Paura d'Amare

di gloria85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I Capitolo ***
Capitolo 3: *** II Capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Osservo il cielo tingersi d'arancio.
Nulla è più suggestivo del restare qui, fermo a guardare come il tramonto colora le pareti di questa stanza. È sempre stata la stanza più tranquilla di tutta la casa.
Spalancare le finestre e sentire il profumo del mare che, poco più in la s'infrange sugli scogli, è l’unica cosa che in questo momento riesco a fare.
Non ho le forze di fare nient’altro.
Ogni volta che la cercavo, sapevo di trovarla li a riflettere, passeggiare, scrivere, suonare o semplicemente ferma a osservare il mare.
È per questo che ho comprato questa casa.
È per questo che mi piacciono queste quattro mura e che, solo a quest'ora del giorno, permetto ai miei ricordi di tornare a galla.
Non perché non voglio ricordare, solamente perché farlo qui è infinitamente più facile.
Vorrei riuscire a rivivere ogni singolo istante, ogni singolo giorno, ogni singola frase detta, ma so che è impossibile.
Voglio farlo perché quegli occhi, i suoi occhi, sono ancora parte della mia vita.
Perché vivere senza lei è impossibile.
Sono trascorsi due anni da quel giorno assurdo.
Due anni in cui restare è stata la cosa più difficile che io abbia mai fatto.
È vero. Ian ha ragione.
In questi anni mi sono indurito. Sono cambiato.
Forse è stato il senso di colpa o più probabilmente è stata la sua assenza.
Il cielo ormai è completamente ricoperto di stelle e la notte ci indica che un’altra giornata si sta per concludere.
La temperatura mite che si respira questa sera, m’invoglia a lasciare aperte le finestre, l’odore che entra, mi tranquillizza. Sa di buono, di affetto, di casa. Sa di lei.
Questo è l’unico porto in cui voglio ormeggiare per sempre.
L’unico luogo in cui ho promesso di ancorare la mia barca e dal quale non me ne voglio andare.
Io mi sono fermato, ma sei tu che sei scappata.
Lontano dal tuo dolore, lontano dalla tua mente e dal tuo cuore.
Lontano da me.
 
Quel giorno, era rimasto in silenzio per ore a fissare il mare.
L’aria fresca della notte stava lasciando il posto al calore dei primi raggi del sole e il suo sguardo, da prima perso in un ricordo lontano, ora era intento a fissare un punto ben preciso.
Inumidì, con la lingua, le labbra secche e sorrise, con un mezzo sospiro, quando la vide.
Tutto si aspettava tranne che rivederla, così all’improvviso, proprio lì, esattamente dove l’aveva trovata l’ultima volta nei suoi ricordi.
Lei, seduta più in là, improvvisamente voltò il capo, scostando la massa di morbidi ricci aggrovigliati dal vento, liberando così una porzione di collo alla sua vista.
Neppure s’accorse di essere osservata, mentre lui ripercorreva a memoria i contorni del suo viso. Era concentrato.
Non aveva difficoltà a ricordare ogni singolo dettaglio di lei.
La delicatezza di quella pelle chiara, le labbra piene e morbide e quegli occhi.
Quegli stessi occhi d’ambra che l’avevano fatto naufragare tempo prima e che poi gli avevano fatto trovare il suo porto sicuro.
Occhi che ora erano nuovamente volti verso l’orizzonte, denso dei primi colori del mattino.
Volse anche lui lo sguardo all’orizzonte, rimettendosi gli occhiali da sole.
Ricordi troppo vividi, si affacciavano nella sua mente, per non fargli male.
- Luke? … -
Si volse nella direzione da cui proveniva la voce, con il volto corrucciato e uno sguardo tremendamente scocciato.
Lanciò una rapida occhiata dall’alto verso il basso, al ragazzo che l’aveva distratto dai propri pensieri e, riconoscendolo, decise d’ignorarlo.
Si volse nuovamente verso l’orizzonte. Verso di lei.
- … amico... -
Il richiamo non servì a distogliere il ragazzo dai suoi pensieri.
Si limitò a piegare il collo assottigliando lo sguardo, come se stesse focalizzando qualcosa di molto distante.
Lei era molto più che distante.
Soltanto quando l’altro ragazzo, cui apparteneva la fastidiosa voce saccente, s’arrischiò a schermarglisi davanti, decise di concedergli una maggiore, se pur benché minima, attenzione.
Attenzione che venne subito accompagnata da una secca occhiata obliqua piena di disappunto.
- ... è tornata. -
Lucas, quello era il vero nome del ragazzo, increspò il sopracciglio sinistro, corrugando la fronte liscia. Un piccolo sorriso storto, ridisegnò le sue labbra sottili.
Inclinò nuovamente la testa, lasciando che, quasi, il capo si posasse sulla spalla, come per osservarlo meglio.
Schioccò la lingua al palato, divertito, e lo fissò dritto negli occhi.
- Sparisci! - Sibilò con la sua voce roca. Tagliente.
Quello, zittito e un po’ irritato, girò sui tacchi e se ne andò.
Lucas era certo che l’amico, in fondo, avrebbe capito la ragione del suo comportamento.
Nuovamente solo, spostò lo sguardo su quel suo punto ben preciso. Laddove lei sedeva.
La mente di lei, era troppo impegnata in pensieri lontani, per accorgersi dell’insistenza degli occhi di quel ragazzo, incollati sulla sua pelle.
Del suo sguardo freddo e duro, come il più profondo e radicato rancore.
Rancore verso la vita e soprattutto verso sé stesso.
Il giovane, restò così ancora un po’, prima di voltarsi e andar via, lasciando che per l’ennesima volta, i ricordi gli tornassero a galla, senza ch’ella, però, se ne accorgesse.
Perché lei, ora come ora, non immaginava ancora nulla, mentre lui sapeva esattamente cosa avrebbe dovuto fare.

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Capitolo 2
*** I Capitolo ***


Si era diretta verso la spiaggia per passeggiare, alla ricerca di un po’ di tranquillità.
Si era seduta sulla sabbia ancora fredda dalla notte e si era persa lontano.
Era appena tornata e il primo luogo dove si era andata a rifugiare era proprio quello.
Il mare le faceva quell’effetto e quando sentiva il bisogno di svuotare la mente si dirigeva lì. Camminava sulla riva, con i piedi nell’acqua, alla ricerca di conchiglie.
Dentro quelle meravigliose cavità, si diceva, si nascondevano i segreti degli innamorati sfortunati.
Quegli amanti che affidavano al mare le loro lacrime e, le conchiglie, ne nascondevano le preghiere.
Prima di passeggiare però aveva bisogno di raccogliere i pensieri.
Era appena ritornata in quella che era sempre stata casa sua. Aveva trascorso due anni lontana, ma non erano serviti.
Era scappata con un grande vuoto dentro. Vuoto che non si era colmato.
Non sapeva dare un nome a questo. Non aveva risposte, solo grandi domande.
La sua vita era andata avanti, ma si era sempre sentita in errore. Come se stesse sbagliando qualcosa, senza sapere esattamente cosa.
Aveva sentito la necessità di fuggire da quella che era sempre stata casa sua, ma non aveva risolto nulla.
Per questo era tornata.
In questi due anni lontana aveva provato a costruirsi una nuova vita, che era andata in frantumi, nuovamente e senza preavviso.
Sembrava che una maledizione la seguisse ovunque andasse.
Si alzò e, camminando poco lontano dagli scogli, lo vide. Più avanti, fermo, osservava il mare.
Capelli biondi spettinati dal vento.
Spalle larghe, coperte da una leggera camicia bianca aperta a metà, che lasciava intravedere i muscoli tonici. Il vento entrava al suo interno facendo dondolare la collana che vi era nascosta sotto.
Poteva vedere anche da lontano la sua pelle abbronzata, luccicare sotto il fievole sole del mattino.
Aveva le movenze naturali di un atleta. Si spostava con forza e determinazione.
Il suo viso però aveva dei lineamenti delicati, gentili. La mascella era ammorbidita da una barba curata, ne lunga ne troppo corta, e celava delle labbra sottili, ma apparentemente morbide.
Gli zigomi erano alti e il naso dritto.
Solo gli occhi erano nascosti, dietro un paio di occhiali scuri, ma che sapeva stavano fissando lontano.
Nelle onde. Un punto indefinito verso l’orizzonte.
Era rimasta ferma, ad osservare quel ragazzo che conosceva, con una nuova sensazione nel cuore.
Ricordava chi fosse.
Non avevano mai parlato molto, ma l'aveva visto spesso nella sua vita. Era il migliore amico di suo fratello.
Era il figlio del migliore amico di suo padre.
Erano cresciuti insieme, odiandosi e prendendosi in giro.
Guardandolo in quel momento però, poteva sentire distintamente un’emozione nuova nel cuore.
Un'emozione dal sapore rassicurante, come il racconto di una vecchia storia che conosci e che calma il tumulto che ormai si portava dentro da tempo.
Scostò lo sguardo e tornò alla sua passeggiata e alle sue conchiglie.
Che voglia di tuffarsi in mare. Se solo avesse potuto si sarebbe buttata con tutti i vestiti.
Appena arrivata era andata dritta a casa e aveva avuto l’ennesima discussione con suo fratello.
Si erano tenuti in contatto in questi due anni.
Ian sapeva tutto, compresa la ragione del suo ritorno e non ne era felice.
Poteva capirlo, ma non aveva la minima voglia di riaprire il discorso e, come faceva sempre quando non voleva affrontare qualcosa o quando la situazione si faceva troppo complicata, era scappata.
Il mare era sempre stato il suo migliore amico, fin dall’infanzia.
La ricordava bene la sua infanzia.
Sapeva cosa poteva aspettarsi dalla vita in quel posto, in quel piccolo paesino, nel quale sembrava che il tempo si fosse fermato.
Le era sempre stato tutto troppo stretto, ma al momento la sua vita non le proponeva altre alternative.
Sapeva bene che la condizione impostale da suo fratello per riaccoglierla in casa, era solo una scusante.
Voleva aiutarla.
Voleva starle vicino, nonostante conoscesse bene il carattere orgoglioso della sua sorellina.
Erano anni che non si vedevano, ma era sempre stato lì ad ascoltarla e sostenerla anche da lontano.
Era il primo da cui era corsa non appena tutto le era crollato addosso. Il suo lavoro, la sua vita privata, la sua dignità.
Tutto distrutto e sbattuto miseramente in prima pagina sui giornali scandalistici locali.
Era tornata in quel piccolo paesino dimenticato, con la coda tra le gambe.
Tutto era di nuovo al punto di partenza.
Christian, questo era il nome del suo presunto, ultimo e perfetto fidanzato, l'aveva completamente distrutta.
L'aveva umiliata e le aveva portato via la cosa che più amava e nella quale era sempre stata brava.
Il suo sogno.
Aveva bisogno di ricominciare e la parte divertente era proprio che tutto questo lo stava facendo nel paese dal quale era fuggita anni addietro.
Ricominciare con un lavoro.
Ricominciare con qualcosa che al momento poteva fare.
Perché probabilmente, quello che amava non avrebbe mai più potuto farlo, non come prima almeno.
Doveva rialzarsi.
Aveva una nuova possibilità e questa volta non l'avrebbe sprecata.
Continuava a passeggiare e le gambe l’avevano portata oltre la fine del paese, dove, in lontananza, vide una grande casa affacciata sugli scogli.
Una casa, bianca, con le imposte del colore del mare.
Quella casa le trasmetteva quel senso di pace che aveva sempre amato in quei luoghi.
La ricordava abbandonata, mezza distrutta, ma ora era bellissima.
Quello che avrebbe dovuto trasmettere era già lì, sotto gli occhi di chiunque la guardasse con un minimo d'attenzione. Sapeva di salsedine, di vento e di sole.
I colori leggermente sbiaditi del tetto e dello steccato lasciavano intuire che il vento invernale soffiava forte in quella zona, mentre le grandi finestre, che si aprivano sul fronte della casa, davano quel senso di libertà e di serenità che servivano per poter dipingere l'interno delle stanze con dei colori tenui e chiari.
Aveva in mente tutto, perfino l'arredamento.
Era entrata molte volte lì dentro da bambina.
Lei e Ian si nascondevano spesso tra quelle mura.
Aveva sognato molte volte di abitarla, avrebbe cambiato tutta la disposizione delle stanze, allargato la cucina e la zona giorno e portato totalmente al piano superiore tutta la zona notte.
Peccato che ora l'avevano già risistemata e abitata.
Ed eccola nuovamente persa nel suo mondo fatto di sogni.
In quel momento, lontana da tutto, si sentiva per un attimo di nuovo felice.
 
- Allora che ne dici della mia idea? -
- Dico che un’idea più stupida non potevi proprio trovarla. Passami una pinza. -
Silenzio. Attorno non si percepiva alcun tipo di movimento.
- Ehi! Ho detto che mi serve una pinza! - tuonò la voce da sotto una moto da strada.
Fu a quel punto che Lucas sentì rovistare nella cassetta degli attrezzi e, poco dopo, vide l’attrezzo in questione sventolare a pochi centimetri dal suo viso.
- Tante grazie. - borbottò afferrandola.
Il silenzio che seguì, si prolungò a lungo, interrotto solo dai rumori che il ragazzo faceva, per riparare l’impianto di frenata.
Quando ebbe finito, il giovane uscì da sotto la moto e guardò l’amico senza fiatare.
L'altro, seduto su una poltrona non molto distante, aveva la classica espressione di chi stava per dire il suo parere sul discorso interrotto poco prima.
- Non guardarmi così, sai anche tu che è una pessima idea. -
- Cosa te lo fa credere? -
- Il fatto che, anni fa, io, fui la ragione per cui decise di cambiare vita, paese e anche continente. Ti basta come motivazione? -
- No. -
Non ne poteva più di quella storia.
Erano anni che ne discutevano e non erano mai stati d'accordo su niente.
Lucas aveva sempre saputo dove lei fosse, ma aveva deciso di non intromettersi più nella sua vita.
Secondo lui, visto quello che era successo, era la cosa più saggia da fare.
- Non ricorda praticamente nulla di te. Avresti la concreta possibilità di ricominciare un qualunque tipo di rapporto. -
Questo era vero, doveva ammetterlo, e forse era anche la cosa che gli faceva più paura.
- Mi ha visto però stamattina al mare, sa chi sono. Sa che sono un tuo vecchio amico. -
- Beh, quello può solo rendere il tutto molto più divertente. -
- Se lo dici tu. -
Sul viso dell'amico comparve un sorriso vittorioso, sapeva di averlo convinto.
- Cosa farai allora? Andrai? -
- Ho alternative? -
- No, non ne hai! -

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Capitolo 3
*** II Capitolo ***


La mattina era il momento della giornata che preferiva.
Era sempre stata un amante dei piccoli piaceri della vita.
L’odore del caffè caldo appena sveglia, l’acqua bollente della doccia contro la pelle mentre, dal telefono, parte la sua canzone preferita. Esattamente quella che voleva ascoltare.
Quella canzone che le avrebbe dato la carica necessaria per affrontare la giornata con entusiasmo.
Aprendo la finestra poteva sentire il profumo del mare e dei fiori.
Del sole, che iniziava a scaldare la strada e del vento che preannunciava l’arrivo di un’altra calda giornata.
Da oggi si ripartiva.
Christine, questo era il nome della ragazza, si era svegliata di buon’ora ed era scesa velocemente diretta al negozio proprio sotto il suo appartamento.
Era tornata per ricominciare e non avrebbe perso nemmeno un istante.
Sapeva che se si fosse fermata a pensare sarebbe nuovamente crollata e questa non era un’opzione al momento.
La sera precedente, rientrando dalla spiaggia, si era seduta su portico di casa di suo fratello per parlare. Era stata impulsiva e testarda a scappare via subito.
Ian le aveva sempre voluto molto bene e, in tutti questi anni di lontananza, era stato sempre molto preoccupato per lei.
Si sedettero sul dondolo e parlarono di tutto, per ore.
Parlarono degli ultimi due anni, del motivo per cui era tornata e delle sue paure nel ricominciare nuovamente tutto da zero.
Era stato difficile raccontare ogni cosa, soprattutto la ragione che l’aveva fatta tornare.
Ian si era arrabbiato molto e ci erano voluti diversi minuti per tranquillizzarlo e calmarlo.
Ora lei stava bene, era lì con lui e non sarebbe andata più da nessuna parte.
Questo era tutto quello che contava davvero.
Si abbracciarono e rientrando, il fratello le aveva proposto di tornare a lavorare al negozio di famiglia.
Quello dove abitavano era un piccolo paesino di provincia, in riva al mare.
Una cittadina che si era fermata agli anni Ottanta, con la sua tavola calda e il cinema all’aperto, che trasmetteva solo film provenienti dal secolo scorso. Con il panificio che sfornava ogni mattina il pane caldo, i negozietti in proprio e la bottega di libri che apparteneva alla sua famiglia da che se ne aveva memoria.
Negli ultimi anni, dopo la morte di suo padre, il negozio venne chiuso.
Ian aveva il suo ristorante da seguire e lei era scappata lontano.
Quella poteva essere l'occasione che serviva a lei e a quel piccolo negozietto per riprendere a vivere.
Ne parlarono a lungo e decisero di trasformare il vecchio concetto del negozio di libri in un bar letterario. La sua idea era quella di creare un luogo dove i ragazzi, i bambini e anche gli adulti, potessero incontrarsi per leggere, bere qualcosa, chiacchierare e, perché no, ascoltare della buona musica.
Ci sarebbe stata solo una piccola parete da abbattere e qualche mobile da spostare per creare la parte del bar e accanto la sala relax con tanto di divanetti e poltroncine, posizionate davanti a un vecchio camino che avrebbero fatto funzionare di nuovo entro la stagione fredda.
Due mani di vernice e quel posto poteva avere una speranza, proprio come lei.
Le piaceva quell'idea. Sentiva dopo tempo, la voglia di rimettersi in gioco.
Accettò felice, ma volle in cambio l'appartamento disabitato sopra al locale.
Voleva la sua indipendenza e, anche se Ian non era molto entusiasta di questa condizione, accettò. L'importante era che lei fosse tornata, finalmente per restare.
Nei giorni seguenti, assieme, sistemarono ogni cosa.
Portarono alcuni mobili e alcune cose di prima necessità nell’appartamento.
Girarono milioni di volte gli scaffali, finché non trovarono la combinazione perfetta per esporre i vari libri suddivisi per argomento e scrittore.
Mancavano giusto alcuni scatoloni da svuotare nel negozio e tutto sarebbe stato finalmente pronto. Scatoloni che erano rimasti nel seminterrato di casa di Ian.
Quella mattina, prima di aprire, si sarebbe recata da lui a prenderli.
Il fratello abitava ancora nella loro vecchia casa di famiglia, casa che li aveva visti crescere.
Amava moltissimo quella casa.
Il portico, il giardino, ma soprattutto la sua vecchia camera, con il balcone che dava su retro.
Era tutto rimasto come l’aveva lasciato.
Passeggiò, attraversando i vicoli e le strade che separavano casa di Ian dal negozio.
I profumi che sentiva erano gli stessi di allora.
I ricordi della sua infanzia le tornavano a galla come legni nel mare e, vedendo che tutto era rimasto esattamente come lo aveva lasciato, una sensazione di protezione le si propagò all’altezza dello stomaco.
Era di nuovo a casa e stavolta nulla sarebbe più andato storto.
 
- Hai intenzione di passare oggi? -
Niente non c’era verso di schiodare quel maledetto testardo da quella villa sul mare.
Ian stava nuovamente discutendo con Lucas, ma senza molti risultati. Era andato a casa sua per convincere l'amico, ma sembrava parlasse da solo.
- Ti avevo suggerito di acquistare questa villa e di ristrutturarla non per isolartici dentro, ma per tornare a vivere qui, vicino a noi. Vicino a lei. -
Era come parlare con il muro.
Lucas ascoltava, ma non reagiva.
Continuava imperterrito a tagliare assi e inchiodarle in diversi punti della casa.
Doveva essere perfetta.
Doveva diventare proprio come l’avevano sognata.
- Uff, sei impossibile. Il negozio oggi riapre, potresti passare da lì con mille scuse e invece cosa fai?! Continui a lavorare a questa casa senza smettere un attimo. Giuro, proprio non capisco cosa tu abbia in quella testa dura che ti ritrovi. -
Sorrise, dando sempre le spalle all’amico.
Quel loro primo incontro l’aveva immaginato diverse volte in quei due anni.
Non aveva paura, voleva solo che fosse speciale.
Non perfetto, nemmeno memorabile, solo speciale.
Lui sapeva esattamente cosa lei ricordasse di lui e cosa no. Ian gliel’aveva ripetuto milioni di volte.
Ricordava la loro infanzia, la loro adolescenza, l’amicizia che legava i loro genitori, quella stessa amicizia che legava lui e Ian, ma niente di più.
Nella mente di lei non esisteva un loro.
Nei suoi ricordi erano spariti tutti i momenti che avevano vissuto assieme solo loro due.
Era tornato ad essere l’amico presuntuoso e arrogante di suo fratello.
Non gli piaceva, ma doveva accettarlo. Era giusto così.
Per questo motivo però non poteva presentarsi da lei come se niente fosse.
Non era davvero il caso di sconvolgerla di nuovo.
- Non preoccuparti amico, so quello che faccio. Tanto ormai lei non va da nessuna parte. -
Detto ciò, salì sul tetto chiudendo l’ennesimo buco e con lui anche il discorso.
Era cocciuto, lo sapeva, ma aveva le sue buone ragioni per esserlo.
 
Non c'era nessuno a casa. Chissà che fine aveva fatto Ian.
Forse avrebbe dovuto chiamarlo prima di precipitarsi lì, non aveva nemmeno le chiavi per entrare a prendere le scatole che le servivano.
Stava per andarsene quando vide un'auto in lontananza che sia avvicinava.
Un Mercedes Classe X grigio. Non era certo l'auto di suo fratello.
Man a mano che l'auto percorreva il vialetto, l'uomo alla guida si faceva sempre più nitido alla sua vista. Due occhiali scuri spuntarono da sopra il volante.
Scesero due ragazzi dall'auto.
Suo fratello, dal lato del passeggero, e Lucas Bailey, un loro vecchio amico d'infanzia.
Più amico di suo fratello che suo.
L'aveva visto, da lontano, sulla spiaggia il giorno che era tornata, ma prima di allora si può dire che erano anni che non aveva più sue notizie.
Mentre era via non si era preoccupata di chiedere a Ian come stava.
Loro due non avevano mai avuto un vero rapporto di amicizia.
Lui era l'amico seccante di Ian e lei la sorellina impicciona e rompiscatole.
Sorrise a quel ragazzo che non vedeva da tempo, con l'intento di essere cordiale.
Andò verso di lui tendendogli la mano in segno di saluto, ma quel momento non andò come se l’aspettava.
Lucas si era appoggiato alla portiera chiusa dell'auto e, sollevando gli occhiali da sole, la fissò con sguardo insolente.
Non le porse la mano, non le fece un sorriso. Non disse una parola.
Christine era rimasta con la mano ferma a mezz'aria, un sorriso che piano piano svanì e un saluto perso nel silenzio.
Fu Ian a interrompere quel momento imbarazzante.
- Ciao sorellina, cosa ci fai qui? -
Non reagì.
Gli occhi di Lucas l'avevano incatenata.
Sembrava che i due stessero parlando silenziosamente.
Quegli occhi erano azzurri, come il mare. Profondi come l'oceano più lontano e contornati da una linea grigia, come il cielo in tempesta.
Mille emozioni attraversarono quello sguardo in pochi istanti.
Si sentiva l’elettricità di quel momento, scorrere tutta attorno a loro.
Fu Ian a interromperli nuovamente, toccando il braccio della sorella per attirarne l’attenzione e frapponendosi fra loro.
Interruppe volutamente quel contatto invitandoli ad entrare.

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