New Avengers: Together - Promises

di Rack12345
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I: Il mio nuovo sogno ***
Capitolo 2: *** Capitolo II: Solo un altro giorno d'estate ***
Capitolo 3: *** Capitolo III: Gioia inaspettata e Stregoni complessati ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV: Un salto in Grecia ed un battesimo con i fiocchi! ***
Capitolo 5: *** Capitolo V: Natale in stile Avengers ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI: Troppo da sopportare ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII: Safe Place ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII: L'insolita vita di tutti i giorni ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX: Emergenza 505 ***
Capitolo 10: *** Capitolo X: No Words ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI: E.R. Barnes ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII: Discendenze Mistiche ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII: E' identica a lei ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV: Elementare, Watson (Parte I) ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV: Elementare, Watson (Parte II) ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI: Stregoni del c***o ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII: Hermione ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII: Come una fenice. ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX: L'Avenger più pura ***
Capitolo 20: *** Capitolo XX: Simili e diverse ***
Capitolo 21: *** Capitolo XXI: L'Avenger più forte ***
Capitolo 22: *** Capitolo XXII: Promesse ***
Capitolo 23: *** Post Credits Scene n. 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo I: Il mio nuovo sogno ***


Ciao a tutti miei cari lettori!
In via del tutto eccezionale, vi saluto anche all'inizio del capitolo. Siamo qui con il sequel di New Avengers Together ed iniziamo con un bel capitolo di estrema serenità, quindi, per ora, godetevela, miei cari! 
Ci tengo solo a ricordarvi una cosa: fate attenzione a non lasciarvi ingannare dal fatto che la seconda scena nascosta della storia precedente è ambientata ad un anno dalla fine dei fatti, mentre questa storia inizia solo un mese dopo! ;)
Per quanto riguarda il titolo "Promises" ne capirete meglio il motivo nei prossimi capitoli, quindi abbiate un po' di pazienza. 
Ringrazio di cuore chiunque sia tornato e chiunque sia nuovo, spero possa piacervi anche questa storia! =)
Buona lettura! 









New Avengers: Together - Promises
Capitolo I: Il mio nuovo sogno



*              *                 *
 


Un mese dopo la battaglia contro l'A.T.


-Va bene così, tanto non sarò mai in grado di fare di meglio.-
Alexis pulì la piccola tela che teneva tra le mani dai residui di gomma da cancellare con il dorso della mano. Poggiò gomma e matita sul prato accanto a lei, dove era seduta a gambe incrociate, poi tirò fuori dalla sua borsa la palette con gli acquerelli che non toccava ormai da almeno un anno.  Sistemò tutto ciò che le occorreva, prendendo un bicchiere di plastica e mettendovi dentro un goccio di acqua dalla sua bottiglietta personale.
Erano ormai due ore che stava lì seduta, tentando di disegnare un bozzetto, o qualcosa che vi ci si avvicinasse il più possibile. Aveva le gambe e tutta la colonna vertebrale intorpidite, così si alzò per qualche secondo, stiracchiandosi, mentre osservava meglio i colori del soggetto che aveva scelto di copiare nel suo disegno: un piccolo nido di un pettirosso. Quella mamma premurosa le aveva concesso la grazia di rimanere lì a covare le sue uova, senza muoversi per tutto il tempo, così che Alexis poté osservare alla perfezione ogni sua sfumatura.
Era estate inoltrata, circa metà agosto, ed Alexis aveva trovato rifugio tra gli alberi nel parco del New Avengers Facility.
Tutto scorreva con calma. Dell'Hydra e dell'A.T. sembrava non esserci più alcuna traccia.
La gravidanza di Pepper procedeva bene, così come la sua relazione con Bucky, anche se, nell'ultimo mese, non avevano avuto poi così tanto tempo per loro.
Bucky era stato impegnato per venti giorni su trenta in Wakanda, con la  ricostruzione dei villaggi che erano stati colpiti dai missili del primo attacco terroristico dell'Arischer Traum, mentre Alexis era saltata da una conferenza stampa all'altra, affiancata da Natasha, Steve, Falcon, Wanda e Visione, visto che i giornalisti non riuscivano a spiegarsi come era stata risolta la questione dei droidi. Gli Avengers avevano scelto di dire esattamente la verità dei fatti, raccontando del sacrificio di Gorgon e Synthia. Tony, invece, dopo la prima aveva scelto di non partecipare più alle altre e di dedicarsi completamente a Pepper e alla futura piccola Stark. Ovviamente non aveva trascurato gli Avengers, anzi, si vedevano spesso, ma, per fortuna, non per motivi di lavoro.
Thor era tornato ad Asgard subito dopo la commemorazione, non fidandosi troppo del fatto di aver lasciato Loki solo a detenere il potere. Anche Bruce aveva ripreso le sue attività di professore universitario, malgrado i tentativi da parte di tutti gli Avengers di tenerselo stretto.
Quando Alexis si sedette di nuovo sul prato ed iniziò ad armeggiare con i colori, il pettirosso volò via, lasciando scoperte le sue preziose uova. Probabilmente aveva bisogno di nutrirsi, ma Alexis sbuffò comunque come se fosse stata una bambina a cui era stata tolta la cioccolata perché ne aveva mangiata troppa.
-E va bene, farò affidamento sulla mia memoria.- borbottò.
Prese il pennello ed iniziò a dipingere partendo dallo sfondo, pieno di sfumature verdi che richiamavano le fronde degli alberi, alle quali aveva cercato di imprimere il movimento dato dal vento caldo di quel pomeriggio di Agosto.
Poi passò al soggetto principale, cambiando del tutto le tonalità dei colori, che andavano a risaltare su quelli del fondale frondoso.
Immersa in una totale concentrazione, Alexis non si era accorta di essere osservata.  
James Bucky Barnes se ne stava appoggiato ad un albero di fianco ad Alexis, con le mani infilate nelle tasche dei suoi jeans da lavoro strappati, e la osservava con un lieve sorriso sulle labbra. Le era mancata nell'ultima settimana, che aveva trascorso in Wakanda. Per fortuna sarebbe stata l'ultima: le ricostruzioni erano state tutte portate a termine. Finalmente poteva dedicarsi ad Alexis, la ragazza che amava.
Era tornato dal viaggio proprio in quell'istante ed era la stata lei il suo primo pensiero. Alexis, era evidente, non sapeva del suo ritorno, quindi avrebbe colto l'occasione per farle una sorpresa.
Bucky socchiuse gli occhi godendosi la vista della sua ragazza intenta in un' attività del tutto normale, e si rese conto che era una delle prime volte che la vedeva così spensierata e la trovò bellissima.
Indossava un esile vestito bianco, corto da lasciare le ginocchia scoperte, con le spalline a canottiera e delle decorazioni floreali in pizzo. Aveva raccolto i capelli in una crocchia disordinata sopra la testa ed aveva i piedi nudi. Le scarpe le aveva sistemate poco distanti da lei.
Il soldato inclinò lievemente la testa per osservarle meglio il volto. Notò la sua espressione che trovò deliziosa: per la concentrazione le erano venute delle rughe al centro della fronte, gli occhi erano socchiusi e si mordeva il labbro inferiore. Spesso muoveva la mano davanti la sua faccia per scacciare qualche zanzara che la infastidiva.
Dopo averla osservata a fondo, decise che era il momento di farsi vedere, così fece qualche passo ed andò a sedersi accanto a lei, con le gambe stese in avanti e i palmi delle mani poggiati a terra per scaricarvi il peso.
Alexis si voltò, quasi spaventata. Nessuno alle tre del pomeriggio di un agosto così caldo era così pazzo da stare all'esterno, a parte lei. O meglio, a parte lei e Bucky.
Aprì la bocca in segno di stupore e mise a terra il pennello e la tela. 
-James!-
Lo strinse forte allacciandogli le braccia intorno al collo. Lui ricambiò avvolgendole la schiena con un braccio, poi si separarono ma solo per unirsi di nuovo in un delicato bacio, che entrambi assaporarono come il più dolce dei mieli esistenti sulla faccia della terra, con un costante sorriso sulle labbra.
Poi Alexis lo guardò negli occhi e vi notò un po' di stanchezza e capì che fosse rientrato proprio in quel momento e che la prima cosa che aveva fatto era stata andare da lei. Ne fu molto grata. Lo capì anche notando il suo abbigliamento trasandato, ma che lei trovò irresistibile: dei jeans strappati, una camicia a maniche corte azzurra che era aperta per i primi tre bottoni e che andava ad accentuargli ulteriormente gli occhi del colore del cielo. La cosa che più amò erano i capelli, che James aveva legato in una coda bassa, con qualche ciocca lunga che cadeva ad incorniciargli il viso.
-Ciao, agente Moore.- le disse lui, sorridendole e dandole un altro lieve bacio sulla fronte.
Le passò un braccio intorno alle spalle e puntò lo sguardo sul disegno che Alexis aveva messo da parte.
-Che stai facendo?- le chiese.
La ragazza prese in mano la tela. -Ehm, niente, una schifezza.- disse imbarazzata.
-Beh, a me non sembra proprio. Non sapevo che ti piacesse dipingere.-
Lei fece spallucce. -Sono del segno acquario, quindi sono una persona creativa, suppongo.-
James inclinò la testa e socchiuse gli occhi. -Acquario? Quand'è il tuo compleanno, quindi? Gennaio?-
Alexis annuì. -Il ventotto.-
-Sarà meglio che me lo ricordi, allora.-
La ragazza scosse la testa, come a dire che non ce ne fosse bisogno.
Era così, anzi, avrebbe preferito che nessuno se lo ricordasse mai. Il suo compleanno era sempre stato un giorno molto importante nella sua famiglia. I festeggiamenti duravano per almeno tutta la settimana successiva, durante la quale i suoi genitori si divertivano a viziarla con ciò che le piaceva di più.  Da quando erano morti era l'ultimo dei suoi pensieri, e le volte in cui  i suoi colleghi avevano proposto di festeggiare, lei aveva sempre accettato, ma con un costante senso di colpa a fare da sfondo.
Decise di cambiare argomento.
-Tu come stai?-  chiese.
-Bene, sono un po' stanco. Soprattutto per il fatto che Shuri, perché mi ha accompagnato lei qui con un jet, mi ha rimbambito a furia di parlare di cose scientifiche di cui non ho capito nulla.-
Alexis rise ad immaginare la scena.
-Se me lo avessi detto ti avrei aperto un portale, come sempre d'altronde.-
Lui sorrise sornione. -Sì, ma non avrei potuto gustarmi la tua faccia quando mi hai visto.-
Le fece una lieve carezza con il dorso della mano e gli si sciolse il cuore per l'ennesima volta quando vide Alexis chiudere gli occhi per godere a pieno del suo tocco.
-Stavo pensando...- le disse. -Ora che ho sistemato le mie questioni in Wakanda e che le conferenze sull'A.T. sono finite, io e te abbiamo qualcosa in sospeso.-
Eccome se avevano qualcosa in sospeso.
Alexis non l'aveva certo dimenticato.
Lei e James si erano innamorati in poco tempo, anzi, era stato praticamente amore a prima vista il loro, così come era durato poco il corteggiamento. Si potrebbe dire che era appena iniziato.
Per Alexis era un'esperienza del tutto nuova. Non aveva mai avuto un fidanzato, se non una banale infatuazione adolescenziale le cui uscite coincidevano con dei pomeriggi di studio. E lei era sempre stata un'alunna diligente, quindi studiava per davvero.
E in quel momento, incollata agli occhi di ghiaccio di Bucky, si sentiva emozionata come una qualsiasi ragazza, scordandosi quasi di essere un'Avenger con dei superpoteri.
Ci aveva pensato più e più volte nel corso di quelle quattro settimane, ritrovandosi spesso a sospirare, immaginando il loro primo appuntamento e, finalmente, ne avevano il tempo.
Far parte degli Avengers le aveva fatto capire certamente una cosa: ad aspettare troppo si rischia di avere grossi rimpianti. Non sai mai quando il pianeta dovrà subire un'invasione aliena!
Sollevò le sopracciglia ed annuì convinta. -Vero. Hai in mente qualcosa?-
-Ho già pensato a tutto.- rispose lui, mentre si alzava in piedi.
Alexis sgranò gli occhi sorpresa e sorrise. -Sul serio!?-
-Fatti trovare pronta per le 18.00.- si chinò a darle un rapido bacio, per poi andarsene.
Aveva decisamente bisogno di una doccia.
Alexis, invece, rimase lì imbambolata, non capendo quando aveva trovato il tempo di pensare al loro appuntamento.
"Per le 18.00" le rimbombava nelle orecchie.
Guardò l'ora sul cellulare, ricordandosi che stava per arrivare in ritardo ad un altro appuntamento che avrebbe avuto quel pomeriggio -decisamente meno romantico di quello che avrebbe avuto con Bucky- a New York, al 177A di Bleecker Street.
 


*                *                     *
 


Sanctum Sanctorum, New York 

Alexis bussò alla porta in legno dell'abitazione, se così si poteva chiamare, davanti alla quale si trovava. Aveva aperto un portale ed era atterrata in un piccolo vicolo lì vicino, per non creare allarmismi tra i passanti.
Nessuno le venne ad aprire, così, dopo aver aspettato ben dieci minuti lì impalata, tentò di poggiare la mano sulla maniglia del portone, ma a quel punto, la porta si aprì di scatto, rivelando uno Stephen Strange piuttosto trafelato.
-Oh!- fece lei. -Allora ci sei!-
Strange si scostò e la fece entrare, poi si chiuse la porta alle spalle.
Dopo un secondo la sua fidata cappa rossa si posizionò accanto ad Alexis e le diede un buffetto sulla mano con cui aveva tentato di aprire la porta.
-Ahi!-
-Sei pregata di non toccare nulla di ciò che vedrai oggi, Alexis Moore.- disse serio il dottore. Salì su per le scale e le fece cenno di seguirlo con una mano.
Lei lo seguì aggrottando le sopracciglia.
-Neanche la porta!?- chiese.
-No, nulla.- rispose lui. -Ti chiedo scusa per il ritardo, Wong aveva voglia di un gelato, ma come al solito lui non usa i soldi normali, quindi sono dovuto andare a prenderlo io.-
Alexis tentò di trattenere una risata, ma non vi riuscì.
-Scherzi, vero? Sembrava stessi facendo qualcosa di serio.-
Stephen si voltò verso di lei, quando ormai erano giunti davanti ad una porta decorata con degli intagli nel legno che ricreavano dei simboli mistici.
Le puntò un dito contro. -Io faccio solo cose serie, tienilo a mente.- disse, poi aprì la porta ed Alexis rimase affascinata da ciò che vide.
Non tanto per la tipologia di oggetti che vedeva, perché non sapeva neanche cosa fossero e a che servissero, ma più che altro per la gran quantità di oggetti che c'erano lì dentro.
Era pieno zeppo di libri: le librerie erano alte fino al soffitto, al centro del quale, in un cerchio, si stagliava il simbolo dell'occhio di Agamotto.
Il pavimento, invece, era tutto decorato con una mappa dell'intero universo, o forse della Galassia, Alexis non ne era sicura perché non era molto ferrata in fatto di astrologia. Ad ogni modo, ne rimase stregata.
Per tutta la stanza, che era immensa, si stagliavano una serie di oggetti contenuti in delle teche di vetro.
-Wow.- disse.
-Ti piace come ho sistemato?- le chiese il dottore. -Non mi sembrava carino lasciare in giro tutte queste reliquie, l'atrio non faceva proprio al caso loro, così abbiamo allestito una stanza appositamente per conservarle.-
-Hai fatto decisamente bene a farlo.-
Alexis continuava a guardarsi intorno meravigliata, mentre il dottore la guardava con un sorrisetto soddisfatto.
-Come te la passi con i nuovi poteri?-
Finalmente, Alexis lo guardò. -Devo dire non male, creo portali ed evoco armi con la stessa disinvoltura con cui mi lavo i denti, perciò.-
-Sì, ho saputo. Stark mi ha raccontato tutto.-
La ragazza socchiuse gli occhi ed inclinò la testa. -Vi siete sentiti?-
-Già, mi sono servito delle sue capacità per un progetto a cui sto lavorando. O meglio, a cui ho finito di lavorare.-
-Sarebbe a dire?-
-Lo vedrai.-  le disse. -Sai perché ti ho fatta venire?-
Alexis fece spallucce. -Perché sono irresistibile e ti mancavo?-
Strange sollevò lo sguardo verso l'alto. -Ehm, no. Senza offesa.-
-Sono profondamente ferita.-
-Immagino. Ti ho fatta venire innanzitutto per parlarti di una faccenda importante. Vorrei che avessi ben chiaro che tu sei speciale, Alexis.-
La ragazza, che fino a quel momento aveva avuto l'atteggiamento da burlona, molto similmente a quello di Tony, si fece seria e serrò le labbra, non aspettandosi un discorso del genere.
Il dottore le si avvicinò e le prese una mano, stringendola tra le sue, che tremarono leggermente, poi riprese:
-Non tutti sono in grado di imparare così in fretta ciò che sai fare. Credo che questo sia un segno. Voglio che tu sappia che, in caso ce ne fosse bisogno, in caso di una mia... prematura dipartita, per me tu sei la scelta a cui affidare questo santuario.-
Alexis sgranò gli occhi e sfilò la mano dalla presa di lui. -Sei impazzito.-
Lui scosse la testa. -Assolutamente no, fidati di me.- disse, picchiettando con l'indice sull'occhio di Agamotto che portava al collo.
Alexis, in quel momento, capì la profondità di quel discorso. Strange doveva aver visto qualcosa, che non poteva rivelarle. Tuttavia lei sapeva perfettamente che quando parlava della gemma del tempo e del suo santuario, Stephen Strange era più lucido che mai.
Non aveva minimante voglia di addossarsi quella responsabilità, ma vederlo così agitato e parlare in quel modo stranamente dolce, le fece capire che c'era una motivazione estremamente seria dietro.

Alexis sospirò.
-Ti ringrazio per aver riposto in me tale fiducia, anche se penso di non meritarla, Stephen. Promettimi, però, che farai di tutto per non dipartire prematuramente.-
Lui sorrise lievemente alzando solo un angolo della bocca, visibilmente sollevato.
-Farò del mio meglio.- le disse.
-Perché proprio adesso questa anticipazione sul futuro?- chiese lei.
Strange aggrottò la fronte. -Oh, no, non c'è nessuna anticipazione sul futuro, non ho visto alcuna mia prematura dipartita, te lo assicuro. E' solo che, dopo ciò che mi ha raccontato Tony sulle tue abilità, credo che tu sia fondamentale per questo luogo.-
Alexis assottigliò gli occhi. -Uhm... non penso che ci crederò, visto che non mi diresti mai se hai visto qualcosa o meno.- la ragazza sfregò le mani tra loro. -Oltre che per questa scioccante rivelazione, che mi ha piuttosto scossa, per cosa mi trovo qui?-
-Felice che tu l'abbia chiesto.- disse Strange.
Lo stregone agitò lievemente la mano in aria ed aprì un portale, infilandovi dentro un braccio. Dopo aver frugato un po', ne tirò fuori un libro.
Il libro aveva una fattura molto particolare, in pelle con inserti lignei e metallici. Al centro una sorta di medaglione bronzeo era incastonato nella pelle e su di quest'ultima si diramavano vari cerchi concentrici decorati con disegni mistici. Il perimetro della copertina, poi, era segnato da una sorta di cornice in legno dorato.
-Sai cos'è questo?- le chiese.
Alexis scosse la testa.
-Questo è il libro di Cagliostro. Sai chi era Cagliostro?-
Alexis scosse la testa di nuovo.
-Per farla breve, diciamo che è stato lui il primo di noi, il primo che ha capito come maneggiare le arti mistiche e la gemma del tempo. Annotò tutto in un grimorio, cioè questo libro che vedi qui.  Noi maestri abbiamo tutti imparato studiando su questo libro e credo che sia giunto il momento che anche tu ne tragga qualche insegnamento...-
Alexis ascoltò tutto ciò che Strange diceva con estrema attenzione.
Le spiegò in maniera ancora più approfondita come imbrigliare il suo potere, come creare la dimensione specchio e come utilizzare il potere della gemma, per un' eventuale necessità.
L'attenzione di Alexis, per qualche secondo, fu catturata da alcune immagini che aveva visto velocemente sul libro. Fermò le mani di Strange, girò il libro verso di sè e tornò indietro di due pagine.
Il disegno di due ali piumate si stagliava al centro di due pagine. Tutt'intorno delle scritte, che lei non riusciva ancora a decifrare.
-Cosa sono queste?- chiese.
Strange notò la sua estrema curiosità e ne fu quasi intenerito, ricordando come anche lui avesse la stessa curiosità, anche se non era stato rispettoso come lo era Alexis. Anzi, aveva fatto tutto di testa sua, rischiando di causare un bel casino pochi anni prima.
-Sono esattamente quello che sembrano.- rispose, indicandole con un indice. -Ali mistiche.-
Gli occhi di Alexis si illuminarono. -Sono bellissime.-
-Già.- rispose il dottore con aria malinconica, anche se Alexis non poté capire il perché in quel momento. -Solo che sono molto difficili da evocare e queste scritte sono complesse da decifrare anche per me. Ne riparleremo più avanti, promesso.- voltò pagina, tornando al discorso che aveva cominciato prima che lei lo interrompesse.
Nessuno dei due sapeva che quelle ali sarebbero diventate molto importanti per entrambi, entro qualche mese.
Dopo poco più di un'ora, Strange aveva finito gli argomenti teorici.
-Bene, ora passiamo a qualcosa che, sono certo, ti interesserà di più.- disse alzandosi.
Il solo aver detto quella frase mandò la ragazza su di giri, e lo seguì senza dire una parola, estremamente incuriosita.
Strange camminò verso una delle librerie. Alexis lo vide contare alcuni scaffali e poi premette su un volume piuttosto vecchio e malconcio, rivelando una porta nascosta che si aprì.
Alexis trasalì. -Oh, amo le stanze segrete.-
Seguì il dottore all'interno di quello che sembrava essere un laboratorio, quasi un'officina, finché Strange non si fermò davanti ad un manichino abbigliato in modo inconsueto.
-Beh, diciamo che non è proprio al passo con la moda di oggi.- disse lei.
-Decisamente no.- rispose lo stregone. -Quella che vedi è la nostra nuova... divisa? Armatura? Non so come chiamarla con precisione. L'ho progettata negli ultimi due mesi ed ero fermo ad un punto morto, finché non ho rincontrato Tony Stark che mi ha permesso di superare i miei limiti, visto che questo è più il suo campo.-
-Con "nostra" intendi...-
-Intendo che ce n'è una anche per te.-
Alexis esultò con un gridolino con due piccoli saltelli sul posto.
L'armatura in questione le piaceva parecchio: era nera, composta da inserti in pelle e metallici. Gli elementi metallici erano presenti sopratutto nella zona del busto, cioè quella più delicata e che se colpita potrebbe creare più danni. Una serie di piccole placche in metallo nero si sovrapponevano leggermente in tutta la zona del busto e delle braccia. Alexis apprezzò molto il fatto che si trattasse di un'armatura leggera: non le avrebbe impedito di fare le sue solite piroette!
Si avvicinò di poco e si rese conto che si intravedevano un moltitudine di piccole scintille ambrate, che avevano lo stesso colore della sua magia.
Quando le notò strinse gli occhi e le indicò con un dito. -Ma...-
Strange precedette la sua domanda. -Sì, è esattamente quello che credi. E' qui che mi è servita la mano del tuo patrigno. Grazie alla nanotecnologia abbiamo imbrigliato alcune particelle della mia magia e le abbiamo inserite nelle armature. Questo ha permesso un upgrade. E' possibile mantenere evocate le armi anche se non le stiamo tenendo in mano.-
Alexis inclinò la testa. -In che senso?-
-Così.-
Il dottore mosse una mano ed evocò una spada mistica, poi la agganciò ad una cintura apposita presente sui fianchi del manichino. Quando tolse la mano, la spada era ancora lì.
Alexis aprì la bocca per parlare, ma ne uscì solo un -Wow!-
Era un bel passo in avanti, quello. Significava non dover perdere tempo e concentrazione durante il combattimento nel creare e cancellare continuamente le armi.
-Ad ogni modo, non è la versione completa. E' utilizzabile, ma vorrei aggiungere ancora qualcosa, solo che richiederà ancora molto tempo e studio teorico, quindi, per ora, ti consegno la tua armatura.-
La ragazza la guardò e poi fece un'osservazione intelligente, che però Strange smentì subito.
-Sembra complicata da indossare, in realtà.-
Lui scosse la testa. -No, per nulla!- si avvicinò ad un tavolo del laboratorio e prese una sorta di collana che porse ad Alexis.
Lei la guardò: il ciondolo era molto piccolo ed aveva, anche questo, il simbolo dell'occhio di Agamotto disegnato sopra.
-Indossala.- disse lui.
Alexis si fidò ciecamente ed allacciò subito la collana intorno al collo, poi vide Strange fare qualcosa di inaspettato e si pietrificò, non immaginando assolutamente cosa stesse facendo.
Lo stregone diede due rapidi tocchi al centro del ciondolo e da lì iniziò a diramarsi tutta l'armatura, mentre Alexis si guardava il corpo ad occhi sgranati. Sentì quell'armatura quasi come una seconda pelle. Non pesava minimante. Si tastò più volte, poi cercò uno specchio per vedersi meglio.
-Sulla parete di fondo.- le disse Strange, capendola subito.
Alexis si voltò e con poche falcate raggiunse lo specchio, rimanendo a bocca aperta e con un lieve sorriso.
Quell'armatura la fasciava alla perfezione e quello scintillio aranciato la rendeva magicamente bellissima. Sembrava che Stephen e Tony l'avessero progettata appositamente per lei.
Agitò lievemente la mano in aria e creò un piccolo pugnale, poi lo sistemò all'altezza del bacino e questo si allacciò automaticamente alla cintura, muovendosi leggermente ogni volta che Alexis si spostava per osservarsi meglio allo specchio, portandosi dietro delle piccole scintille ambrate.
-Beh, stai bene.- le disse Strange dietro di lei, con le braccia incrociate.
-Già, non male!- esclamò le sorridendo.
Alexis diede due piccoli tocchi al ciondolo che si era incastonato nell'armatura, e questa, gradualmente, scomparve.
-Questa è certamente opera di Tony.- disse lei. -So che stava lavorando a qualcosa del genere anche per la sua armatura.-
-E' così.- le rispose Strange, che poi aggrottò la fronte e guardò l'orologio. -Oh mio dio.- disse. -Tu devi assolutamente andare via, o farai tardi al tuo appuntamento.-
-Cos...?-
Alexis lo vide agitare una mano nell'aria. Il dottore le aprì un portale sotto i piedi e lei si ritrovò nella sua stanza all'interno del Facility, spalmata sul letto.
Poi trasalì.
Guardò l'orologio anche lei, segnava le 17.45.
-Porca vacca!-
 

*                  *                      *
 

 
Alexis allacciò la fine della sua, ormai solita, lunga treccia francese, prese la borsetta in cuoio marrone e si fiondò giù per le scale, scordandosi del tutto di avere la capacità di aprire portali e teletrasportarsi.
Probabilmente quello era il suo subconscio che la obbligava a comportarsi come una persona normale, perché desiderava che il primo appuntamento con Bucky andasse liscio come quello delle persone normali.
Quando arrivò nel parcheggio sotterraneo del Facility -Bucky pochi minuti prima le aveva detto di incontrarsi lì con un messaggio- si rese conto, però, che di normale loro avevano entrambi ben poco: James la attendeva a braccia incrociate, indossando una maglietta a maniche corte blu scuro, che lasciava in bella vista il suo braccio. Lei, invece, era appena tornata al Facility dopo aver indossato un'armatura degna di un film fantasy. Tuttavia, quando Bucky le sorrise e la salutò con un cenno della mano, capì che era quella la loro normalità e che non vi avrebbe rinunciato per nulla al mondo.
Quando gli fu davanti, si mise sulle punte dei piedi e lo baciò rapidamente sulle labbra.
James sorrise e la scrutò dalla testa ai piedi. -Sei bellissima.- le disse.
Lei si grattò la testa, leggermente imbarazzata. -Ehm, grazie.-
Non era per niente d'accordo sull'affermazione di Bucky. Non era mai stata in grado di vestirsi bene ed era anche per questo molto felice del fatto che l'abbigliamento di tutti i giorni di una spia fosse solo ed unicamente nero e che i cambi fossero tutti identici gli uni agli altri.
Quella sera, inoltre, non aveva neanche avuto il tempo di pensarci ed aveva indossato le prime cose che le erano capitate a tiro aprendo l'armadio. Una maglietta a maniche corte, con lo scollo quadrato, verde militare, che aveva infilato in una gonna a ruota bianca, che le arrivava poco sopra il ginocchio. Ai piedi aveva indossato delle vecchie converse bianche, non sapendo quali fossero i programmi di Bucky e se avesse pianificato una passeggiata. Non aveva avuto il tempo di truccarsi, né di ingioiellarsi, quindi si disse che se a Bucky fosse piaciuta anche così, doveva trattarsi di amore vero.
E, da parte sua, James non aveva alcun dubbio, perché Alexis lo avrebbe stregato anche se si fosse presentata indossando un sacco di iuta ed cesto di broccoli come cappello.
Nel parcheggio erano presenti almeno cinquanta automobili ed Alexis non aveva idea di quale fosse la loro e per qualche istante ebbe anche il dubbio che Bucky avesse scelto di prendere la moto e che quindi lei aveva totalmente sbagliato outfit. Lui la prese per mano e la portò, al contrario di qualsiasi cosa lei avesse mai immaginato, verso una Alfa Romeo Giulietta Spider color panna.
Alexis sgranò gli occhi e vi corse incontro con qualche saltello, mentre Bucky sorrideva, profondamene soddisfatto di averla colpita.
-Non ci credo, non ci credo!!- esclamò lei.
Lui fece spallucce. -Un amico mi ha detto che ti piacciono le macchine d'epoca e mi ha aiutato a rimediarne una.- guardò Alexis aprire lo sportello, lanciarsi sul sedile e richiuderlo, con un sorriso che sembrava quello di una bambina che vedeva il mare per la prima volta.
Era raggiante.
Lei lo guardò ed ammiccò.
-Beh, che fai lì impalato? Andiamo?-
Lui non se lo fece ripetere due volte e, dopo essere saltato in macchina, partì.
 

Durante il tragitto, James aveva informato Alexis della loro destinazione: sarebbero andati allo Skyline Drive-in di New York, dove per tutte le sere di quella settimana avrebbero proiettato Grease. Già questo primo punto li trovò perfettamente in armonia: tutti e due adoravano gli anni 80.
Alexis aveva di nuovo fatto gli occhi a cuoricino quando Bucky glielo aveva detto. Non era mai stata ad un cinema Drive-in, ma aveva sempre desiderato farlo.
Durante il film, il cuore non aveva fatto altro che batterle all'impazzata e, ogni volta che Bucky la sfiorava, lo sentiva accelerare rovinosamente.
Spesso lei aveva poggiato la testa sulla spalla di Bucky, oppure lui le aveva passato un braccio intorno alle spalle, o le teneva la mano. A volte lei aveva riso per le battute del film, o aveva canticchiato qualche canzone, attirando magneticamente l'attenzione di Bucky che la guardava ammaliato.
Dopo il film, Bucky le aveva proposto di andare a mangiare in un posto che fece sì che conquistasse un altro punto a favore: un pub irlandese.
E Alexis amava l'Irlanda. La ragazza iniziò a pensare che Steve aveva parlato un po' troppo, perché Bucky le stava azzeccando tutte, quella sera.
Durante la cena si era divertita da matti, come non succedeva da molto tempo. Aveva bevuto un boccale di birra che l'aveva resa particolarmente allegra, nonostante non fosse molto grande. Bucky, ovviamente, avrebbe potuto berne anche cento, sarebbe rimasto sempre lucido a godersi lo spettacolo della risata di Alexis che, di tanto in tanto, aveva di lievi capogiri nonostante fosse seduta. Anche lui si era divertito come non succedeva dagli anni 40 del secolo scorso, e quando, per un istante, vi fece caso ebbe un brivido. Ma Alexis continuava a distrarlo da quel pensiero e a tenerlo ancorato alla realtà, a quel presente meraviglioso che, si disse, era valso la pena a tutti i 70 anni di sofferenza che aveva passato.
Dopo aver mangiato un ottimo panino irlandese accompagnato da patatine fritte, Alexis si era del tutto ripresa.
 
Una volta rientrati al Facility, avevano preso l'ascensore diretti al piano dove si trovavano le loro camere.
E, se ve lo state chiedendo, sì, Alexis aveva definitivamente scordato dell'esistenza dei suoi poteri, dell'esistenza degli Avengers, dell'esistenza di qualsiasi altra cosa che non fosse James Buchanan Barnes.
Se ne stavano appoggiati entrambi alla parete di fondo dell'ascensore. Alexis aveva chiuso per un attimo gli occhi ed aveva sospirato. Bucky la trovò nuovamente irresistibile, tanto che la prese per un braccio e l'attirò a sé, dandole un bacio molto più audace di tutti gli altri che si erano distrattamente dati quella sera. Alexis trattenne il fiato, colta alla sprovvista. Per fortuna, però, l'effetto della birra era del tutto sparito, quindi si ricordò di un dettaglio importante.
-Ci sono le telecamere qui dentro.- sussurrò a Bucky.
Lui sollevò lo sguardo verso l'alto, incontrando l'obiettivo di una di queste che, effettivamente, puntava verso di loro.
Sospirò, contrariato. -Giusto.-
Quando uscirono dall'ascensore, mano nella mano, nessuno dei due  voleva separarsi dall'altro.
Alexis tirò James leggermente verso di sé e lui la seguì, entrando nella camera di lei.
Quando si chiuse la porta alle spalle ed accese la luce sul comodino, lei si rese effettivamente conto di quello che aveva fatto e deglutì a fatica. Aveva seguito il suo istinto e il suo cuore, che non avevano minimante interpellato il cervello, il quale, ora, stava andando nel pallone.
L'ansia l'attanagliava e, improvvisamente, non sapeva più come comportarsi.  
Guardò Bucky, riprese a respirare e gli fece un sorriso agitato mentre posava la borsa sulla scrivania.
Lui si sfregò entrambe le mani sulle cosce e si sedette sul bordo del letto. Anche Bucky non sapeva come comportarsi, visto che lei non proferiva parola.
Lexie andò a sedersi accanto a lui, grattandosi il collo, sempre più agitata.
-Ehm...- fece lei. Lui si voltò a guardarla. -Vuoi del... ehm... acqua?-
-Acqua?- chiese lui, poi annuì. -Ehm, si, va bene, grazie.-
-Bene.-
Lei si allungò verso il mini frigo che si trovava accanto al suo comodino e ne tirò fuori una boccetta che porse a James, poi ne bevve qualche sorso anche lei.
La rimise al suo posto e si voltò verso James che aveva poggiato i gomiti sulle ginocchia, scaricandovi il peso sopra.
Alexis si calmò leggermente e si intenerì nel vedere che lui stava aspettando che fosse lei a fare la prima mossa. Fece un sorriso e gli carezzò dolcemente i capelli, attirando di nuovo la sua attenzione. Bucky tornò verso di lei e poggiò la fronte contro la sua.
Alexis chiuse gli occhi, mentre il suo cervello iniziava a fare di nuovo spazio a ciò che c'era nel suo cuore. Quando Bucky si sporse leggermente, azzerando quella lievissima distanza, facendo incontrare le loro labbra, tutto dentro di lei tornò normale. Riprese a pensare con il cuore e si rese conto che non c'era niente di più giusto in quel momento, era tutto perfetto. L'incontro con le labbra di James fece sparire definitivamente tutte le sue paure.
Rispose al bacio, carezzandogli lievemente una guancia con una mano. Quando lui la avvolse con il braccio in vibranio, il cuore le vibrò nel petto e si lasciò andare del tutto.
Salì a cavalcioni su di lui e, con la mente ormai annebbiata, inebriata dal tocco delle sue labbra, gli sfilò la maglietta, continuando a baciarlo come se da quello fosse dipesa la sua vita.
James sorrise sulle labbra di lei, quando la sentì trasalire nel momento in cui lui la prese per le cosce e la spostò delicatamente sul letto, ribaltando la situazione.
La guardò qualche attimo, prima di riprendere a torturarle le labbra, e sorrise di nuovo, sinceramente felice.
-Ti amo.- le disse.
Alexis quasi tremò a quella dichiarazione, in quel momento in cui si sentiva emozionata e fragile.
-Anch'io.- rispose un istante prima che Bucky riunì le loro labbra.
Il soldato, con estrema lentezza, come a chiederle il permesso o a darle modo di fermarlo, fece scorrere una mano lungo il fianco di lei, arrivando alla coscia, per poi insinuarsi sotto la gonna.
Il cuore di Alexis accelerò tanto che pensò potesse andare in tachicardia.
Poi, con una forza interiore che neanche lei stessa sapeva di avere, poggiò una mano sul petto di lui e lo scostò delicatamente.
-James, aspetta...- sussurrò.
Lui si fermò subito. -Qualcosa non va?- le chiese preoccupato, mentre ritraeva la mano.
Alexis, però, lo fermò svelta, intimandogli con lo sguardo di non muoversi assolutamente da lì.
-No, assolutamente, è solo che devo... devo dirti una cosa.-  
Lui non parlò, inclinò lievemente la testa aspettando e  sperando di non aver sbagliato nulla.
-Io...ehm...- iniziò lei, mordendosi il labbro inferiore, estremamente imbarazzata. -E'... è la prima volta, per me.-
Bucky aprì la bocca per parlare, ma non uscì niente e trattenne il fiato per qualche secondo.
Poi sorrise bonariamente e le lasciò un dolce bacio sulle labbra.
-D'accordo.- disse. -Allora, devi soltanto dirmi quando devo fermarmi.-
Alexis scosse la testa e sorrise. -Mai, James.-
Lui passò lo sguardo più volte dalle labbra agli occhi di Alexis, perché non capiva quale dei due lo stregassero di più: la luce della luna rifletteva negli occhi di lei, mettendo in risalto quei puntini d'ambra che le tempestavano le iridi.
La baciò di nuovo, togliendole il respiro.
Entrambi sperarono che quel mai durasse davvero per sempre, mentre cominciava quella che probabilmente sarebbe stata la notte più bella della loro vita.
















Angolo Autrice
Beh, come non lasciarvi con un piccolo salutino anche alle fine del capitolo? 
No scherzo, in realtà è perché ho delle cose da dirvi per quanto riguarda la nuova armatura di Alexis, cose che non potevo di certo spoilerarvi di sopra! Mi sono ispirata all'armatura Nightingale dal videogioco Skyrim. In particolare mi sono ispirata a questo disegno (
https://www.pinterest.it/pin/509891989051215087/) , ma immaginando alcuni dettagli diversi, come le particelle di magia ambrata ed il logo di Agamotto al posto di quello dell'usignolo originario. 
Non mi sembra di avere altro da dire, se non di nuovo grazie a chiunque mi abbia letto!
Ci sentiamo prestissimo,

Rack

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II: Solo un altro giorno d'estate ***


New Avengers: Together - Promises
Capitolo II: Solo un altro giorno d'estate
 





In quella calda mattina di Agosto, nessuno avrebbe mai potuto distogliere Alexis dal suo impegno più importante: ammirare i lineamenti perfetti di Bucky.
Avevano passato la notte più bella della loro vita ed era rimasto a dormire lì con lei, abbracciandola spesso, nonostante il caldo. Lei si era svegliata già da un po' e non aveva il coraggio di svegliare anche lui, perché si perse ad osservarlo per svariati minuti, del tutto scossa dalla sua presenza nel suo letto. In senso positivo, ovviamente.
Non si tratta solo di un modo di dire, Alexis Moore aveva davvero vissuto nelle ore precedenti i momenti più felici della sua vita.

Sorrise, mentre dei brividi le correvano lungo tutta la schiena e le trillava il cuore nel petto, al ricordo di tutto l'amore che si erano scambiati quella notte.
Erano diventati una cosa sola andando a confermare che, sì, Bucky era l'amore della sua vita.
Si mise su un fianco, puntando il gomito sul cuscino e tenendosi la testa con una mano, per osservarlo meglio. Le fece estrema tenerezza quando, nel sonno, James emise un lieve verso ed arricciò il naso più volte.

Con la punta delle dita gli scostò dal volto qualche capello ribelle, poi gli carezzò la guancia con il dorso della mano.
Dormiva, ma mosse impercettibilmente un angolo delle labbra ad accennare un sorriso, senza che neanche se ne accorgesse.

Il soldato d'inverno dormiva paciosamente nel suo letto, con il volto più angelico che Lexie avesse mai visto. Si chiese per quale motivo una persona dolce come lui si fosse meritata un destino tanto crudele e sperò di vederlo dormire così per il resto della sua vita.
Steve le aveva raccontato che era tormentato dagli incubi di tutte le azioni atroci che aveva compiuto, ma Bucky direttamente non gliene aveva mai parlato. A quel pensiero si rese conto che lei non aveva più avuto incubi sui suoi genitori negli ultimi due mesi e che la loro scomparsa coincidesse con l'entrata di James nella sua vita. Capì che James non le faceva bene solo al cuore, ma anche alla mente.
Lei sapeva bene cosa significasse essere tormentati da incubi che mostravano tutte le notti la morte di qualcuno, quindi non gli avrebbe mai voluto mettere fretta, sarebbe stato lui ad aprire l'argomento se mai ne avesse sentito la necessità. Non sarebbe stata invadente, né lo avrebbe mai voluto forzare a parlare con lei di quell'argomento così delicato, sarebbe stata paziente e gentile, proprio come Bucky aveva fatto con lei poche ore prima.

Era stato delicato, gentile, amorevole, dandole modo di scoprire con lentezza quel mondo nuovo per lei e di capirlo a fondo. L'aveva messa perfettamente a suo agio, tanto che Alexis non sentì alcun dolore, stupendosi di ciò, visto che ricordava bene i racconti di alcune sue compagne delle scuole superiori che le raccontavano di dolori e fiotti di sangue.
Lei, invece, aveva sentito soltanto amore puro ed aveva tentato di restituire a James la stessa cosa.

Proprio quando stava per chinarsi sul volto di lui per dargli un lieve bacio sulle labbra, Alexis fu scossa nel profonda dalla vibrazione di un telefono, seguita da una fastidiosissima suoneria che diceva:

"Agente Moore! Agente Moore! Agente Moore! Agente Moore!"

Chiuse gli occhi e sospirò, buttando lievemente la testa all'indietro, mentre James accanto a lei scattava a sedersi con gli occhi spalancati ed il fiato spezzato.

-No, tranquillo.- disse lei, mettendogli una mano sul petto e spingendolo di nuovo giù sul materasso. -E' la suoneria del mio cellulare.-

Bucky sbuffò e si portò una mano alla fronte. Per un attimo aveva pensato che Tony Stark fosse entrato nella stanza ed aveva immaginato tutta la sua lunga vita scorrergli davanti, consapevole che sarebbe presto finita. La tregua tra loro era ormai consolidata, ma trovarlo nudo nel letto della sua figlioccia sarebbe stato troppo, per chiunque.

Alexis si mise seduta sul letto, tenendo fermo il lenzuolo con una mano a coprirle il petto. Con l'altra mano buttò indietro i capelli -e ovviamente della sua meravigliosa treccia francese non c'era più traccia-, poi prese il telefono e rispose con una voce a dir poco macabra:

-Tony...-

-Ciao, cara! Ti ho forse svegliata?-

-Ehm... sì.-

-Beh, mi sembra anche giusto, visto che tra un po' è ora di pranzo.-

Bucky si voltò su un lato, verso di lei e le passò un braccio intorno alla vita, lasciandole un bacio su un fianco, rimasto scoperto dal lenzuolo.

Lei ebbe un brivido e rise nervosamente -P-perchè? Che ore sono?-

-Le dieci del mattino, principessa Aurora.-

-Ah.-

Non si era mai svegliata più tardi delle 7.30 da quando era entrata nello shield.
Bucky l'aveva decisamente destabilizzata.

-Ascolta, bella addormentata.- disse Tony. -Io sono in cucina, Rogers qui mi sta tenendo compagnia, ma sono venuto per vedere te. Devo venire a buttarti giù dal letto o scendi da sola?-

Alexis sgranò gli occhi e rabbrividì. -No! No! Scendo subito!-

Riagganciò un po' troppo in fretta per non destare sospetti nella mente di uno degli uomini più intelligenti della terra.
Lanciò il telefono in fondo al letto, sbuffando.
Fece per scostare il lenzuolo ed alzarsi, ma James la prese per un braccio e la fece sdraiare accanto a sé.

-Non puoi andartene.- le disse con un sorriso, dandole un bacio sulla punta del naso.

-Devo.- disse lei, lasciandogli un rapido bacio sulle labbra ed alzandosi in fretta. -Altrimenti Tony verrà qui a prenderci a calci nel sedere.-

Bucky la guardò ancheggiare verso l'armadio, come se si fosse del tutto dimenticata del fatto di essere nuda, e si stampò un sorriso malizioso sul volto.
Alexis si sentiva ormai talmente a suo agio che davvero non ci stava minimamente facendo caso.

-Cosa vuole?- chiese lui, mettendosi seduto sul letto.

Alexis lo guardò mentre si infilava dei pantaloncini ed una maglietta a mezze maniche nera, apprezzando il fatto che quel movimento le avesse permesso di vedere un'ultima volta i suoi addominali prima di uscire dalla stanza.
-Non lo so, non dice mai cosa vuole. E' sempre una sorpresa.- disse. Quando vide che anche il soldato si stava alzando, lei lo fermò con un gesto della mano. -Oh, no, non preoccuparti.- gli disse. -E' me che vuole importunare, tu riposati. Te lo sei meritato.-

James inclinò lievemente la testa riproponendo il sorriso malizioso di poco prima.
-Sì?- disse. -Sono stato così bravo?-

Alexis rise. -Mi riferivo al fatto che è da un mese intero che sgobbi nei villaggi del Wakanda e che ieri non hai avuto il tempo di riposarti a sufficienza, quindi riposati adesso!-
La ragazza si avvicinò al letto, prese il cellulare e lo infilò nella tasca posteriore dei pantaloncini, poi si chinò su James baciandolo.

-Comunque, sì.- sussurrò. 

Corse via, perché era sicura di essere diventata rossa come una fragola matura, lasciando James da solo nel suo letto.
Maledisse Tony mentalmente mentre apriva un portale e si proiettava nella cucina del Facility.
 




 -Boo!- esclamò Alexis, comparendo alle spalle di Steve che stava seduto su uno sgabello, con i gomiti poggiati sull'isola della cucina.

Tony l'aveva vista arrivare, quindi, mentre si versava una tazza di caffè, non si era neanche disturbato a fingere di essere sorpreso.

Steve scosse la testa sorridendo. -Non mi hai spaventato per nulla, lo sai vero?- le disse.

Alexis alzò gli occhi al cielo a sbuffò. Gli diede due pacche sulla schiena e si sedette accanto a lui.

-Sì, lo so, lo so.- rispose lei. Poi guardò Tony che sorseggiava la sua tazza di caffè. -E per me niente?- gli disse.

Tony le porse la caraffa. -Perso l'uso delle mani?- le disse. -Serviti pure.-

-Gentile come sempre!- rispose lei.

Stavolta fu Steve ad alzare gli occhi al cielo. Prese la caraffa ed una tazza, la riempì di caffè, aggiungendovi due cucchiaini di zucchero e la porse alla sua giovane collega.
Conosceva alla perfezione sia Tony che Alexis e sapeva che avrebbero potuto continuare così la conversazione per ore.
Lei sorrise e gli diede un sonoro bacio sulla guancia.  

-Grazie, Cap. Tu sì che sai come trattare una donna al mattino.- disse la ragazza, bevendo un lungo sorso di caffè. -Allora, c'è una spiegazione al fatto che mi hai svegliata in un giorno di totale riposo e quiete? Ci deve essere.- disse rivolgendosi a Tony.

-Certo che c'è!- ripose lui. Girò attorno all'isola e le si piazzò accanto. -Voglio vedere la tua nuova armatura, ad ogni costo.-

Lei strinse gli occhi e sbuffò. -Sul serio!?-

Steve aggrottò la fronte. -Che nuova armatura?-

-Quella che ha progettato il dottor mistico. Con il mio aiuto, si intende.-

Steve scosse la testa, piegando le labbra, continuando a mostrare che non ne sapesse nulla. -Beh, sono estremamente curioso anche io, allora.-

Alexis sospirò mentre si alzava in piedi. -D'accordo.-
Con estrema disinvoltura, picchiettò due volte sul ciondolo che aveva appeso al collo dal giorno prima e che, aveva deciso, avrebbe tenuto su per sempre. Da lì, l'armatura iniziò a prendere forma, avvolgendo ogni centimetro della sua pelle, rilasciando un alone d'ambra ad ogni movimento, che poi si assestò, rimanendo incastonato in quelle microscopiche particelle che si intravedevano nel tessuto e nelle parti metalliche.
La ragazza fece una teatrale piroetta su sé stessa.
Poi evocò una spada di scintille dorate e la incastonò in uno spazio apposito dietro la schiena, per mostrare le novità che sul campo di battaglia avrebbe comportato quella nuova divisa.

Steve annuì con le braccia incrociate al petto. -Wow.- disse semplicemente.

Tony, invece, le girò intorno lentamente e poi esordì con:
-Un po' troppo attillata per i miei gusti, ma potrebbe essere un punto di forza, distrarresti i nemici in battaglia senza dubbio.-

Alexis rise per finta. -Pff.-

Poi Tony batté le mani tra loro una volta. -Ti ha già insegnato a volare?-

Alexis inclinò la testa con aria interrogativa. -Volare? No, certo che no. Strange vola grazie alla cappa della levitazione, ma non sa volare lui fisicamente.-

-Oh.- disse Tony arricciando le labbra.
Pensò che forse aveva detto troppo, ma per fortuna Alexis non ci fece caso.
-Beh,- aggiunse, tentando di cambiare argomento. -Perlomeno non dovrai più avere paura di perdere il ding ding.-

-Come?- fece lei.

-Strange non te l'ha detto?-

Alexis scosse la testa.

Tony gesticolò nella sua direzione -Uno dei punti di forza di questa armatura è che vi abbiamo fuso l'essenza degli sling ring, quindi non sarà più necessario portartelo sempre dietro. Basterà che tu indossi l'armatura o anche solo il ciondolo che la attiva.-

-No, non mi ha detto niente!- esclamò lei basita.   -Era strano, in effetti, più del solito. Era distratto, parlava di gelati. Voglio dire, il dottor Stephen Strange che parla di gelati?- portò due dita a stringersi il mento con fare pensieroso. -Che nasconda qualcosa?-

Tony si irrigidì.

Steve fece spallucce. -Magari ha solo un periodo un po' in tensione. Lui è il Maestro delle arti mistiche, lo stregone supremo di New York, il migliore tra tutti, giusto?-

Alexis annuì.

-Potrebbe anche essere semplicemente stressato.- concluse Steve, gesticolando in estrema tranquillità.

-Probabilmente hai ragione.- fece lei.

Tony riprese a respirare e nello stesso istante entrò nella stanza James.
Per la prima volta Tony lo ringraziò mentalmente: avrebbe di certo distratto Alexis da Strange.

Il sergente, che fortunatamente si era vestito, indossando una canotta nera e pantaloncini della tuta dello stesso colore,  andò dritto alla caraffa del caffè e se ne versò una tazza, sotto lo sguardo assottigliato di Tony.

-Anche tu ti sei svegliato adesso?- gli chiese.

James rimase con la caraffa e la tazza sospese a mezz'aria.
-Ehm, no, certo che no. Io bevo tanti caffè in un giorno, almeno una ventina.- ne bevve un sorso. -Questo è il settimo.-

Tony increspò le labbra. -Certo, come no.- borbottò.

James poi guardò Alexis e quasi si strozzò con il caffé. -E' l'armatura di cui mi parlavi?-

Lei allargò le braccia, come a mostrarla meglio. -Già, ti piace?-

-Molto.- rispose lui, leccandosi involontariamente il labbro inferiore.

Tony lo notò. -Ehi, camaleonte, tieni a freno la linguetta.-

A quell'affermazione, mentre Alexis si irrigidiva e Bucky faceva la faccia di chi viene colto con le mani nel sacco, Steve esplose in una fragorosa risata rovesciando la testa all'indietro.

Poi  Tony si rivolse ad Alexis. -A proposito, come è andato il vostro primo appuntamento?-

La ragazza spalancò gli occhi e fece una smorfia con le labbra, voltandosi lentamente verso Steve.
-Gliel'hai detto?!-

-Ehm...- Steve si fece serio e si grattò la testa, guardando altrove nella stanza.

-Non doveva?- si intromise Tony.

Alexis alzò le mani. -No, figurarsi, certo che poteva, però mi aspettavo del buon senso da parte di Captain America.-

-Ehi!- fece Steve, leggermente offeso.

-Allora?- chiese di nuovo Tony, impaziente.

Lei fece spallucce. -Bene, siamo andati al cinema e poi a cena fuori, abbiamo parlato del più e del meno, fatto una passeggiata, le classiche cose da primo appuntamento.- rispose meccanicamente, mentre dava l'impulso all'armatura di scomparire per lasciare posto ai suoi vestiti abituali e si sedeva di nuovo accanto a Steve.

-Cosa avete visto?- chiese Cap.

-Grease, è stato molto divertente, erano almeno cinque anni, giuro, che non vedevo quel film.-

Steve e Bucky si scambiarono un'occhiata d'intesa.

Tony, che stava in piedi, appoggiò un gomito sul piano dell'isola e puntellò in mento sul palmo della mano aperto, assumendo una decisamente falsa aria sognante.
-E poi dove ti ha portata a cena?- le chiese. -Al River?-

Alexis scosse la testa rapidamente. -No, lo sai, non mi piacciono i luoghi di lusso.-

-E dove, allora?-

-Irish Pub.-

Tony arricciò le labbra, trattenendo una risata, poi si rivolse a James. -Sul serio? Al primo appuntamento birra e patatine?-

Bucky non colse la provocazione, socchiuse gli occhi e fece spallucce mentre continuava a sorseggiare il suo caffè.
Alexis, invece, guardò l'orologio e poi si alzò frettolosamente.

-Io devo andare.- disse.

Tony fece qualche passo verso di lei, pensando di averla offesa. -Dai, streghetta, sto scherzando! L'importante è che tu ti sia divertita, ovviamente.- le fece un sorriso da angioletto. Da angioletto diabolico.

Alexis assunse la stessa espressione. -Mi sono divertita. Molto. Però davvero devo andare, ho appuntamento con Pepper.-

Tony aggrottò le sopracciglia. -Con Pepper?-

-Esatto, mi ha chiesto di accompagnarla a vedere alcuni mobili per la cameretta della piccola.-

-E io non sono stato invitato?-

La ragazza scosse la testa. Tony gesticolò offeso, ma lei lo ignorò e si voltò, uscendo dalla stanza.
Poi lui si grattò la testa, ripensando alle parole della ragazza.

-Che intendi con "molto"?- le urlò.

Lei continuò ad ignorarlo.
 



 
*                    *                  *



 
 
Alexis era stata insieme a Pepper fino all'ora di pranzo. In realtà avevano visto poco riguardo ai mobili per la bambina, avevano più che altro passeggiato per un totale di quasi tre ore, riposandosi spesso.
Le aveva raccontato dell'appuntamento con Bucky, emozionata e felice, raccontandole di quanto si era divertita, senza scendere troppo nei dettagli che probabilmente non interessavano a Pepper.

Il caldo l'aveva un po' stordita, così quando rientrò si fece una rapida doccia.
Passò le ore più calde di nuovo immersa nel parco del Facility, riprendendo in mano la piccola tela che il giorno prima aveva lasciato a metà e portandola a termine.

Aveva cercato più volte James durante quelle ore, ma nessuno aveva idea di dove fosse. Per tutto il pomeriggio era stata irrequieta e preoccupata. Avrebbe tanto voluto parlare con lui di quello che era successo la sera precedente, visto che la mattina non ne avevano avuto il tempo.
Aveva un bisogno quasi viscerale di sentirlo vicino e man mano che le ore passavano e che lui continuava a non saltare fuori, si preoccupava sempre di più.

Verso le 18.00 si era diretta in palestra, dove si sarebbe allenata insieme a Steve.
Quando entrò si sedette su una panca posta lungo il muro, sbuffando. Steve, che se ne stava su una panca, allenando le braccia con i pesi, la sentì, così si alzò e andò a sedersi vicino a lei, bevendo un sorso d'acqua.

-Che hai?- le chiese.

Alexis scosse la testa e deglutì. -Nulla, sono un po'... Non riesco a trovare Bucky da nessuna parte, tu non l'hai visto?-

-No.- rispose lui. -L'ho visto stamattina quando poi sei andata via, l'ultima volta.-

Alexis sospirò rumorosamente. -Sono preoccupata, Steve. Se gli fosse successo qualcosa?-

Steve sorrise lievemente. -Lexie, è il soldato d'inverno. Praticamente nessuno può fargli niente.-

-E se avessi fatto qualcosa di sbagliato io?-

-Non credo sia possibile.-

-B-beh, sai, noi ieri...-

-Sì, l'ho capito.-

Alexis si ammutolì e sollevò le sopracciglia. -Come "L'hai capito"...- Stava diventando di nuovo rossa come un peperone.

-Lexie, io vivo qui mi accorgo di parecchie cose. Stamattina siete stati gli unici a non comparire prima delle dieci.-

La ragazza sospirò. -Non ti si può nascondere niente, Steve. Lo dico sempre!-

Steve rise, poi riprese il discorso di prima. -Non ho mai visto Bucky più sereno di come fosse stamattina. La stessa cosa vale per te. Sta tranquilla, magari ha avuto qualche missione improvvisa insieme a Sam, non ho più visto neanche lui, ora che ci penso.-

Lei annuì. -Già, hai ragione. Mi sto certamente preoccupando per nulla.- scrollò le spalle e si alzò in piedi. Si mise in posizione di attacco con i pugni chiusi rivolti verso Steve. -Cominciamo?-

Steve la seguì al centro della stanza. -Volentieri.- disse, mettendosi in posizione anche lui. -Puoi usare la tua magia, se vuoi.-

-Nah, non vorrei farti male.-
 



*               *               *





Lexie era sdraiata sul letto, con la luce del comodino accesa. Stava leggendo, per l'ennesima volta, l'Edda di Snorri, il libro che in assoluto amava di più nel mondo, fin da quando ne aveva memoria.
Sbuffò e guardò la sveglia sul comodino che segnava le 22.00 in punto.

Di Bucky non c'era ancora traccia. Non si era presentato a cena e, ora che ci pensava, neanche Sam.
Quei due stavano di certo combinando qualcosa.

Si mise a sedere sul letto, in preda all'agitazione, sperando che non fosse nulla di pericoloso. Si torturò le mani per qualche minuti, strappando delle pellicine fino quasi a farsi uscire il sangue.
Non poteva più stare lì ad aspettare senza fare nulla.
Quando si decise ad andare al pannello di controllo del Facility per dare avvio a delle operazioni di ricerca, sentì bussare alla porta.
Spalancò gli occhi e trasalì, correndo ad aprirla.
Il cuore le galoppò per alcuni secondi quando trovò James appoggiato allo stipite.

-Bucky!- esclamò, tirandolo dentro per un braccio. -Ti ho cercato tutto il giorno!- Non era arrabbiata, solo sollevata.

-Beh, eccomi qui.- disse lui facendo spallucce.

Alexis si avvicinò alle sue labbra, ma quando lo fece, sentì un odore ferroso invaderle le narici.
Gli accarezzò una guancia, sentendo qualcosa di umido sotto le dita.
Accese la luce grande della stanza, perché con quella del comodino non riusciva a vedergli neanche gli occhi luminosi.
Il cuore le zompò in gola. Uno squarcio di qualche centimetro si apriva sotto lo zigomo di Bucky.
Aveva il volto estremamente stanco.

-Oh mio Dio!- esclamò lei, facendolo sedere sul letto.

Alexis aprì l'ultimo cassetto del comodino e ne tirò fuori una scatola di cartone, dentro la quale cominciò a frugare con foga, finché non ne tirò fuori del disinfettante, un ago ed un rotolo di filo. Il sangue raggrumato intorno alla ferita era ciò che aveva fermato l'uscita di altro sangue, ma Alexis capì subito che ci volevano dei punti.
Si inginocchiò davanti a lui, imbevendo una garza di disinfettante e passandola sulla ferita.
L'abitudine di lui a sopportare il dolore gli permise di non fare neanche una smorfia.

-James, che cosa ti è successo?-

Lui sospirò e scosse la testa. -Scusami, non volevo farti preoccupare.- disse, facendole una carezza sulla guancia.

Alexis non si lasciò distrarre continuando imperterrita a disinfettare e pulire la ferita.
-Invece ci sei riuscito perfettamente.- disse lei, con una punta di severità. -Dove siete stati tu e Wilson tutto il giorno?-

-Io, ehm...- Bucky guardò in basso, non sapendo che parole utilizzare. -Noi stavamo cercando una persona.-

Lexie mise via il disinfettante e armeggiò con l'ago ed il filo, preparandosi a mettere i punti. -Chi?-  

Lui le prese un polso e la fermò, poi deglutì faticosamente. Strinse le labbra e prese aria più volte per iniziare a parlare.
-Ricordi la festa da Stark? Quella sera tu mi hai raccontato della morte dei tuoi genitori e io... io ti ho fatto una promessa.-

Alexis trasalì e la sua mente tornò indietro fino a quella sera.
Improvvisamente le parole di James le risuonarono nelle orecchie come se le avesse appena pronunciate.

"Lo troveremo, Alexis. Te lo giuro. Pagherà per quello che ti ha fatto."

-Sei andato a cercare l'assassino dei miei genitori.- disse lei, con lo sguardo fisso su di lui, senza sbattere le palpebre.

Bucky annuì lievemente.

-Sei pazzo.-

Stavolta, invece fece cenno di no. -Non sono mai stato così lucido. Ieri sera quando noi... quando... insomma quando abbiamo fatto l'amore, non è servito che usassimo protezioni di alcun tipo, ed è stato così scontato che stamattina, ripensandoci, mi ha fatto male.-

Alexis abbassò la mano che Bucky teneva ancora ferma, sconsolata.

-Tu vuoi dei figli.-

-No, o meglio, non lo so, ma non è questo il punto. Mi ha fatto male rendermi conto così da vicino del fatto che tu, che meriti tutto ciò che la vita ha da offrire, sia stata privata di questa scelta.-

Alexis poggiò le braccia sulle ginocchia di lui, avvicinandosi e facendo combaciare la fronte con la sua. Sospirò e sorrise lievemente.
-James, io ti amo con tutta me stessa. Sei tu ciò che di meglio la vita possa offrirmi.- si sporse un po' e lo baciò delicatamente. -Quindi, ti prego, non farti uccidere per questo, perché non cambierà la realtà dei fatti. Ne riparliamo domani.-

James strofinò il naso contro quello di lei ed annuì. -Ti amo anche io.-

Alexis si separò da lui e si preparò a riprendere l'attività che aveva iniziato. -Adesso sta fermo.-

Lui non si mosse e si fece medicare dalle mani amorevoli della sua ragazza.














Angolo Autrice
Ciao a tutti! Credo non sia mai successo in tutta la mia storia da "Scrittrice" di riuscire a pubblicare due capitoli uno dietro l'altro in due giorni. Da pazzi. 
Un piccolo capitolo di passaggio, in cui vediamo Bucky che cerca di addentrarsi nel passato di Alexis per tentare di portare a termine quella promessa che le aveva fatto in uno dei primi capitoli di New Avengers Together. 
Ringrazio chiunque abbia letto e recensito lo scorso capitolo e questo. 
A prestissimo!

Rack =)
 

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Capitolo 3
*** Capitolo III: Gioia inaspettata e Stregoni complessati ***


New Avengers: Together - Promises
Capitolo III: Gioia inaspettata e Stregoni complessati
 


*             *             *


Tre mesi dopo...


-Ok, bene così!-

Alexis batté due volte le mani e le nuove reclute del Team di spie di Natasha, lo stesso Team nel quale era entrata lei ormai due anni prima, smisero di correre.
Aveva fatto fare loro un riscaldamento di corsa, e ora dovevano allenarsi con il corpo a corpo. Era inizio Novembre e, per creare un ulteriore elemento di difficoltà, aveva deciso di procedere con l'allenamento all'aperto per la sua intera durata. Qualcuno per questo la malediceva, a causa dell'aria fresca che ormai era sempre presente nelle loro giornate, ma lei faceva semplicemente quello che le diceva Natasha. Nulla di più, nulla di meno.

Negli ultimi tempi aveva preso il suo posto nell'allenamento, perché Natasha era molto impegnata con delle missioni che le affidava Nick Fury, che, nonostante la fine dello Shield, non aveva mai smesso di lavorare e, soprattutto, non aveva mai smesso di lavorare con gli Avengers, anche se maggiormente si serviva di Natasha e del suo Team.
Lexie osservò le reclute, ragazzi e ragazze che combattevano a coppia,  immobile con le braccia incrociate al petto, ma muoveva gli occhi in modo da osservare tutti.
Qualcuno a volte metteva troppa forza nei movimenti ed Alexis trasaliva spaventandosi un po'.

-Ricordate: non c'è bisogno che vi uccidiate.- disse.

Assottigliò gli occhi, fece qualche passo spostandosi verso le spie che erano posizionate più lontane, per poterle osservare meglio. Quando si trovò dalla parte opposta, qualcuno pensò di fare il furbo.
Alexis si chiese come poteva pensare una recluta, che quindi non aveva neanche superato la cerimonia finale, di poter fregare un membro degli Avengers.
Era vero che lei era molto giovane, aveva quasi 22 anni ed alcuni di loro avevano qualche anno in più di lei, ma ciò non giustificava comunque quell'atteggiamento da parte di alcuni di loro.

Alexis sbuffò. -Ma guarda che mi tocca vedere.- borbottò.

Un ragazzo, di cui lei non ricordava il nome, visto che li allenava da poco, durante la lotta, stava cercando di palpeggiare la sua avversaria, che invece faceva di tutto per portare a termine l'esercizio nel modo più diligente possibile.
Alexis fece rapidamente il giro del gruppo e, quando fu abbastanza vicino a quei due, creò una frusta magica di scintille ambrate, con la quale accalappiò entrambe le caviglie del ragazzo e, tirandolo lievemente, lo fece cadere a faccia in giù nel terreno.
Tutti si voltarono e risero, mentre Alexis si avvicinava ulteriormente a quel ragazzo.

-Tu, come ti chiami?- gli chiese.

-Matt Johnson.- ripose lui mentre si alzava.

-Due giri di corsa intorno al perimetro del complesso, Matt.- disse Alexis con un gesto della mano come a scacciarlo.

-Ma due giri sono un totale di quaranta kilometri!-

-Sì, lo so, Matt.-

Il ragazzo strinse le labbra e, sconfitto, si avviò verso la pista pedonale che circondava il Facility.
Alexis, che in realtà era una ragazza dal cuore d'oro e che si era resa conto che quaranta kilometri fossero effettivamente un po' troppi, si voltò nella sua direzione e gridò:

-E va bene, ne basta uno!- poi si rivolse alle altre coppie. -Riprendete l'allenamento.-

La ragazza, che Alexis conosceva, era rimasta senza un compagno, così si fece da parte.
Alexis la guardò e le fece cenno di andare verso di lei.

-Katherine, vieni qui, ti allenerai con me.- le disse.

L'altra smise di respirare per qualche secondo con gli occhi sgranati. -Con... te?- chiese titubante.

-Sì, perché no? Sta tranquilla, ovviamente non userò la magia.-

Katherine deglutì rumorosamente e fece qualche passo verso di lei.
Non aveva paura della sua magia, sapeva che Alexis non l'avrebbe usata. Aveva paura di Alexis in generale. Quale persona sana di mente si batte contro la migliore spia addestrata da Natasha Romanoff?
La ragazza, fu salvata in calcio d'angolo, perché Alexis fu distratta da qualcosa di ben più importante.

-Alexis!- Steve la chiamò correndo verso di lei.

Alexis si voltò a guardarlo con aria interrogativa. Steve aveva il fiatone, segno che l'aveva cercata a lungo e che si trattava di qualcosa di urgente, ed in più aveva uno sguardo preoccupato sul volto.
-Che sta succedendo?-

-Pepper, l'hanno ricoverata al New York Hospital.-  

Alexis perse un battito. Pepper era appena entrata nell'ottavo mese di gravidanza, quindi stava andando storto qualcosa. Pregò tutti i santi e tutti gli dei che conosceva che non stesse accadendo nulla di grave o irrimediabile a Pepper o alla bambina.
Portò una mano al collo, a controllare che stesse indossando il ciondolo dell'armatura, poi fece roteare una mano in aria ed aprì un portale accanto a Steve, entrandovi dentro e spingendo il capitano con decisione, portandolo con sé.




 

*            *            *
 





Alexis e Steve atterrarono nella reception dell'ospedale e tutti i presenti sobbalzarono, alcuni emisero anche delle lievi grida, finché non riconobbero i due Avengers.
Lei si lanciò al banco e parlò all'infermiera, seguita da Steve che si muoveva in maniera decisamente più calma.

-Virginia Potts?- chiese Alexis. -E' incinta, è stata ricoverata pochi minuti fa.-

L'infermiera, che si era alzata per lo spavento, si mise di nuovo seduta, cercando di recuperare la calma. -Mi scusi, lei chi è?-

Alexis alzò le mani al cielo, era spazientita. -Sul serio!?- fece, indicando più volte sé stessa e Steve.

L'infermiera guardò Steve per vari secondi e poi rinsavì. -Oh mio Dio, vi chiedo scusa.- frugò dentro un cassetto. -Sesto piano, è tutto riservato a voi. Aprite la porta con questa.- disse, porgendo ad Alexis una tessera.

La ragazza scosse la testa. -Non ce n'è bisogno, grazie comunque!-

Aprì un portale e lo attraversò, finendo direttamente nel corridoio del sesto piano, al di là della porta d'ingresso.

Steve la seguiva ormai automaticamente.  -Alexis, calmati, tanto non ci faranno entrare in nessun caso.-

Lei si voltò a guardarlo mentre continuava a camminare a grandi falcate verso l'unica porta aperta del corridoio che era del tutto vuoto. -Non posso.- gli rispose.
I metri che la separavano da quella stanza le sembravano infiniti. Le pareva di camminare su una scala mobile che si muoveva in direzione opposta a quella in cui andava lei.
Quando finalmente vi entrò, si bloccò sulla porta.
Vide Tony, completamente solo, mentre sistemava in un armadio dei vestiti che tirava fuori da una valigia nera. Il letto era immacolato e di Pepper non c'era traccia.
Entrando fece rumore andando a sbattere contro la porta, facendo voltare Tony di scatto. Dopo pochi secondi entrò anche Steve, sempre col suo andamento calmo, mentre teneva le mani in tasca.

-Tony, dov'è Pepper.- chiese senza dare alcuna intonazione alla voce.

Tony le andò incontro e notò che fosse più agitata di lui. L'abbracciò velocemente, poi le prese il volto tra le mani.
-E' tutto ok.- le disse. -Non c'era bisogno che veniste fin qui, Lexie.-

La ragazza stava per chiedere di nuovo dove fosse Pepper, ma fu interrotta da Steve che si avvicinò a loro.
-Io ho provato a dirglielo, ma non mi ha lasciato neanche il tempo di iniziare a parlare.- disse sorridendo, intenerito dalla totale preoccupazione di Alexis. -Ha iniziato ad aprire portali e non ho saputo fermarla.-

Tony scosse la testa. -Tu.- le disse. -Mi somigli troppo per non essere mia figlia biologica.-

Alexis sbuffò. -Esatto, a proposito, dov'è Pepper?-

Tony le diede un buffetto sulla testa, poi si allontanò tornando a sistemare i vestiti nell'armadio.
-Pepper è in sala operatoria. A quanto pare la piccola nascerà prematuramente.-

-Perché, cosa è successo?- chiese lei, che non capiva come facesse Tony a rimanere così calmo.

-Pepper ha avuto delle... strane perdite. Siamo corsi nel posto più vicino, dove ci hanno fatto vedere che la bambina si è divertita un po' troppo là dentro.- Tony sospirò e si fermò voltandosi verso i suoi colleghi. -Era in sofferenza fetale, con due giri di cordone ombelicale intorno al collo. Cesareo d'urgenza.-

-Sono fuori pericolo però, giusto?- chiese Steve.

-Sono a rischio come lo saremmo noi con qualsiasi altra operazione, ma non dovrebbero esserci complicazioni a quanto hanno detto i dottori.-

-Quindi? Che facciamo?- chiese la ragazza.

Tony fece spallucce. -Niente. Aspettiamo.- le andò incontro e le mise un braccio intorno alle spalle. -Vieni.-
La condusse nel corridoio e si sedettero sulle sedie blu che lo contornavano.
-Vedi quella porta laggiù? Hanno allestito una sala operatoria, la signorina Potts è lì dentro.-

-Ti hanno detto quanto ci vorrà?- chiese lei.

-No, non mi hanno detto nulla.-

Alexis poggiò la testa sulla spalla di Tony e gli accarezzò un braccio, mentre Steve gli lanciava un'occhiata per dargli conforto e fargli sapere che gli era vicino.
 




 
Quattro ore dopo...
 
Alexis si morse le unghie, cercando di concentrarsisu di esse, piuttosto che sull'angosciante situazione che stava vivendo.
Lei era rimasta seduta sulla sedia dove si era messa quattro ore prima, Tony faceva su e giù per il corridoio. Steve era seduto su una sedia di fronte a lei, sul lato opposto del corridoio, con le braccia incrociate e gli occhi chiusi, come se stesse riposando.
Vedendolo così tranquillo, scelse di imitarlo. Fece alcuni respiri profondi, chiuse gli occhi e poggiò la testa al muro. Purtroppo non stava funzionando.

Nel buio dei suoi occhi chiusi, altri occhi le vennero in mente tanto intensamente che giurò di poterli vedere. Occhi color ghiaccio, malinconici e dolci allo stesso tempo. Le sfuggì un lieve sorriso.
Se ci fosse stato James sarebbe sicuramente stato in grado di distrarla e calmarla. Rendendosene conto, sentì la sua mancanza più che mai, dopo ormai quattro giorni che non si vedevano e si erano sentiti pochissime volte per telefono. Erano ormai tre mesi che avevano, di nuovo, poco tempo per stare insieme. Quasi tutti i giorni James usciva alla ricerca di una pista sull'assassino dei genitori di Alexis. Lei l'aveva implorato di lasciar perdere: non voleva che le giornate di Bucky venissero riempite dalla ricerca di vendetta nei confronti di qualcuno che, probabilmente, era solo un povero pazzo cui era stata venduta una pistola. Alexis, però, si rendeva conto che Bucky l'amasse oltre ogni limite e che non riuscisse ad accettare di non sapere fino in fondo la verità. Lei, invece, aveva smesso di sperarci. Aveva trovato l'amore della sua vita e questo le bastava.
Ripensò a quella sera in cui Bucky era tornato da lei con lo zigomo tumefatto, scosso dal fatto che lei non potesse avere figli.
E così le tornò in mente Pepper.

La ragazza scattò in piedi, sbuffando. -Ci sta volendo troppo.- disse. -E' normale che ci voglia tanto per un cesareo?-

Steve fece spallucce e Tony non le rispose, perché tanto non ne aveva la minima idea.

-Vado a vedere.- disse lei, iniziando a muovere la mano, facendo comparire alcune scintille dorate nell'aria.  

Steve scattò in piedi e la tenne ferma per le braccia. -No, Alexis!- esclamò. -Sarebbe inutile, non potresti fare nulla.-

-E se fosse successo qualcosa ad una delle due!?- guardò Tony. -Tony, cosa succederebbe? Avrai dato una preferenza...-

Lui si bloccò a guardare Alexis da lontano, mentre il suo cellulare iniziava a squillare. -Non voglio neanche pensarci.- disse, mentre estraeva il telefono dalla tasca dei jeans.
Una preferenza l'aveva data, ma preferì non rispondere e tenere la sua scelta per sé, approfittando di quella telefonata nel tentativo di distogliere Alexis, che Steve aveva di nuovo fatto sedere.

-Sì?-
-...-
-Ehm, ascolta, potremmo fare domani? Mia moglie sta partorendo.-
-...-
-No che non posso venire comunque, è in sala operatoria!-
-...-
-Tranquillo.-
-...-
-Grazie.- riagganciò e si diresse verso Alexis, sedendosi accanto a lei.  -Diamine, quel dottore deve darsi una calmata.- borbottò, passandosi una mano sugli occhi.

-Dottore?- chiese Alexis.

-Già, Strange. Voleva obbligarmi ad andare ad aiutarlo con quella dannata armatura, anche dopo che gli avessi detto che Pepper sta partorendo.-

Alexis aggrottò la fronte. Erano mesi che Stephen si comportava in modo strano ed era ossessionato dal perfezionamento di quelle armature che, per lei, erano già perfette così, anche se non avevano mai avuto modo di dimostrarlo, visto che fortunatamente erano stati mesi tranquilli.
Tuttavia, quel dottore non gliela raccontava giusta e pensò che andare a trovarlo potesse essere anche un modo per distrarsi.
Stare lì impalata non avrebbe portato a nulla.
Si alzò in piedi e fece per aprire un portale.

-Dove vai?- chiesero Tony e Steve all'unisono.

-Prendo un caffè, torno subito.- rispose lei.
Si allontanò un po' da quei due, per impedire che Tony vedesse dove stesse andando realmente: in quei mesi, ogni volta che Strange veniva nominato, si era accorta che Tony assumeva strane espressioni e tentava di cambiare rapidamente argomento.
A breve avrebbe chiesto tutto direttamente allo stregone di New York.
 



 
*         *         *
 




Alexis aveva aperto il portale sotto i suoi piedi, ed era caduta perfettamente in piedi, nel laboratorio segreto di Strange.
Era sicura che fosse lì, perché era lì che lavorava alle sue armature.
Le erano sempre piaciute le entrate in scena ad effetto, ma Strange aveva decisamente battuto la sua.
La ragazza si affrettò a chiudere il portale alle sue spalle, mentre l'espressione più sconcertata del mondo compariva sul suo volto.

Strange, che indossava la nuova armatura, se ne stava sospeso a mezz'aria, sollevato da terra di circa venti centimetri. La sua fidata cappa, però, era accanto a lui. Non sulla sua schiena, accanto.
Delle scintille ambrate scricchiolavano dietro la sua schiena e lui, con i pugni serrati e con un'espressione di massimo sforzo a deformargli il volto, non si era minimante accorto della ragazza che gli era piombata nel laboratorio.

-Che diavolo...?- borbottò Alexis.

Strange continuava a non accorgersi di lei.
Con un grugnito, si sforzò ulteriormente ed Alexis vide comparire un' immagine formata dalle scintille dietro la sua schiena: una serie di ramificazioni, che sembravano essere la struttura ossea di un paio di ali molto grandi.
Alexis non poté osservarle a lungo, perché vide un rivolo di sangue colare giù dal naso e dagli occhi serrati di Strange. Lei trasalì e si mosse nella sua direzione.

-Stephen!- gridò.

Solo a quel punto lo stregone aprì gli occhi e, deconcentrandosi, cadde a terra.

Alexis gli corse incontro, accucciandosi. -Ma che cazzo stai facendo!?- sbottò lei, cercando di aiutarlo ad alzarsi.

-Agente Moore, che cosa fai qui? Chi ti ha fatto entrare?- chiese lui, mettendosi seduto con una smorfia di dolore.

-Mi hai insegnato tu ad aprire portali.-

-Sì, ma non ti ho invitata.-

Lei scostò le mani ed incrociò le braccia assumendo un'aria offesa. Strange, non sentendo una sua risposta, si insospettì la guardò.

-Cosa?- le chiese.

-Ti rendi conto che hai il sangue che ti esce dagli occhi, che detto tra noi fa veramente schifo, e che se non ti avessi fermato, ora saresti imploso per lo sforzo?-

Lui sospirò. -D'accordo. Grazie.-

-Non c'è di che.-

Strange si alzò ed andò al tavolo, dal quale prese dei fazzoletti con i quali si pulì il sangue dal volto.
-Non dovresti essere col tuo patrigno?-

-Ci sono stata fin'ora, Pepper è ancora sotto i ferri. Mi ha incuriosita la tua telefonata a Tony e sono venuta qui.- rispose lei, voltandosi verso la cappa della levitazione che sembrava che la stesse ascoltando. -A proposito, che diamine stavi facendo?-

-Non posso dirtelo.-

-Era una domanda retorica.-

-Allora perché porla?-

Alexis sospirò, infastidita da quello che riteneva essere l'uomo più fastidioso al mondo, dopo Tony.
-D'accordo, allora ti pongo un'altra domanda. Per quale motivo non dovrei sapere cosa stai facendo?-

-Perchè è una faccenda pericolosa, una faccenda per Maestri e so che tu sei molto curiosa, quindi preferivo che ne rimanessi fuori per evitare incidenti e pericoli.-  le disse, puntandole contro un indice.

Lei allargò le braccia. -Beh, mi pare proprio che incidenti e pericoli te li stia procurando da solo!-

Strange ignorò quell'ultima frase, profondamente colpito nel segno, mentre beveva un sorso d'acqua dalla sua borraccia in acciaio.

Aveva perfettamente intuito cosa stesse facendo Strange. Capiva la sua preoccupazione, ma non la sua ossessione, cosa che, invece, preoccupava lei, perché aveva il volto più stanco che lei avesse mai visto.
Strange stava tentando di imparare ad evocare quelle ali che pochi mesi prima lei stessa aveva visto nei libri di Cagliostro e che lui gli aveva detto fossero impossibili da evocare, perfino per lui.

-Non mi avevi detto che erano impossibili da evocare?-

-Sì, per te.-

Lei sollevò entrambe le sopracciglia, per poi aggrottarle. -E se invece unissimo le forze? L'hai detto tu stesso, io sono speciale ed imparo in fretta, no?-

-Non in questo caso, mi dispiace, agente Moore.-

-E' molto crudele quello che hai detto, ne sei consapevole?-

-Sì, eppure sei ancora qui.- le disse lui, mentre faceva vorticare una mano in aria, facendo comparire un cerchio di scintille sotto i piedi di lei.

-No, aspetta!-

Alexis iniziò a saltellare in giro per il laboratorio, mentre Strange cercava di aprirle un portale sotto i piedi per farla scomparire.
Se Wong o chiunque altro avesse visto quella scena, si sarebbe fatto un sacco di risate.

-Mi serve spazio per lavorare.- disse lui.

Alexis sbuffò. -D'accordo, me ne vado!- disse fermandosi. -Ma tu ricordati che mi hai promesso che non saresti morto.-

Anche Strange si fermò per un attimo. -Me lo ricordo benissimo e mantenere quella promessa è proprio quello che sto facendo.-

Alexis assottigliò gli occhi fino a ridurli a due fessure e gli puntò un dito contro, quasi arrabbiata.
-Guarda che lo so che tu e Tony mi nascondete qualc...-

La ragazza non riuscì a finire la frase, perché si ritrovò catapultata nella strada di fianco al santuario di Strange.
Serrò i pugni e sospirò più volte.
Adesso era davvero arrabbiata.

Lei era speciale.
Lei era forte.
Lei era coraggiosa.
Eppure tutti la trattavano ancora come una bambina.

Fece per aprire un portale, ma troppe persone erano intorno a lei. Iniziò a camminare e decise che avrebbe camminato ancora a lungo, in direzione dell'ospedale, nonostante fosse distante di molti kilometri.
Una passeggiata era quello che le ci voleva per sbollire la rabbia in quel momento.  
 



 
*         *         *
 




Alexis camminò per circa due ore, poi decise che era ora di utilizzare la magia.
Da una parte perché le facevano male i piedi, dall'altra perché nessuno le aveva mandato aggiornamenti su Pepper.
Si nascose in un vicolo stretto ed aprì un portale, attraversandolo e comparendo nel corridoio dove poco prima aveva lasciato Tony e Steve.

Quando però non vide nessuno a camminare facendo su e giù per il corridoio, trasalì e perse diversi battiti.
Poi vide che la stanza che era stata allestita come sala operatoria aveva la porta aperta e c'era un via vai di infermieri che la stavano pulendo. Spostò di poco lo sguardo notando che anche la porta della stanza che Tony prima stava sistemando era aperta.

Decise che non aveva tempo per camminare, così aprì un portale per quella stanza e vi entrò dentro, con un'entrata di scena d'effetto da far sobbalzare i presenti.
C'erano Steve, Tony, Pepper e la piccola.
Il cuore di Alexis accelerò e si fermò diverse volte prima che lei riuscisse a proferire parola.

-Ciao.- disse, continuando ad avere gli occhi sgranati e con le mani ancora sospese a mezz'aria.
Si mosse molto lentamente dal lato del letto dove si trovava Steve, sorpassandolo ed andando verso Pepper. Le prese la mano dolcemente, temendo di poterla in qualche modo infastidire. Era così emozionata che non riusciva ad avere alcuna percezione di sé stessa.
-Stai bene?- le chiese.

Pepper annuì, con le lacrime agli occhi, e tornò a guardare il piccolo fagottino che teneva nell'altro braccio.
Steve mise una mano sulla schiena di Alexis. Lei lo guardò di sfuggita per poi tornare a concentrarsi sulla bambina.
Aveva degli enormi occhi castani che la fissavano, ricordando tremendamente quelli di suo padre.
A quel pensiero, gli occhi di Alexis si inumidirono e guardò Tony che, da quando era entrata, non aveva mai smesso di guardarla e quando anche lei ricambiò il suo sguardo, lui le puntò contro un dito.

-So benissimo che sei stata da Strange.- le disse.

-Sì, lasciamo stare per favore.- rispose lei, tirando su con il naso. Avvicinò molto lentamente un dito alla bambina e cercò la sua piccola manina. Di riflesso, la bimba attorcigliò le dita intorno all'indice di Alexis, sciogliendole il cuore. -Piacere di conoscerti.- le disse sorridendo.

-Vuoi prenderla?- le disse Pepper di punto in bianco.

Alexis sgranò gli occhi.
-No, state scherzando? Potrei romperla.-
Fece per ritrarre la mano, ma la bambina non accennava a sciogliere la presa dal suo dito.

-A me sembra proprio che voglia conoscerti meglio.- disse Steve.

-Anche a me.- aggiunse Tony. -Coraggio.-

La ragazza sospirò e, titubante, prese la bambina. -Ma come si fa...- borbottò, non sapendo in che modo tenerla.

-Aspetta, agente Moore.-

Una voce vellutata le arrivò alle orecchie e dei passi si mossero veloci verso di lei, facendole trillare il cuore, che stava rischiando di implodere per le troppe emozioni che stava provando in quel momento.
E ora che doveva fare? Continuare a perdersi negli occhi della bambina o correre ad abbracciarlo?

Steve si scostò, facendo passare Bucky che si mise accanto  ad Alexis.
Lui guardò Pepper, come a chiederle il permesso di poter toccare la figlia, e lei annuì, concedendoglielo.
Alexis, invece, non smise per un attimo guardare lui.
Delle profonde occhiaie gli segnavano il viso, i vestiti erano sporchi, aveva qualche livido sul volto.
Lui le prese una mano, facendogliela scorrere sotto la schiena della bambina.

-Fai passare questa mano sotto all'altra.- le disse, poi salutò Tony con un gesto della mano e guardò di nuovo Pepper. -Congratulazioni, è bellissima.-

Alexis continuò a fissare Bucky con la bocca dischiusa, stregata dall'estrema delicatezza dei movimenti che aveva usato per aiutarla a prendere in braccio la piccola.

-Stai bene?- gli chiese.

Lui annuì soltanto, guardandola qualche secondo negli occhi, rendendosi conto di quanto le era mancata negli ultimi giorni. Steve distolse la sua attenzione.

-Ora che c'è anche Alexis, possiamo sapere il nome della piccola Stark?- chiese Cap.

Tony, che stava semi sdraiato accanto a sua moglie,  scambiò un'occhiata d'intesa con Pepper, annuendo. Fu lei ad annunciare il nome:

-Ragazzi, siamo estremamente felici e grati di presentarvi nostra figlia... Morgan Hermione Stark.-

Alexis, che stava osservando la bambina tra le sue braccia sorridendo, si paralizzò qualche istante, poi sollevò il volto verso i due neogenitori, passando velocemente lo sguardo da uno all'altro.
Sentì Steve sussurrare a Bucky, spiegandogli il motivo della reazione della ragazza.
Hermione era il secondo nome di Alexis Moore.

-Mio Dio.- disse, -Dite sul serio?-

Pepper e Tony annuirono sorridendo, mentre nuove lacrime corsero a bagnare le ciglia di Alexis.

-Oh, non potrei avere onore più grande.- sbattendo le palpebre una lacrima le colò lungo la guancia. -Dio, non riesco a smettere di piangere.- rise. -Tony, prendila o non smetterò mai più.- disse, porgendo la piccola Morgan a suo padre.

Alexis prese un fazzoletto dalla scatola sul comodino di Pepper, si voltò asciugandosi le lacrime e soffiandosi un po' il naso nel modo più delicato possibile, temendo di spaventare la bambina, anche se, per ora, si era rivelata essere una santa.
Anche Bucky si voltò verso di lei, le scostò i capelli lunghi da davanti il viso e le carezzò una guancia con il dorso della mano, sorridendole. Poi le fece cenno con la testa di seguirlo. La prese per mano, portandola sul balcone della stanza.
Quando furono abbastanza lontani da Tony, le prese il volto tra le mani attirandola a sé e la baciò dolcemente.

-Mi sei mancata.- le disse.

Alexis tirò di nuovo su con il naso. -Anche tu.- disse aggrappandosi con entrambe le mani al giubbetto di pelle di Bucky. -Sicuro di stare bene?-

Lui annuì. -Alexis, forse ho trovato qualcosa.-

Alexis sospirò e poggiò la fronte sul petto di lui e nuove lacrime le bagnarono le guance.  










*  *  *



Angolo Autrice
Ciao a tutti! =)
La storia sta proseguendo! Siamo ancora in un periodo di calma, fatta eccezione per gli esperimenti di Strange. Ma si sa, non si può stare mai del tutto tranquilli nel mondo della Marvel!
Colgo l'occasione per ringraziare InsurgentMusketeer e Natasha Optimus per aver recensito gli scorsi capitoli e starlight1205, Aboutmarty94 e nevermore72 per aver inserito la storia tra le preferite, ricordate e seguite! 
A molto presto!


Rack =)
 

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Capitolo 4
*** Capitolo IV: Un salto in Grecia ed un battesimo con i fiocchi! ***


Premessa Importantissima!
Buonasera cari lettori =) Oggi sono quassù, invece che laggiù come al solito, perché ho una cosa molto importante da dire.
Questo è un capitolo a cui tengo davvero molto. In esso troverete un breve cameo che sono contentissima di aver inserito. Si tratta di un personaggio creato da un'altra scrittrice qui nel fandom: Ellie Renner di InsurgentMusketeer! Ho amato tantissimo il personaggio di Ellie e tra noi scrittrici si è creata una bella alchimia, così, ovviamente solo dopo averle proposto la mia idea, ho deciso di rendere omaggio a lei e a questo personaggio che è davvero meraviglioso. Quindi, grazie mia carissima dolce Musketeer per avermi concesso l'onore di far apparire Ellie nella mia storia! Spero che a voi lettori possa piacere questa simpatica idea =)
A prestissimo! 

Rack 

Ps: andate a leggere le storie di InsurgentMusketeer ("Avengers: Codice Venom" e "Avengers: l'Alba dei Soldati d'Inverno") qualora non l'abbiate fatto, perché non si può essere attivi su efp in questo fandom e non averle lette! <3
 






New Avengers: Together - Promises
Capitolo IV: Un salto in Grecia ed un battesimo con i fiocchi!
 


La notte successiva alla nascita di Morgan Stark, Alexis non aveva chiuso occhio.
Era stato un giorno molto impegnativo per il fatto che avesse provato tantissime emozioni. Prima la paura per Pepper e Morgan, poi la rabbia quando aveva visto Strange tagliarla fuori dalle sue ricerche e non reputarla abbastanza abile nelle arti mistiche da coinvolgerla.
Ciò che però l'aveva scossa di più era stato il ritorno di James e la rivelazione che le aveva fatto: aveva trovato qualche indizio sull'assassino dei suoi genitori.
Erano tre mesi che lui cercava informazioni come un forsennato e lei non ne aveva mai capito a fondo il perché. O meglio, l'immaginava, ma un dubbio in particolare non faceva che frullarle nella testa: questo accanimento era dovuto al fatto che James Barnes volesse davvero avere dei figli un domani? Lei glielo aveva chiesto più volte, ma lui aveva sempre detto che non lo sapeva ancora e che comunque non era quello il  motivo per il quale stava agendo in quel modo, ma solo per vendicare lei.
Alexis non ci credeva troppo, però.
Quando lo aveva visto guardare Morgan con gli occhi a cuoricino, il suo cuore si era diviso a metà. Da una parte si era sciolto per la tenerezza, dall'altra si era spezzato, perché era consapevole che lei non avrebbe mai potuto dare a James una gioia del genere.
Tuttavia, Bucky era sempre molto premuroso ed attento a non toccare mai l'argomento e non farla mai sentire a disagio e lei di questo era molto grata.

Si rigirò nel letto, voltandosi verso di lui, che la strinse con un braccio intorno alla schiena mentre ancora dormiva. Alexis perse per qualche secondo ad ammirarlo, contando i lividi che aveva sul volto. Negli ultimi quattro giorni era andato via da solo, senza l'aiuto di Sam, e lei era stata più preoccupata che mai. Tutti la rassicuravano continuamente, dicendole che Bucky era perfettamente in grado di cavarsela, visto che per 70 aveva continuato a fuggire dalla legge e che gli Avengers stessi avevano faticato ad acciuffarlo. Ma il suo cuore non le permetteva di stare tranquilla. Più che altro era riuscita a non impazzire trovando sempre un modo per distogliersi.
Adesso, però, era lì nel suo letto che la stringeva, per fortuna. Ogni volta che posava gli occhi su di lui si irradiava in lei una forte sensazione di famiglia, scordandosi di tutti problemi che si poneva, forse, inutilmente.   Gli accarezzò la guancia, sfiorandolo con i polpastrelli.

-Dovremmo alzarci.- disse lei.

James brontolò e si voltò lievemente, immergendo la faccia nel cuscino con un'espressione sofferente. -Hai idea di dove ho dormito negli ultimi quattro giorni?-

-Ehm, no, illuminami.-

-Beh, non in un letto e non accanto a te.- le fece una carezza lungo tutta la colonna vertebrale, causandole vari brividi, cosa che lui sentì perfettamente e sorrise.

-Spero accanto a nessun'altra.-

Lui aprì un occhio e la guardò -Come ti viene in mente?- Il soldato si spostò, accoccolandosi sul petto della ragazza. -Esisti solo tu, agente Moore.-

Lei non rispose, sorridendo soddisfatta di quella confessione che le aveva fatto battere il cuore più velocemente del normale per alcuni secondi. Lo avvolse con entrambe le braccia, lasciandogli un amorevole bacio sulla fronte, carezzandogli i capelli.

Dopo pochi secondi sentì il respiro di Bucky farsi di nuovo pesante. Si era addormentato di nuovo.
Si mosse nel modo più lento possibile, slacciando le braccia di Bucky dalla sua schiena e sfilandosi dalla sua presa. Lo coprì accuratamente con il piumone, poi si avviò verso l'armadio tremando leggermente: il freddo di Novembre iniziava a farsi sentire. Indossò un paio di jeans blu ed un maglione nero a collo alto e ai piedi degli anfibi neri dello stesso colore.
Mise in tasca il cellulare ed uscì dalla camera, diretta verso la cucina.

Fece le scale quasi saltellando di corsa nel tentativo di scaldarsi un po'. Quella brusca separazione dal calore del corpo di Bucky non era stata così piacevole. Tuttavia sapeva che l'unico modo per farlo alzare era che lei stessa uscisse dal letto. Avevano un impegno importante quel giorno.
Raggiunse la cucina, dove trovò Steve che leggeva un quotidiano.

-Siamo mattiniere, oggi.- le disse.

-Ehi Cap.- rispose lei con una nota di agitazione nella voce, che a Steve non sfuggì.
Alexis guardò l'orologio che segnava le 6.30 del mattino. Prese una tazza e la riempì di caffè, poi in un piatto mise una fetta di pane sul quale spalmò del burro e marmellata di fragole, ed andò a sedersi accanto a Steve.

-Tutto bene?- chiese lui, mettendo via il giornale.

Alexis annuì. -Più o meno.- bevve due lunghi sorsi di caffè. -Provo emozioni contrastanti.-

-Immagino.-

-Strafelice per la piccola Morgan e super agitata per le scoperte che ha fatto Bucky.-

-Dove siete diretti?-

-Non ne ho idea.- Alexis prese in mano la fetta di pane, la guardò da diverse angolazioni per poi posarla di nuovo sul piatto. Improvvisamente il suo stomaco si era chiuso. -Ieri sera si è addormentato mentre mi spiegava cosa aveva scoperto.-

Steve sorrise, col suo solito sorriso che Alexis aveva definito da "nonnetto sornione".
-Significhi molto per lui.-

Alexis fissò il liquido scuro ancora fumante all'interno della tazza. -Lo so.- rispose. -Anche lui per me. Per questo, nel caso in cui non dovessimo trovare nulla di utile, non voglio che continui con questa storia.-

Steve la guardò, poi guardò oltre di lei. Strinse le labbra, senza dire nulla.

-L'hai visto anche tu, vero?- riprese la ragazza. -Il suo viso. E'... è distrutto, Steve. Non dorme da tre mesi, ha sempre qualche ematoma addosso. Io non ce la faccio a vederlo così.-

Proprio mentre Alexis pronunciava quelle ultime parole, James entrò nella stanza e poggiò i gomiti sul bancone della cucina, dietro ad Alexis, che si spaventò e si voltò di scatto.

-Ehm.- fece lei.

Bucky sorrise bonariamente. -Non devi preoccuparti per me, Alexis.- disse, per poi scoccarle un bacio sulla guancia ed andando a prendersi qualcosa da mangiare.

Lei sospirò. -Non ci riesco.- poi prese il suo piatto e lo porse a James. -Tieni, prendi il mio, non ho fame.-

Bucky prese il piatto, ma capì perfettamente l'agitazione di Alexis. -Sta tranquilla, andrà tutto bene.-

Lei annuì più volte, non convinta del tutto di quella affermazione. -Quindi, dove siamo diretti?-

James addentò il toast, guardò prima Steve, poi Alexis. -In Grecia.-

Alexis piantò i palmi delle mani sul piano della cucina e si sporse verso Bucky con gli occhi sgranati. Non era sicura di aver capito bene. -In Grecia!? Dici davvero?-

Lui annuì.

Steve portò una mano a grattarsi la fronte, preoccupato.

-La famiglia di mia madre è originaria della Grecia, mia madre ha vissuto i primi cinque anni della sua vita a Santorini.- rivelò Alexis guardando  Bucky. Steve era già a conoscenza delle sue discendenze.

Bucky posò rumorosamente la tazza sul piano, rimanendo qualche secondo con le labbra dischiuse. -E' proprio a Santorini che siamo diretti.-

Steve si grattò la testa, pensando che la faccenda fosse più complicata di quello che sembrava all'inizio. -Sicuri di non volere una mano?- chiese.

Alexis scosse la testa. -No, è meglio che tu rimanga qui. Nat è in missione e Tony è impegnato con la nanerottola, quindi non rimarrebbe nessuno.- poi si rivolse a Bucky e con sguardo deciso disse: -Andiamo.-

Improvvisamente la sua voglia di lasciar perdere era svanita.  
 
 
*          *          *
 
 
Alexis si accucciò a terra, carezzò la sabbia bianca delicatamente, poi ne prese un po' nel pugno di una mano e ne tirò fuori una conchiglia. Era estremamente piccola, sottile e delicata. La mise nella tasca del suo chiodo in pelle nero, sperando che non si frantumasse nell'arco della giornata.
Si mise in piedi di nuovo, con le mani in tasca per il freddo, immergendo il naso nella voluminosa sciarpa rosso scuro e puntò gli occhi sull'orizzonte del mare.
Ci era stata poche volte nel corso della sua vita: i suoi genitori, Harry Moore ed Emma Smith, erano più tipi da lago e montagna ed anche lei si era sempre ritenuta tale.
Tuttavia, ora che lo vedeva dopo tanti anni, non le dispiaceva affatto.
Un vento  violento, nonostante la giornata di totale sole, le sferzava il volto, facendole lacrimare gli occhi.

Poco più in là, James si muoveva verso di lei, mentre tentava disperatamente di tenere i suoi lunghi capelli fermi dietro le orecchie.
-Dovremmo andare verso il porto.- disse lui.

Alexis annuì. -Ti spiace se ci andiamo passeggiando?-

-Certo che no, abbiamo tutto il tempo che vuoi.-

Si incamminarono mano nella mano, mentre con quella libera il soldato continuava imperterrito a sistemarsi i capelli. -Credo che presto dovrò tagliarmi i capelli.- sbuffò.

-Non ci provare.- disse Alexis, poi lo guardò e rise lievemente.

Sfilò la mano da quella di lui solo per recuperare un elastico che aveva al polso e porgerlo a Bucky.
Lui l'afferrò come se fosse stato l'oggetto più prezioso del mondo e raccolse i capelli in una rapida crocchia bassa che gli sfiorava il collo.
Alexis avrebbe avuto lo stesso problema, se non avesse avuto la sua cara sciarpa dentro la quale i suoi capelli stavano perfettamente fermi.
Si presero di nuovo per mano, continuando a camminare, per lo più in silenzio. 
Arrivati al porto, Bucky guardò il cellulare, seguendo le indicazioni per l'indirizzo che aveva trovato.
Da lì, continuarono in salita, seguendo un vicolo costellato di fiori nei vasi davanti alle porte e alle finestre di quelle adorabili casette dal tetto azzurro. Alexis le osservò ammirata: a Novembre quel posto poteva sembrare un quadro, fermo, svuotato dei personaggi, fatta eccezione per qualche persona che sentiva parlare da dentro le case.

-E quindi 'Hermione' non viene da un forte amore per Harry Potter da parte dei tuoi genitori.- constatò di punto in bianco il soldato.

Alexis distolse lo sguardo dai dettagli delle case e si voltò di sfuggita verso Bucky.
-No, o meglio, mi piace Harry Potter, ma non viene da quello. Mia madre voleva che una parte delle sue origini fosse sempre presente nella mia vita, così mi ha dato un nome di origine greca.- La ragazza fece una pausa, poi si rese conto di una cosa. -Aspetta, quand'è che hai avuto il tempo di leggere Harry Potter?-

Bucky rise. -Mentre ero in Wakanda ho iniziato a leggere il primo libro, ma poi non ho più continuato.-

Alexis si bloccò di colpo. -Non... non hai neanche visto i film?-

Lui scosse la testa. Alexis trattenne il respiro per qualche secondo, poi lasciò teatralmente la mano di James. -Mi dispiace, noi non possiamo stare insieme.-

Lui rise di nuovo, cercando di scacciare quell'accenno di terrore che si era collegato a quelle parole, nonostante sapesse che la ragazza stesse scherzando.
Per sicurezza le prese di  nuovo la mano continuando a camminare.
Ad un tratto abbandonarono la via principale, per infilarsi in un vicolo più stretto, che percorsero per circa trecento metri. In quel vicolo non batteva mai la luce del sole ed era quasi congelato.
Tuttavia, quando quel pezzo di strada finiva, si apriva su una sorta di piccola piazzetta con un affaccio sulla parte sottostante dell'isola e sul mare. In quella specie di angolo dolcemente assolato si ergeva una piccola casetta, anche questa, come tutte le altre, pareva essere uscita da un dipinto.

Dopo essersi guardata più volte intorno, ad Alexis si gelò il sangue, riconoscendo tutti gli elementi presenti in quel luogo che sembrava una cartolina. Poggiò la schiena lungo la balaustra di roccia che contornava lo spiazzo, con lo sguardo perso e confuso.

-James,- lo chiamò e lui le fu subito vicino. -Questa era la casa dei miei nonni.-

Lui si guardò intorno e lo sguardo si fece serio e concentrato. -Ne sei sicura?-

La ragazza annuì. -Assolutamente. Mia madre mi ha fatto vedere diverse foto di quando era piccola e viveva qui, insieme ai miei nonni.  Io ne sono certa, James.-  fece una pausa osservando la porta di casa. -Solo che i miei nonni sono morti da prima che io nascessi, quindi non sono loro che vivono qui.- dei brividi le corsero lungo la schiena, poi guardò Bucky in cerca di risposte. -Dici che l'assassino dei miei genitori vive qui? Mio dio sarebbe ridicolo. E soprattutto come è possibile?-

Bucky scosse la testa. -A questo punto non lo so. Non ci resta che chiedere.-

Si avviò verso la porta con decisione, a grandi falcate, mentre Alexis, dopo qualche secondo lo seguì agitata.
Quando bussò alla porta, non dovettero aspettare troppi secondi, che un uomo  sulla cinquantina andasse loro ad aprire. Non aveva affatto il volto di un assassino.
Fu Bucky a parlare, che, al contrario di Alexis, conosceva il greco alla perfezione.

-Salve.- disse il soldato. -Vive qui Flynn Griffiths?-

L'uomo aggrottò la fronte, poi sorrise amichevolmente, dicendo loro che avevano sbagliato anno, perché in quella casa non viveva più Flynn Griffiths, cioè l'uomo che Bucky aveva rintracciato come colui che aveva ucciso di genitori di Alexis e ferito Alexis stessa, da almeno due anni.
Vedendo il loro volti stravolti e capendo che stessero cercando delle informazioni importanti, l'uomo li invitò ad entrare in casa ed offrì loro una tazza di tè. Probabilmente aveva notato le punte dei loro nasi arrossate dal freddo.
Alexis si guardò intorno meravigliata. La zona giorno non era enorme, ma la trovò incantevole. La cucina ed il salotto erano separati da un grande arco. In salotto, sul tappeto, due bambini giocavano con le costruzioni, tanto assorti da non rendersi conto del fatto che due sconosciuti fossero entrati dentro casa loro.
Quando Bucky chiese che fine avesse fatto Griffiths, l'uomo aveva spiegato ai due Avengers che colui che stavano cercando aveva venduto la casa in cui ora si trovavano molto frettolosamente ed aveva voluto avere i soldi in contanti e tutti immediatamente.
Una richiesta insolita, a meno che non si ha estrema necessità di soldi.
L'uomo raccontò anche che c'era una cosa che l'aveva stupito profondamente: una volta venduta casa, Griffiths aveva consegnato le chiavi a lui e si era dileguato, lasciando tutto esattamente dov'era. Ogni cosa. I mobili, il cibo, il cellulare -che si era curato di spaccare prima di andarsene-, i ninnoli, i ricordi, le fotografie. Altra cosa strana era che in nessuna fotografia rimasta in quella casa compariva quell'uomo, ma al contrario, compariva sempre una famiglia felice composta da tre persone: due genitori ed una bambina, affiancata, a volte, da altri bambini.

Alexis vide l'uomo alzarsi a fare cenno ai due di aspettare qualche secondo. Tornò con una foto in mano, giallina e sbiadita, dicendo che l'aveva conservata, insieme ad altri oggetti,  nel caso in cui qualcuno si fosse presentato a ricercare quegli effetti personali lasciati lì dentro. Quando la passò ad Alexis, la ragazza portò una mano a coprirsi la bocca, a contenere il tremore delle sue labbra, con le lacrime che le inumidivano gli occhi, mentre Bucky, seduto sul divano accanto a lei, le stringeva un ginocchio per farle sentire la sua vicinanza.

-Questa è mia madre da piccola.- sussurrò lei. -Avevamo una foto identica anche noi.-

Poco prima di andarsene, Bucky aveva chiesto al nuovo proprietario se sapesse che fine aveva fatto il vecchio, ma quello rispose che non ne aveva idea e che non sapeva in che altro modo aiutarli. I ragazzi lo ringraziarono profondamente per la sua gentilezza e disponibilità.
Quando uscirono dalla porta di quella casa avevano ancora più dubbi di prima.
Una folata di vento li investì, obbligando Alexis a stringersi nel proprio giubbetto. Bucky se ne accorse e le passò un braccio intorno alle spalle, sfregandole una mano su un braccio, mentre si allontanavano dalla casa.

-Non capisco.- disse Alexis. -Come ha fatto l'assassino dei miei genitori ad entrare in possesso della casa dei miei nonni?-

Bucky sospirò, perché la situazione si stava complicando sempre di più e la pista che aveva trovato non aveva fatto altro che portarlo a seguire un'altra pista, che non aveva la più pallida idea di quanto fosse lunga.


-James, io non credo di farcela.- disse Alexis, interrompendo il flusso dei suoi pensieri.

Lui si fermò e la prese per le spalle. -Alexis, c'è qualcosa di più grande dietro questa storia. Tu hai sempre sostenuto che si trattasse di uno psicopatico, ma vedi... Come può una persona malata di mente sparire nel nulla da solo, senza la sciare alcuna traccia? E poi c'è questa cosa che fosse in possesso della casa dei tuoi nonni, in un posto così lontano. Non può essere un caso.-

Alexis strinse gli occhi e sospirò. -No, hai assolutamente ragione. E' solo che io non credo di essere in grado di sopportare tutto questo. Da quanto so io, la casa, dopo la morte dei miei nonni, era passata a mia madre, che dopo pochi anni aveva deciso di venderla. Io non credo proprio che l'avesse venduta a quello che anni dopo sarebbe diventato il suo assassino. Non può esistere una coincidenza del genere.- Poi si bloccò ed ebbe l'ennesimo brivido, dato non dal freddo, ma dal terrore e dall'orrore che nascevano nella sua mente in quegli stessi istanti. -Oppure, non era vero che la casa era passata a mia madre. Magari i miei nonni l'avevano già venduta a qualcun'altro, magari mamma...O magari i miei nonni... forse le portavano rancore per qualcosa di cui non sono a conoscenza, alla fine non li ho ai visti, solo che...- Alexis smise di respirare per qualche secondo, poi si lanciò tra le braccia di James, esplodendo in un pianto silenzioso e sommesso, che si poteva notare solo vedendo il suo corpo scosso dai tremori.

James strinse le labbra, sentendosi colpevole per quella improvvisa sofferenza della ragazza.
Capì in quel momento che non avrebbe mai dovuto coinvolgerla e decise che non l'avrebbe più fatto. Avrebbe continuato da solo, perché ad Alexis faceva troppo male e questa era l'ultima cosa al mondo che lui avrebbe mai voluto.

-Torniamo a casa?- chiese lei.

James annuì. -Quando vuoi tu.- disse, lasciandole un bacio dolce tra i capelli, con la consapevolezza che, una volta tornati al Facility, avrebbe continuato a cercare informazioni su Griffiths. A quanto pareva, la pista che stava seguendo  in Grecia aveva solo che un inizio e non sarebbe stata la fine di tutto, come aveva creduto lui.


 



Un mese dopo...

Alexis rigirò tra le mani la piccola pochette bianca in raso, guardandola con malinconia.
Quella era una delle poche cose che aveva recuperato dalla casa dove viveva con i suoi genitori, prima di andarsene. Era stato un regalo di suo padre, in occasione del ballo di fine anno dell'ultimo anno delle superiori. L'aveva sfiorata durante tutto il tragitto in macchina, mentre riviveva continuamente il ricordo di quel giorno, di cui conservava una foto al Facility, nell'ultimo cassetto del suo comodino.

Steve, che accanto a lei guidava verso la chiesa dove si sarebbe tenuto il battesimo di Morgan Hermione Stark, l'aveva guardata di lato per tutto il viaggio, senza dire una parola.
Aveva scelto lui di guidare e di non usare un portale, perché sosteneva che un po' di normalità, ad una festa in cui di normale ci sarebbe stato ben poco -perché quando c'è di mezzo la famiglia Stark di normale c'è sempre ben poco-, ci voleva. Dopo un'ora di macchina in totale silenzio, però, sentiva la necessità di far stare meglio Alexis, che lui aveva capito fosse di nuovo caduta nel turbinio dei ricordi.
Era esattamente così. Da quando era stata nella casa dei suoi nonni a Santorini, sembrava che la parentesi  di felicità e spensieratezza che la sua vita aveva avuto nei quattro mesi precedenti fosse finito.

-Credo proprio che anche stavolta Buck non riuscirà a staccarti gli occhi di dosso.- disse il capitano, guardandola di sfuggita, nel tentativo di distrarla e riportarla al mondo reale.

Ci riuscì. Alexis rise e si portò una mano al cuore. -Oh, grazie Steve per questo complimento velato.-

Senza ombra di dubbio la previsione di Steve era corretta, perché Alexis si era davvero impegnata quel giorno. Aveva indossato un abito verde bosco che le arrivava alle ginocchia, con la parte superiore in pizzo e la gonna leggermente ampia in chiffon. Era ormai l'inizio di Dicembre, quindi si era trovata costretta ad indossare delle calze color carne e ai piedi degli stivaletti neri molto aderenti alla caviglia, con un tacco largo, in modo da non stare troppo scomoda. Sopra, per tentare di sentire meno freddo, anche se vestita così era un po' impossibile, aveva messo un giubbetto in pelle bianco. Aveva lasciato i capelli sciolti, tentando di arricciare un po' le punte con il ferro, anche se sapeva perfettamente che entro poche ore sarebbero tornati dritti come degli spaghetti come sempre. Come suo solito si era truccata poco, con ombretto nero, mascara ed un rossetto color carne.
Anche Steve, con un elegantissimo smoking nero e cravatta dello stesso colore, con tanto di rosellina bianca all'occhiello, avrebbe di certo fatto faville.  Aveva tagliato la barba, nonostante la contrarietà di Alexis, ma questo lo rendeva praticamente un perfetto principe azzurro.
Erano entrambi al meglio delle loro possibilità quel giorno: del resto erano il padrino e la madrina della protagonista della festa. Questa responsabilità rendeva Alexis lievemente agitata, perché lei si riteneva più una sorella maggiore per la piccola Morgan. Mentre per Steve la figura di zio estremamente protettivo, gli si addiceva alla perfezione.

-Beccato.- rispose lui. -Ma in ogni caso, quel ragazzo non ti toglierebbe gli occhi di dosso neanche se indossassi un sacco della spazzatura.-

Lei fece spallucce. -Che ci vuoi fare, sono irresistibile.- sorrise, ma in realtà non ci credeva affatto, nonostante fosse una frase che aveva detto più volte nel corso della vita.

Quando arrivarono nella chiesa di campagna dove si sarebbe tenuto il battesimo, Alexis vide che alcuni degli invitati erano già arrivati. In realtà non erano molti: forse per una volta Tony Stark aveva deciso di non dare nell'occhio per potersi godere appieno un momento di dolcezza ed affetto come quello, lontano dagli sguardi indiscreti dei giornalisti. C'erano tutti i membri degli Avengers, compresi anche Rhodey, Peter Parker, il re T'Challa, ed anche Thor, che era venuto appositamente per l'occasione da Asgard. Ovviamente anche la famiglia di Pepper.

Scesero dall'auto e si diressero verso la chiesa, dove alcuni dei loro colleghi ed amici li attendevano, mentre Alexis si reggeva al braccio di Steve. I tacchi erano comodi, comunque piuttosto alti. In lontananza riconobbe le figure di Sam, Scott Lang, che teneva in braccio sua figlia, e Bucky. Il suo cuore sussultò quando gli occhi passarono su quest'ultimo.

Nell'ultimo mese, Bucky aveva discretamente rallentato con le ricerche su ciò che fosse realmente successo ai genitori di Alexis ed avevano più tempo per stare insieme. Tuttavia, Alexis l'aveva visto più volte tentare di sfuggire al suo sguardo per continuare le ricerche, senza farle sapere nulla. Lui aveva ben visto il cambiamento di lei dopo la visita alla casa dei nonni in Grecia, e quella malinconia perenne che le contraddistingueva gli occhi faceva allargare ogni giorno di più la piccola crepa che gli si era formata sul cuore.


Appena Steve ed Alexis furono vicini al gruppetto, lei lasciò il braccio di Steve, aggrappandosi a quello di Bucky, come se potesse reggersi in piedi solo grazie a lui.
E si rese conto che fosse veramente così, perché nel momento in cui lui abbassò lo sguardo, incrociando quello della ragazza, tutte le sue ansie e la sua malinconia sparirono definitivamente, lasciando il posto ad uno dei sorrisi che Bucky avesse mai visto sul suo volto.

Lui la squadrò da capo a piedi più volte con le labbra dischiuse. -Sei meravigliosa.- le disse in un orecchio.

Alexis avrebbe risposto la stessa cosa al suo ragazzo se non fosse stato per Scott Lang che la interrompeva per salutarla calorosamente. Non si vedevano dai tempi dello scontro tra Cap e Tony.
Dopo aver salutato Scott e dato un pizzicotto sulla guancia alla piccola Cassie, Alexis cercò di nuovo Bucky, che si era spostato di qualche passo, chiacchierando con Sam e Steve. Il sergente indossava un completo blu notte, abbinato ad una camicia bianca con il colletto a coreana. Aveva tagliato di poco i capelli, che ora gli arrivavano poco sotto il mento, e, come Steve, anche lui aveva tolto la barba qualche tempo prima, ma vista la contrarietà di Alexis se la stava facendo ricrescere, dandogli un leggero tocco trasandato, ma tremendamente irresistibile. Alexis si morse il labbro inferiore, cercando di contenersi dal saltargli addosso, mentre si avvicinava a lui ancorandosi di nuovo al suo braccio.

-Scommetto che state parlando male di me, voi tre!- si intromise lei.

I tre in questione risero, ma quando Sam stava per rispondere con una qualche battuta sagace, fu interrotto da un'altra voce.

-E' impossibile.- era una voce di donna, calma e sicura di sé. -Nessuno può essere in grado di parlare male di Alexis Moore.-

Alexis trasalì e le sue orecchie si rizzarono, mentre si voltava di scatto in direzione di quella voce.
Sgranò gli occhi e la bocca, mollando la presa sul braccio di Bucky, lanciandosi verso di lei.
-Zia Ellie!- esclamò abbracciandola

-Ti ho già detto di non chiamarmi così, abbiamo troppi pochi anni di differenza!-  rispose l'altra, ricambiando l'abbraccio.

La ragazza che Alexis aveva abbracciato con tanto impeto era Ellie Renner,  famosa scrittrice e amica d'infanzia, praticamente sorella, di Tony Stark. Alexis l'aveva conosciuta subito dopo il suo ingresso negli Avengers, in un periodo in cui Ellie e Tony erano stati in contatto molto spesso e l'aveva aiutata a tentare di superare gli incubi che la tormentavano ogni giorno da dopo la morte dei suoi genitori. Alexis aveva sempre ritenuto che quella ragazza avesse un dono particolare, dato soprattutto dal fatto di essere un'abilissima scrittrice: l'empatia. Secondo Alexis, Ellie era la persona migliore al mondo a comprendere l'animo più profondo delle persone, ed infatti, nel giro di una settimana, era riuscita ad aiutarla tantissimo ed era soprattutto merito di Ellie Renner se i suoi incubi si pian piano dilatati nel tempo.
Dopo svariati secondi, le due sciolsero l'abbraccio ed Alexis si voltò verso i tre colleghi.

-Ragazzi, credo che non servano presentazioni, ma ve la presento lo stesso: lei è Ellie Renner.-

Ellie strinse la mano a Bucky, poi a Sam ed infine a Steve.
Quest'ultimo in particolare, rimase incantato dalla scrittrice che sì, aveva sentito nominare più volte, ma non aveva mai avuto il piacere di incontrare.
I boccoli biondi, che le arrivavano alle spalle, incorniciavano uno dei volti più dolci che Steve avesse mai visto, e che un paio di occhi azzurri rendevano ancora più luminoso e raggiante. Indossava un abito che riprendeva il colore dei suoi capelli, oro e tempestato di punti luminosi, leggermente traslucido, lungo fino ai piedi e con delle maniche lunghe leggermente a sbuffo, che si restringevano sui polsi. Lo scollo a v metteva in risalto una collana sottilissima con un anellino delicatissimo con incastonata una piccola pietra rossa che faceva da ciondolo.

Alexis si scambiò diverse occhiate con Bucky e Sam, guardando ripetutamente Steve ed Ellie e poi i suoi colleghi. Quei due erano almeno due minuti di fila che si stringevano la mano senza proferire parola, guardandosi negli occhi.
Un sorriso sghembo si dipinse sul volto di Alexis.
Quel magico momento che nessuno dei tre Avengers aveva osato interrompere, fu interrotto dall'arrivo della famiglia Stark. Pepper, con in braccio Morgan infagottata per non farle prendere freddo, e Tony passarono loro accanto, distraendo Ellie che, dopo un ultimo sguardo agli occhi azzurri e magnetici del Capitano Rogers, slacciò la presa dalla sua mano e si fiondò su Tony e, soprattutto, sulla piccola Morgan.
Alexis aveva notato che Steve, però, non aveva smesso di seguirla con lo sguardo.

Tutti gli invitati entrarono nella piccola chiesa e, alla fine, Alexis prese Steve sotto braccio pronta ad entrare anche lei. Bucky aveva già preso posto accanto al resto dei loro colleghi.
Quando furono tutti abbastanza lontani, Alexis si schiarì la voce più volte, poi guardò Steve stringendo le labbra, trattenendo un sorrisetto sornione, che finalmente poteva permettersi di fare lei per una volta!

-Che c'è?- le chiese Steve.

Alexis fece spallucce con aria innocente. -Ehm, niente! Andiamo, la nostra figlioccia ci sta aspettando.-

La cerimonia in realtà fu breve, durò soltanto il rito del battesimo, tutto accompagnato da una dolce chitarra classica. Nel momento del battesimo vero e proprio, fu Alexis a tenere Morgan, leggermente titubante e con le mani tremanti. Subito Steve fu attento ad asciugare la fronte ed il volto della bambina con un fazzoletto di stoffa, mentre si dimenava leggermente ed emetteva un lieve e breve lamento. Alexis confermò quello che aveva pensato al giorno della sua nascita: Morgan Stark era una santa.
Tony, Pepper, Steve e Lexie si erano scambiati degli sguardi emozionati e commossi.

Dopo il rito, la festa era proseguita alla Stark Tower, dove Tony e Pepper avevano fatto allestire un rinfresco con ogni genere di cibo. Se avevano risparmiato sugli invitati, c'è da dire che su tutto il resto non avevano badato a spese.
Per quanto riguardale decorazioni, anche Alexis aveva contribuito alla scelta e in accordo con i genitori, avevano scelto di dare un tono dorato e scintillante a tutto. Palloncini dorati e bianchi creavano delle composizioni estremamente utili a scattare delle belle foto. Dall'alto scendevano lungo tutte le pareti una serie di piccole lucine del medesimo colore. Era ormai buio fuori e rendevano l'atmosfera estremamente magica.
Una band jazz aveva suonato in sottofondo per tutto il tempo della festa, alternando momenti vivaci ad altri più pacati.

La cena era finita, era stato servito anche il dolce, quando Alexis, mentre di tanto in tanto sorseggiava champagne dal suo flûte in cristallo di rocca, -sì, come già detto, gli Stark non avevano badato a spese- aveva accettato di buon gusto la sfida di Sam Wilson, che aveva definito il Poker un gioco da uomini. Dopo circa un'ora, Alexis, che era anche leggermente su di giri a causa dello champagne, era riuscita a far uscire dal gioco tutti gli altri partecipanti, tranne Sam. Alla fine rimasero solo loro due, mentre Visione faceva da dealer. Passata mezz'ora, a Sam erano rimaste talmente poche probabilità di vincere che si arrese, altrimenti avrebbero passato tutta la serata in stallo. Mentre Visione decretava il vincitore, aggiungendo che comunque in ogni caso secondo le statistiche da lui calcolate sarebbe stata l'agente Moore a vincere, Alexis saltò in piedi sulla sedia, esultando come una bambina di cinque anni. Il premio in palio la elettrizzava molto: Sam le avrebbe prestato le sue ali per un giorno intero.
Anche altri Avengers avevano osservato la scena, e alla fine, vedendo da lontano Alexis esultare in piedi su una sedia, si erano uniti anche Tony e Bucky. Bucky aveva assistito all'inizio della scommessa, quindi già sapeva più o meno cosa fosse successo.

Tony, come un padre amorevole, prese Alexis per la vita e la tirò giù.

-Uoh.- fece lui. -Che diamine succede qui?-

-Ho vinto!- esclamò la ragazza abbracciandolo, senza neanche dargli in tempo di ricambiare, poi fece lo stesso con Bucky che sorrise soddisfatto, dandole due pacche sulla spalla.

-Te l'avevo detto.- disse James, rivolto a Sam, mentre anche Alexis si voltava in direzione del povero Wilson. La strinse con un braccio intorno alla vita con fierezza. -Non puoi sperare di vincere  a poker contro la fidanzata del soldato d'inverno.-

-Tsk.- fece Sam, che era rimasto seduto al tavolo con le braccia conserte.

Ad un tratto Tony, che si era distratto ad osservare qualcosa, si avvicinò di più ai suoi colleghi e bisbigliò: -Non vi pare che Capsicle ci stia provando con la mia sorellina?-

Tutti fecero spallucce, pensando che non fosse minimante un problema. Alexis si voltò in direzione dello sguardo di Tony e vide Steve seduto su una delle poltrone che davano sull'immensa vetrata di quella stanza e nella poltrona accanto alla sua era seduta Ellie Renner. La ragazza notò che mentre parlavano Steve non le aveva mi staccato lo sguardo di dosso e che Ellie rovesciava spesso la testa all'indietro divertita, ma anche per lei, quelli erano gli unici momenti in cui aveva staccato lo sguardo da Steve. Era come se non si ricordassero più di essere alla festa del battesimo di Morgan. Emise un sospiro sognante, pensando che quei due stessero benissimo insieme e poi, un secondo dopo, puntò un dito contro Tony, mentre nella stessa mano teneva ancora il mezzo bicchiere di champagne ed era ancora avvolta dal braccio in vibranio di James.
-Tu.- disse lei quasi arrabbiata. -Non tentare di fermarli, perché se lo fai o se dovessi anche solo provare a farlo o anche solo pensarci, distruggerò tutte le tue automobili e tutte le tue moto, tenendone solo una per me senza dirti dove la nasconderò.-

Tony strabuzzò gli occhi, poi sorrise angelicamente e tirò su le mani in segno di resa.

James sbuffò una risata, poi tolse il bicchiere dalla mano di Alexis e bevve un sorso del contenuto.
Lei si voltò di scatto con gli occhi ridotti a due fessure.

-Quello è mio.- disse fintamente inferocita.

Lui, in risposta, bevve di nuovo, svuotando del tutto il bicchiere e, dopo averlo poggiato frettolosamente sul tavolo, le disse: -Balliamo.-

Alexis non ebbe il tempo di rispondere, perché lui la trascinò letteralmente al centro della stanza, dove già altre coppie stavano mollemente ballando sulle note del'ultima canzone jazz che la band avrebbe suonato per quella sera.
Allacciò le braccia intorno al collo di lui, che le stringeva i fianchi e la guardava negli occhi, rischiando di farle dimenticare di respirare.

D'un tratto lei, mossa dall'ebbrezza dello champagne, o forse non solo, scattò in avanti ed unì le labbra a quelle del soldato, infilando le dita tra le lunghezze dei suoi capelli.
-Ti amo.- sussurrò la ragazza sulle labbra di Bucky. Lui sorrise e strofinò il naso contro quello di lei. -Grazie per tutto quello che stai facendo per me.-

Lui scosse la testa. -Ma io non...-

Lei lo interruppe. -Lo so, James. So cosa stai facendo e te ne sono grata. Ma, nonostante questo, sono molto più felice quando sei qui con me.- disse, appoggiando le mani e la testa sul petto di lui, continuando a ciondolare mollemente, sulle ultime note della canzone. -Ti amo, oltre ogni misura.-

Il soldato lasciò un bacio tra i capelli della ragazza, poi poggiò il mento sulla sua testa, chiudendo gli occhi godendosi appieno quel momento. -Ti amo anche io, agente Moore.-

Nessuno dei due poteva immaginare che quello sarebbe stato uno degli ultimi momenti di tranquillità e che non avrebbero vissuti di altri per un po' di tempo.

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Capitolo 5
*** Capitolo V: Natale in stile Avengers ***


New Avengers: Together - Promises
Capitolo V: Natale in stile Avengers
 


-Questo è suo.- disse gentilmente la commessa del negozio passando ad Alexis la sua busta. -Arrivederci e buone feste!-

-Grazie, buone feste a lei!- rispose Alexis sorridendo e voltandosi per uscire dal negozio.

Era il 23 Dicembre e, come sempre, Alexis si era ridotta all'ultimo per fare i regali di Natale a tutti i  suoi colleghi. Aveva sempre avuto un rapporto conflittuale con le feste: amava alla follia festeggiare, stare insieme agli altri, i pranzi e le cene, ma quando arrivava il momento di fare regali diventava la persona più nervosa del mondo. Non ne aveva mai capito l'utilità effettiva, perché era convinta che l'affetto che si prova nei confronti delle persone non va dimostrato con l'acquisto di regali, ma con atti di gentilezza ed amore quotidiani, giorno per giorno, che, anche se a volte sono scontati, rendono saldi quei rapporti.
Per questo motivo non riusciva mai a fare dei regali degni di essere chiamati così, sceglieva di comprare delle vere e proprie sciocchezze. Ormai ci avevano tutti fatto l'abitudine.

Sbuffando si sedette su una panchina all'interno dell'immenso centro commerciale dove si trovava. Tirò fuori dalla borsa il telefono, per cercare qualche ispirazione per l'ultimo regalo che le mancava. Andò su Google e digitò: "regalo di natale per fidanzato", ma vide che i risultato erano piuttosto banali e cambiò impostazione della ricerca. Scrisse: "regalo natale ragazzo" e poi aggiunse "stile anni 40". Non uscì comunque nulla di fattibile tra i risultati. Non aveva la minima idea di cosa cercare. Si rese conto in quell'attimo che, nonostante ormai lei e James Barnes stessero insieme da cinque mesi, non sapeva nulla sui gusti personali del sergente, né sapeva cosa immaginare potesse piacergli. Cosa avrebbe dovuto cercare online? "Regalo per fidanzato di 106 anni non invecchiato cui è stato fatto il lavaggio del cervello più volte ed ora si è redento"?

Sbuffò una risata a quel pensiero, poi guardò dritto davanti a sé rendendosi conto che l'ispirazione ce l'aveva a pochi metri dal naso.
Una lampadina si accese nella sua testa, scattò in piedi portandosi dietro la decina di buste che aveva nelle mani come se fossero state dei cani al guinzaglio ed entrò nella piccola libreria "Libri ed altri scritti", facendo suonare un piccolo scacciapensieri sopra la porta, facendo correre al bancone una ragazza che aveva più o meno la sua età.

-Ciao!- esclamò Alexis, poggiando a terra tutte le buste. -Avrei bisogno di tutti e sette i libri di Harry Potter, è un regalo.-
Poi si voltò lievemente e la sua attenzione fu attirata da una piramide di libri dalla copertina arancione che conosceva alla perfezione e decise che avrebbe cambiato in quel momento il regalo per Steve. La maglietta di Iron Man era di certo un regalo ironico, ma dopo il battesimo di Morgan, questo sarebbe stato perfetto.  
-E vorrei anche una copia di Sette Vulcani di Ellie Renner, grazie.- aggiunse con un sorrisetto sornione.

La giovane commessa mostrò a Lexie varie edizioni che possedeva, con fierezza: si vedeva che anche lei fosse una fan della saga. Alexis decise di non prendere l'edizione illustrata, ma quella basica. La sua idea era che Bucky avrebbe dovuto immergersi completamente in quel mondo, con tutto sé stesso, concentrandosi ad immaginare ogni singolo dettaglio e visualizzarlo nella sua mente, senza alcun aiuto esterno.

Una volta uscita, si appoggiò di nuovo alla panchina di prima per cercare di sistemare meglio i regali, facendoli entrare in meno buste possibili, in modo da portarli più comodamente. Nel compiere questa operazione osservò ricapitolando tutti i regali che aveva fatto che, continuava a ripetersi, erano orribili, a parte gli ultimi due appena comprati:

-Un libro su come essere il papà perfetto per Tony;
-Un completo coordinato madre-figlia composto da un abito nero ricoperto di glitter per Pepper e Morgan;
-La maglietta di IronMan che avrebbe riciclato per sé stessa e 'Sette Vulcani' per Steve;
-Una penna da taschino per Bruce;
-Un album di foto di famiglia per Clint;
-Un kit per la cura dei capelli per Thor ed uno identico per Loki, così non avrebbero litigato;
-Un cappellino per Wanda su cui aveva commissionato di scrivere "Mrs Vision" e per Visione uno identico con scritto invece "Mr. Vision";
-Un set da poker per Sam, con tanto di manuale delle istruzioni;
-Una tazza da caffè per Rhodey con scritto "IronMan's Army";
-Un set di mutandine con il logo degli Avengers per Nat;
-Il regalo di James;
-Un set di penne e quaderni per la scuola, per Peter Parker;
-Un portachiavi con un ciondolo a forma di ali piumate, per Stephen Strange.
 
I più brutti erano certamente quello di Peter e Rhodes.
Il suo sguardo cadde di nuovo sull'ultimo piccolo pacchettino e si ricordò che, oltre a Clint e Rhodey che sarebbero stati con le loro rispettive famiglie, non avrebbe avuto modo di vedere il Dr. Strange per Natale. Sapendo che fosse al santuario e che non stesse facendo null'altro se non studiare dei modi per evocare le sue dannate ali, decise che sarebbe andata a trovarlo e che gli avrebbe consegnato quel giorno il suo stupidissimo regalo.
 


*                 *                  *
 



La fronte del maestro delle arti mistiche di New York era imperlata di sudore.
Si guardò intorno con il cuore che batteva all'impazzata, il fiato spezzato, e la paura aggrovigliata all'altezza dello stomaco, mentre rimaneva con le mani in posizione davanti a sé rivolte contro il loro nemico.
Lo sguardo viaggiò sui corpi di tutti gli Avengers, stesi a terra, imprigionati da delle morse di metallo. Alcuni si dimenavano, alcuni avevano ormai perso i sensi.
Gli unici ad essere ancora in piedi e vigili erano lui, l'agente Alexis Moore ed IronMan.
Con tanto di divise nuove, lui e Alexis fronteggiavano il nemico, cercando di parare e rispedire indietro le piccole ma pericolose nebulose di magia bluastra che scagliava su di loro, mentre la cappa della levitazione di Strange e Tony Stark  cercavano di evitare che il resto degli Avengers, che non potevano difendersi autonomamente, venissero attaccati da altri nemici, finché la cappa non venne scagliata via da uno di questi ultimi.
E poi l'errore di Alexis, che si era voltata di scatto in direzione dei suoi amici inermi, preoccupata.
E poi l'errore di Stephen che si era voltato verso di lei. Il terrore nei suoi occhi quando capì ciò che stava per capitare loro.
-Alexis!!- aveva gridato.
Il suo fidato mantello era corso nella direzione della ragazza, come lui aveva appena comandato con un cenno della mano.
Alexis l'aveva guardato spaventata ed aveva capito. Se la cappa avesse salvato lei, mentre Tony pensava agli altri Avengers, nessun altro avrebbe potuto salvare lo stregone.
-No!!- gridò, mentre il pavimento roccioso sotto i piedi di lui iniziava a franare.-Stephen! Stephen!-

 



-Stephen! Svegliati!-

Il sogno del dottore iniziava a mescolarsi con la realtà.
Alexis, china su di lui, che aveva ancora gli occhi chiusi mentre stava seduto sulla poltrona con un libro tra le mani, lo scosse violentemente per le spalle.

-Strange, andiamo!- esclamò lei dandogli due buffetti sulle guance. Il volto era completamente sudato.

A quel contatto Strange riuscì a tornare alla realtà, rizzandosi sulla poltrona di scatto.
L'espressione che aveva, però, era ancora quella del sogno: il fiatone, l'ansia e la paura.
Si passò l'indice e il pollice sugli occhi e scosse la testa. Trattenne il respiro per qualche secondo nel tentativo di far rallentare il battito.
Alexis gli tolse il libro da sopra le gambe, guardando le pagine su cui era aperto: di nuovo quelle maledette ali. Lo lanciò a terra, lontano e cadde su un immenso mucchio di fogli scritti in una lingua che non conosceva.

-Perché ogni volta che vengo a trovarti stai sempre facendo qualcosa di strano?- chiese lei.

-Non facevo nulla di strano!- disse lui, poggiando un gomito sul bracciolo e posando la testa sulla mano. -Mi sono semplicemente addormentato e stavo facendo un incubo.-

Lexie mise le mani sui fianchi e strinse le labbra. Si guardò intorno, puntando lo sguardo sui fogli a terra e sul libro, poi guardò di nuovo Strange.

Lui la capì senza parlare e si alzò di scatto dalla poltrona, andando a raccogliere il libro di Cagliostro, infastidito dal fatto che quella ragazza avesse l'ardire di fargli la predica ogni tot giorni.
-Tu non capisci, agente Moore. Devo riuscire ad evocare quelle ali e non ho neanche così tanto tempo per riuscire a farlo.-

Lei gli andò incontro. -Ma perché!? Se è così tanto importante, non credi che dovrei saperlo!?-

Lui gesticolò e sbuffò una risata. -No, decisamente no.-

-Non puoi fare così, Stephen.- disse lei. -Stai impazzendo, guarda come hai ridotto il tuo studio!- si guardò intorno. -Io sono preoccupata per te, non è salutare quello che ti stai facendo!-

Lui strinse gli occhi e scosse la testa. Il suo era un atteggiamento disperato, disperato perché Alexis non voleva capire. -Alexis, è l'unico modo, io devo farlo! Ti prego, fidati di me se ti dico che non posso fare altrimenti!-
Nel vederlo così, Alexis rimase in silenzio. Lei avrebbe affidato la sua stessa vita a Stephen Strange, ma, molto banalmente, gli voleva bene e vederlo così la metteva in agitazione.
Tentò di nuovo di mandare giù quel groppo di preoccupazione che aveva in gola, tentando di tranquillizzarsi e fidarsi di lui, come era successo tutte le volte che l'aveva visto nell'ultimo periodo.

-D'accordo.- disse lei. -Mi fido, ma ti prego, non impazzire.-

Lui abbassò la testa, poi sollevò lo sguardo puntandolo negli occhi di Alexis. Scosse la testa. Tuttavia alla ragazza non parve del tutto convinto.

-Sono venuta a darti il tuo regalo di Natale.- disse lei, ritrovando lucidità, mentre si abbassava a recuperare la piccola busta rossa che aveva abbandonato per terra.

La porse al dottore, che la prese con un sorriso quasi colpevole.

-Io non ti ho preso niente, però.- le disse.

Alexis scosse la testa. -Non importa, è davvero una sciocchezza tanto. E poi questa andrà più che bene come regalo.- disse, giocherellando con il ciondolo che portava ogni giorno al collo.

Strange le sorrise di nuovo, poi tirò fuori dalla busta una scatolina nera in velluto e la aprì, tirando fuori il portachiavi. Rise di gusto. -Molto divertente.-

-Mi sembrava appropriato!- disse lei, facendo spallucce. -Sicuro che non vuoi essere dei nostri domani sera? O neanche dopodomani a pranzo?-

Il dottore sistemò il portachiavi sulla scrivania, poi si voltò di nuovo verso Alexis. -No, domani sera non posso proprio.- disse, gesticolando per indicare il casino del suo studio. -E poi...- si grattò la testa imbarazzato, Alexis non ne capì il motivo. -Dopodomani pranzo con Christine.-

Alexis aprì la bocca e trattenne il respiro per alcuni secondi, con gli occhi illuminati.
Finalmente Strange aveva trovato il coraggio di chiamare quella bellissima dottoressa. Per un attimo si chiese come mai avesse deciso di farlo proprio in quel momento.
-Wow!- esclamò lei. -Sono fiera di te, Stephen! Ne sono davvero davvero felice!-

-Lo so, mi hai rotto le scatole per mesi per chiederle di uscire.-

Alexis gli lanciò un ultimo sorrisetto sornione, che ultimamente faceva davvero spesso, mentre raccoglieva da terra il resto delle buste, pronta a tornare a casa sua.
-Allora passa un buon Natale, Stephen. Il più sereno possibile.- gli disse, con un sorriso amorevole.

-Anche tu, agente Moore.-

Alexis aprì un portale e vi entrò dentro, stavolta diretta verso la Stark Tower.
 

 
*          *            *


 
-Ehi Friday, dov'è Tony?- chiese Alexis, chiudendosi il portale dietro le spalle.

Non fu una voce robotica a risponderle.

-Sul divano!- fece Tony, sollevando una mano per farsi vedere.

Alexis gli andò incontro, lasciando le buste per terra. Ormai se le portava dietro da mezza giornata.
Si lanciò sul divano accanto a Tony, affondandovi tanto da avere il mento schiacciato sul petto. Incrociò le mani sopra la pancia.

-Ho portato il regalo per le ragazze, vorrei darglielo oggi perché sono sicura che domani sera vorranno indossarlo.-

-Oh, non ci sono, ma lasciali pure qui. Sono andate a trovare i nonni Potts.-

Tony aveva l'aria stanca, con due profonde occhiaie a segnargli il volto.
Nell'ultimo mese si erano visti poco e di sfuggita. In quel momento, da soli, sul divano nella Stark Tower, Alexis si rese conto che gli era molto mancato. Improvvisamente si sporse verso di lui ed allungò un braccio, accoccolandosi sul suo petto.

-Wow, cos'è tutto questo affetto?- chiese lui, ma ricambiò l'abbraccio, avvolgendola.

Lei rise. -Mi mancavi. Come stai?-

Tony inclinò la testa e sporse il labbro inferiore in fuori. -Non male, dormo poco, la piccola Morgan dorme poco, Pepper dorme poco, ma va tutto bene.- disse, mentre le strofinava una mano sulla spalla. -Tu come stai?-

-Ahm... bene, credo. Non lo so non ho avuto tempo di pensarci nell'ultimo mese. E' che... sono un po' malinconica ultimamente.-

-E' colpa di Barnes, vero?- fece lui, staccandosi un po' da lei per guardarla negli occhi

Alexis tremò. -Cosa? No certo che no.- disse, tirandosi su e sistemando i capelli dietro un orecchio. Sapeva che Tony l'aveva perdonato, ma aveva sempre paura che un qualsiasi pretesto era buono per far innescare la miccia di nuovo.

-Certo che sì, invece, non è lui che sta continuando a scavare nel tuo passato da ormai quattro mesi?-

-Sì, ma cerca di non farsi vedere.-

-Beh, non ci sta riuscendo, lo vediamo benissimo tutti.-

-Non riesce a darsi pace.- disse Alexis chiudendo gli occhi e deglutendo rumorosamente. Avrebbe tanto voluto parlarne con qualcuno, ma sapeva che Tony fosse la persona sbagliata, proprio perché si trattava di Bucky. -Lo fa perché mi ama, perché non vuole assolutamente rischiare che chi ha ucciso i  miei genitori ed ha tentato di uccidere me sia a piede libero, cosa che invece è molto probabile, visto che non è mai stato trovato.-

-Dovrebbe smettere però, se ti fa soffrire.-  disse Tony, con aria quasi severa.

-N-non direi che sto soffrendo. Non sto male, solo che questa cosa è diventata una costante nella vita di tutti i giorni, quando invece ero riuscita a farla sparire. E' vero che ciò che abbiamo visto a Santorini era molto strano, però... voglio dire, non abbiamo neanche avuto il tempo di avere un altro appuntamento insieme.-

-Dovrei farci quattro chiacchiere.- disse lui, spostando lo sguardo altrove.

Alexis scosse la testa di fretta. -No, Tony, non serve, non ti devi preoccupare.-

Tony sospirò quasi stizzito, dopo aver appreso che il sergente Barnes rendeva malinconica la sua figlioccia. -E cosa posso fare per aiutarti?-

La ragazza sorrise e si accoccolò di nuovo sul petto. -Nulla. Restiamo così per un po'. Guardiamo How I met your mother come ai vecchi tempi.-

Anche Tony sorrise, mentre accendeva la televisione di fronte a loro. Le diede un bacio sulla testa, poi vi poggiò la guancia.
-Tutto quello che vuoi, streghetta.- la strinse più forte, mentre le diceva: -C'è sempre spazio qui per te.-  
Disse quell'ultima frase con il cuore che rotolava. Una delle sue più grandi paure era che, dopo la nascita di Morgan, Alexis potesse sentirsi esclusa dalla famiglia, quando lui la considerava, invece, la sorella maggiore di Morgan.
 

 
*             *            *
 

 Il giorno dopo...

Alexis si portò entrambe le mani alla bocca e spalancò gli occhi, quando vide Pepper e Morgan entrare nella sala dove gli altri Avengers stavano già degustando l'aperitivo.
-Oh mio Dio, siete bellissime!-

-E' tutto merito tuo, cara madrina.-

La ragazza si concentrò soprattutto sulla piccola Morgan che sembrava una piccola stella caduta dal cielo ad illuminare la famiglia Stark e gli Avengers più di quanto già fosse. La salutò, carezzandole lievemente una guanciotta con l'indice e la piccola di tutta risposta le fece un lungo sbadiglio, guardandola negli occhi.
Occhi scuri contro occhi scuri: le sembrava di vedere gli occhi di Tony.

Poco dopo Pepper e Morgan furono travolte dagli sguardi di tutti gli altri, mentre Alexis si guardava intorno.
Alla festa della vigilia di Natale era presente, quasi al completo, tutta la sua nuova famiglia: gli Stark, Steve, Sam, Wanda, Visione, Peter Parker e la zia May, Natasha, Bruce, e perfino Thor e Loki erano giunti da Asgard, visto che lì il natale non si festeggiava.

Dopo pochi secondi, Bucky le fu vicino, porgendole un piattino con dentro alcune tartine ed un bicchiere di prosecco. Si erano già scambiati i regali di natale ed entrambi avevano apprezzato molto il pensiero dell'altro. James aveva riso nel vedere la collezione completa dei libri di Harry Potter ed aveva scherzato dicendo che non vedeva l'ora di leggerli, non appena ne avrebbe avuto il tempo. Alexis aveva colto l'occasione per lanciargli una innocente frecciatina, dicendogli che ne avrebbe avuto di tempo, se solo si fosse fermato un po'. Lui invece aveva regalato ad Alexis qualcosa che lei non si sarebbe mai aspettata e che la nel profondo. Nonostante Lexie non fosse mai stata una tipa da gioielli, rimase a bocca aperta per la particolarità degli orecchini che James le aveva regalato. Erano molto piccoli e quasi vintage, formati da due nodi bronzei, al centro dei quali era posta una pietra verde. Li aveva indossati subito, nonostante non fosse vestita in maniera per nulla elegante. Le piacevano talmente tanto che non li avrebbe tolti mai più.

Alexis prese il piatto, ringraziando il sergente e si spostarono un po' dal centro della stanza, verso la grande vetrata dalla quale si vedeva perfettamente tutta la neve che copriva New York nel buio. Nel riflesso del vetro, Alexis poté accorgersi che lei e James indossavano, casualmente, un maglione color panna molto simile. Si voltò verso di lui, poi di nuovo verso il riflesso, con la bocca dischiusa.
-Sergente Barnes, mi hai copiato l'outfit per caso?-

James si guardò, poi tirò su le mani per giustificarsi. -Giuro che non è stato intenzionale.- la squadrò velocemente, facendole notare che di uguale alla fine avevano solo il maglione. -E poi, immaginami con quella gonna al ginocchio e quelle calze.- disse indicandola.

Alexis si portò una mano alla bocca, quasi strozzandosi con il cibo e trattenne una risata. -Stai decisamente meglio così!- disse, poi si fece un po' più seria, poggiò il piatto su un piccolo tavolo lì vicino, per poi puntare lo sguardo negli occhi di lui. -Sai, in effetti stai bene quando non hai l'aria stanca e non hai ematomi o ferite sulla faccia o su qualsiasi altra parte del corpo.-

Lui strinse le labbra in un sorriso, poi si avvicinò a lei stringendola per un fianco. -Ti ho già detto che non ti devi preoccupare per me.

Alexis guardò in alto e fece spallucce. -Lo so, ma... come disse un vecchio saggio: mi rimane difficile non farlo.-

-Ah sì?- fece James, avvolgendola anche con l'altro braccio. -E' questo che pensi di me? Che sono vecchio?-

-Beh, è oggettivo, hai quasi cento anni!-

Alexis poté vedere una scintilla attraversare gli occhi di lui, scintilla che sentì proprio in quel momento attraversare ogni nervo del suo corpo.

-Ti pentirai di averlo detto, agente Moore.-

Lei deglutì, trattenendo il respiro, mentre sentì le labbra di Bucky sfiorare lievemente le sue.
Purtroppo, qualcuno li interruppe.

Pepper, che passava lì vicino con in braccio Morgan, si inchiodò sul posto.
-Oh mio Dio!- esclamò. -Ma guardate dove siete e neanche lo sapevate!- disse con lo sguardo puntato sopra le loro teste.
I due seguirono il suo sguardo, notando che si trovavano sotto una ghirlanda di vischio.  -Siete così carini! C'è bisogno di una foto, non vi muovete!- Pepper fece per andare, poi tornò indietro ed andò da Alexis. -Anzi, tienila tu, così posso correre.-

-No, aspetta, Pepper, non...-

Alexis non poté finire la frase, perché si era ritrovata Morgan Stark tra le mani. La teneva sotto le ascelle, dritta davanti a sé, come se improvvisamente avesse perso l'uso delle mani.
Le sorrise angelicamente, mentre poco più il là Tony, Steve e Thor osservavano la scena sghignazzando.

-Ehm... ciao nanerottola!- disse Alexis.

Vedendo che la piccola iniziava a dimenarsi, decise di tenerla meglio, mettendo a culla tra le sue braccia. Bucky si era poi avvicinato alle due, mettendo un braccio intorno alla schiena di Alexis e puntando gli occhi sulla bambina. Le mimò un "ciao" con le labbra, salutandola con un gesto della mano, poi le accarezzò dolcemente la testa e il profilo del volto, senza mai smettere di sorridere e di guardarla. Se a Lexie quegli scuri ricordavano tremendamente quelli di Tony, a Bucky ricordavano tremendamente quelli di Lexie: gentili, pacati, furbi e curiosi.
Alexis aveva guardato in un primo momento la bambina, poi fu rapita dai gesti di James. Lo vide perfettamente a suo agio, del tutto sereno, come se non aspettasse altro da quando era entrato in quella stanza, che poter vedere da vicino la piccola Morgan.
Si sentì tremendamente a pezzi, realizzando quanto Bucky, anche se lui continuava a dire che non lo sapeva ancora con certezza, volesse un piccolo soldato d'inverno tutto per sé.

Le pizzicò il naso, ma fu interrotto sul nascere, quando un flash di luce distrasse sia lei che James.
Si voltarono entrambi nella direzione di Pepper, che estraeva una foto dalla sua Polaroid, mentre la scuoteva in aria con delicatezza.

-Oh, no!- esclamò Alexis. -Io odio avere mie foto, sono sempre bruttissima, non la voglio.-

Pepper alzò gli occhi al cielo, ma Bucky corse ai ripari.
-Ehm, non importa, la voglio io.- disse il soldato.

Pepper andò verso di loro. James prese la foto mettendola nella tasca posteriore dei jeans.

-Facciamo uno scambio?- disse Alexis -Sembra che la piccola Stark abbia appena fatto qualcosa di puzzolente.- arricciò il naso, mentre guardava Pepper.

-Oh.- disse la neo mamma. Prese la bimba, mentre porgeva ad Alexis la macchina fotografica.

Continuò a sentire le stesse risatine di poco prima provenire da dietro di lei. Si voltò di scatto.
-Ehi, voi tre, avete finito?- chiese, scattando una foto ai tre Avengers più fastidiosi che conosceva in quel momento.

Proprio mentre le si avvicinavano, la voce metallica di Friday parlò e tutti i presenti scattarono in allerta.
-Capo, i protocolli di sicurezza sono stati bypassati.-

-Cosa!?- fece Ironman -E da chi!?-

-Non.. son... mi sto... le.-
La voce di Friday iniziò a gracchiare, finché non si spense del tutto.

-Figli di puttana.- borbottò Tony, mentre dava due tocchi sul congegno sul suo petto facendo comparire la sua armatura.
Alexis fece la stessa cosa, mentre Thor richiamava a sé Stormbreaker.

Dieci uomini vestiti di nero ed incappucciati entrarono nella stanza con pistole e fucili spianati. Iniziarono a sparare. Il cuore di Tony gli salì in gola, mentre il suo cervello si voltava nella direzione di Pepper che non era ancora uscita dalla stanza.
Iron Man, Lexie e Steve, sprovvisto di scudo, si pararono davanti alla donna che era voltata di schiena e stringeva Morgan tra le braccia, quasi chiusa a riccio.
Alexis evocò uno scudo di scintille aranciate, mettendo a riparo la zona in cui si trovavano loro, mentre tra tutti gli altri Avengers c'era chi, dotato di superpoteri come Thor, Bucky, Peter, Visione, Wanda e perfino Loki, si preparava a rispondere agli attacchi, e chi invece non aveva con sé neanche una pistola, come Sam e Natasha e la zia May, o chi rischiava di scatenare un putiferio, come Bruce.
Alexis guardò Steve, un po' perché indecisa sul da farsi, un po' perché era davvero fiera, in quel momento, del loro comportamento eccellente da madrina e padrino nei confronti di Morgan.

-Tony porta via Pepper e Morgan.- disse Steve, guardando il collega. -Qui ci pensiamo noi.-

IronMan si voltò due volte tra Steve e Lexie e poi, mentre girava i tacchi, afferrando sua moglie e sa figlia, disse: -Non mi rovinate il parquet, grazie!-
Volò sul tetto, con l'intenzione di caricarle su un elicottero per portarle via da lì. Friday era fuori uso e non sapeva se altre persone erano entrate nella torre, così decise di portarle al Facility.

Nel frattempo, dentro, gli Avengers combattevano contro quei sicari.
Alexis ne sistemò uno, evocando una spada con la quale lo passò da parte a parte, mentre, un secondo dopo, creava uno scudo protettivo dietro a Steve, che stava venendo attaccato da due soldati, uno da dietro. Mentre Steve si occupava di uno dei due, Bucky saltò addosso a quello che gli puntava le spalle.
Intanto, Thor e Visione ne fecero fuori altri tre, mentre Wanda e Loki, unendo la forza della loro magia ne sistemavano altri due, Sam e Natasha, a mani nude, si occuparono di uno. Anche l'aiuto di Peter Parker si rivelò prezioso: uno dei sicari aveva deciso di attaccare Alexis, che non faceva che creare scudi protettivi per tutti gli altri. Peter, nascosto da dietro un divano per proteggere zia May, aveva agganciato le caviglie di questo con la sua ragnatela, facendolo cadere a terra.

-Grande Parker!- esclamò la ragazza, nella sua direzione.

-Non c'è di che, sorella!- rispose lui, sollevando un pollice da dietro il divano.

Il sicario cadde all'indietro, gli si spezzò il respiro, mentre Bucky gli si fiondava sopra.
Un sospetto gli corse alla mente, mentre il senso di colpa prese ad attanagliargli l'anima.
Prese l'uomo per il colletto della maglietta, togliendogli il cappuccio, per controllare se per caso l'avesse già visto nel corso delle sue ultime indagini.

-Chi vi ha mandati?- ruggì il soldato d'inverno.

L'uomo, sui quarant'anni, con qualche piccola ruga ai lati degli occhi dal taglio orientale, sorrise amaramente. -Hai fatto troppe domande Soldato d'Inverno.- come una saetta prese il coltello dalla tasca di Bucky, se lo puntò sul petto. -Erech non ti darà pace.-

L'uomo si spinse il coltello nel petto, finché tutta la lama non fu entrata. 












Angolo Autrice
Ciao dolcezze!
Eccomi tornata con un nuovo capitolo =) Quanto sono veloce ultimamente? ;) A tal proposito, voglio mettervi al corrente di una decisione che ho preso. In vista della sessione estiva di esami universitari, ho deciso di stabilire dei giorni di pubblicazione: il Mercoledì e il Sabato, sempre dopo cena e sempre verso le 22.00/22.30. Può capitare che io salti l'appuntamento del Mercoledì nel caso in cui magari capiti il giorno prima di un esame, ma quello del Sabato sarà sempre puntualissimo! 
Detto ciò, spero abbiate notato che anche qui ho inserito un piccolo accenno alla storia di InsurgentMusketeer -che di nuovo ringrazio tanto per la sua costante vicinanza <3- con l'espediente di far regalare da Alexis a Steve il libro più famoso di Ellie Renner =) 
E sì, cinque capitoli di serenità mi sembravano un po' troppi e quindi... ecco i guai... vedrete quante ne succederanno!
Ci tengo in ultimo a ringraziare anche magiudona nevermore72 per aver inserito la storia tra le seguite! 
Ci vediamo mercoledì sera!
Un abbraccione =)

Rack

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Capitolo 6
*** Capitolo VI: Troppo da sopportare ***


New Avengers: Together - Promises
Capitolo VI: Troppo da sopportare
 


Steve, Tony, Natasha, Alexis e Thor erano andati dritti al Facility, dove avevano messo in moto il resto degli agenti per le ricerche, ricerche che anche Natasha ed Alexis stavano portando avanti da un computer olografico posto all'estremità del lungo tavolo rettangolare. Tutti gli altri erano rimasti alla Stark Tower, cercando di sistemare il casino che si era creato poche ore prima, ad una manciata di minuti dalla mezzanotte.

Alexis si passò una mano sul volto. Le pizzicavano gli occhi per il sonno. Guardò l'orologio che segnava le quattro del mattino. Allungò un braccio verso il centro del tavolo, dove Tony aveva piazzato una serie di tazze di caffè. Ne afferrò una come se fosse stata la sua unica fonte di vita e ne bevve tutto il contenuto in pochi lunghi sorsi.
Posò la tazza, poi puntellò i gomiti sul tavolo e poggiò la fronte su entrambi i palmi delle mani. Era stanca, triste e profondamente arrabbiata con qualcuno.
Qualcuno che non si era fatto gli affari suoi e che aveva messo in moto tutto quel putiferio.
Qualcuno che, per sua fortuna, non era lì in quel momento.
Una fitta alla tempia sinistra la colpì pensando a lui, e avrebbe continuato a martellarle la mente se non fosse entrato Tony e distrarla leggermente.

-Ho detto a Pepper di usare la tua stanza per far dormire la piccola e per stendersi. Sul divano si stava rompendo le ossa.- disse lui, indicando Lexie.

Lei annuì in fretta. -Ma certo, avrebbe dovuto andarci subito.-

-Trovato nulla?- chiese Tony, mettendo entrambe le mani all'estremità opposta del tavolo e scaricandovi il peso sopra.

Natasha scosse la testa. -Nulla, ma abbiamo appena iniziato, ed abbiamo consultato solo i file del governo sulle associazioni terroristiche di cui sono a conoscenza.- sospirò, senza staccare lo sguardo dallo schermo. -La giornata è ancora lunga.-

Tony picchiettò con un indice sul tavolo, mordendosi il labbro inferiore.
-Ehi, Cap, non è che ti viene in mente qualcun'altro che hai fatto arrabbiare?-

Steve, che se ne stava seduto su una poltroncina, sostenendosi il mento tra due dita, sbuffò e guardò Tony con un'espressione severa.

-No?- fece Tony, poi rivolse lo sguardo a Thor. -E tu? Problemi con il fratellino?-

Thor stava per rispondere subito dopo aver finito di bere il suo boccale di birra, ma Alexis fu più rapida.

-No, non è colpa loro.- disse mordendosi una guancia per contenersi.

Mentre pronunciava quelle parole, guardò Bucky entrare nella stanza con le mani nelle tasche dei jeans. Il sergente andò a sedersi accanto a lei, tentando di farle un sorriso, ma capì subito che lei non era per niente amichevole in quel momento.
Gli rivolse un ultimo sguardo in cagnesco prima di tornare a guardare il computer e Bucky giurò di poter vedere delle scintille dorate guizzare nelle sue iridi ed andare a colpirlo dritto nell'anima. Arricciò il naso, agitato, puntando lo sguardo sulle sue mani, che teneva unite sul bordo del tavolo.

-Dunque il nostro amico è un fan del Signore degli Anelli.- esordì Alexis, mentre fissava lo schermo del computer.

Natasha rise lievemente.

-Cosa?- fece Steve voltandosi nella sua direzione, per poi alzarsi ed andare a posizionarsi dietro le due agenti più forti che conosceva.

Thor posò il boccale sul tavolinetto basso, poi incrociò le braccia al petto con uno sguardo corrucciato. -Signore degli Anelli? Si tratta di una qualche divinità?-

Tony alzò gli occhi al cielo. -No, amico, è un libro.-

Alexis gli puntò un dito contro. -E anche un film.- cercò di dirlo per risultare simpatica, ma la rabbia le usciva da tutti i pori, quindi sembrò più che altro che, con quel dito puntato, stesse minacciando Tony.

Steve li interruppe. -Quindi questo nome viene da lì?-

Tony scosse la testa. -No, decisamente. Steve non conosci il Signore degli Anelli?-

Steve stava per rispondere, ma di nuovo Alexis lo interruppe e stavolta non tentò di nascondere la sua stizza.
-Se tu avessi letto i libri, Tony, sapresti che con Erech si intende un passaggio di una collina nella Terra di Mezzo.-

-D'accordo.- fece l'altro, sollevando le mani quasi spaventato. -Ma che c'era nelle tue tartine? Yogurt andato a male?-

Alexis lanciò di nuovo uno sguardo su Bucky che deglutì rumorosamente e distolse il suo, non riuscendo a sostenere quello di Alexis così furioso. 
-Qui dice che "Erech" in Sindarin vuol dire "lancia solitaria".-

Tutti rimasero in silenzio ad annuirono.

-Ottimo.- esordì Steve, constatando che quella preziosa informazione non significava nulla di che.

Bucky prese aria per parlare, perché era stato lui a creare quella situazione e voleva essere d'aiuto. -Forse io so...-

Non riuscì a finire la frase.
I nervi di Alexis, nel sentire la sua voce, non resistettero più.
Si alzò di scatto, lo prese per un polso facendo alzare anche lui, poi aprì un portale verso la camera di Bucky e sparirono.

-Ok...- iniziò Thor, cercando di mascherare la sua preoccupazione con una lieve risatina. -Le cose sono due: o vuole ucciderlo, o ha tanta voglia di...-

-Io l'avevo detto che presto avrebbero litigato.- disse Tony interrompendolo.

Steve si sedette dove poco prima era seduta Alexis, mollemente.
-Vedrai che non è niente.-

Non ne era, però, del tutto convinto. Bucky aveva smosso delle acque torbide per andare alla ricerca di informazioni sulla morte dei genitori di Lexie, quando lei stessa gli aveva detto di lasciar perdere.
Non era per niente convinto del fatto che le sarebbe passata presto. Sapeva bene che in questo modo Bucky aveva riportato a galla sentimenti che Alexis erano due anni che tentava di sotterrare.
 


 
*           *             *
 


Bucky stava immobile, con la schiena poggiata alla cassettiera della sua stanza e le braccia incrociate, mentre Alexis faceva avanti e dietro per tutta la stanza in una maniera frenetica, col fumo che le usciva dal naso.
Tuttavia, nonostante fossero lì da cinque minuti buoni, lei non aveva detto una singola parola.
Distrutto da quel silenzio e dall'atteggiamento di Alexis nei suoi confronti, fu Bucky a parlare. Voleva assolutamente tentare di buttare giù quel muro che si era creato tra loro nelle ultime ore.

-Tutto ok?- chiese, quasi timidamente, senza smettere di guardarla.

-Sì. Tutto ok.- rispose Alexis stizzita. Non lo guardò minimamente, continuando a camminare.

Alexis sospirò più volte, prima di, finalmente, fermarsi al centro della stanza, per poi sedersi sul bordo del letto di James e prendersi la testa tra le mani.
Non era per niente tutto ok. Non era ok proprio nulla.
Ce l'aveva con lui e anche tanto, ma non voleva: si sentiva in colpa ad essere così.
Bucky andò lentamente a sedersi accanto a lei, che continuava a non degnarlo di uno sguardo. Provò ad avvicinarsi di più a lei, facendo combaciare le solo spalle, ma le si spostò. Lui strinse gli occhi come se Alexis gli avesse appena dato un pugno nello stomaco. Fece un altro tentativo, poggiando una mano sul ginocchio di lei, abbassandosi per tentare di guardarla negli occhi, ma lei gliela prese e la rimise al suo posto, sempre senza guardarlo.

-No, James. No.- esordì, arrabbiata.

Il soldato trattenne il respiro come se non avesse sentito la sua voce per mesi.
-No...?-  fece lui.

Alexis prese a scuotere la testa velocemente.
-Basta. Basta così.-

Bucky deglutì rumorosamente ed aggrottò la fronte, sempre più preoccupato. -'Basta' cosa?-

Alexis, con la testa tra le mani, si voltò a guardarlo con gli occhi ridotte a due fessure. Nella penombra della notte Bucky poté vedere perfettamente le scintille ambrate che le attraversavano lo sguardo. Si voltò di nuovo, continuando a scuotere la testa senza parlare.

-Ti prego.- le disse lui. -Parlami, non trattenerti. Alexis, io...-

La ragazza scattò in piedi e gli puntò un dito contro. -Tu...- disse velenosa. -Tu, dovevi soltanto darmi retta. Guarda cosa è successo! Ti avevo detto di lasciar perdere, ma tu no, non potevi, e perché mai!? Vendetta?! Se non la cerco io, dimmi per quale motivo la stai cercando tu!- allargò le braccia in aria, poi le fece ricadere rumorosamente lungo i fianchi. Ormai aveva perso la ragione.

Bucky sollevò le sopracciglia in uno sguardo sofferente. Il suo cuore si stava spezzando sotto il peso delle parole della ragazza.
-Alexis, non è una questione di vendetta, volevo soltanto...- puntò lo sguardo a terra torturandosi le dita. -...soltanto rendere giustizia a te e alla tua famiglia.-

-E te ne sono grata!- sbottò lei. -Ma ogni volta che tornavi coperto di ferite, che cosa ti dicevo? Cosa dicevo, James? Ti dicevo di smettere di farlo, perché ora sei tu la parte più importante della mia famiglia!- Alexis scosse la testa e prese aria per parlare più volte, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime al pensiero di quello che stava per dire. -Quegli uomini cercavano te, Bucky, lo capisci? Erano venuti ad uccidere te!-

-Ehm, io...-

-Abbiamo messo a rischio la vita di tutti con questa storia! Per non parlare di Pepper e Morgan, dio.- si portò una mano al volto, straziata dal solo pensiero che potesse essere  successo qualcosa alla piccola.

-Lo so.- affermò lui. -Ma, vedi, sono venute a galla delle informazioni che cambiano completamente...-

Alexis emise un grugnito di fastidio, interrompendo James, e la luce sul comodino lampeggiò per alcuni secondi. Sia lei che James la guardarono, per poi tornare alla loro conversazione.
-Perché!? Perché non ti sei fermato quando te l'ho chiesto? Io... io mi sono sentita sola per la maggior parte dei giorni degli ultimi mesi!-

Questa volta non fu un pugno allo stomaco, era più simile ad una pugnalata o ad uno sparo al centro del petto.
-Perché non me l'hai detto?-

-Ma non era ovvio!?- Alexis era davvero arrabbiata e gesticolava animatamente. -Stiamo insieme da cinque mesi, ci siamo visti la metà dei giorni! Non... io non capisco.- iniziarono a tremarle le mani. -Perché non riesci a darti pace con questa storia? Cos'è, ti manca la vita da soldato d'inverno!?-

-Cosa...!?- fece lui aggrottando le sopracciglia.

Le tremò la voce, sapeva di averlo ferito, ma ormai non sentiva più ragioni. -Ti sfoghi in questo modo perché sei frustrato, perché vuoi figli e io non posso dartene?! Se non fosse stato per colpa di quell'uomo, se biologicamente non avessi potuto avere figli a prescindere da quello che mi è successo, con chi te la saresti presa?-

James contrasse la mascella e non rispose, incassando tutti i colpi che Alexis gli stava infliggendo.
Si alzò dal letto con lo sguardo di un cane bastonato, andando incontro ad Alexis che, invece, indietreggiava. Ogni movimento o parola che la ragazza faceva o diceva lo stavano lentamente divorando dall'interno.
-Alexis...- la chiamò con un filo di voce. Lei tirò su con il naso. -E' questo che pensi di me?-

"No". Pensò lei, ma non lo disse. Continuò ad indietreggiare finché non andò contro la cassettiera su cui poco prima era poggiato lui.

Lui si fermò poco distante. Non voleva assolutamente farla sentire in trappola. -Come ti viene in mente? Alexis, io ti amo, non mi interessa nient'altro al mondo se non te!-

Lexie colse una nota di disperazione nella sua voce, ma ignorò anche quella.
Il tremolio dalle sue mani si espanse a tutto il corpo, mentre James le si avvicinava lentamente, come se stesse tentando di avvicinarsi ad un puma.
Una sensazione strana, nuova, le si irradiò dalla testa, fino a riempirle il sistema nervoso totalmente. Quando James le fu vicino, lei aprì un portale per andarsene, ma James le prese entrambe le mani, cercando di trattenerla.

-Ti prego, non...- non riuscì a finire la frase, perché fu attratto dalle mani tremanti della ragazza, che all'improvviso avevano iniziato ad emettere delle lievi scariche di scintille ambrate.

Anche Alexis le guardò, non capendo cosa le stesse succedendo e lui, vedendo gli occhi smarriti di lei, capì che quelle scintille non erano volontarie e che ci fosse qualcosa che non andava.
James sentiva quelle scintille trafiggergli la pelle, ma non sentiva veramente dolore, perché quello che stava provando in quel momento, sotto lo sguardo inferocito di Alexis, era molto peggio.

-Lasciami.- sibilò lei, quando una lacrima le scivolò lungo la guancia.

-No.-

Si avvicinò ulteriormente a lei, ma Alexis lo spinse via con una ginocchiata nello stomaco, per poi entrare nel portale. James, che non aveva mai lasciato la sua mano, nonostante il dimenarsi di Alexis, tentò di entrare nel portale con lei, ma la ragazza fu più rapida di lui a chiuderlo, e dovette lasciarla andare per evitare che il portale gli tranciasse via la mano di netto.

Quando si portò le mani ai capelli in un gesto di disperazione mista a rabbia, nella sua camera, di Alexis Moore, rimaneva soltanto il profumo del suo shampoo alla mela verde e l'eco delle sue parole dolorose.

Appoggiò entrambe le mani sulla cassettiera dove pochi istanti prima si trovava la ragazza, abbassò la testa e chiuse gli occhi sospirando. Capiva perfettamente la furia di Alexis e si sentì uno stupido a non essersi accorto di quanto stesse soffrendo la sua mancanza.
Alexis Moore era letteralmente l'unica donna che Bucky Barnes avesse mai amato e vederla così arrabbiata con lui gli aveva appena mandato in tilt il cervello, facendo crollare l'unica certezza della sua nuova vita, certezza che aveva avuto da quando aveva posato gli occhi su di lei la prima volta: era arrabbiata ed aveva anche ragione da una parte, e Bucky temeva che l'avrebbe persa.
Alexis non poteva sapere cosa stesse tentando di dirle lui mentre lei lo attaccava, accecata dal dolore.
James sbuffò, stringendo le palpebre, facendo cadere una lacrima solitaria.
Avrebbe tanto voluto spiegare tutto ad Alexis, spiegarle che la sua ricerca ai limiti dell'ossessione non era causata da un sentimento di vendetta, ma dalla volontà di portare alla luce la verità dei fatti. Non era assolutamente andata come credeva Alexis, non si era trattato di una rapina da parte di un pazzo finita male. Tutte le informazioni che Bucky aveva trovato nell'ultimo mese, portavano alla famiglia di Alexis come committenti di quell'omicidio. Era assurdo, ne era consapevole, ed infatti stava facendo di tutto per trovare altre piste, altre spiegazioni. Aveva scelto di non dirle nulla finché non ne fosse stato sicuro, per risparmiarle quel dolore atroce, ma ogni volta che si avvicinava alla risposta finale, tutte le tracce venivano cancellate e lui doveva ricominciare da capo.
Diede un pugno sul piano del mobile, incrinandolo,  quando ripensò a ciò che aveva detto Alexis poco prima.
Si era sentita sola e per tutti questi mesi aveva pensato che lui volesse trovare l'assassino dei suoi genitori per una sorta di ripicca personale. Non era assolutamente così, lui l'amava con ogni cellula del suo corpo, e l'avrebbe amata a qualsiasi condizione per il resto dei suoi giorni.
E glielo avrebbe dimostrato.

Si passò le mani sul volto, poi scese al piano di sotto, cercando di rendersi finalmente utile e per mettere al corrente tutti delle sue ultime scoperte.
Ogni suo movimento, passo o parola erano però costantemente accompagnati dalla preoccupazione per la ragazza che amava.
 
 

 
*          *             *
 


Alexis aveva camminato per almeno dieci minuti di fila intorno al Washington Square Park, con la stessa identica camminata che aveva adottato nella stanza di Bucky. Infatti, dopo poco, le iniziarono a fare male i piedi. Indossava ancora gli stivali con il tacco che aveva deciso di mettere per la vigilia di Natale.
Nevicava, il freddo le penetrava nelle ossa. Probabilmente era quella la causa del fatto che ci fosse soltanto lei in quel momento, di mattina presto, quasi ancora nel buio, in un parco pubblico.

Si strinse nel cappotto che aveva fatto comparire con un' illusione e si sedette davanti all'arco di Washington.
Chiuse gli occhi, inspirò profondamente, mordendosi il labbro inferiore. Se poco prima era arrabbiata, ora che aveva litigato con James si sentiva ancora peggio.

Si appoggiò alla panchina con la schiena, zuppandosi completamente i capelli. Chiuse gli occhi e rivide davanti a sé la scena della morte dei suoi genitori. Il terrore la pervase e stavolta non c'era nessuno a proteggerla dal baratro. Non c'era Steve, non c'era Tony, non c'era Nat, non c'era Bucky, per il semplice fatto che se ne era andata come una pazza dal Facility.
Le dispiaceva da morire, ma aveva capito da qualche settimana che prima o poi sarebbe esplosa.
James non aveva fatto che riportare alla luce tutte quelle sensazioni che lei provava quotidianamente ogni giorno da quando erano morti i suoi genitori. Proprio lui, che era stato l'unico in grado di farle sparire definitivamente per qualche tempo.
Un tremolio le scosse nuovamente le mani. Le tolse dalle tasche, portandosele davanti al volto e notò che quel tremolio era accompagnato da una serie di piccole scariche di energia d'ambra.

-Ma che cazzo mi sta succedendo.- borbottò.

Si alzò in piedi di scatto ed aprì, con fatica, un portale. Si spaventò nel vedere che la sua magia non le dava molto retta, ma lo attraversò comunque.

Si guardò intorno e sentì il vuoto nel petto. Si era appena teletrasportata nel cimitero dove erano sepolti i suoi genitori, più precisamente davanti la loro tomba. Una tomba in marmo bianco, piantata nel terreno, grande da farceli entrare entrambi, e una lapide in verticale piantata sulla sua sommità.
Si accucciò a terra, allungò un braccio ad accarezzò le foto ed i nomi di Harry Moore ed Emma Smith, con la mano tremolante che continuava ad emanare scintille.
Si sedette, incurante della neve, e pianse, pianse per almeno un'ora di fila, finché  non fu così stanca da provare il desiderio di addormentarsi lì, sulla neve, sulla tomba dei suoi genitori.
Non seppe come, ma riuscì a trovare la forza di alzarsi. Non andava a trovarli dal giorno del loro funerale. La magia stavolta le diede retta, mentre creava un' illusione di due rose bianche all'interno di un vaso di acqua, accanto alla lapide.

Riprese a camminare verso l'uscita del cimitero, con le mani in tasca, tirando su con il naso che ormai era rosso per il tanto freddo che aveva preso, con gli occhi umidi che rischiavano di ghiacciarsi per le lacrime.
Era sorto il sole da poco quando le campane di una chiesa suonarono.
Si ricordò improvvisamente che quella era la mattina di Natale. Prese il telefono controllando l'orario che segnava le sette in punto e notò tantissime notifiche delle persone che tenevano a lei che l'avevano cercata a lungo.

Sette messaggi da Steve.
Dieci chiamate da Tony.
Una chiamata ed un messaggio di Bucky.

Tutti la cercavano da circa due ore, preoccupati.  Sì senti un' egoista perché stava facendo stare in pensiero tutti.

Lesse alcuni dei messaggi di Steve.

"Dove sei andata? Vengo da te, così parliamo."

"Bucky ci sta dicendo delle cose che credo dovresti sapere."

"Lexie, ti prego, siamo tutti preoccupati per te. Fammi almeno sapere se stai bene."

Aprì l'ultimo messaggio, di Bucky.

"Ti giuro che questa era l'ultima cosa al mondo che avrei mai voluto che accadesse. Vorrei parlarti, ti prego, torna il prima possibile."

Alexis poté sentire perfettamente il crack del suo cuore che si spezzava sotto il peso del senso di colpa per come aveva trattato James poco prima.
Il telefono tra le sue mani rischiava di andare in cortocircuito, per tutte quelle saette che le correvano tra le dita.

-Dannata magia.- sussurrò con la voce spezzata, mentre infilava il telefono in tasca.

Avrebbe tanto voluto continuare a leggere per ore quelle poche e affrante parole di Bucky.
Chiuse gli occhi e nel buio apparvero gli occhi di ghiaccio del sergente che la guardavano scintillanti ogni volta che le diceva "sei meravigliosa".
E lei oggi cosa aveva risposto quando lui aveva provato ad avvicinarla? "No", "Basta" e infine "lasciami".
Strinse gli occhi che già teneva chiusi, quasi fino a farsi male. Le venne di nuovo da piangere, ma tentò di mandare giù il nodo che le si era formato alla gola.
Ripensò a quando lei aveva rischiato di morire nel laboratorio in Siberia, e alle parole che tanto avrebbe voluto dire a Bucky ma che non sapeva se avrebbe mai più potuto dirgliele.
Ripensò al primo attacco dell'A.T. in Wakanda e quando aveva provato le stesse identiche sensazioni, quando non sapeva dovesse fosse Bucky, e ripensò alla storia di Synthia e Gorgon.

Si rese conto che stava soltanto perdendo tempo, in quel cimitero, ancorata al passato, quando il suo presente e futuro la stava aspettando al Facility.

L'uomo che amava, la stava aspettando a casa.

Nello stesso istante le arrivò un altro messaggio. Prese il telefono che, stranamente, non esplose nonostante le scie di energia mistica che le dita di Alexis si portavano dietro.

Da Tony:
"Sappi che Friday ha rintracciato il tuo cellulare e che so dove sei. Però ti aspettiamo, perché Steve dice che devi tornare da sola e quando ti senti pronta. Tuttavia, se non torni entro dieci minuti vengo a prenderti, dovessi anche chiamare Veronica."


Alexis sbuffò una risata. Mise via il telefono ed aprì un portale.
Purtroppo, la sua magia continuava a fare cilecca.










Angolo Autrice
Come promesso, ho rispettato il primo giorno di pubblicazione, quindi sto cominciando bene, no? =)
E' raro che io scriva dei capitoli tristi, no mi sento mai in grado di farlo, spero di essere stata all'altezza delle vostre aspettative! 
Lexie e Bucky hanno avuto la loro prima lite e vi dirò... non è neanche l'ultima... ed in più lei sta iniziando a scoprire che con la magia non fila MAI tutto liscio e questa questione tornerà anche nei successivi capitoli!
Ringrazio di cuore chiunque stia seguendo la storia, ed in particolare Lucy24 che l'ha aggiunta alle preferite, e sono contenta di averla ritrovata qui dopo che mi aveva seguito anche nel primo New Avengers Together, e la cara InsurgentMusketeer! <3
Ci vediamo sabato sera con il capitolo 7!
Un abbraccio,
Rack 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII: Safe Place ***


Angolo Autrice
Sì, angolo, nel quale dovrei rintanarmi...
Chiedo immensamente scusa a chi ieri sera fosse in attesa di questo capitolo, purtroppo ho avuto delle questioni che sono sopraggiunte a scuotere la mia giornata, ho avuto modo di accendere il pc solo oggi pomeriggio, ho sistemato il capitolo ed ora sono qui a pubblicarlo. Scusatemi ancora T.T 
Sto anche rosicando perché ho lasciato in sospeso delle letture qui su efp che attendo sempre con molta ansia di proseguire!
Vi lascio alla lettura, spero vi piaccia! Forse sul finale sfioriamo un pochino il rating rosso, ma non così tanto xD
Ci sentiamo Mercoledì sera! 
Grazie a tutti voi che leggete e recensite la mia storia, vi abbraccio fortissimo virtualmente!

Rack


 





New Avengers: Together - Promises

Capitolo VII: Safe Place
 



-Ma che diamine...-

Alexis scosse più volte le sue stesse mani, mentre continuavano a tremarle e ad emanare delle scintille luminose. Continuava a sbuffare e sospirare, tentando di aprire un dannato portale per il Facility.
Il destino si stava prendendo gioco di lei: proprio ora che si era resa conto di tutto e che non voleva altro che tornare lì, non riusciva a farlo.
Tuttavia anche qualcun'altro in quel momento si stava prendendo gioco di lei.

-Ansia da prestazione?-

Alexis si voltò di scatto, quasi spaventata. Tony Stark, in armatura, dietro di lei, la fissava a braccia conserte, con l'elmetto aperto.
-Tony!- esclamò lei, poi si guardò di nuovo le mani. -No, non so cosa mi stia succedendo.-
Continuava imperterrita nel suo intento, senza riuscirci. Digrignava i denti fino quasi a farsi male, con gli occhi stretti, quasi le uscivano di nuovo le lacrime per lo sforzo.

Tony aprì completamente l'armatura ed uscì,  poi si avvicinò a lei con pochi e rapidi passi.
-Ehi, ok, va bene.- mise le mani su quelle della ragazza, facendogliele abbassare. -Tu hai bisogno di rilassarti. Andiamo, sono tutti in pensiero per te e abbiamo preparato dei fantastici pancakes per la colazione di Natale.-

-Sì, lo so. Ma come facciamo?- sbottò lei, muovendo una mano in aria, mostrando di nuovo le scintille.

-Sono contento tu l'abbia chiesto.- Tony tirò fuori dalla tasca due piccoli bracciali metallici che mise ai polsi di Alexis. -Friday, quando vuoi.-

Alexis in pochi secondi si sentì avvolta totalmente dal metallo. Si guardò il corpo vedendo che si trattava di un'armatura identica a quella di Tony, dai colori argento e blu e capì che si trattava di Mark 1616, l'armatura che lui aveva creato per Pepper in caso di necessità.

-Oh wow, che onore!- Lexie continuava a squadrarsi le mani stupita. -Solo che io non ho idea di come si piloti questo coso.-

Tony fece spallucce mentre rientrava dentro la sua armatura. -Non preoccuparti, penserà a tutto Friday.- chiuse l'elmetto e si preparò a spiccare il volo. -C'è anche l'aria condizionata, se hai freddo.-

Quando arrivarono al Facility, Alexis seguì Tony in cucina, camminando dietro di lui quasi come se lo usasse come scudo o nascondiglio.
La maggior parte degli Avengers si era ritirata nei propri alloggi. Erano rimasti in piedi, con il solo scopo di aspettarla, soltanto Steve, Thor, Natasha, Bruce e Sam. Questi ultimi due erano da poco rientrati dalla Stark Tower,
E c'era Bucky. Se ne stava in piedi, appollaiato sul bancone della cucina, con i capelli scompigliati, una tazza di caffè vuota in mano, gli occhi azzurri smorzati, fissi sulla tazza.
Ad Alexis si strinse il cuore in una morsa, in preda ai sensi di colpa. 
Si rese improvvisamente conto di tutte le cose orribili che gli aveva detto, in preda alla rabbia.

...ti manca la vita da soldato d'inverno!?

...ti sfoghi in questo modo perché sei frustrato, perché vuoi figli e io non posso dartene?!

Una mano in tasca, l'altra a fingere di grattarsi la fronte, coprendosi in realtà la faccia per l'imbarazzo, Alexis andò a sedersi su uno sgabello del bancone, accanto a Steve, di fronte a Bucky.

-Visto? Lessie è tornata a casa.- disse Tony, indicandola ed andando a sedersi su una delle sedie al tavolo, dov'erano seduti anche Thor, Sam, Bruce e Natasha.

Thor sollevò lo sguardo ed arricciò il naso. -Temo di non aver capito...-

Natasha lo guardò, poi facendo spallucce rispose: -E' sempre un film.-

Steve prese una tazza e la passò alla sua ritrovata collega. -Caffè?-

Alexis stava per rispondere, ma Sam la precedette. -Forse sarebbe meglio del tè.-
Natasha gli diede un calcio da sotto il tavolo.

Tuttavia, Lexie gli diede ragione: -Sì, sono d'accordo, meglio il tè.- disse, prendendo la teiera e riempiendo la sua tazza.

Steve sospirò e sorrise lievemente, lanciando prima uno sguardo di sfuggita a Bucky, che non aveva proferito parola, né fatto un movimento, senza mai staccare lo sguardo da Alexis, poi lo spostò di nuovo sulla ragazza.

-Ci sei mancata.- le disse.

Lexie sbuffò. -Per così poche ore?-

Steve fece spallucce. -Ci manchi a tutte le ore, agente Moore.- le fece una carezza sulla guancia.
Sapeva bene che, in quel momento, la sua amica aveva bisogno di sentirsi a casa e di sentire il calore di una famiglia, più che mai. Alexis si godette quella carezza come se non aspettasse altro.
 -Sei gelida.- aggiunse.

La ragazza bevve un sorso del suo tè, iniziando a riscaldarsi. -Sì, ehm... ho perso tempo. Qualche intoppo.-
Si tolse i guanti che aveva indossato, mostrando il tremolio delle mani e le piccole scintille dorate che le correvano lungo tutto il reticolato del sistema nervoso, anche se non si poteva vedere, perché coperto dai vestiti.

Bucky si sporse leggermente verso di lei, con lo sguardo amorevole e preoccupato, mentre Alexis, che avrebbe preferito infilarsi sotto terra per la vergogna delle cose che gli aveva gridato contro poche ore prima, non lo aveva ancora mai guardato da quando gli si era messa così vicina ed aveva fatto molta attenzione a non farlo.
Il soldato strinse le labbra, osservando la magia di Alexis che si muoveva incontrollata, anche se comunque in modo contenuto, non pericoloso.  Tornò a concentrarsi sul viso di lei: era stanca, gli occhi asciutti e rossi per il freddo, il naso dello stesso colore, le guance bruciate, i capelli bagnati dalla neve, le labbra secche, ma che non facevano che chiamare ogni fibra del suo essere, pur stando ferme.
In quel momento anche il suo di cuore era stretto da una morsa. Il pensiero che Alexis potesse pensare davvero le cose che gli aveva detto poche ore prima, insieme al fatto che se lei era ridotta in quelle condizioni era solo colpa sua, lo stavano divorando dall'interno.

Bruce Banner allungò il collo dalla sua sedia ed osservò le mani della ragazza con la fronte aggrottata. -Uoh, che succede, stai andando in corto circuito?-

-Ehm...- fece Alexis. -Non lo so, se lo sapessi avrei già risolto il problema.- infilò di nuovo il guanto e riprese in mano la tazza.

-Sì, a proposito..- iniziò Tony, guardando Banner. -Più tardi dovremmo darle un'aggiustata.-

Thor aggrottò le sopracciglia, fece un sorriso stiracchiato. -Ti sembra il modo di parlare della mia Avenger preferita?-

A quelle parole Alexis trattenne un sorriso, senza riuscirci, mossa da un moto di orgoglio.
Essere la più giovane e causare sentimenti di tenerezza nelle persone, in alcuni casi, poteva farle comodo, e quel giorno le faceva davvero comodo un po' di affetto.  

Il Dio del Tuono continuò: -Ad ogni modo, si tratta di magia, non credo che si possa aggiustare.- si portò una mano al mento, pensieroso, con aria di superiorità. -Dovrei portarla ad Asgard. Siamo molto più avanzati e magici di voi.-

Tony gli puntò un dito contro. -Ritira quello che hai detto o ti ci spedisco io ad Asgard.- 

-Forse basterebbe portarla da Strange.- disse Bruce.

-O alla corte reale in Wakanda.- aggiunse Sam.

Bruce fece spallucce. -In effetti come loro non c'è nessuno.-
A questa frase si beccò uno sguardo di fuoco da parte di Thor.

-Colpito e affondato.-  disse Tony, battendo una volta le mani.

-E' solo perché non siete mai stati ad Asgard.- riprese Thor. -Anche mio fratello è esperto di magia illusionistica, e con i nostri dottori...-

La conversazione continuò così per ancora qualche altra frase sconclusionata, mentre Natasha si guardava le unghie, ignorandoli del tutto.
Alexis iniziava a sentirsi a disagio. Guardò Steve, allargando le palpebre, riempiendo le guance di aria trattenendola per qualche secondo e poi svuotarle in uno sbuffo e stringere le labbra.

-Ok, ragazzi!- Steve, finalmente, li fermò. Fece il gesto di Time-out con le mani, scuotendo la testa verso di loro, poi tornò su Lexie, che sorrideva forzatamente. Le mise una mano dietro la schiena. -Vedrai che starai meglio. Prenditi qualche giorno di riposo, forse è solo un po' di stress.- le disse amorevolmente.

Lei annuì, mimando un "grazie" con le labbra.

Steve, poi, decise di prendere coraggio e di dire ad Alexis ciò che Bucky aveva scoperto sull'omicidio della sua famiglia. Sapeva che le avrebbe fatto male, che avrebbe avuto ancora più domande di prima, se possibile, ma doveva saperlo, e lui e il resto degli Avengers non erano nessuno per tenerla lontana dalla verità dei fatti.
Lo dovevano a lei e, soprattutto, ai suoi genitori.

-Dobbiamo...- il capitano guardò di sfuggita Bucky, che ricambiò lo sguardo, trattenendo il fiato, non del tutto convinto di voler dare un altro dolore ad Alexis. -Dobbiamo dirti una cosa...-

Lexie guardò Steve, diventando subito seria. Non rispose, rimanendo in totale ascolto.

-Bucky ha fatto delle scoperte durante questi mesi che... ehm...- si passò una mano tra i capelli, nervoso. -Potrebbero destabilizzarti, quindi sii forte.-

La ragazza inclinò lievemente la testa. -Mi spaventi, ma d'accordo.-

Steve storse leggermente il naso. -Sembra che... sembra che non si sia trattato di una rapina da parte di un folle. Si è trattato di un omicidio, premeditato, ben studiato, con tanto di pagamenti nei confronti del sicario. Il problema è che... ogni indizio che Bucky ha trovato sul committente riporta alla Grecia, alla casa dei tuoi nonni materni.-

Alexis rimase col respiro spezzato, la bocca dischiusa, gli occhi immobili.
-Cosa!?- finalmente si voltò verso Bucky. Le sembrava di non vederlo da mesi, e la stessa cosa a lui che, in quel momento, poteva cogliere le scintille dorate sia negli occhi della ragazza che sul collo e sotto il mento. -Dite che i miei nonni hanno fatto uccidere i miei genitori!?-

Bucky scosse la testa lievemente con uno sguardo compassionevole. -Non penso, però supponiamo che qualcuno che vuole far sì che la colpa ricada su di loro ai nostri occhi, stia facendo di tutto per farcelo credere.-

Mentre lui diceva quella frase, che Alexis aveva sentito in parte ovattata,  i muscoli le  cedettero, la tazza le scivolò dalle mani.
Tony, che intanto si era avvicinato a lei, la afferrò al volo, facendo voltare Alexis verso di sé.
Un nodo gli si formò alla gola nel notare che la ragazza aveva lo sguardo più spaventato che lui le avesse mai visto in volto. Neanche quando aveva rischiato di morire in Siberia l'aveva vista così. Neanche quando si svegliava dopo aver vissuto una notte di incubi.

-Sta tranquilla, streghetta. Sistemeremo tutto.- le disse.

Alexis deglutì rumorosamente, cercando di far ripartire il cervello ed il cuore. -Ok, co-come... come procediamo?-

Tony si grattò il collo. -Per ora non procediamo.-

L'espressione stranita di Alexis, fece sbrigare Steve a darle una spiegazione più sensata.
-Questo Erech, è molto potente, tanto da riuscire ad aggirare i sistemi di sicurezza della Stark Tower. Abbiamo attirato troppo la sua attenzione, dobbiamo fargli credere che ci abbia spaventato e che nessuno faccia più domande sul suo conto.- a quelle parole, Lexie si voltò verso James, deglutì di nuovo e gli fece un impercettibile sorriso con le labbra strette. Poi ascoltò di nuovo Steve: -Natasha, da sola, continuerà a svolgere ricerche per capire meglio chi o cosa sia. Per ora abbiamo solo scoperto che si tratta di qualcuno che commercia armi illegali in Afghanistan, ma crediamo sia una copertura per qualcosa di diverso.-

Alexis annuì più volte, mentre sospirava profondamente.
Si tolse i guanti dalle mani, per stropicciarsi gli occhi. Le bruciavano da morire, per le lacrime e per il freddo che aveva preso.
Rimanendo con lo sguardo su Steve, allungò una mano lungo il piano dell'isola per riprendere la sua tazza, ma sfiorò qualcos'altro.
Quasi come si fosse bruciata, ritirò lievemente la sua mano, che aveva appena sfiorato quella di James che l'aveva fissata imbambolato.

-Scusa.- disse lei, con gli occhi sgranati, guardando poi la sua mano che continuava ad emettere scintille.

Tuttavia, non erano state quelle a causare la scossa che James aveva sentito arrivargli dritta al centro del petto.
Scosse la testa. -Tranquilla.- borbottò.

Rimasero l'uno incastrato negli occhi dell'altra, senza riuscire a muoversi di uno solo millimetro.
Si erano di nuovo scordati di essere circondati da altre persone.
Alexis aveva la gola completamente secca, lo stomaco sottosopra in totale subbuglio, la testa svuotata, il cuore che le martellava nelle orecchie.
Nessuno dei due si accorse di Tony che aveva avvisato "vado a controllare come stanno Pepper e Morgan.", di Steve che aveva chiamato Bruce, dicendo che lo avrebbe accompagnato lui in aeroporto, di Sam e Natasha che si erano alzati e che avevano fatto una serie di segnali di fumo a Thor per fargli capire che doveva anche lui gentilmente levarsi dalle scatole di quei due, che avevano decisamente bisogno di stare da soli.

Bucky aggirò l'isola, andando a sedersi accanto ad Alexis, dove poco prima si trovava Steve.
Lei si voltò totalmente verso di lui, con un lieve sorriso, mentre di si sistemava i capelli ancora bagnati dietro l'orecchio. Bucky allungò una mano, facendole una carezza sul ginocchio. Nel vedere che Alexis non lo scostava, si rasserenò, come se il suo cuore fosse andato a fuoco per tutte quelle ore e adesso fosse stato appena spento con una secchiata d'acqua.

Prese aria per parlare. -Io, ehm...-

Non fece in tempo a finire la frase. Alexis si era sporta dallo sgabello, quasi cadendo, e si era aggrappata alle sue spalle, premendo le labbra contro quelle del soldato, che dopo un primo momento di sorpresa, schiuse le sue, facendo incontrare la lingua con quella di Alexis.
Le prese il volto tra le mani, facendola scendere del tutto dallo sgabello ed incollandosela addosso, come se fosse la cosa più preziosa del mondo, e per lui lo era davvero.
Si separarono solo quando avevano le labbra gonfie e rosse.

-Scusa.- iniziò Alexis, con un'espressione dispiaciuta in volto ed il solito senso di colpa a divorarla. -Io non...-

James l'attirò di nuovo a sé, con un sorriso enorme sul volto, continuando a baciarla su tutto il volto facendola ridere.
-Scusa tu.- le disse, poggiando la fronte su quella di lei.

-No, tu volevi solo aiutarmi a scoprire la verità, e io invece ti ho ricoperto di insulti.- 

-Non importa, Alexis. Io... temevo che...-

La ragazza rise lievemente, scuotendo l'anima del soldato. -Che non ti volessi più?-

Lui annuì.

Alexis, invece, scosse la testa: -Per così poco? James, io ti amo. Sempre. Anche quando sono arrabbiata.-
Lei si separò leggermente da lui, puntando gli occhi nei  suoi e prendendogli il volto tra le mani. Le scintille di magia continuavano a solleticare dolcemente la pelle di James, ma in quel momento sarebbe potuto anche morire e non se ne sarebbe accorto.
-In ogni mia azione, ogni mia parola, ogni mio respiro. Ti amo e credo che lo farò per sempre.-

James trattenne il fiato per non implodere in quel momento.
Era la prima volta che una donna gli parlava in quel modo.
Ti amo e credo che lo farò per sempre. Quella frase continuò ad echeggiare nella sua mente per svariati secondi, mentre il cuore gli scoppiava di gioia e non aveva più parole per rispondere ad Alexis.
Semplicemente la abbracciò, affondando il volto nei capelli ancora bagnati di lei. La avvolse totalmente con entrambe le braccia, che sembravano essere troppo grandi per la schiena esile di Alexis, ma che in realtà erano perfettamente calzanti, come fossero stati gli incastri di un puzzle.

-Grazie.- sussurrò il soldato.

Alexis non rispose, ma capì perfettamente cosa c'era in quella semplice parola.
Era un grazie per aver concesso a il suo amore a James, un grazie per avergli permesso di rinascere, di imparare ad amare di nuovo, per essere la sua compagna di vita. Per aver detto per sempre. Per sempre, per un super soldato, significa davvero tanto tempo.

Lui le diede un bacio sulla fronte, poi sulla punta del naso, che era ancora gelida.
-Stai andando in ipotermia.- le disse. Eppure Alexis sentiva un calore immenso partirle dal centro del petto. -Devi scaldarti. Andiamo in camera.-

La ragazza sorrise, sollevò una mano per aprire un portale, ma la guardò per alcuni secondi, ferma, con tutte quelle scintille che le percorrevano i nervi.

-Tranquilla.- disse James, prendendole la mano e tirandola mentre scendeva dallo sgabello. -Prendiamo l'ascensore.-
 
 
 
 




Quando furono in camera di James, lui le diede un rapido bacio sulle labbra, poi andò verso il bagno.
-Torno subito, tu intanto spogliati.-

Alexis aggrottò la fronte a quella strana richiesta, fatta in modo così diretto.
Lo sentì armeggiare con l'acqua da dietro la porta del bagno, mentre lei si toglieva gli stivali e si sedeva a gambe incrociate sul letto. Si guardò di nuovo entrambe le mani, che non smettevano di tramarle e vedeva quella magia correrle attraverso tutto il sistema nervoso. Sperò con tutta sé stessa con il consiglio di Steve avrebbe funzionato, perché aveva desiderato per tanto tempo di poter utilizzare i suoi poteri in quel modo, mettendoli al servizio totale del pianeta, e rinunciarvi ora sarebbe stata davvero dura.

Dopo alcuni minuti, Bucky uscì dal bagno, lasciando l'acqua aperta, chiudendosi la porta dietro le spalle. Attirò subito l'attenzione di Alexis, che quando lo vide andare verso di lei con solo i boxer addosso, schiuse le labbra, sentendo immediatamente la gola secca e scordandosi dei suoi problemi mistici.

-Ahm...- fece lei.

James inclinò la testa. -Sbaglio o ti avevo detto di spogliarti? Non vorrai entrare nella mia sauna vestita così, spero.-

-La tua...?-

Bucky la prese per entrambe le mani facendola alzare in piedi, poi le tolse il maglione e la gonna, sussurrandole in un orecchio. -La mia sauna.-

Alexis, con gli occhi sgranati, rimase immobile e si fece spogliare anche del resto dei vestiti.
-Ok. Sono confusa.-

Lui rise poi la prese per mano e la tirò dietro di sé, portandola nel bagno.
Alexis fu subito avvolta da un calore immenso che sentì fin dentro le ossa. Una nube di vapore pervadeva la piccola stanza, mentre l'acqua della doccia continuava a scorrere bollente, generando altro vapore.

-Benvenuta nella mia sauna.-  disse James, allargando le braccia.

-Ma come...-

-Sono il soldato d'inverno, devo pur sapere come scaldarmi.- disse, calcando sulla parola "inverno".

Alexis sospirò e strinse gli occhi, sorridendo. -Non faceva ridere.-

Lui le allacciò le braccia intorno alla schiena. -Eppure lo stai facendo.-

La ragazza sollevò lo sguardo come a pensarci e poi annuì lentamente, mentre Bucky si chinava per unire le labbra alle sue.
Entrando in contatto con le labbra di James e con la pelle nuda del resto del suo corpo, Alexis ebbe un brivido e sentì delle piccole scariche elettriche irradiarsi dappertutto.  
Stavolta, però, non le stava immaginando come era accaduto in precedenza, tanto che James si separò dalle sue labbra.

-Ahia.- sussurrò calmo, sfiorandosi il labbro inferiore. In realtà aveva sentito soltanto un leggero solletico, causato dalla magia di Alexis che continuava a muoversi lungo tutto il suo sistema nervoso.

Alexis si separò da lui bruscamente, spaventata di poterlo ferire. -Scusa, io non so che cosa...-
Si guardò le mani, poi le braccia, il seno, la pancia, le gambe. Tutto il suo reticolato nervoso era messo in evidenza da quelle piccole scintille dorate.
-Oh mio Dio.-

James seguì il suo sguardo e sollevò le sopracciglia. -Però, hai davvero un bel sistema nervoso.-
La prese di nuovo per mano, cercando di tranquillizzarla.

-No, fermo, potrei-

-Non succederà nulla, fidati di me.-

Alexis sospirò, sperando che fosse vero e si fece trascinare da lui nella doccia.
Lui entrò per primo, tirando la ragazza verso di sé, facendola incollare al suo petto, mentre lei trasaliva.

-Visto?- le disse. -Non è successo nulla.-

La portò sotto il getto dell'acqua bollente. Un qualsiasi altro essere umano non avrebbe resistito lì sotto, ma Alexis si sentiva del tutto incandescente anche prima di entrare in quella stanza, nonostante la sua temperatura corporea fosse in realtà molto più bassa del normale.
Con dei movimenti estremamente lenti, James la avvolse del tutto e la baciò in maniera lenta e languida, facendo distendere del tutto i muscoli di Lexie. Continuò così per alcuni minuti, finché dopo un po' non si separò da lei, le prese una mano portandola all'altezza del volto della ragazza e sorrise ammiccando.
Lexie seguì il suo sguardo e sgranò gli occhi, come se fosse stata appena svegliata da una bella dormita.
Le scintille erano sparite. Si guardò il corpo, che era tornato del solito colore, poi guardò James con un sorriso enorme.

-Come diavolo hai fatto!?-

Lui fece spallucce, mentre la faceva spostare dal getto dell'acqua.
-Direi che è evidente che per stare bene non devi più staccarti da me.- le disse, prendendole il mento tra due dita e spingendola contro le piastrelle della doccia.

Lei rabbrividì al contatto con il muro freddo e, stavolta, le scintille tornarono per un millesimo di secondo ad inondarle il corpo e lo sguardo, per poi sparire di nuovo. Alexis rise, portandosi una mano sul volto, quasi imbarazzata.  

-Sembri un fuoco d'artificio.- disse James ridendo.

-E-ehm, lo prendo come un complimento.-

Lui inclinò la testa. -Certo che lo è.- le sussurrò in un orecchio.

Lo sguardo intenso che lui le lanciò dopo, fece bloccare ogni muscolo della ragazza, perfino i polmoni, facendola smettere di respirare per qualche secondo.
Avanzò, mettendo i palmi delle mani sul muro, bloccandole ogni via di fuga, schiacciando il corpo contro quello di lei. Vie di fuga che Alexis non avrebbe mai e poi mai percorso.
La baciò di nuovo sulle labbra, poi si spinse oltre. Le torturò un orecchio, per poi scendere sul collo, le spalle, il seno, creando una scia di baci che Alexis sentì impressi nella pelle come dei tatuaggi.
Lei chiuse gli occhi godendosi a pieno quel momento, dimenticando tutto: i problemi con la magia, la questione dei suoi genitori, tutto. Era come se stesse fluttuando nel vuoto insieme a lui.
Alexis infilò le dita tra i capelli di Bucky, stringendoli, in un tentativo di contenersi, e quando lui la sfiorò nel suo punto più sensibile, gemette lievemente.

-Amore.- lo chiamò impercettibilmente.

Il cuore di James saltò più volte, perdendo alcuni battiti.
Smise di torturarle il collo con le labbra e la guardò negli occhi. -Cosa hai detto?-  chiese, sfiorando il naso contro quello di lei.

Lei deglutì, anche se aveva la bocca completamente asciutta. -Cosa ho detto?- temeva quasi di aver sbagliato qualcosa.

Bucky rise. -Dillo di nuovo.-

Alexis si morse il labbro inferiore.  -Amore...-

Lui sorrise di nuovo, incantato da ogni fibra di Alexis, dalla sua voce, dai suoi occhi scuri, dalla sua pelle morbida, dalle scintille che di tanto in tanto guizzavano sotto di essa, dalle sue guance arrossate, non più a causa del freddo, dai suoi lievi e dolci gemiti, dalle sue mani che lo accarezzavano ovunque.
Fecero l'amore sotto la doccia come se fosse stata la prima volta, con foga e passione, nel tentativo di chiedersi scusa a vicenda e di dimostrarsi quanto amore c'era ad unirli, a conferma che tutto fosse ancora come prima.


Dopo un'ora si erano ritrovati stesi sul letto, coperti dal lenzuolo, con fiato corto e gli occhi immersi nel loro mondo di coccole e sussurri.
Alexis accarezzava la guancia di Bucky con estrema delicatezza, come se ormai temesse che ogni suo movimento o parola potessero in qualche modo ferirlo.  

-Sai, io non pensavo quello che ho detto stamattina sull'essere il soldato d'inverno, e nemmeno quella cosa sui figli.-

Bucky le prese la mano, lasciandovi un rapido bacio.
-Lo so, eri arrabbiata. Avevi ragione.-

Lei scosse la testa rapidamente. -No, per niente, io...- le pizzicava il naso, mentre sentiva un nodo formarsi in gola. -Ti ho detto delle cose terribili, io non le penso assolutamente, non le ho mai pensate, soprattutto... soprattutto la prima.- 
Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma notò comunque che la mano che le stringeva James aveva ricominciato ad emanare scintille luminose.
-Oh Dio.- borbottò, nascondendola infilandola sotto il lenzuolo.

James la avvolse con un braccio incollandola a sé. -Non ti devi nascondere da me.- le disse. Poi ripensò all'ultima frase della ragazza. -Quindi per quanto riguarda la seconda cosa non sei sicura di non pensarla?- chiese, stringendo gli occhi.

Il cuore di Alexis stava per esplodere. Non voleva assolutamente dargli altri dolori, ma la sensazione di essere incompleta non la abbandonava mai. -Io, ehm... non ti offendere... no, non ne sono sicura. Dovresti vederti mentre guardi la piccola Morgan. Ti si illuminano gli occhi, diventi... diventi quasi un'altra persona e io non potrò mai darti una felicità del genere.-

Lui scosse la testa. -Alexis Moore.- disse in un sospiro. -Tu, lo sei. Sei la mia felicità, io non ho bisogno di altro. Mi piacciono i bambini, è vero, è sempre stato così, ma non devono per forza essere miei. Sei tu il centro del mio mondo, la tua presenza non mi permette di pensare ad altro se non a te. Io e te siamo già al completo così. Quando non sei accanto a me, io non mi sento neanche una persona reale. Sei la mia casa, Alexis, tu sei...- deglutì, le passò un pollice sullo zigomo, asciugandole una lacrima, e le spostò i capelli dal volto per poterla vedere meglio. -Tu sei il mio amore.-

Alexis affondò il viso nel petto di Bucky, poi lo abbracciò aggrappandosi alle sue spalle.
Si sentiva un mostro per tutte le cose che gli aveva detto, non era convinta che avrebbe mai dimenticato quella lite, ma non vedeva l'ora di farlo.
-Scusa.- borbottò, ancora col viso nascosto, mentre James le accarezzava i capelli. -Tu sei il mio amore.- ribadì lei, per poi incollare le labbra su quelle del soldato.

Una nuova scia di scintille le percorse tutto il corpo fino alle punte dei capelli.
Con foga ribaltò la situazione, salendo a cavalcioni su di lui, che, sorpreso, trattenne il respiro per alcuni secondi. La prese per le spalle e l'attirò verso di sé.

-Dunque, ti ho convinta?- le chiese, sorridendo.

-Sì, mi hai convinta, amore mio.-

Il cuore di Bucky fu di nuovo colto alla sprovvista da quelle due paroline, e lo sentì galoppare pericolosamente, mentre Alexis lo accarezzava e lo baciava in ogni centimetro del corpo.

Di questo passo, Alexis Moore avrebbe finito col mandare in tilt totale ed in maniera permanente il temibile soldato d'inverno. 

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII: L'insolita vita di tutti i giorni ***


Angolo Autrice
Buonasera cari lettori! Sto pubblicando oggi che è lunedì perché ho trovato del tempo e perché non ero sicura che sarei riuscita a pubblicare questo mercoledì e dopo il fiasco di sabato scorso, non potevo certo permettermene un altro! 
Spero il capitolo possa piacervi! 
Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che stanno seguendo la storia e in particolare DianaSparks49 che si è aggiunta, la cara dolce InsurgentMusketeer ed anche MaryElizabethVictoria, che vorrei ringraziare per le meravigliose parole che mi ha scritto dopo aver letto 'New Avengers Together', e che so che si sta apprestando a leggere anche questa storia. 
Ci sentiamo senza dubbio sabato sera! 
Grazie ancora di cuore <3

Rack







 

New Avengers: Together - Promises
Capitolo VIII: L'insolita vita di tutti i giorni


 
*           *          *

Cinque mesi dopo...

-Dottore, non starai esagerando?- chiese Steve, appoggiato alla scrivania in legno di Stephen Strange, con le braccia incrociate e lo sguardo un po' preoccupato. -Credo che Alexis abbia bisogno di un po' di riposo.-

Stephen fece scomparire le ali mistiche, che aveva evocato a fatica, da dietro la sua schiena e guardò la ragazza.

Alexis allentò la concentrazione, riaprì gli occhi, riprese fiato e si sedette sulla poltrona in pelle rossa. Si guardò le mani che le tremavano ed emanavano delle piccole scariche di luce dorata.
Sbuffò, poggiando mollemente la schiena sul tessuto morbido.

-Sì, probabilmente hai ragione.- rispose lo stregone.
Fece un cenno alla sua cappa della levitazione che si avvicinò ad Alexis, porgendole un grande bicchiere di succo d'arancia, che Alexis afferrò mentre con l'altra mano si asciugava il sudore dalla fronte. Andò a riposare la schiena accanto a Steve Rogers, piegandosi e mettendo le mani sulle ginocchia, sfinito anche lui.

Alexis, con un cenno della mano, lo ringraziò mentre beveva.
Erano più di quattro ore che lei e Stephen stavano cercando di evocare le ali mistiche che tanto avevano afflitto le giornate dello stregone negli ultimi mesi, e che a volte avevano tolto il sonno anche ad Alexis stessa, più che altro perché era preoccupata per lui, che era talmente preso da scordarsi anche di mangiare.
Nell'ultimo mese, Strange aveva ceduto ed aveva deciso di farsi aiutare da Alexis. Aveva potenziato l'armatura in modo da rendere più facile l'evocazione delle ali, ma comunque non bastava il suo solo potere ad evocarle, perlomeno non ancora. Così aveva chiamato l'agente Moore ed avevano unito le forze, grazie ad un'intuizione che aveva avuto Alexis.
L'ultima volta che l'aveva visto evocare le ali da solo, Strange ci era riuscito. Il problema era che il suo corpo non riusciva a reggere lo sforzo e così Alexis aveva pensato di utilizzare lo stesso metodo che Strange aveva usato su di lei quando, ormai tre anni prima, l'aveva trovata morente nel suo appartamento. L'idea era che Alexis mettesse a disposizione di Stephen anche tutta la sua magia, curandolo continuamente, mentre lui evocava le ali, in modo da non far cedere il suo corpo, in modo che non si stancasse.
Tuttavia, era solo da un mese che si allenavano in quel modo e si erano visti solo una volta alla settimana. Per la buona riuscita dell'evocazione ci sarebbe voluto ancora del tempo.

Alexis guardò Steve e gli sorrise, grata del fatto che fosse lì con lei.
Negli ultimi cinque mesi si può dire che tutto fosse rimasto come prima, ma che, al tempo stesso, tutto fosse cambiato.  
Gli Avengers erano ancora la sua famiglia, Bucky era ancora il suo amore, viveva ancora al Facility con loro, avevano svolto delle missioni, relativamente poche rispetto al solito, soltanto due. Non c'erano stati ulteriori attacchi a minacciare la terra, né nessuno era venuto di nuovo a cercare di uccidere il soldato d'inverno.
Tuttavia, era tutto diverso: gli avvenimenti e le scoperte che aveva fatto il giorno di Natale passato, l'avevano scossa del tutto. La sua magia continuava a fare cilecca, motivo principale per cui si sforzava così tanto in quei giorni per aiutare Strange. Ogni volta che la utilizzava, faticava più di quella precedente. I tremori alle mani c'erano ancora, così come c'erano ancora le scintille che le evidenziavano il sistema nervoso. A volte erano tornati gli incubi, in cui riviveva gli  ultimi istanti che aveva vissuto con i suoi genitori, solo che questa volta l'uomo che entrava in casa e che la pugnalava con il fermacarte aveva un nome: Erech. Alexis sapeva che quello non fosse Erech, sapeva che fosse solo il sicario mandato ad ucciderli, ma questo pensiero non faceva che tormentarle la mente. L'idea che qualcuno potesse desiderare la sua morte e quella dei suoi genitori, la faceva impazzire.
Fatto sta che per quei cinque mesi avevano rispettato ciò che avevano deciso di fare: nulla. Erech doveva credere di averli spaventati. Non potevano permettersi un nuovo attacco, da parte di qualcuno tanto potente da aggirare i sistemi di sicurezza di Tony Stark. Tuttavia, quel "fare nulla" le complicava il sonno e non la faceva stare tranquilla, motivo per il quale, la sua magia ancora non era tornata al suo posto. Anche Strange aveva detto che si trattava dello stress in seguito al ritorno di quella questione che tanto l'aveva tormentata prima di incontrare Bucky. Solo Natasha aveva continuato ad indagare nell'ombra  e molto lentamente, per non farsi notare, ma senza giungere praticamente a nulla.

La magia non le dava ascolto ed Alexis era diventata molto ansiosa ed insicura.  Aveva paura di poter causare danni alle altre persone, non riuscendo a controllare la sua magia, anche se una situazione del genere non  si era mai creata, oltre che per sé stessa, visto che l'attacco alla Stark Tower del giorno di Natale era da parte di qualcuno che c'entrava in qualche modo con la morte dei suoi genitori e che aveva tentato di far fuori anche lei.  
Per questo motivo, non usciva più se non accompagnata da uno dei suoi colleghi.

Nell'ultima settimana aveva avuto modo di passare molto tempo con Steve. Tony era sempre più impegnato con Morgan, visto che era Pepper a dover gestire tutte le pubbliche relazioni della società, e si era trasformato in una sorta di "mammo". La famiglia Stark, per tenere lontana Morgan da sguardi indiscreti e cercare di evitarle di crescere con il fiato dei giornalisti sul collo, si era trasferita in una casa sul ciglio di un lago, immersa in un bosco, poco fuori da New York.
Wanda e Visione, visto il lungo momento di pace che c'era in quel periodo, avevano scelto di allontanarsi per un po' da New York, invece. Bruce era tornato a Londra, e non si era più visto negli ultimi cinque mesi. Thor era tornato ad Asgard. Natasha, Sam e Bucky erano rimasti al Facility. Più precisamente, al momento, Natasha stava continuando a condurre ricerche a distanza riguardo Erech, mentre Sam e Bucky erano impegnati in una missione in Messico, sulle tracce di un gruppo piuttosto violento di ladri, che avevano rapinato una banca ed ucciso quasi tutti gli impiegati che avevano preso come ostaggio. Ormai mancavano da una settimana.
Nell'ultima settimana, Steve non l'aveva mai lasciata sola, in quel baratro di emozioni nel quale Alexis, proprio come pochi mesi prima, rischiava di cadere ogni poche ore.

-Ti sei riposata abbastanza?- chiese Strange.

Steve roteò gli occhi, ma Alexis annuì e si sedette sul pizzo della poltrona, con i gomiti sulle ginocchia.

-Bene, allora...- Stephen si interruppe, poi socchiuse gli occhi e la guardò meglio. -Sicura?-

Alexis sorrise. Non era così severo come tutti credevano. -Sì, tranquillo.-

-D'accordo,- riprese lui -Tanto abbiamo finito con la pratica.-

-Ah sì?-

-Vorrei parlarti delle proiezioni astrali.-

Strange continuò così per altre due ore, parlandole di quelle assurde proiezioni astrali, che permettevano di governare la loro forma incorporea. Alexis era al tempo stesso stanca, ma anche stregata da ciò che Strange le stava spiegando. Quando terminò disse:

-Fantastico! Proviamo?-

Lo stregone rise vedendo la curiosità di quella ragazza, che non aveva fine e voleva sempre qualcosa di nuovo da imparare, rivedendo in quell'atteggiamento sia sé stesso che Tony Stark. Non volevano limiti alla conoscenza.

Steve precedette la sua risposta.
-Direi che per oggi basta, hai già fatto abbastanza. Non credi?-

Alexis si guardò le mani, che tremavano senza fine.
-Sì, suppongo di sì.-

Nel vederla così affranta dalla sua situazione, il dottore le mine una mano sulla spalla, cercando di confortarla. -Sei stata brava, agente Moore.- le disse.

Lei stiracchiò un sorriso e lo guardò annuendo.

I due Avengers salutarono Stephen Strange e si avviarono verso l'uscita. Davanti le scalette d'ingresso, li aspettava parcheggiata la moto di Steve.
Lui guardò l'orologio, che segnava le 20.00.

-Sai, pare che stasera saremo soli a cena.-

Alexis fece spallucce. -Ah, ormai il complesso è un albergo.-

Steve rise. -Cosa mangiamo?- chiese, sedendosi sul sellino della moto.

Alexis sbuffò. -Non lo so, non mi va di cucinare.- disse, mentre infilava il casco.

Lui sollevò le sopracciglia e gesticolò sollevando le mani. -Posso cucinare io!-

-Ehm, no, ti prego. Senza offesa.- rise la ragazza.

Steve strinse agli occhi e si portò una mano al cuore, tirando indietro la testa, a fingere una coltellata. -Allora che facciamo? Ordiniamo una pizza? Mangiamo sul tetto?-

Gli occhi di Alexis si illuminarono. Era fine maggio, il cielo era limpido e la sera, nel parco del Facility, la gran quantità di stelle sembrava riflettersi nella stessa gran quantità di lucciole che si vedevano in lontananza tra gli alberi. Una gioia per gli occhi. Se c'erano anche la pizza e Steve Rogers, poi, la gioia era anche per il cuore.
Gli puntò un dito contro e mentre saliva sulla moto dietro di lui, disse: -Mi sei proprio piaciuto, Cap.-

 


 
*                 *               *


 
Il giorno dopo...
 

Alexis sentì squillare il telefono lievemente, sotto le note di Under Pressure dei Queen che veniva sparata dalle casse della sua auto.
Rallentò lievemente, mentre si metteva l'auricolare all'orecchio, senza togliere gli occhi dalla strada ed il suo cellulare bisbigliava "Agente Moore! Agente Moore! Agente Moore!" .
-Dio, che odiosa suoneria.- borbottò. Premette con l'indice sull'auricolare. -Pronto?-

-Piccola?-

-Ehi, Tony.-

-Dove sei? Mi serve una mano, potresti passare al complesso?-

Alexis aggrottò la fronte. -Sono in macchina. Una mano a fare cosa? Scegliere il colore della tua nuova armatura?-

-Ti piacerebbe. No, siamo stati convocati per una missione di salvataggio in Libia.-

-Convocati da chi?- chiese lei piegando la testa di lato.

-Oh, mi chiedi troppo, non mi ricordo come si chiama... ehm... il tipo che vive alla Casa Bianca.-

La ragazza sgranò gli occhi e si aggrappò al volante. -Il presidente degli Stati Uniti ti ha affidato una missione in prima persona?-

-Te l'ho detto, è una missione di salvataggio per un pezzo grosso! Il colonnello Vassant, rapito dalla LIF, un'organizzazione che commercia armi illegalmente. Questi stronzetti richiedono un riscatto.-

-E ti ha chiamato il presidente Ellis in persona.-

-Non capisco, cosa ti stupisce?-

Alexis rise. -Nulla, nulla, Tony.-

-Allora, sei dei nostri?-

Alexis avrebbe tanto voluto rispondere di sì, ma si rese conto che in realtà non poteva assolutamente rimandare l'impegno cui si stava recando. Poi si guardò le mani che scintillavano sul volante. Deglutì, pensando che alla fine era meglio così, perché non era più sicura di poter essere effettivamente di aiuto.
Sbuffò arrabbiata, come una bambina cui viene tolto un giocattolo.
-Non posso, ho una visita importante.-

Tony rimase in silenzio per qualche secondo. -E' tutto ok?-

Alexis fece spallucce come se lui potesse vederla. -Sì, tranquillo, è solo un controllo che non posso rimandare. Sai, cose da donne.-

-Oh, d'accordo. E sia, mi porterò solo Capsicle e Vedova. Vedo se riesco a trovare Visione, altrimenti mi toccherà passare a disturbare Parker.-

-Credo sia a scuola, oggi è mercoledì.-

-Beh, meglio un giretto in Libia per stanare dei terroristi, no?- Tony rise sotto i baffi.

-Al massimo posso aprirvi un portale, mandami un messaggio quando siete pronti con la posizione. Sempre se la magia mi darà ascolto.-

-Molto carino da parte tua, affare fatto. Ciao Agente.-

Alexis non fece in tempo a salutarlo in risposta che lui aveva già riattaccato.
Sospirò, stringendo più forte il volante, leggermente spaventata dal fatto che stesse uscendo da sola e che, per di più, tutti i suoi amici non erano neanche a New York.
Ad ogni modo sapeva che quella visita avrebbe dovuto farla da sola. Non aveva detto mai a nessuno dei suoi recenti problemi, avrebbe continuato a preoccuparsene da sola, finché non avesse saputo con certezza di cosa si trattava.
 
 
 
 



Pochi minuti più tardi, Alexis era riuscita ad aprire il portale e Ironman, Captain America, la Vedova Nera e Spiderman erano arrivati a destinazione.

A pochi metri dalla base della LIF, si organizzarono con pochi e semplici gesti, ma che tutti capirono al volo.
Tony scansionò l'interno della base e vide in totale dieci uomini armati a fare da guardia, oltre che due all'esterno. Quelli all'interno, si trovavano in cinque lungo un corridoio che faceva anche una curva, a diversi metri di distanza ò'uno dall'altro, mentre gli altri cinque si trovavano all'interno di una stanza, dove un uomo era seduto, legato ed imbavagliato: Vassant.
Steve guardò Natasha e le fece un cenno con la testa, e lei capì subito di dover iniziare a fare la sua parte. Vedova sparò due piccoli teaser al centro del petto di entrambi gli uomini all'esterno, centrandoli contemporaneamente e nello stesso punto.
Quelli, dopo essersi dimenati per due secondi, stramazzarono al suolo. Le porte della base erano completamente coperte di metallo, quindi nessuno si accorse dell'attacco alle guardie.
I quattro si scambiarono un'occhiata d'intesa, poi Tony prese per la collottola Peter, portandolo con sé sopra il tetto dell'edificio, con l'intento di entrare da sopra e cogliere di sorpresa i cinque uomini nella stanza con l'ostaggio, mentre Steve e Natasha si sarebbero occupati dei cinque nel corridoio.

Steve si preparò per dare alcuni colpi con lo scudo alla serratura, poi si fermò, guardò sotto i suoi piedi gli uomini svenuti e rovistò nelle loro tasche, finché non trovò la chiave.
Natasha lo guardò ammiccando per il suo lampo di genio, mentre lui apriva la porta, senza farsi minimamente sentire. 
Tuttavia, un uomo era comunque accorso a vedere che fosse entrato. Natasha lo colpì con alcuni pugni al costato, assestati nei punti in cui lei sapeva che avrebbero causato la mancanza di ossigeno all'uomo, facendolo accasciare al suolo. Steve intanto procedette,e si trovò faccia a faccia con il secondo, che spinse via con lo scudo, scagliandolo contro la parete laterale. Natasha finì di stordirlo, mentre Steve lanciava lo scudo in direzione degli altri tre con un effetto boomerang. Lì colpì tutti, riuscendo a fare anche la curva finale, poi lo richiamò indietro con l'apposito congegno sul polso. Fece segno a Natasha di seguirlo, ed arrivarono davanti alla porta della stanza, dietro la quale si sentiva un trambusto, tipico di Ironman e il chiacchiericcio tipico di Spiderman. Tuttavia si trovarono davanti un uomo maggiormente corazzato rispetto agli altri. Iniziarono a combatterlo insieme.

Negli stessi istanti, Tony aveva creato un'apertura sul soffitto della stanza dove si trovava il colonnello Vassant, poi lui e Peter si erano spostati di corsa dal buco sul soffitto, in modo da non farsi vedere da tre uomini che erano accorsi a vedere cosa stesse succedendo, confusi.
Tony fece un cenno a Peter, che, sparando una ragnatela, ne afferrò uno e lo scagliò fuori, facendolo passare per la botola che avevano appena creato. Lo lanciò sul cemento duro del tetto e l'urto fece perdere i sensi all'uomo, mentre Tony lanciava due onde sonore contro gli altri due, facendoli dondolare per qualche secondo e poi accasciare al suolo.
Tony si fiondò nella stanza, seguito da Peter. I due uomini rimasti continuavano a sparare e, mentre Tony si occupava di entrambi, Peter si era chinato ad osservare un dettaglio sulla giacca di uno di quelli atterrati. Da una delle tasche fuoriusciva un foglietto con scritto un nome. Peter  fece appena in tempo a leggerlo, perché uno dei due uomini aveva lasciato perdere Ironman, fiondandosi su di lui e sparando al foglietto, disintegrandolo.

-Ehi, amico!- esclamò Peter -Sai chi mi ha mandato qui? Il presidente in persona!-  afferrò con le regnatele entrambi i fucili delle due guardie e li lanciò contro la porta che si aprì, rivelando uno Steve Rogers che, dando un colpo di scudo alla nuca dell'uomo corazzato, lo fece crollare al suolo, svenuto.

Natasha intanto era entrata ed era corsa a liberare il colonnello Vassant, mentre Peter e Tony mettevano k.o. gli ultimi due uomini.

Tony puntò un dito contro Peter. -Veramente ti ho chiamato io, quindi ti è andata anche meglio.-

 
 

 
*          *           *
 



-Moore?- chiamò la segretaria dello studio ginecologico dove si era recata Alexis.

-Sono qui.- disse alzandosi e facendo un cenno con la mano.

La segretaria la invitò ad entrare e le chiuse la porta dietro le spalle.

Il dottore sollevò lo sguardo dalla sua agenda, e sorrise alla sua paziente. -Ciao cara, accomodati pure.- disse indicando la postazione dove l'avrebbe visitata a breve.

Alexis si sistemò meglio sul lettino bianco in pelle, che il dottor Lewis aveva foderato con l'apposita carta.
Non era la prima volta che aveva una visita ginecologica, ma tutte le volte era sempre come se fosse la prima: l'imbarazzo non se ne andava mai, finché non si rivestiva e se ne andava.

Nel corso dell'ultimo mese aveva iniziato ad avere dei dolori al livello delle ovaie e dell'utero, ovviamente non riusciva a distinguere con precisione quale fosse la zona, ma, vista la sua delicata situazione in quella zona, in seguito alla pugnalata che aveva ricevuto il giorno della morte dei suoi genitori, si era preoccupata, ed aveva subito chiamato il suo ginecologo di fiducia, quello da cui andava anche prima con sua madre.

Stavolta, però, sua madre non c'era e lei si sentiva del tutto spaurita.
Non aveva detto a nessuno di quei dolori, così come non aveva avvertito nessuno della visita.
L'ultima cosa che voleva era destare preoccupazioni in un periodo che si stava rivelando, di nuovo, tutt'altro che semplice per gli Avengers.

Il dottore si sedette di fronte a lei, su uno sgabello. Infilò i guanti in lattice, mentre il cuore di Alexis batteva all'impazzata.
-Rilassati, Alexis.- le disse.

-Giuro che ci sto provando.-

Di visite di quel genere, in realtà, non ne aveva fatte molte, ma il Dr. Lewis era un uomo talmente dolce ed attento ai suoi pazienti che ricordava benissimo l'agitazione che ogni volta aveva quella ragazza.
Alexis si fidava ciecamente di lui, che cercava sempre di metterla a suo agio parlando di altro e distraendola.

Come di consueto, il dottore inserì prima due dita, e, dopo qualche secondo, mentre Alexis tratteneva il respiro, imbarazzata, lei lo vide aggrottare la fronte.

-Mh.- mugugnò lui.

La ragazza tirò su la testa per guardarlo meglio. -Cosa c'è?-

-Ehm... non ne sono sicuro, facciamo un'ecografia interna, d'accordo?- disse estraendo le dita.

Alexis annuì, buttando di nuovo la testa sul lettino e portando una mano sulla fronte.
Le faceva sempre uno strano effetto vedere le foto dei suoi organi interni, ma, come già detto, si fidava ciecamente di Lewis.
Il dottore sistemò il macchinario accanto a lui, poi preparò la sonda, coprendola con un guanto il lattice e lubrificandola con l'apposito gel.

-Vado.- la avvertì.

-Mh-mh.-

Dopo pochi secondi il dottore aveva confermato i suoi sospetti.
Sollevò entrambe le sopracciglia e trattenne un sorriso.
-Signorina Moore, lei è incinta!- esclamò felice il dottore.

Alexis sgranò gli occhi, trasalì e trattenne il respiro, mentre si tirava su leggermente, puntando i gomiti sul lettino.
-No, non è vero.- disse.

-Scherzi, Alexis? Guarda qui!-

Il dottor Lewis, con la mano libera, girò lo schermo del macchinario verso di lei.
La ragazza rimase a fissare il dottore ancora qualche secondo, prima di voltarsi.

Poi lo fece e lo vide.

Un piccolo fagiolo nero, che Alexis immaginò essere la placenta, ed un piccolo punto più chiaro in un angolino di quella macchia nera.
Alexis rimase senza parole e senza respirare per almeno venti secondi.
-M-ma come è possibile...-

Il dottore rise lievemente, continuando a muovere la sonda per portare a termine l'ecografia. -Beh, sai Alexis, la questione dei fiori e delle api...-

Alexis scosse la testa e gesticolò con le mani. -No, no, certo che lo so! Intendevo che non è possibile, non ricorda, Dr. Lewis? Io ho un ovaio atrofizzato, insomma non... non... io ho le mestruazioni un mese sì e tre no... come... come è possibile!?-
Le morirono le parole sulle labbra, iniziò a tremare e le pizzicarono gli occhi.  
Improvvisamente tutte le certezze della sua vita stavano cadendo. Come avrebbe fatto con il lavoro? La gravidanza sarebbe andata liscia, con la sua situazione particolarmente delicata? Si buttò di nuovo sul lettino, continuando ad agitarsi.

-No, no, Alexis, rilassati o non si vedrà bene l'ecografia.- disse il dottore, girando di nuovo lo schermo verso di sé. -E' possibile rimanere incinta anche con un solo ovaio, te lo garantisco. Il fatto è che dalle ultime analisi fatte, risultava che tu non fossi fertile. Potremmo considerarlo un miracolo, volendo.-

Alexis portò entrambe le mani a coprirle il volto, ricacciando indietro le lacrime, anche se un lieve sorriso le sfuggì.
-Non è possibile.-

Delle scintille si irradiarono lungo tutto il suo sistema nervoso, ma erano visibili anche nei suoi occhi e sopra la pelle.

Il dottore la fissò per qualche istante, senza spaventarsi, perché sapeva bene chi fosse Alexis.
Sospirò. -Da quando hai iniziato a frequentare gli Avengers sei ancora più strana di prima.-

Alexis sbuffò una risata, con gli occhi pieni di lacrime, mentre il pensiero di due occhi azzurri che non vedeva da una settimana le correva alla mente.

Come lo avrebbe detto a tutti? 

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Capitolo 9
*** Capitolo IX: Emergenza 505 ***


Angolo Autrice
Ciao a tutti! Come promesso, oggi è sabato ed ecco un nuovo capitolo! 
Alexis sta iniziando a familiarizzare con la novità più importante della sua vita, ma... le novità non sono ancora finite. 
Per questo capitolo così pieno di feels per la povera Alexis, ho creato una playlist su youtube. Dovrei averla resa pubblica, quindi spero vada tutto bene xD
Su ispirazione delle canzone che ci suggerisce la cara InsurgentMusketeer nella sua storia (Avengers: L'Alba dei Soldati d'Inverno), io ho invece scelto di consigliarvi alcuni brani di colonne sonore. E' il tipo di musica che preferisco fin da quando sono piccola. Ho scelto quelle che ascolto ultimamente e che mi emozionano di più (tranqui, sono tre brani brevi), soprattutto dal film Thor. E' la colonna sonora che più in assoluto mi fa venire i brividi! 
Qui il link: 
https://www.youtube.com/watch?v=zN5YZ7ofG-c&list=PLaZDszUQxqKdY0XyxpFxpCwzxOhtIL5CF&index=2
Fatemi sapere se fila tutto liscio xD
Grazie a tutti coloro che stanno seguendo e recensendo la storia <3
Buona lettura! 

Rack





New Avengers: Together - Promises
Capitolo IX: Emergenza 505
 




Dopo aver spento la macchina e chiuso i finestrini, Alexis si abbandonò per qualche secondo sul sedile in pelle dell'auto. Buttò fuori l'aria più volte, con gli occhi chiusi, ma nelle ultime ore non riusciva a vedere e sentire nulla di diverso dalla scena che aveva vissuto quel giorno nello studio del Dr. Lewis.
Ogni volta che provava a pensare a qualcosa di diverso, le tornava in mente la voce del dottore che le diceva di essere incinta, lei che si voltava verso lo schermo e vedeva il piccolo che cresceva dentro di lei, le lacrime e il sorriso che aveva fatto.
Una volta uscita da lì, però, né un sorriso, né una lacrima avevano più attraversato il suo volto.

Signorina Moore, lei è incinta!

Alexis scrollò la testa. -Ok, basta, riprenditi Alexis.- borbottò tra sé e sé.

Controllò il cellulare mentre scendeva dall'auto, c'erano alcune telefonate di Tony.
Nel parcheggio del Facility intravide la sua auto ed immaginò che fosse al piano di sopra, quindi non si scomodò a richiamarlo.
In lontananza, Alexis vide anche Sam Wilson entrare in un'auto e salutarla da lontano con la mano ed un sorriso sul volto. Anche lei ne accennò uno e lo salutò con un gesto della testa. Il suo cuore galoppò un po' più velocemente, quando realizzò che, allora, al piano di sopra c'era anche Bucky, ma a quel pensiero...

Scherzi, Alexis? Guarda qui!

-Mio Dio, non posso credere di avere una mente così debole.- si lamentò da sola.

Quando arrivò all'ingresso trovò Tony con il cellulare all'orecchio. Dal tono della conversazione aveva capito stesse parlando con la moglie, e l'aveva appena avvertita che la ragazza fosse appena rientrata. Le dispiacque che lui e Pepper avessero iniziato a preoccuparsi.

-Allora ci sei!- esclamò Tony, mettendo le mani nelle tasche.

Per Alexis fu come sentire per la prima volta qualcuno del mondo reale parlare.
Abbozzò un sorriso, poi strinse le labbra. -Ci sono!- rispose, dandogli una pacca sul braccio.

-Stavo iniziando a preoccuparmi,  erano cinque ore che nessuno aveva più tue notizie.- disse lui, mentre camminava lentamente accanto alla ragazza. -E' tutto a posto con... la visita?-

Alexis scosse una mano in aria. -Oh, sì, a postissimo, tranquillo.- si morse una guancia per non implodere. -Ti dico la verità: sono stata al parco e mi sono addormentata sul prato.-

Tony la guardò di lato. -Al parco!?-

-Sì, erano cinque mesi che non uscivo da sola. Mi sono presa un po' di tempo per me. Tu piuttosto, come è andata la missione?-

Tony, non del tutto convinto che Alexis gli stesse dicendo la verità, fece spallucce e la accontentò nel tentativo di cambiare argomento. -Alla grande, ci abbiamo messo un'ora o poco più. Peccato che non c'eri tu con i tuoi portali, altrimenti saremmo a casa da ore, invece che da minuti.- si fermò e prese Alexis per un polso, sorridendole dolcemente. -Sappi che sono sbarcato direttamente qui per avere notizie su quella visita che dovevi fare.- poi guardò l'orologio. -Ma ora che ti ho vista, vado da mia moglie e da mia figlia.-

Nel pronunciare l'ultima parola, Tony non si accorse che Alexis dentro sentì un tremore accalappiarle il cuore, ed una piccola scintilla ambrata le abbracciò la mano, che lei mise prontamente in tasca.
-Sono onorata, signor Stark.- disse lei, facendo un lieve inchino mentre riprendeva a camminare nella direzione opposta rispetto a Tony. -Salutale da parte mia!-

Figlia.

Quella parola le rimbombava nella testa durante quei passi che la separavano dall'ascensore, che le sembravano lenti ed infiniti.
Chiuse di nuovo gli occhi e buttò di nuovo fuori l'aria in un soffio.
Non sapeva per quanto tempo ancora avrebbe continuato a mentire alle persone intorno a lei. Non sapeva come, quando e a chi dirlo. Sicuramente avrebbe dovuto dirlo a Bucky, ma il solo pensiero le faceva correre il cuore al punto da non sentirlo più nel petto.
Non aveva dubbi che il sergente sarebbe stato entusiasta della notizia. La sua paura era un'altra: che il suo corpo non avrebbe retto la gravidanza. E la conseguente delusione che Bucky avrebbe provato, forse, nei suoi confronti.
Oltre al fatto che non era neanche sicura che fosse così pronta ad abbandonare il suo lavoro su due piedi.
Lei era un'Avenger. Le era sempre piaciuto difendere i deboli, portare pace in una situazione di squilibrio, aiutare gli altri a risolvere i propri problemi, fin da quando era bambina.
La sua vita era stata stravolta con la morte dei suoi genitori
Ora stava per essere stravolta con la nascita di un bambino.
E se anche la gravidanza fosse andata bene, lei sarebbe stata in grado di essere una buona madre?
Non lo sapeva minimamente. Si rese conto in quel momento che, cavolo, aveva solo 23 anni.

Presa dai suoi pensieri, non si accorse neanche di essere arrivata davanti la camera di Bucky.
Bussò tre volte, senza ottenere risposta. Entrò comunque.
Il letto era sfatto come il giorno della sua partenza, a terrà c'erano due borsoni neri. Uno era aperto e malamente rovistato, forse alla ricerca di alcuni vestiti puliti.
Si sedette sul letto, togliendosi le scarpe ed incrociando le gambe. Si massaggiò leggermente i piedi. Non era vero che era stata cinque ore a dormire in un parco. Era stata cinque ore a camminare in un parco, ponendosi le stesse domande che si stava ponendo proprio in quel momento.
Il dottore le aveva detto che per i primi tre mesi sarebbe dovuta stare attenta a qualsiasi minimo sforzo. Ma forse già quella lunghissima passeggiata ne era stato uno.
E James sarebbe stato un buon padre? Avrebbe preferito un maschietto o una femminuccia? E lei? Non ci aveva mai pensato. Non aveva mai pensato neanche ai nomi di un suo futuro figlio, nemmeno scherzando con le sue amiche quando era adolescente.
Si guardò intorno, alla ricerca di qualche indizio, mentre sentiva l'acqua della doccia chiudersi, attraverso la porta chiusa del bagno. Prese la piccola agenda nera dal primo cassetto del comodino, l'agenda che Bucky si portava dietro da quando aveva vissuto da solo, dopo la caduta dell'Hydra, ed aveva cercato di rimettere insieme la sua mente. La sfogliò, trovando alcune pagine su Steve, alcune liste della spesa, fatti della seconda guerra mondiale e poi alcuni nomi.

Winifred.
Rebecca.
George.


Alexis aggrottò la fronte, non capendo chi fossero, ma immaginava qualcuno di importante per lui, visto che erano nomi scritti al centro di un foglio vuoto, ricalcati più e più volte con la penna nera.

Quando sentì la serratura della porta del bagno scattare, trasalì, lanciò l'agenda nel cassetto e lo chiuse.
Cercò di assumere un'espressione naturale ed il più normale possibile, ma ciò che vide non glielo permise. James a petto nudo, con un asciugamano legato in vita, ed un altro tra le mani a strofinarsi i capelli, la fece spalancare in una piccola o la bocca.
Era una settimana che non lo vedeva e vederlo in quel modo, la colse un po' alla sprovvista.
Rimase in silenzio con le mani poggiate sulle cosce. Bucky la notò e smettendo di strofinarsi i capelli si fiondò verso di lei con un enorme sorriso sulle labbra.

-Sei tornata!- esclamò, mentre si sedeva e l'abbracciava.

Alexis deglutì a fatica, poi chiuse gli occhi e si godette quell'abbraccio come il migliore dei tranquillanti. Si era quasi scordata di essere incinta.
Lo scostò lievemente solo per dargli un lungo bacio sulle labbra, riprendendo finalmente a respirare, come si fosse scordata come si faceva nell'ultima settimana e soprattutto nelle ultime ore. Gli prese il volto tra le mani, facendogli una carezza.

-Hai tagliato la barba.-  disse.

Bucky aggrottò la fronte e premette la labbra tra di loro, annuendo. La sua era un'espressione molto strana, ma Alexis non poté vederla perché aveva ancora gli occhi chiusi.
-Ehm... sì...- rispose.

Lei sorrise. -Va bene, per questa volta sei  perdonato.-

Alexis avvicinò di nuovo le labbra a quelle del soldato e fece scorrere le mani dalle guance alla testa, con la voglia matta di infilare le dita tra i capelli di lui e stringerli leggermente, come aveva sempre fatto.
Solo che, stavolta, non vi riuscì. Aprì gli occhi e si allontanò di scatto.
-Uoh! Ma c-cosa...?-

Bucky rise ed allargò le braccia. -Sul serio non te ne eri accorta?-

Alexis scosse la testa, quasi sconvolta, come se improvvisamente il suo problema più grande non fosse il fatto di essere incinta inaspettatamente, ma il fatto che Bucky Barnes aveva tagliato i capelli. Ora erano corti, e sopra la testa erano leggermente più lunghi e a spazzola.

Bucky continuava a ridere. -Dovresti vedere la tua faccia! Ma come hai fatto a non accorgertene!?-

-Scusa, i tuoi addominali mi hanno distratto!- disse lei, poi gli puntò un dito contro. -Sappi che non condivido la tua scelta, James Bucky Barnes.-

Lui le passò un braccio intorno alla vita, stringendosela addosso. -Lo so.-
Sorrise sulle labbra di lei prima di baciarle di nuovo, mentre la faceva sdraiare sul letto.

Il cuore di Alexis galoppò velocemente, capendo le sue intenzioni, ed il suo apparato nervoso s'illuminò.
Si staccò da Bucky e si fissò le braccia e il resto del corpo, sbuffando.

Lui le prese il mento tra due dita, facendola di nuovo tornare a fissare i suoi occhi. -Guarda che sei meravigliosa, agente Moore.- disse, per poi baciarla di nuovo.

-Credo ci stiano aspettando di sotto.-  disse lei, con una voce leggermente stridula, scossa da qualche fremito, mentre Bucky le tirava su la maglietta.

-Lasciali aspettare ancora un po'.-


 

*               *             *


 

Quando scesero in cucina, mano nella mano, Bucky e Alexis videro Steve, Tony, Natasha, Peter e Sam seduti al tavolo di vetro, con dei piatti colmi di lasagne, mentre Peter, che faceva di tutto tranne che mangiare, raccontava a Sam del loro viaggio in Libia, tentando di vantarsi delle sue azioni eroiche.
C'erano anche i posti vuoti per loro due, i piatti erano già fatti.

Alexis aveva sempre amato la cucina italiana, e amava la pasta, soprattutto se ripassata al forno con mozzarella e besciamella.
Con pochi passi raggiunse il tavolo, sedendosi con un grande sorriso sul volto. Quando lasciò la mano di Bucky e prese in mano le posate, guardò la lasagna e una morsa le attanagliò lo stomaco.
Le venne la nausea, tanto che sperò di smettere di respirare pur di non sentire l'odore della lasagna, che improvvisamente le stava dando il volta stomaco. Cercò di resistere, ma quel disagio andò a sfogarsi sul suo sistema nervoso. La mani le tremarono mentre la magia dorata le correva sotto la pelle. Trattenne il respiro per qualche secondo, mentre cercava sotto il tavolo la mano di Bucky. La prese e la strinse forte, chiudendo gli occhi, sperando che nessuno si accorgesse del suo improvviso malessere. James si voltò a guardarla preoccupato e quando Alexis aprì gli occhi ed incontrò il suo sguardo, riprese a respirare.
Le scintille sparirono, l'odore della lasagna non sembrava più quello della carne marcia.
Si rese conto che quella nausea non era dovuta alla gravidanza, ma forse soltanto alla paura della gravidanza. Sentire James vicino, le dava forza.

-Tutto ok?- sussurrò Bucky con le sopracciglia aggrottate.

-Sì, credo di aver avuto... un calo di pressione.-

Lui distese lo sguardo e le sorrise. -Mangia, allora.- disse, indicando il piatto con la testa.

Alexis fece come gli aveva ordinato, mentre Peter Parker continuava a parlare senza sosta, intervallato da Tony e Sam che lo prendevano in giro e da Steve e Natasha che dicevano loro di smetterla, mentre Bucky rideva di tanto in tanto.
Era arrivata a metà lasagna quando tutto aveva iniziato a peggiorare.

-In realtà ho trovato una cosa che forse era importante, ma è andata distrutta.- disse Peter ad un certo punto.

Tony inclinò la testa. -Sarebbe?-

-Non saprei dirlo. Era un foglietto con scritte delle parole straniere, lettere mai viste. Però ho letto un nome scritto con il nostro alfabeto.- L'uomo ragno iniziò solo in quel momento a tagliare il suo primo boccone di pranzo.

-E...?- Tony lo incitò a continuare.

-Oh, ehm... c'era una E maiuscola puntata ed un altra parola. Kalat... Karos... Karl-

Alexis abbandonò le posate nel piatto facendo rumore. Tutti si voltarono a guardarla. Lei aveva lo sguardo fisso davanti a sé. Non guardava Peter, ma finì la frase per lui, con il grande terrore che potesse aver ragione.
-Karlatos.- sussurrò lei con un filo di voce.

Peter le puntò un dito contro. -Esatto! "E. Karlatos", questo c'era scritto. Ma... ehi, Alexis stai bene?-

Alexis non riuscì a rispondere in alcun modo, perché stavolta non fu soltanto una nausea a coglierla. Sentì un conato di vomito rigirarle lo stomaco, si portò una mano alla bocca e corse nel bagno più vicino alla cucina.

Vomitò la lasagna che aveva appena mangiato con tanto gusto, insieme a tutte le ansie e l'orrore che l'aveva appena assalita.  Si guardò le mani e le braccia, lungo le quali vedeva perfettamente i suoi nervi evidenziati in arancione, e poteva vedere delle piccole scintille saettare tra le sue dita. Alzò la testa verso l'alto e vide che la lampada a led del bagno, improvvisamente, funzionava ad intermittenza. Quella cosa dei poteri che non le rispondevano correttamente a seconda della situazione che lei viveva, iniziava a stancarla.

Corse al lavandino, si sciacquò la bocca e la faccia, poi vi si aggrappò con entrambe le mani e si fissò allo specchio.
Aveva uno sguardo corrucciato ed arrabbiato, che lei stessa aveva visto poche volte sul suo volto. Tuttavia, si rese conto che quello poteva essere soltanto uno scherzo del destino, che non potesse essere veramente così, che sua nonna non potesse essere veramente coinvolta nell'assassinio dei suoi genitori. La rabbia presto si trasformò, per l'ennesima volta, in lacrime.

Quando le venne in mente che il cognome della sua piccola nonnina materna poteva essere collegato ad un gruppo di terroristi che commerciava armi illegalmente, e che sempre la stessa nonnina poteva aver commissionato l'omicidio suo e dei suoi genitori, Alexis non resistette. Un altro conato di vomitò la obbligò a correre al wc, mentre vedeva con la coda dell'occhio Steve Rogers avanzare verso di lei con solo tre grandi falcate.

-Lexie.- la chiamò lui, preoccupato.

Steve si accucciò accanto a lei, mentre le prendeva i capelli e glieli spostava dal visto, tenendoli fermi sulla schiena della ragazza.
Nel sentire il suo migliore amico così vicino, Alexis si calmò leggermente. La luce smise di traballare, le scintille sul suo corpo si fermarono, ma lei dovette vomitare anche l'anima prima di riuscire ad alzarsi in piedi.
Si alzò lentamente, tirò lo sciacquone e tornò al lavandino, lanciandosi di nuovo litri d'acqua sulla faccia, per cercare di riprendersi. Steve dietro di lei la fissava preoccupato con le braccia incrociate al petto.

Alexis lo notò guardando nello specchio. -Steve, non dovevi assistere a questa schifezza.-
Aveva ritrovato un po' di calma, dopo quello sfogo estremo perfino le lacrime erano sparite.

Lui scosse la testa. -Non ti preoccupare. Dimmi cosa è successo.-

La ragazza legò i capelli in una coda alta e si mise un po' di acqua sul collo.

-E' il cognome...- Strinse le labbra, arricciò il naso. -E' il cognome di...-
Una scia di scintille dorate la attraversò. Sentì le lacrime ricominciare a premere per uscire.
Si era illusa per qualche attimo che si stesse sentendo meglio, ma era impossibile farcela in quella situazione. Quel cognome, era di nuovo un passo in più verso i suoi nonni.

-Mio Dio.- disse con la voce spezzata, affondando il viso nelle sue stesse mani, iniziando a piangere.

Steve si avvicinò a lei, chinandosi all'altezza del suo viso, prendendola per le braccia. -Lexie...-
Il suo cuore era spezzato nel vedere la ragazza ridotta in quel modo.

Alexis trattenne il respiro per qualche secondo, cercando in ogni angolo del suo corpo il coraggio per dire quello che aveva da dire.
-Karlatos, è il cognome di mia nonna.-sputò fuori, per poi ricominciare a piangere, gettandosi sul petto di Steve, aggrappandosi alla sua maglietta.

Il cuore di Steve perse un battito, mentre avvolgeva Alexis con le braccia, posandole una mano sulla testa.  
Chiuse gli occhi e sospirò, colpito nel segno da quella notizia e, soprattutto, dal fatto che Alexis stesse reagendo in maniera così distruttiva.  
Era scossa da continui fremiti e tremori, nascondendo i singhiozzi impercettibili, quasi non la sentiva respirare, come se si stesse trattenendo.
-Alexis...-

Dopo pochi istanti non ce la fece più, il tremore si fece più intenso, i singhiozzi non erano più impercettibili. La sentì cedere tra le sue braccia, la sentì scivolare verso il basso, come se non avesse più nulla a tenerla in piedi.
Cercava di tirarla su, ma lei continuava a non avere più alcuna forza nei muscoli. Era completamente avvolta da piccole scintille sopra e sotto la pelle, che Steve poteva sentire solleticare la sua.
-Tesoro, ti prego.- riuscì a sollevarla e a metterla seduta sul piano in marmo nero del lavandino. -Ti prego, non fare così.-

Alexis aveva nascosto il volto tra le mani, ma Steve gliele spostò, prendendolo tra le sue.
I suoi stessi occhi azzurri si velarono di lacrime, che però riuscì a contenere, nel vedere la sua migliore amica così devastata.
Le iridi di lei erano quasi completamente scintillanti d'ambra, il resto degli occhi arrossati, le guance incandescenti e rosse, quasi bruciate da tutte le lacrime che aveva versato nel giro di così pochi minuti. Soffriva tantissimo.
Steve le lasciò un bacio sulla guancia e la abbracciò di nuovo, lei affondò la faccia nell'incavo della sua spalla, aggrappandosi alla sua schiena per non crollare a pezzi, singhiozzando in maniera più pacata.

-Siamo qui, Alexis.- disse lui. -Ti siamo vicini.- 
Si separò da lei, che puntò lo sguardo a terra, ma lui le prese il mento tra le dita facendoglielo sollevare di nuovo.
-Io ti sono vicino. D'accordo?- le disse.

Alexis cercò di smettere di piangere, strinse le labbra e tirò su col naso. Annuì rapidamente e provò a dire un "ok", ma le uscì solo un soffio dalla gola.
Steve le lasciò il mento e si allontanò leggermente quando sentì dei passi avvicinarsi veloci.
Si voltarono entrambi a guardare chi ci fosse sulla porta, con entrambe le mani appoggiati agli stipiti.

-Ehi.- disse Bucky, facendo qualche passo verso di loro. -C-che... succede?- guardò Alexis che ancora tremava ed aveva gli occhi e le guance rosse e il corpo ricoperto di scintille di magia ambrata.

Steve fece una carezza sul ginocchio ad Alexis, poi se ne andò, scambiandosi uno sguardo con Bucky. Il soldato corse verso la ragazza con qualche saltello, incastrandosi tra le gambe di lei.
Le fece una carezza sulla guancia e le scrutò il volto con attenzione. Non l'aveva mai vista in quelle condizioni.
Alexis, con la testa incollata al suo petto, gli spiegò che il nome che aveva pronunciato Peter, contenesse il cognome della nonna materna.
Pianse ancora qualche altro minuto, tra le sue braccia.
Pian piano si calmò, grazie al contatto con James. Le scintille si affievolirono sulla superficie della pelle, rimasero solo appena visibili quelle che le correvano lungo il sistema nervoso. I suoi occhi tornarono castani, il respiro leggermente più regolare.
Trovò la forza di separarsi dal petto di Bucky, gli diede un lungo bacio grazie al quale ricominciò a respirare.
Si passò entrambe le mani sul volto, stropicciandosi gli occhi ed asciugandosi le lacrime.

-Io non capisco.- disse la ragazza. -Cosa diamine c'entra mia nonna con questa storia, intendo. Non può essere lei ad aver ucciso i miei genitori, o ad averne commissionato l'omicidio. Mia nonna è morta quando avevo 7 anni, pochi mesi dopo è morto anche mio nonno. Qualcuno sta cercando di farmi uno scherzo? C'è qualcuno che si sta prendendo gioco di me? Dev'essere per forza così. Quella "E" forse può stare per "Erech"? Ma come ha fatto il cognome di mia nonna a finire in-

Bucky le mise un dito sulla bocca. -Alexis, devi calmarti.- le disse con un sorriso stiracchiato. Anche lui era estremamente preoccupato da quella situazione, ma doveva fare di tutto per cercare di farla calmare. -Ci penseremo dopo. Vedrai che ora che ha questa informazione, Natasha riuscirà a trovare qualcosa.- le passò le mani sulle guance, e passando sui lati della testa le fece scivolare sul collo, poi sulle spalle. -Ora ti devi rilassare, altrimenti esploderai.-

Si avvicinò a lei e le diede un altro lungo bacio, cercando di farle dimenticare quella situazione per almeno qualche momento.
Ci riuscì, visto che quando riaprì gli occhi, il colore della pelle di Alexis era tornato normale.
-Che ne dici se ce ne riandiamo al cinema? Vorrei portarti in un posticino a Brooklyn.- disse lui sorridendo dolcemente.

Anche Alexis sorrise, anche se le sembrava di star facendo la fatica più grande del mondo nel farlo.
-D'accordo, ma... devo chiederti di rimandare a domani sera.- la ragazza si guardò le mani, vedendo l'ultima scintilla attraversarle l'indice per poi ritrarsi. -Stasera devo andare in un posto.-
 
 

*                 *                  *
 


Poche ore più tardi,  Alexis aveva trovato parcheggio nello stretto vicolo dietro la casa del Dottor Stephen Strange.
Guardò l'orologio pensando che fosse leggermente in anticipo, ma sapeva che il dottore sarebbe stato in casa, visto che passava le sue giornate a leggere e studiare per quelle dannate ali mistiche, tanto che mangiava a stento.

L'avrebbe ascoltata lo stesso, lei aveva delle questioni molto urgenti da trattare con lui: la sua magia altalenante. Era da quella mattina che le era sorto il dubbio che in qualche modo la magia e la gravidanza potessero essere collegate.
Aveva appena messo la chiave della macchina in tasca ed aveva fatto appena quattro passi quando, nel buio della sera, vide una figura altrettanto scura fissarla ad alcuni metri da lei.

Alexis si fermò, cercando di capire meglio. Era abbastanza lontana da distinguere a malapena i contorni di quella figura nera, che, a detta del suo giudizio, doveva essere la figura esile di una donna. 
Provò a muovere un altro passo, perché magari il fatto che la stesse fissando era solo una sua immaginazione, ma quando lo fece, Alexis vide la figura essere avvolta da un alone bluastro.

Si fermò di nuovo. Quello non era normale, per niente.

Si mise sulla difensiva, ma la figura non si mosse. Tuttavia Alexis  vide una sfera di magia blu viaggiare velocemente verso di lei. Tentò di aprire un portale per rispedirla contro la donna, ma non vi riuscì. Quindi cercò di creare uno scudo, ma questo, per la sua debolezza ed insicurezza con la magia, si infranse quando la magia dell'altra donna lo toccò.
Alexis provò a toccare il ciondolo per attivare l'armatura, ma non fece in tempo, perché la magia la colpì al braccio che aveva appena mosso. Sentì dolore, ma ancora non abbastanza da farla demordere.

Si nascose dietro una macchina ed attivò l'armatura. Mentre pensava ad un modo per reagire, vide la macchina venire sollevata in aria con la magia bluastra della sua nuova amica.  
Alexis tentò di evocare altre armi ma, neanche l'armatura l'aiutava a farlo. Aveva decisamente bisogno di aiuto.
Mentre estraeva il cellulare dall'apposita tasca sul braccio dell'armatura, si accorse che un mucchio di sfere di magia blu le correvano incontro. Non poteva fare nulla ormai. Fece appena in tempo ad inviare a Tony un messaggio con il loro codice per le emergenze: 505 - 47.

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Capitolo 10
*** Capitolo X: No Words ***


New Avengers: Together - Promises
Capitolo X: No Words
 
 
Stephen Strange cadde a terra, sulla superficie rocciosa e arida.
La cappa della levitazione, strappata, cadde accanto a lui. La guardò tristemente, ma non poté rammaricarsi a lungo, perché fu colpito da una sfera di magia blu in pieno stomaco. Il colpo lo fece rigirare, si portò una mano allo stomaco, sputò del sangue per terra. Il suo istinto di dottore gli disse che l'aveva lesionato e, visto che non aveva modo di recarsi in un pronto soccorso, capì che ormai era finita. Non gli rimanevano che una manciata di minuti di vita.
Tutti gli Avengers giacevano a terra. Era come se fossero addormentati. Non si dimenavano più, stretti nelle morse di ferro in cui erano stati incatenati. Purtroppo, però, non stavano dormendo.
Spostò lo sguardo poco più in là.


Sul ciglio di una enorme spaccatura nel terreno roccioso, Alexis, inginocchiata, non aveva più fiato da recuperare per poter continuare a piangere.
Aveva appena visto il suo amore cadere nel dirupo, in uno scherzo del destino per nulla divertente.


-Alexis...- Stephen la chiamò, sussurrando, indicando lievemente qualcuno che le si avvicinava dall'alto.

Alexis non ebbe la forza né di sentire la voce di Strange, né di seguire la direzione che le stava indicando. Se ne stava lì con le mani aggrappate al bordo del dirupo, la bocca spalancata in una espressione di orrore, il volto completamente bagnato dalle lacrime. Non sentiva più il cuore nel petto.

La donna che stava causando tutto quel dolore, arrivò alle sue spalle, le girò intorno e le si piazzò di fronte con le mani sui fianchi. Alexis sollevò leggermente lo sguardo, senza muovere di alcun millimetro il resto del suo corpo.
-Non ti preoccupare, Alexis, presto raggiungerai James e tutti i tuoi amici.-


Strange vide la donna sferrare ad Alexis il colpo di grazia, che forse la ragazza aspettava quasi speranzosa, mentre l'ultimo soffio di vita lo abbandonava. Pensò amaramente che il detto "parenti, serpenti" fosse estremamente vero.
 








La suoneria del suo cellulare fece scattare in piedi Stephen Strange, che si era addormentato dopo aver cenato, con le braccia incrociate sul tavolo e la testa poggiata su di esse.
Si passò le mani sugli occhi, poi guardò l'orologio che segnava le 23.00 e si rese conto di essersi scordato del suo appuntamento con Alexis Moore, ma che probabilmente se ne era scordata anche lei, visto che in quel momento non era neanche lì.
Prese il cellulare e guardò il nome sullo schermo.

Tony Stark.

-Pronto?-

-...-

Il suo cuore accelerò vorticosamente per l'improvvisa paura a causa di quello che Tony gli aveva appena comunicato, ma si alzò di scatto e si preparò ad aprire un portale per il vicolo accanto.

-Sto arrivando.-
 

 
*             *              *


 

-Papà...- mugugnò Alexis con la voce impastata dal sonno.

Tony, in piedi mentre consultava delle scartoffie appoggiato ad un tavolo in vetro, si voltò di scatto, notando che la ragazza, stesa sul lettino nel suo laboratorio, aveva ancora gli occhi chiusi.
Ebbe un fremito, mentre si avvicinava a lei.
Non era sicuro se quella parola che aveva detto nel sonno fosse riferita a qualche sogno che stava facendo su Harry Moore, o se, per caso, si stesse riferendo a lui. Quasi ci sperò, mentre poggiava la mano su quella della ragazza, che dopo pochi secondi rispose stringendola.
Tutti i muscoli di Tony si rilassarono e sorrise. Finalmente la sua Agente si era svegliata.

Lexie tastò il lenzuolo sotto di lei. Per un attimo fu tanto confusa da pensare che fosse ancora in Wakanda, ma poi si ricordò che l'ultima cosa che aveva sentito sotto di sé era l'asfalto, in una New York del tutto buia.
Aprì gli occhi e con la mano libera si coprì il volto. Dalla vetrata entrava una forte luce aranciata.

-Sei viva, bella addormentata.- le disse Tony, sedendosi sul bordo del lettino.

Alexis si schiarì la voce prima di parlare. -Quanto ho dormito?-

-Dieci ore.-

La ragazza sgranò gli occhi. -Cosa!?-

Si guardò il corpo alla ricerca di qualche ferita, ma non trovò nulla se non una fasciatura nell'interno dell'avambraccio e qualche livido.

-Hai una frattura composta lì dove hai la fasciatura, o meglio, avevi, visto che io e il dottor mistico ti abbiamo sistemato, diverse contusioni e...- Tony si passò una mano sul mento, cercando di assumere un'espressione seria. -...e a quanto pare anche un corpo estraneo nell'utero.-

Alexis assunse un'espressione di orrore. -Un corpo che!? Ma in che sen-
Poi si rese conto. Se ne era completamente dimenticata. Si portò entrambe le mani al ventre e sgranò gli occhi, per i primi istanti sentendosi una persona orribile per non aver portato il suo primo pensiero al bambino, per gli altri successivi istanti perché si sentiva una scappata di casa nei confronti di Tony che l'aveva scoperto così. Ora si era alzato, aveva un braccio sotto al petto a sostenere il gomito nell'altro braccio, nel quale teneva una penna che aveva portato alla bocca per mordicchiarla nervosamente.

-Tranquilla, il baby soldatino d'inverno mistico sta bene.-

Alexis deglutì, si scordò di respirare e di sbattere le palpebre, e anche di come si facesse a comporre una frase di senso compiuto. -Come... c-come... tu hai-

-Ti abbiamo fatto tutte le analisi possibili ed immaginabili prima di operarti, nelle analisi del sangue c'erano dei valori strani che ricordavano le prime analisi di Pepper, così Pepper stessa ci ha suggerito di fare anche una rilevazione del Beta HCG.-

Alexis gli puntò un dito contro, sempre con la stessa aria smarrita di poco prima. -Ma- ma...-

-Scusa se abbiamo violato la tua privacy, ma era una situazione di emergenza, dovevamo averne la certezza.-

-Oh.- Alexis abbassò il dito, ed annuì, guardandosi la pancia, ringraziando il cielo che non fosse successo niente. 

Tony inclinò la testa, cercando lo sguardo di lei. -Quando pensavate di dirmelo?-

Lei tirò su la testa di scatto e la scosse velocemente. Oh, no, non lo sa nessuno, tantomeno Bucky. L'ho scoperto questa mattina.- aggrottò la fronte rendendosi conto che erano passate dieci ore dal giorno prima. -Anzi, ieri.- aggiunse.

L'espressione di Tony, che in realtà fingeva di essere in qualche modo offeso, tentando di nascondere la sua felicità, si addolcì. Tornò verso di lei che si stava scostando il lenzuolo da dosso per scendere dal letto e la aiutò.
Quando Lexie fu in piedi la guardò negli occhi, senza proferire parola, scorgendo di nuovo quelle scintille dorate in essi che ormai la caratterizzavano in maniera permanente da mezzo anno.
Le scostò una ciocca dal volto e le fece una carezza.
Da quando era diventato padre, molte cose in lui erano cambiate. In altri tempi non avrebbe mai accettato che la sua piccola Agente intraprendesse una relazione con l'uomo che, anche se decisamente non intenzionalmente, aveva ucciso i suoi genitori.
Ma quel sorriso che Bucky Barnes le faceva comparire sul volto, Tony non l'aveva mai visto sul volto della ragazza, e l'idea che dentro di lei potesse star crescendo un altro meraviglioso essere umano, pieno di dolcezza, vitalità, compassione e coraggio, in realtà lo mandava in visibilio.

-Ok.- disse lui, tirando su con il naso. -Non riesco a fare il duro, non ce la faccio, credo che sia una cosa bellissima. Ma sentiti libera di fare qualsiasi scelta. Insomma, se non lo vuoi...-

-Scherzi!?- lo interruppe Alexis.

Non sapeva come avrebbe gestito il bambino ed il suo lavoro, ma era certa che lo volesse fin da subito. Sentiva una connessione con lui simile a quella che aveva sentito con James fin da subito, quindi non poteva sbagliarsi.

Tony le sorrise di nuovo. -Vieni qui.-
La strinse forte tra le braccia, posando il mento sulla spalla della ragazza che ricambio l'abbraccio strofinandogli la schiena.
-A quanto pare Morgan diventerà zia.- disse Tony separandosi da lei.

Alexis aggrottò la fronte e fece un sorriso stiracchiato. -E quindi tu diventerai nonno?-

A Tony scomparve il sorriso dal volto, assunse un' espressione serissima mentre Alexis soffocava una risata. Non disse nulla e si voltò per uscire dalla stanza, facendo cenno ad Alexis di seguirlo.
-Vieni, di sotto ti aspettano tutti. Passa prima da Pepper a farti dare un cambio, tranquillamente.

La ragazza lo prese per un braccio, tirandolo.
-Aspetta!- disse. -Quindi chi altro lo sa?-

Tony prese aria e la trattenne per qualche secondo, stiracchiando le labbra.
-Il dottore e... Steve.-

-Steve!?-

Da una parte era dispiaciuta, avrebbe voluto dirlo lei al suo migliore amico, in modo da poter vedere la sua prima reazione.

-E' entrato nell'istante in cui ho letto il referto, mi ha visto mentre mi cadeva dalle mani la tazza di caffé.-

-Oh.-

-Ha quasi versato una lacrima!- disse Tony, sparendo oltre la porta.
 
 



Alexis era andata in camera di Pepper, dove aveva trovato la donna nel bagno intenta a fare il bagnetto alla piccola
Morgan. L'aveva aiutata ad asciugarla con il piccolo accappatoio, mentre Pepper prendeva i vestiti della bambina ed un vestito nero a fiori gialli per Alexis.
L'aveva abbracciata e le aveva detto che per qualsiasi cosa di cui avesse avuto bisogno per la gravidanza avrebbe potuto chiedere a lei, poi Alexis aveva giocato un po' con Morgan, facendole delle boccacce e cantandole delle canzoncine, ed infine dopo una ventina di minuti aveva raggiunto il resto degli Avengers nel salotto.

Nella stanza c'erano Tony, Steve, Sam, Natasha, Stephen e Bucky. Wanda e Visione erano ancora incontattabili, Bruce probabilmente sarebbe venuto il giorno dopo per vedere come stava, visto che era giorno di lezioni universitarie.
Il suo sguardo però cadde subito su Bucky, che si era addormentato steso sul divano, con un braccio sullo stomaco ed uno penzolante. Il suoi capelli corti la colpirono di nuovo: non ci si sarebbe mai abituata.
Nessuno si era accorto del fatto che fosse entrata.

-Com'è questa cosa che lui o dorme o sta riposando, ogni volta che io mi sveglio dopo un evento traumatico?- disse piano, indicando il suo fidanzato con l'indice.

Tutti gli altri si voltarono a guardarla, ma fu Sam a rispondere.

-E ringraziamo il cielo per questo, non ha fatto altro che parlare di te nelle ultime nove ore.-

Alexis rise lievemente, poi le cadde lo sguardo su Steve, che la guardava col suo solito sguardo da nonnetto sornione, stringendo leggermente le labbra e guardandola fissa negli occhi. Lo vide scuotere la testa lievemente, mentre lei di risposta inclinò la sua ed allargò leggermente gli occhi, ad intimargli di stare zitto.

Stephen Strange fece per dirle qualcosa, ma quando la vide dirigersi verso James Barnes lasciò perdere. Non voleva certo disturbare l'allegra famigliola che si riuniva dopo dieci ore.

Alexis si sedette sul bordo del divano ed accarezzò dolcemente il volto di Bucky, giocando leggermente con l'accenno di barba sul suo mento.
Il soldato aprì gli occhi con lentezza e quando si accorse che Alexis era effettivamente lì e che non stava ancora sognando, le sorrise, la prese per le spalle e l'attirò su di sé, lasciandole un dolce bacio sulle labbra, che Alexis si godette a pieno come linfa vitale.

-Come ti senti?- chiese lui, facendo sfiorare il naso contro quello della ragazza.

Alexis deglutì a fatica, perdendosi negli occhi azzurri di lui che erano vicinissimi e poteva coglierne tutte le sfumature verdastre date dalla luce aranciata del tramonto.
-Alla grande.- rispose con un sorriso, poi diede un altro bacio al soldato.

Visti tutti gli sguardi leggermente a disagio che si stavano scambiando il resto degli Avengers al tavolo, Tony si schiarì la voce.

I due si separarono di scatto. Come sempre accadeva, si erano scordati di essere in presenza di altre persone. Bucky si mise a sedere accanto alla ragazza, premendo le labbra tra loro, imbarazzato.

-Allora.- riprese il dottor Strange. -Ci racconti cosa è successo, Agente Moore?-

Alexis si voltò di scatto e per un attimo pensò che si stessero riferendo al fatto che fosse incinta, ma poi si ricordò che la sera prima lei era stata attaccata da una donna che sparava magia blu dal corpo. Nessuno di loro sapeva ancora nulla, erano dieci ore che tutti aspettavano che lei raccontasse una cosa di tale portata.

-Sì, ehm... Dunque.- la ragazza si grattò il mento, poi si alzò in piedi, per vedere meglio tutti i suoi colleghi. -Stavo venendo al santuario, Stephen, per il nostro allenamento, e poi perché avevo una questione di cui... parlarti.- lo sguardo le cadde su Tony e su Steve. -Sono venuta in macchina, ed ho parcheggiato nel vicolo dove mi avete trovata. C'era una donna.-

Steve aggrottò la fronte e si sporse dalla sedia. -Una donna?-

-Sì e non era... non lo so cos'era, però non era normale. Possedeva la magia e la padroneggiava alla perfezione, una magia fatta si sfere energetiche blu. Semplicemente mi ha attaccata, senza dire una parola. Non sono riuscita a vederla in faccia, quindi forse non era una donna, ma dall'ombra del suo fisico proiettata sull'asfalto, mi sembrava proprio una donna.-   

Il dottor Strange strinse gli occhi, afflitto. Nessuno lo notò, ma Alexis sì. Tuttavia non disse nulla.

-Beh, non è molto.- disse Sam storcendo il naso.

Bucky lo guardò male. -Probabilmente sa avessimo potuto sapere di più, Alexis non starebbe così bene.-

Natasha intervenne. -Calma, ragazzi.- poi guardò Alexis. -Sta tranquilla, hai fatto bene a giocare sulla difensiva. C'erano delle telecamere di sorveglianza nei dintorni?-

-C'è un bancomat all'inizio di quella via.- intervenne Strange. -E i semafori poco più giù sono dotati di telecamere.-

-Da qualche parte dovrà essere pur passata per arrivare a te.- disse Natasha annuendo. -La troveremo.-

-Pensate possa essere connessa con la questione del...- Alexis fece una pausa e sospirò, poi trovò il coraggio. -Del cognome di mia nonna, o con l'omicidio dei miei genitori, o con il traffico di armi illegali della LIF?-

-Effettivamente è comparsa il giorno in cui abbiamo smantellato la LIF.- disse Tony. -Potrebbe essere connessa a loro.-

-Alexis non era con noi.- disse Steve. -Quindi forse si tratta... dei signori Moore.- guardò Alexis dolcemente.

-Oppure potrebbe essere connessa con entrambi.- aggiunse Bucky.

Tutti lo guardarono storto, il dottor Strange iniziò a picchiettare con l'indice sul tavolo, visibilmente agitato.

Bucky guardò di sfuggita Alexis e poi continuò: -Un' organizzazione che commercia armi illegali non era quella che noi credevamo fosse la copertura di Erech?-

-Dici che non è solo una copertura?- chiese Sam.

-Non è da escludere.- disse Steve, guardando Natasha.

Vedova annuì. -Verificheremo. Sta arrivando anche Bruce, mi darà una mano lui.-

Alexis vide di nuovo il sorriso sornione sul viso di Steve nei confronti di Natasha, lei stessa stava per aggiungere qualcosa, ma Strange la distrasse:

-Alexis, potresti venire con me al santuario più tardi?-

La ragazza fece per rispondere, aveva già cominciato ad annuire con la testa, ma Bucky la precedette leggermente titubante.

-Veramente noi...- disse, e Alexis lo guardò. -...avremmo un appuntamento stasera.-

-Oh, giusto.- disse lei mordicchiandosi leggermente un'unghia, indecisa sul da farsi.

Bucky si grattò la testa. -Sì, beh, insomma... Se devi andare vai pure, non preoccuparti.-

Alexis guardò il dottore, che si apprestò a rispondere.

-In effetti è una questione piuttos...-

Tony, che stava seduto accanto a lui, lo interruppe con un calcio agli stinchi da sotto il tavolo. Strange lo guardò corrucciando la fronte, pronto a trattarlo male. Tony roteò la sedia girevole verso il dottore, si toccò la pancia -in riferimento alla condizione di Alexis di cui Bucky non era ancora a conoscenza- e strinse le labbra e allargò gli occhi.

-...piuttosto stupida.- terminò Stephen. -Una questione piuttosto stupida, sì. Tranquilla, puoi passare anche domani.-

-Oh,  d'accordo.- ripose la ragazza, non del tutto convinta.

Tony batté le mani due volte mentre si alzava in piedi e tutti gli altri lo seguivano a ruota.
-Bene signori, sciogliete i ranghi. Chi vuole fermarsi a cena si fermi, chi vuole andarsene se ne vada, chi vuole andare ad appuntamenti romantici...- guardò Alexis e Bucky e fece loro un sorriso finto. -Vada pure!-

-Ti aspetto di sotto, prima ho preso la tua macchina e l'ho portata qui.- disse Bucky ad Alexis. -Ce ne andiamo a Brooklyn.- disse baciandola velocemente sulle labbra.

-Ehm vado bene così o devo mettermi più elegante?-

Bucky rise ed inclinò la testa di lato. -Se andassimo in un posto elegante, tu andresti bene anche con un sacco della spazzatura addosso. Ma comunque non andiamo in un posto elegante.- le disse, per poi uscire dalla porta.

Alexis seguì Bucky con lo sguardò, ma si fermò quando cadde su Steve, che era l'unico rimasto, e se ne stava seduto, fingendo di fissarsi le unghie. Si voltò leggermente verso la porta, mentre si alzava per avvicinarsi ad Alexis, per controllare che orecchie indiscrete non fossero in ascolto.
Le andò accanto con le mani in tasca e con il suo solito...

-Togliti subito quel sorriso da nonnetto dalla faccia!- esclamò sottovoce Alexis puntandogli un dito contro.

Steve si portò una mano al petto esplodendo in una genuina risata, poi azzerò le distanze tra loro, stringendo Alexis più forte che poteva.

La ragazza nel vedere tanta felicità per il suo futuro bambino, si commosse, qualche lacrime sfuggì al suo controllo mentre Steve si separava da lei.

-Avrei voluto dirvelo di persona.- disse Alexis mentre si asciugava gli occhi con l'indice.

-Non preoccuparti.- rispose Steve. -L'importante è che voi stiate bene.- mise di nuovo le mani in tasca e la squadrò continuando a sorridere. -E glielo dirai stasera?-

Alexis si grattò il mento. -Io... io non lo so.-

-Perché non lo sai?- chiese Steve inclinando la testa.

-Sai, vorrei il momento perfetto.-

Steve alzò gli occhi al cielo. Più e più volte si era fatto fervente sostenitore del fatto che il momento perfetto non esistesse e che nell'aspettarlo si rischiava di vedersi scivolare via tutti gli altri momenti  tra le mani, e Alexis lo aveva sentito più volte fare questo discorso.

La ragazza allargò le braccia. -D'accordo, ho paura. Ho paura che la gravidanza possa andare male, visto che ho una situazione parecchio complicata laggiù. Non voglio dare false speranza a Bucky.-

-E quindi non vuoi dirglielo?-

-No, certo che no, sarebbe impossibile non dirglielo. Semplicemente, la paura mi frena.-

Steve le fece una carezza sulla testa. -E' un dono meraviglioso, Alexis. Vedrai che quando arriverà il momento giusto per dirglielo ti verrà naturale.-

Lui la abbracciò di nuovo e le lasciò un lungo bacio sulla fronte, mentre Alexis si commuoveva di nuovo. Tirò su col naso, rendendosi conto di quanto aveva perso e di quanto aveva guadagnato nel giro di soli tre anni. Si sentì fortunata, alla fine, di come era la sua vita in quel momento.
 
 

 
*                  *                 *
 


 
-Quella era la casa di Steve.- disse Bucky, indicando un appartamento al secondo piano, piuttosto piccolo e malandato.

Alexis rise. -Beh non è messa molto bene.- rispose, mentre camminava mano nella mano con Bucky.

Lui fece spallucce. -Credo che Steve l'abbia venduta dopo essere tornato dal congelamento, se non addirittura regalata. Ovviamente l'ha ceduta a qualcuno cui non interessava poi così tanto.- tirò leggermente Alexis ed accelerò il passo. Dopo pochi minuti si fermò. -Guarda.- le disse, nascondendosi lievemente dietro un palo della luce. -In quella casa laggiù vivevo io.-

Alexis assottigliò gli occhi, e vide che al di là della finestra si vedevano delle persone che apparecchiavano una tavola. Un uomo e una donna di circa 80 anni, leggermente curvi, aiutati da una donna giovane e due bambini, un maschio e una femmina. Nello stesso istante un altro uomo entrò dalla porta di casa, dopo aver finito di parcheggiare l'auto dall'altro lato della strada.

-Buck, chi sono quelle persone?-

-Suppongo che siano due nonni che hanno invitato a cena la figlia o il figlio con il marito o la moglie ed i loro nipotini. Io conosco solo la nonna.-

-In che modo?-

-E' mia sorella, Rebecca.-

Alexis si voltò di scatto a guardare Bucky. Non sapeva neanche che avesse una sorella.
-Lei sa che sei vivo?-

Il soldato guardava l'allegra famigliola con aria sognante, probabilmente immaginando anche sé stesso quella sera a cena lì con loro.
Alexis capì  quanto Bucky fosse in realtà completamente diverso da Steve. Era tra le persone più coraggiose e altruiste che avesse mai conosciuto, un perfetto Avenger, ma non era quello il suo vero sogno. Lui poteva tentare di nasconderlo per tutto il tempo che voleva, ma Alexis lo vedeva perfettamente che in realtà lui era davvero alla ricerca della pace e di una vita serena, il più simile possibile a quella che stavano vedendo in quel momento, che si stava svolgendo nella casa dove Bucky aveva vissuto.

Lui scosse la testa lievemente. -No, sarebbe troppo...-

-Complicato.- terminò la frase Alexis, annuendo e capendo perfettamente che Rebecca sarebbe rimasta eccessivamente traumatizzata dal ritorno del fratello che credeva essere morto nel 1943. Avrebbe poi dovuto spiegargli tutta la questione del soldato d'inverno. E lei capiva benissimo che Bucky preferisse che la sorella pensasse che fosse morto accidentalmente ed eroicamente durante la lotto contro i nazisti.

-Già.- aggiunse Bucky. Uscì da quella sorta di trance in cui era entrato negli ultimi cinque minuti e guardò l'orologio. -Hai fame?-

-In realtà no.- disse Alexis storcendo il naso.

-Oh, strano.- aggiunse Bucky, inclinando la testa, guardandola.

-Sì, ehm...- stava per dire una bugia. Stava per dire una bugia e non ne era capace. -Sento una strana sensazione allo stomaco, credo che tutta la situazione che ho vissuto nelle ultime ore mi abbia fatto venire la gastrite.-

Bucky fece spallucce. -E' comprensibile. Ok, non importa, volevo portarti in un posto dove andavamo spesso io e Steve, ma sarà per un'altra volta.- sorrise. -Però possiamo andare a stenderci un po' in un parco qui vicino, se ti va.-

Alexis annuì e gli lasciò un bacio sulla guancia. -Mi va.-
 




Avevano passeggiato molto lentamente per circa venti minuti lungo la pista pedonale del parco verdeggiante, costellato di lampioni e panchine.
Si erano seduti su una panchina che dava su un piccolo laghetto, con al centro una fontana zampillante e tutto intorno delle anatre che, a volte, quando Alexis rideva più rumorosamente, li guardavano per storto.
Erano rimasti lì per circa due ore, poi Bucky aveva proposto ad Alexis di rimanere a dormire lì per la notte e, dopo che lei aveva accettato, erano entrati nel primo albergo libero che avevano trovato.

Alexis si era tolta le scarpe, massaggiandosi lievemente i piedi e le gambe nude. Indossava ancora il vestito a fiori che le aveva dato Pepper e, specchiandosi nello specchio dell'armadio posto di fronte ai piedi del letto, si disse che forse lo avrebbe tenuto per sé.
Si sdraiò sul letto mentre Bucky usciva dal bagno e si sbottonava la camicia di lino blu. Alexis fu subito rapita dai suoi movimenti, ma fu anche subito distratta dal suo stomaco che brontolava insistentemente. Perfino Bucky lo sentì.

-E' sempre la gastrite?- chiese Bucky.

-No.- disse Alexis scattando a sedere. -E' fame. Sto morendo di fame, devo assolutamente mangiare.- iniziò ad armeggiare con il cellulare.

Bucky aggrottò la fronte, ma assecondò la ragazza. -Chiedo se possono portarci qualcosa, anche se credo abbiano chiuso la cucina a quest'ora.-

-C'è un McDonald qui sotto.- disse Alexis, mentre metteva via il telefono e si infilava di nuovo le scarpe. -Vado e torno, scelgo io per te, ok?-

Bucky rimase con la camicia sbottonata e le mani a mezz'aria. Disse  "ok", ma Alexis era già uscita.

Dopo dieci minuti era tornata con due buste piene di patatine e nuggets di pollo. Si erano seduti sul letto a mangiare, e
Bucky aveva notato che Alexis fosse particolarmente affamata.  

-Sicura di stare bene?- le chiese, bevendo un sorso della sua coca cola.

Alexis smise per un secondo di fissare il cibo davanti a sé e guardò Bucky.
-Sì, certo.- disse con ovvietà.

Ovvietà che a Bucky suonava davvero strana e quel sì non gli sembrava per niente convincente, vista la lunghezza della i finale.

-Sei sicura?-

Alexis stavolta posò il nuggets ed il bicchiere. Si pulì le mani, mentre arricciava il naso e stringeva le labbra.
Non resisteva più, ormai. Glielo doveva dire, altrimenti sarebbe implosa ed avrebbe mangiato interi negozi di McDonald nel tentativo estenuante di contenersi.
Era evidente che tutta quella sofferenza nel contenersi le stesse dimostrando che era arrivato il momento giusto, anche perchè non c'era ragione di continuare a farlo.
Deglutì l'ultimo boccone, poi sorrise angelicamente e disse:

-Sono incinta, James.-

Lasciando il Soldato d' Inverno senza parole. 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo XI: E.R. Barnes ***


Angolo Autrice
Lo ammetto, ho usato la scusa di dover scrivere come metodo per non studiare xD No, a parte gli scherzi, mi trovate qui in anticipo perché è solo un modo per farmi perdonare il fatto che la settimana prossima non uscirà il capitolo del mercoeldì! Quindi sì, per chi si appresta a leggere, sappiate che dovrete aspettare ben 7 giorni per conoscere il seguito! 
Poi, InsurgentMusketeer mi ha chiesto di far sapere in anticipo quando c'è bisogno di Pacemaker per aiutare i lettori a sostenere il loro cuore, quindi, secondo me qui ci vuole per tutta la prima parte che è molto emozionale <3 
Mi sono divertita molto a scrivere invece la seconda parte del capitolo, in particolare l'ultima scena, molto divertente, che non era prevista in realtà xD 
Ringrazio di cuore tutti i miei lettori e soprattutto
InsurgentMusketeer che inserendo la cara Alexis Moore (per un rapido aiuto alla cara zia Ellie Renner) nella sua storia "Avengers: L'Alba dei Soldati d'Inverno" mi ha fatto esplodere il curoe, e, sempre soprattutto, MaryElizabethVictoria che mi lascia delle meravigliose recensioni super costruttive. Siamo un gruppo fortissimo, ragazze mie <3 
Vi lascio alla lettura!

Rack 










 
New Avengers: Together - Promises
Capitolo XI: E. R. Barnes
 



"Che senso ha continuare a tenerglielo nascosto?" pensò Alexis, mentre si puliva le mani con un fazzoletto di carta.

Aspettava il momento giusto? Ci pensò su e si rispose di no. Dopo essere stata vittima di rapimenti, dopo aver rischiato di perdere Bucky in tutti gli attacchi terroristici dell'A.T. in Wakanda, dopo essere stata attaccata di una donna sconosciuta dotata di poteri magici, di certo non avrebbe aspettato il momento giusto.
Il fatto stesso che in quelle ultime ore fremeva dalla voglia di dirglielo, le fece accendere una lampadina nel cervello che la portò a capire che era quello il momento giusto.
Tanto di lì a poco, James l'avrebbe capito da solo e, dopo averlo visto guardare con occhi sognanti la sua famiglia perduta, non vedeva l'ora di fargli sapere che stava per averne una tutta sua.
Bucky la guardava con quegli occhi limpidi che ne avevano passate tante e Alexis si rese conto che, se la gravidanza fosse andata male -sua più grande paura- loro si sarebbero bastati lo stesso.
Prese coraggio e finalmente rispose all'ultima domanda di lui che le chiedeva se fosse sicura di stare bene.

-Sono incinta, James.- disse, prendendosi una ciocca di capelli e rigirandosela tra le dita, imbarazzata.

Forse era stata troppo diretta. Sollevò gli occhi su di lui, che sembrava un pesce lesso.
Decisamente sì, era stata troppo diretta.

Se Bucky non avesse poggiato, pochi secondi prima, la coca cola nel porta bicchiere, probabilmente gli sarebbe caduta di mano e avrebbe fatto un disastro sul letto.
La bustina di salsa che stava per aprire, infatti, fece quella fine, con un buffissimo rumore sordo che fece ridere Alexis, che cercò di trattenersi.
Bucky, con le labbra dischiuse e gli occhi spalancati, perse un battito.

-I-incinta nel senso...- fece il gesto di una pancia immaginaria davanti a sé senza staccare gli occhi da quelli di Alexis.

La ragazza di risposta annuì, stringendo le labbra e sollevando le sopracciglia.
Quanti sensi potevano esserci nell'essere incinta?

-M-ma... stai scherzando... insomma, è uno scherzo.- rise Bucky, puntandole un dito contro.

Alexis, con la stessa espressione di poco prima, cambiò direzione alla testa scuotendola di lato.

Bucky trattenne il respiro, aggrottò le sopracciglia e rimase con le mani a mezz'aria.
-Fai sul serio?- chiese, sporgendosi verso di lei. Ora era quasi preoccupato.

Alexis rise senza trattenersi alla reazione di James.
-Giuro! Ho l'ecografia nelle email, ti faccio vedere.- disse, prendendo il telefono ed iniziando ad armeggiarci.

Non si sarebbe mai aspettato una rivelazione del genere, lì, in un albergo a Brooklyn, mentre mangiavano cibo del McDonald su un letto.
Bucky abbassò lo sguardo sulla pancia di Alexis e rimase a fissarla quasi con vuotezza. Tuttavia, dentro di lui, una miriade di emozioni avevano preso vita.
Stupore e felicità nei primi istanti, poi più che altro paura e insicurezza.
Lui era una persona del tutto instabile, aveva un passato oscuro, costellato di crimini violenti ed orribili. Alexis era un'adulta, perfettamente in grado di relazionarsi con una situazione del genere.
Ma l'essere meraviglioso che cresceva dentro di lei, l'avrebbe accettato per quello che era stato in passato? L'avrebbe sopportato?
Banalmente, ma forse non così tanto, si chiese se sarebbe stato un buon padre, se fosse stato in grado di trasmettere a suo figlio o sua figlia -ancora non ci credeva- solo le parti migliori di sé, lasciando nel dimenticatoio tutto il resto.

Alexis, non sentendolo proferire più un solo respiro, guardò Bucky e si spaventò.
-James?- lo chiamò.

La sua espressione si era fatta estremamente seria. Non le rispose, immerso nei suoi pensieri, e lei si preoccupò.
Mise via il telefono e si fiondò dall'altro lato del letto accanto a lui, che rimase con lo sguardo fisso fino a dove poco prima era la ragazza.
-B-Bucky.- Alexis lo chiamò di nuovo con voce tremante. -Scusa io... non avrei dovuto dirtelo così.-

Bucky si voltò di scatto a guardarla, come se fosse appena tornato nel mondo reale.
Alexis aveva iniziato ad agitarsi, lungo tutto il suo sistema nervoso le scorreva una luce dorata ed era tanto luminosa che si vedeva anche sotto il vestito nero.
Trovandosela così vicina, in quel momento Bucky poté ammirare di nuovo le scaglie dorate nei suoi occhi castani, che gli fecero dimenticare di respirare, ancora più di quanto già non stesse respirando.

Vide Alexis scuotere la testa velocemente. -Lo so che forse è troppo presto, stiamo insieme da meno di un anno.- si morse un'unghia ed una vampata di scintille si diramò dalle sue mani, per poi svanire subito. -Forse non è il momento adatto per avere figli, abbiamo una tizia che lancia sfere d'energia blu alle calcagna, veniamo attaccati dalla gente di Erech, o forse tu stesso non ti senti pronto, dopo tutto quello che hai passato, ed io sono stata un'insensibile a dirtelo come se nien-

Bucky non le lasciò finire la frase, si sporse verso di lei, mettendole una mano dietro la testa la spinse a sé ed unì le labbra a quelle della sua ragazza.
Dopo un attimo fece scivolare la ragazza sul letto e spinse la lingua tra le labbra di lei, mosso da un'adrenalina tale che gli stava mandando il cuore in fiamme.
Se non fosse stato perché era potenziato dal siero, non sarebbe sopravvissuto alla potenza delle emozioni che provava in quel momento.
Alexis trattenne il respiro, colta alla sprovvista da quel gesto, considerato che fino a pochi secondi prima Bucky sembrava stesse per avere un crollo nervoso.
Si rilassò, chiuse gli occhi e le sue ansie sparirono, così come la lava dorata che le percorreva i nervi del corpo, sciogliendosi sotto il tocco della labbra e della lingua di Bucky.
Quando si separarono, Bucky le guardò la pancia e vi posò una mano sopra, carezzandola delicatamente con il pollice mentre sorrideva.

-Io...- dissero all'unisono, per poi scoppiare a ridere.

-Sono l'uomo più felice del mondo.- completò Bucky, per poi baciare di nuovo Alexis. -Andiamo in balcone, ti va?-

Alexis annuì e si fece trascinare per mano da Bucky. La terrazza annessa alla loro camera era abbastanza grande da contenere una serie di vasi con piante verdi brillanti ed una sorta di sdraio a due posti sotto un pergolato coperto con delle tende bianche. Il buio era leggermente rischiarato dai piccoli lampioncini posti agli angoli della terrazza.

-E' bellissimo qui fuori.- disse Alexis, andando a sporgersi dalla ringhiera aggrappandosi ad essa con le mani.

La stanza era all'ultimo piano di un palazzo abbastanza alto da permetterle quasi di vedere New York in lontananza.
Bucky ebbe un improvviso impulso protettivo verso di lei, nonostante stesse compiendo un'azione per nulla pericolosa per un' agente dello SHIELD/Avenger.
Si avvicinò a lei e la prese per la vita, allontanandola leggermente dalla ringhiera metallica, per poi abbracciarla da dietro e godersi insieme il panorama.
Le sfiorò di nuovo la pancia, sognante, e notò che non si sentiva neanche un leggero rigonfiamento, ma solo gli addominali perfettamente accennati di Alexis.

-Ma di quanto...?- le chiese, impacciato.

-Un mese preciso.-

Bucky si sporse e la guardò meglio. -E da quant'è che me lo tieni nascosto?-

-L'ho scoperto ieri mattina. Nell'ultimo mese ho avuto degli strani dolori,non intensi, ma erano fastidiosi, così sono andata dal mio ginecologo, il Dr. Lewis.-

Lui sorrise di nuovo e scosse la testa incredulo. -Ma come è possibile? Voglio dire... sì, ok, insomma noi... però tu...-

Alexis sollevò le spalle. -Nemmeno il dottore è riuscito a spiegarselo.-

Lei si morse l'interno della guancia socchiudendo gli occhi. Qualcosa le passava per la testa e Bucky lo capì.

-A cosa stai pensando?-

Alexis prese aria per parlare e si fermò due volte, poi prese coraggio.
Parlare di quell'argomento per lei era ancora molto strano e inaspettato.
-Hai mai pensato a dei nomi per un tuo possibile e futuro figlio nel corso della tua vita?-

-Sicuramente sì, prima che venissi preso dall'Hydra. Non li ricordo più, suppongo.- sollevò lo sguardo corrucciato, sforzandosi di pensarci. -Uhm, no, non mi viene in mente niente. Maschio o femmina?-

Alexis rise di gusto. -Non possiamo mica deciderlo noi!-

-Sì, ma tu cosa preferiresti?-

-Mi andrebbe bene tutto, però... i bambini sono bellissimi tutti, ma... le femminucce hanno una marcia in più.-

-Già, è vero.- rispose Bucky ridendo.

Alexis si voltò di scatto verso di lui. -Vorresti una femmina!?-

Bucky annuì, la prese per le vita e le diede un bacio. -Mi è capitato di pensarci e l'ho sempre immaginata femmina. Bella, determinata, coraggiosa e buona come la madre.- guardò verso l'alto ed inclinò lievemente la testa. -Magari con i miei occhi ed il mio senso di diffidenza nei confronti delle persone in modo da compensare l'eccessiva bontà che le trasmetterai tu.-

Alexis rise e gli diede un leggero spintone, fintamente offesa.   Si voltò e poggiò di nuovo la schiena contro il petto di James, che la abbracciò di nuovo, senza smettere di sfiorarle la pancia.

-Emma è un bel nome, sai?- disse il soldato. 

Alexis trasalì. L'idea di dare il nome di sua madre a sua figlia le era sempre piaciuta, anche quando le era capitato di parlarne con le sue amiche alle scuole medie o superiori.
Il fatto che James ci aveva pensato senza che lei glielo chiedesse, era più eloquente di tante parole sdolcinate.
Si girò di nuovo verso di lui con un sorriso enorme e poi le venne un'idea.

-Anche Rebecca è un bel nome.- disse lei.

Bucky annuì. -Emma Rebecca...-

Alexis ammiccò. -Emma Rebecca Barnes.-

James aprì la bocca per dire qualcosa, ma la voce non gli uscì.
Sentire quel nome per intero gli aveva provocato un tonfo al cuore e detto da Alexis sembrava la melodia più dolce del mondo.
Abbassò lo sguardo e premette le labbra per tentare di nascondere le lacrime che erano corse a velare i suoi occhi, ma non ci riuscì perché le emozioni che provava in quel momento erano più forti di qualsiasi altra cosa lui avesse mai provato, più forti della felicità che aveva provato la prima volta che Alexis gli aveva detto di amarlo, più forti del giorno in cui aveva capito di aver smesso di essere controllato dalle parole dell'Hydra.
Buttò fuori l'aria in un soffio e si voltò, portando l'indice e il pollice ad asciugarsi gli occhi mentre andava a sedersi sul materasso bianco della sdraio.
Alexis inclinò la testa e lo guardò di lato. -James?-
Bucky puntò i gomiti sulle ginocchia e si prese il volto tra le mani, coprendosi gli occhi e scuotendo la testa. La ragazza andò subito a sedersi accanto a lui, gli mise una mano sulla schiena e quel contatto fece voltare James verso di lei.
Alexis notò subito gli occhi arrossati e bagnati e vederlo così non fece che smuovere anche lei, che sentì subito gli occhi farsi umidi ed un groppo formarsi all'altezza della gola. Si morse il labbro sorridendo, ed un istante dopo scoppiarono di nuovo a ridere insieme.
La ragazza poggiò la fronte su quella del soldato e si sporse si poco per dargli un rapido bacio sulle labbra, mentre con la l'altra mano gli asciugò le lacrime da uno zigomo.
James posò la mano su quella di lei, la prese e vi lasciò un delicato bacio.

-Dove sei stata per tutto questo tempo?- le disse.

Alexis abbassò lo sguardo e si sistemò i capelli dietro un orecchio. Quando James le prese il mento tra due dita e si incastrò nei suoi occhi, notò di nuovo quelle schegge dorate e ambrate.

-E' da un secolo che ti aspetto, Alexis Moore.-

Rimasero sdraiati lì fuori. Alexis aveva mostrato a James le foto dell'ecografia, si erano abbracciati e non si sarebbero più staccati fino alla mattina successiva.
Col cuore in fiamme, Alexis si addormentò e sognò una bambina di circa due anni al mare, vestita con un costume da bagno  intero verde salvia ed un cappellino di paglia, che correva incontro a Bucky Barnes chiamandolo "Papà".
 
 


 
*                 *                 *
 
 



Alexis si voltò in direzione della donna.
Stavolta poteva vederla bene: era una donna molto alta, magra, ma con le curve perfette di una divinità. Occhi marroni saettavano di energia blu, il volto, un ovale perfetto, era incorniciato da una caschetto di capelli lunghi fino alle spalle, castani come i suoi, perfettamente lisci come i suoi, ed una frangia perfettamente dritta le copriva la fronte.
Se ne stava sollevata in aria grazie a degli stivali in qualche modo magici, con le mani avvolte da scie blu, puntate contro Alexis e Stephen Strange.
Ad Alexis non importava minimante di morire o di restare in vita, se questo avesse significato riuscire a salvare tutti i suoi colleghi, che se ne stavano stesi a terra, svenuti. Svenuti, ma vivi.
Il suo cuore aveva smesso di battere realmente  ormai da tre settimane, quando gli uomini di Erech erano riusciti a prendere Bucky e da quel giorno era scomparso.
Tutti gli altri erano lì con lei, ma erano svegli soltanto Stephen, Tony e Steve. Questi ultimi due, però, erano intrappolati con delle catene al suolo come tutti gli altri.


Alexis prese la spada che aveva evocato ed aveva sistemato sulla schiena, la fece roteare, e la lanciò in direzione della donna. Questa la evitò come se le fosse stata lanciata contro una palla da basket e Alexis la fece tornare indietro, risistemandola sulla schiena grazie alla sua armatura.
Aveva una ferita alla gamba dolorosissima che le impediva di muoversi agilmente come lei sapeva fare.

Sembrava tutto perduto quando ad un tratto sentirono un frastuono ed una luce arcobaleno si proiettò sul terreno dietro di loro. Quando svanì, rivelò qualcuno di loro conoscenza che non vedevano da molto tempo.
Alexis si voltò in tempo per vedere un uomo alto e dai capelli neri lunghi fino alle spalle che metteva al tappeto i due uomini armati più vicini a dove era appena comparso.


-Il vostro salvatore è arrivato!- esclamò l'uomo in fretta, mentre continuava a colpire le altre guardie.

-Ma smettila con questa storia del salvatore e liberami!- disse Thor, che si era appena svegliato a causa del rumore provocato dal fratello.

-Ehi piccolo cervo!- esclamò Tony guardandolo dal basso.

Alexis aggrottò la fronte. -Loki!?!-

-E' sempre un piacere vederti, Agente Moore. Sei libera più tardi?-

Alexis sbuffò una risata e neanche gli rispose. Forse non era tutto perduto.

Mentre Loki metteva k.o. gli agenti della donna, Strange si voltò di scatto, ed accalappiò con delle fruste magiche le catene che tenevano legati a terra Steve Rogers, Tony Stark e Thor, cercando di spezzarle. Proprio quando le catene sparirono, la donna dietro di loro sparò un colpo alla schiena di Strange, colpendo la cappa della levitazione e creandole un buco al centro. Questa perse il suo colore rosso, iniziando ad ingrigire. Stephen era stato colpito alla schiena, la cappa aveva attutito il colpo, ma non abbastanza. Cadde a terra, paralizzato.


-Stephen!- Alexis si portò entrambe le mani alla bocca, poi si rivolse alla loro nemica. -Bastarda!-

La ragazza creò una frusta magica ed accalappiò il collo della donna, cercando di tirarla in basso, ma questa non si muoveva di un millimetro.


-Bisogna togliere le scarpe a quella stronza.- disse Tony Stark, mentre Steve e Loki continuavano a lottare contro gli altri uomini e a liberare gli altri Avengers, sperando che qualcuno di loro di sarebbe risvegliato.

Tony volò verso la donna, insieme a Thor, iniziando a colpirle gli stivali, mentre era tenuta ferma dalla frusta di Alexis che le si era avvinghiata intorno a tutto il corpo.
-Tienila così, ce l'ho quasi fatta!-


Mentre Thor cercava di mandare in corto circuito gli stivali di lei con fulmini e martello, Iron Man riuscì finalmente a toglierle gli stivali che la facevano restare in aria e la donna iniziò a cadere.
Intrappolata dalla frusta di Alexis, non poteva in alcun modo utilizzare la magia, ma proprio quando tutti coloro che erano svegli stavano per esultare, uno degli sgherri della donna lanciò Alexis nel dirupo insieme a lei. La donna si avvinghiò alla ragazza e Tony osservò con orrore mentre la pugnalava in un fianco con la mano libera, trascinandola giù con sé e portando a termine la sua missione iniziata ormai tre anni prima.
 







-Alexis!-

Stephen Strange si svegliò di soprassalto e si passò una mano sulla fronte sudata.
Sospirò pesantemente, poggiando di nuovo la testa sul cuscino. Gli scenari futuri che si profilavano erano sempre più devastanti e portavano tutti alla morte certa sua e di Alexis Moore.
Era stanco, troppo stanco.
Talmente stanco che si addormentò di nuovo.
 
 






Stavolta, la donna scese a terra.
Camminò lentamente e con un sorriso sul volto verso Alexis e Stephen, stesi a terra l'uno accanto all'altra, senza vita.
Sfiorò la testa di Alexis con un piede facendola dondolare e sbuffò una risata.

-Sei proprio come quella stupida di tua madre.- sputò fuori velenosa. -Mi correggo: eri.-


L'unico degli Avengers ad essersi risvegliato era Sam. Sollevò leggermente la testa e trattenne un grido di dolore stringendo i denti nel vedere quello che era successo mentre erano tutti privi di coscienza.
A furia di spostare le braccia strette dalle catene, riuscì a portare la mano sinistra sul congegno che aveva sul braccio destro e a dare ordine a Red Wing di liberare James, steso accanto a lui, ancora privo di sensi. Gli uomini armati nemici erano tutti fuori uso, nessuno l'avrebbe visto.
Red Wing, con un piccolo laser, spezzò le catene che tenevano fermo James, che riuscì a ricominciare a respirare, ma quando si mise a sedere, il respiro gli morì sulle labbra.


-Cosa...- borbottò, mente osservava quella donna continuare a muovere Alexis con il piede.

Bucky si alzò di scatto e si lanciò contro la donna, dandole un pugno dritto in faccia, facendola cadere all'indietro. Un rivolo di sangue le scivolò dall'angolo della bocca, ma la donna rise, consapevole del fatto che James Barnes fosse troppo distrutto dal dolore per poterle effettivamente fare del male.
Bucky si fiondò sul corpo inerme di Alexis, scuotendola per le spalle.


-Alexis.- la chiamò. -Alexis, ti prego, svegliati.-

James le prese un polso. Aspettò parecchi istanti di sentire anche un solo flebile battito.
Purtroppo non sentì nulla.
Sentì anche il suo cuore fermarsi.


-No!- esclamò, iniziando a piangere. Le accarezzò tutto il volto, le baciò le labbra fredde, ma non c'era niente che potesse riportare indietro la sua Alexis. -Amore mio...- la chiamò di nuovo con la voce rotta dal pianto.

La donna si alzò in piedi a fatica, dopo il colpo ricevuto da James, ed andò verso di lui.
-Sta tranquillo, soldato. Tu verrai con me, farò in modo che ti dimentichi di lei. Potresti essermi molto utile.-


James la guardò in cagnesco. -No.- disse con la voce tremante. 
Fu più rapido della luce. Prese il pugnale dalla cintura di Alexis e se lo piantò nel petto.
Non sentì alcun dolore.

 
 







Stephen si svegliò di nuovo.
Stavolta non era ricoperto di sudore, ma di lacrime.
-Ok, sta diventando... un... problema...- disse sbadigliando, per poi cadere nuovamente tra le braccia di Morfeo.
 
 






-Siete arrivati, finalmente!- esclamò Alexis, distogliendosi per un attimo dall'uomo che le puntava contro un'arma super tecnologica alimentata dalla magia della loro nuova nemica.

-Sì, beh, è colpa di Steve, non gli piace la sua nuova divisa.- disse Tony facendo spallucce.

Alexis li guardò meglio entrambi, incredula.
Quando diavolo avevano avuto il tempo di cambiare colore alle loro armature?
La divisa di Steve era di un orribile rosso un po' sbiadito, con qualche striscia bianca ed una stella blu al centro dell'elmetto.
L'armatura di Tony era di un blu metallizzato con alcuni inserti argentati.


-Scusate, potreste darmi una mano!?- esclamò stizzito Stephen Strange mentre combatteva contro una donna che lanciava contro di lui frecce di magia bluastra.

Gli altri lo ignorarono completamente, mentre Alexis riprese a combattere contro l'uomo davanti a sé.

-Sì, è così! E' orribile sembro un personaggio di Star Wars!- disse Red Captain America.

-Ma dai, ti sta bene!- rispose Tony. -E poi guarda come sta bene a me il blu! Di certo non potevamo avere lo stesso colore!-

Steve gesticolò stizzito con le mani davanti a sé, mostrando la divisa a Tony.
-Non è funzionale per le missioni! Mi vedrebbero ovunque!-


-Ragazzi, vi prego, qui si sta mettendo male!- esclamò Alexis che stava per essere sopraffatta dall'uomo.

-Dillo, avanti, ammettilo, Rogers!- disse Tony. -Sei invidioso perché la mia armatura è più bella della tua!-

-Assolutamente no!-

-Che c'è allora, sei preoccupato che ad Ellie Renner non piaccia il rosso!?-

-Cosa!?-

-So benissimo che vi sentite!-

Steve aprì la bocca per parlare e si guardò intorno, pensando che fosse meglio cambiare argomento.
-Tony, abbiamo cose più urg-

 
 
 






Strange si tirò su di scatto, sentendo qualcuno bussare alla porta del santuario.
Ringraziò quel qualcuno che aveva interrotto quella visione, perché era davvero ridicola.
Corse alla porta ad aprire e si trovò davanti il sorriso più dolce che conoscesse. Ora che sapeva della sua gravidanza, la ragazza gli sembrò più gentile e dolce del solito.

-Ehi!- esclamò Alexis. -Tutto bene? Sembri sconvolto.- disse entrando.

Stephen chiuse la porta e sbuffò una risata. -Lasciamo perdere.-

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Capitolo 12
*** Capitolo XII: Discendenze Mistiche ***


Angolo Autrice
Rettifico! Ce l'ho fattaaa! Ed addirittura in anticipo! xD L'idea era di pubblicare a mezzanotte, ma domani mi devo svegliare prestissimo e quindi eccomi qui! 
Iniziamo ad entrare ancora di più nel vivo dell'azione. Da qui in poi saranno davvero pochi i capitoli di totale tranquillità fino alla fine della storia.
Ci tengo a specificare una cosa: se ci sono dei fan di The Witcher, potreste leggere dei termini che conoscete già, provenienti da quel mondo. Però non preoccupatevi perché non si tratta di un Cross-over, ho soltanto preso spunto per dei  nomi che mi servivano da dare a quelle... cose... (capirete leggendo). Diciamo che ho preso quelle cose e le ho sfruttate a mio piacimento xD
Ringrazio tutti coloro che mi stanno seguendo e che mi sostengono in questo meraviglioso viaggio!
Se ve lo foste perso, vi segnalo che domenica, in occasione del compleanno di Chris Evans, ho scritto una piccola One Shot "Buon Compleanno, Cap!" ambientata nell'universo di New Avengers: Together! Se voleste passare a leggerla mi farebbe molto piacere ^^
Vi lascio alla lettura che spero possa piacervi e vi mando un grande abbraccio <3

Rack



 


New Avengers: Together - Promises
Capitolo XII: Discendenze Mistiche
 





-Vieni, accomodati pure.- disse Stephen sedendosi e facendo cenno ad Alexis di sedersi anche lei sulla poltrona in stoffa rossa. -Innanzitutto ti faccio le mie congratulazioni per la gravidanza. E' un caso medico molto particolare il tuo.-

Alexis sgranò gli occhi e si sporse dalla sedia. -A proposito, ho una cosa da chiederti! E' da ieri che-

-No, aspetta, prima io, questa è davvero importante.-

-Ehm, d'accordo.-

-Hai presente la mia ossessione con le ali, giusto?- Stephen vide Alexis annuire e continuò. -Beh, è giunto il momento che te la spieghi. E tieni presente anche il fatto che qualche mese fa ti ho detto che in caso di una mia prematura dipartita ti avrei tenuta in considerazione per custodire il santuario. Ehm...- si portò una mano al mento, pensando a come usare le parole giuste per non sconvolgerla troppo. -Dunque, in quanto maestro delle arti mistiche e in quanto custode della gemma del tempo, tu sai che io ho la possibilità di guardare nel futuro delle persone. E, lo ammetto, mi capita spesso di guardare nel mio. Solo che ultimamente sono visioni molto confusionarie, di cui è ben nitida soltanto la fine. E non è delle migliori. Insomma, sono arrivato ad un punto in cui non riesco più a vedere oltre.-

Ad Alexis mancò il respiro. -Che vuoi dire?-

-Che non uscirò vivo da quello scenario, quando si realizzerà.-

-Come scusa!?-

-E non è la cosa peggiore. In tutti gli scenari che vedo... neanche tu ne esci viva.-

Alexis sgranò gli occhi e non disse una parola, smettendo di respirare. Il dottore continuò:

-Due questioni mi premono al riguardo: la prima è che ho sviluppato una certa quantità di sentimento affettivo nei tuoi confronti e ne deriva una forte volontà di non voler assistere alla fine della tua vita terrena. La seconda è che se morissimo entrambi, il santuario rimarrebbe senza un maestro. Wong si sta già occupando del santuario di Londra. Uno di noi due, possibilmente tu, deve sopravvivere ad ogni costo.-

Alexis continuava a non dire una parola. Da una parte era sconvolta dal fatto che Strange le aveva detto che il loro destino era morire prematuramente, ma l'altra parte era quella che la sconvolgeva di più: Stephen Strange aveva appena ammesso di volerle bene.

Chiuse gli occhi qualche secondo e sospirò, cercando di metabolizzare il tutto.
-D'accordo.- disse la ragazza, col cuore che correva come un pazzo a quelle rivelazioni. -Perché me lo stai dicendo proprio ora?-

Strange si passò una mano sugli occhi, preoccupato. -Perché secondo le mie visioni moriremo per mano della donna che ti ha attaccato.-

Alexis strinse le labbra ed annuì. -Ottimo. Beh, si era capito che non mi volesse propriamente bene.-

-Le mie visioni sono molto confusionarie, confondo momenti precedenti e momenti successivi, mi è oscuro il motivo di tutto ciò, anche se un sospetto ce l'ho. Il punto è che non so quando avverrà e quindi abbiamo poco tempo per continuare il nostro allenamento.-

La ragazza inclinò la testa. -Spiegami bene a cosa servono queste maledette ali.-

Stephen trattenne un sorriso. -Non maledirle, perché ti salveranno la vita. Ora non ti elencherò tutti gli scenari che ho visto, perché ti metteresti soltanto paura. Sappi solo che quelle ali mi servono per salvarci o, almeno, per salvare te.-

-Salvarci.- confermò Alexis annuendo. -Quindi dalle tue visioni non sei riuscito a capire chi sia questa donna?-

Il dottore scosse la testa lentamente. -No. So solo che... beh, in realtà non ne sono sicuro.-

-Di cosa?-

-Vieni con me.-

Stephen mosse una mano in aria e teletrasportò entrambi nella libreria immensa dove Alexis studiava, a volte, poche volte, la teoria delle arti mistiche.
Il dottore la fece sedere di nuovo, prese il libro di Cagliostro e si sedette accanto a lei.
Sfogliò qualche pagina e dopo un po' si fermò, puntando il dito su un nome.

Alexis si sporse per leggere meglio.
-Ma...rid? Cos'è un Marid?- chiese lei.

-E' una delle quattro divinità ancestrali più potenti che esistano nel mondo mistico. Le altre tre sono Djinn, D'ao e Ifrit. Dominano le forze della natura e rispettivamente i loro elementi sono l'acqua, l'aria, la terra ed il fuoco.- il dottore guardò Alexis che con gli occhi illuminati leggeva quel libro ed ascoltava le sue parole con estrema curiosità. Quella ragazza gli piaceva proprio.

-E cosa hanno a che fare con quella donna?-

-Dalle mie visioni e dalla tua descrizione di ieri, se guardiamo i poteri di quella donna, sono molto simili a quelli di queste divinità.-

-Vuoi dire che è una di loro!?- chiese Alexis sconvolta, tirando su il viso dal libro per guardare Strange.

Lui scosse subito la testa. -No, altrimenti tutta Manhattan sarebbe esplosa. La sola loro presenza sulla terra sarebbe devastante. Io credo che si tratti di una loro discendente, credo discenda da una razza nata in tempi molto lontani dall'unione di Marid e Djinn.-

-Come mai proprio loro due?- chiese Alexis. -Hai fatto un test di compatibilità con un'App sul cellulare?-

Strange aggrottò la fronte. -No, perché... magari è una motivazione ridicola, ma il colore della magia di Marid è blu, ma la forma in cui la utilizza la donna è del tipo della magia di Djinn, la magia dell'aria.-

Alexis si prese le mani e fece scrocchiare le dita, mentre buttava fuori l'aria in un soffio.
Troppe informazioni in una volta sola da ricordare.
-Ok.-

-Ok.- ripeté Stephen. -Ora sai tutto.-

La ragazza annuì, leggermente preoccupata, ma cercando di mantenere la calma.
-E quindi cosa facciamo?-

-E quindi continuiamo ad allenarci. Solo che c'è un problema.- Stephen si rese conto di quello che aveva appena detto e portò le mani avanti, agitato. -O meglio, no, non è un problema, certo che no-

-Sarebbe?-

Lui abbassò lo sguardo sulla pancia di Alexis, lei seguì il suo sguardo, poi lo puntò di nuovo su Strange aggrottando la fronte.

-Non era previsto nelle mie visioni.- chiarì il dottore. -Tu non puoi più allenarti come prima, faresti degli sforzi eccessivi che potrebbero compromettere la situazione.-

Alexis rabbrividì.
E adesso? Era già ora di abbandonare il suo lavoro? Non era pronta, non era decisamente pronta. Il suo lavoro era tutta la sua vita.
Nel pensare quelle cose si sentì una madre orribile e portò istintivamente una mano in grembo, come a chiedere scusa al feto.

-Possiamo fare dei tentativi.- disse Stephen. -Pochi minuti alla volta.-

Alexis continuava ad avere quell'espressione spaurita.

Lui le mise una mano sul ginocchio. -Fidati di me, in questo modo non succederà nulla al bambino.- le sorrise cercando di trasmetterle tutta la sicurezza che poteva.
A volte la sua carriera di dottore gli tornava utile, anche nel campo delle arti mistiche.

Fu proprio per quella fiducia e per la consapevolezza della sua professionalità che Alexis, dopo pochi secondi di esitanza, annuì e disse: -Va bene.-

Stephen si alzò in piedi, stiracchiandosi leggermente. -Che cosa volevi chiedermi prima?- chiese, mentre rimetteva nella teca il libro che avevano appena consultato.

-Ehm...- Alexis si grattò la testa. -Sai, questa gravidanza... insomma, è strana, no?-

Stephen, voltato di schiena, sorrise. Pensò che Alexis era davvero una ragazza sveglia.
-Mh-mh?-

-Io non sono fertile da tre anni. E poi all'improvviso? Puf! E proprio quando avevo iniziato a pensare a quanto mi sarebbe piaciuto avere questa scelta.-

-Mh-mh?-

-E insomma, questi poteri che ho da poco... sono parecchi cambiamenti, guarda caso tutti nello stesso momento.-

-Mh-mh?-

-E poi... ma perché continui a dirmi "mh-mh" in maniera così inquietante?-

Il dottore si voltò e tornò verso la ragazza, poggiando entrambe le mani al bordo del tavolo e piegandosi leggermente verso di lei.
-Perché, almeno secondo la mia esperienza, io credo che sia proprio come pensi tu.-

-Cioè...-

-Cioè: sì, credo che tu, nel corso dei mesi, a lungo andare, senza farlo consapevolmente, a causa del tuo desiderio di avere questa scelta, ti sia curata con i tuoi poteri quando non li usavi per combattere. Inconsapevolmente e giorno dopo giorno, hai curato la tua infertilità.-

Alexis trattenne il respiro per qualche secondo, poi sollevò le braccia al cielo ed esultò.
-Lo sapevo! Ti rendi conto di quanto è abile con le arti mistiche la tua pupilla!?-

Stephen rise. -Già, molto abile.-

Tutta il suo maestro, pensò orgogliosamente.
 
 

 
*               *                 *
 


New Avengers Facility

Quando un bip estremamente fastidioso giunse alle sue orecchie, Natasha Romanoff si staccò di scatto dalla labbra di Bruce Banner, seduto accanto a lei, davanti allo schermo di un computer nella sala riunioni del Facility. Si guardarono un attimo imbarazzati, poi Natasha armeggiò con il mouse mentre guardava lo schermo, sentendo su di sé lo sguardo bollente di Bruce.

-Sembra che il sistema abbia trovato qualcosa.- disse la ragazza.

Bruce si sporse sulla sedia, osservando il volto che era rimasto fermo al centro dello schermo.
Era dalla sera precedente che avevano iniziato le ricerche e di tanto in tanto si erano presi una pausa mentre lasciavano svolgere al computer le ricerche. Avevano trovato alcune riprese da delle telecamere di sorveglianza in cui si vedeva il volto della donna che entrava nel vicolo dove Alexis era stata attaccata, alla stessa ora in cui vi era arrivata la ragazza. Da lì, avevano avviato la ricerca tramite riconoscimento facciale in tutti i sistemi governativi del mondo.
Dopo circa cinque ore, finalmente l'avevano trovata.

-Invio un messaggio ad Alexis.- disse il neo professore universitario.

Natasha lo guardò ammaliata. Aveva lasciato crescere una folta barba che gli donava particolarmente.
Si distolse subito, come se fosse stata sorpresa a rubare, quando nella stanza entrò Steve ed andò a mettersi dietro di loro, osservando anche lui lo schermo.

-E' lei?- chiese Cap.

-Crediamo di sì.- rispose Natasha.

Steve annuì con lo sguardo corrucciato.
-Messaggi da Wanda o Visione?-

-Ancora nulla.-

Steve strinse le labbra. Le questioni erano due: o quei due avevano combinato qualcosa, oppure era capitato loro qualcosa.
Nessuna delle due opzioni rassicurava il super soldato.
 
 



Stark Tower, pista d'atterraggio

-Friday, a che piano sono mia moglie e mia figlia?- chiese Tony Stark in armatura, mentre atterrava sulla pista esterna della Stark Tower.

Era appena andato al supermercato ed aveva comprato gli ingredienti per preparare una cheesecake per festeggiare il compleanno di Pepper. Non era mai stato bravo in cucina, ma era stato in grado di realizzare una cinquantina di armature volanti, quanto sarebbe stato difficile preparare un dolce? Più che altro faceva leva sul fatto che Pepper avrebbe apprezzato in ogni caso il gesto. Si erano detti che avrebbero festeggiato lì per festeggiare in grande senza disturbare la vita nella foresta, dove si trovava in realtà la loro vera casa.

-Non ci sono, signore, sono andate a trovare i nonni.- rispose la voce di Friday.

Tony fece spallucce, mentre camminava verso l'interno ed il sistema della Stark Tower gli toglieva l'armatura ad ogni passo che faceva. -Vorrà dire che la sorpresa riuscirà ancora meglio.-

Proprio quando stava per entrare e l'ultimo pezzo di armatura stava per essergli tolto dal piede, Tony si sentì passare accanto un colpo di una specie di fucile che andò a colpire la porta a vetri infrangendola, con una sfera d'energia blu. Tony guardò nel riflesso della vetrata e vide un uomo in abbigliamento militare che gli puntava contro il fucile da cui era appena uscita quella cosa.
Abbandonò le buste della spesa a terra.

-Marcia indietro, Friday!- gridò.

Fece velocemente gli stessi passi che aveva fatto poco prima, all'indietro, mentre l'armatura gli veniva risistemata addosso.
Si voltò  e puntò entrambe le mani contro l'uomo.

-Sul serio, amico? Il giorno del compleanno di mia moglie? Io devo preparare una torta!-

Tony gli sparò contro un'onda sonora che fece cadere a terra l'uomo, ma questi, con fatica, si rialzò in piedi. Lo vide togliere le munizioni dal fucile e prenderne altre, diverse, dalla cintura ed inserirle nel caricatore.
L'uomo sparò e dal fucile uscì una scia continua bluastra che andò dritta contro Tony, che sgranò gli occhi ed aprì prontamente uno scudo rosso, piantandolo nella pavimentazione ed accucciandosi dietro di esso. Aspettò che quella carica finisse, poi volò in fretta contro l'uomo, prendendolo per la collottola e scagliandolo a terra. A l'uomo mancò il respiro, Ironman lo colpì in faccia e perse i sensi.

Tony aprì l'elmetto dell'armatura ed osservò meglio il fucile, togliendolo dalle mani dell'uomo.

-Io e te dobbiamo giocare un pochino.- disse, con l'intenzione di analizzarlo e studiarlo, poi guardò di nuovo il sicario davanti a sé. -Mentre tu hai bisogno di fare un sonnellino molto lungo.-

L'intenzione era quella di sedarlo e di portarlo al Facility, dove l'avrebbero interrogato.
 
 




Sanctum Sanctorum, scalette esterne

Bucky si grattò via dalle mani una pellicina, per ingannare il tempo.
Era arrivato da pochi minuti, ed aspettava che Alexis uscisse per riportarla a casa, al facility.
La sua attenzione fu attirata da un elicottero che volava girando in tondo sopra l'edificio. Inizialmente gli sembrò un innocuo elicottero, ma quando vite un uomo calarsi con il paracadute ed atterrare sul tetto del santuario, Bucky sgranò gli occhi e si alzò, spalancando la porta e gridando il nome di Alexis mentre correva dentro, cercandola.

La trovò subito, perché Alexis stava scendendo la grande scalinata, diretta verso la porta d'ingresso, e si bloccò quando vide Bucky entrare con quella furia, seguita da Strange.
Nello stesso istante in cui Bucky e Alexis si scambiarono uno sguardo spaventato, quattro uomini si calarono attraverso la vetrata sul tetto, rompendola. Stephen creò uno scudo di magia per riparare tutti e tre dai vetri, che svanivano infrangendosi contro lo scudo.
Bucky corse su per le scale, cercando di proteggere al meglio possibile Alexis.

-Apri un portale e vattene da qui!- le disse, mentre tirava fuori dalla tasca dei jeans una pistola.

-Scordatelo, tesoro.- disse Alexis.

La ragazza evocò dei dischi da entrambe le mani e li lanciò contro i paracaduti degli uomini, facendoli cadere a terra, sotterrati dal tessuto del paracadute.
Questi si dimenarono sotto di esso per alcuni secondi, in una scena quasi buffa che fece scappare un sorriso ad Alexis, ma che poco dopo le morì sulle labbra.
Gli uomini abbigliati da militari, iniziarono a sparare in aria con le loro armi avanzate, creando dei fori enormi sul tessuto, dai quali saltarono fuori, e puntarono le armi contro i tre Avengers.

-Uh, cazzo.- disse Alexis.

Un uomo sparò subito nella sua direzione, come se il bersaglio principale di tutta quella storia fosse lei. La ragazza sgranò gli occhi, ma, mentre Stephen Strange si occupava di altri due nemici, le sue mani  iniziarono a tremare e fare scintille da ogni dove.

L'istinto di Bucky fu più rapido della lucidità di Alexis, parò il colpo di energia blu con il braccio in vibranio che, essendo il metallo più duro al mondo, si bruciacchiò appena.
Bucky si voltò appena verso di lei con lo sguardo serio. -Va via, per favore.-

Alexis puntò i piedi stizzita. -Ma la smetti?!-

Finalmente le sue mani smisero di tremare, corse giù per le scale incurante dello sguardo impietrito di Bucky, che le urlò, inutilmente, di non correre, per poi saltare giù dalla balaustra anche lui e, parandosi con il braccio in vibranio, riuscì ad avvicinarsi ad un uomo, a lanciare lontano la sua arma e iniziare a colpirlo con una scarica di pugni, fino a stenderlo al suolo.
Negli stessi istanti Alexis si era occupata del quarto, afferrando con una frusta il fucile, disarmandolo, poi si era avvicinata a lui di corsa. Gli saltò sulla schiena, e, creando un'altra sorta di piccolo filo di luce ambrata, glielo passò intorno alla gola, tentando di strangolarlo.
La magia di Alexis, però, era ancora debole. L'uomo afferrò il filo di luce e lo tirò via, riuscendo a spezzarlo. -No.- aveva borbottato Alexis, mentre l'uomo la lanciava indietro, facendola cadere rovinosamente a terra.
L'impatto le tolse il fiato ed il rumore che fece cadendo a terra, fece voltare sia Strange che Bucky, che avevano entrambi messo k.o. tutti gli altri.

-Alexis!- urlò Bucly.
Prese da terra uno dei fucili e sparò contro l'uomo che aveva appena steso Alexis, creando un buco al centro del suo petto.
Bucky corse dalla ragazza, che aveva una smorfia di dolore sul volto e gli occhi strizzati. Si chinò su Alexis, mentre lei si metteva a sedere ed anche Strange la raggiungeva.

-Sei impazzita!?- le disse il dottore. -Fare dei salti del genere nella tua situazione, ti sembra il caso!?-

Bucky scosse la testa. -Lascia perdere, dottore, è una causa persa.-

-Guardate che io sto bene!- sbottò Alexis. Era semplicemente caduta come tante volte era successo in missione. Lei sapeva fare bene anche quello, quindi non c'era motivo di preoccuparsi. Si alzò in piedi, appoggiandosi al braccio di Bucky.-Mi fa soltanto male la schiena.- disse, portando una mano a massaggiare la schiena.

Bucky la guardò storto.

-Che c-

Le parole le morirono sulla bocca, perché un dolore improvviso e molto forte la colpì all'altezza dell'utero, costringendola a piegarsi in due.
Erano come una serie di pulsazioni, quasi delle coltellate.

-Mio Dio, Alexis!- Bucky si era chinato insieme a lei.

-Alexis, cosa senti?- chiese Stephen.

Alexis fece una smorfia di dolore. -Sembra il dolore del ciclo, ma più forte.- emise un rantolo. -O forse uguale, non lo so, non me lo ricordo come sono i dolori del ciclo!-

-Dobbiamo portarla al pronto soccorso.-

-No!- esclamò Alexis. -Il dottor Lewis, solo il dottor Lewis!-

Bucky la prese in braccio, per evitarle di farle fare alcuno sforzo. -Ti avevo detto di andartene.- disse guardandola preoccupato, mentre Alexis si rannicchiava sul suo petto.

Intanto Stephen Strange apriva un portale per il New York Hospital.
 
 





New Avengers Facility

Natasha salì sulla schiena di Hulk, cercando da una parte di mettersi al riparo e dall'altra di avere una posizione di vantaggio rispetto agli uomini armati di fucili alimentati da quella strana tecnologia, e cercava si sparare loro con le pistole e con dei piccoli teaser.

Erano in quattro, ma due vennero messi subito al tappeto da Hulk, nonostante fosse stato rallentato dal fatto che, essendo un bersaglio grande, quegli uomini erano riusciti a colpirlo più volte. Gli avevano causato alcune ferite in superficie, quindi immaginarono che degli esseri umani normali non sarebbero sopravvissuti ai colpi di quelle armi.

Arrivò in fretta anche Steve, che, da lontano, scagliò uno scudo in direzione dell'ultimo rimasto in piedi, prendendolo dritto in fronte e causandogli una commozione celebrale.

-Questi stronzi che sparano le onde energetiche come in Dragon Ball mi hanno davvero scocciato.- disse Natasha scendendo dalla schiena di Hulk.

Un istante dopo, il cellulare di Steve squillò. Era Tony.

-Tony?-

-Ehi capitano, sei in casa?-

Steve sentì perfettamente che Tony era  in volo. -Sì, tu dove sei?-

-Abbiamo un problema.- dissero all'unisono.

-Ma davvero?- chiese Tony, che ormai era giunto sopra le loro teste. -Non mi dire, degli psicopatici con delle armi alimentate da una strana energia blu.- disse atterrando.

Steve rimise il cellulare in tasca. -Da cosa l'hai capito?- chiese ironico, mentre osservava Ironman poggiare a terra un uomo con la stessa uniforme di quelli che li avevano attaccati.

Tony sollevò un dito, mentre faceva scomparire l'elmetto. -Mi sono davvero stufato, troviamoli ed andiamo a prenderli a calci in culo dove stanno.-

Stavolta fu il cellulare di Tony a squillare.
-Se sei uno stronzo che ha intenzione di lanciarmi addosso qualc-

-...-

-Cosa!?

-...-

-Non me ne frega niente che lei non vuole, dille che arriviamo lo stesso.-

Tony puntò gli occhi scuri in quelli di Cap, consapevole che potesse comprendere a pieno la sua agitazione.
-Alexis è stata attaccata, è in ospedale.- disse.

Steve, come Tony,  sentì un tonfo al cuore, ed una doppia preoccupazione gli attanagliava  lo stomaco.

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII: E' identica a lei ***


Angolo Autrice
Ehilà! Eh, lo so, avevo detto che i giorni fissi sarebbero stati il mercoledì e il sabato, ma sto pubblicando quasi sempre in giorni diversi. Anzi, in anticipo. Ma la verità è che l'esame che avevo è andato male e quindi per consolarmi mi sono buttata sulla scrittura e mi sono portata avanti di parecchi capitoli e bozze xD
In questo capitolo vedremo un dettaglio in più sul nostro Villain, quindi ci addentriamo maggiormente nel vivo della storia. Spero possano piacervi le novità!
Ringrazio di cuore tutti voi che leggete questa storia <3
A presto,

Rack =)





 

New Avengers: Together - Promises
Capitolo XIII: E' identica a lei
 



Il dottor Lewis stava scrivendo su dei fogli di carta che teneva sul braccio in una cartellina. Teneva gli occhiali sulla punta del naso, per riuscire a mettere a fuoco Alexis mentre la guardava di tanto in tanto.
La ragazza stava seduta sul letto della sua stanza in ospedale, e Lewis capì subito che dietro quello sguardo estremamente calmo, si celava un battito cardiaco  fin troppo accelerato. Che poi così tanto celato non era, a giudicare dalle scintille dorate che le percorrevano il corpo.
Accanto alla ragazza stava semi seduto Bucky Barnes, con uno sguardo agitato quanto il cuore di Alexis.
Entrambi lo guardavano, attendendo il responso.

-Hai avuto delle contrazioni uterine, Alexis.- disse il dottore chiudendo la penna a scatto ed infilandola nel taschino del camice.

La ragazza aggrottò la fronte e, cercando di non far trasparire la sua agitazione, scambiò uno sguardo rapido con Bucky, poi annuì lievemente.
-Contrazioni uterine... sarebbero quelle che si hanno durante il parto?-

-Già. Mi sembra un po' presto per partorire, non credi?-

La ragazza annuì, così come Bucky accanto a lei che strinse le labbra. Il dottore si risistemò gli occhiali e riprese:
-Sono minacce di aborto Alexis. Ad un mese dall'inizio della gravidanza, non va per niente bene.-

-Decisamente no...- rispose la ragazza.

Bucky strinse gli occhi come se avesse ricevuto una coltellata, Alexis lo notò e gli strinse la mano.
Neanche lei ne era felice, ma a sé stessa avrebbe pensato in un secondo momento.

-Devi riposare, Alexis.- disse il dottore, mettendo le mani in tasca. -Fino a domattina starai qui, così potremo controllarti, poi te ne torni a casa e non ti muovi dal letto. Puoi solo spostarti da un letto ad un altro.-

-Ma-

-Niente "ma".- Lewis guardò Bucky e gli puntò un dito contro. -Voi Avengers dovete fare finta che lei non esista più.-

Bucky annuì, poi si voltò verso Alexis.
-Dovevi andartene.-

Alexis lo guardò con gli occhi ridotti a due fessure. -Sì, me l'hai già detto. Ma mettiti nei miei panni, Buck.-

Il dottore sospirò, constatando la cocciutaggine di Alexis, poi lasciò alla ragazza delle carte da firmare ed andò verso la porta. Poco prima di aprirla disse, di nuovo: -Riposo, Alexis.-

Nello stesso istante in cui Lewis aprì la porta, si lanciarono dentro Tony, Steve e Stephen.
Alexis sobbalzò nel vederli entrare con una tale foga.

-A te avevo detto di andare a casa, e a voi avevo detto di non venire!- disse la ragazza, puntando il dito prima contro Strange e poi contro gli altri due.

-Io avevo detto a Pepper che le avrei preparato una bella festicciola.- disse Tony andando  a sedersi accanto alla ragazza. -E invece eccomi qui!-

-Vedrai che Pepper mi ringrazierà, allora.- soffiò acida Alexis.

Poi la ragazza puntò lo sguardo su Steve, che teneva in una mano una rosa bianca e nell'altra un sacchetto di cupcakes.
Alexis sorrise e si allungò fino ad arrivare ai piedi del letto  per afferrare il dono portatole da Steve.
-Muoio di fame.- disse.

Istantaneamente, Bucky sussultò, le prese per le spalle e la rimise nella posizione di prima.
Alexis alzò gli occhi al cielo, poi guardò di nuovo la rosa tra le mani di Steve.

-Ragazzi, va tutto bene, ok? Non c'è bisogno di tanti convenevoli- indicò la rosa -o che mi trattiate come se fossi di cristallo.- guardò Bucky. -Sto bene, stiamo bene e non c'è nulla di cui preoccuparsi.-

-Io non direi.- disse Bucky.

-Neanch'io.- disse Strange. -Le minacce di aborto non vanno mai bene.-

Steve sospirò.

Tony guardò più volte il dottor Strange.
-Cosa!?-

-Stiamo bene, ho detto!- protestò la ragazza.

-No, no, signorinella, tu te ne vai in maternità!- disse Tony.

-Concordo.- s'intromise Bucky

-Non esiste!- rispose Alexis. -Abbiamo un sacco di cose da fare! Dobbiamo trovare Erech, dobbiamo scoprire da dove vengono le persone che ci attaccano, dobbiamo-

Steve si avvicinò alla ragazza e le mise una mano sulla spalla.
-Lexie, tu devi soltanto stare a riposo e pensare al bambino. Ci occuperemo noi del resto, te lo prometto.-

Alexis sbuffò. Più continuava a cercare di far valere la sua opinione, più gli altri la contrastavano, più lei si arrabbiava. Di certo neanche quello faceva bene al bambino.
Aveva bisogno di un po' di tempo per metabolizzare la situazione: distaccarsi in quel modo dal suo lavoro non era affatto facile, per quanto lei amasse la creatura che aveva in grembo.
Il suo lavoro era tutta la sua vita, era stata l'unica cosa a permetterle di non sprofondare del tutto ed ora doveva metterlo da parte. Sapeva benissimo che non era un'opzione, ma una regola ben rigida, ma le ci voleva qualche tempo per accettarlo.

-E va bene, ma adesso andatevene, altrimenti avrò altre contrazioni per l'incazzatura che sto avendo.- disse infine la ragazza, con lo sguardo imbronciato, incrociando le braccia al petto.

Steve sorrise e si chinò, lasciandole un bacio sulla testa, per poi avviarsi verso la porta, seguito da Strange.

Tony le diede una pacca sul ginocchio, poi si alzò dal letto e poco prima di uscire le disse:
-Pepper mi ha detto di dirti di chiamarla non appena ti sarai un po' ripresa. Riguardati, Agente.-

Quando furono rimasti soltanto lei e Bucky, Alexis sgranò gli occhi e buttò fuori l'aria, poi si alzò di scatto dal letto.
-Devo fare pipì.- disse, dirigendosi verso il bagno.

Bucky ebbe un brivido nel vederla muoversi così velocemente e si portò una mano a grattarsi la fronte.
Alexis si chiuse nel bagno e, dopo due minuti, lui si alzò ed andò accanto alla porta.

-Tutto ok?- chiese.

Un istante dopo la ragazza aprì la porta con uno sguardo sconcertato.
-Ok.- disse. -Dobbiamo parlarne.-

Prese Bucky per una mano e lo fece sedere accanto a lei sul bordo del letto.

-Di cosa?-

-Sei iperprotettivo, Buck.- disse lei, stiracchiando le labbra in un sorriso.

Bucky sollevò le mani al cielo. -E' una cosa brutta?-

-No, ma è una cosa che non è necessaria.-

Il soldato strinse gli occhi. -Non so perché ma mi sei appena sembrata Stephen Strange.-

 Alexis rise. -Sul serio, Bucky. E' ovvio che il dottor Lewis stava esagerando nelle limitazioni, insomma, non posso neanche camminare per andare in bagno? Neanche una passeggiata all'aperto? Non posso neanche allungarmi per prendere una cosa? E' la morte cerebrale di una persona una vita così per nove mesi!-

-Meglio prevenire, no?-

La ragazza sospirò. -Sì, ma non così.-

Bucky alzò gli occhi al cielo. -D'accordo, forse esagero. E' solo che non voglio che ci accada nulla di brutto. Voglio dire non solo al bambino.- si avvicinò di più ad Alexis e le accarezzò una guancia. -Tu vieni prima di ogni cosa, agente Moore, e se... se dovesse succederti qualcosa per me sarebbe la fine.-

Alexis sorrise e si accoccolò sulla spalla di lui.
-Non succederà niente né a me, né al bambino, James. Te lo prometto.-

James le prese il volto tra le mani e la baciò dolcemente sulle labbra, poi sospirò profondamente.
-Ti amo.- le disse.

Lexie sorrise. -Anch'io ti amo.-

-Posso restare qui con te, se vuoi.-

-Non credo che un omaccione con un braccio in vibranio passerebbe inosservato in un reparto di ginecologia dove l'accesso è consentito solo alle donne.- Lexie sentì Bucky sbuffare, poi riprese. -E' meglio che tu vada a casa a controllare le ricerche, anzi, tienimi aggiornata per telefono. Ci vedremo domattina.-

-Sai quante ore mancano a domattina?-

-Ehm, no, dipende da che ora intendi.-

-Troppe.- rispose Bucky. -Preferirei di gran lunga stare qui con te.-

Alexis gli accarezzò il viso con entrambe le mani. -Puoi tornare a trovarmi all'ora di cena, se vuoi.-

Bucky annuì. -D'accordo, allora.- le diede un bacio piuttosto lungo, quasi stesse partendo per un mese verso una meta lontana. -Ci vediamo stasera.-
 
 
 
 



Più tardi, il giorno stesso...

Erano circa le 18.00 quando Lexie iniziò a sentire gli occhi bruciarle. Finalmente iniziava ad essere stanca e tutta l'adrenalina di ciò che era successo in particolare negli ultimi due giorni stava abbandonando il suo corpo per permetterle di riposare effettivamente, anche se entro un'ora, o forse anche meno, sarebbe probabilmente arrivato Bucky Barnes.
Non le aveva ancora fatto sapere nulla sulle ricerche, neanche con un messaggio, segno che non avevano scoperto granché, probabilmente.

La ragazza sbuffò una risata, mentre poggiava il cellulare sul comodino bianco accanto a sé.
Ogni minuto che passava quella situazione le sembrava sempre più assurda, e lo era in effetti.
Ormai non era più tanto il fatto di aver appreso che dietro la morte dei suoi genitori ci fosse ben più di una semplice rapina, e neanche tanto il fatto che dietro ci fosse la sua stessa famiglia, anche se non aveva ancora capito come. Gli Avengers avevano combattuto contro eserciti alieni, contro il dio dell'inganno, contro un'intelligenza artificiale che desiderava l'estinzione globale, e chi più ne ha più ne metta. Il suo migliore amico e il suo fidanzato avevano un centinaio di anni l'uno. No, non era certo una donna strafica con la magia blu a metterle paura.
Più che altro, a farle sembrare il tutto ancora più assurdo e -a dirla tutta- proprio a metterle tanta ma tanta paura, era il fatto che in mezzo a tutta quella situazione lei era incinta.

Alexis sollevò la canottiera nera del suo pigiama e si guardò la pancia.
La cicatrice all'altezza del bacino a sinistra era ancora ben visibile, ma ora lì vicino c'era una piccola creaturina che le aveva stravolto l'anima.
Un essere umano cresceva dentro di lei. Le sembrava come se ancora fosse in un sogno da cui si aspettava di svegliarsi da un momento all'altro.

-Prometto che starò attenta, piccolo fagiolino.- disse, sperando che il bambino potesse sentirla.

Istintivamente, guardò la sua mano sinistra che teneva poggiata sul grembo. La sollevò leggermente e si guardò le dita più volte, pensando che forse erano un po' spoglie.
Alla fine, Bucky Barnes era un tipo all'antica, aveva avuto modo di constatarlo diverse volte.

Chissà se...

Scosse la testa. Ma che andava a pensare? Lei aveva solo 23 anni, e Bucky aveva tutto il tempo del mondo. Ci sarebbe stato tempo per quello, non c'era fretta e, soprattutto, non si trovavano proprio in una situazione ottimale al momento per fare festa. O forse era l'esatto opposto. Forse avrebbero dovuto sbrigarsi, visti i continui pericoli che correvano.

Alexis sospirò sdraiandosi completamente. Si mise a pancia in giù ed infilò un braccio sotto il cuscino. Chiuse gli occhi per riposare qualche minuto, ma, con un grande sorriso sulle labbra, e due occhi azzurri che non facevano che richiamare la sua attenzione, alla fine si addormentò per un po'.

Era passata poco più di un'ora quando la porta della camera di Lexie si aprì. La stanza era poco illuminata visto che il sole era tramontato un istante prima.

Il volto che fece capolino, in una maniera inquietantemente silenziosa e sospetta, purtroppo non era quello di Bucky.
Alexis continuava a dormire, girata sul fianco opposto rispetto a quello dove si trovava la persona che era appena entrata.
Quest'ultima si guardò intorno e constatò con gioia che la ragazza fosse finalmente sola.

-Sul serio? Sarà così facile?- disse.

Alle orecchie di Alexis giunse ovattata la voce di una donna abbastanza giovane, ed iniziò ad aprire leggermente gli occhi, ma non riuscì a finire di farlo che si sentì sfilare il cuscino da sotto la testa e qualcuno che glielo premeva sul volto.

La ragazza si irrigidì ed iniziò a dimenarsi, tentando di togliere il cuscino o di prendere con qualche calcio il suo aggressore, ma quella donna era molto forte ed Alexis capì che era la stessa che l'aveva attaccata due sere prima.

La donna piegò la testa di lato. -Sei dura a morire, mia piccola Alexis.-

La ragazza non si stupì del fatto che quella donna conoscesse il suo nome, perché, come già detto, ormai non si stupiva più di nulla.
La sua preoccupazione andò al bambino, che non sarebbe certo sopravvissuto se lei non avesse fatto altrettanto.
Cercò di usare la magia, ma era ancora debole dalla battaglia che aveva avuto la mattina stessa, non uscivano altro che piccole e isteriche scintille dalle sue mani. Sentì la donna sopra di lei ridere, ma la sentì bloccarsi in un secondo quando la porta si aprì di nuovo.

-Ehi!- urlò Bucky Barnes, che con due enormi falcate fu subito addosso alla donna.

Questa dovette spostarsi per evitare il colpo di vibranio del soldato, così Alexis riuscì a lanciare via il cuscino.
Respirò boccheggiando affannosamente più volte, mentre sentiva Bucky combattere contro quella donna. Si tirò su leggermente e quando, finalmente, riuscì a vederla in volto, sentì il cuore scenderle nello stomaco e smise di nuovo di respirare.

Quella donna era la fotocopia di sua madre.
Era identica ad Emma Smith.

Bucky la riempiva di pugni nello stomaco, ma lei sembrava non sentire dolore più di tanto, alla fine la prese per la gola con la mano in vibranio, sollevandola dal pavimento.

-Sempre tra i piedi tu, eh?!- sputò la donna, velenosa e con fatica.  

Alexis sgranò gli occhi quando la vide muovere una mano ed iniziare ad armeggiare con la stessa magia bluastra di poche sere prima.
Bucky era troppo vicino, e in più si trattava della magia vera e propria, non di quella leggermente modificata e quindi forse più debole che alimentava i fucili di quelli che erano i suoi uomini. Stavolta il braccio in vibranio non sarebbe bastato.
Resasi conto dei rischi che il suo fidanzato correva, Alexis fece roteare una mano in aria ed aprì un portale sotto i piedi di lei, verso un punto sperduto nel deserto del Sahara.
Bucky la lasciò andare e cadde nel vuoto. Mentre cadeva, si voltò verso Alexis per lanciarle uno sbuffo di magia, che però andò ad infrangersi contro il muro accanto alla ragazza.
Alexis così notò un dettaglio sul volto della donna, che non era sicura potesse tranquillizzarla o meno: aveva gli occhi azzurri. Sua madre Emma, invece, aveva sempre avuto gli occhi castani, come i suoi.

-Porca puttana.- sbuffò Alexis, portandosi entrambe le mani tra i capelli con gli occhi sgranati.

Bucky le fu vicino in un attimo, nonostante zoppicasse leggermente.

-Stai bene?-

-Sì, sì, sto bene.-

-Sicura? Chiamo un dottore per farti controllare.- fece per alzarsi, ma Alexis lo trattenne per una mano.

-No, James, stai qui con me.- disse lei, tirandolo e facendolo sedere accanto a sé sul letto. -Bucky, quella donna- sgranò gli occhi di nuovo e le parole le morirono sulla bocca, quando il suo sguardo cadde sulla coscia di Bucky.

Aveva una ferita, piuttosto profonda che grondava sangue. Si sporse dal letto, notando che aveva fatto una scia di gocciolone di sangue fino a dove era adesso.

-Oh mio dio, Bucky!-

-Cosa?!-

-La tua gamba!-

-Non preoccuparti.-

-Ma stai grondando sangue! Ti prego vai giù al pronto soccorso, fatti mettere dei punti!-

Bucky la guardò piegando la testa di lato ed aggrottando la fronte.
Si alzò dal letto ed entrò nel bagno. Si tamponò la ferita con la carta igienica, poi prese del disinfettante e ago e filo che trovò lì in un armadietto e tornò da Alexis, sedendosi accanto a lei.

La ragazza lo osservò iniziare a chiudersi la ferita da solo.
-Sai mettere  dei punti?-

-Hai idea di quante parti del corpo abbia ricucito in trincea?-

Alexis lo guardò orgogliosamente. Il lato del Bucky Barnes originale era uno di quelli che le piaceva di più. Ma, pensandoci, si rese conto che non c'era in effetti un lato di Bucky Barnes che non le piacesse.

-Aspetta, faccio io.- la ragazza sfilò l'ago dalle mani di James e continuò lei, sotto lo sguardo attento di lui. -Dicevo: quella donna è...- le sembrava strano anche soltanto dirlo. -Quella donna è identica a mia madre, Bucky.-

-Davvero?!-

Alexis annuì.

-Quella donna è Erech, Alexis. Natasha ha completato la ricerca per riconoscimento facciale. Si chiama Erech Karlatos.

La ragazza chiuse gli occhi. Deglutì. Sospirò. Poi li riaprì e ricominciò a cucire. -Ok.- disse.

-Credi che tua madre possa essere sopravvissuta e che possa essere diventata una trafficante d'armi, cambiando nome?-

Alexis scosse la testa, senza staccare gli occhi dal lavoro che stava facendo.
-No. Quella non era mia madre, ha gli occhi diversi. Sono azzurri, mia madre li aveva come i miei. E poi non avrebbe assolutamente senso.- Fece l'ultimo nodo, poi sollevò una mano verso Bucky. -Passami le forbici.-

Lui lo fece, Alexis tagliò il filo in eccesso e le lanciò sul comodino, insieme all'ago.

-Come ti senti?- chiese Bucky con sguardo apprensivo.

-Bene.- rispose lei. Lo spinse fino a farlo stare semi seduto sul letto accanto a lei, poi la ragazza si accoccolò sul suo petto.

-Sul serio?-

La ragazza annuì. -Sì. Quella non è mia madre. E' solo un brutto scherzo del destino. E io voglio solo dormire.-

Bucky strinse le labbra ed annuì. -D'accordo.-

Le diede un bacio tra i capelli ed abbandonò la testa contro il muro. Dopo pochi secondi sentì il respiro di Alexis farsi più pesante. Si era addormentata.
Lui, invece, passò ancora molte ore sveglio, tormentato da quella stramaledetta situazione. Lui e Alexis avrebbero dovuto condividere soltanto momenti felici di quella gravidanza, invece erano costantemente minacciati.
E non è altro che colpa mia, pensò.
 
 
 
 



La mattina successiva

Bucky diede un bacio sulla guancia ad Alexis, mentre la ragazza infilava nello zaino le ultime cose da portare via dall'ospedale. Lei gli sorrise, illuminando tutta la stanza, agli occhi di Bucky.
Si voltò per uscire dalla stanza ed andare e riconsegnare alla reception i fogli firmati da Alexis, ma quando fu davanti la porta, fu aperta da Tony Stark che stringeva tra le mani due tazze di caffè di Starbucks.

-Oh, ci sei anche tu!- disse Tony. -Scusa, ne ho portati solo due.-

Bucky fece spallucce, mentre Tony entrava.

-Come sta la mia Agente preferita?-

-Alla grande!- rispose Alexis, afferrando il caffè e buttando giù due sorsi. -Che ci fai qui?-

-Ho avuto un'idea per distrarti da quello che è successo ieri sera.-

Alexis aggrottò la fronte e si sporse per guardare Bucky.

-Gli ho mandato un messaggio mentre dormivi, sì.- rispose il soldato, indicando Tony con una mano.

Alexis sorrise e scosse la testa, poi tornò su Tony. -Che idea?-

-Sai, le sorprese non funzionano più sei vengono rivelate prima che si manifestino.- si voltò ed andò verso la porta. -Andiamo alla torre. Ti aspettiamo giù, bimba.- disse, dando una pacca sulla spalla a James, che uscì insieme a lui.  

Mentre camminavano nel corridoio, Tony si rivolse a Barnes.
-Mi sono permesso di invitare anche lo zio Steve.-

Bucky annuì. -Hai fatto bene.-
Lui sapeva quale fosse l'idea che aveva avuto Tony. Il discorso però prese una piega che a James parve molto strana, soprattutto fatto da Tony Stark, soprattutto nei suoi confronti.

-Sai, sono contento.- disse Tony.

Bucky lo guardò senza rispondere, con il suo dolcissimo sguardo confuso che aveva tanto conquistato Alexis fin da subito.

Tony riprese: -Sì, sono contento, voglio dire, un bambino è sempre una bella cosa, ma sono particolarmente contento stavolta.-

-Dici cose strane, Stark.-

Tony sbuffò una risata. -Lo so, è vero. Suppongo sia la paternità. Sai, non pensavo che l'avrei mai detto ma... soprattutto sono... sono contento per te.-

Bucky quasi si strozzò con la sua stessa saliva. -Per me?!-

-Sì. A proposito mi dispiace per tutte quelle storie che ho fatto quella volta per... insomma, lo sai. Credo sia... Sì, credo che questo bambino sia una benedizione per te. E poi guarda Alexis. Non l'ho mai vista più felice di così, considerando anche tutto quello che le sta succedendo, ed è solo grazie a te.-

Bucky sorrise. -Lei è perfetta già da sola.-

Tony gli puntò un dito contro. -Vero. Quello che voglio dire è: ve la meritate entrambi questa felicità. Vi siete entrambi trovati in un momento in cui stavate ricominciando la vostra vita da zero, siete... siete anime gemelle. Sono sicuro che sarete ottimi genitori.- gli diede una pacca sulla spalla, poi si avviò verso la porta d'uscita.

Bucky rimase imbambolato accanto alla reception con i fogli tra le mani a mezz'aria.
 
 







Stark Tower, laboratorio

-Allora, sta ferma.- disse Tony ad Alexis, mentre le prelevava una filetta di sangue.

-Non mi muovo.-

Alexis si scambiò uno sguardo prima con Bucky, poi con Steve. Entrambi la guardavano con apprensione ed ansiosi di sapere quale fosse il sesso del bambino. Lei, però, non lo era così tanto. Era sicura al centro per centro che sarebbe stata una femmina, se lo sentiva fin nel profondo dell'anima e delle ossa.

-Facciamo delle analisi del sangue un po' più particolari. Lo porto giù al dottor Banner.- disse scuotendo tra le mani la fiala. -Adesso sdraiati, Friday ti farà un'ecografia interna con una sonda speciale che poi invierà a noi giù i dati contenenti la percentuale di... vabbè, ma a te non importa un fico secco di quello che sto dicendo, vero?-

Alexis fece un cenno di assenso con la testa mentre si sdraiava.

Tony uscì dalla porta ed anche gli altri due fecero per seguirlo, ma...

-James.- chiamò lei. -Tu potresti rimanere.-

-Ehm.- il soldato si scambiò un' occhiata con Steve che fece spallucce. -D'accordo.- disse, tornando verso Alexis.

Dopo che Steve ebbe chiuso la porta, Friday, con un braccio meccanico, iniziò l'ecografia, mentre Bucky stava seduto accanto ad Alexis guardando per aria.
Lei lo notò.

-Ti senti a disagio?-

Bucky la guardò negli occhi. -Un po'. Non voglio neanche immaginare cosa si provi ad essere.. ehm... smanettati... là sotto da dottori vari o da... Friday.- disse, stringendo le labbra e lanciando uno sguardo al macchinario.

-Sono contenta che la pensi così.- disse Alexis, poi si voltò ed allungò un braccio verso il monitor di Friday e lo ruotò verso di sé. Puntò un dito contro qualcosa di scuro. -Guarda. E'...-

Bucky si sporse verso lo schermo ed assottigliò gli occhi. -Bellissimo.- sorrise, con un sorriso che scaldò il cuore ad Alexis, tanto che sperò che la sensazione di felicità che provava nel guardare il volto di James in quel momento la potesse provare ogni giorno al mattino quando si svegliava.
 
Dopo pochi minuti, Alexis si era rivestita e Tony era entrato nella stanza, seguito da Steve e da Bruce Banner.

-Abbiamo il verdetto!- esclamò agitando in aria un foglio.

Lo consegnò ad Alexis, che si scambiò uno sguardo emozionato con Bucky.
Aprì il foglio che era piegato in due e lesse, schiarendosi prima la voce:

-Ai sensi dell'articolo bla bla bla, considerate le misure di bla bla bla, dopo aver ricevuto il consenso del bla bla bla, bla... bla... bla... l'esame ha riscontrato una probabilità del 93% riguardo il seguente sesso: M.-

Bucky sorrise, trattenne il respiro e sollevò le sopracciglia, poi guardò Alexis, che rideva ma allo stesso tempo aveva le sopracciglia aggrottate.

Steve e Bruce batterono le mani, entrambi contenti di poter tirare su un ottimo futuro Avenger, che sicuramente sarebbe stato dotato di grandi abilità, visti i loro genitori.

Tony invece osservò la reazione dei due quasi genitori con le braccia conserte.
-Non è quello che vi aspettavate?- chiese.

Alexis strinse le labbra. -Beh, l'avevamo immaginata femmina fin da subito.- disse, prese la mano di James e la strinse. -Ma saremo comunque una bella famigliola felice.-

Di questo era certa. Quel bambino avrebbe potuto avere anche un corno sulla testa, una coda da gatto, o trenta dita totali, invece che venti, lei lo avrebbe amato lo stesso.
E della stessa identica cosa era certo Bucky, che, chinandosi a dare una bacio sulla fronte ad Alexis, pensò che si sarebbe impegnato anima e corpo ad insegnargli i valori più alti che poteva e ad essere un gentiluomo.

Tony sorrise e batté le mani due volte, poi decise di lasciare un po' di intimità ai due innamorati.
-Mini soldatino d'inverno in arrivo, gente!- disse andando fuori dalla stanza, più o meno a tutti quelli che incontrava.

Alexis rise di gusto, poi prese Bucky per la maglietta e lo attirò a sé, lasciandogli un bacio sulle labbra che diceva tutto della gioia che provava in quel momento.  
 
 
 


 

*                *                *
 
 



Erech Karlatos si guardò allo specchio.

Sciolse i capelli castani scalati che le sfioravano le spalle. Sarebbero bastati a coprire il segni sul collo che le aveva lasciato quel fastidiosissimo James Barnes.
Sbuffò, poi uscì da bagno della sua villa ed attraversò la casa fino ad arrivare al giardino, dove il suo braccio destro Adrien Fournier stava addestrando le loro reclute alle arti mistiche.

-Preparali per bene, mi raccomando.- disse la donna, sistemandosi accanto a lui con le mani intrecciate dietro la schiena. 

Lui smise per qualche secondo di mostrare i movimenti ai cadetti e si voltò verso Erech come se l'avesse appena insultato.
-Lo faccio sempre, mia cara.- rispose con un accento francese volutamente calcato.  -Siamo di cattivo umore?-

Erech sospirò rumorosamente. -Non riuscirò ad uccidere quella ragazzina, se i suoi amichetti si mettono sempre in mezzo.-

-Amichetti?-

-Gli Avengers.- rispose lei, alzando gli occhi al cielo.

-Oh, allora è una famosa!-

Erech assottigliò gli occhi e strinse le labbra. -Dovrò eliminare anche gli Avengers. Altrimenti mi staranno sempre tra i piedi e non riuscirò a portare a termine il piano.-

-Tutto quello che vuoi, mia cara.- Adrien fece spallucce e tornò a girare tra i suoi studenti.

Sul viso di Erech si dipinse un sorriso diabolico, mentre rientrava in casa per inserire nuovi dettagli nel suo piano che, in realtà, aveva già iniziato a prendere forma nell'ultima settimana, anche se gli Avengers ancora non se ne erano resi conto.

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV: Elementare, Watson (Parte I) ***


Angolo Autrice
Ciao a tutti!
Eccomi con un nuovo capitolo! Come vi accennavo, la delusione dell'esame mi ha fatta letteralmente affogare il dispiacere nella scrittura, quindi questa settimana vi siete beccati ben tre capitoli!
Lo ammetto, questo è più corto del solito, ma in realtà è perché l'ho estrapolato dal prossimo, altrimenti sarebbe stato troppo lungo xD
Vediamo gli Avengers in modalità Sherlock Holmes, e li vedremo così anche nel prossimo capitolo. 
Ci tengo tantissimo a ringraziare InsurgentMusketeer e MaryElizabethVictoria, i miei due cuoricini che non fanno che rendermi felice, facendomi esplodere il cuore di gioia quando leggo le loro recensioni e quando mi fanno ritrovare Alexis nelle loro storie ('Avengers: L'alba dei soldati d'inverno' e 'Young Avengers - Strings of Destiny'). 
Ringrazio anche tutto il resto dei lettori che sta seguendo questa storia, di vero cuore <3
Un abbraccio e ci sentiamo presto!
Rack 


 
 
New Avengers: Together - Promises
Capitolo XIV: Elementare, Watson

(Parte I)






Due settimane dopo...

-Tieni.- disse Steve, porgendo ad Alexis una ciotola piena di patatine. -Come fai a mangiare quella roba alle nove del mattino, non lo capisco proprio. Non dovresti avere la nausea?-

Alexis, che se ne stava sdraiata sul divano, afferrò la ciotola ed iniziò subito a mangiare, dopo aver fatto spallucce all'affermazione di Steve.

Steve si sedette accanto a lei, sollevandole le gambe che poi Lexie riallungò sopra quelle del collega.

Era fine giugno ed Alexis era completamente stordita dal caldo e dalle voglie di cibo, di qualsiasi genere a qualsiasi ora.  Un problema che, in realtà, aveva già prima della gravidanza.
Alexis mandò giù un boccone, poi puntò un indice contro Natasha che, seduta sulla poltrona davanti a lei, con il computer sulle gambe, continuava imperterrita la ricerca sul possibile luogo del nascondiglio di Erech.

-Sai Nat, credo che dovresti lasciar perdere.- disse, fingendosi disinteressata.

Natasha distolse solo per un attimo lo sguardo dal computer. -Solo perché ci vuole tanto tempo non è detto che sia introvabile.-

Alexis fece spallucce. -Io credo che verrà lei a trovarmi. Il suo desiderio di uccidermi era troppo alto, vedrete che spunterà fuori.-

Steve strinse le labbra. -Se neanche Strange riesce a trovarla... insomma lui vede tutto. Deve essere molto potente, quindi dobbiamo almeno avere il vantaggio di giocare in anticipo.- disse, guardando Alexis.

-Come volete.- 

Alexis continuò a mangiare le sue patatine come se da quello dipendesse la sua vita. Nelle ultime due settimane si era un po' calmata: aveva smesso di fare scintille da ogni parte del corpo e continuamente, ma aveva ancora qualche problema con la magia. Strange le aveva detto che poteva stare tranquilla e che una volta risolta tutta quella questione che la toccava così da vicino, il problema si sarebbe risolto da solo.

Per quanto riguarda Erech: era scomparsa nel nulla. Avevano parlato anche del fatto, per nulla importante, che fosse identica alla madre di Alexis. Tuttavia, Tony, Bucky e Steve, avevano concordato che con questione delle minacce di aborto di Alexis, la ragazza avrebbe dovuto stare tranquilla il più possibile, quindi avevano scelto di non parlare più di quella donna e di procedere solamente con le ricerche del suo nascondiglio.
Ad Alexis questa situazione in cui lei era stata come messa in una campana di vetro, non andava per niente a genio.

Proprio quando stava per ricominciare ad obiettare, tentando di riaprire l'argomento sul volto di Erech, Tony entrò di fretta nella stanza.
-Salve, gente.- disse Tony. Si avvicinò a Natasha in particolare. -Mi è arrivato uno strano messaggio. Guarda.- porse il biglietto alla donna.

-E' criptato.- rispose lei aggrottando la fronte.

-Io credo possa trattarsi di Visione.-

-Ah, hanno finito la luna di miele?- chiese Alexis, mettendo in bocca un'altra patatina.

Tony strinse le labbra e sollevò le sopracciglia. -No, io credo siano in pericolo, altrimenti perché mandare un messaggio criptato?-

Steve chiuse gli occhi e sospirò.

Nello stesso momento entrò nella stanza Bucky, seguito da Sam.
Erano appena tornati da una commissione che Alexis aveva affidato loro, ma Bucky, quando la vide aggrottò la fronte. Guardò più volte Alexis e la tazza di cioccolata con panna e caramello che Alexis aveva richiesto e che erano andati a prenderle al bar del complesso.
-Non mi avevi chiesto una cioccolata calda meno di dieci minuti fa?- chiese Bucky.

-Oh, sì.- rispose Alexis, poi gli fece cenno di avvicinarsi. -Da qua.-

Bucky, con lo sguardo corrucciato, le andò incontro e le porse la tazza. Si sedette sulla poltrona di fianco al divano dove era sdraiata Alexis: non era certo il caso di disturbarla.

Tutti i presenti guardarono Alexis bere un lungo sorso di cioccolata dalla cannuccia, per poi posarla sul tavolinetto e prendere una patatina e mangiarla subito dopo. Continuò con questa combo per tutto il tempo.
Tutti si scambiarono uno sguardo schifato.

Natasha afferrò il messaggio dalle mani di Tony e si alzò, portando con sé il computer.

-Fai da sola?- chiese Steve alla collega.

Natasha rispose senza voltarsi. -C'è Bruce nello studio, mi farò dare una mano da lui.-

Dopo che fu uscita, mentre Tony prendeva il suo posto, Alexis e Steve si scambiarono un'occhiata sorniona.
Gli altri osservarono Tony allungarsi fino ad arrivare al sacchetto delle patatine, ne prese una, poi prese la tazza di cioccolata e ve ne versò sopra una goccia. La mangiò. Anche Alexis in questo caso aveva lo sguardo esterrefatto.

-Una prelibatezza.- disse Tony.

Alexis rise. -Vero?-

-Voi non state bene.- commentò Sam.

-Ma dai.- fece Tony. -Tu non hai neanche il coraggio di provare!-

Sam assottigliò gli occhi, mentre Bucky, vedendolo e capendo al volo i suoi pensieri, scosse la testa.
Sam Wilson non si lasciava mai sfuggire una sfida. Soprattutto se dall'altra parte c'era l'agente Moore.
Si avvicinò ad Alexis e fece la stessa cosa che aveva fatto Tony, con più cioccolata, però.
All'inizio strinse gli occhi, istintivamente, ma poi li sgranò, rendendosi conto che la combo non era niente male. 
Steve sbuffò una risata per poi scambiarsi un'occhiata con Bucky pensando entrambi "questi sono pazzi".

Alexis chiuse le patatine, si pulì le mani addosso e si mise a sedere a gambe incrociate sul divano.
-Allora, possiamo parlarne?-

-Di cosa?- chiese Tony.

-Di Erech.-

Tony alzò gli occhi al cielo. -No.-

-Andiamo!- si lamentò Alexis, gesticolando. -L'ho appena nominata e non è successo niente!- disse mostrando le mani. -Sono tranquilla, giuro!-

Bucky sospirò e cambiò posto, andando a sedersi accanto a lei, come a volerla proteggere meglio.
-D'accordo.- disse. -Di che vuoi parlare?-

Alexis si voltò e gli lasciò un bacio sulla guancia prima di cominciare:
-Allora: questa donna si chiama Erech Karlatos. Ha il cognome di mia nonna, ma è identica a mia madre, se non per gli occhi.-

-Quindi?- chiese Tony.

-Come credi che siate imparentante?- chiese Sam.

-Io credo che possa essere la sorella gemella di mia madre. Magari... non saprei... magari era una ragazza cattiva e se ne è andata di casa e mia madre non me ne ha mai parlato.-

-E perché usa il cognome di tua nonna?- chiese Steve.

Alexis si portò una mano al mento e ci pensò.

-Forse è solo un modo per non farsi trovare.- disse Bucky. -Smith è un cognome molto più famoso di Karlatos.-

Alexis fece spallucce.

-Sicura che non si tratti della nonnina? Magari è stata in possesso della gemma del tempo e si è ringiovanita.- disse Tony.

-Mia nonna non era così da giovane.-

-Magari hai qualche parente in vita che può chiarire la situazione? Qualche parente lontano, che sia della generazione di tua nonna?- chiese Steve.

-Ehm...- Alexis si grattò la testa e ci pensò su. -Io... ora non ricordo bene, dovrei andare sfogliare qualche ricordo nei miei cassetti di sopra. Però mi pare che mia nonna avesse un fratello che credo... credo viva a Londra.-

-Wow.- fece Tony. -Voi Karlatos vi siete dispersi per benino nel mondo.-

-Già.- ripose Alexis sorridendo. -I miei nonni sono stati i primi ad andarsene dalla Grecia, volevano che mia madre crescesse nel nuovo mondo.-

-Hai modo di contattare questa persona?- chiese Bucky, sporgendosi dalla poltrona.

Alexis annuì. -Ricordo che fosse in una casa di riposo. Ho conservato il numero, è nella rubrica che ho preso da casa mia prima di andarmene.- bevve un ultimo sorso di cioccolata, poi si alzò in piedi.
-Chi vuole venire con me?-

-Io passo.- disse Sam.

Bucky e Steve alzarono la mano in maniera molto buffa, Alexis li guardò e schioccò con la lingua facendo loro un occhiolino per uno.

-Io ho impegni con Pepper e Morgan.- disse Tony alzando le mani. 
 

 
*            *                 *
 




Alexis aveva ritrovato nell'agenda il nome della casa di riposo dove si trovava quel parente, che, a quanto leggeva, si chiamava Alexandros. Lei non aveva la minima idea neanche di che faccia avesse.

Dopo vari tentativi, era riuscita ad aprire un portale. Ogni settimana che passava doveva fare sempre più attenzione a dosare la magia, perché il piccolo avrebbe potuto risentire dei suoi sforzi.

-Però, io ci vivrei tranquillamente.- commentò Bucky guardandosi intorno.

La casa di riposo si trovava nella campagna di Londra, era immersa nel verde ed era un vero e proprio maniero di campagna, circondato da piante di lavanda e da recinti con animali da fattoria.

-Già.- rispose Steve all'amico.

Alexis, invece, quasi li ignorò mentre camminava verso la porta d'ingresso.
Aveva lo sguardo concentrato, faceva respiri corti e si stava massacrando le dita con le unghie.

Bucky la notò e la prese per mano.
-Sta tranquilla.- le disse.

Alexis avrebbe tanto voluto che la sua agitazione potesse essere comandata così facilmente, ma purtroppo non era possibile. Altrimenti avrebbe messo in mano a Bucky la sua sfera emotiva senza pensarci su.
La ragazza, però, si tranquillizzò un po' nel sentire la vicinanza del suo amore e gli sorrise lievemente.
Quando fu davanti alla porta suonò il campanello e la porta si aprì con uno scatto automatico.
Alexis lasciò la mano di Bucky, attraversò la soglia, e si recò al bancone della reception, vi poggiò entrambe le braccia sopra, attirando l'attenzione del ragazzo che se ne stava lì a fare le parole crociate. Quando vide Alexis si bloccò con la penna a mezz'aria e la bocca semi aperta. Steve poté giurare che gli occhi di quel ragazzo erano diventati più luminosi del sole. Bucky invece giurò che se non avesse subito fatto sparire quell'espressione da ebete ci avrebbe pensato lui stesso a farlo.

-Posso esserle utile?-

-Salve, sì!- rispose Alexis, non rendendosi minimamente conto di aver folgorato il ragazzo. -Sto cercando Alexandros Karlatos. L'ultima volta che l'ho sentito si trovava qui da voi.-

Il ragazzo posò il giornale e digitò al computer in fretta il nome che Alexis aveva chiesto, senza pensarci due volte.
Tuttavia, storse il naso quando lo trovò nel registro.
-Mi dispiace, ma... risulta essere deceduto più di un anno fa.-

Alexis poté chiaramente sentire il suo cuore fare crack e rimase a fissare il vuoto davanti a sé. L'unica speranza di sapere da dove provenisse Erech Karlatos era appena svanita nel nulla. O almeno così credeva, perché forse lei era troppo agitata per pensare lucidamente, al contrario di Steve.

-Sai per caso se aveva una famiglia?- chiese Steve.

Il ragazzo annuì. -Sì, aspetta, vi scrivo l'indirizzo di casa di sua figlia.- prese un post-it e copiò l'indirizzo che aveva trovato nel database. Si alzò in piedi e si sporse  per darlo ad Alexis, poi fece un sorrisetto furbo le disse. -Se vuoi posso lasciarti anche il mio numero.-

Alexis non fece in tempo neanche a capire cosa il ragazzo avesse detto.

Bucky piegò la testa da un lato e strinse gli occhi, prese il biglietto dalle mani del ragazzo e disse:
-No, grazie. Abbiamo quello che ci serve. Buona giornata.-

Prese per mano Alexis e la trascinò fuori dall'edificio, mentre Steve li seguiva cercando di trattenersi dall'esplodere in una risata.
Quando furono fuori, Bucky si calmò e lasciò la mano della ragazza.
Alexis guardò Bucky, poi Steve, ed iniziò a ridere insieme a quest'ultimo.

-Non ho capito cosa è successo.- disse lei.

-Ah no?- chiese Bucky. -Io l'ho capito benissimo. Quello voleva provarci con la mia fidanzata.-

-Avrà avuto diciassette anni, Buck.- disse Alexis.

-Non mi interessa.-

-Puoi stare tranquillo.- si intromise Steve. -Ad Alexis piacciono gli uomini attempati.-

La ragazza strinse le labbra ed annuì. -Vero!-

Bucky non riuscì a trattenere un sorriso, mentre osservava Alexis aprire un portale mentre leggeva l'indirizzo sul foglietto giallo che teneva in una mano.
 


 
*                 *                  *
 




Alexis suonò di nuovo il campanello, per la seconda volta negli ultimi 40 minuti.
Stavolta era leggermente più tranquilla di prima, perché aveva la certezza che la cugina di sua madre fosse viva.

Una donna, di circa 45 anni, aprì loro la porta.

-Sophia Karlatos?- chiese Alexis.

Tuttavia la donna non la guardò, perché era rimasta folgorata dai due uomini che la accompagnavano e che se ne stavano qualche passo indietro.

-Mio. Dio.- disse la donna, puntando un dito contro di loro. -Ma quelli sono due degli Avengers più fichi del pianeta!- esclamò sussurrando.

Alexis stiracchiò un sorriso, voltandosi verso i colleghi, poi si voltò di nuovo verso la donna, che stavolta abbassò lo sguardo su di lei.

-Ehm... sì.- rispose la ragazza, sussurrando anche lei. -Io sono...-

-Tu sei Alexis! La figlia di Emma che è entrata negli Avengers!- esclamò l'altra sporgendosi ad abbracciarla.

Alexis, con gli occhi sgranati per lo stupore, ricambiò l'abbraccio.

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Capitolo 15
*** Capitolo XV: Elementare, Watson (Parte II) ***


Angolo Autrice
Ce l'ho fattaaaa! Avete visto che brava!? xD
Però ho troppo sonno per scrivere qualcosa di sensato, quindi molto semplicemente vi ringrazio tantissimo come sempre per leggere questa storia e ci sentiamo alla prossima!
Vostra
Rack =)

Ps: non odiatemi per il finale <3

 



New Avengers: Together - Promises
Capitolo XV: Elementare, Watson 
(Parte II)
 





Alessandria d'Egitto, villa privata di Erech

Erech faceva scorrere tra le sue dita una piccola conchiglia, probabilmente con l'intento di utilizzarla come anti-stress, senza riuscirci. Stava seduta al tavolo del salotto, con entrambi i gomiti puntellati su di esso e fissava dei fogli sotto di sé che contenevano informazioni su Alexis Moore e sul resto degli Avengers. Voleva scoprire tutto su di loro, in modo da non rischiare di essere colta alla sprovvista da qualche loro abilità speciale.

-Questi stronzi sono davvero rognosi, potrebbero davvero darci del filo da torcere.- sentenziò lei.

Poco più in là, seduto a gambe larghe sul divano in pelle bianco, Adrien stava bevendo un qualche cocktail che aveva appena inventato grazie alla vasta gamma di alcolici presenti nell'angolo bar di Erech. Si passò una mano sugli occhi con un' espressione dolorante e si lisciò i capelli scuri gelatinati tenuti stretti in un piccolo chignon.

-Cristo, calmati cara, mi stai facendo scoppiare la testa.- disse, poggiando pigramente la testa sul bordo dello schienale del divano.  -Sono due settimane che elabori questo piano, è praticamente impossibile che tu abbia fatto degli errori di calcolo.-

La donna non rispose, ma si alzò ed andò a sedersi accanto al partner, guardandolo con gli occhi stretti in due fessure.

L'uomo sollevò la testa per guardarla ed ebbe quasi paura di quello sguardo che lo stava trafiggendo.
-Cosa vuoi? Fare un ripasso?-

Erech trattenne il respiro, poi annuì. -Sì, esatto, voglio fare un ripasso.-

Lui le parò una mano davanti. -Ti prego, è il quinto da questa mattina, solo le cose importanti.-

-Va bene.- rispose la donna, facendo scrocchiare le dita delle mani. -Dunque: abbiamo stabilito che lo scontro vogliamo che avvenga nel nostro territorio, lontano da tutte le loro attrezzature, in modo da togliere loro quel vantaggio.-

-Esatto.-

-Quindi dobbiamo attirare qui Alexis. Sicuramente gli altri Avengers la seguiranno, ma non sarà un problema: i nostri stregoni sono pronti. Per attirarla qui andrò-

Adrien la fermò con una mano e le fece il gesto di tagliare con le forbici. -Sì, andiamo avanti.-

Lei lo guardò male di nuovo. -Sai che posso stenderti con una folata di vento, vero?-

-Sì. E tu sai che io posso fare altrettanto con un terremoto, giusto?- disse l'altro, con un sorriso più che falsamente buono.

-Dicevo: dopo il rapimento, lei vorrà assolutamente venire qui e se tutti gli Avengers la seguiranno, li elimineremo tutti. L'importante è che avvenga qui. Non voglio che tutto il mondo mi veda eliminare i salvatori della terra, ho un business da portare avanti io.-

-Non ti piace essere vista come la cattiva?-

-Non in questo caso e non da tutto il mondo.- ammise Erech, facendo spallucce. Poi continuò: -Come va con i nostri... inquilini?-

-Stanno bene.- rispose Adrien, capendo subito a chi stesse alludendo la compagna. -Il sonnifero fa effetto su di loro come se fossero comuni esseri umani.-

Erech respirò profondamente. -Bene. E' importante che rimangano nascosti e addormentati. Sono i più potenti, a mio avviso, e sarà meglio non averli tra i piedi.-

-Concordo.-

La donna fece roteare il collo, che scrocchiò in una maniera inquietante e sinistra.

-Diamo inizio al piano.-
 
 


 
*                    *                 *
 


Intanto a Londra...

La cugina di sua madre, Sophia Karlatos, aveva accolto Alexis a braccia aperte, come se la conoscesse da tanto tempo.

Alexis ricordava poco di quella donna, ma erano ricordi positivi: era stata l'unica a prendere un volo da Londra, raggiungendola a New York, quando i suoi genitori erano morti. In quella prima settimana aveva preso una stanza in albergo ed aveva visto Alexis tutti i giorni, ma la ragazza, che si era stabilizzata dal suo vicino, l'enigmatico Stephen Strange,  aveva espresso fin da subito, anche con Sophia, un unico desiderio: vendere la casa dei suoi genitori ed entrare nello SHIELD per poter ricevere la preparazione adatta a scovare l'assassino dei suoi genitori. Poi tutto aveva preso un'altra piega. Sophia non si era fatta più sentire, ma sapeva che Alexis stava bene, sapeva che era entrata nello SHIELD ed aveva seguito con attenzione tutta la questione riguardante gli accordi di Sokovia e lo scontro tra fazione interne degli Avengers di pochi anni prima, quindi sapeva che Alexis aveva preso parte a tutto ciò e che ora la sua vita era quella di un'eroina.

L'ultima volta che si era fatta sentire con un messaggio era stato proprio quando l'aveva vista in tv per la prima volta, quando i notiziari parlavano dello scontro tra Tony Stark e Captain America a Lipsia. Poi, una volta sincerata del fatto che la figlia di sua cugina fosse sotto la custodia di Tony Stark, Sophia non l'aveva più cercata.

Ma neanche Alexis l'aveva fatto: l'idea della sua vecchia vita le faceva male e anche tanto, quindi aveva scelto di fingere che non fosse mai esistita. Ora, invece, quella vita passata se la stava ritrovando tra i piedi in maniera estremamente pressante e pericolosa. Talmente aveva voluto dimenticarla che aveva scordato anche l'unica persona della sua famiglia che aveva tentato di darle una mano. Solo quando l'aveva rivista sulla soglia di casa, le era tornato tutto in mente.

Sophia era una donna estremamente cordiale, alta, bella, molto simile a sua madre, anche se, al posto del taglio lisco e scalato fino alle spalle, lei aveva un lungo manto di capelli neri fittamente ricci.
Da quello che aveva appreso Alexis, Sophia era divorziata ed aveva due figli maschi molto piccoli. Il secondo punto era il motivo per cui la donna li aveva accolti sul retro della casa in giardino, visto che in casa i piccoli stavano dormendo beatamente sul divano. Lì i tre Avengers potevano sostare in tutta tranquillità, grazie ad una siepe che permetteva di nascondere la loro identità.

Seduti ad un piccolo tavolo rotondo in legno, sotto un ombrellone, i tre non facevano che lanciarsi sguardi preoccupati e curiosi al tempo stesso di sapere di più sulla famiglia di Alexis. Anche Alexis stessa aveva quella stessa curiosità, visto che era l'unico modo che le era rimasto per capirci qualcosa di più sul fatto che una donna identica a sua madre stava cercando di ucciderla da svariati mesi. La ragazza aveva preso a muovere spasmodicamente un piede su e giù e faceva tremolare tutto il tavolo.

Sophia aveva subito capito le ragioni di Alexis, senza neanche stupirsi troppo della magia, né della somiglianza della donna misteriosa con la cugina defunta. Aveva detto che negli ultimi dieci anni se ne erano viste talmente tante nel mondo che ormai lei non si stupiva più di niente.

Dopo pochi minuti di attesa, Alexis l'aveva vista tornare verso di loro con un sorriso smagliante ed un vassoio in mano.

-Questi sono per scusarmi del fatto che vi accolti qui fuori con questo caldo. Incredibile, siete arrivati nel giorno più caldo dell'estate londinese di quest'anno!- disse la donna, poggiando tre grandi bicchieri pieni fino all'orlo di tè freddo con ghiaccio sul tavolo.
Davanti ad Alexis, posò anche un vecchio quadernetto nero e sdrucito, lasciandovi sopra una lieve carezza e mostrando un sorriso malinconico.

-E questo è tutto ciò che posso darvi per aiutarvi. E' una sorta di diario di viaggio di mio padre che ha scritto lungo tutta la sua vita. Ovviamente sono più di uno, ma questo dovrebbe riguardare la manciata di anni che riguarda la gioventù di tua nonna, Alexis.- fece un sorriso sincero a tutti e tre.

Sophia si allontanò, ma poi si fermò in mezzo al giardino e fece cenno ad Alexis di raggiungerla. Quando la ragazza le fu vicino le disse:
-Puoi togliermi una curiosità?-

Alexis mise le mani nelle tasche posteriori dei jeans. -Certo, tutto quello che vuoi!-

La donna si avvicinò ulteriormente ad Alexis, strinse gli occhi guardando i due rimasti al tavolo e le parlò all'orecchio coprendosi la bocca.
-Quale dei due manzi è il tuo fidanzato?-

Alexis trattenne una risata con la mano sulle labbra. -Cosa?!-

-Andiamo.- Sophia le diede una lieve gomitata sul braccio. -Ti guardano entrambi come se fossi la cosa più preziosa del mondo che devono proteggere.-

-Ehm...- la ragazza strinse le labbra, annuì e si grattò la testa imbarazzata.  -Il moro, Bucky Barnes.-

Sophia sorrise sollevando solo un angola della bocca e sollevò più volte le sopracciglia. -Oh, dunque ti piacciono quelli belli e tenebrosi, mh?- poi tornò con lo sguardo verso i due manzi. -E come mai anche l'altro ti guarda allo stesso modo?-

Alexis sgranò gli occhi, poi aggrottò la fronte tanto che le fece male la pelle.
Scosse la testa velocemente. -Oh, no sei fuori strada! Lui è solo mio amico, mi vuole molto bene ed è molto molto gentile. Sai, Captain America, no?-

Sophia scosse la testa e le sorrise dolcemente, poi accarezzò la guancia di Alexis.
-Sei proprio come tua madre. Anche lei si faceva amare e voler bene da tutti.-

Alexis sentì quell'affermazione come una coltellata dritta al cuore.
Lei sua madre la conosceva bene, ci aveva vissuto insieme per venti anni, non aveva bisogno che qualcuno gliela ricordasse, né voleva farlo lei. Ogni volta che lo faceva si rivelava essere un'esperienza dolorosa, forse più della precedente.
Tuttavia, si disse che anche Sophia aveva voluto bene ad Emma Smith e quindi era normale che le parlasse in quel modo. La ragazza le sorrise.

-Grazie per quello che stai facendo, zia Sophia.-

-Di nulla, tesoro. Spero di poterti aiutare in qualche modo.- disse la donna, per poi rientrare in casa, mentre Alexis tornava a sedersi.

-Cosa voleva?- chiese Bucky, mentre osservava ogni movimento compiuto da Alexis nel mettersi seduta.

-Ahm, nulla, mi ha chiesto se uno di voi due fosse il mio fidanzato.-

-E tu che le hai detto?-

Alexis sollevò entrambe le sopracciglia. -Le ho detto di sì e lei mi ha chiesto chi di voi due, così io le ho detto "il più bello, ovviamente" e lei mi ha risposto "oh, intendi Bucky Barnes"?-  disse la ragazza, mentre beveva un sorso del suo tè ghiacciato.

Bucky piegò la testa di lato. -Non è vero, non è andata così.-

Alexis rise lievemente mentre apriva il diario. -No, non è vero.-

-Comunque sono piuttosto indignato da questa argomentazione.- aggiunse Steve.

Alexis gli lanciò un ultimo sorriso prima di immergersi nel turbinio dei ricordi di Alexandros Karlatos.

Lesse ad alta voce diverse pagine di quel diario, in modo da coinvolgere anche i suoi due colleghi, qualora a lei fosse sfuggito qualche dettaglio.
Dopo circa venti minuti giunse alla pagina che faceva al caso loro.

-"Febe ha dato"...-

Alexis si bloccò. Il matrimonio di sua nonna con suo nonno non era ancora avvenuto, da quanto aveva letto nel diario. Quello che lesse la sconvolse, era stata una loro ipotesi, ma leggerlo e confermarlo era devastante.

-"Febe ha dato alla luce le due gemelle proprio questa notte."- la ragazza deglutì la saliva che non sentiva più di avere. James, da sotto il tavolo, le sfiorò un ginocchio. -"Nonostante la contrarietà di mamma e papà, ha deciso di tenerle entrambe, anche se questa decisione l'aveva già messa in chiaro nove mesi fa."-

Alexis sprofondò nella sedia, con gli occhi fissi nel vuoto. Prese il diario, lo chiuse e lo usò per sventolarsi la faccia, per evitare di svenire.
Sua nonna aveva avuto due figlie femmine, gemelle, prima del matrimonio. Suo nonno non era il padre di sua madre Emma. Lei, Alexis, non aveva il sangue di nonno Smith.
Erano tante informazioni da metabolizzare.

-Dunque possiamo dire che Erech sia la...- Steve titubò leggermente. -La sorella gemella di tua madre.-

Alexis respirò profondamente, guardando Steve, poi Bucky, ed infine annuì.
Poggiò il diario sul tavolo e lo spinse verso Bucky con un indice, come se improvvisamente fosse diventato incandescente e le facesse male anche sfiorarlo.

-Continua tu, per favore.- disse Alexis a James, con le labbra tremanti, tanto che dovette morderle per farle stare ferme.

Bucky guardò Alexis come se gli avesse appena messo nelle mani la sua stessa vita.
Era più o meno così, perché la ragazza in quel momento stava per avere un ennesimo crollo di nervi, ed era la sola presenza del suo fidanzato e del suo migliore amico a permetterle di tenere a bada le scintille tra le dita delle mani. Tuttavia, era talmente tesa che sottopelle il suo sistema nervoso era leggermente evidente e dorato.
Bucky stesso non vedeva l'ora di mettere fine a quella storia e di godersi in pace la sua vita con Alexis e suo figlio, che, sicuramente, sentiva anch'esso l'agitazione della madre.

Steve, con le braccia incrociate sopra il tavolo, notò lo sguardo che Bucky aveva lanciato alla pancia di Alexis, e che poi aveva puntato negli occhi di lei. Pensò che quei due avevano un disperato bisogno di felicità. Anzi, quei tre, si corresse mentalmente, con un sorrisetto sulle labbra.

Bucky le prese una mano, mentre con l'altra apriva il diario dove Alexis aveva lasciato il segno.
-Stai tranquilla, ti prego.- le disse con un sorriso amorevole, poi riprese a leggere:

-"Sono passati cinque mesi dalla nascita delle gemelle. Febe vuole crescerle da sola, ma sembra che le si sia messo intorno un tipo, un americano di cognome Smith, al quale non interessa che mia sorella abbia avuto due figlie, fuori dal matrimonio, da uno sconosciuto che l'ha abbandonata. Vedo negli occhi di mia sorella una scintilla che le ho visto solo il giorno della nascita delle gemelle. Credo proprio che quei due presto si sposeranno." -

Bucky cercò conferma in Alexis ad andare avanti e la ragazza annuì, anche se ad ogni parola che Bucky leggeva, lei sentiva una fitta al centro del petto. Negli ultimi mesi non avevano fatto che crollarle addosso le colonne portanti della sua vita passata, vita che lei aveva messo da parte e che ora era tornata prepotentemente.
Anche Bucky sentì le stesse fitte al cuore quando notò che Alexis, mentre stringeva la sua mano, aveva gli occhi arrossati e umidi: era stato lui e risvegliare quelle acque.
Accusò il colpo e continuò.

-"Dopo tre anni, sono di nuovo qui ad annotare gli eventi della mia vita. Eventi di cui vorrei parlare con qualcuno ma di cui non posso dire nulla. Le gemelle sono cresciute forti e sane ed io sono stato troppo impegnato a fare lo zio per poter annotare qui  ogni piccolo sviluppo delle loro vite. Ora, però, gli sviluppi sono tanto grandi da impedirmi di dormire. Febe e Colin, suo marito, il signor Smith, hanno preso una decisione che mi rende perplesso ed estremamente triste. Colin non riesce a trovare lavoro, lui non ha una famiglia alle spalle, la nostra, invece, non ha denaro neanche per organizzare il funerale di papà.  Tuttavia non è la morte di papà che mi fa sentire così. Quei due pazzi hanno deciso di abbandonare una delle bambine con la scusa di non riuscire a mantenerle entrambe, quando in realtà loro hanno solo paura di quello che la bambina è in grado di fare."-

Bucky si fermò e lanciò uno sguardo a Steve, che teneva il suo puntato su Alexis, e quando anche Bucky la guardò, il suo cuore si incrinò di nuovo alla vista delle lacrime che erano corse giù lungo le guance di Alexis. Col cuore in mano, riprese a leggere:

- "Qui lo scrivo e qui lo confermo: quella peste ha dei poteri magici strepitosi. Purtroppo, sta iniziando a compiere alcune azioni pericolose, come ieri, quando ha accidentalmente, almeno a quanto dice, ucciso il gatto della sorella. Spero solo che non creerà problemi alla casa famiglia davanti cui la lasceranno. Spero che nessuno crei problemi a lei, che non si rende neanche conto di quello che le succede e sta per essere"...- Bucky strinse gli occhi in una smorfia di dolore. -"... sta per essere abbandonata dai suoi genitori e da sua sorella. Spero che Emma si scordi della sua esistenza, sperò che non soffrirà troppo anche lei."-

Bucky chiuse il diario e prese la mano di Alexis con entrambe le sue, ma quando lo fece Alexis si alzò in piedi di scatto ed iniziò a camminare su e giù per il giardino di Sophia.
Il suo cuore era spezzato tanto quello di Alexis. Da una parte lo era nel vedere la ragazza che amava, nonché la persona più buona e gentile che lui avesse mai conosciuto, era tormentata dal passato, quello stesso passato che già l'aveva tanto fatta soffrire, e lei questo non se lo meritava assolutamente. Dall'altra, ora che era quasi padre, l'idea in generale di un bambino che veniva abbandonato lo scuoteva fin nelle viscere.
In quel momento Bucky temette che Alexis potesse avercela con lui per il casino che aveva scatenato indagando sulla morte dei suoi genitori.

Si scambiò un rapido sguardo con Steve, il quale si alzò dal tavolo in fretta, tentando di andare a calmare Alexis. Cap la prese per le spalle e la fermò.
-Lexie, fermati.- le disse. La ragazza non lo guardò neanche negli occhi, che teneva rivolti verso il basso, ma Steve sapeva perfettamente che fosse ricolmi di lacrime. -Capisco come ti senti, ma-

Stavolta Alexis alzò la testa e confermò i sospetti di Steve: era devastata.
-Capisci come mi sento?- disse lei, con apparente calma fin troppo eccessiva.

Bucky si alzò ed andò verso Alexis, mentre lei continuava:

 -Steve, quella donna è mia zia. So che era l'ipotesi più plausibile, ma... ora è tutto vero. Non è solo mia zia, lei è la... è la sorella gemella di mia madre!- sbottò, liberandosi dalla presa di Steve e riprendendo a camminare avanti e indietro. -Erano più che semplici sorelle, hanno vissuto una accanto all'altra ancora prima della nascita ha lo stesso sangue di mia madre ed è lei che...- si portò una mano alla bocca tentando di reprimere un singhiozzo. -E' lei che ha commissionato il suo omicidio. L'omicidio di mia madre e di tutto il suo nucleo familiare. E non soddisfatta del risultato, ora è tornata per me, per finire la sua missione. Mia zia.-

Steve tentò di bloccarla di nuovo, ma lei continuava a camminare.

-E non è solo questo.- continuò Alexis. -Lei è anche una potente discendete di due divinità ancestrali del mondo mistico ed usa la magia meglio di Stephen Strange! E ci è nata così, anzi, è stata abbandonata proprio per questo!- si bloccò e guardò entrambi i colleghi. -Vi rendete conto che siamo noi ad essere dalla parte sbagliata!? E' Erech la parte lesa! Mia nonna, la mia dolce amorevole nonnina Febe l'ha abbandonata perché aveva quei poteri! Gli stessi poteri che ho imparato ad usare io! E poi... mia madre ha sempre detto di sentirsi come se le mancasse sempre qualcosa nella vita, tanto che aveva parlato di fare un altro figlio, poco prima che venisse uccisa. Era questo quello che sentiva: il legame con sua sorella gemella era stato spezzato. Ma lei non poteva certo saperlo.-

Steve e Bucky si scambiarono un'occhiata e le loro menti sperarono all'unisono che l'ultima affermazione di Alexis fosse effettivamente vera.

Alexis era sempre più nervosa. Camminava e gesticolava animatamente, con i capelli che svolazzavano ovunque, che quasi non riuscivano a starle dietro.
-Se mia nonna fosse ancora viva e mi vedesse ora, cosa farebbe?! Mi abbandonerebbe?!- sbottò.

Quel nervosismo non stava facendo bene né a lei né al bambino, tanto che sentì una lieve ed impercettibile fitta di dolore all'altezza delle ovaie.
Si bloccò di punto in bianco e sgranò gli occhi per la paura, portando la mano all'altezza della pancia.

Steve e Bucky lo notarono subito e si lanciarono verso di lei, ma Steve rimase indietro, lasciando che ci pensasse Bucky.

James sostenne Alexis tenendola per le braccia e guardandola dritta negli occhi.
-Ti prego, Alexis, devi calmarti.- sussurrò ad un filo dalle labbra di lei.

La vicinanza di Bucky unita all'avvertimento che il piccolo le aveva lanciato, fece distrarre Alexis dal momento di sfogo.
La ragazza riuscì ad incontrare gli occhi di Bucky e stavolta riuscì a vederli davvero, senza immaginare più l'orribile scena di sua nonna che abbandonava una piccola Erech strappandola dall'amore della sorella gemella.
Gli occhi azzurri di James erano pieni di lacrime ed aveva il naso rosso, nel tentativo di trattenerle.

-Non riesco a vederti così tormentata.- le disse. -E sapere che lo sei per colpa delle mie azioni dell'ultimo anno  è la cosa peggiore.-

Il cuore di Alexis rimbalzò più volte per la paura di ciò che stava pensando Bucky. Cercò di sorridere tra le lacrime e gli accarezzò una guancia.
-Non è colpa tua, James.- disse lei. -Non è colpa di nessuno se non dei miei parenti, tu hai solo portato la verità alla luce, e non posso che esserti grata per questo. Hai capito?-

Bucky sospirò ed annuì, poggiando la fronte contro quella della ragazza.

Steve, intanto, aveva ricevuto un messaggio ed ora si era avvicinato alla coppia.
-Scusatemi.- disse. -Pare che Tony abbia trovato qualcosa riguardo il rifugio di Erech. Dovremmo rientrare.-

Lexie si staccò da Bucky ed annuì.
-Vado a salutare Sophia.- disse. Poi si avvicinò di sfuggita a Steve e gli lasciò un bacio sulla guancia. -Scusa per prima, non volevo trattarti male.-

-Non preoccuparti.- rispose lui, scuotendo la testa, guardandola allontanarsi, rimanendo in piedi al centro del giardino insieme a Bucky.

-Mi spieghi come hai fatto a non... a non innamorarti di lei?- chiese Bucky, tirando su con il naso. -Voglio dire, guardala.- la indicò.

Steve rise e diede una pacca sulla spalla all'altro. -Beh, non è successo, ci sarà qualche motivo! Ciò non toglie che le voglio molto bene e che mi rendo conto perfettamente del perché tu mi chieda una cosa del genere.-

Un motivo c'era eccome: era una ragazza bionda, una scrittrice di fama mondiale che ormai da mesi occupava i suoi pensieri, ma certo Steve non sapeva ancora che quella ragazza sarebbe in futuro diventata il suo destino.
 
 


 
*                     *                         *



 

New Avengers Facility

-Ok, quindi Visione e Wanda sarebbero stati rapiti da Erech!?- chiese Alexis entrando in scivolata nella cucina del Facility, dove si trovavano anche Tony, Natasha, Bruce, Bucky, Steve e Sam, tutti pronti per andare in missione.

-Così sembra.- disse Tony. -Sperando che Visione sia ancora in grado di scrivere. Li avrà addormentati, quella brutta- si bloccò e guardò Alexis. -Oh, scusa, non volevo insultare tua zia.-

Alexis alzò gli occhi al cielo mentre si versava un bicchiere d'acqua. -Non infierire, ti prego.-

-Abbiamo la loro posizione?- chiese Steve, con le braccia incrociate al petto.

-Sì, ma non siamo sicuri sia quella precisa. Visione ha avuto la decenza di comunicarci anche che durante lo scontro la sua rete sia stata compromessa.- rispose Bruce.

-Bene, che stiamo aspettando?- disse Sam. -Andiamo a prenderla a sculacciate e riprendiamoci i WandaVision.-

Natasha aggrottò la fronte. -Chi?-

Sam sollevò i palmi verso l'alto. -WandaVision! I loro fan li chiamano così.-

-Cielo, siamo caduti in basso.- commentò la vedova, tornando con gli occhi sul pc che teneva sulle gambe.

Steve aveva già escogitato un piano, mentre armeggiava con il cellulare, inviando un messaggio ad alcuni alleati.
-Io, Bruce, Sam e Natasha andremo alla base di Erech, cercheremo di riprenderci Wanda e Visione. Tony, Bucky, voi rimarrete qui. Dovrete proteggere Alexis in caso Erech cerchi di attaccare di nuovo.-

Alexis si guardò le mani. Tremavano ed emettevano scintille, di nuovo. Proprio quando stava pensando che la sua presenza negli Avengers in quel momento fosse del tutto inutile, visto che non poteva neanche aprire loro un portale, un cerchio di scintille dorate si aprì al centro della stanza e ne uscì Stephen Strange, che fece qualche passo verso Cap.

-Mi hai chiamato?- chiese il dottore a Steve.

-Sì.- rispose l'altro. -Dovresti aprirci un portale, dottore. Nat, digli la posizione.- lo sguardo di Steve cadde su Alexis che lo guardò infastidita sollevando le mano e scuotendo la testa. -Scusa, ma tu devi riposarti.- le disse.

Alexis andò a sedersi sullo sgabello dell'isola della cucina con aria imbronciata, mentre osservava i suoi colleghi attraversare il portale creato da Stephen, che poi lo richiuse alle loro spalle.

Neanche il tempo di lamentarsi di essere stata messa da parte che un nuovo problema stava prendendo forma nella stanza.
Letteralmente.
Alexis si aggrappò al bancone per lo spavento e per evitare di cadere quando vide aprirsi un cerchio, simile ai portali che creavano lei e Stephen,  ma che stavolta era fatto di uno scintillio color blu.

Il cerchio si era aperto alle spalle di James e ne era uscita la figura perfetta e longilinea di Erech Karlatos. Alexis non fece in tempo neanche a respirare.

La donna evocò un affilato pugnale di magia mistica, afferrò Bucky da dietro e gli puntò l'arma alla gola. Quello non poté che rimanere immobile, così come tutti gli altri.

Solo Alexis gridò un disperato "No!!".

Erech sorrise diabolicamente, mentre indietreggiava dentro  il portale, che rimaneva aperto su uno scenario arido e sabbioso.
-Se vuoi rivedere il tuo fidanzatino, dovrai venire a prenderlo.- sputò velenosa.

Alexis, col cuore in gola e gli occhi sgranati, scese lentamente dallo sgabello.
-Bucky...- sussurrò in un tentativo impossibile e disperato di trattenerlo.

Lui scosse la testa.
-Ti prego...- le disse, mentre il portale si chiudeva. -Sta calma.-

Alexis cadde in ginocchio quando il portale si chiuse davanti ai suoi occhi, mentre le rimbombava nella testa la frase che Bucky le aveva detto tante e tante volte da quando aveva scoperto di essere incinta.

Stare calma.

Come poteva riuscirci? Il suo unico appiglio alla realtà quel giorno era stato proprio Bucky, così come lo era stato nel resto dei giorni da quando quella storia era iniziata.

E adesso era scomparso chissà dove.

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI: Stregoni del c***o ***


New Avengers: Together - Promises

Capitolo XVI: "Stregoni del c***o"


Quando Steve, Sam, Natasha e Bruce emersero dal portale, si ritrovarono nel bel mezzo del deserto, poco distante dalla zona abitata di Alessandria d'Egitto.
In lontananza, ad alcuni chilometri, si intravedeva una grande  e lussuosa villa, circondata da alte e verdi palme.

-A quanto pare la posizione era leggermente sbagliata.- disse Steve, riposizionando lo scudo dietro la schiena.

Natasha fece spallucce. -Beh, non ci è andata male.-

Sam intanto aveva attivato Red Wing e lo aveva inviato verso la casa, per vedere con i raggi x l'interno.
-Pare non ci sia nessuno.- disse.

-Riesci a vedere Wanda e Visione?- chiese Steve.

Sam piegò la testa di lato. -Sotto la casa c'è una sorta di bunker, non riesco a vedere attraverso le pareti.-

-Probabilmente sono lì, allora.- aggiunse Bruce, avvicinandosi al gruppo.

Steve annuì. -Andiamo.- disse. -Occhi aperti, mi raccomando.-

Natasha poi guardò Bruce e gli disse. -Sai, se volessi trasformarti sarebbe carino.-

Bruce sorrise lievemente imbarazzato, sfiorò lievemente la mano a Natasha ed iniziò a concentrarsi per avviare la trasformazione.

Purtroppo, in un attimo, tutto cambiò: sotto i suoi piedi si aprì un portale di scintille dorate e Bruce, ancora in forma umana, scomparve nel nulla. A nulla era servito il tentativo di Natasha, che gli era più vicina, di allungare un braccio ed afferrarlo, anche a costo di andare giù con lui. Non aveva fatto in tempo.

-Cazzo.- borbottò Sam.

Steve afferrò prontamente lo scudo mettendosi sulla difensiva mentre osservava altri cinque portali aprirsi di fronte a loro. I suo colleghi fecero altrettanto.

-Stregoni del cazzo.- si corresse Sam.

Tutti gli stregoni addestrati da Erech e Adrien si misero in posizione, facendo comparire dei dischi ambrati sui loro polsi e chiudendo i portali. I portali erano cinque, ma gli stregoni erano almeno trenta.

-Alla fine sono esseri umani, giusto?- disse Natasha.

Sam, che aveva dato a Red Wing ordine di sparare da dietro agli stregoni, vide uno di questi afferrare il fidato amico elettronico con una frusta magica e mandarlo in cortocircuito per poi lanciarlo a terra.
-Sì, esseri umani con i poteri magici.-

Steve strinse lo scudo sul braccio. -Cercate di non fare la fine di Bruce, non ce la farò da solo.-  

Natasha sbuffò una risata, Sam lo guardò offeso.

Quest'ultimo tirò fuori le pistole iniziando a sparare contro gli stregoni, ma questi evocarono degli scudi, riuscendo ad evitare ogni singolo colpo, finché a Sam non rimasero che poche cariche, che decise di tenere per sicurezza. Si lanciò contro di loro, mentre Steve cercava di far cadere la barriera a colpi di scudo. Ci riuscì, così anche Natasha si lanciò all'attacco. Tutti e tre combatterono con il corpo a corpo, perché era l'unico modo con il quale gli stregoni non avevano il tempo necessario a creare degli scudi protettivi, ma questi ultimi avevano dei poteri magici. Nessuno degli Avengers si aspettava un esercito di stregoni: si stava mettendo male, lo sapevano già in partenza.

Tuttavia anche gli stregoni non si aspettavano di vedere comparire davanti ai loro occhi una scia di luce arcobaleno che dal cielo si proiettava sul terreno. Rimasero qualche secondo imbambolati, tanto che Steve riuscì ad atterrarne alcuni, mentre quel fascio di luce svaniva rivelando Thor, il re di Asgard.

-Ah-ah!- esclamò Sam.

Thor lanciò la sua ascia contro circa cinque stregoni, colpendoli in faccia uno dopo l'altro, poi l'ascia tornò nella sua mano.
-Ragazzi!- esclamò, avvicinandosi a Steve e porgendogli una mano per farlo rialzare.

-E' un piacere vederti, Thor.- disse il capitano, lasciandogli una lieve pacca sulla spalla, per poi ricominciare entrambi a combattere insieme agli altri due colleghi.

Gli stregoni erano comunque tanti e stavano dando abbastanza filo da torcere a tutti e quattro.
E in tutto questo non avevano idea di dove fosse finito Bruce. Erano stati furbi: avevano eliminato dalla scena il più pericoloso degli Avengers.

Natasha lanciò una stella ninja contro uno stregone, mentre cercava di parare i colpi delle armi evocate da un altro con due barre alimentate da scariche elettriche.
Steve li colpiva con la scudo dietro la schiena, togliendo loro il respiro e facendoli svenire a terra, mentre Thor richiamava e lanciava fulmini, ma gli stregoni riuscivano a proteggersi grazie all'evocazione degli scudi.
Sam cercava di colpirli dall'alto con missili e proiettili, a volte si lanciava su di loro, ed era riuscito a colpirne alcuni con calci alimentati dai motori delle sue ali.

Il pensiero di Steve andò più volte ad Alexis, la sua giovane amica che era stata costretta a rimanere in disparte, ma che in quel momento sarebbe stata sicuramente la migliore a combattere contro i suoi simili. Si accorse che le mancava averla sul campo accanto a lui.

Proprio quando sembrava che gli Avengers stessero avendo la meglio, la situazione si rovesciò.
Dall'alto si aprì un portale blu ed Erech cadde esattamente sopra Steve Rogers, riuscendo ad allontanarlo dallo scudo, nonostante il vano tentativo di Steve che l'aveva guardato volare via. La donna lo immobilizzò a terra con l'aiuto di due fruste magiche blu.

Erech si guardò intorno. -Dov'è mia nipote!?- chiese al capitano.

Steve, mentre cercava di liberarsi, sorrise e rispose:
-Credevi davvero che l'avremmo portata nella tana del lupo?-

Erech fece spallucce. -Beh, ho il suo fidanzato, mi aspettavo che venisse lei in persona.-

A Steve mancò un battito ed aggrottò la fronte. -Hai preso Bucky!?- chiese, continuando a divincolarsi stringendo i denti.

-Proprio un secondo fa! Poi sono tornata a casa ed ho trovato questo casino.-

-Cosa gli hai fatto?-

-Per ora nulla, capitano.- Erech si guardò intorno. -Ma dove diavolo è Adrien!?-

Uno degli stregoni smise di combattere per rispondere alla donna. -E' con i prigionieri, signora. Pare ci siano stati dei problemi con il tipo ros-

Non riuscì a finire la frase, perché Thor gli aveva lanciato contro l'ascia, tagliandogli la testa di netto.

Erech voltò la testa rabbiosa in direzione del dio del tuono e in un attimo fu su di lui. Lo atterrò lanciandogli contro delle sfere di magia blu al centro del petto, mozzandogli il respiro.
Si guardò intorno, notando che del suo piccolo esercito di trenta stregoni, ne erano rimasti in piedi la metà.
Azionò i motori sugli stivali e si levò in aria. Doveva pensarci lei, altrimenti quei quattro le avrebbero rovinato il piano.

-Ah, questa vola pure!- esclamò Sam, che si lanciò subito su di lei.

Erech gli colpì le ali, compromettendole, e Sam cadde a terra con una smorfia di dolore.

Gli stregoni osservarono il cielo e quando videro ciò che Erech stava per fare, si ritirarono, mentre gli Avengers si guardavano intorno senza capire cosa stesse succedendo.
In pochi secondi, sopra le loro teste, Erech aveva creato uno scudo di magia, una sorta di cupola, un reticolato di linee bluastre.
Steve e Thor vi si lanciarono contro, cercando di uscire prima che si chiudesse definitivamente, ma quello che ottennero fu solo una bruciatura per uno in faccia  e sulle mani.
Erech, però, non aveva ancora finito. Tornò a terra ed aprì un piccolo varco nello scudo per lanciarvi dentro un fumogeno che annebbiò la vista degli Avengers e poi li fece svenire, privi di senso.

La donna si voltò verso gli altri stregoni in ritirata che stavano attraversando i portali, sollevò le mani al cielo e disse:
-Ci voleva tanto!?-
Poi aprì un portale e vi entrò dentro. Ora poteva tornare ad occuparsi di Bucky Barnes.

L'ultima ragazza tra gli stregoni, prima di attraversare il portale, si bloccò.
-Oh! Quasi dimenticavo...- disse.

Roteò la mano in aria e fece cadere dentro lo scudo di magia blu di Erech Bruce Banner, facendolo uscire da un portale.
Bruce ebbe appena in tempo ad avvicinarsi a Natasha, poi crollò anche lui, stordito dal gas velenoso.
 




 
*               *                 *
 




Bucky si guardò intorno, provando emozioni contrastanti.
Da una parte era preoccupato, per nulla per sé stesso, ma per Alexis. Sapeva che sarebbe stata angosciata finché non l'avrebbe rivisto, temeva che avrebbe potuto fare una pazzia, temeva che avrebbe potuto mettere a rischio la sua vita e quella del bambino.
Pregò che Tony e Stephen Strange riuscissero a tenerla a bada.
Dall'altra parte, invece, era leggermente divertito dalla situazione: Erech lo aveva lasciato sul bordo della piscina della sua villa, con le mani legate da un laccio di magia blu scintillante, ed era scomparsa borbottando qualcosa sul fatto che gli Avengers continuavano a non farsi mai gli affari propri. Sorrise pensando che essendo la zia di Alexis avrebbe anche potuto prestare a sua nipote la villa per una bella vacanza rilassante.
Con non troppa forza, Bucky strinse i denti e cercò di allontanare i polsi, riuscendo dopo pochi secondi a spezzare le sue manette magiche, che scomparvero nel nulla sottoforma di magia nebulizzata.
Si toccò entrambi i polsi, aggrottando la fronte quando vide di nuovo comparire la figura di Erech attraverso un portale. Era spettinata ed aveva il fiato corto.

-Bene.- disse la donna. -Torniamo a noi, Bucky Barnes.- quando fu vicina al soldato notò che si era liberato, così creò di nuovo delle manette, stavolta più resistenti.

Erech andò a sedersi su un lettino a bordo piscina, mentre Bucky sollevava le mani all'altezza del volto e le guardava sospirando.
-Capisco perché piaci tanto a mia nipote, sai?-

Bucky non rispose.

-Sei un bel ragazzo, un bell'uomo direi, vista l'età.- riprese Erech. -Sei il classico cavaliere nero, no? Il cattivo che diventa buono, come poteva, Alexis Moore lasciarsi scappare un tale caso umano? La sua perfetta madre adorava i casi umani.- disse l'ultima frase cambiando totalmente espressione, assumendone una decisamente infuriata.

Bucky strinse gli occhi. -Sai, io invece capisco come mai tua madre ti abbia abbandonata.-

Era un colpo basso, ma Erech Karlatos era cresciuta proprio imparando a tollerare quel dolore.
Lei si alzò in piedi e camminò lentamente verso Bucky.

-Dunque avete capito tutto.- disse guardandosi le unghie. Bucky non rispose, la risposta era ovvia. -Avete capito anche che il mio disgraziato e sperduto padre mi ha trasmesso un codice genetico piuttosto problematico, e che discendo da divinità ancestrali?-

-A guardarti non si direbbe, in realtà.- disse Bucky squadrandola da capo a piedi.

Erech rise lievemente. -Alexis Moore ha il mio stesso sangue.- sorrise diabolica, perché finalmente la tortura dell'uomo amato dall'ultima dei Moore stava avendo inizio sul serio. -Anche lei è una discendente di Marid e Djinn. Come puoi pensare di essere degno di una creatura che ha del sangue divino che le scorre nelle vene?-

Bucky incassò quell'accusa, pensando vagamente che potesse essere vera.
-Sei stata tu la prima a mancarle di rispetto, o sbaglio? Sei tu che hai fatto uccidere i suoi genitori.-

-Diciamoci la verità, non è stato che un bene per Alexis. La morte di Emma ed Harry è stato ciò che le ha permesso di sviluppare a pieno le sue capacità.-

-Ti sbagli. Non è stata la loro morte.-

-Ah no?-

-Alexis è...- Bucky deglutì, gli tremò il cuore quando immaginò il volto della ragazza. -Lei sarebbe una creatura divina anche se non ne fosse una diretta discendente. Se l'avessi conosciuta lo sapresti.-

-Ho conosciuto sua madre, fa lo stesso.-

Sì, quando aveva tre anni. Pensò Bucky.

-Dunque, è amore, soldato d'inverno?- chiese Erech.

-Non ti intromettere in cose che non ti riguardano.-

-Seriamente,- disse lei, fermandosi a pochi centimetri dalla faccia di Bucky. -Pensi davvero che possa esistere una ragazza in tutto l'universo che possa mai ricambiare l'amore dell'assassino più spietato della storia?-

Bucky rimase immobile, quasi non respirava.
Quella donna parlava di cose fin troppo delicate, di cui sapeva fin troppo poco per permettersi di parlarne con tanta leggerezza.

Erech riprese a girargli intorno.
-Sai, eri una figura interessante fino a qualche anno fa. Molto interessante. E adesso? Cosa è rimasto del soldato d'inverno? Le parti noiose! E perché? Per l'amore di una ragazzina di vent'anni che domani potrebbe essersi stufata di stare con te? O che potrebbe incontrare un caso umano più interessante di te e scegliere di amare lui?-

Bucky si voltò furioso nella sua direzione e le si avvicinò ad un palmo dal naso.
-Come ti permetti di parlare in questo modo di lei?-

-Sai cosa sei tu?- chiese Erech, ignorandolo del tutto. -Tu sei un avanzo di galera, in poche parole. Pensaci! Quante persone hai ucciso nel corso della tua vita? Quante persone innocenti hanno intralciato il tuo cammino?-

Era un discorso che Bucky aveva già affrontato, più volte, anche con Alexis stessa. Non lo ferì più di tanto. Quella donna credeva davvero che lui avesse una mente tanto fragile?

-Quando capirai che questa tortura psicologica non porterà a niente?- chiese Bucky. -Ne ho subite molte, dovresti saperlo, visto che sai tutto. Ci sono abituato.-

-E sei abituato ad essere un padre?- Erech si fermò davanti a lui.

Bucky sussultò. Ebbe paura per la prima volta in quell'istante.

-Come... come sai che-

-Io so tutto, James. Dimmi, come può essere un buon padre uno che toglie la vita con tanta facilità?-

Stavolta aveva colto nel segno. Bucky boccheggiò alcuni secondi, senza fiato, senza la capacità di rispondere a quella domanda che si era posto lui stesso più volte. Chiuse gli occhi e sospirò sperando di sentire spuntare fuori la voce di Alexis che accorreva a tranquillizzarlo come faceva sempre, ma non poteva succedere.

Erech sorrise, felice di aver finalmente scosso il temibile soldato d'inverno, anche se non ci era voluto poi così tanto. Forse si era davvero rammollito. O più semplicemente era innamorato, tanto da avere paura di rovinare tutto.
La donna  approfittò del momento di debolezza di Bucky per colpirlo con una sfera di magia allo stomaco. Non gli causò alcuna ferita, ma il dolore lo fece piegare in due, anche se Bucky ancora pensava all'ultima frase che si era sentito dire.
Erech rise di gusto, aprì un portale sotto i suoi piedi e lo fece cadere accanto al resto dei suoi colleghi. Anche lui cadde, svenuto, dopo pochi secondi.
 


 
*             *                *
 



New Avengers Facility

Alexis aveva le mani sulla pancia, mentre faceva su e giù per tutto il perimetro della cucina del facility.
Bucky era stato rapito da Erech da quasi un'ora, durante la quale lei non aveva fatto altro che discutere con Tony e Stephen sul fatto di correre in suo soccorso.
Da qualche minuto aveva smesso di parlare e si accarezzava la pancia ripetendo:

-Vedrai che tuo padre sta bene, piccolo.-

Tuttavia, aveva quasi subito smesso di crederci anche lei.
Si portò le mani ai capelli e borbottò: -Mio dio, mio dio, mio dio, mio dio.- poi corse verso il divano, buttandovisi sopra a faccia in giù.

Tony alzò gli occhi al cielo ed andò a sedersi sul bracciolo del divano, facendole una carezza sulla schiena.
-Alexis, cerca di calmarti.- disse, scambiando uno sguardo preoccupato con il dottore.

La ragazza si tirò su di scatto e si mise a sedere a gambe incrociate.
-Tony, sai che più me lo dici, più mi agito!?- si passò nervosamente una mano tra i capelli buttandoli indietro.

-Farebbe bene al bambino.- si intromise Strange.

Alexis sbuffò una risata nervosa. -Fa bene al bambino. Certo. E cosa fa bene a me, non è più importante? Cosa fa bene a Bucky, che è appena stato rapito dalla mia folle zia?! Ditemi pure che sono un'egoista, ma non riesco a non preoccuparmi, non questa volta!- sbottò, gesticolando.

-E' il soldato d'inverno, vedrai che se la caverà.- disse Tony.

-No, Tony, ti sbagli. James non è più il soldato d'inverno, non è più spietato come prima. Hai mai visto un film in cui i buoni riescono a distruggere su due piedi i cattivi? Beh, te la dico io la risposta: no. Perché sono buoni! Non ci riescono per natura!-

-Ciò non toglie che James Barnes sia un ottimo combattente con tanto di forza sovrumana! Ed in più avrà l'aiuto degli altri!-

-Non puoi saperlo! Come fai ad esserne sicuro? E se anche gli altri fossero in pericolo!?-

-Alexis, non possiamo andare.- disse Stephen, alzandosi dallo sgabello ed avvicinandosi a lei sul divano. -Faremmo il gioco di Erech. L'hai sentita? Per riavere il tuo fidanzato vuole che tu vada da lei.-

Alexis strinse gli occhi e sbuffò, poi si alzò in piedi. -Non - mi - interessa!-

Tony e Stephen si guardarono intorno: la corrente in quella stanza, ora, andava ad intermittenza.

-Bucky è...- riprese la ragazza. -Non so neanche dove sia in realtà! E' da qualche parte, forse ferito, forse nessuno sa dove sia. E' l'uomo che amo, oltre che il padre di mio figlio, non posso starmene qui a far nulla!-si grattò la testa nervosamente. -Prometto che non utilizzerò la magia. Non farò nulla, me ne starò da una parte e lascerò fare tutto a voi.- disse, mostrando una maggiore calma, che in realtà durò poco.

-Non si può fare.- disse Tony.

Alexis si innervosì di nuovo, batté un piede a terra e dal suo corpo si diramarono una serie di scintille dorate, seguite da un bagliore di luce molto forte.
Lei stessa, Tony e Stephen rimasero pietrificati a guardarla.

-Io credo che vi convenga darmi retta.- disse infine lei.

-D'accordo.- disse di punto in bianco Stephen, capendo che nulla fosse possibile contro la cocciutagine di Aleixs, iniziando a muovere una mano in aria per aprire un portale.

-Cosa!?- fece Tony, alzandosi anche lui dal divano.

Il dottore fece spallucce. -E' l'unico modo per farla calmare, altrimenti partorirà adesso, qui, con otto mesi d'anticipo.-

Alexis sospirò sollevata ed asciugò via qualche lacrima che le era colata lungo le guance.
Attraversò per prima il portale tenendo una mano sulla pancia. Gli altri due colleghi la seguirono.

Stephen,stavolta, aveva azzeccato la posizione della villa di Erech Karlatos.
Ora si trovavano dentro il salotto della casa di Erech, che era del tutto deserta all'interno.
O meglio, da quanto Alexis poteva osservare muovendosi lentamente all'interno della stanza, fino a poco prima era popolata da alcuni uomini in divisa, armati con i fucili con cui erano stati attaccati gli Avengers alcuni giorni prima.

Ora erano tutti stesi a terra, ed Alexis faceva lo slalom tra i loro corpi, muovendosi verso la grande finestra aperta sulla piscina di Erech. Si voltava di tanto in tanto ad osservare che i suoi "genitori" la seguissero, e lo facevano, ad alcuni metri di distanza, mentre si fermavano ogni tanto a controllare fogli, giornali, post it che trovavano sulle basi della stanza o a cercare di capire chi fosse stato a mettere k.o. tutte quelle persone.

Il salotto era immenso, decorato all'orientale, con molti divani, tavolini in vetro, postazioni alcoliche e grandi colonne portanti reggevano il piano superiore del palazzo stagliandosi in mezzo alla stanza.

Ad un tratto Alexis si bloccò. Annusò l'aria una volta, poi due, poi tre.
Era l'odore del dopobarba di Bucky, quello che le era prepotentemente giunto alle narici.
Trasalì ed accelerò il passo verso l'uscita, facendosi guidare da quell'odore ormai familiare, anche se ormai lì James non c'era più.
Non si accorse neanche del movimento di altri soldati di Erech che stavano perlustrando la zona esterna, alla ricerca di chi aveva messo al tappeto tutti gli altri.

-Alexis!- Tony la chiamò sussurrando, cercano di fermarla, camminando velocemente e furtivamente nella sua direzione, nascondendosi tra le colonne e i divani.

Stephen Strange si preparò ad aprire un portale sotto i piedi della ragazza, ma quando vide un terzo soggetto spuntare fuori a salvare la situazione, lasciò perdere e si nascose anche lui.

Alexis si sentì prendere per la vita e tirare via dal centro della stanza.
Sgranò gli occhi, spaventata, come si fosse ricordata improvvisamente di dove fosse. L'odore di James era sparito, tanto che pensò di averlo immaginato.
Non poté urlare, perché una mano le aveva prontamente tappato la bocca.
Si ritrovò schiacciata contro una colonna dal corpo di un uomo, con il volto a pochi centimetri dal suo.
La ragazza ci mise un secondo a riconoscere gli occhi verdi brillanti che la fissavano da vicino, mentre l'altro controllava che lei lo avesse effettivamente riconosciuto e le toglieva la mano dalle labbra.

-Loki!?- sussurrò Alexis, sconcertata.

Il dio dell'inganno sorrise e, dopo aver allungato il collo per controllare che nessuno dei nemici avesse sentito il trambusto che avevano appena fatto, tornò con gli occhi su Alexis e disse:

-E' sempre un piacere vederti, Alexis Moore.-

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII: Hermione ***


Ciao miei cari lettori e lettrici!
Mi scuso immensamente per essere un po' svanita nel nulla, ma sono giorni davvero di fuoco (non solo per le temperature estite, purtroppo)! 
A tal proposito vorrei avvertirvi del fatto che quasi sicuramente tornerò alla scansione settimale, nel senso di un capitolo a settimana. Purtroppo gli impegni e il caldo (soffro pure di pressione bassa xD) mi stanno sfiancando, se cercassi di strafare ne risentirebbe la storia! 
Ci tengo a ringraziare in modo particolare le mie letterici ed autrici preferite, MaryElizabethVictoria ed InsurgentMusketeer, che continuano ad inserire Alexis Moore nelle loro storie facendomi sempre morire improvvisamente. Giuro che sto per ricambiare! =) 
Niente, vi lascio al capitolo, ma vi avverto: occhio che ci sono molti feels! 
Rack <3 =)



 
New Avengers: Together - Promises
Capitolo XVII: Hermione



Tony e Stephen tirarono un sospiro di sollievo, quando si resero conto che Alexis era stata tratta in salvo da Loki. Tuttavia era un sollievo non del tutto tale, visto che sapevano benissimo che quando Loki era nei paraggi non si poteva mai stare veramente tranquilli.
Entrambi procedettero in avanti, Tony in armatura e Stephen con le armi evocate ancorate alla sua nuova armatura, ed uscirono all'esterno della villa, nel cortile con la piscina, dove in pochi secondi misero k.o. le guardie di Erech che cercavano il principe di Asgard.

Nel frattempo Alexis si rendeva conto di quello che era appena successo.
-Che cosa ci fai qui!?- chiese la ragazza ancora bisbigliando al dio dell'inganno, che continuava a tenerla ferma addosso alla colonna.

-Ti salvo la vita!- rispose l'altro facendo spallucce, fingendo che la cosa non gli interessasse minimante.
E invece sia lui che suo fratello lo sapevano bene: gli interessava eccome.

-Sì, l'ho visto, grazie.- disse Alexis, che non dimenticava mai le buone maniere. -Intendevo, come mai eri già qui prima che arrivassimo noi?-

-Heimdall ha notato che sulla terra stava succedendo un bel casino. Non si trattava della fine del mondo, ma la distruzione degli unici protettori della terra non era gradita a Thor, quindi è venuto ad aiutare i tuoi amici. Tuttavia, Heimdall, che tutto vede, ha visto anche che perfino Thor era in difficoltà, quindi ha mandato me.-

-Quindi sei qui per amore di tuo fratello?- chiese Alexis, con un sorrisetto sulle labbra: era sempre stata convinta che Loki amasse e odiasse il fratello con la stessa intensità, anche se lui faceva di tutto per non darlo a vedere.

Lui sollevò le sopracciglia. -Se avessi saputo della tua presenza, sarei venuto molto prima.- poi strinse gli occhi ed aggrottò la fronte. -Ma tu non dovresti essere a riposo?-

Alexis sollevò gli occhi al cielo. -Impossibile. Il mio fidanzato è stato rapito da mia zia, e i miei amici non sono qui, quindi suppongo che siano in cattive condizioni anche loro.-

Loki annuì. -E' così, purtroppo.- la liberò dalla sua presa e guardò verso l'esterno, dove Tony e Strange fissavano un punto in lontananza. Iniziò ad incamminarsi verso di loro. -Sta dietro di me.-

Alexis lo guardò stringendo gli occhi e lo seguì. Perfino lui era diventato iperprotettivo nei suoi confronti?
Quando furono all'esterno, annusò di nuovo l'aria e chiuse gli occhi. L'odore del bagnoschiuma di James le giunse di nuovo alle narici, ed era più forte di prima. Loki la guardò di lato e sospirò, poi si affiancò agli altri due ad osservare quel punto lontano.
Alexis si chiese come mai il suo olfatto fosse così sviluppato. Pensò che poteva trattarsi della gravidanza. Lei aveva sempre pensato che il fatto che nei primi mesi di gravidanza la madre fosse particolarmente sensibile ad alcuni odori, non era altro che un luogo comune. In quel momento, però, fu l'unica spiegazione che riuscì a darsi.
Guardò a terra, alla ricerca di qualche indizio, ma era tutto mischiato con i corpi delle guardie, i loro oggetti e le loro armi che erano volati via durante il combattimento.
C'erano delle gocce di sangue a terra, ma non era sicura che potessero appartenere a James. Si sfiorò la pancia, cercando di far capire al piccolo dentro di lei che sarebbe andato tutto bene, anche se lei stessa non era del tutto sicura.
Le si formò un nodo alla gola, immaginando il volto di Bucky, che non vedeva da poche ore, ma che le mancava come se non lo vedesse da mesi. Tirò su con il naso e si avvicinò a Tony, seguendo il suo sguardo.

Alexis si rese conto che i suoi tre compagni stavano guardando e discutendo riguardo un grande e luminoso alone blu che si stagliava nel cielo. Lei, talmente assorta a pensare a Bucky, non ci aveva minimamente fatto caso.

-Che diamine è quella roba?- chiese la ragazza, ridestandosi, ma sempre tenendo entrambe le mani al ventre, in un gesto protettivo nei confronti di suo figlio.

-Suppongo sia Erech.- rispose Tony, guardandola di sfuggita.

-Credo che lì troveremo in nostri amici.- aggiunse Stephen, che iniziò a roteare la mano in aria con le tre dita sollevate. Prima di attraversare il portale guardò Alexis. -Se indossassi l'armatura sarebbe meglio, sai?-

Alexis lo fissò trattenendo il respiro. Come aveva fatto a dimenticarsene? Annuì in fretta, poi premette due volte sul ciondolo che portava ogni minuto al collo e l'armatura si materializzò sul suo corpo, emanando un prezioso scintillio dorato e aranciato.

Loki si sporse a guardarla. -Ti sta bene.- le disse.

Tony strinse gli occhi e gli mise una mano sulla schiena.
-Cammina, piccolo cervo.- disse, spingendolo dentro al portale che Strange aveva già attraversato.
Puoi guardò Alexis e le fece cenno di andare avanti a lui.

La ragazza gli sorrise e lo fece, ma quando il portale si chiuse alle loro spalle, il sorriso le sparì del tutto dal volto.

Alexis sgranò gli occhi e girò lentamente la testa verso la cupola-prigione fatta di magia blu che Erech aveva creato. Il fiato le morì in gola nel vedere tutti i suoi amici rinchiusi lì dentro, e svenuti a terra, apparentemente senza vita.
Si avvicinò correndo a loro. Istintivamente poggiò le mani sulle pareti magiche, ma le ritrasse subito con una smorfia di dolore: bruciavano.

-Mio dio.- soffiò fuori dalle labbra con voce terrorizzata.

Passò gli occhi su tutti loro, mentre gli altri la raggiungevano, e si rincuorò nel vedere il petto di ognuno di loro si alzava ed abbassava, dimostrando che erano ancora vivi.
Vide con la coda dell'occhio Loki inginocchiarsi nel punto più vicino a suo fratello Thor, con aria seria e preoccupata, senza dare in escandescenze come stava facendo lei.
Alexis corse dal lato opposto della cella, arrivando in prossimità di Bucky, si inginocchiò davanti a lui, che giaceva a terra a pancia in giù, accanto a Steve.
-James!- lo chiamò, ma lui non dava segno di sentire la sua voce, almeno non esteriormente. -Bucky!- stavolta, non riuscì a trattenere le lacrime.

Tony le fu subito vicino e la tirò su. -Andiamo. Li tireremo fuori, sta tranquilla.-

Alexis non rispose, tentò di ricomporsi.

Stephen si avvicinò a loro con aria estremamente confusa: in nessuno dei tanti possibili futuri che aveva visto gli Avengers finivano ingabbiati in quella cosa. Erano sempre incatenati e a terra, lì invece era tutto diverso. Si chiese se fosse quella la volta buona in cui ne uscivano tutti vivi. Oppure, a vedere la situazione, l'esatto contrario.

Loki strinse gli occhi, creò una sfera di magia verde, illuminando, per quanto poteva, l'interno della cella.
Sospirò e si alzò in piedi, raggiungendo gli altri.

-C'è del gas velenoso dentro alla cella.- disse il dio. -Dobbiamo portarli fuori di lì, ogni minuto che passa, le loro condizioni si aggravano.-

Tony sentì Alexis cedere tra le sue braccia, e la strinse e la sostenne più forte.

Strange piegò la testa di lato, mettendosi in posizione, pronto a tentare di abbattere la barriera.
-Non so se ce la faremo.-

-Non sei lo stregone supremo delle arti mistiche?!- chiese Loki, affiancandolo.

-Sì, ma questa è la magia di una discendente di due divinità ancestrali.-

-D'accordo, te lo concedo, sarà dura.- disse Loki, iniziando ad avventarsi su quello scudo magico.

Lui e Stephen non facevano che urtarlo con la magia, con le armi, con colpi a mani nude, facendosi quindi anche del male, e a loro si era unito anche Tony, dopo aver appurato che Alexis fosse in grado di reggersi in piedi da sola.
Dopo cinque minuti, ancora non era cambiato nulla.

Alexis si strinse nelle spalle, guardando la scena e pensò che se gli altri lì dentro non si svegliavano, gli erano rimasti davvero pochi minuti.
Tremò. Si sentì impotente: aveva promesso di non usare la magia.
La sua attenzione fu distolta dall'arrivo di due figure, che attraversarono un portale di scintille bluastre.
Alexis trattenne il respiro: erano Erech ed il suo braccio destro, Adrien.
 
 
Gli altri tre non si accorsero dell'arrivo di quei due, così Erech guardò Adrien e si scambiarono un cenno di assenso con la testa.
Adrien sollevò le mani verso il cielo, chiuse gli occhi e si concentrò, fino a scuotere la terra in un terremoto, abbastanza violento da creare uno squarcio molto profondo nel terreno sabbioso.

Alexis, che già era scossa dalla situazione, non riuscì a reggersi in piedi, cadde a terra seduta, con una faccia da pesce lesso.

Finalmente anche gli altri si accorsero di Erech e si voltarono verso di lei, smettendo di aggredire la cella.

Erech fece spallucce. -Sì, esatto, Adrien qui è anche lui un discendente ancestrale, ma della divinità della terra, D'ao.- fece qualche passo in avanti. -Non riuscirete mai a buttare giù quella barriera. Non potete salvarli. Nessuno di voi si salverà.-

Strange strinse i pugni e digrignò i denti, guardando di sfuggita la terra squarciata a pochi metri da sé: quella spaccatura nei suoi sogni c'era, ed era anche stata fatale in alcuni casi.

Erech riprese a parlare. -Certo, se vi aiutasse Alexis forse potreste riuscire a fare qualcosa, ma...- guardò la ragazza. -...non puoi, altrimenti rischieresti di avere delle contrazioni, giusto?- sorrise. Guardò di nuovo Adrien. -Mettiamo fine a questa storia, sta durando fin troppo.-

Erech azionò i suoi stivali e si levò in volo, diretta contro Alexis.

-Non fatela volare!!- esclamò Strange, mentre Adrien gli si lanciava contro.

Tony, volò addosso ad Erech, cercando in tutti i modi colpirla e di disattivare i suoi stivali.

Loki guardò Alexis, che ricambiò il suo sguardo e le fece cenno di andare a nascondersi dietro ad una delle rocce lì vicino. La ragazza lo fece, continuando a sentirsi totalmente inutile e triste.
Il dio cercò di pensare il più velocemente possibile ad un modo per abbattere le pareti della cella, ma da solo sarebbe stato praticamente impossibile. Si mise a metà strada tra Strange a terra e Tony in cielo, cercando di aiutare entrambi, mentre lanciava ad Adrien ed Erech delle sfere di magia, o dei pugnali, che loro prontamente evitavano. Il suo sguardo cadeva spesso su Alexis, per controllare che fosse al sicuro.
Poi gli venne un 'idea. Un'idea pericolosa, perché si trattava di abbassare la guardia sul campo di battaglia. Ma non c'era altra scelta. Guardandosi di nuovo intorno, creò un'illusione di sé stesso e la proiettò all'interno della cella. Non l'aveva detto a nessuno, sperando che Erech non se ne fosse accorta, ma lui aveva visto una piccola crepa sulla parete luminosa. Aveva bisogno dell'aiuto di qualcuno di potente per riuscire a creare almeno un varco, in modo da far uscire il gas dalla cella e farlo disperdere nell'aria.

Mentre il Loki reale combatteva e proteggeva Alexis, il Loki illusorio si accasciò accanto al corpo del fratello, prendendolo per le spalle, scuotendolo e chiamandolo. Lui non era umano, quindi, in teoria, doveva avere più resistenza di tutti gli altri, così come Steve e Bucky.

-Thor!- niente. -Thor, andiamo!- ancora niente. Gli diede uno schiaffo in volto. -Svegliati, stupido pentapalmo!-

Il dio del tuono strinse gli occhi, poi li aprì e sbatté le palpebre più volte e rapidamente, e scosse la testa come tentare di risvegliare il suo cervello.

-Loki?!-

-Perché tutti con questo tono sorpreso!? Ascoltami, c'è un gas velenoso in questa cella. Vedi quella crepa lì?- disse il dio dell'inganno, indicandola.

Thor annuì.

-Fa qualcosa per aprire una fessura, non lo so, crea un fulmine, lanciaci contro questa stupida ascia, ma fa qualcosa, o tutti questi salvatori moriranno!-

L'illusione svanì, mentre Thor si alzava in piedi.

Intanto, Alexis si sedette con la schiena appoggiata alla roccia, dando le spalle alla battaglia.
Forse così, non guardando, sarebbe stato meno doloroso per lei.
Adorava il piccoletto dentro di sé, ma adorava anche combattere e, soprattutto, adorava proteggere i suoi colleghi. Questi sentimenti così contrastanti la stavano distruggendo. Ogni volta che pensava a quanto le sarebbe piaciuto combattere al fianco dei suoi amici, della sua famiglia, si sentiva in colpa verso il bambino che cresceva dentro di lei, verso suo figlio, suo e di James, figlio che entrambi avevano desiderato.
Figlio che faceva affidamento su sua madre per continuare a vivere, dentro di lei.
Si asciugò via una lacrima, sostenendo che non vi fosse una soluzione a quella dicotomia. Di certo, la vita di suo figlio, era più importante di tutto il resto.
Si voltò di scatto, quando la sua attenzione fu attirata da un fulmine che, squarciando il cielo attirato dall'ascia di Thor, colpì un punto ben preciso della prigione magica, riuscendo a creare una piccola asola. La ragazza poté vedere chiaramente un gas verdastro fuori uscire dalla cupola e disperdersi nell'aria.
Sospirò sollevata, portandosi una mano al cuore.
Dio, ti ringrazio, pensò. Poi si corresse con: Thor, ti ringrazio.
Iniziò ad alzarsi in piedi, pronta a correre verso Thor, che, come lei, se ne stava in piedi nella cupola, potendo fare assolutamente nulla, ancora stordito dal gas.

Negli stessi istanti in cui il fulmine aveva forato la prigione, Erech si era distratta a guardarlo.
-No!- aveva esclamato.

Tony aveva subito approfittato di quella distrazione ed era riuscito a colpire il motore di uno degli stivali che permettevano ad Erech di volare.

-Cazzo.- borbottò la donna, mentre iniziava a cadere.

Erech cercava di rallentare la caduta con l'uso dell'altro stivale ancora funzionante, ma nel mentre stava provando un odio atroce nei confronti di Iron Man. La rabbia le permise di centrare esattamente il punto desiderato.
Sparò un fascio di magia blu dritto al centro del petto di Tony, colpendo il reattore Arc.

L'armatura di Iron Man smise di funzionare e Tony prese a cadere rovinosamente, dentro alla grande crepa che Adrien aveva creato nel terreno.

L'urlo di Alexis fu agghiacciante, tanto che anche Steve e Bucky iniziarono ad aprire gli occhi.
-P-PAPA'!!!- urlò, correndo verso il dirupo.

Stephen Strange sgranò gli occhi, le urlò di fermarsi, ma se non fosse stato per Loki che la afferrò bloccando la sua corsa, probabilmente lei non l'avrebbe fatto.
La fidata cappa della levitazione dello stregone si staccò da lui e si fiondò giù nel dirupo, mentre Alexis si aggrappava disperatamente alle spalle di Loki.

Le parvero minuti interminabili, di interminabile sofferenza, che le aveva tolto il respiro dai polmoni.
-Sta tornando.- disse Loki, rincuorato e rincuorando la ragazza. Alexis guardò l'armatura spenta, con Tony dentro, che veniva portata in volo dalla cappa, verso la roccia dove poco prima si trovava lei stessa nascosta. Il dio la prese per le spalle. -Alexis, torna a nasconderti.- disse, per poi riprendere a combattere, stavolta  contro Erech.

Alexis corse verso Tony, che nel frattempo era uscito dall'armatura, ormai del tutto fuori uso.
Lo abbracciò con le lacrime che non smettevano di scorrerle lungo le guance, senza riuscire a trattenere i singhiozzi.

Tony ricambiò l'abbraccio, stringendola fortissimo, con il volto sconvolto, più per l'appellativo con cui si era sentito chiamare disperatamente da Lexie, che per il fatto di aver sfiorato la morte.
Papà. Gli riecheggiava nella mente.
Non era certo quello il momento adatto per parlarne, Alexis era troppo sconvolta. Le diede un bacio tra i capelli, continuando a stringerla.

Dall'interno della cupola, Thor aveva continuato ad evocare fulmini, ma senza riuscire ad ottenere niente. Senza l'aiuto di qualcuno dall'esterno, sarebbe stato impossibile scalfire quelle pareti.

Steve e Bucky erano in piedi ed avevano osservato la scena della quasi morte di Tony e della disperazione di Alexis in totale silenzio e con il cuore in gola.

Bucky, poi, aveva tenuto sempre lo sguardo fisso sulla ragazza, che, disperata, non si era accorta del fatto che lui e Steve si fossero svegliati. Non la chiamarono. Dietro quella roccia era di certo più al sicura e se l'avessero chiamata, lei sarebbe corsa da loro, rischiando la vita.

-Che diavolo facciamo?- chiese Bucky sospirando.

Steve strinse la mascella. -Non ne ho idea.-

-L'hai vista? Non riuscirà a starsene ferma.- disse Bucky, riferito ad Alexis.

Steve annuì mestamente. -Proviamo ad aiutare Thor.-

Steve e Bucky iniziarono a colpire le pareti con lo scudo e con il braccio in vibranio di Bucky.
Ma anche in quel caso nulla sembrava funzionare.

Intanto, Alexis, da sopra la spalla di Tony, finalmente riaprì gli occhi, ma ciò che vide, di nuovo, la fece rabbrividire.
Adrien aveva atterrato Stephen e si preparava a sferrare un colpo che sarebbe stato fatale.
Alexis non ci pensò nemmeno. Spinse via Tony, si abbassò a prendere la rivoltella allacciata allo stivale e sparò contro Adrien, colpendolo all'altezza del collo, probabilmente alla giugulare, visto il sangue che uscì.
Batté più volte le palpebre e deglutì rumorosamente.

-Come diavolo hai fatto? Non era un discendente di bla bla bla!?- chiese Tony.

Alexis fece spallucce. -Beh,  a quanto pare  i discendenti sanguinano come le persone normali.-

-Ti avevo detto di stare ferma!!!- urlò Stephen, mentre si puliva dalla faccia il sangue del suo nemico.

Alexis si guardò i piedi. -Sono stata ferma!-

Bucky, che aveva assistito alla scena, rise orgoglioso.

-Che ragazza, amico!- aveva esclamato Steve,mentre continuava a lanciare lo scudo contro la barriera magica.

Intanto Loki e il dottor Stephen Strange si erano scagliati su Erech, che però, mossa dal suo spirito di vendetta, ora anche nei confronti di Adrien, era più forte e furiosa che mai.
Non poteva permettersi di perdere di nuovo. Loki aveva distrutto con fin troppa facilità tutto il suo esercito di stregoni, Alexis aveva ucciso Adrien, lei non poteva più volare, gli Avengers si stavano pian piano tutti risvegliando.
Non poteva andare di nuovo tutto storto.
Mossa da quella furia cieca, dopo alcuni minuti, riuscì a mettere al tappeto sia Loki che Stephen, che caddero a terra, privi di sensi, poi, in un attimo, si parò davanti ad Alexis.
Improvvisamente sembrava che la situazione stesse volgendo a suo favore.
Bucky smise per un attimo di tirare colpi alla parete della cella ed osservò la scena ad occhi sgranati. Si rese conto che la situazione era estremamente pericolosa.
Strange e Loki erano k.o., Tony era inutile senza la sua armatura. Alexis era fragile, in quel momento. Loro erano rinchiusi lì dentro. Deglutì, pregando dio che qualcosa potesse salvare la ragazza che amava dalle grinfie della sua folle zia.
 
Alexis strinse la mano di Tony ed indietreggiò, fino a toccare con la schiena la roccia, mentre Erech, con un ghigno inquietante, camminava a grandi falcate contro di lei.

Erech puntò un dito contro la ragazza. -Tu.- le disse. -Sai cosa se tu? La prova che, per l'ennesima volta, io ho perso contro mia sorella.-

Alexis deglutì, continuando a stringere la mano di Tony, che stava sulla difensiva. Aveva già azionato un piccolo propulsore sulla mano, che portava sempre con sé in caso di problemi con l'armatura.

Erech continuò: -E' vero, non sei un problema per me e per la mia vita, o per i miei affari, però... se ti lasciassi in vita, darei modo a mia sorella di ridere dalla tomba.-

Gli occhi di Alexis si riempirono di lacrime. Come si permetteva, quella, anche solo a nominare sua madre?
Tirò su con il naso prima di parlare a denti stretti: -Lei neanche sapeva della tua esistenza.-

Erech sbuffò.
-Povera piccola, buonista, ingenua che non sei altro, agente Moore.- disse, sorridendo amaramente. -Credi davvero che il mio nome sia Erech? Sul serio pensi che io mi chiami lancia solitaria?- si morse una guancia ed incrociò le braccia al petto. -Vuoi sapere qual è il mio vero nome? Il nome che mi ha dato mia madre e con il quale mi ha chiamata fino a quando avevo tre anni di vita?-

Alexis non rispose, così Erech continuò:

-Hermione.- sputò fuori, velenosa. -Come vedi, non siamo legate solo dal sangue.-

La ragazza trattenne il respiro per alcuni secondi. Lasciò la mano di Tony e sentì le forse venirle meno. Non seppe neanche lei come stesse facendo a tenersi in piedi ora che aveva saputo che sua madre era sempre stata a conoscenza di ciò che era stato fatto alla sorella gemella e che si ricordava di lei, tanto da dare il suo nome alla sua unica figlia.

Anche Tony si era impallato per qualche secondo, poi aveva borbottato all'orecchio di Alexis: -Ricordami di cambiare nome a mia figlia.- anche se lei non lo sentì.

-Era...- balbettò Alexis. -Era una bambina.- tentò di giustificare sua madre.

-E' vero, assolutamente vero. Tuttavia quando sei nata tu si ricordava perfettamente di me. Forse la cara mamma glielo aveva raccontato. E quindi lei lo sapeva. Io l'ho capito solo dopo aver scoperto più informazioni su sua figlia. Quando ne ho economicamente avuto l'opportunità ho pagato un sicario per uccidervi tutti e tre. E sai qual è la cosa divertente? Che io credevo che tu fossi morta! Poi ho guardato qualche telegiornale ed ho visto che eri entrata negli Avengers. Mi sono detta Ok, Hermione, lei non c'entra niente, lasciala stare. Ma poi il tuo cagnolino ha iniziato a smuovere le acque!- sbottò, lanciando uno sguardo in direzione di Bucky.

James, finalmente, incrociò lo sguardo di Alexis. Lei fu grata di vederlo finalmente sveglio, anche se la situazione non era delle migliori. Lui le mimò un ennesimo "sta tranquilla" con le labbra e lei annuì lievemente.

-Non avevamo idea che... che ci fosse tutta questa storia dietro, non puoi darci colpe che non abbiamo.- disse Alexis.

Hermione Karlatos fece spallucce, e piegò gli angoli della bocca verso il basso. Era sempre più irritata.
-No, Alexis, sei di coccio!- esclamò battendo un pugno contro il palmo dell'altra mano. -Tu hai la colpa di essere il simbolo della vittoria di mia sorella, lei continua a vivere attraverso te!- sbottò, emanando una serie di piccole scintille bluastre dalle mani, mentre il reticolato del suo sistema nervoso veniva messo in evidenza da una magia dello stesso colore.

Tony sgranò gli occhi, preoccupato. Aveva già visto qualcosa di estremamente simile, su qualcuno di sua conoscenza: Alexis.

La donna riprese a parlare, mentre i suoi occhi azzurri si coloravano di un blu più intenso.
-Per non parlare del fatto che sei davvero odiosa, una buonista, un'eroina, quando sia tua madre che la sua sorella gemella erano tutt'altro! Sei dolce, smielata, ti amano tutti. Ma non ti annoi neanche un po'?-

Ormai Hermione era fuori di sé, ed Alexis non sapeva assolutamente cosa fare.
Da una parte, era anche convinta che sua zia avesse ragione ad avercela con lei e con tutta la sua famiglia.

-Ero davvero convinta che fossi morta! Pensavo di aver portato a termine il piano! E invece chi arriva a salvarti, a darti una nuova vita? Tony Stark! Ma certo, l'uomo più ricco del mondo!- esclamò.
Poi accadde il peggio del peggio nel giro di un secondo. La donna prese al volo una pistola dal suo cinturone e sparò casualmente, tanto per sfogarsi, però colpì al centro la coscia di Tony.

-Oddio, Tony!!!- esclamò Alexis.

Tony si piegò fino a sedersi, con una smorfia di dolore sul volto.

Erech lanciò via la pistola, afferrò Alexis per i capelli e la tirò su, portandola verso il dirupo che Adrien aveva creato.

Da dentro la cella, dove si erano ormai svegliati tutti, gli Avengers osservarono la scena terrorizzati.

-Lasciala andare!- gridò Bucky, lanciandosi con tutto il corpo contro la parete, ustionandosi la mano vera e la faccia, mentre Steve e gli altri facevano altrettanto, e Banner si trasformava, nel tentativo di rompere la barriera con la forza di Hulk.

Nel frattempo, fuori dalla cella, Loki aveva ricominciato ad alzarsi in piedi. Era l'unico sveglio che avrebbe potuto fare qualcosa.
Si alzò ed iniziò a camminare più velocemente che poteva verso le due.

Erech fece affacciare Alexis dallo squarcio nel terreno.

-Aspetta!!- gridò la ragazza. -Aspetta!! Devo proteggerlo, non posso-

La fece inginocchiare sul bordo del dirupo e si avvicinò al suo orecchio.
-La stirpe dei Karlatos deve finire con te.- disse, poi la spinse di sotto.

Loki si fermò con gli occhi sgranati. Stephen si svegliò.

Il grido disperato all'unisono di Alexis e Bucky, squarciò la notte e gli animi di tutti gli Avengers.
 

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII: Come una fenice. ***


Angolo Autrice
Lo so, non dovrei permettermi neanche di rubarvi del tempo in questo angolo autrice per il ritardo e per il modo in cui sono sparita... Mi sono dovuta prendere delle ferie un po' da tutto. Sto bene e sono viva =) 
Ma mi sentivo tremendamente in colpa ad avervi lasciato col fiato sospeso in un momento così delicato e per così tanti giorni! Per cui eccomi qui, sono tornata all'attacco =) Il capitolo è breve, ma non volevo strafare ed inserire troppe bombe, quindi ho deciso di farne di più brevi da qui fino alla fine della storia (manca davvero poco). Però vi assicuro per in settimana arriva il prossimo, promesso! =) 
Godetevi il capitolo, anche se sospetto che molti di voi si aspettino già ciò che succederà! 
Grazie di essermi sempre vicini tutti voi, ed in special modo MaryElizabethVictoria e InsurgentMusketeer, delle quali devo correre a recuperare i capitoli! <3 
A presto!
Rack =)


 
New Avengers: Together - Promises
Capitolo XVIII: Come una fenice. 






Fin dal primo momento in cui si era risvegliato dentro a quella prigione di magia mistica, Bucky aveva tenuto lo sguardo fisso su Alexis.

La sua voce che aveva gridato qualcosa, che dopo pochi minuti lui aveva capito fosse il termine "papà", ed era stato ciò che gli aveva permesso di svegliarsi.
Non erano stati i fulmini del dio del tuono, ma la voce della donna che amava. Nel sentirla, se da una parte era veramente felice di poterla avere lì e poterla vedere, dall'altra si era reso conto che la ragazza, così come il bambino che portava con sé, si era messa in estremo pericolo e lo aveva fatto per colpa sua. Per di più, quel particolare grido disperato nei confronti di Tony, che Bucky aveva visto cadere nel baratro mentre si alzava in piedi, non aveva fatto che scuoterlo dentro maggiormente.

Papà.

Nello stordimento immaginò che potesse essere la voce di suo figlio che chiamava lui.

Si era alzato in piedi e si era sporto verso Alexis, bruciandosi una mano quando aveva toccato la barriera magica, quando l'aveva vista correre verso Iron Man. Si era fermata solo grazie a Loki, che l'aveva bloccata, stretta. Quella morsa così protettiva, che non era la sua, in cui era stretta la ragazza, fece nascere in lui un sentimento nuovo.

La gelosia gli guizzò nel cervello per qualche secondo, ma si ridestò subito mentre Steve lo affiancava e sussurrava -Tony...- in maniera preoccupata.
Non era certo il momento adatto per imparare ad essere gelosi, per di più Alexis era disperata e Loki le aveva soltanto impedito di lanciarsi in un burrone appresso al patrigno.

Quando Tony era uscito dall'armatura, sia lui che Steve avevano tirato un sospiro di sollievo, mentre osservavano Alexis che lo abbracciava con le lacrime che ancora le scorrevano lungo le guance.

Da lì in poi, entrambi non avevano fatto altro che tentare di buttare giù quella dannata barriera mistica. Steve a colpi di scudo, Bucky con il braccio, ma nessuna delle due armi in vibranio riuscivano a scalfirlo, così come anche Thor con i suoi fulmini non vi riusciva. Serviva qualche colpo anche dall'esterno, ma gli Avengers liberi erano tutti troppo impegnati nella lotta. Tony era fuori uso e Alexis non poteva usare la magia. Lo sforzo avrebbe rischiato di causarle di nuovo delle contrazioni.

-Che diavolo facciamo?- chiese Bucky a Steve.

-Non ne ho idea.-

Bucky pensò che se Steve non aveva un piano, la situazione era davvero drammatica.

-L'hai vista?- disse James, facendo un cenno verso Alexis. -Non riuscirà a starsene ferma.-

Steve sospirò e scosse la testa. Era ben consapevole anche lui della foga di Alexis, della sua passionalità e della sua situazione psicologica estremamente fragile in quel momento.
-Proviamo ad aiutare Thor.- disse, riprendendo a dare colpi con lo scudo contro la parete magica, e Bucky fece lo stesso.

Ripensò qualche istante alla situazione, che gli pareva assurda.
La zia di Alexis, sorella gemella di sua madre, aveva assassinato i Moore perché la nonna di Alexis l'aveva abbandonata da piccola, dando ad Emma la vita che invece avrebbe meritato lei.
Bucky poteva anche capire, ma non giustificare, il rancore, la gelosia verso Emma.
Ma Alexis? Che c'entrava Alexis? Una ragazza così buona, che se avesse saputo dell'esistenza di una sua zia perduta avrebbe sicuramente fatto di tutto per ritrovarla. Come poteva quella donna decidere su due piedi che una ragazza che neanche conosceva doveva morire?
La spiegazione che Bucky trovò era una sola: era una pazza, ormai non ragionava più e consumata dalla vendetta aveva dato di matto.

Proprio nell'istante in cui pensò sarcasticamente che a parlare di situazioni di vita assurde lui non doveva che starsene zitto, la situazione cambiò vertiginosamente.

Alexis aveva sparato ad Adrien, rendendo sia lui che Steve estremamente orgogliosi, ma quel gesto aveva scatenato ulteriormente Erech, che aveva messo al tappeto Loki e si era posizionata di fronte ad Alexis.
Nel giro di pochi secondi erano stati in svantaggio, poi in vantaggio e poi di nuovo in svantaggio.
Neanche il tempo di sorridere per il colpo dato da Alexis, che ora il respiro faceva fatica a passargli dalla gola.

Erech aveva uno sguardo folle e se ne stava davanti ad Alexis e Tony a sbraitare tutti i motivi del suo odio per lei, confermando i sospetti del soldato: era semplicemente impazzita.
Alexis provò a difendere sua madre, sottolineando il fatto che non ricordava dell'esistenza della sua gemella. Quella voce appena udibile, tremante, scossa. Bucky sentì il cuore vibrargli nel petto, e gli si formò un nodo alla gola.
Alexis tutto quello non lo meritava.
E poi la rivelazione di Erech, il cui vero nome era Hermione.
Quindi Alexis portava il nome di sua zia. Da lontano, poté vedere visibilmente che Alexis tremò a quella rivelazione. Conoscendola, pensò che stava mettendo in dubbio l'innocenza di sua madre.

"...ma poi il tuo cagnolino ha iniziato a smuovere le acque!" sentì dire alla donna, che lo indicò con un braccio.

Il senso di colpa che aveva avuto fin da subito gli fece scendere il cuore nello stomaco, ma questo tornò al suo posto quando Alexis, finalmente, lo guardò e si rese conto che lui e Steve fossero svegli.
La ragazza gli sorrise, e Bucky, nonostante dentro si sentisse in colpa, ricacciò indietro quel sentimento. Sorrise ad Alexis sussurrandole di stare tranquilla, e la vide annuire.
Era stanca, si vedeva anche da lontano. La sua pelle era più bianca del solito, ed aveva delle profonde occhiaie violacee sotto quegli occhi che nonostante tutto continuavano ad essere luminosi come il sole.

Erech stava gridando cose assurde, incolpando Alexis di essere il simbolo della vittoria di Emma su di lui.
Poi d'un tratto la situazione peggiorò.
Erech sparò alla gamba di Tony. Bucky vide che Alexis non fece in tempo neanche a piegarsi su di lui per aiutarlo, perché Erech l'aveva afferrata per i capelli e trascinata verso la spaccatura nel terreno che lui non aveva idea neanche di come si fosse creata.

-Lasciala andare!!!- gridò il soldato, riprendendo a dare colpi alla barriera.

Successe tutto nel giro di pochi secondi.
Bucky sentì Alexis implorare la zia di non farle del male, ma non per proteggere sé stessa, bensì per proteggere il bambino.

Loki si era alzato e Bucky aveva sperato in un salvataggio da parte sua o da parte della cappa della levitazione di Strange. Guardò quest'ultima di sfuggita: era lesionata ed ingrigita, provava a muoversi, ma non riusciva a sollevarsi. Vide Loki correre verso Alexis, ma si bloccò quando ciò che tutti temevano di più accadde.
In un attimo, Alexis era sparita dalla vista di tutti, mentre Erech si allontanava dal dirupo da sola.

La sentì gridare, probabilmente per la paura e lui gridò di dolore insieme a lei. Steve e Thor si fermarono, entrambi con il volto stravolto, così come Loki che era rimasto fermo a metà strada tra gli Avengers e Erech.
Bucky cadde in ginocchio, e non riuscì a fermare le lacrime che gli scorrevano lungo le guance.

Steve si accucciò accanto a lui, cercando di sostenerlo per le spalle.
Diceva qualcosa, ma James non sentiva più niente.
In quei momenti, perfino respirare gli stava facendo male.
Respirare e vivere in un mondo in cui l'amore della sua vita non ci sarebbe più stato gli faceva provare letteralmente dolore fisico.
Alexis Moore era stata la prima persona che l'aveva guardato senza avere paura di lui, neanche per un istante. L'aveva trattato fin da subito come una persona semplicemente normale.
Lui, un uomo centenario rimasto giovane, con la super forza, un braccio in vibranio, una serie di lavaggi del cervello ed omicidi alle spalle.  Lei, la ragazza più pura del mondo.

Lei gli aveva permesso di essere in grado di tornare alla vita reale, lei gli aveva dato uno scopo per cui alzarsi ogni giorno, lei gli aveva permesso di redimersi. Aveva fatto scomparire i suoi incubi,così come lui aveva fatto con lei, lo aveva fatto di nuovo innamorare della vita.
E lo aveva fatto innamorare di lei, con il primo sguardo, quel giorno al complesso.
In un attimo gli passò davanti agli occhi tutta la loro storia insieme, e tutto quello che avrebbe potuto continuare ad esserci.

Il bambino.

Quella scatolina in velluto nero che si portava dietro ormai ogni giorno da quando Alexis gli aveva detto di essere incinta.

Portò una mano all'altezza del petto a destra. Anche in quel momento l'aveva con sé.
Ma ormai era tutto inutile.
E tutta quella storia era iniziata perché lui aveva indagato.
Se Alexis era morta, era colpa sua.

Bucky rimanendo in ginocchio si lanciò con tutto il corpo contro la parete di magia mistica. Si ustionò la faccia ed il braccio umano, ma strinse i denti e non urlò.

-Buck, Buck!- Steve buttò lo scudo a terra, lo prese per le spalle e lo spostò da lì. -Che stai facendo!?- notò che Bucky aveva gli occhi spenti.

James non aveva una risposta a quella domanda, non lo sapeva neanche lui.

-Non... Non ce la faccio, Steve... Steve, ti prego, uccidimi.- disse, mentre Steve smetteva di respirare. -Uccidimi, non posso stare in un mondo in cui non c'è lei.-

Steve, con le guance completamente bagnate dalle lacrime, accarezzò il volto distrutto dell'amico e lo abbracciò.
-Bucky...- sussurrò, tirando su con il naso.

Il resto degli Avengers chiusi nella prigione di magia mistica, si era svegliata ed aveva assistito a quella scena straziante, tutti con le lacrime agli occhi, perché tutti volevano bene ad Alexis Moore.
Intanto, Sam aveva tirato fuori il cellulare della tasca dei pantaloni ed aveva inviato un messaggio a qualcuno, mentre si asciugava gli occhi umidi con il dorso della mano.

Tony era rannicchiato a terra accanto a Stephen Strange, che si era svegliato e lo aveva trasportato accanto a sé con un portale. Tony non aveva visto la scena della morte di Alexis, annebbiato dal dolore del proiettile, che era rimasto dentro al muscolo della coscia, tuttavia aveva capito quello che era successo. Singhiozzava, mentre Stephen, anche lui con gli occhi colmi di lacrime, cercava di analizzare la situazione di Tony ed in generale ciò che stava accadendo.

Non aveva visto nessuno scenario nei suoi sogni che si evolvesse in quel modo, quindi aveva ancora speranza. Lui sapeva bene che Alexis era forte tanto quanto lui.
Per quanto riguarda Tony, per fortuna il proiettile non lo aveva colpito ad un'arteria, ma lateralmente. Il fatto che non fosse uscito, causava un dolore lancinante a Tony, e Stephen cercava di curarlo con i suoi poteri, proprio come anni prima aveva fatto con Alexis.

Loki era rimasto totalmente spiazzato. Stavolta era dalla parte dei buoni, mai si sarebbe aspettato che avrebbero perso, che Alexis Moore avrebbe perso.
Quella ragazza era speciale, non era giusto quello che le era capitato in passato, né quello che le era capitato nel presente.
Guardò Erech, che pareva essersi scordata di tutti gli altri, mentre dava degli ordini in un auricolare. La guardò con un tale odio che Stephen Strange, che lo stava osservando, pensò che avrebbe potuto infrangere la realtà solo con quello sguardo.

Poi, Falcon, si era avvicinato a Bucky, accucciandosi accanto a Steve.
-Ehi.- disse, toccando la spalla di Bucky. -Dobbiamo uscire di qui e vendicare Lexie.- Bucky lo guardò ed annuì lievemente, ma in realtà vedeva tutto offuscato. Sam riprese: -Ho chiamato Ba...-

Le parole gli morirono sulla bocca, quando qualcosa attirò la sua attenzione.

Steve aggrottò la fronte e si voltò, seguendo lo sguardo di Sam, poi sgranò gli occhi.
Toccò la spalla di Bucky più volte, lo fece voltare nella stessa direzione e rise lievemente.

James si alzò in piedi di scatto, si passò più volte le mani sugli occhi.
Fu come ricominciare a vedere a colori dopo aver vissuto un'intera vita a vedere in bianco a nero, nonostante fossero passati solo pochi minuti.
Non poteva credere a quello a cui stava assistendo.

Sospesa nel vuoto, grazie ad un paio di ali, a pochi metri da loro, c'era l'agente Alexis Moore.

Perfino Erech si era voltata a guardarla mentre abbassava lentamente la mano dall'auricolare con gli occhi spalancati.

Bucky rise, poi guardò Steve di sfuggita e tornò con lo sguardo su Alexis.
-E' bellissima!- esclamò, mentre tutti gli altri, finalmente, dopo minuti di agonia, sorridevano.

Bucky non riusciva a toglierle gli occhi di dosso.
Alexis stava in aria, con una gamba leggermente piegata, le braccia leggermente distaccate dai fianchi, i pugni chiusi, lo sguardo più determinato che mai e pronto a fare ciò che le riusciva meglio: salvare tutti.

Mentre Bucky rimaneva stregato dalle caratteristiche umane della ragazza, tutti gli altri erano scioccati da tutto il resto.
Tutti tranne Stephen Strange, che un po' se lo aspettava, mentre sorreggeva per la schiena Tony, che era riuscito a sedersi per vedere la sua figlioccia in tutto il suo splendore, ridendo a crepapelle.

Loki aveva pensato la stessa cosa che Bucky aveva potuto dire. La guardò dal basso, sollevando solo un angolo delle labbra, in quel suo sorriso sghembo che nascondeva l'estrema gioia che dentro di sé provava nel vedere di nuovo Alexis nel mondo dei vivi.

La ragazza fluttuava grazie alle tanto sudate ali mistiche che avevano tormentato il suo mentore, che tuttavia erano diverse da quelle che evocava il dottore.
Erano fatte di scintille ambrate e blu elettrico che disegnavano i contorni di due ali angeliche, che al centro rimanevano vuote. L'armatura, ora, era diventata tutt'uno con Alexis, emanando micro particelle di magia blu ed arancione. Intorno alle mani chiuse a pungo, Alexis aveva evocato due sfere di magia degli stessi colori.

La ragazza sollevò una mano verso il suo volto, per osservarla meglio. Lei era anche un'artista e sapeva bene che il blu e l'arancione fossero due colori complementari. Li trovò semplicemente bellissimi insieme e soprattutto bellissimi addosso a lei.
Sbuffò una risata, rendendosi conto che quella era la realtà, non stava sognando.
Lei era viva.
Si guardò le spalle, mosse le ali.
Poi guardò in basso, dove incontrò lo sguardo di Stephen.

-Hai visto!?- urlò la ragazza al dottore, indicandosi le ali.

Stephen annuì. -Ne ero sicuro!!- le urlò di risposta.

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX: L'Avenger più pura ***


New Avengers Together - Promises
Capitolo XIX: L'Avenger più pura
 




Tony batté le mani due volte, poi assottigliò gli occhi e guardò Stephen Strange alle sue spalle.
-Ehi, guarda che è me che ha chiamato "papà" poco fa.-

Strange sollevò le mani.
-Sì, ma è grazie a me che può fare quello.- disse, indicando la ragazza.

Nessuno dei due credeva ai propri occhi: la loro amatissima figlioccia era viva ed era più forte e splendida che mai.

Alexis si stampò un sorrisetto compiaciuto sul volto, poi guardò in direzione dei suoi colleghi ed i loro sguardi colmi di gioia le diedero la carica per imbrigliare tutto quel potere come se fosse nata per fare quello e nient'altro.
Puntò una mano verso gli Avengers intrappolati nella prigione di Erech, poi rivolse a sua zia uno sguardo infiammato.

-Sai, cara zia, hai proprio ragione: io e te abbiamo diverse cose in comune, oltre al nome. Abbiamo lo stesso sangue, quindi le stesse discendenze divine. Solo che io ho un punto in più rispetto a te: ho avuto come maestro lo stregone supremo delle arti mistiche.- disse Alexis, guardando di sfuggita Stephen Strange.

Prese un respiro profondo e si concentrò, e dalla sua mano partì una raffica di sfere di magia blu ed arancione che lanciò contro le pareti magiche della prigione creata da Erech.
Dopo alcuni secondi la barriera si infranse sotto i colpi della magia potentissima di Alexis, e gli Avengers tirarono fuori le proprie armi, preparandosi a combattere.

Erech era rimasta immobile con la bocca spalancata.
Sola.

Alexis scese a terra, camminò a passo spedito verso i colleghi, ritraendo le ali, ma continuando ad emanare una serie di scintille degli stessi colori dall'armatura.
Lanciò un rapido sguardo a Tony per controllare che non fosse in condizioni critiche, poi fece qualche saltello rapidamente verso Bucky.
Gli gettò le braccia intorno al collo e lui l'afferrò abbracciandola stretta quasi da toglierle il fiato.

-Mio Dio.- disse Bucky, staccandosi dalla ragazza solo per prenderle il volto tra le mani e darle un disperato bacio sulle labbra.

Alexis si sentì subito senza fiato, ma assaporò comunque le labbra di Bucky come se fossero state la sua linfa vitale, finché anche Steve e gli altri non si avvicinarono a lei.

-Lexie...- la chiamò Steve. -Ma come...-

-Bella domanda, non ne ho idea!- esclamò la ragazza ridendo. -Ad ogni modo, mentre precipitavo ho visto Wanda e Visione, sono rinchiusi nei sotterranei, sono in un bunker isolato perfettamente, per questo non riuscivamo a rintracciarli.-

-In che senso li hai visti?- chiese Sam.

-Ehm... non lo so, ma fidatevi di me. Qualcuno deve andare a prenderli.-

-Vado io.- disse Loki che era rimasto alle spalle della ragazza.

Alexis si voltò di scatto, quasi come se si fosse scordata che anche lui era lì, nonostante fino a quel momento l'avesse protetta più volte.
Gli sfiorò un braccio. -Loki, grazie per quello che hai fatto per me oggi, davvero. Sei stato fondamentale.-

Loki fece un sorriso ed un cenno con la testa alla ragazza, poi andò alla ricerca di quello che poteva essere un ingresso per il bunker.

-Vengo con te.- disse Bruce Banner seguendo il dio, mentre iniziava a trasformarsi in Hulk.

Alexis sorrise nel vederli allontanarsi insieme.
Tuttavia la sua attenzione fu subito distolta quando vide un cerchio arancione comparire a pochi metri da lei, affianco a Tony.
Istintivamente evocò le ali, che solo ora Bucky riuscì a notare veramente, rimanendone affascinato.

Dal portale uscì un vecchio amico che gli Avengers non vedevano da un po' di tempo.

-Alex! Secondo te che diavolo ha tua zia!?- esclamò l'uomo che ne uscì, guardando in direzione di Erech.

Alexis sgranò gli occhi. -Clint!-

Purtroppo non ebbe tempo di correre ad abbracciarlo perché, voltandosi in direzione di sua zia, si era resa conto che c'era qualcosa di strano.
Erech si stava sforzando, digrignando i denti, per creare svariate illusioni di sé stessa, nell'ultimo disperato tentativo di sconfiggere gli Avengers. 

La ragazza sbuffò e si levò in volo diretta verso la zia dicendo: -I parenti sono proprio una rogna.-
Steve, Bucky, Sam, Natasha e Thor la seguirono.

Clint, invece, si avvicinò a Tony, chinandosi su di lui.

-Che ti è successo? La paternità ti ha giocato un brutto tiro?-

Tony fece schioccare la lingua.
-Come sei arrivato qui?-

-Per farla breve, Sam ha inviato un messaggio sia a me che al tuo amico, Wong, -Clint indicò Strange. -dicendo che ti serviva questo.- concluse, porgendo a Tony un piccolo triangolino azzurro luminescente in metallo.

Tony lo afferrò e lo posizionò sul palmo di una mano.
-Ah sì? Ha fatto bene.- disse, per poi premere due volte con l'indice sul congegno, attivando un'armatura che teneva al complesso in caso di emergenze, che lo avvolse totalmente.

Questo poteva permettergli almeno di proteggersi un po' meglio, di volare in caso di estrema necessità, o di sparare qualche colpo rimanendo fermo.
Il dolore alla gamba era comunque molto acuto, quindi non avrebbe potuto fare granché.  
Si fece iniettare un antidolorifico da Friday. Da quando era diventato padre, senza dubbio, era diventato molto più cosciente dei pericoli delle battaglie. L'armatura di Iron Man era sempre stata super accessoriata, ma mai di medicinali, nonostante le tante ferite che Tony stesso aveva riportato più e più volte nel corso degli anni.

Tony ebbe giusto pochi secondi per poter osservare la sua Agente mentre volava verso la zia, pronta a sconfiggerla, seguita dal resto degli Avengers.
Era semplicemente maestosa, splendida, potentissima. Sembrava completa.
Sorrise leggermente, ma subito cambiò espressione quando si accorse che un cinquantina di illusioni di Hermione Karlatos si erano diramate dalla donna originale ed erano pronte a dar filo a torcere agli Avengers, in modo da permetterle di scontrarsi con Alexis senza interferenze.

Purtroppo per Erech, non sarebbe stato così facile seguire il suo piano.
Quando Alexis le si parò davanti con quello sguardo così determinato, gli fu quasi ovvio.

-Perché!?- chiese Alexis ritraendo le sfere di magia dalle mani, in segno di voler cercare di risolvere la situazione senza combattere.

Erech non rispose, inclinò la testa di lato, fingendo di non capire.

-Perché non lasci perdere?- riprese la ragazza. Si guardò intorno. I suoi amici combattevano contro le illusioni di Erech forsennatamente, ma riuscivano facilmente a farle scomparire. -A cosa credi che porterà tutto questo? A cosa ti serve la tua dannata vendetta?-

-Sei proprio una stupida, Alexis.- sputò velenosa sua zia. -Non capisci, non vedi! Guardati, guarda la tua vita! E' perfetta! Non ti manca niente, sei circondata ed amata dalle persone più famose, ricche, eroiche della terra! Io cos'ho? Niente! Avevo Adrien e ora, per colpa tua, neanche più lui!-

-Stava per uccidere una persona a me molto cara!- replicò Alexis puntando i piedi per terra.

-Ed infatti è così che fare tu e la tua famiglia, vero!?- sbottò l'altra. -I problemi non li risolvete, voi li eliminate.-

Alexis sentì il cuore scenderle nello stomaco.
Non seppe cosa rispondere, mentre in pochi secondi le parole appena dette da sua zia le mettevano davanti una situazione ben diversa, in cui lei vedeva sé stessa e la sua famiglia come i cattivi della situazione.
Forse la zia Hermione aveva ragione, questo era quello che aveva pensato Alexis d'istinto.
Sua madre Emma poteva aver scordato dell'esistenza di sua sorella, visto che erano state separate quando erano molto piccole, ma poi sicuramente sua nonna l'aveva ragguagliata sulla faccenda, visto che Alexis stessa portava il nome della zia.
Si trattava di un tributo alla zia scomparsa, senza dubbio. Ma perché non provare a cercarla? Perché non gliene aveva mai parlato?
Forse sua madre non conosceva tutta la storia, forse la nonna le aveva raccontato che la sua sorellina era morta da piccola e quindi il fatto che Emma non le avesse mai detto niente poteva dipendere dalla volontà di non ricordare mai più un fatto così triste, pur mantenendo vivo il ricordo della sorella, per quanto breve fosse stata la loro vita insieme, dandone il nome a sua figlia.
Alexis, se da una parte giustificava sua madre, tutto l'opposto era con sua nonna.
La frase che Hermione aveva appena detto, per lei era estremamente corretta: nonna Febe non aveva risolto i problemi di sua figlia, li aveva semplicemente eliminati.
Aveva abbandonato una piccola di soli tre anni, perché aveva paura dei suoi poteri.
Quell'idea la fece rabbrividire, le diede la nausea. Si portò una mano all'altezza del ventre, con fare protettivo. Giurò che lei non avrebbe mai e poi mai fatto una cosa del genere.
E lei non era nessuno per poter giudicare e giustiziare qualcuno per le proprie azioni, tantomeno sua zia che aveva vissuto tutta la vita da sola, consumata dalla gelosia, dalla vendetta, per colpa di sua nonna.
Alexis capiva.
Capiva il rancore di Hermione, e capiva la paura di sua nonna, ma non poteva sopportare il peso di quella colpa che ancora gravava sul suo nome.

-Hai... hai ragione.- disse infine Alexis. -Hai vissuto una vita terribile, sola, abbandonata, strappata dalle giornate di giochi che passavi con la tua sorella gemella.- fece qualche passo lentamente verso la zia, continuando a tenere una mano sulla pancia.

-Non voglio la tua compassione.- disse Erech, interrompendo quell'insopportabile discorso buonista sul nascere.

Alexis scosse la testa velocemente. -No, non è compassione. Voglio soltanto cercare di mostrarti la situazione da un altro punto di vista.-

-Stai solo cercando di arrampicarti sugli specchi  per lavarti di dosso le colpe che non senti essere tue!-

-Ti sbagli, è l'esatto contrario!-

Erech evocò delle sfere di magia blu, pronta a lanciarle contro la nipote.

Poco più in là, Stephen Strange teneva d'occhio la scena. Gli sarebbe bastato aprire un portale sotto i piedi di Erech e spedirla nel dirupo per risolvere tutti i problemi di Alexis, ma sapeva benissimo che poi la ragazza non gli avrebbe mai perdonato quel gesto. Voleva lasciare che Alexis, dalla saggezza dei suoi ventidue anni, risolvesse la situazione a modo suo, o che almeno ci provasse.

-Non voglio combattere, ferma questa follia inutile!- rispose Alexis, battendo i pugni tra loro ed aprendo due piccoli scudi, pronta a proteggersi.

Erech tirò indietro le braccia, prendendo lo slancio, poi scagliò contro Alexis svariate sfere di magia.

Alexis sollevò i polsi ed ampliò gli scudi riuscendo a proteggersi, attutendo i colpi.

Bucky si voltò verso la ragazza, attirato dal rumore e da tutto quel bagliore di luci blu ed arancioni.
Era vero che Alexis ormai era estremamente potente, ma era anche vero che la sua situazione fisica era già di per sé delicata. La questione del non fare alcuno sforzo era inevitabilmente andata a farsi benedire.
Ma lui tremava di paura al solo vederla muovere un dito.
Si concentrò sul suo combattimento, pregando che non accadesse nulla di ciò che temeva.

-Non fare l'eroina, combatti!- esclamò Hermione lanciando nuove sfere contro Alexis.

La ragazza le parò tutte di nuovo.
-No.- dichiarò.

La zia si avvicinò a lei velocemente e in un attimo la prese per la gola, quasi sollevandola da terra.
Lo scintillio delle ali di Alexis si rifletteva nei suoi occhi e sulla sua pelle, facendola innervosire ulteriormente nel vedere che Alexis era vittoriosa anche in quello.

-Credi che non coglierò l'occasione?- sussurrò.

Alexis digrignò i denti. -No, ma spero che cambierai idea finché sarai ancora in tempo.- disse, mentre stringeva con entrambe le mani il polso della zia.

Tuttavia, non accennava a ribellarsi. Quasi tutti gli Avengers, compreso Bucky, avevano notato quella situazione, ma il più rapido ad intervenire fu Stephen, che lasciò perdere le illusioni e si lanciò su Erech in maniera decisamente poco mistica.
Le diede una spallata e riuscì a spostarla, facendola cadere a terra di lato, mentre Alexis cadde in ginocchio, ma si rialzò subito.

-Vuoi farti ammazzare?- le aveva sussurrato il dottore.

-Veramente sei tu quello che aveva l'istinto suicida.- Alexis l'aveva guardato aggrottando la fronte. Aveva rovinato il suo piano di riportare alla luce la ragione di Hermione.

-Volevo lasciarti fare, ma mi pare evidente che la zietta non voglia sentir ragioni.- disse Stephen, evocando uno scudo in una mano ed una spada nell'altra.

Alexis osservò sua zia rialzarsi ed evocare di nuovo delle sfere fluttuanti, pronta ad attaccare entrambi.
Sbuffò pensando che Stephen avesse ragione, ed evocò anche lei delle sfere. A quanto sembrava, come sua zia, aveva anche lei ereditato il potere dell'aria dalla divinità Djinn.

Quando Erech riprese a scagliare a raffica le sfere, Alexis creò uno scudo piantandolo per terra, davanti a lei e Stephen.
Da dietro lo scudo lui la guardò.

-Sei un po' troppo sulla difensiva e un po' troppo poco sull'attacco.-  le disse.

Alexis sbuffò una risata. -Lo so!-

Ritrasse la scudo quando si rese conto che sua zia aveva smesso di lanciare le sfere.
Erech stavolta evocò due fruste, con le quali mise a dura prova la resistenza dei due eroi.
Alexis e Stephen avevano avuto entrambi la stessa idea, ma del resto, come aveva detto la stessa Alexis,  lui era stato il suo maestro, come poteva andare diversamente?
Avevano evocato uno scudo ancorato all'avambraccio, simile a quello di Captain America, e nell'altra mano una frusta, come la loro avversaria.
Purtroppo per loro, Erech era guidata da una furia cieca, tale da non riuscire a dare loro nemmeno il tempo di tentare di ricambiare un colpo.
Potevano soltanto ripararsi con lo scudo e schivare i colpi, mentre Erech cercava di accalappiare Alexis, puntando soprattutto alle ali. Sembrava quasi non essere interessata a Stephen.

-D'accordo, basta.- disse il dottore ad un certo punto.

Stephen aprì un portale sotto i piedi di Erech, che era talmente presa dalla furia di sconfiggere Alexis che non se ne accorse neanche. La portò a pochi metri di distanza da lì, fuori dalla mischia della battaglia e lontano da Alexis.

La ragazza si voltò guardandosi intorno più volte con la fronte aggrottata.
-Ma che diavolo, Stephen!- esclamò, accorgendosi che aveva fatto di tutto per portare sua zia lontano da lei.

Alexis fece per spiccare il volo e raggiungerli, ma fu trattenuta da Bucky che, dopo aver dato un ultimo colpo ad una delle illusioni ed averla fatta disintegrare, prese la ragazza per le spalle.

-Alexis.- la chiamò.

-Che c'è?.-

-Adesso tu apri un portale e te ne vai di qui.-

-Cosa? Non esiste!-

-E' troppo pericoloso, ti prego.-

Tony Stark passava accanto a loro, zoppicando, mentre dava anche lui un colpo fatale ad una delle illusioni con un' onda sonora sparata dalla mano.
-Sì, Lexie, dai retta al fidanzato.- disse. -E' pericoloso per te e per il bambino!-

La ragazza scosse la testa velocemente. -E per voi? Non è pericoloso per voi?- chiese a Bucky soltanto, visto che Tony era volato via.

-Nessuno di noi è incinta, Alexis.- aveva risposto Bucky.

Anche Steve si avvicinò a lei, fu sul punto di aggiungere qualcosa per cercare di convincerla, ma Alexis si voltò di scatto sentendo Stephen Strange emettere dei poco rassicuranti versi di dolore.

-Vedete? Non può sconfiggerla senza di me!- esclamò preoccupata, spiccando il volo, mentre apriva un portale sotto Stephen, sdraiato a terra da Erech, per allontanarlo da lei.
 
 
 






Negli stessi istanti, pochi metri più in basso nel terreno, Loki e Hulk camminavano in degli stretti vicoli che si trovavano sotto la casa della zia dell'agente Moore.

Erano entrati da una botola posta sul giardino esterno, a pochi metri dalla piscina, che era stata nascosta con un enorme vaso contenente una palma adatta a quel vaso, che Hulk non fece fatica a spostare come se si fosse trattato di un palla da calcio. La spostò con la stessa tecnica: un calcio.

-Però, che delicatezza.- aveva commentato Loki mentre scendeva nella botola.

Ora si stavano muovendo da qualche minuto dentro dei cunicoli stretti ed umidi, illuminati dalle lampade led intermittenti e mal funzionanti.

-Senti amico.- incominciò Loki. -Volevo tranquillizzarti: nessun rancore per quella volta alla torre a New York.-

Hulk lo guardò storto ed emise un grugnito interrogativo.

Loki capì subito ciò che il bestione verde stesse pensando.
-Oh, no, non mi aspetto certo che tu mi chieda scusa.- continuò. -Volevo solo lasciar intendere che, anche se è ovvio credo, stiamo dalla stessa parte. Quindi vedi di non usarmi come... spada o qualsiasi altro tipo di arma contro qualsiasi cosa incontreremo quaggiù.-

Hulk sbuffò e ghignò. Come aveva fatto Loki ad intuire perfettamente i suoi piani?

Ad un tratto si trovarono davanti ad una porta che non aveva nulla a che vedere con l'ambientazione precedente.
Era moderna, high-tech, metallica e splendente.
Tuttavia, i colpi di Hulk, insieme alla magia di Loki, non ci misero molto a farla aprire.

Videro due volti noti ad entrambi, e perfino Loki tirò un sospirò di sollievo a metà.
A metà perché Visione, anche se ancora con la mente annebbiata dal veleno che Erech utilizzava per stordire i suoi nemici, era sveglio, ma Wanda no.
Probabilmente perché, esattamente come era successo con Steve, Bucky, Thor, non esattamente esseri umani, Visione accusava di meno rispetto a Wanda gli effetti di quel veleno.

-Sta bene?- chiese Loki avvicinandosi ai due Avenger ed accucciandosi a terra, aiutando Visione a sollevare Wanda.

-Ha perso i sensi, dobbiamo portarla fuori di qui.- rispose Visione. -Solo con il nostro aiuto l'agente Moore potrà sconfiggere una persona che ha il sangue di una divinità ancestrale.-

Loki ripensò alla frase detta da Alexis sul fatto di avere lo stesso sangue di sua zia, alle sue ali mistiche e alla sua nuova magia e sorrise.
-Beh, pare tu ti sia perso un po' di cose, Mr. Mente.-

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Capitolo 20
*** Capitolo XX: Simili e diverse ***


Angolo Autrice!
Ehilà, ciao a tutti miei cari lettori! 
Ecco a voi quello che dovrebbe essere il penultimo capitolo, anche se non è sicuro perché dipende da quanto verrà lungo il prossimo! Però ecco indicativamente questo è il penultimo, al massimo il terzultimo per intenderci =)
Anche in questo caso in realtà lo avevo immaginato più lungo ed ho preferito di nuovo tagliare ad un certo punto, perché forse sarebbero state troppe informazioni tutte insieme, o meglio troppo pathos tutto insieme, rischiando di lasciare piatto il capitolo successivo! 
Mi sono impegnata davvero molto per scrivere la scena d'azione di questo capitolo (credo di non essere assolutamente capace a scriverle, qui ho messo tutta me stessa proprio)  e del prossimo, spero si possa notare ^^
Vi ringrazio tutti dal profondo del cuore <3 
Ci tengo a ringraziare in modo particolare, ormai è un must, InsurgentMusketeer e MaryElizabethVictoria, che non sono mancate a riaccogliermi dopo questa pausa abbastanza lunga che ho fatto con tutto l'affetto che sono in grado di dare <3 siete i miei cuoricini, ragazze <3 
Vi lascio al capitolo! 
Rack =) 

 
 




New Avengers: Together - Promises
Capitolo XX: Simili e diverse








Alexis si posizionò al posto di Strange, che aveva fatto cadere a pochi metri da sé.
Evocò due sfere e guardò Hermione con gli occhi infiammati da pagliuzze dorate e bluastre.

-Prenditela con qualcuno della tua taglia.- le disse.

-E saresti tu?- chiese Hermione ridendo, per poi cominciare a lottare con Alexis.

Stephen Strange si sentì profondamente offeso dall'affermazione di Alexis, e mentre si alzava in piedi disse:
-Ehi! Io sono sempre lo stregone supremo, signorinella!-

Alexis lo sentì, ma non riuscì a rispondergli perché troppo concentrata sul combattimento.

Hermione continuava come poco prima a cercare di disintegrarle le ali con le fruste, e questa cosa preoccupava un po' Alexis: non voleva assolutamente che riuscisse nell'intento, perché non era per nulla sicura che sarebbe riuscita ad evocarle di nuovo così su due piedi.

Alexis continuava a saltare e volare da una parte all'altra, mentre le fruste di Hermione si facevano sempre più lunghe e violente. Si guardò intorno, notando che a volte sfioravano Bucky, Steve, Natasha, e gli altri che erano a terra, addirittura, per la sua furia cieca, spesso la zia colpiva le illusioni create da lei stessa.
Proprio mentre Stephen Strange si avvicinava a lei per cercare di aiutarla, Alexis prese una decisione che avrebbe in qualche modo protetto un minimo i suoi amici dalla furia di quella donna, anche se, di nuovo, non era del tutto sicura di essere in grado di fare quello che stava per fare.

Di punto in bianco la ragazza aprì un portale alle spalle di sua zia, piccolo da farci passare un pugno, e colpì la zia al centro delle scapole, poi lo fece anche con sé stessa.
Per alcuni momenti tutto si mosse a rallentatore, e le voci dei suoi colleghi e i rumori della battaglia giungevano ovattati alle orecchie delle due donne.

Hermione si guardò intorno spaesata, presa alla sprovvista, poi guardò il suo stesso corpo steso a terra, e pochi metri distante il corpo di sua nipote nella stessa posizione, ma la ragazza era allo stesso tempo in piedi dietro di lei.
Si voltò di scatto.

-Proiezioni astrali, eh?- chiese la donna. -Ti ha insegnato bene davvero, allora.-

-Te l'ho detto.- rispose Alexis. -Ora siamo nella dimensione specchio, qui non potrai far del male ai miei amici.-

Fluttuavano entrambe a mezz'aria, ma tutti gli altri che erano rimasti fuori dalla dimensione specchio non potevano saperlo.
Alexis non aveva tenuto conto di questo, ma nel veder cadere a terra il suo corpo, Bucky si era voltato verso di lei di scatto.

-Alexis!- aveva gridato, spaventato.

Aveva fatto voltare anche tutti gli altri, aveva lasciato perdere il combattimento ed era corso verso il corpo della sua amata, steso a terra, con un' espressione angelica sul volto.

Ironman, volando, era andato vicino a lui, e Stephen era subito corso a spiegare che fossero entrate nella dimensione specchio.

-Sono entrate nella dimensione specchio.- disse infatti.

-Cosa?!- esclamò Tony, mettendo i piedi a terra e soffrendo nel sentire una forte fitta alla coscia.

-Una sorta di realtà alternativa dove ciò che è all'esterno è praticamente intangibile.-

Bucky scosse la testa rapidamente.
-Ma così il suo corpo reale sarà vulnerabile! Qualcuno deve proteggerla.-

-Ci penso io.- disse Stephen -Però voi dovete pensare a queste dannate illusioni, continuano ad essere troppe.-

-No!- si oppose Bucky. -Tu devi entrare nella dimensione specchio per darle una mano!-

Stephen sospirò e si grattò la testa, mentre Bucky osservava il corpo inerme, placido e bellissimo della sua fidanzata.
Tony sollevò la testa e guardò alle loro spalle.

-Guarda chi si vede!- esclamò.

Anche gli altri due si voltarono, e videro Wanda e Visione, guidati da Loki ed Hulk, che volavano verso di loro.

-Finita la luna di miele?- chiese Tony, quando entrambi gli atterrarono vicino.

-Non come volevamo.- rispose Wanda, truce.

Visione stiracchiò un sorriso.

Wanda puntò lo sguardo a terra, sui corpi delle due donne.
-Che diavolo è successo ad Alexis?-

-Credo siano nella dimensione specchio.- disse Visione guardandosi intorno. -Avverto dei movimenti nell'aria.-

-E' così.- confermò Bucky.

-Bene.- disse Tony. -Ora che ci siamo tutti: Strange, va ad aiutare Alexis. Hulk, non permettere che nessuna di queste donne si avvicini al corpo di Alexis. E noi altri-

-Se avete finito con la rimpatriata, potreste darci una mano!?- lo interruppe un trafelato Steve Rogers urlando da un po' distanza.

Tony lo indicò. -Quello che ha detto lui!- disse spiccando il volo.

Gli altri lo seguirono, ma specialmente Bucky rimase sempre nella zona più vicina ad Alexis, volgendo spesso lo sguardo al corpo della ragazza.
Vederla lì a terra immobile gli stava giocando davvero un brutto scherzo emotivo.
 




Intanto, nella dimensione specchio, Alexis continuava imperterrita a tentare di far desistere sua zia dal suo desiderio di vendetta.

-Come hai fatto ad evocarle?- chiese la zia riferita alle ali della ragazza, perennemente aperte. -Sei una principiante.-

Alexis, con sguardo sospettoso, iniziò a girare circoscrivendo un cerchio, lentamente, e sua zia faceva lo stesso.

-Mi sono allenata con lo stregone supremo delle arti mistiche.- rispose la ragazza. -Tu no. Hai fatto tutto da sola e male. Fattene una ragione, zia.-

Hermione sbuffò una risata, e sguainò una spada di energia mistica blu.
-Adesso dai a me la colpa di essere stata abbandonata?-

-Non intendevo questo.- disse Alexis, evocando due scudi sui pugni. -Sei stata abbandonata, ma hai scelto tu di stare dalla parte dei cattivi. Traffico di armi, omicidi, e chissà cos'altro. Non potevi scegliere di crescere in una famiglia adottiva? Di condurre una vita normale, non so, andare al college, all'università, lavorare, avere degli hobby? O almeno di provarci?-

-Io non avevo tutte queste scelte di cui tanto parli.-

La ragazza scosse la testa lentamente.
-Si ha sempre una scelta.-

Quest'ultima frase da "tipica eroina americana" -questo aveva pensato Hermione Karlatos- diede talmente fastidio alla donna che di nuovo tutto il suo reticolato nervoso venne messo in evidenza dalla sua magia bluastra, proprio come succedeva ad Alexis fino a poco tempo prima.
La donna socchiuse gli occhi e serrò la mascella, poi si fiondò contro sua nipote, tirando dei fendenti rapidi e violenti, quasi disperata, con la spada che aveva evocato.
Alexis riusciva a parare i colpi con entrambi gli scudi, ed il fatto che non avesse evocato un'arma per contrattaccare la diceva lunga su quanto fosse vera la frase appena detta da lei stessa: credeva ancora di poter salvare sua zia.
Parava e schivava senza sosta, mettendo in atto anche tutti gli insegnamenti e gli allenamenti fatti tre anni prima con Natasha.
Anche in questo lei aveva un punto in più, perché anche in questo sua zia si era fatta da sola.
Ci pensò un attimo e si rese conto che era proprio come le aveva detto sua zia poco prima: le faceva veramente pena.
 
Hermione si diede lo slancio, cercando di colpire Alexis da sopra, ma lei saltò di lato evitando l'impatto, e si parò si nuovo con entrambi gli scudi quando la zia cercava di colpirla sui fianchi.
Andarono avanti così per un po', ma Hermione stava iniziando a capire che Alexis non avrebbe ceduto: quella sua trasformazione l'aveva resa decisamente più forte, resistente, oltre che potente.

La donna cercò di girarle intorno, saltando di lato, ma Alexis si voltò in tempo per parare il colpo che stava per infliggerle alla schiena.
Diede altri fendenti laterali, poi cambiò di nuovo tattica: balzò in alto, fece una piroetta nell'aria intenzionata a cadere sopra Alexis, ma la ragazza le aprì un portale sotto i piedi, facendola cadere a terra, e si rimise sulla difensiva, con gli scudi in avanti.

Hermione si alzò in piedi e si lanciò di nuovo verso Alexis, caricando un colpo portando la spada in alto, ma la ragazza le diede un calcio sull'addome, spingendola di nuovo per terra.
Cadde di schiena e tossì due volte, poi si alzò lentamente, mettendosi prima seduta, poi in ginocchio, ed infine in piedi: si vedeva che era stanca, al contrario di Alexis.

Alexis sospirò profondamente, guardando sua zia dolorante. -Non voglio farti del male.- disse in maniera sincera, anche se sua zia non lo capì.

Erech emise un grugnito.
-Spaccona.- borbottò. -Va bene, sei più potente di me. Dunque perché non combattere con qualcosa che abbiamo entrambe allo stesso modo?-

La donna fece scomparire la magia e si mise in posizione con i pugni chiusi pronta per colpire Alexis.
-Forza fisica?- chiese Alexis, facendo scomparire gli scudi. -Non darei troppo per scontata l'equità anche in questo caso, ma come preferisci.- disse, assumendo la stessa posizione.

Erech fece un cenno con la testa verso di lei. -Togli anche quelle.-

Alexis strinse le labbra, girò la testa di lato posando lo sguardo sulle ali tanto faticosamente evocate.
In realtà in quel momento non ricordava bene cosa le fosse successo mentre cadeva nel vuoto, né la fatica che aveva fatto per evocarle, ma lei credeva che sicuramente fosse così.
Ma ad Hermione Karlatos, la bambina che a tre anni si era vista strappare via tutta la sua vita, lo doveva. Le doveva la possibilità di sfogarsi, la possibilità di capire, di farsi convincere, anche tramite gesti avventati come quello, che ci fosse ancora qualcuno della sua famiglia biologica che era pronto a perdonarla e  darle ciò che non aveva avuto per tutta la vita.
Anche a costo di darsi la zappa sui piedi non riuscendo più ad evocare le ali, perdendo l'unico vantaggio.

Whatever It Takes.

Alexis ritrasse le ali, che scomparirono in una manciata di scintille ambrate e blu che si spensero quando toccarono il suolo.

Fu Hermione la prima ad attaccare.
Gancio destro, gancio sinistro.
Alexis li evitò entrambi e diede un calcio all'addome di Erech, dove già l'aveva colpita, ma quella fece un saltello indietro e il suo piede la sfiorò soltanto.

Alexis si abbassò a terra, fece perno con una gamba piegata, mentre con l'altra, tesa, cercò di colpirle le caviglie per farla cadere a terra.
Hermione saltò verso l'alto ed evitò anche quel calcio.

Quando Alexis fece per rialzarsi, Hermione si preparò a sferrarle un calcio in pieno petto, ma la ragazza si abbassò di nuovo evitandolo.
Stavolta fu Alexis a cercare di colpirla in volto, provò sia a destra che a sinistra, ma sua zia parò entrambi i colpi con gli avambracci.

Poi si mossero allo stesso momento: Hermione riuscì a colpire Alexis su una guancia con un pugno, mentre Alexis aveva colto l'occasione per colpirla di nuovo all'addome con una gomitata.

Si allontanarono entrambe per due secondi, riprendendo fiato, poi si riavvicinarono.
Hermione corse incontro ad Alexis, si diede lo slancio e fece per saltarle addosso, con l'intento di allacciarle le gambe intorno  alla testa per atterrarla, ma non vi riuscì.
Alexis rotolò con una capriola sotto di lei e si rialzò in piedi, poi colpì sua zia con un calcio alla schiena, facendola cadere a faccia avanti, spalmata al suolo.

Mentre Alexis le girava intorno, Hermione le fece lo sgambetto, facendola cadere a sua volta pancia all'aria.
La donna non perse tempo e le si fiondò sopra, ma Alexis aveva capito le sue intenzioni e si era subito data la spinta puntando un piede a terra, per ribaltare la situazione.
Fece rotolare entrambe, ed ora era sua zia ad essere sotto di lei.

Andarono avanti così per alcuni minuti durante i quali l'una cercava di immobilizzare l'altra, ma la situazione non si evolveva né in positivo né in negativo per nessuna delle due.
Erano forti allo stesso modo con il corpo a corpo.

Alla fine Alexis rotolò di nuovo e si mise sopra sua zia, spingendo un ginocchio contro il suo, facendola urlare di dolore. Le prese entrambe le braccia e gliele incrociò all'altezza del petto, tenendole ferme.

Ansimavano entrambe, avevano lividi e tagli su tutto il corpo e sul volto.
Alexis sollevò entrambe le sopracciglia, cercando di mandare via lo sguardo corrucciato tipico della concentrazione della battaglia.

-Basta.- disse la giovane con fin troppa calma. -Potremmo andare avanti all'infinito. Io non voglio farti del male, io sto cercando... sto cercando di farti capire che sono disposta a perdonarti per-

-Per essere stata abbandonata ed aver vissuto da sola tutta la vita? Grazie, cara nipote, di perdonarmi di un crimine che non ho commesso io!-  

-No, idiota di una zia, non per quello! Sono pronta a perdonarti per-  Alexis deglutì, strinse gli occhi, poi li riaprì.  -Sono pronta a perdonarti per aver ucciso i miei genitori. Però tu non mi stai permettendo di farlo.- disse, con una punta di fastidio nella voce.

-Io non voglio niente da te! Non voglio compassione, non voglio perdono, non voglio una famiglia, non voglio assolutamente niente!- Hermione abbandonò la testa sul terreno sbuffando. -Credi sul serio che io non abbia potuto costruirmi una vita diversa da questa? Credi che io sia stupida, Alexis?- tirò di nuovo su la testa per guardare la nipote.

-No, neanche lontanamente.- rispose seria la ragazza.

-Io ho questo, perché volevo questo.-

-Sì, ma puoi scegliere, ora, di non volerlo più!- esclamò esasperata la ragazza, scuotendo la donna sotto di lei, continuando a tenerla per le braccia.

La donna scosse la testa rapidamente.
-No, lo voglio ancora. So che tu sei sempre pronta a perdonare gli assassini e ad accoglierli tra le tue braccia, ma io non sono come Barnes, non mi è stato fatto un lavaggio del cervello. Io sono così.- disse, poi strinse gli occhi in due fessure. -Del resto non è per lo stesso motivo che tu sei qui?-

Alexis corrugò la fronte.
-"Stesso" di chi?-

-Il mio stesso motivo: vendetta.-

-Cosa?- chiese Alexis, smarrita, tirandosi su leggermente ed allentando lievemente la presa sui polsi della zia, errore che a quest'ultima non sfuggì affatto.

-Non è perché volevate vendetta per l'assassinio dei tuoi genitori che avete iniziato a darmi fastidio?- chiese Hermione, con un ghigno malefico.

Alexis sentì il fiato mancarle.
Hermione Karlatos aveva perfettamente ragione: se erano lì, ad ammazzarsi, era solo per colpa sua che aveva ricominciato ad indagare.
Si rese conto di aver sbagliato tutto.
Quando aveva letto il diario di quello zio di Londra, avrebbe dovuto lasciar perdere.
Lei aveva pensato fin da subito che la perduta gemella di sua madre potesse avere avuto le sue ragioni, che comunque non giustificavano un omicidio. Avrebbe dovuto lasciar correre, una volta capita la situazione.
Invece aveva fatto proprio come sua zia.
Alexis pensò che avessero davvero molto di più in comunque oltre al nome.

-I-io non...- Alexis provò a dire qualcosa, ma non ce la fece.

Hermione approfittò subito di quel momento di debolezza e tirò una testata dritta sul naso di Alexis, alla quale sfuggì la presa sulla zia, che subito si sfilò da sotto di lei e si mise in piedi.
-Debole sentimentale.- borbottò quella.

La ragazza strinse gli occhi, si portò entrambe le mani al naso.
Un dolore lancinante la colse, cadde seduta a terra ed istintivamente gettò la testa all'indietro quando sentì un fiotto di sangue scenderle giù dal naso.
-Cazzo.-

Nello stesso momento Stephen Strange aveva fatto il suo ingresso nella dimensione specchio, anche se avrebbe preferito riuscire a farlo qualche istante prima.
Gli si spezzò il fiato a metà e sgranò gli occhi.

-Alexis!-

-Tutto a posto!- aveva esclamato la ragazza sollevando una mano, che poi poggiò mollemente su un ginocchio piegato.

Stephen aveva aperto un portale sotto i piedi di Hermione, facendola uscire dalla dimensione specchio, mentre correva anche lui verso il cerchio di luce ancora aperto nel vuoto.

-Non deglutire il sangue. Testa dritta e stringi con le dita o non si fermerà!-
Urlò il dottore, mimando il gesto di stringersi il naso, pochi istanti prima di attraversare il portale verso Erech, per poi chiuderlo.

Alexis fece quanto il dottore le aveva detto con un sorriso amaro sul volto per la premura che le aveva riservato in mezzo al campo di battaglia.
Giurò a sé stessa che una volta fermato il sangue sarebbe uscita là fuori e che ci avrebbe provato ancora soltanto un'altra volta.
Poi sua zia, Hermione Karlatos, avrebbe affrontato la sua furia.

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Capitolo 21
*** Capitolo XXI: L'Avenger più forte ***


Angolo Autrice
Eh, il solito angolo nel quale dovrei rintanarmi, perché tutte le volte che risorgo, sparisco sempre senza dire nulla. 
Stavolta sono sparita proprio, sarà un mese che non entro su efp, neanche per leggere gli aggiornamenti delle mie amate Musketeer e Mary! T.T Alle quali chiedo in modo particolare immense scuse. Ed anche a Natasha Optimus, che ho lasciato sulle spine per una questione in particolare, scusa cara xD Ma chiedo scusa anche a tutti voi altri che mi seguite, ovviamente, non vi merito! <3 
Mi sono trsaferita con il mio ragazzo in anticipo rispetto a quando avevo calcolato e già questo mi ha davvero scombussolata, ed in più, proprio quando iniziavo ad abituarmi alla nuova casa, mi sono arrivate due graziose e pestifere cucciole di Labrador (Triss e Marvel xD) che mi stanno facendo diventare matta ed ora devo di nuovo abiuarmi ad una nuova routine, che, come sempre, deve includere lo studio per gli esami di settembre (HELP >.<). E oltre a questo c'è il fatto che io ed il caldo non andiamo per nulla d'accordo, mi stordisce del tutto e non riesco assolutamente a fare NULLA, giuro, nulla, neanche a guardare le serie tv. 
Proprio per tutti questi motivi di confusione nella mia vita, vi do un annuncio:
Io ho continuato a scrivere sottoforma di bozze, sia la fine di questa che l'inizio della prossima storia e sto continuando a scrivere. Tuttavia, so già che, visto che mi piace troppo scrivere, rischierei di mettere da parte tutto il resto, cosa peggiore, rischierei di mettere da parte l'università, e non mi pare il caso xD. Quindi, ho deciso di finire Promises e di continuare a prepararmi le bozze della storia successiva, che si chiamerà "New Avengers Together: Journey to Asgard"  che però potrò sistemare per esteso e pubblicare solo dopo che avrò finito gli esami di Settembre, quindi aspettatevi il sequel per la fine di Settembre, non prima! Sono tristissima all'idea e mi si spezza il cuore a farvi aspettare così tanto. Ma non posso fare altrimenti. 
Sarò però felicissima di continuare a leggere o a scrivere qualche corta one-shot di tanto in tanto. A proposito... Oggi mio marito Sebastian Stan compie 39 anni (sì, lo ammetto, è con lui che mi sono trasferita, ecco perché tante storie xD), e per questo motivo non lasciatevi scappare la one-shot che ho pubblicato, come feci con Steve e Chris Evans, su uno scenario di compleanno di Bucky Barnes! La storia si chiama "108th Desiderio: che tutto rimanga così com'è... o forse non proprio!"
Ho finito con gli sproloqui, vi lascio al capitolo... siamo agli sgoccioli! 
A presto, vostra Rack <3





 
New Avengers: Together - Promises
Capitolo XXI: L'Avenger più forte




Alexis sospirò più volte, una volta che il sangue ebbe smesso di sgorgarle dal naso, che era sicura si fosse rotto.
Nulla che Stephen Strange non potesse sistemare, comunque.

Si diede della scema: Hermione l'aveva colpita nel suo punto più debole.
Possibile che anche lei stessa era stata consumata dalla vendetta come aveva fatto sua zia? Forse un pensiero o due a riguardo li aveva fatti, ma sicuramente lei non aveva mai cercato la distruzione di sua zia.

Ora, nella solitudine della dimensione specchio, lo stava capendo: lei non era come sua zia.
Hermione aveva capito subito che Alexis Moore, membro degli Avengers, aveva molto a cuore determinati valori di eroismo, giustizia, e "tutte queste altre caratteristiche buoniste" -pensava-, quindi aveva puntato proprio ad attaccare quel lato della ragazza, cercando di farla apparire a sé stessa esattamente come ciò contro cui combatteva, come la cattiva.
La verità è che, fin da quando aveva capito la situazione, Alexis ci si era sentita veramente.
Ciò che aveva desiderato però raggiungere era soltanto la verità sulla morte dei suoi genitori. Bucky era stato il primo a muoversi, ma quando lei gli aveva detto di non volere vendetta, lui si era fermato. O meglio, aveva rallentato, perché le scoperte che aveva fatto mostravano una realtà dei fatti ben diversa da quella che tutti conoscevano. Da lì, anche Alexis stessa aveva voluto vederci chiaro sulla morte dei suoi genitori.
Ma del resto, non era lecito un tale desiderio da parte sua?
Alexis voleva la verità, Hermione voleva lo sterminio di tutta la sua famiglia.
Alexis sapeva bene che probabilmente se sua nonna non l'avesse lasciata sola al suo destino, Hermione Karlatos non sarebbe mai diventata né un'assassina, né una trafficante di armi.
E lei voleva solo provare a portare un po' di serenità nella vita di quella donna, identica a sua madre, che aveva solo ricevuto un destino troppo crudele per poter crescere come una persona normale. 

Si alzò in piedi, ed iniziò a roteare la mano per aprire un portale di scintille blu e dorate, promettendosi di nuovo che ci avrebbe provato, in realtà più di una volta, come si era ripromessa pochi istanti prima.

Quando fece per attraversare il portale, però, la sua magia cedette, questo si chiuse.
Strinse gli occhi, stiracchiò le labbra e si portò una mano al grembo per il dolore. Una fitta particolarmente forte la colse, così si sedette di nuovo per terra.
Forse suo figlio le stava dicendo che aveva bisogno di un altro po' di riposo, ed ebbe subito una consapevolezza che la spaventò: probabilmente non sarebbe riuscita di nuovo ad evocare le ali.
 
 
Intanto, fuori dalla dimensione specchio, Stephen Strange aveva lottato contro Erech e l'aveva messa in ginocchio, allacciandole una frusta magica intorno al collo, in cui il reticolato del sistema nervoso della donna, era particolarmente visibile e percorso dalla sua magia blu.

La donna accalappiò con entrambe le mani la frusta, senza neanche soffrire troppo per le sue condizioni, la strattonò riuscendo a far avvicinare Stephen a sé.
Il dottore fece scomparire la frusta e prese Erech per il collo a mani nude, ma dai suoi occhi trasparì un'insicurezza che non era quella che voleva lasciar intendere dai suoi gesti.
Uccidere qualcuno a sangue freddo non era il suo forte: lui che di vite ne aveva salvate a centinaia.

Erech sbuffò un sorriso. -Siete tutti così sentimentali.- disse.

La donna fece per evocare una spada ed usarla contro Stephen che le era così vicino, ma fu scaraventata via da un flusso energetico rossastro.
Rotolò a terra, per poi ricadere in ginocchio, e si tirò su. Di fronte a lei, Wanda Maximoff era pronta a sferrare un altro colpo, mentre poco distante le atterrava vicino Visione.

Strange li guardò entrambi con un sorrisetto lieve sulle labbra.
Quelli erano senz'altro gli Avengers più forti presenti, visto che gli altri erano ancora impegnati contro le illusioni di Erech, ed era fermamente convinto che finalmente sarebbe riuscito a sconfiggere Erech con il loro aiuto.

-Signora Karlatos.- iniziò Visione avvicinandosi alla donna con passo calmo, seguito dagli altri due. -Le consiglio di rivedere le sue posizioni riguardo la vita di sua nipote. L'amore per la famiglia può superare qualsiasi incomprensione.-

Erech sbuffò dal naso e si alzò in piedi.
-E cosa ne sai tu dell'amore? Sei una macchina!- sbraitò, evocando due sfere di luce dalle mani.

Wanda piegò la testa di lato ed aggrottò la fronte. Dalle mani emanò un flusso di energia che si aggrumò intorno ad Erech, sollevandola da terra.
-Dillo di nuovo, se ne hai il coraggio.- disse, guardandola dal basso. -Mi basta lasciarti cadere a terra per vedere la tua testa spappolata e facilitare il lavoro a tutti. Non è stato per niente carino quello che hai fatto a me e al mio futuro marito.-

Strange spalancò gli occhi e deglutì. Non sapeva se essere incredulo per la violenza della minaccia di Wanda o se esserlo per la rivelazione delle future nozze dei due piccioncini.

Visione si avvicinò a lei e le toccò la schiena.
-Tesoro, mantieni la calma.-

-Sì.- aggiunse Stephen. -Alexis ci ammazzerà se facciamo una cosa del genere, non credere che non ci abbia pensato.-

Wanda guardò prima Visione e poi il dottore, dopodiché riportò la donna a terra, facendola atterrare con non troppa delicatezza. Anzi, Erech cadde a pancia sotto, ma prevedendo quella mossa aveva messo le mani avanti e si era così rialzata subito in piedi.

Stephen Strange osservò quasi con orgoglio i lividi e le tumefazioni che aveva in volto la donna, pensando a quanto Alexis fosse diventata una brava combattente.

Erech sospirò ed evocò di nuovo la magia.
-Beh, peggio per voi!-

La donna iniziò a lanciare sfere di magia contro tutti e tre gli Avengers, dando loro del filo da torcere.
Tuttavia era senza dubbio in svantaggio. Era da sola contro tre super eroi, dotati tutti e tre di super poteri.
Sapeva di non avere speranze in questo modo  e tanto valeva giocare il tutto per tutto.
Creò di nuovo una barriera di magia intorno ai tre. Lei era debole e non sarebbe stata certo resistente come la prima, ed in più adesso c'era Visione e Wanda Maximoff, due persone estremamente potenti.
Ciò non toglieva che poteva avere qualche secondo di vantaggio per cercare di migliorare la sua situazione.
Ispirata da Alexis, da ciò che aveva potuto provare la ragazza mentre cadeva nel dirupo, Erech si concentrò a pugni chiusi e denti stretti, cercando di evocare le ali mistiche, convinta che essendoci riuscita Alexis, ci sarebbe riuscita anche lei stessa.
Purtroppo per lei non fu così e in quell'istante si rese conto che la nipote era più potente di lei.
Presa da quel pensiero, si sentì immensamente sconfortata, spogliata della sua caratteristica principale, di ciò che la rendeva speciale: la sua discendenza divina. Ora era Alexis ad essere speciale, non più lei.
Si sedette a terra, indebolita dall'immenso sforzo che aveva appena compiuto. La sua magia cedette: la barriera svanì, così come iniziarono a svanire le illusioni che tenevano occupati gli altri Avengers.

Strange, Wanda e Visione corsero di nuovo verso di lei, pronti ad attaccarla.

Nello stesso istante in cui Wanda le aveva lanciato una sfera di energia colpendola dritta al petto e facendola sdraiare al suolo, Alexis era uscita fuori da un portale.

-Fermi!- aveva gridato la ragazza.

Tutte le illusioni erano definitivamente svanite, così anche il resto degli Avengers ora potevano concentrarsi sulla questione principale e si erano avvicinati alla giovane.

Bucky la guardò da alcuni metri di distanza: sempre più stanca; il volto pallido; un rivolo di sangue che le scendeva dal naso, sul dorso del quale era spuntato un enorme livido viola, e che si fermava sul bordo superiore del labbro, per proseguire poi in una strisciata di sangue sulla guancia, segno che la ragazza si era pulita con il dorso della mano; una ferita allo zigomo destro, una alla tempia sinistra dove il sangue andava ad impastarsi con i capelli, dei rossori intorno al collo.
Si rese conto che Alexis aveva combattuto fino allo stremo delle forze e la preoccupazione per lei e per il bambino continuava ad attanagliare il suo stomaco ed il suo cuore.
Si accorse solo dopo alcuni secondi che le ali non erano più spiegato dietro la sua schiena, ma la sua fidanzata si mostrava comunque potente e bellissima.
Quella mano che teneva poggiata all'altezza del ventre, rendeva evidente la stessa preoccupazione che entrambi provavano, ma la situazione non poteva essere altrimenti.

Alexis li guardò tutti, i suoi colleghi.
Pendevano dalle sue labbra per sapere come muoversi e per la prima volta poté rendersi conto della pressione che doveva sentire Captain America, il quale anche lui la fissava amorevolmente, ogni volta che doveva prendere delle decisioni durante le missioni.
Incrociò lo sguardo con gli occhi luminosi di Tony che la guardava da dentro l'armatura sospesa in aria. Alexis si chiese come diamine stesse facendo quell'uomo a sopportare il dolore di un proiettile nella coscia e non seppe rispondersi.
Poi i suoi occhi si posarono su Bucky.

-Stai bene?- chiese il soldato.

Alexis sospirò profondamente e nel farlo sentì dolore alle costole, ma lo nascose il più possibile.
-Più o meno.- ripose soltanto.

 La ragazza lentamente si avvicinò ad Hermione e si mise in ginocchio accanto a lei, l'altra rimase sdraiata, girandosi su un fianco e facendo leva sul palmo di una mano.

Hermione tossì e sputò sangue. L'ultimo colpo della Maximoff l'aveva veramente colta impreparata.

Alexis, nel vedere quel fiotto di sangue, strabuzzò gli occhi.
-Mio Dio.- sussurrò la ragazza spaventata.

Prese sua zia per le spalle e la aiutò a mettersi seduta.
-Per quanto tempo ancora dobbiamo continuare così?- le chiese Alexis.

Hermione trattenne il respiro per qualche secondo, la guardò dritta negli occhi, ma non rispose.

Alexis si sbattè le mani sulle cosce esasperata.
-Perché non vuoi aprirti? Perché non vuoi che ti aiuti? Ti ho già detto che hai ragione!- disse la ragazza, mentre sua zia continuava a guardarla. -Hai ragione sull'odiare la tua stessa famiglia! Certo, assassinare i miei genitori non era comunque una cosa lecita, ma se teniamo conto la drammaticità della situazione che hai vissuto, io sono disposta a capirti, a vederla con i tuoi occhi questa situazione, ad accettarla si potrebbe dire. Ad accettare quello che hai fatto ai miei genitori. Hermione, tu sei tutto ciò che resta della mia famiglia, e possiamo ancora salvarla, io sono ancora disposta ad aiutarti, a perdonarti, ad accoglierti nella mia vita. Possiamo ancora salvare la nostra famiglia, se tu ti fidi di me.-

Hermione Karlatos continuava a starsene seduta senza dire una parola.
Tutti guardavano Alexis stravolti. Chi mai avrebbe potuto avere il coraggio di fare ciò che lei diceva?
Tony pensò che da sua zia aveva certamente preso il gene folle.
Steve si scambiò uno sguardo con Bucky. Entrambi non erano per nulla convinti che questo piano di Alexis non l'avrebbe messa in pericolo. Ed entrambi stavano con le mani pronte sulle armi.

Alexis porse la mano a sua zia, facendole un sorriso stiracchiato.
Hermione passò più volte dagli occhi di Alexis alla sua mano, poi si guardò intorno, posando gli occhi su ognuno dei presenti con sospetto.
Guardò di nuovo la mano di Alexis, chiuse gli occhi due secondi, poi mosse anche la sua.

Hermione afferrò la mano di sua nipote quasi debolmente.
Alexis emise un sospiro di sollievo, sorrise lievemente e strinse la mano a sua zia.
Fece per alzarsi, ma l'altra, all'improvviso, cambiò del  tutto espressione, strinse più forte la mano della nipote e la rigirò con tutta la forza che aveva.

Alexis gridò di dolore, immaginando che quel crack che aveva sentito dentro di sé fosse l'osso del polso che si rompeva. Nell'irrigidirsi, provocò anche un'altra contrazione, e probabilmente urlava anche per quella, più che altro per la paura.

-Cazzo.- borbottò Bucky, facendosi avanti.

-Ehi!!- esclamò Tony, stendendo un braccio davanti a sé, pronto a colpire.

-No, fermi ho detto!- esclamò Alexis, con una smorfia di dolore sul volto, bloccando i suoi colleghi con un gesto della mano libera.

Tutti si immobilizzarono di nuovo, Alexis tornò a guardare sua zia.

-Ti piace proprio tanto fare l'eroina, non è vero?- chiese Hermione.

Alexis non aveva fiato per rispondere, sentiva troppo dolore, mentre sua zia continuava a torcerle il polso.

-Non avresti mai conosciuto nessuno di loro...- disse Hermione, indicando gli Avengers. -se non avessi ucciso tua madre e tuo padre. Non avresti conosciuto il tuo fidanzato, non staresti aspettando un figlio da lui. Non avresti mai avuto questa vita così perfetta, non saresti mai diventata una famosa Avenger. In effetti la tua vita è così bella che quasi mi dispiace togliertela.-

In quell'istante Bucky sentì come una molla scattargli nel cervello.
Strinse le labbra e tirò fuori la pistola, puntandola contro Erech.
-Lasciala subito andare.- disse l'uomo.

Alexis lo guardò, oltre sua zia e scosse la testa rapidamente.
-No.- sussurrò. -Aspetta.-

Erech si voltò verso di lui e sorrise. Si alzò in piedi e Alexis fece lo stesso.
-Sai, ora che ci penso...- iniziò Erech portandosi un dito al mento. -Tienitela la tua vita, Alexis. Tu meriti di sentire cosa ho provato io per tutta la mia vita. C'ero quasi riuscita, ma ti sei fatta una nuova famiglia, che addirittura sta continuando ad allargarsi.- disse indicando la pancia di Alexis, che dolorante faceva dei piccoli passi verso sua zia.

-Una vita di solitudine, proprio come me. Ecco qual è la tua condanna, Alexis Moore.-

Da lì in poi, tutti videro tutto a rallentatore.

Alexis strabuzzò gli occhi quando vide sua zia che evocava un pugnale di magia mistica.
Ci mise qualche secondo più del solito, perché anche sua zia era stata indebolita dal combattimento e questo le diede il tempo di lanciarsi in direzione di Bucky. Si mise davanti a lui ed iniziò ad aprire uno scudo per proteggerlo, ma lei era davvero troppo debole e stanca.

Bucky capì subito che Alexis non ci sarebbe riuscita, così la spinse via, facendola cadere a terra, senza pensare neanche un secondo che in quel modo non avrebbe avuto il tempo di difendersi con la pistola.

-No!!!- gridò la ragazza, osservando la traiettoria del pugnale tenuto da sua zia, diretto verso la gola di Bucky.
-Bucky!!!- gridò di nuovo, ma questa volta il suo grido fu coperto da uno sparo, seguito dal tonfo di Erech che cadeva a terra in ginocchio con un lamento.

Alexis si voltò, ed i suoi occhi colmi di lacrime riuscirono a distinguere la figura di Steve che abbassava la pistola, mentre ricambiava il suo sguardo preoccupato.

-Scusa.- le sussurrò lui, sapendo che Alexis non voleva che sua zia morisse, visto che stava ancora tentando in tutti i modi di salvarla.

Alexis scosse la testa come a dirgli di non preoccuparsi.
Steve aveva salvato Bucky, cosa che lei non era riuscita a fare.

-Sul serio, Cap? Scusa?- fece Tony.

Natasha Romanoff fece qualche passo avanti. -Sono d'accordo. Alexis, chiudiamo questa faccenda.-

Alexis vide Sam annuire a quella affermazione.

-E' una causa persa, Alex. Non vuole essere salvata.- aggiunse Clint.

Alexis non rispose a nessuno di loro. Si alzò in piedi a fatica.
Bucky la raggiunse subito, sostenendola, e la accompagnò accanto a sua zia, dove la ragazza si accucciò e lui fece la stessa cosa, sempre sull'attenti.
Il proiettile di Steve aveva passato da parte a parte la gamba della donna, che ora era seduta a terra e perdeva sangue a fiotti, con un continuo lamento.

Alexis cercò di fermare il sangue facendo pressione sulla ferita con entrambe le mani dietro e davanti la gamba.
Stavolta non riuscì a trattenere le lacrime che scendevano come enormi goccioloni lungo le sue guance.
-Mi dispiace.- disse tra i singhiozzi.

Bucky la guardò interdetto. Alexis, con quella storia di dover redimere a tutti i costi sua zia, sembrava esserci andata fuori di testa. Quella donna aveva tentato di uccidere lei e tutte le persone a lei più care fino ad un instante prima.
Come poteva volerla ancora salvare?
Il suo cuore evidentemente non era puro come quello della ragazza che amava, ecco perché non lo capiva.
Ciò che la muoveva ora, era la stessa cosa che l'aveva mossa quando aveva stretto il patto con Synthia Schmidt, riscoprendo la sua umanità.
Alexis era meravigliosa, lui glielo diceva sempre, e lo era anche per questa sua caratteristica, ma stava rischiando di farsi uccidere stavolta.

-Scusa, mi dispiace per tutto.- continuò la ragazza. -Posso ancora aiutarti.-

Alexis, con la sua magia ad intermittenza, cercò di curare la ferita della zia. Stavolta dalle sue mani, solo per un millesimo di secondo, uscirono delle scintille bianche. 
Tutti le notarono, tutti tranne lei stessa. Tutti si chiesero cosa fossero e cosa significassero.
Purtroppo non poterono scoprirlo perché Alexis era troppo debole per continuare a portare avanti quella magia nuova, e di novità ce ne erano già state parecchie nel corso delle ultime ore con la sua magia.

Hermione la prese per il polso, lo stesso che le aveva rotto poco prima, e la strattonò verso di sé, ad un palmo dal viso.
-Potrai anche essere una potente discendente di divinità ancestrali, o una abilissima agente dello Shield, o il futuro maestro delle arti mistiche, Alexis Moore, ma finché continuerai a farti dominare dai tuoi sentimenti, non sarai mai l'Avenger più forte.-

Alexis continuava a premere sulla ferita della zia, non ascoltò nemmeno quell'ultima frase velenosa che  le aveva detto, né si accorse che la zia, con un movimento velocissimo, le aveva appena sfilato dalla cintura un piccolo coltello ed aveva tirato indietro il braccio per conficcarglielo nel petto.
La giovane riuscì a malapena a vedere il movimento, ancora più rapido, di James che, accanto a lei, aveva estratto la pistola ed aveva premuto il grilletto, colpendo Hermione esattamente al centro del petto.

Alexis, nella sua testa, sentì un lungo fischio. Strinse gli occhi e si voltò di lato verso James, cercando di togliersi dalla mente il volto di sua zia, così identico a quello di sua madre, con gli occhi fissi e sgranati.

Bucky lasciò la pistola a terra, chiuse delicatamente gli occhi senza luce di Hermione, poi prese Alexis per le spalle e se la appoggiò al petto.
La sentì respirare con calma, non piangeva più. Quella sua disperata e forsennata voglia di redimere sua zia, ora era svanita, per forza di cose, perché sua zia era morta, ed Alexis non poteva più fare nulla. Da questo punto di vista, fu estremamente grata a Bucky.

James si staccò di poco dalla ragazza, e le fece sollevare il volto.
Ancora coperta di sangue, il naso arrossato, gli occhi rossi e umidi, i capelli sulla fronte sudati ed impastati con il sangue, eppure lui la trovava comunque bellissima.

Alexis tirò su con il naso.
-Non ci sono riuscita, James.- disse. -Io dovevo... potevo... è sempre stata solo colpa-

-No, Alexis.- Bucky scosse la testa, e le prese il volto con entrambe le mani. -Non darti colpe che non hai, tu hai fatto il possibile. Non potevamo più fare niente per lei, avrebbe continuato a cercare di ucciderti per sempre.-

Alexis sospirò e si appoggiò di nuovo al petto di Bucky con la fronte.
-Era troppo disperata ed arrabbiata.-

Bucky poggiò il mento sulla testa di lei ed annuì.
-Già.-

Intorno a loro, tutti gli Avengers tiravano un sospiro di sollievo.

Steve Rogers si sedette a terra, a gambe incrociate, abbandonando lo scudo a terra. Si tolse l'elmetto posizionandolo sopra di esso e si passò una mano tra i capelli sudati, grattandosi la testa.
Chiuse gli occhi per qualche secondo.
Era finita. 
Tutta quella storia sull'omicidio dei genitori di Alexis era durata quasi un anno, ma finalmente era finita.
Alexis era di nuovo al sicuro.
Sollevò lo sguardo e la vide riposarsi, accoccolata al petto del suo migliore amico.
Ripensò alle ultime parole dette da Erech:

"Finché continuerai a farti dominare dai tuoi sentimenti, non sarai mai l'Avenger più forte."

Pareva che lo sapesse, quella donna, delle continue e scherzose dispute tra gli Avegners riguardo chi di loro fosse il più forte o chi di loro fosse degno di sollevare il compianto martello di Thor.
E Steve pensò anche che la risposta a quelle dispute l'aveva a pochi metri da sé, stanca, stravolta, e fortissima.
Alexis era senz'altro colei che aveva il cuore più nobile tra tutti gli esseri viventi che Steve avesse mai conosciuto. Si lanciava in battaglia, prendeva sempre la scelta giusta, seguiva sempre il suo cuore, la sua anima più profonda, era buona e gli ultimi avvenimenti lo dimostravano.
Sua zia aveva cercato di ucciderla fino all'ultimo istante della sua vita, eppure Alexis Moore non aveva mai smesso di cercare di aiutarla.
Proprio per questo Steve si rese conto che era lei l'Avenger più forte.
Non lui, non Thor, non Hulk.
Era l'agente Alexis Moore.
La sua più cara amica, e colei che aveva praticamente ridato la vita al suo migliore amico. 

Quest'ultimo, stringeva tra le braccia Alexis, quasi cullandola.
Le diede un bacio sulla fronte, poi uno sulle labbra. La guardò nei suoi occhi scuri come dei pozzi, mentre Alexis si beò degli occhi azzurri di lui come fossero un bicchiere d'acqua fresca e cristallina, un balsamo per la vista dopo tutto il sangue che aveva visto nelle ultime ore.

-Sei meravigliosa, Agente Moore.- le disse il soldato.

Steve lo sentì e sorrise.

Anche Alexis sorrise e gli carezzò una guancia.
Quella piccola frase era molto importante per lei, perché Bucky le diceva sempre così nei momenti importanti della sua vita.
Alexis fece solo in tempo a pensare di rispondergli ti amo che si accartocciò su sé stessa, colta da un dolore lancinante al ventre.
Un dolore così forte era certa di non averlo mai sentito, tanto che si scostò da James e si voltò dalla parte opposta, vomitando quel poco che le era rimasto nello stomaco di ciò che aveva mangiato ormai ore ed ore prima.

Tutti scattarono sull'attenti.

-Alexis!- esclamò Bucky, avvicinandosi di nuovo a lei. -Che hai!?-

Alexis stringeva i denti e teneva entrambe le mani sulla pancia.
-Non lo so!- esclamò in un lamento.

Stephen si lanciò subito accanto alla ragazza e a Bucky.

Bucky le aveva messo una mano sulla coscia ed aveva sentito un liquido. Tirò su la mano senza dire nulla, ma il dottore lo guardò comunque e quella mano sporca di sangue non gli piacque per niente.

Strange abbassò lo sguardo, seguì il rivolo di sangue che correva sull'armatura di Alexis, fino a trovarne l'origine.
-Dev'essere il bambino.- disse, lanciando di sfuggita uno sguardo a Bucky.

-Il... bambino?-
Bucky guardava Alexis contorcersi dal dolore, mentre dentro di sé la sua anima faceva la stessa cosa. Avrebbe dato la sua vita pur di passare lui stesso ciò che stava passando Alexis in quel momento.

Steve gli si avvicinò e gli diede una pacca sulla spalla, cerò di scuoterlo un po' per farlo riprendere da quella che aveva tutta l'aria di essere una brutta notizia.
-Amico, coraggio.- gli disse.

Stephen prese in braccio Alexis nel modo più delicato possibile ed aprì un portale.
-La porto al New York Hospital, chiamate Wong e fatevi aprire un portale. James, dovresti raggiungermi appena puoi.-

L'istante prima che il dottore mettesse piede nell'ospedale, Alexis, sopra le forze, lo afferrò per il suo prezioso ciondolo strattonandolo verso di sé.

-Stephen!- lo chiamò in mezzo ai gemiti di dolore. -Ti prego, salvalo.-

Alexis poté notare subito lo sconforto negli occhi del dottore.

-Giuro che farò il possibile.- disse lui, poi attraversò il portale lasciandosi quello scenario desertico alle spalle.
 
 



*                     *                     *
 




New York, sede della Vox Populi Books

Era notte fonda quando Ellie Renner si sedette alla sua scrivania dopo essere stata per la quarta volta a prendere un caffè lungo al distributore automatico.
Tolse gli occhiali anti luce blu che indossava quando doveva passare molte ore di fila al computer, si stropiccio gli occhi e si passò entrambe le mani tra i boccoli dorati, per poi raccoglierli in una piccola coda di cavallo.
Infilò di nuovo gli occhiali e riprese a leggere la pila di documenti digitali che le sarebbero serviti per la stesura della sua inchiesta riguardante proprio il suo odioso capo: era sempre stata convinta che Clyde Peterson utilizzasse la fama della Vox Populi per i suoi intrighi mafiosi.
Era un rischio, è vero. Ma ad Ellie Renner piaceva il rischio, e soprattutto le piaceva la verità.
Esattamente l'istante dopo aver letto la prima parola, il suo telefono iniziò a squillare.
Rispose subito.

-Spero tu abbia un motivo per avermi chiamata a quest'ora della notte. Sei fortunato che sia in ufficio. E se fossi stata a dormire!?-

-...-

Ellie aggrottò la fronte.
-Ok, ehi, Tony, frena, non ho capito nulla.-

-...-

-Alexis!?-

-...-

-Tra cinque minuti sono lì.-
Riagganciò.

La situazione doveva essere seria, vista l'immensa preoccupazione nella voce di Tony.
Ellie spense la lampada sulla sua scrivania, prese il la borsa, il casco e si fiondò verso la porta.

-Possibile che quella ragazza non riesca mai a starsene buona?- borbottò.

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Capitolo 22
*** Capitolo XXII: Promesse ***


New Avengers: Together - Promises
Capitolo XXII: Promesse


-Dove diamine ti eri cacciato, Malcolm Lewis!?-

"Stephen."

-Ero in sala... lascia perdere! Dobbiamo muoverci, lo perderà!-

"Dr. Lewis."
 



*   *   *



 
-Strange, guarda...-

-No... Alexis...-

"Stephen, perché mi stai accarezzando? Non l'hai mai fatto."

-Perdonami, piccola.-

"Per cosa dovrei perdonarti?"
 



*   *   *



 
-No, non è vero. NON - E'- VERO!-

-Tesoro, non alzarti, ti-

-Sta zitto, James!-

-Lexie, no! Ma che diavolo sta facendo!?-

-Alexis Moore,ti lascerei anche distruggere tutta New York, ma non posso permetterti di infrangere l'intera realtà  e l' universo in cui viviamo.-

-Cos'è quella siringa? Strange, lasciami and-
"Mio Dio, ho tanto sonno. Ho bisogno di dormire."
 
 

*   *   *



Alexis Moore aprì molto lentamente gli occhi.
Strinse tra le dita di entrambe le mani il lenzuolo del letto su cui era sdraiata, come ad assicurarsi che non avrebbe trovato sotto di sé la sabbia nella quale era stata immersa nelle ultime ore che ricordava.
Il soffitto perfettamente bianco, le plafoniere ovali, eleganti e anch'esse bianche, le ricordavano un luogo che aveva già visto.
Un luogo che, anzi, ultimamente aveva visto un po' troppo spesso.
Era in un letto d'ospedale.
Fece due respiri lunghi e profondi: era ancora viva.
Tutta quella scena le parve essere un deja vu, di quando dopo aver usato per la prima volta la sua magia per salvare Bucky, si era poi risvegliata su un letto simile in Wakanda, ed aveva visto dopo molte ore il volto amorevole di Steve Rogers.
Le rivenne in mente subito il suo migliore amico, lo sguardo che gli aveva letto in volto quando aveva sparato a sua zia Hermione. Un gesto che a Steve, che era davvero molto simile a lei, era costato senza dubbio molto.
Istintivamente si voltò di scatto verso il lato sinistro del letto, doveva sapeva esserci la sedia per le visite, quasi aspettandosi di trovare anche oggi, ad attendere il suo risveglio, Steve.  
Il suo scatto fece spaventare la persona lì seduta, che però non era Steve.
E nemmeno Bucky.
Alexis la vide sgranare gli occhi e la bocca, chiudere il computer portatile di scatto ed alzarsi in fretta diretta verso di lei.

-Lexie! Ti sei svegliata, finalmente! Come stai?-

Alexis aggrottò la fronte e socchiuse gli occhi, mentre osservava quella persona sedersi sul letto accanto a lei e scostarle dalla fronte i capelli ancora sudaticci.
Non poteva crederci.

-Ellie?!-

Ellie Renner, con i capelli raccolti in una maniera disperata, la camicia sgualcita fuori dai jeans, scalza e con delle profonde occhiaie viola sotto gli occhi, sorrise mentre si toglieva gli occhiali da vista e li riponeva sul comodino.

-Non dirmi che non ti aspettavi che Tony mi chiamasse. In una situazione del genere?- disse la scrittrice prendendo entrambe le mani della ragazza e stringendole forte. -Posso abbracciarti? Senti dolore?-

Alexis inclinò la testa di lato, ed allargò le braccia.
-No, non sento dolore. Che dolore dovrei sentire?- chiese, mentre Ellie la stringeva. -Ho solo un gran mal di testa.-

Si separarono, Ellie si grattò la punta del naso, leggermente imbarazzata e tesa.
Non se lo ricorda. Pensò.
-Probabilmente è per lo stress.- disse.

Meglio ponderare bene la situazione prima di dirle quella cosa.

-Sai in realtà forse è per il sogno che ho fatto.-

-Che sogno?- chiese Ellie, mentre sentiva perfettamente un nodo formarsi in gola.

-Credo di averlo mischiato con la realtà, perché era ambientato proprio in questo ospedale.- disse Alexis grattandosi la testa, convinta di star raccontando qualcosa di assurdo. -C'era Stephen che mi portava qui dopo lo scontro con mia zia... Hermione...- disse, con un po' di rammarico nella voce al ricordo della triste storia che aveva avuto fine poche ore prima. -...hai presente? Ti hanno raccontato di lei?-

Ellie annuì velocemente, Alexis proseguì:

-Insomma c'erano Stephen, il dottor Lewis, mi stavano operando, ricordo di aver sentito odore di sangue anche nel mondo reale infatti. E poi c'erano Steve, Tony, Bucky e... c'eri anche tu ora che ci penso... Ad ogni modo io mi scagliavo contro Bucky e contro tutti voi mentre lui mi diceva che avevo perso il bambino, ma è assurdo, perché io non ho perso il bambino!- concluse Alexis con naturalezza e con un sorriso, gesticolando. -Vero?-

Ellie deglutì, seria, e distolse lo sguardo verso il basso, grattandosi il collo in maniera agitata.
Quei maledetti codardi del patrigno, mentore, amico e fidanzato di Alexis avevano scaricato a lei quel compito atroce.
E chi era lei per essere pronta a dare un tale dolore ad una delle persone a lei più care?
Li aveva guardati negli occhi uno ad uno, gli affetti più cari di Alexis. Soffrivano per lei, avevano anche loro bisogno di una mano, ed Ellie aveva provato compassione nei loro confronti, che erano così devastati da non riuscire a gestire il dolore di Alexis e il loro messi insieme.
Non che Ellie non si sentisse male al pensiero che Alexis Moore soffrisse, ma lei aveva visto Alexis già in uno dei suoi momenti più bui, proprio quando era sull'orlo del baratro, ed erano state le loro chiacchierate, i loro allenamenti insieme, che avevano permesso ad Alexis di riprendersi.
Quindi era ovvio che avessero tutti pensato a lei.  
 






-Gesù, povera piccola.- disse Tony, affondando il viso nelle mani e sedendosi su una sedia nel corridoio appena fuori dalla porta di Alexis.

Il Dr. Stephen Strange l'aveva appena sedata.


-E' sconvolta.- disse Ellie, toccando la spalla del fratello.

Bucky uscì dalla stanza di Alexis, chiudendosi la porta alle spalle.
Ellie lo guardò, aveva gli occhi totalmente velati di lacrime da quando era arrivata in ospedale, non si era neanche fatto medicare le ferite.
Bucky Barnes in quel momento era il ritratto più fedele possibile di un uomo distrutto.


-Si è addormentata, i valori sono tornati stabili.-

-Quella ragazza è un uragano.- disse Tony, poi puntò un dito contro Bucky. -Starei molto attento a non farla arrabbiare in futuro, se reagisce in quel modo.-

Bucky arricciò il naso, strinse i denti ed appoggiò la fronte alla porta.
-Se ancora mi vorrà, in futuro.-


Steve, Ellie e Tony si scambiarono un'occhiata.
-Ehi, Buck.- disse Steve, che lo prese per una spalla, facendolo voltare verso di sé. -Di che diavolo parli?-


-Non l'hai vista?- chiese Bucky, senza alcun filo di intonazione nella voce.
Si sentiva completamente svuotato.


-Oh, andiamo, non ce l'ha con te.- disse Tony sbattendo entrambe le mani sulle cosce.

Ellie lo guardò aggrottando la fronte.
Davvero l'uomo che aveva di fronte era Tony Stark? Aveva cercato di uccidere Barnes per svariate ore pochi anni prima! Sorrise amorevolmente pensando a quanto Alexis fosse stata importante per Tony. E per Bucky.


Accanto a lui comparve Stephen Strange. Si era tolto il camice, ora indossava una semplice tuta coordinata, ed aveva anche lui il volto esasperato.
-Alexis si risveglierà tra circa cinque o sei ore.- disse il dottore, sedendosi accanto a Tony, dandogli una pacca sulla spalla. -Probabilmente, a causa del sedativo, ciò che è successo poco fa le sembrerà una cosa surreale, un sogno. Bisogna andarci piano o rischierà di distruggere tutto, quindi pensate bene a quali parole utilizzare.-

Bucky si passò le dita sugli occhi, cercando di fermare quelle lacrime che continuavano a scendere silenziose, senza riuscirci.
- Io non posso farlo.-


-Cosa?- chiese Steve.

-Parlaci tu, Steve. Oppure Ellie, potresti parlarle tu?-

-Mh?- fece Ellie. -Io? James, sei il suo fidanzato, dovresti farlo tu.-

-Non ce la faccio, Ellie.-

-Neanche lei ce la fa, vi capirete a vicenda, non credi?-

Bucky scosse la testa e tirò su con il naso.
-No, lei- la voce gli si spezzò per il pianto. -Lei mi odierà, sono io che ho iniziato ad indagare come un forsennato sui suoi genitori. E' colpa mia se ora lei... se lui-


-Ehi.- Steve prese Bucky per le spalle e lo abbracciò. Bucky nascose il viso sulla sua spalla e pianse silenziosamente con alcuni singhiozzi. -Non è colpa tua.-

Quando si separarono, Steve guardò Ellie, che non aveva smesso per un attimo di pensare a quanto stesse soffrendo Bucky.

-Ellie.- iniziò Steve, posando la mano sulla schiena della ragazza. -Per favore. Tu l'hai già aiutata in passato. E noi...- si guardò intorno. -Noi non siamo forti né come lei, né come te, né come nessun'altra donna. Non capiremo mai cosa significhi.-

Ellie era rimasta un po' intontita dal fatto che Steve la stesse sfiorando con Tony che poteva vedere benissimo quel gesto.  Ma non era quello il problema in quel momento.
Sospirò.  
Si voltò, e vide Stephen Strange e Tony che annuivano a ciò che aveva detto Steve. Tornò poi con gli occhi su Steve e notò che anche i suoi erano rossi e umidi.
Vedere i suoi due migliori amici così devastati, doveva essere molto doloroso anche per lui.


-D'accordo.- disse Ellie, poi si avvicinò a Bucky e lo abbracciò, strofinando una mano sulla sua schiena. -Ci parlo io, Buck.-

-Grazie.- disse Bucky. -Grazie, Ellie.-
 







-Vero, Ellie?- chiese di nuovo Alexis, mentre il sorriso iniziava a morirle in volto.

-Lexie...- Ellie fece per sfiorare il braccio alla ragazza, ma l'altra si lanciò a peso morto sul letto, portando entrambe le mani a coprirsi il volto.

-Ellie. Dimmi che non è vero, ti prego. Dimmi che non è vero.-

Alexis tirò su leggermente la testa per guardare Ellie, ma questa sospirò, con le lacrime agli occhi e scosse la testa.

-Purtroppo non era un sogno, Lexie.-

-Oh Dio, no, ti prego.-

Alexis non riuscì a trattenere le lacrime, iniziò a piangere a dirotto, con le mani tra i capelli, il volto deformato dal dolore, senza riuscire quasi a riprendere fiato.
Ellie si sdraiò accanto a lei con la schiena poggiata alla testiera del letto e la fece accoccolare sul suo petto, stringendola forte.
Se c'era una cosa che aveva capito di Alexis, era che la solitudine, o la sola idea della solitudine, le erano sempre state fatali, fin da quando era piccola, a quanto le aveva raccontato.
E lei sapeva bene di cosa si trattava.
Pianse anche Ellie, cercando di non farsi sentire da Alexis, che si aggrappava ai vestiti di Ellie, quasi fino a strapparli.
Era una sofferenza atroce quella che Alexis stava provando, ma in realtà in quel momento non riusciva neanche a pensarci. Sentiva solo un vuoto dentro di sé, come se la sua vita non avesse più avuto motivo di esistere.
Aveva tanto desiderato quel bambino ed ora non c'era più e sentiva che la colpa non era altro che la sua: se avesse dato ascolto a Bucky, sicuramente non sarebbe successo.

D'un tratto Alexis si tirò su.
-Bucky...- sussurrò.

Ellie si asciugò la guance con le dita rapidamente.
-E' andato via due ore fa, insieme a Steve e Tony. Erano distrutti, stanchi e feriti, quindi-

Alexis scosse la testa.
-Sì, no, certo, intendo... l'ho trattato come se-

-Non devi preoccuparti di questo, Lexie, lui capirà.-

-Oh Dio, l'ho trattato così male che penso non mi vorrà più vedere.- disse Alexis affondando di nuovo la testa tra le ginocchia che aveva portato al petto.

Ellie sbuffò una risata amara.
-Lui teme la stessa cosa nei tuoi confronti.-

-Certo.- sbottò Alexis gesticolando, continuando a piangere. -Perché lui è la persona più buona del mondo, io invece sono solo una... una cretina, che ha ucciso quella che probabilmente era l'unica possibilità per lui di avere una famiglia.-

Ellie aggrottò la fronte. Prese il viso di Alexis tra le mani.
-Ma che stai dicendo? Non è colpa tua.-

-Sì che lo è, Ellie, è la realtà dei fatti. Il dottore mi aveva detto di starmene buona, perché avrei potuto perdere il bambino, lo aveva detto ed io l'ho ignorato. Più volte Bucky, Tony, Steve mi hanno detto di rimanere a casa, o di tornarci. E' solo colpa mia.-

-Lexie, ti hanno rapito il fidanzato sotto il naso. Nessuno sarebbe rimasto a casa. Credi che, se fosse stato biologicamente possibile, se Bucky fosse stato nei tuoi panni non avrebbe fatto lo stesso?-

-Non lo so.- rispose Aleixs scuotendo la testa. -Per lui questo bambino era una gioia infinita... non so neanche se riuscirò più ad averne altri.-

-Ehi.- disse Ellie seria, prendendo Alexis per le spalle. -Alexis Moore, tu non sei una sforna bambini e nessuno pretende che tu lo sia, nemmeno Bucky.-

Ellie spostò i lunghi capelli di Alexis dietro la schiena della ragazza. Prese un fazzoletto umido dal comodino, glielo passò sul collo e sul volto, rinfrescandola un po'.
-Ascoltami bene, Lexie, e stampati bene in mente quello che sto per dirti. Bucky Barnes ti ama. Tu ami lui. Fine. Questo è l'importante, anche se magari è banale. Lui ama te, la potenziale famiglia che potrebbe formare con te, perché sei tu. Amava e ama vostro figlio perché lo portavi in grembo  tu. Il piccolo sarà sempre con voi, veglierà su di voi, ma se vorrete potrete riprovarci. Subito, tra un anno, tra dieci, quando volete voi. Ma siete voi due le fondamenta della vostra famiglia, famiglia che esiste già. Non hai ucciso la sua possibilità di avere una famiglia, Lexie. La sua famiglia sei tu. D'accordo?-

Alexis annuì, per poi gettarsi di nuovo tra le braccia di Ellie.
-Dov'è Bucky adesso?-

-E' fuggito a gambe levate dopo il casino che hai fatto!- disse Ellie, cercando di sdrammatizzare un po' la situazione. -No, sto scherzando, è andato con Tony e Steve alla casa sul lago. Doveva calmare un attimo la mente. Ti aspettano lì.-

Alexis si tirò su, preoccupata. -Cosa ho fatto oltre a prendere a spintoni il mio fidanzato?-

-Il dottore era molto preoccupato, ha detto che stavi rischiando di rompere la realtà, o qualcosa del genere.-

-Cosa!?-

-Sì, eri molto strana, diventavi trasparente ad intermittenza, sparavi scintille colorate da ogni dove, e volevi tornare indietro nel tempo per... beh, per riavere il bambino.-

Alexis sgranò gli occhi.
-Ho cercato di prendergli la collana, Ellie!?!-

Ellie annuì. -Già.-

-Gesù, cosa ho fatto!? Mi odierà!-

Ellie scosse la testa bonariamente. -Direi di no. E' qui fuori, sta dormendo su quelle scomodissime sedie per te. Quindi non credo proprio che ti odi.-

Alexis si sdraiò di nuovo sul letto con un tonfo.
-Sono un disastro, Ellie.-

-E' vero.- disse Ellie, mentre la accarezzava i capelli. Le asciugò di nuovo le lacrime e le diede un bacio sulla fronte. -Un disastro meraviglioso.-

-Posso... piangere un altro po'?-

Ad Ellie si strinse il cuore in una morsa.
-Certo, tesoro.- disse avvolgendola. -Quando ti senti pronta, andiamo.-
 
 



*  *  *
 



Alexis piegò la camicia da notte dell'ospedale e la posizionò sopra al cuscino, poi si sedette sul letto e si infilò i vestiti che Ellie le aveva portato: Pantaloncini di jeans, una t-shirt viola leggermente larga che aveva infilato nei pantaloni, e ai piedi le sue amate converse.
Raccolse i capelli, che Ellie le aveva aiutato a lavare nel lavandino del bagno, in una coda alta e lunga fino a metà schiena.
Si sfiorò la pancia, con un gesto che ormai le veniva naturale. Non aveva avuto neanche il tempo di crescere abbastanza da essere evidente, quel bambino, eppure lei ne sentiva perfettamente la mancanza.

Per fortuna quel flusso di pensieri fu interrotto dal bussare alla porta, che la fece trasalire e voltare di scatto, vedendo il volto di Stephen Strange fare capolino.

"Ecco, è venuto ad uccidermi." pensò la ragazza.

Alexis non disse nulla, mosse solo qualche passo verso il dottore.
La ragazza sapeva che chiunque provasse a toccare la gemma del tempo finiva sulla lista nera di Stephen Strange.
Ma lei poteva stare tranquilla.

-Agente Moore.- la salutò il dottore, chiudendosi la porta alle spalle. Si guardò intorno. -Sei sola?-

Alexis anche si guardò intorno, poi indicò la porta del bagno.
-Oh, no, Ellie è in bagno, si sta dando una rinfrescata. E' stata tutta la notte su quella sedia, poverina.-

-Già. Ti vuole molto bene.-

Alexis annuì.
-Oh, e so che anche tu sei rimasto qui fuori da ieri sera.-

Strange si grattò la testa imbarazzato.
-Sì, beh, insomma... anch'io ti... ti voglio bene, Alexis.- disse, guadando ovunque tranne che la faccia di Alexis.

La ragazza divenne seria e spalancò gli occhi.
Si diede un pizzicotto sul braccio, perché non era più sicura di essere nel mondo reale a quel punto.

-Che stai facendo?- chiese Stephen con lo sguardo corrucciato.

-Ahm...-
Non era un sogno, allora.
-Niente!- esclamò Alexis, poi con qualche passo abbracciò il dottore, accoccolandosi sul suo petto. -Grazie, Stephen.-

Il dottore scosse la testa, mentre stringeva la schiena di lei.
-Sarei dovuto essere più tempestivo. Credevo che il sangue venisse da una delle tante ferite che avevi, avrei dovuto accorgermi subito. Forse con qualche secondo d'anticipo-

-Stephen.- lo zittì Alexis. -Sono anni che non fai altro che corrermi dietro e che mi salvi la vita. Tu hai fatto il possibile, l'unica che ha colpe, qui, sono io.-

Strange sospirò. Quella di Alexis era una reazione comune, dopo la perdita di un bambino. Tuttavia Stephen sperava che anche in quello si sarebbe distinta, che non si sarebbe data la colpa per tutta la vita.
Ma in fin dei conti Alexis era una ragazza di ventidue anni.

-No, Alexis, non è colpa tua, credimi. Ti prego.-

Alexis sospirò a sua volta e non rispose.
Nessuno avrebbe mai potuto convincerla che lei non fosse la principale causa della perdita del bambino che tanto aveva desiderato.
Tuttavia, uno Stephen Strange così dolce si era rivelato essere una piacevole sorpresa e almeno si godette quell'abbraccio con il primo lieve sorriso delle ultime 48 ore.
 
 



*  *  *



 
 

Quando Alexis arrivò alla casa sul lago di Tony, trovò proprio lui ad accoglierla nel vialetto, insieme alla figlia, che ormai aveva un anno, e alla moglie.  
Quando scese dalla macchina di Ellie, fu subito avvolta dalle braccia amorevoli di Pepper.

-Piccola.- disse la donna, che su un braccio reggeva Morgan, che affondo il viso nei capelli di Alexis, sputacchiandone un po' quando si separarono. -Per qualsiasi cosa di serva noi ci siamo, anche se volessi passare un po' di giorni qui per schiarirti le idee.-

-Grazie, Pepper.- poi Alexis guardò Tony, che portava una stampella. -Come va la gamba?-

-Non male alla fine, con quel buco sto molto più fresco. Te come stai?-

Alexis fece per rispondere, ma non sapeva cosa rispondere.
Stava bene? Fisicamente sì, ma si sentiva troppo in colpa per il bambino per poterlo dire.
Strinse le labbra e fece spallucce.

-Domanda complicata, hai ragione.- intuì Tony. -Vieni qui, Agente Moore.- disse, abbracciandola.

Alexis lo strinse a sua volta.
-Mi dispiace per la gamba, Tony. Tu non c'entravi nulla e quella pazza ti ha sparato solo perché mi sei stato vicino quando invece sarei dovuta essere morta, secondo i suoi piani.-

Tony strofinò una mano sulla schiena di Alexis e si separò da lei.
-Lexie, io mi farei sparare anche in testa per te.- rivelò. -Non parliamone più.-

-Ma-

-Lexie!- la interruppe una voce che conosceva bene.

La ragazza si voltò di scatto, mentre da lontano arrivava Steve Rogers.
Quando passò vicino ad Ellie, Steve le sfiorò la mano e la guardò di sfuggita come a salutarla.
Tony se ne accorse e guardò la sorella aggrottando la fronte, e lei cominciò a fare "no" rapidamente con la testa, puntando poi lo sguardo su Steve che abbracciava Alexis.

-Mi hai fatto spaventare, Lexie. Non ti ho mai vista così fuori di te.- disse Steve.

-Scusa, Steve.- rispose la ragazza, cercando di cacciare indietro qualche lacrima che tentava di rovinare il suo già precario equilibrio mentale ed emotivo.

Steve le sfiorò la guancia con la mano e le diede un lungo bacio sulla fronte.

Alexis sorrise di nuovo, per la seconda volta.

-Bucky?- chiese d'un tratto, preoccupata.

Steve le indicò con lo sguardo un punto in lontananza e lo vide.
Bucky se ne stava seduto sul molo in legno, guardava il lago, con le ginocchia al petto, strette tra le braccia.
Alexis non disse nulla, andò nella sua direzione a passi sempre più svelti e quando gli fu vicino, si fermò.

Era immobile, ma lo sentì tirare su col naso. Stava piangendo silenziosamente.
La ragazza prese un bel respiro e si sedette accanto a lui.

-Ehi.-

Bucky si voltò e rimase senza respiro, boccheggiando, non sapendo cosa dire.
Ci aveva pensato per ore, eppure in quel momento il suo cervello si era completamente spento, di fronte alla genuina bellezza di Alexis, che nonostante le ultime ore di agonia e disperazione, era comunque l'essere più bello che avesse mai visto.

Alexis lo guardò negli occhi, scorgendo una tristezza infinita dentro di lui, resa evidente dal rossore dei suoi occhi, e le iridi azzurre completamente sommerse da un velo di lacrime erano esattamente uguali ad un mare in piena tempesta.
Si sentì, per l'ennesima volta da quando si era svegliata, una persona orribile: Bucky era distrutto tanto quanto lei, e la reazione che lei aveva avuto mentre lui cercava le parole più dolci per darle quella terribile e dolorosa notizia, doveva avergli dato il colpo di grazia.
Non era assolutamente sua intenzione colpevolizzarlo di nulla, Bucky l'aveva semplicemente aiutata nella ricerca della verità, nel rendere giustizia ai suoi genitori. 

Bucky continuava a non riuscire a riprendere fiato e Alexis iniziava a preoccuparsi leggermente.
Gli mise una mano sulla guancia e a quel contatto Bucky trasalì.

-Buck, stai bene?-

Lui prese aria ancora diverse volte, poi strinse gli occhi e lasciò cadere due lacrime.

-Mi dispiace.- la voce quasi ridotta ad un soffio. -Alexis, mi dispiace tantissimo.- disse, poggiando una mano all'altezza del ventre di lei.

Se Alexis sentiva un vuoto nella pancia, lui lo sentiva nel cuore.

-Anche a me dispiace.- disse la ragazza, poggiando la fronte contro quella del fidanzato.

Bucky scosse la testa.
-No, tu non capisci... è tutta colpa mia, scusa, avrei dovuto fermarmi quando me lo avevi chiesto.-

-James, no.- disse Alexis prendendogli il volto tra le mani. -Non è colpa tua. Non è colpa... non è colpa di nessuno.-

Bucky scosse di nuovo la testa.
Rischiava di scoppiare a singhiozzare da un momento all'altro. Avere Alexis lì non faceva che amplificare tutto ciò che aveva provato nelle ultime ore.
Vederla lì, bellissima e così forte, era un ennesimo colpo in faccia: lui non era stato in grado nemmeno di starle vicino in quello che doveva essere forse il  momento peggiore della sua vita, questo era quello che Bucky continuava a ripetersi.
Alexis conosceva bene l'uomo che amava, e l'aveva capito benissimo. Se per lei poco prima era stata forte Ellie Renner, ora lei stessa doveva esserlo per Bucky.

-Sarei dovuto rimanere con te.- disse Bucky, passando le braccia intorno alla schiena di Alexis, senza mai staccarsi da lei. -Avrei dovuto dirtelo io, avrei dovuto soffrire insieme a te, invece ti ho lasciata sola come un codardo.-

Lexie aggrottò la fronte, sembrava quasi arrabbiata.
-Bucky, ma che stai dicendo?-

-Alexis, non dirmi che non l'hai pensato anche tu.-

-No, James, non l'ho pensato neanche per un secondo. Mi sono svegliata in ottime mani, Ellie mi ha spiegato tutto, e mi ha anche detto del modo in cui ti ho trattato, è normale che tu te ne sia voluto andare.-

-Non volevo andarmene, in realtà.- ammise Bucky. -E' stato Steve, mi ha detto che dovevo riposare.-

-L'hai fatto?-

Bucky accennò ad un sorriso.
Anche nella circostanza in cui era lei la parte lesa, Alexis si preoccupava comunque per lui.

-Ovviamente no.-

Alexis sospirò, ed accarezzò il collo di Bucky, per poi stringere tra le dita dolcemente i capelli, che erano ricresciuti un po'.
-Togliti immediatamente dalla testa quella stupida idea. Sei un essere umano, con tutto il siero della super forza e il braccio in vibranio, tu sei un essere umano. Quante volte ti ho lodato per la tua forza interiore, Bucky? Quante volte ti ho detto che ti ammiro per essere riuscito a rimanere umano, nonostante le atrocità che hai passato? James, io ti amo e lo farò per sempre. Possiamo essere in due, in tre o in sette, ma io e te ci amiamo, questo è l'importante.-

Bucky sospirò quasi sollevato, come se avesse temuto fino a quel momento che Alexis non gli avrebbe mai più detto quelle parole.
Le afferrò il viso con le mani e le diede un lungo bacio passionale, grazie al quale tornò a respirare.
Ad Alexis, ad entrambi in realtà, sembrava che non avessero un contatto così intimo da mesi.

-E' esattamente quello che volevo dirti anch'io: Alexis, sei tu la mia casa. Se poi ci saranno dei... bambini, tanto meglio, ma sei tu la mia ragione di esistere.- disse Bucky. -E... forse dovrei smettere di farti delle promesse, visti i risultati, ma ti prometto che farò di tutto per renderti la versione più felice di te stessa.-

Alexis sorrise lievemente e lo abbracciò forte, per poi dargli un altro bacio.
-Allora sappi che hai già terminato la tua missione, Sergente.-

Anche Bucky sorrise. Alexis non poteva saperlo, ma il fatto che si fosse definita una sua missione era indicativo di quanto lei fosse stata importante per lui nel ricominciare a vivere una vita normale. Pochi anni prima la sua missione era distruggere Steve Rogers sotto il comando dell'Hydra. Ora, invece, poteva di nuovo sorridere come lo spensierato Bucky del secolo scorso, e lo doveva, in gran parte, alla sua fidanzata.

Alexis si alzò in piedi e lui fece lo stesso, per dirigersi verso casa di Tony.
Tuttavia, Bucky, mettendo una mano nella tasca dei jeans, sentì un oggetto che gli fece di nuovo mozzare il respiro.
Si guardò intorno.
Non c'era più nessuno nel giardino di casa Stark. Il lago, l'aria fresca di montagna, il cinguettio degli uccelli, il sole che creava sulle increspature dell'acqua dei riflessi meravigliosi. Sembrava essere tutto perfetto, come poteva sprecare una situazione del genere?

-Alexis, aspetta.- disse Bucky.

La ragazza si voltò e gli tornò vicino. -Che succede?-

-Ehm, io...-

Improvvisamente, però, vedendo il volto ancora pallido di Alexis, tutto non gli sembrava più perfetto.
Nelle ultime ore, Alexis aveva visto morire ad un palmo dal proprio naso sua zia, identica a sua madre, di cui aveva scoperto l'esistenza da poche settimane. Aveva perso un bambino. Aveva avuto a che fare con nuove forme di magia, molto potenti.
Forse non era il caso di correre.
Tirò fuori la mano dalla tasca ed accarezzò la schiena della ragazza, ricominciando a camminare.

-Volevo solo dirti... che sei stata davvero forte con quelle ali. Eri... meravigliosa. E ti donavano davvero molto.-

Alexis sbuffò una risata mentre salivano le scale del portico di Tony.
-Non ho idea di come ci sia riuscita e non credo che ci riuscirò più, ma ti ringrazio.-

Pranzarono sotto il portico.
E il pranzo che seguì, insieme a tutti gli amici, nonché famiglia, di Alexis Moore, fu come un punto che mise fine alla storia di sua zia Hermione.
Alexis non sentiva la sua mancanza, a dirla tutta.
Si sentiva amata, si sentiva completa.
O quasi.

Ogni volta che involontariamente provava a sfiorarsi la pancia, si rendeva conto che in realtà si sentiva come se le mancasse un organo.
Sapeva che quella sensazione non sarebbe passata mai, sapeva che avrebbe dovuto imparare a conviverci.

Guardò oltre la staccionata del portico: c'erano i figli di Clint e Laura che giocavano con la piccola Morgan, sotto la supervisione dei due genitori e di Pepper che chiacchieravano poco distanti. Seduti sugli scalini c'erano Thor, Tony e Rhodes che parlavano di ingegneria asgardiana e terrestre messe a confronto. Seduti al tavolo, poco distanti da lei, c'erano Bruce e Nat che scorrevano le dita su un tablet, mentre sceglievano la destinazione per la loro vacanza di fine estate. Alla loro destra, Stephen e Loki parlavano dei loro poteri magici e poco dopo Alexis si rese conto che parlavano delle ali che lei stessa aveva evocato. Sam, Peter Parker, Wanda Maximoff e Visione stavano salendo su una piccola barca in legno pronti a fare un giro del lago. Wanda, ovviamente con la sua magia, le fece prendere il largo.
Ciò che le piacque di più, però, fu vedere Steve Rogers ed Ellie Renner che passeggiavano a piedi nudi sulla riva del lago, con le mani che si sfioravano di tanto in tanto.

Diede una gomitata a Bucky e glieli indicò con un cenno della testa e Bucky seguì il suo sguardo, poi si voltò, le sorrise e le diede un bacio sulla tempia.
Anche lei sorrise, si strinse al suo braccio e chiuse gli occhi per qualche secondo.

Era innamorata di lui, perdutamente.
E questo sarebbe bastato.



 
 
 



Fine.
 
 
 







 
*            *               *


Post Credits Scene n. 1

Tony uscì dalla porta del bagno comune dell'ospedale.
A breve Alexis si sarebbe svegliata.

Avvicinandosi alla porta della sua camera, ancora chiusa, vide davanti ad essa Bucky che parlava con il dottor Lewis e sul volto di Bucky un'espressione rincuorata. Intuì che il dottore gli avesse appena comunicato che Alexis non aveva perso la possibilità di rimanere incinta.
Glielo avrebbe chiesto se non fosse stato attratto da altri due soggetti seduti poco distanti.

Incrociò le braccia al petto, piegò la testa di lato ed arricciò il naso.

Steve Rogers aveva un braccio intorno alle spalle di sua sorella, Ellie Renner. La mano libera era impegnata ad accarezzarle dolcemente il profilo del volto e a giocare con le ciocche bionde lasciate libere dall'elastico dei capelli di Ellie.
Lui sorrideva come un ebete.
Lei pure.

-Capitano Rogers!- sbottò Tony.

I due si separarono di scattò, sobbalzando.

Ellie si portò una mano al cuore.
-Dio, vuoi farmi morire!?-

-Che sta succedendo qui?- chiese Tony, passando lo sguardo da Steve ed Ellie più volte.

-Ehm... Ellie aveva... una cosa nell'occhio.- disse Steve grattandosi la testa e schiarendosi la voce.

-Sì, esatto...- continuò Ellie. -...ciglia, mi cadono a fiotti, per lo stress.-

-Ah, capisco, come i capelli?- chiese Tony.  

Ellie strinse le labbra ed annuì velocemente.

-Scusate.- disse Bucky Barnes, salvando il capitano e la bionda dall'interrogatorio di Tony. -Alexis si è svegliata.-

Ellie e Steve si fiondarono dietro a Bucky, Tony rimase un attimo interdetto.

Davvero quei due pensavano di farlo fesso in quel modo?













Angolo Autrice
E' così.
A me sembra impossibile, ma anche stavolta, sebbene con molti rallentamenti e sparizioni da parte mia, sono riuscita a portare a termine una storia. E per me è una cosa incredibile, perché io le lascio sempre tutte a metà!!! 
E questo lo devo a tutti voi lettori, alle tante visualizzazioni, a tutti voi che avete inserito la storia tra le preferite, seguite, ricordate, che ha recensito qua e là, ma soprattutto alle mie due compagne di viaggio: InsurgentMusketeer e MaryElizabethVictoria. Autrici fantastiche, fan perfette, amiche premurosissime <3 Ringrazio entrambe per la loro vicinanza, il loro affetto SEMPRE presente nonostante i miei ritardi, e soprattutto le ringrazio per avermi dato l'onore di inserire i loro personaggi nel mio universo e per aver inserito Alexis nel loro. O meglio, Ellie Renner, il personaggio di InsurgentMusketeer, è già comparsa un po' di volte. Per quanto riguarda il personaggio di MaryElizabethVictoria, dovrete aspettare il prossimo sequel, anche se l'ho già citato nella mia one-shot che ho pubblicato il 13 Agosto appena passato, e anche se potete intuire benissimo già dal titolo del sequel di quale tra i tanti ragazzi di "The Young Avengers" sia il mio prescelto xD
Come vi dicevo l'altra volta, il continuo di questa saga arriverà per la fine di settembre e si intitolerà "New Avengers: Together - Journey to Asgard".
A tal proposito, aspettatevi in unscita una "Post Credit Scene n.2" in questa storia =) Vi metterà qualche pulce nell'orecchio e sono sicura che vi incuriosirà tantissismo! 
Ma veniamo al capitolo che avete appena letto. E' un capitolo abbastanza forte secondo me, perché tratta di un tema delicatissimo. Un tema che io ho sempre il terrore di trattare perché in realtà non immagino neanche lonatanamente cosa si possa provare nella situazione della povera Alexis, quindi spero davvero di non aver ferito la sensibilità di nessuno, in caso contrario vi chiedo scusa. Ho fatto del mio meglio, spero si possa notare =) 
E' un brutto colpo per chiunque una cosa del genere, ma per Alexis sarà davvero dura: lei, che ama così tanto la vita con tutte le sue sfide, con tutte le sue sfumature. Ma... state pur certi che arriverranno giorni più felici e che la famiglia Barnes-Moore si estenderà, come entrambi tanto desiderano. Solo che prima dovranno passarne parecchie! 
Vi dico solo che nella prossima storia troverete una Alexis un po'... cambiata. Almeno all'inizio. =) 
Ah, se avete trovato errori di battitura vi chiedo perdono, sicuramente ne avrò fatti parecchi perché ero davvero emozionata mentre scrivevo questo capitolo :')
Darei un bacio in fronte a tutti voi, uno per uno, per ringraziarvi, perché io non credevo che sarei mai arrivata a questo punto! 
E niente, vi auguro una buona fine estate ed un buon inizio settembre, ma tanto alcuni di voi continueranno a sentirmi in quanto lettrice! 
Vi abbraccio fortissimo,

Rack <3 =)

Ps: se vi state chiedendo come mai Alexis non abbia più il polso rotto, mi dispiace per voi ma la cosa verrà spiegata nel sequel!  

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Capitolo 23
*** Post Credits Scene n. 2 ***


Post Credits Scene n.2




Terra
Stati uniti d'America, New York
New Avengers Facility


Quattro mesi dopo...

Natasha Romanoff, con i lunghi capelli raccolti in una treccia francese, stava facendo quello che ormai faceva tutti i giorni, per circa diciotto ore al giorno, da un mese.
Ricerche.
Lei era la migliore a scovare le persone, ma in quel caso, la persona che stava cercando non voleva assolutamente farsi notare.

Bucky entrò nella sala operativa del Facility, togliendosi la giacca di pelle abbandonandola su una sedia.
Lo sguardo corrucciato che lo aveva sempre caratterizzato era più presente che mai.

-Sai per caso dov'è Steve?- chiese.

-Credo sia con Ellie, stanno ragionando sulle ultime piste.-

Bucky sbuffò una risata e tirò fuori il cellulare, guardandolo distrattamente.
-Sì, come no.-

Sam era seduto a due postazioni da Natasha, davanti ad un monitor e stava svolgendo il suo stesso compito.
-Sei stato di nuovo al vostro appartamento?- chiese Falcon.

-Sì, spero sempre che possa passare di lì.-

Bucky sollevò lo sguardo dal cellulare con un sospiro. I suoi occhi finirono sullo schermo olografico proiettato su tutta la parete di fondo della stanza.
Quell'immagine e quelle parole erano ormai diventate un incubo che lo tormentava da un mese.
 

"Missing Person.
Searching for:  Alexis Hermione Moore."
 


La foto di Alexis, quella del suo badge allo Shield, se la rivedeva nella mente notte e giorno.
E quegli occhi gli facevano vibrare l'anima anche sottoforma di pixel.
 
 


 
*             *              * 




Asgard, palazzo reale
Negli stessi momenti...


Le porte della sala del trono erano appena state chiuse e finalmente Thor e Loki erano rimasti soli.

-Questo matrimonio mi sta sfiancando, davvero.- disse Loki, sedendosi sui gradini del trono.

Thor lo affiancò dopo essersi alzato dal trono.
-Anche a me. Loki, non sei costretto.-

-E' l'unico modo per tenerli impegnati, Thor. Lo sai.- sussurrò Loki, passandosi una mano sul volto, esasperato.  -Tuo figlio è al sicuro? Jane?-

Thor annuì serio.
-Li ho rispediti su Midgard stamattina molto presto.-

-Sai che il fatto che sia nato qui ad Asgard avrà ripercussioni sull'età del bambino? Qui il tempo scorre più lentamente.-

-Sì, preferisco che sia vivo, anche se crescerà più in fretta del previsto.-

Una nave spaziale solcò il cielo, passando affianco alla finestra del palazzo.
Non era una nave asgardiana.
Entrambi la seguirono con lo sguardo.

-Sai, Thor, credo che dovremmo chiamarli. Abbiamo bisogno di aiuto.- disse Loki.

-Chi?-

Loki alzò entrambe le sopracciglia e rispose con ovvietà:
-I Vendicatori.-  

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