Beneath the ashes

di ValeDowney
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Distrazioni ***
Capitolo 2: *** Impazienza reale ***
Capitolo 3: *** Fiducia malriposta ***
Capitolo 4: *** Niente favoritismi ***
Capitolo 5: *** Piovuto dal cielo ***
Capitolo 6: *** Il fuggitivo ***
Capitolo 7: *** Mezzi avvisati ***
Capitolo 8: *** Senza rinforzi ***
Capitolo 9: *** Tale fratello, tale sorella ***
Capitolo 10: *** Competizione sanitaria ***
Capitolo 11: *** Ribellione ***



Capitolo 1
*** Distrazioni ***


Beneath the ashes

 
Capitolo I: Distrazioni
 


Quiete. Questa strana sensazione, così rara ad Asgard. Eppure Loki riusciva quasi sempre a trovarla, andandosi a rintanare in posti che aveva scovato con il passare degli anni.
Sempre a scappare dal tanto odiato e perfetto fratello, il cui unico scopo era quello di mettersi in mostra davanti ai suoi fidati amici e mostrare i muscoli dei suoi duri allenamenti. Solo quelli, pensava spesso Loki, visto che di cervello ce ne era ben poco.
Anche quel pomeriggio soleggiato non era diverso. Si trovava accanto a una radura, quasi ai confini della città. L’ombra dei salici gli dava quella poca ma sufficiente protezione dal tepore del sole, e lo scrosciare della cascata lì accanto aumentava quella sensazione di pace e tranquillità che gli permetteva di leggere uno dei suoi tanti libri senza che qualcuno di sua conoscenza lo andasse a disturbare.
Ma, come ogni volta, quella quiete non durava mai più del dovuto. Sospirando, chiuse il libro e, alzandosi, si scostò dal ruscello portandosi ancor più sotto il salice. Proprio in quel momento, dalla cima della cascata qualcosa, o per meglio dire qualcuno, piombò proprio nell’acqua sottostante.
Loki alzò gli occhi al cielo, così come quella figura, che uscendo dall’acqua disse: “Stavolta ci sono riuscito”
“Se intendi a non finire spiaccicato, sei stato bravissimo” ribatté il moro.
“Volevo coglierti di sorpresa. Non è facile dalla cima di una cascata” disse Thor.
“Ho visto parecchi uccellini provarci e loro iniziano da ben più in alto” disse Loki.
“Come hai fatto ad accorgerti di me?” gli domandò.
“Sei aggraziato come un pentapalmo. Comunque, taglia corto. Cosa vuoi?” chiese.
“Ho buone notizie” rispose, sorridendogli.
“Finalmente lasci il palazzo, così potrò rimodernare la tua stanza a mio piacimento?” disse Loki.
“Lo sai che non potrei mai abbandonarvi. Siete la mia famiglia, e poi come faresti a vivere senza di me? Ti annoieresti a morte” replicò.
“Sopravviverò. Come ho sempre fatto. Dopotutto le mie orecchie avrebbero gioito a non sentirti più russare” rispose.
“Comunque, ritornando a prima, ho detto di avere buone notizie” disse nuovamente.
“Se fossero state ottime, saresti piombato direttamente giù dal cielo, invece di farti semplicemente un bagno nel ruscello?” domandò.
“Tieniti forte. Io e gli altri andremo a una festa a Vanaheimr” rispose.
Loki non ribatté e si limitò a incamminarsi. Thor gli si affiancò: “Non sei contento?”
“Sai quanto me ne importa. Intanto hanno invitato te e mica me” replicò.
“Ehm… veramente non mi hanno invitato” disse.
Loki si fermò e lo guardò: “Cosa odono le mie orecchie? Il futuro re di Asgard che non è stato invitato a una festa che sarà sicuramente caotica e senza rispetto delle regole. Dov’è finito il rispetto per questo mondo?” e riprese a camminare.
 “E’ quello che dico anche io” aggiunse Thor.
“Ero ironico, se non si era capito. E poi intanto nostro padre non ti avrebbe mai lasciato andare” ribatté.
“Infatti non glielo avrei chiesto” disse. Loki si fermò nuovamente. Voltò il capo e Thor aggiunse: “Ci siamo auto-invitati”
“No, voi volete andare incontro a un destino che prevede l’ira del Padre degli Dèi” replicò Loki.
“E non sei eccitato? È pane per i tuoi denti. E poi, ti farebbe bene staccare un po' da questa solitudine e vivere finalmente la vita. Allora, ci stai?” domandò e Loki alzò un sopracciglio.
Tornarono al palazzo e, senza farsi vedere da nessuno, sellarono i loro cavalli, non prima però che Thor andasse ad avvertire i suoi amici, che li raggiunsero in poco tempo.
“Mi spieghi come ci riesci ogni volta? Tu chiami e loro arrivano. Cosa gli hai promesso? Una succulenta bistecca e boccali pieni di birra?” domandò Loki, accennando un piccolo sorriso.
“Ehi, bada a come parli. Gli amici accorrono sempre nel momento del bisogno” replicò Volstagg.
“Soprattutto quando la pancia brontola” aggiunse Loki, ricevendo un’occhiataccia proprio da Volstagg.
Il moro salì in groppa al suo destriero, così come anche Thor.
“Sicuro che non verremo scoperti? Stavolta credo che rischiamo grosso” chiese Fandral.
“Dobbiamo avere fiducia in Thor e, come ha detto prima Volstagg, noi accorriamo sempre nel momento del bisogno” rispose Sif.
“Ben detto, amica mia. Non dovete temere. Ci divertiremo e ritorneremo qua prima che qualcuno si accorga della nostra assenza” disse Thor.
“E come la mettiamo con Heimdall? A quello non sfugge nulla e verremmo spediti subito nelle prigioni” domandò Volstagg.
“A lui ci penserà Loki” rispose Thor.
Gli altri quattro guardarono il moro poco convinti. Quest’ultimo disse: “Se non vi fidate di me, allora potete anche rimanere qua e perdervi così il più grosso banchetto al quale potreste mai partecipare.”
Senza obiettare, Volstagg salì sul suo cavallo, per poi dire: “Che cosa stiamo aspettando? Su, andiamo” e partì.
Gli altri tre lo seguirono. Rimasero i due fratelli e Loki disse: “Visto? Quando la pancia brontola, i tuoi amici accorrono” e li seguì. Così come Thor.
Poco dopo il gruppetto, guidato da Loki, stava camminando per la folta radura, mentre una loro stessa replica si era diretta da Heimdall, il guardiano del Bifrost, che, appena li vide, bloccò loro il cammino: “Non potete passare”.
“Suvvia, amico mio, non chiediamo troppo. Solo che tu chiudi un occhio e ci lasci andare liberi” disse Thor, affiancandosi a lui.
“Il mio compito è quello di osservare che nessuno entri ed esca da qui a mia insaputa. Asgard dev’essere al sicuro” disse Heimdall.
“Asgard sarà lo stesso al sicuro anche senza di noi. Ce ne andremo e ritorneremo come se nulla fosse” disse Thor.
“È inutile che insisti. Intanto non ci farà passare” disse Volstagg.
“È naturale, o Odino non lo avrebbe messo a capo del Bifrost. È così bravo che a lui nulla sfugge e non credo che possa fare delle eccezioni nemmeno con noi” disse Loki.
“Stai cercando di persuadermi? Non ci riuscirai” disse Heimdall.
“Non ci sto nemmeno provando. Sei troppo astuto anche per uno come me” disse Loki, facendo un piccolo sorriso.
Heimdall scrutò per bene il gruppetto davanti a sé. Eppure qualcosa non gli tornava. Si avvicinò a loro. Sembrava fin troppo facile. Eppure presagiva una presenza differente.
Si alzò una leggera brezza e qualcosa saltò subito agli occhi vigili del guardiano. I mantelli di Thor e dei suoi amici non si muovevano.
Vide Loki osservarlo attentamente, per poi porre lo sguardo sugli altri quattro. Si avvicinò a Thor sussurrandogli: “Forse faremo meglio ad andarcene”
“Hai paura?” chiese il fratello non guardandolo.
“No, ma temo comunque per le nostre vite e dovremo sbrigarci ad arrivare alla nostra meta” gli rispose.
“Il piano è tuo. Pensaci tu” disse Thor.
“Spifferalo pure ai quattro venti. Intanto non riesci mai a tenere la bocca chiusa” ribatté il moro.
Heimdall puntò contro Volstagg la punta della sua lancia… oltrepassandolo e facendo smaterializzare quell’ologramma. Lo sguardo del guardiano divenne furioso.
“Non si mette affatto bene” disse Fandrall.
“Colpa vostra e dei vostri mantelli. Volete sempre andare in giro eleganti” replicò Loki.
“Se per questo anche tu” ribatté Thor.
“No, io vado in giro con stile. È diverso” disse Loki, facendogli un piccolo sorriso e, prima che Heimdall potesse attaccarli, con uno schiocco di dita fece scomparire se stesso e gli altri.
Il vero Loki si fermò. Qualcosa, come una scarica, gli attraversò tutto il corpo. Si sentì, anche solo per poco, mancare le forze, come se la sua magia avesse perso potere.
Thor si accorse dell’improvvisa immobilità del fratello. Lo guardò, domandandogli: “Tutto bene?”
“Non stiamo qua a perdere tempo per nulla. Qualcuno potrebbe arrivare e fermarci prima della nostra destinazione” tagliò corto il moro, passandogli accanto. Thor lo seguì in silenzio, non proferendo altra parola.
Arrivarono a ciò che sembrava un vicolo cielo.
“Magnifico. Come volevasi dimostrare. Il dio degli inganni… be’… ci ha ingannato” replicò Volstagg.
“Che ti aspettavi, lui è fatto così. Magari non aspettava altro che trarci in una trappola” aggiunse Sif.
Loki stava spostando del fogliame. Volstagg disse: “Forse, se lo colpiamo ora di spalle non se ne accorgerà nemmeno. Una piccola pugnalata.”
“Non è saggio fare ciò ed è troppo tardi per tornare indietro. Ormai abbiamo fatto le nostre scelte, anche quella di fidarci di lui” disse Hugun.
“Finalmente qualcuno con del sale in zucca. Sai, Thor, incominciavo a dubitare della tua cerchia di amici, ma se non li uccido nel sonno è solo perché c’è lui che sa quello che faccio” spiegò Loki.
“Io vedo solamente una parete” replicò Volstagg.
Loki gli andò dietro, per poi dire: “E’ perché la guardi ancora da lontano. Aspetta che ti do una mano” e lo spinse letteralmente dentro la roccia. Volstagg scomparve.
Sif e Fandrall sguainarono le spade: “Vile traditore! Dovevamo saperlo che ci avresti voltato le spalle” replicò Sif.
“Vendicheremo la morte del nostro amico. Non è vero Thor?” aggiunse Fandrall, guardando, con Sif, l’amico, ma questi si era perso a guardare una farfalla.
“Thor!” lo richiamò Sif.
“Scusatemi. Ma volevo sapere dove stesse andando questa farfalla” rispose Thor e la farfalla gli svolazzò di nuovo accanto.
“Sii serio” disse Fandrall.
“E’ una causa persa già da un bel po'” disse Loki.
Thor seguì la farfalla e, senza neanche accorgersene, oltrepassò la parete. Gli altri non dissero nulla e lo seguirono. L’ultimo a entrare fu Loki. Si guardò a destra e a sinistra, come se sentisse che qualcuno li stava osservando. Sapeva che, ormai, erano stati scoperti da Heimdall e che, al loro ritorno, avrebbero incappato nelle ire di Odino. Ma se avessero fatto presto e con un briciolo di fortuna, molto probabilmente avrebbero evitato tutto ciò.
Entrò, non accorgendosi che su di un ramo lì vicino erano appollaiati due corvi. Questi si librarono in volo verso il palazzo.




Note dell'autrice: Ed eccomi qua con una nuova avventura, stavolta nel mondo di Thor, ma con protagonista Loki. Premessa: si svolge prima del primo Thor e mi atterrò all'atteggiamento del Loki di quel film e, per il momento, non a quello della serie tv. Come sempre accetto ogni genere di critica; consigli
Grazie in anticipo chi passerà qua; chi recensirà e chi metterà tra le seguite o preferite la storia
Spero di non uscire troppo dai personaggi e di fare una bella storia che scorra anche bene nel leggerla (molti nomi saranno di fantasia quindi, amanti della mitologia norrena, vi prego, non criticatemi troppo
Grazie anche alla mia sempre amica Lucia
Ci sentiamo alla prossima
Buona domenica e buon proseguimento di giornata

 
 

 

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Capitolo 2
*** Impazienza reale ***


Beneath the ashes

 

Capitolo II: Impazienza reale



 

Vanaheimr si poteva definire un posto paradisiaco: una lunga distesa di prati verdi e colmi di flora rigogliosa, animali di ogni specie, un clima fresco e non umido e i Vani, la popolazione di questo pianeta.
Gente pacifica e non incline alla guerra. Esperti nelle arti magiche e divinità della fertilità. Avevano regole rigide, che prevedevano matrimoni combinati con le altre città del pianeta. Volevano una discendenza pura di sangue che avrebbe portato benefici sia a loro che alle altre popolazioni, evitando così conflitti.
Alfhild, principessa e unica figlia di Eirikr, sovrano di Vanaheimr, era stata promessa in sposa a Einar, figlio di Bjorn, sovrano di Trondheim, una cittadina al nord, tra le alte e ripide montagne rocciose, circondata da ampie valli e abitata da possenti guerrieri forti come orsi.
Eirikr stava dando una festa in onore del matrimonio tra i due popoli. L’unione dei due ragazzi avrebbe rafforzato ancora di più la pace che regnava ormai da secoli.
Alla cerimonia erano stati invitate le rappresentanze più alte degli altri popoli, ma non degli altri pianeti e Thor lo sapeva benissimo. Per questo si trovavano nascosti tra i cespugli, mentre osservavano gli altri entrare nel palazzo.
“È stata solo una perdita di tempo. Non riusciremo mai ad entrare” disse Fandrall.
“Il mio stomaco sta brontolando e sicuramente là dentro ci sarà ogni genere di leccornia. Non mi interessa se ci scopriranno, ma dobbiamo trovare un modo per imbucarci” disse Volstagg.
“Invece di ragionare con la pancia, iniziate a far muovere quei pochi neuroni che ancora vi rimangono. Potrei rimpicciolirvi e farvi entrare e, una volta usciti, lasciarvi così per un periodo indeterminato” spiegò Loki.
“Ho un’idea migliore: ti facciamo a pezzetti ora, così non dovremo sopportati mai più” replicò Volstagg, mettendo una mano sull’elsa della spada.
“Non è il momento di litigare. L’idea di Loki non è del tutto da scartare” disse Thor, mettendosi tra i due.
“Cosa odono le mie orecchie? Stai davvero usando il cervello che ti hanno dato appena nato? Finalmente ti sei accorto di averne uno” disse Loki.
“Thor, è una follia. Verremmo di sicuro schiacciati e chissà quando il signorino qua presente ci farà ritornare normali. Piuttosto, me ne ritorno direttamente ad Asgard” ribatté Sif.
“E senza neanche averci provato? Ho detto che l’idea di Loki non è del tutto da scartare, ma che neanche la metteremo in atto. Userà la magia su tutti noi, compreso se stesso, in modo che gli altri non pensino che siamo Asgardiani ma gente del posto” spiegò Thor.
“Preferivo l’idea di prima, ma direi che, se vogliamo vedere l’alba di domani, allora la tua è migliore” disse Loki.
“Come sempre, del resto. Dopotutto, non voglio mettere a rischio le vite dei miei migliori amici e di mio fratello. E nemmeno oscurare la grandezza di Asgard e del Padre degli Dèi” disse Thor, facendo un piccolo sorriso.
“E quanto durerà questa magia?” domandò Sif.
“Il tempo necessario per far riempire la pancia a Volstagg” rispose Loki e, con uno schiocco di dita, cambiò tutti d’aspetto, se stesso compreso, rendendoli Vani.
“E ora ci si va a divertire” disse Thor e, uscendo dai cespugli, si diressero verso il palazzo.
Una volta arrivati all’entrata, il maggiordomo li fermò: “Nome, prego.”
“Perché mai vi serve il mio nome? Sono qua con i miei prodi compari per visitare il potente re. Un nome non è nulla” disse Thor.
Il maggiordomo alzò gli occhi al cielo. Poi ripeté: “Nome, prego.”
Thor non seppe che inventarsi. Guardò Loki il quale, alzando gli occhi al cielo, disse: “Sono il principe Loptr, unico erede del regno di Hedeby nelle coste del sud e loro sono i miei sudditi. Credo che non servano altre formalità.”
Il maggiordomo li osservò: “Prego, potete passare.”
I cinque entrarono, dirigendosi verso l’enorme sala principale.
“Ragazzi, guardate che meraviglia. Quanta gente” disse Sif.
“E quanta roba da mangiare” aggiunse Volstagg e si diresse verso la tavolata.
“Forse è meglio se non ci dividiamo” disse Thor.
“Lascialo andare. Intanto nessuno qua ci conosce. E poi sappiamo dove trovarlo. Dove c’è cibo, c’è lui” disse Loki. Quando squadrò la folla, qualcuno attirò la sua attenzione. Una bellissima fanciulla dai lunghi capelli verdi e le orecchie a punta stava camminando salutando i presenti.
Loki si diresse verso di lei, mentre Thor si guardava intorno in cerca di qualcosa da fare.
La fanciulla volse lo sguardo e Loki disse: “Quale incanto vedono i miei occhi. Voi brillate più di chiunque qua dentro.”
“Se volete conquistarmi, sappiate che altri usano gli stessi metodi” disse lei.
“Molto probabile e aggiungerei anche da principiante. Ma voi meritate molto di più” disse Loki.
La ragazza fece un piccolo sorriso e, mettendo entrambe le mani sulle braccia di lui, disse: “Sento che in voi c’è qualcosa di diverso. Qualcosa di potente tenuto nascosto e io avrei tanta voglia che voi me lo mostriate.”
Loki guardò la folla. Nessuno sembrava dare importanza a loro. Riguardò la ragazza, che aggiunse: “Non qua, ovviamente. Vieni con me.” E, prendendolo per mano, lo condusse ai piani superiori.
Volstagg stava ancora mangiando quando Sif, Fandrall, Hugun e Thor gli si affiancarono.
“Un po' di contegno. Ricordati che non dobbiamo dare nell’occhio” gli disse Sif.
“Possono sempre guardare altrove” disse Volstagg con la bocca piena.
Sif gli diede un colpo su una spalla, facendolo voltare mentre teneva ancora in mano qualcosa da mangiare. In quel momento si avvicinò a loro Eirikr, con due guardie al seguito.
“Vedo che il nostro banchetto ha riscosso successo” disse il sovrano.
“Non mangio così bene neanche sul nostro pianeta” disse Volstagg.
“Sul vostro pianeta?!” disse stupito Eirikr.
“Ehm… voleva dire che veniamo dal regno di Hedeby e siamo qua con il nostro principe Loptr” lo corresse Sif.
“Non ho mai sentito parlare del regno di Hedeby, né tanto meno del principe Loptr. Vorrei parlargli personalmente, se non vi dispiace” disse il re.
“Il problema è che mio fratello se ne va sempre in giro e quindi, in questo momento, non sappiamo dove si trovi” aggiunse Thor.
“Quindi anche lei è un principe, visto che siete imparentati. Conosco praticamente tutti i regnanti di questo pianeta, ma il vostro popolo, seppur d’aspetto così uguale a noi, non l’ho mai sentito. Sapete, oggi è un giorno speciale, perché si celebra la festa pre-matrimoniale della mia unica figlia Alfhild. Mia moglie è passata a miglior vita parecchi anni fa e, da quel momento, ho cercato di non far mancare nulla alla mia principessa. Anche un futuro marito di nobili origini” spiegò Eirikr.
Il maggiordomo si avvicinò a lui: “Proprio lei cercavo. Sa per caso dove possa trovarsi mia figlia?” gli domandò il re.
“Penso che sia andata ai piani superiori, forse a prendere qualcosa nelle sue camere” gli rispose.
“Perché non la va a chiamare? Vorrei presentarla al qui presente principe di Hedeby” propose Eirikr. Il maggiordomo squadrò Thor, che gli fece un piccolo sorriso, per poi avviarsi verso le scale.
“Alfhild è così dolce e gentile. Sarà una bravissima sovrana quando io non ci sarò più e credo renderà fiero il nostro popolo. Da secoli non c’è mai stata una guerra e non sarebbe opportuno iniziarne una proprio ora alla vigilia delle nozze con il regno di Trondheim” spiegò il sovrano.
“Come dico sempre io: “Dove c’è buon cibo, c’è buona gente” disse Volstagg e mangiò.
“Avete degli strani modi di fare. Sicuri di essere di queste parti? Il vostro aspetto dice di sì. Ma la vostra magia?” chiese loro. Gli altri si guardarono preoccupati.
Intanto Loki si trovava nella sontuosa camera da letto della ragazza. Lei sul letto, lui in piedi di fronte a lei.
“Era proprio necessario venire qua? Potevamo conoscerci meglio da un’altra parte” le domandò.
“Non volevo avere gli occhi degli invitati puntati addosso. Preferisco le presentazioni in intimità” rispose lei, iniziando a togliersi il vestito.
“Forse stiamo correndo un po' troppo e poi io qua non dovevo neanche esserci. Ho seguito quello stupido senza cervello di mio fratello, che sicuramente in questo momento starà bevendo birra e divertendosi con i suoi stolti amici” disse Loki, facendo qualche passo indietro.
“E non sa ciò che si sta perdendo. Devi ritenerti fortunato che ti abbia scelto, soprattutto in un giorno come questo” disse la ragazza, scendendo dal letto e avvicinandosi a lui.
“Perché, di che giorno si tratta?” chiese.
“Ero certa che lo sapessi, visto che tutti i regni sono stati personalmente invitati da mio padre. Ma forse deve esserti fuggito dalla testa, quindi te lo ricordo io. Oggi si celebra la mia festa pre-matrimoniale. Fra pochi giorni, convolerò a nozze con Einar” spiegò, fermandosi.
“Molto bene. Congratulazioni. E qui mi sorge la domanda: che cosa ci faccio io qua se tu sei già promessa in sposa a un altro principe?” domandò.
“Perché io voglio molto di più. Einar è così sciocco. È ancora un bambino, mentre a me piacciono le persone mature e con un grande potere” rispose, mettendogli una mano su una spalla.
“Sono sicuro che anche lui nasconda tutto ciò, e che dopo il matrimonio potrete conoscervi meglio” disse Loki, cercando di allontanarla da sé.
“Invece io voglio conoscere te, adesso. Facciamolo” disse la ragazza, e lasciò cadere il vestito a terra. Loki divenne rosso in volto. Chiuse gli occhi.
La fanciulla gli mise una mano sul petto. Una forte energia lo pervase. Lei aveva la magia, proprio come lui, e Loki non si accorse che il suo aspetto stava cambiando, ritornando se stesso, proprio nel momento in cui il maggiordomo apriva la porta: “Principessa Alfhild, vostro padre vi sta cercando e…” Non fece in tempo a terminare la frase che sgranò gli occhi, vedendo la ragazza nuda davanti a colui che non assomigliava affatto al principe Loptr.
Alfhild si voltò, prendendo il vestito da terra e portandoselo velocemente sul petto. Indicò Loki, esclamando: “Questo individuo è solo un vile senza scrupoli. Mi ha toccata anche contro la mia volontà, pur sapendo che sono già promessa in sposa a qualcun altro. Che venga fatto prigioniero!” E gli occhi le divennero lucidi.
Il maggiordomo si avvicinò a Loki, ma questi, prima di essere catturato, riuscì a scappare correndo fuori dalla camera. Ma appena arrivò ai piedi della scalinata, si fermò: davanti a lui una schiera di soldati teneva le lance puntate contro i suoi amici, che avevano riassunto anche loro le sembianze originali. Accanto era presente anche il re che, guardandolo, chiese: “E voi chi siete?”
Loki guardò gli altri. Poi di nuovo il re. Si fece largo tra le guardie e, sorridendo, disse: “Mio signore, quale onore finalmente conoscerla. Ho sentito tanto parlare di lei.”
“Non posso dire lo stesso di voi, ma facevo bene a nutrire qualche sospetto sul vostro reale aspetto. Voi non siete di qua, vero?” domandò.
“Siamo venuti da molto lontano per assistere a quest’importante celebrazione. Non ce la saremmo mai perduta per nessun motivo al mondo” rispose il moro.
“Vi siete intromessi nella mia dimora senza un invito. Solo per questo meritate le prigioni” disse Eirikr.
“Perché, cos’altro avremmo dovuto fare?” domandò Volstagg.
Dalle scale corse giù piangendo, seguita dal maggiordomo, Alfhild. Dopo essersi fiondata tra le braccia del padre, questi le chiese: “Mia adorata, che cosa è accaduto?”
“Padre, questo uomo… questa bestia… mi ha assalita” rispose la ragazza e indicò Loki. Tutti, compresi gli invitati, lo guardarono sorpresi, persino Thor: “Fratello, ma cosa hai combinato?”
“La ragazza non sa quello che dice. Si sta inventando tutto. Ma, dopotutto, preferite credere a lei, piuttosto che a me” rispose Loki.
“Detto dal Dio degli Inganni” disse Volstagg.
Loki lo guardò impassibile, ma ripose di nuovo lo sguardo sul re, che ribatté: “Come avete osato toccarla?! Lei non deve nemmeno essere sfiorata prima delle nozze! Deve rimanere pura!”
“Lo dica direttamente alla sua preziosa figlia. Forse non è nemmeno più pura” disse Loki, facendo un piccolo sorriso.
“Loki, non peggiorare la situazione!” replicò Thor, mentre Sif, Fandrall, Hugun e Volstagg poggiavano le mani sulle else delle loro spade.
“Che c’è? Non mi dire che ti puoi divertire solo te, futuro Re di Asgard?” disse Loki, guardandolo.
“Guardie, arrestate questi impostori!” ordinò il re ma, prima che le guardie potessero attaccarli, Loki bloccò tutti, tranne loro, con la magia. Poi disse: “Andiamocene, prima che l’effetto finisca” e uscì dal palazzo, seguito dagli altri.
Mentre camminavano, Thor si affiancò a Loki: “Mi dici che cosa ti è saltato in testa? La mia idea era quella di imbucarci e divertirci. Non di fare… be’… hai capito!”
“Perché sei così agitato? Non sei tu quello che è stato sorpreso in camera della principessa” disse Loki.
“Appunto. Che ci facevi in camera proprio con lei? Saresti dovuto rimanere con noi alla festa” gli domandò.
“Primo: non sapevo che si trattasse della principessa. Secondo: mi sarei solamente annoiato nel vedervi continuamente a mangiare e bere. Se avessi saputo che sarebbe andata così sarei rimasto a casa, ma peccato che qualcuno abbia insistito per portarmi qua” rispose.
“Davvero? Chi?” chiese Thor e Loki lo guardò malamente.
Arrivarono alla roccia dove era presente il passaggio che li avrebbe condotti ad Asgard.
“Stavolta non voglio fare la figura dello stupido, quindi non mi farò spingere da nessuno” disse Volstagg.
“Allora potresti dimostrarti coraggioso andando per primo” propose Loki.
Volstagg lo guardò. Poi rivolse lo sguardo in avanti e corse verso la roccia… ma ci andò a sbattere contro e cadde a terra.
Loki fece un piccolo sorriso, mentre Thor avvicinandosi all’amico, gli chiese: “Tutto bene?”
Volstagg si toccò dolorante il naso. Guardò il moro, replicando: “Ti piace prenderti gioco degli altri, vero?!”
“Almeno avresti potuto avvertirlo” aggiunse Thor.
“È così divertente vedervi fallire. E poi era per sdrammatizzare il momento. Comunque la roccia è quella accanto. Non puoi sbagliarti” disse Loki.
Volstagg si alzò e si diresse verso l’altra roccia, identica alla precedente. Mise una mano contro di essa e vide che scomparve. Vi entrò quindi del tutto, seguito dai suoi amici. Mancavano i due fratelli.
Thor stava per oltrepassare la roccia, ma si fermò e, voltandosi, domandò: “Tu non vieni?”
Loki gli andò accanto, per poi rispondere: “Non ci passerei un minuto di più in questo posto di bugiardi. Anche se mi aveva affascinato il loro uso delle arti magiche, anche se non saranno mai superiori alle mie” ed entrò nella roccia, seguito poi da Thor.
Una volta però ritornati ad Asgard, vennero sorpresi dalle guardie di Odino.




Note dell'autrice: Ed eccomi qua con il secondo capitolo. Spero di non star andando troppo fuori dai personaggi (ovviamente i nomi dei Vani li ho inventati di sana pianta, facendo però qualche ricerca in rete per nomi vichinghi) Vi sta piacendo? Sto cercando di non farvi attendere troppo. Ancora tanto deve accadere e ci sarà una svolta
Volevo ringraziare chi era passato qua ed a tutti coloro che metteranno la storia tra le preferite o seguite
Grazie alla mia carissima amica Lucia (anche fonte di ispirazione)
Vi aspetto con il prossimo capitolo
Buon proseguimento di serata e buona visione a chi (come me e non solo) sta guardando la serie Loki (con oggi l'ultimo episodio della prima stagione :(
Alla prossima

 

 

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Capitolo 3
*** Fiducia malriposta ***


Beneath the ashes

 
 
Capitolo III: Fiducia malriposta


Odino osservava il gruppetto davanti a sé standosene seduto sul suo trono. Appollaiati uno sullo schienale e l’altro su un bracciolo, c’erano i suoi due fedeli corvi.
“C’era da immaginarlo che Heimdall avrebbe fatto la spia. Oltre che guardone è pure spione” replicò Volstagg.
“Non credo che la colpa sia sua. Non per niente ci sono quei due corvi sul trono” disse Fandrall.
“Come hanno fatto a fuggirmi? Ero convinto di averli trasformati in due pulcini e rinchiusi in una gabbia” disse Loki.
“Al signor perfettino è scappato un piccolo particolare” ribatté Volstagg.
“Attento, potrebbe scapparmi ben altro su di te” replicò Loki, guardandolo e facendo un piccolo sorriso.
Riguardarono Odino, quando replicò: “Silenzio! Quello che avete fatto è inammissibile. Non solo avete tratto in inganno Heimdall, ma siete anche andati su un altro pianeta senza il mio permesso!”
“Padre, siamo tutti qua e nessuno si è fatto male” disse Thor.
“Non è questo il punto. Mi aspettavo molto di più, soprattutto da te, Thor, che diventerai il futuro re di Asgard. Bisogna fare scelte sagge per evitare di incombere in una guerra dopo che per secoli è regnata la pace. Questo è solo un comportamento da bambini! Non so come avete viaggiato senza l’ausilio del Bifrost, ma se verrò a scoprire che ve ne siete andati nuovamente senza il mio consenso, vi aspetterà l’esilio” replicò Odino.
“Almeno cerca di ascoltare” disse Thor, facendo qualche passo avanti.
“Cosa ci sarebbe da ascoltare?! Altre misere scuse? Andate, prima che cambi idea e vi esili ora!” replicò e il gruppetto si divise, ognuno andando per la sua strada.

Lei sapeva sempre dove trovare i propri figli. Li aveva cresciuti e gli aveva insegnato ciò che era meglio per il loro futuro. Ma poi era arrivato il tempo di lasciarli andare. Di costruirsi un cammino degno del loro destino. Frigga era così. Una moglie amata, ma anche una madre dolce e premurosa. Forse fin troppo, secondo Odino.
Arrivò in biblioteca e, dopo aver spalancato le porte, cercò l’amato figlio, trovandolo a leggere un libro, stando semisdraiato accanto a un’enorme finestra. Gli si avvicinò.
“Sapevo che mi avreste trovato qui” disse Loki, sfogliando una pagina.
“Conosco bene i miei figli, soprattutto te” disse Frigga, fermandosi a qualche passo da lui, che però non proferì parola.
La donna aggiunse: “Dovresti parlarne con qualcuno. So che sei turbato per ciò che è accaduto con tuo padre.” Ma il moro se ne stette in silenzio, continuando a sfogliare il libro.
Frigga si voltò, intenta a lasciare la stanza, ma Loki la fermò: “Voi, più di chiunque altro, mi capite. Non ve ne andate, vi prego” La donna si voltò e gli sorrise. Il figlio aveva bisogno solo di essere compreso.
Gli si sedette accanto: “Cos’altro è accaduto mentre eravate via? Sento che vorresti dirmelo”
“È successo così velocemente, ma non vorrei tormentarvi con i miei problemi. Avete già troppo a cui pensare. Il regno. Un re da un carattere non facile. Come ci riuscite a sopportare tutto questo?” le disse.
“Ci vuole tanta pazienza e comprensione. Odino può sembrare burbero, ma se si comporta così è solo per cercare di mantenere la pace. E poi, è mio diritto e dovere stargli sempre accanto, in quanto sua sposa e regina di Asgard. Se il popolo soffre, soffriamo insieme a loro. Asgard è sinonimo di famiglia. Nessuno è lasciato indietro e spero che, con il passare del tempo, anche voi lo capiate” spiegò Frigga.
Loki chiuse il libro, depositandolo accanto a sé. Si avvicinò alla madre e, prendendo le mani di lei tra le sue, disse: “Siete sempre stata così saggia, mentre noi così sciocchi. Il gesto compiuto quest’oggi ci ha fatto perdere ancora di più la fiducia nei vostri confronti e in quelli del Padre degli dèi. Non avremmo mai dovuto avventurarci in un mondo non nostro e interrompere una cerimonia reale sotto mentite spoglie. Non meritiamo il vostro perdono, ma solamente un castigo.”
Frigga mise una mano sulla sua guancia: “Figlio mio, voi non verrete mai meno alla nostra fiducia. Seppur Odino prediliga Thor, in quanto primogenito e futuro re, questo non toglie il fatto che non ami anche tu. Ma ciò non oscurerà mai l’amore che prova per te. Io ci sarò sempre, anche quando non ti sarò accanto.”
A Loki divennero gli occhi lucidi, ma non volle piangere. Pieno del suo orgoglio, cercava di non mostrarsi mai un debole, soprattutto davanti al padre. Ma il rapporto con Frigga era diverso: gli era sempre stato accanto; lo aveva consolato e gli aveva insegnato la magia. Forse perché era il secondogenito o semplicemente perché era la donna che lo aveva allevato e che gli voleva bene.

Trascorse una settimana da quando Thor e gli altri erano andati a Vanaheimr. Odino non aveva più proferito parola a riguardo. Si limitava a starsene nella sala del trono o girare per il palazzo a esercitare i suoi doveri da re.
Ciascuno era ritornato alle sue mansioni di sempre. Thor ad allenarsi costantemente per diventare ancora più forte o, semplicemente, per smaltire la rabbia. Non aveva più proferito parola con il padre, se non per rari saluti durante pranzi e cene. Passava la maggior parte del tempo in isolamento, brandendo il suo martello o una spada.
Loki, invece, passava la maggior parte del tempo a leggere in giardino o nella sua camera e, di tanto in tanto, si allenava con la magia. Frigga gli faceva visita costantemente e, un giorno, mentre entrambi si trovavano nel giardino privato della regina, dove Loki era libero di praticare la magia, sentirono bussare alla porta.
Dopo aver chiesto chi fosse, la regina lo fece entrare. Si trattava di una delle guardie. Appena arrivò da loro, disse: “Vostra maestà, mi dispiace molto interrompervi, ma ho un messaggio urgente da parte del Re.”
“Cosa mai dovrebbe volere da me?” chiese Frigga, mentre Loki le si affiancò.
“In verità, mia regina, lui ha richiesto la presenza del principe Loki” rispose la guardia.
“Vorrà punirmi per aver trasformato i suoi adorati corvi in pulcini, per poi imprigionarli. Strano che ci abbia messo una settimana per accorgersi del colpevole” disse Loki.
“Non ha spiegato il perché, ma ha detto che è parecchio urgente” disse la guardia.
“Bene. Prima ci vado e prima potrò ritornare ad allenarmi con la magia” disse Loki.
“Voglio venire anche io” disse Frigga.
“Madre, non è necessario. Mi umilierà come le altre volte. Me la farò passare e ritornerà come prima” disse Loki.
“Deve capire che deve smetterla di umiliarti. Non sei una sua pedina, ma suo figlio e sei importante quanto Thor” disse Frigga.
“Voi la pensate così. Lui no e non cambierà mai il suo parere nei miei confronti. Thor rimarrà sempre il suo preferito. Comunque, potete venire. La vostra presenza mi dà conforto” disse Loki e Frigga sorrise.
La guardia li condusse fino alla sala del trono ma, ad aspettarli, non solo trovarono ovviamente Odino, ma anche il re Eirikr e sua figlia Alfhild.
“Non credo ci sia bisogno delle presentazioni, vero, Loki?” disse Odino.
Frigga mise una mano sulla spalla del figlio. Questi la guardò, mettendo una mano sulla sua. Poi riguardò avanti, quando Odino aggiunse: “E non penso ci sia anche bisogno di chiedere il perché siano qui.”
“Intanto so che ciò che dirò non interesserà al re e a sua figlia. La parola di lei vale più della mia” disse Loki.
“Certo, anche perché ho detto la verità” ribatté Alfhild. Poi guardò Odino e aggiunse: “Voi mi credete, vero? E poi non vi mentirei mai. Mio padre mi ha sempre insegnato a raccontare il vero, perché è così che si ottiene la fiducia del proprio popolo.”
“Ma certo, mia cara, e poi sono stati i miei figli a intromettersi alla vostra festa senza essere invitati. Questo fatto lo ritengo già una mancanza di rispetto nei vostri confronti” disse Odino, guardando la ragazza.
“Vi interesserà sapere che l’idea è partita da Thor. I suoi amici lo hanno seguito senza fiatare come sempre, mentre io sono stato obbligato” spiegò Loki.
“Eppure sei andato ugualmente con loro e hai fatto di più. Mia cara Alfhild, perché non racconti a mia moglie cosa ti è accaduto?” disse Odino.
“Non credo sia necessario che lei sappia” disse Loki.
“È qua presente e, poi, è giusto che conosca meglio suo figlio” replicò Odino.
“Lui ha abusato di me, pur sapendo chi ero e che avrei dovuto sposarmi. Ho cercato di fermarlo, ma non voleva saperne ragioni. Fortunatamente il nostro maggiordomo è venuto a soccorrermi prima che potesse continuare” spiegò Alfhild.
Frigga guardò Loki senza parole. Non poteva credere a ciò che aveva appena sentito. Non voleva. Loki se ne stava in silenzio, guardando con sguardo poco benevolo la ragazza, la quale sorrideva beffardamente.
“E non è tutto. Non per niente siamo venuti qua di persona” aggiunse Eirikr.
“Cos’altro mai ci potrebbe essere?” chiese Frigga e, prima che potesse aggiungere altro, Odino alzò una mano, segno di non continuare. Loki guardò il fugace scambio di sguardi dei genitori e si sentiva impotente non potendo difendere la madre al cospetto del padre. Lui la zittiva sempre. Nonostante fosse sua moglie, nessuno doveva essere superiore al re.
“Dopo quella notte, mia figlia ha incominciato a sentirsi male. Così, tramite i nostri migliori medici e tutte le analisi possibili, abbiamo scoperto che è incinta. Non solo il principe Loki ha abusato di lei, ma la ha anche contaminata. Lei doveva rimanere pura fino al matrimonio. Ora cosa penserà il suo futuro marito?” replicò Eirikr.
“No. Basta così! Mio figlio non farebbe mai una cosa del genere! Non voglio neanche credere a una sola parola di quella ragazzina viziata!” replicò Frigga.
“Come osate?! Mia figlia non direbbe mai il falso, e poi abbiamo le prove!” ribatté il re.
“Non metto in dubbio che abbiate fatto tutti gli accertamenti per constatare che vostra figlia sia incinta, ma penso che mio figlio non l’abbia neanche toccata. Lui ragiona prima di compiere qualche atto in mala fede e, inoltre, rispetta le donne. È ciò che gli ho insegnato” spiegò Frigga, affiancandosi al figlio.
“Voi parlate con il cuore di una madre, ma sono convinto che ogni genitore agisce così per il bene del proprio figlio. Poi i malesseri di Alfhild parlano chiaro: è incinta e non credo sia stata toccata dal suo futuro marito. Il padre di lui non glielo permetterebbe mai. È contro la legge di entrambi i popoli” disse Eirikr.
Frigga guardò la ragazza e, facendo qualche passo avanti, le domandò: “Siete proprio sicura di ciò che dite? Non può essere stato mio figlio.”
“Ma certo. Mi prendete per una stupida?! Non sono cieca. Riconosco un bastardo quando lo vedo e lui mi ha toccata senza il mio consenso” disse la principessa.
“Loki non è un bastardo! Voi siete solamente una ragazza viziata e con un cuore di pietra! Meritate di passare i vostri giorni nell’Hell!” replicò Frigga.
“Taci, donna! La tua parola non vale nulla! Ancora mi chiedo come Odino vi abbia potuto prendere in sposa!” ribatté Eirikr. A quel punto Loki ne ebbe abbastanza. Si portò davanti alla madre e, con un cenno della mano, tramutò il re e sua figlia in due maiali.
“Nessuno parla così a mia madre!” esclamò e abbassò la mano. Frigga lo guardò con occhi lucidi. Spostarono lo sguardo quando Odino si alzò e replicò: “Ciò che hai commesso contro il re e sua figlia è inammissibile. Hai portato disonore al tuo popolo e alla tua famiglia. Per questo motivo io ti esilio da Asgard!”
“No! Non potete farlo!” replicò Frigga, stringendo a sé il figlio.
“Così ho detto e così sarà! Chi oserà contraddire la mia parola verrà anch’esso bandito!” ribatté Odino.
“Allora esiliatemi insieme a lui” disse Frigga.
“No, voi non meritate ciò. Io ho commesso degli errori e voi non dovete farne parte” disse Loki.
“Io credo alle tue parole. Non puoi aver messo incinta quella stupida ragazza. Odino non può farti ciò” disse Frigga.
“Ormai ha preso la sua decisione. Lui può avere il potere su Asgard, ma non fatelo avere anche su di voi. Siete sempre stata una donna forte” disse Loki.
Frigga lo abbracciò. Loki chiuse gli occhi, mentre una lacrima gli bagnava il viso.
Odino li osservò dall’alto. Ma poi si voltò e se ne andò non proferendo altra parola, lasciando da soli madre e figlio.




Note dell'autrice: Ed eccomi qua. Vi sta piacendo la storia? Pareri? Tengo a precisare che, ovviamente, la fanfict si svolge prima di Thor e, che nel prossimo episodio, entrerà in scena un nuovo personaggio. Comunque...grazie a tutti coloro che sono passati di qua; a chi ha letto i precedenti capitoli (e ovviamente anche questo); a chi ha messo la storia tra le seguite. Grazie.
Grazie alla mia preziosa amica Lucia
Al prossimo episodio miei cari/e
Un buon proseguimento di serata ed una buona notte







 

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Capitolo 4
*** Niente favoritismi ***


Beneath the ashes
 

Capitolo IV: Niente favoritismi
 
 
Una settimana prima dell’esilio

Puente Antiguo era una piccola cittadina nel deserto del New Mexico. Contava pochi abitanti, ma almeno disponeva di un negozio di alimentari, un bar, un negozio di vestiti e un piccolo ospedale. Ed era proprio lì che Raevin era diretta.
I cittadini si fermarono per un attimo, mentre la ragazza sfrecciava davanti a loro dentro alla sua nuova Spider, regalo di suo fratello. Non aveva compiuto gli anni, eppure suo fratello amava riempirla di regali praticamente ogni giorno.
Fece appena in tempo a parcheggiare davanti all’ospedale che il cellulare le squillò. Guardò chi fosse e sorrise nel riconoscere il nome.
Mentre scendeva dall’auto, disse: “Sì, sono appena arrivata. Tranquillo, sto bene e poi ci siamo sentiti appena cinque minuti fa. Devi rilassarti. Come sarebbe a dire che ora farai un paio di telefonate per farmi rimandare a Malibù? Se mi hanno mandata qua ci sarà un motivo, no? Senti, apprezzo il tuo interesse, ma riesco a cavarmela anche da sola. Se avrò bisogno, ti chiamerò.”
Vide qualcuno, probabilmente un’infermiera, scaricare alcuni sacchi dell’immondizia dentro ai bidoni, quindi aggiunse: “Ora ti devo lasciare. Ci sentiamo dopo. Sì, ti voglio bene anche io.” E riattaccò.
Dopo aver chiuso la macchina, si diresse verso la donna: “Ehi, mi scusi.”
L’infermiera si voltò e, dopo che Raevin si fu fermata di fronte a lei, aggiunse: “Piacere. Sono Raevin Sta…”
Ma non fece in tempo a presentarsi che l’altra donna la bloccò: “Lei dev’essere la nuova infermiera di cui ci avevano parlato. Prego, venga pure dentro. La stavamo aspettando.” E la condusse all’interno dell’ospedale, prima che Raevin potesse aprire bocca.
Una volta dentro, Raevin si tolse gli occhiali da sole, osservando meglio l’edificio: se al di fuori si presentava di bell’aspetto, non si poteva dire lo stesso del suo interno. Le pareti versavano in uno stato pietoso ed erano scolorite, crepate e ricoperte di muffa.
Arrivarono nell’area amministrativa, dove un dottore era intento a firmare delle carte.
“Dottor Green” lo chiamò l’infermiera. Costui si voltò e, vedendo Raevin, disse: “Finalmente è arrivata. È la nuova infermiera che stavamo aspettando.”
“Veramente sarei una dottoressa. Un chirurgo, per l’esattezza. Mi sono laureata con il massimo dei voti più la lode presso l’Università di Stanford. Non sono una semplice infermiera” spiegò Raevin. Guardò per un attimo la donna accanto ed aggiunse: “Senza offesa.” E riguardò il dottore.
“Si figuri” disse la donna, ma la guardò malamente.
“Un bel merito, non c’è che dire, ma le vorrei ricordare che qua ci troviamo in un paesino sperduto nel deserto del New Mexico. Se voleva mettersi in mostra, poteva benissimo andarsene a Las Vegas” disse il Dottor Green.
“Peccato che mi abbiano costretto a venire qua” ribatté.
“Come avrà già potuto vedere, non nuotiamo nell’oro come è abituata a fare lei. Abbiamo perdite dalla maggior parte dei tubi; i muri sono scrostati; c’è poca energia elettrica e i medici e gli infermieri scarseggiano. Quindi, se vuole rendersi subito utile, si vada a cambiare e prenda queste tre cartelle sopra il bancone” spiegò il dottore e si incamminò. Poi si fermò. Si voltò e aggiunse: “Un’altra cosa: quasi nessuna delle persone che abitano qua ha l’assicurazione sanitaria.”
“Quindi non possono pagarci?” domandò Raevin.
“Esattamente. È per questo motivo che offriamo noi. Ma per lei non dovrebbe essere un problema sganciare qualche soldo, vero?” rispose e, dopo aver fatto un piccolo sorriso, se ne andò.
“Venga. Le mostro dove potrà cambiarsi” le disse l’infermiera, passandole accanto. Raevin la seguì.
Poco dopo, con il camice addosso, Raevin, con le tre cartelle in mano, si stava dirigendo dai rispettivi pazienti, che non si trovavano in un tecnologico pronto soccorso ma in tre stanzette anch’esse dall’aspetto poco piacevole.
Entrò nella prima, trovandosi un anziano, che appena la vide le disse: “Dottoressa, ho qualcosa qui che mi prude. La prego, mi guardi subito.” E si abbassò i pantaloni.
“Oh mio dio. Ehm… certo… certo… mi dia… mi dia solo un minuto” disse Raevin diventando rossa in faccia e uscendo velocemente dalla stanza, per poi appoggiarsi con la schiena contro la porta. Respirava velocemente.
“È una cosa disgustosa. Neanche all’università mi hanno fatto far pratica su queste cose indecenti” replicò.
“Tutto a posto?” le chiese l’infermiera.
Raevin la guardò e, facendo un finto sorriso, rispose: “Sì, sì, stavo solo… guardando meglio la cartella. Là dentro non c’è molta luce.” L’infermiera tornò al suo lavoro.
Raevin fece un lungo respiro. Poi disse: “Ok, Raevin, ce la puoi fare. Dopotutto sei una dottoressa da lode… in un posto che cade a pezzi. Forse se davanti a me mi immagino un bellissimo ragazzo dai muscoli possenti, non avrò poi così ribrezzo.” E rientrò.
Ovviamente l’anziano aveva ancora i pantaloni abbassati e, rivedendola, disse: “Era ora che rientrasse. Devo ritornare a casa per guardarmi il mio programma preferito e mettere a bagno la dentiera. A momenti mi si sta staccando dalla bocca.”
Raevin fece di nuovo una faccia disgustata, ma mostrando un sorriso, pensò a quel ragazzo dai forti muscoli e di bell’aspetto; mando giù il senso di vomito e si fece coraggio.
Finalmente arrivò la fine del turno. Raevin si trovava in uno stanzino a cambiarsi, quando entrò anche l’infermiera che, vedendola, le domandò: “Allora, come è andata?”
“Vediamo: un signore anziano con un rash cutaneo nelle parti basse, causato da un’allergia al suo frutto preferito. Peccato che non abbia voluto sentire ragioni che non deve mangiarne più. Poi una donna isterica perché il figlioletto di quattro anni continuava a piangere come se fosse stato posseduto, ma in realtà aveva solo infilato due soldatini di piombo nel naso. Infine un ragazzo che continuava a provarci con me ma che soffriva solamente di disturbi della personalità. Prima amava me e poi se stesso. Sì, se tralasciamo tutto questo, direi che sono sopravvissuta al mio primo giorno di lavoro” spiegò e chiuse l’armadietto.
“Sai, ero così anche io il primo giorno” disse l’infermiera, mettendo via il camice.
“Così come?” le chiese.
“Ambiziosa. Sicura di me e schifata da questo posto” rispose.
“Come ci sei riuscita?” domandò.
“Dicendomi che era tutta questione di pazienza e che, prima o poi, sarei stata ricompensata” rispose, aprendo la porta. Raevin la seguì e le due uscirono.
Mentre passeggiavano per la quiete cittadina, l’infermiera disse: “A proposito, non mi sono ancora presentata: mi chiamo Selene.”
“E io Raevin” le disse sorridendo.
“Che strano nome” disse Selene.
“Sì, ai miei genitori piaceva. Per loro suonava strano, ma bello allo stesso tempo” spiegò. Sospirò e aggiunse: “Chissà cosa mi direbbero ora. Soprattutto mio padre.”
“Potresti sempre telefonargli” propose Selene.
“Magari, ma non credo che lassù la linea arrivi. Già fa fatica qua” disse Raevin, indicando il cielo.
“Oh, scusami, non lo sapevo” si scusò Selene.
“Non importa. Ormai sono passati anni. Ero poco più di una bambina quando accadde. Fortunatamente avevo, e ho ancora, mio fratello più grande. Capisco perché sia così protettivo” spiegò Raevin.
“E come sono morti?” le chiese.
“Incidente d’auto. Forse per il ghiaccio e la poca visibilità, considerando che era sera e dicembre inoltrato. Mio fratello non ha saputo dirmi di più anche se la sua prima versione è stata che stavano facendo un lungo viaggio per affari e che, al loro ritorno, ci avrebbero portato un sacco di regali, come facevano ogni Natale e ai compleanni. Quando chiedevo di loro, mio fratello continuava a rispondermi che non avevano ancora trovato i regali adatti a noi. Volevano che fossero i più belli e migliori in circolazione. Da bambina ci credevo fortemente. Poi, crescendo, ho scoperto la verità. Mi mancano moltissimo” spiegò.
Selene le mise un braccio intorno e Raevin appoggiò la testa contro la sua spalla.
Arrivarono dove risiedeva Selene. Si trattava di un appartamento a più piani. Entrarono ma, appena varcarono la porta, una signora anziana e abbastanza robusta di corporatura uscì dalla sua residenza, replicando: “Signorina Velasquez, sto ancora aspettando i suoi soldi dell’affitto! Quando pensa di darmeli?”
“Lo so di essere un po' indietro con i pagamenti, ma le assicuro che avrà tutto” rispose Selene.
“Mi ha detto la stessa identica frase anche la volta scorsa. Dovrei crederle ora?” domandò.
“Se ha problemi con il pagamento ci posso pensare io” propose Raevin.
“E lei chi sarebbe?” la chiese, squadrandola.
“Si chiama Raevin ed è appena arrivata in città. Non ha dove dormire, quindi mi chiedevo se…” rispose Selene.
“Oh no, non se ne parla! Mi basta già dover sopportare te. Un’altra è troppo” replicò l’anziana.
“La prego, signora Ramirez, le assicuro che non recherà disturbo. E poi c’è un altro appartamento libero sul mio stesso piano” disse Selene.
L’anziana guardò di nuovo malamente Raevin, che disse: “Se è per i soldi, come ho detto prima, non c’è problema.” E, dalla tasca della giacca, estrasse molte banconote.
Gli occhi delle altre due donne brillarono e, prima che Raevin potesse aggiungere altro, l’anziana gliele prese, dicendo: “E va bene, potrà restare. Ma voglio pagamenti costanti dell’affitto da entrambe. Niente feste e massima serietà. E soprattutto, non voglio nessun altro in questo edificio, eccetto voi due. Chiaro?!”
“Splendente come uno specchio. Ah e, per la precisione, in quei soldi, c’è anche la rata di Selene” disse Raevin. Selene la guardò stupita. L’anziana non aggiunse altro e chiuse la porta in faccia alle due.
“Be’, pensavo peggio” disse Raevin, quando, in uno scatto, Selene l’abbracciò, dicendole: “Grazie. Grazie infinite. Ti devo molto.”
“Figurati. Come ha detto il nostro superiore, io sguazzo nell’oro” disse Raevin. Selene la guardò sorridendo ed entrambe andarono al piano superiore.
Una volta arrivate al secondo piano, Selene alzò lo zerbino davanti alla porta con il numero tre. Prese la chiave, mettendola nella serratura. Una volta aperta la porta, accese la luce. Raevin si tappò il naso dall’odore di marcio che usciva dalla stanza.
“Non è una villa come nella quale magari vivi tu, ma almeno è un tetto sopra la testa” disse Selene.
“Sì, tranquilla, molto meglio che dormire sotto qualche ponte” disse Raevin entrando.
“Ti porto qualcosa da mangiare e, domani mattina, andrò a farti un po' di spesa” disse Selene.
“Non ti devi disturbare. Ci andrò quando sarò libera” disse Raevin.
“Tu hai già fatto molto per me e poi domani mattina non sono di turno. Se ti vuoi rinfrescare, o fare la doccia, purtroppo è solo presente l’acqua fredda, visto che quella calda non funziona tanto bene. L’elettricità va e viene, per via delle bufere di sabbia che ci sono” spiegò Selene.
“Bufere di sabbia?” disse stupita Raevin.
“Be’… sì… ci sono le bufere di neve in montagna. Noi qua ci troviamo nel deserto, quindi…Comunque per qualsiasi cosa, non esitarmi a chiamarmi” disse Selene.
“Grazie” le disse semplicemente Raevin e Selene uscì.
La ragazza si voltò. Si tolse la giacca che gettò a terra e poi si sedette sul divano ma, appena lo fece, sprofondò e tanta polvere le andò addosso. Tossì e, rialzandosi, cercò di togliersi lo sporco di dosso.
Girò per la stanza, mentre le assi di legno scricchiolavano sotto di lei. Passò due dita sulla tavola: altra polvere, così come la trovò su tutta la mobilia. Persino la camera da letto non era messa bene. Provò a sedersi sul letto e, a differenza del divano, fortunatamente non sprofondò, anche se il materasso era duro come la pietra.
Andò verso la finestra. L’aprì a fatica, visto che la maniglia era quasi del tutto bloccata a causa della ruggine. Il panorama era anni luce lontano da quello che vedeva ogni giorno nella sua villa a Malibù: un’ampia distesa di sabbia e, quasi impercettibili, le montagne.
Le mancava casa e anche suo fratello e, come se lo avesse pensato, il cellulare lo squillò. Prese la chiamata e rispose: “Ciao e scusami se non ti ho chiamato prima, ma ho avuto da fare con la padrona di casa. No, tranquillo, è tutto a posto. Be’, più o meno. Ora ti spiego.” E passò la successiva ora al cellulare.
Quando Selene arrivò con la cena e chiamò l’amica, la trovò addormentata sul divano. Sorrise e, non volendola svegliare, lasciò il tutto sulla tavola, per poi andarsene.

Passò una settimana e, un giorno, appena Raevin arrivò in ospedale, Selene la raggiunse contenta: “Finalmente sei arrivata. Non indovinerai mai cosa è accaduto.”
“È caduto qualcuno dal cielo?” domandò.
“No. Meglio” rispose sorridendo e, dopo averla presa per mano, la condusse verso un’altra stanza dove ad aspettarle c’era il Dottor Green.
Quest’ultimo si voltò e mostrò ciò che era appena arrivato: “Un nuovissimo macchinario di ultima tecnologia che ci permetterà di eseguire esami di primissimo ordine. È arrivato stamattina presto con un camion e, alla mia domanda di chi lo mandasse, il trasportatore ha risposto che è un regalo da un generoso benefattore che è voluto rimanere anonimo.”
“È una cosa meravigliosa. Potremmo curare anche i pazienti più gravi” disse Selene.
“Vuoi dire che non lo avete mai fatto?” le chiese.
“No. Li mandavamo in un ospedale di una città più grande, più attrezzata ad accoglierli e curarli. Ma ora che è arrivato questo macchinario non dovremo più mandarli via” rispose.
In quel momento entrò un signore con un cappellino in tasca, una casacca e una cartellina in mano: “Scusatemi, avrei della roba da scaricare per il Dottor Green” disse.
“Sono io, ma non ho ordinato nulla” disse.
“Qui sulla cartella è riportato il suo nome e questo indirizzo. Se vuole seguirmi le faccio vedere ciò che ho portato” disse l’autista. I tre lo seguirono fuori, dove era parcheggiato un grosso camion. L’autista andò sul retro e, dopo aver aperto il cassone, entrò.
Gli altri guardarono, mentre l’autista, tramite un montacarichi, scaricava un macchinario. Dentro al camion ce ne erano altri.
Il cellulare di Raevin squillò. La ragazza si scusò con i presenti e, distanziandosi da loro, accettò la chiamata portandosi l’apparecchio all’orecchio. Dall’altra parte, l’interlocutore chiese: “Allora, sono arrivati i miei regali?”
“Sapevo che c’entravi tu e, comunque, non avresti dovuto scomodarti così tanto” gli rispose.
“Questo e molto di più per la mia sorellina, sapendoti in un posto sperduto del New Mexico, dove non c’è la più ben che minima traccia di civiltà” disse.
Raevin guardò per un attimo gli altri: “Dovresti vedere i loro sguardi: sono così contenti!”
“I miei regali fanno questo effetto con tutti. I fan amano questa mia generosità e, ciò mi fa sempre finire in prima pagina su ogni giornale e rivista” disse.
“Non solo per questo” aggiunse lei, conoscendo molto bene lo stile di vita del fratello.
“Quando è che ritorni qua a Malibù? Mi immagino sempre che cammini senza meta e viveri per il deserto. Non lo posso permettere. Vuoi che ti mandi l’aereo privato?” le propose.
“Grazie per la generosa proposta, ma credo che mi fermerò ancora qua. Dopotutto, questo posto non è poi così male. Poi, mi sono fatta arrivare alcune cose con le quali ho riordinato l’appartamento nel quale alloggio” rispose. Vide Selene chiamarla scuotendo la mano. Quindi aggiunse: “Ora ti devo lasciare. Il lavoro chiama.”
“Anche il mio. Devo andare a una noiosissima conferenza stampa che è iniziata dieci minuti fa. Ma so che mi staranno sicuramente aspettando. Non vedono l’ora di ammirare il nuovo prototipo appena rilasciato dalla nostra fabbrica. Ti manderò delle foto” spiegò lui.
“Sicuramente sarà un gran successo. Come tutte le altre cose da te pensate. Papà sarebbe davvero orgoglioso di te” disse.
“Ma anche di te. La sua adorata figlia, appena diplomata con il massimo dei voti e la lode in una delle più prestigiose accademie private del paese e con la passione per le costruzioni e i marchingegni” aggiunse lui.
“Sì, però sono diventata chirurgo. Invece di mettere a posto rottami di macchine come fai tu, rimetto in sesto e salvo le vite delle persone” disse Raevin.
“Un dottore in famiglia, di qualsiasi ramo, è sempre ben accetto. Ci sentiamo a conferenza finita. A dopo” disse e riattaccò. Raevin sospirò, per poi ritornare dai colleghi.
Un’altra giornata di lavoro passò. Raevin curò altri pazienti e suo fratello, come predetto, fece un gran successo alla conferenza stampa.
La ragazza, stanca, fece una breve cena, per poi mettersi subito a letto, non accorgendosi che qualcosa là fuori illuminò la notte a giorno, cadendo come un meteorite, fino a schiantarsi al suolo.






Note dell'autrice: Eccomi qua con il nuovo capitolo. Vi sta piacendo la storia? Ed eccovi anche il nuovo personaggio. Chissà come si comporterà con Loki (e viceversa) e chissà chi sarà mai suo fratello.
Grazie a tutti coloro che sono passati qua (o che passeranno; grazie a chi ha recensito; messo mi piace; tra le preferite o seguite
Grazie alla mia cara amica Lucia
Ci sentiamo al prossimo capitolo
Buon proseguimento di serata.


 

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Capitolo 5
*** Piovuto dal cielo ***


Beneath the ashes


 
Capitolo V: Piovuto dal cielo


 

Raevin stava dormendo pacificamente quando sentì una voce in lontananza. Si voltò dall’altra parte pensando che molto probabilmente stesse solo sognando. Ma poi la sentì ancora e, successivamente, avvertì un forte pizzicotto al braccio.
Si svegliò e, accendendo la luce sul comodino, si girò, trovandosi di fronte Selene: “Sei impazzita?! Stavo dormendo così beatamente” le replicò.
“Avresti preferito che ti gettassi un secchio di acqua fredda?” domandò Selene.
“No. Mi è già bastato una volta al campus” rispose. Guardò l’orologio per poi replicare: “Perché mi hai svegliata alle quattro del mattino? Mi ero addormentata neanche due ore fa.”
“Il Dottor Green ci vuole entrambe all’ospedale. Ho preferito venirti a chiamare, prima che lo facesse lui” le rispose.
“Digli che arriverò tra un’ora” disse Raevin, mettendosi il cuscino sopra la testa.
“Lo sai che non ama chi è in ritardo, Su, dai, alzati e vestiti. E poi non sei curiosa di sapere perché ci abbia chiamate?” disse Selene e Raevin sbuffò.
Poco dopo arrivarono all’ospedale. Raevin faticava a tener aperti gli occhi e, prima che raggiungessero il Dottor Green, Selene la spintonò leggermente: “Cerca di rimanere sveglia.”
“Non sono abituata a svegliarmi a quest’ora. Il mio corpo è qui, ma la mia mente è ancora a letto” replicò.
“Be’, vedi di portarla qua, perché il Dottor Green ci vuole concentrate. Vuoi perdere il posto dopo una settimana?” disse Selene.
“Non può cacciarmi, visto che quei macchinari sono qua grazie a me” disse.
“Cosa?” le domandò incredula.
“Te lo spiego un’altra volta” tagliò corto.
Il Dottor Green si voltò verso di loro: “Alla buon’ora. Stavo per chiamare i rinforzi.”
“Siamo curiose. Di cosa si tratta?” chiese Selene.
“Vorrete dire, di chi si tratta. Un poliziotto stava facendo la sua ronda notturna non molto distante da qua, quando ha visto un uomo, in un cratere, che parlava in modo strano e non si reggeva in piedi. L’ha portato qua e l’uomo continuava a dire di essere un principe e che noi eravamo solo degli infimi esseri. Lo abbiamo sedato e incatenato al letto” spiegò il Dottor Green.
Le due ragazze entrarono nella stanza, per vedere effettivamente un uomo, con lunghi capelli neri e vestito in modo strano, con mani e piedi incatenati.
“Visto così fa pensare a certe cose” disse Raevin.
“Non è il momento. Sarà spaesato e impaurito. Quando si sveglierà dobbiamo farlo stare a suo agio” disse Selene.
“Andate a cambiarvi e poi potrete pensare e fare tutto ciò che vorrete con lui. Ma niente cose strane. Siamo pur sempre in un ospedale” disse il Dottor Green.
Selene e Raivin si cambiarono e, con il Dottor Green, si affiancarono al paziente.
“Che cosa dobbiamo fare?” chiese Selene.
“Spogliatelo e poi mettetegli la camicia dell’ospedale. Io, nel frattempo, preparo i macchinari” spiegò il Dottor Green.
Selene iniziò a svestirlo, mentre Raevin se ne stette lì. Il Dottor Green la guardò: “Metta da parte i suoi ormoni e si dia da fare.”
“Non so a cosa alluda” disse la ragazza, non distogliendo lo sguardo dal paziente.
Il Dottor Green le si avvicinò e, nell’orecchio le sussurrò: “Non creda che non abbia capito che con l’arrivo di tutti questi macchinari c’entri anche lei. Ma non per questo sarà privilegiata. È alla pari di tutti gli altri. Veda di mettere in pratica ciò che ha studiato all’università e forse non la caccerò” e se ne andò.
Raevin sospirò, per poi aiutare l’amica.
Poco dopo, eseguirono parecchi esami e, stranamente, l’uomo non si era ancora svegliato.
“Per curiosità, quanto sedativo gli è stato dato?” domandò Selene.
“Ha importanza?” chiese il Dottor Green, mentre osservava la cartella del paziente. Non ricevette nessuna risposta. Quindi aggiunse, dopo aver firmato alcune carte: “Bene. Il paziente è in piena salute, ma andrei con cautela. Sicuramente, quando lo sveglieremo, sarà aggressivo e dovremmo essere pronti a tutto.”
“Non penserete che sia un serial killer? Non ne ha la faccia” disse Raevin.
“Chiunque può esserlo. Anche con chi lavorate” disse il Dottor Green. Raevin e Selene si guardarono preoccupate. Il Dottore le lasciò. Selene si avvicinò all’uomo: “Però. È carino, non trovi?”
“Ne ho visti parecchi come lui. Una notte e via” disse Raevin, affiancandosi a lei.
“Non dire che…” iniziò a dire Selene, ma l’amica la interruppe: “Be’, non proprio una notte e via. Uno, se non ricordo male, è durato due giorni, ma avevo bevuto parecchio. Quando arrivai a casa mio fratello mi fece la ramanzina, ma poi scoprii che anche lui era sbronzo e ci addormentammo nel salotto. Io sul divano, lui a terra. Il mattino dopo avevo lo stomaco forza dieci e un forte mal di testa. Mi promisi di non farlo più, ma ovviamente non accadde. Non penso di essere una adatta alle lunghe relazioni. Appena questo sarà in forma, lo dimetteranno e ritornerà da dove sarà venuto.”
“E da dov’è che viene?” domandò Selene.
Le ore passavano e Raevin era rimasta da sola con l’uomo.
Se ne stava su una sedia, mentre messaggiava al cellulare o girava in rete, anche se c’era poca connessione.
Sbuffò. Si stava annoiando. Alzò lo sguardo dal dispositivo e guardò l’uomo. Appoggiò il cellulare da una parte e, alzandosi, si avvicinò al letto. Osservò le funzioni vitali e poi lo guardò. Eppure c’era qualcosa di familiare in lui. Come se lo avesse già visto da qualche parte.
Senza rendersene conto, allungò una mano verso di lui e stava per toccargli la fronte, quando qualcuno gli bloccò il polso. Abbassò lo sguardo per vedere l’uomo sveglio e che la stava guardando.
Raevin guardò verso il corridoio, sperando che passasse qualcuno ma, sfortunatamente, non vide nessuno. Riguardò l’uomo, dicendogli: “Lasciami”.
“E tu liberami” disse lui.
“Sei molto lucido per esserti appena svegliato da un potente sedativo” disse Raevin.
“Sottovaluti chi sono veramente. Potrei polverizzare questo posto con un solo cenno della mano e rendere voi miei schiavi. Liberami e prometto che non accadrà” replicò.
“E chi mi dice che non lo farai lo stesso?” gli domandò.
“Non mentirei mai a una così bella ragazza” rispose, sorridendole.
Raevin sorrise. Poi si avvicinò e, quasi come un sussurro, gli chiese: “Vuoi sapere una cosa?”
“Dimmi pure, bellezza” le rispose, ma ricevette un forte pugno sul naso. Le lasciò andare il polso e cercò di toccarsi il naso sanguinante. Poi si accorse di avere mani e piedi incatenati. Replicò: “Perché mi hai fatto ciò?! Sono un principe! Devo essere trattato tale!”
“Principe o no qua non ci troviamo nel vostro palazzo reale o dove cavolo avete dimora. Siamo in un ospedale e si obbedisce a ciò che diciamo noi” ribatté.
“Fai tanto la sbruffona solo perché sono legato, se no saresti già scappata a gambe levate” replicò.
Raevin lo guardò malamente. Poi prese una siringa e, mentre la riempiva con una provetta, l’uomo la guardò: “Che cosa stai facendo?!”
“Ti rimetto a tacere” rispose, gettando la provetta in un cestino.
“Non ci riprovare neanche, stolta terrestre! Sappi, però, che appena mi risveglierò ti verrò a cercare e per te sarà la fine!” ribatté.
Raevin non replicò. Mise la siringa dentro la flebo. Tempo pochi istanti e l’uomo perse nuovamente conoscenza.
La ragazza sospirò. Sentì dei passi, quindi, velocemente, gettò la siringa nel cestino, nascondendola, insieme alla fialetta, con tanti pezzi di carta.
Fece appena in tempo che nella stanza entrarono Selene e il Dottor Green: “Che cosa è successo? Abbiamo sentito urlare e ci siamo precipitati qua.”
“Come mai il paziente sanguina dal naso?” domandò il Dottor Green, squadrando Raevin.
La ragazza fu titubante. Poi rispose: “Si era svegliato, ma poi era diventato cattivo. Diceva cose senza senso e… ha iniziato a sanguinare dal naso. Forse causato dal trauma della caduta. Potrebbe avere lesioni interne.”
“Se così fosse, dovremmo fare una tac al cervello” propose Selene e guardò il Dottor Green, che disse: “Va bene. Portalo nell’altra stanza. Ti raggiungo subito.”
Selene trasportò l’uomo fuori dalla camera. Il Dottor Green si fermò di fronte a Raevin: “Bada di dire la verità, se no sei licenziata” e raggiunse l’altra ragazza.
Raevin si lasciò andare sulla sedia, portandosi una mano sulla fronte. Si rese conto solo in quel momento che quel pugno le poteva costare caro e, se fosse stata licenziata, suo fratello sarebbe andato su tutte le furie. Ma, dopotutto, lui non doveva sapere proprio tutto. Una bugia, molto probabilmente, l’avrebbe salvata ancora una volta. Ma fino a quando?
Si sentì toccare il braccio. Aprì gli occhi. Non si era accorta di essersi appisolata. Nella stanza era ritornato l’uomo e, per sua sfortuna, era sveglio. Sentì schiarire la voce. Volse lo sguardo per trovarsi di fronte il Dottor Green e Selene. Si alzò subito.
“Io…posso spiegare” iniziò Raevin, ma il Dottor Green la interruppe: “Prima che lei si inventi un’altra delle sue scuse, lasci che le spieghi: come può ben vedere, abbiamo risvegliato il paziente. Non si era addormentato a causa di un trauma subito dalla caduta, perché… non c’è nessun trauma. La tac è pulita e, visto che non mi sono mai fidato delle sue parole, ho preferito andare alla fonte. Peccato non avere telecamere in questo ospedale, perché avrei tanto voluto vedere lei sferrare un pugno a qualcuno. A proposito, la mano le fa male?”
Raevin si guardò la mano, ma rialzò lo sguardo quando il Dottor Green aggiunse: “Prenda le sue cose e non si faccia più vedere qua dentro.”
La ragazza guardò Selene, la quale aveva uno sguardo triste; poi guardò l’uomo, che invece sorrideva beffardamente. Strinse i pugni e stava per fiondarsi su di lui quando Selene riuscì a bloccarla.
“Questa è tutta colpa tua!” replicò.
“Io? Cosa c’entro? Sono solamente un uomo che si è ritrovato in questo paese sperduto, senza nessuno che lo aiutasse. Senza forze e con la paura di morire da solo” disse.
“Ah, falla finita con le lacrime da coccodrillo!” ribatté la ragazza.
“È anche per questo motivo che la licenzio. Una dottoressa deve sempre fare ciò che il paziente richiede e poi, con la sua poca pazienza, non può lavorare a mente lucida. Magari, mentre è disoccupata, può riflettere sulla sua mancanza di disciplina e trovare un passatempo che l’aiuti a non arrabbiarsi più” spiegò il Dottor Green.
Raevin lo guardò malamente, ma sapeva che aveva ragione, e perciò non poteva obiettare. Si voltò e uscì.
Selene la trovò mentre estraeva le sue cose dall’armadietto. Cautamente si avvicinò all’amica: “Senti, parlerò con la signora Ramirez, chiedendole se potrai fermarti finché non avrai trovato un altro lavoro.”
“Sei molto gentile, ma non vorrei creare altro disturbo alla simpatica vecchietta che abita sotto di noi. È vero, non ho problemi di soldi, ma non posso farmeli mandare da mio fratello o scoprirà che sono stata licenziata” disse Raevin, guardandola.
A passo veloce, Selene si fiondò tra le sue braccia: “Ti prego, ti prego non andartene. Sei l’unica vera amica che io abbia mai avuto. Non lasciarmi da sola”
Raevin appoggiò il mento contro la testa della ragazza. Socchiuse gli occhi e l’abbracciò. Rimasero così. Da sole loro due. In silenzio e senza che nessuno disturbasse quel dolce momento.

 



Note dell'autrice: E finalmente, dopo secoli, eccomi qua con il nuovo capitolo. Grazie immensamente per la pazienza. Vi sta piacendo la storia? Finalmente Loki è arrivato tra i comuni mortali. Chissà cosa combinerà
Volevo ringraziare tutti coloro che hanno recensito la storia; che l'hanno messa tra le preferite; seguite o che sono passati semplicemente da qua
Grazie, come sempre, alla mia carissima amica Lucia
Al prossimo capitolo
Buona notte a tutti

 

 

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Capitolo 6
*** Il fuggitivo ***


Beneath the ashes


 
Capitolo VI: Il fuggitivo



 

Erano passati alcuni giorni da quando Raevin era stata licenziata. Non aveva ancora fatto parola con suo fratello. Ma per quanto ancora lo avrebbe tenuto segreto?
Per ora si stava annoiando a passare le sue giornate in casa, a guardare la televisione e quei pochi canali che prendeva, perlopiù sit com
o altro in spagnolo.
Era intenta a fare colazione quando sentì bussare alla porta. Dopo aver detto avanti, Selene entrò, portando un sacchettino.
“Vedo che stai già facendo colazione” disse Selene, avvicinandosi alla tavola dove sedeva l’amica.
“Ho trovato questi cornflakes nella credenza. Non sono granché, ma è meglio di niente” disse Raevin.
Selene depositò il sacchetto davanti all’amica. Questa l’aprì per poi estrarne un cornetto. La guardò: “Non avresti dovuto. Così mi vizi.”
“Ho pensato che ne avresti gioito” disse Selene.
“Dove lo hai trovato?” le domandò mentre dava un morso.
“Al bar. All’unico bar presente. Sebbene sia una piccola cittadina, fanno del cibo niente male” rispose Selene. Vide l’amica finire il cornetto. Poi le chiese: “Hai già parlato con tuo fratello?”
“Parliamo di molte cose” rispose.
“Non glielo hai ancora detto?!” disse stupita.
“Se glielo dico, è capace di venire qui in due secondi e mettere sottosopra l’ospedale. Invece, voglio fargli vedere che riesco a cavarmela da sola. Non voglio sempre contare su di lui. Non sono più una bambina anche se, a volte, mi tratta tale” spiegò.
“Sei la sua sorellina. Per lui è normale, visto che non ci sono più i vostri genitori. Si preoccupa” disse Selene.
Raevin riprese a mangiare i cornflakes. Selene domandò: “E la signora Ramirez? Che cosa dice?”
“Che finché la pago profumatamente potrò rimanere qui. Quindi non è un problema” rispose.
“Se vuoi parlo con il Dottor Green. Ci sarà un modo per farti riavere il posto” propose.
“Sei molto gentile, ma non credo che gioisca nel rivedermi. Anzi, aspettava proprio l’occasione per cacciarmi. Grazie per l’offerta, ma mi troverò qualcos’altro” disse Raevin.
“Oziare tutto il giorno non è qualcos’altro. Lascia davvero che ti aiuti. Potrei contattare qualcuno” disse Selene.
Raevin sospirò. Poi disse: “Ti devo confessare una cosa. Quando la signora Ramirez diceva che guazzavo nell’oro, non aveva tutti i torti. Quei macchinari all’ospedale sono arrivati perché li ha mandati mio fratello. Ha un’industria famosa in tutto il mondo. Ho cercato di tenerlo nascosto, perché non volevo passare per la ragazzina snob, ma sembra che il Dottor Green lo abbia scoperto. Non l’ho detto io a mio fratello di mandare quella roba, ma eravate così contenti che ho preferito non rivelare nulla. Però questo non cambia niente tra noi due, vero? Siamo ancora amiche?”
Ci fu silenzio. Poi Selene disse: “Si è fatto tardi. Meglio che vada prima che il Dottor Green si arrabbi. Ci vediamo stasera” ed uscì.
Raevin ci rimase male. Poi però riprese a mangiare la colazione.
La giornata stava trascorrendo normalmente. Troppo, considerando che appena Selene varcò in fretta e furia la soglia di casa di Raevin, nemmeno qualche ora più tardi, venne travolta da musica alta e l’amica che stava pulendo con le cuffiette alle orecchie.
La chiamò più volte urlando e, notando che non veniva degnata nemmeno di uno sguardo, si avvicinò allo stereo, spegnendolo.
Accorgendosi della mancanza di musica nelle orecchie, Raevin si tolse le cuffiette e, voltandosi, chiese: “Selene, ma che ore sono? Sei già a casa?”
“Sei impazzita a tenere la musica così alta?! La signora Ramirez è capace di cacciarti per questo” replicò.
“Rilassati, quella è sorda come una campana” disse Raevin. Poi aggiunse: “Perché sei così agitata? Hai incontrato un ragazzo che ti ha fulminata?”
“No, peggio” disse Selene.
“Che c’è di peggio? Guarda che è una cosa bella” disse Raevin.
“Quello strano uomo è scappato dall’ospedale. Lo abbiamo cercato dappertutto, ma non si trova. Il Dottor Green ha anche avvertito la polizia locale. Ti ho pure chiamata tante volte al cellulare e, vedendo che non rispondevi, mi sono precipitata qua” disse Selene.
“E allora? Sarà ritornato nel suo paese. Aveva tanta voglia di andarsene” disse Raevin, andandosi a sedere sul divano.
“Ma potrebbe essere pericoloso. O, al contrario, qualcuno potrebbe fargli del male. Era molto confuso quando l’hanno trovato” disse Selene, avvicinandosi a lei.
“Quello non aveva niente di confuso. Recitava solo la parte della vittima. Tanti fanno così quando vogliono fare contratti con mio fratello. Lui li liquida in due secondi e hasta la vista, per rimanere in tema con il posto in cui ci troviamo. Vedi, a stare a casa, sto imparando lo spagnolo” disse Raevin.
“È una faccenda seria. Non sei preoccupata?” le domandò.
“Ormai non è più un problema mio, visto che il Dottor Green mi ha licenziata proprio a causa di quell’uomo. Che ci pensi lui” rispose Raevin e accese la televisione.
“E, invece, non vorresti aiutare me?” chiese.
Raevin la guardò: “Perché vorresti andarlo a cercare? È solamente un paziente dell’ospedale con problemi di superiorità.”
“È appunto per questo che ha bisogno del nostro aiuto” disse Selene. Di tutta risposta, Raevin riguardò la televisione.
Selene sospirò. Poi aggiunse: “Va bene, fai come vuoi. Ma se dovessi vederlo, ti prego avvisami” e uscì.
Raevin si stava annoiando, così decise di uscire e visitare un po' quella cittadina. Passò di fronte al barbiere dove, attaccate alla vetrina, c’erano un sacco di foto di bei ragazzi con diverse acconciature. Si fermò osservandone qualcuno e, contemporaneamente, specchiandosi nel vetro. Era da un po', in effetti, che non si faceva tagliare i capelli.
Proseguì oltre, passando accanto ad altre attività commerciali, finché non arrivò a un piccolo negozio che non vendeva solo generi alimentari. Vi entrò.
Stava facendo acquisti ma, appena voltò l’angolo, andò a sbattere contro qualcuno.
“Oh, mi dispiace tanto. Scusami” le disse.
Raevin lo guardò: si trattava di un bel ragazzo, con i capelli corti e scuri e gli occhi azzurri. Le pareva vagamente familiare. Come se lo avesse appena visto.
“Tranquillo. La colpa è mia, avrei dovuto prestare più attenzione” disse. Ci fu un po' di silenzio, poi il ragazzo domandò: “Sei nuova di queste parti? Non ti ho mai vista.”
“Sì, mi sono trasferita qua da circa una settimana. Mi devo ancora abituare alla quiete e noia della cittadina” gli rispose.
“Be’, allora siamo in due. Anche io mi sono trasferito da poco e mi piacerebbe tanto passare un po' di tempo con te” disse il ragazzo, sorridendole.
“E cosa ti fa credere che abbia bisogno di compagnia?” chiese, passandogli oltre.
Il ragazzo l’affiancò: “Non saprei. È che, come hai detto prima, ti annoi. Magari, con qualcun altro potresti far passare il tempo. Che ne dici di andare da te?” rispose.
Raevin si fermò e, voltandosi, disse: “Certo che sei uno che va subito al sodo. Neanche ti conosco. Cosa ti fa pensare che ti porti a casa mia?”
“Mi chiamo Dave. Sono single e cerco ragazze simpatiche e carine come te. Questo ti basta?” le rispose.
“Ho avuto ragazzi uno dietro l’altro. Una sera e basta. Nessuno di loro mi ha mai fatto accendere quel qualcosa di strano dentro di me. Nemmeno tu sarai uno di loro” disse.
“Almeno mettimi alla prova. Che ne dici se stasera usciamo? Ti vengo a prendere io” propose.
aevin ci pensò un po'. Poi disse: “Va bene. Ma che sia una cosa veloce. E voglio un bel localino. Be’… non che ci sia tanta scelta qua.”
“L’importante è che si mangi bene. Allora a stasera, bellezza” disse Dave, sorridendole e avviandosi verso l’uscita. Raevin batté un paio di volte gli occhi. Già qualcun altro, di recente, l’aveva chiamata così e non era finita bene per lei. Vide poi Dave fermarsi e riavvicinarsi: “Scusami, ma non ti ho chiesto dove vivi.”
“Ehm… ah, già… risiedo in un appartamento vicino al bar. Sono in affitto dalla Signora Ramirez” rispose, destandosi da quel semi-coma. Dave sorrise e se ne andò.
Raevin se ne rimase immobile, ancora non credendo a ciò che era appena accaduto. Un ragazzo le aveva appena chiesto di uscire. Be’, lo facevano tutti considerando che era famosa, ma mai nessuno si era veramente innamorato di lei. Non credeva molto nell’amore. Suo fratello era nelle sue stesse condizioni ed era probabile che anche questa volta non sarebbe cambiato nulla.
Era quasi sera quando Selene ritornò a casa e, ovviamente, passò a trovare l’amica. Bussò e, appena Raevin aprì la porta, venne letteralmente trascinata dentro. La vide con un sacco di bastoncini in testa.
“Come ti sei conciata?” le domandò, guardandola stranamente.
“Ancora non lo so. Mi troverà uno schifo” rispose e si andò a sedere alla tavola, dove era presente un piccolo specchio.
“Chi ti troverà uno schifo? Cosa mi sono persa mentre ero al lavoro?” chiese, sedendosi accanto a lei.
“Sono andata a fare compere nel mini market. Nel voltare l’angolo di una corsia ho sbattuto contro un bel ragazzo, dall’aspetto vagamente familiare. Abbiamo chiacchierato un po' e poi mi ha invitata fuori a cena. È da quasi due ore che sono dietro ad acconciature e vestiti e fra poco verrà a prendermi” spiegò Raevin.
“Ricapitolando: uno sconosciuto di bell’aspetto ti ha invitata fuori a cena. La trovo una cosa bella, ma strana” disse Selene.
“È strana perché sono sciocca ad aver accettato al primo colpo. Avrei potuto dire di no. Ma, dopotutto, sono fatta così. È per questo che non ho mai avuto una relazione stabile” disse Raevin.
“C’è sempre la prima volta per tutti. Spero che avvenga anche per me. Comunque, non ti abbattere. Sei bellissima e credo che qualsiasi acconciatura o vestito per lui vadano bene. E sappi che non andrò a casa finché non l’avrò visto” disse Selene.
“Puoi abbandonare tutte le tue speranze, perché non sarò mai pronta per quando arriverà” disse Raevin, sbuffando. Poi si toccò alcuni bastoncini: “Ma perché mi sono messa questi cosi in testa? Farò la figura della stupida.”
“Dai, ti do una mano io” le propose.
“Credevo mi odiassi” disse Raevin.
“Per un’amica questo e altro” disse Selene. Raevin la guardò, sorridendole.
Poco dopo, Raevin si stava guardando allo specchio. Selene le si avvicinò: “Sei bellissima. Cadrà ai tuoi piedi, ne sono sicura.”
“Non sono mai stata abituata con abiti lunghi. Li indosso solamente alle cerimonie. Al contrario, sono ingombranti” disse Raevin, osservandosi il lungo abito blu.
“Pensavo che i ricchi come te non avessero problemi con queste cose” disse Selene.
“Allora non devi aver conosciuto di recente molti ricchi o, almeno, non me e mio fratello” disse Raevin.
“Prima o poi devi presentarmelo” disse Selene.
“È talmente famoso che la sua immagine manca solamente sulla carta igienica” disse Raevin.
Il campanello suonò. Le ragazze volsero lo sguardo. Dave era arrivato.





Note dell'autrice: Buona sera ed eccomi qua con il nuovo capitolo. La storia vi sta piacendo? Spero di non star andando troppo fuori con il personaggio di Loki. E Raevin vi piace? (magari alcuni di voi hanno già scoperto chi è il suo misterioso fratello) Chissà come andranno da adesso in poi le cose? E chi sarà mai Dave
Grazie a tutti coloro che sono passati di qua; che hanno recensito; che hanno messo tra le preferite e seguite la storia
Grazie alla mia carissima amica Lucia
Con ciò, vi auguro una buona notte e buone vacanze a chi è partito
Al prossimo capitolo

 


 

 

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Capitolo 7
*** Mezzi avvisati ***


Beneath the ashes


 
Capitolo VII: Mezzi salvati




 

Raevin non fece in tempo ad aprire bocca che Selene si precipitò ad aprire la porta, con un sorriso stampato in faccia, ma che svanì non appena si ritrovò di fronte la signora Ramirez, con uno sguardo poco rassicurante.
“Signora Ramirez, che piacevole sorpresa” disse Selene.
“Non la riterrei affatto una piacevole sorpresa” ribatté.
Raevin andò accanto all’amica e rimase stupita nel vedere il suo capo d’appartamento, che notò subito il suo lungo abito blu: “Oh, vedo che ci siamo messi in ghingheri.”
“Veramente sarei in procinto di uscire” disse Raevin, cercando di passarle accanto, ma la signora Ramirez la bloccò: “Quando l’ho presa in questo appartamento, pensavo di essere stata abbastanza chiara quando le dissi che non volevo estranei”
“Non so di che cosa stia parlando” disse Raevin.
“Poco fa è venuto uno strano ragazzo che chiedeva di lei” disse la signora Ramirez, ma non fece in tempo ad aggiungere altro, che Raevin le passò accanto e, dopo aver sceso velocemente le scale, entrò nell’appartamento di sotto, trovando Dave imbavagliato e legato ad una sedia.
“Oh mio dio, Dave! Ma cosa ti ha fatto quella pazza?!” gli chiese, per poi inginocchiarsi e liberarlo.
Una volta con la bocca libera, Dave spiegò: “Appena ha aperto la porta, non ho fatto in tempo a pronunciare parola, che mi ha bloccato per un braccio, per poi imbavagliarmi e legarmi in una sedia in casa sua. Quella donna è una pazza”
“Quando sono venuta a stare qua, mi ha espressamente detto di non portare né far entrare nessun estraneo” disse.
“Non so come tu faccia a vivere con lei” disse Dave.
“Io a casa mia e lei a casa sua. Ognuno per i fatti suoi ed i giorni passano” rispose.
I due si voltarono, trovandosi però di fronte la signora Ramirez: “Badate ragazzi, vi do tempo fino a mezzanotte. Dopo quell’ora, starete fuori.”
“Va bene, come desidera” disse Raevin, passandole accanto insieme a Dave.
Poco dopo, i due si ritrovarono a mangiare nel ristorante del paese.
“Perdonami se il locale è così piccolo” si scusò Dave.
“Non ti preoccupare, non avevi altra scelta, essendo l’unico ristorante del paese. Almeno non c’è muffa sui muri e nemmeno le ragnatele” disse Raevin, guardandosi di tanto in tanto, intorno.
Vedendola agitata, Dave le domandò: “Qualcosa non va?”
“È che mi sembra strano non essere attorniata da centinaia di paparazzi” rispose, guardandolo.
“Sei in un paesino sperduto nel nulla. Rilassati e cerca di pensare a te stessa e, per una volta, di non essere al centro dell’attenzione” disse Dave.
“Per tua informazione non voglio sempre essere al centro dell’attenzione e non ho voluto io venire qua. Mi ci hanno mandata con la forza” disse Raevin.
“Non ti sei mai chiesta il perché? Forse non stavi simpatica a qualcuno. O, molto probabilmente, mettevi nell’ombra qualcun altro” disse Dave.
Senza dire nulla, Raevin si alzò. Il ragazzo le chiese: “E ora dove stai andando?”.
“Non voglio passare la serata con uno che continua a criticare il mio modo di essere. Preferisco la compagnia della televisione. Almeno lì, se c’è qualcuno che mi annoia, posso sempre metterlo muto” rispose e, voltandosi, si incamminò.
Dave la seguì, raggiungendola fuori dal locale e, dopo essersi affiancato a lei, disse: “Certo che te la prendi per poco. Dovresti anche saper ascoltare gli altri e non solo te stessa. Assomigli così tanto a mio fratello.”
“Ah, hai pure anche tu un fratello. Ed esce solo ora, per farmi cambiare idea?” ribatté, continuando a camminare.
“È reale ed è un grosso pentapalmo senza cervello” disse Dave.
Sentendo ciò, Raevin si fermò. Si voltò e domandò: “Scusa, cosa hai detto?”
“Che è un grosso pompelmo senza cervello” rispose.
Raevin inarcò un sopracciglio, per poi chiedere: “Da quando i pompelmi hanno un cervello?!”
“Forse da quando si sono stufati di essere sempre schiacciati” rispose.
Raevin fece qualche passo verso di lui e, quando gli fu di fronte, disse: “Certo che sei un tipo molto strano. Mai prima d’ora avevo mai sentito qualcuno paragonare della frutta a degli esseri umani. Devi odiare molto tuo fratello.”
“Il mio, di certo, non spicca di intelligenza, ma sono io quello che finisce sempre nell’ombra” disse Dave.
“Una sensazione alquanto familiare. Sono definita la “sorellina del genio rivoluzionario dei nostri tempi”. Il Leonardo da Vinci del ventunesimo secolo. Vengo paparazzata da tutti, ma la copertina spetta sempre a lui” disse Raevin.
“Da dove provengo io, si celebrano feste in suo onore. Io, invece, preferisco rintanarmi da qualche parte e leggere un buon libro senza essere disturbato. O, almeno, è ciò che spero sempre, ma mai ottengo” spiegò Dave.
“Mio fratello adora i motori e possiede bolidi di ogni tipo. Passa tanto tempo nella sua officina e, quando cerco di parlargli, cambia la parola d’accesso. L’unica con cui potevo confidarmi era mia madre” disse Raevin.
Dave prese le mani di lei tra le sue. Raevin lo guardò: “Anche la mia è l’unica che mi capisce. Mio padre predilige di più l’altro. Ma le cose stanno così e, finché avrò lei al mio fianco, sono contento” e fece un piccolo sorriso.
Anche Raevin sorrise ma, quel momento, venne interrotto da uno strano rumore. La ragazza divenne rossa in volto e, abbassando lo sguardo, disse: “Scusami. È il mio stomaco. Non mangio da pranzo.”
“Be’ eravamo venuti qua per mangiare, no? Perché non rientriamo?” le propose.
Ritornarono nel locale; ordinarono e, poco dopo, le pietanze arrivarono. Ma Raevin osservò Dave mangiare, con garbo lento e leggero.
“Se non mangi, ti si raffredderà” le disse.
“Ancora non mi hai detto da dove vieni. Continui a ripetermi che il tuo posto è molto, molto lontano” disse Raevin.
“Come mai ti interessa così tanto?” le domandò.
“Sono molto curiosa” rispose.
“Essere così curiosi può portare a gravi conseguenze, lo sai?” disse Dave, guardandola.
“La curiosità è fatta donna e, poi, cosa ti costa dirmi il tuo luogo d’origine? È così segreto?” ribatté.
“È che non penso di essere tenuto a rivelare fatti personali ad una ragazzina che ho conosciuto solo oggi. Vorrei andarci cauto, se mi permetti” rispose, riprendendo a mangiare.
Raevin sbuffò. Poi ci riprovò: “Sembri così un galantuomo ma penso che, sotto sotto, anche tu abbia i tuoi scheletri nell’armadio. Chi mi dice che, una volta usciti di qua, tu non mi metta le mani addosso?”
Dave la riguardò: “Non sono quel genere di uomo. Ti ho invitata a cena solamente per conoscerti meglio e farti uscire dalle tue noiosissime giornate che stai passando in questo posto dimenticato. E poi non dirmi che avresti preferito continuare a sentire le lamentele di quella vecchia. Se proprio non volevi passare una serata con me, avresti potuto rispondere di no.”
Raevin aprì bocca, ma la richiuse subito. Dave aveva ragione: avrebbe potuto rifiutare l’offerta. Invece aveva acconsentito ad uscire con lui. Lo aveva veramente fatto per staccare dalle noiose giornate che stava passando dopo aver perso il lavoro?
La cena venne consumata e, poco dopo, si ritrovarono a passeggiare sulla via di casa.
“È stata una bella serata. Non ne passavo così da… praticamente mai” disse Raevin.
“Esci in continuazione e non ti sei mai divertita?” domandò.
“Le cene di gala alle quali vado sono perlopiù noiose e i fotografi cercano mio fratello” rispose.
“Be’, non sanno cosa si perdono nel non voler fotografare anche te” disse. Raevin abbassò lo sguardo, arrossendo, ma cercando di non farlo notare al ragazzo.
Arrivarono a casa, ma appena Raevin provò ad aprire la porta, la trovò chiusa.
“Evidentemente la signora Ramirez dev’essere già a letto” disse Raevin e provò nuovamente, ma senza nessun risultato. Così suonò, ma nulla.
“O forse è solo molto sorda” aggiunse Dave.
“Non sono sorda!” replicò una voce e, la finestra lì accanto si aprì, rivelando proprio la signora Ramirez in camicia da notte. I due le andarono di fronte.
“Oh, meno male che è ancora sveglia e…” disse Raevin, ma venne interrotta dall’anziana: “Ero a letto e mi avete svegliata!”
“Allora meno male che si è svegliata, così può aprirmi” aggiunse.
“Potrò essere molto sorda” iniziò, squadrando Dave e, dopo aver riposto lo sguardo su Raevin, continuò: “Ma non stupita e senza memoria! Prima che ve ne andaste a divertire, vi avevo espressamente detto che, se foste tornati dopo la mezzanotte, sareste stati fuori.”
“Ma… ma…” Raevin fu priva di parole.
“Che vi serva da lezione! Ma voglio lo stesso l’affitto pagato anche per stanotte!” e chiuse la finestra sbattendola, spegnendo la luce.
“Maledetta vecchia! Che le possa venire… qualcosa!” replicò Raevin, dando poi un calcio a un sassolino. Si allontanò. Dave la seguì.
“È così che getti la spugna? Ti credevo una guerriera” le disse.
“Fossi stata a casa mia, quella vecchia avrebbe fatto i conti con la mia guardia del corpo e, soprattutto, con mio fratello. Qua, a parte la mia amica Selene, chi altri no? Non ho un lavoro, e ora nemmeno più una casa” disse, continuando a camminare.
“Non è la fine del mondo. Ci sono altri modi, per soffrire di più come, ad esempio, gettarsi giù da un ponte o finire dispersi in un luogo infestato dai tuoi incubi peggiori” disse Dave.
“Cavolo, certo che tu riesci proprio a tirare su di morale una donna. Complimenti per i consigli” disse Raevin, guardandolo stranamente.
“Da dove provengo, questo è niente. Sono solo dei semplici passatempi tra zucche vuote che vogliono dimostrare le loro doti di sopravvivenza. Svariate volte ho cercato di spedire mio fratello in un mondo lontano, ma poi mi sono reso conto che era molto più semplice usare ciò che avevo a disposizione” spiegò.
Raevin riguardò avanti, non aggiungendo altro. Poi Dave propose: “Potresti venire da me”.
“Non sono tanto dell’idea di dormire a casa di uno sconosciuto” disse Raevin.
“Ma non lo sono più ormai. Abbiamo parlato per tutta la cena. E poi, dove andresti visto che non è nemmeno presente un hotel?” chiese. Raevin si fermò, così come anche Dave. Lo guardò, sospirando.
Poco dopo, si trovarono di fronte a una casa che, almeno la parte esterna, non sembrava messa tanto bene.
“Carina, come tutte le altre di questo posto del resto. Non avete mai sentito parlare di ristrutturazioni da queste parti?” disse Raevin, mentre osservava le crepe presenti. Poi spostò lo sguardo su Dave, vedendolo in cerca di qualcosa. Quindi gli domandò: “Che c’è che non va?”.
“Ehm… credo di aver perso la chiave. Ma… rimedio subito” le rispose e, dopo aver trovato qualcosa di appuntito, lo infilò nella serratura della porta, che si aprì. Entrarono. Dave fu sia veloce nel chiudere la porta dietro di loro, che posizionarsi davanti a Raevin.
Salirono un breve tratto di scale buie e, appena Dave accese la luce, si ritrovarono in quella che sembrava la sala.
“Almeno il dentro è accogliente” disse Raevin.
“Mi piace far dubitare la gente con l’esterno, ma stupirli all’interno” le disse.
Raevin esplorò quell’appartamento, soffermandosi a osservare gli strani oggetti posti sia sulle mensole che nelle credenze. Si fermò davanti ad alcune foto, che ritraevano un uomo con la barba insieme a diverse persone e in vari luoghi.
“Questo non sei tu” disse. Dave le fu accanto, puntando lo sguardo anche lui sulle foto. Poi disse: “Certo che no. Io non sono così…cavernicolo. Questo… è un mio caro amico”
“Se è un tuo caro amico, perché in tutte queste foto compare sempre lui e mai tu?” domandò e lo guardò.
“Perché? Perché è un tipo molto autoritario. Quando viene a casa mia, vuole sempre vedere le foto dei suoi innumerevoli viaggi in giro per il mondo e mi ha espressamente ordinato di metterle qua nel mio appartamento e mostrarle a chi sarebbe venuto a trovarmi” spiegò.
Raevin inarcò un sopracciglio. Riguardò le foto e disse: “Questo comunque non spiega perché non ci siano foto tue. Nemmeno appese alle pareti” e guardò i muri, spostandosi dalla credenza.
“Non amo molto essere fotografato. Sono un tipo parecchio riservato” disse, seguendo la ragazza fino alla camera da letto, fermandosi sulla soglia della porta. Dietro al letto, appeso alla parete, c’era un enorme arazzo raffigurante strane figure stilizzate africane. Sui mobili erano presenti statuine di diverse culture, in un angolo, una statua molto più grande di qualche divinità indigena.
Raevin guardò stranamente Dave che disse: “Almeno in camera mia non sono così riservato.”
La ragazza andò verso il letto e, dopo averlo sfatto, guardò Dave: “Bene, ora esci di qua, ché devo cambiarmi.”
“Come scusa?” le chiese perplesso.
“Esci… per favore. Dopotutto preferisco dormire senza vestiti e… da sola” rispose.
“Ma io dove dormo?” domandò.
“Nel divano in sala. Non vorrei mica che ci dormi io? Non saresti un bravo cavaliere se ti comportassi così” rispose, togliendosi in modo sensuale, una spallina del vestito.
Dave la guardò ma, non dicendo nulla, se ne uscì. Raevin sorrise beffardamente e, dopo aver chiuso la porta, iniziò a spogliarsi.
La notte passò tranquillamente. Raevin dormì beata. Così tanto che non si accorse di qualcuno che entrò in camera, avvicinandosi al letto.
Questi la scosse un paio di volte, ma lei di tutta risposta si voltò dall’altra parte. Quindi costui le tolse la coperta, per poi urlarle: “Sveglia, ragazzina!”
Raevin si svegliò di soprassalto. Si voltò, pronta a dirne quattro a Dave. Ma appena aprì bene gli occhi, si trovò un’amara sorpresa: davanti a lei non c’era il ragazzo con cui aveva passato la serata, bensì quell’uomo con la barba e l’aspetto da cavernicolo che aveva visto nelle foto.





Note dell'autrice: E finalmente eccomi qua con un nuovo capitolo. Meglio non fidarsi di quel Dave, che dite? Povera Raevin, che situazione. Prima il lavoro; poi chiusa fuori dalla padrona di casa e, ora, in una casa che credeva di Dave ma che, invece, non la è. Chissà cos'altro nasconde quel ragazzo.
Grazie per tutti coloro che sono passati di qua; che hanno recensito la storia e messa tra le seguite. Spero vi stia piacendo e scusatemi se non aggiorno spesso.
Grazie alla mia carissima e sempre amica Lucia
Al prossimo capitolo
Un buon proseguimento di serata ed una buona notte
Valentina P.S.: se volete potete recensire. Accetto tutto: commenti positivi e negativi. Anche consigli. Grazie in anticipo

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 8
*** Senza rinforzi ***


Beneath the ashes


 
Capitolo VIII: Senza rinforzi

 

Raevin era rimasta senza parole nel ritrovarsi di fronte quell’uomo alto e barbuto. Quindi disse: “Come si permette di entrare qui e svegliarmi in quella maniera?”.
“Come mi permetto?! Questa è casa mia!” replicò l’uomo.
“Casa sua? No, questa è casa di Dave” disse Raevin, cercando come più poteva di coprirsi il corpo con le lenzuola.
“Dave? E chi sarebbe?” domandò.
“È il suo migliore amico. Lei stesso lo ha costretto a mostrare le sue foto in giro per il mondo in casa sua” rispose.
“Ci sono foto di me in giro per il mondo perché questa è casa mia. Il suo cosiddetto amico Dave non c’è. Se n’è andato via” spiegò.
Sentendo ciò, Raevin si alzò, tenendosi addosso le lenzuola, per poi replicare: “Lei mi crede una pazza, ma Dave esiste veramente”.
“So solo che è entrata in una casa privata. Per questo la farò mettere in prigione” ribatté.
“Come osa? Lei non sa chi sono io” replicò Raevin.
“E non me ne frega niente! Ora si rivesti e venga con me” disse l’uomo.
“Mio fratello lo verrà a sapere! È un pezzo grosso e, di certo, non mi farà finire in prigione” disse.
“Bene, allora lo chiami pure. Io, intanto, faccio una cosa ben più importante” disse e uscì dalla stanza.
Raevin prese il cellulare e, dopo aver digitato un numero, se lo mise all’orecchio.
Chi c’era dall’altra parte rispose subito: “Raevin, è da ieri pomeriggio che non ti fai sentire. Ti ho chiamato un sacco di volte, ma non mi hai mai risposto. Cosa è successo? Lo sai che non mi devi far preoccupare così”.
“Credo di aver combinato un casino” gli disse.
“Non ti sarai per caso drogata?” replicò preoccupato.
“No, peggio. Mi porteranno in prigione” disse.
“In prigione?! Raevin, non possono farlo se non hanno un valido motivo. Perché non c’è un valido motivo, vero?” replicò. Ma non ricevette nessuna risposta. Quindi aggiunse: “Raevin? Raevin ci sei ancora?” ma la ragazza, riattaccò.
Si risedette sul letto, portandosi una mano sulla fronte. In pochi giorni aveva perso il lavoro – cosa che ancora non aveva detto a suo fratello – e ora sembrava anche la dignità. Una come lei non poteva finire in prigione. Un cognome importante nel mondo, avrebbe solo macchiato ciò che aveva fatto la sua famiglia. E tutto perché aveva accettato un invito a cena da un ragazzo incontrato il giorno prima.

Che sciocca sono stata, pensò. Mio fratello non mi vorrà più vedere, né aiutare. Già le vedo le prime pagine dei giornali: “Famosa ereditiera fa cadere in disgrazia l’azienda di famiglia per un capriccio” I miei si rivolterebbero nella tomba. Mio padre mi avrebbe cacciata. Raevin fatti coraggio. Nulla è ancora perduto”. E, rialzandosi, si vestì. Andò al piano di sotto e, una volta uscita, non solo trovò solo l’uomo ma anche un poliziotto.
“L’ho chiamato e, visto che si trovava da queste parti, è arrivato subito” disse l’uomo.
“Mi è stato riferito che lei si è intrufolata nella sua casa. È un grosso reato” disse il poliziotto.
“Ne sono a conoscenza, ma tutto è partito da Dave” disse Raevin. I due si guardarono poco convinti. Poi il poliziotto si affiancò alla ragazza, scortandola con sé. L’uomo li seguì.
Mentre passavano davanti alle altre abitazioni, chi era fuori si fermò nel compiere le proprie mansioni, per poi bisbigliare. Raevin cercò di non guardarli ma, appena passarono davanti al barbiere, si fermò, dicendo: “Eccolo è lui. È Dave”.
“Dove? Io non lo vedo” domandò il poliziotto.
“Ma sì, è proprio lì” rispose Raevin, indicandolo.
“Continuo a non vederlo” disse il poliziotto.
“Nemmeno io. E poi, all’interno del negozio, c’è solamente William il barbiere che sta pulendo” aggiunse l’uomo.
“Io intendevo lì, in foto” disse Raevin, indicando il ragazzo raffigurato, insieme ad altri, in vetrina. Il poliziotto e l’uomo lo guardarono; poi spostarono lo sguardo su Raevin, che disse: “Lo so, lo so, mi credete pazza, ma Dave è proprio quello lì. Ed era presente con me ieri sera. È stato proprio lui a farmi entrare nell’appartamento”.
“Oltre che ladra è anche una bugiarda” disse l’uomo.
“Siete soltanto degli stupidi con un cervello da gallina. Non mi credete solamente perché non sono di qua” replicò Raevin.
Poco dopo, la ragazza si ritrovò dietro alle sbarre: “Voglio parlare con i miei avvocati. Non potete rinchiudermi qua dentro, senza un valido motivo”.
“Il valido motivo c’è ed è quello di essere entrata in un appartamento che non è il suo. In più ha dato anche falsa testimonianza” spiegò il poliziotto.
“Ma perché non volete credermi riguardo a Dave?! È reale! Ci ho passato tutta la serata con lui” ribatté Raevin.
Il poliziotto non l’ascoltò. Quindi aggiunse: “Senta, so chi potrebbe testimoniare per me: ho due persone che lo hanno visto. Me le faccia chiamare, per favore”. Il poliziotto la guardò mentre Raevin gli faceva gli occhi dolci.
Così arrivò Selene che, appena vide l’amica dietro alle sbarre, chiese: “Raevin, ma cosa è successo? Ti lascio per una serata e ti ritrovo qui?”.
“Dove si trova la signora Ramirez? Credevo venisse anche lei” domandò.
“Ehm… ecco… ha detto che ti sta bene essere dietro le sbarre. Che ti serva da lezione per non averla ascoltata” rispose.
“Però è sempre molto contenta quando riceve in anticipo i soldi da me. Sono fin tentata di…” iniziò col dire Raevin, ma Selene la bloccò: “Non lo pensare neanche”.
“Ma non sai nemmeno cosa stavo per dire” disse Raevin.
“Be’, non lo pensare e basta! Non ne vale la pena. Quella vecchia è sempre stata odiosa e antipatica” disse Selene. Ci fu silenzio, dopodiché il poliziotto si avvicinò a entrambe: “Lei deve essere l’amica della straniera”.
“Sì, sì, è lei ed è venuta a tirarmi fuori di qua” disse entusiasta Raevin.
“Non canti subito vittoria. Potrei anche credere alle parole della sua amica… come anche no” disse il poliziotto.
“Ma allora ha veramente il cervello da gallina! La mia amica ha veramente visto Dave! Su, su, diglielo anche tu Selene! Non sono pazza!” replicò Raevin.
“Ehm… sì… ho visto Dave proprio ieri sera quando è venuto a prenderla per portarla fuori a cena” disse Selene.
“E saprebbe descriverlo?” le chiese.
“Certo. Era alto; capelli corti e scuri; occhi azzurri. Era molto carino” rispose.
“Proprio come lui?” domandò, mostrando la foto del ragazzo in questione.
“Certo. È proprio lui” rispose Selene.
“Visto? Non sono pazza. E ora, per favore, mi faccia uscire subito da qua” replicò Raevin.
“Questa è una foto presa dalla vetrina del barbiere e concessa da lui stesso per fornire le prove. Signorina Selene, non glielo ripeterò più: lei ha veramente visto questo ragazzo? O sta solo coprendo la sua amica?” ribatté il poliziotto.
“Ecco… veramente non l’ho proprio visto in faccia. Raevin è uscita dal suo appartamento per andare in quello della signora Ramirez al piano di sotto. Era lì che la proprietaria aveva, momentaneamente, bloccato il ragazzo. Da lì in poi non li ho più visti, perché sono usciti per la cena” spiegò Selene.
“Tecnicamente quella vecchia lo aveva legato a una sedia ed imbavagliato. E poi date della pazza a me. È lei quella che dovreste mettere dietro alle sbarre” disse Raevin.
“Non le consiglio di controbattere, vista la situazione nella quale si ritrova. Comunque questo non fa che confermare la mia versione dei fatti, ovvero che il signor Dave non esiste. Che è solo il frutto della sua immaginazione solo per far colpo su di noi. Ma, dopotutto, non dovevamo aspettarci diversamente da una straniera appena arrivata” spiegò il poliziotto.
“Non sapete a che conseguenze andate incontro! Se mio fratello arriverà qua, dovrete chiudere bottega. Anzi, tutta questa cittadina diventerà polvere” replicò Raevin.
“Ti prego, non peggiorare ancora di più la situazione” disse Selene.
“Tanto questo qua non mi sta ad ascoltare” disse Raevin.
“Un’ultima domanda: come avete fatto a entrare visto che non eravate in possesso di una chiave?” domandò il poliziotto.
“Dave aveva perso le chiavi. Credo che abbia usato qualcosa di appuntito per forzare la serratura. Sarò bel lieta di pagare i danni a quell’uomo, ovviamente prima però esigo delle scuse da parte sua e anche vostra” spiegò Raevin.
“Bene, questo non fa che confermare la sua colpevolezza” ribatté il poliziotto.
“Ma questo qua è veramente scemo. Lo sapevo che non mi avrebbe ascoltata. Quanti film gialli si è visto? Non ne uscirò tanto facilmente da qua. Sempre se non accade un miracolo” pensò Raevin.
“Ma non può colpevolizzarla senza prima un valido processo? E poi non ha le prove” disse Selene.
“Le prove sono sotto gli occhi di tutti. E poi diciamocelo: questo Dave non è mai esistito. È solo un ragazzo usato come immagine nella bottega del barbiere. Questa signorina ha voluto solamente attirare l’attenzione in modo che poi tutti facciano ciò da lei richiesto. A quanto pare la vostra affittuaria aveva già capito con che persona aveva a che fare. Meglio tenerla dietro alle sbarre” spiegò il poliziotto.
A un certo punto, si sentì provenire dall’esterno un forte rumore. Il poliziotto e Selene corsero fuori, così come alcuni altri abitanti. Qualcosa fece alzare un enorme polverone e, appena esso cessò, videro che era appena atterrato un elicottero.
Dall’interno della piccola cella, Raevin cercava di scorgere cosa stava accadendo. Salì sul letto, ma esso sprofondò, facendola cadere a terra e riempiendola di polvere. Ci riprovò, stavolta aiutandosi anche con una sedia, mettendola sul letto, per poi salirvici sopra. Dalla finestrella riuscì, però, solamente a vedere il retro della folla intenta a osservare ciò che era appena arrivato.
Nessuno aveva mai visto dal vivo un elicottero di così grandi dimensioni. Forse solamente in televisione.
“Chissà chi sarà?” o “Finalmente qualcuno di importante è arrivato nella nostra piccola cittadina” si sentì bisbigliare tra i presenti.
La porta dell’elicottero si aprì. Ne scese un uomo, alto, abbastanza robusto e vestito in modo molto elegante. Osservò la folla davanti a sé. Poi si portò una mano in un orecchio e disse: “La via è libera, signore. Ci sono solamente tante persone curiose, ma nessuna di loro sembra pericolosa. Abbia, però, la stessa massima prudenza ed allerta”.
Dal mezzo scese un altro uomo; più basso di statura e più magro; anche lui vestito in modo molto elegante. Con gli occhi nascosti dietro agli occhiali da sole, osservò i presenti davanti a lui, cercando molto probabilmente un viso familiare. Quando non lo vide, si avvicinò all’orecchio dell’uomo accanto, facendogli cenno di abbassarsi, visto la statura diversa dei due, per poi chiedergli qualcosa.
L’uomo, quello più alto, guardò i presenti, domandando loro: “Scusate se siamo arrivati qua scombussolando la vostra quiete, ma stiamo cercando una ragazza di nome Raevin. Ha i capelli lunghi; scuri e gli occhi azzurri. Non è di queste parti. Se ci dite dove si trova o se la conoscete, verrete generosamente ricompensati”.
Nessuno si fece avanti. Forse perché intimoriti dai due uomini o, molto probabilmente, non volevano avere nulla a che fare con la nuova arrivata. L’unica che si fece avanti fu Selene, che timidamente disse: “Io so dove si trova” ma, prima che potesse aggiungere altro, il poliziotto le si affiancò, aggiungendo: “E’ nella prigione”.
“Nella prigione?! Ne è assolutamente sicuro?!” replicò l’uomo più basso.
“Certo, ce l’ho messa io. Sono stato bravo, vero? Non potevo farla vagare libera dopo quello che ha fatto” disse il poliziotto. L’uomo più basso gli fu subito di fronte, seguito ovviamente da quello più alto, per poi replicare: “La liberi subito!”
“Non posso. È dentro perché è entrata in casa di qualcun altro e per falsa testimonianza. Una pericolosa come lei va dietro le sbarre” disse il poliziotto.
Senza aggiungere altro, l’uomo gli passò accanto, dirigendosi verso la prigione, seguito dall’uomo più alto.
“Ehi, non può andarci!” replicò il poliziotto.
“Invece ci sto andando. Vuole mettere anche me dietro le sbarre?” disse l’uomo.
Raevin continuava a osservare dalla piccola finestrella, quando una voce dietro di lei, disse: “Cosa ci fa la mia piccola stella in un posto come questo?”
Spaventandosi, Raevin cadde. Tossì per la polvere che le cadde addosso. Si rialzò. Sul suo volto comparve un sorriso, nel vedere chi c’era sulla soglia della porta. Poi disse: “Finalmente sei arrivato”.






Note dell'autrice: Ed eccomi qua con un nuovo capitolo. Vi sta piacendo la storia? Ditemi pure. Accetto qualsiasi cosa. Dave se ne l'è data a gambe. Chissà perchè? Ma, soprattutto, Dave esiste veramente? Loki, in questo capitolo, non è comparso. Chissà dove sarà. E, finalmente, a fine capitolo, è arrivato qualcuno ad aiutare Raevin. Che sia il suo tanto famoso fratellone?
Volevo ringraziare chi è passato di qua; chi ha messo la storia tra le preferite. Grazie alla mia carissima e sempre amica Lucia
Se volete potete anche lasciare una recensione (anche piccola)
Grazie a tutti
Con ciò vi auguro un buon inizio week end ed un buon proseguimento di giornata. Ci vediamo al prossimo capitolo.

 

 

 

 

 
 


 

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Capitolo 9
*** Tale fratello, tale sorella ***


Beneath the ashes


 
Capitolo IX: Tale fratello, tale sorella


 

Raevin guardò con gioia chi era appena arrivato: “Finalmente sei qua. Non sei che bello vederti!”.
“Che cosa ci fa la mia stellina dietro le sbarre? Cosa hai combinato di cui non sono a conoscenza?” le chiese.“Mi hanno accusata di qualcosa che non ho fatto. O, almeno, che non ho deciso di fare” rispose Raevin ma, dopo che l’uomo ebbe inarcato un sopracciglio, aggiunse, abbassando il capo e sospirando: “Il fatto è che sono stata una stupida. Mi sono fidata di una persona senza neanche averla conosciuta meglio. Ma, dopotutto, ho sempre fatto scelte sbagliate e papà me lo diceva sempre. Non in faccia, almeno, ma me lo faceva capire indirettamente”.
Qualcuno le sollevò il viso. L’uomo si era avvicinato alla piccola cella, mettendo una mano sotto al mento della ragazza. Lui le sorrise amorevolmente e lei fece altrettanto. Si erano sempre voluti bene e, seppur tra alti e bassi, avevano sempre fatto pace. C’erano sempre stati l’uno per l’altra, soprattutto quando i genitori litigavano. Lei si intrufolava nella camera di lui, passando la nottata insieme nel letto, e anche le notti dopo quel brutto incidente nel quale persero la vita i genitori, lui l’accoglieva, cercando di tranquillizzarle il sonno.
E ora lui era lì, nuovamente per aiutarla. Era bastata una chiamata per farlo arrivare in suo soccorso.
Quel dolce momento fu interrotto dall’arrivo del poliziotto, che disse: “Mi scusi, ma lei non può stare qua. Deve avere un permesso”. Quindi si spostò da una parte e alzando lo sguardo vide accanto a sé l’altro uomo.
“Oh, molto bene. Allora, Happy, prendi carta e penna e scrivi: ‘Io sottoscritto Anthony Edward “Tony” Stark, permetto a me stesso di poter venire in questo...” e guardandosi intorno disgustato proseguì “… passabile posto, per trovare mia sorella e tirarla fuori di qua. Sinceramente vostro ecc… ecc…’. Credo che questo possa bastare, no?” disse l’uomo voltandosi e abbassandosi gli occhiali da sole.
Happy staccò il foglietto sopra al quale aveva scritto quanto dettato dal suo capo per poi consegnarlo al poliziotto. Questi guardò l’oggetto incredulo e alzò lo sguardo verso Tony, quindi aggiunse: “Ah se ciò non dovesse bastare, sarei ben lieto di aggiungere anche una cospicua somma per fare in modo che tutto questo non sia mai accaduto”.
“Sta per caso corrompendomi?” domandò il poliziotto.
“Sto cercando di venirle incontro, ma più precisamente… sì… direi che corromperla sia la parola giusta da usare” rispose Tony; poi gli andò di fronte e aggiunse: “La prego, sia comprensivo e lasci andare la mia sorellina. Dopotutto non è nemmeno stata colpa sua”.
“Certo che è stata colpa sua. Le prove portano tutte a lei” disse il poliziotto.
“Happy, da’ a questo signore ciò che hai in tasca e finiamola qua” disse Tony e l’uomo estrasse dalla giacca una mazzetta di banconote. Il poliziotto sgranò gli occhi per poi dire: “No, non posso. Mi dispiace molto, ma va contro al mio dovere”.
“Be’, il mio è invece quello di far uscire la mia sorellina. Se non vuole quei soldi, le posso sempre fare un assegno in bianco e decide lei la somma” propose Tony. Il poliziotto se ne stette in silenzio; quindi aggiunse: “Senta, ho dovuto disdire una conferenza per venire qua e tirare fuori dai guai Raevin. Quindi prenda una decisione alla svelta, oppure sarò costretto a passare alle maniere forti”. Il poliziotto guardò accanto a sé, notando Happy che lo guardava a sua volta con sguardo poco benevolo.
Poco dopo, Tony e Raevin, seguiti da Happy, uscirono dalla prigione.
“È stata una cosa ineccepibile e senza senso. Meno male che sono arrivato in tempo e ti ho tirato fuori da quel posto orribile” disse Tony, camminando davanti a Raevin. Poi si fermò e, voltandosi, replicò: “Ma cosa ti è saltato in testa?! Guarda cosa ti è successo fidandoti di queste persone! Poi a quest’ora dovresti essere al lavoro… o sbaglio?”.
“Ecco… riguardo questa faccenda…” disse titubante Raevin.
“Cos’altro è successo di cui ancora non sono a conoscenza?” chiese.
“L’altro giorno, il dottor Green mi ha licenziata” rispose. Tony non disse nulla. Quindi Raevin domandò: “Sei arrabbiato?”.
“C’è un motivo per cui non dovrei esserlo? E poi perché non mi hai detto nulla?” chiese.
“Accidenti, Tony, non sono più una bambina!” replicò passandogli accanto.
Tony la seguì: “Ma sei ancora la mia sorellina e, in quanto fratello maggiore, è mio compito far sì che tu righi dritto”.
“Senti da che pulpito viene questa predica. Tu stesso non righi mai dritto. Vuoi fare a me la morale? Devi lasciarmi i miei spazi!” replicò, continuando a camminare.
“Guarda cosa è accaduto nel lasciarti i tuoi spazi. Ora andiamo dritti in ospedale e parliamo con il tuo superiore” ribatté.
“Voglio cavarmela da sola! Non c’è bisogno che tu venga a difendermi!” replicò.
“Invece il bisogno c’è eccome. Scoprire perché il tuo capo ti abbia licenziata!” ribatté.
Raevin si fermò, così come Tony, per poi dirgli: “Sono stata una stupida. Questo è il motivo”.
Tony inarcò un sopracciglio. Happy gli si affiancò. Quindi disse: “Vieni, Happy. Andiamo a trovare il capo della mia sorellina”. E si incamminò, seguito dalla guardia del corpo.
“Ehi, ma hai ascoltato almeno una parola di quello che ti ho detto?! È tutto risolto!” replicò Raevin, seguendoli.
“No che non lo è. Perché la tua motivazione non mi convince” disse Tony.
“Sei odioso quando ti comporti così!” ribatté.
“Grazie. È uno dei più bei complimenti che abbia ricevuto nell’ultima settimana” disse Tony. Raevin sbuffò.
I tre raggiunsero l’ospedale e, una volta entrati, Tony si diresse subito da Selene, non rendendosi conto che si trattava della migliore amica di sua sorella: “Ciao, dolcezza, forse tu mi puoi aiutare. Sto cercando il capo di questo posto. Sapresti dirmi dove si trova?”.
Selene diede un’occhiata veloce a Raevin, che le stava facendo segno di non dire nulla. Quindi riguardò Tony e rispose: “Ehm… in questo momento non so dove sia. Potrebbe prendere un appuntamento”.
“Non so se tu sai chi sia io, ma non sono il tipo da aspettare. E poi si tratta di una questione piuttosto urgente e so che tu puoi velocizzare le cose per me” disse Tony e, tirandosi giù gli occhiali da sole, le fece l’occhiolino.
Selene arrossì leggermente, ma prima che potesse dire qualcosa, Raevin si affiancò a Tony: “Ok, ok, la questione urgente sarei io. Selene, ti voglio presentare il mio ‘tanto discusso’ e famoso fratello: Tony Stark. Tony, lei è Selene, la mia migliore, e unica aggiungerei, amica. Quindi, se non ti dispiace, la smetterei di fare lo sciupafemmine davanti a lei e, soprattutto, davanti a me. Selene è stata l’unica ad aiutarmi quando sono arrivata. Se non fosse stato per lei, a quest’ora mi troverei sotto ad un ponte”.
“Se ti è così amica, perché ti ha fatto finire dietro alle sbarre? Avrebbe potuto tirarti fuori con qualsiasi mezzo. Invece, da bravo fratello maggiore, sono arrivato io a salvare la situazione” disse Tony.
“Quando avrai finito di lodarti, ti ringrazierò. Ma, per il momento, preferisco uscire di qua prima che…” iniziò col dire Raevin, ma venne interrotta da una voce. Una voce che conosceva molto bene e che non le aveva mai dato soddisfazioni. Si voltò, così come Tony e Happy, per vedere il dottor Green chiamarla e camminare verso di loro.
“Dottor Green, che piacevole sorpresa trovarla qua” disse Raevin, facendo un finto sorriso, per poi pensare: “Che vergogna”.
“Io qua ci lavoro, essendo anche il capo. Ma non potrei dire lo stesso di lei. Non più da qualche giorno, almeno” disse il dottor Green.
“Ecco, proprio lei cercavo. Sono Tony Stark e le faccio solamente una domanda: come si è permesso di licenziare mia sorella?”.
“E io le rispondo: avevo i miei motivi” gli rispose.
“Non me ne frega nulla se quel giorno si era alzato con la luna storta, ma ora esigo che lei riprenda Raevin a lavorare qua. Se no, mi riprendo tutti gli apparecchi che vi ho fatto arrivare a mie spese” spiegò Tony.
“Siamo sopravvissuti prima dell’arrivo della sua attrezzatura. Credo che sopravviveremo anche se ce la toglierà” disse il dottor Green.
“Happy, incomincia a portare fuori i macchinari” disse Tony.
“Ma capo… ecco… non credo di poterci riuscire da solo. Dopotutto i macchinari erano arrivati qua prima in aereo e poi trasportati in camion” spiegò Happy.
Tony lo guardò: “Da domani voglio che incominci ad andare in palestra. Devi mettere su i muscoli e giù la pancia. Così la prossima volta che ritorneremo qua, prenderai da solo i macchinari”. E riguardò il dottor Green, che disse: “Il motivo per cui ho licenziato la sua adorata sorellina è che si è comportata male con un paziente che era appena arrivato, non solo aggredendolo verbalmente e in modo terapeutico, ma anche dandogli un pugno”.
Tony guardò Raevin: “Mi avevi detto che eri stata una stupida. Non che avevi fatto qualcosa di stupido”.
“È la stessa cosa e non credo cambi qualcosa” disse Raevin.
“Infatti. Non la riassumerò. E ora, se volete scusarmi, devo andare a visitare un paziente” disse il dottor Green e, voltandosi, si incamminò.
A Tony nessuno diceva di no. Lui otteneva sempre ciò che voleva. Adocchiò il taser nella tasca della giacca di Happy. In uno scatto veloce e prima che la guardia del corpo e anche Raevin e Selene potessero fermarlo, corse dietro al dottor Green. Questi si voltò proprio nel momento in cui Tony gli fu addosso. Entrambi caddero a terra.
Raevin, Happy e Selene andarono da loro. Tony stava cercando di colpire il dottor Green con il taser: “Lei riprenderà mia sorella a lavorare qui, perché così ho deciso e così farà!”.
“Non può obbligarmi a fare una cosa che ho già deciso. Non comanda lei qui” replicò il dottor Green, prima che Tony gli desse un pugno sul naso.
Happy e Raevin riuscirono a spostarlo dal dottore, che si toccò il naso sanguinante per poi dire: “È proprio un vizio di famiglia dare dei pugni agli altri. Adesso capisco da chi ha preso”. E guardò malamente Raevin, che disse: “Mio fratello non attaccherebbe mai qualcuno se non provocato”.
Il Dottor Green si alzò, dicendo: “Non stiamo parlando di un animale che va tenuto al guinzaglio se non fa il bravo, ma di un uomo adulto che si comporta come un bambino”.
“Badi a come parla! Ho agito di mia spontanea volontà e per un valido motivo. Lo stesso valido motivo che lei avrebbe dovuto dare a mia sorella prima di licenziarla” replicò Tony.
“Trattare male un paziente è un valido motivo per allontanarla da qua. E dovrei fare lo stesso anche con lei se non la smette di incolparmi per come prendo le decisioni” ribatté il dottor Green.
“Sono proprio curioso di vedere questo paziente che è stato la causa del licenziamento di Raevin” disse Tony.
“Veramente è scappato” disse Selene.
“Un grande dottore come lei che si fa scappare un paziente da sotto gli occhi. E dire che ci troviamo in un paesino sperduto in mezzo al deserto, dove praticamente si conoscono tutti. Chiunque avrebbe potuto vederlo e fermarlo. Però non ci avete pensato due volte nello sbattere dietro le sbarre la mia sorellina e, scommetto, solamente perché non è di qua. Bel modo di trattare i nuovi arrivati. Ecco perché non avete turismo” disse Tony.
“Vi voglio subito fuori di qua e non fatevi più rivedere!” replicò il dottor Green.
“Bene, come vuole lei, vostra altezza. Ma appena me ne andrò, con me verranno anche tutti questi macchinari di ultima tecnologia. Poi voglio vedere se i pazienti verranno ancora qua” disse Tony e, dopo aver messo un braccio intorno a Raevin, se ne uscì insieme a lei e a Happy.
“Non avresti dovuto agire in quel modo. Se prima, almeno, avevo una minima possibilità di poter riottenere quel posto, ora è del tutto sfumata” disse Raevin, mentre camminavano per il paese.
“Ti ho fatto solo un enorme favore. Quel tipo è un grosso sbruffone. Avresti passato dei giorni d’inferno. Quindi meglio così, non trovi?” disse Tony.
“Che cosa hai voluto dire, prima, con ‘appena me ne andrò’?” domandò Raevin.
“Ho deciso di fermarmi qua qualche giorno” rispose Tony, sorridendole.
Raevin si fermò e incredula chiese: “Ma dici sul serio? Sarai pienissimo di lavoro alla fabbrica”.
“Credevo che ti piacesse la compagnia del tuo fratellone. E poi non preoccuparti per la fabbrica: ho appena assunto una nuova segretaria. Baderà lei a tutto, mentre io e Happy ci prendiamo una vacanza” le rispose.
“È così che lei hai detto? Che ti sei preso una vacanza? L’hai appena assunta e già le dai questa grossa responsabilità? Questo è giocare sporco” disse Raevin.
“Si chiama strategia di lavoro. Sono curioso di vedere come si comporta. Il suo curriculum non era niente male” disse.
“E scommetto che non hai guardato solo quello” disse Raevin.
“Mi conosci fin troppo bene, mia piccola stella. Sì, in effetti non era male nemmeno lei. Capelli rossi; un bel di dietro; un seno bello….” iniziò a dire Tony, ma dopo che Raevin gli ebbe dato una gomitata, si corresse: “Aveva tante lentiggini. Così l’ho soprannominata Pepper”.
“Sarà contenta di farsi chiamare in quel modo. Come fare sentire a proprio agio i dipendenti” disse Raevin.
“Non mi sembra male. Per ora l’ho messa in prova per due mesi. Credi che durerà? Ho cambiato così tante segretarie che ho perso il conto” disse Tony.
“Le altre hanno perso la loro occasione di lavorare per il grande Tony Stark. Vedrai che questa Pepper durerà e andrete molto d’accordo” disse Raevin.
“Proprio come ho licenziato, dopo neanche due giorni, quel Victor: non avrei mai dovuto prenderlo come tua guardia del corpo personale. Non ti toglieva mai gli occhi di dosso” disse Tony.
“Forse perché doveva tenermi d’occhio. Dopotutto è il lavoro di una guardia del corpo” disse Raevin.
“O forse voleva arrivare ad altro. Mi dispiace, ma Happy basta e avanza” disse Tony.
Arrivarono dove Raevin abitava ma, appena la ragazza vide la signora Ramirez spazzare davanti casa, si voltò. Tony la rigirò, ma lei si voltò nuovamente.
“Ehi, ehi, ma cosa ti prende?” le domandò.
“Quella lì è la mia padrona di casa. È quella che mi ha chiuso fuori ieri sera” rispose.
“È solo una vecchia con tanti problemi. Adesso ci pensa il tuo caro fratellone” disse Tony e si incamminò prima che Raevin potesse fermarlo.
“Buongiorno, radioso raggio di sole. Io sono Tony Sta…” disse, ma non fece in tempo a terminare la frase, che la signora Ramirez gli diede una botta in testa con la scopa.
Happy accorse in suo aiuto: “Signora, come si permette? Lei non si chi ha davanti!”.
“Non me ne importa nulla! So solo che è un grosso pallone gonfiato” replicò.
Raevin li raggiunse. La signora Ramirez la guardò: “Ah, ecco chi si rivede. Credevo fossi ancora dietro alle sbarre”.
“Ci sarei ancora, se non fosse stato per mio fratello qua presente. Non di certo grazie a lei, che non si è nemmeno premurata di aiutarmi” replicò.
“Dovevi rimanerci per farti imparare una lezione. Da quando sei arrivata, non hai rispettato nemmeno una delle mie regole, e ora ti presenti con questo qua. Non mi meraviglio affatto che voi due siate imparentati. Avete lo stesso caratteraccio e la stessa mancanza di disciplina” ribatté l’anziana.
“Signora, prima che mi colpisca ancora con la scopa, volevo dirle che noi Stark non siamo così male. Basta solo conoscerci meglio per capire che persone straordinarie siamo” disse Tony.
“Dove vuole arrivare?” gli domandò.
“Che dovrebbe cercare di conoscere la mia sorellina un po' meglio, invece di sbatterla continuamente fuori di casa. Soprattutto quando le paga anticipatamente l’affitto. E, se vuole, sarò ben lieto a contribuire anche io. Cosa ne pensa?” rispose.
La signora Ramirez li guardò malamente, compreso Happy. Poi disse: “Stesse regole come ho dato a sua sorella. Gliele spiegherà lei! Non ho voglia di ripeterle! Al minimo sgarro, sarete fuori, anche se l’affitto è già stata pagato”.
“Gentile come quando un gallo sveglia alla mattina presto” disse Tony, ma dopo aver ricevuto un’occhiataccia dalla signora Ramirez, insieme a Raevin e Happy sparì su per le scale.
Una volta dentro casa, Raevin disse: “Gentile come quando un gallo sveglia alla mattina presto? Non sei il tipo né da complimenti e nemmeno da paragoni”.
“Avevo in mente un altro animale, ma il gallo mi è venuto fuori così” disse Tony, per poi camminare per la stanza e guardarsi intorno. Si rivoltò verso la sorella: “Non mi sarei mai aspettato questa scelta di mobilio da parte tua”.
“Appena arrivata questa roba già c’era e, credimi, versava in uno stato ancora più pietoso di come la vedi ora” spiegò Raevin.
“Bene, allora preparatevi a una rivoluzione. Il grande Tony Stark è arrivato a salvare la situazione” disse Tony e Raevin e Happy si guardarono preoccupati.





Note dell'autrice: Ed eccomi qua con il nuovo capitolo. Vi sta piacendo la storia? Finalmente si è scoperto chi è il fratello maggiore di Raevin (ma sicuraeìmente lo avevate già scoperto) Mi sa che le vite dei cittadini di questo piccolo paese verranno stravolte ancora di più.
Grazie a chi è passato di qua; chi sta seguendo la storia o semplicemente chi la legge
Grazie alla mia amica Lucia
Se volete potete recensire. Accetto consigli e commenti sia positivi che negativi
Ci sentiamo al prossimo capitolo
Vi auguro un buon proseguimento di serata e una buona notte


 


 

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Capitolo 10
*** Competizione sanitaria ***


Beneath the ashes

 
 
Capitolo X: Competizione sanitaria



 

Passarono i giorni e le settimane e Tony si era stabilito definitivamente da Raevin per un tempo non determinato.
“Per quanto tempo ha detto che si sarebbe stabilito qua?” domandò Happy, mentre con Raevin osservava Tony dare ordini ad alcuni uomini che stavano portando nuovi oggetti. Ormai era da diversi giorni che l’appartamento di Raevin era totalmente cambiato.
“È questo il punto: non lo ha detto e la faccenda mi preoccupa molto. Lui non si ferma mai fuori Malibù per molto tempo. Al massimo un giorno o una notte, ma mai così tanto” rispose.
“E l’anziana al piano di sotto cosa ne pensa di tutto questo?” chiese Happy.
“Non sa niente o, almeno, potrebbe sapere qualcosa visto che si impiccia delle vite degli altri, ma credo che Tony sia riuscito, in qualche modo, a zittirla” rispose Raevin.
“Non sta a me giudicare, ma quella vecchia è inquietante. L’altro giorno, per esempio, sono uscito per qualche minuto a comprare qualcosa. Appena sono rientrato lei era lì e mi fissava in modo poco piacevole. Mi ha osservato finché non sono rientrato qua. Non mi sentivo affatto al sicuro. Credi che nasconda qualcosa?” spiegò Happy.
“Tu che sembri conoscere mio fratello meglio di me, sai cosa sta facendo in questi giorni? Ultimamente esce presto e torna alla sera tardi. Non ci troviamo in una metropoli, ma non mi sembra di aver visto in giro niente di nuovo. O, almeno, nessuno ne ha ancora parlato” chiese.
“Suo fratello mi ha ordinato di non rivelarle nulla. Deve essere lui a dirle tutto a tempo debito” rispose Happy.
Raevin si affiancò a Tony. Questi, in un primo momento, non la vide ma, appena si accorse di lei, disse rivolto agli altri: “Ok ragazzi, per oggi basta così. Passate da Happy che vi consegnerà la vostra somma. Prendetevi una pausa e ci vediamo domani.” E gli operai, dopo essere passati dalla guardia del corpo, uscirono.
“Era proprio necessario?” domandò Raevin.
“Quanto sei tirchia. Bastava dirlo che non li pagavo” rispose Tony.
“Non mi riferivo a quello. Ma a tutto questo. Era proprio necessario cambiare l’interno del mio appartamento?” chiese nuovamente.
“Ammettiamolo, sorellina. Prima del mio arrivo vivevi in una topaia. Ora sei quasi in una reggia. Be’, non proprio, ma ci siamo vicini. Almeno non si sente più l’odore di muffa e poi mi avresti permesso uno stile di vita così scadente? Non ti credevo così poco compassionevole nei miei confronti” rispose, portandosi una mano sul petto, in modo quasi offensivo.
Raevin scosse negativamente la testa. Poi domandò: “E per quanto riguarda l’altra cosa, saresti così gentile da dirmi dove te ne vai tutti i giorni, rientrando tardi? Devo preoccuparmi?”.
“Non fare la mamma chioccia. Non mi accadrà nulla in questa cittadina dove praticamente… non c’è nulla. Sarà una bellissima sorpresa. Rilassati e vivi normalmente i giorni come fai sempre. Happy ti terrà compagnia. Se hai bisogno di qualcosa, chiamami. Anzi, urla, visto che non ci troviamo in una metropoli” rispose e, dopo averle dato un bacio sulla guancia ed essersi messo gli occhiali da sole, uscì.
“Ora sì che sono proprio preoccupata” disse Raevin.
Altri giorni passarono e, una mattina, Raevin venne svegliata da suo fratello. O, almeno, dall’urlare di suo fratello.
La ragazza aprì gli occhi. Guardò la sveglia sul comodino e vide che segnava le otto. Quello non poteva essere suo fratello. Lui non era mai stato un tipo mattiniero.
Cercò di riprendere sonno, ma Tony continuava a urlare fuori dall’appartamento. Con malavoglia, scese quindi dal letto. Aprì la finestra, per vedere suo fratello con in mano un megafono e accanto a sé Happy, che si guardava intorno intimidito, mentre alcuni paesani se ne stavano sulla soglia della porta delle proprie abitazioni ad osservarli.
“Ma sei impazzito?! Che ti sei bevuto? Non è da te svegliarmi alle otto del mattino!” replicò Raevin.
“In verità non sono mai andato a letto… almeno credo, perché non me lo ricordo. Ma oggi è il tuo giorno. Quindi vestiti e scendi subito” disse Tony, parlando ancora nel megafono. Raevin sbuffò. Rientrò in stanza, per poi sbucare poco dopo, lanciando la sveglia verso Tony, il quale però si nascose dietro a Happy.
“Oltre a essere pessima nel prendere le notizie, sei anche pessima con la mira” disse Tony, ricevendo un’occhiataccia da parte della sorella.
Poco dopo i tre stavano camminando per il paese: “Spero ci sia una buona ragione per avermi svegliata così presto. Se no giuro che ti lascio nelle grinfie della signora Ramirez”.
“Parli di lei come se fosse il diavolo in persona, quando in verità basta domarla come si deve e diventa una simpatica, ma scorbutica, vecchietta che tutti vorremmo come vicina” disse Tony.
“Stavolta cosa hai usato: il tuo super fascino o i super soldi?” chiese.
“Direi entrambi, ma è stata con la seconda opzione che si è calmata. Dopotutto aveva funzionato anche con te, no?” rispose.
“Ho la facoltà di non rispondere?” domandò. Tony fece un piccolo sorriso. Poi Raevin chiese: “Come mai così tanto mistero in questi giorni?”
“Ora lo vedrai. Come ti ho detto, devi semplicemente rilassarti. Al resto penso tutto io” le rispose. Si fermarono a quello che era un edificio coperto da un grosso telo. Davanti a loro c’erano membri della stampa e dei paesani.
“Siate tutti benvenuti in questo straordinario giorno. Dopo intense settimane di lavoro, posso finalmente dire completo l’edificio che vedete alle mie spalle” iniziò il discorso Tony e, dopo aver fatto cenno a Happy, che si avvicinò al telo, prendendo una corda, continuò, riguardando la folla: “Ricorderete con piacere la mia cara sorellina Raevin Stark. Mente geniale e laurea in chirurgia con il massimo dei voti e la lode presso l’Università di Stanford. È stata trasferita qui per essere messa alla prova. Per far vedere al mondo intero che uno Stark non si tira indietro davanti a nulla. Ma alcune persone, che sicuramente non sono presenti qua oggi, hanno dubitato di lei, condannandola ingiustamente per qualcosa che non ha compiuto. Perciò sono arrivato in suo soccorso, e non solo l’ho tirata fuori da quella cella, ma ho pensato di renderle onore”. Batté le mani un paio di volte. Happy tirò la corda, facendo cadere il telo.
I membri della stampa continuarono a fare foto; i paesani rimasero senza parole, così come Raevin: in cima, c’era scritto “Raevin’s Medical Center”. La ragazza si portò una mano sulla bocca. Guardò Tony, dicendogli: “Sei uno stupido. Uno stupido ma grandissimo fratello maggiore”.
“Ti ho detto che dovevi lasciare fare a me” disse Tony. Poi riguardò la folla: “Il ‘Raevin’s Medical Center’ è un ospedale di ultima generazione. Al suo interno sono presenti macchinari in grado di curare e diagnosticare anche le malattie più rare. Troverete i migliori medici e infermieri in circolazione, cercati appositamente dalla mia equipe e saranno guidati dal loro capo, ovvero mia sorella Raevin. Chiunque qua è il benvenuto, anche chi non possiede un’assicurazione sanitaria. Lasciate stare gli ospedali di second’ordine e scegliete quelli di prima categoria. I migliori sul campo”. E la folla applaudì.
Non tutti, come aveva detto precedentemente Tony, erano presenti all’inaugurazione. Infatti si trovavano nell’altro ospedale a seguirla in diretta sulla piccola, e unica, televisione presente in sala d’attesa. Selene e il Dottor Green erano tra loro.
“Avremmo potuto andarci. Per curiosità” disse Selene.
“Abbiamo un lavoro da compiere e non è, di certo, quello di andarci a divertire a inaugurazioni di altri ospedali che vogliono competere con il nostro. Sono solo dei pezzenti che presto vedranno con chi hanno a che fare” replicò il Dottor Green, mentre guardava con disgusto le immagini di Raevin e Tony sullo schermo.
“Dottore, si sente bene?” gli chiese Selene e, dopo che Green l’ebbe guardata, aggiunse: “Non ha mai chiamato nessuno pezzente. Non sembra neanche lei”.
“Basta con le domande e ritorni subito al lavoro! E non voglio che nessun altro nomini più quella ragazza, né tanto meno suo fratello” ribatté, e voltandosi se ne andò, sotto lo sguardo sorpreso di Selene. Una volta che girò l’angolo, si fermò e, dopo essersi guardato intorno, in modo che non ci fosse nessuno nei paraggi, entrò dentro ad una stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
Tony, con Happy dietro di loro, stava facendo visitare a Raevin la struttura: “Tu sei pazzo. Non avresti dovuto costruire tutto questo per me. Un semplice ‘scusa, sorellina, se sono sempre via per affari’ sarebbe bastato”
“Be’, se non lo vuoi, lo posso sempre far demolire in serata” disse Tony.
“No, no. Chissà quanti soldi avrai sborsato. E poi dopo la stampa di cosa parlerà?” disse Raevin. Si fermarono. Davanti a loro vi erano due ragazzi e una ragazza.
“Signor Stark, quale onore conoscerla di persona” disse uno dei due ragazzi.
“Ah sì, loro devono essere i tre dottori che ti aiuteranno e dei quali mi ha parlato ieri Pepper. Non ricordo bene i nomi, ma intanto non importa. Loro eseguiranno ogni tuo ordine. Sono i migliori in circolazione e del loro corso. Tutti e tre sono usciti con il massimo dei voti e la lode, proprio come te” spiegò Tony.
“Signorina Stark, sarà un piacere lavorare sotto le sue dipendenze” disse l’altro ragazzo.
Raevin alzò gli occhi al soffitto; poi disse: “Per favore, ora non iniziamo con queste frasi. Voi lavorerete insieme a me, il che è differente. Siete dottori come me. Adesso non so cosa vi sia stato detto,” e guardò di sfuggita Tony “ma vi assicuro che qua saremo tutti alla pari. Gavetta o no, avrete dei pazienti da curare; ai quali salvare la vita. I vostri compiti saranno come i miei. La gente si aspetta massima serietà ed esperienza da noi. Cerchiamo di non deluderli”.
“Questo è parlare da vero capo e non avevi neanche un discorso scritto. Prendete esempio dalla mia sorellina, cari ragazzi: improvvisate. È quello che facciamo noi Stark quando il pubblico ci adora e vogliamo attirare ancora di più l’attenzione della stampa” disse Tony, mettendo un braccio intorno a Raevin. Poi aggiunse: “Vedo che, ormai, siete entrati in sintonia. Quindi, al momento, vi lascio. Ho alcune domande alle quali devo rispondere e altri impegni da disdire a Malibù. Ho già ricevuto un sacco di chiamate da parte di Pepper e le ho tutte ignorate” e, voltandosi, si allontanò con Happy.
Raevin si incamminò, affiancata dai ragazzi: “Che emozione essere al suo fianco. Lavorare con lei. Abbiamo seguito ogni sua intervista sia in TV che nelle diverse riviste. Letto la sua biografia – e anche quella di suo fratello – e seguito i suoi spostamenti in giro per il mondo” disse uno dei due ragazzi.
“Ragazzi, siete peggio dei paparazzi” disse Raevin.
“Io, invece, ammiro la sua lotta contro la deforestazione e l’inquinamento dei mari e dei fiumi. È strano che sia l’esatto opposto di suo fratello” disse la ragazza.
“Sì, lui è sempre stato attratto dalle armi ma, almeno e spero, non ha mai distrutto un bosco o fatto del male a degli animali. Io sono più dalla parte ambientalista e Tony mi sostiene in questo. Anzi, in un certo senso, è stato lui a spingermi verso questa causa” spiegò Raevin.
“Spero che, prima o poi, la vinca” disse la ragazza.
“Grazie. Un sostegno in più fa sempre comodo. Sai, magari una volta, dovresti venire con me e assistere di persona a quello che facciamo” propose Raevin. Sul volto della ragazza comparve un sorriso ed entusiasta disse: “Davvero? Grazie, grazie di cuore. Sarebbe davvero un piacere”. E anche Raevin sorrise.
Stavano camminando quando Raevin si fermò. Davanti a lei, c’era Dave. Strinse i pugni e, a passo spedito, gli andrò di fronte e, prima che il ragazzo potesse aprire bocca, gli mollò uno schiaffo.
“Brutto sporco figlio di…” iniziò a dire Raevin, ma Dave la interruppe: “Non usare quel linguaggio davanti a delle persone che nemmeno conosci. Non vorrai mica rovinarti la reputazione un’altra volta?”.
“Te ne sei andato lasciandomi con quel cavernicolo! Aspettavi, forse, un’accoglienza diversa? Sono curiosa di sentire che scusa ti inventerai” replicò.
“È vero, mi sono comportato da stupido e avrei dovuto raccontarti la verità, ovvero che… che io non conoscevo quell’uomo. Anzi, l’ho visto solamente una volta quando sono arrivato qua, ma ti giuro che non sapevo che quella fosse casa sua” spiegò.
“Quindi non hai una residenza fissa?” gli chiese.
“Vivo un po' di qua ed un po' di là. Non mi piace stare in un luogo per molto tempo” rispose.
“Questo, però, non toglie il fatto che sei entrato in casa di uno sconosciuto, forzando la porta e mentendomi” ribatté.
“Ho sbagliato, ok? Dammi almeno una seconda possibilità. Che ne dici se lavoro qua con te?” propose. Raevin alzò un sopracciglio. Cercò in Dave qualcosa che le potesse dire che, quella volta, era sincero. Agli uomini che aveva conosciuto non aveva mai dato seconde possibilità, anche perché dopo una notte non li aveva più rivisti. Quel giorno in cui si era risvegliata da sola in quell’appartamento aveva pensato la stessa cosa anche di Dave. Ma ora, ritrovandoselo di fronte, forse le cose erano diverse.
“Va bene, ma vedi di non crearmi problemi. I ragazzi che vedi dietro di me ti condurranno nello spogliatoio e, dopo esserti cambiato, ti diranno quello che devi fare. Solo perché ci conosciamo e siamo usciti una sera, questo non sottintende che avrai delle agevolazioni. Comando io qua, quindi, al primo sgarro, sarò ben lieta di sbatterti fuori” spiegò e, voltandosi, ritornò dai ragazzi.
“Questo lo pensi tu, bellezza. Nessuno dà degli ordini a me, e vedrai ben presto quanto possa renderti la tua perfetta vita un totale fallimento” disse Dave e, sul suo volto, comparve un sorriso malefico.






Note dell'autrice: Buona sera ed eccomi qua con un nuovo capitolo. Vi sta piacendo la storia? Secondo voi ci si deve fidare di questo Dave (o del Dottor Green) ? Consigliate pure. Accetto qualsiasi commento (anche negativo)
Volevo ringraziare chi è passato di qua; chi ha recensito; chi ha messo la storia tra le seguite o chi l'ha semplicemente letta (sperando di non avervi annoiato)
Grazie alla mia carissima amica Lucia
Vi aspetto al prossimo capitolo. Recensite pure. Vi auguro un buon proseguimento di serata e una buona notte









 


 

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Capitolo 11
*** Ribellione ***


Beneath the ashes

 
 
Capitolo XI: Ribellione


 
Raevin poteva ritenersi soddisfatta: finalmente aveva un buon lavoro; era a capo di una struttura fatta costruire da Tony per lei e i dipendenti la rispettavano, così come anche i pazienti.
Quando settimane fa era arrivata in quel posto, pensava di essere finita in un luogo dove si sarebbero dimenticati di lei e dove non si sarebbe mai riuscita a integrare. Invece, sembrava che la fortuna girasse dalla sua parte… almeno finché non aveva incontrato Dave.
Al primo impatto sembrava un bravo ragazzo, ma poi aveva rivelato il suo vero carattere: bugiardo e fifone. Be’, era ritornato indietro, ma non prima di aver messo lei nei guai e, se non fosse stato per suo fratello Tony, forse a quest’ora sarebbe ancora dietro le sbarre.
Ma essendo una Stark, a Raevin non piaceva finire in cattiva luce e, da quando Dave era arrivato nella struttura, aveva programmato di fargliela pagare in qualche modo, a partire dal carico di lavoro.
Paziente dopo paziente, Dave li visitava e curava uno a uno e, una volta finito con loro, veniva messo dietro a una scrivania a riempire quantità di moduli e scartoffie.
Cercava di fare buon viso a cattivo gioco ma, ogni volta che Raevin se ne andava, il suo carattere cambiava. Diventava cattivo, come se qualcosa in lui fosse diverso. Come se lui stesso fosse un’altra persona.
Un giorno Raevin lo chiamò da parte in un angolo: “Mi è stato riferito che, quando ti lascio solo a riempire i moduli, diventi irrequieto e violento. Qualcuno ti ha visto rompere fialette. Altri, invece, rovesciare delle scaffalature. Mi spieghi tutto ciò? O devo sentire un’altra delle tue bugie?”
“Ci sono momenti in cui vorrei distruggere tutto” rispose.
“Non la ritengo una risposta adeguata, considerando che praticamente tutti, me medesima, abbiamo questo pensiero, soprattutto quando mio fratello teneva la musica alta nel suo laboratorio mentre io cercavo di studiare per un esame” spiegò Raevin.
“Pensavo che tu mi trattassi meglio” disse Dave.
“Ti sei forse dimenticato quello che ti ho detto quando ci siamo incontrati nuovamente? Non avrai favoritismi da parte mia e ti avevo avvertito che, al primo sgarro, ti avrei sbattuto fuori” disse Raevin.
“Allora perché non lo fai, visto che sono stato un bambino cattivo?” le chiese.
“Stai solo cercando di provocarmi, ma sappi che non ci riuscirai. Hai una lezione da imparare per avermi lasciata da sola quel giorno e, soprattutto, per avermi mentito. Quando sarai sincero, allora forse cambierò atteggiamento con te e, visto che non sembra piacerti compilare moduli, ti do un nuovo incarico: pulirai i bagni e i pazienti quando avranno bisogno di essere cambiati” spiegò e se ne andò.
Dave la guardò malamente, per poi battere un pugno sulla parete. Stranamente non si fece male alla mano, ma lasciò una piccola crepa. Dave si guardò la mano, dalla quale uscì come un fascio di luce verde, che fece subito sparire non appena qualcuno passò di lì.
Raevin continuava a camminare quando, davanti a sé, Tony la raggiunse: “Ecco la mia cara sorellina di ritorno dal campo di guerra.”
“Potrei dire la stessa cosa di te. Dove sei stato?” gli domandò.
“Volo andata-ritorno per Malibù. Conferenza stampa di dieci minuti e poi di ritorno subito qui dalla mia altra capa preferita” rispose. Poi, nell’orecchio, aggiunse sussurrando: “Se non si fosse capito, l’altro capo sono io.” E si mise in bocca un lecca lecca.
“Saresti potuto rimanere via di più. Qua sto bene; i pazienti vengono curati; i miei dipendenti fanno i bravi o, almeno, quasi tutti. Ma, per il resto, va tutto alla grande” disse Raevin.
“Chi è che ti fa arrabbiare? Lo faccio subito cacciare” disse Tony.
“Tony!” lo rimproverò Raevin.
“Oh già, la capa qua sei tu, quindi le decisioni spettano a te e, se ancora non lo hai licenziato, vuol dire che è qualcuno che ti piace come… quel ragazzo” disse e indicò Dave. Raevin si girò e disse: “È quel ragazzo che mi dà problemi”.
A passo spedito, Tony andò da lui e Raevin non fece in tempo ad aprire bocca che si vide passare accanto Happy, che raggiunse il suo capo.
“Ehi tu, se hai problemi a seguire gli ordini di mia sorella, allora faresti meglio ad andare a pulire i bagni” disse Tony.
“È proprio quello che stavo andando a fare” disse Dave.
“Be’, allora è tutto a posto… Dave” disse Tony, guardando il nome sulla targhetta.
“Mi deve interrogare o posso andare?” domandò.
“No, no, sei libero di starmi alla larga. Però, prima tieni questo. Non mi va più” rispose e, togliendosi il lecca lecca dalla bocca, lo consegnò a Dave, il quale, guardandolo, chiese: “Che ci dovrei fare? Mangiarlo?”.
“Santo cielo, ragazzo, provieni dalla giungla? Non sono così incivili da queste parti… almeno credo, visto che vengo da un luogo molto più tecnologico di questo buco. È chiaro che devi buttarlo” rispose.
“Ma non lo può buttare lei?” domandò.
“E sporcarmi le mani? Happy, consegna a questo ragazzo un fazzoletto” rispose ed Happy consegnò il suddetto oggetto a Dave. Poi Tony aggiunse: “Non startene lì impalato. I bagni non si puliscono da soli e poi ritorna da me che ho un altro compito da assegnarti”.
“Quale? Buttarle via un'altra pietanza come quella che tengo in mano?” chiese.
“Mi piaci, ragazzo. Hai uno strano senso dell’umorismo che ancora non ho visto da queste parti. Ma, comunque, è meglio se mi stai alla larga, quindi sparisci” rispose. Dave lo guardò malamente, ma se ne andò.
“Vuole che lo tenga d’occhio?” domandò Happy.
“No, non credo che sia pericoloso. È solo uno strano ragazzino con problemi di integrazione e personalità” rispose e, voltandosi, si incamminò, seguito da Happy. I due raggiunsero nuovamente Raevin: “Il tuo ragazzo ha dei problemi” le disse Tony.
“Primo: non è il mio ragazzo. Secondo: da cosa lo hai capito che ha dei problemi? Dal fatto che non mi ascolta e, per questo, l’ho mandato a pulire i bagni?” chiese.
“Anche, ma soprattutto dal suo strano senso dell’umorismo” rispose.
“Da quando l’ho assunto qua, non ha mai espresso gioia con me. Faceva lo sbruffone solamente quando siamo usciti quella sera” disse Raevin.
“Sei uscita con lui?!” disse stupito.
“Sì ed è stato anche quello che mi ha fatto finire dietro le sbarre” aggiunse Raevin.
“Sai, potrei chiedere ai nostri avvocati di denunciarlo, considerando anche il fatto che non si tratta nemmeno di un medico. Ne eri a conoscenza?” disse Tony.
“Non so come tu l’abbia fatto a scoprire, ma l’ho assunto pur sapendo che non aveva una laurea in medicina” disse Raevin.
“Mi dici, allora, come ha fatto a non uccidere nessun paziente fino ad ora?” chiese.
“Non gli sto appiccicata tutto il tempo. Avrà solo avuto fortuna” rispose.
“Terrò la bocca chiusa riguardo alla sua assunzione. Ma se lui è il responsabile della tua breve prigionia, allora cosa lo hai assunto a fare?” le domandò.
“Vendetta personale. Voglio farlo soffrire, come lui ha fatto con me” rispose.
“Considerando che giochi in casa, questo è stare in difesa. Oserei, se sei d’accordo, anche attaccare. Vedere come reagisce e poi cacciarlo definitivamente” spiegò Tony.
“Non ti sta proprio simpatico, vero?” chiese.
“No e non lo dovrebbe stare neanche a te. Ma ti conosco fin troppo bene e so che, quando fai una cosa, vuoi andare fino in fondo. Quindi, cerca solo di stare attenta” rispose.
“Tranquillo. Dopotutto sono una Stark, no? Non mi accadrà nulla” disse Raevin, ma Tony inarcò un sopracciglio. Poi chiamò Happy a sé: “Perché non vai a recuperarmi quel ragazzo?”. Ed Happy si allontanò.
Nello stesso momento, Dave aveva appena terminato di pulire i bagni. Disgustato, stava buttando via i guanti e depositando secchio e straccio in uno sgabuzzino, quando venne raggiunto da Happy, che gli disse: “Su muoviti, il capo vuole vederti”.
“Non prendo ordini da uno come te” replicò Dave, rimanendo fermo.
“Senti, ragazzino, faccio solo il mio lavoro, quindi non rendermi il compito difficile e vieni con me” ribatté Happy, prendendolo per un polso. Dave mise l’altra mano sul polso di lui: una strana luce verde gli percorse il braccio per poi penetrare nei suoi occhi, che divennero dello stesso colore.
“Ora ascoltami bene, stolto midgardiano, perché farai quello che dico io. Ascolterai solamente la mia voce e, se non mi ubbidirai, ci saranno amare conseguenze. Quindi, riga dritto” disse Dave e gli mollò il polso, ed Happy fece altrettanto.
Dave sorrise. Poi si incamminò, seguito da Happy, raggiungendo i due fratelli. Tony li guardò: “Oh, finalmente. Ma dove eravate finiti? In Cina? Potevate almeno avvisare”.
“Questo bravo e gentile signore ha voluto aiutarmi a buttare via l’immondizia. Non come certe persone, vero?” disse Dave e guardò Raevin, che lo squadrò.
“Sì, padrone” disse Happy.
“Ed è anche molto ubbidiente” aggiunse Dave.
“Sì, padrone” ripeté Happy.
“Ti si è inceppato il giradischi? Sembra Jarvis quel venerdì quando, inavvertitamente, avevo versato della birra sulla console” disse Tony.
“Sicuro che fosse inavvertitamente?” domandò Raevin.
“Non credi al tuo fratellone? Mi meraviglio di te” rispose e Raevin inarcò un sopracciglio.
“Comunque lui verrà con me, così mi aiuterà a far rigare dritto i pazienti” disse Dave.
“Sì, padrone” disse nuovamente Happy.
“Io devo far rigare dritto le persone qua dentro. Non tu!” replicò Raevin.
“Sì, ma il grassone qua presente ha deciso di aiutarmi” disse Dave.
“Modera i termini. Lui è la mia guardia personale e ha sempre fatto tutto quello che gli ho chiesto. Non sarà di certo un ragazzino con problemi di personalità a fargli cambiare capo” disse Tony.
“Tu dici? Be’, vi renderete conto presto di non trovarvi più nel vostro regno, e qua nessuno vi ha mai veramente voluto bene” disse Dave e, voltandosi, si incamminò, seguito da Happy.
“Sei ancora sicura di aver fatto la cosa giusta nell’assumerlo?” chiese Tony, ma Raevin non rispose. Aveva lo sguardo puntato su Dave mentre conduceva via da loro Happy. Non solo la loro guardia del corpo. Ma anche il loro più caro amico.






Note dell'autrice: E finalmente, dopo secoli, eccomi ad aggiornare la storia. Non sono sparita nel nulla e non ho nessuna intenzione (spero) di lasciare in sospeso questa storia. Loki non deve essere dimenticato (così come anche Tony)
Vi sta piacendo? E Dave? Secondo voi cosa nasconde?
Volevo ringraziare chi ha recensito la storia (grazie mia carissima Lucia); grazie a chi passa di qua (ed è passato); a chi ha letto la storia e messa tra le seguite. E grazie anche a chi solo le ha dato una letta
Con ciò ci vediamo al prossimo capitolo
Buona notte a tutti
Un abbraccio
Valentina

 

 

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