La congrega

di elenabastet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo terzo ***
Capitolo 4: *** Parte quarta ***
Capitolo 5: *** Parte quinta ***
Capitolo 6: *** Parte sesta ***
Capitolo 7: *** Parte settima ***



Capitolo 1
*** Capitolo primo ***


LA CONGREGA

 

Rating: toni adulti, temi delicati, AU.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa storia parte dal famoso episodio Un innamorato respinto (quello della camicia strappata) per raccontare sviluppi diversi della vicenda. Ci sono elementi che ho preso liberamente dalla serie Netflix Luna nera, ma non è un cross over.

Per il volto di Margot io penso a Judi Dench, per Liliane a Lily Rush di Cold case, per Tara e Viviane a Tara e Willow di Buffy, per Geneviève a Jessica di True blood, per Olympie a Xena, per Diane a Scully di The X-Files con Guillaume simile a Mulder. Ma non è un cross-over, quelli verranno poi.

 

1.

Un mostro, un essere spregevole, un infame, un criminale della peggiore specie.

Mentre scendeva le scale di casa Jarjayes, allontanandosi dalla stanza di lei, dove aveva perpetrato l’atto più vile, infame e ignobile commesso nella sua vita, André Grandier tremava dal rimorso per quello che aveva fatto.

Che pena poteva esserci per lui? Niente gli sembrava commisurato, galera a vita a remare, in una cella a marcire in mezzo ai topi, tortura, morte. Era stato ignobile, si sentiva marchiato d’infamia, chissà se c’era un marchio per quelli come lui, sarebbe cominciato sempre con la V come quello di Jeanne, ma non voleva dire voleuse, ladra, ma qualcosa di molto più orribile. Un violatore, e questo era quello che aveva fatto.

André arrivò in camera sua, la nonna era andata a letto e per fortuna, dato che era un po’ sorda, non aveva sentito niente di quella cosa orribile che lui aveva fatto, le voci concitate, i rumori di lotta, il pianto di lei, che l’aveva straziato più di ogni cosa.

Non meritava di vivere, voleva morire e doveva andarsene. Perché era una minaccia, perché quella sera si era trattenuto per miracolo da fare l’ultimo passo, il più criminale, ma sapeva che un giorno l’avrebbe fatto, e doveva scappare, perché comunque le aveva fatto del male, del male irreparabile.

Accese una candela in camera sua, prese dei fogli di carta, delle buste e l’inchiostro e iniziò a scrivere tre lettere d’addio.

La prima era per sua nonna.

Cara nonna

ti chiedo perdono se in questi anni non sono stato il nipote che volevi che fossi, ti ho dato tanti dispiaceri, ma ora me ne vado, basta gravare su di te.

Non cercarmi mai, è bene che io mi allontani, ti ringrazio di essere stata l’unica famiglia che ho avuto.

La seconda lettera era per il generale Jarjayes.

Egregio padrone,

preferisco lasciare per sempre il servizio presso casa vostra, non sono più degno della vostra famiglia. Vi ringrazio per avermi dato questo onore, vi prego di dare un tetto a mia nonna finché vivrà, non dovrete più preoccuparvi per me.

La terza lettera, più difficile, era per Oscar, e non riuscì a mettere l’introduzione, cara gli sembrava l’ennesimo affronto dopo quello che le aveva fatto.

Hai ragione tu, come sempre, Oscar. Tu devi farti la tua vita, è bene che io sparisca. Non cercarmi mai più, è chiaro che è meglio che non ci vediamo più, quello che ti ho fatto è talmente orrendo da non meritare perdono. Ti auguro di riuscire un giorno ad essere felice e di dimenticarmi. Non merito di esistere.

Fece asciugare le lettere e le mise in buste sigillate. Poi, pian piano, prese un lume e andò alla stalla, dove saltò su Alexander, il suo bellissimo stallone nero, non dopo aver accarezzato la bellissima Neve, per una volta sola, temeva di sporcare anche lei con l’orrore che aveva dentro, quel desiderio perverso e criminale.

Partì a cavallo nella notte, lasciando la tenuta Jarjayes: doveva andare lontano, dove nessuno lo avrebbe mai più cercato, poteva essere il Nuovo Mondo, da Brest, l’Inghilterra, da Calais, o meglio ancora rivolgersi verso il Mediterraneo e andare a combattere contro i barbareschi. L’importante era che la sua vita finisse al più presto.

 

2.

Senza una mappa era facile perdersi, e dopo oltre un giorno di cammino, André non sapeva più dove fosse. O meglio, era nella foresta di Fontainebleau, nella zona del bellissimo castello di Francesco I, ma la foresta era impenetrabile e selvaggia, e dopo un po’ i sentieri si perdevano. Aveva mangiato pane e formaggio in una taverna la sera prima, con tanto, troppo vino, si era messo a dormire nella stalla per qualche ora, poi era ripartito, aveva trovato una fonte a cui bere un po’ d’acqua, ma ora erano ore che avanzava nella foresta, sempre più buia e fredda, con la pancia vuota, senza cibo né acqua, con l’alcool ancora in circolo che lo faceva stare male e con Alexander esausto. Il suo destino sarebbe stato di morire di inedia o divorato dalle belve feroci, ma era quello che si meritava, nemmeno il suo corpo impuro doveva rimanere.

La strada era in salita, ormai era esausto e arrivò in cima ad un pendio, dove di colpo, in una radura in mezzo alla foresta, c’era un castello dei tempi antichi, con torri e torrioni, cupo e vuoto all’apparenza. André cadde quasi da Alexander, si rotolò per terra, su terriccio, erba e fango, e chiuse gli occhi. Era meglio morire, allora, sperando che almeno Alexander si sarebbe salvato.

 

3.

C’erano dei rumori intorno a lui, delle voci.

“Poveraccio”, disse la voce di una donna più anziana, passandogli una mano sul volto per vedere come stesse.

“Dobbiamo portarlo dentro”, disse un’altra.

Si sentì sollevare e mettere su una lettiga che strusciava per terra e trascinare via: aprì un attimo gli occhi e vide delle donne, un’anziana, tre ragazze, due con i capelli rossi e una bionda, una donna bruna più giovane e una bionda che gli sembrò per un attimo lei.

Delle donne lo stavano salvando, lui che le donne le aveva offese e maltrattate, partendo da quella che amava più della sua vita e che avrebbe dovuto proteggere. Cercò di divincolarsi e alzarsi ma era troppo debole.

Dormì senza sogni per un tempo indefinito: il freddo e l’umido della pioggia che l’avevano avvolto erano spariti, ora sentiva di stare meglio. Ad un tratto, un corpo caldo e peloso, accompagnato da un miagolio, gli saltò addosso.

Una voce di donna, che forse aveva già sentito, disse:

“Dai, Merlino, lascia in pace il nostro ospite, anche se penso che la tua presenza possa fargli anche bene!”

André aprì leggermente gli occhi: non era più fuori, all’addiaccio, ma su un letto, in una stanza dove c’erano un camino, un armadio aperto con alambicchi e erbe secche, un altro con dei libri e una finestra. Vide Merlino, un bel gattone nero e bianco che gli fece un miagolio di saluto e iniziò a impastare con le zampine.

“Ah, ma il nostro ospite si è svegliato!” André girò la testa e vide una donna anziana, non come sua nonna ma quasi, che lo guardava sorridendo.

“Chi siete?”, mormorò.

“Margot, ora chiamo le altre”.

André si girò nel letto, era comodo e al caldo, e si sentiva meglio, anche se non lo meritava.

“Eri quasi congelato, affamato e mezzo stordito dal vino che devi aver bevuto. Ma adesso ti ho ricucito”.

Un tramestio di passi arrivò sulla porta: André si tirò su e vide entrare due bambine, tre ragazze e tre donne, riconoscendo in una di loro quel volto che si era chinato su di lui, che gli ricordava Oscar.

“Sono Lilian, a capo di questa congrega di Figlie della dea Diana”, disse proprio quella donna, osservandolo con degli occhi penetranti azzurri che sembravano scrutarlo. Le altre due donne erano una con i capelli neri come l’ebano, Olympie, e l’altra rossa, Diane e annuirono dandogli il benvenuto. Le ragazze erano una rossa, Vivian, una bionda, Tara, e una terza di nuovo rossiccia, Geneviève. Le due bambine, rosse scuro di capelli, si chiamavano Marianne e Flore.

“Io mi chiamo André, ero in viaggio per Marsiglia dove devo imbarcarmi, ma ho perso la strada”.

“Direi proprio di sì”, rispose Liliane, “e visto che siete ancora debole, sarete nostro gradito ospite. Noi siamo una comunità di sole donne, ma ospitiamo anche uomini, a volte, se sono gentili e compassionevoli, in cambio di qualche lavoro. Ma voi dovete riguardarvi”.

Se avessero saputo che persona era lui… ma André era ancora troppo debole. Chiese solo:

“Il mio cavallo Alexander?”

“Sta bene”, disse Geneviève, “è nella stalla con i nostri, le mucche e le capre”.

Margot arrivò con un brodo con dentro tozzi di pane, pezzi di quel tubero chiamato patata e un po’ di formaggio e lo sforzò a mangiare.

“Eri mal ridotto… scusami se ti do del tu ma potresti essere mio nipote. Per fortuna che hai smaltito la sbornia, avevi bevuto tanto”.

“Sì, stavo poco bene, ho fatto male”. André si sentì meglio mangiando, ma poi dovette chiedere dove era il bagno.

“Qui dietro”, disse Margot, indicandogli una porta che portava in un piccolo torrione, dove secoli prima avevano costruito un gabinetto. Meglio che a Versailles, per certi aspetti, era più intimo e più discreto. Margot fece per aiutarlo, ma lui si rifiutò, nessuna donna era al sicuro in sua presenza. André faticò ad alzarsi, ma poi si diresse sulle gambe malferme verso la stanzetta. Non voleva dare altri spettacoli disgustosi a delle donne, non era proprio il caso.

Mentre camminava, avvolto in un camicione con cui l’avevano rivestito che in certi punti lo lasciava scoperto, sentì chiaramente Geneviève, la ragazza rossa con le labbra color dei mirtilli e le curve sotto un abitino semplice bianco, dire: “Quanto è bello, quanto vorrei che fosse lui a rendermi mamma!”

Quella frase lo inquietò ma gli creò anche una strana sensazione di eccitazione: quella ragazza avrebbe potuto essere quasi sua figlia, in un’altra vita e con altre scelte.

Quando rientrò a letto, Margot gli disse:

“Questa è l’infermeria, ognuna di noi ha la sua stanza, ma io veglierò anche stanotte su di te, come le ultime due notti.”

“Cosa siete?”

“Una comunità di donne, come puoi vedere. Ci sono anche i gatti con noi, hai conosciuto Merlino, ma ne abbiamo altri cinque, più due cani fuori. Ti racconterà meglio Liliane di noi, ora dormi di nuovo un po’. Se hai bisogno, sai dov’è il gabinetto. Ora buona notte!”

André pensava che non si sarebbe addormentato per un po’, ma crollò quasi subito, con Merlino che si mise ancora più comodo accanto a lui.

Margot uscì un attimo dalla sala e si consigliò con Liliane, Olympie e Diane.

“Cosa ne pensate? Sembra una brava persona e non potevamo lasciarlo morire”.

“Certo”, disse Diane, “io sento in lui tanta tristezza, quasi sicuramente è vero che voleva andare a Marsiglia, ma ha un tormento senza fine per qualcosa che ha fatto o è convinto di aver fatto. Mi ricorda Guillaume quando l’ho conosciuto”, aggiunse sorridendo.

“Tu non sbagli mai Diane”, rispose Liliane, “e anch’io ho avuto quell’impressione. Tanto resterà con noi credo a lungo, sta arrivando l’inverno, sarà che potrà mettersi in viaggio”.

“Geneviève l’ha già adocchiato, e devo dire che è bello, imponente, senza un’oncia di grasso addosso, muscoloso”, disse Olympie.

“Ah, è bene che si dia una calmata”, rispose Liliane, “ma ci sarà modo di conoscerlo meglio e chissà”.

 

4.

Oscar era caduta addormentata non appena si era messa a letto, nonostante le emozioni dell’ultima parte della giornata. Nel sonno riviveva quei momenti concitati, il suo dire ad André che non aveva più bisogno di lui, una cosa che aveva fatto in maniera sofferta, perché lei a lui teneva da sempre, e che aveva cercato di fargli passare come un messaggio rapido e indolore, certo, avrebbe dovuto essere meno dura, più accomodante, dopo tutto quello che aveva fatto per lei, forse non avrebbe perso la testa in quel modo. E poi lui era entrato nella stanza dietro di lei, le aveva detto quella frase Una rosa è sempre una rosa, non sarà mai un lillà, lei l’aveva schiaffeggiato e lo aveva afferrato per il bavero e a quel punto… lui aveva davvero perso la testa, per la prima e unica volta in tanti anni, facendole un qualcosa che l’aveva disturbata e la turbava. Nel sonno lo sentiva ancora sopra di sé, ma non era una sensazione spiacevole, ma non doveva succedere.

Alla fine aprì gli occhi quando ormai l’alba era già iniziata da un pezzo, si alzò dal letto e andò verso lo specchio: c’erano ancora le tracce delle lacrime che aveva versato, le lacrime per aver perso un amico in quel modo, anzi un fratello, le lacrime per l’umiliazione subita, da parte di qualcuno che per lei era la persona più importante al mondo, e per qualcosa che la sconvolgeva dentro senza che lei capisse cosa. Le sue labbra erano ancora gonfie e lei sapeva benissimo perché, quella cosa, quel bacio era stato qualcosa che non si aspettava e non sapeva come capire, ma l’aveva segnata non solo dentro ma anche fuori. La camicia era rovinata, e lui aveva visto quello che voleva vedere, tutto quanto, anche se dopo si era fermato.

Aveva di nuovo voglia di piangere, sapendo che non avrebbe più potuto contare su di lui, era tutto rovinato, e quello che le aveva detto dopo era talmente sconvolgente che era rimasta senza fiato. La amava, era pazzo di lei, e non aveva mai visto in lei un’amica, una compagna d’armi, una sorella, ma una donna da desiderare con follia e passione, come le aveva dimostrato.

Si tolse la camicia, buttandola in fondo all’armadio, quasi a cancellare il tutto e se ne infilò un’altra, cercando di non tremare troppo.

Alcuni passi concitati per le scale la scossero, le sembrò di sentire la voce di Marie, la nonna di André, ecco a lei non avrebbe mai raccontato niente, e non solo per non darle un dispiacere.

Qualcuno bussò alla sua porta:

“Madamigella, madamigella”, era Marie.

Oscar le andrò ad aprire, con una certa apprensione.

“Madamigella, è terribile, André è sparito, non c’è nemmeno più il suo cavallo, ha lasciato una lettera a me, una a vostro padre e una a voi”.

Le porse la lettera e Oscar la lesse, sbiancando. No, non doveva fare così, non doveva andarsene, e poi quelle parole erano un annuncio di morte. Lui non meritava di morire, lei voleva che fosse felice, che trovasse un modo per esserlo, perché era stato la sua roccia per anni per lei e anche se aveva rovinato tutto non meritava il peggio.

“Ma quando è partito?”

“Credo nel cuore della notte, ormai sarà lontano”, rispose Marie disperata, “cosa possiamo fare?”

“Cercarlo”, disse Oscar, “al più presto”.

Non doveva andarsene, non così, malgrado quello che era successo c’erano altri modi per risolvere la questione.

“Per caso è successo qualcosa con voi, madamigella?”, chiese la povera Marie.

“No”, rispose Oscar, cercando di essere sicura come voce. Cosa dovevo dirle? Che il suo nipote le era saltato addosso per baciarla e stringerla come un amante? Che tutto era degenerato, rovinando un rapporto di oltre vent’anni?

“L’ho congedato, dicendogli che non ho più bisogno di lui, ma non c’erano problemi...”, aggiunse.

Marie la guardò a bocca aperta e non aggiunse altro. Oscar rimase in silenzio, capendo che forse aveva detto troppo.

“Comunque lo ritroverò”.

 

5.

André sembrava sparito nel nulla, non c’era traccia di lui, doveva essere partito che era notte e aveva fatto perdere le sue tracce.

Oscar andò fino al fiume e lo costeggiò, girò per tutta Versailles senza che nessuno le desse notizie: André aveva deciso di sparire.

E di colpo si disperò. Lei non avrebbe mai voluto che gli succedesse questo, lei voleva vivere la sua vita da uomo, era stato troppo doloroso quello che era successo con Fersen, e voleva lasciarlo libero. I fatti di quella sera l’avevano marchiata a fuoco dentro, non avrebbe più avuto il coraggio di guardare André negli occhi, ma pensava che anche lui avesse diritto ad una vita sua. Ma quella lettera le faceva temere il peggio: lo immaginò mentre si buttava nella Senna o mentre si puntava una pistola alla tempia e lei non voleva che morisse, anche se per un attimo lo aveva odiato come nessuno prima di allora, mentre distruggeva il loro rapporto di fiducia comportandosi come un amante geloso e possessivo, un qualcosa di cui lei non lo riteneva capace.

“André, dove sei?”

Di colpo si ricordò di Bernard Chatelet. Sapeva che era a Parigi, che era un giornalista e conosceva un po’ di gente, forse poteva darle una mano. Del resto, da chi si va quando una persona sparisce?

Aveva girato a vuoto per ore, e forse era il caso di andare a Parigi da Chatelet, sapeva che era da Rosalie, o almeno lei gli avrebbe detto dove trovarlo. Magari anche André era da Rosalie, e in quel caso sarebbe stata felice, era una ragazza dolce e un suo sogno nel cassetto era da sempre quello di vederli insieme. Rosalie sarebbe stata la persona giusta per lui, dolce ma energica, e felice di vivere da donna.

Arrivò a casa di Rosalie a Parigi che era notte ormai, faceva freddo, sperando di avere notizie.

Bussò. E fu Bernard Chatelet a venirle ad aprire, non avrebbe dovuto stupirsene, era lei che l’aveva mandato a casa della sua protetta.

“Oscar… ma che ci fate qui?”

“Dov’è Rosalie?”

“Sta già dormendo, che sorpresa vedervi.”

“André è qui da voi? Ha lasciato palazzo Jarjayes stamattina, lo sto cercando da allora”.

“No, non l’abbiamo visto, non sappiamo niente”.

In quel mentre, arrivò sull’uscio anche Rosalie, in abito da notte, stupita dal vedere Oscar.

“Oddio, dove può essere André?!”, chiese Rosalie, “madamigella Oscar, è tardi, fermatevi da noi”.

Da noi. Oscar capì subito che tra Bernard e Rosalie c’era del tenero, e le cose erano giunte ad un punto importante. Le trovarono un giaciglio abbastanza comodo nel soggiorno e poi si ritirarono in camera loro. Rosalie ormai era una donna, e per un attimo Oscar pensò a quella che per lei era stata più di una sorella minore tra le braccia dell’amato con una punta di quasi invidia. Poi pensò a se stessa, a quell’aggressione che l’aveva ferita nell’orgoglio, a quel bacio rubato che in un altro momento sarebbe stato di pura passione, a quell’abbraccio folle. No, non odiava André, ma non riusciva ancora a perdonarlo, ma non poteva lasciarlo chissà dove era, aveva dei doveri verso di lui, forse solo quello di assicurargli la felicità che lei non poteva dargli. Non l’aveva salvato dall’ira del re anni prima per vederlo cadere nel baratro della disperazione. E poi André aveva dei doveri verso sua nonna, a cui non doveva sottrarsi. Non avrebbe mai raccontato a nessuno cosa le aveva fatto, glielo doveva perché potesse ricostruirsi una vita.

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Capitolo 2
*** Capitolo secondo ***


LA CONGREGA

PARTE SECONDA

 

Rating: toni adulti, temi delicati, AU.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa storia parte dal famoso episodio Un innamorato respinto (quello della camicia strappata) per raccontare sviluppi diversi della vicenda. Ci sono elementi che ho preso liberamente dalla serie Netflix Luna nera, ma non è un cross over.

Per il volto di Margot io penso a Judi Dench, per Liliane a Lily Rush di Cold case, per Tara e Viviane a Tara e Willow di Buffy, per Geneviève a Jessica di True blood, per Olympie a Xena, per Diane a Scully di The X-Files con Guillaime simile a Mulder. Ma non è un cross-over, quelli verranno poi.

 

6.

L’indomani mattina, Oscar si congedò di buon mattino da Bernard e Rosalie.

“Posso fare una cosa, e spero davvero che serva”, disse Bernard, “divulgare la notizia in giro per le osterie e le locande, e cercare di capire se qualcuno l’ha visto.”

“Quest’anno la primavera sembra in ritardo”, disse Oscar, “non oso pensare a lui da solo al freddo”. Era vero, il pensiero che André potesse soffrire da qualche parte la faceva star male. Il ricordo di qualche sera prima, tra umiliazione e imbarazzo, era stato sostituito dalla preoccupazione per la sorte del suo amico, sempre che potesse chiamarlo così.

Rosalie annuì e poi aggiunse:

“Ma che strano che André se ne sia andato in questa maniera”.

“Io l’avevo congedato ma non pensavo che la prendesse così male”, disse Oscar, cercando di non far capire che mentiva. Il problema era un altro, e lei sapeva quale, ma non voleva ammetterlo né parlarne, nessuno doveva sapere quel segreto che lei e André condividevano, la fine della loro amicizia, una reazione sconvolgente con cui purtroppo bisognava fare i conti. Qualsiasi cosa avesse raccontato, avrebbe creato problemi ad André e lei non avrebbe mai voluto che lui soffrisse più di quanto già soffriva.

Nei tre giorni successivi, Oscar pensò al peggio, continuando a percorrere strade in cerca di notizie di André, con Marie sempre più disperata e suo padre sempre più perplesso. Non poteva confidarsi con nessuno.

Poi arrivò uno spiraglio, con un messaggio di Bernard che le segnalava che in una locanda verso Fontainbleau era passato un uomo simile ad André qualche giorno prima: si era fermato a mangiare e aveva dormito nella stalla, e aveva l’aria disperata. Oscar si ripromise di andare là.

 

7.

André non aveva più voluto stare a letto, nonostante le raccomandazioni di Margot, e aveva iniziato a darsi da fare per le sue ospiti streghe.

“Non riesco a stare con le mani in mano, non è nelle mie abitudini”, aveva detto a Margot, “poi quando cambierà il tempo toglierò il disturbo, è meglio per tutti che faccia così”.

Il castello della Congrega di Diana era un posto curioso, molto diverso da Palazzo Jarjayes: c’era un orto da tenere d’occhio all’interno e un angolo con piante da frutto vicino all’uscita, a rischio per il gelo che non andava via in quello strano anno, c’erano gli animali nella stalla, i gatti in casa e due cani, e c’erano spazi come la dispensa e la biblioteca. Di lavoro ce ne era, per tutti, e André non si tirò indietro.

Quel giorno era venuto fuori un sole tiepido, ed André si mise a sistemare la legnaia. Ad un tratto, sentì un fruscio dietro di sé, e prima di potersi girare, Geneviève lo afferrò per la vita cingendolo con le mani.

No, non poteva permettere a quella ragazza giovane e bella di avvicinarsi così a un individuo come lui.

“No, ti prego, non deve succedere niente”, disse lui, con in fondo a sé una vaga sensazione di piacere per essere stato coccolato da qualcuno.

“Non mi trovi bella?”, disse lei. Certo che era bella, con i seni non nascosti e mortificati sotto la camicetta e la gonna colorata.

“Sì, ma tu sei giovane, sei pura, meriti di meglio”.

“Ma qui non viene mai nessuno, non conosco nessuno, nemmeno a Beltane mi lasciano vedere dei ragazzi”.

“Cos’è Beltane?” André aveva già sentito quel nome, ma non si ricordava dove.

“La festa che ci sarà tra qualche giorno, speriamo che faccia bello, serve a celebrare l’amore”.

Quanto era dolce e ingenua quella ragazza…

“Ma succederà, prima o poi, hai bisogno di qualcuno di diverso da me, io sono ormai corrotto e cattivo”.

“Ma dove, sei bello, sei gentile, sei nobile, sei compassionevole...”

“Tu non sai cosa sono stato capace di fare...”

“Già, non lo sappiamo”. Non visto, era arrivato Guillaime, il compagno di Diane e l’altro uomo che viveva nel castello, sia pure non fisso.

André abbassò lo sguardo e disse:

“Ho bisogno di parlare con qualcuno… mi sento fuori posto, accolto da queste buone donne che non sanno niente di me e di che cosa ho fatto”

“Vi ascolto”, disse Guillaime, “Geneviève, è meglio che ti allontani. Bisogna capire chi è davvero il nostro ospite”.

André abbassò il capo e disse:

“Sono stato accolto qui, non era mia intenzione disturbare nessuno, ma dovete sapere chi sono e cosa ho fatto. Ho tradito la donna che amo nel modo peggiore...”

“Cosa intendete?”

“Ho lavorato per tutta la vita al servizio della sua famiglia e sono stato per lei il suo valletto...”

“Uhm, non siete sposati?”

“No, e non lo saremo mai. Lei… ha avuto e ha una vita fuori dagli schemi, è un soldato”.

Guillaime stette zitto, ma fece capire che forse aveva una vaga idea di chi stesse parlando André. Certe voci comunque giravano.

“Lei è stata ferita da un altro uomo, che ha calpestato i suoi sentimenti, non so come possa aver fatto una cosa del genere”.

“Veramente ignobile, ma per ora non sento niente di sbagliato da parte vostra, semmai è l’uomo che l’ha ferita che dovrebbe sentirsi colpevole”.

“Lei ha preso la decisione di cancellare per sempre la sua femminilità, ma non può, è parte di lei...”

“La Dea ci insegna proprio questo...”

“Lei mi ha congedato dal mio ruolo di attendente, dicendo di non volermi più nella sua vita. Io le ho detto una frase, le ho detto che una rosa non potrà mai essere un lillà e lei è diventata furiosa. Mi ha schiaffeggiato con un disprezzo che non avevo mai visto e poi mi ha afferrato per la camicia, mi scuoteva, era fuori controllo...”

“Beh, direi che è stata la vostra donna a farvi qualcosa di brutto, non pensate?”

“Lei non è la mia donna e voi non sapete cosa le ho fatto io. Ho perso la testa, erano giorni che bevevo in maniera smodata, e l’ho afferrata con tutta la mia forza, volevo mostrarle che una donna è comunque più debole di un uomo, che chiunque poteva sopraffarla, solo che fino ad adesso nessuno aveva mai osato farlo...”

“Sulla forza delle donne, dipende dalle situazioni, quando la mia Diane mi ha dato le nostre meravigliose figlie dubito che avrei potuto come uomo sopportare quello che ha fatto lei per tutta l’attesa e quando sono nate. Però come forza nei momenti di scontro avete ragione”.

“E allora ho fatto una cosa ignobile… l’ho baciata sulla bocca, ho violato le sue labbra con la lingua, ho sognato tante volte di fare quello, ma non così, ho voluto farle sentire ancora che era una donna debole da desiderare, che io la volevo come un’amante... “

“Uhm, è tutto qui?”

“Il mio corpo mi stava tradendo, ero… eccitato, la volevo far mia, per fargliela capire una volta per tutte, e l’ho spinta sul letto, la tenevo ferma sulle coltri, era un sogno che si realizzava, la stavo umiliando ma non ci pensavo, e lei a quel punto ha detto che avrebbe chiamato aiuto se non la lasciavo, quando ero da sempre io che la salvavo...”

“E quindi?”

“Le ho strappato la camicia di dosso, in quel momento volevo toglierle tutto, la volevo tra le mia braccia, con la sua femminilità rivelata, la volevo mia a tutti i costi, anche contro la sua volontà...”

“Poi cosa le avete fatto?” Guillaime era gelido.

“Ha smesso di resistermi, umiliata e sconvolta, ha girato il suo volto da un lato scoppiando a piangere e chiedendomi cosa volessi farle, e cosa volevo provare… io non posso dire cosa le avrei fatto, era troppo orribile anche solo pensarlo, sono un mostro. Ma mi sono fermato, in quel momento ho capito il male che le avevo fatto. Ho buttato per terra i brandelli del suo abito, le ho chiesto perdono, l’ho coperta con il lenzuolo, lei singhiozzava disperata e io ho tradito tutto quello che c’era di bello e di puro tra di noi. E poi, mentre me ne andavo le ho dichiarato il mio amore da sempre e per sempre, ma non potevo rimanere con lei, non dopo averle fatto così male, e quindi sono scappato”.

André alzò gli occhi, Guillaime lo stava guardando con aria indecifrabile ma non ostile.

“Direi che dovete raccontare questa storia alle accolite, decideranno loro la vostra sorte”.

“Merito il peggio”.

“Decideranno loro la vostra sorte, io non posso farlo”. Ma a quel punto Guillaime allungò una mano e diede una pacca sulla spalla destra di André.

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Capitolo 3
*** Capitolo terzo ***


LA CONGREGA

PARTE TERZA

 

Rating: toni adulti, temi delicati, AU.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa storia parte dal famoso episodio Un innamorato respinto (quello della camicia strappata) per raccontare sviluppi diversi della vicenda. Ci sono elementi che ho preso liberamente dalla serie Netflix Luna nera, ma non è un cross over.

Per il volto di Margot io penso a Judi Dench, per Liliane a Lily Rush di Cold case, per Tara e Viviane a Tara e Willow di Buffy, per Geneviève a Jessica di True blood, per Olympie a Xena, per Diane a Scully di The X-Files con Guillaime simile a Mulder. Ma non è un cross-over, quelli verranno poi.

 

8.

Erano tutte davanti a lui, tranne le due bambine, che erano state mandate a giocare con i gatti in un’altra ala del castello. C’era anche Guillaime, impassibile come le donne, con le braccia conserte e l’aria impenetrabile.

André era pronto ad ogni punizione, del resto era quello che si meritava, se avessero deciso di ammazzarlo e buttarlo chissà dove ne sarebbe stato sollevato.

“Penso che dobbiate raccontarci qualcosa”, disse Liliane.

“Certo, e vi chiedo perdono se non l’ho fatto subito.”, rispose André, ed iniziò a parlare. Del resto la sua vita era finita, ormai.

Cercò di capire qualcosa dai loro volti, ma erano impassibili, mentre andava avanti a raccontare la storia della sua vergogna.

Disse loro del problema che aveva all’occhio e delle serate in cui era corso ad ubriacarsi, perdendo man mano il contatto con la realtà e il controllo. Raccontò loro del suo amore da una vita per una donna che si ostinava a vivere da uomo, di cosa le era successo, della delusione che aveva subito per mano di un altro e di cosa gli aveva detto, congedandolo e di come lui le avesse risposto.

E poi disse loro tutta la sua vergogna, come lei aveva reagito alle sue parole, al suo schiaffo, al suo afferrarlo, del bacio rubato, della sua eccitazione vergognosa, del letto, dello strappo, delle lacrime di lei, della sua dichiarazione, della sua fuga.

Stettero in silenzio per un po’. Poi Guillaime si alzò e gli afferrò la spalla, con amicizia.

“Coraggio, ti sei liberato di un peso, adesso andrà tutto meglio”.

L’anziana Margot lo guardò con tristezza e disse:

“Ero molto più giovane di Geneviève quando arrivarono quattro guardie del re a casa di mio padre: noi eravamo ugonotti, ce l’avevano con noi e iniziarono a perquisire tutto, accusandoci di aver diffuso dei libelli falsi. Sapemmo dopo che era una vendetta del prete perché mio fratello era stato insidiato da lui e si era ribellato. Portarono me, mia madre e la mia sorellina in camera e ci violentarono ripetutamente. Mia sorellina morì, mia madre non parlò quasi più, io non riesco a far avvicinare nessuno a me da allora. Tu non sei un criminale. Tu ami una donna, hai perso la testa per un attimo, ti sei pentito. “

“Ma non capite, io ho fatto una cosa orrenda!”

“Vuoi che ti racconti cosa fecero a me, come mi aprirono le gambe, come si strusciarono contro di me, quante botte mi dettero, come mi ferirono, come mi straziarono? Sanguinai per giorni dopo. Quelli erano criminali, tu no.”, dissse Margot.

“Io avrei potuto farle anche di peggio, ho dovuto andarmene. Io ero eccitato, e non è la prima volta che mi succedeva se avevo lei vicino. In quel momento stavo perdendo la testa, sentivo il mio desiderio e la mia eccitazione che mi sovrastavano, volerlo farla mia e chissà cosa potrebbe succedere un’altra volta...”

“Carissimo”, disse Guillaime, “se noi uomini non ci eccitassimo non potremmo amare le nostre donne e mettere al mondo i nostri bambini. Fa parte della natura e delle forze che ci governano”.

“Ma il fatto che io abbia provato quello….”

“Perché la desideri”, disse Olympie, “ma sai trattenerti”.

“L’ho fatto una volta e potrei rifarlo”.

“No”, disse Liliane, “sei pentito del male fatto, stai soffrendo, non lo farai di nuovo, a meno che lei non lo voglia. E un giorno lo vorrà”.

“Ma cosa state dicendo?”

“Ti sto dicendo il tuo destino”, continuò Liliane, “tu e lei siete una cosa sola, noi vediamo certe cose. Dovresti tornare da lei, la tua dedizione e il tuo amore saranno premiati”.

“Ma no, è impossibile”.

“E invece no”, disse Diane, “voi siete legati per sempre, quello che le hai detto quel giorno un giorno farà in modo che un giorno lei ti ami”.

“Resta con noi quanto vuoi”, disse Liliane, “ma dovrai tornare da lei, prima o poi, e portare a termine il tuo destino, il tuo amore consacrato dalla Dea. Tra qualche tempo festeggeremo Beltane, la festa dell’amore e della vita. Ti aiuterà”.

“Mi sarebbe piaciuto che tu fossi il papà dei miei figli”, disse Geneviève, “ma penso un giorno che vorrei essere amata come tu ami la tua donna”.

“No, ma voi non capite”.

“Capiamo eccome”, dissero Viviane e Tara, “tu hai un destino da compiere e questo avverrà”.

André si allontanò confuso, cercò di arrivare alla porta del castello per scappare, ma qualcosa gli impediva di andare avanti. Alla fine andò a tagliare un altro po’ di legna, per sfogarsi e svuotarsi la testa.

 

Si guardarono tutte insieme, con l’aggiunta di Guillaime.

Geneviève disse:

“Bisogna che la sua donna venga a riprenderselo”.

“E magari che passi con noi Beltane”, aggiunse Liliane.

“Bene, sappiamo cosa fare”, disse Margot.

 

9.

Presso la locanda vicino alla foresta di Fontainbleau, Oscar non raccolse grandi informazioni.

Sì, ricordavano un uomo che corrispondeva alla descrizione di André, ma non sapevano dove fosse andato, sembrava disperato ma determinato ad andare avanti, aveva loro solo chiesto la strada per arrivare verso la costa francese, a miglia e miglia di distanza, con pericoli a non finire.

“Se poi si è perso nella foresta è finita”, disse l’oste.

“Ah, tenendo conto cosa ci può essere nella foresta...”, disse una delle cameriere.

“Cosa c’è nella foresta?”, chiese Oscar.

“Dicono che ci vivano delle streghe in una congrega, rapiscono gli uomini, li usano per avere figli rubandogli il seme e poi li sacrificano nel sabba, sventrandoli, evirandoli e sgozzandoli!”, continuò lei.

“Claudette, piantala con queste corbellerie!”, disse l’oste.

“Padron Maurice, è tutto vero”.

No, André non meritava una fine così, anche se sembrava proprio una leggenda macabra della foresta. Ma non meritava proprio di morire, Oscar voleva rivederlo, parlargli e perdonarlo, e vedere se potevano recuperare qualcosa della loro amicizia perduta.

Di colpo, Oscar capì che lui era la sua anima, il suo compagno inseparabile. No, non l’aveva umiliata quella sera, le aveva aperto gli occhi. Le aveva fatto male? Più al suo orgoglio che ad altro, e quelle parole che le aveva detto erano troppo profonde, sommesse e toccanti per ignorarle.

Non doveva finire così tra di loro.

Uscì fuori dall’osteria e si disperò, almeno avrebbe voluto sapere che stava bene, che era felice. La foresta di Fontainbleau si stendeva di fronte a lei, e di colpo lei sentì qualcosa... l’aria soffiava e la accarezzava e le indicava come una via. Le sembrava di sentire la sua voce, quando scherzava con lei, quando le parlava delle dicerie di palazzo, quando le aveva detto quella frase sulla rosa e il lillà che l’aveva tanto ferita ma che forse non era sbagliata, quando le aveva dichiarato il suo amore. Lui era lì da qualche parte, in mezzo a quegli alberi, e lei lo avrebbe trovato, doveva trovarlo.

Salì a cavallo e iniziò a percorrere un sentiero, che man mano si apriva. Le venne in mente quella vecchia fiaba, La bella addormentata di Charles Perrault, quando il principe entra nel bosco che si apre a lui per trovare la principessa. Ma cosa avrebbe trovato in fondo?

 

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Capitolo 4
*** Parte quarta ***


LA CONGREGA

PARTE QUARTA

 

Rating: toni adulti, temi delicati, AU.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa storia parte dal famoso episodio Un innamorato respinto (quello della camicia strappata) per raccontare sviluppi diversi della vicenda. Ci sono elementi che ho preso liberamente dalla serie Netflix Luna nera, ma non è un cross over.

Per il volto di Margot io penso a Judi Dench, per Liliane a Lily Rush di Cold case, per Tara e Viviane a Tara e Willow di Buffy, per Geneviève a Jessica di True blood, per Olympie a Xena, per Diane a Scully di The X-Files con Guillaime simile a Mulder. Ma non è un cross-over, quelli verranno poi.

 

10.

Oscar si inoltrò nella foresta, sempre più fitta, ma il sentiero continuava ad apparire di fronte a lei, chiaro. C’era qualcosa di strano in quel posto, ma per lei l’importante era ritrovare André e non voleva lasciare nulla di intentato.

Vide tassi, volpi e cervi, sentì uccelli mai sentiti prima che cinguettavano, il buio si stava avvicinando e si preoccupò, ma mentre pensava a come avrebbe potuto fare una volta caduta la notte in mezzo a quel posto sperduto, il bosco si aprì in uno spiazzo dove c’era un castello antico, molto diverso da quello dove viveva, maestoso, sobrio, inquietante ma nello stesso tempo un baluardo di civiltà.

Era abitato, lo capì dalle lenzuola messe ad una finestra e dal rumore di animali domestici, muggiti, belati, latrati. Passò il ponte e andò a bussare al portone.

Dall’alto della torre, Margot stava stendendo il bucato e vide che avevano visite e capì chi poteva essere. Geneviève aveva un dono incredibile per attirare qualcuno lì

André era arrivato in cima alla torre, chiamato dalle voci su un nuovo arrivo fuori dal castello, e vide Oscar:

“Vi supplico, non ditele che sono qui, lei non deve saperlo!”.

“Come volete, ma un giorno dovrete affrontarla”.

Oscar fu accolta da quello strano gruppo di donne, dove c’era anche un uomo: sembravano brave persone, lontane da quelle voci fosche che aveva sentito dire su quel posto, una setta di donne dedite a delitti e sacrifici. All’apparenza non era così, tenendo conto che c’era anche un uomo con loro.

“Benvenuta”, le disse Liliane, “la notte sta arrivando e potete fermarvi qui per ristorarvi e per dormire. Il nostro castello è aperto a tutte le sorelle che girano per il mondo in cerca di una loro strada”.

“Mi spiace dover approfittare della vostra ospitalità, vedrò di sdebitarmi. Sono ore che vago per la foresta, sono in cerca di un mio caro amico che si è perso, non è che per caso lo avete visto?”

Olympie scosse la testa:

“Qui, a parte Guillaime non ci sono altri uomini. Ce lo potete descrivere?”

“È un uomo sulla trentina, un po’ più alto di me, con folti capelli bruni. Ha purtroppo perso un occhio, l’altro suo occhio è verde. È prestante, giovanile, molto gentile e ha un bellissimo cavallo nero. In questo periodo è molto triste, è colpa anche mia, siamo amici da una vita e abbiamo avuto purtroppo degli screzi di recente. Sua nonna, la governante della mia famiglia, è molto preoccupata per André, si chiama così, ma anch’io lo sono, tengo molto a lui anche se non lo do a vedere. C’è stato un malinteso tra di noi, vorrei chiarirlo”.

Le donne e Guillaime la guardarono con interesse, ma senza far trasparire nulla.

“Purtroppo non possiamo aiutarvi, ma fermatevi da noi fino ad almeno domani”.

Oscar aveva sempre pensato che i castelli medievali fossero freddi e inospitali, ma quello era molto diverso. I caminetti scaldavano bene, c’era cibo in abbondanza, poté farsi un bagno e il letto era comodo.

Si sentiva stanca, c’era qualcosa di strano nelle sue ospiti, bambine comprese, ma decise di non farci caso, forse perché aveva di colpo così sonno. Si buttò sul letto e si addormentò, pensando che l’indomani portasse novità. Non sapeva davvero dove cercare André, ma stranamente lo sentiva vicino.

 

André era rimasto nascosto in una delle torri, Geneviève e Diane gli portarono da mangiare.

“Comunque la tua Oscar, o come si chiama, è molto preoccupata per te. Ha parlato di un malinteso tra di voi, forse dovresti almeno farle sapere che stai bene”, disse Geneviève.

“Non ci hai parlato di tua nonna, sarà in pena anche lei”, disse Diane.

“Io non posso avvicinarla di nuovo dopo quello che le ho fatto, come l’ho offesa...”

“Ascoltami, sono madre di due figlie e conosco il mio uomo e lasciati dire qualcosa”, disse Diane, “a noi donne piace sentirci desiderate, piace che ci baciate, ci abbracciate, ci fate vostre...”

“Certo, se siete anche voi a volerlo, ma io ho abusato di lei, l’ho forzata, l’ho aggredita, volevo piegarla e umiliarla...”

“No, non hai fatto questo, smetti di dirlo e pensa invece che dovresti parlarle”, disse Geneviève, che continuava a guardarlo con desiderio.

 

L’indomani mattina Oscar scese a fare colazione: voleva andare a vedere come stava Neve, e si diresse verso dove aveva capito che ci fosse la stalla.

Entrò, vedendo con piacere due capre ben tenute, una mucca e alcune galline, ma quando si girò verso i cavalli non poté non trattenere un moto di sorpresa. Neve stava salutando con molto affetto Alexander. Quel meraviglioso stallone nero era Alexander, il cavallo di André. Ma lui dove era?

“André, dove sei?”, urlò cercandolo in giro. Vivienne e Tara furono le prime ad arrivare, uscendo dal laboratorio dove stavano preparando la birra.

“Mi avete mentito, vero? Voi avete visto André, è stato qui, cosa gli avete fatto?”

Di colpo, ad Oscar tornarono in mente le voci sulla congrega di donne che sacrificavano gli uomini. Pensò ad André legato da qualche parte, abusato, dissanguato, fatto a pezzi su un qualche altare pagano e di colpo alla preoccupazione che aveva provato, si aggiunsero dolore e paura.

“Se gli avete fatto del male me la pagherete!”, disse, pensando che poi avrebbe avuto dei problemi ad uscirne viva, era in minoranza.

Erano arrivate tutte le altre donne e Guillaime, comprese le bambine.

“State calma, Oscar”, disse Liliane, “non è successo niente...”

“Oscar!”

Avrebbe riconosciuto quella voce tra mille. Si girò ed André era lì davanti a lei. Gli si avvicinò, voleva abbracciarlo, ma lui abbassò la testa quasi a respingerla.

“Ascolta, loro sono brave persone, io mi ero perso nella foresta e mi hanno curato e accolto. Mi hanno accettato anche quando gli ho raccontato cosa ti ho fatto...”

Oscar rimase in silenzio: ecco di cosa si sentiva colpevole André, della follia di quella sera, follia che lei aveva scatenato, picchiandolo e afferrandolo. Stranamente, sentiva il dolore per lo schiaffo che gli aveva dato e per come l’aveva scosso, ma non per il dopo, per la reazione di lui, per il suo bacio rabbioso, per quell’abbraccio selvaggio, per l’essere stata costretta sul letto con il suo peso addosso, sentendo anche il suo desiderio contro il suo corpo, per l’umiliazione di essere denudata. O meglio, ricordava il bacio, l’abbraccio e lui sopra di lei e ricordava cosa le aveva detto, ma non le sembravano in quel momento cose sbagliate. Ma era meglio non parlarne, non ancora.

“André, tua nonna è preoccupata, e anche io lo sono… Ma se ti trovi bene qui, sei libero di farti una nuova vita”.

Oscar vide che Geneviève sorrideva ma poi ridiventava seria, e di colpo quell’ultima frase che aveva detto la riempì di tristezza.

“André è libero di fare quello che vuole”, disse Liliane, “ci ha fatto piacere ospitarlo, ma può andarsene quando vuole o scegliere qualsiasi via. Raccontano tante cose sbagliate su di noi in giro”.

Oscar guardò tutte quelle donne, le piacevano, erano così diverse e dalle dame di Versailles e da lei, ma capì che non mentivano. Certo, erano ben strane, c’era qualcosa da quando lei era lì.

“D’accordo. Io devo venire via di qui presto, ho una vita che mi attende, André è libero di fare quello che vuole.”

“Domani sera festeggeremo Beltane, la festa della fertilità e dell’amore”, disse Margot, “vi chiediamo di rimanere con noi fino a domani e poi ve ne potrete andare o fare quello che volete”.

Oscar capì che non aveva molta scelta, ma non le dispiacque.

“C’è un altro problema”, disse Liliane, “per stanotte abbiamo solo una stanza per voi due, dovrete dividerla”.

André guardò Oscar con desiderio e terrore, lei invece lo fissò con una strana sensazione, di paura forse, ma anche felice di averlo ritrovato. Il suo amico fraterno, quando erano bambini e innocenti dormivano insieme, poi glielo avevano vietato, ma lei aveva sempre amato stare insieme a lui a parlare e a confidarsi, in un’altra vita, dove era tutto più semplice. In fondo, cosa non ci sarebbe stato niente di male a stare con qualcuno che ti vuole bene, se solo non fosse successa quella cosa sere prima...

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Capitolo 5
*** Parte quinta ***


LA CONGREGA

PARTE QUINTA

 

Rating: toni adulti, temi delicati, AU.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa storia parte dal famoso episodio Un innamorato respinto (quello della camicia strappata) per raccontare sviluppi diversi della vicenda. Ci sono elementi che ho preso liberamente dalla serie Netflix Luna nera, ma non è un cross over.

Per il volto di Margot io penso a Judi Dench, per Liliane a Lily Rush di Cold case, per Tara e Viviane a Tara e Willow di Buffy, per Geneviève a Jessica di True blood, per Olympie a Xena, per Diane a Scully di The X-Files con Guillaime simile a Mulder. Ma non è un cross-over, quelli verranno poi.

 

11.

“Va bene, se non è possibile fare altrimenti accettiamo la vostra ospitalità”, disse Oscar, un po’ perplessa, anche se quelle donne le sembravano strane ma non pericolose. Le vide sorridere felici, solo André era agitato e preoccupato.

“Non ti hanno quindi fatto niente, André?”, disse lei, immaginando alla fine che qualcosa delle voci che aveva sentito fosse vera, non tanto quella di uccidere gli uomini, ma di usarli per procreare sì. L’idea che il suo amico fedele che aveva mostrato quel volto così passionale avesse fatto quello che lei gli aveva negato con una di quelle belle ragazze, magari con la giovane e decisamente irresistibile Geneviève, le lasciava un fondo di gelosia in fondo al cuore. Ma del resto, l’importante era che nessuno gli facesse del male, e se lei aveva deciso di lasciarlo libero doveva farlo fino in fondo.

Quella sera, quando lui le aveva rivelato in quel modo cosa provava davvero per lei, aveva capito di colpo che André era un uomo con dei sentimenti forti dentro di sé, con una passione repressa che aveva tenuto nascosta, con un amore per lei che andava oltre essere amici fraterni. Lui l’avrebbe sempre vista come una donna da amare e da desiderare, e forse non sarebbe stato male se avesse incontrato qualcun altra. Ma la cosa le faceva stringere il cuore e in fondo le dispiaceva, anche se sapeva di non aver nessun diritto su André.

Oscar visitò con interesse il castello e si intrattenne in particolare con Liliane e Diane.

“Ero molto preoccupata per André, lui è un fratello per me e temevo che gli fosse successo qualcosa. Non parliamo poi di quanto fosse preoccupata sua nonna, ha solo lui”. Era strano, quel posto le scioglieva la lingua e le faceva dire più di quello che doveva.

“Capisco”, disse Liliane, “non ce l’avete quindi con lui per quello che è successo quel giorno? André ci ha raccontato tutto, o meglio ha raccontato la sua versione”.

Oscar arrossì per un attimo. Cosa poteva rispondere? Certo, era stato pesante, umiliante, devastante e imbarazzante. Avrebbe voluto non averlo aggredito in quel modo, colpendolo, la sua reazione l’aveva spiazzata, lui non era mai stato così aggressivo, ma ripensandoci non era così terribile. Si sentiva più in colpa per la sberla che gli aveva dato.

“André non è un violento, è buono, gentile, dolce, compassionevole...”

“Sapete come ci ha raccontato quel fatto”, disse Liliane, “come se vi avesse quasi...”

“No, è falso, abbiamo litigato e c’è stata una colluttazione tra di noi, non era la prima volta che succedeva”, rispose Oscar, stupendosi delle sue parole, ma doveva dirle. Certo, si erano azzuffati altre volte, ma era successo una cosa diversa, molto più pericolosa, torbida e coinvolgente. Ma non voleva ammetterlo, per il bene di André e per se stessa, anche.

“Quindi non ci sono problemi se dormite insieme, tanto la stanza è grande, e anche il letto”.

“Direi di no”, rispose Oscar, quasi sovrapensiero. Era certa che André non le avrebbe più fatto niente contro la sua volontà. Ma c’era dell’altro, in quel castello l’atmosfera era sempre più strana, si sentiva turbata.

A cena c’era uno strano silenzio, tranne le due adorabili bambine che giocavano con i gatti. Oscar le guardò più volte sorridendo, le ricordavano la principessina Maria Teresa, ma anche Rosalie quando era arrivata a casa sua e Marie-Louise detta Loulou, la figlia di sua sorella Hortense.

“Sono le mie figlie”, disse Diane, “Marianne e Flore, vi piacciono, vero?”

“Oh sì, sono adorabili.”, rispose Oscar suscitando qualche sorriso tra gli astanti, André escluso che era sempre più imbarazzato.

Il cibo era tutto buono, anche se insolito per Oscar, tra torta al formaggio, zuppa di cipolle e verdure, riso e pesce, funghi fritti e stufati, torta di frutti di bosco e panna, con tanta birra rossa e densa, artigianale e veramente buona, che piacque molto sia a lei che ad André.

Si sentivano un po’ intontiti, e dopo cena si accomiatarono e andarono a dormire, mentre Margot che rimase a rigovernare con le due bambine che si divertivano con i gatti.

Liliane disse, una volta che Oscar e André furono usciti per andare nella loro stanza guidati da Geneviève:

“Hai messo quello che dovevi nel cibo per loro?”

“Certo, succederà quello che deve succedere”.

Geneviève guidò Oscar ed André nella loro stanza, al secondo piano di una delle torre, spaziosa, con un ricco letto a baldacchino e un divano.

Oscar era stanca e aveva sonno, quel letto le sembrò davvero desiderabile. Si sedette sul bordo e si sfilò gli stivali, si tolse anche la giacca e restò con la camicia e i pantaloni. Oh che sonno che aveva, avrebbe voluto sfilarsi tutto e infilarsi la camicia da notte che c’era sul paravento, ma di colpo gli occhi le si chiusero e lei cadde addormentata su quel letto comodo.

André era agitato, ma il sonno stava avendo il sopravvento. Anche lui si tolse gli stivali, vide Oscar che si buttava sul letto, per fortuna era rimasta vestita, fece per andare verso il divano e mettersi lì ma invece si spinse vicino al letto e ci finì anche lui, accanto ad Oscar, cercando solo di non attaccarsi troppo a lei. Mentre si addormentava, la sua mano andò a prendere quella di lei già sprofondata nel sonno, come aveva fatto tante volte da bambino dopo le loro risse gioiose e folli, senza dimenticare quella volta che lui doveva convincerla ad indossare l’uniforme ed era finita a pugni.

André strinse la mano ad Oscar, ma non come quella sera, con prepotenza, desiderio di sopraffarla e metterla di fronte alla sua vera natura mentre le mostrava la sua passione, ma con affetto, dolcezza, tenerezza, rispetto, amore. Lei era ormai addormentata ma amò quella stretta a cui non si sottrasse.

Entrambi caddero in un sonno profondo, durante il quale fecero strani sogni, una caserma a Parigi dove si trovavano entrambi, rivolte sempre più frequenti, un bosco pieno di lucciole, spari e urla ovunque. Ma poi trovarono pace mentre la luna si alzava in cielo.

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Capitolo 6
*** Parte sesta ***


LA CONGREGA

PARTE SESTA

 

Rating: toni adulti, temi delicati, AU.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa storia parte dal famoso episodio Un innamorato respinto (quello della camicia strappata) per raccontare sviluppi diversi della vicenda. Ci sono elementi che ho preso liberamente dalla serie Netflix Luna nera, ma non è un cross over.

Per il volto di Margot io penso a Judi Dench, per Liliane a Lily Rush di Cold case, per Tara e Viviane a Tara e Willow di Buffy, per Geneviève a Jessica di True blood, per Olympie a Xena, per Diane a Scully di The X-Files con Guillaime simile a Mulder. Ma non è un cross-over, quelli verranno poi.

 

12.

Quel mattino dell’ultimo giorno di aprile si annunciava con un bel sole nel cielo, in contrasto con il grigiore della sera prima.

Oscar aprì gli occhi, aveva dormito benissimo, come non lo faceva da anni, quel letto era proprio comodo, peccato per quei sogni strani che aveva fatto, ora però non li ricordava più nei dettagli, ma sapeva che l’avevano resa inquieta. Si girò e vide André vicino a lei che si stava svegliando, anche lui con l’aria riposata e soddisfatta. La sua presenza la rese serena e tranquilla, pensò ancora per un attimo a cosa era successo tra di loro, e di colpo le sembrò qualcosa di privo di importanza. Lui era il suo migliore amico, non c’era nessun altro a cui lei fosse così affezionata.

André la amava da una vita, aveva sofferto in silenzio, si era dedicato a lei anima e corpo, aveva patito per averle fatto quell’atto riprovevole… lei doveva perdonarlo, ma l’aveva già fatto. Come poteva odiarlo… nel sogno, lei ad un certo punto piangeva per lui, ma non riusciva a ricordarsi bene tutto. E poi non era stato così riprovevole, era stato più uno schiaffo al suo orgoglio che altro, e aveva comunque iniziato lei, aggredendolo verbalmente. Allungò una mano verso André e lo accarezzò leggermente sul volto, facendo illuminare il suo volto di gioia.

André guardò Oscar e non si sentì un mostro per la prima volta dopo giorni: lei lo guardava sorridendo, era riposata, serena, stava bene e lui ne doveva essere felice.

In giro per il castello c’era un profumo di cioccolata e focaccine davvero invitante, non come le cose che preparava nonna Marie ma ci si avvicinava: Oscar e André scesero nella sala da pranzo, dove le loro ospiti stavano già facendo colazione.

“Voi siete i nostri invitati d’onore per Beltane stasera. La Dea ci dona una bella giornata”, disse Margot.

Oscar e André avrebbero voluto chiedere cosa c’era in quello che avevano mangiato la sera prima, ma lasciarono perdere. Avessero dormito bene come quella notte anche negli anni precedenti sarebbero stati molto meglio.

Il castello era austero e antico, molto lontano dai palazzi che avevano frequentato in quegli anni, ma era bello girarlo, soprattutto con il sole: nel giardino pensile in alto stavano fiorendo le rose, quasi tutte bianche.

“Sono belle come te”, disse André ad un tratto, mordendosi poi le labbra per aver ricordato ad Oscar quella sera fatidica. Ma per lui Oscar era sempre stata simile ad una rosa bianca, bellissima, fiera, coraggiosa, ma con un cuore tenero e fragile dentro.

“Loro sono molto più belle di me..”, disse lei pensierosa. Si sentiva con la mente sgombra dai pensieri, quelle rose le davano una sensazione di pace e tranquillità. Certo, erano rose, ben diverse dai lillà che erano fioriti poco lontano, e non bisognava essere dei geni per capire che rose e lillà erano qualcosa di diverso. Comunque quel giardino era bellissimo, anche André, che era al castello da diversi giorni, non l’aveva notato e per un attimo si chiese dove fosse stato in tutto quel tempo.

La giornata passò, e arrivò la sera, quando si trovarono fuori dalle mura, nello spiazzo antistante il castello e dove Guillaime accese il fuoco di Beltane.

Margot aveva posto delle ghirlande fatte di rose e lillà intorno al cerchio, attaccate agli alberi lì vicino, e Liliane pronunciò la frase di inizio della festa:

Quando la Ruota incomincia a girare

comincino i fuochi di Beltain a bruciare.

L’idromele era buono e stordiva un po’, il cibo sostanzioso, c’era una strana musica intorno, magica e suggestiva, e tutti si strinsero l’uno all’altra. Oscar cercò comunque la vicinanza di André, perché sentiva di doverlo fare. Non aveva niente contro le donne della congrega e Guillaime, ma era con André che lei voleva stare, che lei doveva stare.

Signore del Bosco porta i tuoi doni di fecondità perche' la terra si desti dal suo sonno., disse ad un tratto Viviane, mentre veniva acceso un altro fuoco.

Geneviève a quel punto disse, guardando André con desiderio ma anche con rispetto.

Bella Signora della Terra, gioisci. Il Grande Cervo viene a cercare la sua sposa perche' l'estate è arrivata.

Passarono tra i fuochi, danzarono, si annodarono in mille giri, finché Oscar non si trovò di fronte ad André e finirono l’una nelle braccia dell’altro.

“Mi spiace per quello che ti ho fatto, non potrò mai perdonarmelo”, disse lui, cullandola. C’era qualcosa nel cibo e nelle bevande che lo rendeva languido ma nello stesso tempo audace, diverso dalla sera prima, quando il sonno l’aveva avvolto insieme ad Oscar.

“Perdonami tu se ti ho picchiato, se ti ho ignorato e dato per scontato, se per tanto tempo non ho capito i tuoi sentimenti, se non quando era troppo tardi...” Ma cosa stava dicendo? Che effetto le faceva l’idromele? Ma non aveva senso, lei si ricordava cosa era successo, André era scappato da casa dopo che le aveva dichiarato il suo amore in quel modo appassionato e disperato e lei era venuta a cercarlo e l’aveva trovato lì...

Il loro abbraccio diventò ancora più stretto, come una cosa sola, e le loro labbra si unirono, festeggiando la festa dell’amore. André era il Signore del Bosco, Oscar la Signora della Terra e le incomprensioni svanirono. Ci furono solo un uomo e una donna che si amavano, ma da quanto tempo?

Caddero a terra avviluppati una nell’altro, seguendo un antico ritmo. I battiti dei loro cuori si mescolarono, diventando parte della natura e della vita, i loro corpi si cercarono, parte di una stessa anima, i loro cuori diventarono una sola cosa.

“Ho giurato di stare con te sempre e di proteggerti ogni giorno della mia vita”, disse André, mentre si liberavano a vicenda degli abiti, ricordando un antico rituale che non avevano mai celebrato ma che ora era parte di loro, il Dio e la Dea che si incontravano e amavano. Già, e allora perché si era allontanato da lei, perché era scappato come un criminale, anche se aveva fatto quell’atto orribile? Lui non doveva lasciarla e l’aveva fatto, ma come era successo? C’era qualcosa che non lo convinceva, anche perché di colpo ricordò un altro giorno, in cui non era scappato ma era rimasto, arruolandosi nei Soldati della Guardia e andando incontro a cosa? Al suo destino.

“Perché volevo allontanarti da me? Avere qualcuno caro al proprio cuore rende la vita degna di essere vissuta, come ho potuto pensare di vivere senza di te, la mia anima, che ho capito di amare poi...”, disse Oscar tra un bacio e l’altro, cominciando a capire e a ricordare qualcosa. Lui era il suo André, e quelle parole, il mio André, le aveva urlate a qualcuno di cui una volta le era importato qualcosa, ma che adesso non le interessava più, perché il suo cuore aveva finalmente trovato l’amore, l’amore vero, l’amore per sempre.

Oscar e André si amarono più volte, perdendone il conto, mescolando respiri, battiti del cuore, tenerezza, desiderio, passione, ardore, piacere. Amore intenso e travolgente, ebbero mille attimi di amore intenso e travolgente, tra estasi e passione…

C’era qualcosa che veniva nella mente di Oscar mentre accoglieva André dentro di sé e sapeva che non era la prima volta… qualcosa anche di doloroso e terribile, e capì che anche lui, impegnato a renderla sua, provava la stessa cosa.

Certo, l’idromele e qualcosa in quello che avevano mangiato li stavano portando a quelle sensazioni, ma c’era dell’altro, che non riuscivano a spiegare.

Alla fine, giacquero uno nelle braccia dell’altra, appagati, ma di colpo tutto tornò alle loro menti in maniera chiara, ogni evento, ogni fatto, ogni cosa che era successa da quella sera in cui André aveva sconvolto la vita di Oscar dichiarandole il suo amore. E con stupore e dolore si guardarono. Ma cosa era successo? E dove erano finiti?

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Capitolo 7
*** Parte settima ***


LA CONGREGA

PARTE SETTIMA

 

Rating: toni adulti, temi delicati, AU.

Fandom: Lady Oscar.

Note: questa storia parte dal famoso episodio Un innamorato respinto (quello della camicia strappata) per raccontare sviluppi diversi della vicenda. Ci sono elementi che ho preso liberamente dalla serie Netflix Luna nera, ma non è un cross over.

Per il volto di Margot io penso a Judi Dench, per Liliane a Lily Rush di Cold case, per Tara e Viviane a Tara e Willow di Buffy, per Geneviève a Jessica di True blood, per Olympie a Xena, per Diane a Scully di The X-Files con Guillaime simile a Mulder. Ma non è un cross-over, quelli verranno poi.

 

13.

André abbracciò Oscar, come per proteggerla dai pericoli passati e presenti, perché era tutto davvero troppo strano e assurdo. Guardò verso il cerchio che li aveva circondati mentre si amavano, verso Margot, Liliane, Tara, Viviane, Geneviéve, Olympie, Diane.

“Chi siete? Cosa volete da noi?”, chiese André.

“Non l’avete capito? Ormai sapete cosa vi è successo”, disse Liliane con un sorriso triste.

“Io...”, disse Oscar, “ricordo che andai a comandare i Soldati della Guardia di Parigi, dopo quella sera in cui André mi dichiarò il suo amore e io volevo fuggire da lui e da tutti. Ricordo che lui si arruolò ai miei ordini, io non volevo, ma poi ho accettato e voluto la sua presenza, anche perché capii pian piano quanto lo amavo… Ricordo il nostro amico Alain, con la sua povera sorellina morta suicida, ricordo la fatica che feci a guadagnarmi la stima dei miei uomini. Ricordo che il re convocò gli Stati generali, ricordo i tumulti, ricordo la mia presa di posizione a favore dei deputati del Terzo Stato, ricordo che mi ammalai gravemente e seppi che André stava diventando cieco. Ricordo che dichiarai il mio amore ad André e ci amammo come avremmo dovuto fare da sempre, ci schierammo con il popolo, ma poi...”

Oscar abbassò il volto mentre le lacrime glielo rigavano.

“André, fosti ferito da una pallottola la sera del 13 luglio 1789 e mi moristi tra le braccia… Senza di te non c’era più vita per me e quindi dopo una notte di lacrime comandai l’assalto alla Bastiglia e lì… mi spararono...”

André alzò il volto con una mano alla sua amata.

“Anch’io ricordo tutto, i Soldati della Guardia, gli Stati generali, Alain, Gerard e gli altri soldati di cui diventai amico, tuo padre che voleva ucciderci per tradimento, e quando tu mi dichiarasti il tuo amore e cosa facemmo dopo.. Ricordo quando tu annunciasti il nostro amore ai miei compagni d’armi e tuoi sottoposti, ricordo la loro gioia e le loro congratulazioni, ricordo la mia ferita, ricordo che io giacevo su quella branda con tu che mi giuravi di volermi sposare, oh era la cosa che avrei voluto di più al mondo… poi è diventato tutto buio, ma adesso siamo qui, ma voi chi siete?”

Margot sorrise ai due giovani:

“Noi siamo le Guardiane della soglia, siamo forse esistite in mezzo agli uomini o forse esistiamo, in altre forme, e aiutiamo chi si è perso a trovare la strada verso l’eternità. Voi siete morti con una pena nel cuore, siete volati via troppo presto e in maniera troppo tragica...”

Oscar avvicinò il suo volto a quello di André dicendogli:

“Il mio cuore era pieno di sensi di colpa e di dolore per non aver capito prima quanto tu mi amassi e per non essere stata capace di ricambiarti. Non mi ero mai accorta di cosa provavi, tutta presa dal mio orgoglio e ho perso tutto quello che avremmo potuto avere, vivere il nostro amore in maniera intensa e travolgente. Stavo male per questo, per tutte le parole cattive che ti avevo detto, per tutte le volte che ti avevo trattato con sufficienza, per come ti avevo ignorato, per quella sera in cui ti congedai senza nemmeno guardarti in volto. Tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata, l’unico a cui ero predestinata da sempre, ma l’ho capito troppo tardi. Ti ho amato con tutto il mio cuore, ti amo ancora così, ma non è stato abbastanza, potrai mai perdonarmi?”

André sorrise, con gli occhi ormai sani che brillavano:

“Io ti ho amata in ogni momento della mia vita. Non cambierei un solo istante passato con te, per una vita intera di agi e piaceri senza te, anche per un’eternità senza di te. Non c’è niente che devi farti perdonare da me, tu sei stato e sei l’amore della mia vita e di tutto il resto non me ne importa niente. Tu mi devi perdonare, invece”.

“Per cosa?”, chiese Oscar.

“Per averti aggredita in quel modo quella sera, io sono morto con il rimorso di averti tradita e umiliata. Ti ho fatto del male, ti volevo far sentire debole e indifesa, sono un vigliacco, e poi ho pensato al mio piacere, a violarti.”

“No, André, io ti ho colpito per prima, ti ho ferito, ti ho esasperato. Non c’è l’ho con te, quelle tue parole che mi dicesti mi sono rimaste nel cuore e mi hanno cambiata, solo non abbastanza in tempo. Sono felice di essermi donata a te almeno una volta prima di perderti, stare tra le tue braccia è stata l’unica vera gioia che ho avuto. Avrei voluto invecchiare con te, ma ero malata, e anche se non fossimo caduti sul campo di battaglia sarei morta dopo poco, non avrei mai potuto essere la madre dei tuoi figli, e li avrei voluti con te. Perdonami per non averti detto questo, ma non volevo rovinare quei pochi attimi di felicità che abbiamo avuto”.

“Oscar, quel poco come dici tu basta per un milione di vite. Noi dovevamo restare insieme di là, ma resteremo insieme qui”.

Si abbracciarono.

Liliane si era avvicinata a loro:

“Potete passare oltre, adesso, e andare verso un mondo in cui sarete per sempre insieme. Il vostro amore era unico e lo sarà per sempre. “.

André guardò Geneviève:

“Ma allora, la storia dei bambini vostri...”

“Da qualche parte ci sarà qualcuna come me che sogna un padre per i propri figli come te. I vostri figli mai nati fanno parte delle infinite possibilità mai venute fuori delle vostre vite, ma di là sarà tutto a posto grazie al vostro amore e potrete avere tutto quello che non avete avuto in questa vita, per l’eternità”.

Oscar e André salirono sui loro cavalli.

“Vedrete presto la strada”, disse Liliane, “seguite il sentiero e ci sarete, ormai questo è il vostro inizio”.

Si incamminarono e dopo poco videro la foresta che si apriva su un prato, con il mare in lontananza, colori, fiori, gioia.

“Il paradiso può essere tale solo se sei con me, Oscar”, disse André attirando Oscar a sé.

“Anche per me. Non esiste niente se tu non sei con me”.

Avvicinarono i loro volti e si baciarono. Poi presero a correre, verso il mare, verso la spiaggia e ad un tratto Oscar fu di nuovo tra le braccia di André a cavallo, sana, felice, senza più rimpianti. Erano liberi e felici.

 

Geneviève aveva due lacrimoni che venivano giù lungo le sue guance.

“Finisce sempre che ci affezioniamo a chi passa di chi”, disse Margot.

“Potessimo dire loro la verità fin da subito”, disse Geneviève.

“Non sarebbe la stessa cosa, devono trovare la loro strada”, disse Liliane, “bene credo che tra non molto arriverà forse qualcuno che li conosceva, o forse no”.

Nella luce della felicità eterna Oscar e André si erano ritrovati ormai per sempre, solo loro, come erano destinati ad essere fin dall’inizio.

 

Ok, finita, l’idea iniziale era diversa, poi Lost mi ha influenzata e non sarà l’ultima volta che lo fa perché ho in mente anche altre storie con questa fonte di ispirazione, se non altro come omaggio per il mitico Massimo Rossi che ha diretto il doppiaggio di questa serie. Lo so, è strana, ma mi è venuta così.

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