Marzo '68

di dirkfelpy89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Marzo di Sangue ***
Capitolo 2: *** Vendetta ***
Capitolo 3: *** La Genesi del suo Cognome ***



Capitolo 1
*** Marzo di Sangue ***


Capitolo 1, Marzo di Sangue

 



Concorde Square, Hogsmeade, 1968

“Libertà, libertà, libertà!”

In quella gelida notte di Marzo un solo grido echeggiava per la piccola piazza centrale della pacifica Hogsmeade.
Una cinquantina di persone, per la maggior parte ragazze e ragazzi di giovane età, si erano assiepate da quella mattina in un angolo della piazza, urlando a squarciagola alcuni slogan ormai ben noti alla popolazione.
“Chi siamo noi?” “Magonò!” “E vogliamo sparire?” “No, no, no!”

Non era la prima volta che quella piccola folla agguerrita si riuniva a Hogsmeade: da mesi erano in corso numerose manifestazioni dei Magonò che abitavano quella parte del paese, un sentimento di protesta che lentamente stava iniziando a serpeggiare per tutta la nazione.
Da sempre considerati cittadini di serie B, costretti a scappare, nascondersi e a confondersi con i Babbani, i Magonò avevano deciso di unirsi, organizzarsi e ribellarsi alle nuove leggi, estremamente restrittive, promulgate dal Ministro della Magia, Eugenia Jenkins.
Volevano poter continuare a far parte della Comunità Magica, desideravano pari diritti e doveri e la fine di tutta una serie di discriminazioni che vessavano i Magonò da tempo immemore.
La cosa aveva creato una pericolosa frattura nel precario equilibrio del Mondo Magico inglese: i più conservatori erano assolutamente contrari a queste rivendicazioni mentre quelli con le vedute più aperte erano pronte ad aiutare, a volte economicamente, i Magonò bisognosi di sostegno.
Giornalisti, esperti politici o semplici ciarlatani si erano assiepati da giorni nella cittadina, pronti a seguire e documentare quella presa di coscienza e le sempre più numerose marce di protesta. Alla gente semplice e pigra di Hogsmeade poco importava di tutto quel fracasso e, dopo un’iniziale curiosità, la cosa ben presto perse ogni attrattiva.

La manifestazione del dieci Marzo del '68 aveva tutte le carte in regola per poter essere un evento tranquillo, senza grosse conseguenze. Il corso degli eventi però prese una svolta inattesa e terribile.
Erano ormai le undici di sera, un vecchio Magonò dalla voce squillante stava arringando la folla con ardore, quando, improvvisamente, Concorde Square venne letteralmente sconquassata da una forte esplosione.
Nel centro esatto della piazza si era venuta a creare dal nulla una piccola voragine. Urla, sangue, morti. Una semplice manifestazione di protesta si era trasformata in un massacro.

/ / / / / / /

“Cinque morti, sette feriti gravi… sicurezza assente… Ministero incapace… bah!” Eugenia Jenkins accartocciò con rabbia e malcelato disgusto la sua copia personale de ‘La Gazzetta del Profeta’.
“Banda di inetti. A nessuno interessa qualcosa di quei Magonò, poi cinque di loro si fanno saltare in aria e la stampa improvvisamente mi sta addosso come un Bolide Fellone!”
“Tecnicamente non si sono ‘fatti saltare in aria’, Ministro!”
Bob Kenningher possedeva molti difetti, compensati da alcuni pregi davvero ammirevoli. Uno di questi era il coraggio: era Auror da più di trent’anni ed era uno dei pochi che si permettesse di rispondere a tono a Eugenia Jenkins, specie quando quest'ultima era di pessimo umore. Accanto a lui, un ragazzo sulla ventina ridacchiò sotto i baffi, guadagnandosi un’occhiataccia del Ministro.
“C’è poco da ridere, ragazzo. Non mi importa un accidenti di quella gente, stiano alla larga da me e dal Mondo Magico, ma se questo caso mette in pericolo il mio governo allora i Magonò avranno la mia più completa attenzione!" sbottò la donna.
"Ammirevole..." borbottò il giovane Auror.
"Sì, è davvero ammirevole il fatto che non vi licenzi seduta stante. Mi aspetto che troviate il colpevole entro breve oppure avrò le vostre dimissioni sulla mia scrivania, ve lo posso assicurare. Ora al lavoro, fuori di qui!” sbraitò la donna, indicando la porta e congedandoli.

I due uscirono da quella stanza il più velocemente possibile per poi incamminarsi verso il dipartimento Auror.
“Non far arrabbiare quella donna, Augustus, non è saggio! Io a breve andrò in pensione, tu sei giovane, hai una vita da passare qui!” disse, a bassa voce, Bob. Augustus ghignò.
“Senti da che pulpito. E poi non la voglio far arrabbiare, è che proprio non la sopporto! Come si è ridotto questo Ministero… spero che il suo successore sia più dignitoso, come minimo!”
“Sono tutti uguali, non farti illusioni Ag!” Bob scosse la testa mentre entrambi uscirono dall'ascensore, diretti verso i loro uffici.
“Comportati bene, impara a chinare la testa ogni tanto, sennò farai la mia fine. Prendere ordini da dei poppanti che hai tirato su in accademia!” sospirò l’uomo, facendo strada verso la loro destinazione.
Augustus alzò le spalle.
“Lo sai che sono diventato Auror a tempo… determinato. Non appena l’Ufficio Misteri riaprirà le candidature è là che mi candiderò. Però, fino a quando avrò l’onore di collaborare con te, farò come vuoi.”
“Certo che sei strano… tre anni di accademia e poi il tuo sogno è di andare in quel seminterrato a… a fare quel che fanno quegli stramboidi!” borbottò Bob, aprendo la porta del dipartimento.
"Non è colpa mia se le prossime candidature saranno aperte tra qualche mese. Non potevo mica stare cinque anni senza fare nulla, e chi la sente mia madre!"

/ / / / / / /

Un caos controllato si era impadronito dei cubicoli degli Auror, decine di promemoria svolazzavano per l’aria alla ricerca del loro destinatario. Un ometto piuttosto malconcio ne acchiappò uno al volo e poi si rivolse ai due.
“Eccovi! La Jenkins vi ha messo sotto torchio, eh?”
“Non più del solito, John!” rispose Bob.
"A quella megera non importa nulla della morte dei Magonò... ma l'opinione pubblica…" aggiunse Augustus, guadagnandosi un'occhiataccia da Bob.
"Parla piano, qui anche le pareti hanno le orecchie!" sussurrò l'uomo, a bassa voce, rivolgendosi al più giovane collega.
"Fai come dice Bob, ragazzo!" annuì John. “Comunque, il capo vi vuole nel suo ufficio. Fate presto, mi è sembrato abbastanza depresso!” l’ometto ridacchiò e poi lesse il suo promemoria mentre i due Auror entrano nell'ufficio del loro superiore.

Quando, circa cinque anni prima, Jeremiah Bellings era stato nominato Capo dell’Ufficio Auror in molti avevano trovato la scelta ingiusta.
Jeremiah non era mai stato un Auror particolarmente bravo, sveglio o intelligente; era una persona tremendamente mediocre tranne che nei giochi di potere dove si rivelava essere un vero asso. In politica riusciva sempre a puntare sui ‘cavalli vincenti’ senza sbagliare una mossa e aveva un vero talento per tenere i piedi in due scarpe senza inimicarsi nessuno.
Un perfetto politico, un pessimo Auror.
Magro, nervoso, la morte di quei Magonò era una delle prime crisi nella sua gestione ed era chiaro che non sapesse bene cosa fare. Seduto tutto storto, dietro la sua splendida scrivania, osservava i due nuovi arrivati con espressione ansiosa e insicura.

“Avete finito con la Jenkins?” disse, in tono flebile.
“Sì, a quanto pare ci ha affidato il caso...” borbottò Augustus.
“Oh, bene!” rispose Bellings, raddrizzandosi un po’ sulla sedia, improvvisamente sollevato dalla notizia.
“Bene? Per voi sì, visto che questo caso è uno dei peggiori degli ultimi anni. Bene, perché se riusciremo a risolvere il caso tutto il governo ne uscirà rafforzato. Se invece le indagini andranno male, cosa importa, avrete già pronti i due capi espiatori!” disse, in tono aspro, Kenningher.
Bellings sbiancò, borbottò qualcosa come "Sciocchezze… cosa vai a pensare..." e, senza guardare i due negli occhi, sospinse verso di loro una pila di fogli.

“Le dichiarazioni dei testimoni, le perizie del San Mungo…”
“A cosa servono, a perdere tempo? Dai, Bellings, non prendiamoci in giro, lo sappiamo che ci sono i Purosangue dietro tutto questo!” esclamò Bob.
“Pu… Purosangue?” pigolò Bellings: "Membri rispettabili della comunità che... che…”
“Che odiano i Magonò, che cercano di bloccare tutte le loro manifestazioni e che, nel frattempo, organizzano nei weekend battute di caccia ai Babbani!” sbraitò Kenningher, paonazzo.
“Ma… insomma, i Black, i Malfoy che organizzando questo massacro… andiamo, leggi troppi libri! Adesso capisco da chi sta prendendo ispirazione quel Moody!” cercò di ragionare Bellings.
“Per la miseria, hanno quasi accoppato Leach, costringendolo alle dimissioni! Cosa gli impedisce di far fuori qualche Magonò?” mugolò Kenningher, sbattendo il pugno sulla scrivania. “Io leggerò troppi libri, ma tu forse dovresti darti una svegliata e capire come gira il mondo fuori dal tuo ufficio e dalla tua poltica!”
“Basta, Bob, dai!" si intromise Augustus, ristabilendo, a fatica, la calma.
“Basta? Come se non sapessi chi ti paga, Bellings!”
“Finiscila!” sibilò Augustus all'amico che, con molta difficoltà, si ricompose.
"Capo, inizieremo a lavorare a questo caso fin da ora” disse infine il giovane Auror, prendendo la pila di fogli appoggiata sulla scrivania “Con permesso."

“Ci hanno affidato questo incarico perché siamo sacrificabili. Non devi reagire così, Bob!" disse Augustus, qualche minuto più tardi, entrando nel suo cubicolo.
“Ma…”
“Comportandoti così fai solo il loro gioco. E meno male che neanche mezz'ora fa mi ammonivi di stare calmo e di non fare sciocchezze!"
"Questo vale per te, io oramai…" borbottò Bob
"La cosa migliore che possiamo fare, adesso, è risolvere questo caso!” esclamò il ragazzo, mettendosi a sedere.
“Sei proprio un politico nato tu, eh?” borbottò Bob, prendendo posto accanto al collega. "Ma io con certa gente proprio non riesco a ragionare!"
“Voglio solo evitare di perdere tempo con persone che non valgono un penny. Lo ripeto, Jeremiah è il simbolo vivente di come questo posto faccia sempre più pena. Non so come hai fatto a resistere per trent’anni con questi microcefali!” esclamò Augustus, dividendo la pila di fogli in due.
“Jeremiah è solo una pedina, quasi sicuramente pagata profumatamente da qualche pezzo grosso. Sicuro ci sono le Sacre Ventotto di mezzo. Comunque su una cosa ha ragione,” disse infine Bob, “i Purosangue non agiscono così.”
“Così come?” chiese il collega.
“Già altre volte hanno cercato di interrompere le manifestazioni dei Magonò. Ci sono stati scontri, qualcuno al San Mungo, ma nessuno prima d’ora è morto!” Bob osservò l’amico, e collega, con intensità. “C’è qualcosa di molto losco dietro a tutto questo, te lo dico io!”

/ / / / / / /

Sin dall'alba dei tempi ai giovani Purosangue veniva insegnato che una casa, una dimora, doveva riflettere la forza e la potenza della famiglia che la possedeva.
Tutte le famiglie delle Sacre Ventotto, nel corso dei secoli, avevano contribuito a creare delle vere e proprie regge, una delle poche eccezioni era il ramo della famiglia Lestrange che dimorava in Cornovaglia. Non che la loro dimora fosse poco elegante, questo no, però era sicuramente la meno pomposa, la più, per certi versi, selvatica e interessante.
Il prato non era tagliato millimetricamente come nelle altre dimore, le stanze non traboccavano di mobili inutili e la presenza della natura era molto più forte rispetto alle altre residenze dell'élite Purosangue inglese.

Erano passati due giorni dall'attentato ai Magonò quando, verso l'ora di cena, una figura sbucò fuori dalla foresta intorno alla dimora dei Lestrange.
Costui si avvicinò velocemente al cancello che delimitava i territori della famiglia, estrasse la bacchetta magica e picchiettò sulle sbarre tre volte. Immediatamente il cancello si aprì è la figura, un uomo molto alto dai corti capelli biondi, si affrettò a entrare.
Sulla soglia della villa lo stava aspettando una giovane donna con lunghi capelli neri e un'aria piuttosto arcigna. I due discussero brevemente, la donna si fece da parte lasciando entrare il nuovo arrivato e poi si chiuse la porta alle spalle.
La temperatura all'interno della villa era molto più calda, grazie alla presenza di numerosi falò che riscaldavano l'ambiente e donavano un po' di tremula luce alle ampie stanze.

Dopo alcuni minuti passati in silenzio, la donna finalmente condusse l'uomo al salone padronale. Sistemato per lungo, davanti un grande focolare, c'era un tavolo di quercia; seduti su rigide poltrone, una decina di maghi e streghe osservavano il nuovo arrivato con curiosità.
La persona che sedeva a capotavola, invece, non era ben visibile, immerso com'era nell'oscurità.
La strega dai lunghi capelli neri si sedette e rimase in silenzio, osservando la persona nascosta nell'oscurità che sedeva a capotavola.

Costui parlò e lo fece con voce fredda e sicura.
"Le notizie delle tue ultime imprese sono arrivati fin qui, Marcus, e me ne compiaccio grandemente."
"Grazie, maestro!" l'uomo, chiamato Marcus, si inchinò leggermente.
"Spero che la tua ultima azione abbia un seguito" rispose la donna.
"Bellatrix, sottovaluti ancora le mie potenzialità…" Marcus sogghignò.

La figura che sedeva nell' ombra si mosse, e finalmente uscì dall'oscurità. Era un uomo dai corti capelli neri, l'espressione glaciale e fredda. Doveva essere stato un bel ragazzo ma c'era qualcosa nella sua immagine, nel suo volto, di sbagliato, di strano.

"Bene, lo sai che mi aspetto molto da te!" sussurrò.
"Ma perché deve essere lui, perché non io, maestro?" Bellatrix si scaldò, osservando Marcus con malcelato fastidio.
"Pazienza, Bellatrix, pazienza!" sibilò l'uomo, piuttosto infastidito, "Hai compiuto magnificamente le missioni che ti ho affidato, ma è ancora presto. Verrà il tuo tempo, il vostro tempo, di uscire allo scoperto e di uccidere più feccia possibile. Ma non è questo il giorno. Lasciamoli in pace, lasciamo credere al Ministero e alla Comunità Magica che voi, giovani rampolli Purosangue, siete fatti della stessa pasta dei vostri nobili genitori; che l'unica cosa che vi importi siano le feste, i balli e la politica. Non appena avranno abbassato la guardia e Lord Voldemort sarà abbastanza forte e con abbastanza seguaci, allora, solo allora mostreremo la nostra vera faccia!"

"Ha ragione, perfettamente ragione, maestro. Ma perché Marcus e non... io!" boccheggiò Bellatrix.
"Perché Marcus viene dalla Svezia e qui in Inghilterra nessuno lo conosce, perché si è unito ai Mangiamorte già mesi fa e ha già ucciso in passato e perché, in caso di fallimento, il suo sangue è molto più sacrificabile rispetto al tuo, Bellatrix!" rispose Voldemort, riempiendo il suo calice di vino elfico. "Le ultime azioni di Marcus hanno avuto molto eco nel nostro ambiente, te lo posso assicurare, Bellatrix. In tanti si stanno lentamente accorgendo che esiste un'alternativa a questo Ministero, che esiste un modo per non dissipare gli insegnamenti dei nostri avi e il loro prezioso sangue puro!"

Voldemort alzò il calice e disse, con voce chiara e potente "A Lord Voldemort, ai Mangiamorte e ad una nuova Comunità Magica!"
Altri dieci Calici si alzarono, unendosi così a quell'oscuro brindisi.

/ / / / / / /

Salve a tutti e bentrovati in questa mini-long che partecipa al contest Come to the dark side? Ehm…, sul forum di EFP, di Severa Crouch.

Alla base di questa fic c’è un periodo storico molto particolare e altrettanto sconosciuto: le marce di protesta dei Magonò contro le politiche del Ministero (casualmente avvennero nel ‘68)
Sappiamo che diversi Purosangue non presero la cosa… molto bene e che reagirono, spesso con violenza. E se dietro ad alcuni di questi episodi si nascondesse la mano di Voldemort e dei suoi, neonati, Mangiamorte?
Focus di questo contest è anche il fascino del male, fascino che nel corso di questa breve storia cercherò di mostrare in alcune delle sue sfaccettature. Perché sì in tanti si unirono a Voldemort per paura, sotto maledizione Imperius magari, ma sono convinto che anche tante persone si uniranno alla causa di Voldemort perché ci credevano, perché avevano qualcosa da guadagnare, perché Voldemort dava loro una ragione, magari sbagliata, di vita.
P.s la cosa dell'Ufficio Misteri ci verrà utile nei prossimi capitoli. Secondo me, lavorando in un ambito così difficile, le candidature per gli Indicibili non sono aperte a tutti.
Questo è il punto d’inizio di questi tre capitoli che, spero, apprezzerete ^^

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Capitolo 2
*** Vendetta ***


Capitolo 2, Vendetta

 

 



Nei pochi mesi di permanenza in Inghilterra, Marcus era già riuscito a comprendere quali fossero i migliori locali dove poter raccogliere, in caso di bisogno, informazioni preziose; senz’alcun dubbio, il ‘Testa di Porco’ entrava in questa lista molto particolare.
Mentre varcava la sudicia soglia del locale l’uomo sentì il marchio, tatuato sul suo avambraccio, bruciare: Voldemort attendeva impaziente.
Lo aveva conosciuto in Svezia e subito si erano capiti alla perfezione.
Voldemort era rimasto impressionato dalla forza e dall’abilità nei duelli di Marcus mentre quest'ultimo aveva subito apprezzato il progetto che l’Oscuro Signore stava lentamente costruendo. Così lo aveva seguito, insieme a qualche amico, in Inghilterra e, mentre i Mangiamorte si occupavano di raccogliere consensi, eseguire alcune missioni di second'ordine e di addestrare le nuove reclute, Marcus e pochi altri veterani eseguivano il lavoro sporco.

A quell’ora del pomeriggio il “Testa di Porco” era affollatto da diversi avventori dall’aria non molto raccomandabile. Meglio così, pensò l’uomo.
Marcus si mise a sedere in un piccolo tavolo storto, vicino ad una sudicia finestra: una buona via d’uscita, in caso di emergenza.
Rimase in attesa, osservando attentamente i vari clienti, fino a quando si avvicinò un ometto dai lunghi e sudici capelli neri. I due si osservarono, in silenzio, per qualche istante.

“Cosa c’è? Non mi riconosci, Marius?” chiese, a bassa voce, Marcus. L’uomo chiamato Marius sbiancò.
“Ti ho già detto di non farti più vedere e, lo sai, non… non devi chiamarmi così!” sibilò, lanciando all’altro un menu sudicio e consunto. Marcus fece finta di leggerlo, poi si rivolse a bassa voce al cameriere.
“Tra dieci minuti… nel bagno” sussurrò poi, a voce alta, disse: “Un'acquavite. E muoviti, canaglia!”

Sorseggiata la sua bevanda, il Mangiamorte, dopo aver aspettato un quarto d’ora, lasciò il denaro necessario per pagare la bevuta sul tavolo e poi si avviò verso il bagno del locale.
Era un ambiente talmente angusto, sporco e maleodorante che nessuno lo adoperava più da anni, il che lo rendeva un posto perfetto per le conversazioni più private e scottanti. Marius lo stava già aspettando.
Era una persona strana, rancorosa, diffidente ma con Marcus, nel corso delle settimane, era riuscito ad aprirsi, complice anche una goccia di Veritaserum versata di nascosto nel suo succo di zucca serale. Aveva ascoltato la sua storia, capendo che poteva essere un utile e prezioso alleato, specie perché era un Magonò desideroso di vendetta.

“Quello… quello che avete fatto è stato davvero ignobile! Quei poveri Magonò innocenti, massacrati solo perché reclamavano più diritti!” sussurrò Marius, rabbioso. Marcus sorrise, sardonico.
“Innocenti? Essere una bieca feccia non è una colpa, di per sé? Insozzare il nostro Mondo Magico, la nostra razza, non merita la morte?”
“Io… io allora sarei una feccia meritevole di morte?’” esclamò Marius, indignato.
“Sei un Magonò, un Black Magonò…” buttò lì il Mangiamorte.
“Sono una feccia, forse, ma questa feccia non ci mette nulla ad andare al Ministero della Magia e a denunciarti!” sibilò il Magonò, ormai paonazzo. Marcus rise, cercando di alleggerire la tensione.
“Ma se lo fai, lo sai, non potrò aiutarti nel tuo piano… nella tua vendetta, Marius!” rispose, con calma. L’altro rimase in silenzio, mentre, lentamente, il Mangiamorte estrasse dalla tasca un pacchetto.

“Io ho una cosa che vuoi con tutto te stesso…” bisbigliò l’uomo,avvicinandosi a Marius, “E tu, ne sono sicuro, hai informazioni che io desidero con altrettanto ardore. Perché non la smettiamo con questo gioco e non ci diamo una mano a vicenda? Perché non dai un'occhiata a questo piccolo pacco che adesso ti porgo?" concluse, con tono suadente.

Il Magonò fissò il pacchetto che Marcus teneva in mano, lo prese e, con esitazione, lo aprì.
“Un fossile di Tricorno!” bisbigliò, ammirato, “Sono rarissimi!”
“Il mio padrone ha ottimi agganci. Una buona esca per il tuo indegno padre! Non è appassionato di questi preziosi e rari gingilli? Non rappresenta un'esca perfetta per attirarlo in trappola?" sorrise Marcus, in tono affabile.
“Dovrò tradire i miei simili… per una vendetta personale?” balbettò il Magonò, indeciso. Adesso che il suo sogno era sempre più vicino, paradossalmente sembrava più restio.

“Perché perché adesso tremi? Che cosa mai ti hanno dato i tuoi simili? Ti hanno aiutato quando eri in difficoltà? Ti hanno mai sostenuto nel tuo sogno?” rispose Marcus, alzando leggermente la voce. Era il momento di spingere sull’acceleratore. “Io sono stato l’unico a farlo! Deciditi, smettila di nasconderti qua dentro, accetta il mio aiuto e abbraccia il tuo destino!”
Marius chiuse gli occhi ed infine annuì.
“Finirò all’inferno, lo so, ma a questi punti non mi importa. Ti dirò tutto quello che desideri…”

/ / / / / / /

Il dipartimento Auror era in subbuglio, man mano che il week-end si avvicinava.
Per quel fine settimana, infatti, erano state programmate diverse marce di protesta Magonò in tutto il paese e, per evitare pericolose fughe di notizie, le zone dove queste manifestazioni avrebbero avuto luogo rimanevano top-secret anche per il Ministero.
Augustus aveva deciso di passare la mattinata negli archivi del Ministero cercando qualche vecchio caso di attacchi ai danni di Magonò, ricerca che però non diede i risultati sperati. Fu con grande sorpresa che, tornando nel Dipartimento Auror, trovò ad aspettarlo Henry Rosier, un pezzo grosso dell’Ufficio dell'Applicazione della Legga sulla Magia.

“Buongiorno, ragazzo. Dalla quantità di polvere che hai addosso presumo tu abbia passato la mattinata negli archivi!” disse Rosier, ridacchiando. Augustus cercò immediatamente di ripulirsi da tutta la polvere che si era accumulata sul suo vestiario quella mattina.
“S… sì. In effetti è così!”
“Qualche risultato degno di nota?” chiese Rosier, allontanandosi dalla folla insieme al ragazzo.
“No, signore!” rispose Augustus, piuttosto deluso.
“In fondo non è che ci cambi la vita, dico bene?” sussurrò Rosier, sorridendo sornione, “Qualche Magonò in meno, dico io, che male ci può fare? Non capisco perché gli Auror dovrebbero intromettersi in questa indagine!”
August annuì. Non aveva senso mentire, era lo stesso pensiero che lo aveva tormentato negli ultimi giorni.
“Una famiglia di maghi è stata attaccata da un gruppo di Magonò due giorni fa, lo sapevi? E di loro, però, non parla nessuno. All’opinione pubblica non interessa!” continuò Rosier, sempre a voce molto bassa. “Che vadano al diavolo, dico io. Questo Ministero sta, in breve, diventando un covo di Babbanofili e Sangue Marcio, te ne starai rendendo conto anche tu. Contano più loro, e la stampa, che il consiglio di un bravo e fidato Purosangue. E noi dovremo starcene qui a guardare e non fare niente?”
“Effettivamente le cose non vanno molto bene, signore” replicò August, convinto, “Perché non si candida lei, come Ministro? Avrebbe sicuramente il mio sostegno!”
Rosier rise.
“Non avrei mai i voti delle persone… giuste. Però un modo per cambiare questo nostro Mondo Magico ci può essere…” disse l’uomo. Poi chiese, la voce poco più di un flebile sussurro: “Sei un Purosangue, per caso?”

“Sì, non siamo nelle Sacre Ventotto ma la nostra famiglia è rimasta, per quanto possibile, pura di sangue.”
“E credi che le cose debbano cambiare, immagino!” rispose Rosier, lisciandosi la lunga barba bionda, “Hai fatto domanda per lavorare all’Ufficio Misteri, se non erro!”
“Sì, ma le candidature sono chiuse…” rispose il ragazzo, piuttosto affranto.
“Se, quando verrà l’ora, ti comporterai come si conviene ad un Sangue Puro… chissà se le candidature non si potranno riaprire. Avremmo proprio bisogno di un Purosangue fidato… laggiù…” disse Rosier, talmente a bassa voce che Augustus fu costretto ad avvicinarsi, per poterlo udire.

“Ag, hai un lavoro da compiere!” la voce di Bob riportò il ragazzo alla realtà. Salutò Rosier e tornò nel dipartimento, accompagnato dall’amico.
“Non mi piace quell'uomo,” borbottò Bob: “Stagli alla larga.”
"A te non piace nessun Purosangue, amico!" rispose Augustus, ridacchiando. La verità era che le parole dell'uomo lo avevano colpito perché erano esattamente i suoi pensieri. 'Se ti comporterai come si conviene a un Sangue Puro… cosa diavolo voleva dire?'

Un quarto d’ora più tardi Augustus e Bob avevano terminato la lettura del plico riguardante la strage di Concorde Square con davvero pochi passi in avanti.
“Sappiamo che l’esplosione è stata violenta ma circoscritta, ergo, chi ha scagliato la maledizione era piuttosto vicino...” disse il più giovane, leggendo svogliatamente il rapporto che aveva appena compilato, “É facile capire che l’autore deve essere riuscito a mimetizzarsi in quel gruppo di Magonò, quindi non crediamo che l’autore sia un esponente di spicco della nostra comunità…” concluse l’Auror.
Bob annuì, sovrappensiero.
“Tutto inutile, te lo dico io. E, sinceramente non capisco perché perdere tempo con questa faccenda se neanche al Ministro interessa qualcosa della vicenda!” brontolò Augustus, scuotendo la testa.
“É la politica, Ag. L’opinione pubblica, la popolarità. Bah!” rispose Bob, sovrappensiero.
Augustus stava per chiedere al collega come mai quel giorno si comportasse in modo così strano, quando entrò, nel loro cubicolo, una donna con un foglio di pergamena, sigillato, in mano.
“É arrivato questo per lei, Bob Kenningher!” disse, porgendo la busta all'uomo. Costui, congedata la donna, strappò il sigillo e lesse avidamente il contenuto.
“Bene…” borbottò l'uomo, raggiante.
“Si può sapere cosa…” brontolò l’altro Auror.
“Ag, puoi stare certo che chi ha commesso questi fatti criminosi ha delle spie. Ma anche io, modestamente, ho le mie fonti attendibili!” rispose Bob, sorridendo sornione. Prima che l’altro potesse rispondere, Kenningher si alzò e corse diretto all'ufficio di Jeremiah.

“Jeremiah, ho importanti notizie!” sbraitò, non appena varcò la soglia dell'ufficio del Capo Dipartimento Auror. L’uomo, seduto dietro la sua scrivania, non registrò subito le parole dell’Auror.
“Co… che cosa c’è?”
“So dove si troveranno nei prossimi giorni le principali manifestazione dei Magonò e so anche dove colpirà il terrorista!" esclamò Bob, poggiando sulla scrivania il foglio di pergamena.

/ / / / / / /

Lestrange Manor era insolitamente affollata e rumorosa. La sala del focolare era occupata da una ventina di persone, quasi il doppio rispetto all'incontro precedente.
Marcus, in piedi, aveva appena mostrato a Voldemort, e ai suoi colleghi Mangiamorte, il suo piano per l’indomani.
“Il piano è quindi deciso, il massacro ormai pronto. Io e tre miei compagni attaccheremo quella feccia e, questa volta, faremo le cose per bene!” esclamò, arringando la folla, “Nessuno rimarrà in vita, i Magonò devono capire che sono solo feccia e che non possono permettersi di alzare la testa. Se glielo lasceremo fare, se gli permetteremo di ribellarsi, che cosa rimarrà del nostro Mondo Magico?”
Terminato il discorso, Marcus venne accolto da un fragoroso applauso. Voldemort rimase in silenzio, soppesando il suo calice di vino.

Mentre la riunione veniva sciolta, l’Oscuro Signore si alzò in piedi e si avvicinò a Marcus, intento a parlare con Rodolphus e Rabastan Lestrange. Con un cenno della mano congedò gli altri due Mangiamorte, rimanendo solo con lo svedese.
“Ottimo discorso, il tuo marcato accento straniero rovina un po’ il tutto, ma ci puoi lavorare!” sibilò Voldemort, divertito.
“Mi onora, padrone!” rispose Marcus, dando in un breve inchino.
“Ma, ricordati bene…” sibilò, in tono ancora più basso, “Torna vincitore, Marcus, oppure… non ti disturbare a farti vedere qui… vivo.”
L’altro sorrise, sicuro “Non si preoccupi, padrone. Farò tutto quel che posso affinché domani il Mondo Magico non sia più lo stesso! I Magonò, i Babbanofili, i Sangue Marcio ricorderanno con terrore questo venti di Marzo!"

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Eccoci qui con il secondo capitolo.
Alcune precisazioni/headcanon da spiegare al lettore.

Sì, Marius è Marius Black, unico Magonò della famiglia Black, protagonista di una mia oneshot che potete trovare sul profilo. In breve, Marius, nel mio Headcanon, medita vendetta contro il padre per averlo abbandonato a soli undici anni. Per far ciò, per raccogliere più informazioni possibili, lavora a Hogsmeade con un falso nome fino a quando non incontrerà Marcus che, appunto, darà una mano al Magonò, in cambio di informazioni.
Visto che uno degli argomento principale di questo contest fare vedere il fascino del male ho voluto inserire il fascino che Marcus può aver avuto su Marius, un uomo che ha perso tutto e che ha solo una cosa nella vita: la vendetta.

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Capitolo 3
*** La Genesi del suo Cognome ***


Capitolo 3, la Genesi del tuo Cognome

 

 



Quella marcia di protesta era davvero una delle più grandi che Marcus avesse mai avuto occasione di vedere. Non solo erano presenti una cinquantina di Magonò inglesi, ma anche irlandesi, scozzesi e addirittura qualche francese e tedesco.
Tutti uniti a dimostrare che i Magonò esistevano e avevano voce in capitolo.
Patetica feccia.

Marcus e i suoi tre compagni erano riusciti a infiltrarsi con facilità nella manifestazione; nessuno sospettava qualcosa ed erano ormai in marcia da più di mezz’ora, scandendo i soliti, tristi, slogan.
Marcus avrebbe voluto agire da solo, i suoi compagni erano bravi nei duelli e tante volte, nel corso delle sue avventure, erano stati preziosi ma per il resto erano piuttosto stupidi e litigiosi. Voldemort però lo aveva tassativamente vietato e così l’uomo aveva passato la mattina a istruire i suoi compagni ed a modificare un piano che, originariamente, era pensato per una persona sola.

A un certo punto la marcia raggiunse un piccolo centro abitato e la folla improvvisamente si arrestò, pronta per organizzare un sit-in di protesta. Troppo velocemente perché Magnus, uno dei suoi compagni evidentemente sovrappensiero, era finito addosso a un paio di giovani Magonò.
“Ehi, cazzo, guarda dove vai!” il manifestante si rivolse, con sguardo e modi ostili, a Magnus che subito, senza nemmeno pensare, estrasse la sua bacchetta magica e la puntò al Magonò che si ritrasse, urlando.
“Magnus, no!” urlò Marcus, cercando di intervenire prima che le cose prendessero una brutta piega. Ma non fece in tempo.
“Un mago! Un infiltrato!” urlò il Magonò, spintonando Magnus. Grosso errore.
“Avada Kedavra!”

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Augustus osservava attentamente il lento scorrere della marcia. Bob si trovava vicino a lui mentre i tre Auror che il Ministero aveva messo a disposizione erano sparsi lungo la fila di manifestanti.
Jeremiah avrebbe voluto usare più Auror ma Bob era stato categorico: il loro obiettivo era trovare il colpevole, perciò sarebbe stata necessaria un’operazione in incognito con pochi, fidati, Auror.
La loro fonte altri non era che Aberforth, il gestore del “Testa di Porco”, il quale, silenziosamente, da anni era in contatto con diversi Auror.
Il patto con il Ministero era semplice: le autorità avrebbero chiuso un occhio sui traffici e sugli avventori del pub di Aberforth ed in cambio il gestore avrebbe dovuto mantenere informate le autorità in caso di situazioni molto “scottanti”.

Improvvisamente delle urla, seguite da un lampo di luce verde, attrasse la sua attenzione. Poi fu il caos. La folla di manifestanti perse il lume della ragione e, come una mandria di fronte al pericolo, prese a scappare in ogni direzione possibile. Urla, spintoni, manifestanti che cadevano a terra, feriti.
“É lui, muoviamoci!” sbraitò Bob, guidando Augustus verso la direzione di quella confusione.

Un paio di Magonò giacevano a terra, inequivocabilmente morti, mentre un gruppetto di persone incappucciate era intento a duellare con gli altri Auror presenti. La disparità tra le forze con gli aggressori era evidente: non erano minimamente preparati e subito due di loro caddero a terra, doloranti.
“Copriteli” urlò Bob. Augustus, un po' titubante, si nascose dietro un piccolo cespuglio ed iniziò a bersagliare i terroristi con alcuni schiantesimi. Troppo tardi e troppo poco, visto che un’altro Auror cadde a terra vicino al ragazzo, colpito a morte.
Bob e Augustus si trovarono, in breve, circondati da altri cinque incappucciati. Erano in trappola.
"No, se morirò mi porterò qualcuno di voi nella tomba, ci potete giurare!" sbraitò Bob, lanciando uno schiantesimo. Tutto inutile.
Udirono un coro di “Incarceratum” e poi quattro grosse corde che li bloccarono a terra. L’ultima cosa che Bob vide fu un grosso uomo che si avvicinava, poi il buio.

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Augustus si risvegliò lentamente. Era dolorante e si trovava legato in una stanza che con conosceva ma per lo meno era vivo. Volse lo sguardo a destra e vide un’altra sedia, poco distante dalla sua, con sopra Bob a sua volta legato e privo di conoscenza.
“No, tranquillo, non è morto!” disse una voce suadente alle sue spalle. Era Rosier.

“Rosier, si può sapere cosa…” sibilò Augustus. Dove si trovava e cosa c'entrava quel Purosangue rispettabile con gli incappucciati?
“Relascio!”
Immediatamente le corde che legavano l’Auror alla sedia si sciolsero, liberandolo.
“Troverai la tua bacchetta in tasca!” disse un’altra persona, grossa e dai corti capelli biondi, con uno strano accento, “Non vogliamo farti del male… se collaborerai!”
“Sai, sono felice. Abbiamo creato un po’ di baccano con quella feccia Magonò e, a coronamento del tutto, Marcus e i suoi vi hanno portato qui!” disse Rosier, sorridendo, "Anche se, spero, avrai punito quel Magnus. Rischiava di rovinare tutto!" Marcus annuì.
“Ma si può sapere cosa volete da me? Che cosa sta succedendo?” chiese Augustus, spaventato da quella situazione che proprio non capiva. Rosier rise.
“Perdonami, ma adesso comprendo come il mestiere di Auror per te sia solo un ripiego. Non l’hai ancora capito che dietro agli ultimi attacchi ci siamo noi?” chiese, con calma.

E tutto, improvvisamente, ebbe senso. L’accusa di Bob ai Purosangue, il comportamento di Bellings e le parole criptiche di Rosier…
“Perché?” chiese infine.
“Perché possiamo, perché sono feccia, perché se permettiamo loro di alzare la testa allora anche gli ibridi, gli umanoidi e i Babbani faranno lo stesso!” rispose Marcus.
“Perché il Ministero sta andando a pezzi. Noi non possiamo starcene con le mani in mano, osservando lo sfacelo della nostra Comunità Magica. Non possiamo osservare il lento declino dei nostri valori, non riusciamo a concepire dei Babbani appropriarsi dei posti che contano senza fare niente, senza ribellarci. Senza neanche reagire! Sono sicuro che lo stesso varrà anche per te!” concluse Rosier.
Nonostante la situazione folle, Augustus non potè non essere d’accordo con loro. Ma c’era una cosa che non capiva.

“E come possiamo cambiare la situazione… uccidendo dei Magonò?”
“Oh, uccidere i Magonò è solo la prima cosa. L’obiettivo ultimo è raccogliere più seguaci possibili, uomini e donne fidati che possano lottare per questo cambiamento. I Magonò sono un mezzo, non il fine.”
Un’altra persona, alta e pallida, era entrata e al suo cospetto sia Marcus che Rosier si erano inchinati.
“Lord Voldemort ha visto il tuo cuore, Augustus, i tuoi sogni e le tue paure più recondite e nascoste. Sei deluso perché ti stai rendendo conto che il tuo sangue puro, di questi tempi, non ha valore per chi ci governa. Provi rabbia perché ti sembra di sprecare il tuo tempo, lottando contro un Ministero cieco e sordo; sei disilluso perché la legge che servi non funziona. Sei confuso perché sei un Purosangue e sei costretto a ubbidire a feccia e Babbani. Ma le cose possono cambiare, se tu vuoi…” disse il nuovo venuto, con voce fredda e acuta.
“Co… come?” chiese l’Auror, incapace di non pendere dalle labbra di quell'uomo così strano ed enigmatico.
“Unisciti alla mia, alla nostra, causa. Unisciti alla lotta per creare una Comunità Magica diversa, che ponga al centro le tradizioni, la purezza del sangue, il valore e il coraggio. Che ponga i Babbani e la feccia al loro posto naturale: al nostro servizio. Sei un Purosangue, eppure prendi ordini da un inetto Sanguesporco! Questo non deve accadere mai più!” fece notare Voldemort.

Il cervello di Augustus lavorava velocemente. Poteva davvero cambiare le cose? Poteva davvero, lui, dare una svolta alla Comunità Magica?
“Sì, puoi!” disse Voldemort, leggendo la sua mente.
"Non vuoi migliorare le cose? Non vuoi vedere i Purosangue trionfare?" chise Rosier.
"A volte per cambiare le cose servono le maniere forti. A volte la semplice politica non basta contro certa gente..." aggiunse Marcus.

Era folle, forse, ma allo stesso tempo tremendamente vero e reale. Provava un fascino irresistibile per quell’uomo e per le sue parole che accendevano i suoi pensieri più cupi e profondi.
Si sentiva pervaso da un'energia, da una voglia di fare che non provava da anni. Lentamente annuì.
“Così si fa!” esclamò Rosier “Ti osservo da settimane, studiando le tue mosse e sapevo che avresti accettato, che ti saresti unito a noi. Volevi lavorare per l’Ufficio Misteri, dico bene? Ci servirà qualcuno di fidato laggiù… fammi mandare qualche gufo ed entro un mese il posto da apprendista Indicibile sarà tuo!”
“Non così in fretta, però!” esclamò Voldemort: “Prima devi dimostrare la tua lealtà.”
Detto questo slegò Bob.

“Non voglio ucciderlo…” disse subito Augustus, spaventato. Marcus rise.
"Una volta che avrai tolto la tua prima vita diventerà una droga. Per il momento non servirà, però dobbiamo fare in modo che Bob non ci dia fastidio…” si intromise Rosier.

“Reinnerva!” disse Marcus, puntando la sua bacchetta verso l’altro Auror che, subito, prese conoscenza.
’É una prova!’ si disse Augustus.
“Ag… che cosa succede?” chiese l’uomo, cercando di liberarsi dalle corde.
“Perdonami…” sussurrò il ragazzo, prendendo la bacchetta e puntandola contro l’uomo, il collega, l’amico.
“Si può sapere cosa…” sbraitò l'uomo, osservando con disgusto i due Mangiamorte.
“Impero!” disse infine Augustus.

Era una sensazione mai provata prima. Aveva in pieno potere la vita di una persona.
“Quando torneremo al Ministero, racconterai un'avvincente storia sulla nostra fuga da un covo di alcuni stramboidi che ci avevano catturato. Ti comporterai normalmente, continuerai le tue attività da Auror ma ogni settimana verrai da me e mi riferirai tutto quello che sai sulle operazioni degli Auror!” disse ad alta voce. “E ti prego, amico mio, non odiarmi" aggiunse sottovoce.

Mise la bacchetta in tasca e Bob rimase fermo, seduto, con lo sguardo vitreo. Aveva funzionato.
“Niente male, niente male davvero!” esclamò Rosier. Augustus fece per alzarsi ma, improvvisamente, sentì un dolore lancinante provenire dall'avambraccio. Dovette accasciarsi a terra, era come se fosse colpito da dieci pugnali.
Dopo qualche istante però tutto finì e Augustus vide, tatuato sul braccio, uno strano simbolo… come un serpente.

“Hai superato la prima di tante prove, Augustus. Ora sei degno di poterti chiamare Mangiamorte!” sibilò Voldemort. “Ricordati che è un servizio a vita che avrà fine solo con la tua morte!”
Augustus annuì, osservando il suo nuovo Marchio Nero.
"Diventerai un indicibile, la nostra fidata spia all'Ufficio Misteri. Allo stesso tempo controllerai anche Bob di modo che in un solo colpo avremo due informatori in due settori di vitale importanza al Ministero!" annunciò Rosier.

“E ora alzati, Augustus Rookwood e prendi il posto che ti meriti, nel Ministero, nei Mangiamorte e nella vita!” sibilò Voldemort
"A Lord Voldemort, ai Mangiamorte e ad una nuova Comunità Magica!" urlarono Rosier e Marcus. Augustus, per la prima volta da anni, finalmente sorrise soddisfatto.
Era uno di loro. Avrebbe cambiato le cose. Era una Mangiamorte.
Augustus Rookwood, il Mangiamorte dell'Ufficio Misteri!

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Si conclude così questa mini long incentrata sulla nascita di un Mangiamorte, Augustus Rookwood, che mi ha sempre affascinato perché uno dei pochi Mangiamorte che conosciamo a non provenire da una famiglia delle Sacre 28. Per questo ho voluto narrare un po' le sue origini, per questo ho voluto cercare di farvi capire il fascino che il male può avere avuto su alcune persone perché non tutti i sostenitori di Voldemort erano Purosangue da generazioni.
Non tutti erano sotto l'influsso della maledizione Imperius e non tutti erano con Voldemort dagli inizi. C'era chi veniva ricattato, chi si univa alla ricerca di un ideale, di una comunità, di un modo per sfogare la sua violenza, di guadagnare più profitti. Sono mille i motivi e con questa umile fic spero di avervi potuto farvi capire i motivi che hanno spinto Augustus alla sua scelta. Richiamato dal 'fascino del male'

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