi di fronte a quella domanda, i cinque si scambiarono un’occhiata tra di loro, indecisi su cosa fare. Tuttavia, alla fine decisero e fu Jem ad esternare i loro pensieri.

- Accettiamo la vostra proposta, potete fidarvi di noi. – rispose e Katrina ed Emanuel si scambiarono un’occhiata felice, interrotta però dalla domanda di Scarlett.

- Scusate se interrompo il vostro momento di gioia, ma chi dobbiamo tenere d’occhio a questo giro? – chiese ed Emanuel sorrise, compiaciuto da quella domanda.

- Il mago del momento: Richard McKinnon. –

 

 

 

 

 

Stanza di Numero Tre, Primo Piano, Villa Olympus

 

            -Gabi, lasciami spiegare… -

- No! Come diavolo hai potuto tenermi nascosta una cosa del genere per tutto questo tempo! Sono il tuo gemello, avevo il diritto di saperlo! – Cameron si ammutolì improvvisamente: in venticinque anni della sua vita, mai aveva visto quello sguardo sul viso del fratello. Gabriel, così dolce e gentile, che in quel momento lo guardava come se lo volesse incenerire con lo sguardo. Si chiese per un attimo dove avesse potuto imparare un’occhiata del genere, ma poi si rese subito conto che fosse la sua.

- Io ti ho sempre detto tutto, non ho mai tenuto segreti con te! Come cavolo ti è venuto in mente di non dirmelo! – ormai la voce di Numero Tre stava diventando roca a forza di urlare. Era sicuro che, al piano di sotto, i loro fratelli stessero ascoltando tutta la conversazione, ma sinceramente gliene fregava poco in quel momento. Vide il suo gemello sospirare, come a prendere le forze per fare qualcosa. Così, si sedette sul suo letto, aspettando la confessione di Numero Quattro.

- Quando siamo nati, papà ha subito iniziato a fare ricerche sui quarantatré bambini che erano nati nel mondo. Si mise alla ricerca per averne il più possibile ma, arrivato in Scozia, la sua sorpresa fu ancora più grande quando scoprì che, in realtà, i bambini nati in condizioni speciali erano quarantaquattro. – disse Cameron e Gabriel ascoltò attentamente, stando in silenzio per dargli il tempo che gli serviva.

- Curioso da questo fatto, decise di prenderci con sé. Aveva visto altri casi di gemelli, ma dove solo uno di essi possedeva dei poteri. Probabilmente perché si trattava di gemelli eterozigoti, come nel caso di Felikz. Nel crescere poi, notò anche che i nostri poteri erano complementari, non potevano sconfiggerci a vicenda. – Numero Quattro si fermò un attimo dal raccontare, perché Gabriel aveva assunto un’espressione dubbiosa.

- Il resoconto sulla nostra vita è molto bello, Cam, ma cosa c’entra questo con il fatto che tu stai morendo? – questa volta fu il turno di Cameron di lanciargli un’occhiataccia.

- Se mi lasciassi finire. Papà continuò a studiarci per tutto questo tempo, cercando ovviamente di capire i nostri poteri. Ma fece una scoperta molto interessante: i nostri poteri erano complementari e funzionavano bene insieme, solamente perché uno di noi doveva averli. –

- Quindi tu mi stai dicendo che… -

- Che io ho impedito a te di prendere tutti i poteri. – rivelò a quel punto Numero Quattro e il gemello era più che sorpreso.

- Cosa significa che mi “hai impedito”? Ma non ha senso! – sbottò lui ma Cameron scosse la testa.

- Siamo nati improvvisamente dalla stessa cellula uovo, io sono praticamente un difetto. Ma il mio corpo non era stato progettato per avere questi poteri. Mi stanno letteralmente logorando dall’interno. – a quel punto, il numero quattro si sedette accanto a suo fratello, con sguardo spento. Stettero per un po’ in silenzio, prima che Gabriel iniziasse a parlare.

- Da quanto tempo lo sai? – gli domandò e Cameron si voltò verso di lui.

- Ormai da cinque anni. Ma i sintomi sono iniziati dai miei ultimi anni ad Hogwarts. Emicranie, giramenti di testa, sangue dal naso, stanchezza… Purtroppo non si può fare niente. Quando papà l’ha scoperto era ormai tardi. – gli confessò. Gabriel cominciò a sentire gli occhi pizzicare.

- Quanto ti resta, secondo papà? –

- Quando l’ho incontrato cinque anni fa ha detto che era già un miracolo che avessi superato i dieci anni. Ma con i suoi calcoli, direi che, bene o male, ho ancora un anno. Se tutto va bene… - improvvisamente, Numero Tre scoppiò a piangere e abbracciò di getto il fratello, abbastanza stupito da quel gesto.

- Hai deciso di passare tutto questo da solo. So che detesti mostrare i tuoi sentimenti con gli altri, ma dannazione, sono il tuo gemello! Ti potevo aiutare! Non mi devi proteggere da tutto! – singhiozzò Gabriel e Cameron sentì il cuore stringersi.

- Mi dispiace per non avertelo detto… so che avrei dovuto, ma non volevo che iniziassi a guardarmi con pietà o altro… Perdonami. – Numero Tre portò lo sguardo sull’altro e sussultò alla vista delle prime lacrime che scendevano sul suo volto: in tutti quegli anni, Cameron non aveva mai pianto, soprattutto non di fronte a lui. Fece per dire qualcosa, ma il suono della porta che si apriva portò entrambi a spostare lo sguardo.

- Non sto disturbando niente? – domandò Sheryl dalla porta, quasi intimorita a fare quella domanda. Velocemente, Cameron si asciugò il viso con la manica della felpa, mentre Gabriel sorrideva alla sorella.

- Tranquilla. Avete scoperto qualcosa? – domandò il rosso, non avendo voglia di accennare a quello che si era detto con l’altro. La ragazza parve capire, perché gli sorrise.

- È proprio per questo che sono venuta qui sopra. Abbiamo trovato qualcosa di interessante. –

 

 

 

 

 

Camera 623, Hilton Hotel, Londra

 

 

            Edgar e Amalia aspettavano in silenzio il ritorno di Carlos, chi nervoso e chi, invece, più annoiato.

-Siamo sicuri che riuscirà a prendere quelle informazioni? – domandò ad un certo punto il ragazzo, interrompendo così la sessione di silenzio di Amalia. La bionda cercò di trattenere un respiro e, dopo aver aperto gli occhi, si girò lentamente verso il corvino.

- Carlos è un ragazzo testardo. Se ha in mente un obiettivo, farà di tutto per ottenerlo. –

- E io riesco sempre a raggiungere i miei obiettivi. – disse una voce e i due si voltarono verso Carlos, appena smaterializzatosi nella stanza. Subito, Edgar e Amalia si alzarono e, se la ragazza stava ferma accanto alla sedia dove prima stava seduta, l’altro si fiondò velocemente verso lo spagnolo.

- Allora? Scoperto qualcosa di nuovo? O hai fatto un buco nell’acqua? – continuò a chiedere Edgar sogghignando. Carlos ebbe l’impulso di tirargli un pugno, ma si trattenne solamente perché vi erano delle questioni più importanti da discutere.

- Avevamo ragione. Il capo dell’organizzazione che li sta aiutando è come noi, ma non è il tredicesimo membro; quindi, anche loro sono punto a capo. Tra l’altro è stato il padre di lui a creare una specie di “incantesimo” che ci ha dato i poteri. – spiegò, mentre gli altri lo ascoltavano attenti.

- Quindi siamo nati per esperimento? Ma a che scopo? – fece Edgar.

- Questo non lo sanno. Ma c’è un’altra cosa che dovete sapere: hanno trovato i diari. – quella notizia ebbe potere di sorprendere persino Amalia, di solito impassibile e indifferente.

- Felikz ti ha detto qualcosa a riguardo? – domandò la bionda, ma Carlos scosse la testa.

- Lo aveva appena saputo anche lui. Ma tranquilli: mi ha sempre rivelato i segreti dell’Umbrella Academy. Mi dirà anche questi. Nel frattempo, ci terremo pronti. Consiglio però di tenerci separati, daremo meno nell’occhio. – non appena ottenne dei cenni di assenso, Carlos si smaterializzò e lo stesso fece Amalia poco dopo. Rimasto ormai solo, Edgar si gettò sul suo letto sorridendo.

- Ancora poco al nostro traguardo. Ancora poco. –

 

 

 

 

 

Ufficio di Richard McKinnon, Villa Olympus, Londra

 

 

            Non appena Cameron e Gabriel entrarono nella stanza, gli altri fecero finta di niente e continuarono a parlare tra di loro, per evitare di mettere i due fratelli, - soprattutto Cameron, - a disagio. Non appena li notò, Fëdor fece loro un piccolo cenno.

-Sheryl ha detto che avete trovato qualcosa di importante. – fece Gabriel, piazzandosi su un lato della parete insieme a Cameron. Da quando avevano terminato la conversazione, si era promesso che non lo avrebbe lasciato da solo. Non di nuovo. Numero Uno prese parola.

- Mentre voi parlavate, ci siamo messi a cercare tra le varie lettere qui presenti. Alcuni erano semplicemente dei resoconti che papà inviava al padre di Emanuel, ma poi ci siamo imbattuti in questa. – nel parlare, il ragazzo prese una busta dalla scrivania e la passò ai due, che si misero ad osservarla attentamente.

- Il mittente si firma “Yuanfen”. Crediamo che sia Numero Tredici. – alle parole di Felikz, che continuava a lanciare occhiate a Cameron per accertarsi che stesse bene, Numero Tre sgranò gli occhi.

- Cosa ve lo fa pensare? – domandò e a rispondergli fu Mathias.

- Papà aveva una lunga corrispondenza con questa persona e nelle lettere si parlava di poteri speciali posseduti da questo Yuanfen. I due si erano dati appuntamento per l’anno prossimo. –

- Deduco dal tuo tono di voce che ci sia un “ma”. – disse questa volta Cameron e Ophelia annuì.

- La lettera che vedete è arrivata qui il giorno in cui papà è morto; quindi, questa persona non ha mai ricevuto risposta. – spiegò la ragazza.

- Pensiamo che sia meglio andare là di persona e di scoprire che cosa sta succedendo. Magari sa qualcosa riguardo i tre ragazzi che ci stanno tormentando e magari otterremmo delle risposte per i tanti segreti di papà. – continuò Sheryl e i due gemelli si lanciarono un’occhiata.

- E dove sarebbe questo incontro? – chiese questa volta Numero Quattro.

Il 16 settembre a Nuova Dehli, in India. Le parole apparse in aria erano da parte di Elaija, che se ne stava seduto per terra di fianco a Mathias.

-Secondo noi è meglio andare lì di persona, ma volevamo sentire anche un vostro parere. – disse dopo un po’ Fëdor. Cameron e Gabriel si scambiarono uno sguardo, consapevoli di aver preso la stessa decisione. Si voltarono nuovamente verso gli altri e annuirono

- E India sia. –

 

 

 

 

 

*Klaus è uno dei fratelli della serie tv The Umbrella Academy, nello specifico Numero Quattro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FINE PRIMA PARTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ma buongiorno bella gente! Io vi giuro sto piangendo dalla gioia perché finalmente, dopo quasi un anno, sono qui con il nuovo capitolo! Mi dispiace davvero avervi fatto attendere così tanto, davvero non era mia intenzione. Ma per fortuna sono qui, no?

Mi scuso già adesso se alcuni oc sono apparsi meno di altri, soprattutto quelli dell’Ordine, ma ho voluto dare un attimo precedenza ai fratelli perché, come avrete letto, è stato un capitolo pieno di scoperte.

Avrete anche notato che Emerald, Travis, Lauren e Caleigh non sono apparsi, perché le autrici non mi hanno più risposto. Ora, lo so che io sono in ritardo abissale, ma io scrivo sempre, e anche più volte, se non ricevo le risposte.

Come leggete in alto, siamo a metà della storia! Ora cambierà completamente l’arco narrativo e si farà un bel salto temporale! Non vedo l’ora!

Io non ho niente da dire, se non mollarvi alla lista dei personaggi per il prossimo capitolo! Ecco la lista:

 

 

Fëdor

Emerald

Gabriel

Cameron

Ophelia

Sheryl

Travis

 

 

 

È tutto, non ho nient’altro da dire se non: ci vediamo al prossimo capitolo! Bacioni,

__Dreamer97

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Capitolo 14
*** AVVISO IMPORTANTE ***


AVVISO IMPORTANTE

 

 

 

 

Buongiorno a tutti!

So che è passato molto tempo dal mio ultimo aggiornamento e finalmente mi sono decisa di mettere un avviso. Prima di tutto, per non spaventarvi, devo dire che TUTTE LE INTERATTIVE NON VERRANNO CANCELLATE, quindi potete stare tranquilli.

È un periodo per me complicato, tra il lavoro, gli ultimi esami da dare e la preparazione della tesi; quindi, non riuscirò per un po’ di tempo a mettere mano alle storie, o almeno alle interattive che mi prendono molto impegno. Sarò comunque attiva su Instagram e anche magari con qualche piccola one-shot, per non lasciarvi senza nulla per troppo tempo (cosa che già sto facendo, ma meglio di niente).

Perciò, con estremo rammarico, sono qui ad annunciare la SOSPENSIONE TEMPORANEA delle storie. Chiedo scusa a tutti quelli che mi seguono ma rischierei di fare un lavoro troppo superficiale e di non valorizzare i vostri oc. Ci risentiremo dopo febbraio, mese in cui in teoria dovrei recuperare un po’ di calma. Ciao a tutti e alla prossima. Bacioni,

__Dreamer97

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