Again...?

di Exentia_dream2
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Due anni dopo. ***
Capitolo 2: *** Cinque Giugno. ***
Capitolo 3: *** Quello che mi parla di te. ***
Capitolo 4: *** Giratempo e picnic. ***
Capitolo 5: *** Quasi come ai vecchi tempi. ***
Capitolo 6: *** Frasi che fanno riflettere. ***
Capitolo 7: *** Amicizia. ***
Capitolo 8: *** Appuntamenti. ***
Capitolo 9: *** Di ricordi ed emozioni ***
Capitolo 10: *** Dalla tua parte. ***
Capitolo 11: *** Paura... ***
Capitolo 12: *** Chiodo scaccia chiodo. ***
Capitolo 13: *** Proposte a cui non si può dire no. ***
Capitolo 14: *** Notte di te... ***
Capitolo 15: *** Reazioni... ***
Capitolo 16: *** Reazioni pt.2 ***
Capitolo 17: *** Diciannove Settembre. ***
Capitolo 18: *** Hogwarts • (1/4) • ***
Capitolo 19: *** Hogwarts • (2/4) • ***
Capitolo 20: *** Hogwarts • (3/4) • ***
Capitolo 21: *** Hogwarts • (4/4) • ***
Capitolo 22: *** Sei tutti i miei sbagli. ***
Capitolo 23: *** Ne varrà la pena, vedrai. ***
Capitolo 24: *** Confessioni •(1/2)• ***
Capitolo 25: *** Confessioni •(2/2)• ***
Capitolo 26: *** Il Pensatoio (1/3) ***
Capitolo 27: *** Il Pensatoio (2/3) ***
Capitolo 28: *** Il Pensatoio (3/3) ***
Capitolo 29: *** Ventitré dicembre ***
Capitolo 30: *** Regali di Natale ***



Capitolo 1
*** Due anni dopo. ***


Due anni dopo.

Continuava a tenere gli occhi sul soffitto della sua camera, rincorrendo le screpolature che si erano formate negli anni e aveva l'impressione di potersi specchiare il quel muro bianco, viso crepato e occhi vuoti.

Ancora una volta si trovava a fissare un punto senza realmente guardarlo, con l'incredulità che gli animava il battito cardiaco.

La sua richiesta di poter partecipare ai corsi per diventare Auror era stata rifiutata infinite volte perché 《 Signor Malfoy, deve capire che il suo cognome ha ancora un peso nel Mondo Magico. 》

Al suono di quelle parole, Draco si era chiesto quanto pesasse la sua voglia di rivalsa, il suo desiderio di redenzione.

Aveva inveito contro l'uomo che era seduto dietro la scrivania, chiedendo a gran voce di poter parlare con il capo degli Auror. 《 Non me ne andrò da qui finché non avrò parlato con lui 》, perciò era andato a sedersi su una panca poco lontana con le braccia incrociate sul petto e le gambe leggermente divaricate. 

Sorrise al pensiero del suo io bambino, a quando la sua frase per spaventare gli altri vedeva come protagonista suo padre venire a conoscenza di un torto subito.

Suo padre, però, gli aveva girato le spalle e lui non aveva la voglia di trovare un modo per vedere di nuovo il suo viso: sentiva soltanto la voglia di mandarlo ad Azkaban fino alla fine suoi giorni e vederlo marcire insieme al peso degli errori che aveva commesso e che gli aveva fatto commettere.

Draco provava a non pensare al passato, eppure da quando aveva abbandonato gli studi a Hogwarts, questo sembrava intrufolarsi in ogni anfratto della sua memoria, rimandandogli immagini che gli spaccavano il cuore e che lui custodiva comunque negli angoli dei suoi ricordi più belli, quasi come fossero sogni in un cassetto che non era mai pronto ad aprire del tutto: lasciava uno spiraglio, a volte riusciva ad aprirlo a metà, ma mai del tutto.

Non aveva più chiesto di lei a nessuno, anche se Blaise spesso la citava nelle sue lettere e lui non si meravigliava mai di quanto Hermione Granger provasse ad eccellere nello studio, nelle sfide. Aveva saputo che si era diplomata con i voti più alti di tutta la scuola, che forse avrebbe preso per sé un anno sabbatico, che i capelli ormai le arrivavano alla base della schiena e che non ricorreva a nessun incantesimo per lisciarli.

Sapeva tutte quelle cose senza chiederle perché Blaise e anche Daphne sapevano che ormai si era chiuso nel suo mutismo, nella sua bolla di sapone e viveva facendo finta di non averla mai conosciuta, fino a quando un giorno scrisse loro che non voleva più nessun tipo di informazione che riguardasse Hermione.

Adesso, però, mentre stava seduto su una panchina in un'ala del Ministero, Draco non riusciva a fare a meno di pensare a quali avvenimenti lo avessero spinto a fare le scelte che aveva fatto dopo aver lasciato la scuola di magia e stregoneria.

Fu l'arrivo di Harry a farlo tornare al presente, quando lo salutò chiamandolo per cognome. 《 Potter. 》

《 Che ci fai qui? 》e glielo chiese senza astio nella voce, perché entrambi non avevano dimenticato la sera in cui si erano ripresentati ed avevano cominciato quella sorta di muta sopportazione l'uno dell'altro.

Draco si chiedeva spesso come sarebbe stata la sua vita se, quel giorno di tanti anni prima, Harry avesse accettato di stringergli la mano. 

《 Devo parlare con il capo degli Auror. 》

《 E perché? 》

《 Perché è la terza volta che rifiutano la mia richiesta di partecipare ai corsi. 》

《 Vieni con me. 》

Rufus Scrimgeour* era un uomo dal viso squadrato, la mascella tesa e i lunghi capelli scuri stavano cominciando a presentare qualche velatura bianca. Draco si chiese quanti anni avesse.

Harry si sedette su una sedia all'altro lato della scrivania e lui fece lo stesso.

Rufus alzò lo sguardo su di loro, mentre Draco si guardava intorno e studiava l'ambiente: c'erano degli enormi scaffali colmi di dossier con i nomi delle missione scritte sulla copertina, una serie di fotografie e attestati. I vetri delle finestre erano sporchi, i piedi sul pavimento sembravano lasciare le proprie impronte e la luce che illuminava l'ambiente sembrava quasi fosse sul punto di spegnersi. 

《 Allora, Potter, cosa ti porta qui? 》

《 Signor Scrimgeour, sono venuto per presentarle un mio caro amico. 》entrambi i ragazzi atteggiarono le labbra in una smorfia appena accennata: si poteva dire di tutto di Harry Potter e Draco Malfoy, ma non che fossero cari amici. 《 Ha già fatto richiesta di p- 》

《 Non servono le presentazioni, Potter. Conosco bene la persona che ho di fronte. Signor Malfoy. 》l'uomo piegò leggermente la testa di lato e Draco annuì in segno di saluto. 《 So bene che il suo amico ha fatto già richiesta per diventare un Auror: sono io stesso a promuovere o bocciare le candidature. 》

《 E perché la mia viene sempre rifiutata? 》dopo quella domanda, anche gli occhi di Harry si posarono su di lui e Draco pensò che forse era stato un po' troppo insolente, ma questo non gli fece smettere la sua espressione seria.

《 Potter, lasciaci soli. 》

Il silenzio che seguì l'uscita di Harry sembrò pesargli sulle spalle che si curvarono impercettibilmente, mentre Rufus navigava con lo sguardo sul braccio su cui Draco aveva ancora il Marchio Nero.

《 Crede di impressionarmi, signor Malfoy? 》

《 Affatto. E non ho bisogno di farlo. 》

《 La sua impudenza non la porterà lontano. 》

《 Nemmeno i suoi rifiuti. Non serviranno a farmi allontanare dal mio obiettivo. 》

《 E quale sarebbe? 》

《 Spedire ad Azkaban tutti i Mangiamorte che ancora credono nella causa di Voldemort. 》

《 Quindi sbatterebbe in prigione anche se stesso? 》

《 No: non ho mai seguito realmente quel pazzo e Potter può confermarlo. Ho lavorato per l'Ordine, ho fatto il doppio gioco come lo ha fatto il professor Piton. 》e mi sono innamorato di una nata babbana, proprio come lui.《 In più, ho accesso a luoghi in cui voi non potete nemmeno sperare di arrivare. Posso darvi tutto quello che vi state chiedendo se sia in casa mia. 》

《 Il suo cognome non è mai stato associato al bene. 》

《 Non sempre i figli seguono gli esempi dei genitori. A volte, sanno andare oltre. E poi sarebbe una piccola vittoria personale poter mandare Lucius dove merita di stare. 》

《 Quindi è di suo padre che si parla. 》

《 Si parla del bene della Comunità. 》

Quando Rufus spostò lo sguardo su una delle mensole dei dossier, quello di Lucius Abraxas Malfoy sembrò prendere vita, perciò l'uomo tornò a guardare Draco.《 Gli allenamenti sono molto duri, signor Malfoy. E lei dovrà lavorare il triplo, perché ha due anni da recuperare. 》

《 Un corso accelerato? 》

《 Esattamente. Se vuole essere lei ad arrestare suo padre, deve stare al passo con gli altri. 》

《 Mi dia soltanto il via per cominciare a camminare. 》

《 Correre, non camminare. Ha sei mesi. 》

《 Correre. 》

《 Da domani. Ah, prima dell'esame finale, faccia in modo di coprire quel tatuaggio. 》

E da allora erano trascorsi esattamente cinque mesi e venti giorni e gli ultimi strascichi di quel tempo sembravano rallentare la loro corsa.

Erano stati giorni intensi, in cui il sudore spesso si era mescolato alla fatica che sentiva nei muscoli e sembravano renderlo più pesante, mesi in cui persino sollevare un piede poteva costargli uno sforzo immane. Mesi in cui aveva dovuto sopportare lo sguardo sprezzante di Lucius. 

Nonostante Draco vivesse quasi come un'ombra di passaggio all'interno del Manor, a volte, era davvero inevitabile che i due si incontrassero: Lucius sputava ai suoi piedi, Draco non lo degnava nemmeno di una minima attenzione e Narcissa sembrava sempre ferma dietro suo figlio, per proteggergli le spalle.

《 Da domani non vivrò più qui. 》aveva detto a sua madre la sera precedente e la donna aveva annuito in silenzio.

Si era trasferito nella casa che si era ripromesso di acquistare, qualche gradino più su rispetto a quella in cui viveva Blaise che con Aria aveva raggiunto l'equilibrio che gli permetteva di volare senza allontanarsi troppo dal terreno. 《 Ho intenzione di chiederle di sposarmi 》, gli aveva confessato un giorno.

《 Povera lei 》gli aveva risposto Draco, un bicchiere di brandy tra le mani. Segretamente aveva cominciato a voler bene a quella ragazza quasi come fosse stata sua sorella e, nonostante affermasse sempre il contrario, era convinto che Blaise fosse l'uomo giusto per lei e gli piaceva guardarli mentre si prendevano in giro, soprattutto durante le cene che lei organizzava per tenere insieme la combriccola che si era creata ai tempi di Hogwarts, nella casa in cui per l'unica volta aveva amato Hermione, mentre i fuochi d'artificio esplodevano nel cielo e lui esplodeva di sensi di colpa e rabbia che non riusciva ad incanalare all'esterno di se stesso.

Invece, la sua casa era ancora spoglia, i cassetti vuoti, a parte quello in cui teneva custodita la collana che aveva regalato a Hermione durante il Natale che avevano progettato di passare insieme. 

A volte, perdeva ore intere a guardare quel ciondolo, come se facendolo oscillare nel vuoto potesse trovare le risponde alle domande che non aveva mai avuto il coraggio di porsi. Mia, tuo. E ancora sentiva quel senso di appartenenza scuotergli le viscere, per questo non era più riuscito a lasciarsi andare. Per questo alla fine, durante una cena al Manor, aveva dato a tutti i presenti la notizia che non avrebbe sposato Astoria Greengrass.

Daphne lo aveva guardato come se fosse stato un eroe, Astoria aveva cominciato a piagnucolare e suo padre aveva fracassato un calice sul tavolo, le cui schegge gli erano rimaste conficcate nella mano per almeno un paio di giorni. Nessuno si era prodigato per curarlo e Lucius si era visto costretto ad andare al San Mungo.

Draco sorrise al ricordo di quella sera e più guardava il suo appartamento semiarredato più sentiva la sensazione di soffocamento evaporare. 

Si sedette su uno sgabello sistemato accanto all'isola della cucina e guardava il tatuaggio che copriva il Marchio Nero: lo aveva coperto lo stesso giorno in cui Scrimgeour aveva accettato la sua candidatura come Auror.

Aveva guardato a lungo il catalogo dei disegni che il tatuatore gli aveva poggiato su un tavolino basso, chiedendo infine che il suo disegno fosse un cielo in tempesta, perché in una notte di pioggia, lei lo aveva toccato per l'ultima volta.

Quando riaprì gli occhi, Draco fissò l'orologio da parete che gli aveva regalato sua madre ed era l'unico oggetto che spezzasse la monotonia di quel bianco candido con cui aveva voluto tinteggiare i muri, perché era stanco dei colori -del rosso e del verde, dell'oro e dell'argento- che avevano sempre caratterizzato la sua vita.

Erano le quattro del pomeriggio e sapeva che sarebbe dovuto andare insieme a Blaise alla ricerca dell'anello perfetto per chiedere Aria in sposa, perciò si tirò su dal divano e si smaterializzò direttamente nell'appartamento di quello che con il tempo era diventato il suo migliore amico.

《 Non si usa più bussare alla porta? 》

《 Non avevo voglia di fare le scale. 》ed era vero, perché l'allenamento di quel giorno gli aveva reso i muscoli fiacchi e doloranti e, dato che prevedeva una quantità cospicua di chilometri da fare a piedi, aveva preferito almeno evitare di camminare per scendere al piano inferiore. 《 Sei pronto? 》

《 Per niente. 》

《Guarda che devi solo comprarle l'anello, mica devi sposarla oggi. 》

《 Vorrei vedere te al mio posto, se fossi stato tu a dover chiedere a Her- 》Blaise si interruppe un attimo prima di pronunciare per intero il nome che da tanto nessuno dei due osava più far posare sulle labbra 《 chiedere a qualcuno di diventare tua moglie. 》

Draco fece un leggero movimento della testa, si chiese soltanto per un secondo se l'altro si fosse accorto del tremolio che gli aveva scosso le mani. 《 Andiamo. 》

《 Dopo ti va una tazza di tè? 》

《 Credo di sì. 》

A differenza di come aveva creduto, arrivarono in una gioielleria poco lontana da casa e ,quando rivide Marcus Flitt, si rivide catapultato in un giorno di tanti anni prima, una Nimbus duemilauno tra le mani ed una parola sputata con tutto il veleno di cui era stato capace quando ancora non sapeva che quel sangue marcio lo avrebbe sentito scorrere nelle arterie che permettevano al cuore di battere, che le avrebbe chiesto anche sulle cose più semplici se avesse potuto, che il lurido tra loro due era stato proprio lui che credeva di essere puro e che, in realtà, era stato più sporco del catrame e del Tamigi.

Scegliere l'anello per Aria non fu facile comunque: Blaise cercava qualcosa di particolare, 《 un diamante blu, non troppo grande né troppo piccolo 》, eppure tutto quello che Flitt gli proponeva veniva scartato perché non era quello giusto.

《 Fagli un disegno 》suggerì Draco che di pazienza ne aveva sviluppata abbastanza, ma non per sopportare la scelta delle dimensioni di un diamante.

《 Ma sei un genio! 》, sentì la mano dell'amico posarsi sulla spalla e gli regalò un breve sorriso, poi stabilì con Marcus un appuntamento alla settimana successiva.

Il tragitto dalla gioielleria alla sala da tè di Aria fu stranamente silenzioso e Draco sentì qualcosa agitarsi nel suo stomaco, l'impellente sensazione che di buono, in quel silenzio, non ci fosse assolutamente niente.





Quando Draher si acciampellò sul divano, Hermione chiuse le tende alle finestre e si sistemò di fronte alla scrivania.

La sua casella mail era piena di lettere di complimenti e auguri per il traguardo che era riuscita a raggiungere.

Durante gli anni a Hogwarts, aveva sempre creduto di voler diventare Ministro della magia, ma più il tempo passava più Hermione si accorgeva che quello non era davvero un suo desiderio: forse era soltanto la strada che tutti avevano creduto potesse intraprendere e, probabilmente, erano state le parole dei suoi amici e dei loro familiari a farle credere di voler diventare quello che si era scoperto infine un sogno non suo.

Dopo il diploma, infatti, si erano tutti stupiti del fatto che lei avrebbe preso un anno sabbatico in cui avrebbe cercato di capire quale sarebbe stata la strada giusta da percorrere, perciò si era trasferita in un quartiere babbano di Biarritz, dopo un'estenuante ricerca di un appartamento con vista mare.

Aveva portato con sé una piccola valigia e il pc, la voglia di fuggire dall'Inghilterra e la speranza di poterci tornare con un sogno tra le mani: gli ultimi due anni trascorsi all'interno della scuola, erano trascorsi con la lentezza estenuante che solo chi ha perso chi ama poteva capire e, più di una volta, Hermione si era morsa le labbra fino a farle sanguinare per non fermarsi al centro dei corridoi ed urlare il suo dolore, con le ginocchia sulla pietra e i sensi di colpa che se la mangiavano viva dell'interno, poco alla volta.

Ed aprire le finestre e vedere il mare era stato per lei un segno che era riuscita a mantenere almeno metà di una promessa in cui ci aveva affogato il cuore.

Era stato dal ritorno da una delle sue passeggiate che aveva trovato Draher sul primo gradino del suo portone, appena qualche mese di vita e una lieve peluria grigia che le ricordò quasi subito gli occhi che più di una volta le avevano accarezzato il corpo. 

Disse a se stessa che non era pronta ad avere altri animali in casa, che Grattastinchi richiedeva già troppe attenzioni, perciò depositò una piccola scodella con del latte sul gradino e chiuse la porta.

Mezz'ora dopo, il cucciolo dormiva beatamente sul tappeto che Hermione teneva ai piedi del divano e, nel momento in cui pensò che fosse ora di dargli un nome, Draher le riempì la mente come fosse stata l'unica parola di cui conosceva l'esistenza. 

《 Che nome strano 》le aveva detto Ginny dopo che le aveva comunicato la notizia.

《 Sì, davvero originale, non trovi? 》

《 In realtà, credo che inconsciamente tu gli abbia dato il nome di qualcosa che non ammetti di volere. 》

《 E sarebbe? 》

《 Draco, Hermione. 》

《 Assolutamente no 》, però aveva trascorso una notte intera a pensare alle parole dell'amica e più volte aveva deciso di dover cambiare nome, anche se non riusciva a trovarne uno migliore, anche se Draher sembrava diventare ricettivo soltanto a quel suono. 

L'anno sabbatico, comunque, era giunto al termine nel momento in cui Hermione aveva cominciato a dare forma alle immagini e alle idee che le vorticavano nella mente. Aveva prorogato l'affitto per i sei mesi successivi e altri tre, poi, fino a quando non aveva ricevuto una telefonata dalla casa editrice. 《 Signora Granger? 》

《 Sì? 》

《 Salve, sono Gale Davis, piacere di conoscerla. 》

《 Gale Davis? 》

《 Esattamente. La chiamo a nome della casa editrice a cui ha inviato il suo manoscritto. 》

《 Oh 》fu l'unica cosa che riuscì a dire.

Gale le aveva dato appuntamento a Londra la settimana seguente e lei si era trovata particolarmente sorpresa dalla voglia di tornare e nel preciso momento in cui rimise piede nella villetta che era appartenuta ai suoi genitori si sentì immediatamente a casa e i due gatti cominciano ad annusare l'aria intorno per poi concodare che il posto più comodo per dormire fosse il divano. 

Hermione aveva disfatto i bagagli con la magia, si era lavata in fretta ed era rimasta quasi un'ora a fissare gli abiti che riempivano il suo armadio: le sembrava di non aver niente di decente da indossare e alla fine optò per una gonna al ginocchio e una giacca azzurra in pendant con il cielo di aprile.

Gale aveva la voce profonda, gli occhi e i capelli neri ed un sorriso che le sembrò accogliente e caldo.《 Si accomodi, signora Granger. 》

《 Può chiamarmi Hermione. 》

《 E lei può chiamarmi con il mio nome. Potremmo darci del tu? 》

《 Certo. 》

《 Il tuo racconto è molto interessante, Hermione. Hai una fantasia che sembra andare oltre, parlare di magia a quel modo… 》

E lei capì che l'uomo che aveva di fronte non sapeva che quella magia di cui aveva scritto le scorreva nelle mani e sorrise. 《 Già. 》

《 Se sei d'accordo, potremmo programmare l'uscita del tuo libro per il prossimo mese, dodicimila copie per cominciare. 》

《 Ne sarei onorata. 》

《 Sembri essere una persona speciale, Hermione. 》

E il suo nome, pronunciato da quella voce, sembrava una carezza che da troppo tempo non riceveva. Pensò immediatamente a Draco e si chiese se si fosse già sposato con Astoria e si sentì catapultata con la potenza che solo i ricordi sanno avere in un giorno lontano, nella stanza delle Necessità, quella volta in cui lui aveva bevuto il Veritaserum e lei gli aveva chiesto se era vero che fosse il promesso sposo della ragazza. 《 ...ma io e Astoria non ci sposeremo: non lo voglio io e non lo vuole lei 》le aveva risposto lui, in viso quel sorriso tirato che lei aveva visto esplodere qualche tempo dopo.

《 Grazie 》disse semplicemente e quelle parole ebbero il potere di farla tornare a Londra, nello studio dell'uomo che l'aveva informata che il suo libro sarebbe stato pubblicato. 

《 Mud's Girl… vorresti tenere questo titolo? Perché è davvero molto interessante. 》

《 Sì. 》

《 È anche interessante la scelta di tenere le due maiuscole all'inizio di queste due parole. Sembrano quasi una firma o le iniziali di nomi che ti sono molto cari. 》

《 Sì, sono le iniziali dei miei genitori. 》

Soltanto nel momento in cui disse quella bugia, Hermione si rese conto che quelle erano le iniziali dei loro nomi, che le aveva digitate in maiuscolo senza nemmeno pensarci, quasi come se lui non fosse mai andato via dalla sua vita e per un attimo sentì il vuoto farsi spazio dentro di lei, come la notte durante la quale aveva tenuto i discorsi per i M.A.G.O. e Blaise le aveva detto che Draco se n'era andato: aveva contato i giorni che l'avrebbero separata dall'inizio del nuovo anno scolastico e quel primo Settembre lui non era tornato.

《 E lo sarebbe anche se tu accettassi un caffè. 》

《 Oh, io non so. 》

Gale sollevò le mani in segno di resa.《 Non c'è nessun problema. Avrai modo di pensarci ed io te lo chiederò altre volte, perché dovremmo vederci spesso durante il periodo di pubblicazione. 》

Per uno strano motivo, la divulgazione del suo libro partì dalla Francia e riscosse un successo tale da dover richiedere una seconda ristampa. 

《 Il mese prossimo toccherà a Londra. 》le disse Gale alla fine di maggio.《 L'invito per quel caffè è ancora valido. 》

Hermione aveva accettato e poi era seguita una cena, una passeggiata sulle rive del Tamigi, un bacio accennato fuori la porta della sua villetta.

L'inizio di Giugno era arrivato quasi silenzioso e Hermione, seduta sul divano tra Draher e Grattastinchi, sentiva il cuore battere forte per l'emozione e la paura di non riuscire a sostenere il firma copie nella libreria più importante della città. 

Chiuse gli occhi e decise che avrebbe pensato a come comportarsi nel momento in cui avrebbe avuto di fronte la folla di gente con il suo libro tra le mani, se l'avesse avuta.

Angolo Autrice:

Bentornate o benvenute.

Sono tanto emozionata a riprendere in mano questa storia perché è stata (a suo tempo) la mia prima long su Draco e Hermione e il finale sospeso di Since I kissed you continued non mi ha dato pace dal momento in cui l'ho scritto.

Il titolo non è uguale alle prime due di questa storia, ma capitemi: ho cambiato modo di approcciarmi ad una storia e modo di scrivere, avevo davvero bisogno di cambiare anche il titolo. 

Detto questo, avrete notato che il primo capitolo è un po' "frettoloso". 

In realtà è una sorta di riassunto di un epilogo che non ho mai scritto e vorrei soltanto che aveste le idee chiare durante la lettura della storia.

C'è un nuovo personaggio… che ne pensate di Gale? A me piace tanto e spero piacerà anche a voi man mano che leggerete di lui.

Rufus Scrimgeour* : non so se effettivamente sia lui il capo degli Auror, ma così ho trovato scritto in giro.

Bene, ora vi lascio e spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto.

Buon Ferragosto.

A presto.



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Capitolo 2
*** Cinque Giugno. ***


Cinque Giugno.

《 Non m'importa 》aveva risposto quando Blaise gli aveva detto del ritorno di Hermione a Londra.

《 Ha pubblicato un libro 》l'amico gli aveva parlato come forse avrebbe fatto con un bambino, scandendo bene ogni parola per imprimergliela bene nella mente. 《 Credo non sia sola. 》

Più Blaise parlava e più Draco sottolineava il fatto che a lui, della Granger, non importasse più niente, che aveva smesso di amarla nel momento in cui aveva deciso di lasciare Hogwarts. 

《 Non è vero: sei andato via per permettere a lei di andare avanti con la sua vita senza di te. Anche questo è amore. 》

《 No, non lo è. 》

Però, alle tre di notte, Draco era in piedi di fronte alla finestra a bovindo, l'ennesima sigaretta tra le mani e i pacchetti vuoti sul pavimento. 

Guardava il cielo e forse sperava che lo inghottisse, perché non c'era stata una sola parola che non gli avesse crepato il cuore; se ne stava immobile, senza nemmeno battere le ciglia e lei chissà dov'era.

Si smaterializzò nell'appartamento di Blaise lo trovò già pronto ad accoglierlo.《 Chi è? 》

《 Non lo so. 》

《 PERCHÉ CAZZO ME L'HAI DETTO? 》

Ma l'altro continuava a rimanere in silenzio, gli occhi fissi nei suoi e una punta di dispiacere ad animarli, perciò lui cominciò a camminare per il salone, portandosi di tanto in tanto una mano a spostare i capelli dalla fronte: sembrava che la voglia di restare immobile che gli aveva riempito le ossa nella sua casa lo avesse abbandonato e il fatto che anche Aria adesso fosse lì non riuscì a calmarlo. 

Blaise si sedette sul divano, i gomiti sulle ginocchia e le mani a pugno vicino alla bocca. 《 Hai detto che non t'importava. Allora perché sei qui? 》

Questa volta, fu lui a non parlare. Come poco prima, rimase in piedi di fronte alla finestra e guardò il cielo. 《 Infatti non m'importa di lei, ma di lui. 》

《 Hai cambiato sponda? Forse dovrei tenere il mio culo lontano da te… 》

《 Non ho detto questo. 》

Quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla, Draco mosse impercettibilmente il viso perché aveva imparato durante il corso per diventare Auror a non mostrare le proprie emozioni, a non spaventarsi per i gesti improvvisi. 《 Draco 》la voce di Aria lo fece rilassare un po'. 《 Non devi vergognarti se provi ancora qualcosa per lei. 》

《 Cosa ne vuoi sapere… 》

《 Non so niente, è vero. Però dovresti ricordarti che mi sono innamorata di Blaise pur avendo passato una sola notte insieme e, nonostante questo, non riuscivo a dimenticare quello che provavo per lui. 》

《 È diverso. 》

《 Lo è sicuramente, ma io ti ho visto la notte di Capodanno. E ho visto come la guardavi. Sei trasparente, molto più di quello che credi e puoi fregare gli altri, ma noi ti conosciamo fin troppo bene. 》ed era vero: durante gli anni, Aria e Blaise gli erano stati accanto nei momenti più bui e lei aveva conservato il biglietto dei desideri di Hermione quando lui aveva deciso di bruciarlo. Pensò che prima o poi avrebbe dovuto ringraziarla. O maledirla per quanto fosse brava a scavargli dentro senza che lui se ne accorgesse.《 Te ne pentiresti. 》gli aveva detto, prendendogli quel pezzo di carta dalle mani. 

Draco fece un passo indietro e andò a sedersi accanto a Blaise《 Perché me lo hai detto? 》

《Credevo dovessi saperlo. 》

《 No, non avresti dovuto. 》

Durante i nove giorni prima dell'esame finale per diventare Auror, Draco aveva sostenuto vari test che avevano sostituito gli esami dei G.U.F.O. che non aveva fatto a Hogwarts a cui erano preceduti lunghe ore di studio ed allenamento. Li aveva superati tutti con voti altissimi e Rufus Scrimgeour si era trovato in più di un'occasione a complimentarsi con lui, dicendogli che forse in passato aveva sbagliato a rifiutare la sua candidatura più di una volta《 Credo che lei diventerà un ottimo Auror, signor Malfoy. E complimenti per il nuovo tatuaggio. Ha un significato in particolare? 》

《 No, non significa niente. 》mentì senza un briciolo di senso di colpa e pensò che anche questa fosse un'abilità fondamentale per svolgere bene il suo lavoro.

《 E come mai ha scelto proprio questo? 》

《 Era l'unico in grado di coprire per intero il Marchio Nero. 》

《 Domani è il gran giorno. 》

《 Già. 》

《 Non è da me chiederlo, ma lei è stato un caso particolare dal primo momento in cui ha messo piede qui. Come si sente? 》

《 Pronto. 》

《 Dopo mesi, signor Malfoy, devo concordare con quello che mi ha detto durante il nostro primo incontro:  i figli non seguono sempre l'esempio dei genitori. Lei potrà anche avere gli occhi di suo padre, ma quello che li anima è del tutto diverso. 》

《 Lo prendo come un complimento. 》

《 E fa bene, perché lo è. 》

Nel tardo pomeriggio, dopo una chiacchierata che lo aveva avvicinato di più alla redenzione che cercava, Draco si smaterializzò fuori la porta d'ingresso del Manor e passeggiò tra i giardini, le mani nelle tasche e gli occhi pronti a catturare ogni singolo particolare del luogo in cui era cresciuto. 

Per la prima volta, da quando ne aveva memoria, tra quei viali e le ombre della villa, non si sentì una merce di scambio né una persona che lasciava scegliere agli altri cosa fare della propria vita: metteva i piedi uno dopo l'altro sul selciato ed aveva l'impressione di essere un uomo nuovo.

Trovò sua madre seduta su una sedia a dondolo, sotto al gazebo del roseto che aveva voluto arredare come se fosse stato un piccolo salottino.《 Per gli ospiti estivi 》gli aveva detto, ma da tempo nessuno metteva più piede al Manor, perché il cognome dei Malfoy aveva perso prestigio ed importanza soprattutto dopo la mancata incarcerazione di Lucius.

Draco si accomodò su una piccola poltrona di fronte a Narcissa e si meravigliò del candore che la circondava.《 È tutto bianco. 》

《 Come la purezza. 》

《 Caratteristica che non ci appartiene per niente. 》

La donna sorrise appena.《 Se ci fosse stato tuo padre qui, ti avrebbe detto che la purezza è una caratteristica che ci distingue dagli altri, perché noi siamo dei Purosangue. 》

Anche lui sorrise, poi si sistemò sulla poltrona e portò le mani dietro la testa. 

I lunghi istanti di silenzio tra lui e sua madre non lo avevano mai messo in imbarazzo, perché Draco sapeva che proprio in quel modo si potevano dire le parole più belle, quelle che non avevano bisogno di essere urlate per assumere importanza.

《 Qualche anno fa ti ho fatto una richiesta, la ricordi? 》lui non rispose. 《 Ti avevo chiesto di creare un'occasione per essere felice. Lo hai fatto? 》

《 Ci sto provando. 》

《 Non vorrei ci fossero altri segreti tra noi. 》

Draco scosse leggermente la testa, pensando che non aveva detto a nessuno le aspettative che aveva sul suo futuro, la voglia di non vedere più la faccia di Lucius, di allontanarsi quanto più possibile da quel passato che lo aveva comunque macchiato.

Narcissa sospirò profondamente e posò gli occhi sul figlio.《 Dietro il terzo scaffale della biblioteca c'è una camera segreta, la troverai spostando il quarto libro sulla prima mensola. Lì c'è una Giratempo molto potente e altri manufatti pericolosi. 》

《 Perché me lo stai dicendo? 》

《 Prima di arrestare tuo padre, dovrai dimostrare la sua colpevolezza. 》

《 Ma cosa… 》

《 C'è molto più di quello che tu credi e di ciò che hai visto crescendo qui. 》

《 Potresti finire ad Azkaban anche tu. 》

《 Ed è una cosa che mi spaventa molto, ma con la Giratempo puoi provare anche la mia innocenza. 》

《 Credi davvero di esserlo? Innocente? 》

《 Non del tutto. Siamo molto più simili di quanto possa sembrare, Draco. 》

《 Come lo sapevi? 》

《 Sono sempre stata una brava Legilimens, figlio mio. Tanto quanto tu sei un ottimo Occlumante. Ma io sono tua madre, riesco a conoscere i tuoi desideri anche solo guardandoti in viso. 》

Fu in quel momento che Draco abbassò le difese della sua mente, lasciando che la donna di fronte a lui conoscesse anche tutte le sue domande, le sue più grandi paure e Narcissa chiuse gli occhi perché si sentì investita dalla portata di quei pensieri, poi sporse in avanti per prendergli le mani.《Stai facendo la cosa giusta. 》

Draco vide in sua madre la stessa donna che due anni prima era salita in camera sua e gli aveva parlato dell'amore.

Posò lo sguardo sulle loro dita intrecciate che sembravano stipulare un Voto Infrangibile, come se in quella stretta entrambi stessero facendo fluire i sentimenti che non erano mai stati in grado di dimostrare e si lasciò andare alla sincerità più profonda.《 Ho fatto un viaggio bellissimo, qualche tempo fa… Non sono mai più veramente tornato da quel posto. 》

Narcissa accennò un sorriso: ricordava bene la notte in cui per la prima volta aveva visto suo figlio ribellarsi a Lucius e lo aveva visto cadere a pezzi nonostante fosse steso sul suo letto.《 Quel cuore batte ancora e forse ci sono ancora strade da percorrere. 》

《 Se invece fosse tutto franato? 》

《 Hai sempre avuto delle mani bellissime, ma a volte per riavere quello che si è perso bisogna lavorare, scavare tra le macerie ed avere la pazienza di far correre il tempo a suo piacimento. 》

Draco quella notte non riuscì a dormire, sopraffatto dal discorso con sua madre e dall'emozione perché era ad un passo dal realizzare un sogno che si era fatto strada in lui nel corso degli anni. 

Continuava a fissare il soffitto e ricordò le volte in cui lo faceva ad Hogwarts, quando Voldemort gli aveva dato il compito di uccidere Silente e lui aveva cominciato a vedere gli ideali con cui era cresciuto barcollare davanti ai suoi occhi.

Toccò in punta di dita il tatuaggio che copriva il Marchio Nero e si chiese se questo avrebbe fatto di lui un uomo e basta, se la parola Mangiamorte lo avrebbe sempre preceduto in quel futuro che aveva scelto da solo e che al momento gli sembrava una delle poche scelte giuste fatte in tutta una vita di errori.

Quando l'alba illuminò il cielo, Draco la accolse come fosse stata una mano pronta a salvarlo dal suo buio, perché finalmente era arrivato il giorno del suo riscatto, il giorno in cui avrebbe dimostrato a se stesso e all'intero mondo magico che lui poteva essere una persona migliore e che non poteva essere un cognome a definire un individuo, perciò si vestì in fretta e si presentò al dipartimento Auror.

Si sedette su una panchina in attesa che qualcuno lo chiamasse, poi Harry gli si avvicinò e lo salutò con la mano.《 Ci siamo, eh? 》

《 Già. 》

《 Andrà tutto bene. 》

《 Non ne ho alcun dubbio, caro amico 》 gli disse, provando ad imitare il tono di voce che mesi prima Harry aveva usato con Rufus.

《 Malfoy, ascolta… forse non è il momento giusto, ma dovresti sapere… 》

《 Lo so già. 》

Il cinque Giugno, Draco Malfoy era entrato a far parte del corpo degli Auror con i risultati più alti del corso, occupando immediatamente le prime linee.

Di nuovo, Harry gli strinse la mano.《 A proposito, buon compleanno. 》

《 Grazie. 》

Quel pomeriggio, Aria lo aveva invitato nella sua sala da tè e l'aveva riservata unicamente ai festeggiamenti per l'incarico appena ottenuto.《 Non dovevi 》le aveva detto con un sorriso.

《 Draco Malfoy, adesso siamo soli, per questo mi sento libera di parlarti come avrei sempre voluto fare. Siediti. 》

《 Fai davvero paura. 》

《 Non fare lo stupido e ascoltami. Io non riesco davvero a capire cosa abbia significato per voi questa guerra, ma so che Blaise tutt'ora a volte si sveglia a causa degli incubi. Avete avuto tutti coraggio a cambiare le vostre prospettive, ma tu sei stato il più coraggioso perché hai preso in mano le redini della tua vita e so che questa scelta ti porterà a perdere parte della famiglia, ma voglio che tu non ti senta solo, perché ci sono io e ci sono i tuoi amici e potrai sempre contare su di noi. Perciò, tutto questo, è un merito che ti sei guadagnato. Ah, e tranquillo: oggi non ci sarà nemmeno una goccia di tè nei bicchieri: solo alcol. Ho fatto una gran scorta di Whisky incendiato. 》

《 Incendiario 》la corresse.《 E grazie. 》

Aria scosse il capo.《 Non devi ringraziarmi: è come se fossi diventato mio fratello in questi anni e sono davvero felice di vedere uno dei tuoi sogni realizzati. 》

《 Non sono tipo da gesti affettuosi. 》sembrò quasi giustificarsi alla reazione che aveva avuto al suo abbraccio.

《 Lo so. E non m'importa, perché lo vedo dai tuoi occhi che sei felice. 》

Ed era vero: Draco Malfoy, quel giorno, sembrava avesse messo da parte tutto ciò che lo rendeva triste ed aveva indossato il suo sorriso migliore. 

In un ultimo attimo di malinconia, si chiese se lei fosse stata fiera di lui, se avesse appoggiato le sue scelte.

《 SORPRESAAA! 》





《 Non potremmo rimandare di qualche giorno? 》

《 Assolutamente no: la casa editrice è stata chiara e vuole che l'uscita del libro avvenga il cinque Giugno. 》le aveva risposto Gale con tono severo, anche se poi le aveva accarezzato la guancia.《 C'è qualcosa che non va? 》

《 Solo… quello è il giorno del compleanno di una persona che per me è stata davvero importante. 》

Hermione cominciò a tormentarsi le dita, in quel cipiglio di dispiacere che il viso non riusciva a nascondere: non vedeva l'ora di far conoscere il suo libro anche a Londra, ma farlo in quel giorno le sembrava un atto di rivalsa sulla vita di Draco, anche se non stavano più insieme, anche se era stata lei a lasciarlo e lui a mettere un punto definitivo alla loro storia.

Gale appoggiò il mento sulla sua spalla, le labbra a baciarle l'orecchio.《Allora fa come se questo sia un regalo da parte tua. 》

《 Io non… 》

《 Se questa persona è stata davvero importante, Miò… 》

《 Gale, ti prego, non chiamarmi in questo modo. 》

《 Non ti piace questo abbreviativo? 》

Lui mi chiamava così. 》

《 Parli di tuo padre? 》Hermione negò con la testa e lui le si sedette di fronte.《 Non è un problema: ho già incontrato una donna che aveva una storia importante alle spalle. 》

《 E cos'è successo? 》

《 Non è finita bene, ma non ho smesso di crederci e questo non cambierà le cose tra noi: ho ancora voglia di conoscerti. 》

《 Ci sono davvero tante cose che non sai di me, Gale. 》

《 Beh, allora spero di avere tempo per scorpirle. Ti chiedo solo una cosa: sii quanto più sincera possibile con me. 》

《 Va bene. 》

《 Ci vediamo domani. Passo a prenderti nel primo pomeriggio, così magari provi a rilassarti prima del firma copie. 》e, prima di andare via, le lasciò lo stampo di un bacio sulla bocca.

Hermione si concesse una lunga doccia con la quale sperava di mandar via il senso di oppressione che l'aveva quasi schiacciata al suolo nel momento in cui aveva scoperto la data di uscita del suo libro, ma l'acqua cadeva ai suoi piedi senza davvero lavarla e le tornò in mente quella notte sotto la pioggia, quando lei cadde in ginocchio sull'erba bagnata e lui la seguì.《 Tu sei dentro, sei con me in ogni cosa che faccio… E non averti intorno non vuol dire dimenticarti. 》le aveva detto quando la pioggia stava lasciando spazio ad un buio sereno, quel buio in cui le aveva lasciato una parte del suo cuore e se ne stava rendendo conto soltanto in quel momento, quando sentiva la sua voce e le sue mani addosso come se lui fosse stato lì, a bagnarsi con lei.

Fu una notte che non trascorse mai e lei aveva l'impressione che il tempo avesse rallentato fino a non scorrere più; di tanto in tanto guardava fuori dalla finestra e il cielo non cambiava mai colore.

Draher si avvicinò posandole il musetto sul naso e lei lo attirò a sé per accarezzargli la schiena.

Pensò di nuovo al nome che aveva dato al suo gatto, alle iniziali del titolo del suo libro e capì che Draco l'aveva segnata profondamente, molto più di quanto sarebbe mai stata capace di credere e di ammettere.

Grattastinchi, invece, dormiva acciambellato ai suoi piedi e non diede alcun segno di aver avvertito il disagio della padrona e lei sorrise al pensiero che il suo primo gatto le avesse sempre ricordato Ron, nei colori e nel carattere. 

Sentì le ossa spezzarsi nel momento in cui le parole che Ginny le aveva rivolto all'inizio del suo ultimo anno scolastico le riempirono la mente.《 Non hai mai lottato realmente per lui 》e mai come in quelle ore, Hermione capì che l'amica aveva avuto ragione dal primo momento, perché lei non aveva fatto altro che fare passi indietro ad ogni suo passo in avanti, ad allontanarsi ogni volta che lui si avvicinava. E decise che avrebbe riempito quei punti spezzati con tutta la forza che aveva in corpo, con l'affetto che le avrebbe dato Gale e l'immagine del viso dell'uomo le coprì le iridi come una calda coperta nei pomeriggi invernali.

Però, mezzanotte era passata da un minuto e lei si alzò per avvicinarsi alla finestra, guardò il cielo e le stelle. 

Le soffiò sulle labbra, quelle parole che le pesavano sul cuore.《 Buon compleanno, amore. 》

Si chiese se a Draco fossero arrivati i suoi auguri, in qualche modo o se, ad ogni carezza del vento, avesse mai pensato a lei; lo immaginò nel suo abito da sposo a giurare amore eterno ad una donna che non era lei.

Si chiese se avesse imparato ad amarla, Astoria e se lei fosse in grado di riempire il vuoto che lui aveva dentro. 

L'alba le toccò la pelle come una vecchia amica e Hermione sorrise, poi si avvicinò all'armadio ed indossò una giacca leggera ed un pantalone che le fasciava le gambe.

Sentiva l'emozione vibrare nei muscoli e le sembrava fosse passato solo qualche minuto, ma quando guardò l'orologio si rese conto che era quasi ora di uscire e si appoggiò al tavolo, respirò profondamente per stemperare la tensione che le impediva di pensare in maniera lucida.

Quando Gale bussò alla porta, Hermione sobbalzò dallo spavento e portò una mano al petto: il cuore batteva forte e lei sorrise, perché da troppo tempo il suo battito cardiaco sembrava solo appena accennato tanto che, a volte, si chiedeva se battesse davvero.

Accolse il suo ospite con la tensione scritta in viso e Gale le posò le labbra sulla fronte e le accarezzò le mani《 Sei pronta?》

《 No. 》

《 Stai tranquilla. Vedrai, andrà tutto bene.》

I primi a presentarsi in libreria furono Harry e Ginny, seguiti quasi immediatamente da Ron e Lisa.

Hermione aveva conosciuto Lisa durante la replica del Ballo del Ceppo e l'aveva trovata adatta a Ron dalla prima occhiata, perché sembrava sempre pronta a farlo ragionare prima di agire.

Ginny le sorrise《 Come ti senti? 》

《 Divisa a metà. 》

《 Tra? 》

《 Tra la me che non vede l'ora di far conoscere il suo libro e la me che vorrebbe bruciarlo. 》

《 C'è un ma? 》

《 No. Solo, oggi è il suo compleanno. 》

《 Pensi ancora a lui… 》

《 Gale mi farà stare bene. 》

Ginny abbassò lo sguardo, poi le porte della libreria si aprirono ed almeno cinquanta persone si avvicinarono alla scrivania su cui faceva bella mostra di sé Mud's Girl.

La copertina era nera, con la stampa di una bocca e una mano sporca di fango: Hermione la guardò fiera, perché era stata lei stessa a sceglierla.

《 Signorina Granger, 》una donna alta e magra sollevò la mano per farle una domanda 《 nel suo libro parla di magia, giusto? 》

《 Sì. 》

《 Da cosa ha preso spunto per scriverlo? 》

《 Da una serie di sogni che ho fatto qualche anno fa. 》

《 E la storia d'amore? È un'invenzione o una sua esperienza personale? 》

Quella domanda le sembrò un coltello che si conficcava nello stomaco e, forse, soltanto in quel momento Hermione si rese conto di aver raccontato di Draco, di quello che li aveva uniti e di quello che li aveva separati.《 Credo sia il tipo d'amore che ogni donna vorrebbe vivere. 》

《 Cosa ha da dire riguardo all'epilogo di questo libro? 》

《 Niente, perché non voglio rovinare la lettura a chi non ha ancora sfogliato nemmeno una pagina. 》

L'intervista proseguì per almeno venti minuti, durante i quali erano intervenuti un altro paio di giornalisti, poi Hermione impugnò una penna con cui cominciò a lasciare dediche e firme a chi lo richiedeva.

《 È stato bellissimo 》ammise a fine serata e Gale le sorrise con quella dolcezza che riusciva sempre a disarmarla.《 Grazie di tutto. Non so come avrei fatto senza di te. 》

《 Te lo dirò io, allora: avresti pubblicato il tuo libro con la stessa casa editrice, avresti ottenuto lo stesso successo, ma forse non sarei stato io a riaccompagnarti a casa. 》

《 In realtà, non volevo sapere cosa sarebbe successo se non ci fossi stato tu, ma preferisco di gran lunga questo all'eventualità che mi hai descritto. 》

Nonostante fosse Giugno, la sera regalava ancora un venticello abbastanza fresco da cui Hermione preferiva coprirsi e pensò che aveva fatto bene a scegliere quel completo; per un attimo credette anche che quel soffio di vento fosse la risposta di Draco ai suoi auguri, ma scosse la testa ed aprì la porta di casa. 

Tentennò un po' di fronte allo sguardo di Gale e lui le sorrise ancora.

Hermione ricambiò il sorriso.《 Ti va di entrare? 》

《 Mi piacerebbe davvero tanto, Hermione, ma no: non sei ancora pronta. 》le lasciò un bacio leggero sulle labbra e lei si avviò in camera da letto dove, ancora una volta si avvicinò alla finestra per guardare il cielo.

Erano passati due anni da quando era andato via, eppure lui le abitava ancora dentro.



Angolo Autrice:

Eccomi qui, con il secondo capitolo.

Il cinque Giugno, come ben sapete, è il compleanno di Draco ed è stato un giorno importante sia per lui che per Hermione: entrambi hanno raggiunto dei traguardi importanti ed entrambi hanno dedicato un pensiero all'altro.

Chi ha letto Since I kissed you e Since I kissed you continued sa cosa hanno vissuto i protagonisti, cosa hanno affrontato, come si sono lasciati ed io credo fortemente che quando l'amore è vero non smette mai di viverci dentro.

In più, adoro pazzamente il personaggio di Gale e -nonostante questa sia una Dramione- lui avrà un ruolo davvero importante e spero che anche voi possiate affezionarvi a questo ragazzo d'oro.

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi farebbe davvero piacere cosa ne pensate.

A presto. 






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Capitolo 3
*** Quello che mi parla di te. ***


Quello che mi parla di te.

Non si era mai accorto di quanto gli fosse estraneo il Manor fino a quando non aveva parlato con sua madre dell'esistenza di quella camera segreta nascosta dai libri.
D'un tratto gli tornò in mente la volta in cui aveva preso a pugni Weasley ed aveva ricevuto la punizione di sistemare l'archivio della biblioteca, nell'unico luogo in poteva illudersi che lei gli appartenesse ancora e ancora sentiva il battito del suo cuore quando l'aveva stretta a sé, le sue mani ovunque, il fruscio del vestito che saliva sulle gambe. I suoi tacchi che segnavano con il loro rumore la distanza che lui stesso aveva cominciato a disegnare.
Gli studiosi, infatti, osservano il vulcano quando dell'esplosione non resta niente, forse solo la polvere e, a volte, nemmeno quella. E, in quel momento, gli parve che le parole del Preside assumessero un significato che lui non aveva capito all'epoca e si chiese cosa avrebbe visto se per caso si fosse trovato di fronte a lei, se fosse rimasta almeno la polvere di quello che erano stati insieme.
Si ritrovò a sfiorare i libri in punta di dita, quasi come fossero reliquie che gli facevano capire che Hermione era davvero entrata nella sua vita, che lui aveva fatto parte dei suoi giorni anche quando si erano allontanati e sorrise, perché nella biblioteca di Hogwarts lei aveva avuto il coraggio di ammettere i suoi sentimenti. Io ti amo e quel filo di voce spezzato che lo aveva ridotto in mille pezzi, al bacio che lei non aveva ricambiato, la promessa di allontanarsi da lei per non farla più soffrire. 
Guardò il terzo scaffale e si ricordò del motivo per cui era tornato al Manor, osservò con calma il quarto libro: aveva la copertina verde con intarsi argentati e non si prese la briga di leggere il titolo, perciò lo spostò e lo scaffale sembrò essere risucchiato dalla parete.
Di fronte a lui apparve un'imponente porta di legno scuro su cui era inciso il simbolo del casato dei Malfoy; la aprì con mani tremanti e l'ambiente intorno gli sembrò una replica della Stanza delle Necessità che gli appariva nel periodo in cui aveva avuto il compito di sistemare l'Armadio Svanitore.
Il ricordo gli provocò un brivido lungo la spina dorsale e si rese conto di sentirsi diviso in due, tra il ricordo degli errori che aveva fatto e la realtà in cui stava provando a rimediare. 
Sentì che finalmente aveva ritrovato le forze per reagire e pensò alle notti in cui si era sentito stanco di quella vita che non riusciva a perdonarlo: si impegnava a recuperare gli errori, a chiederle scusa, ma niente, non riusciva in niente e, poi, il suo futuro si era dipanato davanti ai suoi occhi perché ci aveva creduto ed aveva insistito fino a quando il capo Auror non aveva accettato la sua richiesta.
Passò il palmo della mano su una vecchia scrivania di mogano, poi si sedette su una poltrona che trovò poco distante ed aprì uno dei cassetti: era quasi vuoto, a parte qualche foglio di giornale in cui veniva raccontata l'ascesa del Signore Oscuro e la fuga da Azkaban di un gruppo di Mangiamorte.
Sperò che la prigione fosse diventata più sicura, perché aveva intenzione di non vedere mai più il viso di Lucius.
Raccolse anche alcune fiale dentro cui credeva ci fossero ricordi importanti, immagini che potevano documentare la colpevolezza dell'uomo che un tempo aveva definito padre, poi trasfigurò alcuni oggetti sostituendoli a quelli che aveva preso e si smaterializzò direttamente nell'ufficio di Scrimgeour.《 Qui c'è tutto quello che ci serve per farlo marcire in prigione. 》
《 Le Giratempo portano indietro nel tempo di qualche ora. 》
《 Questa non è una Giratempo comune. 》
《 Sa che il passato non può essere modificato. 》
《 Lo so e non è mia intenzione farlo. 》
《 E quali sarebbero le sue intenzioni? 》
《 Viaggiare e vedere quante più cose possibili. Una volta che sarò tornato, esporrò i miei ricordi al Wizengamot. 》
《 Ancora una volta devo ammettere di aver sbagliato con lei, signor Malfoy. Quando ha intenzione di partire? 》
《 Domani. 》
《 Bene 》spostò nella sua direzione gli oggetti che gli aveva portato. 《 Credo che questi debba portarli con sé. 》
《 Io no- 》
《 Magari c'è qualche ricordo che vorrebbe rivivere. 》
Draco annuì leggermente, poi sentì la sensazione allo stomaco che provava ogni volta durante una Materializzazione e si trovò nel suo appartamento. 
L'orologio alla parete segnava le quattro del pomeriggio, perciò si spogliò e si lavò velocemente, poi si stese sul letto.
Sentiva il vuoto arrampicarsi alle caviglie, come filo spinato che gli impediva di muoversi e, ancora una volta, prese tra le mani il ciondolo a forma di cuore che aveva regalato a Hermione e pensò a quanto aveva creduto in quelle due parole che aveva fatto incidere, a quanto davvero la sentisse sua nel periodo in cui erano stati rinchiusi nel dormitorio di Blaise e dopo, quando con la scusa delle ripetizioni lui rubava il suo tempo solo per averla ancora un po' accanto.
Si disse che se avesse avuto la possibilità di tornare indietro nel tempo avrebbe preso in prestito qualcosa che gli ricordasse ancora lei, che avrebbe sprecato meno tempo ad allontanarla, l'avrebbe stretta più forte e le avrebbe detto che aveva tanti motivi per restare, che l'amava.
Rigirava la collana tra le mani come se questo potesse riportarla da lui, poi ricordò di avere la Giratempo nella tasca della giacca e si inginocchiò di fronte al divano, due giri e si ritrovò fuori la porta della Stanza delle Necessità ed entrò in fretta, nascondendosi dietro una tenda che impediva alla luce di entrare.
Riconobbe quella scena e avvertì la gola stringersi in una corona di spine; attese in silenzio che arrivasse lei e la vide sedersi sul tappeto,  le dita ad attorcigliare una ciocca di capelli.
Draco sentì l'impulso di allungare una mano e toccarla, ma ricordò di non essere più nel suo tempo e si ritrasse, perché lo sapeva che anche il più piccolo gesto non accaduto avrebbe potuto cambiare gli eventi di una vita intera e, anche se avrebbe voluto con tutto se stesso cancellare il tempo in cui erano stati lontani, rimase nascosto.
Qualche minuto dopo, il Draco di allora si avvicinò a Hermione e le mise le mani sotto al mento per farle alzare lo sguardo.《 C'è qualcosa che non va? 》
Lei scosse il capo.《 Pensavo che se non fosse stato per te sarei potuta morire alla Coppa del Mondo di Quidditch. 》
《 La guerra è finita, Miò. 》
《 Sì, però… perché lo hai fatto? 》
《 Forse eri già diventata importante. 》
Nascosto dietro alla tenda, strinse i pugni e sorrise di una tristezza che sembrava quasi fisica, con la sua ombra ad oscurare ancora il buio che gli abitava dentro.
Hermione si era sporta in avanti e gli aveva baciato gli angoli della bocca, perché lei restava sempre ferma un passo indietro: era stata in prima fila a combattere contro Voldemort ed aveva paura di lasciarsi andare totalmente ai suoi sentimenti, perché non riusciva a gestirli né a comandarli.《 Draco… grazie. 》
《 Ci penso anche io, a volte. 》
《 Davvero? 》
《 Davvero. Non so cosa sarebbe successo se non avessi fatto quello che tutti sanno, ma se quel giorno non avessi detto a Potter di portarti via… 》
《 Beh, lo hai fatto ed ora siamo qui. 》
《 Sì. 》
《 Pronto? 》
《 Sì. 》
《 Bene. Ti ho preparato un questionario per vedere a che punto siamo. 》
《 Vuoi davvero fare ripetizioni? 》
《 Certo. 》
《 Avevo ben altre intenzioni. 》
La vide mentre sbottonava il cardigan rosso, allentava il nodo della cravatta e la sfilava per poggiarla sul pavimento. Draco sapeva che l'avrebbe dimenticata e che, una volta uscita, non ci avrebbe fatto caso fino a prima di cominciare salire le scale della Torre di Grifondoro e ricordava che non si sarebbe girata a guardarlo, mentre lui non avrebbe fatto altro fino a quando il quadro della Signora Grassa non avrebbe chiuso l'entrata. 
Osservò a lungo il viso di Hermione, il sorriso ed ebbe la sensazione di averlo dimenticato, di non aver mai ricordato quel giorno perché le immagini che aveva di lei la vedevano sempre con gli occhi arrossati e la paura di avvicinarsi a lui: sembrava che il tempo in cui erano stati insieme fosse sfocato, come un sogno e restavano nitidi soltanto gli anni precedenti e i mesi successivi. 
Soltanto nell'ombra si concesse di guardarla come forse non aveva mai fatto, provando ad imprimere nella mente anche il suo gesto più banale , come il movimento dei denti che rosicchiavano le unghie, il modo in cui le ciglia calavano sugli occhi, la leggera piegatura che punta del naso del naso prendeva quando lei parlava.
Poi, rivolse uno sguardo a se stesso e si vide simile a quello che ogni mattina si rifletteva nello specchio e capì che il suo cambiamento era avvenuto a piccoli passi e si era ritrovato a lasciare gli abiti del ragazzo che non aveva avuto scelta per indossare quelli dell'uomo che si era creato un'alternativa, senza nemmeno rendersi conto di aver percorso tanta strada ed essere riuscito a realizzare uno dei suoi sogni.
Guardò la pace che leggeva sul suo viso e pensò che forse era stato un libro aperto anche per lei in quei giorni, anche se poi probabilmente lui aveva smesso di farsi leggere e lei aveva preferito non posare più gli occhi sulle sue pagine.
Hermione guardò verso la finestra e lui trattenne il fiato.《 Forse è meglio andare. 》e il Draco di allora annuì.
Pensò che quando sarebbe uscita, Hermione avrebbe tenuto lo sguardo basso, gli avrebbe sfiorato il polso e sarebbe arrossita.
E capì che durante quegli anni aveva solo creduto di aver dimenticato, che lei gli era entrata sotto pelle e gli scorreva nelle vene come fosse stata sangue. 
Quando fu da solo, uscì dal suo nascondiglio improvvisato e si inginocchiò nel punto che prima era stato occupato dal suo passato.
Strinse la cravatta tra le mani, poggiando sulla stoffa il naso e la bocca e sopra c'era ancora il suo profumo, estate, girasoli, shampoo alla pesca.
Tornò nel suo appartamento e si sedette sul divano; reclinò la testa all'indietro confondendosi in quel bianco che lo circondava. Dopo tanto tempo, si ritrovò a sorridere al ricordo di loro due insieme e non provò la sensazione di annegare: si sentiva quasi sospeso in quei pochi attimi che aveva vissuto di nuovo e pensò che, forse, una parte di lui fosse rimasta in quella stanza in cui entrambi si sentiva fragili ed invincibili allo stesso tempo.
Avvertì negli occhi il tipico pizzicore delle lacrime che non aveva mai lasciato andare e decise che non sarebbe più tornato indietro nel tempo, perché nonostante avesse ancora il sorriso stampato in faccia, il dolore che provava nel petto gli fece quasi mancare il fiato, quasi come se ci fosse lei ad impedirgli di respirare.
Dentro, in ogni suo muscolo, in ogni goccia di sangue, in ogni cellula, c'era e ci sarebbe stata sempre, coperta dalla pelle e dal suo nuovo tatuaggio e dalle bugie che raccontava a se stesso, ma lei da lì non si sarebbe mossa.
Sistemò la cravatta di Hermione nel cassetto in cui custodiva la sua collana e accarezzò entrambi gli oggetti prima di stendersi sul letto e tornare totalmente al presente.
Non sapeva se si sentisse realmente pronto a fare ciò che avrebbe fatto, ma l'adrenalina che gli scuoteva i muscoli gli permetteva di rimanere lucido e di pensare a Lucius come quello che era davvero: un uomo senza rimorsi e pentimento e, con lui ad Azkaban, Draco avrebbe potuto finalmente chiudere un capitolo nero della sua vita e cominciarne uno nuovo e non si aspettava fosse immacolato, ma almeno avrebbe potuto vivere senza più le macchie dei suoi errori.

~•~

Due giorni dopo la presentazione del libro, Hermione si era sentita soffocare: nonostante non fosse il primo compleanno che passasse lontano da lui, quell'anno avvertiva la pesantezza dei sensi di colpa pesarle sulle spalle perché quel cinque Giugno non aveva trascorso tutto il tempo a pensare a lui e il fatto che avesse raggiunto un traguardo importante senza poterlo condividere con lui la fece sentire completa a metà. 
Non aveva smesso di pensare che le carezze del vento potessero essere quelle di Draco, ma a volte riusciva ad accantonare il suo ricordo e a proseguire la sua vita senza di lui, quasi come se non l'avesse mai amato, anche se non era vero, anche se sapeva benissimo che una parte di lei sarebbe sempre appartenuta a lui.
E non sapeva spiegare come mai quella parte di se stessa continuasse a tornare a galla nei momenti in cui credeva di avercela fatta, di essere stata in grado di andare avanti: più chiudeva il suo ricordo in un anfratto nascosto del cuore, più lui si mostrava prepotente di una mancanza che le toglieva il respiro e le accartocciava i polmoni.
Aveva mandato un messaggio a Gale per dirgli che non lo avrebbe raggiunto per pranzo e si era incamminata a passo lento nei vicoletti della Londra babbana che non aveva mai visto. 
Ginny alzò la mano per farsi vedere e Hermione la raggiunse qualche secondo dopo e posò le mani unite in una preghiera muta sul tavolo del locale.
L'amica la osservò a lungo, in un silenzio che sembrava scavare la terra sotto i suoi piedi, poi le prese le mani.《 Cosa c'è che non va? 》
《 Non lo so 》e non era mai stata più sincera, perché non riusciva a capire i sentimenti che aveva cominciato a provare da quando era tornata a Londra: a Parigi aveva quasi la sensazione di aver cominciato un'altra vita, che quella precedente fosse stata solo un sogno. 
《 Le vendite del libro non stanno andando bene? 》
《 No, non è questo. 》
《 Allora cos'è? 》gli occhi di Ginny le accarezzarono il viso e lei rimase in silenzio. 《 Sai, mi sembra di aver già vissuto questa scena. 》
《 Già. 》
《 Quanto? 》
《 Mh? 》
《 Quanto ti manca? 》
《 Non pensavo a lui da anni. Non in questo, almeno. 》
《 Herm, non sei obbligata a ricominciare: se Gale non è la persona per te dovres- 》
《 Io voglio ricominciare. 》
《 Allora devi accantonare il passato. 》
《 Come si fa? Ho già messo via tutto quello che mi parla di lui… 》
《 Non serve a niente. 》
Quando capì quello che Ginny le stava suggerendo, Hermione spalancò gli occhi e sentì tremare il cuore come se fosse stato scosso da un terremoto, come tremava lei durante le notti di pioggia.《 No. 》
《 Io credo che tu non abbia mai smesso di amarlo. 》
《 Forse è stato un effetto collaterale del mio ritorno. 》
《 Avresti potuto dirlo se fossimo stati a Hogwarts, ma qui siamo nella Londra babbana e la tua scusa non regge. 》
《 Ah, no? 》
《 No. Non siete mai stati insie- 》 Ginny si interruppe quando le immagini del Capodanno trascorso a casa di Blaise Zabini le riempirono la mente e Hermione accennò un sorriso.《 Scusa, io l'avevo completamente rimosso. 》
《 Va tutto bene. 》
《 Cosa farai? 》
《 Non lo so. 》
Al ritorno preferì prendere un taxi e si accorse che il cielo si stava incupendo, in quelle sfumature di grigio che le riempirono le iridi delle immagini degli occhi di Draco, di quell'unica notte in cui si erano amati e scosse la testa per mandare via quei pensieri che sembravano sale sulle ferite.
Quando chiuse la porta, si accasciò al suolo in preda ad una delle crisi che aveva caratterizzato il suo anno più difficile alla scuola di magia e stregoneria. Respira. Piano, lentamente. Le sembrò di essere stata catapultata indietro nel tempo, con le ginocchia sul pavimento del corridoio e Daphne che l'abbracciava, le sembrò che tutto intorno perdesse di consistenza e che scolorisse.
Si alzò piano per appoggiarsi al lavello della cucina e bagnò i polsi sotto il getto d'acqua del lavandino della cucina e, quando si sentì meglio, salì le scale e si fermò di fronte alla porta della sua vecchia camera.
Appoggiò la mano sul legno sfiorandolo come fosse cristallo, senza un briciolo di coraggio per aprirla e subito dopo poggiò la fronte: dietro quella porta c'era un baule in cui aveva rinchiuso e custodito un passato che l'aveva crepata da dentro e se l'era mangiata viva, scorticando pezzi di cuore ed anima.
Emise un sospiro più profondo e rumoroso di quanto si aspettasse, poi aprì la porta della soffitta e si inginocchiò di fronte all'enorme cassa di quercia: prese prima il libro di pozioni, gli ingredienti e il calderone, poi tornò con il pensiero a quel giorno in cui il professor Piton aveva chiesto a lei a Draco quali profumi scaturissero dalla loro Amortentia ed aveva preso consapevolezza di quanto le avesse scavato dentro il suo amore per lui. L'odore dell'inverno e della pioggia, della legna nel camino e di menta e sigaretta, ancora. Il fiato le si spezzò dentro.
Coprì le labbra con una mano ed ingoiò le urla che sentiva vibrare sulle corde vocali: le sembrò di aver ingoiato se stessa, di amarlo ancora e pianse tutte le lacrime che le bruciavano negli occhi.
Scaraventò il calderone sul pavimento e vide la pozione allargarsi in una pozza sotto i piedi e sul tappeto e si avventò sul baule, tirando fuori la fotografia che li ritraeva uno di fronte all'altra durante la partita di Quidditch in cui lei gli aveva chiesto di perdere la scommessa fatta con Harry, l'articolo di giornale in cui Dennis Canon parlava di un amore che all'epoca era stato l'unico a vedere, una sigaretta che lui le aveva regalato e che per mesi aveva tenuto tra le pagine del suo libro preferito, la divisa che indossava a Hogwarts, senza mai smettere di piangere.
Si rese conto in quel momento che non era servito a niente nascondere tutto ciò che le parlava di lui, che avrebbe anche potuto bruciare tutto, ma Draco aveva occupato nel suo corpo lo spazio tra i nervi e le vene e non avrebbe potuto mandarlo via, nemmeno strappandosi la pelle a morsi.
Il suono del campanello le giunse ovattato, quasi come se si fosse chiusa in una bolla di dolore in cui niente poteva entrare e niente poteva uscire.
Scese le scale e sentì la voce di Gale che chiamava il suo nome. 
《 Dammi qualche minuto 》disse, nascondendosi dal suo sguardo e quando guardò il riflesso nello specchio singhiozzò più forte, con le mani davanti alla bocca per evitare che il dolore le uscisse dalla gola.
Lo trovò seduto sul divano, gli persi sulla sua immagine.《 Sei bella anche quando soffri. 》
《 Non sto soffrendo. 》
《 E quegli occhi rossi cosa sono? 》le accennò un sorriso che aveva il calore del sole estivo.《 Vieni qui. 》
《 Io non credo di essere pronta. 》
《 Per cosa? 》
《 Per una storia. 》
Le accarezzò una guancia, poi la invitò ad alzarsi ed improvvisarono un lento senza musica che la fece sorridere di quei sorrisi di cuore, che sembrò lenirle per un po' l'anima.
《 Non deve essere per forza. Non so cosa sia successo tra te e lui, ma hai due scelte: chiedergli di tornare o lasciarti andare. 》
《 Sì. 》
《 Non devi rispondere adesso: possiamo continuare ad essere quello che siamo fino a quando non prenderai una decisione. 》
《 E cosa siamo? 》
《 Due persone con un passato importante e un futuro da scoprire. 》
Con le mani strette in quelle di Gale ed il suo respiro addosso, Hermione promise a se stessa che almeno ci avrebbe provato, che avrebbe dato spazio ad un altro uomo che non fosse Draco.
Lo guardò a lungo, perché avrebbe voluto chiedergli in che maniera avrebbe potuto cancellare tutto o, almeno metterlo al margine, e cambiare, ricominciare. A dimenticare una vita e fabbricarsene una nuova.《 Ceniamo insieme? 》
Gale giocò per un po' con i suoi capelli e lei ricordò il modo in cui lo faceva anche Draco, attorcigliando le ciocche intorno alle dita e inspirando il loro profumo.《 Sono venuto solo per augurarti la buonanotte. 》
Di fronte a quella dolcezza sentì qualcosa scavarle nel petto e le lacrime inumidirle gli occhi.《 Va bene. 》
Si trovò impreparata ad accogliere il suo bacio e fece un passo indietro, mentre lui non smise di guardarla né di sorriderle.《 Giovedì non prendere impegni. 》
《 Perché? 》
《 È una sorpresa. 》
Sull'uscio di casa, Hermione si sporse in avanti, un tocco appena accennato di labbra, un tremolio impercettibile di cuore e Gale le posò una mano dietro la nuca per tenerla più vicina. 《 Allora, buonanotte. 》
Quando lui scese l'ultimo gradino, però, lei lo chiamò in un sussurro.《 Mi è sempre bastato poco per ferire e troppo poco per essere ferita. 》
《 Non ho intenzione di farti del male. 》
《 Lo so. 》
Tornò al piano superiore, l'odore dell'Amortentia aleggiava ancora nell'ambiente e fu come ricevere un pugno nello stomaco, perché il profumo continuava a restare quello di Draco nonostante lei avesse le narici piene di quello di Gale.
Hermione si stese sul letto e si lasciò cullare da quel filo di vento che non mancava mai di muovere le tende in quelle notti di Giugno.
La fotografia rifletteva la luce artificiale dell'applique e lei ripassò con le dita lo strappo che non ricordava chi dei due lp avesse creato, la sigaretta poco più indietro.

Angolo Autrice:

Bene, bene, bene.
Eccomi qui con il terzo capitolo che è di passaggio e riempimento, ma ci aiuta a scoprire un po' i sentimenti che ancora nutrono Draco e Hermione e, soprattutto, ci fa conoscere qualcosina in più di Gale.
Mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate con un commentino veloce veloce.

A presto.

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Capitolo 4
*** Giratempo e picnic. ***



Giratempo e picnic.

Quella notte, Draco aveva avuto un sonno agitato: continuava a rivivere il momento in cui Voldemort gli aveva marchiato la pelle per dargli il compito di rimediare agli errori commessi da Lucius.

Forse era stato allora che aveva iniziato ad odiarlo, a dargli le colpe di una vita passata ad alimentare la pazzia di un essere senza sentimenti che aveva rinnegato se stesso per ideali che si basavano sul niente, perché Draco aveva visto con i suoi occhi che non c'era alcuna differenza tra il suo sangue e quello dei nati babbani e che , a volte, potevano essere maghi migliori di quelli discendenti da famiglie pure: lo aveva visto con Hermione che riusciva al primo tentativo dove gli altri fallivano, che era stata in prima linea durante la Guerra Magica con il viso sporco di polvere e sangue, liquido rosso di coraggio e determinazione. 

Come il suo, anche se Draco, forse, non era mai stato un eroe, sempre un po' nell'ombra e in disparte, e il coraggio gli era venuto di fronte alla paura di poter morire. 

Decise che non sarebbe rimasto a letto, che avrebbe aspettato l'alba seduto sui cuscini della finestra a bovindo, il caffè in una mano e la prima sigaretta della giornata nell'altra: sentiva la tensione nei nervi al pensiero di quello che avrebbe fatto da lì a poche ore e, nonostante avesse studiato ogni minimo dettaglio della sua missione, aveva la sensazione di aver tralasciato qualcosa di importante.

Pensava e ripensava, il cervello quasi pronto ad esplodere, poi scosse la testa per mandare via i pensieri negativi che lo stavano assalendo.

Il reparto Auror era stranamente silenzioso e quasi deserto, perciò Draco si avvicinò alla porta dietro la quale sicuramente avrebbe trovato Harry e la aprì senza bussare. 

《 Buongiorno a te, Malfoy. Mi hai portato la colazione? 》gli chiese con un sorriso divertito.

《 Ovviamente no, Potter. 》

《 Allora perché sei qui? 》

《 Mi serve il Mantello dell'Invisibilità. 》quando aveva deciso di indossarlo, Draco aveva dato per scontato che Harry glielo avesse prestato senza fare alcuna domanda, perciò si trovò quasi meravigliato quando l'altro gli chiese a cosa gli servisse.《 Devo andare in missione. 》

《 Potresti tranquillamente usare un travestimento. 》

《 Che dici, una bella parrucca rossa? 》

《 Potrebbe andare bene, magari potresti indossare anche una gonna attillata. 》

《 Non ho voglia di scherzare, Potter. 》

《 Nemmeno io. 》

《 Bene, allora dammi il mantello senza fare storie. 》

《 Dove? 》

《 Non lo so. 》

《 Come ci arriverai? Non sarebbe più facile usare un Pensatoio? 》

《 No, i ricordi possono essere modificati e penso che tu lo sappia. Ho una Giratempo. 》

《 Ti porterebbe indietro di qualche ora. 》

《 Non questa. 》

《 L'hai già usata? 》

A quella domanda, Draco spostò lo sguardo da quelli di Harry e percepì una sorta di senso di colpa nello stomaco.《 Sì. 》

《 Perché? 》

《 Avevo bisogno di fare una cosa… 》

《 Spero che non ti abbia visto nessuno e che questa cosa non porti nessun cambiamento alla storia. 》

《 No 》però si chiese se la cravatta di Hermione avrebbe potuto avere un tale potere o cosa sarebbe successo se lei avesse deciso di tornare indietro a riprenderla: forse, quel giorno, non sarebbero andati alle lezioni separate del pomeriggio o, forse, lei lo avrebbe guardato prima di entrare nella Torre di Grifondoro. Forse, non sarebbe finita, perché, quello che aveva vissuto di nuovo era stato il giorno in cui tutto aveva cominciato a sfuggirgli dalle mani, come granelli di sabbia, mentre lui era alle lezioni di volo e nei corridoi Dean aveva provato a baciare Hermione.

Sì, aveva pensato a lungo a tutto quello che era successo dopo e, nonostante la voglia di non perderla, aveva deciso che sarebbe stato meglio non interferire nel passato per evitare di compromettere il futuro.

Era stata la voce di Harry a farlo tornare alla realtà e lui inclinò leggermente la testa di lato, i capelli che seguirono quel movimento scivolando sulla fronte.《 Cosa? 》

《 Se vuoi il mio mantello, devi portarmi con te. 》

《 Noto con piacere che la passione per le missioni suicide non ti è passato. 》

《 Noto con piacere che, in qualche modo, pare che sia riuscito a contagiarti. 》

《 Non dirlo nemmeno per scherzo: non mi hai contagiato nemmeno quando abbiamo dormito nella stessa stanza. 》

《 Vero. Allora, partiamo? 》

Draco per un attimo ripensò al viaggio che avrebbe dovuto fare, a ciò che avrebbe dovuto vivere e gli apparve il viso giovane dei suoi genitori davanti agli occhi e immaginò quelli di Harry.《 Non so se sia una buona idea. 》

《 Oh, andiamo… di quanti mesi hai bisogno di andare indietro nel tempo, Malfoy? 》

《 Nel millenovecentottantuno. 》

Harry sgranò gli occhi e capì perché Draco non voleva portarlo con sé, ma annuì e strinse i pugni.《 Non mi farò prendere dal sentimentalismo. 》

《 Non credo ti faccia bene, comunque. 》

《 Ho già visto i miei genitori, Draco: nello specchio e durante le battaglie con Voldemort. 》

《 Erano dei fantasmi, Potter, maledizione! Capisci la differenza? 》

《 Sì, ma questo non cambia le mie intenzioni. 》

《 Bene. Non mi assumo nessuna responsabilità a riguardo. 》

《 Com'è giusto che sia. 》

Draco acconsentì in silenzio e fece per uscire, ma si fermò con la mano sulla maniglia quando Harry lo richiamò.《 Cosa hai fatto con la Giratempo? 》

《 Avevo bisogno di qualcosa di suo. 》e si stupì di quella sincerità in cui Harry entrò con un rispetto delicato, che comprese senza bisogno di spiegare di chi si parlasse.

《 Lo hai trovato? 》

《Sì. 》

Il silenzio che riempì la stanza sembrava quasi essere palpabile ed entrambi si sentirono quasi in imbarazzo, quasi come se capirsi senza parlare potesse andare oltre la loro immaginazione, poi Harry disse che sarebbe andato a prendere il mantello e Draco tirò fuori dalla tasca la Giratempo; si chiese come sarebbe stato poterla guardare dormire o poter entrare nei suoi giorni senza farsi vedere, anche adesso che lei era tornata: quando Blaise gli aveva detto che Hermione sarebbe partita, lui aveva sentito forte l'impulso di fermarla, di dirle di non andare, eppure era rimasto fermo a fissare il soffitto, nelle mani il suo biglietto dei desideri, ancora, e poi aveva fracassato tutti i vasi che riempivano il suo nuovo appartamento in cui si rifugiava quando aveva bisogno di scappare dal Manor e in cui adesso abitava.

Capì in quel momento che non l'aveva raggiunto a Hogwarts, il fondo, che l'aveva amata talmente tanto che non se n'era accorto di quanto fosse forte quello che provava per lei fino a quando non l'aveva lasciata andare, che la notte non riusciva a dormire perché aveva paura di trovarla dietro le palpebre senza mai riuscire a raggiungerla.

Quando Harry tornò, Draco lo guardò con tutte le domande che si poneva da anni sospese tra gli occhi e le labbra.《 Potter? 》

《 Mh? 》

《 Com'è stato… dopo? 》

《 Difficile: avevamo tutti la sensazione di camminare sul vetro. Bastava una parola e lei si frantumava. Credo sia partita per allontanarsi da te. 》

《 Eravamo già lontani. 》

《 Non abbastanza, forse. 》

《 Adesso è tornata. 》

《 Sì. 》

《 Lui com'è? 》

《 Non saprei dirtelo. Non lo conosco abbastanza, ma sembra un tipo a posto. 》

《 Bene. 》

《 Malfoy, prima di andare vorrei dirti che non sempre pensare ai propri errori porta ad una conclusione decente: prima o poi arriverà il momento in cui le cose ti andranno come avrebbero dovuto andare fin dall'inizio e troverai una spiegazione a tutto quello che è successo. 》

《 Non ho niente a cui pensare, Potter, e la conclusione è una: volevamo cose diverse. 》

Harry sorrise e gli fece segno di sedersi di fronte a lui. 《 È stata con Ron per qualche tempo e quando si sono lasciati ha pianto per mesi, ma non perché lo amava: ha pianto perché aveva fallito e lei odia fallire. È Hermione Granger. Ma, dopo di te, sembrava crollare in un baratro senza fine. 》

《 Mi stai dicendo che Weasley l'ha ferita più di quanto abbia mai fatto io? O che sono un fallito? 》

《 No, ti sto dicendo che forse sei l'unico che lei abbia mai amato davvero. 》

《 Hai detto che con te non parlava di queste cose. 》

《 Ti ho anche detto che lo facevano i suoi occhi, però, e penso che nessuno meglio di me li sappia leggere. 》

《 È tardi, Potter. 》

《 Probabilmente credi di star parlando dell'ora, ma non è così e sì, forse è tardi. O forse no. 》concluse con una pacca sulla spalla e Draco si chiese quanto fossero trasparenti i suoi occhi se Potter era riuscito a capire i suoi pensieri.《 L'unica volta in cui l'ho usata, Silente mi ha detto che quando si è in dubbio, tornare sui propri passi è un modo saggio di cominciare. 》

《 Ah, Silente… 》 accennò un sorriso.《 Cosa hai fatto? 》

《 Abbiamo salvato Fierobecco e Sirius dal bacio dei dissennatori. 》

Draco non gli chiese chi lo avesse seguito in quell'avventura e provò un moto di stizza al ricordo di quella maledetta lezione con Hagrid e con quel maledetto Ippogrifo che l'aveva ferito: Draco Malfoy aveva cambiato tanti aspetti del suo carattere e del suo modo di pensare, ma altre erano insite in lui come se fossero state un organo interno.

Quando il ciondolo centrale della Giratempo cominciò a vorticare, lui e Harry videro tutto quello che era successo nei giorni e negli precedenti in quella camera ad una velocità che li confuse e fece venire ad entrambi un forte mal di stomaco.《 Quasi peggio di una Materializzazione. 》

《 Già. 》e per il resto del viaggio restarono in silenzio, ognuno a specchiarsi negli occhi dei propri demoni, ognuno ad ammettere la paura di non riuscire a sostenere un passato che non aveva vissuto ma di cui erano vittime che non avevano avuto scelta. 

Quando lo spazio intorno sembrò fermarsi, Harry coprì i loro corpi con il Mantello dell'Invisibilità e cominciarono ad ispezionare a passi lenti e piccoli l'ambiente che lo circondava: Draco riconobbe il salone del Manor e trattenne il fiato.

Harry invece sospirò.《 Qual è il piano? 》

《 Osservare. 》

《 E poi? 》

《 E poi farci prelevare i ricordi e mostrarli al Wizengamot. 》

《 È da folli. 》

《 Non mi pare che i tuoi piani per sconfiggere Tu sai chi siano mai stati migliori di questo? 》

《 Non l'hai chiamato con il suo nome… 》

《 Perché siamo nel millenovecentottantuno, Potter, e lui al culmine dei suoi poteri: è probabile che ci sia una sorta di incantesimo che intercetta chi lo nomina. 》

《 Sì, beh, è probabile, ma non sicuro. 》

《 Preferisco non smentire la mia ipotesi. 》

《 Paura, Malfoy? 》

《 Perché, tu no? Non hai una fottuta paura che tutto finisca male? 》

Harry stava per controbattere, ma si ammutolì nel momento in cui comparve Lucius Malfoy seguito a ruota da Bellatrix e Fenrir Greyback.

Draco divenne una statua di sale, con gli occhi spalancati e il battito del cuore talmente accelerato che temette potesse essere avvertito dal lupo mannaro e, infatti, Greyback si avvicinò a loro annusando l'aria come un cacciatore pronto a stanare le sue prede, il viso che quasi li sfiorava.《 Qualcuno è stato qui. 》

《 Nessuno può entrare senza il mio permesso 》disse Lucius.《  A meno che non sia un Malfoy e mio figlio non sa nemmeno gattonare. 》

Era inverno fuori e Draco rabbrividì: non sapeva se per il freddo o se per la smania di prendere a pugni suo padre ed evitare di vivere tutto quello che il futuro gli aveva riservato. 

《 Dobbiamo ucciderli, Lucius. Il Signore Oscuro vuole che sia fatto prima che arrivi la primavera. 》Bellatrix sembrava emanare pazzia in ogni gesto che compiva e Draco si vergognò al pensiero di aver creduto per anni agli ideali che la sua famiglia gli aveva fatto masticare per riempire meglio ogni buco d'anima.

《 Severus ha solo detto che il bambino è nato alla fine di luglio. 》

《 Dobbiamo scoprire dove si nascondono. 》

《 E lo faremo, Bella. 》Lucius la guardò con superiorità, quell'aria algida e fiera che lui aveva spesso imitato.《 Basterà fare leva sul più debole. 》

Bellatrix rise sguaiatamente, Fenrir continuò ad annusare l'aria intorno e Draco sentì le spalle curvarsi sotto il peso dell'odio.

Quando rimasero soli nel salone, Harry si permise di guardare il ragazzo che per anni aveva odiato e da cui veniva deriso e disprezzato e si accorse che di quello che era stato Malfoy a Hogwarts, prima della guerra, prima di Hermione, non era rimasta neanche l'ombra.

《 Andiamo, Potter. Non c'è più niente da vedere. 》e di nuovo si trovarono nella stanza al Ministero.

Harry sistemò gli occhiali sul naso per l'ennesima volta e Draco si chiese perché non comprasse una di quelle catene che li tengono fermi e stabili; aveva voglia di tornare a casa ma gli chiese di estrapolargli dalla mente tutto ciò che avevano visto quella mattina e versarlo in alcune fiale vuote che aveva portato con sé, accanto a quelle che aveva preso dal Manor a cui aveva legato un etichetta per distinguerle.

《 Malfoy? Ehm, insomma, ora che abbiamo creato questa sorta di legame… 》

Draco sollevò un sopracciglio e lo guardò con un'espressione quasi schifata.《 Ti ho già detto a Hogwarts che non sei il mio tipo. 》

《 Non intendevo quel tipo di legame, comunque volevo farti una domanda. 》

《 Dai. 》

《 Perché scommettere per passare una notte con lei? Avevi vent'anni all'epoca ed avresti potuto tranquillamente trovare altri modi e so che all'epoca avrai pensato che sarebbe stato impossibile avvicinarla, ma i ragazzi a quell'età non fanno certe cose, no? 》

《 Nemmeno i bambini di undici anni si mettono a giocare a fare la guerra, Potter, eppure tu l'hai fatta lo stesso. 》

《 Tu l'amavi già? 》

Non ho mai detto di amarla, aveva risposto a Blaise un giorno di qualche anno prima e, dopo averla baciata nella biblioteca al Ballo di Natale, Draco aveva capito che era inutile negarlo, che se anche avesse detto di no i suoi occhi lo avrebbero smentito, perciò spostò lo sguardo altrove. 

Fu un sussurro, forse nemmeno lui era stato in grado di sentirlo davvero, eppure sembrò rimbombare nel petto ed uscire dalle labbra come un urlo disperato.《 Sì. 》

~•~

Era stesa sull'erba fresca, coperta da un telo di stoffa doppia e guardava verso il cielo.

Era da anni che non faceva un pic nic e, quando Gale glielo aveva proposto, si era sentita come una bambina a cui era stato promesso un giro sulla sua giostra preferita.

Aveva trascorso tutta la mattina seduta sul divano, ripensando ai momenti felici che aveva vissuto in quella casa e, da quando i genitori avevano deciso di trasferirsi in Scozia, Hermione l'aveva occupata in pianta stabile perché quelle pareti le infondevano un senso di appartenenza che sapeva non avrebbe trovato in nessun altro luogo.

Aveva posato gli occhi sulle sue mani, indecisa se tenerle aperte o chiuderle a pugno: la sensazione che tutto potesse fuggire e sgretolarsi le impediva di muoversi e pensò ancora a Draco, a tutto quello che lui le aveva fatto, nel bene e nel male e si rese conto di avere al suo fianco una persona totalmente diversa da lui, ma che la guardava allo stesso modo e sentì il bisogno di lasciare andare il passato e riempire i palmi di ricordi nuovi in cui non comparisse. Per questo alla fine, nonostante avesse paura di stare ancora male, aveva deciso di dare a se stesse e a Gale la possibilità di stare insieme come una vera coppia e quel picnic sarebbe stato una sorta di primo appuntamento in cui,  probabilmente, si sarebbe scoperta più di quanto avesse mai fatto, di raccontare una storia quanto più simile alla verità di ciò che era stata e di ciò che era diventata.

《 Allora 》, Gale era seduto a gambe incrociate sul telo e le accarezzava le caviglie che Hermione aveva deciso di tenere nude.《 ti va di giocare al gioco della verità? 》

《 Che gioco è? 》glielo chiese inclinando un po' la testa di lato, i capelli sparpagliati intorno al viso e una mano a coprire gli occhi dai raggi del sole.

Lui sorrise dolce e continuò ad accarezzarle le gambe.《 Beh, io ti faccio una domanda e tu rispondi sinceramente e viceversa. Una sorta di obbligo e verità, ma senza obbligo. 》Baciami. Hermione ricambiò quel sorriso a stento e, in un moto di stizza involontaria, si tirò a sedersi.《 Chi inizia? 》

《 Tu. 》

《 Oh, io non so esattamente cosa chiederti, in realtà. 》

《 Qualcosa di semplice, tanto per cominciare. 》

Lei ci pensò un po' su: delle mille domande che aveva in testa sembrava non esserci più nemmeno l'ombra, perciò decise di avanzare con le più banali.《 Gale è il tuo vero nome? 》

《 Gale Albert Davis. E il tuo? 》

《 Hermione Jean Granger. 》

《 Quanto tempo siete stati insieme? 》

《 Qualche mese. E tu e lei? 》

《 Un paio di anni. Perché è finita? 》

Hermione non aveva mai pensato a quale fosse stato il motivo reale per cui lei e Draco si era lasciati: l'orgoglio, il coraggio mancato, le parole non dette, i silenzi troppo lunghi o la paura che prima o poi sarebbe finita comunque.《 Incomprensioni. 》

《 Non avete mai provato a chiarire? 》

《 Sì, ma non avevamo gli stessi tempi di cuore, credo: quando io tornavo, lui scappava e viceversa. Ci siamo dati una sorta di tregua in cui siamo riusciti ad evitarci. Poi sono passati i giorni, i mesi, gli anni. 》

《 E… lo ami ancora? 》

Fece un respiro profondo, perché rispondere a quella domanda significa immergersi nella parte più profonda di se stessa e non aveva intenzione di ferire l'uomo che aveva di fronte. Si tuffò in quei ricordi dei giorni con Draco e sentì gli occhi pungere e la gola stringersi una morsa, tipico di quando non voleva piangere.《 Non lo so 》ammise, infine.《 Ma lui non fa più parte della mia vita, perciò puoi chiedermi cosa provo nei tuoi confronti, non trovi? 》

《 E cosa provi? 》

Mi piace stare con te… mi dai l'impressione di essere uno di quegli uomini che più che dire di stare tranquilla fa di tutto affinché la sua donna lo sia. 》

《 Beh, così rischi di farmi arrossire, però. 》

Hermione rise, di quella risata che le partiva dallo stomaco e le faceva scuotere le spalle e pensò che era da tempo che non rideva in quel modo, con quella leggerezza nel cuore e si disse che era merito di Gale se, a volte, riusciva a non pensare al passato, a lui.

《 Obbligo o verità? 》gli chiese senza nemmeno rendertene conto. 

《 Obbligo. 》

Lasciami andare. Resta. Decise di accantonare le onde di quel mare che sentiva dentro diventare tempesta, come quello che aveva visto dalle scogliere di Dover, quando credeva che per stare bene dovesse fare qualcosa di assurdo per sentirsi viva. Si portò un dito sotto al mento ed assunse l'aria di una che stava pensando a quale decisione prendere.《 Vai a dire a quella signora con il vestito a fiori che è la donna più bella che tu abbia mai visto. 》

《 No, non posso farlo. 》

《 Certo che puoi: è un obbligo. 》

《 Non posso perché la donna più bella che io abbia mai visto ce l'ho di fronte. E lo è anche se indossa una salopette di jeans. 》

《 Sei un fifone, Gale Albert Davis. 》

《 Probabilmente. 》

Da quel momento, Hermione rise di gusto, come se da questo ne dipendesse la sua stessa vita e si sentì leggera, come se non avesse mai pianto e non avesse mai conosciuto il vuoto dell'anima.

Quando il tramonto si posò piano sulla filigrana della sua pelle, Hermione si stese di nuovo sul telo e Gale la seguì.

Le prese la mano e le baciò le dita, una ad una, con una leggera pressione ed una lentezza delicata che la fece rabbrividire.《 Io credo che tu abbia qualche strano potere… 》le disse e lei trattenne il fiato, spaventata dall'eventualità di quello che sarebbe successo se lui avesse scoperto la sua vera natura.《 su di me. Altrimenti, non so in che altro modo spiegare questa voglia che ho di farti stare bene. 》e Hermione aprì il palmo per farlo combaciare al suo, poi lo strinse in una stretta senza pretese, che non chiedeva niente di più di quello che poteva offrire.

Il vento muoveva leggermente l'erba, provocando quel fruscio che le permise di rilassare i muscoli, mentre Gale parlava di argomenti leggeri e lei continuava a ridere.

Lasciarono il prato e si incamminarono piano sulle strade illuminate dal crepuscolo, di tanto in tanto si guardavano come a cercare conferma della presenza dell'altro; Hermione si aggrappò al suo braccio e lui la attirò a se, poggiando la schiena ad una ringhiera che affacciava sul Tamigi. La baciò piano, in punta di labbra, per chiedere un permesso che Hermione gli aveva già accordato quando si era lasciata trascinare sul suo petto e non si meravigliò dell'impudenza con cui gli lambì la bocca con piccoli morsi e lingua avida.

Baciare Gale, si scoprì a pensare, era un po' come respirare: semplice, naturale.

Quando lui spostò leggermente il viso all'indietro, lei fece lo stesso.《 Mi hai detto che ti basta poco per ferire e troppo poco per essere ferita. 》

《 Sì, è vero. 》

《 Anche a me. Perciò, ti chiedo, se mai dovessi rivederlo, sii sincera con me. 》

《 Non credo possa mai accadere, ma te lo prometto. 》

Gale le posò un bacio sulla fronte, poi la lasciò adagiare nel punto in cui sentiva il suo cuore battere. 

Fuori alla porta di casa, Hermione tentennò leggermente e Gale la sbrigliò dall'imbarazzo augurandole la buonanotte.《 Preparati per domani, okay? Sarà una bella serata. 》

《 Grazie. 》

Furono i gatti che le strusciavano vicino alle gambe a distrarla e, dopo aver chiuso la porta, si si inginocchiò per dare loro un buffetto sul naso.《 Andiamo a dormire, oggi è stata una bella giornata. 》ed era vero, perché per la prima volta, da quando si erano lasciati, Hermione era riuscita a non pensare a Draco per tutto il pomeriggio.



Angolo Autrice:

Eccomi qui con il quarto capitolo.

Non so bene come funzioni la Giratempo ne " La maledizione dell'erede" , perché non l'ho letto e mi rifiuto di farlo, perciò per il suo funzionamento mi baso su quello che è scritto e visto nei libri e nei film di Harry Potter.

Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto e sarei davvero molto felice di sapere cosa ne pensate.

A presto.




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Capitolo 5
*** Quasi come ai vecchi tempi. ***


AAA: questo capitolo contiene scene di sesso ( non troppo dettagliate, a mio parere ), ma se siete pudici, vi prego, non cominciate la lettura.

Quasi come ai vecchi tempi.

Astoria Greengrass era stata una bambina dalla bellezza delicata, quasi timida e, al contrario di sua sorella, tendeva sempre a nascondersi dietro la folta chioma quando una situazione la metteva in imbarazzo.

Draco l'aveva vista spesso durante i suoi viaggi nel tempo e, quando era arrivato al giorno in cui i suoi genitori e quelli di Astoria avevano firmato la loro promessa di matrimonio, lui si era chiesto come sarebbe stata la sua vita se si fosse innamorato di quella bambina dagli occhi verdi e non di quella che, negli occhi, aveva il fuoco vivo.

Scosse la testa e ricominciò a chiudere gli ultimi bottoni della camicia. 

Erano trascorsi cinque giorni da quando aveva cominciato ad usare la Giratempo ed accumulato ricordi ed informazioni che avrebbero potuto mandare ad Azkaban persino quelli che con gli anni si erano rivelati i più passivi Mangiamorte, però, nonostante fosse a buon punto, pensò di tenerla ancora per sé e magari fare qualche altro viaggio per rivivere i suoi momenti felici e si rese conto in quel momento che tra questi rientrava anche la firma del suo futuro matrimonio perché, all'epoca, credeva che sposare una purosangue come lui, bella e ricca, sarebbe stata la scelta giusta.

Quando si smaterializzò nell'appartamento di Blaise, Theo e Daphne erano seduti sul divano a bere un cocktail dal colore improbabile e si meravigliò di trovare poco distante da loro, Astoria che stringeva tra le mani un bicchiere d'acqua.《 Che ci fa lei qui? 》aveva chiesto alla padrona di casa.

Aria sollevò un po' le spalle, come a volersi dissociare.《 Blaise pensa che possa farti bene un po' di distrazione. 》

Draco la guardò a lungo, ricordando l'ultima cena a cui avevano partecipato insieme qualche anno prima e le lacrime che lei aveva versato quando lui aveva annullato il loro contratto, perché《 Non ho intenzione di sposare una donna che non amo 》e che potrebbe morire da un momento all'altro, avrebbe voluto aggiungere, ma non disse altro quella sera.

《 Quasi come ai vecchi tempi, eh? 》

《 Si, quasi. 》

Daphne si alzò per abbracciarlo e gli sorrise quasi colpevole.《 Non ero per niente d'accordo sul fatto che venisse anche lei, ma sai com'è… 》

Sì, sapeva com'era: Astoria poteva essere la donna più timida dell'universo, ma era testarda e, forse proprio a causa della malattia, spesso si era recata al Manor per convincere Draco a cambiare idea.《 Potrai avere tutte le amanti che vuoi 》gli aveva detto sedendosi sulle sue ginocchia e lui l'aveva mandata via in malo modo.

Per questo, trovarla lì, a sorridere come se non l'avesse mai umiliata, fu per lui una sorta di fastidio che dallo stomaco si dipinse sugli spigoli del suo viso.

La vide alzarsi e andargli incontro, perciò spostò lo sguardo sulla finestra. 《 Ciao. 》

《 Credevo avessi un minimo di dignità. 》

《 Per amore si perde tutto, Draco. 》

Lui annuì, ripensò a quando aveva abbandonato i pregiudizi lungo la strada che lo aveva portato da Hermione e a lei che era andata oltre la sua pelle, oltre il suo nome e il Marchio nero.《 Questo non cambia nulla. 》

Blaise mise al centro del tavolo due mazzi di carte, un contenitore con le fiches e sorrise sornione.《 Signori, ecco a voi. 》

《 Ah, bei tempi… 》esordì Theo che era rimasto in silenzio per tutto il tempo.《 Il poker clandestino. 》

《 Bene, vedo che ricordate la gioventù andata. 》

《 Abbiamo appena ventitré anni, Bla. Anche se tu sembri molto più vecchio. 》Daphne esplose in una risata che sembrò quasi esagerata ed Aria la imitò, mentre Astoria era tornata a sedersi sul divano a testa china.

Blaise distribuì le carte e si accomodò su quella che aveva definito la sua sedia portafortuna.

《 Insomma, ha insistito così  tanto... 》stava dicendo Aria 《 ha messo su un broncio, giuro che sembrava un bambino a cui avevano sottratto le caramelle. Allora gli ho detto che questa sedia sarebbe stata un pugno nell'occhio, che non c'entrava niente con l'arredamento di casa nostra… 》

《 È davvero brutta. 》confermò Daphne che aveva deciso di lasciare la partita.

Draco si soffermò un po' sulle parole di Aria, sulla leggerezza con cui aveva definito quell'appartamento suo, nonostante non ci vivesse ancora e sorrise quando si ricordò dell'anello che l'amico aveva intenzione di darle.《 Punto tutto. 》

《 Stai bluffando, Malfoy. 》

《 Corri il rischio? 》

《 Certo che no 》Theo aveva posato le carte sul tavolo e Blaise dedicava un'occhiata storta a lui per quella puntata e una ad Aria che si divertiva a raccontare i fatti suoi, poi aveva messo tutte le sue fiches al centro del tavolo.

Erano rimasti in due in quella partita e quando Draco scoprì le carte, Blaise si alzò furioso.《 Ma dico, poker d'assi? È solo fortuna la tua. 》

《 La tua, invece, non può essere definita intelligenza se vieni con una coppia di sette. Cioè, cazzo, sei tu che vuoi essere preso per il culo. 》

Era alticcio, lo capiva dal modo in cui strisciava le esse, ma non gliene importò e bevve un altro bicchiere di Whisky Incendiario che gli pizzicò la gola e gli rese gli occhi lucidi.

《 Bene, adesso siete voi quattro. 》disse Blaise, con i gomiti poggiati al tavolo e le mani a coppa che sostenevano il mento.

《 Almeno, distribuisci le carte. 》

《 Neanche per sogno. Sono fuori dai giochi e non sarò il vostro schiavo. 》

Malfoy aveva abbandonato la partita, Aria aveva chiuso con un full e Daphne era sull'orlo di una crisi finanziaria di fiches, perciò fece gli occhi dolci e una carezza all'interno coscia a Theo.《 Punto tutto. 》disse, mordendosi il labbro inferiore.

《 Vengo. 》

Scoppiarono a ridere quasi tutti all'unisono e Theo si trovò senza l'ombra di una fiches, ma con una notte di sesso assicurata.

Astoria, invece, se ne stava in disparte con la sua aria malinconica, lo sguardo basso sulle gambe e Draco si soffermò sulla profonda scollatura. Il fatto che non l'avrebbe sposata, pensò, non avrebbe impedito a nessuno dei due di trarre un po' di piacere reciproco e il tempo che contò dall'ultima volta in cui era andato a letto con una donna gli sembrò improvvisamente eterno.

Concluse la partita con una lauta vincita, poi si accomodò sul divano, mentre gli altri continuavano a riempire bicchieri di alcol.

《 Ti sei ricordato che esisto? 》gli chiese lei con una punta piccata nella voce.

《 No, mi sono ricordato di essere un uomo, Astoria. 》

《 E con questo cosa vorresti dire? 》

《 Che non mi dispiacerebbe passare la notte con te. 》

《 Scordatelo. 》

Un'ora dopo, però, Astoria era in ginocchio davanti a Draco ai piedi del letto, all'interno del suo appartamento. 

Gli piaceva il suo modo di usare la bocca quando non se la riempiva di parole.

E quelle mani, erano così diverse da quelle di Hermione, in quella morsa di possessiva ossessione che gli fece poggiare le spalle sul materasso.《 È questo che ti perdi se scegli di non sposarmi. 》la lingua che dal pomo d'Adamo scendeva fino alle clavicole e di nuovo su.

Draco le mise una mano dietro al ginocchio e lo piegò in modo da avere un accesso migliore e ribaltò le posizioni, appoggiando la fronte sudata sul lenzuolo. La voce di Astoria gli riempiva le orecchie, quei gemiti appena urlati, il suo nome che aveva un'altra dolcezza posato su quelle labbra che non aveva mai amato; continuò ad entrare ed uscire da lei, quasi come se da quei movimenti dipendesse la sua lucidità e poi, d'un tratto, si girò a guardarla e lei sorrise.

Quello che vedeva non era il viso di Astoria, non era lei nel suo letto e si chiese perché nonostante non fosse più nella sua vita e non la vedesse da anni, lui, Hermione, continuava a sentirla addosso: era sempre lì, a galla sulla superficie dei suoi pensieri e dei suoi occhi e non annegava mai, non scivolava mai fino ad incastrarsi in qualche ancora dimenticata per non risalire mai più, giù in quegli abissi dove lui avrebbe tanto voluto relegarla.

Un secondo dopo, Draco era seduto al centro esatto del letto, i capelli in disordine: continuava a far viaggiare le mani tra il collo e il viso, chiudendo gli occhi e facendo più pressione sulle mascelle, dove quel filo di barba che non aveva più tagliato gli graffiava la pelle.《 Dovresti andare via. 》

《 Non sei capace di finire? 》

《 No. 》

《 Allora è vero quello che si diceva di te a Hogwarts: che ti si ammoscia? 》

《 Hanno detto tante cose di me. 》

《 Sì, ma questa è vera. 》

《 Che ne sai tu… 》

《 Di cosa? Del fatto che dopo la Sanguemarcio tu abbia fatto cilecca con Pansy? O del fatto che hai lasciato la scuola perché non eri capace di vederla andare avanti con la sua vita? 》

《 Non chiamarla così. 》

《 Strano, sei stato il primo a farlo. 》

《 Era un'altra vita. 》

《 Sai, Draco, non è sfuggito a nessuno la possessione con cui la guardavi prima e durante e tantomeno quella con cui la guardavi dopo: come se fosse una tua proprietà, come se non riuscissi a fare a meno di lei. Il modo in cui la toccavi facendo finta di non volerlo fare davvero… sei stato talmente ridicolo durante l'ultimo anno, lo zimbello dei purosangue. Però, credevamo tutti che prima o poi ti sarebbe passata, che lei avrebbe smesso di somministrarti il suo Filtro d'amore. 》

Oh, li ricordava tutti quei gesti casuali, quando entrando in Sala Grande le sfiorava le punte dei capelli, quando durante le lezioni di Pozioni le accarezzava l'interno del polso, quando voleva tenerla vicino sempre e le chiedeva di restare.《 Non me ne ha mai dato uno. 》

《 Beh, lo so. Il che ti rende ancora più ridicolo. 》

《 Detto da te… 》

《 La mia proposta è sempre valida, con annessi e connessi. Ma ad una sola condizione 》Draco si voltò a guardarla con un'espressione indecifrabile e Astoria prese quel silenzio come il permesso a continuare il proprio discorso. 《 Tutte le amanti che vuoi, tranne lei. 》

《 Rivestiti. 》in quel momento, la sua camera da letto e la vita in generale gli sembrarono la stanza di uno squallido motel a ore e Astoria pareva una di quelle donne che si vendeva la vita pur di non restare da sola e lei, lei con quel viso da dama dell'ottocento e la bocca rossa da prostituta a chiedere ancora, ancora.

Draco provò a tirare i capelli indietro, per mandare via quell'immagine di Hermione: sapeva che le cose non stavano esattamente così, eppure non riuscì a fare a meno di pensarci e di provare una sorta di soddisfazione ad immaginarla mentre lo implorava.

Quando rimase da solo, si concesse di pensare a quelli che erano stati i suoi ultimi mesi a Hogwarts, alla discussione tra Daphne e Pansy avvenuta nei sotterranei, allo schiaffo che lui le aveva dato senza nemmeno rendersene conto. E quello che lo colpì come un pugno in pieno petto fu la voce disperata di Daphne che le urlava contro. Perché la stai distruggendo e, soltanto mentre ci pensava, in quel preciso momento, si accorse che Hermione aveva cominciato a creparsi nel momento in cui lui aveva cominciato a darle contro senza lasciarle il tempo per spiegare quello che era successo. 

Si chiese come fosse possibile che da un'azione così piccola potessero scaturire reazioni così devastanti e, pieno delle domande che gli giravano nel cervello, Draco scese velocemente le scale e bussò alla porta del piano di sotto.

《 Ce ne hai messo di tempo 》Blaise lo stava aspettando con le gambe stese sul tavolino, una ceneriera e un pacchetto di sigarette.

《 A cosa volevi arrivare? 》

《 Tu cos'hai pensato? 》

《 Esci dalla mia testa, maledetto. 》

《 Mi hai fatto entrare tu. 》

《 Adesso basta. 》

《 Sì, lo so: non sei mai stato bravo a parlarne. 》

《 E non ho intenzione di cominciare adesso, Blaise. 》

《 Ma non ce n'è bisogno. 》

《 Perché continui ad intrometterti nella mia vita? 》

Blaise si alzò dal divano e si avvicinò alla libreria al centro della quale era incassato un televisore al plasma e grazie a cui Draco si era affacciato alla tecnologia babbana, pensando più volte che, in effetti, i babbani erano stati più capaci dei maghi ad adattarsi alla modernità.《 Tieni. 》aveva un braccio teso verso di lui, un libro con la copertina nera stretto tra le dita.《 Dovresti leggerlo. 》

《 E perché mai? 》gli chiese e accettò quello che l'amico gli stava offrendo.

Al centro della copertina era disegnata una bocca su cui posava con forza una mano sporca di fango, il titolo scritto con una stampa dorata sembrava quasi renderlo vivo.

Draco guardò a lungo la scritta che recitava  Mud's Girl e quando arrivò nel punto in cui c'era scritto il nome dell'autore, il libro cadde con un tonfo ai suoi piedi.

Sentì un lungo brivido attraversargli le braccia e pensò che, oltre al controllo sulle sue parti intime, stesse perdendo anche quello sugli arti. Guardò Blaise come avrebbe guardato un Dissennatore se lo avesse avuto di fronte e alle domande a cui non sapeva rispondere se ne aggiunsero altre; il libro era aperto a metà sul pavimento, Draco non accennava a muoversi, lo sguardo fisso su quelle due lettere maiuscole in un'immobilità che sembrava irreale, come se nella sua mente stesse cercando un incantesimo capace di cancellarle o come se si fosse reso conto quello che doveva essere stato palese agli occhi di tutti: quel titolo, quelle lettere maiuscole erano le iniziali dei loro cognomi.

Blaise sospirò pesantemente, si inginocchiò a raccogliere il libro e lo guardò: i suoi occhi sembravano volergli scavare dentro, affondare giù nei fondali per riprenderlo da quel mondo in cui si era chiuso volontariamente e dentro cui esistevano solo il suo lavoro e i piani per rinchiudere Lucius ad Azkaban.《 Sono stanco di vederti sopravvivere. 》

《 Sta con un altro. 》

~•~



La sorpresa che Gale le aveva promesso quel giovedì era stata recapitata tramite posta: un biglietto in cui la casa editrice si complimentava con lei per aver raggiunto le settantamila copie vendute in meno di trenta giorni. Hermione saltellò sul posto, senza nemmeno chiudere la porta e corse a telefonare a Ginny.《 Dobbiamo festeggiare. Allo Shard. Sarà bellissimo. 》

《 Ma, Ginny, lo Shard mi sembra un tantino esagerato. 》

《 Taci, donna. Shhh. A proposito, io e Luna veniamo da te prima di cena. 》

Di tutti gli abiti che le avevano portato, Hermione aveva optato per un semplice tubino a cui aveva abbinato una giacca puntellata da piccole sfere dorate e Ginny aveva scosso la testa.《 Come pensi che te lo porterai a letto vestita così? 》

《 Non devo per forza sembrare una poco di buono. 》

Luna, nel frattempo, era stata avvisata della presenza di un babbano del tutto ignaro del loro passato e del fatto che tutti fossero maghi a parte lui; entrambe capirono di aver fallito quando, sedute al tavolo, Luna disse che aveva sbagliato a non indossare la sua collana di tappi di burrobirra e Neville fece un segno a Gale in modo che gli fosse chiaro che la ragazza al suo fianco fosse un po' fuori di testa.

Hermione guardò a lungo i suoi amici e sorrise pensando alle strade che avevano intrapreso: Harry era diventato un Auror e Ginny giocava come cercatrice in una squadra di Quidditch al terzo posto nella classifica mondiale, Neville affiancava la professoressa Sprite nell'insegnamento e Luna era diventata direttrice del giornale fondato da suo padre, Ron e Lisa sarebbero diventati presto genitori. 

《 … una strega. 》stava dicendo Harry.《 Sì, quando si arrabbia sa davvero essere una strega. 》

《 La migliore, oserei dire. 》

《 Un po' come la protagonista del libro. 》

《 Sì, stupefacente.

Hermione rideva e, di tanto in tanto, nonostante le sembrasse una violazione, entrava nella mente di Gale e sorrideva dei suoi pensieri: riteneva tutti loro molto simpatici, Luna in particolare perché sembrava provenire da un altro mondo.

《 E tu, Harry? Di cosa ti occupi? 》aveva chiesto l'uomo che le sedeva accanto.

《 Io, beh… sì, io… sicurezza. Sì, sono una sorta di agente della sicurezza. 》

Lei rise più forte dell'imbranataggine del suo migliore amico e Gale le strinse la mano sotto il tavolo, lei provò a darsi un contegno. 

Neville si era finto un erborista, Luna una giornalista di un giornale non ancora in commercio e Ginny una casalinga disperata.

Adesso tutti ridevano di una battuta che Hermione non aveva sentito, lo sguardo di Gale che le accarezzava il corpo.《 Sei bellissima. 》

《 Stai molto bene anche tu. 》

《 Bene, 》Luna si era alzata e reggeva tra le mani un flute.《è ora di brindare e di fare un discorso: Hermione, tu sei una delle persone più in gamba che io conosca e sono contenta di essere tua amica. Vorrei brindare al tuo successo e a questa riunione… quasi come ai vecchi tempi, l'unica differenza è la presenza di Bale o Tale… com'è il tuo nome, scusa? 》

Gale le rispose con il sorriso sulle labbra.

Durante il tragitto, Hermione guardava la strada correre dal finestrino dell'auto e non riusciva ad uscire dalla mente di Gale: vedeva il modo in cui avrebbe voluto baciarla, toccarla e sentì un fremito nello stomaco. Era desiderio di averlo.

Sulla soglia di casa, lei gli disse che non aveva intenzione di vederlo tornare a casa quella sera e cominciò piano a togliere ogni bottone dall'asola e gli lascio scivolare la camicia dalle spalle con una lentezza estenuante; gli toccò la pelle delle braccia con le unghie e lui chiuse gli occhi.《 Ne sei sicura? 》

Lei posò le labbra sulle sue, senza baciarlo e sorrise.《 Sì. 》

Quando Gale cominciò a spogliarla, facendo scendere la zip sulla schiena, Hermione rabbrividì e lui la fece sedere sull'isola della cucina e le sfilò calze, puntellando ogni centimetro di quelle gambe con qualche bacio e qualche piccolo morso nei punti più delicati; le accarezzò l'interno delle cosce e quello che c'era al centro.《 Fermami adesso… 》

Hermione, in risposta, mise la mano sulla sua e lo incitò a continuare.

Quelle carezze le risvegliarono un istinto a cui non dava ascolto da tempo e la pudicizia scivolò via insieme agli slip.

Entrò piano e si fermò un attimo a guardarla negli occhi, a studiare le emozioni sul suo viso: Hermione aveva la bocca schiusa, gonfia e Gale continuò quella tortura dolce, dentro e fuori, una mano a viaggiare sulla schiena, la lingua che tracciava il solco tra i seni e tornava alle sue labbra.

Solo nel momento in cui entrambi avevano raggiunto il piacere, lei sentì qualcosa rompersi dentro e, per un attimo, ad occhi chiusi rivide il viso di Draco. 

Si rivestirono con calma, Hermione con un sorriso tirato e lui con troppe domande a cui aveva voglia di dar voce.

Quando lo accompagnò alla porta, lui la guardò e le appoggiò la mano aperta sulla guancia.《 Te ne sei pentita? 》

Lei scosse il capo in segno di negazione ed adagiò il volto sul suo palmo《 Solo… era da tanto… 》

《 È stato bellissimo. 》

《 Sì. 》

《 Domani non dimenticare l'intervista. 》

《 No. 》

Quella notte, Hermione non aveva chiuso occhio, divisa tra un senso di colpa che giaceva tra il cuore e la gola e il senso di pace che Gale le trasmetteva, perciò la mattina si ritrovò a spalmare sul viso più fondotinta e correttore del solito. 

Johanna Fallen era una delle giornaliste più in voga del momento e, grazie alle sue domande, veniva soprannominata la scavatrice di anime e Hermione aveva capito esattamente il perché: in nessuna delle interviste che aveva sostenuto le erano state rivolte domande che le davano l'impressione di essere scavata dall'interno e, proprio per questo, prima di incontrarla, aveva avuto una paura folle di scoprirsi troppo. 

Johanna, però, aveva anche una voce e un sorriso materno in cui Hermione si era cullata durante tutta la loro chiacchierata pre intervista.《 Stai tranquilla, cara. Ti basterà essere sincera 》le aveva detto prima di congedarsi.

《 Quindi, signorina Granger, questo libro è nato da una serie di sogni che lei è stata capace di ricordare? 》

《 Esattamente. 》

《 Com'è successo? 》

《 Diventare scrittrice non era esattamente nei miei piani, ma ho sempre adorato l'odore della carta e dell'inchiostro, perciò ogni volta che mi svegliavo da un sogno che mi piaceva, mi impegnavo a scriverlo nei minimi particolari. Qualche mese fa ho ritrovato questo diario e non so, ho cominciato a scrivere. 》

《 Lei è ritenuta la scrittrice delle nuove generazioni, come si sente? 》

《 Come una ragazzina che realizza un desiderio che non sapeva di avere. 》

《 A ventitré anni ha raggiunto un traguardo molto importante. 》

《 Sì e ne sono molto fiera. 》

《 Quanto la spaventa questa improvvisa popolarità? 》

《 Sapevo mi avrebbe fatto questa domanda e mi hanno consigliato di rispondere che un po' mi spaventa, ma a dir la verità, ho una paura tremenda.  》

《 Cos'è che la spaventa di più? 》

《 Non riuscire a migliorare o il fatto che il mio nome possa essere legato solo a questo libro, un po' come la protagonista che ha paura di essere ricordata solo come una delle eroine e non come una persona che prima di allora è stata anche una ragazzina spaventata e piena di dubbi. 》

《 Una paura legittima, direi. 》

《 Assolutamente. 》

《 Sa cosa ha detto la commessa della libreria in cui è stato venduto il suo primo libro? 》

《 No. 》

《 Ha dichiarato che prima ancora che cominciasse il firma copie, un bel ragazzo moro è entrato in libreria e ha preteso di poter acquistare il libro prima di chiunque altro a Londra, perché era suo diritto. 》

Per un attimo, Hermione pensò a Draco e poi si disse che non era possibile, che lui era a Malfoy Manor con sua moglie, troppo lontano dal suo mondo e troppo lontano da lei. E poi, Draco era biondo, quei capelli che ricordavano i riflessi delle stelle sulle acque di un lago, seta tra le sue mani. Si riprese in fretta da quei pensieri.《 Esistono persone più entusiaste di altre. 》

《 Tutti le avranno chiesto se la storia d'amore di cui parla il libro è una sua esperienza personale o se è inventata… 》

《 Sì. 》

《 Io, invece, le chiederò: crede che ci sarebbe stato un modo per far tornare insieme i due protagonisti? 》

《 Probabilmente sì: hanno due caratteri totalmente diversi, eppure complementari. Sono come la luna e il sole che si rincorrono ma non si incontrano quasi mai, però, quando poi succede, danno vita all'eclissi e credo che non ci sia spettacolo più  bello al mondo. 》

《 Qual è stata la parte che più l'ha emozionata? 》

《 Quella in cui entrambi scoprono i propri sentimenti. 》

《 Molto particolare e combattuta. 》

《 Sì: alla base di tutto, prima di potersi dichiarare, ci sono anni di odio da dimenticare, sentimenti negativi da disimparare. Non è mai facile guardare dentro se stessi e rendersi conto di aver dimenticato il male ricevuto né capire che quello che si prova può andare oltre quello che si è immaginato, che tutto quello che si credeva di provare nei confronti di quella persona fosse amore mascherato da altro: è quasi come ricevere uno schiaffo in pieno viso nel bel mezzo di una dormita. È spiazzante, fa male. 》

《 Se lei potesse scegliere di vivere una storia d'amore, la vorrebbe esattamente così? 》

《 Sì, la vorrei esattamente così. 》

Angolo Autrice:

 

Sono tornata, eccomi qui.

Come al solito, vi chiedo di farmi sapere cosa ne pensate della storia con un commentino e spero che questo capitolo vi sia piaciuto. 

Finora è il mio preferito. 

A presto.

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Capitolo 6
*** Frasi che fanno riflettere. ***


Frasi che fanno riflettere.



《 Di certo non avrei fatto come quei maledetti Potter. 》

《 Stai parlando di tuo figlio. 》

《 Beh, sarei pronto a far finire la stirpe dei Malfoy con me se questo servisse a tornare alla gloria di un tempo. 》

《 Saresti capace di ucciderlo? 》

《 Sì, ne sarei capace, perché Draco è un ingrato, un buono a nulla. Non ha avuto nemmeno il coraggio di uccidere Silente. 》

《 E tu? Tu quanto coraggio hai? 》

《 Ne ho da vendere. 》

《 Ai mercatini dell'usato e per quelle poche briciole nessuno ti pagherebbe più di uno zellino. Il tuo, Lucius, non è coraggio, ma sottomissione. 》

《 Sta zitta: tu saresti disposta a diventare un elfo domestico pur di difenderlo. 》

《 È solo un ragazzo. 》

《 Che ha fallito. 》

《 Come hai fallito tu. Più di una volta. 》

La Giratempo lo aveva portato al giorno in cui suo padre era tornato al Manor dopo essere evaso da Azkaban, i Mangiamorte a girare per la proprietà come se fosse casa loro, un quartier generale in cui regnava l'oscurità e la follia.

Draco aveva le spalle poggiate al muro, il Mantello dell'Invisibilità che sembrava soffocarlo e gli occhi fissi sulla figura di sua madre: Narcissa sembrava inghiottita dalle ombre che creavano le poche candele accese, la schiena dritta, lo sguardo freddo, i capelli legati dietro la nuca con una grossa spilla argentata.

Lucius, invece, aveva la barba incolta, il viso sciupato, gli abiti sudici.

Draco non provò pietà per lui né la voglia di concedergli un perdono che non meritava, ma solo un grande senso di repulsione e schifo che gli accartocciava lo stomaco.

Harry Potter aveva, con occhi lucidi e pugni stretti, assistito alla morte dei genitori senza muovere un muscolo e con grande dignità, il dolore evidente sul viso e la rabbia controllata nelle spalle. Alla stessa maniera, con lo stesso atteggiamento, aveva assistito all'imposizione del Marchio Nero sul braccio di Draco e, da allora, aveva cominciato a fargli più battute, in una ridicola esplosione di simpatia nei confronti del ragazzo che non aveva avuto scelta, che di cicatrici ne aveva, anche se nascoste, proprio come lui ma che, al suo contrario, non era mai stato un eroe per nessuno che non avesse vissuto quella notte con gli occhi di chi finalmente capiva quanta paura potesse esserci dietro un dito puntato che indica un individuo come fosse una bestia da mandare al macello.

Draco, in quel momento, mentre nel salone del Manor si discuteva del suo possibile omicidio, aveva più o meno la stessa postura, ma senza lacrime negli occhi: aveva sempre immaginato che nei giorni successivi al suo fallimento, Lucius avrebbe voluto attentare alla sua vita, ma sentirlo dire era tutt'altra cosa.

Era vivo solo grazie a sua madre e, forse, un giorno, avrebbe trovato le parole e il modo per ringraziarla.

Adesso, però, restava fermo sotto al mantello, il respiro regolare e se non avesse sentito la mano di Harry posarsi sulla sua spalla, avrebbe anche creduto che l'altro non ci fosse.

Il salone era immerso nella semioscurità e Draco sembrava affondare gli occhi su dettagli particolari che Harry non riusciva a comprendere: un grande mobile intagliato, un tavolo enorme attorno a cui erano disposte solo tre sedie, uno specchio che rifletteva il viso di Narcissa e la sua espressione di odio malcelato verso il marito.

《 Dovremmo andare. 》disse Harry.

《 No. Questo è un momento importante. 》

Per un motivo sconosciuto, ma che gli strisciava sottopelle come un serpente nel sottobosco, Draco sentì che di lì a poco sarebbe seguita qualche rivelazione per incastrare Lucius senza che potesse far ricorso a nessuna difesa.

《 Io》stava infatti urlando l'uomo.《 gli venderei la mia anima per farlo regnare sul Mondo Magico e ripulirlo dalla feccia che lo abita. 》

《 Allo stesso modo di come hai finto un Imperius per evitare Azkaban? 》la voce di Narcissa era un sussurro.《 O di come hai negato di aver partecipato alla missione al Ministero? Sei poco credibile, Lucius. Tu vuoi che il Signore Oscuro torni, certo, ma non muovendo un dito, sacrificando gli altri e non combattendo mai in prima linea. Ti sei autorelegato nel posto che ti spetta di diritto: l'ombra di chi davvero crede in Lui e che di fronte a nulla ritratta le proprie convinzioni, come fai tu. 》

《 Hai un solo ruolo in questa storia, Narcissa. 》

《 Un ruolo che ho abbandonato da tempo. Se devo scegliere tra la vita di mio marito e la vita di mio figlio, scelgo la seconda. 》

Lucius impugnò la bacchetta e scagliò una Cruciatus addosso alla moglie, che però rimase in piedi, immobile, senza emettere nemmeno un rantolo di dolore, il mento alto e lo sguardo fiero.

I muscoli di Draco si tesero sotto la forza con cui stringeva il pugno.

《 Abbiamo visto abbastanza. 》sussurrò Harry e un attimo dopo si ritrovarono al Ministero, nella stanza in cui si riunivano ogni mattina per partire con la Giratempo.

Draco si puntò la bacchetta alla tempia e ne estrasse i ricordi di quei dialoghi con una studiata freddezza ed una compita indifferenza, anche se Harry aveva notato l'increspatura del suo sguardo, quel lago grigio che aveva tremato solo per un attimo e un attimo dopo si era rivestito di ghiaccio.

Il flusso azzurro finì in alcune fiale vuote su cui Draco appuntò data e ora, poi alzò gli occhi verso chi lo aveva accompagnato in quel viaggio nel tempo.《 Credo che abbiamo finito. 》

Harry allungò un braccio verso di lui e Draco fece un passo indietro, pronto a Schiantarlo se mai avesse provato di abbracciarlo o compatirlo, a riuscire laddove aveva fallito anche il Signore Oscuro, ma l'altro restava con il braccio teso e un mezzo sorriso ad incurvargli le labbra.《 Anche tu non sei il mio tipo, Malfoy. Mi pare di averti già detto che preferisco i capelli rossi. 》

《 Avevo dimenticato il senso di nausea di quella sera. 》

《 Tieni, ti servirà. 》il Mantello dell'Invisibilità stretto in una mano, lo sguardo complice, Harry aveva capito le sue intenzioni prima ancora le capisse lui stesso.

《 Non so se voglio farlo. 》

《 Non sei obbligato. 》

《 Questo lo so. 》

《 In ogni caso, tra dieci giorni puoi riportarmi quello che ti sto offrendo in questo momento. 》

Draco fece un cenno con la testa e prese il mantello, poi appellò due birre e ne porse una a Harry, in quel suo modo strafottente e sottile di ringraziare senza dire una parola.

《 Blaise mi ha dato il suo libro. 》

《 Una lettura interessante. 》

《 È un consiglio ad aprirlo? 》

《 Credo che tu possa capire molte cose. 》

Si portò una mano ad accarezzare la nuca, i muscoli del collo ancora tesi.《 E se non volessi capire? 》

《 Nessuno ti direbbe che stai sbagliando. Ha rilasciato un'intervista ultimamente… 》

《 Famosa nel mondo magico, in quello babbano. Una florida carriera, no? 》

《 Avremmo scommesso tutti sulla sua carica di Ministro della Magia. 》

《 Riesce sempre a stupire. 》

《 Dopo averla vista insieme a te, sinceramente, non mi stupirebbe nemmeno vederla ad una partita di Quidditch. Come giocatrice, intendo. 》

《 Credi che l'abbia portata sulla cattiva strada, Potter? 》

Harry scosse il capo, senza ad accennare a mandar via il sorriso.《 No, credo l'abbia intrapresa da sola. Anche se, ad essere sincero, su quella cattiva strada l'ho vista camminare tranquilla, felice. Forse la strada buona non è per lei. 》

《 E con questo cosa vuoi dire? 》

《 Non voglio insinuare niente. Sarà il tempo a dirmi se ho ragione o meno. 》

Per quanto avesse deciso di vivere nella Londra babbana, c'erano cose che ancora era incapace di comprendere.

Il sole di quel pomeriggio era particolarmente caldo, perciò Draco si passò una mano sulla fronte per asciugare il sudore che minacciava di bruciargli gli occhi: aveva preferito tornare a casa a piedi, fare il giro lungo, con il mantello di Potter ficcato alla bell'e meglio nella ventiquattro ore e la pesantezza sullo stomaco.

Si era avvicinato ad un chiosco su cui faceva ombra una pesante tenda verde ed aveva guardato uno ad uno i giornali esposti, li aveva sfogliati, pagina per pagina, fino a quando non aveva trovato quello in cui era stampata l'intervista di Hermione.

Aveva guardato l'edicolante con un sopracciglio sollevato.《 Perché questi giornali non si muovono? 》

L'uomo aveva sorriso e gli aveva posato addosso gli occhi carichi di derisione: probabilmente, nonostante l'elegante completo giacca e cravatta, lo aveva scambiato per un pazzo appena evaso dal reparto psichiatrico.《 Perché non c'è un filo di vento 》aveva risposto.

Draco aveva pagato ed era finalmente rientrato nel suo appartamento, il giornale lanciato sul divano accanto al libro, il passo pesante con cui avrebbe presto scavato dei solchi nel pavimento.

Troppo intento a decidere se cominciare a leggere giornale e libro, non si era accorto della presenza alle sue spalle, perciò sobbalzò quando una voce femminile lo richiamò all'ordine.《 Ma sei impazzita? 》

《 Credevo che al corso per diventare Auror ti avessero insegnato a sviluppare gli altri sensi. 》

《 Diciamo che in casa mia mi permetto di abbassare la guardia. 》

《 Grave errore. A meno che tu non decida di lanciare qualche incantesimo di protezione o di non lasciare una copia delle chiavi a Zabini. 》

《 Cosa vuoi, Daphne? 》

Lei fece un passo avanti senza degnarsi di risponderlo.《 Ho letto quell'intervista. 》

《 Ti aspetti che ti dica che sei una brava bambina? 》

《 Non lo prenderei come un complimento, quindi no. 》

《 Non ero per niente intenzionato a farti un complimento. 》

《 Oh, beh, in quel caso… 》lasciò la frase in sospeso e portò la sigaretta alle labbra, offrendogliene una.

《 A cosa devo questa tua visita? 》

《 Perché sei sulla difensiva? Hai appurato con i tuoi occhi che non sono un Mangiamorte che non vede l'ora di farti schiattare. 》

《 Questo tuo linguaggio… se non avessi frequentato Hogwarts con te, potrei credere che tu sia una babbana qualunque. 》

《 Ma non lo sono. 》

《 No. 》

《 Draco… come stai? 》

《 Bene. 》

《 Non mentirmi: ricorda che sono una Serpeverde e che so quando un serpeverde cambia la muta per difendersi. 》

《 Cosa vuoi dire? 》

《 Astoria mi ha raccontato. 》

《 Quindi, la tua domanda è alquanto insensata. 》

《 Mi dispiace per quello che ha detto e non chiederò scusa a suo nome, perché sarei troppo bugiarda. Però, voglio capire… insomma, prima che lei tornasse, sei riuscito per un po' ad andare avanti. Ora, invece, sembra di essere tornati ai tempi della scuola. 》ammise con la voce velata di qualcosa che Draco non si prese il tempo di capire.《 Non ti fa bene questa situazione. 》

《 Non mi pare che io stia facendo i salti di gioia. 》

《 Però hai il suo libro. 》

《 Me lo ha dato Blaise. 》

《 E il giornale su cui è riportata la sua intervista e credo che tu lo abbia comprato di tua spontanea volontà. 》

《 Ci sono cose che devo capire. 》

《 A pro di che? Non va certo a favore della tua sanità mentale. 》

《 Potrei trovare delle risposte che cerco da anni. 》

《 E se non le trovassi? O, nel caso ci riuscissi, cosa faresti? 》

《 Mi stai suggerendo di cancellarla dalla mia vita? 》

《 Non proprio, ma non credo che tu possa trovare le risposte in un cumulo di parole scritte. 》

《 Non andrò da lei. 》

《 Allora credo che non toglierai mai nessun punto interrogativo dalla tua testa. 》 Daphne, occhi chiari e sorriso ammaliante, sapeva essere crudele in maniera quasi inaspettata, come un serpente che tra l'erba si nasconde prima di attaccare, in uno strisciare silenzioso prima di balzare al collo della sua preda.《 Niente di quello che leggerai la porterà da te. Sei stato codardo dal primo momento e non sarà un racconto Grifondoro a farti venire il coraggio, Draco. 》

《 Io non voglio che torni da me. 》

《 Ah, no? 》

Il silenzio era sempre stato un buon amico e confidente per lui, ma in quel momento, si rese conto che, o negando o tacendo, Daphne avrebbe saputo comunque scorgere la verità.

Si avvicinò alla finestra e trasse una lunga boccata dalla sigaretta, inspirando il fumo ed espirandolo lentamente. 

Te lo prometto.《 Gliel'ho promesso. 》

《 Le tue promesse non hanno mai contato granché. 》

《 È diverso. 》

Te.

Leggere l'intervista era stato come ricevere un pugno nello stomaco, uno di quelli che avrebbe scombussolato anche l'uomo con gli addominali più duri dell'universo. La consapevolezza di aver amato tanto, tanto che forse non le era bastato. La certezza che anche se avesse fatto di più, avrebbero finito sempre e comunque per perdersi.

Il giornale che aveva gettato nel camino, l'odore di carta bruciata che riempiva l'ambiente.

Lo.

Le gambe stese sul divano, il libro poggiato sull'addome.

Pagina settantacinque e la protagonista che scopriva un nuovo mondo, con le dita che tremavano per la magia contenuta e il cuore che martellava forte perché quell'inadeguatezza che lei provava nel mondo dei maghi era la stessa che aveva provato lui più volte standole di fronte, quando credeva di non meritarla, quando credeva che il suo passato era troppo sporco per essere purificato anche da lei, quando a lui non era più stato permesso di toccarla e allora erano state altre braccia a stringerla forte ed altre mani ad asciugarle le lacrime.

Prometto.

La scelta di andare via, per non vederla più. 

Per non vederla più senza di lui. Il dolore al petto che pesava come un macigno, fatto dei frammenti di quelle parole che lei aveva avuto il coraggio di pronunciare e che lui ancora taceva, come un segreto solo loro.

Draco chiuse il libro, lo ripose nel cassetto dove teneva il ciondolo a forma di cuore e la cravatta rosso e oro.

Quando lo aveva richiuso, aveva sperato di poter fare lo stesso con i suoi sentimenti, i suoi desideri e, nel momento in cui chiuse gli occhi e l'immagine del viso di Hermione si disegnò dietro le sue palpebre, Draco bestemmiò improperi che, a sentirli, anche Salazar si sarebbe vergognato.

~•~

Lo slip di pizzo stava scivolando lentamente sulle gambe, in un'attesa che sapeva di promesse di piacere e godimento.

Lo lasciò cadere ai piedi del letto, mentre Gale le metteva una mano dietro la nuca e piegava la testa per baciarle il collo.

Un movimento delicato, la lingua che disegnava la linea della spalla e scendeva sul seno che si gonfiava al ritmo del suo respiro; le mani intrecciate, un tremolio al basso ventre, mentre lui le chiedeva di lasciarsi andare, di non trattenere i sospiri.

《 Scusami 》gli aveva detto con il viso appoggiato al suo petto.

《 Non è niente. È normale che tu sia ancora così pudica. 》

《 Forse sì… 》

《 Non ti chiederei mai di più di quello che tu scegli di darmi. 》

Hermione abbassò leggermente la testa, il battito tranquillo e costante del cuore di Gale a riempirle le orecchie.《 Forse, dovremmo andare. Non vorrei far tardi. 》

《 Dove vai di bello? 》

《 Oh, non lo so 》ammise un po' seccata.《 Le passeggiate con Ginny non hanno mai una meta precisa. 》

La gonna si adagiava perfettamente alle sue gambe, mentre il vento la smuoveva leggermente.

Ginny era all'angolo della strada e si sbracciava per farsi notare, gli occhiali da sole che erano stati più volte sul punto di cadere sull'asfalto.《 Ma, insomma, almeno fai un cenno. 》

《 Non sei una che passa inosservata, Gin. 》

《 Dovrei sentirmi offesa. 》

《 Per niente, anzi: dovresti sentirti unica. 》

《 Ma per sentirmi unica mi basta rendermi conto che respiro. 》

Hermione coprì le labbra con la mano, per evitare di riderle in faccia e poi la prese sottobraccio, muovendo i primi passi in una di quelle che sarebbe stata un'intera giornata tra donne: entrarono in qualche negozio d'abbigliamento, da cui Ginny usciva con almeno due buste, un negozio di intimo, in cui anche Hermione fece qualche acquisto e poi in una libreria, dove lei si fermò a guardare lo scaffale su cui era esposto il suo libro. 

L'orgoglio che le bruciava negli occhi, una punta di risentimento che le fece storcere impercettibilmente le labbra.

《 C'è qualcosa che non va? 》

Hermione scosse leggermente il capo.《 No, è tutto a posto. Ho solo bisogno di un caffè. 》

Qualche minuto dopo, erano entrambe sedute ad un tavolo esterno, con le tazze di caffè tra le mani. 

《 Allora 》cominciò Ginny.《 Come va? 》

《 Bene. 》

《 Con Gale? 》

《 Sì, anche con Gale. È un porto sicuro. 》

Ginny la guardò a lungo e per un po' Hermione sostenne il suo sguardo, poi lo spostò sui fondi di caffè con la stessa attenzione che vi aveva posto durante le lezioni di Divinazione.

《 Strano 》riprese l'altra.《 Ti ricordavo una ragazzina che amava mettersi nei guai. 》

《 In realtà, mi sono sempre messa nei guai a causa di Harry. 》

《 Questo è un particolare di poca importanza. 》

《 Niente affatto 》Hermione scosse ancora la testa e sorrise.《 Se non lo avessi conosciuto, forse… 》

《 Avresti combattuto lo stesso, perché è nella tua natura. 》

《 Non in prima linea, però. 》

《 Ho i miei dubbi a riguardo. E poi, se non fosse stato per te, probabilmente Harry e Ron sarebbero morti in tenera età. 》

《 Di questo ne sono assolutamente convinta, modestia a parte, ma sono stati davvero due bambini stupidi in qualche occasione. 》

《 Diciamo pure quotidianamente 》Ginny rise di gusto e un attimo dopo aveva gli occhi fissi in un punto imprecisato alle sue spalle.《 Oh, guarda chi c'e! Non potresti mai immaginare… 》e cominciò a salutare qualcuno con la mano alzata.

In quel preciso istante, Hermione sentì il cuore mancare un battito e provò a concentrarsi su quello che era successo quella mattina nella sua camera da letto.

《 Ciao, Blaise. 》

《 Ciao, Weasley. E ciao a te, Granger. 》

Hermione sollevò di poco lo sguardo, il tamburellare nella cassa toracica stava tornando regolare e lei si concesse di sorridere nel momento in cui sentì i muscoli rispondere ai suoi comandi senza tremare per l'emozione.《 Zabini, quale onore!》

《 L'onore è mio: vedervi di nuovo. 》spostò una sedia e si accomodò al suo fianco con tutta la noncuranza con cui aveva vissuto i suoi anni a Hogwarts. 《 Prima di tutto, volevo dirti che ho letto il tuo libro e l'intervista che hai rilasciato. Strepitosa. 》

《 Grazie. 》

《 E poi 》le disse cingendole le spalle.《 oh, bene, ecco fatto. Allora? Una tazza di tè? 》

《 Ma, certo, aspetta che vado a chied-》

《 Non qui, Granger. Venite con me, Aria sarà contentissima di vedervi. 》

《 State ancora insieme? 》chiese Ginny e alla risposta di Blaise, alzò le mani al cielo.《 Povera ragazza, non sa cosa le aspetta. 》

《 In realtà, ho intenzione di fare le cose per bene: in questi giorni le chiederò di diventare mia moglie. 》

《 Martire e santa donna 》aggiunse Ginny.

Un passo indietro rispetto a loro, un'amicizia che era nata piano - grazie a cui Harry era stato capace di immaginare risvolti letali per la sua relazione, palchi di corna e tanti modi di uccidersi nel caso li avesse scoperti a baciarsi- ma che si era rivelata solida come le fondamenta di Hogwarts e limpida come le acque di un mare caraibico; un'amicizia nata per difendere i propri migliori amici con fatture Gambemolli e Schiantesimi in cui Ginny usciva sempre vincitrice grazie alla galanteria di Blaise.

Hermione fece un passo più lungo e appoggiò la mano nella piega del gomito di Blaise e lui le sorrise e scortò entrambe nella sala da tè.

Aria era impegnata dietro al bancone, perciò Hermione si permise di guardarsi intorno e di innamorarsi degli interni come si era innamorata dell'insegna qualche anno prima: i glicini che pendevano dalle pareti e i vassoi particolari che facevano da centrotavola, le poltrone chiare, i tavoli rotondi, i colori tenui alle pareti, il sorriso della proprietaria e del suo compagno. Tutto sembrava darle il benvenuto in quel piccolo angolo di mondo.

Mezz'ora dopo, Aria si era liberata e stava girando il cartello sulla porta per comunicare ai prossimi clienti che il locale era chiuso.

《 Ma no, Aria… 》

《 Shh, vieni qui e fatti abbracciare. 》

Da quando l'avevano conosciuta alla festa di Capodanno, aveva dato a tutt'e due l'impressione di essere una brava ragazza a cui era facile voler bene e l'impressione si era rivelata giusta, perché erano molto affezionate a quegli occhi bellissimi e a quel viso di porcellana scurita.

《 Ho letto il tuo libro 》stava dicendo a Hermione, le mani strette nelle sue.《 Non puoi immaginare quanto io abbia pianto in alcuni capitoli. 》

Blaise stava furiosamente annuendo e quando si accorse dell'occhiata in tralice che Aria gli stava mandando smise immediatamente. 

Hermione trattenne un sorriso, Ginny rise sguaiatamente dando una poderosa pacca sulla schiena dell'amico.

《 Stai riscuotendo molto successo, vero? 》

《 Oh, sì 》e, come se fosse stata appena illuminata dall'idea più malsana che le fosse mai saltata in mente, Hermione guardò verso Blaise, un bel ragazzo moro.《 Tu… 》

《 Se ti stai chiedendo se quell'affascinante, bellissimo e seducente uomo che abbia acquistato per primo il tuo libro sia io, sì, hai fatto centro. 》

《 Ma, insomma, non avresti potuto aspettare? Mi avrebbe fatto piacere vederti e, magari, se avessi avuto pietà di te ti avrei fatto un autografo. 》

《 Non dire stupidaggini, Granger. Un autografo fatto durante un firmacopie non ha lo stesso valore di uno fatto in privato. 》

《 Oh, beh… a tuo rischio, allora… 》

《 Ma certamente. 》Blaise abbassò il capo in una sorta di inchino e le tre donne risero.

《 E Malfoy? 》chiese Ginny e lanciò un'occhiata di sottecchi a Hermione che posò gli occhi sulle mani intrecciate.

Il silenzio che seguì quella domanda sembrava essere carico di verità da svelare e parole evitate per troppo tempo.

《 Sta benone 》cominciò Blaise.《 È molto impegnato in questioni familiari che si mangiano tutto il suo tempo. 》

Hermione aveva ancora gli occhi bassi e non vide lo sguardo che si scambiarono Ginny e Blaise, non poteva sapere che l'amica sapesse realmente cosa fossero quelle questioni familiari né che sapesse tutto quello che Draco aveva fatto in quegli anni, lontano da lei. Non poteva nemmeno sapere che la finestra che stava fissando in quel preciso momento fosse quella della sua nuova casa, in cui aveva portato il minimo indispensabile, qualche oggetto che parlava di lei e un dolore immenso che non accennava a placarsi.

Non aveva detto a nessuno di quali fossero le sue convinzione sulla vita del suo ex ragazzo, nessuno sapeva che lei lo credeva sposato con Astoria e, magari, in attesa del primo o del secondogenito.

《 E tu 》Aria strinse di nuovo le sue mani nelle proprie.《 come stai? 》

《 Io sto bene. Gale è una brava persona, mi dà sicurezza… 》la voce ridotta appena ad un sussurro, forse perché se l'avesse alzata anche solo di poco chiunque si sarebbe accorto che le tremavano le corde vocali, forse perché non era davvero pronta a far sapere al mondo che la rottura con Draco le si era riflessa dentro, spaccandola in più punti mentre lei faceva finta di essere tutta intera.《 Noi dovremmo andare. 》

《 Passate di qui quando volete. 》

《 Basta che non ci sia Blaise. 》disse Ginny con un sorriso accennato.

《 Sono fastidioso? 》

《 Abbastanza. E poi, perché devi stare sempre in mezzo alle femmine? 》

《 Ma perché io vi amo 》rispose Blaise portandosi una mano al petto.《 e tu mi hai appena spezzato il cuore. 》

Aria gli diede uno scappellotto dietro la nuca, rise e poi si avvicinò per abbracciare Hermione.《 Sono contenta per tutte le cose belle che ti stanno accadendo. 》

Il tintinnio delle campane a vento anticipò il saluto dei due amici e, una volta fuori, Hermione cominciò a camminare a testa bassa in silenzio.

Ginny non la interruppe, perché sapeva che il suo cervello in quel momento stava metabolizzando i discorsi appena terminati, poteva sentire i rumori degli ingranaggi che si muovevano per dare un senso a quelle frasi, poi la vide fermarsi e la imitò.

《 Gin, perché hai chiesto di lui? 》

《 Ti ha dato fastidio? 》

Hermione negò con un cenno lieve della testa e Ginny sapeva che quella era la bugia più grande che l'amica le avesse mai detto.《 Solo che… mi è sembrato inopportuno. 》

《 Quando mai io sono stata opportuna, Herm? Se stai pensando che io l'abbia fatto per ferirti, allora ti sbagli di grosso. 》

Non mi ferisci, Malfoy. 《 Lo so. 》

Non.

La casa vuota, i due gatti che chiedevano attenzioni strusciandosi contro le sue caviglie. Grattastinchi che aveva abbandonato l'impresa e Draher che, invece, aveva atteso paziente che lei si sedesse sul divano per acciambellarsi sul suo ventre.

Mi.

Il telefono che squillava,  Hermione che non aveva voglia di rispondere e si lasciava cullare dalle fusa di quel gatto che aveva trovato in Francia, il pelo grigio chiaro, come gli occhi di Draco, laghi di ghiaccio su cui aveva camminato tranquilla per poi precipitare d'un tratto nelle sue acque gelide.

Ferisci.

I ricordi si affollavano veloci nella sua mente, la testa reclinata sulla spalliera del divano e il buio che copriva lentamente un crepuscolo agli sgoccioli, gli occhi aperti e lei ferma, immobile mentre vedeva il soffitto coprirsi di cielo e stelle e fuochi d'artificio, proprio come la notte di qualche anno prima. 

Malfoy.




Angolo Autrice:

Non so come, ma siamo arrivati al sesto capitolo che, al momento, è tra i miei preferiti.

Ho amato scriverlo e spero che possa piacere a voi tanto quanto piace a me.

E, ovviamente, spero di trovare un vostro commentino.

A presto.





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Capitolo 7
*** Amicizia. ***


Amicizia.

Le spalle curve, le occhiaie ad ammettere una notte insonne, le iridi liquide di lacrime che non aveva pianto, Draco Malfoy aveva il corpo sul divano del suo appartamento e la mente tra le mura di Hogwarts, in un susseguirsi di immagini di passato che a tratti spezzava il fiato o lo faceva respirare a pieni polmoni come se per troppo tempo non avesse respirato e sentisse un forte bisogno di riempirli di ossigeno.

Era fermo su una pagina su cui il titolo del paragrafo faceva bella mostra di sé al centro di una pagina bianca, Perderti, e non riusciva a proseguire la lettura, perché sapeva che da quel momento in poi avrebbe vissuto di nuovo tutti i momenti di allontanamento tra lui e Hermione e non aveva la forza di contrastare il vuoto che sentiva dentro.

Non ci aveva impiegato molto tempo a capire che quel libro non era altro che la loro storia scritta nero su bianco, il racconto degli anni della guerra, un'analisi approfondita di ciò che era avvenuto dopo, il dolore di Hermione di fronte alla possibilità di perdere i genitori, i suoi migliori amici, tutto, la consapevolezza e l'arrendevolezza con cui si era piegata alla fine della loro storia, del loro tempo; le volte in cui aveva scritto di lui, nonostante non stessero ancora insieme, e delle volte in cui aveva collaborato all'interno dell'Ordine gli avevano lasciato un sapore amaro in fondo alla gola, una sorta di senso di colpa sordo e tremendo che non riusciva ad ingoiare.

Girò in tondo per il salone, una sigaretta in equilibrio tra le labbra, una ciocca di capelli a coprirgli per metà il viso e quei perché a cui ancora non aveva trovato una risposta ad impigliarsi tra le corde vocali, pesanti come macigni a cui faceva da contrappeso per non cadere giù. 

Il cielo buio fuori dalla finestra a bovindo gli fece capire che la notte sarebbe stata ancora lunga e che non sarebbe riuscito a dormire, che probabilmente il giorno dopo avrebbe avuto l'aspetto di un cadavere e la stanchezza in tutti i muscoli, ma lui rimase in piedi a perdere lo sguardo in quell'angolo di universo in cui le sue tenebre si perdevano come oggetti di poco valore.

Draco Malfoy, dopo il ritorno a Hogwarts, aveva vissuto nell'isolamento che solo gli sguardi contrariati spezzavano, perché nessuno voleva avere a che fare con il figlio di un Mangiamorte né tantomeno voleva respirare la stessa aria di chi aveva fatto di tutto per far tornare Voldemort al potere, perciò era rimasto al margine, sempre un passo indietro rispetto agli altri ed era stato difficile riprendere posto in quelle file di ragazzi che avevano lottato per il bene senza ricorrere a scherzi di cattivo gusto o minacce per farsi spazio, fino a quando Silente non aveva depositato la sua testimonianza a favore di chi, pur avendo il Marchio Nero, aveva permesso loro di vincere la guerra e di sconfiggere il più grande mago oscuro di tutti i tempi.

Quando sentì il rumore di una materializzazione, Draco pensò che forse Daphne aveva ragione: doveva al più presto lanciare qualche incantesimo di protezione al suo appartamento. Poi, un rumore di passi veloci lo distolse da quel pensiero.

《 Padroncino Malfoy, padrone. Dobby non voleva spaventare, ma solo svegliare in maniera rumorosa. 》

《 Non stavo dormendo. 》

Dobby era diventato un elfo libero dopo che Harry Potter gli aveva regalato un calzino, ma non aveva mai smesso di cercare Draco e lavorare per lui.《 Perché è triste, padroncino? 》

《 Cambiati, Dobby: quella maglia è sudicia.》

《 Questa maglia era del padroncino, Dobby non può toglierla. 》

《 Bene, allora indossa questa. 》Draco si spogliò dell'indumento e lo lanciò all'elfo che, intanto, aveva cominciato a tormentarsi le mani e ad inchinarsi convulsamente di fronte a quel gesto caritatevole.

《 Dobby vuole pulire questa casa, padroncino. 》

《 Sono le cinque del mattino. 》

《 Gli elfi lavorano sempre, a qualsiasi ora. 》

《 D'accordo. 》

《 Dobby ha visto Harry Potter e la sua amica, li ha salutati ieri sera. Harry Potter è sempre gentile con Dobby. 》

《 Sta zitto. 》

《 Il padroncino non sta bene? 》chiese avvicinandosi a Draco che era tornato a sedersi sul divano e poggiare la fronte sui palmi delle mani.《 Padroncino Malfoy… 》

《 Sto bene, grazie. 》

《 Dobby non voleva far arrabbiare. 》

L'elfo cominciò a colpire il muro con la testa, un rumore secco che riempiva il silenzio e la voce lamentosa che accompagnava ogni colpo, mentre si assumeva la responsabilità di ogni guaio del mondo.

Draco lo tirò lontano prendendolo per il collo della maglia e lo guardò male.《 Una di queste volte ti romperai il cranio, stupido elfo. 》

Dobby scoppiò in un pianto disperato, poi, molto lentamente, riprese il controllo e cominciò a sistemare l'appartamento: prese un grosso cesto di vimini che riempiva con tutti gli oggetti che trovava in giro e, quando il libro di Hermione cadde sul pavimento e si aprì all'ultima pagina dove faceva bella mostra di sé una foto dell'autrice, tra un morso e l'altro, scoppiò di nuovo in lacrime e Draco si inginocchiò alla sua altezza.

《 Cos'è successo adesso? 》

《 Dobby non voleva far cadere questo. 》

《 Non è nulla di grave. 》

《 Uh, uh. 》l'elfo prese il libro tra le mani e lo guardò con occhi sgranati e sognanti.《 È lei l'amica di Harry Potter. Dobby è amico di Harry Potter e della sua amica famosa. 》

Draco si soffermò a guardare il sorriso di Hermione, accarezzando in punta di dita il collo e la guancia come se lei gli fosse davvero di fronte, in un battito di cuore flebile, l'emozione nei polpastrelli che tremavano di un freddo che lui provava solo nell'anima.

Fu il rumore di un vaso che andava in frantumi e dei colpi di testa che Dobby aveva ripreso a dare al muro a riportarlo del tutto nel suo appartamento. 

Scosse la testa.《 Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino… 》mandò via l'elfo di malomodo, calciò i cocci di vetro sul pavimento e sospirò.《 sarà una giornata di merda. 》

Passò una mano tra i capelli per portarli indietro e alla seconda volta sbuffò leggermente frustrato: era una domenica strana, di un sole cocente e cielo azzurro che facevano a pugni con il suo stato d'animo.

Tornò a sedersi sul divano e chiamò l'elfo con un cenno della mano.《 Dobby, qui non sei al Manor, non sei più uno schiavo, lo capisci? 》

《 Dobby non voleva romp-》

《 Lo so. 》

《 Dobby chiede perdono. Ora Dobby punisce se stesso. 》

《 DOBBY! Devi finirla, non è successo niente di grave: è un vaso, può essere facilmente sostituito. 》ripensò a quella sera in cui aveva ridotto in frammenti piccolissimi anche lo specchio del bagno e scosse il capo.

《 Il padroncino è triste, padrone? 》

《 Solo un po'... 》

《 Se Dobby può aiutare… 》

Draco sorrise, l'amarezza nella curva delle labbra.《 No, questa volta non puoi. 》

Zabini Manor era un edificio sontuoso, con i giardini sempre curati e i gelsomini sempre in fiore: lo assalirono i ricordi di un'infanzia in cui lui e Blaise avrebbero voluto giocare a rincorrersi e, invece, erano costretti a tenere spalle dritte e petto in fuori, di quella volta in cui erano scappati al bordo delle loro Nimbus duemilauno e poi erano stati puniti.

Draco impugnò la scopa e si avviò verso la siepe dietro cui c'era una piccola area circolare che Blaise aveva adibito a campo da Quidditch, gli anelli che si ergevano verso il cielo, il senso di libertà che gli mancava da troppo tempo.

《 Allora? 》disse Theo.《 Dobbiamo ancora aspettare per l'ingresso della principessa? 》

《 Chiudi la bocca, Nott. 》gli disse facendo un piccolo inchino.《 A chi cattura per primo il boccino. 》

Salire sulla scopa, sentire il vento sul viso e tra i capelli, carezze di primavera che sembravano lenire i graffi sul cuore.

Asciugò un rivolo di sudore dalla fronte, mentre Theodore si avvicinava per disarcionarlo, un colpo di braccia per cambiare la traiettoria della sua corsa.

Quando vide il boccino alla spalle di Blaise, Draco impugnò di nuovo il manico e si fiondò nella direzione da cui proveniva il bagliore dorato: le spalle portate in avanti, un braccio teso, la mano quasi stretta attorno alla sua vittoria, poi gli comparvero davanti agli occhi gli spalti del campo da Quidditch di Hogwarts, l'inverno e le sciarpe che si agitavano per aria, la sua voce: ti prego, perdi. Fallo per me.

Strinse gli occhi per mandare via l'immagine del viso di Hermione e del suo sguardo confuso in un misto di speranza e sconforto, poi Blaise lo urtò e lui si lasciò precipitare, quasi con la speranza di un trauma cranico che gliela cancellasse dalla testa, ma quando toccò il suolo non provò il dolore della caduta: i due amici lo guardavano dall'alto con un'espressione preoccupata, poi gli corsero accanto.

《 Tutto bene? 》gli chiese Theo.

《 Ma dico? Stai cercando un modo per ucciderti? Potevi farti male. 》

Draco sorrise appena, poi strinse la mano di Blaise e si lasciò aiutare a rialzarsi.《 No, mi hai urtato tu e non ho fatto in tempo a stringere la presa. 》

《 No, davvero, perché se proprio vuoi morire basta dirlo: un Avada dritto in mezzo agli occhi e via. 》

《 Blaise ti ho detto che non voglio morire, tranquillo. E nel caso mi venisse in mente di farlo, sappi che darò l'onore a te. 》

《 Sei il solito cretino, Malfoy. 》

Blaise Zabini era sempre stato uno di quelli che avevano provato a storpiargli il nome con dei ridicoli abbreviativi e soltanto nelle occasioni in cui era davvero arrabbiato lo chiamava con il suo cognome, perciò Draco fece un passo indietro e alzò le mani in segno di resa.《 Tu mi vuoi troppo bene. 》

《 Per niente. 》poi, Blaise portò le mani dietro alla nuca e cominciò a stringere leggermente la pelle nel solito gesto nervoso.《 Mi chiedevo se, beh… è da un po' che sei solo e, sai, insomma, ti andrebbe di incontrare una persona? 》

《 Hai aperto un'agenzia matrimoniale? 》

Blaise rise e stette al gioco.《 La Zabini Wedding, per lei signor Malfoy che è lo scapolo più narcisista e pretenzioso, quello con meno possibilità di poter trovare una donna che lo sopporti. In più, adoro le sfide, lo sai. 》

《 Nessun appuntamento al buio. 》

《 Annoto immediatamente. 》

《 Nessuna serata romantica, fiori o altro. 》

《 Prendo nota. 》

《 Non da soli: dovrete esserci anche voi. 》

《 Questo non è possibile. 》

《 E perché mai, di grazia? 》

《 Come pensi di conquistare una donna se nei paraggi ci sono io? 》chiese Blaise indicandosi con il palmo aperto, dal basso verso l'alto.

《 Infatti io non ho bisogno di conquistare nessuno. 》

《 Partiamo male. 》

《 Deve essere lei a conquistare me, no? Sono o non sono lo scapolo più narcisista e pretenzioso? 》

《 Vedrò cosa possa fare. C'è altro? 》

《 No, può andare. Le firmerò un assegno appena sarò di nuovo presentabile. 》

《 Quindi mai. Giusto, signor Malfoy? 》

Theo, nel frattempo, era rimasto in silenzio a guardare quella scenetta, le frasi che lui e Daphne si erano scambiati a riguardo della solitudine di Draco e del suo ostinarsi a non andare avanti.《 Però è vero, dovresti rifarti una vita. In fondo, la Granger è andata avanti, no? Perché non dovresti farlo anche tu… 》

Draco aveva alzato lo sguardo su di lui, lo guardò come se avesse dimenticato che ci fosse anche Theo con lui e Blaise.《 Io sono andato avanti con la mia vita: ho lasciato il Manor, ho un lavoro. 》

《 Ma non ami più. 》

《 Questo non è vero. 》

《 Se lo dici tu. 》

《 Hai qualche dubbio a riguardo, Nott? 》

《 Sì e non sono l'unico. 》

《 Bene. Tu e gli altri che la pensano come te vi ricrederete presto. 》

《 Ci conto, eh. 》

《 Facciamo così: se entro un mese la persona che mi presenterà Blaise mi farà capitolare avrò vinto io e, nel caso contrario, avrete vinto voi. 》

《 E quale sarebbe il premio? 》

《 Da decidere a data da destinarsi. 》

《 Un mese, Malfoy. 》

《 Un mese. 》



~•~

Edimburgo aveva un fascino medievale, respiri di vento fresco e strade antiche su cui poggiare piedi e pensieri.

Hermione camminava con il naso per aria e le mani nelle tasche, gli 0cchi pronti a riempirsi di quei dettagli isoterici di passato e storia.

Quando aveva deciso di andare in Scozia, di voler qualche giorno per stare da sola, Gale le aveva sorriso.《 Stai facendo la cosa giusta 》le aveva detto e lei aveva annuito.

Lontana da Londra, lontana da casa, Hermione si era sentita smarrita come nei primi giorni in Francia, divisa tra la voglia di tornare indietro e quella di non farlo mai più. 

Tentennò un po' sull'uscio di casa, ma, quando sua madre la strinse, capì di aver preso la decisione giusta.《 Dov'è papà? 》

《 A Glasgow per una commissione. Entra, ti ho preparato il tè. 》

Hermione si sedette su uno sgabello, osservò con attenzione la nuova casa dei suoi genitori.《 Come stai, mamma? 》

《 Molto bene, tesoro. E tu? Cosa ti porta qui? 》

Sorrise.《 Sto frequentando una persona. 》

《 E ti piace? 》

《 Molto. 》

《 C'è un ma, vero? 》

《 No, non credo. 》

《 Quando ti andrà di parlarne, sai dove trovarmi. 》

《 Grazie. 》nascose il viso dietro la tazza da tè e ne bevve un sorso, poi si allontanò dalla cucina e avviò il pc.

Tra le mail compariva una di Johanna Fallen in cui era richiesta la sua presenza ad una cena di gala dedicata agli scrittori emergenti e Hermione confermò la sua presenza con la stessa voglia con cui avrebbe affrontato un'altra guerra.

Gli occhiali riflettevano le parole che stava scrivendo, le iridi che si riempivano di lacrime ogni volta che ripensava al pomeriggio trascorso in compagnia di Aria e Blaise: la domanda di Ginny e la risposta che ne era seguita martellavano nelle tempie come fossero martelli pneumatici pronti a ridurre a brandelli quella corazza di indifferenza che già dal primo istante dava segni di cedimento, fino a crollare miseramente di fronte ad una realtà che lei aveva solo immaginato, perché credere che Draco fosse riuscito ad andare avanti e che, alla fine, avesse sposato Astoria era un pensiero che lei aveva maturato per non cedere al desiderio di tornare a Londra e ricominciare tutto da dove l'avevano lasciato; averne la certezza, però, era tutt'altra cosa, un buco nel petto che non sapeva spiegare e, anche se Blaise non l'aveva detto esplicitamente, lei aveva capito che le cose per Draco avevano cominciato a girare nel modo giusto nel momento in cui si era allontanato.

Il tramonto domenicale di Edimburgo raccontava un romanticismo di un'altra epoca, di donne in abiti eleganti e uomini in frac, di carrozze trainate dai cavalli  e baciamani timidi. 

Hermione aveva i gomiti poggiati sulla ringhiera del piccolo balcone fiorito, mentre sua madre dava le spalle al sole.

La donna sospirò.《 Da quando porti gli occhiali? 》

《 Da un po'. 》

《 Problemi alla vista? 》

Lei scosse il capo.《 È una sorta di difesa, come se io fossi dentro e tutto il resto del mondo fosse fuori... e mi sento come se ci fosse una barriera che mi protegge da tutto quello che succede. 》

《 O da quello che ti ostini a vedere, o sbaglio? 》

《 Forse no. 》

《 Sai, bambina, la vita è una cosa strana. Quando ti accade di vedere il posto dove saresti salvo, sei sempre li che lo guardi da fuori. Non ci sei mai dentro. E’ il tuo posto, ma tu non ci sei mai. 》

Per un motivo che Hermione non capiva, sua madre continuava a chiederle perché fosse triste e lei avrebbe voluto spiegarle che c’entrava piuttosto qualcosa tipo la felicità, tipo la devastante esperienza di averla vista, vissuta e persa di colpo, ma continuò a restare in silenzio.

Si perse in quel crepuscolo di malinconia fino a che la voce della sua mamma non la riportò alla realtà. 

《 Ho letto il tuo libro e sono molto arrabbiata con te, per due motivi. Il primo è che hai vissuto tutto quel dolore da sola, non dando a noi né modo né occasione per poterti aiutare… 》

《 L'ho fatto per proteggervi. 》

《 Il secondo 》continuò l'altra come se non l'avesse sentita.《 è che un amore così grande non si lascia andare via così. 》

《 Quella non è la mia storia. 》

《 Hermione, puoi prendere in giro chiunque, ma non me. Ti ringrazio per averci protetto, tenuti lontano dal pericolo… 》

《 Ma? 》

《 Ma io vorrei davvero che tu fossi felice. 》

《 Ci sto provando. 》

La donna annuì leggermente, senza smettere di accarezzarle la schiena. 《 Credo che i tuoi gatti abbiano fame, ragazza di fango.

《 Mamma… 》

《 Sì. 》

《 E se io avessi sprecato la possibilità di essere di nuovo felice? 》

《 Ne sei sicura? 》

Hermione non rispose: tenne un attimo per sé il pensiero di poter aver sbagliato, la speranza che non tutto fosse perso.《 Io credo che… non lo so. 》

《 E non potrai mai saperlo se resti ferma: la strada si scopre camminando. 》

《 Come si fa? 》

《 Hai due possibilità: dare a te stessa il tempo di innamorarti di questa persona e, attenta, non è detto che accada. Oppure, fare chiarezza e mettere a tacere i tuoi dubbi. 》

《 Come? 》

《 Parlando con chi ti ha dato e tolto la felicità. 》

Hermione distolse lo sguardo e capì che quegli stupidi occhiali da vista non erano affatto una barriera, che non la proteggevano da niente e non nascondevano i suoi sentimenti.《 Questo non è possibile. 》

《 Perché? È una persona che non c'è più? 》

《 No, lui è vivo. 》

《 Solo tu sai quello che stai provando… 》

《 Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo. 》

《 Ti riferisci a quel Natale? 》

《 Sì. 》

《 Saprai cosa fare, figlia mia. 》

La sera giunse silenziosa, mentre Grattastinchi e Draher la coccolavano con le loro fusa e, ancora una volta, Hermione si rese conto di quanto fosse ancora potente la presenza di Draco nella sua vita, nelle piccole cose a cui lei non voleva dar peso.

Prese il cellulare, compose il numero di Ginny e al terzo squillo fu tentata di chiudere la telefonata, ma quando dall'altra parte del telefono la voce rispose, Hermione coprì la bocca con la mano per nascondere il pianto.

《 Herm? Ehi… Hermione? 》

Non riusciva ad emettere un suono che non fosse un singulto soffocato, spezzato, figlio bastardo dell'anima lacerata che si portava dentro.《 I- io… 》

《 Dimmi dove sei, arrivo subito. 》

《 Mamma. 》

Passò qualche minuto prima che Ginny riuscisse a raggiungerla, poi entrambe si smaterializzarono su un lungo pontile di legno.

Ginny lasciò ondeggiare i capelli nel vuoto e Hermione la imitò, senza dire una parola, fino a quando il silenzio non cominciò a pesare.

《 Cosa vuoi sapere? 》

《 Nulla che non sappia già, Gin. 》

《 E cosa sai? 》

《 Che sta bene. 》

《 Solo perché lo ha detto Blaise? 》

《 È il suo migliore amico. 》

《 Anche io direi a Malfoy che stai bene se qualcuno chiedesse di te. 》

《 È diverso. 》

《 È uguale, invece. 》

《 Nessuno lo ha obbligato a sposarsi. 》

《 Infatti non lo è. 》

《 Ma, come? 》

《 Una volta ti ha detto che non l'avrebbe sposata perché non lo voleva o almeno così mi pare di ricordare. Me lo hai raccontato tu, vero? 》

《 Sì. 》

《 Da quello che ne so, Draco ha sempre mantenuto le sue promesse. 》

《 Non è vero. 》

《 Ah, no? 》

《 Ero convinta che lui e Astoria… non lo sapevo. 》

《 Ci sono tante cose che non sai di lui. 》

《 Per esempio? 》

《 Non spetta a me raccontarle. E poi, tu stai con Gale, ti fa stare bene, no? 》

《 Sì. 》un soffio di voce, un misto di bugie e verità che le graffiò la gola.

《 E allora perché t'importa ancora di Draco Malfoy? 》

Hermione ingoiò risposte che non le piacevano e lacrime, Ginny si voltò a guardarla e a stringerle la mano.

《 Mi dispiace, Herm, non volevo aggredirti, però io non ti capisco, dico davvero: perché ti ostini a restare dove sei se quello che vuoi è da un'altra parte? 》

《 Non ho mai detto di volerlo ancora. 》

《 E non serve che tu lo dica. 》

《 Sto bene con Gale. 》

《 Tanto da riuscire a non pensare a lui? 》

《 È ancora presto per dirlo. 》

《 Questo povero ragazzo non può fare da cavia ai tuoi esperimenti per dimenticare Malfoy. 》

《 Lui lo sa. 》Hermione si girò a guardare l'acqua del lago, del suo riflesso increspato dal vento che le deformava il viso così come lei sentiva deformare il cuore.《 Non posso tornare da Draco. 》

《 Allora fai quanto meno male possibile a te e a Gale. 》

《 Sì. 》




Angolo Autrice: 

Eccomi, sono tornata con questo capitolo piccolino piccolino, ma spero che vi piaccia lo stesso.



A presto.










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Capitolo 8
*** Appuntamenti. ***


Appuntamenti.

Kelly Burton era di una bellezza disarmante, quasi irreale: aveva i capelli mossi, un paio di  occhi azzurro cristallo e la bocca carnosa che doveva essere molto più peccaminosa di quello che sembrava.

L'aveva vista da fuori il locale, un sorriso che esplodeva sul viso e la mano che cadeva sul tavolo.

Aria glielo aveva detto:《 È molto bella, credimi. E tu non sei obbligato ad uscire con lei, non per una stupida scommessa che hai fatto con Blaise e Theo. 》

《 È prima di tutto una scommessa con me stesso. 》

《 Non so se augurarti di vincerla o meno, allora 》aveva concluso con un sorriso.

Kelly adesso stava annuendo e lui si chiese quale domanda avesse preceduto quella risposta.

Blaise aveva alzato una mano per fargli segno di entrare, per fargli capire che aveva notato la sua presenza e aprì la porta della sala da tè.《 Sai che non è educato far aspettare una donna? 》

《 Sai che sono un Auror e non posso dire a un criminale di farsi arrestare in fretta perché ho un appuntamento? 》

《 Sta zitto. Entra e non farmi fare brutte figure. 》

Draco sorrise e ricordò le volte in cui sua madre lo raccomandava prima di una cena importante, poi tese la mano a Kelly e si presentò.

《 Beh 》disse lei dopo un po'.《 Aria mi aveva già parlato di voi due e mi aveva avvisata che eravate due persone speciali per lei. 》

《 Quindi ti ha detto tutto? 》

《Oh, sì. Mi ha raccontato che tu e Blaise siete amici d'infanzia e ne avete passate di tutti i colori. È difficile trovare amicizie durature come la vostra. 》

《 Sì, si può dire che siamo cresciuti insieme… 》

《 Di cosa ti occupi, Draco? 》

《 Di sicurezza internazionale. Un lavoro che mi nega un bel po' di tempo libero. 》

《 Adesso ne hai, giusto? 》

《 Abbastanza. 》

《 Ti va una passeggiata? 》

《 Certo, perché no. 》le porse il braccio e Kelly poggiò la mano sottile nella piega del gomito e lui sussultò, poi si girò a guardare Blaise e gli sorrise.

L'amico gli fece capire che al suo rientro ne avrebbero parlato, poi li salutò.

《 Allora… Aria mi ha detto che vivi da poco in zona. 》

《 Sì. 》

《 E prima? 》

《 Vivevo con i miei genitori, in Scozia. 》

《 Cercavi la tua indipendenza? 》

《 No, più che altro cercavo di allontanarmi da un posto che non mi piaceva. 》

Draco aveva promesso di non raccontare bugie, ma sapeva di non poter dire la verità sulla sua vita sul suo passato.

《 E quel tatuaggio? Ha un significato particolare? 》

《 Serviva a coprirne uno molto brutto fatto da ragazzino. 》

《 Mi piacciono le sagome distanti e le ombre che si abbracciano. 》

《 Grazie. 》

《 Mi pare di capire che il tuo concetto d'amore consista nell'idea che i corpi possano allontanarsi ma i cuori no. 》

《 Sì, più o meno. 》

《 E il tuo cuore è vicino a quello di qualcun'altra adesso? 》

Draco restò per un po' in silenzio per metabolizzare la domanda o, forse, per costruire sul viso la maschera che indossava ogni volta che qualcuno che non fossero i suoi amici gli chiedeva delucidazioni sulla sua vita amorosa. Poi si lasciò disegnare sul viso un sorrise triste.《 No, in questo momento no. 》

Forse, erano le parole più vicine alla verità che avesse mai detto perché non era solo il cuore a stare altrove. Continuò a tenere sul viso il sorriso, poi riprese a camminare lentamente.

Kelly lo seguì con lo sguardo perso in avanti e le braccia incrociate al petto.《 Un giorno mi piacerebbe leggere il tuo futuro. 》

《 E perché? 》

《 Non vuoi essere pronto ad affrontare quello che potrebbe succedere? 》

《 No. 》

《 Hai paura? 》

《 Di cosa? 》

《 Del fatto che potrebbe non succedere quello che vuoi. 》

《 Forse sì. O forse non voglio più avere un futuro che già conosco. 》

《 Hai conosciuto qualche altra veggente? 》

《 Non proprio. 》

《 Raccontamelo. 》

《 Niente di che: da bambino sapevo già cosa avrei fatto da ragazzo. 》

《 Non ti è piaciuto? 》

Draco scosse la testa.《 Per niente. Mi sarebbe piaciuto poter scegliere. 》

《 Stai ancora percorrendo quella strada? 》

《 Oh, no. 》

《 Allora hai scelto, non credi? 》

《 Troppo tardi, ma sì. 》

Il tramonto aveva colorato d'arancio il vialetto su cui entrambi stavano camminando piano, poi Kelly si voltò a guardarlo.

In quell'attimo -occhi azzurri e sorriso dolce- Draco si sentì perso e abbassò lo sguardo sulle sue scarpe. 

《 Ti chiederei di entrare, ma non sono quel tipo di persona. 》

《 Va bene così. 》

《 Credi che ci rivedremo ancora? 》

《 Mi farebbe piacere. 》

《 Beh, allora a presto, Draco. 》

《 Giovedì, a cena? 》

《 Sarebbe perfetto. 》

Quando si allontanò dalla casa di Kelly, si rese conto di essere sulla strada che portava all'Hyde Park e imboccò il vialetto con la confusione nella mente e il battito del cuore appena accelerato.

Si sentì improvvisamente stanco, sfibrato.

Consumato da un sentimento che lo stava logorando dall'interno: se lo stava mangiando vivo il ricordo di quei baci, di quell'unica notte in cui lei aveva abbassato le difese e si era lasciata andare.

Il vuoto nel petto, una collana tra le mani.

Non poteva andare avanti così, lo sapeva 

bene, eppure c'era qualcosa che gli impediva di chiudere definitivamente con il passato e di fare un passo avanti per valicare la linea immaginaria dell'oltre.

Quando rientrò nel suo appartamento, Draco si inginocchiò di fronte ad una scatola di cartone in cui teneva conservati un mantello nero e la maschera da Mangiamorte: la guardò a lungo, mentre riafforavano i sensi di colpa per il male che aveva causato durante la Guerra Magica, prima di voltarsi dalla parte del bene e posò gli occhi sul tatuaggio che copriva il Marchio Nero, mentre le parole di Kelly si facevano spazio nella sua mente.

In quelle sagome lontane e in quelle ombre unite lui continuava a trovare parole che parlavano di lei e che non aveva mai avuto il coraggio di pronunciare.

《 Avrei una privacy anche io, sai? 》disse quando sentì il rumore di una smaterializzazione.

《 Dice colui che entra in casa mia quando gli pare e piace. 》

《 Cos'è successo adesso? 》

《 Oh, niente… ma sai, dato che ti occupi di sicurezza internazionale, mi sembrava giusto farti sapere che abbiamo un problema in Scozia. 》

《 Cosa c'entra la Scozia? 》

《 Da fonti certe so che Potter doveva svolgere una missione da quelle parti. 》

《 Ah, sì? 》

《 Sì. In pratica si tratta di un mostro che si è impossessato del corpo di una ragazza. O, forse, sono due… non ricordo bene. 》

《 Due ragazze? 》

《 No, due mostri. Si chiamano gelosia e orgoglio. 》

《 E credi mi interessi, Blaise? 》

《 Sì, ne sono convinto. A meno che Kelly non ti abbia già conquistato. 》

Ma Draco lo sapeva. Sapeva che, a volte, si poteva essere in grado di combattere contro il peggior nemico riuscendo anche a vincere e, allora stesso tempo, essere incapaci di guardarsi nello specchio e lottare contro i propri demoni.

Lo sapeva che si poteva far finta di non avere ombre dentro, nessun mostro per poi trovarsi buchi immensi tra le ossa e la pelle.《 Quei mostri se li porta dentro da sempre, lo sai anche tu. 》

《 Crede che tu sia sposato con Astoria. 》

《 Che stupida! Gliel'ho detto che non lo avrei fatto. 》

《 Quante promesse hai fatto che non hai mantenuto? 》

《 Le ho mantenute tutte: non le ho fatto pesare la mia presenza, non mi sono mai avvicinato senza che fosse lei per prima a fare un passo verso di me. 》

《 Hai lasciato la scuola, sei diventato un Auror… queste sono promesse che hai fatto a te stesso. 》

《 Non ho sposato Astoria. 》

《 Io lo so, ma la Granger ne è convinta. 》




Quando scosse la testa, i capelli gli coprirono gli occhi e lui li lasciò liberi, tende di difesa dietro cui si nascondeva per non vedere più quello che aveva perso.《 Sta zitto, per favore.  E comunque non posso farci niente. 》

《 Sai che hai iniziato tu, vero? 》

《 Cosa? 》

《 Non ha mai baciato Dean Thomas e tu l'hai trattata come se fosse stata la peggiore delle puttane. 》

《 A che gioco stai giocando, Blaise? Prima mi fai da agente matrimoniale e ora mi parli di lei. 》

《 Tu te ne sei andato. 》

《 E Hermione non mi ha mai cercato. 》

Il suo nome sputato dalle labbra, il maremoto che gli si era scatenato dentro, il pugno che aveva dato al pavimento, Draco si crepò di verità che non aveva mai ammesso.

Blaise rimase in silenzio, masticando le parole che sembravano appese alle corde vocali e scendevano nello stomaco.《 Tra una settimana chiederò ad Aria di sposarmi. Vorrei che mi facessi da testimone. 》

《 Hai paura che ti lanci addosso il suo tè? 》

《 Intendo testimone di nozze. 》

《 Sono già sull'altare. 》

《 Giuralo. 》

《 Perché dovrei? 》

《 Tu giuralo e basta. 》

《 D'accordo. 》

《 No, non hai capito. Devi dire: "lo giuro". 》

《 Lo giuro. Ora vuoi spiegarmi perché tutto questo teatrino? 》

《 Devo dirti una cosa che non ti ho mai detto. 》

《 Di sicuro non ti sentirò dire che ti piacciono gli uomini. 》

《 Questo mai. 》

《 Allora? 》

《 Si tratta della festa… 》

《 Non sei capace di organizzarne una? 》

《 Le festa dei diplomi a Hogwarts. Hai qualcosa da bere? Qualcosa di veramente forte? 》

Draco appellò una bottiglia di Whisky Incendiario e due bicchieri, poi allontanò la scatola di cartone e stese le gambe sul pavimento.《 Sono pronto. 》

《 Tu sei andato via prima del discorso, giusto? 》

《 Sì. 》

《 Beh, dopo la McGranitt è toccato alla Granger. 》

《 E chi, altrimenti? 》

《 Sì. Alla fine lei, insomma, ha abbracciato Aria e poi... oh, Salazar, è così difficile… 》

《 Dillo a parole tue, ce la puoi fare. 》

《 Ha cercato te. 》

《 E allora? 》lo sguardo impassibile, il viso di marmo e dentro marasma di rabbia e sentimenti che Draco fu bravo a nascondere, perché Blaise non gli mise una mano sulla spalla per consolarlo né gli sorrise per rendere più comoda l'alcova di quel dolore.

Blaise lo guardava con occhi e bocca spalancata.《 Ma come allora? 》

 Forse, si era aspettato una reazione diversa o, forse, aveva creduto di dover rispondere ad una raffica di domande per cui aveva già preparato le risposte. Proprio per questo motivo,  continuò a guardarlo.

Draco si alzò dal pavimento facendo forza sulle ginocchia e lo lasciò da solo, una scatola davanti e confusione tutt'intorno.

In quel silenzio solitario, Blaise si maledisse e si chiese come sarebbero andate le cose se soltanto glielo avesse detto.

Se gli avesse detto che aveva visto gli occhi di Hermione spaccarsi e riempirsi di lacrime, il movimento rigido della testa quando aveva annuito e il sorriso tirato a stonare su quel viso che era una maschera quasi ridotta in polvere e non somigliava per niente a quella tenace e orgogliosa che lei aveva sempre indossato.

Quando tornò, Draco si sedette accanto a lui e gli sistemò davanti un libro, una collana e una cravatta rosso e oro.《 Questo è tutto quello che ho. Da qui 》 disse indicando il pezzo di stoffa.《 è cominciato tutto e qui… 》 mise un dito sul ciondolo a forma di cuore, accarezzandolo in punta di dita.《 Con questo mi ha ucciso. E, in questo libro… in questo libro è scritto tutto, nero su bianco. Tornare indietro sarebbe uno sbaglio. Non sarebbe giusto.

《 E cosa lo è mai stato? 》

《 Giovedì uscirò di nuovo con Kelly. 》

《 Spero tu stia facendo la cosa giusta. 》

《 Lo spero anche io. 》

Nella solitudine del suo appartamento, Draco si concesse il silenzio nella mente e nel cuore, mentre stringeva tra le mani la maschera da Mangiamorte: mancava solo qualche giorno, il tempo di sistemare qualche pratica burocratica al Ministero e poi avrebbe finalmente arrestato Lucius.

E sarebbe stato libero dal passato, dalle ombre e dagli errori che aveva commesso quando aveva ancora voglia di non deludere suo padre.

Sarebbe stato Draco Malfoy e basta.

Il desiderio di cancellare il suo secondo nome era nato nel momento in cui si era reso conto di non essere più legato ai fili con cui lo avevano reso una marionetta nelle mani del Signore Oscuro, dalla voglia di avere quanto meno possibile in comune con l'uomo che gli aveva insegnato a vivere con ideali stupidi e privi di fondamenta: bastava il cognome a legarli e pesava già troppo.

Versò altro Whisky nel bicchiere e lo bevve tutto d'un fiato.

La gola gli bruciò terribilmente e lui chiuse gli occhi: sentì l'esofago ardere, come tutto l'amore che si portava dentro, sentimenti piegati su se stessi per non occupare troppo spazio ed essere chiusi comodamente nell'angolo più nascosto del suo cuore.

Avvertì il bisogno urgente di parlare con qualcuno, di avere almeno una certezza a cui aggrapparsi, perciò avviò la telefonata e attese che Kelly rispondesse al telefono. 

《 Ti manco già? 》

《 Ho cambiato idea. 》

《 Non vuoi più cenare con me? 》

《 No, io vorrei... vorrei sapere cosa succederà. 》

《 Quando vuoi. 》

《 Adesso. 》

《 Dovrai accontentarti di un'insalata e qualche buon bicchiere di vino. 》



《 Possiamo dire che questo è il nostro primo appuntamento, non credi? 》gli chiese Kelly, un sorriso ad accoglierlo e la mano che gli dava il permesso di entrare.

《 Assolutamente sì. 》

《 Preferisci cenare prima? 》

《 Ovviamente: non vorrei rovinarmi l'appetito nel caso di cattive notizie. 》

《 Non ce ne saranno, vedrai. 》

Seduti al tavolo, Draco e Kelly parlarono di argomenti leggeri, fermandosi sempre un attimo prima di porre domande troppo personali.

Si sorrisero spesso e, a volte, Draco si chiedeva se la donna che aveva di fronte sarebbe stata capace di prendere il posto di Hermione e di cancellargli il suo odore dai polmoni, il disegno del suo viso dal retro delle pupille.

Se fosse mai riuscita a prendere il suo posto.

《 Sei pronto? 》gli chiese mescolando le carte con elegante maestria.

《 Sì. 》

《 Allora, sistemate così ogni riga parlano del passato, il secondo del presente e il terzo del futuro. 》e sistemò tre carte sulla prima fila, cinque sulla seconda e sette sulla terza, poi ne prese tre da quelle che ancora teneva in mano e le sistemò all'angolo del tavolo. 

《 Allora? 》

《 Mh. Hai avuto un passato un po' burrascoso: si vede dai colori vedi? Le prime due carte sono scure, c'è un numero dispari che rappresenta l'insicurezza, la fragilità. La figura maschile mi fa capire che, forse, è stato un uomo a renderti la vita difficile e poi c'è una donna di fiori. Probabilmente è una persona che ti ha lasciato un grande vuoto.》 Kelly faceva scorrere le dita sulle carte, indicandole una a una e spiegandogli il significato.《 Il presente va meglio: come puoi vedere anche tu, le carte sono quasi tutte rosse ed è un bene e ci sono due donne, una di cuori e una di quadri. Vicino alla donna di cuori c'è un asso e un cinque, il che significa che questa risveglia e allo stesso tempo calma la tua irrazionalità. 》

《 E l'altra? 》

《 È una figura che sarà importante, ma che non troverai nel futuro. Vedi? Qui c'è un altro cinque e questa carta annulla i poteri o pone un punto. 》

《 E l'ultima riga? 》

~•~

Era trascorsa una settimana da quando Ginny l'aveva raggiunta a Edimburgo.

Una settimana in cui aveva risposto a un paio di telefonate di Gale e gli aveva detto che sarebbe tornata presto.《 Aspettami, ti prego. Va tutto bene. 》ma non era vero.

Non era vero perché si sentiva spaccata dentro, in crepe di fragilità e timore, di consapevolezze e dubbi; perché respirare di indecisione era difficile ed ogni sospiro sembrava chiedere un'apertura di polmoni maggiore, ho bisogno di aria, fammi respirare.

Non era vero perché i giorni passavano, eppure a lei sembrava che il tempo si fosse fermato ad una settimana prima, quando era stesa su un pontile di legno con i capelli che dondolavano a filo d'acqua, la mente in subbuglio e il cuore imbavagliato.

Una settimana in cui le era sembrato di aver perso la cognizione del tempo e dello spazio e la voce dei suoi genitori non sembrava più miele colato, le loro parole centravano il punto dolente come frecce che miravano al bersaglio.

Una settimana in cui Hermione aveva pianto e ingoiato tutte le certezze che aveva tenuto in piedi durante gli anni in Francia, castelli di sabbia che però le avevano tenuto i piedi ben saldi al suolo e le avevano impedito di salire sul primo aereo o di smaterializzarsi e tornare in Inghilterra, bussare alla sua porta e chiedergli perché fosse andato via quella notte.

Nonostante cercasse continuamente di negarlo, Draco Malfoy le aveva occupato uno spazio smisurato dentro, mentre lei si premurava sempre di pensare che quell'immenso fosse soltanto un piccolo angolo.

E, nei suoi pensieri, i capelli di filigrana e il mare quieto di quegli occhi continuavano a disegnarsi sul viso di Gale, fino a renderlo un'altra persona.

《 Cosa vuoi sapere? 》le aveva chiesto Harry.

Hermione era rimasta in silenzio, tacendo le domande e disintegrando le illusioni che da una settimana sembravano radicarsi sempre più in profondità nei nervi e nei muscoli.

Radici forti che non lasciavano terra da cui sradicare poterle. Fiori di gelosia e sollievo che si mescolavano petali e colori, fuochi inesplosi che giacevano in fondo allo stomaco.

Aveva legato i capelli e si era seduta sul bordo del letto.《 Tutto. 》

《 Perché lo chiedi a me? 》

《 Come sta, secondo te? 》

《 Non so dirtelo. Sai com'è, no? Non si espone mai. 》

Sì, era vero: Draco non si esponeva quasi mai e camminava nel mondo come se fosse l'unico ad abitarlo.

Le spalle dritte e il mento alto perché, se anche ci fosse stato qualcuno di fronte, a lui non sarebbe importato e si sarebbe finto intoccabile, inscalfibile mentre si chiudeva dentro dolori, rabbia, tutto.

Solo lei sapeva che, quando era nervoso, Draco stringeva i pugni e si premeva le unghie nel palmo o inclinava leggermente la testa di lato, movimento fluido di tendini che gli stiravano il collo; e i suoi occhi che, in un solo battito di ciglia, potevano diventare laghi di ghiaccio che non lasciavano intravedere nulla che non fosse il loro colore. 

E lei… lei era rimasta imbrigliata in quel gelo, prigioniera di acque trasparenti dentro cui aveva mosso i primi passi ed era annegata consapevolmente: aveva allargato le braccia, si era lasciata sprofondare senza opporre resistenza, senza provare mai a restare a galla.

Però, adesso, doveva trovare il modo di uscirne, di liberarsi da quelle spire di ricordi e si chiese perché era stata capace di cancellare anni e anni di offese e insulti ma non riusciva a dimenticare pochi mesi d'amore; perché lui che sembrava sempre essere fermo sulla superficie, era riuscito a scavarla tanto in profondità senza che lei nemmeno se ne accorgesse.

《 Sì, lo so 》aveva ammesso.

《 Poi, non lo vedo da un po' 》Harry si era chiesto tante volte se fosse stato giusto parlarle, dirle quante cose fossero cambiate in quegli anni.

Non lo faceva mai: rispondeva vago, non ammetteva e non negava.

E non gli avrebbe detto che Draco Malfoy era diventato un Auror, che presto avrebbe arrestato il suo stesso padre, né che aveva usato la Giratempo per trovarla ancora nei suoi giorni.

《 Riportami a casa, Harry. Ti prego.

Harry si avvicinò a lei e la chiuse in un abbraccio, il suo viso poggiato sul petto, le dita a muoversi  in quella massa di capelli che erano cresciuti troppo, a imbrigliarsi nei ricci dietro cui Hermione era solita nascondersi.

Se la tenne così, sul cuore, a coccolarla con parole che non avevano bisogno di essere pronunciate, con la promessa che lui ci sarebbe stato sempre.

《 Cosa vuoi fare? 》le chiese e abbassò un po' il mento verso il viso di lei, senza mai smettere di accarezzarla.

Le avrebbe chiesto di ballare, come quella notte durante la ricerca degli Horcrux, in quel tempo di solitudine e paura in cui la radio faceva loro una compagnia gracchiante e bassa.

L'unico modo che avevano per sentirsi parte di un mondo a cui non erano mai realmente appartenuti: una vita normale, un'amicizia che non metteva in pericolo nessuno dei due.

《 Andare avanti 》Hermione rispose con la voce soffocata sulla spalla dell'amico, un tono basso e debole che però sembrava sfidare chiunque a dire che lei, proprio lei, non ce l'avrebbe fatta.

《 Andrà tutto bene. 》

《 Lo so. 》

Harry le diede il tempo di salutare, poi la strinse in un abbraccio che le sembrò diventasse parole dolci e lei si lasciò smaterializzare nella sua casa in Inghilterra.

Gale aveva bussato alla sua porta qualche minuto dopo aver ricevuto un suo messaggio.

Aveva capito dal primo momento che stare con Hermione non sarebbe stato facile:  aveva visto buchi d'anima che il ricordo di quell'amore le aveva lasciato addosso, come tarme di antico mobile prezioso e invecchiato e, forse, era stato proprio questo a spingerlo ad avvicinarsi, a fingersi esperto di legno.

《 Come stai? 》le aveva chiesto, lasciandole un bacio sulla guancia.

Non si era permesso di avvicinarsi alle labbra né di prenderle la mano, perciò era rimasto sorpreso quando Hermione aveva allungato un braccio verso di lui.

《 Facciamo una passeggiata? 》

Gale camminava con il mento alto e gli occhi che guardavano chissà dove, in un silenzio quasi religioso, quasi come avesse paura di poter perdere l'equilibrio precario che aveva raggiunto anche solo con una parola; Hermione si limitava ad inclinare il viso nella sua direzione, chiedendo a se stessa perché non riuscisse ad andare oltre, a lasciarsi andare…

Eppure, lui provava costantemente a riempire i vuoti che lei si portava dentro, a pazientare durante i periodi di letargo e confusione del cuore di Hermione senza mai mostrarsi offeso o provato, senza mai metterle fretta, senza mai una volta per tutte chiederle di fare chiarezza.

Perché Hermione, chiarezza, non poteva farla.

Lei che si dimenava come una forsennata per non cadere nella nostalgia, che ingoiava domande per non avere risposte; lei che aveva camminato orgogliosa tre le mura di Hogwarts, che era partita con la speranza di dimenticare ed era tornata con la consapevolezza di non poterlo fare.

Lei che aveva fatto tutto questo, si sentiva risucchiata dal buio di quel passato che faceva ombra sul presente, come un sipario calato a metà di una scena in un teatro o un film senza finale.

Come se la luce di cui aveva bisogno per fare chiarezza fosse soltanto la fiammella di un cerino già bruciato.

《 Gale… 》lo disse un soffio di voce, quasi come se avesse paura a pronunciarlo troppo forte, troppo deciso.

E la voce le era tremata insieme alle corde vocali e lei non aveva voglia di fermare quel vento che sembrava scuoterla da dentro.

Rimase in attesa, mentre con lo sguardo vagava sulla figura dell'uomo che aveva di fronte: lui non aveva smesso un attimo di guardarla negli occhi, invece lei evitava accuratamente di farlo, trovando interessanti persino i granelli di polline che aleggiava nello spazio vuoto tra lui e lei.

《 Sì? 》

Fu con quella semplice parola che Hermione si riscosse e finalmente alzò gli occhi su di lui, viso teso e mascella dritta, nessuna espressione nei lineamenti.

Hermione calò lentamente le ciglia per nascondersi.《 Mi dispiace, davvero. 》

《 Non devi dispiacerti. È chiaro che tu non sei sicura di quello che senti per me. Solo, vorrei che tu ci provassi davvero a stare insieme. 》

《 Va bene. 》

《 Non puoi scappare al primo dubbio. 》

《 Io non ho dubbi su di te. 》

《 Lo so. Ascolta: da quanto ci frequentiamo? Un paio di mesi? È normale che tu sia spaventata e che ti venga spontaneo fare un paragone tra quello che c'è stato e quello che c'è adesso, ma non puoi stare perennemente in bilico. 》

Hermione calò lo sguardo nella tazza vuota e le venne da sorridere ripensando alle lezioni di Divinazione, quando i fondi di caffè per lei erano niente più che i rimasugli di una bevanda mentre per la professoressa Cooman rappresentavano il destino di una persona.

Si chiese cosa avrebbe visto se avesse li guardati attentamente, se fosse stata capace di affrontare la situazione in maniera diversa e cosa avrebbe fatto se attraverso la sfera di cristallo avesse visto che si sarebbe innamorata di Draco Malfoy.

Gale richiamò la sua attenzione prendendole le mani tra le proprie e lei lo guardò, con il sole a disegnargli il profilo delle spalle e a creare giochi di luci e ombre sul viso.

Il disegno delle vene che sembrò indurirsi appena al suo tocco.

Si tese impercettibilmente, drizzò la schiena come fosse stato scottato da quei polpastrelli delicati.

《 Hai ragione 》gli disse accarezzandogli le dita. 《 e ci proverò. Ci proverò davvero. 》

Però, quando si trovò da sola nella vecchia casa dei suoi genitori, quella che lei aveva riempito di arredi nuovi e dentro cui aveva trascorso ore a decidere i colori delle pareti, Hermione sentì qualcosa grattarle le pupille, bucarle poco o poco, come acqua che non ha più voglia di starsene buona e immobile dietro una diga di cemento.

Come ghiaccio che si crepa lentamente e poi, di botto, ti ingoia senza lasciarti via di scampo.

Non ci badò volontariamente e si asciugò veloce una lacrima agli angoli degli occhi, poi si spogliò di fretta, quasi come per mandare via quel velo di nostalgia che perennemente le copriva le spalle.

Lo lasciò andare via stirando le braccia verso il basso, un movimento che le tese i muscoli della schiena e del collo e lei li sentì irrigidirsi sotto la pelle, così tesi che ad accarezzarli dolcemente rischiava di provare quasi dolore.

Immerse un piede nella vasca e subito dopo l'altro e poi tutto il corpo, coperto dalle bolle del bagnoschiuma alla pesca che da sempre era il suo preferito, quel tocco di vellulata dolcezza che le ricordava le primavere in campagna quando, tra una lezione di equitazione e un panino col tacchino, sua nonna le spazzolava i capelli e li acconciava in due bellissime trecce.

Ripensava sempre poco alla sua infanzia, a sua nonna, eppure, quando lo faceva, i dolori che le urlavano dentro sembravano acquietarsi un poco e le lasciavano modo di ascoltare tutto quello che succedeva al di fuori di se stessa.

Il rumore dell'acqua nella vasca che seguiva i suoi movimenti, il cinguettio degli uccelli al crepuscolo, il frusciare delle foglie al passaggio di un alito di vento.

Il battito del suo cuore, implacabile, incessante. Vivo.

Sprofondò completamente nell'acqua, concentrata solo su quel martellare quasi perfetto, l'eco che le rimbombava nelle orecchie.

I polmoni ancora larghi, pieni d'aria e lei si sorprese a contare i secondi in cui riusciva a stare in apnea. Ventotto, ventinove… trentasette, quarantadue.

Si tirò su provando a inglobare quanto più ossigeno tra bocca e naso, poi si avvolse nell'accappatoio e si gettò di peso ai piedi del letto.

Seguì in punta di dita la trama morbida del tappeto, le curve astratte dei disegni che lei immaginava. 

Riusciva ancora a sentire la scia dell'odore dell'Amortentia che aveva preparato qualche tempo prima.

Un profumo che si era quasi dissolto, eppure non spariva mai del tutto, proprio come lui che le era rimasto dentro, seduto a gambe divaricate e la sua aria da strafottente, con l'arroganza che gli permetteva di camminare come se fosse l'unico essere umano degno di calpestare il suolo terrestre.

Hermione scosse la testa per mandare via, per l'ennesima volta, il ricordo di Draco che andava da lei senza averne il permesso. 

《 Basta. Basta così 》se lo disse con rabbia, in una cantilena ripetitiva che l'ammoniva decisa ogni volta che lei si sentiva cedere, che avvertiva il bisogno di lasciarsi andare e sprofondare nel passato come pochi minuti prima era sprofondata nella vasca da bagno.

《 Basta così. 》

Angolo Autrice:

Sono sparita, lo so. Perdonatemi.

È un periodo un po' incasinato tra lavoro e casa e questo capitolo non voleva proprio saperne di venire giù. 

Ma eccolo e spero che vi piaccia.

A presto.

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Capitolo 9
*** Di ricordi ed emozioni ***


Di ricordi ed emozioni 

《 Hermione, aspetta.

《 Tu non puoi, non devi chiamarmi con il mio nome. 》

《 Perchè? 》

《 Tu non… non puoi. 》

《 Ma perché?

《 Perché io non voglio che tu lo faccia. 》

Draco ricordava quell'episodio, perciò aveva cominciato a correre fino alla Foresta Proibita.

Il mantello gli creava impiccio, eppure lui sembrava non sentire la stoffa che si impigliava nei suoi stessi passi e si incollava al viso in una perfetta maschera di seta.

Si fermò un attimo a riprendere fiato, le mani sulle ginocchia, i capelli a sfiorargli le ciglia.

La vide arrivare correndo e, nonostante lei non potesse vederlo, Draco si nascose dietro un albero.

Hermione si inginocchiò al suolo, un braccio teso e palmo aperto sulla corteccia di un albero per non crollare del tutto, il respiro pesante e l'urlo che squarciò la quiete della foresta.

La luna che rifletteva i suoi raggi su quell'intrico di ciocche castane e ribelli, il silenzio che seguì la potenza di quel dolore che lei si ostinava sempre a negare.

Orgogliosa, bugiarda, Hermione gli era quasi sembrata intoccabile negli ultimi giorni in cui avevano condiviso il dormitorio.

Ora, invece, la vedeva per ciò che era davvero: un'anima di vetro scheggiata da sentimenti che se la stavano mangiando viva, eppure preferiva essere divorata e ammazzata piuttosto che ammettere di volerne ancora.

Il se stesso più giovane la raggiunse poco dopo. I pugni stretti, i bottoni della camicia aperti sul collo per permettergli di respirare meglio.

La guardò con occhi pesanti di lacrime che si imponeva di trattenere.

《 Tu non puoi stare qui 》disse provando a toccarle la schiena.

《 Lasciami sola. 》

《 Her… Granger, andiamo. Si gela. 》

Le notti di fine marzo, infatti, non erano benevole come le mattine e i pomeriggi durante i quali era facile trovare un po' di calore negli angoli soleggiati; le notti di marzo sembravano inverni bui e Hermione lo sapeva, perciò a quelle parole si strinse un po' di più il mantello addosso, affondando il naso nella sciarpa.

O, forse, lo fece per nascondersi da lui, per non dargli modo di guardarla ancora.

Solo che Draco la conosceva a memoria.

Nascosto dietro l'albero e sotto al Mantello dell'Invisibilità, si sporse un po' per poter guardare il suo viso, mentre il Draco più giovane restava fermo con una mano sospesa a mezz'aria.

Fu in quel momento che le vide, le lacrime di lei che non era riuscito a vedere quella notte che scivolavano piano per fermarsi agli angoli delle labbra contratte in una smorfia.

E restavano lì come se non volessero essere lasciate andare e cadere nel vuoto, per appartenerle ancora.

《 Perché? 》chiese il giovane.

《 Mi hai ferita. 》

《 Hai detto che non avrei mai potuto farlo. Nel dormitorio, tu… 》

Hermione sollevò la testa di scatto, esplose in una risata che lo fece tremare nelle viscere e lo stesso accadde ad entrambi, il Draco studente e il Draco Auror.

《 Si dicono tante cose, Malfoy. E, a volte, sono così lontane dalla verità. 》

《 Tu non sei in grado di mentire. 》

《 Ah, no? 》

《 No. 》

Lei cominciò ad avvicinarsi a passi misurati, in una lentezza che si dipinse sul viso svilito di lui.

《 Invece, so farlo bene. 》

《 Non è vero. 》

《 Ti ho mentito anche quella volta nella biblioteca. 》

《 Non è vero. 》

《 Sì che lo è. 》

Draco le strinse il polso e la strattonò senza gentilezza.《 Allora dimostramelo. 》

《 Te lo sto dimostrando. 》

《 No. Guardami negli occhi e dimmi che non è vero. 》

Lei alzò piano lo sguardo su di lui, ma non proferì parola.

Nemmeno i rami degli alberi scossi dal vento si permisero di interrompere quella guerra senza vincitori né vinti.

《 Dimmelo. 》continuò lui.

《 Dimmelo tu. 》

Ce le aveva sulla punta della lingua. Le sentiva mulinare nel sangue come vortici di corrente che lo inaridivano ogni volta che lui le costringeva a tacere.

E lei ora, ferma di fronte a lui con il mento alto e la bocca stirata in un sorriso cattivo, gli faceva venire voglia di sputargliele in faccia con tutto lo sdegno che sentiva in corpo; fiera e bellissima a sfidarlo mentre lui si sforzava di opporre resistenza ai tendini che tremavano e non per il freddo.

Draco si avvicinò fino a che le loro fronti non si sfiorarono e respirò piano, i denti stretti e gli occhi calati sulla sua bocca, ma lei lo allontanò un attimo dopo, poggiando la mano sul petto e lasciando tra loro la distanza di silenzi troppo pesanti.

E lì, nel punto in cui il palmo di Hermione accarezzò il battito del suo cuore, Draco avvertì pezzi di ghiacciaio crollare e sciogliersi, cadere al suolo senza rumore alcuno.

Pozze d'acqua in cui vedeva riflessi i loro volti di cera che fingevano di non provare emozioni.

E anche allora, anni dopo, mentre riviveva quella scena da spettatore, il cuore di Draco mancò un battito.

Hermione continuava a fissarlo senza battere le ciglia nemmeno una volta, aspettava paziente che lui le desse un motivo per restare ancora lì. 

Ma Draco non fiatò: rimase con il polso di Hermione stretto nella mano, gli occhi fissi su di lei e le parole incastrate in gola.

E si perse. Si perse in quelle sfumature calde degli occhi di lei, nelle sue pupille quasi invisibili tanto erano diventate piccole.

Poi, lei calò leggermente le palpebre e, quando le riaprì, in quelle iridi c'era solo freddo e infinite  notti di marzo.

Lo guardò a lungo, prima di spezzare ogni contatto tra loro e, ancora una volta, posò gli occhi su di lui.《 Hai torto, Malfoy. Io non ti amo. 》

《 Te l'ho già detto: non ti dirò per quali motivi dovremmo tornare insieme. 》

《 Sai perché non me lo dirai? 》chiese con decisione.《 Perché, di motivi per tornare insieme, non ce ne sono. 》

Quando lei andò via, Draco guardò la versione giovane di se stesso restare ritto e immobile a guardare la linea immaginaria dell'orizzonte, la mascella tesa e di nuovo le mani chiuse a pugno.

Sentì rimbombare anche in se stesso l'enorme boato che quelle parole gli avevano causato dentro, graffi e buchi che ancora non era riuscito a curare.

Imputriditi, infetti e lui sempre fermo, senza mai provare a guarire.

Bruciature che non aveva mai coperto perché, i segni, li avevano lasciati nell'anima.

Si ritrovò nel calore delle pareti del suo appartamento spoglio, il bianco delle parete a ferirgli le iridi.

Lanciò il mantello in malo modo sul divano e lo guardò mentre si afflosciava sul pavimento, poi lo imitò e il suo corpo si irrigidì come cemento che si rapprende.

Aveva creduto di aver perso qualche ricordo e, invece, si rese conto in quel momento che gli bastava un particolare per ricordare tutto quello che aveva vissuto.

Un po' gli venne da sorridere e lo fece.

Stirò le labbra e con un dito toccò il punto in cui si formava la fossetta che Hermione gli baciava ogni volta.

《 Sei bello 》gli aveva detto una sera durante le ripetizioni.《 Sei bello quando sorridi. 》

E lui aveva cominciato a sorridere solo per lei, in quelli che erano attimo che appartenevano solo a loro due anche se erano circondati da centinaia di studenti.

Quando i loro sguardi si incrociavano in Sala Grande o quando, durante le lezioni di Pozioni, si sfioravano per caso.

Quando si incontravano fuori alla porta della Stanza delle Necessità e quando lei si sollevava  in punta di piedi per abbracciarlo.

C'erano stati istanti, durante i mesi in cui erano stati insieme, in cui il mondo smetteva di esistere e si faceva da parte senza mai sparire davvero. 

Ma a loro non importava.

Non importava perché il mondo sarebbe anche potuto crollare, piegarsi su se stesso o esplodere in mille frammenti e loro avrebbero comunque trovato un angolo per essere ciò che erano diventati.

Anche se, ad un certo punto, quell'angolo non sarebbe più bastato.

Proprio per questo, Draco una volta le si era avvicinato  mentre lei era intenta a parlare con un gruppo di Tassorosso e le aveva accarezzato il viso.

《 Vi dispiace se ci allontaniamo per un secondo? 》 aveva chiesto senza però aspettare davvero una risposta.

Le aveva cinto le spalle con un braccio e le aveva baciato la fronte.

《 Sei impazzito? 》aveva domandato lei con una punta di nervosismo nella voce, poi aveva sorriso.

《 Non lo so… guarda come ci guardano. 》

Entrambi avevano rivolto lo sguardo nella direzione da cui erano arrivati e Hermione si era coperta la bocca con le mani per soffocare una risata.

E, da quel giorno, avevano sempre trovato un modo per esporsi, per stare bene anche in mezzo agli altri.

Hermione si avvicinava sempre di più ai sotterranei, lui andava al tavolo dei Grifondoro per rubarle l'elastico dai capelli.

Fu il ticchettio sui vetri della finestra bovindo a farlo tornare al presente.

Lo riconobbe all'istante e spalancò la finestra in modo che l'animale potesse entrare, poi gli diede un po' d'acqua e qualche briciola di pane.

Non aveva altro da offrirgli e nemmeno gliene importò, perciò prese la lettera che il gufo teneva tra le zampe e la lesse con la fretta di chi ha bisogno di trovare un motivo valido per vivere.

Un attimo dopo, si trovava di fronte alla porta dell'ufficio del Capo Auror.

Bussò con i pugni stretti e, quando ebbe il permesso, entrò e si accomodò sulla poltrona di fronte a Scrimgeour.

《 È pronto, signor Malfoy? 》

《 Sì 》rispose in un alito di voce che gli costò tutta l'adrenalina che aveva in corpo.

《 Non sarà facile. Lo sa, vero? Però se vuole, Potter potreb- 》

《 No. Voglio farlo io. 》

《 Bene 》Rufus lo guardò, poi prese a giocherellare con una piuma che aveva sulla scrivania.《 Il passato non viene mai cancellato del tutto, signor Malfoy. Ci sono episodi che restano scritti nella storia. 》

《 Lo so. 》

《 Credo che quello che sta facendo sarà uno di quegli avvenimenti e, tra qualche anno, quando questo tempo diventerà il suo passato, spero possa essere ancora fiero di quello che ha fatto. 》

Draco si limitò ad annuire con un cenno della testa, ma non rispose.

Poi, come se fosse stato colpito da un pensiero improvviso, sollevò l'indice e poi picchiettò lentamente le dita sul legno della poltrona.《 Mia madre deve ricevere il giusto riguardo, se lo ricorda? 》

《 Ne abbiamo già discusso. Il Manor sarà protetto a dovere. 》

《 Perfetto. 》

~

Il Manor aveva sempre avuto un aspetto tetro, gabbia dorata con sfarzi e lusso in cui lui si era sentito sempre prigioniero e mai ospite gradito.

Narcissa lo accolse con un abbraccio caloroso che lui non ricambiò.

《 Dov'è? 》 chiese a voce bassissima.

《 Al Ministero. 》

Lucius Malfoy, dopo la caduta di Voldemort, era stato costretto in un lavoro da amanuense, chiuso come un topo in un piccolo sgabuzzino ammuffito e putrido.

Draco sorrise al pensiero che, per suo padre, Azkaban sarebbe quasi potuta essere una reggia al confronto di quel buco in cui era costretto a lavorare senza l'uso della magia.

《 Domani 》il tono di voce adesso era tranquillo.《 Tu sei già al sicuro. 》

《 Grazie. 》

Narcissa era sempre stata una donna di poche parole, dedita al suo ruolo di madre e troppo succube delle ambizioni del marito.

Eppure, in quel momento che anticipava la rivoluzione e lo sconvolgimento di una vita intera, sembrava una bambina impaurita.

《 Vorrei cambiare il colore ai roseti 》la voce piccola e quasi supplichevole.《 Vorrei che le rose fossero rosse. 》

《 Farai ciò che vuoi: non ti sarà proibito l'uso della magia e non devi chiedermi il permesso di fare cambiamenti. 》

《 Verrai ancora a trovarmi, Draco? Non mi abbandonerai, vero? 》

《 No, non lo farò. 》

《 Sei il mio unico figlio… 》

《 E tu la mia unica madre. 》

《 Vuoi pranzare con me? 》

《 Sì. 》

Forse per recuperare gli anni in cui aveva dispensato poco affetto o, forse, perché soltanto in quel momento si rese conto di quanto potesse costare ad un figlio crescere in un ambiente privo d'amore e non saperlo riconoscere e lasciarselo sfuggire dalle mani.

Forse per questo e per tanti altri motivi, Narcissa abbracciò di nuovo Draco.

E lui la ricambiò, affondando il naso in quel colletto di tulle che profumava di fiori, che gli ricordava un'infanzia che non aveva mai vissuto davvero.

《 Sarai al sicuro, non preoccuparti 》le disse per la seconda volta, come a volerla tranquillizzare di quel futuro che sarebbe cominciato poche ore dopo.



~•~



《 Ginevra Molly Weasley! Vieni immediatamente qui. 》

Hermione era tornata a Londra con il coraggio di ricominciare in una mano e la paura di poter perdere tutto nell'altra.

Però, ad accoglierla aveva trovato gli amici di sempre e l'uomo che faceva di tutto per restare nei suoi giorni, nonostante il suo cuore spesso si girasse a dare un'occhiata ad un passato che lei non riusciva a dimenticare.

Si era sentita pronta a tutto, tranne alla crisi isterica che aveva colpito Ron Weasley in sala d'attesa mentre Lisa era nella sua stanza privata vittima delle doglie.

Ron era corso fuori dopo l'ennesima minaccia della compagna e aveva stretto Hermione per un braccio.《 Non ce la farò mai. 》

《 Sì che ce la farai, Ronald. 》

《 No, invece. Non sarò mai un buon padre. Non lo vedi? 》

《 Cosa dovrei vedere? 》

《 Lisa ha mal di pancia e io me la faccio sotto dalla paura. 》

《 Lisa non ha mal di pancia, Ron. Si sta solo preparando per il parto. 》

《 Tu non capisci: io ho paura.

E andava avanti così da almeno un'ora.

Hermione era all'esasperazione, chiedeva aiuto a Ginny che se ne stava con le spalle al muro a rigirarsi i pollici.

Si avvicinò a lei e la spronò scuotendole una spalla.《 Ma insomma! 》

《 Sto per diventare zia 》rispose l'altra come se soltanto in quel momento si fosse resa conto di quello che stava accadendo.

《 Sì, esatto. Ora però proviamo a calmare Ron. 》

《 Sto per diventare zia e non ho idea di come si faccia… non so nemmeno come si tiene in braccio un bambino. E se non ne fossi capace? 》

《 Ti regalerò una bambola per fare pratica, ma adesso, ti prego, aiutami. 》

《 Hermione! 》Ron urlò il suo nome quasi disperato. 

《 Cosa c'è? 》

《 Perché non mi hai mai regalato una bambola? 》

《 E tu perché non hai usato un incantesimo contraccettivo, Ron? Maledizione! Datevi una calmata tutti e due. 》

Entrambi i Weasley chiusero la bocca e Hermione si massaggiò le tempie con più forza di quanto si sarebbe aspettata, poi un urlo di Lisa fece rizzare i capelli a Ron e spiaccicare Ginny ancora di più contro il muro.

Ti prego, nasci in fretta piccolina, pensò Hermione e si avvicinò ai due fratelli.

《 Ascoltatemi un secondo, va bene? È normale avere paura, ma vi verrà tutto spontaneo. 》

《 E tu che ne sai? 》le chiese Ron.《 Mica hai figli? 》

《 No, non ne ho, ma è così, lo so. 》

Lisa aveva rifiutato la pozione antidolorifica, perciò, di tanto in tanto, i suoi improperi riempivano i corridoi del reparto maternità del San Mungo e Ron si sentì in dovere di andare lì e sostenerla dopo l'ennesima volta che lei lo aveva maledetto.《 Rosso, bastardo di nascita! Vieni qui, non ti faccio niente. 》

Se n'era andato a testa bassa.《 Se ne esco vivo, vi prego, fatemi un incantesimo di contraccezione permanente. 》

Hermione, nel frattempo, aveva stretto le mani di Ginny tra le proprie.《 Andrà tutto bene e, vedrai, sarai una zia fantastica. 》

《 Sai, per un po' ho creduto fossi stata tu la mamma dei miei nipoti… e vorrei fosse stato così. 》

《 Lisa non ti piace? 》

《 Oh, no, non è questo. Solo, forse se non fosse successo tutto quello che è successo, adesso saresti felice. 》

《 Ma io lo sono: uno dei miei migliori amici sta diventando padre, l'altro è diventato un Auror e ho te. 》

《 Sì, ma noi non poss- 》

《 E ho Gale 》lo disse così, quasi in un sussurro che voleva nascondere un senso di sconfitta che le mulinava sotto la carne.

《 Sì, già. Gale… 》

Harry arrivò in quel preciso istante con i capelli in disordine e la giacca che penzolava su un fianco.《 È già nata? 》

《 Ancora no 》Hermione lo guardò come se fosse stato la sua unica salvezza e, nel momento in cui Ginny corse ad abbracciarlo, lei tirò un sospiro di sollievo.

《 Ora tocca a te 》gli disse battendogli una mano sulla spalla.《 Mi hanno massacrata. Ho bisogno di un caffè. 》

Così scese al primo piano, un gradino alla volta, con in testa le parole di Ginny che vorticavano veloci.

Si chiese se davvero fosse stata felice con Ron se non avesse imparato a conoscere Draco Malfoy e ad amarlo in quelle sfaccettature di carattere che lui mostrava solo a chi voleva.

Se non avesse amato le sue dita sottili, il filo di barba che si era lasciato crescere quando lei glielo aveva chiesto e se non avesse amato tutto quello che lui si portava dentro.

Se Draco Malfoy non fosse cambiato nei suoi confronti, se non avesse mai fatto quella stupida scommessa con Harry e se Blaise non li avesse mai rinchiusi in un dormitorio nei sotterranei.

Bevve lentamente dal bicchiere di plastica il sapore bruciato di un caffè che sembrava tutto tranne quello di cui aveva bisogno.

Storse un po' le labbra, poi Harry la raggiunse.《 Lisa chiede di te. 》

《 Va bene. 》

Fu di fronte al suo viso tirato dal dolore che capì che forse no, non sarebbe stata felice con Ron perché non avrebbe mai assistito a quella scena se fossero rimasti insieme.

《 Hermione, vieni qui. 》

Si avvicinò al letto di Lisa e le spostò qualche ciocca dalla fronte sudata.《 C'è qualcosa che non va? 》

《 No, ho solo bisogno di sapere. 》

《 Tutto quello che vuoi. 》

《 Tu lo conosci meglio di chiunque altro e solo tu puoi dirmelo. 》

《 Cosa? 》

《 Ron… 》la frase fu spezzata da un grugnito di dolore che Lisa cercava di combattere respirando dalla bocca.

《 Sarà un buon padre e tu sarai una mamma meravigliosa. 》 

《 Non era questo… Ron… lui come reagisce alla vista del sangue? 》

《 Oh, lui… bene, sì. 》

Ovviamente non era vero e Hermione lo sapeva bene.

Le venne in mente quel pomeriggio di qualche anno, quando Ron aveva ricevuto una pallonata sul naso e aveva finto di non provare dolore, di esserne immune.《 Non c'è proprio niente che possa impressionarmi 》ed era svenuto un paio di minuti più tardi, quando si era passato una mano sulla faccia e se l'era trovata sporca di sangue.

《 Lui 》riprese Hermione.《 regge bene la vista del sangue. 》

Lisa la guardò un po' male.《 Stai mentendo, vero? 》

《 Sì, ma non mi sembrava il caso di dirti la verità. 》

《 Almeno so che non posso contare su di lui durante il parto. 》

《 Tu vuoi farlo assistere? 》

《 Certo: questa bambina non sarà solo figlia mia. 》

Quando uscí dalla camera, trovò Ron che si sfregava le mani e Ginny che si lasciava accarezzare i capelli da Harry. 

《 Cosa ti ha detto? 》chiesero all'unisono.

《 Vuole che Ron assista al parto. 》

《 Non è possibile. È impazzita, davvero. Deve aver battuto la testa da qualche parte 》iniziò Ron sempre più ansioso.《 Io non posso farlo, davvero. Miseriaccia, ma come le è venuta quest'idea! 》

《 Sì che puoi 》disse Hermione avvicinandosi a lui.

Gli si sedette accanto e cominciò ad accarezzargli la schiena, movimenti lenti e lineari sotto cui i muscoli di Ron sembrarono rilassarsi un poco.

Li sentì tutti mentre si distendevano appena sotto il suo tocco e il respiro pesante di un giovane ragazzo che stava per diventare padre.

Ed essere padre non è mai semplice, soprattutto quando non ci si aspetta di ricoprire tale ruolo, di essere importante per qualcuno e avere qualcuno per cui si è più importanti di tutto.

Ron lo sapeva cosa significava guardare il proprio padre e desiderare di diventare proprio come lui: tornare a casa con oggetti strani e sbagliarne i nomi, inventare nuovi giochi e far vincere sempre i più piccoli. 

Hermione piegò il viso verso di lui e Ron le sorrise.

Le appoggiò la testa nell'incavo del collo e si lasciò coccolare.《 Andrà tutto bene, vero? 》

《 Sì, andrà tutto bene. 》

《 Lo so che è presto e forse Lisa non sarà nemmeno d'accordo, ma io vorrei che tu le facessi da madrina. 》

Il cuore sembrò ingrandirsi all'interno della gabbia toracica in battiti di commozione che le si disegnarono sul viso e sulle labbra.

Negli occhi le lacrime più felici che li avessero mai velati.《 Ne sarei davvero onorata. 》

Si strinsero in un abbraccio che profumava di casa, di biscotti al burro e nuovi giorni da vivere, poi Ron fu chiamato per entrare in sala parto.

Soltanto in quel momento, Hermione avvertì il nervosismo pesarle addosso, intorpidirle i nervi e rivolse lo sguardo verso Harry e Ginny che adesso erano in piedi davanti alla porta della camera di Lisa.

Ripensava ancora alle parole di Ron e dentro di lei sperava che anche Lisa fosse d'accordo con quell'idea.

Fare da madrina alla figlia di uno dei suoi migliori amici significava essere una seconda madre, avere la responsabilità di essere amica e confidente, di illuminare sempre la strada giusta o, almeno, fare in modo la bambina la vedesse. 

E, allora, il cuore ricominciò a battere veloce per la speranza e per la gioia.

Mandò un messaggio a Gale per avvisarlo Lisa era entrata in sala parto e lui rispose che sarebbe arrivato il prima possibile.

Si avvicinò a Harry e Ginny e restò in silenzio ad aspettare, mentre il tempo sembrava aver rallentato il proprio scorrere e ogni minuto sembrava diventare un'ora intera.

Nessuno dei tre avrebbe saputo dire quanto tempo fosse passato da quando Ron era andato via a quando era tornato con un piccolo fagotto rosa tra le mani.

E, quando la guardò, esplose in un sorriso purissimo.《 Avevi ragione, Herm… viene tutto spontaneo. 》

Hermione posò lo sguardo sulla bambina, profumo di infanzia e boccuccia a forma di cuore, i capelli scuri e gli occhietti chiusi.

《 Ti piace? 》le chiese Ron imbambolato dall'emozione.

《 È bellissima. 》

《 Diana, lei è zia Hermione e loro sono zia Ginny e zio Harry. 》

La bambina spostò leggermente la testa verso il petto del padre e a Ron si riempirono gli occhi di lacrime.

Tirò su col naso un paio di volte, poi si sedette su una poltrona nel corridoio.《 Non ci credo: è mia figlia. E non sono nemmeno svenuto. 》

Lo disse così, con la voce strozzata, per nascondere la commozione.

《 Come sta Lisa? 》

《 Adesso dorme. Alla fine ha deciso di prendere la pozione antidolorifica e qualcosa per dormire: era stremata. 》

《 Sì, beh, dopo nove ore di travaglio 》mormorò Ginny.

《 Nove ore? Siamo qui da tutto questo tempo? 》chiese Hermione e, finalmente,  guardò fuori dalla finestra il cielo trapuntato di stelle che sembravano di buon auspicio.

Sembravano intente a guardare quella fratellanza nata prima della Guerra Magica, che aveva affrontato pericoli e guai e aveva rischiato di soccombere e che adesso, invece, festeggiava e gioiva per la nascita di una nuova vita.

Ron le appoggiò la fronte sulla spalla e lei sussultò.《 Non ti avevo sentito. 》

《 Anche Lisa vuole che tu sia la madrina di Diana. 》

《 Ci speravo, sai? 》

《 Beh, l'importante è che non venga da te solo per avere dei bei voti a scuola. 》

《 Sì, ma ne sarei felice lo stesso. 》

《 Lo sai, Herm… io credo di aver sbagliato tanto nella vita, ma Diana mi sembra l'unica cosa giusta che io abbia fatto. E ho sempre creduto di poter costruire qualcosa di simile con te quando stavamo insieme, poi però ho capito che io e te siamo molto meglio come amici che come altro e mi dispiace per tutti i casini che ho creato. 》

《 Stai tranquillo, Ron. È passato tanto tempo. 》

《 Sì, però ora vorrei chiederti una cosa. 》

《 Tutto quello che vuoi. 》

《 Vedi, prima ero in preda al panico e ho detto delle cose, ti ricordi, sì? 》

《 Sì. 》

《 E no, non è vero. Io non lo voglio. 》

《 Ma cosa? 》

《 Quello che ti ho chiesto prima. 》

《 La bambola? 》

《 No, ecco io… io non voglio che tu mi faccia un incantesimo di contraccezione permanente. 》

《 Ronald Bilius Weasley! Sei un cretino! 》




Angolo Autrice:

Eccomi qui… dite la verità, non vi aspettavate questo aggiornamento, vero?

Sorpresaaaa.

In realtà è venuto giù da solo tra ieri e stamattina e mi piaceva tanto l'idea di riunire un po' il nostro Golden Trio.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

A presto.







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Capitolo 10
*** Dalla tua parte. ***


Dalla tua parte.

Aveva trascorso l'intera notte con gli occhi aperti e la testa tra le mani, un unico pensiero a ingombrargli la mente.

Avvertiva forte la voglia di rivalsa che batteva contro la gabbia toracica, solo qualche ora prima che potesse avverare uno dei suoi desideri più grandi, prima che potesse sentirsi realmente pulito, eppure Draco Malfoy continuava a chiedersi quanto sarebbe cambiata la sua vita dopo aver arrestato suo padre e cosa avrebbe realmente significato essere solo Draco.

E fuori pioveva. 

Proprio come sul suo braccio, proprio come dentro di lui.

In quelle crepe di cuore che sembravano non riempirsi mai, né con le lacrime che ingoiava né con i ricordi che provava a incastrarci: se le trascinava dietro come vecchie amiche di un passato che non riusciva a dimenticare.

Si guardava allo specchio e non riusciva a riconoscersi. 

E, allora, quelle crepe si spaccavano un poco di più e gli regalavano il riflesso di un ragazzo con la tunica nera e la cravatta verde e argento.

Era tutta lì, la verità: nel riflesso che vedeva allo specchio e in quello che invece vedeva disegnato sul fondo delle iridi, dove lui non credeva di poterla trovare.

Se ne stava lì quasi a deriderlo per l'ingenuità con cui aveva voluto scoprirla, convinto di non potersi ferire e di uscire indenne dopo averla guardata in faccia.

Se ne stava così, a fissarlo, e Draco immobile, gli occhi sgranati e la bocca asciutta.

Perché succede così: la verità la troviamo quando non la cerchiamo, nelle cose che non ci aspettiamo o semplicemente guardando bene il nostro riflesso allo specchio.

Senza darle alcuna importanza, senza mai conoscerla davvero, Draco si era accorto un minuto troppo tardi dei danni che la verità gli aveva lasciato addosso.

Si guardava e gli sembrava di avere i lineamenti del volto sbiaditi, confusi, frammenti di giorni che aveva l'impressione di non aver mai vissuto.

Scosse la testa, come a voler lasciare cadere tutti quei pensieri, come a voler negare se stesso.

Intanto, era sorto il sole.

Piccoli raggi di luce pallida, l'inizio di un giorno che avrebbe ricordato per sempre.

Quando arrivò al Ministero, Harry Potter era seduto nella solita stanza in cui si riunivano prima di usare la Giratempo.

《 Questo è tuo 》gli disse, posando il Mantello dell'Invisibilità sul lungo tavolo di legno e facendo un cenno con il capo per ringraziarlo.

《 Sicuro che non ti serva ancora? 》

《 Sì. 》

Solo che non era vero, solo che avrebbe voluto tenerlo ancora per farsi del male e vederla quando ne aveva voglia.

《 Beh, allora lo porto via. 》

Aspetta. Io… lascia perdere. 》

《 Sicuro? 》

《 Sì. Davvero. 》

《 Come stai? 》

《 Vuoi fare conversazione, Potter? 》

《 Non proprio, ma so di averti fatto tenere tra le mani una della armi più potenti, insieme alla Giratempo, ovviamente. 》

《 Sì, lo hai fatto. Ma sto bene. 》

Harry si alzò e gli andò incontro, fermandosi un passo prima che le punte dei loro piedi potessero toccarsi.《 Noi non siamo amici, Malfoy. Forse non lo saremo mai, ma sarei contento di accompagnarti oggi. 》

《 Dov'è la fregatura? 》

《 Non c'è. 》

《 Devi stare in seconda o in terza fila, se è possibile. 》

《 Lascio a te l'onore. 》

《 Solo una cosa, Potter. 》

《 Sì? 》

《 Se dovessi cedere… 》

Harry annuì.《 Non cederai, ma se dovesse succedere sì, lo farò. Non avrei pensato di dirlo, sul serio, ma sono dalla tua parte. 》

《 Grazie. 》

Fu strano il silenzio che seguì: saturo di domande, pesante di paure.

Per Draco Malfoy la paura di fallire era sempre stata come un Dissennatore avido, affamato e lui provava in tutti i modi a fare bene, a fare meglio.

Eppure, aveva una collezione intera di fallimenti che sembravano trofei in bella mostra, sempre lì a ricordargli quante volte non era stato capace.

Tutti tirati a lucido, sistemati in ordine cronologico e mai di conseguenze, perché quelle erano sempre state troppo care da pagare e da ripulire.

《 Andiamo 》fu un sussurro duro, un ordine fatto a mezza voce perché sapeva che dare ordini non spettava a lui.

Eppure, la sua voce non tremò nemmeno per un attimo.

Solo fuori al cancello del Manor, Draco sembrò perdere sicurezza.

Avanzava di qualche passo per poi tornare indietro, guardava verso la finestra di quella che un tempo era stata la sua camera. 

Di nuovo avanzava e di nuovo tornava indietro.

Poi, si inginocchiò e prese tra le dita un po' del terriccio che sporcava il viale. 

Lo massaggiò tra i polpastrelli, granuli di terra e ricordi che gli scivolarono tra le mani e caddero al suolo senza alcun rumore.

E sentì risate esplose, lo scalpitio dei suoi piedini da bambino che affondavano nella ghiaia e gli sembrò di vivere in un film quando alzò gli occhi e fissò un punto oltre il cancello, sul viale dove tantissimi anni prima aveva visto per la prima volta i pavoni aprire le proprie code.

Fu la mano di Harry poggiata sulla spalla a ridestarlo, tocco incerto e parole silenziose: si inginocchiò accanto a lui e semplicemente fissò lo sguardo nello stesso punto in cui era fermo il suo.

《 Andiamo 》disse ancora Draco, ma questa volta la voce sembrò venirgli meno.

Sembrò ingarbugliarsi nelle corde vocali, nei vuoti bui che lui si portava dentro.

Sembrò attraversare le gambe, spire di tremore e paura.

Paura di sbagliare, di fallire. Ancora.

Draco si alzò lentamente, mento sollevato e sguardo indecifrabile, poi, a passi lentissimi si avvicinò all'enorme cancello del Manor.

Fece un cenno con la testa a Narcissa che abbassò il capo e indicò le scale con le mani che tremavano, gli occhi lucidi di chi si prepara a perdere e a vincere insieme.

Lucius era seduto alla scrivania del suo studio, il viso tirato.《 Cosa ci fai qui? 》chiese, la voce strascicata e presuntuosa.

《 Hai il diritto di rimanere in silenzio. 》

《 Ridicolo 》poi, cominciò a ridere. 

Una risata di pancia, di quelle che esplodono all'improvviso e che non si riesce a fermare.

Stirò il collo in direzione del figlio.《 Tutto per quella lurida sanguesporco. 》

《 Lucius Abraxas Malfoy ti dichiaro in arresto per i crimini commessi 》atono, senza emozioni.

Draco si meravigliò di se stesso, Harry Potter, forse, solo in quel momento capì quanto la sua migliore amica fosse importante per il ragazzo che aveva di fronte.

Lucius fu legati per i polsi, poi fu spinto ad alzarsi.

Quando se lo trovò di fronte, Draco lo squadrò con sdegno e vergogna.《 È per me. 》

《 Te ne pentirai, Draco. Questa è una promessa. 》

L'enorme salone era vuoto, Narcissa aveva lasciato la stanza per chiudersi in biblioteca e racimolare altre prove contro suo marito.

Tornò quando gli Auror erano quasi sulla porta.

Il passo deciso, la fierezza dei Black e muoverle le gambe. 《 Auror Malfoy 》lo chiamò così, forse per esprimere la sua gratitudine o, forse, per esternare un orgoglio e una soddisfazione che non aveva mai provato prima di allora.

Lo chiamò così e Draco tremò. 

Tremò perché per la prima volta si sentì fiero, perché quel giorno sarebbe entrato nella storia, perché era stato lui ad arrestare l'ultimo Mangiamorte rimasto in circolazione.

Tremò perché ce l'aveva fatta.

Guardò sua madre e gli tese la mano, guardando la piccola sacca di stoffa che Narcissa gli porgeva.《 Cos'è? 》

《 Ricordi. Ti serviranno. 》

Narcissa gli prese le mani e le strinse forte, se le portò vicino alle labbra e le baciò una alla volta.《 Sono fiera di te. 》

Lucius guardò la scena in silenzio, la rabbia e il senso di sconfitta a fargli tremare le pupille. 

La voglia di urlare, di togliersi di dosso le mani degli Auror che lo teneva stretto per le spalle con una forza che quasi gliele fece piegare.

《 Devo andare 》disse Draco, la voce tesissima.

Aprì la porta del Manor e, a passi lenti e misurati, uscì nel giardino. 

Fuori l'entrata del Ministero, Draco e Harry trovarono una marea di giornalisti pronti ad intervistarli, qualche flash che immortalava la scena e Draco si chiese chi li avesse chiamati.

I capelli bagnati di pioggia gli ricadevano morbidi sulla fronte, la giacca inzuppata e, per la prima volta, provò ad immaginare se stesso dall'esterno: un giovane uomo che arrestava il suo stesso padre.

Un uomo che aveva fame di rivalsa, voglia di uscire pulito da questioni che lo avevano macchiato e marchiato senza il suo consenso.

E, con un occhio al passato e l'altro al futuro, Draco non provò nessuna pietà per Lucius.

Anzi, se possibile, lo odiò ancora di più. 

Molto di più di quella volta in cui lo aveva portato allo stremo, la sera in cui aveva urlato che era innamorato di Hermione Granger e lui aveva impugnato la bacchetta per punirlo.

Molto di più di quando lo aveva messo in ginocchio al centro del salone e gli aveva chiesto se il ragazzo sfigurato che aveva di fronte fosse Harry Potter.

Molto di più di quando gli aveva detto di non abbassare la testa, di guardare in che modo si torturavano le persone mentre Hermione urlava a causa del dolore che le stava infliggendo Bellatrix.

Lo odiò dal profondo dell'anima.

《 Portatelo in quella stanza 》ordinò agli Auror che lo avevano seguito, indicando una porta scura dietro cui c'erano solo un tavolo e una sedia.

Poi, entrò nell'ufficio di Scrimgeour e si accomodò senza aspettare il permesso.

Harry rimase in piedi dietro di lui.

《 Complimenti, signor Malfoy. Mi ha stupito ancora. 》

《 Grazie. 》

《 Com'è stato? 》

《 Più difficile di quanto credessi. 》

《 Ma ce l'ha fatta, no? Voglio un rapporto completo e un interrogatorio fatto come si deve. 》

《 Nel frattempo 》disse Draco, porgendo al Capo Auror il sacco di tela che gli aveva dato sua madre《 vorrei far analizzare questi. 》

《 Vuole farlo lei? 》

Draco scosse la testa e accennò un sorriso mesto《 No, sono ricordi di momenti che ho vissuto già. 》

~

《 Beh, dovremmo festeggiare, no? Andiamo alla Testa di Porco. 》

《 Se proprio volevi invitarmi ad uscire con te, Potter, avresti potuto scegliere un locale migliore. 》

《 Giusto, dimentico che provieni da una famiglia ricca e hai sempre frequentato locali di altro rango. Muovi il culo, Malfoy, altrimenti non ti offro nemmeno una goccia di alcol. 》

《 Chi ti dice che ho bisogno di bere. 》

《 Ne abbiamo bisogno entrambi secondo me. 》

Aberforth Silente li accolse con un sorriso e un insulto《 Che siate maledetti, non si parla che di voi! 》

Draco e Harry gli rivolsero uno sguardo interrogativo e lui poggiò entrambe le mani sul bancone unto《 Le buone notizie corrono, ragazzi miei. Ora sedetevi, vi porto da bere. Offro io. 》

E così fecero: cercarono il tavolo più appartato e attesero in silenzio i boccali di Burrobirra caldi e schiumosi.

Draco si perse ad osservare la morbidezza candita della schiuma, quel bianco che gli ricordava la neve che copriva i giardini di Hogwarts e le volte in cui tra i fiocchi che scendevano lenti aveva scorto la possibilità di essere felice.

《 È qui, vero? Il passaggio che porta alla Stanza delle Necessità? 》

《 Sì. È qui che siamo arrivati quando Dobby ci ha salvati da cas- 》

《 Sì, lo so. 》

Harry non aveva bisogno di chiedere chi glielo avesse detto né di ricordare i tempi in cui non aveva dormito tranquillo, quando la paura di perdere la Guerra Magica gli impediva quasi di respirare.

Però, a guardare Draco che non accennava a parlare, sentì sulla lingua il bisogno di dire qualcosa. 

Girò il boccale in modo da poter prendere il manico con la mano destra, poi lo sollevò un po' e lo rimise al proprio posto《 Lei mi ha chiesto di te. 》

E, allora, Draco lo guardò con una domanda che gli si era dipinta sul viso, mentre Harry restava in silenzio e continuava a guardarlo senza battere ciglio《 Perché? 》

《 Sono andato a Edimburgo. 》

《 Lo so, me lo ha detto Blaise. 》

《 Io credo che tu le manchi… molto più di quanto voglia ammettere con se stessa. 》

《 È felice, no? Con quel tipo… 》

《 No, non credo lo sia davvero. 》

~•~

《 No, dico, ma vi rendete conto? Cose da pazzi, davvero. 》

Aria aveva invitato Hermione e Ginny nella sua sala da tè e loro avevano accettato di buon grado, perciò adesso erano sedute sugli sgabelli del bancone ad ascoltare la proprietaria che stentava a credere che una cliente le avesse chiesto un semplice tè al limone.

《 Cioè: entra qui, con quell'aria aristocratica e mi chiede un tè, allora le porgo il menù, la vedo leggere attentamente e lei cosa fa? 》

《 Cosa? 》le chiese Hermione, con un'espressione di divertito shock dipinta sul viso.

《 Mi chiede se in questo locale si possa fare un tè al limone. Voglio dire: preparo tè con qualsiasi fiore o frutto esistente sulla faccia della Terra e tu vuoi un tè al limone? 》

《 Ma, quindi, tu non hai mai preparato un tè al limone? 》

Questa volta fu Ginny a porre la domanda, mentre il viso di Aria si trasformava in una smorfia di disappunto.

《 No, con te non si può parlare Gin. Hermione, tu mi capisci, vero? 》disse rivolgendo lo sguardo all'amica.《 È come se un mago venisse da te… da te che hai vinto una Guerra Magica e ti chiedesse se sei capace di fare un Wingardium Leviosà! 》

《 Emh…. È Leviosa, non Leviosà! 》rispose Hermione, un sorriso sulle labbra che aveva il sapore dell'infanzia, delle prime di stille di meraviglia e di un'amicizia che era sopravvissuta al tempo e agli orrori della guerra.

《 Quello, comunque. 》

《 Posso solo darti ragione. 》

《 Ma io ho ragione. 》

《 Certo, si 》la liquidò Ginny.《 Ora, però dicci quali sono le novità. 》

《 Ma ve le ho appena raccontate. 》

Le novità erano che una cliente era entrata nella sua sala da tè e le aveva chiesto un tè al limone e che, in incognita, quella era la direttrice di una guida gastronomica italiana che stava girando l'Inghilterra per promuovere le migliori sale da tè. 

《 E com'è andata a finire, poi? 》

《 Se ti stai chiedendo se l'ho mandata via a calci, no… ma, ecco, non sono stata molto cortese con lei. E poi no, non vi ho fatto correre qui solo per questo. Si tratta di Blaise… 》

《 C'è qualcosa che non va? 》chiese ancora Ginny, gli occhi stretti e i denti che mordevano l'interno della guancia.

《 Sì, solo… non so, forse è una mia impressione. 》

Aria proseguì, raccontò loro delle volte in cui aveva trovato Blaise fermo a fissare un punto indefinito di fronte a sé e delle volte in cui lei gli parlava e lui sembrava non ascoltarla. 

Delle volte in cui le sembrava che fosse altrove, con la mente in un altro luogo o in un'altra vita.

Ginny si faceva violenza per non scoppiare a ridere e Hermione spesso si voltava a lanciarle un'occhiataccia, perché loro lo sapevano.

Sapevano che Blaise era teso perché aveva paura che Aria rifiutasse la sua proposta di matrimonio, che aveva mille dubbi sull'anello che le aveva comprato e che averla in casa solo nel fine settimana non gli bastava più. 

E sapevano che Aria si stava preoccupando per nulla, che gli avrebbe detto sicuramente di sì, che magari avrebbe pianto di gioia e sollievo.

Sapevano tutte queste cose, ma non dissero nulla.

Semplicemente ascoltarono e cercavano di essere quanto più inespressive possibile.

《 E credo ci sia un'altra, ecco tutto. 》

《 Potresti parlarne direttamente con lui, non credi? 》

《 L'ho fatto: gli ho chiesto perché fosse così preoccupato, più di una volta. Mi ha sempre risposto che andava tutto bene, che non era nulla di grave. Solo che questo suo nulla di grave lo distrae da almeno un paio di settimane. 》

《 Secondo me 》disse Hermione, il tono di voce pacato《 dovresti credergli e basta. Blaise è una delle persone più oneste che io abbia mai conosciuto. Vedrai, sarà come dice lui. 》

Ed era vero: Hermione aveva potuto constatarlo nei momenti a Hogwarts in cui Blaise le era stato accanto.

Non le dava colpe per la fine della storia con Draco, ma nemmeno la santificava.

E non difendeva il suo migliore amico a spada tratta, ma nemmeno parlava di lui come se fosse stato un reietto.

Faceva più da incudine che da martello, faceva più da ascoltatore che da critico, ma le diceva sempre la verità in maniera cruda, senza mai indorare la pillola.

E, se inizialmente a Hermione non andava a genio questo suo modo di fare, con il tempo aveva dovuto ricredersi e a pensare che, quello in cui la raccontava Blaise, era l'unico modo per accettare la verità quanto prima.

《 Siete sue amiche da tanto… 》disse Aria, l'espressione afflitta e gli occhi un po' tristi.

《 Ma siamo anche amiche tue e se ci fosse stato davvero qualcosa di strano in lui, stanne certa, te ne avremmo parlato. 》

Quando uscirono dalla sala da tè, Hermione fece un respiro pesante.

Il vento leggero d'agosto le scompigliava i capelli, l'aria carica di pioggia e l'umidità glieli fecero increspare in ciocche ribelli che lei provò a legare senza successo.

《 Li odio 》disse.

《 Sì, dovresti davvero fare qualcosa. Magari una bella pozione per lisciarli, non so. 》

《 Non ho tempo per fare queste cose, Ginny. 》

《 Ah, no? 》l'accusò l'amica.《 Eppure l'ultima volta che ho messo piede in casa tua ho sentito il profumo di Harry e sono sicura che qualche pozioncina tu l'abbia preparata, a meno che lui non si sia trasferito da te. 》

Hermione calò il capo, i capelli a creare un muro tra lei e Ginny.

Il ricordo del profumo dell'Amortentia che ancora le riempiva le narici, la stizza nei tendini e la voglia di cancellare il giorno in cui si era resa conto che il tempo non era servito né a cancellare né ad attenuare i suoi sentimenti per Draco.

《 Era solo una prova. Volevo solo avere la certezza di essere ancora di preparare una pozione decente. 》

《 E, tra tutte, hai scelto proprio quella. 》

《 Io… avevo bisogno di capire. 》

E lo disse così, in un sussurro che forse le era costato tutta l'aria che aveva nei polmoni.

E se Ginny lo aveva sentito, lei non lo seppe mai, perché l'amica non rispose.

Alzò solo il mento e lo sguardo sulla strada che ancora avevano da percorrere, in un silenzio che Hermione non seppe definire.

E più camminavano, più lei si torceva le dita per trovare il coraggio di ammettere e raccontare la delusione e il dolore che quella pozione aveva sprigionato insieme al profumo di inverno e pioggia, di sigarette che lui fumava affacciato alla finestra della Stanza delle Necessità.

Hermione mormorò appena, un filo di voce che si confuse con il boato del tuono che accompagnò le sue parole.

《 Cosa? 》le chiese Ginny.

《 Ho sentito il suo profumo. 》

Le sembrò che il peso che le schiacciava il petto si sgretolasse in polvere sottilissima che le salì agli occhi.

Si costrinse a trattenere le lacrime, si passò le mani sul viso e le sventolò veloci per procurarsi l'aria che le mancava.

《 Sei una stupida, davvero. 》

Proseguirono senza dire nessun'altra parola.

Hermione persa tra i suoi pensieri, Ginny a scuotere di tanto in tanto la testa.

Entrambe sapevano che non sempre serviva parlare e che, a volte, stare zitte era l'unico modo vero per comunicare verità che non volevano saperne di venire fuori.

Fuori alla porta di casa, Hermione si strinse nelle spalle e senza guardare Ginny salì i due scalini. 《 Lo so. 》

《 Lo so che lo sai. 》

Gale era seduto su una delle sdraio che Hermione aveva sistemato sul portico, le rivolse un sorriso che lei ricambiò a stento, poi di nuovo si voltò a guardare Ginny e si avvicinò a lei.

I passi lenti, piccoli.《 Voglio solo provare a stare bene. 》

《 Lo so 》Ginny le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi scese in una carezza delicata fino al mento e le fece sollevare il viso.《 Ti voglio bene e sarò sempre dalla tua parte. Ma, ti prego, non ferire te stessa e gli altri più di quanto sia necessario. 》

《 Ci proverò. 》

Salutò l'amica con un sorriso, poi si sedette accanto a Gale.

《 Come stai? 》le chiese.

《 Bene, credo. 》

Gale era rimasto rispettosamente da parte, le aveva lasciato tempo e modo per capirsi e scegliere e non le aveva mai dato fretta.

Aveva accettato i suoi silenzi, le assenze e persino il suo rincorrere di continuo ricordi del passato.

Hermione pensò di doverlo ringraziare e lo fece, perché anche in quel momento, mentre lei dentro era tempeste e nubifragi, lui le teneva una compagnia dolce e senza pretese.

《 Ti va di entrare? 》

《 Ne sei sicura? 》

Gli rispose con un bacio a fior di labbra, una carezza fatta in punta di dita tra il collo e la spalla, mentre con l'altra mano risaliva dal ventre al petto. 《 Sì. 》

Chiuse la porta di casa con un leggero calcio e si lasciò andare.

Spense la mente, guidata solo dai brividi che Gale sapeva procurarle.

Gli occhi stretti e la bocca socchiusa, il ginocchio di Gale tra le gambe e lei che lo stringeva.

Le spalle al muro, le mani di lui a sbottonare lentamente la camicia.

《 Ti prego… 》gli sussurrò all'orecchio.

E, a quella richiesta, Gale rallentò ancora di più i suoi movimenti.《 Sei stata via troppo tempo, Hermione. Lasciami fare. 》

Si trovarono stesi sul pavimento, i vestiti sparsi tra il corridoio e il salone.

Gale risalì lento dalle cosce alla labbra e ancora lei che si agitava frettolosa sotto i suoi tocchi, una tortura lenta che non sopportava più, eppure non disse nulla.

Semplicemente, lo lasciò fare.

Si concesse come forse non aveva mai fatto prima di allora, si diede il tempo di attraversare i suoi tremori, i suoi piaceri.

Sempre ad occhi chiusi, sempre respirando dalla bocca per impedirsi di sentire ancora l'odore dell'Amortentia, il profumo di Draco.

Fu la pioggia ad accompagnare quel momento, il respiro mozzato quando lui finalmente decise di accontentarla. 

Con una dolcezza che la spiazzò e una prepotenza che le fece spalancare gli occhi.

《 Sei contenta, adesso? 》glielo chiese tra un bacio e l'altro, mentre le permetteva di abituarsi di nuovo a lui.

《 Sì. 》

Gli accarezzò i muscoli della schiena con le unghie e lo sentì tendersi, spingere un po' più forte un attimo prima di finire. 

E l'attimo dopo, tutto sembrò esplodere.

Esplose la realtà, esplose il suo cuore.

Esplose il silenzio: si lacerò in un solo secondo, con due semplici parole che le incrinarono qualcosa all'altezza del cuore.

《 Ripetilo. 》

《 Ti amo 》le disse ancora una volta, la bocca tirata su da un sorriso incerto.

Hermione se lo strinse al petto, gli accarezzò la nuca e non rispose.

Perché non sapeva cosa dire, perché a quelle parole il suo pensiero tornò in una stanza colma di scaffali e libri.

In un altro mondo, in un'altra vita.

《 Gale, io… 》

《 Lo so, prenditi tutto il tempo che ti serve. Però, per favore, non puoi pretendere che io non ti dica quello che provo. 》

《 Va bene. 》

《 Sono in un bel guaio, vero? 》

Hermione si addolcì, si lasciò scaldare da quelle parole e quel sorriso che aveva imparato a modo suo a voler bene.

Si stese ancora sul pavimento e lo trascinò con sè.《 Non voglio ferirti. 》

《 Sono un adulto e sono consapevole delle mie scelte e so che ognuna di loro ha un prezzo. Il prezzo per starti accanto è quello di provare a darti un motivo per restare con me, se vorrai. 》

Angolo Autrice:

Sono imperdonabile, lo so, scusatemi.

So che il capitolo non è dei più belli, ma capitemi: tra lavoro e situazioni varie ho davvero poco, pochissimo tempo per scrivere.

Ad ogni modo, vi ringrazio per la pazienza e vi informo che non ho intenzione di abbandonare questa storia.

Spero intanto di non aver deluso le vostre aspettative con questo capitolo.

A presto.























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Capitolo 11
*** Paura... ***


Paura...

Harry Potter si passò una mano nei capelli, chiaro segno che la sua pazienza era arrivata al limite.

Camminò per un po' avanti e indietro, le narici dilatate e gli occhi ridotti a due fessure.

Lucius, invece, se ne stava stravaccato sulla sedia nella sala degli interrogatori senza alcuna eleganza.

Un ghigno sul viso, il filo di barba brizzolato cresciuto sulle guance a dargli un'aria trasandata.

Erano trascorse tre settimane da quando era stato arrestato.

Settimane durante le quali era stato sistemato in una piccola stanza quadrata in cui c'era solo un gabinetto e una sedia, eppure, nonostante questo, si ostinava a non tradire una causa morta e sepolta.

Draco li osservava da dietro il vetro che divideva l'immensa camera d'attesa da quella degli interrogatori, le mani strette a pugno e la voglia di aprire la bocca di Lucius e tirargli dalla gola le parole che lui non pronunciava: se ne stava in un silenzio ostinato, fiero e orgoglioso come forse non lo era mai stato in tutta la sua vita.

E Draco avvertì le ginocchia indurirsi.

Sentì i muscoli irrigidirsi e tese la schiena sotto i brividi della rabbia, fili invisibili che si irradiavano nel corpo e lo scuotevano di nervosismo.

Fu in quel momento che aprì la porta della sala degli interrogatori e si avvicinò a suo padre, gli strinse il colletto della tunica a riga e lo sollevò leggermente dalla sedia.

Lo guardò dritto negli occhi e rimase per un po' in silenzio prima di sibillargli in un ordine minaccioso di cominciare a parlare.

《 Hai due opzioni, Lucius 》gli disse, lasciandolo ricadere in malo modo.《 o parli e noi ti forniremo un magiavvocato d'ufficio o vai dritto dritto ad Azkaban senza nessuna possibilità di difenderti in futuro, anche se non hai davvero nulla da dire in tua difesa. 》

Lucius lo osservò per qualche secondo, poi si lisciò con calma le pieghe sull'indumento che indossava.

Passava il palmo aperto sulla stoffa, dall'alto verso il basso con una lentezza estenuante, fino a quando non sobbalzò per il rumore che Draco scatenò battendo in pugno contro il muro.

《 Per Salazar, portatelo via! 》

Quando i due Auror a cui aveva fatto segno di entrare presero Lucius per le braccia, accadde tutto velocemente.

L'uomo si lasciò sollevare dalla sedia, diede un calcio ad uno dei due uomini che si piegò per massaggiarsi la caviglia, poi si avvicinò a Draco e lo fissò con alterigia e odio puro.

《 Tutto quello che so morirà insieme a me 》disse e sputò sulle scarpe di quello che un tempo aveva ritenuto suo figlio.

Quel tempo in cui era stato fiero dell'ultimo erede dei Malfoy e in cui credeva che il male potesse vincere sul bene.

Quel tempo in cui lui continuava a credere, nonostante fosse ormai finito e lontano anni luce.

《 Bene 》concluse Draco senza mostrare alcuna emozione sul viso.《 Trasferitelo ad Azkaban, spedirò quanto prima la richiesta per il trattamento di riserva. 》

《 Un bel divano di velluto? 》

《 Ti piacerebbe, vero? No, nessun divano, ma non sarai solo. 》

《 Vedi almeno di mettermi in cella con un Purosangue. 》

《 Credi che i Dissennatori siano dei Purosangue? Perché, nel caso non credi che lo siano, allora dovrai accontentarti. 》

《 Tu… tu non puoi. Io ti diseredo, non sei più un Malfoy, maledetto bastardo. 》

《 Adesso basta! Portatelo via. 》

Questa volta fu Harry a parlare e se Draco sapeva nascondere bene le sue emozioni, lui proprio non riusciva a farlo: aveva il viso arrossato e il corpo leggermente sporto in avanti, in direzione di Lucius.

Gli Auror obbedirono all'ordine e Lucius sparì dietro la porta della sala degli interrogatori.

Harry alzò lo sguardo su Draco e rivide il ragazzo che durante il sesto anno a Hogwarts era stato capace di tradire gli ideali che gli imponeva il suo sangue e contribuire alla vittoria del bene.

Il viso era una maschera di marmo, gli occhi due lastre di ghiaccio che non lasciavano intravedere nulla se non una spietata freddezza che, in realtà, celava una rabbia e un dolore che Harry non avrebbe mai potuto comprendere appieno.

《 Come stai? 》gli chiese con una punta di imbarazzo.

Draco stirò il collo nella direzione di Harry e sembrò tornare in se stesso solo in quel momento, come se da quando Lucius era stato portato via fosse stato altrove, in luoghi bui che gli lasciarono sul volto un'espressione vuota.

《 Bene. 》

《 Se vuoi parlar- 》

《 Sto bene, Potter, dannazione! 》

Harry rimase solo nella sala degli interrogatori e si passò una mano tra i capelli, mentre Draco si allontanò a passo svelto e si smaterializzò nell'appartamento di Blaise.

Le tende tirate, quadri e piccoli dettagli che Aria aveva sistemato per casa che lasciavano trasparire amore anche essendo immobili, oggetti d'arredo che a suo parere non erano altro che abbellimenti futili.

Si sedette sul divano ad osservare il piccolo centrotavola di ceramica in cui erano stati sistemati vari tipi di cioccolatini imbustati singolarmente, il candelabro a tre braccia sulla parete attrezzata accanto a una pianta che scendeva morbida quasi fino al pavimento.

Si soffermò a guardare una cornice riempita da una foto magica che ritraeva Blaise e Aria che si guardavano negli occhi e scoppiavano a ridere un attimo dopo.

Si alzò per toccare il vetro in punta di polpastrelli e si chiese se anche lui un giorno sarebbe stato di nuovo in grado di essere felice, di amare davvero come aveva amato solo una volta.

Quel pensiero gli fece nascere un sorriso che aveva un retrogusto amaro, un sottile fastidio all'altezza del petto quasi come quello che aveva provato qualche anno prima, quando giocando a obbligo e verità, chiusi in un dormitorio di Serpeverde, aveva dovuto fare i conti con il tremolio che gli animava il cuore.

Era stato difficile attraversare le barriere dei suoi ideali, l'orgoglio, la paura e forse non c'era mai riuscito davvero, perché non era ancora riuscito ad ammettere sentimenti e parole che avrebbero potuto farla restare al suo fianco.

Tornò a guardare la fotografia magica e una parte di se stesso si sentì in pace, perché una delle persone più importanti della sua vita aveva avuto il coraggio di prendere la felicità tra mani.

In quel frangente di tempo in cui rimase da solo, si chiese spesso cosa sarebbe successo se avesse compiuto determinati gesti e se le avesse raccontato per quali motivi si era innamorato di lei e per quali altri l'avrebbe voluta nei suoi giorni.

Erano domande a cui, probabilmente, non avrebbe saputo rispondere Hermione con la sua sagacia e la sua intelligenza e, forse, erano risposte che nessuno dei due avrebbe trovato nemmeno nei fondi di tè e nelle sfere di cristallo della Cooman.

Perché il futuro non si può indovinare e nemmeno scrivere, perché basta un piccolo, piccolissimo errore per cambiare tutte il susseguirsi degli eventi.

Basta una parola per far crollare mattoni e tremare fondamenta di rapporti e relazioni che spesso si tengono in piedi per magia e volontà.

E Draco lo sapeva bene, perciò aveva preferito restare fermo e in silenzio e non correre da lei, smaterializzarsi in un posto qualsiasi del mondo e prenderle la mano, stringerla forte sul petto e farle sentire il battito del suo cuore che ritornava a battere di vita vera.

Blaise chiuse la porta in uno scatto rumoroso che lo fece sobbalzare e gli indirizzò uno sguardo quasi accusatorio per aver interrotto il flusso dei suoi pensieri.

Lo guardò e non disse una parola.

Semplicemente posò la cornice da dove l'aveva presa, poi tornò a sedersi sul divano.

《 Com'è andata? 》gli chiese Blaise prendendo posto accanto a lui.

Gli mise una mano sul ginocchio e Draco ancora sobbalzò e spostò la mano dell'amico con un gesto secco e rapido.

《 Come vuoi che sia andata? 》

《 Che ci fai qui? 》

《 Non lo so. 》

Lo ammise in un soffio di voce, quasi come se gli costasse parlare.

Ed era proprio così: si era smaterializzato nell'appartamento del suo amico e non nel suo sempre vuoto, sempre triste.

Senza calore, senza fotografie che lo ritraessero in momenti felici della sua vita, anche se ricordava perfettamente cosa si provava ad essere guardato con gli stessi occhi con cui Aria guardava Blaise.

Ricordava il calore nel petto, la sensazione di essere amato per quel che era davvero, senza che il suo cognome o il Marchio Nero pesassero su quei sentimenti che le leggeva nello sguardo e nei sorrisi.

E Hermione gli mancò come forse non gli era mai mancata.

Un vuoto nella mente riempito solo da lei, dall'immagine dei suoi capelli che si muovevano disordinati insieme al vento.

Le volte in cui lei aveva passato le dita sulla emme dell'anello da cui lui non si era mai separato per ricordare sempre da dove proveniva, qual era stato il passato che lo aveva guidato infine a scegliere di stare dalla parte di Silente.

Si sfilò l'anello e lo rigirò tra le mani e avvertì sul viso le carezze che da troppo tempo lei non gli dedicava.

《 Draco 》lo chiamò l'amico a bassa voce e lui ci mise un po' prima di dargli la sua attenzione.《 Cosa c'è che non va? 》

《 Ho chiesto a Kelly di leggermi il futuro. 》

《 Non ci hai mai creduto a queste cose. 》

《 Lo so. Solo, avevo bisogno di sapere… 》

《 Cosa ti ha detto? 》

《 C'è sempre una donna, Blaise. Una nel passato, due nel presente e una nel futuro. 》

《 E di cosa ti preoccupi? Ne hai addirittura due! 》

《 Una, però, non resterà. 》

《 Credi sia lei? 》

《 Io… io ho paura che sia lei. 》

《 Allora perché non vai a riprendertela? Vive nella casa dei suoi genitori. 》

《 Lo so. 》

《 Come lo sai? 》

《 L'ho vista. 》

Era successo la sera precedente all'arresto di Lucius: si era affacciato per guardare in strada dalla finestra a bovindo e l'aveva vista uscire dalla sala da tè, si era puntato la bacchetta addosso per richiamare un incantesimo di disillusione e, un passo alla volta tenendosi a distanza di sicurezza per evitare di allungare le mani e toccarla, era giunto fuori la porta di casa sua.

E c'era lui ad aspettarla.

Lui e il suo giubbino di pelle, il sorriso rassicurante, quel bacio a fior di labbra che aveva impedito a Draco di proseguire.

Gli sembrò che anche i polmoni si fossero accartocciati su se stessi, proprio come aveva fatto lui su uno scalino del portico.

Non aveva visto le mani di Hermione salire sotto la maglia di Gale, ma aveva visto quelle di lui che si posavano possessive dietro la nuca e alla base della schiena.

Ebbe l'impressione che tutto il dolore che aveva provato fino ad allora fosse stato solo una piccola parte di quello che stava provando in quel momento e allontanò con rabbia i capelli dalla fronte.

Forse stava piangendo perché sentiva gli occhi prudere e bruciare.

E gli bruciava lo stomaco, i muscoli, il cuore di scariche elettriche che vibravano in tutto il corpo e che gli lasciavano intorno l'odore bruciato di un addio che in realtà non si erano mai detti.

Hermione aveva chiuso la porta di casa e lui l'aveva guardata andare via di nuovo senza fare niente.

E, per la prima volta in quegli anni in cui erano stati lontani, Draco pensò che fosse davvero tutto finito.

Tutto il tempo che era trascorso da quella sera gli aveva dato modo di convincersi ancora di più che, in fondo, anni prima aveva fatto la scelta giusta.

《 Lei sta bene. 》


~•~

Hermione si girò nel letto, sistemò la testa nell'incavo del collo di Gale e cominciò a baciargli il viso dolcemente.

Lui mugugnò qualcosa di incomprensibile e si mise in una posizione più comoda per abbracciarla.

《 Buongiorno dormiglione 》gli disse ridendo sulla sua pelle.

Gale sentì le labbra di Hermione distendersi e aprì gli occhi.

I capelli di lei sotto il naso e sul braccio, il suo profumo e il tono di voce dolcissimo che aveva appena sveglia.

Pensò che fosse proprio quella la felicità, anche se non riusciva a trovare lo stesso pensieri negli occhi di Hermione.

Negli sguardi lucidi che spesso lei rivolgeva altrove, nelle frasi scritte nel libro che aveva scritto, nei sorrisi.

C'era sempre un'ombra che li divideva e se ne rese conto proprio mentre lei si sedeva a cavalcioni su di lui.

Sembrava mattoni di rimpianti e rimorsi, dolore che non aveva ancora attraversato e superato.

Quando lo baciò, però, lui smise di ascoltare i propri pensieri e le passò la lingua sulle labbra.

《 Buongiorno a te, mattiniera. 》

《 Un caffè? 》

《 Prima un altro bacio 》le rispose.

Le lenzuola si attorcigliarono attorno alle loro gambe mentre lui invertì la posizione e si trovò sopra di lei.

《 E anche un altro non guasterebbe. 》

Fu un bacio lento, tenero e quasi innocente e Hermione sentì per un po' il cuore accelerare i propri battiti.

Gli mise le mani tra i capelli e lo attirò a sé, spingendo il bacino contro quello di Gale e aprendo le gambe.

《 Davvero? 》chiese lui, gli occhi ancora assonnati.

《 Ti dispiace? 》

《 Per niente. 》

Lui le strinse i fianchi, scese a baciarle le spalle e il seno, in un lento andirivieni che terminò soltanto nel momento in cui entrambi si allontanarono per alzarsi dal letto.

~

La Tana quel giorno era addobbata a festa: in ogni angolo c'erano palloncini e fiocchi rosa, la tavola era imbandita con vassoi e pentole pieni di cibo profumato e degli enormi uno di gomma erano posizionati qui e lì a riempire gli spazi che erano rimasti senza addobbi o festoni.

Quel giorno, Diana compiva un mese di vita e Molly aveva tanto insistito per organizzare una piccola festicciola in onore della sua prima nipote.

Se ne stava con le mani appoggiate alla culla e guardava con occhi lucidi ed emozionati la bimba che dormiva placidamente con la boccuccia schiusa.

Hermione le toccò una spalla per salutarla, poi accarezzò il viso di Diana sfiorandola appena.

Molly si voltò un attimo a guardarla.《 Non è la bambina più bella del mondo? 》

《 Sì, lo è. 》

Diana aveva i capelli scuri e gli occhi di un azzurro quasi trasparente, specchi d'anima in cui Hermione si perdeva spesso e ricordava i giorni accanto a suo padre mentre le insegnava a suonare il pianoforte o la rincorreva per il vialetto fino a quando non fingeva di accasciarsi al suolo stremato.

Le volte in cui la spronava a fare meglio e quelle in cui, invece, le diceva che era la migliore.

Per un attimo si sentì soffocare e uscì in giardino.

Il vento di settembre le smosse la gonna e le solleticò le ginocchia, mentre lei si avvicinava a passi lenti al piccolo stagno poco lontano dall'abitazione.

Guardò il recinto di pietre che lo circondava e si piegò a raccoglierne una più piccola per lanciarla.

Le tornarono in mente i momenti a Villa Conchiglia, quando tra lei e Ron c'erano troppe parole in sospeso che nessuno dei due riusciva a dire e la paura di poter morire era troppo forte e pesante.

E proprio lì Ron le aveva insegnato a lanciare le pietre per farle rimbalzare a pelo d'acqua e creare piccoli cerchi al loro passaggio.

Si erano presi per mano, erano usciti all'esterno perché nella villa quasi non si riusciva a respirare per la tensione.

Ron le aveva detto che quello era il suo modo per rilassarsi, per non pensare: perdersi nei disegni dell'acqua, vedere i sassi andare giù.

《 Si dice che se la tua pietra fa più di sette salti devi esprimere un desiderio. 》

Hermione ci aveva provato e riprovato e, quando infine ci era riuscita, aveva rivolto lo sguardo verso Ron e gli aveva appoggiato la testa sul petto.

Un'altra folata di vento la riportò alla realtà e capì di non essere più sola.

Si accorse della sua presenza come se lui fosse stato sempre accanto a lei.

Lo vide fare gli stessi gesti che lei stessa aveva compiuto poco prima, poi lo guardò e gli sorrise.

Entrambi lanciarono la propria pietra: quella di Hermione sprofondò dopo due salti, quella di Ron, invece, ne fece almeno sette.

《 Bene, ora puoi esprimere un desiderio. 》

《 Ho già tutto quello che si possa desiderare, Herm: non ho più bisogno di niente. 》

Lei non rispose.

Semplicemente raccolse altri piccoli sassi e li lanciò.

《 Cos'è che ti rende triste? 》le chiese Ron che si era fermato ad osservare con quanta frustrazione Hermione muoveva il braccio all'indietro e poi apriva le dita.

《 Nulla. 》

Lui si sedette sull'erba, le ginocchia sollevate e le braccia poggiate su, perdendo lo sguardo oltre il giardino incolto.

Gli gnomi saltellavano tra un filo d'erba e l'altro urlando come matti.

Hermione lo imitò e Ron le prese la mano, poggiò la testa sulla sua spalla.《 Ti ricordi quando te l'ho insegnato? 》

《 Sì. 》

《 Sai, quella è stata una delle rare volte in cui mi sono sentito più bravo di te: mi guardavi come se ti stessi svelando i segreti del mondo e invece si trattava solo di lanciare una pietra e farla rimbalzare sull'acqua. 》

《 Sì, è vero. 》

《 Io ti ho guardata sempre in quel modo, per tutta la vita e a volte continuo a farlo: sei sempre stata un esempio per me. 》

《 Grazie. 》

Ron scosse il capo.《 Non devi ringraziarmi… tu sei sempre stata importante e sarà sempre così. E se proprio dovessi esprimere un desiderio sarebbe quello di vederti di nuovo combattiva, pronta a fare di tutto per difendere ciò che per te è importante. 》

《 E cosa è importante adesso, Ron? 》

《 La tua felicità. Io non cercherò di consigliarti cosa fare, perché tu lo sai già, vero? 》

Sollevò la testa dalla spalla di Hermione e si alzò, strofinando le mani sulla parte posteriore dei pantaloni.

Lei invece rimase dov'era e rincorse i ricordi dei giorni in cui si era sentita felice.

Il primo la vedeva con il sedere sul pavimento freddo e buio intorno, fino a quando Draco non aveva evocato un Lumos per illuminare la stanza.

A pensarci bene, si disse, era iniziato tutto da lì, da quella stupida scommessa che Harry aveva accettato.

Forse, se Draco non avesse mai chiesto di trascorrere una serata con lei, nessuno li avrebbe rinchiusi in un dormitorio di Serpeverde, né avrebbero giocato a obbligo e verità.

Non avrebbero mangiato insieme la Nutella, non si sarebbero guardati durante la partita di Quidditch che lui aveva perso di proposito.

Nessuno lo sapeva, ma lei sì: sapeva che Draco aveva rinunciato ad afferrare il boccino solo perché glielo aveva chiesto lei.

Le sembrava ancora di vedere i muscoli tesi sotto la stoffa della divisa, la mano quasi chiusa attorno alla sfera dorata, il modo in cui poi l'aveva abbassata e aveva dato a Harry la possibilità di vincere.

Si stese con la schiena sull'erba, lo sguardo rivolto in alto e d'improvviso nel cielo esplosero una miriade di fuochi d'artificio.

Hermione chiuse gli occhi e le parve di sentire le mani di Draco risalire i fianchi e posarsi agli angoli del viso, il suono del suo affanno che le riempiva le orecchie e il profumo che si appropriava di tutto lo spazio che lei aveva nei polmoni.

La tensione dei muscoli di lui sotto le sue dita e il vuoto all'altezza del petto.

Lo stesso vuoto che aveva provato nel momento in cui gli aveva restituito il ciondolo a forma di cuore che le aveva regalato quel Natale.

Anche se non stavano più insieme, anche se forse non si erano mai appartenuti davvero.

Hermione riaprì gli occhi e tutto scomparve così com'era apparso: scomparvero i fuochi d'artificio, il viso di Draco, la sua voce.

Rimasero le lacrime che lei si ostinava a ingoiare, l'orgoglio che ancora una volta la portò a pensare che ce l'avrebbe fatta, che lo avrebbe dimenticato a dispetto di tutto ciò che continuava a ricordarglielo.

Si avviò lentamente verso la Tana e si chiese cosa avrebbe pensato Gale se avesse saputo la verità su di lei, sul suo mondo, sulla sua magia e sentì un nodo allo stomaco al pensiero che probabilmente sarebbe andato via.

Perché lui non sapeva niente della Guerra Magica, degli Horcrux, di Voldemort e delle scale che si divertivano a cambiare posizione, del ritratto della Signora Grassa, della Sala Grande.

Perché lui non era Draco.

Si asciugò le lacrime che erano fuggite al suo controllo con un gesto di stizza, mentre Ginny le sorrideva sull'uscio della porta.

Aprì le braccia per accoglierla e Hermione si aggrappò alle sue spalle come se fosse l'unico modo per restare in piedi e non crollare.

《 Passerà, vero? 》

《 Non lo so, ma ti prometto che non ti lascerò mai da sola. Però, ti prego, Herm… smettila di farti male. 》

《 Non è facile. 》

《 Sì che lo è: non ha sposato Astoria, vive nell'appartamento sopra quello di Blaise. Ti basta fare un passo. Solo un passo. 》

《 Io… io non posso. 》

Per tutta la sera Hermione si sentì sfibrata, stanca: dispensava un sorriso per tutti, si offriva di tenere in braccio Diana quando Lisa aveva bisogno di riposare e aiutava Molly con le portate quando era possibile.

Eppure, il ricordo che l'aveva investita in riva allo stagno faceva fatica a lasciarla.

Come quando si disegna su un vetro umido e la condensa torna a coprire tutto.

E le sembrava proprio di essere lì, dietro un vetro, e vedere tutto in maniera distorta e sentire ogni rumore quasi a stento: il suono delle risate di Fred e George, i richiami di Ginny, le canzoni intonate da Molly.

Diana si agitò tra le sue braccia e la sensazione di essere altrove fu spazzata via da quel piccolo lamento innocente.

Hermione le toccò il nasino e la bimba mosse le labbra in quello che sembrava un sorriso.

Vista dall'esterno era una scena dolcissima, perciò Harry si avvicinò silenziosamente e si inginocchiò in modo da poter guardare l'amica negli occhi.

《 Sai, Herm 》le disse con gli occhi lucidi.《credo proprio che saresti una brava mamma. 》

《 Grazie, Harry, ma per il momento mi accontento di essere una brava zia. 》

《 Io vorrei parlarti di alcune cose, appena avremo un po' di tempo. 》

《 Certo. 》

Hermione tornò a guardare Diana e la spostò sul fianco in modo da non pesarle addosso, poi si sporse in avanti come a voler confidare un segreto che nessun altro doveva conoscere.《Harry, io vorrei scusarmi per come mi sono comportata con te a Edimburgo. 》

《 Va tutto bene. 》

《 Solo, avevo paura. 》

《 Di cosa? 》

In quel momento, Harry si rese conto di quanto fosse difficile per lei dare voce ai tormenti che si portava dentro.

Ed era come rivederla tra le mura Hogwarts dopo che Draco Malfoy era andato via: camminava a testa alta, conosceva le risposte a tutte le domande dei professori, fingeva di non aver mai vissuto una storia che l'aveva resa felice e distrutta in mille pezzi allo stesso tempo.

Era la stessa di sempre, eppure sembrava lasciare dietro frammenti di sé che nessun altro avrebbe potuto restituirle.

Perciò, anche se non si sentiva in diritto di dirle tutto quello che sapeva, decise che almeno l'avrebbe spinta su una strada che avrebbe dovuto percorrere tempo prima per impedirsi tutto quel dolore.

L'avrebbe spinta a mettere da parte quell'orgoglio che la stava riducendo in un corpo vuoto, a tirare fuori il coraggio di cui era sempre stata capace.

Hermione sospirò più forte e lui tornò a guardarla.《 Che lui fosse riuscito a dimenticare, ad andare avanti. 》

《 Voglio dirti una cosa e spero che ne farai tesoro: io non so lui quanti passi abbia fatto nella direzione opposta alla tua e sicuramente non potrete tornare indietro nel tempo, ma… ma se c'è un modo per incontrarvi adesso, nel presente, allora trovalo. 》

《 Harry, ma Gale… 》

《 Lascia perdere Gale per un attimo, ti prego. Pensa a te. Pensa solo a te. 》

Angolo Autrice:

E niente, questa volta sono stata puntuale.

Avrei molto da dire su questo capitolo, ma preferisco non farlo perché potrebbe sfuggirmi lo spoiler…

Spero che comunque vi sia piaciuto.

A me ha emozionato tanto scriverlo.

A presto.

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Capitolo 12
*** Chiodo scaccia chiodo. ***


Chiodo scaccia chiodo.

Dopo notti in cui aveva dormito poco e male, Draco si concesse qualche ora di meritato riposo: quella appena trascorsa era stata una giornata piena, stancante e appagante allo stesso tempo. 

Lui e Harry avevano provato per settimane a far confessare Lucius solo per prendersi la soddisfazione di sentir uscire dalla sua bocca tutti gli orrori di cui era stato capace e avevano fallito miseramente.

C'erano però i ricordi, quelli che aveva trovato nella stanza segreta all'interno della biblioteca del Manor e quelli che gli aveva ceduto sua madre.

Draco si era rifiutato di guardarli così come si era rifiutato di usare la Legilimanzia.

Questa volta aveva lasciato che Harry facesse tutto da solo, mentre lui se ne stava seduto sulla poltrona dell'ufficio che gli era stato concesso.

Era un ambiente piccolo, pieno di mensole ancora da riempire e, al fianco della scrivania, come regalo di compleanno ricevuto in ritardo, Potter gli aveva fatto sistemare un quadro in cui era incorniciata la pagina della Gazzetta del Profeta con l'articolo sull'arresto di Lucius e una targhetta dorata su cui era inciso il suo nome sotto la parola Auror.

Si disse che quella, forse, era stata l'unica scelta giusta che aveva fatto nella sua vita e si sentì pulito, senza più il carico del suo cognome a pesargli sulle spalle.

E, finalmente, era soltanto Draco Malfoy.

Chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un sonno profondo e senza sogni.

~

Kelly lo aspettava sull'uscio di casa, bellissima nel suo completo azzurro.

Gli sorrise e gli prese le mani, attirandolo leggermente verso l'ingresso della casa.

《 Come stai, Draco? 》

《 Sei bellissima 》e lui stesso non riuscì a credere di averlo detto con tanta facilità. 

《 Grazie. 》

Quella mattina, Draco si era svegliato con una strana sensazione all'altezza dello stomaco e non riusciva a capire cosa fosse: aveva dormito per tutta la notte, nessun sogno a dargli fastidio.

Aveva guardato per un attimo il cassetto in cui teneva chiusi tutti gli oggetti che erano appartenuti a Hermione e il dolore si era intensificato un po'.

Aveva camminato a piedi fino a casa di Kelly, pigiama di seta e capelli in disordine.

L'aveva trovata bellissima e aveva capito che quel dolore era un vuoto che nessuno avrebbe potuto riempire se non lui stesso.

Aveva deciso di prendere in mano le redini della sua vita, aveva fatto un passo in più e Kelly gli era andata incontro.

《 Allora? 》gli aveva chiesto con un sorriso dolce.

Draco si era perso un attimo in quel groviglio di capelli, la mano poggiata sulla stoffa della camicia da notte.

Si era sporto ancora verso di lei, fino a sfiorarle le labbra.

《 Non so chi è la donna nel mio presente, ma vorrei che fossi tu 》le aveva detto e poi l'aveva baciata di nuovo.

Kelly aveva spalancato gli occhi, gli aveva poggiato una mano sul petto e poi aveva fatto un passo indietro; aveva sollevato il viso per guardarlo negli occhi.《 Ne sei sicuro? 》

《 Sì. 》

Quella sera Draco l'aveva invitata a cena fuori sia per farsi perdonare del mancato appuntamento sia per rendere ufficiale la loro frequentazione agli amici di sempre.

Un tavolo per sei, qualche passo a piedi e la voglia di ricominciare a star bene.

Blaise li guardava con uno sguardo che Draco non seppe definire, Aria sembrava felice, Theo quasi indifferente.

L'unica nota stonata era l'espressione di Daphne.

Draco se la sentiva pesare addosso come un macigno e, solo alla fine della cena, lei decise che era giunto il momento di parlare con lui.

《 Mi accompagni? 》gli aveva chiesto, prendendo dalla borsa il pacchetto di sigarette.

Draco aveva annuito e poi erano usciti sulla terrazza del ristorante.

《 Cos'hai da guardare, Greengrass? 》

《 Credi davvero di riuscirci? 》

Draco guardava un punto indefinito di fronte a sé, Daphne aspettava paziente una risposta.

Si avvicinò a lui, abbracciandolo da dietro e sistemando la testa tra le scapole.《 Non sei obbligato a farlo, lo sai. 》

《 Vorrei almeno provarci, Daph. Darmi una possibilità per non annegare del tutto. 》

《 In qualsiasi mare tu voglia buttarti, sappi che ci saranno sempre le nostre mani per tirarti su. 》

《 Lo so. 》

La sigaretta era quasi finita, rivoli di fumo che gli salivano al viso e poi più su, fino a fondersi e perdersi nell'aria circostante.

La cenere in bilico nel vuoto, un po' come le parole che Draco non diceva e quelle che Daphne ascoltava lo stesso.

Così come ascoltava il battito lento del suo cuore, il movimento impercettibile dei muscoli quando lui sollevò leggermente la testa. 

Il cielo limpido, trapuntato di stelle e la luna quasi piena che sembrava li stesse osservando, con i suoi crateri e il suo brillio.

《 Li ho visti. 》

《 Quando? 》

《 Qualche settimana fa. 》

《 Come stai? 》

《 Fa maledettamente male. Non ne posso più. 》

《 Spero che Kelly sia la scelta giusta. 》

《 Non sa nulla. 》

《 Draco, ascolta… chiodo scaccia chiodo non ha mai funzionato. 》

《 Tanto, andrà via anche lei. 》

《 E che ne sai? 》

Draco sospirò, poi si voltò a guardarla.《 Lo ha predetto lei stessa. 》

《 Non farti troppo male, allora. 》

《 Starò attento 》disse con l'accenno di un sorriso, grato in modo totalitario agli amici che avevano scelto di restargli accanto.

Era stato difficile ricominciare dopo la sconfitta di Voldemort, quando ancora nessuno sapeva dell'aiuto che aveva dato all'Ordine della Fenice e all'Esercito di Silente.

Rientrare nei ranghi, nelle simpatie di ragazzi della sua età che avevano rischiato la vita o avevano perso persone care.

Lo guardavano con occhi accusatori che sembravano diventassero dita puntate contro ogni volta che lui provava a fare un passo verso di loro.

E più si avvicinava, più gli altri si allontanavano.

Succedeva nei corridoi, ma era successo anche nei dormitori di Serpeverde dove Draco si era sempre sentito al sicuro.

Era stato difficile far finta di non sentire le voci, le offese, i sussurri malevoli e, ogni volta, raddrizzare la schiena come faceva da bambino e si sentiva intoccabile.

Draco era sempre stato al centro dell'attenzione cattiva perché era l'antagonista di Harry Potter, perché era il figlio di un Mangiamorte, perché lui stesso lo era diventato.

C'erano stati momenti in cui pensava che sarebbe stato inutile calare la maschera dell'indifferenza per mostrare il suo vero viso e altri in cui credeva che non ce l'avrebbe fatta a scrollarsi di dosso le scelte sbagliate, gli errori: credeva che se li sarebbe portati addosso come la divisa della scuola, con lo stemma ben in vista.

Fino a quando Hermione non gli aveva preso la mano e aveva intrecciato le dita alle sue, un pomeriggio d'autunno, qualche giorno dopo che si erano incontrati nella Stanza delle Necessità e lui le aveva chiesto di restare. 

O dopo che l'aveva baciata fuori all'ingresso della Torre di Grifondoro e la Signora Grassa li aveva guardati come se fossero loro stessi il frutto di un incantesimo e i quadri che li vedevano camminare insieme annuivano e sorridevano senza mai dire una parola.

E tutti quei ricordi sembravano appartenere ad un'altra vita, così diversa da quella che stava vivendo.

Draco si voltò a guardare l'amica in volto e si chiese come sarebbe stato vivere secondo le regole che gli erano state imposte, se avesse deciso di sposare Astoria.

Le sorrise e lei ricambiò.《 Torniamo dentro, dai. 》

《 Draco, io ti voglio bene davvero. 》

《 Te ne voglio anche io… ma adesso basta, questi discorsi non sono proprio da me e nemmeno da te.》

Lei rise e gli schiaffeggiò il viso.《 No, infatti, non sono proprio da noi. Andiamo. 》

Kelly alzò immediatamente lo sguardo su loro due e sembrò turbarsi a causa dei sorrisi che avevano ancora stampati in viso.

Fu Aria a rassicurarla: Kelly le aveva raccontato quello che aveva letto nelle carte e lei si sentì in dovere di dirle la verità.《 Non è lei. 》

Draco le si sedette accanto e lei parve rilassarsi un po', anche se c'erano cose che non riusciva a capire e che la facevano sentire di troppo in quel gruppo affiatato, come l'inflessione che Blaise assumeva su certe parole, come alcune domande di Daphne e il modo in cui Draco provava ad eluderle.

O come alcuni sguardi che i vecchi amici si scambiavano o rivolgevano all'uomo che le era seduto di fianco.

E la sua sensazione di essere di troppo divenne più forte nel momento in cui rimase da sola al tavolo con Aria, mentre gli altri cinque uscivano di nuovo sulla terrazza a fumare un'altra sigaretta.

Draco non si voltò a guardarla e non vide l'espressione di delusione che si dipinse sul viso di Kelly.

Semplicemente, uscì con gli occhi puntati al cielo, nello stesso punto in cui li aveva posati poco prima.

Gli sembrava quasi di averli lasciati lì, in quella notte di stelle.

《 Le dirai la verità? 》gli chiese Blaise.

《 Riguardo a cosa? 》

《 Riguardo a quello che siamo. 》

《 Perché dovrei? Tanto se ne andrà. 》

《 Il tuo discorso non ha senso, Draco 》Theodore cominciò quasi sottovoce.《 Non ha senso. 》

《 Scusa? 》

《 Se sai che andrà via, se hai intenzione di tenerle nascosta la verità, allora perché stai con lei? Tu… tu a stento la guardi… 》

《 Theo ha ragione. 》

《 Siete seri? Vi ricordate come sono stato l'ultimo anno a Hogwarts? 》

《 E tu ricordi che hai cominciato tu per un bacio che Dean non le ha mai dato? 》 

Daphne lo guardava in attesa di una risposta: voleva bene a Draco, ma Hermione era diventata il suo punto debole, uno specchio in cui si riconosceva spesso e volentieri.

《 Sì, me lo ricordo 》Draco non abbassò lo sguardo: rispose scandendo bene ogni parola, lentamente.《 Ma sembra che voi abbiate dimenticato quanti passi ho fatto verso lei e quante volte lei si è tirata indietro. 》

《 No, non lo abbiamo diment- 》

《 Basta. Io… io non voglio più parlare di Hermione. 》

Durante i giorni che seguirono quella cena, Draco aveva preferito evitare la compagnia degli amici di sempre e trascorrere il suo tempo con Kelly.

Avevano passeggiato tra i vialetti dell'Hyde Park e lungo il Tamigi, si erano seduti su un muretto a guardare da lontano il Tower Bridge e i tramonti londinesi con le dita intrecciate.

E, proprio mentre erano su una panchina a osservare il giardino giapponese dell'Holland Park, Kelly aveva appoggiato la testa sulla sua spalla e lui le aveva lasciato un bacio tra i capelli.

《 Non trovi sia magico? 》

《 La magia non esiste, Kelly. 》

《 Tu non credi alla magia? 》

Quella domanda lo riportò in un giorno di qualche anno prima, quando Blaise aveva deciso di raccontarsi ad Aria, nella sua piccola sala da tè, quando non era riuscito a invocare il suo Patronus finché non aveva pensato a Hermione.《 Non proprio. 》

《 Sei davvero poco romantico. 》

《 Sì, lo so 》e aveva sorriso, giocando con le frange della giacca di Kelly.

《 Io vorrei che mi parlassi di lei. 》

《 È passato tanto tempo… 》

《 Sì, ma… 》

Draco sospirò con un respiro pesante: sapeva che prima o poi sarebbe giunto il momento in cui avrebbe dovuto parlare del suo passato, di Hermione, di quel sentimento che non aveva capito e che lo aveva svuotato.《 È una lunga storia. 》

《 Va bene, spero di avere il tempo di ascoltarla. 》

《 Come, scusa? 》

《 Sì, insomma, spero di starti accanto per tutto il tempo in cui racconterai la tua, la vostra storia. 》

Avrebbe voluto dirle che non esistevano parole abbastanza vere per raccontarla, avrebbe voluto dirle che qualsiasi cosa le avrebbe detto non sarebbe stata nemmeno lontanamente vicina a quello che realmente avevano vissuto perché nessuno avrebbe potuto capire i suoi cambiamenti senza conoscere i particolari della guerra, la paura di non sopravvivere; avrebbe voluto regalarle il libro che Hermione aveva scritto, dirle di trovare tra quelle righe l'amore che ancora si portava dentro e chiederle perché, perché non riusciva mai a lasciarla andare davvero.

Ma non disse nulla.

Quasi non respirava più pur di tenere per sé quelle particelle di respiro che lei gli aveva lasciato nei polmoni e rimase in silenzio perché gli sembrava che, a parlarne, Hermione sarebbe potuta andare ancora più lontano, uscire dai suoi muscoli.

E non lo sapeva… non sapeva se era davvero pronto a perderla davvero.

Non era pronto a pronunciare il suo nome ad alta voce, perché quando lo aveva fatto durante la cena di qualche giorno prima si era sentito quasi frantumato.

《 Kelly, io… io non posso. 》

《 Fa ancora male? 》

《 Sì, un po' sì.  》

~•~


《 Allora, quante ne sono? 》

Hermione fece cenno con la mano per non essere interrotta, mentre con l'altra teneva il dito puntato verso il cielo per contare le stelle. 《 Trecentonovante, trecentonovantaquattro e… 》

《 Trecentonovantaquattro? 》

《 Sì. 》

Parigi sembrava essere incantata quella sera, il cielo quasi un dipinto ad acquerelli.

Gale le aveva chiesto di accompagnarlo per la presentazione del suo libro, dicendole che era un bene per lei farsi conoscere non solo attraverso le parole, dare un viso alla magia che aveva saputo creare in quelle pagine.

E lei aveva accettato.

Aveva pensato che lontano da Londra sarebbe stato più facile non incespicare nei ricordi e non pensare a Draco, alle verità che le avevano raccontato su di lui e che lei aveva finto di non sentire.

Aveva trascorso notti intere a piangere al pensiero che lui fosse riuscito ad andare avanti, a stare con un'altra persona e a sposarla.

E, prima ancora, si era immedesimata nella vecchia se stessa, l'alunna di Hogwarts forte e caparbia che non si lasciava abbattere da niente, che andava avanti con la sua vita e il naso nei libri.

Solo nelle notti durante le ronde con Blaise riusciva a calare la maschera, a piangere le lacrime che si era portata dentro tutta la giornata: trovare lui come caposcuola di Serpeverde le era sembrata quasi una benedizione.

Un passo alla volta, una parola alla volta, fino a quando lei non aveva trovato il coraggio per parlargli davvero.《 Perché è andato via? 》

《 Perché sei importante per lui… ti ha dato la possibilità di non cadere a pezzi ogni volta che lo incontravi. 》

《 Non ha pensato ai danni del dopo? 》

《 Sa che tu sei forte, che sei in grado di uscirne 》le aveva detto.
 
Solo che… solo che Hermione non ne era uscita affatto e ancora, a volte, le sembrava di sentire le sue mani addosso, le sue labbra sulle proprie.

Anche se Gale non aveva il profumo dell'inverno, della pioggia.

Anche se Gale non fumava e lei odiava il fumo, ma sulla bocca di Draco sembrava avesse il sapore della Nutella. 

Anche se Gale non camminava come se un posto nel mondo gli spettasse di diritto.

Scosse la testa e si rese conto di aver perso gran parte del discorso.

Sorrise per scusarsi, perciò Gale le scompigliò i capelli e si appoggiò alla sua fronte.

《 Sei ancora emozionata? 》

《 Sì. 》

《 Hermione, volevo chiederti… quanto c'è di vero nel tuo libro? 》

《 Quasi tutto 》rispose lentamente.《 A parte la magia, ovviamente. 》

《 Ma come è successo? Insomma, voi vi odiavate. 》

《 È stato strano, un poco alla volta. Ad un certo punto mi sono resa conto che guardare lui era come guardarsi allo specchio. Vedi, io e lui eravamo diventate delle persone incastrate nelle proprie maschere e, ogni volta che la mia si crepava, si crepava anche un po' la sua 》prese un respiro profondo, poi appoggiò la schiena alla parete.《 Non so come spiegarlo, ma lui… lui ha riempito dei vuoti che non sapevo di avere. 》

《 Sì, capisco. Ma perché è finita? 》

《 È la vita, Gale. Perché vuoi parlarne proprio adesso? 》

《 Io credo… 》

《 Beh, io non ne ho voglia 》aveva concluso Hermione, la rabbia a ribollire nelle vene come lava.

Il viaggio di ritorno era stato silenzioso: Gale provava a prenderle la mano, lei lo allontanava.

Dopo si era chiusa in camera, con il suo libro poggiato sulle ginocchia, gli occhi fissi sulla copertina nera.

Draher e Grattastinchi acciambellati ai suoi piedi.

《 Beati voi 》sussurrò, guardandoli.

Quelli a Parigi erano stati giorni in cui Hermione avrebbe voluto smettere di pensare, dare al cuore e alla mente un po' di tregua e, invece, l'ultima notte aveva sognato di incontrarlo, di sentire le sue dita incastrarsi nei suoi ricci.

Quando si era svegliata e aveva trovato le mani di Gale tra i capelli, si era alzata di scatto dal letto per chiudersi in bagno.

Aveva provato una nausea che non riusciva a spiegare e che ancora le agitava lo stomaco al solo pensarci.

Di tanto in tanto, guardava il cellulare sperando che Ginny rispondesse presto al suo messaggio e più tempo passava più lei sentiva crescere dentro un senso di solitudine.

Le era capitato spesso, soprattutto dopo essere partita e aver abbandonato i suoi amici, la sua casa; era sempre stata in grado di gestirla, eppure questa volta sembrava non volerci riuscire.

Sentì le lacrime scivolare sulle guance e le lasciò libere e sperò che in quel modo potessero andare via anche i ricordi, il dolore.

~

《 Hermione. Herm, svegliati, dai. 》

Riconobbe immediatamente la voce di Ginny e aprì gli occhi per trovare quelli azzurri dell'amica di sempre. 《 Ehi. 》

《 Sono venuta appena ho potuto, va tutto bene? 》

《 Sì, credo. 》

《 Credi? 》

《 I-io non lo so, in realtà. 》

《 Ti va di raccontarmelo? 》

《 Sto bene con Gale, davvero… però c'è sempre qualcosa che mi blocca. 》

《 Cioè? 》

《 A Parigi è stato tutto perfetto, fino a quando non mi ha chiesto di lui. 》

《 Herm, io ti voglio bene come una sorella, anzi come voglio bene a me stessa, ma ho bisogno di farti una domanda. Posso? 》

《 Sì. 》

《 A Hogwarts sembrava stessi bene, che fossi riuscita ad andare avanti e poi sei partita all'improvviso. 》

Hermione calò lo sguardo sul letto, dove Draher aveva preso posto.

Era partita il quindici aprile, il giorno in cui Draco avrebbe dovuto sposare Astoria: aveva trascorso giorni a pensarci, senza mai parlarne con nessuno.

Solo quando si era sentita sopraffatta dalla mancanza, quando non ne aveva potuto più, aveva chiuso la valigia ed era andata in aeroporto.

Ci era rimasta ore a guardare i tabelloni delle partenze e soltanto in quel momento si rese conto che aveva scelto la Francia come destinazione perché il cognome di Draco aveva origini francesi.

《 Perché ho finto: non lo avevo superato e non riuscivo ad andare avanti. Sono partita per mettere quanta più distanza tra me e lui, per non pensarlo più. Per dimenticarlo. 》

《 E non ci sei riuscita. Non ci riuscirai mai, Herm, perché lui è stato importante 》disse Ginny sedendosi accanto a lei.

Si soffermò qualche secondo a guardarla, a studiare le espressioni del suo viso.《 È stato talmente importante che te lo porti dentro. E potrai scappare ovunque, stare con chiunque, potrai mentire a me, a tutti gli altri e a te stessa, ma non lo dimenticherai mai. 》

Hermione avvertì la gola stringersi, il peso delle lacrime tutto sulle spalle che si curvarono appena, eppure a Ginny non sfuggì quel movimento così lieve che un occhio estraneo non avrebbe notato.

Ginny la conosceva meglio di chiunque altro, quasi come se fosse la sua mano: conosceva il linguaggio del suo corpo, dei suoi silenzi e sapeva rispettarli.

Ma, in quel momento, proprio non ce la faceva a tenersi tutto dentro.

Accarezzò il gatto che Hermione teneva sulle gambe, prese il libro e toccò la copertina in punta di dita.《 Io l'ho letto… e ci siete voi in ogni singola parola. C'è tutto l'amore che hai provato, che ancora provi per lui e che ti ostini a negare. 》

《 Io non posso. 》

《 Ma… perché? Sai che non ha sposato Astoria, che non stanno nemmeno insieme. Cos'è che ti impedisce di andare da lui? 》

《 È andato via. 》

《 Me lo ricordo: ti ho aiutato a raccogliere i cocci, Hermione. 》

《 Non avrebbe dovuto. 》

《 Avresti potuto fermarlo. 》

《 Ci ho provato. 》

《 Quando? Herm, ascoltami… io, oh per Godric, non avrei mai pensato di dire certe cose di Malfoy, ma lui ha fatto di tutto per avvicinarsi a te. Tu… tu non gli hai lasciato altra scelta. 》

《 Non è andata così. 》

《 E com'è andata, allora? Lo hai scritto tu stessa: la biblioteca, il cortile e la pioggia di quella notte, la torre di Grifondoro. 》

《 Ginny, no, ti prego. 》

《 D'accordo, non dirò più nulla, ma io e te sappiamo la verità e tu sai che ho ragione. 》

《 Io ce la farò. 》

《 Come? Continuando a stare con Gale e fingendo di essere innamorata di lui? Chiodo scaccia chiodo non ha mai funzionato. Anzi, se proprio vuoi saperlo, più batti il chiodo nuovo più quello vecchio entra in profondità e dopo è tutto più difficile, fa ancora più male perché magari quel buco cicatrizza, è vero, ma il chiodo resta lì e tu non hai nessuna possibilità di toglierlo. 》

《 Io voglio bene a Gale. 》

《 Allora perché sei scappata in Scozia? Perché hai avuto bisogno di startene da sola, lontana da lui? 》

《 Ogni coppia ha bisogno di un po' di lontananza. 》

《 Con Malfoy non ne hai avuto bisogno. 》

《 È diverso… 》

《 No, non lo è. Te l'ho già detto tantissime volte e te lo ripeto ancora: non farti male. 》

《 Ma cos'hai, Ginny? 》le chiese alzando la voce. 《 Sembra che tu voglia vedermi soffrire. 》

《 Niente affatto. Senti, a me piace Gale, davvero. Ma sai anche tu che è una storia che non può durare: cosa sa di te? 》

《 Tutto. 》

《 Ah, sì? Sa che sei stata la strega più brillante della tua età? Che hai combattuto una dannatissima guerra e che per proteggere i tuoi genitori hai cancellato loro la memoria?
Sa che esiste una scuola di magia o cosa sono i Thestral, Azkaban o i Dissennatori? Sa che hai rischiato di morire e che hai una cicatrice sul braccio che ti ricorda ogni giorno che sei una sangue sporco e che hai lottato con tutta te stessa per essere all'altezza di chi ha fatto di tutto per farti sentire inferiore? E, per caso, sa cos'è un Patronus? Che esiste un dannatissimo comitato per la difesa degli elfi? E Dobby… sa di Dobby? Di tutto quello che hai vissuto? 》

Ginny aveva il fiato corto, Hermione gli occhi chiusi e le mani sulle orecchie perché non voleva ascoltare una sola parola di quelle che gli stava rivolgendo l'amica.

Eppure, se le sentiva scivolare addosso, stendersi perfettamente sulla pelle quasi fossero la sua stessa pelle.

《 E l'Esercito di Silente? Gale non sa nemmeno cosa sia l'Esercito di Silente e non sa dell'esistenza di Diagon Alley, della Stamberga Strillante, né del passaggio che unisce questi due mondi o che quelli come lui noi li chiamiamo babbani. Non sa che hai paura di volare su una scopa e non sa che sai leggere e scrivere le Rune Antiche. Lui non sa niente di te e non lo saprà mai. I-io… è meglio che vada adesso. 》

Hermione la osservò senza dire una parola, quasi consapevole del fatto che se ne avesse detta anche solo una avrebbe rischiato di ricominciare a piangere.

La osservò mentre si inginocchiava a prendere la borsa e se la portava in spalla, spostando i capelli dal viso e compiva gesti nervosi mentre raccoglieva gli occhiali, il cellulare.

Avrebbe voluto avvicinarsi per abbracciarla, ma le sembrava di essere pietrificata, proprio come quando era stata aperta la Camera dei Segreti.

Ginny adesso le dava le spalle e lei allungò la mano per fermarla, anche se non poteva vederla.

C'erano verità che non aveva mai raccontato e sembravano voler essere svelate a forza, perciò Hermione tirò un respiro profondo e si prese il tempo per racimolare il coraggio che l'aveva sempre distinta.

《 Non mi ha dato tempo per fermarlo 》e lo disse con voce sofferente, il respiro fermo sulle labbra, quasi come se le costasse liberarsi di quel peso che era diventato parte di lei.《 La sera della festa dei G.U.F.O., io… lui… lui mi ha distrutta, Ginny, e io non voglio più stare male e sentirmi persa se non mi è vicino. 》

E le sembrò di riuscire di nuovo a respirare, tra le lacrime taciute e quelle che ora stavano urlando, quando Ginny la strinse a sè.

Stretta in quell'abbraccio, Hermione tremò e pianse a singhiozzi.

Con la bocca premute contro la maglietta, gli occhi stretti per impedirsi di guardare altrove e trovare ancora lui.《 Io non lo voglio, Ginny. Non lo voglio più nella mia vita. 》

Angolo Autrice: 

Tadaaan… anche questa volta sono riuscita ad essere puntuale.

In realtà è un periodo d'ispirazione e i capitoli vengono giù da soli ed io non posso che esserne contenta.

Come potete vedere, questa storia ha tempi più lunghi rispetto alle prime due perché è così che secondo me dovrebbero accadere le cose: lentamente

Uscire da un dolore, accettare la fine di una storia, viaggiare in se stessi. Lentamente. 

Perché solo così siamo in grado di dire:《 È successo davvero. 》

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto.

A presto.



















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Capitolo 13
*** Proposte a cui non si può dire no. ***


Proposte a cui non si può dire no.

《 Ti dico che è piccolo, Kelly. 》

《 Draco, conosco quel buco… 》

《 Senza dubbio, ma davvero… questo non ci entrerà mai. 》

《 Forse è solo un po' troppo lungo, potremmo avere qualche problema con la profondità, ma il diametro è giusto. 》

《 Ok, allora dai, mettiamolo. Vediamo chi dei due ha ragione. 》

《 Sei davvero così sicuro di te? 》

《 Ovviamente. 》

Andavano avanti così da circa mezz'ora, fino a quando Draco non aveva sistemato l'orologio all'interno nella nicchia a forma di cerchio che Kelly teneva in cucina.

La guardò con un'espressione provocatoria dipinta in viso: l'orologio, proprio come aveva previsto, aveva un diametro maggiore rispetto al buco nel muro.

Kelly gli schiaffeggiò la spalla e sorrise.《 Va bene, avevi ragione tu. 》

《 Questione di occhio critico. 》

《 Questione di fortuna, Draco, e nient'altro. Sei solo stato fortunato. 》

《 Va bene, quindi ora che si fa? 》

《 Dobbiamo riportarlo indietro e prenderne uno più piccolo. 》

Così erano tornati nel negozio in cui avevano acquistato l'orologio e ne avevano chiesto un altro: metro alla mano, questa volta Draco aveva preso le misure.

Kelly era sempre stata una di quelle persone che non dava importanza al tempo, eppure da quando aveva iniziato a frequentare Draco aveva avuto l'impressione che, invece, il tempo e il suo scorrere fossero importanti: aveva sistemato un calendario sulla parete accanto alla finestra e aveva insistito per avere anche un orologio.

《 Così posso chiederti di restare ancora dieci minuti e vedere quanto tempo, invece, resti 》aveva risposto quando Draco le aveva chiesto come mai all'improvviso avesse quella necessità.

Sulla strada del ritorno, Kelly gli prese la mano.《 Sappiamo tutti e due che non sarò io la donna che avrai al tuo fianco nel futuro… forse per questo adesso è così importante per me guardare l'ora. 》

《 Non credi sia peggio? 》

《 No, anzi, credo che dovremmo iniziare a dare valore a ogni singolo secondo che trascorriamo insieme. 》

Draco si era chinato un po' per baciarla e lei gli aveva legato le mani dietro al collo.

Le dita intrecciate sulla sua pelle, movimenti piccolissimi dei polpastrelli per dargli la possibilità di lasciarsi andare.

Lo accarezzava lentamente, quasi come se avesse paura di spezzare quella sorta di equilibrio che stavano provando a raggiungere poco alla volta. 

Draco non lo diceva mai, eppure a lei sembrava di sentire le parole che lui si teneva dentro, sto male, tu non sei lei , e forse proprio per questo se lo attirò ancora di più addosso.

《 Sei pronta per stasera? 》gli chiese staccandosi da lei.

《 Sì, non vedo l'ora. 》

Draco era tornato nel suo appartamento e per prima cosa aveva sbottonato il colletto della camicia: la sensazione di avere due mani in gola lo aveva accompagnato per tutta la mattina.

Si passò una mano tra i capelli e restò a lungo fermo a guardare il getto della doccia bagnare le piastrelle del bagno.

Gli sembrava che l'acqua facesse troppo rumore, quasi la sentiva perforargli i timpani, così si spogliò e chiuse le porte di vetro.

Il vapore dentro e fuori gli appannava la vista, vedeva sfocato tutto quello che lo circondava e quello che invece gli mancava.

Anche il suo viso, perso nei fumi dell'acqua calda e nel vorticare dei ricordi, gli apparve indefinito.

E non ricordava più la sua voce.

Se ne rese conto in quel momento e gli sembrò di avere una parte mancante di se stesso, quasi come se gli avessero amputato un braccio.

Non era servita la Giratempo, il Mantello dell'Invisibilità, perché forse era vero che il tempo guariva le ferite.

Perché è così, crediamo di ricordare ogni minimo particolare di una persona finché non ci accorgiamo all'improvviso che qualcuno, di quei particolari, lo abbiamo lasciato qualche passo dietro di noi.

E ci sentiamo incompleti senza, quasi in colpa come se, dimenticando, stessimo facendo un torto a chi abbiamo amato più di ogni altra cosa.

Però, in fondo, va bene così.

Andava bene così, perché Draco aveva fatto di tutto per dimenticarla e non ricordare la sua voce gli sembrò un piccolo passo per ricominciare senza l'ombra di un passato che gli impediva di farsi scaldare da un amore nuovo che forse non chiedeva altro.

Andava bene così perché Draco sperava che, a lungo andare, il suo ricordo sarebbe sbiadito e sparito dalla sua mente.

Lo sperava perché quelle mani che sentiva premere sulla gola erano quelle di Hermione, quelle del suo ricordo che pretendeva di non essere dimenticato.

Pretendeva di restare lì, sottopelle come le vene, come i nervi, come il sangue.

Se le sentiva ovunque, sotto i muscoli, mentre le mani di Kelly sembravano arrendersi alla potenza di quello che Hermione aveva significato per lui.

Uscì dalla doccia e appoggiò entrambe le mani sul marmo freddo del lavabo, senza il coraggio di guardarsi allo specchio, perché se un attimo prima aveva sperato di dimenticarla, quello dopo aveva sentito il cuore frantumarsi a quel pensiero.

E lui, pezzi di cuore mancanti, ne aveva già troppi.

Persi chissà dove, lasciati volontariamente tra le sue mani e, senza che lo volesse, tra le pagine di un libro.

E, pezzi di cuore, non voleva perderne più. 

Fu qualcuno che bussava il campanello con insistenza a dargli un motivo per uscire dal bagno e vestirsi.

Avrebbe volentieri evitato di uscire se fosse stato per lui. Sarebbe rimasto sdraiato sul letto fino al mattino successivo o si sarebbe ubriacato fino a spegnere il cervello.

Quando aprì la porta, trovò Blaise con una mano sul petto e il respiro corto.《 Tu sai cos'è un attacco di cuore, Draco? 》

《 No. 》

《 Io sto per averne uno e tu devi portarmi immediatamente al San Mungo. 》

《 Scusa? 》

《 L'ho letto su internet: io sto avendo un attacco di cuore. 》

《 O forse te la stai solo facendo sotto. 》

《 Portami al San Mungo. O legami come un salame, come quella volta che ti ho rinchiuso con la Granger nei dormitori, ti prego. O, non lo so, uno Stupeficium… 》

《 Sei impazzito, per caso? 》

《 Fa qualcosa, per favore. 》

《 Oh, okay. Siediti 》gli disse prendendolo per un braccio e portandolo al divano.《 Adesso beviamo qualcosa. 》

《 Qualcosa di forte. 》

《 Sì. 》

《 Fortissimo. 》

《 Vuoi ubriacarti davvero? 》

《 Sì… o no, non lo so 》Blaise appoggiò la testa sulle ginocchia, le braccia che penzolavano lungo le gambe e le mani ferme sul pavimento.《 E se Aria non volesse sposarmi? 》

Draco conservava nella credenza un'antichissima bottiglia di Firewhisky invecchiata di centododici anni, appartenuta ai Black.

Aveva promesso a se stesso di aprirla in un'occasione importante e quella gli sembrò un occasione importantissima.

Blaise Zabini era stato famoso a Hogwarts per la sua fama di spaccacuori: camminava per i corridoi come se fosse il creatore del mondo, senza scomporsi mai, sul viso sempre un sorriso che riempiva l'aria di sospiri sognanti.

Durante il penultimo anno, era stato creato un fan club in suo onore e le più audaci tra le componenti aveva provato più di una volta a rifilargli un filtro d'amore.

Durante le partite di Quidditch, spiccavano sempre striscioni magici con il suo nome e una miriadi di cuori intorni e c'era chi addirittura indossava delle maglie con la sua faccia stampata sopra e lui, dalla sua scopa, lanciava baci alle sue adulatrici provocando non pochi cori da stadio.

Quello che adesso, invece, era seduto sul suo divano, sembrava un essere indefinito in preda ad un attacco di panico.

Sì, era decisamente un'occasione importante.

Draco versò il whisky nei bicchieri e si sedette al suo fianco.《 Sembri Mirtilla, in questo momento. 》

《 Non scherzare, Draco. Sono serio: se Aria non volesse sposarmi? 》

《 Beh, vorrà dire che è molto più intelligente di quello che sembra. 》

《 Stupido, insensibile, pezzo di mer- 》

《 Va bene, la smetto. 》

《 È meglio. 》

《 Perché hai tanta paura, Blaise? 》

《 Io non lo so. Ascolta, durante quell'estate è stato tutto perfetto… 》

《 Lo è anche adesso, no? 》

《 Sì, solo… e se dovesse finire? 》

Blaise alzò la testa dalle ginocchia e puntò gli occhi in quelli dell'amico e lui… lui si sentì quasi nudo, privo di ogni difesa.

《 Non devi pensare a queste cose 》disse alzandosi e avvicinandosi alla finestra a bovindo.

Accese una sigaretta e lasciò penzoloni tra le labbra, mentre il fumo saliva piano ad annebbiargli la vista, a velare per un po' tutto ciò che aveva intorno.

Guardava l'insegna della sala da tè e sentì i passi di Blaise avvicinarsi, un fruscio di stoffa che gli fece capire che anche Blaise avrebbe cominciato a fumare.

《 Davvero. Come si fa? 》

Draco sollevò leggermente il mento.《 Si sopravvive. 》

《 Ma sopravvivere non è vivere, giusto? 》

《 No, non lo è. 》

《 Ho paura di non essere abbastanza per lei, di non essere in grado di renderla felice veramente. 》

《 Se sta con te è perché probabilmente ha visto del buono, perché crede che tu sia più che capace di renderla felice, no? 》

《 Suppongo di sì. Cosa succede dopo? Dopo il matrimonio, intendo… 》

《 E che ne so: non sono mica sposato! 》

《 Lo so, ma cosa succede, secondo te? 》

《 Ti sveglierai ogni mattina con lei accanto, magari con i suoi capelli sulla faccia. Farete qualsiasi cosa insieme e ti chiederà cosa vuoi mangiare per cena. Imparerai a conoscere i suoi silenzi, le parole che non ti dice e i suoi sogni… oh, Blaise ma che cazzo ne io di cosa succede dopo! E adesso muoviti, porta il culo nella tua camera da letto e non fare il cagasotto. 》

《 Oh, sì. Sì, me ne vado. Io… io sono un uomo, sì. 》

《 Sì. Vai, su. 》

《 Ah, Draco… 》lo chiamò Blaise sull'uscio della porta.《 Dovresti vestirti anche tu: ricordati che sei il testimone. 》

《 Sono già vestito. 》

《 Indossi solo le mutande e una maglietta a mezze maniche, non vorrai mica presentarsi così? 》

《 Sparisci, idiota. 》

Quando rimase da solo, Draco pose a se stesso la stessa domanda che gli aveva posto Blaise: quanta vita vera aveva vissuto durante quegli anni lontano da Hermione?

E quante volte aveva creduto di non farcela?

Tante. Talmente tante che in quel preciso istante decise di non volerci pensare, di non appesantirsi ancora di giorni trascorsi provando a darsi risposte che non sarebbero arrivate.

Scese le scale lentamente, Kelly lo aspettava sul pianerottolo con occhi emozionati e sorriso dolce.《 Gira voce che tu sia il testimone dello sposo. 》

《 Se Aria dirà di sì, sì, sarò il testimone. 》

Entrarono sorridendosi, accolti dalla luce tenue delle candele che Blaise aveva sistemato sui vari mobili.

L'atmosfera era romanticissima: la parete di fronte alla porta d'ingresso era tappezzata di fotografie di Aria e Blaise, i fiori sistemati in vari vasi negli angoli della stanza.

Al centro c'era un piccolo tavolo rotondo su cui faceva bella mostra di sé la scatola di velluto che conteneva l'anello: Blaise ci aveva messo un bel po' a sceglierlo, fino a quando Draco non gli aveva suggerito di disegnarlo e lui si era impegnato matita alla mano e, alla fine, aveva affidato la realizzazione del gioiello a Marcus.

Era un cerchio sottile tempestato di piccoli diamanti su cui era sistemato uno più grande e, nonostante inizialmente Blaise avesse pensato al blu, aveva infine scelto il classico diamante bianco per esprimere la purezza dei suoi sentimenti.

Ai piedi del tavolo aveva sistemato due scatole a cui erano legati due composizioni di palloncini che rappresentavano una coppia di sposi.

《 Mi farò trovare inginocchiato al centro, che ne pensi? 》

《 Fa schifo. 》

《 Davvero? 》

《 No, andrà benissimo 》gli disse dandogli una pacca sulla spalla.《 Non sospetta proprio niente? 》

《 In realtà, pensa ci sia un'altra donna. 》

《 Sulla base di cosa? 》

《 Ha detto che ultimamente mi vede sempre distratto, con la testa tra le nuvole. 》

《 E invece? 》

《 No, è vero. Solo, che penso continuamente a come chiederglielo, cosa dire, quali sono le parole migliori… 》

《 Ti usciranno al momento, non c'è bisogno di pensare. 》

《 Tu hai mai programmato un discorso? 》

《 Sì. 》

《 E com'è andata? 》

《 Ho sempre detto tutt'altro, perché tutte le parole che avevo in testa perdevano senso di fronte a… oh, insomma, Blaise, devi dirle quello che ti passa in quel momento per la testa. 》

Il rumore della chiave inserita nella toppa fece capire a tutti che era giunto il momento. 

Blaise si inginocchiò davanti al tavolo, proprio di fronte all'ingresso, e respirò a fondo.

Quando Aria entrò rimase per un momento ferma a guardare Blaise.

Draco lo vide sorridere, un sorriso dolcissimo di promesse e amore, gli occhi lucidi, in attesa che lei facesse un passo verso di lui.

Aria lo fece: si avvicinò piano a lui, con passo morbido, quasi avesse paura di spezzare quella magia che con la magia che loro avevano conosciuto a Hogwarts non aveva proprio nulla a che fare.

Blaise le prese la mano senza spostarsi dalla sua posizione e ancora la guardò.《 Aria… io so che… io ti amo. E ti amo così tanto che, se tu vorrai… voglio i tuoi capelli sulla faccia ogni mattina e voglio girarmi nel letto e trovarti al mio fianco, provare tutti i nuovi gusti di tè che inventi e non sono bravo a fare promesse, ma ti prometto che ti darò tutto quello che non sai ancora di volere… i-io… 》

《 Sì 》Aria si era inginocchiata di fronte a Blaise, le dita intrecciate alle sue e gli occhi sprofondati nei suoi e non esistevano più gli altri,  le pareti di casa e la sala da tè. 

Esistevano loro due e Draco ebbe la sensazione di essere di troppo soprattutto quando Blaise nascose il viso sulla spalla di Aria.

Theo e Daphne applaudirono, Kelly si asciugò una lacrima e lui chiuse gli occhi.

Chiuse gli occhi perché nelle iridi era riemerso il viso di Hermione.

Disegnato dietro alle palpebre come come.un brivido indelebile che gli spezzava le ossa senza che lui provasse alcunchè.

E la sua voce… la sua voce a riempirgli i pensieri, come la musica del suo pianoforte che nasceva in sordina e continuava fino a sentirla anche dopo che era finita.

Ce l'aveva dentro, tra crepe di cuore e frammenti d'anima, incastrata al centro di ogni spaccatura della sua maschera, quasi fosse il collante che la teneva insieme e l'arma che la distruggeva allo stesso tempo.

Si portò una mano tra i capelli e Kelly si voltò a guardarlo.《 Va tutto bene, Draco? 》

《 Non mi toccare. 》

《 Ma cos'hai? 》

《 Lasciami in pace, Kelly, per favore. 》

《 Draco… 》

《 Va tutto bene, davvero. Ho solo bisogno di bere qualcosa. 》

~•~

Hermione si teneva la testa tra le mani: Ginny si era presentata a casa sua, accompagnata da Fred e George che l'avevano svegliata lanciando una Caccabomba ai piedi del letto.

《 Per prima cosa, dobbiamo cambiare il colore alle pareti 》stava dicendo Ginny rivolgendosi ai gemelli.

《 Sì, è vero: è tutto così grigio qui. 》

《 Ricordo male o il tuo colore preferito era il verde. 》

《 Era il rosso, Fred. 》

《 Sì, ma quando è stata con Malfoy il suo colore preferito è diventato il verde. 》

《 Smettetela voi due e cominciate a tinteggiare le pareti. 》

《 Di quale colore? 》

《 Quello che volete. Tranne il verde e il grigio, ovviamente 》li interruppe Ginny.

《 Perché stai facendo tutto questo, Gin? 》Hermione strinse le braccia al petto e guardò l'amica.

《 Perché sono stanca di vederti star male. 》

《 Ma non è così che comincerò a stare meglio. 》

《 Questo lo so, ma si comincia sempre a piccoli passi. 》

《 Già. 》

《 Il grigio non va bene, Herm. 》

《 Perché no? 》

《 Sai, ogni volta che vengo qui, provo a mettermi nei tuoi panni. 》

《 Sì, beh, grazie. 》

《 Ricordi il periodo in cui non stavo con Harry? Quando mi venivano gli attacchi di panico e non andavo agli allenamenti? 》

《 Sì. 》

Ed era vero, se lo ricordava: c'erano stati giorni in cui Ginny non usciva nemmeno fuori dal letto, tende tirate e occhi chiusi; si era sprangata in se stessa, nascondendosi dal mondo ed era stata più volte a rischio di perdere l'anno, fino a quando un giorno aveva passeggiato per i giardini di Hogwarts e poi si era seduta sugli spalti a guardare il campo di Quidditch.

《 Vedi… io non volevo più uscire perché qualsiasi cosa mi ricordava Harry: il verde del campo, le aule in cui ci chiudevamo. E mi sentivo soffocare, mi sembrava di essere sul punto di impazzire perché Harry era dovunque anche se non era da nessuna parte.

Prima di tutto ho buttato via ogni cosa verde che possedevo e ho immaginato che l'erba fosse di un altro colore. Perciò, adesso cambiamo colore alle pareti, va bene? 》

《 Va bene, cambiamo colore alle pareti 》le rispose sorridendole.

《 Fred, George, siete pronti? 》

《 Stiamo aspettando voi. 》

《 Bene: niente grigio o verde o rosso. E nemmeno giallo 》poi si sporse verso Hermione e bisbigliò:《 Il giallo potrebbe ricordarti i suoi capelli. 》

《 Sei assurda, Ginny, davvero. 》

Un'ora dopo, Hermione e Ginny stavano discutendo su quale tonalità di rosa orientare la scelta: la prima proponeva il rosa cipria, mentre la seconda invece il rosa albicocca.

《 Io li vedo uguali, Fred… 》

《 Perché sono uguali, George. Sono identici, non vedi? 》disse indicando i due colori sulla parete.

《 Si dà il caso che questa sia casa mia. 》

《 Sì, ma il rosa cipria non dà nessuna luce, rende tutto più tetro. 》

《 E il rosa albicocca è da bambine. 》

I gemelli erano sull'orlo di una crisi d'identità e Fred propose con un gesto di stizza di usare entrambi i colori.《 Così la smettiamo, eh? Che ne dite? 》

《 Ma tu sei un genio 》risposero all'unisono le due amiche.

《 Perfetto! 》

Solo qualche minuto dopo, si sentì un ticchettio provenire dal salone.

Hermione aprì la finestra e un bellissimo gufo con una lettera entrò poggiando le zampette su una mensola.

《 Oh 》esordì Ginny.《 è un bene che non ci sia Gale qui. Gale, quel ragazzo che sa tutto di te. Chissà cosa avrebbe detto vedendo un gufo che recapita la posta, vero? 》

《 Smettila 》la ammonì Hermione. 

Avrebbe voluto arrabbiarsi con lei, invece si ritrovò a trattenere una risata guardando la sua espressione corrucciata che le ricordava la bambina che era stata, quando a King's Cross aveva messo il muso perché anche io voglio andare a Hogwarts con Ron.

Si chiese se era stato quello il momento esatto in cui si era innamorata di Harry, un bambinetto smunto con occhi e occhiali troppo grandi a coprirgli il viso.

Prese la lettera e riconobbe immediatamente il sigillo di ceralacca. La aprì quasi con riverenza, allo stesso modo di come aveva fatto tanti anni prima.

Lesse velocemente il contenuto, un sorriso dolce ad incurvarle le labbra.《 È Silente. 》

《 È successo qualcosa? 》

《 No, non credo… dice solo che vorrebbe vedermi. 》

《 Beh, se vuole vedere solo te vuol dire che non c'è nessun nemico in circolo, no? 》

《 Vuoi venire con me? 》

《 Sì, mi farebbe piacere. 》

《 Allora andiamo. Fred, George, vi prego, non distruggete la casa. 》

《 Sai che non potremmo mai farlo, Herm, stai tranquilla. 》

《 Ne dubito. 》

《 Noi andiamo, eh. Mi raccomando a voi due. 》

Così Ginny prese Hermione sotto braccio e si smaterializzarono insieme all'esterno della scuola di magia.

Accadde una cosa che Hermione non avrebbe mai creduto potesse accadere.

Vide un ragazzo alto, le spalle larghe e i capelli di filigrana che al sole risplendevano fino a sembrare fili di pietra di luna, il viso nascosto dietro una delle colonne.

E le si fermò il cuore in gola.

Camminò piano nella sua direzione, le sembrava di non toccare il suolo fino a quando non gli mise una mano sulla spalla e lo girò con tutta la forza che non sapeva di avere.

Il ragazzo inarcò le sopracciglia e piegò il viso verso quello di Hermione, cercando il suo sguardo.《 Va tutto bene? 》

《 Oh, i-io… mi dispiace, credevo fossi qualcun altro. Scusami. 》

Ginny era rimasta indietro a guardare la scena da lontano, quasi non avesse voluto trovarsi in mezzo nel caso quel ragazzo fosse stato davvero Draco, perché lei sapeva che Hermione, razionalità e incertezze, aveva pensato immediatamente a lui.

L'aveva raggiunta solo nel momento in cui aveva cercato sostegno appoggiandosi al parapetto di pietra e le aveva accarezzato un braccio. 《 Herm… 》

《 Sto bene, Ginny. 》

《 Okay… 》

Hermione attraversò i corridoi ad occhi bassi, cuore in tumulto e anima crepata.

La mente colma di immagini che non riuscì a nascondere dietro le palpebre e coprire di buio, come faceva nei momenti in cui avvertiva le gambe cedere, pronte al collasso.

Sospirò rumorosamente quando arrivarono davanti al gargoyle dell'ufficio di Silente.

《 Herm, la parola d'ordine. 》

Ebbe un attimo di smarrimento e alzò lo sguardo sull'amica.《 Io… 》

《 Hai la lettera? 》

《 Sì, eccola 》prese il foglio dalla borsa e lo spiegò lentamente.《 Crumble di mele. 》

《 Ah, Silente e i dolci… una storia d'amore infinita. Quanti anni avrà, secondo te? 》chiese Ginny provando a farla sorridere.

Eppure, Hermione non sembrava ricordarsi nemmeno della sua presenza, con la bocca schiusa mentre fissava il gargoyle che apriva il passaggio alle scale a chiocciola.

Le salirono in silenzio, poi il sorriso del vecchio preside sembrò riuscire a sciogliere i nervi di Hermione, ghiacciati da un'emozione che non voleva.

《 Bentornate a Hogwarts. Prego, accomodatevi. 》

Ginny si accomodò quasi immediatamente, mentre Hermione rimase ancora un po' in piedi.

Silente dovette ripeterle di sedersi prima che lei lo facesse.《 Signorina Granger, la prego: non vorrà mica restare in piedi? Sarà un discorso un po' lungo… 》

《 Oh, sì. Sì, certo 》disse scuotendo la testa, quasi come se soltanto in quel momento si fosse resa conto di essere veramente lì.

《 Bene 》il preside allungò verso di loro due tazze di tè e ne bevve qualche sorso anche lui, poi le guardò a lungo, l'orgoglio negli occhi a ripensare quanto quelle due ragazze avessero dato per far tornare la pace nel Mondo Magico.《 So che è diventata famosa, signorina Granger. Le ragazze della scuola non parlano d'altro se non del suo libro. A volte abbiamo dovuto richiamarle, proprio perché preferivano leggere quello. 》

《 Sì,  beh… 》

《 Ecco, oltre all'intelligenza e al coraggio, ha anche un modo di scrivere che piace ai nostri alunni. 》

《 Grazie, professore. 》

《 È da un po' che ho in mente questo progetto, ma non sapevo davvero a chi rivolgermi. Come lei ben sa, i giornalisti della Gazzetta non sono i più affidabili. 》

Hermione annuì al ricordo degli articoli che Rita Skeeter aveva scritto su lei e Harry, mettendo nella mente di Ron il tarlo del dubbio sui loro rapporti fino a farglieli vedere davanti agli occhi, le cattiverie e le bugie su Sirius e gli altri.《 Sì, lo so. 》

《 Vorrei approfittare delle tue doti da scrittrice per raccontare la storia degli eroi della Guerra Magica. Ho già pronte le pagine in cui si parla di te: le ho scritte personalmente, perché, senza offesa signorina Granger, ma lei a volte non riesce a vedere quanto vale. 》

Ginny scosse la testa in segno di assenso, mentre Hermione restava immobile a guardare il preside.《 Diciamo che preferisco vedere le doti degli altri. 》

Per un solo secondo una luce proveniente dall'esterno illuminò l'ufficio di Silente e Hermione si voltò verso la finestra. 

《 A quanto pare siete arrivate giusto in tempo 》e il tuono che seguì riportò l'attezione all'interno della stanza.《 Ah, l'Inghilterra è sempre così piovosa, così grigia, non trovate? Allora, accetta la mia proprosta? 》

《 Sì 》rispose guardando ancora il cielo che si scuriva.

E proprio mentre stava riportando lo sguardo sul preside, l'attenzione di Hermione fu catturata dalla copia di un giornale sulla scrivania.

《 Oh, è una vecchia copia, signorina Granger, risale a un mese fa 》disse Silente  un filo invisibile a seguire i pensieri della strega migliore della sua età.《 Se vuole, può leggerlo. Ci sono notizie interessanti. 》

Le dita si mossero prima che lei potesse realizzare quello che realmente stava facendo e lo vide: la pioggia che cadeva come lacrime, i capelli che gli si incollavano alla fronte e lui che se li riportava indietro con la mano.

Gli occhi fissi su di lui, come se in quella fotografia non ci fossero anche Harry e Lucius Malfoy in manette.

E si sentì sprofondare in terre aride che conosceva fin troppo bene, che le spezzarono il respiro in gola e le appanarono la vista.

Salutò il preside che le sorrise mesto, uscì dall'ufficio quasi correndo e Ginny riuscì a stento a tenere il suo passo.《 Per favore, fermati 》le chiese.

Hermione lo fece. Piantò con forza i piedi sul pavimento di pietra, i pugni stretti lungo i fianchi. 《 Tu lo sapevi? 》

《 Hermione, ascolt- 》

《 NO! 》urlò per liberarsi di tutte le bugie che i suoi amici le avevano raccontanto in quei mesi.

Urlò perché non riusciva a crederci, perché avrebbe voluto saperlo. 

Perché, adesso, in quel libro di eroi avrebbe dovuto comparire per forza anche il suo nome.

《 Dimmelo 》riprese in un filo di voce.《 Tu lo sapevi? 》

Ginny curvò le spalle, inchiodò lo sguardo a quello dell'amica.《 Sì. Sì, lo sapevo. 》

Hermione stirò il collo velocemente da un'altra parte, poi chiuse gli occhi.

Prese un respiro profondo, le palpebre serrate a fermare le lacrime.《 Lasciami sola. Vattene via. 》

《 Herm… 》

《 Vai via, Ginny. 》

Corse fino al Lago Nero, le suole delle scarpe a scivolare sull'erba bagnata, perché le sembrava che quello fosse l'unico modo per scappare da quelle verità che le stavano sfondando la cassa toracica, insieme al cuore e ai ricordi.

Premevano e spingevano così tanto che Hermione sentì il dolore della caduta solo dopo.

Il viso schiacciato al suolo e solo allora si permise di piangere.《 Stupide scarpe, stupida pioggia maledetta… 》

Pianse dolori che credeva di non poter più provare e che invece si teneva cuciti addosso come un'armatura pesante e arrugginita; pianse paure e speranze tutte insieme mescolate come terra e acqua sporca.

E si sentì smarrita come mai prima di allora, perciò si alzò per rifugiarsi in Biblioteca, l'unico luogo in cui si era sempre sentita al sicuro, protetta dalle pagine ingiallite e l'odore dei libri.

Solo che l'unico odore che le riempì le narici fu quello dell'inverno, della pioggia e della legna nel camino, di menta e sigaretta.

Io ti amo. Non ricambiò nemmeno il saluto di Madama Pince.

I piedi che andavano da soli, quasi conoscessero la strada a memoria.

E quell'odore che le entrava nel cervello e che la stava facendo impazzire.

Io.

Sentì cadere sul viso il suo respiro, come quella notte prima della Vigilia di Natale, quando l'aveva seguita e se l'era portata addosso e le aveva toccato le labbra con dita tremanti, le parole che non si erano mai detti sospese in quella distanza che proprio lui aveva annullato.

Ti.

Sentì il fruscio della stoffa che risaliva lungo il fianco, le carezze delle ciocche di capelli sulla schiena nuda e le sue mani, le sue mani che chiedevano di più, che s'intrufolavano sotto il vestito e la speranza che aveva provato di poter ricominciare insieme a lui.

La camicia che sembrava non aspettare altro che essere sbottonata e la sua bocca che voleva riprendersi a morsi e baci tutto quello che lei gli aveva negato.

E poi le sue spalle, i palmi aperti sul legno del tavolo, il tremore della schiena di lui al suo tocco e poi il rumore dei suoi tacchi che si allontanavano insieme all'eco di quella frase che era caduta nel vuoto come una frana di sentimenti, ferite che erano state inflitte a entrambi dalle schegge di coraggio che lei aveva trovato e che a lui era mancato.

Hermione si guardò intorno, scaffali pieni di libri e polvere, alunni dei primi anni che la guardavano come se fosse stata un creatura che non apparteneva a quel mondo.

Una ragazzina si alzò e si avvicinò puntando il dito verso di lei.《 Ma tu sei Hermione Grang- 》

《 Scusa, io… io devo andare. 》

Poco dopo si trovò sotto la pioggia, i lampi che continuavano a illuminare il buio da cui aveva l'impressione di essere circondata e i tuoni che le facevano tremare le ossa.

Bussò forte alla porta senza mai fermarsi e poi si trovò con il pugno fermo a mezz'aria e lui davanti ai suoi occhi.

Amo.

Lui che non aveva più rasato la barba, che aveva lasciato crescere un po' i capelli e li portava disordinati sul viso.

Lui che la guardava senza dire una parola e le sembrò di essere creta che si scioglieva sotto il peso di quello sguardo ammonitore e meravigliato.

Le ciglia a fare ombra sugli zigomi, il viso basso leggermente sporto verso il suo e gli occhi immobili di domande e paure che lei non riuscì a tradurre.

E lei ferma che non sapeva più come si faceva a respirare.

Gli accarezzò la guancia, terremoto di emozioni che le scuotevano l'anima, epicentro di cuore innamorato che voleva urlare e che invece perse la voce quando lui le strinse il polso e allontanò la sua mano dal viso.

《 Io non lo sapevo 》disse con un filo di voce che non seppe mai se Draco avesse sentito.

《 Fatti una doccia calda o rischi di ammalarti. 》



Angolo Autrice:

Sì, un altro capitolo.

Cosa ne pensate della proposta di matrimonio di Blaise? Vi aspettavate che lo spaccacuori di Hogwarts faticasse a trovare le parole di fronte alla donna che ama?

Ma, ora, parliamo di loro due: finalmente si sono incontrati di nuovo.

Ho aspettato tanto questo momento e spero che vi abbia emozionato come ha emozionato me, perché io lo so cosa succede dopo.

Voi no, non potete saperlo, ma spero comunque che vi sia piaciuto.

A presto.































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Capitolo 14
*** Notte di te... ***


Angolo Autrice: 

Di solito il mio angolino è in basso, lo so.

Ma questa volta vorrei dirvi due paroline prima di lasciarvi al capitolo.

Questa volta non ci sarà il solito metodo di separazione e dato che vi voglio bene, vi ho lasciato un regalino.

Ho scritto proprio sulle note di questa bellissima canzone e ho provato a creare un booktrailer che parli solo di loro.

Le scene sono le stesse, perché la storia si incentra proprio su di esse e non sono in ordine temporale.

https://youtu.be/zlXU0S8Udf0

Ora vi lascio… spero che il capitolo vi piaccia.



Notte di te...

 Se ne stavano così, lei ferma sulla soglia della porta e lui con il suo polso tra le mani, le dita immobili attorno alla pelle bagnata.

Il viso abbassato verso quello di Hermione e lei… lei con la bocca schiusa, come petali di rosa che lui non si azzardava a sfiorare per non essere punto. 

Le gocce di pioggia che l'accarezzavano e lui sentiva il bisogno di asciugarle una ad una, prima ancora che si fermassero all'angolo delle labbra.

Quelle labbra che non era stato bravo a dimenticare, che avevano preso il posto di quelle Astoria, che coprivano quelle di Kelly ogni volta che lei si sollevava in punta di piedi.

E la sua voce, quella che lui aveva creduto di aver scordato, così flebile e roca di pianto che se la sentì rimbombare dentro al cuore e si rese conto che tutto quello che aveva vissuto fino a quel momento non era servito a niente: la voglia di ricominciare, i tentativi per stare di nuovo bene.

Era crollato tutto come un castello di carte già in bilico, perché lei era tempesta che distruggeva di carezze tutto quello che lui aveva costruito con stenti e fatiche.

Mosse un dito sul suo polso e la sentì tremare, la guardò mentre chiudeva gli occhi e respirava più a fondo, ingoiava parole che a pronunciarle l'avrebbero fatta cadere a pezzi.

E Draco le stava ascoltando, quelle parole senza voce. 

Le conosceva a memoria perché erano le stesse che gli facevano mordere la lingua fino a farsi male, ma non lo sapeva.

E avrebbe voluto dirglielo, a Hermione, che lui era rimasto in un giardino di Hogwarts a dargli tutti i motivi che voleva per restare insieme e che se la teneva ancora stretta al petto come quella notte.

Avrebbe voluto dirglielo che, in quel momento, tutti i pezzi di cuore che aveva perso stavano tornando al proprio posto perché lei era lì. 

《 Draco… 》

Chiuse gli occhi, i polmoni contratti e i muscoli scorticati per quella dolcezza prepotente con cui aveva pronunciato il suo nome.《 Ti prego, ne parliamo dopo. Adesso, però, togliti questi vestiti bagnati. 》

Hermione annuì e fece un passo verso l'interno, lo sguardo di Draco fisso alla sua sinistra e lei lo seguì.

E furono morsi di cuore e strappi d'anima quando vide quella fotografia in cui lui rideva con un'altra donna che non era lei, che gli toccava il viso.

Un'altra donna che lo guardava con la consapevolezza e la paura di poter perdere quello che teneva tra le mani, proprio come aveva fatto lei.

Spostò in fretta lo sguardo dalla cornice e provò a cancellare quell'immagine dalle pupille e, invece, se le ritrovò piene di Draco e di quel sorriso che non era più per lei.

《 Il bagno è lì 》le disse indicando il corridoio.《 Ti prendo qualc-》

《 No! 》quasi lo urlò, poi riprese con voce bassa:《 No, posso trasfigurare questi, tranquillo. 》

La vide poggiare piano i piedi sul pavimento, passi incerti e tremore in tutto il corpo mentre si allontanava da lui e con un gesto nervoso sistemò la fotografia che Kelly gli aveva regalato in modo che non si vedesse più: quasi premette con forza sulla cornice, come a volerla rompere in mille pezzi.

Hermione si chiuse la porta del bagno alle spalle e poi si appoggiò contro il legno, scivolando piano verso il basso.

Erano crolli di se stessa quelli a cui stava assistendo.

Lei che non era crollata mai e adesso sembrava saper fare solo quello.

Sollevò la mano in modo che il palmo le fosse davanti agli occhi, tra quelle linee di vita sotto cui prima c'era stata la sua pelle, il pizzichìo di quella barba che aveva ancora e il calore, la tensione con cui aveva serrato la mascella.

E quegli occhi di buio e stelle in cui aveva ripreso a nuotare come se non avesse fatto altro, bracciate di immenso e fiato trattenuto.

Si chiese perché, alla fine, fosse andata lì, perché le sue paure adesso le impedivano di alzarsi dal pavimento e andare via.

Scese con lo sguardo all'altezza del polso e ancora lo sentiva avvolto dalle dita immobili di Draco, in quella stretta prepotente di ricordi che l'avevano trascinata indietro in anni di sorrisi finti e lacrime nascoste, di notti intere a parlare di lui e giorni a tacere se stessa.

E avrebbe voluto che lui le dicesse qualcosa, che la insultasse anche perché, al comportamento che lui aveva avuto poco prima, non ci era proprio abituata e non sapeva reagire.

Non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare.

Guardò a lungo le piastrelle della doccia e un brivido che le percosse la schiena la invogliò a entrarci e restare sotto il getto dell'acqua calda fino a quando non avrebbe più sentito freddo.

Il freddo, però, lei se lo portava dentro e le si disegnava sulla carne ogni volta che il pensiero tornava alla fotografia che aveva visto nel salone.

E le scuoteva le ossa, le faceva tremare i nervi di rabbia e gelo.

Si strinse nell'accappatoio di Draco, spugna morbidissima e profumo di lui, inverno e sigarette, pioggia e legna.

《 Va tutto bene? 》le chiese bussando alla porta.

Teneva la fronte poggiata al legno, la mano sulla maniglia e la lotta interna con se stesso per darsi la forza di non abbassarla.

Nel momento in cui la maniglia si piegò, Draco si scostò leggermente e se la trovò di fronte agli occhi, il vapore che sembrava abbracciarla da dietro e il viso di lei proprio come lo aveva immaginato durante le sue notti insonni.

《 Sì, grazie. 》

Hermione non si azzardò a muovere un passo e lui ne fece due indietro per permetterle di uscire e marcare una distanza che tra loro non era mai esistita davvero, perché lui se la portava dentro.

Se la portava talmente in profondità che, a volte, credeva che la sua anima fosse fatta solo di lei.

Di lei e di quegli occhi che sembravano voler scorticare tutte le maschere che lui stava indossando una sopra l'altra pur di non lasciarle intravedere lo smarrimento, l'agonia di averla lì e non poterla toccare.

《 Cosa ci fai qui? 》

Hermione si riscosse e lo guardò, persa sui lineamenti del suo viso, pelle bianchissima di marmo scolpito.《 Silente mi ha chiesto di scrivere un libro sugli eroi della Guerra Magica. 》

《 E io cosa c'entro? 》

《 Tu… tu sei uno di quelli. 》

《 Sì. E Voldemort era un santo. 》

《 Hai un pessimo senso dell'umorismo, Malfoy 》gli sorrise e lui sembrò rilassare i muscoli.

《 Anche tu, Granger. 》

《 Io sono seria. 》

《 È tardi. 》

Hermione voltò il viso verso la finestra, il cielo nero di pioggia e di notte e si meravigliò del tempo che era trascorso e che lei non aveva vissuto se non nella disperazione dei ricordi e dei troppi se.

《 Mi dispiace… io non volevo ven- 》

《 Ah, no? 》

《 Scusami, non avrei dovuto. Adesso me ne vado. 》

《 Fuori diluvia 》con l'ovvietà nella voce, quasi dimentico della magia che scorreva a entrambi nelle vene e del fatto che Hermione avrebbe potuto tranquillamente smaterializzarsi a casa sua, senza per forza camminare sotto la pioggia. 《 Almeno resta per un caffè. 》resta tutta la notte, resta anche domani.

《 Va bene. 》

Le sembrò strano essere lì senza nemmeno l'ombra dell'imbarazzo che avrebbe dovuto provare per come si erano lasciati, per quello che avevano creduto di non poter mai trovare e che invece li aveva spezzati in più punti.

Si guardò intorno, l'ambiente quasi del tutto spoglio e le pareti  tinte di un bianco purissimo, poi posò gli occhi nel punto in cui prima aveva visto la fotografia e le si incresparono le labbra in un sorriso appena accennato quando si accorse che lui l'aveva ribaltata.

《 Hai intenzione di restare in piedi? 》le chiese freddamente.

Perché no, lei non sarebbe dovuta tornare.

Lei non avrebbe dovuto dargli il tempo di costruire difese, illudersi che fossero inespugnabili e poi abbatterle con un battito di ciglia.

E non avrebbe dovuto allontanarlo a Hogwarts, nelle tempeste di parole e nei maremoti di silenzi che si erano dedicati.

Hermione volse il viso verso di lui e lo trovò fermo a fissarla, mentre posava sul tavolino due tazze di caffè.《 Posso? 》chiese avvicinandosi al divano.

《 Sì. 》

Draco la imitò, tenendo sempre una certa distanza da lei.

Poggiò i gomiti sulle ginocchia e sporse il busto in avanti, il collo leggermente stirato nella sua direzione e la punta della lingua ferma all'angolo del labbro superiore, i denti a morderla quasi stesse masticando parole che li avrebbero tagliati a metà e con quel gesto sembrava preferisse far male solo a se stesso e non a tutti e due.

Lei se ne accorse dal movimento impercettibile della mascella.

Si prese tutto il tempo di osservarlo in silenzio e schiuse le labbra per dire qualcosa che però le restò impigliata in gola.

Le si bloccò nelle corde vocali che si annodarono come fossero fili di marionette malfunzionanti.

Draco se ne stava zitto nella stessa posizione da minuti interminabili che le sembrarono un'eternità. 

I polpastrelli uniti e i palmi distanti, gli occhi fissi in un punto indefinito fuori dalla finestra a bovindo quasi come stesse fondendo le tenebre che si portava dentro con quelle del cielo che se ne fregava di loro e si illuminava di luna e si riempiva di stelle, perché il mondo continuava la sua vita di sempre anche se loro due erano fermi in quell'appartamento con il corpo e chissà in quale altro posto con il cuore.

《 Draco, per favore, dimmi qualcosa. 》

Lui sembrò ridestarsi e per un secondo parve smarrito come se soltanto in quel momento si stesse rendendo conto che Hermione fosse realmente lì.

La guardò come fosse stata un miraggio e fece un respiro profondo, coprendosi il viso con le mani e stropicciando leggermente la pelle attorno alle labbra.《 Sto provando a restare calmo. Perché sei qui? 》

Hermione prese dalla borsa la copia della Gazzetta che aveva conservato e la sistemò tra le due tazze sul tavolino.《 Per questo. 》

Di nuovo lui alzò gli occhi su di lei, la bocca piena di rimpianti e il cuore arido di speranze e sogni che ebbe l'impressione stessero risorgendo dalle ceneri sotto cui li aveva seppelliti.《 È la verità? 》

《 Sì 》no.《 Credo di sì. 》

《 Va bene. 》

Quando Hermione gli sorrise, Draco distolse lo sguardo.

Si rese conto che ogni volta che aveva ripensato a lei, una parte di se stesso capiva che il suo sorriso era stata la prima cosa bella in una vita che aveva sempre creduto perfetta e che non era altro che un teatro vuoto con un palcoscenico in rovina.

Proprio come lui, che la sua croce e la sua rovina ce l'aveva seduta accanto e lo attirava come una calamita.

Mosse impercettibilmente il braccio verso di lei e ringraziò Salazar e tutti gli altri fondatori per essere stato interrotto poco prima di compiere uno degli errori che non si sarebbe mai perdonato.

《 Come ci sei riuscito? Insomma, per diventare Auror bisognerebbe aver finito gli studi. 》

《 Ci ho creduto 》rispose con voce bassissima, teso come una corda di violino.

《 Tu meriti di essere citato in quel libro. 》

《 Io non merito proprio un bel niente, Granger. 》

《 Draco… 》

E il suo nome pronunciato da lei, con quella bocca screpolata che non aveva rossetto eppure sembrava più rossa dell'Inferno; con quegli occhi di miele che gli facevano colare addosso desideri e pensieri viziati di un'innocenza che non apparteneva a nessuno dei due da tempo.

Hermione capì e assecondò l'istinto che le diceva di alzarsi e allontanarsi da lui, poi di nuovo il suo sguardo si fermò sulla fotografia rovesciata.《 È molto bella 》disse, indicando la cornice.

《 Grazie. 》

《 Tu… stai bene con lei? 》

Draco sospirò rumorosamente e si avvicinò, prendendo la fotografia tra le mani e guardandola con sguardo affettuoso.《 Credo di sì 》non sei tu.

《 Bene 》e gli accarezzò con il pensiero la linea dritta del naso, il profilo perfetto e i capelli che gli nascondevano gli occhi.《 I-io devo andare adesso. 》

《 Sì. 》

《 Tu… tu pensaci. 》

《 Io non sono un eroe. 》

《 No, questo non è vero: se non fosse stato per te, probabilmente non avremmo mai vinto. 》

《 Ma per favore 》Draco sbuffò nervoso, il movimento seccato della mano.

《 Il fatto che tu sia rimasto nell'ombra non ti rende diverso da Harry. Nemmeno il Marchio Nero ti rende diverso da lui. 》

Istintivamente lui abbassò la manica della camicia e Hermione scosse la testa.《 Non serve che lo nascondi. 》

《 E tu? Tu non la nascondi mai? 》disse con il veleno nella voce che nascondeva domande che lui non aveva il coraggio di fare.

Avrebbe voluto chiederle come aveva spiegato alla persona che aveva accanto la cicatrice che le aveva inflitto Bellatrix o come faceva a coprirla quando erano insieme. 

Ma non disse nulla, perché avrebbe dovuto spiegarle che lui non l'aveva dimenticata, che era rimasto ore fuori casa sua ad aspettare che uscisse o che aveva sperato di vederla mentre faceva di tutto per allontanarsi dall'uomo che la stava aspettando sul patio quel pomeriggio.

E avrebbe dovuto spiegarle della Giratempo, del Mantello dell'Invisibilità, dei viaggi nel tempo che aveva fatto solo per vedersi di nuovo insieme a lei.

《 Sì, la nascondo sempre. 》

《 Perché? 》

《 E tu perché? 》

《 Non ce l'ho più 》ammise lui, infine.

《 Ma come? 》

Soltanto in quel momento, Hermione si rese conto di non aver fatto altro che guardare il suo viso, le espressioni che vi si disegnavano sopra e di aver provato in tutti i modi di entrare in quegli occhi che le sembravano quelli impenetrabili e ghiacciati dei tempi di Hogwarts, quando l'accesso non era permesso a nessuno.

Nemmeno a lei. Soprattutto a lei.

Draco prima le diede le spalle, poi si voltò in fretta e annuì, slacciò di nuovo il bottone al polsino della camicia e tirò su la stoffa della manica e lei lo vide.

Vide il cielo in tempesta e le due sagome distanti che però si univano nel disegno delle proprie ombre e si rivide inginocchiata sull'erba, mentre i polmoni si contraevano in cerca d'aria, il viso premuto contro il suo petto bagnato e una richiesta che non aveva mai ricevuto risposta, motivi che lui avrebbe voluto raccontarle come le favole della buonanotte e che lei non riusciva proprio ad immaginare e, se anche glieli avesse detti, forse, non li avrebbe sentiti perché si era chiusa talmente tanto nelle sue ragioni e nel suo orgoglio che tutto ciò veniva dall'esterno non aveva più suoni.

Eppure, si disse, per lui sarebbe stata capace di riacquistare l'udito.

Per uno, uno solo di quei motivi che lui avrebbe potuto elencarle, lei avrebbe spalancato la porta e lo avrebbe stretto così tanto da farselo entrare nel corpo e restare così per sempre.

E, se quella notte aveva perso l'udito, questa volta aveva perso la voce e l'uso delle parole.

Di tutte quelle che avrebbe voluto dire, alla fine, rimase solo il rumore nella sua mente.

Anche lui tornò a guardare il tatuaggio e si chiese se loro due fossero come quelle due sagome che si tenevano a distanza con il corpo ma vicini con tutto ciò che avevano dentro.

《 Sarà meglio che vada 》disse, la mano ferma sulla maniglia nella speranza che lui le chiedesse di restare e fare finta che quella lontananza non fosse mai esistita, perché a volte è più facile far finta di non avere un passato insieme piuttosto che calarcisi dentro e capire gli errori.

Draco non disse nulla perché non sapeva fingere di aver dimenticato il dolore e l'agonia e lei si sentì spaccare in due, scorticare dall'interno in pezzi ancora più piccoli quei brandelli di orgoglio che aveva perso nel momento in cui lo aveva toccato di nuovo.

Lui si avvicinò e per un momento sembrò aver perso la voglia di obbedire alla ragione.

Si chinò leggermente e poi… poi si fermò per un attimo, vicino, troppo vicino.

In quel tempo sospeso di aspettative, il cuore di Hermione perse qualche battito mentre quello di Draco accelerò la sua corsa.

Poi lui prese i lembi della mantella che Hermione indossava e glieli strinse attorno al corpo con una lentezza che le fece tremare le ginocchia.

Le dita di lui perfettamente consapevoli e ferme e gli occhi che, invece, si coprivano di ciglia e tremavano come foglie deboli in mezzo a una bufera di neve.

Per un tempo indefinito lui rimase chinato, la guancia quasi a contatto con quella di Hermione e la fronte con la spalla di lei.

Respirò il suo profumo e i polmoni si riempirono dell'odore dello shampoo alla pesca, d'estate e di girasoli, di giorni seduti sul pavimento di pietra a mangiare pane e Nutella.

Lei mosse impercettibilmente il viso verso quello di lui, gli occhi ferme sulle labbra dritte e trattenne un respiro che aveva il sapore della perdita, degli errori e della resa che avrebbe voluto ammettere.

Però rimase ferma, perché non poteva comparire dal niente e distruggersi e distruggerlo ancora, perché lei, nella consapevolezza che l'avvolse, sapeva che anche lui era stato scheggiato e ferito da tutto ciò che avevano vissuto. 

Un secondo dopo, Draco si riscosse e si allontanò bruscamente.《 Buonanotte. 》

《 Buonanotte anche a te 》rispose lei aprendo la porta e si voltò un'ultima volta a guardarlo.《 Pensaci, ti prego. 》

《 Va bene. 》

Vedendola prendere le scale, però, qualcosa in lui si mosse e pensò che se l'avesse vista andare via lentamente sarebbe stato più doloroso poi sistemare la fotografia con Kelly e accorgersi che casa sua era solo un insieme di pareti e nient'altro.

《 Perché non usi la magia? 》

《 Ho bisogno di camminare. 》

《 È notta fonda, Granger. Dove pensi di andare da sola? 》

《 No, davvero. 》

《 Va bene, ti accompagno. 》

Hermione fremette a quel pensiero e salì i due gradini che aveva sceso.《 No. 》

《 Allora non andare… 》 resta.《 Non andare a piedi. 》

《 Ti preoccupi per me, Malfoy? 》chiese lei trattenendo le labbra in un sorriso stresso.

《 Londra di notte non è mai sicura. 》

《 Hai ragione. Beh, buonanotte di nuovo. 》

Qualcuno una volta gli aveva detto che strappare via il cerotto in un solo colpo avrebbe fatto meno male, eppure, vedendola sparire all'improvviso in lui era esploso lo stesso vuoto che gli stava scoppiando quando l'aveva vista scendere le scale. 

~

Hermione tornò a casa e guardò l'orologio, le tre di notte e il cielo fuori che continuava a piangere lacrime che lei invece si teneva dentro e le sembrò di poterci affogare in quel mare di rimpianti.

Non si accorse della presenza di Ginny fino a quando l'amica non la chiamò. 《 Herm… sono qui da ore. 》

Hermione si maledisse mentalmente per non aver arrivato gli incantesimi di protezione, poi si guardò intorno e si soffermò a guardare le pareti, il rosa albicocca e il rosa cipria che sembravano uno la continuazione dell'altro in quelle sfumature di pittura che i gemelli avevano saputo creare.

Ripensò a quello che lei e Ginny si erano dette quando quest'ultima si era piombata a casa sua e pensò che, nonostante non ci fosse più grigio, lei continuava a pensare a Draco perché, forse, il problema non erano i colori che aveva intorno ma quelli che teneva dentro.

《 Dove sei stata? 》le chiese Ginny.

Si era alzata dal divano e si era avvicinata all'amica quasi in punta di piedi, camminando piano per paura di una sua reazione, perché Ginny lo sapeva che conoscere la verità era sempre meglio, anche se doloroso.

Ma scoprire la verità così come l'aveva scoperta Hermione, venendo a conoscenza del fatto che anche loro sapevano e non avevano detto, poteva fare un male cane.

《 Lui sta con un'altra. 》

Hermione teneva lo sguardo fisso nell'angolo in cui se fosse stato Natale ci sarebbe stato l'albero addobbato con sotto i regali che da bambina si fermava sempre a guardare sperando di indovinarne il contenuto.

E ripensò a qualche anno prima, a quel Natale durante il quale le era arrivato anche il regalo di Draco.

Le fuggì un singhiozzo dalla labbra e le gambe cedettero, il cuore prese a tremare e non diede il tempo ai muscoli di farsi forza che lei già era a terra con le mani sul viso.

《 Herm 》Ginny le era corsa accanto e l'aveva stretta in un abbraccio che sperò poterla se non ricomporre, almeno non permettere ad altri pezzi di rompersi; le accarezzò i capelli, affondando le dita in profondità per farle avvertire la sua presenza in un modo che solo loro due potevano capire.《 Mi dispiace. Io non lo sapevo. 》

Per la prima volta, Ginny non aggiunse altro: si mise da lontano a guardarla, mentre lei perdeva gli occhi e malediva un pezzo di giornale.

Lui che si tirava indietro i capelli con la mano, un gesto continuo che Hermione guardò per minuti interminabili, forse ore.

Lui che era riuscito ad entrare nei posti in cui lei non avrebbe mai voluto dargli accesso: la mente, i polmoni, il cuore. E ancora li abitava come fossero stati una sua proprietà, posti che appartenevano a lui e a lui soltanto.

Sempre china in ginocchio e il viso quasi incollato alla pagina stropicciata.

Avrebbe voluto urlare, tornare indietro nel tempo e fare un passo in più per non perderlo e tenerselo stretto sul cuore e dirglielo ancora, dirglielo sempre, io ti amo.

Quando si rialzò, Hermione estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e chiuse gli occhi.

《 Incendio 》sussurrò quasi come fosse stato un segreto che voleva tenere solo per sé. 

Ginny abbassò la testa, le braccia lungo i fianchi e i palmi aperti in segno di resa.

《 Per favore 》cominciò Hermione, gli occhi sulle fiamme che ancora bruciavano il viso di Draco.《 lasciami sola, Gin. 》

~

Cielo, il sesso dopo proposta è qualcosa di fenomen-... oh, cazzo, Draco! Ma cosa è successo qui dentro? 》chiese Blaise, entrando nel salone come fosse stata casa sua.

Draco non rispose: dopo che Hermione se n'era andata, era tornato a sedersi sul divano e aveva guardato le tazze ancora piene del caffè che non avevano bevuto.

Le aveva scaraventate sul pavimento e appellato una bottiglia di Firewhisky bevendo direttamente dal collo, poi un'altra.

Gli sembrava di essere spaccato a metà, tempesta e quiete insieme dentro, pioggia a dirotto fuori dalla finestra.

Si era avvicinato al mobile su cui Kelly aveva deciso di sistemare la fotografia che aveva insistito per stampare e fargli tenere in casa. 《 Così ci sembrerà di essere vicini anche quando saremo lontani 》gli aveva detto per convincerlo.

Lui aveva accettato, eppure, nel momento in cui Hermione ci aveva posato gli occhi, quella foto gli era sembrata fuori luogo, così sbagliata.

La rovesciò di nuovo perché non voleva vederla.

E non voleva vedere nemmeno il viso di Hermione nè sentire la sua voce che sembrava essere rimasta incastrata tra le pareti di casa e quelle del cuore.

Aveva chiuso gli occhi, ma la vedeva lo stesso: seduta sul suo divano, qualche ciocca di capelli a farle ombra sul viso e lui avrebbe voluto prenderla e portargliela dietro l'orecchio, lasciando sulla pelle le carezze che non aveva potuto più dedicarle. Colpa di lei, colpa di lui, adesso non aveva più importanza. 

La vedeva mentre se ne stava sulla soglia di casa e, senza accorgersene, gli strappava respiri che Draco non fiatava, con la bocca schiusa e le mani giunte, mentre a lui sembrava che gli stesse accartocciando il cuore con le dita.

E la sentiva mentre chiamava il suo nome, con quella voce che lui aveva creduto di aver dimenticato e che, invece, gli rimbombava nel petto.

《 L'ha vista 》disse soltanto, quasi come se quella risposta potesse spiegare i segreti dell'universo.

Blaise non capì e si avvicinò a lui, storcendo il naso.《 Puzzi da fare schifo, Draco. Chi ha visto cosa? 》

《 Hermione. 》

Il moro si calò sulle ginocchia fino a quando non scorse il viso dell'amico: lo teneva nascosto con un braccio a coprirgli gli occhi.

《 È stata qui? 》gli chiese, sperando che dicesse di no, che il suo era stato solo un sogno.

Perché Blaise lo sapeva quanto Draco era stato male in quegli anni e lui stesso aveva fatto di tutto affinché capisse che non doveva perderla.

Ma non adesso. Non adesso che lui stava provando a ricominciare, facendo un passo in avanti e due indietro, ma pur sempre cercando di restare in equilibrio.

《 È tornata, Blaise. 》

Draco lo sapeva già: sapeva che lei era tornata, l'aveva vista insieme ad un altro, ma averla di fronte e guardarla e farsi guardare, averla di fronte e non poterla toccare era diverso dal sapere del suo ritorno.

Blaise mise il mento sulla punta delle dita e lo esortò a parlare con un cenno della testa.

Non sapeva se Draco lo avesse visto, ma pensò di sì quando lui cominciò a parlare.

Gli raccontò della smania che aveva sentito in corpo poco prima del suo arrivo, di quanto era stato facile farla entrare e difficile dirle di andare via, delle domande che non le aveva fatto e quelle che invece lei aveva fatto a lui, del libro degli eroi, degli abiti che Hermione aveva trasfigurato, della sua voglia di entrare con lei sotto la doccia e bagnarsi insieme per lavare via tutto il dolore che sentiva incrostato sulla pelle.

Blaise non disse niente fino a quando Draco non finì di raccontare.

《 Cosa farai? 》gli chiese dopo qualche minuto di silenzio.

《 Io… non lo so. 》

Fu quasi un sospiro quello che gli uscì dalle labbra, che si attecchì sul cuore e lo fermò per qualche attimo.

E Draco ne sentì tutto il peso mentre provava a mettersi seduto e aprire gli occhi e gli risultò difficilissimo stare dritto mentre il mondo si apriva sotto i piedi e il cielo gli crollava addosso.

《 Non lo so… 》disse ancora.














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Capitolo 15
*** Reazioni... ***


Reazioni...

Quella mattina Draco era davvero in un pessimo stato, Blaise perciò decise di assecondare ogni suo scatto d'ira.

Lo aveva pregato di alzarsi dal divano, di farsi una doccia perché a suo parere l'odore dell'alcol e quello di Hermione- che a detta di Draco era rimasto in quella casa- non lo avrebbero aiutato a pensare lucidamente.

Così, dopo quasi venti minuti, Draco si era chiuso in bagno e lui era rimasto da solo nel salone.

Impugnò la bacchetta e sistemò tutto quello che era fuori posto e, pochi minuti dopo, si affacciò alla finestra a bovindo per guardare dall'alto la sala da tè. 

Per un attimo si chiese cosa avrebbe fatto lui se fosse stato al posto di Draco: fare di tutto per dimenticare e rendersi conto di aver fallito miseramente, provare a ricucire ogni ferita e trovarsi chi le aveva procurate di fronte.

Forse, si disse, se ne sarebbe fregato, avrebbe chiuso la porta e al diavolo l'amore!

O, forse, si sarebbe ridotto nello stesso stato dell'amico.

Perché no, lui Aria non l'avrebbe lasciata fuori per nascondersi dietro una porta e chinarsi sotto il peso di tutte le domande e i sensi di colpa che sarebbe seguiti.

L'avrebbe accolta e magari l'avrebbe stretta forte per non darle più modo di andare via, per chiederle di restare anche senza parole.

Prese tra le mani la fotografia che Draco aveva lasciato rovesciata e la guardò a lungo e poi fece un respiro profondo, perché lui sapeva cosa si nascondeva dietro il sorriso di Draco, dietro a quegli occhi che sembravano trasparenti solo perché erano vuoti di emozioni, ma pieni di lei.

Non c'era più innocenza, non c'era più speranza.

Solo lei e Draco l'aveva solo nascosta dietro anni di rimpianti e di pupille chiuse nella speranza di dimenticarla. 

Però non riusciva a non chiedersi il perché, perché lei fosse tornata proprio quando Draco aveva ricominciato a respirare, a riprendere tra le proprie le mani di un'altra.

Da quando aveva finito gli studi a Hogwarts, Blaise era andato spesso a Malfoy Manor e, la maggior parte delle volte, aveva trovato Draco a guardare il piccolo rettangolo di pergamena che anni prima Hermione aveva lasciato sull'albero dei desideri.

Altre volte, invece, aveva dovuto ascoltare i silenzi in cui l'amico si chiudeva: gli occhi fissi a guardare le crepe del soffitto, le labbra dritte… sembrava fosse morto.

E, forse, morto lo era davvero, dentro, proprio dove non era possibile arrivare nemmeno con tutto l'affetto del mondo perché, tutto l'affetto del mondo, non era quello che Draco voleva.

Anzi, avrebbe preferito l'odio di chiunque piuttosto che l'indifferenza di Hermione, la sua lontananza, quell'addio che non si erano mai detti perché lui aveva preferito scappare e lei se n'era resa conto troppo tardi.

Nel momento in cui stava per smaterializzarsi, però, Blaise vide Draco tornare nel salone.

《 Mi scoppia la testa》disse, appellando una tazza colma di caffè. 

《 Per fortuna ho conservato le pillole post-sbornia》 rispose Blaise e lui sorrise appena.

Quella era stata una delle loro scoperte migliori: dopo vari tentativi, erano riusciti a creare la pillola perfetta per eliminare i postumi delle loro bevute e Blaise aveva messo su un vero mercato nero che gli aveva fruttato parecchi galeoni.

《 Davvero ne hai ancora? 》gli chiese.

《 Ma certo, insomma… non ne ho mai più presa una. 》

《 Sei diventato davvero un ragazzo per bene, allora… 》Draco rispose con una punta di ironia nella voce.

Blaise assottigliò lo sguardo.《 Suppongo tu mi stia prendendo in giro. 》

《 No, davvero. Non bevi più da quanto? 》

《 Dall'ultimo capodanno a Hogwarts: ho davvero rischiato di vomitare sul pavimento quella volta. 》

《 Sì, me lo ricordo. È stato quando Daphne ti ha schiantato, vero? 》

《 Sì… che botta. 》

Draco increspò le labbra e Blaise lo osservò mentre le stendeva in un sorriso che però non arrivava mai oltre gli angoli della bocca, non gli sfiorava nemmeno gli occhi.

E che Draco fosse bravo a nascondere cosa si celava dietro lo sapeva solo lui, ma in quel momento non c'era proprio niente a coprirli… anzi, erano così esposti che Blaise quasi ci finì dentro e si scontrò con le parole che l'amico non gli stava dicendo.

Avrebbe voluto continuare a parlare del capodanno del quinto anno, dei guai che avevano combinato, eppure, prima ancora che se ne rendesse conto, gli chiese qualcosa che per un attimo sembrò trasformarlo in una statua di sale: la tazza ferma a pochi centimetri dalla bocca, lo sguardo fisso su di lui.

《 Cosa? 》gli chiese Draco, sperando davvero di non dover rispondere.

《 Come stai adesso? 》

《 Come vuoi che stia? Mi sembra tutto così assurdo. 》

《 Cosa è successo? Insomma, voi… 》

《 No 》Draco inclinò il capo verso il basso e quel gesto gli fece ricordare il modo in cui si erano salutati lui e Hermione.

La distanza che lui aveva cercato di tenere per tutta la sera e che aveva annullato come se non fosse mai esistita soltanto per aggiustarle la mantella.

Turbini di emozione a muoverlo verso di lei e a immobilizzarlo vicinissimo alla sua bocca.

《 No, non è successo niente 》disse ancora.

《 Io credo che lei abbia ragione. 》

《 Non posso farlo, Blaise. 》

《 E per quale motivo? 》

《 Significherebbe vederla, scoprirsi, dirle cose che non immagina nemmeno e starle perennemente vicino. 》

《 Sì, ma tu meriti che il tuo nome compaia in quel libro. 》

《 A quale scopo? 》

《 Nessuno, se non quello di sentirti davvero pulito. 》

Draco parve pensarci per un po', poi prese una sigaretta e la fumò in silenzio.

In quei minuti di fumo e nicotina, fermò lo sguardo sulla fotografia che lui aveva coperto e che Blaise aveva sistemato.

Ricordava bene dove fosse stata scattata, durante uno di quei giorni in cui aveva scelto di evitare gli amici dopo la cena in cui lui l'aveva presentata ufficialmente a tutti.

Kelly lo aveva letteralmente trascinato tra i vicoli di Londra, facendogliela scoprire nelle piccolezze e in quei dettagli che lei amava tanto, una panchina di legno, un disegno su un muro, le strade invecchiate di vita…

E lui l'aveva guardata mentre raccontava quello che conosceva, le leggende, le storie che aveva vissuto, i suoi ricordi.

Gli sembrò quasi di essere tornato lì, con le dita intrecciate a quelle di Kelly e la sua risata che scoppiava dolce ogni volta che lui ammetteva di non aver mai visto quel posto.

《 Ma dove hai vissuto finora? 》gli aveva chiesto.

E lui avrebbe voluto rispondere, dirle di quel luogo di cui lei nemmeno sospettava l'esistenza.

Avrebbe voluto raccontarle del Club dei Duellanti, della Stanza delle Necessità e del campo da Quidditch, di quei corridoi in cui tante volte si era perso pur di trovare soluzioni ai compiti che gli erano stati affidati; delle pietre a cui aveva affidato i propri segreti, le foglie strappate dagli alberi dei giardini di Hogwarts quando era in bilico tra il bene e il male.

《 Non qui 》le disse, invece.

《 E dove, allora? 》

《 Forse un giorno ti ci porterò. 》

《 Sei un mistero, Draco 》gli aveva risposto Kelly, sedendosi al tavolo di un bar in cui lei faceva domande che gli attecchivano i muscoli e lo sfibravano da dentro, perché lui, parole per raccontare quella storia che lo aveva reso ciò che era, non riusciva proprio a trovarne.

Draco alzò lo sguardo, mentre quello di Blaise rimaneva fermo sulla cornice.

《 E Kelly? 》e non gli era mai sembrato così difficile pronunciare il suo nome, sentirselo sulla lingua e poi sulle labbra, sentire la propria voce dirlo mentre tutto dentro di lui ne urlava un altro.

E l'altro nome, lui se lo sentiva camminare sotto la carne, quasi come musica che suonava forte.

Perché è così, c'è sempre un nome che ci portiamo dentro come fosse l'insieme di note della nostra canzone preferita, brividi di cuore e pelle d'oca a ricordarcelo ogni volta.

Anche se lo pensiamo soltanto, anche se non lo pronunciamo ad alta voce o, forse, proprio per questo, quel nome ci entra ancora più in profondità, dove nessuno può sentirlo a parte noi stessi.

《 Lei non lo sa, vero? 》

Draco negò con un movimento della testa e Blaise si sedette sul divano con gli occhi rivolti al soffitto.

《 Cosa farai? 》chiese ancora.

《 Cosa devo fare? 》

~

Kelly aveva insistito talmente tanto che Draco alla fine aveva ceduto, eppure, nel momento in cui si trovò tra tutta quella gente, si pentì immediatamente.

《 Ci sei già stato in un centro commerciale, no? 》

《 Tantissime volte 》mentì guardandosi intorno.

Proprio non capiva cosa ci fosse di bello in un palazzo pieno di negozi, senza avere la possibilità di guardare il cielo e pensò che Diagon Alley fosse molto più bella, più vera.

Perché c'era sempre il sorriso di un commerciante che lo riconosceva tra gli altri alunni, una piccola attenzione, un sorriso in più a rallegrare la giornata.

Anche se all'epoca, a lui non importava tanto dei sorrisi degli altri proprio perché non li capiva, perché non sapeva che, a volte, sorridere vuol dire nascondere una preoccupazione, un dolore e non farlo gravare su un'altra persona. 

《 E non ti piacciono, giusto? 》

《 Per niente. 》

《 Ma, se vuoi, possiamo andare… 》

《 No, tranquilla. 》

《 Allora facciamo così: dopo ti offro il tè più buono di Londra. 》

《 Va bene 》e se la strinse un po' di più addosso.

Continuava a guardarsi intorno, negozi e negozi in cui credeva non sarebbe entrato, nemmeno per tutti i galeoni del mondo e che, invece, Kelly gli fece visitare uno ad uno.

《 Dicono si chiami shopping convulsivo 》si giustificò lei sorridendo appena. 

《 Giusto un po', però, eh. 》

Quando uscirono dall'ultimo negozio, Draco tirò un sospiro di sollievo e Kelly gli rivolse un'occhiataccia.《 Ti sei annoiato, vero? 》

《 No, tranquilla. 》

《 È che credo che questo sia il modo migliore per conoscere una persona: guardarla in mezzo alla gente, cercare di indovinare i suoi pensieri.》

《 Sì, forse è vero, ma non è sempre facile. 》

《 Oggi ho capito molte cose di te, Draco.》

《 Ah, sì?》

《 Sì e tu sei una di quelle persone che non ama particolarmente la compagnia degli sconosciuti, che preferisce circondarsi di pochi amici e a cui non ti piace lo shopping e… sei sempre un po' altrove. 》

《 Kelly, ascolt- 》

《 Facciamo un gioco. 》

《 Va bene. 》

《 Obbligo o verità? 》

Baciami.《 Non mi va di giocare. 》

《 Ma hai appena detto che ti andava. 》

《 Questo non è un gioco, Kelly.》

《 E, allora cos'è? 》

《 Andiamo via, sono stanco. 》

Kelly lo seguì senza dire una parola, eppure sentiva che le torturavano la lingua pur di uscire e lei strinse le labbra per provare a ingoiarle e buttarsele giù nello stomaco.

Si fermò al centro della strada, le luci dei lampioni della sera a rendere quasi tutto surreale come fosse solo un sogno e lei che respirò a fondo.《 Io ho scelto di starti accanto pur sapendo che prima o poi saresti andato via. 》

《 Sei stata tu a dirlo. 》

《 Questo però non significa… io ho bisogno di sapere, Draco. 》

Lei tenne lo sguardo alto e Draco si avvicinò lentamente: restò per un po' a guardarla, a raschiarsi dentro macchie di ricordi che si andavano man mano ingrandendosi.《 E ti dirò tutto, Kelly, ma non oggi. Non oggi, per favore. 》

《 E allora quando? 》

《 Hai ancora intenzione di offrirmi il tè più buono di Londra? 》

Lei trattenne un sorriso e abbassò lo sguardo, scuotendo la testa lentamente e, quando tornò a guardarlo, sul suo viso sembrava esserci nient'altro che l'attesa per quella risposta.《 A una sola condizione. 》

《 Quale? 》

《 Devi dirmi la verità. 》

《 Prima o poi, te lo prometto. 》

《 Ora, però, me lo fai un sorriso? 》

Gli venne spontaneo, quasi si dimenticò di quello che era appena successo e le cinse le spalle con un braccio.《 Anche più di uno. 》

~•~


《 Smetti di guardare in quella direzione, Granger. 》

Hermione tirò un sospiro pesante e guardo a una a una le persone sedute al suo stesso tavolo.

Blaise le aveva mandato un gufo in cui le chiedeva di raggiungerlo alla sala da tè di Aria e lei si era preparata in tutta fretta per arrivare in orario all'appuntamento.

Quello che non sapeva era che lì avrebbe trovato tutti, ma proprio tutti.

Daphne l'aveva stretta in un abbraccio che Hermione aveva con il tempo definito rifugio anticrollo, Theo aveva alzato la mano e Aria le aveva stampato due baci sulle guance.

Blaise era arrivato dopo, l'espressione dura in volto e le labbra distese in una linea dritta.

Si era seduto di fronte a lei, spalle alla vetrata e l'aveva fissata a lungo, in silenzio.

Hermione pensò che tutto quello non prometteva niente di buono e alzò gli occhi per evitare lo sguardo di Blaise.

Solo che il suo, di sguardo, si impigliò tra le linee della finestra dell'appartamento di Draco e le sembrò di essere dall'altra parte, seduta sul divano a guardare la sua schiena, a sentire l'eco di parole perse tra i corridoi di Hogwarts che tornavano prepotenti a muoverle la bocca.

Le sembrò di vedere i propri gesti frammentati, quasi fossero riflessi in uno specchio che avevano rotto insieme con i loro silenzi.

E le venne voglia di scappare, di tornare indietro e non andare da lui, di tornare indietro nel tempo e non perderlo. 

《 Smetti di guardare, Hermione 》le disse ancora Blaise.

《 Sembra di essere sotto processo. Perché hai chiamato tutti? 》

《 Perché tutti ti siamo stati vicino e tutti siamo stati vicino a lui. 》

《 Io non ho nulla da dire 》cominciò Daphne.《 Siamo adulti e ognuno è libero di fare le proprie scelte. 》

Passò una mano nei capelli per portarli dietro le spalle e si sedette sulle gambe di Theo che la guardò con uno sguardo palesemente contrariato.

Infatti disse:《 Non la penso come te, perché se io avessi ripreso la mia vita in mano e tu tornassi dopo anni, mi crollerebbe il mondo addosso. Credo che ti odierei. E con tutto quello che è successo a Hogwarts e poi qui, non penso che Draco sia stato particolarmente felice di vederla. 》

《 Hai dimenticato quello che ha detto al ristorante? 》

《 Io no e tu? 》chiese lui.《 Ha detto che non voleva più che parlassimo di lei. 》

《 Ma è il primo a farlo. 》

《 Questo non è vero. 》

《 Sì che lo è. 》

Hermione li ascoltava, avrebbe voluto chiedere cosa avesse detto Draco a ognuno di loro, ma non disse nulla.

Semplicemente guardava gli intarsi sul legno del tavolo come a cercare lì le parole giuste per raccontare quello che sentiva nello stomaco, voli di farfalle confuse e stelle cadenti che si schiantavano sempre a un niente dal ricordo di loro due insieme.

Blaise allora le prese le mani e pretese che lei lo guardasse.《 Ascoltami, Hermione… ci sono cose che siamo destinati a perdere, che non possiamo più tenere con noi, anche se ci restano dentro. 》

《 Lo so 》rispose.《 Solo che… 》

《 Cosa? 》

《 Io non lo sapevo… se avessi saputo, giuro, non gli avrei mai permesso di entrare nella mia vita, lo avrei lasciato marcire fuori. 》

《 Tu stai con… com'è che si chiama? 》

《 Gale. 》

《 Esatto. E lui sta con Kelly. E se tu… se tu non sai quello che vuoi, è meglio che t-》

Aria tornò in quel momento, un vassoio con cinque tazze di tè e Hermione cercò nel suo sguardo qualcosa che riuscisse a tenerla aggrappata a quella situazione.《 Cosa stavi dicendo, Blaise? 》

《 È meglio che lei se ne vada 》concluse lui.

《 Perché? Tu rinunceresti a me, Blaise? 》

《 No, ma è diverso. 》

《 Davvero? 》

《 Sì, davvero. Tu non conosci tutta la storia… Ma da che stai, Aria? 》

《 No, non la conosco, ma credo che questa giuria improvvisata sia solo un teatrino. Nessuno di voi dovrebbe essere qui a dire a Hermione cosa deve o non deve fare. 》

《 Io ci tengo al mio migliore amico. 》

《 Nessuno lo mette in dubbio, ma sai davvero cosa vuole lui? 》

《 Sì. 》

《 E come lo sai, Blaise? 》si intromise Daphne.《 Gli sei entrato nel cervello? 》

《 Voi non potete capire… stamattina io… Hermione 》disse, rivolgendosi a lei.《 Tu non puoi fare quello che stai facendo: tornare come se niente fosse e mettergli tutto sottosopra. Stai bene con Gale, no? 》

《 Io credo di s-》

《 Perfetto, allora lascia perdere il resto. 》

《 Non riesco a lasciar perdere… 》

Fu il tintinnio delle campane a vento che li interruppe, il sorriso di Draco che le sembrò una pugnalata al petto che le graffiava il cuore di desideri e maledizioni.

Lo guardò mentre accompagnava all'interno la donna che aveva visto in fotografia e un po' si sentì morire.

《 Ciao a… 》esordì lui, fermandosi nel momento in cui il suo sguardo si posò su di lei. 《 tutti. 》

《 Draco 》e lo disse così. Lo tenne tra le labbra come fosse ossigeno necessario per respirare.

Lei, proprio lei, che di fronte a loro aveva dimenticato anche come si facesse, a respirare.

A tenere gli occhi aperti e non piangere, non ammettere con lacrime una sconfitta che si palesava così, con la mano di Draco ferma su una schiena che non era la sua.

Lei che, in quegli attimi lunghissimi di occhi legati, aveva cercato un modo per non andare a fondo, per mettersi in salvo.

Per ricordarsi che fuori da quegli occhi c'era qualcuno che l'aspettava. 

Lei che, quando vide sparire il suo sorriso, avrebbe voluto alzarsi e baciargli ogni screpolatura della bocca per vederlo ancora.

《 Io sono Kelly, la fidanzata di Draco 》le disse, allungando una mano verso di lei.

Hermione spostò lo sguardo da Draco alla mano di Kelly e la guardò a lungo, senza riuscire a muoversi.

Poi, guardò lei, sorriso dolcissimo e occhi d'acqua limpida che la fecero sprofondare in un dolore talmente muto che le sembrò scoppiarle nei timpani.

Ossimoro di arrese, perché Hermione, in quel momento, avrebbe voluto piangere e invece sorrise.

Perché, in quel suo essere sorda di cuore, le sentì chiaramente quelle parole, la fidanzata di Draco.

Nel suo essere silenziosa, urlò tutte le parole che le erano rimaste nelle stomaco, come veleno da vomitare per stare meglio.

《 Hermione 》disse semplicemente.

E le strinse la mano, perché Blaise aveva ragione, doveva lasciar perdere.

Kelly si voltò un attimo a guardare Draco che, invece, non guardava lei.

I suoi occhi erano cristallizzati sulla figura di Blaise, mani giunte sul tavolo e labbra dritte.

Teso come se, da un momento all'altro, avesse dovuto annunciare la morte di qualcuno a cui l'uomo che aveva accanto teneva particolarmente.

Si limitò a salutarlo pronunciando il suo nome e Draco fece lo stesso.

《 Io stavo andando via 》esordì Hermione.

Raccolse la borsa e la mantella che Draco le aveva stretto addosso solo qualche ora prima, il suo odore ancora sulla stoffa e lei che non aveva avuto il coraggio di trasfigurarla di nuovo nell'indumento che era stato.

《 Sì 》rispose Blaise.《 Hermione stava andando via. 》

Aria gli rivolse un'occhiataccia che sapeva di rimproveri.

Daphne, invece, non aveva spostato nemmeno per un attimo gli occhi da Kelly, in quel suo modo altezzoso di guardare le persone, con quella voglia di cancellarle il sorriso e sciogliere l'intreccio della sua mano con quella di Draco.

Perché Daphne sapeva: aveva visto crolli e lacrime, Hermione inginocchiata in un corridoio che non riusciva a respirare, respira piano. Te lo prometto, passerà.

Hermione si avvicinò alla porta e si voltò un'ultima volta verso l'interno e, nonostante fosse in piedi, Daphne la rivide in quel giorno in cui si era lasciata abbracciare da lei.

《 Buonasera, allora 》disse e lasciò la sala da tè con un groppo in gola che non riuscì a sciogliere.

Vattene via, le aveva detto Draco quella notte in biblioteca.

Glielo aveva detto così, con la rabbia nella voce di chi racconta una disgrazia, la stessa che gli aveva raccontato con gli occhi nel momento in cui l'aveva vista con una tazza di tè tra le mani, le dita strette attorno alla ceramica, con la disperazione di chi voleva imparare favole infinite e invece conosceva solo rovine e guai.

E Hermione avrebbe voluto fare di tutto, tranne che andare via.

Vattene.

Alzò il mento, il viso contratto in una smorfia per impedirsi di lasciarsi andare al pianto e lo sguardo fisso sull'asfalto che avrebbe voluto cancellare per non proseguire, per darsi la sola possibilità di tornare da lui e dire a tutti che quella, solo quella, era l'unica strada che aveva da percorrere.

Via.

Invece, mise un piede dietro l'altro, ogni passo un battito di cuore che si perdeva nel vuoto tra le costole e i polmoni, perché, nel momento in cui l'immagine della fotografia che aveva visto a casa di Draco era diventata reale, Hermione si era svuotata di sogni e desideri che aveva lasciato proprio lì, sulle loro mani strette, sulla mano di lui che stringeva Kelly e sul sorriso che gli era morto sul viso.

Su quell'amore che non cominciava e non finiva se non con lui, sul pensiero di Gale che da tempo non le sfiorava la mente e sui sensi di colpa e i rimorsi per essere stata capace di perdere senza nemmeno rendersene conto.

Angolo Autrice:

Eccomi qui, con un altro capitolo.

Ho approfittato di questa settimana di ferie per scrivere un po' di più ed eccolo qui, Draco e Hermione che si incontrano di nuovo.

Draco e Hermione che sono così orgogliosi, così testardi.

Io spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perché io ho amato scriverlo.

A presto.















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Capitolo 16
*** Reazioni pt.2 ***


Reazioni pt.2

Draco salì le scale in silenzio e Kelly lo seguì con un nodo nel petto, le dita a torturarsi tra di loro.

Sembravo non finire mai, quelle scale, ogni passo una domanda che si aggiungeva a quelle a cui lui non aveva mai risposto.

Soltanto quando lui chiuse la porta, lei lo guardò.

E, di tutte le domande che aveva sulle labbra, gliene pose solo una.《 È lei? 》

Draco non rispose: accarezzava con le dita il lungo tavolo della cucina con una pressione che lei avvertì su ogni angolo di pelle, lo sguardo basso quasi come se non l'avesse sentita.

Si sedette sul tavolo, le gambe in bilico tra il legno e il pavimento, i palmi delle mani aperti sulle ginocchia.

Era la prima volta in vita sua che non si sedeva in maniera composta e gli sembrò strano non sentirsi a disagio in quella posizione, perché in lui, di composto, non c'era più niente.

Draco era solo frammenti e detriti gettati a caso, schegge di se stesso che non trovavano collante per tornare al proprio posto, un corpo che era integro all'esterno e crepato all'interno.

In quel silenzio che quasi deformava il tempo e lo accartocciava come fogli di giornali pronti per bruciare, una casa senza orologi perché lui, al tempo, non dava più importanza.

Tempo a contare i giorni trascorsi da quando aveva lasciato Hogwarts, tempo che aveva perso nascondendosi dietro veli infiniti di orgoglio e sporchissimo sangue puro, bestiemmiando contro ogni rifiuto del Ministero e contro le ore che aveva trascorso chino sui libri per recuperare nozioni conosciute e impararne di nuove; tempo scivolato insieme alle gocce di sudore, muscoli in tensione e allenamenti senza fine.

Tempo infinito in cui avrebbe voluto non rispondere, non sentire la domanda che Kelly gli aveva rivolto.

E, invece, lui sì, l'aveva sentita e stava cercando da qualche parte il coraggio per rispondere, dirle che sì, quella era lei.

Che lei era tutto.

《 Sì, è lei 》disse in un sospiro che sembrò prosciugarlo, togliergli tutta l'aria dai polmoni.

《 Va bene. 》

Draco alzò lo sguardo su di lei che restava ferma a pochi passi da lui, le braccia lungo i fianchi e gli occhi che brillavano di una consapevolezza che lo spiazzò.

La vide mentre si passava una mano tra i capelli e sorrideva, sbuffava e poi guardava in alto.

《 Kelly 》riprese. 《 ti ho fatto una promessa oggi pomeriggio. 》

《 È già arrivato il momento, vero? 》

《 Credo di sì. 》

Lui si chiese com'era stato possibile, passare anni a costruire difese, trovare la forza di ricominciare e voler tornare indietro solo per uno sguardo.

Voler demolire ogni pietra eretta per poterlo vedere ancora, per sentirselo colare addosso come neve sul mondo in inverno; annegarci dentro e non voler risalire e farsi bruciare, da quello sguardo, pur di non perderlo ancora.

《 Non ci riesci proprio, vero? Non riesci nemmeno a far finta di averla dimenticata. 》

《 Come potrei? 》

《 Io voglio solo capire. 》

《 Cosa? 》

《 Perché lei sì e io… io no. 》

《 Non lo so. 》

《 Se soltanto tu parlassi, se mi raccontas- 》

《 Non è facile. 》

《 Non è facile nemmeno restare qui. 》

《 Lo so. Se vuoi andare… 》

《 No. 》

《 Allora cosa vuoi? 》

《 Raccontami di lei. 》

Draco sembrò sul punto di dire no, perché era difficile trovare le parole per raccontare la verità su di lei senza però raccontare la verità sul loro mondo, su quella scuola che lo aveva visto crescere. 

《 Noi ci odiavamo, io la odiavo 》disse con un sorriso triste.《 perché lei aveva tutto quello che non avevo io. Abbiamo frequentato la stessa scuola e lei camminava con quell'aria soddisfatta, avrei voluto strappargliela a morsi, dirle che non era migliore di nessuno e, invece lo era. Lo era davvero, sempre un passo avanti agli altri, la mano sempre pronta per rispondere alle domande dei professori… non immagini quante volte io abbia sognato di spezzargliela, un dito alla volta. 》

Kelly gli rivolse uno sguardo che sapeva di accuse e lui riprese.《 Non guardarmi così: ti sto dicendo la verità. 》

《 Lo so. 》

《 Una volta mi ha dato un pugno sul naso… se ci penso mi fa ancora male. 》

《 Perché? 》

《 Io stavo… stavo maltrattando un animale. Ho ricevuto un'educazione particolare, diciamo che disprezzavo tutti quelli che non era come me. 》

《 Questione di soldi? 》

《 Sì, più o meno… 》

《 E poi? 》

《 Poi, al quarto anno, è stato organizzato un ballo, e lei aveva un abito blu che, io non lo so, era la stessa di sempre, solo che per la prima volta l'ho vista e…》prese un respiro profondo e guardò fuori dalla finestra, il cielo che sembrava accendesse una stella ad ogni sua parola.

Tornò a guardare Kelly e riprese a parlare quasi a fatica.《C'è stato un periodo in cui le cose sono state particolarmente difficili per tutti 》la guerra.《 Eravamo divisi in due fazioni: i buoni e i cattivi 》l'Esercito di Silente e i Mangiamorte.《 Io, ovviamente, facevo parte del secondo gruppo, ma mi sentivo così sporco, così stretto in quel ruolo che non volevo. Solo che non potevo deludere chi credeva in me, perciò sono passato dalla parte dei buoni senza smettere di fare quello che stavo facendo. 》

《 Un doppiogiochista, insomma. 》

《 Sì e, quando mi hanno scoperto, ho perso tutto. La scuola è stata chiusa per un po', lavori di ricostruzione e manutenzione, perciò abbiamo dovuto riprendere dal quinto anno. C'erano gli esami, gli altri che ancora mi puntavano il dito contro e lei non mi degnava di uno sguardo. Ho scommesso con il suo migliore amico: se avessi vinto, avrei dovuto passare una sera con lei e, nel frattempo, ho chiesto a lei di darmi ripetizioni, anche se non ne avevo affatto bisogno. Per una settimana ci hanno costretto a stare a stretto contatto, non chiedermi come, per favore. 》

《 D'accordo, non te lo chiederò. 》

《 Abbiamo giocato a obbligo o verità: io le ho chiesto di baciarmi, lei di perdere la scommessa. 》

《 Quindi, la tua scommessa era un compromesso? 》

《 No, il compromesso è stata la strada per arrivare, credo. 》

《 A cosa? 》

《 A lei. 》

《 Cos'hai fatto? 》

《 Ho perso 》concluse, come se quella fosse la risposta ovvia a quella domanda.《 Era così saccente, con un sorriso per tutti e mai per me e aveva i capelli più brutti del mondo, avresti dovuto ved-》si interruppe, però, quando Kelly gli diede le spalle.

Gli sembrò quasi che lei non volesse più sentire altro, invece la vide sventolare le mani davanti al viso e tornare a guardarlo.《 È stato quello il momento in cui ti sei innamorato di lei? 》

《 Forse. Non l'ho mai capito in realtà, se prima o dopo. 》

《 Continua. 》

《 Ad un certo punto, la punizione, chiamiamola così, è finita. C'è stata la partita e io ho perso. Hanno pubblicato una nostra foto sul giornale della scuola, l'avevano scattata nel momento in cui ero vicino agli spalti dove era seduta lei e ci siamo guardati solo per un attimo… è successo tutto così in fretta: ci siamo allontanati, io ero quello di prima, lei quella di sempre e poi ci siamo riavvicinati, abbiamo giocato di nuovo a obbligo o verità. Quella volta mi ha chiesto di lasciarla andare, io di restare e poi ci siamo allontanati di nuovo. 》

《 Hai mai provato a tornare da lei? 》

《 Tantissime volte, ma lei ha continuato a respingermi. Fino a quando non ci siamo incontrati a casa di Blaise. 》

《 Cosa è successo? 》

《 Non credo sia il caso. 》

《 Invece sì. 》

《 Noi… noi abbiamo fatto l'amore per la prima volta. 》

《 Perché è finita? 》

《 Non abbiamo mai mosso gli stessi passi e io non ce l'ho fatta, ho lasciato la scuola. Sapevo di lei grazie alle lettere di Blaise e Daphne. 》

《 Daphne… credo che mi odi. 》

《 Sì, lei è così: non sa nascondere i sentimenti. 》

《 E tu? 》

《 No. 》

《 Glielo hai mai detto, che la ami? 》

《 No, non gliel'ho mai detto. Non a parole, almeno. 》

E tra tutte quelle negazioni, valanghe di no a mettere in mostra una sola affermazione, l'unica di cui aveva dubitato per un tempo infinito e l'unica che gli aveva dato certezza.

Tra tutti quei no pronunciati, un solo sì taciuto che calò tra loro come la lama di un coltello affilato, che lo feriva nelle viscere ad ogni movimento senza che lui potesse estrarlo e gettarlo lontano, dove non avrebbe fatto più male.

Tra tutti quei no, un solo sì. Solo per lei.

《 Non hai più voluto vederla, vero? 》

《 Dopo la scuola si è trasferita in Francia per un po'. 》

《 Quanto? 》

《 Due anni. Mi dispiace, Kelly… 》

《 No, lo sapevamo che sarebbe successo. Solo, non mi aspettavo così presto. 》

《 Nemmeno io. 》

《 Se è lei che vuoi, fai qualsiasi cosa 》gli disse, un bacio sulla guancia e la sua schiena che si allontanava.

Si sentiva quasi leggero, eppure così pesante dopo aver raccontato di lei, come se tutte le parole dette gli si fossero incollate addosso.

Come se una vita intera di disprezzi e insulti si fosse posata sulle spalle e, sopra di essa, ad appesantirlo ancora, gli anni che avevano vissuto lontani e il giorno in cui era stato a un millimetro dalla sua bocca, come lei dal suo cuore.

E lo sentì battere nel petto come un tamburo di memorie e momenti da dimenticare, persone da lasciare indietro e altre da ritrovare.

Proprio come lei che gli si era cucita sulla pelle, su quelle sfumature annerite di un tatuaggio che aveva fatto per poter festeggiare l'impresa di averla dimenticata e che, invece, gliela ricordava ogni istante, in quelle ombre di rami e braccia d'anima che si univano nonostante i corpi facessero tutt'altro.

Proprio come lei che se n'era andata, ma mai veramente, che gli scorreva nelle vene e negli organi come sangue, che lo aveva divertito e ferito più di chiunque altro e che, forse, lo aveva amato e odiato più di chiunque altro.

Draco si stese sul divano e si coprì il viso con le mani.

Si beò di un silenzio che però, durò pochissimo e se ne rese conto nel momento in cui Blaise e Aria si smaterializzarono nel suo salone.

《 Eccolo 》esordì Blaise.《 sei contenta adesso? 》

《 Sì. 》

《 Ma che vi prende? 》chiese lui, mettendosi a sedere.

《 Dovrebbe spiegartelo il tuo amico. 》

《 Oh, no, dovresti dirglielo tu. 》

《 Va bene, datevi una calmata, perché se continuate a urlare rischiate di farmi scoppiare la testa. 》

《 Il tuo amico 》disse Aria, il dito puntato verso Blaise.《 crede di essere un giudice supremo. 》

《 Io ho solo detto quale fosse la cosa giusta da fare. 》

《 No, quella era la cosa giusta per te. 》

《Vi prego, non sto capendo nulla. 》

《 Blaise ha detto a Hermione di lasciarti in pace. 》

《 Tu, cosa? 》chiese Draco rivolgendo uno sguardo all'amico.

《 Siete seri? Hai dimenticato come sei stato in questi anni? E tu... 》disse indicando Aria.《 tu hai dimenticato quanto cazzo è stato difficile riportarlo a galla? 》

《 Saranno pure affari suoi se vuole sprofondare, no? 》

Draco, nel frattempo, era rimasto in silenzio, nella mente i giorni in cui Blaise lo aveva crocifisso per fargli capire quanto lui tenesse a Hermione.《 È stata colpa tua 》disse, la voce tiratissima, quasi la stesse riesumando dal fondo dello stomaco.《 È stata colpa tua se è iniziato tutto e no, non ce l'hai il diritto di dire a Hermione cosa fare. Smettila, Blaise: hai già fatto abbastanza danni. 》

《 Oh, ma grazie tante. Adesso sono il cattivo della storia, vero? Perché sono stato io a dire a Hermione di sparire per due anni e poi tornare così, all'improvviso, proprio quando tu stai con un'altra, eh? 》

《 Non ho detto questo, ma, diamine! 》

《 Cosa, Draco? 》

《 E me lo chiedi? Sei venuto qui a dirmi che avrei dovuto accettare la sua proposta e poi, poi… 》

《 Adesso basta! 》Aria aveva alzato entrambe le mani sui loro petti per separarli: si erano avvicinati tanto da parlarsi quasi nella bocca. 

《 Sì, basta 》disse Blaise.《 Grazie tante per aver spifferato tutto al mio migliore amico. 》

《 No, grazie a te per avermi spinto a farlo. Tu non capisci, Blaise, sei così testardo… 》

《 Ah, davvero? 》

《 Sì, davvero. Ma come ti sentiresti se qualcuno venisse da te a dirti che devi rinunciare all'amore della tua vita? 》

《 Mi metterei da parte. 》

《 Senza fare niente, senza nemmeno muovere un dito? Mi perderesti solo perché qualcuno ti ha chiesto di farlo? 》

《 Se questo servisse a far star bene te, sì. 》

Aria sembrò irrigidirsi a quelle parole, guardò Blaise con gli occhi liquidi di pianto e la bocca mossa da un tremore che lei non fermò.《 Ma perché te lo chiedo? In fondo,lo hai già fatto una volta… 》

《 E lo rifarei ancora se servisse, maledizione! 》

《 Sai cosa? Non sono poi così sicura di voler sposare una persona come te. 》

《 Ma, Aria, torna qui… 》

《 Credo che dovres- 》

《 Vaffanculo anche tu, Draco. 》

~•~


《 Oh, merda! 》imprecò.

La pila di fogli su cui stava lavorando le scivolò di mano e si sparpagliò sul pavimento, le sembravano petali di fiore sfiorito che cadevano al suolo e restavano lì a marcire; li guardava come veli d'anima perduti e irraggiungibili: gli occhi spalancati, la guancia mossa dai morsi che lei stessa si stava infliggendo.

《 Ecco qui 》disse Gale, un sorriso dolce stampato in viso.《 Non è successo nulla di grave. 》

《 Grazie. 》

《 Sei proprio sicura di non voler venire? 》

《 Te l'ho detto, Gale, devo lavorare. 》

《 Sì, me lo hai accennato. Allora 》le fece segno di sedersi accanto a lui.《 Che lavoro è? 》

《 Niente di che, solo un piccolo favore che mi ha chiesto un mio vecchio professore. 》

《 Cosa da niente, insomma. 》

Hermione fissò lo sguardo in quello di Gale e avrebbe voluto farselo entrare nella testa, fargli sentire il cervello che si disperava, le urla che scandivano parola per parola che la Guerra Magica non era cosa da niente, che Draco non era cosa da niente.

Draco aveva le mani grandi, così forti da poter stringere il mondo e frantumarlo tra le dita; era offese cattive e colpi bassi, frasi che solo a pensarle facevano male e a pronunciarle squarciavano il petto; maschere di stoffa sgualcita, di cera che non si scioglieva mai e di cemento che franava come polvere di gesso.

Avrebbe voluto dirgli che era Inferno di carezze, di statue di marmo che tremavano al confronto con lui; sale sulle ferite, nelle lacrime; era rimorso che le sbriciolava il cuore e labbra che le indebolivano le ginocchia; che era stato imperdonabile mille volte, indimenticabile mille e una.

Draco era tante cose, ma non era cosa da niente.

《 Sì 》disse soltanto.《 Un gioco da bambini. 》

《 Stai tranquilla, Hermione, su, non fare quella faccia… vedrai che questi mesi passeranno in fretta. 》

Hermione quasi rise e subito dopo provò una tenerezza infinita per l'uomo che aveva di fronte e che non sapeva che quel viaggio di lavoro le era sembrato una manna dal cielo, che credeva che avrebbe portato con sé anche i sensi di colpa che le mulinavano perennemente nelle vene.《 Lo so, solo che mi sarebbe piaciuto accompagnarti. 》

Gale le prese le caviglie e si portò le sue gambe addosso, accarezzando la pelle come fosse cristallo delicatissimo, con la paura di poterla spezzare da un momento all'altro, senza conoscere le crepe che Hermione aveva già sotto pelle.

Lei si lasciò coccolare da quel tocco, poggiò la testa sul bracciolo del divano e chiuse gli occhi.

Avrebbe voluto piangere, eppure qualcosa continuava a impedirglielo, forse l'orgoglio di restare in piedi nonostante intorno tutto si stesse sbriciolando o, forse, semplicemente perché, di lacrime, non ne aveva più. 

Forse, le aveva piante tutte la sera precedente mentre le fiamme bruciavano la fotografia di Draco, la redenzione che aveva ottenuto e grazie a cui gli altri lo definivano martire e non persecutore.

Quando Gale portò leggermente la mano più in alto, Hermione sobbalzò e gliela spostò quasi come se si fosse scottata. 

Lui la guardò con uno sguardo interrogativo, lei abbozzò un sorriso.《 Sicura che vada tutto bene? 》

《 Ero sovrappensiero, scusami. 》

《 Ne vuoi parlare? 》

《 È che… non credo di essere all'altezza di tutto questo: scrivere un libro sulla storia della scuola, insomma… 》

《 Se vuoi potremmo portarlo alla casa editrice, penseranno a tutto. 》

《 No, lì hanno una casa editrice interna, tutta loro. 》

Lui si allungò a darle un bacio, la dita che chiedevano il permesso di aprirle le gambe e lei che glielo diede.《 Mi mancherai da impazzire. 》

Hermione gli prese il viso tra le mani, la barba a solleticarle i palmi, la linea dritta della mascella su cui premeva leggermente i polpastrelli. 

Lei che avrebbe voluto essere ovunque, ma non lì. 

Chiuse gli occhi, poggiò le labbra sulle sue con l'urgenza di chi non vuole cominciare niente e, allo stesso tempo, vuole finirlo quanto prima.

Gale non la spogliò questa volta, si limitò ad alzare la gonna e a spostare le mutande, poi si calò appena i pantaloni e che si fosse accorto che lei non aveva emesso un gemito non lo diede mai a vedere, perché continuava a muoversi, ad accarezzarle il corpo e baciarle la bocca, il collo per quanto i vestiti glielo permettessero. 

Hermione lo lasciò fare per un po' perché una parte di se stessa le suggeriva che glielo doveva, un po' perché non voleva sentire più il peso degli occhi di Draco, lasciarsi andare a quelle emozioni che Gale le aveva regalato dal primo momento e che, invece, ora sembravano soltanto incarti stropicciarti e scatole vuote.

Gale era entrato nella sua vita come un sole d'alba, delicato e silenzioso, quasi con la paura di disturbare ed era stato una boccata d'aria fresca dopo mesi trascorsi in apnea.

Adesso, però… adesso lei si sentiva soffocare, i polmoni schiacciati dalle certezze che piano piano lo allontanavano senza che lui se ne rendesse conto. 

Lui si sistemò sul divano, facendole poggiare la testa sul suo petto.《 Mi piace il colore delle pareti. 》

《 Sì, Fred e George sono dei maghi in questo campo. 》

《 Hai fatto bene a cambiare: quel grigio era così grigio, così triste. 》

Quel grigio che, però, le ricordava il cielo invernale su Hogwarts, la superficie piatta e tranquilla del Lago Nero e gli occhi di Draco.

Quel grigio che adesso non c'era più, coperto dalle sfumature di rosa e forse, proprio per questo, Hermione si sentiva fuori luogo anche a casa sua.

Come se l'ordine che aveva sempre cercato di tenere fosse stato frugato da mani ladre che avevano toccato e messo tutto fuori posto, come se quelle mani le fossero entrate nel corpo, smuovendole gli organi, cuore nello stomaco, nei polmoni, ovunque tranne che nella cavità che avrebbe dovuto occupare.

Un buco nero, un anfratto vuoto perché forse, Hermione, un cuore non ce l'aveva più, non le era rimasto nemmeno un frammento: lo aveva lasciato da qualche parte lungo la strada del ritorno.

Nel sorriso di Draco, nelle sue dita intrecciate a quelle di Kelly, su un divano di pelle bianca o su una cornice di ceramica intagliata.

《 Quando parti? 》

《 Tra qualche giorno. Potremmo, non so, passare un po' di tempo insieme, provare definire cosa siamo. 》

《 Gale, per favore… 》

《 Lo so. 》

Lui tirò su i pantaloni, Hermione rimase stesa a guardarlo.

《 Allora, io vado 》disse lui.

《 Ti accompagno alla porta. 》

Per un secondo, solo per un secondo, Gale si fermò a pochissimo dalle sue labbra e lei chiuse gli occhi con forza e allungò le braccia per abbracciarlo.

Le sembrò che lui respirasse pianissimo per non rompere l'equilibrio che lei distruggeva di continuo e che lui si impegnava a ricostruire.

Le sembrò che lo stesse abbracciando per lasciarlo, per prendersi un altro po' del calore che le mancava e si sentì così cattiva, così sporca.

Così egoista, perché, in fondo, non era pronta a perderlo davvero. Perché, in fondo, Hermione aveva proprio paura di perderlo se prima non ritrovava l'unica persona al mondo che voleva accanto.

Lo salutò semplicemente baciandogli appena le labbra, senza dirgli niente, senza nemmeno lasciarsi guardare negli occhi.

Fu lui a sollevarle il viso, a prenderle il mento tra le dita.《 Spero di trovarti ancora al mio ritorno. 》

《 Sono sempre qui. 》

Gale sorrise.《 Ti sto aspettando da una vita, Hermione. 》

Ti sto aspettando da una vita.

Si ritrovò nella Stanza delle Necessità, la prima volta senza colori a definire la loro provenienza, ad accentuare il distacco che si erano sempre imposti a causa del loro sangue.

Se le ricordava, le spalle di Draco, lo sguardo perso oltre la Foresta Proibita e quegli occhi.

Quegli occhi che la fissavano quasi volessero renderla trasparente per vedere cosa nascondeva dentro, dietro quell'aria da perfetta maestrina.

Quegli occhi che le avevano lasciato solchi in ogni piccolo buco d'anima, che lo avevano slabrato fino a farlo diventare voragine.

Ti sto aspettando.

Perché lui non si era mai limitato ai graffi superficiali, aveva sempre dovuto infierire con parole e gesti fino a che non la vedeva sanguinare.

Fino a che non si era inginocchiato per curarla, per rendersi conto che il sangue di lei era esattamente uguale al suo, che non c'era marciume, solo rosso, solo sangue.

Fino a che, un bacio alla volta, non le aveva fatto ammettere sentimenti che l'avevano spaventata più di quanto lei stessa avesse creduto possibile e l'aveva inchiodata a quel maledetto muro fatto solo della sua bocca, della sua lingua che le svuotava tutto.

Da una vita.

Fumo di pensieri dispersi, parole mai dette, lasciate a metà di fronte alle verità che nessuno dei due sapeva come svelare.

Perché anni e anni di odio non potevano essere dimenticati, ma non bastavano a scarnificare quel nodo che le attorcigliava lo stomaco.

Le volte in cui si era chiesta perché proprio lui, perché lei.

Un segreto che tutti sembravano aver conosciuto prima di loro che ci erano dentro, che continuavano a negare, che si teneva a distanza senza mai riuscire a non stare vicini.

Le dita che si sfioravano durante le ore di Pozioni, gli sguardi rubati nella calca di alunni nella Sala Grande; il buio, i libri… la voglia di scappare e quella di restare.

Sono qui da una vita, Malfoy.

Il polso stretto tra le sue dita, un letto che li aveva visti l'uno sopra l'altra ed esplodeva di fuochi d'artificio, un anno che finiva e iniziava con loro che, però, finivano soltanto.

Un passo avanti, dieci indietro e il vuoto all'altezza del petto, il ciondolo che lui le aveva regalato e che lei gli aveva restituito per 
togliersi di dosso il suo profumo, quell'inverno d'estate, quella neve che non sentiva il calore del fuoco, tabacco e menta sulle labbra, sul collo sul seno, dappertutto.

La pioggia di quella notte, aghi sottilissimi di acqua che le bucavano la pelle, il suo abbraccio.

Il mondo che faceva di tutto per vederli insieme e lei che, per non vederlo più, si dimenticava di esistere.

Le volte in cui lui tornava e giurava di andar via, ma restava fermo lì, e quelle in cui, invece, la ignorava come sei non esistesse.

E lui, sempre lui, che, senza muovere un dito, la costringeva a spogliarsi di armature che lei non sapeva di avere, che la costringeva a scrivere di lui quando, invece, avrebbe dovuto fare altro.

Lei che aveva passato giorni infiniti a cercarlo in angolo nascosto del cuore e che, invece, lo aveva visto occuparlo tutto, come fosse il suo posto per diritto di nascita.

Lui che l'aveva aspettata sempre e che, sul più bello, quando lei si era sentita pronta a tornare, era andato via davvero.

《 Ci vediamo domani 》disse, dopo un silenzio che le sembrò lunghissimo. 

Gale le baciò la fronte e rimase fermo così,  mentre le accarezzava i capelli. 《 Ci vediamo domani. 》

Sono qui da una vita.

Angolo Autrice:

Questo è quello che si scrive da solo in una notte insonne.

L'ho pubblicato per farmi perdonare di una possibile attesa per la pubblicazione del prossimo capitolo.

Le cose pian piano si stanno muovendo.

Draco ha fatto la sua scelta, Hermione resta sempre in bilico…

E io li amo da morire.

Spero che possiate amarli anche voi, nonostante la loro testardaggine, nonostante il loro orgoglio e le loro paure. 

Nonostante tutto.

A presto 










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Capitolo 17
*** Diciannove Settembre. ***


Diciannove Settembre.

Il roseto del Manor quella mattina era dipinto di blu: Narcissa, dopo l'arresto di Lucius  aveva deciso di cambiare il colore delle rose, abolire il bianco perché, a parte la purezza del sangue, di puro, in quella casa non c'era proprio niente.

 

Draco l'aveva trovata seduta sotto l'enorme gazebo, gli occhi chiusi e la testa abbandonata sullo schienale, il sorriso indecifrabile e le mani unite in grembo.

 

《 Quindi, sei vivo 》gli disse senza lasciare la sua posizione.

 

《 Ho avuto un po' da fare. 》

 

《 Immagino si tratti di lavoro. 》

 

《 Anche, sì 》Draco rispose accendendo una sigaretta e Narcissa lo guardò di sbieco.

 

《 Ti piacciono le rose, Draco? 》proseguì senza aspettare una risposta.《 Il blu indica il mistero, la saggezza… 》

 

《 Ah, davvero? 》

 

《 Ho saputo da Severus che non hai più il nome di tuo padre. 》

 

《 È vero. 》

 

《 Ha fatto molte cose deplorevoli, come te d'altronde. Sei un Malfoy anche tu. 》

 

《 Questo lo so. 》

 

《 Ma sei anche un Black: alla fine hai fatto la scelta giusta. Come Regulus e come Sirius. 》

 

《 Ti mancano tanto? 》

 

Da bambina, Narcissa aveva vissuto quasi in simbiosi con loro: si sedevano a guardare il cielo, giocavano a immaginare le proprie vite e a rincorrersi nei boschi, fino a quando Sirius non era andato via e Regulus, in un modo che conosceva solo lui, aveva fatto lo stesso.《 Mi sono abituata alla loro mancanza. È nell'assenza di tuo padre che proprio non riesco ad ambientarmi. 》

 

《 Sapevi sarebbe stato così. 》

 

《 Vedi, Draco, noi ci siamo sposati per contratto, è vero, ma abbiamo imparato ad amarci… un amore che con il tempo è sfumato, certo, però tuo padre mi manca. 》

 

《 Lo so. 》

 

《 Non dispiacerti: sarebbe dovuto succedere molto tempo fa. 》

 

《 Perché mi hai fatto venire qui? 》

 

《 Una madre non può voler passare un po' di tempo in compagnia del proprio figlio? 》gli chiese, piegando leggermente il capo verso di lui.《 Ogni giorno guardo i vestiti di tuo padre, ci respiro sopra per sentire il suo profumo e mi sto dilettando in cucina, preparando i suoi piatti preferiti. Non mi riescono quasi mai, però lo faccio. 》

 

《 Perché? 》

 

《 Perché abbiamo vissuto una vita insieme e lui farà sempre parte di me. Credo che, in fondo, non voglia lasciarlo andar via davvero. Un po' come te. 》

 

《 Cosa c'entro io? 》

 

《 Vivi nella Londra babbana, fumi sigarette babbane… 》

 

Draco restò in silenzio per un po', il tempo necessario per metabolizzare le parole di Narcissa e comprenderle appieno.

 

Diede un ultimo tiro alla sigaretta, poi la fece sparire e si voltò a guardare sua madre.

 

Gli sembrò terribilmente magra, il bel viso scavato e ingrigito dalla solitudine, i capelli un misto di neve e oro pallido.

 

《 Non mi piacciono le tue giornate di rose blu. 》

 

《 Preferisci quelle rosse, quando ti dico di seguire il tuo cuore? 》

 

《 No, non mi piacciono neanche quelle. 》

 

《 Ho perso quasi tutto, Draco 》 disse volgendo lo sguardo aldilà del roseto.

 

Lui la guardò ancora e, soltanto in quel momento, si accorse che sua madre portava un abito nero, non un filo di trucco sugli occhi, lei che era solita apparire sempre perfetta e in ordine. 

 

Sembrava fosse vestita a lutto, come se quel marito- che aveva smesso di amare ma non di voler bene- fosse morto e non rinchiuso ad Azkaban per giuste motivazioni.

 

Eppure, nonostante la vedesse quasi sfiorita al confronto con quelle rose che avevano resistito anche all'inverno più duro, non riusciva a provare alcun tipo di rimorso verso sua madre.

 

Non ne sentiva il formicolio né l'eco lontano che lui conosceva così bene.

 

Perché lui era nel giusto, perché lui, per la prima volta, aveva fatto la scelta giusta.

 

《 Non mi sento in colpa per questo. 》

 

《 E fai bene, perché non ne hai motivo. Posso solo chiederti una cortesia? 》

 

《 Sì. 》

 

《 Ti ricordi di avermi parlato di quella ragazza? 》

 

《 Sì, Kelly. 》

 

《 Sì, proprio lei. Come sta? 》

 

《 Non ci frequentiamo più.  》

 

《 Come mai? 》

 

《 Fantasmi. 》

 

Anche questa volta, Narcissa rimase in silenzio, lo sguardo in cerca di quello del figlio che si nascondeva sotto le ciglia, l'ombra sugli zigomi alti e le mani nelle tasche.

 

《 Vivi o morti? 》si azzardò a chiedere con la voce ridotta a un sussurro.

 

《 Cosa cambia? 》

 

《 Il poterli tenere tra le braccia. Ci sono cose inevitabili… non devi combatterle per forza, perché alcune sono bellissime. E, in fin dei conti, credo ci siano persone che non riescano ad illuminarne altre: quando si ha troppo buio, solo chi ha spento la luce può riaccenderla. 》

 

《 Lo terrò a mente. 》

 

《 Magari, la prossima volta che verrai, le rose saranno rosa 》disse Narcissa, poggiandogli una mano sulla gamba.

 

Gli sorrise e, su quelle labbra distese appena, Draco riuscì a riconoscere se stesso e tutto ciò che aveva ereditato da lei.

 

Un alito di vento smosse leggermente le rose, i petali di velluto e il profumo delicato di giorni che si screziavano di tramonti e di spine che si erano cicatrizzate sottopelle, agonia lentissima di chi il dolore lo ha provato ovunque e chiude gli occhi ogni volta che lo sente tornare.

 

Proprio come Draco, la mano poggiata su quella di Narcissa in una stretta possessiva e mai invadente, capo piegato in avanti e occhi chiusi.

 

《 Cosa ti tormenta? 》gli chiese Narcissa, il tono materno che, se avesse potuto diventare mano, sarebbe stato carezze di una madre giovanissima sulla guancia del suo bambino appena nato.

 

Lei.《 Questioni di lavoro. 》

 

Narcissa non rispose, perché sapeva che i segreti del cuore sono quelli più difficili da confidare, perché dirli ad alta voce li avrebbe resi reali, di una consistenza troppo pesante persino per le spalle più allenate.

 

E Draco sì, aveva le spalle larghe, ma i suoi piedi poggiavano su fondamenta di fango e sabbie mobili.

 

Un solo grammo in più, uno solo, e sarebbe sprofondato.

 

Narcissa lo sapeva, per questo, senza dire una parola, si alzò e gli fece segno di seguirla.

 

Lui la obbedì, camminando un passo dietro di lei e, quando tornò ad alzare lo sguardo, si rese conto di essere in cucina.

 

《 Ho preparato una torta alla melassa. 》

 

《 Ottimo. 》

 

《 Credo di aver sbagliato qualche passaggio… non ha un gusto particolarmente buono. 》

 

《 La prossima volta ci riuscirai 》le disse con il sorriso sulle labbra, con quella voglia di voler vedere per forza le cose andare bene.

 

Magari non in quel preciso istante, non subito… ma la prossima volta sì, sarebbe andata meglio.

 

Draco sollevò leggermente la testa e la vide sorridere, mentre appellava la bottiglia di cognac e due bicchieri vuoti.

 

Fu lui a riempirli, poi ne sollevò uno e ricambiò il sorriso.《 Brindiamo? 》

 

《 Brindiamo. 》

 

~

 

Blaise Zabini, dopo aver capito prima di tutti i sentimenti che Draco e Hermione nascondevano continuando a fingere di odiarsi, era diventato noto per le sue doti oratorie e per lo sguardo lungimirante.

 

Veniva chiamato Dottor Amore e aveva riscosso un certo successo dispensando consigli e insegnando tattiche vincenti a chi del corteggiamento non conosceva nemmeno le basi.

 

Quello che, però, adesso Draco aveva di fronte sembrava essere soltanto un corpo senza i suoi abiti da pagliaccio, uscito di scena senza applausi dopo il suo peggior spettacolo.

 

《 Quindi, hai intenzione di rimanere qui? 》gli chiese porgendogli una tazza di tè.

 

C'erano stati giorni in cui Draco lo aveva odiato con ogni singolo muscolo di se stesso, ma non mancava mai di spronarlo, perché non aveva di certo dimenticato il sostegno e la spalla che Blaise gli aveva offerto in più di un'occasione, quando lui chiudeva il mondo fuori e soltanto il suo migliore amico riusciva a farglielo vedere anche attraverso le finestre sprangate; le volte in cui Blaise incassava insulti o quelle in cui si era seduto accanto a lui senza dire una parola o le altre in cui si metteva in attesa che lui tornasse sulla propria strada, interferendo più del dovuto, a volte, facendo tantissimi danni, dicendo una parola di troppo, certo, ma Blaise non lo aveva mai abbandonato.

 

Avevano già discusso sul fatto che Draco continuasse a entrare in casa sua come se fosse la propria, il campanello alla porta d'ingresso sembrava essere solo un abbellimento.

 

《 E se fossi stato con una donna? 》gli aveva chiesto quando lo aveva visto comparire.

 

《 Ma per favore… al massimo avrei potuto trovarti a praticare l'autoerotismo, anche se nello stato in cui sei dubito che ti si alzerebbe anche solo di un millimetro 》aveva risposto Draco, un sorriso che ricordava tanto quello che aveva da bambino.

 

Blaise non aveva più parlato e Draco si era seduto sul divano a fumare, poi aveva preparato il tè con la magia.

 

Adesso se ne stava fermo al fianco del letto, Blaise steso con un cuscino sulla faccia.

 

《 Io odio il tè 》aveva detto con la voce stanca di chi ha parlato per troppo tempo, anche se da giorni non diceva nemmeno una parola. 

 

《 Non credo che Aria pensi davvero quello che ha detto. Forse dovresti solo andare da lei. 》

 

《 Mi stai facendo la morale, Draco? 》

 

《 Niente affatto, come potrei? 》

 

《 Infatti, è meglio se stai zitto. 》

 

《 Avrei potuto dirti tante volte la stessa cosa, sai? 》

 

《 Senti un po' 》Blaise poggiò la schiena alla testiera del letto e lo guardò. 《 da quando credi di essere migliore di me in questioni amorose? 》

 

Draco sollevò entrambe le mani in segno di resa.《 Da mai. 》

 

《 Perfetto. Allora, gentilmente, taci. So io come riconquistare Aria. 》

 

《 Qual è il tuo asso nella manica? Startene a letto? 》

 

《 Quindi la pensi come lei? 》

 

《 Oh no, ti ho solo fatto una domanda. Insomma, vorrei imparare. 》

 

《 Mi stai prendendo in giro, vero? 》gli chiese guardandolo di traverso.

 

《 Sì. 》

 

《 Molto maturo da parte tua, devo proprio ammetterlo. 》

 

《 Blaise, questa volta parlo sul serio… dovresti andare da lei. 》

 

Blaise, però, non rispose e incrociò le braccia sul petto.

 

A Draco sembrò un bambino imbronciato,  uno di quelli troppo viziati per accettare di passare in secondo piano, di ricevere un no come risposta.

 

A Draco sembrò proprio il bambino che Blaise era stato, perfettamente simile a quello che era stato anche lui.

 

Gli tornarono in mente le domeniche trascorse nei giardini, a giocare con le carte autorimescolanti per qualche minuto e ore intere a studiare le mosse migliori per vincere una partita agli scacchi dei maghi.

 

《 So a cosa stai pensando. 》

 

《 Ah, davvero? 》Draco glielo chiese con il tono di sfida divertito.

 

《 Sì, a quella volta che ti ho battuto al gioco con la polvere ruttosa e hai dovuto mangiare i dolci singhiozzini. 》

 

A quel ricordo, scoppiò a ridere.

 

Era stata un'immagine velocissima a rievocarlo, piccoli particolari che si andavano aggiungendo man mano, fino a che il ricordo che lui credeva di aver dimenticato non gli apparve nitido nella testa.

 

Era successo al terzo anno, durante la loro prima visita a Hogsmeade: avevano cominciato a giocare a sfidarsi su piccole cose, tirare i capelli a un'alunna, urtare qualcuno con la spalla, fino a quando non erano giunti di fronte all'entrata di Zonko e allora Blaise gli aveva detto di voler fare una sfida seria: chi avrebbe mangiato più polvere ruttosa avrebbe vinto un premio e chi avrebbe perso avrebbe dovuto mangiare tre dolci singhiozzini.

 

Draco aveva accettato, ma dopo un paio di manciate di polvere aveva rischiato di strozzarsi, tossendo quasi l'anima, con gli occhi fuori dalle orbite e la mano a battere forte sul petto.

 

Blaise ne aveva mangiata un bel po' in più, perciò lo aveva guardato alternando eruttazioni a scoppi di risa, lo sguardo fiero e vittorioso.

 

Era stato ore a ridere di lui che non riusciva a parlare a causa dei singhiozzi.

 

E, adesso, a distanza di anni, se ne stava seduto sul letto, piegato in due a indicarlo come fosse un fenomeno da baraccone.

 

《 Divertente, vero? 》gli chiese Draco prima di saltargli addosso per dargli quei pugni che da bambini lasciavano i lividi ma che adesso somigliavano più a un solletico fatto a mani chiuse.

 

Nessuno dei due aveva sentito la porta aprirsi, perciò quando Aria entrò nella camera già pronta a urlare che quello che sarebbe dovuto diventare suo marito non aveva perso tempo a consolarsi e si ritrovò quello spettacolo davanti agli occhi, la guardarono quasi come fossero stati scoperti a rubare.

 

《 Oh, ciao Aria 》disse Draco con un imbarazzo che non aveva mai provato prima: erano rimasti fermi, lui con il cuscino sulla faccia di Blaise e l'altro con un piede poggiato sul petto di Draco.《 Noi stavamo… emh… io adesso vado via, eh. Ci vediamo. 》

 

《 Tu non vai proprio da nessuna parte 》disse lei, trattenendo un sorriso.《 Sono soltanto tornata a prendere il ricettario di mia nonna. 》

 

《 Sì, ma io devo andare davvero. Insomma, ho del lavoro da sbrigare. 》

 

Così, un attimo dopo, si era smaterializzato nel suo appartamento.

 

Prima di qualsiasi altra cosa, si voltò a guardare il mobile dove c'era ancora la fotografia che lo ritraeva insieme a Kelly e sorrise.

 

Era trascorsa una settimana da quando Draco le aveva raccontato di Hermione e non riusciva a non pensare allo sguardo che lei aveva tenuto su per tutto il tempo, la consapevolezza di essere arrivati alla fine e la delusione di essere durati qualche mese, senza però l'ombra del rimprovero. 

 

E non sentiva la sua mancanza.

 

Anzi, era convinto del fatto che più tempo fosse passato e più sarebbe stato duro il colpo, avvicinarsi troppo e riuscire a scorgere i difetti e, magari, innamorarsi davvero.

 

A quel pensiero, però, scosse la testa: ci aveva provato, eppure non era successo, perché Hermione era sempre lì. 

 

Ci aveva provato, a riesumare l'odio verso di lei, a sotterrarla, con quell'odio, ma lei sembrava riuscire a farlo sparire anche essendo solo una proiezione della sua mente.

 

Maledetta sanguesporco, maledetti i suoi venticinque anni e la sua voglia di farle gli auguri come quella notte sotto un cielo di fuochi d'artificio; maledetti quegli occhi e quella bocca sporchi di tutto quello che si ostinava a non volere e che, invece, desiderava più di ogni altra cosa 

 

Prese la fotografia, aprendo la cornice, e se la tenne per un po' tra le mani e guardandola come fosse un ricordo lontano e piacevolissimo. 

 

《 Non è stata colpa tua 》mormorò, accarezzando il sorriso stampato di Kelly, poi fece sparire tutto. con un incantesimo non verbale.

 

《 Non è stata colpa tua 》disse ancora.



~•~

 

Hermione aveva accuratamente evitato quasi tutte le telefonate di Gale con la scusa di essere impegnatissima a scrivere il libro sulla storia della scuola, di non aver sentito il cellulare, di Ron che le aveva affidato per qualche ora una Diana eccessivamente capricciosa.

 

《 Allora, chiamami tu quando hai tempo 》le aveva detto lui.

 

Hermione lo aveva fatto, infatti stavano parlando da dieci minuti: Gale le stava raccontando di quanto la Germania fosse diversa dall'Inghilterra, di quanto lo scrittore di cui avrebbe dovuto promuovere il libro fosse eccentrico e per niente puntuale.

 

Quando sentì il campanello suonare, però, lei si affrettò a salutarlo e a farsi strappare la promessa di richiamarlo.

 

Harry Potter aveva sempre avuto un'aria seria, troppi pensieri per la testa e il peso sulle spalle di un mondo che doveva essere portato in salvo, ma erano anni che Hermione non gli vedeva quell'espressione sul viso.

 

Solo che, adesso, di fronte a lei, Harry sembrava lo stesso ragazzino che doveva affrontare Lord Voldemort, che si sarebbe sacrificato per la salvezza di qualcun altro.

 

《 È successo qualcosa? 》gli chiese lei.

 

《 Sì… ecco, noi dobbiamo parlare. 》

 

《 E come mai hai quella faccia? 》

 

《 Ginny mi ha minacciato: mi ha esplicitamente detto che mi farà andare per sei mesi in bianco se non riesco a farvi riappacificare. 》

 

《 Oh, beh, se siete arrivati a questo punto… entra, dai 》disse, avviandosi verso la cucina.

 

Sentì il rumore della porta chiudersi e quello dei suoi passi avvicinarsi lentamente.

 

《 Allora 》Harry cominciò dopo essersi seduto su uno sgabello.《 Cos'è successo? 》

 

《 Questo dovrei chiederlo io a te. 》

 

《 Cosa? Stai scherzando, spero. 》

 

Hermione tirò un respiro lunghissimo, uno di quelli che prendono il coraggio, ovunque esso sia, e lo fanno esplodere nei polmoni. 

 

Poi alzò lo sguardo e allungò una tazza di cioccolato caldo nella sua direzione.

 

Lo osservò mentre Harry ne beveva un sorso e trattenne un sorriso quando lui allontanò la tazza dalle labbra e si ritrovò con un baffo sotto il naso. 

 

《 Tieni, pulisciti 》gli disse porgendogli un fazzoletto di stoffa.《 Harry, tu sei il migliore amico e… e mi chiedo perché tu non me lo abbia detto. 》

 

《 Cosa sarebbe cambiato? 》

 

《 Niente. 》

 

《 Io non ho nessun diritto di spifferare tutto quello che fa Malfoy. 》

 

《 Lo so, solo che, insomma, mi sarebbe piaciuto saperlo. 》

 

《 E cosa sarebbe successo se te l'avessi detto, Herm? Quello che è successo tra di voi non può essere cambiato… e, a meno che tu non cercassi un motivo per tornare da lui, scusami se te lo dico, ma non vedo perché avrei dovuto dirtelo. È per questo che sei arrabbiata, vero? 》

 

《 Sì. 》

 

《 E non hai mai pensato che lo abbiamo fatto per preservare quello che stai costruendo con Gale? Che, magari, non te lo abbiamo detto solo perché sappiamo che non sei invincibile e che il tuo punto debole è sempre stato lui, dal primo anno? 》

 

《 Non lo è stato sempre. 》

 

《 Ah, no? Quindi Malfoy non ti ha ferita più di chiunque altro? Io mi ricordo com'erano i tuoi occhi quando ti ha chiamata lurida sanguesporco. 》

 

Hermione sentì qualcosa conficcarsi nel petto e avvolgere tutto quello che aveva dentro, perché Harry, probabilmente lo aveva capito già che, tutto quello che Draco le aveva detto, lei ce lo aveva scritto nelle linee dei muscoli; parole molto più nascoste e non visibili come lo sfregio che le aveva lasciato Bellatrix, parole che a tirarle in superficie avrebbero rischiato di stracciarla.

 

E, infatti, le ingoiò una alla volta, passandole sulla lingua come a volerne sentire il sapore, senza masticarle, giù in un boccone amarissimo.

 

《 Fidati, Hermione 》riprese Harry, il busto sporto leggermente in avanti.《 se non te l'abbiamo detto, è stato solo per non farti male. 》

 

《 Questo è vero, ma che Draco sia il mio punto debole ti sbagli. 》

 

Harry annuì, sul viso aveva stampata l'espressione di chi sapeva che quella appena ascoltata fosse una bugia, eppure non disse niente.

 

Semplicemente si limitò a studiare il viso dell'amica, la ruga che le attraversava la fronte ogni volta che provava a ordinare i pensieri, a seguire il filo conduttore che li accomunava, il vizio di mangiucchiare le unghie quando non riusciva a venirne a capo.

 

《 Harry, tu c'eri… com'è successo? 》

 

《 È stato difficile. 》

 

《 Ha opposto resistenza? 》

 

《 Poca. 》

 

《 E, allora, perc- 》

 

Lui non aspettò che lei terminasse e cominciò a parlare prima di poter cambiare idea: era convinto che, sapendo tutta la verità, sarebbe riuscita a prendere una decisione, scegliere una strada e proseguirla fino alla fine.

 

Portò le mani giunte sul tavolo e abbassò lo sguardo.《 Da quando ha lasciato Hogwarts ha fatto richieste su richieste per poter entrare a far parte del corpo degli Auror. Ovviamente, gli venivano sempre rifiutate ed è facile immaginare il perché. Finché, un giorno, non si è presentato al Dipartimento e ha preteso di parlare con Scrimgeour e, dopo aver ascoltato le sue ragioni, ho garantito io per lui. 》

 

《 Perché? 》

 

《 Perché tutti meritano una seconda possibilità, Hermione. 》

 

《 Cosa è successo dopo? 》

 

《 Malfoy si è messo a studiare, ha seguito un corso intensivo di allenamenti e di strategie, si è sottoposto agli esami e li ha superati tutti, alcuni con punteggi maggiori rispetto a chi si preparava da più tempo. 》

 

《 Come… 》

 

《 Aveva una Giratempo particolare, talmente potente ci ha fatto tornare indietro di tantissimi anni. 》

 

《 Ma avrebbero potuto uccidervi o, addirittura, vedervi. 》

 

《 Non hai ancora rivisto le tue priorità a quanto vedo. Comunque, no, non avrebbero potuto vederci, perché abbiamo usato il Mantello dell'Invisibilità. 》

 

《 Di quanti anni siete tornati indietro? 》

 

《 Siamo arrivati  al millenovecentosettantacinque. 》

 

《 Harry, i tuoi genitori… 》

 

《 Sì, anche loro. È stato… devastante. Non ho dormito per giorni. 》

 

《 Mi dispiace. 》

 

《 Sapevo cosa avrei visto, ho dovuto insistere un bel po' per convincere Malfoy. Ti dicevo: ogni volta abbiamo conservato i ricordi di quello che abbiamo visto, compresi quelli di ciò che accadeva all'oscuro di tutto al Manor. In più, Narcissa ha fornito anche la sua testimonianza. 》

 

《 Ma, Harry, Draco è sempre stato riservato sulle questioni della sua famiglia, come hai fatto a convincerlo? 》

 

《 È rimasto un Serpeverde, se è questo che vuoi sapere. Diciamo che dopo gli ho fatto un favore. 》

 

《 Quale? 》

 

《 Gli ho prestato il mantello. 》

 

《 Perché? Insomma, eravate insieme, aveva accettato di portarti con sé. 》

 

《 Non era per la missione. 》

 

《 Allora, per cosa? 》

 

《 Per vedere te. 》

 

Hermione trattenne il fiato, lo sentì scendere nei polmoni, nel diaframma e giù a muoverle le gambe, a farla allontanare di scatto dal piano su cui era poggiata.

 

Si portò una mano alla bocca, forse per non urlare o, forse, lo fece semplicemente per nascondere il tremore, tutte le sensazioni che avevano coperto ogni minima screpolatura che lei stessa si era procurata mordendosi il labbro inferiore.

 

O, ancora, perché era convinta che anche da lì le si potesse vedere il cuore fermarsi.

 

《 Non è possibile 》come se quella fosse l'unica cosa da dire, lo disse con la speranza che Harry non la contraddicesse perché, se lui le avesse detto che sì, era possibile, forse sarebbe scoppiata a piangere.《 Non può averlo fatto davvero. 》

 

《 Sì, invece. 》

 

《 Perché me lo stai dicendo, Harry? A cosa serve? 》

 

《 A farti capire perché non te lo abbiamo detto prima. Ora… ora come stai? 》

 

《 Sto bene 》 rispose istintivamente per evitare altre domande, per chiudere quel discorso che la stava rompendo dentro, scavando voragini di cui nemmeno lei stessa riusciva a vedere il fondo.《 Con Draco Malfoy è finita. 》

 

《 Perché sei andata da lui, allora? 》

 

《 Come lo sai? 》

 

Harry sollevò leggermente le spalle, perché la risposta a quella domanda portava un solo nome.《 Mi ha detto della proposta che ti ha fatto Silente. 》

 

《 Non scriverò quel libro. 》

 

《 Hermione 》lui sorrise.《 Ti conosco da quando eravamo bambini e so quando dici una bugia e quando no. 》

 

《 Io volevo solo sapere se era vero. 》

 

《 Saresti potuta venire da me e, poi, lo hai letto anche sulla Gazzetta del Profeta. 》

 

《 I giornali non sempre dicono la verità. 》

 

《 Questo è vero. 》

 

《 Hai ragione. 》

 

《 Te lo chiedo di nuovo: come stai? 》

 

《 Perché vuoi saperlo, Harry? Non mi vedi? Sto bene. Insomma, abbiamo affrontato il più grande mago oscuro di tutti i tempi, cosa vuoi che sia fare qualche domanda a un Mangiamorte pentito. 》

 

《 Hermione… 》

 

《 Ho fatto di tutto per lasciarmi tutto alle spalle e ci sono riuscita: sono tornata qui solo quando mi sono sentita pronta, quando mi sono convinta di essere forte abbastanza. 》

 

《 Sei così testarda a volte… 》

 

《 Grazie. 》

 

《 ...così testarda da sembrare stupida. 》

 

《 Questa è un'offesa bella e buona. 》

 

《 No, è solo la verità. Ora, però, dimmi un po': sei ancora arrabbiata con Ginny? 》

 

《 No. 》

 

Hermione tornò a guardare il suo migliore amico, lo sguardo caldo che sembrava un abbraccio di iridi e pensieri.

 

Uno di quegli abbracci che ci impediscono di cadere a pezzi, perché, prima del corpo, ci stringono il cuore e lei se lo sentiva stretto da quelle braccia in cui si era rifugiata tantissime volte.

 

Gli sorrise appena e abbassò lo sguardo, la tazza ancora piena di cioccolato che ormai si era raffreddato.

 

Quando Harry la strinse davvero, però, lei si ritrovò con gli occhi lucidi e le lacrime che spingevano sempre di più per uscire.

 

Non pianse, perché sarebbe stato come ammettere che, in fondo, alle spalle non si era lasciata proprio niente, che Draco, in qualche modo, aveva continuato a tormentarla.

 

La verità, però, le scivolò dalle labbra con una facilità impressionante senza che lei potesse trattenerla, perché, stretta così, Hermione non riusciva proprio a mentire.《 Non è mai cambiato niente, Harry. 》

 

《 Lo so. 》

 

《 Ma non voglio che torni nella mia vita. 》

 

《 Quindi è per questo che stai mandando all'aria la tua storia con Gale? 》

 

《 Lui sta con un'altra persona adesso. 》

 

《 Anche tu. 》

 

Hermione tornò a sollevare di nuovo lo sguardo, incontrando così il sorriso fraterno di Harry.

 

Non c'erano condanne né rimproveri su quelle labbra e lei… lei si sentì quasi vuota, proprio come durante l'anno successivo ai M.A.G.O., quando raddrizzava la schiena e si fingeva forte, quando, nascosta da tutti, mescolava sui libri lacrime trattenute e parole da imparare.

 

《 Lo sai… 》disse Harry con voce dolce e bassa《 credo di conoscerti meglio di chiunque altro e so che adesso hai mille pensieri nella testa, ma a volte pensare non serve: se il cuore ti dice vai e la testa ti dice di fermarti, tu cosa fai? 》chiese senza realmente aspettarsi una risposta.《 Devi soltanto andare, perché la razionalità ti indica la strada giusta da seguire e puoi camminare per anni e anni, prima di renderti conto che la strada che hai seguito, però, non è quella giusta per te. 》

 

Hermione annuì soltanto e chiuse gli occhi.

 

《 Andiamo 》le disse Harry.《 Ginny ti sta aspettando. 》

 

~

 

Aveva i capelli di Ginny persino sulla lingua, perciò Hermione, sorriso esploso e occhi lucidi di gioia, si allontanò leggermente da lei.《 Sei un uragano. 》

 

Ginny, in risposta, spostò lo sguardo e arrossì leggermente.《 Buon compleanno 》disse poi, porgendole una piccola scatola incartata.

 

Hermione sussultò appena e si diede della stupida per aver ignorato tutte le telefonate dei suoi genitori: si rese conto soltanto in quel momento, che quello era l'unico modo che avevano per farle gli auguri, per starle vicino in qualche modo.

 

Poi guardò di nuovo verso Ginny.《 Grazie… io me ne sono completamente dimenticata. 》

 

《 Ma Hermione… come si può dimenticare il proprio compleanno? 》chiese l'altra con tono di finto rimprovero.

 

《 Pensa che Ginny comincia a contare i giorni che mancano al suo compleanno dal trentuno Dicembre. 》

 

《 Oh, lo so bene 》rispose Hermione, perché ricordava bene che l'amica segnava con una croce i giorni trascorsi sempre con maggiore allegria, perché festeggiare il suo compleanno per lei era come tornare a casa davvero: riunire tutti, vederli ridere e mangiare le torte buonissime che Molly le preparava ogni anno.

 

《 Beh 》rispose Ginny quasi leggendole il pensiero.《 la torta l'ho preparata con le mie mani. Non ti assicuro niente, ma sono convinta di aver ereditato le doti culinarie da mamma: sono o no la figlia  di Molly Weasley? 》

 

《 C'è solo un problema 》si intromise Harry.《 non ha usato la magia e ha utilizzato una ricetta di Luna. 》

 

《 Allora sarà una torta buonissima. 》

 

Hermione era così felice in quel momento, circondata dai suoi amici, che, in quel lasso di tempo, riuscì di nuovo a sentirsi invincibile.

 

Il pensiero di Draco Malfoy accantonato in angolo della mente e in tutto lo spazio del cuore.

 

Parlò per un po' con Neville che le raccontava le novità di Hogwarts, della possibilità di diventare professore di Erbologia e non essere più l'assistente della professoressa Sprite e Luna si intromise raccontandole le novità che avrebbe voluto apportare al giornale di suo padre.《 Proprio oggi ho pubblicato un articolo su di te, sai, per farti gli auguri. 》

 

《 Grazie mille 》rispose Hermione con un sorriso tra il preoccupato per ciò che Luna aveva potuto scrivere e l'onorato per quel gesto.

 

Aveva sistemato il regalo di Ginny nella borsa e, di tanto in tanto, lanciava un'occhiata alla sua migliore amica.《 Aprilo quando sarai da sola 》le aveva detto e Hermione l'aveva accontentata.

 

Ora, però, mentre cullava Diana, si chiedeva il perché di quella richiesta.

 

Provava a immaginare cosa contenesse quella scatola, fallendo miseramente, perché da Ginny ci si poteva aspettare di tutto e le si imporporarono le guance per l'imbarazzo al ricordo di quella volta in cui l'amica le aveva espressamente detto che esistevano altri modi per provare piacere senza aver bisogno di un uomo.

 

Hermione sorrise proprio nell'istante in cui Ginny le si sedette accanto.《 Uno zellino per i tuoi pensieri. 》

 

《 Il regalo che mi hai fatto. 》

 

《 No 》rispose Ginny sollevando una mano. 《 Non è quello che credi che sia. 》

 

《 Io non credo assolutamente niente. 》

 

《 Lo so che pensi che sia qualcosa di sconcio e poco casto, ma no. 》

 

《 E, allora, cos'è? 》

 

《 Niente di che, solo… qualcosa che ti aiuterà nella stesura del prossimo libro. 》

 

Hermione salutò tutti, li ringraziò con abbracci e baci e, quando anche Harry andò via per una missione che gli era stata affidata, Ginny le prese la mano e la condusse nel salone.

 

L'appartamento di Grimmauld Place sembrava così diverso ora che i tempi bui erano finiti: Harry lo aveva fatto rimodernare  e aveva deciso di abitarci, sperando un domani di poter vedere anche Ginny tra quelle mura.

 

《 Non gli hai ancora detto di sì? 》chiese guardando l'anello che Ginny portava sul dito.

 

《 Certo che gliel'ho detto, proprio il giorno in cui me l'ha regalata, ma non abbiamo ancora deciso quando. Adesso ti va di aprire il tuo regalo? 》

 

《 Ma non sono da sola. 》

 

《 Questo è vero, ma si dà il caso che io so cos'è… 》

 

《 Va bene, allora. 》

 

Hermione tolse con delicatezza la carta che avvolgeva la scatola, ma, prima di aprirla, rivolse ancora lo sguardo a Ginny.

 

《 Andiamo 》disse l'altra sorridendole.

 

C'erano sensazioni che Hermione proprio non riusciva a ignorare, proprio come quella che stava provando, le dita che tremavano leggermente, il battito del cuore accelerato.

 

Quando aprì la scatola, trovò un foglio di carta piegato su se stesso che balzò in alto e si stese davanti ai suoi occhi.

 

《 Cos'è? 》 chiese a voce bassissima.

 

《 È un invito: Silente ha voluto creare una sorta di corso per introdurre gli aspiranti Auror al mondo del lavoro. 》

 

《 E io cosa c'entro? 》

 

《 Devi scrivere un libro che parli degli eroi della Seconda Guerra Magica, no? Con questo, non so… potresti riuscire a raccontare la storia anche di chi ha combattuto dal Ministero, di chi lo ha fatto nell'ombra… 》

 

《 Ci sarà anche lui? 》

 

《 Sì 》Ginny rimase in silenzio, mentre la osservava in attesa di una sua reazione: si aspettava che lei urlasse, che andasse via senza nemmeno salutarla.

 

Invece, Hermione accarezzò in punta di dita il figlio che adesso teneva sulle gambe.《 È un regalo bellissimo… non avresti dovuto. 》

 

《 Buon compleanno, Herm. 》

 

Angolo Autrice:



Eccomi qui… capitolo nuovo, nuove spiegazioni.

 

Mi sono resa conto di aver sbagliato un po' i calcoli… insomma, in uno dei capitoli precedenti ho scritto di un Draco ventenne…

 

Non è proprio così: i nostri ragazzi hanno appena diciotto anni quando la Seconda Guerra Magica giunge al termine e io ho richiesto due anni per la ristrutturazione di Hogwarts,  quindi, gli studi sono stati ripresi dagli esami dei M.A.G.O. quando i ragazzi avevano vent'anni.

 

Quindi, quando Draco lascia Hogwarts ha ventuno anni e Hermione, invece, prosegue fino a sostenere i G.U.F.O, perciò parte per la Francia a ventitré anni e torna in Inghilterra quando ne ha venticinque. 

 

Insomma, tutto questo giro per dire che dovrò modificare un capitolo…

 

Per quanto riguarda, invece, l'anno in cui Harry e Draco arrivano con la Giratempo, beh, è frutto della mia mente bacata, perché non sappiamo esattamente quando Lucius decide di entrare nelle schiere del Signore Oscuro.

 

Dopo questo enorme angolo autrice, vi saluto.

 

Spero che il capitolo vi sia piaciuto.

 

A presto.








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Capitolo 18
*** Hogwarts • (1/4) • ***


Hogwarts  • (1/4) •

《 Oh, prego, signorina Granger, si accomodi. La stavamo aspettando 》disse Silente con un sorriso accogliente sul viso.

Lei salutò con voce sottile, senza mai alzare lo sguardo dal pavimento.

Si sistemò sulla poltrona vicino a quella su cui era seduto Harry e gli sorrise appena.

《 Immagino che lei sia qui per cominciare quello che le ho chiesto 》disse ancora il vecchio preside.

Hermione, le mani unite in grembo e occhi bassi, si limitò ad annuire, mentre lottava con tutta se stessa per non voltarsi dall'altra parte e vederlo, per far finta che lui non fosse lì. 

Lui che adesso sembrava lontanissimo, eppure a dividerlo da lei c'era soltanto lo spazio tra le due poltrone.

Lui che non la guardava, se non di sfuggita, per impedirsi di trascinarla fuori e urlarle contro, perché da quando aveva rimesso piede a Hogwarts non aveva fatto altro che vederla in ogni angolo.

E, se soltanto avesse potuto, sarebbe tornato a quella sera nel suo appartamento per cancellare ogni traccia di Kelly, per avere la possibilità di chiederle di non andare via, di restare questa volta per sempre. 

Invece teneva lo sguardo fisso sulle mani di Silente, sulle dita sottili e invecchiate che picchietavano debolmente il legno su cui poggiavano.

《 Bene 》fu Harry a parlare questa volta per spezzare il silenzio.《 Sarà una bella settimana. 》

《 Una settimana? 》chiese Hermione, alzandosi di scatto dalla sedia.

《 Sì, signorina Granger: i nostri alunni hanno bisogno di capire realmente cosa significa diventare un Auror e chi meglio di loro può insegnarlo? 》

《 Qual è il problema? 》chiese ancora Harry.

《 Beh, Grattastinchi e Draher… e Gale. 》

《 Ai gatti penserà Ginny. Gale, invece, per quanto starà via? Non hai detto che non sarebbe tornato prima di Natale? 》

《 No, Harry… io non so quando tornerà. 》

《 Allora, signorina Granger 》si intromise Silente guardandola da sopra gli occhiali a mezzaluna.《 A quanto pare, non c'è nessun problema. Abbiamo fatto preparare delle camere per voi al settimo piano. Spero che la permanenza a Hogwarts sia di vostro gradimento 》concluse rivolgendosi a tutti e tre.

Quando uscirono dall'ufficio del Preside, Hermione e Harry si tennero qualche passo indietro rispetto a Draco.

Lui voltò leggermente la testa e guardò entrambi da sopra la spalla.

《 Ma cosa ti è preso, Harry? 》chiese Hermione, le guance arrossate e gli occhi stretti.

《 No, cosa è preso a te? Non eri tu quella che di fronte alle responsabilità non si tirava mai indietro? Beh, scrivere un libro per Silente è una grossa responsabilità, perciò adesso torna un po' in te. E poi, di cosa hai paura? Pensi davvero di poter scappare ogni volta che Malfoy è nei paraggi? Perché in questo caso, sappi Hermione, che non potrai venire nemmeno al mio matrimonio e io sono il tuo migliore amico, cazzo. Adesso basta, davvero. Sono così stanco di vederti ridotta così, non sei più tu… non è rimasto niente di quella ragazza che mi ha salvato la vita in più di un'occasione. Torna in te, ti prego, perché mi manchi… mi manca la mia migliore amica.》

Hermione aveva distolto lo sguardo, il collo teso e il cuore in gola: non era mai successo prima che Harry le urlasse contro né che le dicesse la verità in quel tono di voce così crudo che sembrava quasi le avesse tagliato la carne per farla sanguinare.

Se Draco avesse sentito quelle parole, probabilmente, sarebbe tornato indietro per stringere la mano Harry e congratularsi con lui o, forse, lo avrebbe allontanato da Hermione per poterla stringere come non faceva da tempo e cullarla nella certezza che lei andava bene così, un po' ammaccata, con troppe ferite da curare e, magari le avrebbe tolto a una a una le bende che lei aveva messo sugli occhi per fingersi cieca.

Perché lei andava bene così, era perfetta anche così. 

Ma non sentì una sola delle parole che Harry le aveva rivolto, perché era andato via un attimo dopo averli guardati, il pugno allo stomaco che aveva avvertito quando lei aveva pronunciato il nome di un altro che ancora gli provocava dolore, come se, a sentirlo, tutto fosse diventato reale e non solo immagini che si rincorrevano nella sua mente di lei che si lasciava baciare, si lasciava stringere e chiudeva la porta di casa.

Si era sentito come quando aveva letto l'ultima pagina del suo libro, quando davanti agli occhi aveva trovato soltanto il nero della copertina sul retro, quasi come se, chiudendola e coprendo le pagine, avesse chiuso il ricordo di ciò che erano stati in un baule ammuffito e logoro.

Si era sentito come quando baciava Kelly e immaginava che, sulle sue, ci fossero le labbra di Hermione.

Lui che tra un insulto e un altro, aveva creduto di odiarla davvero, che non avrebbe mai voluto amarla; lui che, forse tra i due, era quello che aveva amato di più. 

Quando si poggiò sul letto all'interno della camera che gli era stata affidata, Draco si permise di chiudere gli occhi, il respiro pesante e la voglia di cercare una forza di volontà che di fronte a lei evaporava come neve al sole.

Perciò, si lasciò andare completamente al flusso dei pensieri, lo seguiva senza opporre resistenza, perché tanto, quando pensa il cuore non c'è nessuna forza che possa fermarlo.

Hermione, invece, aveva deciso di mettere piede al settimo piano soltanto quando avrebbe avuto voglia di dormire, quindi, si diresse a passi lenti verso il Lago Nero.

Attraversava i corridoi in un silenzio religioso, quasi come fosse stata in una chiesa distrutta dal tempo. 

Si soffermava a guardare le porte delle aule e, a volte, aveva l'impressione di sentire le voci del passato, i suoi rimproveri, le risate di Harry e Ron e vedeva loro tre camminare per i corridoi con i libri tra le mani, stretti al petto come per difendersi.

Le venne da sorridere quando ripensò a quante volte si era cacciata nei guai insieme ai suoi migliori amici, lei che delle regole ne aveva sempre fatto un credo, si era anche ritrovata in punizione.

Colpa di Draco Malfoy.

Era sempre colpa di Draco Malfoy che si divertiva a portare spia, che si divertiva a ferirla e a farla piangere, che una sera che sembrava appartenere a un'altra vita, stesi sul prato, lei con la testa sulle sue gambe e lui con la schiena poggiata al tronco di un albero, si era divertito a giocare con i suoi capelli.

Quando si trovò di fronte alla porta della Sala Grande, però, si dimenticò di tutto.

Il soffitto di cielo e stelle le fece tornare il mente la battaglia che si era tenuta lì, i corpi martoriati e immobili di chi aveva sostenuto il bene fino a perdere la vita; le tornò in mente la notte dei diplomi per i G.U.F.O., le ore trascorse a scrivere un discorso che non aveva letto e la voglia indecente di lasciare tutto e correre da lui, la voce con cui Blaise le aveva detto che Draco era andato via.

Si trovò al centro della sala, gli occhi sempre in alto e, quando li abbassò, guardò verso il tavolo dei Serpeverde.

Sembrava lui fosse lì, con quell'aria sempre un po' persa e quella bocca che non sorrideva mai, con quegli occhi che non la lasciavano un attimo.

E lei che si sporgeva oltre i vassoi pieni di cibo solo per poterlo guardare almeno per un secondo.

Quando spostò lo sguardo nella direzione da cui era venuta, Hermione pensò fosse stato uno sbaglio accettare la proposta di Silente, tornare nel posto che, prima di Draco, aveva definito casa e che adesso sembrava un'immensa gabbia dorata che si piegava su di lei come fosse fatta di carta bagnata.

Così, uscì dalla Sala Grande e riprese a camminare verso il Lago Nero.

Si fermò a osservare lo specchio d'acqua da lontano, mentre se ne stava con i gomiti poggiati sulla pietra del parapetto, le colonne a difenderla dal vento leggero che stava soffiando per accompagnare quel tramonto che le illuminava il viso.

Si perse nel fruscio delle foglie, in quei rumori di natura che la facevano sentire sempre di troppo, come se quel posto non le spettasse davvero, come se lei in quel momento non dovesse essere lì a spiare quel sole che calava e il giorno che diventava sera in una magia perfetta che andava ben oltre la sua comprensione.

Si sporse un po', allungando la mano per farsi accarezzare dal vento, per provare a lasciarsi andare un po' affinché anche i ricordi andassero via insieme a quegli aliti di aria che le si poggiavano sulla pelle e poi l'abbandonavano.

Fu distratta dalle risate di due studenti che tornavano, si soffermò a guardare gli stemmi sulle loro divise, a guardare le loro mani e sorrise quando le passarono davanti.

In quell'intreccio di dita sembrava esserci tutto ciò per cui loro avevano lottato e in cui avevano creduto.

《 Signorina Granger? 》la chiamò la Serpeverde.《 È lei, vero? 》

Hermione annuì e vide la ragazza allargare il sorriso. 

《 Lei è il mio idolo, davvero 》disse ancora.

《 Oh, grazie 》disse e, quella, gli sembrò la più grande vittoria in una vita fatta di gomitate e spinte solo per essere accettata, per far vedere agli altri che anche una nata babbana come lei era degna di essere una strega e di far parte del Mondo Magico tanto quanto lo erano i Purosangue.

《 Cenerà con noi stasera? Parteciperà anche lei ai nuovi corsi? Quanto tempo resterà a Hogwarts? E, quando andrà via, si ricorderà di noi? 》

Hermione sorrise un po' di più.《 Come ti chiami? 》

《 Amelia Caramel e lui è Caleb Davies 》rispose la Serpeverde, petto in fuori e spalle dritte.

《 Sì, mi ricorderò di voi, Amelia. 》

《 Se vuole, può seg-... oh, che sciocca, ma lei sa benissimo dov'è la Sala Grande, vero? 》

《 Sì e, ti prego, dammi del tu, non sono poi così vecchia. 》

《 Va bene, Hermione. Allora, vuoi compagnia mentre vai a cena? 》

《 Mi farebbe molto piacere 》disse e si incamminò verso la Sala Grande, provando ancora la meraviglia di quando era bambina a vedere le tavole imbandite di cibo e gli alunni che sedevano sulle lunghe panche.

Si guardò intorno, vide Harry seduto al tavolo dei professori e si sedette al suo fianco. 

Lui l'accolse come se la discussione che avevano avuto fuori l'ufficio di Silente non fosse mai avvenuta.

I professori le fecero un cenno con la testa, mentre Minerva McGranitt, invece, la salutò con una carezza sulla mano. 《 Bentornata a Hogwarts, signorina Granger. 》

Di Draco c'era soltanto l'ombra della sua assenza e Hermione si chiese perché non fosse lì con loro, perché avesse preferito non cenare.

Poi, senza seguire il filo dei suoi pensieri, tornò a guardare gli studenti e si soffermò sulla figura alta e snella di Amelia, sul sorriso che rivolgeva a Caleb di tanto in tanto nascondendosi dietro il calice di succo di zucca, quasi fosse un segreto solo loro.

E lui, dall'altro canto, faceva lo stesso, fermandosi un secondo in più a guardarle le labbra.

Hermione giocherellò con il cibo, spostandolo da un bordo all'altro del piatto, mangiando pochissimo e alzando ogni tanto lo sguardo sull'enorme porta della sala.

Forse, con la speranza di poter andar via quanto prima possibile o, forse, per il desiderio di vederlo entrare.

Di vederlo camminare su quel pavimento con le spalle dritte, l'espressione in volto di chi non dà importanza a nessuno, se non a se stesso o, forse, ancora di vederlo camminare e guardare lei, lei soltanto, come se tutto intorno a loro non esistesse.

Alla fine della cena, gli studenti furono mandati nei propri dormitori, mentre i professori si intrattennero al tavolo facendo domande ai loro ospiti.

Harry stava raccontando al professor Piton delle prove che lui e Draco avevano dovuto superare per poter diventare Auror, lei, invece, se ne stava seduta tra il professor Lumacorno e la professoressa McGranitt quando questa le chiese di poterle parlare in privato.

Hermione annuì e la seguì fino a raggiungere il suo ufficio, il ricordo dei giorni in cui si era isolata dal mondo e aveva studiato in totale solitudine pur di evitare di incontrarlo.

《 Come stai, Hermione? 》le chiese la donna, il sorriso caldo ad arricciarle le labbra.

《 Sto bene, grazie. 》

《 Sono contenta che anche tu sia qui. 》

《 Non vorrei essere da nessun'altra parte 》rispose lei, bugiarda come non mai.

《 Ho letto il tuo libro… mi sono incuriosita molto dopo aver sentito parlare qualche alunna: non credevo possibile che Draco Malfoy fosse capace di amare così. Mi ha toccato il cuore, ogni singola parola. 》

《 Grazie 》l'imbarazzo adesso a colorarle le guance.

《 Non so quanto ci sia di vero in quella storia, ma se anche solo la metà di quelle righe fosse reale, cara mia, mi chiedo cosa tu ci faccia ancora qui a parlare con una vecchia insegnante. 》

《 Non è tutto vero. 》

La professoressa la osservò a lungo, mentre lei stringeva convulsamente le mani.《 So cosa vuoi chiedermi… è vero che il suo nome non compare mai, ma è stato facile per chi ha vissuto insieme a voi capire che ti riferivi a lui. Vedi, Hermione, sei sempre stata una ragazza sveglia e intelligente… quello che, però, ti è sempre mancato credo sia il coraggio di ammettere di aver sbagliato. 》

《 È andato tutto come doveva andare. 》

《 Forse sì. O, forse, no. Ascoltami: ci sono amori indimenticabili e sarebbe un errore vivere con il rimpianto di non averci provato abbastanza. 》

《 Non quando non c'è niente da salvare. 》 

《 Non mi sembra tu abbia scritto questo nel tuo libro. Ho trascorso la maggior parte della mia vita tra queste mura e ne ho viste di tutti i colori… ti posso assicurare che finché c'è anche un briciolo di sentimento, allora, è tutto da salvare 》le disse accarezzandole una guancia.《 Ma guarda, è davvero tardi. A domani, Hermione. Buonanotte. 》

Rimase per un po' con le spalle appoggiate alla porta chiusa, poi si incamminò piano verso le scale che l'avrebbero condotta al settimo piano, ogni passo le accendeva un ricordo nella mente, un sorriso esploso all'improvviso, una carezza fatta all'ombra delle fiamme del camino.

Hermione era talmente assorta che non si accorse subito della sua presenza, anzi, credeva fosse solo una proiezione beffarda dei suoi pensieri. 

Invece, Draco le stava realmente andando incontro, con gli occhi bassi e le mani nelle tasche.

《 Ciao 》disse Hermione, in un sospiro che le era rimasto incastrato in gola.

《 Ciao. 》

《 Draco, ascolta, i- 》

《 Ho voglia di camminare un po' 》la interruppe lui, l'angolo bocca leggermente sollevato in un sorriso tiratissimo.《 Ti va di farmi compagnia? 》

Hermione non rispose, gli voltò le spalle e attese che lui le fosse di fianco.

In quel silenzio che li accompagnò fino a uno dei cortili, lei sentì un peso enorme calarle sullo stomaco.

Draco sembrava perfettamente a suo agio, con indosso la maschera di gelo che aveva usato per anni e che lo tradiva soltanto perché non copriva gli occhi e le labbra, ma dentro era una tempesta di voglie indecenti e scellerate.

Prese una sigaretta e l'accese, le mani attorno alla fiamma dell'accendino che gli aveva regalato Aria.

《 Tu fumi ancora… 》

《 E tu ti fai ancora gli affari degli altri 》rispose lui, il tono fintamente irritato.

《 Come mai sei uscito? Insomma, se era solo per fumare… 》

《 Sì. 》

《 Non hai mai avuto problemi a farlo, nemmeno dove era vietato. 》

《 Perché non la smetti? 》

《 Di fare cosa? 》

《 Di parlare. 》

Hermione aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito dopo, quando vide che lui si era appoggiato a una colonna di pietra e aveva alzato lo sguardo al cielo.

La mascella tesa, un piede contro il muro, la mano che reggeva la sigaretta alla bocca e l'altra affondata nelle tasche.

Sentì il bisogno di toccarlo, ma si fermò in tempo per impedirgli di vedere quel movimento, perché Draco, proprio mentre lei abbassava la mano, era tornato a guardarla.

E sembrava un libro di una lingua sconosciuta che lei non riusciva a tradurre, eppure, quello che aveva scritto tra le linee perfette del volto le sembrava così familiare. 

《 Ho pensato a quello che mi hai detto 》cominciò per interrompersi e prendere un altro tiro.《 E mi farebbe piacere aiutarti, se vuoi. 》

Quelle parole perse tra le volute del fumo della sigaretta la confusero e si trovò a guardarlo senza rispondere, perché avrebbe voluto dirgli no, non lo voleva il suo aiuto, che avrebbe abbracciato un Dissennatore piuttosto che prendere la sua carità per un lavoro che avrebbe potuto tranquillamente svolgere da sola.

Insomma, quanto sarebbe stato difficile trovare informazioni sul suo conto? 

Aveva già quelle che le aveva fornito Harry, poi sarebbe stato facilissimo completare il quadro e scrivere di lui.

Solo che… solo che ci aveva già provato e le era tremata la mano.

Allora aveva provato a incantare la sua penna preferita, ma aveva trovato scritte sul foglio solo parole che gli chiedevano di tornare o di andare via, ma questa volta dalla testa, dal cuore, dal sangue. Questa volta per sempre.

《 Forse è meglio rientrare 》le disse, il corpo già rivolto verso la strada del ritorno e lo sguardo su di lei.《 Prima che le scale comincino a muoversi. 》

《 Sì. 》

Hermione si strinse nelle braccia e salì qualche gradino, fino a quando entrambi non sentirono la pietra tremare sotto ai loro piedi, perché, proprio come aveva previsto Draco, le scale cominciarono a muoversi.

Lui tornò indietro e se la strinse addosso.

La strinse così tanto per non farla cadere, per portarsela dentro e non farla più uscire dal posto che le spettava. 

La strinse talmente tanto che la allontanò all'improvviso per paura che lei potesse sentire il putiferio che aveva nell'anima, le scale ancora in movimento.

Lei, invece, rimase immobile, le mani ancora sollevate all'altezza delle spalle, perché gliele aveva poggiate sul petto e aveva sentito come batteva il suo cuore, di quel palpito irregolare e velocissimo.

Non osò guardarlo, mentre le scale tornavano al proprio posto, e lei fatica a riprendersi dallo shock che le aveva causato quell'allontanamento improvviso, quasi come le avessero strappato la pelle dalle ossa, i pensieri che vorticavano così veloci da farle venire la nausea.

《 Ora possiamo andare 》disse Draco, qualche gradino più in alto.

Soltanto quando arrivarono al settimo piano, lui si fermò ad aspettarla senza voltarsi e lei gli passò davanti a passo svelto, la voglia di lasciarlo lì e dimenticarsi di lui immediatamente. 

Quando però Draco le strinse il polso, lei si sentì trascinata indietro.

Erano vicinissimi tanto che sarebbe bastato così poco per… per… 

Hermione tremò.

E tutto l'amore che ancora provava le vibrò nelle vene, come la terra battuta dalla pioggia incessante e da quello che si erano detti senza parlare, dalle carezze che si erano scambiati solo guardandosi, tocchi di iridi che provavano a non raccontare le verità che nascondevano.

Forse, tremò anche lui, perché se proprio doveva restare avrebbe dovuto farlo per scelta e non a causa del ricordo di ciò che erano stati e del dubbio di cosa sarebbero potuti diventare insieme.

In quella supplica muta che parlava attraverso quella presa così debole che gli sembrò che lei potesse scivolargli dalle mani.

E accadde.

Accadde così velocemente che nessuno dei due si rese conto del freddo che si era posato nel punto in cui non si toccavano più.

Hermione strattonò il braccio con una forza che la meravigliò, fece per allontanarsi, gli occhi lucidi che avrebbe voluto poter portare al sole per asciugarli.

Piegò leggermente il viso in avanti, i capelli a nascondere le pareti di pietra e a coprirle le orecchie, perché lei non voleva sentire il suono del suo respiro.

Perché lei, il suo respiro, lo sentiva ancora addosso e lo respirava come fosse il proprio.

Fece ancora un passo lontano da lui e strinse i pugni tanto da conficcarsi le unghie nella carne e lasciare il segno sui palmi.

Avrebbe voluto correre, portare le coperte su fino a sparire sotto di esse, come quando era bambina e aveva paura del buio.

《 Lo devi affrontare 》le diceva sempre suo padre, lasciando la luce accesa in corridoio e la porta della sua camera socchiusa.

E lei, adesso, avrebbe soltanto voluto chiudere la porta e affogare in quel buio, lasciarsi inghiottire e non risalire più per non vedere nessun altro colore, per non ricordare più il suo maledettissimo viso.

Era così decisa ad andar via che continuò a camminare ad occhi chiusi, perché un solo movimento dell'ombra di Draco avrebbe potuto farla tornare indietro.

Camminava, eppure le sembrava di essere sempre lì, fino a quando non aprì gli occhi e si rese conto di essere rimasta ferma nel punto in cui gli aveva spezzato quella stretta quasi inesistente.

Poi, però, voltò le spalle e mosse qualche passo nella sua direzione e, ancora, tornò indietro, senza mai guardarlo.《 Scusami, io non so cosa sto fac-》e lasciò la frase a metà, perché un movimento alla sua sinistra catturò la sua attenzione e un attimo dopo, la risata di Draco le risuonò tra le costole e il cuore.

《 Davvero, non ci credo! 》disse lui, un dito alzato a indicare la parete di fronte al ritratto di Barnaba il Babbeo.

Hermione seguì il suo sguardo e sbarrò gli occhi, perché, adesso, a fare loro da cornice c'era l'ombra della porta della Stanza delle Necessità. 

《 Sembra uno scherzo… 》disse ancora Draco.

E lei, bocca schiusa e cuore in gola, finalmente lo guardò.

Angolo Autrice: 

Quando pubblicare se non stasera, dopo uno dei miei film preferiti di Harry Potter?

Adoro "Harry Potter e il prigioniero di Azkaban", anche se credo siano state eliminate delle scene importantissime ( come in ogni altro film, d'altronde).

Ma, adesso, veniamo a noi e al capitolo.

Come avrete notato dal titolo, questo era un capitolo lunghissimo che ho preferito dividere e… non so in realtà in quante parti, ma, per il momento, credo ne bastino quattro.

Spero che vi sia piaciuto, che questi scorci di Draco e Hermione insieme vi abbiano emozionato.

A presto.

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Capitolo 19
*** Hogwarts • (2/4) • ***


Hogwarts • ( 2/4 ) •

La Stanza delle Necessità era arredata come l'ultima volta che ci erano entrati insieme: di fronte al camino spento c'era un divano e due poltrone dai colori neutro, un tavolo, una scrivania e la solita finestra che affacciava sulla Foresta Proibita.

Hermione si avvicinò e guardò le chiome degli alberi muoversi lente sotto il soffio del vento di fine settembre, la luna che si specchiava sulla superficie appena mossa del Lago Nero, ritratto perfetto di quella notte che era appena cominciata e che lei avrebbe voluto finisse subito.

Si diede della bugiarda nello stesso momento in cui formulò quel pensiero: c'era talmente tanta ipocrisia in ciò che aveva pensato e in tutte le volte in cui aveva creduto di non volerlo più, di poter amare qualcun altro che non fosse lui.

Perché Hermione, in quella bugia che aveva sussurrato a se stessa, ci aveva nascosto tutte le verità che di fronte a Draco sbocciavano come fiori di primavera, timidamente e in silenzio e, d'un tratto, senza nemmeno rendersene conto, riusciva a vederne le corolle e le sfumature dei petali,  gli steli sottilissimi che si piegavano sotto il peso di ciò che reggevano.

Perché la verità non è mai leggera, soprattutto quando non la facciamo fiorire, soprattutto quando le neghiamo la primavera.

E, la verità, era che Hermione avrebbe voluto che quella notte non finisse mai.

Quando si voltò, trovò immediatamente lo sguardo di Draco, gli occhi che vagavano da destra a sinistra sul suo viso, con una lentezza estenuante, come se lei fosse un libro e lui la stesse leggendo.

Il calore che provò all'altezza del petto, le sciolse tutti i nodi che Hermione si portava dentro, lì dove custodiva anche la guerra che le scoppiava nel cuore ogni volta che lui le era vicino.

Draco fece un passo nella sua direzione e sorrise, di quei sorrisi così veri che le fecero fremere le viscere e tutti i nervi.

In quel rumore silenziosissimo di stirature di pelle che soltanto lei poteva sentire, perché, a sentirlo, il suo cuore batteva più forte.

《 Ho un ricordo nitidissimo di te, adesso... credevo di averlo dimenticato. 》

《 Quale? 》

《 La prima lezione di Erbologia, quando quella Mandragola ti ha morso il dito. 》

《 Ti ha fatto ridere, vero? 》

《 Sì, tantissimo. 》

《 Obbligo o verità? 》le chiese lui, il sorriso sempre stampato sul viso, quasi fosse stato disegnato indelebilmente.

《 Spero tu stia scherzando. 》

《 Andiamo, è solo un gioco. 》

Hermione sollevò il mento, lo sguardo sottile e le labbra tese.《 Verità. 》

《 Lui com'è? 》

Non c'era bisogno di chiedere a chi si stesse riferendo, perché lo aveva visto il modo in cui l'aveva guardata quando aveva pronunciato il nome di Gale, il secondo infinito in cui il suo sguardo si era soffermato su di lei.

《 È una brava persona… forse, non meriterebbe tante cose che faccio 》disse più a se stessa che a Draco.

《 Quali cose? 》

《 Adesso tocca a te: obbligo o verità? 》

《 Verità. 》

《 E lei… lei com'è? 》

《 Una delle persone migliori che abbia mai conosciuto 》e lo disse con una sincerità che la ferì tantissimo, in parti di corpo e anima che non sapeva di avere e gli sorrise per nascondergli le ferite che le aveva procurato.

《 Verità. 》

《 Da quanto tempo? 》

《 Gennaio. E tu? 》

《 Noi non siamo mai stati davvero insieme… e, comunque, è finita. 》

A quelle parole, Hermione sussultò, le sembrò di poter respirare con più facilità.

Abbassò il viso e, questa volta, gli nascose il sorriso, perché c'era una sorta di vittoria personale su quelle labbra, una soddisfazione nel tenerlo lì di fronte e sapere che anche lui non era riuscito ad andare oltre.

《 Verità 》disse ancora lei.

《 Com'è stato? 》

《 Stare con te? 》

《 Stare senza. 》

Lei non rispose. Si soffermò per un momento di troppo a guardarlo, la sua bocca così vicina.

Si allontanò e andò a sedersi sul divano, Draco la seguì un attimo dopo, lasciando il posto centrale vuoto per paura che lei potesse di nuovo scappare via.

Hermione sollevò entrambe le gambe, poggiando le ginocchia sui cuscini, la schiena dritta e un braccio steso sullo schienale, quasi come fosse pronta a difendersi da tutto quello che si sarebbero detti.

Perché quello, per loro, non era mai stato un gioco, perché non aveva mai avuto regole: era parole sputate per rabbia, suppliche sfregiate sotto forma di obblighi, voglia di conoscersi e riconoscersi ancora in un loop infinito che li riportava sempre al punto di partenza. 

《 È stato invalidante. Dimenticarti è stata la cosa più difficile che avessi mai fatto. 》

《 E ci sei riuscita? 》

《 Tocca a te, Malfoy. 》

《 Rispondimi, per favore. 》

《 Non essere sciocco, Draco. 》

《 Non si tratta di essere sciocchi… solo, vorrei saperlo. 》

《 No. 》

Draco non aggiunse altro, forse perché gli piaceva che quella fosse la risposta alla sua domanda e non un no che stava a significare che lei non gli avrebbe detto altro.《 Verità.》

《 Cosa abbiamo sbagliato? 》

Lui si sporse in avanti, i gomiti sulle ginocchia e le mani unite, si passò la lingua sui i denti e, poi, la lasciò premuta sul labbro superiore e Hermione sentì qualcosa smuoversi dentro, il cuore che minacciava di uscirle dal petto, eppure Draco sembrò non accorgersi di niente, perché rimase così per un tempo che lei non seppe quantificare.

《 Forse sbagliavamo a scegliere il posto in cui incontrarci 》rispose, alla fine.

《 Qui? 》

《 No, la Stanza delle Necessità non c'entra niente. Parlo degli incontri casuali, quelli dell'ultimo anno. 》

《 Ma non avevamo un posto. 》

《 Sì, invece: ci incontravamo sempre nelle mia o nella tua delusione. 》

《 Non capisco 》 ammise lei, perché era vero: non capiva.

E strinse gli occhi per concentrarsi su ciò che lui aveva appena detto, eppure qualcosa le fece credere che Draco avesse ragione, perciò stette in silenzio ad aspettare che lui ricominciasse a parlare.

《 Io ero deluso da me stesso, dal fatto che tutto quello che mi avevano insegnato era come cartapesta, tu eri delusa da Potter e da Weasel. 》

《 Weasley. 》

《 Non riuscirò mai a dirlo nel modo giusto, non posso farci niente. 》

《 Certe cose non cambiano proprio mai, vero? 》

《 No, non cambiano 》la guardò, avvicinandosi un po' e cominciò a parlare, senza fretta: non aveva paura di cambiare idea e fermarsi prima di aver detto tutto. Non questa volta.

Parlava e diceva cose che non aveva mai capito prima, eppure mentre pronunciava quelle parole si rese conto di aver sempre saputo che era così, che si era aggrappato al ricordo del suo sorriso come se fosse stato una medicina da prendere ogni giorno. 《 A volte avrei voluto essere come te, perché sai gestire la vita meglio di me, senza nemmeno prenderti il tempo di avere un dubbio, sempre pronta… 》

Lei rise con una spontaneità che aveva perso da tempo e che aveva ritrovato soltanto in quel momento, seduta su un divano con le ginocchia strette al petto e una mano tra i capelli.

Rise così forte che Draco la guardò nervoso, perciò provò a darsi un contegno.《 Davvero credi sia così? Ti sbagli di grosso, allora Ho provato a tenere tutto sotto controllo e ci sono riuscita, tranne che per i sentimenti: mi hanno sempre messa in bilico per potermi spiaccicare al suolo. Ho solo imparato a cadere per evitare che la botta fosse troppo forte. 》

《 È il tuo turno? 》chiese lui.

《 Non lo so, io mi sono un po' persa 》e non sapeva se fosse perché erano lì a parlare come due persone che non si erano mai odiate e mai amate, ma che avevano condiviso una parte di vita insieme o perché lui era terribilmente vicino, ma Hermione si era persa davvero.

《 Allora, dai, chiedimelo. 》

《 Obbligo o verità? 》

《 Verità. 》

《 Perché non state più insieme? 》

《 Questo non vuoi saperlo davvero. 》

Hermione scosse la testa e Draco la poggiò sullo schienale, gli occhi socchiusi e la bocca distesa un sorriso che le ricordo un po' quello che aveva da bambino.

《 E tu perché stai con lui? 》chiese dopo qualche minuto in cui si fermò ad ascoltare il suo respiro, quasi fosse stato un adagio dolcissimo suonato sui tasti di un pianoforte scordato.

《 Chi ti ha detto che anche questa volta avrei scelto verità? 》

《 Puoi scegliere quello che vuoi, non sei obbligata a rispondere. 》

Hermione cominciò ad avvertire un leggero bruciore agli occhi, perciò appellò gli occhiali da vista e li indossò senza accorgersi che durante quei movimenti semplicissimi Draco l'aveva guardata con tutto l'amore del mondo.

《 Devo davvero rispondere alla tua domanda? 》

《 Se vuoi. 》

《 Perché lui non è te. 》

Draco non reagì in alcun modo, minuti interminabili durante i quali maledisse se stesso e tutto quello che l'aveva spinto anni prima a scommettere con Potter.

Poi, però, sembrò sussultare, come se quelle parole fossero arrivate in ritardo al centro del cuore quando, invece, erano entrate così in profondità che lui se le sentì vorticare nello stomaco. 《 Questo non è un gioco. 》

《 Certo che non lo è, per questo non ci sono regole. 》

《 Sono sempre un Serpeverde, Hermione, non dimenticarlo. Tu potrai essere coraggiosa e affrontare tutto di petto, ma io so sempre come colpirti alle spalle. 》

《 Lo terrò a mente 》disse lei, guardandolo come se avesse avuto di fronte un ragazzino sempre pronto a ricordarle quanto fosse sporco il suo sangue e non l'uomo che aveva fatto di tutto per redimersi dai suoi peccati. 

E, senza mai distogliere lo sguardo, riprese a parlare.《 Obbligo o verità? 》

《 Verità. 》

《 Scommettere su di me era davvero l'unica alternativa che avevi per vincere contro Harry? 》

《 Tu non sei mai stata l'alternativa. 》

《 E… mi hai mai amata? 》

《 Ma che domanda è? 》

《 Rispondimi, per favore. 》

《 Si… e non immagini nemmeno quanto ti abbia amata, giuro. Non saprei nemmeno spiegartelo perché era così evidente… eppure, alla fine, tu sei stata l'unica a non capirlo. 》

《 Allora perché sei andato via? 》

《 Io l'ho fatto per te. Il resto veniva dopo. Avrei fatto di tutto, sarei stato qualunque cosa per averti accanto. 》

《 E ora lo faresti ancora? 》gli chiese, il cuore in gola, il corpo sporto verso il suo.

Draco semplicemente si avvicinò ancora un po' e le tolse gli occhiali perché voleva annegare in quegli occhi, ora che anche fuori c'era mare ovunque e lui non era mai stato un marinaio tanto capace e, se proprio doveva morire, avrebbe voluto farlo proprio lì, in quegli occhi.

Gli occhi trasparenti della sua Hermione, che non sapevano mentire e che lui non sapeva come dimenticare.

Tra le labbra il sorriso di chi non ha più nulla da perdere e allora mette sul tavolo tutto ciò che gli resta: la dignità di un cuore che non ha mai cessato di amare.

Lei osservò ogni suo movimento, quasi come se quelle dita fossero una calamita da cui non riusciva a staccare lo sguardo.

Lo guardò e, non seppe da dove, ma prese il coraggio sulla punta della lingua e lo assaporò come un veleno che avrebbe potuto ucciderla da un momento all'altro.

《 Cos'è questo sorriso? Una domanda o una risposta? 》

《 Non ho mai smesso di volere quello che mi ha reso felice 》rispose lui, poggiando le labbra nell'incavo tra il collo e la spalla, nel profumo di primavera e girasoli che Hermione aveva sempre avuto a fior di pelle.

E lei tremò di vergogna indicibile e di paura quando lui la baciò proprio lì. 

Chiuse gli occhi e le sembrò di non essere mai andata a vivere in Francia, di non aver mai conosciuto Gale, di non aver mai perso Draco. 

Lo baciò anche lei, sotto la bocca i muscoli di lui che si tendevano di un'emozione che, se solo avessero avuto coraggio, entrambi avrebbero chiamato amore.

Hermione rimase così e lui non accennò a muoversi, perché, a volte, anche un battito di ciglia può distruggere quello che crediamo sia indistruttibile.

A Draco sembrò un tempo brevissimo e si maledisse ancora quando lei si spostò di scatto.

《 Scusami 》mormorò Hermione.

Avvertì soltanto i cuscini del divano sollevarsi e, proprio il vuoto che aveva provato quando lei si era allontanata, gli aveva fatto doppiamente male, perché insieme a quelle scuse, gli aveva fatto capire che non era lui quello che si era pentito.

Ma lei, ancora una volta.

Si alzò anche lui, restando sempre un passo indietro.《 Ti accompagno 》le disse.

Uscirono dalla Stanza delle Necessità con il cuore imbrigliato nelle ciocche di capelli, in quelle confessioni raccontate con la colpa di chi ha perso tutto.

Soltanto quando giunsero davanti alla porta della sua camera, Hermione sollevò la testa e li trovò lì, quegli occhi di tempesta che la facevano sempre naufragare in luoghi sconosciuti di se stessa, in labirinti di tutto e niente da cui non era in grado di uscire.

Draco si avvicinò ancora e le accarezzò la guancia, soffermandosi un attimo in più con le dita all'angolo delle labbra.

Il palmo fermo sulla pelle e lei che tremava come una foglia scossa dal vento.

《 Perché lei non è te 》disse e, poi, con una lentezza che lo fece apparire quasi un corpo fermo e immobile, azzerò la distanza che c'era tra loro.

Le baciò la guancia e rimase per un po' con la bocca premuta lì, nel punto in cui lei credette di avere il cuore per tutto il tempo di quel bacio.

《 Buonanotte, Hermione. 》

Lei non rispose… restò rigidissima, gli occhi spalancati dall'emozione e dal desiderio di non lasciarlo andare.

Draco, però, le girò le spalle: sapeva da cosa stava andando via, eppure, la strada che non aveva mai abbandonato e che gli era sempre sembrata giusta, adesso gli appariva come in vicolo cieco.

Angolo Autrice:

Eccola qui, la seconda parte del capitolo precedente. 

E, niente, spero che vi piaccia…

A presto.














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Capitolo 20
*** Hogwarts • (3/4) • ***


Hogwarts • ( 3/4 ) •


AAA: questo capitolo descrive non dettagliatamente scene a raiting rosso.

•~•


Le lenzuola strette tra le mani, il corpo di Draco sopra il suo e le dita di lui che risalivano dalla caviglia e accarezzavano la pelle dell'interno coscia.

Hermione aprì leggermente le gambe e lui aveva sorriso vittorioso di quella piccola ammissione di resa, perché quelle carezze indecenti erano state in grado di farla bagnare prima ancora che lui cominciasse davvero, perché Draco era capace di farla tremare di desiderio anche solo guardandola.

Hermione se lo strinse addosso, i polpastrelli premuti contro la carne della schiena.《 Ti prego… 》gli disse, la voce fremente ed eccitata.

Ma lui continuò in quella lenta agonia di baci e tocchi scandalosi che, di nuovo, la stavano portando al limite del piacere.

《 Così presto? 》le chiese lui, una risata trattenuta sulle labbra e gli occhi due laghi di bramosia e peccato.

《 Ti prego 》insistette Hermione e, questa volta, Draco la accontentò riempiendola di lui.

Lei gemette e spinse il bacino in avanti per sentirlo ancora di più, un bacio di lingua tra il collo e il mento; lui le strinse i polsi sopra la testa e la guardò come fosse stata una Madonna immorale e spinse più forte, in quella melodia di gemiti che si confondevano e di sudori che si mescolavano sui loro corpi.

Hermione inarcò la schiena e lui se la strinse addosso, per potersi bagnare di lei e godersi la vista di quella bocca schiusa dal piacere.

《 Non ti fermare 》disse ancora Hermione e lui continuò, piccoli morsi sulla spalla e sulla gola e lei… lei che non finiva mai di chiedere di più, di farlo fremere con quei gemiti privi di ogni freno inibitorio e pudicizia.

Ed era così dannatamente eccitante guardarlo e sentirlo tendersi sotto le sue dita, sentirlo pulsare dentro e cedere, arrendersi, mentre le sue mani la stringevano ovunque e sussurrava il nome di lei...

Hermione spostò le coperte di lato e aprì in fretta la finestra, addosso ancora la scia dei suoi tocchi e della sua bocca.

《 Santo cielo… era solo un sogno 》bisbigliò all'alba che stava nascendo, le guance che si coloravano di vergogna ogni volta che chiudeva gli occhi e le immagini di quel sogno sostituivano il nero delle palpebre.

Si voltò di nuovo a guardare il letto, le lenzuola smosse e lui che sembrava esserci stato davvero.

Hermione decise che non avrebbe partecipato all'incontro tra gli Auror e gli studenti, che lo avrebbe guardato dalla finestra piuttosto che sentire ancora la sua voce.

La stessa che aveva chiamato il suo nome per tutta notte, la stessa che era diventata gemito roco e passione di corde vocali.

Rimase per un tempo incalcolabile a guardare il sole sorgere, il cielo cambiare colore e diventare di un azzurro che quasi feriva gli occhi.

Si chiese cosa stesse facendo lui.

Lui che stava abbottonando lentamente i bottoni della camicia, il colletto alzato e i capelli in disordine. 

Lui che non aveva dormito e non aveva fatto altro che pensare alle parole che Hermione aveva detto e che erano diventate pugnali conficcati in ogni parte dell'anima.

Perché lei era il suo punto debole, perché lei era dovunque dentro di lui e, forse, aveva avvertito lo stesso dolore che aveva provato Draco, ferma lì, al centro del cuore e dei pensieri.

Draco si guardò allo specchio, poi, per un attimo non vide più il suo riflesso.

Gli occhi chiusi e i pugni serrati per mandare via il ricordo della notte appena trascorsa e si sentì incredibilmente stanco, quasi come se tutto il peso del mondo gravasse sulle sue spalle. 

Si sedette al bordo del letto e si portò le mani sul viso a stropicciare gli occhi per provare a mandarla via, per non vedere più le sue labbra muoversi al suono di quella maledettissima frase.

Perché lui non è te.

Ed era vero, perché Draco lo aveva visto mentre la accoglieva con un sorriso e la toccava come se fosse stata fatta di cristallo, proprio lei che cristallo lo era davvero sopra l'acciaio che si portava dentro.

Aveva visto il modo in cui la guardava, le pupille così pulite senza un briciolo di possessività per niente uguale alle sue che, invece, la guardavano sempre con quell'invadenza eccessiva che è figlia di una gelosia mai dimostrata e che lei sembrava non vedere, perché di fronte a Hermione, gli occhi, Draco, li perdeva.

Perché  lui.

Si chiese cosa sarebbe successo se avesse avuto il coraggio anche nelle mani e non solo nella voce, se fosse riuscito a toccarla come aveva sempre fatto: in punta di dita, in modo che il mondo potesse capire che lei era sua, sua soltanto e in modo che lei, invece, non si fosse sentita soffocare da quei tocchi.

Perché Draco ricordava quei giorni trascorsi tra lo sfogliare un paio di pagine e lo sfiorarle la bocca, quando Hermione opponeva quella resistenza finta che non era altro che arrendevolezza travestita, perché, poi, quando lui riprendeva a studiare, lei spostava i libri e si sedeva sul tavolo a gambe aperte si fronte al suo viso…

E quante volte avrebbe voluto farlo: restare lì, baciarla e toccarla come aveva fatto la notte di Capodanno a casa di Blaise, senza che lei scappasse via.

Non è te.

Draco uscì dalla camera e si chiuse la porta alle spalle, dentro il pensieri di quello che era successo la notte precedente e nelle tasche la decisione di non cadere più in tentazione, di starle quanto più lontano possibile e attaccare prima di essere ferito.

《 Buongiorno, Malfoy 》disse Harry, sulla soglia della porta.

《 Potter. 》

《 Vedo che stamattina sei l'allegria in persona. 》

Draco gli rivolse uno sguardo cattivissimo, per poi posarlo di nuovo sul pavimento.
《 Sei pronto ad affrontare un'orda di ragazzini che non sanno niente della vita? 》chiese, invece.

《 Non proprio. 》

《 Paura, Potter? 》

《 Ti piacerebbe. 》

Entrambi dedicarono un sorriso a quel ricordo, due ragazzini che si odiavano e che si puntavano la bacchetta contro, senza dar retta alle parole del professore più incapace che avesse mai occupato la cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure.

Poi, scesero le scale per raggiungere i professori in Sala Grande.

E si chiese, in quell'ultimo attimo di debolezza, cosa stesse facendo lei.

Si chiese cosa avrebbe fatto quando l'avrebbe vista e quali emozioni avrebbe provato lei a trovarselo di fronte.

Solo che Hermione non era seduta al tavolo dei professori e, a dirla tutta, non c'era proprio.

Hermione camminava nella sua camera, dalla porta alla finestra e viceversa, stringeva la maniglia e la spingeva verso il basso e poi la lasciava.

Digrignò i denti all'ennesimo tentativo di decidersi e, ancora una volta, si chiese cosa avrebbe fatto se fosse stata obbligata a scegliere, la lotta perenne tra il cuore e la mente, dove il primo urlava di andare da lui e il secondo, invece, preferiva tacere.

Si accasciò sul letto e si sentì stanchissima, quasi avesse corso a perdifiato alla ricerca di qualcosa che in realtà non esisteva.

Se ne stava lì, le gambe serrate e il fiato corto, a chiedersi perché, dopo aver pianto iceberg di lacrime, quella che dopo Draco gli era sembrata una sorta di qualche felicità, adesso, le stava scivolando dalle mani così, impercettibilmente e in modo così naturale che le fece pensare che, forse, è semplicemente così che se ne vanno le cose belle.

E fu proprio questo pensiero ad accompagnare l'immagine del sorriso di Gale che era così dolce da disarmarla ogni volta, eppure… eppure non era niente rispetto a quello che le provocava il sorriso di Draco che, invece, la spogliava di abiti e segreti, la confondeva e la ammazzava per farla tornare a vivere, poi, in quel lentissimo movimento di labbra.

Si affacciò ancora alla finestra e vide il piccolo palco che era stato preparato per Harry e Draco, di fronte al quale erano state sistemate due file di panche già occupate dagli studenti, alcuni si sbracciavano per farsi notare dagli amici a cui avevano tenuto il posto, altri parlavano tra loro e altri ancora si sistemavano la pergamena sulle ginocchia e incantavano la propria piuma.

Hermione provò a individuare la figura di Amelia, ma da quella distanza non ci riuscì: visti da lì sembravano tutti così piccoli, quasi irreali e si chiese come apparissero loro agli occhi di quegli alunni che li guardavano come se, la guerra, la portavano scritta addosso.

In quelle ferite profonde che avevano provato a nascondere, in quegli incubi che poi continuavano a vivere sullo specchio delle iridi…

E, sì, erano stati capaci di vincerla, la guerra, ma del tutto impreparati a vincere contro i propri demoni.

Forse, perché per combattere il male esterno avevano impegnato tutte le loro forze o, perché, fuori è sempre più facile trovare una luce da seguire.

Ma dentro… dentro è un'altra cosa, perché la nostra luce siamo noi e se siamo spenti, intorno è solo buio e non servono fiaccole, fuochi o magie a illuminarci, perché quello che ci illumina, a volte, è lo stesso sentimento che ci spegne: l'amore.

Lei scosse la testa, le ciocche lunghissime che la seguivano ondeggiando sulle spalle e sul viso e, ancora, guardò fuori.

Era ormai mattina inoltrata, il sole alto nel cielo e non un filo di vento a smuovere i fili d'erba, forse perché anche la natura e i suoi suoni si erano zittiti per rispettare il racconto del dolore e delle morti che aveva causato la Guerra Magica.

Hermione corse verso la porta e questa volta la spalancò e se la richiuse alle spalle per non darsi la possibilità di tornare indietro e nascondersi per non essere guardata da lui.

E, difatti, Draco non la degnò di uno sguardo.

Se ne stava seduto, i gomiti poggiati sul grosso tavolo posizionato al centro del palco e l'espressione indecifrabile sul viso.

Il brusio intorno sembrò confonderla mentre si perdeva a cercargli addosso una sgualcitura che le facesse credere che, quel sogno, in qualche modo, lo aveva vissuto anche lui.

Invece, il viso di Draco era marmo levigatissimo, talmente liscio che gli occhi di Hermione scivolarono in una caduta ripidissima fino a che non arrivò al pomo di Adamo che si mosse lievemente.

Perciò, lo sguardo le tornò immediatamente in alto e lei sperò che lui si fosse accorto della sua presenza e, più delusa che mai, si accorse che la sua speranza non aveva avuto nemmeno il tempo di nascere, perché Draco guardava dovunque, tranne che nella sua direzione.

Quasi come se lei non esistesse e lo vide mentre si voltava verso Harry e sorrideva a qualcosa che l'altro gli aveva detto.

E si sentì tremendamente egoista al pensiero che Draco, il diritto di sorridere, non ce l'aveva se non per lei.

Si passò una mano sul viso per scacciare quel pensiero che l'aveva sporcata tutta, che le aveva fatto pensare che tutti sapevano che, prima o poi, uno dei due avrebbe perso e lei aveva peccato di presunzione credendo che sarebbe stata lei a uscirne indenne e vittoriosa, perché, proprio in quel momento, si era resa conto che era successo quello che lei non avrebbe mai creduto possibile.

Lui. Aveva vinto lui.

Hermione si sedette su una panca in fondo e salutò Amelia con un gesto della mano e un sorriso accennato quando questa, voltandosi per cercare qualcuno, incrociò il suo sguardo.

Il vocio intorno cessò quando Silente si sedette tra Harry e Draco, i gesti rallentati dalla stanchezza e dall'età.

Si alzò poggiando i palmi sul tavolo e si guardò intorno, annuendo leggermente con il capo.《 Buongiorno, cari studenti, prima di tutto vorrei accogliere con un applauso i due Auror più in gamba che abbiano mai frequentato Hogwarts e ricordarvi chi sono.
Lui 》disse indicando la sua sinistra. 《 è Harry Potter, l'uomo che era destinato a salvare il Mondo Magico. E lui 》disse indicando la sua destra.《 è Draco Malfoy, l'uomo che ci ha permesso di sconfiggere Lord Voldemort e che ha salvato la vita di molte persone giovani proprio come voi. 》

I ragazzi applaudirono appena il preside terminò il suo discorso e Hermione si soffermò a guardare il viso di Draco, il sorriso tirato di chi sentiva ancora la colpa delle vite che non era riuscito a portare in salvo.

Lo guardò e avrebbe voluto tenerlo tra le braccia per dirgli che anche quelli che erano morti gli erano grati perchè il loro sacrificio non era stato vano.

《 Signor Harry Potter 》cominciò uno studente, la mano tesa per farsi riconoscere.《 come sono stati i suoi primi anni di scuola? 》

《 Molto difficili: ho scoperto soltanto a undici anni di essere un mago, di avere una responsabilità così grande. 》

《 C'è stato qualcuno che ha odiato profondamente? 》

《 A parte Lord Voldemort, intendi? 》chiese Harry con un mezzo sorriso.《 Sì: la persona che oggi è qui e che ho scelto di portare con me in ogni missione. 》

《 Si è mai pentito di qualcosa? 》

《 Di non aver fatto amicizia con lui al primo anno… 》

《 Signor Malfoy? 》Amelia si era alzata in piedi, quasi come volesse far vedere a tutti che lei era una Serpeverde.《 Lei ha abbandonato le idee folli di Tu-sai-chi, è passato dalla parte dei buoni e poi ha arrestato suo padre. Ma lo ha fatto solo perché era più facile o perché dentro le è scattato qualcosa e ha capito quale fosse la cosa giusta da fare? 》

Draco le fece scivolare addosso uno sguardo di apprensione e leggero orgoglio, perché si aspettava quella domanda da chiunque, ma non da una ragazzina che apparteneva alla sua Casa.

Si passò una mano sul viso, scendendo verso il mento e poggiandola di nuovo sul tavolo davanti a lui.《 Di facile non c'è stato niente, te lo assicuro: chiedere la fiducia di persone che avevo sempre insultato, fare in modo che nessuno capisse le mie vere intenzioni e deludere chi aveva creduto in me è stato difficilissimo. E sì, alla fine ho capito qual era la cosa giusta da fare, ma si trovava dalla parte opposta a quella in cui mi trovavo io. 》

《 Quando lo ha capito? 》continuò Amelia che non era tornata a sedersi, ma, anzi, se ne stava con la schiena dritta e gli occhi puntati verso di lui quasi come se chiedesse la sua totale attenzione.

《 Mentre riparavo l'Armadio Svanitore, quando sono stato incaricato di uccidere il professor Silente. 》

《 Perché non lo ha fatto? 》

Draco avrebbe voluto risponderle che, a volte, uno sguardo riusciva a pesare  molto più delle responsabilità, della delusione data a una persona per cui non si provava più nulla. 

Avrebbe voluto dirle che, di quello sguardo, ne era già succube e che già troppe volte lo aveva guardato con odio e disprezzo e che lo voleva addosso ma privo di accuse e colmo di quell'emozione che gli muoveva dentro tempeste di ghiaccio sciolto e fuoco caldissimo.

《 Perché non sono un assassino 》disse, invece.

Amelia, però, sembrava non aver finito e, infatti, girò il viso a tre quarti e sorrise quando riuscì a vederla seduta lontano gli studenti.《 Signorina Granger? E cosa ha significato per lei aver contribuito alla rivalsa del bene? 》

Hermione sollevò il capo di scatto, gli occhi spalancati che, senza nemmeno rendersene conto, corsero a cercare la figura immobile di Draco.

In quel silenzio rumorosissimo di ricordi ed eco di urla, in quella ressa di alunni eccitati e curiosi, lei cercò i suoi occhi.

E li trovò nell'istante preciso in cui le si posarono addosso come ombre in quelle notti di stelle bellissime e lontanissime.

《 La signorina Granger non è un Auror, signorina Caramel, ma anche lei ha combattuto in prima linea, una mente brillante che ha portato molte volte a evitare delle stragi 》si intromise Silente.《 La prego  signorina Granger, ci raggiunga. 》

Hermione, guance rosse di imbarazzo e mani tremanti, guardò ancora verso Draco e lui sembrò darle il permesso con un cenno del capo e sembrò che fosse lui a muoverla, perché lei si alzò e gli andò incontro.

Gli si sedette accanto con il viso inclinato a cercare ancora il suo sguardo.

Draco la guardò appena e le regalò l'accenno di un sorriso che sapeva di sicurezze e vicinanza, gli occhi cerchiati dalle occhiaie di una notte insonne trascorsa a pensare a lei.

《 Signorina Granger 》la chiamò ancora Amelia.《 ho letto il suo libro e so che ne scriverà un altro… sarà il prolungamento dell'altro? 》

Hermione perse qualche secondo a chiedersi come sarebbe andata se Draco non fosse mai andato via o se lei avesse avuto il coraggio di fermarlo e si disse che, senza di lui, probabilmente lei non avrebbe mai scritto il suo primo libro.

Cominciò a torturarsi le dita e guardò ancora verso la Serpeverde.《 Sì,  scriverò un altro libro, ma sarà totalmente diverso dal primo: parlerà della storia della Seconda Guerra Magica e sarà pubblicato come libro di testo per la scuola. Ma non siamo qui per questo, giusto, Amelia? 》

A quelle parole, la ragazza sussultò e tornò a sedersi e Hermione se ne dispiacque enormemente, chiedendole scusa con uno sguardo dolcissimo.

《 Dovresti essere più gentile, Granger 》le sussurrò Draco all'orecchio, la fronte quasi sui suoi capelli e il mento sulla sua spalla.

Hermione si voltò velocemente e lo trovò con occhi colmi di ironia e scoppiò a ridere, coprendosi la bocca con le mani per evitare che tutti la sentissero.

~

L'incontro con gli studenti era durato circa tre ore: Harry e Draco erano stati pronti a rispondere a ogni loro domanda, senza mai tacere i pericoli che l'essere Auror comportava, Silente li aveva guardati con orgoglio e, di tanto in tanto, aveva rivolto uno sguardo anche lei che aveva cominciato a prendere appunti su un vecchio quaderno con una penna babbana.

《 Siamo a Hogwarts 》le aveva detto, allungandosi un po' dietro la schiena di Draco.《 puoi tranquillamente usare la magia, Hermione. 》

Lei aveva risposto con un sorriso, ma aveva continuato a scrivere.

Aveva deciso insieme a Harry e Draco di utilizzare la Stanza delle Necessità come luogo d'incontro in cui loro raccontavano e lei scriveva quello che già sapeva aggiungendo qui e lì qualche piccolo particolare sconosciuto della vita dei due.

Dopo ore trascorse a scrivere con una biro, Hermione adesso sentiva dolore alla mano ed era stato Harry a richiamarla e a incantare la penna. 

《 Rilassati un po' 》le aveva suggerito il suo migliore amico.

Lei si sedette sul divano, le gambe stese e la testa piegata indietro.《 Dovresti raccontare quello che è successo nella Foresta Proibita, Harry 》disse, tornando a guardarlo.

Solo che, sulla strada del ritorno, Hermione si fermò un attimo in più a guardare Draco che se ne stava seduto sulla poltrona di fronte al camino spento.

La sigaretta che pendeva tra l'indice e il medio, mentre lui lasciava cadere la cenere in un piccolo contenitore di vetro e lei, quel rumore di dita, se lo sentì stridere dentro, in tutto il corpo e le tremarono le gambe quando le immagini del suo sogno tornarono a invaderle la mente.

Draco non aveva mai spostato gli occhi, la bocca a disegnare enigmi e segreti che lei non era in grado di decifrare, le gambe leggermente divaricate e la schiena poggiata sulla parte superiore della poltrona.

Sembrava totalmente a suo agio, quasi come se quello che era successo in quella stanza non fosse mai accaduto,quasi come se, in quel sogno, lui non l'avesse toccata e baciata dovunque, in quei brividi di pelle e lussuria, quasi come se non avesse tremato anche lui sotto le sue carezze pudicamente pornografiche mentre scendeva in punta di dita dal petto all'inguine.

Lui, però, sorrise ancora e chiuse gli occhi.

Hermione continuò a osservare il suo petto che si abbassava e si alzava al ritmo regolare del sonno e si lasciò cullare da quel movimento tanto che, a un certo punto, anche lei chiuse gli occhi.

La voce di Harry le giungeva ovattata, proprio come quei suoni di sottofondo che non danno alcun fastidio perché lei, nella voce del suo migliore amico, aveva trovato le verità più crude dette con una dolcezza disarmante.

E si addormentò perché tutta la stanchezza le era caduta addosso come una frana di albe nascenti e sogni peccatori. 

Non seppe quanto tempo era passato quando sentì qualcuno toccarle la spalle e di nuovo la voce di Harry che le diceva che l'avrebbe aspettata per cena.

Hermione, forse annuì, ma era persa in una stanza vuota dalle pareti grigie, le tende tirate e un camino acceso.

Era stesa sul pavimento e, istintivamente, portò una mano tra le cosce.

Toccò capelli di filigrana morbidissimi e se li strinse tra le dita, costringendo chiunque fosse ad alzare la testa, eppure… eppure lei sapeva perfettamente a chi appartenessero quelle ciocche. 

Strinse ancora e Draco la guardò con la bocca bagnata e un sorriso vittorioso.

《 Cosa stai facendo? 》gli chiese.

E lui… lui le si stese addosso, facendo forza sui gomiti, le mani appoggiate ai lati del suo viso che l'accarezzavano come fosse qualcosa di estremamente prezioso.《 Non ti piace? 》

《 È da maleducati rispondere a una domanda con un'altra domanda 》lo ammonì e lui addolcì il sorriso e si spostò al suo fianco, mentre con la mano percorreva la curva del naso e della bocca.

Le sfiorò l'incavo tra i seni e scese ancora più giù, solleticandole il ventre e fermandosi poco prima di poterla toccare dove lei desiderava essere toccata.

Hermione, allora, gli strinse la mano e la guidò, aprì ancora un po' le gambe e le richiuse quando lui cominciò ad accarezzare l'essenza umida della sua femminilità.

Spinse leggermente il bacino in avanti, seguendo il ritmo che lui le imponeva mentre la guardava schiudere la bocca e trattenere gemiti mordendosi le labbra.

Draco, però nel momento in cui lei inarcò la schiena, allontanò la mano e cominciò a baciarle la gola e più giù, ancora più giù solo per risalire ancora e stendersi di nuovo su di lei.

Quando lo sentì, lei ingoiò un altro gemito e se lo strinse addosso, prendendo la pelle della spalla tra i denti e mordendo leggermente e lo sentì dire qualcosa che non riuscì a capire.

Semplicemente lui le strinse i fianchi, la carne a riempire lo spazio tra le dita e, Hermione, forse perse qualche battito di cuore quando lui le soffiò all'orecchio. 

Mia 》le disse, lo voce roca e possessiva come la stretta sul suo corpo, come la cadenza dei suoi movimenti fuori e dentro di lei.

《 Non adesso, amore. Non svegliarti ancora, per favore 》glielo chiese con la voce sfibrata di chi è stanco di correre e rincorrere, di chi vuole fermarsi a riprendere fiato, mentre lei, il fiato, lo aveva consumato a forza di tacere il suo nome.

Hermione aprì gli occhi e si mise a sedere di scatto, la schiena tesa e il cuore in gola.

Si guardò intorno e, quando incontrò lo sguardo di Draco, tirò un sospiro di sollievo per poi rimangiarselo subito dopo, perché, ancora una volta, quello che aveva vissuto era solo un sogno.

E si maledisse con ogni cellula di se stessa e con ogni angolo di cuore per aver desiderato che, invece, fosse tutto reale.

Draco la guardò, un sopracciglio sollevato e una domanda sulle labbra.《 Buongiorno 》le disse, scivolandole con gli occhi su tutto il corpo. 

Lei non rispose, quel sì ancora stretto tra le corde vocali e l'emozione di quel sogno imbrigliato tra le ciglia e, quando tornò a guardarlo, lo fece con le iridi talmente sgranate che sembrarono sul punto di frammentarsi per fare spazio a lui, a lui soltanto.

E sperò che almeno uno solo di quei cocci gli finisse tra le mani per vederle sanguinare proprio come stava facendo lei, per fermare quel cuore che non voleva saperne di rallentare e si chiese che motivo c'era di battere così forte se, alla fine, il coraggio di tornare, lei non ce l'aveva.

《 Avrei voluto non finisse 》disse ancora Draco, il tono di voce affannato proprio quello che lei aveva ascoltato nel suo sogno.

Strinse gli occhi, scuotendo la testa più volte e, in quel frusciare di capelli e stoffa, Hermione capì.

Capì e gli riversò addosso pupille di rabbia e lava bollente, lo rimproverò con la bocca ferma in una linea dritta e il corpo rigidissimo.

《 Tu 》cominciò, in gola parole pesantissime come macigni.《 Tu come ti sei permesso? 》

Ma, invece di rispondere, Draco si avvicinò di più, le braccia aperte ad accoglierla e le mani appoggiate allo schienale del divano.

Hermione si costrinse ad allontanarsi, senza però trovare una via di fuga, perché lui, le aveva stretto le gambe tra le proprie e adesso la guardava come fosse stata una rovina maledettissima capitata tra capo e collo, come fosse stata una catastrofe difficile da spiegare a chi non l'aveva mai vissuta. 

Si avvicinò ancora, fino a quando qualche ciocca di capelli non gli cadde sul viso e gli coprì gli occhi, adagiandosi sugli spigoli del suo viso e toccando anche lei.《 Me lo hai permesso tu. 》

《 Ma cosa diamine vuoi? 》gli chiese in un alito di paura ed eccitazione, sperando che lui, però, non rispondesse.

《 Tu dentro non mi ci entri più. Sei ovunque. E io… io non ti sopporto, Hermione. Tu mi sfibri. 》

《 Allontanati, Malfoy. 》

《 Hai paura di quello che potrebbe succedere? 》

Hermione lo spinse via, una forza che le mosse le braccia prima ancora che lei potesse rendersene conto e pelle d'oca a al solo contatto con la stoffa della sua camicia e lui in piedi di fronte a lei che si era allontanato senza mai barcollare.《 Tu, lurido e schifoso Mangiamorte pentito, devi stare lontano da me. 》

Sputò ogni singola parola con una rabbia che la sconvolse e le fece attorcigliare le viscere, eppure non aveva nessuna intenzione di scusarsi con lui.

《Sei stata tu a tornare, sanguemarcio 》la accusò con la voce talmente bassa che Hermione se la sentì rimbombare in mezzo alle scapole.《 Tu e quella leggenda del filo rosso e il tuo libro che parla di noi e potrei citarti per violazione di privacy. 》 

《 Ma i-》

《 Quella è la nostra storia, Granger, e tu… tu non avevi nessun diritto di raccontarla. 》

《 Io non l'ho fatto apposta. 》

《 Ah, no? Eri sotto Imperio mentre scrivevi? Tu non hai tenuto conto di cosa provano o pensano gli altri, vero? 》

《 Ti sbagli: quella che ho scritto nel mio libro non è la nostra storia. Io ho dimenticato tutto, perché tu per me non sei stato niente. Non sei mai esistito. 》

《 Allora chiediti perché sogni di fare l'amore con me. 》

Angolo Autrice:

Questa volta sarò brevissima, giuro.

Ecco qui la terza parte del capitolo Hogwarts che, probabilmente, prolungherò un po'.

Niente, spero vi sia piaciuto.

A presto


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Capitolo 21
*** Hogwarts • (4/4) • ***


Hogwarts • ( 4/4 ) •

Harry bussò delicatamente alla porta della sua stanza, le nocche contro il legno e strascichi di parole confuse che provenivano dall'interno.

Aspettò per un attimo una risposta, ma sentì soltanto la stessa voce che continuava a parlare ininterrottamente. 

Pensò che, forse, Hermione stesse leggendo e rileggendo quello che finora aveva scritto, abitudine che non aveva mai perso, perciò bussò ancora.

《 E va bene, maledizione 》disse lei, la voce attutita dal legno.《 Chiunque tu sia, prego, avanti. 》

Harry parve ripensarci, infatti fece un passo indietro, poi, però, aprì la porta e se la richiuse alle spalle.

Si era aspettato di trovare fogli sparsi e svolazzanti per tutta la camera, magari qualche penna incantata a cui lei ordinava di cambiare una virgola o di aggiungere una parola.

Magari, si era aspettato anche di trovare una lavagna e, forse, un cane a tre teste, qualcosa di impossibile, insomma…

Invece, Hermione continuava a fare la spola tra l'armadio e il letto e a mettere alla rinfusa tutti i suoi vestiti in una valigia.

《 Cosa stai facendo? 》le chiese Harry che, nel frattempo, era rimasto a debita distanza da lei.

《 Mi sto preparando per fare una nuotata nel Lago Nero, non vedi? 》

《 Sì, il tuo sarcasmo è molto pungente. 》

《 Me ne vado, Harry. Basta. È stata una pessima idea venire qui. 》

《 Sì, ma… perché? 》

《 Perché non ce la faccio più! 》Hermione quasi urlò, le braccia lungo i fianchi e lo sguardo basso. 

《 Non ce la faccio più 》aggiunse in un sussurro che lei stessa fece fatica a sentire.

Harry si avvicinò e le cinse le spalle, la fece dondolare un po' come quella notte in cui erano rimasti da soli nella tenda, al centro della Foresta di Dean, durante la ricerca degli Horcrux.

《 Non è un buon momento per ballare, Harry 》aggiunse ancora.

《 Forse hai ragione,  ma è un buon momento per parlare. 》

《 Sono stanca. 》

《 Sì, succede. Soprattutto quando ti ostini a creare barriere che non vuoi erigere veramente. 》

《 Cosa vorresti dire? 》

《 Lo sai… si vede lontano mille miglia, Hermione, che lo ami ancora. 》

《 Io… non posso. 》

《 Adesso non importa quello che puoi, ma quello che vuoi. 》

《 Lui… lui ha usato la Legilimanzia. È stato così… 》

《 Qualsiasi cosa abbia visto, non dovresti vergognartene. 》

《 Dici così perché non sai cosa ha visto. 》

《 No e non voglio saperlo, ma posso immaginarlo. Però, piuttosto che preoccuparti di lui, dovresti chiedere a te stessa perché tu pensi o sogni quelle cose. 》

《 Forse hai ragione. 》

《 Dai, ti aiuto con la valigia. Metti o togli? 》

Hermione si accasciò davanti all'armadio, le gambe tirate al petto e la fronte poggiata sulle ginocchia.

《 Harry 》lo chiamò con il tono di voce di chi prega tutto il cielo per trovare una soluzione.《 tu cosa faresti? 》

《 Bella domanda 》disse Harry, sedendosi di fronte a lei.

Le prese le mani e le strinse pianissimo tra le proprie.

La guardò e si rese conto che non c'era niente di diverso in lei rispetto agli ultimi anni in cui aveva frequentato Hogwarts, che anche se le sue crepe non erano più visibili, c'erano comunque.

Trasse un respiro profondo e poi le sollevò il viso prendendole il mento tra l'indice il pollice.《 Quando ho lasciato Ginny, sono stato malissimo e tu lo sai ed ero convinto di non voler tornare con lei solo per paura di perderla ancora se Voldemort fosse tornato. Ma tu… tu perché ti ostini a negare quello che provi? 》

Le si riempirono gli occhi di lacrime, veli di parole che si era sempre portata dentro come fossero parti di lei e che adesso sembravano frantumarsi in schegge piccolissime per essere raccontate con più facilità. 

《 Harry, io sto con Gale… 》cominciò a voce bassa.《 Solo… ho fatto di tutto per dimenticare Draco, ho finto che andasse tutto bene mentre, in realtà, cadevo a pezzi e non facevo in tempo a raccoglierne uno che dall'altro lato ne cadevano altri dieci, un po' come quei palazzi in rovina, hai presente? 》

Harry annuì e attese in silenzio che lei continuasse a parlare.

Hermione per un po' guardo il cielo dietro ai vetri della finestra.《 Draco mi ha distrutta, ci ho messo troppo tempo per ricostruirmi e non ho ancora finito. E se io… se io mi lasciassi andare a quello che voglio, cosa succederebbe dopo? 》

《 Questo non può saperlo nessuno, Hermione. 》

《 Ed è questo il punto: io vorrei saperlo. 》

《 E a cosa ti servirebbe? 》

《 A evitare di stare male. 》

《 Stai male lo stesso, anche se resti ferma nelle tue convinzioni. 》

《 E se poi… finisse? 》

《 Almeno avrai passato un po' di tempo con una persona che ami davvero. Forse è questa la differenza tra quello che provi per Gale e quello che provi per Malfoy, non credi? 》

Hermione non rispose perché sapeva che Harry aveva ragione, perché stare con Gale significava provare una una quiete sicura, un porto dalle acque calme in cui poter tornare e, invece, tornare con Draco significava provare a portare la sua primavera ovunque, provare ad entrare nella tempesta di quegli occhi e restare ferma nella bufera.

Solo che Hermione non sapeva che, se ci fosse davvero entrata, in quella tempesta, l'avrebbe trovata piena di lei e, magari, il vento si sarebbe calmato e di sicuro non ci sarebbero stati porti sicuri a cui attraccare o braccia in cui affondare, perché per lei, Draco, si era scavato l'anima solo per potercela chiudere tutta dentro e non lasciarla andare mai più. 

E, con ancora nella testa le parole che si erano sussurrati la sera prima, con ancora il sangue che le grondava da ogni buco di cuore, Hermione si avvicinò alla finestra e abbassò lo sguardo sul cortile.

Lo vide mentre insegnava agli studenti a difendersi da alcuni incantesimi non verbali.

Si avvicinò a uno di loro e si sistemò alle sue spalle, allungando il braccio fino a stringergli la mano per impugnare insieme la bacchetta ed eseguì un movimento di polso che lei non conosceva. 

Quando si allontanò, il ragazzo lo guardò e fece un mezzo inchino, Draco gli sorrise e gli poggiò una mano sulla spalla, mentre con l'altra indicava un punto di fronte a sé. 

《 Io non posso… 》ammise.

Harry si avvicinò a lei e seguì il suo sguardo che tremava.《 Però, vorresti, non è vero? 》

Hermione sospirò profondamente, le spalle curve e la testa poggiata sul petto di Harry; lui cominciò a carezzarle i capelli sperando che potesse sciogliere i nodi che lei stessa aveva stretto negli spazi vuoti di sé. 

《 Una volta una persona molto saggia mi ha detto che non serve a niente rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere. 》

《 Sì 》rispose lei senza ascoltarlo davvero.

Hermione aveva sentito gli occhi cadere e fermarsi nel punto in cui Draco era fermo.

Si chiese perché, da quando lo aveva visto di nuovo, avesse la sensazione di essere diventata bravissima a mentire a se stessa e a sbagliare così bene.

E sembrava di non riuscire più a vivere a tempo di cuore, nonostante, forse, soltanto nel momento in cui lo aveva toccato di nuovo, il cuore, le fosse tornato dalla parte giusta nel petto.

E lo sentì sussultare quando Draco sollevò lo sguardo verso l'alto, proprio lì, dove lei era nascosta dai raggi del sole che si riflettevano sui vetri.

E lui, occhi in alto e anima crepata non poteva sapere che lei fosse lì a guardarlo e lo guardava come aveva fatto durante le ore trascorse in esilio nel dormitorio di Serpeverde, quelle occhiate rubate quando lui era perso in chissà quale pensiero e le volte in cui era lei a nascondersi dietro il sipario dei capelli, dietro un sorriso che non era mai rivolto a lui.

E lui a cercarla ovunque mentre tutti credevano avesse lasciato Hogwarts. 

Lui che, alla fine, aveva deciso per tutti e due, facendo poi un passo indietro nel momento in cui le aveva detto che avrebbe fatto di tutto per averla accanto e lei che, invece, non faceva niente.

《 Io non riesco ad andare avanti 》disse Hermione dopo minuti lunghissimi trascorsi in un silenzio alienante.

《 Ci riusciresti se sapessi di essere la sola a provare quello che, invece, provate ancora entrambi 》la voce dolce di Harry a scivolarle sul cuore, come la pioggia che aveva cominciato piano piano a rigare i vetri della finestra, le gocce che si rincorrevano fino a fermarsi sul marmo del davanzale.

Hermione, ancora una volta, abbassò lo sguardo e vide Draco che si copriva gli occhi con una mano aperta sulla fronte, mentre indicava agli studenti la direzione per rientrare all'interno della scuola.

~

La cena nella Sala Grande era sempre stato uno dei suoi momenti preferiti: gli era sempre piaciuto osservare le persone e trovare i loro punti deboli solo per poterli deridere e ferire più facilmente. 

Fino a quando, però, i suoi occhi non avevano cominciato a stare fermi per troppo tempo sullo stemma di Grifondoro, sempre coperto a metà dalla massa informe dei capelli di Hermione che lui avrebbe voluto toccare per scoprire se fossero davvero così.

Quando, poi, li aveva toccati davvero, ci aveva perso minuti interi a cavare le dita da quelle ciocche e gli era sembrata una sensazione bellissima.

Alzò lo sguardo sul tavolo dei professori e la trovò lì ed ebbe la sensazione di essere tornato indietro nel tempo, di essere seduto al tavolo dei Serpeverde e lei dalla parte opposta della Sala Grande a pulirsi con le dita la panna che le era rimasta sul bordo delle labbra.

Draco sorrise e, istintivamente, voltò il capo a sinistra, lì, dove qualche anno prima, era stata seduta lei.

《 Buonasera a tutti 》disse mentre si sedeva accanto a Harry.

Risposero quasi tutti all'unisono, mentre Hermione si fermò un secondo a guardando e poi, subito dopo, calò lo sguardo.

Si sporse un po' dietro le spalle di Harry e allungò una mano per tirarle dolcemente i capelli.

Hermione si girò di scatto nella sua direzione, le guance arrossate forse dal calore della sala o, forse, dal fatto che stesse facendo di tutto per evitarlo mentre lui faceva di tutto per intralciare i suoi tentativi di ignorarlo.

Draco le regalò un sorriso accennato e bellissimo e lei sentì sciogliersi dentro pezzi di cuore e amore prepotente come fossero stati burro.

《 Buonasera, Hermione 》mormorò lui.

《 Malfoy 》fu la sua risposta, ma Draco se la fece bastare. 

La guardava di tanto in tanto mentre riempiva il piatto e mangiava poco e niente, spostando il cibo con la forchetta quasi come ci stesse giocando.

Harry, a volte, le chiedeva se volesse altre patate e lei rispondeva che non aveva ancora finito quelle che aveva davanti e lui sollevava le spalle come a dire che sì, magari un altro po' poteva prenderne lui.

Il professor Lumacorno intavolò una discussione sulle cene che organizzava al Lumaclub.《 Ragazzi miei, è tutto diverso adesso. Gli studenti sono così tranquilli, senza preoccupazioni… ah, ragazzo 》disse rivolgendosi a Draco.《 quanto mi è dispiaciuto non averti fatto restare quella sera. 》

Draco sapeva perfettamente a quale sera si riferisse il professore, perciò annuì leggermente e una strana sensazione di orgoglio mista al peso dei sensi di colpa gli riempì la gola.

Appariva comunque rilassato, mentre Hermione si irrigidì tutta quando le tornò in mente il fastidio che in quei mesi aveva provato per lui ogni volta che, insieme a Harry, si chiudeva nello studio di Silente.

Non aveva mai capito il motivo di quegli incontri, si era sempre chiesta perché un Mangiamorte dovesse avere a che fare con Il Salvatore del Mondo Magico fino a quando quest'ultimo non le aveva raccontato la verità.

E, allora, il fastidio era diventato muta sopportazione e, poi, quasi simpatia.

Fino a quando non era riuscita a bucare la corazza dei suoi abiti sempre perfettamente stirati e si era persa in quel labirinto di neve e costellazioni morte che era Draco Malfoy e ci era entrata dentro tanto da sentirsene parte, un puntino minuscoli in quella galassia di errori e cose giuste, quasi come lei stessa fosse parte della stessa materia delle stelle che brillavano tenue in lui.

Per questo aveva fatto un passo indietro, per questo aveva cominciato a guardarlo da lontano come se soltanto dopo tanti anni si fosse resa conto di avere di fronte una persona vera e non un burattino.

E aveva cominciato a volergli bene in silenzio, quasi come se a dirlo a voce quel sentimento sarebbe diventato troppo grande per lei…

Così grande che, alla fine, era diventato amore senza che lei se ne accorgesse.

《 Signorina Granger? Va tutto bene? 》le chiese il professore. 

Hermione voltò lentamente il viso verso di lui, le gambe due tronchi e la sedia spostata indietro. 

《 Scusatemi, io… 》cominciò farfugliando le prime parole.《 Io ho un fortissimo mal di testa. Buonanotte a tutti. 》

Quando uscì dalla Sala Grande, senza che se ne accorgesse, teneva strette tra le dita come un filo di cotone quelle stelle di neve che Draco aveva continuato a sciogliere soltanto per lei.

Arrivare al settimo piano le sembrò un'impresa titanica perché la sensazione di essere tirata indietro, a volte, le immobilizzava i piedi.

Aprì la porta con il fiato corto e la richiuse, ci appoggiò le spalle e scivolò lungo il legno fino a quando non riuscì a stendere le gambe.

Lo sguardo rivolto verso il soffitto, i pensieri un groviglio di domande sempre più fitto e lui…

Lui che adesso sembrava le stesse parlando, con quella voce che sembrava fossero carezze e lo immaginava mentre saliva le scale con le mani nelle tasche, i capelli a coprirgli gli occhi e la lingua stretta tra i denti.

Lo stai facendo di nuovo. 

E lo sentì mentre stirava le labbra in un sorriso, quel rumore finissimo di pelle che si stendeva.

Dove sei? 

Le sembrò assurdo, eppure anche la voce dei pensieri di Draco si insinuava tra cuore e polmoni come una coperta calda sulle spalle in una giornata invernale.

Non hai il diritto di usare la Legilimanzia, Malfoy.

E tu dovresti creare barriere più forti nella tua mente… ma ti preferisco quando non lo fai. 

Hermione strinse gli occhi nella speranza di poterlo cacciare via dalla sua mente ma, quando ebbe l'impressione di esserci riuscita, Draco bussò alla sua porta.

Perché lui l'aveva vista andar via, quasi arrancare per arrivare nella sua camera e chiudere il mondo fuori.

L'aveva vista mentre provava a regolarizzare il respiro ed era stato proprio quello il momento in cui aveva cominciato a leggerla come un libro preziosissimo, talmente delicato da dover essere solo sfiorato per far sì che restasse intero.

《 Hermione 》la chiamò.

La fronte appoggiata al legno, i palmi delle mani all'altezza delle spalle.

E malediceva se stesso per ogni secondo che lei trascorreva in silenzio.

《Ci stiamo facendo una guerra inutile… lo sai anche tu che nessuno dei due vincerà. Apri la porta. 》

《 Vattene via 》disse con la bocca che tremava.

Draco abbassò le mani, ma non si mosse dalla sua posizione, indeciso se fare ancora un altro passo verso di lei o voltarle le spalle e lasciarla lì dove si ostinava a restare, in quella rabbia infantile e quell'orgoglio così cieco che le impediva di vedere oltre ciò che aveva di fronte.

《 Va bene, me ne vado 》si prese un secondo prima di continuare, quasi si aspettasse che lei lo trattenesse.

Hermione continuò a restare in silenzio, perciò lui inspirò a fondo e continuò: 《 Tu, però, promettimi che… 》

《 Cosa? 》chiese lei, la curiosità della bambina che era stata e il coraggio della donna che era diventata.

《 Che non rinuncerai a vivere davvero. 》

《 Io non sto rinunciando a vivere, sto rinunciando a te. 》

《 Perché? 》

《 Perché io… non è vero quello che ti ho detto ieri e non è vero che non sei mai esistito, che non sei stato niente e nemmeno che ti ho dimenticato. 》

Hermione era scattata in piedi quasi come se lui fosse di fronte a lei, le mani un gesticolare agitato, il tono di voce impetuoso e velocissimo e tutti quei pensieri che non aveva mai pensato che si aggrovigliavano nel petto.

Draco sbatté le palpebre ripetutamente, ripetendo in mente le parole che aveva appena ascoltato fino a quando non si convinse che sì, lei le aveva dette davvero.

E le aveva dette come fossero state confessioni di omicidi terribili e, forse, l'unico a morire era stato lui e poi era rinato in un frastuono di pensieri insostenibili che si aggrovigliavano tra di loro e immagini di lei che si spogliava piano, che si avvicinava piano a occhi bassi e cuore in tumulto.

Prima di ricominciare a parlare, lui ingoiò un sospiro pesantissimo di aspettative:《 Allora perché continui a scappare? Perché continui a fingere che un'altro che non mi somiglia per niente vada bene per te? 》

《 Perché ti voglio. 》

Non si rese conto immediatamente di quello che aveva detto e, nel momento in cui le sue stesse parole le mulinarono di nuovo tra la lingua e la bocca, Hermione strinse le mani a pugno, le unghie conficcate nei palmi fino a lasciare il segno e la voglia di diventare muta all'istante, di potersi rimangiare quella maledetta verità che aveva avuto la forza di uscire da sola dai polmoni come fosse stata aria in eccesso.

《 Allora fammi entrare 》disse Draco, con la fronte ancora appoggiata alla porta e i brividi sulla pelle.《 Dai. 》

Hermione stese le mani e le guardò con gli occhi lucidi di chi ormai si è arreso alle richieste del proprio cuore e ha spento la ragione, perché quando si trattava di Draco, lei proprio non riusciva ad avere un pensiero che non fosse lui.

Strinse la maniglia della porta e seguì le striature del legno come a volersi perdere su di esse e magari essere così rigida e ferma da potersi imporre e dirgli di andarsene, di riprendersi anche il più piccolo frammento di se stesso che lei si portava dentro e di non tornare più. 

《 Hermione 》disse ancora Draco.《 Non farò niente che tu non voglia che io faccia. Per favore, fammi entrare. 》

Quando lei aprì la porta, lui quasi le cadde addosso e nell'imbarazzo di entrambi mormorarono all'unisono un ciao dolcissimo e restarono per un po' sulla soglia a guardarsi: Hermione a chiedersi cosa avrebbe significato fare un passo indietro e lasciarlo entrare, Draco a sperare che farne uno in avanti sarebbe servito a qualcosa.

《 Lo sapevo già 》disse lui alla fine, portandole una ciocca di capelli dietro all'orecchio e fermandosi un po' con le dita sulle guance.《 che sei ancora più bella quando ti arrabbi. 》

Le si arricciarono le labbra in un sorriso che lei non seppe trattenere e, a quel punto, si chiese a cosa sarebbe servito fingersi ancora forte, indifferente se davanti aveva la sua più grande rovina e lei non aveva alcun modo per difendersi.《 Entra 》disse soltanto.

《 Ti dispiace se prendo qualcosa da mangiare? 》

《 No, va bene. 》

Draco impugnò la bacchetta e con un incantesimo non verbale appellò un barattolo di Nutella e qualche fetta di pane, Hermione scoppiò a ridere:《 Sul serio? 》

《 Perché no? 》

《 Draco… io volevo chiederti una cosa. 》

《 Certo. 》

《 Ma tu lo hai visto il mare? 》

《 Sì 》e ricordò immediatamente della sera in cui Hermione gli aveva promesso che non sarebbe mai andata via, che in silenzio gli aveva fatto capire di essere pronta a curargli le ferite, a renderlo migliore e lui, dopo quasi un anno senza vederla, aveva deciso di sedersi sulla sabbia e guardare il mare in tempesta che si ribellava a un cielo grigio e triste, quasi volesse con le sue onde ripulirlo dalle nuvole.

E capì cosa provava lei a guardare quell'immensa distesa d'acqua che sembrava infinita, capì cosa significa perdersi in qualcosa che non poteva essere gestito da nessuno e che, forse, l'unica persona davvero in grado di salvare era se stesso.

《 Me lo hai sempre ricordato, il mare… 》

《 Perché? 》

《 Perché non so mai come affrontarlo, perché anche quando sei calmo, hai gli abissi in tempesta. 》

《 E non ti piace? 》

《 Non è questo… 》

《 Allora cos'e? 》

《 Tu mi confondi. 》

《 Non capisco 》ammise lui, facendo un altro passo in avanti e guardandola arretrare di due.《 Davvero, non ci riesco. 》

《 Io mi sento divisa a metà: da un lato c'è la mia vita. 》

《 Dall'altro? 》

《 Ci sei tu e io non so che fare… 》

《 Ti sembra di non conoscermi più, eh? E, invece, io ti riconoscerei anche adesso che non sei più tu… perché lo so che sarebbe lo stesso per te, che faremmo le stesse cose che abbiamo già fatto e diremmo le stesse cose che abbiamo già detto, perché ci sono cose che accadono e basta e che sarebbero accadute comunque, senza che nessuno di noi possa evitarlo. Sta succedendo anche adesso, non vedi? 》

《 Come,  scusa? 》

《 Io lo so, ti giuro che lo so… 》

《 Cosa? 》

《 Che riesci ancora a sentirmi. 》

Hermione trattenne un respiro e se lo sentì scendere giù nella gola, lo sentì imbrigliarsi nei polmoni, perché era vero: riusciva ancora a sentirlo.

E non mentre le parlava o mentre le prendeva la mano e le baciava un dito alla volta; non mentre usava la Legilimanzia e si sedeva nei suoi ricordi come fossero un film in bianco e nero, perché lei riusciva a sentirlo anche quando lui non c'era.

《 Forse è meglio che tu te ne vada 》gli disse, tra di loro soltanto il suo braccio teso e la sua mano stretta in quella di Draco, le labbra di lui che ancora si soffermavano su ogni curva.

Quando provò a ritrarla, però, lui la attirò ancora più vicino e le bagnò lo spazio tra le dita con l'interno della bocca e impigliò le sue tra i capelli di Hermione, se li strinse tra i polpastrelli e li massaggiò.

Le sembrò che quel suono le stesse riecheggiando nella gabbia toracica come l'eco di tutti i loro discorsi lontani e quasi si sentì vuota quando lui smise e si allontanò, adesso entrambe le braccia dritte lungo i fianchi.

《 Quale parte di quello che ti ho appena detto non ti è chiara? 》gli chiese con un cipiglio sprezzante.

Draco scosse la testa come a voler rispondere alla sua domanda senza dover parlare, eppure, alla fine, decise di essere quanto più diretto possibile.《 La parte in cui devo andare via. 》

Hermione questa volta non trovò il modo di controbattere perché si rese che lui, adesso, si stava esponendo come non aveva mai fatto, nudo di tutti i suoi abiti di buona fattura e privo di ogni maschera e lei di fronte a quella trasparenza quasi si sentì cadere nel vuoto.

Durante gli anni in cui erano stati studenti a Hogwarts, Hermione aveva imparato a trovare la pazienza per scorticarlo e sperare di riuscire a intravedere la parte più nascosta, quella che lui non mostrava mai a nessuno, perciò, averlo lì senza barriere fu una cosa che fece crepare tutti i muri che aveva costruito per non permettergli mai più di entrare dentro di lei.

《 Se è davvero questo che vuoi, allora mandami via 》disse Draco, l'espressione in viso di chi non ha più niente da perdere.

《 L'ho appena fatto. 》

《 Fallo ancora. Guardami negli occhi e fallo di nuovo. 》

Lei, però, non mosse un muscolo e, anzi, se possibile, affondò ancora più in profondità lo sguardo nel pavimento quasi come volesse sprofondarci, essere altrove, essere ovunque ma non lì dov'era.

《 Credevo di avere così tante cose da dire… e ora non ne trovo nemmeno una 》disse, alla fine.

《 Qualsiasi cos-》

《 Perché la Parkinson? 》

Draco piegò il viso a tre quarti, le sopracciglia sollevate in un'espressione interrogativa e stava per chiedergli cosa c'entrasse adesso Pansy Parkinson e poi se ne ricordò.

Ricordò di quel pomeriggio in cui lei era entrata nella sua stanza e lui le aveva sbottonato la camicia e poi tutto intorno si era riempito dell'immagine di Hermione e Draco si era trovato con i sensi di colpa incastrati in gola e Pansy a urlare fuori la porta del suo dormitorio.

《 Hermione, non ti ho mai tradita. Con nessuna, perchè ti amo. 》

《 Cosa? 》

《 Io ti amo. 》

E, questa volta, fu rovina e catastrofe naturale insieme, terremoto d'anima e nubifragio di cuore, valanga di lacrime trattenute come cristalli crepati e tornado di una risata sommessa che Hermione provò a coprire con la mano.

Draco spalancò gli occhi, totalmente incredulo che per un attimo pensò fosse solo un brutto scherzo.

《 Tu stai… stai ridendo? 》

《 Scusami 》disse lei, piegandosi quasi in due. 《 Davvero 》cercò di dire senza riuscire a riprendere fiato.《 so che non dovrei, è  solo che… ora smet- 》

E in quell'esplosione di risa, tra le frasi che non riusciva a portare a termine, Hermione si sentì fragilissima, così triste da riuscire a mescolare la tristezza con quell'allegria improvvisa e immotivata.

Quando lui, però, aprì la porta, a lei si mozzò la risata in gola e le lacrime di gioia lasciarono il posto a quelle della disperazione in cui le sembrava di star cadendo.

《 Draco… 》lo chiamò con voce affannata e flebile.

《 Io ti ho vista con lui. Dovevo vederti con lui. 》

《 Perché? 》

《 Per vedere se eri felice, se davvero non avevi più bisogno di me nella tua vita, così dopo sarebbe stato più facile. 》

《 E cosa hai visto? 》

《 Non ho visto noi 》disse a voce bassissima.《Avresti almeno potuto far finta di crederci ancora. 》

《 Io ci credo ancora, maledizione! 》e urlò davvero, questa volta, come se lui fosse già lontano miglia e miglia.

O, forse, lo urlò per impedirgli di varcare la soglia.

Lo guardava, il capo calato, un piede già fuori, fermo sulla porta e pronto ad uscire, ma lei… lei no, non lo era e, forse, pronta non lo era mai stata.

Pensò soltanto che non poteva lasciarlo andare e non sapeva più cos'altro inventare per fargli capire che lo voleva lì e ci stava provando in tutti i modi, perché non sapeva dove prendere il coraggio di chiedergli di restare.

Lei che era stata coraggiosa tra i coraggiosi, che non si era mai tirata indietro di fronte alla paura; lei che aveva letto mille fiabi di principi e principesse che avevano lottato per il loro amore, che aveva affrontato il male a testa alta.

Proprio lei, il coraggio di chiedergli di restare, non ce l'aveva.

E se ne stava lì, una mano stretta attorno alla maniglia, senza riuscire a chiudere la porta e lui, le spalle rivolte verso l'interno della camera e i pugni chiusi in tasca, non riusciva ad andarsene.

Draco fece un movimento impercettibile con la testa, quasi avesse concluso un dialogo con se stesso e avesse annuito per darsi ragione, poi stirò il collo nella direzione di Hermione e, lentamente, si voltò completamente a guardarla.

《 Che cosa hai detto? 》la voce roca ridotta a un sussurro perché credeva che se l'avesse chiesto ad alta voce, allora quelle parole sarebbero diventate irreali.

E tutto quello che era successo fino a quel momento non sarebbe stato vero.

《 Ho detto che ci credo ancora. 》

Sembrava avessero corso chilometri, sembrava non avessero più aria nei polmoni, tutti e due con il fiato corto e le labbra schiuse.

《 Non posso andarmene così. 》

《 Allora non andare. 》 

E se prima erano state catastrofi naturali, adesso era soltanto il silenzio assordante che segue una guerra in cui non ci sono nè vincitori nè vinti, in cui non si hanno più armi per combattere e non resta che alzare bandiera bianca e arrendersi.

Perché è così: a volte, dobbiamo semplicemente arrenderci.

Draco le sistemò di nuovo una ciocca di capelli dietro l'orecchio, poi appoggiò il palmo dietro la nuca di Hermione e la sentì sospirare nella bocca, l'ossigeno di lei che si mescolava al suo e riempiva la vene per ucciderlo, perchè,  in quel momento, mentre Hermione cercava la sua lingua e la rincorreva solo per morderla, lui un po' morì.

Se la tirò addosso, entrambe le mani ai lati del viso umido di Hermione, mentre lei, con le sue, gli stava toccando il cuore e gli stava impartendo ritmi che lui credeva di aver dimenticato. 

Gli sembrò di non aver aspettato nient'altro che quel momento e gli sembrò di avere di nuovo la divisa della scuola, di avere vent'anni e di aver appena capito di essere innamorato di lei.

Hermione, invece, avvertì le ossa frantumarsi di fronte alla consapevolezza di essersi soltanto illusa di poterlo cancellare dalla mente e sradicare da cuore, come radici di un qualsiasi fiore fuori stagione.

Proprio lui che, invece, le radici le aveva perse dentro di lei, così in profondità da non riuscire più a trovarne l'origine.

E, pelle contro pelle, lei potè finalmente respirare davvero

Draco le morse delicatamente il labbro inferiore, facendoselo scivolare tra i denti e lei fece per spostarsi quando lui le strinse i polsi e la costrinse a rimanere dov'era.

Dopo, appoggiò la fronte a quella di Hermione, facendo un passo indietro solo per darle la possibilità di poter andar via, la stretta debolissima sui polsi e il cuore incastrato tra il palato e la gola.

《 Quello che ti ho detto ieri è vero: tu mi sfibri 》le soffiò contro la bocca.《 Mi riduci a brandelli, Hermione. 》

《 Per favore, non… non parlare. 》

《 Va bene. Se vuoi, possiamo restare così, senza dire niente. 》

Hermione alzò il viso per guardarlo e si sollevò sulle punte, lasciandogli l'ombra di un bacio sul pomo di Adamo e lo vide andare su e giù quando lui ingoiò una frase che non riusciva a dire o, forse, un'emozione troppo grande.

《 Draco, ti prego, fai l'amore con me. 》

Angolo Autrice:

TADAAAAN.

Eccomi qui, sono tornata.

So che mi avete odiata, soprattutto nel capitolo precedente, ma con questo…

Con questo spero che possiate perdonarmi 

E che possiate emozionarvi.

A presto. 


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Capitolo 22
*** Sei tutti i miei sbagli. ***


Sei tutti i miei sbagli.

《 Questo non è un tuo sogno, Hermione. 》

《 Lo so. Te lo chiedo per questo. 》

《 Ascolt- 》

《 Se non mi fossi svegliata, io... io non mi sarei fermata. 》

Lui chiuse gli occhi e si morse la lingua, perché, se soltanto avesse avuto il coraggio di parlare, le avrebbe detto che nemmeno lui si sarebbe fermato, che l'avrebbe consumata con i baci e l'avrebbe guardata dormire per tutta la notte e, forse, se la sarebbe tenuta addosso anche all'alba, per sempre.

Quando Draco tornò a guardarla, Hermione aveva la guance arrossate, le labbra gonfie e i capelli in disordine un po' come durante i primi anni a Hogwarts, eppure, gli sembrò bellissima.

Aveva ancora le mani strette attorno ai suoi polsi e gli parve di riuscire a sentire il suo cuore battere tra le dita, sotto la pelle e all'interno di quelle vene che spiccavano come lividi sulla pelle chiarissima.

E non si mosse. Rimase fermo e in silenzio a chiedersi se quella richiesta fosse soltanto nata dalla sua immaginazione.

Allora, Hermione sfilò i polsi dalla sua stretta e fece un passo indietro, il mento alto e lo sguardo lucido e lo fissò a lungo.

《 Obbligo o obbligo? 》gli chiese dopo un po'.

《 Cosa stai facendo? 》

《 Devi rispondere 》disse semplicemente lei, le braccia stese lungo i fianchi, il petto che si alzava e si abbassava lentamente ad ogni respiro.

《 Obbligo. 》

《 Fai l'amore con me. 》

《 Hermione, aspetta... 》

《 Per favore 》le lacrime che rischiavano si superare il confine delle ciglia e lei che cominciò a tremare come una foglia mossa dal vento.《 Hai detto che non avresti fatto nulla che non avrei voluto. 》

《 Io non posso. 》

《 Hai scelto obbligo. 》

《 Non importa quello che ho scelto, Hermione. M'importa solo di quello che vuoi davvero. 》

Lei si avvicinò a passi piccolissimi, le mani che scivolavano sulle spalle di lui mentre gli toglieva la giacca e le dita impacciate a sbottonare la camicia, una tortura infinita durante la quale Draco non fece altro che studiare ogni suo piccolo movimento.《 Io voglio farlo. 》

Lui scosse la testa, il sorriso appena accennato e le mani ferme su quelle di Hermione.《 Sei assurda, amore... sei... 》si interruppe nel momento preciso in cui quella parola gli accarezzò la lingua.

E gli tornò in mente il sogno che aveva vissuto nei sogni di lei, la stanchezza che aveva avvertito tutta insieme nei muscoli e, proprio mentre lei incatenava gli occhi ai suoi, Draco, la forza di opporsi ai suoi desideri, la perse completamente.

La vide sbriciolarsi sul corpo, mentre Hermione in punta di dita gli sfiorava lo sterno e le costole e scendeva più giù con una calma che gli fece mozzare il respiro, così lenta che quasi sembrava volesse imprimerselo nella memoria della pelle.

E a lui, invece, sembrarono bruciature d'anima.

Si lasciò toccare.

Hermione gli lasciò addosso graffi invisibili e, quando si rese conto che non lui non aveva emesso alcun gemito, si mise in ginocchio, gli slacciò la cintura e sistemò le mani sul bordo dei pantaloni per tirarli giù.

Draco, però, le strinse le mani nelle proprie e, ancora una volta, scosse la testa, perché la amava così tanto che quasi si sentì umiliato da quel gesto.《 Non così, ti prego. 》

Si fermò un attimo a guardarla: indossava un abito rosa pallido di maglina che le arrivava al ginocchio, gli intrecci di stoffa disegnati le accentuavano leggermente le curve e lui si perse in quella trama di stoffa e pelle, tra il collo e l'incavo delle spalle che rimanevano scoperti.

La tirò su senza mai smettere di guardarla, poi le prese il viso tra le mani e le baciò la fronte, gli occhi, il naso e il contorno delle labbra, il mento e poco più giù quasi come la stesse disegnando con i baci.

《 Io non ho fretta, Hermione. Ho aspettato questo momento per troppo tempo, è vero, ma non ho fretta 》le disse sulla bocca.

Hermione ingoiò il suo respiro, se lo fece scendere nei polmoni e lo sentì mescolarsi con il proprio.《 Nemmeno io 》ammise con un filo di voce.

Draco la spogliò piano, sollevandole il maglione della testa e accarezzando ogni centimetro di pelle e ogni ciocca di capelli, la schiena e si fermò sul coccige.

La sentì tremare sotto le dita e rimase fermo a vivere quei brividi in silenzio, la fronte poggiata a quella di Hermione e gli occhi aperti.

Pensò che se quello fosse stato il suo ultimo giorno di vita, allora, sarebbe stato felice anche di morire.

Hermione gli appoggiò le mani dietro la nuca e lui mise le sue sulle natiche per tirarla su, le gambe di lei allacciate attorno ai fianchi.

Si avvicinò al letto, la stese delicatamente sul materasso e poi si stese addosso a lei.

Le sfilò le calze, mentre lei tornò a sbottonargli la cintura, fino a quando non riuscì a tirare giù i pantaloni e, di nuovo, riprese a toccargli i muscoli del ventre.

Era cambiato, Draco, e non solo perché adesso i muscoli erano leggermente più evidenti e nemmeno perché aveva lasciato crescere un poco i capelli che, ora, gli ricadevano sul viso appena arrossato.

Erano cambiate le sue mani che la toccavano con una delicatezza che le ruppe le ossa, era cambiata la sua bocca che la baciava come se avesse patito per anni la fame e adesso volesse godere di ogni sua briciola per non saziarsi subito.

Ed era cambiata la sua voce, il modo in cui pronunciava il suo nome quasi come fosse allo stesso momento bestemmia e preghiera.

Hermione risalì lungo le braccia e si sollevò per riuscire a baciarlo, il tremore in tutto il corpo e con cui il freddo di Ottobre non aveva nulla a che fare: le sembrò di potersi spaccare in mille pezzi sotto quei brividi e di potersi ricomporre un attimo dopo, perché l'unico pezzo che le era mancato per essere completa, adesso, era dentro di lei.

E gemeva con lei, quasi all'unisono, quasi come se entrambi stessero vivendo allo stesso ritmo di cuore.

Perché è così, a volte: semplicemente si vive allo stesso ritmo di cuore.

Quando Hermione inarcò la schiena, Draco la sostenne con il palmo aperto sulla spina dorsale e, subito dopo, poggiò la testa accanto alla sua.

《 Scusami 》disse senza sollevare il viso.《 È che dopo di te... io non sono stato con nessun'altra. 》

《 Mai? 》

《 Mai. 》

Lei si voltò per guardarlo, lo sguardo dolcissimo di emozione fermo sul profilo nascosto di Draco e non si chiese mai se lui stesse mentendo o meno, perché gli credette subito.

《 Mi dispiace 》aggiunse lui, come se davvero quella che aveva appena confessato fosse una colpa.

Hermione sorrise con il cuore in gola.《 È la cosa più bella che mi abbiano mai detto. 》

Ed era vero: in quelle parole, forse, lei era stata capace di intravedere tutto l'amore che lui le aveva sempre taciuto, ogni volta che la guardava con quegli occhi illeggibili senza darle il permesso di annegarci.

In quelle parole, lei si era sbucciata da dosso la pelle che aveva sempre creduto di conoscere e si era riconosciuta come mai prima di allora.

Hermione si mise a cavalcioni su di lui, l'imbarazzo di essere totalmente nuda accennato sulle guance, e gli fece segno di avvicinarsi.

Lei gli accarezzò il viso, poi posò le mani sulle spalle senza mai smettere di guardarlo negli occhi: avrebbe voluto dirgli tantissime cose, ma le sembrò di aver dimenticato tutte le frasi che fino a un attimo prima le giravano per la testa.

Una parte di lei tremava ancora al pensiero di quello che era successo poco prima, l'altra parte, però, non si era ancora accontentata, perciò si spinse un po' in avanti con il bacino e la reazione di Draco fu immediata.

Mise le mani sulle sue cosce, in una muta richiesta di poterla toccare, gli occhi fissi in quelli di Hermione.

Lei acconsentì con un piccolo movimento della testa e, di nuovo, si sporse leggermente a baciargli il collo.

Questa volta, però, Draco fu delicatissimo: se la tenne addosso, una mano stretta sul suo fianco e l'altra premuta dietro la nuca, tra le dita i suoi capelli e i gemiti che lei tratteneva in gola.

Hermione non smise di baciarlo se non per riprendere fiato e, in quel momento, si chiese perché fosse necessario respirare se farlo comportava allontanarsi dalla sua bocca.

《 Per favore, non ti fermare 》gli chiese mentre qualcosa dentro di lei si stava spezzando.

E, se proprio doveva ridursi a essere brandelli di se stessa, tanto valeva farlo insieme a lui: spezzarsi, annullarsi, distruggere tutto quello che aveva costruito fino a quel momento.

Perchè non serviva a niente difendersi, opporre resistenza quando era stata proprio lei ad aprire le porte del suo castello di carta; era stata sempre a lei ad arrendersi con una richiesta che le aveva fatto ribollire il sangue nelle vene nel momento preciso in cui gli aveva chiesto di fare l'amore con lei.

Almeno quella notte.

Ginny una volta le avevo detto che si percepiva quando una storia si stava portando alla deriva per finire... allora perché lei si sentiva una nave in alto mare?

E perché si era sciolta non appena Draco le aveva posato gli occhi addosso?

Sei assurda, amore...

《 Vieni con me 》gli aveva chiesto ancora, il respiro pesante e le parve di aver ricordato tutte le parole che aveva scordato poco prima.

Draco non rispose: semplicemente le strinse i fianchi, le carne di lei a riempire lo spazio tra le dita e quello tra il cuore e i polmoni.

《 Hermione 》disse e lei lo guardò, bocca schiusa e occhi che sembravano volessero inghiottirla.

Poi poggiò la fronte sul petto e la baciò l'incavo tra i seni, Hermione gli accarezzò la schiena ancora tesa.

Rimasero nella stessa posizione per un tempo indefinito: lei a respirare il suo profumo, lui a riempirsi di primavere.

Dopo un po', Draco si era steso al suo fianco, il viso rivolto al soffitto e gli occhi chiusi, lei invece aveva poggiato la testa su una mano, sollevandosi su un gomito e lo guardava come se fosse qualcosa di inaspettato, come se fosse un miracolo.

Lui sorrise, la leggerezza nella voce:《 Mi stai mettendo in imbarazzo. 》

《 Perché? 》

Si sistemò in modo da poterla guardare e le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Rimase così a sentirsela battere dentro come se da lei dipendesse il battito del cuore e l'allineamento dell'asse terrestre.

Come se fosse a lei decidere il sole o la pioggia, l'alternarsi delle stagioni e le fasi lunari.

Lei, così piccola da fargli alzare le mani in segno di resa.

Lei che era sempre sembrata troppo fragile e che, invece, aveva avuto la forza di mettere sottosopra tutto il suo mondo e polverizzare con un battito di ciglia le idee di purezza con cui era cresciuto.

Lei, sempre lei, che era veleno e antidoto insieme, rovina e fortuna allo stesso tempo.

《 Non mi pentirò mai di quello che è successo stanotte 》disse e gli morì sulle labbra, quel sorriso bellissimo che era solo per lei, perché Hermione si era allontanata impercettibilmente, eppure, quella distanza, gli sembrò incolmabile.

La osservò mentre nascondeva gli occhi sotto le ciglia, in cerca di quelle parole che chissà dove aveva occultato.

Quelle parole che non aveva ancora pronunciato e che gli tagliarono pelle e anima insieme.

Le aspettava come acqua nel deserto, eppure, quando Hermione rimase in silenzio, Draco si rese conto di stare ancora peggio.

《 Va bene 》cominciò alzandosi dal letto e piegandosi a raccogliere i suoi vestiti.《 È meglio che vada via adesso. 》

Sei.

Lei non si mosse: rimase con il viso poggiato sul palmo e gli occhi bassi per non vederlo andare via.

Perché lei, in quei silenzi, aveva trattenuto lacrime e amore che l'avevano sviscerata, completamente azzerata e, di parole per spiegarglielo, Hermione, non ne aveva trovate.

E se le cullò contro il cuore, sotto la pelle, perché forse è quello il posto delle parole che non riusciamo mai a dire.

Un piccolo angolino che si è scavato con il tempo nello spazio tra le costole e diventa parte noi e, a volte, crediamo di averlo dimenticato quando, invece, è sempre lì a ricordarci quante volte ci è mancato il coraggio di parlare.

Draco, però, non poteva saperlo...

La guardò un'ultima volta, vide ancora se stesso sulle lenzuola stropicciate e lei che ancora gli toccava il viso, le braccia.

Scosse la testa, le augurò la buonanotte con un filo di voce che forse lei non riuscì a sentire e si chiuse la porta alle spalle.

Si maledisse ancora e, se avesse potuto, si sarebbe preso a pugni perché lui lo sapeva.

Sapeva che con Hermione non era mai stato niente facile -nemmeno insultarla, nemmeno odiarla- che avrebbe fatto di tutto per ridurlo in cenere e distruggere tutto come se soltanto lei avesse il potere di decidere chi doveva morire e chi no.

E, forse, pensò, quello era soltanto un modo per dirgli addio davvero.

I piedi seguivano il disegno imperfetto delle pietre del pavimento, mentre lui si era perso tra il rimpianto di essersi lasciato andare, di essere caduto ai suoi piedi al solo suono della sua voce.

E, tra i sensi di colpa e il desiderio di tornare indietro, Draco pensò che, in ogni caso, era stato un bene averle confessato i sentimenti che si portava dentro da troppo tempo, perché, nonostante tutto, adesso sentiva un peso in meno sul petto.

Assurda.

Hermione, invece, guardò verso la porta con la speranza di vederlo tornare con quel sorriso che gli aveva lasciato all'altezza del cuore e si rese conto di star piangendo soltanto quando provò a spostarsi i capelli dal viso.

Le si inumidirono le dita e, alla fine, si coprì gli occhi e trattenne i singulti che la scossero tutta.

Lei, che si era sentita strappare le viscere quando lui era andato via.

《 Nemmeno io 》disse al vuoto, come se Draco fosse ancora lì, un alito sottilissimo di voce che sembrò far tremare le pareti.

Perché è questa, la verità: un terremoto d'anima che fa crollare tutto quando è soltanto sussurrata.

Hermione crollò anche lei a ricordare quello che era appena successo in quei secondi in cui l'aveva guardata, un centimetro di pelle alla volta per lasciarla sospesa nell'attesa di avere ancora l'attenzione di quegli occhi.
Non riusciva a non pensarci, a chiedersi perché aveva l'impressione di essersi ustionata sotto quelle carezze di pupille e iridi.

E se li sentiva addosso, quegli sguardi, e avrebbe voluto averlo davanti per dirgli di riprenderseli, di tenerseli per sé o, magari, di non allontanarli mai da lei.

Si era sentita bucare la pelle e le ossa quando lui l'aveva toccata con quelle mani grandi che avrebbero potuto disintegrare il mondo e che, invece, a lei, l'avevano rimessa insieme e poi ridotta ancora in mille pezzi, forse ancora più piccoli di quelli che si trascinava dietro da anni.

Amore.

Emise un respiro profondo, quasi volesse liberarsi di tutta l'aria che aveva nei polmoni e morire soltanto per tornare indietro e riaverlo ancora lì.

Quando riuscì ad alzarsi, però si guardò intorno: la valigia ancora accanto alla porta, il letto sfatto e le nacque dentro la voglia di tornare a casa e chiudersi in se stessa, di lasciare il mondo fuori e vivere solo del ricordo di quella notte.

~

Harry aveva proposto di tornare a Londra nel modo in cui erano arrivati a Hogwarts per la prima volta.《 Ho voglia di tornare a King's Cross 》aveva detto.

Draco aveva storto il naso, Hermione era rimasta in silenzio.

Sul treno, comunque, occuparono lo stesso scompartimento, in un misto di tensione visibile a occhio nudo e palpabile anche a mani incerte e Harry si pentì immediatamente di aver insistito tanto.

《 Quindi 》esordì sperando di tirarsi fuori da quell'imbroglio di emozioni che non riusciva a capire.《 È stata una bella settimana, no? 》

Entrambi gli rivolsero un'occhiataccia e lui fece finta di non vedere, mordendosi l'interno della guancia per non sorridere.

《 Insomma 》riprese.《 Noi abbiamo fatto il nostro dovere e Hermione ha tantissimo materiale su cui lavorare. 》

《 Sta zitto, Potter, maledizione! Ma quanto parli? 》

《 Sei un po' nervoso, Malfoy? Hai per caso dormito male? 》

Draco avrebbe voluto dirgli che no, non aveva dormito male perché non era stato capace di chiudere gli occhi nemmeno per un secondo e, senza rendersene conto, si voltò a guardare Hermione che avvampò immediatamente.

Perciò, alla fine, liquidò il collega con un movimento della mano.

《 Bene, volete qualcosa da mangiare? Io ho una fame da lupi 》disse ancora Harry uscendo dallo scompartimento.

Draco si appoggiò al finestrino, massaggiandosi gli occhi con i polpastrelli, Hermione continuò a tenere lo sguardo basso per nascondersi dal suo.

Draco, però, li aveva già visti i suoi occhi rossi e si era chiesto se avesse pianto e quanto.

Decise di non pensarci, di non parlare, eppure, tutto quello che non stava dicendo gli premeva alla base della gola per uscire.

Ingoiò tutto, quasi sperando di poter diventare muto e accadde, perché serrò le labbra per evitare che anche un respiro uscisse e, quando credette che nemmeno lei avrebbe spiccacato parole, Hermione cominciò a parlare a voce bassissima.

《 Draco, ascolta... 》disse senza alzare lo sguardo.

《 No, davvero, non devi giustificarti. Tu sei andata avanti con la tua vita, lo capisco. 》

《 Anche tu lo hai fatto 》lo accusò, adesso gli occhi piantati in quelli di Draco.

《 Io l'ho mandata via non appena sei tornata. 》

Hermione incassò il colpo e per un attimo trattenne il fiato come se avesse ricevuto un pugno al centro del petto, non riuscendo a trovare alcun modo per replicare.

Scosse la testa e tornò a fissare le punte delle sue scarpe.

Si sentì tremendamente fragile e, a modo suo, lo dimostrò battendo il pugno contro la sua gamba.

Draco la guardò e sentì il cuore tremare, perché lui sapeva che dietro quella maschera di rabbia c'era tutta la fragilità del mondo; sapeva che lei fingeva quell'aggressività solo perché non era in grado di ammettere che tutto quello che aveva costruito senza di lui non le bastava, che le pesava e provò una tenerezza infinita.

Eppure... eppure non fece niente per consolarla.

Anzi, si preparò a dirle tutto quello che forse non le avrebbe mai detto, con ancora davanti agli occhi l'ultima volta in cui l'aveva amata come un disperato:《 Fosse dipeso da me, scesi da questo treno, saremmo tornati a casa insieme. Tu, però, sei talmente ipocrita, talmente bugiarda con te stessa che non ammetterai mai di volere la stessa cosa. È stato uno sbaglio, Hermione... tu sei tutti i miei sbagli.

Lei sussultò e pensò che, forse, un Sectumsempra avrebbe fatto meno male.

Provò a mandare giù le lacrime, ma queste le si bloccarono in gola e semplicemente le lasciò andare silenziosamente, piccole stille di dolore che asciugò in fretta con il dorso della mano.

Prese un respiro profondo e strinse le mani in grembo, forse, per trattenere a sé quelle briciole di cuore che, se prima sarebbero servite a tornare da lui, adesso non servivano più a niente.

《 Anche tu 》un sorriso tristissimo di sconfitta nella voce.《 Anche tu sei tutti i miei sbagli. 》

Harry entrò nel momento in cui Hermione terminò la frase e risparmiò a entrambi la fatica di combattere ancora in quella guerra persa in partenza.

《 Ho interrotto qualcosa? 》chiese aggiustandosi gli occhiali sul naso.

《 No 》risposero all'unisono Draco e Hermione.

Harry sollevò le spalle e fece finta di crederci.

Angolo Autrice:

Molto breve questa... spero solo che non mi odiate e che non vi fermiate solo a quello che è scritto in questo capitolo.

A presto.

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Capitolo 23
*** Ne varrà la pena, vedrai. ***


Ne varrà la pena, vedrai.

Fai l'amore con me.

Se in passato gli avessero detto che avrebbe trascorso notti insonni peggiori di quella che aveva trascorso a Hogwarts la settimana precedente, probabilmente Draco avrebbe riso, perché quasi nessuno conosceva le sue notti insonni, quelle durante le quali si sfacellava le meningi pur di trovare una soluzione, un modo per togliersi dalla pelle quel maledetto Marchio Nero e non sottostare a un compito che non voleva svolgere.

E, in quelle notti, aveva imparato che il tempo poteva essere tiranno, che il giorno poteva arrivare prima del previsto e che i segni del non aver dormito gli si stampavano sulla faccia come un monito.

Aveva imparato che il Marchio Nero non veniva via in nessun modo, nemmeno provando a strapparsi la carne del braccio a morsi, a tagliarlo, a bruciarlo e che i segni di quei tentativi di pulizia sembravano renderlo più definito e potente.

Se in passato gli avessero detto che avrebbe trascorso notti insonni peggiori di quelle che aveva trascorso am Hogwarts la settimana precedente, probabilmente Draco avrebbe riso ancora più forte.

Fai.

Eppure, fermo e immobile nel suo letto troppo grande, adesso guardava le lenzuola che aveva stretto tra le mani ogni volta che il ricordo di un ansito di Hermione gli faceva aprire gli occhi di scatto.

E, aveva imparato due cose che prima di allora credeva impossibili da imparare e cioè: che Hermione aveva un modo tutto suo di gemere, con quel filo di voce sottilissimo che sembrava quasi gli tagliasse le vene e che lui, senza di lei, non riusciva più a dormire.

Se adesso gli avessero detto che avrebbe trascorso notti insonni peggiori di quelle che aveva trascorso a Hogwarts la settimana precedente, probabilmente Draco avrebbe annuito.

Perché era vero.

Perché, da quando era tornato nel suo appartamento, non faceva altro che guardarsi intorno e sentire lo stomaco stringersi in una morsa che non gli dava pace, quella maledetta pace mentale che lui aveva costruito a fatica, mattone dopo mattone, e che si era sfracellata davanti ai suoi occhi come fosse stata di sabbia bagnata.

Se la vedeva ancora di fronte, gli occhi appannati e quella voce che sembrava supplicarlo di seguirla nel baratro, di cadere insieme a lei.

Lei, che sembrava si fosse incatenata da sola in quell'inferno con il solo proposito di farlo precipitare.

Scosse la testa, con la speranza di poter rimuovere l'immagine che ora aveva di lei e riprese ad abbottonare lentamente la camicia, per coprire quello squarcio invisibile che aveva sul petto, nel punto preciso in cui lei aveva indugiato con le dita e con la bocca, proprio vicino al cuore.

E, di nuovo, il ricordo dei gemiti di Hermione gli bloccò le mani, come se fosse lei stessa a stringerle, a portarsele addosso.

Si era smaterializzato direttamente fuori al portone di Azkaban, il vento che gli sferzava sul viso, il freddo che sentiva dentro e che non era quello dell'inverno.

Non c'era bisogno di dire ai due uomini di guardia chi fosse, li sorpassò facendo un cenno del capo in segno di saluto e salì le scale fino al piano in cui si trovava la cella di Lucius.

Lucius che non era più suo padre; Lucius che, forse, padre, non lo era mai stato.

Lo trovò in piedi a guardare la tempesta che si preparava a esplodere fuori dalle sbarre e non sussultò nemmeno quando lui richiuse la porta alle sue spalle.

L'amore. 

《 Allora, hai cambiato idea? 》

《 Cosa te lo fa pensare? 》

《 Il fatto che tu mi abbia mandato a chiamare. 》

《 Solo per ricordarti quanto io mi vergogni di te. 》

《 Come vedi, sopravvivo anche senza il tuo orgoglio di padre. 》

Lucius ghignò e lui si attorcigliarono le budella.《 Lo vedo 》disse, guardandolo dritto negli occhi.《 quanto tu sia sceso in basso, a cosa ti sei ridotto pur di non seguire la giusta causa. 》

《 E quale sarebbe, la giusta causa? L'idea folle di un Mezzosangue di sterminare i suoi simili? 》

《 Cosa ne vuoi sapere… 》

《 Oh, io ne so fin troppo, di Mezzosangue e babbani. 》

《 Ti ci eri mischiato, con una babbana. 》

《 Più di quanto tu creda. 》

Lucius sembrò incassare il colpo, sembrò fosse stato preso alla sprovvista da quella risposta e sobbalzò appena, ma non gli diede la soddisfazione di vederlo tremare.

E Draco, dal canto suo, sembrava intenzionato a vederlo a soffrire, a ficcare ancora più in profondità la lama di un coltello che si erano passati di mano troppe volte.

Lucius con lui, lui con Bellatrix, Bellatrix con lei, lui con lei.

Ma quanto in profondità può arrivare, una lama? Quand'è che riesce a trapassare il cuore di una persona?

E se una persona non ce l'ha, il cuore, cosa colpisce, quella lama?

《 Sei diventato lo zimbello dei Purosangue per una cotta adolescenziale 》gli disse ancora Lucius.

Adesso, però, era Draco ad avere il coltello dalla parte del manico, riusciva chiaramente a sentirlo tra le mani.

《 Non è mai stata una cotta adolescenziale. È una cosa andata avanti per mesi, al quinto anno ed è iniziata prima ancora che voi li catturaste. Forse, molto tempo prima. 》

Lucius questa volta scattò in piedi, la mano aperta a battere contro il muro, tutta la rabbia e la vergogna che tratteneva da tempo che, se lui avesse avuto un briciolo di forza fisica in più, avrebbe potuto far tremare le pareti.《 Ci eri cascato con tutte le scarpe, eh? 》

Draco lo osservò a lungo mentre stringeva i pugni, lo guardava di sbieco e poi tornava a colpire la parete di pietra.

Non gli era sfuggito il modo in cui, nonostante tutto, suo padre avesse parlato al passato, come se Hermione fosse un capitolo chiuso, come se fosse stata davvero solo un passatempo.

Stava cercando in qualche modo di ferirlo, di vederlo sanguinare dagli occhi, solo per la soddisfazione di sapere che tutto quello che aveva fatto fino a quel momento non fosse sbagliato.

Alzò il mento, nascose le mani nelle tasche per far capire all'uomo che aveva di fronte che a lui, paura, non gliene faceva più, che aveva imparato a vederlo per ciò che era davvero e quello che era non aveva niente a che fare con ciò che lui aveva creduto da bambino: Lucius Abraxas Malfoy non era un eroe, non era un padre modello, non era un marito perfetto.

Lucius Abraxas Malfoy era un folle.

Con.

《 Ci sono dentro fino al collo 》rispose, poi aprì la porta della cella e la richiuse subito dopo.

《 Gira voce 》la voce gli giunse otturata dal legno.《 che l'Auror Malfoy giri da solo, in compagnia della propria ombra. 》

Ebbe l'impressione di esserci riuscito ad affondare per bene la lama nel petto.

Ma si domandò ancora: se una persona non ce l'ha, il cuore, cosa colpisce, quella lama?

Perché, quello che vedeva scorrere, non era il sangue di Lucius, ma il suo.

E tornò a chiedersi quando era davvero cominciato tutto: se durante quell'ultimo anno a Hogwarts o durante i mesi in cui era stata lontana. 

Se prima di diventare un Mangiamorte o dopo, se quando l'aveva sentita urlare senza, però, mai tradire la sua causa.

Se quando il suo sangue aveva macchiato il pavimento del Manor e lui era rimasto fermo. Forse, molto tempo prima.

E, tornò a chiedersi quando era davvero finito tutto, ma, a quella domanda, Draco non seppe rispondere.

Me.

~

Aria apriva la bocca, poi la chiudeva, tornava ad aprirla e la richiudeva ancora, come se fosse sempre sul punto di dirgli qualcosa.

Blaise, invece, continuava a lanciargli occhiate e poi a fissare la tazza di tè che aveva tra le mani.

Draco se ne stava al centro, senza muovere gli occhi: aveva imparato con il tempo a guardare tutto ciò che lo circondava senza per forza farlo notare.

《 Avanti 》disse a entrambi, un sorriso tirato a stropicciargli la bocca.《 cosa volete dirmi? 》

Quando alzò lo sguardo, capì di non aver sbagliato a pensare che quei due volessero dirgli qualcosa: Blaise lo guardava come se si fosse appena trasformato in un Dissennatore, Aria, invece, come se avesse visto un fantasma.

《 Oh, beh 》cominciò l'amico.《 mi chiedevo dove sei stato. 》

《 Ad Azkaban. 》

《 Non oggi. 》

Da quando era tornato da Hogwarts, Draco aveva passato ore intere nella sala da tè a stare in silenzio e a guardare la sua tazza come se non la vedesse e Blaise e Aria lo avevano intrattenuto con le chiacchiere più leggere e futili a cui lui, ovviamente, non prestava orecchio.

Gli avevano anche raccontato in che modo avessero fatto pace, di come Blaise le avesse chiesto scusa e di come lei lo avesse colpito in testa con un libro di novecentoottantatre pagine.

《 Ho contato anche quelle bianche 》aveva detto Blaise e Draco aveva annuito.

Pensò che, forse, doveva loro una spiegazione e lo doveva anche a se stesso; che, forse, se lo avesse detto ad alta voce, quella lama sarebbe rimasta ferma senza andare più a fondo.

《 A Hogwarts. Con Potter… e lei. 》

Il silenzio che calò subito dopo gli sembrò innaturale, gli ferì l'udito, eppure non se la sentì di romperlo.

Lo fece Aria, con la sua voce dolce, con tutta l'apprensione di questo mondo.《 E come stai? 》

Draco prese un respiro profondo, come se fino a quel momento non avesse fatto altro che trattenere il fiato.

Sentì il peso che non sapeva di avere sul petto scivolare chissà dove e le parole venir fuori senza che se ne rendesse conto.《 Sto di merda, cazzo. 》

Non aggiunse altro e tornò in quelle mura che per troppo tempo lo avevano visto odiarla solo perché non riusciva ad accettare il fatto che, in realtà, l'amasse.

E, pensò che forse era stato questo il problema tra di loro: il fatto che lui avesse avuto tempo per combattere i suoi mostri, per accettare l'idea di lei, di lui con lei, di loro due insieme.

Non era possibile, però, ridurre a quello tutti i loro screzi, le cattiverie che si erano urlati, i silenzi che si erano obbligati a tenere.
Non era possibile ridurre a quello tutto quello che c'era stato nella Stanza delle Necessità, a casa di Blaise, in una camera preparata appositamente per ognuno di loro al settimo piano a Hogwarts, durante una settimana di inizio Ottobre.

《 Draco 》Aria gli posò una mano sulla sua e lui non si ritrasse, perché aveva bisogno di quel contatto, di avere la certezza che lui esistesse davvero e che non fosse solo lo spettro di qualcosa.《 Se è lei che vuoi, fai qualsiasi cosa. 》

Se è lei che vuoi, fai qualsiasi cosa, glielo aveva detto anche Kelly la notte in cui Draco aveva avuto il coraggio e la forza di raccontarle tutto di quella notte in cui non aveva chiuso occhio, ma le stava comunque raccontando un sogno, di lui, di lei, di lui contro lei, di lui con lei, di lui senza lei.

Ma forse qualsiasi cosa non sarebbe stata abbastanza visto che, nonostante tutto quello che era successo a Hogwarts, non erano riusciti ad avvicinarsi.

Come due rette parallele che sono destinate a camminarsi affianco senza mai incontrarsi, anche se, loro sì, si erano incontrati, frantumati a vicenda e riparati allo stesso modo, per poi allontanarsi di nuovo.

Ma, in quell'unico punto d'incontro, era stati capaci di far esplodere le stelle, di riempire il buio con quei frammenti.

In quell'unico punto di contro, si erano cancellati e scritti mille volte, per cancellarsi ancora e riscriversi un'altra volta.

《 Non so veramente come sia cominciato tutto tra voi… 》disse ancora Aria.

《 È successo lentamente 》questa volta fu Blaise a parlare, perché non aveva dimenticato il modo in cui Draco aveva raccontato ad Aria la verità su ciò che erano, sul loro mondo perché lui sentiva la gola stringere ogni volta per paura di una sua reazione, per paura di perderla.《 Draco ha un modo di odiare e di amare che è totalitario: non esistono mezze misure per lui. 》

Draco lo ringraziò con gli occhi e lasciò che l'altro continuasse a parlare.

E infatti, Blaise riprese:《 L'ha odiata così tanto che avrebbe preferito buttarsi giù dalla Torre di Astronomia piuttosto che ammettere che, alla fine, si era innamorato di lei. Ci sono voluti mesi affinché scendesse a patti con se stesso. Credo sia accaduto più o meno al quinto anno. 》Forse, molto tempo prima.《 È stato sfiancante vedere il modo in cui la guardava, il modo in cui stringeva i pugni ogni volta che qualcun altro la toccava. Doveva farlo lui, lui e basta. Stava impazzendo e continuava a negare di volerla e di voler diventare suo. 》 Mia, tuo.《 C'è un confine sottilissimo tra odio e amore e lui non faceva altro che saltare da una parte all'altra: più lei lo ignorava, più lui si ritirava nella convinzione di odiarla. Se lei sorrideva per sbaglio nella sua direzione e magari quel sorriso non era nemmeno per lui, Draco non capiva più niente… sono stato io a chiuderli nel mio dormitorio, per una settimana intera, perché forse sono stato l'unico a capire cosa significavano quelle occhiate che lei gli lanciava: a volte, durante le lezioni, sembrava volesse scavargli la schiena e, in Sala Grande, non cominciava a mangiare se prima non lo vedeva. Il resto della storia lo conosci. 》

Draco, che in tutti quegli anni anni si era fatto bastare la scusa che Blaise avesse visto del buono in loro, in quel momento, capì che c'erano particolari a cui non aveva mai dato peso, sguardi che non aveva mai colto, insistenza d'occhi che non aveva mai sentito addosso e si chiese perché non avesse sentito il bisogno di fermarsi a guardarla solo per farsi male, perché non era mai andato oltre le sue ciglia, oltre la superficie di quegli specchi d'anima.

《 Oh, beh… 》Aria lo guardò come si guardano le crepe su un muro sotto cui si è obbligati a stare fermi, timorosa che potesse crollare da un momento all'altro.

E, se Draco fosse crollato, probabilmente, non sarebbe più riuscito a rimettersi in piedi.

《 Ne varrà la pena, vedrai. 》aggiunse ancora Aria, poi se lo strinse al petto e lo cullò come una mamma culla il suo bambino.

《 Gliel'ho detto 》sussurrò, senza la forza di parlare davvero.

《 Di Kelly? 》

《 Le ho detto che la amo. 》

Blaise spalancò gli occhi e, per un attimo, perse colorito sul viso.《 Cosa è successo veramente? 》

Draco non rispose e, in quel silenzio, si frantumò inevitabilmente.

   ~•~


Quando tornò a casa, quel pomeriggio, Hermione si guardò intorno.

C'è troppo rosa, pensò, portandosi le mani alla gola per allontanare il pensiero che qualcuno le stesse stringendo il collo.

Perché si sentiva soffocare, perché tutto quel rosa le dava la nausea, perché tutto quel rosa non la faceva sentire a casa.

Uscì di nuovo sbattendo la porta, imponendosi di non pensare a niente.

Salutò qualche vicina di casa, si intrattenne a parlare con qualcuna, i soliti convenevoli e la promessa di prendere un caffè insieme e, tra tutte le persone che incontrò, quella che le fece nascere una tenerezza indicibile nel cuore fu una signora anziana con le spalle curve e le mani sottili. 

《 Mi scusi 》le disse avvicinandosi alla ragazza, spingendo a fatica il carrello della spesa.《 Potrebbe prendermi il sale? Io proprio non ci riesco. 》

Hermione si sollevò leggermente sulle punte e l'accontentò, poi qualcosa le fece muovere le mani e si propose con un sorriso di fare quello che a lei riusciva con facilità: spinse il carrello nei corridoi che l'anziana le indicava e l'altra non faceva altro che sorriderle, benedirla e ringraziarla.

《 Ah, se mio marito fosse ancora qui con me 》le disse, poggiandole una mano sul braccio e facendola calare su di lei come se stesse per confidarle i segreti dell'universo.《 Era un uomo alto, elegante, così bello… 》

Lei non trovò il coraggio di dire nulla, le si inumidirono gli occhi e ascoltò in silenzio quelli che forse non erano i segreti dell'universo, ma che le sembrarono altrettanto bellissimi.

《 A trovarlo, oggi, un uomo così… Tu sei sposata, figlia mia? 》

Hermione scosse la testa e la donna continuò il suo racconto, come fosse una favola della buonanotte.《 Un giorno mi ha vista proprio qui… una volta, questo era un piccolo cinema. In realtà, eravamo andati a scuola insieme, ma eravamo bambini e lui non si ricordava di me: era un tale pestifero, non faceva altro che prendermi in giro. Io, invece, mi ricordavo di lui. 》

《 Cosa è successo? 》chiese lei con un filo di voce.

《 Ci siamo innamorati e abbiamo continuato a ridere di noi stessi, perché ridere insieme alla persona che ami è la migliore delle cure. Mi ha lasciata a giugno del millenovecentotrentanove, per arruolarsi come militare nella seconda guerra mondiale: diceva che lo faceva per proteggermi e gli ho creduto perché avevo solo diciassette anni e perché lui era il mio primo amore. Gli ho chiesto solo di non morire e lui ha mantenuto la sua promessa: è tornato vivo ed è tornato da me. Sono stati anni lunghissimi e difficili, ma alla fine, il nostro amore ha superato tutto. 》

《 È una storia bellissima. 》

《 L'amore è una storia bellissima. Una storia per cui vale sempre la pena lottare. 》

Si asciugò una lacrima in bilico tra le ciglia con il dorso della mano, accompagnò la donna alla cassa e uscì dal supermercato per tornare a casa, ma imboccò tutt'altra strada.

Camminò piano per assimilare quel racconto che era così simile al suo, così simile al loro.

Tremò quando le tornò in mente il modo in cui si erano salutati a King's Cross, quando lui si era avvicinato e le aveva lasciato un bacio sulla guancia e un'offesa che le pesava ancora sul cuore.

《 Io non ti voglio nella mia vita 》gli aveva detto, l'orgoglio ferito di una Grifondoro che poteva perdonare e perdonarsi, che della lealtà di cui tanto si vantava la sua casa non ne aveva più un briciolo.

《 Sei una vigliacca, bugiarda 》le aveva detto e lei non aveva saputo cosa rispondere perché, forse, per la prima volta, le offese che le muoveva contro rispecchiavano la realtà di ciò che era diventata.

Adesso, sapeva come avrebbe potuto rispondere, cosa avrebbe dovuto rispondere.

Adesso, sapeva cosa fare.

E quel pensiero la si sistemò addosso come acqua calda, con una lentezza a cui si abituò immediatamente.

Quando tornò a casa, si guardò di nuovo intorno, c'è troppo rosa, pensò ancora e impugnò la bacchetta.

Le dita strette convulsamente attorno al legno e la decisione in ogni fibra del corpo.

Chiuse gli occhi ed evocò l'incantesimo, la voce spezzata a causa del pianto che stava trattenendo, ma forse, quello era l'unico modo per sentirsi davvero pronta.

Mai più vigliacca.  Mai più bugiarda.

Muoveva la bacchetta come fosse stato l'archetto di un direttore d'orchestra, nel silenzio che rimbombava di melodie lontane, di parole che si erano sussurrati, degli ansiti di lui, delle sue promesse, di quelle verità che le aveva confessato con l'anima nuda e la testa sul suo seno. Ti giuro che lo so che riesci ancora a sentirmi. Sei stata l'unica a non capirlo. Con nessuna, perchè ti amo. Perché lei non è te.

Hermione riaprì gli occhi ed ebbe l'impressione di tornare a respirare, non stava più soffocando, avvolta dalle pareti che erano di nuovo grigie, che le ricordavano ancora Draco.

Gli occhi di Draco, di quel grigio tempestoso e pacato allo stesso tempo quando le aveva detto che l'amava; di quel grigio che aveva tremato di passione e malinconia e paura e desiderio quando gli aveva chiesto di restare. Allora chiediti perché sogni di fare l'amore con me. Apri la porta. Vattene via. Io non sto rinunciando a vivere, sto rinunciando a te. Allora perché continui a scappare? Perché ti voglio.

Quando sentì una mano accarezzarle i capelli, Hermione sentì il cuore in gola e ingoiò un urlo.

Quando si voltò, però, trovò lo sguardo dolce di Ginny che le sorrideva.《 Ciao. 》

Hermione l'attirò a sé, la strinse in un abbraccio fortissimo che le serviva a restare in piedi, a non crollare.

《 Ti va di parlarne? 》le chiese l'amica.

Lei scosse il capo e la guardò perché non sarebbe riuscita a fare altro se non scusarsi e Ginny le accarezzò una guancia, perché sapeva che Hermione avrebbe parlato quando si sarebbe sentita pronta.

La portò a sedersi sul divano e appellò due tazze di cioccolato caldo e cominciò a raccontarle della piccola Diana e dei suoi versetti buffi, di quanto le sembrasse ancora impacciato Ron e di quanto, invece, apparisse pronta Lisa. 

Le raccontò di Harry e del suo disordine, dei pranzi alla Tana, di Molly che stava sperimentando delle nuove torte e… e s'interruppe quando Hermione fiatò.

《 Gli ho chiesto di fare l'amore con me 》disse ancora.

Ginny le lasciò il tempo necessario per raccogliere il coraggio di raccontare ancora e lei lo fece.

Mai più vigliacca. Mai più bugiarda.

《 I-o non credevo fosse possibile, davvero. Credevo che a Hogwarts avrei ricordato tutto il male che mi aveva fatto e, invece, ho ricordato solo il bene. 》

《 Cosa farai? 》

In molti le avevano fatto quella domanda, ma, per la prima volta, adesso, Hermione ne capì tutti i sottintesi.

Cosa farai adesso che hai capito di aver sbagliato? Cosa farai adesso che hai capito di amarlo ancora? 

Se ne stava ferma tra le braccia di Ginny, con la testa poggiata sul petto, cullata dai battiti lenti e cadenzati del suo cuore.

Se ne stava ferma tra le braccia di Ginny  mentre dentro era in ginocchio a raccattare i frammenti di ciò che lei stessa aveva distrutto senza capire davvero la gravità di ciò che stava facendo, senza tener conto delle conseguenze.

Cosa farai adesso che hai capito di amarlo ancora?

Mai più vigliacca. Mai più bugiarda.

Se le sentiva sulla lingua, tutte le parole che voleva dire, tutte le scuse le doveva porgere, eppure, si allontanò dall'amica solo per sorriderle.

Le sorrise con una consapevolezza che le liberò i polmoni e la fece sussultare, che la spinse giù in quel buio infinito in cui, però, questa volta, le parve di scorgere una piccola luce.

Prese le mani di Ginny tra le proprie e calò lo sguardo sulle loro dita intrecciate, promesse che non erano mai state dette ad alta voce ma che avevano superato mille ostacoli, allontanamenti, incomprensioni, tutto, resistendo a un tempo che a volte sembrava solo volersi opporre al loro voler far pace e tornare amiche.

E, finalmente, trovò il coraggio di dirle, quelle parole.

Cosa farai adesso che hai capito di amarlo ancora?

Mai più vigliacca. Mai più vigliacca.

《 Miliardi di passi indietro. 》

《 Ne varrà la pena, vedrai. 》

Angolo Autrice:

Non potevo non pubblicare questo capitolo, anche se è più breve rispetto agli altri e forse manca di qualcosa, ma io… io lo adoro.

E spero possiate adorarlo anche voi.

A presto. 

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Capitolo 24
*** Confessioni •(1/2)• ***


Confessioni •(1/2)•

Per prima cosa, guardò fuori dalla finestra e sorrise quando si rese conto che Narcissa aveva mantenuto la promessa di fargli trovare il roseto colorato di rosa.

Draco somigliava terribilmente a lei sul lato caratteriale e, se non fosse stato per quella punta di ambizione che aveva ereditato da Lucius, si sarebbe definito la perfetta copia di sua madre.

La stava aspettando nell'immenso salone del Manor, seduto sul divano con le gambe accavallate e le braccia poggiate sulla spalliera, lo sguardo sempre fermo sul roseto.

Si chiese cosa gli avrebbe detto sua madre, ora che le sue rose non erano né blu né rosse.

Narcissa lo raggiunse qualche minuto più tardi, stretta in un bellissimo abito nero a maniche lunghe che creava un forte contrasto con la sua pelle di luna.

Draco la vide ancora più magra, il viso ingrigito dalla tristezza e provò una forte stretta allo stomaco, perché, nonostante avesse fatto la cosa giusta, sapeva che l'umore di sua madre dipendeva dalle scelte che aveva fatto fino a quel momento. 

«Non guardarmi così» gli disse.

Lui, però, parve non sentirla, perché continuò a guardarla con gli occhi impietositi di chi sa di avere colpe: Narcissa aveva un'eleganza innata e una dignità che superava di gran lunga tutte le sue doti e, a questo pensiero, Draco le sorrise e le si avvicinò. 

«Ti guardo nel modo in cui si guardano le cose belle, perché tu lo sei.»

«Sono solo una vecchia donna.»

Draco sorrise e lei lo imitò, le labbra stirate e l'accenno di qualche ruga sottilissima attorno alla bocca.

«Dimmi un po'» riprese lui. «Cosa mi dirai oggi che le rose sono rosa?»

«Le rose rosa esprimono l'affetto.»

«Quindi, mi stai facendo capire che mi vuoi bene?»

Narcissa scosse la testa. «Molto di più: sei il mio unico figlio, l'unico in grado di farmi andare avanti sempre. Io ho scelto te, Draco, e l'ho fatto perché credo in quello che fai. Non dimenticarlo mai, per favore.»

«Non lo farò» rispose e mise una mano sul cuore proprio come faceva quando era un bambino e sua madre gli confessava segreti e lui prometteva di tenerli proprio lì, nel cuore, senza mai raccontarli a nessuno.

E lo stesso aveva fatto lei, pur non promettendo con la sua mano sul petto, soprattutto quando lui non parlava e raccontava i suoi segreti con il silenzio, perché Narcissa aveva sempre avuto la capacità di saper leggere suo figlio come fosse un libro che conosceva a memoria.

E, adesso, nonostante Draco fosse lo stesso, ebbe l'impressione che in lui ci fosse qualcosa di diverso.

«L'hai rivista?» gli chiese senza riuscire a trattenersi.

Lui sembrò tendersi come una corda di violino al suono di quella domanda che era stata così dolce, eppure, allo stesso tempo, era stata capace di far crollare tutte le pareti che lui aveva costruito attorno al pensiero di Hermione e di quello che era successo a Hogwarts, ma, soprattutto, aveva murato nell'angolo più remoto della sua mente tutto quello che si erano detti sul treno, è stato uno sbaglio.

Lei che gli accarezzava il viso e scendeva a togliergli la giacca, mentre con gli occhi implorava che lui facesse lo stesso, che la toccasse come se fosse stata l'oggetto più fragile del mondo, sei assurda, amore…

E lui che si lasciava piegare da quelle preghiere mute, da quel desiderio che aveva di lei che, a poco a poco, gli aveva scavato solchi profondissimi dentro.

E, poi, le sue lacrime e il suo silenzio, i suoi passi che sembravano riecheggiare sulle pareti della scuola mentre si allontanava da lei e i sensi di colpa gli salivano in gola come bile, tu sei tutti i miei sbagli.

«Sì » ammise infine, la voce roca d'emozione e del silenzio che si era imposto.

Sembrarono frane di montagne, di stelle e universi interi, quelle due lettere.

Non aggiunse altro e Narcissa comprese che, a parlarne, Draco avrebbe potuto perdere quell'ultima briciola di felicità che si era concesso e si chiese cosa avrebbe fatto lei al suo posto se avesse rivisto l'uomo che aveva sempre amato e si fosse resa conto di amarlo ancora: non se la sentì di giudicare le parole non dette di suo figlio né di addossargli colpe, perché capì che anche lei, fredda come il ghiaccio di fronte al mondo, si sarebbe sciolta come neve al sole davanti agli occhi di chi le faceva battere il cuore.

Narcissa annuì, appellò due bicchieri vuoti e una bottiglia di Cherry e Draco sorrise.

«Brindiamo a queste rose rosa.»

«Brindiamo a queste rosa rosa» le fece eco.

~

Blaise lo aveva trascinato per la Londra babbana per più di un'ora e mezza quando si era fermato di fronte al negozio di un suo prozio discendente da una famiglia italiana che per secoli si era tramandata l'arte del cucito e della sartoria.

«Qui troverò sicuramente il mio abito da sposo» disse, gonfiando il petto. 

«Sono sicuro che Aria sia meno problematica di te» gli rispose Draco, facendo roteare gli occhi e coprendosi il viso con una mano dopo aver visto l'occhiata truce che gli rivolse l'amico. 

«Un giorno mi capirai e capirai cosa vuol dire voler apparire perfetto agli occhi della donna che ami.»

Fu la leggerezza e l’emozione con cui Blaise aveva detto quelle parole a fargli piegare le spalle, a fargli cadere addosso il peso di tutto ciò che continuava a fingere di voler dimenticare, un macigno grande quanto la Terra a ricordargli il fatto che lei non gli fosse accanto, che si erano finalmente mescolati le ossa, i respiri e i battiti di cuore e che, nonostante questo, Hermione avesse preferito non restare.

Scosse la testa per mandare via quei pensieri, il senso di oppressione che sembrava schiacciargli il petto, e trasse un respiro profondissimo, se lo fece scendere lungo la trachea a riempire i polmoni, poi, con un gesto studiato allungò una mano per invogliare il suo amico a proseguire lungo la strada della sartoria che aveva scelto.

Eppure, la sensazione di essere nel posto sbagliato, con la persona sbagliata continuava a tenergli compagnia.

Fece vagare lo sguardo su un abito lungo, le dita ad accarezzare la stoffa leggerissima, la mente a immaginare quell' intreccio di cuciture e dettagli su un corpo che aveva disprezzato e di cui aveva imparato ad amare ogni imperfezione, ogni curva.

E il vociare in sottofondo, Blaise che sfilava come un modello su una piccola passerella rettangolare, adesso, gli sembravano immagini di un giorno che non stava vivendo davvero, perché lui era altrove e lei era nuda di tutto sotto il suo corpo, i capelli a coprirle il seno e il sorriso a esplodergli nel cuore.

Era in un letto in cui l’aveva amata davvero, in cui tutto quello che si era tenuto dentro per anni era uscito violento, con la forza delle parole che pretendono di essere ascoltate e vissute, urlate sottovoce; era in piedi di fronte a lei che, con le lacrime agli occhi, gli chiedeva di spogliarla, ti prego, fai l’amore con me, e tutto intorno sembrava diventare un miscuglio di ciò che erano stati, dell’odio che si erano regalati e dell’amore che si erano tirati fuori a forza di urla e allontanamenti, in silenzio, in confusione, chiusi in un dormitorio e chiudendosi nella Stanza delle Necessità soltanto per potersi guardare senza fingere di non conoscersi abbastanza, senza fingere di non essersi entrati nell’anima.

«Che ne pensi di questo?» chiese Blaise, le mani a toccare il colletto della giacca, a sistemare il papillon e a guardare il suo riflesso nello specchio.

«No.»

«No?»

«Vuoi davvero indossare un abito viola per il tuo matrimonio?»

«No, eh? Bene, proviamone un altro.»

Blaise tornò in camerino e Draco nella sua bolla di realtà, perché era l’unico modo che aveva per non cadere di faccia nei ricordi e ritrovarsi con il naso sanguinante e il cuore anche, eppure…
Eppure, continuava a immaginare Hermione in quell’abito color dell’oro che aveva toccato prima, contro cui aveva sfregato pelle e desideri.

Si alzò di scatto dalla poltrona su cui era seduto e si avvicinò di nuovo al manichino accanto all’ingresso, fece scivolare gli occhi sulla linea delle spalle, lungo le braccia coperte da un paio di maniche velate, lungo la schiena libera dalla stoffa e immaginò di poter toccare la schiena di Hermione, di scendere con le dita dal collo fino in fondo, alla base della spina dorsale e poter sbottonare quei pochi bottoni che l’avrebbero tenuta ancora vestita.

Decise in un attimo, si allontanò dal manichino e tornò a sedersi sulla poltrona che aveva occupato fino a qualche minuto prima: poche parole morte nelle corde vocali, un indirizzo che conosceva a memoria, la voglia di non vederle mai addosso quell’abito… poi, Blaise uscì dal camerino vestito di blu e lui gli sorrise.

«È lui» disse l’amico, la chiostra di denti bianchissimi a evidenziare la commozione che Blaise provava a nascondere dietro i complimenti che rivolgeva a se stesso.

«Sì, è lui.»

Quando uscirono dalla sartoria, Draco avvertì di nuovo il senso di oppressione occludergli il petto e allora lo disse, con la voce flebile di chi non ha parlato per troppo tempo, parole sbiascicate di chi non è convinto di voler condividere il peso che si porta sul cuore.

«Voi… cosa?» chiese Blaise, la bocca a disegnare uno stupore che gli fece bloccare i passi.

«A Hogwarts. Io… forse ho sbagliato tutto…» ammise Draco, il labbro inferiore a scivolare tra i denti, martoriato di morsi e sensi di colpa. «Non avrei dovuto dirle che è stata uno sbaglio.»

Blaise rimase in silenzio, il capo piegato in avanti, provando a metabolizzare il segreto che gli era stato appena confessato e il peso di quello che aveva potuto significare nella vita dell’amico che per anni aveva finto odio soltanto per farsi trascinare dentro un qualcosa che se lo stava mangiando da dentro.

«No» disse dopo un po’. «Avete sbagliato entrambi, anni fa. E continuate a farlo: avete cominciato una guerra inutile, senza armi per difendervi, ma soltanto per ferirvi. Le cose sono due: o alzate bandiera bianca o non ne uscirete vivi.»

Si prese qualche secondo per respirare a fondo, per mettere in ordine i pensieri, poi riprese: «Insomma, cosa vi aspettate dalla vita? Davvero credete alla favoletta che in amore vince chi fugge? Perché se è così, siete lontanissimi dalla verità: in amore vince chi ama, punto.»

«Abbiamo troppe cicatrici, non è facile come dici tu.»

«No, non lo è e non lo sarà mai, ma… ah, lascia perdere. Siete un caso perso.»

Draco incassò il colpo, sempre convinto che quella lama sarebbe rimasta in bilico sulla superficie, senza mai andare a fondo davvero, senza sentire quanto in realtà fosse andata in profondità.

Incassò in colpo e lo piegò su ogni singolo frammento di se stesso che teneva sotto le mani.

~•~

Gale era tornato alle prime luci dell’alba, non le aveva dato nemmeno la possibilità di metabolizzare il suo ritorno che già l’aveva stretta e baciata come fosse stata una pozza d’acqua in un deserto e  lui un povero disgraziato che vagava da giorni tra dune e miraggi.

Non le aveva dato il tempo nemmeno di dire ciao, l’aveva abbracciata, aveva respirato il suo profumo di pelle addormentata e se l’era portata sul cuore.

«Mi sei mancata» le aveva sussurrato all’orecchio.

Hermione non aveva risposto, aveva ingoiato tutte le risposte che le erano salite in gola, perché lui non è te.

Si era sollevata leggermente sulle punte e aveva poggiato le labbra su quelle di Gale, un bacio delicatissimo, per nulla invadente, mentre dentro lo sguardo di Draco, l’eco dei suoi tocchi sulla pelle le dilaniava l’anima.

Perché.

Si avvicinò al divano, lasciò che lui si sedesse accanto a lei e ascoltò tutto quello che aveva da raccontare, delle persone che aveva conosciuto, delle scadenze.

Hermione si limitò a sorridere, ad annuire quando intuiva che le era stata fatta una domanda e, mentre il suo corpo era lì, ginocchia al petto e una tazza di tè tra le mani, lei era da tutt’altra parte, in un luogo conosciuto a memoria, occhi diversi a disegnarle ogni curva, mani delicatissime a spostarle i capelli dietro le orecchie.

Si limitò a far finta di ascoltare, ad aprire i palmi ogni volta che Gale le tendeva la mano e si ferma ad accarezzarle il polso sottile.

Lui.

Lo lasciò fare, parola dopo parola, carezza dopo carezza, fino a quando lui non la coprì con la propria ombra, bocca di naufrago che ritrovala riva, sorriso dolcissimo e sguardo liquido; lo lasciò fare fino a quando Gale non le chiese di dormire sul suo petto, di sentire come batteva il suo cuore da dentro.

Lo lasciò fare, le dita a incastrarsi nei capelli annodati, in uno sguardo assonnato che parlava senza voce e, quando lui si allontanò appena, lei ricominciò a respirare senza la sensazione di star soffocando.

Non è.

«C’è qualcosa che non va?» le chiese lui, il tono preoccupato, delicatissimo che le squarciò lo sterno all’altezza del cuore.

«No» rispose lei, scuotendo la testa per rimarcare la verità di quell’unica parola bugiarda, vigliacca.
Mai più, si era promessa qualche sera prima, eppure, adesso non riusciva a ricucire frasi di un discorso che aveva stampato in testa, quasi come se si fosse svuotata di tutto soltanto vedendolo tornare, perché avrebbe voluto fosse stato qualcun altro a bussare alla sua porta, a sedersi sul suo divano, a bere insieme a lei un tè bollente e a scaldarsi dal freddo spogliandosi di tutto.

Te.

«È meglio se vai un po’ a riposare» disse Hermione, il viso basso e la voce ridotta a un sussurro. «io devo incontrare Harry.»

Gale le lasciò un bacio a fior di labbra, il timore che quella riva non fosse un’isola deserta a incrinargli lo sguardo.

La salutò come si salutano le persone che stiamo perdendo, con una carezza prolungata e il sorriso triste. 

Hermione le colse tutte, quelle emozioni che lui teneva stampate sul volto. «Ti telefono quando rientro» gli promise.

Perché lei lo sapeva, sapeva che c’erano storie che erano destinate a finire, che forse non avrebbero neanche dovuto cominciare, eppure, testarda e coraggiosa, aveva fatto in modo che tutto iniziasse, provando quasi inutilmente a evitare l’epilogo.

Ce l’aveva lì, quella storia che non avrebbe dovuto cominciare, ferma sulla soglia della porta, mentre prepotente nel suo cuore Draco si riprendeva il suo posto senza che lei potesse impedirglielo in alcun modo.

«Ti aspetto» le disse Gale, le mani affondate nelle tasche, le spalle già voltate e andò via lentamente, come a voler esprimere la sua voglia di rimandare, di tardare a mettere un punto alla fine di quelle pagine.

Perché è questo che facciamo quando ci rendiamo conto che stiamo perdendo chi amiamo, sfogliamo al contrario il libro che abbiamo scritto insieme, sottolineiamo i momenti più belli, i più significativi, lo rileggiamo daccapo, ma all’ultima pagina proprio non vorremmo arrivarci.

Anche se è inevitabile.

~

Harry Potter non aveva nessun appuntamento con la sua migliore amica, perciò, quando se la ritrovò in piedi sulla soglia dell’ufficio, si stropicciò gli occhi e le fece cenno di entrare.

La guardò a lungo, studiò la linea piegata all’ingiù delle labbra, occhi d’anima che sembravano lava colata, un vulcano di emozioni che stava erodendo tutto ciò che incontrava.

«Gale è tornato» disse lei, dopo un tempo che parve infinito.

«E non ne sei felice.»

«Sì, lo sono, però…»

«La mia non era una domanda.»

«Ho fatto delle cose che… lo feriranno, quando gliele racconterò, perché è giusto che lui sappia.»

«Sì.»

«Tu lo ami ancora, vero? Malfoy, intendo.»

Mai più bugiarda, lo aveva giurato a se stessa, in nome di tutto quello che aveva perso e che aveva ritrovato.
«Sì» ammise in un fiato sottilissimo, quasi impossibile da percepire.

Se la sentì tremare nello stomaco, la verità, e la lasciò libera di impossessarsi di tutti i muscoli, delle ossa, degli organi.

«Sì» disse ancora, l’orgoglio a sollevarle il mento. «Forse, non ho mai smesso.»

Harry si allungò sulla scrivania per stringerla, allungò le braccia dietro la sua testa e l’abbracciò come non faceva da tempo, forse, da quando Hermione si era nascosta a Edimburgo, da quando gli aveva chiesto di lui, da quando l’aveva accartocciarsi nel dolore come carta sgualcita da mani troppo arrabbiate.

«Sei così testarda, Herm…» la rimproverò bonariamente e lei gli sorrise sulla camicia, tra lacrime e respiri troppo a lungo trattenuti. 

Hermione ricambiò l’abbraccio, accettò l’invito a cena e sorrise ancora sul petto dell’amico.

Lo strinse ancora più forte quando Harry le ricordò quanto tutti le loro le volessero bene, quanta voglia avessero di vederla ridere davvero e non soltanto per mascherare il dolore.

 «Avevo promesso a Gale di telefonargli quando sarei rientrata.»

«Sai che non sarebbe un problema se decidessi di invitarlo, vero?»

«Lo so, ma… devo raccontargli la verità, Harry.»

Harry annuì, la liberò dall’abbraccio e le raccomandò di muovere i passi soltanto quando sarebbero stata davvero pronta, di controllare che non ci fossero buche troppo profonde sulla strada che aveva deciso di percorrere.

Hermione si vestì di tutte quelle raccomandazioni, le indossò come aveva indossato il Mantello dell’Invisibilità a Hogwarts, quando aveva superato il limite della sezione proibita nella Biblioteca, convinta che, da quel momento, nessuno avrebbe più potuto vedere cosa ci fosse sotto gli strati di pelle.

Mai più vigliacca.

Fuori dall’ufficio, Hermione fece schioccare la lingua in un movimento nervoso della bocca: ebbe l’impressione che qualcosa le si stesse arrampicando addosso dall’interno e riconobbe il senso di colpa che la colpiva ogni volta che ripensava al modo in cui lei e Draco si erano lasciati sul treno, il freddo che quelle parole avevano portato con sé, in bilico tra anima e cuore.

La rabbia con cui aveva trattenuto il pianto e la cattiveria con cui era tornata a essere un alunna del secondo anno, nei tempi in cui lo aveva odiato.

Si sentì debole, spaventata di fronte alla portata di un sentimento che non si era mai affievolito e, allora, scosse la testa, allontanò da lei il ricordo di quegli ultimi attimo trascorsi con lui, sostituendolo con il ricordo di quello che erano stati prima di diventare sconosciuti.

Mai più vigliacca. Mai più bugiarda.

Angolo Autrice:

Sono tornata, dopo un tempo infinito… mi è mancato tantissimo scrivere questa storia e vorrei approfittarne di questo lockdown per portarla al termine.

Manca davvero poco alla fine e ammetto di essermi emozionata tantissimo a raccontare di loro due, di nuovo.

Spero che il capitolo vi piaccia e che mi perdoniate l’immenso ritardo.

A presto.

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Capitolo 25
*** Confessioni •(2/2)• ***


Confessioni  •(2/2)•

Che brutta sensazione, provare vergogna per il sentimento che aveva finto di non provare più, per il senso di colpa, per la consapevolezza di star sul punto di distruggere una persona che l’aveva amata senza remore, insieme a tutti i segreti che lei si teneva dentro, insieme a una storia scritta in un libro che aveva venduto milioni di copie.
Insieme a Draco e a tutto quello che aveva significato per lei. Insieme a Draco, che le viveva nel cuore e ne decideva i battiti e i respiri.
Che brutta sensazione, provare vergogna per essersi spogliata di fronte a un altro, per essersi lasciata toccare da mani che non erano quelle avrebbe davvero voluto addosso− mani, bocca, fiato.
Che brutta sensazione, provare vergogna per averlo permesso ancora una volta, farsi denudare tra le pareti grigie di casa sua.

Grigie, come il Lago Nero quando le nuvole di pioggia si specchiavano nelle sue acque, come gli occhi di Draco quando le aveva detto che l’amava.

Che brutta sensazione, provare vergogna per se stessa.
Hermione si massaggiò le tempie, i pensieri ad aggrovigliarsi tra le dita mentre guardava la schiena di Gale sollevarsi a ogni respiro, il capo calato per non vedere il proprio riflesso allo specchio.
O, forse, per non guardarla più, nonostante le desse le spalle.
Lo guardava, avrebbe potuto allungare una mano e toccarlo, eppure non lo fece, eppure continuò a massaggiarsi le tempie, eppure non mosse un solo passo verso di lui, eppure lo vedeva lontanissimo una vita.

Ti sto aspettando da una vita.

E non perché lui non le fosse realmente di fronte, ma perché era lei a essere incastrata tra gli scaffali della biblioteca di Hogwarts, tra il divano chiaro e il camino crepitante nella Stanza delle Necessità.
Lo vedeva lontano miglia e miglia da quella camera, lontano miglia e miglia per poter davvero sentire quello che lei stava provando a dirgli in silenzio, lontano miglia e miglia da lei.

Sono qui da una vita, Malfoy.

Lontana miglia e miglia dal luogo in cui avrebbe voluto essere, lontana miglia e miglia dal passato che le stava che le stava rovinosamente cadendo addosso, che le era marcito dentro, fino a che non era più riuscito a contenerlo, fino a quando non gli aveva chiesto con la disperazione dei sopravvissuti di spogliarla, di farla sua, di amarla.
Lontana miglia e miglia dall’uomo che adesso aveva di fronte, miglia e miglia da quel caffè che avevano bevuto insieme, da Parigi, dalla pazienza con cui lui l’aveva aspettata.
E la vergogna− vergogna per se stessa – perché lei, che di parole ne aveva sempre trovate per consolare, per amare, per ferire, per difendersi – non mi ferisci, Malfoy – adesso, non ne aveva.
Lontana miglia e miglia persino da ciò che era in quel momento: una donna scomposta, spezzata, innamorata, come a Hogwarts, quando lei era Hermione la so tutto io di giorno e una dannata di notte, con la stessa sensazione di essere scissa in due − le sembrò che l'altra metà di sé si fosse seduta sulle spalle e la ascoltasse parlare, la sua voce così stanca, e parlava, parlava… − a raccontare la verità su chi fosse, su lei e tutta quella magia, tutta quella guerra, tutto quel dolore, tutto quell’amore.
Tutto quell’amore.
E sentì i piedi macinare senza sosta, quelle miglia, parola dopo parola.
Le masticava, quelle parole, le maciullava tra i denti per ingoiarle meglio, per vomitarle più facilmente.
O, forse, per fare in modo che, una volta fuori, non facessero poi troppo male.
E provò di nuovo vergogna – vergogna per se stessa.
Per tutti quei silenzi che l’avevano allontanata da Draco, per le volte in cui era stata lei a respingerlo, lei e il suo stupido orgoglio Grifondoro; per tutti quei giorni in cui si era autocommiserata, senza mai avere la forza di muoversi, senza mai avere il coraggio di alzare la testa e guardarlo ancora.
Per tutto quell’amore che gli aveva negato.
Per tutto quell’amore che si era negata.
Per tutto quell’amore.

 Apri la porta. Per favore, fammi entrare.
Vattene via.


Per tutte le volte che aveva creduto alle parole degli altri e non alla sua bocca, condannandolo a essere colpevole a priori e mai innocente fino a prova contraria e per le volte in cui non aveva saputo fidarsi di lui, per le volte che tutta la ragione aveva prevalso sul sentimento.

Dammi un motivo, un solo motivo per restare qui. 

Per le volte in cui, a mani tese e polmoni raggrinziti, non gli aveva chiesto di chiamarla con il suo nome e quelle volte in cui gli aveva tolto il diritto di farlo.

Hermione. Draco. Io ti amo.

Per tutte le volte in cui gli aveva sussurrato, urlato, detto con gli occhi e con i gesti di stare lontano, per tutte le volte che lui aveva allungato le mani per toccarla, abbracciarla e lei lo aveva mandato via e per quelle in cui la sola presenza la faceva soffocare.

Sei troppo vicino. Non toccarmi.

Per quelle volte in cui si era finta sorda, mentre lui le chiedeva di tornare, di restare, di credergli; per il modo in cui lo aveva guardato quando Kelly si era presentata, quando lei aveva creduto che avesse infranto l’ennesima promessa.

Non vorrò nessun’altra che non sia tu.

Per tutte le volte che avrebbe potuto fare un passo in avanti e ne aveva fatti mille indietro, nella Torre di Grifondoro, nella Biblioteca, sulle rive del Lago Nero e lui sempre lì, pronto ad accoglierla, mentre lei negava a se stessa l’unica via d’uscita.

Se avessi potuto scegliere, avrei scelto comunque lui.

Per le volte in cui lui le aveva alzato la gonna e lei l’aveva sistemata, per le volte in cui aveva abbottonato di nuovo la camicia della divisa, con ancora l’impronta della sua bocca tra i seni e per tutte quelle volte in cui aveva chiuso le cosce perché d’amore ce n’era, ma di fiducia nemmeno un po’, perché era troppo pericoloso lasciargli credere di avere la certezza che lui non la ferisse più, che non continuasse a farle male sempre e comunque.

Non sai cosa realmente io sia capace di fare.

Per la paura che adesso sentiva addosso di sentirsi un relitto umano se lui non l’avesse più voluta, per tutto il male che gli aveva fatto, per tutta la fiducia che non gli aveva mai dato, per tutte le volte in cui lui le aveva chiesto perdono con le labbra e la lingua e i sospiri e lei… lei non gli aveva concesso  modo o tempo di redimersi. Per tutte le ragioni che lui aveva di non volerla più – vergogna per se stessa.

Sei assurda, amore.
Ti prego, fai l’amore con me.


«Non puoi chiedermelo» le disse Gale, voltato sempre di spalle, i pugni stretti e fermi sul legno del mobile a cui si era appoggiato.
«Per favore, Gale, vieni con me.»
«Lasciami almeno un po’ di dignità.»
«Fallo per te. Per capire davvero.»
Lui non rispose e cominciò a rivestirsi con una lentezza dovuta forse alla resa, forse a rimandare quanto più possibile quel punto a fine frase, a fine libro, a fine storia.
«Hermione» disse ancora, guardandola  da sopra la spalla. «se è soltanto per questo, allora verrò con te. Ma se hai ancora intenzione di usarmi per giocare a far ingelosire qualcun altro, allora no, non contare sulla mia presenza.»
«Ti ho promesso una sincerità che non ho mai rispettato, perché, lo sai, con le parole si inventano le storie più belle… io ho bisogno che tu veda che è qualcosa che va oltre.»
«E affondare ancora di più la lama nella ferita?» le chiese, occhi chiusi e bocca seria.
«E affondare ancora di più la lama nella ferita» confermò lei, perché lo sapeva che Draco non poteva essere raccontato così, a parole masticate, a fiati sospesi che lei avrebbe voluto respirargli  sul collo, a lacrime trattenute che lei avrebbe pianto sulla sua camicia, sporcandola di trucco e scuse e chi se ne fregata poi che la camicia fosse un indumento d’alta sartoria.
E allora glielo chiese ancora: «Per favore, Gale, vieni con me.»
Il riverbero delle stesse parole pronunciate negli occhi di qualcun altro, in un altro luogo, lingua sulla lingua a leccarsi le ferite che si erano procurati a colpi d’orgoglio e silenzio, vieni con me. Vieni con me.
«Non posso risponderti adesso. Dammi… dammi un po’ di tempo.»
«Va bene» gli disse con la voce bassissima, le ciglia calate sulle pupille a coprire i rimasugli di tutti i segreti che aveva appena confessato.
Gale non si fece accompagnare alla porta, se ne andò con un sorriso di circostanza e lei si sentì un po’ morire, perché non era mai stata brava a trovare parole di scuse, a inventare storielle con mille fronzoli solo per indorare la pillola, per far sì che una fine sembrasse meno dolorosa.
Lo aveva fatto sempre, anche con Draco. Soprattutto con Draco.
Cocci di cuore tra le mani, stomaco ritorto e lacrime agli occhi. Fu così che Hermione si avvolse nelle coperte.
~•~

Che brutta sensazione, sentirsi schiacciato al suolo.
Svegliarsi nel proprio letto, allungare la mano e trovare lenzuola fredde e vuote, nessuna traccia a dirgli che quel sogno che aveva fatto avesse un filo di realtà.
Lei stesa sotto di lui, cosce aperte e labbra schiuse, parole impronunciabili strette tra i denti, sussurrate all’orecchie tra scie di lingua e morsi.
E lui, steso pancia in su a guardare il soffitto, schiacciato al suolo.
Che brutta sensazione, guardarsi allo specchio, rendersi conto di essere in piedi, di poter ancora respirare.
Andare al lavoro, salutare tutti, stringere mani, respirare, respirare ancora.
Draco sollevò lo sguardo al cielo appena mise piede fuori dal Ministero, i passi di Harry qualche metro dietro di lui a ricordargli che la sua ora di solitudine era ancora troppo lontana.
«Puoi rallentare?» gli chiese l’altro, aggiustandosi gli occhiali sul naso.
«Ho fretta, Potter.»
«Di fare cosa?»
«Di liberarmi di te.»
«Ma dai, smettila di rifiutare la mia vicinanza. So che infondo mi vuoi bene.»
Si voltò a guardarlo con in viso stampata la sua migliore espressione di disgusto, spezzata da un sorriso appena accennato. «Ti adoro, lo sai.»
«Davvero?»
«Ti sembro uno che ti adora, Potter?»
«No, ma sono convinto che tutta la tua attenzione si focalizzerà su di me non appena ti dirò quello che tu non vuoi ascoltare.»
«E dimmi, di grazia, cosa può essere successo di così eclatante?»
«L’ho vista.»
Draco rallentò il passo, le mani nelle tasche del giubbotto e si voltò lentamente verso il suo interlocutore. «Dove sarebbe, la novità? La vedi sempre.»
Harry scosse la testa e chissà cosa avrebbe dovuto trasmettergli quel gesto.
Eppure… eppure Draco continuava a sentirsi senza fiato, senza parole, il viso sull’asfalto – schiacciato al suolo.
Accettò l’invito a bere qualcosa insieme, perché sapeva che da sobrio non avrebbe retto lo sproloquio di Harry: lo sentiva parlare, parlare, parlare ancora…
«… nato dalla partita di Quidditch.»

Ti prego, perdi. Fallo per me.
Ho perso.


«Conosco a memoria la storia, grazie.»
«Da quanto tempo?»
«Cosa?»
«Da quanto tempo l’amavi?»
È una cosa andata avanti per mesi, al quinto anno ed è iniziata prima ancora che voi li catturaste. Forse, molto tempo prima.
Non rispose, si lasciò scivolare in gola la risposta e il liquido ambrato e allora Harry capì che era stato cieco durante quell’anno a Hogwarts, che era stato cieco per tanti anni.
«Insultarla, quindi, era l’unico modo che avevi… »
Tu non sei mai stata l'alternativa.
Che brutta sensazione, sentirsi esposti, nudi… avvertire la vita che scivola tra le dita e ricordare ogni singolo maledettissimo istante, stare fermi e non potersi muovere, sentirsi vuoto, schiacciato al suolo.
«Non ha importanza adesso.»
«Non lo ama. Non lo ha mai amato: ha soltanto creduto che con il tempo sarebbe stata in grado di dimenticarti.»
Draco negò con un movimento lentissimo della testa, il collo infossato nelle spalle, perché era così che lo facevano sentire quelle parole, quel peso che da troppo tempo avvertiva addosso, di giorno di notte e sempre, peso di assenza, di amore negato, di tutte le cose belle che avrebbero potuto fare insieme se soltanto lei avesse avuto il coraggio di credergli e vederlo per com’era davvero – schiacciato al suolo.
«Non lo ama» ripeté Harry e chi se ne fregava se Draco non ci avesse creduto a quelle parole, chi se ne fregava se in quel momento stesse tradendo la fiducia di Hermione e chi se ne fregava di tutto il resto.
«Ho un lavoro da finire» gli rispose Draco, con il cappotto già stretto tra le mani.
«Perché continuate a scappare?»
«Non ho più fiato, Potter. Davvero, non ne ho più.»
«Non lo ama» disse ancora, mentre l’altro lo salutava con un cenno della mano.
Perché è così che si salutano le verità che abbiamo paura possano ferirci: con un cappotto addosso e un’alzata di mano.
Per questo Draco preferì il silenzio, la corazza che si era cucito e che era stata muro e che gli impediva invasioni esterne.
Eppure, che brutta sensazione, tornare a casa e trovarla vuota, sentire il suo profumo ovunque, la sua assenza nelle ossa, sentirsi schiacciato al suolo.

Per tutte le volte che volte che aveva mentito a se stesso e a lei e quelle in cui aveva preferito attaccare per primo per non essere ferito, bugiardo di giorno di notte e sempre.

Non la voglio nella mia vita.

Per tutte le volte che  lei aveva rifiutato la mano che le aveva allungato per avvicinarsi di nuovo a lei, per tutte le volte che un passo avanti era servito soltanto a creare un baratro tra loro.

Sei troppo vicino. Non toccarmi.

Per tutte le volte in cui era rimasto fermo senza un motivo, convinto che gli mancasse qualcosa dentro e rendersi conto che quel qualcosa era lei.
Ti sto aspettando da una vita.
E per le volte in cui averla accanto gli sembrava una maledizione e creava barriere di ingredienti e pergamene per separarsi da lei; per le volte in cui lei, quelle barriere, le buttava giù senza chiedere nessun permesso.

Sono qui da una vita, Malfoy.

Per tutte le porte che non era riuscito a spalancare mai, porte di cuore, di legno, di testa, di lei.

Apri la porta. Per favore, fammi entrare.
Vattene via.


Per tutte le volte che lei non gli aveva creduto, sempre, mai; per le volte in cui lui non aveva creduto a lei, per le promesse infrante da entrambi e quell’unica mantenuta ogni giorno.

Non vorrò nessun’altra che non sia tu.

Per ogni volta che avrebbe voluto chiamarla, sentire il suo nome sul palato, sulla lingua e lasciarlo fuori, come un abito che lei, soltanto lei doveva indossare; per le volte in cui lei gli aveva proibito di chiamarla per nome e lui l’aveva assecondata, desiderando di sentire il suo, di nome, uscire dalla sua bocca.

Hermione. Draco. Io ti amo.

Per l’unica volta in cui lei si era inginocchiata di fronte a lui e lui aveva creduto che era proprio così che avrebbe voluto vederla in tutti quegli anni, in ginocchio, piegata dalla propria inferiorità, dal suo sangue, da tutto ciò che lui le diceva e, invece, l’aveva sentita pregare amore.

Sei assurda, amore.
Ti prego, fai l’amore con me.


Per il tempo che li aveva divisi, per essere andato via, per averle dato la lama di un coltello che si erano passati per mano− Lucius con lui, lui con Bellatrix, Bellatrix con lei, lui con lei. Ma quanto in profondità può arrivare una lama? Quand’è che riesce a trapassare il cuore di una persona?−; per averla baciata, per aver perso tutto solo per averla accanto.
Per averla vista tra le braccia di un altro, per aver desiderato morire in quel momento e respirare, respirare ancora. Per aver rinchiuso i suoi ricordi in un’ampolla di vetro, per aver creduto di poterla sostituire. Per aver dimenticato le proprie maschere, di cartapesta d’acciaio di vetro. 

Per tutto quell’amore che gli aveva negato.
Per tutto quell’amore che si era negata.
Per tutto quell’amore.

Angolo Autrice:
Eccomi qui, con la seconda parte di questo capitolo.
Spero davvero che vi sia piaciuto e, per quanto breve, sappiate che è quello che mi ha fatta sudare di più.
A presto. 

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Capitolo 26
*** Il Pensatoio (1/3) ***


Il Pensatoio (1/3)

Gale la guardava ancora come fosse un tesoro prezioso, qualcosa da tenere con cura tra le mani e lei… lei, invece, abbassava gli occhi per non incontrare il suo sguardo, per non sentirsi ancora più sporca.
«Mi dispiace…» continuava a ripetergli come fosse una preghiera, un modo per giustificare il male  che gli sapeva gli avrebbe fatto.
Lo sapeva. Se la sentiva scivolare nello stomaco, la consapevolezza che, alla fine, lui sarebbe andato via, eppure non aveva più alcun motivo per restare ferma a far scorrere la vita, a far finta che Draco Malfoy non fosse nient’altro che un brutto ricordo del passato, a far finta che non lo avesse mai amato.
A imporsi di provare un sentimento nei confronti di chi le offriva il proprio cuore senza remore.
Un cuore che lei avrebbe spezzato, frantumato in pezzi piccolissimi che chissà se con il tempo avrebbero trovato nuovamente un incastro perfetto.
Ispirò lentamente, il coraggio a sfumare insieme agli aliti che ricacciava dalle labbra.
«Hermione» la voce di Gale ad accarezzarla, a lenire un dolore che lei non avrebbe potuto curare quando sarebbe toccato a lui sopportarlo. «Andrà tutto bene. Io… io starò bene.»
Era bravo a fingere di star bene, di potercela fare, ma dentro… dentro sentiva pian piano il cuore sbriciolarsi su una strada su cui non sarebbe servito tracciare il sentiero del ritorno, perché di lì a poco, quella strada si sarebbe chiusa e lui sarebbe rimasto a guardare il muro eretto che dichiarava una fine immutabile, un punto a una frase a cui avrebbe soltanto aggiungerne altri due per poter lasciare qualcosa in sospeso – la speranza di vederla tornare.
Gli sorrise, la bocca ad arcuarsi in un sorriso debole, che chiedeva ancora una volta perdono.
«Lo so» gli rispose, sperando che quelle parole si tramutassero in verità nel minor tempo possibile, perché a modo suo – un modo sbagliato, contorno, codardo – gli aveva davvero voluto bene.
Abbassò di nuovo la testa, gli occhi a perdersi sul disegno dell’asfalto ai suoi piedi, la porta del Ministero celata alla vista di Gale.
«Ci sono molte cose che devi sapere… su di me» riprese, la voce un tremolio d’emozione. «Non sono solo quella che vedi.»
E non sapeva più dove fossero, tutte le parole che avrebbe voluto dirgli, che le avevano scavato solchi profondi nella mente.
Avrebbe voluto che Gale fosse in grado di capirla come aveva sempre fatto il suo migliore amico, a cui aveva rivelato le proprie intenzioni.
«Deve saperlo» gli aveva detto e lui le aveva annuito in silenzio, suggerendole solo qualche attimo dopo di usare il Pensatoio presente nel suo ufficio e l’aveva rassicurata cingendole le spalle con un braccio, promettendole con un bacio sui capelli che né lui né Draco Malfoy l’avrebbero infastidita.
Perché Harry sapeva che certi sentimenti sono bravi a nascondersi sotto le macerie e a rifarsi vivi all’improvviso come sopravvissuti che non hanno alcuna intenzione di perdere altro tempo, proprio loro che per tanto tempo se ne sono stati quieti a fingere di essere morti… per non spostare nessun equilibrio, per non dare fastidio, per non fare paura.
E Hermione, quella paura, la sentiva muoverle i battiti del cuore, vibrarle dentro fino a smuoverle le ossa.
Questa volta chiuse gli occhi e strinse le mani dell’uomo che aveva di fronte, accarezzando la superficie e sperando di riuscire in qualche modo a chiedergli scusa come meritava.
«Non sono solo quella che vedi» gli disse ancora.
«Io non capisco» ammise Gale, le dita strette attorno ai polsi minuti di Hermione.
«Lo so, io… mi dispiace» ed ebbe l’impressione di non saper dire altro, perché era vero: sapeva che Gale non poteva capire e le dispiaceva davvero metterlo di fronte a una verità che per lui era solo la trama del libro grazie a cui si erano conosciuti.
A quel pensiero, Hermione tremò appena e si chiese come sarebbe andata se lui avesse saputo dal primo momento che la storia che lei aveva scritto non era nient’altro che una verità che nessun altro poteva capire. A parte lei, a parte Draco.
«Quello che ho scritto nel libro… è vero» disse, la voce bassissima per paura di rivelare quella verità che da troppo tempo si portava dentro e che, adesso, le pesava sui polmoni come un macigno con cui si può soltanto toccare il fondo.
«Lo so, me lo ha già detto…»
«Gale, no…» lo interruppe, il tono brusco di chi vorrebbe far capire tutto all’altro senza per forza parlare. «E’ tutto vero. Tutto» disse ancora.
Gale inclinò il viso a tre quarti, la bocca distesa in un sorriso dolcissimo e quasi derisorio.
Quando lo vide, Hermione si sentì ferita nell’orgoglio che le giaceva ai piedi, scivolato via come un abito di seta che le stava troppo largo. «Davvero.»
Fu il modo in cui lo disse, lo sguardo definito a smorzare ogni battuta, ogni sorriso.
Nella linea dritta delle labbra, negli occhi fermi che lei gli posò addosso, l’uomo sentì precipitare il suo cuore insieme a una parte di se stesso che aveva imparato a conoscere solo grazie a lei.
Eppure, non riusciva a crederci. Non voleva crederci.
«Non so cosa dire…» cominciò, infatti. «Io non ci sto capendo più niente. E’ tutto così assurdo, tu sei così assurda.»

Sei assurda, amore.

Io ti amo.

«Sapevo che non sarebbe stato facile, perciò ho bisogno che tu venga con me.»
Lui sembrò cedere un po’, le mani ancora strette in quelle di Hermione, e fece un passo in avanti per avvicinarsi di qualche centimetro.
Se ne stettero così per chissà quanto tempo: sarebbe bastato semplicemente chinare un po’ il viso, fare un altro passo… ma proprio mentre stava per compierlo, Gale si rese conto che un passo non sarebbe stato abbastanza, che in quello spazio che li divideva c’era un mondo e un sentimento che probabilmente lui non avrebbe mai capito.
Si diede dello stupido quando per l’ennesima volta Hermione gli confermò che era tutto vero, si chiese com’era stato possibile che fosse stato tanto cieco da non vedere che ogni singola lettera scritta in quel libro aleggiasse ancora come un’ombra sulla donna che aveva scelto di avere accanto; che l’odio che aveva legato lei all’altro fosse soltanto lo strascico di un sentimento che si era deteriorato ma non del tutto; che l’amore che lei provava ancora se ne stava nel fondo dei suoi occhi come un prigioniero che non ha alcuna via di fuga e nessuna possibilità di salvarsi; che tutto di quella storia viveva ancora in tutto ciò che in lei era rimasto in piedi.
Perché Gale ricordava benissimo com’era Hermione, prima di accettare il suo invito a prendere un caffè – lo spettro di qualcosa che non riusciva ad andar via, cocci di cuore e pezzi d’anima che non erano in grado di ricomporsi − e che il cielo non lo aveva maledetto quel giorno solo perché lo stava preparando a gioire prima di un dolore tanto grande.
«Entriamo?» chiese lei, un sussurro che pretendeva a modo proprio di essere ascoltato, una richiesta di dividere quel poco di dignità che ancora gli era rimasta.
Non avrebbe voluto seguirla, anzi. Avrebbe voluto urlarle contro che bastava e avanzava essere stato solo un ripiego, che non aveva intenzione di andare in nessun posto con lei, che non aveva affatto voglia di sentirsi ridicolo e stupido per essere stato tanto cieco e invece.
Invece, annuì in silenzio e la seguì oltre la soglia di una porta come tante, dietro cui era ben nascosto un mondo di cui lui non avrebbe mai saputo e potuto far parte.
Una volta dentro, Hermione gli raccontò la storia della statua che adesso troneggiava all’interno dell’atrio del Ministero.
E gli raccontò della paura che aveva provato durante la ricerca degli Horcrux, dell’avvilimento quando lei e i suoi due migliori amici erano stati rapiti, della rabbia che provava verso se stessa quando aveva soltanto voglia di mollare tutto, di tornare a casa da mamma e papà…
Soltanto quando furono fuori alla porta dell’ufficio di Harry, Hermione si fermò, le spalle rivolte al legno, e tirò su la manica, scoprendo la pelle chiara delle braccia.
«Revelio» sussurrò e comparve la scritta che per anni l’aveva tormentata, la parola che l’aveva ferita di più al mondo e che, con il tempo, detta dalla voce di chi prima l’aveva insultata e poi aveva imparato ad amarla, era diventata quasi dolce.
«Questo è l’unico segno che posso mostrarti di quel periodo» riprese. «Io non vorrei… ho bisogno che tu capisca e…»
E affondare ancora di più la lama nella ferita.
«Perdonami» gli chiese, prima di aprire la porta ed entrare finalmente nel luogo in cui avrebbe potuto smettere di parlare.
Gale rimase in silenzio, i muscoli tesi e un’espressione indecifrabile sul viso.
Hermione non smise mai di guardarlo, nemmeno quando si puntò la bacchetta alla tempia per estrapolare i ricordi dalla mente e dare a lui la possibilità di vedere, di realizzare che in qualche modo lei aveva saputo essere sincera – con il mondo intero, con lui.
«Cosa stai facendo?» le chiese lui, la preoccupazione a dargli il coraggio di sporgersi leggermente verso di lei.
Quando sorrise, però, Gale capì che la donna che aveva di fronte sapeva perfettamente cosa stesse facendo.
Seguì con attenzione ogni suo movimento e quando l’asticella di legno riversò una scia azzurrognola all’interno di una bacinella d’acqua, finalmente lui tornò a guardarla con la meraviglia negli occhi, proprio come faceva all’inizio della loro storia, come durante il picnic durante il quale l’aveva vista e sentita ridere per la prima volta.
«Questo è un Pensatoio» gli spiegò la maga. «Quando immergerai il viso, ti sembrerà di venire trascinato in un altro posto. Non devi aver paura: fisicamente sarai sempre qui.»
«A cosa serve?»
«La verità» disse semplicemente.
«Io non posso…»
«Se vuoi, possiamo farlo insieme» gli suggerì, il sorriso mesto sulle labbra.
Forse, fu la tenerezza con cui lo disse o la consapevolezza che da quel momento in poi insieme sarebbe stata una parola che non avrebbe avuto più niente a che fare con loro due, che da quel momento, di Hermione, gli sarebbe rimasto un ricordo, probabilmente anche la scia del suo profumo, ma nient’altro.
Gale si avvicinò a lei, il silenzio a interporsi tra loro, a chiedere il permesso di prenderla per mano e sentirla vicino ancora per un po’ in quel viaggio che sicuramente l’avrebbe allontanata da lui.
La bocca di lei si stese maggiormente e accolse con decisione la richiesta muta di stringersi ancora: lo abbracciò di slancio, i pensieri a mulinare veloci nel cuore, la certezza di dover dare una spiegazione a chi in cambio non aveva chiesto altro che sincerità.
Annuì un paio di volte, poi si avvicinò piano al Pensatoio, portando con sé anche Gale. «Immergiti lentamente.»
La sensazione che provò una volta immerso il viso nell’acqua, lo destabilizzò al punto che sentì il bisogno di tirarsi indietro, di lasciare la donna che amava nelle sue bugie: non la voleva la verità, non voleva niente, soprattutto se questo avesse significato perderla, eppure rimase dov’era: il buio intorno a fargli chiedere in quale posto fosse finito e perché, nonostante la vicinanza che lo inchiodava a Hermione, lui cominciasse a sentirla lontana.
Ad un tratto, Gale vide una luce avanzare verso di lui e si trovò di fronte una bambina seduta sul letto a gambe incrociate, gli occhi lucidi di emozione mentre stringeva tra le mani una lettera.
«Quella è la lettera che mi ha fatto capire che non ero strana, che ero diversa da tutte le mie amiche perché avevo qualcosa che loro non avevano: la magia.»
Lui non rispose e continuò a camminare dietro quella bambina che spesso aveva rivisto anche sul volto di Hermione.
Si ritrovò all’ombra di un castello che somigliava tremendamente a quello delle favole in cui il principe deve far di tutto per salvare la sua amata, darle il bacio del vero amore per risvegliarla dal sonno eterno a cui è stata condannata.
La bambina camminava a testa alta, gli occhi sempre velati dalla solitudine, anche se pietrificata e immobile in un letto d’ospedale.
Si voltò a destra e vide uno sorta di stadio ai lati di cui erano posizionati degli anelli altissimi e la stessa bambina che stringeva i pugni per non piangere.
«Nessuno ha chiesto il tuo parere, lurida Mezzosangue» aveva detto un bambino biondissimo.
Mezzosangue, come diceva anche la scritta che Hermione aveva lasciato cicatrizzare sul braccio. Mezzosangue.
La scena davanti ai suoi occhi mutò nuovamente e questa volta, Hermione puntava la bacchetta al collo dello stesso bambino che l’aveva offesa nel ricordo precedente.
Gale provò una sorta di soddisfazione nel vederla combattiva, pronta a difendere se stessa o chicchessia, l’orgoglio a farci arcuare le labbra e una fitta dolorosissima al petto quando, d’un tratto, la vide correre tra gli alberi di un bosco che sembrava stesse diventando la sua tomba quando la vide legata, toccata da mani troppo sporche e cattive per avere il diritto di posarsi sulla sua pelle.
La vide stesa su un pavimento scuro, le sue urla a vibrargli nel cervello, a fargli scuotere il cuore, mentre una lama le disegnava quel monito che doveva essere un’offesa tremenda, gli occhi di lei che non riuscivano più a trattenere le lacrime, il sangue che colava sul polso, Mezzosangue.
Lui spostò lo sguardo altrove, nel punto preciso in cui comparvero Harry, Ron, Luna e un essere stranissimo che, in qualche modo incomprensibile, era riuscito a staccare il lampadario dal soffitto.
D’istinto strinse la mano di Hermione, le dita a riempire gli spazi vuoti, un senso di impotenza di fronte tutta la paura che si riusciva a leggere tra le linee dei muscoli del viso di lei.
La tensione, il terrore, la fatica.
Gale fece per tirarsi indietro, ma Hermione lo trattenne con uno sguardo che prometteva che tutto sarebbe finito presto, che da un momento all’altro sarebbe tornata la pace.
Quando lui tornò a guardare, la vide inginocchiata al centro di uno spiazzo, numerosi mantelli neri a frusciare nel vento e una voce inquietante che ripeteva senza sosta che Harry Potter era morto.
Morto, come Hermione nell’esatto momento in cui ascoltò quelle parole, quando il male sembrava aver vinto sul bene e chissà cosa sarebbe successo se Harry fosse morto davvero.
Non volle pensarci e questa volta la osservò mentre camminava tra i vagoni di un treno che correva lento sui binari, prima di tornare all’ombra di quel castello che per lei era diventato casa.
La vide donna, fiera e orgogliosa, nel tempo in cui muoveva i primi passi sulle macerie mondo diverso, dove non c’era alcuna minaccia a farle temere per la propria vita, in cui era giunta la morte e la distruzione e poi, finalmente la pace.
E poi lui. Lui.
Non lo riconobbe immediatamente: sembrava più maturo, il viso era più magro e sfilato, ma il tono di voce era rimasto uguale e se ne rese conto nel momento in cui il bambino biondissimo che adesso aveva le fattezze di un uomo disse: «E’ tardi, Mezzosangue: vai a riposare.»
Mezzosangue, sputato come il peggiore degli insulti all’inizio, avvolto di una dolcezza incomprensibile adesso.
Mezzosangue, lei, lui.
A quel punto, fu quasi come se un turbine di sensazioni lo avesse investito e lui capì che, in realtà, quel vorticare veloce dipendeva da quello che Hermione stava provando in quel momento: amore, confusione, paura, resa, amore.
I ricordi si accavallarono l’uno sull’altro e Gale riuscì a intravedere le mani di lei che stringevano un piccolo ciondolo a forma di cuore, le loro bocche che si sfioravano, lei che scappava, lui che correva a riprenderla.
E poi lei che allungava una mano verso di lui e lui che spariva dietro una porta che sembrava essere apparita dal nulla; lui che le dava le spalle e lei che gli raccontava in un alito di voce tutti i segreti che si portava dentro: «Io ti amo.»
Lui che tremava, lui che piangeva, lui che la mandava via.
Lei in ginocchio al centro di un corridoio, lui che si avvicinava con un libro tra le mani, loro due bagnati da una pioggia che non aveva alcuna intenzione di smettere di cadere; lei, spalle al muro, che si lasciava toccare e spogliare, che si stendeva su lenzuola nuove e lui che sembrava non saper far altro che baciarla; lei che spariva nel nulla, lei che urlava in una stanza vuota fino a graffiarsi la gola. La guardò vestita di un abito blu, i capelli a scivolarle sulla schiena come una coperta morbidissima, il suo sguardo che vagava alla ricerca disperata di qualcosa, di qualcuno.
«E’ andato via…» aveva detto un ragazzo scuro e lei era franata, insieme al corpetto tempestato di brillantini, insieme alla gonna di velo che le sfiorava le gambe.
Era franata e insieme a lei lo aveva fatto anche Gale.
Si chiese se l’ordine degli eventi fosse quello, se tutto quel caos fosse il riflesso di ciò che Hermione si portava nel cuore.
La sentì inspirare velocemente, ripetere sottovoce: «Respira, respira piano. Piano. Respira.»
Le cinse le spalle con un braccio, se la portò al petto, all’altezza del cuore, nel punto era sicuro che il battito si sentisse più forte.
Le toccò i capelli in una carezza lenta e dolcissima, le sussurrò all’orecchio quello che lei gli aveva promesso poco prima con lo sguardo e le chiese di restare ancora un po’ con lui nei meandri di quel viaggio che lo stava facendo a pezzi, lo stava riducendo in brandelli d’anima piccolissimi e chissà se un giorno sarebbe stato capace di rimetterli tutti insieme e tornare da se stesso.
Ma, almeno, in quella lenta agonia, la voleva accanto.
Quando tornò a guardare i ricordi di Hermione, riconobbe entrambi intenti a parlare del libro che gli avrebbe imparato a conoscerla, che lo avrebbe fatto innamorare di lei.
Loro due, alla presentazione di Mud’s Girl e capì.
Capì che era tutto vero, che niente nella storia che lei aveva scritto fosse frutto di una fantasia sfrenata.
Mud’s Girl, Mezzosangue. Mezzosangue.
E poi ancora loro due, stesi su un telo di stoffa a raccontarsi gli amori che li avevano trasformati in quello che erano in quel preciso istante; loro due che si baciavano per la prima volta, che facevano l’amore per la prima volta.
 Hermione, adesso, era ferma sulla soglia di una porta, la mano stretta in un pugno che bussava lievemente sul legno e di nuovo l’uomo che l’aveva insultata e baciata, allontanata e rincorsa.
Di nuovo lui che diceva: «Resta per un caffè» e con gli occhi, invece, le chiedeva di restare – resta tutta la notte, resta anche domani – e poi ancora lei, in ginocchio, a crollare come una rovina che non aspetta altro che distruggersi nelle mani di chi l’aveva rovinata.
Lei che era morta un po’ nel momento in cui lo aveva visto insieme a un’altra donna, che faceva dipingere le pareti di rosa e poi le faceva tornare del colore precedente, di quel grigio che Gale aveva visto negli occhi dell’uomo che non avrebbe mai lasciato il cuore di Hermione.
E dopo, dopo infinite frasi che non avrebbe mai voluto sentire, che avrebbe voluto dimenticare una volta fuori da quell’acqua assurda che lo stava spaccando a metà – perché lui non è te; chiediti perché sogni di fare l’amore con me; si vede lontano mille miglia, Hermione, che lo ami ancora; sto rinunciando a te; perché ti voglio; ci sei tu e io non so che fare; io ti amo; non ho visto noi; io ci credo ancora, maledizione!; Draco, ti prego, fai l’amore con me; sei assurda, amore; per favore, non ti fermare; tu sei tutti i miei sbagli; 
«Basta. Adesso basta!» quasi urlò, il respiro pesante e gli occhi lucidi, facendo un passo indietro e sciogliendo definitivamente la stretta dalla mano piccola di Hermione.
Soltanto quando riemerse dall’acqua del Pensatoio, si decise a guardarla e nel momento in cui anche lei gli posò lo sguardo addosso, Gale capì che non c’era niente che parlasse di lui in quella storia, nessun segno, nessuna cicatrice, perché c’erano soltanto Hermione e Draco e non c’era posto per nessun altro.
Prese un respiro profondo, glielo fece colare addosso con tutto l’amore che si portava dentro e, finalmente, le sorrise.
La tristezza che c’era su quelle labbra, però, fece sentire Hermione persa, smarrita in quei ricordi che credeva di aver dimenticato e che invece erano ancora vivi in lei. Come una tortura. Come una condanna.
 «Allora, è così… è proprio finita?» le chiese, anche se quella frase non voleva essere una domanda, ma soltanto un’affermazione che serviva a lui per rendere reale quel momento, per far sì che tutto quello che aveva visto finora rimanesse un motivo valido per conservare quel poco di dignità che ancora sentiva di avere e per non cedere alla voglia di baciarla.
Hermione questa volta non trattene un singhiozzo e si avvicinò a Gale tanto da riuscire a sentire il suo fiato imbrigliarsi tra ciglia e cuore, nei posti in cui aveva portato solo bene e le lasciò scivolare via, quelle lacrime, che le offuscavano le iridi.
Le lasciò scivolare sulla camicia di lui, le lasciò mescolarsi con tutte le parole che non riusciva a dire, che le aveva scavato voragini nello stomaco e buchi immensi nei polmoni.
Perciò non disse niente, restò in silenzio, perché è così che si urlano gli addii che proprio non vorremmo urlare, che vorremmo rimandare quanto più possibile, per darci la possibilità di stare bene, per non ferire chi ci ha amati con pazienza e costanza: in silenzio.
Quando Gale le prese il viso tra le mani, Hermione trasalì lievemente, il tremolio nelle pupille e nelle corde vocali.
«Grazie per avermi detto la verità.» le disse, appoggiando la fronte a quella di lei. «Grazie di tutto.»
«M-mi dispiace…»
«Va tutto bene, davvero. Io starò bene.»
Hermione lo strinse più forte, portando le mani dietro il collo per avvicinarlo a sé, i battiti cardiaci a mescolarsi per motivi opposti e complementari e rimasero così.
Rimasero fermi in quell’abbraccio che donava e riceveva allo stesso tempo, fino a quando lui non si allontanò e tornò a guardarla nuovamente.
C’era consapevolezza, ora, sui suoi lineamenti e l’assoluta sicurezza che quello che stava per dire fosse la cosa giusta, perciò prese un respiro profondo e chiuse gli occhi: «Adesso, però, vai da lui.»
 
Angolo Autrice:
 
Lo so, mi dispiace tantissimo di essere tornata con così tanto ritardo, ma ho avuto un blocco assurdo riguardo questa storia e oggi, appena tornata a casa, ho cominciato a scrivere ed eccolo qui, il capitolo nuovo.
Molte frasi e scene sono estrapolate dalle due storie che precedono Again…?, alcune, invece, dai capitoli precedenti.
Non so cosa dirvi, a parte chiedervi scusa per questo immenso ritardo e…
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Ora, cosa credete succederà?
Aspetto le vostre risposte e a presto.

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Capitolo 27
*** Il Pensatoio (2/3) ***


Il Pensatoio •  (2/3) •
 
Hermione non mosse un passo: rimase ferma dov’era, i muscoli delle gambe pesanti come piombo, il pavimento che sembrava diventasse sabbie mobili da cui non riusciva a scappare.
«No» disse alla fine, dopo minuti in cui il silenzio aveva creato un altro mattone al muro che cominciava a separarla davvero da Gale.
«No, cosa?» le chiese lui, sul viso la confusione e lo sconforto per tutto quello che aveva appena visto e per il modo in cui lei ancora si ostinava a restargli accanto.
«Io non posso… non posso andare da lui.»
«Non puoi nemmeno restare qui.»
«No, è vero.»
Era vero, Hermione lo sapeva, eppure il coraggio della piccola Grifondoro che Gale aveva conosciuto grazie ai suoi ricordi sembrava essere evaporato insieme alla scia che lei aveva versato nel Pensatoio – coraggio, forza, tutto.
Tutto era scivolato via, chissà dove, in quale angolo di cuore, in quale ritaglio d’animo, perché Hermione adesso si sentiva solo stanca.
«Ti va di parlarne?» fu il sorriso dolcissimo con cui si  lasciò cullare in quella domanda, nella speranza di potersi di nuovo sentire leggera, in grado di muovere muscoli, ossa, passi…
E allora rispose di sì e si sedette sul piccolo divano che Harry teneva a ridosso della parete di fronte alla scrivania, facendo capire a Gale di avvicinarsi con un gesto della mano.
Sembrò arrivare da lontano, i piedi a posarsi lentamente sul pavimento, con una fatica immensa, come dopo un lunghissimo viaggio da un mondo che non era il suo e non lo sarebbe mai stato.
 «Allora?» chiese ancora. «Perché è finita?»
E’ la vita, gli aveva risposto una sera.
Adesso, invece, si sentiva pronta a mantenere l’unica promessa che aveva fatto a se stessa – mai più vigliacca, mai più bugiarda.
«Perché l’orgoglio di entrambi ci ha mangiati vivi, come fossimo stati pezzi di carne.»
«Lui, però, è tornato.»
«Sì, fino a quando non è andato via davvero… non ha fatto altro che tornare.»
«Perché lo allontanavi?»
«Non potevo permettergli di ferirmi ancora, non dopo avergli mentito sul male che mi aveva sempre fatto» non mi ferisci, Malfoy.
Gale non cambiò espressione nemmeno per un secondo, sul viso sempre quel sorriso dolce ombrato di resa e Hermione gli chiese scusa con sguardo consapevole, colpevole per tutte le ferite che gli stava infliggendo senza armi.
«Mi dispiace» disse, infatti.
Lui, però, scosse la testa e la esortò a continuare, prendendo le sue mani tra le proprie e carezzandone il dorso. 
«Che cosa hai fatto dopo?»
«Avevo un indirizzo nuovo, un posto in cui scappare, una persona da cui scappare. Mi è sembrata soltanto la strada più facile da seguire» gli disse.
Omise che, percorrendo quella strada, aveva perso se stessa e aveva imparato a fingere un benessere che era solo di facciata; che lungo tutto il tragitto aveva sentito i nervi accartocciati e i polmoni contratti e il cuore ridotto a battiti flebili.
«Ma?»
«Ma quella strada mi ha condotto comunque a lui.»
«E ti sei resa conto di aver sbagliato.»
«Sì.»
«Cosa farai adesso?»
Hermione non provò nemmeno a rispondere, si fece scivolare le parole in gola, se le chiuse nello stomaco per farle marcire a non tirarle mai fuori, per non ferire più, per non fare più del male, perché non aveva la forza di replicare a quella domanda che aveva troppe verità nascoste implicitamente −Cosa farai adesso che hai capito di aver sbagliato? Cosa farai adesso che hai capito di amarlo ancora?
Come quando era stata Ginny a chiederle la stessa cosa, con i suoi occhi grandi e la promessa di restarle vicino per sempre, comunque sarebbero andate le cose – cosa farai? – e quella risposta che era l’unica, la sola, che Hermione avrebbe potuto darle sempre  per mantenere almeno la promessa che aveva fatto a se stessa – miliardi di passi indietro. Mai più vigliacca, mai più bugiarda.
Ma, seduta sul divano, nell’ufficio di Harry, Hermione non sapeva cosa dire.
Quali erano le parole giuste per chiudere una storia? Per lasciare andare la persona che aveva avuto accanto, che le aveva donato tutto, anima corpo e cuore, senza fargli del male? Dirgli la verità, dirgli addio, senza ferirlo troppo?
Quali erano le parole giuste per dirglielo – tu lo ami ancora? Malfoy, intendo. Sì. – che, nonostante tutto l’amore, lei e Draco erano stati capaci di vomitarsi addosso cattiverie peggiori di quelle che si erano  urlati quando erano ancora bambini – tu sei tutti i miei sbagli. Anche tu. – che, dopo tutto quel tempo, dopo tanta lontananza, dopo aver provato a dimenticare il sentimento che li aveva uniti, nessuno dei due si era mosso davvero dall’angolo di cuore che si erano presi a forza di insulti e baci, che non era cambiato niente, mai – io lo so, ti giuro che lo so che riesci ancora a sentirmi. 
Ci provò con tutta l’anima, scavando nel fondo, prendendo brandelli di conversazioni in cui era stata bene, ma, alla fine, fu lui a tirarla fuori da quegli abissi, a imbrigliarsi al suo posto in un dolore che sembrava non avere fine, quando le chiese: «Non hai mai smesso di amarlo, vero?»
Lei rispose.
Un’unica parola, due lettere che le scivolarono sulle labbra come una rovina, una confessione che non riusciva più a tenersi dentro.
Due lettere che furono lame piene di sangue e mancanze, di tempo perso che forse non avrebbe mai saputo recuperare, e rimpianti e rimorsi e lui, lui, Draco, Hermione. 
Un’unica parola a toglierla dall’impiccio di urlare una fine inevitabile quando sussurrò: «No.»
Tremò tutta, i capelli a coprirle il viso e a nascondere le lacrime trattenute per troppo tempo, le mani ormai lontane da quelle di Gale, perché questo era l’unico modo che conosceva per allontanarsi da lui: negandogli uno sguardo che in un altro contesto gli avrebbe dedicato per chiedergli perdono ancora una volta, accarezzandogli le dita, una alla volta, per ricordargli che in un modo o nell’altro, era stato capace di amarla e farsi amare.
Eppure, non lo fece.
Rimase ferma, immobile, a morire un po’ e sperare ancora che il pavimento smettesse di essere sabbie mobili, che i muscoli delle gambe sciogliessero il piombo che la inchiodava e la obbligava a stare lì.
Non alzò mai gli occhi sull’uomo che aveva avuto il coraggio di guardare la propria sconfitta, che le aveva dato il potere di lacerarlo, ferirlo, ucciderlo; non gli rivolse mai un sorriso, nonostante lo meritasse, nonostante, forse, quello fosse l’unico modo per fargli comprendere che lasciarsi fosse la cosa giusta da fare.
E, mattone dopo mattone, uno sopra l’altro, Gale la vide sparire in quella storia che non aveva mai smesso di interporsi tra loro, di dividerli irrimediabilmente, senza che lui se ne rendesse conto, senza che lui potesse mai davvero far niente per impedirlo, perché era stata proprio lei a varcare un confine che Gale non aveva mai potuto davvero oltrepassare, mettendo ancora una volta Draco Malfoy a fare da scudo e scusa tra sé e il resto del mondo.
Un respiro a dividerli, ma quanta distanza c’era in quel fiato sospeso che nessuno dei due emise.
Non lo seppe, Gale, quanto tempo era passato da quando aveva cacciato il viso dalle acque del Pensatoio – un minuto, un’ora, una vita intera.
 «Sarà meglio che io vada…» disse dopo un po’, minuti di silenzio in cui lui si chiese per quale motivo alcuni amori non hanno la forza di sparire, perché, alla fine, quegli amori hanno potenza e ardore soltanto per distruggersi e portare con sé chiunque provi a raccattarne i cocci.
Perché lui? Perché proprio lei? 
«Gale, aspetta…» lo chiamò lei, questa volta alzando lo sguardo e facendolo annegare nelle sue lacrime, naufrago incapace di trovare una zattera con cui salvarsi, una riva su cui riposare.
«Se vuoi, ti accompagnerò… solo, per favore, non guardarmi così.»
«Così come?»
«Come una persona che prova pietà. Io lo sapevo, l’ho sempre saputo, che sarebbe finita.»
«Mi dispiace.»
«Anche a me» le disse, avvicinandosi piano, lasciandole l’impronta delle proprie labbra sulla fronte, sulle guance, su tutto il viso, su ogni centimetro di pelle che aveva amato, prima di lasciarla da sola e dirigersi da solo fuori dall’ufficio di Harry.
Non gli importava di perdersi tra quei corridoi, tanto aveva già perso se stesso su quella bocca che non aveva potuto baciare: avrebbe chiesto a qualcuno dove fosse l’uscita di quel posto, di quell’amore, di Hermione per varcarla e lasciarsi tutto alle spalle.
E dimenticarla, magari. O tenere stretto il suo ricordo, tutti i suoi ricordi, come un monito a non cadere più ai suoi piedi, a non amarla più, a starle lontano il tanto che bastava per non lasciarsi ferire più.
Non appena uscì all’aria aperta, però, la stretta debole di una mano piccola gli impedì di fare un altro passo.
Si voltò lentamente, mentre tutte la gente che gli camminava intorno spariva in un vortice in cui l’unica a non dissolversi fosse lei.
«Gale» lo chiamò a voce bassa, come chi è sul punto di svelare i segreti dell’universo alla persona sbagliata. « grazie.»
Lui annuì, il peso del mondo sul collo e la spina dorsale, il fardello della sconfitta, di averla lì davanti e sentirla lontanissima.
Non la guardò più, non le sorrise più. Semplicemente, le disse: «Adesso lasciami andare, per favore…»
 
~•~
 
C’era troppo bianco, sulle pareti, sul divano, sulla camicia.
Il cielo fuori sembrava stesse implodendo pur di trattenere le lacrime, troppe nuvole a offuscare il primo sole invernale, troppo bianco a fargli male agli occhi.
Anche se era il bianco sporco delle nuvole cariche di pioggia, di Novembre che si affacciava su Londra, del fumo dei camini, niente a che vedere con lei – girasoli, grano, estate.
Anche se in quel bianco lui sembrava confondersi fino a sparire, fino a non esistere più e diventare un tutt’uno con la nebbia, con quelle gocce finissime che avevano cominciato a rigare i vetri delle finestre e a bucare l’asfalto, le stesse che a Hogwarts gli avevano fatto alzare lo sguardo sulla finestra della sua stanza senza che lui riuscisse a vederla.
Le stesse gocce di pioggia sotto le quali lei si era piegata, facendolo franare insieme a lei con il peso di quelle parole che non aveva mai dimenticato –tu sei dentro, sei con me in ogni cosa che faccio… e non averti intorno non vuol dire dimenticarti; Fammi andare via; Sono stanco di tutto e di tutti, ‘Mio. Tranne di te; Dammi un motivo, un solo motivo per restare qui; Perché ti amo; Ti prego, Draco, fai l’amore con me.
C’era troppo bianco fuori da lui. E anche dentro.
Lui che era sempre stato un disegno troppo intricato, adesso si trovava ad essere solo bianco.
E la carezze delle mani di lei che chissà quali linee gli avrebbero disegnato addosso, se soltanto avesse potuto tornare indietro e dirglielo – sono tuo, disegnami come vuoi, resta ancora, resta per sempre.
Draco si spinse le dita sugli occhi, per ricacciarsi dentro quelle immagini che non lo facevano più dormire, che non gli davano tregua e lo stressavano, lo affaticavano, lo distruggevano. Per ingoiare lei e chiuderla in quell’angolo di cuore da cui non poteva fargli male, lei che lo spossava, che lo annullava, che lo disintegrava – tu mi sfibri. Mi riduci a brandelli, Hermione.
Non sentì nemmeno il suono della smaterializzazione che riempì il salone fino a quando qualcuno non lo chiamò.
Blaise se ne stava fermo, le braccia incrociate sul petto e una piccola busta di cartone tra le mani.
«Cos’hai lì?»
«Avevi ragione quando dicevi che era colpa mia, che non avevo alcun diritto di dirle di andare via, di starti lontano… ma avevo promesso a entrambi di trovare un modo per farvi andare avanti e non ci sono riuscito. Non ci sono riuscito e nemmeno voi, perciò l’unica cosa che posso fare per chiedere scusa a tutti e due è farvi tornare indietro, continuare a vedere in voi quello che ho visto all’inizio… qui ci sono dei cerotti: è vero, avete troppe cicatrici da risanare e questi vi serviranno, perché sono sicuro che vi Schianterete prima di cominciare a parlare, prima di capire perché vi ho chiuso di nuovo in una stanza…»
«No» fu il tono definitivo con cui Draco fermò quello sproloquio, una mano sollevata per arrestare ogni tentativo di convincimento dell’amico e il cuore a battere imbrigliato nelle corde vocali.
«No» ripeté ancora. «Non la voglio nella mia vita.»
«Lo hai già detto una volta e dopo non hai fatto altro che cercarla.»
«Questa volta è diverso.»
«No.»
Sembrò che Blaise non l’avesse sentito, perché gli si sedette accanto e lo guardo come in attesa di una risposta che non arrivò mai.
Allora, prese un respiro profondo, occhi chiusi e nelle mani ancora la piccola busta di cartone. «Lo so che ti sembra così» gli disse. «ma non è vero quello che hai detto anni fa: non lo hai ancora toccato il fondo.»
«Forse no.»
«L’unica verità uscita dalla tua bocca è che lei ti mancava da fare schifo dopo solo qualche giorno da quando...»
«Non le ho creduto» concluse.
Blaise annuì appena, anche se probabilmente avrebbe usato altre parole, avrebbe provato a rendere quella verità meno amara, perché era vero che Hermione faceva kilometri all’indietro ogni volta che Draco percorreva miglia per avvicinarsi a lei, ma era anche vero che lui per primo aveva abbattuto un pilastro importante di quella storia che era cominciata chissà quanti anni prima, mentre lei continuava a chiedergli di crederle.
Era vero che Hermione si era chiusa nella sua torre per scappare dalla sua presenza, dal peso che avevano gli occhi di Draco quando le scivolavano addosso, ma era anche vero che lui era andato via per la codardia e il terrore di vederla felice, magari senza di lui al suo fianco.
Ed era vero che lei era andata avanti con la sua vita, che aveva avuto il coraggio di raccontare una storia, di scriverla per alleggerire il dolore che si era portata dentro in tutti quegli anni in cui continuava a fare una sola domanda – perché è andato via? −   mentre lui, invece, si era chiuso nella sua camera a rigirarsi tra le mani un bigliettino su cui era incisa una preghiera muta, su cui aveva anche pianto e bestemmiato, continuando a mentire a tutti e a se stesso – non ho mai detto di amarla. Non voglio che torni da me.
Bugiardo, bugiardo sempre, tranne che con lei.
Forse, fu questo pensiero a smuoverlo, a dargli l’energia per alzarsi dal divano e affondare in tutto quel bianco che lo circondava e dire: «Non posso. Ci ho messo troppo tempo, non ho più le forze…»
«Di cos’hai paura?»
Gli venne da sorridere a quella domanda, il tempo che correva al contrario e lo riportava nella Stanza delle Necessità e nel suo salone contemporaneamente, a dare la stessa risposta di anni prima. «Del dopo.»
«La porta resterà aperta, avrete una via d’uscita.»
«No» disse ancora Draco, mentre Blaise restava con le labbra schiuse e le parole in bilico.
Trascorsero minuti silenziosi, perché è così che ci si arrende: in silenzio, senza parlare. Con la testa bassa e i ricordi incastrati negli occhi, la speranza intrecciata alle dita e una scatola di cerotti con cui risanare le ferite vecchie e quelle nuove, quelle che ci hanno inferto e quelle che ci infliggiamo da soli.
In silenzio. Con la testa bassa e il cuore a terra.
Blaise non disse più nulla. Semplicemente, rispettò la decisione di Draco e fece per andare via, aprire la porta e imboccare le scale, quando si sentì chiamare dall’interno dell’appartamento.
«Ho usato il mantello di Potter e la Giratempo di Lucius e c’erano troppe cose che credevo di aver dimenticato, di aver almeno modificato abbastanza per tornare a odiarla…»
«E invece no» suggerì.
«E invece no. Invece sono caduto ai suoi piedi non appena me l’ha chiesto. Credevo di essere forte, Blaise. Credevo di avercela fatta e di poter stare con qualcun’altra senza pensare a lei. Credevo che diventare un Auror e arrestare mio padre, ripulire il mio nome dalla merda che lui ci aveva fatto colare addosso potesse servire a redimermi, a farmi stare bene, a farmi andare avanti. Ma sono rimasto indietro, forse al primo anno di scuola, forse a quella maledetta partita di Quidditch. Non lo so, dove sono rimasto, ma lei mi segue sempre, anche se mi chiudo nei ricordi della mia infanzia. Credevo di essere forte e non lo sono, perciò non posso lasciarti fare quello che mi chiedi: perché non posso darle modo di ferirmi. Non più almeno.»
«Cosa farai adesso?» glielo chiese così, la voce ridotta a un filo bassissimo.
Cosa farai adesso che hai capito di aver sbagliato? Cosa farai adesso che hai capito di amarla ancora?
«Quello che ha fatto lei: andare via.»
«Lo  hai già fatto e non ti è servito a niente.»
«Non sono andato abbastanza lontano, a quanto pare.» Glielo aveva detto anche lei, mentre il nuovo anno cominciava e loro finivano come una favola triste, che la distanza da lui se la creava rivestendosi, ricordandogli del modo in cui l’aveva mandava via insieme all’eco di quel sentimento che gli aveva sussurrato, mettendolo spalle al muro, facendo in modo che lui si rendesse conto che non c’era più tempo, non c’era più ritorno − sei troppo vicino, non toccarmi. 
E allora lontano, in un continente nuovo, dove Hermione Granger non avrebbe più potuto toccarlo, né guardarlo, né implorarlo; dove non avrebbe più potuto fargli del male, né trovarlo in un modo che soltanto lei conosceva; dove non sarebbe mai più esistita e non sarebbero mai più esistiti loro due. 
«Puoi arrivare anche in capo al mondo, Draco… non la dimenticherai comunque.»
«Non voglio dimenticarla, vorrei soltanto stare bene, ecco.»
«Non è questo il modo, lo sai…»
E allora qual era il modo? Se non bastava andarle incontro, se non serviva allontanarsi, se non erano stati sufficienti gli anni trascorsi altrove a riparare tutti i crolli, qual era il modo per stare bene?
Qual era il modo per ricostruirsi, rinforzare le mura, sigillare le crepe e non demolirsi più  e non cadere più e non morire più?
Qual era il modo di andare avanti, di stare bene se ogni volta che intravedeva anche soltanto l’ombra dei suoi capelli, tutto intorno franava e lo faceva a pezzi, lo distruggeva, lo annientava? Qual era il modo per tornare a sentirsi vivo ed esserlo davvero?
Non come lo era in quel momento, vivo, vegeto, in piedi, con i polmoni pieni d’aria e le vene colme di sangue e il cuore che ancora batteva. Vivo, ma a pezzi, schiacciato al suolo.
«Non saprei che altro fare.»
«Non andare da nessuna parte. Non sbagliare ancora. Prendi questi cerotti, urlarle contro tutto quello che hai dentro, falle male, dille che è una Mezzosangue del cazzo, feriscila pure. Ma dopo curala, ricordale il modo in cui siete stati capace di ferirvi e risanare ogni ferita. Curala.»
Avrebbe voluto fare tutt’altro che curarla: avrebbe voluto odiarla, cancellarla, perderla come fosse stata una persona qualsiasi della sua vita e non la più importante, non l’unica a non aver mai capito quanto amore c’era, l’unica in grado di porgli domande a cui non sapeva rispondere mai – hai davvero pensato che avessi voluto qualcun altro al posto tuo? Davvero ti è bastato così poco per lasciarmi? Per odiarmi? – l’unica che avesse mai odiato e l’unica che avesse mai amato. 
L’unica ad averlo fatto piangere e piegare. L’unica capace di credere in lui, anche quando non capiva i suoi movimenti.
L’unica in grado di farlo cambiare, di mettere tutto sottosopra nel profondo, sotto pelle, sotto cuore, sotto lui, come a Hogwarts, quando lui le aveva confessato di non aver avuto nessun’altra, di essere stata l’unica da quando tra di loro era finita per sempre o forse non era finita mai – ci stiamo facendo una guerra inutile. Vattene via. Io non sono stato con nessun’altra. Mai? Mai. Per favore, non ti fermare. Vieni con me. Sei assurda, amore, sei…
L’unica ad avergli insegnato cosa fosse giusto e cosa non lo fosse, sbagliando con lui, sbagliando insieme.
L’unica a mettersi in ginocchio per imporre la propria presenza, l’unica che in realtà non doveva imporre proprio niente, perché lui se la portava dentro, tra le costole, in mezzo alle vertebre, tra gli organi, ovunque, in tutto il corpo.
L’unica a fargli male e a guarirlo allo stesso tempo.
L’unica. L’unica.
 
Angolo Autrice:
 
Eccoci qui, con la seconda parte di un capitolo che era nato per essere singolo e invece.
Beh, riprendiamo esattamente da dove avevamo interrotto il capitolo precedente e, finalmente, rivediamo Draco e non solo attraverso i ricordi di Hermione.
Spero che questa storia continui a piacervi e spero di poter leggere un vostro parere. 
A presto.
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 28
*** Il Pensatoio (3/3) ***


Il Pensatoio  • (3/3) •
 
 
 
 
Tornare a casa quel giorno le risultò difficilissimo.
 Dopo aver calato il capo alla richiesta di Gale di lasciarlo andare, Hermione si era sentita scissa a metà: una parte di lei, infatti, si sentiva finalmente leggera; l'altra, invece, tremò di paura, di coraggio mancato e di egoismo puro quando ancora una volta aveva provato a fermarlo, a non farlo uscire dalla propria vita.
 Quello che aveva visto prendere forma davanti ai suoi occhi era un fallimento. 
 L'ennesimo - lo aveva fatto anche con Draco. Soprattutto con Draco.
 Lasciarlo andare, accettare la sconfitta, perdere parti di se stessa che aveva conosciuto solo grazie a Gale − la codardia, il rimpianto, la speranza di poter dimenticare – vedere l’uomo che l’aveva amata nonostante tutto, nonostante Draco Malfoy;  rifiutare l’abbraccio del suo migliore amico, dirgli di voler restare da sola per farsi mangiare dai propri demoni senza che nessuno facesse qualcosa per salvarla.
Perché se lo meritava e lo sapeva. Si meritava di vivere quel dolore che per troppo tempo aveva nascosto sotto coperta, legandogli bavagli sulla bocca e sulle caviglie, per non sentirlo parlare, per non sentirlo muoversi dentro e crescere, crescere sempre di più.
 Eppure, lo stava liberando: gli stava dando spazio e tempo e modo di ammazzarla a proprio piacimento, di schiacciarla e masticarla, sputarla, calpestarla, distruggerla.
 Perché era colpevole, dall'inizio alla fine, per tutte le verità che aveva ingoiato fino a farle aderire allo stomaco e non lasciarle uscire mai.
 Era colpevole e stava soffrendo; era colpevole e stava soffrendo come una dannata perché l'amore che aveva sempre voluto era stato lo stesso che aveva sempre allontanato; era colpevole perché era stata in grado di illudere un'altra persona senza mai disilludere se stessa.
 Era colpevole e stava soffrendo.
 E se lo meritava.
 Inserì la chiave nella toppa, aprì la porta lentamente, passi incerti e timori a vibrarle ovunque, tra ossa e nervi, perché tra quelle pareti, il suo dolore, forse, non le avrebbe dato adito nemmeno di prendere un respiro, perché c’era stato troppo rosa un tempo e, adesso, invece, era tutto grigio, solo grigio − come il Lago Nero quando le nuvole di pioggia si specchiavano nelle sue acque, come gli occhi di Draco quando le aveva detto che l’amava.
Draco non era mai stato in quella casa, però, anche lì c’era troppo di lui e troppo poco di Gale, che ci aveva dormito lì, e mangiato e bevuto. Che l’aveva amata e le aveva dato tempo, sogni, vita.
 A dispetto di quello che era successo poco prima, nonostante avesse appena chiuso un capitolo importante della sua vita, una sequenza di giorni che aveva cominciato a scavarla da dentro per farle vedere la verità per com’era − Io credo che tu non abbia mai smesso di amarlo. Quanto? Quanto ti manca? − si chiese come sarebbe trovarlo lì, tra le sue cose, vederlo rovistare nei cassetti e imprecare perché non trovava quello che cercava; osservarlo stando un po’ in disparte, lasciare i vestiti tra il corridoio e la cucina e presentarsi di fronte a lui completamente nuda; aspettarlo al ritorno dal lavoro, chiedergli com’era andata la giornata, chiedergli quale fosse il suo piatto preferito e farglielo trovare in tavola la sera successiva.
Se lo chiese e le si mozzò il respiro in qualche anfratto polmonare consunto e sfilacciato, perché lui gliel’aveva detto che quel futuro poteva essere possibile, offendendola anche, ma almeno − Fosse dipeso me, scesi da questo treno, saremmo tornati a casa insieme. Tu, però, sei talmente ipocrita, talmente bugiarda con te stessa che non ammetterai mai di volere la stessa cosa − poi le aveva accartocciato la speranza davanti agli occhi e l’aveva lasciata sui binari del treno, facendola maciullare e disperdere sulle rotaie – E’ stato uno sbaglio, Hermione… tu sei tutti i miei sbagli.
Il pensiero di Gale sembrava soltanto un’ombra che sostava tra un ricordo e un altro, come se lui non avesse davvero fatto tanto per lei, come se fosse stato un passante incontrato casualmente per strada e, forse, lo era stato davvero.
Si sentì sporca, terribilmente sporca, e in colpa, perché lei, di segni di Gale, non ne portava né addosso né nel cuore e non era colpa sua, lo sapeva bene.
O forse sì, ma a cosa sarebbe servito, adesso, ammettere di aver sbagliato? Di aver ferito intenzionalmente una persona che non aveva nessun peccato da pagare, se non quello di essere venuto dopo chi aveva distrutto tutto e di essere stato paziente? Di averla amata, nonostante lei amasse qualcun altro? 
Di aver creduto in lei e di averla salvata o, almeno, di averci provato, fallendo miseramente perché lei non aveva alcuna intenzione di essere tratta in salvo. Da nessuno, se non dalla mano che l’aveva scaraventata al suolo.
Quando sentì il rumore di una smaterializzazione, Hermione lasciò cadere dalle mani una tazza vuota, che si frantumò sul pavimento.
«La sicurezza prima di tutto, Granger» la salutò, chiedendosi prima di tutto in quante cose fossero simili Draco e Hermione - negli errori, nell’orgoglio, nel non ritenere necessari gli incantesimi di protezione una volta tornati a casa, nell'essere così dannatamente stupidi e testardi e ciechi. 
«Daphne?»
«In persona» rispose l’altra, i capelli biondi legati in una coda bassa, la sciarpa a coprirle il collo e il viso.
«Cosa ci fai qui?»
«E’ vietato voler prendere un caffè con un’amica?»
«No, solo… lascia perdere.»
«So quello che è successo» disse Daphne, che era sempre stata di poche parole, ma quando aveva qualcosa da dire sapeva arrivare dritta al punto, al centro delle questioni e provava a capirne i battiti, i meccanismi che l’animavano e poi, magari, tornava a stare zitta, ma non parlava mai a sproposito. «Un po’ di tempo fa ti ho detto che ci voleva coraggio anche a far finta di niente, te lo ricordi?»
Hermione annuì in silenzio, la sensazione che qualcosa la stesse scorticando dall’interno si fece man mano più forte e lei si lasciò scorticare, si lasciò consumare, si lasciò fare tutto da quella rabbia, da quel dolore, da quell’amore – tutto quell’amore.
«Ti ho detto tante cose, ma forse non le hai mai capite.»
« Forse no…» ammise Hermione, il tono di voce un po’ piccato.
«Allora, adesso, per favore, torna a essere la ragazzina saccente e antipatica che eri a Hogwarts. Prova a capire quello che ti dico e, soprattutto, quello che non dico.»
«Non ho voglia di parlarne, Daphne.»
«E infatti devi stare zitta e ascoltare, magari pensarci su quando me ne sarò andata. Tu però devi ascoltarmi.»
Hermione scosse la testa, ma si accomodò lo stesso su uno sgabello, i gomiti poggiati sul bancone della cucina e la voglia di scappare che le impediva di tenere i piedi fermi.
«Kelly… era una scommessa che ha fatto con se stesso: sapeva che sarebbe finito tutto, lo sapeva anche lei. »
«Perché questa scommessa?» Volevo qualcosa che lui non potesse avere.
 Daphne le sorrise, ma non rispose. Semplicemente si sedette di fronte a lei.
«Quindi era solo un modo per farmi ingelosire?»
«No, non lo era: ti aveva già vista con Gale, credeva tu fossi felice.»
«Cosa mi dirai adesso? Che devo lasciar perdere?» non riesco a lasciar perdere.
 «Ti dirò che non sei sbagliata, che qualsiasi cosa tu abbia fatto non è stata sbagliata se adesso sai cosa fare, se sai cosa vuoi...»
«E se non sapessi cosa vuole lui?»
«Lo sai, invece, lo hai sempre saputo» non vorrò nessun'altra che non sia tu «Ha un solo punto debole e sei tu, dal primo anno» il tuo punto debole è sempre stato lui, dal primo anno.
«Non è vero...»
«Non ti sopporto quando sei così… così… » sei così testarda, a volte… così testarda da sembrare stupida.
«Cosa devo fare?»
«Questo non posso dirtelo: la scelta è tua. Personalmente, al suo posto, ti direi che se te ne devi andare, vorrei che te ne andassi e basta...» 
«Ma se io fossi una persona che ti ama, vorrei che tornassi…» concluse Hermione, che ce le aveva stampate ovunque le parole che si erano dette tra i corridoi di Hogwarts e sotto le colonne dei porticati.
«Anche dopo tutto questo tempo» Daphne sospirò, portando la coda dietro le spalle, poi si sporse leggermente in avanti, stringendole le mani, accarezzando piano il dorso.
 Hermione non si mosse, restò immobile, il respiro imbrigliato nel vestito rosa che Draco le aveva tolto mesi prima, nei suoi sospiri, nella nota dolcissima che assumeva la sua voce quando la chiamava per nome.
«Cosa devo fare?»
«Quello che ti rende felice» le disse, entrandole nel cervello senza che lei se ne accorgesse, perché Hermione si costruiva armature intorno al corpo, ma il cuore e la mente erano sempre spoglie, come le pareti della casa di Draco.
Li sentì tutti, quei pensieri che finalmente la facevano stare ferma, anche quello più silenzioso, lei lo avvertì forte e chiaro.
E, di nuovo, l'ex Serpeverde si chiese in quante cose fossero simili Draco e Hermione - negli errori, nell’orgoglio, nel non ritenere necessari gli incantesimi di protezione una volta tornati a casa, nell'essere così dannatamente stupidi e testardi e ciechi, nell'essere il punto debole dell'altro, nel saperlo e non volerlo ammettere.



 
~•~
 
 
 
Non era più quello che l'aspettava, che contava i passi che compiva per avvicinarsi a lui o che piangeva per lei. Non la voleva nella sua vita, non voleva vederla tornare, non la voleva più. E non l’amava, non l’aveva mai fatto.
Se lo diceva sempre, ogni santo giorno. Non ci credeva mai.
Se lo diceva per convincere se stesso ad andare avanti, a non affogare, a non elemosinare amore attenzioni e tutto quello che lei gli aveva sottratto senza chiedergli il permesso, decidendo per entrambi, pretendendo un addio che lui non le aveva mai detto. Nemmeno quando era rimasto da solo.
Se lo diceva soprattutto mentre guardava l'abito che aveva comprato, che sul manichino della sartoria sembrava bellissimo e chissà come sarebbe stato, invece, addosso a lei.
Draco si rese conto soltanto in quel momento di non avere la minima idea di come e dove trovare il coraggio per spedirle quel regalo e pensò di aver bisogno di qualcuno che capiva come si sentisse, che aveva toccato il fondo proprio come lui e l'immagine della fidanzata di Potter gli apparì chiara e nitida.
Ginny Weasley aveva innumerevoli motivi per mandarlo a quel paese: Lucius aveva provato in qualche modo a ucciderla, Bellatrix aveva fatto lo stesso, tutta la sua famiglia aveva studiato modi e congetture per uccidere l'uomo che amava da sempre, eppure, Draco ne era convinto, quella sera nella sala comune di Grifondoro, un po' di bene gliene aveva voluto. 
Per questo mosse le mani per mandarle un messaggio e la risposta non tardò ad arrivare.
Sempre pronta, sempre presente, Ginny arrivò da lui mezz'ora dopo. «Allora? Cosa c'è?»
«Devi darle questo» disse lui, indicando la scatola che conteneva il vestito che le aveva comprato.
«Perché? Tu non sai farlo?» gli chiese, le labbra atteggiate in un sorriso storto.
«Non posso e lo sai.»
«Ti basterebbe così poco, Malfoy…»
 E lo sapeva anche lui.
Sapeva che sarebbe bastato poco, pochissimo per averla di nuovo, ai suoi piedi, come aveva fatto nella sua camera a Hogwarts, a chiedergli di spogliarla, di amarla. 
In basso, proprio lì dove avrebbe sempre dovuta essere, in ginocchio −  per imporre la propria presenza, l’unica che in realtà non doveva imporre proprio niente.
Rinfacciarle i suoi errori − sei stata tu a tornare − metterle davanti agli occhi le differenze che li avevano sempre divisi, vederla esanime, schiacciata al suolo, proprio come lo era stato lui. Offenderla, maledirla come solo lui sapeva fare. Essere il primo a farla piangere in ogni maniera possibile, tagliandole pelle e vene con la parola che lei si portava scritta addosso con un orgoglio che lo faceva vergognare di tutto ciò che era stato in passato – Nessuno ha chiesto il tuo parere, lurida Mezzosangue. Era un’altra vita.
D'altronde, era stata lei stessa dirglielo - sto rinunciando a te. Perché ti voglio.
Sarebbe bastato poco, pochissimo per cancellare tutti quegli anni in cui l'aveva odiata e amata e odiata, sempre e ancora.
Magari accettare la proposta di Blaise, farsi chiudere da qualche parte e Schiantarla a dovere, fare un'altra scommessa con Potter − volevo qualcosa che lui non potesse avere. Quindi, la tua scommessa è stata un compromesso? No, il compromesso è stata la strada per arrivare, credo. A cosa? A lei.
Cancellare tutto il dolore che aveva provato, la rabbia, le ore trascorse a leggere un biglietto che non la riportava mai al suo fianco, ore trascorse a esprimere lo stesso desiderio che aveva avuto lei: tornare indietro nel tempo per dirglielo prima, che l'amava, ma da quanto l'amava? − prima ancora che voi li catturaste. Forse, molto tempo prima. Se non fosse stato per te sarei potuta morire alla Coppa del Mondo di Quidditch, perché lo hai fatto? Forse, eri già diventata importante. Tu l'amavi già? 
Dirglielo che lui aveva saputo essere sincero fino a sentirsi nudo, debole – Cosa vorresti sentirti dire? Che non è vero? Che non la amo? Perdo l’equilibrio solo a pronunciare il suo nome.
E dimostrarle in ogni modo, sopra di lei, in mezzo alle sue gambe, a baci e morsi e carezze, che era stato capace di mantenere tutte le promesse che le aveva fatto − ti prometto che mi allontanerò da te, che non ti farò pesare la mia presenza… che prima o poi ne usciremo: chi in un modo e chi in un altro, ma ne usciremo. Io non vorrò nessun’altra che non sia tu. No, non finirà, non deve finire. Il mio posto sei tu.
«Lei sta con un altro» rispose, la voce ridotta a un sussurro che non si barricava dietro nessuna difesa.
Ginny non gli disse la verità, perché non spettava a lei, perché doveva essere Hermione a spogliarsi di fronte a lui e non solo dei vestiti, come aveva fatto a Hogwarts. E non spettava a lei raccontargli le lacrime, le fiamme in cui la sua migliore amica l'aveva lasciato bruciare, bruciando insieme a lui, morendo insieme a quel foglio di giornale su cui era scritta la notizia dell'uomo che aveva provato ad assassinarla, di quel padre che era stato arrestato dal suo stesso figlio, per la voglia di vendetta, per la voglia di rivalsa, per la voglia di far sapere al mondo che un Mangiamorte non resta per sempre un Mangiamorte. 
Non spettava a lei nemmeno chiedergli perché lui rimanesse fermo a giocare a perderla e Hermione faceva lo stesso, seduti in luoghi diversi.
Fermi, a bere l'orgoglio da una coppa che apparteneva a lei e apparteneva a lui, a entrambi, a nessuno dei due.
«Adesso devo andare» disse lui, chiudendosi il cappotto addosso.
«È così importante?»
Draco non sapeva se Ginny si riferisse al suo impegno o al regalo che doveva consegnare o, forse, alla sua migliore amica, perciò preferì non rispondere. E non lo fece perché altrimenti le avrebbe detto che sì, era importante, Hermione − che era l'unica, che era tutto.
Tacque ancora e Ginny prese quel silenzio come un assenso che rispondeva comunque alla domanda che gli aveva posto e a tutti i sottintesi che questa conteneva e capì che, quel silenzio, era l’unica maniera che Draco Malfoy conosceva per farle capire quanto in realtà gli mancasse Hermione.
«Bene» disse infine la ragazza. «Allora, ciao.»
Draco la salutò semplicemente sollevando la mano aperta e un sorriso appena accennato, per ringraziarla di essere corsa da lui, di aver accettato di aiutarlo e di fare da intermediaria in quella guerra in cui entrambe le fazioni aveva troppe armi per attaccare e difendersi e troppo poco coraggio per alzare bandiera bianca, chiedere un armistizio e arrendersi.
Quando rimase da solo, si smaterializzò direttamente fuori ai cancelli di Azkaban: Harry Potter lo stava aspettando chissà da quanto tempo, ma non gliene importò minimamente e glielo fece capire alzandogli il dito medio non appena lo vide.
Camminò a testa bassa e le mani nascoste nelle tasche, ogni gradino sembrava essere un giorno in meno per raggiungere la redenzione.
Lucius era seduto, questa volta, con il viso rivolto verso le sbarre: non mosse un muscolo quando vide entrare i due Auror né si scompose quando suo figlio lo chiamò per nome come se fosse stato un estraneo.
«Siamo qui per farti delle domande» lo avvisò Draco.
 Lui, però, continuò a non rispondere. Calò il capo, mentre una risata lugubre riempiva la cella. «Povero, stupido, illuso.»
«Grazie per i complimenti» lo prese in giro suo figlio. «ma non sono qui per questi. Piuttosto, dimmi perché hai finto di essere sotto Imperio la prima volta che avresti dovuto essere condannato? Quanti di voi stavano già tramando per farlo tornare?»
«Quanti di noi, intendi? Sei un Mangiamorte anche tu, te lo ricordi, vero?»
Draco incassò il colpo, portando istintivamente una mano sul braccio dove prima c’era il Marchio Nero e che, nonostante fosse coperto da un altro tatuaggio, tornò a fargli male.
Proprio come quella pioggia e quelle ombre con cui l’aveva sostituito. Gli faceva male allo stesso modo, un dolore diversissimo, eppure così uguale… Durò soltanto un istante, però, perché l’attimo dopo, Draco si sporse verso di lui, respirando il puzzo del suo alito, parlandogli direttamente nelle corde vocali. «Farò di tutto affinché tu riceva quel maledetto Bacio» gli sussurrò.
Lucius si spostò appena in tempo, prima che l’altro potesse afferrargli il collo della tunica e finalmente il suo sguardo vacillò, si riempì di un terrore che Draco non gli aveva mai visto in volto.
«Così lo farai ammazzare, Malfoy, e tu… tu non sei un assassino» gli disse Harry, ma Draco non lo ascoltava più: si era voltato per un solo secondo e poi era tornato a guardare Lucius.
Che non era infallibile, che non era intoccabile. Non più.
E allora, tutto acquisiva un senso nuovo, perché quel sangue che vedeva scorrere− sulla lama di un coltello che si erano passati di mano troppe volte. Lucius con lui, lui con Bellatrix, Bellatrix con lei, lui con lei − non era più soltanto il proprio e adesso ce l’aveva una risposta alla domanda che si era posto la prima volta che era entrato in quella cella – Ma quanto in profondità può arrivare, una lama? Quand’è che riesce a trapassare il cuore di una persona? E se una persona non ce l’ha, un cuore, cosa colpisce, quella lama?
Non spostò mai lo sguardo da suo padre e disse: «Hai ragione, Potter, morire e basta sarebbe troppo facile per lui.»
«Che buon cuore» lo schernì Lucius.
«Il fatto che tu non smetta di respirare non vuol dire che vivrai a lungo.»
«E come pensi di uccidermi, eh?»
«Una volta mi hai detto che sono diventato lo zimbello dei Purosangue per una cotta adolescenziale. Ti svelo un segreto e ti dirò senza troppi giri di parole che mia madre lo sa e approva. Approva tutte le mie scelte.»
«Cosa?»
«Che io la amo ancora, la Mezzosangue» dopo, raddrizzò la schiena, godendosi appieno tutte le emozioni che si disegnavano sul volto di Lucius e quanto era bello, avere il coltello dalla parte del manico, affondare la lama, sentirla mentre finalmente lo feriva davvero; vederlo in cerca di un’aria che non gli sarebbe mai bastata, perché, adesso lo sapeva: Lucius ce l’aveva un cuore e soltanto l’amore che provava per lei poteva avere il potere di fermargli i battiti.
Lucius respirava ancora, si muoveva ancora, eppure, puzzava già di morto.
Draco gli sorrise un’ultima volta prima di andare via. «Buona non vita» gli augurò, lasciandolo definitivamente.
E se solo Lucius avesse avuto un briciolo di coraggio in più, si sarebbe tolto la casacca e se la sarebbe stretta attorno al collo, per morire davvero e non sopportare il peso di quella verità che lo nauseava fino a fargli preferire di morire, morire davvero piuttosto che vivere con quella consapevolezza, con la vergogna che anche sua moglie avesse tradito la causa del Signore Oscuro.
Lucius, però, quel briciolo di coraggio non ce l’aveva e pregò affinché la morte giungesse in fretta, in maniera naturale.
Harry Potter non disse una parola fino a quando non tornò al Ministero assieme a Malfoy. Lo guardò per un attimo, studiando i cambiamenti che aveva visto sul suo viso, vedendolo furibondo e fuori di sé prima e rilassato e in pace con se stesso adesso e, forse, fu per questo che glielo chiese con lo stesso riguardo che avrebbe riservato a un luogo diverso. «E’ vero?»
Draco sapeva perfettamente a cosa si riferisse l’Auror, ma fece finta di niente e continuò a cercare l’accendino nei cassetti della scrivania, senza nemmeno rendersi conto di poter accendere quella sigaretta con la magia, perché, forse per la prima volta, si sentì più simile a Harry di quanto non avesse mai fatto in tutta la sua vita. Perché Harry Potter non sapeva fare giri di parole e le domande, le intenzioni, i sottintesi, li teneva scritti tutti negli occhi, proprio come lui – sei trasparente, molto più di quello che credi.
Ma quante cose avevano realmente in comune, il bambino che era sopravvissuto e quello che non aveva avuto scelta, se non il fatto che avevano affrontato il proprio destino, non sempre a testa alta, e si erano creati futuri alternativi che non li vincolassero alla nomea che li aveva sempre preceduti? Se non lei?
Rispose, eludendo la domanda che gli era stata rivolta: «Questa mattina ho chiesto un favore a tua moglie.»
Harry arrossì visibilmente, balbettando che Ginny era ancora la sua fidanzata e Draco rise, dicendogli che era un bene per lei e sperava si ravvedesse dal fare l’errore più grande della sua vita sposando il Prescelto.
«In ogni caso» riprese Harry. «quando mi sposerò lo saprai.»
«Immagino che la stampa impazzirà.»
«Non è per questo… è che credo tu debba far parte degli invitati d’onore.»
 Questa volta, Draco non sorrise e non rispose, perché davvero non avrebbe saputo cosa dire.
 
Angolo Autrice:
Eccoci qui, con la terza e ultima parte di questo capitolo.
Non so cosa dire a riguardo, solo… spero che vi piaccia.

A presto



 
 

 

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Capitolo 29
*** Ventitré dicembre ***


Ventitré dicembre

 
 
L'inverno aveva riempito ogni ora del giorno: era giunto lentamente, tanto che era stato difficile capire quando fosse cominciato davvero.
Draco se ne rese conto a causa della nebbia che gli impediva di vedere un orizzonte immaginario.
Quella sera faceva leggermente più freddo − dopotutto era dicembre − perciò si strinse nel cappotto e mosse i pochi passi che lo separavano dalla sala da tè dove Blaise e Aria avevano deciso di festeggiare insieme l'addio alla vita da fidanzati per cominciare quella da marito e moglie.
Era strano, pensare al suo migliore amico come un uomo pronto a mettersi nelle mani di un'altra persona, e gli venne da sorridere quando il suono delle campane a vento gli avvisò di essere arrivato a destinazione e vide Blaise seduto su uno sgabello, le gambe mosse dal nervosismo e un sorriso di plastica stampato sul viso.
«Andrà tutto bene» gli disse, avvicinandosi a lui.
«Ne sei davvero convinto?»
«Io si e tu?»
Blaise non rispose, fece vagare lo sguardo nella sala e quando i suoi occhi si posarono sulla figura di Aria sembrò ritrovare la tranquillità che Draco gli aveva sempre visto addosso.
«Hai ragione» sussurrò. «Andrà tutto bene.»
Nonostante tutto, comunque, l'atmosfera era pregna di tensione. 
Draco si voltò un secondo a guardare
in direzione dell'amico e capì immediatamente le parole che non gli furono rivolte.
«Capisco» fu il tono rassegnato che gli concesse, ricevendo in risposta un assenso silenzioso.
Sapeva benissimo che ci sarebbe stata anche Hermione, forse sperava che anche lei ricordasse quella notte prima della vigilia di Natale di qualche anno prima.
Quando Blaise gli aveva detto che il suo addio al celibato sarebbe stato festeggiato il ventitré dicembre, Draco aveva pensato fosse uno scherzo di cattivo gusto a causa di tutti i ricordi che quel giorno portava con sé. 
Ricordi che lui aveva provato a chiudere nel dimenticatoio, cancellando dal calendario la data in cui aveva commesso il suo errore più grande − non dirle che l'amava − e in cui lei, invece, aveva trovato il coraggio di dire quelle parole che spesso restavano in bilico tra labbra e cuore − io ti amo.
Non era servito a nulla tutto ciò che aveva fatto per redimersi, per ripulire il proprio cognome dal fango con cui era stato sporcato, perché in cuor suo, non avrebbe mai potuto perdonarsi per quell’errore a cui sembrava impossibile rimediare, nonostante quello che era successo a Hogwarts.
E, adesso, senza più forze per fare un solo passo verso di lei, senza più la voglia di avvicinarsi soltanto per vederla allontanarsi, Draco se ne stava seduto ad aspettare che Hermione entrasse e gli desse il colpo di grazia, presentandosi con l'uomo che lei si ostinava a tenere accanto.
Non sapeva se fosse per paura della solitudine o per non cadere più ai suoi piedi come aveva fatto a Hogwarts − quando in realtà era stato lui a cadere in un baratro senza fine. L'unica certezza che aveva era che Hermione non amasse Gale, proprio come lui non aveva amato Kelly  – perché lei non è te.
Quando la porta fu aperta di nuovo e comparvero Ron Weasley e la sua compagna, Draco tirò un sospiro di sollievo.
Non era davvero pronto a vederla né a morire nel momento in cui i propri occhi si sarebbero posati sul suo accompagnatore.
Si chiese soltanto se qualcuno lassù avesse ascoltato le sue preghiere − non incontrarla, non provare più niente per lei, dimenticarla − ma scosse appena la testa, perché sapeva che nessun Dio avrebbe potuto cancellargliela da dentro.
Ci abitava da sempre, lo avrebbe fatto per sempre.
E come poteva essere altrimenti, se soltanto per lei aveva cambiato la prospettiva da cui guardare la verità? Se soltanto per lei si era tagliato un dito per scoprire le differenze tra il proprio sangue e il suo − non ce n'erano − e lo aveva mescolato sulla pelle per ricordarselo che, in fondo, erano uguali – che lei era migliore – lo aveva massaggiato tra i polpastrelli per ricordarne la consistenza, l'odore, tutto. E si erano mescolati i respiri, le paure, i dolori fino a diventare una persona e subire la spaccatura più profonda quando lei aveva deciso di non tornare, quando lui era andato via con la speranza che lei lo raggiungesse.
Erano passati anni da quella notte di fine anno scolastico, ma Draco aveva ancora quella sensazione di abbandono a formicolargli sotto l'epidermide.
Perciò, quando Hermione finalmente fece il suo ingresso, lui quasi non notò il fatto che non si tenesse per mano con Gale.
Lui c'era, le teneva una compagnia distante che Draco non riuscì a comprendere e non si sforzò di farlo, perché aveva deciso che sarebbe rimasto fermo a vederla scivolare via come sabbia dalle mani − come se fossi l'ultimo granello di sabbia in una clessidra − nel tempo infinito che lei impiegò per salutare tutti e raggiungere finalmente Blaise per le congratulazioni.
«Ciao Draco» fu il tono dolce con cui si rivolse a lui che, invece, guardò Gale.
Lo vide voltare lo sguardo dall’altra parte, quasi fosse in imbarazzo a mettersi tra di loro in quel saluto che solo loro due potevano capire, che nascondeva segreti e notti insonni, guerre per allontanarsi, battaglie per avvicinarsi, sguardi rubati quando a separarli erano stati i banchi e le enormi tavolate in Sala Grande.
«Buonasera» rispose con voce fredda, calcolata, perché Hermione Granger non doveva sapere il caos che gli aveva fatto esplodere dentro soltanto con una parola, non doveva sapere che la voglia di restare fermo a perderla era vacillata in quell’esatto momento – forse, molto tempo prima.
Hermione fu brava a fingere di non essere stata toccata da quella freddezza, dal modo in cui Draco aveva accuratamente evitato di guardarla e non lo seppe mai, ma quando si allontanò, a lui sembrò di riuscire a respirare bene per la prima volta dopo anni.
«Quando sei andato via, io e lei ci siamo avvicinati: ero l’unico modo che aveva per non perderti davvero ed è amica di Aria, non poteva non essere qui» Blaise lo ammise a voce bassissima e lui non rispose per tutte le contraddizione che era diventato da quando l’aveva incontrata di nuovo.
«Non è stato facile…»
«Nemmeno per lei, Draco» 
Forse non era bastato sentirlo dalla bocca di Potter – avevamo tutti la sensazione di camminare sul vetro. Bastava una parola e lei si frantumava. Credo sia partita per allontanarsi da te – e sentire quella verità scomodissima dalla bocca di Hermione gli aveva incendiato dentro speranze che si era consumate come tutti gli oggetti dimenticati nella Stanza delle Necessità, la notte della Battaglia Finale, quando aveva rischiato di morire − Com'e stato? Stare con te? Stare senza. È stato invalidante. Dimenticarti è stata la cosa più difficile che avessi mai fatto. E ci sei riuscita? No − morendo davvero di fronte all'ammissione che lei gli aveva confessato: non era andata oltre, non lo aveva dimenticato. 
Forse era l'unico a poter capire davvero quanto dolore ci fosse in quell'ultima parola che era caduta nel vuoto, sostituita dalla domanda più importante di tutte - fare la conta degli errori, decidere chi tra i due avesse più colpe, sorridersi e perdersi nello stesso istante.
Blaise lo osservò a lungo, lui si chiuse ancora un po' in se stesso. Nessuno dei due aggiunse altro, ma pur di non vederla, Draco preferì dare le spalle alla sala, appoggiando i gomiti sul bancone di legno.
Non vide Hermione avvicinarsi ai suoi migliori amici, non la vide ridere insieme alla futura sposa e non la vide irrigidirsi, diventare una statua di sale quando Kelly entrò nel locale.
Si era perso quello e tante altre cose di lei, istante che non avrebbe mai potuto recuperare nemmeno se lei glieli avesse raccontati tenendolo sul seno, cullandolo come fosse un bambino in cerca di rassicurazioni.
Scosse la testa a quel pensiero e riempì il bicchiere con altro Whisky. Era un bene che ci fosse dell’alcol a quella festa, perché, ne era sicuro, il tè non sarebbe stato d’aiuto, non gli avrebbe dato nulla se non la lucidità di ogni gesto che compiva.
Kelly non si avvicinò mai a lui perché nel poco tempo che avevano condiviso, aveva imparato quando lasciarlo in pace, stargli lontano e questo era proprio uno di quei momenti in cui Draco avrebbe voluto essere dovunque tranne che lì.
Si avvicinò ad Aria che era ancora in compagnia del Trio, intrufolandosi piano in discorsi di cui non capiva quasi nulla.
«Ciao Hermione» esordì, un sorriso delicato a incurvarle le labbra.
Lei s’irrigidì, alzò lo sguardo lentamente sulla donna che l’aveva salutata con la dolcezza di una lama affondata nel miele, che rendeva più dolorosa ogni ferita, che la riportava indietro in una notte di pioggia con gli occhi fissi su una fotografia in cui Kelly sorrideva, le prime parole che le aveva rivolto a mulinarle tra i timpani e il cuore, come una marcia funebre senza fine – io sono Kelly, la fidanzata di Draco.
Sorrise di rimando, ricambiando il saluto in un soffio di voce, uno sforzo sovraumano che sembrò tagliarla a metà. «Ciao Kelly.»
Non disse altro e poi, finalmente, la vide allontanarsi dal gruppo.
Tutto quello che i suoi amici dissero dopo, le arrivò come un suono ovattato, lontanissimo, perché lei, adesso, era zuppa d’acqua, immobile sulla soglia di una casa che non le apparteneva, le dita di Draco attorno ai polsi, la paura di averlo perso per sempre.
Fu difficile ritornare alla festa a cui era stata invitata e fu difficile mostrare una gioia che non provava, perché non era mai stata brava a fingere: era contenta per Blaise e per Aria, ma vedere il proprio mondo frantumarsi poco alla volta, rendersi conto che ogni sguardo e ogni parola che lei e Draco non si rivolgevano poteva provocare crolli infiniti la ferì oltre ogni aspettativa.
Chiunque l’avesse guardata avrebbe capito di che portata fosse la guerra che si stava svolgendo dentro di lei, che però lasciava che tutto seguisse il suo corso naturale e non attaccava, non si difendeva. Semplicemente restava immobile ad attendere che tutto finisse.
Se ne accorse Gale, che fece un passo indietro per garantirle l’isolamento che lei chiedeva; se ne accorse Ginny, che invece fece un passo avanti, avvicinandosi; se ne accorse Harry, che posò la mano nella piega del gomito della sua fidanzata per fermarla. Se ne accorsero tutti, tranne Draco, che era ancora di spalle – era così evidente… eppure, alla fine, tu sei stata l’unica a non capirlo..

Hermione era consapevole del fatto che lei e Draco non avessero mai avuto gli stessi tempi di cuore, lo aveva ammesso agli altri prima di farlo con se stessa, ma quella consapevolezza non serviva ad alleviare il male, il senso di sconfitta che portava sempre con sé, dentro e fuori.
Si voltò un secondo a guardarlo nel momento in cui lui fece scivolare le dita sul bordo del bicchiere e se le sentì scivolare lungo la spina dorsale, con la stessa pressione che aveva riservato ad ogni vertebra per imprimersi nelle ossa, in mezzo ai nervi e più la pressione era forte più lei si sentiva sciogliere dal fatto che dentro, a lui, ce lo aveva sempre avuto.
Come il cuore e lo stomaco: era quasi nata con lui, anzi, era nata nel momento in cui l’aveva guardata per la prima volta e lo stava capendo solo in quel momento.
E, quando Draco si alzò per lasciare la sala da tè, qualcosa le scattò dentro: lo seguì oltre la grande vetrata con le iridi colme di abbandono e di desiderio quando lui portò la sigaretta alle labbra e lasciò fuoriuscire il primo fumo.
Bramò di essere quella sigaretta per stare ferma lì, sulla sua bocca, in bilico tra l’indice e il medio – ti accade di vedere il posto dove sei salvo, sei sempre lì che lo guardi da fuori. Non ci sei mai dentro. È il tuo posto, ma tu non ci sei mai.
Le sue gambe si mossero prima ancora che il cervello metabolizzasse la decisione che aveva preso: uscì al freddo e nascose le mani nelle tasche del pantalone. Era lì, a memorizzare ogni angolo di quel viso, ogni movimento di quelle mani, anche se li ricordava a memoria, anche se a occhi chiusi avrebbe saputo indicare esattamente dov’erano  tutti i suoi nei, le piccole rughe, i punti sensibili.
Lui teneva la testa bassa, forse non l’aveva sentita arrivare, ma non lo diede a vedere perché sul viso non ebbe nemmeno per un attimo lo stupore di vederla lì e invece.
E invece avvertì terremoti all’altezza dello sterno, deliri d’anima e urla di ricordi che gli rimbombavano nel cuore.
Quando Hermione si avvicinò un poco, lui si allontanò compiendo un lungo passo. Lei sorrise mentre dentro si sentiva morire: le sembrò di essere tornata indietro nel tempo di troppi anni, a rivivere gli incontri casuali nei corridoi, le volte in cui lui l’aveva seguita, quelle in cui era stata lei a correre lontano.
Si sentì sconfitta, persa sull’orlo di una storia che non sapeva finire e che non sapevano come fosse iniziata: forse, erano a quel punto perché  nessuno dei due ci aveva mai creduto fino in fondo; forse perché il loro destino aveva scritto parole e tessuto trame che li univano in un limbo embrionale che non riusciva mai a vedere la luce del sole, della vita.
«Non è vero» gli disse, la voce piccola di chi ha paura anche solo a respirare. «Non è vero che sei tutti i miei sbagli.»
Fu come spogliarsi di ogni corazza, sentire un macigno sul petto sgretolarsi, cadere giù senza far rumore. O, almeno così credeva.
Quelle parole, però, esplosero nel boato del silenzio che seguì quella confessione, perché Draco non rispose. E non la guardò: teneva gli occhi fissi sulla sigaretta ormai finita, le pupille a tremare a causa del fumo che le annebbiava.
Hermione non sapeva cosa aspettarsi, cosa ci fosse in quel silenzio che lui si ostinava a mantenere come fosse uno scudo, un muro di cartapesta dietro cui ripararsi da tutto quello che erano stati in passato e qualche settimana prima, per difendersi da tutto quello che sarebbero potuti essere insieme, per tutto quell’amore che adesso non riusciva più a far finta di non esistere – per tutto quell’amore che gli aveva negato, per tutto quell’amore che si era negata. Per tutto quell’amore.
Draco non si mosse e lei rispettò il suo atteggiamento, nonostante il sangue che sentiva scivolare via da ogni vena. Però lo guardò ancora e con la voce ridotta a un sospiro affaticato gli rivelò il motivo per cui lo aveva seguito.
«Mi dispiace» ammise. «abbiamo… ho sbagliato tutto.»
Lui le rivolse un’occhiata pregna di derisione, proprio come aveva fatto nei primi anni a Hogwarts, scorticandosi l’anima pur di non darle la soddisfazione di assistere al crollo che lo vedeva protagonista. «Hai ragione: hai sbagliato tutto.»
Non aggiunse altro e lei sorrise come fa chi è sul punto di puntare al petto del proprio avversario l’arma più potente del mondo. Solo che… solo che Hermione non aveva armi né voleva averne, perché da tempo era giunta alla conclusione che tutti e due sapessero farsi molto più male con le parole, con gli sguardi negati, con i silenzi che continuavano a dividerli.
«Perché sei andato via?» gli chiese, sperando che le parole che Blaise le aveva detto anni prima fossero vere – perché sei importante per lui. Ti ha dato la possibilità di non cadere a pezzi ogni volta che lo incontravi.
A pezzi, lei, ci era finita lo stesso, consumandosi a scrivere una storia che parlasse di loro, il cui titolo aveva le loro iniziale, a buttarsi di getto in una relazione che non aveva fatto altro che ricordarle quanto lui fosse arrivato in profondità.
«Cosa vuoi?»
«Obbligo o verità?»
«Non ho voglia di giocare» le disse, gli occhi puntati oltre la sua spalle, per non incrociare più quegli specchi su cui era scivolato innumerevoli volte, senza mai trovare appigli.
«Lo faresti ancora? Faresti ancora di tutto, saresti ancora qualsiasi cosa per avermi accanto?»
«No» fu il tono secco con cui le fermò il cuore.
Draco glielo aveva detto, una volta che sarebbe rimasto un Serpeverde, un codardo, un bugiardo − io so sempre come colpirti alle spalle – e nonostante lo avesse di fronte, il colpo arrivò dritto al centro delle scapole, a farle arricciare i nervi e tagliare la carne con la potenza che solo la sua voce, quando era bassa e ferma, poteva avere, eppure, ancora una volta, Hermione provò ad avvicinarsi, perché sapeva che lui non era davvero in grado di difendersi e allora attaccava con l’unica cosa che conosceva: la cattiveria.
Fu un attimo, un secondo in cui le sembrò che il mondo cominciasse a girare al contrario, l’odore di lui a riempirle le narici, a farle riaccendere il battito cardiaco e sentire pulsare emozione ovunque.
Le prese il viso tra le mani, premendo con forza le guance fino a quando gli angoli della sua bocca non si toccarono.
C’era tutto l’odio che aveva provato per lei, in quella stretta. E la rabbia, la solitudine e gli anni trascorsi a chiedersi cosa lei stesse facendo, il peso che aveva avvertito sulle ginocchia quando si era fermato fuori la porta della sua casa, quando l’aveva vista sollevarsi sulle punte per baciare un uomo che non era lui, che non aveva niente a che fare con lui né con lei – perché lui non è te.
«Devi starmi lontano.»
Hermione non rispose, si limitò a sciogliersi dalla sua presa e a sorridere, proprio come aveva fatto nella sua camera a Hogwarts, poco prima che lui chinasse la testa e si piegasse alla sua richiesta di fare l’amore.
Fu il modo in cui gli scivolò dalle mani, il modo in cui sorrise a farlo precipitare nel baratro che avevano creato con i loro silenzi, aiutandosi soltanto per scavare ancora più in profondità.  
Quando lei mosse le gambe per avvicinarsi, Draco le fece piovere gli occhi sulla stoffa dei pantaloni, partendo dalla caviglia e fermandosi all’altezza del seno dove, se l’avesse avuto ancora, probabilmente ci sarebbe stato un cuore dorato con incisa sopra una delle promesse che aveva fatto a se stesso e a lei – Mia, tuo.
Hermione sollevò la mano e nel momento in cui gli sfiorò la guancia, lui fece un altro passo indietro.
In quel gioco in cui lei si fingeva vittima e invece no, era cacciatrice, vincitrice – lei era tutto – la guardò come la rovina che era, perché lei gli aveva rovinato la vita, non c’era nessun dubbio a riguardo, e aveva rovinato la storia con Kelly, la possibilità di poter stare bene con un’altra donna, proprio come aveva provato a fare lei.
La guardò come lei aveva guardato lui una sera di qualche anno prima, con le stesse parole scritte negli occhi e sulla bocca.
E allora gliele disse, quelle parole che l’avevano ferito fino a farlo sanguinare: «Sei troppo vicina. Non toccarmi.»
Hermione sbarrò gli occhi e lui si sentì tremare tutto, un misto di godimento e senso di colpa ad attraversargli i muscoli, perciò continuò, come aveva fatto lei: «Non ti lascerò fare, non mi spezzerai il cuore, non mi spezzerai in due, Granger.»
E, proprio come aveva fatto lei, se ne andò, lasciandola da sola a cercare in qualche modo di non perdere troppo sangue, di tenersene un po’ per se stessa e cercare di non morire troppo in fretta.
Ogni passo che compiva, però, questa volta gli sembrò una condanna e chi è condannato può essere innocente, ma il più delle volte è colpevole.
E, adesso, lui, che alibi aveva per difendersi dall’accusa di essere andato via, di nuovo? Che alibi aveva per difendersi dall’accusa di aver ancora una volta iniziato una guerra che sapeva sarebbe stata inutile? Era stato lui stesso a dirglielo – lo sai anche tu che nessuno dei due vincerà.
E se nessuno dei due avrebbe vinto, allora, qual era il motivo reale per non tornare da lei e buttare all’aria tutti quegli anni in cui le era stato lontano?
Non è giusto… ma era davvero sbagliato se adesso gli mancava l’aria e arrancava in cerca di ossigeno, quando poco prima aveva creduto di riuscire a respirare meglio lontano da lei?
Si diceva che prima o poi sarebbe tornato a non sentire più i polmoni contratti, ce l’avrebbe fatta ad andare avanti, questa volta per davvero, anche senza Hermione Granger nella sua vita.
Una sera di qualche anno prima, lei gli aveva lasciato tra le mani il suo ciondolo a forma di cuore e anche un pezzo del cuore stesso, quello che gli era appartenuto da sempre, da quando l'aveva offesa la prima volta, da quando l'aveva baciata la prima volta, da quando l'aveva toccata la prima volta.
Quella sera, però, Hermione si rese conto di avergli dato molto molto più di un pezzo di cuore, che ce l'aveva tutto lui e lo stava riducendo in poltiglia, dandole il coraggio, almeno in quel momento, di rispondere a domande a cui non aveva mai saputo rispondere – io credo che tu non abbia mai smesso di amarlo. Quanto? Quanto ti manca?
Non smise mai di sorridere, nemmeno quando rientrò nella sala dove aveva lasciato i suoi amici.
Ginny le si avvicinò, la preoccupazione ad animarle gli occhi, ma lei cercò di tranquillizzarla muovendo appena la testa.
C’erano sconfitte che dovevano essere ammesse con il capo chinato e il cuore a metà. E Hermione lo fece: ammise così quella che le sembrò la sconfitta più importante di tutta la sua vita, quella subita dopo innumerevoli battaglie vinte e lo sapeva bene, che la guerra era così: tutto era concesso, persino i colpi bassi.
Era difficile ammetterlo, difficile sopportare che alla fine di tutto, ogni sforzo, ogni lotta, ogni modo che aveva trovato per sopravvivere non fosse stato abbastanza per garantirle una vittoria che le era sempre sembrata prossima e, invece, adesso, non le restavano altro che ginocchia sbucciate e spalle impolverate dalla disfatta. Sconfitta, distrutta, a pezzi − lui. Aveva vinto lui.
Non se la sentì di restare ancora, perciò salutò tutti con un bacio sulla guancia, promise di avvisare quando sarebbe arrivata a casa, ma sulla strada del ritorno spense il cellulare, fermò un taxi sollevando una mano, chiuse la portiera e con quella anche il mondo fuori.
Era un modo per allontanarsi da tutto quello che era successo, per lasciare Draco Malfoy una volta e per sempre oltre il ricordo che aveva di loro due, ma lui era sopra e sotto, dentro e fuori, ovunque, ovunque.
Era arrivato il momento di alzare bandiera bianca, di arrendersi, di nascondersi nelle trincee di una guerra che nessun altro riusciva a vedere, che nessun altro riusciva a comprendere e che loro stessi non capivano, perché c’era troppo a dividerli, troppo a unirli, c’era troppo di tutto, odio amore e silenzi, silenzi, silenzi – ci sono anni di odio da disimparare, sentimenti negativi da dimenticare – e c’erano ammissioni di colpa, di somiglianza, di verità nascoste che era stata in grado di raccontare sotto il cielo di una città che non era la sua – guardare lui era come guardarsi allo specchio. Lui ha riempito vuoti che non sapevo di avere.
E adesso, riflessa allo specchio, c’era soltanto l’immagine del proprio viso e intorno quei vuoti che non sapeva di avere, che lui aveva riempito e subito dopo trasformato in voragini, crateri, buchi neri in cui cadere senza mai toccare il fondo.
Draco, invece, quei vuoti che non sapeva di avere li aveva ritrovati quella stessa sera pieni di lei. Lo sapeva già che non sarebbe potuto essere altrimenti, ma una piccola parte di lui aveva sperato di potersene liberare, del suo viso, del pensiero della sua bocca addosso a scendere giù, laddove bussava il cuore, a mescolarsi battiti e saliva e umori e dare e ricevere tutto quello di cui si erano privati in quegli anni.
Camminava per la sala, lo sguardo perso a cercare l’ombra di Hermione, a rincorrere un profumo che gli si era appiccicato addosso come una seconda pelle e fu quasi a fine serata che si avvicinò a Ginny, il capo calato e le mani incrociate dietro la schiena.
«Mi avete stancata» esordì lei, lo sguardo fiero e deciso. «Adesso ti dirò una cosa che ho detto a lei tempo fa: ti basta fare un passo. Solo un passo…»
«E poi?»
«Ma cosa credi? Fai l’amore con lei, ti inginocchi ai suoi piedi appena te lo chiede, le regali un vestito bellissimo e poi ti prendi il diritto di trattarla così?»
«Non ha bisogno di qualcuno che la difenda.»
«No, infatti. Ha bisogno di ritrovare se stessa e sfortunatamente ci riesce solo con te.»
«Mi stai venendo contro, Weasley?»
«Ti sto dicendo che non avresti dovuto lasciarla andare così.»
C’era qualcosa in quella frase che lo fece perdere l’equilibrio, lo fece ritrovare al settimo piano di Hogwarts a raccontare verità che pretendevano di uscirgli dal cuore per non tornare mai più indietro, a sentire una preghiera che si fingeva ordine – non posso andarmene così. Allora non andare.
Draco scosse la testa, la mente ancora a vagare tra le pareti di un luogo che un tempo aveva chiamato casa.
«Non posso» ammise alla fine.
«Allora lasciala andare» fu il tono definito con cui Ginny chiuse il discorso, prima di lasciarlo solo a scervellarsi su quanti fossero gravi gli errori che ancora stava commettendo, quando l’unica scelta giusta che aveva fatto era andata via a causa sua – tu sei tutti i miei sbagli – ad ammettere che quello sbagliato, tra lui e Hermione, alla fine fosse lui che l’aveva vista anni prima nella vasca del Bagno dei Prefetti e aveva preferito avvertire la sensazione di annegare da solo piuttosto che farlo insieme a lei.
«Dove?»
«Ovunque lei voglia, lontano da te.»

 

~•~


Hermione stava sistemando gli ultimi maglioni nella valigia quando il trillo del campanello le fece sollevare la testa di scatto.
Sapeva che non era Gale, che la sera prima l'aveva accompagnata solo per mantenere la promessa di non lasciarla sola nei momenti difficili e non poteva di certo essere Harry o Ginny, che si erano chiusi quella stessa mattina a Grimmauld Place per organizzare il Natale.
Perciò, con il cuore in gola e una speranza folle a muoverle le gambe, scese le scale di fretta, rischiando di inciampare nei suoi stessi passi.
Quando aprì la porta, Blaise scivolò all'interno del salone un attimo dopo che lei si rese conto di chi avesse davanti.
«Cosa ci fai qui?» gli chiese, una risatina isterica ad accompagnare quella domanda.
«Sono solo venuto ad augurarti buone feste» rispose lui, sollevando un sopracciglio e mettendo in risalto il lieve sorriso.
«Ieri ei scappata» rispose. «di nuovo.»
«Non sono scappata.»
«Allora diciamo che sei andata via di corsa. Cos'è? Avevi un Dissennatore alle calcagna?»
«Sei molto simpatico, Zabini» disse, il fastidio evidentissimo nella voce.
«Vi ho visti» disse Blaise, il tono profondo di chi ha scoperto i segreti dell'universo.
«Credo ci abbiano visti tutti.»
Blaise non aggiunse altro e, in quel silenzio che pesava come una frana, Hermione cominciò a sentirsi fuori posto: appellò due tazze di caffè bollente e si nascose dietro il bordo di una di queste, mentre l'altro continuava a mantenere il proprio silenzio.
Fu soltanto quando sentì le lacrime formare un nodo in gola che lei si decise a parlare di nuovo.
«Non sono scappata. Ho fatto quello che mi ha chiesto» aggiunse, le spalle curve e la tazza stretta tra le mani.
Il ricordo delle dita di Draco che scivolavano lungo il bordo del bicchiere le si inculcò nel cervello come un chiodo e lei spostò lo sguardo sul pavimento.
«E cosa ti ha chiesto?»
«Di stargli lontano.»
«Saresti potuta restare lo stesso.»
«Io… non ci riesco…» non riesco a lasciar perdere..
Blaise scosse la testa, rassegnato più che mai a dover ammettere un pensiero che lo accompagnava da tempo. «Se continuate così, finirete per perdervi davvero.»
«E non lo abbiamo già fatto?»
«Non finché continuate a cercarvi.»
«Forse deve semplicemente andare così» sospirò.
«O forse non avete trovato il modo giusto per smettere questa guerra.»
Se c'è un modo per incontrarvi adesso, nel presente, allora trovalo, glielo aveva detto Harry, glielo stava dicendo Blaise, eppure Hermione non riusciva a capire come fare per riavere quello che era stata brava a perdere.
Non era servito arrendersi, lasciarsi spogliare di ogni paura, di ogni silenzio, di ogni abito;
non era servito inginocchiarsi e chiedere un perdono muto; non era servito trovare il coraggio che l'aveva sempre contraddistinta e ammettere di non voler nient'altro, se non lui.
«Bene, Granger, buon Natale.»
«Anche a te.»
«Passerai a trovarci?»
«Oh, io… io sto partendo per Edimburgo» annunciò a voce bassa.
Lo aveva deciso la sera precedente, non appena aveva rimesso piede in casa: tutte le mancanze le si posarono nell'incavo tra il collo e la spalla, nel punto esatto in cui erano state le labbra di Draco qualche mese prima e lei aveva sentito forte il bisogno di non restare da sola, di poter trascorrere del tempo con mamma e papà e di non ricordare il Natale in cui Draco le aveva promesso che era suo, che apparteneva a lei, incidendo quelle parole su un cuore d'oro e quello vero, di vene e tessuti.
«Oh… beh, allora buon viaggio.»

 

~•~

Fasciata da un elegante abito rosso cremisi, Narcissa gli apparve bellissima: aveva un sorriso lieve a illuminarle gli occhi, i capelli raccolti solo in parte e il passo fiero di chi accoglie in casa propria in più prezioso dei tesori.
«Bentornato, Draco» gli disse, cingendogli le spalle in un abbraccio dolcissimo, riversando in quel gesto gli anni in cui stringere suo figlio tra le braccia era una proibizione troppo grande da poter sopportare.
L'amore non lo renderà forte, diceva Lucius quando lei provava a consolarlo, ma adesso, Narcissa guardava suo figlio e lo vedeva finalmente come l'uomo che aveva sempre sperato diventasse.
«Buon Natale, madre.»
«Ho un regalo per te, vuoi vederlo?»
«Prima questo» rispose, avvicinandosi a lei e lasciandole un bacio leggero sulla guancia. 
Narcissa sembrò sciogliersi a quel contatto e gli strinse le mani tra le proprie per ringraziarlo, baciandogli le nocche una per una. Un secondo dopo, lo lasciò seduto sul divano nell'enorme salone e si allontanò da lui per andare a prendere il regalo che gli aveva fatto: aveva girato tutta l'Inghilterra per trovarlo e quando lo aveva visto aveva tremato d'emozione, l'aveva stretto tra le mani vedendole sparire sotto la stoffa e aveva deciso che quello sarebbe stato il dono perfetto per suo figlio.
Glielo consegnò senza dire una parola, quasi come se fosse superfluo spiegare il significato di quel regalo e sperava che Draco lo avesse capito da solo.
«Un Mantello dell'Invisibilità?» chiese lui un po' sconcertato.
«Indossalo, per favore.»
Draco l'accontentò, calando in mantello sulla testa e spostandosi leggermente a destra rispetto alla sua posizione iniziale. 
Narcissa voltò il capo, seguendo il lieve fruscio dell'indumento.  «Sei qui» disse avvicinandosi a lui, poggiandogli una mano all'altezza del petto.
«Io ti vedo, Draco. Chi ti ama ti vede sempre: sa sempre dove cercarti, sa sempre dove trovarti.»
«Cosa significa?» questa volta, la curiosità gli fece traballare la voce.
«Puoi nasconderti da tutti, puoi scappare quanto vuoi e da chi vuoi, ma non da quello che ti porti dentro. E chi ti ama, chi ti ama davvero, ti vede, ti sente, ovunque tu sia.»
Per la prima volta, dopo tanti anni, si sentì nudo di fronte a sua madre e non c'era nemmeno l'ombra dell'imbarazzo che avrebbe dovuto esserci tra di loro, però… però gli pesò sul cuore il senso di colpa per aver bruciato la lettera che Lucius aveva scritto per sua moglie.
«Grazie» disse alla fine. «è un regalo bellissimo.»
«Spero lo userai nel modo giusto…»
«E quale sarebbe, il modo giusto?»
«Ho fatto un viaggio bellissimo, tanto tempo fa…» sussurrò lei, con un pensiero rivolto al Natale in cui suo figlio le aveva lasciato intravedere le crepe che si portava addosso.
«È passato tanto tempo, madre. Adesso è tardi.»
«Non lo è mai. Quando si ama, l'ultima possibilità è sempre la penultima.»
Il fuoco nel camino crepitò e qualche pezzo di corteccia si staccò dai tronchi che ardevano. Allo stesso modo, Draco si staccò dal pensiero di tutto quello che era successo in quegli anni lontano da Hermione, e cadde finalmente in quel dirupo in cui aveva sempre avuto paura di affacciarsi.
Cadde così, senza muoversi, forse toccò il fondo a differenza di lei, che era sempre lì, a galla sulla superficie dei suoi pensieri e dei suoi occhi e non annegava mai, non scivolava mai fino ad incastrarsi in qualche ancora dimenticata per non risalire mai più, giù in quegli abissi dove lui avrebbe tanto voluto relegarla.
«E se non volessi darne più?» le chiese con le mani unite sul ventre.
«A volte non abbiamo altra scelta.»
A quelle parole, accadde qualcosa che lui non seppe spiegare, perché la verità che gli si era appena palesata davanti non aveva abiti, era cruda di vita, poteva quasi toccarla e lo seppe con assoluta certezza che no, non aveva altra scelta – tu non sei mai stata l'alternativa. 

 
 

Angolo Autrice:

Torno dopo tantissimo tempo, ma per farmi perdonare ho scritto un capitolo molto più lungo rispetto agli altri e mi piace particolarmente.
Causa lavoro ho davvero poco tempo da dedicare alla scrittura e mi dispiace tantissimo, ma appena posso scrivo per voi e per me.
Mi dispiace lasciarvi lì, a volte anche mesi, ma spero che stiate ancora seguendo questa storia e spero che questo capitolo vi piaccia.

A presto.

 

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Capitolo 30
*** Regali di Natale ***


Regali di Natale
 
 
Non sapeva quanto tempo fosse trascorso dall’ultima volta che aveva sentito suo padre richiamarlo per un comportamento che riteneva sbagliato, ma proprio mentre accadeva, Draco aveva cominciato a sorridere.
Continuava a stare seduto con stravaccato sulla sedia, le braccia aperte sullo schienale e le gambe larghe. Lucius aveva dilatato le narici di fronte a quel gesto di ribellione – l’ennesimo – e finalmente aveva deciso di tacere.
Draco non conosceva il vero motivo per cui era stato mandato a chiamare e non se l’era nemmeno chiesto. In realtà, da giorni, avvertiva il bisogno di confrontarsi con l’uomo che aveva di fronte – così simile a lui, così diverso da lui.
«Bene, eccoci qui» aveva detto dopo minuti di silenzio durante i quali Lucius aveva continuato a guardarlo con sprezzo.
Se a Draco fosse importato ancora il parere di suo padre, probabilmente avrebbe cominciato a sentirsi in soggezione, a muovere i muscoli per sedersi composto e, invece, ringraziando tutti i Fondatori e il Dio in cui credevano i Babbani, si rese conto che ormai non gliene fregava più niente.
Che quegli sguardi disgustati non gli facevano più alcun effetto. Che ogni parola che usciva da quella bocca sottile non lo feriva, non lo avrebbe ferito mai più.
«L’ultima volta sei venuto con Potter» osservò Lucius, spalle al muro e braccia incrociate sul petto.
«Colpevole» Draco sorrise appena, puntando gli occhi in quelli del padre.
Era stato un uomo capace di incutere timore con un solo movimento del mento e adesso sembrava essere soltanto il riverbero di ciò che era stato fuori da quella prigione, ma, nonostante questo, lui non potè fare a meno di guardarlo e affondare in quelle iridi che parevano ghiaccio cristallizzato, uno dei tratti che li aveva accomunati dal primo respiro di vita e lo avrebbe fatto fino all’ultimo respiro di morte – così simile a lui, così diverso da lui.
«Sei caduto talmente in basso, Draco.»
«Sono un uomo libero.»
Lucius non aveva avvertito il colpo o, forse, era stato bravo a non farlo vedere, perché gli si sedette di fronte e gli consegnò una busta chiusa. «Questa è per tua madre» disse, senza guardarlo negli occhi.
Nei gesti meccanici che compiva c’era tutta la rabbia per non aver ricevuto alcuna risposta la volta precedente, non sapeva che Draco non aveva consegnato alcuna lettera a sua madre né che non si sentisse minimamente il colpa per averle nascosto le parole del marito.
La prese, comunque, riponendola con cura nella tasca interna del mantello e poi, finalmente, rivolse lo sguardo sul viso di suo padre: sembrava invecchiato di cent’anni, le spalle curve e i capelli in disordine che gli facevano perdere del tutto l’alterigia con cui si era sempre presentato al mondo, perché fuori da quelle mura Lucius Malfoy aveva fatto paura, ma adesso riusciva a fare solo tenerezza.
«Perché tu lo sappia» cominciò. «Mia madre non leggerà nessuna delle tue lettere. E per rendere davvero difficile la tua permanenza qui, voglio dirti una cosa che ti farà accapponare la pelle.»
«Mi basta guardarti, per quello.»
«Ho intenzione di invitare Hermione Granger a cena, raccontarle tutto quello che è successo al Manor durante la permanenza di Voldemort…»
«Non osare nominarlo!» Lucius si alterò, allontanando la sedia con un gesto deciso della mano e arrivando a fiatare sul viso del proprio figlio: gli sembrò diverso, maturo, sconosciuto perché per la prima volta da quando Draco era entrato in quella cella, Lucius non rivedeva più se stesso nei suoi lineamenti.
«Non osare nominarlo…» disse di nuovo a voce bassissima.
Draco non lo ascoltò e riprese il suo discorso da dove l’aveva lasciato: «Ho intenzione di dirle tutto quello che accadeva, di vedere comparire il mio nome nel libro degli eroi che sta scrivendo.»
«Tu non sei un eroe» sussurrò suo padre, ma anche questa volta lui fece finta di non aver sentito.
Si avvicinò lentamente, le mani in tasca a dimostrare ancora una volta quanto la sua ombra, quella che faceva tanto timore al ragazzo che era stato adesso, all’uomo che era, non provocava alcun effetto.
«E ti giuro che ho intenzione» riprese. «di amarla come merita di essere amata.»
Nonostante tutto, l’unica cosa di cui era realmente convinto era che avrebbe aiutato Hermione a mettere un punto per finire il libro che Silente le aveva chiesto di scrivere: mancavano soltanto le proprie testimonianze, lo sapeva bene, eppure, nel momento in cui aveva assicurato a suo padre di trovare il coraggio per invitare a cena l’unica donna che avesse mai amato, nel momento in cui gli aveva giurato che l’avrebbe amata come aveva sempre meritato, qualcosa in lui si era distorto e gli aveva presentato in una sequela d’immagini senza senso tutte le volte che l’aveva vista insieme a un altro, facendo promettere a se stesso che in nessun modo si sarebbe riavvicinato a lei.
Gli occhi di Lucius si cristallizzarono nel momento esatto in cui il suo cervello metabolizzò quelle ultime parole e, se fosse stato possibile, sarebbero esplosi per la meraviglia e il disgusto che quelle parole avevano causato in lui.
Forse, soltanto in quell’istante, capì di essere rimasto solo, di non avere più alcun potere sui componenti della propria famiglia e, anzi, che per loro non esisteva più.
E fu come morire, vedere il proprio corpo sfracellarsi al suolo, in una caduta infinita di schegge che ferivano un corpo già martoriato dalla stanchezza, dall’inerzia, dalla solitudine, dalla pazzia che poco alla volta gli aveva logorato il cervello, facendogli credere possibile un ennesimo ritorno di un Signore che non aveva avuto scrupoli a sacrificare giovani vite – come quella di suo figlio – ed era soltanto colpa sua se adesso, all’intero Mondo Magico, Lucius Malfoy appariva come uno stupido uomo mosso da fili invisibili che si piegava a piangere una sconfitta che non aveva mai voluto accettare. Fino a quel momento.
Draco le vide tutte, quelle emozioni, attraverso le rughe sul viso di suo padre e dopo tanto tempo finalmente capì quanto in profondità dovesse andare una lama per colpire il cuore di una persona.
Si inginocchiò fino ad arrivare all’altezza di Lucius, che adesso ansimava in preda a chissà quale crisi, e gli sorrise vittorioso, perché adesso non era più lui quello a uscire sconfitto da ogni loro incontro – lui. Aveva vinto lui.
E se Draco era stato capace di vedere la volta precedente le crepe sul volto di Lucius, lui stesso se ne stava accorgendo in quel momento −  che non era infallibile, che non era intoccabile. Non più.
Se ne rese conto nell'attimo in cui il muscolo cardiaco all'interno della gabbia toracica perse un battito e per la prima volta in tutta la sua vita si sentì scisso a metà: da una parte la voglia di rivalsa nei confronti di chi l'aveva lasciato marcire in una sudicia prigione, dall'altro la voglia di poter respirare aria pulita e andare lontano da tutto e da tutti, compresi moglie e figlio, facendoli soffrire la propria mancanza e facendo provare loro il terrore di averlo perso per sempre, in quella legge del contrappasso che vedeva solo lui come unico protagonista− chiuso in cella a soffrire la mancanza del Manor, di sua moglie, consapevole di aver perso tutto e questa volta per sempre.
Per questo motivo, decise di non sollevare il capo e nascondere a Draco il proprio sguardo, inconsapevole del fatto che il figlio, tornato a sedersi, già sapesse che era sul punto di crollare, di cadere e pezzi e, finalmente, vivere come aveva sempre meritato: con l'anima morta e il corpo capace di sostenersi e sopravvivere. 
Draco scostò leggermente la sedia, si alzò in piedi, girando attorno al tavolo che li separava e giungendo di fronte a lui.
«Te l'avevo detto, che avrei trovato un modo per ucciderti» disse con voce bassissima che riuscì a far tremare le mura dell'antico carcere.
Lucius continuò a tenere la testa bassa anche quando rimase da solo: i pugni che stringevano più forte la tunica erano l'unico segno che fosse ancora vivo, che non fosse stato pietrificato, che respirasse ancora.
E, dentro, a fare da contrappeso alla sua inarrestabile caduta, brillava fiocamente e sempre più debole la fiammella della speranza che Voldemort sarebbe tornato in vita per ristabilire l'ordine giusto dell'Universo Magico.
Draco poteva soltanto immaginare in che modo suo padre stesse vomitando tutto ciò che si erano detti, ma decise che non gliene importava niente e proseguì a scendere le scale, lasciarsi alle spalle le porte della prigione e il proprio passato, compiere un altro passo verso la redenzione.
Fu soltanto un attimo di tentennamento a fermarlo, a costringerlo a chiedersi quanto in realtà avesse ancora paura dell’uomo che era rinchiuso lì dentro, impossibilitato a vivere una vita degna grazie alle sbarre che lo costringevano in due metri quadri di aria; la risposta fu immediata: Lucius non gli provocava più alcun tipo di timore, perché ormai era finalmente fuori dai giochi, morto nonostante fosse ancora vivo.
Una volta fuori da Azkaban, Draco non si stupì di trovare Blaise all'interno del proprio appartamento. 
«Buon Natale» lo salutò l'amico.
«Buon Natale a te… a cosa devo questa visita?»
«Oh, ti prego, non essere così formare, Auror Malfoy: sono qui per fargli gli auguri e per darti il mio regalo.»
«Io non ho niente per te.»
«Il tuo regalo sarà accettare il mio regalo, ecco qui.»
Draco lo guardò stranito, pensò che i preparati del matrimonio gli avessero risucchiato tutta la materia grigia che Blaise aveva avuto nel cranio fino a poco tempo prima, ma la voce dell’altro lo ridestò dai propri pensieri.
«Solo, non aprirlo adesso… prima la lettera, poi questo, d’accordo?»
«Di quale lettera parli?»
Blaise infilò una mano nella tasca, estraendo un pezzo di carta ripiegato più volte su se stesso: gli aveva dato una sbirciatina qualche volta, ma nei passaggi in cui i pensieri scritti diventavano più intimi faceva scorrere veloce gli occhi per non immischiarsi, per lasciare all’amico in compito di leggere tutto ma proprio tutto quello che c’era scritto in quella lettera.
«Questa» disse dopo minuti interminabili.
Draco prese il foglio dalle mani dell’amico, lo guardò come si guarda il proprio riflesso nello specchio, leggendoci dentro parole che non conosceva, spaventandosi per quanto quella pagina gli pesasse sulle dita e l’unica parola che uscì dalle sue labbra fu un nome sussurrato che lo svuotò di tutta l’aria che aveva in corpo: Hermione.
Blaise annuì, mentre lui cominciò ad annegare in ricordi che non aveva mai vissuto, vedendo lei allacciarsi al collo una collana che terminava con un ciondolo a forma di cuore – la sua promessa, Mia, tuo per sempre.
 
So che ti sembrerà assurdo, mi chiedo tutt’ora quale forza mi stia muovendo,
eppure sono qui a scriverti per dirti che mi dispiace per tutto.
Per dirti che hai ragione: ho sbagliato.
E se quello che mi hai detto è vero, allora accetterò le tue motivazioni,
me le farò bastare e le nominerò basi solide su cui ricostruirmi.
Tu, però, mi devi ancora qualcosa e su questo non accetterò un no come risposta:
la tua storia.
Sì, la tua storia, quella che non conosco, quella che non hai mai raccontato a nessuno.
Perché tu ci hai salvati, mi hai salvata e il tuo nome merita di comparire nel libro degli eroi,
affinché tutto quello che hai fatto venga reso noto anche agli altri che ancora ti additano,
com’è giusto sia.
Ti prometto che lascerò fuori tutto quello che siamo stati, le ragioni per le quali adesso siamo quelli che siamo,
ti prometto che sarà un incontro di lavoro soltanto, niente di più.
Ti prego di pensare alla mia proposta, di mettere da parte tutti i motivi che ti farebbero dire di no.
Questo è un regalo da parte mia, ma soprattutto è un regalo che devi fare a te stesso.
Troverai l’indirizzo del locale in cui ti aspetterò dietro questo stesso foglio.
Nel caso decidessi di non venire, capirò anche la tua ritrosia.
                                                                                                        Con affetto, Hermione.
 
 
 
Draco ripiegò la lettera, la poggiò sul tavolo e allontanò veloce le mani come se si fosse scottato ad accarezzare quelle parole; Blaise, invece, gli allungò la scatola che conteneva il regalo che gli aveva fatto per quel Natale: una vecchia bottiglia vuota senza etichetta, macchiata dall’alcol rinsecchito in più punti.
«Una Passaporta» spiegò dopo aver ricevuto uno sguardo confuso. «Lei è a Edimburgo.»
 
~•~
 
 
 
Trascorrere il Natale a casa di mamma e papà le era servito per acquietare se stessa, per sbrigliare i nodi ai propri pensieri e mettere finalmente in moto le dita e mantenere la promessa fatta a Silente mesi prima.
Aveva cominciato a scrivere a Draco la mattina del venticinque dicembre, convinta di impiegare giorni e giorni prima di decidersi a inviare quella lettera e, invece, un’ora dopo essersi seduta alla propria scrivania, aveva delegato un gufo affinché consegnasse la posta.
Adesso, stretta nel cappotto e nella sciarpa, spostava il peso da una gamba all’altra in attesa di veder comparire il destinatario della lettera: non aveva ricevuto risposta, erano trascorsi giorni in cui era rimasta intenta a guardare il cielo nella speranza di veder comparire un gufo, un falco, un volatile qualsiasi che le portasse parole scritte da Draco e invece niente.
Silenzio, solo silenzio.
Era un’attesa che se la stava mangiando viva, la costringeva a torcersi le dita, a tirarle fuori dalle tasche nonostante il gelo scozzese.
Edimburgo, che le era sembrata una città magica, adesso le appariva come la tomba di tutte le proprie speranze, perché il riverbero di capelli biondi che riflettevano la luce della luna le facevano sempre voltare il capo nell’illusione che appartenessero a lui, perché ogni volta che le sembrava di riconoscere nei passi la sua camminata, alla fine, si trovava delusa dalle proprie aspettative.
Cominciò a pensare che lui non sarebbe mai arrivato, che avrebbe dovuto trovare un modo per ingoiare quel rifiuto che non aveva mai lasciato spazio alla speranza di poter divenire un consenso.
Era quasi pronta a sentire su di sé gli occhi curiosi di chi aveva appuntato la sua prenotazione, un tavolo per due, vedere le labbra dei camerieri tendersi in una muta pietà, perciò diede le spalle alla strada e fece per aprire la porta del ristorante.
«Quanta fretta, Granger.»
La voce di Draco la sorprese fino a immobilizzarla: riusciva ad avvertire, nel tono che aveva usato, una punta di scherno e d’ironia, come se tutto quello che si erano detti giorni prima non fossero altro che rimasugli di un sogno che avevano condiviso.
«Grazie» gli disse non appena si furono seduti al tavolo più appartato del locale, senza aggiungere constatazioni ovvie.  
«Ho trovato un solo motivo per accettare la tua proposta, uno contro mille.»
«Sotterriamo l'ascia di guerra, diamoci tregua.»
«È soltanto per il tuo libro, vero?»
Avrebbe voluto dire di no, che quella tregua avrebbe potuto rappresentare un nuovo inizio, una strada da spianare per perdonare e perdonarsi e invece. «Sì.»
«Bene, Granger» cominciò lui, versando lo champagne che avevano appena ordinato nei flûte. «Al libro degli eroi»
«Al libro degli eroi» gli fece eco.
Le scappò un sorriso quando nella sua mente pensò che con tutte le parole che aveva scritto fino a quel momento, pagine piene di scuse e rimproveri e rimpianti dedicati a lui, sarebbe stato più giusto brindare al libro degli errori, di lui, di lei, ma ingoiò la risata assieme allo champagne e poi semplicemente stette in silenzio a osservarlo.
Per la prima volta da quando si erano rincontrati, Draco gli sembrò tranquillo, totalmente diverso dall'uomo con cui aveva parlato alla festa di Aria e Blaise. Forse, pensò, anche lui ha sentito il peso dello sguardo degli altri addosso, proprio come lei, che però degli altri adesso ne aveva fatto un punto cardine per riavvicinarsi a lui, perché Harry la sosteneva, Ginny la sosteneva, Ron la sosteneva.
Se qualcuno li avesse visti in quel momento, senza conoscere nulla riguardo al loro passato, avrebbe invidiato il loro modo di guardarsi, di toccarsi senza premeditarlo, di ridere di quei sorrisi esplosi che nascono dal cuore, eppure.
Eppure Hermione avvertiva sempre più forte i muscoli tendersi nella direzione di Draco, combattendo con se stessa affinché le mani restassero al proprio posto, alleggerendo l’aria con argomenti di poca importanza, ridendo ai ricordi di quando erano bambini.
Fu Draco a spezzarle qualcosa dentro, a far crollare le barriere che aveva eretto per mantenere la promessa che gli aveva fatto, quando disse: «A volte ci penso ancora… a noi, intendo.»
Hermione vibrò di un’emozione che le portava alla mente parole che gli martellavano la lingua da troppo tempo, la loro eco lontana persa tra polvere e libri. «Draco, io non…»
«Siamo praticamente cresciuti insieme: abbiamo cominciato a ringhiarci contro quando avevamo ancora denti da latte» la interruppe. «Eri odiosa, davvero.»
Lei questa volta scoppiò a ridere, non riuscì a trattenersi dal ricordargli di quanto fosse stato odioso lui, con la puzza sotto il naso e l’atteggiamento di chi pretende che al mondo esistano solo quelli come lui e le sembrò strano trattare con tanta leggerezza argomenti e idee che un tempo li avevano visti fermi su due fazioni diverse.
Nessuno dei due fece caso al tempo trascorso all’interno del locale, nessuno dei due aveva davvero mangiato qualcosa e quando uscirono, dopo aver pagato il conto, Draco tirò fuori il pacchetto di sigarette, accendendone una con l’accendino che gli aveva regalato Kelly, Hermione spostò lo sguardo lungo la strada illuminata dalla luce calda dei lampioni.
Camminarono un po’, la magia della capitale a fare da sfondo ai loro passi, agli occhi che di tanto in tanto si cercavano, si perdevano, si amavano in una lingua sconosciuta all’altro; entrambi stettero in silenzio, spaventati dalla voglia di dire tante cose che non avevano niente a che fare con la Seconda Guerra Magica – di quello ne avevano già discusso − : Hermione era stata paziente, aveva avuto la capacità di porre domande mirate, chiare e Draco si era rivelato essere alla sua altezza concedendo risposte precise, che facevano a meno di riempirsi di termini che poi non rivelavano niente.
In quegli attimi, lei aveva spesso calato il capo per la vergogna di aver giudicato una storia che non conosceva, paure speculari alle sue che aveva sempre deriso; lui, d’altro canto, aveva fatto in modo che lei non si colpevolizzasse per quelli che erano stati giudizi emessi da una bocca che non era a conoscenza di quello che accadeva nelle stanze del Manor.
Quando giunsero nei pressi di una ringhiera sotto cui scorreva silenzioso il fiume, lui le posò una mano dietro la schiena per invitarla a guardare in basso.
Non avrebbe saputo dire cosa lo spinse a parlare, a rievocare parole che avevano ferito entrambi, forse gli astri in alto che illuminavano fiocamente la sera, forse il sorriso di lei che osservava il corso d’acqua; provò a lottare contro se stesso, ma alla fine si dichiarò sconfitto in un filo di voce che lei riuscì a sentire soltanto perché gli era vicina: «Non volevo ferirti.»
Si voltò a guardarla, consapevole di aver mosso un passo falso, di aver infranto una promessa accordata nel mutismo che si era protratto lungo il cammino per giungere in quel punto della città, e si stupì di trovarla già pronta a rispondere: gli avrebbe detto che aveva rovinato tutto, gli avrebbe fatto colare addosso iridi arrabbiate e orgogliose, rinfacciandogli che sì, l’aveva ferita, distrutta, annientata e che il loro patto di sotterrare l’ascia di guerra era andato in mille pezzi solo per colpa sua.
Hermione, invece, gli poggiò le mani sul petto, nel punto preciso in cui nascevano i battiti del suo cuore, sollevò lentamente lo sguardo e le punte dei piedi fino ad arrivare a sfiorargli le labbra. «Io non esisto lontana da te» gli sussurrò.
Lo guardò, senza chiudere mai gli occhi, sperando di scorgere all'interno delle sue iridi la stessa emozione che aveva mosso lei a fare uno dei tanti passi indietro che si era promessa di compiere − mai più vigliacca, mai più bugiarda.
Draco le coprì le mani con le proprie, scendendo fino ai polsi, il déjà-vu di una notte di pioggia lo assalì come un maremoto, scaraventando sentimenti e tutto contro le pareti del cervello e del cuore − resta tutta la notte, resta anche domani.
Adesso, le promesse e i giuramenti che aveva fatto a suo padre sembravano vacillare sotto il peso del terrore, delle immagini in cui lei era insieme a un altro e non accanto a lui, il silenzio con cui l’aveva lasciato andare dopo averlo pregato di amarla: si sentì ferito, tradito, illuso e, più di ogni altra sensazione, regnò quella della consapevolezza di averla persa nel momento in cui aveva chiuso la porta della sua camera a Hogwarts, nel momento in cui era sceso dall’Espresso e si era separato da lei ripetendo a se stesso che basta, basta.
Nonostante tutto, comunque, calò le palpebre e si allontanò da lei quel tanto che bastò a entrambi a capire che quella distanza era l'unico modo per annullarsi, per finire una storia che non sapeva finire, per dirsi un addio che era rimasto in bilico per anni in attesa di diventare un finalmente sei qui.
«Non puoi farmi questo… non puoi farmi anche questo» fu il fiato arrendevole e stanco con cui lo disse a far vacillare la propria decisione, la voglia di non volerla più nella sua vita per salvarla da se stesso, per salvarsi da se stesso.
«Questo, cosa?» cominciò Hermione.  «Non ti ho mai fatto niente, se non per riflesso: sei stato tu il primo a ferire, Malfoy.»
La tranquillità della serata appena trascorsa, i sorrisi che si erano scambiati, gli sguardi, tutto sfumò in quell'accusa che la fece accartocciare su stessa e bruciare, come il foglio di giornale su cui spiccava l'articolo dell'arresto di Lucius Malfoy, ma Draco non vide nulla di tutto questo, se non l'orgoglio e la fierezza con cui lei gli rivolse quella frase.
«Non sono stato io ad andare via.»
«Sì, lo hai fatto, la sera dei diplomi.»
«Sei stata tu a volerlo.»
«Oh, certo: perché non è un Malfoy ad andare via, sono gli altri a dirgli di andarsene, vero? Io non te l'ho mai chiesto!» quasi urlò.
Lui, però, non si fece scuotere dalla rabbia che le vedeva in viso e, anzi, sollevò l'angolo delle labbra in un sorriso cattivo. «Lo hai fatto» disse infatti. «E non solo con le parole.»
«Tu non mi hai creduto!»
«E a quanto pare avevo ragione: sei stata capace anche di rifarti una vita, di spogliarti per un altro uomo e poi tornare da me solo per distruggere l'altra vita che stavo provando a costruire.»
Questa volta, Hermione non riuscì a rispondere immediatamente, dentro le si agitavano dentro i ricordi degli anni trascorsi a Hogwarts, di tutte le volte che entrambi si erano aiutati soltanto per scavare più in profondità il baratro che li stava dividendo.
In un attimo di lucidità, però, fisse a se stessa che quella era una bugia, che l'unica ad aver scavato era stata lei perché lui le aveva sempre teso una mano per aiutarla a risalire. Tuttavia, l'orgoglio dell'ex Grifondoro tornò prepotente a battere contro la lingua quando lo incolpò per l'ennesima volta − colpevole a priori, mai innocente fino a prova contraria − e disse: «Sei stato con la Parkinson.»
Draco sgranò gli occhi per un attimo, un lago sciolto di iridi e momenti vissuti in una camera del settimo piano − non ti ho mai tradita. Con nessuna, perché ti amo. «Sai che non è vero.»
«Io non ti credo.»
«Bene, allora siamo pari adesso. Te l'avevo detto che era una guerra inutile» lo sai anche tu che nessuno dei due vincerà.
«Sì, siamo pari.»
Il silenzio che calò immediato fu talmente pesante che entrambi si voltarono a guardarsi intorno: il mondo non aveva smesso di esistere, le persone continuavano a passeggiare voltando di tanto in tanto la testa nella loro direzione, eppure tutti e due continuavano a sentirsi altrove.
Le ferite che si erano inferti stavano cominciando a sanguinare, il dolore era arrivato poco a poco e poi tutto insieme quando erano finite le parole, le accuse, le verità che ancora una volta si erano taciuti; tagli superficiali e profondi che si erano fatti a vicenda − con la lama di un coltello che si erano passati di mano troppe volte, Lucius con lui, lui con Bellatrix, Bellatrix con lei, lui con lei.
Draco sollevò di nuovo lo sguardo, dopo aver perso parti di se stesso tra i vicoli di un paese che non era il suo e maledicendosi per essere caduto di nuovo ai piedi di Hermione non appena lei lo aveva chiesto; annuì per dare conferma a quello che si erano detti poco prima.
Le diede la schiena, volgendo poi il capo sulla propria spalla, per dedicarle un’ultima occhiata. Era pronto per andare via, pronto per chiudere lì tutto – l’epilogo della loro storia, il suo ricordo, le sue parole, il suo sorriso, tutto quell’amore.
Mosse un passo in avanti, il piede a poggiarsi lentamente sull’asfalto come se fosse stato immerso in una bolla che gli impediva di comandare il corpo, in cui la gravità era un concetto estraneo, quando Hermione disse ancora: «Io non esisto lontano da te.»
 
Angolo Autrice:
Non so in che modo chiedervi scusa per questo immenso ritardo, davvero… vorrei farlo in tutti i modi possibili, ma non so farlo.
Mi rendo conto che il capitolo non è all’altezza dell’attesa che avete dovuto sopportare e mi dispiace, ma siamo quasi agli sgoccioli di questa storia e vi ringrazio per tutte le belle parole che le avete dedicato.
Ora vi lascio, promettendo che tornerò presto.
 

 

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