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di Duchessa712
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1.1 ***
Capitolo 2: *** 2.2 ***
Capitolo 3: *** 3.3 ***
Capitolo 4: *** 4.4 ***
Capitolo 5: *** 5.5 ***



Capitolo 1
*** 1.1 ***


I.
"Attendi ancora?"

Attendo sempre, vorrebbe rispondere, per poi correggersi e aggiungere un "da" tra le due parole.

Attendo da sempre, che è un eufemismo e un'iperbole insieme: nessuno attende da sempre perché nessuno è vivo da sempre, eppure lui si sente tanto vecchio che gli sembra di avere il peso del mondo sulle spalle.

Decide di tacere: magari così andrà via, lasciandolo alla sua solitudine, alla sua attesa e al bicchiere davanti a lui.

"Non credi di aver atteso abbastanza?".

È tutta la sera che attende. Tutta la vita, in realtà. Anche questo è un eufemismo e un'iperbole in contemporanea, seppur un po' più veritiero del precedente.

Tace ancora, sperando di poter finalmente venir lasciato in pace, ma è evidente che l'ha sottovalutata. Non che sia la prima volta.

"Non mi rispondi?" continua imperterrita.

"Non mi riconosci?" lo irride, le labbra rosso sangue dischiuse in un sorriso, che somiglia più ad un ghigno.

"Certo che ti riconosco. Ti riconosco sempre, Morgana" si arrende, ingoiando la sconfitta insieme al bourbon.

"Lo spero bene, Emrys" mormora senza togliergli di dosso gli occhi verdi che brillano pericolosi alla luce artificiale del locale.

"Che cosa vuoi, Morgana?".

Si passa una mano sul viso stanco, segnato dalle occhiaie e dalle attese e da un leggero accenno di barba.

"Attendi ancora?" ripete lei con lo stesso tono di prima: curiosità che cela una rabbia di fondo che vibra, però, nell'aria e nella magia.

"Attendi ancora" ed è un'affermazione che forse vuole essere smentita o forse confermata e, nel dubbio, decide di non risponderle.

"Sono passati secoli e tu attendi ancora" sibila furiosa e irridente, mentre l'iride si colora di oro e il bicchiere esplode in mille schegge sul bancone.

*

É un insegnate, adesso: letteratura inglese. Gli piace insegnare, gli sembra di contribuire a costruire un futuro, di lasciare un segno nella vita di qualcuno.

I suoi alunni lo ascoltano attenti quando spiega, dicono che riesce a trasmettere loro la passione, che li ispira.

Quando sente questi discorsi, Merlin si rianima e riesce quasi a convincersi che la sua vita non è solo una vana e vuota attesa.

"Quando pensi di smettere?". È seduto ad un tavolino fuori da un bar in attesa che inizi la prossima ora di lezione.

"Di fare cosa?"

"Attendere".

Lei lo sembra eccome, stanca: é sparita la furia che le ha visto in volto quella sera nel locale appena la settimana prima.

"Perché sei qui Morgana?".

È sempre lo stesso gioco, lo stesso discorso, lo stesso copione, e lui, nonostante il tempo, non è ancora riuscito a decifrarla.

Lei lo ignora, sfilandogli dalle mani il libro che stava leggendo prima del suo arrivo.

"Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda?".

Merlin scrolla le spalle "È l'argomento della mia prossima lezione", ma il sorriso di Morgana gli blocca il respiro e lo costringe ad abbassare il capo, incapace di guardarla negli occhi.

"Tu attendi ancora. Sono passati secoli, anzi millenni, siamo diventati i personaggi di una leggenda e tu attendi ancora"

"Che altro potrei fare, Morgana?".

Non è retorica, la domanda, è dettata dalla più pura disperazione e qualcosa brilla negli occhi della strega, qualcosa che Merlin si rifiuta di chiamare pietà o pena. Sarebbe troppo umiliante. Sarebbe sufficiente a distruggere tutto.

"Vivere" gli risponde come se fosse la cosa più naturale del mondo "per te stesso, almeno per una volta".

*

La leggenda lo ricorda come un mago potente, vecchio e saggio: un consigliere, un aiutante, un maestro. La televisione lo dipinge come un anziano arzillo vestito di blu con un cappello a cono e un gufo da compagnia di nome Anacleto.

È tutto sbagliato. La storia, i personaggi, gli eventi: è tutto così sbagliato e distorto che gli fa venir voglia di urlare.

Non lo fa. Spiega, parla, racconta, incanta. La nostalgia gli stringe il cuore e la magia scalpita per rivelarsi.

In questi momenti, quando è il centro del mondo e dell'attenzione di quei ragazzi che hanno la vita davanti e il mondo da scoprire, gli sembra di star vivendo per sé stesso. Dimentica il destino. Dimentica Artù. Dimentica tutto.

Poi la campanella suona e la realtà torna, prepotente, a fare da padrona, la classe si svuota, Camelot torna nei confini ridotti della leggenda. Merlin continua ad aspettare.

"Tu sei sicuro che tornerà".

Gioca con la cannuccia del suo drink e sembra calma, stasera, sparite la rabbia e la stanchezza.

"Sì".

Appoggia la giacca sullo schienale della sedia e fa un cenno a Bruce dietro al bancone. Trangugia il bourbon prima ancora che il bicchiere venga poggiato sul tavolo.

"Perché?"

"Perché cosa?"

"Perché sei certo che tornerà?"

"È il destino".

Morgana lo guarda e Merlin si aspetta il lampo dorato e qualche disastro, non che getti la testa indietro e rida. É una risata isterica e sono in molti a voltarsi a guardarla, anche se lei sembra non farci caso. Merlin, invece, sente l'irritazione crescere, le guance imporporarsi e le punte delle orecchie andare a fuoco.

"Ti va di far ridere anche me?" chiede seccato, ordinando un altro drink.

Morgana si ricompone, anche se un sorriso divertito continua ad adornarle il viso.

"Il destino? É davvero per questo che attendi, Emrys?"

"Direi che si è dimostrato una fonte affidabile"

"Homo faber fortunae suae" replica lei. "Comunque non mi hai risposto: cosa ti è stato detto?".

Merlin esita e cerca i suoi occhi alla ricerca... Di cosa? L'assicurazione che non farà nulla contro di lui? Cosa potrebbe fare? Cosa potrebbe guadagnare?

È passato quel tempo, anche se a volte, soprattutto in sua presenza, é più facile credere il contrario.

"Che quando Albion ne avrebbe avuto bisogno, il suo Re sarebbe tornato".

Morgana spalanca gli occhi e Merlin è sicuro che gli riderà di nuovo in faccia. Invece si limita a studiarlo meravigliata, come se fosse una creatura di una rarità particolare.

"Sono passati millenni, Merlin, e due guerre mondiali: davvero non c'è mai stata una crisi sufficientemente grave a far tornare il tuo Re?".

È seria, adesso, ha raddrizzato la schiena e stretto le mani tra loro e lo guarda dritto negli occhi. Gli ricorda Morgana la Lady, prima che diventasse Morgana la Strega, quando ancora la considerava un'amica.

"Per non parlare poi" continua, e questa volta c'è una strana inclinazione nella voce che lui non riesce a decifrare, "di che cosa potrebbe mai fare?"

"Che cosa intendi?"

C'è pietà nei suoi occhi e Merlin sente la rabbia crescere nel fondo dello stomaco ed espandersi ad ogni singola cellula del suo corpo.

"Che ruolo potrebbe mai avere, il tuo prezioso Re? Il suo tempo è finito. Il nostro tempo è finito. Da secoli, oramai"

"Sparisci"

"La verità fa male?" lo stuzzica: é Morgana la Strega, adesso, Morgana la nemica.

"Vattene e lasciami in pace"

"Per quanto intendi aspettare?" continua lei imperterrita. "Per sempre?"

Silenzio.

"È un assenso?"

Silenzio.

"Mi fai pena" eppure nei suoi occhi c'è solo rabbia, mentre si alza di scatto e si allontana di fretta dal locale dove Merlin, in questa sua ennesima e nuova vita, ha preso a passare le sue serate.

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Capitolo 2
*** 2.2 ***


II.

"Ti manca?"

"Artù?"

"Il passato"

Non è la stessa cosa? vorrebbe chiederle: sa che lei lo pensa, che disprezza e compatisce il modo in cui ha scelto di vivere a Camelot. Sa che, per lei, non c'è differenza perché il suo passato, Merlin, lo ha sempre votato ad Artù, così come il suo presente e il suo futuro.

"Non lo so" risponde, sistemando meglio la tracolla della borsa sulla spalla, piena di libri e compiti di correggere.

"Bugiardo" lo redarguisce sorridente, prendendolo a braccetto. "Hai già mangiato?" cambia improvvisamente argomento. "Offro io" continua, trascinandolo verso quella che Merlin presume essere la sua macchina.

Il silenzio che si adagia tra di loro è rasserenante e Merlin trattiene il respiro, pregando che duri ancora a lungo, che Morgana non lo spezzi con altri indovinelli che riceveranno ancora la risposta sbagliata.

"Quindi ti manca il passato?" ripete e Merlin non se la ricordava così insistente e vorrebbe dirglielo, magari vedere i suoi occhi illuminarsi divertiti, cambiare argomento e deviare dalla sequela di domande con cui lo incalza ogni volta.

Morgana, però, attende ancora una risposta e non si lascerà distrarre da alcuna divagazione, così Merlin ingoia il sì impulsivo che stava per uscirgli dalle labbra e ci riflette lentamente. Gli manca il passato? Che cos'è il passato? È Artù, ovviamente. È Camelot e i Cavalieri e Gaius e Gwen. È sua madre e suo padre e Kilgarrah e il destino. È la segretezza e le bugie e la paura. È Gaius che gli chiede cosa sia successo al ragazzo sorridente e pieno di vita giunto da lui e spezzato da troppi doveri.

"No" risponde alla fine e fa talmente male che vorrebbe rimangiarselo, un tradimento nei confronti del suo Re e della sua missione.

Si morde il labbro e aspetta l'evolversi del discorso, continuando a mangiare il pranzo che Morgana ha intenzione di offrirgli.

"Sei sincero". È davvero necessaria tutta quella meraviglia?

Sì. Con lei sì, perché l'ha ingannata e abbandonata e - un tuffo al cuore, il respiro bloccato in gola - da lui è arrivata ad aspettarsi solo altre menzogne.

"A te manca il passato?".

Esita e schiude le labbra un paio di volte. "Qualche volta" ammette infine, fuggendo al suo sguardo, anche se non ce n'è bisogno perché Merlin non intende soffocarla di domande. Si sente in debito con lei e, ogni volta che le loro strade si intrecciano nello scorrere della storia, la sensazione non fa altro che aumentare.

"Non mi chiedi cosa mi manca di più?"

Il potere. La magia. La possibilità di vendetta. La lista è lunga.

"Non sei tenuta a dirmelo se non vuoi" risponde scrollando le spalle.

Infatti non vuole e non risponde.

*

"Chi è la bella con cui ti ho visto uscire ieri?".

Jack lo sorprende all'entrata di scuola, dopo una notte insonne annegata nel bourbon e priva della compagnia di Morgana. Non se ne preoccupa: lei fa sempre ciò che vuole, gestisce sempre il gioco, i modi e i tempi - anche se nell'ultimo periodo ha cambiato strategia.

Jack gli piace, è un buon amico, il primo che si è fatto in quella nuova vita. Insegna chimica e Merlin gli si è affezionato inizialmente per questo, per poter osservare ancora le sostanze mescolarsi e dare vita alla magia.

"Quale bella?"

"Non fare il finto tonto" lo sgrida giocoso "capelli neri, occhi chiari, piglio deciso. Ti ha trascinato via e non ti sei opposto..."

"È un'amica" risponde secco. "Non la vedevo da tanto". Dagli anni sessanta del secolo scorso, ma non c'è bisogno di entrare nello specifico.

"Ha un nome, la tua bella amica che non vedi da tanto?"

"Morgana"

"Come la fata delle tue leggende"

"La strega".

Non è mai stata una fata - Lady, Principessa, Strega, Maga, mai Fata. Merlin non sa dire perché il pensiero lo faccia irrigidire.

"Quella dei miraggi" continua Jack imperterrito, infilandosi in classe e salutandolo con la mano.

Merlin sospira. Sì, i miraggi, mormora a malincuore. A volte ha la sensazione che Morgana non sia mai stata più di questo: qualcosa destinato a scivolare tra le dita, a sembrare vicino e irraggiungibile al contempo.

È ingiusto, però. Anche lui è un miraggio, come Albion e Avalon, Gwen e i Cavalieri, Artù, che attende e attende e attende fino alla fine dei tempi.

Morgana, a confronto, è l'elemento più concreto della storia.

Quanto si deve essere disperati per arrivare a simili paradossi?

*

"Credi che sia tutto un'illusione, vero?"

Credi che non tornerà?, é la vera domanda, ma non è ancora pronto a porla.

È stato lui a cercarla, seguendo quel sottile filo che li lega, la magia che fluisce nelle vene insieme al sangue maledetto. Ha un odore particolare, la magia, un sapore, una consistenza, un suono particolare, che Merlin conosce da troppe vite e Morgana da un poco meno.

L'ha cercata e l'ha trovata su una panchina sotto un albero spoglio, le foglie dorate e l'erba giallastra ai suoi piedi, l'acqua del laghetto piatta di fronte a lei. Morgana circondata da morte. Morgana portatrice di morte.

Non è stato sufficiente a scoraggiarlo.

"Un'illusione?" ripete, assaporando il termine con un piccolo sorriso e genuino divertimento dipinto sul volto austero.

"Un termine particolare. Non quello che avrei scelto io"

"Cosa avresti usato?"

"Fregatura. Bugia".

Colpisce dove fa più male - sempre: ecco perché è tutto tranne che una Fata, perché, con tutto il bene che le ha voluto, Morgana non è mai stata capace di portare il bene senza mescolarlo al male.

"Rispondi alla domanda" digrigna, stringendo le mani a pugno, stanco dei suoi giochi ancor aprima che li inizi.

"L'ho fatto, Emrys. Non è certo colpa mia se ti scordi ciò che dici"

"Morgana" la avverte, mentre i suoi occhi si accendono e il vento si alza, scompigliando le foglie e il lago e i capelli di lei, che lo guarda compiaciuta della reazione che è riuscita ad ottenere.

"No" sospira alla fine, senza guardarlo. "Non è stata un'illusione. Le illusioni mostrano ciò che si agogna e non si può avere. Il passato, invece..." si interrompe persa nei suoi pensieri e d'un colpo sembra più vecchia, più stanca, provata più di lui da tutto quello che li hanno costretti a passare.

"Il passato, invece, è quanto di più reale esista. Non si sogna, la realtà, Merlin. Non la si rimpiange. Non la si rivuole indietro"

"Io..."

"Tu" lo interrompe con più forza e asprezza del necessario "stai gettando la tua vita in un'attesa vana. Non stai rimpiangendo il passato e non lo rivuoi nemmeno. Tu sogni il futuro, Merlin. Aspiri e desideri il futuro insieme a persone che, casualmente, esistevano anche nel passato. Il che mi riporta a una domanda: cosa può fare il tuo Re in questo mondo?".

Non sa cosa risponderle e lei scuote la testa, delusa, per poi alzarsi, pronta ad andarsene. Merlin però la ferma, afferrando il polso con una delicatezza che non si addice a nessuna delle persone che sono diventate.

"Che cosa ti manca del passato, Morgana?".

Lei, però, si libera dalla sua presa e se ne va, lontana ed eterea, come le illusioni.

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Capitolo 3
*** 3.3 ***


III.

Morgana scompare, ma Merlin non se ne fa un cruccio: anche questa è una scena collaudata e riapparirà ancora, prima o poi, con altri indovinelli e altre derisioni.

Lui va avanti con la sua vita, anche se la sua vita è finita da un pezzo e quindi forse è meglio dire che va avanti e basta, che attende sempre e che la speranza sfiorisce alla sera per poi sbocciare più forte al mattino.

"Dov'è finita la tua amica?".

Scrolla le spalle senza sollevare gli occhi dal libro che sta leggendo, mentre Jack accanto a lui sorride malizioso.

"L'hai fatta scappare?".

L'ho fatta scappare? Ripensa a quel giorno nel parco, alla natura morente attorno a loro, alla dolcezza con cui le ha stretto il polso e alla malinconia sul suo viso quando s'è liberata. Ripensa alla domanda, alla supplica cui lei non ha risposto - e dov'è la novità, poi? Morgana non risponde mai, lo lascia a macerarsi nel dubbio e nell'incertezza fino a quando riappare con una nuova sequela di altri interrogativi che servono solo a confonderlo di più.

"Perché ti interessi tanto?" domanda con troppa asprezza per fingere che l'insinuazione dell'amico non l'abbia toccato.

"É bella. Molto bella. Se si stancasse di te, potrei sempre provare io. Ma se l'hai fatta fuggire non si sa dove, le mie chance si riducono drasticamente".

Merlin vorrebbe ridere, fare una battuta, urlargli di stare attento a come parla, spiegargli che Morgana non si fa costringere da niente e da nessuno, che è un uragano, una tempesta, che non si ferma mai. Vorrebbe deriderlo, umiliarlo, perché che cosa se ne fa Morgana la Strega, Morgana la Lady, di un povero insulso insegnante , quando ha avuto Re e Imperatori piegati ai suoi piedi, cosa se ne fa di un povero debole umano, quando la magia grida nelle sue vene per qualcuno di simile a lei, che sappia tenerle testa e comprenderla e amarla.

Cosa se ne fa di te, quando può avere me? e non sa da dove venga tanta arroganza, forse dalla frustrazione di quelle domande senza risposta, forse dalla paura che la sua sia un'attesa senza ricompensa, forse dalla nausea che gli suscita immaginare Morgana fra le braccia di un altro diverso da lui - lui che l'ha amata fin dal primo giorno, che ha pianto la sua morte e il suo tradimento, lui che è il mago più potente di tutti i tempi eppure non è riuscito a fare una singola cosa giusta.

"Se tornerà te lo farò sapere".

*

Morgana torna con la luna nuova, le labbra colorate di rosso e inarcate in un sorriso deliziato, gli occhi scintillanti che promettono pericolo.

"Andiamo a passeggiare".

Merlin é troppo stanco e ha bevuto troppo per pensare di potersi davvero opporre e la segue rassegnato per le vie della città.

Non le chiede perché sia tornata adesso, ci ha già provato una volta, secoli prima, ed era stato ignorato e non ha alcun dubbio che la situazione, ora, non cambierebbe.

"Dovrò dare il tuo numero a Jack"

"A chi?"

"Un amico che ha una cotta per te - la fata dei miraggi"

"Non sono una fata"

"É quello che gli ho detto"

"E perché mai dovresti dargli il mio numero?"

"Gli ho fatto una promessa"

"Digli una bugia. Non sarebbe la prima volta".

Non raccoglie la sfida perché è davvero troppo esausto e troppo ubriaco e perché sarebbe solo l'ennesima conversazione circolare e senza risposta.

"Dove sei stata?"

"Venezia. Ne vuoi una?" domanda sfilando una sigaretta da un pacchetto.

"Non fumo".

Lei scrolla le spalle e continua a camminare su tacchi dall'altezza vertiginosa.

"Sei molto bella". Forse è l'alcool a parlare.

"Grazie". Di sicuro è l'alcool che gli sta facendo immaginare il rosso che le colora le guance, le dona un'aria di finta innocenza che ha perduto da troppi anni. Merlin si chiede se le avesse il tempo portato via un po' di bellezza resistere ai suoi giochi sarebbe più facile.

Morgana indossa tacchi troppo alti e un abito del colore del sangue che nella leggenda ha imporporato il campo di battaglia dove è caduto Artù. Lo stesso colore del giorno in cui Morgause é morta e Morgana ha giurato vendetta, ha promesso che quello era solo l'inizio.

"A cosa pensi, Merlin?" esala con una nuvola di fumo.

"Tu le hai sempre rispettate, le promesse"

"Qualcuno doveva pur farlo".

Annuisce e continua a seguirla per questo peregrinare senza meta.

"Dove stiamo andando?"

"Ti riporto a casa"

"Niente indovinelli oggi?"

"No, oggi no. Non mi saresti utile ubriaco come sei"

"In vino veritas"

"Forse".

Procedono in silenzio fino alla porta d'ingresso, quando lei gli chiede una penna e un pezzo di carta.

"Il mio numero di telefono".

*

"Che cosa devo farci col tuo numero?"

"Quello che vuoi: brucialo, tienilo, dallo al tuo amico. A te non serve".

No, a loro basta la magia.

"Tu non sei stanco? Io sono esausta, Merlin. Vorrei solo..." la frase si perde nel rosso del tramonto e nel fumo della sigaretta e Merlin annega l'impazienza nel primo bicchiere della serata.

"... addormentarmi e non dovermi più svegliare".

Non è truccata, oggi, e gli concede di vedere cosa nasconde dietro l'ennesima maschera: un viso troppo pallido e troppo affilato e occhi cerchiati di nero.

"Hai ancora i sogni?"

"Qualche volta. Non ho mai imparato a controllarli" mormora più a se stessa che a lui.

"Posso provare a fare qualcosa..."

"Non voglio che smettano. Sono utili, a volte. Ad ogni modo non importa, rispondi alla domanda".

Merlin sospira e chiede un altro bicchiere.

"Sì, Morgana sono stanco"

"Allora perché attendi ancora?"

"Perché ho speranza che tornerà"

"E quando ti renderai conto che non lo farà, che è solo una perdita di tempo? Quando capirai di aver sprecato tutte le tue vite, di non aver mai vissuto? Quando arriverai ad odiarlo? Che cosa farai allora?"

"Non accadrà"

"Certo che accadrà. Le persone deludono sempre le altre persone"

"Una volta non eri così"

"Tu ti ricordi davvero com'ero? Io no, invece"

"Morgana..."

"Buona serata, Merlin, ti prego, non passarla tutta qui seduto".

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Capitolo 4
*** 4.4 ***


IV.

Merlin non sogna spesso o, se accade, non lo ricorda mai una volta sveglio.

Questa volta è diverso però. Questa volta è Morgana, vestita di nero, scarmigliata e sporca, trafitta a tradimento e morta tra le sue braccia. Non dice nulla, limitandosi a fissarlo con gli occhi grandi e vitrei dove la sorpresa e la confusione sono fuggiti via insieme alla vita.

Si sveglia di soprassalto, le dita che artigiano il lenzuolo e i capelli appiccicati alla fronte sudata. Si sveglia con uno strano peso sul cuore e uno strano nodo allo stomaco.

La sveglia suona insistente e Merlin la spegne con mano tremante, ancora perso nella nebbia del sogno - ricordo, si corregge - e decide che la deve vedere. Subito.

Manda un messaggio a Jack in cui lo avvisa che non sarà a scuola quel giorno e di non preoccuparsi quando non lo vedrà in giro, poi, senza fermarsi a vedere se lo ha letto, si veste di fretta e si getta un po' d'acqua fredda sul viso, il minimo per tornare presente a se stesso, per lasciare nel sonno i brandelli di incubo.

La trova seduta al tavolino di un bar, una tazza di tè fumante tra le mani, truccata, i capelli raccolti in una treccia. Quando lo vede sedersi davanti a lei, ancora senza fiato per la corsa, inarca un sopracciglia perfettamente disegnato e i suoi occhi non tradiscono alcuna emozione. Merlin si chiede come faccia ad avere in mano le redini anche adesso che è stato lui a cercarla, che è lui a volerle parlare. Sorseggia il tè e non gli mette fretta, sembra quasi divertita dal suo evidente imbarazzo - non sa come iniziare la conversazione e alla fine decide di non pensarci e di buttarsi e vedere come va.

"Ti ho vista morta"

"Naturale visto che mi hai uccisa"

"Si, intendevo..."

"Cosa Merlin?"

"Non lo so cosa intendevo"

"E sei qui perché...?"

"Dovevo vederti"

"Per uccidermi di nuovo?"

"Morgana, non scherzare"

"Non sto scherzando. Non c'è due senza tre, giusto?".

È stata una pessima idea, decide, alzandosi e lasciandola lì. Si aspetta quasi che lei lo fermi, gli chieda ulteriori spiegazioni, invece si limita a osservarlo, le mani che stringono più forte la tazzina e le labbra serrate in una linea sottile.

Non può essere indignato per il sospetto che le è venuto, Merlin a livello razionale questo lo sa: l'ha uccisa a tradimento per poi stringerla tra le braccia e guardarla morire, ma credeva che dopo millenni Morgana gli concedesse un po' più di fiducia.

*

"Non mi hai mai chiesto scusa"

"Come?"

"Non mi hai mai chiesto scusa"

"Per cosa?"

"Già, per cosa? Ci sono tante di quelle cose che hai sbagliato con me, tante che dovresti farti perdonare, metà delle quali credo non siano perdonabili"

"Morgana di cosa stai parlando?"

"Secondo te perché devi chiedermi scusa?".

Merlin abbassa lo sguardo, consapevole di non poter essere arrogante, che se lei lo colpisse sarebbe meritato.

"Per averti mentito" inizia titubante. "Per averti lasciata sola. Per averti fatto credere che davvero non ci fosse un altro modo. Per averti uccisa, due volte" "Non mi hai ancora chiesto scusa"

"Morgana..."

"Sono due parole, Merlin: mi dispiace, non è complicato. Perché per te lo è?". Perché significherebbe ammettere di aver fatto tutto nel modo sbagliato, ammettere che Kilgarrah non era così esatto nelle sue previsioni e nei suoi ordini, che inevitabilmente porterebbe a riconsiderare anche la sua attesa.

"Aithusa"

"Cosa?"

"Mi hai chiesto cosa mi manca del passato, ecco la risposta"

"Non Morgouse?"

"Anche lei mi ha usata. Aithusa, invece, mi voleva bene, è venuto all'inferno con me e ne siamo usciti insieme. Mi hai tolto l'unico amico che non mi avesse mai tradito e neanche per questo ti sei scusato".

Piange Morgana e Merlin continua a non guardarla fino a quando è lei ad alzargli la testa tirandogli i capelli. L'ha vista piangere tante volte, più di quante abbia mai voluto, e gli si stringe il cuore. Eppure non si scusa.

Lei continua a fissarlo, lo sta implorando. "Vorrei che ti vedesse" sibila perché con lei il dolore diventa sempre collera e la collera la porta a ferire. "Vorrei che ti vedessero tutti: tua madre, il tuo maestro, il tuo drago, il tuo Re... Vorrei che vedessero il mostro, l'ipocrita, il bugiardo che sei. Magari accadrà, magari questa tua cieca fiducia sarà ripagata. Quando accadrà, però, raccontami che cosa farà il tuo Re in un mondo che non sa più che farsene delle leggende, che crede a malapena in Dio e di Artù, viziato, arrogante, incapace di badare a se stesso, non avrà più alcun bisogno. Raccontamelo, se ci rivedremo"

"Che cosa intendi?"

"Goditi l'eternità da solo, io mi sono stancata!".

*

Ignora Jack, che gli chiede come sta e se ha più sentito la sua fata dei miraggi - non è una fata, glielo ha dimostrato oggi più che mai.

È seduto sul letto, alla ricerca di uno stato di apatia che l'alcool non riesce più a donargli. Beve un altro sorso e prega che la cacofonia di pensieri che gli ronzano in testa si quieti. Non funziona. Beve ancora un po' e ancora un po' e ancora un po' e poi la bottiglia è finita e la posa insieme alle altre. Ha un problema, ne è consapevole, ma la magia sembra bilanciarne l'effetto.

Si sdraia, una mano tra i capelli che lei gli ha tirato con forza, mentre gli urlava addosso quello che si è tenuta dentro per anni. Sapeva di aver fallito con lei, ma evidentemente non aveva capito fino a che punto. Credeva di conoscerla, ma adesso l'arroganza che ha provato nei confronti di Jack gli sembra non solo ridicola, ma anche immotivata.

Ripercorre tutto quello che gli ha detto, parola per parola e gli sembra di ricevere un pugno ogni volta che lo fa. Non gli ha chiesto nulla di eccezionale, solo delle banali scuse per averla uccisa e averle praticamente rovinato la vita, e lui non è riuscito a offrirle nemmeno quelle.

Sa che se ne è andata e che probabilmente non la vedrà più per molto tempo - quanto lo sa solo lei, perché è sempre lei a decidere tempi e modi e luoghi, anche se qualcosa nell'ultima frase lo inquieta.

Sa che è stanca, lo è anche lui. Anche lui si è stancato tempo fa di non appartenere a niente e nessuno, di non vivere mai, di essere solo in un mondo che cambia costantemente - solo che non è mai stato solo perché lei è sempre stata da qualche parte, a tormentato o a pianificare la prossima mossa in quel loro circolo vizioso di domande che, questa volta, ha raggiunto un nuovo livello.

"Io mi sono stancata" ha detto, ma c'era qualcosa di definitivo nella sua voce, qualcosa di folle nel modo in cui si è avventata su di lui, qualcosa di disperato nelle sue lacrime. Sembrava giunta al capolinea.

"Che cosa hai in mente questa volta, Morgana?" si chiede stancamente, scivolando in un sonno irrequieto.

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Capitolo 5
*** 5.5 ***


V.

Pensava che l'avrebbe sognata ancora, che l'avrebbe di nuovo vista morta, che la mente gli avrebbe mostrato tutti i modi in cui ha fallito con lei, tutti i torti per cui non riesce a scusarsi, invece é una vecchia conversazione con Kilgharra che riecheggia dai meandri della memoria.

Odio e oscurità, così aveva definito Morgana. Odio e oscurità contrapposti al suo amore e alla sua luce. Non aveva capito come interpretarlo e non è sicuro di saperlo nemmeno ora, ma deve tentare.

Gli ha detto di essersi stancata. Anche lui è stanco, tanto, e gliel'ha detto, ma forse non l'ha creduto e deve farle cambiare idea, perché attendere é diventato un peso e Morgana lo ha sempre ancorato alla realtà, gli ha impedito di perdersi troppo spesso nel fondo di una bottiglia di whiskey.

Manda un altro messaggio a Jack e gli dice che deve andare via e che non sa quando tornerà - non sa se tornerà, ma lo tiene per sé.

Buona fortuna con la tua fata, é la risposta che fa lampeggiare lo schermo alle due di mattina.

*

Non ha giochi per lui questa volta, nessuna domanda e nessuna battuta, e quando gli apre la porta abbassa le spalle in un gesto stanco e si sposta per farlo entrare. É vestita di verde come il giorno in cui l'ha avvelenata.

Non lo invita a sedersi mentre accende una sigaretta e si accomoda sul divano e Merlin non ne è ferito o offeso: non è un ospite gradito, gli è chiaro dal modo in cui ignora completamente la sua presenza.

Tocca a lui, adesso. É sempre toccato a lui.

"Mi dispiace".

Morgana si irrigidisce, ma ancora non lo guarda. Non basta, non dopo la scenata della volta scorsa.

"Mi dispiace per averti fatto credere di non avere scelta, per averti lasciata sola, per non essermi fidato, per averti uccisa due volte, per Morgause, per Aithusa, per Mordred. Mi dispiace di averti spezzato il cuore e di averti dato la spinta necessaria a distruggerti. Mi dispiace averti tenuta con me per tutti questi secoli e mi dispiace di essere qui, adesso, a chiederti tutto quando non ho il diritto di pretendere nulla".

Ha gli occhi lucidi di lacrime, quando smetterà di farla piangere?

"Che cosa vuoi?" chiede, con la voce sottile di una bambina, con la voce esausta di una vecchia.

"Hai detto di essere stanca, di non avere più intenzione di aspettare: che cosa intendevi?"

"Quello che ho detto. Possiamo scegliere se vivere ancora e io non voglio più".

Merlin sente il cuore stringersi nel petto. Non hanno mai provato a morire, hanno attraversato i secoli senza che il tempo li toccasse e la prospettiva di continuare da solo, senza di lei, per chissà quanto tempo...

"E io?"

"Sono stanca. Sceglierai lui, sempre e comunque. Sceglierai lui, anche se non hai prove del suo ritorno. Sceglierai lui sopra te stesso e io non ho nessuna possibilità. Non l'ho mai avuta"

"Tu mi ami?" perché ha bisogno di sentirselo dire, un bisogno disperato di far diventare le sue fantasie realtà.

"Non cambia nulla, Merlin. Tu sceglierai sempre lui"

"Non voglio passare l'eternità da solo"

"Non puoi chiedermi di restare. Non voglio più", potrebbe in realtà. Potrebbe diventare un essere totalmente egoista e farlo, pretendere la sua compagnia fino alla fine dei tempi, fino al ritorno del Re.

"Che cosa farei, poi, se tornerà? Mi odia. Ho tramato per rubargli il trono, ho cercato di uccidere sua moglie, sono la cattiva della sua storia..."

"Morgana..."

"Io non volevo essere la cattiva della sua storia... Io volevo solo qualcuno... Ero così stanca di stare da sola... Volevo..." il suo sguardo è così perso che Merlin non è certo si ricordi della sua presenza "Volevo solo una casa..." e non è quello che ha voluto anche lui: un posto cui appartenere, cui sentirsi legato, in cui non doversi più nascondere?

"Lo so". Si abbassa e le prende le mani e vi posa un bacio. "Lo so, Morgana, ma anche io sono stanco e l'eternità da solo non credo di poterla sopportare"

"Non puoi..."

"No, non posso. Non ho il diritto di chiederti niente, hai ragione, e non è per forzarti a fare qualcosa che sono qui. Una volta Kilgarrah ha detto che tu eri l'odio e l'oscurità al mio amore e alla mia luce. Non avevo capito cosa intendesse. Credevo fosse un altro modo per mostrarmi che eri mia nemica e dovevo lasciarti andare, ma non è così. Odio e amore sono opposti e così luce e buio, ma si bilanciano, Morgana. Io e te siamo l'equilibrio e io non credo... No, io so di non poter vivere senza di te"

"Mi hai ucciso"

"E mi ha tormentato per secoli. Ma adesso basta. Hai detto che ho scelto Artù, che non hai possibilità di competere e io ti dico che non è così"

"Cosa...?"

"Ti amo, Morgana, da secoli, ormai, e scelgo te. Artù é importante, il mio migliore amico e sarà sempre importante, ma hai ragione: voglio vivere per me stesso, d'ora in poi, e voglio vivere con te. Scelgo te, se sei disposta a concedermi quest'oppirtunità, altrimenti, anche la mia attesa avrà fine"

"Se dovesse davvero tornare? Cosa direbbe vedendo il suo migliore amico con me?"

"Nulla perché è la mia vita e scelgo io come viverla".

Morgana deglutisce e inspira e trema. Merlin vorrebbe baciarla, vorrebbe prenderla tra le braccia e non lasciarla mai andare, ma sa di non poter avere pretese.

*

Sono passate due settimane e lui non ha ancora ricevuto una risposta. Si sente più leggero, però, al pensiero di essersi liberato di tutti quei pesi.

È tornato a casa. Dopo la sua confessione, Morgana si è liberata con dolcezza dalla sua presa e gli ha detto che aveva bisogno di tempo, che doveva pensare. Merlin può aspettare, dopo tutto quello che le ha fatto è il minimo che può concederle.

È al parco quando lo raggiunge, le mani infilate nelle tasche del cappotto.

"Ho bisogno di sentirtelo dire ancora"

"Che cosa?"

"Che, se anche dovesse tornare, sceglierai me e non lui, perché non la prenderà bene, qualsiasi cosa tu possa pensare".

C'è una strana urgenza nella voce, nel modo in cui si morde le labbra coperte di rossetto. Aveva dimenticato che aspettato avesse l'insicurezza sul volto di Morgana.

Le si avvicina e le prende il viso con delicatezza. Potrebbe farle dichiarazioni di amore perpetuo, lunghe e complicate, ma non è quello che gli ha chiesto.

"Lo prometto. Tu prometti di non sparire più?", perché saperla lontana lo ha sempre riempito di malinconia e rendeva andare avanti molto più complicato.

"Lo prometto".

Chiude gli occhi mentre la bacia e sentono entrambi la magia fluire, esplodere e diramarsi tutt'intorno e il prato, giallo di erba secca, si tinge del blu dei non-ti-scordar-di-me.

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