Per non avere più paura

di cassiana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Bienvenidos a Miami ***
Capitolo 2: *** Da una sala riunioni a uno yacht ***
Capitolo 3: *** The Great Blue Hole ***
Capitolo 4: *** 1973: viaggiando da fermi ***
Capitolo 5: *** 17.840608, -88.452812 ***
Capitolo 6: *** Come Riccioli D’Oro ***
Capitolo 7: *** Nelle fauci del giaguaro ***
Capitolo 8: *** 1973: schiaffo, pizzico, bacio ***
Capitolo 9: *** Una farmacia, una dispensa e un rifugio ***
Capitolo 10: *** La tribù perduta ***
Capitolo 11: *** Un ponte tra di noi ***
Capitolo 12: *** 1973: Due ragazzi innamorati ***
Capitolo 13: *** Fine corsa ***
Capitolo 14: *** Altro giro, altra corsa ***
Capitolo 15: *** En un solo momento una eternidad ***
Capitolo 16: *** La figlia di Nelson ***
Capitolo 17: *** Un pericolo nell'ombra ***
Capitolo 18: *** Un mare di stelle ***
Capitolo 19: *** Una cena dagli Oviedo ***
Capitolo 20: *** La situazione precipita ***
Capitolo 21: *** London calling ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Bienvenidos a Miami ***



Disclaimer: Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Nota: Questa storia fa parte della serie Londoners ‘80s ed è uno spin off di Per arrivare al tuo sorriso, ma può essere letta anche da sola.



Bienvenidos a Miami






Si erano fermati davanti al CocoPalmSpring un night alla moda frequentato dalle celebrità di Miami. Per essere aprile la notte era ancora tiepida, la strada era trafficata: automobili di lusso frecciavano e sgasavano ai semafori. Il lezzo dei fumi di scarico sopraffava la brezza profumata di salsedine che smuoveva le corolle di azalee e camelie arrampicate ai muri di quella via. Becky avrebbe fatto volentieri a meno di uscire, sapeva essere affascinate quando voleva, tuttavia il suo interesse primario in quei viaggi erano gli affari e non certo divertirsi in discoteca. Hugo Donovan, il suo collega, invece era molto più portato di lei per le pubbliche relazioni, sapeva distinguere al volo quali persone approcciare per proporre un buon affare e quali avessero in mente solo progetti fumosi e belle parole piene d'aria. Per questo erano tanto compatibili e avevano un così buon rapporto. Lavoravano insieme da due anni ormai e avevano capito che funzionavano meglio come squadra che come rivali e insieme riuscivano a pianificare le strategie di mercato più vincenti. Per un po' erano anche andati a letto insieme più per capire i rapporti di potere tra di loro che per reale interesse romantico. Ma si stimavano e si fidavano l'uno dell'altra, sapevano entrambi che nessuno dei due avrebbe tradito quella fiducia, compatibilmente a quanto fosse valso a livello di carriera far affondare l'altro piuttosto che farlo progredire con sè. Becky mise una gamba nuda fuori dalla lussuosa auto a noleggio messa disposizione dalla loro società e Hugo la fermò, una mano sul ginocchio:

- Non crucciarti per come sono andate le trattative oggi. Ho appuntamento stasera con un potenziale acquirente.

Becky non fu infastidita da quella mano, sapeva che quando parlava di affari Hugo diventava uno squalo, tanto affascinante quanto letale. Nonostante avesse in quel momento le pupille dilatate dalla cocaina, lei poteva intuirne la mente affilata lavorare come un bisturi. Da quando aveva visto quel film con il tizio che si trasformava in una mosca non poteva più fare a meno di associare il collega a quell'attore. Hugo infatti, come lui, era alto e dinoccolato con i capelli neri tirati all'indietro e gli occhi rotondi e magnetici. Le prese la mano e la baciò facendole l'occhiolino. Becky scosse la testa e gli sorrise a sua volta, complice. Scesero dalla macchina e si diressero verso il parterre del locale. Il club aveva aperto solo da pochi mesi, ma era già uno dei più frequentati della città. Il neon dai freddi colori elettrici si rifrangeva nei numerosi specchi che costellavano le nere pareti lucide come il pavimento. Intorno alla pista da ballo erano disseminati numerosi divanetti di pelle bianca e oro. La musica, un mix di ritmi latini e disco con qualche incursione di sintetizzatore, si riversava dagli altoparlanti rivaleggiando con il chiacchiericcio degli avventori. L'aria era impregnata di profumo, sudore e fumo di sigaretta, la droga sembrava girare senza alcuna limitazione. Sulla pista diversi ballerini si affannavano con movenze sensuali. Hugo le offrì una sigaretta porgendole un portasigarette d'argento e lei fece un cenno di diniego: la sua regola era una sola galois al mattino, anche se avrebbe voluto avere qualcosa per tenere occupate le mani. Giocherellò con uno degli orecchini e si pettinò con le dita i corti capelli biondi che le arrivavano appena alla nuca. Mentre si incamminava verso il bar per ordinare un mai tai si sentì gli occhi degli uomini addosso. Quella sera aveva rinunciato ai severi occhiali che usava al lavoro e il vestito di lamé blu elettrico dalle maniche a palloncino le aderiva alla perfezione lasciando intravedere gran parte delle gambe scoperte. Poteva contare su un fisico statuario che manteneva a forza di dieta e corse mattutine e aveva anche una buona dialettica: era bella, colta e lo sapeva. Non c'era motivo per cui non mettere in mostra il corpo per cui lavorava tanto duramente.
Mentre beveva il suo cocktail Becky osservava la fauna del locale muoversi in una sorta di carosello collaudato. Le donne più o meno svestite, più o meno sguaiate erano seducenti nei vistosi abitini corti e cercavano le attenzioni degli uomini a loro volta appariscenti negli abiti sartoriali bianchi, i capelli impomatati, le camicie aperte a mostrare collane d'oro e petti villosi. Le sembrò di essere stata catapultata sul set di una delle puntate di Miami Vice e Becky rimpianse per un momento le semplici festicciole casalinghe londinesi di quando era ragazzina: musica tranquilla, forse un po' d'erba se non c'era nessun adulto nei paraggi, il gioco della bottiglia. Un volto dal sorriso strafottente e gli occhi verdi che la guardavano innamorati emerse per un momento tra i ricordi. Bevve di corsa un altro sorso di liquore. Perché le fosse venuto in mente proprio in quel momento non lo sapeva, tanto lui non avrebbe approvato quel luogo e quella gente. Becky si strinse nelle spalle, non avrebbe approvato lei e tanto le bastava per toglierselo dalla testa. Provò sollievo quando la voce di Hugo le carezzò l'orecchio, distraendola da quei pensieri molesti:

- Forse questo viaggio non è andato sprecato, dopotutto.
- Hai incontrato qualcuno della GloChem?
- Più o meno. C'è qualcuno che, come noi, ci avrebbe voluto mettere le mani sopra. Potremmo concludere un affare tra noi.
- E' affidabile?
- Mia cara, mi conosci.

Hugo si aprì in un sorriso appuntito e una luce sinistra sembrò fargli brillare le pupille:

- Domani organizzerò un incontro. Intanto c'è qualcuno che reclama la mia presenza.

Becky seguì lo sguardo dell'uomo e vide due ragazze salutarlo seducenti.

- Non fare troppo tardi che domani ti voglio comunque in forma.

Disse guardando con ostentazione il sottile orologio d'oro.

- Noooo, te ne vai di già?
- Ho bisogno di almeno sei ore di sonno per funzionare al meglio, lo sai.
- Allora buon riposo Rebecca. Posso sempre contare sulla tua affidabilità.

Hugo si staccò dal suo fianco strizzandole un occhio e si fece strada ballicchiando verso le ragazze. Becky finì il cocktail, diede il due di picche a diversi uomini che si erano offerti di farle compagnia e tornò all'albergo. Guardò l'ora, fece un paio di calcoli e chiamò la sua migliore amica Brenda a Londra. Le raccontò con dovizia di particolari la giornata, certa che avrebbe avuto parole di conforto dall'amica.


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Quella mattina Becky era seduta in una delle poltroncine della reception dell'immensa struttura dove si sarebbe tenuta la riunione d'affari. Il The Grand era una mostruosità di acciaio e cemento inaugurata da poco dalle parti di Miami Dade. Nei progetti dei suoi costruttori doveva essere ad un tempo un albergo, un condominio e un centro congressi. Aveva quattro ristoranti di lusso, una caffetteria, tre cocktail bar e ben due piscine di cui una olimpionica. Un centro termale e una palestra con i più moderni macchinari: tutto per facilitare gli uomini e le donne d'affari che potevano così concludere le proprie transazioni senza alcuna distrazione, che non fosse quella messa a disposizione della struttura stessa. Anche se erano le otto, lei era già sveglia da diverse ore, aveva fatto la sua corsa sul tapis roulant della palestra dell'albergo, si era fatta una doccia fredda e si era fumata la sua unica sigaretta della giornata insieme al caffè nero e forte. Quel rituale giornaliero sempre uguale a se stesso sia che si trovasse a casa a Londra che a Shangai che Milano era il suo modo per tenersi ancorata a se stessa. Aveva indossato un completo di Armani color grigio acciaio, una camicetta di seta crema e decolleté col tacco a spillo nere, praticamente la sua divisa da lavoro. Un odore di colonia la distolse dai documenti che stava leggendo.

- Buongiorno Rebecca. Pronta per oggi?

Hugo si era sistemato il polsino della giacca, mentre lei gli sorrideva da sotto in su e chiudeva il faldone:

- Ovvio, più pronta di te di sicuro!

Le porse la mano per aiutarla ad alzarsi e Becky accettò di buon grado. Lo precedette, sapendo che lui avrebbe apprezzato le sue forme nella gonna stretta. La seduzione appena velata era una buona strategia, ma Becky tendeva a non abusarne troppo. Voleva che fosse chiaro che se lei era lì era per le sue capacità e che era in grado di masticare e sputare l'avversario senza rimpianti e anche asciugandosi con garbo l'angolo delle labbra con il tovagliolo, dopo.

- Sta attenta, gli avvocati della GlobalChem Inc. stanno cercando di far saltare il banco.
- Hanno lavorato bene, ma sanno che noi abbiamo più possibilità di portare le azioni del Dow Jones allo zeropuntozerocinque con uno schiocco di dita.
- Si, ma loro a quanto pare potrebbero avere degli assi nella manica e la nostra capacità di contrattazione potrebbe contrarsi.
- Hai avuto una soffiata?

Un sorrisino aveva sollevato un angolo delle labbra di Hugo, mentre si tirava all'indietro i capelli con una mano. Becky aggrottò la fronte:

- Chi?
- Forse una delle segretarie del reparto operazioni finanziarie potrebbe essersi lasciata scappare qualcosa ieri sera, dopo il dessert.
- E immagino che il dolce sia stato lei.
- Sono un gentiluomo, mia cara. Comunque dobbiamo fare attenzione soprattutto alla McDermott, è lei che tiene le fila della trattativa.

Aprì la porta a doppio battente della sala riunioni e una ragazza dalla pelle ebano gli fece un sorriso enorme.

- Mi sembra troppo giovane, perfino per te.

Mormorò Becky con appena una punta di disapprovazione non del tutto sincera nella voce, mentre prendevano posto al lungo tavolo ovale. Di fronte a loro c'erano tre uomini bellocci, tutti mascella squadrata, mento volitivo e occhi spietati. Una donna più anziana era seduta appartata, i capelli grigio acciaio acconciati in uno chignon severo, truccata con cura ma senza essere civettuola, le labbra sottili atteggiate ad un sorriso mentre presentava se stessa come Vera McDermott e i suoi collaboratori.
La mattina era trascorsa quasi interamente con i contendenti sprofondati nell'impegnativo negoziato. Gli uomini si stavano scaldando, giocando a chi ce l'aveva più lungo. Becky e la McDermott aggiungevano solo qualche parola di tanto in tanto. Sembravano essersi defilate dalla conversazione in atto, ma in realtà entrambe si stavano studiando. Becky durante una pausa, mentre gli altri prendevano caffè o the, ordinò un succo d'arancia. Nonostante l'aria condizionata c'era sempre troppo umidità per lei, non sapeva se ciò dipendesse dai giochi testosteronici degli uomini o se Miami non fosse davvero troppo calda tanto che gli stessi condizionatori faticavano a mantenere una temperatura accettabile. Non amava molto la città americana, da quel poco che ne aveva visto le sembrava troppo sfavillante, troppo nuova e fasulla come se fosse una enorme esibizione e di solito chi ha qualcosa da dimostrare tende a strafare, a non essere quello che si sforza di far credere che sia. E questo a Becky faceva sempre suonare un campanello d'allarme. La McDermott la stava osservando, sentiva il suo sguardo su di lei, sapeva che ben presto la donna avrebbe colpito, come un crotalo. Lo poteva intuire dal suo sorriso nonostante tutto rilassato, dai suoi piccoli occhi neri come quelli di un serpente appunto, che sembrava non sbattessero mai le palpebre. Becky si sistemò gli occhiali sul naso, all'improvviso si sentì a disagio. Hugo le aveva detto che avevano un asso nella manica, ma o gli avversari avevano visto il suo bluff o si era reso conto di avere in mano una scartina senza importanza. Poggiò con cura il suo bicchiere vuoto sul legno chiaro del tavolo. Per l'altra donna quello fu una sorta di segnale perchè smise di tambureggiare con le unghie scarlatte sul piano:

- Va bene, la GloChem accetta di vendere a zeropuntozeroquattro le sue azioni, ma a fronte di una ristrutturazione delle unità produttive e una ricollocazione delle risorse.

Questo voleva dire delocalizzare le produzioni in paesi compiacenti e un taglio sostanzioso del personale. Becky poteva quasi vedere i tagliatori di teste dell'azienda sciamare come tante piccole sanguisughe sul corpo sociale della società presa di mira dagli squali. Si strinse nelle spalle: non era una sindacalista, quella non era una questione di sua competenza. Scambiò un'occhiata d'intesa col collega. Il problema era che il contraccambio era ridicolmente scarso, quasi non valesse la pena di una trattativa. La McDermott, come anticipato da Becky, aveva fatto la sua mossa e a quanto pare non solo aveva colpito come un crotalo, ma li aveva praticamente stritolati come un boa. I negoziatori a quel punto avevano compreso di dover fare una pausa e ripensare a una strategia se volevano concludere a loro favore quel gioco. Si erano aggiornati perciò al giorno successivo. Era stato quasi tutto fin troppo cordiale, sebbene fosse volato più di un colpo basso e il gioco fosse stato spietato e senza esclusione di colpi.
La trattativa con la GloChem era sfumata, la McDermott aveva avuto la mano migliore e l'aveva giocata senza scrupoli. Becky era furiosa, odiava perdere, quello era un affare che avrebbe portato un sacco di soldi alla società, di conseguenza anche a lei. Aveva studiato e lavorato sodo per arrivare a quel livello e le seccava tornare a casa a mani vuote. Anche Hugo era infastidito.

- La nostra arma segreta non era poi tanto vincente a quanto pare.

Era seduto su uno dei morbidi divani imbottiti nel piccolo salotto di una delle suite che la società aveva prenotato per loro e che usavano come ufficio. Aveva la testa bassa e si strofinava il mento pensieroso.

- Quella vecchia strega è come se avesse saputo tutte le nostre mosse in anticipo.
- Sei sicuro di non essere caduto tu nella trappola della segretaria?
- La piccola Lorraine? Sembrava così dolce e ingenua tra le mie braccia.

Becky scosse la testa, il sesso non era una strategia che amava usare negli affari proprio per quel motivo.

- Bah, la prossima volta lascia un po' di sangue nel cervello invece di farlo riversare tutto in basso, eh?

Hugo ridacchiò, nonostante fosse stato un mezzo disastro sembrava non perdere mai la propria compostezza. Aveva quel modo di vivere che agli occhi di qualcuno poteva sembrare vacuo, quasi incosciente, ma Becky sapeva bene che l'uomo di rado si faceva trovare impreparato o commetteva errori.

- Hai già un piano alternativo, non è vero?

Lui allargò le labbra in un sorriso:

- Potrei, mia cara. Potrei. Fammi solo fare una doccia e rimettere in sesto per la serata. Sembra che questa stagione il CocoPalmSpring vada per la maggiore. Potremmo andare lì.

Becky aveva arricciato il naso quando lo aveva visto estrarre una bustina dalla tasca interna della giacca. Le aveva offerto un po' di coca prima di prepararsi una striscia e lei aveva scosso la testa comunicandogli che invece sarebbe andata nella sua stanza. Lui già non la stava quasi più ascoltando, la testa china impegnato a sniffare la droga.


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- E quindi stasera mi è toccato andare in quello stupido club a sopportare le attenzioni di certi viscidi mentre Hugo si dava da fare.

Dall'altra parte dell'apparecchio sentì la risata di Brenda:

- Coraggio Bibi, sono sicura che riuscirete a concludere l'affare! Non prendertela troppo. E cerca di rilassarti visto che ci sei. Un po' ti invidio: sole, spiagge, club alla moda...
- Non è per il sole e le spiagge che sono qui.
- Già. Lavoro, lavoro, lavoro.

Becky ridacchiò al tono sarcastico dell'amica e le augurò la buona notte o meglio una buona giornata dato che si trovava dall'altra parte del mondo.
Il giorno dopo, nonostante gli stravizi della sera prima fossero visibili dalle borse che gli sottolineavano gli occhi, Hugo sembrava in gran forma come al suo solito.

- Va bene, Rebecca. Non abbattiamoci. Ti avevo detto che abbiamo un piano B, no?
- Si, vorrei proprio sapere di cosa si tratta.

Erano in uno dei ristoranti del The Grand e sorbivano frutti di mare e vino bianco ghiacciato. Becky si osservò intorno: l'ampio spazio era occupato da numerosi tavoli ovali e sedie in vimini dalla spalliera arrotondata. Tovaglie e tovaglioli erano rosati e tutti gli altri elementi decorativi erano in delicati colori pastello che contrastavano col verde vivido delle palme in vaso. Una vetrata spettacolare dava su una piscina posta a uno dei piani inferiori e in lontananza si potevano vedere le strutture del porto.

- Conoscono solo il rosa in questa città? - esplose lei - Ti giuro, mi sembra di essere stata catapultata a casa della Barbie!

Hugo rise, poteva intuire l'irritazione della collega dal suo umorismo pungente.

- Mi sembra di capire che non ti sia divertita molto ieri sera.
- Per favore. Il posto era pacchiano, la musica atroce e la maggioranza degli uomini era ridicola: ma li hai visti? Si credevano tutti Serpico.
- Vuoi dire Scarface.
- Che?
- Stesso attore, film diversi. Dai, rilassati Rebecca, fra poco dovrebbe arrivare il nostro acquirente. Ah, eccolo lì.

Si alzò a metà e fece cenno a un uomo per indicargli dove fossero. Becky era voltata di spalle e non poteva vederlo subito, ma quando l'uomo si palesò al suo fianco non poté evitare che il suo cuore mancasse un battito.

- Raul Barrera, encantado.

Disse prendendole la mano e portandosela alle labbra. L'uomo era alto e bruno, i capelli scuri pettinati all'indietro e il volto abbronzato perfettamente rasato. Gli occhi dalle lunghe ciglia scure danzarono su di lei facendola rabbrividire di un sotterraneo compiacimento. Hugo alzò un angolo delle labbra in un sorrisetto, poteva accorgersi anche lui del magnetismo che era scoccato tra l'uomo e la collega: questo avrebbe reso tutto molto più facile.






Nota Autrice

Finalmente, come promesso, ritorno al mondo di Malcom e Brenda con questo spin off a cui sto lavorando da qualche mese. Ancora non mi sono stancata del 1988, spero neanche voi e che vi divertiate a passare un po’ di tempo con questi miei personaggi e le loro avventure!

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Capitolo 2
*** Da una sala riunioni a uno yacht ***



Da una sala riunioni a uno yacht













- Ma sei sicuro? Da Londra che dicono? A me non sembra affatto una buona idea.

Becky passeggiava nella suite che usavano come ufficio, incerta sulla proposta di Hugo.

- Ma certo che a Londra sono informati e infatti mi hanno dato l'autorizzazione a procedere - le fece vedere il foglio del fax che aveva ricevuto - Non sono contenti neanche loro che l'affare GloChem sia sfumato.

Becky lesse il fax di conferma che le aveva porto il collega stropicciandosi il lobo di un orecchio.

- Sì, ma una crociera?
- Senti, non è che a Londra siano all'oscuro, diciamo che manca loro qualche informazione sulla logistica. Ci sono un sacco di soldi in ballo, Rebecca. E poi Barrera ha annunciato che deve partire urgentemente per il Belize e non possiamo lasciarci sfuggire tra le dita questa opportunità. Non dopo il fiasco di ieri.

Becky arricciò il naso, mettendosi seduta. In effetti Hugo non aveva tutti i torti, se volevano recuperare qualcosa della fallimentare missione di Miami dovevano rischiare, questa era una delle cose che aveva imparato nel suo mestiere. Poi metterlo in pratica nella vita privata era tutt'altra questione. Ma sul lavoro aveva imparato che doveva essere aggressiva e senza scrupoli e affrontare anche situazioni come queste. E poi in fondo si trattava di una settimana da passare in uno yacht con quell'affascinante uomo d'affari e non è che lei avesse fatto voto di castità. Non mirava a nulla, sapeva benissimo dividere il lavoro dagli affari di cuore, ma gli occhi li aveva e tutto sommato ricevere qualche attenzione maschile non le avrebbe fatto male. Brenda le diceva sempre che avrebbe dovuto approfittare di più dai suoi viaggi di lavoro e questa era un'occasione perfetta per seguire il suo consiglio.

- Va bene, mi toccherà comprare qualche costume da bagno.

Capitolò facendo l'occhiolino a Hugo che approvò con calore e si mise al telefono per organizzare per bene il nuovo affare.
Così quello stesso pomeriggio si era fatta portare da un taxi al Bal Harbour Shops il più lussuoso e iconico centro commerciale all’aperto di Miami e infatti non le erano sfuggite le molte macchine costose nel parcheggio. A differenza del resto della città il Bal Harbour era bianco per le molte passerelle calcaree affiancate da piccole fontane e vasche di pesci koi. I glicini di un pallido lilla e gli ibiscus dalle corolle rosso fuoco facevano da contrappunto al vivido verde delle foglie dei ficus e dei rododendri che circondavano le vasche e alle rigogliose palme che costeggiavano i viali. Sembrava di essere in un grande giardino più che in un centro commerciale, cosa di cui Becky era grata. Le uniche differenze tra i due ambienti erano la folla di persone eleganti che sciamavano da un negozio di lusso all'altro e i nomi sulle shopper bag: Prada, Tiffany, Gucci. Mentre vagabondava tra una boutique e l'altra Becky si entusiasmò alla prospettiva della crociera. Miami non le piaceva, ma tornare subito a Londra non le sembrava una prospettiva allettante, non in quel momento. A parte Brenda, la sua migliore amica, non c'era nessuno ad aspettarla. Aveva comprato la casa a Earl Court più come status symbol del suo raggiunto benessere economico che per reale interesse e l'aveva messa in mano a un designer di grido che l'aveva riempita di acciaio e vetro rendendola quasi più impersonale della camera d'albergo che occupava al momento. L'unica stanza che aveva decorato da sola, con molti dei mobili della mamma, era il piccolo solarium dove faceva colazione quando era a casa. Per fortuna aveva Jasmine, una signora che abitava nello stesso palazzo di Islington in cui viveva da ragazza e che si prendeva cura della casa e di lei quando c'era dentro. Come d'abitudine comprò qualcosa per le sue amiche: un braccialetto con un piccolo ornamento a forma di tartaruga per Becky e un grande libro fotografico su Miami per la collezione di Jasmine. La donna le diceva sempre che le sembrava di viaggiare un po' anche lei grazie a quei libri. Becky si fece un appunto mentale di portarle anche un paio di cartoline complete di francobolli così che potesse spedirle alla sua famiglia nelle Filippine, come faceva sempre. Era un sollievo averla intorno, le dava un senso di familiarità, ora che la famiglia non l'aveva più. Si scosse da quei cupi pensieri mentre faceva shopping. Visto che c'era tanto valeva approfittarne perciò scelse un paio di semplici completi pantaloncini e maglietta, abitini prendisole, scarpette da barca e un cappello di paglia dalla falda larga. Comprò anche diversi costumi visto che quello era fondamentalmente il motivo per cui era lì: un intero sgambato di un bel colore verde smeraldo e rimase indecisa se prendere un bikini rosso corallo davvero molto striminzito o un più elegante due pezzi nero con una piccola catenella dorata. Magari avrebbe potuto usarli per fare colpo su Barrera. Non riusciva a togliersi dalla mente le occhiate di fuoco che le aveva lanciato al ristorante e il suo tono di voce basso con quell'accento latino che l'aveva deliziata.
La mattina seguente si erano dati appuntamento a uno dei moli del gigantesco porto di Miami, dove era attraccato lo yacht di Barrera. Era un'imbarcazione bianca di resina e legno dalla prua affusolata e aggressiva, gli oblò oscurati. Del tipo costoso, sembrò a Becky. Barrera li aspettava scalzo accanto alla passerella, in pantaloni bianchi e maglietta azzurra che risaltavano il suo incarnato scuro, i piedi bruni fermamente piantati sul legno chiaro del ponte. Con un gesto galante prese la mano di Becky per aiutarla a salire. Lei ne aveva approfittato per sfoggiare uno dei completi nuovi: un maglioncino di filo a righe bianche e rosse, pantaloncini bianchi e scarpe da barca che Raul le consigliò di lasciare accanto al parapetto. La giornata era calda e Becky sentì un leggero velo di sudore coprirle la nuca e il retro delle ginocchia. Aveva lasciato gli occhiali da vista in borsa, per sostituirli con un paio da sole. Hugo, in una sgargiante camicia hawaiana che sembrava andare tanto di moda in quel periodo, la seguì e scambiò qualche parola con Barrera.

- Fra qualche minuto inizieremo le manovre per lasciare il porto. Intanto potete sistemarvi nelle cabine.

L'ospite si voltò a gridare qualche parola in spagnolo ai marinai, mentre Becky e Hugo scendevano sotto coperta. Anche lì l'ambiente era lussuoso e molto più ampio di quanto non ci si sarebbe aspettati. Gli arredi erano tutti declinati sui toni del blu scuro e avana con solo piccole concessioni allo stile marinaresco come un piccolo barometro decorativo e uno specchio ricavato da un vecchio timone. Il rumore del motore che si metteva in moto indicò loro che stavano per partire. Becky aveva portato qualche medicina contro il mal di mare, non era proprio sicura di saper gestire un eventuale malessere. Infatti di lì a poco sentì il caffè rimescolarsi nello stomaco. Hugo si preoccupò per l'aspetto terreo del suo volto e le consigliò di salire a prendere un po' di aria fresca. Mentre Barrera era impegnato con le operazioni nautiche gli inglesi osservarono il porto di Miami che man mano si allontanava. Il vento salmastro scompigliò loro i capelli e Becky si sentì decisamente meglio. Barrera tornò da loro e li informò del piano del viaggio. Avrebbero fatto solo una sosta a Nassau e poi avrebbero navigato fino a Belize City. Il mare era calmo e dai bollettini meteorologici li aspettavano giornate magnifiche.

- Spero che questa crociera non sia stata dettata da un mero capriccio, signor Barrera.

Esordì Becky ancora scombussolata dal malessere avuto poco prima e più brusca di quello che avrebbe voluto.

- La mia collega vuole dire che di solito non trattiamo i nostri affari in luoghi così… poco convenzionali.

La interruppe Hugo cercando di addolcire le parole di Becky, ma l'altro guardandola fisso rispose con un sorrisetto:

- So cosa intendeva dire la signora Muller. Ha ragione, non è per motivi di piacere che siamo qui. E' che il fisco statunitense mi controlla: questi americani si sono messi in testa che i miei affari siano a dir poco ambigui e avevo bisogno di un po' di riservatezza.
- E lo sono, ambigui, signor Barrera?

Riprese Becky con ancora una punta d'asprezza. Nonostante il fascino che emanava non si fidava ancora del tutto. L'uomo scosse la testa:

- No, o i suoi superiori non avrebbero approvato questi incontri. Dico bene, signor Donovan?
- Assolutamente! A questo proposito direi che potremmo discutere anche subito di certi particolari che…
- No, prima usciamo dalle acque americane. Come potete notare ci sono due navi della guardia costiera che ci osservano. Poi mangeremo. Venite, gradite dell'aragosta per pranzo?

Il pomeriggio trascorse abbastanza tranquillo, come la navigazione. Una volta che avevano lasciato le acque territoriali americane Becky aveva pensato che potessero parlare d'affari, ma il loro ospite aveva insistito per pranzare, così come aveva promesso loro. Lei a dire il vero non aveva molta fame: il rollio dell'imbarcazione in movimento la scombussolava ancora un poco. Si accontentò di sbocconcellare l'insalata di astice e un po' di frutta ed evitò il costoso champagne che venne offerto, di cui invece Hugo approfittò con grande larghezza. Ben presto tra il beccheggio dello yacht e la brezza profumata di salsedine Becky con suo orrore iniziò a sentire le palpebre farsi pesanti. Non aveva mai dormito al pomeriggio da quando era matricola all'università, a parte un breve periodo in cui aveva dovuto combattere con il lutto per la morte della madre. Chiese un caffè forte per scacciare la sonnolenza, ma Raul si slacciò il costoso rolex d'oro e lo appoggiò sul tavolo.

- So che vi avevo promesso una crociera d'affari, ma questa è l'ora della siesta. Godetevi un po' di meritato riposo. Qui sul ponte o nella cabina se preferite.

Hugo sbirciò la collega, nonostante il lauto pasto e lo champagne si sentiva ancora in piena forma, mentre Becky era pallida e aveva gli occhi offuscati dalla spossatezza. Si piegò verso di lei mormorandole che si era accorto che non si sentiva bene e che forse doveva ancora abituarsi alla vita di mare: sarebbe stato meglio che si prendesse il pomeriggio libero. Lui intanto avrebbe potuto procedere alle trattative preliminari. Becky, che era irritata da tutta la faccenda, pensò che forse sarebbe stato meglio seguire il consiglio del collega e dopo aver chiesto permesso si andò a rifugiare nella cabina che le era stata assegnata. Si fidava di Hugo e sapeva che lasciare per un momento in mano a lui le trattative sarebbe stata la cosa migliore. La seccava però aver dato quella dimostrazione di poca professionalità. Si sdraiò nella cuccetta, lì sotto il beccheggio era poco più accentuato e Becky si sentì cullata, una sensazione che la rilassò nonostante la tensione provata fino a pochi secondi prima. Di certo lui non avrebbe avuto problemi a sopportare il mal di mare. Doveva essere abituato a solcare gli oceani con le imbarcazioni più disparate. Le aveva parlato una volta di quando aveva incontrato le balene nel baltico. Becky si girò su un fianco, mettendosi una mano sotto alla guancia. O meglio ne aveva parlato a Brenda, lo sguardo illuminato da quella luce entusiasta, a lei aveva rivolto una delle solite battute pungenti a cui come di abitudine aveva risposto a tono. Si rigirò nuovamente sbuffando. Non aveva senso pensare a questo ora. Non capiva perché quei giorni era perseguitata dal suo ricordo. Avrebbe riposato e poi avrebbe iniziato a rileggere i documenti che aveva messo insieme con Hugo.
Quando risalì sul ponte non trovò traccia del collega, forse era nella sua cabina. Vide invece Barrera appoggiato alla balaustra che fumava, il profilo forte si stagliava contro il cielo terso e gli ultimi bagliori solari che si rifrangevano contro l'acqua facevano brillare le lenti dei suoi occhiali da sole. Sembrava immerso nei pensieri, la mascella appena oscurata da un velo di barba era serrata. Becky non voleva disturbarlo e fece per andarsene, ma lui si girò e aprì il volto in un sorriso cordiale mentre si appoggiava gli occhiali sulla testa.

- Rebecca - la chiamò - come stai, meglio?

Lei rise, si sentiva molto meglio e anzi si scusò per come si era comportata prima. Raul lanciò il mozzicone in mare e le si avvicinò.

- Nessun problema. Anzi, sono io che dovrei scusarmi per avervi trascinato in questa situazione. Mi permetterai di farmi perdonare?

Le prese entrambe le mani portandosele alle labbra, gli occhi bruni fissi sui suoi. Becky rabbrividì, il magnetismo di quell'uomo la confondeva, ma rispose con un sorrisetto malizioso:

- Se concluderemo l'affare in maniera vantaggiosa.

Raul allargò le labbra mettendo in mostra i denti candidi, un bagliore negli occhi, poi si lasciò scappare da ridere:

- Vedrai troveremo un accordo che sarà perfetto per entrambi!

In quel momento li raggiunse anche Hugo e si prepararono per la cena.

- Vi piace questo vino? E' cileno, di una delle vigne della mia famiglia.

Becky si piegò verso Hugo mormorando:

- Non mi avevi detto che era uruguayano?
- Veramente avevo capito che fosse messicano, ma che importa? Goditi la serata.

La giornata seguente fu simile a quella appena trascorsa e Becky cominciava a mordere il freno. Con Hugo aveva messo a punto tutta la strategia, aveva studiato e rifinito ogni singolo paragrafo della documentazione. Non capiva perchè Barrera fosse così restio a concludere l'affare.

- Dai, lo sai come sono questi latini, indolenti. Hanno i loro tempi. Perché intanto non ti metti uno di quei bei costumini nuovi?
- Io davvero non capisco come faccia a essere così tranquillo! Non è una vacanza.
- Ma c'è tempo. Domani saremo a Nassau, allora potremo scendere.

Becky si torturava il lobo di un orecchio e arricciò il naso. Non aveva mai trattato gli affari in quel modo e non le piaceva, checché ne dicesse il collega. Quello intanto si toccava le narici e tirava su col naso.

- Ti sei portato la droga anche qui?

Chiese seccata. Lui fece una smorfia alzando gli occhi al cielo:

- Senti, non cominciare. E' stato solo un gentile omaggio del nostro ospite.

Becky incrociò le braccia e strinse le labbra con disappunto. Non era così che lavoravano:

- Sai cosa? Domani scendo a Nassau e prendo il primo volo per Londra. Tu sei libero di continuare l'affare con Barrera.

Hugo allargò gli occhi allarmato:

- Dai, Rebecca! Ti prometto che domani inizieremo le trattative. Anzi sai cosa? Cominceremo da stasera, eh?
- Mi devi dare il contentino?

Hugo scosse la testa e le prese una mano:

- Quante volte ti ho deluso fino adesso? Hai sempre detto che ho fiuto per gli affari.
- E te lo stai rovinando a forza di sniffare quelle schifezze.

Hugo suo malgrado sghignazzò per l'involontaria battuta e tornato serio la guardò con occhi enormi:

- Te lo giuro: andrà bene.

Becky sospirò, era vero: Hugo non l'aveva mai delusa. Doveva solo avere fiducia in lui.
L'indomani mattina sul tardi avevano attraccato all'isola di New Providence, la più importante delle Bahamas. Nassau, la capitale dell'arcipelago, era chiassosa e allegra, il porto odorava di pesce, catrame e salsedine. Frotte di turisti di ogni nazionalità sciamavano per le vie del quartiere marinaro e dentro e fuori i negozi, sbirciando tra le bancarelle dei venditori ambulanti e scattando fotografie. Hugo e Becky fendettero la folla, abbigliati in sobri abiti bianchi che li distinguevano dai turisti.
Stavano cercando il Bahamas Financial Services Board, un management set che li avrebbe aiutati a tenere i contatti con la loro società e fatto da tramite con la GloChem. Barrera era già sceso per certi suoi affari su cui si era tenuto abbottonato. Aveva però raccontato loro la storia di Nassau come covo di pirati che l'avevano trasformata in vera e propria repubblica piratesca fino a che inglesi prima e spagnoli poi ne presero definitivamente il controllo relegando i pirati ai romanzi e film d'avventura. Ma non era affatto vero dato che i pirati, seppur in forme meno appariscenti, erano stati tutt'altro che debellati e infestavano ancora i mari caraibici. Aveva concluso con una strizzatina d'occhi il latino prima di lasciarli. Hugo non sembrò molto impressionato da quella velata minaccia.

- L'avrà detto per darsi un tono. Ora cerchiamo il Financial Board.
- Anche qui colori pastello. Sembra di essere nella Fabbrica del Gelato.
- Che fabbrica?
- Dai, quella dove ci sono quei nanetti arancioni che cantano…
- Aaah, la Fabbrica del Cioccolato! Dio, ma non ne azzecchi una! Vieni.

La prese per un braccio, mentre la donna piegava la bocca in una smorfia.

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Capitolo 3
*** The Great Blue Hole ***



The Great Blue Hole













Erano trascorsi alcuni giorni dalla partenza. Becky era riuscita ad adattarsi alla vita di mare e ai ritmi lenti con cui procedevano le cose. A Nassau era stata rassicurata dall'atteggiamento professionale di Hugo, sembrava essersi ripreso da quell'attitudine indolente che aveva avuto all'inizio della crociera. Anzi si era dimostrato piuttosto competitivo. Di contro, Raul la corteggiava senza ritegno, lanciandole occhiate di fuoco e gratificandola con tanti piccoli gesti galanti, senza mai scadere nel volgare, anzi comportandosi sempre con la massima correttezza. Questo lo rendeva sempre più attraente ai suoi occhi, non solo perchè era insidiosamente sexy con quella sua aria misteriosa e latina. Si intuiva che sotto i modi galanti c'era qualcosa di pericoloso in lui, come se fosse una pantera ben addestrata pronta ad artigliare al momento opportuno. Per il momento Becky aveva accettato in maniera leggera la corte del sudamericano, un po' rendendosi più ingenua di quanto non fosse in realtà, un po' trincerandosi dietro la rassicurante figura della donna d'affari tutta d'un pezzo. Hugo la trovò sul ponte di babordo intenta a bere un caffè e a leggere ancora gli appunti che avevano redatto il giorno precedente. Si era svegliata molto presto come sua abitudine e aveva approfittato della mini palestra di bordo per i suoi esercizi quotidiani. Non vedeva perchè rinunciare alle sue routine giornaliere, in fondo era comunque un viaggio di lavoro e non una vacanza, come si andava ripetendo con sempre minore convinzione man mano che procedevano nella navigazione. Per fortuna Raul non era così mattiniero, non avrebbe sopportato di farsi vedere discinta e sudata da lui che le sembrava sempre fresco ed elegante. Non aveva nemmeno avuto ancora il coraggio di infilarsi il bikini rosso, optando invece per un due pezzi nero più di classe e modesto quelle poche volte che si era persuasa a prendere un po' di sole o farsi un bagno. Era seduta lì con la sua sigaretta e la tazza di caffè, ormai vuota. Hugo aveva a sua volta una tazzina in mano e il vapore fragrante della bevanda mischiato al profumo salso del mare le fece arricciare le narici.

- Questo caffè è davvero ottimo.

Esordì l'uomo: aveva appena finito di parlare con Londra attraverso il costoso telefono satellitare di cui era provvisto lo yacht e sembrava tergiversare. Ma Becky sembrò non essersene resa conto:

- Ti sei accorto che Barrera mi sta facendo la corte?
- Non vedo cosa ci sia di male. Anzi questo potrebbe solo aiutare la nostra trattativa.
- Ti ricordo che non sono una escort per l'amor del cielo!

Becky per quanto attratta e tentata non aveva nessuna intenzione di mischiare il sesso con gli affari. Hugo sedette accanto a lei:

- Oh, su, non la metterei così: si tratta di essere solo un po'…carina con lui. Non lederà la tua dignità di donna d'affari - si grattò il naso incerto - Senti nel pomeriggio arriveremo a Cancún. Barrera è si è mostrato disponibile a fare una piccola deviazione della rotta per fortuna.

Becky, come d'abitudine, era tornata agli appunti e chiese distratta cosa andavano a fare a Cancún.

- Devo prendere un aereo per Miami.
- Cosa?

Saltò su lei, mettendo da parte i documenti e spingendo con rabbia il mozzicone della sigaretta contro un portacenere di vetro lì accanto.

- Lo so, lo so! Ma ho appena parlato con Londra. A Miami sta succedendo un casino, la McDermott alla fine non si è rivelata furba come credeva. Insomma bisogna che qualcuno torni su.
- Scusa e io? Mi molli in alto mare con un sudamericano mai visto nel bel mezzo di un affare? Hugo!

Becky aveva le guance arrossate, gli occhi castani le si erano scuriti fino a una tonalità cioccolato.

- Ma no, ma pensi che ti farei mai una cosa del genere? Applicheremo la nostra solita manovra a tenaglia, solo più in grande. Io mi lavorerò la società a Miami e se tu riuscirai a strappare a Barrera un dieci per cento delle quote avremo la maggioranza delle azioni della GloChem. Veloce, pulito e indolore.

Becky strinse le labbra, non del tutto convinta. Era certa che Hugo avesse tramato alle sue spalle: le era sembrato troppo alacre, troppo geloso nel voler mantenere a tutti i costi da solo i contatti con la Società madre. Forse era arrivato quel famoso momento in cui le dinamiche si erano modificate in favore della carriera piuttosto che della lealtà. E lei non se n'era accorta! Infatti Hugo le fece un sorriso appuntito e le mise una mano sulla spalla come a rassicurarla:

- Sono sicuro che saprai portare avanti questa parte della trattativa nel migliore dei modi. E' ora che cammini con le tue gambe.

Così nel pomeriggio Hugo era sbarcato nella località messicana dandole le ultime raccomandazioni, promettendole che si sarebbe tenuto in contatto per renderla edotta di tutta la trattativa in tempo reale e lasciandola sola. Becky se ne sarebbe ricordata a tempo debito: non gliel'avrebbe fatta passare liscia.

Richard spense il motore del gommone mentre si avvicinava a bassa potenza verso il reef. Il sudore ruscellava dai capelli e sul torace inzuppandogli la maglietta. Si sventolò un momento col cappello e lo buttò su una panca. L'aria era ferma e i gabbiani che si libravano sopra la sua testa stridevano al sole. Era partito quella mattina presto e a dire il vero quello non era uno dei suoi giri soliti. La barriera corallina del Belize era, dopo quella australiana, la seconda per importanza al mondo, sebbene ancora non fosse stata dichiarata patrimonio dell'umanità. Da più parti si stavano facendo pressioni sul governo per preservare quel tesoro di biodiversità dagli abusi e dall'incuria da parte di naviganti e turisti. Lui di solito si occupava della costa meridionale, tra Placencia e Dangrida spingendosi a volte fino alla Scogliera di Glover, ma Angie aveva avuto un imprevisto e aveva dovuto sostituirla. Era preoccupato per lei; da quando era diventata la referente per il Belize dei Greenfighters l'aveva vista sempre più sconnessa e stressata. Probabilmente era aumentata la mole di lavoro burocratico e lei amava essere in prima linea nelle loro battaglie ambientaliste, proprio come lui.
Ormai quello era il secondo anno in cui seguiva quel progetto, l'aveva chiamato proprio Angie e nessuno dei due si era fatto un problema del fatto che fossero ex. Anzi questo aveva semmai cementato il loro cameratismo sul lavoro. Richard era sempre riuscito a mantenere degli ottimi rapporti con tutte le ragazze con cui era stato. Tutte tranne una. Vederla era sempre un colpo al cuore per lui: peccato o per fortuna che dopo tutti i tira e molla in cui erano rimasti invischiati negli anni, aveva finito per detestarla. L'unico problema era che lei fosse la migliore amica della sorella, quindi era facile trovarsela spesso in mezzo ai piedi. Era giunto alla conclusione che più le stava lontano e meglio era. Per entrambi. Sbuffò per il caldo e serrò le labbra. Studiò i coralli e fece qualche foto. Se fosse stato fortunato avrebbe potuto intravvedere dei lamantini nuotare fra le mangrovie della laguna o magari anche un paio di tartarughe. Non si era portato la muta e l'attrezzatura da sub, solo il suo zaino col kit di prima emergenza, dato che quello era solo un controllo di superficie. Ma si era pentito di non essersi portato almeno mascherina e boccaglio per fare snorkeling nel fantasmagorico carosello di pesci tropicali dai colori brillanti che vedeva volteggiare nelle acque trasparenti al di sotto del gommone. Prelevò dei campioni e li inserì nelle apposite provette.
Dopo qualche ora si allontanò dalla barriera per verificare il Great Blue Hole. Era una formazione particolare del fondo marino per cui il livello del fondale diminuiva drasticamente dando vita a una vera e propria voragine le cui pareti cadevano a strapiombo. Le acque lì, per via della profondità, sembravano molto più scure delle acque circostanti, da cui il nome. Appena fu in vista del Great Blue Hole Richard si rese conto che c'era uno yacht non autorizzato nei suoi pressi. Tutte le associazioni ambientaliste, tra cui i Greenfighters, avevano stipulato una sorta di convenzione non ufficiale con la guardia costiera belizeana per cui potevano fare opera di controllo delle coste, con beninteso l'ordine di avvisare le autorità e far svolgere a loro il vero lavoro di tutela. L'uomo prese un appunto mentale sul nome e tipo di imbarcazione per riferirlo in seguito alla guardia costiera. Manovrò il motoscafo in modo da portarsi sottobordo allo yacht. Tipico di quella gente ricca sbattersene allegramente di ogni diritto altrui, pensò Richard con un moto seccato della testa. Alcuni marinai si affacciarono dal parapetto del ponte di babordo e gli gridarono qualcosa in spagnolo a cui lui rispose, nella stessa lingua, che non erano autorizzati ad attraccare in quel luogo. Ancora uno scambio di battute senza che se ne venisse a capo.
Becky e Raul erano sul ponte di poppa a discutere di affari. O meglio Becky cercava di parlare di percentuali e quote, mentre Raul le lanciava sguardi di fuoco. Chini su uno dei grafici che Becky stava spiegando all'uomo d'affari, erano così vicini che le ginocchia si toccavano e lei poteva percepire il delicato profumo speziato di dopobarba e gel per capelli. La sera prima avevano fatto tardi: avevano cenato e flirtato e ballato insieme, tra un bicchiere di whisky e una fumata di sigaro. Raul aveva aperto una scatola di legno con i preziosi cohiba cubani. Ne aveva portato uno alle narici aspirandone il terroso profumo di tabacco.

- Sai come si fumano?

Le aveva chiesto mentre glielo porgeva. Becky intanto si era allungata a prendere il cutter.

- Sicuro. E so anche come spuntarli.

Aveva risposto dando un taglio netto alla punta guardandolo fisso. Raul aveva risucchiato l'aria tra i denti sorridendo. Aveva acceso uno stereo di ultimo modello e le note di una lenta musica caraibica erano risuonate nella cabina. Non era professionale, Becky lo sapeva, ma quando aveva sentito le grosse mani calde di Raul carezzarle la schiena con lenti movimenti era stata tentata di lasciarsi andare del tutto. I loro volti erano così vicini che poteva quasi sfiorare le sue labbra piene. Becky aveva piegato da un lato la testa dandogli accesso al collo, se avesse voluto. Si fermarono per un istante, occhi negli occhi. In quel momento erano partite le note dolcissime di una chitarra e una voce maschile cantò di quanto fosse meravigliosa la sua donna. Becky s'irrigidì, rievocando quelle stesse parole sussurrate da una voce più giovane e profonda all'orecchio: mi sento meraviglioso perché vedo la luce dell'amore nei tuoi occhi. Un'altra notte tiepida, piena di promesse. E la meraviglia di tutto ciò è che non ti rendi conto di quanto ti amo. Si era raffreddata ricordando dove e con chi fosse e si era ritirata mettendo fine alla loro serata. Era rimasta sveglia a lungo incerta e desiderosa, ricordando il calore e la sensualità che Raul emanava. Proprio per questo quella mattina aveva optato per un abbigliamento più professionale e casto rispetto ai prendisole striminziti che aveva indossato fino al giorno prima. Raul le aveva posato una mano sul ginocchio nudo e le aveva guardato le labbra con insistenza. Sarebbe caduta prima o poi, Becky lo sapeva e quello sarebbe stato un momento buono come un altro. Non aveva senso ritrarsi in un passato che le aveva procurato solo sofferenza. Chiuse gli occhi in attesa che le labbra di Raul si posassero sulle sue, ma delle grida li distolsero. Raul aggrottò la fronte e Becky si scostò rapida da lui. Le fece un gesto:

- Aspetta un attimo.

Uscì sul ponte per capire cosa stesse accadendo. Becky aspettò qualche minuto, poi la curiosità ebbe la meglio e uscì anche lei. Si appoggiò al parapetto e notò che c'era un motoscafo accostato a babordo. Un uomo gesticolava e si sgolava e Raul rispondeva invece con tutta calma, quasi stesse beffandosi di lui. Becky aguzzò gli occhi, l'uomo aveva capelli mossi e castani e una corporatura snella, ma robusta: le ricordava qualcuno. Becky si avvicinò a Raul:

- Ma che succede?
- Nulla mia cara, a quanto sembra questo attivista sta facendo rimostranze sul fatto che siamo qui.

Le parole erano affabili, ma c'era un che di pericoloso nel tono fermo di Raul. Attivista? Becky strizzò di nuovo gli occhi rammaricandosi di non avere gli occhiali con sè e la sua bocca si allargò in una piccola o di riconoscimento. Di tutti i luoghi possibili...poteva mai essere lui?

- Forse se vieni su amico, potremmo parlarne a faccia a faccia senza urlare.
- No, non hai capito amico. Non c'è niente da strillare. Non potete stare qui, punto e basta.

La voce dell'uomo era profonda anche a quel volume alto e trasudava sarcasmo.

- Richard?

L'uomo si voltò verso di lei infastidito, la osservò meglio: una bionda esile dalle splendide gambe e il volto arrossato spruzzato di lentiggini. Allargò gli occhi riconoscendola ed esclamò:

- Becky?
- Vi conoscete?
- Si, ho questo... onore. Rick vuoi spiegare cosa succede? Vieni su per cortesia.
- Sarà meglio.

Il gommone venne fatto accostare a una delle scalette di tribordo, ancorato e tenuto fermo. Lesto Richard salì sullo yacht con fare battagliero.

- Si può sapere cosa ci fai qui?

Lo apostrofò Becky, mettendosi le mani sui fianchi. Raul li guardava senza parlare, mentre alcuni marinai si lasciarono scappare delle risatine, beffandosi dei litigiosi inglesi. Un jingle pubblicitario proveniente da una radiolina di uno degli uomini dell'equipaggio venne portato fino a loro dalla brezza marina. Il sole batteva impietoso sulle loro schiene. Richard si avvicinò alla donna e la squadrò apertamente: pantaloncini chiari e una semplice maglietta turchese dallo scollo a barchetta che metteva in risalto le clavicole. Era stupenda, come al solito.

- Lavoro. E potrei fare la stessa domanda a te.
- Anche io lavoro!

Ma lo sguardo incredulo e il sorrisetto sarcastico che gli tendevano le labbra fecero capire a Becky che lui non la pensava allo stesso modo.
Incrociò le braccia seccata. Di certo non gli avrebbe dato la soddisfazione di essersela presa per il suo atteggiamento irriverente. Diede uno sguardo a Barrera che si era avvicinato a Richard in maniera poco meno che minacciosa.

- Bene. Il mondo è un luogo davvero piccolo a quanto sembra. A questo punto visto che vi conoscete forse sarà più semplice capirsi, uhm? Gradisce qualcosa da bere intanto, come ha detto di chiamarsi, Ricard?

Raul si rivolse mellifluo alla coppia ancora presa alla sprovvista. Richard scosse la testa, caparbio:

- E' molto semplice in realtà: questo tratto di mare sta per essere dichiarato Patrimonio dell'Umanità ed è una zona protetta. Perciò finché non viene regolamentato il suo usufrutto nessuna nave può attraccare in questa zona, fino alla barriera corallina.

Con un gesto ampio del braccio indicò il mare dietro di sè, poi incrociò le braccia in un atteggiamento di chiusura. Tipico di lui, pensò Becky, credersi dalla parte della ragione e non cedere a compromessi. Si torturò un lobo dell'orecchio osservandolo critica mentre discuteva col suo ospite e non poté fare a meno di notare quanto fossero ben delineate le sue braccia, i capelli ondulati schiariti dal sole cadevano scomposti intorno al viso, la pelle abbronzata e qualche segno sul volto che ne accrescevano il fascino insieme alla barba incolta di qualche giorno. Si mordicchiò il labbro inferiore.

- Mi dia qualche ora e poi salperemo verso Caulker Caye. D'altra parte non vedo come potrebbe costringermi a ritirare l'ancora.

La voce di Barrera era bassa ora, un sogghigno tendeva le sue labbra, ma il tono era serio. I due uomini non potevano essere più diversi: calmo, elegante e autorevole il primo per quanto invece disordinato, sudato e pervicace il secondo. Richard ostinato scosse la testa e Becky lo spinse da una parte:

- Rick non essere irragionevole per favore, si tratta solo di qualche ora.
- No, questo è un santuario dei coralli, non vedo perchè dovrei concedere al tuo amichetto quello che è impedito agli altri.
- Punto primo non è il mio amichetto, ma un potenziale acquirente. Ti prego Rick, sto cercando di chiudere un affare!
- Gli altri punti quali sarebbero?

Becky scosse la testa esasperata. Non era il momento per fare dei sofismi, quello.








Note Autrice:

In effetti The Great Blue Hole, insieme a tutta la riserva del Belize Barrier Reef Reserve System, è stato proclamato dall'UNESCO Patrimonio dell'Umanità solo nel 1996.
La canzone che blocca Becky è Wonderfull tonight di Eric Clapton. Chissà chi gliela cantava all'orecchio! *wink*

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Capitolo 4
*** 1973: viaggiando da fermi ***



1973: viaggiando da fermi












Sedevano a uno dei tavoli gialli della nuova caffetteria del Camden Passage bevendo dei milk-shake alla vaniglia. Brenda aveva voluto per forza passare da M&S a provare il nuovo rossetto che ora sfoggiava sulle belle labbra e comprare qualche nuovo vestitino. Perciò avevano trascorso la maggior parte del sabato pomeriggio a fare shopping, come rivelavano le buste appoggiate vicino ai loro piedi, stanchi dopo aver camminato su e giù per Upper Street. Becky sorseggiò rumorosamente l'ultimo goccio di latte e gelato e Brenda le diede un'occhiataccia a cui lei rispose stringendosi nelle spalle. Era un po' annoiata da tutta quella storia a dire il vero, le buste erano quasi tutte dell’amica dato che lei poteva permettersi al massimo di pagarsi il milkshake e un paio di orecchini di bigiotteria. Brenda era entusiasta, invece: voleva fare a tutti i costi colpo su Arthur, quel ragazzo della classe di matematica un paio di anni più grande di loro. Per questo, come tipico di lei, aveva iniziato ad appassionarsi alla materia, per quanto non fosse esattamente la sua preferita, al contrario di Becky. Anzi lei nei numeri trovava una sorta di strano conforto: erano immutabili e poteva essere certa che due più due faceva sempre inevitabilmente quattro. I numeri non erano mutevoli e incomprensibili come i sentimenti umani, i numeri non ti abbandonavano.

- Bibi, come sei seria! A cosa pensi?
- Ai numeri.
- Ai compiti di Mr Ascroft? Non ci capisco niente con tutte quelle equazioni e numeri immaginari, insomma o esistono o non esistono!

Becky scoppiò a ridere alla tirata dell'amica. Per quanto a volte la facesse impazzire le voleva un gran bene, sin da quando si erano conosciute, al primo anno della scuola secondaria. Lei era sempre stata una bambina e poi una ragazzina solitaria, che non si affezionava facilmente. Ma quella che tutti scambiavano per altezzosità non era altro che timidezza. Questo Brenda l'aveva capito fin da subito e l'aveva avvicinata già dal primo giorno di scuola. Sembravano il giorno e la notte, tanto solare e dolce era la bruna Brenda per quanto timida e scostante la bionda Becky. Nonostante Brenda fosse sempre stata popolare avendo quella dote innata capace di farsi benvolere da tutti, aveva sempre amato l'amica come una sorella, anzi il soprannome con il quale ormai le conoscevano tutti l'aveva creato proprio lei. Ma ora sembrava che si fosse presa una bella cotta e Becky doveva ammettere che fosse un pochino gelosa di Arthur: sapeva che quel momento sarebbe arrivato prima o poi e sperava con tutte le forze che Brenda non l'avrebbe abbandonata per il ragazzo. A dire il vero, per quanto fosse presa da Arthur, Becky doveva darle atto che per il momento si stava comportando decentemente.

- Allora, ti sembro carina? Questo rossetto mi sta veramente bene?
- Sei bella come sempre, Bibi e se Arthur ha qualcosa da ridire è un idiota totale.


Brenda si portò i neri capelli lisci su una spalla e si ritoccò le labbra.

- Ieri mi era venuto un brufolo enorme sulla fronte, ma ci credi! Per fortuna oggi non c'è più. T'immagini che figura se Arthur l'avesse visto?
- Veramente il caro Artie oggi aveva il mento pieno di punti rossi.

Becky piegò le labbra in una smorfia di disgusto.

- E' perchè si deve essere fatto la barba, poverino! Ha la pelle delicata.
- Se lo dici tu.

Becky guardò l'orologio, era più di un'ora che erano nel locale. Lo comunicò all'amica che sgranò gli occhi. Accidenti era in ritardo, aveva appuntamento con Arthur alle cinque e mezzo.

- Ah, pensavo che saremmo state insieme tutto il pomeriggio.
- Non te l'avevo detto? Scusa, mi sembrava di si. Non ci rimanere male Bibi.
- Non ci sono rimasta male.

Rispose la ragazza raccattando le sue cose senza guardare l'amica. Ma naturalmente era una bugia. Con Brenda da qualche tempo a quella parte era così: arrivava sempre il momento in cui la mollava in asso per stare col ragazzo. Per quanto lei si sforzasse di essere comprensiva non poteva evitare di soffrire per la situazione. Aveva anche provato ad uscire con altre ragazze, ma non era la stessa cosa senza la sua migliore amica. Pagarono e uscirono dal locale. L'aria di marzo era frizzantina e il sole splendeva tiepido sulle loro spalle. Entrambe si tirarono su i capelli lunghi per sventolarsi il collo e scoppiarono a ridere quando si accorsero di avere fatto lo stesso gesto. Brenda prese a braccetto l'amica e percorsero le strade di Angel in direzione di casa sua. Avrebbero fatto prima passando da Charlton Place, ma alle ragazze piaceva passeggiare per lo stretto passaggio lastricato che ricordava una stradina medievale, con i negozietti dalle merci più diverse, i fiori che si rampicavano sui muri e le ghirlande di lucine. Passarono davanti alla chiesa di Saint Peter, e svoltarono l'angolo in Devonia Road.
Parcheggiato davanti al numero venticinque, Arthur le aspettava appoggiato alla sua due cavalli arancione di cui andava orgogliosissimo. Becky osservò l'espressione dell'amica cambiare quando si accorse del ragazzo, aveva letteralmente gli occhi a cuoricino. Le labbra di Becky si contrassero in un sorrisetto beffardo. Con onestà non riusciva a vedere cosa ci trovasse di così attraente in lui. Sì era carino con i capelli biondi lunghi alle spalle e gli occhi azzurri rotondi e un po' troppo ravvicinati forse, il naso piccolo e la mandibola ben delineata. Ma fu quando sorrise che Becky capì: aveva delle fossette assassine e i canini leggermente appuntiti gli davano un'aria pericolosa e affascinante.

- Ecco le rose d'Islington! - si portò le mani al petto declamando - Come può questo umile mortale rendersi degno delle vostre attenzioni?

Fece un inchino col busto e nello stesso tempo l'occhiolino. Brenda si sciolse, mentre Becky scoppiò a ridere: era un adorabile buffone, impossibile restare arrabbiati con lui. Ecco perchè Brenda era cotta. Becky scosse la testa.

- Andrete da qualche parte a Camden Town immagino.
- Vuoi venire con noi?

Propose subito lui, che aveva un buon cuore oltre che la parlantina facile.

- Già Bibi, dai: vieni con noi! Volevamo andare a vedere American Graffiti. Deve essere carino!
- Mmmh, grazie ma è meglio se ne approfitto per recuperare le lezioni per la prossima settimana.
- Vuoi studiare con questa bella giornata? - Arthur fece una smorfia - Avanti, vieni a folleggiare con noi!

Becky rifiutò ancora una volta, peggio dell'essere abbandonata dall'amica per strada c'era solo il dover fare il terzo incomodo con il suo quasi ragazzo. Così li vide andare via sulla Renault e si apprestò a tornarsene a casa da sola. Non era sicura che avrebbe fatto i compiti, anzi avrebbe passato il pomeriggio a tormentarsi e a struggersi con tutta probabilità. Camminava a testa bassa lungo la via, i capelli biondi appuntati sulla testa in una specie di mezzo torchon che si scioglieva ogni tre o quattro passi. Gli stretti jeans a zampa le si stavano appiccicando alle gambe e sentì un rivolo di sudore scorrerle lungo la colonna vertebrale, bagnando il toppino verde.

- Ciao, era mia sorella su quella macchina arancione?

Fu riscossa dai suoi pensieri dalla voce profonda di un ragazzo, che le si era parato davanti all'improvviso e che strinse le labbra alla sua risposta affermativa.

- Quella è la Renault di Morris: se non si comporta bene con Brenda gli spezzo le gambe.
- Piantala di fare il cavernicolo.
- E a te intanto ti hanno lasciata tutta sola.

Becky si strinse nelle spalle. Richard la guardava con un sorrisetto storto che le fece accelerare il battito cardiaco. Aveva i capelli lunghi e mossi sciolti sulle spalle e gli stessi occhi verdi della sorella che la guardavano insolenti. Voleva rispondergli qualcosa di pungente, ma era troppo demoralizzata e restò in silenzio scostando il viso. Lui sollevò una busta di carta e disse:

- Beh, peggio per lei, mi ha rotto per mesi perchè le comprassi questo disco: si era innamorata del chitarrista. Vorrà dire che me l'ascolterò da solo, anzi... sei pronta per un viaggio?
- Che viaggio?

Becky aggrottò la fronte.

- Lo vedrai. Hai un giradischi?

Certo che lo aveva, lei e la madre potevano non essere benestanti, ma quello se l'erano potute permettere. Richard con passo sicuro la precedette verso la sua abitazione. In un modo o nell'altro anche lui sapeva dove viveva con tutte le volte in cui era venuto a prendere la sorella. Becky lo seguì senza fiatare, era strano che il fratello maggiore di Brenda volesse passare del tempo con lei, ma a Becky questo non dispiaceva di certo, visto che era da quando lo conosceva che ci moriva dietro. O meglio all'inizio lo aveva trovato carino niente di più. Lui la trattava come un'estensione della sorella con un misto di sufficienza, senso di protezione e derisione. A dire il vero la prendeva in giro in continuazione e lei che non aveva ancora capito come comportarsi con i ragazzi non aveva trovato di meglio che rispondere sullo stesso tono. Così fra loro si era instaurata quella dinamica fatta di scherzi e derisioni a cui lei ormai non sapeva come porre rimedio. Parlarne con l'amica era fuori discussione ovviamente, si vergognava troppo. Aveva sempre affermato che a lei non interessava l'amore, che nessuno era al suo livello e quando Brenda le aveva chiesto se per caso non avesse un debole per Richard, che lui poi era l'ultimo ragazzo sulla terra che avrebbe preso in considerazione. Non poteva perdere la faccia in modo così plateale!
Sperava che le sarebbe passata quella stupida cotta: era davvero intenzionata a dedicare ogni sua attenzione allo studio per potersi affermare in qualche professione prestigiosa e fare un sacco di soldi. Gli uomini non erano altro che una zavorra inutile capace solo di farti perdere tempo per poi andarsene lasciandoti il cuore a pezzi. Come suo padre. Poteva vedere quanto la madre stesse ancora soffrendo dopo tutti quegli anni da quando era rimaste sole e di come facesse i salti mortali per far quadrare i conti a fine mese. No, si era ripromessa Becky, non avrebbe corso mai un rischio simile. Perciò stava ancora aspettando che la cotta per il fratello di Brenda si dissolvesse, ma sembrava che invece ogni giorno il sentimento che provava si facesse più forte che mai. E questo la irritava e più era irritata più se la prendeva con Richard. Il quale era diventato ancora più figo da quando aveva iniziato a farsi crescere i capelli. Lo detestava.
Intanto si erano infilati nel portone di Gerrard Road. Le scale del palazzo odoravano di cavolo e fumo stantio. L'ascensore era piccolo e per quanto si addossasse alla parete Becky si trovò il corpo di Richard quasi addosso, sembrava occupare tutto il piccolo spazio della cabina. Il suo odore le arrivò alle narici, un misto di bagnoschiuma, sudore e fumo di sigaretta. Arricciò il naso.

- Spostati: non mi fai respirare!

Con un sorrisetto impudente Richard si mosse forse di mezzo centimetro e Becky sollevò gli occhi al cielo, grata che l'ascensore fosse arrivato al piano.
In casa trovarono Alberta, la mamma di Becky, che si stava preparando per il suo turno da infermiera al Saint Thomas. Salutò in fretta la figlia avvertendola che le aveva lasciato dei panini per cena e diede un saluto anche a Richard, poi scappò via al lavoro. Becky aveva stretto le labbra per tutto il tempo mugugnando a malapena qualche parola. Richard si accorse che la ragazza si era incupita. Per un momento gli venne voglia di stuzzicarla, ma poi s'intenerì nell'osservare che lei si sforzava di non piangere.

- Dai, tira fuori il giradischi!

Becky ubbidì di cattivo umore, non sapeva perchè lui continuava a rimanere lì con lei e non la lasciasse in pace. Mentre Richard estraeva dalla busta il vinile Becky si accorse che un pezzo di stoffa gli fasciava la mano.

- Aspetta, quel fazzoletto è lurido. Che hai fatto?
- Un salvataggio.
- Cioè?

Chiese lei aggirandosi intanto nella stanza in cerca della cassetta del primo soccorso che la mamma teneva sempre a portata di mano.

- Un gatto ha avuto la brillante idea di incastrarsi in un tombino.
- E tu ovviamente ti sei fatto distruggere una mano per aiutarlo.
- Non potevo abbandonare un povero gattino indifeso. Ahi!

Becky gli aveva premuto senza troppe cerimonie un batuffolo di cotone imbevuto di acqua ossigenata sul brutto graffio.

- Non ci soffi sopra come una brava infermierina?

Si era piegato verso di lei abbassando un poco la voce. Lei alzò lo sguardo ad osservare il viso del ragazzo per capire se stesse scherzando o meno: aveva degli occhi enormi da cucciolo e la bocca era piegata in quello che voleva essere un broncio, ma si vedeva che si stesse trattenendo dal ridere. Per un momento Becky aveva quasi sperato che lui avesse dimostrato del vero interesse nei suoi confronti.

- Soffiaci da solo.

Rispose allontanandosi. Il ragazzo sbuffò:

- E dai…

Becky si era tolta le scarpe restando a pieni nudi e fingendo disinteresse si concentrò sulla copertina del disco: rappresentava un musicista che colpiva un gong in controluce. Richard la persuase a sdraiarsi sulla moquette marrone chiaro a terra e mise la puntina sul solco.

- Le conosci le canzoni?
- Ovvio. Per questo ti ho detto che faremo un viaggio. Dai, sdraiati e chiudi gli occhi. Ti fidi di me?

Becky si lasciò scappare una risatina mentre ubbidiva, avrebbe voluto non potersi fidare delle sue intenzioni, ma naturalmente sapeva che invece poteva stare del tutto tranquilla con lui.
In principio sentì solo una serie di note come una specie di sgocciolio, poi iniziò una musica magnetica, Becky si lasciò trasportare dalle note ipnotiche. Di sottecchi aprì gli occhi e vide il ragazzo sdraiato accanto a lei, perso nella musica, il viso rilassato e sorridente, i capelli sparsi intorno alla testa. Le lunghe gambe si muovevano a tempo con la musica e una mano riposava sulla pancia tamburellando sul ventre piatto. Il cuore le saltò un battito, era stupendo maledizione a lui.

- Chiudi gli occhi.

Le disse e lei presa in contropiede li serrò con una smorfia. Con i mignoli si sfiorarono e Becky sentì una specie di scossa elettrica, ma ormai era rapita dalle voci che cantavano in perfetta armonia. Richard si sollevò su un avambraccio a guardarla: era cresciuta proprio bene l'amichetta della sorellina. Aveva capito da un pezzo che lei aveva un debole per lui e aveva cercato di mantenere i rapporti sempre scherzosi. Fino a qualche tempo prima non l'avrebbe degnata di più di mezzo sguardo, figurarsi averla sempre tra i piedi. Si divertiva a provocarla e osservare come i suoi occhi s'incupivano e le labbra s'imbronciavano. Ma ora aveva il viso così rilassato, sembrava una creatura angelica. Osservò il corpo di Becky dai piedini scalzi alle lunghe gambe fasciate dai jeans, il seno piccolo che si alzava e abbassava con il respiro, le braccia abbandonate sul pavimento. Il toppino lasciava intravedere la pancia liscia e a lui venne voglia di sfiorare con le labbra la striscia di pelle scoperta.
Nell'ultimo anno aveva capito che Becky stava diventando sempre meno l'amichetta rompipalle della sorella e sempre di più una ragazza desiderabile che non vedeva l'ora di poter stringere tra le braccia. Aveva una voglia pazzesca di baciarla. Intanto lei aveva aperto gli occhi:

- Non stai ascoltando!

Lo accusò.

- Stavo controllando se ti eri addormentata.
- Che faccia tosta.

Ascoltarono tutto il disco, ridendo nel sentire lo strano blues cantato da un cane e sgranocchiando biscotti e patatine. Fu un pomeriggio strano, uno dei migliori che entrambi avessero trascorso da molti mesi a quella parte.







Nota Autrice:

Il disco che ascoltano insieme Becky e Richard è il Live at Pompei dei Pink Floyd. Un bootleg in realtà, perchè all'epoca ancora non era uscito LP originale. Qui c'è il primo pezzo che ascoltano: Echoes (cioè solo la prima parte in realtà). E questo è il blues col cane Mademoiselle Nobs. Inoltre un piccolo easter egg per chi ha seguito "Per arrivare al tuo sorriso". Vi ricordate Brenda trovava che Malcom assomigliasse moltissimo a David Gilmour, il cantante e chitarrista dei Pink Floyd? Chissà perchè ha voluto fortemente questo Lp! ^__-

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Capitolo 5
*** 17.840608, -88.452812 ***



17.840608, -88.452812












Mentre i due confabulavano, Raul guardava il proprio rolex d'oro con una certa urgenza. Questo non sfuggì a Richard che lo teneva sott'occhio, sembrava quasi stesse aspettando qualcuno. Di lì a poco, infatti si udirono i rumori di un motoscafo che si stava avvicinando.

- Ah, sembra che la guardia costiera stia arrivando finalmente, così potremmo sistemare questa storia.

Esclamò Becky.

- In questo caso, perchè non scendi di sotto ad aspettare che questa incresciosa situazione venga sistemata, cara?

Becky annuì, ma Rick la fermò prendendola per un braccio.

- Non ho avuto modo di chiamare la guardia costiera.

Le mormorò e lei rispose a mezza bocca che forse l'aveva fatto il capitano dello yacht. Raul li osservava con il volto neutro, un bagliore sinistro negli occhi. Senza parere Richard aveva sospinto la ragazza verso la scaletta da dove era salito:

- Becky, scendi da questa barca.
- Cosa? Ma non ci penso nemmeno!
- Per una volta, cazzo, dammi retta.

Il motoscafo si stava avvicinando sempre di più, nero, affusolato e senza alcuna indicazione di ufficialità. Raul abbaiò un ordine in spagnolo:

- Becky salta, ora!

Richard la prese per mano e insieme si tuffarono scomposti dallo yacht. Un rumore crepitante di mitra li seguì, mentre faticosamente salivano sul gommone. Sputacchiando e annaspando Becky riuscì a montare aiutata da Richard che la tirò su senza apparente sforzo.

- Sta giù!

Urlò lui che intanto aveva messo in moto e era partito a tutta velocità.
Sullo yacht Raul livido urlava ordini, cercando di tenersi basso per evitare i proiettili che piovevano intorno a lui. Una pistola si materializzò nella sua mano e sporgendo solo la testa dal parapetto con cui si proteggeva esplose dei colpi. Becky era stordita dagli spari delle armi, le urla degli uomini e il rumore del motore del gommone che rombava a tutta potenza. Il vento le sferzava il volto facendola lacrimare. Richard le urlò di nuovo di stare giù e lei per una volta obbedì senza fiatare. Intanto un altro motoscafo si era accostato allo yacht e degli uomini saltarono a bordo. Ancora urla ed esplosioni di armi. Raul si portò sottocoperta correndo e sbraitando ordini. Entrambi i motoscafi si mossero all'inseguimento dei fuggitivi.
Gli spruzzi salmastri colpivano con forza il volto di Richard e la schiena di Becky accucciata sul fondo del gommone che filava a tutta velocità sulle onde sbandando con violenza:

- Reggiti forte!

Urlò nel vento l'uomo che cercava di manovrare il natante per sfuggire ai motoscafi che lo inseguivano e di non farsi colpire dai proiettili che piovevano loro intorno e si schiantavano con violenza contro l'acqua. Erano quasi in vista della costa, non la parte dei coralli, ma un lungo lido sabbioso. Becky cercava di tenersi forte ai bordi del gommone per non farsi sbalzare via, frastornata dalla situazione: non riusciva nemmeno a sentire i propri pensieri tra il rombare dei motoscafi e il crepitio delle armi, terrorizzata e zuppa teneva gli occhi serrati sperando che fosse solo un brutto sogno e sapendo che non fosse affatto così. Un'imprecazione la sollevò da quella sorta di stupore, sollevò di poco la testa chiedendo cosa fosse accaduto:

- Stai giù! Ci hanno colpito!
- Oh dio, no...Sei ferito?


L'urgenza nel tono della voce rivelò tutto il suo orrore a quella possibilità.

- Non me, il motore, cazzo!

In quel momento il suddetto motore sputacchiò un paio di volte e il gommone sembrò afflosciarsi su se stesso. I proiettili sembravano aver colpito anche i tubolari gommati della carena. Richard imprecando raccolse con gesti frettolosi le scarpe e uno zainetto e urlò a Becky di nuotare verso la riva. Lei ebbe a malapena il tempo di aprire la bocca in una protesta che il rombo dei motoscafi che si avvicinavano la convinse a gettarsi in acqua e iniziare a nuotare. In quel momento benedisse sua madre che l'aveva costretta a prendere lezioni di nuoto alla piscina comunale e a spronarla fino quasi all'agonismo. Notò poco distante i riccioli di Richard sporgere dall'acqua e con un gesto lui le indicò la riva sabbiosa a qualche centinaio di metri. Becky non era allenata, ma l'adrenalina le spinse le gambe e le braccia in ampi movimenti veloci. Raggiunse il bagnasciuga qualche minuto prima di Richard e si tenne una mano sugli occhi per controllare a che punto stessero i loro inseguitori.

- Stai bene?

Ansimò Richard quando la raggiunse.

- Secondo te? Mi sono dovuta lanciare da una barca, mi hanno sparato e sono quasi affogata!

Becky si era messa le mani sui fianchi. In quei pochi istanti di calma la situazione l'aveva colpita in tutta la sua brutalità ed era tutta colpa dell'uomo abbronzato di fronte a lei. Ma Richard non sembrò colpito più di tanto dalla sua sfuriata.

- Si, si. Direi che sei in ottima forma. Non c'è tempo per questo, andiamo.

Un rombo fece loro capire che uno dei motoscafi aveva raggiunto la riva. Richard prese Becky per mano e la incitò a correre. Zuppa, con le scarpette da barca inadatte, stanca per la nuotata non prevista Becky incespicò dietro l'uomo. Si vedeva che era molto più in forma di lei, le gambe ben tornite pompavano sulla battigia schizzando sabbia.
Grida in spagnolo perforarono l'aria e Richard si voltò indietro. Gli uomini del motoscafo erano scesi, erano in due e agitavano le pistole. Uno di loro si mise in posizione di sparo.

- Cazzo, leviamoci di qua!

Sbandando i fuggitivi corsero a zig zag verso la striscia di foresta che si intravedeva dalla riva. Becky aveva difficoltà a respirare, nonostante le corse mattutine sul tapis roulant non era certo preparata a scappare in quel modo. Ma lo schiocco di uno sparo la fece sobbalzare e si costrinse a trovare gli ultimi scampoli di energia. Altre grida, rumore di uomini di corsa, si persero quando entrarono sotto l'ombrello dei fusti della foresta tropicale. Continuarono a correre ancora finché non furono sicuri che i rumori intorno a loro erano solo quelli tipici di una jungla. Becky fu la prima a fermarsi, una mano all'altezza del fianco, piegata in due:

- Basta.

Implorò col fiato corto. Rick si bloccò e tornò verso di lei. Le fece un cenno di silenzio e si soffermò ad ascoltare i rumori intorno a loro. Schiocchi, sibili, il frinire degli insetti. Becky sobbalzò quando udì una serie di urla disarticolate. Fece per ricominciare a correre, ma Rick con un sorriso appena accennato la fermò:

- Scimmie urlatrici - spiegò - Va bene, fermiamoci un attimo: credo che li abbiamo seminati. Dì, da quando frequenti spacciatori internazionali?
- Ma di cosa vai blaterando? Quelli erano pirati, Raul mi aveva messo in guardia..

Richard suo malgrado scoppiò a ridere:

- Raul ti ha raccontato dei pirati? E tu ci hai creduto? Ma dove vivi in un film con Errol Flyn?
- E tu chi ti credi di essere: Nevada Jones?
- Si chiama Indiana - Becky aggrottò le sopracciglia - È Indiana Jones.

La donna sbuffò alzando gli occhi al cielo:

- Sei più insopportabile che mai, chissenefrega? Che facciamo ora? Ho lasciato tutta la mia roba sullo yacht e sono in uno stato pietoso.
- Dobbiamo fare il punto della situazione e capire dove siamo. Se possibile cercare di muoverci paralleli alla costa e trovare una strada praticabile. Ma prima: rifugio, acqua e cibo.

Rispose lui alzando le dita a indicare le priorità:

- Pensavo l'acqua fosse più importante.
- Il riparo è la prima cosa.

Becky sollevò le spalle, non intendeva discutere in quello che sapeva essere una competenza di Richard, ma stava morendo di sete. L'uomo si dava da fare in giro dandole indicazioni. Aveva sgomberato un tratto abbastanza largo di terreno dove volevano fermarsi e insieme piantarono i rami più lunghi che riuscissero a trovare di sbieco nel terreno soffice. A Becky sembrava una palizzata storta. Ai lati quella sorta di palizzata era sorretta da rami ancora più robusti che Richard aveva tagliato alle estremità in modo da ricavarne una forca. Sudavano e lavoravano scambiando solo poche parole sovrastate dal rumore cacofonico della foresta. Il rifugio era quasi terminato, lo stavano ricoprendo di larghe e robuste foglie di palma e felci. Fino a che per grazia divina ci fu un momento di quiete in tutto quel caos e Becky ringraziò silenziosamente per quella calma, le facevano male le orecchie. Richard, invece imprecò sonoramente e si diede da fare ancora più in fretta di prima a ricoprire il loro improvvisato rifugio. Lei stava radunando tutti legnetti che poteva per poter accendere il fuoco, ma Richard le disse di lasciare perdere, che ci avrebbe pensato lui.

- Invece cerca tutto ciò che ti può sembrare un contenitore: gusci di noci di cocco, cortecce, pezzi di alberi scavati o bucati. Insomma tutto ciò che può contenere acqua. Cerca di sbrigarti.
- Ottimo perchè sto morendo di sete.

In quel momento alcune gocce li schizzarono in viso, un rombare improvviso e potente li fece sobbalzare e iniziò a piovere in maniera torrenziale.

- Volevi acqua? Ecco l'acqua!

Finalmente erano riusciti a ripararsi sotto il rifugio di fortuna. Erano fradici, esausti, affamati. Becky era accoccolata su se stessa, mentre osservava il fuoco fumoso. Richard le aveva spiegato che serviva a tenere lontano gli insetti. Nello zaino aveva una latta di fagioli che aveva scaldato accanto al fuoco. Ora dopo averla svuotata e lasciata sotto l'acqua piovana la stava usando per preparare un tè di fortuna. L'acquazzone si era quasi quietato e il fuoco stava riuscendo nel compito quanto meno di scaldarli.

- Vieni a metterti sottovento, ti stai affumicando.

Becky non aveva voglia di discutere, ma questo avrebbe voluto dire avvicinarsi ancora di più a lui e lei non era ancora pronta ad avere un contatto fisico ravvicinato con l'uomo. Richard aprì le braccia e disse:

- Coraggio, zucchina. Vieni qui, sono troppo stanco anche io!
- Non chiamarmi zucchina.
- Ti piaceva, una volta.

Ammiccò lui e lei sollevò gli occhi al cielo, ma si spostò annidandosi tra le sue braccia. Le porse la lattina e dopo qualche sorso lei la restituì all'uomo. Bevvero a turno la bevanda calda.

- Credi che ce la faremo?
- Ma certo, cerchiamo di passare la notte intanto.

La foresta crepitava intorno a loro. La temperatura era scesa e l'umidità contribuiva a raffreddare l'aria ancora di più insieme al terreno zuppo. Becky tremava:

- Viaggi sempre con il kit di emergenza?
- Può fare la differenza tra la vita e la morte come vedi.
- Come fai? A vivere così, sempre in viaggio, sempre tra i disagi.
- So che una come te non potrebbe capire.
- Una come me? Una viziata londinese intendi?

Richard sollevò le spalle, Becky si voltò di scatto con le sopracciglia aggrottate, ma lui la tenne ferma per le spalle un momento, poi la lasciò andare:

- Non posso biasimarti, quando sei abituata a vivere nel lusso anche il minimo disagio può essere insormontabile
- Mi fai una colpa del voler vivere tra gli agi? Ti ricordi dove vivevo.

Lei e la madre abitavano nella parte più povera di Angel, con appena lo stipendio da infermiera di Alberta di cui gran parte se ne andava nell'affitto. A volte avevano valutato l'idea di andarsene dal quartiere, ma Alberta era sempre troppo esausta per poter anche solo pensare all'idea di affrontare un trasloco. E avevano sempre dovuto contare il centesimo per poter arrivare in maniera dignitosa a fine mese. Becky aveva lavorato duro per poter usufruire delle borse di studio e poi affermarsi nel lavoro.

- Non mi ha regalato niente nessuno.

Aggiunse. Questo Richard lo sapeva bene, sapeva quanta pervicacia e impegno Becky avesse profuso nello studio prima e nel lavoro poi, come se fosse stato la sua ancora di salvezza:

- Lo so bene, zucchina. Ma gli agi non ti daranno la felicità.
- Invece girare il mondo come uno zingaro a salvare i...coralli, si?

Richard rimase in silenzio per un lungo momento prima di rispondere:

- Ricordi Ian?
- Il tuo amico dell'università? Quello che poi è morto, aspetta come è stato? Eravate insieme, vero?
- Il mio migliore amico, si.

Becky si chiese dove l'uomo volesse andare a parare, non la guardava, ma osservava le fiamme con occhi cupi:

- Un incidente di barca... ed è stata colpa mia.
- Oh Rick - Becky mise una mano davanti alla bocca - E’ terribile, ma sicuramente non l'hai fatto apposta: gli incidenti capitano.
- Ma non doveva succedere a noi! Siamo stati stupidi e arroganti con la nostra presunzione di dominare la natura.

Il bollettino nautico aveva dato mare forza otto e tempeste per quel giorno, ma i ragazzi avevano visto il cielo azzurro e non si erano preoccupati più di tanto. Ian era voluto uscire in mare a tutti i costi e Richard invece di persuaderlo a restare a terra, l'aveva seguito.

- Era un ragazzo così brillante, un attivista sincero, un biologo di enorme talento. Aveva una fidanzata, lo sapevi?
- Che cosa ti ha detto?
- Mi odia, mi ha accusato di aver ucciso il fidanzato, il padre di suo figlio. E non posso darle torto.
- Oh Rick, no.

Richard arricciò un labbro in un ghigno amaro:

- Un bambino che non conoscerò mai, lei mi ha completamente bandito dalla sua vita. Ecco, quello che faccio lo faccio anche per il figlio di Ian, per onorare la memoria di suo padre e per lasciargli quel mondo in cui lui avrebbe voluto crescerlo.

Becky gli strinse una delle grandi mani forti, toccata dal suo racconto. A Richard non era mai mancata la passione delle sue convinzioni e si vedeva che ancora soffriva per la morte dell'amico. A muoverlo era il senso di colpa e questo Becky non lo trovava giusto.

- Perché continui a macerarti così. Non puoi avere il controllo su tutto.
- Posso averlo su quello che provo, però. E di te che mi dici, credi che non mi sia accorto che soffri la solitudine? Da quanto non senti tua sorella?
- La mia sorellastra. Non le devo niente, mio padre ci ha lasciato per stare con sua madre, quindi non c'è molto che possa fare non trovi?
- Non è colpa di Corinna se tuo padre è uno stronzo.
- Non è nemmeno venuto al funerale di mamma. Gesù ma queste dannate scimmie non stanno mai zitte?

Le labbra di Becky si piegarono all'ingiù e sbatté un paio di volte le palpebre per evitare che le lacrime traboccassero. Richard allungò una mano come a volerle accarezzare il viso, ma fermò il gesto a metà.

- Non ha fatto nemmeno in tempo a godersi la casa che ho preso per lei a Earl Court…

Becky tirò su col naso. Un cancro al pancreas e in tre mesi Alberta si era spenta. Richard aveva fatto in tempo ad andarla a trovare solo una volta in ospedale, ricordava un corpo smunto attaccato alle macchine. Ma aveva ancora impressi nella mente soprattutto gli occhi enormi e vuoti di Becky che l'avevano inghiottito in un abisso di puro dolore. Dopo il funerale lui e Brenda l'avevano accudita come una bambina. Lei aveva fatto la stessa cosa con Brenda durante il suo periodo di depressione e Richard non aveva parole per ringraziarla per essersi presa cura della sorella. Erano sempre state unite, come anime affini. E poi Becky si era rialzata, si era chiusa il suo dolore dentro e si era buttata nel lavoro con una foga ossessiva.
L'acquazzone tropicale era diventato un'acquerugiola che frusciava delicata intorno a loro come fili d'argento che s'infrangessero sul fogliame. Gli animali sembravano al fine quietati.

- Dormi, ora. Faccio io la guardia per primo. Ricordati di non fare spegnere il fuoco.

Becky si era distesa sul suo grembo ed era crollata.
Si svegliarono molto presto la mattina seguente, un poco rinfrancati dalla notte appena trascorsa. Becky si era resa conto, durante il suo turno di guardia, che aveva i piedi piagati e sanguinanti, ma non voleva dirlo a Richard, voleva solo seguirlo e uscire da quella foresta maledetta. Il tempo della sua veglia era stato interminabile e orrendo. Aveva tremato ad ogni sibilo e schiocco, terrorizzata dalla possibilità di incontrare qualche animale strano e pericoloso. Richard russava piano, il viso tirato dalla stanchezza, i capelli incollati alla fronte. Le era venuta voglia di accarezzarlo. Aveva sorriso fra sé, il fratello della sua migliore amica. Le mancava Brenda, le aveva detto della crociera naturalmente e lei era sembrata entusiasta. Aveva sempre creduto in lei, erano state la roccia l'una dell'altra, le bibi sempre insieme dai tempi delle scuole.
Ora, Richard osservò la bussola per qualche istante e poi le indicò la direzione, anche lui, nonostante avesse esperienze di escursionismo, voleva uscire da quella situazione il prima possibile e portare in salvo la donna. Le lanciò un'occhiata di soppiatto, aveva tagliato i capelli dall'ultima volta che l'aveva incontrata ed era troppo magra. Stava cercando di farsi passare da uomo in quell'ambiente tossico in cui lavorava? E stava zoppicando.

- Sei ferita?

Ma lei scosse la testa con un'espressione stolida in volto. Aveva le gambe graffiate e i piedi le facevano male, si sentiva febbricitante e rabbrividiva nonostante il calore opprimente. Ma non voleva che Richard la considerasse una seccatura una volta di più e andò avanti stringendo i denti. Dal canto suo anche Richard si sentiva esausto, controllava ogni pochi metri la bussola per mantenere l'orientamento, erano ore che stavano camminando e sperava non stessero girando intorno. Avevano fatto una sosta raccogliendo e mangiando frutta in quantità anche e soprattutto per rimpinguare le scorte d'acqua nell'organismo, ma il calore opprimente e la camminata li stava debilitando e lo sapeva. Forse non sarebbero riusciti a sopportare più di un altro giorno in quelle condizioni. Era preoccupato, non si sarebbe mai perdonato se a Becky fosse successo qualcosa. Non dopo quello che era accaduto a Ian. Scosse la testa con forza cercando di sotterrare il ricordo dell'amico e si sforzò di concentrarsi sul presente. Si voltò per prendere la mano di Becky e aiutarla a proseguire. La ragazza era terrea in volto e sbandò. Lui non fece in tempo a proporle di fermarsi, che lei crollò a terra. Si rialzò a fatica:

- Ce la faccio, ce la faccio.
- Stai buona lì, testona. Vediamo se riusciamo a fermarci qui per il momento.

Becky non diede cenno di aver sentito, quegli ultimi metri erano stati un inferno, i piedi le bruciavano terribilmente e camminava per pura forza di volontà, quasi in deliquio. Cadde malamente di nuovo e vide tutto nero.

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Capitolo 6
*** Come Riccioli D’Oro ***



Come Riccioli D’Oro












Becky si rigirò su se stessa, le lenzuola crocchiarono contro le cosce nude, sorrise ancora mezzo addormentata beandosi della morbidezza del materasso. La luce del sole penetrava dagli scuri accostati, appena soffusa, tanto da non darle noia e un tremolio dell'aria le accarezzava la pelle nuda delle spalle. Doveva avere avuto un incubo orribile, sollevò le braccia sopra la testa stiracchiandosi e si accorse che aveva ancora il reggiseno addosso. Aggrottò le sopracciglia rendendosi conto che ci fosse qualcosa di sbagliato: lei non andava mai a dormire nuda e di certo non con il reggiseno addosso in ogni caso. Aprì gli occhi e si sollevò di scatto, ora sveglia. Si osservò intorno: era in una camera lussuosa con mobilia di midollino intrecciato in stile coloniale e pregiati pezzi più moderni, il letto ampio di legno di rosa dalla testiera finemente scolpita e lenzuola bianche di cotone egizio. Sopra la sua testa roteava piano un lampadario a pale di legno e paglia cigolando sommesso; si vedeva che fosse tutto di classe. Corrugò la fronte, eppure lei ricordava solo in maniera molto vaga come fosse giunta fino a lì. Richard che la sosteneva e la spronava a fare ancora un qualche passo in più e lei che crollava davanti a quello che nel deliquio le era sembrato un cancello. Le era venuto quasi da ridere: un cancello, nella foresta, impossibile. Era per questo che aveva pensato fosse stato tutto frutto della sua immaginazione delirante. Un sonoro brontolio dello stomaco la avvertì che aveva fame e aveva bisogno di una sigaretta.
Si mordicchiò le labbra: per quanto non fosse una fumatrice accanita la dipendenza da nicotina cominciava a farsi sentire. Ma prima voleva vestirsi, girellò per la stanza, si osservò critica facendo smorfie allo specchio e lisciando i corti capelli tutti arruffati. La sua faccia era un disastro constatò: pelle segnata e lucida e gli occhi tutti arrossati. Ed era tutta colpa di Rick che l'aveva trascinata fin lì pensò, mentre il viso le s'incupiva. Avrebbe dovuto dirgliene quattro e poi fare qualche telefonata e farsi tirare fuori da quella situazione. Ma prima, caffè.
Anzi prima doveva trovare qualcosa da mettersi addosso. Si passò una mano sulla fronte, sospirando: quell'esperienza doveva averla segnata parecchio se era ancora così confusa. Di solito appena sveglia era perfettamente operativa. Aprì l'armadio e constatò che fosse pieno di abiti femminili e si chiese una volta di più di chi fosse quella villa e chi fosse così pazzo da volerne una nel bel mezzo di una foresta pluviale. Si ricoprì con una delle vestaglie che aveva trovato appese dietro la porta e uscì a tentoni alla ricerca di un bagno.
Becky rovesciò la testa all'indietro sul marmo della vasca piena di acqua calda e profumata. Dopo l'ottima notte di sonno ora anelava solo a togliersi tutta la stanchezza e la sporcizia di quelle giornate folli trascorse nella jungla. Era rimasta deliziata nel trovare quella vasca vintage in uno dei bagni della villa, di marmo verde sospesa su quattro piedini di ottone a forma di zampe di leone. Aveva trovato degli olii profumati da versare nell'acqua e si era abbandonata, lasciando che i pensieri che l'avevano turbata fino ad allora vagassero come nuvole passeggere nella sua coscienza. Finché fu riportata alla realtà dai richiami di Richard, che la cercava:

- Sono qui!

Urlò con tono volutamente neutro, gli occhi ancora chiusi. Il volto di Richard fece capolino dalla porta e senza aspettare il suo permesso s'infilò nella stanza da bagno. Becky fu sul punto di protestare, ma l'uomo si andò a sedere accanto alla sua testa, senza dar segno di avere il minimo interesse per la sua nudità. Non sapeva se ciò la ferisse o la rinfrancasse di più. Le cose erano sempre troppo vivide tra loro, forse quella distanza avrebbe fatto bene ad entrambi. Ma Richard l'aveva notata, eccome: il volto angelico dagli occhi chiusi così rilassato, abbandonata nella vasca, una gamba appoggiata al bordo, bianca e bellissima come una ninfa delle acque. Gli aveva fatto stringere il cuore, si era ritirato e aveva fatto finta di cercarla chiamandola a gran voce. Ora, con un'indifferenza che si era allenato per anni a mantenere in sua presenza, si sedette accanto a lei, cercando di non fissare lo sguardo sulle forme che si intravedevano appena nell'acqua oleosa. Iniziò a rollarsi una sigaretta con gesti sicuri:

- Hai dormito bene? Mi sembra che ti sia ambientata alla perfezione!
- Che dovevo fare, ho solo approfittato di un comodo bagno con acqua calda corrente e tutto. Insomma sono svenuta in mezzo alla jungla e mi risveglio in una specie di casa delle favole! Tra l'altro mezza nuda, cosa di cui devo ringraziare te, immagino.
- Come sempre la tua gratitudine è commovente. Il motivo per cui sei svenuta è che ti si è infettata una delle piaghe che hai sul piede. Se me l'avessi detto ti avrei fatto mettere una pomata antibiotica, ma tu no, devi fare di testa tua come al solito!

Becky fece il broncio e rimise la gamba nell'acqua. Si rigirò un po' su sé stessa, per guardare in viso l'uomo, che si tirò indietro i capelli con una mano in un gesto nervoso:

- Di chi è la villa, a proposito?

Cambiò discorso, mordendosi un labbro. Come sempre Richard prendeva per storto tutto quello che lei diceva e faceva.

- Di un regista pazzoide di Hollywood. Andy, il custode, mi ha raccontato che era venuto a fare delle riprese per un film d'avventura, sai quelli tipo Indiana Jones e si è innamorato della foresta. Per un po' è venuto con la famiglia, poi si sono stufati e non sono venuti più. E quindi la villa dovrebbe diventare una specie di resort ultra lusso. Sai com'è fatta quella gente.

Concluse lui con una smorfia disgustata sul bel viso. Becky poteva intuire alla perfezione di cosa ne pensasse di quell'operazione: Richard deprecava il turismo di massa, che in nome del denaro devastava zone che dovrebbero essere salvaguardate, se non restare addirittura incontaminate. Nello stesso tempo trovava estremamente ingiusto che solo chi fosse danaroso potesse godere del privilegio di usufruire di quelle stesse zone. Lei si strinse nelle spalle:

- Se non fosse stato per gente come quella noi a quest'ora saremmo ancora in mezzo al fango della jungla.
- Pragmatica come al solito. Comunque, ti farà piacere sapere che Andy mi ha detto che sta andando a Belmopan per certi affari, ma che può darci un passaggio in città.

Abbassò la testa e accese la canna con un cerino che aveva tolto dalla tasca dei jeans. Becky arricciò il naso:

- E' erba quella? Dio, ucciderei per una sigaretta. Fammi fare un tiro, ti dispiace? Credevo avessi smesso di fumare.

Allungò la testa verso la mano di Richard, che le appoggiò la canna alle labbra. Becky inalò il fumo aromatico ed espirò, il petto che le si alzava ed abbassava sotto l'acqua. Richard deglutì, ma non potè fare a meno di osservare i piccoli puntini più scuri dei capezzoli:

- Avevo smesso, per tipo la quarta volta. Dio, sei così decadente.

Mascherò l'attrazione col sarcasmo. Lei gli scoccò un'occhiata divertita:

- E tu così puritano. Che ti sembra del custode? Spero non si sia goduto lo spettacolo ieri sera, mentre mi spogliavi!

Becky aveva aggrottato le sopracciglia e piegò le gambe contro il petto. Si era accorta dell'occhiata di Richard, che rispose:

- Un tipo a posto, forse un po' svalvolato. Ma sai, vivendo per gran parte dell'anno in una villa isolata...qui manca la neve, ma non mi stupirei di trovare una redroom.

Sogghignò mentre Becky rabbrividì, un po' per l'inquietudine e un po' perché l'acqua era diventata fredda.

- Devo asciugarmi, ti dispiace?
- Dai zucchina, ti ho già vista nuda e più di una volta!

Le fece un occhiolino d'intesa.

- Non ci provare Rick. E ti ho già detto di non chiamarmi così!

L'uomo alzò i palmi delle mani in avanti, in segno di resa e allungò le labbra in un sogghigno. Uscì dal bagno lasciando Becky sola.
Mentre Becky finiva il fare il bagno e si vestiva, Richard si era seduto in cucina e stava conversando con un uomo biondo dalle spalle ampie e dalla pancia piuttosto prominente.

- La tua fidanzata ti ammazzerà per averla portata fin qui a quel modo.
- Non è la mia fidanzata e cosa vorresti dire con "in quel modo"?

L'uomo si voltò a smuovere la padella, un odore di carne soffritta fece arricciare le narici di Richard con disgusto.

- Intendo dire - l'altro arrotò le erre - che c'è una comoda e larga strada proprio a qualche centinaio di metro da qui. Ecco qua: una vera colazione canadese!

Concluse versando accanto ai pancake appena cotti e alle uova al burro due strisce di bacon croccante e allungandolo verso Richard:

- Ti ringrazio, ma non mangio carne. E non dovresti nemmeno tu.
- Carne? Il bacon non è carne, è puro e croccante colesterolo in forma rettangolare!

Suo malgrado Richard scoppiò in una risata, sorbì un sorso di tè mentre raccoglieva da una ciotola davanti a lui una fetta di mango. Becky l'avrebbe ucciso veramente se avesse saputo che l'aveva trascinata per la foresta quando esisteva una comoda strada, ma lui non poteva saperlo, non nel momento in cui era troppo impegnato a salvare le loro vite. Quando Becky gli era crollata tra le braccia il suo cuore aveva quasi smesso di battere per un secondo: il suo volto terreo, le labbra esangui e il respiro affrettato lo avevano spaventato a morte. Per fortuna si era ripresa e dopo essersi raccomandato di non muoversi, l'aveva adagiata delicatamente contro un grosso fusto su cui si era arrampicato per avere una visuale più ampia della zona. Ed era stato da quella posizione che era riuscito a intravedere la casa nella foresta. Aveva esultato, sapeva che doveva esserci, le storie che giravano dovevano essere vere per forza. Così era disceso e metà trascinando, metà portando la donna sulle spalle era riuscito a arrivare a destinazione. Li aveva accolti quel corpulento canadese, il custode della villa, che si era subito messo a disposizione per rifocillarli e rimetterli in sesto. L'omone si mise in bocca una striscia di pancetta facendo l'occhiolino.

- Che profumo paradisiaco. Manca solo Mamma Orsa e poi potrei quasi sentirmi Capelli d'Argento!

La voce squillante di Becky ancora in accappatoio interruppe la loro conversazione. Andy accartocciò il viso in una smorfia e lanciò uno sguardo interrogativo a Richard che gli fece un cenno di diniego come a dirgli di lasciar perdere. Becky ignara di quello scambio silenzioso si era servita di una grossa porzione di pancake irrorandoli con una dose generosa di sciroppo d'acero. Mentre s'infilava una striscia di bacon in bocca non mancò di notare lo sguardo severo di Richard:

- Cosa?
- Da quando t'ingozzi così al mattino?
- Fatti gli affari tuoi.

Becky gli ringhiò praticamente contro, poi con un sorriso e il tono soave si rivolse a Andy:

- Grazie mille, è una colazione fantastica!

Richard roteò gli occhi al cielo, mentre Andy sorrideva tutto compiaciuto: doveva dargliene atto, ma la donna era bravissima a ingraziarsi la gente. Era una dote che aveva notato in più di un'occasione, soprattutto quando era interessata. Immaginò che aveva dovuto sviluppare un atteggiamento del genere per il lavoro che faceva. Infatti con lui, che non aveva nulla da contraccambiare era solitamente acida e scostante, concluse amareggiato. Si mise in bocca un'altra fetta di frutta per evitare che quell'amarezza fuori tempo e fuori luogo uscisse inopportuna. Si tirò indietro i capelli con una mano e agitava una gamba su e giù, mentre seguiva la conversazione tra Becky e Andy:

- Naturalmente siamo disposti a pagare per l'ospitalità e di tutto ciò di cui usufruiremo. Devo solo fare una telefonata e...
- Oh, mi dispiace molto, ma una tempesta ha abbattuto un paio di pali del telefono l'altro mese e l'intera zona è rimasta isolata.

Andy sembrò dispiaciuto per davvero, le labbra piegate all'ingiù. Lo sguardo gli cadde sulla scollatura di Becky che si stava servendo un'altra tazza di caffè e non si era resa conto che l'accappatoio era scivolato a scoprire una vasta porzione di torace, fino alle clavicole. Richard diede una pacchetta sul braccio dell'uomo che confuso distolse lo sguardo:

- Non sarà un problema: se non sbaglio prima hai detto che ci avresti accompagnato, dico bene?
- Oh certo, certo! Poi parlerò io con il proprietario, non vi preoccupate di questo.
- Bene, siamo d'accordo allora! Sarà meglio che mi vada a vestire.

Becky si chiuse meglio l'accappatoio e fece l'occhiolino ai due uomini che l'osservarono imbambolati, mentre lasciava la stanza.









Nota Autrice:

Sorpresa! La villa esiste veramente e l'ha voluta Francis Ford Coppola. "All'inizio degli anni '80, Francis Ford Coppola visitò il Belize, si innamorò immediatamente del luogo e acquistò il Blancaneaux Lodge abbandonato. Per più di un decennio il rifugio è stato utilizzato come rifugio per la famiglia prima che Francis aprisse al pubblico il suo paradiso tropicale nel 1993." Tratto dal sito ufficiale che potete andare a vedere qui, semmai voleste riservare una camera *sospiro*

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Capitolo 7
*** Nelle fauci del giaguaro ***



Nelle fauci del giaguaro








L'omone si grattò la barba bionda, incerto. Se questi sprovveduti inglesi avessero potuto aspettare solo un giorno in più avrebbe potuto fare il prelievo con tranquillità, senza occhi indiscreti intorno. Ma Richard stava insistendo che per loro era di estrema importanza tornare quanto prima in città:

- Senti, penso che la signora sarebbe così grata di poter tornare alla civiltà che non si farebbe problemi a lasciarti una lauta mancia. Sai, per il disturbo…

Un sopracciglio di Andy si sollevò indicando il suo interesse per l'offerta, se c'era da guadagnarci lui non si tirava mai indietro. Era stanco di starsene rintanato in quella foresta come uno scoiattolo. E doveva fare i conti con quella certa questione, ormai non potevano più rimandare, alla fine dei conti era arrivato il momento di andarsene. Un'ultima volta e poi si sarebbe messo in pensione; voleva comprarsi la sua barca e girare il mondo, possibilmente in acque extraterritoriali. E non sarebbe stato solo. Così tornò a prestare attenzione a quanto gli stava dicendo Richard.

- Quanto pensi sarebbe disposta a pagare?
- Cento sterline.

Becky era entrata con piglio risoluto, pronta a mercanteggiare. Era riuscita a trovare un paio di pantaloni avana e una camicia color carta da zucchero, i piedi protetti da un paio di robusti scarponcini. I pantaloncini forse le andavano un po' grandi e aveva rimediato abbinandoci una cintura: le era sembrato quasi di essere tornata alla normalità. Andy scoppiò a ridere:

- Scusa, ma con quella cifra ci compro a malapena la benzina e come stavo dicendo al tuo amico, se volete andare via entro oggi devo prima fare una deviazione. Trecento e vi abbuono la benzina in più.
- Mi sembra un po' troppo esoso. Posso arrivare a centotrenta, più cinquanta sterline per la benzina.

Richard osservò la donna con le sopracciglia aggrottate pronto a rimproverarla: insomma il tipo si stava offrendo di aiutarli, non gli sembrava il caso di mercanteggiare sul prezzo. Ma un'occhiata di Becky bloccò sul nascere la sua tirata. Andy si massaggiò la barba:

- Vi vengo incontro a duecentocinquanta sterline. Non posso fare di meno, davvero. Senza contare che immagino dovrò aspettare finché non avrete la possibilità di prelevare il denaro.

La donna si mise seduta su uno degli alti sgabelli, accavallando le gambe e lasciando intravvedere una generosa porzione di coscia, lasciata scoperta dai pantaloncini. Sorrise soave all'uomo imbambolato di fronte a lei. Richard la guardava affascinato suo malgrado: era come osservare una mangusta che presto avrebbe attaccato l'ignara preda:

- Ma io capisco. E infatti ti sto venendo in contro il più possibile. Sono convinta che duecento sterline saranno più che sufficienti. Non è vero, Rick?

Lui annuì quasi ipnotizzato.

- In contanti.
- In traveller's cheque. Benissimo allora, andata?

Becky porse la mano a suggellare l'affare e Andy non poté fare altro che stringerla vagamente frastornato.

- Oooook, allora sarà meglio che prendiate le vostre cose. Fra una mezz'ora saremo pronti per andare.

Ai due c'erano voluti pochi minuti per radunare le poche cose che si sarebbero portati dietro, alla fine Richard si tirò indietro i capelli con la mano e sbottò:

- Certo potevi anche evitare.
- Cosa?
- Di trattare a quel modo.

Lei lasciò cadere il cappello che aveva trovato nell'armadio della camera in cui aveva dormito e si mise una mano su un fianco:

- Pensi che l'avrebbe fatto per gentilezza e non avrebbe chiesto niente in cambio?
- A volte la gente lo fa.

Rispose caparbio Richard raccogliendo il cappello e porgendoglielo.

- E poi lo sapeva anche lui, ha sparato alto apposta per vedere dove sarei arrivata.
- E che importa? Tanto immagino che lo metterai in conto spese alla tua azienda.
- Invece no. Cosa credi che siano un bancomat? Tra l'altro i miei capi non dovrebbero nemmeno sapere che sono qui. E poi non credo proprio che il signore qui ci rilascerebbe regolare fattura, no?

Richard si rabbuiò, a questo non aveva pensato e ci rimase male. Lei avrebbe pagato di tasca propria ed ed erano tanti soldi:

- Posso contribuire!

Esclamò in un moto di orgoglio ferito.

- Certo che lo farai, per questo ho tirato sul prezzo!

Un colpo di clacson li avvertì che Andy era pronto a partire e Richard non poté replicare come avrebbe voluto, ma era rimasto colpito. Il vento caldo gli scompigliava i capelli e lui se li tirò indietro, lanciò un'occhiata in tralice a Becky che sedeva dritta accanto a lui, le nocche bianche mentre si stringeva alla maniglia. Il fuoristrada si muoveva sobbalzando sulla strada di terra battuta. Di certo era abituata a viaggiare in condizioni molto più agevoli di quella. Poco male, fra poco sarà tutto finito, sarebbero arrivati in città e lei sarebbe voluta saltare sul primo aereo in partenza. E lui avrebbe perso un'altra occasione. Un sorriso amaro gli tirò un angolo delle labbra. Anche Becky era persa nei propri pensieri, inalava l'odore di legno e pelle dell'abitacolo, la mano a pochi centimetri da quella dell'uomo che le sedeva accanto. Moriva dalla voglia di stringergliela, scoccò un'occhiata al volto contorto in un sorrisetto amaro.

- Fra poco saremo arrivati. Questo sito non è aperto al pubblico, ma ogni tanto io e altri volontari veniamo a fare un giro di ricognizione per essere sicuri che sia tutto a posto!

Urlò la voce nasale di Andy al di sopra del frastuono della macchina.

- Tanto per cambiare.

Becky sentì Richard bofonchiare. Dopo qualche altro chilometro dissestato nella jungla il canadese fermò la jeep in uno spiazzo erboso. Tirò con forza il freno a mano e si voltò:

- Ci vorrà un po' di tempo. Potete aspettarmi qui. C'è dell'acqua, se volete.

E scese dall'auto mettendosi in spalla uno zaino che sembrava vuoto. I due rimasero per parecchi minuti in silenzio, Richard fissava dritto davanti a sé, Becky si sventolava col cappello:

- Perché ci mette tanto?
- Probabilmente il sito è più ampio di quello che pensiamo.

Becky si alzò e si appoggiò al tettuccio, dalle fronde degli alberi poteva intravedere la punta di una delle piramidi maya. Richard la guardava da sotto, il sedere perfettamente modellato e le gambe bianche segnate dai graffi rossi che si era procurata di recente. Con uno sforzo impedì alla propria mano di accarezzare la coscia cremosa, ma si attaccò invece alla bottiglia dell'acqua. Lei si voltò a metà, sorrideva:

- Perché non andiamo a vedere?
- Andy ci ha detto di rimanere qua.
- Da quando fai quello che ti viene detto?

Richard scoppiò in una breve risata, un punto a suo favore. Becky si sporse verso di lui:

- E poi Brenda mi ucciderebbe se sapesse che ero a un tanto così da delle rovine maya e non sono andata a visitarle.

Richard ruotò gli occhi verso l'alto, ma gli piaceva vedere Becky animata con il sorriso sulle labbra e gli occhi brillanti:

- In effetti ti ho sempre detto che ti avrei portato a vedere delle rovine prima o poi, ma pensavo a quelle di Lesnes Abbey o Amesbury.
- Andiamo allora?
- Va bene dai, ma non allontaniamoci troppo.
- Tanto Andy dovrà aspettarci se vuole vedere i nostri soldi!

Fece l'occhiolino, mentre Richard sbuffava. Dovettero percorrere solo poca strada prima di sbucare in una radura ampia decine di metri, un monumento funerario sorgeva al centro dello spiazzo: un'enorme bocca di giaguaro stilizzato apriva quella che sembrava essere l'entrata di un tempio a piramide di pietra grigia macchiata dal muschio. Becky rimase a bocca aperta stupefatta. Si voltò sorridendo a un Richard altrettanto colpito.

- Entriamo?
- Non mi sembra il caso, facciamo un giro qui intorno.

Becky imbronciò le labbra:

- Ricordi quando siamo andati tutti insieme di nascosto al cimitero abbandonato di Highgate e tu hai scalato la facciata di quella tomba pseudo-egiziana?
- Come no: ricordo anche te e Brenda che mi urlavate di scendere.
- E infatti sei scivolato…
- Solo perché mi avevate distratto con tutte quegli strilli da galline.
- Che volo che hai fatto! - Ridacchiò - Hai sempre avuto la capacità di fare le cose più idiote senza farti niente.
- Mi slogai un polso quella volta.

Rispose lui tenendosi il braccio sinistro.

- Una fortuna sfacciata. Ci affacciamo solo un momento dentro...Sono curiosa!
- Va bene, dai! Poi torniamo alla macchina.

Richard si sentiva inquieto, Andy sembrava metterci troppo per un semplice giro di ricognizione. Intanto Becky era entrata nella piramide, l'interno era fresco e ombroso, c'erano petroglifi alle pareti che narravano antiche gesta, forse. Richard si affrettò a seguirla e la trovò che sfiorava con dita leggere la pietra antica. Si avvicinò a lei, affascinato dalle decorazioni che stava osservando:

- Non toccare niente.

Le alitò in un orecchio, Becky sussultò:

- Cavolo Rick, mi ha fatto prendere un colpo!

Richard sogghignò, uno scintillio negli occhi verdi. Becky deglutì e si voltò di nuovo verso la parete, per qualche istante osservarono i petroglifi. Richard quando era accanto a lei sembrava dimenticare il concetto di spazio personale e Becky poteva sentire il calore emanato dal suo corpo solido e il leggero profumo di saponetta e sudore.

- Secondo te… - La voce raschiò e dovette schiarirsi la gola - Che umidità qua dentro! Secondo te cosa significano?

Richard si strinse nelle spalle, un sorrisetto impudente gli tirava le labbra:

- Non saprei, non sono…

Delle grida li fecero sobbalzare:

- Che cos'è?
- Mi sembrava di aver sentito delle macchine fermarsi. Aspetta qui.
- Neanche per sogno!

Richard grugnì e le fece segno di restare dietro di lui. Fecero il giro della piramide e si trovarono in un'altra radura più piccola circondata da edifici funerari meno imponenti della piramide col giaguaro, ma altrettanto affascinanti. In quel momento, però la loro attenzione era catturata da altro: un paio di uomini e una donna che parlottava con Andy che aveva lo zaino ai propri piedi. Lei indossava stretti pantaloni neri e una sgargiante camicia di seta e camperos col tacco alto di pelle di serpente, non proprio un abbigliamento adatto alla foresta; i suoi numerosi bracciali e collane d'oro luccicavano al sole. Quando vide Richard e Becky spintonati da un terzo uomo che li aveva sorpresi nel suo giro di ricognizione, la donna urtò Andy e urlò:

- Cosa credevi, cabròn, di poter scappare da me?
- Ma, tesorino…
- Non ti azzardare, hijo de puta. Mio padre taglierà i tuoi inutili cojones e li darà in pasto ai cani!

Si voltò verso Richard e Becky scuotendo i lunghi capelli neri, come se si fosse appena accorta del loro arrivo. Inforcò un paio di occhiali da sole dalle lenti sfumate e fece un cenno ai propri uomini, che nel frattempo avevano sfoderato le armi:

- Chi sono questi? E' lei la puttana gringa per cui mi hai lasciato?
- Hey!

Becky si mise le mani sui fianchi, ma Richard la fermò con un gesto:

- Lascia perdere.
- Ma non sono americana e neanche una putt...

Le parole le morirono sulle labbra quando vide che la donna le si stava avvicinando aggressiva; arrivata a un palmo da lei si tolse gli occhiali e la squadrò con grandi occhi bruni che mandavano scintille:

- Non è neanche un granché.

Disse rivolta ai suoi uomini che ridacchiarono.

- Guarda che non…
- Zitta! Pensi che lui sia così gentile e divertente e loco: un adorabile coglione. Invece è un maledetto pendejo. Ti userà e poi ti scaricherà come uno straccio vecchio. Ma non hai fatto i conti con Marcela Acosta! Basta, toglieteli dalla mai vista. Tutti e tre!

Concluse infilando nuovamente gli occhiali e accendendo una sigaretta con un accendino d'oro che brillò sinistro. Andy balbettò qualcosa, mentre gli uomini armavano i cani delle pistole. Lo scatto delle armi caricate fece sobbalzare Becky, rivoli di sudore le scorrevano lungo la schiena. Richard altrettanto atterrito le prese una mano e mormorò:

- Stai dietro di me.
- Che cosa…
- Fermi!

Dalle fronde saltarono fuori alcuni uomini in assetto da guerra con giubbetti antiproiettile e armi spianate. Gli uomini della Acosta fecero fuoco. Andy, approfittando della confusione, scappò via.

- Prendetelo!

Qualcuno urlò. Richard si tuffò a terra spingendo Becky con sè. Iniziarono a strisciare sui gomiti per togliersi dalla linea di fuoco. Grida concitate in spagnolo e inglese e lo scoppiare delle armi sembravano voler rivaleggiare con le urla delle scimmie terrorizzate da quei suoni inconsueti. Qualcuno doveva avere mitraglietta perchè il suo frastuono si aggiunse al crepitare delle armi automatiche. Era la seconda volta in pochi giorni che si trovavano in quella situazione e Becky si chiese per un momento sconvolta se la vita in quei luoghi fosse sempre così e perchè Richard sapesse sempre cosa fare. Se fossero usciti vivi da quella foresta di certo l'avrebbe guardato con un rispetto nuovo. Marcela gracchiava contro Andy, che intanto si stava riparando dietro un cumulo di rocce:

- Sono amici tuoi, Lita? - Gridò - Questi fanno sul serio!
- Non so chi cazzo siano, li hai portati con te? Prendete questo fijos de puta!

E sottolineò le sue parole con una sventagliata di mitraglietta. Ma i militari nel frattempo avevano circondato la radura e i messicani si ritrovarono in inferiorità numerica. Nel frattempo Richard e Becky avevano raggiunto Andy nel suo rifugio dietro un monumento:

- Ma che diamine succede?
- E' tua moglie quella?
- Ex moglie in realtà, solo che lei...uhm, ancora non lo sa?

Becky e Richard si guardarono sbalorditi. I criminali sembrava si stessero per arrendere, nonostante la messicana continuasse a sputare imprecazioni.

- Non è stupenda? - C'era una traccia di ammirazione nella voce di Andy - Peccato sia matta come un cavallo.

Il conflitto a fuoco sembrò essersi fermato per il momento, mentre gli uomini ricaricavano le armi e Andy si riscosse:

- Sarà meglio andare via di qua.
- Ma vuoi spiegarci cosa ci facevi qui? E' un sito protetto non è vero?
- Forse potrei aver... ehm prelevato qualcosina, sai per arrotondare.
- Sei un contrabbandiere di reperti?
- Non c'è tempo per questo.

E con un'agilità notevole per la sua stazza Andy si lanciò verso la sua jeep seguito da Richard e Becky. Un fischio di proiettile interruppe la conversazione: ci sarebbe stato il tempo per le spiegazioni dopo. Si voltarono a mezzi e videro che in qualche modo Marcela non era stata catturata e si era buttata al loro inseguimento. Con un balzo Andy saltò sulla jeep, mise in moto e partì rilasciando una nuvoletta di terra. Urlò qualcosa sul rivedersi in un certo punto che non capirono. Richard e Becky guardarono increduli la macchina che schizzava via.

- Pendejo, ci vediamo presto! Voi, con me.

Le urla della Acosta non diedero loro il tempo di ragionarci sopra più di tanto. Si buttarono di nuovo tra le felci della foresta decisi a far perdere le proprie tracce. I miliziani, Richard non aveva ancora capito se fossero di forze regolari o paramilitari, gente comunque con cui era meglio non avere a che fare, si sparpagliarono a ventaglio all'inseguimento dei fuggiaschi. Becky e Richard si tenevano bassi nel folto della jungla, non parlavano più, ma i loro respiri affrettati rivelavano quanto fossero terrorizzati. Intorno a loro la foresta era silenziosa, come se si sentisse violata dalla violenza umana. Di nuovo il crepitare delle armi squarciò il silenzio, Richard lanciò un urlo di dolore e si tenne un braccio: goccioline di sangue macchiarono le foglie accanto a lui. Becky gridò il suo nome, fermandosi, ma lui la costrinse a proseguire; l'importante era restare vivi. Per un po’ lo scalpiccio degli uomini in divisa e il rumore di fogliame smosso sembrò incombere su di loro. Poi sentirono un ruggito e grida disarticolate, colpi di pistola.

- Un giaguaro.

Ansimò Richard. Continuarono a correre tra le mangrovie e le felci per un tempo che a Becky sembrò infinito, fino a che le urla delle pistole non furono sostituite da quelle delle scimmie. Solo allora si fermarono per riprendere fiato.



Nota autrice:

Nel Belize ci sono diversi siti archeologici della civiltà maya, anche nel folto della foresta. Per questo in particolare mi sono ispirata a diversi complessi monumentali.
E sì, nella foresta del Belize ci sono anche i giaguari, per cui prima o poi dovevamo incontrarne uno!

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Capitolo 8
*** 1973: schiaffo, pizzico, bacio ***



1973: schiaffo, pizzico, bacio








L'aria del salotto era satura dell'odore dolciastro di marijuana e in sottofondo girava un disco di prog rock. L'ambiente era tranquillo: c'era chi fumava e chi beveva, qualcuno si era già appartato a limonare. A parte Brenda, che l'aveva praticamente trascinata a quella festa di amici di Arthur, Becky non conosceva nessuno. Doveva dare atto all'amica che pur frequentando ormai il ragazzo ufficialmente cercava in tutti i modi di coinvolgerla. Quel sabato sera per esempio, sapeva che se non fosse venuta con loro, Becky sarebbe rimasta da sola a casa.

- Dai Bibi, magari conosci qualcuno carino!

L'aveva blandita l'amica e Becky si era convinta, tanto non avrebbe avuto niente da fare comunque. Avevano trascorso il pomeriggio a scegliere cosa indossare, smontando praticamente l'armadio di Brenda che voleva essere carina per Arthur e aveva optato per un abitino a motivi optical sui toni del blu. Becky invece aveva scelto dei pantaloni a zampa neri e un top a fiori che le lasciava le spalle scoperte. Per fortuna lei e Brenda avevano la stessa taglia e nella sacca ricamata a perline Becky aveva infilato a forza i propri vestiti e le scarpe da ginnastica. Entrambe avevano lasciato i fluenti capelli lunghi sulle spalle e si erano truccate gli occhi. Arthur era venuto a prenderle sulla due cavalli arancione e in pochi minuti erano arrivati a Finsbury, dov'era la casa del suo amico. Le ragazze rimasero parecchio sorprese di trovarci Richard, a quanto pare lui e Arthur avevano degli amici in comune. Brenda, appena vide il fratello, imbronciò le labbra, sicura che lui le avrebbe rovinato almeno metà del divertimento. Infatti l'aveva subito apostrofata commentando:

- Non è troppo corto quel vestito?
- Taci! Bibi, digli qualcosa!
- Già, quanti anni hai Rick, 40?

Becky aveva dato man forte all'amica, ma appena aveva visto Richard aveva sentito i battiti cardiaci accelerare: da quella volta che avevano sentito il disco insieme, un mese prima, non avevano più avuto modo di stare da soli. Ma ogni volta che s'incontravano a casa dei fratelli Jones si erano punzecchiati come al solito ferocemente.
Lui le sorrise e le strizzò l'occhio. Senza che ne fossero consapevoli, entrambi avevano evitato di parlare a Brenda di quel pomeriggio. Ad ogni modo Richard non era del tutto dispiaciuto di poter tenere d'occhio la sorella e quel Morris, che faceva tanto il pagliaccio, ma lui sapeva essere piuttosto sveglio. Ma ancor più era felice di vedere Becky: se ne stava da una parte solitaria a bere quella che sperava fosse una bibita, seria e stupenda con le labbra imbronciate e le spalle nude. Lui aveva fumato già diverse canne e aveva anche bevuto un po' e dava la colpa a questo miscuglio di sostanze se non riusciva a toglierle gli occhi di dosso e la trovava adorabile.
Era passata da poco la mezzanotte ed erano rimasti in pochi: Arthur e Brenda, Becky, Richard e un paio di altri ragazzi e ragazze. L'atmosfera iniziava a calare e qualcuno tirò fuori l'idea di giocare al gioco della bottiglia, immancabile quanto scontato passatempo quando le cose iniziavano a farsi noiose. Arthur appoggiò caldamente l'idea, sedettero tutti in circolo per terra e fu messa in mezzo una bottiglia vuota. Dopo un paio di giri le penitenze iniziarono a farsi meno giocose e più piccanti. Erano rimaste quasi tutte coppie in effetti, così quella era la scusa perfetta per scambiarsi qualche effusione. Era il turno di Richard che decise che avrebbe dato un pizzicotto come penitenza.

- Jones è già la seconda volta che scegli il pizzico! Non fare il codardo, perché non scegli di dare un bacio?
- Perché, lo vorresti tu, Morris? Magari scelgo di dare un pugno, che dici?

I toni erano scherzosi, ma le parole un po' meno, Brenda e Becky guardavano dall'uno all'altro titubanti. Anche gli altri ragazzi diedero man forte a Arthur e Richard per non starli a sentire accettò di cambiare la penitenza in un bacio come volevano loro. Diede la spinta alla bottiglia con più forza di quanto non fosse necessaria e dopo qualche giravolta questa si fermò tra Becky e un altro dei ragazzi. Becky aveva guardato il collo di vetro avvicinarsi a lei con sempre maggiore orrore e quasi tirò un sospiro di sollievo quando la penitenza andò a vuoto.

- Bisogna rifarla, Richie.

Disse Brenda.

- Veramente a me sembra che punti dalla parte della tua amica.

Intervenne Sarah, col tono strascicato di chi aveva fumato troppo. Becky le lanciò un'occhiataccia assassina e stava per protestare, quando Arthur intervenne:

- Allora, la regola dice che se la bottiglia si trova tra due giocatori la penitenza va a quello meno entusiasta. Dalla faccia mi sembra proprio Becky. La capisco, poveretta.

Arthur guardò con sguardo di sfida Richard e ricevette una gomitata da Brenda che gli sussurrò di non esagerare. Sapeva che il ragazzo stava solo scherzando, ma a volte sembrava non rendersi conto quando fosse il momento di fermarsi. L'aria si era appesantita, Becky aveva le guance arrossate e Richard aveva aggrottato le sopracciglia. Poi aprì le labbra in un sorriso impudente:

- Dai, Becky. Facciamo vedere a ‘sti qui che non siamo dei codardi!

Si avvicinò a lei, la guardò per un momento con espressione intensa negli occhi verdi. Intorno a loro l'aria crepitava di attenzione, Becky avrebbe voluto uccidere Brenda per averla portata a quella festa cretina e il suo fidanzato idiota. Gli occhi di Richard scintillavano e lei fece spallucce: che non si dicesse che non sapesse accettare una sfida, così gli prese la faccia con entrambe le mani e gli diede un bacio a stampo sulle labbra. Lui sollevò le sopracciglia sorpreso per un momento, avrebbe anche voluto prolungare il bacio, ma prima che potesse fare alcunché Becky si era allontanata e aveva cambiato di posto. Dopo continuarono a giochicchiare per un altro poco, ma la mezzanotte era passata da un pezzo e in qualche modo l'atmosfera si era guastata. Becky e Richard non si erano quasi più parlati, le altre coppie si erano appartate, Arthur sembrava mordere il freno e dopo aver confabulato con lui Brenda si rivolse a Becky, mordendosi una pellicina. Becky si si mise sull'avviso, sospettosa.

- Senti Bibi, ti dispiacerebbe tanto se Arthur mi riaccompagna a casa?
- Vuoi che andiamo via?
- Eh - Si appuntò imbarazzata una ciocca dietro l'orecchio - Veramente Artie vorrebbe portarmi a fare un giro, sai: io e lui da soli.
- Ah. E io come torno a casa?
- Con Richie. Non credo che dirà di no.

Quando la sorella gli chiese se poteva accompagnare l'amica a casa, Richard alzò gli occhi al cielo, sapeva che il motivo fosse che Arthur voleva pomiciare con Brenda e la cosa non gli andava giù:

- Potrebbe darci uno strappo a tutti, invece.
- Dai Richie, non fare il troglodita!

Becky ci rimase male, Richard non voleva nemmeno stare con lei per il tempo di ritornare a casa:

- Non fa niente, evidentemente Rick ha altri progetti. Chiamerò un taxi.
- Non dire fesserie, certo che ti accompagna lui!
- Ovvio che ti accompagno. Al contrario di quello che pensa mia sorella, sono un gentiluomo e so per certo che lo sia anche Artie!

Concluse alzando la voce all'indirizzo del biondino che sogghignò sotto i baffi. Raccolsero le proprie cose e scesero in strada. Dopo qualche minuto le coppie si separarono, Brenda e Arthur s'infilarono nella macchina arancione ridacchiando.

- Che idioti.

Li apostrofò Richard scuotendo la testa:

- Dai, sono innamorati.
- Appunto, si comportano come imbecilli.
- Lui di sicuro. Non so cosa ci veda Brenda.

Becky socchiuse gli occhi e atteggiò le labbra in una piccola smorfia.

- E tu sei gelosa di Morris.

Le diede una spinta leggera a cui lei rispose alzando le sopracciglia:

- E tu no?

Entrambi sghignazzarono, era una delle rare volte in cui si trovavano d'accordo su qualcosa. Per qualche minuto camminarono in silenzio ognuno perso nei propri pensieri, intimamente contenti di essere insieme. Becky a un certo punto gli chiese se avesse un mezzo di locomozione e Richard confessò che era venuto con la tube. Becky sbuffò, aveva i tacchi e le facevano male i piedi.

- Cavolo Richie, sono almeno venti minuti a piedi per arrivare alla stazione!
- Così t'impari a mettere quelle trappole.
- Ma sta zitto. Aspetta un attimo.

Si appoggiò a lui e con un gesto di destrezza tirò fuori dalla sacca che aveva con sé un paio di scarpe da ginnastica. Richard la osservò con ammirazione, era decisamente colpa di alcol e erba decise, ma in quel momento l'adorò. Quando lei tornò dritta e mosse i capelli in modo sinuoso per toglierseli dalla faccia, Richard sentì il cuore fargli due o tre capriole in petto: non era normale che si sentisse così e decise che una bella camminata gli avrebbe schiarito le idee. Ora che aveva sistemato la questione piedi Becky si sentiva molto più in forma e combattiva. Aveva notato l'occhiata strana che Richard le aveva lanciato quando si era tirata su. Non voleva farsi illusioni stupide, ma le era sembrato apprezzamento quello sul viso del ragazzo. Sapeva che era carina, Brenda le diceva sempre che le invidiava il nasino a patatina e gli occhi color castagna, come chiamava il color marrone chiaro delle sue retine e i ragazzi iniziavano a guardarla in quel modo. Si strinse nel giubbotto di jeans, l'aria notturna si era fatta freddina anche se era maggio. Intorno a loro c'era ancora molta gente in giro, dalle porte dei pub si sentiva il chiasso di voci e musica alta. Qualche ubriaco barcollava di traverso e un paio di volte Richard dovette salvarla da una collisione. Finalmente svoltarono in Gerrard Road dove abitava Becky e arrivarono al portone della sua palazzina.

- C'è tua madre?
- No, stanotte è di turno.
- Ti accompagno su.
- Non fare il ridicolo. Sono arrivata.
- Allora, mi offri un bicchiere d'acqua? Sto morendo di sete.

Era la scusa più stupida che Richard avesse mai trovato per salire a casa di una ragazza, ma quella era Becky santo cielo, l'amichetta della sua sorellina, non era un ragazza come le altre, non doveva inventare scuse per salire da lei.

- E poi non si sa mai cosa potresti trovare, hai visto che gentaglia c'è in giro.
- Si si, dai. Sali se ti fa sentire meglio.

Esclamò Becky precedendolo nell'androne con tono di sufficienza, ma compiaciuta delle attenzioni del ragazzo.
Richard la seguì in cucina mentre lei riempiva un bicchiere con l'acqua del rubinetto. Si girò verso di lui e se lo ritrovò quasi addosso. Con una mossa evasiva si spostò e andò verso il frigorifero.

- Scommetto che muori di fame, anche. Guarda che occhi rossi che hai, hai fumato tutta la sera.

Lo rimproverò con tono severo, mentre infilava un piatto con alcuni avanzi di pizza nel forno a microonde.

- Oh, sì mammina, mi piace quando ti prendi cura di me!
- Stupido. Sai che c'è? Hai bevuto, ora te ne puoi anche andare. E non fare quella faccia da cucciolo! Dio, ti detesto Rick Jones!

A Richard venne da sorridere e si appoggiò al tavolo:

- Invece, sai cosa penso? Che hai paura.

Becky senza guardarlo estrasse con attenzione il piatto bollente dal forno con una presina e lo appoggiò al tavolo. L'odore di pizza si librò tra loro e lei arricciò il naso.

- Si e di cosa avrei paura?
- Di restare sola con me.
- Ma per favore. Senti mangia e vattene. Sono stufa di averti intorno.
- Invece mi muori dietro. Dì la verità.
- Sei più fatto di quanto immaginassi. Magari mia mamma ha qualcosa nella cassetta del pronto soccorso per farti rinsavire.

Richard scoppiò a ridere. S’infilò una fetta di pizza in bocca e masticò rumorosamente, sapendo quanto lo detestasse Becky. Non sapeva nemmeno lui se veramente fosse la marijana a dargli il coraggio, ma voleva vedere fin dove sarebbe potuto arrivare. Diede una spinta leggera alla ragazza:

- E dai, ammettilo che ti piaccio.
- Si, come la sabbia nelle mutande.

Becky si morse le labbra quando si rese conto dell'espressione del ragazzo a quella sua uscita infelice. Si appoggiò a lei a braccia conserte, gli occhi verdi orlati di rosso e un sorriso tutto fossette.

- Scommetto che non hai il coraggio di baciarmi.

Becky allargò gli occhi, forse aveva capito male: Richard che voleva un bacio?

- Stai farneticando. Se hai voglia di divertirti sei entrato nella cucina sbagliata.
- E invece è vero: non hai il coraggio di baciarmi mentre siamo soli.
- Perché dovrei baciarti?

Becky prese a strofinare con una spugnetta una macchia sulla tovaglia di plastica che ricopriva il tavolo, a occhi bassi. Richard le tolse la spugna di mano e la costrinse ad alzare il volto:

- Perché ti piaccio.

Il tono basso le provocò un brivido e le labbra non ridevano più, ma Becky si divincolò:

- Ma che ti è preso stasera? Vattene a casa, Richie veramente.
- Va bene, se non provi niente per me, un bacio non vuol dire niente. Quindi dimostrami che non provi niente.

Becky strinse le labbra e arricciò il naso. Già le seccava che avesse dovuto baciarlo davanti a tutti per gioco. Non l'avrebbe mai ammesso neanche con se stessa, ma non era così che avrebbe voluto un primo bacio con Richard, anche se lo sognava da anni. Perché, come ovvio, lui aveva ragione e a lei seccava da morire che Richard avesse indovinato sui suoi sentimenti per lui. Becky era certa che non la considerasse nemmeno una ragazza e non capiva proprio il motivo della sua insistenza se non per prendersi gioco di lei. Per quale motivo altrimenti lanciarle quella stupida sfida se non per farsi di beffe di lei, tanto più se aveva compreso i suoi sentimenti per lui. Quindi fu più per spirito di ripicca che acconsentì a baciarlo, così gli avrebbe dimostrato che si sbagliava e lo avrebbe rispedito a casa.
Quando Becky gli disse di sì, Richard quasi perse il suo sangue freddo: voleva solo spingerla un pochino, anche se dentro se stesso doveva ammettere che aveva una voglia matta di baciarla come si deve, quella toccatina di labbra di prima non gli era bastata. Becky si sporse verso di lui e con mossa fulminea lo baciò sulle labbra come alla festa. Lui si toccò le labbra con un dito sorridendo.

- E quello che cosa sarebbe stato?
- Il bacio che mi hai chiesto.
- Ah no, cara mia. Potevi cavartela così davanti agli altri. Quello non l'ho neanche sentito.
- Stai diventando pesante Rick.

Il tono di Becky si era fatto serio, non voleva baciarlo per davvero perchè se avesse toccato le sue labbra sapeva che non ne avrebbe più potuto fare a meno. E lui era crudele a prendersi gioco così di lei. Gli intimò di nuovo di andarsene a casa, questa volta la voce le tremò un po'. Richard capì che si era spinto troppo in là e si rammaricò. Tutto sommato voleva bene a Becky e non voleva farle del male.

- Dai, stavo giocando. Scusa.

Il tono era sincero e serio e Becky si stupì perchè di rado Richard si rivolgeva a lei con quel tono.

- Mi perdoni? - Becky annuì, suo malgrado - Dai vieni qui.

Richard la strinse a sè in un abbraccio che voleva essere cameratesco, da fratello maggiore. Ma quando si distaccarono qualcosa era cambiato tra loro. Gli sguardi rimasero agganciati, Richard con un sospiro s'inclinò verso di lei con l'intenzione di baciarle la fronte, ma Becky sollevò il viso e le labbra s'incontrarono. Questa volta nessuno dei due aveva la minima intenzione di giocare. Richard appoggiò le mani ai fianchi di Becky e l'attirò un poco verso di sé, le labbra erano così morbide e dolci. Le sfiorò con la lingua e Becky aprì la bocca permettendogli l'accesso. Lei mugolò di piacere, mentre la lingua di Richard le esplorava la bocca con sapienza e dolcezza. La bocca del ragazzo sapeva di erba, alcol, pizza e un sapore tutto suo delizioso e Becky si arrischiò a succhiargli il labbro inferiore, facendolo gemere. Gli affondò le mani nei capelli accarezzandogli la nuca. Lui fece scivolare una mano lungo la schiena della ragazza premendosela contro, continuando a baciarla.

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Capitolo 9
*** Una farmacia, una dispensa e un rifugio ***



Una farmacia, una dispensa e un rifugio








Richard si lasciò cadere a terra per controllare il braccio ferito e Becky si accovacciò accanto a lui preoccupata: sembrava che il proiettile l'avesse preso solo di striscio, ma la pelle era lacerata e bruciacchiata.

- Fa male?
- Si, cazzo.

Il volto di Richard si contrasse in una smorfia.

- Bisogna che cerchiamo qualcosa che impedisca l'infezione.

Continuò l'uomo guardandosi intorno. Becky sbuffò impaziente:

- Abbiamo di nuovo perso tutto! Come faremo ora a tornare indietro?
- Smettila di lamentarti e aiutami a cercare...vediamo se…

La rimproverò lui alzandosi a fatica. Vagarono per qualche tempo intorno alla radura. C'era un corso d'acqua dove cautamente si fermarono a bere e dove Richard poté pulire la ferita. Infine trovarono un albero dalla corteccia scura e centinaia di fiorellini viola e rossi. Becky fu sopraffatta dalla meraviglia e rimase a osservarlo a bocca aperta.

- Eccolo qua, il lapacho tabebuia impetiginosa, chiamato anche pau d'arco, o ancora meglio, albero della vita. Ora aiutami a staccare la corteccia, così.

Con il braccio sano Richard iniziò a togliere dal fusto strisce di corteccia. Era sottile, perciò veniva via abbastanza facilmente. Becky, che si era riscossa dal suo stato di stupore, a sua volta distaccò altre strisce di corteccia. L'idea era quella di conservarne un po' dato la sua utilità. Richard le spiegò che il nome albero della vita derivava dalle tante qualità terapeutiche della pianta: antinfiammatorio, antimicotico, antibiotico, energizzante e depurativo. Sedettero a terra, poco distante.

- Bisogna creare un impacco, aiutami con questa corteccia: mastica, ma non ingoiare il succo perché è...
- Aaah, è amaro da morire!

Richard alzò gli occhi al cielo, ma le labbra si contrassero in un minuscolo ghigno, mentre masticava a sua volta la corteccia coriacea. Il braccio pulsava e intorno al taglio frastagliato la pelle era calda e dolente. Mise una mano sotto la bocca di Becky, che sputò un bolo di corteccia e lo unì al suo.

- Che cosa schifosa.

Gemette Becky, mentre Richard stendeva la compressa vegetale sulla ferita e ci applicava sopra alcune foglie della stessa pianta.

- Aiutami qui, prendi questa liana, avvolgila intorno e legala, così non mi cade tutto. Brava, come una benda.

Diligente lei fece come le era stato chiesto. Non era molto abituata a fare l'infermiera, non dopo la malattia della madre. Anzi, se poteva evitava tutto ciò che aveva a che fare con malattie ed ospedali.

- Come sapevi che pianta usare?
- Sono un biologo: credi che vada in giro a fare il coglione tutto il tempo?
- Chiedevo.

Richard, innervosito chiuse gli occhi e si tirò indietro i capelli con una mano, il braccio gli faceva male:

- Scusa. Quando vado in un paese nuovo cerco di saperne il più possibile di fauna e flora. Questa pianta per esempio, cresce nelle foreste tropicali, le sue foglie hanno proprietà antibiotiche e sono usate dalla farmacopea indios da millenni. A quanto sembra la fitoterapia sta diventando un nuovo campo di business da parte di case farmaceutiche che hanno ben pochi scrupoli a sfruttare gli Indios e le loro conoscenze, per non parlare del loro habitat.

Becky che era rimasta silenziosa durante quella tirata, avvolgeva meglio che poteva la striscia di vegetazione intorno al braccio dell'uomo. Notò ogni particolare, la pelle abbronzata ed escoriata, ruvida e calda, i peli biondi spiccavano sulla pelle brunita e ripensò a quante volte quel braccio l'aveva cinta a sé, ma cercò di non dare a vedere a Richard il suo turbamento ed esalò lentamente l'aria dal naso.

- Ci credi veramente in quello che dici.
- Certo, che ci credo. Questa è la nostra casa, non ne abbiamo un'altra di riserva e abbiamo il dovere morale di preservarla per le generazioni future. Detesto questo edonismo sfrenato... Hey, vacci piano!

Becky stava tirando la liana e arricciò il naso:

- Insomma disprezzi il consumismo.
- Si, certo: è sbagliato.
- Quindi disprezzi anche me.

Concluse Becky stringendo con cattiveria il nodo, senza guardare l'uomo che fece una smorfia.

- No, non ho detto questo, Becky.
- Immagino che non consideri quanto fatturato generino le multinazionali che danno migliaia di posti di lavoro. Fatturato di cui parte ingente va nelle tasse che servono per il welfare. No, meglio disprezzare gli yuppies. Giusto. Una massa di edonisti superficiali ed egoisti. Ma magari c'è chi tra di loro devolve in beneficenza i propri guadagni, o supporta le fondazioni anti tumori. Beato te che sei sempre dalla parte della ragione: deve essere così riposante.

Si sollevò e si mise le mani sui fianchi aspettando che l'uomo si alzasse da solo, senza aiutarlo. Non era la prima volta che litigavano con ferocia sull'argomento, ma era raro che Becky si lasciasse coinvolgere così sul personale. Quasi si pentì di essersi lasciata trasportare in quel modo.
Camminarono in silenzio per un po', ognuno perso nei propri pensieri. Richard continuava a masticarsi le pellicine delle labbra e a tirarsi indietro i capelli con la mano sana, riflettendo sulle parole di Becky. Era dai tempi in cui erano dei ragazzini che non trascorrevano così tanto tempo insieme da soli a stretto contatto. Aveva sempre evitato con attenzione il dover rimanere solo con lei, perché sapeva che ci sarebbero state liti feroci come quella o si sarebbero lasciati trasportare dall'attrazione fisica che non riuscivano a fare a meno di provare l'uno per l'altra. A volte rimpiangeva quella ragazzina così bella e innocente, i giochi e le prese in giro innocue. Allora, sebbene ci fosse una sorta di rivalità tra loro, erano sempre rilassati e si divertivano. Poi lei l'aveva lasciato e lui, per quanto fosse andato avanti con la sua vita, non riusciva a perdonarla del tutto, soprattutto non riusciva ancora a capire il motivo profondo per cui lei l'aveva rifiutato. Ogni volta che tornava dal college la trovava con un ragazzo diverso, era affascinante e affettuosa come lo era stata con lui in segreto e lui la detestava ogni volta di più. L'aveva ferito pensare di essere stato il suo trastullo per un'estate, solo perchè si annoiava senza la sorella. Ma ora si era reso conto che gran parte delle sue considerazioni su di lei andavano riviste, Becky sapeva essere affettuosa, divertente e premurosa. Questo Richard lo sapeva già, ma si era reso conto che non era superficiale e attaccata al denaro come aveva sempre creduto. Lo destabilizzava, gli faceva venire voglia di conoscerla ancora e profondamente. Aveva avuto degli scorci della sua essenza e voleva capirla davvero.
Becky camminava davanti a lui, era stanca e ogni tanto incespicava sui suoi passi. L'aria satura di umidità della foresta la stava debilitando e lei stringeva i denti per andare avanti. Voleva dimostrare a Richard che sapeva cavarsela da sola e che era forte anche senza di lui. E soprattutto non voleva che la guardasse in volto. Così Richard la disprezzava, questa era la verità, la detestava per quello che rappresentava e non si era mai degnato di soffermarsi sui motivi che la spingevano a comportarsi in determinati modi. Pensava che fosse solo un'avida superficiale, non che lei gli avesse dato modo di fargli credere altro: sì le piaceva il suo stile di vita, il non doversi preoccupare dei centesimi, avere una bella casa, una bella macchina, dei bei vestiti. Ma Becky era convinta di essersi meritata tutto ciò che aveva, lavorava duro e non concedeva niente a nessuno, nemmeno a sé stessa. Sentiva l'uomo sbuffare dietro di lei, a volte le dava indicazioni su dove andare o le intimava di fare attenzione.
La verità, rimuginò ancora Becky, era che non era cambiato nulla in lei nei confronti di Richard. Per quanto avesse provato a intrecciare altre relazioni nessuno riusciva a farla sentire viva come faceva lui. Eppure la feriva che lui non avesse mai provato a capirla, fermo com'era alla propria ferita. Richard era convinto del contrario, ma anche lei aveva sofferto per lui: quando era partito per Edimburgo aveva pianto tutte le sue lacrime. Ma non poteva rischiare, ora meno che mai. Il calore si era fatto insopportabile sotto la coltre degli alberi, a Becky si annebbiò la vista e aveva difficoltà a respirare. Le urla delle scimmie rivaleggiavano con il verso dei tucani e degli altri uccelli. Uno stormo di pipistrelli giganti volò rasente le loro teste e Becky urlò accucciandosi con le mani sul capo. Quando si risollevò dovette appoggiarsi al tronco di un albero.

- Che hai?

Richard le si era affiancato con voce preoccupata. Lei scosse la testa:

- Andiamo avanti.
- Sei esausta: riposiamoci un po', dai.
- No, se continuiamo a fermarci non arriveremo mai. Dai ce la faccio, solo…

Non riuscì a terminare la frase che incespicò nuovamente e quasi cadde sul terreno scabroso.

- Senti, ti prendo io. Hai ragione: dobbiamo trovare un posto dove fermarci prima che faccia buio. E non ci vorrà molto, visto che i pipistrelli si sono messi a caccia.

Becky rabbrividì e lo guardò per un momento, incerta: era combattuta tra la stanchezza e l'orgoglio:

- Sei fradicio.
- Ah, scusa tanto principessa, magari sarà perché camminiamo da ore. Ma va bene, se tanto ci tieni possiamo continuare a camminare. Solo, sbrigati.

Becky scosse la testa, odiava quando Richard faceva così: quando rigirava ogni sua parola per prendersi gioco di lei, ma era davvero esausta e così si convinse a farsi portare, solo per un poco puntualizzò. Richard si piegò in modo che lei potesse salirgli sulla schiena, le gambe strette intorno alla vita, le braccia a cingergli il torace. Sarebbe quasi potuta essere una situazione romantica, ma Becky sentì la schiena zuppa dell'uomo e rabbrividì per il disgusto, arricciò il naso:

- Puzzi.
- Che scoperta: neanche tu profumi esattamente di rose e violette, se posso permettermi.

Becky strinse le labbra e si ripropose di tenere la bocca chiusa, appoggiò la testa contro la spalla di Richard e rimase per un po' silenziosa. L'uomo sbuffava sotto di lei, era stanco: lo poteva sentire dai passi sempre più lenti e pesanti.

- Scusa, se ti peso.
- Macché: sei pelle e ossa. Mangi ogni tanto tra un viaggio di affari e l’altro?
- Sono troppo impegnata a fatturare per mangiare.
- Questa stronzata chi te l'ha inculcata, qualche guru del marketing?
- Oh, stai solo zitto, Rick.

Becky decise che voleva scendere, ma lo sguardo le si soffermò sul neo che Richard aveva dietro il lobo dell'orecchio sinistro. Un punto che aveva sempre amato, la pelle sottile e fragrante, così liscia e dimenticata, nessuno faceva attenzione a quel piccolo lembo di pelle, nessuno che si prendesse la briga di coccolarlo e prendersene cura. Proprio come lei. Allungò il viso e con le labbra accarezzò il neo, la punta della lingua circumnavigò il piccolo punto scuro. Richard si era immobilizzato e chiuse gli occhi, mentre i brividi gli percorrevano su e giù la schiena.

- Gesù, Becky.

Lei scivolò dal suo dorso con un sorrisetto:

- Volevo sapere se eri ancora sensibile in quel punto. Dalla tua reazione direi di si. Devo cercare della legna per il fuoco?

Richard balbettò un assenso. Aveva inteso avere solo una piccola vendetta nei suoi confronti, ma ora Becky si rese conto, mentre si aggirava per la radura, che l'attrazione che provava per lui era più forte che mai. Quei momenti in cui era rimasta appesa alla sua schiena, percependo il suo calore, il suo odore, osservando come i capelli fradici gli si arricciolavano sul collo, erano stati una benedizione e un tormento: era nei guai. Eppure il fatto che avesse ancora il potere suscitare una reazione in lui la rese spavalda. Richard continuava a scoccare occhiate alla donna, sembrava essere tornata di buon umore, nonostante la stanchezza. Lui, invece, era esausto: aveva i polpacci rigidi e i piedi caldi e doloranti e stavolta fu lei ad intimargli di starsene seduto a riposare. Richard era sicuro che se avesse chiuso gli occhi, si sarebbe addormentato in pochi secondi, ma doveva prendersi cura di Becky, ad ogni costo. Lei tornò con alcuni rami e si fece insegnare come accendere il fuoco. Sembravano essere tornati complici, Becky era concentrata sull'archetto che lui stava strofinando per fare attrito e far scoccare una scintilla.

- Vuoi provarci tu?

Lei annuì e lui non riuscì a distogliere lo sguardo dalle sue dita che si muovevano sui legnetti, aveva le unghie sporche di terra e una era spezzata, ma sembrava non importarle. Quando una scintilla danzò sul legno lei emise un gridolino di trionfo e Richard sorrise orgoglioso. Lei lo aiutò a cambiare la medicazione al braccio, ora la pelle non era più tanto rossa e la ferita sembrava stesse iniziando a rimarginarsi. Becky rifece la fasciatura con delicatezza, accarezzandogli un bicipite con la punta delle dita. Gli occhi di Richard scintillarono, mentre le sorrideva. Avrebbe potuto baciarla in quell'esatto momento, invece si rialzò e si aggirò per la radura.

- Ora, dovrai aiutarmi. Ci sono delle palme da cocco qui, dovrai arrampicarti e farne cadere qualcuno.
- Cosa? Non se ne parla!
- Avanti, ti ho insegnato come ci si arrampica sugli alberi! Se vuoi acqua e cibo non ci sono alternative.
- Mi hai insegnato ad arrampicarmi sulle querce di Regent's Park non...
- E' la stessa cosa. Forza zucchina, non abbiamo tempo da perdere!

La ragazza strinse i denti con disappunto, ma alla fine si convinse. Mentre Richard raccoglieva altre piante e fiori, Becky si arrampicò su una delle palme più basse, per un attimo valutò l'idea di lanciare un cocco sulla testa di quello zuccone e il pensiero la fece ridacchiare: non aveva dubbi che la noce si sarebbe spaccata in mille pezzi. Quando scese, Richard aveva costruito una sorta di treppiede sopra il fuoco:

- Ora, guarda qua!

Prese saldamente una delle noci e con un colpo secco di bastone dato col braccio sano la spaccò in due. Le diede una metà da bere subito. L'acqua di cocco non era dolce come si era aspettata, ma era fresca e in quel momento Becky desiderò aver raccolto altre noci, invece delle quattro che aveva lanciato giù dalla palma.

- Prova tu, adesso.

La incitò l'uomo porgendole il bastone. Dopo un paio di colpi andati a vuoto, alla fine anche Becky riuscì a spaccare la sua noce di cocco e la sua risata deliziata riempì Richard di nostalgia e desiderio. Accanto al bivacco Richard aveva preparato un semplice pasto composto da bacche, qualche banana e altra frutta.

- Voilà un vero banchetto della giungla.
- Che lusso: sembra di essere alla festa di Alice, manca giusto il Leprotto Biennale!

Richard scosse la testa e scoppiarono a ridere, tutta la tensione e la stanchezza lavate via da quella semplice risata. Richard le porse un mango e le spiegò:

- Vedi, la foresta può essere anche una farmacia, una dispensa e un rifugio.
- Oppure la nostra tomba, se non ne usciamo alla svelta.
- Non essere così tragica: ce la caveremo.

Seduti accanto al fuoco osservarono bollire una specie di tisana fatta con l'acqua di cocco e le foglie raccolte da Richard. Un'azione così casalinga e intima, si sorrisero da sopra il fuoco ascoltando i suoni della foresta e alzarono i gusci delle noci in una sorta di brindisi.

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Capitolo 10
*** La tribù perduta ***



La tribù perduta








La mattina successiva li trovò accucciati accanto al bivacco che mangiavano banane e bacche di acai e facevano piani per la giornata. Richard si grattò distrattamente una gamba, gli insetti li stavano tormentando, per quanto si fossero entrambi spalmati del succo violaceo di uno dei frutti della foresta che era un ottimo repellente a detta di Richard.

- Credi che Andy sia riuscito a scappare?

Chiese Becky sorbendo un sorso di tisana, lui si tirò indietro i capelli con la mano e sollevò le spalle, come se non avesse molto interesse per la questione.

- Prima quel Raul, ora Andy, è come se questo viaggio fosse maledetto.

Becky rabbrividì.

- Non ci pensare ora, siamo vivi e ancora più o meno intatti. Questo è quello che conta.

Essere insieme, pensò Becky. In quell'istante le foglie intorno a loro si smossero e una serie di occhi neri come ossidiana li osservò in silenzio. Becky emise un gridolino. Alcuni uomini vestiti di foglie e pochi indumenti stracciati li avevano accerchiati senza che se ne fossero accorti. Portavano archi e lame appese alle cinture. Richard si inginocchiò e sorrise con il volto atteggiato nella modalità più amichevole che potesse, la voce bassa e tranquilla:

- Ci siamo persi. Abbiamo fatto qualcosa di male?

Uno degli indios si avvicinò loro, fece un gesto circolare e disse una parola. Per un momento non ci fu reazione, l'uomo ripeté la parola indicando se stesso e i suoi uomini:

- Garuna, Garuna.

Becky attirò l'attenzione di Richard tirandolo per un braccio:

- Credo che sia il nome della loro tribù. Becky - indicò se stessa - Richard.

Ripeterono questa pantomima un paio di volte e convennero sulle rispettive identità. L'indigeno disse qualche altra parola, ma scosse la testa frustrato nel non farsi capire. Con una vociata chiamò qualcuno e un ragazzo gli si avvicinò. Confabularono per un po' e infine il ragazzo si rivolse a loro con qualche parola in inglese stentato:

- Voi fame, stanchi. Noi villaggio, vieni, vieni.

Stavano dando loro ospitalità. Richard e Becky non poterono fare altro che alzarsi, radunare le loro cose e seguirli.

- Sei sicuro che non sono mangiatori di uomini?

Mormorò Becky chinata verso Richard, che sbuffò:

- Quelli stanno in Borneo, semmai. E poi, abbiamo alternative?

Gli indios li guardavano seri, gli occhi come onici oscure, le lame che brillavano sinistre. Camminarono per diverso tempo sotto le foglie fradicie di umidità, ogni tanto il ragazzo diceva loro qualche parola di cui faticavano a seguire il senso. Finalmente arrivarono a una radura più ampia, alcune capanne di rami erano disposte in circolo, c'erano diversi indios impegnati in varie attività: donne che grattavano la manioca per farne una farina opalescente, cuocevano qualcosa alla brace o allattavano infanti, bambini correvano dietro galline riottose o inseguendosi l'un l'altro, alcuni uomini anziani parlavano tra loro rifacendo la coda alle frecce e intagliando il legno. Al loro arrivo si fermarono tutti a guardarli, silenziandosi. L'uomo che sembrava essere il capo della spedizione intimò al gruppo di rimanere dov'era e andò a parlamentare con un uomo anziano, dalla ricca capigliatura di piume.

- Lui Cacique. Se lui piace, restare.

Spiegò loro il ragazzo. Non disse cosa ne sarebbe stato di loro se non gli fossero piaciuti. L'anziano si avvicinò, sempre ascoltando l'altro uomo che parlava, annuì diverse volte. Si fermò proprio davanti a Becky che fece un sorrisino insicuro, non sapendo come dovesse comportarsi si inchinò lievemente col busto. Richard sollevò gli occhi al cielo e lei gli scoccò un'occhiataccia. Il Capo parlò direttamente a lei, toccandosi i capelli, il tono inquisitorio. Becky si voltò verso l'interprete confusa:

- Peli su tua testa. Sono tuoi?

Lei si toccò il capo e annuì, confermando che quello era proprio il colore dei suoi capelli.

- Oh sì, è proprio una bionda naturale.

Le fece eco Richard non resistendo a fare una battuta di cattivo gusto e guadagnandosi un'altra occhiataccia.
Dopo un conciliabolo il ragazzo indicò loro che potevano seguire il capo. Questi si sedette davanti alla sua capanna e fece cenno alla coppia di fare altrettanto. Offrì loro una specie di tortilla di farina di manioca e decretò così il permesso di rimanere nel villaggio. Richard aveva spiegato che serviva un po' di tempo per riprendersi e Becky sperò che nessuno li avesse seguiti. Rimasero ad osservare le attività degli indios.

- Cerchiamo di capire di cosa hanno bisogno.
- Perché, vuoi vendergliela?
- Sai cosa? Non vedo l'ora di tornare a casa e non dover più avere a che fare con te.
- Dai, scherzavo.

Becky strinse gli occhi per osservare meglio la sua espressione, un sorrisino gli danzava agli angoli delle labbra, mentre aveva atteggiato gli occhi in un'espressione contrita. E lei sollevò gli occhi al cielo perchè con quell'espressione la fregava sempre:

- Smetti di fare quella faccia da cucciolo bastonato - Richard si aprì in un sorriso trionfante che le trafisse il cuore - dico solo che potremmo sdebitarci della loro ospitalità.
- A volte si compiono gesti per puro e semplice disinteresse, zucchina. Non dico che hai avuto un cattivo pensiero, ma non vedo di cosa possano aver bisogno dato che mi sembra abbiano tutto il necessario.
- Credo che andrò dalle donne: sono sicura che con loro mi capirò meglio.

Non le andava di discutere di nuovo. Richard le stava distruggendo l'anima quei giorni, sentiva uno struggimento sempre più forte e solo con l'aggressività riusciva a tenerlo a bada. Era stata sincera quando gli aveva detto che non vedeva l'ora di non vederlo più. Aveva bisogno di porre una distanza tra di loro. Ora mentre si accoccolava con le donne che la accolsero con una certa diffidenza mista a curiosità lo osservò dall'altra parte del villaggio, cercare di comunicare con gli indios. Sembrava essersi trovato subito a suo agio, in qualche modo la sua postura, il suo viso sorridente aveva già creato una complicità con gli uomini. Lo guardava e il cuore le si stringeva, voleva la sua tenerezza, voleva che lui la guardasse con amore, voleva accoccolarsi nel suo abbraccio senza dover lottare con se stessa. Ma aveva paura: quando gli aveva aperto il suo cuore, lui era stato così pronto ad accoglierlo, ma quando gli aveva chiesto di non abbandonarla Richard aveva scelto l'università, Edimburgo e i suoi sogni. Per questo si era chiusa quell'amore nel cuore e cercava di strapparselo via senza successo.
Una ragazza le toccò il braccio con un sorriso timido e lei ricambiò il sorriso La ragazza si toccò i capelli e allungò con timidezza una mano, Becky le permise di toccarle i capelli. Avrebbe voluto che fossero più lunghi per poter regalare loro delle ciocche. Un'altra donna richiamò la ragazza e fece vedere a Becky come grattare la farina, lei sollevò le spalle: lavoro in cambio di ospitalità, ci stava. Aveva trascorso intere estati in Italia e in Francia a raccogliere l'uva o la lavanda per poter godere del soggiorno. Osservò per un momento le donne lavorare e poi le imitò cercando di fare il meglio che poteva. Dopo diverso tempo alcune ragazze smisero di lavorare e ridacchiando la spinsero con loro. C'era un fiume poco distante dal villaggio e le ragazze si tuffarono ridendo. Becky le osservava mentre loro a gesti le fecero capire che poteva bagnarsi anche lei. Faceva caldo, si sentiva sporca e sudata, perché no? Si spogliò, rimanendo in intimo, si immerse nell'acqua gelida e per un momento rimase senza fiato. Si preoccupò che non ci fossero strani animali nascosti nell'acqua, ma le indie sembravano tranquille e questo la rassicurò. Fino a che qualcosa le toccò un piede e lei saltò su cacciando un urlo e generando l'ilarità delle donne. Con un'alzata di spalle e una risatina imbarazzata Becky si ritirò sulla riva per asciugarsi; ne aveva abbastanza. Le ragazze più piccole continuavano a giocare e sguazzare, mentre alcune donne l'avevano raggiunta. La ragazza di prima le si avvicinò e le si sedette accanto. Indicò se stessa mormorando il suo nome:

- Aya.

Becky fece lo stesso. La ragazza aggrottò la fronte, con lentezza indicò Becky:

- Tu molto bella, diversa.

Becky fu sorpresa che anche lei parlasse inglese e le chiese come mai. Con lentezza Aya le spiegò che ogni tanto gli uomini portavano al villaggio stranieri che regalavano loro medicine e altre cose e insegnavano ai ragazzi qualche parola della propria lingua. Le altre ragazze erano uscite dal fiume e si erano sedute intorno a loro. Aya aveva tante domande, sembrava piena di una curiosità insaziabile: chiese a Becky da dove venisse, se i suoi capelli fossero sempre così, se la pelle le facesse male e altre domande. Becky cercava di rispondere nel modo più chiaro possibile con poche parole semplici in modo che la ragazza potesse comprendere. Seguendo il suo esempio anche le altre donne iniziarono a farle domande. Becky capì: conoscenza. Quella era la sola merce di scambio che potesse offrire a quelle donne incuriosite.
Una donna anziana era rimasta in silenzio, sotto le sue mani sapienti le ragazze si facevano intrecciare i lucidi capelli neri con fiori. Becky le lanciava occhiate incuriosite, il volto della donna era solcato da rughe e gli occhi rilucevano di una conoscenza antica, che l'attraeva irresistibilmente. La voce della donna, quando si decise a parlare, era dolce e profonda. Si rivolse diretta a lei e Becky provò una subitanea fiducia nei suoi confronti, anche se non capì cosa le aveva detto. Guardò Aya che le ripeté nella sua lingua:

- Abuela dice tu triste.
- Come può dirlo se sorrido tutto il tempo?
- Dice tuoi occhi piange.

Becky sospirò: l'anziana era stata davvero in grado di scrutarla nell'animo. Aya parlottò con le altre e le chiese:

- Tu pensa a tuo uomo?
- Non è mio e non lo sarà mai.
- Lui non vuole?
- No, io non lo voglio… Anche se lo amo.

Le donne confabularono di nuovo tra loro come se non riuscissero a comprendere la logica delle sue affermazioni e non c'era logica nel suo comportamento. Lei lo sapeva fin troppo bene.

- Perché?

Becky sentì che poteva confidarsi con quelle donne, nonostante la distanza abissale che c'era tra loro, l'impedimento della lingua, le differenze culturali sapeva che erano scevre da pregiudizi. Non capivano, ma non la giudicavano. Fece un gesto vago con la mano e aprì il suo cuore: raccontò il senso di abbandono che la coglieva ogni volta che Richard partiva, confessò che lui la disprezzava e che ormai era troppo tardi per ricucire il loro rapporto. L'abuela, che aveva appena finito di intrecciare i lunghi capelli bianchi, allungò una mano verso il viso di Becky carezzandola con le dita forti e calde e a lei venne voglia di piangere, si crogiolò nel tepore di quel contatto amico. Di nuovo le parlò direttamente come se sapesse che lei l'avrebbe capita. Aya tradusse:

- Uomini come stagioni, vanno e tornano: se cuore è nel cuore, uomo torna.

Becky si sentì rincuorata in qualche modo. L'abuela fece un gesto, si alzarono tutte quante e percorsero il sentiero per tornare al villaggio, cantando.
Richard nel frattempo aveva aiutato gli uomini a rifare il tetto ad alcune capanne e ora osservò da lontano Becky; ferma in mezzo alle donne, un fiore tra i capelli, stava accarezzando un bambino, la guardò sollevarsi e sorridere, mentre la luce le creava come un'aureola tutt'intorno. E fu trafitto da quell'immagine: Becky gli sembrò bellissima e desiderabile e il suo cuore iniziò a battere come non gli capitava da tempo. Si rese conto che l'amava come non aveva mai amato nessuna e avrebbe continuato ad amarla ancora e sempre. Lei lo salutò con una mano e si voltò spegnendo la luce che l'aveva avvolto fino a quel momento.
Gli indios avevano preparato per gli ospiti un vero banchetto, così isolati che avere qualcuno con cui condividere la loro vita era considerato un avvenimento speciale. Cantarono e parlarono, mangiarono frutta e serpente arrostito, che Richard costrinse Becky a ingurgitare e altri animali su cui lei aveva preferito non indagare troppo. Mentre i fuochi si andavano spegnendo gli indios offrirono loro una delle capanne: piccola, con un solo pagliericcio per entrambi:

- Forse non hanno capito che non siamo una coppia.

Si lamentò Becky cercando di sistemarsi per la notte, o forse l'avevano inteso benissimo, rifletté con un brivido. Cambiò discorso:

- Mi stupisce che tu abbia mangiato il serpente e quel… quel bradipo.
- Era un tapiro.

Rispose lui incastrando la torcia di in un piccolo sostegno accanto al letto.

- Non sei vegetariano?
- Non offendo chi ci dà un'ospitalità non dovuta e si è sbattuto per procurarmi il cibo.
- Bah, te la rigiri sempre come vuoi.

Richard si mise seduto accanto a lei. Per un attimo rimase silenzioso a guardarla. Lei si sentì avvampare. Avrebbe preferito di gran lunga dormire di fuori nella foresta che accanto all'uomo. Sapevano entrambi che era già scoppiata tra loro la passione, l'attrazione che provavano entrambi era troppo travolgente, nonostante tutto e già in passato si erano lasciati trascinare dai sensi. Con le peggiori conseguenze. Becky si adagiò sul pagliericcio dando la schiena all'uomo. Richard sbuffò scuotendo la testa con un ghigno amaro e spense la torcia: il buio calò su di loro, umido, pesante come le parole che non si erano detti. Becky combatté per trovare una posizione comoda, Richard respirava accanto a lei, ma non dormiva. Le sfiorò il mignolo con il proprio e lei si scostò, come scottata. La notte nella foresta non era silenziosa, se gli uomini dormivano non era così per gli animali: sibili, schiocchi, fruscio di foglie spostate, i ruggiti lontani dei giaguari.

- Stringimi.

Sussurrò Becky e Richard senza dirle una parola la tenne stretta contro il suo petto. Lei si sentì rassicurata dal suo calore, dalla solidità del suo torace, il battito del suo cuore che accelerava. Provò a dormire, forse si era anche appisolata. Richard soffriva ad avere la donna della sua vita tra le braccia, non poteva vederla, ma conosceva ogni sporgenza, ogni avvallamento di quel corpo, il neo sul seno destro, la piccola cicatrice sul ginocchio, le dita affusolate dei piedi. Aprì gli occhi e un chiarore gli indicò che fosse sveglia anche lei. Le accarezzò piano i capelli, il naso, la mandibola con dita leggere, poteva sentire il profumo di pulito della sua pelle. A sua volta lei gli si premette addosso, infilò le mani sotto la maglietta e gli passò le dita sulla schiena forte. Si baciarono, nessuno dei due avrebbe saputo dire chi avesse iniziato per primo, le labbra si erano incontrate, le lingue si erano accarezzate gustando ognuno il sapore dell'altro. Le mani di Richard percorrevano il corpo di Becky come se stesse modellando un blocco di creta, delicate, ma pressanti. Si staccarono e Richard aprì la bocca per dire qualcosa, ma Becky gli premette una mano sulle labbra a silenziarlo. Voleva il suo corpo, solo quello, senza parole, senza pensieri. Si accarezzarono come ciechi, nel buio della notte, per scoprirsi e riscoprirsi. Con gesti affrettati si tolsero i vestiti e Richard scivolò sul corpo della donna con le mani e le labbra per ritrovare ogni angolo di quelle forme che aveva adorato. Becky s'inarcava sotto di lui mugolando, Richard le baciò le gambe, le morse l'interno delle cosce delicato, infilò un dito, due in lei, mentre con la lingua sferzava il bocciolo gonfio. Becky gli premette le mani sulla testa contorcendosi sotto di lui, percependo le labbra dell'uomo tendersi in un sorriso: era sempre stato bravo in quello. Lo detestò e lo amò. Quando Richard sentì la donna tremare contro la sua bocca, ricominciò una lenta marcia al contrario con la lingua e le labbra, ma Becky, ormai accesa, non voleva lentezza e lo spinse via. Si mise a cavalcioni su di lui baciandolo con ferocia sul torace, mordendolo, scivolando a sua volta sul suo corpo teso; ora era il suo turno di leccarlo e succhiarlo. Lo sentì gemere sotto di lei, il sesso duro e bollente sotto la sua lingua, pronto ad esplodere. Lei si fermò e lui le catturò i fianchi portandosela addosso, succhiandole il collo, le dita, i capezzoli. Gemiti, ansimare, i sensi inebriati dall'odore di corpi sudati e sesso. Richard rigirò Becky sulla schiena, le prese una mano e se la portò alla gola, lei gli si aggrappò alle spalle, gli artigliò i capelli. Allargò le gambe e si strofinò contro di lui, ad indicargli che lo voleva dentro di sè. Lui l'accontentò in una spinta feroce ringhiando e facendola sussultare. Si persero nelle spire del loro desiderio in una corsa folle, finché rabbrividirono entrambi, svuotati. Mentre le accarezzava le guance Richard le sentì umide di lacrime, le baciò teneramente e tenne la donna stretta a sé, le mormorò che l'amava e l'amava e l'amava con voce muta.
La mattina seguente Becky si era svegliata da sola, si sentì abbandonata una volta di più. Si pulì alla meglio il ventre, per fortuna Richard almeno era stato attento ad uscire in tempo, si vestì e rimase accoccolata su se stessa, piena di pensieri. Nella follia di passione della notte appena trascorsa le era sembrato che Richard le mormorasse che l'amava, ma non poteva essere possibile dato che le aveva sempre dimostrato disprezzo e sdegno. Si, c'erano stati momenti di complicità tra loro, si conoscevano da così tanto tempo, ma l'amore era un'altra cosa; una cosa diversa dalla passione che sembravano non riuscire a contenere quando erano insieme. Sospirò, era meglio che uscisse fuori e cercasse l'uomo. Richard si era svegliato appena la luce era cambiata dandogli modo di osservare la donna accanto a lui che dormiva sazia, le labbra tese in un sorriso soddisfatto. Si girò sulla schiena con un braccio sugli occhi, con l'altra mano si massaggiò il petto all'altezza del cuore. Sapeva che glielo avrebbe spezzato di nuovo: per lei non era altro che un trastullo sessuale, non voleva sentir parlare d'amore. Provò rabbia nei suoi confronti e nei confronti di se stesso. Aveva provato ad andare avanti, ma c'era come un elastico tra di loro che lo tirava inesorabile verso di lei. Si rigirò a guardarla, era così innocente con i capelli arruffati e le guance rosate. Non era colpa sua, Richard lo sapeva: non c'era malizia nei suoi comportamenti, non voleva legarlo a sé per forza, lei sapeva quanto avesse bisogno di libertà e di essere sempre in movimento e di questo doveva dargliene atto. Solo non riusciva a capire il perchè Becky si lasciasse condizionare così tanto dalle sue paure. Lui si era sentito sempre troppo ferito ed arrabbiato e lei aveva sempre finito per lasciar perdere tutto, rinchiudendosi in se stessa. Non voleva svegliarla, si rivestì in silenzio e uscì dalla capanna, lasciandole il tempo di riprendersi nella sua intimità.

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Capitolo 11
*** Un ponte tra di noi ***


Un ponte tra di noi








Dopo aver preparato il necessario Richard e Becky erano pronti per rimettersi in viaggio. Il Cacique aveva detto loro che a diverse ore di distanza sarebbero arrivati a una strada che li avrebbe portati in città. La tribù la evitava quando poteva, gli indios non avevano interesse ad avere contatti con i blancos più dello stretto necessario. Uno dei ragazzi aveva preso da parte la coppia e aveva rivelato loro che esisteva persino una fermata dell'autobus che li avrebbe portati in città ancora più velocemente. I ragazzi garuna la conoscevano, ma era proibito loro prendere qualsiasi mezzo che li avesse portati fuori dalla jungla e lontani dalla tribù. Richard avrebbe voluto promettergli che sarebbe tornato e magari avrebbe passato altro tempo con loro, portare quei ragazzi con sé, ma sapeva che non sarebbe stato giusto per loro. Chissà forse qualcuno, magari proprio il loro piccolo interprete, un giorno avrebbe sfidato il tabù e sarebbe sceso in città. Becky e Richard percorsero il sentiero in un silenzio teso, ognuno chiuso nei propri pensieri, se parlavano scambiavano giusto qualche parola con gli indios. Entrambi pensavano alla notte appena trascorsa di cui non avevano ancora parlato. Richard non era pentito, aveva percepito un cambiamento in Becky, un qualcosa di così sottile e impalpabile che non avrebbe saputo dire esattamente cosa: lei non aveva mai pianto prima durante un amplesso, dopo magari si, durante le liti inevitabili che ne susseguivano nei giorni successivi. Ma durante...e non sembravano lacrime di dolore, era quasi come se l'intensità dell'emozione fosse stata troppo intensa. Era preoccupato da quel silenzio, sapeva che prima o poi avrebbero dovuto parlare e la cosa lo terrorizzava. Si era reso conto che voleva con tutte le forze che questa volta le cose tra lui e Becky funzionassero. Ma, si ripromise a sé stesso in un sussulto di orgoglio, sarebbe stata l'ultima volta che ci avrebbe riprovato. Becky camminava con la fronte aggrottata, ogni tanto si voltava a guardare di soppiatto Richard, perso nei pensieri. Le era sembrato di sentirlo mormorare che l'amava, si era accorta che lui soffriva e pensava di essere lei la causa di quel suo dolore. Si morse una pellicina del labbro e arricciò il naso: non per la prima volta si era resa conto che l'aveva fatto soffrire e questo forse la straziava ancora di più, il sapere di avere spezzato il cuore all'uomo che amava. Forse era di nuovo tutto compromesso per le sue paure, per un suo capriccio. Scosse il capo, nel tentativo di allontanare un insetto, le sovvennero le parole che si erano scambiati prima di incontrare gli indios: lui la disprezzava, disprezzava la vita che conduceva, i suoi ideali, tutto di lei. Su queste basi era impossibile anche solo pensare di costruire un rapporto: ci sarebbe stata solo quella dirompente attrazione micidiale fra loro che li teneva distanti, ma uniti come un elastico demenziale. Si passò un braccio lungo la fronte, il calore era intenso e l'umidità stava appiccicando loro le magliette alla schiena. Il folto della jungla si aprì per lasciare intravvedere un fantastico spettacolo: il costone scendeva a picco sul fiume dalle acque tumultuose e i raggi del sole si rifrangevano nelle minuscole goccioline creando una miriade di mini arcobaleni in sospensione. Richard e Becky ristettero, deliziati da quella visione. Ma per passare dall'altra parte c'era solo un ponte di corde dall'aspetto ben poco solido. Becky fece un passo indietro:

- Io là sopra non ci salgo!
- Dai, se loro lo usano abitualmente non vedo perchè tu non possa farlo.

Mentre i due discutevano, gli uomini garuna avevano iniziato a oltrepassare il ponte che oscillava instabile sotto i loro passi. Il loro interprete fece un gesto come ad invitarli a farsi avanti. Becky allungò le labbra in un sorriso forzato:

- Non c'è un'altra strada?
- Zucchina, dai!

La redarguì Richard roteando gli occhi verso l'alto. L'altra gli si rivoltò come una furia:

- Senti, smettila di starmi addosso!
- E allora passa questo maledetto ponte, o ti ci porto di peso.

I garuna erano quasi tutti passati dall'altra parte e aspettavano, il ragazzo che era rimasto con la coppia spostava il peso da un piede all'altro, facendo gesti incoraggianti. Becky era aggrappata a uno dei tiranti del ponte, un piede avanti all'altro nel tentativo di trovare il coraggio. Richard ringhiò un'imprecazione e la tirò su di peso, poggiandosela su una spalla e percorrendo a grandi passi il ponte, il tutto fra le urla infuriate della ragazza. Quando la rimise a terra Becky era fuori di sé, ma gli indios si stavano già allontanando e dovette ingoiare tutti gli improperi che le erano venuti alle labbra. Man mano che procedevano il respiro le si fece sempre più corto e cercò un po' di acqua nel contenitore che si era procurata al villaggio. Richard si accorse di quanto fosse affaticata e chiese agli indios una pausa. Il loro interprete spiegò che dovevano andare a cacciare e come avrebbero dovuto proseguire per trovare la fermata della corriera. Con grandi saluti e dimostrazioni di gratitudine si lasciarono, i garuna presero la loro strada e ben presto veloci e silenziosi sparirono nella foresta, quasi fossero entità da essa generati. Richard sedette accanto a Becky in silenzio. Lei era ancora infuriata per come l'aveva trattata prima e accettò di malagrazia la frutta e l'acqua che le aveva procurato.

- Non posso credere che tu sia ancora incazzata per prima. Dai, zucchina: ammetterai che stavi dando uno spettacolo pietoso.
- Vaffanculo, Rick.

E si chiuse nel mutismo mentre cercavano di seguire al meglio le indicazioni date dall'indio. Il sole non riusciva a penetrare il folto ombrello delle foglie, ma il caldo era ancora intenso. Per quanto cercasse di non dare a vedere quanto fosse stanca a Becky iniziò a girare la testa, Richard se ne accorse e senza dirle niente la prese per mano e la esortò a proseguire fino a che con un'esclamazione trionfante non raggiunsero la strada. Era una larga strada sterrata a una corsia, proseguiva tortuosa nella foresta senza che ci fossero indicazioni per una direzione piuttosto che per un'altra.

- E adesso?

Chiese Becky incerta, Richard si tirò indietro i capelli con una mano, altrettanto indeciso. Non era da lui, in effetti. In quei giorni aveva sempre saputo cosa fare o almeno quella era l'impressione che aveva dato a Becky. Si tirò una pellicina dal labbro inferiore con i denti e consultò la bussola dell'orologio:

- Allora, Belize City si trova a sud perciò penso che dovremmo andare da quella parte.

Indicò una delle due direzioni.

- Sei sicuro?
- No, ma che possiamo fare? Prima o poi troveremo delle indicazioni.

Becky abbassò le spalle rassegnata: non poteva dargli tutti i torti. Si misero in cammino, arrancando sotto al sole spietato e quasi rimpiansero di non essere più protetti dal folto ombrello degli alberi. Becky sentiva goccioline di sudore colarle lungo la schiena e raggrupparsi nel solco tra i seni e dietro le ginocchia. Sbuffò un'ennesima volta.

- Non è che smetterà di fare caldo se continui a sbuffare.
- E che dovrei fare? Ho caldo.
- Mi dà sui nervi.

Becky si fermò e si voltò inferocita verso di lui:

- Anche tu, se per questo. Mi hai trascinato in mezzo a questa foresta del cavolo, tra giaguari, serpenti, sparatorie e selvaggi! E ora su questa strada in mezzo al niente e sono ore e ore che camminiamo e non ne posso più!
- Io ti ho trascinato, io? - Richard sbottò in una risata sarcastica - Ma ti senti? O forse non ti sei accorta che ti ho salvato il culo più volte di quante non riesca a contare, questa settimana.
- Allora forse sarebbe stato meglio non incontrarmi, anzi sarebbe stato meglio che mi avessi lasciato su quello yacht, così avrei potuto rifarmi una vita o magari sarei morta, ma tanto a chi importa.

Richard si premette entrambe le mani sulla testa, snervato:

- Le stronzate che dici le pensi la notte o ti escono così?
- Lasciami solo in pace, Rick.
- Ieri notte, però mi sembravi piuttosto entusiasta della mia presenza.
- Fottiti!
- Ci hai già pensato tu, tesoro.

Becky si passò una mano sul viso arrossato dal caldo e dalla rabbia: ecco che si fronteggiavano sulla strada deserta urlandosi contro, come ogni volta. Lo odiava.

- Non ti sopporto più!

Richard la fissò rabbuiato, gli occhi verdi ridotti a due fessure:

- Allora resta qui, vedi se riesci a trovare un altro coglione che ti sopporta. Ci ho provato Becky.

Le girò le spalle e si avviò lungo la strada. Becky gli corse dietro, cercando di tenere il punto e gridando alla sua schiena:

- Si, non mi sei sembrato così inconsolabile, o devo ricordarti quell' Adelina.
- Angelina. E non stiamo più insieme da tre anni, lo sai.
- Ma questo non ti ha impedito di scappare da lei non appena te l'ha chiesto.

Richard si voltò di nuovo verso di lei, fermandosi e Becky andò quasi a sbattergli contro:

- Sei gelosa adesso? Non è che non ci avessi provato a stare con te.
- Lo chiami stare insieme quello? Con te che te ne vai in giro per il mondo, tornando solo poche settimane, ogni volta...abbandonandomi.

Concluse lei con la voce ridotta a un mormorio.

- Ah è questo, allora? Io sarei tornato, sempre. Non sono come tuo padre.

Becky senza quasi rendersene conto lasciò partire uno schiaffo, il tempo sembrò congelarsi per un momento, finché lei si portò entrambe le mani alla bocca, inorridita di ciò che aveva fatto. Balbettò delle scuse. Richard allungò le labbra un sorrisetto amaro, era così allora. Le girò le spalle non offeso, ma sopraffatto da quella rivelazione. Dopo pochi passi si voltò di nuovo:

- Sei una stupida, Becky e comunque, guarda: laggiù ci sono la stazione di servizio e la fermata di cui parlavano i Garuna.

Aguzzando gli occhi miopi Becky si rese conto che qualche centinaio di metri più avanti c'era una minuscola baracca con un palo a segnalare il passaggio dei bus. Arrivarono al gabbiotto e Richard si tolse una scarpa in cui erano nascoste diverse banconote. Becky scosse la testa sollevata che lui fosse tanto previdente. Non fece commenti mentre comprava acqua e i biglietti per entrambi.

- Siete fortunati. Sembra che l'autobus dovrebbe fermare fra un paio d'ore.

Annunciò la corpulenta donna anziana che era al banco. Becky trasecolò, cosa avrebbero potuto fare in due ore se non continuare a scannarsi? Erano stanchi e lei non aveva nessuna intenzione di continuare a litigare. Richard era altrettanto esausto. Avere a che fare con una Becky sfinita era ancora più snervante del solito. Entrambi si sedettero a terra in un cono d'ombra, silenziosi, il risentimento che fermentava tra di loro. Becky fu su punto di lamentarsi, ma ogni volta si morse la lingua. Osservò il compagno lanciandogli occhiate in tralice: sedeva con la schiena appoggiata alla parete della baracca ad occhi chiusi. Forse sonnecchiava, se non che continuava a torturarsi una pellicina del pollice producendo un piccolo ticchettio.

- Perché litighiamo sempre?

Domandò ad un tratto lei, la voce sottile come se stesse trattenendosi dal piangere. Lui aprì gli occhi, la guardò da sotto in su con un accenno di sorriso, un'espressione che lei adorava.

- Perché siamo due stupidi idioti.

Rispose con voce piana.

- Già.

Dopo qualche minuto di silenzio Richard si avvicinò, il volto soffuso di dolcezza:

- Ma abbiamo anche tante cose che ci uniscono: il bene che vogliamo entrambi a Brenda, il nostro passato, la notte che abbiamo appena avuto.
- Non ne voglio parlare.
- Zucchina…

Richard allungò una mano verso il volto della ragazza, esasperato. Becky abbassò lo sguardo, in bocca il sapore di terra e sconfitta:

- E poi, non conta niente se tu mi disprezzi così tanto.

Lui aprì la bocca sorpreso:

- Chi ti ha detto una cosa del genere?
- Tu, proprio l'altro giorno.
- Ma non è vero, non è quello che intendevo dire.

In quell'istante la corriera si fermò stridendo: presi dalla conversazione non si erano accorti che stava arrivando. Solo un paio di uomini scesero e la donna che era al bancone fece una gran sorriso a uno di loro, gli diede qualche consegna e tirata fuori un'enorme valigia fece per salire sul bus strapieno. Per Becky e Richard era rimasto solo un posto sul fondo, tutti gli altri erano occupati da campesinos pieni di pacchi, cesti, gabbie con galline svolazzanti, bambini urlanti, perfino un piccolo maiale che grugniva sotto un sedile ribaltato per l'occasione. Becky fu costretta a sedere sulle gambe di Richard e lui doveva tenerla forte, le mani ben piantate sulla vita per evitare che lei sbattesse la testa sul soffitto del pullman, che procedeva a scossoni sulla strada di terra battuta. Non aveva avuto modo di spiegarsi, ma lo faceva soffrire il fatto che lei pensasse che la disprezzasse. Non era così, non lo era mai stato. Gli faceva rabbia, quello sì: era una donna brillante, avrebbe potuto usare i suoi talenti in un modo più costruttivo e aveva un'enorme forza d'animo. Non tutti sarebbero riusciti a superare il lutto per la madre. Richard sospettava che il suo attaccamento al lavoro fosse proprio un modo per elaborare il lutto e lo aveva addolorato il fatto che non si fosse rivolta a lui o alla sorella, se non per questioni pratiche. Le sue mani anelavano a massaggiarle la pelle elastica delle cosce e doveva fare uno sforzo sovrumano affinché i movimenti del sedere della ragazza sul suo bacino per il dondolio dall'autobus non causassero un altro incidente spiacevole tra loro.
Anche Becky sfruttò quel viaggio infelice per riflettere. La sorpresa sul volto di Richard era stata reale. L'attrazione tra loro non era solo fisica e lo sapeva da anni. Quando lo sorprendeva a osservarla il suo sguardo era gentile e in quel suo modo brusco e irriverente si prendeva sempre cura di lei: questo doveva riconoscerglielo. E quando avevano fatto sesso l'ultima volta aveva percepito non solo la spinta della lussuria in lui, ma un sentimento reale: le aveva detto che l'amava, per quanto credesse che lei non lo avesse sentito. Strinse le labbra, tenendosi alle mani dell'uomo, poteva percepire il calore del suo corpo e sebbene tentasse di stare più ferma che potesse, si accorse che qualcosa si era mossa all'altezza dei suoi lombi. Ghignò, ma non disse nulla, in qualche modo esilarata da quella involontaria tortura che stava infliggendo all'uomo. Con un moto di sorpresa si rese conto che Richard in un modo o nell'altro era sempre stato accanto a lei nei momenti più dolorosi della sua vita: la morte della madre che l'aveva devastata, nell’aiutarla a riportare Brenda alla vita dopo la terribile depressione che l'aveva colta. Questo aveva potuto farlo solo grazie a Richard che si era prodigato in ogni modo possibile. Si premette una mano contro la tempia che pulsava, era confusa e il caos all'interno della corriera non l'aiutava. Voleva fare chiarezza sui suoi sentimenti e su quelli di Richard. Forse quel modo che avevano di comunicare non era altro che una maschera. Forse avrebbero potuto trasformarlo in un gioco spuntando le lame delle acredini. Non era la sola ad aver sofferto. Ma poi Richard se n'era andato di nuovo e questo lei non aveva potuto sopportarlo.

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Capitolo 12
*** 1973: Due ragazzi innamorati ***


1973: Due ragazzi innamorati








Da quando si erano baciati a casa sua, per Becky e Richard era iniziato un periodo folle, fatto di incontri segreti e baci rubati. Nessuno dei due aveva pensato di dirlo a Brenda, che tra l'altro era del tutto persa dietro a Arthur. Becky era stata sul punto di confessare all’amica la verità più volte, ma qualcosa l'aveva sempre bloccata: un po' l'orgoglio di ammettere che era innamorata proprio dell'ultima persona di cui aveva sempre sbandierato non sarebbe mai successo. Molto perché aveva una gran paura che l'amicizia e l'amore sarebbero potuti entrare in conflitto e teneva troppo al suo rapporto con Brenda per poterlo permettere. Ma era anche esilarata da quello che stava accadendo con Richard e voleva vivere con tutta l'intensità che poteva quei momenti con lui, finché fosse durata. Così aveva intimato di mantenere il segreto anche al ragazzo. Lui, da parte sua, trovava la cosa stuzzicante, per quanto non vedesse nulla di male nell'uscire con l'amica della sorella. Era strano si, ma la vita era quello che era e lui preferiva vivere tutto alla luce del sole con la passione che l'aveva sempre guidato, piuttosto che nascondersi negli angoli. Ma Becky gli era sembrata così terrorizzata dalla situazione che aveva deciso di assecondarla, almeno fino a quando non fosse riuscito a convincerla ad uscire allo scoperto. Così passavano ogni momento che potevano insieme: ascoltavano dischi, se erano dell'umore fumavano un po' di erba, ogni tanto andavano in qualche club di rock alternativo, luoghi molto diversi da quelli che Becky frequentava con Brenda. A volte Richard le faceva lezione di botanica in Regents Park e le aveva confessato il suo amore per le piante e la biologia:

- Come mai ci tieni tanto?

Gli chiese un giorno Becky, mentre Richard dava da mangiare alle papere del laghetto. Lui le rispose che voleva diventare un biologo e cercare di salvaguardare l'ambiente che vedeva sfruttato e deteriorato sempre di più.

- E' importante, Becky. Loro - Fece un gesto vago verso le papere - Sono più deboli di noi: dobbiamo prendercene cura. Voglio andare a Edimburgo, lì c'è la facoltà di biologia marina più importante del paese.

Becky amava sentirlo parlare con quella pignoleria che rasentava la pedanteria, amava guardare le sue labbra muoversi e l'espressione intenta del suo viso. Soprattutto amava la sua passione in tutto quello che faceva, che fosse la steccatura di un ramo troppo debole o il modo in cui la guardava. Ma le veniva un groppo in gola ogni volta che Richard le parlava di Edimburgo e di voler seguire i propri sogni. L'avrebbe lasciata indietro, proprio come suo padre e per quanto le si spezzasse il cuore lei sapeva che quello che avevano era destinato a non durare.
Richard l'aveva anche introdotta alla politica, un giorno si presentò con un librone dalla copertina rigida.

"Il Capitale. E' una lettura fantastica Be, anche se, mmh certi concetti sono alquanto complessi. Senti qua…"
"Vuoi davvero leggere quella roba? Perché non vieni qui?"

Becky allungò una gamba e gli accarezzò la coscia con un piede, Richard deglutì e aggrottò le sopracciglia, ostinandosi nel continuare la lettura. Ma il piede della ragazza lo stava stuzzicando senza pietà, così finì per chiudere il libro con un botto:

"Magari un'altra volta."

E si rovesciò su di lei che rideva. Tra un bacio e l'altro comunque stavano davvero cercando di penetrare i misteri della teoria politica.
Becky aveva trovato davvero molto interessante la visione delle dinamiche storiche mosse da motivazioni economiche del filosofo. Questo innescava sempre delle discussioni al riguardo con Richard che perorava la causa del socialismo e Becky che si manteneva su posizioni più liberiste. Le piacevano i soldi e le piaceva l'idea che se si fosse stati abbastanza motivati e anche un po' senza scrupoli, ma questo non lo diceva al ragazzo, si potesse guadagnare tanto denaro da non dover centellinare ogni penny fino a fine mese.
Ma la maggior parte del tempo i ragazzi lo passavano in lunghe sessioni di baci, nessuno dei due riusciva a tenere le mani e le labbra lontane dall'altro e le ore trascorrevano lente in estenuanti esplorazioni reciproche con le mani e le lingue. La verità era che entrambi stavano impazzendo di desiderio, ma si erano sempre fermati fino a quel momento.
Una sera erano come al solito a casa di Becky, la mamma era al suo turno notturno e avevano cenato con del cinese d'asporto e sul giradischi girava Atom Heart Mother. Era un luglio afoso e dalla finestra aperta entravano solo i rumori del poco traffico di Islington, ma nessun refrigerio. I ragazzi si stavano baciando con trasporto sul divano, i capelli tutti scompigliati, gli abiti a malapena al loro posto.

- Levati di dosso, sto morendo di caldo.

Brontolò Becky che, nonostante adorasse le mani di Richard su di lei, si sentiva appiccicosa di sudore. Aveva indosso solo una canottina gialla col simbolo della pace e degli shorts di jeans.

- Perché non ti levi qualcosa, allora.

Ammiccò Richard.

- Non fare il maiale. Aspetta sposto il ventilatore.
- Oink... Dai, vieni qua!

Becky scoppiò a ridere, mentre lui la trascinava di nuovo verso il divano e tornava a baciarla. Richard non riusciva a farne a meno, il profumo di Becky lo mandava fuori di testa e poteva sentire attraverso la stoffa sottile del toppino i capezzoli eretti premere contro i palmi delle mani. Aveva una voglia disperata di fare l'amore con lei, seppellirsi dentro di lei e non uscire mai più dal suo grembo. Lei lo fermò e lo guardò intensamente. Anche per Becky stava diventando sempre più difficile resistere al desiderio. Non avena mai fatto l'amore e voleva che fosse Richard il primo. Ma aveva paura, a parte qualche amica più esperta nessuno le aveva raccontato come fosse: le avevano parlato di dolore, sangue, lacrime e lei non voleva collegare Richard a tutto ciò. Già era straziante il pensiero che tutto sarebbe finito, voleva avere quanti più ricordi piacevoli con lui. Ma era pur vero che anche se fosse stato brutto, almeno avrebbe avuto Richard con cui condividerlo. Insomma, Becky era confusa, già era difficile mantenere il segreto e barcamenarsi tra tutti i sentimenti contrastanti che la sballottavano di qua e di là, tra la paura, la trepidazione e il desiderio impellente di donarsi del tutto e il non potersi neanche confidare con la sua migliore amica rendeva tutto più difficile. Ma quella sera Becky si sentiva pronta.

- Andiamo in camera mia.

Propose lei, con voce che voleva essere sensuale, ma che non nascose un tremolio. Gli occhi di Richard la guardavano con intensità, sulle labbra aleggiava un sorrisino appena accennato che metteva in mostra le fossette:

- Sei sicura?
- Io vado - Lo sfidò alzandosi e dirigendosi verso la sua stanza - Hai dieci secondi per seguirmi, poi te ne vai. Uno…

Becky non fece in tempo ad arrivare a cinque che Richard quasi la travolse col suo impeto, trascinandola verso la porta della camera. Becky rovesciò la testa all'indietro in una risata. Si distesero sul lettino stretto, seri adesso e lui iniziò a spogliarla con lentezza. Le sue mani l'accarezzavano con delicatezza e le sue labbra le seguivano lasciando una scia di baci. Questo era il momento che Becky preferiva: quando Richard stava zitto e si dedicava solo a lei. I brividi che le percorrevano il corpo la stavano deliziando e percepì un calore espandersi dalla sua intimità fino alla testa che vibrava leggera. Si sentiva come ubriaca, ma non voleva che finisse. Richard tornò a baciarle le labbra, si sollevò per togliersi la maglietta e i jeans. A petto nudo, con i capelli sconvolti e il volto serio le sembrò un antico eroe pagano: era sensuale da morire. Lei ne approfittò per baciargli il petto e giocare con i suoi capezzoli, sapeva che era una cosa che a lui faceva impazzire e lei ne approfittava. Il suo odore un po' dolciastro di erba e sudore la stava inebriando sempre di più. Lo voleva come non aveva mai voluto niente prima di allora. Lui la stava stimolando con le dita deliziandosi di quanto fosse bagnata, provava un misto di orgoglio e compiacimento all'idea che solo lui sapesse farle perdere quel controllo che lei, invece, teneva tanto ad mantenere. Adagiò il proprio corpo su quello di lei e allineò i fianchi.

- Dimmi se ti faccio male, va bene? Rilassati, tesoro.

Mormorò entrando in lei. Becky annuì con le labbra strette, il cuore le palpitava in gola per la paura e l'emozione. Serrò gli occhi quando sentì un bruciore ed emise un piccolo grido, più di sorpresa che di dolore. Richard agganciò lo sguardo al suo e le baciò piano le labbra, mentre con lentezza si tirava indietro.

- Mi fermo?
- Ti uccido se lo fai!

Ridacchiando Richard nascose la testa contro il collo della ragazza, continuando a muoversi.
Becky era raggomitolata in posizione fetale contro il fianco di Richard e lo guardava: era sdraiato sulla schiena, teneva un braccio di traverso al torace e aveva imprigionato la mano di lei contro il suo petto. Becky poteva sentire attraverso le dita il battito costante del suo cuore. Il volto di Richard era soffuso di una sorta di beatitudine, le labbra appena piegate in un sorriso, gli occhi socchiusi, i capelli mossi sparsi sul cuscino. Le sembrò di una bellezza fuori dal mondo e si rese conto una volta di più con sgomento di quanto fosse pazza di lui. Contrariamente a quello che le avevano detto le altre ragazze, la prima volta non era stata affatto traumatica, anzi aveva sentito solo quel lieve bruciore iniziale e poco altro a dire il vero.
Richard, per quanto avesse provato ad essere delicato, non era riuscito a fermare l'impeto del desiderio a lungo represso di un diciannovenne. Si era ben presto mosso con sempre maggiore ardore e non le aveva dato molto tempo per capire le proprie sensazioni. La seconda volta era andata decisamente meglio, se Becky pensava che sarebbe stato sempre come la prima volta, si era dovuta ricredere: Richard era riuscito a coinvolgerla di più, tenendo un ritmo più lento e lei aveva adorato ogni singolo secondo. Si era lasciata andare del tutto e il piacere l'aveva inondata lasciandola stupefatta: pensò che una felicità così perfetta e sublime non l'aveva provata mai, poi smise del tutto di pensare. Da parte sua il ragazzo si sentiva in paradiso, mai avrebbe creduto che sarebbe stato così con Becky. Aveva provato a non essere troppo impetuoso, ma la verità era che la desiderava troppo e da troppo tempo, se n'era reso conto pochi istanti prima di entrare in lei e a quel punto era troppo tardi per tirarsi indietro. Non avrebbe potuto neanche volendo. E lui di certo non lo voleva e Becky gli aveva fatto chiaramente capire che non solo era pronta, ma che fosse vogliosa quanto lui. Era stata così trepidante e dolce tra le sue braccia, non si sarebbe stancato mai di baciarla e stringerla a sè. Le scoccò un'occhiata in tralice, lei lo guardava intenta, seria. Lui si sollevò su un braccio ricambiando lo sguardo.

- Che c'è?
- Niente, ti guardavo.
- Stai bene?

Becky fece un sorrisetto compiaciuto, mentre si voltava sulla schiena dandogli una visuale del suo corpo snello; le lunghe gambe nervose, i riccioli biondi che velavano appena il pube, i piccoli seni con i capezzoli che puntavano all'insù, proprio verso di lui. Richard provò un rimescolio al basso ventre e si leccò le labbra. Si rovesciò su di lei baciandole il collo:

- Che ne dici, stellina. Sei pronta?
- Quello che cos'era?
- Un bacio.
- No, quel nome stupido.

Lui la guardò tra lo stupito e il sardonico:

- Non lo sai che dopo aver fatto l'amore è obbligatorio dare un nomignolo?

A Becky il cuore fece una capriola, ma rispose:

- E chi l'ha deciso?
- Ma io, ovviamente, patatina.

Richard le piazzò un altro bacio sulla clavicola.

- Sei ridicolo.
- Scommetto che ti piace, fragolina.

Un bacio sulla spalla. Becky si stava riscaldando ancora, ma cercava di mantenere il punto su quella idiozia dei nomi. Ci mancava solo quello, poi come avrebbe fatto a rimettere insieme il proprio cuore sbriciolato?

- Piantala.

Ma Richard imperterrito alternava i nomi più cretini che gli venissero in mente a baci sempre più intimi, scendendo mano mano sempre più in basso: sul fianco, su un neo sotto il seno destro, sull'ombelico, sul bacino, all'interno della coscia.

- Zucchina?
- Vuoi scherzare?
- Orsetta.
- Bleah!
- Bambolina.

A Becky veniva da ridere, ma non riuscì a reprimere un gemito quando lui si posizionò tra le sue cosce, piantando umidi baci sulla sua carne desiderosa.

- Falla finita!
- Sei sicura?

Richard sollevò la testa dalle sue gambe con sorriso compiaciuto.

- No, continua con quello…

Richard ridacchiò tra le gambe di Becky, che s'inarcò mentre un brivido le attraversava la spina dorsale e gli artigliò i capelli con una mano:

- Sei davvero insopportabile Rick...non fermarti!

Più tardi, mentre Richard stava per andarsene, Becky lo fermò sulla porta e senza guardarlo mormorò:

- Zucchina.

Il volto di Richard si aprì in un lento sorriso, ma fece finta di non capire.

- Se proprio devi chiamarmi in qualche modo!

Rispose Becky impaziente, già pentita di avergli permesso di darle quella confidenza. Richard si chinò a posare le labbra su quelle della ragazza, ma presto quello che voleva essere un dolce bacetto della buonanotte si era trasformato in un lungo bacio appassionato. Becky sembrava volerlo divorare e solo a malincuore Richard si staccò da lei, prima di trascinarla di nuovo in camera.

- Tua mamma tornerà tra poco. Buonanotte, zucchina…

Le fece l'occhiolino, mentre Becky lo spingeva fuori:

- Vattene!

Ma dopo averla richiusa, la ragazza si appoggiò alla porta con un sorrisetto compiaciuto e sospirò.

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Capitolo 13
*** Fine corsa ***


Fine corsa








Con un sospiro delle sospensioni il pullman si fermò in uno spiazzo spoglio, quella che doveva essere la stazione delle corriere di Belize City. In effetti il luogo era piuttosto squallido e male in arnese. Da una parte sorgeva un edificio malmesso dai muri che dovevano aver visto tempi migliori, giallognoli e scrostati, probabilmente la biglietteria. Accanto al muro c'erano delle panche di legno rovinato e sbianchito dal sole dove sedevano numerose persone in attesa di prendere la propria corriera. Alcuni ragazzini giocavano a palla a un lato del cortile circondato da un'alta rete che vibrava rumorosa ad ogni pallonata. Una bambina passava di persona in persona con un cesto di bicchieri di plastica ripieni di macedonia. Si andava a rifornire a un banchetto poco distante dal quale una donna vendeva limonata e altre bibite fresche. Becky si guardò intorno, non sapeva cosa si fosse aspettata, pensava che per essere una città di un paese tropicale fosse abbastanza deprimente. Quel penoso viaggio tuttavia le era servito per pensare, sempre che si potesse chiamare riflettere il susseguirsi di pensieri sconnessi che le erano passati per la mente tra uno starnazzare, un grugnito e un pianto. In più le mani calde di Richard addosso non avevano contribuito a farla pensare con la lucidità che avrebbe voluto. Le aveva detto che non la disprezzava, le aveva salvato la vita e lei lo aveva anche schiaffeggiato. Che poi era un po’ il riassunto di tutta la loro relazione. Ma Richard aveva l’esecrabile capacità di farle perdere la pazienza e in quel caso specifico le aveva tirato fuori la sua grande paura. Non riusciva a perdonare il padre, lei lo aveva adorato da piccola. Ricordava la delusione anno dopo anno quando lui non sembrava ricordarsi nemmeno della sua esistenza, ogni compleanno, ogni Natale e ogni altra festività si concludevano con le sue lacrime contro il cuscino. Fino a che aveva deciso che non solo avrebbe chiuso con lui per sempre, ma non si sarebbe mai più trovata in una situazione simile. Per poi innamorarsi di un vagabondo, un uomo che non riusciva a stare fermo nello stesso luogo per più di pochi mesi alla volta, sempre impegnato ad occuparsi delle grandi questioni. Proprio come suo padre, il grande neurochirurgo idolatrato dai media che non si era neanche degnato di passare dall'ex moglie che si stava spegnendo in quello stesso grande ospedale dove operava. Becky sorrise sarcastica alla propria stupidità, aveva proprio ragione Richard. Il quale le stava facendo cenno di darsi una mossa. C'erano un paio di taxi che aspettavano fuori dalla cancellata. In uno il tassista era seduto a leggere il giornale, lo piegò con attenzione e lo mise via, fece loro un sorriso cordiale che spiccò sulla pelle scura. Uscì dalla macchina mentre chiedeva loro dove volessero andare.

- All’Alto Commissariato britannico, per favore.

Becky si guardò i vestiti e arricciò il naso:

- Non posso presentarmi così, sono in uno stato orribile!

Richard alzò gli occhi al cielo. Il tassista fece una risatina guadagnandosi un'occhiataccia da parte della donna.

- Non andrò in un edificio governativo conciata in questo modo.

Disse recisa Becky incrociando le braccia.

- Va bene, va bene. Passiamo prima all'associazione: ho una specie di alloggio lì.

Becky lo guardò un momento con un'espressione interrogativa, ma non fece altri commenti. Man mano che si addentravano, la città sembrava riacquistare un suo certo fascino caraibico. Grandi ville coloniche bianche si alternavano a grappoli di case colorate. Il tassista e Richard stavano intrattenendo una chiacchierata sulle corse dei cavalli e sul Derby della Regina, le voci profonde e calme stavano avendo un effetto soporifero su Becky che sentì la stanchezza fisica e mentale caderle addosso come un macigno. Stentava a tenere gli occhi aperti e più volte la testa crollò in avanti. Richard le scoccò diverse occhiate in tralice e s'intenerì nel vedere la ragazza così stravolta dalla stanchezza.

- Puoi passare per Freetown Road, per favore?

Il tassista annuì, ammiccando dallo specchietto in accordo con Richard: avrebbe fatto la strada più lunga per dare qualche momento in più di riposo alla donna. Becky, senza essersene resa conto, si era appoggiata a Richard che le teneva una mano sulla spalla per non farla cadere. Gli uomini abbassarono le voci.

- Siamo arrivati.
- Dove siamo?

Mormorò Becky stropicciandosi gli occhi.

- Alla sede dei Greenfighters, come richiesto da sua signoria.

Rispose Richard, che era già sceso dalla macchina, facendole un inchino sarcastico. Becky gli rispose con una smorfia derisoria e scese a sua volta. La sede dell'associazione era un palazzino giallo, come quasi tutti in quella via stretta e acciottolata, i muri a buccellato avevano bisogno di una nuova mano di vernice. Bandierine colorate andavano per tutta la via da una finestra e l'altra. Lo aveva notato anche prima: era come se la città si stesse preparando per una qualche festività locale. Richard si mise d'accordo col tassista, chiedendogli di aspettarlo un momento mentre lui andava a prendere i soldi in camera sua. Becky si appoggiò alla macchina, con le braccia incrociate. Il tassista le si accostò e si passò una mano sui riccioli grigi.

- Il suo amico è una persona in gamba.
- Sì, lo è. Lo è davvero. Da quanto lo conosce?
- Solo dalla stazione degli autobus a qui. Ma ho un certo occhio per le persone.

Becky sarebbe stata curiosa di sapere cosa ne pensava di lei, ma in quel momento Richard tornò e pagò la corsa. Gli uomini si salutarono con grandi sorrisi dopodichè finalmente la coppia entrò nell’edificio. L'androne dell'associazione era più fresco della strada, i muri erano ricoperti di bacheche di sughero a buon mercato dov'erano appese le comunicazioni importanti, volantini, brochure, bandiere dei Greenfighters e altre associazioni affiliate, cartine che mostravano il Belize e le sue attrazioni. Al desk c'era una ragazza carina dagli occhi a mandorla azzurri e la pelle butterata di un marrone chiaro, fece un gran sorriso a Richard, mettendo in mostra un apparecchio per i denti:

- Sei tornato...Ci hai messo parecchio stavolta!
- Ho avuto qualche contrattempo. Questa è Becky, sarà mia ospite per un po’.

Becky salutò cordiale l'altra ragazza e chiese:

- C'è un telefono, qui?
- Si certo! Ce n'è uno a gettoni nella sala comune. O, se hai bisogno di privacy, ce ne sta un’altro anche nell'ufficio di Angie.
- Va bene dai, ci pensiamo dopo.
- No devo chiamare Hugo.
- Il lavoro innanzitutto, eh? Vabbè, io intanto mi faccio la doccia. Quando hai finito con Hugo, puoi trovarmi al primo piano, terza porta a destra. Le docce sono in fondo al corridoio. Vado a parlare con Angie e a dirle che sei qui.

Che andasse pure al diavolo, pensò Becky stizzita. Hugo era l’unico che dovesse sapere per certo dove fosse finita, dato che i suoi capi non ne erano al corrente, né aveva un accidente di nessuno che si interessasse della sua sorte. A parte Brenda, che era convinta che se la stesse spassando in crociera. E doveva dire due paroline al collega, non sarebbe stato piacevole. In attesa che arrivasse qualcuno Becky si era fermata a parlare con Eliza, la ragazza al desk, che le stava raccontando entusiasta le attività dell'associazione.

- Becky? Finalmente ti conosco! Ricks mi ha parlato di te ed ero proprio curiosa di incontrarti.

La donna era poco più bassa di lei e aveva gli occhi azzurri più chiari che avesse mai visto, quasi trasparenti. Le sue morbide labbra erano aperte, però, in un sorriso cordiale e Becky si chiese cosa avesse detto di lei Richard alla sua ex compagna. Angie portava i capelli a dreads raccolti in un nodo scomposto, indossava una canottiera a motivi tye&dye gialli e azzurri e pantaloni morbidi di cotone blu, ai piedi delle semplici infradito nere. Pur se così semplice emanava da lei una sorta di esuberante energia.

- Ricks mi ha detto che hai bisogno del telefono.
- Si, credo sarà un'intercontinentale, mi dispiace. Ma appena recupero i miei soldi ti risarcirò naturalmente.
- Oh, ma non preoccuparti di questo cara! Immagino vorrai chiamare a casa, è naturale.
- Veramente, è una chiamata di lavoro.

Gli occhi di Angie si strinsero per un momento, ma subito la donna le fece un sorriso e la prese a braccetto. Si voltò un attimo a fare un'espressione di scherno a Eliza e accompagnò Becky verso il suo ufficio. Era funzionale, con schedari appoggiati alle pareti, grafici e cartine alle pareti e un computer Macintosh nuovo di zecca alla scrivania di legno recuperato su cui c'era anche un grosso telefono nero a disco.

- Prego, fai pure la tua telefonata. Vedo di recuperare qualche cosa da farti mettere, intanto.

Quando entrò nella stanza di Richard, dopo la telefonata, Becky aveva in mano biancheria, un telo di spugna e uno degli abiti di Angie. La donna le aveva detto:

- Forse ti starà un po' corto e largo, sai questi fianchi olandesi!

E le aveva fatto l'occhiolino. Becky non riusciva ad inquadrarla, non sapeva se la stesse sottilmente prendendo in giro o peggio, o se quello fosse il suo modo di fare. Si chiese se non fosse solo gelosa di quella che, in fondo, era stata la compagna di Richard per ben tre anni e si scoprì curiosa di sapere come mai si fossero lasciati. Un po' invidiava quel loro rapporto fatto ancora di cameratismo, nonostante tutto. Fece un sorrisetto quando la locuzione le venne in mente: a casa conservava con cura i tanti bigliettini che lui le aveva inviato negli anni assieme a mazzi su mazzi di girasoli quando meno se lo aspettava con proprio quella frase scritta su. Posò i vestiti su una sedia e si guardò intorno, la stanza di Richard era più larga che lunga, non ampia. Contro una parete, sotto alla finestra, c'era un letto singolo con una sovraccoperta blu. Una serie di cassette della frutta di legno impilate l'una sull'altra in maniera piuttosto ingegnosa fungevano da comodino su cui c'era solo una lampada e un libro aperto a metà, appoggiato con la copertina verde verso l’alto. Becky strizzò gli occhi, cercando di leggere il titolo: qualcosa che aveva a che fare con i custodi della Terra. Appoggiati all’altra parete c'erano una scrivania con una libreria stracolma e uno stretto armadio. Le pareti bianche erano punteggiate da un paio di poster, uno sulle specie di tartarughe marine e uno di Che Guevara e una bandiera cubana era drappeggiata sopra il letto. Qualche vestito spiegazzato e calzini appallottolati in giro completavano il quadro. Becky sorrise, sembrava la cameretta di un ragazzino: probabile che Richard avesse le stesse cose nella sua stanza al college. Appese alla libreria c'erano una serie di foto. Una, in particolare, attirò la sua attenzione: c'erano Brenda e Richard giovani e sorridenti e tra loro il barboncino Pongo, ancora cucciolo. Un'altra foto mostrava un Richard universitario, aveva i capelli ancora lunghi e niente barba, che si teneva per le spalle con un ragazzo ben piantato dalla zazzera rossa e la faccia lentigginosa, forse il suo amico Ian. Mentre Becky si appoggiava per vedere meglio le foto, la scrivania traballò e uno dei libri malmessi si schiantò sulla superficie, lei fece per rimetterlo al suo posto in fretta, ma dalle pagine scivolò un'altra foto. Questa era in bianco e nero, con i bordi un po’ rovinati e spiegazzata, segno che doveva aver fatto una vita movimentata. Mostrava una giovanissima Becky sorridente con i capelli ancora lunghi che indossava un chiodo nero che le stava larghissimo. Era stato Richard a scattarle quella foto, infatti il giubbotto era il suo e a dire il vero era l’unica cosa che lei stesse indossando al momento. Becky rimise in fretta tutto a posto, il cuore che le batteva forsennato non sapeva neanche lei perché. Proprio in quel momento Richard entrò in camera, indossava solo le infradito e un asciugamano avvolto attorno ai fianchi. Becky rimase senza fiato ad osservarlo, la bocca asciutta: il torace era ancora umido, i pettorali segnati e una v rovesciata sui fianchi che andava a morire sotto l'asciugamani. Richard si tirò indietro i capelli umidi e fece un sorrisetto consapevole.

- Lo spettacolo è di tuo gradimento?

Becky si riscosse:

- Ero solo sovrappensiero, non stavo guardando te.
- Allora decidi: o vai a fare la doccia o resti qui a guardarmi sovrappensiero mentre mi vesto.

Aveva sul volto quell'espressione impertinente che la faceva sciogliere sempre.

- Non oseresti.

Affermò lei prendendo, intanto, le proprie cose.

- Scommetti?

Rispose Richard con una mano già sul bordo dell'asciugamani.

- Sei proprio un'idiota a volte.

Rispose Becky scivolando tra lui e la porta con fare superbo e sobbalzando quando lui le diede una pacca sul sedere sghignazzando:

- Deficiente!

Mentre l'acqua tiepida le scorreva sulla pelle Becky ripensò a tutto quel viaggio. Doveva darsi una calmata e stare meno sulla difensiva, decise. In fondo era vero che i motivi di scontro con Richard erano tanti, ma era vero anche che fosse innamorata di lui e non poteva più negarlo. Forse poteva lasciarsi un po' andare, in fin dei conti lui la conosceva fin troppo bene ed era inutile cercare di darsi un contegno con qualcuno che ti aveva vista nuda e inzaccherata di fango dalla testa ai piedi o col quale avevi condiviso i pasti, le sigarette e i baci. Si scrollò l'acqua dalla testa. E poi c'era pur sempre quell'Angie intorno. E ok il cameratismo e tutto il resto, ma perchè rischiare? Becky uscì dalla vasca e spannò lo specchio. Si guardò in viso, sorrise, negli occhi una lucentezza nuova. Non sapeva cosa sarebbe accaduto da lì in avanti, ma quella settimana era stata fin troppo imprevedibile e perchè non provarci, dopotutto. Come dicevano, quando erano ragazzi: non resistere, segui il flusso. Becky decise che avrebbe seguito l'onda e avrebbe visto dove l'avrebbe portata.
Quando se la vide davanti Richard non riuscì a trattenere un sorriso, a parte gli ultimi giorni, era sempre stato abituato a vederla più che perfetta in abiti di alta sartoria invece in quel momento Becky aveva i capelli ancora umidi e indossava un vestitino estivo rosso scuro a motivi batik che le arrivava alle ginocchia, ai piedi gli scarponcini e sembrava così giovane.

- Cosa?

Chiese lei vedendo il suo sorriso.

- Mi ricordi una ragazzina che ho conosciuto tanti anni fa.
- Era interessante?
- Mah non so, girava sempre con mia sorella.

Le fece l'occhiolino e Becky ridacchiò.

- Dai, sarà meglio andare.

Ma quando arrivarono davanti al consolato, dopo un’altra corsa in taxi del cui costo Richard si era lamentato dato che avrebbero potuto prendere l’autobus, i due si resero conto che gli uffici aperti al pubblico erano chiusi e poterono solo segnalare la presenza di Becky. Con un gemito la ragazza si mise le mani nei capelli capendo che ogni pratica doveva essere rimandata al giorno successivo:

- Oh no! E ora come faccio? Non ho documenti, non ho soldi...sono come una di quegli sbandati, apolidi: una profuga!
- Eddai, ora non esagerare! Sai che facciamo? Ora andiamo a mangiare all'ostello e poi ti presterò la mia camera per stanotte.
- Molto conveniente per te.
- A parte, che non sarebbe la prima volta che dormiamo insieme. Ma no, non ti preoccupare, andrò a dormire da qualche amico.
Becky arricciò il naso, non le sarebbe dispiaciuto per la verità passare la notte con lui, perciò protestò:
- No, non posso permettertelo!
- Andiamo zucchina, non è una cosa che non ho mai fatto, dormire qua e là. Si vede che hai bisogno di farti un bel sonno e di stare un po' per conto tuo. Basta, sono stanco anche io e non mi va di discutere.

Becky suo malgrado cedette, era davvero troppo stanca per armare una polemica tra l'altro sterile, avevano avuto una giornata lunga. Ma era un po’ delusa. Anche Richard aveva voglia di stare per conto suo, il contatto così ravvicinato con Becky l’aveva snervato e non solo in senso negativo. Ad ogni minuto che passava avrebbe voluto stringerla a sé e baciarla. Aveva bisogno di riflettere e rimettersi insieme.
Durante la cena Becky ebbe modo di conoscere gli altri appartenenti all'associazione: erano di tutte le età ed etnie e provenivano un po’ da tutto il mondo. Una cosa li accomunava, la passione per quello che facevano, salvaguardare il pianeta dall’incuria e dall’egoismo degli uomini.
Richard chiacchierava e rideva, ma si vedeva che anche lui fosse stanco. Le presentò un ragazzone ivoriano che parlava un inglese con una voce gutturale dall'incredibile morbido accento che si era dimostrato disposto ad ospitare Richard per quella notte. A un certo punto, mentre Becky era sola a sorseggiare un bicchiere di vino rosso scadente, Angelina la raggiunse, una bottiglia di birra in mano. Angie inclinò la bottiglia verso il suo bicchiere e Becky rispose a quella specie di brindisi. Era curiosa di conoscere meglio la ex di Richard e non le dispiacque fare due chiacchiere con lei. Inevitabilmente finirono per parlare dell’uomo:

- Pensavo vi foste lasciati di comune accordo.
- No no, l'ho lasciato io. Semplicemente non si può competere con l’associazione.
- Già, il salvataggio dell'ambiente e tutto il resto…

Il tono di Becky si era fatto sarcastico, mentre roteava gli occhi verso l’alto e Angie ribatté sincera:

- Certo! Cosa c'è di più serio? Nemmeno Ricks è così importante.

Becky suo malgrado, ridacchiò. Angie guardò nel vuoto, dopo aver fatto un sorso di birra, riprese a parlare:

- No, era qualcosa di più indefinibile, un fantasma che lo perseguitava forse, non so. Era come distratto, pensieroso e non mi cercava neanche più...sai in quel modo.
- Ti tradiva?
- Chi, l'integerrimo Richard? No, no. Te l'ho detto: era qualcosa di più indefinibile. Figurati che una volta l'ho sorpreso a comprare un mazzo di girasoli. Lui disse che erano per me. Ma io li detesto e lui lo sa. Ma sarai stanca e io ti ho tenuto qui con le mie chiacchiere. Vado a cercare Ricks a dirgli di portarti via.

Le diede una pacchetta su un ginocchio e si allontanò. Becky la guardò ondeggiare via con un groppo in gola. Non si era davvero aspettata quella rivelazione e prima ancora la scoperta della foto. Una minuscola speranza stava rifiorendo nel suo cuore e si trovò a sorridere. Forse era un po’ brilla. Richard la scorse tutta sola, le gote rosse per l’alcol e le labbra modellate all’insù. Avrebbe dato qualsiasi cosa per tenerla tra le proprie braccia quella notte. Invece, la chiamò e la scortò verso l’alloggio. Mentre si separavano Richard diede le ultime indicazioni a Becky:

- Sei fortunata, ho cambiato le lenzuola prima di partire.

- Allora, sei sicuro che non vuoi restare qui stanotte?

Provò un’ultima volta Becky guardandolo da sotto in sù. Richard deglutì, era così difficile resistere a quegli occhi da cerbiatta, ma represse l’impulso di spingerla dentro e rispose:

- Ci vediamo domani mattina, zucchina.
- Non chiamarmi zucchina!
- Preferisci micetta?
- Vattene, idiota!


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Capitolo 14
*** Altro giro, altra corsa ***


Altro giro, altra corsa








La mattina successiva di buon'ora, dopo una colazione veloce, Becky e Richard erano già davanti all'Alto Commissariato Britannico cercando di farsi ricevere. La donna si sentiva riposata e battagliera. Quando si era ritrovata da sola nel letto prestatole dall’amico aveva immaginato che avrebbe stentato ad addormentarsi, invece appena messa la testa sul cuscino era crollata, cullata dal residuo odore di Richard che permeava la sua camera. Come mise piedi nell'edificio Becky provò una sensazione di familiarità e si sentì come trasportata a casa: per quanto fosse situato in un luogo esotico, il Commissariato sfoggiava la stessa identica aria deprimente di tutti gli edifici pubblici e solo osservando le palme risplendere al sole fuori dalle finestre avrebbe potuto indovinare di essere altrove e non in Regno Unito. Le pareti grigiastre erano intervallate da bacheche di vetro e legno in cui erano appese le comunicazioni di servizio, alcune panche di legno scuro, reso lucido dall'uso, erano collocate strategicamente accanto alle porte degli uffici, il linoleum azzurrino del pavimento scricchiolò sotto i loro passi. Al bancone delle informazioni all'ingresso un impiegato cicciottello dalle folte basette la cui moda risaliva almeno a dieci anni prima diede le indicazioni necessarie alla coppia. Gli impiegati si dimostrarono tutti molto gentili e spiegarono nel dettaglio quali fossero i compiti che potevano assolvere. Becky e Richard avevano deciso che sarebbe stato meglio non raccontare tutto nei minimi particolari, anzi di mantenersi piuttosto sul vago; a nessuno dei due andava di essere coinvolto in un caso di rapimento e traffico di stupefacenti internazionale. Così Becky aveva raccontato con semplicità che era stata derubata da ignoti. Non le avevano nemmeno richiesto di fornire un identikit dei presunti ladri, in ogni caso avrebbe volentieri descritto i lineamenti di Raul e dei suoi scagnozzi, per quanto ricordava. Le sembrò tutto molto efficiente se non fosse stato che quel giorno i terminali si bloccavano spesso e le operazioni procedevano a rilento. Becky sedette urtata:

- Di questo passo ci metterò tutto il giorno.
- Che ti hanno detto?
- Che bisogna aspettare. Ora hanno inviato un telex a Londra e in mattinata mi faranno sapere. Senza documenti, non posso neanche prelevare il mio denaro, ti rendi conto? Dio, odio la burocrazia!
- Ho bisogno di fumare, vuoi che ti porto qualcosa dalle macchinette?
- Una dose di fortuna?

Richard sorrise e le diede una carezza sulla spalla prima di uscire. Si appoggiò al muro e si accese una sigaretta. Mentre osservava il fumo che saliva al cielo rivedeva il visetto sconsolato di Becky. Sapeva che si poteva andare per le lunghe, si vociferava di un'imminente rivoluzione informatica, ma la verità è che a parte terminali negli uffici pubblici tutto si muoveva ancora per fax e telex. Che grande spreco di carta e di tempo.
Quando tornò dentro aveva comunque in mano due lattine di coca cola e una barretta al cioccolato che porse a Becky che stava giochicchiando con la stanghetta degli occhiali.

- Sai che non posso...
- Non essere ridicola, sei pelle e ossa.

Con riluttanza Becky accettò, più per avere qualcosa da fare per passare il tempo, che per vera fame. Ma apprezzò il gesto.

- Allora, novità?

Richard si sedette sulla panca, Becky fu raggiunta da una zaffata del suo odore e arricciò il naso.

- Si, per i documenti forse già in giornata dovrei riuscire ad avere quantomeno una copia della denuncia di smarrimento. L’impiegato mi ha spiegato che potrei avere una specie di passaporto di emergenza, ma costa ottanta sterline! Dove li prendo tutti quei soldi? Ma senza documento non posso ritirare nemmeno i soldi e senza quelli non posso pagare per i documenti di emergenza. E' un cavolo d'incubo!
- Non ci sei abituata, eh? A vivere alla giornata, dico.
- Non ci sono più abituata e no, grazie tante ho fatto di tutto per non dover vivere mai più così.

Richard si appoggiò alla panca con le mani incrociate dietro la testa e le scoccò un'occhiata in tralice:

- Ma pensa alla libertà che hai, niente orari, niente stupidi tailleur e tacchi assassini.
- Nessuna regola, né responsabilità...
- No, non direi: quella di cercare di mantenere in vita il pianeta e le sue creature non è una responsabilità da poco, invece.

Guardò l'orologio e si alzò.

- Dove vai?

Gli chiese allarmata Becky.

- Al contrario di quanto pensi io avrei anche un lavoro. Dai, ci vediamo dopo, tanto so dove trovarti.
- Non mi lascerai mica sola qui tutto il giorno!
- Sono sicuro te la caverai e poi starò via solo un paio di orette.

Le lanciò un bacio e se ne andò. Becky si appoggiò con un gemito alla panca. In verità Richard, mentre fumava, aveva preso una decisione. Non aveva raccontato una bugia alla donna, aveva davvero del lavoro da fare, riempire scartoffie e altre cose e soprattutto doveva spiegare come e perchè avesse perso uno dei motoscafi dell'Associazione, un danno notevole. Sospirò. In quel momento però erano cose che potevano aspettare. Ora la priorità era un'altra e doveva richiedere alcuni favori. Per prima cosa s'infilò in una cabina telefonica: il telefono squillò diverse volte, quando sentì la voce dall'altra parte Richard si raddrizzò e si riavviò i capelli come se potessero vederlo. Dopo alcuni minuti di convenevoli Richard partì all'attacco:

- Mi servirebbe un favore...No, non è per me.

Dopo aver spiegato di cosa si trattasse rimase paziente all'ascolto delle rimostranze dell'altro a cui rispose:

- Non te lo chiederei se non fosse importante. Non devi fare nulla, solo...esatto. Sì, lì nei vostri uffici, ma non lo so come lo spiegherai! Una busta, non ti chiedo altro. Ti porterò tutto, ti farò una chiamata così puoi uscire un momento per una pausa caffè. Puoi farlo per me? Grazie, grazie! Sei un amico! Sì, ci faremo trovare lì. Va bene, va bene. A dopo.

La prima parte del piano era andata a buon fine, Richard sorrideva mentre s'infilava in un edificio dall'aria ufficiale.

- Ne è proprio sicuro?

Chiese l'impiegata. Richard rispose affermativo, aveva agito d'impulso, ma più ci pensava e più credeva di aver preso la decisione giusta.

- Ci vorrà qualche minuto, intanto può firmare questi moduli.

Dopo un'ora trascorsa a firmare moduli, liberatorie e altre scartoffie varie, Richard uscì dall'edificio e si sentì più pesante e più leggero: una sensazione curiosissima. Gli mancava solo un'ultima tappa da affrontare e poi poteva dire di avere concluso. S'infilò in un secondo edificio. Forse avrebbe potuto essere più complicato questa volta, ma conosceva il proprietario ed era sicuro che ci sarebbe riuscito. Valutò l'importanza di avere delle buone relazioni sociali e sapeva che avrebbe dovuto restituire diversi favori, ma non gli importava. Dopo alcune ore era di ritorno nel quartiere degli uffici pubblici e si fermò a fare una telefonata alla stessa cabina di prima. Al termine guardò l'orologio e si recò ad aspettare in un caffè appena attraversata la strada. Dopo pochi minuti un uomo alto con un riporto color sabbia e grossi occhiali quadrati lo raggiunse.

- Non so che cosa hai mente, ma non lo farei se non fossi tu.

Infine, dopo aver sbrigato i suoi affari, come promesso, Richard rientrò al Commissariato. Trovò una Becky ancora seduta sulla panca ad aspettare che le dicessero qualcosa. Era ripiegata su se stessa, i gomiti appoggiati alle ginocchia e il viso a sua volta trattenuto tra le mani: sembrava l'immagine della desolazione. Si stropicciava un lobo dell'orecchio come faceva sempre quando era agitata o nervosa.

- Sei tornato!

Disse, il viso aperto in un sorriso, non appena si accorse di Richard.

- Andiamo a pranzo?
- Ma devo aspettare qui!
- Ti hanno detto di aspettare qualche ora, non che devi piantonare l'ufficio. E poi guarda stanno chiudendo al pubblico.

Era vero. Un impiegato stava gentilmente annunciando la chiusura e stava esortando i cittadini presenti a ritornare nel pomeriggio. Becky si lasciò sospingere fuori da Richard.

- Allora l'ufficio riaprirà alle due - Richard guardò l'orologio - abbiamo tempo per mangiare con calma.
- Di nuovo l'ostello?
- No, voglio portarti a fare un giro al porto. Che ne dici di tamales e birra? Voglio farti provare questo posticino...

Di ritorno all'Alto Commissariato Becky fu chiamata direttamente da una impiegata presso l'ufficio di quello che sembrava un funzionario di alto rango. Quello salutò con cordialità la ragazza e la fece accomodare. Dopo qualche convenevole finalmente l'impiegato giunse al punto:

- E' fortunata Miss Mueller. A quanto pare qualcuno ha interceduto per lei.

Becky aggrottò le sopracciglia, lei non conosceva nessuno in quel paese a parte Richard, ma dubitava che lui fosse così introdotto.

- C'è un fondo speciale che, a discrezione dell'Alto Commissario, può essere erogato a cittadini in particolare difficoltà. Mi sembra sia il suo caso.

Le consegnò una busta con il logo dell'Alto Commissariato e del Regno Unito. All'interno c'era un biglietto aereo per Heathrow, via Miami, a data aperta e una quantità di banconote.

- Purtroppo per i suoi documenti dovrà aspettare ancora una giornata almeno, ma intanto può provvedere alle sue prime necessità, fintanto che è qui.

Becky si sentì piena di gratitudine e rinnovata fiducia per il suo paese. Avrebbe avuto voglia di abbracciare il funzionario, ma si limitò a un caldo sorriso e a un cenno grazioso con il capo.

- La ringrazio veramente, non so dirle quanto questo significhi per me. E mi piacerebbe che i miei più sentiti ringraziamenti arrivassero al mio benefattore.
- Di questo non credo che si debba preoccupare

Fece quello con un sorriso spingendosi i grossi occhiali sul naso. Quando uscì dall'ufficio Becky era raggiante e sventolò la busta davanti al volto di Richard.

- Ma chi potrebbe avermi aiutato?
- Non saprei, avrai di sicuro conoscenze importanti a Londra.

Becky si stropicciò il lobo dell'orecchio tirando fuori il labbro inferiore:

- Forse quando ho chiamato Hugo lui si è mosso per darmi una mano. In fin dei conti è colpa sua se sono in questa situazione.
- Già, il buon vecchio Hugo. Per fortuna c'è lui.

Le fece eco un Richard rannuvolato in volto.

- Sei geloso?

Il tono di Becky era malizioso.

- Ma figurati, non c'è proprio nulla di cui essere gelosi. E ora che vuoi fare?
- Credo che prenoterò una camera in hotel e il volo di ritorno. E poi un po' di shopping...E la Regina ci offrirà un'ottima cena!
- Hey, vacci piano sono sempre soldi dei contribuenti.

Non l'avrebbe mai ammesso, ma Richard adorava vedere Becky così animata: quando era di buon umore sapeva essere una donna splendida e divertente. Quel pomeriggio lo trascorsero tra le vie del centro e negozietti di souvenir del porto. Becky sembrava instancabile, era come se volesse bere tutto con gli occhi, vivere tutta l'animazione della cittadina. Richard le arrancava dietro fingendo di essere scocciato ma intimamente contento di trascorrere tutto quel tempo con lei ridendo e scherzando.

- Ma non c'è una boutique in questa città?

Esplose a un certo punto Becky.

- Non hai comprato già di che vestirsi?

Rispose Richard alzando una mano e mostrando le buste di vari negozi di abbigliamento.

- Ma quelle sono solo due cosucce per il rientro. Stasera per la cena voglio mettere qualcosa di... ricercato.

Il tono della voce si era fatto suggestivo e Richard deglutì.

- Non so, non sono un buyer professionista.
- Ma io si. Questa è uno scalo turistico importante e scommetto che ci vengono anche donne danarose desiderose di spendere i propri soldi non solo in ninnoli e chincaglierie, no?

Richard si strinse nelle spalle, tirandosi indietro i capelli. In realtà Belize City pur essendo la capitale del paese non era così turistica come immaginava Becky e inoltre, le raccontò Richard, qualche anno prima era stata devastata dall'uragano Hettie, così il governo aveva deciso di costruire un'altra capitale in un luogo più riparato. Di conseguenza tutte le attività più importanti avevano iniziato a trasferirsi a Belmopan e lì a Belize City erano rimaste le strutture burocratiche in attesa di ufficializzare il trasferimento. Becky aveva imbronciato le labbra a quelle notizie, ma non si diede per vinta e finalmente dopo aver camminato in lungo e in largo lungo le vie a ridosso del porto e del ponte sul canale, trovò un negozio che le piaceva. Un piccola boutique che si dava arie di lusso, ma in effetti era solo pretenziosa, era gestita da una signora creola dai crespi capelli biondi accuratamente acconciati. Invitò la coppia ad entrare con un sorriso cordiale.

- Il suo fidanzato può aspettarla a uno di questi divanetti.

Mostrò un piccolo divano dalla tappezzeria zebrata, proprio davanti ai camerini celati dalle tende iridescenti di un vivido fucsia.

- No, ma non siamo fidanzati!
- E' solo un amico!

Si affrettarono a esclamare entrambi parlandosi addosso. La signora rispose con un sorrisetto e un'alzata di spalle e invitò Becky a scegliere ciò che più le piacesse.

- Mi chiami pure, se ha bisogno!

Concluse sparendo a seguire i propri affari. Richard seduto sul divano fumava, mentre Becky gli aveva intimato di aspettarla.

- Rick, che ne dici di questo? Sincero!

Becky indossava un abito rosso con la gonna a ruota e il corpino a cuore che non le faceva giustizia. Richard la osservò incantato percorrendo con lo sguardo il suo corpo flessuoso, dalle caviglie sottili alle clavicole nude, ma storse la bocca deciso a indispettire Becky:

- Mmmh, non ci siamo. Puoi fare di meglio.

Becky strinse le labbra e tornò dentro. Uscì dopo pochi minuti con un tubino giallo oro che le fasciava in maniera a dir poco illegale la figura che fu nuovamente bocciato da Richard anche se l'aveva praticamente spogliata con gli occhi. Becky tornò dietro la tenda con un sorrisetto: aveva capito il suo gioco. Continuarono così per altre due o tre volte. Becky si stava divertendo moltissimo. Di solito faceva quel gioco con Brenda e mai si sarebbe immaginata avere, invece, suo fratello come controparte. Ma Richard sapeva essere divertente e caustico quanto bastava e lei di proposito aveva scelto degli abiti orribili solo per il gusto di sentire i suoi commenti sarcastici. Suo malgrado anche Richard si stava divertendo, Becky era splendida con ogni abito che sceglieva, per la verità, ma lui stava al gioco gratificato ad ogni risata che riusciva a strapparle.

- Di questo che ne pensi?

Lui, che si stava per accendere un'ennesima sigaretta, rimase col il gesto bloccato a metà imbambolato: Becky indossava un vestito di satin verde smeraldo i cui lembi superiori si incrociavano dietro al collo, mettendo in risalto le spalle e il seno e con la gonna fluida fino al ginocchio.

- E' lui. Toglilo...cioè tienilo.

La voce di Richard si era abbassata di un'ottava grattandole le orecchie e le procurò un brivido di piacere. Becky allungò le labbra in un sorrisetto malizioso: sapeva che avrebbe fatto colpo e sparì nel camerino.



Angolino Autrice

In realtà Belize City è stata distrutta dall’uragano Hattie nel 1961, il che portò alla decisione di costruire la nuova capitale del paese, Belmopan, nel 1970. Ma per motivi di trama ho spostato cronologicamente avanti di circa 15 anni tutta la questione.

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Capitolo 15
*** En un solo momento una eternidad ***


En un solo momento una eternidad








Quando aveva visto il posto in cui l’aveva portata Richard, una villetta a un piano bianca come molte in città, Becky aveva pensato che fosse una casa di amici, ma non appena entrata si rese conto che invece era un piccolo locale a gestione famigliare, ma con una certa classe. Richard salutò con la mano uno dei camerieri, segno che doveva essere un abituè del luogo e il cameriere li condusse a un tavolo sul retro, affacciato sul piccolo cortile del ristorante. Era decorato anch’esso con bandierine colorate e piccole luci tutt'intorno a delineare il perimetro. Al centro del cortile c’era una pista da ballo e un dj che proponeva il set musicale. Becky era splendida con il vestito verde, sandali piatti a listini di cuoio che le ingabbiavano i piedi magri e i capelli spettinati ad arte che le ammorbidivano i lineamenti. Quando era scesa per incontrare Richard era rimasta un attimo incantata a guardarlo: aveva i capelli ondulati ancora umidi per la doccia e si era curato la barba, indossava i soliti jeans e stivaletti, ma aveva messo una camicia bianca con le maniche arrotolate fino agli avambracci, segno che doveva aver fatto uno sforzo notevole.

- Che eleganza!

lo prese in giro lei, con un sorriso.

- Non potevo sfigurare, ti pare?

Il ristorante aveva un menù speciale e entrambi piluccavano le pietanze, mentre ridevano ricordando episodi del passato. Erano rilassati, come se quella sera fosse stata una tregua della strana tensione che c'era sempre stata tra loro.

- Come mai c’è tutta questa animazione? C’è qualche festività in particolare?
- Come, non sai che fra qualche giorno è il compleanno della Vecchia? Sai, Elisabetta…
- Oh, giusto il 21 aprile. Ma non urlare così, sei oltraggioso!
- Pfff, è solo una donna anziana seduta su un pezzo di legno ricoperto di velluto.
- Per fortuna tua nonna non è qui a sentirti…

Richard fece una risatina e rubò una patata fritta dal piatto di Becky e cambiò discorso:

- Non ti ho chiesto che cosa ti ha detto Hugo.
- Oh, è tornato a Miami per seguire l'affare, come mi aveva detto.
- Ho idea che ti abbia fregato.
- Al contrario, è stato abile a mantenere la mia assenza celata alla società. In effetti loro sanno che io sto a Miami.
- Per questo vuoi mantenere un basso profilo.
- Già. Tra poco meno di una settimana però dovremmo essere entrambi a Londra. Ma non ho voglia di parlare di lavoro.
- Strano.
- Scemo!

Esclamò lei infilzandogli una mano con i rebbi della forchetta per gioco. In realtà la telefonata con il collega era stata molto tesa, lei lo aveva accusato di averla spinta in una trappola e che se fosse stato per lui avrebbe potuto anche essere morta, per quanto gliene fregava. Lui si era scusato con veemenza dicendole che aveva parlato molte volte con Raul nel frattempo che gli aveva sempre assicurato che lei stesse sana e in salute, ma che stava iniziando ad avere dei dubbi. Tanto che se non fosse stata per quella sua telefonata avrebbe chiamato lui stesso le autorità per denunciare la sua scomparsa, e che si fottesse l’affare di Miami. Becky aveva creduto parzialmente alle sue spiegazioni, ripromettendosi che comunque gliela avrebbe fatta pagare prima o poi. Ora inclinò il capo per ascoltare meglio la musica reggae che proveniva dall'area da ballo del ristorante.

- Questa canzone mi piace, perchè non balliamo?
- Cosa? No, no.
- Oh andiamo, non fare il guastafeste. Una volta ballavi!

Implorò lei alzandosi e tirando Richard per una mano.

- Se per ballare intendi pogare e saltellare in giro come uno scemo, te lo posso concedere...va bene, va bene, eccomi!

Si portarono sulla pista, mentre le parole di Bob Marley si libravano nell'aria. La canzone sfumò in una più lenta che prese il suo posto. Becky si fermò e imbronciò le labbra.

- Oh, che peccato: è finita.

C’era delusione nei suoi lineamenti e Richard la prese tra le braccia:

- Beh, volevi ballare. Balliamo.

Becky fece solo un minimo di resistenza, poi si lasciò cullare dall'abbraccio dell'uomo. Volteggiavano lentamente dondolandosi l'uno nelle braccia dell'altro. Becky si appoggiò al torace dell'uomo inalando la sua colonia e il suo odore, le labbra di Richard erano appoggiate ai suoi capelli e le sue mani forti la tenevano per la vita. Il canto sembrava disperato e Becky alzò il capo:

- Di cosa parla?

Richard che conosceva lo spagnolo le sorrise:

- E’ una canzone d'amore.
- Mi sembra molto triste.

Richard inclinò la testa per captare le parole:

- Lui è molto triste e arrabbiato.
- Perchè?
- La donna che ama non lo vuole.
- Tipico.

Ascoltarono ancora un po' le parole in silenzio volteggiando tra le altre coppie, Richard piegò la testa in ascolto:

- Ma lui sa che anche lei lo ama.
- Se lo ama, dovrebbe stare con lui.
- Lei ha paura a quanto pare.
- Che stupidaggine. Non si dovrebbe avere paura dell'amore.
- Già.

Richard rispose quell'unica sillaba amara. Rimasero in silenzio, Becky appoggiò il capo al petto dell’uomo e si morse il labbro inferiore, ripensando a quello che aveva appena detto e dandosi della stupida. Dopo un paio di giravolte e un lungo bridge di chitarra il canto ricominciò. Richard la premette a sé un po’ di più:

- E' stanco, ma non vuole darsi per vinto.

Le mormorò di nuovo. Becky chiuse gli occhi, mentre le parole le cadevano nelle orecchie. Richard le sollevò il viso dopo un attimo ancora di silenzio e lei lo guardò con occhi sognanti:

- Le ha promesso un'ultima notte d’amore - Si lasciò scappare un sorrisetto - Tutta la notte.

Becky sgranò gli occhi e lo colpì scherzosa al bicipite:

- Te lo sei inventato. Ti sei inventato tutto!

Per tutta risposta Richard sorrise e fece spallucce, la canzone era terminata e tornarono al loro posto, pensierosi.
La sera era tiepida e profumava di fiori tropicali, cibo e salmastro. Becky rabbrividì mentre camminavano verso il suo hotel e Richard le mise un braccio intorno alla spalla e la strinse a sè per tenerla al caldo. Erano silenziosi, sazi e rilassati, un brivido di anticipazione spirava tra di loro. Era qualcosa che era accaduto raramente. Di solito scherzavano con ferocia o lasciavano che l'astio fermentasse tra di loro esplodendo poi nei più caustici insulti o nelle nottate più sfrenate, alimentando il fuoco che li ardeva fino a lasciarli freddi e un po' più distanti di prima. Ma quella sera, anzi quella settimana c'era stato un sottile cambiamento nella loro dinamica, non avevano più parlato della notte alla capanna, quando avevano lasciato una volta di più che la passione repressa sfogasse nel sesso più bollente. Dopo le liti e le prese in giro sarcastiche, era nata tra di loro una nuova complicità di cui erano stupiti e grati essi per primi.
Erano arrivati davanti alla porta della camera di Becky, incerti sulla prossima mossa.

- Che farai adesso?

Chiese stupidamente Richard, Becky fece una risatina:

- Credo che andrò a dormire o forse vedrò se c’è qualcosa da bere nel frigobar.
- Se hai voglia di svuotare tutte le bottigliette posso darti una mano.

Si tirò indietro i capelli con una mano e Becky lo guardò da sotto in sù con occhi da cerbiatta:

- Sai, avrei proprio bisogno di aiuto. Entra.

Accese uno dei paralumi che diffuse una luce ambrata e lasciò cadere la borsa su una sedia. Quando si voltò Richard le mise le mani sulle spalle nude, si leccò le labbra e la guardò serio:

- Quello che diceva la canzone, per quanto mi riguarda, era vero.

Per qualche secondo nessuno dei due parlò lasciando che fossero gli occhi a scrutarsi le anime. Becky aprì appena la bocca e colmarono lo spazio tra di loro, le labbra di Richard erano elastiche e premevano su quelle di Becky, in attesa che lei gli desse l'accesso. Le sue grandi mani calde vagavano sulle spalle e sulla vita, sulla schiena. Lei gli circondò il collo con le braccia, incastrando le dita nei capelli di lui. Procedevano lenti, assaporandosi, lasciando che il desiderio crescesse. Richard accarezzò le spalle rotonde e iniziò a sciogliere il nodo dietro la nuca della donna, ma Becky lo fermò mettendogli le mani sulle mani. Lo guardò dritto in viso e sciolse lei stessa i lembi del corpetto, scivolò fuori dal vestito, mentre lui si mordeva il labbro inferiore sorridendo. Era gloriosa, la penombra offuscava le imperfezioni lasciando intravedere solo la pelle cremosa, le lunghe gambe nervose e i piccoli seni intrappolati nel pizzo. Si avvicinò a Richard, gli slacciò i bottoni della camicia e la lasciò scivolare lungo le sue braccia scolpite, lui contrasse gli addominali mentre le unghie di lei gli passavano lungo i pettorali. Si abbracciarono scambiandosi calore e si baciarono di nuovo ovunque le loro labbra potessero arrivare. Si avvicinarono al letto e Richard fece sedere Becky mentre si inginocchiava. Le prese un piede e le slacciò i listini di cuoio, baciò l'interno della caviglia mentre lei tratteneva il respiro sorpresa. Fece lo stesso con l'altro piede, questa volta baciando la piccola nuova cicatrice sul dorso. Lei gli carezzò i capelli, gli occhi offuscati dal desiderio. Per una volta i gesti di Richard non erano dettati dalla pura lussuria, ma le sue labbra vagavano con adorazione lungo il corpo della donna. Lei si stese all'indietro, avvolse una delle gambe intorno alla sua vita e lo sentì, la sua erezione premerle contro il centro della sua femminilità. Le stava piantando piccoli bacini teneri lungo tutto il volto e sebbene lei stesse impazzendo di desiderio lo lasciò fare, voleva godersi ogni singolo battito di cuore di quella notte. La carezzò in viso mentre la guardava, gli occhi verdi colmi di amore e desiderio e lei baciò le punte delle sue dita ricambiando la carezza. Si allungò a baciargli la mandibola, la gola, la clavicola, con la lingua tornò indietro fino a trovare il suo punto segreto, il neo sotto l'orecchio, quello che aveva reclamato come suo tanti anni prima. Il gemito di Richard fu la sua ricompensa e lei sorrise. Ma gemette a sua volta quando lui le succhiò un capezzolo da sopra il pizzo. Con dita abili la liberò dell'ormai inutile indumento e avvicinò i seni tra loro, baciò a turno i capezzoli e poi li prese tra le labbra succhiando lieve, la lingua che disegnava un otto tra l'uno e l'altro. Becky si inarcò all'indietro spingendo il pube contro il bacino dell'uomo. Lo stava implorando adesso, scivolò da sotto di lui, liberandosi e gli si mise a cavalcioni, Richard rise. Chiuse gli occhi e sibilò mentre lei lo baciava per tutta la lunghezza da sopra gli slip. Richard aprì gli occhi a guardarla, mentre lo liberava e continuava a leccarlo, gli sguardi s'incontrarono e fu fuoco.

- Dio, ti voglio così tanto.

La voce gutturale raspò le orecchie di Becky procurandole un brivido, si adagiò sulla schiena e aprì le gambe in un invito senza parole.
Fecero l'amore con lentezza e tenerezza sussurrandosi promesse d'amore e parole dolci. Si persero e ritrovarono, ridendo, ansimando, muovendosi l'uno contro l'altro, sepolti profondamente nel proprio piacere che si schiantava contro di loro a ondate sempre più forti fino a che trovarono una sospirata liberazione. Dopo, per un bel po' rimasero in un silenzio sazio e complice, abbracciati stretti. Becky respirava il sudore dell'uomo a occhi chiusi, lui le aveva intrappolato la mano contro il proprio torace e lei poteva sentire il battito del suo cuore, passò le dita tra la peluria del petto e percepì la vibrazione della sua risata. Sollevò il capo a guardarlo:

- Cosa c'è di così divertente.
- Tutto. Niente. Sono felice.
- Sei solo saturo di sesso.

Per tutta risposta lui le prese il mento con due dita e si allungò a baciarla.

- Anche io sono felice, Rick.

Mormorò lei sulle sue labbra. Ma una strisciante paura iniziò a lambirla, perchè ogni volta che si lasciavano andare alla passione lo scotto da pagare era delusione e lacrime e lei era stanca di quel dolore. Lui si accorse del sottile cambio di umore di Becky, ma invece di irrigidirsi e cercare di farle cambiare atteggiamento, le permise di lasciarsi andare. Le lacrime si ammucchiarono ai lati degli occhi della ragazza e scivolarono a inzuppargli il petto. Era troppa, l'emozione, era troppo complicata perchè lei riuscisse a gestirla. Avrebbe solo voluto stare per sempre tra le braccia dell’uomo, al sicuro. Lui la strinse di più a sè facendole percepire che non andava da nessuna parte e le baciò i capelli. Fecero l'amore ancora e ancora lavando via la paura per quella notte.
La mattina dopo li ritrovò avvinghiati, le lenzuola sgualcite avviluppate intorno le gambe.

- Ciao.

Sussurrò Richard baciando il naso di Becky che sorrise e si stiracchiò.

- Buongiorno…

Aprì gli occhi e trovò Richard che la guardava appoggiato ad un avambraccio, gli occhi che sfavillavano nella luce mattutina.

- Spegni quei fanali!

Becky fece finta di coprirsi gli occhi come abbagliata, facendo scoppiare a ridere Richard che si rovesciò su di lei. Giochicchiarono per qualche minuto confondendo i baci alle risatine.

- Dai, è troppo presto per tutto questo movimento!

Mormorò senza fiato Becky e Richard si sporse a guardare l'orologio sul comodino, che segnava le sette.

- Allora che ne dici se facciamo la doccia e poi colazione.
- Perché non ce la facciamo portare qui?

Suggerì invece lei suggestiva. L'uomo guardò il soffitto come a soppesare quella proposta:

- Idea affascinante, ma non fare la pigrona su! Voglio farti vedere un po' di cose prima che parti.

Becky gemette, mentre Richard si districava dalle lenzuola e si alzava.

- Rick - lo richiamò lei - Quello che hai detto nella capanna l’altra notte, è vero?

Richard si bloccò per un momento mentre si avvolgeva un asciugamano intorno ai fianchi, pensava che lei non lo avesse sentito. S'inginocchiò a metà sul letto, sorridendo:

- Ti amo da quando ho diciannove anni, zucchina.

Le confessò con una punta di sarcasmo nella voce, vinto dal suo stesso sentimento. Lei si sollevò lasciando scivolare il lenzuolo a svelare le proprie forme nude e lo baciò attirandolo a sé di nuovo sul letto. Dopo qualche minuto di coccole l'uomo si liberò di nuovo:

- Dai, muoio di fame, vado a farmi quella doccia adesso.
- Pensavo...è ora che faccia la mia parte per aiutarti a salvare l'ambiente: possiamo farla insieme.

Finalmente la coppia scese nella hall dell'hotel, tenendosi per mano e ridacchiando. Richard stava descrivendo a Becky le meraviglia della frutta tropicale quando due uomini in uniforme kaki li bloccarono:

- Mr Jones?
- Non mi chiamavano così dai tempi della scuola superiore.

Rispose lui con il sorriso nella voce.

- Dovrebbe seguirci per favore.

Fu la risposta anodina. Il sorriso scomparve dal volto dell'uomo.

- Ma che succede? Richard?
- Ci sono problemi agenti?
- Come le abbiamo detto, dovrebbe seguirci per cortesia.

Richard si irrigidì:

- No, finché non mi sarà spiegato che cosa sta succedendo. Ho bisogno di un legale?
- Pensa che ne avrebbe bisogno?
- Ci segua senza fare storie. E' in arresto.
- Cosa? E per quale motivo!

A questo punto i poliziotti presero per le braccia Richard, che per evitare di fare troppo casino, si lasciò portare fuori.

- Becky va all'associazione, racconta tutto ad Angie: abbiamo degli avvocati.

Becky era rimasta a guardare la scena, basita torcendosi le mani in preda alla confusione. Seguì Richard e i poliziotti che lo portavano via e prima di entrare in macchina uno di loro le disse:

- Lo portiamo per interrogarlo in commissariato, signora: è accusato di detenzione di sostanze stupefacenti.

La lasciarono così impotente in mezzo alla strada.







Angolino Autrice:

Il titolo del capitolo è tratto dalla canzone Abrazame di Julio Iglesias… che è anche quella su cui ballano insieme e vabbè Richard se la traduce un po’ a modo suo, d’altra parte deve portare acqua al suo mulino! XD
La citazione del trono che è un pezzo di legno coperto di velluto Richard (sempre lui) l’ha rubata a Napoleone. Colto il ragazzo!
Infine vi lascio con questo cliffhanger con una piccola comunicazione di servizio: per tutto il mese di ottobre sospenderò questa storia per il writober in cui scriverò per un altro fandom. Mentre dedicherò il mese di novembre al nanowrimo durante il quale cercherò di finirla. Perciò ci rivedremo tra fine novembre e dicembre!

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Capitolo 16
*** La figlia di Nelson ***


La figlia di Nelson








Le facevano male i piedi, era tutta la mattina che correva da un posto all'altro per cercare di sbrogliare la situazione in cui si era cacciato Richard. Voleva capire intanto di cosa fosse accusato, così si recò in primo luogo al commissariato. Non fu difficile trovarlo perché Belize City aveva tutta la macchina giudiziaria convenientemente in un unico grande edificio bianco in stile neoclassico coloniale: tribunale, polizia giudiziaria e prigione.
Detenzione di sostanze stupefacenti, Becky si rifiutava di credere che Richard fosse stato così idiota da farsi trovare una quantità di marijuana tale per cui potessero arrestarlo. Le sembrava di essere stata catapultata in una una brutta puntata di Mike’s Angels. Nel tempo che ci aveva messo per arrivare alla sede dei Greenfighters si era rimessa in sesto ed aveva assunto il suo consueto atteggiamento di freddezza professionale. Aveva trovato un'Angelina fuori di sé, l'aveva aggredita dicendole che quella mattina presto la polizia aveva fatto irruzione nella sede. La sua agitazione sembrava spropositata rispetto a quello che era accaduto:

- Hanno perquisito tutta la sede?
- Solo gli alloggi personali

Sembrava fossero andati a colpo sicuro, pensò Becky. Angie la portò in camera di Richard e Becky ristette sulla soglia, attonita. La camera era stata messa sottosopra, il materasso rivoltato a terra, i libri aperti e lasciati dove capitava, le fotografie sparse sul piano della scrivania, i vestiti giacevano confusi a terra.

- Chi ha le chiavi?
- Solo Ricks. Ah... e una copia di tutte le chiavi sono nel mio ufficio.

Becky avrebbe voluto almeno raccogliere le foto, ma si costrinse a voltarsi verso Angie:

- Fa una cosa: chiudi tutto qui e non fare entrare nessuno. Puoi fare questo?

La donna annuì come frastornata, si scioglieva e legava i capelli in continuazione, passandosi la lingua sulle labbra, tirando su col naso. Becky l'osservò attenta, il suo comportamento era molto diverso da quello di qualche sera prima. Oltre alla naturale agitazione che poteva provocare una perquisizione della polizia, c'era qualcos'altro che non riuscì a individuare. Scosse le spalle e proseguì verso l'ingresso della palazzina.

- Rick mi ha detto che avete un legale.
- Si, ma si occupa per lo più di questioni ambientali, cose così. Devo cercare il numero.
- Va bene. Io intanto andrò all'Alto Commissariato.

E così era di nuovo negli uffici del Commissariato britannico dove le spiegarono che non potevano fornire assistenza legale, ma limitarsi a dare un elenco di nomi di avvocati o avvertire della situazione amici e parenti in patria . Di nuovo Becky ringraziò e ora era appoggiata al muro, una mano sulla testa cercando di riflettere sulle proprie opzioni.
Guardò il foglio dattiloscritto con i nomi degli avvocati che le avevano dato. Poteva aspettare che Angie le dicesse qualcosa o poteva puntare il dito su un nome a caso di quella lista. Le alternative erano allo stesso livello per lei. E intanto Richard era rinchiuso in un posto di polizia rischiando di incasinarsi ancora di più.

- Serve aiuto?

Una voce profonda e gentile la riscosse dalle proprie elucubrazioni, riconobbe il tassista che l'aveva portata qualche giorno prima. Fu risollevata dal riconoscere un volto amico.

- Non è ancora riuscita a risolvere i suoi problemi?
- I miei si. Ora il mio amico è nei guai.

L'uomo aggrottò la fronte perplesso.

- Sa dove posso procurarmi una macchina polaroid?
- L'accompagno io se vuole.

Rispose guidandola verso il taxi. Becky sentì che poteva fidarsi di quell'uomo e lo seguì ben disposta.

La sedia dove lo avevano fatto accomodare non era il luogo più scomodo dove Richard avesse appoggiato il culo e doveva ammettere che gli agenti erano stati piuttosto cortesi mentre gli contestavano le accuse: traffico internazionale di droga, detenzione e spaccio. Erano accuse gravi e poteva dirsi fortunato ad essere stato arrestato in un civile paese del Commonwealth piuttosto che negli altri paesi del Sudamerica in cui rischiava l'ergastolo senza possibilità di estradizione. Il detective a capo delle indagini, un certo Alvarez, glielo aveva spiegato molto chiaramente. Non gli avevano ancora detto però su cosa fosse basata l’accusa e lui aveva potuto solo negare recisamente qualsiasi addebito nei suoi confronti. L'avevano lasciato a cuocere nel proprio brodo in quella saletta degli interrogatori, angusta e bollente. Gli avevano spiegato con un sorrisino di compiacimento che purtroppo si era rotto il sistema di condizionamento. Iniziava ad avere sete e fame, dato che era a stomaco vuoto dalla sera prima e aveva un bisogno acuto di fumare. Non riusciva a pensare chiaramente, faceva saltellare le gambe in preda a sentimenti contrastanti e rivoli di sudore gocciolavano dalla fronte inzuppandogli i capelli e macchiando la maglietta. Lui detestava la droga, aveva visto che effetti poteva avere quella merda sulla gente e non voleva averci nulla a che fare. Un conto era fumarsi uno spinello di tanto in tanto, faceva parte del movimento di liberazione delle droghe leggere, un altro era il traffico internazionale. Aspettava che qualcuno facesse chiarezza sulla propria situazione, pensava a Becky e al suo viso spaurito dagli occhi enormi pieni di paura, a quando l'aveva avuta tra le braccia poche ore prima. Si premette le mani sugli occhi sibilando. Gli avevano fatto sempre le stesse domande per ore ed ore a cui aveva dato sempre le stesse risposte. Aveva raccontato tutto e aveva avuto come commenti risatine sprezzanti e commenti increduli

- Sicché nel giro di una settimana le hanno sparato due volte, ha trovato una villa nel bel mezzo della foresta, gli indios le hanno offerto ospitalità e poi che altro? Ha incontrato anche il Chupacabras nel frattempo?

Uno dei detective in particolare sembrava covare un astio personale contro di lui anche se Richard non riusciva a ricollegarlo al motivo specifico. Probabilmente aveva avuto qualche scontro con gli attivisti.

Nelson, così aveva detto di chiamarsi il tassista, aveva ascoltato la storia di Becky con l'orecchio aperto senza interrompere.

- Se si fida di me, forse posso darle una mano. Mia figlia è un avvocato. Possiamo andare da lei e sentire cosa ci dice, potrebbe darle il nome di un qualche suo collega.

Becky si sporse verso il sedile anteriore sorridendo:

- A questo punto qualsiasi aiuto è più che benvenuto!

Lo studio dell'avvocato Oviedo era un piccolo cubicolo ingombro di faldoni e carte. Su una scrivania di basso prezzo erano appollaiati un pc che aveva visto tempi migliori, chiaramente di seconda mano, un grosso telefono nero, una lampada di ottone opaco e dal paralume verde come quelle che si trovavano nelle biblioteche pubbliche da cui probabilmente arrivava. Sul soffitto vorticavano delle pale di legno e paglia che smuovevano con poco successo l'aria appiccicosa. Alcune piante rigogliose in vaso addolcivano l'ambiente angusto. Becky pensò che lo studio era stato messo su in seguito a una svendita aziendale e abbassò un poco le spalle. In compenso Geena Oviedo era una donna dal sorriso energico e l'aria di chi non si lascia abbattere dalle difficoltà. La pelle bruna luccicava di sudore mentre si sventolava con una delle carte e la sua stretta di mano era asciutta e salda.

- Papi, che bella sorpresa! E hai un ospite con te?
- Ti presento la signora Mueller, ha un problema da sottoporti.

La donna guardò con franchezza Becky esporre il caso, dopo che l'aveva fatta accomodare. Si mordicchiò l'interno di una guancia mentre rifletteva sulle parole di Becky, l'aveva interrotta diverse volte per farsi spiegare alcuni punti poco chiari.

- Non c'è molto da dire. Ha fatto molto bene a far chiudere a chiave la scena del delitto se possiamo chiamarla così. Lei è assolutamente sicura che il suo amico non sia invischiato nemmeno un pochino in qualche affare poco lecito?
- Gliel'ho già detto. Richard è assolutamente integerrimo, anche troppo a volte. Fuma occasionalmente qualche spinello, ma non ce lo vedo proprio a trafficare in altro.

La Oviedo strinse le labbra in una linea sottile:

- Non è che non voglia aiutarla. Ma di solito mi occupo di altri tipi di cause, sa: risarcimenti, liti domestiche, incidenti.

Becky fece per alzarsi sconfitta:

- Va bene, la ringrazio per il tempo che mi ha dedicato.
- Geena…

Il tono di Nelson era fermo mentre richiamava la figlia, quella gli lanciò un'occhiata esasperata, come se avessero affrontato un certo argomento più e più volte. Becky era in piedi, in mezzo a loro, incerta.

- Si sieda pure, intanto vediamo di capire meglio le accuse e di parlare col suo amico. Se non altro posso assicurarmi che abbia un'adeguata copertura legale.

Il viso di Becky si aprì in un sorriso mentre ringraziava con calore l'avvocato, Nelson fece un piccolo gesto di vittoria e sorrise apertamente.

Richard si tirò indietro i capelli per l'ennesima volta e si mosse a disagio sulla scomoda sedia della sala interrogatori. Gli avevano portato una bottiglietta d'acqua e un panino vegetariano per tamponare le sue necessità, ma ora doveva andare in bagno e i detective l'avevano lasciato di nuovo solo. Continuava a pensare ossessivamente a come fosse possibile essere finito in quella situazione e si chiedeva che fine avesse fatto Becky, se stesse bene, se Angie avesse trovato un avvocato e di nuovo come fosse possibile che qualcuno avesse potuto nascondere della droga nella sua stanza e perchè. Perché incastrarlo? Mentre aggrottava le sopracciglia, la porta della saletta si aprì per lasciare entrare una donna del luogo, i capelli neri tirati in una coda alta, abbigliata in un severo tailleur grigio. Richard si raddrizzò, doveva essere il suo legale.

- Sei fortunato, ecco il tuo avvocato. Ed è anche piuttosto brava.

Gli confermò Alvarez. La donna si aprì in un sorriso imbarazzato all'indirizzo dell'uomo. Ricomposto il viso in un'espressione professionale porse la mano a Richard, che aveva colto lo scambio tra i due professionisti e l'accenno di rossore sulle guance dell'avvocatessa.

- Sono Geena Oviedo. Mi occuperò della sua copertura legale, almeno per questa prima fase.
- E' uno degli avvocati d'ufficio?
- No, mi ha contattato la sua ragazza, la signorina Mueller.
- Non è...

La risposta gli era partita in automatico, ma Richard si bloccò quasi subito, riflettendo che in effetti Becky poteva essere considerata a tutti gli effetti la sua ragazza ora. Lo era? Mise da parte questo pensiero, per prestare attenzione alle parole dell'avvocatessa.

- Devo farle presente che il traffico di droga non è esattamente il mio campo, ma cercherò di fare del mio meglio. L'accusa è molto grave. Da quel che leggo qui - Aprì una carpetta di cartone e picchiettò su un foglio stampato - le hanno trovato circa quattrocento gr di coca nascosta in camera. Abbastanza per essere accusato di detenzione e spaccio.
- Ecco allora le dico subito che non solo non faccio uso di quella robaccia, ma di certo non sono uno spacciatore.
- Le hanno anche trovato venticinque gr di cannabis però.

Le labbra di Richard si piegarono in una smorfia e si grattò una guancia a disagio:

- Sì, beh...per uso personale, quella.

La Oviedo lo guardò fisso e strinse impercettibilmente le labbra, sfogliò i fogli nella cartellina.

- Qua vedo che è un'attivista e che collabora attivamente con la Guardia Costiera, ma ha avuto qualche problema in patria.

Richard sbuffò e fece sobbalzare la gamba su e giù:

- Ho solo partecipato a qualche agitazione...
- Vedo: atti vandalici, resistenza a pubblico ufficiale, occupazione di beni pubblici.
- Si, ma non mi hanno mai arrestato né mi hanno mai accusato di reati gravi.

La Oviedo chiuse la cartellina e sorrise:

- Questo è vero. A quanto mi ha raccontato Becky avete avuto una settimana piuttosto movimentata nella foresta. Conosco la villa: mio padre ha portato diverse volte all'aeroporto il proprietario. Sarebbe necessario rintracciare il custode, almeno potrebbe corroborare la sua versione. Ciò non toglie il fatto che deve spiegare come ci è finita quella droga in camera sua e quando.
- Allora mi crede?
- Quello che credo io non è importante, ma stabilire la verità dei fatti. Per il momento cercherò di farla uscire su cauzione.
- Ehm, Avvocato… avrei una necessità.
- Dica pure.

Richard storse le labbra e si tirò indietro i capelli.

- E' un po' che sono qui e dovrei...

Sollevò due dita in aria come faceva a scuola per richiedere l'uso del bagno. L'avvocatessa comprese e immediatamente si prodigò affinché Richard potesse utilizzare la toilette.
Mentre l'uomo stava espletando le sue rimandate funzioni corporali Geena si era appartata a parlottare con il detective Alvarez:

- Non posso credere che gli avete negato l'uso del bagno per tutte queste ore!
- Beh, non l'ha chiesto. E io non posso credere che ti sia messa a difendere uno spacciatore.
- Oh andiamo, lo sai benissimo anche tu che non è così.
- E la coca che abbiamo trovato in camera sua come la spieghi?
- Lo hai sentito. Non era nemmeno in città.
- Questo non spiega nulla, Geena e lo sai. E poi questo Jones è una testa calda, un'attivista sempre a protestare contro l'ordine costituito, un piantagrane.
- Essere un piantagrane non fa di lui uno spacciatore. Proprio tu, dovresti esserne ben consapevole Detective Simon Testa Calda Alvarez.
Geena si aprì in un sorriso e l'uomo rise:
- Quando questa storia sarà finita, verrai a cena con me?
- Continui a chiedermelo da quando ho iniziato il tirocinio.
- E continuerò finché non mi dirai di sì, Avvocato.

Geena scosse la testa, lusingata suo malgrado. Ma ora doveva concentrarsi su Jones e non era sicura che uscire con il detective incaricato del caso fosse la mossa migliore. Finalmente Richard uscì dal bagno e si fece strada verso di lei lungo il corridoio accompagnato da un agente. Era all'altezza della porta aperta di uno degli uffici quando si bloccò e iniziò a gesticolare chiamando qualcuno a gran voce.







Angolino Autrice:

Ecco a riprendere la pubblicazione delle avventure di Becky e Richard. Ora dovremmo procedere in scioltezza fino alla fine! Il telefilm a cui si riferisce Becky, ovviamente sbagliando (non ce la può fare! XD) è Charlie’s Angels.

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Capitolo 17
*** Un pericolo nell'ombra ***


Un pericolo nell'ombra








Richard stava cercando di scroccare una sigaretta all'agente che lo aveva accompagnato al bagno e si era fermato un momento nel corridoio. Con la coda dell'occhio notò una forma familiare in uno degli uffici. Si voltò completamente per dare un'occhiata più approfondita. Un omone dalla barba bionda stava parlando con uno dei detective. Gli pareva proprio che fosse Andy, anzi era lui, ma in qualche modo non sembrava lui: c’era qualcosa di diverso, forse la postura più composta, il volto serio o il suo atteggiamento piuttosto intimo con l'altro uomo e Richard non sapeva se deprecare il grado di corruzione delle forze dell'ordine belizeane o ammirarne la faccia tosta nel fare tutto alla luce del sole. Il poliziotto lo tirò per un braccio e Richard si trovò a sbraitare:

- Oh porca...È lui! Figlio di… Senti dentro a quella stanza c'è il tipo di cui vi parlavo, il custode della villa. No, non sto facendo il pazzo, ti dico che è lui!
- Forza, muoviti.
- Che succede qui?

Alvarez si era avvicinato al trambusto e Richard cercò di spiegarsi indicando Andy. Il canadese aveva rilassato le spalle e atteggiato le labbra a un sorriso vacuo salutandolo agitando le dita d'una mano. Questo fece infuriare Richard che inveì:

- Ci hai mollato in mezzo agli spari, è un miracolo se siamo vivi, brutto ciccione!

Lo sguardo di Andy dardeggiò da una parte all'altra scrutando i volti dei poliziotti:

- Non so proprio di cosa parli. L'ho visto solo un paio di ore, sapete alla villa.

L'accento canadese ancora più marcato di quanto Richard ricordasse.

- Brutto farabutto…
- Va bene, basta così.

Alvarez si contrappose ai due uomini.

- Signor Vidocq, se ha terminato le sue formalità per il rilascio, è libero di andare. Quanto a lei, Jones valuteremo le sue dichiarazioni.
- Ehm, grazie. Devo proprio andare sa, alla mia signora non piace aspettare.
- Ma ti ha sparato addosso!
- Appunto: ha già perso il derby della Regina e tende a essere un tantinello irascibile.

Concluse Andy facendo l'occhiolino. Richard si rivolse all'avvocatessa:

- Può andarsene così e lei non dice niente? È il mio alibi, cazzo!
- Ora datti una regolata o sarò costretto a usare la forza.
- Non farà niente del genere, detective. Quanto a lei Jones le consiglio di calmarsi.
- Incredibile, incredibile! Cazzo.
- Per il momento ti mettiamo in cella di detenzione e vaglieremo le nuove informazioni prima di formalizzare le accuse.

Richard si voltò verso l'avvocatessa con le sopracciglia inarcate in un'espressione interrogativa:

- È il meglio che possiamo ottenere in questa fase, temo.
- Teme, lei teme. Va bene, va bene vado da solo!

Richard si divincolò dalla stretta del poliziotto che lo spintonava lungo il corridoio.



§§§§§§§§§§ §§§§§§§§§§ §§§§§§§§§§




Il rasoio a mano libera scorreva sulla schiuma soffice come panna montata grattando via dalla pelle in modo delicato ogni residuo di barba, le dita curate dell'uomo erano sicure e flessuose mentre lo maneggiavano. I capelli neri ancora non ingabbiati nella lucida pellicola di gel ricadevano in un ciuffo ribelle sulla fronte. Raul era davanti allo specchio rotondo montato al muro, pantaloni neri eleganti, canottiera e piedi scalzi. Apparentemente innocuo, apparentemente indifeso. Incontrò nello specchio gli occhi dell'ospite, le pupille enormi anche a quella distanza, guardavano la lama che luccicava sinistra nelle scie di luce dove danzavano minuscoli frammenti di pulviscolo.

- Non dovresti essere qui, avevamo detto che qualsiasi comunicazione sarebbe avvenuta via telefono.
- Io… - Deglutì in preda all'agitazione - Ho fatto la mia parte.

La lama scivolò sulla pelle con un lieve suono raspante:

- Se per tua parte intendi che mi hai quasi fatto perdere un carico...
- Non potevo sapere che Rick sarebbe stato lì: ha insistito con tanta foga che impedirgli di andare sarebbe stato sospetto.

Raul posò il rasoio, si deterse il viso con un telo e si voltò quasi in un unico movimento:

- Non è affare mio. Tu hai combinato il guaio e tu devi togliermi dai piedi quella gente.
- L’accusa di detenzione è abbastanza grave da tenerlo fuori dai piedi per un bel po’. Quanto alla ragazza sta per tornare in Regno Unito.

Raul riprese il rasoio pensieroso, rigirandoselo la dita:

- Devo rifare l'affilatura, una lama grezza può essere molto dolorosa - Alzò gli occhi - Sei ancora qui?
- Io, se potessi avere, uh - Si leccò le labbra screpolate - Un piccolo assaggio di quella nuova. Sai, per provare…

Raul si lasciò andare a una breve risata gutturale:

- Ah, maledetti tossici! Prendi la tua merda e levati dai piedi. Va'. Ora.

Quando fu solo, l’uomo scosse la testa e gli occhi neri incontrarono il proprio riflesso nello specchio, alzò la mandibola a controllare lo stato della rasatura. La tratta belizeana era sempre stata tranquilla e proficua, chi avrebbe potuto immaginare che la pasta di cocaina purissima sarebbe potuta passare da quel piccolo paese insignificante? Il Great Blue Hole, poi, era il luogo di scambio perfetto dato che era interdetto alle navi di qualsiasi genere. Per questo Raul aveva quel contatto bisettimanale. Ma ora forse avrebbe dovuto cambiare le cose, da quando quel fottuto ficcanaso inglese si era messo di mezzo. Per non parlare della sua amica, una copertura perfetta per lavare i soldi sporchi e lui se l'era portata via. Aveva rovinato tutto, vederlo marcire in galera non era abbastanza per Raul. Scivolò nei mocassini e si infilò in una camicia di lino bianco. Mentre inseriva i bottoni nelle asole strinse gli occhi. Raul Barrera non era tipo da lasciar correre: avrebbe ripulito la piazza, da tutti loro.



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La mattina seguente Richard fu svegliato da una delle guardie che chiamava il suo nome:

- Jones, sei libero di andare.

Richard si stropicciò la faccia e si tirò indietro i capelli tutti schiacciati da una parte. Non aveva dormito granché: con lui c'erano un paio di ubriachi che russavano della grossa e un tossico in crisi di astinenza. Non era nuovo alle stazioni della polizia, come gli aveva graziosamente ricordato la sua avvocatessa, ma era la sua fase punk e comunque non aveva ancora mai passato una notte in gattabuia. Ad aspettarlo c'erano la Oviedo e Becky. Aveva pensato molto a lei durante la notte, a quanto fosse stata in gamba a trovargli subito un legale in un paese straniero, a come aveva saputo stringere alleanze, a quanto gli mancava. E ora eccola lì che gli sorrideva. Indossava una specie di tailleur color crema composto da bermuda e giacca abbinata che le dava un'aria causal e tuttavia professionale, cosa accentuata dagli occhiali squadrati.
Mentre firmava le carte per il suo rilascio il detective Alvarez gli mormorò osservando le due donne:

- Sei un fortunato bastardo, Jones. Evita i guai d'ora in avanti, ma ho idea che ci rivedremo.

Richard si morse il labbro inferiore e roteò gli occhi:

- Niente di personale, detective, ma spero proprio di no.

Becky gli si era avvicinata a sua volta, aveva le sopracciglia aggrottate ma un sorriso tradiva il suo sollievo:

- Non mi fare mai più una cosa del genere! Mi hai spaventato da morire, già mi vedevo a chiamare il console, il cancelliere della Regina e non so chi altri!
- Certo ho proprio gradito una notte in cella per farti dispetto!
- Idiota.
- Vieni qui: dammi un bacio.

Richard la prese per la vita e le stampò un bacio sulle labbra, Becky senza volerlo arricciò il naso:

- Sei lurido, ti serve una bella doccia, eh?

Ma ricambiò con una carezza sul viso ruvido dell'uomo. Richard si accese una delle sigarette che aveva scroccato a una delle guardie e seguì Becky fuori dalla stazione di polizia. Ancora non gli era chiaro il motivo del suo rilascio. La Oviedo stava parlottando ancora con il detective:

- Mi devi una cena, Oviedo.
- Non ti devo proprio niente Simeon.
- Avevi detto che quando il caso fosse stato chiuso saresti uscita con me.
- Non ho detto proprio niente del genere e ho idea che il caso sia tutt'altro che chiuso.
- Prima o poi faremo di nuovo l'amore, Geena.

Il detective si era abbassato a sussurrarle all'orecchio.

- Nei tuoi sogni.
- Oh, quello sicuro!

L'uomo le fece l'occhiolino con un sorriso sfrontato e Geena arrossì e si sbrigò a raggiungere il proprio cliente.
Ad aspettarli c'era Nelson e quando furono tutti stipati nel taxi, Richard si voltò verso Becky:

- Così lui è diventato il tuo nuovo chauffeur?
- Spero di più un amico.

Rispose l'uomo manovrando il volante con un sorriso.

- Nonché il padre del tuo avvocato.

Aggiunse Becky con un sorrisino.

- E' così che l'hai trovata? Sei davvero fortunata e in gamba. Anche lei Avvocato, è stata brava. Ma ancora non capisco come abbia fatto, a meno che non abbia qualche, mmmh... contatto con la polizia. Ahi!

Becky gli aveva dato una gomitata, ma a Richard non era sfuggito lo scambio tra la donna e il detective. Geena non se la prese più di tanto, aveva compreso che Richard poteva essere rustico, ma era una brava persona, piuttosto era seccata con Alvarez.

- Il detective Alvarez ha qualche interesse nei miei confronti, ma...
- Era un suo spasimante, qualche tempo fa.
- Papà, questo a loro non interessa. E' una storia morta e sepolta, non esiste che possa tornare con lui dopo tanti anni.

Becky e Richard ridacchiarono e lei strinse la mano dell'uomo, senza più timore di mostrare i propri sentimenti. Forse erano state le forti emozioni vissute, forse quel clima tropicale o il fatto che stessero così lontano da casa e dalla solita vita, ma sembrava a Becky che la paura che l'aveva sempre accompagnata fosse scivolata via, o forse si era acquattata in un recesso del suo cuore dove poteva tenerla a bada.

- Ancora non capisco però cosa abbia indotto la polizia a lasciarmi andare.

Geena si sventolò con la cartelletta, nonostante i finestrini completamente abbassati l'aria era pesante e umida, un odore di ozono si andava diffondendo nell'aria.

- Quel che so è che avvoltolata in uno dei panetti di cocaina c'era la ricevuta di una scommessa per la corsa di cavalli principale che è avvenuta il due giorni prima che tornaste.
- Il derby della Regina! Per questo hanno preso per buono il racconto di Andy: mi collocava da tutt'altra parte proprio quel giorno. Resta da scoprire chi mi abbia incastrato.
- Credo che a questo punto i poliziotti faranno le loro indagini.

Concluse Geena, mentre il padre imboccava la via dove si trovava il suo ufficio.

- Allora, ti vedo a cena polpetta.

La donna sollevò gli occhi al cielo e salutò il padre in modo brusco. Nelson ridacchiò, sapeva di mettere in imbarazzo la figlia, ma era più forte di lui.

- Sapete, la madre è morta di cancro dieci anni fa e da allora siamo stati solo io e lei.

Richard scoccò un'occhiata a Becky, ma lei guardava fuori stropicciandosi un orecchio, se la rivelazione del tassista l'aveva colpita non lo diede a vedere. Richard le mise un braccio sulla spalla e la strinse piano a sé. Becky si crogiolò per un momento nell'abbraccio gradito, poi si divincolò sbuffando:

- Che caldo micidiale, non vedo l'ora di fare una doccia.
- Sta per piovere. Una delle nostre belle tempeste tropicali di stagione.
- Già, sarà meglio sbrigarci. Vuoi andare al tuo hotel prima?

Le chiese Richard, ma lei scosse la testa:

- No, voglio accompagnarti da te adesso.

Nelson annuì e dopo poco li lasciò davanti alla palazzina gialla. Si salutarono con calore e li invitò a cena per la sera seguente, prima che Becky partisse. Diede loro un cartoncino con i numeri di telefono dove poteva essere rintracciato.
Quando aprì la porta della camera Richard abbassò le spalle nel vedere lo stato disastroso in cui l'avevano ridotta. I libri e il materasso riversi a terra, le ante dell'armadio spalancate a vomitare il suo contenuto sul pavimento, le foto sparpagliate ovunque. Becky gli strinse il braccio con simpatia e entrò nella stanza con passo deciso. Il cielo si era incupito all'improvviso e venne squassato da un lampo. Lavorarono per un bel po' di tempo accompagnati dal rumore dei tuoni e della pioggia. Dopo un po' Richard era uscito dalla camera con fare cospiratorio aveva parlottato con Mustafa uno dei suoi colleghi che gli aveva procurato una grossa insalatiera di riso e verdure e un intero casco di banane, su cui si era avventato famelico e a cui Becky si era unita per non sentirlo rimproverarla che fosse troppo magra.

- E anche questo l'abbiamo sistemato.

Sbuffò Richard mettendosi seduto esausto sul materasso appena rimesso al suo posto. Becky era alla finestra e guardava l'acqua scrosciare. Aveva preso una decisione mentre lavorava con Richard. Annunciò a voce bassa:

- Dovrei tornare a Londra. Vorresti venire con me?

La guardò: il tono era stato noncurante, ma gli occhi della ragazza brillavano di speranza. Richard si morse l'interno di una guancia preparandosi a darle l'ennesima delusione:

- Voglio capire chi mi ha incastrato e perché mi ha messo in questo casino.

Vide le spalle di Becky afflosciarsi. Il suo volto s'indurì e lui si prese a calci mentalmente.

- Allora resto anche io.
- Ma Hugo non ha detto che devi essere a Londra entro la fine della settimana?
- Chi se ne frega di Hugo! Voglio aiutarti! Per prima cosa bisogna capire chi ce l'ha con te. Posso prendere questo?

Becky si era come animata e volteggiò nella stanza dopo aver preso uno dei taccuini dell'associazione. Richard sollevò gli angoli delle labbra nell'osservare il suo entusiasmo.

- Dobbiamo fare un elenco e poi una cronologia. Fidati, sono brava in queste cose! E poi…

Richard la prese per la vita e l'attirò a sé per incontrare le sue morbide labbra. Becky si lasciò andare tra le sue braccia, ma si divincolò per riprendere fiato:

- Sono seria Rick.
- Anche io, zucchina. E dove hai imparato a fare tutte queste cose?
- Il mio lavoro non è solo arraffare soldi, mio caro. Si tratta anche di indagare. Bisogna avere fiuto e capacità deduttive.

Richard la riprese tra le braccia:

- E tu sei dotata di entrambi…una mente brillante in un corpo da favola.
- Lo puoi dire - Becky abbassò gli occhi compiaciuta - E poi ho visto un sacco di repliche del Sergente Colombo tra un viaggio di lavoro e l'altro!

Richard ridacchiò e tornò a baciarla spingendola verso il materasso. Più tardi Richard le stava disegnando ghirigori invisibili sulla schiena nuda, Becky sospirò felice e gli baciò il petto. Fuori continuava a piovere.

- Ricordi come dovevo scappare via prima che tua mamma tornasse dal lavoro?
- A volte facevi a malapena in tempo a tirarti su i pantaloni!

Ridacchiò lei. Richard le prese il mento e si sollevò su un gomito:

- Sai, non ho mai capito perchè mi lasciasti quella prima volta.
- Veramente sei stato tu ad andare via.

Becky si era raggomitolata su se stessa stringendo le braccia intorno alle ginocchia.

- Sono partito per Edimburgo, ma tu mi avevi già mollato per allora.

Becky si mordicchiò un labbro, non voleva rovinare quello che stava accadendo tra loro e rimase in silenzio per qualche istante. Richard la guardava nella penombra e lei si sciolse dalla sua posizione raccolta e si allungò su di lui lasciando che fosse il suo corpo a parlare ancora una volta per lei.

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Capitolo 18
*** Un mare di stelle ***


Un mare di stelle








La notte di San Lorenzo avevano deciso di passarla a Epping nei pressi di Londra, lì forse le luci della città non avrebbero offuscato il cielo permettendo loro di vedere le stelle cadenti. Erano il solito gruppo di amici Brenda e Arthur, Sara, Thomas e Becky. All'ultimo minuto si aggiunse Richard cosa che sorprese Brenda, ma non più di tanto. Si era accorta infatti, nonostante fosse distratta dalla sua nascente relazione col bel biondino, che Becky era altrettanto distratta e che il fratello le girava intorno con un po' troppa insistenza casuale per essere del tutto disinteressata. Aveva lasciato correre, in attesa che uno dei due le spiegasse cosa stesse accadendo, ma ogni volta che tirava fuori il discorso con uno dei due entrambi reagivano in maniera recisa. Anzi le punzecchiature fra i due sembravano essersi fatte ancora più feroci, se possibile.
Una volta Brenda aveva sorpreso Becky uscire di soppiatto dalla stanza di Richard e l’amica l'aveva zittita mentre la trascinava via dalla stanza del ragazzo mormorando delle scuse:

- Cosa ci facevi nella stanza di mio fratello?
- Aehm…Uno, uno scherzo!

Improvvisò Becky con una gran faccia tosta. Aveva ancora il sapore del ragazzo sulle labbra e con finta disinvoltura si era attaccata al rubinetto della cucina dove aveva deviato con un’ispirazione dell’ultimo momento. Brenda la guardava perplessa, con le mani sui fianchi: Becky non era il tipo da fare degli scherzi e non si era mai attaccata prima a quel modo al rubinetto del lavandino.

- Bibi, ma guarda che non c'è nulla di male se ti piace Richie. Anzi ci pensi, diventeremmo cognate!

Becky fece una smorfia mentre le andava l'acqua di traverso.

- Vuoi scherzare? - Sputò tra i colpi di tosse - Ti voglio bene, ma non fino a quel punto!

Poi aveva cambiato discorso, ma Brenda era tornata sull'argomento diverse volte. Era preoccupata per l'amica, sapeva che Becky non era considerata molto popolare per via del suo carattere riservato che sembrava ai più solo snobismo e non voleva che passasse l'estate da sola mentre lei si divertiva con Arthur che sì era carino e tutto, ma non poteva competere con l'amica in quanto complicità. Per questo cercava di invitarla sempre insieme a loro e i dinieghi di Becky le sembravano sempre più come una scusa per non fare il terzo incomodo e questo le dispiaceva.

- Ma che farai allora oggi?

Le chiese all'ennesimo rifiuto di passare il pomeriggio con lei e Arthur. Sicuramente lo avrebbe trascorso a letto con Richard, ma questo Becky non poteva dirlo all'amica:

- Oh, studierò un po'. Sai che ho deciso di fare economia all'università. Mi sto portando un po' avanti con gli studi.
- Ma mancano ancora due anni !

rispose Brenda come se quella fosse un'enormità di tempo.

- Che è più o meno il tempo che impiegherò a finire questo librone - Becky indicò all'amica il tomo del Capitale - L'ho rubato a tuo fratello.

Concluse facendole l'occhiolino. Ma stava diventando sempre più difficile arginare l'amica e Richard stava iniziando a scalpitare. Per quanto lo riguardava non stavano facendo nulla di male, si tutta quella segretezza era eccitante, ma voleva stare con Becky alla luce del sole. Voleva poterla baciare senza doversi nascondere negli angoli, camminare mano nella mano ed abbracciarla di fronte a tutti. Senza paura e senza vergogna.

- Non facciamo nulla di male, zucchina.

Le ripeteva giorno dopo giorno con sempre maggiore decisione. Quando iniziava quei discorsi di solito Becky riusciva a arginarlo in parte iniziando a baciarlo nei suoi punti sensibili e a quel punto lui era troppo distratto per occuparsi d'altro.
Così quando quella sera si era unito alla compagnia nessuno aveva trovato niente da ridire. Avevano deciso di dividersi in due macchine: Sarah e Thomas nella ford del ragazzo e i fratelli Jones, Becky e Arthur nella 2CV arancione. Mentre percorrevano le strade Becky e Richard si struggevano stretti nel sedile posteriore. Arthur aveva acceso l'autoradio su una stazione rock e cantava in falsetto una canzone dei Queen. Brenda rideva accanto a lui, avevano abbassato la capottina e i capelli dei ragazzi svolazzavano nell'aria tiepida d'agosto. Ogni tanto Richard si avventurava a stringere la mano di Becky e lei sorrideva con compiacimento.
La radura dove avevano deciso di fermarsi non era molto lontana da Londra ed era già stata colonizzata da diversi gruppi che sdraiati su teli e asciugamani mangiavano e fumavano aspettando lo sciame di stelle cadenti con gli occhi all'insù.

- Che palle: è pieno di gente qui!

Arthur contorse il viso in una smorfia, mentre scendeva dalla macchina e si rendeva conto che non erano stati gli unici ad avere quell'idea.

- Forse dovremmo camminare un po'. Nella foresta ci sono altre radure, magari sono più vuote.

Suggerì Thomas. Tutti accolsero il suggerimento con entusiasmo tranne Richard:

- Guardate che è rischioso andarsene in giro nei boschi di notte.
- Hai paura, Jones? Sarah è stata scout: lei non ci farà perdere, vero?

La ragazza annuì titubante alle parole di Arthur. Aveva dodici anni l’ultima volta che aveva esplorato i boschi e non è che fosse questa guida così esperta, ma sapeva dei trucchetti.

- E poi non ci allontaneremo dai sentieri, tranquillo.

Aggiunse Arthur con fare conciliante: aveva capito da un pezzo che gli conveniva tenersi buono il fratello di Brenda se voleva farsi strada con lei. Ed essere gentile con la sua migliore amica per quanto non la trovasse molto simpatica. Ricordava ancora la mezza litigata che avevano avuto qualche settimana indietro quando avevano fatto il gioco della bottiglia e aveva provocato Richard, ma lui voleva solo divertirsi un po’ per l’amor del cielo! Decisamente i fratelli Jones si prendevano un po’ troppo sul serio. Ma Brenda era così carina e appetibile e Arthur non voleva rovinare le cose con lei. Così faceva buon viso a cattivo gioco e accettava anche di accollarsi il fratello e l’amica della sua ragazza. Alle parole del biondino Richard sollevò le spalle, conosceva quella zona a menadito essendoci stato tante volte in esplorazione, di certo lui non aveva paura e avrebbe tenuto sott’occhio la situazione. Ad ogni buon conto si era portato alcune torce che distribuì agli amici e ammonì Becky di stargli vicino in ogni caso. Per un po' la compagnia camminò ridendo e facendo battute. In effetti non si allontanarono dal sentiero e ben presto trovarono una radura dove poter distendere i propri teli e godersi la nottata. Thomas rollò qualche canna e si sdraiarono a fumare e a bere birra tiepida godendosi il tepore della notte e il cielo stellato. Quell'anno le pleiadi erano particolarmente stizzose nel farsi vedere perché nessuno di loro ebbe grande fortuna nel captare le stelle cadenti. In compenso avevano individuato le costellazioni, un pallone metereologico e forse un satellite. Avevano iniziato a parlare di civiltà aliene e se ci fosse stato per davvero un contatto con i terrestri.

- Certo che gli alieni esistono - la voce di Thomas era sicura - Ma ci evitano.

Sebbene il tono del ragazzo fosse serissimo tutti scoppiarono a ridere. Becky e Richard si erano trovati vicini, le teste a pochi centimetri, i capelli mischiati sparsi su uno dei cuscinetti che una Sara previdente aveva portato con sè. Richard passò la canna a Becky e fu quasi sul punto di baciarla. Lei lo fermò con un'occhiataccia, mentre si assicurava che nessuno degli altri guardasse nella loro direzione. Richard ridacchiò, tornando sulla schiena: era uno di quei momenti perfetti in cui si sentiva in pace con tutto, lì disteso con la ragazza che amava, gli amici, il cielo e dell'ottima erba. Un sorriso enorme gli allargò le labbra. La ragazza che amava, suonava così bene. Il cuore iniziò a battergli veloce nel petto quando si rese conto che era innamorato, per davvero. Non vedeva l’ora di dirlo a Becky, anzi di urlarlo al mondo intero. Si sollevò su un gomito e guardare Becky e le sussurrò:

- Ti sei resa conto che gli altri stanno pomiciando come se non ci fosse un domani? Quasi quasi vado a picchiare Arthur, che dici?
- Che sei fatto come una zucchina.
- No, no. Tu sei la mia zucchina.
- Sssh...Sei proprio un'idiota, vuoi farci scoprire?
- E che male ci sarebbe?
- Te l'ho già spiegato. Zitto ora.

Richard ridacchiò ancora un po' tra se e se, si era fatto e innamorato. Continuava a ripeterselo come se avesse scoperto una grande verità, poi si sollevò a sedere:

- Hey raga, visto che qui di stelle se ne sono viste poche, vi va di vedere una cosa davvero pazzesca?
- Magari dopo Rick.

Gli rispose qualcuno con voce strascicata, erano tutti abbastanza impegnati a fare altro in effetti. Richard fece spallucce e prese la mano di Becky aiutandola ad alzarsi.

- Dai, vieni.

La ragazza lo seguì incerta.

- Tranquilla, abbiamo la torcia e poi conosco benissimo questo posto. Attenta, qui c'è un po' di fanghiglia.

Il ragazzo teneva Becky per la vita, aiutandola nei punti più perigliosi. Lei non era mai stata in quella zona e sentiva una confortante sicurezza nell'affidarsi al ragazzo. La luce delle torce ballonzolava sul terreno soffice, gli alberi secolari si chiudevano intorno a loro nascondendo la volta del cielo. Becky rabbrividì all’aria divenuta più fredda sotto la volta degli alberi e la pelle d’oca le increspò gli avambracci. Richard stava sbuffando:

- Gli altri sono proprio degli stupidi. Beh, tanto peggio per loro: si perderanno uno spettacolo.
- Davvero sei stato tante volte in questo posto?
- Certo...Non dico bugie, io!

Becky si scurì in viso e Richard si rese conto che lei l'aveva preso per l’ennesima volta come un attacco nei suoi confronti. Non aveva tempo per ribattere in quel momento perchè Becky scivolò su una macchia fangosa e lui fu lesto a trattenerla da una caduta rovinosa. Lei si appoggiò al suo torace solido e si dimenticò per il momento delle sue parole. Stavano risalendo ora una collinetta, aiutandosi con le radici degli alberi.

- Dai, mi metto dietro così posso tenerti se cadi.
- Si, si, così non avrai un'ottima visuale del mio sedere vero?

Per tutta risposta Richard ridacchiò:

- Sei tutt'ossa, capirai che visione.

Mentì, perché in effetti il sedere di Becky era una vista di tutto rispetto e lui adorava le sue gambe e le cosce magre ma sode che spuntavano dagli shorts e fu tentato di darle un morso. Era curioso di scoprire se il piccolo marchio che le aveva lasciato all’interno della coscia sinistra fosse ancora visibile. Il ragazzo sogghignò al ricordo: Becky aveva goduto così tanto quel giorno, ma si era arrabbiata terribilmente visto che sarebbe dovuta andare in piscina con Brenda e gli aveva intimato di non marchiarla più a quel modo. Peccato che Richard adorasse invece lasciarle i segni del suo amore e sospettava che la cosa non dispiacesse affatto neanche a Becky. Qualche minuto dopo avevano concluso la scalata e Richard era passato avanti per aiutare la ragazza nel fare gli ultimi metri. Ora erano in cima alla piccola vetta, poco più che un'ondulatura del terreno.

- Oh Rick, ma è magnifico, davvero!

Becky era a bocca aperta alla vista del tremulo mare di minuscole lucine verdi e azzurre che si schiudeva sotto il loro sguardo.

- Lucciole! Anzi lampiridi, per l'esattezza.

Esclamò con orgoglio Richard, tirandosi indietro i capelli con una mano, quasi fosse stato lui stesso ad avere organizzato quello spettacolo disponendo i piccoli insetti sulla radura sotto di loro ad esclusivo beneficio della sua ragazza. Becky era così strabiliata che nemmeno fece caso alla sua pedante puntualizzazione. Rimasero per qualche tempo seduti a godersi lo spettacolo, abbracciati.

- Chi ha bisogno delle stelle cadenti quando hai questo .

Le mormorò all'orecchio allargando il braccio a indicare le lucciole.

- E poi io una stella l'ho proprio accanto a me.

Becky si voltò a guardare il volto di Richard: la sua voce profonda era seria e per una volta non stava scherzando. Lei sapeva che stavano per avvicinarsi a un discorso pericoloso e come faceva sempre si sporse a baciargli le labbra. Lui rispose con entusiasmo stringendola contro il suo torace, le mani carezzevoli sul viso e i capelli. Si fermò solo per guardarla, gli occhi verdi che brillavano così intensi che rivaleggiando con la bioluminescenza sotto di loro. Le soffiò in un sospiro:

- Ti amo.

Ecco, l'aveva detto e gli sembrava così giusto e naturale. Non aveva bisogno di aspettare chissà cosa per essere sicuro, lo sapeva e basta. Invece Becky si scansò da lui con violenza, le labbra strette.

- Zucchina, ma che c'è?
- Non chiamarmi così. Hai rovinato tutto. Andiamo via.

Si alzò e iniziò a scendere la collinetta, Richard non poteva fare altro che seguirla caracollandole dietro, facendo attenzione a che lei non cadesse e non si facesse del male. Non riusciva a capire perché la ragazza avesse cambiato umore così repentinamente.
Ma Becky lo sapeva ed era spaventata a morte. Sapeva che quel momento sarebbe arrivato prima o poi, lo vedeva che Richard era innamorato e contraccambiava il sentimento con tutto il cuore. La cottarella che aveva iniziato a provare per lui da qualche anno, si era trasformato in un sentimento forte e sincero. E tutto era peggiorato dalla dirompente attrazione fisica tra loro, Becky adorava sentirlo contro di sè, le coccole, i baci. Ma il fatto che lui si fosse innamorato di lei e le avesse confessato il sentimento aveva complicato tutto, voleva dire che le cose erano serie e se lei s’illudeva di poter gestire i propri sentimenti così non poteva essere con quelli del ragazzo. Si era voluta convincere che per Richard la loro fosse solo una semplice infatuazione fisica passeggera e tutto sarebbe finito con l'estate. Becky si era preparata in cuor suo che finita quella storiella , come si ostinava a chiamarla dentro di sè, avrebbe finto di non provare più nulla, come aveva sempre fatto fino ad allora. Perché se Richard non l'amava non avrebbe potuto abbandonarla, come aveva fatto suo padre, non avrebbe potuto accusarla di essere un fastidio o un peso, come aveva fatto suo padre, non avrebbe potuto spezzarle il cuore, come aveva fatto suo padre. Tornarono immusoniti dagli altri e non spiccicarono più parola per il resto della serata.
Dopo pochi giorni Becky aveva lasciato Richard trincerando il suo cuore sbriciolato dietro alla determinazione più irremovibile. Invano Richard aveva chiesto spiegazioni, aveva insistito, le aveva assicurato che l’amava davvero, ma più confessava il suo amore più Becky diventava di ghiaccio. Finché il ragazzo con il cuore a pezzi e l’orgoglio disintegrato se ne era partito per Edimburgo.

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Capitolo 19
*** Una cena dagli Oviedo ***


Una cena dagli Oviedo








Per il paio di giorni seguenti Becky e Richard avevano raggiunto una sorta di tregua mentale dalle rispettive recriminazioni. C’erano stati dei momenti di freddezza e nervosismo, ma entrambi si erano resi conto che rimuginare sul passato non sarebbe servito a nulla: erano insieme, adesso e questo per momento bastava a entrambi. Becky aveva capito che Richard non era così egoista ed egocentrico come le era sempre sembrato. Stando così a contatto con quello che lui faceva, al di là di quelli che lei aveva sempre considerato discorsi demagogici, Becky aveva capito quanto davvero gli fossero a cuore le sorti del pianeta e le piaceva come Richard le spiegasse ogni fase del suo lavoro facendole capire a fondo quanto fosse importante per tutti loro. In più erano entrambi impegnati nel venire a capo del mistero su chi avesse avuto interesse nell'incastrare Richard. Avevano chiesto a Angie se l'era sembrato che qualcuno di sospetto gironzolasse intorno all'Associazione. La donna quella mattina aveva gli occhi rossi e il volto tirato:

- Ma stai bene?

Le aveva chiesto Richard massaggiandole una spalla premuroso. Angie aveva tirato su col naso e aveva risposto che era solo stanca:

- Con tutte le scartoffie che devo riempire e tutte quelle cose noiose là… A proposito devi darmi ancora la relazione dell'incidente, sai per l'assicurazione del motoscafo.

Becky aveva stretto le labbra. Più tardi, mentre buttavano giù una lista delle loro considerazioni chiese al compagno:

- Avevi già subito pressioni?
- A dire il vero no. Qui facciamo un lavoro abbastanza tranquillo, non ci sono compagnie petrolifere o fazenderos da combattere.
- Quello che non riesco a capire è il perché prendersela proprio con te?
- Se devo essere sincero è iniziato tutto a precipitare dopo che ti ho incontrato su quello yacht.
- Vuoi dire che la colpa è mia?
- Non metterti subito sulla difensiva. Tra l'altro io non dovevo neanche essere lì. È Angie che si occupa del Great Blue Hole.
- Non ti è sembrata strana?

Richard riflesse sulla domanda: che ultimamente fosse distratta, nervosa o al contrario estremamente energetica, quasi maniacale, se n'era accorto anche lui.

- E inoltre non ti è sembrato strano che avesse un mac nuovo, sai quanto costano? Mentre tutto il resto qui cade a pezzi.

Continuò imperterrita Becky, decisa ad andare fino in fondo alla questione. Richard si tirò indietro i capelli con una mano, nervoso ora:

- Cosa vorresti insinuare?
- Nulla. Ti sto solo facendo notare delle cose a cui forse non hai mai fatto caso, sai per la vostra vicinanza. Tipo i suoi occhi e quel suo vizio di tirare su col naso.
- Non iniziare Becky… Sei sicura che non sia la gelosia a farti parlare, invece?

Le labbra di Richard si contrassero in un sorrisetto, mentre con la mano le pizzicò un fianco con leggerezza. Ma Becky si divincolò decisa a non demordere:

- Senti lavoro da anni con un cocainomane, so riconoscere i segni!

Richard incrociò le braccia in segno di rifiuto e Becky sollevò i palmi al cielo esasperata.

- Continuo a pensare che la chiave di tutto sia quello yacht in cui ti sei andata ad incastrare.
- Non mi ci sono incastrata. Non sono mica quel coniglio là come si chiama, Peter Rabbit! Stai dicendo che sono una sprovveduta?
- Ma no, zucchina. Vieni qui, dai. E’ che più ci penso e più sono convinto che non avrei dovuto essere lì.

La sera successiva la coppia aveva preso accordi per andare a cena dagli Oviedo. Richard voleva parlare con Geena del proprio caso e Nelson ne aveva approfittato per invitare sia lui che Becky.

- Sono contento, sai che Nelson ti abbia preso in simpatia.

Era bello vedere Becky aprirsi con qualcuno, gli piaceva osservarla ridere rilassata e gli stringeva il cuore come Becky anelasse a una figura paterna di cui potersi fidare. Richard le diede un piccolo bacio sulla tempia, fermi davanti alla porta degli Oviedo.

- Si, mi piace: è un brav'uomo. E anche Geena, è in gamba.
- Becky, cara! E Richard! Venite dentro. Vi ho preparato la mia famosa Cochinita Pibil. Non preoccuparti tu - Rivolto a Richard - C'è anche il bollito vegetariano!

Fece l'occhiolino a Becky che si lasciò andare in una risatina. Mentre li faceva accomodare sotto al portico con una limonata fresca li avvertì che la figlia sarebbe arrivata di lì a poco.

- Lavora troppo quella ragazza.

Affermò accomodandosi su una larga e comoda sedia che ormai aveva preso la forma del suo didietro.

- Si vede che è appassionata del proprio lavoro: ha tirato fuori di prigione questo zuccone.
- Ed è anche molto brava, lo so. Solo vorrei che vivesse un po' di più.

Becky si mordicchiò un labbro, avrebbe voluto che anche suo padre si preoccupasse per lei, almeno una volta. Scosse le spalle, con la scusa di scacciare un insetto.

- Sono sicura che sta facendo ciò che pensa sia il meglio per lei.

In quel momento la voce di Geena che annunciava il suo ritorno interruppe la conversazione.

- Polpetta, sei arrivata proprio in tempo, stavo per mettere a tavola!
- Si e immagino che non avrai seccato i nostri ospiti con le tue preoccupazioni su di me, vero?

Salutò con calore Richard e Becky e si scusò un momento annunciando che si sarebbe andata a cambiare e rinfrescare. Qualche minuto dopo si ripresentò con i capelli sciolti e un semplice vestito a fiori che la facevano sembrare molto più giovane.

- Papà, ma hai preparato un banchetto!

La cena fu costellata da risate e aneddoti divertenti da una e dall'altra parte. Gli Oviedo sembravano affascinati dalla vita glamour che conduceva Becky a Londra e dalle avventure di Richard in giro per il mondo. Dal canto loro la coppia non faceva altro che stuzzicarsi, ma erano prese in giro bonarie che rivelavano quanta complicità fosse nata tra loro. Mentre Nelson distribuiva fette di torta di banane tornarono sul caso di Richard:

- C'è qualcosa che non mi torna; chi poteva avere interesse a incastrarmi?

Geena diede un morso alla sua fetta di torta e aggiunse:

- Ci ho pensato, forse eri al posto sbagliato al momento sbagliato e hai visto qualcosa che non dovevi vedere.

Richard su tirò indietro i capelli, riflettendo.

- Inoltre mi è sembrato molto strano che quella ricevuta sia spuntata così dal nulla.

Aggiunse Becky.

- Già mi sembra una trovata pretestuosa, così come il ritrovamento della droga.

Le diede ragione Nelson, mentre le offriva un’altra fetta di torta.

- C'è qualcuno che mi sta usando come una pedina e la cosa non mi piace per niente… di solito i pedoni sono quelli che vengono sacrificati per primi.

Un silenzio venato di disagio calò dopo le parole di Richard, interrotto solo dallo squillo del campanello e dalla voce di un uomo che chiamava Nelson.

- Chi può essere a quest'ora?

Si chiese Geena. L'uomo si alzò sfregandosi le mani con una punta di incertezza:

- Ho invitato Simeon per il dolce, non ti dispiace vero, polpetta?

Geena lanciò un'occhiata di fuoco al padre. Becky e Richard si guardarono imbarazzati e la donna stentò un sorriso nella loro direzione:

- Temo che mio padre non abbia ben chiaro il funzionamento della giustizia, mi dispiace.

In quel mentre Nelson tornò accompagnato dal detective Alvarez, che per l'occasione si era cambiato con jeans e una camicia azzurra aperta un poco sul petto a rivelare una catena dorata. Si lisciò i baffi con un mezzo sorriso e un'occhiolino all'indirizzo di Geena che strinse le labbra.

- Spero di non essere di troppo, sai tuo padre ha insistito così tanto.
- Mio padre ha la tendenza a essere un po' troppo amichevole anche con chi non se lo merita.
- Ma polp...
- Non osare! Vado a fare il caffè.

Geena si alzò di scatto e Becky la seguì proponendole di aiutarla. La trovò che versava la polvere nera sopra il filtro con gesti nervosi.

- Mi dispiace non avrei dovuto scattare così.

Becky si arrischiò a metterle una mano sulla spalla in segno di comprensione, mentre l'altra continuava:

- E' che è così protettivo e so che ha buone intenzioni, ma è così invadente a volte. Immagino ti abbia detto di mia madre.

Becky annuì e si appoggiò al bancone, Geena trafficava con tazzine e cucchiaini.

- Anche mia madre è morta, qualche anno fa.
- Mi dispiace molto. Immagino che sia stata dura. Anche tuo padre…
- Quello che sul mio certificato di nascita è segnato come padre ci ha abbandonato quando avevo cinque anni - La voce tremò - E siamo sempre state io e mia madre... e Brenda, la sorella di Richard.
- Tu e lui siete…

Geena aveva trovato un vassoio e ci stava appoggiando sopra le tazzine, Becky ridacchiò scuotendo la testa:

- Insieme? Innamorati? Non lo so. Si, credo. E' una storia complicata, la nostra.
- Forse è molto più semplice di quanto credi. Si vede che siete cotti uno dell'altra.
- Mmmh, e tu e il detective Alvarez?

Cambiò discorso Becky, Geena sospirò:

- Mi ha corteggiato con qualche fortuna, mentre ero all’Università. Ma ha la fama di dongiovanni.
- Ti piace?
- No. Si. - Scosse la testa frustrata - Al contrario di quello che pensa mio padre l'amore non è sempre idilliaco come tra lui e la mamma.
- E' molto dolce a preoccuparsi per te. A volte mi sono chiesta come sarebbe stato se avessi avuto un padre.

Geena le strinse un braccio con simpatia prima di sollevare il vassoio e tornare dagli uomini.

Nelson intanto aveva tirato fuori i bicchierini per il suo vino di anacardi fatto con la ricetta collaudata di suo padre, affermò con un moto d'orgoglio. Richard e Alvarez stavano fumando e discutendo di calcio. Quando Geena e Becky si presentarono con i caffè il discorso virò di nuovo sul caso di Richard.

- Anche tu pensi che quella ricevuta sia stata provvidenziale? E Andy? Non so, non sembrava qualcuno che stesse uscendo su cauzione, piuttosto qualcuno che stesse concordando qualcosa.

Chiese Richard al detective, che si trincerò dietro un sorriso evasivo.

- È una ex giubba rossa, un tipo che può essere utile in alcuni casi.
- Davvero è stato nella polizia canadese? Come è finito quaggiù?

Becky si era sporta con curiosità verso Alvarez porgendogli la tazzina:

- Non sembra, vero? E suo padre è un pezzo grosso, credo. Sembra che sia stato buttato fuori o degradato, non so.
- È un tipo strano. In ogni caso cosa possiamo fare ora?

Richard aveva allacciato la mano a quella di Becky e l’aveva presa sulle proprie gambe. Lei si era irrigidita per un secondo, ma l'atmosfera amichevole l’aveva aiutata a rilassarsi. Alvarez si nettò i baffi con un dito:

- Ci sono ancora delle indagini in corso. L'unica cosa che posso dire è che il tuo caso sembra essere collegato a qualcosa di molto più grosso. Anzi - Si sporse verso Richard - Ti consiglierei di tenere un basso profilo d'ora in poi.
- E' così grave la cosa?

Geena si era seduta accanto al padre e osservò l'espressione preoccupata sul viso dell'inglese sospirando internamente, mentre i suoi occhi vagavano verso il volto di Alvarez: si chiese se lui si sarebbe mai preoccupato così per lei.

- Allora te lo dico da adesso Jones, non metterti a fare l'investigatore solitario. Ci stiamo pensando noi.
- Vuol dire che è in pericolo?

Si allarmò Becky stringendo il braccio di Richard, Alvarez la guardò e rispose:

- L’unica cosa che ti posso consigliare è di tornare al più presto a Londra.

Becky si era stretta a Richard e lo guardò con occhi enormi venati di preoccupazione:

- Forse è il caso che tu parta insieme a me.
- Ci penserò, c'è ancora qualche ricerca che devo fare.

Tipico: lei abbassò le labbra, ma non commentò. Nelson si sfregò le mani e offrì a tutti un altro giro di vino di anacardo per alleggerire l’atmosfera che si era incupita. Propose a Becky di accompagnarla l'indomani mattina all’Alto Commissariato per poter ritirare i documenti di cui finalmente avrebbe ottenuto copia e con i quali avrebbe avuto anche accesso al suo conto.
La notizia le aveva infuso un enorme sollievo. Non le piaceva dover dipendere in tutto e per tutto da Richard, sebbene lui le avesse fatto capire che non gli dispiaceva prendersi cura di lei. Ma Becky si sarebbe sentita più se stessa e sicura di sè una volta riottenuta la propria indipendenza.
Mentre Richard e Becky salutavano e uscivano, Alvarez si fermò accanto a Geena, ferma accanto allo stipite della porta della cucina. Aveva un piccolo strofinaccio con cui si stava asciugando le mani:

- Non prendertela con tuo padre per stasera. Ho insistito io a venire.
- Te l'ho già detto Simeon, non sono disponibile. D'ora in avanti cercami solo se ci sono novità inerenti al caso. Ho parecchi dubbi anche io. Su quel canadese per esempio. Vi fidate davvero della sua parola?

Alvarez si piegò verso il viso della donna che poté sentire una zaffata della sua colonia. Per un momento lei pensò che stesse per baciarla, ma l'uomo le sussurrò:

- Assolutamente. Lui è...

Come concordato, la mattina seguente Nelson si fece trovare davanti all'Associazione per prendere Becky e accompagnarla al Commissariato a ritirare i suoi documenti. Lei e Richard non avevano resistito alla tentazione di trascorrere un'altra notte insieme e lui era uscito molto presto per le sue ricerche. Mentre Becky salutava Joanna alla reception, Angie la richiamò con un sorriso.

- Sei in partenza? - Tirò sul col naso - Non vedo valigie.
- Veramente no, sto andando a prendere i miei documenti. Ma, sei allergica a qualcosa?
- No, perché? - Abbassò la voce prendendo l'altra ancora un po' più in disparte - Ho un messaggio per te da parte di Ricks. Dice se lo puoi raggiungere al porto. È abbastanza urgente.
- Che succede? Questa mattina non mi ha detto niente.

Angie si strinse nelle spalle con un sorriso affilato:

- Non lo so, sono solo l'ambasciatore. Tieni, mi sono segnata dove.

Passò a Becky un bigliettino tutto sgualcito tirando su col naso. Becky informò Nelson del cambio di programma entrando nel taxi. Nelson si voltò a guardarla:

- Ci sono problemi?
- Non so, Rick vuole che lo raggiungiamo lì. Forse ha scoperto qualcosa.
- Ti ha detto dove al porto?

Becky guardò il bigliettino riempito di una tremolante calligrafia rotonda:

- Qui c'è scritto: darsena del molo 35, magazzino n.3

Il porto di Belize Town era grande e animato, il sole picchiava sui moli caotici dove erano attraccati i traghetti per le isole e le grandi navi da crociera, automobili parcheggiate o in procinto di sbarcare o imbarcare e pedoni che sciamavano lungo le passerelle. Nelson sfilò poi lungo i moli più tranquilli dove erano attraccati gli yacht: solo i marinai erano indaffarati a sfregare i ponti o a effettuare le manovre di attracco o distacco. Man mano che si addentravano nella zona industriale si vedevano sempre più portuali e sempre meno turisti. Il molo 35 e la zona circostante sembravano in dismissione ed erano deserti. Nelson parcheggiò davanti a un magazzino e si guardarono intorno.

- Sei sicura sia qui?

Chiese lui togliendosi il berretto per grattarsi i riccioli, Becky guardò il foglietto e confermò:

- Forse dovrei avvicinarmi a vedere. Tu puoi aspettarmi in macchina.
- Non se ne parla. Vengo con te, se dovesse accaderti qualcosa non me lo perdonerei mai e neanche Richard.

Becky sorrise alla premura dell’uomo più anziano e per un momento le si contrasse la gola. Fece un sospiro per ricomporsi e aprì la portiera del taxi. A passi veloci si avvicinarono al magazzino dai grigi muri scrostati e assi alle finestre, un tetto in lamiera arrugginito si lamentava alla leggera brezza di mare.

- Rick, sei qui?

Chiamò Becky cercando di aprire la maniglia che sembrava molto più nuova rispetto al resto dell’edificio. Un rantolo di dolore interruppe le sue considerazioni ed ebbe solo il tempo di vedere con la coda dell'occhio il corpo di Nelson che cadeva a terra. Mentre si voltava per capire cosa fosse accaduto Becky fu presa da dietro e sospinta con violenza nell’antro buio del magazzino.

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Capitolo 20
*** La situazione precipita ***


La situazione precipita








Richard era seduto davanti al pc nell'ufficio di Angie e batteva con frustrazione crescente i tasti in cerca della password. Si tirò indietro i capelli e accartocciò il mozzicone della sigaretta nel mezzo guscio di cocco che fungeva da posacenere. Quello che Becky gli aveva detto su Angie aveva assunto contorni sempre più sinistri man mano che ci pensava. Il comportamento erratico della ex, che lui aveva attribuito allo stress, poteva in effetti essere dettato dall'assunzione di sostanze invece. Angie era diventata quasi isterica quando la settimana precedente era stata trattenuta e aveva scoperto che non sarebbe potuta andare al Great Blue Hole. Un appuntamento fisso ogni due settimane a cui lei si atteneva con scrupolosa maniacalità. Richard aprì uno dei cassetti in cerca di un'agendina o un foglietto su cui fosse segnata la password, senza risultato. Cercò di aprire anche l'altro, ma questo era serrato e non aveva la chiave. Ripensandoci, Angie sembrava stare sempre peggio prima di ogni sortita: più volte l'aveva vista mentre si grattava una guancia o un braccio o che le tremolava una palpebra. Ma non aveva prestato davvero attenzione, preso com'era dalle sue ricerche: su questo Becky avrebbe avuto molto da dire. In effetti, ora Richard se ne rendeva conto, aveva sempre messo in primo piano le grandi questioni planetarie e si era poco curato di abbassare lo sguardo su chi gli stava accanto. Forse si stava perdendo molto in quel modo: di sicuro aveva perso tempo con Becky. Si alzò e diede una scorsa ai faldoni impilati nella libreria.

- Cosa stai facendo?

La voce di Angie lo interruppe. Si voltò con un sorriso:

- Stavo cercando le risultanze del Blue Hole. Sai, ho perso i miei campioni e volevo fare un confronto con le ricerche pregresse.

Angie incrociò le braccia.

- Perchè? Il Blue Hole è la mia area di competenza.
- Ero curioso. Consegniamo le relazioni ogni mese, ma le tue ancora non le ho lette: volevo vedere come sta reagendo la barriera corallina rispetto a quella di Glover.

Angie si avvicinò di un passo, socchiudendo gli occhi:

- Già, sei sempre stato anche fin troppo curioso.
- E' la caratteristica di noi scienziati.

Richard girò intorno alla scrivania, mentre Angie si avvicinava al pc:

- Hai cercato di forzare il computer!

I suoi occhi si erano allargati e la sua voce era diventata tagliente. Richard di rado l'aveva vista in quello stato: una volta dopo aver fatto un brutto viaggio con lsd o quando aveva la sbronza cattiva.

- Hai preso qualcosa, Angie?
- Vaffanculo Rick. Che cosa vuoi?
- Mi sembra solo strano che non hai i risultati di ricerche che stai facendo da più di un anno, che c'è una password che non c’è mai stata in un computer nuovissimo, come il motoscafo, tra l'altro sostituito subito.
- Di cosa mi stai accusando esattamente? Scommetto che queste cose te le ha messe in testa quella stronza.
- Hey, modera i termini.
- La tipa dei girasoli. E' lei, vero? Non rispondi?
- Non stiamo parlando di questo. Voglio sapere che cosa sta succedendo, perché sono stato incastrato e...
- Vuoi sapere se centro qualcosa?
- E' così?

Angie si era avvicinata a lui. Con una mano cercò di accarezzargli il volto, ma Richard si scansò di scatto.

- La droga, l’hai nascosta tu? Angie da quanto va avanti questa storia, sei nel traffico di droga? E' per questo che andavi al Blue Hole?

Allargò gli occhi, sferzato dalla comprensione della verità: ecco perché Barrera era stato così nervoso e voleva toglierselo di mezzo e poi gli ha sparato addosso.

- Sai cosa c'è? Sono stufa di vivere in questo schifo, come una zingara. Ho accumulato un bel gruzzoletto alle Cayman.
- Sei impazzita?
- Oh, non fare l'ipocrita! Sai come ti chiamano? Richard il Santo o l'Integerrimo Rick. Te ne vai in giro chiuso nella tua corazza di integrità morale, come se fossi sempre superiore a tutti. Però poi ti scopi la ricca londinese bella, pulita e profumata.
- Non sai niente di lei.

Richard aggrottò la fronte investito dalla tirata di quella che credeva essere un’amica.

- Perché non scappiamo insieme, Ricks? Lo sappiamo che tanto hanno vinto loro con i loro lussi e il loro menefreghismo. Mentre noi ci sbattiamo per le briciole, qualcosa di cui non frega niente a nessuno. E allora fottiamo il sistema. Lascia perdere quella puttana e vieni con me.

Si avvinghiò a lui cercando di baciarlo, ma Richard la spinse via con rabbia.

- Non mi vuoi? Perchè sono una sporca drogata eh, Santo Richard? Beh, tanto ormai a quest'ora sarà tutto finito per lei.
- Che cosa le hai fatto? Se le hai fatto del male giuro che io...

Fu interrotto dalla risata stridula della donna che nel frattempo aveva raccolto uno dei coltelli da sub che erano sulla libreria e gli si era avventata contro. Richard fece appena in tempo a schivare il colpo, ma Angie si lanciò di nuovo su di lui, tentando di colpirlo con un altro fendente.

- Ferma!

La voce femminile per un momento bloccò la furia di Angie. Una donna ferma sulla porta dell’ufficio puntava una pistola verso la coppia. Intimò:

- Lascia il coltello o sparo.
- Chi cazzo saresti tu?
- Ti conviene darmi retta.

Richard aveva riconosciuto la donna, era la pazza che li aveva aggrediti nella foresta. Ora aveva un look più sobrio, una tuta di pelle e stivali con un grosso giubbotto da moto neri e i capelli legati in una stretta coda bassa.
Una radio portatile gracchiò da qualche parte parole incomprensibili. Angie aveva ancora il coltello puntato alla gola di Richard, ma si lasciò distrarre quel tanto che bastò all'uomo per divincolarsi e allontanarsi da lei. Marcela si buttò su Angie, presa alla sprovvista e calò il calcio della pistola sul polso dell'altra disarmandola. Angie con un grido di dolore si lasciò cadere sulle ginocchia. Richard era rimasto come impietrito a guardare la scena. Quando Angie gridò si riscosse e corse da lei, ma Marcela le era già sopra.

- Dove è Barrera!
- Becky, dov'è lei, dimmelo!

Angie si teneva il polso, le labbra serrate mentre le urlavano contro. Marcela la prese per i capelli tirandole la testa all'indietro:

- Rispondi alla domanda o verdad ti faccio un buco in fronte. Sbrigati!

Angie balbettò l'ubicazione del magazzino. Marcela la sollevò per le braccia di malagrazia e la buttò su una sedia, ammanettando le mani ai montanti.

- Hey, è proprio necessario?

Protestò Richard, ma Marcela non diede cenno di averlo sentito. Si sfilò la radio da dietro la schiena:

- Una presa. Ci vediamo al magazzino 5 del molo 13.

E si gettò fuori dalla sede dei Green Fighters. Richard non si era reso conto che durante il conflitto con Angie altri uomini in divisa erano penetrati nell’Associazione ed erano impegnati a andare su e giù per la sede. Avrebbe voluto restare per capire cosa stesse accadendo, ma ebbe solo il tempo di rassicurare frettolosamente Joanna che balbettando gli chiedeva spiegazioni e seguire Marcela fuori. Marcela stava per salire su una moto di grossa cilindrata nera e per un momento Richard si chiese dove il canadese avesse trovato il coraggio per instaurare una relazione con quella donna. Sempre che fosse veramente sua moglie, cosa di cui cominciava a dubitare. Ma quello non era il momento di elucubrare, si gettò verso di lei:

- Aspetta, voglio venire anche io!
- Non se ne parla.
- Non c’è tempo per discutere: Becky è in pericolo e tu sei il modo più veloce per arrivare da lei!

Marcela ragionò per un momento:

- Vale, salta su.

Richard si arrampicò sulla moto, in fretta per paura che lei cambiasse idea. Marcela partì con un rombo urlandogli:

- Reggiti forte, ma bada a dove metti le mani!


Becky tirava le corde che le stringevano le braccia cercando di slacciarle. Era stata buttata senza grazia sull'impiantito di cemento grezzo e nonostante si contorcesse e tirasse calci erano riusciti ad immobilizzarla. Il magazzino era illuminato da una cruda luce al neon, un paio di uomini si muovevano con calma e impilavano grossi sacchi senza badare a lei. Un terzo uomo la controllava a vista tenendole una pistola di grosso calibro puntata contro. Becky aveva paura, grosse gocce di sudore le imperlavano la fronte e aveva le labbra secche, la vescica le si era gonfiata e premeva per un rilascio, così lei doveva tenere le gambe serrate per evitare un'umiliazione peggiore. Da un gabbiotto posto al fondo del magazzino uscì un altro uomo, vestito con un elegante abito bianco e quando le si avvicinò Becky lo riconobbe:

- Tu! Vigliacco, verme!
- Anche per me è un piacere rivederti querida.
- Cosa hai fatto a Nelson? Maledetto!
- Nelson, sarebbe?- Rispose con voce annoiata Raul - Sai pensavo di portarti a fare un viaggetto con me.

Si chinò ad accarezzare con un sorriso viscido il viso della ragazza:

- E magari finire quello che abbiamo iniziato.

L'uomo con la pistola ansimò una risata sgradevole.

- Fottiti!

Urlò Becky lanciando uno bolo di saliva nella sua direzione. Raul la schiaffeggiò così forte che la sua testa si spostò di lato.

- Rispetto mia cara, è la prima regola. Siamo pronti a caricare?

Rivolse un cenno ai due uomini che annuirono.

- Non la passerai liscia.
- Io credo di si. Il tuo amichetto sarà morto a quest'ora. E ora zitta, mi hai stancato. Imbavagliatela.

Si voltò per dirigere le operazioni di carico e si disinteressò delle sorti di Becky. Con orrore della ragazza uno degli uomini addetti al carico le si avvicinò con un grosso rotolo di nastro isolante. Lei si divincolò ancora strisciando lungo il pavimento e l'uomo con la pistola le diede un colpo alla testa con il calcio. Becky rimase intontita e inerte quando l'altro uomo le avvolse il nastro intorno alla testa e sulla bocca.

C'era un taxi con le portiere lasciate aperte quando la moto si fermò davanti al magazzino, poco discosto c'era un corpo disteso a terra. Richard si precipitò accanto all'uomo per verificate le sue condizioni. Non si vedeva sangue, ma aveva gli occhi chiusi e il respiro gli usciva a malapena in un rantolo affrettato.

- È Nelson! Presto bisogna soccorrerlo!

Marcela gli fece cenno di abbassare la voce, estrasse la radio diede una serie di codici e avvertì che c'era almeno un ferito.

- C'è bisogno di un'ambulanza e di rinforzi. Fate presto!
- Che facciamo adesso?
- Aspettiamo.
- Cosa? Becky è sicuramente là dentro, ferita o...

Richard non riuscì nemmeno a terminare la frase, si tirò indietro i capelli. Marcela lo guardò con simpatia.

- Non posso mettere in pericolo un civile. Aspetta qui, vado a vedere.
- Muoviti. Per favore, io…

Richard si masticò le pellicine delle labbra screpolate, impotente.

Becky fu sollevata senza grazia da Raul, aveva le gambe anchilosate per la posizione scomoda sul pavimento e le facevano male le braccia. Aveva pianto di paura e rabbia, ma ora gli occhi erano asciutti e la bocca secca. Un sordo terrore le pulsava nelle viscere. Non doveva essere stata prigioniera per molto, forse un paio di ore, ma quei minuti le erano sembrati interminabili. Temeva per le sorti di Nelson, si sentì in colpa per averlo trascinato senza volerlo in quella situazione. Ed era terrorizzata dalle parole crudeli di Raul, se davvero aveva fatto del male a Richard… Raul la spinse rude verso l'apertura del magazzino.
Il portellone a saracinesca si sollevò e Richard e Marcela si nascosero dietro al taxi. Due uomini stavano spostando dei manufatti fuori dal magazzino per impilarli su un camioncino parcheggiato là accanto. Becky era tenuta malamente per un braccio da Raul che la sospinse verso il veicolo.

- Becky! Quello è quel tipo dello yacht....figlio di puttana!
- Sta giù!

Marcela lo tirò giù per la maglietta.

- Che ne facciamo di quello?

Chiese uno degli uomini indicando Nelson.

- Uccidetelo.

Rispose Raul con voce tranquilla, mentre e si accendeva una sigaretta.

- Noooo!

Esplose Becky in lacrime. Raul le diede un ceffone intimandole di stare zitta. Quello fu troppo per Richard. Si sollevò urlando mentre Marcela imprecava in spagnolo e spianò la pistola. Gli uomini di Raul furono colti di sorpresa, ma in un momento si ripresero dallo stupore e risposero al fuoco. Becky urlò, cercò di farsi piccola strisciando dietro al camioncino. Richard imprecò e mentre Marcela lo copriva come poteva con entrambe le pistole, corse a zigzag verso il punto in cui aveva visto sparire Becky.
Una sirena e il rumore di diverse macchine che si fermavano sgommando si unirono al frastuono dei colpi esplosi dalle pistole. Ne scesero diversi poliziotti in assetto da guerra che spianarono le armi. Alvarez intimò ai criminali di arrendersi, ma Raul agguantò Becky e le puntò la pistola alla testa, la sua compostezza perduta.

- Fate un altro passo e vi giuro che le faccio un buco in testa!
- Arrenditi, lascia la ragazza!

Urlò Alvarez l'arma puntata verso il malvivente che esplose in una risata:

- Che cos'ho da perdere? L'ammazzo giuro!

Non riuscì a terminare la frase che qualcosa lo colpì al ginocchio, sbilanciandolo verso il basso. Non vista Marcela si era portata alle sue spalle, mentre Alvarez lo distraeva. Aveva colpito il retro del ginocchio e mentre lui si piegava urlando di dolore, lo aveva disarmato.

- Vai, vai!

Aveva urlato a una Becky terrorizzata che si era divincolata dalla presa di Barrera ed era corsa tra le braccia di Richard che la stava chiamando a sé.
I paramedici, dopo averlo stabilizzato, caricarono Nelson dell'ambulanza che partì a sirene spiegate. Barrera e i suoi uomini furono spinti nelle auto della polizia.

- Stai bene, amore? Vuoi andare in ospedale?

Richard teneva tra le mani il viso rigato di lacrime di Becky, la stringeva al petto.

- Sto bene, ma Nelson...
- Lo stanno portando in ospedale, è ferito ma stabile.
- Mi dispiace, mi dispiace…

Becky piangeva, Richard cercava di consolarla riempiendole il viso di piccoli baci.

- Shhh, va tutto bene adesso. Mi hai fatto prendere una paura del diavolo, zucchina.
- Oh Rick, ha detto che eri morto. Ho avuto tanta paura.

Bisbigliò Becky stringendosi di più all'uomo. Intanto Alvarez stava parlottando con Marcela, perfettamente a suo agio e Richard che li aveva osservati si avvicinò un poco per captare cosa stessero dicendosi:

- Ve lo consegneremo appena finite sbrigate le formalità di rito.
- Va bene, collega. Aspetteremo per la consegna.

Marcela si voltò verso Richard, gli fece l'occhiolino e montò sulla moto, schizzando via.

- Avanti, voi due. Vi porto in centrale per la deposizione.
- Aspetta un momento, lei è la moglie di quel canadese, aveva detto che era figlia di un narcos...

Alvarez sorrise:

- Se lei ha detto così.
- Forse sono sotto copertura?

Chiese Becky che si stava riprendendo poco a poco.

- Forse. Chi può dirlo con tutte le agenzie governative sparse per il mondo. Allora, salite?

Le rispose Alvarez mettendosi al posto di guida.

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Capitolo 21
*** London calling ***


London calling








Becky si pizzicò la sella del naso, spostando gli occhiali, strizzando gli occhi. Era stanca e ancora scossa dagli eventi del giorno precedente. Dopo la sparatoria e il suo salvataggio, lei e Richard avevano trascorso ore a ricostruire gli eventi con Alvarez che ora aveva piena fiducia in loro. Analizzarono ogni singolo elemento in modo da costruire un caso solido contro Barrera. Poi a notte fonda erano andati in ospedale a trovare Nelson. Quando aveva incontrato Geena, Becky si era scusata, si sentiva mortificata di quello che era accaduto. Geena aveva il volto allungato dalla preoccupazione e dalla stanchezza, ma aveva avuto la forza di sollevare un labbro all'insù:

- So che non è colpa tua. Questo è il motivo per cui ho sempre evitato il penale: da questa parte del mondo è fin troppo facile imbattersi in situazioni come queste.
- Lui come sta?
- L'hanno operato e ora siamo in attesa che sciolgano la prognosi.
- Non ho sentito lo sparo...non sarei dovuta andare con lui.
- Gli hanno colpito la testa con qualcosa di duro forse il calcio di una pistola. C'è stata un’emorragia che ha causato un’ematoma subdurale. Per un uomo della sua età è stato fin troppo fortunato.

In quel momento si piegarono le ginocchia all'avvocato e Richard e Becky la sostennero fino alle sedie accostate al muro. Mentre Becky aveva preso una mano di Geena tra le sue, Richard andò a cercarle un caffè alle macchinette. La luce cruda del neon metteva in risalto ogni piccola ruga di preoccupazione sul viso della donna. Aspettarono finché un medico disse loro che Nelson era fuori pericolo. Il sollievo si dipinse visibile sul volto di Geena e anche Becky sentì un enorme peso sollevarsi dalle spalle.
Ora erano in hotel, Becky stava preparando la valigia, Alvarez le aveva dato il permesso di tornare a casa, aveva solo dovuto firmare una deposizione giurata e il suo nome non sarebbe stato fatto, definendola testimone protetto. Aveva passato il resto della notte con Richard crogiolandosi nel suo calore anche se entrambi non avevano dormito molto. Erano rimasti in silenzio abbracciati paghi di essere vicini e vivi. Insieme ancora una volta, nonostante tutto.

- Sarà meglio che ti prepari anche tu.
- Sai che non posso...

Becky si mise le mani sui fianchi:

- Non puoi o non vuoi?
- Dio, zucchina: non cominciare... ci sono cose che devo fare.
- Certo, l'indispensabile Richard! Come fa il mondo ad andare avanti senza di te!

Becky aveva alzato le mani al cielo stizzita e Richard si era tirato indietro i capelli sbuffando:

- lo sai che non è per questo. Alvarez…

Becky si era voltata e aveva iniziato a piegare il vestito verde con gesti nervosi, aveva scosso la testa e lo aveva gettato in valigia.

- Non m’interessa. Allora vai, dai!
- Vuoi che me ne vada?

La voce di Richard era incredula, venata di sarcasmo. Becky si voltò e incrociò le braccia:

- Si, vattene.
- Allora, guarda che sto andando.
- Bene, vai.
- Bene!

Si fronteggiarono ansanti, Richard a pugni chiusi, Becky che mandava scintille dagli occhi, le labbra serrate. Poi lui si lanciò verso di lei catturandole le labbra in un bacio furioso.

- Sei una testona.
- E tu un arrogante.

Rick tracciò una scia di baci lungo il collo di Becky slacciandole la camicia.

- Vuoi sempre averla vinta.

Sussurrò Becky succhiandogli un lobo di un orecchio mentre gli infilava le mani sotto la maglietta e trascinava le unghie lungo la pelle del dorso.

- E tu credi di sapere sempre tutto.

Richard si allontanò da lei giusto il tempo di togliersi la maglietta. Aderì col torso al seno di Becky. Lei mugolò, le dita di Richard trafficarono con la chiusura del reggiseno, lanciandolo da qualche parte nella stanza. Becky rise piano contro la sua spalla, gli slacciò la cintura dei jeans. Con gesti disordinati Richard se li sfilò dalle gambe, manovrando la donna fino a portala a ridosso del letto. Becky gli mordicchiò il collo, si sentiva viva solo quando aveva le mani, il fiato, le labbra di Richard addosso. Lui le sollevò il viso con delicatezza:

- Perché mi devi sempre fare incazzare?
- Perché ti detesto.

Lui sorrise e le lasciò un bacio a fior di labbra:

- Bugiarda.
- Idiota.
- Zucchina.

Caddero sul letto rifatto alla meglio, le membra intrecciate, le bocche allacciate e si persero nel delirio del desiderio. Dopo giacevano ancora ansanti, a godersi la nebbia del doposesso, bagnati dalla luce cruda del sole mattutino che entrava dalla finestra spalancata. Becky sospirò:

- Dimmi un po’: perché non riesco a starti lontana?
- Perché mi ami troppo.
- E tu?
- Io ti adoro.

Rispose Richard con un sorriso. Becky si allungò a cercargli le labbra, avrebbe voluto che con lui fosse sempre così, ma si rabbuiò quando pensò che quelli fossero solo momenti rubati alla sua vita frenetica e incurante di lei. Infatti Richard si era rovesciato a guardare la radiosveglia.

- Ti accompagno in aeroporto, zucchina. Finisci di prepararti.

L'uomo si alzò dal letto con un'ultima carezza. Si prepararono e fuori dall'hotel trovarono un'auto color ruggine con Alvarez che li aspettava appoggiato a braccia conserte al cofano. Richard si tirò indietro i capelli preoccupato.

- E' successo qualcosa?
- Ci sono delle cose che sono rimaste in sospeso con la Hoekstra.
- Con Angie?

Il detective annuì.

- Devo rimanere anche io?

Chiese Becky stropicciandosi un lobo dell'orecchio.

- No, no. Tu puoi andare: abbiamo la tua dichiarazione giurata.
- Stavamo andando in aeroporto, poi ti raggiungo.
- Mi dispiace non dipende da me...

Richard si voltò con viso dispiaciuto verso Becky che era rimasta impietrita sul posto, gli occhi enormi.

- Non può nemmeno accompagnarmi?
- E' urgente. Anzi è meglio che per qualche tempo siate separati, per sicurezza.

Richard le prese il viso tra le mani e le diede un lungo bacio:

- Ti amo zucchina. Non dimenticarlo, va bene?

Becky aveva un groppo in gola e riuscì solo ad annuire.

- Ci vediamo a Londra.
- Arrivederci Becky. Qualcuno a Londra si farà sentire per gli ultimi dettagli del caso.

Alvarez le strinse la mano, prima di mettersi al volante. Richard l'abbracciò l'ultima volta e s'infilò in macchina. Becky era rimasta sola, di nuovo. Si sentì stupida a rimanere così in mezzo alla strada con la valigia. Strinse le labbra e fece per tornare in hotel a cercare un taxi.

- Serve un passaggio?

La voce nasale dal pesante accento canadese la distolse dalle sue elucubrazioni. Andy le si era avvicinato con la mano tesa, pronto a raccogliere la valigia.

- Io…non so se dovrei fidarmi di te.

Andy si strinse nelle spalle e guardò l'orologio al polso:

- Ho idea che dovrai decidere in fretta se non vuoi perdere l'aereo.

Questo convinse Becky che salì sulla jeep del canadese. In fondo, pensò, le autorità beliziane l’avevano praticamente invitata a tornarsene a Londra ed era tempo che riprendesse la sua vita. S'infilò gli occhiali da sole e fece un sorriso deciso mentre Andy ingranava la marcia. Le strade di Belize City filavano intorno a loro che per un po' rimasero in silenzio.

- Come mai hai la tendenza a comparire proprio nel momento più opportuno per toglierci dai guai?

Andy fece una risatina:

- Dici?
- Non dico: è così.
- Sono solo coincidenze.

Becky si tolse gli occhiali e mordicchiò la stanghetta. Si voltò verso Andy:

- Richard pensa che tu sia un qualche agente infiltrato.
- Il tuo ragazzo ha la tendenza a drammatizzare credo.
- E quella donna che mi ha salvato, lei è un'infiltrata. E' davvero tua moglie?

Andy non rispose, ma piegò le labbra in un sorrisetto. Nel frattempo erano arrivati al piccolo aeroporto di Belize City. Andy aiutò ancora Becky con la valigia e nelle procedure del chek in, come se volesse assicurarsi che lei salisse sana e salva su quell'aereo.

- Allora, lo sei?
- Cosa?
- Un agente infiltrato.
- Secondo te se lo fossi vivrei di espedienti?

Becky si strinse nelle spalle, mentre lui riprendeva il discorso:

- A proposito di questo. C'è quella piccola transazione in sospeso tra noi…

Becky sbottò in una risata incredula, ma doveva convenire con lui: gli affari erano affari.

- Sei fortunato che abbia pensato a ritirare dei soldi prima di partire. Allora quant'era? Cento sterline a testa, giusto?

Becky manovrò il portafoglio e ne tirò fuori diverse banconote. Andy le contò e raggrinzì il viso in una smorfia:

- Ci sarebbe anche la parte del tuo ragazzo, sai.
- Oh, giusto! Immagino vi incontrerete e potrai chiederlo direttamente a lui.
- Veramente ci siamo già incontrati …

Una voce disincarnata avvertì che il volo per Londra via Miami era in procinto di partire e che i viaggiatori si avvicinassero all'area di imbarco.

- Quando? Dove?

Andy fece un gesto vago con la mano:

- Fatto sta che mi ha detto che non aveva più soldi.
- Davvero?
- Si, li aveva usati tutti per un orto, credo.
- Tipico di lui.

Becky sollevò gli occhi al cielo. L'altoparlante indicò la seconda chiamata per il suo volo e Becky si avviò con Andy alle calcagna che aspettava ancora i suoi soldi.

- Aspetta un attimo, che vuol dire che li aveva usati per un orto?
- O quello o dev'essere una di quelle vostre strane espressioni britanniche: ha parlato di zucchine...non so.

Becky si voltò eccitata verso l'omone, ma la voce la richiamò per l'imbarco:

- Devo andare.
- I miei soldi!
- Si, si. Eccoli!

Pasticciò con le banconote e dovette scappate a prendere l'areo ancora incuriosita sulle parole di Andy. Richard aveva usato tutti i suoi soldi per lei? Allora non erano del Consolato, ma perchè? Il rombo dell'aereo che partiva coprì i suoi stessi pensieri.
Così Becky era tornata a Londra, di nuovo da sola. Continuava a riflettere su quello che Richard aveva fatto per lei, aveva svuotato il suo conto per farla vivere con lo stile di vita a cui si era ormai abituata. Questo poteva capirlo e sapeva che non avrebbe mai accettato un prestito da lui, per questo Richard aveva creato tutta quella montatura del Commissariato. E lei che aveva dato il merito a Hugo! Non sapeva se prendere a schiaffi se stessa o essere arrabbiata con Richard. Di certo stava iniziando a essere nuovamente delusa da lui, non riusciva a capire perché non volesse ancora raggiungerla a Londra. Le diceva che aveva ancora da fare delle cose in Belize: quando Angelina era stata arrestata l'Associazione aveva rischiato di cadere a pezzi, le aveva detto. Doveva ancora seguire delle cose, ma sarebbe tornato, le aveva promesso. Ma i mesi erano trascorsi e Becky ancora viveva del ricordo dolce amaro di quella avventura, struggendosi nell'amarezza di quello che pensava fosse un'amore non corrisposto e nel rimpianto di ciò che non avrebbe potuto mai esserci. Così si buttò ancora maggiormente nel lavoro, per non pensare, per non cadere nel baratro della tristezza, partendo quasi subito il suo ritorno per Milano dov'era stata poco meno di un mese ritornando se possibile ancora più amareggiata, mentre le scuse di Richard le riecheggiavano nella mente. A volte avrebbe voluto essere una foca o un corallo così da avere quelle attenzioni dell'uomo che evidentemente non sapeva riversare su di lei, affamata d'amore. A Brenda, che l'aveva vista così giù di morale, aveva raccontato una mezza verità: le aveva parlato di Raul di quanto fosse stato affascinante e imbastendo una specie di storiella tra di loro finita malissimo. L'amica aveva cercato di consolarla portandola al cinema e riempiendola di tè, che per lei era il toccasana di ogni cosa. Non si era arrischiata a parlarle di Richard né poteva raccontarle la verità di ciò che fosse accaduto in Belize, c'era il segreto istruttorio e i cartelli della droga in mezzo. Avrebbe potuto sempre dirle di mantenere il segreto, ma erano cose che era meglio non far sapere in giro per l'incolumità personale di tutti. Aveva avuto un confronto molto duro con Hugo, accusandolo di averle voluto farle le scarpe, di averla abbandonata con uno sconosciuto, di essere un tossico pericoloso. L’uomo aveva cercato di difendersi, rassicurandola che non avrebbe mai voluto il suo male e confessando che in effetti aveva trovato l’occasione di scavalcarla troppo ghiotta per lasciarsela scappare.

- In fondo Rebecca, il nostro lavoro è fatto così. E poi non avevamo stretto patti di lealtà o cose simili, avresti fatto la stessa cosa anche tu, sii sincera.

Becky era quasi sul punto di ammirare la sua faccia tosta e lo guardò con gli occhi a fessura, la testa piegata da un lato. Se doveva essere proprio onesta con sè stessa, Hugo non aveva tutti i torti: il loro era un ambiente di squali e nessuno si sarebbe sconvolto più di tanto per un affare soffiato. Anche lei avrebbe probabilmente agito nello stesso modo. Cioè la Becky di prima.

- Un conto è rubare un'acquisizione, un altro mettermi deliberatamente in pericolo! E questo dovresti saperlo persino tu.

Rispose infatti. Erano infine giunti ad un accordo: lei non lo avrebbe denunciato, in cambio lui le avrebbe concesso qualsiasi favore gli avesse chiesto.
Poi era partita di nuovo per acquisizioni minori, quell’esperienza l’aveva convinta che avrebbe voluto cambiare aria: era stanca di far guadagnare soldi ad altri e se proprio doveva essere così che almeno fossero per una buona causa. Sentiva che fare donazioni un paio di volte l'anno per quanto generose non le bastava più. Così iniziò a guardarsi un po' intorno e a studiare quella che sembrava essere una nuova professione emergente della crowdfunding manager e mettete a frutto quello che sapeva fare meglio ovvero guadagnare soldi.
Richard era sdraiato sul letto, le mani dietro la testa. Osservava il soffitto ascoltando la pioggia che sbatteva contro i vetri della finestra. Il suo alloggio gli sembrava più vuoto e squallido che mai. Erano trascorsi mesi dalla partenza di Becky e a parte qualche telefonata in cui cercavano di tenere a bada le reciproche recriminazioni il filo che li teneva legati gli sembrava sfilacciarsi sempre di più. Era stato così impegnato tra il caso contro Barrera e il rimettere in piedi i Green Fighters. Il bel gesto che aveva avuto nei confronti di Becky non era stato senza conseguenze e doveva cercare di rimpinguare le sue finanze per poter permettersi di tornare a casa. Alvarez e gli altri inquirenti avevano accettato la sua idea di fare da parafulmine per tenere il più protetta possibile Becky. Si sollevò su un gomito per accendere la luce sul comodino. Il Che lo guardava beffardo dal muro. Aveva sempre accusato Becky di essere troppo legata alle paure del suo passato e che non si lasciasse vivere realmente, ma la verità era che lui temeva la routine più di ogni altra cosa, di rimanere ingabbiato in una piccola vita borghese come quella dei genitori. Lo sguardo gli cadde sul libro sul comodino e fece per prenderlo. Voleva distrarsi da quei pensieri ossessivi. Dalle pagine aperte cadde una foto in bianco e nero di Becky che rideva infagottata nel suo chiodo nero e Richard sorrise nel ricordare che sotto era nuda. Si tirò indietro i capelli mordendosi le labbra. Guardò la ragazza in foto e il cuore accelerò il suo battito. Cosa stava facendo? Stava solo perdendo tempo. Una frase di Che Guevara vibrò dal poster verso di lui: e se vale la pena rischiare, io mi gioco anche l'ultimo frammento di cuore. E se fosse dannato se l’amore di Becky non ne valesse la pena, avrebbe rinunciato a tutto per lei. Doveva andare da Becky decise. Subito.
La pioggia colava dal cielo come lacrime. Becky si aggirava per casa inquieta, aveva appena finito la sua telefonata serale con Brenda. L'amica aveva capito che c'era qualcosa che non andava, ma al solito non era riuscita a strapparle che brandelli di verità. Non si capacitava del perché non riuscisse a confessarle come stessero le cose, ma la situazione era andata così avanti che la menzogna, le omissioni e la paura delle conseguenze si erano avviluppate intorno a lei come un sudario di possibilità inespresse. Jasmine era da tempo tornata a casa, dalla sua famiglia e Becky sospirò accarezzando piano il vecchio plaid di lana marrone che era stato della madre. Una famiglia, non aveva desiderato altro per tutta la vita, le lacrime le pizzicavano gli occhi. Aveva trovato in Brenda e nei suoi genitori quel calore che le era sempre mancato, ma non aveva pensato che la variabile Richard le avrebbe reso le cose così penose. Guardò il proprio riflesso al vetro della finestra confondersi con le gocce di pioggia. Aggrottò le sopracciglia, forse era il momento di decidersi. Con uno scatto si strappò dalla finestra e si diresse verso l'armadietto del telefono, sfogliò la rubrica per cercare il numero dell'agenzia viaggi di cui si serviva sempre: avrebbe lasciato tutto, se fosse necessario e si sarebbe andata a prendere l'amore. Mentre guardava l'orologio e si appuntava il numero sentì suonare il campanello con insistenza, aggrottò le sopracciglia chiedendosi chi potesse essere a quell'ora. Non Jasmine che aveva le sue chiavi e nemmeno Brenda, non era il suo modo di suonare, quello.

- Arrivo, arrivo.

Borbottò. Fu sconvolta quando dallo spioncino vide un paio di occhi smeraldo e fu quasi travolta da Richard quando aprì sorpresa la porta.

- Tu, qui?

Le rispose prendendole il viso con le mani a coppa e spingendola dentro in un bacio divorante. Becky si aggrappò a lui ricambiando con uguale passione. Si staccarono a fatica, Richard era grondante, i capelli appiccicati al viso e gonfi d'acqua, i vestiti zuppi.

- Che ti è successo? Quando sei arrivato?
- Questa sera, ho preso un taxi per venire fino a qui, ma c'era traffico e non potevo più aspettare.

Becky scosse la testa e lo tenne stretto in un abbraccio. Si baciarono ancora e ancora quasi increduli di essere uno nelle braccia dell'altro.

- Asciugati un po', vuoi mangiare qualcosa?
- No, no. Voglio solo te. Ero lì a pensare come uno scemo e mi sono detto che cazzo sto aspettando?
- Io…Stavo venendo da te.
- Davvero?
- Domani avrei prenotato un volo per il Belize.
- E i tuoi capi?

Becky scrollò la testa. Richard la prese tra le braccia.

- Avevi ragione Rick, non dovrei essere sempre così frenata dal passato. Voglio amarti senza paura.
- Vuoi sapere la verità, zucchina? Ero spaventato a morte.

Si baciarono dolcemente e Becky sbuffò in una risatina

- Cosa?
- Siamo proprio due idioti

Richard rise anche lui le prese la mano e le baciò le dita.

- Ma ci amiamo, nonostante tutto.

Becky reclinò la testa sulla sua spalla e si sentì avvolta da una calorosa sensazione di sicurezza.

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Capitolo 22
*** Epilogo ***


Epilogo




Gli abeti spandevano il loro profumo balsamico mentre gli aghi scricchiolavano sotto i loro piedi.

- Manca molto?
- Dai zucchina ancora un po' e siamo arrivati.
- Tu e la tua mania delle foreste...non ti è bastata quella del Belize.

Bofonchiò Becky mentre scacciava via dalla faccia schifata un nugolo di moscerini.

- Vorresti tornarci? Ho parlato con Geena l'altro giorno.
- Mi piacerebbe tornare a trovare lei e Nelson. Lui come sta? L'ultima volta che l'ho sentito era in riabilitazione.
- Ha ripreso a guidare. Davvero vorresti tornarci? Magari...in viaggio di nozze?

Becky sentì un tremolio all'altezza dello stomaco e per un momento perse la presa dalla mano di Richard, ma quando scrutò il suo volto notò il sorriso beffardo dello scherzo. Sollievo e delusione la pervasero in un curioso mescolio di sensazioni.

- Sono proprio felice di saperlo. A proposito di matrimoni - Riprese con noncuranza - Mi sembra che le cose tra Geena e Alvarez siano a buon punto. Nelson mi ha detto che hanno iniziato a vedersi.
- Si, a quanto sembra.

Richard si strinse nelle spalle, quelli erano pettegolezzi a cui non faceva tanto caso. Quando parlava con Alvarez era più che altro del caso contro Barrera e il suo interesse principale era scoprire se davvero Andy e la sua presunta moglie fossero degli agenti infiltrati. L'investigatore non si era sbottonato sulla questione, ma dai pochi accenni che si era lasciato sfuggire qua e là la convinzione di Richard prendeva sempre più sostanza.

- Eccoci, siamo arrivati: il mio amico mi ha detto che basta solo aprirla.
- Quando mi hai promesso un weekend romantico non avevo capito che dovevamo fare i boscaioli.

Sbuffò lei inerpicandosi per le scalette di legno dello chalet.

- Oh, non lamentarti. Io, te e il bosco...non è abbastanza romantico?
- Si, romantico come Non aprite quella porta.

Becky aveva pensato piuttosto a un hotel ricercato, a una cena a lume di candela e lenzuola di seta. Ma conosceva Richard e sapeva che non gli sarebbe neanche venuto in mente. Erano arrivati a un compromesso: Richard avrebbe fatto base a Londra, ma sarebbe partito se necessario se c'era una campagna che gli stava particolarmente a cuore e lei aveva già passato la prima selezione per diventare la crowdfunding manager dei Green Fighters. Le veniva da ridere perchè di tutte le associazioni che poteva scegliere aveva deciso che avrebbe voluto lavorare proprio con loro. Era per questo che Richard le aveva proposto quel weekend romantico, per festeggiare. Richard era intento ad aprire la porta e cercare il contatto elettrico per accendere le luci. Il bosco stava scurendo e il dolce frinire dei grilli stava riempiendo la radura. Becky era rimasta sulla veranda a godersi gli ultimi bagliori del tramonto cercando di individuare se ci fosse qualche lucciola. Richard l'abbracciò da dietro sorprendendola con un bacio a fior di pelle sul collo.

- E' presto per i lampiridi. Vieni dentro, ho acceso il fuoco.

Prese Becky per mano e la fece entrare. La cabina era in realtà uno spartano capanno di caccia, con mobilie spaiate e solo il fuoco crepitante riusciva a dargli un aspetto confortevole. Becky frugò nella sacca che Richard aveva lasciato cadere sul divanetto scalcagnato, criticando e polemizzando su ogni oggetto che ne tirava fuori. Lui intanto aveva acceso un vetusto giradischi. Becky si voltò, gli occhi brillanti quando sentì le voci maschili armonizzarsi.

- Non mi dire che è lo stesso disco.

Richard sorrise e non rispose tirandosi indietro i capelli con una mano. Becky gli accarezzò la barba e gli posò un bacio sulle labbra.

- Sei uno zuccone tanto romantico!

Lo prese in giro, segretamente compiaciuta. Prepararono una cena spartana composta per lo più da scatolame; fagioli, zuppa e pane tostato. La loro conversazione alla fine confluì sulle loro avventure in Belize e sulla brutta vicenda che aveva coinvolto Brenda e il suo nuovo ragazzo, una storia di ricatti e guerra tra bande a Brixton che per fortuna era stata sventata proprio grazie all’aiuto della giornalista:

- Sembra che voi fratelli Jones abbiate una calamita per attirare i guai.
- Come va con mia sorella?
- Non mi parla da una settimana.

Le labbra di Becky si piegarono all'ingiù nel ricordare la fallimentare serata in cui lei e Richard avevano confessato il loro amore.
Si erano incontrati in un pub carino del centro, un'uscita a quattro aveva proposto Becky a Brenda, così le avrebbe fatto conoscere il suo nuovo ragazzo o l’uomo misterioso come aveva preso a chiamarlo l’amica. Brenda era entusiasta: ora che le cose nella sua vita si erano aggiustate, il processo contro i membri della gang era iniziato da poco, era più che desiderosa di vedere anche la sua migliore amica felice. Quando la coppia era arrivata al pub, Brenda e Malcom li stavano già aspettando davanti all'entrata, mano nella mano tubando come piccioncini. Becky ebbe una stretta al cuore e Richard scherzò:

- Sembrano una coppia di parrocchetti, guardali: sempre becco sul becco.
- Stai zitto, sono adorabili!

Lo rimproverò lei con un sorriso, si era allontanata di un passo inconsapevole, troppo abituata a nascondersi, ma Richard le prese la mano e l'attirò al suo fianco. Malcom fu il primo ad accorgersi di loro:

- E i vostri rispettivi fidanzati dove sono, li avete fatti scappare a vicenda?

Li salutò scherzoso, ma Brenda osservò le mani intrecciate e i loro visi imbarazzati e ricollegò tutti i piccoli episodi che l’avevano sempre lasciata interdetta: in quel momento ebbe come una rivelazione, finalmente.

- State insieme!

Esclamò in tono accusatorio, non sapendo lei stessa se essere felice o innervosita dal loro comportamento.

- Entriamo?

Propose Becky pentita di aver proposto quella serata e desiderosa che finisse il prima possibile. Mentre i ragazzi prendevano da bere Becky e Brenda si fronteggiarono:

- Da quanto va avanti?
- Da qualche mese. Ti ricordi quel viaggio che feci a Miami...?

Le raccontò velocemente tutta l'avventura che avevano vissuto lei e Richard, tralasciando solo i particolari tecnici legati al caso.

- Ma perchè non me l'hai detto?
- Non è tutto.

Becky era ormai decisa a vuotare completamente il sacco con l'amica. Approfittando della fila al bancone che teneva occupati i ragazzi le confessò tutti i suoi trascorsi con Richard e che era sempre stata innamorata di lui fin da quando erano ragazzini. Brenda l'ascoltava con le braccia incrociate un'espressione tra l'incredulo e il seccato nei suoi occhi, man mano che l'amica andava avanti. Quando Richard e Malcom tornarono si sporse a prendere la mano di Becky mormorando:

- Poi approfondiamo. Alla fine era come dicevo io fin dall'inizio, ricordi? Avevo predetto o no che sareste finiti insieme?

E in qualche modo la serata era andata avanti con Malcom e Richard che si facevano battute idiote nel tentativo di appianare l'atmosfera tesa tra le ragazze.
Ora Richard nel vedere il visino imbronciato di Becky si allungò per farle una carezza:

- Dalle tempo: lo sai che ti vuole un bene dell'anima. E poi questo periodo con tutto quello che le è capitato è parecchio emotiva. Non invidio per niente Malina che deve starle vicino!

Becky si lasciò andare in una risatina nel sentire il nomignolo che Richard aveva dato al ragazzo della sorella. Si allungarono sul divano osservando le fiamme nel caminetto.

- Ancora non vedo nulla di romantico in questa serata.

Esordì Becky dopo un po'. Richard smise di accarezzarle la spalla e la osservò in viso: un sorrisetto le sollevava gli angoli delle labbra e capì che lo stava prendendo in giro.

- Vuoi il romanticismo?

Si tirò su e armeggiò con il giradischi; quando le note partirono si voltò verso Becky e allungò la mano invitandola a ballare. Una dolce voce si librò tra di loro e il cuore di Becky si sciolse un pochino. Per un po' si dondolarono cullati dalla ballata degli Eagles, le mani di Richard scivolarono sulla schiena di Becky stringendola contro il suo petto, le sue labbra contro il suo collo. Lei si lasciò andare completamente nel suo abbraccio ascoltando il cuore dell'uomo battere contro il proprio orecchio. Sollevò il viso e incontrò le labbra di Richard.

Ogni volta che provo ad andarmene
qualcosa mi fa tornare indietro e restare
e non so dirti perché.

- Lo so io perchè, zucchina: perché ti amo.

Cantò Richard insieme a Schmit. Becky si nascose nella maglietta dell'uomo compiaciuta e imbarazzata. Quando sollevò il viso si era però ricomposta abbastanza per scherzare:

- Continuerai a chiamarmi così fino alla morte non è vero?
- La mia o la tua?

Becky scoppiò a ridere e s'illuminò. Si divincolò dalle braccia di Richard e si diresse verso la cucina. Quando ne uscì aveva con sè una lussuosa scatola nera avvolta da un nastro rosso di raso. Richard arricciò il naso nel leggere la marca dei cioccolatini impressa in oro.

- Godiva. Non avevamo detto di mantenere un profilo basso?
- Non ho ancora lasciato il mio lavoro…e poi stasera è un’occasione speciale.

Aprì la scatola offrendo una pralina al ragazzo e ne addentò una lei stessa in modo suggestivo. Gli si mise a cavalcioni:

- Adesso sì che è una serata perfetta.
- Mmmh, non perfetta quanto quella in cui Sting venne a fare un concerto a Belize City e poi passai la notte a bere birra con lui.

Becky strinse le labbra e si tirò il maglione da sopra la testa lanciandolo dietro di sè. Appoggiò i seni inguainati nel pizzo nero al petto di Richard che deglutì:

- E adesso?
- Può ancora migliorare.

Becky insinuò una mano sotto la sua maglietta strusciandosi contro il suo grembo. Richard si lasciò sfuggire un sospiro e si tirò indietro i capelli. La lingua di Becky continuò a disegnargli arabeschi di saliva contro la pelle del collo mordicchiandolo e stuzzicandolo fino a che lui non ne potè più ed esclamò con un ringhio.

- Va bene, va bene. Hai vinto: è perfetta!

Becky rise deliziata quando Richard si sollevò sul divano e la portò con sè verso la camera da letto. Poco prima di entrare lei non rinunciò ad un ultima frecciatina:

- Comunque non riesco a credere che tu non abbia ancora una casa!
- Sei tu la mia casa.

Becky allungò una mano ad accarezzare il suo amato viso e con gli occhi scintillanti d’amore Richard le baciò le dita. Si strinsero in un amorevole abbraccio, finalmente pacificati.





Nota Autrice:

E finalmente proprio alla fine Becky è riuscita ad azzecare una citazione!
A quanto sembra Nelson è tornato pienamente operativo e Geena si è convinta a frequentare Alvarez, d’altra parte come resistere al suo fascino! E Andy e Marcela, saranno davvero due agenti infiltrati sposati?
I due dischi che Richard mette su sono il Live at Pompeii dei Pink Floyd (vi ricordate, quello che hanno ascoltato la prima volta da soli) e The Long Run degli Eagles in particolare I Can’t Tell You Why che potrebbe riassumere un po’ tutta la loro relazione.
Ebbene siamo arrivati alla fine di questa avventura! Ringrazio tutti quelli che hanno letto, commentato, seguito questa storia, siete importanti per me e per tutti i miei personaggi.

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