Radioactive EP2

di Manu_00
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo


Indifferente al sole estivo che le ardeva negli occhi, se ne stava supina a riprendere fiato, sorda ai rumori dell'esercitazione che, senza di lei, andava avanti.
Non aveva bene in mente la dinamica dell'incidente, doveva avere messo male la mano sulla parete da scalata in legno, ed era precipitata a terra come un sacco di patate.
Ciò lo faceva più male nell'orgoglio che nel fisico, non l'avrebbero presa di certo con delle prestazioni così mediocri.
E lei ci teneva ad essere presa, la sua carriera le era parsa così chiara sin dai primi anni delle superiori, se non già dai tempi delle medie, e la sola idea di mandare in vacca tutti i suoi progetti per accontentarsi di un mediocre impiego nella polizia, come impiagata comunale o, peggio ancora, come assistente alla bottega di papà era talmente devastante da rivoltarle lo stomaco.
Figurarsi poi come l'avrebbe presa suo nonno, come minimo sarebbe rimasto stroncato da un infarto lì sul posto.
Sospirò, dopotutto non era questo quello che succedeva quando le aspettative si scontravano con il muro della realtà?
No, stava esagerando, un fallimento non avrebbe intaccato il suo avvenire, non doveva e non poteva succedere, schiena dolorante e orgoglio a pezzi o meno il suo futuro era stato determinato nel momento in cui aveva deciso di vestire la divisa della Securitate.
Rimettersi in piedi, scalare la parete e correre al punto di arrivo fu questione di attimi, ancor più brevi di quelli che aveva passato con il culo sul prato.
Era la loro ultima esercitazione quel giorno, e nel tempo di un battito di ali stava di nuovo pancia all'aria, anche se in un posto più distante, uno dove nessuno poteva camminarle addosso.
Tutto quello che c'era stato in mezzo da quando era caduta la prima volta a quando si era sdraiata divenne pura transizione, e lei fu presto nella stessa situazione di prima, ma senza lo sporco sul culo ed il sole negli occhi.
Stare sdraiata a guardare il vuoto l'aiutava a pensare, o sarebbe più corretto dire che la aiutava a non pensare, perché per la figura di prima si sarebbe voluta strappare la lingua a morsi e chiudersi nel deposito più vicino.
Se non altro non potevano rimproverarle di non essere motivata.
Rimase a fissare il cielo spoglio per un breve ma non definibile lasso di tempo, finché un volto conosciuto non fece capolino di fronte al suo viso, e anche se mezza accecata dall'azione del sole, riconobbe la capigliatura corvina e il viso affilato di Mircea.
<< Mangiamo qualcosa? >>
Sorrise, il suo caro Mircea aveva imparato che offrirle da mangiare era il metodo più efficace per distoglierla dai brutti pensieri, specie se significava che offriva lui, da bravo collega.
Ricambiando il sorriso, si alzò in piedi, pronta a scroccargli il pranzo.
Il compagno le mise il braccio sulle spalle << Va tutto bene. >>
Cosa che invece non aveva ancora imparato, era che dirle “va tutto bene” aveva il risultato di confermare le sue ansie più che allontanarle, ma era una cosa che perdonava volentieri allo sciocco, specie ora che stava offrendo.
Si sforzò di sorridere, anche se era certa di non avere un bel sorriso, e spostò i suoi occhi scuri su quelli chiari di lui...


<< Buongiorno, dormito bene? >>
<< Ah! >>
Mihaela dovette aggrapparsi al materasso con tutte le sue forze per non cadere sul pavimento, mentre la sua ospite se la rideva allegramente.
“Maledetta, mi farai prendere un infarto!”
<< Scappi? Eppure eri così affettuosa questa notte... >>
Prima che la demone radioattiva avesse anche solo modo di risponderle, la sua testa fu attraversata dalla famigliarissima fitta post-sbornia, ed ebbe bisogno di una decina di secondi per superarla e rimettere in ordine i pensieri.
<< Ti ho detto che... non dovresti svegliarmi così. >>
<< Infatti ti ho solo salutata, non incolpare questa povera demone! >> recriminò la sua ospite portandosi una mano sul petto.
Finito di massaggiarsi la fronte, Mihaela alzò i suoi occhi radioluminescenti sulla (parecchio) formosa silhouette di una demone dai capelli fucsia e le corna ricciolute.
Sì... aveva bevuto fino a stordirsi per poi usufruire dei servigi- no, della compagnia di Melanie, che ora se ne stava sdraiata su un fianco davanti a lei con il gomito appoggiato sul cuscino e la testa raccolta sul palmo della mano, ovviamente in tutto questo le sue grazie erano posizionate in modo tale da essere ben accessibili agli occhi dell'altra.
Dovette fare appello a tutta la sua volontà per tenere lo sguardo fermo sui suoi occhi argentei, anche se non era tradizionalmente un'amante dei corpi femminili, doveva accettare che Mel costituiva l'eccezione alla regola, anche se in quel momento la mutaforma era tornata al suo stato originale.
Nel mentre la sua ospite, apparentemente fresca come una rosa nonostante si fosse scolata almeno il doppio delle lattine di birra, portò la mano sulla fronte della compagna, con un fare materno che Mihaela non sapeva se trovare intrigante o minaccioso.
<< Forse non dovevi bere così tanto. >>
<< Da che pulpito poi... >>
Una seconda fitta, Mihaela affondò il viso nel cuscino bestemmiando nella sua lingua natale, appena si fu ripresa spostò di nuovo lo sguardo all'altra demone.
<< Quindi, devo... >>
<< Inizierò ad offendermi se mi chiedi ancora se devi pagarmi. >>
<< Certo, scusa. >> sbadigliò per la prima volta in quella mattinata, spostando lo sguardo in giro per il suo appartamento, spoglio e deprimente come al solito, ma pulito, almeno per gli standard dell'inferno, e Melanie per fortuna era così gentile da non commentare a riguardo.
Non era la prima volta che consumavano qualcosa di molto piacevole nella sua stanza, eppure non riusciva ad allontanare la sensazione di inadeguatezza che le veniva nell'ospitarla nel suo umile loculo.
<< Io vado a fare colazione, raggiungimi quanto ti senti meglio, dolcezza. >>
Senza preavviso, la demone dai capelli fucsia le scoccò un bacio sulla guancia, per poi lasciare la coperta e donare a Mihaela la visione del suo corpo nudo che camminava e si piegava per la stanza alla ricerca dei vestiti abbandonati sul pavimento.
Entrambe le cose erano troppo per la demone radioattiva, che istintivamente si nascose sotto le coperte, dove poté sibilare liberamente tutti gli improperi che le passavano per la mente, mentre senza fretta alcuna, Melanie si rivestiva per la colazione.

Aspettò qualche minuto dopo che Melanie aveva lasciato la stanza prima di abbandonare il letto a sua volta, rivestirsi con il solito abito rovinato e inoltrarsi così nel corridoio con passo leggermente zoppicante...
<< Diamine, da ubriaca diventa spaventosa... >>
Come ogni mattina (mattina per lei, l'una di pomeriggio per gli altri), il corridoio era deserto, nell'istante in cui era uscita aveva sentito minimo due porte chiudersi con violenza e un suono di passi veloci in lontananza, giustamente nessuno vuole stare a portata di un demone radioattivo.
Non che evitarla servisse a qualcosa: le radiazioni attraversano le pareti e il corridoio era ormai una discarica di scorie, pensano che l'inserviente passi a ripulire il piano per pigrizia?
Passandosi una mano tra i capelli bianchi (un tempo biondi), Mihaela poteva consolarsi pensando che nessuno (proprietario compleso) sarebbe venuto da lei a lamentarsi per gli indesiderati rumori notturni provenienti dalla sua stanza, perché sicuramente erano state sentite dall'intero piano (se non dall'intero edificio): i muri avevano la consistenza del cartone e quando Melanie inizia, è difficile trattenere i...
Si morse i denti e tirò un cazzotto al muro: quello che succede nella sua stanza resta nella sua stanza, come se fosse la prima volta che gli ospiti dovevano sorbirsi i suoni molesti di qualche affittuario e della sua compagnia notturna.
Era un'anima dannata che abitava all'inferno, a questo punto il giudizio degli altri dovrebbe importare assai poco, specie quando sono troppo codardi per esprimerlo.
Stanca di rimuginare sui propri divertimenti notturni, si sistemò l'abito (comunque impresentabile a causa di tutte le pezze che ormai da tempo sostituivano parti strappate o bucate) un'ultima volta prima di scendere le scale (un ascensore sarebbe stato più che gradito).
Prendendosela comoda, si incamminò verso il piano terra avanzando su gradini scricchiolanti, uno dei quali, più soggetto all'azione dei tarli (tarli che, ne era certa, dovevano essere almeno tre volti più grandi di quelli del mondo umano) degli altri, minacciò di spezzarsi sotto il suo piede.
Evitato il capitombolo con un saltello in avanti (non senza una piccola fitta di dolore alle gambe, maledetta Melanie), continuò fino al piano terra passando sopra il legno sporco e accanto ai muri ammuffiti dell'appartamento, almeno finché non raggiunse la parte messa a nuovo, beh, messa a nuovo era un parolone, ma comunque si poteva distinguere dove le assi del pavimento parevano più libere da buchi e sporco: tendevano a presentarsi così quelle parti del piano terra e non che andavano a sostituire ciò che lei e Innozenz distruggevano nei loro litigi settimanali.
Mihaela si fermò per un istante, i suoi occhi, ed il suo corpo, presero a brillare più del solito di quella familiare e poco rassicurante luce verdastra: si era dimenticata del suo irritabile vicino, l'altro “grande mostro” dell'abitato, che proprio in quel momento doveva star pranzando da solo nella sala adibita a mensa comune.
Pranzando, giusto?
Ora che ci pensava, non aveva controllato la sveglia (i suoi occhi erano concentrati su qualcos'altro), ma se Mel non l'aveva svegliata difficilmente avrebbe aperto gli occhi ad un orario socialmente accettabile per contro proprio, specie dopo una nottata passata a bere e scopare.
Beh, non era importante, quella mattina andava di fretta, non aveva voglia di litigare, anche con il figlio deforme di Hitler.
Questione di pochi passi ed entrò nella grande e deprimente sala pasti, come previsto venne salutata dalla vista del corpo garguantesco del suo odiato vicino, che rivestito con la solita super tuta da scienziato nazista dispensatore di agenti tossici, stava utilizzando il suo braccio meccanico per inforchettare un pezzo di quella che sembrava una grossa salsiccia bianca.
Con la puntualità di un orologio svizzero, Innozenz, che a dispetto delle sue dimensioni da scaricatore di porto se ne stava sulla sedia con la compostezza degna di un rettore universitario, puntò la sua visiera rossastra (come al solito l'unica parte aperta della tutta era sotto la bocca per mangiare) sulla nuova arrivata.
<< È tanto chiedere di dormire nella propria stanza?! Se volevo sentire gemiti e urla mi sarei comprato un porno, e avrebbe fatto meno rumore! >>
Fedele ai suoi desideri, Mihaela non aveva voglia di litigare, si limitò a massaggiarsi la fronte con una mano e mostrargli il medio con l'altra, mentre con passo svelto si avvicinava alla macchinetta del caffè.
<< Potresti almeno rispondermi! Sai, puoi anche andare fuori se hai certe voglie! Vacca degenerata! >>
Altro medio, mentre con la mano libera posizionava la tazzina più pulita che era riuscita a trovare sotto l'erogatore.
Normalmente avrebbe risposto agli insulti, ma aveva ancora la testa pesante e Mel la stava aspettando fuori, per cui avrebbe rimandato le offese al nazista alla mattina successiva... e una colazione decente fuori da quel porcile di appartamento.
Appena il caffè fu pronto lo bevve tutto d'un sorso, faceva cagare come al solito, appoggiò la tazzina lì dove l'aveva presa e si incamminò fuori.
<< Almeno rimettila apposto, rossa! >>
Mihaela si girò, incrociando i suoi occhi luminosi con la visiera cremisi del nazistone.
<< Potrai dirmi cosa devo fare quando il tuo paese vincerà almeno una guerra, fino ad allora succhiami il cazzo. >>
Con una rapida torsione della schiena Mihaela si piegò di lato, mentre l'intonaco del muro alle sue spalle esplodeva in una nuvoletta di polvere e detriti, Innozenz non aveva sfoderato l'artiglieria pesante ma un canne mozze aveva preso il posto della forchetta sul braccio.
I due si guardarono in cagnesco per qualche secondo, Mihaela dovette fare ricorso alla propria volontà per non iniziare a sciogliere pareti e incendiare il pavimento, mentre la radioluminescenza del suo corpo aumentava di intensità.
Vivere la sua peculiare condizione non era certo il top quando la tua principale fonte di stress vive a pochi metri da te ed è un appuntamento fisso di ogni mattinata (pomeriggio, per Innozenz).
<< Hai detto qualcosa, sgualdrina? >>
<< Sì: fottiti, fecior de curva! >> e senza aspettare la risposta (verbale o violenta che sia), Mihaela si congedò con un ultimo dito medio, camminando sopra i pezzi di muro che la detonazione aveva sparso per tutto il corridoio.
Cazzo, rimpiangeva quando erano entrambi fasciati.
Nazista di merda!
Attraversato rapidamente il corridoio da poco ricostruito (non senza chiedersi come il proprietario fosse sempre riuscito a mettere assieme i fondi per le riparazioni anziché dichiarare bancarotta negli ultimi sei anni), Mihaela si lasciò alle spalle il triste ambiente dell'appartamento, dominato da pareti bianco smorto e pavimentazione in legno di terza qualità per il cortile sterrato dell'edificio, un quadrato di terra secca con chiazze di erbaccia qua e là delimitato da un muretto in mattoni e un cancello arrugginito.
Era una giornata ventosa, il semplice mettere muso fuori casa fu sufficiente per attenuare il suo mal di testa e rilassare il suo corpo, sentiva che il calore radioattivo stava tornando a livelli stabili, per il bene delle persone e degli oggetti nei paraggi
Alzò lo sguardo, e come al solito venne accolto dal cielo cremisi dell'inferno, cielo cremisi adornato dalla per nulla rassicurante presenza di un enorme pentagramma che incombeva sulla testa di tutti i demoni e di tutte le anime dannate che come lei conducevano la loro triste esistenza posto-morte all'interno di quel cerchio.
Guardandosi attorno non ebbe problemi a trovare Melanie, che ora vestita con il solito body attillato se ne stava appoggiata con la spalla all'unico albero del cortile, anzi, tronco, un pino da cui ormai da tempo mancava la parte superiore, spazzata via da un colpo vagante del braccio cannone di Innozenz di qualche anno fa, se Mihaela alzava lo sguardo poteva ancora distinguere i segni di bruciatura sul bordo.
Mandando a diavolo quella brutta caricatura di un nazista, raggiunse la proprietaria del Lusten, il bordello più gettonato e apprezzato di tutta Pentagram City.
Intenta a fumarsi una canna, Melanie si accorse subito di essere stata raggiunta, e prima che l'altra potesse mettere assieme una qualche parole, la sua coda prese ad avvolgersi attorno alla coscia destra della nuova arrivata.
Mihaela si fermò sbigottita, al che Melanie la liberò con una risatina divertita.
<< Tranquilla, non voglio mangiarti, per ora. >>
<< Che peccato... quindi. >>
Le camminò attorno, guardando di sbieco il suo corpo da modella, per poi appoggiare a sua volta la spalla dalla parte opposta dell'albero.
<< Prima di ubriacarci e tutto il resto, avevi detto di avere un lavoro per me... >>
Dall'altro lato dell'albero, Melanie annuì.
<< Come vedi la tua cara amica Melanie ci tiene che tu non finisca per strada, ed uno dei miei clienti più facoltosi è in cerca di qualcuno in grado di svolgere un lavoretto che non potrebbe affidare al primo sicario da due soldi, così ho pensato di fare un favore ad entrambi, non sono un amore? >>
Anche se Mihaela non poteva vederla, era sicura che avesse chiuso la frase con un occhiolino ammiccante, annuì, e a sua volta Mel non aveva bisogno di averla davanti per capire di essere seguita.
<< Prego, comunque. Praticamente vuole che fermi un'attività di scavo. >>
La demone radioattiva rimase perplessa.
<< Uno scavo? >>
Facendo leva sulla corteccia dell'albero, Mel vi appoggiò sopra le mani e le usò per tirarsi in avanti e portarsi di fronte alla sua interlocutrice, con un sorriso talmente puro che Mihaela non poté fare a meno di rabbrividire.
<< Evitiamo domande, sai come funzionano queste cose. >>
<< S-sì... >>
Si accorse di essere arretrata di un passo solo pochi secondi dopo averlo fatto.
<< Brava bambina. >>
Le diede un buffetto sulla guancia e si schiarì la voce.
<< E comunque, non è lo scavo in sé ad essere curioso, ma il dove lo stanno facendo... hai presente la vecchia metropolitana? >>
Mihaela sbarrò gli occhi, eccome se c'è l'aveva presente, chi si sarebbe dimenticato del più grande disastro edilizio di Pentagram City?
… In realtà molti, considerando il velocissimo ricambio generazionale dell'inferno, ma aldilà della storia della metropolitana, certamente tutti sapevano della sua esistenza.
Pentagram City era una città strana, malgrado la violenza generalizzata, i conflitti tra signori della guerra che la dividevano in vari settori in lotta tra di loro e i peculiari disastri naturali tipici dell'inferno (tipo lo sterminio annuale ad opera degli angeli), la città sembrava funzionare come qualsiasi altra città sulla terra.
Certo, un po' più a cazzo di cane della media, ma incredibilmente... funzionava.
La metropolitana idem... ma solo per quel 10% che fungeva effettivamente da metropolitana, poi c'era tutto il resto, una serie di tunnel scavati e lasciati a metà a seguito della violenta gara di appalti e trivellazione che si era innescata nel momento in cui il primo genio aveva proposto di costruirne una.
Poi certo, si erano messi di mezzo conflitti tra overlord, immigrazioni di demoni in fuga dagli stermini, stanziamento di bande criminali bisognose di posti appartati per stipare i loro depositi, tentativi di gente megalomane di costruirsi il proprio regno sotterraneo privato ecc.
Fatto sta che la metropolitana di Pentagram City era un puttanaio tale che a confronto la città in superficie poteva definirsi un posto per famiglie, un puttanaio popolato per la maggior parte da barboni, criminali, imp, reietti vari, nonché causa principale delle voragini che giornalmente si aprivano sulle strade... o sotto gli edifici della città (e grazie al cielo, Mihaela si trovava abbastanza in periferia).
Il punto era che la metropolitana che i cittadini usavano per spostarsi era nientemeno che la punta dell'iceberg di un enorme complesso sotterraneo dove viveva tutta quelle gente a cui per un motivo o per un altro non conveniva vivere alla luce del sole.
Un posto che Mihaela non aveva mai visitato, e che non ci teneva a visitare.
Se non al giusto prezzo, ovviamente.
<< E quanto vorrebbe offrirmi questo tuo cliente? >>
<< Abbastanza da comprarti una casa vera e dove puoi divertirti senza persone che ti sentono. >>
Se fosse stata ancora in grado di arrossire Mihaela lo avrebbe fatto senz'altro.
Per fortuna la sua pelle color metallo aveva smesso da tempo di rispondere alle leggi naturali, così come il resto del corpo.
<< Capisco... ma mettiamo caso che io voglia accettare, non ho idea di come orientarmi nella metro, e dubito che qualcuno sia stato così gentile da disegnare una mappa della stessa, figuriamoci di tutto quello che ci sta sotto. >>
Un sorrisetto maligno fece la sua comparsa sulle labbra di Melanie.
<< Mi reputi così senza cuore? Ho già pensato a tutto per la mia sicaria preferita. >> Mihaela non poté fare a meno di notare il movimento minacciosamente ondeggiante della coda dalla punta romboidale di Mel.
<< Ti ho trovato una guida, ti saprà riconoscere quando ti presenterai all'entrata della metropolitana in centro. >>
Mihaela alzò un sopracciglio.
<< Non è la più vicina... devo preoccuparmi? >>
<< Se tutto va bene no... capisci, certe cose vanno fatte con cautela. >>
<< Ripeto: devo preoccuparmi di essere pedinata? >>
<< No, no, al momento le tue vittime sono ignare di te e di quello che farai, solo... abbi cura di te, ok? >>
Il tono materno con cui concluse la frase suonò tutto meno che rassicurante.
Ma dopotutto di cosa doveva preoccuparsi una centrale nucleare su gambe?
Inspirò profondamente, non aveva ancora speso tutti i soldi dell'ultimo incarico... però non le sarebbe dispiaciuto lasciare quel buco.
Specie se significava non vedere più quella faccia di merda di Innozenz ogni mattina.
<< Quindi... di che cifra parliamo, esattamente? >>
Le labbra di Melanie si piegarono in un sorrisino soddisfatto.
<< Questa è la mia ragazza... >>
<< Non dillo in quel modo, suona fraintendibile. >>
<< Uff, che noiosa! >>




Nota dell'Autore
Buongiorno, non pensavo ci avrei messo così tanto tempo prima di tornare a pubblicare qui, ma alla fine le avventure di Mihaela meritavano (beh, credo) il suo loro capitolo, quindi eccolo qui.
Come scritto nella descrizione, e come avrete capito dal titolo, questa storia si pone come seguito diretto di 
Radioactive, cosa che non puntualizzo per gusto di spam, ma in quanto utile sia per conoscere sia il personaggio principale (nonché il modo in cui funziona il suo corpo) che gli altri personaggi del cast ed i rapporti che li legano (a partire da Melanie e Innozenz, rispettivamente OC di Golden Fredbear e Thanos 05, che ringrazio molto per il contributo alla scrittura di questa storia e alla precedente assieme ad Aladidragocchiodiluce).
In ogni caso, spero che la storia possa essere di vostro gradimento, un grazie a chi leggerà.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II


Squallore, chiasso e smog, queste tre parole riassumevano esattamente quello che era il centro di Pentagram City, se non l'intera città fino alla più isolata delle periferie.
Ma anche se fosse, più ci si avvicinava all'epicentro, più era difficile non fare caso a quanto la città fosse più rumorosa di un concentrato di stabilimenti industriali e più sporca di una metropoli indiana.
E non solo aumentavano i rumori e gli odori, ma anche la possibilità di restarci secco, come poteva testimoniare quel povero demone dall'aspetto anfibio rimasto investito da un autobus che stava passando con il rosso.
Per nulla intimorita dalla possibilità di finire agonizzante sull'asfalto assieme allo sfortunato figuro, Mihaela provò ad approfittare dell'assenza di autoveicoli per attraversare la strada, conscia del fatto che il semaforo fosse lì praticamente per bellezza.
Il tentativo si risolse in un fiasco, appena provò ad avvicinarsi al bordo della strada, una decina di auto le sfrecciarono davanti sollevandole addosso piccole nubi di polvere e schifo, con dito medio del conducente in omaggio.
La demone sospirò, nulla che non fosse ordinaria amministrazione all'inferno: tutti fanno come gli pare ed ha ragione chi è più forte.
Sfortunatamente per loro, lei i suoi poteri si sforzava di controllarli solo per non danneggiare la propria precaria abitazione, ma ora che era fuori, avrebbe fatto come le pareva anche lei.
Alzò la mano destra, tendendola verso l'alto, sforzandosi di concentrare il proprio calore in quell'unica parte del corpo, e quando la mano si trovò circondata dal familiare alone verde, con uno svelto movimento del braccio Mihaela la fece entrare nel palo.
Fu questione di attimi, la mano entrò al suo interno e ne uscì assieme a una colata di metallo fuso che prese presto a colare da un rozzo taglio diagonale, il semaforo cadde in avanti, bloccando la strada e frantumando il vetro di un automobile di color giallo piscio, da cui non tardarono ad uscire bestemmie e imprecazioni all'indirizzo di Mihaela, di sua madre e dei suoi avi per almeno dieci generazioni.
Con la strada bloccata e gli automobilisti poco interessati a rischiare la vita dopo aver visto di cosa era capace, Mihaela poté attraversarla in tutta tranquillità, con dito medio in omaggio al pilota dell'auto devastata dalla stessa mano che gli aveva fatto cadere il semaforo addosso e da cui colava ancora metallo fuso.
Bene, doveva essere a pochi passi dall'ingresso della metropolitana, dove lì avrebbe dovuto aspettarla la guida ingaggiata da Melanie.
L'anima dannata non era molto contenta di aver dovuto allungare il percorso, e in generale odiava addentrarsi in centro città, che con tutti i suoi rumori e led luminosi era troppo per i poveri sensi di una reclusa come lei.
Un pensiero non poté che andare alla sua vecchia Bucarest, la città adottiva della sua famiglia, non era grande come Pentagram City, neanche un po', ma ai suoi tempi era una città in piena espansione: uscita a pezzi dalla guerra, la città era presto tornata a crescere, triplicando la sua area e attirando numerosi nuovi abitanti dalle campagne.
Tra questi anche i suoi genitori e suo nonno, che avevano preso casa a Pantelimon, quartiere di piccole case che di lì a poco si sarebbe riempito di enormi appartamenti per fare spazio alla nuova manodopera, e proprio in uno di questi lei era cresciuta.
L'edificio era affollato, ma era uno dei primi, l'urbanizzazione completa sarebbe poi arrivata quando era ormai cresciuta, la Pantelimon della sua infanzia era un posto tranquillo ed anche il centro di Bucarest pur con tutte le sue persone e i suoi odori... non poteva minimamente avvicinarsi a quell'immenso puttanaio che era Pentagram City, città progettata a cazzo di cane e mantenuta peggio.
Ma poi seriamente, come è nata? Chi ha progettato una città all'inferno?
Si trattava di uno scherzo crudele da parte di Dio? Un modo di Lucifero per dare ai propri sudditi la parvenza di una vita normale?
Il lavoro di qualcuno che non aveva niente di meglio da fare?
Beh, era uno schifo in ogni caso.
Forse era per questo che si ostinava a mantenere il suo appartamento in culo al mondo, l'idea di convivere con il suono delle auto e dei mezzi era troppo per la sua sopportazione.
<< Cazzo, spostatelo! >>
Una fiumara di imprecazioni unita a suoni di clacson la distolse dal flusso dei suoi pensieri, voltandosi, trovò almeno quattro demoni intenti a spingere il semaforo, a cui uno stava venendo rubata la macchina, o almeno questo sembrava star facendo un piccolo imp deforme che si era addentrato in una delle auto vuote.
Ben vi sta, stronzi.
Adesso vediamo se la prossima volta non mi fate passare.
Resa carica dal moto di soddisfazione, Mihaela poté avventurarsi verso l'obbiettivo con l'anima in pace.
Non è cosa molto da demoni sentirsi bene dopo aver peggiorato la giornata a qualcuno?
No, si sarebbe sentita meglio anche prima.
Ora si trovava in uno spiazzo lastricato dalla forma allungata, a pochi metri dalla piazza centrale e da quello che doveva essere il municipio (ma ci lavora qualcuno lì?), contenente due fermate dell'autobus ed una scalinata che portava sottoterra, alla metropolitana.
Per prima cosa, provò a verificare se il suo contatto la stesse aspettando fuori dall'entrata, ma nessuno dei demoni intenti a bighellonare sulle scale pareva coincidere con la descrizione fornita da Melanie.
Anche se chiamarla descrizione era un po' inappropriato, le aveva più che altro dato una traccia: faccia bruciata.
Allora nessuno dei demoni intenti a fumare sui gradini aveva una faccia bruciata, a meno che Mel avesse utilizzato il termine “faccia bruciata” per indicare l'espressione di chi esagera troppo con le sostanze... in quel caso poteva applicarla alla maggioranza dei demoni seduti davanti a lei, nonché a quelli incontrati venendo lì.
Ma non ne era sicura, il suo vocabolario era rimasto fermo al 1976...
Probabilmente Mel intendeva in senso letterale, se la commissione era così importante per un suo cliente difficilmente si sarebbe permessa di mandarla in vacca per un fraintendimento.
Pertanto iniziò a scendere i gradini, calpestando la coda leonina di uno dei perdigiorno.
<< Ehi stronza! >>
Non lo guardò nemmeno in faccia, gli afferrò il viso con la sinistra e lo spinse indietro mentre urlava di dolore, gli altri demoni non persero un attimo per lasciare la gradinata.
Ecco, era in momenti come questo che era contenta di essere un mostro radioattivo, in pochi si permettevano di disturbarla, e di quei pochi, ancor meno ne uscivano indenni.
Non poté fare a meno di concedersi un sorrisetto compiaciuto mentre scendeva l'ultimo gradino.
La metropolitana di Pentagram City era esattamente come la si poteva immaginare, un gigantesco e sudicio tunnel dai muri anneriti e ricoperti da manifesti pubblicitari che si sovrapponevano gli uno con gli altri, puzza di fogna e assenza di linea gialla di sicurezza.
Ma se non altro, c'era un piccolo fast food per chi voleva farsi un pasto veloce prima di partire, o avere qualcosa da consumare in viaggio.
Certo, la qualità pasto del servizio era tutta da confermare, ma vista la sua condizione il cibo cancerogeno non poteva essere una grande preoccupazione.
Erano le due e mezza del pomeriggio, l'orario convenuto per l'incontro.
La demone iniziò a guardarsi attorno, la metro era affollata, ma non piena, riusciva a guardarsi attorno senza troppi problemi, specie perché gli altri avventori presero presto a starle a distanza, dopo aver visto cos'era accaduto sopra le scale.
Poteva vedere demoni di ogni tipo e genere, da enormi mostri cornuti a piccoli gremlin deformi, almeno una ventina di tipi di corna diverse, e antenne di ogni genere e forma, ma di Faccia Bruciata nessuna traccia.
Forse era dentro al fast food, e se così non fosse, beh lei aveva fame (e grazie al cazzo, ha fatto colazione all'una di pomeriggio passata con un caffè dopo una notte non proprio tranquilla), quindi, iniziò a farsi strada tra la ressa di fumatori, gente in botta e persone dall'aspetto sconvolto per raggiungere l'entrata, almeno finché una grossa mano non si posò sulla sua spalla e iniziò a trattenerla.
<< Ehi tu, i miei ragazzi hanno detto che gli devi delle scuse. >>
Per un attimo, Mihaela si illuse di aver trovato il suo contatto, ma invece quando girò il collo si trovò davanti un energumeno dalla pelle violacea ed il volto bovino.
In senso letterale.
Con tanto di corna e anello al naso.
E giusto per sembrare più amichevole, indossava una giacca di pelle aperta al centro e dalle maniche strappate, e come cintura per i suoi pantaloni larghi usava una catena dall'aria alquanto pacchiana.
Le persone attorno a loro si erano fatte da parte, mentre gli sgherri di quello che doveva essere il capobanda avevano preso posto attorno al bestione, per incitarlo a “sbattersi la cagna grigia”.
Il demone dal collo taurino non sembrava però interessato ai loro suggerimenti, se ne stava con il petto all'infuori, le narici dilatate e il muso tirato nella sua migliore espressione da duro.
<< Hai qualcosa da dire? >>
<< Scusa, sono di fretta. >>
Senza troppi complimenti, girò il polso al bestione nel mentre che le sue mani prendevano a scaldarsi come piccole fornaci, il suo aggressore si trovò in ginocchio per il dolore prima ancora di capire che gli aveva afferrato la mano, con le labbra serrate per non urlare e gli occhi che minacciavano di lacrimare come quelli di un neonato appena sculacciato.
Il tutto era successo così velocemente che gli stessi astanti ci misero qualche secondo per capire, e quando capirono, non persero tempo per allontanarsi dai due o, nel caso di quelli più coraggiosi, darsela a gambe.
Ringraziando i ritrovati riflessi da agente, Mihaela lo lasciò andare con una spinta che lo fece finire col culo a terra.
<< Se lo fai di nuovo ti sciolgo le palle, capito? >>
<< S-sì milady! >>
I membri della sua cricca che non se l'erano data a gambe, si portarono istintivamente la mani a protezione dei gioielli di famiglia per i signori e di qualcos'altro per le signore, fatta eccezione per un tizio coperto di peluria color muffa che si leccò le labbra pregustandosi la fantasia.
Per amore della sua sanità mentale, la demone decise di non approfondire, puntando dritto verso il locale mentre il suo aggressore si portava le mani a difesa dei gioielli.
Congedatosi dall'imbecille, Mihaela raggiunse e varcò la porta del fast food.
L'edificio, formato da due piani, sembrava essere stato progettato per adattarsi all'ambiente che lo ospitava: claustrofobico e sporco, con il soffitto curvo e invaso di pubblicità.
L'unica differenza era la presenza di due vetrate che davano sull'interno della metropolitana, la presenza dei tavoli e i muri un po' meno lerci rispetto a quelli di prima.
In conclusione: uno schifo, ma non quanto la galleria che lo ospitava.
I clienti, che dovevano aver intravisto la scena all'esterno, non tardarono a farsi da parte per permetterle di arrivare subito alla cassa, tranne uno, che imperterrito, stava continuando con la sua ordinazione... e dall'espressione esasperata del commesso, la cosa doveva star andando avanti da un po' di tempo.
<< Quindi, sturati per bene le orecchie! Voglio un doppio big mac, quello grande! Con patatine grandi, coca cola grande, e come si chiamano quelle cose che mangiano i negri? >>
Il commesso, una creatura magra e bluastra dal viso occhialuto, sospirò alzando gli occhi al cielo, anche lui sembrava non essersi accorto del cambio di atmosfera.
<< Parli del pollo fritto per caso? E la pregherei di non usare la parla con la n qui dentro... >>
<< Sì! Vedi che sei intelligente quanto di impegni? >>
Il cliente, vestito con una mimetica bruciacchiata e con in testa un elmetto militare dai bordi anneriti, aveva una voce rauca e irritante, e da come il commesso lo stava guardando, doveva proprio averlo preso sul cazzo.
<< Signore, le ripeto... non siamo al McDonald! E non vendiamo pollo fritto! Qui facciamo hot-dog! >>
<< Senti stronzo, sono stufo di voi sanguisughe che ve le inventate tutte per non fare uno sconto ad un veterano! Ho combattuto la guerra per tutti voi e voglio il mio panino a metà prezzo! >>
<< Signore, vi ripeto quello che devo dirvi ogni giorno... qui non ci sono sconti per veterani! >>
<< A questo siamo arrivati?! >>
Con passo svelta, Mihaela si portò alle spalle dell'irritante cliente, nell'avvicinarsi, le si sbloccò un ricordo di lei quindicenne al negozio più vicino costretta ad aspettare venti muniti dietro un'anziana signora solo per portare a casa del latte e del pane.
<< VA BENE HAI VINTO TE! >> il cliente sbatté i palmi sulla superficie del bancone, il commesso sembrò sul punto di piangere di gioia.
<< Prendo il big mac a prezzo pieno, contento? >>
<< NON ABBIAMO IL BIG MAC! >>
<< EH NO! NON DITEMI CHE SONO RIMASTI QUEI... COSI NUOVI, COME SI CHIAMANO? >>
<< Ehm gli happy meal? Che in realtà esistono da quarant'anni... >>
<< ECCO, QUELLI! TI SEMBRO UN BAMBINO?!... Però il giocattolo lo gradirei. >>
Mihaela stava morendo dentro assieme a quel commesso.
E soprattutto stava morendo di fame.
<< Ehm con permesso... >>
<< ZITTI VOI DIETRO! Aspettate il vostro turno, morti di fame! >>
Niente, non si era accorto che la fila dietro di lui era evaporata per far spazio alla nuova arrivata.
Il commesso se ne accorse, guardò Mihaela da dietro degli spessi occhiali dalla montatura rossa, di certo non aveva assistito alla scena fuori il locale, ma sarà perché tutta la fila di prima era sparita per fare spazio a lei, il suo sguardo incazzato, o le pessime esperienze con i clienti in divisa, il poveretto non poté fare a meno di deglutire, per poi spostare di nuovo l'attenzione sul cliente in mimetica.
<< S-senti, ti do un hot-dog gratis se te ne vai! >>
<< Sono venuto qui per il mio big mac, e non me ne andrò senza! >>
<< NON SIAMO IL MCDONALD! >>
<< E visto il servizio certamente non siete Burger King! >>
Mihaela aveva già alzato la mano, pronta per abbatterla con violenza sul cranio di quel rompiscatole.
<< Signore, le ripeto... >>
<< Sto morendo di fame! >>
<< ECCO A VOI IL BIG MAC! >>
La mano di Mihaela si abbatté sulla spalla dell'uomo, solo per fermarsi un attimo prima di privarlo di un arto, mentre una giovane imp dai capelli rosa e le orecchie a punta ricoperte di piercing bluastri vestita allo stesso modo del ragazzo alla cassa non era saltata sul balcone per porgere a Jack un panino per hot-dog ma con le estremità tagliate via e con dentro vari pezzi di würstel tagliati e disposti verticalmente.
Nell'altra mano, un sacchetto che doveva contenere bibita, patatine ed il resto dell'ordinazione.
<< Con lo sconto per veterani! Quindici dollari! >> proclamò la dipendente aggiustandosi la divisa azzurra decorata da un hot-dog stilizzato cucito sopra al taschino.
Mihaela era abbastanza sicura che non fosse stato applicato nessuno sconto.
<< Ecco! >> urlò il veterano in direzione del commesso di prima << Era tanto difficile? Adesso ho il mio big mac e tu puoi andare a quel paese! >>
Si infilò il finto big mac in bocca e lo masticò davanti ai suoi occhi mentre la giovane imp ghignava soddisfatta.
<< Ha proprio ragione, ed io che credevo qui vendessero hot dog... >>
Con la bocca ancora piena, l'imbecille sembrò per un momento inorgoglirsi.
<< Ah, gli hot-dog! Il simbolo dell'America! Ma a differenza dei coreani i nostri non sono fatti con i cani! >>
<< Ehm non avevate detto la stessa cosa la settimana scorsa sugli hamburger? >>
<< Non dire stronzate! I coreani usano i topi per quelli! >> e senza dare il tempo di rispondere, si chinò verso l'imp di prima << Sul serio, ma dove lo avete assunto questo? Sembra un po' scemo! >>
Ok, se Mihaela avesse avuto dei testicoli questi sarebbero già rotolati a terra assieme a quelli dello sfortunato commesso.
<< Ehm ehm... >>
<< Chi ha questa brutta tosse? Sembra di sentire una gallina che si strozza con un uovo! >>
<< Senti, ti vuoi levare che avrei fame? >>
<< Che vuoi anche te?! >>
Per la prima volta il cliente la degnò di attenzione, con uno scatto si girò verso di lei piantando i suoi occhi radioluminescenti di lei.
Anzi, no, i suoi... non occhi, perché non li aveva, al loro posto c'erano delle cavità vuote, ma prima ancora di notare l'assenza degli occhi, chiunque avrebbe come prima cosa notato il fatto che quest'uomo non aveva un volto!
Non c'era pelle, eccetto poche isole di carne annerita fuse addosso a un teschio nero come il carbone e crepato in più punti, come un muro che ormai non ce la faceva più.
Inoltre, sembrava mancare tutta una parte tra gli occhi e il naso, al suo posto una grossa crepa la cui forma ricordava vagamente quella di stella a cinque punte decorava il teschio bruciato.
I denti, pochi e scuri, erano ricoperti dai resti di cibo masticato, come fosse possibile mangiare o anche solo desiderare di farlo in queste condizioni, per Mihaela era un mistero più grande della vita stessa.
A completare il quadro del suo volto, erano le tenui fiammelle che brillavano nelle sue orbite.
Mihaela era certa di averlo già visto in qualche brutto film.
A coprire la testa e ad averle impedito prima di notare di avere davanti uno scheletro era l'elmetto militare, che visto da davanti esibiva rozzamente incise sopra, le iniziali J. R. J.
I suoi abiti, come quando li aveva visti da dietro, erano in uno stato pietoso, pietoso quasi quanto i suoi.
Anzi no, i suoi almeno erano rattoppati, alla cazzo ma rattoppati, questi qui invece erano ricoperti di buchi, strappati in più punti e sporchi nella zona delle maniche, dove Mihaela poté distinguere chiaramente una grossa macchia di ketchup.
Ma non era questo l'importante, bensì la terrificante consapevolezza che questo mezzo imbecille (e aveva parecchi dubbi sul mezzo) doveva essere il suo contatto e la sua guida, il famigerato Faccia Bruciata.
E che cazzo, stava rimpiangendo di aver accettato l'offerta, doveva mettere la propria sicurezza nelle mani di uno che non sa distinguere un hot-dog da un qualsiasi panino?
Se la sua educazione atea non avesse dato ottimi frutti, si sarebbe trovata a pregare per la prima volta in vita sua.
Ma non serve essere precipitosi, Melanie non l'avrebbe mai messa nelle mani di un imbecille simile, vero?
Vero??
<< Embè? Ti hanno rubato la lingua? >>
Perfetto, aveva già voglia di schiacciare quel fragile cranio tra le sue mani.
Sospirò, doveva soltanto chiedere e andarsene.
<< Tu sei... Faccia Bruciata? >>
<< Eh?! Tu sei bellissima invece guarda, pari un cassonetto dell'umido! >>
La risposta la sollevò talmente tanto che quasi non fece caso all'insulto, né al fatto che era in fila per mangiare, sorrise e si preparò ad uscire, cazzo, era talmente contenta di non averlo tra le palle che sapeva che d'ora in avanti la giornata sarebbe stata bellissima a prescindere.
<< Che tipa, prima la stronza che devo accompagnare non si presenta, e ora questa arriva a insultarmi, ecco perché non lavoro con le donne! >>
Una fitta di dolore attraversò il corpo di Mihaela, solo una volta in entrambe le sue esistenze aveva desiderato così ardentemente la morte, e non pensava avrebbe provato di nuovo questo desiderio, e sinceramente non pensava che sarebbe stato per un motivo così... particolare.
Quasi meccanicamente, si girò di nuovo verso lui e la cassa, nello stesso istante i vari demoni che stavano tornando a comporre la fila si scansarono alla velocità del suono, c'è chi cadde addirittura sopra i tavoli, due di questi si spaccarono a metà.
Pure il commesso si era prudentemente riparato dietro il banco, e nessuna traccia dell'imp di prima, soltanto l'imbecille restava in piedi, imperterrito, a scrutarla come un cane che gli aveva appena cagato sulla scarpa.
<< Che c'è? Non ti do il mio panino solo perché sei donna!... Anche perché l'ho mangiato!. >>
Melanie, che cosa ti ho fatto di male?
<< La stronza che dovresti accompagnare sarei io, e tu dovevi farti trovare all'ingresso della metro. >>
<< Ah! Certo, proprio tu vieni a parlarmi di rispettare i patti, quando ero lì tu non c'eri! >>
La demone non poté fare a meno di alzare un sopracciglio.
<< Sono arrivata per l'orario convenuto. >>
<< Che sarebbe l'orario del pranzo! Ma dalle tue parti non ti insegnano a fare le cose in anticipo? >>
Le mani iniziavano a pruderle con una certa violenza.
<< Senti, lezioni da uno che si è fatto inculare da un hot-dog spacciato per panino non le prendo! >>
Il militare la guardò storto, circa, difficile dirlo quando mancano gli occhi, ma le sue fiamme oculari si fecero leggermente più intense.
<< Ed io non prendo lezioni da una donna! >>
<< Vuoi davvero buttarla sul sessismo, microbo? >>
<< Senti, non è colpa mia, ma ci sarà un motivo se non vi vogliamo in guerra! >>
<< Guerra? >>
Beh ovviamente, uno vestito in quel modo dove sarebbe potuto mai essere morto?
A meno che non si fosse trattato di un incidente durante una rievocazione o non avesse preso gli abiti da una discarica.
<< Sì! La guerra contro i rossi musi gialli, c'erano anche molte donne, e indovina, gli stavamo facendo il culo! >>
Faccia Bruciata parlava in maniera delirante, ma per Mihaela fu facile collegare i puntini: da viva era molto attenta a cosa succedeva nel mondo rispetto che da morta, ed il farfugliare di quel cretino poteva portare soltanto da una parte.
<< Hai combattuto in Vietnam? >>
<< Esatto! Abbiamo sommerso nel fuoco centinaia di quei bastardi! >>
<< Sì, sì lo avete fatto... prima di prenderle e scappare con la coda con le gambe, quindi complimenti eroe, hai partecipato ad una guerra dove avete perso! >>
<< Cosa stai farneticando, donna?! >>
In tutta risposta, la donna puntò il suo indice sulla brutta faccia dello scheletro, esibendo il migliore dei suoi sorrisi beffardi.
<< I rossi vi hanno fatto il culo, vi siete ritirati, il Vietnam è comunista, Socialismo 1 e America 0! >>
<< NO NO! TU MI STAI PRENDENDO PER IL CULO! I ROSSI NON VINCONO MAI! >>
Istintivamente, il demone iniziò a guardarsi attorno, incrociando lo sguardo con quanto più clienti possibili, commesso incluso, e da tutti ebbe un cenno di assenso (spesso accompagnato con un dito medio).
Al che rimase in silenzio per qualche secondo... per poi alzare lo sguardo e le braccia al soffitto del locale.
<< È TUTTA COLPA TUA NIXON!!! >>




Nota dell'autore
Il personaggio di "Faccia Bruciata" è farina del sacco di 
Thanos 05, che ringrazio per il suo contributo alla scrittura del capitolo.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III


Uno scossone, l'ennesimo di molti, fece trasalite l'intero vagone della metro, e un demone rettiliano cadde in avanti rompendosi i denti affilati sul sassofono che pochi secondi prima stava adoperando per ravvivare il viaggio.
L'applauso che seguì lo spargersi dei suoi denti sul pavimento doveva dirla lunga sull'apprezzamento da parte del pubblico.
Sui sedili, tutti occupati da uno o più demoni (tutti i sedili erano tarati sulla stessa taglia), abbondavano barboni, cibo mezzo mangiucchiato, scarti di merendine, lattine e bottiglie vuote e schifezze varie.
Il vagone, come prevedibile, era un porcile:
Il controllore, contrariamente alle aspettative di molti esisteva, ma limitava il proprio compito nello starsene seduto a fumare, come la maggior parte dei passeggeri, tanto che una nube grigiastra aleggiava per l'intero vagone causando numerosi attacchi di tosse tra i demoni poco abituati al fumo (anch'essi esistevano in barba alle aspettative dei più).
Ma insensibili allo sporco, al rumore e alla puzza di fumo, due demoni se ne ne stavano l'una di fronte all'altro a squadrarsi con aria corrucciata, ignorando tutti i pezzenti che passavano loro davanti e allontanando con rapidi gesti della mano chiunque provasse ad infilare la propria nelle loro tasche.
Sedutasi su uno dei sedili meno sporchi, Mihaela era l'unico passeggero i cui posti accanto (e anche quelli vicini) erano vuoti, o al massimo usati come deposito per valigie e zaini da qualche coraggioso demone che in vita non aveva ben compreso il funzionamento delle radiazioni.
Di fronte a lei, Faccia Bruciata la osservava con braccia conserte, se non fosse per la sua assenza di pupille, Mihaela avrebbe cercato di leggergli gli occhi per vedere quanto la stava tenendo sotto controllo.
Anche se, tutto sommato, il suo compagno di viaggio non era esattamente la persona più intelligente che avesse mai conosciuto, forse stava pensando a come il big mac di prima non sembrava esattamente un big mac?
Certamente non era da escludere, anzi, Mihaela non aveva la minima idea di cosa passasse per la testa di quell'imbecille.
Dopo avergli distrutto il mito dell'invincibilità americana, il demone dal viso bruciato si era chiuso in un silenzio ostile dopo almeno dieci minuti di imprecazioni (minuti che Mihaela aveva speso per comprarsi e mangiarsi qualcosa), e adesso si limitava a fissarla incazzato.
Non aveva poi fornito nessuna indicazione a parte salire sulle metro senza dire nulla.
E dal canto suo, Mihaela sarebbe stata ben contenta di rimanere in silenzio, ma per quanto ne sapeva questo imbecille poteva anche essersi dimenticato della missione e aver deciso di prendere la metro per tornare a casa.
Non poteva permettersi di passare il viaggio con questi dubbi sulla... sanità mentale e operativa della sua guida, meglio chiarire subito.
<< Ora! >>
Aveva appena provato ad alzare il braccio per attaccare bottone che il demone era scattato in piedi per correre lungo il vagone calpestando code, piedi e persone sdraiate.
Un'altra persona sarebbe rimasta paralizzata a rimuginare sull'assurdità della situazione, ma Mihaela, memore del suo addestramento, non era nuova ai comandi bizzarri.
Con uno scatto su in piedi a sua volta, ed in pochi secondi aveva già raggiunto Faccia Bruciata camminando sopra la scia di persone calpestate che il demone si era lasciato dietro.
<< Ahia! E andiamo non di nuovo! >>
Camminando sulla schiena del sassofonista di prima, Mihaela raggiunse la portiera, dove la sua guida si era fermata per abbassare la leva di emergenza, nella totale indifferenza del controllore.
La portiera si aprì, qualche demone che si era appoggiato sopra cadde fuori, Faccia Bruciata rimase in attesa.
Poi saltò giù, e Mihaela non perse un secondo a imitarlo.
Si sarebbe aspettata di sbattere contro la parete, invece si ritrovò sopra uno spiazzo rettangolare adiacente alle rotaie che di estendeva per una decina di metri quadrati.
Sulla parete di fronte a loro, si aprivano tre ingressi identici, degli ampi tunnel illuminati da piccole luci sul soffitto.
Ok, forse si era preoccupata inutilmente, dopotutto Faccia Bruciata non stava facendo niente di tutto questo gratis, dovevano averlo pagato bene perché non abbandonasse la missione.
<< Quindi, dove andiamo? >>
La guida alzò le spalle.
<< Portano tutti allo stesso corridoio. >>
Dal profondo del suo animo, Mihaela non poté fare a meno di sentirsi turbata di fronte a questo monumento all'inutilità.
La sua guida entrò nel tunnel centrale, Mihaela le andò dietro, e come anticipatole, la prima cosa che notò una volta all'interno erano le strade laterali che collegavano la via agli altri due ingressi.
Il tunnel era largo, forse nei piani del costruttori avrebbe dovuto accogliere molta gente, magari lo spiazzo di prima era l'embrione di una fermata mai nata, e potevano essercene altrettante simili per tutta la metro.
Anche se, sapeva bene che in realtà il mondo sotterraneo era tutto tranne che inaccessibile, se si fosse fermata in uno qualsiasi degli itinerari della metro avrebbe potuto facilmente trovare dei gradini in discesa, eppure la sua guida aveva scelto un passaggio cento volte più discreto.
Che Mel gli avesse dato l'ordine di farsi vedere da quante meno persone possibili?
Eppure tra la scenata al fast food ed il calpestare le persone sulla metro, Faccia Bruciata era la persona meno discreta che aveva mai conosciuto in tutta la sua vita, e lei viveva ad una porta di distanza da Innozenz!
Guardò in avanti.
Il tunnel era largo e profondo, nessuna uscita all'orizzonte, sarebbe stato un viaggio lungo, e non sembravano esserci altre persone oltre a loro, un ottimo momento per confrontarsi sulla missione.
<< Quindi, cosa mi sai dire sulla destinazione? Sei già stato lì? Hai visto l'obbiettivo? >>
Faccia Bruciata si fermò per un istante...poi si girò verso di lei agitando le braccia.
<< Eh? Ovvio che no, mi avrebbero ammazzato! >>
<< Intendo... sei mai stato nel posto dove stiamo andando? >>
<< Inizio a pensare che tu sia un po' tarda. >>
Mihaela stava tornando a sentire di nuovo il forte impulso di spaccargli la faccia ossuta, ma per il bene della missione, doveva trattenersi.
<< Stavo dicendo: ti hanno detto di portarmi in un posto, un posto che tu dovresti essere in grado di raggiungere: come hanno fatto a sapere dove dovevi portarmi se non sei mai stato lì? Il cliente ha occhi qua sotto? Altre guide? Perché tra tute quante mi ha messo in contatto con te? >>
Faccia Bruciata alzò le spalle, di nuovo.
<< Non lo so! Mi hanno chiamato dicendo “Porta il mostro radioattivo in quel posto!” e questo devo fare! >>
Mihaela era basita: se avevano chi era stato in grado di localizzare l'obbiettivo, perché non affidare a quella persona il compito della guida invece di metterlo in squadra con questo mezzo imbecille?
Seriamente?
Non è che è tutto un gioco perverso dove lei è la vittima?
O la missione era un'operazione suicida e avevano scelto loro due perché sacrificabili?
Perché Melanie? Perché?!
<< Quindi... non hai la minima idea di come sappiamo dove dobbiamo andare, immagino che il nostro cliente sapesse a chi chiedere. >>
<< So solo che dobbiamo andare lì e sparare a delle persone che lavorano! Ah, mi ricorda i bei tempi in cui sparavo ai musi gialli... >>
<< I musi gialli vi hanno spedito a calci in culo fuori dal Vietnam. >>
<< SMETTILA DI DIRLO! VOGLIO RICORDARMI LE COSE BELLE! E già che ci sei, la pianti con questo sbrilluccichio color vomito?! Mi sto sentendo male! >>
Mihaela fissò i suoi occhi nelle orbite vuote dello scheletro.
<< Questo sbrilluccichio al vomito non è una mia scelta, fattelo piacere! Io mica mi lamento perché la tua faccia sembra appena uscita da una fornace. >>
<< EHI! >>
Faccia Bruciata le puntò il dito contro.
<< Abbi rispetto per questa faccia! Sono morto in guerra! >>
<< Bravo idiota, io sono morta servendo il mio paese ma non è che mi sento più intelligente, anzi! >>
Un ghigno soddisfatto distorse la mandibola del bruciato.
<< Ovvio! Cosa ne possono sapere del patriottismo quelle come te? >>
<< Quelle come me?! >>
<< I rossi! Per questo avete perso la terza guerra mondiale! >>
<< Non... è scoppiata nessuna guerra mondiale, lo sai vero? >>
Faccia Bruciata rimase in silenzio per qualche minuto.
<< … AVETE PERSO! >>
<< Sì sì, la guerra fredda e tutto il resto, a differenza di qualcuno mi sono tenuta aggiornata sugli ultimi quaranta anni! >>
Il demone bruciato incrociò le braccia, soddisfatto.
<< Questo dimostra che l'America è il paese migliore, dopo il Texas! >>
Ok, Mihaela era ormai certa che oltre alla carne si fosse bruciato anche il cervello.
Ma alla fine, perché litigare per orgoglio?
Le importava forse qualcosa della sua ideologia, del blocco orientale e di tutto quello in cui aveva creduto quando era viva ed ingenua?
No!
Tranne quando doveva litigare con Innozenz, ma Faccia Bruciata non è Innozenz, e la missione imponeva che ci fosse una buona intesa tra lei e quello yankee sotto acidi.
Quindi, era ora di mettere da parte la solita animosità, superare la propria inettitudine nelle relazioni umani ed essere... diplomatica.
Era da tempo che non si imponeva quell'aggettivo.
Ma era l'ora che la derelitta abitante di una pensione fatiscente si facesse da parte per fare spazio alla versatile agente della polizia segreta.
Non era chiedere troppo, no?
Le sue capacità relazionali non si erano arrugginite a tal punto, vero?
<< Ah, quindi vieni da lì... >>
<< Sì! Il migliore dei cinquanta stati, lì mi hanno reclutato per andare a esportare democrazia da voi comunisti! >>
<< E immagino che eri bravissimo in questo. >>
Così bravo che è finito qui, proprio un esperto non c'è che dire.
<< Erano tempi gloriosi, ero appena stato licenziato dal mio terzo lavoro, guidavo un taxi ma c'era quel merdoso coniglio bianco che ogni volta tornava ad infastidirmi fino a farmi licenziare TUTTE LE VOLTE! >>
Gridò talmente forte da produrre un forte eco, poi si girò verso il luogo da dove erano entrati.
<< SO CHE SEI QUI BASTARDO! FATTI VEDERE!! >>
Nessuna risposta, ma Mihaela era basita.
Va bene che sembrava svitato, ma ora era su un altro livello.
<< Quel bastardo mi attacca sempre quando sono solo, ma un giorno avrò la mia rivincita, NASCONDITI PURE PEZZO DI MERDA! TANTO SO DOVE ABITI! >>
Ok, ora era assolutamente certa che accettare quella missione era stato un errore, un terribile errore.
Doveva assolutamente riportarlo nel mondo delle persone sane.
<< Ehm cambiando argomento... qual'è il tuo nome? >>
<< Jack! >> urlò Faccia Bruciata per poi indicare le iniziali incise sull'elmetto << Jack Reginald Jackson! >>
Un nome apparentemente altolocato per uno zotico come lui, se non fosse stato per l'incisione sul casco avrebbe dubitato della sincerità del demone.
Anche se ripensandoci, nulla poteva garantire che non avesse semplicemente inciso sull'elmetto il nome più bello che era riuscito a pensare.
Ma questo non era rilevante, che si chiamasse pure Marilou per quello che le importava!
Anche se, adesso Jack aveva preso a parlare a manetta, dal silenzio di prima ad una loquacità quasi inquietante, e tutto quello che stava dicendo (su di sé, sulla sua famiglia, sulla sua vita da soldato ecc) era talmente gonfiato ed esagerato da suonare ridicolo, ogni affermazione più assurda della precedente.
Mihaela comprese con orrore che questo qui aveva appena iniziato a raccontarle la storia della sua vita... e sarebbe andato avanti per un po'.
Forse era meglio se lasciava le cose come erano prima.

Con la grazia di una ballerina professionista, Sherry stava camminando agilmente sul marciapiede, evitando demoni ubriachi e barboni svenuti mentre con gli occhi e con le mani si stava dilettando a contare i guadagni del suo ultimo lavoretto, frutto di un'intensa mattinata con uno dei suoi clienti più affezionati.
Le sue dita sfogliavano con rapidità le banconote da cinquanta dollari mentre, altrettanto velocemente, la sua mente teneva nota della somma raggiunta.
<< Cinquecento, cinquecentocinquanta, seicento, seicento cinquanta, settecento. >>
Finito di contare, la demone ragno si infilò le banconote nell'abbondante scollatura della camicetta bianca con un ghigno soddisfatto: amava il suo lavoro, veniva pagata per divertirsi e più si divertiva più la pagavano.
Anche se aveva finito il suo periodo di sostituta al Lusten, era riuscita a farsi un buon numero di nuovi affezionati clienti, da un po' buona parte dei suoi pomeriggi erano occupati, e lei adorava i clienti pomeridiani, perché voleva dire che avrebbe avuto la serata libera!
E se adorava le serate libere, è perché quelle erano i momenti migliore per spendere il gruzzolo appena guadagnato.
Certo, non era ancora sera, i locali più spassosi (Lusten compreso) dovevano ancora aprire, ma non vivi per parecchi anni all'inferno senza imparare qualcosa su come divertirsi ammazzando il tempo.
O su come divertirti nell'ammazzare.
O come ammazzare in generale.
Sì, morivano tante persone all'inferno, cioè, ri-morivano, il suo ex lo aveva imparato a sue spese!
Beh, morire una seconda volta non era una preoccupazione per chi aveva un tetto sulla testa, lunghe gambe per correre e armi a volontà, quindi avrebbe rimandato quei brutti e cupi pensieri al doposbornia, e il doposbornia a dopo la sbronza.
Girando l'angolo, notò uno dei numerosi distributori di droga della città, curiosamente senza fila, che ne avessero messo uno nuovo?
Se era così, quale migliore occasione per inaugurarlo?
E se invece era guasto, nulla che quattro calci ben assestati non avrebbero aggiustato, così, rapida come una volpe, l'avvenente demone si portò al distributore.
Il marciapiede era deserto, passava qualche auto di tanto in tanto, non c'era il traffico (o sarebbe più corretto definirlo gara di autoscontri) tipico del centro città, ok non era in una zona estremamente trafficata, eppure non poteva fare a meno di avvertire una certa inquietudine nell'aria.
Nah, sarà perché è ancora sobria e priva di qualsivoglia alterazione da sostanze: meglio rimediare!
Si chinò sulla macchinetta, e tirata fuori una banconota dalle tasche (dubitava che quell'affare le avrebbe mai dato il resto di una banconota da cinquanta, perché sì, questi affari accettavano di tutto) la infilò nell'apposita fessura.
Come ogni volta, non poteva fare a meno di notare che il suo lontano cugino poteva annoverare una marca tutta a nome suo, e come al solito la comprò, del resto non ci si aiuta in famiglia?
E poi aveva sentito di come era il rapporto tra quel poveretto ed il suo capo, o sarebbe più corretto dire il suo pappone.
Al posto di Angel, lei non avrebbe esitato a tirare un calcio in faccia a quella faccia di merda, certo, poi sarebbe stato il caso di farsi una bella corsa, visto che si trattava di un overlord.
Ecco, ancora una volta sta ragionando troppo!
Prese il sacchetto di “polvere d'angelo” e fece per incamminarsi.
Se non fosse che appena girò i tacchi, si trovò praticamente circondata da una quantità non indifferente di... strani demoni mascherati.
E pure tutti vestiti allo stesso modo, con la stessa maschera, lo stesso colore e lo stesso modo di stare in piedi dritti come pali!
Dovevano essere una ventina, ed il modo in cui se ne stavano tutti equidistanti da lei, creando un cerchio perfetto con i loro corpi ben allineati non poteva fare a meno di trasmetterle qualche brivido.
Questa era una novità, di solito quando veniva circondata da misteriosa gente mascherata si trattava di teppistelli trasandati.
Questi qui invece... tutti eleganti!
Quale ricco maniaco si era infatuato di lei?
Per carità, molto lusingata ma questi modi potrebbero mettere a disagio qualcuno.
Le maschere poi, tutte bianche con quel sorriso stilizzato e gli occhi schiacciati, sarà per caso una di quelle sette di strambi in cerca di adepti?
<< La volete? >>
Chiese la demone ragno agitando il sacchetto di droga davanti alle maschere sebbene fossero prive di fessure per gli occhi (come caspita ci vedono questi qui?)
Nessuna risposta.
<< No? Meglio, perché non la condivido! Ora, se potreste spostarvi e andare a fare la vostra orgia o quel che è da un'altra parte... >>
Uno dei mascherati, quello più grosso che probabilmente guidava il gruppo, si portò davanti a lei nel tempo di una singola falcata, il movimento fu così violento da causare uno spostamento d'aria all'indirizzo della demone ragno.
<< Mi spiace tesoro, ma ho finito per oggi, se proprio vuoi dovrai pagare un supplemento e toglierti quella maschera da psicopatico! Sul serio, se penso a fare sesso con uno che mi guarda con quest'affare in faccia mi viene voglia di chiudermi in un convento! >>
L'omaccione aspettò educatamente che finisse con le mani giunte dietro la schiena, squadrandola da dietro lo sguardo impassibile della maschera, e quando la demone ebbe finito di spiegargli perché non intendeva fare sesso con uno che veste in quel modo, poté per la prima volta aprire bocca.
<< Tu sei Sherry, giusto? >>
Per qualche secondo Sherry rimase sbigottita, non perché conoscesse il suo nome, ma perché la voce di quel tipo era... diversa non solo dal timbro vocale che si sarebbe aspettato da quel bestione così ben piazzato, ma di qualsiasi altra voce avesse mai sentito prima.
Aveva un suono amichevole, quasi rilassante, come quando veniva massaggiata o semplicemente era in botta e credeva di parlare con Buddha.
Ma ecco, il fatto che sentisse una voce simile da cosciente era tutto tranne che rassicurante, ok, nulla di quello che stava succedendo era rassicurante, ma manco per il cazzo.
Arretrò di un passo, con le sei braccia pronte ad impugnare un'arma a testa.
Il mascherato dovette intuire le sue intenzioni, si scagliò in avanti tentando di afferrarla, ma Sherry nel giro di un secondo era volata sopra il distributore automatico, le sue sei braccia impugnavano un'arma ciascuna, pronte a respingere l'orda di aggressori.
Non poté fare a meno di avvertire un'aria minacciosa attorno a quei demoni...
Ma mai quanto quella intorno a lei.
<< Ok stronzetti, non so cosa vi ho fatto, non so cosa volete da me, ma so che adesso vi romperò il culo! >>




Nota dell'Autore
Per chi non avesse seguito la storia precedente, il personaggio di Sherry appartiene ad
Aladidragocchiodiluce, che ringrazio molto per l'aiuto in questa fiction e in Radioactive.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV


<< Mi muovevo insieme al mio plotone, immersi in quella dannata foresta, i musi gialli potevano sbucare fuori in ogni momento, avevamo gli occhi infuocati, le gambe stanche e le mani callose, ma nonostante tutto continuavamo ad avanzare, grazie a una cosa soltanto... >>
Intenta a camminare accanto a Faccia Bruciata, Mihaela storse il labbro, sorpresa da come la conversazione da apparentemente inconcludente si fosse trasformata in un racconto di guerra così all'improvviso e di come per la prima volta Faccia Bruciata sembrava in grado di mandare avanti una conversazione normale.
Tuttavia non poteva fare a meno di restarne affascinata, per lei che era cresciuta sentendo storie di guerra nell'appartamento di suo nonno senza mai viverne una.
<< L'amor patrio? >>
Jack girò il collo verso di lei, fulminandola con le sue pupille vuote.
<< La droga. >>
Quel pochissimo credito che Jack era riuscito a conquistarsi ai suoi occhi, scivolò via in quell'istante.
<< La... droga. >>
Jack annuì.
<< La droga. Ma tipo... tanta, eravamo sempre pieni di cannabis, marijuana, oppio, eroina e captagon, più quella che poi compravamo in loco, ad un certo punto non sapevo più neanche a chi sparavo! >>
Si sbilanciò verso Mihaela, così da portarsi la bocca al suo orecchio.
<< Detto tra noi, potrei aver ucciso due o tre miei compagni per errore, poi c'è stata la volta che ho tirato una granata al mio ufficiale in comando, ma quello era intenzionale. >>
L'anima dannata interruppe la camminata per mettersi a squadrare il suo compagno di viaggio, per nulla attenta a nascondere l'incredulità.
<< … E il vostro sarebbe l'esercito più forte del mondo? >>
<< Indubbiamente! Infatti abbiamo vinto contro quei musi gialli vietnamiti! >>
<< Ancora una volta: avete perso, vi siete ritirati, il nord ha riunificato il paese e oggi il Vietnam è una repubblica socialista. >>
<< TI SBAGLI! È che abbiamo capito che non meritavano il nostro aiuto, perché abbiamo combattuto per salvare i musi gialli da loro stessi? Adesso sono tutti comunisti e la loro vita è una miseria! >>
<< Se lo dici tu... >>
Da viva Mihaela si sarebbe felicemente lanciata in un acceso dibattito ideologico sul quale sarebbe stato il sistema migliore, ma ormai era morta, disillusa, e aveva capito che ragionare con quel tipo era come parlare con un muro.
Un muro fatto.
In compenso doveva dirlo: mettendo da parte la sua demenza senile, la sua incapacità di accettare la realtà, i suoi scatti d'ira e una montagna di altri difetti che solo elencare le avrebbe richiesto l'intera giornata, parlare con lui era quasi... gradevole.
In più come con Innozenz, poteva rinfacciargli quante volte voleva di essere stato tra i perdenti della storia.
Ma tralasciando le tifoserie da stadio, per qualche motivo quell'ebete la riportava alla sua infanzia, quando ascoltava storie di guerra da suo nonno, ex soldato dei tempi del regno che aveva partecipato alla campagna di Russia prima e alla lotta contro i nazisti poi.
Sarà perché era un po' tocco anche lui, sarà per il suo evidente razzismo, per la voce sgradevole e per il vestirsi come un attaccatone, ma più guardava Jack più non poteva fare a meno di cogliere similitudini con il vecchio Grigore.
Solo che Jack era uno yankee ignorante come pochi che doveva ancora riprendersi da tutte le sostanze che aveva assunto in vita, mentre Grigore un devoto servitore della causa socialista, un po' rimbambito dall'età, con un forte rancore verso l'Ungheria e i suoi abitanti, e con il vizio di sparare alla gente durante le discussioni (fortunatamente con una pessima mira), ma comunque decine di spanne sopra questo imbecille!
… Vero?
Ora che ci pensava, era all'inferno da quarant'anni, suo nonno doveva essere passato a miglior vita da un pezzo, e non per volergli male, ma tra i suoi evidenti difetti e il suo ateismo convinto (beh come lei in vita, d'altronde), era abbastanza sicura che gli fosse stato riservato un posto all'inferno anche a lui.
Chissà, magari poteva esserci passata accanto tantissime volte senza accorgersene...
No ok, aveva mantenuto bene o male il suo aspetto di quando era in vita, uniforme inclusa, non poteva non riconoscerla.
E se fosse cieco?
O se la sua demenza fosse peggiorata?
Mihaela scosse la testa imponendosi di non pensarci, qualsiasi cosa ne fosse di lui soltanto lo stronzo lassù poteva saperlo, e lei non poteva permettersi di preoccuparsi pensando a chissà quanti suoi parenti o conoscenti potevano essersi trovati qui per poi magari finire uccisi durante gli stermini.
Già, meglio concentrarsi sui pensieri felici.
Anzi no, non aveva molti pensieri felici sulla sua vita qui, beh a meno di non includere le serate come quella prima... ma a quelle meglio non pensare per ben altri motivi.
<< Ehi! >>
Fortunatamente (o sfortunatamente) la voce gracchiante di Faccia Bruciata la richiamò alla deprimente realtà.
<< Sì? >>
<< Siamo arrivati! >>
Era vero, erano arrivati, il tunnel si apriva all'interno di una grande cavità sotterranea che si estendeva a perdita d'occhio, la struttura su cui poggiavano i due apparteneva chiaramente ad una fermata della metro incompleta e apparentemente scorporata dalle linee ufficiali.
Ma tutto quello che si estendeva davanti era stato improvvisato, il terreno era roccioso e irregolare, costellato da buche qua e là, fatta eccezione per zone parzialmente cementificate che denunciavano visivamente gli anni che si portavano dietro.
Da questo terreno irregolare affioravano lampioni scheletrici, decisamente più vecchi e meno potenti dei loro cugini di superficie e certamente non previsti dal progetto edilizio originario, ma che tuttavia assicuravano la luce a tutti i passanti.
Sì, i passanti, ovunque intorno a loro persone andavano e venivano spuntando da chissà dove, e per passanti non si parlava di qualche tizio incappucciato che si muoveva tra gli stand con fare losco, no, quella via sotterranea era trafficata quanto una di superficie:
Stesse brutte facce, stessa puzza, ma (presumibilmente) con del denaro in tasca in più.
Per tutta la galleria si ergevano stand che vendevano... qualsiasi cosa:
Armi, droga, imp, persone dall'aspetto seducente, per carità, nulla di particolarmente esaltante rispetto alla superficie.
Le differenze stavano nel pregio del materiale, le armi erano ricavate da parti di sterminatori, gli angeli che annualmente calavano su Pentagram City per ripulirla dei suoi abitanti, e se solitamente la droga veniva venduta da appositi distributori in mano agli overlord del momento, qui invece era puro mercato nero: nessun controllo, nessun limite, ogni stand aveva il suo gruppo di guardie, perché senza la protezione di un overlord non si può fare affari in tranquillità, furti e aggressioni sarebbero all'ordine del giorno.
Poi altri stand includevano oggetti di oreficeria, documenti (su cui volle evitare di soffermarsi), biglietti e altre cose non meglio definibili da dove si trovava.
Ma come in superficie, anche lì sotto pareva essersi generato un certo... ordine nel caos.
Il punto, era che molte delle cose che un overlord avrebbe reso irreperibili in superficie, qui erano accessibili a tutti.
Beh, a tutti coloro che potevano permettersi prezzi esorbitanti, per i più poveri invece c'erano enormi quantitativi di sostanze a prezzo stracciato, e la maggior parte dei presenti doveva essere lì per questo, a giudicare dalle decine di corpi riversi a terra con espressione fulminata che si lasciano derubare da chi gli cammina sopra.
Ma a parte i furti, non c'era lo stesso livello di violenza tipico delle strade, i bodyguard proteggevano solo gli stand, eppure la loro massiccia presenza bastava ad intimorire eventuali rissaioli.
Forse dopo la ricompensa, sarebbe potuta passare di qui per... arricchire il suo armamentario, avere qualcosa in grado di abbattere un overlord può essere un importantissimo deterrente per ospiti indesiderati (il nazista con il palo in culo in primis).
Ma si stava perdendo in troppi ragionamenti.
<< Allora, dove andiam- Jack?! >>
Il suo collega era sparito nel nulla.
<< Mi... mi prendi in giro? >>
Mihaela iniziò a guardarsi attorno, come poteva un agente scelto come lei non accorgersi di cosa le accadeva a due passi di distanza?
Fortunatamente la sua guida non si era allontanata troppo, la trovò subito, in mezzo a una piccola folla che si era radunata attorno ad un ampio stand, con tutte quelle persone davanti era difficile guardarne il contenuto.
Si stava facendo largo tra gli astanti con la sua tipica educazione, e già che c'era ne approfittava per infilare le mani nelle tasche di qualche demone collassato.
<< Ehi! Coglione! >>
Senza troppi complimenti iniziò a correre dietro Faccia Bruciata, non era il momento per questo!
Con movimenti rapidi e decisi, Mihaela prese a camminare in mezzo alla folla spostando di malagrazia chiunque avesse la sfortuna di finirle davanti, e ben presto furono più quelli che si facevano da parte da soli che quelli che si lasciavano spingere.
La sua presenza del resto non era qualcosa che passava indisturbata, specie se nei momenti di incazzatura tende a sciogliere le persone vicine, come poveretto riverso a terra poteva testimoniare.
<< Ti pare il momento di fare shopping?! >>
Scalciando e spingendo giunse a destinazione, cioè accanto a Jack, e lo trovò chino su un grosso stand pieno di... beh, sostanze.
Un autentico bazar della droga, una struttura in legno suddivisa in ampi scompartimenti rettangolari, ciascuno con un diverso tipo di stupefacente, dalle erbe a roba più pesante.
Il tutto in grandi quantità ed a prezzi stracciati, qualcosa che avrebbe mandato su tutte le furie qualsiasi overlord interessato a controllare il mercato.
Nei distributori in superficie le dosi erano scarse e costavano abbastanza, qui no, qui anche i più pezzenti tra i demoni potevano trovare abbastanza sballo per qualche giorno prima di tornare strisciando.
Quasi quasi poteva servirsi anche lei, non faceva uso di sostanze tanto quanto la maggior parte degli abitanti di Pentagram City, ma visto il recente attentato della sua guida alla sua salute mentale, poteva seguire il consiglio appassionato che le aveva dato Sherry qualche sera fa:
“Drogati un po' di più e pensa un po' di meno.”
Ma poteva permettersi il lusso di farsi con Jack vicino?!
A disposizione dei clienti vi erano diversi sacchi di tela, e Jack ne stava usando uno grande per trasportarne diversi più piccoli, tanti sacchi più piccoli ognuno riempito con un diverso tipo di sostanza.
Mihaela non si stupì più di tanto.
La calca era enorme, ma i bodyguard vigilavano sulla distribuzione, assicurandosi che nessuno dei clienti provasse ad allontanarsi senza pagare, infatti quando una piccola creatura aracnide provò a sfruttare la sua bassa statura per allontanarsi indisturbata, quello che ottenne fu di finire calpestata da uno degli addetti della sicurezza.
In tutto questo, indifferente a quanto gli stava accadendo attorno, Jack accumulava indisturbato un quantitativo di sostanze tali che Mihaela dubitava fosse in grado di pagare anche a prezzi così irrisori.
<< Jack... >>
La sua guida non la stava cagando minimamente, intenta com'era a usare una sessola per riempire l'ennesimo sacchetto da aggiungere alle sue scorte.
Seriamente?
Erano al primo itinerario e questo qui si era già perso a fare rifornimento di stupefacenti?
<< JACK! >>
Faccia Bruciata si girò verso di lei, per squadrarla con ostilità.
<< No senti, io non condivido, prendi quello che devi prendere e- >>
<< Ti pare il momento?! >>
Se Jack avesse avuto degli occhi, Mihaela avrebbe potuto leggere l'incredulità nel suo sguardo.
<< Perché? Tu non fai scorta per il viaggio? >>
Ok, doveva aspettarselo, un ex militare che aveva fatto il pieno di esperienze traumatiche e che era stato drogato fino al rimbambimento non poteva che trascorrere la sua esistenza post-vita come un tossicomane.
Ma al momento gli serviva lucido.
Ammesso che lo fosse mai stato!
<< No! Poi se devo farmi aspetto di essere a casa, e che cazzo! Non dovremmo raggiungere il tu-sai-cosa?! >>
In risposta, Jack chiuse il sacco per metterselo in spalla.
<< Oh, ma lo stiamo facendo! >>
<< Ti prego, non dirmi che stai accumulando droghe perché ti servono per orientarti, questa scusa l'ho sentita troppe volte per troppi ambiti diversi. >>
<< EHM. >>
<< Stavi per rifilarmela come scusa, vero? >>
L'ex militare le puntò un dito carbonizzato contro il viso.
La sua espressione lasciava intendere che aveva recuperato la serietà, se mai ne aveva avuta.
<< Stammi a sentire! Io so ESATTAMENTE quello che sto facendo! Per questo siamo qui! >>
<< Ogni frase che dici ti rende meno credibile. >>
<< SONO SERIO... TU! >>
<< Io?! >>
<< TU! >>
Il ditaccio nero e sporco di Jack si soffermò su una figura dietro lo stand, non il proprietario (ammesso che fosse lì presente), ma un demone che aveva tutta l'aria... di un commesso.
Anzi no: di un pusher.
Aveva l'aria di un commesso, ma era vestito e aveva i modi di fare tipici del più stereotipato dei pusher di strada:
Vestiti scuri, sporchi, un giubbotto pieno di tasche che probabilmente usava per nascondere altre sostanze da vendere in giro come forma di straordinari, insomma, non vi erano dubbi che fosse del mestiere.
Per il resto il suo aspetto era abbastanza pulito: occhi dorati, capelli scuri e spettinati, pelle incolore, piccole corna ricurve verso l'alto e una lunga coda pelosa che in quel momento stava frugando nelle tasche di un cliente in stato catatonico.
Abbastanza umano se comparato alla massa di mostri, animali o altre strane robe che gli giravano attorno.
Credutosi colto in flagrante, il giovane demone schizzò all'indietro, urtando un altro dei commessi e alzando le mani per spiegarsi, peccato che in tutto questo lasua coda stava tenendo stretto un portafoglio.
<< Posso spiegare! Stavo effettuando un- >>
Rendendosi conto che il cliente derubato era troppo fuso per preoccuparsi di quanto accadeva alle sue tasche, e che al resto dei presenti non gliene fregava un cazzo, il commesso rilassò il viso.
Per poi tendere tutti i nervi facciali non appena i suoi occhi incrociarono le cavità vuote di Jack.
<< No! Tutti ma non te! >>
Ricordandosi di come aveva incontrato Jack al fast food di prima, Mihaela non aveva problemi a immaginarsi come mai quel pusher non fosse particolarmente contento di vederlo.
Se Jack già era un cliente terribile da normale, figuriamoci com'era trattare con lui mentre era in stato di alterazione psichica.
<< Tu! >>
<< No! Tu! >>
<< Tu! Mi servi! Sposta lo stand e facci passare! >>
In quel momento, tutti i colleghi del demone si girarono verso di lui, un'espressione di disagio prese forma sul suo viso.
<< C-credo che mi stai confondendo con mio fratello Carlos! Io non faccio queste cose! >>
Mihaela non ci mise molto a capire che Jack stava dicendo cose che i colleghi di quel poveraccio non dovevano sapere.
Jack però non possedeva questo grado di acume, e rincarò la dose.
<< Dai! Sai di cosa parlo! Sposta lo stand, apri la botola e fammi passare, ti do un 5%! >>
Il volto di quel commesso divenne, cosa non facile, più pallido di quanto non fosse già prima.
<< Di cosa sta parlando questo tizio, Nathan? >>
A chiederlo era stato un alto demone ricoperto di piume, orbo e con un'espressione severa, se non era il proprietario dello stand, era comunque lui a capo del gruppetto di cinque commessi.
Commessi che guardavano Nathan chi con disappunto chi con un ghigno crudele sul viso.
Preso dal nervosismo il demone iniziò prima a balbettare, poi rinunciò per prendere a parlottare tra sé e sé mentre la coda iniziava ad attorcigliarsi su se stessa.
<< Cazzo Ion, perché dovevi consigliarmi di arrotondare sul passaggio segreto...? >>
<< Sto parlando con te! >>
Il demone si drizzò come un palo, chiaramente a disagio, in tutto questo però Jack non sembrava aver capito in che situazione stava cacciando il suo collaboratore.
<< Vuoi negoziare? Ok stronzo! Ti do un 6%! Un 10%? Un 50%? Non mettermi in questa situazione ora che ho una cliente, e andiamo! >>
<< Nathan! >> gridò il capetto.
<< Stai usando il NOSTRO passaggio dei rifornimenti per portare gente in giro?! >>
<< E-ehm posso spiegare, vede... >>
Mihaela si fece avanti, scavalcando i clienti in prima fila e portandosi davanti al pennuto.
Questa era una di quelle occasioni in cui o si doveva mentire o si doveva picchiare, Mihaela era preparata ad entrambe le eventualità.
Ma se doveva scegliere, era grata che il suo addestramento non le avesse insegnato soltanto a scalare muri e usare armi.
<< Il tuo capo non ti ha avvisato? Ci ha accordato il passaggio, con quello lì. >>
Indicò lo sfigato che da un momento all'altro sarebbe stato pestato a morte dal suo caporeparto, dagli altri commessi e forse anche dai bodyguard se non fosse che tutta la loro attenzione era rivolta al pubblico (già mentre parlavano qualcuno aveva provato ad allungare la mano sul carico, o così poteva sembrare dal rumore di ossa rotte che Mihaela aveva udito in sottofondo).
Inutile dire che il pennuto, un grosso demone avvoltoio alto almeno mezzo metro più di lei la stava squadrando con diffidenza.
Mihaela approfittò della sua assenza di proteste per scavalcare il banco, sorda alle recriminazioni dei commessi, il pennuto fece per dire qualcosa ma lo zittì con un movimento della mano.
Poi prese a parlargli nell'orecchio, sforzandosi al meglio per contenere il calore.
<< Mi spiace, il mio collega ha la discrezione di un cazzo in culo, non ha capito che dovevamo aspettare un momento meno trafficato, ma ormai il danno è fatto e abbiamo pagato. >>
L'avvoltoio aggrottò il capoccione piumato.
<< Ed ha detto che Nathan vi scortava? >>
Mihaela scosse la testa.
<< Ha detto che lo avrebbe fatto qualcuno, poi il mio amico traffica qui da più di me, magari non è la prima volta che passa di qui e sa a chi chiedere. >>
Spostò lo sguardo verso il commesso, che in quel momento stava venendo tenuto fermo (con ben poca delicatezza a giudicare dall'espressione tirata) da una delle guardie dello stand, e questi prese ad annuire energicamente a sostegno della tesi di Mihaela.
<< Sì! Quello che stavo cercando di dire è che Jerome mi aveva detto che il capo gli aveva detto di aspettare qui un tizio che sembra avere premuto la faccia contro una stufa e un affare luminoso che sembra fare schifo a tutte le persone a cui si avvicina! >>
Guardandosi attorno, Mihaela poteva notare che la maggior parte dei demoni aveva preso le distanze da lei e dallo stand, anche il caporeparto si era riparato dietro una sedia dopo avere notato che le piume stavano iniziando a cadergli più rapidamente del solito.
Il suo unico occhio si soffermò su quelli della demone, sta volta si poteva chiaramente leggere una nota di panico.
<< Potete passare. >>
Mihaela inarcò un sopracciglio.
<< Sei persuaso del- >>
<< Per favore, muovetevi, stai mettendo a disagio i clienti, Jorah! Apri la botola! >>
Un pesante tonfo, e Mihaela vide una spessa botola in cemento venire rimossa da un demone tanto corpulento quanto ben vestito, Nathan fece per aggiungere qualcosa ma venne scagliato dentro l'apertura.
<< Ce ne avete messo di tempo! >>
Facendosi largo a spinte ai danni dei basiti commessi, Jack si fece avanti ad ampie falcate prima di saltare dentro la botola, subito dopo si udirono i gemiti di dolore suoi e di Nathan.
<< Non starmi sotto i piedi, stronzo! >>
La clientela in tutto questo aveva osservato la scena senza commentare, e passarono almeno cinque secondi prima che decidessero di dimenticarsi cosa era appena successo e tornare ai loro acquisti, mentre il direttore dello stand teneva il suo occhio ansioso puntati sulla demone luminosa.
Mihaela dal canto suo, stava seriamente avendo dei ripensamenti.




Nota dell'autore
Il personaggio di Nathan appartiene a
White Pika girl che ringrazio per l'aiuto fornito per questa storia.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo V


Sdraiata su un divano verde pisello all'interno di un salottino rettangolare dalle pareti grigiastre, la ragazzina cercava di non sbadigliare mentre teneva gli occhi scuri incollati sullo schermo a tubo catodico di un piccolo televisore posto sopra un altrettanto piccolo mobiletto.
Le sue palpebre lottavano per non cedere alla stanchezza mentre le orecchie rimanevano insensibili alle parole che quel triste uomo in bianco e nero stava pronunciando davanti al suo ingombrante microfono.
Nella stanza sembrava non muoversi nulla, non una mosca o una zanzara (benedetto l'autunno che segnava le aveva uccise tutte), ed il passare del tempo era scandito dalla voce bassa e monotona dello speaker televisivo.
Mamma e papà quella sera sarebbero rientrati tardi da una cena tra amici, i suoi fratelli erano già andati a dormire, e lei?
Era sabato sera, niente scuola domani, si dorme fino a pranzo, forse anche più tardi.
Ma a lei pareva brutto sprecare del prezioso tempo libero a dormire, almeno in orario serale, quindi era rimasta sveglia assieme a suo nonno a guardare il notiziario.
E ora stava avendo dei sinceri ripensamenti.
Gli adulti guardano spesso il notiziario, lei personalmente lo trovava noioso, non capiva un accidente di cosa stava parlando quel piccolo uomo con i capelli a riporto, avrebbe preferito guardarsi lo show del teatro Țăndărică, ma quella trasmissione la TVR l'aveva relegata alla fascia pomeridiana.
Non capiva cosa ci trovassero tanto i suoi genitori in quello schermo, a parte il teatro di marionette tutto il resto era estremamente noioso, se avesse voluto guardare un vecchio uomo triste parlare a voce moderatamente alta sarebbe rimasta al doposcuola.
Spostò lo sguardo verso suo nonno, lui sì che sembrava preso dalla trasmissione.
Nonno Grigore se ne stava seduto con la schiena curva in avanti, la mano ferma sul bastone da passeggio dalla superficie segnata da tagli, un'espressione talmente concentrata che non poté fare a meno di chiedersi se stesse lottando per non farsela addosso, come era successo due giovedì fa.
Suo nonno le aveva fatto promettere sulla bandiera, sulla costituzione e sull'intera nazione di non dire nulla ai suoi.
“Meglio la morte al pannolone!”
Non poteva che condividere, che cosa imbarazzante.
Spera di diventare vecchia il più tardi possibile, nessuno dovrebbe tornare a indossare i pannolini dopo i tre anni.
Ma oltre a fare la numero due sempre alla stessa ora del giorno, suo nonno non si perdeva mai il notiziario, beh non che si staccasse mai dalla televisione, ma le notizie internazionali erano ciò che gli premeva sapere più di ogni altra cosa.
Rattrappito dall'età ma dalla corporatura ancora robusta (e larga), con un viso glabro e squadrato eccetto per pochi capelli grigiastri che si ostinavano a rimanergli attaccati, suo nonno era il ritratto della salute, almeno per chi poteva guardare in superficie.
Suo padre si riferiva a lui come “il pazzo”, “quello tocco” o altri termini che una brava cittadina della repubblica socialista di Romania non dovrebbe mai dire in pubblico.
Eppure suo nonno non sembrava tocco, specie quando puntava i suoi occhi di falco sullo schermo del televisore, ascoltando i lunghi e noiosi discorsi dell'uomo in giacca e cravatta.
Sinceramente, avrebbe trovato più interessante stare a guardare lui che non il servizio in sé.
Almeno finché un suono di arma da fuoco non la fece trasalire, scattò in piedi, guardandosi attorno, nessun aggressore.
<< In seguito alla morte del presidente dittatore Diệm il sud del Vietnam è diventato una polveriera, le proteste della popolazione buddista contro le politiche imperialiste del governo filo-occidentale di Saigon denunciano l'inefficienza di Washington nella gestione... >>
Si girò verso la tele, adesso le palpebre non erano più tanto pesanti.
<< In tutto questo, non si fermano le operazioni dell'esercito popolare vietnamita e dei volontari per la ricacciata in mare dell'esercito americano... >>
L'uomo noioso era sparito, adesso il televisore mostrava quella che doveva essere una giungla, si vedeva poco e male, ma si sentiva il rumore di spari e gente che correva.
Questa era la guerra?
Non ci capiva molto.
<< Tenaci questi vietnamiti, gli hanno tirato addosso proiettili, bombe e gas, ma non mollano l'osso nemmeno a pagarli, è esattamente così che abbiamo combattuto i tedeschi fino all'Ungheria. >>
Come c'era da aspettarsi, suo nonno amava parlare di guerra, e lei amava ascoltarlo, trovava molto più curioso quello che aveva da dire sulla avventura in Russia che le vuote righe del libro di testo.
<< Anche voi vi nascondevate tra gli alberi? >>
Il vecchio scosse la testa.
<< Avessimo avuto una giungla come quella...! No, c'era solo la neve, e a starci dentro ci gelavi, poi quando tornammo in Romania e cambiammo fronte gli alberi non bastavano per nasconderci dagli aerei, ma in qualche modo... ce la siamo cavata, e credo se la caveranno anche loro. >>
Come suo solito, concluse la frase con un'alzata di pugno, proprio in quel momento il suono di un boato invase la stanza, il televisore aveva trasmesso la caduta di una bomba nella giungla.
Lei tornò seduta, sta volta con gli occhi bene aperti.
<< Quindi, secondo te vincono loro? >>


<< Idiota! Sei un idiota! Se ti dico che devi venire solo dopo la chiusura, di fare un segnale e aspettare la mia risposta, e di non parlare con nessun altro dei commessi, SARÀ PERCHÉ C'È UNA BUONA RAGIONE! >>
<< Non posso perdere tutto quel tempo e chiedi cose troppo complicate, ed io non faccio cose complicate senza essere prima pagato! >>
<< CIOÈ! ACCETTO I TUOI SOLDI PER FARTI SFRUTTARE IL PASSAGGIO E TU NE CHIEDI A ME PER USARLO BENE?! MA SEI NORMALE?! >>
<< MI SEMBRA UN ACCORDO EQUO! >>
Mihaela aveva sin dall'inizio avuto la granitica certezza che un viaggio con Faccia Bruciata avrebbe gravato non poco sulla sua igiene mentale, e proprio quando stava iniziando a ricredersi, ecco che si aggiungeva un altro ospite a portare ulteriore disagio all'interno di una giornata già di per sé non al top.
Il brutto stereotipo di un pusher non aveva smesso di lamentarsi da quando Mihaela e Jack gli erano atterrati addosso, e per carità, aveva indubbiamente ottime ragioni per farlo, ma quelle ragioni a Mihaela importavano in maniera molto relativa.
Le importava arrivare a destinazione il prima possibile e rincasare altrettanto velocemente, più scendevano e meno si sentiva al sicuro, specie con dei compagni di viaggio così inaffidabili: Faccia Bruciata non aveva tutte le rotelle apposto e l'altro poteva essere soltanto un valido scudo di carne.
Stranamente la cosa le ricordava i tempi del suo addestramento.
Ma se non altro, stavano andando da qualche parte, e quello solo grazie alla loro esperienza nella metropolitana, ambiente dove lei era tanto a suo agio quando un bolscevico al World Trade Center.
Avevano camminato a lungo dentro un ampio corridoio scavato nella terra, un'arteria usata da quei demoni che dovevano spostare droga o materiali preziosi e non potevano permettersi di rischiare qualche furto con delle operazioni allo scoperto.
A detta di Nathan, lui e i suoi colleghi erano soliti usare questo condotto per rincasare in sicurezza, ma il boss per cui lavoravano era al sicuro da tutt'altra parte.
Alto ma largo appena per far passare tre persone vicine, lo scopo originale di questo tunnel era sconosciuto ai più, ma a detta di Jack attraversava verticalmente il sottosuolo e si collegava a molte delle sottostazioni cominciate e mai finite.
Il passaggio infatti era inclinato verso il basso, a ogni passo che facevano Mihaela sentiva di starsi avvicinando al centro della Terra.
Beh sempre se l'inferno avesse qualcosa di simile: esisteva il cielo, si poteva vedere il paradiso lontano tra le stelle, dovevano essere in una dimensione a parte separata da quella dei viventi.
E l'inferno è strutturato in gironi, separati tra di loro e il cui passaggio era interdetto alle anime dannate, ma esattamente come funzionava la cosa?
Scosse la testa, non aveva mai compreso la cosmologia di questo posto e non avrebbe iniziato a farlo adesso.
<< Si può sapere poi dove state andando? E per quale motivo tra tutte le dannate vie e passaggi segreti di questo posto dovevate passare PROPRIO DA ME?! >>
Mihaela alzò le spalle.
<< Chiedilo a Jack, è lui la guida. >>
Faccia Bruciata iniziò a guardarsi attorno con aria... preoccupata?
<< Ehm perché è la via più veloce... >>
Nathan incrociò le braccia, non sembrava convinto, e Mihaela dal canto suo era stata addestrata a riconoscere una bugia, ed anche se Jack non aveva occhi, labbra, fronte e qualsiasi altra parte del viso utile da guardare al fine di intuire o meno la sua sincerità, il suo atteggiamento parlava più chiaramente di qualsiasi altro indicatore.
<< Balle. >>
<< Ok ok! È che ho fatto incazzare qualche persona e avevo bisogno di un passaggio più discreto! Poi dovevo fare rifornimento! >>
Il demone che li stava accompagnando non poté fare a meno di sbuffare mentre con un agile saltello passava oltre una pozzanghera di melma dall'origine alquanto sospetta se si considerava che stavano camminando in un luogo al chiuso.
<< Chissà perché non sono sorpreso! Sai che dovrò trovarmi un altro lavoro per colpa tua? Quello stronzo lo dirà al capo e quando scoprirà che ho mentito non potrò farmi vedere qui per mesi, e anche voi due! >>
Faccia Bruciata scosse la testa.
<< Me lo dicono ogni volta. >>
Frustrato, il pusher alzò il dito medio.
<< Farai meglio a trovarti un altro passaggio, perché col cazzo che ti faranno passare qui la prossima volta! >>
<< Mi dicono anche questo! >>
Mihaela stava iniziando ad averne abbastanza di sentirlo lamentarsi.
<< Giusto per sapere, quanta gente hai fatto incazzare e perché? >>
<< Che ne so! Sembravano tanti! È che... potrei aver detto delle cose poco gentili verso le persone di colore... chi l'avrebbe detto che in vita erano quasi tutti dei negri! Non puoi mai sapere con chi stai parlando! Ai miei tempi li mettevamo in prima linea e li mandavamo a far esplodere le mine nella giungla, bei tempi quando essere bianco significava essere migliore, poi quando i musi gialli rispondevano noi facevamo cantare l'artiglieria, così prendevamo due piccioni con una fava. >>
Mihaela e Nathan rimasero allibiti per qualche istante.
Anzi, soltanto Mihaela per qualche istante, Nathan anche di più.
<< E niente, quando gliel'ho raccontato se la sono presa, ormai non si può dire più niente qui! >>
Ok, che Faccia Bruciata fosse capace di fare questi discorsi senza nemmeno curarsi di chi aveva o poteva avere davanti e come questi potevano reagire non la sorprendeva più di tanto.
Il fatto sorprendente era che fosse ancora vivo.
Non poté fare a meno di spostare lo sguardo verso il pusher.
<< Ma... >>
<< No, è così da quando è arrivato. >>
<< E quando è fatto? >>
<< … Forse il punto è che lo è sempre, ah, a proposito! >>
Veloce come il vento, l'anima dannata aprì la giacca, esibendone l'interno pieno di tasche, tutte piene fino all'orlo di sostanze, funghi ed erbe di vario genere, ad ogni tasca era inoltre incollato un foglio adesivo con sopra scritto il nome dello stupefacente e il relativo prezzo.
<< Vuoi favorire? >>
<< Passo. >>
<< Posso farti uno sconto per il tuo primo acquisto! >>
<< Ripeto: passo. >>
<< Sicura? Guarda com'è felice quello lì. >>
Mihaela si girò per notare Jack intento a specchiarsi su un vetro rotto che doveva avere raccattato da terra chissà quando.
<< Lo sai che sei bellissimo? Cosa? Sta arrivando?! >>
E senza aggiungere altro, tirò la scheggia di vetro a terra, frantumandola in tanti pezzettini.
<< Sicurissima. >>
<< Non sai che ti perdi! >>
<< Credimi, lo so. >>
Nathan chiuse la giacca, mentre l'ex militare si avventò sui due, sembrava... scosso.
<< Muoviamoci! Il coniglio è vicino! >>
<< Il... coniglio bianco? Quello che ti perseguita? >> chiese Mihaela alzando un sopracciglio.
Fottuto nel cervello com'era non si sarebbe stupita che si fosse fatto un nemico immaginario.
<< Sì! Lo hai visto anche te?! >>
A quel punto la demone radioattiva volse lo sguardo verso lo spacciatore.
Questi alzò le spalle con una smorfia confusa.
<< Sì ehm me ne ha parlato anche a me, ma non l'ho mai visto, credo sia frutto della sua fantasia. >>
<< Bastardo! Ogni volta che si avvicina qualcuno se ne scappa, e la gente finisce per dire che sono isterico! >>
<< Non lo sei? >>
Faccia Bruciata squadrò entrambi, irrigidendo con le gambe e drizzando la schiena con decisione.
<< Lo sono, MA PER ALTRE RAGIONI! >>
<< Jack, sono commossa dalla tua ammissione, davvero, ammettere di avere un problema è il primo passo per superarlo, ma potresti farlo a voce bassa? Non sappiamo chi potrebbe esserci qui... >>
Faccia Bruciata la squadrò per qualche istante.
<< Non viene nessuno qui! Eccetto gli spacciatori. >>
Nathan alzò la mano.
<< Presente. >>
Ma come? Non era terrorizzato dalla presenza di un coniglio immaginario giusto due attimi fa?
Ma come funziona il suo cervello esattamente?
Mihaela sapeva che la sua domanda non avrebbe conosciuto risposta.
<< Ecco, come lui, e in questo momento non ne vedo altri! Basterà proseguire per la discesa e sperare che non crolli niente. >>
Mihaela sbatté le palpebre.
<< Prego? >>
<< Basterà proseguire per la discesa e sperare che non crolli niente! Sei diventata sorda per caso? ALLORA! HO DETTO CHE- >>
<< Cosa vuol dire che dobbiamo sperare che non crolli niente?! >>
<< Che dobbiamo- >>
<< SIAMO IN PERICOLO DI CROLLO SÌ O NO? QUESTO TI STO CHIEDENDO! >>
<< E CHE NE SO?! >>
<< SEI UTILE COME UN CULO SENZA BUCO LO SAI?! >>
<< FINO A PROVA CONTRARIA SONO IO A DIRIGERE IL TOUR QUI! >>
Mihaela avrebbe fatto per replicare, ma i suoi occhi si soffermarono sulla luce verdastra che stava ricoprendo Faccia Bruciata.
Ecco, ora sì che doveva sperare di non far crollare niente.
Spostò lo sguardo verso il basso, come temeva il suo corpo stava diventando luminoso, e quando il suo corpo diventa luminoso significa che si sta surriscaldando.
E non le serviva interrogarsi su cosa sarebbe successo se il suo corpo avesse continuato a farlo.
Con uno scatto laterale si allontanò dallo yankee.
Per fortuna la terra sotto di lei non aveva iniziato a sciogliersi.
No, per fondere la roccia sarebbe dovuta arrivare a dei livelli decisamente più alti, in compenso Nathan si era nascosto dietro Faccia Bruciata, che invece la stava fissando con uno sguardo di sfida.
<< Tipico di chi non sa vincere una discussione: insulta e scappa! >>
<< Non mi prendo la briga di risponderti perché saresti troppo stupido per capire la rispo- >>
<< AH SÌ? E TU SEI GRASSA! >>
La demone radioattiva inizio ad inspirare.
Inspira e respira Mihaela, inspira e respira.
Se poi sarai ancora nervosa lo mutilerai a missione finita.
Ancora nascosto dietro il suo scudo di carne bruciata, Nathan provò a sporgersi timidamente.
<< Ehm non vorrei interrompervi, ma non posso fare a meno di notare che sei luminosa. >>
<< Sì, processo di fusione radioattiva o quello che è, e aumenta quando mi innervosisco, e voi non volete vedere cosa succede quando mi innervosisco sul serio. >>
Lo spacciatore deglutì per poi tornare al riparo, non ci teneva assolutamente a scoprire cosa sarebbe accaduto nel caso si fosse innervosita sul serio.
Jack invece, pareva non avere elaborato l'informazione.
<< Quindi mi stai dicendo... >>
<< Jack, per il tuo bene, se stai dicendo quello che penso tu stia dicendo io... >>
<< È il tuo periodo del mese! >>
<< … Per favore. Andiamo avanti. Prima che voglia fare qualcosa di davvero violento. >>
<< Aspetta! >>
Improvvisamente Faccia Bruciata sembrò ricordarsi di qualcosa di estremamente importante.
<< Cosa? >>
<< Mi stavo chiedendo... ma le anime dannate donne hanno il ciclo? Nessuno può procreare ma lo stronzo là sopra ve lo ha lasciato come punizione divina, è così?! >>
Mihaela rimase immobile per qualche secondo, osservando intensamente l'enorme faccia da schiaffi (mezza scolta) che aveva davanti ai suoi occhi.
Poi proseguì in avanti, senza degnarsi di dare alla propria guida alcuna risposta in merito alla domanda.
Nathan, rimasto immobile durante tutta la scena, spostò lo sguardo verso il muso ossuto di Jack.
<< Sai... che me lo chiedo spesso anch'io? >>
<< Se non la piantate con questi discorsi e vi date una mossa, vi dimostrerò che anche i maschi possono perdere sangue in mezzo alle gambe, siete curiosi di scoprirlo? >>
Il pusher e l'ex soldato si scambiarono uno sguardo d'intesa, per poi accelerare il passo con una certa intensità.
Tempo una mezz'ora e arrivarono a quello che doveva essere un capolinea, il tunnel, dopo la lunga discesa verso il basso, si arrestava bruscamente contro una parete rocciosa pressoché intatta.
La zona era invasa da detriti, polvere, e piccole scorte di sostanze appoggiate alle pareti.
Nulla di particolarmente invadente, evidentemente i colleghi di Nathan usavano questo vicolo cieco come magazzino per le scorte, anche se la distanza rendeva lo spostamento da lì al mercato sotterraneo non particolarmente facile.
La presenza di droghe e allucinogeni vari era inoltre facilmente intuibile dall'odore, la puzza d'erba permeava l'intero vicolo coprendo tutti gli altri odori.
Jack, muovendosi con la rapidità di chi sapeva cosa stava facendo, si avventò contro un gruppo di grossi sacchi, e iniziò a vuotarne il contenuto in quello che si stava portando dietro da quando avevano lasciato il mercatino di prima.
Cosa che tra l'altro aveva fatto senza pagare.
Nathan assunse un'espressione scandalizzata.
<< Ehi!... No giusto, verrò licenziato a breve. >>
E senza aggiungere altro, si lanciò a sua volta sulle scorte per immagazzinare quanta più merce possibile nelle numerose tasche del suo abito e dei suoi pantaloni.
Mihaela fece appello alla sua pazienza per non fare del male a nessuno dei due.
<< Jack, ti dispiace?! >>
<< Ah, sì, il passaggio segreto. >>
E sollevando dal suolo un carico su cui Nathan sembrava voler mettere le mani, lo lanciò lontano da sé tra le imprecazioni del demone spacciatore.
Il contenuto si riversò a terra, assieme a quello di altri contenitori da lui lanciati.
<< Ehm... ehi! Questo stronzo è seduto sopra la botola! >>
Mihaela si fece avanti.
Jack, lanciando via sacchi e contenitori aveva in effetti scoperto una botola che prima non si vedeva, una grande botola in legno e dall'aspetto consumato, ma al momento c'era ben altro ad attirare l'attenzione dei tre demoni:
Sopra la suddetta botola, era stato inchiodato il tronco di una creatura umanoide, un'anima dannata come loro, ma... morta, e in maniera presumibilmente dolorosa.
Arti e testa assenti, soltanto un busto ricoperto di sangue rimaneva incollato alla superficie in legno, ed a giudicare dal colore rossiccio del sangue ormai secco, doveva essere lì da un po'.
Nathan esplose in un turbinio di imprecazioni ed andò a rifugiarsi dietro un muro di contenitori, mentre la demone radioattiva, memore del protocollo, iniziò ad analizzare il corpo in cerca di indizi.
Non che ci tenesse a scoprire chi fosse l'assassino, ma se qualcuno qui aveva ucciso un demone, voleva dire che era in possesso di armi angeliche, e in quel caso chiunque di loro sarebbe stato a rischio.
Dunque, meglio fare una veloce autopsia.
Il torace era aperto, affacciandosi Mihaela poteva notare gli organi rinsecchiti e due enormi chiodi che tenevano il corpo incollato alla botola.
Un avvertimento?
In superficie non sarebbe stato nulla di strano, molti overlord, bande ecc erano soliti lasciare cadaveri (o individui) mutilati a giro come “avvertimento”, ma lì nella metropolitana sarebbero dovuti trovarsi in teoria all'interno di un terreno neutrale.
O si sbagliavano e stavano mettendo il naso negli affari di una persona potente e pericolosa, o dietro quella botola viveva un killer che per hobby squartava altri demoni.
Anche questa prassi comune in superficie ma meno evidente quando si vive in un contesto di perenne guerra tra bande e super demoni.
La prima cosa che fece fu cercare lo sguardo di Nathan, rimasto a tremare in disparte.
<< Se vuoi chiedermi quello che penso: no! Noi non le facciamo queste cose, spacciamo e basta, e non sapevo nemmeno di quella botola fino a un momento fa! >>
Sembrava genuinamente terrorizzato per saperne qualcosa, ma nulla gli impediva di non sapere se magari dietro quel morto c'era l'ordine del suo capo o di qualche suo collaboratore, in quel caso però un manipolo di spacciatori non l'avrebbe preoccupata più di tanto.
A meno che non avessero con sé un arsenale di armi angeliche, con qualcosa di simile tra le mani anche un imp di merda avrebbe potuto porre fine alla sua non vita, e nessuno vuole essere ricordato come quello che è stato ucciso da un merdosissimo imp.
Ma adesso non erano gli imp il problema.
<< Cazzo, l'hanno ridotto di merda... e hanno vuotato le tasche! >>
<< Jack, togli le mani dalle sue tasche e aiutami ad alzare questa botola. >>
Il pusher squittì alle loro spalle.
<< Sicuri di non aver sniffato qualche striscia di troppo?! I-io non entro lì dentro! Come minimo ci troviamo una setta di killer che inchioda le persone in giro! >>
<< Questo è... plausibile. >>
<< No che non lo è! Se inchiodano le persone a giro perché ne abbiamo visto solo uno? E perché lo hanno inchiodato dove non si vede nessuno? Se fossi un inchiodatore di persone lo inchioderei dove tutti possono vederlo! >>
Sorprendente.
Jack aveva detto qualcosa di intelligente, allora c'è una testa pesante sotto tutti quegli strati di testa di cazzo.
O forse tutte le cose di cui si era fatto stavano perdendo effetto?
Beh, per quanto logico il ragionamento non servì certo a calmare l'ultima aggiunta alla squadra.
<< Ecco! Se volete entrare sono cazzi vostri! >>
Faccia Bruciata squadrò il piccolo codardo con i due buchi neri che aveva al posto degli occhi.
<< Se vuoi lasciare la barca, sono cazzi tuoi! >>
<< Q-quale barca? E perché sarebbero cazzi miei? >>
<< AH! SENTITO? QUESTO STRONZO NON SA CHE LA GENTE AFFONDA! >>
Ok, aveva pensato troppo presto, è tornato il solito Jack.
<< TI SEI DROGATO DI NUOVO PER CASO?! >>
Il demone radioattivo decise di non dare troppo peso alle assurdità di Jack.
Altrimenti non ne sarebbero più usciti.
<< Immagino sia giusto, spero riuscirai a evitare i tuoi colleghi passando dall'altra strada. >>
Il pusher improvvisamente si mise ritto come un palo, insensibile alle parole di faccia da teschio.
<< … Ripensandoci andrò con voi. >>
<< … Buona fortuna ugualmente. >>
Senza aggiungere altro, lei e Jack si misero ai lati della botola e afferrarono il cadavere da quei pochi punti dove non era ricoperto di sangue, poi presero a tirare verso l'alto.
La botola si aprì senza opporre resistenze, e la faccia di Nathan divenne, se possibile, doppiamente pallida.
Mihaela poteva solo immaginare il motivo dietro quell'espressione, e guardando la botola dal lato da cui sporgevano le punte insanguinate dei due chiodi, noto che queste si trovavano ciascuna nella metà esatta di una parentesi rovesciata, sotto le due vi era una parabola rivolta verso l'alto.
Non era tanto il fatto che sotto un cadavere fosse stato disegnato un sorriso stilizzato a risultare raccapricciante, quanto il fatto che era stato disegnato con il sangue.




Nota dell'autore
Per chi sentisse la mancanza del vicino di Mihaela, informo che 
Thanos 05 sta scrivendo una storia con Innozenz come protagonista: Un nazista all'inferno.
Già che ci sono, ne approfitto per ringraziare chi ha seguito fin qui, sperando che il prossimo capitolo richieda meno tempo.
A presto!

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI


Come ogni sera, i pali da strip del Lusten erano animati da demoni di ogni tipo e identità di genere intenti a soddisfare con le loro movenze audaci e i loro corpi oliati la libido di centinaia di avventori mezzi ubriachi, bisognosi di un qualsiasi stacco dalla loro grigia esistenza come anime dannate di Pentagram City.
Ma mentre gli occhi della maggior parte di loro erano fissi sui ballerini, un demone in particolare se ne stava in disparte.
Non che fosse possibile stare in disparte in un locale colmo fino all'orlo, ma tra i demoni seduti al bancone, lei era l'unica che in questo momento non stava guardando l'esibizione.
Insensibile ai rumori e alle luci, i suoi occhi erano infatti incollati sul fondo del bicchiere, che doveva aver vuotato almeno una decina di volte negli ultimi minuti.
<< Un altro giro! Ho avuto una giornata pesante! >>
Accortasi non appena finita la frase che l'attenzione degli avventori accanto a lei era tutta focalizzata sull'esibizione, Sherry ne approfittò per afferrare tre bicchieri con le sue molteplici braccia, bere il liquido al loro interno tutto d'un sorso per poi rimetterli al loro posto.
Nel mentre il barista, un demone dal corpo che sembrava composto da radici e vegetali vari con tanto di zucca sotto l'elegante cappello, le serviva il nuovo drink.
<< Segno sul loro conto? >> chiese con una voce senza intonazione nel mentre che si prendeva un sorso anche lui, Sherry annuì prima di vuotare il bicchiere.
<< Un altro ancora, grazie! >>
<< Giornata pesante? >>
La demone ragno si stiracchiò sul posto, massaggiandosi le braccia doloranti.
<< Chi lo vuole sapere? >>
<< Soltanto un barista che si sta annoiando. >>
Sherry non era abbastanza sicura di avere davanti un barista, conosceva bene quel mucchio di radici e foglie.
Cioè no, non lo conosceva, ma lo aveva visto tantissime volte in giro per il Lusten, sia quando ci andava da cliente che come ballerina, e questa era la primissima volta che lo vedeva dietro il banco.
Beh, con tutta probabilità doveva essere un socio di Melanie che avendo sicuramente una radice al posto del cazzo non poteva certo divertirsi in un locale simile.
Dio, che vita triste che doveva essere.
Certo però, non doveva avere proprio un cazzo da fare se ha deciso di prendersi un turno da barista.
<< Nulla di particolare, solo... degli stronzi mascherati che hanno cercato di strapparmi la pelle, chissà poi perché proprio a me. >>
Il barista alzò le spalle.
<< Pentagram City è piena di delinquenti. >>
<< Sì, ma questi erano ben coordinati, ci sarà qualche overlord dietro... o avranno preso ispirazione da qualche brutta serie tv. >>
Prima che il barista avesse modo di rispondere, uno schianto si fece sentire a poca distanza dai due.
Sherry e Faccia di Zucca spostarono lo sguardo alla loro destra, e subito la demone ragno riconobbe le facce di due clienti che le erano molto familiari.
Ad avere fatto tremare il bancone del bar (assieme all'intero quartiere) era stata una procace demone dalla pelle viola scuro e i capelli sempre dello stesso colore ma di una tonalità più accesa da cui spuntavano due antenne da cavalletta.
Il suo corpo formoso ben evidenziato dai suoi pantaloncini scuri e un vivace top rosso e i suoi magnetici occhi verdi l'avrebbero sicuramente resa oggetto di parecchie attenzioni indesiderate all'interno di un locale simile...
Se non fosse che chiunque avesse voluto provarci si sarebbe tenuto a largo non appena notati i denti da squalo in grado di strappare una testa a morsi senza troppi problemi e le due lunghe lame chitinose che riposavano sotto i suoi avambracci.
Ma anche in quel caso, qualche povero pazzo ci avrebbe potuto provare comunque, se non fosse che la signorina era ben conosciuta al Lusten come cliente abituale e come assassina in grado di tagliare in due enormi travi di metallo con la stessa naturalezza di quando taglia il panetto di burro per la colazione.
Non che nessuno l'avesse mai vista fare colazione, molti erano convinti si cibasse delle sue stesse vittime, anche se per carità, pure se fosse vero, non è che all'inferno sarebbe stata una cosa così disturbante.
Tra serial killer cannibali, feticisti, o semplici anime affamate, il cannibalismo era praticato da un numero non indifferente di dannati.
<< Tu! Dammi l'affare più alcolico che hai! Ho avuto una giornata di merda e devo riprendermi! >>
La demone non sembrava essersi resa conto della loro conversazione, prese posto sulla sedia più vicina e iniziò a tamburellare le dita sul legno del bancone, esibendo un'espressione alquanto scottata.
Accanto a lei, un'altra (procace) presenza abituale che Sherry e il misterioso barista avevano imparato a conoscere pur senza averci mai parlato, ovvero una demone dalla pelle chiara e ricoperta in più punti da uno sottile strato di pelliccia bianca, demone che nonostante frequentasse il locale da anni con l'altra arrivata nessuno aveva mai capito se fosse una sua amica o se invece non la sopportava neanche un po'.
Con i capelli raccolti in un turbine di trecce bianche come la neve, e vestita con pantaloncini, una mimetica come giacca e il seno fasciato, anche lei non era certamente una persona che poteva passare tanto inosservata in un locale frequentato perlopiù da gente disposta a pagare anche solo per dei preliminari.
E inutile dire che se nessuno aveva ancora provato a darle un minimo di fastidio era perché anche lei si era conquistata una certa fama come combattente e assassina, e che assieme alla sua compagna di bevute (forse l'appellativo più vicino alla verità per definire il suo rapporto con la cavalletta) aveva contribuito a ridurre il numero di clienti troppo turbolenti per i gusti loro e della dirigente del locale.
<< E smettila di frignare, neanche ti avessero fatto male. >>
La demone viola girò il collo di novanta gradi precisi precisi per scrutare meglio gli occhi (uno celeste con pupilla verticale bianca, l'altro giallo e senza pupilla) della sua accompagnatrice.
<< È proprio questo il problema! >>
La leonessa sospirò di gran fiato.
<< Ci risiamo... >>
<< Per una volta che qualcuno di enorme, ok con un outfit di merda e una maschera che potrebbe aver disegnato soltanto uno che ha preso molte sberle da piccolo, ma comunque con una stazza non da poco ti blocca la strada mandando fuori l'autobus con un calcio e dice di volerti ammazzare, beh, ti fai delle aspettative! >>
Adesso stava alzando gli occhi al soffitto.
<< Perché devo sentire questo discorso almeno una volta a settimana? Ero davvero una persona così orrenda in vita? >>
<< E invece ecco che come gli tiro un pugno finisco per passarlo da parte a parte! Voglio dire, non si tratta soltanto di delusione! È una mancanza di rispetto che vieni da ME, prendi il MIO tempo e poi muori senza nemmeno farmi divertire? Come se fossi una sfigata qualsiasi! Valgo così poco in battaglia? No! E che cazzo! È un insulto alla mia persona, al mio stile di vita e alla mia figura professionale! >>
<< Così offendi tutti quelli che hanno un lavoro, me compresa. >>
<< Come se non bastasse non so nemmeno chi me lo abbia mandato, almeno risalivo direttamente al boss di turno e mi rifacevo su di lui! E se fosse un overlord? Un overlord che vuole uccidermi! Avresti in mente qualcosa di più eccitante che insegnare un po' di umiltà a quegli stronzetti altocolati? >>
La demone bianca non sembrava particolarmente convinta.
<< Probabilmente sono una banda di tossici che volevano fare gli alternativi con delle maschere disegnate male. >>
Gli occhi della cavalletta si fecero improvvisamente umidi, prima che iniziasse a sbattere la testa sul tavolo, frantumando sotto la fronte il bicchiere che le era appena arrivato.
<< PERCHÈ DEVE SEMPRE FINIRE TUTTO COSÌ? >>
Portò le mani tra i capelli e iniziò a piagnucolare mente l'altra, spinta da un qualcosa che doveva essere simile a della compassione, iniziò a darle pacche sulla schiena mentre ordinava da bere a sua volta.
Arrivato il suo drink assieme a uno nuovo per la sua compagna (il barista evitò saggiamente di farle notare che aveva distrutto il primo bicchiere con la fronte e di chiederne il pagamento), lo bevve tutto d'un sorso mentre l'altra si lamentava e digrignava i denti.
<< Sappi che se trovi la tua non vita così straziante posso semplicemente porvi fine io, guadagnerei qualcosa in salute e serenità. >>
<< Seh, poi trova qualcuno che sopporti tutto il giorno te e la scopa nel culo che ti ritrovi! >>
La bianca iniziò a farsi gli artigli sul legno del banco.
<< Parli spesso della scopa che ho nel culo, non è che ne vorresti una te? >>
Raccogliendo la provocazione, la cavalletta alzò la faccia (ricoperta di schegge), scoprendo un poco rassicurante sorriso a trecentosessanta denti acuminati.
<< Guarda, io ho gusti un po' diversi, ma ehi, il primo passo per superare un problema è ammettere di averlo! >>
<< Ok, ti spacco la fac- >>
<< Ehm, scusate! >>
Come se fossero a molla, i colli delle due mercenarie scattarono verso Sherry, che percepì un'aura omicida talmente intensa che dentro di sé iniziò a pentirsi di averle rivolto la parola.
Ma l'ultima cosa che avrebbe fatto sarebbe stato mostrarsi intimorita davanti a qualcuno, anche a loro due.
Piegò le labbra in un sorrisino subdolo.
<< Anche tu hai incontrato una persona con una brutta maschera? Che coincidenza... >>

<< Beh questo... >>
<< … Certo che... >>
<< … Fa davvero schifo. >>
L'intera stanza era rossa, e non per una qualche anomala pigmentazione delle pietre:
Su tutte le pareti erano presenti disegni, principalmente sorrisi, fatti col sangue.
E tutti sorrisi stilizzati simili a quelli della botola sopra le loro teste, quella dove le punte dei chiodi fungevano da punto medio di due grandi occhi ad angolo acuto, lo stesso angolo di tutti gli altri.
Inoltre, il fatto che la stanza fosse tenuta ben illuminata, con numerose candele disposte in giro, faceva dedurre che il proprietario (o i proprietari) non doveva essere fuori da molto.
Il che non contribuiva affatto alla tranquillità dei presenti.
Mihaela in anni di onorata carriera ne aveva viste di cose... ma questa mai nella sua vita.
Certo, a pensarci bene si era imbattuta in scene cruente più durante gli interrogatori e le visite ai carceri del regime che non mentre era in servizio, si occupava di controspionaggio, non certamente di killer deviati.
Perché solo un deviato con un discutibile gusto nell'arredamento poteva decorare la stanza con sorrisi disegnati col sangue.
Jack invece doveva aver visto di peggio, è stato in Vietnam, il terrificante Vietnam, dove i suoi amici yankee bombardavano i villaggi con il napalm.
Nathan invece... Nathan era rimasto immobile da quando si era accorto di avere affondato il piede in una pozzanghera rossastra ben più profonda di quanto chiunque avrebbe immaginato.
A differenza del sangue sul cadavere sopra le loro teste, questo era bello fresco.
La stanza in sé, a parte i macabri particolari, sembrava un magazzino, un vero magazzino, quello che avrebbero dovuto usare al posto di quello di sopra, tanto da farle venire il dubbio se la stanza non avesse proprio questa funzione prima che quelli sopra si scordassero della botola...
No, seriamente nessuno si era accorto della botola, specie adesso che c'era un cazzo di cadavere impalato sopra?
Per trovare conferma ai suoi sospetti, Mihaela scoperchiò un barile, uno dei tanti presenti nella stanza.
E niente, non l'avesse mai fatto.
Organi e sangue, questo conteneva.
Nessuna traccia di droga o altro, solo uno spezzatino di interiora immerse nel liquido rosso, l'odore era più nauseabondo di qualsiasi cosa avesse mai odorato prima e dopo la sua morte.
Chi gestiva il traffico là sopra o non sapeva di questa stanza segreta, o faceva finta di non sapere, e in questo caso stavano appena mettendo il naso negli affari di qualcuno di molto più importante e stronzo di loro.
<< Ehi... ma perché quello è verde? >>
Mihaela era già pronta a torcere un dito a Faccia Bruciata, ma seguendo il suo indice trovò in effetti una faccia disegnata sulla parete, verde.
Ma per il resto pareva... la stessa sostanza.
<< Siamo all'inferno, non è la prima volta che vedo del sangue verde, o giallo, o una volta... anche viola. >>
Il piccolo spacciatore girò la testa verso di lei.
<< Aspetta. Com'è che hai visto tutto questo sangue? >>
<< Ti lascio indovinare. >>
Nathan rispose facendo più di un passo indietro, lontano dalla portata di quel mostro di donna.
Mostro di donna che poi piegò il collo in direzione di Jack.
<< Ok, ne sai qualcosa? >>
<< No! Non mi è stato detto niente in merito a riti satanici- >>
<< Jack. >>
<< Ho detto che- >>
<< Siamo all'inferno Jack, non credo che fare riti satanici sia un problema a questo punto. >>
<< … Sei un'irritante sapientona! >>
Nathan afferrò un rene da uno dei barili per lanciarglielo in fronte.
<< Resta concentrato cristo! Nessuno ti ha detto che stiamo passando per la casa di uno o più serial killer? Porca puttana, sembra un film dell'orrore! >>
Jack scosse la testa.
<< Nathaniel. >>
<< Nathan! Non mi sono mai chiamato Nathaniel e lo sai! >>
<< Nathan o Nathaniel, dovresti sapere bene non è un film dell'orrore se non c'è un negro che muore per primo, ed io non vedo negri qui! >>
Mihaela, che a differenza di Jack non si era aggiornata sugli sviluppi della cinematografia degli ultimi quaranta anni, inclinò la testa confusa.
<< Non preoccuparti, di solito la bionda muore quando scopa con qualcuno, e tu sei inchiavabi- >>
Sta volta fu un intero barile pieno di organi a volare addosso a Faccia Bruciata, il poveretto non fece in tempo a schivarlo che si trovò schiacciato dal suo peso e da quello complessivo di ben cinque corpi umani contenuti al suo interno.
Non appena atterrò, il coperchio saltò via, facendo piovere una cascata di organi e sangue sulla sua faccia scheletrica.
<< E per tua informazione, probabilmente, anzi, certamente scopo più io di te. >>
Nathan rispose a questa dichiarazione con uno sguardo perplesso.
<< Ehm davvero? Cioè voglio crederti ma tra le radiazioni e tutto il resto... >>
<< Vuoi finire con la faccia in uno di questi affari? >>
Notando che stava indicando i barili, Nathan si chetò di colpo.
L'ex agente Funar si portò una mano alla tempia, pensierosa.
Per quale motivo si era sentita in dovere di rispondere riguardo la sua vita sessuale ai due stronzi qui presenti?
Vallo a sapere, sarà lo stress che le stanno causando.
Prese un respiro, doveva fare appello al suo senso dell'ordine e ad anni di ferrea disciplina comunista.
<< Va bene, dove dobbiamo andare? A parte la botola non vedo altre uscite. >>
Faccia Bruciata, liberatosi dal baule e con quello che doveva essere un intestino tenue a fargli da parrucchino, prese a girare per la stanza, calpestando senza troppo ritegno pozzanghere di sangue e altre robe schifose cadute in giro per la stanza.
Senza che nessuno dei due accompagnatori avesse qualcosa da ridire in merito ai suoi nuovi capelli, continuò a cercare, fino a fermarsi davanti a una grossa libreria appoggiata alla parete.
<< Il passaggio dovrebbe essere... qui! >>
Mihaela si avvicinò a lui, e assieme provarono a spostate la libreria...
Niente, era come incollata alla parete.
Nathan provò ad aiutare.
<< Forse... dovete trovare il libro giusto? Comporre una combinazione? Magari... tutte le facce insanguinate di questa stanza sono la combinazione! >>
Giratasi verso il piccoletto, Mihaela non poté che annuire: se la libreria non poteva essere spostata, allora serviva per nascondere qualcosa.
Si guardò attorno, cercando con lo sguardo le facce disegnate sulle pareti, gli elementi più vicini a degli indizi in quel posto orrendo.
Cinque erano di tonalità rossa accesa, erano recenti, tre erano grandi e due piccole.
Sette erano di un rosso molto scuro, sangue ormai secco, due grandi e le altre cinque piccole.
Una, grande come le altre tre rosse e due scure, era verde.
La libreria d'altro canto aveva cinque ripiani, i libri erano di vari colori, ma svettavano particolarmente il rosso, il rosso scuro ed il verde.
Tutti i libri di questo colore erano di grandezze diverse, e disposti in modo che non si toccassero tra di loro, nessuno poi era posto sul ripiano superiore.
Facendo appello ad anni di esperienza nella polizia segreta, Mihaela trovò presto la soluzione:
<< Fanculo, io sciolgo le pareti. >>
Appoggiandosi alla libreria, concentrò tutto il calore sulle mani, e presto il mobile prese fuoco, in maniera talmente violenta che i libri ed il legno incominciarono a incenerirsi sotto i palmi della demone.
Jack e Nathan fecero parecchi passi indietro, mentre Mihaela lasciava che il calore si diffondesse per tutto il suo corpo mentre questo affondava nel legno, poi nel metallo e infine nella nuda roccia.
Riportare il suo corpo a una temperatura normale sarebbe stato difficile, diversamente liberare il calore era molto facile, bastava smettere di controllarlo e il processo di fusione al suo interno l'avrebbe resa incandescente come il nocciolo di un reattore, se non di più.
Certo, passare attraverso roccia e metallo fuso era sempre... un'esperienza estraniante, un attimo prima era con le mani appoggiate alla libreria e adesso si stava facendo un bagno nella lava.
Poi, le sue mani tornarono ad accarezzare l'aria, e con un vigoroso strattone in avanti per liberarsi dal magma, Mihaela fu presto dall'altro lato del passaggio.
Non si concesse nemmeno di guardarsi attorno per iniziare a correre in giro, nel timore di sciogliere il terreno sotto i suoi piedi mentre una piccola colata lavica invadeva il passaggio.
Notando la presenza di pareti ai lati, iniziò a premere contro una di queste, nel mentre che imponeva al proprio corpo di tornare ad una temperatura tollerabile, cioè una che non le fondeva il terreno sotto i piedi.
Fortunatamente la parete smise di fondersi quando il suo culo stava già iniziando ad affondare, mentre Jack e Nathan saltarono in mezzo alla coltre di fumo che si era formata dalla libreria in fiamme, atterrando abbastanza lontano dal ruscello di magma che andò presto a solidificarsi.
<< Potevi impegnarti di più! >>
<< Io... io sono sempre meno sicuro dell'idea di viaggiare con voi. >>
<< Oh, che peccato. >>
Staccando il sedere dalla roccia ormai solidificata (lasciandosi dietro una cavità abbastanza evidente), la demone si guardò attorno.
Adesso erano dentro una caverna, una gigantesca caverna che si perdeva in un abisso senza fondo.
Erano usciti dal buco scavato nel muro e nel metallo per trovarsi su un terrazzamento che dava sullo strapiombo.
Mihaela non poté fare a meno di provare un raro brivido davanti alla vastità dell'oblio che si apriva davanti ai suoi occhi.
Pentagram City era una città caotica, viva, colorata, certo, tutte caratteristiche da interpretare nella chiave più negativa possibile, ma erano la caratteristiche di quella che ormai da circa quanta anni chiamava casa.
Ecco, quella grotta era il contrario, era pura oscurità, puro silenzio, non si sentiva un rumore, e dopo anni passati all'inferno, pure il suono di anime torturate sul marciapiede era più rassicurante rispetto alla totale assenza di rumore.
Guardando i suoi compagni, non poté fare a meno di notare che Jack e Nathan camminavano più vicini rispetto a prima, e il primo sembrava a corto di cazzate da dire.
Il che applicato a Faccia Bruciata non poteva che essere un segnale preoccupante.
<< Questo posto sarebbe perfetto per una discarica! >>
Ok no, era il solito imbecille.
Beh, tutto sommato la cosa non le dispiaceva, aveva bisogno di un po' di spirito, per quanto irritante.
Smesso di pensare a quanto fosse inquietante questo buco, le fiamme della libreria alle loro spalle si spensero, e l'unica luce oltre a quella che filtrava dal buco aperto dalla stessa Mihaela, era proprio la stessa demone: in assenza di luce la luminescenza si faceva visibile anche quando non era particolarmente accesa.
E grazie alla propria radioluminescenza, Mihaela poté notare sia due bracieri spenti sul limitare del terrazzamento, quella e un binario con un carrello, binario sospeso nel vuoto della caverna, tenuto in piedi da pali che i tre demoni non riuscivano a scorgere oltre il buio.
Il binario e il carrello erano abbastanza larghi, più che un carro per l'estrazione di minerai, sembrava un piccolo vagone, sufficiente a contenere almeno cinque persone.
Considerando a cosa era collegato, era abbastanza chiaro che serviva per spostare persone da quella stanza inquietante ad un posto... molto, molto più in basso.
Forse un posto ben lontano dai sotterranei della metropolitana, forse verso uno degli altri gironi? Era possibile che avessero trovato il limite fisico del girone dell'orgoglio, dove sorgeva Pentagram City ed erano contenute tutte le anime dannate?
C'era soltanto un binario, nessuna via di ritorno.
<< Volete davvero infilarvi lì dentro? >>
Guardando Nathan, Mihaela alzò le spalle.
<< Devo farmi pagare di più. >>
Lei e Jack si accomodarono per primi, mentre Nathan rimase fermo a guardare il buco da cui erano sbucati fuori, e fece anche qualche passo verso lo stesso...
Finché non si udì il cigolio dei cardini della botola e il rumore di qualcosa che scendeva sul pavimento.
<< Oh no no no e andiamo! >>
<< Cosa succede? >>
Il demone corse verso i due compagni di sventura, e senza aggiungere niente si tuffò nel vagone, mentre Jack, alzando le spalle, alzò la leva collegata ai freni.
Il vagone avanzò verso il basso con un movimento lento... per poi cadere con violenza nel vuoto.

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII


<< VI ODIO! PERCHÈ TRA TUTTI GLI IMBECILLI DI QUESTO GIRONE INFERNALE DOVEVATE CAPITARMI PROPRIO VOI DUE? AVETE ROVINATO LE MIE CHANCHE DI CARRIERA E ADESSO RISCHIO DI MORIRE COME UNA MERDA QUALSIASI! ANZI! HO DAVANTI A ME UNA MORTE DOLOROSA INCHIODATO ALLA PORTA DI UNA QUALCHE SETTA DI SADOMASOCHISTI! E TUTTO GRAZIE A VOI DUE CHE NON VI TENETE LE MANI NEL CULO! VOLEVO SOLO CAMPARE CON LA DROGA PORCO SATANA! >>
Il vagone correva velocemente sopra i binari, ma il frastuono provocato dal metallo delle ruote malformi che strideva contro la superficie delle rotaie non era però sufficiente a coprire le urla del pusher, che bloccato sul davanti dai corpi di Mihaela e Jack, stava venendo schiacciato tra questi e il freddo acciaio di pessima qualità che componeva il loro trasporto di fortuna.
<< INFATTI! È TUTTA COLPA TUA ROSSA! >>
Jack si trovava a sua volta schiacciato tra Mihaela, che era agilmente riuscita a guadagnarsi la posizione più comoda, e il dolorante corpo di Nathan, che trovandosi a prua del carrello inclinato verso il basso stava venendo schiacciato dal peso congiunto dei due demoni.
Ma anche se non era Jack la persona ad essere schiacciata dal peso di due individui, aveva la sfortuna che uno di quei due suddetti individui stesse diventando caldo come il sole, e la sua pelle avrebbe potuto risentirne malamente se non fosse che era già schifosamente bruciata.
<< IO? SE NON ERA PER ME VE NE STAVATE IN QUELLA STANZETTA DEL CAZZO A FARVI SVENTRARE! >>
Dal canto suo, se Mihaela non stava venendo né schiacciata né bruciata viva, doveva comunque sopportare il grande stress del lottare contro il proprio corpo per tenerlo a temperature abbastanza basse da non sciogliere il loro mezzo mentre questo correva sul vuoto (e, come seconda priorità, mantenere incolumi i propri compagni di viaggio), ed era difficile mantenere la calma a quella velocità e con due imbecilli che urlavano come maiali sgozzati e le addossavano la colpa di quello schifo di giornata.
<< S-SE NON FOSSE STATO PER TE NESSUNO DI NOI ORA SAREBBE QUI! >>
Con le braccia aggrappate ai bordi del vagone, Mihaela girò la testa quanto bastava per incontrare lo sguardo di un Nathan dolorante e terrorizzato.
<< A QUEST'ORA SAREI A CASA A GODERMI LA COCAINA ACQUISTATA CON I SOLDI GUADAGNATI VENDENDO OPPIACEI! >>
<< SÌ! ED IO... ME NE STAREI A CASA A FARMI DI OPPIACEI CON I SOLDI GUADAGNATI... >>
<< HO CAPITO CHE SIETE DUE TOSSICI! MA SE CONTINUATE A CAGARE IL CAZZO SARETE DUE TOSSICI MORTI O PERCHÈ VI AVRÒ SCIOLTO LA FACCIA O PERCHÈ FAREMO UN TUFFO NEL VUOTO! NO RETTIFICO: SE SUCCEDE SARÀ MIA PREMURA ASSICURARMI CHE CADIATE SCIOLTI! >>
Nathan e Jack si strinsero terrorizzati, ma questa volta il demone disoccupato non volle rinunciare a dire la sua in quelli che potevano essere i suoi ultimi minuti di vita.
<< DEVI SEMPRE MINACCIARCI OGNI VOLTA CHE CONTESTIAMO QUALCOSA?! >>
<< BEH. FACCIA BRUCIATA LO STAREI PAGANDO E TE TI SEI AUTOINVITATO, QUINDI DIREI DI AVERNE TUTTO IL DIRITTO! >>
<< … Beh in effetti sono sotto contratto. >>
<< Ok ok non dico più nulla ma sarete la causa della mia morte!! >>
<< BENE! >>
Messi a tacere i due, Mihaela tornò a guardare davanti a sé.
Pessima scelta, guardando dal retro poteva vedere la velocità con cui si lasciavano svariati metri di binari alle spalle, e il punto da cui erano partiti non era più visibile.
Beh in realtà niente era visibile oltre quel breve perimetro dove la sua radioluminescenza riusciva ad arrivare.
Radioluminiscenza che le ricordava che se non si dava una calmata presto il loro vagone si sarebbe sfaldato malamente con loro sopra.
Compagna Mihaela, respira e calmati.
Per fortuna da quando aveva iniziato a frequentarsi con Melanie aveva appreso svariati esercizi di respirazione.
Iniziò chiudendo gli occhi (meglio non guardare la velocità idiota con cui stavano per schiantarsi chissà dove) e appoggiando la mano destra sulla pancia, mentre con la sinistra continuava a reggersi al bordo del loro mezzo di fortuna.
Di seguitò iniziò a respirare profondamente attraverso il naso, per poi arrestarsi subito non appena uno scossone fece partire urla e bestemmie da dietro di lei.
<< Devo buttarvi fuori?! >>
Nessuna risposta.
Finalmente silenzio.
Eccetto per il suono prodotto dallo spostamento del loro mezzo, ma rimaneva un compromesso accettabile.
Bene, d'accapo.
Mano sulla pancia, respirare attraverso il naso, sentire la parete addominale che si gonfia.
Adesso... espirare, più a lungo di quanto si inspira.
Il tutto in dieci secondo da ripetere per dieci volte.
Inspira ed espira, inspira ed espira.
No.
Niente.
Non era sufficiente per lei, non in questa situazione, chi cazzo fa degli esercizi di respirazione quando sa che potrebbe morire?
Beh, non che aveva molta scelta al riguardo. doveva accontentarsi.
Con un po' di evasione la cosa poteva sembrare meno terribile.
Ad esempio... da bambina non aveva sempre sognato di pilotare un MiG-21 e bombardare Budapest?
Ok forse la parte di sganciare una bomba su Budapest era farina del sacco di suo nonno, ma tutto il resto era un sincero e purissimo desiderio infantile.
Ecco, stava viaggiando più veloce di quanto avesse mai viaggiato in vita sua, proprio come su un aereo, no?
Doveva solo tenere gli occhi chiusi, pensare di essere su un aereo e che le persone accanto a lei erano abili piloti (facendo finta che il suo MiG potesse ospitarne più di uno) e non due imbecilli che avrebbe scaraventato volentieri nel vuoto.
E nel mentre che lo faceva, doveva inspirare ed espirare, inspira... ed espira...
Ok, convincersi di essere da tutt'altra parte era impossibile, ma se non altro lo sforzo di pensarci stava dando i suoi effetti.
Ecco, stava almeno immaginando di essere su un Mikoyan-Gurevich 21.
Entrato in servizio nell'aviazione sovietica nel 1959, questo versatile e manovrabile cacciabombardiere intercettore divenne presto uno dei migliori caccia in circolazione, tanto da essere adottato nel 1962 dall'aereonautica militare rumena oltre che dalla quasi totalità del mondo socialista..
Mihaela poteva ricordare benissimo la prima volta che ne vide uno: era la Giornata della Grande Unione, lei era piccola, non sapeva nemmeno cosa fosse un aereo ma il primo pensiero che ci aveva fatto sopra era stato quello di entrarci dentro e volare via fino ai confini del mondo conosciuto.
Beh per fortuna l'idea rimase appunto un'idea, o l'epilogo sarebbe stato quello di un terribile schianto a seguito dell'esaurimento del carburante.
Forse avrebbe dovuto entrare nell'aviazione anziché nel controspionaggio: il massimo dell'azione sarebbero state lunghe e pacifiche ricognizioni sui cieli nazionali, e certamente non sarebbe morta in maniera lenta e dolorosa come invece le era successo.
Massimo si sarebbe schiantata contro una montagna in seguito ad un'avaria, e il suo decesso sarebbe stato un colpo secco, una rapida e violenta esplosione prima di abbandonarsi al nulla e non una lenta e agonizzante degenerazione.
Sarebbe potuta vivere abbastanza a lungo per pilotare un Vultur, uno dei primi aereomobili di fabbricazione nazionale, e invece mentre lo IAR 93 effettuava il suo primo volo nella storia lei era ad agonizzare da qualche parte.
Non aveva decisamente un bel ricordo di quel periodo, la perdita dei capelli, la vista che la abbandonava, la pelle che cadeva...
<< AH! >>
Uno scossone fece trasalire tutto l'equipaggio mentre il viaggio del loro mezzo di fortuna si interrompeva bruscamente contro una piattaforma metallica a cui il vagone sembrò incastrarsi con malagrazia.
Lo schianto era stato bello forte, poteva intuirlo dal sibilo agonizzante di Nathan, schiacciato sotto il peso dei suoi compagni di viaggio.
<< S-siete pesanti e che cazzo! >>
<< Le mie scuse. >>
Facendo leva con le braccia sui bordi del vagoncino, Mihaela si alzò agilmente per aria e con una capriola all'indietro schizzò fuori dal mezzo, atterrando con entrambi i piedi sopra la piattaforma.
Bene, a quanto pare non aveva perso del tutto la propria agilità!
Faccia Bruciata e Nathan lasciarono il mezzo un po' più goffamente, lo spacciatore rimise il pranzo non appena riuscì a mettere la bocca fuori dal trabiccolo, Faccia Bruciata si lasciò cadere a terra non appena fu fuori da quella trappola mortale.
<< È stato... cazzo magnifico! Ecco cosa provavano quelli che lanciavano il napalm dai jet! >>
Quell'osservazione bastò a Mihaela per farle rendere conto di aver passato gli ultimi minuti di quel viaggio molto più immersa nei suoi pensieri di quanto non ritenesse possibile...
E la sua temperatura era calata! Non aveva sciolto nulla e i suoi compagni di viaggio non erano rimasti abbrustoliti.
Certo si saranno beccati un solo Lucifero sa quanto di radiazioni nello stare a così stretto contatto con lei, e quindi potrebbero sviluppare qualche più o meno grave problema di salute nel futuro prossimo o immediato ma l'importante era che rimanessero in salute quanto bastava per completare il loro ingrato compito.
… O almeno che lo rimanesse Faccia Bruciata, alla fine le serviva giusto una guida.
Ripresosi dallo sbocco, Nathan iniziò a controllarsi freneticamente le tasche, forse terrorizzato dall'idea che la sua merce potesse essersi dispersa durante la traversata.
Fortunatamente si era curato di tenere chiuse le numerose cerniere interne alla sua giacca, quindi scampato pericolo anche per lui.
<< Ok, pensavo che mi mancavano le montagne russe dopo tutto questo tempo... ora porca puttana non voglio mai più alzarmi da terra. >>
<< COSA? NO! RIFACCIAMOLO! >>
Sia il pusher che l'ex agente fulminarono con i loro sguardi le orbite vuote di Jack.
<< SOLO al ritorno e SOLTANTO se non ci saranno altre uscite. >>
<< NON CI SARANNO, VEDRAI! >>
<< Aspetta che controllo in che posto di merda siamo finiti... >>
Guardandosi attorno, Mihaela poteva notare che erano su una piattaforma metallica, ben diversa dalla sporgenza rocciosa da cui erano partiti.
Come avrebbe potuto intuire, c'erano diversi binari che da questa piattaforma si lanciavano nell'oscurità per disperdersi in più direzione, e tutti sembravano collegarsi verso l'alto, nessuno si lanciava invece ulteriormente giù nell'abisso che avevano sorvolato poco prima.
Mihaela non poté resistere alla tentazione di sporgersi, e come immaginava, l'illuminazione artificiale dei vari piccoli lampioni disposti sulla piattaforma non riusciva ad andare oltre il vuoto.
Quanto erano in basso? E quanto ancora potevano scendere?
L'idea di essere così lontana dalla superficie per la prima volta le regalò un brivido lunga tutta la schiena.
<< Jack... quanto manca? >>
<< Uhmmm poco! Credo. >>
<< Cazzo vuol dire credo? Lo sai o no? >>
<< Lo so! Lo so! Siamo vicini al nucleo! >>
<< … Nucleo? >>
<< Sì insomma... il centro! Il disco! Quello che è! >>
Mihaela non se ne intendeva molto di geografia dell'aldilà, ma aveva la ragionevole certezza che non fossero arrivati al centro della terra.
Ok erano andati parecchio in basso, ma non fino a questo punto, sempre se nella mente bacata di Jack non ci fossero parole migliori per dare un'idea di ciò di cui stava parlando.
<< Spiegati meglio. >>
<< E che ne so! So soltanto che... siamo vicini alla X, e che più in basso di lì non si deve andare! >>
Nathan non poté fare a meno di deglutire.
<< In che senso che più in basso di lì non si deve andare? Cosa c'è lì? >>
Faccia Bruciata che, come sempre, sembrava ignorare le cose più importanti, si limitò a fare spallucce.
<< Mi hanno soltanto detto che se osiamo scendere più in basso ci sarà un immenso stronzo che se la prenderà con noi, rivolterà i nostri corpi come calzini e giocherà a bowling con le nostre ossa! >>
<< Eeee quanto di questo è vero e non frutto della tua testa bacata? >>
<< Oh insomma! >>
Faccia Bruciata puntò il dito nerastro contro il più recente arrivato.
<< Se c'è una cosa che ho imparato con questo lavoro, e che quando ti dicono “non andare da quella parte” tu porca puttana non ci devi andare, per nessun cazzo di motivo ci devi andare! Nemmeno se lì ci fosse tua madre con il fottuto tacchino del ringraziamento ci devi andare! NEMMENO SE LO ZIO SAM TI STA ASPETTANDO CON UN BIG MAC PATATINE GRANDI E BIBITA GRANDE CI DEVI ANDARE! NEMMENO SE TUA MADRE E LO ZIO SAM STESSERO SCOPANDO SUL CADAVERE DI TUO PADRE MENTRE MANGIANO UNA TORTA DI MELE CI DE- >>
<< ABBIAMO CAPITO! >>
<< NEMMENO SE- >>
<< CHIUDI LA FOGNA! >>
Tappò la bocca di Jack prima di spingerlo all'indietro.
Lo yankee atterrò senza dire una parola prima di iniziare a riprendere fiato con profonde inspirazioni...
Mihaela non poteva certamente immaginare quali fossero le esperienze che questo disgraziato doveva avere vissuto lavorando come guida nel sottosuolo, ma a questo punto era palese che... non fossero delle migliori tra quelle che si poteva vivere all'inferno.
Il che diceva già molto.
La piattaforma, a sua volta attaccata ad una parete rocciosa, presentava un ingresso verso quella che doveva essere un'altra grande stanza.
Se Jack non stava solamente delirando, dovevano essere molto più vicini al loro obbiettivo di quanto avrebbero mai dovuto pensare.
La demone radioattiva fece per incamminarsi, quando un rumore metallico attirò l'attenzione dei presenti.
Non veniva dall'ingresso, ma dalle rotaie, a ore otto rispetto al passaggio!
I suoi compagni di viaggio se ne accorsero e i loro occhi si mossero subito alla ricerca di un posto dove nascondersi, e come di comune accordo tutti si lanciarono a lato del carretto su cui avevano viaggiato, in modo da essere coperti dallo sguardo del nuovo o dei nuovi arrivati.
Il suono si fece mano a mano più violento fino a cessare improvvisamente con un boato deciso: il carro era giunto a destinazione.
Dei tre demoni, Nathan era quello nascosto più vicino alla prua del mezzo, quindi quello che più facilmente poteva guardare i nuovi arrivati senza esporsi, mentre Mihaela ringraziava la presenza dei numerosi lampioni la cui luce nascondeva la propria radioluminescenza ad occhi indiscreti.
Posizionati tutti e tre a carponi, potevano sentire chiaramente le persone scendere dal carro, e quindi che erano più di uno.
<< Nathan... guarda quanti sono. >>
Il demone pusher scosse la testa con decisione, ma con una piccola spinta Faccia Bruciata lo... invitò gentilmente a dare un'occhiata.
Posizionata dietro i due, e quindi con il brutto culone di Jack davanti alla faccia, Mihaela non poteva notare la reazione di Nathan, o lo avrebbe visto irrigidirsi.
Notò chiaramente invece quando il demone si girò mostrando quattro dita dalla mano destra.
Quattro bersagli... poteva gestirli, sinceramente dubitava delle capacità combattive di Faccia Bruciata e non riponeva invece particolari aspettative per il pusher al loro fianco, quindi avrebbe dovuto fare tutto da sola, principalmente.
Certo, meglio non essere troppo arroganti: avrebbe atteso il momento giusto per prenderli di sorpresa ed eliminarne il più possibile prima dello scontro diretto, in questo modo non si sarebbe trovata troppi bersagli da gestire.
Questi almeno erano i pensieri che le stavano attraversando la testa quando improvvisamente il vagone venne sollevato con forza dal binario, scoprendo la posizione di tutti e tre i presenti.
Mihaela ebbe appena il tempo di girarsi di lato per notare che a reggere il loro odiato mezzo di trasporto era... un'imponente omaccione che sinceramente non avrebbe mai voluto sfidare a braccio di ferro.
Ma quello era un dettaglio quasi irrilevante rispetto a ciò su cui si stavano concentrando i suoi occhi un attimo prima che il bestione le schiantasse il carrello addosso.
Prima che ciò accadesse, i suoi occhi rimasero fissi sulla sua maschera, una maschera bianca con disegnato sopra un sorriso stilizzato.
Lo stesso che aveva visto sulle pareti di quella stanza di prima...

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Capitolo VIII


Le urla le arrivavano ovattate, ma le arrivavano, poteva sentire i suoni di una pesante colluttazione e di passi attorno a lei.
Le faceva male la testa, forse perché le avevano schiantato un carrello minerario sulla capoccia?
Ne aveva prese di botte in vita e dopo la vita (principalmente con il suo vicino verso l'ora di pranzo), ma questa le superava decisamente tutte.
Porco cazzo, qualcuno lassù doveva volerle bene se la sua testa non si era aperta come un'anguria.
O forse si stava divertendo a vederla soffrire, possibilità da non escludere.
Perché si sentiva proprio una merda, non riusciva ad alzarsi, un po' per il dolore un po' per la cappa di piombo fuso che le aveva ricoperto il corpo.
Anche il terreno sotto di lei si stava fondendo, di questo passo si sarebbe scavata da sola una tomba di roccia e metallo.
In più, anche se il suo corpo non soffriva il calore, avere metallo liquido sopra gli occhi, nel naso e nelle orecchie certamente non contribuiva a renderle l'esperienza migliore, se apriva la bocca per sputare ne usciva fuori piombo fuso.
Uno dei tanti inconvenienti dell'essere lei: la botta deve avere allentato i suoi freni ed ora il suo corpo stava operando come una centrale nucleare.
O almeno così credeva.
Il punto è che la temperatura corporea stava aumentando e la cosa certamente non era un bene per lei.
Se non altro nessuno avrebbe voluto toccarla in quelle condizioni, quindi non le avrebbe prese come gli altri due stronzi.
Provò a fare appello alle sue forze, era troppo dolorante, incazzata e disorientata per provare a contenersi, e certamente non ci sarebbe riuscita con ben sei persone che si correvano dietro attorno a lei.
Facendo forza sulle sue gambe, qualche modo riuscì a mettersi sulle ginocchia, per quanto queste continuassero ad affondare nel terreno via via sempre più molle, ormai era come stare nelle sabbie mobili, solo che chiunque al posto suo avrebbe già fatto una fine orribile.
Non che ci tenesse a scoprire cosa le sarebbe successo a forza di affondare, quindi portò le braccia in avanti, toccando un muro di roccia, doveva ormai essere sprofondata di mezzo metro, attorno a lei si doveva essere formato un piccolo stagno di materiale fuso.
Un calcio la colpì sullo zigomo, a cui non seguì nessun urlo di dolore, eppure l'aggressore avrebbe dovuto come minimo bruciarsi il piede.
Nemmeno lei urlò, anche se poteva già sentire la guancia offesa che si gonfiava.
Se non altro tra l'avere alzato la testa e lo spostamento provocato dalla botta, le si era liberato il viso da tutto il metallo fuso che le occludeva la vista.
Ovviamente il suo assalitore non volle perdere tempo e tirò un'altra violenta pedata che questa volta la centrò in fronte.
Per un attimo Mihaela vide tutto nero mentre le sue narici venivano assalite dal puzzo di carne bruciata.
Il colpo la spinse indietro, al bordo della piscina di lava che si stava creando attorno a sé.
Non fu piacevole, specie dal momento che non doveva esserci molto spazio tra la sua schiena e l'orlo della piattaforma, se si fondeva quella parte sarebbe precipitata nel vuoto e allora solo Lucifer in persona poteva sapere dove sarebbe finita.
In compenso, quel brusco spostamento le aveva dato modo di mettere un po' di distanza tra lei e il bastardo così da concederle qualche minuto di tregua, quanto bastava per sentire il sapore del sangue in bocca e visualizzare a dovere l'avversario.
Era grosso, lo stesso stronzo che le aveva schiantato il carro in testa, sulla faccia aveva ancora quella bruttissima maschera raffigurante un sorriso stilizzato.
Beh, aveva tutto l'aspetto di un serial killer, un serial killer molto stupido considerato che si era bruciato un piede per colpirla in faccia.
Due volte.
I suoi vestiti bianchi lo coprivano del tutto, e l'unica zona di pelle esposta era quella del piede, di cui era impossibile capirne il colore ora che pareva più un tizzone annerito.
Eppure malgrado l'evidente ferita che non poteva non causargli non poco dolore, il focus di quell'affare rimaneva su di lei, come se il piede annerito fosse un problema da poco.
Mihaela capì presto che se doveva affrontare un nemico che non esitava a mettere a rischio la propria incolumità, perciò doveva affrontarlo in maniera intelligente.
Prima che il bastardo provasse ad avvicinarsi, si tuffò in avanti, spostandosi più veloce che poteva in mezzo alla pietra fusa.
Il colpo arrivò come previsto, il piede buono la centrò sullo zigomo (quello buono) facendole vedere nero (di nuovo) per qualche secondo, ma le sue braccia furono comunque reattive:
Si avvinghiò con tutte le forze alla gamba di quel bastardo e si spinse verso il basso, affondandosi nella piscina rovente assieme al suo assalitore.
Il bestione quasi la schiacciò sotto il suo peso, ma bastarono ben pochi secondi perché del suo corpo non rimanesse molto mentre Mihaela toccava il fondo di quel lago magmatico che stava scavando con il suo corpo.
Aveva eliminato quello grosso, questo l'avrebbe aiutata a calmarsi prima di scavare un tunnel fino al centro dell'inferno.
Abituata com'era a queste situazioni, fece forza per tornare a galla e per smettere di sciogliere ogni cosa attorno a lei, fortunatamente (o sfortunatamente), non era la prima volta che si trovava ad annegare nella pietra fusa da lei stessa, e quelle ripetute evasioni le avevano comunque messo un po' più di forza nelle braccia.
Fu questione di secondi prima di raggiungere la superficie, e dopo qualche tentativo dove la roccia sotto i suoi palmi si scioglieva, riuscì ad aggrapparsi, tirarsi su e gattonare fuori dalla pozza di pietra fusa.
Le arrivò un calcio sul fianco, da qualcuno che probabilmente ci teneva che lei tornasse ad affondare nel magma, ma il colpo non era certamente come quelli del bestione di prima, e non ottenne molto a parte una lieve bestemmia tra i denti.
Il secondo calcio fu anche meno efficace del primo, così come lo furono quelli successivi.
Girando la testa, Mihaela vide un secondo uomo mascherato, molto più magro e secco di quello con cui aveva avuto a che fare prima, che la stava prendendo a calci con insistenza malgrado la gamba stesse praticamente andando a fuoco.
Una squadra di laureandi non c'è che dire.
Senza particolari difficoltà, l'ex securitate, ora non più appesantita dal metallo e dalla pietra fusa, intercettò il colpo prendendogli il piede annerito tra le mani ed eseguendo rapidamente una violenta torsione.
Si sentii un deciso scricchiolio provenire dalla zona del malleolo, ma nonostante questa piccola tecnica avesse fatto strillare di dolore numerosi sfortunati nel corso della sua carriera nel controspionaggio, il mascherato non sembrò accusare il tutto, limitandosi a dimenarsi per sfuggire alla presa.
La demone lo accontentò spingendolo all'indietro, così da farlo finire a terra con un piede rotto e bruciacchiato.
Non aveva tempo per punzecchiarlo, piuttosto doveva prestare soccorso agli altri due imbecilli... anche se non se la stavano cavando particolarmente male.
Certo, nemmeno bene, ma certamente non avevano passato gli ultimi minuti a lottare per non affondare in una pozza magmatica scavata da loro stessi:
Jack stava prendendo schiaffi da una demone particolarmente agile, ma dal momento che la sua pelle era in buona parte bruciata nella zona della faccia i suoi recettori del dolore non sembravano stare funzionando, e l'ex militare pertanto si limitava ad inveire contro la sua avversaria a suo di insulti sessisti e inviti a fare del suo peggio.
E lo faceva del tutto ignaro del fatto che i suoi compagni di viaggio stavano lottando per la vita così come la signora mascherata sembrava ignara del fatto che a parte il far tirare fuori a Faccia Bruciata il peggio del suo repertorio maschilista, i suoi colpi non erano particolarmente efficaci, sebbene Jack dal canto suo era troppo stupido per fare qualcosa in ogni caso, pertanto lo scontro poteva considerarsi un pareggio.
Nathan dal canto suo sta venendo inseguito da un demone basso e grassoccio che cercava di acchiapparlo per la coda, mostrando anche una notevole resistenza nella corsa nonostante la sua figura adiposa.
Questo la lasciò un po' indisposta:
Mentre stava a lottare contro quel colosso questi altri si stavano esibendo in numeri da circo?
Ok, il suo desiderio di rilassarsi era svanito in una nube di fumo, come quello che stava venendo su dal piede del disgraziato che aveva appena buttato a terra.
E che a proposito si era rialzato, questa volta Mihaela si fece trovare in piedi e lo buttò a terra con un calcio sul petto, facendolo rovinare a terra una seconda volta e probabilmente, a giudicare dallo scricchiolio che seguì il colpo, con qualche costola rotta.
Pochi secondi dopo le passò accanto Nathan, e assieme a lui il suo inseguitore.
La demone non si fece sfuggire l'occasione, afferrò la testa del diavolo grassoccio e gliela girò con violenza, rompendogli il collo nonostante per molti sarebbe stato difficile capire se ne aveva uno.
Il disgraziato crollò a terra come una marionetta a cui erano stati tagliati i fili, con la testa girata e due evidenti segni di bruciatura sul collo.
Ma dal momento che per uccidere un demone ci voleva ben altro, lo scagliò nella pozza magmatica, che stava lentamente iniziando a solidificarsi.
E così due avversari su quattro erano fuori dai giochi, probabilmente per sempre.
Il tipetto smilzo provò ancora a rialzarsi, e la demone rispose assestandogli un violento calcio sulla spalla, e dal nuovo scricchiolio che si levò subito dopo poté intuire di avergli rotto anche il braccio.
Neutralizzato l'avversario per il momento, si avvicinò alla tizia che si stava impegnando in una gara di schiaffi con Jack, il quale ovviamente non aveva mutato di una virgola la propria strategia insultante.
Anzi qualcosa stava facendo, aveva iniziato a ricambiare gli schiaffi, che a sua volta la sua avversaria sembrava non accusare minimamente.
Le afferrò la faccia con violenza, bruciandole il viso mentre la trascinava fino al bordo della piattaforma, per poi lanciarla via dalla stessa senza troppi complimenti.
La sfortunata vittima scomparve presto dalla sua vita, senza gridare o emettere altri suoni che non fossero lo sfrigolio delle fiamme che si erano generate sulla sua maschera.
Dalla donna radioattiva si alzò giusto un dito medio in segno di saluto.
Meno tre.
<< Ehi! Me la stavo vedendo da solo! E stavo anche vincendo! >>
Sorda alle lamentele di Jack, Mihaela si avvicinò al tizio smilzo, quello a cui aveva rotto un piede, un braccio e una costola, mandandolo di nuovo a terra dopo che era riuscito ad alzarsi, sta volta con un pugno ben assestato, abbastanza da dover probabilmente aggiungere una mascella fratturata al già disastrato quadro clinico del suo avversario.
E fatto questo, siccome era abbastanza stufa di giocare con un sacco da boxe. gli afferrò la gamba buona e gliela spezzò con una ginocchiata, adesso tre arti su quattro non erano utilizzabili, non che al bastardo sembrasse importare: si limitava a strisciare sulla nuda pietra verso la piattaforma metallica da cui approdavano i diversi carrelli, Nathan si era infatti nascosto dentro uno di essi non appena Mihaela lo aveva liberato dal suo inseguitore.
Ma vedendosi davanti un avversario tutt'altro che minaccioso, iniziò a tirargli in testa dei sassolini raccattati attorno alla piattaforma.
Sfortunatamente mancò qualche colpo quando l'ex agente afferrò la vittima per trascinarla a sé e poi la rigirò fino a renderla supina.
Messe le mani sul bastardo, anche con lui Mihaela poté constatare la mancanza di dolore o autoconservazione del suo avversario: malgrado avesse tre arti rotti e non poche bruciature sul corpo, lo stronzo continuava a dimenarsi per cercare di colpirla con l'unico arto funzionante.
Messo così più che spaventoso era patetico, come un insetto a cui avevano staccato tutte le gambe per gioco.
Capendo che non era più una minaccia, presto tutta la squadra si trovò attorno al disgraziato, che però non pareva per nulla intimidito dai rinforzi e non modificò una virgola del proprio atteggiamento.
Jack sputò, o almeno provò a farlo, sul demone a terra.
<< Hah! Sembra quel contadino vietnamita a cui avevamo fatto ingoiare le pasticche di captagon! >>
<< E menomale che dovevate essere i buoni... >>
<< Certo che lo siamo! O avremmo perso contro i vietcong! >>
<< Per l'ennesima volta, voi AVETE perso contro i vietcong! >>
Sarà pure il momento meno adatto per questo genere di discussioni, eppure la donna si sentiva in dovere di riaffermare la verità.
Forse tutta quella propaganda a cui era stata esposta in vita era ancora dura a morire.
<< Lo dici perché è quello che dicono i giornali comunisti! Mentite su tutto! >>
<< Oh porca puttana non puoi essere serio! >>
Nathan, decisamente poco interessato al tipo di discussione che stava per crearsi, iniziò a tossicchiare.
<< Ehm lungi dal voler interrompere questo affascinante dibattito storiografico, cosa facciamo con questo qui? >>
Giustamente il piccolo spacciatore riportò l'attenzione sul cultista ai loro piedi, che non la smetteva di dimenarsi come un granchio rimasto con soltanto una chela.
Mihaela non ci pensò molto, e si chinò su di lui per strappargli la maschera.
Nello stesso momento in cui lo fece, il disgraziato smise di muoversi, il braccio buono e la gamba ancora funzionante escluso il piede caddero inerti.
<< Gli abbiamo tagliato i fili... >>
<< Mihaela no! Gli abbiamo tolto una maschera! La maschera non è un filo! >>
La demone sospirò, ma dopotutto non poteva fargliene una colpa a Jack solo perché non era in grado di comprendere anche le cose più semplici.
Cioè probabilmente sì, ma sarebbe stato troppo aspettarsi che lo avrebbe capito, e tutto sommato chi era lei per provare a cercare il successo dove educatori, psicologhi e probabilmente numerosi centri di recupero avevano decisamente fallito?
Tornò a concentrarsi su quanto rimaneva del loro avversario, anche se la vista non era proprio entusiasmante.
Il demone a terra aveva una faccia piccola e secca. ricoperta di peluria blu, e una bocca molto stretta da cui sporgevano piccoli denti giallastri.
Malgrado le botte che aveva preso non era morto, ma il dolore delle bruciature e di tre arti danneggiati doveva averlo fatto svenire.
<< Quindi... qualcuno fa indossare le maschere alle persone e queste diventano degli schiavi, buono a sapersi. >>
Nathan squittì indispettito.
<< Buono a sapersi?! Questi qui ci volevano massacrare! Sono come degli zombie! Anzi, peggio, sono come i miei clienti il lunedì sera! >>
<< O come i soldati neri del mio plotone dopo che gli passavamo le siringhe usate! >>
<< Possiamo concludere una discussione senza parlare di droga?! >>
I due fecero per ribattere, al che Mihaela alzò il pugno con aria molto, molto minacciosa.
E visto come aveva ridotto il poveraccio ai loro piedi e gli altri suoi tre compagni, sia Nathan che Jack si convinsero a non ribattere.
Incredibile a dirsi, ma anche Faccia Bruciata aveva un minimo istinto di autoconservazione.
<< Sono dei burattini, non provano dolore ma non sono nemmeno molto intelligenti, se ne troveremo altri basterà essere più furbi di loro, e non so voi ma io credo di riuscirci. >>
<< E se ci prendono e ci mettono quella maschera in faccia?! >>
Comprensibilmente, Nathan non era molto affascinato all'idea.
<< Beh, nel mio caso si squaglierebbe dopo un po' e tornerei libera. >>
<< E NEL NOSTRO CASO?! >>
<< Sperate sia lì per darvi una mano. >>
<< E se non ci fossi?? >>
<< Vorrei dire che è stato un piacere conoscervi ma sarebbe una bugia, però posso consigliarvi di non separarci. >>
Il demone le mostrò il medio, a cui Mihaela non diede molto peso, troppo impegnata a tirare fuori magma solidificato dalle tasche della sua divisa innaturalmente resistente al calore (anche se molte toppe erano andate ed adesso aveva l'abito bucherellato, più qualche nuovo strappo che doveva essersi procurato nella colluttazione).
<< Dite che questo qui si sveglierà? Vorrei porgli qualche domanda. >>
Tutti si avvicinarono al demone svenuto, che però non diede segno di volersi svegliare, neanche dopo che Jack iniziò a schiaffeggiarlo e Nathan a tirargli i peli.
<< Ehm mi sa che è andato. >>
<< Ci abbiamo provato, va bene, proseguiamo. >>
<< E lui? >> chiese Nathan preso da un improvviso moto di coscienza << Lo lasciamo qui? >>
Calò brevemente il silenzio, mentre gli sguardi dei tre tornarono a posarsi sull'unico sopravvissuto della battaglia, a terra e ferito per avere fatto cose che nemmeno aveva deciso, si sarebbe svegliato da solo e dolorante in un posto trafficato da strani cultisti che conservano organi e altre schifezze in dei barili per motivi non meglio chiariti.
Una sorta terrificante che la maggioranza degli esseri viventi o non più viventi non se la meriterebbero in ogni caso.
Potevano davvero essere così insensibili?
<< Ok, tu lo prendi per i piedi e tu per le mani. >>
Jack e Nathan si misero subito in moto, afferrando lo sfortunato demone per le sue estremità.
Una volta sollevato, si avvicinarono a passi leggeri ad uno dei carrelli in attesa nella piattaforma, ce lo buttarono dentro e tirarono la leva vicina.
Il carrello prese a viaggiare accompagnato da un fastidioso suono cigolante fino a quando non scomparve nel buio.
Presto fu lontano dai loro occhi, dai loro occhi e dai loro cuori.
<< Dite che se la caverà? >>
Mihaela alzò le spalle.
<< Ne dubito, ma più di così non potevamo fare. >>
Lo scontro si era interrotto abbastanza rapidamente, peccato che l'unica persona che poteva dare loro qualche informazione era priva di sensi e certamente non avevano tempo per stare lì ad aspettare che si riprendesse.
Anche perché messo com'era, sarebbe stato abbastanza imbarazzante spiegargli che lo avrebbero lasciato lì ad aspettare che il prossimo gruppi di cultisti arrivasse sulla piattaforma perché non potevano permettersi (o più che quello, non avevano l'intenzione) di trasportare un ferito.
Anzi no, onde prevenire l'eventualità di lasciarsi un informatore dietro sarebbe stato più saggio buttarlo nel vuoto.
Quindi, potevano comunque persuadersi di avere preso la decisione più umana!

Forse.
In ogni caso, adesso non era più un loro problema, e davanti ai loro occhi si ergeva l'ingresso di quello che doveva essere un piccolo tunnel, la meta della loro destinazione.
<< Quindi... vogliamo davvero proseguire? >>
Mihaela fulminò l'ultimo arrivato con lo sguardo.
<< Puoi prendere uno dei carrelli e provare a tornare in superficie, noi dobbiamo proseguire. >>
Nathan deglutì, per nulla intenzionato a viaggiare da solo in quel terrificante complesso sotterraneo abitato da torturatori mascherati.
<< Uh... mi arrendo, dovrò stare dietro i vostri culi fino alla fine di questo incubo e sperare di non pentirmene. >>
<< Ben detto pusher! >> gridò Jack tirandogli una sonora pacca sulla testa che sembrava più uno schiaffo, Nathan strinse i denti ma decise di non lamentarsi.
Non dopo che la sua compagna di viaggio aveva sciolto due demoni in uno stagno di metallo e roccia fusa.
Aveva decisamente capito chi non voleva far incazzare per nessun motivo.
<< Li abbiamo distrutti! Ho dato a quella bastarda delle sberle che non si dimenticherà! >>
E poi c'era l'altro imbecille che giocava a tirarsi gli schiaffi mentre loro due lottavano per la vita, incoraggiante.
<< Quella bastarda forse è morta. >>
<< Perché le ho distrutto la faccia! >>
In tutta sincerità, non sapeva se doveva temere più quegli assassini o i due con cui viaggiava, specie considerando che militari e governativi non erano mai state esattamente due categorie di persone con cui solitamente si trovava a suo agio.
Insomma, la situazione in cui si era cacciato non lo metteva minimamente a suo agio.
Ma le alternative non erano molte e di tornare indietro da solo non se ne parlava.
<< Quindi... andiamo? >>
La demone sollevò un sopracciglio a questa curiosa impazienza di mettersi in pericolo.
<< Beh, mi sta venendo l'ansia a stare qui, prima ce ne andiamo meglio è! >>
<< Allora andiamo! Apriamo il culo a quei musi bianchi! >>
E senza aggiungere altro, Jack si lanciò verso il tunnel.
<< Dovremmo... >>
<< Eh, mi serve vivo per orientarmi. >>
Detto questo Mihaela si fece avanti a sua volta, sperando che la sua guida non si suicidasse entro la fine del viaggio.
Vedendoli proseguire senza nessuna preoccupazione verso un covo di killer e assassini, Nathan doveva proprio dirlo:
<< Sono finito assieme a due pazzi... >>

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX


<< Quindi, è questo il punto X? >>
<< Beh, così mi hanno detto! >>
<< Credo tu non abbia capito che la mia era una domanda retorica. >>
<< Oh, non c'è nulla di vergognoso nel non sapere qualcosa e chiederlo, sei una donna tanto, probabilmente ti sarà successo un sacco di volte! >>
<< Lo sai che se non ti sto picchiando è soltanto perché potrebbero sentirci, vero? >>
<< Dite tutti così! >>
<< Sono davvero, davvero tentata di usarti come scudo. >>
<< E-ehm, è necessario parlare così tanto?! M-mi sto sentendo male. >>
Nascosto dietro una spessa roccia rossastra, Nathan stava in primis maledicendo il giorno in cui era venuto al mondo, in secundis quello in cui era morto di overdose e in terzis quello in cui aveva conosciuto Jack, dal momento che se adesso era bloccato dietro un sasso a pregare per la propria vita con due cretini era per colpa sua.
Non sarebbe dovuto essere lì, per nessuna ragione almeno, e nemmeno ci sarebbe mai andato se non fosse che Jack lo aveva messo in una posizione delicata davanti ai suoi datori di lavoro!
Certo, lui non avrebbe dovuto utilizzare i passaggi dei suoi capi per fare i propri traffici illeciti non autorizzati, ma andiamo!
Lo faceva chiunque nel suo gruppo, lui era semplicemente quello abbastanza sfigato da essersi fidato dell'intelligenza e della discrezione di Jack!
Potesse tornare indietro non lo avrebbe allontanato a sassate dal negozio soltanto perché avrebbe perso il posto in ogni caso, e certamente non gli avrebbe permesso di servirsi della botola!
Certo, ci avrebbe perso quanto guadagnava da quei traffici, i clienti di Jack pagavano bene e intascarsi parte della commissione ne era valso il rischio... fino ad oggi.
E così, a causa di questa sua leggerissima svista era stato costretto a farsi un viaggio allucinante con il cugino sfigato di Teschio Rosso e una Miss Chernobyl su gambe fin troppo manesca per i suoi gusti che non sembravano nutrire la minima preoccupazione per la situazione in cui si erano incastrati!
Non che fosse quello il problema più grande, quanto il fatto che ogni secondo che passava accanto a lei aumentava le possibilità di svegliarsi con una mutazione o un tumore la mattina successiva (sempre se ci fosse arrivato alla mattina successiva, già solo presupporlo significava non aver perso del tutto la speranza).
Aveva pure preso a tenere il conto dei minuti che passava accanto a questo mostro, per poi smettere non appena superata la doppia cifra, a questo punto preferiva pensare ai serial killer.
E come se la situazione non fosse abbastanza disperata così, c'era da considerare il fatto che lui sembrava l'unico che si stesse un minimo, UN MINIMO preoccupando di tenersi la testa sul collo, visto che gli altri due imbecilli non si azzardavano a chiudere le loro fogne neanche per sbaglio in un momento dove le loro esigue speranze di sopravvivenza dipendevano principalmente da quello!
Ma la cosa più frustrante era il senso di impotenza, visto che era proprio dai due suddetti imbecilli che dipendeva per sopravvivere.
Da Jack per orientarsi in questo inferno sotterraneo e da Mihaela per non farsi squartare in più parti dal club delle maschere poco impegnate, sempre se sopravvivere non si sarebbe tradotto nel trovarsi dieci tumori sulla schiena da lì alla settimana seguente.
Ma insomma!
Qualsiasi persona sana di mente se ne sarebbe stata con la bocca chiusa considerando dove si trovavano!
Ma solo a lui capitavano queste persone?!
<< Povera stella. Perché non provi a guardare un po' a giro, magari ti senti meglio? >>
E invece non solo sembravano fregarsene, ma si divertivano pure a sfotterlo!
Baldracca senza cuore!
<< C'è veramente bisogno di farlo? Credo sia chiaro anche ai sassi che siamo nella merda... >>
Mihaela, sebbene abbastanza seccata da quello spacciatore che a momenti tremava pure per la propria ombra non poteva decisamente dargli torto.
Erano nella merda, e se non fossero stati così lesti a nascondersi dietro quel riparo sarebbero sicuramente morti e pure male:
Quando avevano superato l'ingresso, e dopo una camminata non particolarmente breve verso il basso si erano trovati in un'immensa stanza circolare, dal soffitto così alto che non riuscivano a vederlo dal momento che non vi erano grandi fonti di illuminazione oltre ai lampioni e alle lanterne sparse ovunque per la zona di scavo.
Sì, zona di scavo, quando avevano iniziato a sentire i rumori si erano un po' insospettiti, ma una volta arrivati a destinazione non potevano credere a quello che stavano vedendo...
Quell'immensa stanza presumibilmente circolare era un enorme cantiere invaso da attrezzature, arnesi e macchine per lo scavo, i cui componenti dovevano essere stati trasportati tramite diversi passaggi come il loro per poi essere assembrati in loco, e ciò si poteva facilmente desumere dalle numerose scatole e casse di legno aperte e disseminate lungo il perimetro.
E ad animare questa immensa ed assurda operazione di scavo erano proprio quegli individui mascherati non troppo dissimili da quelli con cui se le erano date poco fa, ma che al posto di fare i serial killer si atteggiavano a peoni, picconando la dura roccia laddove non erano ancora state installate le ampie trivelle idrauliche che si erano portati dietro.
Trivelle che avrebbero dovuto permettere l'inserimento di esplosivi nelle cavità da essere create, considerando i lontani rumori di detonazione in lontananza e le numerose casse di esplosivi.
Lo scenario era abbastanza inquietante: i mascherati procedevano con coordinazione perfetta, come macchine, incuranti di molti loro compagni che, rimasti feriti da incidenti di vario genere se ne stavano riversi a terra o procedevano con il lavoro zuppi di sangue o con qualche arto in meno.
L'educazione ricevuta da bambina avrebbe dovuto suscitare in Mihaela un forte rispetto per lo stacanovismo di questi lavoratori o disprezzo per il padrone oppressore che sfruttava il loro lavoro per accumulare capitale alle loro spalle.
Peccato che non si trattasse di nessuna delle due cose, ma di cosa di preciso non lo sapeva nemmeno lei.
Chi era a tirare le fila di questa operazione? E cosa si aspettava di trovare una volta finiti gli scavi?
Il cantiere era tutto in movimento, ma non tutti i mascherati erano impegnati ai picconi o con i macchinari.
Alcuni erano armati e si guardavano attorno imbracciando armi di vario genere, tra le quali, riconobbe Mihaela, anche delle armi angeliche, quelle in grado di uccidere un demone con facilità estrema.
A quanto pare lei e i suoi sfortunati compagni di viaggio erano stati estremamente sfortunati, quelli incontrati prima erano semplici lavoratori altrimenti sarebbero stati armati, e se anche soltanto uno di loro fosse stato equipaggiato con armi di quel tipo...
Preferì non pensarci, per quanto la sua vita attualmente non fosse proprio un granché, non era particolarmente curiosa di scoprire cosa ci fosse dopo la non vita.
Il nulla assoluto?
Un inferno ancora peggiore? Quello classico con diavoli torturatori, fiamme e miseria?
La reincarnazione in un bambino del terzo mondo?
Scosse la testa, doveva allontanare la paura della morte o questa l'avrebbe sopraffatta, per quanto fosse difficile mantenersi indifferenti davanti a uno scenario così angosciante, dove centinaia di potenziali aggressori si muovevano come formiche per l'intera spianata, insensibili ai corpi riversi a terra ed ai rumori assordanti che a sentirli da vicino dovevano per forza aver privato più di un demone del proprio udito.
Qualcuno di loro stava pure picconando mentre era in fiamme!
<< Ehi, non mi sembrano molto sve- >>
Si adoperò subito per chiudere la bocca a Jack, mentre i suoi occhi si allontanavano dai profili umani per concentrarsi sul paesaggio.
Erano venuti fin qui per concludere un lavoro, quindi era il momento di pensare a come procedere.
Doveva elaborare una strategia che le permettesse di uscire viva dal sottosuolo, tornare a casa con una lauta ricompensa e festeggiare ubriacandosi fino allo stordimento.
Sempre se Melanie non aveva progettato un altro tipo di ricompensa per lei, conoscendola sarebbe stato nel suo stile... un motivo in più per riportare il suo culo in superficie.
Imponendosi di non pensare alla proprietaria del Lusten ed alle sue grandi (grandissime) doti, la demone riportò la sua attenzione sul cantiere dei mascherati.
Memore del suo addestramento, doveva farsi un'idea generale di quali fossero i settori più fragili: da dove attaccare e dove scappare nel caso fosse necessario, quali posti erano più adatti per offrirle una copertura e quali erano da evitare per non trovarsi nella loro linea di tiro.
Il cantiere malgrado i corpi e i detriti riversi a terra riusciva comunque a mantenere un suo ordine: tutti il materiale di scarto, le scatole vuote e qualsiasi cosa che poteva figurare come un ostacolo agli scavi era stata ammassata lungo il perimetro mentre tutti i container con il materiale per gli scavi erano disposti in maniera uniforme sul territorio, così che ogni squadra da quaranta-cinquanta operai potesse sostituire l'attrezzatura e rifornirsi senza spezzare troppo il ritmo delle operazioni.
Anche la disposizione degli operai, escludendo quelli rimasti ad agonizzare sulla pietra, si basava su un'equa distribuzione in tutta la zona.
Le entrate e le uscite erano numerose e rese facilmente visibili dal momento che erano le uniche zone lungo il perimetro dove si erano premurati di non ammassare gli scarti, così da non bloccare il passaggio alle nuove squadre di lavoratori.
Malgrado la grande quantità di aggressori, la maggior parte (salvo qualche demone particolarmente forte imprigionato sotto la maschera) non sarebbero stati un problema per lei, l'eccezione erano quelli armati con armi angeliche:
Un solo proiettile nel punto giusto e sarebbe morta come una stronza qualsiasi, indipendentemente da quanto era veloce e letale.
Doveva quindi neutralizzare in fretta i pochi possessori di quelle armi, il problema era come farlo nel mentre che sarebbe stata sotto tiro da molteplici punti.
C'era da dire che non erano molto intelligenti, andavano avanti come automi verso un bersaglio, ed il paesaggio le offriva numerose coperture dietro cui ripararsi.
Ma anche così, avrebbe dovuto avere occhi anche dietro la testa per tenere d'occhio ogni tiratore, beh occhi dietro la testa e tanti quanto quelli delle mosche e dei ragni considerata la calca tra cui avrebbe dovuto destreggiarsi, schivando sì proiettili ma anche coltelli, badili, picconi, artigli e ogni altra cosa che poteva essere impiegata per causare dolore al prossimo, cosa di cui molti demoni erano già ben provvisti anche da disarmati.
Per cui afferrarne qualcuno per usarlo come scudo sarebbe stato comunque problematico sotto diversi punti di vista.
Avrebbe dovuto fare affidamento sulla sua velocità, sulla smodata quantità di coperture che le venivano offerte e sulla tendenza dei mascherati a lanciarsi contro il bersaglio.
Giusto, i mascherati, forse la soluzione era più alla sua portata di quanto non avrebbe detto prima.
Guardò i suoi due compagni, anche loro intenti ad analizzare il paesaggio, probabilmente per capire quali erano i luoghi più adatti per nascondersi.
<< Avete ancora la maschera? >>
Jack annuì e la tirò fuori tutta spiegazzata dalla tasca del pantalone per poi passarla a Mihaela.
Questa la tastò tra le dita, era plastica, anche abbastanza sottile, eppure il demone che l'aveva indossata si dimenava come posseduta fino a quando non gliel'hanno strappata, come se questa controllasse il corpo al posto del proprietario.
Concentrandosi, riscaldò le proprie mani quel tanto che bastava per far sciogliere la plastica, cosa che successe nel giro di pochi secondi, presto una piccola pozzanghera di plastica sciolta si formò davanti ai piedi dell'ex agente.
<< E andiamo, volevo rifilarla allo stronzo del mio ex ufficiale, l'ho incontrato all'inferno e mi ha preso a calci, solo perché gli avevo lanciato addosso quella gran- >>
Mihaela gli serrò la mascella, poi accostò l'indice alle labbra per intimargli di non fare rumore.
<< Credo di avere un piano. >>
<< Frena! >> rispose Nathan.
<< Non ho chiesto di essere qui, fai quello che devi e fallo come preferisci, ma io non mi muovo da qui, ho dato abbastanza per oggi e comunque siete voi quelli pagati per questo lavoro. >>
Mihaela si avvicinò al pusher, portando il suo viso a pochi centimetri da quello del demone, che in tutta risposta arretrò fino a quando la sua nuca non toccò la nuda pietra.
Bloccato tra la roccia e quella centrale nucleare vivente, Nathan non poté fare a meno di sussultare quando vide un sorriso cordiale affiorare sulle labbra di quella sadica stronza.
<< Hai ragione, ma lascia che provi a persuaderti, so essere molto convincente. >>
Jack fece per fare un commento dei suoi, ma si trovò con un sasso incastrato in bocca, mentre Nathan era troppo spaventato dall'improvvisa gentilezza dell'altra demone.
<< Ecco due motivi per cui questa collaborazione porterebbe benefici a lungo termine ad entrambe le parti. >>
<< O-ok senti, ho capito non ser- >>
Un'occhiata raggelante lo convinse a tacere, non aveva visto quella creatura sorridere per tutto il viaggio e adesso desiderava ardentemente che non lo avesse mai fatto.
Cazzo, pure vederla incazzata sarebbe stata una visione più rassicurante!
<< Punto primo, se io morissi o finissi catturata dubito tu andresti molto lontano. >>
Nathan annuì, già convinto da prima.
<< Punto secondo, se non vuoi essere d'aiuto ti prendo per il collo e ti uso come scudo. >>
<< Ho capito! >>
Soddisfatta, Mihaela si tirò indietro, lasciando modo a Nathan di tornare a respirare, mentre Jack sputava fuori il sasso dal suo teschio bruciacchiato.
<< Quindi! Quale sarebbe il piano? >>
<< Io vado lì e faccio un po' di casino mentre voi mi coprite, il resto lo scoprirete più tardi. >>
Jack le lanciò uno sguardo scettico.
<< Come dovremmo coprirti? Non abbiamo armi! >>
Spostando lo sguardo fuori dal loro rifugio, Mihaela sondò rapidamente la zona, notando tra le varie pattuglie che si muovevano ai margini del cantiere, una relativamente vicina alla loro posizione, formata da tre demoni di cui uno armato con un'arma da fuoco costruita con componenti angeliche.
<< Questa cosa la risolviamo in fretta... >>

Un quarto d'ora più tardi, Jack se ne stava ancora dietro la roccia, con una mitragliatrice angelica stretta tra le braccia e parecchia voglia di usarla, Nathan d'altro canto, dopo aver infilato le mani nelle tasche della vittima stava controllando il paesaggio da un po' di tempo.
Faccia Bruciata era al settimo cielo, se avesse avuto ancora le labbra per sorridere sulla sua carne bruciata, a quest'ora avrebbe avuto il volto deformato da un ghigno sadico.
Ma ma ciò che il suo viso non poteva esprimere lo facevano le sue dita rossastre, che accarezzavano con eccitazione morbosa la canna dell'arma, ansiose di premere il grilletto.
<< Sarà proprio come ai vecchi tempi dolcezza, mi spiace solo che non spareremo a quei bastardi imboscati tra le risaie... >>
Nathan non era altrettanto impaziente di quello che stava per succedere mentre teneva d'occhio il cantiere alla ricerca di movimenti strani o segnali da parte di Mihaela.
Avrebbe gradito un binocolo o un cannocchiale, ma si sarebbe dovuto accontentare della sua vista.
E soprattutto doveva sperare che la mira del veterano del Vietnam accanto a sé si sarebbe mostrata efficace al momento opportuno.
Francamente ne dubitava, ma non abbandonava la posizione per paura delle conseguenze, accidenti a quella stronza radioattiva.
<< Quindi... sicuro di sapere quello che fai? >>
<< Perché non dovrei?! Ho passato anni a imbracciare armi e fin'ora nessuno si è mai lamentato! >>
<< Sì è che... non hai gli occhi, come fai a vedere e mettere a fuoco? >>
Jack scrollò le spalle.
<< Non lo so. >>
<< Sei cieco ma non lo sai e quindi ci vedi comunque? >>
<< Hah! Bella questa, no, so soltanto che riesco a vederci bene, passabilmente bene, immagino siano gli occhi dell'anima? Boh, vallo a capire a quello di sopra, uno serve il suo paese e viene spedito qua sotto, forse avevano ragione quei tipi pelati che si davano fuoco per protesta. >>
<< Eh? >>
<< Sì sai, quelli pelati che protestavano contro la guerra! >>
Nathan in vita era ben lungi dall'essere il primo della classe, ma ricordava qualcosa riguardo monaci e fedeli buddisti che si erano dati fuoco durante la guerra, forse era una delle fotografie sul libro di testo?
A pensarci bene poteva capire perché Jack era un po' pazzo, certo sicuramente lo era per tutta la droga che si era sparato in vita, ma gli orrori della guerra dovevano avere dato il loro contributo...
A meno che non fosse così già prima, ma in quel caso c'era da chiedersi come avesse fatto a superare il test psicologico, quindi...
<< Hai sparato a molta gente? >>
<< Sì! >>
<< Ed avevi una buona mira? >>
Jack ci pensò un po' prima di alzare le spalle.
<< Nessuno mi ha mai detto che era cattiva! >>
<< Ed eri sotto sostanze quando lo facevi? >>
<< Certo, ce le davano prima di ogni battaglia! Eravamo così fatti che potevamo continuare a sparare per ore! >>
Nathan ci pensò su per qualche secondo, e mentre Jack partiva con un aneddoto riguardante una zuppa di riso e una scimmia bianca, tirò fuori un sacchettino da una delle tante tasche interne e lo vuotò sulla roccia riversandone una sostanza biancastra e granulosa sulla superficie.
<< Sia chiaro, appena hai i soldi me la ripaghi. >>
Senza rispondere, Jack ficcò la faccia in mezzo alla polvere bianca, ispirò con quei due buchi che si trovava al posto del naso per poi tirarsi su e fissare Nathan con la faccia mezza imbiancata.
<< Grazie ragazzo! Permetti un consiglio: gli spacciatori di successo sono quelli che non sniffano! >>
Nathan era sul punto di ribattere, se non fosse che primo, era morto di overdose, secondo, i suoi agili occhi da pusher notarono degli spostamenti sospetti sulla piana degli scavi.
Aguzzò lo sguardo e vide svariate figure in movimento, due dovevano essere i demoni a cui era stata strappata la maschera e che adesso stavano avendo un brusco risveglio.
I mascherati non ci misero molto tempo a saltare addosso ai fuggitivi, che dal canto loro non avevano nemmeno idea di come erano finiti lì e cosa stava succedendo, non passò molto tempo prima che suoni di urla e armi da fuoco prorompessero in tutto il cantiere.
<< Sparo?! >>
<< N-non ancora, non la vedo! >>
Cercò tra la folla, ma era difficile distinguere le figure, almeno finché Mihaela non si distaccò dalla massa urlante con agilità, lasciandosi dietro una decina di demoni tremendamente confusi e con la faccia bruciacchiata, che presto si trovarono in un confuso corpo a corpo con i mascherati senza neanche sapere come fossero finiti lì.
Nathan seguì la vicenda con attenzione, vide l'ex securitate avvolta in un mantello lercio strappato al demone che ora giaceva alle spalle di Jack scalare con agilità impressionante un container e avvinghiarsi a un mascherato intento a sparare sulla folla con la sua arma angelica.
Fu questione di secondi per mettere le mani sull'arma, sciogliere la maschera in faccia del demone e spingerlo con un calcio giù dal container.
Per quanto Nathan la trovasse terrificante soprattutto come mostro radioattivo, doveva ammettere che non avrebbe voluto incontrarla nemmeno da viva, chissà quanti colli spezzati da quelle agili mani...
Era decisamente felice di essere dalla sua parte in questo delirio.
<< Adesso? Mi sto annoiando! >>
Per fortuna di entrambi il frastuono di macchine e urla copriva le loro voci, quindi le grida di Jack non potevano sentirle in molti.
<< Aspetta il segnale! >>
Segnale che non tardò ad arrivare, dopo essere saltata sul container più vicino sparando a un gruppo di mascherati sotto di lei, Mihaela lanciò il mantello in testa ad uno degli aggressori che stava provando ad arrampicarsi, per poi tirargli un calcio e buttarlo giù assieme ai compagni che gli facevano da scala, probabilmente mandandogli a fuoco la maschera nel farlo.
A quel punto, dopo aver speso qualche secondo per sparare sui caduti, si allontanò dal bordo del container, e fu allora che il suo corpo emise una breve ma decisa luminescenza: il segnale che Nathan stava aspettando.
<< Adesso! A ore due! >>
Spostata la canna verso destra, Jack iniziò a sparare all'impazzata verso un gruppo di mascherati arrivati a dare man forte ai loro compagni impegnati a sedare la rivolta a colpi di spranga e piccone. Un buon numero dei rinforzi cadde a terra facendo inciampare gli altri sui loro corpi, mentre Mihaela ne approfittava per schizzare in avanti, sparando con il braccio destro e bruciando maschere con la mano sinistra, così da creare quante più distrazioni possibili ai suoi aggressori.
Del resto, quale modo migliore per non farsi sparare addosso che non moltiplicando i bersagli, specie se la maggior parte di questi sono meno veloci e agili rispetto a lei?
Non doveva essere velocissima, doveva soltanto esserlo più di loro!
Presto gli spari incrociati delle vedette si concentrarono sulla folla di sfortunati demoni, crivellandone a decine senza fare distinzioni tra amici e nemici, ma era qui che Nathan e Jack li volevano.
Aiutato da Nathan nel direzionarsi (principalmente per non spare su Mihaela), Jack apriva il fuoco sulle vedette armate con armi angeliche nel mentre che queste erano concentrare sulla folla.
Molte iniziarono a cadere, e le loro armi se non recuperate cadevano abbandonate o finivano in mano a qualche demone terrorizzato e desideroso di rispondere al fuoco, mentre la loro terrificante amica passava attraverso folla e container stando ben attenta a non trovarsi sulla linea di tiro di nessuno.
Tra il lavoro di Mihaela e Jack che prendeva di mira i mascherati, fu facile bilanciare i rapporti di forza tra questi e i ribelli.
Presto il cantiere divenne una babilonia di urla, spari, schizzi d'acido, manifestazione di poteri innaturali e scontri tra macchine non appena qualche demone particolarmente stupido o particolarmente geniale salì su una scavatrice e la usò per investire i mascherati, schiacciandone a decine (probabilmente non senza coinvolgere qualche altro fuggitivo) sotto i cingoli.
L'atto epico provocò un boato di incoraggiamento dai suoi compagni, ma venne prontamente stroncato da una pioggia di proiettili che uccise lo sfortunato sul posto, così che la macchina andò a schiantarsi contro un altro macchinario facendolo precipitare addosso a tutti gli sfortunati nelle vicinanze.
Nello schianto venne coinvolto anche un container pieno di strumenti per lo scavo, su cui presto entrambe le parti si avventarono alla ricerca di armi da impiegare contro gli avversari.
Ne nacque una mischia estremamente violenta quanto breve, qualcuno da una delle due parti ebbe l'idea di lanciare dell'esplosivo in mezzo alla zuffa.
Un boato, e decine di demoni vennero lanciati da tutte le parti, schiantandosi contro macchinari e altre figure.
Jack gridò dall'euforia, mentre Nathan sentì il bisogno di abbassare la testa ed esporla solo quel minimo indispensabile per seguire la scena:
Aveva più volte assistito all'annuale genocidio adoperato dagli angeli per liberare posti all'inferno, e violenze di questo tipo erano realtà abbastanza comune a Pentagram City.
Alla fine stava solo assistendo a una riproduzione in scala ridotta di quello che avveniva ciclicamente in città.
Ma cazzo, non gli piaceva.
Diversamente da Jack, che continuava a sparare e urlare come un dannato, cercando di prendere un demone alato intento a volare sulle teste dei mascherati e vomitare acido sulle loro facce.
Purtroppo per Jack non furono i suoi proiettili a interrompere il suo volo, ma una lancia angelica che lo impalò all'altezza del petto, per poi buttarlo a terra e farlo finire da altri suoi due compagni mascherati.
<< Cazzo! Erano punti bonus, stronzi! >>
Sfogando la frustrazione sui mascherati, presto la maggior parte delle vedette venne abbattuta e le armi finirono contese tra la folla e i mascherati, che per ogni demone che uccidevano se ne trovavano uno nuovo liberato da Mihaela o da altri fuggiaschi che si erano accorti del potere esercitato sui corpi da quelle tetre maschere bianche.
Jack era come entrato in trance, non diceva nulla, ma se il suo viso avesse avuto ancora i muscoli facciali intatti, Nathan era certo che se lo sarebbe trovato tutto ghignante.
<< Cazzo sì! Come ai vecchi tempi! Mangiate il piombo stronzi! >>
Senza più vedette da abbattere, Jack si era presto dimenticato l'affronto del bersaglio rubato e aveva preso a sparare su qualsiasi cosa si muovesse, e Nathan non era intenzionato a dirgli di concentrarsi sui mascherati.
La sua paura era adesso di farsi crivellare da un proiettile vagante o da qualche demone esaltato entrato in possesso di una di quelle terribili armi dai proiettili infiniti, timore condiviso da Mihaela, che non a caso aveva ordinato di abbattere tutte i “possibili elementi di disturbo”.
Termine tanto vago quanto disinvolto per dirgli di uccidere indiscriminatamente.
Non che da una persona come lei dovesse aspettarsi chissà quale considerazione per la salute e la vita altrui.
Dovevano sentirsi in colpa per uccidere dei peccatori che non c'entravano nulla con la loro situazione?
Nathan non ne era sicuro, ma il fatto che a nessuno dei suoi due compagni di viaggio importasse un minimo della cosa gli metteva addosso un certo disagio.
Non doveva farsi illusioni, persone come lei e Jack in vita potevano uccidere altri esseri umani con la stessa facilità con cui si respira.
Beh con Jack potevano applicarsi le attenuanti dell'essere drogato e con qualche disturbo mentale, ma l'altra stronza era assolutamente lucida e consapevole della sua stronzaggine.
Il filo delle sue riflessioni venne interrotto da una nuova e violenta esplosione che sbalzò via centinaia di corpi da tutte le parti, di nuovo demoni feriti e bruciacchiati si schiantarono sui macchinari e addosso ai container, una grossa impalcatura crollò addosso alla folla nel mentre che altre detonazioni sempre più grandi si diffondevano per il cantiere, Mihaela doveva essere arrivata agli esplosivi.
<< HAH! Come con gli elicotteri guarda! >>
Esaltato dalla carneficina, Faccia Bruciata prese di mira i primi demoni che erano riusciti a rialzarsi, in poco tempo il numero delle creature in vita nel cantiere si era drasticamente ridotto.
Presto gli occhi di Nathan si accorsero di una colonna di peccatori più o meno incolumi che stava correndo verso una delle uscite.
Qualche demone venne raggiunto da dei proiettili e cadde a terra ferito, finendo brutalmente calpestato da un bestione scaglioso che a dispetto del suo aspetto imponente sembrava quello più a disagio di tutto il gruppetto a giudicare dagli occhi sbarrati e da come cercava goffamente di lavarsi via il sangue dalla manica del vestito.
<< Non ci provate, stronzi! >>
<< Oh andiamo! Concentrati su chi combatte! >>
Jack lo ascoltò a malincuore, anche se tra le polveri alzate dall'esplosione e i fumi delle strutture in fiamme, era difficile individuare molti bersagli, e soprattutto distinguerli, e sarebbe stato un problema se avesse colpito Mihaela.
Specie se fosse sopravvissuta per tornare a restituirgli il favore.
Ma dopo pochi minuti di ulteriore caos il rumore si affievolì, si potevano ancora sentire degli scontri o degli spari, ma la maggior parte dei demoni era morta o in fuga, e certamente la loro spietatissima amica non doveva avere troppi problemi a gestire quelli che rimanevano.
Jack prese un bel respiro, tutta l'adrenalina che lo aveva posseduto in quei gloriosi minuti lo abbandonò, si accasciò sulla roccia senza energie.
<< Quindi... abbiamo vinto? >>
Nathan rimase in silenzio, in attesa di segnali o altro, non sentendo nulla di nuovo alzò le spalle.
<< Forse? È stato tutto... abbastanza veloce. >>
<< E menomale! Se non eravamo veloci a quest'ora eravamo morti o con delle maschere di merda! Ma dici che quell'altra se l'è cavata? >>
<< Forse, non l'hai colpita per sbaglio? >>
Faccia Bruciata iniziò a stringere nervosamente l'arma tra le mani, guardandosi attorno nella speranza di non scorgere il cadavere della compagna di viaggio.
<< … Non ti mentirò, non- >>
<< Non sarebbe la prima volta che spari a uno dei tuoi? >>
<< Eh! >>
<< Dici che dovremmo... >>
<< Andare? Beh io non sento più spari... >>

Spingendo di lato il corpo di un grosso demone che le era caduto addosso, Mihaela non poté fare a meno di notare quanto era stata fortunata:
Quella creatura alta e dalla pelle spessa era morta, la sua schiena ricoperta di buchi, buchi che se la schiena di quel bestione non lo avesse fatto da scudo a quest'ora si troverebbero in buona parte su di lei.
Aveva il fiatone, comprensibile dopo aver corso e combattuto senza fermarsi per oltre un quarto d'ora, le facevano anche male le gambe e le dita della mano da quanti demoni aveva schiaffeggiato per far squagliare le maschere.
E adesso, si trovava da sola nei resti di un campo di battaglia, attorno a lei giacevano corpi e macchinari distrutti, con demoni che le giravano attorno intenti a combattere o a razziare i numerosi cadaveri sparsi sul pavimento.
Comprensibilmente, molti non avevano idea di cosa avevano fatto nelle ultime ore e come fossero arrivati lì, e avevano quindi tutte le ragioni per volersi armare prima di lasciare quel buco passando per strade che non conoscevano e che potevano contenere altri maniaci.
Un demone dal piumaggio colorito si lanciò da una delle poche impalcature rimaste in piedi e volò verso l'uscita stringendo tra le braccia un fucile e una lancia angelica, pronto a utilizzarle contro qualsiasi cosa avrebbe provato a sbarrargli la strada.
Poco vicino a lei, due imp trascinavano un loro compagno rimasto gambizzato ma abbastanza cosciente da poter intrattenere i presenti con una consistente fiumana di bestemmie.
E non troppo distante da quella scena, un gruppo di demoni particolarmente vendicativi stava sfogando la propria frustrazione su un mascherato, infierendo sul suo corpo malandato a suon di picconate e badilate.
Nessuno ovviamente provava ad avvicinarla, nel marasma si era comunque distinta per il bruciore provocato a ogni demone che le passava a pochi metri.
Come sempre la sua peculiare natura le dava modo di distinguersi.
Sospirò.
Pur avendone studiate molte e avendone viste molte in televisione, pur essendo cresciuta con l'idea di una guerra inevitabile tra la sua parte del mondo e quella governata dalla legge del capitale Mihaela non era mai stata in guerra, del resto non era entrata nell'esercito, e anche se ci fosse entrata non ne aveva comunque vissuta una in tutta la sua vita.
Quindi l'esperienza appena vissuta poteva dirsi la cosa più vicina a una guerra che avesse mai potuto toccare con mano: il terrore, la violenza e il rumore c'erano, certo.
Ma nella vera guerra non sei un mostro dotato di strani poteri e con un corpo più o meno immortale, sei uno stronzo qualsiasi con le stesse probabilità di morire di qualsiasi altro stronzo vicino.
Senza le sue armi probabilmente sarebbe finita a decorare il terreno assieme ad altri cadaveri, la guerra non fa distinzioni del resto, prende tutti.
Questo lo sapeva bene, suo nonno, che la guerra l'aveva fatta davvero, glielo diceva spesso.
Da bambina sperava di poterlo emulare un giorno, ma già verso l'adolescenza era arrivata alla conclusione che l'idea di morire per la patria e la rivoluzione per quanto lusinghiero fosse da considerare soltanto in ultima istanza.
Dopotutto, vivere mica le faceva schifo.
E l'esperienza certamente non era stata esaltante come qualcuno potrebbe immaginare, a correre, nascondersi, schivare e colpire sperando di non beccarsi un proiettile in fronte per pura sfortuna.
Le era andata bene, ma certamente non voleva ripetere l'esperienza, tutto sommato era grata per non aver vissuto l'esperienza della vera guerra in prima persona.
Le sue riflessioni vennero interrotte da suoni di sparo, il mascherato e alcuni dei demoni intenti a massacrarlo caddero a terra, e gli altri si dispersero così come gli altri sciacalli rimasti in zona.
Presa alla sprovvista, Mihaela provò ad arretrare, venendo colta da un dolore sordo alla gamba, solo allora si accorse di avere un foro sopra il ginocchio da cui il sangue fuoriusciva in abbondanza.
Non veniva dalla stessa direzione dello sparo di poco prima, doveva esserselo preso durante il combattimento e non essersene accorta per l'adrenalina, ma ora che lei e il suo corpo ne erano consapevoli, poteva sentire un forte bruciore espandersi dal ginocchio a tutta la gamba.
La ferita non era mortale ma quello restava un proiettile angelico, se non uccideva un demone, certamente lo avrebbe fatto soffrire come un cane.
Ora che guardava meglio, aveva una ferita di striscio sul braccio, decisamente meno grave, eppure avvertiva un bruciore particolarmente violento anche lì.
Per l'appunto, per poco non moriva anche lei.
<< Vittoria! >>
La voce gracchiante di Jack la rassicurò che gli spari venivano dalla sua arma, bene, sarebbe stato spiacevole combattere con un proiettile conficcato sopra il ginocchio.
<< Li abbiamo massacrati! Cazzo era da anni che non mi divertivo così! Mi hai visto? Ero dietro la roccia e li mitragliavo senza pietà! Cazzo, che gittata hanno queste armi? Ci credo che tutti le vogliono! >>
<< Sì sì complimenti, ora cercate un coltello tra i corpi. >>
<< “Grazie Jack! Sei stato magnifico!” >>
<< Magnifico Jack, complimenti, davvero impressionata, muovetevi. >>
Il bruciore si stava espandendo, in pochi secondi si fece così violento che temette di perdere l'equilibrio.
Fortunatamente Nathan, arrivato al seguito di Jack, trovò un coltellino arrugginito e glielo lanciò.
Accontentandosi nel male minore, Mihaela si chinò sul lato offeso, e non senza un certo sforzo riuscì a cavare fuori il proiettile dalla gamba.
<< Tutto bene...? >>
Mihaela strinse i denti per il bruciore, cazzo, le sberle di Innozenz confrontate a questo erano una carezza.
Sospirò, sperando che il bruciore iniziasse ad allontanarsi.
Ma le armi angeliche erano tutt'altro che clementi con la carne di un demone, ogni proiettile che passava dalle loro canne era foriero di sofferenze indicibili.
Anche un overlord non sarebbe rimasto indifferente se ferito da un proiettile, ma difficilmente lo stronzo che lo aveva sparato sarebbe sopravvissuto per raccontarlo.
<< Meglio di prima. >>
Jack aveva presto preso a saccheggiare i cadaveri nelle vicinanze, tirando fuori quel che poteva dalle loro tasche, e di tanto in tanto saltellava da una parte all'altra, come un bambino a cui hanno comprato un giocattolo nuovo.
<< Li abbiamo massacrati! Io mi tengo l'arma eh! Motivi di lavoro! >>
Girandosi verso i suoi compagni di viaggio, Mihaela non ebbe problemi a constatare che ne erano usciti illesi, dopotutto non erano loro ad aver scorrazzato in giro mentre c'era una sparatoria.
<< Siete vivi, bene. >>
L'espressione di Nathan faceva intendere che il demone fosse alquanto scettico riguardo l'interesse della donna grigia per la loro salute.
Ma visto che era ferita e quindi già irritata di suo, si sarebbe ben guardato dal risponderle.
<< Quindi... ehm adesso ce ne possiamo andare? >>
L'ex securitate scosse la testa.
<< Quasi, abbiamo fermato gli scavi, ma non è detto che non torneranno, dovremmo far saltare in aria qualcosa e occultare questo posto... >>
La sua attenzione venne deviata da qualcosa nell'aria, le sembrò di sentire un fischio, anche se non sapeva da dove veniva.
Si guardò attorno attonita, con i suoi compagni che la fissavano confusi quanto lei.
I due non sembravano affatto turbati da alcunché, Jack poi era ancora concentrato sui cadaveri, nello specifico a rimuovere un paio di scarpe da ginnastica che però ad occhio e croce erano decisamente al di sopra della sua taglia.
<< Lo sentite anche voi? >>
Faccia Bruciata alzò le spalle, nel mentre che si infilava le scarpe nuove dentro la divisa.
<< Succede quando senti troppi botti... >>
Nathan sbatté le palpebre, perplesso.
<< Io non sento nulla, che ti hanno fatto qualcosa mentre correvi? >>
Mihaela non era sicura fosse per l'esplosione e tutte le varie detonazioni, sentiva come se il fischio venisse da qualche parte, come se qualcosa la stesse attirando.
<< Sono abbastanza sicura di sentire qualcosa... aspettate qui. >>
Senza aggiungere altro, iniziò a incamminarsi verso l'origine del fischio, che si faceva sempre più forte.
Non sapeva perché, ma aveva il sentore, no, la certezza che qualcosa la stesse chiamando, e che ogni tentativo di sottrarsi al suo richiamo sarebbe stato inutile.
La cosa le provocava una forte inquietudine, ma niente rispetto al timore verso le conseguenze nel caso avesse osato ignorarlo.
<< Ah va bene! Non è per i botti, lo sento anch'io! >>
Jack le corse dietro, e anche Nathan una volta tanto trovò il coraggio di ignorare il suo ordine, adesso il fischio lo sentivano tutti e tre.
Camminando a velocità crescente senza curarsi di calpestare gli svariati corpi smembrati disseminati nell'ormai ex sito di scavo.
Cadaveri su cui ogni tanto Jack sparava non appena aveva la minima impressione che non fossero ancora morti, non si poteva mai sapere.
Come falene verso la luce, si lasciarono guidare dal fischio fantasma verso un piccolo cratere provocato dall'esplosione che Mihaela ricordava di avere innescato durante lo scontro.
Ora che potevano guardare il cantiere da vicino, non era difficile notare le macabre decorazioni che i mascherati avevano sparso per tutta la zona: sui container, sui macchinari, sul pavimento.
Quei tizi mascherati sapevano certamente come marcare il territorio.
Anche se molte cose erano rimaste sfasciate, annerite o si erano riempite di fori, potevano facilmente riconoscere il sangue secco usato a mo' di vernice un po' ovunque per dipingere il solito, fastidioso, sorriso stilizzato.
Se prima lo avevano tutti liquidato come uno sciocco modo per atteggiarsi a serial killer e spaventare i trasgressori, adesso non potevano fare a meno di chiedersi se quei sorrisi e il modo in cui erano disposti non avessero un senso a parte far crescere lo schifo.
E per carità, se era solo quello l'intento certamente c'erano riusciti.
Decidendo abbastanza in fretta di ignorare quelle macabre decorazione, i tre arrivarono tutti al cratere.
Il buco non molto grande in realtà, probabilmente in giro c'erano fori più profondi scavati dalle macchine.
Eppure, anche se la roccia al suo interno sembrava più che compatta, tutti e tre avvertivano un non so che... di strano, come se fosse una superficie sottile come un foglio di carta a separarli da un terrore ignoto.
O anche che, indipendentemente da quanti strati di pietra li separavano da quella cosa, per essa non avrebbero certamente costituito un problema.
Non era al loro livello, Mihaela poteva sentirlo sulla pelle e nelle ossa, se solo avrebbe voluto non ci sarebbe stato nulla da fare, nemmeno per lei.
Temeraria, l'anima dannata protese la mano in avanti, sfidando il cratere e il primordiale senso di timore che le ispirava senza che ne capisse il perché.
La sua mano, una volta arrivata sopra il cratere resistette pochi secondi prima di allontanarsi, scossa da un brivido tanto improvviso quanto violento.
Lei non poteva immaginare cosa stava succedendo, e sicuramente non lo voleva.
Non voleva prendere in considerazione ciò che stava sentendo o teorizzare su cosa le stava accadendo, voleva solo allontanarsi il prima possibile e dimenticare che questo incontro fosse mai avvenuto.
Si sentiva paralizzata, sentiva molte cose senza capirne il perché.
Osando guardarsi attorno, poteva vedere che anche i suoi compagni si trovavano in uno stato d'animo non dissimile al suo.
L'unica certezza di quel momento dove i suoi occhi scrutavano nella penombra che l'orlo del cratere proiettava sulla superficie rossastra al suo interno, scura come il sangue secco sparso sui container, era che aveva paura.
Aveva veramente, veramente paura.

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Capitolo X


Dopo essere scesa dall'autobus, Mihaela se ne era rimasta in silenzio davanti all'entrata del Lusten. Con gli occhi fissi sulla vistosa scritta al neon cremisi posta sopra l'ingresso del locale, la grande casa di intrattenimento nonché piccola zona franca in mezzo ai territori controllati dai grandi overlord e dalle loro bande criminali.
Se ne era stata un minuto intero ad ammirare l'ingresso dell'edificio, cercando la forza o il coraggio per entrare dopo una giornata che l'aveva lasciata fisicamente (e in parte anche psicologicamente) a terra.
Era notte (o almeno era il momento del “giorno” più vicino ad esserlo), quindi l'orario di punta del locale di svago tra i più apprezzati della città.
Da dove si era posizionata poteva assistere alla fiumana di anime dannate che entravano baldanzose nel locale e a quei gruppetti di persone che ne uscivano stordite e barcollanti, facili prede dei numerosi borseggiatori appostati nelle vicinanze.
Nonostante potesse apparire come un semplice bordello, il Lusten non veniva preso alla leggera dalla maggior parte dei piccoli criminali, che preferivano parassitare sui clienti ubriachi una volta che questi uscivano dal locale che non tentare di rubare al suo interno... anche se buona parte delle vittime di questi furti aveva già provveduto a svuotare le proprie tasche per il piacere degli eleganti signori ed eleganti signore incaricate di intrattenerli.
Rimanevano comunque da sgraffignare chiavi, smartphone e carte di credito, ammesso che gli avventori non le avessero incautamente fatte scivolare nelle ampie scollature delle ballerine o infilati dentro degli slip.
Il Lusten è un posto che culla i propri clienti, ma non per questo li mette al riparo dalla loro stupidità, e se qualcuno era così ubriaco da consegnare i propri effetti personali a uno degli intrattenitori o si faceva derubare appena varcata l'uscita, erano sostanzialmente problemi suoi.
Non che a lei non fosse mai capitato di lasciare il locale da sbronza persa... ma nel suo caso la sua peculiare condizione costituiva un ottimo antifurto da praticamente chiunque.
Trovando in un ricordo imbarazzante riguardante lei che scioglieva un idrante vomitandoci addosso una momentanea sospensione dai pensieri che la opprimevano, l'ex securitate trovò la forza di entrare, finendo ben presto a fare i conti con l'enorme calca che affollava la sala principale.
La noia fu di breve durata, quando si sparse la voce che “quella radioattiva” era in mezzo a loro, molti si scansarono volontariamente e con una certa violenza.
Qualche furbacchione tentò di lanciarsi con il viso sul petto di una delle spogliarelliste, finendo invece per sbattere il muso contro il palo e cadere all'indietro, mentre un imp che aveva provato a scavalcare il bancone del bar venne respinto di lato con uno schiaffo da parte del barista.
Il suo corpicino rossastro rotolò lungo il banco investendo diversi bicchieri prima di fermarsi davanti ad un corpulento demone dalle fattezze suine, che per ricambiare il favore iniziò a gonfiarlo di mazzate, prima di strappargli il portafoglio e offrire un giro a tutti gli altri seduti.
Assistendo alla scena, la donna alzò il sopracciglio, da quando l'uomo ortaggio serviva al pubblico?
Lo aveva sempre visto entrare e uscire dall'ufficio di Melanie, e mai le era sembrato un dipendente del locale.
Specie il tipo di dipendente socievole e dalla grande parlantina che metteresti a servire in un bar.
Eppure, per quanto poteva apparirle fuori posto, in realtà il demone non sembrava a disagio nel suo lavoro, miscelando bevande e servendo con una certa nonchalance un nutrito gruppo di avventori.
Decise che la cosa non aveva importanza, in quel momento aveva affari più impellenti di cui preoccuparsi, forse era stato sbattuto lì dopo aver irritato la proprietaria ed essere stato cazziato di conseguenza.
Chissà come doveva apparire da arrabbiata... probabilmente avrebbe tirato fuori uno sguardo in grado di far gelare le sue vene incandescenti.
In ogni caso, a giudicare dalla facilità con cui il demone ortaggio serviva quella spropositata massa di clienti, la cosa non sembrava pesargli più di tanto...
Ogni volta le sembrava che il locale stesse accogliendo più persone di quante ne era effettivamente in grado di contenere, e pur avendo ormai maturato una certa conoscenza dei suoi spazi interni, non poteva fare a meno di chiedersi se le voci che vedevano il Lusten dotato di una dimensione interna tutta sua che si allargava o comprimeva in base all'afflusso di clienti non fossero vere.
In molti a ribattevano che questa teoria era frutto dell'assunzione sregolata di alcoolici e sostanze psicotrope di cui il locale era ben fornito.
Beh, se doveva pensare a quante cose sul Lusten sembravano non quadrare avrebbe fatto tardi, al momento poteva concentrarsi su ciò che le era familiare: il rumore assordante, la cortina di fumo che avvolgeva i presenti come un banco di nebbia e la puzza di sudore di molti degli avventori.
Tutti elementi niente affatto gradevoli ma che nonostante ciò le restituivano un senso di familiarità di cui in quel momento avvertiva un forte bisogno.
Malgrado la spossatezza ed il fumo che sicuramente non apparteneva a delle comuni sigarette, Mihaela era comunque in grado di farsi strada fino all'ufficio della principale, complice il desiderio della maggior parte degli avventori di starle a distanza di sicurezza.
Così attraversando un pulitissimo corridoio riservato ai dipendenti, tanto pulito quanto sporco invece diventava il pavimento della sala a causa della clientela, la demone radioattiva arrivò alla familiare porta della proprietaria del locale.
I suoi bodyguard non le chiesero di fermarsi, nonostante non avessero mai rinunciato alla prassi prima di allora, segno che Melanie la stava aspettando e aveva dato loro istruzioni per farla passare senza darle noie.
Così quando fu a pochi passi dalla porta, i due energumeni si fecero silenziosamente da parte, permettendole di passare dalla ormai familiare porta biancorossa.
Superata la porta, venne accolta dalla visione anch'essa familiare dell'ufficio privato di Melanie, un ampio salottino privato dove la proprietaria del Lusten poteva dilettarsi a fare quello che preferiva con chi preferiva, cosa di cui lei aveva maturato una certa esperienza al riguardo.
… In ogni caso non era quello il motivo della sua visita!
Spostò il suo sguardo sui divanetti di lusso e sul grande letto all'angolo della stanza, poi sulla piscina idromassaggio e sui vari mobili che facevano schizzare il valore di quel salottino ben al di sopra di quello del misero appartamento in cui abitava.
Non che potesse farsene molto lei del lusso, se non altro il suo miserrimo appartamento aveva il vantaggio che non le sarebbe mancato se lo avesse distrutto per sbaglio, ma in ogni caso una casa tutta per lei non poteva farle che piacere!
Fece un ulteriore passo avanti quando un soffio caldo le arrivò al collo, facendola balzare in avanti, con i pugni chiusi e pronta a difendersi, ma girandosi verso il presunto aggressore trovò soltanto la cara Melanie nel suo invitante body attillato.
<< Uh... sera. >>
<< Dovresti essere meno tesa, sento che uno di questi giorni salterai contro il soffitto. >>
Con il suo solito sorriso sbarazzino, la proprietaria del Lusten chiuse la porta con un movimento dell'anca, per poi girare la chiave con un agile movimento della sua coda romboidale.
Se Mihaela appariva decisamente sciatta dopo una giornata passata a prenderle sberle nel sottosuolo, Melanie era appariscente come ogni sera.
Del resto lei non aveva passato le ultime dodici ore in un sotterraneo di merda a temere per la propria vita.
Ma la demone radioattiva era troppo stanca per ribattere, lasciò vagare lo sguardo sulle forme sinuose della sua datrice di lavoro, mentre questa si avvicinava ancheggiando ad uno dei divanetti del suo salottino, per poi girarsi e lasciarsi cadere di schiena.
<< Siediti, sarai stanca. >>
Ubbidiente, Mihaela prese posto in una poltroncina vicina, su cui prese posto, rimanendo con la schiena rigida come un blocco di marmo.
Melanie non andò subito al dunque, si stiracchio sul divano prima di sdraiarsi di lato così da potere guardare la visitatrice negli occhi.
<< Quindi, come è andata? >>
Mihaela sospirò.
<< Siamo andati dove ci hai detto, mi sono premurata di rimuovere tutti gli ospiti indesiderati, poi ho fatto saltare tutto così da bloccare futuri scavi. >>
La proprietaria annuì, soddisfatta.
<< Poi, ho fatto sì che le vie d'accesso siano adesso impraticabili, se qualcuno vorrà fare qualcosa lì avrà un po' di problemi in primo luogo ad arrivarci. >>
<< Eccellente! Sapevo di poter contare sulla mia assassina preferita. >>
Con un sorriso raggiante, Melanie si mise composta sul divanetto, per poi, con una torsione all'indietro che sembrava essere stata progettata apposta per offrire all'ospite una visione più completa sulla grandezza delle sue forme, la demone si portò con il busto e le braccia dietro la schienale del divano, per poi rialzarlo mentre teneva in mano una ventiquattrore dall'aria molto importante.
<< Come pattuito, la tua ricompensa, sii gentile e trovati una casa degna di questo nome, tipo una dove i muri non sono di cartapesta. >>
Gliela posò ai piedi, per poi tornare nella posizione di prima.
<< Sarò sincera, temevo avresti trovato pane per i tuoi denti in quel posto, ma ti vedo tutta intera... uh, a parte qualche livido sulla faccia. >>
<< Sì uhm non è stata esattamente una cena di gala, ma nulla che non potessi gestire, certo, avrei preferito sapere prima che i nemici del tuo cliente non sentivano dolore, il mio zigomo avrebbe apprezzato... >>
Melanie alzò un sopracciglio, perplessa.
<< Prego? >>
<< Quelli che scavavano indossavano delle maschere, o sarebbe più corretto dire che erano controllati da delle maschere... >>
<< Sì, abbiamo avuto notizie di molte aggressioni da parte di queste persone, si vede che qualche aspirante overlord sta progettando di ritagliarsi il suo spazietto di inferno, sai, ordinaria amministrazione. >>
Se non fosse per quello che aveva visto e sentito sottoterra, Mihaela sarebbe stata ben persuasa di accettare la spiegazione, intascare il malloppo, accettare eventuali inviti a restare a divertirsi per la notte e tornare nel suo squallido appartamento a contare le banconote.
Eseguire lavori senza fare domande e senza farsi domande era sempre stato il suo pregio, anche da viva.
Ma dopo quello... quello che il suo corpo aveva avvertito in quelle profondità, sentiva il bisogno di parlarne, anche solo per assicurarsi di non essere impazzita.
Guardò Melanie, la demone agitava pigramente la coda dietro la schiena, in attesa di una risposta.
<< Tesoro? >>
<< Scusa, è che stavo pensando, ci sarebbe dell'altro oltre ai mascherati e al loro modo di segnare il territorio. >>
La coda di Melanie si fermò, e la demone scelse di assumere una postura più composta, anche se non aveva detto niente, Mihaela poteva sentire i suoi occhi ordinarle di vuotare il sacco.
<< Quando abbiamo sgomberato il posto, mi è... parso di capire perché qualcuno non voleva che scavassero in profondità, o almeno ho avuto l'impressione di conoscerne il motivo. >>
Melanie alzò le spalle, come a voler glissare sull'argomento.
<< Immagino che ognuno abbia i suoi scheletri nell'armadio, meglio non pensarci, avessi a stuzzicare la pazienza di qualche overlord... >>
Imperterrita, Mihaela non aveva intenzione di interrompersi.
<< Ho... avuto come l'impressione che ci fosse qualcuno là sotto, qualcosa, e intendo, qualcosa di veramente grosso e pericoloso. >>
<< Mh-mh? >>
<< Qualcosa che se avesse voluto sarebbe potuto uscire senza problemi. >>
Pronunciate quelle parole, le sembrò che lo sguardo di Melanie si fosse fatto improvvisamente più serio, lo avvertì su di sé in tutta la sua pesantezza.
<< Non riesco a seguirti... >>
<< Mi spiego meglio: ho avvertito qualcosa sotto quegli scavi, un overlord, o qualcosa di molto peggiore, e lì per lì pensavo fosse un qualche male sconosciuto che non andrebbe liberato per nessun motivo... >>
La proprietaria non rispose, limitandosi a squadrarla in silenzio.
<< Ma in seconda analisi, mi è sembrato che quella... cosa volesse rimanere lì, più che liberarla mi è sembrato che i mascherati volessero... portarla allo scoperto? Non so nemmeno perché ne sto parlando, ma quando avevamo finito di mandare via i mascherati ci è sembrato di essere chiamati da un fischio e- >>
Così presa dal racconto, non si accorse di Melanie che le era strisciata sul fianco per portarle un dito sulle labbra.
<< Shhh. >>
<< Mhh? >>
Con un sorriso rassicurante, Melanie prese il viso della sua ospite tra le mani per farsi guardare negli occhi, erano vicinissime, ma per il corpo di Mel la cosa non era mai stata un problema.
Se anche Mihaela fosse andata a fuoco e l'avesse sciolta, Melanie si sarebbe ricomposta come se fosse fatta di gelatina, per questo era l'unica persone che poteva avere un contatto fisico con la sua ospite senza temere per la propria incolumità.
<< Hai avuto una dura giornata, non è vero? >>
<< A dir poco... >>
<< Quello che mi hai detto... dovrai tenerlo per te, d'accordo? >>
Mihaela deglutì, giustamente, Melanie aveva tutto l'interesse nel non scoprire o ancora peggio divulgare i segreti dei suoi contatti, segreti di cui forse poteva essere lei stessa a conoscenza.
Anche per quello, non c'era altra persona con cui parlarne, specie se poteva farle intendere quando era il momento di fermarsi prima di farsi del male.
Mihaela sapeva di essere una creatura pericolosa... ma anche che esistevano mostri peggiori di lei, e l'ultima cosa che avrebbe voluto era ritrovarsene uno sulle sue tracce.
Perciò annuì, e Melanie le lasciò andare il viso per circondarle le spalle con il braccio, portandosi a pochi centimetri dal suo orecchio.
<< Che piccola sciocca, sai che ci sono cose non conviene mettere il naso, fidati di questa tua amica se dico che ti conviene dimenticare quello che è successo, perché conviene a tutti. >>
Annuì di nuovo, improvvisamente aveva deciso che la spiegazione di quanto era accaduto poteva rivelarsi più terrificante del dubbio, e lei preferiva vivere libera dalla paura.
Dopotutto l'inferno era pieno di creature terrificanti, mostri millenari potevano fare la loro comparsa in qualsiasi momento e devastare interi quartieri per gioco, e lei dovrebbe farsi tutti questi complessi per averne sfiorato uno nel sottosuolo?
Perché?
Era ricca adesso, non le servivano altre preoccupazioni.
No? No.
Incapace di trovare una risposta, Mihaela spostò lo sguardo su Melanie, rendendosi conto di quanto la distanza tra le due si fosse ridotta negli ultimi secondi.
<< Quindi, siamo d'accordo che questo argomento non uscirà più fuori? >>
La frase fu seguita da un bacio sulla guancia, la demone radioattiva si irrigidì come suo solito, incapace come sempre di sentirsi a suo agio con il corpo dell'altra demone così vicino a lei.
Specie se si divertiva a strusciarglielo addosso!
<< D'accordo. Sì. Scusami... >>
<< Non scusarti, mi fai sembrare la stronza della situazione. >>
<< Scusa per farti sembrare una stronza. >>
Melanie rise.
<< Sei un disastro, ma immagino di dovermene dare la colpa... >>
Per un attimo Mihalea ebbe l'impressione di sentire la mano della partner scivolarle sul seno, ma quando puntò lì lo sguardo per controllare, la mano era tornata ad accarezzarle il fianco.
<< In ogni caso, non sono una persona irragionevole, ti ho proprio fatto passare una brutta giornata, eh? >>
<< Ho... affrontato di peggio. >>
<< Bugiarda. >>
Con un movimento aggraziato, Melanie alzò la gamba e girò su se stessa fino a sedersi sul grembo della sua ospite, Mihaela sussultò quando si trovò all'improvviso intrappolata tra lo schienale del divano e il corpo di Mel.
Già più alta di lei, da quella posizione Melanie la sovrastava, e qualsiasi tentativo di allontanare lo sguardo da parte della radioattiva risultò vano nel momento stesso in cui il seno formoso di Mel entrò nel suo spazio visivo.
La cosa... non le dispiaceva.
Prima che potesse formulare qualsiasi pensiero razionale, sentì le mani di quella probabile succube posarsi sulle sue spalle.
<< Sarebbe scortese da parte mia chiederti di dimenticare e salutarti così, non trovi? >>
Gli occhi della sicaria scansionarono per intero ciò che avevano davanti, soffermandosi di nuovo sull'ampio petto della demone dai capelli fucsia.
<< Non hai tutti i torti... >>
<< Allora, penso di doverti almeno un aiutino per dimenticare questa brutta giornata, mi ringrazierai domani, dolcezza. >>
In quello stesso momento la coda di Mel si avvolse attorno alla sua gamba destra, dalla sua posizione, Mihaela si chiese se era questo ciò che provano le prede prima di essere divorate...

Nathan si svegliò sopra la sudicia branda su cui era collassato poco tempo prima, lanciando un grugnito di insoddisfazione mentre i suoi occhi tornavano a vedere il mondo con i suoi veri colori.
Nonostante le ripetute punture, il sollievo che ne traeva non era né molto soddisfacente né durava chissà quanto, erano passati appena dieci minuti ed era di nuovo tornato in sé.
Infastidito, si guardò attorno, trovando Jack steso sul pavimento, con la l'arma angelica stretta tra le braccia come se fosse un peluche.
Un peluche con cui aveva commesso una fottuta strage.
La stanzetta che stavano occupando era un piccolo rifugio nascosto in un vicolo sotterraneo poco trafficato, e l'ingresso era abbastanza ben nascosto da rendere improbabile che qualcuno lo trovasse per sbaglio.
Si trattava di un monolocale malandato, una casupola scavata dentro la roccia durante gli anni degli scavi.
La stanza era rettangolare, e le pareti erano decorate alla meglio, con qualche tocco di vernice e strascichi di carta da parati che mal si adattava alla superficie ruvida e irregolare del rifugio.
Il famoso di stile di arredamento alla cazzo di cane adottato da Jack per la sua squallida dimora.
A completare il quadro, dei mobili mezzi scassati, un tappeto e un rudimentale sistema di illuminazione che rendevano la sua momentanea abitazione qualcosa di vagamente simile a una stanza vera e propria.
Questo ex magazzino riadattato a stanza era ciò che Jack chiamava casa, beh a dire la verità la sua casa non si limitava a questa stanzetta ma comprendeva una vicina discarica e altri anfratti sudici sparsi nelle vicinanze, tutte zone dove Nathan non era interessato a passare la notte.
Non che quella sudicia stanza fosse meglio, ma lui non avrebbe potuto far vedere in giro la sua faccia per un po' e l'ex militare era stato così gentile da offrirgli un riparo.
Va bene che gli sembrava il minimo considerato che la ragione per cui non poteva farsi vedere in giro era per colpa sua, ma vista la sua posizione non se l'era sentita di rinfacciarglielo.
Specie considerando come era armato.
E così eccolo bloccato in quel buco assieme a Jack e con abbastanza stupefacenti da spassarsela per due settimane... non che servissero a molto a questo punto.
Scese dalla branda, facendo attenzione a non calpestare il corpo del veterano, che a differenza sua era ancora in preda agli effetti della sostanza e lo sarebbe rimasto per almeno altre due ore.
Nathan lo invidiava, ma sapeva che la tentazione di aprire uno dei mobili e tornare a spassarsela non sarebbe stata superiore alla frustrazione che avrebbe sentito dopo che gli effetti lo avrebbero abbandonato prima del tempo.
Per questo, messa una mano sul cassetto di un mobile vicino, la allontanò mentre sferrava un calcio rabbioso che quasi gli fece affondare il piede nel legno marcio.
Bestemmiò più per lo spavento che per il dolore, e saltò all'indietro con la scarpa ricoperta di schegge e sporco.
Nel farlo, inciampò su Jack, cadendo all'indietro e sbattendo la nuca sponda del letto.
Partì una seconda bestemmia mentre si massaggiava la testa, davanti a lui lo yankee rimaneva insensibile a lui e alle sue parole, perso nel suo mondo di sballo.
Guardarlo in quelle condizioni gli mandava il sangue al cervello.
Davvero, non lo sopportava, si chiedeva cosa lo trattenesse dal prenderlo a calci su quel suo cranio bruciato di merda.
E che cazzo, questo qui aveva sparato a gente innocente, bombardato villaggi col napalm e sparato ai propri ufficiali, com'è che a una merda simile veniva risparmiata la pena che invece era stata inflitta a lui?
Dovrebbe soffrire più di molti altri per quello che aveva fatto, così come la stronza al plutonio, e invece eccolo a dormire sul tappeto, beato come un bambino.
Lui non avrebbe potuto fare lo stesso, ma questa era la logica del contrappasso.
Aveva vissuto spacciando droga e sballandosi con quello che rimaneva, così aveva passato le sue giornate fino al giorno in cui dopo la peggior giornata della sua vita, ciliegina sulla torta di merda che era stato quel periodo, si era sfondato fino a morire di overdose.
La punizione per questo?
Non trarre più gioia dalla droga.
Non importava quanto fumasse, quanta merda si iniettasse nelle vene e quante pasticche ingoiava in spregio a ogni buonsenso che una persona morta di overdose avrebbe se non altro dovuto maturare: ogni volta sentiva sempre meno piacere.
Se dio esisteva era un sadico stronzo, lo aveva punito con la sua debolezza, gli aveva impedito di provare piacere, lasciandolo solo con la sua dipendenza.
Ci aveva già fatto caso dopo le sue prime giornate all'inferno, ma era troppo preso dal fatto che era morto e finito lì per chiedersi perché la merda che prendeva sembrava durare di meno rispetto a prima.
Poi aveva provato a liquidare la questione come un effetto del suo corpo da demone, o semplicemente la qualità era scarsa.
Ma più passava il tempo più pareva evidente che era frutto del contrappasso a cui lo stronzo là sopra lo aveva condannato, maledetto il bastardo!
Però il piacere non lo aveva abbandonato del tutto, continuava ad esistere, sempre più fugace, così che potesse tornare a cadere in tentazione, strafarsi, e finire per soffrire di più gli effetti collaterali di quanto riusciva a trarre piacere.
E così a cadenza settimanale ci ricascava, soffriva e lo schifo per se stesso aumentava.
Ma dopotutto cosa gli restava?
Era morto, e all'inferno, nessuna salvezza, nessuna possibilità di elevare il proprio status o migliorare la propria vita, solo un perenne ciclo di autodistruzione che a causa del suo corpo immortale non lo avrebbe mai abbandonato.
La vita all'inferno era orribile per la maggior parte delle persone, a centinaia erano i demoni che collassavano sul marciapiede la mattina e tornavano a muoversi la sera, tutti cercavano di alleviare le proprie sofferenze con qualcosa, specie se si era poveri, deboli e senza risorse.
Quelle povere anime, o almeno la maggioranza di loro, passavano così la propria non vita, inermi fino allo sterminio annuale, dove gli sterminatori sarebbero calati su di loro ed avrebbero falciato le loro vite.
E quello se non venivano coinvolti prima in un conflitto tra overlord, molti usavano le dipendenze per legare i demoni di rango inferiore al proprio servizio e disporre di più carne da cannone con cui estendere il proprio controllo a nuove zone.
Lui si era risparmiato da questa misera sorte, ma porca miseria, la sua non era vita: era sopravvivenza!
L'essere bloccato in quello stanzino sudicio poi non lo aiutava a vedere il bicchiere mezzo pieno!
Era stata una giornata decisamente di merda, non era certo di essere felice di essere vivo.
Specie ora che non aveva nemmeno un lavoro per distrarsi, no, era bloccato lì con se stesso e le sue debolezze.
Si rialzò barcollante, avvicinandosi a piccoli passi al mobile danneggiato, dopotutto non c'era altro da fare per passare il tempo...
E poi quello stronzo lì sul tappeto non si sarebbe accorto di qualche scorta in meno.
Anche se, guardando le siringhe sparse sopra la branda, intuiva già il prezzo del suo divertimento...

Il demone si schiantò contro una saracinesca, lasciando una vistosa ammaccatura sulla stessa.
Il proprietario non avrebbe avuto una bella sorpresa, ma non era una sua preoccupazione.
In quel momento la cosa che lo preoccupava era riportare la pelle a casa.
Non aveva idea di cosa stava succedendo, un attimo prima era a trattare un prezzo vantaggioso con una prostituta e il secondo dopo si era fatta notte e aveva le ossa doloranti.
Si portò la mano sulla pelliccia facciale, qualcuno lo aveva graffiato e gli aveva lasciato un bello sfregio, che cazzo gli era successo?
Meglio filarsela, ci avrebbe pensato un altra volta.
Provò a fare un passo, quando un torso sventrato gli volò addosso, schiantandosi con violenza contro la stessa saracinesca di prima, che questa volta andò giù per la forza dell'impatto, schiacciando quella che doveva essere un automobile.
Il demone rimase raggelato, ma lo spavento passò presto, del resto non era la prima volta che assisteva ad una scena del genere.
A farlo tornare atterrito, fu il fatto che quel tronco senza gambe si stesse muovendo ancora, camminando sulle proprie braccia, talmente lunghe da sostituire le gambe mancanti.
Arretrò schifato e inorridito, non era la prima volta che assisteva ad un corpo tagliato a metà, ma certamente era la prima volta che vedeva qualcuno continuare a muoversi tranquillamente.
<< Ehm... ma stai bene? >>
Nessuna risposta.
<< Ok allora io me ne an- >>
Un'artigliata lo prese sul petto, nulla in grado di uccidere un demone ma certamente abbastanza da fargli un male cane.
Cadde all'indietro con il petto aperto, mentre il suo aggressore mostrava per la prima volta il suo volto: una maschera bianca con sopra un sorriso stilizzato.
<< Ma che cazzo... >>
Quell'affare con le lunghe braccia gli saltò addosso, e il demone poté soltanto alzare le braccia per ripararsi la faccia.
Ma le artigliate non arrivarono mai, sentì soltanto un rapido tonfo, e quando abbassò le difese, trovò il mascherato per terra a svariati metri da lui, con la testa esplosa e il corpo martoriato.
La cosa che lo preoccupava di più adesso era la persona che lo aveva ridotto così:
In piedi davanti a lui si ergeva una possente demone dalla pelliccia bianca e i capelli del medesimo colore tenuti raccolti in più trecce, ma il dettaglio più curioso erano i suoi occhi, non ne aveva mai visti di così... diversi.
In sintesi, una visione in realtà niente male se non fosse per i bolas insanguinati che la nuova arrivata stava lasciando dondolare a pochi centimetri dalla sua faccia.
Non gli serviva chiederlo per capire cosa avesse ridotto così male quel demone.
O tutti quegli altri demoni che poteva scorgere attorno a sé, decine di corpi martoriati dalla furia di quei bolas.
Improvvisamente non era più tanto contento di quello che aveva davanti.
<< Ehi. >>
Il demone alzò lo sguardo, pietrificato, poteva già sentire i bolas che gli sfondavano lo sterno.
Fortunatamente per lui, la demone non sembrava interessata a fargli male.
<< Avrei delle domande, quindi ascoltami. >>
Lui annuì, mentre un corpo scagliato in aria chissà quanto tempo prima non atterrò rumorosamente su un cassonetto vicino.

<< Le tue due amiche sono state molto gentili, da quello che sento là fuori sembra se la stiano cavando bene. >>
<< Certamente se la sono passata meglio di me, ma da quanto va avanti? >>
Poco distante dal mattatoio, Sherry se ne stava appoggiata ad un lampione con il telefono in mano.
Si era assicurata più volte di non essere osservata da eventuali spie, anche se a quell'ora della notte erano poche le persone che trafficavano lì.
O almeno erano poche le persone che trafficavano lì e che non erano ubriache o stordite da qualche sostanza, e tutti i demoni che poteva vedere nelle vicinanze non sembravano decisamente nella piena padronanza delle loro capacità fisiche e intellettuali.
Soprattutto intellettuali, visto quel demone capra con la testa incastrata in un grosso pneumatico incontrato qualche isolato fa.
Il punto è che non sembrava che qualcuno la stesse spiando, e dubitava che qualcuno avrebbe trovato il coraggio di farlo visto cosa stava accadendo a poca distanza da lei, anche se a giudicare dall'assenza di rumori, le due dovevano aver finito di spappolare quei disgraziati.
<< Da qualche mese? Non ne sono sicura, ma non erano mai stati né numerosi né aggressivi, dopotutto all'overlord di qui non piace vedere bande in giro... cioè non gli piaceva. >>
La demone ragno alzò un sopracciglio in risposta alla voce femminile dall'altra parte della linea.
<< Lo hanno ammazzato? >>
<< Questa mattina, ma è strano, di solito le uccisioni degli overlord vengono rivendicate, è il primo passo per farsi una carriera qui e invece nessuno ha saputo niente finché non hanno trovato i suoi resti e quelli dei suoi collaboratori. >>
Sherry non poté fare a meno di provare una certa preoccupazione, il fatto che qualcuno da quelle parti avesse ucciso un overlord e non si fosse degnato di urlarlo ai quattro venti era un avvenimento insolito per gli standard dell'inferno.
<< Immagino non sia stato un granché come spettacolo. >>
<< Probabile, ho preferito non documentarmi, ma considerato il ritmo con cui muoiono i signori della guerra da queste parti l'overlord di qui potrebbe essere stato soltanto il primo caso di cui ci siamo accorti, immagino che la cosa non sarà un bene per gli affari. >>
<< E credi che c'entri qualcosa il club delle maschere poco impegnate? >>
<< È soltanto una supposizione, posso soltanto dire che i problemi sono iniziati quando sono comparsi loro, e a quanto pare non ne hanno creati soltanto qui... beh! Rinnovo i miei ringraziamenti a te e alle tue amiche, probabilmente torneranno, ma per questa notte la mia bottega non andrà a fuoco. >>
<< Perfetto, perché sarebbe un disastro per il mio outfit! >>
Una risata argentina partì dal telefono.
<< Felice di essere così importante per la tua vita! Stammi bene allora. >>
<< Aspetta! Prima di salutarti, sicura di non voler pagare nessuno per della sicurezza in più? So che sai come difenderti ma ultimamente stanno accadendo cose... particolari. >>
Passò qualche secondo prima di sentire una risposta.
<< Immagino che ci penserò, grazie per il pensiero, e cerca di non far arrabbiare quelle due, dalle botte che ho sentito non le provocherei per nulla al mondo, spero riescano a trovare quello che cercano! >>
Conclusa la chiamata, una demone appoggiò il telefono sul comodino più vicino prima di stiracchiare le sue quattro braccia per riprendersi da quella che era stata un'intensa giornata lavorativa.
Apprezzava la preoccupazione di Cherry, ma era certa che la sua bottega avrebbe retto a qualsiasi aggressione.
Dopotutto, se nessuna ridicola gang osava avvicinarsi alla sua porta un motivo c'era.
Sorrise, socchiudendo leggermente tre paia di occhi viola.
Se le cose si sarebbero messe male avrebbe considerato l'idea di ingaggiare qualcuno, per il momento avrebbe aspettato di vedere come si sarebbe evoluta la situazione, chiaramente quello che stava succedendo aveva dell'insolito...
Decise che se ne sarebbe preoccupata il giorno seguente.
<< Uff! Sono stanca morta...! >>





Nota dell'autore
Mi spiace averci messo più di quanto avrei voluto, ma questo capitolo chiude l'episodio due delle vicende di Mihaela e del resto del cast.
Spero che questa storia nel complesso sia stata di vostro gradimento e ricordo dell'esistenza dello spinn-off di
Thanos 05: Un nazista all'inferno, e approfitto per ringraziarlo per l'aiuto nella scrittura e nella revisione dei capitoli.
Per motivi non troppo dissimili ringrazio inoltre
Golden Fredbear, White Pika girl e Aladidragocchiodiluce, rispettivamente autori di Melanie e del suo Lusten, di Nathan e di Sherry.
Infine ringrazio
Tubo Belmont (padre originale dei due personaggi con cui la cara ragnetta di nostra conoscenza sta ora avendo a che fare) e Donatozilla per avere seguito e recensito la storia, nonché tutti i lettori e chiunque leggerà o recensirà in futuro.
Terminato il listino spero di poter passare presto ad un terzo episodio, ma visti i tempi dilatati in cui ho scritto questo meglio se non mi sbilancio troppo nel fare promesse.

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