Supernatural Hunters

di RedelNord
(/viewuser.php?uid=1084599)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuovi Cacciatori ***
Capitolo 2: *** La famiglia è per sempre ***
Capitolo 3: *** Oltre quel ponte ***
Capitolo 4: *** Motel California ***
Capitolo 5: *** Nightwing pt1 ***
Capitolo 6: *** Nightwing pt2 ***



Capitolo 1
*** Nuovi Cacciatori ***


(Londra 12  Ottobre 1995)
 
 
 
Il ragazzo si avvicinò piano alla teca, al cui interno stava la corona, il suo obbiettivo.
Sorrise, prima di sferrare un pugno con molta violenza contro la teca di vetro, che si ruppe in mille pezzi, l’allarme continuava a suonare, il ladro non si scompose, mentre mise la corona in una borsa.
 
“Fermo! Gettala a terra immediatamente!” Ciò che faceva perdere di sicurezza al poliziotto, era la calma con cui il ragazzo si voltava, e che non lasciava cadere il bottino arraffato.
“Mettila giù subito!” Intimò nuovamente il poliziotto.
Il ragazzo rise, poi di colpo i suoi occhi divennero neri, neri come il fondo di un pozzo.
Il poliziotto rimase impietrito, “ma che diavolo…” Non fece in tempo a terminare la frase che un coltello gli si conficcò in gola, mentre il ragazzo lo guardava con il braccio sinistro, ancora teso.
Sorrise nuovamente, mentre la guardia cadeva a terra sopra il suo sangue.
 
Quando i rinforzi salirono sulla torre, ed entrarono nella stanza non viedro altro, che: una teca rotta, un cadavere, e niente che lasciava suggerire la presenza di un umano lì dentro, in compenso però, vi era un forte odore di zolfo…
 
 
“Dylan svegliati! Svegliati!”
“Groucho… Ma che diavolo?”
“È Scotland Yard, ho l’ispettore Lestrade al telefono, ti stanno cercando.”
 
Maledicendo un po’ tutte quelle bestiacce a cui do la caccia, mi sono alzato, nemmeno riuscivo a mettere a fuoco la stanza, chissà quante volte mi avevano chiamato…
 
“È per questo che ti ho chiamato, quando siamo saliti abbiamo trovato il cadavere di Wilson, e non c’era nessun’altro, e sentì un po’, quando siamo entranti c’era un forte odore di zolfo.”
 
Ero chinato sulla sagoma del cadavere, e intanto spostavo lo sguardo da quello alla teca rotta, quando ho sentito zolfo mi sono voltato.
“Zolfo hai detto?”
“Sì, ed unendolo al fatto che non c’era nessuno, e che chiunque abbia rubato la corona sembra essersi volatilizzato, ho pensato di chiamarti, fortuna che Groucho era sveglio, se no avrei dovuto aspettare fino a domattina.”
 
Perché la corona? Dev’esserci qualcosa che non so, e non è nemmeno il primo oggetto di valore che scompare a Londra negli ultimi due anni, eppure è strano, in tutti i furti ci sono stati casi simili a questo, ma un demone ladro non l’ho mai visto…
 
“Allora che pensi?”
“Sinceramente, mio caro ispettore non so cosa pensare, ma questo colpo è area di mia competenza, lasciatemi del tempo, credo che nei prossimi giorni sarò oberato di libri da leggere.”
 
 
 
(Da qualche parte nel North Carolina 31 Ottobre 1996)
 
“Ancora non ho capito che ci facciamo qui, non mi sembrava che avessimo un caso da queste parti…”
 
Dean sogghigna, a volte proprio non lo sopporto quando fa così.
“Sam, te l’ho detto ci serve una pausa, eravamo qui in zona, così siccome che stasera è festa grande, ci imbucheremo da qualche parte.”
 
“Non eravamo di zona, sei venuto di proposito qui… Non è che magari c’è qualcosa che non vuoi dirmi?”
 
Vedo Dean che fa una smorfia di disapprovazione, sono quasi certo che ci sia qualcosa che non vuole dirmi, ma non riesco a capire, sono più che certo che sta andando in qualche posto preciso, da qualcuno di preciso.
Ma è possibile che in fondo non abbia tutti i torti, d’altronde lavoriamo sempre, e come dice lui: la paga fa schifo.
Forse un po’ di baldoria ci servirà, ma sono certo che non riuscirò a godermela appieno, nemmeno Dean lo farà, lo so, lui vorrebbe ma c’è sempre una linea di separazione da ciò che si vorrebbe di se stessi, e ciò che si è realmente.
 
“Allora da chi stiamo andando? E dove?” Insisto, prima o poi me lo dovrà dire.
“Andiamo a Linwood.”
“Linwood, che diavolo c’è di così speciale a Linwood?”
 
“Be non cosa, chi.” Risponde Dean, abbassando un attimo il labbro inferiore, come se si fosse ricordato di qualcosa che un po’ gli pizzica, e io perché già mi sono fatto un’idea?
 
“Ho capito, come si chiama? E come vi siete conosciuti?”
“Wow non ti sfugge niente Sherlok.” Dean sorride quel tanto che basta, per autocompiacersi della battuta, poi lo guardo con il classico sguardo ultimatum.
 
“Si chiama Robin, mi deve un favore, io e papà siamo andati a cacciare un mutaforma a Linwood, quando tu ancora giocavi a Judge Advocat General.”
Alzo lo sguardo.
“Insomma, ci siamo un po’ frequentati, siamo usciti insieme, poi…”
“Ci hai fatto sesso?” Chiedo con poca discrezione, è solo che mi sembra un po’ titubante, e non da lui.
 
Dean ride: “un grande artista non rivela i suoi segreti…”
“Va bene, e poi che è successo?” Lo incalzo, voglio proprio capire cos’ha combinato sta volta.
“Be, ecco, io le ho detto che dovevo andare, lei si era un po’ troppo affezionata, ecco…”
 
Ancora tentenna.
“L’hai lasciata. L’hai illusa e poi lasciata.” Concludo io, tanto non ci vuole Sherlok Holmes, Dean non è nuovo a cose del genere.
 
“No, non l’ho illusa… Però l’ho lasciata.”
“Ma mi ricordo che la sera di Halloween a casa sua ho vissuto il più bel party di Halloween della mia vita, sul serio ho un bel ricordo di quello, anche se un giorno dovessi vivere in Finlandia, ogni Halloween verrei qui per fare festa, a casa sua, ha una casa fantastica, suo padre è un commercialista, e sua madre è un medico.”
 
Scuoto piano la testa, poi guardo la strada, il cartello annuncia che siamo arrivati, probabilmente ci fermeremo ad un motel qui in zona.
“Sam.”
“Cosa c’è?”
“Dimmelo tu.”
“Sto bene.”
“No invece, stai come a cui hanno detto che un demone folle vuole usarlo per i suoi scopi e che insieme ad altri ragazzi come lui, farà parte di un esercito.”
So che Dean sta cercando di aiutarmi ma in questo momento non vorrei proprio pensare a quello, non ho una soluzione, ma del resto chi potrebbe avercela?
Vorrei che papà fosse qui, non so cosa ci direbbe, non so come ci potrebbe aiutare ma mi darebbe conforto, mi darebbe sicurezza.
“Hai ragione, un po’ di svago ci farà bene.”
 
 
 
(Aereo per gli Stati Uniti dall’Inghilterra, prima classe.) 17 Ottobre 1995
 
Odio gli aerei ma non avevo scelta, non preoccuparti Dylan, l’importante è non guardare giù.
“Salve.”
“Salve”
“Ha bisogno di qualcosa, posso portarle del caffè, del tè, magari del vino?”
“Sto bene così grazie.” Non vorrei sembrare acido all’hostess è che proprio non mi va di parlare, e comunque non voglio niente, faccio fatica a tenere il mio stomaco a bada senza niente dentro, figuriamoci con qualcosa.
 
La ragazza però non se ne va, sembra fissarmi attentamente, mi inquieta e mi irrita se devo essere sincero, non sono proprio in vena adesso, magari è un demone sotto mentite spoglie che sta cercando di mangiarmi l’anima.
Fortuna che il pass firmato dal governo, mi consente di girare liberamente con tutto il mio materiale, Wembley Scott compresa.
Questa tizia comincia a darmi sui nervi, dato che è da quando siamo partiti che mi guarda, lo so: sono bello, e quindi?
 
“Ma, scusi, forse sono un po’ impertinente.”
No, non lo sei affatto, vorrei dirle, con tono ironico naturalmente.
“Ma lei, è Dylan Dog?”
 
I passeggeri si voltano verso di me, alcuni già mi avevano riconosciuto, ma si facevano gli affari loro, questa sembra una vera e propria fan girl.
Io sorrido, alzo le mani come se mi avessero arrestato: “beccato.” Dico sorridendo.
Inutile aggiungere di come tutto il resto del viaggio sia stato un ritrovo con un intero fanclub, ma almeno non ho pensato all’altezza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
C’è un ragazzo.
Si trova nei pressi di quello che sembra un granaio, in una mano ha una pistola, nell’altra un machete.
Si aggira furtivo, cerca un modo per entrare nel granaio, un uomo sta dietro di lui, ora lo ucciderà!
Il ragazzo si volta di scatto e gli spara, l’uomo accusa il colpo, ma non sembra che lo abbia danneggiato più di tanto, il ragazzo si avvicina e con il machete gli taglia la testa.
Altri si schierano attorno a lui, è circondato, non se lo aspettava, si capisce chiaramente.
Prova a difendersi, ne uccide un paio, ma gli si fanno sotto, lo prendono, lo sento gridare, il cielo bianco non gli risponde può solo guardarlo mentre quelli lo divorano.
 
 
Mi ritrovo seduto sul letto in un bagno di sudore, Dean è seduto al tavolo, e mi guarda preoccupato.
“Sam, che succede?” Chiede mentre si avvicina.
Io mi tengo la testa, che sembra dovermi scoppiare da un momento all’altro.
“Hai avuto un’altra visione? Vero?”
Annuisco.
Dean trae un lungo sospiro, è preoccupato, posso notarlo, non vorrei dargli anche queste cose a cui pensare.
Si siede sulla sua branda, e mi guarda.
“Che cosa hai visto stavolta?”
Io rimango un attimo fermo, in silenzio per pensare a quel ragazzo dai capelli neri e dagli occhi azzurri.
 
“C’era un ragazzo.”
“Un ragazzo?” Mi fa eco Dean.
“Sì, era armato e stava appostato fuori da un granaio…” Solo ora sto realizzando cosa potevano essere quelle creature.
“Vampiri.”
“Vampiri?”
“Dava la caccia a dei vampiri ma lo hanno sorpreso e lo hanno ucciso.”
“Credi si tratti di un altro cacciatore?” Chiede Dean.
“Non lo so, è solo che…”
“Solo che cosa?”
“Non lo so, le mie visioni sono legate al demone, ma questo ragazzo, non mi sembrava fosse uno di noi, credo…”
Resto in attesa, mi ha dato delle strane sensazioni, perché lo avevo visto? Cosa mi significava?
Troppe domande, e io che speravo di staccare da tutto questo almeno un giorno.
 
“Ascolta qui in zona, si sono registrate attività riconducibili ai vampiri?” Chiedo, riflettendo sul fatto che magari se l’avevo visto, era vicino.
 
“Non lo so, sai eravamo venuti qui per svagarci veramente.” Dean sembra abbattuto, ma deluso sarebbe il termine giusto.
“Dean mi dispiace.”
“No, non devi, piuttosto sai dove potrebbe trovarsi questo granaio? Magari possiamo impedire che qualcuno venga bevuto dai vampiri.”
 
“No, sembrava un normalissimo granaio, non c’era niente che potesse distinguerlo a parte un gruppo di vampiri affamati.”
(Qualche ora dopo)
 
Non mi godrò per niente la festa, ma magari potrò provarci.
Sam è alquanto depresso dopo quello che è successo, ma magari potremmo divertirci lo stesso, d’altronde decapitare qualche schifosa sanguisuga mi diverte più di una festa di Halloween tra liceali.
 
Entro nella stanza, Sammy è seduto sul letto e sta lì a guardare il vuoto, ora ci penso io a tirarlo su.
“Ehi Sam, forse so come trovare quei vampiri.”
Lui fa lo sguardo attento, bene.
“Negli ultimi mesi, ad ogni festa fatta in paese è sparita almeno una persona, mai stati trovati cadaveri, quelli che non uccidono li fanno diventare dei loro, e le feste sono un ottimo escamotage per uscire allo scoperto e fare razzia di sangue fresco, ecco perché dobbiamo andare alla festa di Robin.”
 
“E siamo stati invitati? Avevi detto che andavi a parlare, allora le hai parlato?”
Alzo un attimo lo sguardo, cercando di non dire direttamente a Sam la realtà dei fatti, cerco di inzuccherargliela, o comunque di mostrarla sotto un profilo migliore.
“Be ecco no, non abbiamo neanche parlato in realtà ma mi sono già imbucato a qualche festa quindi non sarà un problema.”
Sam scuote la testa.
“Che c’è ho fatto del mio meglio.”
“Oh non ne dubito.”
“Ehi fidati di me, ci faccio entrare a quel raduno di scappati di casa.”
 
(Festa di Halloween, casa di Robin 22:35)
 
“Presto! Chiamate i pompieri! Al fuoco!” Corro verso i due buttafuori e indico il piccolo fuoco che ho acceso poco lontano dalla proprietà, niente di troppo grave, Sam ancora non condivide appieno il mio stratagemma ma non mi veniva in mente niente di più chic o più elaborato, stai perdendo colpi Dean.
Approfittando della confusione, con i due che si sono distratti, tanti che sono usciti a vedere, e le chiamate al 911 siamo riusciti ad entrare.
 
 
 
 
 
 
(Festa di Halloween, casa di Robin 00:15)
 
Siamo qui da parecchio tempo, Dean se n’è andato da qualche parte non lo so, ad ogni modo non vedo nessuno qui che si atteggia da vampiro, in mezzo a tutto questo casino, mi è anche difficile capirlo ma cerco comunque di rimanere concentrato.
Devo fare una strana impressione, tutti che si divertono mentre io resto in piedi a guardarmi attorno, questa casa è veramente spaziosa, non ho ancora visto i genitori di Robin, a dire la verità dubito che ci siano, d’altronde queste feste sono un modo eccellente per distruggere una casa, e non credo che il commercialista e la dottoressa la prenderebbero bene.
 
Questa festa mi ricorda il college, mi ricorda che sarebbe potuto esistere un diverso Sam Winchester, una persona normale, con una vita sicura.
Ma mentirei se dicessi che non mi piace quello che faccio, e comunque ormai sono troppo dentro per uscirci, sarebbe come sperare di raggiungere la superficie stando nei fondali.
 
Qualcuno però cattura la mia attenzione, è un ragazzo, e si aggira per la festa con fare misterioso, forse è uno dei vampiri.
Mi avvicino per vederlo meglio…
Non è un vampiro!
È il ragazzo della mia visione! Devo trovare Dean, dobbiamo seguirlo, lui ci porterà dai vampiri, e noi potremo salvarlo.
Dove diavolo si è cacciato Dean!?
Lo cerco al piano di sopra, anche Robin non c’è più, mi viene un sospetto, ricordo di aver visto mio fratello salire, proverò tutte le camere.
 
 
“Hai detto che era lui?”
“Sì era lui, e per colpa tua lo abbiamo perso!”
“Andiamo, Sam…”
“Lo sapevi che avevamo una missione e te ne sei fregato!”
“Potevi chiamarmi…”
“Non cominciare, lo sai benissimo che ho ragione!”
“Lo so, ma prima avremmo dovuto solo parlare, chiarirci.”
“Oh, vi siete chiariti su questo non c’è dubbio.”
Dean scuote la testa, non mi interessa può arrabbiarsi quanto vuole lo sa che ho ragione io.
“E ora come lo troviamo?” Chiede lui.
“Ci sto pensando, piuttosto, abbiamo del sangue umano con noi?”
“Mi hai preso per uno sprovveduto?”
 
“Un momento fermati!”
Dean inchioda in mezzo alla piccola stradina.
“Ma che c’è!?”
“È quello!”
“Cosa?”
“Il granaio, ora ricordo, quell’albero secco lì, identico alla mia visione, il nostro amico arriverà qui tra un po’ magari possiamo fermarlo prima che raggiunga i vampiri, aspettiamolo sulla strada.”
“No, se abbiamo l’occasione di far fuori qualcuno di quei bastardi facciamolo.”
“Non dico questo, è che possiamo organizzarci meglio.”
“No, se nella tua visione lo hanno circondato è perché sapevano che li seguiva, se ci vedono parlare con lui capiranno che lo vogliamo avvertire o comunque aiutare e si daranno alla fuga, abbiamo la sorpresa dalla nostra.”
 
Dean ha ragione, allora sarà meglio appostarsi come si deve.
 
 
 
(Linwood, Granaio abbandonato 1 Novembre 1996  ore  6:42)
 
Vengo svegliato dal suono di uno sparo, anche Dean si sveglia.
“Dean presto, la balestra!”
 
Usciamo in fretta dalla macchina, e ci armiamo, raggiungiamo il punto interessato, ora la vedo: il tizio sta combattendo contro i vampiri, ne ha uccisi due, tra poco dovrebbero prenderlo.
 
Dean comincia a scagliare i dardi, imbevuti di sangue di umano morto.
I vampiri se ne sono accorti e ora vengono dalla nostra parte, io ho bagnato dei proiettili con sangue di umano, e ora sto difendendo la posizione.
 
Dean, estrae il machete e taglia di netto la testa ad uno di loro, uno che avevo colpito io.
Il tizio ci aiuta, credo che anche lui abbia bagnato i proiettili con del sangue.
Una dei vampiri ha disarmato Dean, e lo ha scagliato a terra, io ho finito i colpi.
Provo ad avvicinarmi ma un altro vampiro mi ferma e mi lancia lontano.
La maggior parte di loro è a terra, indebolita, e il ragazzo dai capelli neri li finisce a colpi di machete, prima che possa alzarmi spara anche ai vampiri attorno a Dean, poi lo aiuta a rialzarsi e insieme li finiscono.
 
 
 
“Come avete fatto a trovarmi?”
“Chiedilo a lui.” Risponde Dean, che rimane appoggiato alla macchina, mentre il ragazzo sta in piedi davanti a noi.
“È una lunga storia.” Replico io, “chi sei? E come sapevi dei vampiri?”
“È una lunga storia.” Risponde lui, chiaramente indispettito dalla mia mancata risposta, Dean sembra infastidito dalla sua risposta, ma io lo capisco.
“Io ho delle visioni…”
“Delle visioni?”
“Ti spiegherò meglio, per farla breve, ho visto cosa sarebbe accaduto, tu nella mia visione venivi ucciso, e così siamo venuti a salvarti.”
Lui sembra sorpreso, ma non troppo, dev’essere uno abituato a cose del genere.
“Credevo che attaccare i vampiri di giorno avrebbe funzionato, ma il sole stamattina è timido, e sapevano che sarei venuto, vi ringrazio.”
“Prego.” Risponde Dean sorridendo beffardo.
 
“Ma voi chi siete?” Chiede lui visibilmente confuso.
“Io sono Sam Winchester, e lui è mio fratello Dean.”
“No, no aspettate, Winchester? Come John Winchester?”
 
Lo sguardo di Dean è al limite tra sorpreso e sconvolto, e io uguale.
“Era nostro padre, lo conoscevi?” Chiede Dean, che ora si staccato dalla macchina, avvicinandosi al tizio.
“Certo, non è la prima che volta che vengo in America, ma è la prima che lo faccio senza il pass.”
 
“Il pass?”
 
“Sì, in Inghilterra ho un pass firmato dal governo, che mi autorizza ad andare ovunque con il mio armamentario, ma quando sono atterrato ad Atlanta mi sono accorto che me lo avevano preso, dei maledetti mi si erano accalcati una volta fuori, probabilmente qualche demone al soldo di chi sto inseguendo, ora vado con il poco che ho, e non ho nemmeno una macchina.”
 
 
Dean fa domande al nostro nuovo amico da quando abbiamo recuperato la nostra roba al motel e ci siamo rimessi in strada.
“Hai detto la corona?”
“Esatto, e non era la prima cosa che rubavano, ho il sospetto che stiano organizzando qualcosa di grosso.”
“Come hai conosciuto nostro padre?” Chiedo io, sono molto curioso di questo.
 
“Be, io ho incontrato John qualche anno fa, stavamo dietro allo stesso demone, lui lo aveva intercettato qui e io lo inseguivo dall’Inghilterra… Era un brav’uomo John.”
“Ascolta James Bond, se vuoi far parte della squadra vorrei sapere il tuo nome.” Dean lo aveva già chiesto, ma andava sempre a finire che si cambiava discorso.
 
“Mi chiamo Dylan… Dylan Dog.”
 
“Be Dylan… Benvenuto negli Stati Uniti.”
Dean accende la radio, non cambia stazione, la musica gli piace, e anche Dylan sembra apprezzare, io invece mi volto verso il finestrino e rimango ad osservare il panorama e il pallido cielo di una giornata qualunque in un paese del North Carolina.
 
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La famiglia è per sempre ***


(Hinesville Virginia 5 Novembre 1996)
 
 
Mentre la brezza si faceva strada tra i vestiti e i capelli della donna, il sole era già calato, e il freddo si stava facendo consistente.
Il mazzo di fiori venne posto nel vaso che stava in un buco nel terreno, per far sì che non cadesse.
Guardando quella lapide, la donna pensò nuovamente a quanto era successo, a quell’incidente, a quell’incidente così assurdo, e a come si era sentita distrutta quando aveva ricevuto quella telefonata, la notizia che non avrebbe mai voluto sentire.
Quell’incidente le infondeva una tale rabbia… E ancora di più la sua rabbia era alimentata dall’indifferenza dei figli di lui, che mai una volta lei aveva visto lì, alla tomba di loro padre.
 
In quel momento la donna sentì un calore indescrivibile, inspiegabile per quel momento, ma dopo quello sentì la sua rabbia crescere a dismisura, e insieme a quello un sentimento di abbandono, di rancore, di tradimento.
Doveva fare qualcosa!
 
 
 
“Oh, Sonya, che piacere vederti, non ricordavo di averti dato la chiave…” Jordan era visibilmente preoccupato, mentre vedeva l’ormai ex moglie del padre venire verso di lui.
“Non lo hai fatto infatti, ma tuo padre sapeva dove tenerne una di scorta.” Rispose la donna sorridendo.
Quest’ultima affermazione, fece piombare un nuovo velo di preoccupazione sul volto dell’uomo, che cercò tuttavia di non pensarci.
“Vuoi che ti prepari qualcosa, un tè, un caffè, non ho della vodka ma…”
“Non è necessario.”
Seguì un lungo silenzio, che rese ancora più inquietante quella circostanza, Jordan provò di nuovo a parlare, ma fu interrotto.
“Come ci si sente figliolo? Ad ottenere qualcosa che non sai non ti appartenga.”
 
Sul volto dell’uomo si disegnò un’espressione di profonda ansia, lei… Parlava proprio come suo padre…
“Di che cosa stai parlando?”
“Oh, lo sai di che cosa sto parlando…” La donna si avvicinò, aveva sempre le mani dietro la schiena.
“Sto parlando di quello che mi avete fatto, tu e gli altri… Io vi ho tirati su, vi ho dato tutto, ed ecco come mi avete ripagato.”
Jordan ora era davvero terrorizzato, “chiamo il 911, vattene da casa mia!”
“Tua!?” Gridò la donna, prima di colpirlo con uno schiaffo, di esterno della mano, uno schiaffo bastò a farlo volare oltre il divano.
 
“Non c’è niente di tuo qui Jordy, e non ci sarà più niente…” Detto questo gli prese i capelli da dietro, per alzargli la gola, e avere spazio per squarciargliela da un orecchio all’altro.
Mentre Jordan agonizzava sul pavimento, Sonya, puliva il pugnale.
“E questo è solo l’inizio figliolo, poi toccherà a Claire, e poi a Trevor, ma uno dopo l’altro pagherete, eccome se pagherete.”
 
 
 
 
 
“Giuro che se non la pianta con quell’affare, glielo pianto quell’affare e so anche dove.”
“Dean, siediti.”
Mio fratello si siede, ma senza esimersi dal gesticolare platealmente per rendere ancora più evidente che si sta infastidendo, come se non fosse abbastanza chiaro.
 
“Infondo il suono del clarinetto non è male.”
“Certo, ma quando lo suoni per un’ora intera senza mai fermarti…”
Sorrido, in effetti è vero, Dylan sta suonando da tempo, per sua fortuna si è chiuso in bagno, o Dean lo avrebbe già defenestrato.
Rido a pensarci.
“Dylan, potresti piantarla!” Grida mio fratello, senza risultati.
Poi si rivolge a me: “abbiamo da lavorare?”
“Forse sì, sveglia il compositore.”
“Se lo sveglio è per prenderlo a schiaffi.”
“Dean, sento un po’ di parole in quell’invidia.” Lo pizzico io, perché so in fondo qual è il problema di mio fratello, e in effetti non gli do torto.
“Come posso non invidiarlo, insomma… Quel figlio di puttana ci vive con questo schifo, e noi siamo sempre al verde.”
“In realtà te l’ha detto, lui aiuta chi si rivolge a lui, se qualcuno non crede a quello che fa non lo chiama, non è sempre oberato di lavoro. Inoltre data la sua fama, ha molta più gente che lo prende per un ciarlatano, e praticamente l’intera sezione giornalistica inglese è contro di lui. Anche lui ha i suoi problemi.”
“Sì ma ha anche dei lati positivi, noi quelli non li abbiamo, non abbiamo Scotland Yard che ci compre.”
“Quella ce l’ha perché lui viene da lì, se tu fossi entrato nei federali magari anche noi avremmo qualche privilegio.”
 
Dean scuote la testa, non ce lo vedo per niente nei federali…
Si alza, infastidito, e bussa violentemente alla porta: “ehi, vostra maestà è l’ora del tè, esci o no!?”
Sorrido nuovamente, mentre consulto l’articolo che ha attirato la mia attenzione.
 
Dylan finalmente smette ed esce.
“Oh Dean mi chiamavi, scusa non ti ho sentito, stavo componendo.”
“Non potevi farti rubare il clarinetto, invece del pass?” Insiste Dean mentre torna a sedersi, e Dylan sistema lo strumento nella custodia.
“Stai scherzando!? Il clarinetto è la mia vita, giuro che mi farei uccidere prima di farmelo portare via, tu hai l’Impala io ho il clarinetto.”
“Sì ma l’Impala non frantuma i timpani e i coglioni.” Sorride mio fratello beffardo, Dylan si siede.
“No, ma frantuma la schiena e le chiappe, sul serio devi fargli cambiare le sospensioni a quel catorcio.”
“A chi hai detto catorcio!?”
“Bambini, per cortesia starei cercando di leggere.” Mi sembra davvero di avere a che fare con dei ragazzini.
 
Dylan, tira fuori la Wembley Scott e comincia a farle una manutenzione completa, Dean lo osserva.
“A questa cosa, che dobbiamo noi andar a cercare i problemi, non riuscirò ad abituarmi.” Asserisce il nostro nuovo socio, sempre pulendo la sua pistola.
“Io vorrei abituarmi alla tua di vita amico.” Replica Dean.
“Sul serio, Sam, quando andiamo in Inghilterra? Lì quelli come noi vengono pagati.”
“Vengono pagati solo se qualcuno si rivolge a loro.” Puntualizza Dylan, sempre pulendo l’arma, “tu non hai idea di quanti preferiscono restare in luoghi maledetti o con Poltergeist o Dio solo sa cosa, solo perché non vogliono credere in quello che faccio io.”
“Quello che mi chiedo è come fate voi a fare tutto questo gratis, dico io… Come sopravvivete, intendo con i soldi?”
“Chiedilo a Dean.” Dico io.
“Sam puoi rispondermi tu per favore?” Chiede Dylan, ridacchiando, dando poi una pacca sulla spalla a mio fratello, che borbotta un: “vaffanculo…”
 
“Dean è un esperto di falsificazione.”
“Falsificazione?”
“Esatto e il fatto che ti sei aggiunto al gruppo comporta che dovrò creare le tue identità, e mi darai una mano.”
“Cosa? Io non ho bisogno di identità, io sono Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo, sanno tutti chi sono.”
“Non qui Hugh Grant, ti serviranno delle identità esattamente come noi.”
“Vivrò alla macchia come i fratelli Winchester, non mi stupirebbe se scoprissi che siete anche braccati dagli sceriffi di dieci contee diverse, ma tanto siamo in America, quindi gli sceriffi saranno tutti appesantiti dai caffè lunghi e dalle ciambelle.”
 
Dean ride di gusto, mentre io mi sento imbarazzato, ma non tanto dalla battuta stereotipo, quanto dal fatto che siamo effettivamente braccati. Ma di sicuro non è il caso di annoiare Dylan con queste chiacchere.
 
“Quando avrete finito con le battute sui paesi da cui proveniamo avrei bisogno della vostra attenzione.” Dico, tenendo gli occhi sull’articolo di giornale.
 
“Noi siamo qui da tempo in realtà, sei tu che non ti sei ancora deciso.”
“Per una volta sono d’accordo con Dean.”
 
Scuoto la testa e leggo: “un uomo è stato assassinato in casa sua, gli hanno aperto la gola da un orecchio all’altro, non ci sono segni di effrazione.”
“Non è poi così strano, probabilmente la vittima conosceva l’assassino e l’ha fatto entrare.” Dice Dylan, che ora ha quasi finito con la manutenzione.
“Be, è possibile, ma le telecamere non hanno registrato niente.” Replico io.
“Forse sono state manomesse, ragazzi, non dovete bervi tutte le balle un minimo sospette, non sapete con quante ne ho a che farne tutti i giorni dalle mie parti.”
“No Dylan non hai capito, le telecamere sono rimaste perfettamente funzionanti, ma non si vede nessuno, nessun’altro oltre la vittima, come se l’assassino fosse invisibile.”
 
Ora il nostro socio non risponde più, ha capito che qui c’è veramente qualcosa di strano.
“Dove?” Chiede Dean.
 
“Hinesville, Virgina.” Rispondo io.
“Direi che è ora di muoversi, forza raccogliete tutto, lasciamo il motel.”
“D’accordo, ma scelgo io la musica.”
“Non esiste.”
“Dean non mi sono portato le cassette dall’Inghilterra per niente.”
“La macchina è mia, guido io.”
“È degli Iron Maiden che stiamo parlando.”
“Ed è della mia macchina che stiamo parlando.”
Non so se riuscirò a sopportarli fino a Hinesville…
“Salve signora Crane, mi chiamo Daniel Remington cronaca locale, loro sono miei colleghi, anzitutto condoglianze, vorremmo porle delle domande su quanto è successo a suo marito se non le dispiace.”
Dean si è dato da fare anche stavolta, per sua fortuna non ha bisogno di troppi documenti, oh non che io e lui non potremmo averli, ma di sicuro lo stesso discorso non potrebbe valere per Dylan.
 
“Siete altri giornalisti? Volete dirmi anche voi che mio marito si è suicidato?”
“No signora, noi non crediamo che si sia suicidato, vogliamo scrivere un articolo che possa dimostrare come la polizia si sbaglia e che possa aprire nuove metodologie di indagine.” Provo a rassicurarla io, lei ci guarda per qualche istante poi ci fa entrare.
Dean sembra sorpreso, e a tratti indispettito del fatto che è stato merito io, Dylan si limita a commentare con un: “roba da matti.”
 
La signora ci fa entrare, Dylan chiede di andare in bagno.
Lei ci fa sedere e ci offre dei cioccolatini, Dean ne prende subito uno.
 
Ho capito che devo parlare io: “signora lei dice che non c’erano motivi per cui Jordan si dovesse togliere la vita non è così?”
“Sì, anzi, tra non molto avevamo in programma di prenotare le vacanze da sua cugina in Florida…” Le lacrime colgono la vedova Crane, che si scusa.
“Mi dica, conosce qualcuno che potesse aver motivo di odiare suo marito, dato che non è stato rubato niente, si è trattato di omicidio premeditato.”
“Non conosco nessuno che potesse odiarlo a tal punto, lui lavorava in banca, e quando lavori lì è facile che ti odino ma… Arrivare ad ucciderlo…”
Sembra d’avvero sconvolta, guardo Dean in modo eloquente come per chiedergli lui che ne pensa, intanto il nostro amico inglese torna dal bagno.
Dean prende la parola, con ancora il secondo cioccolatino in bocca: “mi dica, le telecamere non sono state manomesse, lei cosa crede che sia successo?”
La donna scoppia in lacrime, e cerca di coprirsi gli occhi con un fazzoletto ormai zuppo.
“Io non lo so… Non c’ero, sono tornata e l’ho trovato lì…”
“Mi dica signora, di recente è morto qualcuno che era legato in qualche modo a suo marito?” Interviene Dylan, cercando di avere tatto, ma fallendo alquanto vistosamente.
 
“Be, qualche mese prima era morto suo padre, e non stavano avendo un buon momento, potete chiederlo ai suoi fratelli o a Sonya.”
“Eh chi è Sonya?” S’intromette Dean.
“Sonya è la vedova Crane, era sposata con Michael il padre di Jordan, una ragazza molto più giovane di lui, a Jordan e ai suoi fratelli non è mai piaciuta, forse lei può dirvi di più.”
 
Lasciamo per qualche istante la signora Crane a riflettere in silenzio tre le sue lacrime.
“La ringraziamo per la sua collaborazione.” Saluta Dean.
 
 
“Be, che ne pensate?”
“E se si fosse suicidato per davvero? Dico, suo padre era morto lui non stava tanto bene…” Provo a considerare anche questa ipotesi, ma vengo interrotto da Dylan.
“Be Sam, di solito i suicidi lasciano questo per terra?” Dalla tasca estrae…
“È quello che penso che sia?” Chiede Dean distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada.
“Sì.” Prosegue Dylan, “ectoplasma verde. Il biglietto da visita degli spettri.”
 
 
(Bed & Breakfast Hinesville Virgina 12 Novembre 1996)
 
“Gli spettri sono creature vendicative, sono alimentati da sentimenti di rancore e tradimento, spesso tradimenti di famiglia.” Spiego leggendo il diario di papà sotto la voce: spettri.
“È chiaro no: in qualche modo il vecchio Crane è stato tradito da suo figlio.” Asserisce Dylan, che tenta di prendere la custodia del clarinetto.
“Se suoni anche solo una nota ti rispedisco in Inghilterra a calci in culo.” Taglia corto Dean, sedendosi accanto a me.
Dylan fa una smorfia come per dire: ok. E si siede a sua volta.
 
“Tuttavia gli spettri non agiscono da soli, devono possedere delle persone, qualcuno in cui sentimenti di rancore e rabbia vengono repressi, possono dare abilità alla persona che, diciamo, li ospita, tra cui quello di risultare invisibili ai dispositivi elettronici.” Più leggo, più mi rendo conto che non sarà affatto facile.
 
“Quindi c’è qualcuno molto rabbioso e vendicativo che in questo momento vive con papà Crane dentro.” Conclude Dean.
“Sintesi illuminante, professor Winchester.” Commenta Dylan sogghignando.
 
“Dovremmo parlare con la signora Crane.” Concludo io.
 
 
(Un bar di Hinesville Virginia 22:53 12 Novembre 1996)
 
“E ora sai scegliere la miglior birra, ti servono altri consigli, Jeremy Irons?” Chiede Dean sorridendo.
“Del tipo?” Faccio, io, girandomi, dando le spalle al bancone, buttando giù un altro sorso di questa birra.
 
“Ah be, magari come andarsene da quel tavolo con tre numeri di telefono.” Dice lui, guardando un tavolo dove stanno tre ragazze, assolutamente niente male.
Io sorrido.
“Allora, primo non dovrei bere dato che sono un ex alcolista e secondo, non puoi darmi lezioni su come rimorchiare. Io sono il maestro, Dean.” Affermo fiero di me stesso.
 
“Ma a chi vuoi darla a bere, con quella faccia.”
“Non mi credi? Se tu sapessi, ragazzo mio, se tu sapessi…”
“Sono solo chiacchiere, per non ammettere che non ci sai fare.”
“Oh, solo chiacchiere dici? Allora vediamo chi riesce a rimorchiare di più stasera.”
“Oh è una gara? Ci sto.” Risponde Dean, povero illuso…
 
(Hinesville Virginia, casa di Claire Crane 00:56 13 Novembre 1996)
 
Un rumore!
Apro gli occhi e mi metto seduta sul letto.
Sembra che ci sia qualcuno, infondo al corridoio, verso l’ingresso.
Sento caldo, e sudo freddo.
“Chi c’è?” Chiedo, terrorizzata, non riesco ad alzarmi, è come se tutto il mio corpo fosse di piombo.
Nessuna risposta, ma sento dei passi nel corridoio, accendo la luce.
“Chi è!?” Chiedo con più insistenza, ancora nessuna risposta, sento il cuore che potrebbe esplodere da un momento all’altro, non ho la forza di alzarmi, sono come pietrificata.
 
“Ciao Claire.”
“Sonya…” Tiro un sospiro di sollievo, ma la mia tranquillità dura poco.
“Come sei entrata?”
“Oh ho una copia delle chiavi…”
Non capisco, non ho dato una copia a Sonya, l’ho data a papà quando era vivo.
“So cosa stai pensando, è quello che pensava anche Jordan, e in effetti questo corpo può fuorviare ma sono io… Ragnetto…”
Sento una forte fitta allo stomaco, solo papà mi chiamava così.
 
“Allora dimmi, te la godi la mia eredità? A chi avete fatto sabotare la macchina? A Jordan? Magari a Trevor? Oppure l’hai fatto tu ragnetto?”
Quel tono, quel modo di parlare…
 
“Papà io…”
“Oh non preoccuparti, ti risparmierò la fatica di mentire, di fingere che ti senti in colpa…”
“No non capisci, noi non volevamo uccidere te, noi volevamo aiutarti, di solito quella macchina la prendeva sempre Sonya, tu non avresti dovuto… Oh mio Dio.” Mi copro il volto, le lacrime mi pervadono.
 
 
“Non importa, tanto niente di tutto ciò uscirà di qui.” Sonya estrae un coltello e si avvicina a me.
Tremo, provo a scappare, ma la sento bloccarmi a terra, è troppo forte!
I suoi occhi… Sono neri…
 
“Papà… Ti prego…” Riesco a dire, mentre la mano di Sonya mi si stringe alla gola.
“Tuo padre ti sta aspettando con Jordan, e tra poco anche Trevor sarà con voi…”
 
 
 
(Bed & Breakfast Hinesville Virginia 13 Novembre 1996)
 
“È l’edizione di oggi?” Chiede Dylan sbadigliando dopo essersi alzato dal divano letto.
“Sì, e Dean?”
“Oh be, ieri era alquanto coinvolto, ce l’aveva con me perché ha perso la scommessa e così ha bevuto più di quanto doveva e…”
 
“Dylan, dobbiamo andare.”
“Ma perché che succede?”
“Indovina di chi hanno trovato il corpo i poliziotti, con la gola aperta come una zip.”
 
Dylan era stato zitto tutto il tempo, parlò solo nel viaggio di ritorno.
“Io non capisco, Sam, lo hai detto tu di aver dato alle fiamme la salma di Michael Crane, con sale e tutto. Magari l’omicidio è avvenuto prima del tuo intervento.”
“No, lo escludo, io ho dato fuoco al corpo che saranno state le 22:00, mi sono informato l’omicidio è avvenuto nella prima mattina di questo giorno.”
“Non capisco, forse c’era qualche oggetto a cui era molto legato.”
“Mi sono informato bene Dylan, non c’era altro da bruciare…”
“E allora che diavolo è successo? Se non abbiamo a che fare con la spettro di Crane con cosa?”
“Non lo so… Ma credo sia ora di parlare con la vedova del vecchio.” Asserisco io, con sguardo fisso sulla strada.
“Mi sono informato su quanto gli è accaduto, nella famiglia c’erano problemi per la spartizione dell’eredità dopo che il signor Crane si era risposato, insomma prima che potesse scrivere il testamento con le modifiche fece un incidente con la macchina e morì, la polizia affermò che si trattò di un guasto, ma in molti sostengono che sia stata sabotata, in realtà anche questa ipotesi era stata presa in considerazione ma non si è riusciti a risalire a nessuno.”
“Io non ci capisco niente, mi serve un aspirina.” Asserisce Dylan tenendosi la testa.
 
(Casa di Sonya Crane 13 Novembre 1996 11:43)
 
“Cosa volete?”
“Scusi signora… Sono James Nolan, FBI lui è il mio collega Bill Harvey dovremmo parlare di quanto è successo a suo marito.”
 
Sono riuscito ad impiegare in qualche modo l’unica identità che Dean è riuscito a creare per Dylan ed ha funzionato.
 
“Voi dite che non si è trattato di un incedente?” Chiede lei con stupore.
“Noi riteniamo che l’auto possa essere stata manomessa, ma ci dica, c’era qualcuno che poteva avercela a tal punto con suo marito?”
 
“Be, mio marito aveva avuto problemi con i suoi figli, per la questione dell’eredità, ma non riesco a pensare che possano aver fatto qualcosa loro.” Sembra sincera, ma non credo che stia convincendo Dylan, il quale chiede nuovamente se può andare in bagno.
 
Ora siamo soli.
“Signora lei ha sentito cos’è successo ai due dei figli di Michael, vero?” Continuo io, protendendomi in avanti.
“Sì, una vera tragedia.”
“Mi dica, perché loro litigavano per l’eredità?”
“Be, quando io e Michael ci siamo sposati loro, non l’hanno presa molto bene, non mi hanno mai sopportata, e quando dopo Michael disse loro che avrebbe disposto per una diversa spartizione dell’eredità dato che c’ero anch’io, loro erano furibondi, tutti e tre, Michael morì prima di modificare il testamento e così ora rimane tutto ai figli.”
“E qualora essi dovessero morire resterebbe tutto a lei?” Chiedo, sorridendo un poco.
Lei fa una faccia indispettita: “non mi piacciono queste insinuazioni. Se sospettate di me vi pregherei di dirmelo.”
“Posso confessarle che al momento non so cosa pensare.” Rispondo io, sviando le accuse.
“La polizia ci ha già pensato e non hanno trovato alcuna prova, perciò se volete prendervela con me vi preannuncio un fallimento.” Dice lei sorridendo sorseggiando dell’altro tè.
 
 
“Allora hai trovato qualcosa?”
“Niente, niente ectoplasma, niente di niente, credo a questo punto che non ci troviamo di fronte ad uno spettro.” Dylan sembra preoccupato, non lo da a vedere, o meglio, cerca di non darlo vedere ma io me ne accorgo.
 
“Credi che sia lei?” Chiede poi.
“Non lo so, ma una cosa è certa, dovremo tener d’occhio la residenza di Trevor Crane.”
 
 
“Finalmente sei sveglio.” Dico a Dean mentre lo vedo uscire dalla camera da letto tenendosi la testa e sbadigliando.
“Dove siete stati?” Chiede lui.
“È una storia lunga te la spiega Sam, io voglio tornare a casa di Sonya.” Asserisce Dylan, infilandosi il cappotto e prendendo la pistola.
“Aspetta cosa? Perché?” Chiede Dean ancora mezzo assonnato.
“Ho visto qualcosa che mi interessa e voglio osservarlo meglio, starò lì fuori, aspetterò che esca e poi entrerò, se ci sono novità vi chiamo.”
 
 
Ci è voluto parecchio ma alla fine, la signora è uscita di casa, non sono mai stato un asso nello scassinare ma sono riuscito ad entrare lo stesso, nessun’allarme per fortuna.
Quella stanza, quella porta chiusa, devo tornare nel seminterrato, mentre scendo le scale mi volto spesso indietro con il terrore di veder comparire qualcuno, lo so che non fa bene alla mia reputazione ma basta non farlo sapere a nessuno, soprattutto a Dean, e siamo apposto.
 
Mi ci è voluto parecchio anche per aprire quella porta ma alla fine ci sono riuscito… E ora l’ho visto… Quello che temevo…
 
 
“Pronto? Dylan, dimmi… Cosa? Dobbiamo andare immediatamente a casa di Trevor.”
 
(Casa di Trevor Crane 13 Novembre 1996 21:33)
 
“E voi chi siete?”
“Senta lei è in grave pericolo dobbiamo assolutamente entrare…”
“Sparite dalla mia proprietà!” Grida lui prima di chiudere la porta.
“Apra signor Crane! O preferisce fare la fine dei suoi fratelli?” Dice Dean mentre bussa più forte. 
“Andatevene o chiamo la polizia!”
 
“Con quest’idiota non caviamo un ragno dal buco.” Afferma Dean, Dylan annuisce.
“Possiamo provare ad intervenire quando sarà arrivata Sonya.”
“Ragazzi, sapete che il piano b è più complicato, se riusciamo a fermarla qui non ci saranno ulteriori problemi.” Insiste Dylan.
Ci penso per un attimo.
“Proveremo ad entrare quando in casa dormiranno.”
 
(Casa di Trevor Crane 14 Novembre 1996 1:12)
 
“Ragazzi credo che possa essere l’ora.” Afferma Dylan, che è rimasto tutto il tempo a fissare la casa, questo ragazzo non dorme mai.
Dean al contrario si era appisolato e abbiamo dovuto svegliarlo, ma ha recuperato le sue facoltà alquanto in fretta.
 
Riusciamo ad entrare ma poco dopo scatta l’allarme.
“Merda!”
 
“Ancora voi!?”
“Mi ascolti lei è in grave pericolo.” Provo a spiegare, niente da fare.
“Ora chiamo la polizia.”
“Ne ho abbastanza!” Grida Dylan prima di sparare un colpo al telefono facendo sobbalzare Trevor e famiglia, che ora è tutta in piedi sulle scale.
Il giovane inglese si avvicina al padrone di casa con aria minacciosa: “stammi a sentire: stasera o vivi o muori e dipende tutto da noi, se vuoi vivere fai quello che ti dico, guardaci! Se avessimo voluto ucciderti o rapinarti lo avremmo già fatto.”
 
Sentiamo un rumore alla porta, Dean e io puntiamo le pistole in quella direzione. “Forse sprecare un proiettile bagnato di acqua benedetta non è stata un grande idea vostra maestà.” Afferma Dean.
 
“Trevor!” Grida sua moglie.
“Porta i bambini al sicuro!” Risponde lui.
“Almeno una cosa giusta l’hai detta.” Conclude Dylan.
“Ragazzi tenetela impegnata io preparo tutto.” Aggiunge dopo, prima di andarsene insieme ai Crane, al piano di sopra.
 
La cassettiera che avevamo fatto in tempo a mettere d’avanti alla porta prima che scattasse l’allarme, cede ai colpi, e la porta si apre.
Sonya entra con aria tronfia, poi ci vede e il suo sorriso scompare: “Tu!”
Grida a me, prima di scagliarci contro la cassettiera che si infrange dietro di noi.
“Dov’è Trevor?”
Spariamo, lei si ripara, e risponde correndo verso di noi, prende Dean per il collo, sparo e riesco a colpirla, lei lascia cadere Dean e si tiene il punto colpito.
“Acqua benedetta…Non vi servirà a molto.”
 
Ha parecchi coltelli in cintura, ne lancia tre  verso di me, due non mi colpiscono uno sì, al fianco destro.
Sento un dolore terribile e mi sdraio a terra.
Dean spara, Sonya corre al piano di sopra.
“Sammy stai bene?”
“Lascia perdere, prendi lei!”
 
La porta si fonda, non faccio in tempo a voltarmi che vedo un tavolino volarmi addosso e colpirmi.
Rovino a terra, merda! La trappola non è completo!
Sonya lo guarda e sorride, mentre i Crane ci stanno sotto, stringendosi l’uno all’altro.
“Bel tentativo signor Dog. Oh sì, ti ho riconosciuto, purtroppo alquanto tardi, altrimenti ti avrei come minimo chiesto un autografo…” Un colpo di pistola, e Sonya si accascia a terra, dolorante, afferro la mia Wembley Scott e scarico il caricatore su quella stronza, Dean fa lo stesso, lei con le ultime forze prende il giovane Winchester e lo scaraventa contro una libreria.
Poi esce dalla stanza, indebolita dai colpi.
Io sono ancora in piedi.
Le vado dietro, e porto con me il libro degli esorcismi.
 
Casa sua è vicina a quella di Trevor, ad un tiro di pistola, dall’altra parte dell’isolato.
 
La seguo in casa, raggiungiamo entrambi il seminterrato, lei mi colpisce tenendomi lontano, prende il libro che sta aperto sul bancone insieme a tutti quegli infusi e amuleti.
Pronuncia delle parole, con un coltello si applica un taglio sul braccio, inserisce il suo sangue in un calice d’oro, e beve, solo dopo aver aggiunto alcuni infusi.
Grida, si agita, ma poi la sento respirare con più vigore, le ferite si rimarginano e lei sorride, si volta verso di me fa per uscire ma non riesce, il suo sguardo è sconvolto.
 
“Guardalo e piangi.” Dico io mentre con il dito indico il soffitto sopra di lei, dove sta disegnato un pentacolo fatto a regola d’arte aggiungerei.
“No!” Grida lei.
 
“Allora Sonya, devi scusarmi ma essendo un ex sbirro questi sono i momenti che preferisco, ci hai dato un bel po’ da fare con quella storia dello spettro.”
“Dylan, ascoltami, liberami facciamo un patto.”
“No, non sono qui per fare patti…”
“Ma so che c’è qualcosa che vuoi… Vuoi ricordare non è vero? Lo vuoi da quando hai sentito nominare Winchester e ti è tornato in mente John, ma purtroppo ancora non ricordi il resto, quello che ti può aiutare a scoprire la verità dietro i furti…”
“Tu menti! Vuoi solo essere liberata… In realtà non sai niente.”
“È quello che vuoi credere Dylan… Ma ti inganni… E lo sai.”
“Regna terrae cantate Deo…
Psallite Domino
Qui fertis super caelum
Caeli ad orientem”
“È da quanto sei tornato che cerchi di trovare una risposta Dylan… Potresti salvarti, potresti salvare tutti loro…”
“Ecce dabit voci Suae
Vocem virtutis…”
“Io posso farti conoscere la verità, la verità che tu e John stavate cercando, tu l’hai trovata Dylan, ma quell’incidente ti ha fatto perdere la memoria, io posso ridonartela!”
“Tribute virtutem Deo!”
 
 
 
Lo vediamo adesso uscire dalla casa, sembra a pezzi, sconvolto.
“Dylan che succede? Allora ha funzionato?”
Lui annuisce senza dire altro, sembra veramente uno straccio.
“E Sonya?” Chiede Dean.
Io mi tengo la ferita al fianco, accomodata in qualche modo, per fortuna non è grave, è solo di striscio.
“Il demone l’ha uccisa, uscendo si è vendicato.”
“Mi dovrai spiegare come sei riuscito ad intrappolarlo.” Dice Dean felicitandosi con il nostro nuovo amico, che sembra veramente a pezzi.
 
 
“Quindi l’ectoplasma lo aveva messo per sviare?”
“Sì, aveva preso in considerazione che qualcuno potesse vederci altro, ne sapeva di quelli come noi, mi ha persino riconosciuto, e quindi voleva far credere che fosse colpa del vecchio Crane, che si volesse vendicare contro i suoi figli.”
“I quali come ha spiegato a me e Sam, Trevor, avevano manomesso la macchina per uccidere Sonya, e non il padre, dato che sapevano che lui avrebbe dato una fetta più grande della torta alla nuova mogliettina… Una famiglia felice insomma…”
“Già, Sonya si era accordata con un demone, anzi lo aveva ricattato in modo da ottenere alcuni dei suoi poteri tramite complicati rituali che però andavano rinnovati, per questa non poteva uccidere in serie in figli di Michael.”
 
Senza chiacchierare i viaggi in auto, sarebbero noiosi, e Dylan sembra essersi ripreso, un pochino.
 
“Allora quando sono tornato a casa di Sonya ho disegnato la trappola, speravo che ci finisse la sera stessa ma a quanto pare aveva già il potere che le serviva, ci bastava solo indebolirla perché tornasse a ricaricarsi quella sera in cui poteva, e il gioco era fatto.”
 
“Quando hai detto che avevi preparato una trappola non capivo proprio come potessi aver fatto, ma sei stato fondamentale Dylan.” Dean sorride, sembra soddisfatto, e lo credo bene.
 
“Be ti ho battuto ancora Winchester.”
“E in cos’altro mi avresti battuto scusa?”
“In quella scommessa al bar.”
“No non esiste, non mi hai battuto, Sam ti ha detto che mi ha battuto? Se sì, sono tutte balle, fidati di me.”
“Non so nemmeno di che scommessa parlate.”
“Quanto riuscivamo a rimorchiare.” Risponde Dylan sogghignando, io alzo lo sguardo e scuoto la testa.
“Quella della tequila non contava.” Dice Dean.
“Contava eccome, sono andato io da lei, non era già lì e soprattutto era sobrissima.”
 
“Non era sobria neanche un po’ nessuna ragazza sobria ti darebbe corda.” Mio fratello scuote la testa e accende la radio, facendo partire la cassetta, è solo quando si accorge che quella non è la sua musica, che aggrotta le sopracciglia e colpisce il volante.
“Che diavolo, Dylan!”
Il nostro amico Inglese ride seduto dietro, mentre Fear of the Dark riempie la macchina e il nostro viaggio.
 
 
 
 
Il ragazzo si sentì soddisfatto quando vide quel senzatetto dormire sulla panchina, vi si sedette e lo svegliò.
“Ma cosa c’è? Gli sbirri?” Chiese questi sgranando gli occhi.
“No…” Rispose il ragazzo, poi estrasse un coltello e recise la gola al vecchio che soffocava nel suo sangue, cadendo a terra.
Il ragazzo estrasse una coppa dallo zaino, con essa raccolse il sangue del senzatetto che fiottava dal taglio.
 
Il sangue si mise a girare nella coppa e il ragazzo vi guardò dentro e sorrise: “nuove notizie, ultima ora… Dylan Dog è ancora in America, e viaggia in buona compagnia… I fratelli Winchester…”
“Gli ordini restano gli stessi?” Attese qualche secondo, poi annuì.
“Sarà fatto.”
 
 
 
 
 
Uh, salve amici lettori, mi vedete coinvolto, in effetti ho trovato una grande ispirazione, eccovi il nuovo capitolo, vi voglio sentire, abbiamo parecchia strada da fare, ma magari con i tre protagonisti a bordo di una Chevrolet Impala del ’67 la strada ce la si gode…

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Oltre quel ponte ***


(Leidy Pennysilvania  1 Dicembre 1996)
 
“Perché ci siamo fermati qui? Qui non viene mai nessuno.”
 
“Appunto, è intimo, possiamo fare tutto il rumore che vogliamo.” Risposta ammiccante.
 
Mentre lui si fa già avanti, lei cerca di allontanarlo per un po’, non le piace il posto, la inquieta alquanto.
 
“Qui non mi piace, andiamo da un’altra parte.”
 
“Devi sempre lamentarti…”
 
“Cos’è questo rumore?”
 
“Non c’è niente la fuori ora basta.”
 
“No, sembrava, il verso di un cavallo.”
 
Entrambi tacquero, lui allora decise di scendere per dimostrare a lei, che non c’era assolutamente niente la fuori, lei quasi non ci credeva, le sembrava di vivere una di quelle classiche scene da film horror…
 
Michael si era allontanato bene, e da un po’ di tempo, mentre Cindy era rimasta in macchina, le era venuto più volte il pensiero di andarsene, ma non voleva abbandonare Michael, così decise di scendere a sua volta.
“Michael, mi hai convinto, non c’è niente… Ora però torna in macchina…” La voce di Cindy era strozzata dal terrore, c’era qualcosa nella foresta…
Qualcosa di malvagio…
 
La ragazza fu pervasa dal terrore, e non resistette, si voltò decisa a tornare in macchina e ad andarsene.
Sentì nuovamente il cavallo nitrire, si voltò e vide qualcosa che volava alto, in realtà non volava stava cadendo, e cadde proprio sul cofano della macchina.
Una testa… Una testa che lei conosceva…
 
Cindy sentì lo stomaco contorcersi, non riuscì nemmeno a gridare, sentì un cavallo correre verso di lei.
Allora corse verso la macchina, si era allontanata tanto, troppo…
 
Chiunque fosse dietro di lei, l’avrebbe raggiunta, ma l’inconsapevolezza di non sapere, chi la stesse inseguendo la rendeva ancora più agitata, così mentre i passi del cavallo si facevano ormai in sua prossimità, si voltò e lo vide…
 
Un uomo correva a cavallo, aveva una spada nella mano destra, una fiaccola in quella sinistra, il cavallo nero come la notte, e dagli occhi rossi, l’uomo sembrava vestito come un soldato, la cui divisa però era stata sbrindellata, sporcata.
 
L’uomo era… Senza testa…
 
No, non era vero, non poteva essere vero, era solo la paura che faceva vedere certe cose.
Che fosse così o meno, Cindy non arrivò in tempo alla macchina che anche la sua testa si unì, alla collezione, appesa alla cintura del cavaliere…
 
Una lunga risata terrificante riempì l’aria notturna…
 
 
 
Gli altri due non sono convinti lo so, ma io sento che dobbiamo andarci, Dean guida, e Dylan sta leggendo il diario di papà, da quando abbiamo lasciato l’ultimo lavoro, Dylan è sempre più ossessionato da papà, si vede, non ha parlato molto e ha solo cercato informazioni, non so cosa speri di trovare in quel diario, ma lo lascio fare.
 
The Ghost of the Navigator riempie la macchina, Dean si è fatto andar bene la musica del nostro nuovo socio, penso gli sia sempre piaciuta, ma non l’abbia mai voluto dire per questione di principio, infatti non lo dice neanche adesso.
 
“Stiamo perdendo tempo Sam, e non te lo ripeterò più.”
 
“Per quanto mi scocci ora devo dare ragione Buffy.”
 
“Grazie Dean, da quanto non succedeva?”
 
“Sentite io ho come una sensazione.” Provo a farli ragionare, ma Dylan è inamovibile.
 
“Sam, è semplicemente uno che taglia teste, fine, hai idea di quanti ce ne sono?”
“Uno che taglia teste solo di notte? Solo in una zona della città?”
 
“Sì, può essere un fanatico, qualcuno con scadenze e regole precise, ci sono anche quelli.” Ora ci si mette pure Dean.
 
“Mi spiegate che senso ha che qualcuno che ha ucciso così tanta gente resti nello stesso posto, che la polizia non l’abbia ancora preso? E non stiamo parlando di una metropoli, ma di un paesino.”
 
Ora stanno zitti, e ci credo.
 
“C’è qualcosa di strano e noi dobbiamo indagare, se poi non è niente, benissimo, ce ne andiamo. Ma io voglio controllare.” E ora non voglio sentire questioni.
 
“D’accordo Sammy, allora prepara quel tuo brillante cervello per cercare tracce di soprannaturale, perché siamo arrivati.”
 
(Leidy Pennysilvania camera 16 di un Motel sulla strada 13 Dicembre 1996)
 
 
“Quello che dobbiamo fare è entrare nella foresta, con l’EFM così capiamo se veramente c’è qualcosa.”
 
“Sam, stai parlando di controllare un’intera foresta.”

“Dylan, se ne negli ultimi giorni la creatura è stata attiva le tracce saranno più evidenti, ci sparpaglieremo, siamo in tre.”
“Comunque sia bisogna entrarci, prima, nella foresta.” Asserisce Dean, con un giornale in mano.
 
“Che vuoi dire?” Chiedo io.
 
“Vuol dire che dati tutti questi omicidi la polizia ha posto un blocco al ponte, che collega il paese con la foresta, vista la presenza del fiume, quindi bisognerà essere le persone giuste.”
 
 
“Sono l’agente Simmons, FBI, loro sono i miei colleghi, l’agente Clarence e l’agente Dovgalevsky. Siamo qui per controllare l’aerea.”
 
Lo sceriffo non sembra molto convinto, anche se ha controllato i distintivi.
 
“Perché i federali? Cosa c’è sotto?”
 
Dean sorride, con disinvoltura, è così a suo agio quanto racconta balle.
 
“Detto fra noi sceriffo qui è possibile che ci troviamo di fronte a un caso veramente delicato, e quindi siamo stati mandati noi, come avanguardia per accertarsi che la polizia locale non stia con le mani in mano.” Mio fratello sorride beffardo, mentre io e Dylan cerchiamo di mantenerci seri.
 
Lo sceriffo ci fa passare.
 
“Ora puoi dirmi perché io ho un cognome polacco?”
 
“Perché sei quello con la faccia più da polacco dei tre.”
 
“Non sarebbe stato meglio che le scegliessi io le mie identità?”
 
“No, è più divertente darti i nomi che voglio, e ora fai il tuo lavoro, agente Dovgalevsky.” Dean sorride, mentre Dylan prende un’altra strada.
 
Ci dividiamo, così da coprire più aree.
 
(Sam)
Corpi senza testa… Corpi senza testa…
 
E le teste non vengono mai ritrovate, questo significa che vengono portate da qualche parte, non so come se la stiano cavando gli altri ma io non trovo niente, questa zona non sembra interessata dall’attività soprannaturale.
 
(Dylan)
Concentrati Dylan… Concentrati, ora hai un lavoro da fare, certo che questi rilevatori d’attività soprannaturale sono incredibili, e io che mi affido sempre all’istinto, sia chiaro che non venderei mai il mio istinto per roba tecnologica ma sono comodi, non c’è che dire.
Mi fido di Sam, se dice che qui può esserci qualcosa, allora è possibile, è solo che ancora non trovo niente, ma sì, del resto cosa spero di trovare? Un cartello con sopra scritto: tana del fantasma assassino.
 
(Dean)
Fortuna che lo sceriffo ha avvisato i suoi uomini, altrimenti dovrei star qua a far vedere il distintivo a tutti.
Ancora niente, non lo so, io continuo a pensare che non ci sia niente di strano qui, semplicemente questi sbirri sono incompetenti.
Un momento… Capto qualcosa, seguo la traccia… E ora cosa troverò?
Non mi faccio altre domande e seguo, sto entrando in una zona di foresta alquanto stretta…
 
Un odore acre mi pervade, odore di putrefazione…
 
L’erba attorno è sempre più scura, man mano che mi avvicino ad un albero, ora l’indicatore sta quasi per scoppiare, mi avvicino…
 
L’albero sembra secco, vivo, ma dall’aspetto morto, c’è un tanfo immane, probabilmente emanato dalle teste che stanno appese ai rami…
 
 
 
 
“Nei casi di assassini in questo paese, non c’è nessuno che tagliasse la testa alle vittime, quindi non stiamo cercando un fantasma.”
 
“Escludo che stiamo cercando qualcosa di corporeo, insomma, ci sarebbero tracce no, solo i fantasmi non ne lasciano.” Insiste Dylan.
 
Dean cammina avanti e indietro nervosamente.
“Quello che a me preoccupa è che ora che hanno scoperto quell’albero ci saranno il doppio degli sbirri.”
 
“E che t’importa mica ce lo fregano il bastardo.” Risponde Dylan, che sta leggendo una rivista.
 
Io e Dean ci guardiamo, Dylan ancora non sa che siamo ricercati come animali braccati, comunque ora non è il momento per parlarne.
“Sentite qui nella cronaca locale non vedo niente, dovrei andare in biblioteca consultare qualche registro più antico.”
 
“Nel frattempo io e Dylan prepariamo le armi.”
 
Annuisco, mentre Dean da un’amichevole pacca sulla spalla a Dylan, che non sembra gradire.
 
“Non mi piace quando se ne sta fuori per tanto tempo.”
“Sei apprensivo Dean, è toccante.”
“Se avessi un fratello minore lo sapresti.”
Lo guardo come per rimproverarlo, non voglio che mi prenda per un insensibile, anche se forse… Sotto sotto, lo sono.
“Dylan, dimmi una cosa: là in Inghilterra esiste qualcuno che come qua, da la caccia a questi figli di puttana?”
Io resto un attimo con lo sguardo basso, mentre diversi racconti e ricordi mi vengono alla mente.
“Una volta ce n’erano tanti…” Dico senza aggiungere altro mentre provo a recuperare la mia mente, persa in lugubri racconti di ricordi e ricordi di racconti, sconfitte… Morte…
“E ora?” Insiste Dean.
“Ora signor Winchester gradirei non essere assillato.”
 
Dean fa una smorfia e torna ad occuparsi delle armi, mentre io… Io ormai sono naufragato nella mia stessa mente.
 
(Biblioteca di Leidy Pennysilvania)
 
 
“Sto cercando qualcosa che parli della città, sa: miti, leggende, storie…”
 
“Ah, ho capito, lei è un altro di quei fanatici della leggenda del cavaliere…” Dice il vecchio bibliotecario mentre mi accompagna negli archivi, cercando tra i registri.
 
“La leggenda del cavaliere?”
“Sì, il cavaliere senza testa, che vaga per la foresta in cerca di teste da mettersi sulle spalle.”
 
“No, non ne avevo mai sentito.”
 
“Ah, in questi giorni non si parla d’altro, capirà, con quello che sta succedendo.” Detto questo mi porge uno di quei libri, la pagina racconta proprio di quella storia, con tanto di illustrazione del cavaliere…
 
“Secondo la leggenda, il cavaliere cerca una testa, vaga per il bosco e taglia la testa di quelli che trova, poi se le porta attaccate alla cintura fino all’alba dove sembra che le tenga tutte insieme da qualche parte.”
“Ma il cavaliere è esisto davvero?” Chiedo io, sempre più coinvolto.
 
“Be, la leggenda dice che si tratta di un cavaliere inglese, morto durante la guerra di indipendenza, puoi immaginare come, essendo che gli hanno tagliato la testa lui è rimasto per punire chiunque attraversi il suo dominio, e possieda la cosa che lui non ha…”
 
“E ora questo cavaliere dove è sepolto?”
 
“Mi prendi in giro ragazzo? Questa è solo una storia, una storia che era stata dimenticata, come la foresta, qualche bastardo pochi anni fa ha cominciato a tagliare teste, poi lo hanno preso, ma la foresta ha riacquistato interesse, e così ora la gente ci torna, ma non esiste nessun cavaliere, e anche se fosse esistito non c’è una tomba, e anche se ci fosse a quest’ora la salma sarebbe polvere.”
 
 
 
“È con questo che abbiamo a che fare.” Asserisco indicando l’illustrazione che ho fotocopiato in biblioteca.
 
“Il cavaliere senza testa? Come quello della leggenda di Sleepy Hallow?” Chiede Dean, cominciando a canticchiare il motivetto della canzone del film, quella dove raccontavano la storia del cavaliere.
 
“Be, tutte le storie si basano su un fondo di verità.” Continuo io.
 
“Ne sei sicuro?” Chiede Dylan. 
 
“Certo, il cavaliere ha questo modus operandi, taglia teste e non lascia la foresta, non può andare oltre il ponte, d’altronde la foresta è il luogo in cui è morto.”
 
“D’accordo ma come lo fermiamo? Stiamo parlando di un uomo morto da trecento anni, dove lo troviamo un corpo da dare alle fiamme?” Chiede Dean, al limite del preoccupato.
 
“Forse deve risolvere un caso in sospeso, magari trovare la sua testa è il suo caso.” Interviene Dylan.
 
“La testa sarà polvere, chissà dove.” Replica Dean, e ha ragione…
 
“Forse l’albero.”
 
“Ragazzi, l’albero, se lui ci porta tutte le teste, forse lì sotto è sepolto il suo corpo, magari non possiamo bruciare il corpo ma possiamo bruciare l’albero!” Asserisco, gli altri confermano, potrebbe essere la soluzione, bene, prepariamoci a partire.
 
 
 
 
(Foresta di Leidy Pennysilvania 13 Dicembre 1996 ore 22:46)
 
Ora la sorveglianza è aumentata, o il cavaliere non esce, o se esce fa una strage, non penso che voglia lasciare testimoni, e gli sbirri sono praticamente ovunque.
 
Io e Dean siamo pronti con tutto, mentre Dylan si è allontanato, e ha sparato dei colpi in aria per attirare le guardie lontano dall’albero.
Spargiamo il sale e la benzina, e ora fuoco alle polveri…
 
L’albero prende fuoco non troppo facilmente, ma ora sta bruciando del tutto.
È fatta, penso…
 
Sento dei rumori…
 
Da dove i poliziotti si sono allontanati, spari… Grida… Il rumore della corsa di un cavallo…
 
“Sam… Ha funzionato?”
 
Rimango a fissare quel punto, ed estraggo la pistola…
 
I poliziotti corrono verso di noi, senza posa, visibilmente terrorizzati…
 
“No…” Rispondo io.
 
Una risata demoniaca squarcia l’aria, mentre il cavaliere alza la spada e taglia la testa ad uno degli agenti.
 
Poi corre verso di noi, Dean si sposta dietro l’albero, io mi scanso dalla corsa del cavallo, entrambi spariamo e lo colpiamo, è svanito… Tornerà…
 
“Senta deve assolutamente raggiungere il ponte, e andarsene da qui.” Ordino al poliziotto sopravvissuto.
 
“Non risponde nessuno,” Dice lui, indicando la trasmittente.
 
“No, e non risponderà nessuno, deve andare via, o morirà anche lei.”
 
“Ma che diavolo era quello, e chi siete voi!?”
 
“Sam, portalo fuori dalla foresta, io vado a cercare Dylan.”
 
“Dean, non ti lascio solo.”
“Muoviti questo è un ordine, agente Clarence!”
Riluttante mi allontano.
 
 
“Dylan! Dylan! Dove sei!?” Mi guardo attorno, e provo ad aguzzare la vista, un improvvisa paura mi assale.
 
“Dylan!”
 
“Sono qui…”
Mi calmo, una sensazione di sollievo come ne ho provate poche.
 
Dylan, compare da dietro un albero, attorno a lui, solo corpi decapitati. “Qualcosa è andato storto eh… Dov’è Sam?” Mi chiede.
Io non rispondo subito, mi prendo qualche secondo per abbracciarlo, temevo proprio che non l’avrei più rivisto…
Lui ricambia, ma alquanto riluttante, si ha ragione, sto esagerando, ma che mi prende?
 
“Ora andiamo noi, lui è già andato.”
 
 
 
(Motel ore 8:21 14 Dicembre)
 
“Cosa è successo!?”
“Dean calmati…”
“No, non esiste… Sam, abbiamo rischiato di morire ieri notte, vorrei sapere perché.”
“E io anche.” Interviene Dylan.
 
“Non lo so… Probabilmente il corpo non era lì, oppure non abbiamo bruciato bene l’albero.”
 
“Fantastico, hai idea che con la strage di ieri arriveranno davvero i federali? E noi che cosa possiamo fare?”
 
“Ragazzi, è vero che con troppi sbirri non si lavora bene, ma parlate dei federali come se vi stessero dando la caccia.” Puntualizza Dylan, mentre guarda di nuovo l’immagine del cavaliere.
 
Io e Dean, ci guardiamo di nuovo.
 
È il momento di dirglielo, penso… Dean sembra capire ed essere d’accordo con me.
 
“Dylan, devi sapere che…”
“Ragazzi!”
Il cacciatore inglese sembra aver avuto una rivelazione.
 
“Cosa abbiamo visto entrando nel paese quando siamo arrivati?” Chiede, coinvolgendoci.
“Lo strip club?” Chiede Dean sogghignando, Dylan alza gli occhi. “Il museo di storia.” Rispondo io, che comincio già a capire.
 
“Cosa si custodisce nei musei di storia?”
“Cimeli, divise… Armi…”
 
“Esatto! Il cavaliere senza testa non ha un corpo, ha legato la sua anima a un’oggetto, un oggetto che è parte di lui, che non è stato seppellito insieme a lui.”
 
“La spada…” Intuisco io.
 
“La spada.” Conferma Dylan. “Quindi non ci resta altro che andare al museo, prendere la spada, darle fuoco e…” Dylan schiocca le dita, “il gioco è fatto.”
 
 
 
(Lidey Pennysilvania 14 Dicembre 1996 ore 23:13)
 
“D’accordo ragazzi, ci penso io a recuperare la spada, voi fate i pali.” Ordina Dylan, mentre lascia me e Sam soli all’entrata.
 
Qui sembra tutto così tranquillo, è troppo tranquillo in effetti…
 
L’allarme è già scattato ma non ci sono poliziotti in giro, spero che Dylan si sbrighi perché i federali erano in zona già prima, se ora vengono a sapere chi siamo, siamo fottuti.
Il telefono squilla, ho un de ja vu, Sam mi guarda con la solita faccia preoccupata, ho già capito che dovrò rispondere io, così mi avvicino all’apparecchio.
 
“Sì?”
“Buonasera Dean, ma guarda, chi non muore si rivede.”
Sam mi guarda dubbioso, penso che qualche idea se la sia già fatta.
“Sono l’agente Henrickson, ti ricordi Millwaukee?”
Non rispondo, sto cercando di concentrarmi sul da farsi, merda! Ancora questi sbirri.
 
“Ascolta, ho saputo che siete in tre adesso, cos’è un altro ostaggio o avete allargato la famiglia? Qui uno dei poliziotti dite che lo avete salvato da un fantasma, non so cosa gli avete fatto ma state giocando con il fuoco ragazzi…”
 
Dylan è arrivato e tiene la spada: “eccola ragazzi, forza bruciamola.”
“Lei sta giocando con il fuoco agente.” Dico, prima di riattaccare.
 
“Ascolta Dylan, dobbiamo fare una cosa, devi fidarti di me.”
Lui arretra: “aspetta, aspetta, ma di che parli? Usciamo no?”
“Ci sono i poliziotti fuori, e sono tanti, ci sono i federali con le camionette e i cecchini.”
 
“Cosa, cosa? Cecchini, ma di che diavolo parlate è un’effrazione in un museo non siamo entrati a Fort Knox.”
 
Ora interviene Sam: “ascolta Dylan, ti spiegheremo tutto ma ora devi fidarti di noi.”
 
 
 
 
“Non vi avvicinate! Giuro che se vi avvicinate gli faccio esplodere il cervello!” Dean si fa strada verso la macchina, con Dylan davanti come scudo umano, mentre lo tiene con un braccio attorno al collo, e con l’altra mano gli punta la pistola alla testa.
 
“Ora se volete riavere l’ostaggio dovete seguirci nella foresta.” Detto questo entriamo in macchina e ci dirigiamo verso il ponte, con tutte le volanti e le camionette dietro.
 
“Così visto contro cosa combattiamo magari capiranno e ci lasceranno stare.” Continuo, mentre guido.
 
“No, no, potevate anche non dirmi che avevate mezzo esercito americano alle costole, così ora sono nel mirino anch’io!”
“Dylan, ascolta, non sanno chi sei, non sei nel mirino.” Prova a rassicurarlo Dean.
“Ascolta Dylan, noi volevamo dirtelo ma non abbiamo mai trovato il momento giusto, le parole giuste…” Provo io, ma lui mi interrompe.
“Le parole giuste? Magari: ehi Dylan, lo sai che siamo dei ricercati e che venendo con noi ti disegni un grosso bersaglio sulla schiena!?”
 
“Ehi, non ti abbiamo obbligato noi a venire!” Ribatte Dean, d’accordo ora la situazione ci sta sfuggendo di mano.
“Ragazzi basta, ricordate che il cavaliere è ancora la fuori, dobbiamo pensare a quello.” Li metto in riga io, ecco, siamo arrivati.
 
 
Siamo in prossimità dell’albero delle teste, Dean pianta la spada nel terreno e la cosparge di sale e benzina, mentre Dylan fa la guardia.
“Dylan, non ti devi preoccupare, chiaro? Una volta che gli sbirri avranno visto il fantasma noi saremo liberi.” Insiste Dean, ma il cacciatore inglese non sembra molto convinto.
 
 
 
Cominciamo a sentire degli spari, e il rumore di un cavallo al galoppo, la risata del cavaliere…
 
“Dean! Se il cavaliere uccide tutti i poliziotti, noi a chi lo faremo vedere!?” Grido io.
 
“D’accordo dobbiamo aiutarli, dobbiamo guidarli qui. Dylan resta di guardia! Io e Sam torniamo subito!”
 
 
Seguiamo i rumori dello scontro, chissà cosa staranno pensando i nostri inseguitori.
Ne vediamo alcuni, sono terrorizzati al punto da non spararci. Cerchiamo di guidarli all’albero.
 
“Sam, dietro di te!” Grida Dean.
Mi volto, il cavaliere sta venendo verso di me, tiene alta la sua spada, e la sua torcia, alla cintura ha ben cinque teste.
Prendo la mira e sparo, lo manco, allora mi butto di lato ma lui taglia la testa al poliziotto che avevo vicino.
Dean spara e non sbaglia.
“Dobbiamo muoverci! Dov’è l’agente Henrickson?” Chiedo io al poliziotto vicino a me, mentre Sam si rialza.
“È rimasto fuori dalla foresta…”
Strappo la radiolina al tizio, “devo parlare con l’agente Henrickson, chi è rimasto fuori? Fatemi parlare con lui, ditegli che sono Dean.”
 
Dopo poco, la risposta.
“Dean, che diavolo sta succedendo, abbiamo perso il contatto con quasi tutti gli agenti, non so come fai ma ho il sospetto che quell’altro fosse un tuo complice, come cazzo avete fatto, siete soli in tre!”
 
“Stammi a sentire una volta per tutte, testa di cazzo, io non ho ucciso nessuno, se porti il tuo culo qui puoi vedere con i tuoi occhi cosa ha ucciso i tuoi uomini, ed è la stessa cosa che cerchiamo di fermare, e lascia stare il nostro terzo amico, lui non c’entra, muovi le chiappe e vieni qui.”
 
 
Mi hanno mentito… Ma se credono che li seguirò senza batter ciglio dopo stanotte, si sbagliano di grosso, ho troppe cose a cui pensare, e loro mi distraggono, mi intralciano.
Sento dei passi, mi armo. Si avvicina qualcuno.
 
“Fermo, non sparare!” Grida Dean. Abbasso l’arma.
“In questo momento è proprio quello che farei.”
“Lo so, ma non abbiam ancora finito.”
“Dov’è Sam?”
“Sta portando qui uno degli agenti, siamo riusciti a recuperare solo questo.” Dice indicando il poliziotto che è con lui.
 
“Il fantasma?”
“Qui non si è visto.”
“Dylan, mi dispiace…” Afferma Dean, sembra sincero, ma non mi interessa, ormai il danno lo ha fatto.
“Ti dispiace…”
“Credimi, avremmo dovuto dirtelo, ma…”
“Dean, puoi dire qualsiasi cosa non cambierà come mi sento, ora restiamo concentrati.”
So che il giovane Winchester è sincero ma non riesco a perdonargli questo, è possibile che i poliziotti ora abbiano già aggiunto anche me alla lista dei condannati, e tutto perché i miei due soci si vergognavano ad ammettere di essere ricercati.
Se devo essere sincero non so come avrei reagito se me lo avessero detto prima ma ora non siamo in quella situazione.
 
Sam arriva, è accompagnato da un agente.
 
“Che diavolo è successo!? Siete stati voi!?”
“Apra gli occhi agente, abbiamo armi da taglio con noi!?” Grida Dean, “se magari rimane qua le possiamo far vedere chi è stato e dimostrarle che noi siamo innocenti.”
 
“Potete anche non aver ucciso questi uomini, del resto stavamo cercando un serial killer nella foresta, ma ciò  non toglie gli altri crimini…”
Sam ora si avvicina a noi, mentre l’agente Henrickson resta dov’è, la pistola in mano.
 
“D’accordo, mi ascolti…” Inizia Dean, non finisce di parlare che l’agente, gli spara colpendolo in pieno in testa…
 
Prima che Dean inizi a parlare sparo e colpisco il poliziotto alla gamba.
“Ma che fai?”
“L’ho fermato, prima che ti uccidesse.”
“Lui mi aveva ucciso? Bastardo…”
 
Una risata… La risata…
 
Il cavaliere sta correndo verso l’agente Henrickson, che se né accorto e sembra sconvolto, si trascina, Dylan corre verso di lui, prova ad alzarlo, mentre Dean accende il fiammifero e lo lancia verso la spada.
Il cavaliere stavolta è comparso molto vicino, la spada sta bruciando e lui con essa, ma il braccio che regge la spada è ancora vivo e con un ultimo fendente taglia di netto la testa al nostro inseguitore giustiziere, Dylan ha provato a spostarlo, ma senza successo, e ora è ricoperto del suo sangue.
Il cavaliere si dissolve del tutto, non prima di aver liberato nuovamente la sua risata demoniaca e agghiacciante…
 
 
 
“Sono andati da quella parte, venite con me possiamo prenderli.”
 
Io e i due Winchester ci dirigiamo verso la macchina, ora che il nostro amico sopravvissuto ha allontanato le guardie rimaste.
(Dean)
“Spero che abbia di che ridere all’inferno il cavaliere, adesso…”
 
“Ora abbiamo perso il nostro unico testimone.” Faccio presente io.
“Be, ne abbiamo uno, che ci difenderà ma non credo che in molti gli crederanno.” Afferma Dean.
“Forse sapendo che gli omicidi si sono fermati, non trovando nessun cadavere di presunto serial killer, un paio di domande se le faranno.” Aggiunge Sam.
 
“Non è ancora finita comunque…” Conclude il fratello, che si accinge a salire in macchina.
“Lo è per me…”
 
“Come?”
“Io non posso continuare così ragazzi, non posso, ora che so da cosa scappate.”
Pensavo mi sarebbe stato più facile dire queste cose, ma adesso come adesso, ho come un blocco, e vedere Dean e suo fratello con quella faccia non mi fa bene.
 
“Pensavo fossimo una squadra.” Puntualizza il primo.
“Sì, anch’io ma abbiamo smesso di esserlo quando ho scoperto cosa nascondevate, mi dispiace ragazzi ma io devo lavorare con tranquillità.”
 
“E così ora basta? Tutto finito!?”
“Dean…” Lo rimprovera Sam, “ha ragione, lui non c’entra.”
Dean sembra non volerci credere, e maledetto io e i miei ripensamenti, no Dylan! Queste persone sono pericolose, devi deciderti.
 
“Ragazzi io non posso vivere con un bersaglio in fronte.”
Provo a convincerli, ma soprattutto a convincere me stesso.
 
Mi avvicino a Dean, gli porgo la mano.
“Hai il mio numero, se hai bisogno di qualcosa…”
“No, non possiamo più vederci, e questo è un addio…”
Il fratello maggiore mi guarda, con un’espressione tra il triste, l’arrabbiato e il deluso, infatti non resta lì e torna in macchina, mentre Sam mi raggiunge, facciamo due passi.
 
“Dove pensi di andare ora?”
“Be, ho diverse questioni da risolvere, tra cui sciogliere un dubbio mnemonico, riguarda vostro padre…”
Sam rimane sorpreso, io cerco di mantenermi calmo, non dev’essere facile per lui parlare di John.
“Cosa devi sapere?”
“Non ricordo più la mia esperienza con lui, e sono certo che qualcuno ha voluto cancellarmi la memoria di proposito, evidentemente avevo scoperto qualcosa di pericoloso, ho bisogno di calma per capire e capirai che essere braccati non è la condizione migliore quando si vuole ragionare.”
Sam, mi guarda con empatia, “si capisco.” Mi porge la mano, io la stringo gli auguro buna fortuna e mi raccomando che si prenda cura di suo fratello.
Poi ci voltiamo, ognuno per la sua strada.
 
 
“Tutto ok Dean?”
Lui non risponde, e mette la musica, forse è la mia impressione ma sembra più malinconica di quanto dovrebbe essere.
 
 
La Chevrolet sparisce nelle tenebre mentre io vago per la città, mi rimetterò sulla vecchia pista…
Ho detto a Dean che questo è un addio, ma mentirei se dicessi che non li voglio più rivedere quei due, chissà forse un giorno…
 
Non devo deprimermi, sono solo come ai vecchi tempi, l’indagatore dell’incubo è tornato in pista…
 
 
Salve amici, ecco il nuovo capitolo, fatevi vedere e sentire siete un pubblico bellissimo.
Ps: lo so, lo so, Buffy the Vampire Slayer è uscito nel 1997 e qui siamo nel 1996, ma fate finta che sia uscito quell’anno lì, sennò non quadrava la battuta di Dean, ahahaha.
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Motel California ***


È da quando abbiamo lasciato la Pennysilvania che si comporta così: ci siamo fermati qualche volta, solo per dormire, non abbiamo cercato un nuovo caso, non so nemmeno se lui lo voglia cercare, è assurdo…
 
“Ehi.” Provo ad attirare la sua attenzione ma non c’è niente da fare, sembra completamente perso, alza la musica: Hotel California (Eagles).
“Dean, ti confesso che sono stanco di questo tuo comportamento, vorrei sapere che cosa stai pensando, perché in qualsiasi cosa ti riguardi sono coinvolto anch’io e lo sai benissimo.”  Abbasso la musica, pretendo delle risposte, non mi accontento della sua scena muta, non ho più intenzione di farlo.
“Ma di che stai parlando?” Chiede lui.
Ah, fa pure l’indifferente, a volte quando fa così vorrei prenderlo a schiaffi.
“È da quando abbiamo lasciato la Pennysilvania che non dici una parola, non credere che sia così stupido da non capire il perché, solo voglio che te ne faccia una ragione.”
“Una ragione di che cosa?” Insiste Dean, che cerca di esprimere incredulità, dubbio, nel modo peggiore possibile.
“Sai, ti credevo un bugiardo più bravo.” Commento io, tornando a rivolgere il mio sguardo sulla strada, siamo in una zona abbastanza spoglia, sembra una deviazione dalla strada principale, ma l’illuminazione è poca e in ogni caso sono troppo stanco per capire.
 
“Dove ci dirigiamo?” A questa domanda deve rispondere, non ammetto scuse.
“Ci fermiamo ad un Motel per qualche giorno, non so tu, ma io ho bisogno di una pausa.”
“Wow, un Motel in mezzo al nulla, grandioso.” Rispondo con tono ironico, scuotendo la testa, ma dove accidenti siamo finiti, in Armenia?
“Con le nostre facce è meglio non girare in centri troppo grandi.” Dean sembra piuttosto sicuro di se, io preferisco non replicare, mi fido, una sola cosa non mi torna, e gliela faccio presente mentre mi accoccolo sul sedile di lato, per riposare meglio, ho idea che ci vorrà ancora un po’.
 
“Dove siamo?” Chiedo, mentre chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dalla turbolenza del veicolo, non so perché ma ho sempre trovato l’andatura delle macchine estremamente rilassante.
“Mohicanville, Ohio.”
Sorrido, già a sentire il nome non promette bene, sei troppo paranoico Sam, penso qualche istante a Dylan… Chissà cosa stara facendo adesso!?
 
 
 
 
 
 
 
 
“Avete chiamato la residenza Dog, se volete parlare con il padrone di casa premete uno, se volete parlare con Dylan premete due, se volete un appuntamento premete il campanello, se siete qualche cliente insoddisfatto avete sbagliato numero, se cercate una stella del cabaret siete nel posto giusto, se…”
“Se magari la pianti di chiacchierare a vanvera, Groucho, puoi starmi a sentire.”
 
“Capo, ti piaccio come segreteria? A stento ti riconoscevo, ora hai un vero accento americano, e dimmi: hai già rimorchiato una di quelle tipiche ragazze americane? Sai: una tutta: chewing-gum e film d’azione, oh e: come si guida dalla parte sbagliata? Com’è cambiare le marce con la destra?”
“Ascolta Groucho non sono qui per chiacchierare della vacanza, ho bisogno che prendi il mio diario e controlli sotto la voce: Winchester.”
“Vuoi comprare un fucile!?”
“Diamine, Groucho! Non farmi perdere tempo!”
Passano diversi istanti, li passo tamburellando le dita sul telefono della cabina, muovendo le gambe nervosamente, non voglio perdere tempo, a volte mi chiedo come mai si tenga quest’uomo come assistente, alle volte è irritante come solo una zanzara di notte sa esserlo. 
 
“Ho trovato l’archivio.”
“Bene, allora?”
“Hai detto Winchester, giusto?”
“Sì, esatto.”
“Niente da fare…”
“Cosa?”
“Mi dispiace, qui non figura nessun Winchester.”
Quella risposta mi innervosisce ancora di più, “guarda bene, non è possibile!”
“Te lo dico, non c’è, ma posso chiederti come mai è così importante?”
“Devo scoprire una cosa, grazie lo stesso ora devo andare.” Non ci penso e riattacco, sebbene il mio assistente volesse aggiungere qualcosa, so che tanto doveva essere una delle sue battute idiote e non ho proprio tempo.
Mi dispiace però di avergli riattaccato in quel modo, in normali circostanze non l’avrei fatto ma ora sono davvero incazzato, questa storia mi sta facendo uscire di testa, devo cercare di ricostruire i miei spostamenti qui in America, è una parola… Avrò parecchio da fare, mentre cammino per la strada deserta sento l’ululato di un lupo in lontananza, porto la mano alla pistola, forza dell’abitudine, quel telefono solitario in mezzo alla piazzola nella strada deserta a un certo non so che di inquietante, o forse sono solo io che vedo oscurità ovunque.
Sento un rumore provenire dagli alberi, il vento scuote le fronde e mi gela le ossa, mi avvicino… Sento il battito accelerare, no, non c’è niente lì, sto diventando irrequieto, mi giro e torno a camminare nella direzione che avevo preso, senza esentarmi dal voltarmi ogni tanto, giusto per essere sicuro.
Sono Dylan Dog e non lo ammetterò mai ad anima viva ma certe volte, mi sembra di essere osservato e la cosa non mi rende affatto tranquillo…
 
 
 
(Mohicanville Ohio  22 Dicembre 1996)
La receptionist ci sorride, pronta ad accogliere le nostre richieste. Io mi guardo attorno, il posto sembra essere in buone condizioni tutto sommato.
Dean si disegna uno splendido sorriso mentre si annuncia.
“Cosa posso fare per voi?” Chiede le ragazza, dall’altra parte della scrivania.
“Oh, potrei farle la lista, ma per il momento io e mio fratello staremo cercando una sistemazione per la notte.”
Mio fratello cerca di nuovo di attirare l’attenzione, certo gli riesce quando ha a che fare con certe donne, questa è una di quelle, infatti sorride imbarazzata agli sguardi provocatori di Dean, abbassa lo sguardo e si mette a cercare qualcosa tra le carte.
Mio fratello si gira e mima il verso della tigre, io scuoto la testa e abbasso lo sguardo, lui fa una smorfia di non curanza mista a rassegnazione positiva.
 
“Potete prendere la stanza 25, vi accompagnerà Vincent.”
“Oh, mi sento violato dal fatto che tu sai il mio numero di stanza e io non so nemmeno il tuo numero… Helen” Commenta Dean, dopo aver letto il nome sul cartellino. 
La ragazza sorride e ci consegna le chiavi: “benvenuto al Motel California, Derek.”
 
(stanza 25)
“Devo rendertene atto, Derek, questo Motel è il meno peggio tra quelli in cui abbiamo alloggiato negli ultimi anni.”
Dean si butta sul letto e sospira.
“Ascolta non siamo in strada per un caso, perché ci siamo fermati?” Insisto io, che pretendo spiegazioni, non mi piacciono le perdite di tempo e ho idea che qui ne stiamo a perdere parecchio.
 
Dean non risponde, ma lo vedo che torna serio, sta pensando a qualcosa, forse a qualcuno…
“Allora, ti va di parlarne?” Chiedo, mentre mi metto a curiosare nel frigo.
Ma non c’è niente di commestibile!?
 
 “Non capisco di cosa dovrei parlare.” Dean si è tolto la giacca e ora mi ha raggiunto, tira fuori dal frigo una birra, mi preoccupo e non poco pensando che la roba che abbiamo da mangiare non figura più tra i generi alimentari ma tra il pattume.
A Dean sembra non importare, provo a dirgli di non bere quella birra, lui si volta e alza le braccia, non dice niente: ha la bocca piena. Sospiro e lascio perdere.
“Mi riferisco a Dylan.”
Mio fratello si blocca, non si volta, mette giù la birra e si toglie le scarpe.
“Perché, che c’è?”
“Andiamo Dean, non puoi negare a te stesso che vi siete lasciati un po’ male, ti dispiace che te ne sia andato, ma devi…”
“Cosa? Mi dispiace!? Ma andasse a fanculo, che m’importa, tanto non l’ho mai potuto sopportare, con quell’aria da piccolo saccente inglese, tutto avviluppato nei suoi abiti neri, ma chi si credeva di essere? Dracula!?”
 
“Dean, avverto un po’ di parole in questa bugia.”
“Senti Sammy, sai meglio di me che io e te lavoriamo meglio da soli, lui ha preso la sua decisione l’ho accettato e basta, non c’è bisogno di insistere.”
Annuisco, non gli va di parlarne, d’accordo, ma sarebbe meglio per lui che affrontasse il problema o finirà per pesargli sul lavoro, dovrei dirgli queste cose ma adesso non è il momento.
“Dove vai?” Gli chiedo, mentre lo vedo aprire la porta.
“Vado a fare un giretto, voglio dare un’occhiata.”
“Senza scarpe?”
Lui mi guarda e fa una smorfia: “farò prendere un po’ d’aria ai piedi.” Sorride e se ne va.
“Non far rumore quando torni, io mi metto a letto.” Che abbia sentito o no non importa, tanto so che farà il contrario.
 
 
 
È un posticino tranquillo, fortuna che c’è la moquette o mi starei congelando, dopotutto è dicembre, tra l’altro tra poco sarà capodanno, sorrido amaramente pensando che tutti gli altri ragazzi passano il capodanno con gli amici, divertendosi e io e Sammy al massimo daremo la caccia a un folletto dei boschi piuttosto che ad un demone assassino.
 
Cerco Helen, magari posso rifarmi nel secondo tempo, non la trovo in giro, non vedo nemmeno Vincent, in realtà non c’è proprio nessuno in giro e me ne accorgo solo ora, mi sento alquanto solo.
Mi guardo spesso indietro, mentre procedo nei corridoi scarsamente illuminati, non lo ammetterò mai, d’altronde sono Dean Winchester, ma confesso che alle volte mi sento a disagio quanto cammino da solo, ho come la sensazione che qualcuno mi osservi…
 
Passo vicino alle stanze del piano di sotto, la mia attenzione viene colta da una camera illuminata, la luce calda, arancione è soffusa e non è fissa, sembra la luce di un fuoco, il corridoio si staglia davanti a me per ancora, parecchi passi.
Sono in tempo per tornare indietro, ma perché dovrei farlo? Andiamo, è solo una stanza con un caminetto, sento il morbido pelo della moquette sfregare con la stoffa dei calzini mentre mi avvicino.
 
Non entrare nella stanza inquietante Dean…
Non mi ascolto ed entro.
Sembra come un ufficio, o uno studio, è piccola ma tutto sommato confortevole, per terra sta un tappeto d’orso, particolare direi, c’è effettivamente un caminetto ed è acceso, sul caminetto stanno delle fotografie, quasi tutte raffiguranti il motel, mi sembra di rivedere Shining.
Una in particolare attira la mia attenzione, la prendo in mano e la guardo più da vicino: si tratta di una foto ottocentesca, è raffigurato un anziano signore alle cui spalle sta quella che dovrebbe essere una taverna, il paesaggio dietro ad essa è ben definito ed è esattamente quello che sta dietro al motel.
“Buonasera.”
Mi volto di scatto, colto in flagrante, un uomo sulla settantina mi sorride e si sistema sulla sedia che sta dietro alla scrivania, alle cui spalle si trova una libreria piuttosto grande.
 
Io metto giù la fotografia e mi scuso ma lui non sembra essere arrabbiato.
“Non devi preoccuparti figliolo, la curiosità non è peccato, è la tua prima sera qui?”
Annuisco, lui sorride.
“Vedo che ammiravi quella fotografia.”
“Sì, è molto interessante.” Rispondo io, ok, ora sono più a mio agio, questo vecchietto sembra uno a posto.
 
“È mio nonno, quando il motel era ancora una locanda per viaggiatori.”
“Quindi è una gestione di famiglia?”
“Sì, ma mio nonno non l’aveva ereditato… Lo aveva comprato, a non troppo denaro per la verità.”
Questa storia mi incuriosisce, mi affascina, voglio saperne di più, devo saperne di più.
“Be vorrà dire che ha fatto un affare, questo posto non è niente male.” Sondo il terreno ed intanto mi guardo attorno, voglio portare il padrone di casa ad esporsi di più, così fingo di essere l’ingenuo campagnolo.
Il vecchio ride un poco: “no, direi di no, non gli portò affatto bene, né a lui né a mia madre ma oramai non ha più importanza.”
Aveva la mia curiosità, ora ha la mia attenzione: “in che senso?”
Il tizio si alza, d’accordo ho capito che il mio tempo qui è scaduto.
“Finalmente lo venderò e questa storia finirà.” È assurdo, lo sta dicendo come se sotto ci fosse più di un semplice motel che non va tanto bene, io allora comprendo che me ne devo andare, saluto e imbocco l’uscita diretto verso la mia camera.
C’è qualcosa di strano qui… Lascia perdere Dean, è la forza dell’abitudine, domani mattina starai già meglio, sì, ho bisogno di dormire.
 
 
(Motel California, 23 dicembre ore 00:12)
Vincent aveva concluso il suo turno. Era sempre l’ultimo ad andarsene e quindi era abituato all’atmosfera del motel silenzioso, quando un qualsiasi rumore ti mette sull’attenti con le orecchie dritte.
Quella volta Vince aveva la netta sensazione che ci fosse qualcosa dietro di lui, è una cosa non troppo piacevole che non si augurerebbe nemmeno al proprio peggior nemico.
L’uomo si girava spesso, ma niente, mai nessuno. Era stanco, sì, doveva andarsene.
Il tragitto da una delle stanze al corridoio che portava poi al pianerottolo che dava sulla scale fu il percorso più lungo della sua vita, ad ogni passo sulla moquette gli sembrava che qualsiasi cosa stesse avanzando nell’ombra, dietro di lui, si facesse sempre più vicina, inesorabile.
Vincent quasi si mise a correre, arrivò con il fiatone alle scale, dove la zona era più illuminata.
Quando vi giunse si accorse di essere persino sudato, ma che diavolo gli prendeva!? Lotto contro la paura di voltarsi, sentiva qualcosa insinuarsi dietro di lui, respirava? Ora il sudore si era raffreddato esattamente come il sangue nelle vene…
Vince dovette fare appello a tutte le sue forze, scendi le scale, devi solo scendere le scale.
La tentazione di guardare e la paura del fare la medesima cosa facevano a botta nella testa dell’uomo, finché poi la prima non l’ebbe vinta, con la complicità del presunto buonsenso: se c’è qualcuno che aspetta di buttarmi giù, posso fermarlo.
Vincent si voltò…
Nessuno…
Sorrise, sollevato, ma che problemi si era fatto?
Tornò a rivolgersi verso le scale, e fu in quel momento che avvertì una spinta…
Seguirono diversi tonfi sordi, fino all’ultimo rumore che si concluse insieme alla caduta rovinosa del corpo…
 
 
 
 
Nervoso spengo il computer con rabbia.
Niente, nessuna notizia, d’accordo che non viaggio mai facendomi troppa pubblicità e nemmeno pretendo gli striscioni di benvenuto, ma cavolo, quella volta avevo il pass, come mai non è riportato nessun mio spostamento in questo fottuto paese!
 
Rassegnati Dylan, la risposta al tuo enigma non la troverai certo nello squallido computer di una biblioteca di paese.
Le uniche notizie su di me che trovo sono i forum dove discutono di quanto sia un ciarlatano e addirittura, questa è nuova, un drogato. Drogato io!? Veramente non ho parole, cosa non si farebbe per vendere titoli.
 
Mi siedo sconsolato su una delle poltrone, aspettando, cosa? Non lo so nemmeno io, forse un’illuminazione, del resto è proprio quello che mi ci vorrebbe. Sento un fastidioso prurito al petto, mi gratto e sento una cosa…
Tocco, sembra metallo, è strano…
Lo prendo in mano, è una medaglietta come quelle dei militari, certo, ora rammento, è un ricordo di mia madre…
Sento un’immane tristezza avventarsi su di me, è già passato un anno, ma che importa, potrebbero passarne anche cento, ad una cosa così non ci si può abituare… Mai.
I love you, inciso ancora ben visibile, ricordo ora le parole che mi disse quando me la diede: “quando troverai la sua gemella tutto ti si chiarirà.”
Era suo tipico parlare per massimi sistemi, mi sono sempre chiesto come mai non mi ha detto direttamente cosa o chi avrei trovato, ma chi devo trovare tanto? Cosa mi si deve chiarire? Adesso come adesso una cosa da chiarire c’è ma fino a poco tempo fa no, e comunque stavo più che bene, cosa devo sapere?
Chi lo sa… Se almeno lei fosse qui… Quante battaglie abbiamo combattuto fianco a fianco, se oggi sono chi sono lo devo a lei, non ho mai avuto un padre, ma probabilmente è sopravvalutato. Improvvisamente mi torna in mente John Winchester…
Ma certo! Lui doveva pur aver avuto qualcuno che sapesse come rintracciarlo, esclusi Dean e Sam, qualcuno che magari sa cosa è successo quando ci siamo incontrati o che almeno sa dove siamo stati.
Ecco la mia pista! Devo trovare qualche cacciatore che sa, certo è più facile a dirsi che a farsi ma è comunque un inizio, forza Dylan, non puoi ancora riposarti!
 
 
 
 
 
 
(Motel California 20 Dicembre 1996) 
 
Un fottuto raggio di sole è la causa della mia sveglia, unito ad un intenso aroma di caffè, ok questo è un lato positivo.
Mi metto a sedere, ancora mezzo intontito, fatico a mettere a fuoco la stanza, stavo anche facendo un bel sogno!
Strizzo gli occhi e vedo Sammy seduto, che mi sorride e alza il suo bicchiere di caffè, come per fare un brindisi, vedo che legge il giornale.
Io incrociò le gambe, non riesco proprio a svegliarmi, aguzzo la vista e vedo che insieme al caffè sta anche una ciambella fumante, tutta profumata e paffutella, sorrido e scendo dal letto.
Quasi quasi mi commuovo, non so perché ma provo un certo senso di tenerezza mielosa ad immaginare Sam che mi prende il caffè e la ciambella, promemoria per me: fare qualcosa per compiacere il mio fratellino, è probabile che mi dimenticherò questa buona intenzione alquanto presto ma immagino che conti il pensiero.
 
Prendo il caffè e tolgo il piccolo coperchio, mai una volta che me lo diano come lo voglio io, dico: come accidenti si fa a berlo con quell’affare sopra!?
 
Inizio a bere.
“Una magnifica idea quella del Motel Dean.”
Non sono nemmeno sveglio e già parla… Sammy ti sei appena giocato il bel gesto che avevo in mente.
“Hanno trovato un cadavere stamattina.”
D’accordo, se volevi svegliarmi hai raggiunto il suo obbiettivo.
 
 
Praticamente tutto il Motel è riversato attorno alle scale, hanno isolato la zona.
Sbirri, perché devono esistere gli sbirri!?
Vedo Helen, sembra alquanto sconvolta.
“Ciao.” La saluto cercando di non sembrare invadente, “ascolta, tu sai com’è successo?” Le chiedo con il maggior tatto possibile, lei sembra più tranquilla però, ora che sono qui.
“Dicono che sia caduto dalle scale.” Scuote la testa e continua a ripetere la stessa cosa: “non ha senso, non ha senso…”
 
“Perché hanno chiamato la polizia se è solo caduto dalle scale?” In realtà mi sono già risposto a questa domanda ma voglio avere ulteriore conferma.
“Credono che possa trattarsi di omicidio, è che non ha senso: chi poteva voler uccidere Vincent!?” È questo il punto, non aveva alcun senso uccidere l’inserviente, rassicuro come posso Helen e le faccio presente di farsi viva qualora volesse anche solo fare due chiacchiere, tanto nessuno uscirà da qui per le prossime ventiquattro ore e forse anche di più, hanno isolato l’edificio, così che nessuno scappi, secondo loro l’assassino potrebbe essere chiunque.
 
“Tu non sai se Vincent avesse fatto un torto a qualcuno qui al Motel, vero?” Chiedo alla receptionist, ancora sconvolta. Lei ribadisce: non c’era alcun motivo per ucciderlo.
Sembra strano, non ho visto il direttore, non credo sia mai venuto qui, di stamattina.
“Perché credono che possa trattarsi di omicidio?”
“Dicono che il modo in cui è caduto sembra suggerire che sia stato spinto.”
 
“Scusi signorina Alley, lei può andare.” Il poliziotto ci interrompe, rivolgendosi ad Helen, io rimango confuso per qualche istante.
“Perché lei può andare?”
“È arrivata qui dopo l’ora del decesso, quindi non può essere stata lei.”
Helen sembra sollevata, io lo sono un po’ meno, lei si volta e mi saluta augurandomi buona fortuna, io rimango lì, per poco però, più resto lontano dalla polizia meglio è.
 
 
Raggiungo Sam, che intanto stava parlando con altri degli alloggiati, due coniugi anziani. Se ne vanno, quando mi vedono arrivare.
“Allora hai scoperto qualcosa?”
“Solo che loro non hanno sentito ne visto niente ieri.”
“Lo credo: in due non faranno mezz’occhio e mezz’orecchio.”
“Dean…” Sam si disegna sul viso quel classico volto di rimprovero e io alzo le spalle.
“Credi che possa essere materia per noi?” Chiedo, dandogli le spalle, continuando a guardare la sagoma disegnata sul pavimento, immaginandomi il momento della caduta.
“È troppo presto per dirlo.”
“Sai non ho visto il direttore, di oggi.”
“Come, tu sai chi è il direttore?”
“Sì, l’ho incontrato ieri, un tipo piuttosto strano sai, mi ha raccontato la storia del Motel, però è meglio parlare in privato.”
 
(stanza 25)
 
“Era strano sentirlo parlare, sembrava quasi che fosse spaventato, raccontava come suo nonno e sua madre non avessero avuto fortuna con la locanda e sembra che lui voglia vendere.”
Sam sta seduto e mi guarda attentamente ma ancora non è convinto: “non c’è abbastanza materiale.”
“Be, di sicuro se vuole vendere un avvenimento del genere non aiuta di sicuro, se non si tratta di incidente.”
“Non abbiamo scelta Dean, dobbiamo rimanere e vedere se succede altro, magari abbiamo a che fare solo con un assassino.”
“Anche questo mi preoccupa, con tutti quei piedipiatti che ficcanasano in giro, verranno ad ogni camera a chiedere un reso conto, non è possibile! Neanche una settimana che ce li siamo lasciati in Pennysilvania e ce li dobbiamo ritrovare.”
“Io non griderei così se fossi in te, Dean.”
 
Tutto ad un tratto sentiamo bussare alla porta…
Mi sento un nodo alla gola, guardo Sammy, anche lui sembra preoccupato, si alza dalla poltrona.
Mi avvicino, e guardo dallo spioncino… Sono loro…
 
 
 
“Messico… Così dicono, sfuggente e con l’aria sospetta. È sicuro: John Winchester, è andato in Messico.”
 
“Non era uno di noi, collaborava con i demoni, fortuna che ora se n’è andato.”
 
“John Winchester? Non lo vedo da almeno un anno quando lo trovi puoi riferirgli un messaggio?” Prima che possa reagire mi ritrovo con un pugno sulla guancia destra.
 
“Winchester non era uno che si faceva pubblicità, viaggiava da solo, ma c’è un uomo che può darti ulteriori dettagli, John collaborava con lui si passavano armi ed informazioni, non è facile trovarlo ma l’ultima volta che l’ho visto era a Jacksonville in Florida… Lui potrà dirti ogni cosa su Winchester.”
 
 
 
(stanza 25 Motel California)
 
“Perfetto, di nulla agenti, vi chiamiamo se sappiamo qualcosa.”
Tiro un sospiro di sollievo, abbiamo rischiato e più rimaniamo qui più rischiamo.
Sferro un calcio alla poltrona, “siamo bloccati! E questi idioti non stanno risolvendo niente!”
“Quindi è possibile che abbiamo a che fare con qualcosa che ci compete.” Aggiunge Sam, e comincio a pensarlo anch’io.
 
 
 
“Ascoltate è stato un incidente, non potete rimanere qui io devo vendere. Siete stati qui un giorno intero, se non trovate niente la risposta mi sembra chiara: è stato solo un’incidente.”
 
(Mohicanville Motel California 21 Dicembre 1996 ore 6:40)
 
Sveglio Dean, è successo qualcosa, c’è un assembramento di persone fuori dalla camera dei Torrance, vado a controllare.
Riesco a passare tra le persone… Dobbiamo fare qualcosa…
 
“Direttore ascolti, dobbiamo fare qualcosa, non possiamo ignorare quello che sta accadendo, prima Vince spinto giù dalle scale, poi i Torrance impiccati nella loro stanza.” Sam e io siamo nell’ufficio del direttore, dobbiamo cercare di farlo ragionare, mentre mio fratello spiega però, vedo che sta cominciando a capire, è come se sapesse di cosa parliamo, dove vogliamo andare a parare.
“Lei lo sa vero!?” Mi faccio avanti io, mentre il titolare si fa piccolo, piccolo, cercando di non incrociare lo sguardo con me.
“Lei sa con cosa abbiamo a che fare, ma ovviamente non può dirlo o nessuno comprerebbe più il suo Motel.”
“Se ne devono andare tutti.” Suggerisce Sam, preoccupato.
“No, loro non permetteranno che se ne vadano, li uccideranno tutti.”
Stanco di quell’omuncolo, lo prendo per il bavero e lo sbatto contro il muro: “ora inizia a parlare nonnetto…”
“Dean…” Ignoro mio fratello.
“Chi sono: loro e come ce ne sbarazziamo!?”
D’un tratto la libreria inizia a muoversi, fino a cadere verso di noi, facciamo in tempo a spostarci, io trascino il vecchio fuori dall’ufficio.
“Allora, ti decidi a parlare!?” Lo scuoto, con decisione.
 
“Mio nonno comprò questo terreno, ma è maledetto, una volta qui abitava la tribù dei Mohicani, è stata sterminata dai colonizzatori, e su questo terreno è stato consumato un massacro, ma mio nonno l’ha scoperto solo dopo, ha tentato di venderla ma non c’è mai riuscito, e nemmeno ce ne possiamo andare… Mia madre è stata uccisa per questo, l’unico modo è che io smetta di essere il proprietario di questo posto, ma ora sarà impossibile…” Il vecchio comincia a disperarsi.
Io e Sam ci guardiamo perplessi…
 
 
 
(Jacksonville, Florida. 21 Dicembre 1996, ore 20:32)
 
“Non ricordo che John avesse mai parlato di te…” L’uomo se ne resta nell’ombra, oltre il tavolo, credo stia lucidando una pistola, ma non lo vedo molto bene, la luce è data solo dal fuoco della pipa, una luce scura, che gli fa brillare gli occhi, come stelle nella notte.
 
“È possibile che quello che è successo a me sia successo anche a John, ma non sono una spia, altrimenti non sarei sopravvissuto ai suoi figli non trovi!?”
Lui sembra diffidente, mi scruta sospettoso, non mi va di restare qui a lungo, quindi farà meglio a dirmi tutto quello che sa.
“Vuoi bere qualcosa?” Mi chiede lui, porgendomi una bottiglia di birra. Io la guardo, scuoto la testa. “Sono astemio…” Aggiungo poi, impassibile…
L’uomo mi scruta attentamente, “cristus.” Sussurra piano, poi si alza in piedi e mi porge la mano: “è bello rivederti Dylan.” Ora lo vedo meglio in faccia: “Gabriel!?”
“Sì.”
“Mi sembrava di conoscere la voce. Credevo fossi in Europa.”
“Potrei dire lo stesso di te Dylan, cosa ti porta qui? Non credo sia solo per John Winchester.”
“No… Seguivo le tracce di un demone che ha rubato una cosa in Inghilterra.”
Gabriel mi guarda stupito: “anche tu allora sei sulle loro tracce.” Mi dice lui.
“Ci sono ritornato, ho fatto una piccola deviazione prima. Ascolta era proprio necessaria tutta quella recita!?”
“Volevo essere sicuro che fossi tu, non si è mai troppo prudenti, di questi tempi soprattutto.”
“Che tempi!?” Lo incalzo io, sempre più interessato.
 
“Dylan amico mio, sta per scoppiare una guerra, e fidati: non possiamo vincere…” Gabriel sembra consapevole di quello che sta dicendo, ed è questo che mi preoccupa.
“Quegli oggetti, gli oggetti che vengono rubati, John era convinto che avessero qualche potere, che servissero per qualche tipo di rituale…”
“Che tipo di rituale?” Chiedo io, guardando preoccupato il mio collega, non l’ho mai visto così spaventato.
“Non lo so, vecchio mio, ma non credo sia positivo per noi. Questo stava cercando John, e credo che lo stessi cercando anche tu…”
È fatta dunque, la risposta alle mie domande è stata trovata, e allora perché Dylan!? Perché senti ancora un vuoto dentro di te!? Cos’è che ancora non sai!?
 
 
 
(Mohicanville Motel California 21 Dicembre ore 23:15)
 
“È una maledizione Dean, non c’è modo di fermarla, possiamo solo scappare.”
“C’abbiamo provato, loro non ci faranno uscire, hai visto!? Hanno fatto crollare una trave in testa a quell’uomo.”
“E allora cosa possiamo fare!?” Insiste Sammy, ora ho capito… Ho capito…
Mi avvicino a mio fratello, “Sam, ricordi cosa ci ha detto il direttore: tutti quelli della sua famiglia sono morti, a cadenza di cinquant’anni, loro hanno dovuto pagare il debito con i morti, perché la maledizione cessasse, perciò…”
“Perciò il direttore deve morire, se vogliamo che tutto finisca.” Conclude Sam, che sta cercando di capacitarsi di questa cosa.
 
Qui sta crollando tutto, non è stato chiamato nessuno, la linea è assente, gli spiriti diventano sempre più potenti, prima uscivano solo dopo la mezzanotte fino alla mattina, ma ora non hanno limiti.
Arriviamo nell’ufficio del vecchio.
“Come? Come riesci a tenerli lontani!?” Chiedo io, non capisco perché noi siamo esposti alla furia degli spiriti e lui ne è esente.
 
“Guarda Dean, tiene un amuleto, grazie a quello li allontana.” Mi fa notare Sam, che risponde alla domanda silenziosa che mi ero fatto: cosa sta stringendo in mano?
 
“Mi ascolti, le maledizioni non si possono fermare, lei deve consegnarsi.” Fa presente Sam, lo sappiamo che sono parole terribili da dire, ma ci sono venticinque persone in questo Motel e moriranno tutti per colpa del suo egoismo, a volte dei sacrifici sono necessari.
 
“No, andatevene, se morirete tutti io potrò sopravvivere e andarmene da qui, placherete gli spiriti.” Grida lui, ora è come se ci fosse un vero e proprio tornado all’interno dell’ufficio e di tutto il Motel.
I libri che prima erano sugli scaffali ora sono a terra, e poi si alzano entrando a far parte del turbinio, insieme ad altri oggetti.
Mi lancio addosso al vecchio, cercando di strappargli via l’amuleto ma lui ha una presa salda, e tenta di allontanarmi… Ha una pistola in tasca, cerco di afferrarla, lottiamo, spara qualche colpo.
Sam lo prende dalle braccia, io lo tengo dalle gambe, ma lui scalcia e mi colpisce al volto.
 
Le travi del soffitto cominciano a crollare e sentiamo le grida provenire dalle altre stanze, in tutto il Motel.
Il vecchio mi tiene a terra con un piede e mi punta la pistola alla testa: “vi avrei lasciato agli spiriti ma credo che mi toglierò io questa soddisfazione…”
Carica, è pronto…
Cade, Sam lo tiene per la vita, il direttore lo allontana punta la pistola contro di lui, ma io lesto, afferro un tagliacarte e lo lancio nella sua direzione.
Gli si conficca nella gamba, grida e cade in ginocchio.
D’un tratto, un’oggetto turbinante lo colpisce alla mano, facendogli cadere l’amuleto.
 
“No, no, no…” Dice lui, mentre lo cerca disperato, per terra.
“Maledetto!” Grida verso di me, alzando la pistola, ma proprio in quel momento il turbine lo avvolge, lo afferra e lo tracina lontano, sfondando la parte dell’ufficio.
Sentiamo le grida, il Tornado si addensa, non si vede più niente, resta lì qualche secondo per poi dissolversi.
 
Dal buco della parete, osservo: il corpo del direttore è disteso sul prato, morto…
Mi volto e guardo per terra. La foto, è stata la foto di suo nonno a colpirlo sulla mano…
 
 
 
(Jacksonville, 22 Dicembre ore 6:14)
 
“Sì, d’accordo… Ho capito, bene, ci vedremo lì.” Gabriel riattacca e mi guarda: “sei sveglio amico?”
“Un dormiente non tiene gli occhi aperti.” Replico io, lui sorride.
“Meglio che ti prepari Dylan, ho una pista.” Asserisce lui, mentre inizia a prepararsi lo zaino, e ad armarsi.
“Una pista su che cosa?” Chiedo io, anche se in parte conosco la risposta.
“Quei demoni ladri… È ora di continuare il lavoro del vecchio John, sei con me?”
Io mi alzo e annuisco, “sei pronto Dylan?”
“Sempre.”
 
 
 
“Non voglio più rimettere piede in una centrale di polizia, neanche in dieci vite.” Afferma Dean, che scuote la testa subito dopo l’affermazione.
“Be secondo la polizia è stato un disastro climatico, se ce ne fossimo andati senza deporre magari avrebbero pensato ad altro.” Replico io, convinto che abbiamo fatto la cosa giusta.
“Sì, un disastro climatico circoscritto ad una area separata.” Dean scuote la testa, come dargli torto.
“La prossima volta li scelgo io i Motel.” Concludo io.
Dean sorride, e si stringe nelle spalle: “tra poco sarà Natale fratellino, che ne dici di scrivere una bella letterina a Babbo Natale?”
Vedo che mio fratello, si mette a guardare la strada, come se fosse perso, è qui con il corpo ma sono quasi certo che non è qui con la mente. Credo di sapere a chi sta pensando.
Non so se Babbo Natale ti riporterebbe Dylan, fratello.  
 
 
 
 
 
 
Angolo autore:
Puff pant, non avete idea di che parto sto capitolo, e prima non avevo l’ispirazione, e poi non avevo tempo, bla bla, chiacchiere, comunque eccolo qui.
Siamo in dirittura d’arrivo della prima parte della nostra avventura, i prossimi sviluppi attenderanno amici miei perché ci saranno le vacanze di mezzo, ma tornerò non vi preoccupate, più immortale di Dean e Sam, più indomito di Dylan.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Nightwing pt1 ***


(Frankfort Kentucky, 2 Gennaio 1997)
L’uomo correva senza posa, ogni tanto si guardava indietro… il grido della bestia sembrava sempre più vicino…
La paura impediva qualsiasi pensiero lucido, solo una parola rimbombava nella testa dell’uomo: scappa! Cosa lo aveva obbligato a precipitarsi lì!? Non sapeva contro cosa avrebbe combattuto, combattuto… come se effettivamente qualcuno avesse potuto farlo, contro quell’essere… nessun cacciatore avrebbe potuto fermarlo, era qualcosa di talmente malvagio ed ancestrale dall’essere fuori dalla portata di chiunque…
Di nuovo quel grido… Squarciava le tenebre e prorompeva tra le ombre, esso stesso era fatto d’ombra, affamato.
L’uomo continuava a correre, e ora ogni più piccolo particolare di quanto aveva letto, lo ossessionava senza tregua: il suo nome… puoi sentirlo attraverso li vento… nessun cacciatore ha la forza… in cerca delle anime deboli… puoi sentire il battito delle sue ali…
Paura…
L’uomo aveva raggiunto la sua macchina, ora non sentiva più quel grido. La notte era calma, e il vento soffiava tra le fronde degli alberi, non c’era nessuno in giro, quel verso però era vivido nella sua mente, così il cacciatore decise che era ora di andare, ma fu quando si voltò che l’ombra calò su di lui, due immense ali si spiegarono e la creatura fu davanti a lui… di nuovo quel grido, poi silenzio…
 
(Jacksonville Florida 25 Dicembre 1996)
Io e Gabriel siamo giunti a questa vecchia baracca, a sentire lui dovrebbe essere uno dei luoghi che perlustrava John, alla ricerca dei ladri dei manufatti, era convinto che tutti quegli arnesi servissero per qualche strano rituale.
Gabriel mi fa cenno di restare basso, poi estrae ambo le pistole. La baracca è un vecchio granaio fuori dall’agglomerato urbano, dimenticata qui da Dio e dagli uomini, estraggo la pistola e seguo il compagno addentrandomi tra le assi di legno che lui ha sfondato, legno marcio, è ceduto in fretta.
Il granaio non è troppo grande, ma non c’è niente qui, così abbasso la guardia e mi alzo dritto, “qui non c’è niente.” Protesto, un poco deluso. Gabriel si mette l’indice sulle labbra come per dirmi di tacere, poi si abbassa piano e si sdraia sul pavimento, appoggia un orecchio a terra come per sentire qualcosa. Sento un rumore, allora alzo la pistola in quella direzione, solo un ratto.
Il mio collega si tira su, “dev’esserci una botola per arrivare di sotto.” Afferma, mentre guarda per terra alla ricerca del presunto passaggio, “cos’hai sentito?” Chiedo io, mentre lo aiuto nella ricerca.
“C’è qualcuno di sotto…”
“Non sarebbe meglio aspettare che uscisse, così non perderemmo tempo a cercare un’entrata.” Propongo io, ma Gabriel risponde che potrebbe esserci un’altra uscita che da sotto sbuca chissà dove, e in effetti non ha tutti i torti.
 
Mentre cammino mi accorgo di una cosa, sento che ho colpito qualcosa di metallico, sposto il sottile strato di paglia che sta a terra e la trovo.
“Gabriel…” Lui mi raggiunge, “ho trovato la tua botola.” Affermo indicando la maniglia di ferro urtata in precedenza.
 
Scendiamo la stretta scala che porta fino giù e infondo alla rampa, riusciamo ad intravedere una luce fioca, scura e tremolante, la classica luce di candele, avanziamo lentamente con le armi spianate, Gabriel per primo, io lo seguo.
Questo posto, odora di marcio e sangue…
Per terra vi sono delle tracce di sangue infatti, chissà cosa ci combinavano qui.
Ad un tratto vediamo una sagoma muoversi nell’ombra, siamo scesi dalla scala, notiamo il piccolo altare che si trova al centro della stanza, sopra c’è un calice che sembra essere molto prezioso, degli amuleti, corna e alcuni manuali.
La figura si muove ancora, Gabriel esce dal nascondiglio… Che cosa fa!?
“Chi sei!?” Intima, con le pistole pronte, “fatti vedere!”
Lentamente, un ragazzo si palesa dall’ombra, gli abiti sono consunti, i capelli arruffati, il sorriso beffardo e in un lampo riusciamo a vedere che gli occhi gli sono diventati neri, subito penso di sparargli ma so che se lo facessi ucciderei un innocente.
“Ti stavo aspettando Gabriel… Dylan.” Ci saluta lui chinando il capo.
“Non crederai veramente di averci fregato, no… Abbiamo deciso di mostrarti qualcosa proprio per farti capire che non potrai nulla contro di noi.” Continua a rivolgersi a Gabriel, che ha abbassato le armi, poco male, tengo io la pistola puntata sul figlio di puttana.
“Se non avete tutti i manufatti, non potete completare il rituale.” Asserisce Gabriel, sicuro di se, quindi lui sa… Lui sa cosa vogliono fare…
Il ragazzo alza le spalle: “li avremo presto, e comunque…” Ora la sua attenzione si rivolge alla rampa delle scale, che se si riferisse all’esterno, un brivido incontrollabile mi scorre lungo la schiena. “Qualcuno è già uscito, era alla porta da tempo… impaziente… affamato…”
Tornano gli occhi neri: “chissà come faranno i tuoi amici Dylan, oh, ora sono sulle sue tracce… poveri illusi, pensano davvero di poterlo fermare… Dimmi: ti sei almeno ricordato di dirgli addio?” Il bastardo mi ridacchia in faccia.
Un impulso irrefrenabile mi spinge a premere il grilletto e lo faccio, cinque volte, con rabbia e mi piace…
Il ragazzo stramazza al suolo e una nuvola nera esce dalla sua bocca per poi prendere l’uscita attraverso la botola. La guardo allontanarsi, senza poter fare niente.
Gabriel mi prende per le spalle e mi scuote con violenza: “che cazzo ti è saltato in mente mi spieghi!?” Solo ora guardando il corpo del ragazzo morto, capisco cosa ho fatto, resto attonito mentre Gabriel cerca di fare qualcosa per quel poveretto ma ho avuto davvero una buona mira, e non c’è niente da fare.
“Mi dispiace Gabriel, io… io… ho perso il controllo davvero…” Ho pensato a loro, è passato del tempo ma io ho pensato a loro, mi sono sentito in dovere di proteggerli, anche da qualcuno che li stava solo minacciando, non capisco… Cosa mi prende!? Questo non è il Dylan che conosco, eppure non mi rammarico troppo di questo… Non sono concentrato, basta! Basta distrazioni Dylan, devi concentrarti, loro non ci sono, lasciali perdere!
 
Gabriel ora pone attenti sguardi al piccolo altare, mi sembra il momento migliore per cambiare discorso: “tu sai cosa stanno facendo?” Chiedo con discrezione, senza essere troppo invadente.
Lui annuisce: “quegli oggetti che stanno arraffando, sono oggetti magici molto potenti, capaci di confinare i demoni ma anche di liberarli, se si effettua un certo tipo di rituale, li stanno mettendo insieme per un solo scopo…”
“Quale scopo?” Chiedo io, già prefigurandomi uno scopo plausibile.
“La guerra.” Asserisce Gabriel, poi si alza e si muove verso l’uscita.
“Cosa intendeva con: qualcuno è già uscito?” Chiedo, mentre lo seguo.
“Che qualcuno è già uscito, come ha detto lui era già alla porta e bastava poco, è meglio sbrigarsi Dylan…” Il mio compagno si volta guardandomi negli occhi: “dobbiamo trovare gli Winchester.”
 
 
(Frankfort Kentucky 3 Gennaio 1997 ore 20:43)
Tell every creature of the night…
The kill is around the bend…
So listen my friend: Nightwing flies again…
Il freddo si fa sentire, la musica dovrebbe scaldare l’atmosfera ma chissà come mai non mi sento più caldo, sfrego la mani tra di loro soffiandoci sopra sperando di avvertire qualche miglioramento, niente di che comunque.
“Tutto bene Sammy?” Chiede Dean, continuando a guardare la strada, superando il cartello che ci da il benvenuto in quest’altro villaggio, piuttosto spoglio devo dire, ma forse è l’effetto della neve.
“Vuoi cominciare la caccia stasera?” Chiedo io, piuttosto infreddolito, lui annuisce convinto: “sì, prima è meglio è, questo è un grosso figlio di puttana ma possiamo farcela, è una bestia notturna, non credo che sia uno spirito vendicativo, uccide a caso forse è un Wendigo o un licantropo.”
Correggo mio fratello di lì a poco: “non è né l’uno né l’altro in realtà, i corpi vengono ritrovati quindi non può essere un Wendigo, e tantomeno un lupo: agisce anche senza luna.” Non mi ascolta mai quando parlo, queste cose gliele ho dette prima di partire, mi sembra sempre distratto ultimamente, bé, l’importante è che non si distragga mentre guida, ci mancherebbe che due che fanno un lavoro come il nostro morissero a causa di un’incidente stradale.
“D’accordo, allora cos’è secondo te?” Dean ha tirato fuori una barretta energetica e si mette a mangiarla sgranocchiando rumorosamente, è fastidioso.
“Credo che sia un demone…” Sono abbastanza sicuro di cosa potrebbe essere ma ho paura di avere ragione, quegli uomini morti… erano tutti cacciatori, gente che ci sapeva fare…
“Un demone, sul serio…?” Chiede Dean a bocca piena, con un mezzo sorriso, “non scherzo Dean, questo demone ha fatto fuori parecchi cacciatori in pochi giorni, è qualcosa che va oltre me e te.” Sono serio e non ho intenzione di morire a causa della sua superficialità.
“Andiamo Sam, cosa può essere che non abbiamo già affrontato!? È un demone come un altro, una bella trappola, un esorcismo come si deve e boom, saremo a casa prima ancora che tu possa dire: buon anno.” Lo vedo fiducioso, mi auguro che possa avere ragione io sono preoccupato, i rapporti non sono chiari, non so proprio contro cosa combattiamo.
 
Nightwing is stirred
And taken to flight
The silence is over, he’s shattered the night
Life ain’t for givin and forgivin ain’t free
No soul will rest while the hunted run free…



(Frankfort ore 00:23 4 Gennaio 1997)
Dopo aver preso una stanza al Motel io e Dean ci siamo preparati per la caccia, usciti in una delle vie dove sono stati trovati tre cadaveri qualche giorno fa, la notte è calma e oscura, qui l’illuminazione è scarsa e la paura aleggia sui nostri volti.
È tutto troppo tranquillo, tutti gli omicidi sono stati portati a termine tra la mezzanotte e le sei di mattina e ormai dev’essere passata mezz’ora dalla mezzanotte.
Io Dean torniamo in macchina, il freddo è davvero troppo insopportabile.
“Allora che succede, il nostro demone è timido stasera, non sa scegliere la gonna da indossare?”
“Non lo so Dean, forse è presto.”
La voce di Sam mi sembra strozzata, interrotta, come se fosse spezzata dal freddo, e credo non solo da quello.
“Stai bene Sam?” Chiedo io, toccandogli il braccio, lui mi guarda con aria sofferente e io comincio a preoccuparmi.
“Non mi piace Dean, ho una brutta sensazione…È come, sapessi che… si tratta di una cosa, che va oltre noi, un nemico al di là delle nostre forze.”
Ora sta cominciando a preoccuparmi, guardo fuori, poi metto mano alla pistola, controllo che sia carica, bene…
“Ascolta Sam abbiamo preparato la trappola, non la può vedere, è sotto la neve, ci basta farlo finire lì ed è fatta, nessun demone può superarla.” Provo a tranquillizzare mio fratello, lui annuisce come se fosse d’accordo con me ma sento che è ancora agitato, non gli do torto comunque, anch’io inizio a preoccuparmi. “Nessuno che abbiamo affrontato.” Risponde lui in ritardo, senza guardarmi, io mi volto verso di lui e ora quelle parole si insinuano nella mia mente come un virus, faccio del mio meglio per cacciarle e ci riesco, un pochino.
Sento un rumore, alzò la testa, vedo delle luci provenire dalla strada, sembrerebbe una macchina, esco dall’auto per controllare.
È un furgoncino, grigio chiaro metallizzato, si ferma a metà strada, dalle porte escono sette tizi, portano tutti in mano qualcosa, cinque di loro sono armati di spada… Ma dove pensano di essere? Alla fiera medievale? 
“Ehi tu!” Si rivolge uno, a me. “Devi andartene, ora.” Cosa!? Questo piccoletto occhialuto armato di spada mi dice cosa vare? Ma sul serio? E io che credevo di averle viste tutte.
“Senti amico non per scoraggiarti ma io sto lavorando e sarebbe meglio che tu e la tua combriccola vi toglieste di torno.”
Lui scuote la testa, poi si gira un’istante per controllare che i suoi compari abbiamo preso posizione, “non capisci ragazzo, noi siamo cacciatori.” Asserisce adesso, il piccoletto, alzandosi in tutto il suo metro e settanta forse.
L’ultima affermazione mi fa restare stupito e non poco, Sam scende dalla macchina, “Dean, che succede?” Chiede, quasi preoccupato. Risponde il piccoletto: “dovete andarvene, ora.” Intima, rivolto verso Sam, io non mollo: “ehi, guarda che anche noi siamo cacciatori, siamo qui per lo stesso motivo, abbiamo già preparato una trappola…” Lui scuote la testa e mi interrompe, odio essere interrotto. “Nessuna trappola può fermarlo, l’unico modo è…” In quel momento un grido stridulo e maligno squarcia la fredda aria della notte.
Uno dei cacciatori viene sollevato a mezz’aria, sembra come se un gigantesco uccello fatto d’ombra e fumo l’abbia preso, con un rapido colpo gli apre uno squarcio sulla pancia e il poveretto grida dal dolore, poi viene lasciato cadere e stramazza al suolo macchiando la neve.
“Andate via, subito!” Grida l’occhialuto, correndo verso lo scontro con la spada in pugno.
Ma cosa spera di fare!?
“Cristus…” Sussurro io, l’ombra si ferma, stava coprendo di graffi un altro cacciatore ma ora sembra guardare verso di me, grida ancora, io rimango pietrificato, il demone vola rapido verso di me, io mi abbasso a faccia a terra.
Sento un grido, “Sam!” Mi alzo e vedo l’ombra che di avventa su di lui, mio fratello cerca di lottare ma non credo che resisterà ancora per molto, ho bagnato i proiettili con l’acqua santa, sparo al demone ma non sembro fargli troppo male, lo distolgo da Sam e lo chiamo verso di me, sono proprio sulla trappola, vieni a prendermi bastardo…
Lui grida e si precipita verso di me, di nuovo, mi scaraventa contro un albero e io avverto il dolore dell’impatto, prima di rovinare nella neve, il demone si muove ancora come prima… non è possibile, la trappola non lo ha fermato, si avventa sui quattro cacciatori ancora vivi, zoppicando mi alzo e mi avvio verso l’Impala, Sam sanguina copiosamente, ha tagli sul viso e sul torace e una ferita da oggetto contundente sta alla base dell’addome, metto in moto e scappo a velocità sostenuta.
 
(ospedale di Frankfort ore 00:56 4 Gennaio 1997)
 
“Aiutatemi vi prego, mio fratello sta male…”
“Cosa gli è successo!?”
“Eravamo per strada, lo hanno aggredito…” È più o meno la verità…
Resto in un angolo della sala mentre cercano di rianimarlo, non sto pensando a niente, sto solo osservando un angolo vuoto con le mani fra i capelli…
“Carica… Libera!”
Quel suono monocordo, stridulo, non riesco a non pensare a quanto somigli al grido di quel demone…
“Ancora, carica… Libera!”
Spalanco gli occhi, ora riesco a pensare, sto pensando a Sam, solo a Sam, non sto pensando a un momento preciso, ad un avvenimento, penso solo a lui e resto il respiro mancarmi mentre il cuore rimbalza nel petto rimbombando in gola ed in testa, ho mal di testa e sudo…
Non posso guardarlo, non ci riesco, vorrei uscire ma ho le gambe di piombo, la bocca mi si secca e non riesco a piangere…
 
“Carica…”
Stavolta guardo, sono tutti attorno al suo letto, cercano di rianimarlo, ossigeno, defibrillatore, massaggio cardiaco… Vorrei dire loro di lasciarlo stare, vorrei semplicemente che fosse possibile per me, avvicinarmi dargli uno schiaffo e farlo svegliare, poi ridere mentre guardo la sua faccia indispettita, maledetto me… Ho vissuto cercando sempre di soffocare il pensiero di vederlo morto, ripenso a quanto mi ha detto papà, al fatto che se Sam fosse diventato uno schiavo del male avrei dovuto ucciderlo, non avevo mai pensato a quello, in generale credo di essermi illuso che il mio fratellino e io saremo potuti stare per sempre insieme…
Sam aveva ragione: quel demone va oltre noi, va oltre lui… Non obbedisce a nessuno, vive per uccidere e stanotte ha ucciso, non ho idea di che cosa sia o da dove sia arrivata, ma ora è qui e non credo che mi lascerà andare…
“Libera!”
Il suono cambia, e la linea crea di nuovo quei picchi verdi sul monitor, sento il cuore quietarsi di botto e stavolta riesco a piangere, anche il mio respiro, pian piano torna regolare.
“Grazie Sam…” Bisbiglio a labbra strette. 
 
 
Ore 5:57
 
Sono rimasto con lui tutta la notte, inutile dire che non ho chiuso occhio, sono andato a prendere il diario di papà, volevo vedere se riuscivo a trovare qualcosa su… quell’essere… Non ho trovato nulla, niente che potesse anche  solo vagamente somigliargli… Non ho mai visto un demone così potente, la trappola non l’ha fermato, l’acqua benedetta gli ha fatto solo il solletico e Cristus lo ha solo fatto incazzare.
Mi dispiace Sammy, avevi ragione tu, è una cosa che va oltre noi, gli prendo la mano e intanto mi appoggio sulla poltrona, sono stanco, mi sono già bevuto quattro caffè ma credo che ormai non mi facciano più molto effetto, il suono stridulo del monitor cardiaco accompagna questa lunga notte.
“Sammy…” Non so nemmeno cosa posso dirgli, “ti avverto, se muori me la pagherai…” Provo a ridere ma non ci riesco, provo a illudermi di poter gestire la situazione ma è davvero troppo.
 
“… Totale di ventotto persone decedute questa notte…” Alzo lo sguardo, è il notiziario delle sei, così mi alzo in piedi e ascolto meglio.
“Molti stanno abbandonando la città, in dieci giorni ci sono stati ben quasi cento morti, le autorità non riescono a spiegare questo fenomeno, se la situazione dovesse peggiorare ulteriormente la città sarà evacuata, è stata già mobilitata la guardia nazionale, alcuni fanatici si radunano nelle strade affermando che è giunta la fine del mondo, noi consigliamo a tutti di restare in casa nelle ore notturne, perché è di notte che questi misteriosi assassini colpiscono, state al sicuro e non uscite dopo la mezzanotte ma se potete… abbandonate la città…”
Ora non ascolto più, mi volto lentamente verso Sam, poi rivolgo il mio sguardo alla finestra, non ho mai vissuto una situazione del genere, e questo è un demone solo…
“Che cosa sei tu…?” Sussurro rivolto verso l’orizzonte nero, prima di voltarmi a causa del ritorno di quel suono stridulo…
“Infermiera!”
 
 
 
Gabriel ha voluto accendere la radio, io avrei lasciato perdere, questa canzone mi turba alquanto.
 
So tell every creature of the night…
The kill is around the bend…
Listen my friend…
Nightwing flies again…

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Nightwing pt2 ***


(Frankfort Kentucky 4 Gennaio ore 9:00)
 
“Non potete andarvene, mio fratello ha avuto un arresto cardiaco qualche ora fa, gli serve aiuto!”
L’infermiera si divincola, allontanandosi di qualche passo, “suo fratello è già morto, si rassegni, non possiamo fare niente… lei non è di qui vero…?”
Rimango piuttosto attonito: “no, ma che centra!?”
“Se fosse di qui saprebbe con cosa abbiamo a che fare, e non esiterebbe ad andarsene…”
Rifletto su queste ultime parole, quindi la gente sa? Perché? Non importa, loro sanno contro cosa combatto!
“Tu sai che cosa c’è la fuori!? Devi dirmelo, io caccio cose di quel genere, lo faccio come lavoro, devi dirmi tutto quello che sai.” Insisto trattenendo l’infermiera per il braccio, lei continua a fare resistenza, non cede, se Sammy sapesse quello che le ho detto si arrabbierebbe ma adesso non c’è tempo per la cautela, bisogna agire.
“C’è solo una cosa che posso dirti: vattene! Finché sei in tempo, è mattina, lui uscirà questa notte al calar del sole, noi per allora saremo lontani, tu devi…”
“Non lascio mio fratello solo.”
Lei sembra rassegnata: “be quand’è così, lo rivedrai presto non preoccuparti.”
Si allontana correndo a perdifiato per il corridoio deserto. 
 
Che faccio ora!? Che faccio!? Torno al capezzale di Sam, sedendomi sulla poltrona, c’è più silenzio ora, quasi tutti se ne sono andati, gli abitanti di questa città devono sapere qualcosa, sanno con cosa ho a che fare, ma vedendo come fuggono direi che non sanno come ucciderlo…
Già, perché tu Dean, dai per scontato che ci sia un modo per ucciderlo, ti stai illudendo lo sai questo?
Maledette voci impertinenti, mi alzo e guardo fuori, la città si sta svuotando pian piano, è assurdo, non ho mai visto una cosa del genere, questo demone è troppo forte, è vero: non posso sconfiggerlo, comunque non da solo…
Non che io e Sammy insieme abbiamo fatto tanto meglio, per poco non morivamo entrambi.
Ora come faccio con lui? Non so che fare… Non so che fare… Mi metto le mani fra i capelli, cercando di farmi venire in mente qualcosa, forse è vero: scappare è la soluzione migliore, ma al diavolo, non posso lasciare qui Sam. È ancora vivo, finché quella fottuta macchinetta suona con più di una nota, è vivo!
 
Se solo sapessi il nome di quel figlio di puttana, potrei cercare qualche informazione su di lui, sul diario di papà non c’è niente, è qualcosa di diverso, di antico e maligno… Merda! Come posso fare!? Pensa Dean, a cosa!? Non c’è niente fa fare… Forse solo, aspettare qui, assieme a Sam, che quella cosa non ci venga a prendere entrambi, non mi sono mai arreso in tutta la mia vita, ma qui è tutto diverso, nessun cacciatore può essere tanto forte… nessuno.
 
 
Ore 12:37
 
È pazzesco, sembra un esodo, la gente sta sgomberando il paese rapida e terrorizzata, qui la faccenda è seria, e anche Gabriel sembra essersene accorto, non c’è più ordine costituito non c’è più niente, c’è solo una massa enorme di gente che fugge, nessuno ci impedisce l’ingresso in città, molto semplicemente queste gentili persone ci danno già per spacciate, tranne una signora anziana che si avvicina a noi.
“Cosa fate!? Dovete andare via, lui tornerà stanotte e prenderà anche voi!” È letteralmente terrorizzata, io allora mi avvicino, sporgendomi verso il finestrino del conducente, da cui lei sta parlando.
“Perché c’è l’ha con voi? Cosa avete fatto?”
Lei si mette a piangere disperata e dice qualcosa che non riesco a capire, riconosco solo un: “patto… pagato…”
Mille domande mi assalgono, patto? Con cosa hanno affatto un patto queste persone!? A giudicare da questa fuga disordinata ho idea che non sarà una passeggiata, non ho mai visto nulla del genere, la qualsiasi cosa da cui scappando deve essere terribile.
Gabriel pare pensare alle parole della signora, sembra che stia rimuginando, ha capito qualcosa forse? In ogni caso non ho il tempo di capirlo perché una donna, allontana la vecchia dalla nostra macchina e anche lei ci consiglia di fuggire.
Bé non c’è che dire, sono ospitali da queste parti, come lo trovi il tempo di dirti battute idiote Dylan!?
“Ti conviene chiamare gli Winchester, adesso.” Asserisce Gabriel, sempre guardando la strada, sono tentato di chiedergli se ha effettivamente capito cosa sta succedendo e cosa ha liberato quel demone nel granaio ma intuisco che non c’è tempo da perdere e prendo il telefono.
“Sì, se sono ancora vivi” lo dico come mezza battuta, ma non riesco a pensarci seriamente, e se… no, no, loro sono vivi, entrambi, so che lo sono, ci vuole ben altro per stendere quei due bastardi.
 
 
Ospedale ore 12:37
 
“È buffo sai, vorrei che ci fossi io lì sdraiato attaccato ad una macchinetta dal suono insopportabile, perché tu di sicuro se fossi al mio posto avresti già trovato: il nome di quel bastardo, come farlo fuori, e come portarmi via da qui…” Sorrido un poco, forzatamente anche, se almeno devo morire voglio farlo divertendomi un po’, “sai che ti dico, forse i nostri metodi non saranno funzionanti, ma io combatterò questa sera, quel demone figlio di puttana non mi avrà senza combattere.”
Quasi riesco a sentire Sam, lo sento nella mia voce, e mi sta dicendo di andarmene, di mettermi in salvo, tipico di Sammy: vuole fare l’eroe, posso sentirlo: “Dean, io sono spacciato ma tu puoi ancora salvarti!”
“Non posso farlo capisci, Sammy io non posso andarmene e lasciarti qui…” Prima che finisca di parlare mi rendo conto di una cosa: il colorito di mio fratello sta assumendo una spiacevole nota grigiastra, come se il sangue fosse scomparso, senza uscire…
Sento il cuore che batte più veloce, mentre mi rendo contro di cosa sta accadendo, no Sam…
Provo a chiamarlo, scuotendolo un po’: “Sam! Sam!” Nessuna risposta, ma che mi aspettavo!?
No Sam…
All’improvviso un suono stridulo, elettronico, mi scuote, mi volto: il telefono di Sam, sta squillando, l’avevo lasciato sul comodino, sta squillando ancora, chi può chiamarlo adesso!?
Insiste, a quanto pare è una cosa importante…
Mi avvicino, il nome che trovo scritto mi spiazza per diversi secondi, ma alla fine accetto la chiamata…
 
 
 
Ospedale ore 13:12
 
Entriamo nella piccola stanza dell’ospedale, e subito sento un tuffo al cuore quando mi rendo conto cosa intendeva Dean con: non può rispondere, Sam è in condizioni precarie, e suo fratello non sembra contento di vedermi, spero non cominci a fare la vittima non mi va proprio di discutere con lui, se almeno ci fosse Sam, passeremmo oltre queste schermaglie inutili.
“Mi chiamo Gabriel Van Helsing, conoscevo tuo padre” si presenta il mio compagno stringendo la mano a Dean.
“Ah sì? Non ti ha mai menzionato.” Afferma Dean, non scomponendosi più di tanto, io alzo gli occhi, lui sembra notarlo e non sembra apprezzarlo, me ne frego: non devo dare giustificazioni a lui.
“Hai qualcosa da ridire!?” Mi chiede, in maniera brusca, io alzo le braccia, non è il momento per discutere, con lui poi… so che non sarebbe più finita.
“Ma lui parlava tanto di voi, so che cosa è successo a Sam, so contro cosa combattiamo.” Prosegue Gabriel, assicurandosi che Dean stia a sentire, lui non sembra più di tanto interessato, potrei prenderlo a schiaffi quando fa così, ha un’evidente deficit di attenzione.
“Combattere? Non c’è niente contro cui combattere, voi non l’avete visto: abbiamo già perso, non c’è battaglia… non questa volta.” Il fratello di Sam appare distrutto, stavolta non posso non provare pena per lui, sembra un sopravvissuto, lo è anzi… quel suo atteggiamento mi preoccupa: quanto è forte la cosa che dobbiamo combattere, se ha ridotto così gli Winchester!?
 
“Ti sbagli Dean…” Replico io, cercando di farmi coraggio ricordando le parole di Gabriel,  lui è di spalle, “possiamo ucciderlo se solo…”
“Se solo cosa!? Se ti ascolto!? Se facciamo a modo tuo!? Adesso vuoi aiutare Sam!? Sembrava non importarti più di tanto quando te ne sei andato!”
“Non dare la colpa a me di quello che è successo! C’eravamo promessi di essere sinceri, ma tu non potevi proprio dirmelo che avevi mezzo esercito americano alle costole!”
“E tu da buon amico, appena hai visto l’occasione te la sei svignata, la scorsa notte io e Sam saremmo potuti morire, forse se fossi stato con noi…”
“Cosa!? Sarei morto pure io!? Allora sì che avresti un motivo per essere contento!”
Dean corre per assalirmi e io faccio lo stesso, ma Gabriel si pone tra noi e ci blocca: “d’accordo, basta, basta!”
Ci divide, Dean ancora schiuma di rabbia, ma anch’io, non posso lasciarlo parlare così di me…
Crede di avere ragione? Non deve aver preso abbastanza sberle da bambino, bé se è accorto di insegnamenti posso rinfrescarlo io, non aspetto altro.
“Ma bravi, dobbiamo affrontare il demone più spietato e sanguinario della storia e siete qui a litigare come due marmocchi per un giocattolo! Possiamo avere i nostri problemi, ma tutti vogliamo aiutare Sam, avete voglia di morte!? Voglia di uccidere, allora conservatevi l’energia per Nightwing, lui è la fuori e dobbiamo fermarlo!” Il tono di Gabriel è perentorio, sembra quasi un padre che sgrida i due figli in competizione, mettendoli di fronte ad una cosa più grande che solo uniti possono fronteggiare.
Dean sembra incredulo, “Nightwing?”
Gabriel, riprende fiato: “credo sia ora di spiegarti un paio di cose, ragazzo mio.”
 
Il mio compagno di viaggio trae dalla sua borsa un grosso tomo, e cerca tra le pagine, frattanto io e Dean abbiamo il tempo di scambiarci un’altra occhiata truce.
“Ecco, qui.” Gabriel fa avvicinare Dean.
“Nighwing è un demone molto potente, uno dei principi dell’inferno, sterminatore, fu lui a causare la peste nera del ‘300, può essere imprigionato solo tramite complicati rituali, che noi non possiamo replicare al momento.”
“Un momento, se hai detto che causò la peste, girava sia di notte che di giorno.” Interviene Dean con evidente incredulità, indicando l’illustrazione del libro.
“In effetti è così, ora gira solo di notte perché è ancora debole, ma fra non molto sarà in grado di agire anche di giorno, e per quando questo accadrà nulla potrà ucciderlo, è per questo che dobbiamo agire stanotte.”
Dean insiste: “però non capisco, perché è uscito, come ha fatto?”
Intervengo io: “sai quando vi dicevo che cercavo dei ladri di manufatti antichi e preziosi? Bé ho scoperto che dei demoni li stanno radunando per completare un rituale che consenta di liberare, creature come Nightwing.”
Il giovane Winchester mantiene l’aria preoccupata e vagamente curiosa, tutte queste novità erano inaspettate, ma sembra quasi più tranquillo, come se sapere di più sul proprio avversario contribuisse a renderlo meno terrificante.
“Negli anni è uscito altre volte, ma sempre per poco tempo, finché non è stato relegato definitivamente, dopo aver sterminato la gente di Headless Cross, avevano fatto un patto un lui e poi non lo avevano pagato, ho il sospetto che sia successo anche con questa piccola città, molti anni fa.”
 
“Che successe alla gente di Headless Cross?” Insiste Dean.
“Bé, cercarono di scappare, ma Nighwing li raggiunse e ne fece strage, nemmeno uno sopravvisse.” Risponde Gabriel con tono grave e deciso, parlava di massacri e demoni assassini con una leggerezza disarmante, anche per uno che fa quel lavoro.
“La sua influenza è in grado di ammalare gravemente la gente che ferisce, ecco quello che sta accadendo a Sam.”
Dean, si sposta, si avvicina al fratello e gli tocca la fronte, con apprensione.
“E come possiamo salvarlo?” Il suo tono ora è intriso di preoccupazione, spero che Dean acquisti maggiore lucidità per quando combatteremo il demone, così preoccupato e instabile non mi dà sicurezze.
“La vita di Sam è legata al destino del demone, non so quanto tempo gli resti, ma se Nightwing sopravviverà, per Sam sarà la fine.” Gabriel chiude il pensate libro e lo sistema nella borsa, voltandosi, forse per non incrociare lo squadro di Dean.
Lui sembra distrutto, non riesce a parlare, nemmeno io, sto cominciando a sentirmi in colpa per aver abbandonato gli Winchester, Sam… Forse avrei potuto fare qualcosa… voglio dire so che ho preso la scelta giusta ma ora come ora sono assalito dai dubbi: dopotutto da quando li ho lasciati non ne ho combinata una giusta.
 
“Molti demoni adesso non si muovono, demoni che da tempo sono su questa terra, hanno paura, perché sanno che… Nightwing vola ancora…” Afferma Gabriel, annuendo e guardando in basso.
 
Dean si alza: “allora vediamo di tagliarli le ali una vola per tutte. Come lo ammazziamo?”
 
Gabriel sorride, raggiunge la sua borse e trae da essa una corta spada d’argento: “con queste.”
 
 
Ore 15:45
 
Gabriel esce per fare un giro d’ispezione, io intanto verso altra acqua benedetta sulla lama.
Dean è chino su Sam, posso sono immaginare cosa sta provando in questo momento, dentro di me sento l’impulso di parlare, di dire qualcosa ma so che forse non sarebbe appropriato, dopotutto Dylan Dog non è certo famoso per essere un chiacchierone, eppure so che se dovessimo morire e io non avrò detto a Dean quello che voglio dirgli…
“Mi dispiace per Sam…”
“Non voglio sentirlo…”
“Non mi interessa perché sai che è così, e se me ne sono andato è stata solo colpa tua.” D’accordo questa forse era troppo, e difatti il biondo non sembra averla presa bene, Dean si alza: “tu sei un egoista, lo sai questo vero? Te ne sei andato perché stavi cominciando a diventare uno di noi, e io…” Si interrompe, come se ci fosse qualcosa che non vuole dire, che non vuole ammettere, ma sul discorso che ha fatto non ha tutti i torti, non trova le parole, probabilmente è troppo preoccupato per Sam.
“Tu hai sempre lavorato da solo, cinico e freddo, non volevi stare con noi perché stavi diventando un essere umano, e ti piaceva, e questo non lo vuoi accettare…”
Dylan si volta, ora mi dà le spalle, come se quello che ho detto lo abbia colto nel profondo, bé era quello l’obbiettivo, l’ho inquadrato subito, e alla perfezione, maledetto me che ho pensato che poteva essere dei nostri, già mi ero prefigurato come saremo anche potuti essere più forti con un cacciatore del suo calibro tra noi, e poi… maledetto me! Affezionarsi agli sconosciuti, lo rimprovero a Sammy ma non sono certo meglio…
“Non potrei dirti che hai torto, mentirei…” Asserisce, sempre voltato di spalle.
“Io non sono fortunato come te Dean, non ho amici, non ho nemmeno…” Indica Sam con ma mano, “un fratello che mi stia vicino, è il nostro lavoro dopotutto.” Sta ammettendo di avere torto? Non credevo che ne sarebbe mai stato capace, può giocare a fare l’eroe dannato quanto gli pare ma con me non attacca, lui ci ha abbandonati, se io ho colpe sono quelle di averlo lasciato venire con noi.
Ora si volta, “hai ragione me ne sono andato perché volevo stare da solo, come ai vecchi tempi, ma la verità è che non sono più stato me stesso, mi sono perso Dean… Pensavo a voi, e a tutto quello che abbiamo passato insieme.”
Sembra veramente dispiaciuto, non mi piace vederlo in questo stato, anche lui deve sapere la verità: “hai ragione Dylan, avrei dovuto dirti della polizia, ma avevo paura, che te ne saresti andato per questo, e alla fine è proprio quello che è successo, ma quando te ne sei andato anche noi non ci siamo ripresi, volevo tanto odiarti ma non ci sono mai riuscito… Sei dei nostri dopotutto, avevo…”
“Avevamo bisogno di te, e lo abbiamo ancora.”
Mio Dio mi faccio pena ma non sono riuscito a fermarmi, non voglio che ci sia risentimento tra noi, non dico che sono pronto a farlo tornare nel gruppo ma dopotutto dobbiamo affrontare una calamità e non possiamo farlo se non ci fidiamo l’uno dell’altro, anch’io gli devo qualcosa, dopotutto siamo stati forti insieme, divisi siamo caduti…
 
Dylan mi si avvicina, mi porge la mano, io la stringo con molto piacere, non ce la facevo a rimanere in conflitto con lui, e sono contento che ci siamo chiariti.
“Ora andiamo a prendere quel figlio puttana.” Asserisce lui con tono deciso.
 
Gabriel ricompare sulla soglia: “il sole sta calando compagni, preparatevi.”
 
 
(Frankfort Kentucky, 4 Gennaio ore 18:05, quindici minuti dopo il tramonto)
 
Dean rimane a guardare l’area attorno a noi, ancora non si è capacitato del fatto che dovremo usare delle spade, sembra incredulo e in tutta sincerità non posso dargli torto, mi manca la mia: Bodeo 89, ma devo farmene una ragione, lottiamo contro un principe dell’inferno: il vecchio trucco del farsi lanciare la pistola di Groucho non funzionerebbe.
Fa piuttosto freddo, mi avviluppo nella mia giacca di pelle nera, ma ancora mi sento congelare, non ho idea se questo demone centri qualcosa ma non mi sono mai sentito così nervoso…
“Tutto ok Dean?” Chiedo cercando di stemperare la tensione, lui annuisce e sorride: “certo come no: ci siamo ridotti a fare i cosplayer come per una fiera rinascimentale” scuote la testa e guarda ancora fuori, tamburella le dita sul volante dell’Impala, posso sentire la sua ansia, non so se sia pari alla mia ma di sicuro non è una passeggiata per nessuno.
“Dylan, quanti altri cacciatori ci sono in Gran Bretagna?” Questa domanda non me l’aspettavo, non capisco se gli interessa davvero la risposta o se me lo ha domandato solo per non pensare a Gabriel e il suo folle piano…
“Ehm, bé, ce ne sono… non tantissimi ma…” a dire la verità non ho mai saputo se ci fossero altri cacciatori in Gran Bretagna, bé: mia madre lo era ma a parte lei non ne ho mai conosciuti altri.
Dean però sembra interessato, tanto che ora ha smesso di concentrarsi sulla strada e la sua insolita arma, ora si è voltato verso di me e mi studia con gli occhi, mi imbarazza alquanto quando fa così in vero.
“Tu come hai cominciato?” Chiede con finta superficialità, ma se me lo chiede vuol dire che gli importa e non capisco come mai questo moto d’interesse improvviso, “bé, mia madre me l’ha insegnato…” rispondo guardando un altro punto nella macchina, “io e lei eravamo una squadra, era forte…” i ricordi mi assalgono impetuosi, una fredda mano mi si pone sul viso e sento lo stomaco contorcersi, “… però non mi piace ricordarlo… io non ne parlo mai con nessuno, non parlo mai con nessuno in generale… non sono fatto per le chiacchierate a cuore aperto Dean e probabilmente ti sembrerò patetico ma… parlare di mia madre fa troppo male.” Non so se sto piangendo, no: non è da me, a volte vorrei ma è come se non avessi lacrime conservate, è come se avessi deciso di ingoiarle tutte.
Dean annuisce amareggiato, non dice nulla, è meglio così: non voglio sentire nessuno frase fatta o strappalacrime, non lo sopporterei e certo non me l’aspetto dal giovane Winchester.
“Tutto quello che mi ha lasciato è questo” metto una mano sotto la giacca e i vestiti superiori ed estraggo la medaglietta, Dean la prende in mano esaminandola, non credo che ci legga chissà quale significato, “mi disse: “quando troverai la sua compagna, tutto ti sarà chiaro.” Non ho mai capito di cosa parlasse, ma credo che sia una cosa che ha a che fare con mio padre.” Rimetto la medaglietta al suo posto e Dean mi guarda perplesso: “non hai conosciuto tuo padre?” Chiede, constatando l’ovvio, io annuisco ma poi alzò le spalle: “non mi importa, io e mia madre ce la siamo sempre cavata alla grande, non mi interessa mio padre, se non ha voluto stare con mia madre non merita nemmeno che lo veda, quindi… non è un problema per me.”
 
Non ho idea se Dylan lo pensi veramente o no, ora si volta e guarda la strada, ignorandomi, ho il sospetto che mi nasconda qualcosa, ma lo conosco e so che non dirà niente, io certo non pretendo che si confidi ma mentirei a me stesso se mi rassegnassi all’idea di non saperne mai nulla.
Pensa a concentrarti Dean, tuo fratello è sdraiato su uno squallido letto da ospedale e un demone medievale schifoso gli sta prosciugando la vita, pensa a lui Dean…
Con il pensiero di Sammy, torno a guardare fuori: ad un certo punto vedo qualcuno venire verso di noi… Gabriel sta correndo, il suo piano ha funzionato…
“Dylan, fuori presto! Dobbiamo prepararci, dietro gli alberi, svelto!” Dylan scatta fuori, la spada in pugno, esco anch’io e mi preparo, nascondendomi dietro un albero, in attesa che Gabriel ci raggiunga…
Mentre il cuore accelera, sento un rumore secco e stridulo, come un battito d’ali… il sangue mi si congela nelle vene, devo essere lucido, devo rimanere lucido…
Prendo un bel respiro e stringo l’elsa della spada aspettando che il rumore si avvicini, sento Gabriel correre sulla neve, lancio un rapido sguardo a Dylan: nascosto anche lui dietro un albero, pronto a balzar fuori al momento esatto, il battito d’ali si fa più vicino e pure il freddo sembra essere aumentato, chiudo gli occhi e cerco di concentrarmi ma un improvviso moto di paura mi blocca…
“Ora!”
Dylan balza fuori, e sparisce dal mio campo visivo…
 
La creatura è sopra di me: vola a mezz’aria, sembra essere fatta di un denso fumo nero, non riesco a distinguerne la forma, come capisco dov’è il cuore!?
“Dean, forza!” Grido, mentre cerco di resistere all’impatto psicologico che il demone ha su di me, Gabriel ha preso la sua spada dalla macchina e sta fronteggiando la creatura, che vola sopra di lui, colpendolo con i poderosi artigli…
Mi getto all’attacco, provo a colpire un’ala ma è troppo in alto, Nightwing si accorge di me e mi sento raggelare…
“Dylan, lascia perdere quello che vedrai, sta cercando di renderti debole!” Grida Gabriel, passando sotto il demone e ferendolo a quella che credo sia una gamba,  mi riprendo, appena in tempo per schivare una manata e rotolare nella neve, mi rimetto in piedi a fatica a cerco di stare fermo sulle gambe tremanti, avanti con la spada in pugno e meno fendenti con rabbia, pensando ad uccidere, non a sopravvivere, uccidere…
“Dove diavolo è Dean!?” Chiede Gabriel, che cerca di spostarsi con rapidità, il demone pare prevedere ogni nostra mossa, afferra Gabriel e lo scaraventa contro un albero, il cacciatore perde sangue dalla spalla sinistra e sembra avere un graffio in faccia, io mi volto per vedere dove si trova Dean, temendo il peggio…
Lo vedo: è ancora accovacciato dietro l’albero, impietrito, non si muove, gli occhi sbarrati… ma che cosa diavolo!?
“Dean! Dean! Vieni, abbiamo bisogno di te! Muoviti cazzo!” Grido, ma lui parve non sentirmi, provo a correre verso di lui, ma il demone mi precede, schivo un’artigliata a colpisco la mano, ma l’altra mi afferra la gamba e me la stringe con forza, provo a colpire ma ho paura che potrei ferirmi e così cerco di divincolarmi, se inietta anche in me il veleno può nutrirsi della mia forza vitale e sarà finita, soprattutto perché Dean non è nelle condizioni di aiutarci…
“Dylan!” Grida Gabriel correndo verso di me e colpendo con forza la mano del demone, che si ritrae gridando dal dolore, Van Helsing mi aiuta a rialzarmi e io provo a riacquistare la libertà di movimento nella gamba ma la sento dolorante e non so nemmeno se posso camminare, i miei piedi si sono congelati, io sto congelando da dentro…
“Dean, porca puttana vuoi uscire ed aiutarci!” Gabriel approfitta della ferita della creatura e corre verso il giovane Winchester, ancora fermo ed attonito, gli occhi spalancati e le membra tremanti.
Gabriel scuote il ragazzo per le spalle: “sveglia Dean! Non crederci, sono menzogne, cerca di manipolarti usando le tue debolezze!” Provo ad avvicinarmi a Dean ma Nightwing si è ripreso e con un poderoso colpo mi scaraventa contro un albero, sento un terribile dolore alla spalla, rimango a terra gridando, contorcendomi nella neve, non riesco a muovere il braccio…
Gabriel si volta ma la bestia è dietro di lui, non fa in tempo a sollevare la spada che Nightwing lo afferra, lo solleva a mezz’aria…
“Gabriel… no!” Grido da terra, provo a rialzarmi, ci riesco, afferro la spada con l’altro braccio e corro verso il demone, Van Helsing si divincola e riesce a liberarsi, afferra la spada e cerca di colpire la bestia, io corro e grido, il demone colpisce Gabriel al volto facendolo cadere, poi si volta verso di me e con una poderosa artigliata mi disarma, aprendomi uno squarcio nell’altro braccio…
Rovino a terra gridando, la neve attorno a me sta diventando rossa e il braccio sinistro perde sangue copiosamente, mi vedo perduto…
Nightwing prepara un secondo colpo ma ecco Gabriel!
Il demone però lo sente arrivare, si volta e lo afferra per la gola, lo solleva nuovamente, devo alzarmi… devo farlo!
Faccio appello a tutte le mie forze ma non riesco a ricavare niente, e non posso far altro che gridare a Dean di salvarci ma lui non si muove… allora chiamo con forza il demone, sperando che si giri e se la prenda con me ma questi non si volta, vedo comparire dalla sua mano fumosa qualcosa di orribilmente simile ad un artiglio oblungo nero e fumante…
Prima che possa rendermene conto il colpo viene scagliato, l’artiglio si conficca dritto nel petto di Gabriel che spalanca gli occhi e la bocca gli si arriccia in una smorfia di dolore…
Il sangue cade sulla neve, la bestia estrae l’artiglio lasciando cadere il corpo senza vita di Gabriel…
 
Nemmeno riesco a capire cosa sto provando adesso, so che il dolore fisico mi è quasi sparito, ancora attonito: osservo il cadavere del mio amico che giace nella neve, il demone si volta verso di me, ecco: ora so che è finita, presto rivedrò mia madre, potrà dirmi tutto, potrà anche spiegarmi chi sia mio padre, perché io lo voglio sapere, ora so di volerlo sapere…
L’ombra nera è su di me…
Forza, fai in fretta…
Chiudo gli occhi preparandomi al peggio…
 
Non avverto però alcun artiglio, non mi sento trafitto, sento però un grido lancinante echeggiare attorno, apro gli occhi: la bestia sembra ferita, qualcosa l’ha colpita… Dean!
Lo vedo stringere la sua lama e gridare all’indirizzo del demone che sembra non riuscire più a volare, Dean carica un secondo colpo ma viene anticipato: la bestia lo afferra per la gola…
Sentendo il cuore esplodere e il corpo diventare incandescente, faccio appello a tutte le mie forze: afferro la mia spada e alzo il braccio quel tanto che basta per colpire…
Il demone lascia Dean, ma ha perso la sua spada: “Dean!” Grido lanciandogli la mia, prima di crollare sulla neve sfinito… 
 
“Allora, si è svegliato?”
Dean… non Dean… non lui… afferra la spada!
“No, ma sembra che stia sognando qualcosa, vieni a vedere.”
Conosco quella voce, non la sentivo da tempo però…
Dove sei madre? Sei qui? Perché non riesco a vederti? Vedo tutto buio e sento delle voci…
 
“Come va la ferita?”
Ferita? Chi è ferito? Gabriel, cos’è successo a Gabriel!?
“Apposto, il sangue si è fermato ma non se la caverà con poco, l’altro braccio è rotto, ci dovremo arrangiare con quello che abbiamo prima di trovare un vero ospedale…”
Il braccio? Quale braccio? Il mio? Che dolore! Non mi sento più le braccia, vi prego ammazzatemi!
 
“È assurdo Dylan, sei sopravvissuto a uno dei demoni più potenti e sanguinari della storia e vuoi che ti ammazziamo noi?”
“Sam!” Grido aprendo gli occhi… la testa mi fa un male terribile ed entrambe le mie braccia sono in uno stato pietoso: il destro è appeso al mio collo e il sinistro fasciato come una mummia, quasi non  riesco a muoverlo, sento lo stomaco agitarsi, questo schifo di macchina lo conosco: è l’Impala!
Sam mi guarda, sembra stare benone, prima che possa dire qualsiasi cosa mi abbraccia, io rimango fermo, non riesco a circondarlo con le braccia…
“Sam…” dico osservandolo, “… ce l’hai fatta, sei vivo” lui scuote la testa e io rimango ancora più sorpreso, “voi ce l’avete fatta” asserisce lui con un mezzo sorriso, sembra molto più in forma dell’ultima volta che l’ho visto è un bene, “ma dov’è Dean?” Chiedo guardandomi attorno, Sam mi indica un luogo fuori dalla macchina.
 
 
Dean è in piedi di fronte ad una pira improvvisata, riconosco il corpo che sta bruciando e non posso fare a meno di provare una fitta terribile al cuore, affianco il giovane Winchester che sembra essersi accorto del mio arrivo ma seguita nel guardare la pira di Gabriel: “mi dispiace Dylan, io… è che… non sono riuscito…” lo interrompo perché ho capito cosa vuole dire: “che cosa hai visto?” Gli chiedo con tono deciso, lui annuisce: ha capito a cosa mi riferisco, perché è successa la stessa cosa a me.
“Ho visto tutti noi fallire, e Sam che moriva… non sono stato in grado di reagire, o meglio… non in tempo” il suo tono autocritico mette in mostra la sua delusione, sembra non riuscire nemmeno a stare con se stesso, non voglio dare la colpa a lui di quello che è successo ma non posso fare a meno di pensare che forse, se ci avesse aiutati dall’inizio, non sarebbe finita così.
“È questo il tuo problema Dean…” lui si volta con aria stupita, io rimango serio: “… la verità è che: potresti affrontare qualsiasi demone, non avresti paura lo so, non hai paura nemmeno di morire e non l’avresti nemmeno della dannazione eterna, ma c’è qualcosa che ti terrorizza e ne sei spaventato perché sai di non poterla controllare…” il suo sguardo si fa curioso e sospettoso, io raccolgo il fiato: “… Sammy: tu non saresti capace di affrontare l’eventuale morte di tuo fratello, e lo capisco è giusto: è tuo fratello e vuoi proteggerlo ma devi capire che tu non puoi lottare contro tutto…” distoglie lo sguardo, non risponde ma sembra infastidito, io insisto: “… è così Dean: non puoi sconfiggere la morte, e devi essere pronto ad accettare che un giorno Sam potrebbe lasciarti…” ma lui non mi lascia finire e sbotta: “è facile per te dirlo non hai nessuno! Non hai legami, non hai affetti, quale lutto potrebbe mai spaventarti!?” Mi sento toccato nel profondo: come osa? Lui non ha nemmeno la più pallida idea di quello che dice, è arrabbiato ma non sono disposto a perdonargli quello che ha detto solo per il suo stato emozionale, mi faccio più vicino e lo guardo truce: “ieri sera ho perso un amico, anche a causa tua… ho anch’io dovuto affrontare un lutto importante, non venire ad insegnarmi la sofferenza Dean… io parlavo per  te, non voglio che tu ti riduca all’ombra di te stesso e viva nel passato…” detto questo strappo la mia medaglietta dal collo e senza pensarci troppo la getto nel fuoco.
Dean sembra incredulo, io non lo guardo e continuo a fissare le fiamme, da cui scaturisce fumo grigio che riempie il cielo bianco del paese deserto.
“Il passato è andato… non dobbiamo farci sopraffare da esso, non lasciamo che ci tolga future opportunità” detto questo mi avvicino per dare una pacca sul braccio a Dean e rivolgergli un sorriso amaro, poi mi volto verso il cadavere di Gabriel: un’amara tristezza mi assale ma mi faccio forza e cerco di non mostrarmi debole: “addio amico…” lo saluto con voce soffocata.
Mi volto diretto verso la macchina, Sam ci sta aspettando appoggiato alla portiera, gli sorrido sincero ed entro in macchina, “allora vieni con noi!” Afferma lui con entusiasmo dubbioso, io annuisco: “sì, non voglio perdermi l’opportunità” mi volto verso Dean che sta guardando verso di me, gli faccio cenno di raggiungerci lui esita alcuni istanti poi si allontana dalla pira, fa un cenno a Sam che entra in macchina, il fratello lo imita sistemandosi al posto di guida, io cerco di mettermi comodo ignorando il dolore alle braccia: “allora…” dico mentre Dean gira la chiave, svegliando l’Impala, “… dove si va?”
Dean per tutta risposta accende la radio, non conosco questa canzone ma sembra orecchiabile:
Carry on my wayward son
There’ll be peace when you are done
Lay your weary head to rest
Don’t you cry no more
 
 
 
 
Nota dell’autore:
Eccoci qui amici! Fatemi esprimere sincere scuse per averci messo tanto, ma proprio non ne voleva sapere di uscire questo capitolo…
Dunque: il viaggio dei nostri eroi riprende, chissà quali avventure li attenderanno, per la prossima stagione però vi toccherà aspettare l’anno prossimo, ma non preoccupatevi: gli Winchester e l’indagatore dell’incubo torneranno pronti per una nuova travolgente avventura.
Vi saluto, fatevi sentire con le recensioni mi raccomando: le colleziono 😊

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3983636