The Praetors - Jeyna Oneshots (Jason e Reyna)

di hermy09
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Prove fotografiche ***
Capitolo 3: *** Casa è dove è il tuo cuore ***
Capitolo 4: *** M'ama, non m'ama ***
Capitolo 5: *** C'è troppo silenzio per dormire da soli ***
Capitolo 6: *** Coping with forever ***
Capitolo 7: *** Waiting for Grace ***
Capitolo 8: *** Of Touches And Words ***
Capitolo 9: *** Lost on a memory lane ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Nel fandom dell'universo di Percy Jackson le ship sono davvero tantissime, e come è normale che sia, alcune ricevono più attenzioni di altre.

La ship Jeyna (JasonxReyna) è a parer mio una delle più sottovalutate seppur sia una delle migliori. Trovo sempre poco su di loro e volevo far la mia parte per rimediare.

Questa raccolta vuole inoltre avere lo scopo di convertire voi miscredenti: ovvero chi persiste a leggere solo storie canon JasonxPiper (scherzi a parte io sono la prima multishipper che legge anche un sacco di storie Jercy).

Se non apprezzate ancora questa coppia vi ricordiamo che:
1. Sono letteralmente la Perchabeth del Campo Giove.
2. Sono cresciuti insieme.
3. Reyna (e anche noi lettori) si meritava molto di meglio che quella tristissima scena nel Marchio di Atena dove Jason nemmeno la saluta.
4. Sarebbero una coppia super potente (ricordiamo che sono stati entrambi pretori)

Come leggere la raccolta:
Le storie possono essere lette anche in ordine casuale, ma se si segue l'ordine in cui verranno postate si potranno notare collegamenti molto carini.

Perché non sono mie storie originali?
Purtroppo non ho avuto ancora occasione di scrivere nulla di mio sulla Jeyna. Ma su tumblr ho trovato queste storie veramente bellissime che mi hanno fatta innamorare di loro e spero ci riescano anche con voi. Essendo la traduzione una delle mie passioni volevo approfittarne per far conoscere meglio questa ship anche al fandom italiano.

Qua inoltre si cerca di riparare al casino combinato da Rick Riordan:
(INIZIO SPOILER: aver messo Piper con Jason, e creato una specie di triangolo amoroso con Reyna. Poi dopo 5 libri in cui sti due rompevano con i monologhi sul loro amore essersene uscito col fatto che Piper era lesbica, Reyna asessuale e cacciatrice di artemide, e Jason nell'aldilà. Che potrebbe anche essere, se non fosse che abbia buttato tutto in caciara così all'ultimo minuto)
FINE SPOILER

Buona lettura. <3

 

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Capitolo 2
*** Prove fotografiche ***


ATTENZIONE, questa non è una mia fanfiction, è stata scritta da HecateA e pubblicata su fanfiction.net

Io l'ho solo tradotta dall'inglese all'italiano.

Qui trovate la storia originale:
https://m.fanfiction.net/s/8539787/1/

[]

"Questa è la villa dove abiterai" disse Reyna, usando il suo speciale set di chiavi per aprire. Spinse la porta e la tenne aperta.

La prima cosa che notò Percy fu una specie di appendi abiti che aveva su delle felpe, della scarpe e una palla da Basket. La roba di Jason Grace era ancora lì.

"Ho ancora delle pratiche da compilare, starò nella Principia, tu puoi dare un'occhiata in giro per la Villa" disse Reyna. "Ti aiuterò più tardi a spostare le cose di Jason"

Lo disse in modo calmo ma non così spontaneo.

"Okay" disse Percy. Reyna se ne andò subito, e Percy era già abbastanza sicuro di non volere quel posto. Era di Jason. Jason aveva faticato per ottenere il posto di pretore, nello stesso modo in cui Percy aveva faticato per essere promosso a scienze, non uccidere Nancy Bobofit o non incendiare la Godge High due anni di seguito. Invece a Percy era solo... capitato. Inoltre domani, quando sarebbe tornato, quel ragazzo probabilmente avrebbe voluto dormire nel suo letto, ed era qualcosa che Percy non aveva intenzione di portargli via. Quel ragazzo era figlio di Zeus e un Romano, fare la sua conoscenza poteva non andare a finire bene, Percy voleva prima sapere con chi stava per avere a che fare.

La maggiorparte della casa non era per nulla polverosa, e Percy si chiese chi l'avesse tenuta pulita. Il giardino attacato alla casa era ben mantenuto, ovviamente non era stato Jason. Quel posto odorava di spezie, pino e mandorle.

Percy fece un giro della casa, pensò fosse abbastanza scialba e vuota. Jason era arrivato al campo a 2 anni senza nulla con se, stando a ciò che aveva sentito dire (ma gli avevano anche detto che Jason fosse come un dio, perciò Percy non aveva modo di essere certo che fose ve... però Talia non lo aveva mai nominato, quindi effettivamente doveva essere stato abbastanza piccolo quando "sparì"). Tutto ciò che possedeva doveva essere di seconda mano o regalato da parte di altri generosi legionari.

La camera da letto gli disse di più riguardo Jason.

C'era un segnale di stop appeso al muro bruciato dall'acido in un angolo, e Percy era sicuro fosse stato un incidente perché aveva avuto un problema del genere. A destra era appeso un poster di Capitan America ("Ok questo ragazzo preferisce la Marvel, non menzioniamo la DC davanti a lui. Primo passo per fare amicizia").

Percy non volle guardare nei casetti o nell'armadio, si sarebbe sentito uno stalker.
Sul davanzale c'erano giocattoli, piccole statue, sorprese del McDonald, incluso un piccolo Ron, e per qualche motivo: una macchina digitale.

La cosa che si mise a guardare per più tempo furono le immagini appese sul muro dove era poggiato il letto.
Dovevano esserci circa 40, 60 foto. Probabilmente erano state scattate da Jason.

Uno scatto fatto in piena azione ritraeva Gwen in armatura, saltare davanti a un segnale che avvertiva della presanza del tunnel Caldecott.

In un'altra Dakota, Bobby, e presumibilmente Jason posavano di fronte a un negozio per ragazze come i manichini in vetrina.

Jason con in mano la testa di un mostro, accanto ad un legionario che somigliava vagamante ai fratelli Stoll, in un'altra foto.

Dakota, che a giudicare dall'aspetto era pieno fino a scoppiare, circondato da scatoloni della pizza vuoti salvo per le macchie di grasso sul fondo del cartone.

Una foto di gruppo della Corte. Jason era centurione della quinta, insieme a Gwen. Dakota doveva esser stato nominato dopo che Jason era diventato pretore.

Paesaggi di Nuova Roma, i suoi parchi, persone nei bar e in sostanza un'atmosfera così tranquilla che Percy non avrebbe mai immaginato poter esistere in un posto dove era presente tutto quel sangue divino.

Alcune immagini di nuvole che Jason doveva aver scattato mentre stava sdraiato sull'erba.

I legionari mentre si rilassavano davanti ai portici delle baracche che salutavano la fotocamera.

Le labbra di Dakota erano letteralmente a mezzo centimetro da una testa ammuffita e disgustosa di... qualcosa. La sua bocca non era macchiata di Kool-Aid rosso, quindi Percy preferì sapere cosa stesse succedendo nella foto.

Alcune foto sembravano più vecchie di altre, Percy intuì che i legionari dovevano essere morti oppure vivevano a Nuova Roma.
C'erano anche foto di Jason da bambino, seduto sulle ginocchia di un centurione dai capelli rossi e dal sorriso smagliante che Percy avrebbe associato a Gwen. In un'altra mentre scuoteva un bastone in un duello contro un legionario in armatura che sembrava assecondare quel bambino dall'aria seria.
Come era stato crescere all'accampamento?

Jason, Bobby e Dakota, forse dodicenni, tutti con un ghigno sul viso che indicavano le medaglie sul loro petto come a dire "Cosaa?". Doveva essere la loro prima.

Dakota che spingeva Gwen per le strade di Nuova Roma in un carrello della spesa.

Gwen che provava un vestito in un negozio mentre teneva su i capelli via dalla schiena, con un sorriso smagliante. A giudicare dall'espressione annoiata di Bobby, dovevano essere stati trascinati lì contro la loro volontà. A giudicare dall'espressione di Dakota, quel che vedeva gli piaceva.

Da una foto si notava che doveva esserci stato un dito a coprire la lente della fotocamera, quindi Jason doveva essere piccolo. Inoltre il nuovo proprietario del panificio di Nuova Roma sorrideva come a dire "che bambino carino".

Una manciata di foto vista aerea di Nuova Roma, l'accampamento, la città, S.Francisco... Percy era abbastanza sicuro che Jason fosse volato su lui stesso per scattarle.

C'erano vari tipi di foto per ogni sorta di evento. Ma Percy si concentrò a guardare quelle dove c'era Reyna.

Reyna abbastanza impassibile mentre lavorava nella Principia. Probabilmente non scoprì mai che quella foto era stata scattata.

Reyna che dormiva su un divano della Villa, il suo cane dorato accoccolati al suo fianco, e quello argento alle sue ginocchia.

Un'auto scatto di Jason e Reyna, uno dei due doveva star tenendo la fotocamera a lunghezza braccio.

Nella foto successiva Jason e Reyna dovevano essere appena stati proclamati pretori, perchè avevano vestiti per combattere, i loro mantelli erano attaccati male, lo scenario della foto non era il campo, e dalle loro espressioni erano storditi e stanchi. Si cingevano a vicenda con le braccia.

Un'altra foto era sicuramente una imitazione di Ottaviano, perché c'era Reyna con gli occhi spalancati più del normale che puntava un pugnale a pochi centimetri da un peluche di Pikachu. Guardandosi attorno, Percy trovò Pikachu appeso a una pala del ventilatore, e onestamente... Preferiva non sapere.

Foto dei due pretori su un'altalena di un parco di Nuova Roma. Jason stava all'impiedi sul sedile senza tenersi alle catene come a chiedere al Karma di colpirlo all'istante, Reyna scuoteva la testa contrariata. Percy pensò ad Annabeth.

Uno scatto di Reyna che spazzolava il manto di Scipione nelle stalle. Indossava stivali alti e una felpa grigia. Reyna accarezzava il naso del cavallo affettuosamente.

Entrambi sdraiati sullo stomaco di fronte alla fotocamera, con gli occhi che brillvano.

Reyna che faceva una linguaggia alla fotocamera.

Reyna con indosso un top viola e una giacca di pelle nera che si sporgeva sul parapetto di una passerella a San Francisco. Sorrideva dolcemente e i suoi capelli erano in aria da tutte le parti sollevati dal vento.
Percy era sorpreso e non ne capiva il motivo, finchè non realizzò che Reyna stava facendo qualcosa da ragazza normale. Era qualcosa che una ragazza aperta e senza ferite, una comune ragazza che non comandava una legione avrebbe fatto. Sembrava normale e felice, e anche carina a dirla tutta... Che adesso che Percy era impegnato non era una cosa che diceva di tutti. Doveva essere probabilmente il fatto che lì stesse sorridendo e di solito non lo faceva.

Quando uscì Percy ebbe un'idea approssimativamente più precisa su con chi avesse a che fare.

Questo ragazzo, Jason

A) Possedeva una macchina fotografica e gli piaceva molto.

B) Riusciva a rendere Reyna rilassata, felice, aperta, annoiata, attiva, frustrata, tosta, feroce... La parte di Reyna che il mondo vedeva e la parte dell'iceberg della personalità di Reyna che restava sott'acqua. Rendeva Reyna umana. Per questo Percy avrebbe riconsegnato il mantello viola il prima possibile.
Jason non le aveva coperto le cicatrici come lei aveva dovuto fare con se stessa, le aveva cancellate un po' e lì su quel muro c'erano dei sentimenti e della felicità genuini.

Reyna aveva detto che con un po' di tempo qualcosa sarebbe potuto accadere tra lei e Jason.
Beh, Percy aveve delle prove fotografiche che qualcosa era già accaduto, perché a volte l'amore non aveva a che fare con baci e appuntamenti ben organizzati.

E sperò con tutto se stesso che Jason capisse che le sue foto erano più che semplici immagini, che Reyna ne era a conoscenza e che non avrebbero mai potuto perdere quello che vi era dietro.

A questo link una bellissima fanart in tema

https://www.instagram.com/p/CNBWy7tpV7o/?igshid=x0ylnkprv25k

 

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Capitolo 3
*** Casa è dove è il tuo cuore ***


ATTENZIONE, questa non è una mia fanfiction, è stata scritta da HecateA e pubblicata su fanfiction.net

Io l'ho solo tradotta dall'inglese all'italiano.

Qui trovate la storia originale: https://www.fanfiction.net/s/8526924/1/

"Cosa ne pensi Percy di far fare un giro ai nostri ospiti? Io aiuterò Jason a sistemarsi mentre lo aggiorno su ciò che si è perso. Sarà lui a dirmi tutto sul campo, in fondo i legionari si fideranno di più se le informazioni vengono direttamente da lui. Se tutti i pretori saremo informati sulla situazione a meno di un'ora dall'arrivo dei greci faremo una migliore impressione" disse Reyna. "Hazel e Frank è meglio che tornino agli allenamenti, altrimenti gli altri legionari penseranno siano indisciplinati".

"Mi sembra giusto" disse Jason. "A voi va bene ragazzi?" chiese agli altri.

"Cercherò di non perdermi" rispose Percy. "Ma sarò sicuramente in grado di fargli fare un tour".

"Se questo posto è allestito come un accampamento originale non preoccuparti, non ti lascerò che ti perda" disse Annabeth mentre ancora si guardava intorno, i suoi occhi che ammiravano e assorbivano tutto come se fosse caduta nella tana del bianconiglio diretta al paese della meraviglie.

"Muoviamoci" disse Leo. Hedge sbattè la mazza sulla sua mano e grugnì in segno di approvazione. Piper annuì, immersa nella vista di tutti di dettagli di cui aveva solo sentito parlare prima.

"Centurione Zahng, Hazel, tornate ai vostri compiti per favore".

"Subito Reyna" dissero prima di salutare e correre via.

"Niente saluto militare?" chiese Leo ."Niente mano alla tempia? Sono deluso!"

"Sarò di ritorno presto" disse Jason a Piper e Leo. "Prima di pranzo".

"Pranzo? Qua venite sfamati tre volte al giorno?" disse Leo.

"Qua si mangia bene Valdez, ti troverai bene" disse Percy.

"Non solo pane secco e acqua con un'alta probabilità di presenza di colera? Non suona così male" disse Leo.

Nessuno gli rispose e si separarono.

"Percy ha il secondo mazzo di chiavi, ma non ha voluto la Villa" disse Reyna.

"Ah no?" le chiese Jason.

" Ha preferito accamparsi con gli altri" rispose Reyna. "Anche tu stavi per farlo".

"Gia" disse Jason".

"In che condizioni è la tua memoria?" chiese Reyna

"Non un granchè" disse Jason. "Andava e veniva, un incubo. Alcuni ricordi sono tornati quando la nave era quasi pronta, ma non ricordo molti luoghi, solo persone

"Ottimo" disse Reyna "Non sopporterei dovermi ripresentare".

"Non sopporterei dover fartelo rifare" disse Jason.

Dal modo in cui lo disse... Reyna pensò che forse rifare delle presentazioni sarebbe stato meglio.

Comunque, aprì la serratura e spinse la porta. Tenne la porta per Jason prima di bloccarla con una pietra pesante pescata dal piccolo Tevere.

La prima cosa che gli fece capire di essere a casa fu l'odore; coriandolo e pino. Tempo fa, quando Jason era ancora un bambino che faceva domande a destra e a manca, un pretore gli aveva spiegato che era un odore molto usato nell'antichità.

"Ti dispiace se tolgo il mantello?" chiese Reyna. "I riscaldamenti qui sono troppo alti per poterlo portare".

"No tranquilla" disse Jason. Reyna sganciò le chiusure sulle sue spalle, e appese il mantello all'appendiabiti. Al disotto del mantello indossava una t-shirt viola e dei pantaloni neri.

Jason cominciò a osservare l'ingresso. C'era una delle sue felpe era ancora appesa ad un gancio, un paio di scarpe da basket buttate in un angolo. Il suo pallone da basket stava sulla mensola in alto, vicino al suo elmo. Uno zaino viola era appeso solo da una spalla.

"Esattamente come l'ho lasciato" disse Jason.

"Nessuno è entrato qui oltre me" disse Reyna. "Ho insistito".

"Grazie. Oh dei, immaginavo già Ottaviano frugare tra i miei vestiti... "

"Esatto" disse Reyna accennando appena un lieve sorriso. In qualche modo lui riusciva a restare inespressivo, ma il modo in cui parlava basta a farti capir a cosa stesse pensando.

Tra l'atrio e il tablinum (la stanza principale, vi era una sala senza soffitto, così che l'acqua piovana potesse raccoglersi dentro una vasca.
Era stata concepita per fare il bagno ma i pretori che presero in possesso la Villa negli anni 60 la fecero diventare un laghetto per i pesci perchè i nuovi bagni erano molto più belli. Dei grandi pesci koi rossi nuotavano vicino alla superfice e nel fondo risplendevano i Denarii, monete usare per esprimere desideri. Ce n'erano più di quante Jadon ricordasse, e lui aveva passato molto tempo pensando a quel posto per provare a ricordare.
Attraversato tutto il tablinum si ritrovarono al perystilium, un giardino. Una passerella coperta dalla tettoia ne circondava il perimetro ma Jason e Reyna camminarono sul sentiero sabbioso al centro. Il sole risplendeva sui loro visi e rifletteva l'armatura di Jason. Le fontane zampillavano d'acqua. In delle sezioni recintate crescevano dei piccoli cedri, l'edera rampicante circondava le colonne, e i fiori erano sbocciati. Jason non si era mai preso cura del giardino, sembrava crescesse e si potasse da se, quindi non fu molto sorpreso di trovarlo intatto.

"In realtà mi è mancato questo posto" disse Jason.

"Veramente? Mi è sempre sembrato che ne potessi fare a meno"

"È stato così per molte cose" disse Jason. "Riguardo a questa in particolare, mi è mancato il fatto che qui non ci fosse mai nessuno, ma non in modo triste o inquietante. È solo che al Campo Mezzosangue non c'è un posto del genere"

"Sono sicura che se lo avessi cercato con tanta volontà lo avresti trovato" disse Reyna. "Annabeth probabilmente ne conosce una dozzina".

Jason annui e tornarono dentro. La sala da pranzo adiacente al giardino era vuota, come al solito. Un tavolo, poche sedie, nessuno delle quali era mai stata toccata se non per quella volta che Dakota e Bobby volevano vedere se ci fosse lo spazio per farci entrare un tavolo da ping-pong e un tavolo da calcetto (sono stati molto delusi quando hanno scoperto che non c'era un budget a sufficienza per una cosa del genere).

Anche la cucina era vuota. Il minifrigo (che veniva costantemente rifornito solo quando alle aurae piacevano i pretori in carica) era vuoto. Il cibo che c'era era tutto andato a male ed era stato buttato via. Jason di solito poteva trovare del gelato, involtini di tonno piccanti e mini lattine di Pepsi.

"Sarà pieno entro stasera" disse Reyna mentre Jason chiudeva la porta "Quelle Ninfe ti amano".

Jason fece un sorrisetto. Saltarono il bagno, non era un granché interessante.

Invece rivedere la sua stanza lo fece sentire come ricevere un grande abbraccio non appena fu entrato.

Odorava di tiglio, come sempre. Le pareti erano blu scuro e sul soffitto c'erano scritti dozzine di piccoli nomi, le firme e i messaggi di incoraggiamento di tutti i pretori che avevano vissuto nella Villa. Jason riconobbe alcuni nomi come Herman Melville (lo scrittore di Moby Dick), Walter Lippman, James Fenimore Cooper, Betty Friedan, George Marshall, Samuel F.B. Morse (il Campo Giove aveva iniziato ad usare il codice Morse cinque anni prima che egli lo presentasse al resto del mondo)... e nomi che erano conosciuti solo tra i semidei, gli eroi con cui Jason era cresciuto sentendo parlarne; Aurelia McQuid, James Long, Marius Legault, Chun Park, Marie-Pierre Taureau, Remus Anticosti, Romulus Anticosti, Barbara Read, Roxanne McGuire...
Scritti vicino ai loro nomi, si potevano leggere messaggi come "fatti forza", "congratulazioni", "perchè leggi il soffitto?", "sii forte e coraggioso", "non deludere gli altri", "vali molto per essere qui".

Il suo letto era fatto. Sul muro c'era un poster dei Lakers di Los Angeles. Adesso lo trovava divertente, tecnicamente erano la squadra della tua città natale, non ne aveva idea prima.

La sua scrivania era stata ripulita da documenti per i pretori, si immaginò che Reyna li avesse presi per occuparsene lei. Tutto ciò che era rimasto era una rivista sportiva oramai praticamente antica, ma che quando l'aveva comprata a Berkeley era uscita solo una settimana prima.
Sulla mensola c'era una copia di Harry Potter e la Pietra Filosofale. C'era anche il suo primo libro in latino (Il Senatore che andava al mercato, di circa otto pagine).

"Hai imparato a leggere con questi due libri" disse Reyna. "Prima in Latino e poi in Inglese".

"Ci sono libri peggiori da cui iniziare" specificò Jason.

"Questo è stato letteralmente il tuo alleato" [non sono sicura di aver tradotto bene] disse Reyna indicando il libro per bambini.

"Oh, sta zitta" rispose Jason.

Accanto ai due libri c'era una scatola di legno piena di pietre. Aprendola le ritrovò tutte li. Era così che la legione lo teneva occupato quando era un bambino. Lo mandavano a collezionare sassi mentre erano in corso consigli di guerra o altre questioni importanti.
C'erano anche un po' di fumetti in delle confezioni di plastica. Jason ne  conosceva già i titoli quindi non li toccò.
Sopra la testarda del suo letto era appesa al muro una mappa di San Francisco. I sentieri verso la casa di Lupa erano evidenziati, così come quelli per il Campo Giove, il tunnel
Caldecutt e il Monte Otris...

Appeso al muro c'era anche un segnale stradale di STOP con il lato destro ripiegato verso l'interno e un buco come se l'acido avesse bruciato il metallo.

"Carrie, la sorella di Gwen lo ha preso per te quando hai lasciato la casa di Lupa" disse Reyna. "Ti sei lasciato alle spalle un bel po' di segnali stradali distrutti".

"È stata davvero colpa mia?" chiese Jason "O è stato qualche mostro?".

"Non me lo hai mai rivelato" disse Reyna. "Ho immaginato fosse così perchè ho visto di che danni sei capace".

Jason sollevò qualcosa che era appoggiato al muro. Uno scudo rosso, bianco e blu, con una stella bianca al centro. Lo mostrò a Reyna.

"Te lo ha costruito Gwen" disse lei. "Beh lo ha fatto costruire a Hank, ma è stata lei a dipingerlo".

"Capitan America, giusto?" disse Jason infilando il braccio nei cinturini dello scudo.

"Il tuo supereroe preferito" disse Reyna. "Anche se in realtà non l'hai mai usato. Non è uno scudo abbastanza robusto per una battaglia. Inoltre sembreresti un idiota".

Jason rise "Già, ma mi piace".

"Ottimo, Gwen stava tentando di corromperti per farti sopravvivere alla battaglia sul monte Otri con "Il tuo miglior regalo di compleanno di sempre" se ricordo bene" disse Reyna.

"Si, mi suona corretto" valutò Jason.

Sul muro c'era un mosaico di foto. Jason si inginocchiò sul suo letto per guardarlo meglio.

"Non mi ricordo di quando sono state scattate la maggior parte di queste" disse.

Reyna si inginocchiò accanto a lui e dopo una rapida osservazione indicò le migliori.

"La ci sei tu con Bobby e Dakota il giorno che la quinta corte vinse i giochi di guerra per la prima volta, vero?" disse Jason.

"Sì è giusto" disse Reyna felice che se ne ricordasse.

"Quando è stata la prima volta per te?" chiese lui.

"Quando ti ho salvato la vita" disse tamburellando le nocche su un'altra foto.

"Cosa era successo?" chiese Jason.

"Stavi affogando" disse Reyna.

"Per quale motivo al mondo mi trovavo in acqua? " chiese lui.

"Eri stato spinto dentro il piccolo Tevere, che prima era molto più profondo" disse Reyna.
Si ricordava che dopo l'esperienza con Barbanera non voleva manco toccare mai più  l'acqua, ma quel ragazzino stavo affogando e non c'era nessun altro in giro (dato che chi lo aveva spinto era scappato via). Si chiese quanto diversa sarebbe stata la sua vita se non si fosse mai tuffata.

"Era stato un figlio di Marte, Hayden Oliver credo. E non c'era nulla che facesse intuire tu potessi avere una minima idea di come si nuota, o che la dea del fiume ti avrebbe salvato. Comunque, lasciarono andare Oliver subito dopo.

"Beh suppongo debba dirti grazie"

Reyna si mise a ridere "Ti sei già sdebitato. Non preoccuparti".

Stesero per un po' in silenzio, Jason era preso dall'esaminare le foto.

"Qui sembri molto più amichevole" disse indicando una foto di Reyna a Berkeley. Si copriva la mano con la bocca mentre mangiava, ovviamente non si aspettava di essere fotografata.
Era un miracolo che gli avesse lasciato tenere la foto, e ancora di più che gli avesse permesso di apprenderla al muro.

"So essere amichevole" disse Reyna. Jason avrebbe dovuto saperlo, loro erano amici, loro erano... "Scelgo solo di non esserlo la maggior parte del tempo
".
"Ti ho mai detto che è un peccato?" le chiese Jason.

"Sì, ma non proprio in questi termini" disse Reyna cauta.

Jason si voltò a guardare il tavolino accanto al suo letto. Appena prese il peluche di Pikachu, Reyna scoppiò a ridere. Jason aveva un'espressione impagabile.

Il ragazzo sentì il suo stomaco vorticare. "Ehi.. Perch... Che ho fatto?" chiesto.

"Questo te l'ho regalato io per il tuo scorso compleanno" disse Reyna sorridente. "Ti ho sempre chiamato Pikachu. I tuoi capelli erano così biondi da sembrare gialli, e avevi dei poteri sull'elettricità... e fino ai quattordici anni eri piccolo, basso e pelle e ossa".

"E pikachu è la prima cosa che viene in mente...?"

"Non guardarmi così, aveva molto senso".

Jason suppose che avessero già avuto questa discussione senza che nessuno dei due l'avesse spuntata. Mise giù Pikachu e lo aggiunge mentalmente alla lista di cose a cui Valdez non era concesso sapere.

Guardò le piccole statuette sul comò. C'era un piccolo R2-D2 (nonostante in realtà non avesse mai guardato un film di Star Wars). Una piccola tigre giocattolo del McDonald che faceva le giravolte all'indietro, una sorridente bambola di legno verde che aveva un'altra bambola di legno al suo interno, un leoncino intagliato nel legno, un mago-rospo, un'aquila appoggiata ad un ramo, un orsetto che teneva un cubo giocattolo con la lettera "J" sopra... da dove venissero non ne aveva idea, ma era abbastanza sicuro di non averli scelti lui.

"Sono regali" spiegò Reyna. "I legionari che andavano a Nuova Roma immaginavano tu non avessi nulla, e loro dovevano iniziare una nuova vita, così ti diedero gingilli del genere".

"Carino da parte loro" osservò Jason.

"Ancora di più che tu li abbia tenuti secondo me" disse Reyna.

Tutto nei suoi cassetti era ben piegato e sapeva di naftalina.

Jason si sedette sul letto.
Reyna si sedette accanto a lui. "Riesci a sentirti a casa?" chiese.

La guardò. Reyna. Neanche lei era cambiata. La stessa treccia bruna, aspetto immacolato, pantaloni neri, maglietta viola, sandali alla schiava, occhi scuri, espressione seria... Ma vi erano linee sul suo viso che prima che lui andasse via e lei fosse felice prima non c'erano, e di questo si sarebbe sempre sentito in colpa.
Lei era la sua complice, la sua collega e cosa più importante: la sua migliore amica. Lei conosceva le storie dietro gli oggetti in quella stanza e conosceva i dettagli che facevano di quella Villa la sua casa. Poteva arrangiare la sua memoria come faresti con l'arredamento in una casa. Lei lo conosceva. Le sua memoria lo stava raggiungendo al solo guardarla.

"Certo" disse circondandola con un braccio.
"Mi sento a casa quando sei vicina. Persino i miei ricordi stanno ritornando. Se da sempre una parte di me, Sting Rey"(gioco di parole introducibile, o che io non ho saputo tradurre lol).

Jason sapeva che Reyna aveva sperato non lui si ricordasse di quel soprannome.

"Mi fa piacere sentirtelo dire" disse lei. Sperò che il suo tono di voce non fosse troppo seccato. Sperò di non fargli capire che c'era qualcosa che ancora non ricorda. Sperò non si rendesse conto della sua delusione.

Dopo essersi guardato intorno per un po' aver respirato il profumo della stanza parlò.

"Com'è quella frase?"

"Quale?" chiese Reyna.

"Qualcosa come <>".

"Casa è dove è il tuo cuore" disse Reyna.

"Già" disse lui. "Credo sia vero".

 

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Capitolo 4
*** M'ama, non m'ama ***


ATTENZIONE, questa non è una mia fanfiction, è stata scritta da HecateA e pubblicata su fanfiction.net

Io l'ho solo tradotta dall'inglese all'italiano.

Qui trovate la storia originale:
https://m.fanfiction.net/s/7676253/1/

(Ho saltato il primo paragrafo perché non capivo la battuta perciò mi era difficile tradurla)

Reyna lo negava da quando avevano... 14 anni?
Sì, circa da quando avevano 14 anni, erano passati due anni quindi da quando lui aveva cominciato a dimostrarle che gli piaceva. Lui non aveva mai rinunciato a lei e mollato.
E adesso anche lei avrebbe voluto affidarsi a lui.

Ma come diavolo avrebbe potuto?
Lei era la ragazza che aveva imparato da sola ad usare una spada e delle armi, e a sparare, su una nave pirata. Una esperienza che l'aveva resa dura come pietra e le aveva insegnato a fidarsi solo di poche e selezionate persone. E ancor prima, aveva vissuto su un'isola di sole donne, dove non erano permessi uomini o anche la sola menzione di essi, a meno che non fossero sotto forma di roditori.
E Dio non voglia, film o libri d'amore, conversazioni, sogni ad occhi aperti... O non sia mai, attribuire qualunque  qualità al sesso opposto. E dopo tutto ciò era stata portata in un luogo dove le avevano insegnato che qualunque altra emozione andava seppellita sotto un cumolo di orgoglio, coraggio, e ferocia - come se non lo facesse già.
Perché aveva capito fosse il miglior modo per sopravvivere, vedere il giorno successivo, e non essere ferita.

Come riesci a far provare a una persona del genere un'emozione che a malapena conosce?

Reyna non ne aveva idea, e dubitava che Jason invece lo sapesse, ma che fosse benedetto per averci provato. Dopo quel giorno, dopo che avevano continuamente provavano a prendere gli stessi fogli nella principia mentre ordinavano le lettere di raccomandazione, e le loro mani continuavano a sfiorarsi. Jason l'aveva anche stuzzicata per quello - che idiota. E Reyna non era infastidita.

Di sicuro era cotta di lui. Non sapeva se fosse amore o no.

Era come se qualcuno ti avesse detto di ripetere supercalifrargili. Saresti tipo "Che diamine significa? Come ti fa sentire? Come fai a riconoscerlo?". Per Reyna era così con l'amore. Non è che ne avesse mai parlato con qualcuno - non con Gwen, non sia mai con Hylla, e assolutamente no con Bobby o Dakota... E nemmeno le importava della maggior parte delle cose legate a quel concetto, le sdolcinatezze, le storie e cose simili. Lei era Reyna, figlia di Bellona, a lei non interessava. Lei era una minimalista, una sopravvissuta, una persona fatta da se. A lei non interessava di cosa la gente pensasse di lei, faceva quel che doveva fare e combatteva fino alla morte- e non era mai morta, quindi persino quella non era del tutto sicura se avrebbe potuto fermarla. Era lo stato naturale a cui era tornata quando era stata rapita, ciò che era divenuta come persona.
Ma stavolta le sarebbe piaciuto avere un indizio su cosa stesse succedendo.

Si gettò a sedere su una roccia.

"Dei, tutto ciò è così folle e complicato" borbottò.

Non avrebbe neanche solo dovuto pensarci. Circe si sbagliava su molte cose, ma su questa aveva ragione. Il ragazzo di Gwen che li aveva traditi in battaglia e reso la persona più felice di sempre la più distrutta. Il senatore Hank che tradiva una ragazza nella quarta corte. Le testate che vedeva nelle riviste ogni volta che passavano un pomeriggio a Berkeley nella legione, la maggior parte riguardanti divorzi, drammi, cuori spezzati... Tutto confermava la più ricorrenti frase di Circe. La diceva più di quanto Dakota bevesse Kool-aid, come un mantra.

"Gli uomini sono incapaci di dire la verità, perché non possono ammetterla. Ecco perché siamo noi a mostrargliela".
Reyna lo pensava da tutta la vita, per questo per lei andava bene aprire una gabbietta e rimpire la ciotolina di cibo per porcellini d'India.
E anche adesso, che era una persona nuova con una vita diversa e un modus operandi diverso... Le era rimasto impresso. Perché Circe aveva avuto ragione riguardo a una cosa: i pirati le avevano fatto del male. E a loro la verità era stata mostrata per circa 500 anni.
"È vero?" si chiese Reyna ad alta voce.
Come se una voce magica sarebbe arrivata dal fiore che aveva adocchiato in mezzo all'erba che circondava le rocce. Bene. Adesso chiedeva anche aiuto.

Lo strappò dal terreno e se lo rigirò tra le dita, come faceva a volte con i pugnali quando voleva spaventare qualcuno.

"Tutto ciò che ho è una possibilità" sospirò. Staccò un petalo.

"Lui mi ama e io lo amo" disse. Ne staccò un altro, "Mi ferirà". Staccò un altro petalo ancora "Mi ama e anche io lo amo". Un altro... "Mi ferirà".

Un petalo venne tirato via da una mano che non era la sua.

"Lui ti ama" disse qualcuno. Reyna si voltò e- al diavolo, era Grace!

"Oh dei, hai sentito tutto? Sono..." Reyna non era brava con le parole, ma lei non balbettava.
Non si dava al balbettio.
Eppure era a corto di parole... Si ricompose per almeno sembrare stabile.

"Lui mente, è ciò che fanno i ragazzi" disse tirando un altro petalo e ricordando la frase frequente di Circe.

"Dice la verità, non può mentirti dato che ti ama" disse Jason tirandone via un altro.

"Mi lascerà in pezzi, perché è così che va a finire, tutte le volte". Disse Reyna persistente tirando ancora un altro petalo.

"Farà di tutto per mantenerti in piedi perché non ti ha mai deluso, dato che gli piaci da molto, molto tempo". Disse Jason tirando un altro petalo.

"Questa è una brutta idea, perché non è ciò che dovremmo fare". Rispose Reyna prendendo un petalo.

"È l'idea migliore che io abbia mai avuto perché so che anche io ti piaccio". Disse Jason tirando l'ultimo petalo.

Nessuno petalo rimasto. Discussione terminata.

"Ho vinto". Disse semplicemente.

Tutt'a un tratto lei capì. Se c'era un idiota li fuori che potesse aver tutta quella familiare confidenza anche quando lei era dura come un muro di pietra, se c'era qualcuno potesse alleviare i suoi dubbi con un fiore e che la conoscesse così bene, e avesse così tanta fede e perseveranza... Era questo idiota. Il suo idiota.

"Abbiamo vinto" disse Reyna. E si sporse per baciarlo.

Grandi problemi dalle semplici soluzioni. Reyna non avrebbe mai pensato che avrebbe chiuso un discussione facendo m'ama non m'ama.

Ma le piacque.

 

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Capitolo 5
*** C'è troppo silenzio per dormire da soli ***


Genere: fluff, missing moments

ATTENZIONE, questa non è una mia fanfiction, è stata scritta da HecateA e pubblicata su fanfiction.net

Io l'ho solo tradotta dall'inglese all'italiano.

Qui trovate la storia originale:
https://m.fanfiction.net/s/13616840/1/It-s-Too-Quiet-to-Sleep-Alone

Reyna sentì tutto il suo corpo rilassarsi contro il materasso e il cuscino sotto di lei, il peso della coperta a confortarla. Le parve una occasione memorabile. Era pulita per la prima volta dai cinque giorni di assedio che avevano preceduto l'attacco al Monte Otri, era anche riuscita a fare un pasto completo e tenerlo tutto nello stomaco.
Quella notte i suoi centurioni più fidati stavano facendo a turno per controllare il campo e la città- perciò sentiva di poter chiudere gli occhi senza credere che il mondo sarebbe finito. Chiuse gli occhi nel suo morbido letto misura matrimoniale, molto più comodo rispetto alle brandine del campo...

Si girò su un fianco e strinse a se un cuscino, lo abbracciò e vi poggiò sopra la guancia. Era così soddisfatta per aver trovato la posiziona adatta per una lunga dormita. Sentiva le cicale all'esterno ma, a parte per quello, tutto era avvolto nel silenzio, pace e quiete - probabilmente per la prima volta dopo una settimana. Non aveva mai visto l'interno della Villa prima che le consegnassero le chiavi, le piaceva la facilità con cui quella semplice casa diveniva un santuario. La privacy e la tranquillità di quella sua nuova casa le ricordavano l'isola di Circe - era completamente differente dalle baracche e dalle tende dove aveva trascorso gli ultimi tre anni con i suoi compagni legionari.

Quando quel pensiero la raggiunse, lasciò il cuscino e si girò sulla schiena. Guardò sul soffitto e poi si sedette, guardando attorno a se quello spazio che era suo, solo il suo. La pareti erano spoglie, in attesa di venire personalizzate e rese sue. L'armadio aspettava i suoi abiti, la sedia che lei vi ci sedesse, le mensole di avere su i suoi oggetti... Tutto solo per lei, per nessun'altro.

Reyna sospirò e mise le gambe fuori dal letto. Prese le sue sneakers messe di fronte alla porta, prima di ritornare al suo letto da cui prese la sua coperta gialla e metterla sulle spalle. Non si curò di chiudere la Villa a chiave quando uscì, non possedeva molto, e in ogni caso non vi era un legionario abbastanza stupido da entrare nella casa di un pretore. Persino i fauni non si sarebbero permessi.

Percorse la breve strada che portava alla villa di Jason, identica alla sua. Le luci del portico erano accese, a farle da guida, ma da dietro le tende si vedeva che le luci fossero accese, facendo capire che Jason non fosse ancora andato a dormire.

Le aprì la porta quasi subito. Indossava una maglietta leggera e una tuta quasi identica alla sua- le cose più simili a un pigiama che possedessero- e aveva ancora addosso gli occhiali. Dietro le lenti, i suoi occhi blu sembrano sorpresi di vederla.

"Hey" disse lui.
"Hey" rispose Reyna.
"Che fai qui?" chiese lui "Ti senti bene?".
"Sto bene" rispose Reyna "Volevo solo assicurarmi che fosse tutto okay. Le case sono... Silenziose"
"Già..." disse Jason. Sì grattò il retro della nuca nervosamente. "Lo... Lo sono davvero. Se le si confronta con le
caserme, o con le tende, o con... C'è molto silenzio".

"Non hai mai avuto una stanza tutta per te vero?" chiese Reyna diretta. "Almeno non che tu possa ricordare da quando sei arrivato nella legione".

Jason esitò ma annuì.

"Mai" disse lui. "Mi...mi ricordo di aver dormito accanto a Lupa, ma è un ricordo così vecchio che potrei anche averlo sognato. Poi sono stato nelle caserme della quinta corte, dove ho avuto la stessa brandina da... Beh da quando avevo 5 anni. Ogni volta che mi sono allontanato, per le imprese, pellegrinaggi o marce c'erano sempre molti legionari con me- o almeno anche solo tu".

Reyna annuì

"Tu non riesci a dormire quì, vero?" gli chiese, accennando col capo alla casa. Con sua gran sorpresa Jason- Jason, figlio di Giove, Console di Roma, Pretore della dodicesima legione fulminata, uccisore di Krio- arrossì. Distolse lo sguardo da lei, come era solito fare quando lo faceva sentire troppo osservato, e annuì.

"Come pensavo" disse Reyna. Si tolse la coperta dalle spalle e la strinse al petto. "Beh, mi lasci entrare o no?"

"Come?" chiese Jason, gli occhi fuori dalle orbite come quelli di un cervo abbagliato dai fanali. Non era per nulla bravo a mantenere di fronte a lei l'espressione stoica e impassibile per cui era conosciuto. Era qualcosa che la rendeva molto orgogliosa.
"Stai..." Jason sembrava confuso. "Stai suggerendo di passare la notte insieme?"
"Non ti lascerò non dormire" disse Reyna "I letti sono grandi abbastanza, e non è che non abbiamo mai dormito insieme in posti scomodi e stretti prima d'ora. Cosa ancora più importante, sarai un pretore inutile se non riposi un po', e dovrò finire il lavoro al posto tuo, schiappa (questa traduzione non è esatta ma non vi era altro modo di adattare la frase)

Jason sorrise.
"Schiappa dici? Nei tuoi sogni Ramírez-Arellano"

"Vedremo cosa sognerò quando finalmente staremo dormendo", disse Reyna. "Ora spostati e fammi passare".

Jason sembrò stesse per replicare ma poi si fece da parte. Reyna entrò e iniziò a spegnere le candele nel suo soggiorno prima ancora che Jason potesse chiudere la porta.

"Cosa stai..."

"Va a letto" disse Reyna "Ora".

Lui era sdraiato sul fianco verso la porta quando Reyna entrò.

"Forza" disse Reyna "La maggior parte della gente dorme con le lenzuola, Grazia salvatrice (gioco di parole in inglese col cognome Grace).

Jason fece una espressione seccata prima di tirar su le lenzuola. Lei salì sul letto con lui, reclamando il cuscino, e tirò su di se la coperta, anche se sospettava di non averne bisogno. Durante un'impresa dormire accanto a Jason era come dormire accanto a una fornace, dubitava sarebbe stato diverso lì, l'eleganza dell'ambiente attorno a loro non importava.

"Buonanotte" disse.

"Buonanotte" rispose Jason. Quando lo disse Reyna si sporse per spegnere la candela sul comodino di lui, perciò quando Jason aggiunse "grazie", erano al buio.

Al sentirglielo dire Reyna sorrise, anche se non sarebbe stata vista, e cercò la mano di lui nel buio. Lui le prese la mano e gliela strinse.

Questa oneshot è più breve ma troppo dolce, e poi per me è super canon.
Lasciate una recensione! <3

 

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Capitolo 6
*** Coping with forever ***


ATTENZIONE, questa non è una mia fanfiction, è stata scritta da HecateA e pubblicata su fanfiction.net

Io l'ho solo tradotta dall'inglese all'italiano.

Qui trovate la storia originale: https://www.fanfiction.net/s/8478979/1/Coping-with-Forever

Reyna poggio la testa sul petto di Jason. La sua maglie era morbidissima... E forse Reyna passava così tanto tempo con l'armatura addosso da pensarlo dei vestiti di chiunque, ma giurava ci fosse qualcosa di particolare nel detergente di Jason.

Quella era la sua parte preferita della giornata. Nessuno che li guardasse. Nessuno che si aspettasse qualcosa da loro. Nessuno che li criticava. Nessuno lì a lapidarli.

E quando non c'era nessuno esistevano solo loro due. Non aveva prezzo.

Beh, più o meno.

Ultimamente Reyna si sentiva come se anche quando erano entrambi in tuta e maglietta, i suoi capelli erano legati in uno chignon disordinato e lui stava scalzo, ci fosse sempre qualcun'altro lì. Quei momenti privatissimi non sembravano più così privati (e non è che fossero più solo momenti, da quando non c'erano più guerre apocalittiche e battaglie in senato avevano tutto il tempo del mondo).
"Jason?"
"Mm-hmm?". Jason guardava il tramonto, che lei invece stava del tutto ignorando. Era la loro scusa per accoccolarsi sul tetto della Villa, per un attimo lo aveva dimenticato.
"Sai che ti amo vero?" gli disse Reyna.
"Anche io ti amo" le rispose.
"Non era ciò che intendevo" disse Reyna. Ma buono a sapersi. Il giorno in cui glielo aveva detto per la prima volta, circa una settimana fa, era ancora fresco nella sua mente. "È solo che... Lo sai che io dentro di me... I sentimenti non sono proprio una cosa mia... "
"Siiì..." disse Jason capendo l'idea generale.
Reyna fece un respiro profondo. "Ho bisogno di... Ho bisogno di sapere che ne sei sicuro. Che sei davvero pronto a prendere questo impegno. Perché se non lo sei ancora, io non riuscirei a fare... Questo. Voglio dire, mi piace tutto ciò. Mi piace starti attorno ed essere spontanea. Mi ha insegnato a poter essere vulnerabile a volte, quindi sembra giusto. Ma... "

Jason le baciò l'orecchio. "Tenendo conto del fatto che hai dovuto chiedermelo, vorrà dire che dovrò sforzarmi ancora di più. Ma sì. Sarò sempre sicuro di tutto questo, sarò sempre sicuro riguardo a noi due.

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"Penso che dovremmo farlo" disse Jason.
Reyna poggio il mento sui palmi delle mani.
"Non sei convinta vero?".
Lei scosse la testa.

Jason si irrigidì. "Sono grande abbastanza per andare al college Rey. Vorrei studiare legge, penso che sarebbe figo"

"Lo sarebbe" disse lei.

"Non devi per forza ritirarti anche tu nel mio stesso periodo" disse Jason. "È che... non so chi potrà esserci al posto nostro quando saremo costretti a ritirarci e penso che Julian potrebbe davvero essere un ottimo pretore"

"Quarta corte?" verificò Reyna. C'era Julian Bradshaw, Smith e Ndyamirijé (quello a cui Jason si riferiva). Jason annuì.

"Lo so. E tu sai che anche io ho una contendente..." disse Reyna. "Emmeline"

"Della terza?" chiese lui. C'erano tre Emme, una Emmelyn e una Emmeline.

Reyna annuì.

"Lo so" rispose lui.

Nessuno dei due parlò per un po'.

A quanto pareva fare scelte di vita non era altrettanto facile quanto prendere decisioni per salvare il mondo. In quello erano bravi, ma nella prima facevano schifo.

"Tra due anni non so chi ci sarà a Nuova Roma, e chi potrebbe scegliere la legione. Al momento? Penso che sceglierebbero proprio Jullian ed Emmeline" disse Jason. "Dopo le vittorie consecutive della terza corte ai giochi di guerra e il successo della quarta corte con gli unicorni l'altro giorno... Mi fido di loro per Nuova Roma. Emmeline è energetica, Julian ispira fiducia a molti, lei è intelligente, lui uno storico. Sono una buona coppia"

Reyna annuì. Ovviamente Jason aveva ragione e tutto aveva senso.

"Essere pretore è l'unica cosa che so come fare" disse lei dopo un po'

"Ma non è l'unica cosa che saresti in grado di fare" disse Jason. "Se non voi ritirarci non siamo obbligati a farlo".

Reyna la guardò. Sapeva quanto ci volesse per diventare un avvocato, almeno 7 anni. Loro due avevano già 19 anni, e in pochi mesi ne avrebbero compiuti 20. Forse era comunque il momento di ritirarsi anche per lei. Essere la più vecchia del forte non la entusiasmava. Ritirarsi e ritrovarsi persi del tutto era un destino comune per i pretori, e nemmeno quello la entusiasmava. D'altro canto, la scuola di legge non andava da nessuna parte.

"Ci penserò" disse Reyna.

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Reyna e Jason passarono la giornata a New York cercando di non sembrare dei turisti. Al diavolo ciò che aveva detto Percy riguardò alla facilità nel muoversi a New York, si erano totalmente persi.

"Penso che dovremmo prendere un taxi per il loro appartamento" disse Reyna.

"Nah" rispose Jason.

"Guarda, so che tu e i taxi non andate d'accordo..."

"Abbiamo una mappa e un paio di gambe allenate a Nuova Roma. Siamo a posto"

"Jason, ci siamo Percy. Penseranno che siamo stati mangiati" disse Reyna.

"Abbiamo condotto degli attacchi ai Titani. Possiamo gestire New York"

"È ovvio che non possiamo. Giurò, l'autista non sarà per forza un mostro"

"Questo lo pensi tu" disse Jason. "È ciò che avevo pensato anche io. Ma cosa era poi?"

"Un mostro, sì, lo so" lo anticipò Reyna. Continuarono a camminare e Jason si fermò ad uno stand. Per uno speranzoso secondo Reyna credette che si fosse fermato a chiedere indicazioni, ma prese un paio di occhiali da sole e li mise addosso a lei.

"Jace" si lamentò lei. Lui la portò davanti allo specchio. Gli occhiali erano grandi e di color giallo piscio, con degli strass attorno le lenti.

"Non sono carini?" disse lui.

"No non lo è" rispose Reyna.

"Per me sono carini"

"Hai dei gusti pessimi" disse Reyna.

"Non per quanto riguarda le ragazze".

"Mmmh" Reyna prese un paio di occhiali che aveva visto e glieli mise in faccia. Erano di color rosa acceso con appeso un paio di piccoli baffi che dondolavano al di sotto del naso.

Jason arricciò le labbra e inarcò le sopracciglia, e Reyna rise. Lo guardò, con addosso quegli stupidi occhiali e l'espressione buffa... Era abbastanza sicura che fosse quello il modo in cui voleva vivere, invecchiare e morire.

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Reyna chiuse la porta con un calcetto.

"Sono a casa!" disse Reyna ad alta voce. Nessuna risposta. Annabeth doveva essere uscita. O magari le lezioni all'università erano finite più tardi... non ne aveva idea. Da Annabeth ci si poteva aspettare che prendesse un master in mitologia con cui riempire altro spazio sul muro dei diplomi mentre suo marito viveva dall'altro lato del paese. Piper era fuori città, stava aiutando Leo nel racimolare dei soldi da un ragazzo a cui Leo aveva aggiustato la macchina, avrebbero passato il fine settimana a San Diego.

Una volta finito di fare mentalmente la lista degli abitanti della casa realizzò di sentirsi esausta, e che: a) la sua giornata aveva fatto schifo, b) considerando quanto il suo superiore fosse rigido il suo stato di probatio sarebbe stato esteso, c) avrebbe piovuto per tutta la notte e non avevano ancora aggiustato del tutto il tetto e d) avrebbe finito per cucinare lei dato che era stata la prima a tornare a casa. Si tolte il cappello e lo appese all'attaccapanni, strofinò il sopracciglio. Dio, quel giorno aveva fatto caldissimo e l'aria a Nuova Roma era umidiccia e appiccicosa... Si sbottonò la parte superiore della camicia domandandosi di chi fosse stata l'idea dell'uniforme dato che era a maniche lunghe ed erano in California. Avrebbe dovuto cambiare la regola quando ancora era pretore.

Poi notò il foglio sul pavimento. Una freccia che puntava dritto, disegnata coi pastelli a cera, e poi un altro con disegnati degli omini stilizzati. Le sembrò che uno dei due omini avesse disegnato su dei capelli lunghi. L'altro era un omino stilizzato semplice che diceva "Ciao, sono Jason", e l'omino dai capelli lunghi rispondeva "Non mi interessa".

Un'altra freccia.

L'omino coi capelli lunghi stava in piedi con una spada in mano sul petto dell'altro ce le diceva "Non uccidermi!".

Fece un passo verso un'altra freccia. Un altro disegno. C'era un albero in un angolo e un cielo di nuvole di cotone, che galleggiavano attorno ad un sole sorridente. Gli omini stavano parlando.

Omino: Mi serve aiuto con questo mostro Troiano.

Omino donna: No

Omino: Ma Roma potrebbe essere in pericolo e so che tu sai qualcosa al riguardo grazie ai pirati

Omino donna: Va bene

Un altro foglio la fece svoltare a destra. Nel disegno che trovò in cucina c'era un serpente morto con due X sugli occhi. I due omini stilizzati gli stavano sopra con spada e scudo.

Omino: Non siamo male come squadra.

Omina: Già, hai ragione

Un'altra freccia nella cucina. Le frecce andarono in cerchio fino a portarla in sala da pranzo. In un disegno c'era una montagna con nuvole colorate e fulmine in cima. I due omini la guardavano circondati da un esercito di omini stilizzati

L'omina diceva: "Facciamolo!"

La freccia successiva passava per il salotto e nel disegno i due omini facevano... surf sulla folla? Ah no, erano alzati sugli scudi come i pretori (Dovette ripensare alla sua esperienza e suppore per arrivare a quella conclusione)

Omina: immagino che adesso siamo una vera squadra

Omino: Già, è ufficiale. C'era un cuoricino disegnato sul suo petto, un bel miglioramento dato che era disegnato con un pastello a cera rosso. La fece sorridere.

Dopo in un foglio l'omino tirava aereoplanini di carta.

Omina: "Sei un idiota, torna a lavorare".

Omino: "Tanto sai che ti piace".

Omina: "Forse, ma non voglio fare tutto il lavoro da sola"

Freccia. Disegno. I due omini seduti su delle mal disegnate sedie ad un mal disegnato tavolo da caffè che sorseggiavano delle tazze da cui saliva del fumo.

L'omina diceva: "Questo è stranamente piacevole".

Era tornato il cuore di Omino, ed era connesso ad una cosa con scritto TNT, come se dovesse esplodere. Reyna rise.

Freccia. Freccia. Una scritta: [Non mi ricordo nulla di quando ci siamo baciati perchè il mio cervello si è sciolto. Inoltre non credo di saperlo disegnare quello].

Freccia. Disegno.

L'omina era sola e diceva: "Marco... Marco...? Jason, dovresti dire Polo...Jason?" Il suo cuore si strinse un po' ma le venne da sorridere. Marco Polo? Questo è ciò che pensava facesse? Oh Jason.

Freccia. Disegno di nave volante.

Freccia, freccia. Disegno di Omino con un'altra ragazza che non era Omina. C'era una scritta in rosso "Più grande errore che io abbia mai fatto. Mi è stato perdonato, grazie agli dei".

Il suo cuore si sciolse.

Freccia. Freccia. Un gigante stava per schiacciare Omina ma Omino gli lanciava dei fulmini. Seguiva subito un'altra immagine.

Il gigante era morto (beh, almeno il piede adesso non schiacciava Omina ma stava dall'altra parte del foglio). Omino e Omina si baciavano. La scritta in rosso diceva: Miglior cosa che potessi fare. All'angolo c'era un'altra scritta nera che diceva "Disegnato da Hazel perchè era qua per vedere Frank ed è entrata in soggiorno mentre Jason preparava questo . Ciao Reyna".

Freccia, freccia disegno. Omino e Omina stavano in piedi in un luogo non definito, senza orizzonte e Omino diceva "Ti amo".

Reyna salì le scale.

Freccia. Disegno. Due persone sedute sul tetto di una casetta composta da un quadrato con un triangolo sopra e un caminetto.

Omino diceva: "Sarò sempre sicuro di tutto questo, sarò sempre sicuro riguardo a noi due".

Altri disegni. Gli omini erano seduti ad un lungo tavolo.

Omino disse: dovremmo ritirarci.

Omina rispose: ci penserò

Omino e Omina si diplomavano, anche se in due scene separate. Poi Omina era in un letto d'ospedale con la gamba in una brutta posizione. Omina e Omino che facevano una battaglia di pistole ad acqua. Sempre loro che guardavano i fuochi d'artificio.

Era arrivata in cima alle scale e la freccia successiva portava alla sua stanza. La porta aveva un poster appeso con su scritto "Aprimi".

Reyna lo fece e trovò l'immagine di un anello in una scatolina blu. Guardò su (ricordando che il suo collo ne era capace) e vide Jason li in piedi con una scatolina blu.

Sentì un nodo allo stomaco.

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"Allora, ovviamente il vostro matrimonio verrà gestito dal senato" gli disse la donna al municipio.

"Come prego?" chiese Jason. La donna alzò lo sguardo, i suoi occhi li scrutarono da dietro le lenti a mezzaluna.

"Mi sorprende che un'agente della polizia e un avvocato non lo sappiano" disse lei. Aveva un volto inespressivo. Questa funzionaria pubblica era senz'anima.

"Il mio dipartimento non include le leggi del diritto matrimoniale" disse Reyna. Sapeva solo che nuova Roma teneva una lista delle coppie sposate e fidanzate ufficialmente nel caso accadesse qualcosa a qualcuno (come tende a succedere con il tragico fato dei semidei)- è per quello che erano andati lì.

"Avete entrambi lo status di proconsole"

"Giusto" disse Jason. Non era una novità.

"Il senato organizza questi matrimoni per esser sicuri vi sia una certa... classe, e ordine. Si seguiranno determinate tradizioni romane, e ovviamente certi dettagli saranno a vostra discrezione, come la festa di addio al nubilato e l'abito della sposa".

Reyna e Jason si guardarono. Reyna poteva starci. A Jason andava bene non dover organizzare un matrimonio dopo aver assistito al calvario che avevano passato i suoi cugini.

"A una condizione" disse Reyna".

"Non ci sono condi...".

"Stavolta ci saranno" interruppe Reyna "Ai semidei greci sarà permesso partecipare".

La donna sembrò sconcertata da quella proposta.

"Beh, non è... non è consuetudine"

"Il mio migliore amico è un reporter" disse Jason. "Che impressione darà secondo lei "Dopo anni di pace Nuova Roma continua a discriminare i Greci" scritto in prima pagina?"

"O qualcosa di ancor più accattivante come "Razzismo al culmine" aggiunse Reyna.

La donna scribacchiò qualcosa.

"Vi contatteremo per ulteriori dettagli" borbottò.

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Annabeth dispose per bene lo strascico del vestito di Reyna. Avrebbe potuto fare a meno dello strascico, ma era riuscita a non avere fiori, glitter o pizzi. Poteva accettare dei ricambi con perline e uno strascico.
Hazel dispose sulle spalle di Reyna il vero arancione ardente (antica tradizione romana, meglio non porsi domande).

"Tutto ok?" le chiese Piper. "Sei pronta?".

Reyna annuì. Si stava per sentire male. Però credeva di essere pronta.

"Sei bellissima" disse Hazel rivolgendo quel tipo di sorrisi così dolci da farti pensare che tutto nel mondo andasse bene.

"È buono che tu sia nervosa" disse Annabeth. "Fidati di me. Essere nervosa vuol dire che non inciamperai o sbaglierai il suo nome durante i voti".

"Non dare idee al mio subconscio" disse Reyna scacciandola.

Piper le mise una mano sulla spalla. "Andrà bene. Fidati".

L'istinto da figlia di Afrodite vinse sul suo, e Reyna annuí. Sapeva che questo era ciò che desiderava, che era la cosa giusta. Era come la tensione prima delle battaglie.

Bel paragone, pensò tra se e se.

Fu allora che la musica iniziò e Annabeth, Piper ed Hazel si misero in fila indiana come avrebbero dovuto fare dall'inizio.

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"I turisti sono buffi" disse Jason mentre Reyna esaminava una delle statue del Colosseo.

"Mi dispiace dovertelo dire Jason, ma in questo momento anche noi siamo turisti". Disse lei. "So che vai male in geografia, qua siamo in Italia".

"Lo so, ma non mi sento come se fossimo turisti. Non portiamo lucenti scarpe bianche, e non abbiamo zaini al petto con souvenir italiani e fotocamere al polso" disse Jason. "Siamo solo io e te", le disse prendendole la mano. Le dita di Reyna toccarono l'anello di lui.

"Siamo solo io e te" disse lei. "È questo il punto di una luna di miele. Forza, la folla di turisti si sta infittendo. Non siamo più solo tu ed io".

"Andiamo via da qui" disse Jason.

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Jason le baciò la fronte. "Sei sicura di non voler andare dal dottore Rey? Sei pallida".

"Sì, sono sicura" rispose lei. Alzò le gambe dal divano e si mise seduta. "In realtà dovrei parlarti di una cosa..."

Jason si sedette accanto a lei. "O... kay?"

Reyna fece un respiro profondo. Come annunciavano di solito le persone questo genere di cose?

"Non sto veramente male" disse lei.

"Rey, è da una settimana che vomiti. So che hai questo complesso per cui credi di non avere il permesso di ammalarti, ma..."

"È nausea mattutina" sbottò Reyna.

L'intero corpo di Jason reagì, spalle, viso, mascella.

"Nausea mattutina... tipo nausea da gravidanza?" chiese Jason.

"No Jason, nausea mattutina tipo quella che ti viene quando stai ler trasformarti in una zebra".

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"Chiudi il becco Percy" disse Reyna. "Quando avrai il tuo bambino gli darai il nome che vuoi. Perseus junior non è un nome considerabile"

"Già, suonerebbe idiota se poi fosse femmina". Disse lui.

"Percy, basta" disse Jason. Reyna intuí che fosse più un non rischiare contro gli ormoni che un non parlare se non hai intenzione di essere d'aiuto, ma lasciò perdere.

"Di questa lista mi piace Aidan" disse Annabeth (lei era d'aiuto). Il bebè - o Aidan magari- le diede un calcetto che Reyna ignorò. Ormai era abituata. Le prime centinaia di volte era stato emozionante, ma cresceva in lei sempre di più la preoccupazione che avrebbe dato alla luce una palla da calcio. "È molto carino, Aidan Anthony Grace, suona bene".

"È il mio preferito" annuí Reyna.

"Le sue iniziali al contrario formano gaah (gioco di parole introducibile in italiano).

" Oh miei dei, è vero" disse Jason.

"Per questo l'ho portato" disse Annabeth. "E come un concentrato di dodicenni. Se c'è un nome che ha un evidente nomignolo, lui lo troverà".

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Santi numi. Reyna non aveva mai imprecato così in tutta la sua vita.
Si sperava ne sarebbe valsa la pena.

" È tutto okay Reyna" disse Jason stringendole la mano. "Lui sta bene" le diede un bacio in fronte. "Te la sei cavata benone"

"Jason, è già fuori, è un po' tardi per dire quest- Oh dei..." disse vedendo l'infermiera avvicinarsi, tenendo un fagotto. Reyna allungò le braccia senza rendersene conto, con lo stesso istinto con cui sguainava la spada.

L'infermiera sorrise e glielo mise tra le braccia.

"È un bimbetto molto sano, 3 chili e mezzo".

Reyna sperò che Jason stesse ascoltando, lei era impegnato a fissare il suo bambino. Con la coda dell'occhio vide che Jason lo fissava altrettanto.

"Hey" disse Reyna a bassa voce. La guardava senza batter ciglio. Aveva gli occhi blu chiaro, e Reyna si chiese se sarebbero rimasti così, come quelli di Jason, o se sarebbero cambiati con la crescita. Quel pensiero le rimase in mente per tre secondi prima di passare al resto. Panico. Preoccupazione. Preoccupazione. La felicità più grande che avesse mai provato". "Hey".

Avvicinò timidamente il suo mignolo al suo pugnetto. Fece un verso gutturale che la fece sorridere. Reyna si voltò verso Jason. Sembrava scioccato ed in parte estasiato. Più o meno come lei, e dato che sembrava una bella sensazione, decise che così andava bene.

"Miei dei" disse a Jason. Lui riusciva solo ad annuire. Poi accarezzò all'indietro i capelli del bambino che singhiozzò di nuovo. Jason fece un sorrisetto e Reyna non riusciva a decidere se fosse più nervoso o disorientato.

La bacio sulla guancia e lei sorrise.

"Avete scelto un nome?" chiese l'infermiera un attimo dopo.

Reyna e Jason si guardarono.

"Più o meno..." disse Jason.

"Mota gente non lo sa subito" disse lei. "Basta che ne abbiate scelto uno prima di lasciare l'ospedale. Vi lascio del tempo per voi".

Per un po' non ci furono discussioni riguardo al nome. Jason ricevette il primo messaggio da Percy e Annabeth, Gwen aveva mandato un messaggio pieno di punti esclamativi. Piper fu la prossima (dopo pochi secondi), successivamente Leo gli disse che Piper lo aveva avvertito, e po lo seppero anche Hazel e Frank..

Dovevano pensare ad un nome.

"Evan" disse Reyna dal nulla.

"Come?"

"Evan" ripetè lei. "La prima persona che incontrai quando scesi dalla barca di Barbanera, dopo che venni separata da Hylla. L'ho appena ricordato.

"Evan Grace", disse Jason a se stesso. "Evan Anthony Grace... Suona bene".

"Assicurati che ti piaccia davvero" disse Reyna. "Perchè non ne avrai un altro a cui dare un nome"

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Reyna non usava borse. Reyna non usava borse.

Dovette convincersi che la borsa dei pannolini non poteva definirsi una borsa perchè si sentiva stupida con quella in spalla. Il peso non era nemmeno bilanciato, che roba era?

Evan era nel passeggino, faceva versi e muoveva le braccia come un mulino in miniatura, coperto da una copertina blu con un elefante.

Si avviò velocemente verso il bar. Hazel e Annabeth non erano ancora arrivate, quindi si prese un momento per dare da mangiare a Evan. Quando le ragazze arrivarono Evan aveva bevuto un biberon intero e si era addormentato appoggiato a lei.

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"Riesci a dire: zio Leo?". Sentì Reyna dire a Leo dal salotto.

"Bagah..." rispose Evan, sdraiato sulla sua copertina

"No, no, no. Le-O." Ripetè lui. "Zio Le-o"

"Rinunciaci, Valdez" disse Jason.

"C'è quasi!". Disse Leo. "Zi-o Le-o"

"Mamma" gorgogliò Evan. Reyna smise di preparare la cena e andò in salotto con gli occhi spalancati. Jason la guardò.

"Ha davvero...?"

"Sì, sì lo ha detto" disse Jason sorridendo.

"Beh, ci è andato vicino" riconobbe Leo.

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"Perchè devo andarci?" chiese Evan.

"Perchè la scuola è importante" disse Reyna infilando per le braccia la maglietta ad Evan. Non lo sapeva in realtà. Non ci era mai andata a scuola.

"Ma non voglio andare a scuola" disse lui. "Voglio andare nella legione. Come mami e papi".

La sua carriera accademica cominciava bene.

"Non puoi entrare nella legione se non vai prima a scuola" disse Reyna pazientemente. La pazienza era qualcosa di sorprendente che ricevevi dopo aver avuto un bimbo il gestazione per nove mesi, a quanto pareva.

"Quindi domani posso unirmi alla legione?"

"No, non domani" disse Reyna. "Tra un po' di anni okay?

"Quanti?" chiese Evan.

"Venti tre" disse Reyna, e gli baciò la guancia. "Venti quattro se continui a lamentarti, okay?"

"Non è giusto".

"Invece sì". disse Reyna. "Forza, facciamo colazione prima di andare a scuola".

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Reyna chiuse il contenitore di plastica mentre Evan le passò accanto correndo.

"Il pranzo Evan". Disse Reyna mettendo il tupperware in un cestino per il pranzo.

Lui corse di nuovo da lei. Somigliava molto a Jason, ma aveva dei lineamenti più marcati. Inoltre la sua cicatrice non era sul labbro, ma vicino al suo orecchio sinistro - e non perchè avesse mangiato una spillatrice (fortunatamente è sempre stato un po' più sveglio di così), aveva sbattuto nell'angolo di un muro mentre giocava ad acchiapparella con Alice J.

"Grazie mamma" disse Evan preparandosi di nuovo ad andare via.

"Aspetta un attimo" disse Reyna. Lui si immobilizzò e poi si voltò, con una espressione annoiata.

"Okay, animati" disse lei. Lui alzò la testa e fissò lo sguardo per sembrare un essere con un intelletto. "Hai tutto ciò che ti occorre?".

"Sì mamma".

"Il diario?". Evan annuì. "Il pranzo?".

"Me lo hai appena dato".

"I compiti di storia?".

"Compiti di storia?". Ripeté Evan. "Come facevi a sapere che avevo...?".

Reyna alzò la scheda con la consegna.

"Oh!". Glielo prese dalle mani. "Grazie mamma, mi sento un po' in confusione. Oggi a scuola verranno i legionari".

"Ah ecco perchè oggi vai così di fretta" disse Reyna.

Evan annuì energicamente, gli occhi strabuzzati per l'emozione. "Perchè dato che siamo in prima media, possiamo lasciare scuola e scegliere di unirci alla legione se vogliamo, giusto?".

"Evan, unirsi alla legione non si tratta di questo" disse Reyna. "E se l'unico motivo per cui vuoi unirti alla legione è questo, non te lo lasceremo fare. Nella vita non puoi scambiare un compito difficile per un altro compito difficile".

"Beh... Che significa allor unirsi alla legione?" Chiese Evan.

Reyna ci pensò per un attimo. "Si tratta di coraggio. Significa sforzarsi di essere più forte, intelligente, e migliore per un dovere cruciale. Si tratta di storia viva, che si manifesta nelle persone di una piccola bolla di terra, dove i nostri poteri sono i più forti,e i nostri dei i più potenti. Per quale motivo pensi che io e tuo padre ci assicuriamo tu svolga bene i compiti e studi a dovere latino? Si tratta di del duro lavoro, forse più duro della scuola. L'armatura non è per nulla come i tuoi libri di scuola giovanotto". Disse Reyna pizzicandogli il mento.

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"Che bello" disse Annabeth guardandosi attorno.

"Grazie" disse Frank. "Volevo ricostruirlo come l'originale, ma Hazel mi ha convinto a non farlo, per fortuna direi".

Reyna ammirò la tenuta della famiglia Zahng. Non era utilizzata del tutto, la casa era più piccola, il che faceva sembrare la proprietà più grande, e con gli alberi che la circondavano pareva fosse immensa. Frank l'aveva ereditata al compimento dei suoi diciotto anni, insieme a una piccola fortuna che l'avrebbe pagata per sempre, così lui ed Hazel avevano ricostruito una casa dalle dimensioni normali dato che erano una piccola famiglia (ai tempi i gemelli non erano nemmeno nati, beh i gemelli non nacquero prima di molto tempo) e si erano trasferiti. Erano circondati da alberi enormi.

"Dove sono finiti tutti i miei Minions?" chiese Leo.

"Se ti riferisci ai bambini, penso che Emma e Mia volessero mostrargli la loro cabina" disse Hazel.

"Perchè li chiami in quel modo?" chiese Jason a Leo.

"Nemmeno ti ascoltano quando sei al comando, nessuno di loro lo fa". disse Percy.

"Ci sto lavorando" disse Leo.

"E il governo trova accettabile il tuo piano?" controllò Piper, tenendo il biberon di Arian su per lei. Doveva occuparsi per un paio di mesi di un'orfanella figlia di Afrodite, una piccolina di 7 mesi.

"Il governo non sa nulla dei miei piani" disse Leo facendo una boccaccia.

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Stavano camminando verso il cinema chiacchierando. Era una normale serata fuori, Evan era al forte.

Jason le stava raccontando di questa cosa nello spazio che il governo stava progettando quando Reyna collassò. La prese al volo.

"Reyna? Rey? Rey?".

Le persone attorno a loro, perchè c'era sempre qualcuno, si fermarono e li fissarono, qualcuno urlò, corsero in ospedale. In macchina Jason fece stendere Reyna e le fece sdraiare le gambe sulle sue ginocchia.

"Reyna?". Le toccò la guancia e provò a svegliarla, ma lei era completamente incosciente.

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"Papà" disse Evan. Jaon guardò dietro la sua spalla, distogliendo gli occhi dal giornale.

"Sì?".

"Stai facendo di nuovo quella cosa".

Jason aggrottò la fronte. "Quale cosa?".

"Guardare il giornale senza leggerlo o vederlo" rispose lui. Jason ripiegò il New Rome Imperial e lo spinse via.

"Giusto, scusa" disse. Controllò l'orario. Okay, non aveva saltato alcun pasto importante. Bene.

"Puoi accompagnarmi a vedere la mamma?" chiese Evan. "So che oggi siamo già andati, ma..."

Ma non puoi passare tanto tempo con la tua famiglia e la legione, quindi vuoi andare adesso.

"Certo" disse Jason alzandosi e mettendosi la mano in tasca per prendere le chiavi. "Mm, un secondo, l'ospedale non è così lontano. Andiamo a piedi".

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Che i semidei restassero bloccati a S.Francisco non era qualcosa di raro. Solitamente la legione o la polizia di Nuova Roma andavano a recuperarli, ma adesso che uno di loro era stato processato per omicidio, Jason doveva prima farlo uscire di prigione.

Jason uscì dal tunnel Caldecott, guidò verso la città. Aveva parlato un'ultima volta con il suo cliente riguardo al tribunale, rassicurandolo che non era in torto e che lo avrebbe tirato fuori da lì.

Stava per spegnere il cellulare, quando ricevette una chiamata da... casa?

Lo uscì dalla tasca, ma sentì solo un borbottio insensato.

"Evan?" provò a dire. Il semidio lo guardò, terrorizzato dal cellulare. "Evan calmati, parla con me".

Non sentì più Evan, invece rispose una voce dal tono alto e formale.

"Signor Jason Grace?" la voce gli parve familiare... Era uno degli operatori sanitari dell'ospedale, lo riconosceva.

"Sì?" rispose.

"Padre di Evan Anthony e marito di Reyna Avila Ramírez-Arellano? Figlio di Giove, fratello di Thalia Grace?"

Nuova Roma aveva un sistema di identificazione peculiare.

"Sì" rispose. Cominciò a innervosirsi.

"Deve ritornare subito in città. Mi dispiace molto, ma sua moglie è appena deceduta".

A Jason cadde il telefono di mano.

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Non riuscì a vedere Evan sposarsi, sebben considerando quanto stretti fossero i legami tra i semidei, la figlia di Venere, Anaya Hart, sarebbe rimasta a lungo nei paraggi.

Non potè vedere la cura per il cancro, perchè era ancora celata all'umanità, sebbene lui fosse convinto che fosse là fuori.

Non potè assistere a molte cose.

Non potè nemmeno dire addio.

Semplicemente successe quel giorno in cui era andato a S.Francisco per incontrare qualcuno, e la sfinge lo prese alle spalle.

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"Pretore di Roma" un giudice lesse in quella che sembrava essere un contorto curriculum. "É sempre buon cosa".

"Per quattro anni", disse un altro. "Giusto sotto il limite di tempo".

"Veterano della guerra contro i Titani e della guerra contro Gea" disse un altro. "Leader dell'Argo II e figlio della profezia. Due ottimi titoli...".

"Pretore fondatore del centro di assistenza dei veterani di Nuova Roma, una fantastica iniziativa, ci ha risparmiato molti guai".

"Un'avvocato di successo", disse uno di loro, "Questo potrebbe essere un problema".

"Padre di Evan Grace" dissero poi, "Discendenza di Bellona e Giove, Centurione della Quarta Corte".

Jason sorrise al sentirlo.

"Morto in battaglia" l'ultima riga diceva. "Aut vincere aut mori."

"Conquista o muori" disse Jason .

"Beh, puoi escludere conquistare dalle tue opzioni. Puoi andare, Elisio ." Disse uno dei giudici spingendo via la sua copia del curriculum.

Jason venne scortato fuori. Si fermò in mezzo alla sala opponendo resistenza alle spinte.

"Posso chiedervi una cosa?" chiese.

"Sì, sua moglie vi sta sta aspettando laggiù. Sa che già che sei qui." Disse un giudice mentre sfogliava un'agenda.

Jason sorrise. "Vi ringrazio" disse. "Non mi serve sapere altro."

Le ombre lo spinsero oltre le mura della città e finì lì, era arrivato. Sentì la sua pelle farsi più liscia, e si accorse di avere di nuovo 16 anni. Per certi versi il migliore ma anche il peggior anno della sua vita.

Camminando passò davanti a semplici capanne, eleganti manieri vittoriani, case a schiera, tende e capanne, ville, condomini, persino un grattacielo... Ovunque in giro c'erano persone in costume, che camminavano con la grazia di un Lord o una Lady, o con la camminata baldanzosa di un bambino.

L'Elisio era un posto be fatto. .

Fece una lista mentale di chi avrebbe dovuto esserci lì.

Dakota: era stato investito da un autobus. Piper: la sua carriere da portavoce per le Nazioni Unite l'aveva resa troppo esposta. Leo: di punto in bianco, nessuno se l'era aspettato. Percy: il suo odore da semidio lo aveva tradito. Gwen: la malattia che aveva contratto mentre lavorava all'ospedale di Nuova Roma l'aveva spazzata via in pochi giorni. Avrebbero dovuto trovarsi tutti là.

Non stava cercando nessuno di loro. Si sentiva abbastanza perso- e sicuro di essere passato di fronte a quella fontana di acqua nera almeno 5 volte.

Fu allora che sentì qualcuno corrergli incontro alle sue spalle, le braccia intorno al suo collo. Riconobbe l'anello per cui so era angosciato tanto nel comprarlo e il suo cuore cominciò a battere come un tamburo. Si girò e vide Reyna, anche lei sedicenne, capelli neri lunghi e lucenti e (contrariamente agli ultimi mesi della sua vita) presenteil suo sguardo affilato come sempre.

Lo baciò e Jason sussultò, non avendo baciato nessuno da due anni. Ma ricambiò comunque il bacio. In pochi secondi gli sembrò familiare.

Lei si allontanò. "Che ci fai qui?"

Lo baciò di nuovo "Perchè ti sei fatto ammazzare?"

Lo baciò ancora. "Dov'è Evan?"

Lo baciò di nuovo. "Non riesco a trattenermi, mi sei mancato."

"Anche tu mi sei mancata," disse affogando il viso nei suoi capelli.

Si sedettero sul bordo della fontana e Reyna lo aggiornò su tutto ciò lei sapeva fosse accaduto in superficie dopo che era morto.

A Jason era stato fatto un funerale Romano come si deve, ecco perchè era nell'Elisio Il suo nome era stato aggiunto al Monumento dei Sette due statue gemelle poste tra Nuova Roma e il forte. Annabeth si era occupata della casa di Evan; passava molto tempo con Alice Jackson che era una cosa molto buona per lui.

Gli parlò anche dei morti.

Il concetto di morte era ancora estraneo alla mente di Jason, il che era strano considerando che aveva passato la sua intera vita a prepararsi per quando sarebbe arrivata. Ma ascoltò Reyna senza prestare molta attenzione, cosa per cui era sicuro avrebbe pagato in futuro.

Percy abitava in riva al mare, il modo più facile per trovarlo era recarsi lì. Reyna lo aveva visto lì quasi ogni giorno, ed era riuscito a rincontrare molti dei greci che erano morti nella guerra dei Titani. Leo era dappertuttoperciò Reyna lo incontrava solo quando voleva il destino. Piper era facile da trovare, stava spesso vicino all'entrata per aiutare i nuovi arrivati. Jason l'aveva mancata per pochi secondi probabilmente, perchè dalla sua morte passava molto tempo con Reyna, come se lo aspettassero insieme. Tutti loro erano di nuovo sedicenni- Piper aveva provato a capire perchè ed aveva concluso che fosse perchè si trovavano lì per aver fatto cose straordinarie quando avevano sedici anni (nessun altro nell' Elysium aveva mai subito un cambiamento di età , quindi resta strano).

Dakota aveva provato a reincarnarsi; voleva raggiungere Gwen nelle isole dei beati . Ottaviano aveva trovato altra gente con cui stare, il che a Jason andava bene.

Reyna conosceva chiaramente quel posto, sapeva esattamente dove andare e cosa succedeva in giro. Era come un villaggio, tutti parlavano tra loro, potevi avere una conversazione con un cavaliere senza testa se ti andava (anche se Reyna aveva detto che tendevano ad essere acidi). Sembravano tutti vivi, ma i loro corpi non potevano toccare nulla che non fosse stato realizzato nell'Elisio (che sorprendentemente era tanta roba). Non avevano bisogno di mangiare (nonostante molti lo facessero perchè il cibo era delizioso) o dormire, o lavarsi, o cambiarsi i vestiti, solitamente si facevano feste, degustazioni di gelato, balli, o maratone di danza, da qualche parteDovevi solo capire da che parte fosse quello che volevi fare. In sostanza era una festa senza dine per ricompensarti per tutto ciò che avevi fatto in vita, carino.

"Piper ha trovato qualcuno che ama ad una festa in verità."

"Veramente?"

"Un arciere greco chiamato Lee," disse Reyna. "Lui era morto due anni prima che lei arrivasse in scena, ma sono molto legati"

"Veramente ironico. Come era quella frase? Finchè morte non ci separi?"

Reyna gli diede un pugnetto sul braccio. "Questo è da parte sua."

Si alzarono e passeggiarono, tenendosi per mano. Passarono davanti a un chioschetto di Waffles, un negozio di giocattoli, uno di caramelle, un negozio di vestiti, uno di fiori...

"Quindi immagino che ti amerò per sempre, 'lo voglio', 'prometto di esserti fedele sempre' non era abbastanza eh? ". disse Jason. "Quaggiù siamo insieme per sempre."

"Non chiamarlo quaggiù, le persone potrebbero offendersi." sibilò, "Non siamo mica tenuti nello scantinato di qualcuno." Camminarono un altro po'.

"Sai che c'è? Credo di essermi abituata all'idea."

"Quale idea? Essere quagg....voglio dire, essere quì?" chiese Jason.

"No," disse lei colpendogli di nuovo il braccio. Dopo due anni il suo braccio si era fatto morbido. "A noi. Per sempre. Penso che sia diventata brava a fare i conti con "per sempre". Non mi spaventa più.

"No?" chiese Jason.

Lei poggiò la testa sulla sua spalla mentre camminavano. "Per nulla."

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Capitolo 7
*** Waiting for Grace ***


ATTENZIONE, questa non è una mia fanfiction, è stata scritta da HecateA e pubblicata su fanfiction.net

Io l'ho solo tradotta dall'inglese all'italiano.

Qui trovate la storia originale:  https://www.fanfiction.net/s/8573909/1/Waiting-for-Grace?__cf_chl_jschl_tk__=cROqJ8fZfdWhGOdlRxTQ2W3foNJh28EFvnbGDGO787w-1640084793-0-gaNycGzNCX0

La prima volta

La prima grazia.

"Ehy, so che quando saremo tornati al campo, dopo questa impresa... probabilmente non vorrai restare" disse Jason.

"Come lo sai?" chiese Reyna.

"Perchè sei fatta così. Ti ho trovata nei boschi e prima ti deve essere successo qualcosa di orribile, e adesso non ti fidi di nessuno. Ma te lo prometto, il campo Giove è un bel posto. Mi ha salvato quando ero un bambino. Magari salverà anche te ." disse Jason.

"Penso che come grazia salvatrice mi basti che tu mi abbia salvata da quella spada" disse Reyna. "A chi ne serve un'altra?"

"A te," rispose Jason.

Reyna non lo negò.

Un anno dopo

"Che carina che sei, Pretzel" le disse qualcuno. Una delle sue stesse trecce colpì Reyna in viso mentre tornava a casa dal senato, e lei la ricacciò selvaggiamente in direzione del colpevole.

"Ti riferivi ai miei capelli?" chiese a Jason mentre correva per evitare la sua mano.

"Sì, Pretzel" rispose Jason con un luccichio negli occhi.

"Cosa c'è che non va nelle mie trecce?" chiese Reyna. Non era davvero arrabbiata. L'energia gioiosa e giocherellona di Jason era contagiosa.

"Nulla" rispose Jason. "Ho detto che sei carina, no?"

"Mmh, forse dovresti farti crescere delle trecce" suggerì Reyna. Jason rise.

"Ti prego non immaginarti una cosa così brutta" disse lui. Jason tirò su di nuovo le trecce di Reyna. "Scusami, ma era da tutto il giorno che volevo farlo, Pr..."

"Se mi chiami di nuovo Pretzel non avrai più una lingua quando saremo tornati a Nuova Roma" disse Reyna. Jason rise. I suoi occhi scintillavano e lui sembrava la persona più carismatica e felice della terra.

Continua pure, Grace, disse lei tra sé e sé. Di qualcos'altro. Aspetto solo una tua mossa, perché io non farò la mia. Devo prima aspettare di vedere come andrà finire 

La fine dell'attesa

Jason si ritrasse e in parte sembrava essere sorpreso da sé stesso, e dall'altra parte sembrava essere colpito da quanto fegato avesse avuto. Reyna si sentiva quasi allo stesso modo, ma per la maggior parte si sentiva come se le sue emozioni si fossero mescolate tutte insieme e ormai fossero troppo confuse per riconoscerle.

Entrambi ansimavano. Reyna si chiese se quello fosse stato anche per lui il suo primo bacio. Decise di no.

"Non era niente male" disse lui.

"Lo spero" rispose Reyna. "Perchè se possiamo fare di meglio...".

"Beh, possiamo provarci" suggerì Jason,

La migliore idea che avesse avuto quel giorno. 

La seconda volta

Un mese di attesa

Dopo il terrore iniziale provato nell'aver trovato un letto vuoto, la stanza vuota, e la villa vuota, Reyna cominciava ad irritarsi. SI aspettava che spuntasse ai confini del Campo con pezzi mancanti nella sua armatura, jeans strappati, e una storia assurda da raccontare, il tutto perché ovviamente lui era la Grazia salvatrice. Non aveva bisogno di essere salvato. Mai. 

Due mesi

Reyna mise giù i dischetti rossi sulla mappa da tavolo degli stati uniti della Principia. Ancora più posti dove la legione aveva controllato, ancora più posti dove non si trovava Jason.

"Hank, sposta quello a destra. La tua destra" disse Reyna.

Aspettò un po' di minuti che i cretini nella stanza leggessero la mappa sul tavolo. Lei aveva già un piano pronto.

"Controlleremo a New York, in Arizona, e in Oregon" disse Reyna. "Voglio la prima e la seconda corte a New York, la terza in Arizona, la quarta in Oregon, e la Quinta resterà qui di guardia".

"Ti fidi di loro per proteggere il forte?" chiese Ottaviano sprezzane.

"No, ma mi fiderò di loro se Jason torna a casa". Disse Reyna fieramente. "E voi fareste meglio a non dubitare delle mie decisioni solo perché stiamo aspettando il ritorno del nostro secondo pretore".

Ottaviano sbiancò.

"Sì Reyna". 

Tre mesi

"Reyna?" sentiva che la chiamavano. Alzò lo sguardo dalla mappa degli Stati Uniti divisa in territori in base ai templi degli dei e vide Hazel Levasque alla porta della Principia.

"Sì Hazel? " chiese Reyna.

"Volevo solo chiederti... a un certo punto smetterai mai di cercare?"

"Cercare?".

"Jason".

"No", disse Reyna. "Ovviamente no. C'è una possibilità che sia ancora vivo. Dovremmo chiedere a tuo fratello più dettagli quando farà ritorno, ovviamente. Ma se Jason non torna a casa, significa che ha bisogno di aiuto, e Roma non lascia nessun uomo indietro."

Hazel si morse il labbro.

"Ehy. Manca anche a me", disse Reyna all'amica "E anche a tenti altri".

Hazel annuì.

"Vorrei sapere cosa direbbe mio fratello" disse Hazel. "Solo stupide gemme e la stupida terra..." Hazel scosse la testa e cercò di non pensarci.

"Siì paziente Hazel" disse Reyna. C'era un certo tipo di innocenza ma anche saggezza in ogni sua sillaba, che la spingeva a fidarsi di Hazel.

"È così che fai tu?" Hazel chiese.

"Sì" ammise Reyna.

"Non sono brava ad aspettare" borbottò Hazel.

"Ci giurerei, sei ADHD" disse Reyna con un piccolo sorriso. "Non so proprio come a scuola o casa non lo abbiano capito.

Hazel cambiò velocemente argomento. "Sarebbe ora tu andassi a letto" disse a Reyna. "Sul serio. Vieni con me, stare svegli fino a tardi a lavorare non è salutare".

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Ottaviano era stato gentile con lei tutta la settima, il che metteva Reyna all'erta e la rendeva paranoica. Sperava probabilmente di riuscire a far mettere una buona parola per lui per il pretorato, Reyna lo capì la sera che si era offerto di aiutarla a classificare i documenti.

"Credo di starci prendendo la mano con il sistema di classificazione dei documenti che hai stabilito".

"Ottaviano, fammi un favore e smettila di prepararti per un lavoro che non sarà mai tuo" disse Reyna seccamente guardandolo in faccia. "Se è l'unico motivo per cui sei qui puoi anche andartene perché anche Gwen o Hazel potrebbero farlo, e loro sono più gradevoli da avere sotto gli occhi".

Lo sguardo di Ottaviano indicava che non lo avrebbe dimenticato facilmente.

Cavolo, avrebbe dovuto tapparsi la bocca.

Quattro mesi

Reyna gettò lo straccio nell'immondizia e fece un nodo al sacco per chiuderlo. Guardò la villa. Non era più così polverosa, odorava molto di limone, ma almeno non era polverosa. Forse l'ultima volta che Jason l'aveva pulita era stata più lucida, fa nulla.

Cinque mesi

Le sue argomentazioni erano più forti. Il suo vocabolario più ricercato. Le sue parole erano più taglienti che mai.

"E per questo, gran Senato di Roma, che propongo di interrompere la ricerca di Jason Grace".

Le persone erano silenziose. Poi partirono gli applausi e a Reyna mancò il respiro.

Ottaviano si girò verso di lei.

"Pretore?" le chiese.

Reyna fece un gran respiro.

"L'unico punto valido esposto era l'incremento di incidenti nel mondo mortale" disse Reyna, "Per quale altro motivo suggerisci di annientare la missione per Jason Grace?"

"Sono passati cinque mesi", disse Ottaviano. "Con tutto il rispetto, ma nessun semidio sopravvivremmo da solo tutto questo tempo".

"L'ha fatto in passato", disse Reyna. "Ricorda. La sua corsa alla Casa del Lupo è stato deviato da un'impresa. È stato il più lungo di quell'anno".

"Non era solo" controbatté Ottaviano. "Aveva te".

Quello fu come un pugno nello stomaco per Reyna. Sì, aveva lei. Ora non era così.

"È un mezzosangue molto più esperto adesso. Pretore di Roma e ex-centurione della Quinta Corte, nel caso te ne fossi dimenticato. " Rispose Reyna. "Credo possa farcela eccome".

"Nessun segno di vita, nessun indizio? Sarebbe dovuto accadere qualcosa che la legione potesse notare, un sogno dei nostri soldati, una notizia al telegiornale, una predizione degli auguri" disse Ottaviano.

Tu sei il nostro augure, ti legherei ad una colonna e ti farei mangiare imbottitura.

Ottaviano continuò; "Jason Grace non il tipo da restare in silenzio se sa di essere necessario, a meno che non sia morto o non ci abbia abbandonati".

"Non farebbe mai una cosa del genere".

"Allora è morto" disse Ottaviano.

Reyna volse lo guardo al resto del senato. "Nonostante personalmente non penso che abbandonare Jason Grace sia una buona idea, è una decisione che spetta al senato. Questo legionario non ha mai abbandonato Roma. Inoltre, era un amico, un collega fidato, e un leader eccezionale. A mio parere non sembrate esitare nell'abbandonarlo".

"Perchè non poni il veto?",

"Non voglio che i legionari corrano rischi, se è vero che il mondo là fuori è improvvisamente diventato più pericoloso non so come". Rispose Reyna. "Ci occuperemmo anche di quello, ma facciamo una cosa alla volta. Chi pensa che interrompere le ricerche sia una buona idea?".

Il numero di mani alzate fu doloroso per Reyna. Come se ciascuna di quelle la stesse schiaffeggiando.

"È deciso allora. Jason Grace è disperso in azione".

"Avrei detto presunto morto" disse Ottaviano.

"Vedremo, faccio veto" disse Reyna. "Presentatemi un corpo e allora vedremo".

Se il senato era stanco di attendere e la legione cominciava a spazientirsi, non significava che Reyna non avrebbe continuato ad aspettarlo".

Sei Mesi

"Ricordo pienamente tutti gli ultimi duecento pretori di Roma" commentò Ottaviano.

"Meraviglioso" disse Reyna. Stavano tornando al senato, e per qualche motivo- Giunone sapeva quale era questo motivo, era meglio che fosse valida, Ottaviano la seguiva, aiutandola a portare le scatole con le cartelle penali. Alcuni legionari sarebbero stati rilasciati in mattinata.

Una camminata di un chilometro non era mai sembrata così lunga a Reyna. Che diavolo, stavano per caso su un tapis roullant?

"So molto in verità della storia della legione"

"Altrettanto magnifico".

"Reyna so che Jason ti era molto caro, ma come ho detto molte volte, credo che..."

"Già, molte volte" osservò Reyna. Non era sicura di ciò che stava per dirle, ma era certa sarebbe stato qualcosa di già sentito.

"Che ti serve qualcuno che lavori al tuo fianco. Questo è un lavoro ideato per due persone".

"Ottaviano, sto bene" disse Reyna,"So adempire alle mie responsabilità".

"Allora perché ti sto aiutando a portare le scatole?" disse Ottaviano.

"Per una volta" sbottò Reyna.

"Una volta ora, una volta dopo e una ancora porta a qualcosa di concreto, Reyna"

Quattro, erano state quattro.

"Non accadrà" disse Reyna "Anche se la tua preoccupazione è toccante.

"Penso ti serva un partner" disse Ottaviano.

"Lo hai reso chiaro più volte,

"Penso ti serva adesso",

"Hai reso chiaro anche questo".

"Reyna...".

"Puoi lasciare queste scatole nella Principia e chiuderle lì con le tue chiavi", disse Reyna. "Ho altro lavoro da finire, e cani da sfamare. Grazie e buona notte." gli disse dichiarando chiuso l'argomento.

Si liberò una mano per aprire la porta della sua villa, entrò e i suoi cani corsero a girarle attorno alle caviglie, diede un calcio alla porta, lasciò cadere le scatole a terra e diede un pugno al muro. I suoi cani si allontanarono e lei diede un altro pugno. E poi un altro. Avrebbe potuto urlare per la frustrazione.

Si mise le mani tra i capelli.

"No, sono la figlia della guerra, non della distruzione" disse andando in soggiorno dove si mise a girare attorno al tavolino. Aveva già avuto quella discussione con sé stessa prima.

Fece un respiro profondo per provare a calmare la raffica di rabbia che le scorreva in corpo come se fosse un termometro a mercurio.

Poggiò la schiena al muro respirando sempre più profondamente. Non riusciva a calmarsi. Era stufa. Dei, stava crollando per la prima volta dopo anni.

Si alzò e cominciò a muoversi. Agitarsi per Reyna equivaleva a innervosirsi e non poter star ferma, e al momento era in sovraccarico da stress, angoscia, frustrazione, rabbia e osando dirlo, forse anche un po' di tristezza.

Stufa di lottare, stufa di tutto.

Collassò sul divano e affondò la faccia nel cuscino. Aurum o Argentum, probabilmente Argentum, le leccò le caviglie per consolarla. Si chiese se capissero che stava piangendo. Pungevano e bruciavano come lacrime di rabbia, ma sentiva fossero di tristezza profonda.

Ma non era stanca di aspettare, perché avrebbe aspettato Jason tutta la vita.

Era solo stanca di avere attorno persone che cecassero di farla smettere di farlo.

Sette mesi

Non sapeva quanto tempo avesse pregato il suo patrigno, ma si inginocchiò e pregò molto.

Si alzò e si recò al tempio più grande, si inginocchiò di fronte alla statua di Giove Optimus Maximus, e pregò.

Pregò lui più di tutti. Poi si alzò, si inchinò alla statua ancora una volta, e si diresse al tempio di Bellona.

Si sedette, lì era a suo agio.

"Madre, hai sempre vegliato su di me, e mi hai assistita in ogni battaglia" sussurrò. "Sai che sono una guerriera. Onorerò sempre ciò che sono. Ti prego aiutami in questa battaglia.

Si alzò e andò all'ultimo tempio, il tempio di Mercurio, viaggi e viandanti, prima di tornare al fonte del Campo Giove.

Otto mesi

"Documenti, moduli della legione, permessi di trasferimento corte, bollette, lettere di raccomandazione bla, bla, bla." Esclamò Gwen. "Non puoi prenderti almeno un giorno libero? Ti prego. Siamo tutti molto preoccupati per te. Farebbe sentire meglio tutti. Solo io e te per un giorno, okay? 

Reyna sospirò, ma cedette quando Gwen le disse che aveva delle informazioni da condividere con lei.

Così Reyna l'aveva seguita, mettendosi vestiti comuni per la prima volta dopo... mesi, passeggiò per Nuova Roma, guardò le vetrine e rise con Gwen su quanto poveri fossero i legionari, e si fermarono a prendere un gelato. Questo era un comportamento quasi estraneo a Reyna -  era passato un po' di tempo da quando Jason l'aveva allontanata un po' dal lavoro e dalla professionalità per avvicinarla a quel suo lato che tutti vedevano come "Oh è una normale teenager".

Erano sedute a un tavolino rotondo sotto l'ombra di un parasole, all'aperto. L'interno delle guance di Reyna erano congelate e colme del sapore di cioccolato e marzapane.

"Come ti stavo dicendo al forte..." disse Gwen. Reyna ingoiò un cucchiaio di gelato.

"Yes?" Chiese lei. Gwen provò a cambiare discorso toccando i capelli di Reyna.

"Sono molto belli quando li porti sciolti" le disse.

"Vanno in mezzo ai piedi però," disse Reyna. "Che stavi dicendo?"

Gwen odiava dar brutte notizie e far stare male gli altri, un difetto fatale.  Si morse le labbra e sospirò, smussò il suo gelato all'arancia col cucchiaino. 

"Ottaviano è venuto a parlarmi l'altra sera," disse Gwen. "L'ho mandato via, non fraintendermi. Ma... -"

"Ha chiesto a te e a Dakota di unirvi salla sua campagna elettorale, non è vero?" disse Reyna.

Gwen sospirò. "Sì lo ha fatto," disse lei. Sembrava triste e scontenta, spinse via il uso gelato.

Reyna strinse le labbra e annuì. Quindi Ottaviano aveva cominciato a scavare nella pila di disadattati che era la Quinta Corte.

"Deve essere convinto di avere una base solida se già prova a infiltrarsi nella Corte di Jason." disse Reyna.

"Lo so," disse Gwen con una smorfia. "Mi dispiace un sacco."

"No, preferisco averlo saputo," disse Reyna.

"Cosa hai intenzione di fare, Rey? Io... ovviamente lo sai anche tu, ma non penso tu possa aspettare altro tempo".

"Oh, io posso aspettare." disse Reyna. "Ho atteso tutta la vita per la mia grazia salvatrice. Ho atteso tutta la vita per una luce, un segnale che le cose fossero okay nel mondo reale. Ho atteso anni di sentirmi meglio dopo ciò che era successo con Barbanera. È Roma che non può aspettare, è quel posto vuoto a non poter portare pazienza- perchè Roma non lo fa mai. È sempre un andare avanti, avanti e avanti, colpo di stato dopo colpo di stato, assedio dopo assedio, guerra dopo guerra".

"Hai un piano?"

"Io starò qua e continuare a controllare," disse Reyna. "Ma...comincerò a provare a far finire l'attesa di Roma."

"Proporrai Ottaviano come pretore al sentato?"

"No. Per piacere, a quel punto Roma dovrebbe aspettare un'altra grazia salvatrice."

Gwen rise, e per in secondo Reyna si sentì meglio.

"Quindi chi?" Chiese.

"Non lo so," disse Reyna. "Aspetterò la persona giusta."

"Aspetti molyo per essere una impulsiva figlia della guerra ADHD" disse Gwen. "Sei più un ninja che un legionario."

Nove mesi

"Hai distrutto il potere della nostra signora" disse Reyna. "Hai liberato dei prigionieri che si sono vendicati su tutte noi che vivevamo nell'isola. Io e mia sorella... beh, siamo sopravvissute. È stato difficile. Ma a lungo andare, penso sia stato meglio che sia stato meglio essere andate via da quel posto."

"Mi dispiace comunque. Se ti ho ferito, mi scuso." disse Percy. Reyna incrociò le braccia al petto e lo fissò. All'inizio aveva pensato che quel ragazzo fosse molto simile a Jason. Coraggioso. forte. con esperienza, espetto, eroico, nobile... ma stava cominciando a notare le differenze- delle grandi differenze. Non tutte brutte, non tutte buone. Ma c'erano differenze caratteriali definite.

"Scuse? Per nulla da romano, Percy Jackson. Saresti un pretore interessante. Spero che prenderai in considerazione la mia offerta."

Ti prego fallo. Se attendo ancora sarò nel regno di Ottaviano- e da lì non si tornerà più indietro.

Una quantità di tempo indefinito

Si tenevano per mano.

Erano... Le loro dita erano intrecciate mentre si allontanavano per girare nuova Roma.

Lo sapeva. Lo aveva capito dal secondo in cui li aveva visti insieme dopo che il suo cervello aveva elaborato che Jason era tornato e aveva cominciato a pensare lucidamente. 

E la nuova ragazza era carina. Era splendida in realtà. E c'era stregoneria nelle sue parole, tale che Reyna non la vedeva dai tempi di Circe. Era potente e indubbiamente coraggiosa. Era intelligente.

Reyna si chiese che cosa fosse aspettare per qualcosa che non sarebbe mai avvenuto.

Basta attendere

La riunione dopo la guerra si tenne sull'Olimpo.

Pipers si complimentò con Annabeth per la bellezza dei troni, Leo impazzì per le colonne e i supporti, Percy tenne Annabeth stretta a se e disse che non avrebbe mai pensato che qualcuno potesse creare qualcosa del genere. I romani erano stati diffidenti nell'essere stati invitati nella stanza dei troni- erano sempre distanti dai propri dei. Per Jason, era.. sbagliato ad essere onesti .

Inoltre; non se la sentiva più di essere chiamato un leader e parte di una profezia.  Voleva tornare a casa, prendersi cura della sua legione, rimediare ai suoi errori, e spiegare a Reyna cosa fosse successo, come non fosse stato abbastanza forte da resistere all'influenza della dea Afrodite.

Ma era abbastanza forte da scusarsi, e sperava sarebbe bastato.

I leader della guerra entrarono. I capi cabina, i centurioni, e Reyna. Vennero scambiati degli abbracci. Quando la mano di Jason strinse l'avambraccio di Reyna , il saluto romano, non riuscì a trattenersi.

"Mi dispiace tantissimo," disse Jason. "Quello che ho detto e fatto non è stato giusto e so che non ti piacciono le scuse , ma dobbiamo-"

"Zitto," disse lei.

L'impeto di forza che Jasona aveva avuto si indebolì. L'aveva fatto. Basta così.

"Te l'ho detto; So riconoscere la magia," Reyna disse dolcemente. "L'ho sempre saputo"

Ciò non fu nè appropriato nè professionale ma Reyna scattò come una vipera e lo baciò, e lui non potè che stringerla e ricambiare il bacio.

La terza volta

Un mese

Non sapeva nemmeno di essere in attesa.

Due mesi

Jason le lasciò i capelli quando Reyna si rimise su e si pulì la bocca con della carta igienica e tirò lo sciacquone.

Tre mesi

Le serviva ci fosse il momento perfetto, e finchè non ci fosse stato la notizia avrebbe aspettato.

Era appena tornato da una caccia ai mostri con Percy, Frank e  leo. Era contento, aveva potuto mangiare cibo disgustoso e poco salutare, e aveva corso in giro tutto il giorno, si era incontrato coi suoi cugini e coi suoi migliori amici...

Quattro Mesi

Reyna si guardò allo specchio, il bordo della sua maglietta saliva su.

"Questa è nuova," Jason commentò, entrando nella loro stanza con lo spazzolino in bocca .

"GiàY," rispose lei.

Le mise un braccio attorno alla vita.

Ti bacerei, ma sarebbe disgustoso." disse Jason, la bocca era piena di schiuma da dentifricio.

"Sempre romantico," Reyna sottolineò.

Cinque Mesi

"Che ne pensi della pizza?" disse Jason mentre cercavano di capire con cosa cenare.

"No," scattò lei. "Nuh-uh, no pomodori, il formaggio è disgustoso e scordati il salame, Grace."

Sette mesi

Okay, non ne poteva più della camminata dondolante. Era stufa. Non vedeva l'ora di camminare come una persona normale di nuovo.

Otto mesi

Che fosse benedetto.

Davvero, c'era solo una persona in quella casa che non era costretta a restare sveglia a causa di questo, quello e quell'altro ancora, ma lui si era comunque imposto di restare sveglio a guardare patetici programmi televisivi notturni con lei, avvolti nelle coperte, sdraiati sul divano.

Comunque non stavano guardando al Tv. 

"Lo si vede scalciare." disse Jason. "Tipo, attraverso te..."

"Sì Grace, è normale. Fatti un altro caffè, ne hai un evidente bisogno." Disse lei seccata.

Nove mesi

Fu il dolore a svegliare Reyna, il che era insolito per una figlia della guerra che tendeva ad avere una tolleranza del dolore molto alta. I crampi la spezzarono di nuovo in due e facevano male da morire

Merda, pensò.

Faceva fatica anche ad alzarsi e trasalì.

"Jason," disse scuotendogli una spalla. "Ohi- merda- Jason," ripetè.

Lui borbottò.

"Okay, di cosa hai voglia?" chiese lui.

"Di niente," rispose lei, un po' offesa avesse pensato che ogni volta che lo svegliava fosse perchè aveva una voglia stupida. "Alzati e basta, penso che-"  si sentì come se le sue interiora stessero implodendo. "Merda."

La parolaccia lo colse alla sprovvista e si sedette su. 

"Sta arrivando?" Chiese lui.

"Già, credo di sì. Sembra assolutamente sia così."

Jason si alzò per primo, e la aiutò mettendole una mano dietro la schiena.

Okay, non poteva attendere ancora un po? Il cuore le batteva come un tamburo e non era certa di essere pronta.

Basta più attendere

Reyna lo cullava tra le sue bracia. Si era appena risvegliato e la stava guardando di nuovo con quei suoi occhioni azzurri.  Si chiese se sarebbero rimasti in quel modo quando sarebbe cresciuto. O dei, sarebbe cresciuto...

"Ciao," gli disse lei sorridendogli. "Ehi, tu."

Lui si dimenò tar le sue braccia. Appena lo fece gli occhi di Jason si fecero. Reyna lo aveva visto a malapena abbassare la guardia così rilassato e felice da quando lo conosceva. Ma era comunque nervoso; Reyna aveva notato il leggero tremolio delle sue mani quando aveva toccato le guance del bambino con le dita. Le baciò la fronte.

"Ti amo" le disse piano.

Reyna strinse la mano di Jason. Si guardarono e i loro occhi ricaddero giù.

"Rey?" disse.

"Pensi che sono bravo?"

"A fare cosa?"

"A, lo sai, essere ciò che dovrei essere." disse Jason. "Essere un amico, un fratello, un cugino, una brava persona, un marito."

"Certo," disse lei. Per essere un mezzosangue era praticamente un santo.

"Voglio essere un padre altrettanto migliore," disse lui. "Solo che... Lo guardo, guardo te, e devo".

"Non permetterei che tu non lo sia," disse lei piano. Ma capiva le sue paranoie. Come potevi essere qualcosa che non avevi mai visto? Era come provare a parlare il Mandarino con qualcuno bravo ma non comprensivo e gentile come Frank Zhang. Aveva passato altrettanto tempo a preoccuparsene anche lei, con Annabeth e Piper che provavano a 1) calmarla o 2) calmare i lor bambini ma soprattutto c) entrambi.

Si avvicinò a lui.

"Sai cosa?" disse. "Penso che gli dei sarebbero più bravi a fare i genitori se ci vedessero. Tipo, veramente. Non come eroi, ma come bambini che devono crescere, esplorare e provare ad essere normali. Se uno capisco ciò, beh non credo si possa sbagliare facilmente .Il che significa che nel tuo caso, che non scomparirai nel nulla durante una impresa, ne presto ne mai, inteso? Perchè ti faccio fuori, anche se sei il pdre di mio figlio."

"Non lo farò," disse Jason. Non lo farei mai".

"Ottimo" disse Reyna.

Guardare il bebè che si contorceva nelle sue braccia, ricevere chiamate utili (qualche idea per il nome? aveva chiesto Piper) e le meno utili ("penso che Leo andrebbe bene." suggerì Leo), Thalia e Hylla che riuscirono ad essere le prime a far visita al nipote, Jason che non indietreggiò quando Hylla gli parlava, avere una sorta di famiglia mezza immortale in una sola stanza...

Aveva davvero ricevuto la sua grazia salvatrice.  Era stata salvata dalla parte oscura di se stessa; era stata salvata dalla follia e dal troppo lavoro molte volte. La sua intera vita era stata sistemata grazie a una grazia salvatrice che lei stessa aveva aggiustato, e gli effetti della chiusura del ciclo erano stati bellissimi, pensò mentre i suoi occhi andavano da Jason all'orologio sul muro, ("potrei proprio addormentarmi"), da Isaac Halcyon Grace nelle sue braccia, all'orologio sul muro ("cavolo, partorire è estenuante, ho così tanto sonno").

Jason si sedette accanto a lei, e la circondò con le braccia. Avendo dormito 23 nelle ultime 24, sembrava abbastanza rimbambito. Reyna poggiò la testa sulla sua spalla. Lui strinse il braccio attorno a lei per riflesso, una cosa che lei amava di lui, e si addormentò così.

E quella fu l'ultima volta che attese per un Grace.

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Capitolo 8
*** Of Touches And Words ***


ATTENZIONE, questa non è una mia fanfiction, è stata scritta da HiddenEye e pubblicata su AO3 e fanfiction.net

Io l'ho solo tradotta dall'inglese all'italiano.

Qui trovate la storia originale: https://archiveofourown.org/works/2269251

"Reyna."

Jason venne zittito dalle labbra di lei quando si posarono all'angolo delle sue, le sue dita lo accarezzarono ai lati del collo, e lui le cinse forte la vita con le braccia. Sotto il tocco delle sue dita sentiva la pelle di lei nuda e morbida,  le percorreva la schiena, su verso i capelli dove le dita affondarono. Il suo seno premeva contro il suo petto, lei gli dava piccoli baci sulle labbra, mentre indietreggiavano sempre più vicini al letto, lasciandosi dietro una fila di vestiti sul pavimento.

Quando il retro delle gambe di Jason si scontrò contro il bordo, caddero sul materasso, lei finì sopra di lui, le loro gambe attorcigliate tra loro.
Lui fece in modo di invertire la posizione, così da sovrastarla col suo fisico imponente, le sue mani a lati della testa dei lei lo sorreggevano .

Avvicinò il viso al suo - i suoi occhi azzurri erano così intossicati dalla passione da farle battere il cuore sempre di più - il suo naso sfiorò quello di lei. Jason poteva sentire il suo caldo respiro spandersi sulla sua bocca inumidita, i suoi occhi scuri un vuoto senza fine in cui aveva paura di perdersi, un luogo pericoloso, che appartenevano di una pericolosa padrona.

Jason inclinò leggermente il capo, accarezzandole le labbra con le sue una volta, e poi un'altra ancora, e poi la baciò con una tale delicatezza, assaporando il bacio lentamente come il primo che si erano scambiati, ricordandosi il modo in cui quelle labbra piene erano state le prime che avesse mai reclamato, come gli avevo tolto il fiato in ogni modo possibile.

"Reyna".

Sentiva che veniva spinto indietro mentre lei si inginocchiava lentamente, e dovette alzare la testa al tirare dei denti di lei sul suo labbro inferiore. Sentì che cinse le mani al suo collo. Le artigliò la schiena con le dita e soppresse un lamento quando lei si scostò leggermente e non sentì più la pressione delle labbra di lei sulle sue.

"Che cos'è che mi fai?" Ringhiò leggermente, incredulo che riuscisse a ridurlo così, che avesse così tanto potere su di lui.
Pazienza, pensò mentre le dava un bacio a bocca aperta sulla parte finale della mascella, non gli importava così tanto, per adesso.

Riusciva a sentire le vibrazioni delle sue risatine mentre le annusava il collo, scendendo poi verso giù, premette le labbra sullo spazio tra i suoi seni, con le dita tracciava le curve del suo corpo.

"Nulla," mormorò lei, affondando le dita nei suoi capelli biondi, alzò la testa in modo da poterlo guardare, e lui notò come le brillassero gli occhi. "Sei tu che hai voluto tutto questo, io faccio solo ciò che desideri."

Aveva sempre pensato che lei facesse del suo meglio per essere migliore di lui in ciò che faceva, per essere avanti in tutto. Lui voleva diventare pretore, e anche lei ci era riuscita. Se lui era a metà con le scartoffie, lei le aveva finite il giorno prima. Lui era il miglior guerriero al Campo Giove, e lei lo aveva battuto in combattimento più volte di quante potesse contarne. Era frustrante, ma lui sapeva come era fatta, che la smania di vincere fosse nel suo DNA. Per la figlia di Bellona, ogni vittoria le ricordava che era sopravvissuta a un altro giorno senza essere uccisa.

Però trovò fosse crudele da parte sua usare quella tattica con lui.

Fece un sorrisetto, non pronunciando neanche una parola che confermasse ciò che gli aveva detto, e poi la tirò sopra di se. Si misero in una posizione più comoda, finchè Jason non sentì il suo respiro farsi corto quando le gambe di Reyna si strinsero forti alla sua vita, il viso di lei contro le sue spalle. Le  baciò la guancia, e poi avvicinò le labbra al suo orecchio.

"Te amo."

"Regina mia."

_______________________________________

Jason aprì gli occhi di botto, il suo corpo si era svegliato scosso dalla fine del sogno. Il suo respiro era frenetico, il cuore batteva come se fosse un uccellino in trappola dentro la sua gabbia toracica. Sbatté le ciglia per mettere a fuoco ciò che aveva attorno. Quando venne accolto dalle ombre scure sul soffitto si passò una mano sul volto, asciugandosi nel frattempo il sudore dalla fronte.
Il sogno non era propriamente un sogno, lo aveva capito già la seconda volta che lo aveva fatto, da lì aveva compreso l'avvertimento che gli aveva fatto Giunone la notte prima del suo primo ricordo, una settimana dopo la grande guerra.

La dea lo aveva informato che i suoi ricordi gli sarebbero stati restituiti nel sonno, tramite i sogni, lentamente, in un paio di giorni, magari settimane, perché nessun mortale potrebbe recuperare tutti i suoi ricordi in una volta senza morire. Un ricordo riacquisito da svegli avrebbe fatto male quanto venire impalati in testa. Ciò di cui non gli aveva parlato erano gli effetti del risvegliarsi con i suoi ricordi.

Alcuni ricordi erano innocui, quelli felici non avevano un effetto così terribile, ma quelle che coinvolgevano l'uccidere mostri, o dove qualche amico moriva...
Riusciva a sentire i muscoli tendersi nel sogno mentre alzava sulla sua testa il gladio che aveva in mano, il respiro del mostro contro cui si batteva lo avvolgeva come una coperta, il grido di dolore che gli risuonava nelle orecchie, e come il vento gli soffiasse in faccia mentre cercava di raggiungere chi aveva bisogno il suo aiuto.

Erano passati mesi dall'avvertimento di Giunone, e si era svegliato nel cuore della notte con le lenzuola attaccate al suo corpo sudato, il cuore che batteva selvaggio mentre il ricordo bruciava ancora impresso nella sua mente.

Come gli era stato promesso, quei tipi di sogni arrivavano a distanza di settimane, ogni due se doveva fare una stima, e ogni volta che si svegliava, la situazione più accurata era quella in cui si trovava in quel momento. A quanto pareva, la sua reazione al ricordo più recente era stata peggiore di quelle avuto con gli altri sogni che aveva fatto.

Non riusciva a crederci, anche se l'aveva visto, era uno di quei sogni, e lo aveva sperimentato più volte per la miseria, ma non riusciva a credere di aver avuto veramente quel tipo di rapporto con Reyna.
A quel punto aveva realizzato che i suoi muscoli non avevano dimenticato come aveva fatto il suo cervello, non poteva sfuggirgli tale consapevolezza dal modo in cui le sue dita si muovevano quando la vedevano, o da come a volte sentiva il bisogno di abbracciarla. Era presente anche una sensazione di calore scottante nel suo petto che fin'ora sembrava non conoscere .

Aveva anche detto di amarla.

"Jason?"

Girò la testa di lato, dove Piper era sveglia, i suoi occhi multicolore che lo fissavano, le sopracciglia aggrottate, confusa.
"Stai bene? Chiese cauta, come se maneggiasse del vetro infranto.

Non poteva fare a meno di pensare che lei sapesse cosa aveva sognato e si fece teso, ma si sforzò di rilassarsi e farle un sorriso stanco.

"Era solo un sogno" la rassicurò, mettendole una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Nulla di cui preoccuparsi."

Lei gli prese le mani.
"Di quel tipo?"

Lui esitò. "Sì."

Gli baciò il palmo della mano. "un altro brutto ricordo, vero?"

Non ne era sicuro, non sapeva nemmeno cosa pensare. Sapeva solo che era successo. "Puoi dirlo forte."

"Ti va di parlarne?"

Provò a non sussultare.
Era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare .
"Credo di poterla gestire" disse lui insicuro.
Vedendo l'espressione scettica di lei, forzò nuovamente un sorriso rassicurante.
"Era solo un altro brutto ricordo."

Difficile.

La avvolse tra le sue braccia quando gli si fece vicino, e poggiò il mento sopra la sua testa. Riusciva a sentire le labbra di lei poggiate sulle sue clavicole, un segno che lei sarebbe sempre stata lì per lui, che avrebbe aspettato se avesse voluto parlargliene.
Ma per un momento il sogno gli riapparve nella mente. Strinse Piper più forte, chiudendo gli occhi sperando di cacciarlo via, ma era abbastanza futile quando riusciva ancora a sentire lei sussurrare il suo nome, quando ancora sentiva la pelle sul suo corpo solleticare dove le sue dita lo avevano toccato, dove le sue unghie avevano lasciato mezze lune sulla sua schiena.

Sperò se ne andasse, non era giusto nei confronti di Piper, non era giusto per lui.

Ma Reyna era sempre stata indimenticabile, anche quando la sua testa era un campo di battaglia.

_______________________________________

Piper era preoccupata Jason.

Perchè sognava ancora lei.

E ciò lo stava facendo deprimere.

Conosceva le parole che gli aveva detto Era, che la dea gli stesse restituendo i suoi ricordi attraverso il sonno, era molto contenta per lui.

Ma le dava i nervi che la maggior parte di essi riguardassero la figlia di Bellona.

Provò a lasciar perdere, ignorare il tutto, ma ovviamente non aveva funzionato. Non le era sfuggito il modo in cui diceva il suo nome, quanto fosse così colmo d'affetto da stringerle il cuore. Sapeva che non avrebbe dovuto sorprendersi, la loro relazione da colleghi era ancora più profonda, avevano passato la maggior parte della loro vita insieme, e i loro sentimenti si sarebbero manifestati, che gli piacesse o meno.

I vantaggi di essere la figlia della dea dell'amore includevano sapere cose di questo tipo.

Lui non sapeva nemmeno di averlo fatto. Piper ricordava che quando lui si era già addormentato, mentre lei si stava preparando per andare a letto, lui cominciò a mormorare delle parole. Lei si era incuriosita e si era avvicinata al letto per sentire cosa stesse dicendo, aveva sorriso al pensiero che Jason parlasse nel sonno.

"Reyna."

Piper aveva sperato di aver sentito male, il suo sorriso si era subito spento, lo aveva guardato ad occhi sgranati, sotto shock, la mano di lui tendeva verso l'altro lato del letto, mentre lei invece stava rannicchiata senza nessun contatto fisico, sentì borbottare di nuovo il nome di lei.

Era un dolore insopportabile, provò a lasciar perdere. Ma poi la sognò una seconda volta, e quasi quando lui le abbracciò la vita mentre sospirava un nome che non era il suo, si mise a piangere.

Quel sogno a quanto sembrava non lo aveva lasciato dormir bene, e la sua perfetta faccia da poker, e il comportamento nonchalant che aveva avuto per tutta la mattina dopo, avrebbe potuto competere con Nico. Piper vedeva quanto fosse molto più teso del solito, il suo sorriso disinvolto era più forzato di quanto volesse. Lei stava provando a non fare la ficcanaso, ma doveva scoprire cosa fosse successo tra loro che lo facesse svegliare nel bel mezzo della notte, quanto sembrasse terrorizzato dopo aver detto il suo nome.

"Immagino tu debba dirmi qualcosa"

Reyna a stento la guardava, la giovane guerriera affilava il uso gladio mentre Piper stava in piedi di fronte a lei, le mani nelle tasche della felpa, il suono stridulo della pietra contro il metallo risuonava nella stanza mentre i suoi due fedeli guardiani stavano ai fianchi di Reyna , le loro teste appoggiate sulle zampe mentre dormivano. Il pretore indossava solo un reggiseno sportivo e dei leggins, e stava seduta su un piccolo sgabello, una strana visione per Piper che l'aveva sempre e  solo vista in armatura e toga, con i capelli acconciati nella sua solita treccia.

"Se così non fosse non mi avresti cercata nel bel mezzo della notte quando dovresti, ah, riposare" Reyna sollevò un sopracciglio, e per un momento sentì nel petto una punta di fastidio, perchè aveva usato il suo atteggiamento da santarellina, ma l'aveva spazzato via quando si era ricordata perchè era venuta lì. "Non mi piace pensare che i miei ospiti possano sentirsia disagio."

Lei scosse la testa. "Per quanto ne so va tutto bene, questo riguarda solo noi. Strinse le labbra "E Jason."

Reyna fece una pausa per un po' e la guardava . "Non lo è tutto alla fine?" La cruda osservazione non passò inosservata. Reyna scosse la testa mentre posava la lastra di pietra, si alzò e i suoi cani si svegliarono. "Cosa devi dirmi su di lui?"

"I suoi ricordi," Piper notò come le luccicarono gli occhi. "Era glieli sta restituendo in sogno, circa due volte al mese, e spesso lo fanno svegliare continuamente nel bel mezzo della notte. Probabilmente sono brutti ricordi, non mi ha detto cosa accade esattamente. Inoltre lui," Si schiarì la gola. "Sogna di te."

Reyna la fissò. "Sogna di me," ripetè lei, e Piper dovette ricordare a se stessa di non tremolare sotto al suo sguardo calcolatorio. " E  come fai a sapere che è me che sogna?"

"Parla nel sonno," le fece un sorriso cauto. "E ti ha cercato nel letto, dovevo fartelo sapere  a questo punto."

Reyna strinse le labbra, e distolse lo sguardo da lei. "Ci sei arrivata in fretta, vero?" Si fece scappare una risata priva di umorismo, fece un passo indietro per prendere il gladius. "Forza chiedi ciò che vuoi," continuò a dire lei con una visibile punta di sbeffeggiamento mentre appendeva l'arma al muro. "So che deve esserci dell'altro oltre al volermi informare che sta riacquistando la memoria, tanto vale che tu melo dica ora che ne hai l'occasione."

Piper serrò la mascella, l'espressione sul viso dell'altra ragazza nascondeva la sua impazienza nell'attesa di una risposta. "Allora è vero," Scattò lei. "Voi due avevate una relazione, lo amavi."

"E perchè dovrebbe importarti?" ribattè Reyna, prendendo la giacca che era piegata sul bracciolo del divano per infilarsela. "Eravamo ragazzini, la nostra storiella adolescenziale appartiene al passato, lui neanche se la ricorsa, perchè persisti nel saperne di più?"

"Storiella adolescenziale?" Sibilò Piper incredula. "Spiegami allora perchè si sveglia come se i suoi sogni cercassero di ucciderlo. Ti ha cercata, Reyna, sta ricordando chi è e la prima persona che ha cercato sei stata tu, e a te non importa?"

Reyna si mise dritta. "Ormai è passato, e sta con te. Perchè interferire se ci farebbe solo soffrire tutti?"

Piper la guardò esterrefatta. "Sei senza cuore lo sai?"

Nei suoi occhi scuri passò un lampo di rabbia. "E cosa ti aspetti che io faccia, figlia di Venere? Portartelo via? Dargli la gioia che condividevamo prima che mi fosse portato via? Sto risparmiando molta sofferenza a tutti, mentre tu cerchi di portarci a quello". 

Piper si inumidì le labbra. "Cosa gli hai fatto?"

"Nulla," rispose Reyna con un cedimento alla voce. "Ha commesso l'errore di amarmi, di pensare che potessimo avere un futuro insieme," cambiò discorso dopo aver scosso la testa. "è stato un idiota," continuò dure. "Ha fatto promesse quando sapeva di doversi aspettare l'inaspettato."

Piper restò lì impotente per un momento, sopraffatta dalle informazioni che aveva ricevuto. Ovviamente lui aveva pensato che avrebbero avuto un futuro assieme, erano molto vicini, troppo vicini perchè nessuno dei sue non sentisse qualcosa per l'altro. "Lui aveva fede in entrambi, e anche tu lo ami."

"Amavo," la corresse Reyna. "Adesso lui non è più che qualcuno con cui una volta lavoravo."

Aurum e Argentum mostrarono i canini alla loro padrona. "Sembra che i tuoi cani non la pensino allo stesso modo, Pretore," La schernì mentre Reyna la guardava male "e io sono una figlia di Afrodite, ricordi? Sono immune alle tue bugie su questo tipo di cose."

La ragazza urlò in latino ai suoi cuccioli, che esitanti ubbidirono e si allontanarono, le orecchie che sbattevano Piper suppose a causa del fastidio. "Cosa prova questo, Piper?" Reyna all'improvviso sembrava stanca mentre guardava i cani andare via. "Sei venuta quì, a parlarmi del ritorno della sua memoria e che mi sogna, e poi mi hai accusata di ferirlo quando in realtà non ho fatto nulla di male," fu allora che la guardò di nuovo. "E anche se fosse, non hai alcuna prova."

"Mi basta il suo dolore."

"Io non ho fatto niente," Reyna enfatizzò la sua sentenza, irrigidita mentre stringeva lo sguardo verso di lei. "I suoi ricordi lo stanno facendo soffrire, il peso delle sue parole e delle mie lo stanno schiacciando per le promesse che abbiamo pronunciato, il senso di colpa lo sto divorando vivo perchè non è stato capace di mantenerle," Scosse la testa, le sue labbra fecero un sorriso beffardo. "Lui è sempre stato quello leale".

"E tu lo aiuterai?," Piper chiese, la lingua ammaliatrice si insinuò un po' tra le sue parole. "Tu devi"

A quanto pare Reyna era capace di rilevarle. "Non permetterti di usare la magia su di me, graecus," Le ringhio. "o il rispetto che ho per te scomparirà completamente."

"Giusto," Piper brontolò, ricordandosi qualcosa sulle sue conoscenze in campo magico. "Circe."

Reyna le fece un mezzo sorriso. "Esatto," il sorriso scomparve. "Ti consiglio di andartene, Piper, qualunque cosa tu stia cercando di fare non ti sta riuscendo."

"Lo stai ferendo." Piper provò ancora, le sue parole erano piene di disperazione.

Reyna strinse le labbra, e Piper colse il suo dolore attraversarle gli occhi mentre distolse lo sguardo. "Te l'ho detto, è colpa sua."

Piper rimase lì in piedi per un po', senza riuscire a capire cosa avesse sentito. Poi, lasciò cadere la testa sconfitta, dirigendosi verso la porta per andarsene. Fece una pausa sulla porta, con la mano già sulla maniglia. "Sperò tu te ne renda conto quando crollerà," Mormorò lei. "Perchè tutto questo sta uccidendo te quando lui."

Appena prima che la porta si chiudesse alle sue spalle, Piper credette di aver sentito le parole sussurrate da Reyna in risposta.

"Oh, non sai quanto hai ragione."
_

______________________________________

Provo pena per la donna che ti amerà quando io non ci sarò più

Lei si presenterà al vostro primo appuntamento con scopa e paletta, pronta a raccogliere i pezzetti in cui ti ho lasciato .

Sentirà il mio nome così spesso che comincerà a svuotare dentro di lei fosse

A quel punto crescerà il dubbio

Guarderà il tuo collo, i tuoi fianchi stretti, la tua bocca, domandandosi in che modo ti toccassi 

Ti farà le mie stesse promesse e alcune che io non potrei mai fare

Lei sentirà solo le storie più brutte 

Come bevevo

Come mentivo 

Si chiederà (come facevo anch'io) come sia possibile che qualcuno così meraviglioso come lui potesse amare un tale mostro come la donna che c'era prima di lei

Dovrà comunque competer col mio fantasma.

Lei capirà perchè non guardi in fondo all'armadio

Perchè ha paura di ciò che c'è sotto il letto.

Lei saprà che ogni angolo di te è infestato da me.

-Clementine Von Radics-

I pity the woman who will love you when I am done.
She will show up to your first date with a dustpan and a broom, ready to pick up all the pieces I left you in.
She will hear my name so often it will begin to dig holes in her.
That is where doubt will grow
She will look at your neck, your thin hips, your mouth, wondering at the way I touched you.
She will make all the promises I did and some I never could.
She will hear only the terrible stories.
How I drank.
How I lied.
She will wonder (as I have) how someone as wonderful as you could love a monster like the woman who came before her.
Still, she will compete with my ghost.
She will understand why you do not look in the back of the closets.
Why you are afraid of what's under the bed.
She will know every corner of you is haunted by me.

Note

Ciao! Spero che questa storia vi sia piaciuta. Ho cominciato a tradurla a dicembre mentre ero in fila per fare il vaccino (se non lo avete ancora vaccinatevi, Jason e Reyna lo farebbero ;) ), e 'ho finita adesso che sono finalmente libera dalla sessione invernale. Ammeto che è stato un po' strano tradurre la prima scena scena, abbastanza imbarazzante ahahahah. Non è stata la mia storia preferita ma volevo portare qualcosa di diverso e di un'altra autrice. In più mi era stato espressamente chiesto un po' di angst. Vi ho lasciato la poesia originale in fondo perchè per quanto ci abbia provato non mi sento qualificata a tradurre poesie. Fatemi sapere cosa ne pensate e che altro tipo di storia vorreste leggere!

 

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Capitolo 9
*** Lost on a memory lane ***


ATTENZIONE, questa non è una mia fanfiction, è stata scritta da HecateA e pubblicata su fanfiction.net

Io l'ho solo tradotta dall'inglese all'italiano.

Qui trovate la storia originale: https://www.fanfiction.net/s/8566409/1/

Campo Giove 

"Buongiorno raggio di sole, oggi sembri felice." Jason commentò quando Reyna uscì fuori dalla casa casa dei pretori contemporaneamente a lui.

Lei lo guardò aggrottando le sopracciglia. La sua mano stringeva l'elsa del coltello.

"Rey?" Jason la chiamò. Le si fece vicino. C'era qualcosa che non andava in lei, di vedeva nel suo sguardo. "Stai bene..?"

"Chi..." Il suo viso perse di colorito e i suoi occhi si rivoltarono indietro.

Svenne e Jason dovette correre per afferrarla.

Campo Mezzosangue

Annabeth per poco non ebbe un infarto quando delle braccia le cinsero la vita da dietro la schiena dopo pranzo,  Percy fece un passo indietro.

"Scusa. Ancora troppo presto dalla guerra per reggere le sorprese?" Le chiese. Si volto, aveva una sguardo spaventato. Cosa pensava che volesse farle?

"Non toccarmi" disse. "Chi ti credi di essere?"

"Mmh, scusami Annabeth." disse Percy. "Ho fatto qualcosa di male?"

Il suo sguardo si ammorbidì e i suoi occhi grici parvero più limpidi.

"Male- no, non hai..."

"Whoa, attenta, ti senti bene?" disse Percy tenendole un braccio.

Cadde tra le sue braccia e svenne prima che Percy potesse chiamare un medico.

Campo Giove 

"Jason," Frank disse sbirciando dentro al principia. Fece un cenno verso la porta e Jason capì. Il suo cuore ebbe un sussulto.

"Ottaviano, ho altro di cui occuparmi, penso che per oggi sia abbastanza. Possiamo riprendere domani."

"Va bene," disse Ottaviano, in un modo che ricordò a Jason certi personaggi dei film che prima ti abbracciano e poi ti pugnalano alla schiena.

Jason lo scortò fuori. Frank lanciò uno sguardo assasino a Ottaviano mentre quello usciva. Aspettarono che se ne fosse andato prima che Jason chiedesse a Frank cosa volesse dirgli. Frank gli spiegò che Reyna si era svegliata e aveva chiesto di vedere lui, quindi il medico aveva chiamato Freya, che aveva mandato Hank a chiamare Charlie, e Charlie aveva mandato Mina e Mina aveva mandato Frank quindi Frank-

"Lei sta bene?" Jason chiese correndo verso l'infermeria.

"Sì, credo stia meglio, ma sembrava molto preoccupata per qualcosa," disse Frank.

"Ti ha detto cosa fosse?"

"Sì," Frank rispose. "Te."

Campo Mezzo sangue, più tardi

"Sta bene?" Piper chiese entrando in infermeria qualche ora dopo, era preoccupata. Aveva dovuto sostituire Annabeth ad una lezione di mitologia.

"Respira, è solo svenuta." Percy disse. Era seduto accanto al suo letto, le teneva la mano.

"Perchè... beh, ho chiamato Jason qualche minuto fa.  E anche Reyna è svenuta senza un motivo."

"Cosa?" chiese Grover.

"E come ho reagito io. Non sanno cosa sia successo. É successo prima di colazione, quindi potrebbe essersi trattato di deidratazione o qualcosa del genere..."

"Reyna non si farebbe stendere per deidratazione nemmeno dopo una giornata nel deserto del Sahara." Percy notò.

Piper alzò le mani 'Lo so. Si è svegliata mentre parlavo con lui, 5 minuti fa."

La mano che Percy teneva tra le sue si chiuse attorno alle sue dita e lui si voltò.

Anche Annabeth era sveglia.

"Percy," disse mettendosi su. Percy le tenne le spalle per non farla alzare.

"Riposa, è tutto okay." le disse. "Hai solo saltato il pranzo, non preoccuparti."

"No, no, c'è un problema." disse Annabeth, si teneva la testa tra le mani. "Io..."

"Va tutto bene," la rassicurò Percy.

"No, non è così, non ne hai idea!" disse Annabeth. "Io... il mio cervello sembrava diventato di gelatina, ero così confusa, e mi sentivo come se non avessi mangiato per giorni..."

"Guarda, di qualunque cosa si trattasse, è finita," disse Percy per farla calmare. "Stai bene." La baciò e lei ricambiò. Ma poi Annanbeth si scostò.

"Percy io..." disse lei. I suoi occhi grigi erano allarmati e supplichevoli. "Non ti avevo riconosciuto".

Campo Giove 

"Che significa che non mi hai riconosciuto?" chiese Jason.

Reyna scosse la testa. "Non lo so. Tutto i era familiare, ma era come se tu non saresti dovuto uscire da quella villa."

"Chi ti aspettavi ci fosse, Ottaviano?"

Lo sguardo di Reyna sembrava profondo. "Non lo so. La tua faccia era quella di un estraneo".

Campo Mezzo sangue

Jason si trovava nell'infermeria del Campo Giove quando arrivò il messaggio Iride. Reyna era sveglia, stava poggiata ai gomiti con un lenzuolo bianco che le copriva le game e l'armatura ai piedi del suo letto.

"Jason abbiamo un problema." disse Percy.

"Sei nell'infermeria? Cosa è successo?"

Fu allora che il messaggio iride si straccò e al suo posto apparve Era. Indossava dei semplici vestiti da montagna. come se i suoi pinai fossero tutt'altro che parlare con dei mezzosangue ed essere un'onnipotente dea imponente. Il suo viso era pallido e aveva un'espressione di panico. .

"Dobbiamo parlare," disse. "Ora."

Campo Giove 

"Perché?" chiese Reyna. "Non sono tua. Non sei la mia patrona. La tua magia-"

"La mia magia era molto debole quando ho scambiato Jason e Percy e gli ho cancellato la memoria," la interruppe Giunione. Si passò una mano tra  i capelli. "Ero prigioniera di Gea, ero sotto tortura. Non era a te che puntavo. Ringrazia il fato che Jason e Percy siano arrivati sanli e slavi fino ad oggi. La magia non è sicura e come penso tu sappia, è molto dinamica, Reyna. Agisce liberamnete a meno che non la si fermi e date le conseguenze..."

"Tu non hai fermato il tuo incantesimo della memoria," disse Reyna.

"Non si è fermato col cancellare i nostri ricordi ," disse Jason said. "Quindi adesso sta avnedo effetto su..."

"I ricordi di Reyna e Annabeth" Giunione confermò. "Sì. Mi dispiace."

Campo Mezzosangue

"Beh, sei una dea!" disse Percy. "Fermalo! Riparalo! Trova , fai del voodoo, convoca Merlino, qualunque cosa."

Era sbuffò e andò via. Si mise le mani tra i capelli e poi tornò ai semidei.

"È passato un mese intero da quando la magia è stata sprigionata. Adesso è troppo potente e incontrollata."

"Non puoi fare nulla per rimediare" disse Piper debolmente. "La memoria di Annabeth peggiorerà sempre di più."

"La magia funziona nel senso opposto" disse Era chiudendo gli occhi. "Percy non ricordava nulla tranne che per Annabeth. Annabeth ricorderà tutto tranne Percy".

Lo sguardo di Annabeth si perse nel vuoto come disconnesso dalla realtà. Piper si portò le mani alla bocca e Leo inclinò la testa di lato 'aspettate, come?' le spalle di Grover's caddero giù. Percy si era quasi pietrificato, ma fu il primo a muoversi alzandosi e camminando in giro. Diede un calcio al muro che fece sobbalzare tutti.

"Perché non l'hai fermato prima?" protestò Percy.

"Percy-" Annabeth iniziò.

"Perché non lo hai fatto?" disse Percy. "Ci avevi diviso, va bene. Adesso ci ... cancellerai?"

"Se ci fosse qualcosa che potrei fare lo farei." disse Eera. "Credimi; non ho mai voluto separarvi. Non mi piaci, ma non vorrei il tuo cuore debba passare tutto questo."

"Tutte balle," scattò Percy . "Stai solo rovinando tutto di nuovo!"

"Percy," disse Grover poggiando le mani sulle spalle di Percy. "Calmati amico".

"No, non mi calmerai!"

"Sì che lo farai," scattò Annabeth. Percy si zittì e Annabeth mise le gambe giù dal letto e si sedette.
"Perciò ?" chiese lei ad Era. "Quanto tempo mi resta?"

"Non lo so," disse Era miserabilmente.

"E per Reyna?"

"Non lo si può sapere."

"Reyna e Jason sanno di tutto ciò?" chiese Annabeth.

"Sto parlando con loro come Giunone e gli sto spiegando cosa sta succedendo".

"Ora sembri ancora più inquietante," disse Percy.

"Zitto e calmati" disse Annabeth. Per essere qualcuno che ha appena ricevuto tutte quelle notizie, Annabeth era molto calma e controllata. "Senti, sappiamo cosa ata accadendo. Possiamo crearci un piano, e capire come conviverci".

"Come?" disse Percy. "Come possiamo conviverci? Annabeth, tu... tu dimenticherai ..."

Gli occhi di Annabeth si riempirono di lacrime e la sua espressione rese chiaro che l'unica cosa forte rimasta in lei era quella.

Percy si sedette accanto a lei, e si pentì di essersi arrabbiato in quel modo, e la abbracciò.

Lei poggiò la testa nell'incavo del collo di Percy, e gli si accocolò come un bambino spaventato dal buio.

"Non è perfetto. Ho detto che dobbiamo ancora capire cosa fare," disse piano.

"Giusto, lo faremo." promise Percy, calmandosi. Per lei riusciva sempre a calmarsi.

"Penso che adesso tu possa andare," suggerì piano Piper  ad Era.

"Se ci dovesse servire qualcosa chiameremo, adios Tìa," disse Leo. Era non protestò. Li guardò con quei suoi occhi marroni tristi. Li chiuse e scompari.

Campo Giove

"Dovremmo dirlo ad altri?" chiese Jason. Reyna era rimasta per molto tempo immobile e silenziosa.

Questo è ciò che gli aveva detto Gwen; lui un'ora dopo che Giunone era andata via si era recato al forte in modo che ai legionari tutto sembrasse andare bene . Ma non voleva che Reyna restasse da sola, quindi aveva chiamato Gwen dalla città, le aveva riassunto la situazione, ed era andato. Aveva fatto delle soste presso un paio di muri e dei negozi, perché aveva bisogno di prendere a calci qualcosa mentre si dirigeva al Principia, ma quella era un'altra storia.

Ma ora, mentre erano sdraiati insieme con le gambe intrecciate e il capo di Reyna su suo petto, si sentiva ancora peggio. Nei suoi momenti di debolezza, Reyna non aveva chiesto spesso aiuto o supporto. Tutto ciò era terribile.

"Io non lo so," scattò lei. "So come la magia può andare male tutto e conosco la perdita della memoria ma non so come sistemarlo o cosa accadrà, o cosa gli altri dovrebbero fare".

"Già, è un caso particolare," disse Jason. Le uniche altre persone che aveva vissuto una cosa come questa vivevano  sulla costa occidentale del paese, e probabilmente anche loro stavano provando a capirci qualcosa. Il suo stomaco si contrasse.

Era colpa sua se l'incantesimo era diventato così. Era colpa sua se la sua memoria si sarebbe lentamente ma sicuramente rovinata irreparabilmente. Era colpa sua se la relazione su cui entrambi avevano lavorato tanto per costruirla sarebbe andata giù per lo scarico. Tutta colpa sua.

Reyna non disse nulla. Premette la sua gunacia contro il petto di Jason, che sollevò una mano tremante per accarezzarle i capelli.

"Andrà tutto bene."

"Sì, sarà così per me, ovviamente, dato che non ricorderei nemmeno perché dovrebbe esserci qualcosa che non va. È per te che mi preoccupo, Grazia salvatrice." disse Reyna.

Le baciò la fronte. "Non preoccuparti per me. Pensa a te stessa."

"Dovresti sapere ormai che preoccuparmi per te è un'abitudine innata." disse Reyna.

"Puoi insegnare nuovi trucchetti anche a un cane vecchio," disse piano.

Campo Mezzosangue

A causa di circostanze eccezionali, Percy non sarebbe tornato alla Goode quell'anno, avrebbe passato del tempo con Annabeth al Campo. Quindi sarebbe stato uno degli sfigatelli che trasportava valigie su per la collina e aiutava i nuovi arrivati a srotolare i sacchi a pelo.

Mise giù i bagagli di Christopher in cima alla collina.

"Che cosa c'è quì dentro, mattoni d'oro?" chiese lui.

"Bronzo celeste; ci sei andato vicino." Rispose il figlio di Efesto. "Oh, c'è la tua ragazza, non guardarla".

Percy guardò oltre la sua spalla e vide Annabeth fare la predica a una sua sorellina, Daphne, in cima alla collina. Le sorrise e alzò la mano per salutarla. Per un attimo lei distorse lo sguardo dubbiosa poi i suoi occhi si spalancarono, sorrise e salutò di rimando.

Si girò scioccato verso Christopher.

Già, non avrebbe dovuto guardare.

Quella fu la prima volta che la memoria di Annabeth vaccillò.  

Campo Giove

Si stavano occupando dei documenti nella Principia e chiacchieravano di un nuovo film appena uscito che volevano andare a vedere, ma non trovavano mai il tempo a cusa appunto dei documenti, di Ottaviano e dei doveri.

Spinse una pila verso di lei. C'era un post-it giallo in cima, che stava a significare che erano solo da firmare, e solo Reyna doveva mettere la sua firma.

Reyna tolse il She Post-it e controllò le scadenze prima di firmare in fondo alla pagina.

"Jason Grace..." disse dubbiosa ad alta voce leggendo la firma che c'era già.

Lui la guardò ferito, e lei capì subito che si trattava di lui.

Campo Giove

La punta della penna a sfera scorreva sulla sua mano ancora, ancora e ancora, tracciando le stesse lettere rendendole spesse e scure contro la sua pelle.

Jason Grace

Fece un grande respiro e richiuse la penna.

"Ti prego, funziona," sospirò lei guardando il nome. "Non posso dimenticarmene un'altra volta questa settimana."

Campo Mezzosangue

Annabeth stava attaccando con le puntine blu, una delle foto che Sally le aveva mandato e quelle che aveva raccolto dai ragazzi del campo, e ovviamente quelle che aveva lei. Le aveva appese nella parte inferiore della cuccetta del letto sopra il suo. Guardando in alto sbatté la testa.

Il suo volto, in una dozzina di foto, la guardava. A volte c'era anche lei nelle foto, a volte c'era anche Grover, altre volte Jason, Leo e Frank, o Hazel e Piper, o Will e Jake...ma lui. Lui sempre , la osservava dall'alto come un angelo custode.

Dopo averlo guardato per pochi secondi a colazione dal proprio tavolo, e che lui aveva ricambiato lo sguardo con gli occhi lucidi, qualcosa era scattato nella sua memoria. Uno scatto lento e arruginito, ma uno scatto era. Quindi adesso ricordava. E adesso sapeva che il suo testa d'alghe era il suo angelo custode.

Annabeth avrebbe così tanto voluto ricordarlo ogni giorno.

Campo Giove

Reyna lo fissava intensamente.

"Che c'è ?" chiese lui.

"Il tuo labbro..." disse Lei.

"Che cosa ha il mio labbro?" chiese Jason.

"Hai una cicatrice," disse lei. Sembrava confonderla tantissimo.

"Sì ," disse Jason. "Ho provato a mangiare una spillatrice quando avevo due anni- ami quella storia."

Nei suoi occhi sembrò accendersi una luce.

"Certo, Jason, ovviamente."

Jason non le chiese se lo avesse riconosciuto o no.

Non voleva rischiare di scoprire che la risposta fosse no.

Campo Mezzosangue 

Annabeth era a capo della loro squadra di caccia alla bandiera, e stava assegnando compiti a tutte le loro cabine alleate. 9, 6, 5, 12, 15, and 16. Avevano una squadra forte quella sera. 

"Hai dimenticato il tre," le fece notare Percy.

Annabeth aggrottò la fronte.

"Per cosa sta il tre?" chiese lei.

"Poseidone," disse Percy mentre sentiva la sua bocca asciugarsi. "Io sono il capo cabina. Percy."

"Sì, lo sapevo," disse Annabeth per rimediare alla gaffe. "Ehm... Puoi stare in difesa."

Percy poteva giurare che il paino di ieri includesse lui che la seguiva lungo il fiume, nel territorio nemico, ma accettò.

Campo Giove

Jason lasciò correre, come faceva ogni mattina. Lasciò che Reyna lo guardasse in viso confusa , e non si mosse fino a quando i suoi occhi scuri non si posarono sulla sua cicatrice. Poi lei sorrise e gli disse "Forza e coraggio, Grace" come se nulla fosse successo, come se lo avesse riconosciuto subito.

E Jason rispose "Buongiorno splendore" come se nulla fosse successo.

Campo Mezzosangue

"La collana del campo," Malcolmle ricordò. "Sesta perla."

"Perchè è importante?" chiese Annabeth.

Malcolm sospirò. "Lo è e basta, okay? Concentrati sulla sesta perla."

Annabeth la rigirò tra le dita. Un tridente su uno sfondo nero, gran cosa. Anche se era curiosa di sapere cosa c'entrasse Poseidone. Le sfuggiva di mente, il che lasciava Annabeth perplessa, perchè suo padre aveva sempre insistito su quanto avesse una buona memoria.

Uscì fuori. Qualcuno stava indugiando lì, la aspettava.

Perla nera.

Tridente.

Lui.

Tridente.

Perla nera.

Percy.

"Ehi," disse Annabeth con un sorriso. Lui le sorrise, i suoi occhi sembravano più sollevati.

"'Buongiorno ragazza saggia," disse Percy. "La cucina odora di pancakes."

"I miei preferiti," disse lei con un sorrise. "Sarà una bella giornata."

"Lo è già," disse Percy.

Non le spiegò il motivo però. Annabeth era abbastanza sicura che avesse a che fare con la sesta perla su cui Malcolm insisteva tanto.

Campo Giove

Jason non voleva più muovere un solo centimetro della sua persona per un milione di anni,per nessuna ragione. Si era appena ritirato da senato con Reyna, le aveva dato il bacio della buona notte, era entrato a casa sua, e si era rannicchiato nel suo letto convinto che non si sarebbe mai più mosso.

Avevano appen avuto una riunione del senato riguardo alla memoria di Reyna.

Era l'argomento che a Jason piaceva di menom di sempre, e Ottaviano ne discuteva tranquillamente insieme a un mucchietto di altri senatori. Un po' troppo tranquillamente a dire il vero. Ottaviano sembrava gioire di sentire tutto ciò. Aveva spezzato in due un peluche di cucciolo di giraffa che non se lo meritava, e aveva annunciato che cuori infranti, diaprtire e licenziamneti erano vicini. Balle. Eccetto forse per la parte sui cuori infrnati.

Lui e Reyna avevano passato molti guai, ma con l'aiuto di Frank e Dakota avevano convinto l'alleanza minoritaria di Ottaviano che Reyna e Jason potevano ancora lavorare insieme come pretori se avessero fatto degli accordi. Era stata una conversazione estenuante ed estenuante era stato anche dover mantenere la sua poker face per tre ore. (Espressione neutrale per non far capire cosa si pensa veramente, ho lasciato il termine originale perchè anche io lo uso ma ho voluto spiegarlo, non si sa mai ).

Jason voleva solo crollare. Era stanco di essere forte. Reyna era davvero Wonder Woman, ma Jason si sentiva come... come Aquaman, o qualcosa di altrettanto patetico.

Jason si era sempre sentito pronto a dover affrontare tutto nella sua vita. Era sempre stato pronto a ogni ostacolo che gli si era posto davanti, o almeno abbastanza pronto sapere come improvvisare. Gli era stato detto fin da quando era piccolo che era un legionario, e quindi quello gli veniva facile- i lunghi turni, l'allenamento, la pressione... Gli era sempre stato detto che aveva fatto grandi cose, quindi aveva accettato di guidare l'assedio del Monte Otri, essere pretore e sbrigare le pratiche, gli incontri al senato le esercitazioni con la legione e i ludi di guerra. Perdere i suoi ricordi è stato duro; la guerra contro Gea fu dura. Ma questo... in qualche modo era molto peggio.

Non aveva senso. La guerra contro Gea aveva portato a catastrofiche perdite e danni. Jason aveva considerato seriamente l'idea che tutto ciò sarebbe finito, che Roma sarebbe caduta una volta per tutte.  Era stata una tragedia e Jason on lo avrebbe mai dimenticato.

Ma questo era peggio perchè non sapeva chi incolpare. Giunone? Non esattamente. Lei aveva dovuto fare un incantesimo su Jason e Percy per salvare il mondo. A lungo termine; aveva fatto la cosa giusta. Questo invece era stato un incidente. Questo non sapeva come affrontarlo. Non sapeva come migliorare la situazione

Sapeva solo una cosa; fino a quando Reyna avrebbe provato a ricordare, lui l'avrebbe aiutata a recuperare i ricordi. Finche lei avrebbe voluto lavorare insieme, avrebbero fatto funzionare il loro pretorato. Avrebbero parlato insieme al senato finchè lei avesse voluto stare in coppia, e quando non avrebbe più voluto... Beh, l'avrebbe lasciata andare e si sarebbe tenuto i ricordi per se. 

Campo Mezzosangue

Annabeth stava insegnando basi della mitologia- a dei novellini e ai fratelli Stoll che continuavano a venire bocciati perchè erano...beh, gli Stolls.

"Qualcuno sa dirimi quale mostro sia questo?" Annabeth era seduta sui gradini di pietra dell'anfiteatro, e indicava l'immagine su un libro.

"Una gorgone," disse una giovane figlia di Tyche. Fortunata.

"Esatto," Annabeth annuì. "Le gorgoni erano tre. la più famosa era Medusa che fu uccisa da Perseo quando...".

Era come se qualcuno avesse chiuso un circuito rotto.

"Perseo..." disse lei. "Quello è il suo nome."

"Di chi?" Chiese un figlio di Apollo.

"IL capo cabina della cabina tre, non è importante".

"Non è il tuo ragazzo?" Chiese confuso un ragazzino della cabina 14 .

Una figlia di Afrodite piagnucolò con un lamento che sembrava quello di una balena morente.

"No. Sarebbe assurdo; Non riesco neanche a ricordarmi il suo nome." disse Annabeth.

Annabeth vide i suoi occhi –lo stesso verde del tridente sulla perla- quella sera realizzl il terribile errore che aveva commesso.

Campo Giove

Un gruppo di greci venne in visita. Leo e Piper furono i primi ad arrivare, enozionati di vedere Jason e Reyna, Frank e Hazel, Gwen e Dakota, e tutti gli altri amici che avevano conosciuto.

Percy e Annabeth arrivarono più tardi a causa della quantità di Pegasi che il campo aveva a disposizione, e si incontrarono con Jason e Reyna all'ingresso del forte molto dopo rispetto agli altri.

Entrambe le ragazze si salutarono calorosamente-  cosa che non smetteva mai di sembrare aliena a Jason e Percy, che si aspettavano il mondo potesse collassare.

"Ehi Jason," sorrise Annabeth quando vide Jason.

"Ciao Jackson," disse Reyna.

I due ragazzi si guardarono un po' risentiti.

Non avevano dimenticato i nomi dell'altro.

Campo Mezzosangue

Erano in canoa, scivolando su e giù per l'acqua del lago blu del Campo Mezzosangue. Annabeth teneva la testa poggiata sulle ginocchia di Percy e lui avrebbe dovuto svolgere i compiti delle vacanze.

Annabeth teneva un libro sopra la testa e leggeva. La parte grandiosa di essere una figlia di Atena era che non abbandonava mai un libro e le sue bracci anon si stancavano mai.

"Di che parla?" Le chiese picchiettandole la fronte.

"Umm... un po' di tutto, in realtà. Trovi azione, mistero horror. Romanticismo, storia, fantascienza... è veramente una trama geniale."

Percy non rispose quindi lei sospritò, si sedette, e si voltò verso di lui.

"La stori inizia nel 1865 con la marcia di una legione romana." spiegaò Annabeth.

"Aspetta- 1865? tipo, prima di cristo?"

"No," disse lei. "Vedi, quello è il primo indizio che qualcosa non va."

Cominciò a spiegargli tutto riguardo alla 1705 pagine del libro. Percy era abbastanza scioccato che fosse arrivata a solo duecento pagine dalla fine ma riuscisse ancora a ricordare che la prima scena del personaggio di  Sabina la gladiatrice fosse nel 66 d.C, che John Skelton avesse i riccioli mori, Veronica Holmes fosse una femme fatale inglese, che nel capitolo tredici comparissero i Mongoli... Oh, e ovviamente aveva le sue teorie su chi aveva causato la guerra tra le nazioni.

"Il mio cervello è morto a metà della tua spiegazione." disse Percy. "Come facevi a sapere cosa fosse un guerriero Zulu?"

"Leggo tanto, Testa d'Alghe." rispose lei.

"Già, ma come fai a tnere tutto in quella tua testa?" le chiese.

"Ho una buona memoria," rispose.

Oh.

La conversazione si spende. Per un po'.

Era triste, ma alle fine si accoccolò a lui, lasciando il libro sul fondo della barca senza neanche segnarse la pagina.

Lui mise meccanicamente un braccio attorno a lei e Annabeth posò la guancia contro il suo petto.

"Ti amo, no?" disse Annabeth. "Lo sai questo, vero?"

"Già," Percy annuì. Ma il suo sguardo era distante. "Lo so."

"Non sembra dal tuo sguardo," disse Annabeth.

"Solo perchè ti amo, e tu mi ami. M un giorno non saprai che ci sono io, e come potrai amare qualcuno che non sai nemmeno... ci sia?"

Annabeth lo baciò, e gli cinse le braccia attorno al collo. Lui le mise le braccia intorno slls vita e dopo un po' si sdraiarono, premuti contro i sedili della canoa.

Se Percy avesse potuto congelare un momento nel tempo sarebbe stato quello, perchè c'erano solo lui ed Annabeth, ed erano da soli a baciarsi in posto stupido dove baciarsi non era usuale, c'era il sole. era silenzioso e perfetto. E lei era semplicemente meravigliosa.

"L'ho già fatto una volta," disse Annabeth. "Lo farò una seconda."

Campo Giove

"Ehi bro," disse Percy. "Come va?"

Jason fece un grande respiro, puntando gli occhi al soffitto. "Bene," disse infine ricambiando lo sguardo di Percy. "Sto bene, e tu?"

Percy annuì, e guardò a terra. "Come sta Reyna?"

"Bene," disse Jason. "E Annabeth?"

"Bene," rispose Percy. Alzò lo sguardo. "Deve scavare tra i suoi ricordi per riconoscere il mio viso ogni giorno."

"L'altro giorno ha dimenticato il mio nome" borbottò Jason.

Si guardarono.

"Che schifo," disse Percy.

"Sono felice non abbiano mai dovuto vederci ricordare," disse Jason. "Perchè fa un male cane."

"Amen," disse Percy. "Era... eravamo messi così male?"

"Io lo ero," rispose Jason. "Non so di te. Non ero lì."

"Spero che il nostro essere presenti non lo renda più difficile, allora." disse  Percy.

Campo Mezzosangue

Durante il falò del campo accadde che quel giorno ad Annabeth tornò al memoria.

Sembrava spaventata e indifesa come un bambino quando arrivò con Malcom dietro gli spalti dell'anfiteatro per lasciarla a Percy. Teneva su il colletto della giacca e si copriva i polsi con le maniche. Tremava, e Percy la prese subito tra le sue braccia.

Qualcuno li fissò, ma la maggior parte finse di non aver notato nulla mentre Malcom tornava agli spalti della cabina 6.

Annabeth affondò la testa sul suo petto e Pery non potè trattenersi dal ringraziare gli dei nonostante la tristezza e le lacrime di Annabeth non fossero mai una buona. Lo fece sentire colpevole ed egoista.

"Mi dispiace," disse Annabeth. "Non so cosa mi succede."

"È solo magia andata storta," disse Percy piano. "Non è colpa tua, okay?"

"Mi sento in colpa," disse lei. "E sto male. Mi sento malata. E mi fa male la testa".

Lui la abbracciò più forte. Alla fine si rilassò e rimasero accoccolati come una normale coppia al falò del campo. Annabeth era seduta accanto a lui, poggiatagli addosso. Lui teneva il braccio attorno a lei come un soldato e la teneva vicina.

Le chitarre strimpellavano lievemente. Le voci che cantavano erano rilassanti. Era così pacifico e silenzioso. I semidei si erano dispersi e riagregati i coppie o gruppetti di amici e fratelli, come un grnade gioco del tetris.

"Che bello," disse Annabeth.

"Già. Anche il falò," disse Percy. In un altro tempo Annabeth gli avrebbe fatto una smorfia. Ma non quel giorno. Si accovacciò più vicino a lui, guardando il fuoco scoppiettante.

"Scusa se mi ci è voluto un giorno per ricordare." disse lei.

"Non è colpa tua, o una tua scelta."

"No," disse Annabeth. "Ma mi fa stare male comunque. Dovrei essere intelligente. Dovrei inventrami qualcosa per risolvere."

Percy poggiò la testa sulla sua. "La magia non ha a che fare con l'intelligenza. È una di quelle cose. Come l'amore. La tua intelligenza non ha avuto controllo su come ti sei innamorata, abbastanza ovvio."

Annabeth continuò. "Se il mio cervello non riesce ad aggiustare questa... situazione, forse tutto il resto in me può." disse. "Prometto di non dimenticarmene finchè ci sarai a ricordarmelo."

Le fiamme si innalzarono in scintille dorate, con punte di rosa, rosso, blu e nero.

Percy baciò la cima della sua riccia testa bionda e lasciò le labbra lì.

"Ci sarò sempre per ricordartelo" disse Percy.

Campo Giove

Jason era incaricato di fare il discorso che avrebbe informato i romani dei problemi di memoria di Reyna. E lo avrebbe fatto da solo, giusto in caso fosse stata una brutta giornata. Come quella. Quel giorno aveva chiesto il suo nome ad un'adunata, il che aveva confuso molte persone.

Quindi Jason doveva darsi una mossa e parlare di ciò che stava accadendo prima che Ottaviano potesse diffondere un pettegolezzo su Reyna che stava male o altro.

Si stava esercitando di fronte a Gwen.

"Non siate allarmati dall'attuale situazione; non disturberà le attività e la gestione del forte. La questione verrà risolta tra noi pretori, questo è un messaggio puramente informativo. Le capactà dei pretori nel gestire il forte e chi sono non cambierà minimamente." disse Jason. Si voltò verso di lei.

"C'è qualche sbaglio o errore?" chiese lui. Non aveva voglia di riscrivere il discorso,  quindi pregava per un no.

"No," disse Gwen. "Ma Jason, non puoi di re che Reyna non cambierà."

"Ma lei non" disse Jason. "Sarà sempre Reyna, e in caso contrario, che gli dei ci aiutino"

Gwen scosse la testa e guardò dritto nel suo animo con i suoi grandi occhi marroni. "Lo sarà. Non avrà più te."

Jason non disse nulla. Si concentrò nel rimanere composto.

"É questo il problema con te e Reyna," disse Gwen. "Siete entrambi così forti. Siete così composti, lei è così callosa ed entrambi vi capite così ben che a volte vi dimenticate di parlarvi su come vanno le cose. Il vostro rapporto ha sempre funzionato alla grande, ma adesso... adesso avete bisogno di parlare, perchè le cose non resteranno ferme a lungo  in mod che possiate parlarne a lungo."

Campo Mezzosangue

Quando quella mattina si svegliò, vide sopra di sè un grande collage.

Immagini di un ragazzo con gli occhi verdi e i capelli neri. e un sorriso sarcastico da combina guai. Era forte e alto, e decisamente carino. Più che carino. Teneva le braccia attorno ad Annabeth il che doveva renderla molto fortunata, solo che lei non riusciva a ricordare chi fosse lui per nulla la mondo.

Giuro sul fiume Stige che conosco questo ragazzo e mi è molto caro. Lui è la persona più importante del mondo per me. Lui è il mio fidanzato. MI sveglierò senza sapere questa cosa, ma è vero, e lo sapevo la scorsa sera ecco perchè ho scritto questo biglietto.

Annabeth Chase

Girò il foglietto.

Nome: Percy Jackson, figlio di Poseidone.

Incontrato: a dodici anni, in estate

Siamo andati: in tre imprese, una guerra, un viaggio in Grecia (era partito per un'impresa da solo per trovarti e nel frattempo molte cose si sono messe in mezzo)

Consiglio: è il tuo ragazzo.

Restò spiazzata per l'intera giornata, e quasi soffocò con il formaggio grigliato quando finalmente quel foglietto acquistò un senso.

Campo Giove

Fece il suo discorso. Lui e Reyna avevano risposto alle domande per tutto il giorno. Jason era davvero pronto per andare a dormire.

Ma poi lui e Reyna si sdraiarono nel giardino tra le villette dove di solito si esercitavano con la scherma. Teneva le braccia attorno a lei. Reyna gli indicava le costellazioni che i pirati le avevano insegnato, e Jason nominò quelle che aveva imparato da Lupa.

"Sembri esausto," disse Reyna.

"Lo sono," rispose Jason.

"Il discorso è stato difficile per te. Mi dispiace. Ma grazie per averlo fatto, perchè Io... beh, sarei stata in grado farlo solo un'ora fa." disse Reyna.

"Nessun problema," disse Jason. "Farei qualunque cosa per te."

"Comunque, stai bene?" chiese Reyna. Sotto la luce della luna, poteva vedere che fosse preoccupata.

"Sì," disse Jason. Qualcosa lo strinse alla mano e lo morse . Jason urlò per la sorpresa a vide uno dei can, Aurum, ringhiargli.

Aveva mentito.

Campo Mezzosangue ****

Annabeth si svegliò e stiracchiò le braccia. C'erano le foto di un ragazzp attaccate ai lati e alla testata della sua cuccetta. Sempre lo stesso ragazzo. C'era anche un biglietto, lo prese per leggerlo.

Giuro sul fiume Stige che conosco questo ragazzo e mi è molto caro. Lui è la persona più importante del mondo per me. Lui è il mio fidanzato. MI sveglierò senza sapere questa cosa, ma è vero, e lo sapevo la scorsa sera ecco perchè ho scritto questo biglietto.

Annabeth Chase

Se lo tolse dalla testa perchè non aveva senso, si alzò dal letto, pronta a iniziare la sua giornata. Malcolm la fermò prima che potesse andarsene, la trascino verso il suo letto e prese una foto.

"Ricordi questo ragazzo?"

"Pensavo ce le avessi messe tu."

"No," disse Malcolm. "È il tuo ragazzo. Solo che ogni notte te lo dimentichi. Solo per fartelo sapere."

"Mi stai facendo uno scherzo," disse Annabeth scostando il polso, e lo lasciò lì.

Campo Giove

"Dobbiamo parlare," disse Reyna.

"Gwen ha fatto il discorso anche a te?" chiese Jason.

"Sì," disse Reyna. "E sono d'accordo."

"Ancge io," rispose Jason. La guardò.

"Non voglio dimenticarti," iniziò. "Giusto per essere chiara."

"Lo so." disse Jason.

"Ma... lo farò..." disse Reyna. "Pensandoci razionalmente; è stato un errore di Giunone, quindi non è colpa di nessuno."

"Questi solo fatti, non sentimenti." disse Jason.

Reyna lo guardò. "Non posso sapere se mi andrebbe bene così o no. Principalmente no, perhcè ti ho già perso una volta e non voglio accada di nuovo. Non voglio che ci perdiamo. Ma se fosse inevitabile... Voglio che facciamo questa conversazione adesso prima che perda completamente la testa, che stiamo facendo?"

Jason non sapeva cosa dire.

"Se ogni notte ti dimentichi di me..." disse Jason. "Non lo so. Ci sono voluto quattro anni per arrivare ad un bacio, come potremo creare una relazione in un giorno? Sarebbe estenuante per noi e per chiunque sia coinvolto ."

Reyna annuì.

"Solo... proviamoci," disse Reyna. "Sembra si ala massima giusta per noi. Cerchiamo di mantenerla il più a lungo possibile, okay? E quando... quando non riusciremo..."

Non riusciva a finire la frase, quindi Jason parlò.

"Vedremo," disse. Le mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "È una di quelle cose tra noi."

Reyna annuì, si sporse verso di lui, e lo baciò. All'inizio era un bacio normale, ma all'improvviso Jason realizzò che tutto era diverso. Era sempre Reyna ma sembrava più... profondo. Più intenso, più importante, più tutto. Alla sua mente sfuggì la parte in cui si erano spostati ma d'improvviso lei era sdriata su di lui e lui aveva le mani tra i suoi lunghi capelli setosi, e le loro gambe si erano incrociate.

Una parte di lui pensava solo che gli piacesse. Che cosa gli diceva l'altra parte? Reyna aveva avuto abbastanza brutte esperienze nella sua vita da, come era solito per lei, essere molto riservata riguardo l'essere toccata e provare contatto. Piccolo dettaglio; tutto ciò era nuovo per entrambi. Tutti pensavano loro avessero chissà quale grande storia d'amore dentro la privacy delle porte chiuse la sera, ma non era proprio così. Non avevano bisogno di sbaciucchiarsi e accoccolarsi ogni secondo della giornata per sapere che erano uniti, e Jason si era sempre fatto bastare ciò che voleva Reyna.

"Rey," disse interrompendo il bacio. Lei lo guardò.

Jason le spostò i capelli dietro la spalla destra. "Tutto okay?" le chiese.

"Se io... ise sarò costretta a dimenticarti, allora potrò almeno dimenticarmi di Barbanera e Circe e tutte le cose brutte."

Jason alzò lo sguardo e la baciò.

"Sei bellissima," disse. "Più di chiunque altro."

E ricominciarono a baciarsi.

Campo Mezzosangue

Percy era seduto accanto ad Annabeth alla riunione dei capo cabina. Provò a non guardarla. A non incrociare il suo sguardo. Ci provò, tantissimo.

Aveva provato a far notare la perla con il tridente sulla sua collana di proposito, mostrare la sua, parlarle, e aveva provato a fare delle battute sulla loro prima impresa insieme... nulla. I suoi ricordi non venivano smossi neanche da un oggetto.

Faceva male starle attorno senza poterla prenderla per le spalle e dirle, sveglia, ragazza saggia, sono io, il tuo testa d'alghe.

Campo Giove

Quello fu il primo giorno in cui Jason non riuscì per nulla a raggiungere Reyna.

Frank, Dakota e alcuni centurione erano andati da lui a dirgli di stare lontano per oggi. Andare  a Nuova Roma, al Campo Mezzosangue, San Francisco, Berkeley, Disneyland qualunque cosa. Jason avrebbe protestato, ma Reyna non sapeva chi lui fosse e i suoi ricordi erano andati per quel giorno, perciò lui non aveva senso a star lì. 

Il che era strano Jason, perchè il senso della legione era che c'era sempre un posto per te. Se non a pranzare, nei ludi di guerra. Se non ai ludi di guerra, allora agli allenamenti. Se non agli allenamenti, allora alle gare di spelling in Latino. Se non lì, almeno ai ranghi e alle formazioni.

Era come se gli mancasse una gran parte di se ora che non aveva lei.

Si accontentò di passare la giornata al Campo Mezzosangue solo perchè c'era anche Percy e aveva bisogno di sfogarsi. Lui e suo cugino andavano d'accorso su molte cose, e in disaccordo su altrettante, ma Jason si era fidato di quel ragazzo ancor prima di vederlo in viso e tutt'ora.

Una volta arrivato si imbatté in Piper. Aveva lasciato la sua cabina per abbracciarlo, dirgli ciao e dargli un pugnetto perchè non veniva più spesso.

"Hai sempre cose più importanti da fare al Campo Giove, come stai Grace? E tutti gli altri?" chiese lei.

Perciò Jason passò del tempo con la cabina di Afrodite. La maggior parte delle ragazze lo fissarono e basta, il che non era una novità. Jason finì per sentirsi molto a disagio alla fine dine della giornata, quando una ragazza ci provò con lui, ma non potè risponderle 'mi dispiace, ho una ragazza' e fermarla .

Dopo trovò Will, con cui aveva fatto amicizia dopo un'intensa partita di Baseball , Katie che era amica di tutti, e (avendo deciso di lasciar Leo nelle fucine fino a più tardi) incontrò  Annabeth che stava spostando delle mappe da un posto all'altro.

"Ehi Jason," disse . "Cosa ti porta qui? Non è un giorno di festa per Roma, vero?"

"No," rispose lui. "Ho solo preso un giorno libero."

"Beh, sei fortunato no?" lo stuzzicò. Doveva essere come per Reyna; che non sapeva di avere problemi di memoria finchè non si dimenticava qualcosa.

"Già," mentì. "Hai visto Percy?"

Aggrottò la fronte. "Chi?"

"Percy Jackson. Il figlio di Poseidone." rispose.

"Oh. Già, credo sia andato al lago delle canoe dopo colazione. Non lo so" disse Annabeth liquidandolo, come se il figlio di Poseidone fosse l'ultima cosa che le passava per la mente. Lo stomaco di Jason si contorse per il cugino. "È ciò che fa di solito."

"Il lago delle canoe è un posto speciale per lui," disse Jason.

"Immagino l'acqua gli piaccia."

Jason non la corresse; si limitò a raggiungere il lago.

Campo Mezzosangue

Annabeth si svegliò e stiracchiò le braccia. C'erano le immagini di un ragazzo attraccate ai lati e sopra la sua cuccetta. Sempre lo stesso ragazzo. C'era anche un biglietto, lo prese e lo lesse.

Giuro sul fiume Stige che conosco questo ragazzo e mi è molto caro. Lui è la persona più importante del mondo per me. Lui è il mio fidanzato. MI sveglierò senza sapere questa cosa, ma è vero, e lo sapevo la scorsa sera ecco perchè ho scritto questo biglietto.

Annabeth Chase

Aveva firmato quel biglietto..?

Scosse la testa. Doveva essere uno scherzo degli Stoll- guai a loro per quando avrebbe scoperto come avessero fatto a entrare nella sua cabina.

Campo Giove

"Quindi tu sei l'altro pretore?" chiese Reyna quando entrò.

"Sì," disse Jason. "Jason Grace."

"Reyna," si presentò, senza usare il suo cognome come al solite. "Ricordami, quand'è che sei stato eletto??"

Non aveva una risposta quindi provò con la verità. Non gli credette, quindi fecero tardi alla riunione dopo che gli ebbe spiegato gli ultimi quattro ani come meglio poteva.

"I cani non stanno attaccando," disse Reyna. "Io... magari me ne ricorderò dopo se quello che dici è vero."

Jason non fu mai così grato per quei cani.

Campo Mezzosangue

Percy andò a letto dopo aver passato qualcosa come cinque mila ore sotto la doccia. Era stata una brutta giornata. Lei non gli aveva parlato, non aveva detto il suo nome, non aveva menzionato la sua esistenza... nulla. Probabilmente aveva urlato in doccia, in mezzo al resto.

Quando si era sdraiato a letto aveva tirato fuori una penna che non era Riptide e aveva fatto un segno sopra al suo letto. Era la trentesima linea .

IEra da trenta giorni che non lo chiamava tesa d'alghe.

Campo Giove

Jason abbassò le maniche della sua giacca. Era abbastanza sicuro che la questione fosse conclusa.

"Io...Credo di averti fatto io quella cicatrice" disse lei.

"Lo hai fatto," rispose lui. "Avevamo tredici anni. Ti avevo spaventato alle spalle durante la tua corsa dalla Casa del Lupo".

Reyna lo guardò.

"Quale arma ho usato?"

"Un pugnale," disse Jason automaticamente. "Quello che porti in vita."

Reyna continuò a fissarlo. "Beh, è l'arma che ho sempre usato... okay, ma chiederò un secondo parere."

Era abbastanza per lui.

Ancora, anche che Reyna dicesse il suo nome.

Campo Mezzosangue

Per molto tempo, fu come un gioco per i ragazzi del campo imbattersi in Percy e Annabeth durante dei momenti romantici e rovinarli. Percy aveva scoperto il giorno prima che Travis e Connor Stoll tenevano le schedine con il conto da Giugno.

Adesso tutti facevano il possibile per non interromperli.

E Percy non poteva esserne più grato  perchè voleva ancora quei baci, momenti e scherzi finchè poteva ancora averli.

Campo Giove

Jason continuava a pensare che la sua memoria sarebbe crollata e che lo avrebbe attaccato (di nuovo). Ma tenne duro per il resto della giornata.

Stavano passeggiando a Nuova Roma. Vagando tra negozi, vetrine, ammirando il cibo per cui non avevano soldi, apprezzavano l'architettura... certo dovettero fermarsi a stringere un paio di mani o rispondere ad alcune domande ogni tanto, e c'erano sempre dei bambini piccoli che volevano  andare a dirgli che desideravano fare il loro lavoro o ricevere un batti cinque  (la parte che a Jason piaceva di più), ma era comunque la loro giornata.

Finalmente il proprietario di un negozio che conosceva Jason da quando era piccolo si era affacciato fuori, gli aveva detto di tornare indietro, e gli aveva regalato due piccole tortine con un sacco di glassa. Jason lo ringraziò, insistette che ea il minimo che potesse fare,  sua moglie uscì dal retro per abbracciare Jason, e poi andarono via.

Reyna prese della glassa con le dita dalla sua tortina, diede l'ultimo mordo, e poi sporcò il naso a Jason.

"Ehi!" disse Jason. Reyna rise.

"Ti amoo?" disse. A Jason non bastava quella risposta , tentò anche lui a sporcarle il naso di crema ma lei si spostò, facendosi agilmente spazio tra la folla.

Jason la inseguì.

Quando la prese, lei riuscì a fargli finire la glassa che aveva sul suo stesso dito in faccia, vincendo. Erano poggiati contro un acquedotto rotto, da soli, e ridevano. Non c'era un vero motivo. Non c'era nulla di divertente. Ma ridevano comunque.

"Un pretore inseguiva un altro pretore per Nuova Roma con una torta e della glassa sul naso. Suona bene," disse Reyna.

"Che importa?" disse Jason, prendendola tra le braccia. Lei appoggiò la testa contro di lui e lui le mise il mento sul capo. "É stato divertente "

Se avesse potuto congelare un momento nel tempo sarebbe stato questo, perchè stava stringendo  Reyna. E non una Reyna qualsiasi, la sua Reyna. La sua Reyna che sapeva essere seria, letale, concentrata e calcolatrice, feroce, fredda e inflessibile, callosa and diffidente, costante e forte; ma anche la Reyna che sapeva essere meravigliosa, giocosa, attiva e felice.

Avrebbe congelato questo momento dove la sua Reyna era sua, lui riusciva a tirar fuori da lei tutto il meglio che agli altri sfuggiva. Avrebbe congelato il momento in cui si fidavano e si amavano l'un l'altro.

Avrebbe congelato un momento tutto per loro.

Campo Mezzosangue  

Annabeth si svegliò e strofinò gli occhi per scacciare il sonno. C'erano delle foto attaccate ai lati e sopra la sua cuccetta. Riconobbe Leo, Piper, Frank, Will, Hazel, Nico, Jason, Katie- persone da entrambi i campi. Il modo in cui posavano, come se avrebbe dovuto esserci una terza persona nella foto, ma era stata cancellata, era invisibile o qualcos'altro.

Giuro sul fiume Stige che conosco questo ragazzo e mi è molto caro. Lui è la persona più importante del mondo per me. Lui è il mio fidanzato. MI sveglierò senza sapere questa cosa, ma è vero, e lo sapevo la scorsa sera ecco perchè ho scritto questo biglietto.

Annabeth Chase

Aggrottò la fronte. Non c'era nessun ragazzo nelle foto.

Campo Mezzosangue.

"Scusami, tu chi sei?" chiese Annabeth. Era una domanda innocente considerando che non lo aveva ancora "incontrato" quel giorno. Percy si sentì morire dentro, come ogni volta che glielo diceva.

Ma quel giorno fu peggio perchè aveva scoperto che Tyson si era fatto male , Reyna aveva attaccato Jason perchè non si era mantenuto a distanza, e Grover era ancora in una destinazione segreta da cui non poteva mandare un messaggio Iride a  Percy, quindi era stufo.

Si alzò e andò via prima che Will o Chirone potessero dirgli qualcosa per farlo restare.

Entrò in tutta fretta nella Casa Grande, quasi andò a sbattere contro Mr D, che era in ritardo per la riunione de consiglio, e venne fermato solo quando arrivò alla fine della stanza

E solo perché Piper lo aveva agganciato. Era troppo minuta per avere abbastanza forze da bloccarlo del tutto, ma lo rallento. Lo fece ruotare verso di lei girandolo dal braccio.

"Percy, non andartene." disse. Leo li raggiunse.

"Non c'è la faccio," disse Percy. "Sono stanco, tutto quì". Emise un lamento e diede un calcio al muro. "Sono stufo di questo mondo, l'ho salvato due volte. Ho rinunciato a tutti i miei piani per salvarlo, mi sono ferito, mi hanno calpestato, ho partecipato a molte imprese per tenerlo al sicuro, le persone vicino a me si sono fatte male- e alla fine tutto continua a ritorcermisi contro".

"Percy, non è così," disse Piper. "Oh dei," disse abbracciandolo. Aveva bisogno di quell'abbraccio, ma si sentiva troppo miserabili per ricambiarlo. Si stava sforzando moltissimo per non piangere.

"Non è il mondo contro Percy, anche se ti senti come se lo fosse," disse Piper . "e sai perchè?"

Piper era onesta, parlava dal cuore non con la lingua ammaliatrice. Solo la naturale innocenza della sua voce.

"Perchè siamo dalla tua parte. Leo, io, i tuoi cugini, Frank, tuo fratello, i tuoi genitori- dei, Percy, non siamo mai stati contro di te. E ti vogliamo bene." disse Piper. "E al momento sei nella merda, ma siamo tutti qui con te. Ci siamo tutti sentiti come se andassimo contro al mondo almeno una volta, e per te e Jason lo rifaremmo"

"Non rimarresti solo neanche se tutta la magia del mondo all'improvviso andasse male." disse Leo.

Percy trovò la forza di ricambiare l'abbraccio di Piper.

Campo Giove

Era mezzanotte quando sentì bussare alla porta. Si aspettava fosse per lavoro e si era quasi messo una toga prima di prendere una maglietta e rispondere, ma andò a finire che era Reyna.

A quel punto, dopo la giornata che aveva passato, avrebbe preferito fosse Ottaviano. Indossava i vestiti da notte; una canottiera, un cardigan molto largo e la tuta.

"Mi dispiace," gli disse.

"Per cosa?" chiese Jason.

"Per oggi."

"Non è stata colpa tua."

"Allora per essermi presentata nel bel mezzo della notte."

"Non mi è mai dispiaciuto. Entra e basta, fuori si congela."

Entrò e si sedette sul divano. Lo stesso posto di sempre- era un buon segno.

"Ti ho attaccato," disse Reyna. "E... non posso perdonarmelo."

"Ti sono andato troppo vicino, è stata autodifesa. Va tutto bene. Davvero, non mi hai ferito."

"Probabilmente resterai con un occhio nero."

"Mi vengono sempre. Non preoccuparti." disse Jason.

"Visto, non vuoi nemmeno avvicinarti adesso, e di solito sei tu quello più appiccicoso," disse Reyna.

Jason si sedette vicino a lei e la strinse. "Ero solo cauto," disse. "Non volevo spaventarti."

"L'altra volta siamo stati molto onesti quando ne abbiamo parlato, e mi hai detto tu che parlo più die fatti che dei sentimenti." disse Reyna. "Beh, ecco i miei sentimenti: non voglio. Non voglio dimenticarti e pensare che potresti farmi del male, perchè proprio tu tra tutti non lo faresti mai. Non è una mia scelta e non ho fatto nulla per meritarmelo quindi mi fa arrabbiare ancora di più. Quella dea non ha alcun diritto di attaccarmi."

"La colpa è mia," borbottò Jason. Si scostò e nascose il volto tra le mani. Non sapeva in che modo lo stesse guardando Reyna, aveva mollato la prese e non sapeva se gli importasse.

"Se la prende con te perchè l'ho fatto io. Perchè ti ho assillato ho flirtato e provato a fare colpo su di te per quattro anni, e poi ti ho dimenticata, ma sono tornato, e sono tornato da te. Quindi è colpa mia se sei tu quella che sta perdendo la memoria, perchè sei quella che amo, e mi dispiace perchè non sarei in grado di smettere." Si sentì sul punto di piangere come non mai in... anni. Tanti lunghi anni.

Era stata Reyna ad andare da lui. Era venuta per essere rassicurata, ma aveva finito per consolare lui. In quel momento si sentiva così incapacw.

"Sai cosa?" disse Reyna.

"Cosa?" chiese Jason, sforzandosi di parlare senza balbettare dall'emozione.

"Preferirei svegliarmi domani senza ricordarmi il mio stesso nome piuttosto che non aver mai ricevuto il tuo amore." disse Reyna. "Preferirei svegliarmi domani mattina chiedendomi dove sono piuttosto che non aver mai incontrato qualcuno che ha cercato così tanto del bene in me fino a trovarlo."

Si addormentarono insieme sul divano, perchè avevano bisogno di un conforto a lungo termine.

Ma funzionò.

Campo Mezzosangue

"Stai facendo il tour?" gli chiese Annabeth. Percy alzò lo sguardo da dove stava con Grover.

"No, l'ho già fatto." disse.

"Okay," disse Annabeth. I nuovi arrivati bisbigliarono tra loro. Quel ragazzo non è nuovo. Non è Percy Jackson? Perchè non lo conosce? Oh miei dei. Un altro mostro.

"Coraggio ragazzi, scendiamo verso l'arena." disse Annabeth.

Quando se ne andò Percy si girò verso Percy.

"Non sembra ricordare nulla?" chiese Grover.

Percy scosse la testa.

"Quanto tempo è passato dall'ultima volta che gli hai detto chi sei?"

"Nove giorni." disse Percy.

"Perchè hai smesso?" chiese Grover.

"Perchè sono esausto," disse Percy, "La confonde. E ferisce entrambi."

"Quindi ieri chi gliel'ha detto?" chiese Grover.

"Piper," disse Percy. "Il giorno prima era stato Malcolm. Nyssa e Jake il Mercoledì. Chirone Martedì".

"E oggi chi glielo dirà?"

"Chiunque se la sentirà." disse Percy.

Grover trottò via per dirlo ad  Annabeth, ma poi tornò indietro.

"Quanto è passato da quando ti ha detto che ti ama?"

Percy deglutì. "Due settimane."

"Te lo diremo per te," disse Grover. "Ti ama."

E si allontanò.

Al falò, Annabeth lo guardava imbarazzata mentre stavano seduti vicini. Onestamente si sarebbe sentito meglio se si fosse seduta con i suoi fratelli. Non lo abbracciava e non gli teneva la mano, quindi ovviamente niente baci. Non potevano costruire una relazione in un giorno, ancor meno la relazione che avevano loro. Era da matti.

Lei voleva costruire qualcosa di permanente, ma ormai non c'era più nulla da costruire.

Campo Giove

Jason mostrò a Percy la lettera che Gwen gli aveva dato.

"É per entrambi," disse. "Le ragazze avevano scritto una lettera, circa un mese fa."

Un mese fa avevano solo sprazzi di ricordi. (L'originale diceva puzzette di memoria... ma in italiano non rende)

"Hanno detto a Gwen di darcela quando non avrebbero più ricordato nulla."

Già, era il momento, pensò cupamente Percy.

"La... la apriamo?" esitò Jason.

"Credo di sì,"disse Percy. Jason strappò la parte alta della busta e fece un lungo respiro.

"Odora di mandorle," disse. "E anche limone."

Il cuore di Percy si strinse. Erano loro. Lo shapoo di Annabeth e forse il bagnoschiuma di Reyna. Jason la fissava.

"La grafia cambia," disse Jason. "Come se dopo un paio di frasi, l'altra prendesse la penna e scrivesse."

Percy riusciva a immaginarselo.

"Che cosa dice?" chiese.

Jason lesse.
"Cari Jason e Percy,

Non sappiamo tra quanto leggerete questa lettera, ma allora non saremo in grado dirvi tutto questo noi stesse. Quindi la penna è più potente della spada. Annabeth non è divertente.

Siamo ragazze distrutte. Lo siamo davvero. Abbiamo iniziato benino, come tutti i bambini piccoli, ma poi qualcosa è andato storto ed è cambiato tutto. Siamo passate da una realtà all'altra, siamo state catturate e sballottate nel percorso. Ci siamo imposte delle regole e abbiamo messo a tacere parti di noi stesso per impedire che accadesse. Voi due siete potenti per natura- e perchè eravate ribelli o  generosi, voi avete rotto quelle regole.

Jason; Mi fidavo solo di me stessa. Ho affrontato cose orribili che ancora mi tormentano e non ero pronta a dimenticarmene o perdonarmele a breve. E tutt'ora non sono pronta, ma la differenza l'ha fatta aver trovato delle persone di cui fidarmi per la vita. Tu sei stato il primo. Sei stato anche l'ultimo. Sei stato sempre tu. Sempre col tuo stupido ottimismo e atteggiamento da leader. Mi hai reso migliore e più forte in modi di cui pensavo non aver bisogno.  E per coronare il tutto, mi hai amata. Grazie.

Percy; Non sono stata una persona facile da approcciare. Sono stata lasciata indietro diverse volte, e sono sempre stata dura. Ma quando ti ho seguito nella prima impresa ho realizzato una cosa: non sarei più stata lasciata indietro. Non mi avresti abbandonata, anche a costo della morte e di qualunque scelta. Non ti saresti allontanato e non saresti sparito inspiegabilmente. Non avresti assassinato la nostra amicizia. Finchè avresti potuto mi avresti tratta bene. E lo hai fatto sempre, anche meglio; hai fatto i conti con i miei casini. E mi hai amata nonostante i mie casini. Ti ringrazio.

E voi due... non vogliamo che diventiate due ragazzi distrutti per vari motivi. 1) Altre ochette (diceva bitches ma onestamente non approvo questa misoginia ) arriverebbero cercando di aggiustarvi e non ci va bene. 2) Siete entrambi troppo belli per cambiare. 3) Non siamo così importanti da farvi mollare e crollare.

Quindi per favore, siate forti. Sognate in grande, scegliete i più sciocchi, e seguite quelli.

Vi amiamo. Amiamo chi siete, nonostante i vostri errori- quelli quotidiani e quelli giganti che cambiano la vita-, i vostri difetti, le vostre snervanti, pazze, stupide (e a volte letali) abitudini. E non vi stiamo chiedendo di amarci nonostante tutto, perchè non è giusto. Vi chiediamo solo di sapere che ci avete cambiate in meglio, e che sappiate che c'è una piccola parte di noi troppo in profondità perchè possiamo conoscerla, che ci ricorderà per sempre che siamo state tirate fuori dal buio da due persone incredibili.

Con amore,

Reyna.

Ti amo,

Annabeth

 

Jason fece un grosso respiro dopo averla letta. Percy guardava in alto, cercando di non piangere.

"Non vogliono che crolliamo," disse Jason. "Dunque dovremo essere forti."

"Mi è permesso cedere un pochino?" chiese Percy.

"Penso di si," disse Jason said.

Sulle guance di entrambi scesero delle lacrime.

Campo Mezzosangue

Percy non era più invulnerabile. Non lo era da mesi.

Ma era sempre stato vulnerabile a come Annabeth lo faceva sentire.

Campo Giove

Jason aveva passato gli ultimi 7 giorni con la quinta corte, perchè la memoria di  Reyna era messa troppo male perché potesse anche solo pensare di recarsi alla principia senza un invito.

Era estenuante non poter svolgere il suo lavoro. Aveva quasi beccato Ottaviano che si preparava a parlarne in senato e polverizzare totalmente tutto.

Aveva parlato con Percy tramite messaggio Iride e anche lui aveva lo stesso problema. Riunioni del consiglio, attività- non potevano ripresentarsi giorno dopo giorno senza rallentare le loro fidanzate. O Annabeth e Reyna erano le loro ex? Non si erano mai lasciati. E non si sentivano come se lo avessero fatto, si sentivano come se fossero fantasmi che osservavano l'attività degli esseri umani.

"Non posso ripresentarmi e inventarmi bugie su come sia possibile io sia un figlio di Poseidone giorno dopo giorno ," disse Percy. "Malcolm l'ha beccata piangere nella sua cabina perchè era troppo confusa riguardo ai suoi ricordi e cosa le dicevano tutti gli altri. Non credo di riuscire a continuare se è così che sarà."

"Reyna ha detto a Gwen che non si sente in grado di fare il suo lavoro," disse Jason. "Si sente male, stordita e debole. Dei-non è lei che sta male... Ottaviano probabilmente la farà uscire fuori domani durante l'incontro del senato".

Si guardarono a vicenda, e Jason fu abbastanza sicuro che sarebbe stato Percy a dirlo per primo. Ma Jason era d'accordo e aveva pensato a  un piano.

Come al solito, ma non così tanto. In realtà, chiunque penserebbe avrebbe preferito evitarlo a tutti i costi.
 

Campo Mezzosangue 

"Quindi," disse Chirone , "Oggi siamo qui per parlare del problema di morsi di termiti dalla cabina 7 alla 15..."

"Ho qualcosa da dire prima," disse Percy.

Tutti si ammutolirono.

"Bene, Percy, puoi condividere." disse Chiron.

Percy si alzò.

"Ho chiesto a Malcom di tenere lontana Annabeth stasera perchè non può ascoltare questo..." Percy fece un respiro profondo. "Voglio che tutti voi l smettiate di ricordare ad Annabeth di me. Chi sono, cosa siamo, cosa abbiamo fatto. Non fa bene a nessuno di noi due ed è... è troppo doloroso".

"Amico, continuerà a chiedercelo." disse Will. "Si tratta di Annabeth."

"Per questo andrò al Campo Giove, per togliermi dai piedi e lascarla in pace."

"Cosa?" disse Leo.

"E che farai lì?" chiese Katie, scioccata.

"Ricoprirò di nuovo il mio ruolo di pretore," disse Percy. "Perchè Jason tornerà quì."

"Cosa?" chiese Piper.

"Stiamo rallentando Annabeth e Reyna. Potrebbero fare grandi cose ma starci attorno è mentalmente ed emotivamente faticoso per loro. Quindi ci toglieremo dai piedi." disse Percy . "Amo il campo e amo le persone che ci sono, siete tutti miei amici e ne abbiamo passate tante insieme ma..." scrollò le spalle. "Bisogna fare quello che si deve fare."

Campo Mezzosangue

Jason si sistemò nella nicchia di Talia. Dei, non avrebbe voluto passare un'altra notte lì da quando era tornato a Roma.

Si appoggiò al muro della cabina e portò la testa all'indietro. Eppure era là. E probabilmente era per il peggior bene.

Bussarono alla porta e Piper e Leo entrarono. Piper sorrise debolmente per provare a dargli coraggio. Di solito i suoi amici erano felici di poterlo vedere, ma i loro volti dicevano chiaramente "non in questo modo".

"Ehi amico," disse Leo. "Bentornato."

"Grazie," disse Jason. Si sedettero accanto a lui.

"Ci dispiace" disse Piper. "Sappiamo che amavi il forte, e il tuo lavoro, e i tuoi amici lì."

Jason non sapeva cosa dire. 'Va tutto bene'? beh, se lo sarebbe fatto andar bene prima o poi (probabilmente. Se non crollavi, doveva andar meglio, giusto?), ma prima o poi non era adesso.

"Tipo, davvero tanto." disse Leo.

"Sappi solo che noi siamo con te okay? Nel bene e nel male." disse Piper strizzandogli la mano.

"E anche nei momenti imbarazzanti che stanno nel mezzo." aggiunse Leo.

"Grazie ragazzi," disse Jason.

"E anche ad Annabeth dispiace per te," disse Piper.

"Capisce che Percy sta passando la stessa cosa?"

"No," disse Leo. "Pensa riguardi te e Reyna. Reyna lo sa?"

"Non lo so," disse Jason. "Probabile."

Doveva aver notato che le energie di Jason dtavano scivolando e la sua mentre era di nuovo oscura.

"É l'ora di pranzo," disse Piper alzandosi. "Forza. É cibo e tu sei un ragazzo adolescente, lo amerai. O vuoi un momento per te?"

Jason non lo sapeva. Non sapeva che fare da lì, si sentiva ancora più solo nonostante lea sua forte amicizia coi due semidei nella–no, sua- cabina.

Non crollare.

Il miglior modo per non crollare era passare il tempo con il ragazzo delle riparazioni e la ragazza mood booster umana, per come la vedeva. Quindi per adesso si sarebbe aggrappato a ciò, finché non avesse trovato una soluzione migliore o un posto che non lo facesse soffrire.

"Ho una fame da lupi," disse alzandosi."

Campo Giove

Hazel e Frank erano seduti accanto a lui sull'acquedotto rotto fuori dal forte. A malapena si guardavano, toccavano o altro. Stavano solo lì, in un silenzioso e forte supporto, ma a Percy sembrava imbarazzante.

"Ragazzi non dovete comportarvi così," disse Percy.

"Così come?" chiese Hazel.

"Come se non usciste insieme. Come se non fosse ovvio che state insieme" disse Percy.

"Scusa," disse Frank. Stava trattando Percy come una bomba ad orologeria. "Abbiamo solo pensato sarebbe stato troppo da insensibili."

"No, amico. Mi rende felice. La mia cuginetta e il mio bis bis qualcosa sono felici. MI rende felice che qualcosa funzioni." disse Percy.

"Non sono la tua cuginetta," rispose Hazel istintivamente.

"Già, e noi eravamo d'accordo che io fossi solo un amico." disse Frank. "Pretore Jackson mio signore."

"Sta zitto," disse Frank spingendolo.

"Non farmi cadere!" esclamò Hazel.

"Scusa," disse Frank affrettandosi a scusarsi. Percy quasi sorrise, stava con persone fantastiche.

Reyna e Annabeth avevano detto: siamo state tirate fuori dal buio da persone incredibili.

Percy sentiva di essere circondato dalle persone giuste perchè ciò accadesse.

Epilogo

10 anni dopo

"Okay ragazzy," disse Miss. Gwendolyn Holly, dinastia di Cupid e Apollo, alla sua classe di prima media. "Oggi parleremo dei pretori dal ventunesimo secolo in poi. Julius, puoi iniziare con l'anno 2000."

"Carla Holmes e Hadrian Johnson-Smith," disse lui. "Marzo 1999-Settembre 2000."

"Molto bene. Genevieve, dopo di loro?" chiede Miss. Holly.

Parlarono e parlarono, ricordava alcuni nomi e i loro visi dalle marce durante le adunate. Alcuni erano ancora al centro dei gossip quando si era unita al campo.

"Jason Grace e Reyna Knight- 18 Agosto 2009 -  3 November 2010."

"Perché furono eletti?" chiese Gwen, sfacendo domande casuali.

"Hanno guidato la spedizione sul Monte Otri quando gli altri pretori si rifiutarono, e fermarono il Titano Krio dal distruggere San Francisco e l'Olimpo." rispose Aurelia.

"Fantastico. Cosa ci fu di speciale durante il loro mandato?"

"Jason Grace era scomparso a causa della guerra contro Gea." disse Marius dalla fila in fondo.

"Sì, quindi che successe?"

Aureila alzò la mano. "Perseus Jackson fu eletto diventando il primo pretore greco".

"Esatto," disse Gwen. "E quando si ritirò?"

"Il 5 Agosto 2010," disse Marcus dalla fila davanti. "Dopo che la guerra contro Gea si concluse. Jason Grace iniziò il suo secondo mandato."

"Esatto," disse Gwen. "E dopo di loro chi ci fu?"

Una ragazza timida chiamata Sabina alzò la mano. "Reyna Knight e Percy Jackson."

"Perfetto," disse Gwen. "E dopo di loro?"

"Aspeti, Miss?" Nero uno studente che di solito passava il tempo a scarabocchiare chiese. "Perchè Percy Jackson riprese il mandato?"

Gli studenti mormorarono tra loro. Già, è giusto, perchè? É molto strano, cosa successe? Un greco che ottiene il mandato due volte? Cosa successe a Jason Grace?

"Non aveva lasciato Roma, Miss?" chiese un ragazzo giovane e brillante chiamato Remus.

"Lo fece," Gwen disse cauta. "Ma non per codardia o rabbia- deciseamente non per codardia o rabbia" Incrociò le gambe e giunse le mani. Tutti gli studenti guardavano la loro insegnante, seduta sul suo sgabello e incerta su cosa dire.

"Okay ciò che sto per dirvi lo so per certo, perchè ero presente,"disse  Gwen. "Ricordate che vi ho detto di essere stata un centurione della Quinta Corte durante l'assedio al Monte Otri e che ho sosttuito Frank Zhang durante la guerra contro Gea."

I suoi studenti annuirono.

Quindi Gwen spiegò.

"Perchè nessuno lo sa?"chiese Sabina. A causa della sua dinastia aveva le lacrime agli occhi- a volte avere il sangue di Cupido e Venere nelle sue vene poteva farla sopraffare dalle emozioni.

"Perchè Jason e Percy non volevano ferire le due ragazze," disse Gwen. "Fecero una cosa molto coraggiosa."

"Perchè non è nei libri di storia?"

"Perché non è la storia ufficiale della legione," disse Gwen. "La perdita di memoria lo era, ma non le ragioni emotive per la dipartita e l'arrivo."

"Dove sono tutti loro adesso?" chiese Marius.

"Beh, potreste ricordare che Reyna è stata uccisa durante il suo servizio militare per gli Stati Uniti d'America" disse Gwen. "C'è stato un funerale romano al Campo Giove quattro anni fa. Annabeth Chase è stata attaccata durane una conferenza a  New Rome;  era stata invitata a parlare del suo design per il nuoco campus ad Harvard."

"Ma i ragazzi sono vivi?" chiese Hadrian.

"Beh, Percy Jackson lavora in un ospedale veterinario a New York City, specializzato nei cavalli. Jason Grace viveva a Nuova Roma, ma al momento è molto, molto malato. Quindi non sappiamo come andrà a finire."

"Ebbero mai un nuovo ragazzo o ragazza?" chiese Sabina.

"Le due ragazze si concentrarono sulle loro carriere piuttosto che sull'amore," disse Gwen. "Penso che entrambi i ragazzi ci provarono, ma non funzionò mai."

La classe si lamentò. Alcuni ragazzi alzarono gli occhi al cielo.

"Sì," disse Gwen. "É una storia molto triste." Ricordò i momenti, i baci e le conversazioni che aveva avuto con i colpiti dall'amnesia. Doveva cambiare argomento. "Ma questo non sarà nel quiz, quindi torniamo al lavoro, su".

90 anni dopo 

Le corde della chitarra rallentarono e tutti i semidei battevano le mani per accompagnare la canzone che tutti avevano riconosciuto, quella che di solito chiudeva il falò. Tutte le coppie si accoccolarono quando iniziò; non perchè fosse romantica, ma perché ricordava a tutti della propria mortalità, e della mortalità di tutto attorno a loro, vivi o meno.
"Tienimi nei tuoi ricordi

Tienimi nel tuo cuore

Tieni le mie manti nelle tue, amor

Non lascerò che ci separiam.

La magi che prende pieghe oscure

Una tragedia segnata

Tieni il mio cuore nel tuo, amor

Voglio restar con te.

Ci allontaniamo piano

Come un legno nel mar

Guardami ancora negli occhi, amor

Ti prego, riconoscimi.

Così lontano da te, mia cara

Non sono più nei tuoi ricordi

Continua a credere in me, amor

Voglio che questa resti una storia d'amore

Ma ora è veramente finita

Anche se ho combattuto tanto

Ti starò lontano, amor

Io e il mio cuore in pezzi."

Lo so. Vi starete chiedendo, perchè ci hai fatto questo dopo mesi di silenzio? Eh bella domanda, pensavo tradurre 10 mila parole fosse una buona decisione. Spoiler, non lo è stato. Spero vi piaccia, io nel rileggerla ho storto un paio di volte il naso. Mi rifiuto di editarla nuovamente, se ci sono errori segnalatemeli. Dopo questa mi sa che è meglio io mi dedichi un po' alla mi storia Jercy. Fatemi sapere se avete delle richieste per prossime storie o in generale lasciate un commentino che mi fa sempre piacere quando interagite. Vi voglio beneee.

 

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