L'Umana Follia

di Danmel_Faust_Machieri
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La nuova DWMA ***
Capitolo 2: *** L'ordine che ci spetta mantanere ***



Capitolo 1
*** La nuova DWMA ***


 

William non appena ebbe dischiuso gli occhi iniziò a guardarsi intorno, come se le vista provasse a placare un bisogno misterioso. Si trovava in una stanza pressoché quadrata le cui pareti erano totalmente occupate da librerie ricolme di antichi libri che emanavano un profumo intenso, capace di inebriare il ragazzo; il centro esatto di quel luogo era occupato da un tavolino che ospitava una scacchiera dall’aspetto singolare, quasi mistico; dietro a ciascuno schieramento di pezzi si trovava una sedia in attesa del giocatore che avrebbe condotto la propria parte verso la vittoria o la sconfitta. In mezzo all’incredulità del trovarsi in un luogo tanto particolare e sino ad allora ignoto, nel cuore di William si destò l’irrefrenabile desiderio di osservare da più vicino i pezzi della scacchiera e così si avvicinò al tavolino e, quasi senza riflettere, prese tra le mani l’alfiere campo scuro dei neri: la fattura era incredibile, eppure nelle semplici forme di quella piccola statuina c’era qualcosa di particolare: la pietra levigata che la formava, la precisione delle incisioni, le intricate decorazioni che la attraversavano destavano nel ragazzo numerose domande. Quando poi ebbe modo d’accorgersi che i pezzi bianche presentavano uno stile completamente diverso, quasi fossero appartenuti a un set diverso rispetto ai neri, ripose l’alfiere e allungò la mano per esaminarne uno della controparte.
All’improvviso la punta di un grammofono posto in un angolo oscuro della piccola stanza si appoggiò al vinile che si trovava sul piatto dell’oggetto ed ecco che le note dell’ouverture de La forza del destino occuparono la stanza. William per lo spavento improvviso si voltò di scatto proprio in direzione dell’origine del suono, distogliendo così lo sguardo dal tavolino; il cuore gli batteva forte in petto competendo quasi con l’intensità dei fiati che aprivano l’opera.
-Tu non dovresti essere qui- Un bisbiglio appena udibile si era fatto largo tra le note, un bisbiglio che non pareva di una voce sola, ma la mescolanza di diverse, che cercava di imporsi sopra rantoli e lugubri sospiri.
Il volto di William ormai sommava uno spavento all’altro rivelando tutta la tensione che si sentiva addosso in quel turbinio di eventi improvvisi e sinistri per cui l’espressione non mutò più di tanto nel momento in cui, voltandosi, vide che aveva preso posto a sedere dietro ai pezzi neri un’ombra che stringeva nella mano destra il re della sua parte e lo rigirava tra le dita come fosse una sigaretta -Non mi hai sentito?- ripeté ancora una volta in quella mescolanza di voci e suoni cupi -Non dovresti essere qui-
-Ma…- il ragazzo lì per lì si sorprese di avere in sé abbastanza volontà da poter dare voce ai propri pensieri -Io non so nemmeno dove sono… non so nemmeno come ci sono arrivato qui…-
-Questi non sono affari miei- quella frase fu sottolineata dalla sgarbatezza con cui l’ombra mise nuovamente il re nero al suo posto sulla scacchiera -L’ora ella nostra partita non è ancora giunta per cui torna da dove sei venuto-
Ogni parola di quel miscuglio di voci destava in William più domande che risposte -La nostra partita? Cosa intendi dire? E… soprattutto tu chi sei?-
L’ombra fu attraversata come da un brivido, un fremito, che lasciò intuire al giovane, chissà dall’alto di quale percezione, che si stava divertendo -Esci immediatamente-
-Ma… Non mi hai risposto…- cercò di ribattere lui -E… anche se volessi andarmene qui non ci sono porte…- o almeno lui non ne aveva ancora viste, le pareti ospitavano unicamente librerie e quindi non aveva idea di come uscire da quel luogo, in realtà non aveva nemmeno idea di come avesse fatto a entrarci ma tale interrogativo lo tenne per sé, per un altro tempo.
-Ne sei sicuro?- domandarono sibille le voci riunite a pronunciare quelle parole mentre l’ombra si agitava con fare ancora più febbrile rispetto a poco prima.
Quasi se sapesse cosa stava per accadere William si voltò lentamente per trovarsi davanti delle immense fauci spalancata capaci di fagocitarlo in un solo boccone; i denti di queste erano appuntiti come spade e da essi colava una saliva densa e scura, orribile alla vista, e nel corso di un singolo secondo quelle lame di osso si chiusero sul ragazzo tranciandolo di netto, proiettandolo in un baratro oscuro in cui nel breve tempo che precedeva il giungere della morte poté udire distintamente un infinità di voci ridere e due di loro accordarsi per dire all’unisono -A presto William Austen-.

Il fiato mozzato dall’apnea dell’incubo trascinò William fuori dal sonno in cui si era immerso con tanta fatica nel corso della notte. Si ritrovò madido di sudore e con il fiatone: cos’era quel sogno? Perché sembrava così dannatamente vero? Quegli interrogativi continuavano a ronzargli in testa ma la vista dell’orologio gli diede lo sprone per mettere da parte tutti quei pensieri e rimettersi in piedi per prepararsi alla giornata. Raccattò in tutta frettai vestiti che avrebbe indossato dalla stanza e rapidamente si recò in bagno per darsi una sistemata: William Austen era un ragazzo di sedici anni compiuti, ormai prossimo a compierne diciassette, ed era iscritto alla DWMA da tre anni come Artigiano; era alto poco più della media per la sua età, aveva i capelli corvini e lisci, portati di lunghezza media e degli occhi di smeraldo che, a causa delle numerose letture sostenute nel corso degli anni, avevano perso tre diottrie costringendolo a indossare degli occhiali regalatigli da un caro amico. Datosi una sciacquata rapida indossò un paio di pantaloni neri come le scarpe di cuoio, una maglia grigio scuro che ne metteva in risalto il fisico atletico e il solito cappotto smeraldina con i bottoni di peltro, fatto ciò andò in cucina e mise a bollire l’acqua per il tea. L’appartamento in cui abitava il ragazzo era di medie dimensioni: c’erano un bagno, un salotto spazioso che comunicava con la cucina e due camere da letto, quella di lui e quella del suo amico, nonché arma-partner, Byron Brontë; questi aveva la stessa età di William ed era un poco più basso di lui, aveva capelli ricci e castani come i gli occhi profondi che parevano sempre animati da una fiamma sotterranea che ribolliva di vita. Solo quando la teiera iniziò a fischiare Byron uscì dalla propria camera strascinando i piedi all’interno di un paio di pesanti pantofole -Will perché devi sempre fare ‘sto casino la mattina?- si lamentò lui tra uno sbadiglio e una stropiccio degli occhi.
-Se non fosse per me ti sveglieresti alle due di pomeriggio- commentò in risposta lui mentre spalmava la marmellata di mirtilli su una fetta di pane -Comunque datti una mossa che ci dobbiamo vedere con gli altri tra venti minuti nella stanza dello Shinigami-
Uno sbuffo precedette lo svanire di Byron dietro alla porta del bagno. Quello scambio di battute era lo stesso ogni mattina, parte della routine dei due amici alla quale ormai entrambi erano abituati e che, malgrado tutto, apprezzavano nel profondo. Ci vollero meno di cinque minuti perché Byron si ripresentasse in soggiorno con indosso il suo solito outfit: un paio di jeans logori che sfioravano delle scarpe da tennis rosse, una maglietta nera targata “Red Hot Chili Peppers”, dei larghi bracciali di cuoio nero muniti di borchie di metallo e una felpa rossa dal cappuccio largo che portava sempre slacciata. Era per via dei  loro abbigliamenti tanto singolari e tra loro tanto diversi che i due si erano guadagnati i soprannomi di “The green Bishop” e “The red Tower”.
I due ora pronti ebbero solo il tempo di bere una tazza di tea a testa prima di prendere le rispettive borse per poi fiondarsi fuori dall’appartamento in tutta fretta. Byron aveva ancora la sua fetta di pane e crema di pistacchio in mano quando si ritrovarono per strada -Certo che dare appuntamento a quest’ora di mattina è da infami…-
-Ti do pienamente ragione- questa volta fu William a sbadigliare -Ma oggi ci tocca… Se lo Shinigami ha chiamato a raccolta la squadra è perché ha una missione da affidarci…-
-Supposizioni o hai sentito qualcosa in giro?- gli domandò allora l’altro prima di azzannare un’altra volta il proprio spuntino.
-Beh… in realtà si sentono diverse voci a scuola… ho sentito di alcuni attacchi in Canada e di altri localizzati in Italia… la squadra di Lance si dice fossero indecisi se mandarla in Madagascar o in Perù visto che in entrambi i luoghi c’era qualcosa che non andava…- quelle parole non erano solo l’offrire una risposta al compagno, ma erano per William anche un modo di riflettere tra sé e sé -D’altronde è da un paio d’anni il numero di Anime Corrotte riportate nei nostri registri continua ad aumentare e quindi anche a noi studenti vengono affidate più missioni a partire da quest’anno…-
-Già…- Byron sapeva della situazione che si era andata a creare negli ultimi anni e per questo motivo viveva uno stato di confusione: da un lato in lui viveva la preoccupazione dettata dal capire perché, dopo tanti anni dalla sconfitta del Kishin, d’un tratto, la situazione pareva aver fatto tanti passi indietro; dall’altro però entusiasta poiché sapeva che quella situazione gli avrebbe permesso di mangiare altre Anime.
Dopo una quindicina di minuti i due erano giunti ai piedi dell’imponente scuola che troneggiava su Death City e, senza esitazioni, salirono la lunga scalinata per poi insinuarsi attraverso i corridoi sino a raggiungere la stanza del sommo Shinigami, davanti all’ingresso della quale i due si fermarono un attimo per riprendersi della camminata ai limiti della corsa dopodiché spalancarono la porta rivelando così il gruppetto di persone che già si trovava in loco; questo era formato da due ragazze e due ragazzi della loro età, un uomo ormai prossimo alla quarantina e il sommo Shinigami.
A sentire la porta che si apriva tutti e sei si voltarono verso i due appena arrivati -Sempre gli ultimi… complimentoni!- li canzonò un ragazzo dai capelli neri a boccoli della lunghezza necessaria a coprire una prematura stempiata che continuava a indietreggiare che li scrutava con gli occhi marroni attraverso due spessi fondi di bottiglia: si trattava di August Equus, Arma Magica e al temo stesso Artigiano, rimasto orfano in giovane età e accudito sino ad allora dalla DWMA la quale ha fornito lui il cognome; spesso lo si vedeva vestito con indosso dei pantaloni coordinati con la distinta giacca grigia portata elegantemente sopra una camicia bianca, era considerato uno dei dieci migliori cecchini della scuola e i suoi modi spesso altezzosi e a detta di alcuni eccessivi gli erano valsi il soprannome di “L’imperatore”.
-Eddai August… anche noi alla fine siamo arrivati poco fa…- ammise un altro ragazzo dal fisico scolpito mentre si copriva la bocca spalancata da uno sbadiglio con la mano destra; i suoi capelli erano neri come la notte e portati sempre a spazzola mentre gli occhi erano di un azzurro glaciale, capaci di lanciare sguardai fulminanti quando necessario. Questi era Tyber Equus, fratello e compagno di August e come lui sia Arma Magica che Artigiano, sempre vestito in maniera comoda e sportiva era considerato uno tra i sette migliori spadaccini della scuola e per il timore che era in grado di gettare negli animi altrui quando si infuriava gli era stato affibbiato il soprannome de “Il Monarca”.
Le due ragazze invece non dissero niente, si limitavano a guardare in direzione dei due appena arrivati sorridendo loro: una di loro aveva i capelli biondi e lunghi e due occhi verdi talmente luminosi e intensi da far invidia alle pietre preziose dello stesso colore, indossava un abito moto elegante di colore turchese e portava tra i capelli una bizzarra forcina a forma di vite in forte contrasto col resto del vestiario; l’altra invece aveva dei capelli cremisi appena mossi e degli occhi nocciola, vestiva sempre una gonna rossa che le arrivava appena sotto alle ginocchia e una camicia nera con sbuffi rossi. La prima era Emily Stein, Arma Magica figlia di Franken Stein e Marie Mjolnir, considerata da tanti la più bella ragazza di tutta la DWMA e soprannominata “Regina di Fiori”; l’altra era Elizabeth Flamel, partner di Emily e Artigiana considerata la più capace stratega di tutta la scuola e conosciuta da tutti come “Regina di Cuori”.
Loro quattro, insieme a William e Byron, formavano una delle migliori squadre delle DWMA: la squadra Check-Mate.
L’uomo ormai prossimo ai quarant’anni si era invece avvicinato allo Shinigami per dirgli qualcosa all’orecchia approfittando della distrazione; si trattava di Soul Eater Evans, conosciuto da tutti come “The Last Death Scythe” che in quegli anni era divenuto il braccio destro del Sommo Shinigami dopo il ritiro di Spirit Albarn. -Beh… ora che ci siamo tutti possiamo cominciare- disse lo Shinigami per richiamare a sé l’attenzione dopo che Soul aveva finito di parlargli; una volta che gli sguardi di tutti conversero sullo Shinigami questi si tolse dal volto la maschera un tempo appartenuta al suo onorevole padre rivelando così il proprio volto maturato negli anni -Quest’oggi vi ho chiamati qui perché c’è bisogno di voi a Venezia; recentemente è stata individuata nella città un’anima corrotta…-
A quel punto prese la parola Soul -Da quanto ci è stato riportato si tratta di uomo che gira vestito da medico della peste e si avvale di particolari sostanze chimiche per gettare il caos- l’uomo tacqua per qualche secondo -Ha mietuto una decina di vittime per cui lo dovete fermare quanto prima-.
-Ce ne occuperemo noi- affermò con fierezza August portandosi la mano destra al petto.
-Siamo sicuri farete un ottimo lavoro- dichiarò lo Shinigami il cui vero nome ormai era ignoto a molti -Tuttavia, mentre vi occuperete del criminale, abbiamo bisogno che portiate a termine un’altra missione-
Gli sguardi di tutti i ragazzi si fecero allora curiosi -In cosa consiste?- domandò poi Elizabeth.
-Abbiamo idea di credere- riprese ancora una volta Soul -Che nei sotterranei della basilica di San Marco si trovi un artefatto ideato da Eibon-.
Il team all’unisono trattenne il fiato: da anni la DWMA si era messa a setacciare il globo in cerca dei manufatti realizzati da Eibon, uno degli Otto Grandi Guerrieri nonché appartenente ai Grandi Antichi, solo che tali missioni erano spesso affidate alle squadre speciali della DWMA, non a dei semplice studenti per cui, tale dichiarazione, parve a tutti assurda.
Percependo lo stupore generale lo Shinigami si affrettò ad aggiungere -Purtroppo al momento tutte le nostre squadre speciali sono impegnate in missioni ben più importanti e il fatto che voi andiate a svolgere una missione proprio dove pensiamo si trovi tale manufatto ci ha portato a decidere di affidare a voi questo importante incarico… Partirete nel giro di un’ora per cui preparatevi, Venezia vi aspetta- e dicendo così lo Shinigami congedò il team che tuttavia era concorde all’unisono nel trovare le scuse addotte per affidare loro quella missione inconsistenti e perciò iniziarono da subito tutti a pensare che lo Shinigami e Soul stessero nascondendo qualcosa.
Non appena i giovani furono usciti dalla stanza Soul si rivolse all’amico -Kid… dici che abbiamo fatto bene a non dirglielo?-
-Credo di sì- ammise lui -Abbiamo ancora poche prove, stravolgere le loro vite senza certezze mi sembra una cattiveria…-
-Speriamo allora di non dover arrivare a quel punto- concluse l’uomo lanciando uno sguardo preoccupato in direzione della porta chiusa.

Venezia era avvolta nella più totale oscurità, il riverbero dei lampioni accompagnava la sinfonia delle acque che, nei canali, rimbalzavano sciocche da una sponda all'altra. Piazza San Marco era quasi deserta, solo qualche persona la attraversava in fretta, guardandosi intorno con circospezione e sospetto nei confronti di ogni ombra che veniva proiettata dai lampioni; le voci intorno al killer si erano sparse in fretta e per tal motivo nessuno era sicuro nel passare troppo tempo lontano da casa specie di notte.
-Bene… questa è più o meno l’ora in cui si sono svolti la maggior parte degli attacchi registrati- iniziò a dire Elizabeth controllando l’ora sul proprio smartphone -Non sappiamo tra quanto il killer entrare in azione per cui abbiamo bisogno di elaborare un piano quanto prima-
-Avevi già qualche idea su come agire?- domandò allora William cercando gli occhi dell’altra.
-La scelta migliore sarebbe dividerci in due squadre: una formata da due partner pronta d affrontare il killer mentre la seconda, formata dai quattro restanti, per mettersi alla ricerca dell’Artefatto di Eibon- asserì lei con fredda lucidità.
-Molto bene!- Esclamò allora a gran voce Byron -Will e io allora ci occupiamo del killer-
-Ehy ma!- fu subito pronto a controbattere August -Questo chi l’avrebbe deciso?!-
-Beh io e ovviamente anche il mio partner sarà d’accordo per cui…- non finì nemmeno la frase che già si era lanciato verso il centro della piazza -Ci vediamo dopo!-
Gli sguardi di tutti i restanti si fissarono sulla sagoma di Byron che si allontanava veloce per poi fissarsi su William quasi chiedessero a lui le spiegazioni per il comportamento dell’altro -Ehm…- iniziò a bofonchiare lui in palese difficoltà mentre i suoi occhi rimbalzavano dal partner al resto del gruppo e viceversa, infine sospirò prima di chinare il capo in direzione del resto del team -Scusatelo, sapete che è piuttosto drastico alle volte…-
-Tranquillo, dopo un po’ ci si fa il callo- sorrise Tyber -Al manufatto ci pensiamo noi-
Emily allora presa la parola dopo aver sbuffato a sua volta -Sì, tu seguilo prima che da solo rischi la pelle-.
E in tutta risposta, dopo aver fatto un cenno di assenso ai compagni, William si lanciò all’inseguimento di Byron sino a che non lo ebbe raggiunto.
-Certo che potevi evitare di essere tanto brusco- lo rimproverò mentre iniziava a guardarsi intorno in cerca di una qualsiasi traccia del killer.
Byron, che a sua volta teneva i sensi ben all’erta in cerca di qualcosa che tradisse la preda, rispose semplicemente -Tu sai perché sono drastico su certe cose… e so che mi capisci…-
Ma prima che la discussione potesse procedere ecco che all’improvviso due oggetti luminosi vennero lanciati in direzione dei ragazzi che prontamente riuscirono a evitarli -Che cazzo…- bofonchiò Byron prima di osservare il punto in cui gli oggetti avevano impattato: qui ora si potevano vedere due siringhe rottesi nell’impatto che avevano lasciato fuoriuscire a terra una sostanza verdognola che ribolliva come lava viva e dalla quale si levava un odore tutt’altro che naturale -Deve essere lui- affermò William iniziano a cercare con lo sguardo tra i tetti -Devono essere stati lanciati dall’alto… da ovest credo…-
-Mi è sembrato anche a me… ma non ne abbiamo cert…- e ancora una volta la frase dell’Arma Magica venne interrotta da altre due siringhe scagliate contro di loro -Le sta lanciando dal campanile!-
William allora fece un cenno al compagno -Di corsa allora- e insieme iniziarono a correre verso il luogo da cui l’aggressore stava agendo.

Gli altri quattro non riuscivano a percepire nulla di ciò che stava accendendo al di fuori della Basilica. Si erano intrufolati in essa con grande furtività e ora avanzano all’interno degli antichi sotterranei della stessa, lontani da quelle stanze aperte ai visitatori dove sapevano non avrebbero trovato alcunché, attraverso quelle strette vie ricolme di polvere e umidità grondante dalle pareti -Se avessi saputo che la situazione quaggiù sarebbe stata questa mi sarei sicuramente messa qualcosa di più comodo- dichiarò Emily a voce bassa mentre cercava di stare lontana dai punti dove sgocciolava acqua dal soffitto.
-Concordo in pieno- disse August che si era rimboccato le maniche della giacca e della camicia per evitare di sporcarle mentre ispezionava le pareti con le mani.
-Sopportarne uno già è difficile… ma due…- sospirò Tyber.
-Cosa hai appena detto?!- domandarono offesi i due sperando entrambi di aver compreso male.
-Io?- fece il finto tonto l’altro -Niente… Deve essere stato uno strano effetto del rimbombo…-
-Se avete finito credo di aver trovato qualcosa- li richiamò Elizabeth andando a illuminarli con la torcia dello smartphone prima di mostrare loro con la luce artificiale una via completamente sbarrata con assi di legno e parti metalliche.
-Qui sicuramente qualcuno voleva nascondere le proprie tracce…- dichiarò August mentre Tyber iniziò lentamente a staccare le assi inchiodate in maniera meno efficace cercando di creare un varco affinché il gruppo potesse penetrare nell’area scoperta dalla ragazza. Una volta che Tyber ebbe aperto un passaggio uno dopo l’altro i ragazzi lo varcarono trovandosi all’interno di un corridoio tanto stretto da imporre loro di passare uno per volta finché non giunsero davanti a un porte di ferro dalla maniglia piuttosto arrugginita. Elizabeth, la quale apriva la fila, fece cenno a tutti di rimanere in silenzio affinché lei potesse accertarsi che di là dalla porta non si imbattessero in qualche imboscata, ma già i ragazzi sapevano che era giunto il momento di mettere da parte battibecchi e simili e perciò rimanevano nel silenzio più assoluto. Non percependo alcunché dall’altra parte la ragazza forzò la porta rivelando di là da essa qualcosa di terrificante: una stanza circolare grande appena da ospitare una scrivania e una sedia aveva le pareti costellate di appunti di stregoneria, glifi antichi e contorti che si intrecciavano in geometrie orribili; pagine di libri strappati si trovavano sul pavimento mentre la scrivania ospitava una varietà di ampolle e provette ricolme di liquidi e ingredienti atti a creare chissà che cosa; infine, al centro esatto del tavolo da lavoro, si trovava una scatola di metallo con sopra la firma che recitava “EIBON”.
-Eccola…- Bisbigliò Elizabeth con un filo di voce mentre tendeva quasi istintivamente le mani per afferrare quell’oggetto e ispezionarlo.
Emily che si sporgeva da dietro la compagna cercava di vedere ciò che lei prendeva in mano e notando appunto il bizzarro cofanetto domandò -Liz, cosa c’è dentro?-
Alcuni secondi di silenzio parvero precedere una risposta per nulla positiva -Nulla… è vuoto-.

William e Byron erano arrivati in cima al campanile e in una stanza col pavimento in legno evidentemente cedente c'era un uomo vestito da medico della peste che li aspettava e subito, quasi ridacchiando, disse -Ecco qui l’élite della DWMA che hanno mandato per sconfiggermi... ammetto di essere un po' deluso nel trovarmi difronte voi due marmocchi-.
-Oh beh- rispose William con fare divertito mentre sulle sue labbra si dipingeva un sorriso -Vedremo allora di rimediare alla tua delusione dandoti la lezione che meriti-.
-Vedi Will…- commentò Byron divertito -Questi sono i modi di fare che infastidiscono le persone, non i miei- e quasi a mettere il punto a tale battuta Byron venne avvolto da una luce rossa e in breve si trasformò in una palla chiodata nera del diametro di 50 cm, armata con degli spuntoni conici lunghi 10 cm di colore rosso, agganciata tramite una catena alla caviglia destra di Vittorio.
Il Medico della Peste guardò William con stupore prima di scoppiare a ridere -Ahahah, non farmi ridere! Ti sei messo in catene come dichiarazione di resa? Pensavo che dopo aver dato tanta aria alla bocca avreste fatto qualcosa, non che vi sareste arresi così, di punto in bian…- ma la parte finale della frase gli si strozzò in gola quando vide il ragazzo scattare verso di lui senza esitazione arrivando a poggiare il mano della mano destra contro il suo ventre.
-Scarmiglione!- urlò a quel punto l’Artigiano andando a emettere un’Onda dell’Anima di potenza sufficiente a scaraventare il killer contro una parete dell’edificio. Questi cadde a terra in ginocchi ma presto si rimise in piedi -Come cazzo… Come cazzo fai a muoverti così velocemente con quel peso al piede…-
-Vedi, il mio partner e io, possiamo variare la lunghezza della catena che ci unisce in base alla risonanza delle nostre anime- spiegò William, come se si trovasse davanti a un bambino curioso, mostrando come Byron in forma palla chiodata fosse rimasto fermo nel punto esatto in cui aveva assunto quella forma e come la catena che lo congiungeva alla caviglia di lui si fosse allungata di un metro circa -Quindi io sono libero di muovermi come voglio-.
-Capisco…- sibilò il Medico della Peste -Così facendo però rimani scoperto a un attacco frontale!- e senza perdere tempo si scagliò addosso al ragazzo sguainando un pugnale che stillava la stessa sostanza verdognola osservata dai due in precedenza.
-Io credevo di essermi spiegato piuttosto bene…- sospirò William e in quello stesso istante catena che lo univa a Byron si accorciò di colpo attirando così a gran velocità la palla chiodata verso di lui che, al momento giusto, mosse la gamba destra verso l’alto in modo che la palla seguisse una traiettoria simile andando a disarmare l’avversario -Variare la lunghezza della catena che ci unisce vuol dire che possiamo anche accorciarla- sottolineò vedendo arretrare il Medico mentre bofonchiava -Bastardi…-
-Will- iniziò a dire Byron la cui voce proveniva proprio dalla palla chiodata che ora si trovava nuovamente accanto all’Artigiano -Questo mi ha stufato… Possiamo finirla in fretta?-
-D’accordo Byr- asserì lui e allora prese con la mano destra la catena che li univa.
-Anime in risonanza- urlarono i due all’unisono ed ecco che sulla cima di ogni spuntone della palla chiodata si accese una piccola scintilla e da esse scaturirono fiamme che andarono ad avvolgere l’intera fera con fare bramoso e minaccioso; fu allora che William, servendosi della catena, lanciò la sfera fiammeggiante verso l’alto.
-Cosa diavolo…- riuscì solo a domandarsi il killer mentre osservava la scena.
Byron in forma di sfera fiammeggiante, dopo aver raggiunto l’altezza massima concessagli dalla forza di William, iniziò a discendere e, non appena si trovò all’altezza della spalla del compagno, questi lo colpì con un’Onda dell’Anima e nuovamente all’unisono i due gridarono -Rubicante!- La forza impressa dall’Onda dell’Anima di William fece schizzare Byron in avanti a una velocità spaventosa, mutando il colore delle fiamme in cui era avvolto in un nero corvino e portandolo a colpire il Medico della Peste prima che lui potesse fare alcunché; questi venne avvolto dalle fiamme che lo consumarono rapidamente lasciando di lui solo le vesti e un’anima rossa fluttuante.
In quel momento Byron riacquisì la propria forma umana e vedendo i lasciti del killer rivolse uno sguardo a William -Perché hai modificato le fiamme di modo che briciassero solo il suo corpo e non gli abiti?-
-Una piccola premura- spiegò il ragazzo mentre si avvicinava agli indumenti del deceduto -In questo modo posso controllare se aveva con sé qualcosa di rilevante-
-Ah… Capisco…- disse l’altro con fare quasi dovertito -Ma facciamo che mentre te ti preoccupi di ispezionare le vesti di quel tizio i mi pappo la sua anima ok?- e senza aspettare conferma da nessuno -Pancia mia fatti capanna!- esclamò spalancando la bocca e divorando l’anima in un sol boccone per poi ruttare rumorosamente in segno di trionfo -E con questa siamo a 89!-
William intanto continuava a ispezionare gli abiti dell’altro non trovando alcunché di particolare fino a che non sentì qualcosa di metallico in una tasca interna del mantello del medico, con cautela sfilò l’oggetto rivelando la sua natura: un detonatore. Gli occhi di William si riempirono di terrore nel constatare che questi era stato premuto in precedenza probabilmente quando il killer aveva capito che per lui era finita -Byron…- disse l’Artigiano con un filo di voce cercando di richiamare l’attenzione dell’amico ma tutto fu inutile: una serie di esplosioni distrussero il pavimento sotto ai loro piedi lasciandoli così cadere verso un baratro oscuro che si sarebbe concluso in un tonfo incapace di presagire alcunché di buono.

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Capitolo 2
*** L'ordine che ci spetta mantanere ***


La stanza era avvolta nella stessa immobile e immutabile oscurità che William aveva già conosciuto poco tempo prima. I dorsi dei libri che si affacciavano dalle librerie erano appena visibili e i loro titoli erano ancora imperscrutabili, persino il grammofono che l’aveva spaventato la prima volta che si era venuto a trovare in quel luogo rimaneva difficile da vedere in quel buio. Poi, all’improvviso, sei piccole fiammelle si accesero sulla sommità di altrettante candele bianche incastonate in un grande lampadario che pendeva dal soffitto al centro della stanza, diffondendo così una luce ansante capace di rivelare ciò che la vista non riusciva a vedere, compreso il tavolo e la scacchiera su esso posta.
-Ancora insisti a presentarti qui anzitempo- lamentarono innumerevoli voci che si accordavano nel proferire quelle parole mentre altrettante ringhiavano, sospiravano ed emettevano suono lugubri. William sapeva ora dove andare a cercare l’origine di quella commistione di voci e, proprio come qualche tempo prima, trovò un’ombra ansante, viva, seduta al tavolo dalla parte dei pezzi neri -Dovresti sapere che spesso dà più fastidio chi arriva in anticipo rispetto a chi arriva in ritardo- proseguirono le voci quasi irritate dal continuo trovarsi davanti quel ragazzo.
-Io…- William non sapeva cosa dire, era la seconda volta che si trovava in quella stanza, in compagnia di quella presenza e ancora, come la prima volta, non sapeva alcunché -Perché sono ancora qui? E cos’è questa stanza? E poi voi… Voi chi siete?-
L’ombra parve per un attimo addensarsi verso il centro di sé stessa e le voci bisbigliarono ancora più basse quasi si stessero confrontando tra loro cercando di non farsi udire dall’ospite -Visto che sei tanto insistente- iniziarono poi a dire senza alcun preavviso -Ti concediamo una partita e qualche domanda-.
-Direi che allora potete iniziare a rispondere alle domande che vi ho fatto!- il tono di William cercava di ostentare una sicurezza e una determinazione che in quel contesto non parevano dargli corda.
-Temo che noi ci si sia espressi male- l’ombra ora si contorceva in maniera più ordinata, come se a ogni spasmo, a ogni respiro, cercasse di assumere una sagoma più precisa, simile a una umanoide -Saremo noi...- poi le voci si spezzarono -…a concederti-; -…a proporti- ripeterono due voci distinte, senza che nessun’altra si accavallasse loro -…delle domande- proseguì poi tutta la moltitudine all’unisono.
Il ragazzo era sempre più confuso e tale confusione iniziò a istillare nel suo cuore un sentimento di rabbia -Ma io voglio delle risposte!- i denti erano quasi digrignati e le mani serrate lungo i fianchi.
-Oh, le risposte verranno, non temere; solo che verranno da chi non ti aspetti- a parlare questa volta era stata una sola voce, la seconda che aveva specificato il senso delle parole altrui -Credo che io sia la più portata a sostenere questa partita, sei d’accordo vero?- domandò poi probabilmente rivolgendosi alle altre voci anche se, il singolare utilizzato, lasciò nuovamente perplesso William -Va bene- e questa volta a rispondere fu la prima voce che aveva parlato singolarmente poco prima. Allora l’ombra si mise a ribollire in maniera più veloce, ogni fremito addensava parte di sé sino a creare una creatura dall’aspetto assai singolare: pareva un giullare di quelli che si è soliti vedere nelle fiabe illustrate per i bambini, indossava abiti buffi le cui tinte però avevano qualcosa di tetro dal momento che alternavano solo i colori rosso e nero, le mani erano terminanti non in dita ma in lunghi artigli minacciosi, sul capo portava un cappello munito di sette punte alle quali erano attaccati altrettanti sonagli di metallo nero e il volto era coperto da una maschera rossa sulla quale era intagliato un sorriso da ebete; sedeva al tavolo elegantemente, con la gamba sinistra accavallata sulla destra e il ginocchi di quest’ultima era stretto tra gli artigli delle mani. William non riusciva a vedere di là dalla maschera nemmeno sfruttando i pertugi degli intagli, non riusciva a vedere gli occhi che erano nascosti dietro a essa ma era certo che questi lo stessero fissando -Forza! Siediti, i bianchi muovono per primi per cui datti una mossa!- iniziò a dire quell’essere con una voce palesemente divertita.
William indugiò un attimo e poi decise di assecondare l’altro unicamente per poterlo osservare da più vicino sperando di poter cogliere qualcosa di più di ciò che questi celava dietro alla maschera.
-È inutile che ti sforzi tanto- sospirò l’essere -Dietro a questa maschera non si nasconde alcun volto, quello che vedi è tutto ciò che posso mostrare di me-.
Il ragazzo continuava a guardarlo nonostante la rivelazione -Ma… cosa sei tu?-
-A questo ci arriveremo- tagliò corto l’altro -Per ora puoi chiamarmi semplicemente Farfar- e accompagnò quella sottospecie di presentazione con un leggero inchino del capo -Per comprendere la mia natura dobbiamo però prima porci un’altra domanda: dove ti trovi?-
-Se lo sapessi non vi avrei chiesto informazioni su questa stanza prima- protestò William mentre iniziò a far vagare lo sguardo intorno a sé.
-Ma la risposta la puoi trovare da te, basta aguzzare un poco la vista- dichiarò Farfar con fare sibillino. A dire il vero il ragazzo ormai si era messo a guardarsi intorno con lo sguardo e non sembrava intenzionato a smettere, incuriosito dai titoli che ora riusciva a leggere, dagli oggetti che riusciva a scorgere ammassati nei ripiani più bassi e piano piano provava a comprendere: in quella stanza si trovavano numerosi volumi di alcune tra le opere più significative della letteratura mondiale, antica e moderna che lui aveva avuto modo di leggere nel corso degli anni; vinili di opere liriche provenienti da tutto il mondo e che conosceva a memoria; mazzi di carte, scatole di tabacco e confezioni di cartine per drum, vasi che ospitavano piccole piante di mimosa e persino dei servizi da tea completamente in peltro. -Questa stanza…- iniziò a riflettere ad alta voce -È piena di oggetti che rimandano ai miei interessi…- poi d’un tratto un’illuminazione improvvisa gli attraversò la mente -Aspetta!- iniziò a dire tornando a fissare la maschera rossa -L’altra volta che mi sono trovato qui era nel corso di un sogno… probabilmente anche ora sto dormendo e quindi questa stanza è… Una rappresentazione della mia mente!-
-Risposta esatta- si complimentò Farfar battendo persino le mani un paio di volte -Anche se c’è una piccola imprecisione nel tuo discorso-.
-Sarebbe?- domandò William chinando il capo verso la propria sinistra dal momento che non sapeva a cosa l’altro si stesse riferendo.
-Non stai dormendo in questo momento- a quelle parole la mente del ragazzo iniziò a ripescare i ricordi più recenti: la missione, Venezia, il Medico della Peste e poi… l’esplosione -Oh cazzo…- realizzò con fare cupo lui abbandonandosi totalmente con la schiena contro lo schienale della sedia -…Sono morto?-
-Fortunatamente no; questa volta ci è andata bene- lo corresse Farfar lasciando intendere con le proprie parole che anche a lui faceva comodo che il ragazzo non fosse morto -Sei solo svenuto e credo al momento ricoverato da qualche parte- e sperando di aver liquidato così quelle domande la maschera si chinò in avanti per osservare meglio la scacchiera -E ora sbrigati a muovere, non so quanto tempo avremo a disposizione questa volta-.

Byron, Emily, Tyber e August avevano raggiunto il prima possibile la stanza di lord Shinigami in modo da poter far rapporto lui riguardo la missione svoltasi il giorno prima; avevano da poco finito di parlare i fratelli Equus quando Byron iniziò a esporre come lui e William avessero combattuto contro il Medico della Peste e come, sul finire dello scontro, -…un’esplosione ci ha sorpresi e, sebbene io sia riuscito ad aggrapparmi a una trave interna del campanile, Will si è schiantato al suolo… il professor Stein ha detto che le sue condizioni sono gravi, ma stabili… non ha idea di quanto tempo gli ci vorrà per risvegliarsi, ma per il momento non è in pericolo di vita-.
Lo Shinigami e Soul fissarlo i loro sguardi sul ragazzo cercando di non far trasparire in alcun modo la loro preoccupazione -Comprendo… non ci resta che affidarci alle capaci mani del professor Stein allora…-
-A proposito- intervenne Emily che prese a frugare nella propria borsa a tracolla -Mio padre mi ha lasciato questi risultati degli esami di William per lei Sommo Shinigami- spiegò poi offrendo all’altro una cartellina di colore grigio piuttosto esile.
-Grazie mille Emily- ringraziò lo Shinigami sebbene quella premura da parte del professor Stein era un unicum capace di gettare un senso di cupa preoccupazione su tutti gli astanti, quasi pensassero che quegli esami fossero la prova dell’instabilità della salute del compagno.
-Ma… Se non sbaglio manca anche Elizabeth…- osservò Soul probabilmente intenzionato a distogliere i ragazzi da quei pensieri che credeva d’aver intuito -Avete detto che del gruppo sulle tracce dell’artefatto di Eibon nessuno ha riportato ferite… per cui lei dov’è?-
-Si trova in infermeria a tenere compagnia a Will- spiegò rapidamente Byron -Il professor Stein ha insistito che qualcuno di noi rimanesse con lui nella speranza che ciò lo aiuti nella ripresa- e una volta terminata la spiegazione al ragazzo Soul rivolse un cenno di comprensione, come se già si aspettasse qualcosa di simile.
-Quindi, a conti fatti- riprese a dire lo Shinigami cercando di fare il punto della situazione -Da un lato il killer è stato eliminato, mentre dall’altro non solo non si è ritrovato l’artefatto ma ci si è persino imbattuti in quello che, stando alle vostre descrizioni, sembra in tutto e per tutto il laboratorio di una strega…-
-Sì- confermò August chinando leggermente il capo quasi si stesse scusando di quel vicolo cieco -Abbiamo raccolto e consegnato al reparto Stregoneria della scuola i vari documenti e le scorte conservate nello studio affinché questi vengano studiati e si possano ottenere maggiori informazioni sulla strega in questione- quel modo didascalico  di esporre i fatti rivelata tutto il rispetto di tutte le pratiche e di tutte le regole della DWMA che il ragazzo aveva appreso sin dalla giovane età a differenza del fratello che preferiva infrangere quando poteva tali restrizioni, ovviamente senza mai andare di là da quelle regole che sapeva fondamentali.
-Molto bene, immagino allora che Kid ed Elka siano già al lavoro- aggiunse lo Shinigami prima di far passare lo sguardo su tutti e quattro i ragazzi -A questo punto siete liberi di andare, grazie mille del rapporto e… vi chiedo un’ultima cortesia: quando William si sarà ripreso chiedetegli di raggiungermi appena possibile, vorrei accertarmi personalmente del suo recupero-.
Sebbene i ragazzi annuirono quella premura destò in loro un certo senso di irrequietezza, certo lo Shinigami era solito preoccuparsi per la salute di tutti gli studenti della scuola, eppure quella richiesta quando già Byron aveva esposto tutto ciò che William avrebbe potuto esporre sua volta, e forse anche più, li lasciò con la percezione che sfuggiva loro qualcosa. Una volta che i quattro furono usciti dalla stanza Kid si tolse di dosso la maschera appartenuta un tempo al suo Onorevole Padre -Non ci resta che attendere le analisi riguardo i documenti trovati dai Check-Mate per capire con che genere di Strega stiamo avendo a che fare-.
-Onestamente parlando, anche solo la segretezza del laboratorio non mi lascia presagire nulla di buono- ammise Soul che nel volto pareva assai pensieroso -È inutile negarlo, il Partito di Opposizione interno alle streghe che ha rigettato la nostra pace sta diventando sempre più violento e…-
-…Non ti stupiresti che quel laboratorio appartenesse a una di queste- concluse Kid per lui -Temo lo stesso- affermò poi con un sospiro mesto.
-Forse…- iniziò a proporre Soul -Dovremmo lasciare che se ne occupi il Tribunale delle Streghe o al limite proporre loro di collaborare-
-Sì… forse sarebbe bene mettere al corrente le streghe della scoperta…- Kid si portò la mano destra al mento per carezzarselo un poco in modo da concentrarsi sull’idea dell’amico -Manderemo una delegazione da loro appena avremo gli esiti delle ricerche… Nel mentre non ci resta che aspettare tanto il reparto di Stregoneria quanto la ripresa di William…-
-Già…- a quel punto il pensiero dell’Arma virò sullo stato di salute del ragazzo -Mi auguro non abbia particolari problemi specie vista la sua condizione pregressa…-
-Oggi anticipi sempre i miei pensieri- commentò l’altro con un mezzo sorriso quasi cercasse di spezzare quella tensione senza tuttavia riuscirci.

L’infermeria scolastica al momento accoglieva come unico paziente William, disteso su un letto accanto alla finestra spalancata, con la flebo attaccata al braccio destro e una mascherina sul volto collegata a una macchina per aiutarlo con la respirazione; gli occhiali gli erano stati premurosamente tolti dal volto e poggiati sul comodino accanto a lui da Elizabeth che, al momento, stava ponendo all’interno di un vaso sullo stesso ripiano alcune mimose -Spero non ti dispiaccia se le ho prese dai vasi di camera tua- disse con il sorriso tra le labbra come se stesse parlando con lui normalmente, in un giorno qualunque -Mi sono anche permessa di prendere in prestito un libro… almeno ti posso leggere qualcosa che so piacerti- gli occhi di lei si posarono allora sul volto di William e malgrado si sforzò di sorridere alla sua vista il dolore dentro sé la martellava, la faceva temere che lui, da quel sonno, non sarebbe più emerso; accorgendosi perciò che il proprio sorriso andava infrangendosi e un tremore iniziava a increspargli la vista si voltò di scatto quasi non volesse farsi vedere dal ragazzo svenuto in quello stato -È una delle tue raccolte di Yeats- si sforzò di dire come se quel momento di debolezza non ci fosse mai stato prima di prendere una sedia per mettersi a sedere accanto a lui, poi estrasse il libro sopra citato dalla propria borsa e iniziò a leggere, con la stessa premura di una madre che legge le favole al proprio figlio per aiutarlo ad assopirsi, solo che lei lo faceva nella speranza che lui quanto prima riaprisse gli occhi alla luce del mondo. Tra una poesia e l’altra lo sguardo indugiava sulle pagine, gli occhi si spostavano sul profilo di lui, ancora impreziosito di quella semplice bellezza malgrado lo stato in cui si era venuto a trovare, e allora la mano destra di Elizabeth andava a sfiorare quella di lui, per provare a sentirne il calore, per provare a trasmettergli parte del proprio. Fu mentre lei leggeva la quarta poesia che la porta dell’infermeria si aprì e da essa entrò il professor Franken Stein, da anni ormai a capo dell’infermeria; la ragazza lo salutò mentre si richiudeva il libro in grembo -Buon giorno professore-.
-Salve Elizabeth- rispose lui con un sorriso amichevole in volto -Mi auguro tu non abbia passato anche questa notte qui…- commentò lui sapendo della premura altrui nei confronti di William.
-Ehm…- si rifiutava di rispondere poiché sapeva che il professore avrebbe mal accettato la confessione che avrebbe fatto -In realtà ho avuto modo di andare a casa di Will per recuperare un paio di cosucce e poi sono tornata…-
Stein sbuffò sapendo che non ci poteva fare niente -Sei irrecuperabile… Certo la compagnia fa sicuramente bene a William ma anche tu dovresti riposarti… potresti darti il cambio con Byron ogni tanto- ma la ragazza in tutta risposta scosse con decisione il capo negando quell’eventualità -Va bene, va bene, era solo un consiglio il mio…- commentò Stein in risposta al modo di fare altrui -Comunque al momento l’emorragia è stata bloccata insieme alle ferite più superficiali perciò  fuori pericolo-.
-E allora perché non si sveglia…- le parole uscirono fuori dalle labbra di Elizabeth quasi senza che lei ne avesse controllo e anche le labbra si piegarono in una linea piatta mentre gli occhi si incupivano di una tristezza profonda. Stein indugiò nel guardarla attraverso le lenti degli occhiali, sapeva quello che provava, quell’incertezza per la salute del compagno e per tal motivo comprese che non poteva più nasconderle ciò che a lungo era stato taciuto -Ascoltami bene Elizabeth… visto il tuo legame con William avevo intenzione di parlarti di una faccenda, a essere onesto penso che tutta la vostra squadra dovrebbe sapere quello che avrei voluto dirti ma… altri mi hanno consigliato di aspettare- iniziò a dire Stein avvicinandosi alla ragazza e chinandosi sulle ginocchia in modo da poterla guardare direttamente negli occhi -A questo punto credo che almeno tu e Byron dobbiate sapere: quando vi siete iscritti alla DWMA abbiamo effettuato dei test fisici e psicologici su tutti voi, ricordi?- la ragazza annuì lasciando al professore modo di continuare immediatamente col discorso -Ecco, durante i test effettuati su William ci siamo accorti lui possiede una marcata inclinazione alla Follia… e non solo… William ha in sé anche una massiccia dose della stessa- per chiunque si fosse formato alla DWMA quella dichiarazione risultava fortemente preoccupante; sin da giovani i vari Artigiani e le Armi Magiche avevano ascoltato lunghe lezioni su quanto la Follia fosse un male che anni prima aveva infettato il mondo, si credeva persino che con la sconfitta del Kishin Ashura si fosse posto un freno a questa presunta “malattia”, ma così non fu; gli uomini continuavano a sviluppare inclinazioni pericolose e così, coloro che cedevano alla Follia divenendo dei pericoli per gli altri, andavano a rimpolpare le liste di anime corrotte stilate dallo Shinigami, liste che si credevano sarebbero state svuotate dopo la Guerra sulla Luna. Elizabeth aveva sempre nutrito una certa riserva nei confronti di quel modo arbitrario di vedere la Follia, soprattutto dal momento che persone come il professor Stein avevano in loro ingenti dosi di Follia e, malgrado ciò, erano considerati alleati indispensabili per lo Shinigami; quei pensieri le erano sempre ronzati in testa, ma cercava sempre di scacciarli via, preoccupata di dare loro voce visto come la scuola fosse categorica in merito a certe dinamiche perciò, anche allora, scacciò da sé tali pensieri andando a domandare al professore -La dose di Follia che ha in sé… quanto è massiccia?-
Stein si prese qualche secondo prima di rispondere -Secondo la scala dello Shinigami la sua Follia è un 6,7… il valore di Follia medio delle persone presenti nella liste dello Shinigami si aggira intorno al 5…- comprendendo che tale informazione potesse essere preoccupante ci tenne però ad aggiungere -Ma bisogna anche considerare che il mio valore di Follia è 8,8- e si lasciò andare a una leggera risata mentre si rimetteva in piedi, quasi volesse sottolineare che la situazione di William non fosse eccessivamente preoccupante.
-Quindi pensa che comunque anche lui sarà in grado di… controllare la propria Follia come fa lei?- inutile stare a sottolineare quanto Elizabeth fosse avida di risposte lì per lì, aveva bisogno di risposte e di ulteriori informazioni.
-Non è così semplice- spiegò Stein dando ora lei le spalle -Io, come anche Soul dopo di me, ho combattuto la mia Follia in determinati momenti della mia vita, William, da quanto osservato, non si è mai scontrato direttamente con essa…-
Gli occhi della ragazza corsero al volto dell’Artigiano steso sul letto -Quindi ora lui…-
-Già- asserì quasi mesto il professore -Ora sta combattendo con la sua Follia-.

William studiava più la figura che aveva davanti rispetto alla scacchiera, quasi il gioco non fosse per lui altrettanto importante; avevano fatto solo un paio di mosse, eppure il ragazzo era tanto distratto da aver lasciato il controllo totale del centro all’avversario mentre lui aveva semplicemente portato avanti la difesa.
-Per come sta andando la partita io ti consiglierei di concentrarti di più sulle prossime mosse che non su di me- asserì con calma Farfa prima di muovere l’alfiere campo chiaro per mangiare un pedone del ragazzo.
-È che…- malgrado la perdita appena subita lui era ancora proiettato a cercare di capire tutta quella situazione in cui si trovava -Stavo cercando di capire… Se questo luogo è solo una proiezione della mia mente, della mia psiche… Anche tu devi essere una parte della mia mente-.
-Oh…- un verso lugubre, ma al tempo stesso divertito, sfuggì alla maschera -Finalmente fai dei passi avanti! Direi che ti sei guadagnato una domanda!- esclamò contenta la maschera prima di chinarsi in avanti in modo da portare il proprio volto all’altezza della scacchiera, quasi volesse ora vedere il volto altrui attraverso quella selva di pezzi bianchi e neri -Tu sai quale guerra si è tenuta ormai diciassette anni fa?- pronunciò quella domanda come se pregustasse una preda ambita, come se in quella domanda si sarebbe venuta a giocare tutta la loro partita.
-Certo- per una volta William ebbe la gratificante sensazione di poter dare a sé stesso delle risposte precise -Diciassette anni fa, la squadra di cui facevano parte l’attuale lord Shinigami e The Last Death Scythe ha combattuto e sconfitto il Kishin Ashura nella guerra sulla Luna debellando in questo modo una delle principali fonti di Follia dal mondo- e quasi quella risposta gli avesse fatto recuperare parte della propria sicurezza mosse un cavallo al fine di mangiare un pedone avversario.
-Eppure la Follia non è stata debellata del tutto- canticchiò la maschera mentre roteava tra gli artigli un alfiere pronto a muovere -Le liste di anime corrotte dello Shinigami si sono espanse tanto che anche voi siete dovuti andare in missione più e più volte; il tuo Partner si è già cibato di 89 anime e se non mi sbaglio anche i tuoi compagni di squadra non sono da meno. Secondo te, come mai ci troviamo in questa situazione? Perché la Follia, con la morte del Kishin, non è stata cancellata dal mondo?- e a quel punto con l’alfiere mangiò il cavallo di William.
Tutte quelle domande erano in realtà interrogativi che già si erano agitati una volta in un recondito angolo della mente di William, Farfa si limitava a ritirarle a galla, a metterle sul piatto perché trovassero una risposta veritiera. In quel momento, qualcuno accanto al ragazzo bisbigliò qualcosa; lui si voltò di scatto pensando di intravedere qualcuno ma solo un’ombra serpeggiò via tra gli scaffali, velocemente, come una lucertola che fugge. Anche Farfa parve essersi accorto dell’accaduto ma non disse alcunché -Credo…- iniziò a dire William -Che la Follia non sia stata cancellata dal mondo poiché essa è un connotato naturale dell’essere umano-.
-Come nei versi di Yeats dico bene?- lo incalzò la maschera e subito il ragazzo annuì prima di citare -“Mi chiedi cosa mi faccia sospirate, vecchio amico, cosa mi faccia tremare così? Tremo e sospiro al pensiero che persino Cicerone e Omero intelletto poliedrico fossero folli come la nebbia e la neve1- ma fu nel pronunciare quelle parole che William comprese cosa si celava dietro alla maschera rossa -Tu…- iniziò a dire mentre Farfa, conscio della comprensione altrui, si abbandonò fiero, con le braccia conserte, contro lo schienale della sedia -…sei la mia Follia-.

La notte come sempre si era fatta avanti in punta di piedi coprendo Death City con la sua coperta di ombre non dissimilmente da come fa una madre premurosa col figlio appena messo a letto. La luna era ancora rinchiusa in quella bolla di sangue nero che rendeva la di lei luce smorzata rispetto alla normalità che in pochi ricordavano nitidamente; una delle persone che aveva conosciuto personalmente il candore del satellite ora oscurato era il professor Franken Stein, che aveva combattuto anni prima la Guerra contro il Kishin. Attualmente il professor Stein stava richiudendo dietro a sé la porta dell’infermeria dove Elizabeth, contravvenendo a tutti i suoi consigli, si era addormentata poggiata col busto al materasso su cui si trovava William; voleva semplicemente lasciare i due da soli, in quel sonno che dava l’illusione di avvicinarli, e perciò decise di prendersi una pausa per sgranchirsi un po’ camminando su e giù per i corridoi, non appena si trovò lungo il corridoio l’uomo ormai sulla cinquantina si fermò e si sgranchì le braccia dietro alla schiena -Uff… ogni tanto mi manca fumare…- bofonchiò tra sé e sé quasi la promessa di una sigaretta costituisse un aiuto a scacciare da sé pensieri che lo infastidivano. Tuttavia a distoglierlo da tali pensieri non fu il fumo ma il sopraggiungere del suono di alcuni passi in lontananza: erano circa le dieci di sera per cui la DWMA avrebbe dovuto ospitare solo il personale e fu questo a destare la sorpresa di Stein nel momento in cui vide August Equus avanzare verso la sua direzione -Come mai uno degli studenti modello della scuola si trova a scuola dopo l’orario di accesso?-
Nel momento in cui si accorse che quella voce proveniva dal professore il ragazzo fu preso da un improvviso spavento -P-Professor Stein… io non… nel senso io volevo… no, non volevo…- e quel balbettio confuso continuò per qualche altra frazione di secondo.
-Non ti preoccupare- risposte Stein con un ampio sorriso -Sebbene continuiate tutti a chiamarmi “professore”, malgrado ormai sia solo il responsabile dell’infermeria, non mi interesso di chi di voi infrange qualche piccola regola o simili per cui fingerò di non averti mai visto qui-.
-La… la ringrazio- disse August prima di lasciarsi andare a un sospiro di sollievo.
-Strano, mi aspettavo una tua strigliata in quanto sono un dipendente della DWMA che non punisce uno studente colto in fallo- ridacchiò l’uomo prima di cogliere uno sguardo severo da parte del giovane interlocutore -Non sono tanto pignolo…- lamentò prima che l’altro scoppiò a ridere -Lo so non temere, mi piace prendere in giro voi giovani… piuttosto, cosa ci fai qui a quest’ora August?-
-Volevo passare a trovare William ed Elizabeth- spiegò lui molto sinteticamente -Stanno bene?-
-Elizabeth si è addormentata qualche minuto fa, è stata in infermeria tutto il giorno per cui al momento ha bisogno di riposare un po’- iniziò a dire partendo dalla situazione più semplice -Per quel che riguarda William… eh per lui possiamo solo aspettare-.
-È per colpa della sua Follia repressa?- ancora una volta August cercò di tagliare corto rivelando in quel modo al professore che lui già conosceva la realtà dei fatti e ciò fece piegare il volto di Stein in un’espressione di stupore -Come fai a sapere della Follia di William?-
-A dire il vero l’ho scoperto quasi cinque anni fa, quando hanno composto la nostra squadra- iniziò a spiegare -Con la mia Percezione dell’Anima ho subito inquadrato che nella sua vi fosse qualcosa di particolare, ma inizialmente ho pensato a una mia svista- Stein non si meravigliò di quelle prime informazioni: August Equus era il migliore cecchino della DWMA poiché allenato sin da bambino nell’utilizzo della Percezione dell’Anima tramite la quale era capace di individuare anime anche a una grande distanza da lui, ma sicuramente la sua caratteristica più impressionante era la capacità di osservarle nel dettaglio, di cogliere in esse sfumature che gli permettevano di comprendere la natura delle persone che le possedevano, capacità rara da possedere anche per un Artigiano esperto -Tuttavia un giorno parlando con Will ho scoperto che anche lui era consapevole di avere della Follia in sé e ci siamo scontrati in maniera piuttosto accesa- e ancora una volta tali informazioni non costituirono alcuna novità per l’ex-professore dal momento che fu proprio lui a medicare i due giovani dopo quello scontro piuttosto violento -Forse lei non lo sa ma dopo quel nostro diverbio mi presentai dal Sommo Shinigami chiedendogli di collocare mio fratello e me in un’altra squadra; temevo la Follia di Will e lo vedevo come un pericolo… Fu allora che il Sommo Shinigami, nutrendo grande fiducia nei miei confronti, mi rivelò tutto riguardo le problematiche di William, chiedendomi ovviamente di non farne parola con alcuno-. Ecco il passaggio che mancava a Stein: non aveva idea che Kid in persona avesse rivelato a August di quella vicenda, probabilmente era stato spinto a fare ciò dalla fiscalità per cui era noto il ragazzo, per quel modo sempre ligio di guardare alle cose secondo le regole e le leggi insegnate alla DWMA -Mi ha però anche chiesto di non allontanarmi dalla squadra, anzi ha fatto leva sulla mia capacità di vedere la natura delle anime dicendomi di sorvegliare lo stato della Follia di Will; mi stupii poi che, dopo il nostro scontro, Will mi chiese la stessa cosa… Lui non si riteneva sbagliato nell’avere quella dose di Follia in sé, ma temeva che potesse degenerare e perciò mi chiese di tenerlo d’occhio-.
-Ora capisco meglio le cose ma voglio farti una domanda August- quasi volesse testare ulteriormente il ragazzo Stein lo guardò negli occhi domandando -Secondo te la Follia è qualcosa di tanto abominevole?-
-Sì- rispose con fermezza, malgrado sapesse esattamente davanti a chi si trovava, malgrado potesse vedere negli anfratti dell’anima dell’ex-professore quella dose di Follia ben più massiccia di quella di William -La Follia mette in pericolo non solo l’ordine del mondo ma anche gli umani che ne cadono vittima e coloro che stanno intorno a loro-.
-Quindi, qualora William cedesse alla sua Follia minacciando sé e voi, tu…- Stein non riuscì a finire la frase che subito August concluse per lui -Io sarei pronto a intervenire per fermarlo, anche qualora volesse dire eliminarlo- il tono del ragazzo si sforzava di essere freddo, ma una nota di riluttanza era chiaramente percepibile, indotta dal pensiero di dover eliminare un proprio amico -E questa mia linea di pensiero è condivisa da William stesso- concluse ricordando un’altra conversazione avuta con il compagno. Stein rimase qualche secondo zitto a guardare oltre le lenti degli occhiali propri e altrui andando a cercare gli occhi di August quasi cercasse di osservarne la fermezza -Comprendo, anche William ha timore di ciò che potrebbe fare qualora cedesse alla Follia e perciò ha chiesto a te di intervenire qualora le cose degenerassero- a quel punto l’ex-professore sospirò -D’altronde sei la persona più affidabile su questo versante- e cercò di spezzare i toni cupi della discussione in cui erano sfociati con una sonora risata.
-Già…- certamente parte dell’incertezza venne tradita dal ragazzo giunto a quel punto -Ogni tanto mi scoccia essere visto come quello più ligio… mi sembra di essere trattato sempre come l’incorruttibile, l’integerrimo, il più assennato a razionale del gruppo… Ma non so se mi va bene essere visto così-
-August noi tutti siamo fatti di sfumature- spiegò Stein continuando a fissarlo negli occhi -Nessuno di noi umani è solo Follia o solo razionalità, so che per te è difficile accettare, ma credo tu piano piano stia sentendo ciò sulla tua pelle e forse è proprio per questo che lo Shinigami ti ha messo in quella squadra, per farti accorgere che il bianco e il nero non bastano a catalogare il mondo ma servono tutte le possibili sfumature di grigio- Stein era quasi sicuro di aver dato una lettura irrealistica delle volontà di Kid ma in quel momento era la lettura che voleva offrire ad August.
-Magari ha ragione lei… ma resto dell’idea che la Follia sia qualcosa di abominevole e basta- concluse lui effettivamente in difficoltà nell’affrontare tali argomenti -Comunque sia se Elizabeth sta riposando e William non ha particolari problemi direi che posso andare… ah se mi può fare un favore gliene sarei grato- il ragazzo allora aprì la propria cartella ed estrasse da una tasca esterna di essa una piccola custodia di metallo con sopra raffigurata una sezione dell’opera Les Coquelicots di Monet -La può consegnare a Elizabeth appena si sveglia?- gli domandò porgendogli il contenitore affinché l’altro lo prendesse -Sono delle caramelle al caffè, visto che si è decisa a passare la degenza di Will in infermeria credo le potrebbero dare l’energia in più che le serve- e con l’abbozzo di un sorriso si congedò da Stein una volta che questi gli ebbe promesso che il suo dono sarebbe arrivato a destinazione.
August percorse in fretta i corridoi della scuola per poi trovarsi nelle strade illuminate da lampioni tremanti, c’era qualcosa nel suo discorso col professor Stein che lo aveva lasciato con molte domande in testa e non riuscì a comprendere dove si trovasse il bandolo della matassa dei suoi pensieri: era convinto degli insegnamenti dello Shinigami, era convinto delle regole, delle norme, che sin da bambino la DWMA gli aveva insegnato a rispettare e perciò era certo che qualora qualcuno avesse ceduto alla Follia lui si sarebbe armato per intervenire, fosse stato William o persino il professor Stein in persona, lui avrebbe difeso l’ordine; d’altronde non era questo l’obiettivo di Artigiani e Armi Magiche? Non era questo lo scopo delle sue due nature?

1-W. B. Yeats; Mad as the mist and snow;
"You ask what makes me sigh, old friend, / what makes me shudder so? / I shudder and I sigh to think / that even Cicero / and many-minded Homer were / mad as the mist and snow."; tale strofa è tuttavia problematica nella sua traduzione vista la formulazione degli ultimi tre versi, i quali offrono anche la possibilità a una resa di diverso significato quale "che persino Cicerone e tanti credettero Omero folle come la nebbia e la neve", entrambe le versioni sono accettabili sebbene ognuna mostri il fianco ad alcune critiche e simultaneamente poggi su punti di forza; per il testo si è scelta la traduzione all'apparenza più in linea con l'esegesi della poesia.

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