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di _SbuffodiNuvola_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***
Capitolo 3: *** Terza parte ***
Capitolo 4: *** Ultima parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***



*angolo autrice*
Ehi ehi ehiiii! Eccomi tornata nel fandom di Haikyū con l'ennesima Bokuaka.... stavolta sarà di quattro parti però!
Ho deciso di scriverla dopo aver visto un'immagine AU di Akaashi e Bokuto. Non so, mi piaceva come idea e poi Akaashi versione idol... beh, vorrei tanto vederlo 😍
Spero che la storia vi piaccia. Come detto prima, saranno quattro parti☺️.


 

 

Prima parte

Kōtarō si considerava un ragazzo abbastanza fortunato: giocava a pallavolo, cosa che lo rendeva famoso a livello nazionale; in qualche modo era riuscito a passare al terzo anno di liceo, nonostante i suoi voti disastrosi in matematica; era popolare fra le ragazze della scuola eccetera eccetera... ma non pensava di essere così fortunato da incontrare il suo idolo per strada. 

Quella mattina di dicembre, periodo delle vacanze natalizie, Kōtarō ne aveva approfittato per andare ad allenarsi un po’ da solo (già, perché i suoi compagni di squadra evitavano sempre di allenarsi da soli con lui) nella palestra della scuola. Aveva anche ricevuto il permesso dall’allenatore... a patto che non si facesse male e non si stancasse troppo. 

Ecco perché era uscito di casa abbastanza presto (se le nove e trenta del mattino possono considerarsi “presto”) con in spalla il borsone che usava per gli allenamenti, diretto a scuola. Si era messo le cuffie nelle orecchie, come ogni mattina, per ascoltare le sue canzoni preferite, quelle del gruppo dei Pretty Setters, ancora non molto conosciuto all’estero ma già famoso in Giappone. 

Il nome non era stato scelto a caso: i membri del gruppo, infatti, avevano giocato a pallavolo come alzatori. Erano in sei e tutti più o meno dell’età di Bokuto. 

A Kōtarō piacevano le loro canzoni, che ascoltava negli allenamenti individuali, quando andava a scuola o quando era a casa da solo e voleva un po’ di compagnia. 

Li seguiva sui social, rimaneva sveglio fino a tardi per guardare le live e a casa aveva gadget su gadget, tra cui un portachiavi a forma di K, l’iniziale del suo membro della band preferito, Keiji. 

Lo teneva attaccato al borsone come portafortuna... e forse fu proprio grazie a quello che successe.

Kōtarō camminava tranquillo sul marciapiede, tenendo le mani dietro la testa e canticchiando a bocca chiusa la canzone che stava ascoltando. Era la sua preferita, soprattutto perché era l’unica cantata interamente da Keiji, ma anche perché si rivedeva tanto nelle parole e nei sentimenti espressi. Keiji aveva una voce bellissima, però faceva praticamente sempre la seconda voce, lasciando ad Atsumu o Tōru la parte principale.

Proprio mentre la canzone raggiungeva la parte migliore, ecco che qualcuno finì addosso a Kōtarō. Il pallavolista cadde col sedere per terra e un auricolare gli scivolò fuori dall’orecchio.

-Ahio... -mormorò.

-Scusa! Non stavo guardando dove mettevo i piedi... -fece la persona che lo aveva praticamente investito. 

-Non c’è problema. -alzò lo sguardo. -Non mi sono fatto nie...

Kōtarō spalancò gli occhi. No, non poteva essere vero.

Il ragazzo che aveva davanti lo fissava, inginocchiato a terra e talmente vicino a lui che poteva sentire il suo respiro. Il bel viso dai lineamenti delicati aveva un’espressione preoccupata, probabilmente per paura di avergli fatto male. Gli occhi, di quel colore tra il verde scuro e il blu, erano circondati dalla montatura degli occhiali da vista. Le labbra sottili lasciavano intravedere i denti bianchissimi. Il parka e i jeans che indossava mettevano in risalto il corpo magro. Sulle spalle aveva uno zaino.

Sembrava... no. Bokuto sapeva che quel ragazzo aveva un anno in meno di lui. 

Lo sapeva benissimo... perché quel ragazzo era Akaashi Keiji.

-T-Tu... tu sei... -balbettò il pallavolista, incredulo. Keiji si affrettò a tappargli la bocca con le mani. 

-No, ti prego! Non lo dire a voce alta! -poi, notando l’espressione interrogativa di Kōtarō, aggiunse: -Sto scappando dai giornalisti. Se sapessero che...

Proprio in quel momento, Bokuto scorse un gruppo di persone munite di microfono, telecamere e bloc-notes poco lontano da loro. Lo indicò con il dito, come per dire “Intendi quei giornalisti?”.

Keiji si voltò, con il panico negli occhi.

-Dannazione! -esclamò. Si guardò attorno, spaventato, poi tornò a guardare il (non così) povero pallavolista a cui teneva ancora la bocca chiusa. Unì le mani in segno di preghiera: -Ti prego, aiutami! Nascondimi da quei tizi! Io non so più che fare!

Bokuto lo fissò per qualche secondo, poi lo prese per mano, si rialzò in piedi e, trascinando il cantante con sé, si mise a correre in direzione della scuola.

 

 

I due ripresero fiato non appena Bokuto chiuse la porta della palestra alle loro spalle. Non ricordava quando fosse stata l’ultima volta in cui aveva corso così velocemente, neppure durante una partita o la mattina quando faceva tardi a scuola perché si riaddormentava dopo aver spento la sveglia.

-Ecco fatto. Qui non ci troverà nessuno. -annunciò il pallavolista osservando la porta con le mani sui fianchi, come un artista che contempla la propria opera. 

-Sicuro? -chiese Keiji con aria preoccupata.

-Assolutamente. Siamo nella mia scuola, che in questo periodo è chiusa per le vacanze. Non verranno mai a cercarti qui. -rispose Kōtarō voltandosi verso di lui, che stava guardando la porta a vetri che li separava dal mondo esterno. 

Cavoli, quel cantante era veramente un bel ragazzo. E visto così da vicino, non attraverso lo schermo de cellulare o raffigurato in un poster, lo era ancora di più. Per l’ennesima volta, Bokuto si chiese se il suo orientamento sessuale fosse quello che aveva sempre pensato.

Si ritrovò ad arrossire non appena Keiji si voltò verso di lui e sorrise, dolce.

-Grazie, mi hai salvato. -disse. 

“Oh cacchio, la sua voce è bellissima” pensò l’altro. Poi, ad alta voce, rispose: -Di niente. Figurati.

Poi tra di loro calò il silenzio. Kōtarō osservò Akaashi guardarsi attorno con aria curiosa, come se fosse stata la prima volta che entrava in una palestra. 

-Allora, ehm... so che tu giochi a pallavolo, quando ti capita... -cominciò a dire il pallavolista, sorprendendosi per il suo tono incredibilmente calmo. -Ti va di giocare un po’? Così aspettiamo che i giornalisti vadano via...

Keiji si voltò verso di lui di scatto e Kōtarō temette che si facesse male al collo. Il cantante aveva gli occhi che brillavano e lo guardava, stupito.

-Davvero? Vuoi giocare a pallavolo con me? -chiese, incredulo. Bokuto annuì e gli sorrise: -Se ti va... -rispose grattandosi la nuca, imbarazzato.

-E non vuoi nient’altro da me? Tipo... seguirti su Instagram o... presentarti ad altre persone famose?

-Seguirmi su Instagram?

-Molti fan me lo hanno chiesto... -spiegò Akaashi abbassando gli occhi sulle mani, che si era messo a tormentare. -Però nessuno mi ha mai chiesto di fare qualcosa che mi piacesse per davvero. Voglio bene ai miei fan, senza di loro non sarei mai arrivato a questo punto... ma non voglio seguirli sui social, ecco... Loro conoscono me, ma io non conosco loro.

-Oh, capisco... -Bokuto appoggiò il borsone per terra, lasciò la giacca su una panchina e si levò le scarpe per togliere i pantaloni della tuta (sotto aveva i pantaloncini sportivi) e mettere le ginocchiere. -Beh, io non ti chiederò di seguirmi su Instagram. Però, ti chiedo se vorresti farmi qualche alzata... io sono uno schiacciatore. 

-E sei molto conosciuto? -domandò il cantante con interesse.

Kōtarō arrossì e si concentrò sulle ginocchiere, distogliendo lo sguardo: -Insomma... diciamo di sì. Mi hanno detto che sono tra i migliori cinque del Paese.

-Wow, allora sei molto conosciuto, ehm... -Akaashi sembrò ricordarsi solo in quel momento di non sapere il nome del suo salvatore.

-Bokuto. Bokuto Kōtarō.

-Bokuto-san. 

Il suddetto si rese conto che sentire il suo cognome detto dal suo idolo era particolarmente piacevole.

Cercando di nascondere l’imbarazzo, si chinò ad allacciarsi le stringhe delle scarpe da palestra, poi tolse la felpa e la lasciò sopra la borsa.

-Devo montare la rete e poi possiamo iniziare. -disse. -Ci metterò poco.

-Ti aiuto. -si offrì il cantante. Bokuto gli sorrise, più felice che mai. Gli sembrava quasi un sogno, essere lì con il suo idolo e parlare di pallavolo come se niente fosse. 

Il pallavolista lo portò al magazzino dove venivano riposti i vari attrezzi usati dai club sportivi e nelle lezioni di educazione fisica. Lì c’era anche la rete da pallavolo, arrotolata con cura.

Keiji non era un ragazzo che amava starsene con le mani in mano. Kōtarō lo capì praticamente all’istante, dandosi dello stupido per aver pensato il contrario. Attraverso i video che vedeva su YouTube e in diretta streaming, Akaashi gli era sempre sembrato un ragazzo delicato, che se ne stava in disparte e che preferiva lasciare fare agli altri. Al contrario, quella mattina il cantante dimostrò di essere un ragazzo desideroso di aiutare, montando la rete con lui. 

Presero la cesta dei palloni e si misero a fare riscaldamento.

-Da quanto fai pallavolo? -chiese Keiji mentre scaldava i muscoli delle braccia.

-Dalle elementari. -rispose Kōtarō imbarazzato. Anche se sotto sotto gli piaceva che il suo idolo si stesse interessando a lui.

-Deve piacerti davvero questo sport, se lo pratichi anche ora.

-Beh, sì... diciamo che ha iniziato a piacermi per davvero da poco. -Bokuto finì l’esercizio che stava facendo e prese una palla. -Direi che ci siamo scaldati abbastanza. Pronto?

Keiji annuì e si mise sotto rete. Il più grande gli lanciò la palla, poi prese la rincorsa per schiacciare quella meravigliosa alzata che il minore gli fece. La palla atterrò nell’altro campo facendo un rumore molto forte, che fece esultare Bokuto con il suo solito “Ehi ehi ehiiiiii!”.

-Hai visto? Ho fatto una diagonale fantastica! E la tua alzata? Semplicemente perfetta! Come... -il pallavolista si accorse solo in quel momento dello sguardo di Keiji su di sé. Lo guardava con occhi spalancati, come se avesse appena fatto un miracolo. Bokuto si sentì un po’ in imbarazzo.

-È stata una bella schiacciata, Bokuto-san. -si complimentò il cantante facendo un piccolo sorriso. -Sei molto bravo.

L’altro, nonostante fosse abituato a sentirsi lodare così, arrossì talmente in fretta che poté quasi sentire il fumo uscirgli dalle orecchie, insieme al rumore di un treno con locomotiva a vapore.

Era bello ricevere complimenti, ma quando era il tuo idolo a farteli... beh, era magnifico.

-Pfff! Non era niente di che! -fece cercando di sembrare modesto. -Solo una diagonale.

Keiji fece uno sbuffo che somigliava a una risata, cosa che Bokuto trovò dannatamente adorabile. Dai numerosi video che aveva visto online, il pallavolista aveva capito che il più piccolo era un ragazzo tranquillo e riservato, che quando rideva era un evento più unico che raro e che preferiva starsene ai lati del palco con la sua tastiera piuttosto che essere al centro dell’attenzione. Forse era per quello che Kōtarō si era affezionato in particolar modo a lui.

-Continuiamo? -gli chiese il cantante. Bokuto si affrettò a prendere un altro pallone dalla cesta, con gli occhi che brillavano come quelli di un bambino che scarta i regali di compleanno.

 

 

-Vieni spesso ad allenarti da solo? -domandò Keiji quando decisero di prendersi una pausa. Kōtarō gli aveva preso una bottiglietta d’acqua alle macchinette della palestra e ora se ne stava seduto sul pavimento, davanti alla panchina dove stava il più giovane.

-Sì. I miei compagni di squadra non vogliono mai allenarsi con me. -rispose Bokuto storcendo il naso. -Konoha dice che è perché i miei allenamenti sono estenuanti. 

-E ha ragione?

-Boh. Io non sono mai troppo stanco per giocare a pallavolo. 

Akaashi fece un’altra piccola risata. 

-Sì, mi dicono che sono bravo, però, se voglio puntare alla pallavolo di livello mondiale, ho ancora tanta strada da fare. -spiegò Kōtarō. -Certo, siamo riusciti ad arrivare ai nazionali, però questo sarà il mio ultimo torneo del liceo. Mi dispiacerà non poter più giocare con i miei compagni di squadra. 

Keiji aggrottò le sopracciglia: -Bokuto-san, non morirai mica.

-Eh? -fece l’altro, sorpreso. -No! Io ho intenzione di vivere fino a 130 anni!

Il più giovane sorrise.

-Posso farti una domanda? -chiese il pallavolista dopo qualche secondo di silenzio. Dopo aver ricevuto il consenso, continuò: -Perché scappavi dai giornalisti? 

Il cantante giocherellò per qualche secondo con l’etichetta della bottiglia. 

-Nei giorni liberi, di solito, io me ne sto a casa a leggere qualcosa o a scrivere nuove canzoni insieme a Kōshi, mentre Atsumu e Tōru escono di nascosto dal nostro agente e incontrano i loro amici. Tobio e Kenma di solito spariscono, non ho idea di dove vadano. -iniziò a spiegare. -Però oggi Atsumu ci ha convinto a uscire un po’, non necessariamente tutti insieme. Penso che lo abbia fatto perché ultimamente facciamo fatica a trovare l’ispirazione per le nuove canzoni...

-Ma non avete fatto uscire il nuovo singolo una settimana fa? -appena si accorse di aver parlato, Bokuto si morse la lingua. Non voleva far uscire quel suo lato... o almeno, non davanti al ragazzo oggetto dei suoi scleri.

-Sì, è vero, però... -Keiji si guardò attorno, come per paura che qualcuno li potesse sentire, poi si avvicinò a lui e sussurrò: -Prometti di non dirlo a nessuno?

-Cosa?

-Quello che ti dirò ora.

-Ehm, ok. 

Il giovane guardò ancora una volta l’enorme palestra, poi disse: -Vogliamo far uscire un nuovo album al più presto... e poi vorremmo fare anche un tour. Il primo tour dei Pretty Setters.

A quel punto, nonostante si fosse imposto di mantenere la calma, Bokuto esplose: -DAVVERO?!

Akaashi gli fece segno di abbassare la voce: -Sì, ma non abbiamo ancora deciso niente. Shh!

-Oh sì, scusa. -il pallavolista si schiarì la voce. -Continua.

-In qualche modo siamo riusciti a uscire dall’appartamento dove stiamo in questi giorni, vicino agli studi dove registriamo le canzoni, e ci siamo divisi. Tobio e Kōshi sono andati al liceo che frequentavano prima di unirsi alla band per fare una sorpresa ai loro amici, Kenma... credo avesse un appuntamento, Tōru e Atsumu pure. Ma non ho capito se con amici o con qualcuno di speciale. -continuò a raccontare Keiji. -Io volevo andare in una libreria qui vicino per comprare un libro uscito l’altro giorno e poi fare un salto nel negozio di musica per prendere qualche nuovo spartito per la tastiera, ma guardacaso in centro città c’era appena stato un incontro fra potenze mondiali e Shibuya pullulava di giornalisti. Puoi immaginare il seguito.

-Oh, ho capito. È dura essere famosi?

-Quando succedono queste cose, rimpiango di aver accettato di entrare nella band. Anche se mi diverto con gli altri. Siamo molto uniti e non è una cosa scontata. -il cantante prese il cellulare dallo zaino. -A proposito, vediamo se le loro missioni hanno avuto successo.

Dopo qualche secondo, ridacchiò: -Sembra di sì. -e mostrò la chat di Line a Bokuto.

 

Tōru 👽💅🏻

Yahoo~

Io sono arrivato! 

*una foto che mostrava Oikawa e un altro ragazzo che si copriva la faccia per non farsi fotografare*

Iwa-chan non vuole farsi vedere. Fa il timido 🙈  [inviato alle 10:01]

 

Tsumu 🏐

*una foto di Atsumu e un ragazzo dai capelli neri e con una mascherina sul viso che guardava altrove*

Omi-kun è più collaborativo ✌🏻😎 

Ora andiamo da Samu! Vi porto gli onigiri? [inviato alle 10:10]

 

Suga🧑🏻‍🦳

*una foto di lui e Tobio in metropolitana, entrambi con gli occhiali da sole e un frullato in mano*

Una fermata e ci siamo!

@Tsumu🏐 saranno domande da fare? 😒 È ovvio! [inviato alle 10:12]

 

Tsumu🏐

Agli ordini! ✌🏻😂 [inviato alle 10:13]

 

Kenma 🐱

Io sono a casa di un amico.

*una foto un po’ scura di Kenma (di cui si vedeva metà viso) e un ragazzo dai capelli neri che sembrava particolarmente impegnato con il controller della PlayStation* [inviato alle 10:15]

 

 

-Aspetta un attimo. Ma quello è Kuroo! -esclamò Bokuto riconoscendo l’amico. -Com’è possibile? Non mi ha mai detto di conoscere Kenma! Quel gattaccio dei miei stivali! 

Keiji, sorpreso per la reazione dell’altro, ridacchiò: -È una cosa così grave?

-Sì! -rispose Kōtarō, offeso. -Sa bene quanto io sia un vostro fan! 

E si pentì di averlo detto.

Akaashi arrossì e lo fissò a bocca aperta, poi sembrò riprendersi e cercò di balbettare: -S-Sei un nostro... f-fan?

Il pallavolista si grattò la nuca e si alzò in piedi, imbarazzato più che mai. Bel guaio.

-Io... ecco... sì. Non volevo dirtelo per non farti pensare che io mi stessi approfittando della situazione... -ammise abbassando gli occhi per non guardarlo in faccia. -Scusa.

Dopo qualche secondo di silenzio, Bokuto vide le scarpe di Akaashi proprio davanti alle sue e così alzò lo sguardo, ritrovandosi il cantante davanti. Gli sorrideva.

-Non sono arrabbiato. Anzi. Mi fa piacere. -gli disse, dolce.

L’altro spalancò gli occhi: -Davvero?

Keiji annuì: -Posso aiutarti con il tuo amico, se vuoi. -alzò il cellulare, che teneva ancora in mano. -Mandiamo una foto. Se ti va.

-Al gruppo? -Kōtarō sentì il suo cuore iniziare a battere forte.

-Se non vuoi la mando a Kenma, in privato. 

-Ehm... no, va bene. Però siamo tutti sudati...

-Non fa niente, i ragazzi non fanno caso a queste cose. -guardò lo schermo scuro del cellulare, poi, timidamente, spostò di nuovo gli occhi sull’altro. -Quindi... ti va?

Il più grande assunse una posa vanesia: -Prendi il mio profilo migliore! Mi raccomando!

Keiji rise e gli fece segno di avvicinarsi alla rete: -Facciamo vedere quanto siamo sportivi. Pronto?

Alzò il braccio con cui teneva il cellulare, inquadrando sé stesso e Bokuto, dietro di lui, che mostrava la rete, indicandola con le braccia.

Una volta scattata la foto, Kōtarō guardò cosa scrisse Keiji:

 

Ho trovato un nuovo amico. È nostro fan e gioca a pallavolo.

Ha detto che conosce l’amico di @Kenma🐱 e di fargli vedere la foto

E anche di fargli sapere che si vendicherà. Lui sa per cosa. [inviato alle 11:30]

 

-Va bene? -chiese Akaashi.

-Perfetto! -rispose Bokuto. 

Il brontolio dei loro stomaci attirò la loro attenzione.

-Ti va di... insomma... -balbettò Kōtarō. -Di... mangiare da me? Casa mia non è molto distante e possiamo ordinare qualcosa d’asporto...

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Seconda parte


-Con permesso. -disse Keiji entrando in casa dopo Kōtarō. Non era riuscito a dire di no a quel ragazzo, così si era ritrovato a camminare verso casa dell’altro con il cappuccio della giacca sulla testa e gli occhiali da sole comprati al negozio appena fuori dalla palestra per nascondersi da occhi indiscreti. 

Bokuto era... Akaashi non sapeva come descriverlo esattamente. Con quei capelli bianchi e neri sparati verso l’alto grazie al gel, gli occhi grandi e gialli come quelli di un gufo, la corporatura muscolosa e il carattere che cambiava dall’allegro al depresso in meno di quattro secondi... era difficile dare un giudizio. Però Keiji era sicuro che il suddetto giudizio poteva essere solo positivo.

Insomma, lo aveva aiutato con i giornalisti e, nonostante sapesse benissimo chi fosse, lo aveva trattato come un suo pari. Accettare il suo invito a pranzo gli sembrava il minimo per ringraziarlo.

Mentre Keiji richiudeva la porta di casa Bokuto, il suo ospite tolse le scarpe. Mise le pantofole e ne prese un paio anche per lui.

Una delle prime cose che il cantante poté notare fu l’assenza di rumori. La casa sembrava disabitata.

-Non c’è nessuno? -chiese infatti.

-I miei sono al lavoro e le mie sorelle a sciare con amici. -rispose Bokuto lasciando il borsone a terra, accanto alla scarpiera. Solo in quel momento Keiji vide il portachiavi appeso alla cerniera: era uno di quelli messi in vendita sotto volere dell’agente della band qualche mese prima. Riconobbe il proprio e la cosa gli fece particolarmente piacere. I più popolari della band, quelli che venivano circondati dalle ragazze, di solito erano Atsumu, Tōru e Kōshi. Lui, Kenma e Tobio tendevano a rimanere in disparte, anche se i fan erano interessati anche a loro, ovvio. 

-Vieni pure. Vediamo cosa mangiare. -disse Kōtarō facendogli strada lungo il corridoio. -A te cosa andrebbe?

-Mh... non saprei. Scegli tu, a me piace di tutto. -fece Keiji mentre lo seguiva dentro la cucina. Come il resto della casa, da quel che aveva visto il cantante, anche quella stanza era arredata in modo tradizionale.

Il pallavolista prese il cellulare e cercò i posti dove si mangiava meglio nel giro di pochi chilometri.

-C’è un McDonald’s a trecento metri da qui... oppure una pizzeria che fa anche servizio d’asporto. -disse facendo scorrere con il pollice. -Se invece vogliamo rimanere sul tradizionale c’è un ristorante di ramen che fa anche sushi a una fermata di metro. Personalmente sceglierei un bell’hamburger di McDonald’s.

Akaashi annuì. Da McDonald’s non ci andava praticamente mai, quindi era più che felice di quello strappo alla regola.

-Vuoi andarci a piedi o ci facciamo portare tutto a casa?

-Se mi nascondo bene possiamo anche andarci a piedi.

-Ok, allora prima mi faccio una doccia. Sono tutto sudato... vuoi farla anche tu?

-Ehm... -Keiji arrossì. -Non ho i vestiti di ricambio.

-Te li presto io. -lo squadrò da cima a fondo per un secondo. -Anche se ti staranno un po’ grandi... 

-Ma non...

-Nessun problema. Vieni.

Lo portò al piano di sopra, dove gli disse che c’erano le stanze da letto e il bagno. Quando arrivarono davanti a una porta chiusa, Kōtarō arrossì e si grattò la nuca, visibilmente imbarazzato: -Questa è la mia camera... ehm... non far caso ai poster... e al resto ok?

Solo in quell’istante Keiji si ricordò che quel ragazzo era un fan della sua band. E sicuramente la sua stanza conteneva anche questo suo aspetto.

Annuì e il pallavolista aprì la porta. Al contrario di quello che aveva pensato il cantante, piuttosto bravo a capire il carattere della gente sconosciuta, la stanza di Bokuto non era così tanto in disordine. Da un ragazzo come lui, esuberante e allegro, si sarebbe aspettato una marea di vestiti sparsi un po’ ovunque, la scrivania piena di fogli e quaderni e così via. Invece, la scrivania era ben in ordine, così come il resto. Le poche cose fuori posto erano una divisa bianca, nera e gialla con il numero 4 al centro appesa all’armadio, una palla da pallavolo accanto al letto e il borsone che Kōtarō aveva portato di sopra in quel momento. 

Era una normale stanza da ragazzo diciottenne... e i poster e i gadget dei Pretty Setters non stonavano per niente.

Sulla parete opposta alla finestra, qualcuno aveva scritto una frase con la vernice e Keiji arrossì appena la lesse: era parte di una canzone scritta e cantata da lui...

 

“Non importa cosa dicono gli altri

Noi adesso siamo al centro del mondo”

 

-Mi piace molto quella frase. -disse Kōtarō, che si era accorto dell’interesse dell’altro per quelle due righe scritte sulla sua parete. -E quella canzone in generale. Mi aiuta tanto, sai?

-D-Davvero? -fece Keiji, stupito e lusingato allo stesso tempo. 

-Sì. Di solito l’ascolto nei i momenti in cui mi sento giù di morale o quando mi devo dare la carica, tipo prima di una partita. -spiegò il ragazzo dagli occhi color ambra.

Akaashi sorrise: -Sono contento.

Appena i loro occhi si incrociarono, distolsero gli sguardi, imbarazzati.

 

 

Kōtarō era di gran lunga più grosso di Keiji, che in quel momento era sommerso dalla stoffa di una delle felpe del pallavolista. Quest’ultimo aveva cercato tutto ciò che gli stava piccolo, sperando che all’altro andasse giusto.

Quello era il massimo che era riuscito a trovare: una maglia a maniche lunghe nera, una felpa della sua scuola e un paio di jeans. 

Per qualche ragione, avere addosso il profumo del più grande gli provocò una sensazione piacevole. Si strinse nella felpa, tirandosi la stoffa sul naso per sentire il profumo.

-Ehi! Cos’è quel sorrisino? -gli chiese Kōshi. 

-Quale? -fece Keiji alzando gli occhi dal quaderno dove stava buttando giù qualche idea per la nuova canzone da quando era tornato all’appartamento dove alloggiava con i ragazzi della band. Kōtarō lo aveva accompagnato, dopo un pomeriggio passato in compagnia in giro per Tokyo, tra i negozi e le decorazioni di Natale, conoscendosi un po’.

-Quello che hai stampato in faccia da quando sei tornato. -rispose Kōshi porgendogli una tazza di tè caldo. Keiji lo ringraziò e mise il quaderno sul tavolino da caffè davanti al divano.

-Stavo solo pensando alla canzone. -disse dopo aver bevuto un sorso. 

-Mh-Mh. E io sono nato il 30 di febbraio. -fece Kōshi ridacchiando. -Quei vestiti sono del tuo nuovo amico?

Proprio mentre Akaashi stava cercando un modo per rispondere, Tōru entrò di corsa nel salotto con la faccia di uno che ha appena trovato una miniera di diamanti.

-Non ci crederete mai! -annunciò, tutto contento.

-STAI ZITTO! -urlò Tobio arrivando dietro il più grande. Indossava solo i boxer e una maglietta a mezze maniche bianca. Era tutto rosso in viso.

-Tutto bene? -chiese Keiji alzando un sopracciglio.

-Tobio-chan ha fatto conquiste! -rispose Tōru, gongolando. -Guardate! Ha i segni di guerra! 

-Smettila! È colpa di quell’idiota che... -tentò di spiegare l’altro.

Senza nemmeno curarsi dell’imbarazzo del suo kohai preferito, Oikawa tolse la maglietta a Tobio, rivelando un paio di segni violacei alla base del collo. Non serviva un genio per capire come se li fosse procurati.

-Congratulazioni, Tobio-chan. Chi è la fortunata? O il fortunato? -fece Keiji sorridendo.

L’interpellato riprese la sua maglietta dalle mani di Tōru, che ridacchiava. Essendo il più piccolo, Tobio era sempre vittima di scherzi da parte di Atsumu e Tōru e, appena aveva una cotta per qualcuno, ecco che tutti i suoi senpai iniziavano a stuzzicarlo. Ma non per cattiveria, ovvio. 

-È Hinata? -chiese Kōshi mentre Tobio rimetteva la maglietta. -Perché se è così, Daichi mi deve una pizza.

Tobio annuì, timidamente. 

-Oh! Il piccoletto coi capelli arancioni? -domandò Tōru. -Sapevo che c’era qualcosa tra voi due! Devo dirlo a Iwa-chan!

E corse nella sua camera da letto. Tobio gli andò dietro, praticamente pregandolo di stare zitto e di farsi gli affari suoi. Kōshi ridacchiò: -Si vedeva che quei due avevano una certa intesa. Ma torniamo a noi. 

Akaashi fece un piccolo sorriso timido: -A cosa? -tentò di fare il finto tonto.

-‘Ji. Non sono nato ieri. Si vede che quel tuo nuovo amico ha attirato la tua attenzione. Allora, com’è? 

Keiji non aveva mai avuto una relazione, ma perché tutte le volte che aveva avuto una cotta per qualcuno, quel qualcuno era già fidanzato o innamorato di qualcun altro. Figuriamoci se un ragazzo riservato come lui aveva il coraggio di dichiararsi, poi! 

-Si chiama Bokuto Kōtarō. E gioca a pallavolo. -disse guardando il tè che era rimasto nella tazza. -E ha la tua stessa età.

-E hai detto che ascolta le nostre canzoni giusto? 

-Sì. Gli piacciamo come gruppo. Mi ha detto che vede sempre i nostri live e le interviste. -Akaashi bevve un sorso di tè, più per guadagnare tempo che perché aveva sete. -Ha detto che... ehm...

-Che?

-Che la canzone che canto io da solo è la sua preferita. -il cantante fu tentato di togliersi la felpa. Cominciava a esserci un po’ troppo caldo per essere dicembre.

Kōshi fece un sorrisetto: -E questo è perché gli piaci tu? -chiese, furbo.

-E-Eh? N-No! T-Ti pare? -fece l’altro, sconvolto. 

-E invece sì, gli piaci. Moltissimo pure. -lo corresse una voce nuova. I due ragazzi si voltarono verso l’ingresso: Kenma era appena tornato e si stava togliendo le scarpe.

-E come fai a saperlo, Kenma-kun? -domandò Kōshi.

-Me l’ha detto Kuroo. È suo amico. -rispose l’altro togliendosi la giacca. -Dice che Keiji è il preferito di Bokuto-san. Gli ha fatto “una testa così”.

E mimò le virgolette con le dita, poi allargò le braccia, probabilmente imitando quello che aveva fatto Kuroo quel pomeriggio, quando gli aveva parlato.

Akaashi non ebbe il tempo di metabolizzare la notizia, che tutti i componenti dei Pretty Setters gli furono addosso. Persino Atsumu, che era appena uscito dal bagno con addosso solo il suo accappatoio e si era unito solo per fare casino.

-Perché stiamo festeggiando? -chiese infatti il più giovane dei gemelli Miya, non capendo nulla.

-Perché Keiji piace taaaaanto al ragazzo che era nella foto che ci ha mandato oggi! -spiegò Kōshi mentre Keiji veniva stritolato da Tōru.

-Smettetela, ragazzi! È solo ammirazione... -cercò di dire il festeggiato.

-No che non lo è. -lo corresse Kenma e, ad uno sguardo omicida di Keiji, fece un sorrisetto. -Se stessi qui a ripeterti quello che mi ha detto Kuroo su Bokuto non ne usciremmo più, quindi credimi sulla parola.

-È una cosa bellissima, ‘Ji! Non sei contento? -fece Kōshi circondandogli le spalle con un braccio. -Il ragazzo che ti piace ti ricambia!

-Non-Non ho mai detto che mi piace. -disse Akaashi diventando viola per l’imbarazzo. Odiava essere al centro dell’attenzione in quel modo.

Tobio alzò gli occhi al cielo: -Sì, Keiji-san. Ma è una cosa così palese che lo abbiamo capito dalla tua espressione facciale. 

Quando finalmente lo lasciarono andare, Keiji riprese in mano il quaderno dove si stava appuntando le idee per la nuova canzone. Vedendo le sue infinite cancellature e correzioni, sorrise.

-Non so esattamente quello che provo per lui... -disse. -Però mi ha dato un’idea per la nuova canzone. Posso usarla?

Kōshi gli scompigliò i capelli: -Diamine, ‘Ji! Non serve neanche chiedere!

 

 

Fu così che Akaashi si ritrovò a scrivere una canzone ispirata a ciò che aveva provato quel giorno: il panico per i giornalisti, il sollievo che gli aveva dato l’incontro con Bokuto, la felicità di quando il pallavolista gli aveva proposto di giocare a pallavolo insieme, il forte batticuore che aveva provato vedendolo saltare per fare una bellissima schiacciata e poi quello di quando aveva scoperto che era un suo fan. Poi c’era stato il pomeriggio, anch’esso pieno di emozioni nuove: Kōtarō che lo portava da McDonald’s e insieme mangiavano un hamburger più che squisito, la passeggiata per le vie di Tokyo, ridendo e scherzando, e Bokuto che decideva di accompagnarlo a casa.

Per la prima volta nella sua vita, Keiji si era sentito amato. Ma non l’amore dei genitori verso i figli, cosa che aveva in abbondanza essendo figlio unico... no. L’amore che si prova verso un fidanzato o una fidanzata, una moglie o un marito. Quel tipo di amore.

E gli piaceva da morire quella sensazione.

Voleva esprimere tutto questo nella nuova canzone. I suoi amici avevano già deciso che l’avrebbe cantata lui e loro avrebbero fatto la seconda voce e l’accompagnamento musicale. Nonostante l’imbarazzo, Keiji aveva accettato. Non era la prima canzone che si ritrovava a cantare da solo ed era già salito su un palco per un paio di concerti, ma la sua insicurezza cronica sarebbe spuntata lo stesso. Lo sapeva. 

Ma per ora doveva concentrarsi solo sulle parole. Passò quasi tutta la notte seduto alla scrivania con il suo quaderno davanti, la penna (di cui ogni tanto mordicchiava l’estremità) in mano e l’altra mano fra i capelli. 

Il foglio, che fino a poche ore prima era immacolato, ora era colmo di cancellature, frecce e asterischi. Era riuscito a buttar giù un paio di righe scarse quando il cellulare vibrò. Era Bokuto, che, quando Keiji gli aveva chiesto il numero, era quasi svenuto dall’emozione.

 

Bokuto-san🦉

Grazie ancora per oggi. 

So che sono tipo le due del mattino, ma volevo scrivertelo. 

Sì, starai dormendo e vedrai il messaggio più tardi. 

Però non importa. 😆 [inviato alle 02:10]

 

Keiji sorrise. Quel ragazzo era veramente un tipo particolare, ma in senso positivo. 

Lanciò un’occhiata al foglio, poi appoggiò la penna e rispose ai messaggi:

 

Grazie a te, Bokuto-san. Mi sono divertito tanto😃 [inviato alle 02:12]

 

Stava per tornare a pensare alla canzone, quando il cellulare vibrò di nuovo.

 

Bokuto-san🦉

Sei sveglio? 🤔 va tutto bene? [inviato alle 02:13]

 

Tutto bene. Sto pensando alla nuova canzone e ho poche idee… [inviato alle 02:13]

 

Bokuto-san🦉

Ahh capito😱 

E cosa vorresti dire con la canzone? Posso aiutarti? [inviato alle 02:14]

 

Akaashi stava per rispondere che era molto gentile, ma che il suo aiuto non gli serviva, quando gli venne un’idea:

 

Posso venire ad una tua partita? Anche amichevole? [inviato alle 02:15]

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Capitolo 3
*** Terza parte ***


Terza parte



-...to? ... Bokuto? ... Oi, BOKUTO! 

Kōtarō sobbalzò e si voltò verso Konoha, che lo fissava, in piedi con le mani sui fianchi proprio davanti a lui.

-Ti sei dimenticato come si mettono le scarpe? -chiese il biondo, sarcastico. -Muoviti. La cerimonia sta per iniziare.

Bokuto fissò la scarpa che teneva in mano e si affrettò a mettersela. Prese la borraccia e chiuse il borsone, infine seguì il compagno di squadra fuori dallo spogliatoio. 

Non doveva distrarsi. Non voleva fare brutta figura davanti a Keiji, che sarebbe stato sugli spalti a guardare la prima partita della Fukurodani ai nazionali. 

Non sapeva il motivo, ma il cantante gli aveva chiesto di poter assistere. Sapeva che c’erano anche le squadre dei licei di Kōshi e Tobio, di Atsumu e di Kenma, quindi era probabile che ci fossero anche loro con Keiji. Beh, almeno non sarebbe stato tutto solo...

Kōtarō passò tutta la cerimonia di apertura a cercare l’altro tra il pubblico, non capendo niente del discorso di benvenuto e praticamente di tutto il resto. 

Quando finalmente fu il momento dell’inizio della partita della Fukurodani, pregò il dio della pallavolo, chiunque fosse, perché gli desse un po’ di concentrazione entro i futuri tre secondi. Era l’asso e il capitano, cavoli! Non poteva mettere in ridicolo la squadra!

-Bokuto. -lo richiamò il coach. -Sei distratto.

-Mi scusi. -rispose il ragazzo rendendosi conto di non aver ascoltato una parola del discorso del loro allenatore. 

-Concentratevi al massimo e date il meglio, come sempre. -disse l’uomo tornando a rivolgersi alla squadra. -E divertitevi. Siete ai nazionali, l’obiettivo per cui avete lavorato tanto.

 

 

-Lo vedi? -chiese Atsumu.

-Ho davanti un tizio alto due metri, non vedo un accidente! -rispose Tōru mettendo il broncio.

-Uffa! Eppure abbiamo trovato dei bei posti... -protestò Kōshi.

Keiji sospirò, maledicendosi perchè aveva detto ai suoi amici che sarebbe andato a vedere la partita della Fukurodani.

-Ricordatemi perché vi ho detto che potevate raggiungermi qui dopo aver visto le altre partite nella palestra principale... -disse.

-Perché vogliamo vedere il tuo amico dal vivo. -lo interruppe Atsumu dandogli una gomitata leggera con fare malizioso. Gli occhi erano nascosti dagli occhiali da sole, ma Keiji poté giurare di vedere le sopracciglia del più giovane dei gemelli Miya fare su e giù.

-Eccolo. -fece Tobio attirando l’attenzione dei suoi senpai. -Non è quello là?

Gli altri quattro (Kenma stava scrivendo un messaggio a Kuroo) si voltarono contemporaneamente verso il campo. Akaashi fu il primo a vederlo: Kōtarō stava guardando il pubblico sugli spalti. Indossava la divisa che Keiji aveva visto appesa all’armadio due settimane prima e teneva in mano la borraccia. Quest’ultima non sembrava importargli molto, concentrato com’era a guardare le persone venute ad assistere.

E poi, Bokuto si voltò verso di loro, fece un enorme sorriso e alzò il braccio, scuotendolo come per salutare.

-Ti ha visto, Kei-chan! Saluta anche tu! -esclamò Tōru. Il diretto interessato alzò timidamente la mano, ma bastò per far felice Kōtarō, che fece due salti, tutto contento. Poi circondò le spalle del ragazzo biondo che indossava la maglia numero 7 e gli disse qualcosa. L’altro non sembrò apprezzare molto, mentre l’intera squadra si mise a ridere.

-Awww! Guarda com’è felice! -commentò Kōshi.

Atsumu si sfregò le mani: -Bene. Ora vediamo cosa sa fare.

Akaashi ignorò qualsiasi cosa dissero suoi compagni da quel momento in avanti e si concentrò sul campo, stringendo il quaderno degli appunti tra le mani. Sarebbe riuscito a scrivere qualcosa di carino per la canzone? Lo sperava.... Insomma, non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma Bokuto Kōtarō era riuscito a diventare suo amico in meno di un giorno (cosa alquanto impossibile quando si parlava di Keiji) ed era inevitabile che si fosse affezionato a lui. Vederlo così contento quando in videochiamata gli aveva detto che avrebbe assistito ad una sua partita gli aveva scaldato il cuore. Non sapeva perché, ma non voleva ferire quel ragazzo, che era stato così gentile con lui e lo aveva cercato di metterlo a suo agio in tutti i modi possibili.

-Non ti ho mai visto così. -disse Tōru mentre i giocatori si disponevano in campo. -Quel ragazzo deve avere qualche strano potere.

Keiji arrossì.

E poi, finalmente, la partita ebbe inizio. 

 

 

Dopo aver scorto Keiji sugli spalti, Kōtarō si sentiva al massimo della forma. 

Akaashi Keiji, il suo idolo, che lo guardava giocare come lui l’aveva guardato attraverso lo schermo della televisione, del computer o del cellulare per tutto l’anno passato. Un sogno che si avverava. 

Aggiungendo che aveva una probabile cotta per quel cantante, il fatto che fosse lì apposta per lui lo rendeva ancora più felice. Però non aveva ancora capito perché gli aveva chiesto il permesso di assistere. Cioè, era solo per curiosità, visto che gli aveva detto di essere tra i migliori cinque del Giappone? O c’era una ragione ben precisa dietro quella domanda?

Scosse la testa per svuotare la mente.

Lui mi sta guardando. Devo concentrarmi.

La battuta di Sarukui diede inizio alla partita. Quando l’altra squadra rimandò la palla nel loro campo, Komi si occupò di riceverla, passandola ad Anahori, l’alzatore del primo anno che fece un’alzata perfetta a Bokuto. 

-Bokuto! -lo chiamò.

L’asso prese la rincorsa e saltò. 

Primo punto per la Fukurodani. Il pubblico esultò, urlando il cognome di Kōtarō e incitandolo a fare un altro punto.

Il pallavolista sorrise e si preparò all’azione successiva. 

-Sarukui, nice serve! -esclamò il capitano insieme agli altri compagni di squadra. 

La Fukurodani mantenne una bella differenza di punti fino al venticinquesimo, segnato da Konoha.  Il primo set terminò 25-22 con Bokuto che dava delle pacche sulle spalle al compagno, complimentandosi per la bellissima schiacciata.

 

 

-…ji? … Keiji? Oooooi! Terra chiama Akaashi Keiji! 

Keiji si risvegliò dalla trance in cui era finito solo quando Tōru gli schioccò le dita davanti agli occhi. Senza accorgersene era rimasto a fissare Kōtarō per tutta la durata del primo set, senza prestare attenzione a ciò che dicevano i suoi amici. 

-Sei vivo? -chiese Oikawa, dubbioso e divertito allo stesso tempo. -È dall’inizio del set che non parli e scrivi sul quaderno senza nemmeno guardare ciò che fai. Sembravi posseduto!

Akaashi abbassò gli occhi sulle sue mani e su ciò che aveva scarabocchiato sul suo quaderno: non aveva scritto molto male e gli appunti che aveva preso sembravano abbastanza comprensibili. E poi doveva riuscire a leggerli lui, mica gli altri.

-Qualcosa mi dice che il tuo nuovo amichetto ha veramente fatto colpo. -commentò Atsumu circondandogli le spalle col braccio. Keiji diventò tutto rosso e nascose il viso dietro al quaderno, facendo ridere tutto il gruppo.

-Però è veramente bravo. -disse Kōshi osservando la Fukurodani mentre l’allenatore spiegava qualcosa ai ragazzi. -Hai detto che è fra i migliori cinque?

-S-Sì… o così ha detto lui. -rispose Keiji, abbassando timidamente il quaderno quel tanto che bastava per guardare l’altro.

-Guarda, ti sta cercando ancora. -fece Kenma, che aveva alzato per un attimo gli occhi dal videogioco a cui si era messo a giocare durante la pausa tra il primo e il secondo set.

Akaashi spostò lo sguardo su Bokuto, che lo aveva individuato in mezzo alla folla. Il cantante aveva trovato un posto abbastanza vicino al campo e da lì riusciva a distinguere abbastanza bene i lineamenti dei giocatori. Per questo, quando incrociò lo sguardo Kōtarō, riuscì a capire ciò che gli voleva dire: Guardami.

Keiji annuì, quasi per rispondere: Ti sto guardando. Concentrati.

Bokuto sorrise e Akaashi fece lo stesso.

 

***

 

Kōtarō mise la giacca della Fukurodani e chiuse il borsone. Strinse il portachiavi che aveva attaccato alla cerniera e sorrise. 

-Devo dire che quel ragazzo è stato una presenza molto utile. -commentò Konoha dandogli un pugno amichevole sulla spalla.

-Eh? Che intendi? -chiese Bokuto seguendolo di corsa fuori dallo spogliatoio.

-Sei stato al massimo delle forze per tutta la partita, senza mai deprimerti come fai sempre. -spiegò il biondo. -Devo ringraziare quel tipo. Posso scrivergli un messaggio col tuo cellulare?

Ma l’asso della Fukurodani non rispose. Stava ancora metabolizzando quello che il compagno di squadra gli aveva appena detto. Non si era reso conto di essere rimasto al cento per cento… anzi, al centoventi per cento della sua forza per tutti e due i set appena giocati. Ma era stato davvero per Keiji? Insomma, forse questo aveva contribuito, ma…

-Ehi, scusa! -lo chiamò una voce maschile. Kōtarō si risvegliò dai suoi pensieri e si voltò: un ragazzo dai capelli castani si stava avvicinando a lui. Indossava un paio di jeans, un maglione marrone e una giacca, tenuta aperta. Il viso era parzialmente nascosto dagli occhiali da sole, ma Bokuto lo riconobbe. Oikawa Tōru, chitarrista e “fondatore” dei Pretty Setters, gli si fermò di fronte.

-Ehm… ciao. -disse il pallavolista. Come doveva approcciarsi a lui? Avevano la stessa età, certo, e Keiji gli aveva parlato di lui, ma un po’ di imbarazzo c’era lo stesso. 

-Tu sei Bokuto, giusto? -fece Oikawa, squadrandolo da cima a fondo. -Bokuto Kōtarō.

-Sì. -rispose l’interpellato, a disagio.

-Lo conosci? -chiese Konoha al capitano.

-NO! BOKUTO-SAN, NON RISPONDERE A NIENTE DI QUELLO CHE TI CHIEDERÀ! -esclamò una voce familiare. Dietro Tōru spuntò Keiji, con il fiatone.

-Uffa, Kei-chan! Non posso nemmeno fare due chiacchiere col tuo amico? -protestò Tōru mettendo il broncio.

-Ti avevo detto di aspettarmi fuori dal bagno! -fece Akaashi per tutta risposta. Kōtarō notò che un leggero rossore si era fatto largo sulle sue guance.

-Oi, Bokuto. Ma quello è… -gli sussurrò Konoha mentre i due cantanti discutevano.

-Sì. È lui. -disse Bokuto senza staccare gli occhi da Keiji. Era dannatamente adorabile! 

-Era solo per vedere che tipo è il ragazzo di cui ci parli tanto, Kei-chan! -esclamò Oikawa in quel momento. Kōtarō arrossì violentemente. Aveva sentito male o Akaashi aveva parlato di lui agli altri Pretty Setters? E a quanto pare non solo una volta!

-Tōru-san, potresti andare dagli altri e aspettarmi con loro, per favore? -fece Keiji con un tono che non ammetteva repliche.

Il diretto interessato sbuffò: -E va bene. È stato un piacere conoscerti, Bokkun! -e se ne andò, salutando con la mano.

Keiji fece un sospiro: -Scusatelo. Non capisce che dovrebbe imparare a farsi gli affari suoi.

-Bokkun? -balbettò Kōtarō, sorpreso.

-Sì, ha l’abitudine di dare soprannomi a tutti, anche a chi non conosce.

-Simpatico. -commentò Konoha.

-Già, quando vuole. -rispose Akaashi. Poi allungò una mano e sorrise: -Non mi sono ancora presentato, comunque. Mi chiamo Akaashi Keiji.

Konoha ricambiò il sorriso e gli strinse la mano: -Ti conosco bene. Bokuto ci parla spesso di te, come puoi immaginare. Io sono Konoha Akinori. È un piacere conoscerti di persona, Akaashi-san. -il biondo lanciò uno sguardo a Bokuto, che aveva osservato la scena in silenzio (fatto alquanto strano). -Grazie per aver sopportato questo qui quel giorno. Ti avrà chiesto di alzargli fino allo sfinimento, immagino.

-No, in realtà ero io a voler continuare. Mi sono divertito. -Keiji guardò a sua volta l’asso della Fukurodani. -Vero, Bokuto-san?

L’interpellato annuì.

-Ah davvero? Allora abbiamo trovato qualcuno in grado di sopportare Bokuto Kōtarō! È un miracolo! Vado a dirlo alla squadra! È stato un piacere conoscerti, Akaashi-san. Buona serata! -e Konoha si allontanò di corsa, raggiungendo Washio e Sarukui, poco distanti da loro.

“Finalmente soli” si ritrovò a pensare Bokuto, sollevato. Osservò Akaashi, che era ancora un po’ rosso in faccia. Era veramente carino così! Un duro colpo per il cuore del pallavolista, che sentì il suddetto muscolo iniziare a battere più forte di prima. 

-Hai giocato molto bene, Bokuto-san. È stata una bella partita. -si complimentò il cantante stringendo la spallina del suo zaino, imbarazzato. 

-Lo pensi davvero? -fece Kōtarō, al culmine della felicità. Il più giovane annuì, poi sembrò ricordarsi di una cosa e aprì lo zaino. Ne estrasse un sacchetto, che porse all’altro.

-Grazie per avermeli prestati. Non ero ancora riuscito a riportarteli. -disse. Bokuto prese il sacchetto e vi guardò all’interno: erano i vestiti che aveva prestato a Keiji due settimane prima, quando lo aveva portato a casa sua per permettergli di fare una doccia prima di pranzo. 

-Ah… di niente. -rispose il più grande infilando il sacchetto nel borsone. -Ehm… come va con la canzone?

Akaashi fece un piccolo sorriso timido (e lui si sentì morire): -Il testo c’è tutto ora. Devo solo sistemare dei passaggi. 

-Davvero? Sono contento!

Il cantante prese un’altra cosa dallo zaino. Era una busta bianca, come quelle che vengono usate per le lettere postali.

-E mi hai aiutato anche tu a scriverla, quindi ehm… questi sono per te. 

Kōtarō aprì la busta, curioso, e quello che vide per poco non lo uccise.

-Ma… ma questi…

-Sono i biglietti per il prossimo concerto. E i pass per accedere al backstage. -concluse Keiji al posto suo. -Sono due perché ho pensato che potresti invitare quel tuo amico che conosce Kenma… ehm… Kuroo-san?

L’asso della Fukurodani non riusciva a credere ai suoi occhi. Da quando era fan dei Pretty Setters aveva aspettato pazientemente un’occasione come quella. E adesso che finalmente gli si stava parando davanti, gli sembrava di stare sognando.

-Aspetta un secondo. Ma non saranno in vendita fra qualche giorno? Come hai…?

-Segreto. -rispose semplicemente Keiji facendo l’occhiolino. Poi si strinse nelle spalle e, arrossendo di nuovo, chiese: -Verrai?

-Sì! -esclamò Bokuto senza neanche pensarci. -Ci vengo! Ci vengo!

Il sorriso che fece Akaashi rimase nella mente del pallavolista fino a tardi, quella notte. 

 

 

-Allora? Ce l’hai fatta a dargli i biglietti? -chiese Kenma mentre, sui sedili posteriori del taxi, lui e Keiji tornavano all’appartamento. Nessuno dei Pretty Setters aveva la patente, visto che erano tutti minorenni, e avevano deciso di non farsi accompagnare dal loro manager per non dare nell’occhio. 

Keiji sorrise, ripensando a quello che era successo appena pochi minuti prima. Vedere Kōtarō così contento gli aveva fatto bene al cuore. Dargli i biglietti e i pass per il backstage era stata la scelta migliore che potesse fare.

-Sì. -rispose. -Era sorpreso. Non se l’aspettava proprio.

-Quindi è stata la decisione giusta. 

Akaashi annuì: -Kuroo-san ti ha risposto?

-Ha detto che Bokuto-san gli ha chiesto di andare subito con lui, anche se non lo ha ancora del tutto perdonato per non avergli detto che mi conosce.

L’altro rise leggermente.

-Lo conoscerò allora.

-A quanto pare sì. 

Poi rimasero in silenzio finché non arrivarono a destinazione. Keiji finse di non aver notato il sorriso che Kenma aveva fatto mentre parlavano di Kuroo.

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Capitolo 4
*** Ultima parte ***


Ultima parte




-Come sto?

-Bro. È un concerto. Non un matrimonio.

-Ma è il concerto di Keiji!

-Sì, ma non si sposa mica! Andavi benissimo anche con la felpa di prima!

-Era quella della scuola! Non andava bene per niente!

Kuroo sospirò, osservando Kōtarō, in piedi davanti all’armadio, togliersi l’ennesimo maglione che provava in dieci minuti. Va bene che ci teneva a fare bella figura, ma il capitano del Nekoma non lo aveva mai visto così attento al suo vestiario come in quegli ultimi giorni.

Era passato un mese dal termine dei nazionali. La Fukurodani aveva perso proprio in finale, dopo una battaglia all’ultimo punto contro l’altra squadra. Keiji era andato ad assistere a tutte le partite, anche uscendo di nascosto dagli altri Pretty Setters, cosa che aveva sorpreso non poco Kōtarō e il gruppo stesso. 

Dopo i nazionali, i ragazzi del terzo anno della Fukurodani si erano, come prevedibile, ritirati dalla squadra, come quelli del Nekoma. Bokuto odiava non potersi più allenare con gli altri, così, qualche volta, andava a trovarli in palestra e si offriva di aiutare. Peccato che quel “qualche volta” si fosse trasformato in un “sempre”.

Con la fine di gennaio e l’arrivo di febbraio, i biglietti del concerto e i pass per il meet&greet erano stati messi in vendita. Kōtarō aveva ricevuto il permesso da Keiji di pubblicare la foto del proprio biglietto e del pass, ovviamente senza dire che era stato uno dei Pretty Setters in persona a regalarglielo, e il pallavolista non ci aveva pensato due volte.

Il giorno del concerto era arrivato e Bokuto e Kuroo avevano deciso di andare allo stadio di Tokyo insieme. Anche perché avevano entrambi il pass per il meet&greet, che sarebbe stato prima del concerto. 

Kōtarō non aveva idea di come vestirsi. Insomma, era pur sempre il concerto del ragazzo che gli piaceva (ormai aveva capito che quella non era semplice ammirazione)… e il suo migliore amico non era molto d’aiuto. La faceva facile lui, che conosceva Kenma da anni ed era il suo ragazzo da qualche mese. Kenma non era il tipo che faceva caso a com’erano vestiti gli altri, ma Keiji? Non sembrava il tipo, però…

In quel momento Kuroo sospirò di nuovo e si alzò dalla sedia su cui si era seduto. Raggiunse l’armadio e prese i vestiti per Kōtarō. Non ne sarebbero più usciti altrimenti.

-I pantaloni vanno bene, ma cambia la camicia e il maglione con questi e vedrai che sarai perfetto, bro. -disse solo. Poi tornò a sedersi sulla sedia, prese il telefono e si mise a messaggiare, forse con Kenma.

 

 

-Ragazzi, ci facciamo una foto? -propose Kōshi durante quei pochi minuti di pausa dopo le prove. -Prima che arrivino tutti. E poi la possiamo pubblicare sulla storia di Instagram della band!

Keiji annuì e si mise in posa insieme agli altri, anche se fu difficile coinvolgere anche Kenma. Sugawara scattò la fotografia e scrisse “Relax dopo le prove!”, taggando le loro pagine personali.

Akaashi approfittò della pausa per controllare i messaggi. Ne trovò un paio della sua famiglia, alcuni di amici e poi uno di Bokuto. Aprì la chat con il pallavolista senza esitazione:

 

Bokuto-san 🦉

Ehi ehi ehiiiiiiii! Tutto a posto? 

Io e Kuroo siamo partiti ora da casa mia. Ci vediamo al meet&greet! 🤩 [inviato alle 18:31]

 

Keiji sorrise, ma poi il suo cuore iniziò a battere forte. Quella sera avrebbe finalmente cantato la canzone scritta da lui apposta per quel pallavolista che era riuscito a trovare un posticino speciale nel suo cuore. Non sapeva se essere felice o prepararsi a sprofondare negli abissi della Terra per la vergogna. E se le sue parole fossero risultate troppo melense? I Pretty Setters gli avevano già detto che andava benissimo così e che tutte le loro canzoni erano più o meno simili, a livello di romanticherie, però… quella era la prima volta che Keiji scriveva una canzone interamente da solo. Se fosse stata solo una perdita di tempo, il loro agente gli avrebbe fatto una lavata di capo assurda.

No, l’ultima parte era un po’ eccessiva, lo sapeva. Il signor Nishida era un santo solo a sopportare Atsumu e Tōru ad ogni riunione, pranzo o cena che avevano tutti insieme.

-‘Ji. Respira. La tua canzone piacerà di sicuro. -disse Kōshi leggendogli nel pensiero. -Certe volte sei proprio un libro aperto, lo sai?

Il diretto interessato si strinse nelle spalle: -Scusa. È più forte di me…

Sugawara gli mise un braccio attorno alle spalle e gli fece un gran sorriso: -Non ti devi fare troppe paranoie, altrimenti finirai col deprimerti. Sorridi e non aver paura. Ci siamo noi a sostenerti. E poi a Nishida-san piace molto la tua canzone.

Akaashi annuì, non proprio convinto. Prima che potesse dire altro, però, Tobio li chiamò. La pausa era finita e loro dovevano cenare e prepararsi per il meet&greet.

 

 

Il turno di Kōtarō e Tetsurō al meet&greet sembrava qualcosa di irraggiungibile. E per fortuna erano arrivati presto!

Mentre aspettavano in fila fecero amicizia con dei ragazzi che si rivelarono essere… beh, i fidanzati degli altri Pretty Setters. Bokuto riconobbe il capitano e uno dei centrali del Karasuno e l’asso dell’Itachiyama, mentre il quarto ragazzo si presentò come l’asso dell’Aoba Johsai, Iwaizumi Hajime.

Per una ragione misteriosa, entrarono nel backstage tutti e sei insieme. 

Inutile dire che, appena vide Keiji, per poco Kōtarō non svenne. Il giovane cantante era semplicemente bellissimo già di suo, ma vestito così e senza occhiali… il cuore del pallavolista non avrebbe retto fino alla fine del concerto, ormai ne era sicuro.

Akaashi indossava una semplice maglietta a collo alto grigia, una giacca e dei jeans neri. Dio, era semplicemente stupendo.

-OMI-KUN! -esclamò Atsumu appena vide l’asso dell’Itachiyama. Sakusa rispose con un “Ciao, ‘Tsumu” poco convinto, o così sembrò a Bokuto.

-IWA-CHAN! -fece Tōru contemporaneamente ad Atsumu. Iwaizumi, al contrario di Sakusa, fece un sorriso e scompigliò i capelli al suo ragazzo, nonostante fosse poco più basso di lui. 

-Ehi, Shittykawa. -lo salutò amorevolmente. Oikawa iniziò a lamentarsi su quanto avesse lavorato per rendere i suoi capelli perfetti e di come Haijime li avesse spettinati in meno di tre secondi.

-Woooooooo! Che figo che sei! -l’esclamazione di Hinata Shoyo, il centrale del Karasuno venuto per Tobio, fece voltare tutti verso la sua direzione. Il piccoletto dai capelli arancioni stava saltellando attorno al suo da poco eletto ragazzo, facendogli i complimenti per come si era vestito. Il diretto interessato era arrossito e balbettava cose senza senso.

Nel frattempo, Sawamura Daichi si era avvicinato a Kōshi e, dopo un piccolo bacio sulle labbra, si erano messi a parlare, mentre Kuroo aveva messo un braccio attorno alle spalle di Kenma e gli sussurrava qualcosa all’orecchio.

Kōtarō, infine, si avvicinò subito a Keiji e cercò di mettere insieme un discorso decente. 

-C-Ciao. -disse.

-Ciao, Bokuto-san. -ricambiò il più giovane con un sorriso. -Scusa se non ho risposto al tuo messaggio, ma ci hanno chiamati per sistemare le ultime cose per il concerto e…

-Nessun problema. -lo tranquillizzò il pallavolista. Sperò che Kuroo non rivelasse ciò che era successo davvero, ossia che l’ormai ex-capitano della Fukurodani si era fatto le idee più strane possibili proprio come una ragazzina in piena crisi perché il ragazzo che le piace visualizza ma non risponde.

-Allora, sei pronto? -domandò Kōtarō cambiando argomento. Fece un gran sorriso a Keiji, come suo solito. Il cantante arrossì un pochino e annuì: -Dovrei essere io a chiedertelo. Non è il primo concerto dei Pretty Setters a cui assisti? 

-Sì, però volevo prima accertarmi che tu stessi bene. 

Appena si rese conto di ciò che aveva detto, Bokuto avvertì troppo caldo per i suoi gusti.

-Cioè. So che non ti piace molto stare al centro dell’attenzione, ecco… -si affrettò ad aggiungere.

Akaashi piegò la testa di lato, intenerito: -Sto bene, grazie Bokuto-san.

Non ebbero tempo di dirsi altro perché era tardi e il concerto sarebbe iniziato in meno di un’ora. I ragazzi si fecero una foto tutti insieme, poi i Pretty Setters salutarono gli altri sei, che uscirono dal backstage e andarono a cercare i loro posti.

 

 

Le luci del palco erano proprio come Keiji se le ricordava dall’ultimo concerto. Calde. 

E l’effetto che faceva parlare e cantare con la voce amplificata dal microfono? Akaashi l’adorava, anche se si sentiva ancora insicuro quando saliva sul palco. 

Dato che l’unica parte dello stadio che era illuminata era proprio il palco, Keiji non riuscì a trovare Kōtarō tra il pubblico, anche se aveva vagamente idea di dove lui e gli altri fossero seduti. Per questo, quando fu il momento della nuova canzone, il cantante decise che avrebbe guardato soprattutto verso quella direzione.

-Tōru-kun, è il momento di lasciare spazio a Keiji-kun ora. Va bene che hai il tuo fan club da accontentare, però ci siamo anche noi, sai? -fece Kōshi provocando una risata da parte del pubblico. 

-Volevo assicurarmi che fossero tutti pronti per la canzone di Kei-chan! -disse Tōru, sorridendo al diretto interessato che, nel frattempo, si era avvicinato al bordo del palco, dove c’erano Oikawa e Sugawara.

-Sei troppo gentile. Che ti succede, Tōru-san? -chiese Keiji facendo un sorrisetto furbo. Poi si rivolse al pubblico: -Sapete, ho scritto questa canzone grazie ad una persona che ora è proprio qui, sugli spalti ad ascoltare. Mi ha aiutato molto, anche se non sono mai riuscito a dirgli grazie come si deve. -i fan si misero ad applaudire e Akaashi rise. -Aspettate! Prima lasciate che finisca! Dicevo, la canzone è anche un modo per esprimere la mia gratitudine nei suoi confronti. Perché sì, il giorno in cui ci siamo conosciuti per strada mi ha praticamente salvato, ma, come mi hanno fatto capire i Pretty Setters, non è finita lì. 

-Ha ragione. -commentò Atsumu, che se ne stava seduto dietro la sua batteria e faceva girare le bacchette tra le dita.

Keiji si voltò verso la direzione in cui era sicuro fosse seduto Kōtarō, tutto rosso in viso: -Adesso mi rivolgo a te e ti dico solo una cosa. Guardami.

Sapeva che Bokuto aveva capito il suo riferimento, così fece un sorriso ai suoi amici. La melodia della nuova canzone iniziò.

-Questo è per te. -disse ancora Akaashi. Poi iniziò a cantare. 

 

 

Kōtarō era sicuramente arrossito, ma per fortuna il buio lo nascondeva a sufficienza. Keiji aveva davvero scritto la canzone apposta per lui? Davvero davvero? Se era un sogno, allora non voleva più svegliarsi!

Quando la voce di Akaashi gli arrivò alle orecchie, capì che il cantante non aveva mentito. 

Perché la canzone parlava del loro incontro e della giornata che avevano trascorso insieme, delle partite di Bokuto che Akaashi aveva visto dagli spalti e delle loro chiacchierate su Line fino a tardi.

Ma tutto era visto dalla prospettiva di Keiji, che descriveva ogni cosa come una magia e come una fiaba perché, secondo lui, Kōtarō, come un principe, lo aveva salvato. E non solo dai giornalisti come pensava.

Grazie alla musica e alle parole, all’asso della Fukurodani sembrò di vedersi da fuori, durante una partita. La palla che arrivava nel campo, la ricezione e l’alzata dei suoi compagni e poi la sua rincorsa. Si vide mentre saltava e il movimento che faceva con il braccio per schiacciare. 

Keiji lo descriveva con varie metafore e similitudini, come la maggior parte delle canzoni, ma la differenza era che qua e là Akaashi aveva inserito frasi che Bokuto gli aveva detto, tipo la sua frase del voler vivere fino a 130 anni. E il pallavolista capì ciò che il più giovane voleva esprimere. Quel sentimento non era semplice gratitudine… 

-Oi, bro! Dove vai? -gli chiese Kuroo vedendoselo passare davanti.

-Fammi passare. -disse solo. Non aspettò neppure che l’amico si spostasse: gli lasciò in mano il suo striscione, lo oltrepassò e lo stesso fece con gli altri quattro ragazzi che erano con loro. 

-Bokuto-san? -lo chiamò Hinata dubbioso.

Il diretto interessato non lo ascoltò, scese gli scalini che portavano sugli spalti e percorse a ritroso il percorso che avevano fatto dopo il meet&greet. 

Doveva parlargli. Doveva dirgli che anche lui provava gli stessi sentimenti. Non gli importava se fossero stati davanti a tutti, Keiji doveva saperlo.

-Ehi, ragazzo. Non puoi entrare qui. -gli disse uno dei due agenti che si trovavano fuori dalla porta del backstage. 

Kōtarō gli mostrò il pass: -Devo dire una cosa a una persona. È importante.

L’agente guardò il collega, che annuì, poi aprì la porta. Bokuto li ringraziò con un inchino e corse nel backstage. Sentiva la musica che continuava, perciò Akaashi stava ancora cantando. 

Ne ebbe la conferma arrivando dietro le quinte. Da lì vide i Pretty Setters che suonavano i propri strumenti e cantavano la seconda voce. Solo Tobio lo notò, perché aveva spostato per un attimo gli occhi verso le quinte. 

Il più piccolo lo fissò per qualche secondo, poi sembrò capire. Gli fece segno di aspettare.

-Ehi! Tu! -esclamò un uomo raggiungendo Kōtarō con una donna al seguito. -Non puoi stare qui. Chi sei?

-Ehm io… -balbettò il ragazzo iniziando a sudare. E adesso? Lo avrebbero portato fuori a calci? Lo avrebbero denunciato? Ucciso e poi fatto a pezzi il suo corpo per scioglierlo nell’acido?

-Nishida-san, lo lasci. -disse una voce. L’ex-capitano della Fukurodani si ritrovò Tobio proprio accanto a lui. Per un attimo lo vide circondato da una luce e gli sembrò di sentire dei cori angelici. Quel ragazzo lo stava letteralmente salvando.

 

 

Quando Keiji terminò la canzone fu subito investito da un applauso. Il pubblico aveva ascoltato la sua canzone con il fiato sospeso, come se la sua musica lo avesse stregato. Non riusciva a crederci.

Ma la sorpresa più grande la ebbe quando, voltandosi verso i suoi amici, vide Kōtarō andargli incontro praticamente correndo. Akaashi, bloccato sul posto, non seppe cosa fare.

-Bokuto-san, che cos-mh! -non fece in tempo a finire la frase, perché Bokuto gli aveva preso dolcemente il viso fra le mani e lo aveva baciato sulle labbra. 

I suoni attorno a Keiji sparirono, la luce dei riflettori sembrava ancora più forte e il suo cuore, unico rumore che avvertiva, aveva accelerato di colpo, lasciandolo senza fiato. Quando realizzò che cosa stesse succedendo, il cantante strinse forte la felpa di Kōtarō, come per paura che se ne andasse. Poi chiuse gli occhi e il rumore causato dal pubblico lo investì, ma non gli importò. Bokuto lo stava baciando, segno che ricambiava i suoi sentimenti. Non poteva essere più felice.

Purtroppo però avevano bisogno di respirare, quindi furono costretti a separarsi. Keiji guardò il pallavolista davanti a lui, che aveva il fiatone e lo fissava a sua volta.

-Scusa. Era una cosa urgente… -disse come per giustificarsi… o almeno, Akaashi pensò di aver capito ciò che aveva detto, perché i fan erano in delirio e con il caos che causavano non sentiva praticamente niente. 

-Tempismo perfetto… però siamo in mondovisione, Bokuto-san. -e Keiji indicò la telecamera al bordo del palco proprio davanti a loro due. 

-Io amo fare le cose in grande, Agaashee. -fece Kōtarō mettendo le mani sui fianchi, fiero.

-Uffa, ragazzi. Ci avete rubato tutta la scena! -si lamentò Tōru proprio in quel momento. Era a pochi passi da loro e li osservava con un finto broncio. Akaashi sapeva che in fondo Oikawa Tōru era felice che fosse successo. Erano pur sempre amici.

-Se non si fosse capito, la persona a cui il nostro Keiji si è ispirato è proprio lui. -disse Atsumu rivolto al pubblico. Aveva messo un braccio attorno alle spalle di Bokuto, che era arrossito. Il pubblico esplose in un “AWWWWWWW”.

-Non mettetelo in imbarazzo, dai! -esclamò Kōshi che se ne stava seduto sul bordo del palco con la chitarra sulle gambe.

-Per poco il nostro agente non lo ammazzava, sapete? -fece Tobio, in disparte rispetto a loro. Teneva il suo basso in mano e faceva finta di togliere dei granelli di polvere praticamente inesistenti. 

-Il signor Nishida? -chiese Keiji, stupefatto.

-Beh, sì. Mi sono intrufolato nel backstage… -rispose Kōtarō. Per fortuna non aveva il microfono o l’avrebbero sentito tutti.

-Facciamo un applauso a Nishida-san, che ne dite? Per ringraziarlo di aver lasciato salire il nostro ospite sul palco. -propose Kōshi iniziando a battere le mani. Il pubblico lo seguì a ruota.

Akaashi lanciò un’occhiata al loro agente, che, dietro le quinte, scuoteva la testa divertito, come per dire “Questi giovani d’oggi!”.

-Ora è tempo di una piccola pausa. Ci vediamo fra un quarto d’ora! -annunciò Atsumu.

 

 

Qualche anno dopo…

 

 

-Bokuto-san! Facciamoci una foto! -esclamò Hinata avvicinandosi a lui sventolando la piccola bandierina giapponese che aveva in mano. 

Mentre Kōtarō sorrideva verso l’obbiettivo della fotocamera del cellulare, la musica che aveva accompagnato gli atleti nella loro entrata nello Stadio Olimpico terminò. La nazionale di pallavolo maschile si voltò verso il palco, per vedere i sei giovani che vi stavano salendo. 

-Eccoli! Vedo Tobio! -fece Hinata saltellando. Nonostante avesse venticinque anni si comportava esattamente come quando Bokuto lo aveva conosciuto, al liceo. 

-Ancora coi capelli in quello stato… -commentò Iwaizumi, che stava guardando Tōru. -Che poi non venga a lamentarsi da me perché aveva qualcosa fuori posto!

-E Katsu-kun dov’è? -chiese Hinata.

-Potrei chiedere la stessa cosa per Sora-chan. -rispose Iwaizumi ridendo. -Diciamo che la peste ha attirato l’attenzione delle ragazze italiane, quindi Yaku lo sta tenendo d’occhio. E Sora?

-È ancora troppo piccola. Tobio ha preferito lasciarla a sua madre. -disse Hinata. Kōtarō sorrise, cercando la sua Hotaru con lo sguardo. Kuroo l’aveva presa in braccio prima e aveva inseguito Katsumi prima che corresse via.

La sua lucciola aveva ormai tre anni. Cavoli, gli sembrava che fosse passato solo un giorno da quando lui e Keiji erano andati al centro adozioni per prendere Hotaru, che a quei tempi aveva appena tre mesi.

-‘Tōchan. -lo chiamò una vocetta proprio in quel momento. Bokuto abbassò la testa e vide sua figlia allungare le manine verso di lui.

-Ehi, piccola lucciola! -la salutò.

-Braccio! -fece la bambina, per tutta risposta.

Il pallavolista la prese tra le braccia e le indicò il palco: -Vedi papà? -le chiese.

Osservò Hotaru cercare Keiji e sorrise. 

-Ehi, vedo che Tōru ha insegnato come attirare le ragazze al piccoletto, eh? -commentò Kuroo, che aveva riportato Katsu da Iwaizumi. Teneva suo figlio per mano e l’altro bambino con l’altra.

-Non dirmelo, ti prego. Ha pure provato ad approcciare la sua maestra dell’asilo. -disse Iwaizumi portandosi una mano sugli occhi.

La voce di Keiji che iniziava a cantare distolse l’attenzione di Kōtarō dal discorso del preparatore atletico e del promotore sportivo. 

L’effetto che gli faceva la voce di Akaashi non sarebbe mai cambiato. Il cuore gli batteva forte e il mondo esterno spariva. In quei momenti c’erano solo lui e Keiji. 

Dopo il concerto in cui si erano dati il loro primo bacio, la carriera di entrambi era decollata: Bokuto era entrato in squadre importanti e persino in nazionale, Akaashi e i Pretty Setters erano conosciuti a livello mondiale. Quando Kōtarō aveva ventuno anni erano andati a convivere, quando ne aveva ventitré si erano sposati e a ventiquattro avevano deciso di adottare Hotaru. 

Kōtarō si considerava un uomo abbastanza fortunato: giocava a pallavolo, cosa che lo aveva reso famoso a livello mondiale; in qualche modo era riuscito a diplomarsi al liceo e a continuare la carriera agonistica; era popolare fra il pubblico femminile di qualsiasi età eccetera eccetera... ma non pensava di essere così fortunato da sposare il suo idolo e creare una famiglia con lui. 

 

 

 

Hotaru Bokuto-Akaashi: Bokuaka

Katsumi Kuroo: Kuroken

Katsu Iwaizumi: Iwaoi

Sora Kageyama: Kagehina


*angolo autrice*
Yahooo~
Eccoci giunti alla fine della storia! Proprio in questo momento sto ascoltando una canzone fanmade che mi aveva ispirato una Bokuaka che avevo scritto e pubblicato un po' di tempo da qui su EFP 😍 tempismo perfetto direi!
Che dire? Scrivere di Bokuto e Akaashi mi piace tantissimo! Sono così carini!
Per quanto riguarda la fine, ho deciso di inserire parti canoniche come le Olimpiadi e pure i pargoli delle varie ship presenti. Io me li immagino così! 😂
E niente, spero che la mia storia vi sia piaciuta. Alla prossima! ❤️
_SbuffodiNuvola_

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