E' nell'oscurità che si trova la luce. It is in the darkness that one finds the light

di Sararmuz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Persa nei sogni ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: The true Nord ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Cosa sei disposta a sacrificare? ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: Un collare per dominarmi, e nel buio incatenarmi ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Total eclipse of the heart ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: il Non Mare ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Nessuna scelta è priva di rimpianti ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Tempeste interiori ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: Come tutto ebbe inizio ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10: Meglio regnare all’inferno che servire in paradiso ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Persa nei sogni ***


Fanfiction Darklina di Sararmuz
Buona lettura

(I desideri non si possono evocare,
né soffocare a piacimento.
Essi nascono dalle profondità
più remote del nostro animo,
più nascosti di ogni altra intenzione
siano essi buoni o cattivi.
E a nostra insaputa.

Michael Ende )

E' NELL'OSCURITÀ CHE SI TROVA LA LUCE

It is in the darkness that one finds the light

 

CAPITOLO 1 : PERSA NEI SOGNI

 

Da giorni continuavamo a spostarci senza sosta per evitare i vari nemici che ormai mi cercavano. Per uccidermi a causa dei miei poteri come Grisha o peggio, per vendermi e usarmi come arma essendo la prima Evoca luce. Ormai i problemi che mi causavano i miei lineamenti misti Shu erano l’ultimo dei miei pensieri.

Ero Grisha da solo qualche mese e non mi capacitavo ancora di come potessero essere odiati e perseguitati come streghe da molte persone del continente. Ho letto la loro storia, e devo ammettere che la loro situazione è migliorata solo dopo l’arrivo dell’oscuro che ne ha alzato il valore nella società e il prestigio. Ma le superstizioni restano e la Faglia d’Ombra creata non ha giocato a loro favore. Come vorrei essere forte abbastanza per distruggerla per sempre. Ma ora come ora mi è impossibile. Certo avrei avuto una possibilità con l’aiuto dell’Oscuro come amplificatore...Ma essendo lui l’eretico nero non poteva più essere un opzione, dovevo contare solo sulle mie forze e per farlo dovevo trovare il Cervo bianco che vedevo dei miei sogni.

I giorni da fuggiaschi scorrevano frenetici Cercavo spesso di non pensare a lui durante i pochi momenti in cui Mal e io ci accampavamo per riposare. Ero finalmente con Mal, la prima e unica famiglia che abbia mai avuto, oltre che il mio primo amore. Eppure mi sentivo come incompleta. Possibile che sia riuscito a far penetrare i suoi tentacoli di oscurità dentro di me così in profondità ?

Razionalmente lo odiavo per avermi ingannata, e per il fatto di essere lui la causa di tante morti e dolore, ma per il mio cuore era un’altra storia. Lo sentivo spezzato quasi fossi stata colpita da uno Spaccacuore.

Continuavo a rivedere il suo volto nelle ombre, con quegli occhi penetranti che mi chiamavano a se, e a ripensare ai momenti passati con lui, in cui credevo alle sue dolci parole. Mi ripetevo che erano solo Inganni per manipolarmi, ma nel mio cuore il dubbio che ci tenesse per davvero restava.

Poi iniziai a sognarlo. Il suo ricordo mi perseguitava ogni volta che abbassavo la guardia. Il sogno iniziava sempre allo stesso modo: Io e Mal che correvano spensierati nel prato dell’orfanotrofio. Poi arrivava il cervo bianco a condurmi nel bosco, e proprio mentre stavo per toccargli il manto lucente sentivo i suoi occhi su di me, il cervo fuggiva lasciandomi sola in sua presenza.

I sogni diventavano sempre più nitidi e reali, le prime notti il generale Kirigan era lontano per poi farsi via via sempre più vicino, fino a quasi sentirne il respiro sulla pelle. Mi svegliavo sempre col cuore che mi scoppiava nel petto e il fiato corto. Mal preoccupato mi chiedeva dei miei incubi, ma non avevo il coraggio di raccontargli la verità sulle mie palpitazioni, per cui mi sentivo in colpa. Avere Mal accanto mi scaldava il cuore, ma in un modo diverso ormai.

 

Senza rendermene conto, attendevo la notte per poterlo rivedere nel mondo dei sogni, dove nessuno avrebbe potuto giudicare i miei sentimenti e il mio cuore, che lo desiderava ancora malgrado tutto.

Nelle ultime notti lui era nel bosco del Piccolo Palazzo, vicino alla fontana dove mi aveva condotta mesi fa, in un giorno di addestramento. Era proprio dietro di me che mi attendeva. Potevo sentire il calore irradiato dal suo corpo imponente. Allungava la sua mano verso di me sistemandomi una ciocca di capelli ribelli dal viso, mentre mi giravo verso di lui per vedere il suo bel volto cupo, che era illuminato da un raggio di sole filtrato dagli alberi. Il suo sguardo sembrava diverso dal solito, era felice e sollevato nel vedermi, mentre mi accarezzava il viso dolcemente col pollice. Il suo tocco così delicato, caldo e possessivo sembrava così reale da farmi rabbrividire. Poi per la prima volta nei miei sogni prima muti, iniziò a parlarmi.

Alina” sospirò , “sei davvero tu?” domandò, guardandomi dritto negli occhi sorpreso, spostando la sua mano dietro al mio collo. Io tenendo lo sguardo in alto verso di lui, ero estasiata nel risentire la sua voce, ma allo stesso tempo un po’ confusa dalle sue strane parole.

Alexander, che bello risentire la tua voce, non pensavo fosse possibile” dissi accarezzandogli la barba rude e un po’ cresciuta, che tanto mi mancava. Lui mi strinse forse a se sussurrandomi

Che bello vedere che stai bene, ero preoccupato da quando te ne sei andata”. Sentii la stretta al cuore, che mi accompagnava da giorni, che si allentava, e un calore propagarsi dentro di me imporporandomi le gote. Stando così abbracciati non poteva notare il mio rossore, ma io potevo sentire il suo cuore battere forte quanto il mio.

Che strane parole da dire in un sogno, pensai. Di solito lo sognavo fermo e freddo come il generale che era, che mi fissava intensamente quasi a giudicarmi silenziosamente, per essere scappata da lui. Nei sogni precedenti non mi aveva mai toccata così calorosamente. Colsi l’opportunità datami da questo sogno diverso dal solito, per allontanarmi dal suo petto, per poi alzarmi in punta di piedi e baciarlo finalmente. Quanto mi mancava quella bocca. In quel momento i suoni di fondo del bosco e dell’acqua della fontana erano come spariti, lasciando solo i nostri respiri uniti da questo bacio rubato.

Lui dopo un primo momento di sorpresa, ricambiò il mio bacio improvviso, con forza e sentimento. Sentii la sua bocca farsi sempre più famelica cercare di schiudere la mia. Io non opposi resistenza ma cedetti volentieri terreno a lui e alla sua lingua. Mi strinse a se, più vicino al suo corpo vigoroso accarezzandomi al contempo la nuca e il fianco. Io gli avevo gettato le braccia al collo per tenerlo vicino a me, temendo che da un momento all’altro mi sarei svegliata e sarebbe finito tutto per sempre.

Oh Alina, come mi sei mancata” disse prendendo fiato tra un bacio e l’altro.

Non avrei dovuto lasciarti sola quel giorno nella sala delle mappe”.

Non capivo bene cosa stesse dicendo presa come ero dalle sue calde labbra. “ Non ti avrebbero mai riempito la testa di bugie su di noi, e per fare questo...” disse dandomi un bacio leggero, “...non avremmo dovuto attendere così tanti giorni”. Continuando a baciarci, disse tutto ciò con occhi pieni di sentimento, e malgrado il piacere che stavo provando, capii che c’era qualcosa di strano.

Mi scostai improvvisamente da lui, come poteva un sogno dire queste cose, Pesai.

Sei davvero qui, Kirigan? “ chiesi sconvolta aprendo gli occhi spaventata. “ non può essere! È solo un incubo che mi gioca uno strano scherzo.”

Lui sollevo il sopracciglio.“ Sono tornato ad essere Kirigan ora?”, e con un sorrisetto rispose in tono leggero.“ Non mi sembrava proprio che stessi vivendo un incubo prima”, e prosegui malizioso,“ Tutt’altro direi, da come ti sei gettata tra le mie braccia poco fa”. Disse mentre mi si avvicinava.

No, Stammi lontano! “ urlai quasi indietreggiando. “ tu mi hai sempre ingannato e mentito. Non so neanche se Alexander sia davvero il tuo nome”. Lui mi fulmino con lo sguardo sentendo le mie accuse, ma io proseguii. “E adesso, sei entrato nella mia testa durante il sonno per confondermi ancora di più ?!”.

Lui sembrava sinceramente offeso dall’accusa. “ Credi davvero che ti avrei confidato un nome che non mi apparteneva? E che sia IO a perseguitarti nel sonno?” Chiese il Generale cercando il mio sguardo sfuggente.

Ovvio!” risposi sicura di me ricambiando finalmente lo sguardo.“Tu sei l’Oscuro, l’Eretico nero. colui che farebbe di tutto per avere più potere, e in questo caso il mio”.

Lui impedendomi di allontanarmi ancora, mi prese il polso con forza avvicinandomi a se, dicendo

Mi spiace rovinare questo tuo bel racconto, sul cattivo che ti rovina il sonno” disse irritato.

Ma mia cara signorina Starkov, in realtà sei tu che invadi i miei sogni da giorni cercandomi mentre dormo.” Poi prosegui freddamente “ Oggi ho solo trovato il modo di concederti l’accesso alla mia mente per poterti vedere anche io”. A questo punto mi teneva entrambi i polsi, e avvicinando il viso al mio, tanto da sentirne il respiro caldo sulla guancia e il solletico per la sua barba, disse. “ Credo che tu stia mentendo a te stessa, dato che sei tu quella che mi perseguita di notte.” Io sentendo quella verità negata non riuscivo a proferire parola, come una statua di sale e lui prosegui.

All’inizio nel sonno mi sentivo osservato da lontano, poi avvicinandomi alla fonte ho capito che appartenevano a te gli occhi che mi cercavano nel buio. Non che questo mi dispiacesse”. Mi sussurro ora vicino all’orecchio. Io rabbrividì ed ebbi una scossa lungo la schiena. Come poteva farmi questo effetto senza essere davvero qui con me, mi chiesi. Cercando le forze residue alzai lo sguardo, e trovandomi terribilmente vicina al suo viso, dissi “ Forse di notte mentre dormo potrei anche cercarti, ma sappi che di giorno e vigile fuggirei da te Oscuro”.

Lui sembrò per un attimo ferito da quelle dure parole. Poi incupendosi con aria di sfida mi diede un ultimo brusco bacio.

Non temere Alina, qui nel mondo dei sogni sarai stata tu a cercarmi per prima, ma nel mondo reale ti prometto che sarò io a trovarti. Poi vedremo chi di noi due ha mentito all’altro stanotte Evoca luce” disse, prima di chiudermi fuori dalla sua mente.

Mi svegliai in un bagno di sudori freddi, che mi fecero tremare, malgrado la pelliccia che mi proteggeva dalla neve tutt’intorno. Guardai il fuoco del campo ormai spento e capii che io e Mal dovevamo muoverci al più presto, perché l’Oscuro era sulle nostre tracce, e ormai lui sapeva cosa stavamo cercando mentre avevo abbassato la guardia. Imprecai verso me stessa e tirai un calcio al piede di Mal. “ Alzati, dobbiamo muoverci subito!”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

'Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Leigh Bardugo ; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2: The true Nord ***


CAPITOLO 2 : THE TRUE NORD


 

Mal si svegliò di soprassalto portando istintivamente la mano al fucile. “ Cosa succede?! “ chiese mentre si alzava guardandosi intorno. Non notando nulla di sospetto nel bosco si girò a guardarmi mentre stavo sistemando la sua borsa come una furia.

Cosa è successo Alina? Perché mi hai svegliato così malamente ?” Chiese sbadigliando irritato, abbassando il fucile.

Mi sentivo tremare leggermente mentre rassettavo le cose del campo.“ Forza dobbiamo proseguire” dissi.

Mal mi si avvicinò e vedendo il mio viso sconvolto , smise di guardarmi in cagnesco. Mi liberò le mani dagli oggetti che stavo infilando distrattamente nella sacca, e mi prese per le spalle guardandomi dritto negli occhi. “ Adesso ti fermi e mi spieghi cosa sta succedendo Alina.” I suoi occhi azzurri cercavano di decifrare i miei, mentre proseguiva a parlare. “È da giorni che sei strana, ma ho lasciato correre, visto che non sembravi volerne parlare. Ma ora mi preoccupi davvero! devi dirmi tutto. Sono ancora quegli incubi?”.

Io cercavo di distogliere lo sguardo dal suo, temendo che potesse leggermi ancora dentro come una volta. Quando era tutto meno complicato e confuso di adesso.

Eravamo in marcia da giorni e solo ora, mentre Mal mi teneva ferma davanti a lui, mi soffermai a guardargli bene il viso tremendamente stanco. Come avevo fatto a non accorgermi del suo stato fino ad ora? Era evidentemente provato ed io non ero stata capace di chiedergli una volta come stesse, presa com’ero dai miei tormenti interiori.

Scusami Mal” dissi mettendo bene a fuoco il suo sguardo. “ Non volevo darti ulteriori pensieri. Vorrei lasciarti riposare ma non possiamo permettercelo”.

Mal mi guardò confuso per le mie scuse enigmatiche. Sollevò il sopracciglio corrugando la fronte, mentre attendeva che proseguissi.

il generale Ki... l’Oscuro è sulle nostre tracce e sa dove siamo diretti. Dobbiamo assolutamente arrivare al cervo prima di lui.” Finì con voce tesa.

Il suo corpo si irrigidì e mi chiese “ Alina, di che cosa stai parlando? Non è possibile che riesca a seguirci. Lo sai che sono un esperto nel nascondere le nostre tracce”.

Come potevo dirgli che era colpa mia se non eravamo più al sicuro? Che ero stata io a permettergli di trovarmi dandogli un accesso alla mia mente dormiente. Mal Non avrebbe capito e ciò avrebbe potuto allontanarci ancora di più. Decisi di dirgli una mezza verità più accettabile non potendo più tergiversare.

Gli incubi che faccio sono sull’Oscuro. Credo abbia trovato un modo di connettersi con me tramite i sogni. Ci sta cercando e ora sa dove andare.” Mal si allontanò da me di colpo col viso inizialmente offeso.

Ed hai aspettato tutto questo tempo per dirmi una cosa così importante !?” Chiese lui trattenendo la rabbia. “ Pensavo fossero solo incubi all’inizio. Almeno fino a stanotte.” Mi giustificai, cercando di stringergli una mano per non farlo indietreggiare di più.

Certo, incubi...” disse lui con un finto sorriso, mentre girava il viso per guardarmi bene negli occhi ora freddi e distaccati. “ Non voglio immaginare cosa vi siate detti o peggio, cosa abbiate fatto nei tuoi bei sogni, Alina”. “ Mi basta già quello che ho visto alla festa d’inverno, mentre eri sul palco con lui.” Dicendo ciò sfilò bruscamente la mano dalla mia.

Arrossì, e rimasi un attimo come bloccata, mi aveva preso alla sprovvista con le sue parole. Era forse geloso di Kirigan? Per questo si era allontanato da me dopo gli ultimi mesi al piccolo palazzo? Pensavo non avesse ancora accettato che fossi una Grisha. Ma forse non era la sola cosa ad essere cambiata.

Cosa vuoi sentirti dire Mal?” Dissi stizzita. “Che è stato orribile il periodo passato ad addestrarmi a piccolo palazzo come Grisha? Beh non è così, mi è piaciuto, e mi ha permesso di scoprire i miei poteri finalmente”.

Non ti ho mai rinfacciato di essere quello che sei” disse stringendosi le spalle. “ Ma il ricordo di te che gli sorridi in quel modo, mi tormenta”. Lui stava finalmente abbassando la guardia.

Mal... dirti che non fossi felice quella sera, sarebbe una bugia...” dissi avvicinandomi a lui.

Ma adesso le cose sono cambiate, ora che so il suo piano. Infatti sono scappata, ricordi?” Dissi sorridendogli. Non volevo litigare con lui, era il mio migliore amico da sempre, e dopo tutti i sacrifici che aveva fatto per aiutarmi gli ero debitrice.

Lo so Alina,” sospiro lui, “ma non posso evitare di odiarlo ancora di più, sapendo che adesso può raggiungerti nel sonno, dove io non posso proteggerti.” Disse ciò stringendomi brevemente a sé. Poi mi lascio andare e si incamminò prendendo le nostre sacche.

Rimasi lì ferma a guardarlo un attimo, poi lui si giro a guardarmi per rimproverarmi giocosamente “si muova sua grazia , il branco di Morozova non aspetterà i suoi comodi”.

Io finii di infilarmi lo stivale “ A chi hai dato della zarina ?!” Dissi urlando e gli corsi dietro sollevata.

La tensione tra di noi si era un po’ allentata, ma le cose non sarebbero più tornate come prima. Se solo lui mi avesse vista per davvero in questi anni, prima che il mio cuore venisse corrotto da due occhi color ardesia, senza età ne perdono.


 

Con le ultime provviste a disposizione, ci accampammo in una radura in cima al monte. Mal era convinto che il branco sarebbe passato di lì a breve.

In questi due giorni di cammino, avevamo parlato dei miei mesi al campo di addestramento Grisha, e di come avevo vissuto al Piccolo Palazzo. Di tutto, tranne che di lui. Avevo evitato in tutti i modi di nominarlo, anche per sbaglio. Perché Mal si incupiva subito. Non chiedeva più di raccontargli i miei incubi, ma solo se avevo avvertito altre minacce in arrivo. Inoltre Mal spesso vegliava sul mio sonno, pronto a svegliarmi in caso mi agitassi troppo, -per evitare ulteriori danni - diceva.

In realtà in queste ultime notti avevo provato a non cercare di connettermi con lui, ma quando la ragione si assopiva, il mio cuore partiva alla sua ricerca, ma senza successo. Potevo sentirlo. Mi teneva fuori dai suoi sogni con la sua oscurità. Da cui vedevo apparire il suo volto, per poi girarsi dandomi le spalle, e farsi inghiottire dal nero buio del suo potere. Sparendo del tutto alla mia vista. Non sapevo cosa stesse succedendo, ma per qualche motivo l’Oscuro non voleva che comunicassimo. E questo non poteva essere un buon segno.

Mal mi avvisò che non potevamo accendere il fuoco per non farci rilevare, e che a breve avrebbe nevicato. E si arrabbiò con se stesso, per la scelta di quel punto scoperto, per attendere il branco.

E se mi fossi sbagliato?” Domandò.

Siamo qui esposti al freddo, con le provviste che scarseggiano. E magari per niente se il cervo non verrà.”

Io mi strinsi nelle pelli e gli misi una mano sulla spalla per rassicurarlo.” Vedrai che a breve si farà vedere il branco. Per il freddo, basterà che tu mi stia vicino.” Dissi mentre creavo una piccola sfera di luce per riscaldarci.

Non si era ancora abituato a vedermi usare il potere. Ma stavolta non commentò, e si fece più vicino, celando la luce prodotta sotto la pelle che ci copriva entrambi. Eravamo appoggiati l’uno alla spalla dell’altro. Potevo sentire il suo respiro accanto al mio.

Lui mi sorprese, e mentre il sole iniziava a tramontare sulla valle ora innevata, iniziò a raccontarmi di cosa fosse accaduto ai suoi amici tracciatori, e soldati commilitoni, durante l’ultima caccia al cervo leggendario. Richiesta su ordine dell’Oscuro. Mal era l’unico sopravvissuto. Aveva visto i suoi amici morire in un imboscata nemica, proprio davanti a lui. E aveva intrapreso questa missione suicida per me. Solo per potermi rivedere.

Mi sentii triste per la sua perdita e in colpa, essendone la causa. Cercai di consolarlo dicendo che non era colpa sua, e lo abbracciai. Cercando di trasmettergli un po’ del mio calore.

Lui ricambiò l’abbraccio “ Alina, mi sono reso conto di quanto tu sia importante per me, solo quando non ti ho più avuto accanto. Per questo ho fatto di tutto per trovarti. E lo rifarei ancora.” Non sapevo cosa dire.

L’Alina del passato si sarebbe sciolta dalla felicità, nel sentirgli dire finalmente quelle dolci parole. Ma adesso avevano un gusto dolce amaro. Perché non ero più l’Alina che aveva lasciato nel primo esercito. Vedendo i suoi occhi tristi e bisognosi, non mi retrassi quando mi si avvicinò per posarmi un dolce bacio sulle labbra fredde. Mi posò una mano sul viso per prolungare quel contatto tra di noi, ed io chiusi gli occhi. Ma fu un errore. Perché nel buio della mia mente, rividi Alexander che mi baciava, ed ebbi un sussulto. Mal lo prese come un invito a continuare, ma poi si allontanò all’improvviso. Tappandomi la bocca con la mano, mi fece segno di fare silenzio.

Ci girammo e vedemmo un branco di cervi bianchi avanzare nella radura illuminati dalla luna. Mal sorrise, girandosi a guardarmi con sguardo fiero. Lì a pochi metri da noi c’era il cervo leggendario di Morozova.


 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3: Cosa sei disposta a sacrificare? ***


CAPITOLO 3: COSA SEI DISPOSTA A SACRIFICARE?


 

Ero incantata nel guardare quel magnifico animale dal manto lunare, dalle corna imponenti,
e dagli occhi neri che ricambiavano il mio sguardo.
Mal si alzò silenziosamente prendendo il fucile. Poi mi fece segno di andargli vicino, così che potesse aiutarmi a prendere la mira.
Perché sapeva che dovevo essere io a uccidere il cervo, se volevo creare un amplificatore con le sue ossa. 

Io mi alzai, ma con stupore di Mal, andai piano verso l’animale che mi stava venendo incontro. 

“ Cosa stai facendo?” Disse sussurrando “ Alina vieni qui, devi ucciderlo ora.”
Mantenendo il contatto visivo col cervo risposi, “ No, non posso farlo”

Non mi resi neanche conto che stavo allungando una mano verso il suo muso per accarezzarlo.
I suoi occhi neri catturarono i miei in uno sguardo complice, mentre con le dita sentivo il suo manto liscio e caldo trasmettermi un’energia famigliare,
ma di una intensità che non avevo mai provato prima. Sorrisi guardando prima il cervo e poi Mal. 

Ma la felicità durò poco. 

Lo scoccare di una freccia ruppe la connessione che si era creata. 

Il cervo bramì dal dolore, e cadde a terra col fiato corto. Accadde tutto così in fretta da stordirmi. 

Mal si trovò a combattere con i soldati grisha. Lui sparò qualche colpo, prima che degli spaccacuore lo mandassero a terra ferito.
Io reagii spingendo la mia luce dalle mani verso gli aggressori per allontanarli, urlando il nome di Mal,
mentre veniva catturato da altri soldati in divisa nera. 

Poi sentii la voce dell’Oscuro, e le ombre coprire i raggi lunari. 

“ Ti avevo promesso che ti avrei trovata, signorina Starkov”  Disse lui avvicinandosi. Il mio cuore perse un battito.
Lui guardò con bramosia prima me, e poi il cervo ferito. 

“ Vedo che oggi la mia caccia è stata doppiamente fruttuosa” disse mentre alzava le mani con gesti lenti e precisi plasmando l’oscurità in una lama. 

“ Avesti dovuto ascoltare il tuo amico, e uccidere il cervo quando ne avevi l’occasione”. Finì la frase e scagliò la lama appena creata verso l’animale.
Urlai e istintivamente mi lanciai verso il cervo agonizzante, per proteggerlo col mio corpo, non pensando alle conseguenze del mio gesto impulsivo. 

Vidi il viso del generale Kirigan contrarsi dalla paura, e con le mani deviare il colpo, che abbatté un albero dietro di me. 

Ero ancora viva. Non mi aveva colpito.

Poi lui fece per avvicinarsi a me, porgendo una mano, “ Sei ferita?” Chiese preoccupato. 

Ed è li che lo respinsi, creando una cupola di luce che proteggesse me e il cervo. 

Mal urlò strattonando le guardie che lo tenevano “Fallo ora Alina, Uccidilo!”, poi una guardia lo colpì al viso.

Urlai “No! Lasciatelo!” Strinsi i pugni in ginocchio. Poi estrassi il coltello di acciaio grisha,
guardando negli occhi il cervo sofferente accanto a me, cercando le forze per togliergli la vita. 

Sentii i tentacoli di tenebra far pressione sulla mia cupola di luce, cercando una breccia.
Poi intravidi il generale Kirigan al confine, teneva gli occhi grigi su di me, e disse con voce dura,
“ Pensaci bene Alina, a chi tieni di più. A quel cervo, o alla vita di quel tracciatore?”.
Indicò nella direzione delle sue guardie che tenevano Mal, e di uno spaccacuore pronto a colpire.
“È una decisione che spetta a te, se vivrà o morrà qui, in questa distesa di neve”

Io lo guardai sconvolta e implorante. “ Non guardarmi così Alina, sei stata tu a mettermi alle strette” disse lui con lo sguardo come sofferente. 

Mal, sputando sangue, urlò ancora “ Fallo Alina! Non pensare a me.” Il generale Kirigan, appoggiando una mano guantata sul mio scudo di luce,
lo guardò stringendo gli occhi e indurendo la mascella. Era tornato a essere l’Oscuro.

“ Sei sicuro di voler morire per lei?” Gli domandò. 

Poi guardò verso di me “ Ho visto il vostro bacio di prima. Sempre se possa definirsi tale. Non sembravi tanto vogliosa di baciarlo ”.
Io arrossì, distogliendo lo sguardo.” Non mi rispondi?” chiese. 

Poi sogghignò guardando verso Mal, che alzò piano la testa verso di lui, con occhi pieni di odio. Poi si girò ancora verso di me. 

“Alina, non importa, fallo. Una vita non vale quella di tanti innocenti”. Al segnale dell’oscuro lo spaccacuore Ivan entrò in azione,
e Mal tacque tra atroci dolori. Io mi riscossi e allungai una mano verso di lui cercando di coprirlo con la mia luce, senza successo. 

“ Devo ammettere che mi hai stupito ancora, Alina” Disse l’Oscuro. “ Si vede che Bakra ti ha allenata duramente, per essere più forte.
ma non lo sei abbastanza per battermi, e salvarli entrambi.” 

Lui aveva ragione, sentivo le forze che mi abbandonavano e la cupola che si restringeva.
Guardai il cervo negli occhi, implorando il suo perdono, e poi Mal, e dissi “ Perdonami”

Lasciai dissolvere la cupola, e mi misi a correre verso Mal. L’Oscuro si interpose sul mio cammino e mi prese tra le braccia,
mentre Mal veniva trascinato via incosciente, dalle sue guardie. 

Appena mi toccò una scossa mi pervase, sentii il suo potere scorrere in me sciogliendomi.
Io provai ad agitarmi colpendolo al petto per liberarmi, ma senza successo. Lui mi alzò il viso verso l’alto con una mano,
mentre con l’altra mi bloccava a sé. Mi guardò negli occhi e disse 

“ Quello che faccio, lo faccio per il futuro dei grisha. E questo...“ disse lui accarezzandomi la guancia con la mano,
per poi allontanarla, riempiendola di oscurità  “ ...lo faccio per te Alina, per noi”

E detto ciò decapitò il cervo in un sol colpo. 

Io urlai un’ultima volta, mentre vidi gli occhi prima lucenti dell’animale spegnersi, e svenni tra le sue braccia. 

....

Kirigan: 

Staccai di netto la testa dell’amplificatore più potente che avessi mai sperato di trovare.
Insieme a quella si staccarono anche pezzi del suo palco, che si sparpagliarono tra la neve, insieme a macchie di sangue.
Ordinai ai miei uomini di raccogliere le corna, tagliandole con un seghetto, e di portarle alla mia tenda.
Infine dissi di bruciare i resti di questo animale mitologico. 

Intanto tenevo Alina svenuta tra le mie braccia. Era così indifesa, col viso e il corpo rilassato contro al mio.
Un soldato venne verso di me, per portarla via. Ma lo scacciai. Lei era mia, ed io ero suo.
Doveva solo accettare se stessa, e avrebbe capito che eravamo l’uno il pezzo mancante dell’altro.
Non avrei permesso alle mie guardie di toccarla in quello stato.
Ricordandomi della promessa fatta ad Alina ,dissi loro di guarire il tracciatore.
Dopo tutto aveva solo protetto la signorina Starkov spiegai, ma dissi anche di trattarlo come un prigioniero di riguardo. 

Percorsi il sentiero innevato che portava al nostro accampamento per la notte, tenendola in braccio al caldo.
L’indomani saremmo partiti per il fronte militare. Decisi che stanotte avrebbe riposato nella mia tenda,
nel caso al risveglio, non fosse stata pronta per le rivelazioni. 

La deposi su una greppina coperta di pelli. E le legai le mani con delle manette. Odiavo doverle fare questo,
ma quella dannata Bakra l’aveva messa contro di me, con le “sue verità”. E non potevo permettermi che fuggisse ancora.
Vorrei che capisse di potersi fidare, ma immaginavo che le manette non fossero d’aiuto per dimostrarglielo. 

Malgrado le sue diffidenze, sapevo che provava ancora qualcosa per me. O non mi avrebbe cercato nei sogni.
C’era una connessione tra di noi, e grazie a ciò sapevo che  mi desiderava ancora.
Era questa certezza a darmi una sensazione profonda di calore che non provavo da secoli.
Anzi, che non mi permettevo di provare a causa della mia immortalità.
Quando vivi così a lungo, la vita degli uomini sembra così corta e fugace.
Ma Alina non era come gli altri, grisha e non,  erosi dallo scorrere del tempo.
No, lei era come me. Il suo potere era complementare al mio.
Destinata ad un’eterna rigenerazione, longevità e... solitudine. 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4: Un collare per dominarmi, e nel buio incatenarmi ***



Chissà cosa stava vedendo adesso nella sua incoscienza...

Alina:
Sentii nel buio il rumore di un seghetto contro un osso,che mi nauseò. Poi il suono si allontanò, e sentii come un battito regolare e un dolce tepore. Non capivo dove fossi, era come se fluttuassi in un mare nero, ma diverso da quello della Faglia d’Ombra. Non ricordavo come fossi finita in questo posto stranamente famigliare, sinistro ma anche accogliente. Mi sentivo come protetta in questa bolla oscura. Strano, pensai. Che proprio io che evocavo la luce, mi sentissi a casa nel buio.
Poi mi sentii come appesantita e privata di questo mantello d’ombra che mi scaldava, e rabbrividì per il freddo improvviso. Il buio lascio spazio ad una luce, che da tenue si fece sempre più intensa, e da essa apparve il cervo bianco, che mi chiamava a se. Il cervo, certo, ora ricordavo ! Lo avevo visto morire davanti ai miei occhi. Come potevo vederlo adesso ? L’animale si fece sempre più vicino, camminando su questa lastra di luce bianca. Doveva essere un sogno pensai. Abbassò il muso verso il mio viso, e mi soffiò addosso il suo respiro caldo, che mi ritemprò dal senso di gelo di poco prima. Poi sembrò agitarsi e fuggì spaventato. In quel momento mi svegliai.




CAPITOLO 4 : UN COLLARE PER DOMINARMI, E NEL BUIO INCATENARMI 


Aprii gli occhi stordita, battei più volte le palpebre ma in questa semioscurità non capivo dove fossi. Provai a creare una sfera di luce, ma sentii un peso ai polsi, che mi impedirono i movimenti. Avevo delle manette, le sentivo fredde sulla pelle, che mi bloccavano. Ero sdraiata su una qualche morbida poltrona, al buio. Feci per raddrizzarmi, ma mi fermai non appena lo vidi; o meglio, percepii la sua presenza nella tenda. Girai leggermente la testa nella sua direzione e potei vedere il generale Kirigan. Era chino su un tavolo illuminato da poche candele. Sembrava studiare attentamente qualcosa, poi si portò le mani alla testa, passandole tra i suoi capelli corvini. Aveva gli occhi chiusi e la fronte aggrottata. Sembrava combattuto. Cosa poteva esserci su quel tavolo, da renderlo quasi umano in quel momento?
Pensai a quale potesse essere la mia prossima mossa per scappare, quando lui sferrò un pugno sul legno facendo traballare il tavolo. Io sussultai per il rumore improvviso, e le manette mi tradirono, tintinnando sonoramente. Il generale udendole, si girò verso di me, e mi vide. Il buio, che mi teneva prima nascosta, si levò con un suo gesto, aumentando così la luce irradiata delle candele.
“ Ben svegliata, Signorina Starkov “ Disse avvicinandosi con un sorriso sulle labbra “ da quanto tempo mi stavi spiando? Spero ti sia goduta la visione”.
“ Non farti strane idee, Oscuro. Mi stavo guardando intorno, solo per capire come poter fuggire” Dissi mettendomi seduta, pronta a scattare, malgrado le mani legate. Lui scrollò le spalle, e non sembrò curarsi dei miei movimenti, “Puoi mentire a te stessa quanto vuoi, ma non a me. Ho sentito la sensazione famigliare del tuo sguardo su di me, Alina.”
Vedendomi irrequieta mi consigliò di restare seduta, lì comodamente, perché i soldati erano in attesa di suoi ordini, proprio fuori dalla tenda. Non avevo speranza di fuggire così legata.
Poi tirandomi per le manette si sporse verso di me. “Ora slacciati il cappotto” ordinò guardandomi dritto negli occhi “ Puoi farlo da sola, o lo farò io per te”,
il cuore ebbe un fremito involontario alla solo idea che mi toccasse. Cercai di smorzarlo sul nascere, slacciando i primi bottoni con mani tremanti.
“Cosa vuoi farmi Kirigan?” Chiesi spaventata. Lui mise la mano fredda sul mio collo, e mi accarezzò la clavicola col pollice, mentre abbassava l’indumento slacciato, guardando la pelle scoperta. Dopo secondi che sembrarono infiniti, disse

“Voglio solo darti il più potente amplificatore mai creato. Mentre dormivi ho scelto le parti perfette, che comporranno la tua collana”
Io andai nel panico. Sarà stata l’unione di quel tocco, come lava, sulla mia pelle esposta, e di quelle parole lapidarie, che mi percorsero il corpo, come una tempesta di neve.
L’amplificatore.
Voleva mettermi le corna del cervo.
Voleva obbligarmi a essere sua.
Aveva scelto il mio collare.

Mi scrollai la sua mano dalla spalla, e provai a scartarlo per allontanarmi da lui. Non mi accorsi neanche della presenza di altre due figure. Ivan, il suo braccio destro, arrestò subito la mia corsa, agguantandomi in malo modo, e mettendomi in ginocchio, al centro della tenda. Poi dall’ombra vidi avanzare David il fabrikator. Lui teneva la testa bassa e in mano il pezzo di palco prescelto.
“ No!” Urlai. “Lasciatemi! Non lo voglio!” L’Oscuro avanzò “Ti avevo detto di restare seduta, ma non mi ascolti mai tu, vero?! Cerca di stare ferma, ricorda quale vita è nelle tue mani”

Io alzai la testa “ Io ti ho dato il cervo, e tu avresti dovuto liberarlo!” E lo guardai con rabbia. “ Non erano questi i termini, ti ho promesso che non sarebbe morto, lì nella neve, infatti è sano e salvo nelle mie prigioni, il resto dipenderà da te”. Io tacqui chiudendo per un attimo gli occhi, sconfitta. Poi lui disse “Io sono un uomo di parola” e Inclinando la testa con sguardo rilassato, dimezzando lo spazio che ci separava, prosegui “Sai qual’e l’unica cosa più potente di me o di te? Noi due insieme Alina.” “Potremmo fare grandi cose insieme, come far cessare le guerre. Non vorresti un paese in pace?” Chiese come speranzoso. Certo che volevo la pace, ma invece risposi “Andremo a distruggere la Faglia d’Ombra per sempre?” lo provocai “Certo, perché no. Insieme non abbiamo limiti” e detto ciò mi porse la mano per aiutarmi a mettermi in piedi. Accettai dubbiosa quella mano salda, mentre Ivan mi si allontanava di un passo. Lo guardai sollevare un lato della bocca, come un mezzo sorriso. Mentre mi teneva la mano.
Poi Kirigan interruppe il contatto e disse al fabrikator. “Non mi deludere David”.
Detto ciò distolse lo sguardo da me e dalla scena, dandomi parzialmente le spalle. Prima di celarsi al mio sguardo, potei notare una smorfia sul suo viso, e gli occhi intristirsi.
Il ragazzo gli fece un cenno con la testa e si avvicinò al mio collo, con quel pezzo di morte tra le mani. lo implorai con lo sguardo, mentre Ivan mi alzava meglio la testa. David strinse gli occhi un attimo, e mettendomi le corna al collo, seguendo le mie clavicole, nella posizione desiderata, attivò il suo potere. Lo udii rispondermi un flebile “Perdonami, ma è per un bene superiore”. Poi sentii le corna fondersi tra di loro circondandomi il collo, e alcuni spuntoni penetrarmi nelle carni fino a congiungersi col mio scheletro. Questo era il suo potere? Per questo si era allenato tanto al piccolo palazzo? Lui finito l’opera, sempre a testa bassa, si rivolse al generale Kirigan dicendo “Così dovrebbe funzionare”, e uscii dalla tenda senza guardasi indietro.
Io mi toccai istintivamente il collo, sentendo quella sporgenza di ossa irregolare, che sarebbe stata con me per il resto della mia vita. Ero a bocca aperta completamente shockata, perché forse una parte di me sperava ancora che Alexander non mi avrebbe mai fatto una cosa così ripugnante.
Non mi accorsi di Kirigan finché non sentii la sua mano premermi una spalla, sfiorando il mio nuovo collare con le dita. Voleva provare il suo nuovo potere capii. Ma cercai di oppormi alla sua volontà “No, Questo potere è mio!” Urlai. Lui mi guardò con uno sguardo bramoso di vittoria “Ma adesso lo controllo io” disse , e facendo forza, tramite le ossa dell’amplificatore, riuscì a illuminare la tenda con una cupola di luce, più volte consecutive. Se la lotta era tra le nostre volontà, la sua era più forte della mia.

Il suo viso angelico illuminato dalla mia luce, gli dava un aspetto quasi etereo. Potevo sentire il potere scorrere tra di noi. La sua bellezza quasi divina, in quel momento era anche spietata e crudele, solo guardandolo potevo sentire il mio cuore contrarsi, preso in una morsa dolorosa tra la venerazione e il disprezzo.
Come poteva un essere fatto di oscurità come lui, sposarsi così bene con la mia luce? 
Durante tutta questa sua dimostrazione di forza, cercai di imprimere nella memoria quel sentimento di odio profondo che stavo provando, per riuscire ad estirpare del tutto i sentimenti che aveva piantato in me, in quei mesi insieme. Ad un tratto vedendomi esausta e sofferente, si interruppe togliendomi la mano dal collo, per farmi sedere. Ero troppo esausta nel corpo e nell’anima per parlare. Lo guardai con astio, e solamente per un attimo intravidi nei suoi occhi grigi uno strano luccichio, ed un espressione addolorata. Sapeva che stava intraprendendo una strada senza perdono, ma in quel momento sembrava chiederlo.
Poi quasi fosse lui a soffrire al sol vedermi, uscì dalla tenda insieme a Ivan, lasciandomi finalmente sola.
Sentii le lacrime calde solcarmi il viso, lavarmi le guance e scivolare lungo il collo fino alla collana d’ossa. Caddi rannicchiata a terra, maledicendomi per aver provato ancora compassione per lui.
Poi chiusi gli occhi invocando l’oblio.


Kirigan:

Uscii dalla sua tenda a passo spedito. Congedai Ivan con un gesto. Avevo bisogno d’aria e di spazio.
Quella ragazza riusciva a portare al limite le mie resistenze, create in anni di perfezionamento.
Quando vidi il suo sguardo affranto, con indosso l’amplificatore appena testato, mi sentii come una fitta nel petto.
Ma avevo dovuto farlo. Non potevo evitarlo. Continuavo a ripetermelo.
Lei era la sola con il potere per aiutarmi, e quel collare leggendario era necessario.
Sapevo che eravamo connessi tramite i sogni, ma grazie al cervo di Morozova, ora lo eravamo ad un altro livello. Se le stavo troppo vicino potevo quasi sentire quello che provava lei. In quella tenda l’odio nei suoi occhi mi trafisse. Mi pugnalò al petto come uno stiletto invisibile. Non potevo sopportare di dividere lo spazio e questi sentimenti con lei un minuto di più. Infatti, me ne andai e basta.

Non esistevano parole che potessi dire in quel momento, per indorare ciò che le avevo fatto. Potevo solo alzare al massimo i miei scudi, per evitare che lei potesse accorgersi di questo nostro nuovo legame, e distruggermi da dentro

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Capitolo 5
*** Capitolo 5: Total eclipse of the heart ***


CAPITOLO 5: TOTAL ECLIPSE OF THE HEART

Once upon a time I was falling in love
But now I'm only falling apart
There's nothing I can do
A total eclipse of the heart

Once upon a time there was light in my life
But now there's only love in the dark
Nothing I can say
A total eclipse of the heart

Una volta ero innamorata
Ma ora sto solo cadendo a pezzi
Non c'è nulla che possa fare
Un'eclisse totale del cuore

Una volta nella mia vita c'era la luce
Ma ora c'è solo l'amore nelle tenebre
Nulla che possa dire

Un'eclisse totale del cuore

(Testo Bonnie Tyler)

 

Kirigan:

 

Decisi di aspettare qualche giorno prima di tornare da lei, per lasciarle il tempo di abituarsi alla sua nuova condizione. E a me il tempo di ricostruire le mie difese nei suoi confronti. 

I miei corporalki mi tennero informato su ogni suo movimento. Venni a conoscenza del suo incessante interesse sulla situazione di quel tracciatore. Quel ragazzino insignificante, che l’aveva baciata nella neve. Sempre se si poteva dirsi bacio, quel goffo tentativo di intimità. Pensai con disdegno. 

Cercai di non pensare a lui, per evitare di bruciarmi un ottimo ostaggio per tenere Alina ubbidiente, nel caso non fossi riuscito a convincerla con le mie parole la mattina del grande giorno. 

...

 

Alina:

 

I giorni successivi li passai in compagnia dei corporalki. Erano le mie nuove ombre mentre ci spostavamo per raggiungere il secondo esercito al fronte. 

Non c’era modo ne di scappare, ne di chiedere aiuto, perché mi tenevano isolata dagli altri soldati. 

Anche il riposo era un lusso non permesso, riuscivo solo a ritagliarmi qualche ora di sonno quando ci si fermava per far riposare i cavalli. Un sonno senza sogni. Dopo lunghe ore a cavallo giungemmo al primo accampamento. 

Mi chiusero dentro una tenda grisha, e mi dissero di ripulirmi, e indossare la mia nuova kefta. Era di seta blu dai ricami dorati. Lavarmi e cambiarmi fu doloroso, a causa del mio corpo provato dal lungo viaggio. Fu strano rimettere quegli abiti, ma almeno non erano neri, come i suoi, pensai. 

La solitudine forzata in cui mi trovavo era comunque meglio della compagnia di Ivan. Non servì a nulla chiedere di vedere Mal, o di sapere come stesse. L’unica cosa che potei fare, era sperare che la sua vita valesse abbastanza per l’Oscuro per non rischiare di perderla. 

Ripulita e con indosso i nuovi abiti, mi ritrovai a fissarmi allo specchio cercando nel riflesso l’Alina che conoscevo. Ma riuscivo a vedere solo le sporgenze ossee del collare. Mi toccai il collo mentre mi guardavo, perché non potevo credere ai miei occhi. Con lo scollo del vestito le corna che mi adornavano le clavicole erano in bella mostra. 

Tutti avrebbero ammirato indosso alla evocaluce, il più potente amplificatore mai creato, peccato che in realtà appartenesse all’Oscuro, e che per me, fosse solo un collare. 

Il simbolo del suo dominio su di me, sul mio potere.  

 

In quell’istante entrò un corporalki minuto, io indietreggia. Mi dava le spalle, poi si tolse la sua kefta, e mi accorsi dalla folta chioma rossa, che si trattava di Genya. Mentre si girava nella mia direzione, le saltai quasi in braccio, per la gioia che mi dava vederla. 

“ Non è lo stesso al Piccolo Palazzo senza di te” mi disse stringendomi a se. 

“Genya son così felice di vederti! Ma che ci fai qui“ Dissi guardandola meglio.

 “Genya ascolta” ero speranzosa, “ devi avvisare il re, l’Oscuro vuole il suo trono.” Lei abbassando lo sguardo disse

 “ Il re si è ammalato, Non è nelle condizioni di far niente” disse lei tranquilla. La guardai sorpresa  “ e la regina?” Chiesi.

“ Lei è confinata nelle sue stanze, sai per evitare il contagio.” Disse con un sorriso. Io mi sentii persa. “ E chi governa in sua vece?” Lei disse che era il prete Apparat. E commentò, “alla fine ha avuto una qualche utilità”

Io mi allontanai da lei guardandola con sospetto. “Certo, il re si ammala misteriosamente, e tu indossi i colori dei corporalki... Immagino che tu avessi le possibilità e i mezzi per colpire il re.

Eri la sua spia da sempre vero? Dopo tutto ti ha donata lui alla regina a 11 anni, solo per questo motivo”.

“ Ti avevo avvisata di diffidare dagli uomini potenti.” Disse lei giustificandosi 

“ e dalle donne subdole...” finii io ostile. 

Poi proseguii andandole incontro arrabbiata “ Come hai potuto farmi questo? Credevo fossimo amiche! Invece hai sempre fatto rapporto a lui, su quello che ti confidavo. Anche le lettere per Mal, non le hai mai spedite, non è così?” 

“ Tu non capisci, il re era un uomo spregevole e si è meritato quello che gli è capitato.” Sapevo cosa il re avesse fatto a Genya in quegli anni come sua serva...

“ Il re si sarà meritato la tua vendetta, per quello che ti ha fatto.” Lei sentendo le mie parole tornò a guardarmi. “ Ma quello che hai fatto a me? come lo giustifichi?”

“ Non avevo scelta Alina! Ero una grisha senza colore, serva del re e odiata dalla regina. Non potevo permettermi di disobbedire all’Oscuro.

lui è il nostro generale e noi i suoi soldati”.

Capivo fin troppo bene la fatica di non sentirsi parte di nessun gruppo, sempre attenta a non farti schiacciare per colpa le proprie diversità, ma non la giustificai. 

“ No, siete solo le sue pedine, lui non merita la tua lealtà ”. Lei strinse gli occhi per la rabbia. “ Tu sei grisha da troppo poco per capire davvero cosa lui stia facendo per noi. Per il nostro futuro. Lui mi ha salvata.” 

Io sentendo la stessa rabbia che provava lei, dissi “ Certo, ti ha salvata per sacrificarti, dandoti a quel mostro del re” 

La ferii. Lo capii dal breve lampo di dolore che le attraversò il viso. Poi si ricompose perfetta come sempre. “ Credi pure ciò che vuoi, so che prima o poi capirai il nostro punto di vista” e se ne andò. Lasciandomi di nuovo sola con me stessa. Quanti tradimenti poteva sopportare un cuore prima di spezzarsi?

 

Ero pronta. Indossavo un vestito dallo scollo squadrato, la kefta ricamata e i capelli raccolti con della forcine dorate. Me le aveva messe Genya quella mattina, senza che ci rivolgessimo la parola. Avevo gli occhi cerchiati di nero e il viso pallido. Ma a nessuno avrebbe importato, perché oggi era il giorno in cui l’evocaluce sarebbe rientrata nel Non Mare per mostrare il suo potere.

 

Sentii dei passi. Qualcuno stava entrando nella mia tenda, fissandomi la schiena. “Sei così speciale, e oggi lo dimostrerai al mondo” disse la voce con orgoglio. Non c’era bisogno che mi girassi per sapere chi fosse, ma lo feci lo stesso. Era magnetico come sempre con indosso la sua kefta nera, ma mi sforzai di non farci caso.

 Raccolsi tutta la mia rabbia degli ultimi giorni per affrontarlo, e cercando di tenere la voce salda dissi 

 “ Se vuoi che sia collaborativa in questo tuo teatrino, dovrai rilasciare Mal” l’Oscuro sembrò deluso

 “Sono venuto da te solo per parlare, Alina”

“Ma io ne ho abbastanza di ascoltare le tue bugie” ora eravamo uno davanti all’altro.

 “Quali bugie ti avrei detto?” Chiese con sguardo limpido. 

“Quali dici? Dell’eretico nero, e della tua storia triste di espiazione, a causa dei peccati di tuo padre. Ma quale padre? Erano tutte bugie! Hai creato tu la Faglia d’Ombra, causando la morte di tante persone. Comprese la mia famiglia e miei amici. Tutto ciò solo per avere più potere. Potere che ora si estende anche a me.” Dissi toccandomi l’amplificatore che mi cingeva il collo. 

Lui si sedette su una panchina difronte a me, leggermente curvo in avanti, e sospirò . “ Bakra... quella vecchiaccia inacidita. Come hai potuto crederle senza pensarci due volte? Potevi venire da me per parlarne. Raccontare mezze verità non è come mentire”  

“ E della cospirazione per usurpare il trono del re con Aparat, cosa hai da dire per giustificarti?”

 “ Il re è un bambino” disse raddrizzando la schiena e indurendo la voce, “inadatto a regnare.  Continuare a servirlo sarebbe stato il tradimento peggiore per il mio popolo” 

Poi lui si alzò, corrugato le sopracciglia. 

Io cercai di rimanere salda sulle mie gambe, mentre sostenevo il suo sguardo, ora così vicino. “ Sei un martire ” Dissi ironica. 

Lui mi prese le mani tra le sue, e ignorando il mio commento, disse

 “Credevo che tu, più di tutti, avresti capito cosa significhi vivere nascosti, per paura di essere uccisi solo perché esisti. Per questo ho costruito il Piccolo Palazzo. Tutto ciò che ho fatto, è sempre stato per mettere Rafka e i Grisha al sicuro.” 

I suoi occhi sembravano così sinceri. Mentre parlava portò le nostre mani verso il suo petto. Potevo sentire il suo cuore battere sotto i miei palmi. 

Quanto avrei voluto credergli, una parte di me bruciava dalla voglia di tornare indietro, verso di lui, verso il noiprima della fuga di quella notte. 

Poi dopo un respiro profondo dissi invece “ È per il bene dei grisha quello che hai fatto a Genya, o quello che farai a Bakra?” Dicendo ciò allontanai le mai dalle sue.

“Io potevo mettere i grisha al sicuro, ma non me l’hai permesso”

Lui, ora sulla difensiva, mi rispose “È possibile, ma tu mi hai mai dato un occasione ? Non credo.”

Io cocciuta insistetti “ La Faglia d’Ombra non è stata un errore, l’hai voluta creare tu.” 

Lui rispose irritato “ Si, ma non sarebbe dovuta diventare la piaga che è ora, un vantaggio sfruttato dai re delle terre vicine.”

“ Tu mi hai messo questo collare solo per un tuo vantaggio“ dissi indietreggiando. “ No” , lui mi prese un braccio avvicinandomi a se “L’ho fatto per noi, io e te insieme. Ne tu, e nemmeno io, possiamo farcela da soli.” Lo disse guardandomi con occhi quasi imploranti. 

“ Potevamo ” dissi guardando la profondità di quegli occhi color ardesia  

“ Potevi rendermi come una tua eguale.” Gli presi le mani e le portai al mio collo, “ Invece mi hai fatto questo...”

 

Dall’espressione del suo viso sembrava avesse ricevuto uno schiaffo. Continuai, 

“ Non ti importa di chi fai soffrire, se a vincere sei tu Kirigan” lo dissi quasi stanca. Stanca di tutto. 

Fu lui a ritrarre le mani adesso, prendendo le distanze da me. Si raddrizzò in tutta la sua grandezza. Guardandomi con il viso duro, ma con uno strano luccichio negli occhi. 

“ Va bene...” disse lentamente, con voce profonda “fai pure di me il cattivo”. 

Si allontanò di un passo continuando a guardarmi, poi mi diede le spalle uscendo. Io mi sentii attrarre verso di lui per quei secondi in cui i nostri occhi rimasero in contatto. Come se una forza magnetica ci attirasse l’un l’altro. Dovetti trattenere un sospiro per non fargli notare questo mio tentennamento. Misi le mani sul mio collo, prova della sua crudeltà, e lo lasciai andare. 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6: il Non Mare ***


Che cos’è questo Nulla?
È il vuoto che ci circonda. È la disperazione che distrugge il mondo,
e io ho fatto in modo di aiutarlo) 

Cit. La storia infinita 

 

 

Kirigan:

 

Entrai nella sua tenda con la speranza di convincerla a collaborare, a farle capire che servivamo entrambi per domare la Faglia d’Ombra al nostro volere. 

Ma nulla, Alina la “Sancta” non ha resistito dal rinfacciarmi tutte le mie decisioni, a suo giudizio crudeli, fatte nel corso dei decenni. 

Innocente ragazzina... aspetta di superare due secoli di esistenza, e vedrai, voltandoti indietro, quante vite e sangue avrai lasciato dietro di te con le tue decisioni...pensai adirato. 

Era troppo giovane per poter avere uno sguardo più ampio e proiettato sull’obbiettivo finale. Ma prima o poi questa ingenuità sarebbe passata anche per lei, il tempo non risparmia nessuno. 

Fino a quando non avesse appreso e accolto il destino che ci aspettava, l’avrei trascinata io verso di esso, di peso se necessario. 

 

Corrugai il viso e indurii le labbra camminando a gamba tesa, senza accorgermi che stavo percorrendo la strada che conduce alle prigioni del campo. Andai a far visita al soldato che aveva da sempre tarpato le ali alla mia Alina. L’Alina che ancora rinnegava sè stessa, e il suo ruolo per il futuro di Rafka.

Entrai nel corridoio tra le varie celle. Congedai con uno sguardo la guardia, e mi fermai davanti alla sua cella, l’unica isolata dalle altre. 

L’osservai per qualche istante. Era un semplice ragazzo, come tanti, dovetti riconoscere che aveva una certa abilità nella caccia, ma rimaneva senza alcuna dote che lo rendesse diverso da altri mille soldati, che potevo incontrare per il paese. Era lì seduto in manette, chino in avanti con i gomiti appoggiati sulle gambe. 

Captando la mia presenza si alzò di scatto, rabbioso nel vedermi. Con sguardo di sfida mi chiese, “Se sei venuto per uccidermi, falla finita”.

Ero lì da meno di un minuto, ed ero già annoiato e seccato dalle sue parole. 

 “ No” sospirai avanzando verso di lui  “Quante volte ancora ve lo devo ripetere? Sono un uomo di parola” dissi guardandomi intorno. 

 “E da quando la tua parola vale? Eretico nero. Esatto, so chi sei” ringhiò lui soddisfatto.

Fermai i miei passi, irrigidendomi impercettibilmente. Lui sapeva la verità... questa sarebbe stata una complicazione pensai.

Il disertore proseguì a parlare, sicuro di se, incurante della sua situazione di svantaggio, dato che stava dalla parte sbagliata della cella. 

“Qualsiasi piano tu abbia per Alina, non ti perdonerà. E se mi lascerai vivere, ti darò la caccia e reclamerò la taglia che il vecchio re aveva messo sulla tua testa” 

Mi minacciò con sfrontata impudenza senza battere ciglio, poi si sedette semplicemente. O era un folle o uno sciocco, nel volermi provocare così. 

Io iniziai a camminare piano lungo il perimetro della sua prigione, dicendo

“Alina prova dei forti sentimenti per te. E tu per lei”  Mi sedetti su una panca del corridoio guardandolo dall’alto in basso col capo dritto, e prosegui con voce calma, scandendo bene ogni parola. 

“ Ho letto le tue lettere” lui si irrigidì alle mie parole, tornando a guardarmi dritto in volto. 

Io continuai spietato e imperturbabile “In tutti questi anni non hai mai veramente apprezzato chi è lei...” lo accusai, e dal suo sguardo incassò il colpo.

“Ma mi sta bene” ora guardai il mio rivale negli occhi, provocandolo

 “Perché lo faccio io.” Dissi con un mezzo sorriso trionfante. 

Il tracciatore sogghignò, dicendo “ Non hai speranza, uomo delle ombre. Perché lei ha scelto me”. Povero ingenuo, pensai. 

Poi dissi semplicemente in tono calmo 

“Tu sei un bambino. E lei è una Grisha. Anche senza le mie ombre, ho qualcosa che tu non hai” Lui mi guardò con sguardo interrogativo. 

“ La pazienza. Alina potrebbe metterci anni a perdonarmi, ma posso aspettare” il suo volto divenne sempre più contratto mentre proseguivo.

“Nel frattempo tu diventerai vecchio. I capelli si faranno grigi e lei rimarrà senza età. Come me. “ A questo punto mi alzai in piedi, mostrandogli tutta la mia imponenza e forza. 

“E un giorno, magari fra un anno, o forse 50, lei si renderà conto di avere un solo eguale. Che non c’è nessuno come noi. E che non c’è ne saranno mai.” 

Lo guardai dritto in volto con sguardo freddo e risoluto. Lui mi ricambiò ostile, senza parole. 

“Non ho intenzione di ucciderti Mal. Non è necessario. Il tempo lo farà per me.” Lo dissi certo dell’ineluttabilità delle mie parole. 

Detto ciò mi girai per lasciarlo solo con se stesso, a marcire nelle mie prigioni. Lui infine si alzò di scatto, facendo tintinnare le catene. “Ti conveniva uccidermi ora!” urlò alla mia schiena.

Io proseguii il mio cammino senza voltarmi, soddisfatto della sua reazione alle mie parole. 

 

Alina

 

Ivan venne a chiamarmi nel pomeriggio, era arrivato il momento di rientrare nella Faglia d’Ombra. Mi sentivo in trappola, tesa e un po’ impaurita all’idea di riaffrontare quell’oscura atmosfera. Vedendo che non mi sbrigavo, mi spinse fuori dalla tenda in malo modo. Strattonai il braccio dalla sua presa uscendo, e mi raddrizzai, raccogliendo le forze, incamminandomi verso il molo delle velesabbia. Indossavo un mantello nero lungo fino ai piedi, come quello che indossava lui, pensai amaramente. L’Oscuro mi affianco pochi passi dopo. Non mi rivolse la parola e nemmeno mi guardò. Se non per dirmi in modo distaccato, senza posare mai gli occhi sulla mia persona.

 “Il tracciatore è sotto sorveglianza nella stiva della nave, se farai quello che ci si aspetta verrà rilasciato”

Io strinsi i pugni e irrigidii il volto per le sue parole asciutte, sentendo montarmi la rabbia. Anche Mal sarebbe rientrato nel Non Mare quel giorno, come la prima volta, pensai preoccupata. 

Cercai di non voltarmi a fissarlo, pur percependo la sua presenza accanto a me, per tutto il tragitto. Eravamo seguiti dai suoi corporalki e circondati dai soldati e grisha del campo, alcuni vedendomi fecero degli strani segni con le mani. Ero confusa e disorientata sfilando davanti a tanta gente.

 I diplomatici si erano già imbarcati, e ci attendevano sulla vela sabbia. 

Giunta sul ponte di coperta, Ivan mi fermò in un punto preciso, e chinandosi velocemente mi legò con delle corde alle caviglie. Fatto ciò si allontanò da me lasciandomi sola con lui.

Il generale Kirigan era in piedi dietro di me, e non resistetti dal provocarlo dicendo irritata

“ Così non fai una bella figura” dissi guardandomi i piedi legati, “Tutti noteranno che sono tua prigioniera”

Sentii le sue mani posarsi sulle mie spalle, e il suo respiro avvicinarsi al mio collo. Rabbrividii sentendo la sua bocca così prossima alla mia pelle, quando mi sussurrò all’orecchio

“Non credo ti guarderanno i piedi”. 

Detto ciò Kirigan mi scoprii con un rapido movimento, privandomi del mantello, di quel riparo di stoffa, e mettendomi in mostra, con il collo adornato dal suo amplificatore. Sentii gli sguardi di tutti i passeggeri posarsi su di me.

Tutti tranne il suo. 

Non dovevo farmi spezzare dalle circostanze, tanta gente contava su di me per finire questa traversata incolume. 

 

Lui si allontanò da me, porgendo l’indumento a Ivan. Lasciandomi sola in piedi sulla prua della nave. 

La vela sabbia si stava già spostando verso il Non Mare. Vedevo quel muro di tenebra farsi sempre più prossimo, e prendendo un respiro profondo mi feci forza. Era giunto il momento di testare i miei poteri, pensai risoluta tenendo la testa alta, mentre l’oscurità mi inghiottiva per la seconda volta.



 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7: Nessuna scelta è priva di rimpianti ***


Capitolo 7: Nessuna scelta è priva di rimpianti

 

“La sofferenza è un'ottima nuotatrice; 

non sarà mai possibile affogarla nelle lacrime.”cit

 

L’oscurità ci avvolse, e si chiuse dietro di noi al nostro passaggio. Non un raggio

di sole poteva penetrante questa fitta nebbia d’ombra che costituiva il Non Mare. Era come una nube di oscurità, 

Intervallata da temporali che la rendevano quasi viva e palpitante. 

Tutti si fecero silenziosi mentre la velasabbia proseguiva la sua rotta grazie ai Chiamatempeste. Potevo quasi sentire i respiri trattenuti e i nervi dei passeggeri tendersi, cercando di acuire gli altri sensi, dato che qui la vista era sfavorita. 

 

Poi una voce ruppe il silenzio opprimente che mi circondava. 

“Puoi sentirli ?” Chiese il generale Kirigan accanto a me. Io mi voltai.

 “Ancora nessun battito signore” rispose Ivan, mentre usava il suo potere per percepire l’avvicinarsi dei Volkra. 

Avevamo appena superato il quinto segnavia. 

 

Ero irrequieta, cercavo di scorgere oltre la prua della nave eventuali mostri pronti ad assalirci. Sentii i primi versi di questi esseri mostruosi in lontananza.

“Arrivano” dissi a Kirigan. Lui rispose semplicemente “Si” guardando sereno il cielo oscuro. 

Io ero agitata “ È meglio che li distrugga ora” dissi continuando a guardarmi intorno. 

“Come puoi farcela da sola?” Ringhiò stringendosi le mani. Lo guardai sentendo la mia rabbia crescere e coprire un po’ la paura. 

“ In più, sarebbe un monumentale spreco di potere” disse guardandomi in viso giusto il tempo per chiarire a chi spettasse decidere. E si voltò di nuovo a sondare il nulla intorno a noi. 

 

Intravidi i mostri in volo farsi più vicini. Continuavo a guardarmi in giro agitata. Dissi quasi disperata  “Fa qualcosa!” guardando Kirigan mentre provavo ad accendere il mio potere. 

Lui si voltò verso di me prendendomi la spalla, “No. Ricordati chi comanda”.

Sentii il suo potere sovrastare il mio, per poi creare una sfera abbastanza grande da circondare la nave, e formare un tunnel di luce tutto davanti a noi. Mi sentivo in balia della sua volontà. Vidi le persone presenti in coperta meravigliate davanti a questo spettacolo.

Lui mi sussurrò vicino all’ orecchio

 “Ora il tuo potere è mio”, e dopo aver guardato il tunnel appena creato si girò verso i passeggeri. 

 

La nave proseguiva passando altri segnavia. Io mi sentivo sempre più oppressa e in ansia, chiesi “ Perché fare solo una galleria? Tu hai me. Hai questo” dissi toccando l’amplificatore. 

“ Distruggi la faglia. Dicevi che potevamo farlo insieme” lo guardai quasi implorante.

Lui era di fronte a me in disparte dagli altri. Aveva gli occhi limpidi, e il viso rilassato mentre mi rispondeva semplicemente, come ad una bambina.

“E perché dovremmo distruggerla? È l’arma più potente che abbiamo.” 

Lo disse girandosi a guardare il Non Mare con occhi bramosi, mentre i miei inorridivano alle sue parole, restando a bocca aperta, incredula.

 

Arrivati all’uscita della Faglia la nave si fermò. Un diplomatico chiese il perché dato che l’attracco era più avanti. L’Oscuro rispose “ Un’altra dimostrazione. Avete visto cosa può fare l’Evocaluce. Ora sarete testimoni di cosa io so fare, con il mio potere” erano tutti confusi e attoniti dalle sue parole. Io non potevo muovermi a causa delle corde ai miei piedi. Lui tornò verso di me. Gli dissi sfidandolo “ Qualsiasi cosa tu voglia farmi fare, io non la farò.” Lui mi diede le spalle e proseguì verso la punta della nave.

“Tu hai fatto la tua parte. Ora io farò la mia” Non potei fare nulla se non assistere. Lui con un movimento delle braccia riuscì a far avanzare i confini della Faglia D’Ombra verso la città di Novokribirsk, che ci attendeva al porto con il generale, investendola con il suo buio e i suoi mostri. 

La gente sulla nave si strinse le spalle nel vedere questa distruzione. 

“Che cosa hai fatto?” Dissi guardandolo disperata. Non potevo credere ai miei occhi. Che Alexander potesse distruggere una città intera, solo per sfoggiare il suo nuovo potere. Cercai di concentrare la mia luce, per allungare il tunnel che ci proteggeva, verso la città..

“ No, non lo farai.” Disse lui prendendomi le mani. Bloccando il mio tentativo di salvare qualche cittadino. 

Ero quasi in ginocchio sotto di lui, mentre mi teneva vicino a sé. 

Mi guardò dritto negli occhi, con sguardo triste e deciso mentre mi spiegava. 

“ Sono traditori Alina. Volevano ucciderti, attentando alla tua vita già al Piccolo Palazzo”.

Rimasi scioccata dalle sue parole, neanche lì ero stata al sicuro...

Lui proseguì “ Questa è la mia vendetta” detto ciò mi lascio il braccio, e io finì a terra, senza il suo sostegno. 

 

Mentre lui si alzava, guardando la folla confusa sulla nave, fece il suo discorso. 

“Oggi ridisegneremo tutte le mappe. Con il potere dell’Evocaluce a disposizione, io  controllo la Faglia, e i suoi mostri. Posso spostarla dovunque io voglia. Inghiottire qualsiasi porto. Divorare qualsiasi città” Passeggiava lungo il ponte guardando i passeggeri allibiti, mentre parlava sostenuto dai suoi soldati.

“Riferite ciò che avete visto alle vostre madri patrie. Ditelo ai Fjerdiani, agli Shu Han. Non ci saranno altre guerre con Rafka. Tutti i paesi risponderanno a noi. 

Perché chi mai potrebbe opporsi ora?” 

Domandò sicuro di sé.

“ Io lo farò!” Dalla folla si fece largo Mal, sparando ad alcuni soldati dell’Oscuro. 

Io urlai il suo nome preoccupata. 

Era riuscito a liberarsi solo per buttarsi in un’altra missione suicida. Ivan infatti bloccò in fretta la sua avanzata . Facendolo crollare a terra a pochi passi da me. Stava sputando sangue quando Kirigan fece segno al corporalki di fermarsi.

 “ Basta così, non ucciderlo, può esserci ancora utile”. 

 

Io sentii le forze che mi abbandonavano e la vista annebbiarsi. Ad un tratto una violenta luce mi riscosse. Da essa vidi il cervo bianco avanzare, e inchinarsi davanti a me. In quel momento capii... 

 

Riaprii gli occhi, Kirigan mi stava venendo incontro porgendomi la mano per aiutarmi. “Siamo solo io e te Alina, e sarà sempre così” disse con sguardo complice. 

Io gli presi la mano, rimettendomi in piedi. Il suo viso era perfetto come sempre, e dalla sua espressione aspettava solo che io accettassi di essere sua. Ma non potei accontentarlo... 

Strinsi la sua mano tra le mie e sentii i nostri poteri scorrere tra di noi. Lui percependo la mia ribellione provò a sottomettermi con la sua volontà. Ma io cacciai lo spettro del suo potere da me, mostrandogli che ero io la padrona di me stessa. 

Lui sembrava senza parole e confuso. 

“Tu non hai alcun potere su di me. Il cervo ha scelto a chi appartenere” dissi. 

Detto ciò lo spinsi contro al bordo della nave con la mia luce, e lo vidi farsi scuro in viso mentre mi guardava con sguardo ferito.

I suoi soldati, erano intenti a mantenere l’ordine sulla stiva, dato che i passeggeri inquieti si stavano ribellando dopo il suo discorso. Vedendo il loro generale a terra, Ivan ed altri korporarlky stavano venendo in suo aiuto, quando Mal rialzatosi mi prese in braccio e mi spinse giù dalla nave con lui.

Rotolammo lungo lo scafo fino a toccare il suolo sterile. Mal mi fece rialzare e mi urlò di correre. Da quella distanza il mio potere si spense, Lasciando la velasabbia indifesa agli attacchi dei volkra. Che ronzavano da tempo intorno al tunnel di luce, in attesa di un occasione per attaccare. 

 

 

 

Alina:

 

Sgomento, dolore e tormento mi passarono sul viso quando decisi di abbandonarli, di lasciare ai volkra tutte le persone sulla vela sabbia. Di condannare a morte diplomatici, grisha e... lui

Sembrò come se lasciassi indietro una parte di me.

Sentii la connessione con Kirigan riaprirsi, i muri cedettero e potei sentire la sua paura, l’amarezza nel vedermi scappare con Mal, e la rabbia per il mio tradimento. 

Io urlavo disperata davanti a quella scena. Mal mi prese di peso e mi trascinò via, ricordandomi di continuare a proteggerci con lo scudo di luce. 

Ma le urla non erano mai state le mie, erano quelle delle persone in preda al panico, che sentivo ripercuotersi nella mia testa. 

Udivo che alcuni mi chiamavano implorando aiuto. “ Sancta Alina salvaci!”

Io mi tappai le orecchie proseguendo senza voltarmi. 

Non avevo bisogno degli occhi per sapere cosa stava succedendo su quel ponte, sentivo lui che lottava per la sua vita e  quella dei suoi grisha. Sentii un dolore alla schiena dove un volkra lo aveva ferito. Lo sentii gemere incassando quel taglio. Vidi il suo viso girarsi nel buio, e soffermarsi per un attimo nei miei occhi, come mi stesse scrutando dritto nell’anima. Lui mi guardò un ultima volta, mentre con una smorfia di dolore, richiudeva gli occhi, lacerato dalla mia vista, e si voltava verso i mostri.  

Poi non sentii più nulla.

La connessione si interruppe all’improvviso. 

Nero, arido vuoto silenzio. 

Le orecchie che mi fischiavano. Non sentivo il tocco o la voce di Mal che mi spronavano. Ma solo il nero pozzo della mia anima, che iniziava a comprendere il peso, e il prezzo che ogni decisione  reclamava. 

 

 

Kirigan:

 

Tenebre, il mio elemento. Eravamo immersi in un mare di tenebre, pronte a divorarci. Solo oscurità, spari e urla intorno a noi. Non c’era più alcuna luce, la sua luce a scaldarmi e illuminarmi. Solo i versi dei volkra che reclamavano la mia carne, in cerca del loro pasto.

Il mio potere non li spaventava. Simile chiama simile, mi ritrovai a pensare amaramente. Li attiravo verso di me, come un faro in una tempesta. 

Alina aveva abbandonato la vela sabbia per fuggire con Mal, quel tracciatore, condannando noi tutti a morte. 

Immaginai che la mia morte, fosse quella che si augurava maggiormente. 

Questo pensiero mi fece tremare dalla rabbia, nutrita maggiormente dallo sforzo di scacciare il dolore e la delusione che il pensiero di lei mi causavano. 

Ora solo la furia cieca della rabbia mi avrebbe potuto aiutare a uscire vivo dalla Faglia d’Ombra. 

Per essere una ragazza che abiurava la guerra e la violenza, avrebbe avuto non poche vite sulla coscienza quel giorno. Chi aveva un fucile, anche senza poteri, aveva una minima speranza... ma dei diplomatici non rimase nessuno in piedi. 

Non avrebbe avuto anche la mia vita! Lottai contro i volkra che ci assalivano. I grisha che combattevano al mio fianco. Un mio inferno era stato colpito all’addome, venendo squarciato in due. Questa perdita causò un varco tra le nostre linee difensive. Nella mischia dello scontro Ivan rischiava di non girarsi in tempo verso il mostro, così lanciai il mio taglio in suo aiuto. Questa distrazione mi costò un imprecazione di dolore, quando un’altro volkra sceso in picchiata, mi artigliò. Era riuscito a lacerarmi in parte una scapola. Raccogliendo le energie mi voltai e con un colpo secco lo decapitai. Mentre i resti del mostro sprofondavano nel mare di tenebra, intravidi due occhi che mi cercavano nella mischia sanguinosa.

Era Alina...vidi il suo viso solcato da calde lacrime, magari di pentimento? Speravo sempre che lei mi capisse,  e accettasse che eravamo legati dal destino, alla fine. Ma mi aveva già dimostrato più volte che mi sbagliavo. Cercai di convincermi che l’espressione sul suo volto fosse un altro dei suoi inganni. 

Aveva riattivato il nostro legame in questo momento di mia vulnerabilità. Che scaltra la ragazza, pensai rattristato. Impara in fretta. Vorrà assicurarsi che i volkra compiano il loro dovere. 

Mi permisi di indugiare su di lei per un secondo, avevo un vespaio di emozioni in tumulto dentro di me. Avrei dovuto odiarla, ma in quegli occhi, la mia rabbia si spense per un attimo, lasciando che trasparisse la mia afflizione.

Li chiusi, e mi girai per riaccendere la fiamma di rabbia che mi consumava il corpo e l’anima. Malgrado il dolore alla schiena riuscii a scacciarla via dalla mia mente. Chiudendo il nostro legame. Non era il momento per certe distrazioni. Se fossimo sopravvissuti a questo massacro, l’avrei ritrovata a tutti i costi. E avremmo pareggiato i conti. Questa era una promessa.





 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8: Tempeste interiori ***


Alina:

Io e Mal riuscimmo ad uscire dal Non Mare, e ci accampammo in una radura disabitata per riposarci prima di ripartire. Quando fummo al sicuro mi isolai un momento e vomitai. 

Tremavo davanti al fuoco del campo, anche se ero tra le sue braccia, che cercava di rincuorarmi.

 

 “Alina non è colpa tua. Non avevi altra scelta” mi disse stringendomi per le spalle. Io mi appoggiai a lui annuendo soprappensiero, cercando del calore umano che mi facesse sentire viva. 

 

Avrei tanto voluto credere alle sue parole ma non me lo permisi. Era per colpa mia, se tante anime erano morte in quella traversata. 

Certo, non erano niente quaranta o cinquanta persone sulla  velasabbia, rispetto a tutti gli abitanti della città inghiottita dalla Faglia... ma le prime erano morte a causa mia... per una mia decisione, e non passava un minuto che io non rivedessi i loro volti o udissi le loro urla che mi perseguitavano. 

Avrei portato questo peso per sempre, sperando o temendo, che ci fossero dei superstiti. 

Che lui fosse sopravvissuto ai volkra. Cercavo di non indugiare su questo pensiero troppo a lungo. 

Mal lo dava per morto e aveva chiuso il discorso.

 Io mi sentivo spezzata in due, perché entrambe le alternative mi causavano fitte allo stomaco, tra l’angoscia e il lutto. 

 

Provai a dormire mentre Mal faceva il primo turno di guardia. Mi raggomitolai in posizione fetale dando le spalle al fuoco. 

 

Sognai di trovarmi in una tempesta di sabbia solcata dai tuoni. 

Della sabbia nera mi sferzava il viso, mentre io avanzavo alla cieca socchiudendo gli occhi, riparandoli parzialmente con le mani.

Tra una raffica e l’altra mi sembrava di sentire la presenza di qualcuno. 

 

Poi lo vidi. Prima i suoi occhi che mi scrutavano, poi il bel volto che emergeva dalla tormenta per poi rituffarcisi. Il generale Kirigan era davanti a me, come composto della stessa sabbia nera che lo distruggeva, e ricostruiva in un ciclo perpetuo. 

Io mi avvicinai e allungai una mano per toccargli il viso. Era perfetto come il giorno che lo conobbi nel primo esercito. Austero e irraggiungibile nella sua kefta.

Il Kirigan di sabbia aprì gli occhi e mi vide con le sue iridi aride. La mia mano rimase a mezz’aria dalla sorpresa. La statua di sabbia si protrasse in avanti, per avvicinare la sua guancia alla mia mano ancora tesa. Poi posò la sua mano sopra la mia teneramente. Non potevo parlare perché con quel vento sabbioso era già faticoso respirare. Ma un lacrima riuscì comunque a sfuggirmi, per essere portata via con la prima raffica. 

 

Non feci in tempo ad apprezzare quel gesto d’affetto che la situazione cambiò, e la mano della statua mi afferrò il polso duramente avvicinandomi a se. 

Il suo volto sembrò giudicarmi colpevole. Io ritrassi il braccio di scatto, disperdendo parte della sua sabbia. 

Kirigan iniziò a sgretolarsi davanti ai miei occhi, spazzato via insieme al vento. 

 

Io caddi in ginocchio dove prima c’era lui. Affondai le dita nella nera sabbia e piansi. Almeno in questa desolazione potevo permettermi di piangerlo. Di provare rimorso e tristezza al pensiero che fosse davvero morto. 

Malgrado tutte le cose orrende che gli avevo visto fare, il mio cuore trovava sempre delle giustificazioni per le sue azioni. E la mia razionalità, dopo la mia ultima catastrofica decisione, forse non ci considerava così diversi oramai. 

 

Mi svegliai, sentendo le lacrime che mi bagnavano la mano su cui il mio viso era appoggiato. Mi raddrizzai seduta asciugandomi le gote. 

Così vidi un piccolo livido sul polso dove la statua mi aveva afferrata. Essendo ferita in diversi punti del corpo pensai fosse solo una coincidenza. 

Mi voltai verso Mal, coprendomi istintivamente il polso con la stoffa. 

 

“ Ho riposato abbastanza, ti do il cambio” dissi. 

Lui mi sorrise esausto e accetto volentieri la mia offerta. Si sedette vicino a me e si sdraiò posandomi il capo in grembo. Come fosse un riflesso, per l’abitudine che avevo di toccargli i capelli, iniziai ad accarezzarglieli e lui si addormentò. 

Io continuavo a guardarmi intorno irrequieta. Sperando l’alba giungesse presto, per ripartire e mettere altro spazio tra noi e la Faglia d’Ombra.

 

Al sorgere del sole riprendemmo il cammino. Passando per dei villaggi rubammo dei vestiti stesi ad asciugare, e ci cambiammo. 

Lasciai la mia kefta di seta blu, per indossare degli abiti grezzi e un vecchio cappotto con una sciarpa a righe. 

Man mano che ci addentravamo nella città, mi stringevo sempre di più la sciarpa al collo, per paura che qualcuno potesse vedere il collare di corna, che mi avrebbe identificata come l’Evocaluce. 

Questo sarebbe stato un problema in estate, pensai. 

Camminando, tra i mormorii della gente al mercato, sentii che giungevano notizie sulla distruzione di Novokribisk, e della morte della Sancta Alina. Mi scese un brivido lungo la schiena per quelle parole. Ma mi dovetti abituare presto, perché questa era la notizia sulla bocca di tutti. 

Un Incidente dentro la Faglia d’Ombra che ha portato alla distruzione di una città e la morte del l’Evocaluce... vidi addirittura qualcuno piangere per la perdita della Sancta. Ed altri che provavano a venderne le reliquie. 

Io mi girai e proseguii con Mal che mi trascinava via dalla piazza. 

 

La nostra nuova meta ora era Ketterdam. Io e Mal volevamo trovare nuovi alleati per riuscire poi un giorno a portare a termine la missione di distruggere la Faglia. Il potere del cervo ora mi apparteneva, ma non bastava. Era divenuta la mia missione diventare più forte per assolvere il mio compito. 

 

Dovevamo imbarcarci su una nave per lasciare Rafka, e l’unica merce di scambio che avevamo erano le mie forcine d’oro. Per fortuna Genya me ne aveva sistemate un bel po’ per domarmi la chioma. Quindi sarebbero bastate per le prossime spese. 

 

Era strano trovarsi davanti al Vero Mare. Con il suo orizzonte infinito e le sue onde. Sperai di non soffrire di stomaco. L’imbarcazione sarebbe salpata entro poche ore, in modo da lasciare il tempo al carico merci di terminare il lavoro. 

Ci sistemammo nel castello di prua per godere della vista del viaggio che ci aspettava. Ci sedemmo sul legno del ponte appoggiandoci l’uno all’altro e mi addormentai. 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9: Come tutto ebbe inizio ***


Alina:

 

Dalla nostra fuga dal Non Mare facevo solo incubi, ma questo fu diverso.

Era come essere spettatori fantasma di una scena che mi si palesava davanti. 

 

Ci trovavamo in un bosco, dentro un edificio abbandonato, con diverse persone, mi trovai a pensare a profughi e fuggiaschi vedendoli. Si stavano organizzando per distribuire le scorte e le medicazioni. Erano vestiti in uno strano modo, e anche il dialetto era più antico. Sembrava di trovarsi in una rappresentazione storica. 

Quello che li accumunava tutti era il fatto di essere Grisha. 

Grisha di ogni genere, senza distinzione di colore o casta, che si aiutavano l’un l’altro. Riconobbi Bakra. Una Bakra meno arcigna e dai folti capelli neri, che aiutava nella lettura di alcune mappe. Poi entrò qualcuno, e Bakra si girò a guardarlo con sguardo adorante. Mi girai anche io seguendo il suo sguardo e lo vidi. 

 

Era Kirigan, suo figlio che rientrava dopo una perlustrazione a cavallo. Era senza età come adesso, ma sbarbato e con i capelli leggermente più lunghi da sfiorargli le spalle. Legati da una mezza coda. Sembrava allo stesso tempo uguale e diverso da quello che conoscevo io. Il Kirigan che ricambiava il saluto di Bakra appariva ancora così innocente. 

Poi la visione si dissolse, e mi ritrovai a fissare un altro momento. 

 

Era notte e Kirigan cavalcava nel bosco buio verso una piccola abitazione nascosta tra gli alberi. Smontò da cavallo e salutò una giovane dalla treccia bionda. Chi era questa ragazza mi chiesi.

 

“ Alexander” disse lei sospirando, andandogli incontro. 

“Sei qui” disse lui sollevato mentre l’abbracciava. 

“Ero preoccupato”. 

Lei lo guardò in viso “Sto bene, non sono più fragile come una volta” disse sorridendogli. 

Lui si rattristò “Non fragile...solo mortale” disse. “Rientriamo non è sicuro qui” disse prendendola per mano mentre la conduceva verso l’edificio. 

Lei lo fermò dicendo, “Potrei vivere a lungo. Con un addestramento e un Amplificatore. Potrei vivere altri 100 anni o più” disse lei speranzosa. 

Lui si incupì “Sembra molto tempo per te immagino” disse dolcemente.

 

L’intimità tra di loro mi metteva a disagio, o forse era la gelosia?

 

Poi si girarono entrambi di scatto verso il bosco, c’erano dei rumori di uomini in lontananza. 

“ Soldati” disse lei preoccupata. “ forse a Sikursk, hanno setacciato il mio villaggio ieri in cerca di Grisha. Alcuni di noi sono fuggiti”.

“E Bakra?” Chiese lui preoccupato scrutando il bosco.

“Ha condotto gli altri al santuario” rispose lei. 

Poi entrarono, e si misero a preparare le borse con i viveri per spostarsi. 

Sentii, come loro, dei cavalli fermarsi nel cortile, e tutti trattenemmo il fiato dalla tensione. 

 

“Oscuro, so che sei lì dentro!” Urlo una voce oltre la porta. 

Kirigan e la ragazza si guardarono senza parlare. Facendosi dei cenni col capo come se avessero un piano. Poi lei si nascose alla mia vista e lui uscii in cortile verso i soldati che lo attendevano. 

 

“Sei tu. L’Oscuro.” Disse uno di loro con le torce e le armi in mano. 

Kirigan disse tenendo le mani in vista. “Mi avvicino pacificamente”. 

Il soldato proseguì “ il Re ti vuole vivo, ma forse hai opposto resistenza e...” detto ciò alzò il braccio e i soldati scoccarono quattro frecce verso di lui, colpendolo al corpo. 

Kirigan si piegò in avanti gemendo, ma iniziò a estrarre le frecce una alla volta, guarendo miracolosamente davanti ai loro occhi. 

 

Sapevo che era la ragazza a guarirlo dal suo nascondiglio, era una guaritrice

 

Lui si raddrizzò dicendo “Per favore, non voglio farvi del male” i soldati erano spaventati e incoccarono subito altre frecce ai propri archi. Colpendolo ripetutamente. 

Lui incasso i colpi ed estrasse per la seconda volta le frecce con sguardo rabbioso. 

Disse rivolto ai soldati che iniziavano a indietreggiare.

 “ Ho un messaggio per il Re. Se lui o i suoi uomini uccideranno un altro dei miei...” 

ma il suo messaggio venne interrotto dall’urlo di un’altro soldato alle sue spalle “ Fermo Grisha!” Questo soldato stava uscendo dalla porta con la ragazza come ostaggio. 

Kirigan si girò di scatto preoccupato. “Luda”. 

“ Ecco la piccola strega che lo stava ricucendo” sbraitò ai suoi compagni il soldato. 

Kirigan aveva gli occhi solo per lei. 

Luda gli disse “ Mi dispiace”. 

Lui ripetè il suo nome sconsolato. 

Un terzo soldato gli intimò “ Mani dietro la schiena! O la prossima freccia farà il suo dovere” e si avvicinò a Kirigan per legarlo. Kirigan rispose all’uomo che teneva la ragazza 

“Hai due bottini per il Re. Se vuoi una promozione a tenente allora portaci a palazzo!”. 

“Voglio soltanto te, non la tua guaritrice” disse pigramente il soldato. Poi quello che gli aveva legato le mani lo spinse a terra in ginocchio. 

Il secondo soldato venne in avanti “Pensavate di poter addestrare le streghe tra di noi?” 

“Se vuoi che collabori prendici entrambi. Hai capito!?” Sbraitò Kirigan. 

Il soldato disse calmo “ Te l’ho detto, gli ordini non erano questi” poi indietreggiò verso la giovane. 

Kirigan supplicò in ginocchio di risparmiarla “ No, per favore, ti supplico...” Lui e lei si stavano guardando negli occhi, quando la lama di un soldato le si conficcò nel costato. 

“No! No!”

 Urlò Alexander disperato, mentre il corpo di lei si accasciava al suolo, morente. Si sedette sui suoi talloni abbassando le spalle mentre guardava la ragazza sussurrandole, “ Mi dispiace Luda”. 

 

Un soldato gli si parò davanti.

 “Ora hai ancora un messaggio per lui?” Chiese sogghignante l’uomo, estraendo una lama. 

Gli occhi di Kirigan si fecero neri, il viso indurito dalla rabbia.

 “ Si! Questo” 

E detto ciò spezzo le corde che lo tenevano, e con un gesto delle braccia creò una lama di oscurità che divise a metà tutti i soldati in un sol colpo. 

 

Io ero senza parole davanti a questa scena surreale. Mi sentii fuori posto per aver assistito alla sua perdita e alla sua rabbia. 

Poi la scena si dissolse e cambiò ancora. 

 

eravamo tornati alle rovine, che ora sapevo essere un santuario. Kirigan entrò urlando.

 “ Un guaritore! Mi serve un guaritore! ” Mentre portava il corpo della ragazza in braccio per posarlo sulla prima branda. Una donna si avvicinò. 

“Abbiamo soltanto un plasma forme. eravamo in attesa di Luda”. 

Lui si irrigidì e prese le mani insanguinate della ragazza tra le sue. 

“È lei Luda...” 

Rispose alla donna, che sussultò. 

Alexander accarezzò il viso di Luda, triste e sofferente in volto. “È solo mortale...” disse. 

Poi si alzò col viso adirato, allontanandosi da lei. 

 

Cercava Bakra. 

 

“ Figlio mio” disse la donna vedendolo entrare nella stanza in cui riposava. “ Madre, sono qui” disse avvicinandosi al suo capezzale “Ma dobbiamo andarcene. I soldati avanzano verso ovest. Ci puniscono perché siamo Grisha” 

Bakra che sembrava sfinita, gli rispose asciutta. 

“No, puniscono te” 

Kirigan era confuso per le sue parole e indurì il volto. 

Lei prosegui “ Gli hai messo paura. E ora il Re, vuole far paura a noi.” 

Lui la interruppe brusco.

“Ho vinto una guerra...” 

Anche lei rispose prontamente

“E facendolo, è nata una guerra contro di noi”. 

Lui sentendo le sue accuse si alzò dal suo letto, dandogli le spalle per non mostrare che ne fosse ferito. 

 

Poi Bakra chiese “ Alexander dov’è la tua guaritrice?” 

“È morta...Morta per colpa mia” disse lui senza guardarla. 

La madre rispose “È morta perché muoiono sempre. Non sono forti come noi due”. 

A questo punto lui si girò.

 “ Mi hai insegnato tu a uccidere,madre. Hai le mani sporche del loro sangue quanto me”. 

“ Te l’ho insegnato perché potessi proteggere te stesso. Non loro!” Sembrava stanca di quella conversazione.

“Te lo avevo già detto. Ma tu sei così testardo. Non mi hai ascoltata. Ma forse lo farai ora” 

Lui la guardava con sguardo si sfida mentre lei gli chiedeva di ritirarsi. 

“ Vai. Fuggi. Vai a ovest. Vai a Kerch. Attendi che il Re muoia. Poi torna con un nuovo nome. Un nome nobiliare.” 

Kirigan scuoteva la testa mentre la ascoltava. 

“Attendi che sorga un problema che solo i Grisha possano risolvere. Allora il Re dovrà accettarci.” 

Lui ribatté alle parole della madre.

 “E quelli che sono in pericolo? Dobbiamo proteggere tutti i Grisha e insegnare loro a combattere” 

“Molti grisha non sono combattenti. Aggiustano le cose, le creano...” 

Lui sembrò illuminarsi.

“Allora creiamo un esercito, come Morozova. Forgiando un nuovo Amplificatore per il nostro potere. Siamo la sua stirpe. Ci ha creati lui”. 

La madre lo interruppe sconvolta

 “Vuoi usare il merzost?! Noi pratichiamo la piccola scienza, non la Magia!” 

Kirigan sembrava pensarla diversamente “ I suoi diari sono qui, negli archivi.” 

Bakra era spaventata e preoccupata guardandolo.

“ No, no, no... non puoi controllarlo.” Disse prendendogli le mani. 

Ma lui testardo disse. “Posso creare come ha fatto lui.”

La donna ora adirata, gli lasciò le mani dicendo. “Allora morirai, proprio come lui. È imprevedibile. Instabile. La piccola scienza ci nutre, il merzost si nutre di noi. Te lo proibisco! Sentito?” 

Erano uno difronte all’altro che si sfidavano, guardandosi severi. 

 

Ci fu un’ultima dissolvenza, ero sfinita da tutto quello a cui avevo assistito. Che avevo provato insieme a lui...

 

Sentii il suono delle campane, e il viso di Kirigan alzarsi dalla lettura di alcuni diari. “ Stanno arrivando, sono troppi!” gli disse un Grisha, mentre preparava la gente alla fuga. 

 

Kirigan uscì dal tempio da solo. 

Era in cima alle scale che guardava una schiera di soldati pronti a scoccare le frecce su di lui. 

Un soldato si fece avanti.

 “Oscuro, siete circondati. Se mi abbatti, i miei uomini non risparmieranno nessuno, lì dentro. Li ucciderai tutti, compresa tua madre.” 

Kirigan stava scendendo le scale mette il soldato proseguiva.

 “Il Re vuole che tu sia posto in custodia. Sappiamo che hai perso la guaritrice.” Udendo quelle parole Kirigan si fermò ai piedi della scalinata con sguardo truce. 

“Allarga le braccia. So come funziona la vostra Piccola Scienza. Le mani devono prima toccarsi” 

Kirigan si guardò intorno, osservando gli arcieri su ogni fronte. 

Poi guardando solo il soldato che stava parlando, iniziò ad alzare le braccia.

 “Se muove le braccia, colpitelo” disse alla sua compagnia. 

Poi due uomini avanzarono portando delle manette. 

Kirigan iniziò a pronunciare delle formule a voce bassa. Gli occhi si scurirono e delle vene nere gli si formarono sul collo e il volto. 

“Non ho un esercito per contrastarti, perciò prenderò il tuo, e lo farò mio. Sottomettetevi ora a me!” Urlò Kirigan sprigionando un onda di oscurità dal suo corpo che si abbatte sui soldati. 

Questi caddero a terra iniziando a contorcersi per la trasformazione. 

Mentre Kirigan a braccia aperte iniziava a sentire il peso del merzost, e il potere fuoriuscire incontrollato da lui. 

 

Urlò straziato dal dolore, mentre una nube nera si propagava dal suo corpo, formando due enormi muri di oscurità che andarono a creare la Faglia d’Ombra. 

 

Anche io venni investita da questa tenebra, e impaurita chiusi gli occhi. 

 

Quando li riaprii, Vidi Kirigan che trasportava sua madre in spalla svenuta nel fitto bosco. Quando Bakra si riprese la mise a terra, lei gli accarezzò il viso grata. Poi alzando lo sguardo si incupì. 

“ Che cosa hai fatto!?” chiese quando vide la Faglia d’Ombra appena creata dal figlio. 

Lui si alzò guardando la sua opera, e disse  fiero “ Ho creato qualcosa”. 

 

Il suo sguardo ora era lo stesso del mio Kirigan pensai. Bramoso di potere. Sembrava mi stesse fissando negli occhi a questo punto. Ciò mi spaventò. 

 

Mi riscossi finalmente, sentendo Mal che mi chiamava.

“ Svegliati Alina, stiamo per salpare” disse lui sorridendomi.

 “Questo lo devi vedere”.

Mi aiutò ad alzarmi in piedi dato che ero ancora instabile per il risveglio. 

Misi le mani sul ponte e vidi che la barca stava ritirando gli ormeggi. 

Poi la città si fece sempre più lontana, mi girai verso il Mare che mi chiamava a sé. Il ricordo del sogno si fece sempre più labile, fino ad affondare nel mio inconscio. Mi invase una sensazione di disagio per qualcosa che non avrei dovuto fare... o vedere... ma non sapevo attribuire una causa. Mal mi abbracciò e i miei pensieri si dissolsero, abbandonandomi a questo senso di libertà, che il mare vero mi trasmetteva.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10: Meglio regnare all’inferno che servire in paradiso ***


Kirigan: 

 

“Come una fenice, risorgerò dalle mie ceneri, tutto ciò che mi colpisce, un giorno mi fortificherà...” cit

 

Dalla Faglia d’Ombra ero emerso ancora vivo, pagandone il prezzo in carne e sangue. I Volkra erano riusciti a ferirmi in diversi punti, compreso un lungo graffio sul viso, vicino ad un occhio rimasto però illeso. 

 

Ero sopravvissuto ai Volkra, avevo affrontato il mio più  grande timore, uscendone trionfante. Non solo ero riuscito a portare la velasabbia fuori dal Non Mare. Salvando parte dei miei soldati. Ma la situazione incresciosa in cui  Alina mi aveva messo, mi aveva fatto scoprire un nuovo potere. Ora potevo creare i miei soldati d’ombra, fedeli solo a me e ai miei ordini, i nichevo'ya. Creature scaturite dalla mia oscurità. Erano l’esercito perfetto. Instancabili, immuni alle comuni armi umane, e con artigli e zanne acuminati e letali. 

 

Avevo bisogno di tempo per rigenerarmi e di riposo per guarire dalle ferite. La lotta mi aveva lasciato sfinito. 

Nei giorni successivi Ivan si prese cura di me, tenendomi in una stato semi comatoso per velocizzare la guarigione. 

In questo limbo, non potei fare altro che sognare. 

 

Ero come un granello di sabbia nella tempesta, mi sentivo come le dune nel deserto, in continua crescita e distruzione. Tra gli incubi provenienti dal mio passato e dal mio presente, mi capitava di scorgerla. Alina, l’Evocaluce, che mi cercava nella tormenta. O almeno così sembrava. 

Un Alina che piangeva disperata, persa anche lei nel suo inferno personale. 

Forse il periodo dell’innocenza era giunto al termine anche per lei. 

 

Il sognarla mi provocava sentimenti ambivalenti ,tra la gioia e l’odio. E ciò non faceva che acuire il mio tormento interiore in questo sonno senza riposo. 

Un giorno mi sentii come invaso nei miei ricordi più privati. Come se venissero letti in un diario di qualche vecchia biblioteca. Ero troppo debole per oppormi, quindi seguii la scia dell’invasore, rivivendo i miei stessi ricordi con lui. In questo stato me lo sarei risparmiato volentieri. Non avrei voluto provare nulla in quel momento di vulnerabilità. 

Giunti alla fine di questa condivisione non richiesta, capii chi mi aveva invaso la mente. Era Alina... 

 

La vidi che mi fissava, sorpresa nel vedermi ricambiare il suo sguardo. Provai una forte rabbia verso questo suo nuovo tradimento nei miei confronti. 

Si vede che era diventata più potente se poteva accedere ai miei ricordi a suo piacimento. 

Ma questa sarebbe stata l’ultima volta che la ragazzina avrebbe sfruttato le mie debolezze. 

 

Il mio cuore prese a battere forte e veloce, mi svegliai di scatto, con l’ira disegnata sul viso. Ivan mi guardò stupito dal mio risveglio fuori programma. 

Ma avevo riposato abbastanza, Alina era la priorità. In quel breve scambio di sguardi, vidi che era sul ponte di una nave pronta a salpare. 

Non le avrei permesso di scappare ancora da me, e dal fato che ci aveva inesorabilmente intrecciato le sorti. 

 

 

Non si può fuggire dal proprio destino, ne lo si può cambiare, si può solo essere abbastanza forti da saperlo accettare.

 

 

Fine

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