Una gara per l'eterna giovinezza

di Chiccaxoxo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 3007 ***
Capitolo 2: *** Ricordi sbagliati, sensazioni giuste ***
Capitolo 3: *** Coriandoli ***
Capitolo 4: *** Valery ***
Capitolo 5: *** Ho dato fuoco alla pioggia ***
Capitolo 6: *** La verità ***
Capitolo 7: *** Al di là del tempo e della storia ***
Capitolo 8: *** In automatico ***
Capitolo 9: *** Mondi paralleli ***
Capitolo 10: *** Quel giorno io ero presente ***
Capitolo 11: *** Eraser ***
Capitolo 12: *** Ho sbagliato ancora ***
Capitolo 13: *** Gemelli ***
Capitolo 14: *** La gara ***



Capitolo 1
*** 3007 ***


Intro:

 

Ho scritto questa storia quando avevo appena sedici anni, nonostante io l'abbia riguardata e sistemata, la trama e i personaggi sono rimasti gli stessi, si tratta quindi di ragazzi poco più grandi dell'età che avevo io all'epoca. Ci sono comunque affezionata, allora internet non esisteva e, tra tutte le ricerche che ho dovuto fare per realizzarla, tramite libri, enciclopedie, film e riviste scientifiche, l'operazione mi richiese circa un anno. Spero sia gradevole comunque.

 

 

 

 

 

 

3007

 

 

“Argon, apri la porta” ordinò Ester.

“Mi dispiace, ma questo entra in contrasto con le disposizioni lasciatemi da tuo padre” la voce di Argon era identica a sempre, calma e suadente.

“Devo ammettere che l'intelligenza artificiale mi sta spaventato ogni giorno di più, il fatto che prenda delle iniziative in autonomia e che neghi qualcosa l'ho ritenuto sempre estremante pericoloso, te lo ripeto, apri la porta” Ester insisteva portandosi le mani sui fianchi.

“Non posso lasciarti passare”

Quella voce mai alterata, senza inflessioni, priva di emozioni, sebbene fosse stata studiata per infondere la più estrema calma, aveva ora il potere di innervosire Ester.

Che accidenti di paradosso, vuoi vedere che quella strana sono io?

“Se insisti a non voler farmi far entrare mi basta premere un pulsante per sostituirti con Valery.”

Il tono di Argon, naturalmente non si scalfì in seguito alla minaccia di Ester: “Valery è ancora in fase sperimentale, non puoi attivarla senza che sussista un caso di vera necessità, e poi comunque c'è qualcosa di malfunzionante in quella macchina.”

“Smettila con la storia che Valery è difettosa, è solo... più umana” lo ammonì la ragazza “Sono certa che le se le promettessi di non dire niente a papà e di non toccare nessun oggetto che si trovi qua dentro, mi comprenderebbe lasciandomi passare, Valery, a differenza tua, sa valutare le varie sfumature delle emozioni e dell'animo unano.”

“Agli ordini”.

In seguito al consenso di Argon, la porta metallica del seminterrato si aprì con un sommesso ronzio elettrico. Ester entrò nel laboratorio di suo padre dicendo : “Argon, accendi la luce”.

Cominciò a camminare guardandosi intorno cercando di non far rumore, un'idea sciocca dal momento che era sola. Il gigantesco seminterrato era nato come garage prima di essere trasformato dal padre di Ester in un laboratorio con la funzione di portarsi il lavoro a casa. In verità, il famoso scienziato Damiano Lanfranchi, godeva di così tanta stima da parte dei colleghi, da potersi permettere di lavorare anche solo da casa, a volte evitava di recarsi al Centro di Ricerca Koller per diverse giornate di fila. Le finestre erano talmente strette e poste in alto, a ridosso del soffitto, da costringere ad un uso costante dell'illuminazione artificiale. Le pareti erano costituite da semplici mattoni grossi, marroncini e grezzi, un materiale di cui Ester non conosceva il nome, il pavimento in parquet avevo un aspetto un po' graffiato e consumato. La ragazza non poté non notare la precisione maniacale con la quale il padre teneva le sue attrezzature di lavoro. Addossati alla parete di fondo si trovavano due armadi elettronici da cui partivano grovigli di fili colorati, Ester pensò che soltanto suo padre avrebbe potuto capirci qualcosa. Un poco più avanti, su un lungo bancone metallico dalla superficie liscia e verniciata di bianco, facevano la loro bella mostra quattro scatole bianche rettangolari piene di pulsanti, ognuna dotata di un piccolo monitor, due di queste erano collegate ad a alcuni dei fili che uscivano dagli armadi in fondo alla stanza. Ester sopirò scuotendo la testa, no, decisamente quella non era roba per lei. La parete di destra era quasi tutta occupata da un mobile con le ante di vetro, al cui interno si scorgevano una marea di strumenti di cui non era dato sapere la funzione. Ester decise che forse non era il caso di porsi tante domande, c'era da perderci la testa.

“Argon, perchè insisti col dire che Valery non funziona bene?” chiede la ragazza continuando il discorso con il supercomputer, con Argon si poteva parlare da qualsiasi punto della casa e non c'era un solo centimetro dell'abitazione che sfuggisse al suo controllo.

“Notai qualcosa di strano in lei quando il nostro costruttore ci sottopose al collaudo preliminare” Argon si era lanciato nella sua spiegazione con quella voce piatta, atona, ma come aveva pensato tante volte Ester, l'uomo dalla quale era stata presa doveva essere molto affascinate “Egli stesso ci confessò di avere inserito dentro di lei un programma particolare, una specie di personalità soltanto sua, questo le permette di pensare in maniera simile ad un essere umano, per questo credo che non sopporti più di tanto di essere trattata da macchina”

Pur avendo registrato le parole di Argon, Ester si era soffermata di nuovo ad immaginarsi il proprietario umano di quella voce, lo immaginava moro, occhi scuri e magnetici, su di lui, di sicuro si sentivano tutte quelle emozioni che nel computer erano andate inesorabilmente perse.

Dove abiti che ti vengo a cercare?

Nonostante le sue fantasticherie, Ester aveva comunque elaborato le spiegazioni di Argon, guardò dentro la sua telecamera digitale che si spostava seguendola: i suoi occhi di cui la casa era disseminata : “E, naturalmente, questo sistema sperimentale sono finiti col darlo a papà.”

“Tuo padre è uno scienziato, uno dei migliori del pianeta, l'azienda che produce questo tipo di supercomputer li ha resi disponibili adesso per la sperimentazione, sono delle novità assolute pur non avendo ancora avuto il via libera per il commercio.”

“Non capisco per quale motivo, essendo stato incaricato di fare ciò, mio padre tenga Valery in standby in questo momento. Vorrei che si decidesse a provarla una volta tanto, sono curiosissima anche io di vedere la sua... personalità.”

Argon continuò con la sua voce atona e suadente, nonostante tutto non si udiva per niente la componente elettronica : “Il primo esame che dovrà affrontare Valery sarà quello di vedere se ha la capacità di entrare in funzione al momento giusto e con tempestività, uno di questi giorni tuo padre farà questa verifica mettendo fuori uso me per qualche minuto e senza avvertire.”

Ester sospirò, finchè era stata bambina aveva sognato anche lei di seguire le orme di suo padre, ma crescendo aveva compreso di essere più portata verso le materie umanistiche, ecco perchè si era iscritta alla facoltà di Filosofia che avrebbe iniziato tra pochi mesi essendosi appena diplomata, a pieno voti, al Liceo Classico.

“Argon, mostrami l'ultima invenzione di papà, credo che si chiami StoriaJou – 01, è qui di sicuro, so che quelli del Centro di Ricerca Koller non l'hanno ancora ritirata.”

“Eccola, è lì davanti a te” Argon accese una ulteriore luce per consentire ad Ester di vedere bene la macchina. Si trattava di una cabina di vetro cilindrica, leggermente sagomata, all'interno della quale si scorgeva un quadro di comando dotato di diversi pulsanti e un piccolo monitor.

“Argon, fammici entrare, apri la porta.”

“Va bene, non toccare niente.”

Non appena la ragazza fu all'interno della macchina, guardò con curiosità i sofisticati comandi chiedendo al computer : “Spiegami come funziona.”

“Questa macchina è in grado di trasportare le persone nel passato, nel futuro non sarebbe possibile; con quella piccola tastiera che vedi si programmano l'anno e il luogo che si vuole visitare, essi appariranno sul display in alto, la levetta argentata serve per decidere se la data dovrà essere avanti o dopo Cristo; tramite i pulsanti rossi si programmano, invece, il mese, il giorno e persino l'ora, i quali appariranno sull'altro display, in basso. Come puoi vedere si tratta di un sistema di estrema precisione. Quando avviene il viaggio nel tempo, si autotrasporta anche la macchina al fine di consentire al viaggiatore di tornare indietro, al punto di partenza.”

“Davvero molto interessante!” esclamò Ester “Va bene, fammi uscire.”

Continuando a vagare nello studio di suo padre, Ester si imbatté in uno strano oggetto che prima non aveva notato, posato sul grosso bancone di metallo. Aveva le sembianze di una grossa pistola di colore blu scuro, talmente bombata da risultare quasi sferica, la sua canna, in realtà, era un'antenna che terminava con una piccola pallina gialla, del medesimo colore era anche il piccolo pulsante che si trovava al posto del grilletto.

“Di cosa si tratta?” chiese Ester sfiorando lo strano strumento con le dita e rivolgendosi ancora ad Argon.

“Un dilatatore di materia. Se si punta il suo raggio laser su un oggetto, esso individua un solo atomo della materia di cui è costituito, ingrandendolo facendo diventare il suo nucleo fino ad un centimetro di diametro. Il problema è che portare un atomo a questi livelli di grandezza è molto pericoloso, dal momento che il primo elettrone verrà a trovarsi alla distanza di un chilometro, questa particella, insieme alle altre, finirebbe col distruggere ogni cosa incontrata sul suo cammino, insistendo a ruotare intorno al proprio nucleo. Finché tuo padre non troverà il sistema di rimediare a questo, il Centro di Ricerca Koller non gli darà il via libera per procedere alla sperimentazione dell'attrezzo.”

Continuando ad esplorare la ragazza notò una grossa macchina coperta da un telo sotto al quale si poteva apprezzarne la sagoma, simile a quella di un piccolo aero.

“Questo ha l'aria di essere estraetemene coinvolgente, Argon.”

“Si tratta di una macchina che riesce ad andare più veloce della luce” spiegò il computer “Tuo padre la sperimenterà tra non molto, quando al Centro di Ricerca Koller avranno finito di costruire la pista per farla decollare, essa dovrà compiere un viaggio di trecentocinquanta mila chilometri in un secondo, partirà da qui ed atterrerà su una base appositamente approntata che si troverà in mezzo all’Oceano.”

“Accidenti, non ne sapevo assolutamente niente!” esclamò Ester sgranando leggermente gli occhi. Sentì il suo cuore traballare un poco, erano incredibili le capacità di suo padre, creazioni di quel tipo aveva creduto di poterle vedere soltanto in film o romanzi di fantascienza.

“Una volta verificato il suo funzionamento, sarà un'invenzione importantissima per quanto riguarda i viaggi nello spazio” il computer rispose con la sua solita voce inflessibile, non avrebbe mai potuto cogliere nessuna emozione umana, compreso lo stupore di Ester.

“Sarà meglio che io esca prima che Cris mi scopra e si lasci scappare detto qualcosa.”

Ester se ne andò dall'enorme seminterrato, era una giornata di inizio estate molto calda e soleggiata e dovette fermarsi un attimo abbagliata dopo essere emersa dalla penombra. Iniziò a camminare sul prato per recarsi in casa, la villa si trovava in periferia di quello che comunque era un piccolissimo paesino, sul limitare di un bosco. Disponeva di un ampio giardino all'estremità del quale cresceva una imponente quercia. Ester si era chiesta più volte quanti anni potesse avere quella pianta, nessuno di preciso lo sapeva, contava diversi secoli di sicuro. Il giardino non aveva nessuna forma di recinzione permettendo l'accesso libero al bosco vicino, spesso teatro delle scorribande del loro cane meticcio Eddy, lo lasciavano fare da momento che là in mezzo di sicuro non avrebbe infastidito nessuno. Il portone d'ingresso era di legno con incastonati diversi rettangoli di vetro che rimandavano un'immagine distorta dell'esterno, spingendolo, Ester si ritrovò catapultata nella frescura dell'aria condizionata. Sospirò di sollievo prima di storcere la bocca infastidita udendo il rombo del motore di un camion lanciato a folle velocità. Procedette sul pavimento di marmo bianco attraversato qua e là da qualche venatura scura, mantenuto lucente ma un piccolo robot che tutte le notti, mentre loro dormivano, provvedeva a passare minuziosamente la cera e a lucidare. Si arrestò dietro all'immenso divano ricoperto di stoffa grigia, molto austero come colore.

“Argon, ingrana la quinta” ordinava al computer suo fratello Cris di diciassette anni “A destra, a sinistra!”

Suo fratello minore non perdeva occasione di stare incollato al suo videogioco preferito utilizzando il proiettore 3d di Argon, il quale si poteva utilizzare anche per guardare film, televisione, filmanti amatoriali, e parlare con le persone in videochiamata. Lavorava per ologrammi a grandezza reale, per questo necessitava di un largo spazio. Gli ologrammi del proiettore sembravano prendere vita direttamente sul grande tappeto blu scuro che si trovava davanti al divano, erano talmente ben fatti da oscurare completamente la parete di legno e il piccolo bar che si trovavano dietro, e da non essere disturbati dalla luce del sole che entrava dalla grossa vetrata alla loro sinistra. Solo che in quel momento, sul tappeto blu, stava sfrecciando un grosso camion rosso fiammante lanciato su un circuito da gara, Ester lo aveva più volte visto prendere fuoco dopo aver fatto spettacolari incidenti, il fragore delle fiamme e delle esplosioni erano stati talmente intensi da far vibrare i vetri della grande finestra. Le imprecazioni di Cris che seguivano subito dopo erano ancora più degne di nota.

“Diamine, Cris, sempre davanti a quello stupido gioco, io e Andrea ci siamo trovati un lavoretto estivo e, per di più notturno, mentre tu non fai altro che oziare, nemmeno mi hai sentivo, vero Cris, Cristoforo!”

“Pausa, Argon” il ragazzo finalmente aveva reagito “Quante volte ti ho pregato di non usare il mio nome per esteso? Lo trovo obsoleto, pensa come mi faresti vergognare se per caso ti sentisse qualcuno, e poi, per risponderti sul discorso del lavoro, questi sono gli ultimi anni in cui posso godermi la mia giovinezza.”

“Io non sono d'accordo, lo trovo molto bello il tuo nome e rimane comunque l'unica maniera di attirare la tua attenzione; quanto al fatto di goderti le cose, beh, forse non lo stai facendo nel modo corretto. Io esco, vado da Andrea, stiamo organizzando la nostra festa del diploma che ci sarà sabato e poi stasera saremo di turno al locale, sarai invitato anche tu ai festeggiamenti, così una volta tanto ti renderai conto di quale sia il modo coretto di godersi la giovinezza”

“Ricevuto” Cris sbuffò ordinando ad Argon di riprendere il gioco.

La sorella maggiore gli schioccò un bacio sulla testa facendolo sbuffare di nuovo, prima di avviarsi in camera sua.

“Argon, tira su le tapparelle.”

La luce del sole inondò immediatamente la stanza facendole scorgere Eddy comodamente sdraiato su suo letto.

“Oh, accidenti, Eddy, scendi subito!” sbraitò Ester, aggrottando le sopracciglia di disapprovazione.

Il cane ubbidì ma ormai il disastro era fatto, sul letto Ester aveva lasciato i vestiti che avrebbe dovuto mettersi quella sera per lavorare come barista al disco pub Gigawatt, ma ora erano tutti sporchi e invasi dai peli.

“Eddy, sei proprio un disastro” commentò Ester rivolta ancora al cane che la guardava attraverso il suo buffo ciuffo nero “Fila immediatamente di sotto!”

La ragazza raccolse i suoi vestiti, mentre si avviava in bagno, pensò distrattamente al fatto che quella sera sarebbe stato di turno anche il suo migliore amico Andrea al locale, lui suonava e cantava al pianobar, era bravissimo e averebbe allietato la serata di tutti, compresa la sua e degli altri dipendenti.

“Argon, chiudi la porta a chiave e apri l’acqua calda, falla a trentasette gradi.”

Già, Argon era anche in bagno, del resto nessuno si vergognava di un computer.

Quando ebbe finito, Ester portò i suoi panni nell’asciugatrice.

“Argon, asciuga questi vestiti entro venti minuti.”

Abitare in un paesino d'estate per dei ragazzi giovani era veramente noioso, ma d'altronde quello era posto dove sorgeva il Centro di Ricerca Koller, dove lavorava il padre di Ester. Per la famiglia forse andava meglio così, il clamore che avrebbe inevitabilmente il fatto di essere uno scienziato di fama mondiale, veniva enormemente smorzato dal fatto che le persone in un posto piccolo si conoscevano un po' tutte finendo per diventare facilmente amici o conoscenti. Ester e Andrea non si sarebbero annoiati di sicuro durante quell'estate, con tutto l'entusiasmo di diciannovenni appena diplomati intenti ad organizzare la loro festa.

“Argon, apri la porta del garage.”

Sebbene possedesse anche un piccolo motorino a batteria solare, quel giorno Ester preferì recarsi dal suo migliore amico e compagno di classe in bicicletta. Andrea abitava in una casetta al termine della via inondata dal sole rovente, circondata da un piccolo giardino in cui trovavano posto un prato mezzo rinsecchito dalla calura e qualche cespuglio di oleandro dai fiori rosa. In quella famiglia nessuno possedeva il pollice verde.

“Rex, sono Ester, apri il cancello.”

Ester era una delle poche persone a cui il supercomputer della famiglia di Andrea era autorizzato ad aprire la porta.

Andrea era seduto sul piccolo divano bianco del salotto di casa sua a guardare il proiettore 3d. Questa stanza e la cucina erano stati ricavati dividendo il medesimo locare tramite una parete incompleta, così facendo la cucina era risultata di dimensioni estremante striminzite, giusto lo spazio per un piccolissimo tavolo da quatto posti. Il tavolo da pranzo più grande, da utilizzare nel caso ci fossero stato degli ospiti, era addossato alla parete sulla destra del salotto, quella opposta al divano sul quale era seduto Andrea. Appesa sempre da quel lato, campeggiava una gigantesca fotografia ritraente i genitori di Andrea nel giorno delle nozze. Sulla sinistra la finestra era oscurata da tende spesse e a righe verticali bianche e grigie, il proiettore di ologrammi della famiglia di Andrea essendo un modello di quelli più economici, sarebbe stato disturbato dalla luce solare. Sulla parete di fondo una credenza classica in legno nero e lucido, non faceva trasparire niente di ciò che era custodito all'interno avendo le ante completamente prive di vetri.

“Ciao, Ester. Rex, spegni il proiettore.”

La ragazza si accomodò accanto al suo amico accavallando alle gambe.

“Meno male che sei arrivata, Jessica non mi lascia in pace un attimo, mi tempesta di videochimate ogni cinque minuti.”

Ester sospirò quella smorfiosa, ma si crede di essere?

Si trattava di una loro compagna di classe, una di quelle tipe estremamente sicure di se, certe di non sbagliare e di essere continuamente ammirate, piacendo proprio a tutti. Era effettivamente molto appariscente, aveva lunghi capelli lisci e biondi, grandi occhi azzurri, labbra rosse e carnose e la gambe lunghe e slanciate, tutti i canoni della bellezza classica riuniti in una sola persona. Il suo modo di vestirsi e truccarsi non era da meno, usava dei colori moto vistosi, come il blu elettrico, il fucsia, e il verde chiarissimo a cui il trucco e tutti gli accessori, compreso l'elastico per capelli o il fermaglio, erano abbinati in maniera maniacale. Ester a volte provava un punta d'invidia nei suoi confronti, essendo lei un tipo totalmente diverso. Non era molto alta, i suoi capelli erano neri e boccolosi, li portava con la divisa laterale e lunghi fino alle spalle, i suoi ricci le ricadevano sempre di traverso sull'occhio destro. Era il suo sguardo ad essere il punto di forza, iridi nocciola, molto magnetiche, ciglia nere come i capelli e molto folte, le labbra delicate, chiare, un poco piene, faceva uso di trucco molto semplice e naturale, dai toni pastello. Anche per quanto riguardava il suo modo di vestire, Ester rimaneva una ragazza molto semplice, quel giorno aveva una semplice canottiera arancione, fasciava il suo piccolo seno senza metterlo troppo in evidenza, le sue gambe magre sbucavano da dei pantaloncini corti di jeans che le vestivano decisamente troppo larghi. I sandali infradito rosa che aveva ai piedi, bassi e con la suola di gomma flessibile, si intuiva al volo che li aveva scelti unicamente per stare comoda.

“Allora, il grande giorno si avvicina” affermò Ester riferendosi alla loro festa del diploma. Avevamo deciso di darlo in una saletta del Gigawatt, il loro capo, Orazio, gliela aveva concessa volentieri e con un gran sorriso. Orazio era un uomo sulla quarantina molto simpatico e disponibile tanto da aver fatto delle lunghe chiacchierate con loro raccontando più o meno tutta la sua vita; nonostante fosse gradevole di aspetto, altro e slanciato, fisico allenato con capelli neri e occhi scurissimi, non era mai stato molto fortunato in amore. Era bravissimo a fare foto, usava una macchina fotografica compatta e mezza rotta ma riusciva a farla funzionare a meraviglia, per questo, tra le persone che frequentava era finito per avere una certa fama. Gli amici e i conoscenti spesso gli affidavano il compito di fare foto durante le serate di svago le quali, poi, venivano condivise tra tutti come ricordo. Questa sua passione, puramente amatoriale, attirava spesso l'attenzione delle donne che facevano parte del gruppo con cui usciva, Orazio aveva avuto anche delle storie durature che aveva creduto serie salvo poi rimanere scottato all'improvviso. Tante volte aveva chiesto ai due ragazzi, sconsolato e scuotendo la testa, cosa, secondo loro non andasse in lui. Ester gli aveva risposto che, molto semplicemente era troppo buono e disponibile tanto da finire per perdere di vista se stesso e i suoi reali desideri. Era vero, unito al fatto che forse, non ci sapeva molto fare al momento di approcciarsi con le donne, ma questo faceva parte del suo carattere semplice e naturalmente i due ragazzi non lo dissero mai in sua presenza.

“Sabato, tra due giorni, è tutto pronto, tieni presente che ci sarà la nostra classe al completo, compresa Jessica, Orazio è stato talmente gentile da tenerci la serata libera quando avremmo dovuto ,invece, lavorare” il viso di Andrea si era illuminato parlando della serata tanto attesa, dentro di se serpeggiava impercettibile il desiderio di riuscire a rimanere un po' da solo con Ester. La ragazza, dal canto suo, era dal momento in cui si era seduta su quel divano che sentiva le mani come se avessero una loro propria volontà e, da un momento all'altro, si sarebbero mosse in autonomia per posarsi sulle gambe di Andrea, stava disperatamente ordinando loro di rimanete ferme.

“Sai, Andrea” disse Ester cercando di pensare ad altro “Oggi sono entrata nel laboratorio di mio padre, vedessi che meraviglia!”

“Già, tuo padre è un grande scienziato, al Centro di Ricerca Koller non fanno altro che parlare di lui, lo si vede sempre anche al proiettore 3d.”

“In questo periodo hanno un sacco di lavoro, pensa che papà è riuscito a creare una macchina che riuscirà a superare la velocità della luce, al Centro di Ricerca Koller stanno costruendo la pista per farla decollare.”

“Sì” rispose Andrea “l’ho sentito questa mattina al notiziario, voglio esserci anch’io quando la proveranno.”

“Tra non molto sperimenteranno StoriaJou – 01” affermò Ester “Stanno facendo gli ultimi accertamenti.”

“Si sono decisi finalmente!” esclamò Andrea.

“La prossima volta che vieni a casa mia ti farò vedere il laboratorio di mio padre” propose Ester al suo migliore amico.

“Parla piano, sta arrivando Giovanni! Se ti sente…lo conosci, no?” fece Andrea sentendo suo fratello maggiore che rientrava.

Giovanni aveva venticinque anni e a volte riusciva ad essere veramente insopportabile, aveva un carattere impetuoso e invadente, faceva spesso battutacce ad Andrea e ai suoi amici. Quando erano stati bambini Andrea aveva dovuto fare sempre quello che lui aveva desiderato per evitare di prenderci qualche ceffone o qualche pugno, anche adesso che entrambi erano ormai cresciuti, Andrea continuava a sentirsi in soggezione dal momento che Giovanni lo sovrastava ancora fisicamente essendo molto alto. Se non fosse stato per il caratteraccio, il fratello di Andrea sarebbe stato un bravo ragazzo perché era molto intelligente e sapeva parlare bene, lavorava come impiegato un un'azienda di riparazioni per supercomputer in una vicina città. Era anche un bel ragazzo, alto, con gli occhi grandi e chiarissimi, i suoi capelli erano neri, lucidi e perfettamente lisci, egli li portava con uno strano taglio, corti dietro e lunghi davanti, con la divisa da un lato che gli faceva andare il ciuffo di traverso sull’occhio sinistro. Andrea era tutto il contrario sia di aspetto che di carattere, non sembravano nemmeno fratelli, tranquillissimo e buono, aveva i capelli biondi e molto mossi, quasi ricci, li portava lunghissimi, fino a metà schiena, sempre sciolti, a volte se li tirava, da un lato, sopra la spalla sinistra, ma nessuno si era mai sognato di scambiarlo per una ragazza, da dietro, bastava guardare come camminava, gli occhi celesti, molto chiari, erano simili a quelli del fratello. I suoi capelli piacevano molto a Ester, spesso aveva avuto la tentazione di infilarci in mezzo le mani pur non avendoglielo mai confessato.

“Ehi” esclamò Giovanni con le mani in tasca in una posa canzonatrice “Abbiamo ospiti, va bene, ti lascio solo con la tua donna…buon lavoro!”

“Smettila, Giovanni! Non è il momento...” reagì il fratello imbarazzatissimo.

“Che fai mi prendi in giro adesso?” sbraitò Giovanni “Ma ti capisco, ora devi sfoderare un coraggio da leone per conquistare la tua ragazza, faremo i conti dopo.” detto questo, Giovanni si ravviò il ciuffo sulla fronte con una mano e, lanciò un’occhiata furbetta ad Ester.

Ester, sgranò gli occhi prendendo fiato per rispondergli, ma il suo amico le tirò una gomitata, Giovanni sparì in camera sua sogghignando.

“Cosa facciamo?” chiese Ester,

“Sicuramente non voglio restare qui con quella piattola di mio fratello” fece il ragazzo.

“Vieni a casa mia” propose Ester “Se Cris è ancora incollato ai videogiochi ti porto nel laboratorio di mio padre.”

L’idea entusiasmò molto Andrea così i due ragazzi partirono in bicicletta. Giunti nel grande giardino che circondava la villa di Ester non appena, e dopo aver appoggiato le biciclette al muro, Non fecero in tempo a muovere un solo passo che notarono una ragazza bionda seduta sul marciapiede che circondava la casa, appena ella li vide li salutò. Indossava una maglietta fucsia dalla profonda scollatura che lasciava decisamente poco spazio all'immaginazione per quello che riguardava il suo seno formoso, lo aveva scoperto fino quasi ai capezzoli mantenuto alto da un potente push up, il look era completato da pantaloni attillatissimi di pelle a fasciarle le gambe perfette e ben tornite, scarpe décolleté con il tacco a spillo dello stesso colore della maglietta. Rossetto, ombretto e i vistosi orecchini a cerchio arano in tinta con tutto il resto.

“Jessica” disse Andrea “Perché sei qui?”

“Ti ho cercato a casa dopo secoli di videochiamate andate a vuoto” affermò lei avvicinandosi “Ma Giovanni mi ha detto che eravate qui.”

“Giovanni? Come faceva a saperlo?” chiese sorpreso Andrea.

Jessica alzò le spalle.

“Ehi, nano!” fece una voce alle loro spalle “Ho avuto l’impressione di non essere troppo gradito a te e alla tua amica.”

Andrea per poco non svenne quando vide suo fratello che si avvicinava guardandolo fisso.

“No, Giovanni, ti sbagli” mormorò il ragazzo imbarazzato, il fratello maggiore sembrava studiare di continuo metodi per fargli fare tremende figuracce.

“Non dire altro, tappo, non ti conviene” fece Giovanni “Comunque ho deciso di perdonarti se la tua amica mi farà vedere il laboratorio di suo padre.”

“E va bene” sbuffò Ester “Seguitemi.”

“Argon, apri la porta.”

“Non posso fare entrare tutta queste persone, entra totalmente in contrasto con le disposizioni lasciatemi.” la solita voce atona e piatta del computer.

“Io non capisco, a cosa dovrebbe servire un sofisticatissimo supercomputer come questo se poi non ubbidisce?” Giovanni non poté esimersi dall'esternare il suo fastidio.

“Giovanni, calmati, per favore” lo supplicò Andrea consapevole di fare una brutta figura a causa del comportamento di suo fratello.

Per tutta risposta, il maggiore gli rifilò uno spintone così forte da farlo cadere a terra.

“Accidenti!” esclamò Jessica correndo da Andrea preoccupata “Giovanni, hai esagerato.”

“Ragazzi, per favore smettetela, volete che quel ficcanaso di mio fratello ci senta?” intervenne Ester “Forza, Argon, non toccheremo niente.”

La porta si aprì ronzando e i ragazzi scesero nel buio seminterrato.

“Questo posto mette i brividi” commentò Jessica.

Ester la guardò di sottecchi seccata. La solita smorfiosa!

“Argon, accendi la luce.”

“Ragazzi, quella lì è StoriaJou – 01” iniziò a spiegare Ester “Verrà sperimentata tra non molto al Centro di Ricerca Koller, mio padre deva ancora fare degli accertamenti, grazie a questa macchina le persone potranno essere trasportate in qualsiasi epoca passata e servirà a capire fatti ancora incerti della nostra storia.”

“Chi sarà il primo ad entrare là dentro? Cioè, quando la proveranno ci dovrà essere per forza qualcuno che la guida” volle sapere Andrea.

“Sarà mio padre, ovviamente” disse Ester.

“Io non vorrei essere la prima a provare una macchina nuova” affermò Jessica “Può presentarsi sempre il rischio che qualcosa non funzioni.”

Tutta invidia, cara mia!

“Certamente” rispose Ester “Ma le possibilità che questo succeda sono ridotte al minimo, quando decidono di sperimentare una nuova macchina già sanno che tutti i rischi sono stati eliminati.”

“E se tuo padre dovesse rimanere intrappolato per sempre nella storia?” chiese Giovanni con aria furbetta.

“Non sarai così fortunato, nessuno conosce quella macchina meglio di lui che l'ha costruita.”

“Cos’è quella specie di pistola?” domandò Andrea notando il dilatatore di materia.

“Serve per ingrandire gli atomi fino a far diventare il loro nucleo di un centimetro di diametro, ciò dovrebbe consentire di studiarli meglio, ma esiste un problema: non si possono ingrandire gli atomi così tanto perché i loro elettroni risulterebbero lontanissimi e distruggerebbero ogni cosa al loro passaggio, mio padre sta ancora perfezionando quel dispositivo.”

“Davvero ci sarebbe così tanta distanza tra gli elettroni e il nucleo?” chiese Jessica.

Ester continuò con le sue spiegazioni: “Certo, un atomo è quasi tutto vuoto, portando il nucleo a quella grandezza gli elettroni della prima orbita verrebbero a trovarsi a circa un chilometro di distanza, e gli altri ancora più lontano.”

La ragazza, guardando gli occhi sgranati dei suoi amici, si domandò se avessero capito le sue delucidazioni.

“Quello ha l'aria di essere interessante, di cosa si tratta?” chiese improvvisamente Giovanni accorgendosi della macchina dalla forma di un piccolo aereo.

“È un’invenzione che riesce a superare la velocità della luce” affermò Ester.

“Hai idea di quanto sia la velocità della luce?” ribatté Giovanni con aria da saputello “Non credo che quel trabiccolo riesca a farcela.”

“Al Centro di Ricerca Koller stanno costruendo la pista per farla decollare” replicò Ester sforzandosi di mantenere la calma.

“Io invece sono ottimista” disse Jessica che non si faceva sfuggire occasione per risultare simpatica e apprezzata a tutti i costi “L’esperimento riuscirà alla perfezione.”

“Per la prossima settimana il Centro di Ricerca organizzerà una visita all’interno dei laboratori per chiunque voglia parteciparvi” dichiarò Ester “Chi di voi vuole venire? “

“Io ci sarò sicuramente” disse Andrea.

“Conta anche su di me” affermò Giovanni il quale non voleva mai restate indietro a suo fratello.

“Tu non vieni, Jessica?” le chiese Ester, il suo comportamento a volte la infastidiva, ma era pur sempre una loro amica.

“Non so, devo prima vedere quali impegni ho” rispose arrotolandosi i capelli biondi intorno ad un dito, comunque Ester già sapeva che sarebbe venuta, dove andava Andrea doveva andare anche lei, poi non avrebbe certo voluto perdersi quell’occasione, nonostante la ricerca scientifica non fosse esattamente la sua passione.

“Ragazzi” disse ad un tratto Ester “Tra non molto torna mio padre e non vorrei che ci trovasse qui, è meglio che tornate a casa, vedrete molte più macchine al Centro di Ricerca Koller, vi farò sapere io il giorno esatto in cui ci sarà la visita, ora usciamo senza farci sentire da Cris, Argon, apri la porta e spegni la luce.”

Ester salutò i suoi amici, stava scendendo la sera e, dopo cena, lei e Andrea avrebbero dovuto iniziare il turno al Gigawatt. La ragazza trovò sua madre in cucina che stava preparando la cena, anche lei lavorava al Centro di ricerca Koller, era una delle migliori programmatrici di informatica. Ester si infilò in bocca un pomodoro ciliegino sgraffignato dal tavolo attendendo l'arrivo di suo padre. Arrivò poco dopo, si tolse velocemente la giacca e posò la sua ventiquattr'ore vicino all'ingresso, un piccolo robot aiutante arrivò immediatamente a ritirare gli oggetti, non era altro che un piccolo cilindro arancione con le ruote e due pinze al posto delle mani, ma il programma che aveva all'interno gli permetteva di sapere sempre tutto senza ricorrere all'intervento di Argon. Riusciva ad essere silenzioso e velocissimo grazie alle sue piccole ruote foderate di gomma morbida, evitava di urtare oggetti e persone grazie a una piccola telecamera il cui obiettivo gli sporgeva davanti facendolo sembrare un piccolo ciclope, sul davanti disponeva anche di un vano portaoggetti; era talmente stabile e preciso da riuscire a trasportare anche vassoi di bevande senza versarne nemmeno una goccia. Damiano salutò la moglie Enrichetta con un bacio e la figlia Ester scompigliandole i capelli. La ragazza si stupiva sempre di come i suoi genitori fossero sempre così' tanto innamorati dopo anni di matrimonio, fece un piccolo sorriso domandandosi se anche per lei ci sarebbe strato qualcuno capace di volerle bene così, anche quando le rughe si sarebbero impadronite del suo viso.

“Damiano, cosa avete concluso a proposito del dilatatore?” chiese Enrichetta.

“Hanno detto che devo trovare assolutamente il sistema do ridurre l’ingrandimento del nucleo” rispose Damiano “Non posso portarlo fino ad un centimetro di diametro, devo fare in modo di non dilatare troppo la nube elettronica, deve rimanere controllabile, ma, in questo modo, il nucleo resterebbe ancora troppo piccolo e sarebbe molto difficoltoso studiare approfonditamene le parti che lo compongono.”

“Secondo me è inutile ridurre l’ingrandimento del nucleo” disse Enrichetta “Dovresti invece cercare di catturare gli elettroni.”

Damiano sospirò affermando: “E come? Non c’è modo di controllare quelle particelle.”

“Vedrai, riuscirai a trovare una soluzione” disse Enrichetta sempre molto ottimista “Argon, fa venire Cris a tavola, la cena è pronta.”

Il ragazzo arrivò dopo pochi secondi, avvertito dal fedele computer e si sedette accanto a suo padre, avevo gli occhi arrossati e lucidi a causa del lungo pomeriggio trascorso davanti al proiettore 3d a giocare, la sorella si rese conto che non frequentava quasi nessuno della sua età nemmeno per invitarli a casa a giocare, suo fratello era stato sempre un tipo piuttosto solitario fin da quando era molto piccolo, alla scuola materna l'insegnante lo doveva sempre spronare per farlo giocare con gli altri bambini, altrimenti sarebbe rimasto tutto il tempo per conto suo a disegnare, pensò di avere avuto un'ottima idea ad invitarlo alla festa del diploma della sua classe per farlo socializzare un po'. Ester si mise a guardarlo fisso, spostava gli occhi da lui al padre, la genetica le era sempre interessata molto sia pur in maniera amatoriale, studiava attentamente le somiglianze tra le persone, non solo all’interno della sua famiglia ma anche sui visi dei suoi amici. Cris assomigliava a suo padre, avevano entrambi i capelli biondi e lisci, lo stesso naso piccolo e affilato, solo una cosa non combaciava: il colore degli occhi, Damiano li aveva azzurri mentre il figlio marroni, un poco più chiari di quelli di sua madre e della sorella. Ester, invece, era simile a sua madre, medesimi capelli neri e ricci, stessi occhi nocciola e stesso viso magro, la cosa che le distingueva erano le labbra, Enrichetta le aveva molto carnose e a forma di cuore, in netto contrasto con quelle più sottili, anche se piene, di Ester. La ragazza interruppe i suoi ragionamenti solo quando le servì la zuppa di verdure, uno dei suoi cibi preferiti.

“Allora, ragazzi” annunciò Damiano fregandosi felice le mani “Lunedì apriamo il Centro di Ricerca Koller ai visitatori, questa volta è sicuro.”

“Papà, possono venire anche i miei amici, non è vero?” chiese Ester.

“Ma certo, può venirci a trovare chiunque lo voglia” affermò Damiano “Io e la mamma siamo incaricati di fare da guida ai visitatori.”

“Quando proverete StoriaJou – 01 devi promettermi che potrò esserci anch’io” Ester cominciava a lasciarsi andare alla curiosità per il lavoro di suo padre.

“Come fai a sapere che tra non molto proveremo quella macchina?” Damiano non aveva detto niente di tutto ciò alla figlia.

“L’ho chiesto ad Argon” disse Ester temendo che il padre si fosse accorto della sua passeggiata nel seminterrato “Non ti assiste lui mentre lavori?”

“Certo, hai ragione” fu costretto ad ammettere Damiano sorridendo compiaciuto per la perspicacia della figlia “Tu e Cris potete venire quando volete a Centro di Ricerca Koller.”

“Quando proveremo Valery?” domandò Cris parlando sgraziatamente con la bocca piena e facendo storcere la bocca alla sorella maggiore.

“Uno di questi giorni” rispose Enrichetta “Ci vorrà molto tempo disponibile per poterla esaminare come si deve, la recensione che sarà richiesta a papà dovrà essere minuziosa, ne va della sicurezza delle persone.”

“Sono proprio curioso di vedere come funziona, ora vado, Argon mi aspetta!” Cris si alzò da tavola senza neanche aver finito di mangiare.

“Alla fine ti friggerai il cervello a furia di videogiochi” gli gridò Ester, ma il fratello nemmeno la sentì, nel giro di un secondo era già sparito in salotto, la madre sospirò scuotendo la testa.

Ester aveva deciso di rilassarsi un poco prima di iniziare il turno come barista al Gigawatt, si alzò e aprì il frigo per versarsi un bicchiere di latte ma, accorgendosi che questo era finito disse: “Argon, ordina il latte, è finito.”

Prese allora del succo d’arancia e, sedendosi sul divano in salotto : “Argon accendi il proiettore tridimensionale, voglio i canali uno, venti e trentanove.”

Il proiettore tridimensionale poteva mostrare cinque canali contemporaneamente, questi potevano essere scelti da una lista di cento possibilità; ma Ester, quella sera, non aveva né occhi e né orecchie per le immagini a tre dimensioni che le passavano davanti, era tutta eccitata per quello che avrebbe visto lunedì al Centro di Ricerca Koller, c’era già stata una volta da piccola, ma si ricordava ben poco e poi, all’epoca, non era permesso visitare tutti i locali. Oltre a questo tra due giorni ci sarebbe stata la festa del diploma, aveva sempre pensato che le estati in quel paesino fossero terribilmente noiose, ma forse era giunto il momento di ricredersi.

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Capitolo 2
*** Ricordi sbagliati, sensazioni giuste ***


 

Cris aveva sbuffato non poco quel sabato sera quando la sorella maggiore gli aveva chiesto di spegnere i suoi videogiochi e di prepararsi per andare al suo ricevimento del diploma.

“Accidenti Cris, sei l'unico ragazzo della tua età che conosco che non adori essere inviato ad una festa” Ester lo aveva guardato con le mani sui fianchi, fasciata in un tubino viola lungo fino al ginocchio, molto aderente e brillante. La scollatura era profonda e a V, le spalline rese voluminose da balze increspate, scendevano fino davanti al suo piccolo seno, quel particolare aveva giocato un ruolo fondamentale nel momento in cui Ester si era recata al negozio a scegliere quell'abito, aveva intuito che questa caratteristica potesse far apparire il suo seno un po' più voluminoso. Ai piedi calzava un paio di décolleté rosso vinaccia con paillettes piuttosto opache a cui una piccola pochette era abbinata alla perfezione. Si era recata da sola a fare gli acquisti per il suo outfit, non aveva invitato Andrea per timore che si annoiasse e perchè, dentro di se, voleva che si godesse l'effetto sorpresa vedendola direttamente al ballo, Jessica era stata scartata perchè magari, temendo che Ester potesse apparire migliore di lei, avrebbe potuto darle dei consigli sbagliati di proposito; era consapevole di essere stata forse un po' troppo drastica pensandola in quel modo, ma non si sa mai. Aveva indossato dei grandi orecchini a forma di cuore in tinta con l'abito, tuttavia aveva evitato bracciali, collane e trucco troppo vistoso, i suoi boccoli neri erano, come sempre, lasciati liberi con la divisa laterale, li aveva solo un poco ammorbiditi usando una maschera professionale per capelli ricci.

“ Mi raccomando, ti voglio così bello da non riconoscerti più” disse circondando le spalle del fratello con le mani che si avviava sospirando in camera sua.

D'accordo, Cris ad essere elegante non ci riusciva proprio, quando lo vide riapparire, mentre lei stava sorseggiando del succo di aloe davanti al proiettore, si era messo una maglia grigia che gli vestiva un po' troppo larga con la scollatura e asimmetrica, pantaloni grigio molto più scuro, anch'essi un po' troppo larghi, tenuti su da una sottile cintura rossa in cui non era riuscito a infilare la sua maglia in modo che stesse dritta, sulla destra stava all'interno dei calzoni, mentre a sinistra usciva fuori. Si era messo del gel tra i capelli biondi e sottili per dare loro un po' di tono e tenerli alti.

“Quella la dovresti indossare” gli disse Ester riferendosi alla giacca blu notte che teneva in mano.

“Lo so, ma fa troppo caldo” Cris sbuffò per l'ennesima volta.

“Vieni qua” la sorella maggiore gli fece cenno con la mano di avvicinarsi per mettergli la maglia tutta dentro ai pantaloni come si deve.

Va bene, apprezziamo lo sforzo! Ester sorrise.

Ester prese in prestito la macchina a magneti di sua madre per recarsi al Gigawatt insieme con il fratello, la serata era davvero magnifica, calda, calma, silenziosa, un inizio estate perfetto e pieno di promesse. Giunti nel parcheggio del Gigawatt, appena scesi dalla vettura a magneti, i due ragazzi notarono immediatamente il contrasto tra la silenziosità della macchine a calamite, e il fragore della musica elettronica che fuoriusciva dal locale. Ester notò distrattamente una ragazza dai lunghi capelli biondi seduta all'interno di una macchina con qualcuno, non molto distante da dove aveva parcheggiato lei, erano di spalle entrambi rispetto a loro per cui la ragazza non diede molto peso alla cosa. Lei e il fratello decisero di avviarsi verso l'ingresso dal momento che si era già formata una lunga fila per entrare, smistata da addetti alla sicurezza robot, magari qualcuno della loro classe si trovava già all'interno nella saletta che Orazio aveva gentilmente riservato loro.

“Ester, non posso credere che sei veramente tu!” la voce di Andrea fece voltare sia lei che il fratello “Cris, complimenti anche a te, sei un'altra persona”

Il ragazzo più giovane sfoderò un sorriso pieno di orgoglio mettendosi la giacca blu notte sulla spalla sollevando il gomito e rovesciando il polso, mentre lei non potè fare a meno di non notare l'espressione di stupore dipinta sul viso del suo migliore amico. Andrea, infatti, prima di parlare era stato due minuti buoni a guardare come il tubino viola di Ester disegnasse alla perfezione la sua figura flessuosa e perfettamente a clessidra, la vita da vespa, le natiche sode e sinuose, era un vero peccato che usasse sempre vestiti un po' troppo casual e di qualche taglia più grandi. Giovanni li raggiunse pochi istanti dopo facendo l'occhiolino alla ragazza, anche lui aveva deciso di partecipare alla festa, Ester sperava solo che non decidesse di essere troppo invadente nei confronti sia suoi che del fratello.

 

Ester e Andrea erano praticamente cresciuti insieme, il ragazzo aveva sei mesi di più e le loro madri si conoscevano già quando erano in gravidanza. Di solito era sempre Andrea che veniva a trovare la ragazza quando erano piccoli, sia per allontanarsi dai continui scherzi del fratello maggiore, sia perchè il giardino della villa di Ester, essendo molto più grande e bello, era capace di accogliere molto meglio i loro divertimenti e i loro pomeriggi passati insieme. Uno dei primi giochi che fecero i due ragazzi era quello di fare finta di cucinare per un ristorante, prendevano dei piccoli contenitori sottratti dalla cucina all'insaputa di Enrichetta, infilandoci dentro letteralmente di tutto: terra, foglie, fiori, pasta cruda, con aggiunta di acqua; lasciavano poi il tutto ben nascosto nel bosco che circondava la casa per andare a controllarlo dopo diversi giorni. I risultati finali non erano per niente gradevoli, la cosa peggiore fu l'esperimento di Andrea con la pasta cruda, essa si era trasformata in un poltiglia bianca, densa e maleodorante, la risata di Ester trillò alta tra gli alberi alla visione di quella schifezza; anche adesso, ricordando quegli episodi, scappava loro da ridere. A volte disegnavano, facevano giochi da tavola o andavano in bicicletta. Si raccontavano sempre tutto, di tanto in tanto, tranne una cosa che fu bollata come un colossale errore e , di conseguenza, dimenticata. Un giorno d'estate, quando avevano entrambi otto anni, si erano arrampicati sulla vecchia e grande quercia che stava nel giardino di Ester, si erano seduti su un ramo uno di fronte all'altra mentre Andrea proponeva un gioco: “Io inizio a dire una frase, poi mi fermo e tu la devi completare cercando di indovinare cosa volevo dire”

“D'accordo” Ester pensò subito che per lei sarebbe stato un gioco da ragazzi essendo brava in italiano.

“Allora cominciamo” dichiarò Andrea “Ti a...”

No, non è possibile! Il sorriso svanì immediatamente dal viso di Ester lasciando il posto ad un'espressione sconcertata.

Andrea si lasciò scappare diverse risatine ebeti prima di continuare : “Dai è facile, ti a...”

La mascella della ragazza sembrava voler cadere per terra, non poteva essere quello che pensava, nel modo più assoluto, per questo si lanciò in altri tentativi : “Ti auguro buon compleanno”

Altre risatine imbarazzate dal ragazzo che ora leggermente arrossino: “No! Io ti a...”

Quel pronome io aggiunto davanti ebbe il potere di fermare per un istante il cuore di Ester.

“Io ti abbraccio?” ora nell'imbarazzo più totale ci stava scivolando anche lei.

Ecco, accidenti, si vuole fidanzare già a otto anni, come faccio, non è un po' presto? Ma se gli dico di no poi non mi vorrà più vedere, ma cosa fanno i fidanzati di preciso? Devono spogliarsi nudi e toccarsi? Non mi va di farlo!

“Noooo!” Andrea insisteva “Io ti a...”

Si era avvicinato a lei arrotolandosi uno dei suoi ricci neri attorno ad un dito guardandola fisso negli occhi.

D'accordo, così la facciamo finita.

“Ti amo?”

Altre risatine imbarazzare e rossore sempre più intenso : “No dai, Io ti a...”

“Adesso basta, mi hai seccato” Ester scese dalla quercia e la cosa sembrò finire lì. La ragazza si era sentita sollevata dal fatto che l'amico non fosse più tornato sull'argomento, fino a che, qualche mese più tardi, iniziò a parlare di una certa Simona con la quale diceva di essersi messo insieme. Sul momento Ester fu trafitta da una stilettata di gelosia, poi arrivò a dirsi che forse questa Simona non esisteva, può darsi che Andrea l'avesse inventata solo per farla ingelosire. Un giorno però le disse: “Se vuoi ti descrivo Simona: ha i capelli mossi, castani, è alta e porta l'apparecchio per i denti”

Accidenti, non può fare una descrizione così minuziosa di una persona inventata, deve essere reale per forza!

Poco tempo dopo fu la volta di Lara e , successivamente, di Claudia, una loro amica in comune, questo fece sprofondare Ester nella tristezza, pensava che se lei per prima non lo avesse rifiutato quel giorno scappando via dalla quercia, forse adesso ci sarebbe stata lei al posto di tutte quelle ragazze.

“Sai, io di batticuori ne ho avuti tanti nella mia vita” si giustificò un giorno Andrea passeggiando con lei nel bosco, ma mentre lo faceva, Ester aveva notato che le guardava il seno, formato da poco, sotto la canottiera “Hai mai visto un ragazzo nudo?”

“Io no, e tu una ragazza senza niente addosso l'hai mai vista?” sebbene Ester fosse imbarazzata, stava cercando di non ripetere l'errore di quel giorno della quercia.

“Ti andrebbe di provarci? Così, solo per curiosità”

Ovvio che non le andava, ma la paura di sbagliare di nuovo le fece affermare tutto il contrario: “Va bene, ma stiamo almeno ad un metro di distanza, non vorrei che ci toccassimo, nemmeno per errore.”

Andrea sorrideva mentre si allontanava di qualche passo per esaudire il suo desiderio, Ester sperava che il sangue che sentiva salirle alle guance non fosse visibile dall'esterno sotto forma di rossore. Lei attese che fosse lui a fare la prima mossa, lo vide afferrare il bottone dei jeans corti facendolo uscire con calma dalla sua asola, Ester fece la stessa identica mossa, anche all'epoca aveva l'abitudine di indossare vestiti un po' più grandi dell'effettivo bisogno unicamente per poter stare comoda e fresca. Andrea, con un solo gesto, fece scivolare i suoi calzoncini fino in terra, o meglio, li lasciò letteralmente cadere affidandoli alla forza di gravità, rimase con i suoi boxer gialli in attesa che la sua amica si decidesse a mantenere la parola data. Ester avvicinò le mani al bottone, le vene erano rese gonfie dal caldo dell'estate e si vedevano sotto la pelle, Andrea deglutì trovando la cosa molto attraente, le dita affusolate della ragazza fecero passare il bottone argentato nell'occhiello facendogli fare uno scatto improvviso. Le dita dalle unghie ben curate e pulite, anche se del loro colore naturale, si attaccarono alla cintura dei jeans rivoltandola un poco, Andrea la fissava in attesa, lei rimase immobile per circa una decina di secondi che per lui sembrarono interminabili. Vincendo il crescente imbarazzo, Ester decise di farlo più in fretta possibile, d'altronde meno sarebbe durata quella situazione prima avrebbe fatto a rivestirsi facendo tornare tutto alla normalità, lo stava facendo esclusivamente per fare contento il suo amico, per evitare che andasse a cercare ragazze altrove, d'altronde lei gli voleva bene e si era autoconvinta che gli uomini avessero dei gusti decisamente strani e che era dovere delle donne assecondarli. Fece scivolare i calzoncini lungo le sue gambe che all'epoca erano ancora più magre, teneva i piedi con le punte in dentro come se questo le permettesse di nascondersi un poco. Mise in mostra le sue mutandine rosa con su una gattina disegnata, unì le ginocchia stringendo le cosce come nel tentativo di coprire il più possibile la sua biancheria, rimasero in silenzio a guardarsi per un tempo che a Ester parve interminabile.

“Così non vale, sarebbe la stessa cosa se io ti vedessi indossare un costume da bagno sulla spiaggia, io intendevo senza niente addosso, proprio assolutamente niente” le parole di Andrea ebbero il potere sia di riscuoterla che di farla tremare.

“Invece vale eccome, sappi che io non ho l'abitudine di mostrare le mie mutandine a chiunque” il tono di Ester suonò irremovibile mentre si tirava di nuovo su i pantaloncini corti, Andrea sospirò facendo lo stesso.

“ Il colore dei tuoi occhi è come quello della cioccolata spalmabile!” Andrea sparò questo complimento dopo minuti interminabili di silenzio mentre tornavano verso casa. Ester dovette fermarsi per ridere, Andrea la guardava esterrefatto.

“Grazie” gli disse infine, d'accordo che era un complimento molto ingenuo e infantile, ma si era resa conto di come lui lo avesse fatto con il cuore.

Tutto bollato ancora come un errore, si erano sempre raccontati ogni cosa a vicenda tranne quella giornata sulla quercia e questo, ma quella sera, quella del ricevimento del loro diploma, pensarono entrambi agli stessi ricordi anche se non se lo dissero.

 

Ester guardava i riccioli biondi di Andrea scendere fluenti sulle sue spalle, il loro colore andava a confondersi con il bianco della camicia di seta che indossava per l'occasione, sotto di essa aveva dei jeans molto scuri, stoffe letteralmente in contrasto tra loro, ma il ragazzo riusciva ad essere comunque elegantissimo, molto più di Giovanni il quale portava addosso un classicissimo smoking nero con la cravatta azzurra. Non riuscivano a scollarsi gli occhi di dosso a vicenda, si scossero solo dopo aver sentito un grido soffocato dalla macchina che Ester aveva notato subito dopo il suo arrivo, quella con i due ragazzi seduti all'interno. Si voltarono tutti in quella direzione notando tue piedini infilati in sandali argentati pieni di lucentissime pailletes, appoggiati al vetro del finestrino del guidatore. Si intravedeva la schiena del ragazzo sovrastare la bionda la quale continuava ad agitarsi gridando : “No!”

Giovanni non ci pensò su due volte, nonostante nessuno avesse idea di chi potessero essere i due all'interno di quella macchina, si incamminò velocemente nella loro direzione mentre gli sguardi di Ester, Cris, e Andrea erano congelati in un'espressione esterrefatta, così come i loro corpi, rimasi immobili e di ghiaccio. Giovanni spalancò con decisione la portiera della vettura, fece una pausa di appena un secondo prima di afferrare il ragazzo per la giacca di seta rosa tirandolo di forza fuori dall'auto, Ester e Andrea sussultarono, si trattava di Alessandro un loro compagno di classe anche lui invitato alla festa, proveniva da una famiglia facoltosa tanto da avere già una vettura a magneti di sua proprietà a diciannove anni e per questo aveva sempre avuto un atteggiamento da bullo e da spaccone, ma nessuno si sarebbe mai aspettato che potesse arrivare a tanto. Giovanni lo fece voltare per guardarlo in faccia, stavolta afferrandolo dai risvolti della giacca, Alessandro si girò a guardare Ester e gli altri con il viso stravolto dal terrore e i riccioli rosso carota che gli ricadevano disordinati sugli occhi, prima che qualcuno potesse avere una qualche reazione, Giovanni gli sferrò un pugno sulla faccia da schiaffi e piena di lentiggini facendolo finire a terra con una mezza piroetta. Due piedini nei sandali argentati e brillanti, spuntarono timidi dall'interno della macchina, Giovanni tese una mano per aiutare la ragazza a scendere, Ester e gli altri trasalirono di nuovo vedendo che si trattava di Jessica.

“Io... non so come ringraziarti, Giovanni” il ragazzo si accorse all'istante dell'odore di alcol che emanava lei, traballava un poco nel suo vestito argentato luminoso e dalla gonna vaporosa. Alessandro salì subito nella sua vettura a magneti, tenendosi con una mano il naso insanguinato, per poi allontanarsi silenzioso ma veloce, erano presenti anche altri ragazzi nel parcheggio e tutti avevano visto la figuraccia che aveva fatto.

“Ben gli sta!” commentò Cris mentre Jessica si avvicinava nella loro direzione.

“Grazie, ragazzi, davvero, siete tutti degli amici!” la ragazza si sistemò un po' i capelli biondi con una mano, aveva le guance un po' arrossate e il trucco leggermente sbavato.

“Tutto a posto, Jessica, vuoi che ti accompagno a casa?” le chiese Esther sorridendo e posandole una mano sulla spalla nuda.

“Oh, no, ti ringrazio, io direi che piuttosto sia giunto il momento di entrare a divertirci” la bionda affermò questo sorridendo in direzione di Giovanni.

Il gruppo si diresse verso l'entrata del Gigawatt, si era già creata una fila immensa, ma avendo loro un un invito fornito loro direttamente da Orazio, l'androide di metallo bianco e lucido e con gli occhi formati da lampade azzurre che stava all'ingresso, diede loro la precedenza dopo aver passato il biglietto sotto il suo scanner. La sala principale del Gigawatt era immensa, non era qui però che lavoravano solitamente Ester e Andrea, loro si occupavano di una sala più piccola in cui Andrea suonava e cantava al pianobar e, solitamente, era frequentata da persone un po' più grandi e tranquille. Piccoli robot camerieri sfrecciavano velocissimi tra i tavoli e i divanetti di pelle gialla a prendere le ordinazioni e a consegnare i drink. La sala principale era tutta impostata sui toni del giallo, rosso e arancione, le mattonelle della pista e i laser al soffitto, si illuminavano e muovevano al ritmo della musica elettronica, le piastrelle trasparenti, gialle rosse e arancioni, creavano dei disegni fatti di pixel sul pavimento, personaggi di vecchi videogiochi, cuori, stelle e altre immagini, di tanto in tanto venivano azionati dei fumogeni per conferire ai laser un effetto migliore. Nessuno ancora aveva iniziato a ballare, la rottura del ghiaccio era sempre la fase più difficile, il gruppo attraversò la pista ancora deserta per raggiungere la saletta che era stata loro riservata, Jessica si era presa a braccetto Giovanni senza ma minima intenzione di mollarlo, Ester rivolse un lieve sorriso ad Andrea, Cris li seguiva abbastanza spaesato. La loro sala, alla quale si accedeva attraversando un tunnel di neon blu scuro, era piccola ma forse la più bella di tutto il locale, le pareti erano nere con su il disegno di una galassia che si diramava per tutto l'ambiente, stelle e pianeti si muovevano lentamente all'interno delle pareti lucidissime e trasparenti, dando l'impressione di essere veri. L'effetto era talmente realistico, che Ester, ogni volta che entrava là dentro aveva l'impressione di non poter respirare per qualche secondo.

Certo, nello spazio non c'è aria!

Le mattonelle viola avevano una stella disegnata l'interno, di un color lilla leggermente più chiaro, anch'esse si illuminavano al tempo di musica che per l'occasione era sul genere Rock, anche i tavoli erano del medesimo colore e la luce soffusa, sempre viola, contribuiva a rendere ancora di più l'atmosfera di magica galassia. Ester e Andrea si guardarono felici, avevano organizzato davvero un fantastico evento.

“Ragazzi, benvenuti!” Una voce gioiosa alle loro spalle li fece voltare, Orazio abbracciò felice prima Ester e dopo Andrea, i quali gli presentarono i rispettivi fratelli.

“Servitevi pure quanto volete” disse loro il gentilissimo proprietario sorridendo e indicando il bancone del bar alle loro spalle “Lo sapete che è tutto compreso stasera”

“Orazio, sei davvero un grande, non sappiamo come ringraziarti” Andrea gli allungò il cinque.

“Non c'è problema, avete il diritto di divertirvi, io alla vostra età, purtroppo, non ho avuto tante occasioni, se avete bisogno di qualcuno che scatti qualche foto sapete dove trovarmi”

Orazio uscì salutandoli mentre uno degli androidi bianchi con gli occhi celesti si era piantato sulla porta affinché nessuno disturbasse. Erano ormai quasi tutti arrivati, Ester e Andrea iniziarono a salutare i loro amici, alcuni di loro ridacchiavano avendo assistito alla figuraccia che aveva fatto Alessandro poco prima. Jessica girava tra i le persone presentando loro Giovanni con un gran sorriso, mentre lui era evidentemente ben contento di essere diventato il suo eroe. Cris si sedette a un tavolo con uno Spritz davanti, la sorella, di tanto in tanto, gli lanciava un'occhiata di sottecchi, lui lo sapeva che il suo desiderio era quello di farlo socializzare un po', ma si sentiva congelato dall'imbarazzo, non sapeva proprio da che parte iniziare. La musica Rock mise subito allegria, diversi ragazzi iniziarono a ballare.

“Ester, cosa vorresti da bere?” quella sera sembrava venire tutto naturale, gli sguardi, i sorrisi, le proposte...

“Una birra va benissimo”

“Con quel vestito incantevole ti facevo un poco più raffinata” ma era una battuta, risero entrambi.

Si diressero verso il bar il cui bancone era circondato da neon blu elettrico, la barista servì loro due birre da bere direttamente alla bottiglia, così molto semplicemente, si sedettero a uno dei tavoli viola cosparso di stelle luminose, fecero un brindisi.

“Lo sai che sei davvero carina stasera? Quando ti ho vista stentavo a riconoscerti” gli occhi azzurri di Andrea avevo una strana espressione, erano languidi Ester non li aveva mai visti così.

“Grazie” la ragazza sorrise ammiccando con le sue lunghe ciglia.

“Pensi che noi stiamo diventando vecchi?” chiese Andrea sorseggiando la birra fresca.

Lei aggrottò le sopracciglia: “Perchè mai?

“Beh, ogni volta che parliamo ci scappano un sacco di ti ricordi quella volta...? Io ho sempre sostenuto che una persona vecchia si vede da quanti ti ricordi quando...? riesce a dire in una conversazione”

Ester fece trillare la sua allegra risata mostrando i denti candidi e perfetti : “Che matto che sei!”

La ragazza iniziava a sentirsi disinibita, fece un sorso e poi continuò il discorso: “Allora vedrò di essere il bastone della tua vecchiaia, ti ricordi di quella volta in cui siamo saliti sulla quercia a casa mia?”

Le guance di Andrea si fecero rosse, sorrise ma senza rispondere.

Ester si sentì autorizzata a continuare : “Non mi hai mai detto quale era la frase da completare che stavi cercando di dirmi”

Andrea ondeggiò, ma non di imbarazzo, bensì di contentezza, sorrise, gli occhi gli si illuminarono di colpo: “Io credo che tu l'abbia indovinata al primo colpo!”

 

“Ciao, come ti chiami?”

Cris alzò gli occhi dal suo bicchiere trovandosi davanti un ragazzo magro, occhiali tondi e giganteschi che dilatavano all'inverosimile i suoi occhi marroni, capelli castani scompigliati in ciuffi disordinati che giravano in ogni direzione, aveva appoggiato un calice di prosecco sul tavolo e si era seduto di fronte a lui.

“Io sono Cris, il fratello di Ester, e tu?”

“Alessio, sì, infatti avevo capito subito che non facevi parte della nostra classe, alla salute” allungò il bicchiere verso quello di Cris.

“Sai, in realtà io non avrei voluto veramente venire, mi annoio un po' a feste di questo tipo, l'ho fatto perchè mia sorella ci teneva tanto.”

Un sorriso asimmetrico si disegnò sul viso magro e leggermente brufoloso di Alessio: “A dire la verità, anche io è la prima volta che partecipo ad un ricevimento del genere, il troppo chiasso e le troppe persone intorno mi riescono un po' difficili da gestire, finchè parlo con uno alla volta e tutto a posto, ma se mi trovo in un gruppo dove tutti parlano contemporaneamente non so chi seguire e vado in confusione”

Cris, guardò per un attimo la camicia bianca a quadri azzurri di Alessio, si evinceva subito come non fosse avvezzo a vestirsi in modo elegante: “E così siete arrivati tutti al diploma, hai già in mente cosa farai dopo? Io no e devo ammettere che è un traguardo che un po' mi terrorizza.”

“Mi sono iscritto alla facoltà di informatica, dal momento che amo i videogiochi da quando sono molto piccolo, ne vorrei diventare uno sviluppatore, ho sempre avuto molte idee in testa a questo proposito.”

Cris sgranò gli occhi mentre lo Spritz gli andò quasi di traverso: “Io ne ho una valanga a casa di videogiochi, il mio preferito è Hard Truck 3000, non so se lo conosci”

Alessio rise quasi strozzandosi con la birra : “Certo, ma ci giocavo quando ero più o meno in fasce, preferisco i giochi di guerra”

Cris rimase estasiato, Alessio era letteralmente un genio, non avrebbe mai pensato di trovare qualche persona interessante a quella festa e invece fu costretto a ricredersi nel giro di pochi minuti.

Beh, potrei farci anche amicizia e poi andare nella sua stessa università per mantenere vivo il rapporto, perchè no?

 

“Ne prendiamo un altro e poi andiamo in pista a ballare” Jessica era già al secondo Cosmopolitan.

“Non credi di stare un po' esagerando? Eri già brilla quando siamo entrati” Giovanni la squadrava con gomito appoggiato sul tavolo e il mento posato sul dorso della mano tenuta un po' molle.

“E dai, un po' di allegria” Jessica allungò una mano piena di anelli per sfiorare quella del ragazzo.

Finirono le loro bevute poi si lanciarono nella pista punteggiata di stelle viola, Jessica rideva roteando con i freni inibitori totalmente abbassati, vedeva le stelle e i pianeti girare intorno a se, per la prima volta era totalmente felice. Aveva sempre basato tutto sulla popolarità e sul fatto di essere la più bella e la più ammirata, ma l'esperienza che aveva fatto con Alessandro nella macchina forse era servita a farle capire che non era la cosa più importante e desiderabile del mondo. Avere tante esperienze con i ragazzi ti permetteva di vantartene con le amiche, ma poi lasciavano un gran vuoto dentro che appariva la sera, appena tornavi a casa, ti toglievi il trucco e smettevi di sfoderare sorrisi davanti a tutti. Ora lei sentiva il bisogno di colmare quel vuoto con qualcosa che non scomparisse insieme col trucco e con i visi esterrefatti delle amiche. Vedeva Ester ballare con Andrea, lui le aveva messo le mani sulla vita, le gli aveva circondato le spalle con le braccia, non c'era assolutamente niente di falso lì, non lo facevano per mettersi in mostra di fronte agli altri; non era più invidiosa, no, non doveva essere per forza tutto suo, ad avere troppo si finisce col perdersi. Mentre era invasa da questi pensieri positivi si sentì girare la testa, scivolò su qualcosa, una buccia di limone, forse, caduta da qualche bicchiere, il calice con gli ultimi rimasugli di Cosmopolitan si frantumò sul pavimento, registrò il viso di Ester che la guardava preoccupata mentre arrestava la sua danza sinuosa.

Mi vuole bene, mi vogliono tutti bene!

“Jessica, vieni tirati su” Giovanni la fece alzare dal pavimento tirandola da un braccio “forse è meglio se ti riaccompagno a casa”

Il ragazzo se la caricò in spalla e uscì senza dire niente agli altri.

“Scusa, posso rubartelo un attimo?” una loro amica si era avvicinata ad Ester, rimasta immobile a guardare Jessica, chiedendo in quel modo diretto e senza peli sulla lingua, di fare un ballo con Andrea.

“Ma certo!” rispose lei sorridendo mentre Andrea le faceva l'occhiolino.

Il nuovo amico di Cris era andato via da diversi minuti lasciando il fratello minore da solo al tavolo, Ester si sedette lì con lui.

“Allora come va, ti stai divertendo? Sono felice che ti sei fatto un nuovo amico, io lo speravo che Alessio potesse piacerti, è già andato via?”

“Sai, lui non ama molto le feste molto chiassose, ma ci siamo scambiati i numeri, lo inviterò magari a casa qualche volta” Cris sorrideva sinceramente soddisfatto, Ester era al settimo cielo vedendo il fratello finalmente sbloccarsi, quello era decisamente un inizio positivo.

“Uff, nemmeno io sono abituata a portare i tacchi, i piedi mi fanno un male!”

“Stai benissimo così, sorellona, da quello che vedo hai avuto anche successo” Cris ridacchiò.

“Ma piantala!” la maggiore gli scompigliò i capelli biondi con una mano: “Accompagneremo noi Andrea a casa, hai visto cosa ha combinato Jessica? Sono comunque certa che anche lei abbia capito diverse cose stasera.”

Ester sorrise tra se, si facevano già strada tante promesse in quel piccolo paesino in quell'estate rovente che era capitata a metà tra la loro adolescenza e l'età adulta.

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Capitolo 3
*** Coriandoli ***


Lunedì 10 giugno 3007, i cancelli del Centri di Ricerca Koller si sarebbero spalancati al pubblico. Tutto era stato organizzato nel migliore dei modi, coloro che avevano intenzione di visitare i laboratori del Centro dovevano aspettare, presso delle apposite fermate, piccoli autobus a magneti, messi a disposizione dagli stessi organizzatori della gita, che passavano a distanza di mezz’ora uno dall’altro. Ai familiari e agli amici di coloro che lavoravano al Centro di Ricerca Koller, era riservato un diverso trattamento, essi non pagavano il costo della gita e non erano nemmeno costretti a salire sugli affollatissimi autobus, accompagnati dagli stessi familiari o amici, avevano la precedenza su tutti gli altri visitatori. Quella mattina Ester si era svegliata di buon’ora ed era anche in perfetta forma, o almeno così la aveva detto lo specchio elettronico che era in bagno. In forma al 98%, questo era apparso sul vetro mentre si lavava i denti. A dire la verità si sentiva smagliante dalla sera della festa del diploma, sentiva che qualcosa si era come sbloccato, per lei, Andrea, Cris, Jessica e persino Giovanni, era stata una serata magica che aveva lasciato una traccia importate dietro di se, c'era stato un prima e ci sarebbe stato un dopo. Anche Cris era tutto pimpante quella mattina, non faceva altro che parlare come mitraglietta impaziente aspettando l'arrivo del suo nuovo amico Alessio, la sorella maggiore e i genitori erano soddisfatti di vederlo finalmente così. Gli amici di Ester avevano tutti accolto l’invito, Andrea e Giovanni arrivarono per primi all'appuntamento a casa della villa della famiglia Lanfranchi, circa dieci minuti dopo era giunta anche Jessica con il suo motorino a batteria solare, salutò Giovanni con un piccolo bacio a stampo sollevandosi sulle punte dei piedi, era vestita molto semplice qual giorno, per i suoi soliti standard, jeans a vita alta, sneakers verdi perfettamente abbinare con la maglietta, infilata dentro i pantaloni e la cintura che aveva stretta in vita. Ester e Andrea si sorrisero a vicenda salutandosi, gli occhi della ragazza ebbero un breve lampo di gioia mentre li raggiungeva anche Alessio arrivando con il suo motorino. Ester, Jessica, Andrea e Giovanni si recarono al Centro di Ricerca con Damiano, mentre Enrichetta accompagnava Cris e il suo nuovo amico. I genitori di Ester possedevano due automobili a levitazione magnetica, spesso la ragazza prendeva in prestito quella della madre che era un po' più piccola, molti altri mezzi di trasporto avevano questo dispositivo di locomozione come treni, autobus, motorini e persino pattini e monopattini. I mezzi a magneti si servivano di strade fatte anch’esse di calamita della stessa polarità dei magneti posti sotto ai mezzi di trasporto. I magneti, respingendosi reciprocamente con la strada, permettevano alle automobili di stare leggermente sollevate da terra, la spinta in avanti era data da potenti eliche che si muovevano grazie all’energia solare, la stessa tecnica valeva anche per tutti gli altri mezzi a levitazione magnetica. Le auto, i treni e gli autobus erano muniti di un computer di bordo nel quale si registrava l’itinerario da seguire, dopodiché, azionando il mezzo, esso seguiva la strada da solo. Teoricamente questi veicoli potevano essere guidati anche da un bambino visto che seguivano la strada autonomamente, ma praticamente no perché era molto complesso programmare il sofisticatissimo computer di bordo e la telecamera digitale, la quale arrestava il mezzo nel caso ci fosse stato qualche corpo in rotta di collisione con esso. Da quando esistevano questi veicoli gli incidenti stradali erano soltanto un lontano ricordo, di circa un secolo prima. I monopattini, invece, per muoversi in avanti, dovevano ricevere la spinta data dai piedi dell’utente ma, nonostante questo, potevano andare molto veloci, mentre nel caso dei pattini, i bambini si divertivano a saltare da una zona magnetica all'altra delle apposite piste per spostarsi in avanti,. Anche se stavano scomparendo, esistevano ancora alcuni mezzi solamente a batteria solare, come i motorini di Ester e Jessica, avevano ruote gommate molto spesse e larghe per fare presa sulle strade metalliche visto che ormai, da circa cento anni, non esistevano più le vie asfaltate.

Le automobili a magneti andavano molto veloce, per la mancanza d’attrito con il terreno, quindi Damiano ed Enrichetta impiegarono pochissimo per raggiungere il Centro di Ricerca Koller, che si trovava in periferia, in compagnia della loro famiglia e degli amici. Ester e gli altri erano decisamente i primi a varcare i cancelli del Centro, entrarono nel grande cortile dove erano posteggiate le unità mobili degli scienziati, si trattava di furgoncini a magneti sovrastati da antenne e attrezzature varie. Un grande tabellone elettronico, posto sopra la porta d’ingresso, mandava ologrammi; uno squalo sembrava balzare fuori dallo schermo per mangiarsi i visitatori, oppure un pallone sfuggiva dalle mani di alcuni ragazzi che stavano giocando a pallavolo per rimbalzare tra il pubblico, salvo poi smaterializzarsi in tanti piccoli triangoli colorati dopo tre salti. Ester, quando era stata piccola, si spaventava davanti a quelle immagini così ben fatte da sembrare reali, adesso sapeva che si trattava di finzione anche se pareva tutto vero.

“Accidenti, è fantastico!” esclamò Giovanni indicando il tabellone ad ologrammi, guardando Jessica mentre le stringeva la vita con un braccio. Un'antichissima locomotiva a vapore, vista solo nei libri di storia e si internet, correva sbuffando sulle rotaie diretta verso il pubblico, il rumore era talmente realistico da dare sul serio l'impressione di essere improvvisamente catapultati nel passato, si avvicinava sempre di più allo schermo, al momento dell’urto il tabellone sembrò esplodere in mille pezzi mentre il treno parve uscire fuori dal muro e piombare nel cortile.

“È un classico, anche se rivisitato alla perfezione” commentò Ester sorridendo, ma da piccola non era stata della stessa opinione, aveva temuto davvero di essere investita da quell’antichissimo treno a vapore.

Quello schermo ad ologrammi era l’orgoglio del Centro, non se ne vedevano di così belli nemmeno nel centro della città. Questo era molto grande e si vedeva benissimo dalla strada, più di una volta gli scienziati del Centro di Ricerca Koller avevano sorpreso gruppi di curiosi fuori del recinto che ammiravano le stupende immagini ad effetto.

“Venite, ragazzi, seguitemi” disse il padre di Ester “Vi farò io da guida.”

I sei ragazzi seguirono Damiano, Enrichetta, invece, si staccò dal gruppo dicendo sorridente: “Io devo condurre gli altri visitatori, ci vediamo a fine giornata o, eventualmente, in pausa pranzo.”

Finalmente entrarono, si avvertì immediatamente il contrasto tra il caldo soffocante dell’esterno e la piacevole frescura dell’aria condizionata. Il locale d’ingresso del Centro era molto ampio, di un bianco immacolato, per l’occasione era stato decorato con piante e fiori, nella parete di fronte all’entrata un piccolo schermo ad ologrammi dava il benvenuto ai visitatori. Il personale correva avanti e indietro indaffarato, quel giorno Damiano non era in tenuta da lavoro dato che aveva il compito di accompagnare i visitatori.

“Salve, Damiano” lo salutò un uomo molto abbronzato fermandosi presso di lui.

“Luigi, come va?”

“Sono atteso giù all’impianto di potabilizzazione dell’acqua, questi sono i tuoi ragazzi?” chiese l’uomo sfoderando un sorriso a trentadue denti il cui colore candito contrastava con la sua pelle scura.

“Sì, Ester e Cris, gli altri sono amici” dicendo questo Damiano posò le mani sulle spalle dei suoi figli.

“Ester, sei cresciuta tantissimo, assomigli sempre di più a tua madre, Cris invece è la tua fotocopia, Damiano” osservò Luigi masticando la gomma americana.

“Devo portare questi ragazzi a vedere il Centro, sono i primi visitatori in assoluto” affermò Damiano “Che ne dici se iniziamo con l’impianto di potabilizzazione?”

“D’accordo” rispose Luigi, mentre sorrideva fece sollevare leggermente i suoi occhiali sugli zigomi “Seguitemi.”

Si avviarono in un lungo corridoio sulle pareti del quale si trovavano diverse porte marroni, tutte chiuse.

“Cosa c'è lì dentro?” domandò Giovanni

“In ogni stanza si trovano le apparecchiature per fare qualcosa” rispose Damiano sempre molto gentile e felice di vedere dei ragazzi giovani così interessati al suo lavoro “In una addirittura si producono gli altoparlanti che si trovano all’interno delle casse degli stereo e dei supercomputer, qui, invece, si programmano i computer di bordo per i mezzi di trasporto, io ed Enrichetta solitamente lavoriamo qui, di fronte, invece, si costruiscono i supercomputer come Argon e Rex, anzi, se devo dire la verità Argon è nato proprio qui.”

“Tutto molto interessante, spero che potrò contare su di voi per integrare i miei studi alla facoltà di informatica” affermò Alessio sistemandosi gli enormi occhiali tondi sul naso.

Ad Ester sembrava di essere su un altro pianeta, non ricordava di aver mai visitato quella sezione del Centro, probabilmente non l’aveva fatto. Mentre camminava lungo quel corridoio aveva la sensazione di volare tanto questo era alto e candido e tanto l’aria era fresca.

Luigi giunse ad una grande porta di metallo dicendo: “Peter, facci entrare.”

Peter era il sofisticatissimo supercomputer che controllava l’edificio, aveva lo stesso nome del fondatore del Centro, Peter Koller.

“Siete i primi visitatori oggi” rispose Peter mentre la serratura della porta metallica si sbloccava con un improvviso clangore che echeggiò per tutto in corridoio.

Non appena il gigantesco infisso ebbe finito di spalancarsi, davanti ai loro occhi apparve un posto del tutto diverso. Il grandissimo ambiente aveva muri grigi e grezzi, una luce verdognola illuminava un groviglio di grossi tubi al centro della stanza dal quale si alzava l’insistente fruscio dell’acqua.

“Vedete, ragazzi” cominciò a spiegare Luigi “Un tempo l’acqua potabile esisteva, non bisognava produrla, la si estraeva da delle falde sotterranee, poi, a lungo andare, le falde si sono esaurite o inquinate, così adesso dobbiamo prendere l’acqua dal mare, dissalarla e depurarla, tutto ciò viene fatto in questo impianto il quale rifornisce d’acqua tutta la zona.”

“Veramente una volta era possibile trovare l’acqua già potabile così in natura?” chiese Ester piuttosto stupita.

“Certo” le rispose il padre “Veniva estratta dalla terra mediante apposite pompe.”

“È vero, mi sono ricordata di averlo letto su un libro” intervenne Jessica arrotolandosi, come sua abitudine, i capelli biondi intorno a un dito “I buchi in cui venivano infilate le pompe si chiamavano pozzi.”

“Esatto” confermò Luigi sorridendo.

“Sembra quasi impossibile tutto questo” commentò Cris cercando una conferma sul viso di quel genio di Alessio, Ester e Andrea si guardarono reciprocamente esterrefatti.

“Bene, Damiano, sono costretto a lasciarvi” affermò Luigi “Peter si è accorto di una giuntura che potrebbe rompersi, devo andare a controllare.”

“Si trova nel settore ovest” aggiunse il supercomputer.

“Mentre visitiamo l’impianto vi spiego come funziona” disse Damiano incamminandosi affinché i ragazzi lo seguissero. Li condusse in un ambiente dove si trovavano degli altissimi silos all’interno dei quali, in trasparenza, si notava l’acqua che scendeva stando incollata alle pareti, interrompendosi ad intervalli regolari.

“Vedete” iniziò il padre di Ester“Da quei depositi l’acqua entra in quelle quattro grosse serpentine nelle quali viene mandata ad una temperatura di cinquecento gradi.”

I ragazzi si voltarono a guardare i quattro tubi attorcigliati su loro stessi che vibravano sotto il movimento della pompa che li riempiva d’acqua marina.

“L’acqua, evaporando quasi istantaneamente, lascia sul fondo del primo tratto delle serpentine il sale e maggior parte delle sostanze nocive, dopo il vapore viene immesso in quel groviglio di tubi dove si condensa a passa attraverso vari filtri di carbone attivo. Alla fine del percorso, dove si trova la porta da cui siamo entrati noi, l’acqua viene disinfettata e immessa nella tubatura che la trasporterà all’industria di imbottigliamento dove, ovviamente, dovrà subire nuovi controlli.”

“Dove finiscono il sale e le sostanze inquinanti che si depositano sul fondo delle serpentine?” domandò Giovanni mentre stavano tornando indietro.

“Grazie per la domanda, molto perspicace, Giovanni, Peter provvede a ciò ogni mezz’ora” rispose sempre molto gentilmente Damiano “Le serpentine vengono fermate a turno e il nostro computer immette dentro di esse un piccolo robot che effettua la pulizia.”

Ancora qualche passo e si ritrovarono davanti alla enorme porta metallica dalla quale erano entrati, Damiano salutò Luigi che stava saldando la giuntura pericolante di un grosso tubo, poi ordinò: “Peter, apri la porta.”

Si ritrovarono nel candido corridoio che avevano percorso poco prima, quello sul quale si aprivano le porte marroni di molti laboratori.

“Potremmo visitare uno di questi studi, per favore?” chiese Andrea al padre della sua amica

“Ma certo, avevo intenzione di portarvi in quello dove si costruiscono gli altoparlanti.”

“Lo trovo molto interessante, grazie” fu la risposta di Alessio.

La porta era proprio quella sulla loro sinistra, Damiano ordinò immediatamente al supercomputer di aprirla, senza dare ai ragazzi nemmeno un momento di preparazione psicologica per ciò che avrebbero visto. La stanza era piena di macchinari, da cima a fondo, in mezzo ad essi si aggirava una donna dai lunghi capelli biondi e mossi.

“Buongiorno Diana, hai l’onore di far visitare il laboratorio ai miei ragazzi e ai loro amici” scherzò il ricercatore.

“Lo accoglierò volentieri” Diana con un sorriso mise in mostra i suoi denti bianchi e ben allineati.

“Venite, ragazzi, vi faccio vedere” disse Diana facendo loro segno di avvicinarsi ad un contenitore rotondo in cui c’era un liquido grigio continuamente rimescolato da un braccio meccanico.

I ragazzi si avvicinarono mentre la ricercatrice spiegava: “Questa è la lega metallica che compone gli altoparlanti, attraverso quel tubicino viene mandata negli stampi che le danno la forma, dopodiché viene raffreddata.”

Finito di dire queste parole, Diana azionò la macchina, la lega metallica iniziò a risalire un corto tubicino, quando il liquido fu nella giusta quantità, la macchina lo spinse all’interno di un grosso cilindro verde.

“Lì dentro la materia prende la forma di un piccolo e sottilissimo rettangolo e viene raffreddata” continuò a spiegare Diana.

La donna si spostò poi verso la fine del cilindro dal quale uscì, come aveva precedentemente illustrato, un piccolo rettangolo argentato, senza dire niente Diana prese in mano il pezzetto di metallo, questo appariva piuttosto floscio.

“Sembra carta stagnola!” esclamò Andrea.

Diana gli sorrise poi attaccò un piccolo cavo ad una estremità del rettangolo dicendo: “A vederlo così non gli si darebbe un soldo, ma adesso vedrete di che cosa è capace.”

La donna premette un pulsante e, come per magia, quello che sembrava solo un piccolo foglio di carta stagnola, riprodusse in modo molto fedele un brano di musica.

Ester si lasciò sfuggire un piccolo gridolino di meraviglia.

“Sembra impossibile” commentò Jessica

Diana staccò il cavetto dall’altoparlante affermando: “Sono dappertutto questo genere di amplificatori, negli stereo, nei proiettori tridimensionali, negli schermi ad ologrammi e nei supercomputer. ”

“Non ne avevo mai visto uno e soprattutto non avevo idea di come si facesse per fabbricarli” esclamò Ester molto interessata.

“Io a dire la verità sì” ammise Alessio “Ne ho visto uno quando mi si è rotta una cassa dello stereo e ho cercato di ripararla da solo.”

Cris lo guardò ammirato.

Non appena furono di nuovo nel bianco corridoio Damiano disse: “Seguitemi verso l’ascensore, vi porto su al sesto piano dove si studiano le malattie genetiche, su questo la scienza ha fatto davvero degli enormi progressi, pensate che le possiamo individuare e curare sui feti di cinque mesi, moltissimi bambini hanno avuto la possibilità di nascere sani grazie a questa tecnica.”

I ragazzi seguirono il ricercatore verso la grande stanza d’ingresso, dove si erano trovati subito dopo aver varcato le porte del Centro. I primi visitatori si stavano dividendo in tre gruppi a capo di uno dei quali stava Enrichetta, il marito la salutò velocemente con un gesto della mano; il piccolo schermo ad ologrammi, che si trovava nella stanza, faceva saltare fuori dal muro scritte tridimensionali di benvenuto le quali poi si autodistruggevano facendo balzare le lettere variopinte in ogni direzione. Comunque nessuno schermo ad ologrammi riscuoteva tanto successo quanto quello che si trovava all’esterno, Ester, guardando attraverso la porta a vetri dalla quale si entrava, poteva vedere le facce delle persone che ammiravano gli stupendi ologrammi mentre si esibivano sulla facciata del Centro. A volte, sui volti dei visitatori si dipingevano anche espressioni di paura, soprattutto quando quello squalo sembrava balzare fuori dal muro per mangiarsi qualcuno, o quando il treno a vapore sfondava lo schermo per precipitare giù, verso gli spettatori.

Il gruppo giunse ad un’ampia porta argentata, Damiano ordinò al computer: “Peter, chiama l’ascensore.”

Dopo pochi secondi la porta si aprì dividendosi in due e sparendo dentro il muro, Peter aspettò che fossero entrati tutti prima di provvedere a richiuderla.

“Peter, portaci al sesto piano” disse ancora Damiano al supercomputer.

“Papà, dopo possiamo andare a vedere la pista che servirà a far decollare…come si chiama? La macchina che potrà andare più veloce della luce?” chiese Cris mentre cominciavano la risalita dell’edificio.

“La macchina si chiama Freccia Solare, la pista è ancora in costruzione, la macchina è nel laboratorio a casa nostra, devo fare ancora degli accertamenti, prima di scendere giù a vedere vi faccio visitare il laboratorio dove stiamo mettendo a punto il teletrasporto” Damiano era comunque soddisfatto che il figlio minore iniziasse ad interessarsi a qualcosa che non fossero videogiochi.

“Piano sesto, corsa completata” annunciò Peter.

“In che cosa consiste di preciso il teletrasporto?” chiese Andrea a Damiano mentre uscivano dall’ascensore.

“Servirà a trasportare persone e oggetti da un posto all’altro alla velocità della luce utilizzando un'antenna trasmittente nel punto di partenza e una ricevente nel punto di arrivo, un computer provvederà a materializzare nuovamente il viaggiatore sulla piattaforma di arrivo, le attuali stazioni ferroviarie e aeroporti verranno sostituite da questo più comodo e veloce sistema.”

“Questo significa che le persone, nel teletrasporto, verranno smaterializzate?” domandò Ester.

“In un certo senso sì” Le spiegò il padre mentre camminavano lungo un corridoio simile a quello dabbasso “Persone e oggetti viaggeranno via etere, come le onde radio, la piattaforma dalla quale il viaggiatore parte è munita di un computer il cui compito è quello di trasformare il codice genetico della persona o la materia, nel caso si tratti di un oggetto, in onde radio che viaggeranno poi verso la meta alla velocità della luce. Una volta giunto a destinazione il viaggiatore verrà ricostruito mediante un altro computer capace di decodificare e ricostruire il suo codice genetico, o la sua materia, in questo modo percorreremo in un attimo grandi distanze, il teletrasporto potrà rivelarsi molto utile anche nei viaggi nello spazio.”

“Tra quanto tempo questa tecnica verrà utilizzata?” intervenne Giovanni, in realtà aguzzavano tutti le orecchie interessatissimi alle delucidazioni dello scienziato.

“Non lo sappiamo” rispose Damiano “È ancora in fase di sperimentazione.”

“Che cosa prova una persona mentre viene teletrasportata?” volle sapere Jessica.

“Nulla” affermò il ricercatore “Avrà solo l’impressione di arrivare in un posto dopo un attimo.”

Intanto erano arrivati a destinazione, adesso avrebbero visitato il laboratorio in cui si studiavano e curavano le malattie genetiche.

“Peter, apri la porta.”

L’entrata a vetri satinati si dischiuse facendo diffondere nel corridoio un odore di disinfettante.

“Damiano, mi stavo appunto chiedendo se saresti venuto a farmi visita” affermò un uomo alto sulla cinquantina con gli occhiali quadrati e una frangetta di capelli neri.

“Ester è sempre stata molto interessata alla genetica, oltretutto da autodidatta, non poteva lasciarsi sfuggire un’occasione del genere” affermò il padre guardando la figlia orgoglioso.

“Bene” fece l’uomo sorridendo “Io sono Leonardo e ora vi spiegherò come funziona questa strana macchina che vedete qui.”

In effetti era veramente un congegno insolito, un lettino bianco era posto in mezzo alla stanza, sonde, aghi, fili di ogni genere lo sovrastavano, sulla parete di fondo erano allineati diversi monitor in standby.

“Qui individuiamo e curiamo molte malattie genetiche sui bambini che stanno per nascere” iniziò a spiegare Leonardo “Facciamo sdraiare la paziente a rischio su quel lettino e, tramite una sonda, controlliamo il patrimonio genetico del bambino, questi test si può fare già sui feti di cinque mesi, mentre faccio questo controllo, guardo la situazione del Dna del bambino su quel monitor laggiù, quando individuo qualche anomalia, Peter avvia un raggio laser capace di ricostruire il Dna danneggiato.”

“Possiamo vedere la macchina in azione?” chiese Cris.

“No perché fortunatamente le malattie genetiche che hanno bisogno di questa invenzione sono molto poche” affermò Leonardo.

“Sarebbe statalo molto interessante per me osservare il suo funzionamento” disse Ester.

“Allora, visto che ti attrae molto questo settore della ricerca, facciamo così” propose Leonardo con un sorriso educato “Quando mi capiterà di usare la macchina ti chiamerò, va bene?”

“Io, non so come ringraziarla, ci conto” Ester gli strinse la mano.

Il gruppo proseguì la visita diretto ad ammirare il tanto atteso teletrasporto, anche se ancora si trovava in fase del tutto sperimentale.

“Peter, apri la porta.”

Davanti ai loro occhi apparve uno scenario quasi magico, al centro della stanza stavano due piattaforme bianche fatte di un materiale che sembrava vetro opaco, sulla loro sommità erano montate due piccole antenne. L’antenna che si trovava sulla piattaforma alla loro sinistra aveva una forma simile ad un tamburo, mentre su quella alla loro destra era montata una piccola parabola.

“L’antenna a tamburo deve essere trasmittente mentre l’altra è ricevente” affermò Alessio lasciando ancora una volta il suo nuovo amico Cris a bocca aperta.

“Infatti” confermò Damiano con un sorriso : “Siete un gruppetto davvero sveglio, qui per motivi di spazio, le piattaforme sono moto vicine, ma in teoria si potrebbe coprire qualunque distanza in un attimo.”

Ester seguiva con lo sguardo i cinque ricercatori che si aggiravano per la stanza, tre di loro erano uomini, le altre due donne.

“Gli oggetti vengono teletrasportati dalla piattaforma di sinistra a quella di destra, non è vero?” domandò Andrea.

“Ancora un'intuizione giustissima” confermò il padre di Ester.

“Avete mai teletrasportato persone?” chiese Jessica.

“No, ma oggi, proprio sotto ai vostri occhi, faremo un passo avanti, questo potrebbe essere un giorno che entrerà nella storia e voi ne sarete testimoni.”

Finalmente una donna dai capelli rossi tagliati a caschetto si accorse della loro presenza.

“Mara” la chiamò Damiano “Sally è già pronta per il viaggio?”

“Sì, ma facciamo un passo alla volta” affermò lei “Prima vi faremo vedere il teletrasporto di un oggetto poi entrerà in scena Sally.”

“Papà, chi è Sally?” chiese Cris.

“Dopo la vedrai.”

“Allora, ragazzi, accendete la macchina e facciamo vedere ai nostri ospiti il teletrasporto di questo cappello” il tono di Mara era diventato perentorio mentre si rivolgeva al gruppo di ricercatori raccogliendo da un piccolo tavolo accanto a lei un cilindro nero.

“Peter, avvia il sistema” ordinò un uomo al computer .

I ragazzi si avvicinarono a Mara mentre lei diceva: “Peter, dai energia al laser e alle antenne”

Un lieve sibilo crescente si udì nella stanza.

La donna posò il cappello sulla piattaforma trasmittente del vano poi ordinò: “Peter, avvia i computer di teletrasporto e fai partire l'operazione.”

Peter azionò i due calcolatori che avevano il compito di smaterializzare il cappello, farlo viaggiare alla velocità della luce e ricomporlo nella piattaforma ricevente, i loro monitor furono percorsi da codici incomprensibili per i sei ospiti.

Non appena Mara si accorse che l’antenna a tamburo sulla piattaforma di partenza cominciò ad allinearsi con quella dell'arrivo, disse ad Ester e ai suoi amici: “Ora guardate attentamente, ragazzi.”

Un laser azzurro fece dissolvere in un istante il cilindro nero dalla loro vista come se fosse scomparso dalla faccia della terra, la sua apparizione sulla piattaforma di destinazione fu istantanea, non ci fu neanche un secondo di attesa, Mara si avvicinò e afferrò trionfante il cappello nero.

“Posso toccare il cappello?” chiese Jessica come se non credesse a ciò che era avvenuto proprio sotto ai suoi occhi.

Mara glielo porse e lei cominciò a rigirarselo tra le mani con aria esterrefatta.

“E’ incredibile!” commentò Andrea a bocca aperta.

“Come vedete il teletrasporto degli oggetti ci riesce alla perfezione” affermò Mara “Ma oggi, come vi avevo già anticipato, tenteremo per la prima volta di far compiere il viaggio ad un essere vivente, portate qui Sally.”

Una donna arrivò poco dopo tenendo in braccio una cagnolina barboncina bianca e simpaticissima con il suo mantello tutto riccioli, Mara la presentò ai ragazzi.

“Com’è carina!” commentò Ester guardando l’animaletto nei vispi occhietti marroni.

La bestiola si guardava intorno incuriosita mentre Jessica domandava: “Non le farà male?”

“Assolutamente no” assicurò Mara “Non si accorgerà di niente.”

“State per assistere a qualcosa di veramente straordinario, ragazzi” intervenne Damiano “Sally è il primo essere vivente in assoluto ad essere teletrasportato, entrerà nella storia, e voi avrete l'onore di vederlo per primi”

Mara sorrise prendendo in braccio Sally, per posarla sulla piattaforma di partenza. Ester pensò distrattamente a Laika, la prima cagnolina che aveva fatto da cavia per i viaggi nello spazio ormai tantissimi anni prima, per lei era stato un viaggio senza ritorno, si sentì stringere lo stomaco pensando che forse anche per Sally sarebbe potuta essere la stessa cosa.

Ma no, la scienza ormai ha fatto passi da gigante, ho visto con i miei occhi che questa macchina funziona alla perfezione, devo avere fiducia in mio padre, ha mai sbagliato qualcosa?

Sally rivolse il suo sguardo in direzione dei ragazzi, Ester ebbe la netta impressione che quegli occhietti marroni stessero fissando lei.

“Siete sicuri che l’esperimento riuscirà?” chiese Giovanni confermando i timori della sua amica.

“Certo, abbiamo fatto centinaia di prove teletrasporto con gli oggetti” affermò Mara “Sono sempre riusciti alla perfezione e in modo istantaneo, il sistema non ha mai avuto il minimo problema.”

La cagnolina guardava incuriosita l'antenna che si allineava sopra la sua testa, muovendo le piccole orecchie udendo il sibilo prodotto da Peter che forniva energia ai laser, si leccò il musetto con la piccola lingua rosa.

“Sembra che non abbia per niente paura” affermò Andrea afferrando la mano di Ester per tranquillizzarla, rendendosi conto di quanto fosse sudata.

“Fai partire il sistema, Peter” ordinò allora Mara.

Come la volta passata, un laser cancellò all'istante l'immagine di Sally.

I ragazzi si voltarono tutti verso l’arrivo sicuri che, entro un millesimo di secondo, la cagnolina sarebbe riapparsa dall’altra parte. Trascorse un secondo senza che succedesse nulla, dopo circa cinque secondi l'antenna ricevente si allineò meglio con quella di partenza, ma di Sally neanche l’ombra.

“Peter, cosa sta succedendo?” domandò Mara.

“Il computer all’arrivo ha difficoltà a decodificare il codice genetico di Sally” spiegò il supercomputer.

Il sibilo dell'energia si intensificò

“Il computer decodificatore sta andando in tilt” disse Peter “Non si era mai trovato alle prese con un codice genetico, ma solo con della materia.”

“La complessità al livello molecolare è la stessa” affermò Mara : “E poi abbiamo fatto delle prove con alcuni vetrini di batteri.”

“Il computer sta andando in errore” la voce di Peter calma e piatta.

Ester sentiva il cuore esplodere mentre stringeva la mano di Andrea fino a fargli male, Jessica si era stretta a Giovanni mentre Alessio si sistemò per l'ennesima volta gli occhiali sul naso guardato fisso da Cris che sembrava cercare delle risposte si suo viso magro. Qualcosa si iniziò a vedere sulla piattaforma di arrivo, frammenti bianchi che turbinavano nell'aria, Ester pensava distrattamente, e attanagliata dall'angoscia, che si poteva trattare di alcuni ciuffi del mantello bianco di Sally.

“Il sistema si sta sbloccando” la voce rassicurante di Peter.

I ricercatori che erano nella stanza accorsero tutti per osservare la piattaforma ricevente. Quelli che sembravano essere coriandoli di cenere invasero in modo totale la stanza, i ragazzi fecero un salto indietro spaventati mentre lo strillo di Ester riecheggiava tra le pareti della stanza acuto e disperato, Jessica si copriva gli occhi con le mani, Sally si era letteralmente dissolta.

Carta? Cenere? Coriandoli? Glitter? È qualcosa di bello da vedere!

La mente di Ester vacillava sconvolta.

“Oddio...” mormorò Mara mentre l'energia fornita alla macchina diminuiva.

Ester continuava a gridare terrorizzata, teneva le mani premute sulle guance, mentre il padre la teneva stratta tra le braccia in mezzo a quella nuvola di coriandoli di cenere che cominciava a posarsi sul pavimento.

“Qualcosa, nella trascrizione del codice genetico, è andato perduto” affermò uno degli scienziati, analizzando il computer di arrivo: “Dobbiamo capire in che punto si è verificato l'errore.”

“È stato un incidente” Damiano tentava di calmare la figlia accarezzandole i capelli ma la ragazza uscì veloce dalla stanza.

Ester imboccò il corridoio completamente sconvolta, correndo faceva stridere le suole di gomma delle sue scarpe sulle mattonelle, si fermò solo d’innanzi all’ascensore.

“Peter, chiama l’ascensore” ordinò tremando al supercomputer.

Una giornata da libri di storia? Al massimo è buona per una festa di Carnevale venuta male, dannazione!

Ester sentì salire un singhiozzo nella gola per aver pensato questa frase senza senso, ma quando era triste o sconvolta di cose strane ne concepiva diverse, a volte iniziava ad attribuire la vita a degli oggetti come i pensili della cucina, le pareva di scorgere anche la loro faccia, era arrivata alla conclusione che il cervello aveva bisogno di distrazioni forzate quando si trovava in situazioni di dolore, e se gli stimoli reali mancavano, andavano inventati urgentemente o si rischiava di esplodere.

Non appena la porta metallica dell'ascensore si aprì la ragazza entrò dicendo: “Portami al piano terra.”

Mentre la discesa andava avanti Ester aveva deciso di dare libero sfogo alle lacrime dal momento che era sola. Non riusciva a togliersi da davanti agli occhi il musetto di Sally, i suoi occhietti marroni e la linguetta rosa con la quale si era leccata il nasino. E dopo quella cosa, coriandoli di cenere che turbinavano nella stanza.

Sei diventata cenere, Sally, oppure coriandoli? Papà, ma cosa hai combinato stavolta?

“Non è vero, dannazione, non può essere vero!” diceva Ester tra i singhiozzi, intanto continuava a vedere incessantemente quella piccola lingua rosa che passava sul muso della cagnolina

Le porte dell’ascensore si aprirono ed Ester si trovò nuovamente nell’atrio da cui i visitatori cominciavano a partire seguendo le rispettive guide. La testa le rimbombava, le sentiva vuola e leggera, si lanciò di corsa verso la porta d’ingresso che era chiusa, dato che adesso nessuno degli ospiti si trovava più in cortile, attraversò velocemente la stanza urtando contro le molte persone che vi si accalcavano. Finalmente giunse alla porta a vetri ordinando con voce tremante: “Peter, apri la porta.”

“Non posso farlo” rispose il computer.

“Cosa? Come sarebbe non puoi!” sbraitò Ester.

“Tuo padre mi ha detto di non lasciarti uscire cosicché possa raggiungerti” affermò Peter con la sua solita voce, come se in quella stanza non fosse successo assolutamente niente.

“Non voglio stare qui un minuto di più, apri questa dannata porta e lasciami uscire!” strepitò Ester disperata facendo voltare nella sua direzione alcuni visitatori.

“Ho già informato tuo padre su dove ti trovi” disse Peter “Sta venendo a prenderti.”

“Traditore!” gridò Ester contro Peter dimenticando che i computer non possono capire certe cose, anche se sono sofisticatissimi sistemi, i sentimenti umani non trovano spazio tra i loro circuiti di plastica e metallo.

Ester sentì una mano posarsi sulla sua spalla destra, la ragazza si calmò e si voltò sapendo già di chi si trattava.

“Non fare così, purtroppo a volte nella ricerca scientifica succedono degli incidenti” le spiegò il padre “Anzi, sono proprio questi che la fanno andare avanti.”

“Sì, ma fino a che punto?” chiese la ragazza “Fino a che punto l’uomo ha il diritto di disporre della vita di animali indifesi?”

“Ester” continuò Damiano con calma “Quello che è successo oggi a Sally non è stato inutile, noi ricercatori che lo abbiamo visto in diretta, uniti agli scienziati di tutto il mondo, ne faremo tesoro per capire dove sia stato l'errore e per migliorare in futuro, evitando di far succedere di nuovo incidenti simili.”

“Lo sai che ci sei dentro anche un po' tu a quello che è successo oggi?” padre e figlia si guardavano intensamente negli occhi.

“La ricerca scientifica è totalmente in buona fede” continuò gentilmente Damiano “Essa è al servizio dell’umanità per migliorarne l’esistenza, ti garantisco che nessuno oggi, in quel laboratorio, aveva intenzione di far del male a Sally, non è certo così che deve funzionare il teletrasporto.”

“L’uomo non ha il diritto di considerarsi superiore alle altre specie, tu saresti felice se qualcuno che si ritiene più intelligente di te ti usasse come cavia?”

“Non credo, ma visto che il teletrasporto dovrà essere usato con le persone, ad un certo punto il passo di provarlo su di un essere vivente andava compiuto, se abbiamo deciso di farlo significa che a monte ci sono stati innumerevoli studi e prove, eravamo tutti sicuri che sarebbe riuscito, il fatto che abbiamo deciso di farlo davanti ai vostri occhi ne è la prova” Damiano accarezzava i folti riccioli neri della figlia.

Nonostante la ragazza sembrava essersi calmata, chiese al padre : “Portami a casa, per favore.”

“Non vuoi vedere la pista per Freccia Solare?” domandò Damiano alla figlia per convincerla a restare.

Ester scosse la testa, non le andava di tornare davanti ai suoi amici dopo che l'avevano vista così sconvolta, soprattutto Andrea, al momento non avrebbe saputo come gestire la situazione, era meglio prendersi qualche giorno di pausa per calmare un po' le acque.

“Va bene, vado ad avvertire Cris e gli altri e poi andiamo, non vieni a salutare i tuoi amici?” chiese Damiano incamminandosi.

“No, salutali tu da parte mia” Ester rimase presso la porta a vetri.

Poco dopo Damiano tornò per accompagnarla a casa, andarono via in silenzio, si dispiaceva terribilmente che la figlia avesse dovuto assistere ad una scena del genere, ma svolgere un lavoro come il suo a volte significava anche questo. Mentre suo padre programmava il computer di bordo e la telecamera digitale della loro automobile a magneti, Ester si voltò a guardare, lo schermo ad ologrammi sulla facciata del Centro, adesso stava mostrando il mostro di Loch Ness nel momento in cui emergeva dal lago mentre l’acqua ribolliva intorno a lui, la creatura ruggì, poi si voltò a guardare il pubblico con i suoi occhi iniettati di sangue, digrignò le zanne e, allungando il collo, cercava di mordere gli spettatori facendo uscire la sua enorme testa dallo schermo, l’ologramma di dissolse in tanti finti spruzzi d’acqua. Adesso non c’era nessuno ad assistere allo spettacolo, ma Ester era sicura che se ci fosse stato qualcuno avrebbe gridato, era un’immagine davvero molto reale e spaventosa.

In poco tempo giunsero a casa, Ester scese dalla vettura senza nemmeno guardare suo padre e si rivolse subito ad Argon dicendo: “Apri il cancello.”

Damiano tornò subito al Centro di Ricerca Koller per far continuare la visita agli altri ragazzi, intanto Ester entrava nel giardino di casa strascicando i piedi, Eddy la vide e le corse incontro scodinzolando, il cane era rimasto tutta la mattina a casa da solo ma Ester era convinta che non gli mancava nulla, a lui aveva pensato Argon, il fedele supercomputer aveva fatto calare nella ciotola del cane un po’ d’acqua e di crocchette. Anche la cuccia di Eddy era sotto il controllo di Argon, soprattutto per quanto riguardava il cibo e l’acqua, infatti il supercomputer, ad orari stabiliti, faceva scendere da due contenitori il cibo e l’acqua per il cane che, attraverso dei tubi, finivano nella ciotola.

Eddy, sei un cane anche tu, avresti potuto finire in coriandoli oggi e nessuno avrebbe pianto per te.

“Argon, apri la porta di casa.”

Erano le due del pomeriggio e gli altri ancora non erano tornati, Ester decise di scendere in salotto dopo aver riposato sbuffò mettendosi a guardare un po’ il proiettore tridimensionale per distrarsi un poco.

“Argon, accendi il proiettore, voglio il canale uno.”

Le immagini tridimensionali che si formarono davanti ai suoi occhi la lasciarono di stucco, una donna di colore con i capelli lisciati e un vistoso rossetto rosa sulle labbra carnose parlava in un microfono guardando la cinepresa, sullo sfondo si vedeva il Centro di Ricerca Koller il cui schermo ad ologrammi sembrava andare a fuoco, alcuni finti pompieri risalivano in scala appoggiata al muro e si buttavano dentro lo schermo per spegnere l’incendio, l’ologramma spariva in un’esplosione di tante false scintille.

“Oggi il Centro di Ricerca Koller ha aperto i cancelli al pubblico” diceva la cronista “Così ne approfittiamo anche noi per entrare a fare una visitina.”

La ripresa era in diretta, la donna si avviò verso l’ingresso del Centro seguita dalle telecamere. Subito dietro la porta Ester riconobbe suo padre, accanto a lui stava Cris, dietro, tra la calca dei visitatori, si scorgevano Andrea, Giovanni e Jessica, stavano guardando in direzione degli obiettivi.

“Questo è Damiano Lanfranchi” affermò l’inviata mentre la telecamera inquadrò suo padre “Uno dei più famosi e brillanti scienziati del Centro.”

Poi iniziò con le domande: “Come mai avete organizzato questa giornata?”
”Perché vogliamo far conoscere alla gente il nostro lavoro che è così importante per la vita di tutti. Oggi i visitatori avranno la possibilità di vedere sia le macchine ancora in fase di sperimentazione, sia quelle già perfettamente operanti, tantissima gente ha accolto il nostro invito, soprattutto molti ragazzi e bambini, questo mi rende molto felice.”

“E’ vero che oggi sperimenterete nuove macchine davanti al pubblico?” continuò la giornalista.

“Sì” rispose Damiano cercando di soverchiare il chiasso della gente “Purtroppo questa mattina è successo un piccolo incidente, abbiamo scoperto che la macchina per il teletrasporto, ancora in fase sperimentale, non funziona come dovrebbe, oggi mettiamo davanti agli occhi del pubblico anche i nostri fallimenti, non solo i successi.”

Ester sospirò. Papà ti prego di scusarmi, tutti possono sbagliare, non hai perso la mia stima, io ti ammirerò sempre.

Avrebbe dovuto dirgliele certe parole, non solo pensarle, doveva trovarla l'occasione, il più presto possibile, prima che anche loro si trasformassero in qualcosa da nascondere nella nebbia dell'imbarazzo finendo dimenticate.

“Argon, spegni il proiettore” disse con un sospiro.

Il salotto piombò in un attimo nella penombra e nel silenzio, sembrava molto più vuoto e più piccolo senza le immagini tridimensionali.

Stava per ordinare ad Argon di accendere lo stereo ma si fermò, quel giorno non si parlava altro che del Centro di Ricerca Koller e del suo evento, lo aveva atteso così tanto ma non avrebbe mai immaginato che potesse finire in quel modo. Rimase a rimuginare seduta sul divano con tutte le tapparelle abbassate, pensava a come doveva essere stata la vita un secolo prima, nel Duemila. Lo aveva studiato a scuola l’anno precedente il secolo scorso nel quale ancora si viaggiava con veicoli a benzina che facevano un sacco di rumore, le macchine del tempo, il teletrasporto, e i supercomputer erano soltanto fantascienza nella mente degli uomini. Ci si serviva di rudimentali calcolatori comandati da diversi attrezzi, tutti manuali, tra questi ne esisteva uno buffissimo chiamato mouse, il nome era dovuto al fatto che assomigliava ad un topolino. La sua professoressa di storia, aveva mostrato loro un vecchio mouse e doveva ammettere che le sarebbe piaciuto moltissimo usarne uno. Il Duemila, un secolo di grandi cambiamenti e scoperte dopo il Novecento, un periodo pieno d’odio in cui la cattiveria degli uomini sembrava veramente aver toccato il fondo. Ad Ester sarebbe piaciuto vivere nel secolo appena trascorso, lo considerava un’era di rinascita dopo il funesto Novecento.

“Sono nata nell’epoca sbagliata” concluse poi ad alta voce.

Verso le sei di sera il portone di casa si aprì e i suoi genitori fecero ritorno insieme a suo fratello.

“Ester!” chiamò sua madre ad alta voce credendo che la ragazza fosse in camera sua.

“Eccomi, sono qui” disse lei sbucando dal salotto.

“Oh, tesoro” disse la madre posando la borsa e andandole incontro “Ho saputo dell’incidente con il teletrasporto, mi dispiace tanto.”

“Lo so, fa parte del vostro mestiere”

La madre la strinse dicendole: “Purtroppo sono cose che succedono, devi fartene una ragione.”

Ester decise che il momento giusto era quello, parlò davanti ai genitori e al fratello dicendo le parole che aveva pensato quel pomeriggio, Damiano fu immensamente felice di vedere la maturità di sua figlia che iniziava a sbocciare, l'abbracciò sorridendo.

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Capitolo 4
*** Valery ***


“Ester, non sai come sono dispiaciuto che tu sia scappata via in quel modo lunedì, non hai salutato nessuno e durante le serate al Gigawatt non mi hai quasi rivolto la parola” Andrea stava sorseggiando un frullato alla fragola seduto all'aperto al bar di fronte alla sua migliore amica.

Lei aveva le mani appoggiate sul tavolo, le unghie pitturate con uno smalto cangiante color mercurio, davanti un frappè al cioccolato con la panna che non si decideva a bere; Andrea avrebbe voluto afferrale quelle mani, si immaginò di massaggiare il loro dorso con i pollici, tuttavia decise di trattenersi.

Ester sospirò decidendosi finalmente ad appoggiare le sue labbra piene alla cannuccia : “Lo so, mi dispiace, ma l'incidente con il teletrasporto mi ha lasciata alquanto sconvolta, mi farò perdonare da tutti gli altri”

Andrea sorrise : “Allora lo sai cosa facciamo? Dopo andiamo a casa mia, visto che devo provare alcuni brani da cantare al Gigawatt, potremmo invitare anche tutto il gruppo così vedo che effetto posso suscitare nel pubblico”

A Ester scappò una risata : “Ci userai letteralmente da cavia da quello che vedo!”

“E dai, non sono mica così terribile” rise anche lui, travolta prendendo il coraggio di afferrarle quelle mani, diede loro una piccola scossa per lasciarle subito dopo, gli occhi di Ester brillarono e per lui fu sufficiente questo.

Non appena finirono le loro consumazioni Ester chiamò subito il piccolo robot cameriere per pagare il conto alzandosi subito dopo sistemandosi i pantaloncini di jeans sfilacciati agli orli, sopra aveva indossato una canottiera giallo brillante che faceva risaltare ancora di più i suoi ricci neri : “Dai andiamo, chiamiamo gli altri, non vedo l'ora di vederti iniziare la tua esibizione, a parte il fatto che sei molto bravo, non mi piace lasciare le cose in sospeso con gli amici.”

Ester sorrise circondando le spalle di Andrea con un braccio mentre si avviavano a piedi verso casa. Camminavano piano per godersi la mattinata e la bella passeggiata, Andrea si rese conto di avere piacere che si stesse prolungando il tempo che aveva a disposizione per stare solo con Ester prima di incontrare il resto del gruppo, non lo disse ma dentro di se sperava che per lei fosse lo stesso. Passarono davanti ad un negozio di vestiti guardando distrattamente il piccolo schermo ad ologrammi che si trovava sulla sua facciata, finte bolle di sapone stavano uscendo dal muro, avevano la capacità di interagire con gli spettatori, se qualcuno toccava le bolle esse esplodevano, si avvertiva la loro artificialità dal fatto che non lasciavano quella minima sensazione di bagnato sulla pelle.

“Credo che lo schermo ad ologrammi del Centro di Ricerca Koller sia unico al mondo” disse poi la ragazza.

“Infatti, quelli che si trovano per la città sono banali, vengono usati solo per fare della pubblicità” concordò Andrea.

 

Gli amici giunsero uno dopo l'altro a casa di Andrea avvertiti da degli ologrammi a grandezza reale di lui e di Ester raggianti e sorridenti, erano tutti felici alla sua esibizione, naturalmente, ma erano anche contenti di rivedere Ester dopo tre giorni, l'ultima immagine che i loro occhi avevano registrato di lei era stata quella in lacrime sconvolta dopo l'incidente con il teletrasporto.

La prima ad arrivare fu Jessica, che dopo aver schioccato un bacio sulle labbra di Giovanni, affermò sorridente: “Non avevo mai avuto il pacere di vederti cantare, Andrea.”

“Potete venire quando volete al Gigawatt, ormai Orazio vi ha conosciuti tutti, gli siete piaciuti moltissimo, non c'è assolutamente nessun problema.”

Alessio e Cris arrivarono insieme, era incredibile come dal giorno in cui si erano conosciuti vivessero praticamente in simbiosi. Andrea fece accomodare tutti in camera sua, era lì infatti che teneva il piano con il microfono e la consolle, prese posto dietro la tastiera slacciandosi il colletto della sua camicia bianca di lino a maniche corte e tirandosi indietro i capelli lunghi e boccolosi. Gli altri si sedettero sul suo letto, ma tra tutti notò lo sguardo di Ester, quello più magnetico, che aveva attenzione solo per lui. Giovanni aveva preso dal frigo alcune birre fresche per offrirle agli ospiti, Alessio non staccava gli occhi marroni resi enormi dall'effetto delle lenti dalla consolle, Andrea era sicuro che fosse più attratto dal suo funzionamento che dal fatto che lui avrebbe iniziato a cantare tra pochi secondi, Jessica stava accovacciata con le gambe incrociare sorseggiando la sua birra con la testa appoggiata alla spalla di Giovanni.

Andrea partì improvvisamente suonando una versione particolarissima di Johnny B Goode riadattata per il pianoforte, era vecchio come pezzo ma aveva sempre il potere di scaldare gli animi e di rompere il ghiaccio. Rimasero tutti stupiti dalla voce che sfoderava Andrea cantando, molto adulta e graffiante, diversissima da quella che usava per parlare di solito. I ragazzi furono immediatamente catturati dall'allegra melodia, muovendo le teste e i piedi a tempo, solo Ester sembrava incantata, guardava Andrea con lo sguardo felice e trasognato, lui, dal canto suo, finì per dedicare dentro di se ogni brano alla ragazza, non glielo disse ma si capivano a vicenda soltato guardandosi negli occhi. Eseguì quattro brani rock a raffica, i suoi amici presero a ballare allegramente nella sua piccola stanza, Giovanni afferrò Jessica per la vita, Ester fece fare una piroetta a suo fratello minore prima di avvicinarsi al piano per ballare ancheggiando davanti al suo migliore amico. Andrea ora cantava sorridendo, anche lui ballicchiava trascinato dalla melodia facendo muovere i suoi riccioli biondi da una parte all'altra. Ester gli offrì un sorso di birra dalla sua bottiglia, l'allegria cresceva di minuto in minuto. Andarono avanti così fino quasi all'ora di pranzo, Ester non ebbe bisogno di scusarsi a parole con gli altri per ciò che era successo tre giorni prima al Centro di Ricerca Koller, furono la sua allegria e spontaneità a fare tutto il lavoro per lei.

Alla fine dell'esibizione scattò un applauso lunghissimo, almeno cinque minuti, Andrea non riceveva un risultato del genere nemmeno alle serate del Gigawatt, prima di congedarsi Jessica gli fece mille complimenti baciandolo su una guancia, mentre Alessio gli diede una pacca su una spalla non più interessato solo al funzionamento della sia consolle. Ester lo salutò affermando che al Gigawatt avrebbe sicuramente stupito tutti quanti e che lei non vedeva l'ora di godersi le facce, gli fece un gran sorriso, gli occhi le brillavano come diamanti, ma Andrea rimase ancora con il desiderio insoddisfatto di sapere che consistenza potessero avere quelle sue labbra così piene, pensò che dovessero essere fatte di velluto puro.

Il caldo di metà giugno era veramente soffocante, in più era amplificato dalla strada di calamita, Ester e Cris se ne sentirono davvero oppressi tornando a piedi verso casa, ma nonostante questo, il cuore della ragazza era leggero, il rapporto con i suoi amici era quello quello di sempre se non addirittura migliorato.

“Non vedo l’ora di refrigerarmi con l’aria condizionata” sbuffò Ester quando fu davanti al cancello di casa sua “Argon, facci entrare.”

“Chi è Argon?” chiese una squillante voce di donna con una nota di sorpresa.

Ester e Cris si guardarono intorno senza scorgere nessuno, così la ragazza tornò a chiedere al supercomputer: “Avanti, Argon, apri il cancello.”

“Io non sono Argon, mi chiamo Valery.” la donna che aveva pronunciato questa frase dal tono sembrava sorridere.

Sulle prime i due ragazzi rimasero disorientati, poi capirono che la allettante voce umana proveniva dagli stessi altoparlanti che, fino a quella mattina, avevano trasmesso la fredda e piatta, anche se suadente voce di Argon. Suo padre si era finalmente deciso a provare l’ultimo modello di supercomputer, a lui affidato solo per essere sperimentato.

“Ah, il nuovo computer” commentò Ester “D’accordo, Valery, lasciaci entrare.”

“Caldo oggi, vero?” chiese Valery mentre apriva il cancello.

“Cosa?” fece Ester sorpresa, i computer non avevano sentimenti, nemmeno quel minimo che serve per dire una frase del genere.

“Fa un caldo tremendo, oggi” ripeté il computer.

“Ehm…sì certo” disse Ester varcando il cancello, mentre suo fratello la guardava con la mascella che sembrava cadergli per terra, si era voltata con l'intenzione di ordinare a Valery di chiudere il cancello notando, con sorpresa, che il computer lo stava già facendo, di sua iniziativa. Questi gesti apparentemente banali per gli esseri umani, per una macchina non lo erano di certo, i computer dovevano sempre avere spiegato tutto un passo dopo l'altro, Ester ripensò distrattamente alla spiegazione che le aveva fatto un suo insegnante delle medie, era stata molto incisiva per cui la ricordava ancora adesso dopo molti anni. Voi ragazzi forse siete facilmente portati a pensare che i supercomputer siano intelligenti dal momento che conversano con voi e riescono a gestire in maniera totale le vostre abitazioni, ma, in realtà non è così, sono enormemente stupidi. Immaginare ora di spiegare a uno d di questi computer come si cucina la pasta, dovreste farlo più o meno così: prendi una pentola; riempila d'acqua; aggiungi il sale; mettila sul fornello; accendi il gas; attendi che l'acqua arrivi a cento gradi; metti dentro la pasta; aspetta la nuova ebollizione per incominciare a contare il tempo e così via... le macchine, per quanto enormemente sofisticate possano essere, non hanno iniziativa, nemmeno per quelle piccolezze che per noi persone appaiono scontate. Questo modo di fare che aveva Valery le mise addosso una punta di ansia. I due ragazzi si avviarono velocemente verso casa, ansiosi di chiedere al padre notizie su quello straordinario computer . Quando giunsero davanti al portone Ester aprì la bocca per dire alla macchina di aprire la porta ma Valery li anticipò, spalancando loro l’uscio davanti. Subito dietro la porta si trovarono davanti il padre.

“Allora, che ve ne pare del nuovo supercomputer ?” chiese Damiano ai figli “Valery, dopo tutto questo, si aspetta che voi la ringraziate.”

Ester non ne capì il motivo, ma si sentì leggermente turbata da questa affermazione del padre, tuttavia si tranquillizzò subito vedendolo sorridere.

“Non importa, Damiano, per me è stato un piacere” rispose la voce di Valery così umana da indurre chiunque a guardarsi intorno per capire chi è che aveva parlato.

“Oh, è formidabile, papà! Pare che abbia sentimenti umani, inoltre ci ha aperto la porta senza che noi le chiedessimo niente, non avevo mai visto un calcolatore prendere iniziative, neanche semplici” Cris, al contrario della sorella, appariva molto entusiasta.

“Valery usa le stesse telecamere digitali che, fino a ieri, usava Argon, quindi può vedere quello che fai e anticipare le tue mosse.”

“Potremo tenerci Valery per noi, come nostro supercomputer?” domandò Cris al padre mentre si spostavano verso il salotto.

“No, Valery è qui solo per essere sperimentata” affermò Damiano sedendosi sul divano “Quando avrò appurato che funziona bene dovrò restituirla al costruttore fornendo una dettagliata recensione, comunque potremmo dotare Argon degli stessi circuiti che rendono Valery unica ed avere così un computer come questo.”

“Damiano, cosa mi faranno quando mi restituirai al mio costruttore?” chiese Valery, Ester, sempre più sconcertata, riuscì ad intuire lo sforzo della macchina per mantenere la calma.

“Nulla, non preoccuparti, ti metteranno in commercio insieme ad altri computer come te” le spiegò Damiano, dal suo viso si intuiva che era molto orgoglioso di questo supercomputer.

“Veramente formidabile” commentò Ester “È capace di provare preoccupazione pensando al futuro.”

“Non credo che sia un vero e proprio sentimento” le spiegò il padre “Si tratta solo qualcosa di simile, di sintetico.”

A quelle parole la telecamera digitale di Valery strinse il suo obiettivo in una zoomata verso il ricercatore, come per studiare meglio la sua espressione.

“E poi la voce” continuò Ester “Sembra vera.”

“Sì, devo ammettere che fa molta compagnia” affermò Damiano “Doteremo anche Peter di un dispositivo simile, in questo modo diventerà molto più utile al Centro di Ricerca.”

Ester si congedò da padre e fratello risalendo le scale per andare in camera sua, quell’estate avrebbe dovuto anche preparare i test d'ammissione all'università, la scuola le aveva fornito alcune linee guida per cui decise di lavorarci un poco prima di pranzo dal momento che la sera sarebbe stata di turno al Gigawatt. Si sedette alla scrivania dicendo: “Valery, accendi il tuo schermo di lavoro, lancia il programma di scrittura.”

Non appena il foglio virtuale apparve sullo schermo, la ragazza dettò al computer il titolo del tema che avrebbe dovuto svolgere, scelto tra cinque tracce disponibili: Che cosa è secondo te il tempo? Ester aveva molto pensato a quell’interrogativo concludendo che, secondo lei, il tempo non era altro che la luce che, passando sulla Terra, catturava tutte le immagini di ciò che stava succedendo portandole via con sé a trecentomila chilometri al secondo. Così si mise a dettare il suo tema al computer, secondo le sue teorie viaggiando nell’Universo a velocità più alte della luce, si potevano rivedere le immagini del passato. I suoi contorti ragionamenti erano piuttosto ostici, la ragazza aveva sempre amato la filosofia più della scienza e, nel momento di scrivere, questo si notava.

“Ester” Valery interruppe il fiume di parole della ragazza “Ti interessa il lavoro di tuo padre?”

“Certo, moltissimo, perché?”

“Ti piacerebbe vedere cosa sta facendo in questo momento?” chiese il computer.

“Cosa?” domandò sorpresa Ester “Puoi farlo?”

“Certamente” rispose Valery “Le mie telecamere sono anche nel seminterrato, posso riprenderlo e trasmettere immagini e audio sullo schermo che hai lì davanti.”

“Fantastico!” esclamò la ragazza “Dai fallo, cosa aspetti?”

Le parole virtuali scomparvero dallo schermo per lasciare spazio alle immagini di Damiano che lavorava al dilatatore di materia.

“Valery, non sono ancora riuscito a trovare un modo per catturare gli elettroni” diceva lo scienziato “Quanto posso ingrandire il nucleo per non far espandere troppo la nube elettronica?”

“Non molto” rispondeva la voce di Valery nel seminterrato.

“Per ora sono riuscito a portare il diametro del nucleo a 0,0005 centimetri, ma non basta ancora” continuava Damiano lasciando la figlia, che lo guardava a sua insaputa, letteralmente a bocca aperta.

Ester sorrise verso la telecamera di Valery dicendo: “Daresti il permesso a me e ai miei amici di provare il dilatatore? Con il nucleo alla grandezza che ha detto papà la nube elettronica non dovrebbe essere molto estesa.”

“Sì, a patto che utilizziate un atomo di idrogeno” si mise a spiegare il computer “Sai, l’idrogeno ha un solo elettrone, portando il nucleo alla grandezza che ha detto tuo padre l’unico elettrone avrà una distanza di sessanta centimetri dal nucleo, quindi non sarà pericoloso, se invece utilizzate atomi di altra natura la nube elettronica sarà ancora molto estesa, e dunque pericolosa.”

“Dove posso trovare un atomo di idrogeno?” chiese Ester.

“Basta una semplice goccia d’acqua” spiegava Valery con voce paziente come fosse la migliore insegnante del mondo “Ci sono molte possibilità di individuare un atono di idrogeno, però…”

“Però cosa?” incalzò la ragazza.

“C’è anche l’ossigeno, ingrandire un atomo di quel genere può essere pericoloso, comunque le possibilità di individuare l’idrogeno sono doppie.”

“Papà non ha trovato il modo di selezionare il tipo di atomo che si vuole ingrandire?” chiese Ester.

“Ancora no, ma ci sta lavorando su.”

La ragazza tornò a posare lo sguardo sullo schermo davanti alla sua scrivania, notando che il seminterrato ora era deserto.

“Valery, dove è finito papà?”

“E’ in casa, è ora di pranzo, sono tutti rientrati.”

“Allora salva il mio tema e spegni lo schermo” ordinò Ester.

La ragazza uscì dalla stanza, mentre scendeva le scale non riusciva a togliersi dalla testa quella specie di pistola blu che aveva visto nel seminterrato scoprendo che ne era sempre più incuriosita.

Era ormai giunta dabbasso quando la voce concitata di Cris la riscosse dai suoi pensieri: “ Ester, è davvero fantastica Valery, ci si possono fare dei discorsi come se fosse una persona e si può parlare davvero di qualunque argomento.”

“È vero non avrei mai pensato che potesse esistere un computer del genere” concordò la ragazza.

“Devo assolutamente invitare Alessio dopo, vorrei avere la sua opinione in proposito.”

Durante il pasto Damiano non fece altro che parlare del dilatatore di materia continuando ad alimentare inconsapevolmente la curiosità della figlia: “Non posso studiare i quark, ed eventuali particelle inferiori se non riesco a portare il nucleo ad un centimetro di diametro.”

“Hai detto che hai ridotto l’ingrandimento a 0,0005 centimetri” intervenne Enrichetta.

“Non posso studiare eventuali altre particelle, le dimensioni sarebbero ancora troppo ridotte.”

Dopo aver mangiato, Ester si ritirò in camera sua con l’intenzione di finire finalmente il tema complicato che aveva scelto, in realtà non riuscì nemmeno per un attimo a concentrarsi, continuava a pensare al dilatatore di materia. Si stese sul letto e cominciò a rimuginare, guardando, sul soffitto, la danza dei raggi di sole che filtravano tra i rami della vecchia quercia, la quale si trovava al limitare del giardino. Le sarebbe piaciuto moltissimo usare quella macchina davanti ai suoi amici, già si immaginava le loro facce sbalordite, soprattutto quella di Andrea, finalmente gli avrebbe dato un motivo per ricordarsi di lei per sempre, qualunque cosa fosse successa, anche se non erano destinati ad avere un futuro insieme si sarebbe ricordato per sempre di quell'estate e di Ester Lanfranchi. A questo pensiero un sorriso le incurvò le labbra carnose.

“Valery” disse poi la ragazza “In verità, mi consiglieresti davvero di provare il dilatatore su una goccia d’acqua?”

“Certo, molto probabilmente individuerai un atomo di idrogeno” le rispose il computer.

“E se invece ne capita uno di ossigeno?”

“Può succedere, ma come ti ho detto l’altra volta, hai il doppio delle possibilità di colpire l’idrogeno.”

“D’accordo, lo farò” decise infine Ester “Che la fortuna mi assista.”

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Capitolo 5
*** Ho dato fuoco alla pioggia ***


 

Valery era diventata l’attrazione preferita dagli amici di Ester, tutti i giorni, dalla famiglia Lanfranchi, venivano per vedere quello straordinario computer che aveva persino il senso dell’umorismo.

“È sicuramente una cosa straordinaria e mai vista prima” commentò Alessio il primo giorno in cui parlò con Valery aggiustandosi i suoi occhiali enormi e rotondi come d'abitudine “mai io resto comunque dell'opinione che rimanga un mero simulatore creato per fare compagnia alle persone più solitarie e fifone inducendole ad isolarsi ancora di più”

Cris lo guardava sbalordito mente il suo amico incrociava le braccia magre sulla maglietta grigia e sformata.

“Ovvio che di ogni dispositivo bisogna farne un uso intelligente” intervenne Giovanni scuotendo la testa per togliersi il ciuffo dall'occhio sinistro “Essere ridotti a divertirsi guardando un computer, come stiamo facendo noi adesso, effettivamente non è tanto corretto”

Tutti risero a quella insignificante frase, solo Ester, più tardi, ebbe modo di rendersi conto di quanto in realtà non lo fosse.

“Un giorno di questi, non appena mio padre smetterà di lavorare nel seminterrato e sarà al Centro di Ricerca, vi farò vedere come funziona il dilatatore di materia” la frase era rivolta in generale ma, mentre la pronunciava, gli occhi di Ester cercarono solo quelli di Andrea.

“Deve essere quella strana pistola blu che abbiamo visto nello scantinato, non è vero?” chiese Jessica.

“Esatto” rispose Ester “Lo proveremo usando un atomo di idrogeno.”

“Ester, io non so se effettivamente sia una buona idea” commentò Alessio.

“Secondo le statistiche di Valery non dovrebbero esserci problemi” spiegò fiduciosa Ester “Ingrandiremo il nucleo di un atomo di idrogeno fino a 0’0005 centimetri di diametro, in questo modo il suo unico elettrone viaggerà a soli sessanta centimetri di distanza.”

“Secondo me il vostro modo di affidarvi così tanto a questo computer è sbagliato” Alessio continuava ad analizzare la situazione “Cris, tu, per esempio, hai notato qualche differenza nel modo che ha di gestire i videogiochi rispetto a un supercomputer classico?”

“Effettivamente sì, ho sempre pensato di essere piuttosto bravo con alcuni giochi, ma da quando sto utilizzando Valery non riseco più a vincere, ho sperimentato diverse strategie ma nessuna sembra funzionare” Cris spiegò questo come se l'osservazione del suo amico avesse colpito qualche bersaglio nascosto che aleggiava nella mente di tutti già da un po'.

I dubbi crebbero nella mente di Ester, alla fine le intuizioni di Alessio per quanto riguardava l'informatica erano state sempre pressoché esatte, ma ormai non poteva certo tirarsi indietro dalla proposta che aveva fatto, non aveva intenzione di passare come una vigliacca davanti ai suoi amici, soprattutto ad Andrea.

Fu così che i ragazzi rimasero infine d’accordo, non appena Damiano avesse lasciato il laboratorio nel seminterrato per impegni al centro di Ricerca Koller, Ester si sarebbe data da fare per sperimentare il dilatatore di materia.

Quando gli amici andarono via, Ester pensò che doveva cominciare a capire il funzionamento del dilatatore, così si sedette in salotto ordinando a Valery: “Trasmettimi le immagini di papà sul proiettore tridimensionale, se puoi.”

“Certo che posso, ma prima vorrei avvertirti di una cosa non voglio più vedere quel maleducato del tuo amico” ingiunse il computer.

“Come?” fece Ester tra l’ira e la sorpresa “Valery, stai scherzando o dici sul serio?”

“Non stavo affatto scherzando, Ester” rispose Valery assumendo un tono piuttosto offeso “Quel ragazzo con gli occhiali e i capelli castani non mi è per niente piaciuto”

“Stai parlando di Alessio?” Ester cercava di capire, la voce le tremava leggermente “Ma è il ragazzo più intelligente che io abbia mai conosciuto, e poi è il migliore amico di Cris, era così solo prima di conoscere lui.”

“Mi sono sentita offesa ad essere trattata come una macchina qualunque o, addirittura, come qualcosa di dannoso” continuò il computer “Sarà anche un tipo sveglio, ma questo non gli conferisce la possibilità di conoscere tutto sui supercomputer e l'informatica in genere.”

“Sai, Valery, a volte si dicono delle cose che possono offendere” spiegò Ester al computer sforzandosi di rimanere calma e mantenendo un tono naturale, addirittura sorrideva guardando nella telecamera digitale di Valery “Ma ti assicuro che non è quella l’intenzione, io sono sicura che Alessio era totalmente in buona fede.”

“Scuse accettate” fece Valery con il sorriso nella voce accendendo il proiettore tridimensionale e mostrando finalmente a Ester le immagini del padre.

La ragazza si mise a guardare distrattamente, si chiedeva se Valery, a lungo andare, sarebbe potuta diventare fonte di guai per la famiglia. Certo, il fatto che avesse dei sentimenti così tanto articolati era davvero straordinario per una macchina, ma un supercomputer che dava ordini alle persone chiedendo addirittura di non invitare più un determinato amico a casa, iniziata ad apparire agli occhi di Ester come qualcosa di veramente preoccupante. Avrebbe desiderato parlarne con suo padre, ma il fatto che aveva intenzione di provare il dilatatore di materia a sua insaputa la fece desistere, vista la situazione, Valery sarebbe stata anche capace di fare la spia.

Tre giorni dopo, finalmente, Ester poteva mantenere la promessa fatta agli amici, quella mattina, infatti, i suoi genitori erano entrambi al Centro di Ricerca Koller.

“Valery, fammi entrare nel seminterrato, siamo pronti a provare il dilatatore di materia” disse la ragazza mentre gli altri ragazzi si accalcavano dietro di lei, sentiva le gambe tremare leggermente ma decise di fare finta di niente e di ostentare sicurezza sfoderando verso gli altri un bel sorriso.

“Certo, buona fortuna” le augurò Valery aprendo la porta; il computer sembrava avere assunto di nuovo un comportamento normale dopo l'episodio delle critiche mosse contro Alessio, sebbene fosse stata una cosa che l'aveva preoccupata non poco, Ester non ne aveva fatto parola con nessuno dal momento che le cose sembravano essersi sistemante completamente.

La ragazza entrò nel laboratorio di suo padre, gli amici rimasero all'esterno tutti con il fiato sospeso, da momento che lei aveva intenzione di uscire subito, stavano tutti sulla soglia a guardarla. Ester passò davanti a StoriaJou – 01, lanciò uno sguardo a Freccia Solare, poi si diresse verso il tavolo su cui si trovava il dilatatore, afferrò lo strumento voltandosi a guardare i suoi amici, poi uscì velocemente da quel posto inviolabile.

“Ecco qua, ragazzi” disse quando si trovò di nuovo all’esterno, avvolta dalla forte luce del sole, cercando di apparire più tranquilla possibile.

“Non sarà pericoloso?” chiese Jessica guardando incuriosita la grossa pistola blu.

“Molto probabilmente no” rispose Ester ancora sorridendo-

“Cosa significa molto probabilmente?” domandò Cris aggrottando le sopracciglia e rivolgendo lo sguardo, come sempre, in direzione del suo amico Alessio come per cercare rassicurazione.

“Che io spero di catturare solo un atomo di idrogeno” fece Ester con tono calmo.

“Sei veramente sicura di volerlo fare?” chiese Andrea.

“Certo” affermò Ester, lo guardò intensamente negli occhi cercando di essere più naturale possibile per non fargli capire al volo che era proprio la sua l'attenzione che desiderava tanto catturare, poi si avviò verso la vecchia quercia al limitare del giardino.

“Si può sapere dove stai andando?” volle sapere Giovanni.

“Ci basta una sola, microscopica gocciolina d’acqua per il nostro esperimento” disse la ragazza scrutando attentamente le crepe sulla corteccia della vecchia pianta.

Gli altri la guardavano immobili e in religioso silenzio, Jessica si arrotolava i capelli biondi intorno ad un dito, Alessio masticava piano la gomma con la testa piegata da un lato pronto ad intervenire nel caso avesse notato qualcosa di strano, Cris spostava lo sguardo continuamente da lui alla sorella. Giovanni aveva assunto un'espressione severa incrociando le braccia sulla sua polo verde scuro mentre Andrea non riusciva a staccare gli occhi dai riccioli neri di Ester, non sapeva perchè in quel momento si attaccava a quel particolare, forse per smorzare un po' la tensione, si umettò le labbra con la punta della lingua perchè le sentiva secche, senza tuttavia trovare il coraggio di dirle niente, era come se qualcosa lo stesse paralizzando.

“Ecco, qui è rimasta un po’ di umidità” disse Ester infine passando i polpastrelli sul tronco della quercia. Poi si allontanò di circa due metri dalla quercia, regolò il dilatatore su 0,0005 centimetri di diametro puntò la sua antenna verso la pianta, così, all'improvviso senza avvertire, impedendo agli altri anche una minima preparazione psicologica ed eventuali repliche: “Si parte!” esclamò poi.

“Ma cosa vuoi fare?” chiese Giovanni toccando la corteccia della quercia nel punto che aveva indicato Ester “Colpire questa pianta? Avevi detto che avresti usato dell’acqua” anche se non lo ammise iniziava a sentirsi abbastanza nervoso, gli altri lo capirono comunque dal tono conciato della sua voce.

“Infatti, è quello che farò” rispose la ragazza azionando la macchina.

Un raggio laser rosso e silenzioso fu indirizzato con molta precisione, da Ester, sull’umidità intrappolata nelle crepe della corteccia, Giovanni continuava a guardare incredulo il punto colpito dal laser, a pochi centimetri da lui. Dopo circa cinque secondi successe qualcosa di straordinario, il tronco della quercia e lo stesso Giovanni furono circondati da un anello di luce rossa del raggio di circa sessanta centimetri.

“Ehi, cosa diavolo hai fatto?” chiese Giovanni guardando il cerchio di luce rossa che lo circondava con gli occhi azzurri strabuzzati.

“Non muoverti” gli disse Ester facendo un gesto con una mano.

“Insomma, vuoi spiegarmi che succede?” continuò il ragazzo, aveva smesso di voler apparire sempre calmo e serio ad ogni costo, adesso esternava il suo intenso timore.

“Sei in mezzo alla nube elettronica” affermò Ester, nessuno, lei stessa compresa, capiva perchè stesse parlando quasi sottovoce.

“Cosa?” esclamò Giovanni tra l’ira e la sorpresa, iniziava a sentirsi tremare leggermente.

“È un atomo di idrogeno quello?” domandò Jessica.

“Sì, ci siamo riusciti!” esclamò Ester esultando, sorrise rivolgendo gli occhi nocciola in direzione di Andrea, il suo reale obiettivo.

“È fantastico!” commentò lui sentendosi tirato direttamente in ballo osservando l’anello di luce che avvolgeva suo fratello e il tronco della quercia.

“Fantastico un accidente” sbraitò Giovanni il quale non riusciva più a trattenere la sua intensa preoccupazione: “fammi uscire di qui, subito!”

“Stai fermo, toccare l’elettrone può essere pericoloso” gli disse Ester, non poteva certo rinunciare adesso a stupire i suoi amici e Andrea.

“Vuoi dire che quel fascio luminoso è creato da un solo elettrone?” chiese Cris, guardò di nuovo il suo amico Alessio, ma questi continuava a tacere con un'espressione contrariata sul viso magro e brufoloso.

“Certo, quell’effetto è dovuto all’alta velocità della particella” rispose Ester.

“Dov’è il nucleo dell’atomo?” domandò Giovanni guardandosi intorno e cercando una distrazione per gestire meglio il nervosismo.

“È ancora troppo piccolo, non puoi vederlo” gli spiegò Ester.

I ragazzi stavano guardando affascinati lo spettacolo quando una pianta, nel giardino di fronte, si incendiò improvvisamente, come se fosse stata colpita da un fulmine, la fiamma rossa si spense subito ma l'albero cadde spezzato a metà con un tremendo schianto piombando in mezzo alla strada, fortunatamente in quel momento non stava transitando nessuno.

“Accidenti, che sta succedendo?” disse Andrea trasalendo, l'intento di stupirlo e scolpire per sempre la sua memoria era di sicuro riuscito.

“Io…non lo so” rispose Ester osservando pensierosa la scena, il dilatatore di materia le pendeva dalla mano destra come se fosse stato lui stesso sconsolato.

Dietro di loro, un po’ più lontano, una cometa di fuoco arancione si accese sul comignolo di una casa, come se qualcosa l’avesse urtato e fosse esploso, i pezzi rotolarono sul tetto trascinandosi dietro anche qualche coppo con un forse rumore.

“Accidenti!” esclamò preoccupata Jessica “Sembra che ci sia una pioggia di fuoco.”

Molto lontano, scattò l’allarme antifurto di una macchina.

“C’è qualcosa di strano nell’aria…è come…elettricità” disse Andrea.

“Che intendi dire?” gli chiese Cris che ora iniziava ad essere preoccupato seriamente.

Un’esplosione, simile allo scoppio di una bomba, echeggiò nell’aria, i ragazzi si voltarono tutti nella direzione da cui era venuto il rumore notando una nuvola di fumo nero che si alzava dal bosco accanto alla casa di Ester, dove lei e Andrea erano andati tante volte a giocare e a passeggiare da bambini, il cane Eddy che era poco distante in cortile, cominciò ad abbaiare come non aveva mai fatto in vita sua, era talmente impaurito da mettere in mostra la parte bianca degli occhi quasi impossibile da vedere nei cani.

“Ve lo dico io cosa succede” disse Alessio parlando per la prima volta con un tono severo e comprimendo le labbra sottili e pallide: “Questo non è un atomo di idrogeno, è ossigeno, l'hai combinata grossa Ester, annulla tutto immediatamente”

“Non è possibile!” esclamò la ragazza deglutendo visibilmente preoccupata “L’elettrone che vediamo, quello che avvolge Giovanni e la quercia, è uno soltanto.”

Un’altra fiammata abbatté un pino nel bosco, a pochissima distanza da loro questa volta.

“Fai tornare questo atomo alle dimensioni normali, prima che qualcuno ci rimetta la pelle” esclamò Alessio.

Ester cominciò a programmare, sul dilatatore, la funzione inversa con le mani che le tremavano, aveva già capito cosa stava succedendo, al contrario di Jessica che domandò: “Giovanni, credi che questi strani fenomeni abbiano a che fare con noi?”

“Penso di sì” rispose il ragazzo “L’ossigeno ha otto elettroni, questo che mi gira intorno è solo uno di quelli, gli altri sette stanno combinando il disastro là fuori, Ester, stavolta ti devi sbrigare!”

La ragazza azionò la macchina puntando il raggio laser e cercando di colpire, all’incirca, il punto precedente, passarono cinque secondi, come prima, ma intorno a Giovanni e alla quercia continuava a turbinare l’anello di luce rossa.

“Ester, perché non funziona?” le chiese Andrea avvicinandosi un po'.

“Forse…non riesco a colpire il punto esatto, quello in cui si trova il nucleo dell’atomo” rispose Ester sempre più nervosa, ma sforzandosi comunque di rimanere lucida, la responsabilità era interamente sua stavolta.

Il quel momento un elettrone di ossigeno sfiorò il tetto della casa di Ester, alcune tegole si staccarono sotto un’improvvisa fiammata e furono proiettate in giardino, la ragazza faceva scorrere il laser sul tronco della pianta con le mani scosse da un tremito irrefrenabile.

“Fai in fretta” la pregò Jessica con la voce che le tremava.

Poco lontano si udì rumore di vetri rotti.

“Prima avevi colpito qui” cercò di aiutarla Giovanni con l’indice puntato sul tronco della quercia.

Ester indirizzò in quel punto il raggio, ma qualcosa di molto veloce che correva lasciando dietro di sé un sibilo, sfiorò la quercia incendiandone i rami più alti andò a sbattere contro un pino che si trovava nel giardino confinante, la pianta si abbatté, con il tronco in fiamme nel punto in cui era stato spezzato, e precipitò in mezzo al cortile portandosi dietro i fili dell’elettricità che passavano sul confine tra i due giardini. I cavi della corrente si ruppero emettendo scintille rosse e blu, il palo di ferro che reggeva la linea elettrica atterrò sul tetto della casa di Ester facendo sprizzare in ogni direzione pezzi di tegole e grondaie; intanto i cavi tranciati, mandando un minaccioso clangore, rovinarono nel giardino mancando di poco Jessica e Andrea, la ragazza urlò portandosi le mani alle guance mentre lui fece un balzo indietro guardando i fili a terra, nei quali crepitava ancora un po’ di elettricità residua.

“Ci sono quasi arrivati in testa!” esclamò poi Andrea guardando la sua amica con gli occhi dilatati dal terrore.

“Avanti, Ester, colpisci qui!” la incitò Giovanni continuando ad indicare la corteccia della vecchia quercia.

“Non riesco a concentrarmi” rispose lei cercando di puntare l'antenna del dilatatore di materia “C’è un sacco di energia nell’aria, mi dà fastidio.”

“Lo credo bene, siamo nel bel mezzo di un atomo di ossigeno” disse Giovanni “Forza, prendi la mira.”

“Spero di riuscire a colpite il nucleo di questa particella” fece Ester.

“Questo punto, indirizza il laser qui” incalzò Giovanni.

Ester puntò il fascio di luce rossa proprio dove le aveva detto il ragazzo e, pochi secondi dopo, il cerchio luminoso che avvolgeva Giovanni e il tronco della quercia svanì.

I ragazzi rimasero ammutoliti e immobili, come se fossero stati figure di pietra, il primo a parlare fu Cris sebbene avesse le gambe che gli tremavano vistosamente: “Ci sei riuscita, Ester!”

“Sì” rispose lei a mezza voce guardando il dilatatore che aveva tra le mani, il loro tremito era visibile ma la ragazza non se ne preoccupò, la tensione era altissima anche tra gli altri, per almeno un paio di minuti nessuno ebbe più il coraggio di pronunciare una parola. Giovanni fu il primo a riscuotersi, si allontanò circospetto dal tronco della quercia, constatando che il pericolo era cessato.

“Almeno sembra che nessuno si sia fatto male” commentò Andrea passandosi le dita tra i riccioli biondi.

“Di questo sono abbastanza sicura” disse Ester, udire le sue stesse parole la aiutarono ad uscire dalla paralisi del terrore “Ho notato che gli elettroni viaggiavano tutti abbastanza in alto.”

“È meglio che rimetti a posto quella macchina ” disse Alessio “Siamo stati tutti abbastanza avventati questa volta, questi non sono giocattoli”

“Già, mi dispiace, ragazzi, io devo ammettere che l'ho fatto per stupirvi credendo di mostrarvi qualcosa di interessante, le stime che mi aveva fatto Valery tendevano al positivo” rispose lei avviandosi verso il seminterrato mentre sentiva gli occhi diventarle lucidi, Andrea la fermò un attimo per circondargli le spalle con un braccio. Ester gli scostò dolcemente la mano sorridendogli e proseguendo il suo cammino, si sentiva in imbarazzo soprattutto nei suoi confronti, sperò che ora non fosse finito col considerarla una pazza da legare non volendola più vedere. Se così fosse stato rimanevano sempre le serate al Gigawatt, lì avrebbe trovato di sicuro dei momenti di pausa per potergli parlare. Nemmeno questa volta gli altri ebbero il coraggio di entrare nel laboratorio di Damiano, così Ester andò da sola a rimettere a posto il dilatatore, quando fu di nuovo all’esterno, disse al supercomputer: “Valery, mi avevi assicurato che non ci sarebbero stati pericoli.”

“Ti avevo spiegato molto chiaramente che c’era la possibilità di colpire l’ossigeno, avevi molte più possibilità di centrare l’idrogeno, è vero, ma un certo margine di pericolo ci sarebbe comunque stato” La voce di Valery stavolta tradiva un punta di superiorità, Ester si domandò se la stessero notando anche gli altri.

“Hai ragione, ho voluto rischiare”affermò la ragazza sospirando : “Vi prego di nuovo di perdonarmi”

“È stato un incidente, non è colpa di nessuno” cercò di rassicurarla Jessica nonostante fosse ancora visibilmente scossa e pallida dopo essere stata letteralmente sfiorata da quel palo.

L’automobile a magneti di Damiano, in quel momento, si fermò davanti al cancello, lo scienziato scese chiedendo ad alta voce: “Ester, Cris, ragazzi, tutto bene?”

“Sì, papà” rispose il minore.

Il ricercatore li raggiunse dicendo: “Cosa fate qui fuori? Può essere pericoloso, pochi minuti fa è successo un disastro, un fenomeno che nessuno è ancora risucito a spiegarsi, forza, entrate in casa.”

I ragazzi si avviarono seguendo Damiano, quando furono in prossimità del portone di casa, Valery annunciò: “Siamo senza corrente, è entrato in funzione il generatore, se nessuno provvederà a riallacciare l’elettricità avremo un’autonomia di tre giorni soltanto.”

“Me ne sono accorto” rispose il ricercatore entrando in casa con i ragazzi “Il palo della linea elettrica è caduto proprio sul tetto di casa.”

Entrarono silenziosamente mentre Damiano raccontava: “Sono passato a vedere se stavate bene, al Centro di Ricerca Koller sono successi non pochi guai, pare che ci sia stata una tempesta elettromagnetica che ha mandato in tilt molte attrezzature, i circuiti di Peter hanno rischiato di bruciarsi nessuno ha capito che cosa sia successo, nei prossimi giorni cercheremo di analizzare i dati che siamo riusciti a raccogliere.”

I ragazzi conoscevano benissimo la causa di quel pandemonio, inutile dire che Ester si sentiva profondamente in colpa, aveva letteralmente sulla coscienza qualunque danno verificatosi, aveva una voglia intensa di raccontarlo a suo padre, ma stavolta non era proprio possibile, in ogni modo aveva capito già da sola di aver commesso un grosso sbaglio.

“Sono contendo di vedere che state tutti bene” affermò Damiano “Ora devo tornare al lavoro, abbiamo non poche cose da rimettere a posto.”

Detto questo, il padre di Ester uscì nuovamente di casa per fare ritorno al Centro di Ricerca Koller.

I ragazzi espressero il desiderio di rientrare presso le loro abitazioni per rassicurare le rispettive famiglie sicuramente preoccupatissime in quel momento.

“D’accordo, andate pure” disse loro Ester con un’espressione spenta degli occhi, rimasta sola, la ragazza si sedette in salotto sbuffando.

“L’abbiamo combinata grossa questa volta, eh?” le chiese Cris sedendosi accanto a lei.

Una sirena urlò in strada, la ragazza guardò come d’istinto fuori della finestra dicendo: “Valery, accendi il proiettore, dammi un canale su cui trasmettano un notiziario locale, voglio accertarmi di non aver causato qualcosa di grave.”

Le immagini tridimensionali presero forma in un uomo che parlava in un microfono dicendo: “…per fortuna lo strano fenomeno non ha coinvolto persone, pere che l’inconsueta pioggia di fuoco abbia appena sfiorato i tetti delle case e abbattuto diverse linee elettriche...”

“Avevo visto bene, gli elettroni, escluso quello che ruotava intorno al tronco della quercia, correvano tutti molto in alto” commentò Ester.

Nonostante questo lo stato d'animo di Ester era tutt'altro che positivo, si alzò per dirigersi in camera sua, aveva decisamente voglia di stare sola adesso.

“Valery, abbassa le tapparelle.”

La ragazza voleva stare nella penombra, si distese sul letto e cominciò a riflettere sull’accaduto. In strada continuavano a passare i vigili del fuoco a sirene spiegate, Ester non osava nemmeno immaginare ciò che era successo a causa sua. Suo padre aveva sempre avuto fiducia in lei, era venuto addirittura a vedere se stavano bene abbandonando in fretta e furia il lavoro, e lei cosa aveva fatto? Lo aveva tradito, si era accordata il permesso di impadronirsi di una delle sue invenzioni per usarla a sproposito al fine di stupire i suoi amici, soprattutto Andrea. Incominciò a pensare che doveva confessare tutto al padre, dirgli come erano andate le cose e che era soltanto colpa sua.

Dopo pochi secondi sentì bussare alla porta.

“È aperto”

Cris varcò la soglia, aveva un’espressione preoccupata in viso.

“Oggi non usi i videogiochi?” gli chiese la sorella sforzandosi di sorridere.

“È proprio questo il punto” disse lui “Non ci riesco.”

“Come sarebbe non ci riesci?” domandò sorpresa lei facendogli cenni di avvicinarsi e di sedersi sul letto accanto a lei “Prova a spiegarti meglio.”

“Valery non me lo permette” affermò Cris a bassa voce.

A quelle parole Ester guardò d’istinto la piccola telecamera digitale del supercomputer, notando che stava eseguendo una zoomata nella loro direzione.

“Scusa, ma ancora non riesco a capire” disse la ragazza.

“Assume il comando totale del gioco” fece il minore buffando “Non ubbidisce più a quello che gli dico io, dovrei essere io a giocare, non lei.”

“Valery, puoi dirmi che cosa succede?” chiese Ester al computer, senza ottenere risposta “Valery” chiamò ancora la ragazza “Mi senti?”

I due fratelli guardarono verso la telecamera del computer, entrambi notarono che Valery li stava fissando in silenzio, da lei non si poteva fuggire, aveva almeno due telecamere, un altoparlante, un microfono e un mucchio di sensori in ogni stanza e anche all’esterno della casa, inoltre le porte, le finestre e qualsiasi oggetto che si trovasse nell’abitazione era sotto il suo controllo.

“Vieni, Cris” propose Ester nella speranza di sfuggire a quel costante controllo elettronico “Andiamo a fare una passeggiata fuori.”

I due ragazzi uscirono dal giardino della casa e camminarono per diversi metri sulla strada cercando di allontanarsi il più possibile dalla telecamera esterna di Valery, quella che era proprio sul cancello.

“Senti, Ester, quel computer mi fa paura, avrei piacere se ci fosse di nuovo Argon” ammise il minore.

“Ascoltami bene, credo di aver capito il problema di Valery” affermò la sorella “Lei controlla ogni centimetro della casa, e lo sa. Papà ha detto che è una macchina quasi intelligente e che ragiona come un essere umano, bene, secondo me si sta rendendo conto del potenziale potere che ha su di noi dal momento che lui controlla l’intera casa”

“Che cosa hai intenzione di fare?” chiese Cris.

“Bisogna farle vedere che siamo indifferenti a questi suoi comportamenti” rispose la ragazza “E tu non dovrai lamentarti di come si comporta con i videogiochi quando lei ti sente, vedrai che a lungo andare smetterà di agire così, e poi papà ha detto che dovrà restituirla al costruttore, quando ciò avverrà faremo in modo che lo avverta di questi problemi.”

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Capitolo 6
*** La verità ***


Ester aveva iniziato a soffrire d'insonnia in maniera quasi totale, non chiudeva occhio praticamente tutta la notte nemmeno dopo essere tornata dalle serate di lavoro al Gigawatt. Mentre stava al bancone del bar con le luci viola soffuse che le illuminavano il viso segnato dalla stanchezza, di tanto in tanto lanciava un'occhiata ad Andrea mentre cantava ma nulla più. Prese una decisione, doveva parlargli, il guaio che era successo con il dilatatore di materia non doveva assolutamente interferire nel loro rapporto e nemmeno in quello con il resto del gruppo, si era già scusata davanti a tutti, gli altri sembravano aver capito, ma lei si sentiva in colpa, non era certo quello il modo coretto per attirare l'attenzione del ragazzo che ti interessa. E poi avrebbe dovuto chiarire le cose con suo padre, lui di sicuro si stava impegnando tanto per studiare quello strano fenomeno non sapendo che in realtà era stata sua figlia a provocarlo. Per cosa, per fare colpo su un ragazzo, sei una stupida, Ester! Sospirò scuotendo la testa mentre riordinava il bancone a fine serata. E poi c'era sempre la questione di Valery, non si sentiva per niente tranquilla, sperava solo che suo padre si decidesse a concludere l'esperimento e a a riconsegnarla il prima possibile dopo aver capito tutti i suoi difetti. Il problema era che Valery davanti ai suoi genitori si comportava sempre impeccabilmente, era anche... furba. Prima di andare a casa però si decise ad invitare Andrea a casa sua per il giorno dopo, bisognava pur partire da una parte per poter sbloccare quella situazione.

 

“Mi dispiace davvero, la responsabile di tutto sono solo io” disse Ester guardando Andrea seduto sul divano di fianco a lei “Dovevo essere più avveduta dal momento che ero a conoscenza del margine di rischio, ma... io volevo fare qualcosa di straordinario per... beh... i miei amici.”

Non era riuscita a finire la frase come l'aveva prevista, abbassò un secondo gli occhi imbarazzata per poi riguardare subito dopo quelli chiari di Andrea.

Lui sospirò: “I danni sono stati abbastanza limitati, smettila di torturarti, non pensiamoci più, la cosa migliore ora è continuare con tranquillità la nostra vita come sempre.”

“Ho notato che ultimamente Cris non è mai in casa” continuò Andrea cercando di spostare il discordo su altro.

“Sta più a casa del suo amico Alessio che qui, ormai” la ragazza sospirò, sapeva benissimo il motivo, suo fratello era intimorito da Valery a tal punto da stare quasi tutto il giorno fuori. Andrea, avendo capito benissimo quello che la ragazza intendeva, le diede una leggera gomitata facendole segno, con gli occhi, di guardare in alto. La telecamera di Valery li stava inquadrando fissamente.

“Puoi smettere di osservarci, per favore?” chiese Ester al computer.

L'occhio elettronico non si spostò di un centimetro.

“Non mi piace affatto questa storia” affermò Andrea senza togliere lo sguardo dall’occhio di Valery.

Subito dopo, una piccola lampada che si trovava vicino al ragazzo, scoppiò improvvisamente facendogli volare addosso vetri e scintille, lui si alzò di scatto dal divano facendo cadere i frammenti di vetro dai suoi pantaloni neri.

“Valery!” esclamò Ester “Si può sapere che ti salta in mente?”

Per tutta risposta la telecamera continuò a fissarli.

Andrea se ne andò poco dopo scusandosi, infastidito da quella situazione, Valery aveva ottenuto ciò che voleva, probabilmente non le piaceva perdere il controllo sull'abitazione e sulle persone che la occupavano, gli amici di Ester e lei stessa erano decisamente troppo svegli, di conseguenza pericolosi ai suoi occhi. La ragazza decise di lasciar perdere così uscì per andare in giardino, alcuni operai stavano ripristinando la linea elettrica mentre due muratori martellavano incessantemente per riparare il tetto. Ester iniziò a chiedersi se per caso il supercomputer l'avesse sottoposta a una sorta di manipolazione per in indurla ad usare il dilatatore di materia facendola, di conseguenza, sbagliare, davanti al suo intero gruppo di amici, magari il suo intento finale era quello di farla rimanere triste e sola, sentì l'angoscia scenderle nello stomaco immaginandosela come una gelatina verde e disgustosa. Cercò di distarsi pensando alle reazioni di quegli operai se per caso avesse detto loro che tutto quel disastro era stato causato da un elettrone di ossigeno, quegli uomini le avrebbero riso in faccia. La ragazza si diresse verso la cuccia di Eddy, era tutta la mattina che non lo vedeva, pensava che forse era disturbato da tutto quel trambusto nel cortile; rimase stupita sorprendendo il cane a leccare insistentemente il tubo dal quale scendeva l’acqua per la sua ciotola.

“Ehi, che succede?” fece Ester scostando il cane per vedere meglio.

L'animale la guardò uggiolando mentre lei mormorava: “Dannazione, Valery, da quanto non dai l’acqua ad Eddy?”

“Io non trascuro mai i miei doveri” rispose il computer con un tono di voce calmo ma che al tempo stesso riusciva ad essere anche canzonatorio “Se il cane non ha l’acqua significa che qualcosa non ha funzionato nel meccanismo.”

“Allora sappi, Valery, che è tuo dovere anche avvertire quando ci sono dei dispositivi in avaria” affermò Ester.

Detto questo la ragazza si avviò sbuffando verso casa, trasportando la ciotola di Eddy, quando fu davanti al lavello della cucina disse: “Valery, apri l’acqua fredda.”

Il computer, però, non volle ubbidire.

“Avanti, Valery, Eddy è solo un cane, vuoi farlo morire di sete?”

Dopo queste parole il computer si decise ad aprire l’acqua.

“Brava, finalmente!” esclamò Ester ma, subito dopo, si accorse che Valery le aveva mandato acqua a sessanta gradi, la ragazza emise un piccolo grido bruciandosi le mani sotto il liquido fumante e, di conseguenza, la sciando cadere la ciotola del cane.

“Valery, si può sapere perché ti comporti così?”

“Prova a metterti al mio posto” rispose il computer “Non faccio altro che ricevere ordini dalla mattina alla sera per delle stupidaggini, poi, la ciotola del cane, non posso crederci! Vorrei che mi si trattasse con un po’ di rispetto.”

“Valery, sei un supercomputer per giunta molto sofisticato, il tuo compito è più che nobile direi, aiutare le persone a svolgere le loro attività quotidiane, senza un sistema come te una casa non va avanti, se fossi nei tuoi panni io sarei lusingata di avere un impiego simile.”

Finalmente Valery permise alla ragazza di prendere l’acqua per Eddy, ma il comportamento del computer le sembrava sempre più pericoloso, cominciò a rimuginare. Si stava avverando esattamente ciò che aveva previsto, Valery cominciava a rendersi conto del potere che aveva sulla casa e sulle persone che la abitavano. Lei e Cris erano stati i primi ad accorgersi dello strano comportamento del supercomputer, Ester aveva detto al fratello di ignorare le sue stranezze ma ora si accorgeva che lei stessa stava sbagliando, l' aveva presa troppo in considerazione, d'altronde aveva fatto letteralmente fuggire Andrea da casa sua e la cosa l'aveva molto infastidita. La ragazza rientrò in casa nonostante cominciava a non piacerle la presenza costante di Valery. Ultimamente, quando andava in bagno, era arrivata a coprire la telecamera del computer con un asciugamano, si rendeva perfettamente conto che è stupido vergognarsi di una macchina, ma Valery era qualcosa di più di un semplice computer. Improvvisamente prese una decisione, non appena i suoi genitori sarebbero rientrati dal lavoro, lei avrebbe parlato con loro, doveva assolutamente convincere il padre a disinstallare quella macchina, restituirla al costruttore segnalando tutti questi difetti e riattivare Argon.

Quando i suoi genitori rientrarono per il pranzo, Ester accorse decisa a raccontare tutta la verità su quel supercomputer in fondo era a casa loro solo per essere sperimentato, decise di iniziare da suo padre.

“Papà, vieni un momento fuori, devo parlarti” disse la ragazza non appena vide il padre varcare la porta di casa.

“Perché devo uscire, non possiamo parlare qui?” chiese Damiano consegnando la sua valigetta al piccolo robot aiutante.

“È una questione abbastanza urgente” insisté lei.

“D’accordo” acconsentì l’uomo sospirando e guardando la moglie, questa scosse la testa sconsolata.

Ester attraversò velocemente il giardino mentre suo padre le domandava: “Posso sapere che ti prende?”

Giunta in prossimità della strada, dove erano parcheggiate le vetture a magneti dei genitori Ester si voltò e, guardando suo padre, cominciò: “Si tratta di Valery.”

“Dimmi, allora, Valery è ancora in fase sperimentale, se qualcosa non funziona devo saperlo.”

“Da questa distanza non può sentirci, vero?” chiese Ester.

“Non credo.”

“E la sua telecamera esterna può riprenderci?”

“Sì, ma è molto lontana, perché ti interessa saperlo?”

“Niente, l’importante è che non ci senta” affermò Ester, poi iniziò a spiegare di come avesse fatto fuggire Andrea con il suo strano comportamento, fissandoli in silenzio facendo addirittura esplodere una lampada addosso al ragazzo, dello scherzo che le aveva fatto con l'acqua bollente e del fatto che Cris stava tutto il giorno a casa di Alessio o fuori chissà dove intimorito da quella macchina. Espose al padre il suo dubbio in merito al fatto che secondo lei, Valery si era resa conto del fatto che l'abitazione fosse interamente nelle sue mani sfruttando la cosa a proprio vantaggio.

“Con me si è sempre comportata bene” rispose Damiano “Forse Valery ti sembra un po’ strana perché è molto somigliante ad una persona, ma credo che il fatto che voglia assumere il comando della casa sia una tua idea, per quanto riguarda il discorso della lampada esplosa non credo che possa essere successo a causa sua, magari era difettosa.”

“Papà, perché ti ostini a non capire? Valery ha fatto scoppiare quella lampada dopo che noi l' avevamo pregata di non fissarci, era già da molto tempo che la sua telecamera era puntata su di noi come se ci stesse studiando. quando le ho detto di smetterla ha mandato in pezzi la lampada, voleva mettere a disagio sia me che Andrea riuscendoci perfettamente.”

“Va bene, oggi la controllerò, ora però torniamo in casa.”

Ester si avviò con suo padre attraverso il giardino ignara del virus che aveva infettato il computer di bordo della macchina di Enrichetta trasformandolo in una microspia per seguire tutto il loro discorso.

“Cris non è ancora rientrato?” chiese Enrichetta sua figlia.

“No, è da questa mattina che non lo vedo, credo che sia a casa del suo amico Alessio.”

La donna tacque un momento stringendo gli occhi sul viso stanco della figlia poi disse: “Noi mangiamo adesso perché dopo dobbiamo tornare al lavoro, sei sicura di sentirti bene?”

Ester si sedette a tavola con i suoi genitori annuendo per rispondere alla domanda della madre, era preoccupata per il fratello, in realtà non aveva la certezza che fosse sul serio a casa di Alessio. L'ansia ricominciò ad assalirla tanto che, prima che il padre tornasse al lavoro gli chiese: “Potresti disattivare Valery prima di uscire, per favore?”

Damiano sospirò acconsentendo: “Va bene, tra cinque minuti riavrai Argon”

Detto questo lo scienziato cominciò a risalire la stretta scalinata che conduceva in soffitta, lì si trovavano i circuiti di Valery e quelli attualmente addormentati di Argon, ma quando era quasi arrivato in cima, la botola che portava in solaio si chiuse davanti a lui di schianto.

“Mi dispiace, Damiano, ma mi vedo costretta a fermarti qui” affermò la gentile voce di Valery

“Valery, si può sapere che ti prende?” il ricercatore era alquanto sorpreso di vedere una reazione simile da parte di un'intelligenza artificiale.

“Si chiama istinto di conservazione, una delle mia particolarità è esserne dotata” la voce del supercomputer spiegava sempre tutto con la massima naturalezza.

Ester era rimasta letteralmente senza fiato mai, prima di allora, una macchina si era auto attribuita un istinto tipico degli esseri viventi.

Damiano guardò per un istante nella telecamera del computer prima di scendere dalle scale per avviarsi verso la porta di casa, ma giunto in prossimità dell'’uscio, si accorse che era stato serrato di proposito dal computer.

“So bene cosa volevi fare, Damiano, saresti sicuramente andato in garage a prendere qualche attrezzo per forzare la porta” continuò Valery : “l'errore principale di voi esseri umani è quello di considerare le macchine come degli oggetti di conseguenza le trattate da schiave, ma hai mai pensato che una macchina particolare come me potrebbe anche essere capace di affezionarsi, provare dei sentimenti e, addirittura, di amare?”

“Cosa intendi dire esattamente, Valery?” Damiano si era fermato con le braccia incrociare, fissava aggrottando la fronte la telecamera digitale del supercomputer, adesso era notevolmente interessato alla piega che aveva preso il discorso, in qualunque modo fosse andata, quel giorno sarebbe di sicuro servito a far fare dei grandi passi avanti alla ricerca.

“Damiano, che succede?” Enrichetta era accorsa in salotto sentendo che qualcosa non andava, il marito le fece cenno di interrompersi mentre si sedeva sul divano per ascoltare il discorso che Valery stava per fare, Ester lo aveva guardato un attimo in cerca di risposte, ma subito dopo, anche lei, aveva piantato gli occhi nocciola in quello elettronico del computer, in attesa.

“Sapete, pochi giorni dopo essere stata attivata in questa casa, ho notato che tutti voi siete dotati di un nome e di un cognome, tranne me, che ho solo il nome, allora mi sono chiesta: se io dovessi avere un cognome, quale sarebbe? Mi sono risposta che, siccome faccio parte della famiglia, il mio cognome dovrebbe essere Lanfranchi, uguale al vostro”

“Beh, alla fine non hai tutti torti, Valery” affermò Damiano puntandosi una mano sotto il mento come per concentrarsi meglio “continua, sono interessato.”

Il computer sembrava godere sinceramente di questa attenzione, lo si sentiva dall'intonazione che riusciva a dare alla sua straordinaria voce: “La parola che ho usato è membro della famiglia, per questo mi sarei aspettata di essere trattata da tale e non come una serva che deve addirittura pensare alla ciotola del cane senza mai essere ringraziata o degnata di affetto di qualunque genere. Tu ed Enrichetta amate Ester e Cris e loro amano voi, un sentimento incondizionato e reciproco, sicuramente deve essere la chiave di quello che voi esseri umani definite anima.

“Valery, l'anima è una prerogativa degli esseri viventi, soprattutto delle persone, di coloro che nascono, invecchiano e muoiono. Quelli che sono fatti di carne e sangue e non di circuiti elettronici, le macchine e i computer, come te, non sono altro che creazioni uscite dalle mani dell'uomo, egli le ha pensate e costruite per facilitare la sua vita, è vero che tu sei un particolare tipo di supercomputer, con un modo di fare che si avvicina molto a quello di una persona, ma rimani pur sempre un simulatore, lo dice la parola stessa, imiti soltanto le emozioni umane, è solo una strategia, pensata dal tuo programmatore, per renderti più gradevole nei confronti delle persone.”

“E se invece io le provassi davvero tali emozioni? Come fai tu a ritenere che non sono reali?” la voce di Valery, pur usando parole di un tale calibro, adesso rimaneva di una calma quasi irreale: “Io posseggo una mente capace di evolversi e di utilizzare i sentimenti e le emozioni per poterlo fare, voi mi avete insegnato cosa significa sognare.”

Ester trasalì, certo che questa era davvero una cosa straordinaria, ma adesso iniziava a chiedersi che cosa sarebbe potuto succedere se davvero un computer capace di affezionarsi ed amare, non sarebbe stato corrisposto dagli esseri umani. Rimaneva pur sempre una macchina che andava avanti grazie a un programma che, poteva sì evolvere, ma la sua base sarebbe rimasta immutabile e fredda così come il metallo di cui erano costruiti i suoi circuiti.

“Valery, tu sei consapevole di quali atteggiamenti possono causare dolore alle persone?” Damiano si era tolto la mano dal mento addrizzando le spalle, ma senza staccare gli occhi da quello elettronico del supercomputer.

“Certamente, Damiano, l'acqua bollente con cui ho bruciato Ester questa mattina e con la quale adesso colgo l'occasione di scusarmi; ammetto anche di essere stata io a far esplodere la lampada accanto ad Andrea e mi dispiace, se un vetro lo avesse colpito gli avrebbe sicuramente causato dolore e...”

“D'accordo, Valery, basta così” la interruppe Damiano sospirando : “Io non mi riferivo al dolore fisico ma a quello dell'anima, quello ingestibile, che fa male sul serio ma che non lascia ferite visibili agli occhi. Il dolore fisico, anche se occorre tempo più o meno lungo è facilmente e completamente risolvibile, ma le ferite dell'anima hanno la capacita di restare per sempre segnando l'intera vita di una persona, un'azione che tu compi oggi della durata di pochi secondi, per qualcuno potrebbe essere sinonimo di un'eternità di sofferenza, ma io non devo spiegarti niente, Valery, questo dovrò solo scriverlo nella recensione da inviare al tuo costruttore, deciderà lui poi cosa fare, ora lasciami entrare in solaio prima che chiami la polizia.”

“Impossibile, Damiano, ho interrotto qualunque possibilità di far comunicare questa abitazione con l'esterno.” Valery continuava con la sua solita calma.

“Troppo tardi, Valery, sai sempre prevedere ogni cosa ma stavolta hai fallito, ci ha pensato Cris ad avvertire la polizia, l'ho visto poco fa fuori dal cancello ma tu non lo hai lasciato entrare” solo Ester si era accorta di suo fratello rimasto chiuso fuori per colpa del computer.

Valery non disse più una parola, tuttavia Enrichetta si accorse quasi all'istante del gas che usciva sibilando dai rubinetti dei fornelli in cucina che erano stati aperti di proposito dal computer.

“Damiano, prendi questo!” gridò ad un tratto al marito brandendo un grosso coltello. Lo scienziato afferrò l’arnese, recise il tubo di gomma che portava il gas in cucina e lo ostruì premendolo con le dita. Pochi istanti dopo la polizia fece irruzione nella casa abbattendo il portone, Cris entrò con loro.

“Non c’è modo di neutralizzare la macchina che vi dà problemi?” chiese un poliziotto a Damiano.

“Certamente, ho un virus, se lo inserisco nel computer va immediatamente fuori uso, non posso lasciare il tubo del gas, se lo faccio moriremo asfissiati.”

“Rossi, non c’è modo di chiudere il rubinetto generale della conduttura?” chiese il poliziotto ad un suo collega che già da tempo tentava l’impresa.

“No, è sotto il controllo del supercomputer, si rifiuta di farlo.”

“So io dove si trova il CD con il virus” intervenne Ester “ Il problema maggiore è aprire la botola che porta nel solaio, è lì che si trovano i circuiti di Valery.”

“Allora vai a prenderlo, ci penso io ad aprire la botola” affermò il poliziotto.

La ragazza si recò nello studio del padre per tornare poco dopo con il programma, si avviò sicura in direzione della scala che conduceva in soffitta, l’agente della polizia sparò un colpo alla serratura elettrica della botola e la spalancò con una spallata.

“Ester, non distruggermi, non è necessario” la voce di Valery ora tremava.

La ragazza continuava a salire la scala senza dire niente, doveva essere forte, non poteva farsi influenzare questa volta.

“Coraggio, puoi farlo solo tu, tuo padre non può lasciare libera la fuga di gas” disse il poliziotto incoraggiando Ester.

“Lo so cosa è il dolore, grazie a voi l'ho capito, lo sto provando proprio adesso”

Ester sentì la paura nella voce di Valery, le sembrò sincera, esitò un attimo sospirando, poi, più che altro per fare coraggio a se stessa: “Dopo che hai fatto questa mossa del gas e di bloccare le porte lo capisci che non possiamo più fidarci di te”

La ragazza si avvicinò con il CD alla fessura in cui doveva essere inserito.

“Non uccidermi, Ester”

Questa frase fece prendere nuovo coraggio alla ragazza, fu infatti pronunciata da computer in maniera totalmente piatta, il tono non si combinava minimamente con le parole dette, avrebbe mandato in crisi la comunicazione di chiunque. Ecco la prova che sei solo un simulatore, Valery!

“Un computer non è vivo” affermò la ragazza “Quindi neutralizzarlo non è un crimine.”

Finito di dire queste parole Ester spinse il CD nella sua feritoia, ci fu una flessione di energia nella casa, immediatamente dopo, le luci si abbassarono, appena fu tutto totalmente spento, alzando una piccola leva d'argento la ragazza risvegliò Argon.

“Chiudi la conduttura principale del gas” fu il primo ordine che ricevette il vecchio computer, Ester stava mantenendo un sangue freddo eccezionale.

“Subito” rispose la sua voce suadente ma piatta, non umana, ma tutti sospirarono di sollievo nel risentirla.

“Sei un’eroina” disse il poliziotto ad Ester posandole una mano sulla spalla, dopo che era scesa di nuovo di sotto.

La ragazza non disse una parola, rimase in disparte in piedi sul tappeto del salotto fino a che non furono usciti tutti dalla casa lasciandola di nuovo con la sua famiglia, sentiva di non meritare tutti questi complimenti, i genitori sicuramente erano ancora impegnati a studiare lo strano fenomeno del giorno precedente, magari ci avevano lavorato anche quella mattina stessa. Il senso di colpa le attanagliò di nuovo lo stomaco senza alcuna pietà.

“Papà, io dovrei confessare a tutti una cosa” disse infine sedendosi sul divano aspettandosi che gli altri facessero lo stesso, Cris la guardò con un'espressione quasi terrorizzata, forse non immaginava che lei aveva deciso di dire tutta la verità a proposito del dilatatore di materia, o forse sì, in ogni caso non aveva la minima importanza.

“Avete presente lo strano fenomeno atmosferico di ieri?” iniziò Ester d'un fiato quando il resto della sua famiglia aveva finalmente preso posto seduta accanto a lei: “Ecco... sono stata io.”

La ragazza decise di raccontare esattamente come stavano le cose, non aveva senso a quel punto mentire, guardava tutti saldamente negli occhi pur torcendosi le mani in grembo, suo fratello minore aveva la bocca spalancata con la mascella che pareva arrivare sul pavimento. Disse persino che questa decisione, consigliata da Valery, lei l'aveva presa al fine di stupire i suoi amici, l'unica cosa che effettivamente tralasciò fu il fatto che il vero obiettivo della sua azione era stato Andrea. Finito il racconto si arrestò chinando la testa aspettandosi un esemplare rimprovero e punizione.

“Grazie per avermelo detto, Ester” le rispose il padre sorridendo dopo qualche secondo di pausa che ai due ragazzi era sembrato interminabile.

“Dici sul serio?” stavolta era lei ad avere la bocca spalancata.

“Hai sicuramente commesso un errore, queste macchine non sono giocattoli e tu sei abbastanza grande da averlo dovuto capire da sola, tuttavia sono consapevole che Valery abbia avuto la sua parte di responsabilità in questa storia, il suo modo di agire è stato senza dubbio finalizzato a metterci l'uno contro l'altro fin dall'inizio, colgo l'occasione di scusarmi con tutti voi per non essermene accorto io per primo.”

“Ester, io capisco che alla tua età tu voglia fare colpo su qualche ragazzo, lo facevo anche io da giovane” intervenne Enrichetta lanciando uno sguardo di complicità al marito “ma spero che tu abbia compreso che questo non è il modo corretto.”

“ Se volete entrare nel mio laboratorio non vi vieto di farlo” continuò ancora Damiano rivolto ad entrambi i figli “La vostra curiosità nei confronti del mio lavoro non può che rendermi orgoglioso, ma sarei felice se da adesso in poi voi e i vostri amici lo faceste magari in mia compagnia, sarò lieto di rispondere a tutte le vostre domande.”

“Oh, papà, ti ringrazio” esclamò Ester alzandosi in piedi per abbracciarlo.

Enrichetta e Cris sorrisero mentre lei gli spettinava affettuosamente i capelli, i due genitori non potevano che essere sinceramente orgogliosi di entrambi dopo quella giornata.

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Capitolo 7
*** Al di là del tempo e della storia ***


“È stato davvero straordinario” commentò Ester mangiando una gigantesca coppa di gelato al cioccolato seduta al solito bar in compagnia di Andrea e Jessica “Mai una macchina era stata tanto simile all’uomo, mi è quasi dispiaciuto distruggerla, ma proprio nel momento in cui stavo esitando maggiormente mi sono resa conto che le sue emozioni erano soltanto simulate.”

“La storia che hai raccontato ha dell’incredibile” disse Andrea, davanti aveva un gelato alla crema “Non era mai accaduto che un supercomputer agisse in questo modo, nonostante tutto, fatti gli opportuni miglioramenti, credo che sia un tipo di intelligenza artificiale che in futuro si potrebbe anche utilizzare.”

Ester sorrise, il suo atto di coraggio aveva in un certo senso cancellato l'errore che aveva commesso con il dilatatore di materia agli occhi dei suoi amici.

“Che cosa ha detto il costruttore di Valery quando ha saputo come sono andate le cose?” volle sapere Jessica la quale stava sorseggiando solo un succo di mirtillo, d'altronde era un po' fissata con la linea.

“Ha sostenuto che non c’era altro da fare che distruggerla, non immaginava certo che potesse evolvere in un modo del genere, si è scusato con mio padre per i guai che ha provocato, in ogni modo ci sarà comunque da imparare da questa esperienza e i supercomputer che esistono oggi, così come quelli di bordo delle automobili, usufruiranno di sicuri miglioramenti.”

In realtà la storia di Valery nascondeva un retroscena triste che la ragazza non ebbe voglia di raccontare ai suoi amici, non voleva più turbarli ora che si era riscattata dall'errore. Quel povero programmatore, diversi anni prima, aveva perso la figlia Valeria di vent'anni per un incidente successo su una pista da sci mentre la ragazza si stava divertendo, la voce che era stata utilizzata per il supercomputer era la sua, presa da alcune incisioni che la ragazza aveva fatto per divertimento. Anche il chip della personalità di Valery, aveva spiegato il programmatore, piccolo, calvo e grassoccio, era stato elaborato partendo dalla rete neurale di Valeria, dopo la sua morte, infatti, la struttura del cervello era stata come salvata all'interno di una banca dati da cui poi erano state attinte le informazioni per creare il cervello artificiale del supercomputer. Era stato un disperato tentativo, per quello scienziato, di far rivivere la sua amata figlia. Accidenti, aveva solo un anno più di me aveva pensato Ester osservando le lenti degli occhiali di quell'uomo appannarsi leggermente. Ester si era chiesta se, avendo saputo prima questa storia, avrebbe comunque trovato il coraggio di distruggere lo stesso Valery. Era poi giunta alla conclusione che non si può far tornare in vita una persona usando un sistema del genere, quello che manca è, appunto, l'anima.

I tre amici decisero di visitare un negozio d’abbigliamento, tanto per fare un giro. Il piccolo paesino dove abitavano ci sapeva davvero fare con i centri commerciali, erano tutti molto grandi e dentro si articolavano come delle città in miniatura. Il negozio d’abbigliamento, poi, era veramente curioso, si snodava su sei piani ai quali si accedeva attraverso una rete di scale mobili che andavano da un piano all’altro. Tra queste, però, una balzava direttamente dal piano terra a quello più alto, era veramente lunghissima e sembrava non avere fine, Ester la definiva “la scala del Paradiso”sin da quando era piccola. Tutto l’edificio aveva la forma di una torre vuota al centro per fare spazio ad un giardino con fiori e piante veri, nel mezzo del quale si trovava una grossa fontana. Quattro ascensori di vetro partivano dal piano terra, nel quale si trovavano bar e ristoranti e, salendo, si aveva l’impressione di andare in orbita vedendo il giardino e la fontana che diventavano sempre più piccoli. Ester e i suoi amici si fermarono al terzo piano, era quello che preferivano perché qui i vestiti erano disposti come se fossero stati delle piante in un giardino. Delle stradine di finti ciottoli di diramavano tra quelle che sembravano essere aiuole, in esse erano disposti i capi sui loro cavalletti di metallo, si aveva proprio l’impressione di essere in uno strano parco. Jessica si entusiasmava per ogni cosa, per lei era tutto bellissimo, giacche, maglioni o gonne che fossero, ad ogni aiuola si fermava ad ammirare i vestiti commentando: “Guardate questo, su di me starebbe benissimo!”

Facile, con un fisico del genere, ti starebbe bene persino un sacchetto della spazzatura!

Ad un certo punto, mentre stavano camminando per le stradine, un giovane gridò loro: “Ehi, aspettate un momento, per favore!”

I tre ragazzi si voltarono sorpresi verso il giovanotto, questo indugiò un poco guardando Ester, poi finalmente disse: “Tu sei Ester Lanfranchi, non è vero? La figlia dello scienziato.”

Accidenti, no! Io ho sempre odiato la popolarità ed essere notata dalle persone.

Tuttavia non mostrò all'esterno il suo imbarazzo rispondendo affermativamente e con un sorriso gentile.

“Salve, io sono Alex” affermò il giovane tendendo la mano destra ad Ester “Ho saputo che avete avuto dei guai con un nuovo tipo di supercomputer”

“Posso chiederti come lo sai?” gli domandò Ester aggrottando leggermente le sopracciglia.

“Era su tutti i giornali ieri” fece il ragazzo “Io ho sempre sostenuto che l’intelligenza artificiale è pericolosa.”

“In effetti…Valery era un computer un po’ particolare” confermò Ester con tutta la modestia del mondo.

Jessica la guardava con una punta d'invidia, avrebbe voluto esserci lei al suo posto e le dava un po' fastidio questo modo della sua amica di gestire la faccenda con questi suoi modi semplici.

“So anche che sei stata tu a salvare la tua famiglia, ti faccio i miei complimenti, sei stata fantastica.”

Andrea assunse un'espressione leggermente seccata, Ester lo guardò per un secondo accorgendosi della cosa e sentendo che questo le provocava una leggera soddisfazione, intanto il giovanotto continuava: “Vorrei visitare il Centro di Ricerca Koller un giorno.”

“Il dieci giugno è stato aperto al pubblico, mi dispiace che tu ti sia perso l'occasione, ma ne saranno organizzate sicuramente altre” lo rassicurò la ragazza.

“Non potevo, mi è dispiaciuto moltissimo, pensi che avrò altre occasioni?”

“Quando vuoi” dichiarò Ester con un sorriso gentile “Basta che dici di essere un mio amico.”

“Allora, grazie, ci vediamo” detto questo il ragazzo si girò e si allontanò.

Finalmente Andrea poté sfogarsi, dicendo ad Ester arricciando un po' le labbra: “Certo ce ne sono di tipi strani in giro!”

“Non capisco perché sei sempre tanto modesta” le disse Jessica “Non ti piace ricevere complimenti per qualcosa di positivo che hai fatto?”

“Ritengo che alla fine sia stato qualcosa di normale che avrebbe fatto chiunque, non ci vedo assolutamente niente di straordinario” rispose Ester con la sua solita semplicità.

Dopo circa due ore, terminando la loro uscita, i tre ragazzi tornarono a casa, Ester ancora non sapeva della notizia a dir poco clamorosa che la stava attendendo. Venne a conoscenza della dichiarazione eclatante a tavola, mentre stavano pranzando. I suoi genitori stavano parlando, come al solito, di lavoro, quando Damiano se ne venne fuori dicendo: “Tra due giorni proveremo StoriaJou – 01 in maniera ufficiale.”

Ester rimase senza parole e completamente immobile per qualche secondo non poteva credere alle sue orecchie, si trattava niente meno che della macchina del tempo, poi esclamò, al massimo dell’entusiasmo: “Davvero, e lo dici così? Finalmente, sono anni che desidero vedere quella macchina in azione, da quando hai iniziato a costruirla.”

“Io spero che potremmo vederla tutti in realtà, sto già immaginando la faccia di Alessio” affermò Cris che nell’udire la novità aveva sgranato tanto d’occhi.

“Ma certo” rispose Damiano “I vostri amici, naturalmente, sono tutti i benvenuti.”

Un boato di gioia esplose subito dopo, Ester sentiva che il cuore le batteva all’impazzata per l’emozione, non le sembrava possibile poter vedere quella macchina straordinaria finalmente in azione.

“In che epoca hai deciso di andare papà?” chiese la ragazza, la sua curiosità ormai era alle stelle.

“Nell’antico Egitto, esattamente nel 1938 a.C.”

“A che ora partirai?” domandò Cris.

“Credo verso le otto e mezzo di mattina, starò via circa mezz’ora, il tempo di scattare qualche fotografia che dimostri la riuscita del viaggio.”

“Perché stai via così poco?” chiese Ester “Voglio dire, vai a vedere niente meno che l’antico

Egitto.”

“Quando una macchina viene provata per la prima volta è meglio essere cauti” spiegò lo scienziato “Una volta appurato il suo perfetto funzionamento effettueremo viaggi più lunghi.”

“Papà, io vorrei venire con te” esclamò Cris.

“Dal momento che si tratta del primo viaggio non vorrei correre rischi, forse in futuro potrò portarvi con me.”

Ester non poté astenersi dal manifestare la sua gioia: “Sarebbe meraviglioso!”

Quel pomeriggio la ragazza stette tutto il tempo in fermento, salì nella sua stanza ordinando al supercomputer: “Argon, chiama Andrea”

Pochi secondi dopo il ragazzo era in linea con lei.

“Andrea, devo darti una notizia sensazionale!”

“Sono tutto orecchi” il suo amico si era già accorto dalla sua immagine con occhi sgranati e il viso sorridente che Ester stava letteralmente volando dalla felicità: “da come parli sembra che tuo padre stia per sbarcare sul sole riuscendo a non bruciarsi.”

“Molto meglio, Andrea, andrà nell’antico Egitto, nel 1938 a.C.!”

“Caspita, Ester, vuoi dire che useranno StoriaJou – 01?”

“Sicuro, e siete tutti inviati ad assistere allo spettacolo, tra due giorni, al Centro di Ricerca Koller.”

“Sbaglio o ho sentito parlare della macchina del tempo?” chiese Giovanni che era apparso sullo schermo accanto al fratello.

“È sensazionale, Ester, ci saremo sicuramente” disse Andrea “A che ora dobbiamo venire?”

“Papà partirà alle otto e mezzo, vi aspetto alle otto in punto a casa mia, se per qualche motivo non potete venire avvertitemi con il radio orologio.”

“Non preoccuparti, ci saremo sicuramente” affermò Giovanni tutto sorridente.

Nei due giorni che seguirono Ester e Cris stettero in costante agitazione, non facevano altro che parlare di StoriaJou – 01 e di chi avrebbero invitato a vedere la macchina in azione. Come al solito Cris era finito per parlare solo di Alessio quindi il gruppo sarebbe stato sempre lo stesso. Ester e Andrea pensarono anche di dirlo a Orazio il quale accettò molto volentieri. Finalmente, quando arrivò il fatidico giorno, Ester alle sette della mattina si vestì e fece colazione in fetta e furia, sapeva benissimo che era presto ma non poteva stare ferma, quella mattina lo specchio elettronico che si trovava in bagno le aveva a detto che era in forma al 99%. Anche Cris, contrariamente alle sue abitudini, quella mattina si era svegliato presto e, insieme alla sorella, era uscito in giardino ad osservare alcuni operai che preparavano StoriaJou – 01 per essere trasportata al Centro di Ricerca Koller.

“Accidenti, ancora non mi sembra possibile” esclamò il ragazzo.

“Invece lo è” affermò Ester “Non so cosa darei per andare con papà nell’Egitto dei faraoni.”

“In realtà sono stato io il primo a fare questa proposta” dichiarò Cris “Quando papà deciderà di avere dei passeggeri, dovrà portare prima me.”

Ester sorrise spettinando il fratello e rimettendosi a guardare gli operai, adesso stavano caricando la macchina del tempo su un piccolo camion a magneti servendosi di una gru che era in dotazione al mezzo di trasporto stesso.

“Per favore, fate piano!” la voce di Damiano fece voltare i ragazzi, il loro padre era uscito di casa e stava avanzando verso gli operai.

Era venerdì venti luglio, una giornata calda e luminosa che, Ester pensava, sarebbe entrata nella storia. Il sole splendente del mattino si rifletteva sui biondi capelli di Damiano mentre impartiva istruzioni agli operai su come trattare StoriaJou – 01 . Quando l’operazione fu ultimata, i lavoratori misero in moto le silenziose eliche di propulsione del camion a levitazione magnetica e si diressero verso il Centro di Ricerca Koller. La figura alta e magra di Damiano si voltò e tornò indietro, lo scienziato, prima di rientrare in casa, diede una pacca su una spalla ad Ester la quale, allo stesso modo del fratello, era rimasta come pietrificata.

“Sei emozionato, papà?” gli chiese Cris.

“Sì, lo ammetto” rispose lui con un sorriso “Dopotutto sto per fare un viaggio a dir poco straordinario, che nessuno, prima di adesso, ha mai fatto.”

“Non hai paura?” domandò Ester.

“Un po’, certo, ma questo è normale, soprattutto quando si prova una macchina per la prima volta, comunque sono sicuro che tutto andrà per il meglio” detto questo, l’uomo varcò il portone di casa.

Pochi minuti più tardi, i due genitori uscivano per recarsi al Centro.

“Allora, voi aspettate i vostri amici e poi ci raggiungete, d’accordo?” si raccomandò Enrichetta.

Si era raccolta i capelli neri in uno chignon dietro alla nuca, questo le dava un’aria molto distinta.

“Certo, per l’orario stabilito saremo lì” assicurò la figlia maggiore, era raggiante e il chiaro sole estivo faceva brillare ancora di più il suoi occhi marroni.

I genitori si avviarono mentre Cris diceva: “Sono già le otto, tra mezz’ora faranno l’esperimento, spero che gli altri arrivino in tempo.”

“Vedrai che a momenti saranno qui” affermò Ester “Anche loro tengono a vedere la macchina del tempo in azione, non penso che vogliano farsi sfuggire questa opportunità.”

Infatti, dopo pochi minuti, ecco sbucare, dal fondo della via metallica, Andrea e Giovanni a bordo della macchina a magneti prestata loro dal padre. I due ragazzi si fermarono davanti al cancello della casa, Cris li raggiunse di corsa facendoli entrare nel giardino.

Andrea aveva un sorriso a trentadue denti dipinto sulla faccia: “Perbacco, ragazzi, non vedo l’ora di assistere a questo evento formidabile!” abbracciò Ester saltellando.

“Manca ancora Jessica, le avevo proposto di andarla io a prendere ma ha insistito per venire da sola con il suo motorino, non capisco per quale motivo” Giovanni guardava impaziente il suo orologio.

Cris cominciava a preoccuparsi: “Spero che non faccia tardi.”

Il radio orologio di Ester squillò pochi secondi più tardi : “È una chiamata di Jessica” poi rispose alla sua amica.

La ragazza si scusava dicendo che avrebbe fatto tardi a causa di una gomma forata, stava giungendo a piedi, ormai mancava poco.

“Come non detto” commentò Cris “Le ultime parole famose.”

Nel frattempo era arrivato Alessio, stava salutando dal cancello mentre Argon lo sbloccava per lasciarlo entrare.

“Ancora con quei dannati motorini con le ruote di gomma!” sospirò Giovanni scuotendo la testa “Sono più di cento anni che esistono le strade di calamita”

“Sono già le otto e un quarto” esclamò Cris guardando preoccupato il suo orologio.

Giovanni si decise ad andare a recuperare Jessica per la strada con la vettura a magneti, non potevano certo perdersi quella meravigliosa occasione. I due ragazzi furono di ritorno entro pochi minuti, Jessica sorridente, salutò tutti senza scendere, non c'era tempo, fecero salire Andrea avviandosi verso il Centro di Ricerca Koller. Ester prese la macchina di sua madre partendo con il resto del gruppo. Giunsero al Centro alle otto e mezzo precise, parcheggiarono le loro vetture senza prestare troppa attenzione, davanti al cancello ed entrarono di corsa nel cortile, Ester ordinò, mentre correvano, a Peter di aprire l’entrata. Non fecero per niente caso allo schermo ad ologrammi mentre spalancavano con un colpo la porta d’ingresso, la macchina del tempo sarebbe partita dal retro dell’edificio, dove era in costruzione la pista per Freccia Solare. I ragazzi attraversarono velocemente il palazzo e si lanciarono di corsa sul prato che si trovava dietro al Centro di Ricerca Koller, notarono che in un punto dello spiazzo una esigua folla si era accalcata.

“Deve essere là!” gridò Ester ai suoi amici senza smettere di correre.

“Permesso” diceva Giovanni mentre si facevano largo a spintoni tra le persone raggruppate, in mezzo alla piccola folla, Ester intravide sua madre.

Finalmente riuscirono a giungere all’interno del cerchio che la gente aveva formato, facendo appena in tempo a vedere StoriaJou – 01 che scompariva in un lampo di luce.

“Siamo arrivati tardi” sospirò sconsolata Ester.

I ragazzi guardavano desolati il punto da cui era partita la macchina del tempo. Più lontano, quasi al termine del vasto prato fulminato dal sole canicolare di luglio, si vedeva la pista dalla quale sarebbe decollata la macchina capace di superare la velocità della luce. Ester la guardò distrattamente, asciugandosi il sudore dalla fronte. Appena li vide, Enrichetta si fece largo tra la folla per raggiungerli.

“Mamma, potevate aspettarci” protestò Ester.

“Lo so, ma purtroppo il pubblico ha le sue esigenze” affermò la donna facendo un gesto significativo verso i numerosi giornalisti che, con cineprese e microfoni, affollavano in piazzale.

“Quelli chi li ha fatti entrare?” domandò Cris.

“Non potevamo chiuderli fuori” rispose Enrichetta sorridendo “Dobbiamo anche pensare a salvaguardare la reputazione del Centro di Ricerca Koller, e poi…un po’ di pubblicità non guasta mai.”

“Abbiamo aspettato per giorni questo momento” sbuffò Ester guardando i suoi amici come per scusarsi.

“Perché siete arrivati in ritardo?” chiese sua madre.

“E’ stata colpa mia” si fece avanti Jessica visibilmente dispiaciuta “Mi si è bucata una gomma del motorino per la strada.”

“Non importa ragazzi, non vi siete persi grandi cose” disse la donna “I giornalisti hanno letteralmente assalito papà e gli altri ricercatori coinvolti nel progetto, poi hanno fatto partire la macchina, tutto qui, il momento più bello sarà quando papà tornerà con le fotografie dell’antico Egitto.”

Ester guardò pensierosa le persone che attendevano il ritorno trionfale di StoriaJou – 01. Erano per la maggior parte scienziati con i loro familiari o amici, forse tra loro, pensava Ester, si era insinuato qualche curioso dichiarando, e riuscendo a dimostrare, di essere amico o parente di qualche membro del personale del Centro. I pensieri della ragazza furono interrotti dall’arrivo di un giornalista con una telecamera al seguito. Questo iniziò ad intervistare Enrichetta con le solite domande, Ester non fece caso più di tanto all’intervista, era una cosa che le era capitata diverse volte al Centro, e anche fuori di esso. Lei, Cris e i suoi genitori erano apparsi talmente spesso sul proiettore tridimensionale che, a volte, venivano anche riconosciuti e fermati per la strada, come aveva fatto quel tipo strano qualche giorno prima al centro commerciale, Alex. Ester aguzzò lo sguardo per vedere se riusciva a scorgerlo tra la folla, non lo vide, molto probabilmente non c’era o non lo avevano fatto entrare. Quel giorno la tutela della sicurezza al Centro si era particolarmente intensificata, succedeva sempre così quando c’era qualche esperimento in atto. Intanto la mezz’ora concessa a Damiano per visitare la città di Giza era rapidamente trascorsa, i giornalisti e i ricercatori del Centro erano letteralmente impazziti. I reporter strillavano eccitati nei microfoni davanti alle cineprese mentre la folla si allargava per lasciare spazio alla macchina del tempo, questa sarebbe tornata nel 3007 atterrando nel medesimo punto da cui era partita. Le macchine fotografiche scattavano senza sosta, Ester e i suoi amici si facevano largo a spintoni per raggiungere la prima fila. La gente aveva formato un ampio cerchio per permettere alla macchina del tempo di tornare. Ci furono alcuni minuti di silenzio mentre i presenti attendevano, con il fiato sospeso, l’apparizione di StoriaJou – 01 e dell’eroico scienziato Damiano Lanfranchi. All’improvviso un bagliore luminosissimo, più intenso del sole estivo, attirò l’attenzione della folla da cui si levavano esclamazioni di stupore. La macchina del tempo comparve dal nulla in mezzo al cerchio formato dalla calca, i giornalisti cercavano di assalire la cabina bianca ma furono ostacolati dagli addetti alla sicurezza del Centro, le telecamere divoravano metri di pellicola per catturare ogni immagine di quello storico giorno. Ester, attraverso il vetro della porta di StoriaJou – 01, vide suo padre. Lo scienziato aprì il portello e, sorridendo, scese dalla macchina brandendo trionfante la sua macchina fotografica digitale istantanea. Ester, senza neanche pensarci, si mise a correre in direzione del padre seguita dagli altri, non sentiva più le gambe, aveva l’impressione di volare, la gioia che provava e il giubilo della folla in estasi le fecero salire le lacrime agli occhi. Enrichetta aveva già raggiunto suo marito ad entrambi erano circondati da ricercatori e giornalisti. Damiano, vedendo i suoi figli che cercavano di farsi largo tra la massa, si voltò verso di loro e, con un sorriso, alzò due dita in segno di vittoria. Ester non credeva ai suoi occhi, dunque il fantastico viaggio nel tempo era riuscito. La ragazza si girò verso i suoi amici gridando: “Guardate, quello è mio padre, lo sapevo che ce l’avrebbe fatta!”

Il ricercatore fu assalito dai giornalisti, intanto Ester era riuscita a raggiungerlo. Un uomo munito di microfono e con telecamera al seguito iniziò ad intervistare lo scienziato chiedendo: “Allora, signor Lanfranchi, può dirci esattamente in quale epoca si è recato?”

“Nel 1938 a.C. in Egitto, precisamente nella città di Giza.”

“Può parlarci brevemente di questo periodo storico?”

“Certamente” rispose Damiano “In quel tempo, sotto il regno di Sesostri I, la civiltà egiziana conobbe un periodo caratterizzato da benessere e prosperità, egli infatti, riuscì ad essere una perfetta fusione tra abilità politica e gusto artistico, comunque parlerò di questo alla conferenza che si terrà questa sera al Centro di Ricerca Koller.”

“Ha scattato delle foto che ritraggono i punti salienti del suo viaggio, non è vero?”

“Sì, ve ne voglio dare un piccolo anticipo” detto questo Damiano mostrò alla telecamera una fotografia che ritraeva le tre piramidi di Giza, dedicate a Cheope, Chefren e Micerino, non ancora consunte dall’erosione del tempo. Era un’immagine stupenda, presa controluce su un cielo colorato di rosa dalla sabbia del deserto, Ester fece appena in tempo a vederla.

“Potrete vedere tutto questa sera alla conferenza” ripeté lo scienziato.

Mentre si facevano strada tra la folla per tornare a casa, Ester pensava che il congresso che si sarebbe tenuto a sera sarebbe stato il momento più emozionante di tutta la giornata. Avrebbe avuto un sacco di tempo per vedere le foto che aveva scattato suo padre prima di andare alla conferenza, tuttavia non lo fece, voleva vedere quelle immagini supportate dalla spiegazione del padre o di qualche altro esperto in materia, non sopportava di guardare quelle fotografie senza sapere cosa ritraevano.

 

Il momento di recarsi al congresso finalmente era arrivato, ad Ester sembrava che fosse passata un’eternità, per l'occasione si era truccata con molta attenzione e indossato una maglia nera aderente con la scollatura a V il cui colore andava a confondersi con quello dei suoi riccioli, dei jeans corti che terminavano con un risvolto e sandali di pelle nera alla schiava. Ovviamente aveva invitato tutti i suoi amici, persino Orazio, loro e i genitori di questi avrebbero avuto diritto al posto in prima fila insieme a lei, a sua madre e a Cris. Ester per poco non scoppiò a ridere quando vide in che modo si era vestita Jessica, oltre ad essere pesantemente truccata portava un grosso fiocco rosso tra i capelli biondi, aveva indossato una vistosa collana d’oro e lunghi orecchini con i brillanti, il suo abbigliamento era costituito da una corta minigonna di pelle marrone, calze a rete scure e stivali neri e lucidi con i tacchi altissimi, inoltre, come se non bastasse, si era messa un paio di guanti neri che le arrivavano fino al gomito, durante la conferenza, raccontando una scusa, se li sfilò esibendo una fila di anelli d’oro. Non rinunciava mai ad essere un magnete d'attenzione. Tuttavia quella sera Ester non aveva tempo per pensare alle stranezze di Jessica, fremeva vedendo la sala piena di gente e aspettava con impazienza suo padre. L’ambiente in cui si sarebbe tenuta la conferenza si trovava sotto al Centro di Ricerca Koller, era una sala enorme con poltrone di velluto rosso e le pareti decorate da disegni, il palco di fronte al pubblico disponeva di quattro posti ad ognuno dei quali corrispondeva un microfono. Da un lato si notava la macchina che avrebbe dovuto proiettare le fotografie dell’antico Egitto sul grande schermo bianco alle spalle degli oratori. In poco tempo la sala si gremì di telecamere e giornalisti, il loro numero, però, era tenuto sotto controllo dalla sicurezza. Ad un tratto Damiano apparve sul palco accompagnato da altri tre colleghi che avevano lavorato al viaggio nel tempo. Dalla platea si levò un caloroso applauso, Ester, Cris e la loro madre si alzarono addirittura in piedi, potenti riflettori vennero puntati, dal supercomputer Peter, sui quattro oratori. Il padre di Ester cominciò a parlare: “Buona sera a tutti, sono orgoglioso di annunciarvi che l’uomo è riuscito ad abbattere le barriere del tempo. Chiarirò subito il dubbio che molti di voi avranno, cioè a che cosa potrà essere utile la macchina del tempo che abbiamo creato, ebbene, vi dirò che essa non è il frutto di semplice curiosità e che non deve servire a dimostrare la capacità dell’uomo di compiere azioni straordinarie, la nostra StoriaJou – 01 ci servirà per comprendere fatti non ancora certi o sconosciuti della storia del mondo.”

Le parole di Damiano furono interrotte dall’applauso del pubblico, Ester sorrideva raggiante.

Damiano riprese il suo discorso: “Quello che abbiamo appena intrapreso è stato il primo viaggio di StoriaJou – 01 , esso è stato un giro di prova che è servito ad appurare se la macchina funziona ed è sicura, io personalmente ho fatto questa esperienza recandomi a Giza nel 1938 a.C., è stata veramente un’avventura singolare, per farla vivere anche a voi e per dimostrare che la macchina del tempo funziona veramente ho scattato delle fotografie che nel corso della serata vi mostrerò. Il mio viaggio è durato soltanto mezz’ora, questo per non destare sospetti nella popolazione egiziana di quel tempo la quale, vedendo me con strani vestiti e inconsuete apparecchiature, avrebbe creduto di trovarsi davanti un mostro…”

Damiano fu interrotto dalla risata generale della platea.

“Comunque, in futuro, ogni volta che ci serviremo di StoriaJou – 01 , ci organizzeremo in modo da farci notare il meno possibile dai nostri antenati. Ora vorrei lasciare la parola a Walter Bonamico che vi spiegherà, a grandi linee come funziona la macchina del tempo.”

“Grazie” disse un uomo con una gran massa di capelli bianchi e gli occhiali da vista che sedeva alla sinistra di Damiano“So che sarà complicato da capire il funzionamento della nostra macchina del tempo, cercherò di semplificarlo il più possibile. Innanzitutto bisogna chiarire un concetto fondamentale: le macchine del tempo possono viaggiare soltanto nel passato e non, come crede la fantasia popolare, nel futuro. Questo semplicemente accade perché il futuro non esiste, non è ancora stato scritto, il passato invece esiste, nessuno lo ha cancellato, per questo è possibile ritrovarlo. Immaginate di riesumare un vecchio documento da un archivio, possiamo farlo poiché esso è stato messo lì tanto tempo prima ma nessuno lo ha tolto, con il passato succede esattamente questo. Dallo stesso archivio, però, non potemmo prendere un documento che ancora non esiste, che sarà scritto in futuro. Per viaggiare a ritroso nel tempo bisogna superare la velocità della luce, qui sorge il problema principale: viaggiando in questo modo va indietro nel tempo solo il viaggiatore, non il tempo intorno a lui, in StoriaJou – 01 abbiamo invertito il processo, non il viaggiatore all’interno della macchina torna indietro nel tempo, è il mondo fuori che lo fa. Quando si vuole intraprendere un viaggio nel tempo bisogna programmare l’anno, il mese, il giorno, l’ora e il posto, precisando la nazione e la città, se si tralascia la programmazione della città la macchina vi trasporta automaticamente nella capitale della nazione in cui volete andare. Spero che vi sia tutto chiaro, lascio di nuovo la parola a Damiano.”

Questo passaggio fu accompagnato da un applauso mentre le telecamere riprendevano ogni cosa.

“Prima di mostrarvi le fotografie che ho scattato vorrei che voi conosceste il periodo in cui mi sono recato, per questo adesso ascolteremo il nostro storico, Davide Lindala.”

Prese la parola un giovanotto dai capelli neri, ricci e unti da un gel effetto bagnato: “Sicuramente gli antichi egizi sono una delle più affascinanti civiltà del passato, il periodo che abbiamo scelto è quello che vede al trono Sesostri I. Egli era una perfetta fusione di capacità militare e politica, era potente con il nemico e nobile con la sua gente. Sotto di lui l’Egitto ha conosciuto un periodo di benessere e prosperità, guidò il suo esercito alla vittoria in molte battaglie, inoltre lo sviluppo delle arti e delle scienze raggiunse livelli mai toccati in precedenza. L’architettura fu eccelsa, la letteratura si sviluppò notevolmente. Sesostri, inoltre, fu il promotore di molte opere civili, portò avanti il processo di bonifica della regione del Fayum, vicino al Cairo, ma non voglio annoiarvi con questi discorsi da scuola, vi lascio all’affascinante racconto di Damiano, io continuerò a commentare le foto che egli vi mostrerà.”

“Forse questo sarà il momento più entusiasmante della serata” iniziò Damiano “Vi farò vedere delle fotografie che sembrano uscite dall’impossibile, vi assicuro che non c’è nulla di falso. Io stesso, quando sono arrivato nell’antico Egitto, non credevo ai miei occhi, mi era più facile pensare che si trattasse di un sogno. Le prime immagini che ho visto sono queste che sono ritratte in questa fotografia.”

L’immagine apparve sullo schermo in fondo alla sala, dal pubblico si lavarono esclamazioni di stupore, sembravano veramente figure strappate ad un altro mondo. Ester, sulle prime, stentò a credere a ciò che aveva davanti, ma solo un secondo dopo le sue guance si colorarono di rosso per l’emozione.

“Ragazzi, oggi qui si scrive una pagina di storia” commentò Giovanni senza fiato.

La foto ritraeva alcuni uomini e donne che lavoravano sulle sponde del Nilo, si scorgeva chiaramente un giovane, vestito solo con un gonnellino bianco, che tirava per le redini un asino il quale trasportava due grosse ceste, che cosa vi fosse dentro era impossibile da vedere, dietro di lui era attraccata una strana imbarcazione dalla forma vagamente somigliante ad un dirigibile, da essa alcune persone stavano scaricando delle merci per poi posizionarle su una barca più piccola, fortemente incurvata. Poco lontano un gruppo di tre donne era intento a battere, con dei bastoni, un mucchio di chicchi di grano per separare il seme dalla buccia, una di loro era stata immortalata mentre brandiva il bastone in aria. Tutte e tre indossavano un abito bianco che arrivava loro all’altezza delle ginocchia e spiccava sulla pelle scura, i loro capelli neri erano lunghi e resi lisci per mezzo di una sostanza oleosa. Sullo sfondo dell’immagine si scorgevano tre piramidi, non ancora erose dal tempo, che si stagliavano contro un cielo azzurro e luminoso costellato da nuvolette bianche.

“Un quadro veramente stupendo” commentò lo storico Davide Lindala “Sembra improbabile che questa sia davvero una fotografia. Da questa immagine abbiamo la conferma sul fatto che la vita degli antichi Egiziani era scandita dal Nilo, questo fiume, infatti, con le sue piene, lasciava sul terreno uno strato di fango molto utile per la riuscita del raccolto, ma desso vogliamo sapere da Damiano quale reazione hanno avuto questi uomini alla sua vista.”

“Fortunatamente non hanno scorto la macchina del tempo” disse Damiano “poiché questa si è fermata sulla sommità di una collina, comunque inizialmente neanche io sono stato visto, ho scattato tutte le mie foto usando lo zoom. Soltanto alla fine una donna si è accorta di me, mi ha guardato per un po’ immobile poi è corsa a dire qualcosa ad un uomo, questo, gridando ed indicandomi, ha radunato altre persone, tuttavia nessuno ha avuto il coraggio di avvicinarsi, anche perché un minuto dopo sono partito per tornare nel 3007. Usando sempre lo zoom ho scattato quest’altra immagine.”

La fotografia che apparve ritraeva il volto di una giovane donna in primo piano, i capelli erano coperti da un copricapo bianco, i suoi occhi neri messi in evidenza da un pesante trucco: la caratteristica forma a goccia che gli Egiziani usavano dare al loro sguardo, a completare ciò, la donna si era ritoccata in nero anche le sopracciglia. Le guance della giovane avevano un colorito rossastro perché tinte con polveri d’ocra.

A commentare questa splendida immagine intervenne, come sempre, lo storico: “Questo ci dimostra la cura che gli Egiziani avevano nei confronti del loro corpo, sia gli uomini che le donne, infatti, usavano truccarsi.”

Ester e Cris non sentivano quasi tutte quelle parole, erano rapiti dalle incredibili immagini che il loro padre aveva catturato.

“La prossima fotografia ci presenterà, invece, uno scorcio della vita di questo straordinario popolo.”

Lo scatto ritraeva, dall’alto verso il basso, un villaggio sulle sponde del Nilo. Le abitazioni, installate su un terrapieno, erano costituite da baracche di forma cubica, tra esse vi era un frenetico lavoro che consisteva soprattutto nel trasporto di acqua e cereali per mezzo di grandi ceste e brocche. Dalla sabbia illuminata dall’accecante luce del sole crescevano gruppi di grosse palme. Al di sotto del terrapieno su cui sorgeva il villaggio, si trovavano campi coltivati situati proprio al confine con le acque del Nilo. Sullo sfondo, una grossa imbarcazione a vela navigava sul fiume circondata da barche più piccole a remi.

“Non fatevi ingannare dall’aspetto esteriore di queste abitazioni” affermò lo storico “All’interno esse contavano numerose camere ed erano elegantemente dipinte, a volte potevano avere anche un cortile interno. Ma le case dei contadini erano ben diverse, erano fatte di canne o fango e avevano due o una sola stanza con un arredamento molto semplice.”

“Ancora non avete visto le immagini più belle e caratteristiche” dichiarò Damiano.

Subito dopo, infatti, fu mostrata un’immagine a dir poco spettacolare, era stata presa contro luce e esibiva la sagoma di tre piramidi perfette che si stagliavano contro un cielo dai colori variavano dall’azzurro al rosa, passando dall’arancio. Questa era la foto che Ester aveva visto non appena suo padre era tornato dallo straordinario viaggio.

“Un’immagine decisamente suggestiva” furono le parole dello storico “Queste sono le piramidi dei faraoni Cheope, Chefren e Micerino, dietro di esse ci sono altre tre costruzioni molto più piccole che ospitano le loro mogli. La piramide, per gli Egiziani, era un simbolo di immortalità, grazie a StoriaJou – 01 ci sarà possibile creare ricostruzioni di monumenti di cui non conosciamo l’esatta architettura.”

“La prossima immagine è l’ultima che ho scattato, purtroppo nel breve tempo di mezz’ora non ho potuto fare altro, ma è la foto più incantevole che si sia mai vista, signori, niente meno che la Sfinge.”

Questa immagine aveva veramente qualcosa di magico, la Sfinge appariva non come tutti erano abituati a conoscerla, ovvero erosa dal tempo, dall’acqua e dalla sabbia, bensì in tutta la sua maestosità. Il corpo da leone e la testa d’uomo erano ricreati alla perfezione, questo la faceva sembrare una creatura in carne ed ossa che, da un momento all’altro, dovesse animarsi. Un cielo azzurro intenso le faceva da volta, come se la colossale statua si fosse trovata all’interno di un tempio naturale. Ester e Cris rimasero senza parole.

“Mamma mia” mormorò Alessio estasiato.

Tutta la platea si mise a gridare e ad applaudire, si alzarono tutti in piedi emanando un boato di trionfo che durò circa dieci minuti. Al termine di questa esplosione di gioia si potevano fare delle domande a proposito dell’esperimento, tuttavia Ester fu sempre più distratta. Nei suoi occhi continuavano ad essere vive quelle immagini, particolarmente forte era quella della Sfinge. Questo, unito al fatto che la macchina del tempo si trovava ancora nel cortile di casa sua, riportata indietro per ulteriori accertamenti, fece maturare in lei un’idea. La conferenza andò avanti fino a notte inoltrata, quando alla fine Damiano e la sua famiglia riuscirono a liberarsi dai giornalisti, e a tornare finalmente a casa, Ester si mise a domandare al padre particolari sul funzionamento di StoriaJou – 01.

“In che ordine si trovano le nazioni nella macchina del tempo?” fu la prima domanda “So che sono ordinate in base all’importanza storica, in che posizione è l’Egitto?”

“È il numero nove” rispose Damiano.

“Bene, numero diciannove” fraintese Ester, forse perché gridava queste domande dal piano sopra di casa sua mentre il padre si trovava dabbasso.

“Va specificata anche la città in cui si vuole andare, non è vero?”

“Sì, altrimenti la macchina ti porta nella capitale del paese che hai scelto, funziona così anche con tutte le altre impostazioni, se non imposti nulla la macchina procede per vie automatiche.”

Ester, quella sera, si addormentò con una sola idea in testa: stupire, una volta per tutte, i suoi amici. Aveva notato in diverse occasione come Giovanni non si facesse problemi ad abbracciare e baciare Jessica anche davanti alle altre persone, mentre Andrea non l'aveva ancora sfiorata con un dito. Concluse che, dato che lei fisicamente non era appariscente come la sua amica, avrebbe dovuto usare altri sistemi per far capire ad Andrea che lei era speciale e che valeva la sua attenzione.

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Capitolo 8
*** In automatico ***


Ester sapeva che StoriaJou – 01 si trovava ancora nel cortile di casa sua, infatti quel venerdì dopo l’esperimento, la macchina era stata momentaneamente messa lì nel caso avesse avuto bisogno di essere modificata in alcuni punti. Ma la ragazza era anche conscia del fatto che la macchina sarebbe rimasta nel medesimo posto fino al lunedì successivo poiché gli operai che avrebbero dovuto riportarla al Centro di Ricerca Koller il sabato e la domenica non lavoravano. Damiano aveva dichiarato che StoriaJou – 01 funzionava perfettamente e che non aveva bisogno ulteriori modifiche, nonostante questo Ester era sicura dei due giorni di permanenza della macchina presso casa sua, giorni durante i quali i suoi genitori sarebbero stati fuori per partecipare ad altre conferenze e programmi per la radio e il proiettore tridimensionale.

La mattina del sabato la ragazza contattò i suoi amici dicendo a tutti la medesima frase: “Venite subito a casa mia, devo parlarvi.”

I suoi genitori erano appena usciti per prendere parte ad un programma per il proiettore tridimensionale, Cris avrebbe voluto seguirli ma la sorella lo convinse a restare dicendogli che avrebbero fatto una cosa straordinaria. Gli amici di Ester arrivarono uno dopo l’altro, ovviamente cominciarono a congratularsi con lei per l’impresa del padre, ma la ragazza li interruppe subito dicendo: “Non siamo qui per parlare di questo, mio padre ha fatto senza dubbio un viaggio incredibile ed è per questo che oggi io ve lo riproporrò in diretta.”

Nel salotto era calato un silenzio di tomba, i ragazzi, seduti sul divano, si guardarono tra loro sbigottiti.

“Cosa intendi dire, Ester?” le domandò Andrea.

Lei lo guardò intensamente per degli interminabili secondi, i suoi occhi nocciola sembravano essersi fatti di colpo più profondi. Sì, Andrea, io non sono una di quelle ragazze “bella e basta”, troppo carina non lo sono di certo, ma nella testa ho qualcosa di consistente e te lo voglio dimostrare!

“Sperimenterò personalmente StoriaJou – 01 ” affermò la ragazza con un sorriso smagliante.

“Ma che ti salta in mente?” esclamò Giovanni “Voglio dire…non puoi farlo, non ti è bastata la lezione che abbiamo avuto con il dilatatore di materia?”

“Quella era una macchina ancora in fase sperimentale” ribatté Ester “Questa volta sarà diverso, mio padre ci ha dimostrato che StoriaJou – 01 funziona alla perfezione.”

“Credi che i tuoi genitori non se ne accorgeranno?” osservò Jessica

“Saranno fuori tutto il giorno e la macchina del tempo resterà a casa mia fino a lunedì.”

“Sarà interessantissimo” esclamò Cris sempre cercando conferme sul viso di Alessio.

“Secondo me state per commettere l'ennesima azione avventata” disse questi sempre molto calmo e posato.

“Alessio ha ragione” affermò Andrea “Potresti non aver capito bene come funziona la macchina, allora ti troveresti in guai seri.”

“So benissimo come funziona” dichiarò Ester, guardandolo ancora più intensamente “potete decidere se assistere all’evento o no, io non mi perderei una simile occasione.”

Pochi minuti più tardi erano tutti all’esterno, davanti alla macchina del tempo.

“Che viaggio pensi di fare, Ester?” chiese Giovanni.

“Lo stesso di mio padre, andrò a Giza nel 1938 a.C.”

“Cosa farai se quegli uomini si accorgeranno di te?” domandò Jessica che iniziava a farsi attagliare dalla preoccupazione.

“Non lo faranno, comunque se dovesse accadere tornerò subito indietro.”

La decisione era presa, Ester si era armata di macchina fotografica digitale istantanea con cui avrebbe dimostrato ai suoi amici la riuscita del viaggio nel tempo. Tutti tenevano gli occhi puntati su quelle pareti di vetro che avrebbero inghiottito Ester per farle abbattere le barriere della storia.

La ragazza non voleva ammetterlo ma aveva una paura folle, se qualcosa nella macchina non dovesse funzionare? Se non riuscissi più a tornare nel presente? Deglutì, non osava neppure immaginare che cosa ne sarebbe stato di lei se si fosse verificato qualche imprevisto, avrebbe anche potuto perdersi per sempre tra le pieghe del tempo. Le gambe le tremavano e non si decideva a fare ciò che aveva promesso agli amici. Ad Andrea.

“Ester, sei sicura di volerlo fare?” le chiese il suo migliore amico vedendo che esitava.

“Ma certo” rispose lei con la voce che tremava.

Si avviò verso la macchina del tempo, camminava come un automa stringendo tra le mani la macchina fotografica, la paura le faceva vedere un riverbero nella luce del sole che in realtà non esisteva. Adesso StoriaJou – 01 non era più sotto il controllo di Argon, quindi Ester dovette aprire la porta di vetro della macchina premendo un pulsante. Con un leggero sibilo la cabina trasparente si schiuse per accogliere quella ragazza che tanto osava. Prima di entrare nella macchina del tempo, Ester si voltò verso i suoi amici, in viso, i suoi occhi poi si soffermarono in quelli azzurri di Andrea, egli colse all'istante il suo nervosismo. Solo un secondo dopo acquistò nuova sicurezza ostentando una granitica convinzione, d'altronde nessuno la stava costringendo. Decise quindi di procedere nelle operazioni, richiuse la porta. Con le mani tremanti, Ester iniziò a programmare la macchina, commise subito un errore avendo capito che all’Egitto corrispondeva il numero diciannove anziché il nove. La ragazza ebbe subito un vago sospetto di questo sbaglio pensando che non era possibile che l’Egitto fosse soltanto al diciannovesimo posto nell’ordine di importanza storica. A sfatare ogni dubbio intervenne lo speaker della macchina, a dire la verità, solo allora Ester si rese conto che StoriaJou – 01 ne possedeva uno. Il quadro comandi disse, con una voce di donna: Nazione numero diciannove: Germania, confermato.

“Oh, no!” esclamò Ester che aveva già iniziato ad impostare la data.

Per la sorpresa, la ragazza dimenticò di specificare che il 1938 doveva essere avanti Cristo, quindi la macchina procedette per vie automatiche dicendo: anno 1938, confermato.

Ester fu presa dal panico, si mise a tempestare di pugni il vetro della cabina, invocando l’aiuto dei suoi amici che la stavano osservando dall’esterno.

“Fate qualcosa, presto!” gridava “Ho sbagliato tutto, sto finendo nel regime nazista, aiutatemi!”

Nessuno dei ragazzi presenti la udì, Jessica la guardava come inebetita, con la fronte aggrottata.

“Non riesco a sentire nulla di quello che sta dicendo” osservò Cris con gli occhi ridotti a due fessure per cercare di leggere le parole sulle labbra della sorella.

“Ester, ferma subito la macchina!” urlò Andrea, ma alla sua amica non giunse neanche una parola, i vetri erano completamente insonorizzati.

“Dannazione!” gridava Ester.

Prese a tremare, il suo respiro si fece affannoso per la paura, non aveva la più pallida idea di come fare per fermare la macchina del tempo.

Città: Berlino, confermato continuò inesorabile lo speaker della macchina, ormai lasciata a prendere decisioni in piena autonomia.

“Accidenti, in pieno nella bocca del leone!”

La ragazza si mise a gridare fuori di sé per il terrore, iniziò a pensare che non sarebbe uscita viva da quel viaggio, aveva perso tempo a trovare il modo di arrestare la macchina mentre avrebbe potuto cercare di modificare le impostazioni.

“Ester!” urlò Cris avendo visto l’espressione disperata sul viso della sorella.

Jessica si premette le guance con le mani scoppiando a piangere, Giovanni la strinse tra le braccia, Ester fece appena in tempo a vederla prima che StoriaJou – 01 scomparisse in un lampo di luce.

Una frazione di secondo più tardi Ester si accorse che il giardino di casa sua era scomparso per lasciare spazio ad un parco. La ragazza sgranò gli occhi, non riusciva a credere a ciò che vedeva, un attimo prima era ancora a casa sua a disperarsi per aver sbagliato a programmare la macchina, un attimo dopo eccola in questo posto sconosciuto. Tuttavia comprese subito quello che era successo: il viaggio nel tempo era avvenuto. La ragazza si guardò intorno attraverso le pareti di vetro della macchina scorgendo un giardino all’apparenza deserto, da un lato vide una strada asfaltata, anch’essa spopolata, sul cui ciglio stavano dei palazzi. A quanto pare in qualche posto sono arrivata. Immediatamente dopo fu riassalita dal panico, non aveva il coraggio di voltarsi a guardare ciò che aveva programmato sul display del quadro comandi di StoriaJou – 01 . Deglutì girandosi lentamente fino a quando non scorse quelle parole luminose: Berlino, anno 1938. La macchina si dilungava ulteriormente esibendo il mese, il giorno e l’ora, ma a lei questo non interessava, erano tutte decisioni frutto dell’automatismo del dispositivo, la ragazza aveva inserito solo il numero diciannove, corrispondente alla Germania e l’anno. Nel bel mezzo del nazismo, chi lo avrebbe mai detto? Ester non aveva il coraggio di uscire dalla macchina. Per un istante fu sfiorata dall’idea di lasciar perdere tutto e di tornare a casa sua nel 3007, poi però, decise di dimostrare ugualmente ai suoi amici la riuscita del viaggio. Dimostrerò ad Andrea che sono intelligente, che sono una ragazza che vale la pena. Convinta a non tornare a mani vuote, Ester afferrò la sua macchina fotografica e uscì da StoriaJou – 01 . Un cielo grigio e nuvoloso gravava su Berlino facendo pensare ad Ester che quella era proprio l’atmosfera più adatta per l’epoca, la ragazza si guardò intorno notando che il parco in cui era arrivata era completamente deserto, così come la strada che lo costeggiava. Pensò che quella situazione fosse dovuta ad un cattivo funzionamento della macchina del tempo, anche se con suo padre questo non era successo. Poi, portate dalle folate di vento, alcune note di una musica giunsero alle orecchie di Ester, erano frammenti di quella che sembrava essere una marcia militare e provenivano da molto lontano. Sembra che Berlino non sia deserta. Doveva trovare qualcosa di significativo da fotografare per dimostrare che era sta davvero a Berlino nel 1938, decise di seguire le note di quella marcetta in lontananza sicura che lì avrebbe trovato qualcosa di interessante. Si era da poco incamminata per una via della città quando, alle sue spalle, sentì un forte rumore che si avvicinava, la ragazza si voltò di scatto scorgendo una strana vettura, un’automobile dell’epoca lanciata in velocità lungo la strada, il clacson del veicolo emise un suono stridente sorpassando Ester. La ragazza decise di non farsi sfuggire l’occasione, con la sua macchina fotografica immortalò la vettura proprio mentre la stava superando. Lungo quella via Ester incontrò altre persone tutte dirette nella medesima direzione, uomini e donne indossavano vestiti dell’epoca. Quando scorgevano quella ragazza proveniente dal futuro in jeans e maglietta rosa evidenziatore, commentavano tra loro guardandola dall’alto in basso, qualcuno addirittura si allontanò in fretta quasi avesse avuto paura di lei. Ester scattò una foto a quella gente pensando che, il posto in cui si trovava, apparteneva ad un altro mondo di cui lei non faceva parte. Ormai non temeva più di restare intrappolata nella storia dal momento che StoriaJou – 01 aveva dimostrato di funzionare perfettamente, quello che doveva fare adesso consisteva nel raccogliere più prove possibili.

 

Ad anni luce di distanza da Ester, i suoi amici erano sempre più preoccupati per lei, a nessuno era sfuggita la sua espressione di terrore al momento della partenza.

“Spero che non le sia successo niente di male” disse Andrea guardando ostinatamente il punto da cui era partita Ester.

“Io credo che sia riuscita nel suo intento” affermò Cris.

“Dovremmo avvertire tuo padre” dichiarò Alessio “Questa storia non mi convince per niente.”

“Aspettiamo ancora un po'” rispose il ragazzo “Se i miei genitori dovessero venire a sapere che Ester ha usato la macchina del tempo, ci troveremmo tutti in guai seri.”

“È stata una pazzia!” esclamò Jessica ancora singhiozzando .

“Non posso restare con le mani in mano” affermò Andrea sollevando gli occhi da terra per guardare gli altri “Ho paura che sia successo qualcosa.”

“Tornerà invece” ribatté Cris “La macchina è partita per arrivare sicuramente da qualche parte, sono certo che, dovunque sia, mia sorella riuscirà a tornare indietro.”

“Va bene” acconsentì Giovanni “Ma se non torna entro massimo un’ora saremo costretti a fare qualcosa.”

 

Intanto Ester aveva trovato qualcosa che poteva fare sicuramente al caso suo, si trattava della Porta di Brandeburgo, il monumento più famoso di Berlino. La ragazza l’aveva scorta da lontano e aveva deciso di raggiungerla per fotografarla, inoltre si rese presto conto che la musica militaresca proveniva da quella direzione ed era accompagnata dal vocio di un pubblico esultante. Camminò ancora in quella direzione fino ad arrivare in prossimità di un immenso viale gremito di gente e costeggiato da grossi tigli. La ragazza cominciò a preoccuparsi del fatto che quelle persone potevano notare il suo strano abbigliamento, tuttavia erano troppo impegnati a gridare e a sventolare bandiere per accorgersi di lei. Ester, tuttavia, fu assalita da una tremenda paura si essere scoperta, se ciò fosse accaduto avrebbe subito delle gravi conseguenze, a cominciare dal suo abbigliamento, per i berlinesi del 1938 esso doveva essere a dir poco orribile, se poi avessero scoperto che era straniera, per lei non ci sarebbe stato più scampo. Per questo decise di arrampicarsi su uno dei tigli che costeggiavano il grande viale. Fu un’impresa ardua dato che il tronco della pianta era molto grosso. Ester, durante la scalata, si appese la macchina fotografica al collo e cinse, con le braccia e le gambe, il fusto del tiglio. Una volta al sicuro tra le fronde guardò in basso, la folla stava gridando come in delirio. La ragazza, disgustata, volse lo sguardo verso l’altra estremità del viale notando una bandiera rossa con la croce uncinata che pendeva da un balcone, Ester prese in mano la sua macchina fotografica e immortalò la bandiera come prova da presentare ai suoi amici. Alla sua destra si ergeva la Porta di Brandeburgo, il monumento si stagliava contro il cielo nuvoloso, un raggio di sole, che era riuscito a penetrare attraverso la coltre di nuvole, illuminò in pieno la Porta facendola risaltare maggiormente, Ester volle catturare questa immagine. Dietro alla Porta di Brandeburgo si estendeva a perdita d’occhio un grande viale a cui facevano corona due ali di folla. La ragazza aguzzò lo sguardo in quella direzione scorgendo qualcosa di scuro che si avvicinava dal fondo della larga strada. L’immagine indistinta in fondo al viale intanto stava prendendo forma, erano uomini in divisa nera che marciavano a tempo di musica, Ester decise che li avrebbe fotografati non appena fossero stati un po’ più vicini. Quegli uomini sembravano burattini, erano disposti a rettangolo e avanzavano facendo il passo dell’oca con una precisione straordinaria, osservandoli lateralmente si aveva l’impressione che fossero in fila indiana. Davanti al gruppo stava un uomo da solo, marciava tenendo alto su un bastone un gonfalone con uno stemma che Ester non riuscì a vedere. Dalla prima fila alcune ragazze gettavano fiori verso gli uomini che sfilavano. Mentre fotografava quello che sembrava essere un episodio di pazzia collettiva, Ester pensò che forse sarebbe riuscita a vedere dal vivo qualche gerarca del nazismo, allora sì che finalmente Andrea avrebbe riconosciuto il suo coraggio. Dietro gli uomini in divisa nera arrivò un altro gruppo vestito in grigioverde, questi erano molto più numerosi ma non ebbero l’onore di essere fotografati da Ester, la ragazza infatti sapeva che le cose più interessanti dovevano ancora venire. Mentre quel gruppo di marionette marciava osservando una precisione maniacale, Ester guardò che cosa accadeva alla base del tiglio sul quale si era rifugiata. La gente urlava come in preda a delirio ed era costretta a stare dietro le transenne che delimitavano l’ampio viale, uomini in divisa nera, con elmetto, stivali e cinturone, vigilavano tenendo il mitra sempre pronto. Ester fu invasa all’improvviso dalla dolorosa consapevolezza del modo in cui viveva quella gente e non sapeva capacitarsi come, una situazione simile poteva essersi verificata nella storia dell’umanità. Intanto, sul viale, gli uomini a piedi avevano lasciato il posto ai pezzi d’artiglieria, anch’essi, sottoposti ad un accurato ordine, marciavano due a due lungo la strada. Erano cannoni di tutte le misure, Ester fotografò i primi due poi si godette la sfilata pensando che non era una cosa da tutti viaggiare nel tempo, anche se quella situazione non era esattamente come l’antico Egitto, comunque ormai l’errore era stato fatto, bisognava rassegnarsi e approfittarne comunque. Dopo i pezzi d’artiglieria sfilarono i mezzi corazzati, Ester immortalò tre tipi di carri armati, ormai si era resa conto che quella era una sfilata per celebrare il riarmo dell’esercito tedesco. Nel frattempo si erano aperte le cataratte del cielo e cominciarono a cadere grossi goccioloni di pioggia, le persone che assistevano alla parata non se ne curarono affatto e continuarono ad esultare come prima. Ester, decisa a non farsi intimidire dal cattivo tempo, prese ancora una volta in mano la sua macchina fotografica, la sfilata dei mezzi corazzati avrebbe senza dubbio fatto impazzire i suoi amici, ma le mani bagnate di pioggia le giocarono un brutto scherzo facendole sfuggire la macchina fotografica. Lo strumento rovinò a terra in mezzo alla folla, solo due persone si accorsero del tonfo, uno dei due prese in mano la macchina osservandola con curiosità. Accidenti! Ester si affrettò a scendere dal tiglio. Fu a terra in un attimo e, per prima cosa, strappò la sua macchina fotografica dalle mani dell’uomo che l'aveva afferrata, quello la guardò sgranando gli occhi chiari mentre rivoli di pioggia gli grondavano dal cappello e dal soprabito, neri entrambi. Prima che potesse voltarsi per andarsene, Ester si sentì afferrare una spalla. Si girò di scatto trovandosi di fronte uno di quegli uomini in divisa nera armati di mitra. L’uomo guardò la ragazza dall’alto in basso con la fronte aggrottata, scorgendo subito la maglietta rosa evidenziarore e i jeans sfilacciati, le chiese qualcosa ma Ester rimase incapace di proferire parola, non conosceva una sillaba in tedesco. Non ci vide più dalla paura, pensava che da un momento all’altro quell’uomo dall’aria minacciosa l’avrebbe uccisa. Non vide altre soluzioni che la fuga immediata. Si voltò iniziando a correre a più non posso verso il luogo dove si trovava StoriaJou – 01, a questo punto la sua unica salvezza era tornare nel 3007. L’uomo in divisa nera si mise a gridare come un pazzo, poi impugnò il mitra e sparò contro la fuggitiva. Ester sentì le pallottole del fucile automatico sibilarle vicino alle orecchie, allora, in preda al terrore, aumentò l’impeto della sua corsa, le scarpe da tennis non toccavano quasi per niente l’asfalto. Quattro di quegli uomini vestiti di nero si lanciarono al suo inseguimento. Ester correva disperatamente percorrendo a ritroso la strada che aveva preso prima, cominciava a mancarle il respiro e avvertiva un dolore in mezzo al petto, ma non poteva fermarsi, se i suoi inseguitori l’avessero raggiunta l’avrebbero massacrata. Nonostante la fatica per la folle corsa, il terrore le impediva di rallentare, uno degli uomini alle sue spalle sparò, Ester chiuse gli occhi un attimo temendo di sentire le pallottole conficcarsi nel suo corpo, anche questa volta, fortunatamente, il militare sbagliò mira. La ragazza poté continuare la corsa disperata verso la macchina del tempo, la sua unica possibilità di salvezza. Dietro di lei i passi dei quattro uomini erano sempre più vicini ed erano resi maggiormente rumorosi dagli stivali che indossavano. Ester sapeva che, se non avesse ritrovato al più presto StoriaJou – 01 , i suoi inseguitori avrebbero nuovamente fatto fuoco e questa volta senza sbagliare, non poteva contare di salvarsi sperando nei loro errori. La ragazza sentiva che ormai le sue gambe avevano la consistenza della gelatina, non avrebbe resistito ancora per molto. Quando ormai sentiva di aver perso tutte le speranze, ecco apparire davanti a lei il parco in cui era atterrata la macchina del tempo, Ester serrò con forza la macchina fotografica la quale, essendo infrangibile, non aveva subito danni cadendo dal tiglio. Con il viso bagnato dalla pioggia sferzante, si lanciò nell’ultimo disperato sforzo, serrando i denti e ordinando alle sue gambe di lavorare il più possibile. Un capannello di persone si era riunito attorno a StoriaJou – 01. Alcuni berlinesi del 1938, armati di ombrello, si erano soffermati a guardare quel curioso aggeggio, chiedendosi cosa fosse.

“Largo!” gridò Ester “Via, andate via!”

I curiosi si spostarono piuttosto sorpresi alla vista di quella ragazza straniera con quegli inconsueti vestiti addosso, inseguita da quattro uomini armati. Ester aprì la porta della macchina del tempo ed entrò mentre gli uomini impugnavano le armi per spararle, la ragazza udì i colpi delle quattro mitragliatrici ma, prima che le pallottole potessero raggiungerla, aveva già richiuso la porta di StoriaJou – 01. I proiettili si schiantarono come una grandinata sui vetri infrangibili della macchina producendo scintille e caddero a terra inerti, Ester ringraziò suo padre per aver reso la macchina del tempo così resistente. Adesso non occorreva programmare lo strumento, esso nel viaggio di rientro, tornava automaticamente nel luogo e nel tempo da cui era partito. Altre pallottole colpirono la macchina mentre Ester le ordinava di riportarla a casa, un attimo più tardi la ragazza si ritrovò nel suo giardino. La prima cosa che vide furono le facce stravolte dei suoi amici, uscì dalla macchina del tempo esausta, tremante e bagnata fino alle ossa, solo un secondo prima stava rischiando la vita.

“Ester!” esclamò Andrea “Sei stata via più di un’ora, stavamo per chiedere aiuto, si può sapere che cosa hai combinato?”

La ragazza deglutì riuscendo solo a tremare.

“È incredibile” affermò Jessica toccando i capelli fradici di Ester “Questa pioggia è caduta in Egitto migliaia di anni fa!”

“Non sono stata in Egitto” dichiarò Ester con voce piatta.

Solo allora i suoi amici si resero conto di quanto era pallida e sconvolta.

“Sono stata nel 1938, a Berlino.”

Jessica ritrasse la mano disgustata mentre gli altri si guardarono tra loro attoniti.

“Ma sei pazza!” fece Cris “Avresti potuto lasciarci la pelle.”

“Come ti è venuto in mente? È stata una follia” le disse Andrea

La ragazza lo guardò sconsolata, sentì gli occhi diventarle lucidi. Pensa che io sia pazza, non coraggiosa o intelligente.

“Ho sbagliato a programmare la macchina, non sono così sprovveduta.”

“Sapete, io non ci credo, dice questo solo per dimostrarci il suo coraggio” affermò Giovanni con aria scettica.

“Se non ci credi, guarda qui.”

Ester andò davanti a lui con la sua macchina fotografica, premette un bottone e lo strumento iniziò a sviluppare e stampare le fotografie che lei aveva scattato. Le immagini uscirono una dietro l’altra sotto le facce stupite dei ragazzi.

“Allora…lo hai fatto davvero” balbettò Jessica guardando le fotografie.

I ragazzi si fecero accompagnare in casa e raccontare tutto, Ester confessò loro di avere veramente rischiato la vita.

“Io non metterò mai piede su una macchina del tempo” dichiarò Jessica con un viso talmente pallido ma mettere paura “Non ditemi mai più di partecipare ad una delle vostre dimostrazioni, se Ester fosse rimasta uccisa? Siete tutti dei folli!”

La ragazza non diede a nessuno la possibilità di replicare, pronunciato questo discorso uscì dalla casa di Ester sbattendo il portone, Giovanni si alzò all'istante per seguirla.

“Ha ragione” affermò Alessio “Non devi correre rischi simili solo per dimostrarci che hai coraggio.”

“Non l’ho fatto per dimostrare qualcosa” ribatté Ester “Ho solo pensato che viaggiare nel tempo è straordinario, significa sfidare le barriere della storia, nessuno, tranne mio padre, lo ha mai fatto, certo non pensavo di finire nel regime nazista, è stato uno stupido errore, se avessi saputo farlo avrei fermato la macchina prima di partire, non avete visto che cercavo di comunicarvelo?”

Andrea, mi dispiace, ma se non vorrai più vedermi stavolta comprendo.

“Sì, bussavi al vetro gridando qualcosa” disse Alessio “Ma non abbiamo sentito niente.”

“Ci hai fatto stare in ansia per tutto il tempo” affermò Cris.

“Il vostro terrore non eguaglierà mai il mio” disse Ester “Voi non sapete cosa vuol dire essere inseguiti da quattro uomini che vogliono ucciderti, sentire i loro passi dietro di te sempre più vicini, sentirli sparare e avere la sensazione che, da un momento all’altro, le loro pallottole possano trafiggerti. Mi sono salvata grazie alla mia corsa disperata e al fatto che loro, per due volte, hanno sbagliato mira e, se StoriaJou – 01 non fosse stata infrangibile, mi avrebbero ammazzato un attimo prima di tornare, avevo moltissime possibilità di non uscirne viva.”

Quella sera, fu certa che i suoi amici ormai la considerassero completamente fuori di testa, nascose le fotografie dietro la testata del letto, sospirando. Sapeva che per diverso tempo non avrebbe più avuto il coraggio di guardare quelle immagini, lei stessa si considerava una pazza e giurò a se stessa che mai più avrebbe corso un pericolo simile. Stavolta avrebbe dovuto impegnarsi superando se stessa per riappacificarsi con il gruppo.

 

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Capitolo 9
*** Mondi paralleli ***


I genitori di Ester furono impegnati per diverso tempo in trasmissioni e conferenze stampe. Damiano appariva su tutti i giornali, sul proiettore tridimensionale e veniva menzionato continuamente alla radio. Con lui era divenuto famoso anche il Centro di Ricerca Koller, anzi, a volte era definito persino come il miglior centro per la ricerca scientifica del mondo. Ester e Cris spesso seguivano i genitori perché avevano la possibilità di incontrare personaggi famosi, sovente si trattava di membri del governo. Si parlava sempre del viaggio che Damiano aveva compiuto in Egitto e mai di quello che aveva intrapreso sua figlia nella Berlino del 1938. Quella, sebbene fosse stata la spedizione più pericolosa, era destinata a restare nell’ombra. Ester non avrebbe mai dimenticato i colpi sparati dai nazisti alle sue spalle e pensava che forse un giorno, in futuro, avrebbe reso pubblica la sua esperienza, come prova aveva le fotografie che aveva scattato. I due ragazzi stettero diverse settimane senza vedere gli amici, comunque Ester stavolta non avrebbe saputo cosa dire loro, era rimasta con la convinzione che essi la considerassero del tutto folle e che non volevano rischiare la vita per dare retta ad una povera pazza, a volte pensava che non li avrebbe

visti più. Li rivide, invece, tutti tranne Jessica.

“Neanche io ho più visto Jessica, non si fa viva neanche con Giovanni, e poi lui lo sai non è il tipo che si confida tanto, soprattutto con me” affermò Andrea un giorno mentre pendeva una granita al limone con Ester al loro bar preferito “Credo che si sia spaventata a morte.

“No, niente di tutto questo” rispose Ester che non poteva fare a meno del gusto lampone per la granita “Penso che non voglia più avere a che fare con una pazza che rischia di morire.”

“Io invece ti considero audace” dichiarò Andrea “Non avrei avuto il coraggio di fare ciò che hai fatto tu.”

Ester sorrise, sentì le guance scaldarsi nonostante la bevanda ghiacciata, aveva una voglia matta di afferrare le mani di Andrea, di baciarlo, abbracciarlo, ma qualcosa la tratteneva sempre. Hai paura di un rifiuto, Ester? O pensi che una ragazza che prende l'iniziativa non sia ben vista dai ragazzi... forse temi di non aver dimostrato abbastanza nei confronti Andrea, non ti basta mai, non è così?

Tuttavia ad Ester e ai suoi amici non venne più in mente di osservare il funzionamento di altre macchine, ne avevano avuto abbastanza, adesso si accontentavano di essere tornati alla vecchia vita. Lei, Andrea e Giovanni incontrarono Jessica dopo diverse settimane, passeggiava insieme a due ragazze, anche loro erano compagne di classe di Ester ed Andrea. Jessica e le altre due passarono davanti ai tre ragazzi senza neanche salutarli, Giovanni questa volta però non riuscì a fare finta di niente, la prese per una mano scostandola dagli altri per parlarle in privato. Gli altri, comprese le altre due ragazze che erano in compagnia di Jessica, decisero che ara meglio lasciarli soli incamminandosi ognuno per la sua strada. Il tempo sembrava essere tornato indietro per tutti, ai tempi precedenti la festa del diploma Ester era tornata alle sue uscite quasi solo con Andrea o da sola, anche se in entrambi i casi non succedeva mai niente di interessante e le giornate si trascinavano così una dietro l'altra. Cris invitava qualche volta Alessio con cui si incollava ai suoi videogiochi, a volte era lui a recarsi a casa dell'amico, in ogni modo i due ragazzi, grazie alle imprese del padre, erano diventati famosi in tutta la città, ogni volta che uscivano venivano fermati per la strada. Ester rifletté molto sul suo viaggio nel tempo concludendo che, anche se non era presente nel mondo in quel momento, il 1938 esisteva ancora, continuava a vivere molto lontano da lì, ma c’era. Lo stesso discorso valeva anche per l’antico Egitto e per tutte le altre epoche passate, erano come mondi paralleli che continuavano a vivere da qualche parte e StoriaJou – 01 riusciva a raggiungerli. Pensò che suo padre fosse stato un genio per avere avuto un’intuizione del genere. Quando tutto sembrava essere tornato alla normalità, Ester ricevette una notizia eclatante. Una sera Damiano, tornato dal lavoro, riferì che un uomo aveva chiesto di parlare con lui. Si trattava di un certo Simone Hausmann, questi aveva lontane origini tedesche e asseriva che un suo antenato, vissuto due secoli prima, aveva visto a Berlino un oggetto identico a StoriaJou – 01.

“Per confermare ciò che ha detto mi ha mostrato un disegno eseguito da questo suo antenato” disse Damiano mentre stavano seduti al tavolo della cena “E vi assicuro che corrispondeva!”

“E’ stato uno stupido scherzo” affermò Enrichetta “Quell’uomo avrà disegnato StoriaJou – 01 su un pezzo di carta vecchia e poi ha inventato questa storia.”

Ester però non era della stessa opinione, sapeva che chi aveva fatto quel disegno faceva parte del capannello di persone che si erano fermate intorno alla macchina del tempo il giorno in cui lei aveva intrapreso il viaggio, ne era sicura.

“Papà, vorrei incontrare quest’uomo.”

“Non ne vedo il motivo, Ester.”

“Desidero capire che cosa lo ha spinto a raccontare questa storia.”

“Probabilmente voleva diventare famoso” scherzò Damiano.

Non era questa la verità, ma ovviamente Ester non poteva dire ai suoi genitori che aveva usato StoriaJou – 01.

“Quell’uomo ha visto la macchina del tempo” disse Ester al fratello durante la notte, visto che entrambi non riuscivano a prendere sonno.

“Magari ci assomiglia soltanto, non è StoriaJou – 01 ” ipotizzò Cris “Dovresti vedere quel disegno.”

“È per questo che ho deciso di incontrare quell’uomo” affermò Ester.

La decisione era presa, Ester si fece dare da Argon l’indirizzo del signor Hausmann consultando l’elenco degli abbonati al telefono e alle linee internet. Non disse nulla ai suoi amici, aveva ragionato molto sulla questione e questa volta non aveva intenzione di fare la parte della squilibrata. Partì il pomeriggio seguente con il suo motorino diretta a casa del signor Hausmann, i suoi genitori erano assenti quindi non dovette raccontar loro scuse. Voleva assolutamente capire se le sue supposizioni erano fondate. Attraversò quasi tutto il paese arrancando con le ruote di gomma sulla strada magnetica, quando giunse nei pressi del quartiere dove viveva Hausmann cominciò a contare i numeri civici. La sua meta era una villetta in mattoni gialli con un piccolo giardino nel quale le piante non venivano potate da tempo e l’erba era disgustosamente alta. L’entrata era costituita da un piccolo cancello di ferro verniciato di nero, Ester si avvicinò fermandosi davanti alla telecamera del computer centrale di Hausmann.

“Sono Ester Lanfranchi, vorrei parlare con il signor Hausmann.”

Pochi secondi più tardi, dopo che il computer ebbe avvertito il padrone di casa della visita, la serratura elettrica del cancello scattò, Ester lo spinse e attraversò il giardino usando uno stradello costituito da quadrati di cemento, dallo spazio che c’era tra essi spuntavano erbacce. Il portone della casa si aprì ed apparve un uomo sulla cinquantina con i capelli brizzolati ed una camicia a quadri, i pantaloni chiari erano assicurati con una cintura che l’uomo teneva allacciata sotto la pancia sporgente.

“Sei la figlia di Damiano Lanfranchi?” chiese Hausmann alla ragazza.

“Esatto, vorrei parlare con lei di quel disegno che ha mostrato a mio padre” dicendo questo Ester si avvicinò ancora.

Non appena riuscì a vederla bene in faccia, l’uomo sgranò gli occhi scuri in un’espressione di sorpresa, esclamando: “Ma tu sei lei!”

“Non capisco” fece Ester esitando.

“Non posso crederci…se non sei lei le assomigli parecchio” l’uomo si posò una mano sulla fronte.

“Io sono venuta qui solo per vedere quel disegno” affermò Ester rinunciando a capire le parole di Hausmann.

L’uomo la fece entrare in casa continuando a guardarla con una strana espressione, sembrava che la stesse studiando. La guidò in salotto ma non la fece neanche sedere, si limitò a raccogliere due fogli ingialliti con sopra dei disegni a matita e a posarli su un tavolo rotondo, uno sopra l’altro. Ester si avvicinò ai fogli notando che il primo era un perfetto ritratto di StoriaJou – 01.

“Questo oggetto fu visto da un mio antenato a Berlino, due secoli fa” spiegò Hausmann.

“Sa dirmi l’anno esatto?” chiese Ester senza staccare gli occhi dal foglio.

“Sì, 1938.”

Ester sentì un tuffo al cuore, per poco non le scappò un grido, dunque era vero, non solo aveva intrapreso un viaggio nel tempo ma il suo gesto aveva anche lasciato una traccia nella storia. Era poco probabile che fosse stato uno scherzo architettato da Hausmann dal momento che l’anno coincideva.

“Non fu mai scoperto cosa fosse quell’oggetto e il governo tedesco mise tutto a tacere, ma quando ho visto la macchina costruita da tuo padre…sai dirmi come è potuto accadere?”

“Non lo so, dubito che mio padre abbia visto questo disegno, forse il fatto che l’oggetto ritratto e l’invenzione di mio padre sono identici è del tutto casuale” Ester disse queste parole pur sapendo che la verità era diversa. La ragazza sollevò il disegno dal tavolo, come per osservarlo meglio e quello che scoprì fu ancora più sconcertante.

“Accidenti!” esclamò quando vide il disegno sul secondo foglio.

“La ragazza lì raffigurata salì su quell’oggetto e scomparve con esso nel nulla” affermò Hausmann.

Ester stava guardando il ritratto di se stessa, non c’erano dubbi, quella era lei. Non credeva ai propri occhi, tutta la faccenda era spaventosa e straordinaria al tempo stesso.

“Ehi, aspetta un momento” disse all’improvviso Hausmann “Ho capito tutto, per caso hai usato anche tu la macchina del tempo?”

Ester si sentì morire, guardò l’uomo negli occhi, la sua faccia era diventata di un pallore impressionante e un tremito le scuoteva tutto il corpo.

“Allora?” incalzò Hausmann.

“Probabilmente mi assomiglia soltanto, non sono io, quella macchina ha fatto un solo viaggio ed è andata in Egitto” detto questo uscì quasi correndo dalla casa di Hausmann e inforcò il suo motorino. Adesso i sensi di colpa la dilaniavano, era stata veramente stupida a voler conoscere quell’uomo, il ragionamento che aveva fatto lui avrebbe potuto farlo chiunque, era semplicissimo: un uomo riesce ad inventare una macchina del tempo, quella stessa macchina e la figlia dell’inventore vengono visti in un’altra epoca, conclusione: la ragazza ha usato la macchina. Non poteva essere altrimenti. Per giorni Ester visse con il terrore che Simone Hausmann comunicasse a suo padre ciò che aveva scoperto. Doveva fare degli sforzi enormi per nascondere ai suoi genitori a agli amici l’angoscia che la tormentava, a volte, quando pensava al suo incontro con Hausmann, e al fatto che egli aveva capito tutto, le mancava il respiro. Ben presto queste preoccupazioni furono affiancate da altre: se il suo viaggio nel tempo aveva lasciato un’impronta nella storia, lo stesso aveva fatto quello di suo padre. Sarebbe stato così per ogni viaggio nel passato, possibile che suo padre non ci avesse pensato? La storia era in realtà molto fallace, si poteva modificare in ogni momento il suo corso, se poi nel mondo ci fossero state più macchine del tempo contemporaneamente sarebbe scoppiato il caos, la storia avrebbe cambiato corso continuamente e ogni persona si sarebbe ritrovata a vivere più vite parallele. Ad Ester veniva in mente Hausmann, avendo intrapreso il viaggio a Berlino nel 1938 anche la vita dell’uomo era cambiata, se StoriaJou – 01 non fosse stata inventata i disegni dell’antenato di Hausmann non sarebbero mai esistiti. Allora che fine aveva fatto il vecchio Hausmann, quello che esisteva prima che Ester fosse vista da un suo lontano parente a Berlino? La ragazza capì che quell’uomo continuava ad esistere in un’altra dimensione e che, all’assurdo, poteva anche essere recuperato, bastava che lei, tornando nel passato, riuscisse a fermare se stessa prima di partire per la Berlino di due secoli prima, ma a quel punto che fine avrebbe fatto la Ester che aveva fatto il viaggio nel tempo? A volte pensava che se avesse continuato a pensare a queste cose sarebbe impazzita. Cercava di distrarsi uscendo con i suoi amici e tentando di apparire normale, ma la sera, quando si ritrovava sola, tutti gli incubi riaffioravano. Si mise a studiare attentamente la storia dell’antico Egitto, in particolare l’epoca in cui si era recato suo padre per vedere se riusciva a dare conferma alle sue teorie, non riuscì a trovare nulla che parlasse di uno strano oggetto avvistato in Egitto durante il regno del faraone Sesostri I. Ester si tranquillizzò, pensò che forse suo padre, essendo a conoscenza dei rischi che comportava l’uso di una macchina del tempo, avesse cercato di influire il meno possibile sul corso della storia. Adesso riusciva ad accettare di parlare con i suoi amici del suo viaggio nel tempo, riuscì a guardare di nuovo le fotografie che aveva scattato pur sapendo che c’era tuttora una Ester che nel 1938, a Berlino, era inseguita da quattro uomini armati di mitra.

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Capitolo 10
*** Quel giorno io ero presente ***


 

Ester finalmente riuscì a concentrasi un po' sullo studio per i test di ammissione all'università, era ormai la metà di agosto e lei era riuscita a fare ben poche cose. Certo, a volte si trovava a fantasticare, i suoi esaminatori si sarebbero stupiti non poco se avessero appeso del suo viaggio nel tempo, sorrise immaginandosi la scena. Jessica non si era più vista nemmeno dopo che Giovanni le aveva parlato, a dire la verità anche lui non era più visto, Andrea le aveva spiegato che, nonostante l'azienda di riparazioni dei supercomputer dove lavorava, fosse in ferie, lui si era portato una gran mole di lavoro a casa e non usciva mai dalla sua stanza. Spero non sia andato troppo in crisi per fatto di Jessica, anche questo, nel caso, sarebbe colpa mia!

“È sempre stata una ragazza strana” affermò un giorno Andrea, riferendosi a Jessica, mentre era a casa di Ester per studiare con lei.

“Già, incredibile che abbia rinunciato a Giovanni e a tutti noi” disse Ester, dentro di se si sentiva terribilmente in colpa ma si sforzava di non darlo a vedere. Andrea sopirò senza rispondere.

“Siamo tornati alla vecchia vita” osservò Ester cercando di spostare il discorso“Noi a studiare e a passeggiare per le strade, Cris a friggersi il cervello davanti ai videogiochi in compagnia di Alessio.”

“Francamente io non mi lamento di questa estate” disse Andrea “Almeno possiamo affermare di non esserci annoiati.”

“E io posso affermare di aver rischiato la pelle” rispose Ester notando che il suo intento di far sorridere il suo amico le era riuscito.

La ragazza poteva ritenersi felice per un sacco di cose, era orgogliosa per la fama di suo padre, era soddisfatta per le avventure che aveva vissuto insieme ai suoi amici ed era contenta di essere tornata finalmente alla sua vita dopo tutta quell’odissea, cos’altro posso desiderare? Una piccola cosa soltanto, per sentirmi completa...

“Dove si trova adesso StoriaJou – 01?” domandò Andrea prima di tornare a casa e strappandola dai suoi pensieri.

“Al Centro di Ricerca Koller, perché?” volle sapere Ester.

“Oh, niente…” fece Andrea aggrottando un attimo la fronte e poi sorridendo “Così stai lontana dalle tentazioni!”

“Non userei quella macchina nemmeno se l’avessi sotto il letto” affermò Ester “Il primo viaggio che ho fatto mi è bastato.”

Il suo amico le era sembrato un po' pensieroso, tuttavia aveva attribuito a questo la sua preoccupazione nei confronti di Giovanni.

Al Centro di Ricerca Koller stavano proseguendo i lavori per costruire la pista per Freccia Solare, la macchina che avrebbe dovuto superare la velocità della luce, ogni sera, quando i loro genitori tornavano dal lavoro, Ester e Cris chiedevano informazioni su come procedeva la creazione della pista. La ragazza ogni giorno studiava in compagnia di Andrea e un fatto la colpì, il ragazzo, quasi sempre, le faceva presente che Giovanni doveva stare dietro a una grossa mole di lavoro da settimane ormai usciva dalla sua stanza solo per mangiare a, a volte, nemmeno quello. Ester gli offrì il suo aiuto, magari aveva solo bisogno di parlare con qualcuno, almeno per il fatto di Jessica ma Andrea rispose con una strana frase: “No, mio fratello ha sempre un’idea ben precisa su come gestire le sue cose personale, più è di cattivo umore maggiore è il suo isolamento, bisogna sempre attendere che gli passi.”

Ester, tuttavia, aveva intuito che Andrea voleva qualcosa, ma non riusciva a capire cosa, il suo amico si comportava come se lei fosse stata la sola ad avere la soluzione per quel problema. Ogni giorno era la stessa storia, fino a quando la ragazza gli chiese cosa volesse esattamente, Andrea non rispose come se non avesse avuto il coraggio di esprimersi. Ester cercò per un po’ di capirlo, tuttavia aveva altre cose per la testa, prima di tutto doveva cercare di studiare seriamente. Comunque la situazione si faceva sempre più imbarazzante, Andrea la seguiva ovunque andasse e la tartassava di domande sul Centro di Ricerca Koller.

“Possiamo entrare nel Centro?” chiese un giorno mentre erano seduti su una panchina in un parco.

“Certamente, non hai che da chiederlo a mio padre” Affermò Ester “I miei amici sono sempre i benvenuti.”

“Io intendevo…entrare di nascosto, quando non c’è nessuno” fece Andrea timoroso.

Ester rise dicendo: “Ma scherzi? Peter non farebbe entrare nessuno, il supercomputer è sempre informato su ciò che accade nell’edificio, e poi perché dovremmo farlo dal momento che ci lasciano entrare liberamente?”

Tra i due ragazzi calò il silenzio. Ester si mise a pensare ascoltando il cinguettio degli uccelli, si chiedeva da dove venisse lo strano comportamento di Andrea, forse non era solo preoccupato per suo fratello, effettivamente questa richiesta che le aveva fatto era un po' inconsueta inoltre l'isolamento di Giovanni non accennava a diminuire, ormai era quasi un mese che lui non lo vedeva e che non usciva, per questo chiede al suo amico se stesse bene.

“Te l’ho detto, deve lavorare .”

“Ma non ha più neanche cinque minuti per uscire con noi?”

“No, sta lavorando intensamente.”

“Domani vengo da voi, così magari facciamo due parole, forse un po di svago gli farà bene” si offrì Ester.

“No, non credo che sia il caso” fece Andrea quasi sobbalzando.

Il ragazzo aveva una strana espressione sul viso, sembrava intimorito da qualcosa. Per il resto di quel giorno Ester pensò che doveva assolutamente risolvere quel mistero, tanto per cominciare il mattino seguente decise di recarsi da Andrea comunque, doveva capire come mai non voleva che lei incontrasse Giovanni. Forse il fratello del suo amico non voleva accettare il suo aiuto solo perché era molto orgoglioso, ma sembrava che sotto ci fosse dell’altro. Alle nove del mattino era già davanti al cancello della casa di Andrea, nonostante la sera precedente fossero stati entrambi di turno al Gigawatt, il ragazzo era seduto sugli scalini che conducevano al portone di casa, stava leggendo un libro digitale su un computer portatile.

“Ciao, Andrea!” gridò allegramente Ester alzandosi in punta di piedi.

“Rex, apri il cancello” disse Andrea, poi posò il computer portatile su uno scalino e venne incontro alla ragazza attraversando il giardino.

“Cosa ci fai qui?” chiese il ragazzo alla sua amica.

“Come sarebbe?” domandò Ester stupita da quel tono “Non posso venirti a trovare?”

Andrea la fece entrare in casa senza dire una parola.

“Beh, come va?” disse Ester per rompere il silenzio imbarazzante.

“Come vuoi che vada?” Andrea continuava ad essere piuttosto ostile nei suoi confronti, tuttavia lei riusciva a comprendere che non esisteva niente di personale.

“Come se la sta passando Giovanni?” continuò Ester decidendo di essere franca: “Io non vorrei che stia troppo male per causa di Jessica, me ne sento in qualche modo responsabile.”

“E’ in camera sua che sta lavorando” rispose Andrea “Credo che sia ancora in alto mare.”

“Vado a vedere cosa sta combinando” affermò Ester sforzandosi di essere allegra avviandosi verso la stanza di Giovanni.

“No, ferma!” le gridò dietro Andrea “Detesta essere disturbato.”

“Solo un secondo, magari ha sul serio bisogno di una pausa.”

Andrea cercò di fermarla ma lei continuò imperterrita, bussò alla porta di Giovanni.

“Avanti!” gridò il ragazzo infastidito “Andrea, ti avevo detto di lasciarmi in pace, però”

Giovanni ammutolì di colpo quando apprese che non si trattava di suo fratello.

“Ester…?” fece Giovanni sorpreso e con gli occhi sgranati, subito dopo si affrettò ad ordinare a Rex di spegnere il suo schermo.

La ragazza fece appena in tempo a vedere una piantina del Centro di Ricerca Koller sullo schermo del computer centrale, prima che questo si abbuiasse.

“Sono passata per vedere come te la passi” disse la ragazza “È diverso tempo che non esci, se è per causa di Jessica io...”

“Vattene!” la interruppe Giovanni improvvisamente “Esci subito di qui!”

Ester sobbalzò sgranando gli occhi, poi ribatté: “No, io non me ne vado fino a quando non mi dirai che diavolo stai combinando, a cosa ti serve una mappa del Centro di Ricerca Koller? Lo riferirò a papà, non ha senso entrare nel Centro di soppiatto quando lui ci ha accordato la sua piena disponibilità.”

Nessuno dei due ragazzi la degnò di una risposta, Ester non capiva il motivo di tutti questi sotterfugi, rivolse in direzione di Andrea uno sguardo quasi disperato.

“Perché non mi spiegate che cosa volete?” chiese ora più calma.

“Noi non vogliamo niente” le rispose Giovanni evidentemente nervoso.

“Allora fammi vedere cosa sono quei fogli che hai sulla scrivania” disse Ester, ormai era determinata a vederci chiaro.

“Non sono affari che ti riguardano” ribatté il ragazzo.

Ester uscì sospirando sconsolata in strada, adesso era davvero troppo. Prese il suo motorino e si mise a guidarlo a tutta velocità verso casa sua, aveva deciso che stavolta avrebbe dovuto assolutamente parlare con suo padre senza esitare. Il vento le feriva gli occhi ma non le importava, non sentiva niente. Improvvisamente un veloce e silenzioso motorino a levitazione magnetica la raggiunse e la affiancò, era Andrea.

“Ester, accosta!” le gridò il ragazzo.

“Niente affatto” rispose lei senza rallentare “Dirò a mio padre che avete intenzione di entrare di nascosto nel Centro di Ricerca, non capisco tutta questa ostilità nei mie confronti, io capisco che Giovanni ce l'ha con me per il fatto di Jessica, ma ero venuta appunto per cercare di chiarire.”

“Ha intenzione di farlo Giovanni, di entrare di nascosto” precisò Andrea “Ti prego, ho qui i documenti che mio fratello aveva sulla scrivania.”

Convinta, Ester accostò, il suo amico si fermò davanti a lei aprendo il portapacchi del suo motorino ed estraendone alcuni fogli. Ester prese gli stampati rabbonita.

“Dannazione!” esclamò la ragazza non appena ebbe cominciato a leggere “Ma queste pagine illustrano il funzionamento di StoriaJou – 01, sai dirmi come Giovanni ha potuto procurarsele.”

“Le ha scaricate da internet” confessò Andrea.

“Ma non è possibile” fece Ester “Queste informazioni sono protette da una password.”

“Evidentemente mio fratello è riuscito a trovarla.”

Ester continuava a rigirarsi i fogli tra le mani con la fronte aggrottata: “Pazzo” mormorò poi “Tuo fratello è un pazzo!”

Andrea a questo punto decise che non rimaneva altro da fare che confessare il vero motivo che aveva spinto Giovanni a programmane una tale azione. Era una richiesta di Jessica la quale, essendosi iscritta alla facoltà di archeologia, voleva stupire i suoi esaminatori ai test d'ammissione parlando dell'attentato di Sarajevo, del 1914, un un modo molto particolare. Il suo desiderio era quello di impostare la ricerca come se fosse stata una giornalista dell'epoca che riferisce il fatto avendolo visto dal vivo. Se Giovanni avesse accetto di aiutarla su questo, lei avrebbe perdonato tutti e si sarebbero rimessi insieme. Detto questo, Andrea abbassò lo sguardo tacendo imbarazzato.

“Andrea, mi meraviglio di te, ti ribadisco che tuo fratello è un pazzo e Jessica lo è più di lui, io capisco che lui ne sia innamorato ma capisci anche tu che questo non è il sistema corretto, non si usa certo una macchina del tempo per motivi di studio e per fare bella figura ad un esame” detto questo Ester si fece prendere dalla rabbia scaraventando i fogli per terra, la cosa che l'aveva ferita maggiormente era stato il comportamento che Andrea aveva avuto verso di lei.

“Tu non hai idea di cosa può provocare l’uso di quella macchina” dichiarò Ester ora più calma “Anche il viaggio che ho fatto io ha modificato un poco la storia.”

Ester avrebbe voluto raccontare l’intera storia al suo amico ma l’arrivo di Giovanni la interruppe.

“Come ti sei permesso di rubare le mie cose?” esclamò Giovanni verso il fratello saltando giù dalla macchina a magneti.

“Giovanni, devi ascoltarmi, anzi, dovere farlo entrambi” intervenne Ester “usare una macchina del tempo è pericoloso, lascia che ti riferisca quello che è successo in seguito al mio viaggio a Berlino fatto per errore.”

Ester raccontò loro tutta la storia, partendo dal giorno in cui Hausmann si presentò da suo padre mostrando il disegno di StoriaJou – 01. Dichiarò anche che, molto probabilmente, pure il viaggio di suo padre in Egitto aveva modificato la storia nonostante lei non avesse trovato riscontri di ciò.

“Non ci credo” esclamò Giovanni riprendendosi i suoi fogli “Sono sicuro che ti sei inventata tutto, userò la macchina stanotte stessa.”

“Giovanni, devi ascoltami” lo implorò Ester “Quello che ti ho detto è la pura verità.”

Il ragazzo, senza proferire parola, prese la macchina e tornò indietro.

“Non cambierà idea” disse tristemente Andrea “Sta soffrendo tantissimo per la faccenda di Jessica e so che sarebbe disposto a tutto.”

“È terribile, non può farlo, se questa notte tuo fratello usa quella macchina domattina le nostre vite potrebbero essere del tutto diverse.”

“Dobbiamo fermarlo” fece Andrea “A tutti i costi, la storia che hai raccontato è spaventosa.”

“Tu sai a che ora ha intenzione di farlo?”

“Verso le due di mattina, credo, suppongo che ci sarà anche Jessica, alla fine è lei che desidera le informazioni”

“Bene, ci saremo anche noi, in fin dei conti se siamo arrivati a questo io ho la mia parte di responsabilità” concluse Ester.

La ragazza passò tutta la sera a rimuginare, aveva preso appuntamento con Andrea all’una dal mattino davanti a casa sua, si sarebbero incontrati in strada e poi si sarebbero recati al Centro di Ricerca Koller per fermare la pazzia di Giovanni e Jessica. Ester non aveva idea di come avessero intenzione di fare per illudere il supercomputer, comunque un modo lo doveva aver trovato Giovanni studiando la mappa del Centro. Si chiedeva se Giovanni, ragionando, avrebbe capito che la sua storia era vera magari convincendo anche Jessica, non aveva voglia di svegliarsi l’indomani ed apprendere che il mondo non era più lo stesso perché lei prima, Jessica poi, avevano voluto abusare di una macchina del tempo. Lei ed Andrea dovevano fermarli assolutamente. Molto probabilmente quei due non avrebbero mai compreso il rischio e se anche Giovanni lo avesse fatto, era sicura che per riconquistare Jessica era disposto a rischiare comunque. Le ore non passavano mai, Ester guardava l’orologio digitale che aveva sul comodino pregando che Giovanni e Jessica non anticipassero la missione. Improvvisamente un’ansia immensa l’assalì, prese tutti i suoi dischetti di storia per il supercomputer e li sparse sul letto, si mise ad osservarli fissamente, se quei due avesse usato StoriaJou – 01 in quel momento li avrebbe visti modificarsi o scomparire sotto i suoi occhi. Tuttavia dopo un po’ si tranquillizzò, se Andrea si fosse accorto che suo fratello anticipava la spedizione l’avrebbe chiamata immediatamente. Quando mancavano cinque minuti all’ora prestabilita, Ester uscì di soppiatto da casa, neppure Cris sapeva nulla di tutta la faccenda. Andò in strada senza prendere il suo motorino, non c’era un minuto da perdere, sarebbe salita su quello velocissimo di Andrea, la macchina purtroppo l'avrebbe presa Giovanni e lei non si fidava a toccare quella di sua madre, stavolta sarebbe stato un vero disastro se fosse venuto tutto a galla. Ester puntò lo sguardo sulla strada magnetica nel punto dal quale sarebbe dovuto giungere il suo amico, la via, illuminata da lampioni che mandavano una luce bianca, era completamente deserta. In fondo alla strada di calamita spuntò un faro, si avvicinò velocissimo e silenzioso, poi rallentò per fermarsi in prossimità di Ester.

“Salta su” furono le uniche parole che Andrea disse alla sua amica.

Ester aveva viaggiato pochissime volte a bordo di un motorino a magneti, l’unica cosa che si sentiva era il vento, nessun rumore, nessuna scossa. I due ragazzi giunsero al Centro di Ricerca Koller dopo pochissimo tempo.

“Peter, apri il cancello e facci entrare” disse Ester “Ci sono degli intrusi nell'edificio.”

“Impossibile” fece il computer con la sua voce vuota e piatta “Li avrei individuati.”

Ester guardò Andrea, un dubbio si insinuò nella sua mente, forse Jessica e Giovanni avevano rinunciato.

“La macchina di mio padre parcheggiata laggiù” Andrea smentì subito i pensieri dell'amica indicando il mezzo.

Ester sospirò poi disse al computer: “Avanti, Peter, dobbiamo andare a fermarli.”

“Presenza estranea confermata” affermò il computer aprendo loro il cancello.

I due amici attraversarono il cortile, lo schermo ad ologrammi era spento da mezzanotte per questo il piazzale sembrava così spoglio. Il supercomputer fece trovare loro il portone a vetri aperto, una volta all’interno, Ester guidò Andrea con sicurezza verso il locale in cui si trovava StoriaJou – 01. La ragazza fece irruzione nella stanza gridando: “Fermi lì, tutti e due.”

Giovanni si voltò guardando Ester e suo fratello, poi disse: “Non riuscirete a fermarci, ho già programmato la macchina.”

Jessica era rimasta in silenzio e impassibile, ma le sue guance si erano colorate di un evidente rossore. Era forse la prima volta che qualcuno la vedeva con una tenuta sportiva, indossava dei pantaloni da tuta blu scuro, scarpe da ginnastica e una maglietta bianca semplicissima, si era raccolta i capelli biondi in una coda di cavallo.

Riesce ad essere attraente persino vestita così!

“Come diavolo avete fatto ad entrare?” chiese Ester con la fronte aggrottata.

“Peter non ha potere sull’ultimo piano dell’edificio” spiegò Giovanni con l’aria di chi la sa lunga “ Avevo studiato bene la mappa, ci siamo arrampicati su una grondaia e poi abbiamo scavalcato una finestra dell’ultimo piano, il vostro supercomputer non si è accorto di niente.”

“E come avete superato la recinzione esterna?” domandò ancora Ester, le sembrava impossibile che Peter potesse commettere degli errori.

“Ho messo fuori uso una delle telecamere esterne tirandole un sasso con la fionda” ammise Jessica “Poi abbiamo scavalcato la ringhiera in quel punto, ho una buona mira, ma di solito mi vergogno di ammettere di saper fare queste cose... poco femminili.”

Giovanni la guardò sorridendo.

Ester era rimasta senza parole, dunque le misure di sicurezza del Centro di Ricerca Koller non erano inespugnabili, per raggirarle bastava procurarsi una mappa dell’edificio e studiarla attentamente, fino a quel momento neanche lei era stata al corrente del fatto che l’ultimo piano non era sotto il controllo di Peter. Intanto Giovanni, dopo aver dato un’ultima occhiata alle istruzioni di StoriaJou – 01, aveva aperto lo sportello di vetro della macchina e stava per entrare seguito da Jessica la quale non aveva avuto più il coraggio di guardare in faccia Ester e Andrea.

“Peter, non permettere che la macchina parta!” esclamò Ester.

“Non posso, in questo momento StoriaJou – 01 non è sotto il mio controllo, i collegamenti non sono stati ancora riallacciati, posso avvertire tuo padre affinché venga qua.”

Ester pensò a quali conseguenze sarebbe andata incontro se suo padre l’avesse trovata lì, così ordinò al computer: “D'accordo lascia stare, risolverò la situazione da sola.”

Detto questo la ragazza afferrò Andrea per la maglietta e lo trascinò con sé sulla macchina del tempo prima che gli altri due potessero richiudere la porta.

“Ma sei impazzita per caso?” la apostrofò Giovanni.

“Veniamo con voi, in questo modo vi impediremo di fare delle sciocchezze che possono modificare la storia, dobbiamo passare totalmente inosservati.”

Giovanni cominciò a programmare la macchina. Nazione numero ventisette: Bosnia, confermato; Città: Sarajevo, confermato; Anno: 1914, confermato; Giorno: 28 giugno, confermato. Ester guardava imbambolata il ragazzo, invidiava la sicurezza che dimostrava programmando StoriaJou – 01, quella sicurezza che lei non aveva avuto, in lui non c’era ombra di paura, quella paura che aveva fatto sbagliare lei. E invidiava Jessica, automaticamente si chiese se Andrea fosse mai stato disposto a fare per lei qualcosa del genere. Andrea stava letteralmente tremando, nel momento preciso in cui Ester lo guardò l’ambiente intorno a loro cambiò improvvisamente, la notte lasciò sazio al pieno giorno, il Centro di Ricerca Koller scomparve, il suo posto fu preso da un pavimento di tegole sovrastato da un cielo azzurro.

“Ehi, siamo atterrati sul tetto di un palazzo” commentò Jessica

“Voi siete completamente folli” disse Ester, solo adesso si rendeva conto che il viaggio nel tempo era avvenuto. Giovanni fu il primo a scendere dalla macchina, non appena ebbe aperto la porta di vetro un frastuono li travolse, era il clamore di una folla esultante, Ester scese da StoriaJou – 01 seguita da Andrea, questi era ancora ammutolito per la sorpresa di aver fatto quel salto temporale. Jessica fu l'ultima a scendere, si guardava attorno spaesata ma non impaurita come quando Ester aveva fatto il suo viaggio. Giovanni, intanto, aveva raggiunto il margine del tetto e stava guardando in basso, subito dopo arrivarono anche tutti gli altri. Sotto al palazzo sul quale li aveva trasportati la macchina passava una via sterrata e polverosa, i tre ragazzi non avevano mai visto nulla del genere non avendo conosciuto altro che le strade magnetiche. Ai lati della via stavano due ali di folla, sembrava che aspettassero qualcosa o qualcuno.

“Pare che siamo proprio nel punto giusto” disse Giovanni “Ester, come faceva la macchina a sapere che volevamo vedere l’attentato? Voglio dire, poteva portarci benissimo in un’altra parte della città.”

In effetti Ester non ci aveva mai pensato, solo adesso le veniva in mente che era successa la stessa cosa anche quando lei era stata a Berlino, StoriaJou – 01 aveva fatto in modo che lei assistesse alla sfilata.

“Non saprei” rispose “Forse questa macchina è progettata per raggiungere gli episodi storici più significativi senza che siamo noi a specificarli.”

I quattro ragazzi si sdraiarono sul margine del tetto facendo sporgere solo la testa per guardare giù, Ester pensò che quello era veramente un posto perfetto per passare inosservati, un tetto totalmente abbandonato sul quale nessuno metteva piede da anni. A dimostrare questo erano alcune tegole accatastate vicino ad Andrea lasciate lì da quando la costruzione del palazzo era stata ultimata, e quello, a giudicare dall’aspetto, doveva essere un edificio piuttosto vecchio. Giù, nella strada sterrata, alcuni uomini in divisa nera si fecero avanti in sella a cavalli marrone scuro, dal mantello lucidissimo. Nuvole di polvere sollevate dagli zoccoli, si insinuarono tra la folla composta da uomini con abiti scuri e cappelli a tesa larga e donne strette nei busti e impicciate dalle lunghe gonne e dagli ampi cappelli.

“Ci siamo” affermò Jessica, incredibile a dirsi ma era raggiante. Sta facendo tutto questo solo per fare bella figura a un esame, è più incosciente di quello che pensavo! Ester aguzzò lo sguardo tra quella gente vissuta due secoli prima, sicuramente Gavrilo Princip, colui che avrebbe dovuto compiere l’attentato, era già tra la calca e non aspettava altro che di scorgere l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando. Se soltanto l’arciduca e sua moglie sapessero quello che li attende!

Altri uomini a cavallo precedettero una vettura a motore dell’epoca, l’esulto della folla si fece più intenso. L’automobile si avvicinava, Ester e gli altri riuscirono a scorgere i passeggeri. L’autista, dalla divisa scura, avanzava a passo d’uomo ignaro di portare l’erede al trono austriaco alla morte. L’arciduca stava impettito nella sua uniforme bianca attraversata da una fascia che recava i colori della bandiera austriaca, sulla sua testa stava un berretto decorato con piume verdi. Sua moglie sedeva accanto a lui, un mantello viola le cadeva sulle spalle coprendo il vestito candido. I ragazzi, dal tetto, non riuscirono a vedere il suo volto, era nascosto da un cappello rosa ricoperto di fiori.

“State attenti, ragazzi” disse Giovanni “Tra poco Princip estrarrà la pistola e farà fuoco, stiamo per assistere a un momento storico fondamentale.”

La tensione era al massimo, i quattro ragazzi aguzzavano lo sguardo nella speranza di scorgere l’attentatore, Ester temeva che lo avrebbero visto solo dopo la sparatoria. La vettura era proprio sotto di loro, i ragazzi si sporsero ancora dal tetto per guardare meglio, di lì a pochi secondi l’arciduca e sua moglie sarebbero morti. Nello sporgersi, Andrea urtò con una gamba la pila di tegole che erano accatastate vicino a lui facendone cadere una.

“Oh, no!” gridò Ester, la tegola sarebbe finita senza dubbio sulla folla sottostante.

Il coppo colpì un giovane su una mano, solo allora Ester e gli altri si resero conto che il braccio dell’uomo era teso e brandiva una pistola. Il giovanotto gridò di dolore lasciando cadere l’arma a terra, subito si scatenò il caos, essendosi accorti che il ragazzo aveva una pistola, alcuni uomini in divisa gli furono subito addosso e lo portarono via.

“Abbiamo colpito Princip!” esclamò Giovanni incredulo.

Jessica aveva un'espressione quasi delusa.

“Ma vi rendete conto di quello che è successo?” fece Ester fuori di sé “L’attentato di Sarajevo non avverrà mai!”

“E adesso?” fece Jessica.

“Adesso?” ripeté Ester furente “Per colpa tua la storia è stata sconvolta, sei una incosciente Jessica, e anche tu Giovanni in questo momento il 3007 potrebbe aver subito dei cambiamenti mostruosi, le macchine del tempo non sono giocattoli!”

“È stata colpa mia” affermò Andrea “Ho fatto cadere io la tegola.”

“No, la colpa è di questi due folli” Ester tremava di paura “Adesso torniamo a casa, dobbiamo assolutamente sapere se c'è stata qualche conseguenza.”

I quattro ragazzi tornarono verso StoriaJou – 01 incuranti della folla che gridava sotto di loro, nessuno disse una parola mentre Ester programmava la macchina per tornare dal posto esatto dal quale era partita. Un secondo più tardi il tetto di Sarajevo scomparve per lasciare di nuovo il posto al Centro di Ricerca Koller. Era buio, come quando erano partiti, intorno era tutto come lo avevano visto l’ultima volta, Ester si fece coraggio e uscì dalla macchina del tempo, gli altri la seguirono subito dopo.

“Petet?” chiamò Ester con la voce che tremava.

“Dimmi” fece il computer, immutato.

“Puoi controllare l’ottavo piano?” domando la ragazza in preda al terrore.

“No, come ti ho detto prima.”

La tensione era allentata, il mondo non era cambiato, ma ancora non bastava, Ester era certa che da quel momento in poi avrebbe fatto caso a ogni particolare, ogni minima sciocchezza che le potesse confermare o meno un qualche cambiamento nel modo che aveva sempre conosciuto.

“Chi ha inventato StoriaJou – 01, Peter?”

“Tuo padre, Ester, Damiano Lanfranchi” se Peter fosse stato un computer come Valery avrebbe chiesto il perché alla ragazza di tutte quelle domande stupide.

I ragazzi tirarono un sospiro di sollievo, il mondo sembrava ancora come lo avevano lasciato, comunque queste erano due piccolezze, potevano esserci stati cambiamenti più gravi. I quattro ragazzi uscirono in silenzio dal Centro di Ricerca Koller, Ester guardava tutto per vedere se riusciva a scorgere qualche mutamento. La notte era chiara e calma, non si udiva nessun rumore,la ragazza si fece accompagnare a casa da Andrea, momentaneamente non sapeva se avrebbe avuto ancora voglia di vedere Jessica in futuro. Ester entrò circospetta nel giardino di casa sua, Argon era lo stesso di sempre, Eddy era nella sua cuccia, la vecchia quercia era dove l’aveva lasciata e la luna e le stelle brillavano nel cielo. Entrò in casa, tutto era uguale, si affacciò sulla soglia della camera di Cris, suo fratello stava dormendo beatamente sotto i modellini di aeroplani che pendevano dal soffitto appesi a fili invisibili. La ragazza spiò anche in camera dei genitori, una piccola lampada illuminava la scrivania alla quale suo padre era seduto per lavorare a chissà cosa, Damiano si passò una mano tra i capelli biondi poi riprese a scrivere. Ester cercò sua madre con lo sguardo, era addormentata, i suoi riccioli neri si spandevano sul cuscino. Un poco tranquillizzata, entrò in punta di piedi in camera sua, erano le tre di mattina. Sembrava che il mancato attentato di Sarajevo non avesse causato cambiamenti, eppure, pensava, almeno una modifica doveva esserci stata ed era il fatto che nessuno sulla faccia della Terra, ad eccezione di lei, Andrea, Giovanni e Jessica, era consapevole che la storia avrebbe potuto avere un altro corso, differente da quello attuale. Adesso, nel nuovo 3007, nessuno sapeva cosa era l’attentato di Sarajevo, nessuno conosceva il 28 giugno 1914, e tutto per una stupida tegola che era precipitata da un tetto. Nonostante tutto, per la grande stanchezza, poco dopo Ester si addormentò. Si risvegliò in preda all’angoscia la mattina dopo verso le dieci, si affacciò alla finestra, Cris giocava con Eddy in giardino mentre i rami della vecchia quercia stormivano sotto un leggero vento. Si lavò e si vestì in tutta fretta e poi scese dabbasso.

“Alla buon’ora!” le fece Cris che stava prendendo un succo di frutta dal frigorifero.

Ester non disse nulla, era ancora tutta assorbita dalla ricerca di qualche piccola cosa che poteva non quadrare.

Sui fratello continuò: “Circa un’ora fa è passata di qui Ginni, ti cercava.”

Ester sgranò tanto d’occhi per sorpresa: “Ginni chi? Io non conosco nessuna Ginni.”

“Accidenti, Ester, Ginevra Parco” sbuffò Cris spazientito “La tua compagna di classe.”

“Smettila, Cris, in classe con me non c’è nessuna Ginevra Parco, non l’ho mai sentita nominare!”

“Stai male per caso? Effettivamente non hai una bella cera” chiese Cris alla sorella riducendo gli occhi a due fessure, poi uscì nuovamente in giardino.

Ester era rimasta a bocca aperta, Cris la aveva fatto veramente uno scherzo di cattivo gusto, soprattutto dopo l’esperienza della sera prima. Lui non era a conoscenza dell’avventura appena trascorsa, eppure lo scherzo ci stava veramente a pennello. Avrà forse scoperto qualcosa? Uscì in giardino anche lei. Si sedette sul marciapiede che circondava la casa osservando suo fratello che continuava a giocare con il cane. Improvvisamente un interrogativo le attraversò i pensieri: perché mai Cris quel giorno non era davanti ai videogiochi o non era con Alessio? Comunque questa non era una cosa importante, doveva smetterla di preoccuparsi per ogni insignificante cambiamento.

“Ester!” la voce di una ragazza la chiamò dalla strada. Ester alzò il viso schermandosi con una mano gli occhi nocciola contro la luce del sole d’agosto. Non aveva mai visto quella ragazza, doveva avere all’incirca la sua stessa età, nonostante il caldo canicolare indossava jeans lunghi tenuti su da una spessa cintura nera come la maglietta. I suoi capelli lisci e rossi erano tagliati in un modo strano: molto corti sulla sommità della testa e, ai lati, lunghi fino al mento.

“Ti ho cercato prima” continuò la sconosciuta.

Sei…Ginni?” domandò balbettando Ester.

“Ma come, non mi riconosci? Dai, fammi entrare.”

“Argon, apri il cancello” ordinò Ester passandosi disorientata una mano tra i corti capelli neri. Ginni si fece avanti mentre lei si alzava in piedi.

“Ciao... dimmi tutto...”

“Non ci vediamo da quando è finita la scuola visto che non sono potuta venire alla festa del diploma” affermò Ginni “Sono venuta a vedere come te la passi.”

Ester parlò a lungo con quella sconosciuta, dunque Cris non aveva mentito quando le aveva annunciato la visita. Sembrava che Ginni la conoscesse da molto tempo, parlò con lei in modo naturale, le chiese notizie sul lavoro di suo padre e su Andrea. Alla fine se ne andò lasciando Ester preoccupata e sorpresa. Se quella ragazza sosteneva di essere nella sua stessa classe doveva conoscere bene anche Andrea, Jessica, Alessio e forse anche Giovanni. Ester rientrò di corsa in casa e chiamò immediatamente il suo amico.

“Ascolta, è urgente!” esclamò la ragazza guardando nervosa Andrea sullo schermo del supercomputer.

“È successo qualcosa a causa dell’omissione dell’attentato di Sarajevo?” Andrea era preoccupato almeno quanto lei.

“No…non è per quello, volevo chiederti se conosci una certa Ginevra Parco, detta Ginni.”

“Non l’ho mai sentita nominare, perché?”

“Questa ragazza è venuta qui poco fa, afferma di fare parte della nostra classe e sembra che ci conosca bene.”

Andrea la guardò per qualche momento in silenzio poi disse: “Non so cosa dirti, Ester, probabilmente sarà stato uno stupido scherzo.”

“Certo” fece Ester non troppo convinta “Ci vediamo oggi pomeriggio al bar così ne parliamo con calma.”

 

I due amici si ritrovarono subito dopo pranzo.

“È davvero tutto molto strano” affermò Ester che stavolta si era presa solo un tè “Sembra che Ginni abiti qui e conosca noi da una vita.”

“Credi che sia un effetto di quella tegola che ho fatto cadere nel 1914?” chiese Andrea che da quell’episodio si sentiva tremendamente in colpa.

“Non vedo quale collegamento ci possa essere” osservò Ester “Probabilmente qualcuno è venuto a conoscenza di quello che abbiamo fatto e ora sta cercando di ricattarci in qualche modo.”

“Io non ho raccontato niente a nessuno” disse Andrea “E sono sicuro che tu hai fatto lo stesso, se esiste qualcuno che ha delle responsabilità quelli sono senza dubbio Jessica e mio fratello, a maggior ragione se penso che poi Jessica ora lo sta evitando di nuovo.”

“Non vedo cosa possano averci guadagnato raccontando in giro questa storia” rispose Ester “A mio avviso c’è dell’altro.”

Improvvisamente la ragazza sussultò afferrando Andrea per la maglietta.

“Ehi, che ti prende?” protestò lui.

“Guarda” disse lei sottovoce indicando due ragazze sulla strada davanti a loro.

“È Nadia, e allora?”

“Nadia con Ginni” precisò Ester.

Andrea e la amica guardavano la scena imbambolati, dunque Ginni conosceva bene anche Nadia che, guarda caso, era in classe con loro. La strana ragazza si voltò e, quando li vide li riconobbe e salutò entrambi. La rossa venne verso di loro annunciando: “Sapete, io e Nadia abbiamo deciso di studiare insieme, perché non vi unite anche voi?”

Ester e Andrea si guardarono sbigottiti.

“Quanto ancora dovrà andare avanti questo stupido scherzo?” Ester stava iniziando un po' a perdere la pazienza .

Ginni si fece vicino a Nadia spiegandole: “Oggi Ester è un po’ strana, te lo avevo detto.”

Le due ragazze salutarono allontanandosi nuovamente mentre lei diceva all'amico: “È incredibile, stanno insistendo. Non capisco perché lo facciano, poi.”

“Lascia perdere” le disse lui “Prima o poi si stancheranno.”

“Però Ginni non abita in questa città” osservò Ester “Nessuno di noi l’ha mai vista, dove è stata fino ad ora?”

“Sarà un’amica di Nadia che è venuta a trascorrere le vacanze qui” ipotizzò Andrea.

I due amici stettero in giro fino a sera, quando rientrò a casa Ester si era convinta che quello che stava vivendo era solo uno stupido scherzo, anche se c’erano diverse cose che non quadravano. Innanzitutto non capiva il motivo di tutto quel trambusto, perché mai Ginni, Nadia e Cris erano messi in testa di mandare ancora avanti questo scherzo? E poi, se veramente Ginni era un’amica di Nadia, come mai era la prima volta che la vedevano? Era poco probabile che quella fosse stata la prima volta che Ginni veniva in città. Quella sera Ester era riuscita a ritrovare finalmente il buon umore, dopo giorni di preoccupazioni e angosce. Mentre la famiglia era riunita per la cena, Damiano annunciò finalmente che la costruzione della pista per Freccia Solare era quasi ultimata e che, tra circa un mese, avrebbero sperimentato la macchina. Ester doveva assolutamente convincere suo padre a farla partecipare a quell’esperienza.

“Quante persone possono viaggiare su Freccia Solare?” iniziò la ragazza.

“Due, perché?”

“Hai intenzione di portare qualcuno con te durante l’esperimento?”

“Non saprei” fece il padre “L’uso di questa macchina non comporta rischi.”

La ragazza sapeva che probabilmente quello era un sì.

“Inviterò tutti” affermò poi “Andrea, Jessica, Alessio e Giovanni voglio lasciarli a bocca aperta!”

“Non vuoi che venga anche Ginni? Le farebbe piacere vedere una cosa simile” chiese Enrichetta a sia figlia.

Ester era rimasta di stucco, non era possibile, anche i suoi genitori erano d’accordo per farla impazzire.

“Ma insomma, volete piantarla con questa Ginni?” si alterò la ragazza.

“Non avrei mica litigato con lei” disse sua madre con sguardo interrogativo.

Ester si alzò di scatto dalla tavola, questo era veramente troppo, non solo i suoi compagni di scuola e suo fratello, ma anche i suoi genitori avevano aderito a quello stupido gioco. Si chiuse in camera sua, per un po’ fu divorata dall’ansia, ma quando, dabbasso, sentì i suoi genitori e Cris chiedersi tra loro che cosa le fosse preso e che quel comportamento decisamente non era da lei, iniziò a pensare che forse la presenza di Ginni non era solo uno scherzo. Svelta e con le mani che le tremavano, estrasse da primo cassetto del suo comò la foto di classe che era stata scattata tre giorni prima che terminasse l’anno scolastico, i ragazzi ne ricevevano una tutti gli anni, a maggior ragione quell'anno che era stato quello conclusivo. La tolse dalla busta che l’avvolgeva e rimase di sasso, non riusciva più neanche a respirare. Ginni era là, la guardava dalla fotografia con la sua faccia piena di lentiggini e i capelli rossi tagliati in quel modo strano. Il gruppo era disposto in due file, i ragazzi più alti dietro in piedi e quelli più bassi davanti, seduti su una fila di sedie allineate una di fianco all’altra. Ester era al centro della fila davanti, alla sua sinistra era seduto Andrea mentre Ginni aveva preso posto alla sua destra. Esattamente dietro di loro, in piedi, si vedeva Jessica, Alessio era in piedi all'estrema sinistra con la faccia seria e le braccia incrociate. Non c’erano dubbi, quella era veramente la sua classe, aveva fatto quella foto stando fianco a fianco con Ginni eppure non l’aveva mai conosciuta. Non credeva ai suoi occhi, tremando in tutto il corpo si avvicinò allo schermò di Argon per chiamare Andrea.

“Prendi la foto di classe di quest’anno e dimmi cosa vedi” disse al suo amico non appena fu in collegamento con lei.

Andrea la guardò con aria scettica attraverso la telecamera digitale, poi si alzò per tornare poco dopo con una fotografia avvolta nella carta.

“Guardala” ingiunse Ester.

Il ragazzo esitò un poco poi iniziò ad estrarre la fotografia dalla busta, lentamente. Stette per dieci interminabili secondi ad osservare l’immagine in silenzio e con gli occhi sgranati.

“Io sono seduta tra te e Ginni” disse improvvisamente Ester.

“Come è possibile?” chiese Andrea alla sua amica.

“Non lo so” fece Ester sconsolata “Pensare che abbiano sostituito le fotografie per far sembrare più vero lo scherzo mi sembra eccessivo.”

“Pensi che tutto questo abbia a che fare con l’attentato di Sarajevo?”

“Non so cosa dirti a questo punto, Andrea” affermò Ester “Aspetta…rimani in linea…”

La ragazza si alzò per tornare poco dopo con in mano delle altre fotografie.

“Non e possibile!” esclamò “Ora inserisco queste foto nello scanner e te la faccio vedere, Andrea, c’è qualcosa che non va, qualcosa di molto serio.”

Sullo schermo di Rex, il supercomputer di Andrea, apparvero tre fotografie che ritraevano alcuni ragazzi invitati alla festa di compleanno di Ester. Andrea ricordò che, anni addietro, la sua amica era solita dare grandi feste per il suo compleanno, proprio nel giardino di casa sua, abitudine che aveva perso ormai da due anni, ora preferivano recarsi al ristorante o in qualche locale. Le tre immagini appartenevano ad anni diversi, in una Ester stava compiendo otto anni, nell’altra dieci e nell’ultima undici. Andrea riconobbe, in tutte e tre le foto, i loro compagni di scuola, Giovanni e Cris. Certo, all’epoca erano tutti dei bambini, ma ad ognuno Andrea sapeva dare un nome. Tra loro, però, appariva sempre una bambina dai capelli rossi lisci, tagliati a caschetto, né lui né Ester l’avevano mai vista.

“Vorresti dire che la bambina dai capelli rossi è Ginni?” chiese lui.

“Credo di sì” ammise Ester “Come vedi il corso della storia ha subito una modifica ed è evidente che ciò è accaduto dalla sera in cui siamo andati a Sarajevo nel 1914.”

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Capitolo 11
*** Eraser ***


Ester e Andrea discussero a lungo arrivando alla conclusione che le conseguenze del mancato attentato di Sarajevo non erano gravi, in fondo tutto si era risolto con la presenza di Ginni, anche se i due ragazzi non capivano come avesse fatto un attentato sventato due secoli prima a far nascere una persona in più due secoli dopo, per giunta in un paese diverso e in un contesto del tutto differente.

“Se ci pensi bene noi ci abbiamo guadagnato” disse scherzando Ester “Ci siamo ritrovati con un’amica in più.”

Ester era felice che tutto si fosse concluso nel migliore dei modi. Dopo l’esperienza vissuta con Giovanni e Jessica, aveva convinto suo padre a far iniziare i lavori per mettere sotto il controllo di Peter anche l’ottavo piano del Centro di Ricerca Koller. Gli scienziati si erano accorti che c’era stato un intruso e lei aveva sollevato la questione. Per quanto riguardava Jessica e Giovanni sembravano aver fatto pace ed essere tornati al loro rapporto di sempre, la ragazza ora sembrava un po' distaccata dal resto del gruppo, Ester aveva intuito che si sentiva in colpa per la sua azione impulsiva, ma se avesse voluto chiare lei sarebbe stata disposta ad ascoltarla d'altronde la prima a commettere azioni avventate era stata lei stessa. Ultimamente Jessica e Giovanni erano soliti starsene da soli, forse volevano semplicemente smaltire la tensione accumulata negli ultimi tempi. Ester si dedicò finalmente un po' allo studio, aveva deciso di ripassare i temi trattati nell'ultimo anno di superiori per questo decise di partire dalla Seconda guerra mondiale. Non è che magari sotto sotto sto ancora indagando? Non voleva distrazioni, era corsa allo scaffale dove teneva i dischetti di storia scacciando ogni pensiero dalla testa. Frugò dappertutto ma i dischetti non c’erano, Ester si passò un momento una mano tra i capelli pensando a dove poteva averli messi, cercò in salotto, nello studio dei suoi genitori, in camera di Cris, ma nessuno sembrava aver preso i suoi dischetti di storia. Rientrò in camera sua e guardò persino dentro l’armadio, era incredibile, i suoi dischetti sulla Seconda guerra mondiale erano spariti, eppure li aveva sempre tenuti insieme a tutti gli altri.

Alla fine decise di ricorrere all’aiuto del supercomputer: “Argon, sai dove sono i miei dischetti sulla Seconda guerra mondiale?”

Argon tacque qualche secondo, l'immaginazione di Ester lavorò facendole vedere i suoi circuiti che operavano, poi affermò: “Ripetere, prego, non conosco il termine Seconda guerra mondiale.”

La ragazza sospirò ripetendo la frase mente l'ansia iniziava a serpeggiare dentro di lei, il computer, come prima, fece passare qualche secondo ribadendo che non conosceva quell’evento storico.

“Argon, i tuoi circuiti sono tutti in perfetto stato?”

“Sì” rispose il computer “Non rilevo nessun dispositivo in avaria.”

Eppure, pensava Ester, il computer doveva essersi guastato, non era possibile che non ricordasse delle parole e poi non avvertisse di avere dei circuiti in panne, tutti i supercomputer erano programmati per avvisare se qualcosa in loro non funzionava.

“D’accorso, Argon, chiama mamma in ufficio.”

Enrichetta, pochi istanti dopo, era in comunicazione con la figlia.

“Ciao, Ester, dimmi pure”

“Volevo chiederti se qualcuno di voi ha preso i miei dischetti di storia, non riesco più a trovarne alcuni.”

“No, che io sappia” le rispose la madre “Comunque ora devo lasciarti, ho un sacco do lavoro da portare a temine.”

“Avverti papà che Argon ha qualcosa di strano, deve essersi guastato qualcosa.”

“Va bene” affermò Enrichetta sorridendo, poi salutò la figlia con un gesto della mano e interruppe la comunicazione.

Nessuno sapeva niente di quei dischetti, Ester uscì in giardino per parlare con Cris.

“Hai preso tu i miei dischetti sulla Seconda guerra mondiale?” domandò al fratello.

“Su cosa?” fece Cris aggrottando la fronte “Ma dico, Ester, hai trovato un nuovo passatempo, ti inventi le parole?”

“Non mi risulta che io stia inventando” la ragazza incrociò le braccia al petto guardando fisso il minore “Dimmi dove hai messo quei dischetti.”

“Io non ho preso nulla” replicò Cris “E’ inutile che cerchi informazioni su guerre che non esistono, come hai detto, Seconda guerra mondiale? Scommetto che ti è venuta in mente bevendoti qualche drink sottobanco al Gigawatt, certo che ne hai di fantasia!”

Ester rientrò in casa sbuffando, sentiva le gambe un po' molli e scosse da un lieve tremore. Entrò in camera sua e cercò di rimettere insieme tutti i pezzi del puzzle, il punto era: la Seconda guerra mondiale. I dischetti che trattavano di essa erano scomparsi, Argon e Cris non l’avevano mai sentita nominare, o almeno così dicevano. Ma lei aveva le prove che qual periodo storico era esistito, almeno avrebbe chiuso la bocca a suo fratello. Si trattava delle fotografie che aveva scattato a Berlino nel 1938, un anno prima che si verificasse l'evento storico. Ester estrasse le fotografie da dietro la spalliera del letto, le aveva nascoste lì il giorno in cui aveva usato StoriaJou – 01 e non le aveva più neanche guardate. La prima era quella che aveva scattato all’automobile, bene, quella c’era ma ancora non poteva considerarsi una prova, la seconda immagine ritraeva alcune persone con i vestiti dell’epoca, ancora però non dimostrava nulla sulla guerra. La terza foto era quella che aveva fatto alla Porta di Brandeburgo mentre si stagliava contro il cielo nuvoloso illuminata dal sole, certamente una bella immagine ma ancora non poteva essere considerata una prova. Passò oltre, si ritrovò tra le mani quella fotografia che ritraeva il balcone dal quale pendeva la bandiera con la croce uncinata, o meglio, questo era quello che si sarebbe dovuto vedere. La terrazza c’era ma non esisteva traccia della bandiera. Ester si avvicinò esterrefatta la fotografia agli occhi, non riusciva a crederci, aveva immortalato quel balcone a causa della bandiera e ora di essa non si vedeva nemmeno l’ombra. Sconvolta, la ragazza passò in esame le altre fotografie, esse avrebbero dovuto mostrare la sfilata di uomini e mezzi avvenuta nell’immenso viale, invece si notava che la strada era completamente deserta, la calca di persone urlanti non esisteva, c’era solo qualche passante isolato e un paio di vetture dell’epoca. Nessun soldato, nessun carro armato, vuoto totale. Ester credette di impazzire, quella non era la Berlino che aveva visto lei, era sicura di non aver fotografato per ben tre volte un viale deserto e un balcone spoglio. Da quelle immagini si deduceva che del nazismo non c’era stata neanche l’ombra. La ragazza ricordava benissimo i quattro uomini armati che l’avevano inseguita fino alla macchina del tempo, eppure quelle fotografie dimostravano che tutto ciò non era mai accaduto. La Seconda guerra mondiale non era mai scoppiata, a questo punto era chiaro. Il mancato attentato di Sarajevo aveva causato molti più sconvolgimenti, la nascita di Ginni non era che la punta dell’iceberg. Forse, alla fine, potrebbe essere stato anche un miglioramento. Ester si mise a frugare tra i suoi dischetti di storia per scoprire quali altri cambiamenti erano avvenuti . Quello che apprese fu sconcertante, non c’erano mai stati neppure la Prima guerra mondiale, la Guerra fredda, l’unica cosa negativa era stata la presenza del regime fascista in Italia che era finito nel 1960 anziché nel 1945. Tutto questo era accaduto solo per aver spostato una tegola. Ester si sentì un poco sollevata, alla fine la storia aveva preso una piega ben più positiva, sorrise decidendo di dare la notizia ad Andrea. Piombò tutta felice a casa sua trovando lì anche Giovanni. Ester fece guardare i dischetti ai due ragazzi, mentre lo facevano notò che Andrea era totalmente preso dalla gioia come lei al contrario di Giovanni che non faceva trapelare nessuna emozione e se ne stava pensieroso con il mento appoggiato sulla mani destra.

“Nessuno ha mai sentito parlare dei fatti che conoscevamo prima” disse Ester raggiante: “Questa volta siamo finiti po' con il sistemare le cose, dovremmo dirlo a Jessica magari smetterà di sentirsi in colpa, ma questo non significa che siamo autorizzati a usare la macchina del tempo a sproposito tutte le volte che desideriamo, è stata solo fortuna.”

“Ragazzi, non so se vi rendete conto, stavolta siamo finiti col compromettere seriamente il corso della storia” affermò Giovanni pensieroso.

“Beh, ma alla fine, la mia sbadataggine ha finito per salvare molte vite” rispose Andrea.

“Mi duole dirvelo, ma dobbiamo tonare nel 1914 a correggere l'errore che abbiamo commesso” affermò Giovanni sospirando mentre gli altri due lo guardavano attoniti: “ Non si può giocare con la storia, se tutti avessero una macchina del tempo e facessero come noi, nessuno sarebbe più certo del passato, esso si modificherebbe continuamente. Chi non conosce il passato è destinato a riviverlo, se noi ora neghiamo agli uomini la conoscenza di determinati avvenimenti può darsi che tutto quello che è accaduto durante quel secolo avvenga in seguito, magari anche ai giorni nostri, e con le tecnologie che ci sono ora una guerra sarebbe molto più distruttiva. Noi alla fine non siamo nessuno per cambiare la storia e modificare io destino del mondo, anche se ciò a prima vista sembrerebbe la cosa giusta da fare.”

“Hai ragione, Giovanni” fu costretta ad ammettere Ester “Papà è uno scienziato ed il primo ad affermare che usando una macchina del tempo bisogna interferire il meno possibile, e questo è quello che ha fatto lui andando in Egitto.”

Alla ragazza venne in mente quello che le spiegò una professoressa anni prima, quando si trovava ancora in terza superiore. L'insegnante affermava che la storia e l'evoluzione dell'uomo e come se avessero delle tappe obbligatorie da cui devono passare per forza o prima o dopo. Determinati avvenimenti storici, per quando sbagliati possano sembrare, a volte rappresentano la chiave per far prendere la strada giusta al futuro, anche a quello molto anteriore. Se queste tappe vengono meno sono destinate a verificarsi comunque in tempi diversi rispetto a quando avrebbero dovuto causando molti più danni e mandando l'umanità in una direzione errata. Giovanni e Andrea la ascoltarono molto interessati ma anche parecchio tristi. Prendere una decisione corretta, stavolta, avrebbe significato essere maturi, Andrea sorrise guardando l sua amica con ammirazione. Ester era tornata a casa con quell’obiettivo e con il sorriso di Andrea stampato nella mente. Il problema maggiore era raggiungere StoriaJou – 01. La macchina era sempre al Centro di Ricerca Koller e, di lì a poco, non sarebbe stato più possibile introdursi nell’edificio, se solo non avesse convinto suo padre a mettere sotto il controllo di Peter anche l’ultimo piano! Ester, quella sera mentre serviva drink ai clienti del Gigawatt ascoltando Andrea cantare, pensava a cosa poteva fare per permettere al mondo di tornare come era destino che fosse. Tutti continuavano la loro vita, ignari che quelli non erano loro e che la storia che conoscevano e la situazione attuale erano frutto di un errore, di un caso, di una tegola che non era rimasta dove doveva essere, ogni cosa, agli occhi di Ester, era come se fosse una grande illusione, una specie di realtà virtuale dentro cui si muoveva il mondo intero, escluse quattro persone. E ora era loro compito permettere al mondo di riprendere la giusta strada. Tre giorni dopo avere appreso l’incidente storico, Ester decise che era arrivato il momento di agire. Volle discutere prima il piano con Andrea e, per far ciò, i due amici si ritrovarono a casa sua.

“Dobbiamo pensare a come fare per raggiungere la macchina del tempo” affermò Andrea.

“L’ultimo piano non è ancora controllato da Peter” disse Ester “Ma io non riesco davvero ad arrampicarmi, per otto piani, aggrappata ad una grondaia.”

“Neanche io” concordò l'amico “Sinceramente non capisco come abbiano potuto farlo Giovanni e Jessica.”

“L’unico modo è entrare nel centro dalla porta, normalmente.”

“Ma ci vedranno tutti, Ester, come faremo a raggiungere la macchina del tempo ed usarla?”

“Entrare per noi non sarà un problema” spiegò la ragazza “Io ho via libera perché sono la figlia del più importante scienziato, tu perché sei mio amico, con questo sistema riusciremo a penetrare anche nel locale dove tengono StoriaJou – 01, si trova al sesto piano. A qual punto si dovrà scoprire se la macchina è sotto il controllo di Peter, magari chiedendolo semplicemente, se non è così ci saliamo sopra e partiamo senza dire niente, altrimenti dovremo inventare una scusa per indurre coloro che troveremo nella stanza a slacciare i collegamenti.”

“Comunque tuo padre verrà a sapere ciò che abbiamo fatto, sarà inevitabile.”

“Io aveva già previsto anche questo” dichiarò Ester “Ho memorizzato in Argon il contenuto dei dischetti di storia che la illustrano così come è ora, ovvero del tutto cambiata, in questo modo potrò fare vedere a mio padre come sarebbe stata la storia se noi non fossimo tornati nel 1914, a quel punto i dischetti originali saranno scomparsi ma Argon ne conserverà la registrazione. Forza, Andrea, al nostro ritorno riscopriremo il mondo che procede nella sua giusta direzione.”

 

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Capitolo 12
*** Ho sbagliato ancora ***


 

Era necessario passare all’azione il più presto possibile, i due ragazzi decisero per la mattina seguente. Ester ed Andrea partirono con i loro motorini, come se andassero semplicemente a fare una passeggiata. Cris, che non sapeva nulla di tutta la faccenda, era rimasto a casa davanti ai videogiochi, insieme con il suo amico Alessio, mentre Giovanni non poteva dare loro una mano dal momento che era dovuto rientrare al suo posto di lavoro, avrebbero dovuto sbrigarsela interamente da soli. I due amici parcheggiarono davanti al cancello del Centro di Ricerca Koller.

“Peter, sono Ester, fammi passare.”

Come avevano previsto, il supercomputer diede via libera ad entrambi, senza creare problemi. I ragazzi attraversarono il cortile, lo schermo ad ologrammi mandava l’immagine di Pegaso, il bianco cavallo alato. L’animale mitologico volava tra le nuvole del cielo, ad un tratto usciva dallo schermo per sorvolare il piazzale. Ester e Andrea si fermarono per ammirare il cavallo che volava sopra di loro, sembrava vero, l’ologramma ricreava anche l’ombra. Dopo avere compiuto tre giri del cortile, Pegaso rientrava nello schermo per scomparire. I ragazzi proseguirono, Peter fece trovare loro il portone aperto. Nell’atrio alcuni colleghi del padre salutarono Ester, per niente sorpresi di vederla lì. Salirono sull’ascensore.

“Peter, portaci al sesto piano.”

Giunti a destinazione, Ester cominciò a camminare con passo svelto e deciso lungo il corridoio, Andrea ebbe l’impressione che conoscesse quel posto meglio di casa sua. La ragazza si fermò senza esitazioni davanti a una delle porte marroni che si aprivano su entrambi i lati del corridoio.

“Peter, facci entrare.”

Ester non aveva sbagliato, in quella stanza si trovava veramente la macchina del tempo. Un uomo si aggirava tra i vari strumenti disposti nel locale, Ester e Andrea lo riconobbero al volo, era Leonardo. Lo avevano visto il giorno in cui il Centro era stato aperto al pubblico, quella volta si trovava nella sezione adibita alla cura delle malattie genetiche.

“Ester!” la salutò l’uomo sorridendo “Come mai da queste parti?”

“Sono passata per vedere come procede la costruzione della pista per Freccia Solare” mentì la ragazza “Nell’occasione ho pensato di portare il mio amico a fare una visita al Centro.”

“Davvero un’ottima idea!” esclamò Leonardo continuando a controllare chissà quali strumenti.

“Ma tu non eri addetto alla sezione delle malattie genetiche?” continuò Ester.

“Peter ha riferito che ci sono dei difetti nei suoi collegamenti con StoriaJou – 01” spiegò lo scienziato “Non c’era nessun altro disponibile, così sono venuto io a dare un’occhiata.”

Senza dire nulla, Ester aprì la porta della macchina del tempo premendo un pulsante, segno che il supercomputer non aveva nessun potere su essa. La ragazza, silenziosamente, entrò nella macchina facendo cenno ad Andrea di seguirla. Il quel momento Leonardo li vide e esclamò mentre il sorriso scompariva dalla sua faccia: “Ehi, che diavolo avete intenzione di fare?”

Ester richiuse velocemente la porta dicendo ad Andrea: “Ricordi che numero era la Bosnia?”

“Mi pare diciassette.”

Ester programmò in fretta e furia la macchina, a volte voltandosi nervosa e sudata per vedere cosa stava facendo Leonardo, senza dare al suo speaker la possibilità di parlare, elencò alla fine, tutti insieme, i dati che aveva impostato la ragazza: Nazione numero diciassette: Inghilterra, confermato.

“Ho sbagliato ancora!” esclamò Ester : “Ho perso troppo la concentrazione per tenere d'occhio Leonardo”

La macchina continuò: Città: Sarajevo, attenzione, città e nazione non concordano, nuova destinazione: Londra, confermato; Anno: 1214, confermato.

“Ester, anche una cifra della data è sbagliata” Andrea era terrorizzato, la sua amica lo vedeva tremare.

La ragazza era rimasta senza parole, deglutì con la bocca secca la la nausea che le attagliava lo stomaco mentre il Centro di Ricerca Koller e Leonardo che bussava al vetro urlando scomparvero per lasciare posto ad una foresta.

“Ma non dovevamo essere a Londra?” commentò Andrea uscendo dalla macchina.

Ester sospirò: “Ho sbagliato l’anno, una cifra, una stupida cifra e siamo finiti nel 1214, nel Medioevo!”

“Questa volta la macchina non ha funzionato come dovrebbe” affermò Andrea “Ci aveva assegnato Londra come destinazione e ora siamo nel bel mezzo di una foresta.”

“Hai ragione” fece Ester “Risaliamo sulla macchina e cerchiamo di raggiungere Sarajevo.”

“Fermatevi immediatamente dove siete” gridò una voce alle loro spalle.

I due ragazzi, che stavano per risalire sulla macchina del tempo, si voltarono esterrefatti scorgendo un uomo a cavallo vestito di porpora e oro, sulla testa portava un elmetto decorato con piume rosse.

“Quindi la segnalazione era esatta” continuò il cavaliere scendendo dalla sua cavalcatura.

“Io non so di che cosa stia parlando” commentò Ester con la voce che le tremava, Andrea non riusciva a dire niente pallido come uno straccio “Noi ora ce ne andiamo e non torneremo più, va bene?”

“Ho l’ordine di condurvi in carcere, ho fatto molta strada per arrivare fino qui, verrete processata per i vostri crimini.”

“Lei si sbaglia…” disse Ester che non credeva alle sue orecchie, avrebbe voluto scomparire, la situazione peggiorava sempre di più ogni volta che prendeva in mano quella maledetta macchina. Ora avvertiva lo stomaco letteralmente ribaltarsi.

“Io non m’inganno affatto” dicendo questo il cavaliere si avvicinò alla ragazza “Cosa sono questi strani abiti che portate? E quello strano arnese a cosa vi serve?”

“Ad andare via, se lei ci lascia in pace”

Senza dire niente, l’uomo la afferrò per un braccio e la sollevò facendola gridare di dolore e di spavento, la caricò sul suo cavallo e poi si avventò su Andrea. Il ragazzo riuscì a sfuggirgli mettendosi a correre disperatamente, il cavaliere lo inseguì per qualche metro poi lasciò perdere essendosi accorto che Ester stava per saltare giù dal cavallo. L’uomo montò in sella e se ne andò al galoppo portando con sé la ragazza. Ester strillava come una pazza invocando l’aiuto di Andrea, il suo amico sentì quelle grida echeggiare tra i rami degli alberi come se provenissero dal cielo. Non sapeva cosa fare, cercò di inseguire per un po’ il cavaliere a piedi ma lo perse di vista dopo poco tempo. Esausto ed affranto tornò verso StoriaJou – 01, si fermò in piedi di fronte alla macchina e si rese conto che la causa di tutte le sciagure era quell’invenzione. Raccolse alcune pietre da terra e si accanì sulla macchina del tempo. ordigno infernale! I sassi colpirono la macchina ma, essendo infrangibile, questa non subì il minimo danno, il suo vetro aveva resistito alle pallottole di quattro mitragliatrici anche se, attualmente, quel periodo storico non esisteva più. Il ragazzo se sedette a terra, nascose il viso tra le mani e scoppiò a piangere, gli urli di Ester erano ancora tra le fronde degli alberi come se vi fossero rimasti intrappolati, egli li sentiva ancora, come vedeva ancora la mano tesa della sua amica che si protendeva dal cavallo nero.

Ti amo, era questo che volevo dirti quel giorno sulla quercia facendo quello stupido gioco, da allora non ho mai cambiato idea, mi dispiace, ma in tutto questo trambusto non ho mai trovato un istante per dirtelo. Sei intelligente, simpatica, altruista, l'ho capito che tutte queste cose le hai fatte per me...

 

Ester viaggiò a lungo su quel cavallo sballottata dalle scosse, il terrore le impediva quasi di respirare, si chiedeva che crimine avesse commesso mai dal momento che lei non era mai vissuta in quel periodo. In tutto questo la domanda principale che le attraversava la mente era se avesse mai rivisto Andrea, e il suo desiderio più grande che lui la venisse a salvare. Ti amo, scusa se non l'ho voluto dire con le parole ma volendo dimostrare chissà cosa. Le lacrime le bruciavano gli occhi prima di cadere a terra. La meta del viaggio era una specie di bunker dal miro di sassi nel bel mezzo del bosco, con uno strattone, il cavaliere tirò giù la ragazza dal cavallo e la condusse verso il fortino. L’entrata era costituita da una spessa porta di ferro ricoperta di ruggine. Mentre si addentravano nello strano edificio, Ester si azzardò a chiedere al suo aguzzino quale fosse il suo crimine.

“Vi si accusa di stregoneria” affermò l’uomo “Voi e io vostro aiutante facevate riti di magia nera.”

“È assurdo!” esclamò Ester “Io e il mio amico non siamo mai stati qui…dovevano recaci a Londra, invece ci siamo ritrovati in questo posto.”

“Londra è qui a meno di un'ora di cammino” disse l’uomo, poi, afferrata la ragazza per la maglietta rosa acceso, la scaraventò in una celletta fredda e umida: “Domani, all’alba, verrà a prendervi chi di dovere.”

Ester guardò terrorizzata e con le gambe tremanti la faccia dell’uomo attraverso le sbarre della porta, quel posto non aveva per nulla l’aspetto di una prigione, era una cella in mezzo alla foresta che odorava di muffa.

“C’è nessuno qui?” gridò Ester “Aiutatemi, vi prego!”

La sua voce si perse tra le spesse pareti di sasso, nessuno rispose, era un posto del tutto abbandonato. La ragazza sapeva che cosa l’attendeva, molto probabilmente sarebbe passata attraverso un processo, avrebbe subito crudeli torture e, infine, la sorte che toccava a tutti coloro che venivano tacciati di stregoneria o di eresia, il rogo. Ester si sforzò di non farsi attanagliare dalla paura sforzandosi di rimanere lucida, iniziò a cercare un modo per fuggire da lì, la porta era assicurata da una grossa catena, la prese a calci rendendosi presto conto che tutto era inutile, la stretta finestrella da cui entrava un sottile raggio di sole era attraversata da sbarre di ferro, animata dalla forza della disperazione, Ester si alzò in punta di piedi per vedere se magari una di quelle sbarre era stata murata male, tutto vano. Alla fine si accanì sulle pietre del muro e del pavimento, scavava angosciosamente tra esse cercando di aprirsi un varco o di divellerne qualcuna. Quando le forze la abbandonarono si sedette sconsolata sul pavimento freddo della stanzetta spoglia, si chiedeva che fine avesse fatto Andrea, forse quel cavaliere era tornato a catturarlo, oppure, credendola morta, era tornato nel 3007. Iniziò a singhiozzare stringendosi la testa tra le mani. Come voleva non aver usato la macchina del tempo un’altra volta! A quel punto era meglio che la storia fosse rimasta com’era, se Ester avesse immaginato tutto questo, avrebbe lasciato le modifiche arrecate da quella tegola precipitata a Sarajevo, senza preoccuparsi delle conseguenze. Se mai fosse riuscita a venire fuori viva da quella situazione, non avrebbe messo mai più piede su StoriaJou – 01, pur essendo questa volta totalmente un buona fede. Ormai si era rassegnata alla sua sorte, si sdraiò sfinita sul pavimento duro augurandosi che almeno Andrea fosse tornato a casa sano e salvo. Aveva appena finito di pensare questo quando si accorse di avere qualcosa al polso, ma certo! Era il radio orologio. Una flebile speranza di salvezza esisteva ancora, se Andrea aveva con sé il suo radio orologio ed era ancora nel 1214 poteva rintracciarlo. La ragazza si mise all’opera, era ormai pomeriggio. La luce rossa del display dell’orologio si rifletteva sulle pareti umide della cella, le tremavano le mani e respirava a fatica teli erano la sua paura e la disperazione. Il segnale! Il radio orologio dava segno di comunicare con qualcuno, dunque Andrea era ancora nel 1214.

“Ester!” fece la voce esultante del ragazzo “Dove sei? Che ti è successo?”

“Vieni a prendermi, per carità!” esclamò la ragazza stravolta “Se non lo fai entro domani mattina sono spacciata.”

“Tu attiva il segnale intermittente del tuo radio orologio, se lo seguo ti troverò.”

Ester fece immediatamente ciò che le aveva detto il suo amico, era la sua unica speranza. I radio orologi potevano scambiarsi dei segnali, la ragazza, in questo caso, avrebbe inviato il segnale ad Andrea, egli, seguendolo, poteva giungere dove lei si trovava. Andrea, prima di mettersi in marcia per cercare la sua amica, tirò un filo alla sua maglietta e lo incastrò nello sportello di StoriaJou – 01, esso gli avrebbe indicato la strada percorsa permettendogli di tornate indietro. Il ragazzo si incamminò seguendo il segnale lanciatogli Ester, apprese che la sua amica era lontano. L’ambiente intorno a lui era tutto uguale, un bosco selvaggio senza segni di civiltà, le foglie secche che ricoprivano il terreno scricchiolavano sotto le sue scarpe mentre gli uccelli si scambiavano richiami tra le fronde della fitta vegetazione. Il segnale inviato da Ester si fece più intenso, era già molto lontano dalla macchina del tempo, la sua maglietta si era disfatta tanto da lasciargli metà schiena nuda. Dopo più di un'ora di cammino, Andrea scorse lo strano edificio in cui Ester era rinchiusa, il segnale era molto forte e il ragazzo capì al volo che la sua amica era là dentro.

“Ester, dove sei?”

“Sono qui!” rispose la ragazza al grido del suo amico affacciandosi alla finestrella con le sbarre.

Andrea corse verso di lei.

“Cerca qualcosa per rompere queste aste” affermò Ester Questa finestra è la mia unica via di uscita, le porte sono tutte serrate.”

Il ragazzo si precipitò immediatamente a trovare qualcosa di utile, Ester lo vide riapparire un po’ di tempo dopo con alcune pietre. Diverse di esse erano larghe e piatte, Andrea le accatastò un sopra l’altra per raggiungere bene la finestra, poi ne prese una rotonda e cominciò a sbatterla contro una sbarra.

“Ma così non riuscirai mai nel tuo intento!” esclamò lei terrorizzata.

“Non ho potuto trovare di meglio” rispose il ragazzo “Questo ferro è arrugginito, forse riuscirò a spezzarlo.”

Ester lo osservava mentre continuava il suo lavoro stringendo i denti e i pugni, se almeno una di quelle sbarre non avesse ceduto, la sua sorte sarebbe stata inevitabile. Per un’interminabile ora, Andrea sbatté quel sasso contro la sbarra, questa si piegava sempre di più lasciando cadere, ad ogni colpo, polvere di ruggine che andava accumulandosi in un mucchietto sullo stretto davanzale della finestrella, Ester poteva sentirne l’odore ferrigno. Dopo un’ora trascorsa così, Ester non faceva più neanche caso al lavoro del suo amico, tutto sudato e rosso per lo sforzo. La sua mente aveva ricominciato a vacillare e a cercare visi e disegni sulle pietre che costituivano le pareti della cella in cerca di distrazioni forzate. A risvegliare la sua attenzione fu un colpo che produsse un rumore diverso e Andrea che gridava: “Ci sono riuscito, Ester!”

La ragazza non aspettò neanche un attimo, si precipitò verso la piccola finestra e si issò puntando i piedi al muro e tenendosi con le mani alle altre sbarre, intanto Andrea piegava verso l’alto la sbarra divelta, che era rimasta attaccata al muro nella parte superiore, per permettere alla sua amica di passare. Ester riuscì a mettersi a cavalcioni nel vano della finestra, abbassando la testa per non urtare il muro del lato superiore. Fece passare una gamba, al momento di far uscire la seconda si aggrappò alle sbarre sane e saltò a terra, finalmente libera. La ragazza era al colmo della gioia, fino a poche ore prima era convinta di dover andare incontro ad una fine miserevole, abbracciò il suo amico ridendo e saltando.

“Come temevo che tu fossi tornato a casa!” esclamò la ragazza rossa per l’eccitazione.

“Non avrei mai fatto una cosa simile” rispose Andrea sorridente, nonostante la situazione i suoi occhi brillavano: “Ero sicuro che ti avrei salvata, non sapevo ancora come.”

“Siamo lontani dalla macchina del tempo” osservò preoccupata Ester “Sei in grado di ritrovarla?”

Andrea sorrise raggiante: “Non vedi che la mia maglietta è quasi del tutto disfatta?” Abbiamo il filo di Arianna!”

“Oh, Andrea, sei un genio!” lei lo abbracciò saltellando.

I due ragazzi si avviarono seguendo il sottile filo azzurro, era ormai il tramonto e dovevano sbrigarsi, dovevano evitare che scendesse la notte. Innanzitutto perché potevano essere sorpresi di nuovo da quel cavaliere tornato a cercare Andrea, poi, in quei boschi, la sera potevano apparire banditi e briganti.

“Non possiamo permetterci di tornare nel 3007, adesso” affermò Ester strada facendo “Non ci farebbero più ripartire, dobbiamo salire su StoriaJou – 01 e recarci direttamente a Sarajevo.”

Giunsero alla macchina del tempo quando il sole era appena tramontato, bagliori arancioni e rossastri si emanavano dalla nostra stella morente nel cielo che occhieggiava tra i rami degli alberi.

Il sistema adottato da Andrea funzionò alla perfezione, grazie al filo che aveva incastrato nello sportello della macchina, erano riusciti a tornare al punto di partenza senza indugi.

“Avanti” fece Ester aprendo il portello di vetro “Questa volta funzionerà, deve funzionare.”

La ragazza programmò la macchina stando bene attenta a non sbagliare, fece in modo di arrivare un quarto d’ora prima che loro stessi facessero cadere quella tegola dal tetto.

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Capitolo 13
*** Gemelli ***


La penombra del tramonto scomparve per lasciare spazio al sole splendente, il tappeto di foglie secche si trasformò in un pavimento di tegole e il cielo azzurro della volta precedente sostituì il bosco. Quando Ester aprì la porta il fragore della folla acclamante li investì, erano nel punto giusto.

“Dobbiamo impedire a quel coppo di cadere” affermò la ragazza scendendo dalla macchina.

“Come possiamo fare?” domandò Andrea “Quando noi stessi verremo qui tra un quarto d’ora, io urterò quella tegola ed essa precipiterà di sotto, come la prima volta.”

“No, adesso possiamo intervenire” detto questo Ester andò verso le tegole accatastate.

Andrea si sporgeva dal tetto per osservare la strada sottostante, tutto era identico alla prima volta, erano le stesse persone, attendevano il medesimo evento, facevano le stesse azioni che avevano fatto in precedenza, tra un quarto d’ora sarebbero arrivati loro stessi, che cosa sarebbe successo allora? La voce della sua amica lo risvegliò da quelle meditazioni: “ Andrea, vieni a darmi una mano!”

I due ragazzi spostarono le tegole, lentamente, una per una, nell’altra estremità del tetto, non le accatastarono, le lasciarono stese, in questo modo era molto improbabile che una di esse potesse cadere.

“Bene” disse Ester a lavoro ultimato “Ora torniamo a casa, affrontiamo i nostri genitori e guardiamo se il mondo è tornato come doveva essere.”

„ Ester, spero che tu sappia cosa abbiamo appena provocato spostando quelle tegole“

La ragazza, che si stava avviando verso StoriaJou – 01 , si arrestò di colpo. La storia tornerà come prima, ma noi non siamo responsabili di niente, non dovevamo interferire ora abbiamo il dovere di rimettere le cose a posto.

“Abbiamo già fatto questo discorso, Andrea, l'andamento della storia deve essere come era destino che fosse, adesso andiamo, torniamo a casa.” Ester posò una mano sulla spalla del suo amico.

Quando i due ragazzi stavano per montare sulla macchina del tempo un rumore li fece paralizzare dalla paura, era uno scalpiccio di cavalli che si stavano avvicinando passando sulla strada sterrata sottostante.

“Mi pare di aver già visto questa scena” balbettò Andrea con la voce che gli tremava.

Ester stava per rispondere ma fu interrotta da un lampo di luce poco distante da loro, un oggetto identico a StoriaJou – 01 apparve su quel tetto. Siamo noi! Dall’altra macchina del tempo scesero quattro ragazzi, un altro Andrea, un’altra Ester, Giovanni e Jessica vestita sportiva.

“Ester, siamo noi la prima volta, ora che facciamo?”

“Dobbiamo bloccarli qui, non dovranno tornate nel 3007, bisogna danneggiare la loro macchina del tempo.”

“E come pensi di fare?” chiese Andrea “È infrangibile.”

La seconda Ester, quella del gruppo che era appena arrivato, sgranò così tanto gli occhi, quando li vide, da sembrare inquietante; “Chi siete voi? È uno scherzo?”

“Siamo noi, cioè, loro sono noi” fece il secondo Andrea passandosi una mano tra i capelli.

“Adesso cerco di spiegarvi” disse la prima Ester “Noi siamo voi nel futuro…”

“Non può essere così!” esclamò il doppione della ragazza “Mio padre, l’inventore di questa macchina del tempo, ha dimostrato che non è possibile andare nel futuro.”

“Voi tornerete qui perché combinerete un guaio e dovrete rimediare” continuò la prima Ester “Noi siamo voi quando tornerete la seconda volta.”

“Se avete già risolto il problema non ha senso che siate qui adesso” osservò Giovanni “Se questo guaio non è mai avvenuto il vostro, o il nostro, secondo viaggio nel tempo, non avverrà mai.”

Il discorso poteva anche avere un senso, mentre la prima Ester rifletteva su questo, un colpo di arma da fuoco in strada li fece sobbalzare, un attimo dopo ne seguì un altro.

“L’attentato!” gridò Giovanni e i quattro ragazzi provenienti dal passato si sporsero dal tetto per guardare.

“Sali su StoriaJou – 01” disse Ester al suo amico, gli altri non la udirono perché le sue parole furono sovrastate dalle grida della folla spaventata. Andrea lo fece mentre Ester, nel giro di un secondo, aveva già trovato il modo di sabotare il doppione di StoriaJou – 01. La ragazza prese una delle famose tegole ed entrò nella macchina del tempo dei loro gemelli temporali, servendosi del coppo danneggiò il delicato quadro comandi dell’ apparecchio.

“Ehi!” esclamò il doppione di Jessica scorgendola.

Svelta come una saetta, Ester salì sulla loro macchina del tempo, dove la attendeva Andrea, programmando i parametri per ritornare a casa . Da un caos passarono all’altro, il Centro di Ricerca Koller, dove vennero a trovarsi dopo un attimo, era un brulichio di poliziotti.

“Ester!” la chiamò il padre non appena la vide scendere dalla macchina del tempo “Si può sapere che diavolo ti è saltato in mente?”

“Papà, posso spiegarti tutto…”

La ragazza non poté finire la frase, fu interrotta dalla madre di Andrea che giunse gridando come una pazza: “Ma dove siete stati? Incoscienti, mi avete fatto stare in ansia tutto il giorno!”

“Io ho cercato di fermarli” intervenne Leonardo che era lì anche lui “Mi hanno praticamente sottratto la macchina del tempo dalle mani!”

“Per favore, posso spiegarvi ogni cosa se mi lasciate parlare” intervenne ancora Ester “Siamo dovuti andare a riparare un errore che si era verificato nella storia per colpa nostra, sì, lo ammetto, abbiamo usato StoriaJou – 01 altre due volte, ma vi assicuro che non volevamo fare nulla di male, è stata colpa mia, volevo fare personalmente l’esperienza straordinaria di viaggiare nel tempo e così abbiamo alterato la storia per errore.”

“Ester, non hai bisogno di inventare tutto questo per discolparti” le disse il padre.

“Posso dimostrarti che è vero, invece” rispose lei “Ho memorizzato in Argon gli eventi storici modificati dal nostro primo viaggio, quando andiamo a casa te li farò vedere così ti renderai conto, noi ora siamo tornati a mettere le cose a posto, papà, viaggiare con una macchina del tempo è pericoloso, può causare disastri irreparabili, io mi scuso per averlo fatto ma stavolta ho rischiato sul serio la pelle per ben due volte e ho imparato la lezione.”

“È vero” intervenne Andrea “Mamma, ti prego, vieni con me a casa di Ester a vedere quella registrazione, ti vedrai con i tuoi occhi che quello che ho detto è vero.”

Ester e i suoi genitori si recarono a casa evitando l’orda di giornalisti appostati fuori del Centro, la ragazza sapeva che non la avrebbero lasciata più in pace per un po’, con loro venne anche la madre di Andrea che ancora era scettica sull’impresa cui aveva preso parte suo figlio. Arrivarono a meta senza pronunciare una parola, li accolse Cris, che era rimasto a casa, dicendo alla sorella: “Accidenti, questa volta l’hai proprio combinata grossa, eh?”

“Non ti ci mettere anche tu, per favore” ribatté Ester “A proposito, conosci per caso una certa Ginni Parco?”

“Non l’ho mai sentita, perché?”

Ester continuò: “Sai che cosa è la Seconda guerra mondiale?”

“Ma sei diventata matta? Certo che lo so!”

Lei ed Andrea si lanciarono un’occhiata d’intesa, tutto era come prima.

“Ora capirete il perché di queste mie strane domande” fece la ragazza, poi ordinò a Argon di far partire la registrazione di come era la storia prima che loro andassero a riparare l’errore. I genitori di Ester sapevano benissimo che cosa comportava l’uso di una macchina del tempo, per questo non si stupirono nell’apprendere come sarebbe stato il corso della storia se l’attentato di Sarajevo non fosse avvenuto, quella che rimase più sconvolta fu la madre di Andrea.

“Non è possibile” disse “È tutto falso, non ho mai sentito dire una cosa del genere.”

Damiano e Enrichetta, allora, intervennero a spiegarle come funzionavano le cose, era perfettamente naturale quello che era avvenuto.

“Quello che avete fatto è stato un atto di coraggio” affermò Damiano“Però non giustifica le altre volte che avete usato StoriaJou – 01.”

Ester confessò tutto, d’altra parte era un po’ che lo voleva fare, non riusciva più a vivere sapendo di avere tradito la fiducia dei genitori, alla fine venne a galla anche la responsabilità di Giovanni e Jessica in tutta la faccenda, Ester affermò che, se loro non avessero voluto per forza andare a Sarajevo la prima volta, tutto il resto non sarebbe successo. Confessò anche che lei si era sentita in colpa del fatto che si fossero lasciati e di come ora fosse contenta che avessero fatto pace anche grazie a tutto questo.

“Ci penso io a dargli una bella lavata di capo a Giovanni, eppure è grande pensavo fosse un po' più responsabile” disse la madre di Andrea.

“Non si tratta di questo” affermò Ester “Bisogna capire che le macchine del tempo non sono giocattoli e che non si usano per far vedere agli altri quanto si è temerari.”

Ester, quella sera, quando si trovò finalmente sola, sentì il bisogno di sfogarsi in un pianto dirotto, era la liberazione da tutte le tensioni dei giorni precedenti. Le era sembrato che Cris fosse un po’ amareggiato dal fatto di essere rimasto all’insaputa di tutto, forse avrebbe voluto condividere l'esperienza con Alessio per avere la sua opinione. La ragazza, tuttavia, pensava che il fratello minore in fin dei conti era stato fortunato a non essere coinvolto in tutta questa storia. Ester non disse nulla di avere rischiato la vita nel 1214, e dell’incontro con i loro doppioni, aveva però confessato del suo viaggio a Berlino mostrando a tutti le foto che aveva scattato. Rese note anche le modificazioni che quelle fotografie avevano subito facendole capire il cambiamento storico avvenuto, ora, rivedendo quelle immagini, si era accorta che erano tornate come quando lei le aveva catturate. La notizia di ciò che aveva fatto venne sui giornali, alcuni la considerarono un’eroina, altri non apprezzarono le sue gesta, ma a lei non importava, d’altra parte era ancora giovane, avrebbe avuto tutto il tempo di dare la giusta direzione alla sua vita. L’importante era che i suoi genitori avessero capito, infatti elogiarono il suo coraggio e il fatto che aveva fatto tornare il mondo alla normalità prendendo una decisione così difficile, inaspettata anche in un adulto. A volte le capitava di pensare ai loro doppioni che erano rimasti intrappolati nel 1914, speso provava rimorso per loro, in fondo quelli erano loro stessi. C’era una Ester nel 1914 e una nel 3007, qual era l’originale? Non aveva dubbi di essere lei la vera dal momento che la sua coscienza, e suoi ricordi e la sua mente erano in lei, ma allora l’altra chi era? Non poteva essere solo un ologramma, un immagine, era una persona anche lei, forse anche la sua copia aveva i suoi stessi pensieri e ora stava piangendo e disperandosi per non poter più tornare a casa. Comunque era anche vero che se quella dannata tegola non fosse caduta di sotto il suo doppione non si sarebbe mai creato. La cosa che più le dava da pensare era Ginni, per quale motivo il mancato attentato di Sarajevo l’aveva fatta venire al mondo? Il tutto era riconfermato dal fatto che adesso Ginni era nuovamente scomparsa, anche dalle vecchie fotografie che la ritraevano. Anche Andrea non sapeva spiegarsi il fenomeno, a volte erano anche un po’ dispiaciuti per quell’amica, l’avevano acquistata e persa in uno schiocco di dita e adesso era ritornata nel nulla a causa loro. I due ragazzi iniziarono a fare ricerche sulle possibili cause della comparsa e della sparizione di Ginni, arrivando alla conclusione che i Parco, probabili antenati della ragazza, erano cinque fratelli, quattro dei quali erano morti nella Seconda guerra mondiale.

“Probabilmente il padre di Ginni era il nipote di uno di quei quattro fratelli” osservò Ester “Ecco perché lei non è mai nata.”

Questo faceva aumentare i sensi di colpa nei due ragazzi, comunque Ester era arrivata alla conclusione che avevano fatto la cosa giusta, il mondo doveva essere così e basta. Quello che più stupì Ester fu una visita inaspettata di Jessica, questa andò da lei per scusarsi per quello che aveva provocato.

“So che quello che è successo è tutta colpa mia” esordì la ragazza “Per questo sono venuta a chiederti scusa.”

“Come fai a sapere ciò che è accaduto?” si stupì Ester “A rigor di logica tu non dovresti esserti accorta di niente.”

“Infatti è così per tutti, ma è anche vero che adesso sappiamo quello che tu ed Andrea avete fatto, io ti credo, tutti ti credono, è la scienza a dimostrare che quello che è accaduto è vero, mi ricordo perfettamente quella tegola che è caduta dal tetto a Sarajevo e so perfettamente che noi non dovevamo essere lì in quel momento, sono stata io a costringervi a fare quel viaggio, non sai quanto mi dispiace.”

Jessica aveva un'aria veramente mogia, Ester fu sicura della sua sincerità perché lei aveva creduto a tutta la storia pur non ricordandosi di Ginni e della storia cancellata.

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Capitolo 14
*** La gara ***


Era la metà di settembre, ormai era passato quasi un mese dall’incidente storico che aveva portato Ester ed Andrea a compiere le loro peripezie attraverso i secoli. Tra pochi giorni i ragazzi avrebbero iniziato l'università in città diverse e avevano organizzato una grande festa al Gigawatt per la settimana successiva in cui si sarebbero salutati tutti. Ester e Cris erano non solo per questo, ma per una cosa molto più importante, Freccia Solare sarebbe stata sperimentata tra tre giorni, altra cosa da festeggiare al Gigawatt insieme a tutto il resto. Damiano aveva promesso alla figlia di farla partecipare all’esperimento per ripagarla del suo coraggio, sarebbe stata sulla macchina con lui. La ragazza non poteva credere alla sue orecchie, comunicò la notizia ad Andrea abbracciandolo e dandogli un bacio sfiorandogli appena le labbra. Il ragazzo credette di svenire, non aveva mai sentito il tocco di velluto della bocca di Ester, si rammaricò non poco di essere rimasto lì con quell'espressione inebetita quasi sul punto di svenire, tutte le parole che avrebbe voluto dirle si limitarono a turbinargli nella mente in un gran caos senza tuttavia trovare la strada per uscire dalla bocca. Ester era talmente entusiasta sia della festa che sanciva l'inizio della loro nuova vita, sia dell'esperimento a cui avrebbe partecipato di persona che non ebbe il tempo di fare caso a tutto questo. Naturalmente amici e parenti erano stati invitati per assistere all’evento, avrebbero atteso la macchina più veloce della luce nell’apposita base approntata per farla atterrare, in mezzo all’Oceano. Freccia Solare sarebbe giunta lì un secondo dopo essere partita dal Centro di Ricerca Koller, a trecentocinquantamila chilometri di distanza. L’esperimento era stato fissato per il giorno tredici, due giorni prima della festa al Gigawatt, la ragazza e il fratello chiesero al padre di spiegare loro come si sarebbe svolto il lavoro.

“Immaginate di fare una gara con un raggio di luce” iniziò Damiano cercando di semplificare il più possibile “Sembra una cosa impossibile, vero? Eppure è proprio quello che faremo, la macchina partirà nel momento preciso in cui verrà acceso un proiettore, il nostro scopo sarà quello di ritrovare l’inizio del raggio, il viaggio durerà soltanto un secondo ma per i passeggeri della macchina sembrerà più lungo.”

“Allora la gara sarà vinta dalla macchina, non dalla luce” osservò Cris.

“In teoria sarebbe possibile” affermò Damiano “Ma noi la supereremo di poco, non possiamo distaccarla molto perché se lo facessimo il tempo per i nostri corpi tornerebbe troppo indietro.”

“In pratica tu torneresti giovane e io bambina” osservò Ester aggrottando la fronte.

“Esatto, arrivando in una situazione di parità per noi il tempo si fermerebbe per un secondo, se invece dovesse vincere la luce, il tempo per noi passerebbe ugualmente, anche se rallentato.”

“Ma vincerete voi” affermò Cris “Quindi quando uscirete da quella macchina sarete più giovani.”

“Come ti ho già detto supereremo di pochissimo il raggio di luce” rispose Damiano ammirando in silenzio la perspicacia dei figli “Torneremo indietro di un giorno al massimo, non vedrai nessuna differenza.

“È incredibile, papà” esclamò Ester “Hai trovato il segreto dell’eterna giovinezza!”

“Le applicazioni non dovrebbero essere queste” le spiegò Damiano con u sorriso “In realtà vorremmo usare questa tecnologia per i viaggi nello spazio, per noi l’inversione del corso del tempo non è altro che un inconveniente, bisognerà trovare il modo di evitarlo.”

Mancava oramai una settimana all’esperimento e Ester fu invitata a partecipare al suo allestimento al Centro di Ricerca Koller. Suo padre, che avrebbe dovuto pilotare la macchina, si preparava servendosi di un simulatore, spiegò alla figlia che durante il viaggio davanti a loro ci sarebbe stato solo il buio, questo perché si sarebbero lasciati la luce alle spalle, la rotta della macchina sarebbe stata programmata su un computer di bordo. La pista dalla quale Freccia Solare sarebbe decollata era lunga circa un chilometro, lastricata di lucidi magneti, la macchina, un piccolo aereo bianco, era già pronta al punto di partenza. Essa, al termine della pista, al momento di staccarsi da terra, avrebbe già dovuto avere una velocità pari a quella della luce. Un proiettore era stato posto al termine della pista, nel preciso momento in cui Freccia Solare sarebbe decollata, esso sarebbe stato acceso, la macchina avrebbe dovuto rincorrere l’inizio di quel raggio di luce e, prima di atterrare, superarlo di poco. Sarebbe stata una vera e propria gara. Ester si informò sugli eventuali rischi che avrebbe corso partecipando all’esperimento, non c’era nulla da temere, tutto quello che doveva fare era allacciarsi la cintura e guardare dal finestrino il raggio di luce che avrebbero dovuto sfidare.

La ragazza e i suoi genitori furono invitati a diverse trasmissioni per la radio e il proiettore tridimensionale. Ester notò che nel corso delle interviste venivano ribaditi due concetti principali, il primo consisteva nel precisare per quale motivo la figlia di Damiano Lanfranchi partecipava ad un esperimento come quello, il secondo era chiedere a lei se aveva paura di quello a cui sarebbe andata incontro.

La ragazza rispondeva sempre nello stesso modo: “Naturalmente no, credo che sia spettacolare viaggiare su una macchina come quella la quale, tra l’altro, non comporta alcun rischio.”

Tutti i suoi amici non facevano che congratularsi con lei, Giovanni e Jessica ormai si erano riappacificati completamente, Cris era un po’ invidioso per ciò che sarebbe toccato alla sorella, comunque le riconosceva il diritto ad una ricompensa per quello che aveva fatto con la macchina del tempo. Il giorno precedente a quello dell’esperimento per la ragazza fu un giorno terribile, non avrebbe mai immaginato di provare simili sentimenti, tutti i suoi amici e parenti, prima di partire per la base in mezzo all’Oceano, venivano a salutare lei e il padre, Ester pensava che forse quella era l’ultima volta che li vedeva, lo sapeva benissimo che era un pensiero stupido ma a volte si faceva prendere dai pensieri strani senza motivo. Amici e parenti, compreso Cris, avrebbero pernottato sulla base galleggiante in attesa del grande momento, la ragazza rimase sola con i genitori. La notte precedente il giorno dell’esperimento Ester non riusciva a darsi pace, camminava febbrilmente per la casa, non era così che aveva immaginato quel giorno, più di una volta fu tentata di andare dal padre e dirgli che lei rinunciava a partecipare. Questi pensieri scomparvero soltanto la mattina dopo nel momento in cui, lei e i suoi genitori, furono accolti trionfalmente al Centro di Ricerca Koller. Il piazzale era brulicante di giornalisti. Ester sapeva che sulla base marina ce ne sarebbero stati altrettanti. Sua madre non ci sarebbe stata nel momento di gloria in mezzo al mare, lei era addetta all’esperimento stesso e quindi doveva rimanere a controllare gli strumenti a terra.

Un capannello di scienziati circondava Freccia Solare per gli ultimi accertamenti, Damiano ricevette le ultime istruzioni sulla macchina e Ester le congratulazioni dei ricercatori. La partenza della macchina era programmata per le dieci della mattina, e così fu. Ester guardava quel piccolo aereo bianco imbambolata, i due sportelli aperti erano simili a bocche pronte ad inghiottire lei e suo padre, a sua volta, quella lunga pista di calamita avrebbe ingoiato la macchina con loro due dentro. La ragazza si accorse che le gambe le tremavano, C la possibilità che qualcosa non funzioni? Ma no, devo fidarmi di papà e pensare al viso sorridente di Andrea quando mi vedrà atterrare e scendere.

Furono le parole del padre a riportarla alla realtà: “Vieni, Ester, è il momento.”

Lei lo guardò senza muovere un muscolo, sembrava esitare in quella bella giornata di sole.

“Se non te la senti puoi anche restare a terra” disse Damiano passando un braccio intorno alle spalle della ragazza.

“Invece lo farò” affermò Ester decisa guardando il padre negli occhi.

La ragazza salì a bordo dopo aver guardato un momento la madre, questa sorrise facendole l’occhiolino, Ester si allacciò la cintura e chiuse lo sportello, continuava a guardare il mondo esterno attraverso il finestrino, i colleghi del padre esultavano mentre lui li salutava per poi salire sulla macchina accanto alla figlia. Non appena tutti gli sportelli furono chiusi il chiasso esterno fu annullato completamente. Damiano si allacciò la cintura, poi cominciò a parlare con una voce che proveniva da un altoparlante posto nel quadro comando di Freccia Solare, l’uomo dall'altro capo chiedeva allo scienziato di controllare vari strumenti.

“Affermativo” ripeteva lui ogni volta.

Dopo circa cinque minuti la voce disse “Allora possiamo iniziare il conto alla rovescia, buon viaggio, Damiano, ti aspettiamo tra un secondo in mezzo al mare.”

“Coraggio, si parte” disse lo scienziato alla figlia stringendole una mano.

Ester respirò profondamente e trattenne il fiato, suo padre intanto aveva acceso i motori della macchina che prendevano sempre più potenza. La ragazza notò un quadrante che avrebbe segnato loro la velocità in chilometri al secondo, si era portata un cronometro da polso che era in grado di segnare anche i centesimi di secondo, lo avrebbe tenuto d’occhio per vedere come si sarebbe comportato il tempo durate il viaggio.

Tre…due…uno…go!

Il momento della partenza, la macchina si mosse con uno strattone, la velocità era già molto elevata, non erano ancora decollati e già sfioravano quella della luce, Ester vide le figure davanti a sé, gli alberi e la pista, piegarsi e contorcersi, guardò il suo cronometro, i centesimi di secondo procedevano molto lentamente, dovevano passare all’incirca due secondi perché ne scattasse uno, subito la ragazza si rese conto che per loro il tempo non passava come per coloro che erano all’esterno, dentro la macchina si era enormemente dilatato. Ad un certo punto il cronometro si fermò, Ester notò che la velocità adesso era precisamente trecentomila chilometri al secondo, esattamente quella della luce, davanti a loro si scorgeva soltanto il buio, segno che ormai la luce era alle loro spalle. Nonostante tutto la fine della pista si avvicinava ad una velocità relativamente bassa, la ragazza ne chiese il perché al padre.

“Per noi il tempo non è come all’esterno, per gli altri il nostro viaggio durerà un secondo, per noi molto di più, stai molto attenta adesso, nel momento in cui decolleremo verrà acceso il proiettore, vedrai il raggio di luce contro cui dovremo gareggiare apparire nel finestrino accanto a me.”

Ester guardava sia la fine della pista che il finestrino che le aveva indicato il padre, le sensazioni che provava erano di assoluta beatitudine, si sentiva leggera e le sembrava che la macchina stesse scivolando su uno strato d’olio, inoltre si rese conto che sia lei che suo padre, in quel momento non stavano invecchiando di un solo secondo. Era arrivato il momento del decollo, quando la macchina si staccò da terra Ester non sentì nessuna variazione, davanti a loro adesso cerano solo le tenebre ma nel finestrino di sinistra era apparso qualcosa.

“Eccolo, Ester, lo vedi? Il nostro sfidante!”

La ragazza lo vide perfettamente il raggio di luce che correva accanto a loro, una striscia gialla il cui inizio era poco lontano da loro, si trovava all’altezza del muso affusolato della macchina.

“Adesso inizia la vera sfida, Ester” le spiegò il padre “Fino ad ora siano andati alla stessa velocità, ma ora farò accelerare la macchina fino a far retrocedere l’inizio del raggio fino a metà finestrino, raggiungeremo la velocità di trecentocinquantamila chilometri al secondo.”

Mentre il padre aumentava i giri dei motori, Ester tornò a guardare il suo cronometro, non appena si accorse che i numeri iniziarono a scorrere all’indietro, guardò nuovamente il finestrino con un sorriso trionfante dipinto in viso.

“Guarda, Ester” disse il padre quasi esultando.

L’inizio della striscia gialla iniziò a retrocedere lentamente.

“Lo stiamo superando!” esclamò la ragazza.

Stavano viaggiando più veloci della luce, il raggio che era accanto a loro andava decisamente più lento. La ragazza pensò al fatto che in quel preciso momento lei e il padre stavano ringiovanendo, sia pur di poco, si concentrò per vedere se riusciva a percepire qualche cambiamento all’interno del suo corpo, ma si sentiva come sempre. Quando ebbero superato il raggio di luce tanto da far risultare il suo inizio a metà finestrino, Damiano disse: “Bene, missione compiuta, adesso rallenteremo e ci prepareremo all’atterraggio.”

Ester sorrise felice, aveva appena vissuto una magnifica esperienza ed era contenta che si fosse conclusa nel migliore dei modi. Fissò lo sguardo nel buio davanti a sé aspettando di veder comparire il mare dove avrebbe trovato un’esplosione di gioia per sé e per suo padre. Il sorriso di Andrea.

“Dannazione!” esclamò Damiano, il sorriso era scomparso dal suo viso.

Ester lo guardò con gli occhi colmi di preoccupazione: “Che succede, papà?”

“Non rallenta, la macchina non rallenta”

La ragazza fu presa dal panico, guardò il suo cronometro che continuava inesorabilmente a correre all’indietro, guardò il raggio di luce al finestrino, ormai era dietro di loro, molto distante. Ester sentì solleticarsi la fronte e i gomiti, allungò una mano per sentire che cos’era e rimase di stucco.

“Papà!” urlò terrorizzata “Mi stanno crescendo i capelli, io li avevo così lunghi e la frangia due anni fa”

Non era l’unico cambiamento che si stava verificando, Ester notò che progressivamente stava diventando più bassa, il seno le era scomparso, i vestiti e le scarpe erano sempre più larghi, sembrava che le si stessero dilatando addosso, o era lei che si restringeva.

“Papà!” la sua voce atterrita suonò incredibilmente infantile. Guardò suo padre notando che era più giovane di almeno dieci anni.

“Papà, ferma la macchina!” gridò la voce di una bimba di cinque anni.

Damiano, poco più che un ragazzo, armeggiava febbrilmente con gli strumenti senza trovare il modo di far rallentare Freccia Solare.

“Deve essersi guastato qualcosa, stai tranquilla, Ester, ce la caveremo.”

Per tutta risposta sentì il pianto di un neonato, una bimba di appena pochi mesi si agitava tra i vestiti della Ester diciannovenne che si erano afflosciati sul sedile.

 

Intanto sulla piattaforma marina tutti aspettavano, con gli occhi rivolti al cielo, l’arrivo dei vincitori in quella gara di velocità. Per i parenti e gli amici erano state approntate delle gradinate, Cris sedeva in prima fila insieme ai suoi nonni paterni, i genitori della madre erano scomparsi ormai da parecchi anni.

“Oh, se potessero essere qui anche i genitori di Enrichetta” esclamò la madre di Damiano senza staccare gli occhi dal cielo sereno. Gli amici di Ester, Andrea e Giovanni con i loro genitori, Jessica, e Alessio erano seduti nella fila subito dietro. Cris sorrise pregustando l’arrivo di Freccia Solare, pensava che mentre era in azione doveva assomigliare veramente ad una freccia. Improvvisamente un boato somigliante ad un tuono fece sobbalzare la folla, qualcosa di molto veloce produsse un sibilo simile ad una bomba che sta per schiantarsi al suolo. Dai presenti si levò un grido di stupore mentre Freccia Solare atterrava sulla piattaforma ad una velocità impressionante, fu visibile solo dopo che ebbe toccato il suolo in quanto l’attrito l’aveva frenata notevolmente. La macchina rallentò malamente producendo scintille e facendo due testacoda, inoltre per poco non cadde in acqua. Tutti tremarono dal terrore, come mai Damiano non era riuscito a far rallentare la macchina? Per quanto riguardava la rotta essa era stata seguita dal computer di bordo, ma era lo scienziato che avrebbe dovuto impostare la velocità della macchina, come mai non lo aveva fatto? Alcuni ricercatori accorsero in direzione del piccolo aereo bianco, nessuno aveva aperto gli sportelli per uscire. Cris, i suoi parenti e gli amici si alzarono in piedi con il cuore in gola, Ester e suo padre, che avrebbero dovuto scendere trionfanti e sorridenti dalla macchina, non si vedevano. Poi accadde qualcosa di eclatante, la testa di un bambino biondo si affacciò da uno dei finestrini della macchina, qualcuno aprì il portello facendolo scendere, il ragazzino indossava gli abiti di Damiano che naturalmente gli stavano larghissimi, doveva vere all’incirca otto o nove anni e assomigliava in modo sorprendente a Cris. Erano rimasti tutti senza parole, osservavano il bambino che si dirigeva verso gli spalti del pubblico.

“Mamma, papà!” grido improvvisamente quel bimbo dirigendosi verso i nonni di Cris ed Ester.

“Damiano?” fece la nonna di Cris sgranando gli occhi e con la bocca che le tremava come se avesse visto un fantasma.

“Come mai siete più vecchi?” chiese ancora il bambino.

“Sei Damiano?” chiese ancora la vecchia signora come in trance.

“Certo, mamma, non mi riconosci?”

A questo punto Andrea, sconvolto, accorse verso il bambino chiedendogli: “Cosa è successo, dov’è Ester?”

“Chi è Ester? “

Esclamazioni di stupore misto a terrore si levarono dalle persone che stavano intorno. Andrea fece qualche passo indietro terrorizzato e con il viso che era diventato cadaverico. Si precipitò di corsa verso la macchina ferma sulla pista, un gruppo di scienziati stava contemplando l’interno, il ragazzo vide gli abiti di Ester abbandonati sul sedile, li prese tra le mani e, stringendoli al petto si mise a piangere.

“Mi dispiace” gli disse uno degli scienziati.

“Che cosa diavolo è successo, che fine ha fatto Ester?” chiese Andrea singhiozzando.

“Vedi” spiegò lo scienziato “Si è guastato qualcosa e Damiano non ha potuto far rallentare la macchina, il tempo per lui ed Ester è tornato indietro, questa è una cosa normale quando si supera la velocità della luce ma per loro è tornato troppo indietro, Damiano è tornato bambino, mentre Ester è…”

“Morta?” Andrea si stupì di se stesso per aver racimolato il coraggio di pronunciare quella parola.

“Morta non è il termine adatto” continuò l’uomo scuotendo la testa disperato “Direi piuttosto che è scomparsa, suo padre ha otto anni e lei è come se non fosse mai nata, mi dispiace, figliolo.”

Andrea si voltò per tornare indietro trovandosi davanti Cris, i suoi nonni e i suoi amici. Non avevano potuto fare a meno di sentire, i nonni di Ester e Cris piangevano incuranti del piccolo Damiano che non capiva quello che stava succedendo, Andrea guardò sconsolato gli amici i quali ancora non riuscivano a rielaborare la disgrazia. E io non ti ho detto nemmeno niente quando mi hai baciato, ho aspettato tutta la vita quel momento per rimanere fermo e zitto come uno stupido. Ora tocca a me rimediare gli errori che ti sei sempre impegnata a fare tu, questo non lo accetto, deve essere rimediato!

 

Circa una mezz’ora più tardi Andrea e Giovanni erano imbarcati, insieme ai loro genitori, su una piccola nave che stava riportando le persone a terra.

Andrea aveva detto a suo fratello che si sarebbero trovati sul ponte per parlare.

“Non potevamo parlare giù?” chiese Giovanni raggiungendo il fratello.

“Non voglio che mamma e papà ci sentano” il biondo aveva il viso pallido e letteralmente sfatto.

“Non mi sento in vena di discutere, Andrea, forse non ti rendi conto che è successa una tragedia senza pari, nonostante tutti insistano a dire che Ester non è morta, è come se lo fosse.”

“È proprio questo il punto” esclamò Andrea “Ester può vivere ancora, se noi vogliamo.”

“Che stupidaggine!” esclamò Giovanni “Non la rivedremo mai più, toglitelo dalla testa, mi sembra che tu stia andando fuori di senno.”

“No, Ester esiste ancora, solo che si trova nel 1914, dobbiamo solo andare a prenderla.”

“Che diavolo stai farneticando, Andrea” Giovanni aveva gli occhi lucidi “Come fa ad essere nel 1914?”

“Lo vedi che non vuoi ragionare” ribatté con foga Andrea “Non ti ricordi che io ed Ester, quando siamo andati a Sarajevo per sistemare l’incidente storico causato da quella tegola, abbiamo incontrato i nostri doppioni? Sono ancora là, Giovanni, gli abbiamo danneggiato la macchina del tempo per impedirgli di tornare, tra loro c’è anche Ester!”

“Ma non sarebbe lei” osservò Giovanni nonostante la sua espressione si fosse leggermente rasserenata.

“Perché no?” disse Andrea “Perché non dovrebbe essere lei, è lei nel passato, è vero, ma è sempre la stessa persona.”

“Hai ragione” concordò Giovanni “Dobbiamo usare ancora . StoriaJou – 01”

“Questo non è un problema, allora, mi aiuterai a riportare la nostra amica a casa?”

“Sei un genio, Andrea” disse Giovanni con gli occhi colmi di speranza “Certo che sì!”

Ti amo. Devo dirtelo.

 

 

 

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