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di Honey_2990
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Introduzione ***
Capitolo 3: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 4: *** Capitolo Due ***
Capitolo 5: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ognuno di noi ha bisogno dell'amore nella propria vita ma allo stesso tempo, nessuno si sentirà mai pronto ad ammetterlo.
Crediamo tutti di essere al di sopra di questo sentimento così fondamentale, probabilmente mi chiederete il perché di questa mia affermazione ed io risponderò semplicemente con questa parola: "orgoglio".
Non sarebbe più semplice ammettere di avere bisogno dell'amore? Non c'è niente di male nel provare emozioni, dato che queste sono l'unico fattore che ci distingue dal genere animale.
L'amore è l'unico essere in grado di far provare sentimenti contrastanti, dai più orribili ai più meravigliosi.
Ballare sotto la pioggia, essere guardati come se fossimo importanti.
Sentirsi belli.
Sentirsi apprezzati da qualcuno di importante quando il mondo fuori fa schifo e non ti senti di star vivendo la tua vita, che poi è una sola, nel modo corretto.

Io avevo necessariamente bisogno di un cambiamento radicale, perché nulla di tutto ciò esisteva nella mia vita e una donna impreparata è una donna sconfitta. 
Ho sempre creduto di avere tutto, fin quando non mi sono resa conto che in realtà non avevo niente. 
Credere ancora nell'amore sembrava quasi una condanna. 
Conoscevo l'amore solo raccontato dai libri, ero innamorata dell'idea dell'amore. 
Lui avrebbe fatto irruzione nella mia vita senza chiedere permesso e con pochi semplici gesti avrebbe stravolto ogni cosa. Non lo avrei mai immaginato. 
Meritavo un amore così grande? 
Quella era la domanda dalla quale volevo iniziare.

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Capitolo 2
*** Introduzione ***


Vivere nel ventunesimo secolo non è semplice come tutti vogliono far credere.

Gli adulti guardando i giovani vedendo solo delle teste senza niente da dire, delle marionette mosse dal volere della massa, persone che non sono all'altezza delle loro aspettative e forse non lo saranno mai.
Noi invece ci ritroviamo a guardare un mondo che va avanti senza includere il nostro pensiero nel proprio progetto di avanzamento.
La nostra generazione non sa come far parte di un sistema che include solo determinate cose, come:
lavoro sottopagato, stipendio di sopravvivenza e contratti di lavoro inammissibili.
Nessuno di noi crescendo avrebbe mai immaginato che il nostro ingresso nel mondo reale, quello che si presenta al compimento dei diciotto anni, sarebbe stato così deludente. Credevamo che raggiunta la soglia della nostra indipendenza, il mondo intero sarebbe stato ai nostri piedi, mentre quello che non avevamo calcolato era il percorso tortuoso che ci aspettava per raggiungere la nostra meta. Ma quale era esattamente? Io non lo sapevo più.

Ho compiuto ventidue anni ormai cinque mesi fa e non mi capacitavo di quante cose erano cambiate nella mia vita rispetto ai miei diciotto anni. Niente era andato come mi aspettavo eppure non era passato così tanto tempo. Mi aspettavo comunque qualunque altra cosa, ma non di certo questo.

Non so in quanti diari avevo scritto in precedenza che al compimento della maggiore età me ne sarei andata di casa per vivere la vita come volevo io. Giurerei di ricordare anche qualche appunto nel quale immaginavo di poter vivere senza pensare a come potermi mantenere, a dove poter mettere radici... I pensieri di una ragazzina sognatrice, non ci vedevo nulla di male all'epoca.
Purtroppo però nella vita di tutti noi, arriva il momento di fare i conti con la realtà e quella nella quale ci troviamo a vivere non ha nulla a che fare con le fantasie nelle quali mi perdevo in passato.

Oggi decidono gli altri quando tu sei abbastanza grande per poter fare una determinata cosa.

Non possiamo decidere noi come andrà la nostra vita, non possiamo più permetterci di scegliere quando comprare una macchina, quando andare a vivere da soli, quando diventare genitori. E' buffo perché le ho sempre considerate cose normali, alla portata di tutti e forse mi crederete viziata per questo; ma è un privilegio avere un lavoro che non basti solo a sopravvivere? Voi mi direte di si, forse, oppure no...

Forse anche voi avete un'età compresa tra i venti ed i trent'anni e siete confusi quanto lo sono io in questo momento.
Forse proprio come me, non sapete quando avrete l'opportunità di essere finalmente chi volete essere, di dimostrare quanto valete.

Anche a voi è capitato di rendervi conto senza volerlo che in realtà il destino non ce lo creiamo da soli, come ci hanno sempre voluto far credere?

Nessuno mai ci offrirà un lavoro che potrà permetterci di mantenere un bambino.
E' la società nella quale viviamo che decide quando potremo iniziare a mettere le basi per la vita che vorremmo intraprendere.
Ho ventidue anni, mi sono laureata questo anno e sono stufa di una vita che non mi soddisfa. Ho faticato molto per decidere di continuare a studiare, volevo lavorare, ma sapevo anche che se non avessi continuato forse il mio impegno non sarebbe bastato un giorno.
Ho deciso di inviare dei curriculum in giro per l'Europa quando ho ricevuto una mail con i complimenti vivissimi da parte del rettore, per il mio centodieci e lode in giornalismo.
Quando i miei genitori mi hanno chiesto per quale motivo avessi deciso di non cercare lavoro in Italia risposi semplicemente che amavo il mio paese, ma che purtroppo quell'amore non era corrisposto.

Avevo davvero bisogno di allontanarmi da una realtà che alle volte mi soffocava.

Amavo l'Italia, ma a malincuore non potevo dire di vedere un futuro in un posto così.

Uno dei paesi più belli che avessi mai visto nella mia vita, nessun altro posto era paragonabile ma non bastava la bellezza per vivere da qualche parte e decidere di sentirsi al sicuro lì.
Non volevo essere risucchiata dal vortice di tristezza che mi avrebbe travolto se fossi rimasta. Volevo trovare me stessa.
Sicuramente sarà capitato a più persone di quante avrei mai potuto immaginare, di perdersi e di non sapere come ritrovarsi.

Guardando fuori dal finestrino dell'aereo il mio cervello ancora non riusciva a realizzare quello che stavo facendo.
Iniziai a scorgere del verde sotto di me. 
Green paradise.
Il comandante annunciò venti minuti rimanenti all'atterraggio riscuotendomi dai miei pensieri.
Stavo per atterrare in una città che non avevo mai dimenticato e che sentivo mia dal primo viaggio che mi portò lì all'età di quattordici anni.
Mentre iniziavano le manovre, mi rendevo sempre più conto di quello che stavo davvero facendo.

Stavo letteralmente prendendo in mano la mia vita. Chissà cosa ne avrei fatto.

 

----

Ciao =)

Fatemi sapere che cosa ne pensate. Scriverò senza darmi delle regole.

Non è detto che alla fine di ogni capitolo io ritagli uno spazio dedicato a me.

Parlerò fuori dal libro solo quando ne sentirò il bisogno.

Spero che la mia storia possa aiutare qualcuno a staccare un po' la spina.

Per me scrivere rappresenta proprio questo.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Uno ***


Erano passate due settimane da quando avevo ritirato i miei bagagli all'aeroporto di Heatrhow ed ero uscita in strada alla disperata ricerca di un taxi che mi avrebbe scortata fino al mio nuovo appartamento. Fortunatamente l'agenzia/casa editrice che mi aveva ricontattata per offrirmi un lavoro, mi aveva offerto anche uno stipendio piuttosto buono che mi permise di trovare un bilocale molto carino in periferia, ad un costo mensile piuttosto vantaggioso.
La zona che avevo scelto era Shepherd's Bush, molto tranquilla stando a quanto si diceva e non avrei potuto chiedere di meglio.
Il quartiere mi piaceva molto, si trovava nella zona di West London e vantava di meravigliose aree verdi nelle quali poter passeggiare, studiare, o semplicemente fermarsi a pensare un po'.
Raggiunto il mio nuovo indirizzo, il tassista si era gentilmente offerto di aiutarmi a trasportare tutte le mie valige fino al primo piano davanti alla porta di quella che sarebbe divenuta la mia nuova casa.
Inutile dire che gli avevo lasciato un'ottima recensione sulla bacheca degli annunci nella quale lo avevo rintracciato.
Sistemare tutti i miei bagagli non era stato affatto semplice. Mi stavo trasferendo, non ero in vacanza, avevo portato con me praticamente tutto e molte cose sarebbero dovute arrivare nelle settimane seguenti.
—————
Camminavo e pensavo, il mio cervello non smetteva di elaborare nuove immagini e nuove emozioni da quattordici giorni a quella parte.
Vedere le persone muoversi così freneticamente, tutti molto seri, ma nessuno sembrava davvero triste o insoddisfatto, ogni cosa sembrava essere al proprio posto. I ragazzi che vedevo in giro sembravano felici, si muovevano in gruppo... ridevano e scherzavano insieme. Per un momento ho addirittura pensato di essermi trasferita in un mondo parallelo.
In Italia le persone non sono così. Fin da piccola mi sono persa nell'arte dell'osservazione, guardavo coloro che si presentavano davanti a miei occhi e mi interrogavo su cosa facessero nella loro vita.
Osservare i miei coetanei mi portava a chiedermi se anche loro fossero confusi quanto me. Avrei sempre voluto poter leggere nel pensiero degli altri per capire.
Uscii dal mio appartamento quel giorno ed aggirandomi per le vie del centro mi concentrai sulla mia nuova vita, osservandola prendere magicamente forma.
Mi fermai in un piccolo market per fare un po' di spesa, dato che il mio frigo era vuoto da quando ero arrivata in pratica...
Mancava davvero poco al mio primo giorno di lavoro ed ero emozionata. I miei genitori mi avevano detto di non preoccuparmi, che mi avrebbero aiutata se avessi avuto dei problemi, ma volevo gravare il meno possibile sulle loro spalle.
Una casa editrice di piccolo calibro stava cercando una giovane donna, da inserire nell'organico delle pubbliche relazioni, così chiamai e riuscii ad avere un colloquio in videochiamata nell'arco di pochi giorni.
La donna che esaminò il mio curriculum e me era sulla quarantina, molto bella e all'apparenza gentile. Le domande che ricevetti non riguardavano la mia vita lavorativa o scolastica, per lo più vertevano sulla mia ambizione e sui progetti per il futuro.
Avrei voluto essere più chiara nell'esprimere quello che avrei voluto dalla me del futuro, ma come potevo? La prospettiva di vita che fino a quel momento mi era stata offerta era un continuo altalenare tra indecisioni ed insicurezze.
Non credevo di aver fatto una buona impressione fin quando non ricevetti una mail dove mi veniva spiegato quale sarebbe stato il mio ruolo all'interno della loro organizzazione.
Avrei iniziato il 15 settembre, con orario da concordare e vista la mia giovane età mi era stata assegnata la gestione di piccoli articoli di gossip su un giornale del quartiere con possibilità di organizzare eventi una volta presa confidenza con il mestiere.

Quando rientrai a casa quella sera sentivo la travolgente stanchezza prendere possesso delle mie facoltà motorie ed intellettuali.
Decisi di non cenare e di abbandonarmi ad un bagno caldo prima di abbracciare il mio letto.
Il giorno seguente ero libera da impegni di ogni tipo e pensandoci bene ne ero davvero felice, perché avrei potuto riposare e magari sarei potuta uscire per cercare qualcosa di carino con cui arredare e personalizzare la mia nuova casetta.
Uscita dalla doccia impiegai circa trentacinque minuti ad asciugare la mia indomabile chioma. Avere capelli ricci e lunghi non era sempre così divertente e bello come tutti credevano! Soprattutto se vivevi in una città dove la pioggia e l'umidità regnano sovrane.
Quando entrai sotto le coperte presi il mio telefono e decisi di videochiamare mia madre.
Non sperai molto in una sua risposta data la scarsa complicità con il mondo della tecnologia, ma quella sera riuscì a sorprendermi anche lei.
Al di là dello schermo vidi apparire il suo volto e quello di mio padre al suo fianco.

"Tesoro, come stai?"

Esordì mio padre.

"Tutto bene papà. Oggi è stata una giornata molto impegnativa. Sono rientrata da poco e non ho neppure cenato, sono corsa a letto senza ripensamenti!"

Risposi io noncurante dell'apprensione di mia madre, che intervenne prontamente:

"Anna! Devi mangiare, sai che non mi piace che tu salti i pasti!"

Roteai gli occhi al cielo in risposta, perché mia madre era sempre così melodrammatica.

"Lo so mamma. Non preoccuparti, sono solo stanca e non avevo molta voglia di cucinare in realtà."

Non la vidi molto convita della mia risposta, ma grazie a Dio lasciò correre.

"Come sta procedendo? Tutto bene?"

"Si, sono stata in casa editrice questa settimana per firmare il contratto e ricevere le ultime direttive per presentarmi a lavoro il 15 settembre. Spero vada tutto bene."

Dicendolo per la prima volta ad alta voce mi resi conto che tutti quei cambiamenti stavano avvenendo davvero nella mia vita. Non riuscivo a realizzare a pieno quello che stava succedendo proprio a me, perché ogni cosa stava finalmente trovando un equilibrio.
Quando terminai la chiamata con i miei genitori mi resi conto che l'ora sul mio cellulare segnava le 22:30, così decisi di mettere sotto carica il mio telefono, impostare la sveglia per il mattino seguente e provare a dormire.

Quella serata non è stata molto emozionante ma non importava perché quel tempo mi sarebbe servito per riposare, dato che una volta iniziato con il nuovo lavoro, forse non avrei più avuto modo di ritagliarmi quelle ore di benessere.
Mi addormentai guardando la tv nel mio bel lettone. Stavano trasmettendo un concerto live di Kanye West e Dio solo sapeva quanto mi piacesse.
Il mattino seguente mi svegliai di buon umore. Dopo aver svolto la mia beauty routine ed aver mangiato qualcosa per colazione, mi vestii, mi truccai e dopo essermi informata per la fermata della metro più vicina diretta in zona Piccadilly Circus, uscii dal mio appartamento per dirigermi in centro.
Circa cinque minuti più tardi, nei quali passeggiai per le vie del quartiere, trovai la fermata che in pochissimo tempo mi avrebbe condotta a destinazione. L'aria settembrina di Londra non era esattamente calda come quella italiana.
Indossavo una giacchina di pelle con sotto un maglioncino a collo alto bianco ed un paio di pantaloni neri.
Una volta arrivata in centro, iniziai a camminare tra le vetrine e non potei non notare la differenza abissale tra lo stile italiano e quello inglese. Intorno a me le persone si potevano vestire come volevano e nessuno veniva additato se vestito in maniera più stravagante rispetto ad altri.
Continuando a camminare notai dall'altra parte della strada la vetrina di Valentino, mi innamorai dell'abito in esposizione e pur sapendo di starmi comportando come un'incorreggibile masochista, attraversai le due corsie di fronte a me, e correndo mi ritrovai in pochi istanti davanti a quella meraviglia.
Quello che i miei occhi stavano scrutando, non era solo un bel vestito, era un capolavoro studiato nei minimi dettagli.
Il colore rosso sgargiante, le spalle lasciate scoperte da un elegantissimo scollo a cuore dolcemente ricamato affinché la piega rimanesse morbida sul seno... l'abito era lungo ed uno spacco da terra raggiungeva la metà gamba del manichino scoprendo quasi tutta la coscia.
Delicatamente appoggiai la mia mano sul vetro che ci separava e con aria sognate immaginai di  poter entrare, comprarlo e portarlo via con me.

Il rumore di uno skater che passò alle mie spalle, mi scosse dalla bella fantasia nella quale ero stata trasportata dalla mente e così guardando un'ultima volta quella meravigliosa creazione, sistemai una ciocca di capelli dietro all'orecchio e mi incamminai nuovamente.
Controllando ancora una volta l'orario, notai che era arrivata ora di pranzo, così decisi di concedermi una pausa per riprendere fiato e riposare le mie povere gambe.
Entrai in un piccolo locale, aveva una grande lavagna fuori molto graziosa ed accomodante, così leggendo il menù scelsi quel posto per pranzo.
Il cameriere all'ingresso indicò un tavolo accanto alla finestra e quando mi andai a sedere utilizzai la sedia vuota accanto a me per appoggiare la borsa ed i piccoli acquisti che avevo effettuato nell'arco della mattinata.
Dopo aver effettuato la mia ordinazione, mi persi ad osservare la bellezza della città nella quale mi ero ritrovata a vivere.
Come poteva una città così frenetica essere così perfetta? Ogni cosa al suo posto.
L'ordine e la pulizia degli ambienti comuni era davvero stupefacente.
Presi un libro dalla mia borsa che avevo iniziato a leggere pochi giorni prima.... e durante l'attesa dei miei piatti, lessi qualche pagina.
Ero un'inguaribile romantica,  i miei gusti letterari spaziavano tra romanzi di ogni genere e letteratura storica.
L'amore sotto ogni sua forma mi aveva sempre affascinata.
Come nasce l'amore tra due persone? Da cosa dipende la durata di una relazione? Ed è vero che la fiducia reciproca basta a far sì che esso duri per sempre? Non lo so... queste sono tutte domande che non sono mai riuscita a togliermi dalla testa.
Non ho mai provato cosa vuol dire essere davvero innamorata. Quello in cui credevo fermamente è che se due persone erano legate da un amore vero nulla avrebbe mai potuto separale.
La bellezza sta nella diversità.
La diversità di due persone che trovandosi riescono a mettere da parte le proprie insicurezze, i propri capricci pur di rendere felice l'altro.
Non credevo che l'amore fosse rose e fiori. L'amore era sempre stato caratterizzato da difficoltà, litigi, incomprensioni... e non sempre l'amore bastava per superare ogni conflitto... ma rimanevo dell'idea che alcune persone fossero destinate a stare insieme e che nessuno sarebbe mai riuscito a separarle.
I due protagonisti di un libro che stavo leggendo in quel periodo, alla fine di ogni capitolo mi davano sempre spunti sui quali riflettere.
Loro litigavano molto. Erano diversi come il giorno e la notte, il mare e la montagna... ma inevitabilmente dopo ogni litigio tornavano l'uno tra le braccia dell'altra. Certe volte mi chiedevo quanto questo fosse un bene o quanto in realtà si potesse avvicinare all'autodistruzione..
Per me erano una dimostrazione di forza ma per altri potevano rappresentare debolezza e dolore. Non sapevo spiegarmi e forse non lo sapevano neanche loro o chi aveva scritto il libro, come dopo tanto dolore si potesse trovare la forza di continuare ad amarsi.
Mi perdevo a leggere storie d'amore di qualcun altro, perché speravo tanto di trovare l'amore, quello vero. Non riuscivo a credere che quello narrato nei libri fosse solo frutto di immaginazione.
Se qualcuno ne parlava, voleva dire che da qualche parte nel mondo avrebbe dovuto pur esistere.
I miei pensieri vennero interrotti gentilmente dal cameriere che portò al mio tavolo l'ordinazione effettuata da me circa quindici minuti prima.

"Ecco a lei signorina!"

Mi disse porgendomi il piatto con un sorriso.
Assaporai ogni boccone perché erano giorni che non mangiavo qualcosa che non fosse chiuso in una confezione da non so quanto tempo.
Quando finii la consumazione del mio piatto mi diressi verso l'uscita fermandomi poco prima per pagare.

"Il suo pranzo è stato gentilmente offerto signorina."

Disse il cameriere davanti a me.
Rimasi interdetta per un attimo e mi guardai intorno per cercare di capire cosa stesse succedendo.

"Mi è stato detto di consegnarle questo. "

Disse porgendomi un biglietto.
Non ci stavo capendo più niente.
I miei genitori erano piombati a Londra senza dirmi nulla?
Chi poteva avermi offerto un pranzo sennò? Non conoscevo nessuno!

"Posso sapere chi è stato?"

Chiesi piombando in uno stato di confusione completa.

"Non lo so, io ho solo recapitato un messaggio."

Mi rispose gentilmente sollevando le spalle e facendomi strada per accompagnarmi alla porta, lasciandomi con mille punti interrogativi.
Gli sorrisi e capii che stava dicendo la verità. Lui non lo sapeva davvero. O almeno così credevo.
Uscendo dalla porta decisi di aprire il biglietto che mi era stato consegnato poco prima ed aprendolo i punti interrogativi aumentarono.
La calligrafia era molto bella, ma si capiva che non poteva appartenere ad una donna.
Il messaggio all'interno era in lingua inglese ed i miei genitori mi avrebbero sicuramente scritto in italiano.

<>

Solo queste semplici parole. Non una firma. Non un'iniziale. Niente.
Non stavo capendo.
Dubbiosa continuai ad entrare ed uscire da numerosi negozi senza acquistare mai nulla, data la curiosità che portava la mia mente da un'altra parte.
Cercai di distrarmi nel tragitto di ritorno verso casa, ma non era così semplice.
Quando aprii la porta del mio piccolo appartamento mi sentii subito meglio.
Tolsi le scarpe, sistemai i miei pochi acquisti e corsi verso la mia camera per videochiamare i miei genitori e chiedere loro spiegazioni.

"Siete stati voi?"

Chiesi loro non appena vidi spuntare mia mamma dall'altra parte del telefono.

"Come? Di cosa stai parlando?"

Scrutai il suo viso per capire se quello stupore si trattasse di una bugia o della semplice verità.

"Oggi. Il pranzo. Me lo avete offerto voi? Siete a Londra e non mi avete ancora avvisata??"

Forse sembravo pazza, ma chi mi conosceva davvero sapeva quanto io fossi curiosa.

"Anna ma cosa stai farneticando? Come avremmo fatto a venire a Londra senza avvisarti? Siamo a casa! Non vedi?"

Intervenne mio padre girando la fotocamera del telefono per mostrarmi mia nonna in giardino mentre annaffiava le nostre piantine.
Continuavo a non capire ovviamente.

"Chi ti ha offerto il pranzo quindi?"

Mio padre era sempre stato un tipo piuttosto geloso in effetti.

"Ehm... non lo so? Non avrei chiesto a voi altrimenti!!"

Risposi dando per scontato che avessero capito il mio essere all'oscuro dei fatti.

"Ti sei già fatta un ammiratore eh?!"

Chiese mia madre ridacchiando e facendomi l'occhiolino.

"Non credo proprio mamma! Non conosco ancora nessuno qui... si saranno sbagliati."

Risposi omettendo il piccolo particolare del bigliettino lasciato per me.
Forse si erano davvero sbagliati.
Mi avranno scambiata per un'altra ragazza?
Non lo sapevo davvero...
Salutai i miei genitori dopo circa venti minuti di conversazione nei quali ritagliai del tempo per parlare anche con mia nonna che ancora non si capacitava dei passi in avanti che aveva fatto la tecnologia per permetterle di vedermi dall'altra parte di un telefono nonostante mi trovassi in un altro paese. Il rapporto con mia nonna era l'unica cosa che mi aveva fatta vacillare davvero nel prendere la decisione di trasferirmi.
Una volta riposto il telefono nella tasca dei miei pantaloni, mi avviai in cucina per preparare qualcosa di buono da mettere sotto ai denti.
Non potevo saltare un altro pasto o chi l'avrebbe sentita mia madre se lo avesse scoperto. Incredibilmente quella donna sapeva sempre cosa facevo ancora prima di concluderla..
Alzando il volume della radio anni '80 che avevo trovato con l'arredamento della casa, mi dilettai ai fornelli improvvisando un'insalata di pollo con salsa yogurt.
Mangiare in solitaria era uno dei pochi lati negativi che avevo trovato nel mio trasferimento a Londra.
Non poter parlare con nessuno alla fine della giornata non era affatto bello.
Ogni cosa avrebbe trovato il suo equilibrio, ne ero sicura.
Sarei riuscita a farmi qualche amico magari.
Con il tempo le cose si sarebbero sistemate e forse tutto si sarebbe aggiustato e mi sarei abituata a quella nuova vita che avevo desiderato per tanto tempo.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo Due ***


Il mio primo giorno di lavoro non era andato come mi aspettavo.

Mi presentai alle ore 9:00 in punto, puntuale ed emozionata per quella che rappresentava la mia rivalsa.

Venni accolta dalla donna che vidi tramite lo schermo del mio computer per un colloquio diversi mesi fa.  Caroline Ford, personalità di spicco nella società inglese. Donna in affari e paladina delle giuste cause.

Mi ero documentata molto su di lei una volta saputo di aver ottenuto il lavoro, dovevo conoscere le persone per le quali avrei lavorato. Non mi aspettavo una vastità di genere così ampia, ma quel giorno conobbi personalità di ogni tipo. 

Caroline era la redattrice capo della "Ford Publishing", azienda leader nel settore da molti anni a questa parte, era stata fondata dal padre e lei aveva saputo cavalcare la cresta dell'onda modernizzando i contenuti delle sue riviste, una volta che lui aveva deciso di ritirarsi.

Mi accolse con un grande sorriso, non mi sentii l'ultima arrivata e di questo le sono stata molto grata. La prima settimana in ufficio fu molto intensa data la mia scarsa conoscenza del quartiere nel quale mi ero ritrovata ad abitare ed in seguito a lavorare.

Venni affiancata da una ragazza che scoprii avere la mia età. Il suo nome era Josephine.

Molto piccola di statura, occhi chiarii, capelli biondi, lisci e lunghi fino al sedere. Non ho avuto molta difficoltà nel relazionarmi con lei, perché era alla mano proprio come me.

La mia situazione lavorativa prevedeva tante dinamiche, una tra le quali mi vedeva immersa nella documentazione riguardante la storia moderna del quartiere.

Il mondo del giornalismo mi aveva sempre affascinata. Potevo scoprire fatti della vita altrui che non avrei mai immaginato.

Riuscii a portare con me in ufficio delle fotocopie molto interessanti riguardanti il mondo dello spettacolo e le figure emergenti degli ultimi dieci anni che avevano portato lustro al paese. Non mi stupii di trovare un articolo intero dedicato ad alcuni dei miei artisti preferiti.

Entrando in redazione trovai sulla scrivania un volantino appositamente sistemato sulla tastiera del mio portatile.

Lo girai tra le mani per capire di cosa si trattasse, ma ogni mio dubbio venne spazzato via da Josephine ,che accompagnata dalla nostra capo redattrice, spiegò l'iniziativa promossa dalla casa editrice per raccogliere fondi da donare all'ospedale pediatrico della zona.

Un ballo in maschera.

"Sei ufficialmente invitata al tuo primo party aziendale!"

Esordì Caroline fiera di sé.

"Tu sei stata più fortunata di me! Il mio primo evento trattava la pubblicizzazione di pillole per riequilibrare la flora batterica dell'apparato genitale femminile!!"

Disse Emily con un'espressione piuttosto disgustata, facendoci ridere.

"Anche quello era molto importante Josy!"

Le rispose Caroline portandosi una mano alla bocca ridendo. Era molto socievole e non sembrava il solito capo taciturno e bisbetico.

"Che cosa devo mettermi?"

Chiesi emozionata e piuttosto preoccupata. Nel mio armadio non ci sarebbe stato sicuramente niente di adatto.

"Non preoccuparti per questo! Andremo a fare shopping questo pomeriggio e ti aiuterò io. "

Mi tranquillizzò la mia nuova collega.

"Ok. Dovrò fidarmi di te! Non conosco i negozi ancora, non saprei dove cercare sennò.!"

Josephine mi fece l'occhiolino prima di andarsene per lasciarmi da sola con Caroline.

"Vi ringrazio molto per avermi invitata, sono onorata di poter partecipare ad un evento pubblico di questo genere, è una bellissima iniziativa. "

"Sono sicura che lo sarai! Anna... volevo parlarti del tuo ultimo lavoro, ho trovato delle piccole correzioni da apportare al tuo articolo."

Si avvicinò a me con dei fogli in mano che scoprii essere i miei scritti di qualche giorno prima.

"Vedo delle informazioni non chiare su alcuni luoghi... puoi correggere?"

Mi chiese sempre lei con gentilezza.

"Si, immaginavo ci fosse qualche errore. Questa mattina prima di entrare in ufficio sono passata dalla biblioteca per documentarmi sul quartiere. Mi spiace di non essere stata molto precisa, rimedierò all'errore e mi terrò più informata così che non accada una seconda volta."

Risposi cercando di non sembrare patetica, ma quel lavoro mi serviva davvero, non potevo farmelo scappare per degli errori geografici dovuti alla mia scarsa conoscenza del posto.

"Non preoccuparti! Sei nuova qui, devi solo ambientarti ed imparare. "

Prima di uscire si raccomandò sull'abbigliamento da tenere in considerazione per la serata in programma.

Si trattava di un ballo in maschera elegante, ognuno di noi doveva indossare un abito da sera ed una piccola maschera per coprire il volto.

Aggiunse anche che la maschera più originale, sarebbe stata messa all'asta per i collezionisti che avrebbero partecipato all'evento.

Le ore che seguirono mi videro impegnata nella correzione degli appunti che Caroline mi aveva fatto notare.

Uscendo dal mio ufficio notai Josephine era seduta sul bordo della sua scrivania mentre mi scrutava con aria sospetta.

Mi indicò.

"Ti stavo aspettando!"

Il suo tono mi fece ridere data la vena quasi intimidatoria.

"Andiamo! Prima il pranzo e poi lo shopping!"

Disse saltando giù dalla scrivania ed avviandosi saltellando verso la porta.

Continuavo a pensare a quanto il clima fosse diverso in Inghilterra. In Italia nel mese di settembre  continuiamo ad andare al mare, negli stessi giorni in cui qui iniziavamo ad indossare giacche e stivali.

"Dove pranziamo oggi?"

Chiesi alla mia collega per capire dove mi stava conducendo.

Fermando un taxi mi disse che stavamo raggiungendo Camden per pranzare con qualcosa di diverso dalle solite brodaglie inglesi.

Ci vollero circa venti minuti di auto prima di arrivare; in effetti non era proprio il posto più vicino nel quale andare.

Pranzammo in un ristorante italiano e scoprii che il cuoco era originario di Firenze, la meravigliosa Firenze. Avevo dei parenti lì. 

Josy ordinò una deliziosa cacio e pepe, mentre io ordinai una pizza margherita. Mi mancava così tanto la pizza, quella buona...

Quando finimmo i nostri piatti ci avvicinammo al bancone per pagare ed un volta fatto ci addentrammo tra le bellezze del mercato di Camden. Ci ero già stata in precedenza, avevo circa sedici anni l'ultima volta che ho visitato Londra ed ero innamorata di quel posto. Comprai degli orecchini in una bancarella, li ho ancora e li porto sempre con me. Sono sempre stata molto attaccata ai ricordi.

La mia esuberante collega non perse tempo ed una volta notato un vestito nella vetrina di un negozio, mi afferrò per un braccio e mi trascinò al suo interno.

Guardandomi intorno notai qualcosa di carino e decisi di provarmelo.

Era un vestito nero con una scollatura sulla schiena molto profonda, una volta indossato uscii dal camerino e trovai Josephine pronta per scrutarmi dalla testa ai piedi.

Mi stavo osservando allo specchio nell'attesa che anche lei uscisse dal suo camerino, aveva portato con se una miriade di abiti da provare e non vedevo l'ora di scoprire su quale sarebbe ricaduta la sua scelta!

D'altro canto, quello che stavo indossando io, non mi aveva convita affatto. Vedevo troppe cose che non andavano bene in me in quel momento ed il mio umore finì sotto ai miei piedi, soprattutto dopo aver visto uscire la mia amica dal suo camerino.

Indossava un abito verde sgargiante molto bello, le stava benissimo. Aveva un corpetto aderente con qualche inserto luccicante ed una gonna ampia in tulle che scendeva fin sotto le sue ginocchia. Le stava benissimo e faceva risaltare il colore dei suoi occhi, in perfetto contrasto con i suoi lunghi capelli biondi.

"Mi piace!!"

Esordì lei noncurante del suo tono di voce eccessivamente alto.

"Anche tu stai benissimo!"

Continuò rivolgendosi a me ed ammiccando.

"Non credo proprio. Per oggi passo. Questo abito mi sta terribilmente male! Le mie tette sono tutte in mostra! Ho l'autostima sotto terra dopo averti vista e credo che per oggi il mio umore non cambierà e non riuscirò a vedere più niente che potrà starmi bene!"

Le dissi spiegandole il mio stato d'animo in quel momento.

"Ma come??? Abbiamo ancora tanti altri negozi da visitare! Questo era solo il primo!"

Mi rispose mettendo il broncio.

Mi conoscevo fin troppo bene e dopo aver notato tutti quei difetti guardandomi allo specchio, sapevo che da lì in poi ogni cosa che avrei indossato non mi sarebbe piaciuta.

Dopo vari tentativi da parte di Josy di convincermi a restare per continuare le nostre ricerche dell'abito perfetto, riuscii a farle capire il mio punto di vista.

Quando tornai a casa decisi di salire per cambiarmi ed uscire di nuovo per una corsetta serale. Non sono mai stata un tipo sportivo, ma nella mia nuova vita avevo intenzione di impegnarmi per cambiare ogni aspetto che non mi rendeva felice e l'eterno conflitto con il mio corpo era uno di quelli.

<>

Questo fu il messaggio che trovai nel mio cellulare una volta uscita dalla doccia.

Josy era molto carina e gentile con me.

Non potevo non sorridere alle sue parole. Si preoccupava per me e questo non poteva passare in osservato. Era il primo legame più vicino all'amicizia che avevo instaurato da quando mi ero trasferita.

Sentii il campanello suonare il che mi risultò molto strano, nessuno sapeva dove abitavo.

Non avevo ordinato nulla su internet.

Aprii indossando ancora l'accappatoio ed un turbante improvvisato con l'asciugamano che tenesse a bada i miei capelli.

Non trovai nessuno oltre la porta, abbassando lo sguardo prima di rientrare notai un grande pacco ai miei piedi.

Valentino. La grande scatola aveva il marchio di Valentino, un grande fiocco rosso faceva da sigillo. Incredula mi chinai per raccogliere quello che era stato depositato davanti alla mia porta e rientrai in casa.

Sedendomi sul divano portai il pacco sulle mie gambe ed osservai il pacco incerta prima di aprilo. Che scherzo era?

Delicatamente aprii la scatola e la prima cosa che notai sopra al velo di carta che impediva la visuale del contenuto, era un biglietto.

<>

Sollevando il velo la mia mascella rischiò di arrivare al pavimento quando capii che si trattava del meraviglioso abito che avevo squadrato per diversi minuti nella vetrina a Piccadilly qualche settimana prima.

Lo sollevai leggermente dalla scatola e lo osservai sbigottita. Era bellissimo.

Lo scollo era la particolarità più bella dell'abito, senza spalline e disegnato per un seno prosperoso, proprio come il mio.

Il rosso era brillante, stupendo, un colore molto intenso.

Perché nessuno si firmava?

"Se lo indosserai potrò riconoscerti..." dissi sotto voce girandomi il biglietto tra le mani.

Chi me lo aveva mandato?

Feci una foto a quel bellissimo involucro e la inviai ad Josy, scrivendo: 

<>

Pochissimi secondi dopo il mio telefono iniziò a squillare senza sosta.

"Coosaaa???? Valentinoo??? Ma come hai fatto?????"

La sentii gridare in video chiamata, mi fece ridere la sua reazione.

"Io non ho fatto niente, non potrei permettermelo neanche se volessi!"

Rise anche lei e confermando la mia tesi.

"Non hai la minima idea di chi potrebbe essere stato? Non lo sai proprio?"

"Non ne ho la più pallida idea. Credo che sia riconducibile ad un episodio capitato qualche settimana fa..."

"Cos'è successo?"

Chiese la mia amica con tono indagatore.

Le spiegai la vicenda del pranzo durante la mia giornata di "shopping casalingo" a Piccadilly circus e dopo avermi ascoltata per svariati minuti, ridacchiò e prendendomi in giro mi diede quasi della pazza.

Disse semplicemente che forse era stata tutta opera del cameriere del ristorante che si era preso una cotta per me.

Dopo aver concluso la telefonata, mi aveva quasi convinta.

Decisi di indossare quel bellissimo abito che per qualche assurdo motivo era capitato davanti alla mia porta.

Delicatamente lo lasciai scivolare lungo le mie gambe ed osservandomi allo specchio, mi resi conto che incredibilmente sembrava disegnato per il mio corpo non proprio magrolino.

Un abito a sirena dal colore brillante che risplendeva sotto il tessuto morbido del raso.

Era aderente nei punti giusti volti ad evidenziare il punto vita ed il seno senza

risultare volgare.

Non era ornato da accessori di alcun tipo, l'eleganza del tessuto che si adattava

alle mie forme, era stupefacente.

La persona che aveva deciso di inviarmi il pacco aveva pensato proprio a tutto,

dato che al suo interno, sotto innumerevoli strati di veli spuntarono delle bellissime décolleté nere a punta, ed una piccola pochette con qualche

brillantino.

Come faceva a sapere dove abitavo? La mia taglia? Il numero di scarpe?

Quella storia non mi convinceva affatto! Ogni cosa sulla quale ragionavo, portava solo altre domande.

..................................

Erano trascorse ben due settimane da quando ricevetti quel bellissimo regalo; e la mia vita frenetica continuava senza sosta.

Al mattino mi svegliavo presto, studiavo qualche ora prima di correre in ufficio, lavoravo e tornavo a casa.

Stavo imparando molto lì dentro: sulla cultura del nuovo paese nel quale mi trovavo, sui gusti musicali degli inglesi e sugli scandali.

Un mondo che non mi dispiaceva affatto, era bello lavorare leggendo delle riviste. 

Il mio compito era quello di trovare dire la mia, utilizzando il punto di vista di una giovane donna che avrebbe aiutato la rivista ad arrivare ai ragazzi e non solo agli adulti.

"Ehi! Finalmente ti ho trovata! Credevo te ne fossi già andata..."

Esclamò Caroline trovandomi con il naso immerso in alcuni fascicoli.

Non riusciva a trovarmi solo perché mi ero rifugiata in archivio per essere circondata dal silenzio più totale mentre continuavo a documentarmi.

"No, sono ancora qui... stavo leggendo alcuni vecchi articoli per cercare di capire l'ossessione degli inglesi per i cappelli stravaganti!"

Dissi facendola sorridere nel mostrarle un'immagine che ritraeva la Regina Elisabetta con un copricapo piuttosto discutibile.

"Vedrai che vivendo qui, verrai contagiata anche tu!!"

Rispose la mia responsabile ridacchiando.

"Sono venuta a dirti che questa sera l'auto aziendale ti aspetterà sotto casa alle 21.00 in punto."

"Auto aziendale?"

Chiesi stupita.

Mi meritavo un'auto aziendale? Avevo già immaginato di raggiungere la location del party spendendo un occhio della testa in taxi.

"Certo! Ne abbiamo tutti una. Tu ed Josephine condividerete la stessa!"

Wow. Ero proprio capitata in paradiso.

"Beh... allora non mi rimane che ringraziarti."

Caroline se ne andò ed io ero nervosa.

Sapevo che la mia amica nonché collega, questo pomeriggio aveva appuntamento dal parrucchiere, ma io non ne avevo voglia.

Avevo deciso di asciugarmi i capelli al naturale e di arricciare qualche ciocca meno definita dal diffusore.

Quando uscii dall'archivio era fin troppo tardi, mi restavano solo due ore prima che arrivasse il mio passaggio e dovevo ancora tornare a casa!

Corsi per tutto l'isolato in cerca di un taxi e quando uno si fermò al mio fianco, lungo la strada, ringraziai il cielo.

Un'ora e quarantacinque. Mi rimaneva sempre meno tempo.

Entrai nel mio appartamento trascorsi altri quindici minuti ed una volta aperta la porta lanciai tutto quello che avevo addosso sul divano divincolandomi per togliermi il maglione ed i pantaloni saltellando per la stanza e sbattendo su ogni superficie presente nel mio piccolo salottino.

Di solito mi piaceva molto il momento della doccia, perché era il mio attimo di serenità e relax alla fine della giornata, ma non di quella, perchè la parte migliore doveva ancora iniziare.

Ci impiegai solo dieci minuti per lavare via tutte le mie ansie e dare spazio alle nuove osservando il mio volto struccato allo specchio, visibilmente stanco. Avrei dovuto mettere davvero molto impegno al fine di riuscire a coprire le mie occhiaie.

I miei capelli si asciugarono piuttosto bene, fortunatamente le ciocche disordinate non erano molte ed impiegai pochissimo tempo ad arricciare quest'ultime.

Feci un trucco leggero, definii gli occhi con un eyeliner nero e la bocca con un rossetto rosso molto bello che si intonava benissimo al mio vestito.

Indossai degli orecchini di mia madre, che aveva deciso di regalarmi prima di partire. Erano molto belli, brillavano moltissimo ed essendo fissi al lobo, non rischiavano di intrigarsi nei miei lunghi capelli.

Arrivò presto il momento di indossare il mio outfit ed ero nervosa.

Con delicatezza aprii la lampo del mio vestito ed entrando al suo interno le feci risalire lungo tutto il mio corpo.

Non indossai il reggiseno ovviamente e lo scollo rimaneva per me il pezzo forte. Inserii all'interno delle scarpe dei cuscinetti in silicone al fine di sentire meno dolore possibile durante tutto l'arco della serata.

Mancava solo una cosa per essere pronta, quindi tornai nel salotto dove avevo lanciato tutte le mie cose al rientro e guardandomi intorno cercai piccola bustina in carta nella quale si trovava la mia maschera per la serata.

Era molto bella, aveva attirato la mia attenzione in una bancarella di Camden qualche giorno prima e decisi di comprarla. Era tutta nera, un gioco di intrecci pazzesco che la faceva assomigliare ad una ragnatela.

Quando la indossai mi resi conto di aver fatto un buon acquisto, dal momento in cui sentii la morbidezza del velluto sul mio visto.

Ero pronta!

Non aspettai molto prima che arrivasse una chiamata da Josy.

"Siamo qui sotto! Scendi!"

 

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Capitolo 5
*** Capitolo Tre ***


Durante il viaggio in macchina Josy ed io ci complimentammo a vicenda per i nostri vestiti.

Lei alla fine aveva optato per quello verde che le vidi indossare il giorno che facemmo un giro per negozi insieme. Aveva abbinato un paio di scarpe con un tacco largo dello stesso colore ed un cerchietto con molti brillantini che le teneva i capelli indietro. Stava benissimo!

"Quindi stasera lo incontrerai?"

Mi chiese picchiettando sulla mia gamba scoperta dallo spacco del vestito.

"Non so più che cosa pensare Josy, ma stasera andremo alla festa per un altro scopo."

Le risposi io sorridendo pensando a quanto fosse bella l'iniziativa organizzata dalla nostra azienda. 

Mi rigirai la maschera tra le mani per qualche secondo prima di rendermi conto che il nostro autista aveva svoltato dolcemente per parcheggiare davanti all'entrata di una bellissima villa. In men che non si dica venne ad aprire la nostra portiera per aiutarci a scendere dall'auto ed io portai la mia maschera sul viso sistemandola bene dietro alla nuca nella speranza che non cadesse durante l'arco della serata.

"Continuo a pensare che questa cosa sia incredibilmente romantica." Esclamò la mia amica prima di seguirmi e scendere dalla macchina.

Le sorrisi ed avvolgendo le nostre braccia l'una con l'altra, ci incamminammo sul tappeto rosso per entrare all'interno del grande salone dove si sarebbe svolto l'evento.

L'atmosfera era bellissima. Caroline si era data molto da fare affinché tutto risultasse perfetto e devo dire che ci era proprio riuscita.

Il colore prevalente della festa era il bianco, ma non mancarono rifiniture con brillantini di ogni tipo, decorazioni floreali ovunque e tavoli rotondi molto spaziosi ornati da composizioni davvero strepitose.

L'atmosfera era incredibile. Non avevo mai partecipato ad un evento di quel tipo in Italia, di conseguenza quello che per le altre persone poteva sembrare normale, per me risultava assurdamente bello.

Mi piaceva molto e ad essere onesta, l'ambiente ti dava l'illusione di essere in una favola.

La musica di accompagnamento era molto delicata e proveniva da un palco collocato in fondo alla sala, sul quale notai una band composta da musicisti prettamente legati allo stile classico/jezz.

Josy attirò la mia attenzione con un colpetto sul braccio e notai che ci stavamo incamminando verso dei divanetti bianchi, dove Caroline ci stava aspettando in compagnia di altre persone che fino a quel momento non avevo mai visto.

"Benvenute ragazze! Vorrei presentarvi il Signor Jule ed il Signor Miller. Sono i principali sponsor di questa meravigliosa serata e senza il loro prezioso aiuto, non sarebbe riuscita così bene."

Entrambe sfoderammo uno dei nostri migliori sorrisi quando porgemmo le nostre mani per stringere le loro e presentarci.

"Caroline ci ha detto che siete molto in gamba. Sono lieto di conoscervi."

Disse il Sig. Jule prendendo la mia mano e portandosela alle labbra.

"Siamo molto onorate di essere qui stasera, l'iniziativa per la quale è stato organizzato questo evento è davvero ammirevole. Spero che i fondi raccolti saranno molti."

Risposi io stringendo la mano anche all'altro investitore.

"Siete bellissime ragazze!"

Esclamò Caroline venendo ad abbracciarci.

"E questo vestito Anna è stupendo! E' la nuova collezione di Valentino! Come hai fatto?"

Mi chiese incredula squadrandomi dalla testa ai piedi.

"E' una lunga storia Caroline..."

Le rispose al mio posto Josy facendomi ridere.

"Beh ragazze, prendete qualcosa da bere e divertitevi! Ci vediamo in giro!"

Ci disse lei incoraggiandoci ad avviarci al piano bar che stava servendo champagne a prima vista molto costoso.

Dato che il tema della raccolta fondi riguardava proprio gli accessori che tutti portavamo in viso, notai che qualcuno aveva davvero esagerato con le proprie maschere. Ne vidi di ogni tipo alcune davvero molto stravaganti e fin troppo colorate.

Un cameriere con una divisa molto sexy si avvicinò a noi è lasciò sul nostro tavolo due cocktail evidentemente offerti durante la serata.

Uno dei drink più buoni che avessi mai assaggiato, fruttato e dolce proprio come piaceva a me.

Adoravo l'alcol mescolato con la frutta, un sorso soltanto, mi faceva sentire appagata, leggera e rigenerata.

Josy iniziò a commentare tutti i personaggi che apparivano davanti ai nostri occhi, analizzando nel dettaglio: la loro statura, il loro ruolo di rilievo nella società e perché no, anche il loro aspetto fisico.

Mi piaceva molto stare con lei, perché involontariamente avevo trovato una compagna di pettegolezzi migliore del previsto, qualche volta riusciva ad ammutolire anche la sottoscritta. Il che era tutto dire.

Non riuscivo a riconoscere le persone data l'atmosfera piuttosto buia della sala.

Il nostro bel discorso su quanto quella nuova vita stesse diventando l'opposto di quella che avevamo, venne interrotto da una richiesta per un ballo.

Un ragazzo molto alto porse la mano alla mia amica e lei prima di accettare guardò dalla mia parte leggermente titubante, come per chiedere il permesso.

Io non potei fare a meno di ridacchiare e di darle una leggera spinta verso le braccia del cavaliere mascherato.

Non succede tutti i giorni di ricevere attenzioni da un gentiluomo, no?!

Seguii la mia amica con lo sguardo fino a quando non la vidi scomparire con Mr. gentilezza in mezzo alla pista da ballo.

Mi guardai intorno e mi venne da ridere. Portano il drink alle mie labbra, tra me e me pensai solo a quanto era cambiata la mia vita in così poco tempo. Mi voltai per vedere meglio l'orchestra e per qualche minuto mi persi dietro alla melodia che fuoriusciva da quegli strumenti. Mi aveva sempre affascinata il pianoforte, ma diciamo che il mio talento nascosto era quello di non avere proprio alcun talento. Non sapevo cantare, non sapevo suonare, non sapevo disegnare e neanche dipingere o ballare. Risi di nuovo tra me e me puntando sul fatto che non avrei attirato l'attenzione di nessuno grazie alle luci molto basse.

"Se lo indosserai, potrò riconoscerti."

Una voce roca arrivò dritta alle mie orecchie e quando sollevai lo sguardo lasciando i miei pensieri da una parte, incontrai una figura alta e slanciata che in quel momento torreggiava su di me.

Un ragazzo vestito elegante con un completo nero da mozzare il fato, capelli ricci tirati indietro ed una maschera scura che lasciava praticamente tutto all'immaginazione.

Era lui. Il vestito, le scarpe.... Era lui.

"Tu..."

Risposi sottovoce rimanendo seduta non riuscendo a capacitarmi. Non era uno scherzo. Stava succedendo davvero.

Non sapevo cosa stessi provando in quel momento. Ero eccitata. Sconcertata, ma anche eccitata.

"Il mio impegno nel ritrovarti ti ha lasciata senza parole?"

Mi chiese gentilmente porgendomi una mano ed intuendo il mio stato d'animo. Ritrovarmi?

"Ritrovarmi?"

Diedi voce ai miei pensieri accettando la sua mano ed alzandomi in piedi.

Una volta raggiunta la posizione eretta, mi resi conto della nostra differenza di altezza piuttosto marcata, nonostante io stessi indossando diversi cm di tacchi alti.

"L'ultima volta che ti ho vista eri piuttosto impegnata ad osservare questo bel vestito addosso ad un manichino dentro alla vetrina di Valentino. Devo dire che su di te il risultato è splendido."

In quel momento ringraziai il cielo che l'atmosfera fosse così confusa perché per un momento sentii un forte calore sulle mie guance.

"Sei stato tu.. tu mi hai offerto il pranzo quel giorno! Ma perché lo hai fatto? Mi hanno dato tutti della pazza per settimane..."

Chiesi io sorridendo e portandomi una mano alla fronte in cenno di esasperazione.

"Volevo catturare la tua attenzione, ci sono riuscito?"

"Beh... direi proprio di sì! Ma per quale motivo? Non mi conosci neanche..."

"Potrei iniziare chiedendoti di ballare. Ti piacciono i lenti?"

Mi chiese tenendomi ancora per mano e voltandomi le spalle mentre iniziava a condurmi verso la pista da ballo.

"Si..."

In quel momento non ho voluto precisare che i lenti mi piacevano moltissimo ma che allo stesso tempo non sapevo ballarli.

Sentii una sua mano posarsi sulla mia schiena ed una volta raggiunta la pista, avvicinandomi a se, sorrise e disse:

"Bene, so già qualcosa in più su di te."

Non riuscivo a capire quale volto si celasse dietro alla maschera, perché era ben congegnata da lasciare intravedere solo il colore dei suoi occhi verdi e pochissimo la sua bocca. Gli spazi visibili erano comunque coperti da una rete molto leggera ma abbastanza coprente da impedirmi di capire meglio quali fossero i tratti del ragazzo davanti a me.

"Come mi hai trovata? Mi hai seguita fino a casa forse?"

Chiesi in tono minatorio.

Non sapevo fin quanto lusingarmi delle sue attenzioni, considerato che uno sconosciuto era riuscito a rintracciare il mio indirizzo di casa senza riscontrare alcuna difficoltà.

"Non ti rivelerò i miei segreti! Ci siamo appena conosciuti!"

Mi fece ridere il tono scherzoso che decise di utilizzare.

Era un bravo ballerino, portava avanti la nostra coppia facendo risultare anche me una ballerina non male, dovevo dargliene atto. Ci sapeva fare.

Io ero una frana.

"Mi spiace che tu abbia scelto proprio me per ballare, non sono una buona ballerina."

Rise ed il suo sorriso era contagioso perché chinando leggermente la testa sorrisi anche io.

Il silenzio imbarazzante che si era creato tra di noi stava cominciando a sentirsi ed avevo paura di dire stupidaggini se a rompere il ghiaccio fossi stata io.

Guardandomi intorno, notai le numerose coppie ballare avvinghiate e per un momento sentii salire l'imbarazzo, sperai con tutto il cuore che sarebbe stato lui ad interrompere il silenzio che era sceso tra di noi.

Prese entrambe le mie mani e facendole scivolare sul suo petto; appoggiò delicatamente le sue sui miei fianchi avvicinandomi a se. Le note in sottofondo erano di una delle mie canzoni preferite.

The script con "The man who can't be moved."

Di solito ascoltandola cadevo in un mare di pensieri, era così bella e piena di significato....ma non quella sera, in quel momento stava solo accompagnando un piacevolissimo momento con uno sconosciuto.

"Di solito ballo con mia madre quando riesco a staccare dal lavoro, a lei piace molto. Mi ha insegnato tanti trucchetti."

Quelle parole mi scossero un attimo e mi venne spontaneo sorridere, consapevole del fatto che molto probabilmente, lui non mi avrebbe neanche vista.

"E' una cosa molto dolce..."

Risposi felice del particolare che mi aveva raccontato e del fatto che quasi nessuno si interessava a cosa piaceva o non piaceva ai propri genitori ormai.

"Di cosa ti occupi?"

Gli chiesi riferendomi al suo lavoro.

"Non posso dirtelo. E' un segreto."

La sua risposta così misteriosa mi incuriosì molto.

"E tu?"

"Sono una spia dei servizi segreti britannici."

Alzai lo sguardo verso di lui e scoppiò a ridere, aveva un sorriso molto bello per quel poco che potevo vedere; ero sicura che mi ricordasse qualcuno.

Afferrando una mia mano in un secondo mi trovai coinvolta in una piroetta. Mi fece volteggiare due volte prima di portarmi di nuovo tra le sue braccia.

"Vorrei almeno sapere il tuo nome, io mi chiamo-"

Non riuscii a finire la mia frase dato che con una seconda piroetta mi fece voltare tra le sue braccia finendomi alle spalle.

Cinse la mia vita e continuò a muoversi dietro di me tenendomi per mano.

Lo sentii avvicinarsi al mio orecchio e sussurrare:

"Non voglio saperlo, mi piace il mistero."

"Dovrei dedurre che neanche io saprò il tuo nome?"

Chiesi leggermente infastidita.

Per quale motivo tutto quel mistero?

Un sorrisetto furbo spuntò sul suo viso e proprio in quel momento un bagliore illuminò la sala per qualche manciata di secondi e potei giurare che avesse qualcosa di familiare.

La musica si interruppe ed il misterioso ragazzo prese la mia mano nella sua ed incamminandosi verso l'uscita posteriore scostando una tenda notai che ci stavamo dirigendo in un bellissimo giardino poco illuminato.

"Che ci facciamo qui?"

Chiesi a lui non appena raggiungemmo l'esterno.

"Non ti ho corteggiata per doverti condividere con altre trecento persone questa sera. Abbiamo ballato, ma vorrei conoscerti un po'."

Mi fece arrossire nuovamente.

"Non abbassare lo sguardo, vedo comunque il rossore sul tuo viso."

Disse appoggiando due dita sotto al mio mento facendomi sollevare lo sguardo nella sua direzione.

"Cosa vuoi sapere di me?"

Chiesi guardandolo dritto negli occhi.

"Tu non sei del posto vero? Hai un bellissimo accento."

Mi aveva smascherata.

"Sono italiana e mi sono trasferita qui da poco per lavorare."

"Amo l'Italia. Dovendo viaggiare molto per lavoro ho avuto l'occasione di visitarla spesso e ne sono rimasto affascinato!"

Mi rispose spiegandomi quanto era rimasto colpito dal mio paese ed aveva ragione ad esserlo. L'Italia è uno dei paesi più belli al mondo, non l'ho mai negato.

"Sono d'accordo, il mio paese è bellissimo. Personalmente mi sono trasferita per cercare una stabilità che non riesco a trovare lì, purtroppo la bellezza di un posto non sempre è abbastanza."

Pensavo davvero tutto quello che avevo detto.

"Credo che sia un paese dalle molteplici risorse, che allo stesso tempo non vengono sfruttate a dovere."

Rispose lui. Non poteva esprimere in termini migliori la ragione che mi aveva spinta ad allontanarmi dalla mia terra. Abbassai lo sguardo ed incrociai le mani annuendo alle sue parole.

"Tocca a me adesso... Voglio sapere qualcosa di te, non posso sapere il tuo nome, ma dovrai pur avere qualcosa da raccontare."

Lo incalzai al fine di riuscire a strappargli qualche informazione in più.

La mia curiosità non trovava pace.

"Mi piace cantare. Lavoro sodo e cerco di portare a casa più risultati possibili. Per motivi legati alla mia carriera sono spesso in giro per il mondo e per lo più mi occupo di relazioni internazionali."

Suonava davvero importante come ruolo.

"Perché mi hai offerto un pranzo senza conoscermi? Come hai fatto a notarmi? Perché mi hai comprato un vestito così costoso? Come facevi a sapere che sarei venuta a questo ballo?"

Stavo cercando di fare più domande possibili al fine di placare la mia curiosità nell'eventualità in cui avesse risposto sinceramente a tutto ciò che gli avevo appena chiesto.

"Ero dentro alla boutique di Valentino per l'ultima prova di un abito su misura ordinato qualche mese fa, quando ti ho vista al di là del vetro e sono rimasto colpito. Hai dei bellissimi occhi. Ti ho offerto un pranzo perché conosco molto bene Max il cameriere del ristorante nel quale sei andata a mangiare e quando ti ho vista entrare lì ho chiamato il mio amico e gli ho chiesto un favore, così sono andato nel retro e ti ho lasciato un biglietto... volevo incuriosirti. Ho visto come hai guardato quell'abito in quella vetrina ed ho deciso di fartelo arrivare direttamente a casa così da poterti riconoscere durante questa bellissima serata."

Si era impegnato davvero molto per farsi notare, questo dovevo proprio riconoscerglielo.

Quando ebbe finito di parlare, si avvicinò pericolosamente a me e facendo un passo indietro mi ritrovai stretta tra lui che continuava ad avanzare e una staccionata bianca alle mie spalle.

Sfiorò la mia guancia e per un momento il mio fiato si spezzò in gola.

"Non avrei potuto scegliere un abito migliore da regalarti, sembra disegnato per te."

Disse portando una mano sulla mia guancia per cercare il mio sguardo. Ho già precisato che i suoi occhi erano davvero belli?

"Mi stai mettendo in imbarazzo!!"

Dissi facendomi sfuggire una risatina per spostare  nuovamente lo sguardo altrove.

"Per quale motivo?"

Disse avvicinandosi sempre di più a me fin quando il suo viso si ritrovò a pochi millimetri dal mio. Non potevo rispondere alla sua domanda con quello che mi stava passando per la mente in quel preciso istante o sarei sembrata una pazza.

Se ne sarebbe accorto che stavo trattenendo il respiro?

Scoppiò a ridere e si allontanò da me.

"Tranquilla! Adesso puoi respirare. Non ti bacerei mai al primo appuntamento!"

Lo fulminai con lo sguardo senza sapere se effettivamente avesse captato la mia occhiataccia.

"Appuntamento?"

Chiesi io scioccata.

"Non lo è?"

Mi chiese sorpreso.

"Continuo a non sapere praticamente nulla sul tuo conto."

Puntualizzai.

Lui prese la mia mano e mi fece strada verso una panchina vicina a noi.

"Questa non è la serata giusta per le presentazioni, vorrei che lo fosse, ma siamo circondati da troppe persone. Se me ne darai occasione mi piacerebbe vederti ancora e questa volta senza maschere."

Disse con un tono di voce serio, la sua voce era un vero piacere per le mie orecchie.

Non so spiegare bene cosa mi stava succedendo. Quel ragazzo capitato per caso nella mia vita poche ore prima, era davvero affascinante e stuzzicava la mia curiosità sempre di più.

Aveva delle bellissime mani ed i suoi capelli acconciati con gel e lacca, lasciavano intravedere qualche riccio ribelle.

"Non riesco a credere di essere stato così bravo. Ti ho trovata."

Disse scostando una ciocca dei miei lunghi capelli dalle mie spalle.

"Mi hai trovata ..."

Sussurrai proprio mentre stavo per porgli un'altra domanda.

Una mano si poggiò sulla mia spalla e voltandomi notai Josy di fronte a me che picchiettava sull'orologio.

"Dobbiamo andare...stanno per annunciare la maschera vincente."

Disse la mia amica indicando l'ora. Quanto tempo era passato dal nostro arrivo?

Praticamente tutta la serata!

"Devo andare! E' stato un piacere. Ti ridarò l'abito non appena sarà stato lavato e stirato. Ti ringrazio!"

Dissi alzandomi velocemente per provare a raggiungere la mia amica già lontana da me.

Feci qualche passo ma una mano mi afferrò per il braccio e tirandomi indietro andai a sbattere contro il petto del ragazzo con il quale avevo passato tutta la sera.

"Ci vediamo presto, ok?."

Disse avvicinandosi al mio viso e depositando un bacio sulla mia guancia.

Non risposi, annuii soltanto e voltandomi corsi di nuovo dirigendomi verso l'ingresso del salone.

Josy mi vide arrivare ed in un batter d'occhio fu di nuovo accanto a me.

"Era lui non è vero? Era il tipo dei regali!!"

Disse indicando la porta dalla quale ero appena rientrata.

Annuii soltanto.

"Oh mio Dio! Lo sapevo! Vi ho visti ballare! Ci sa fare!!"

"Non è niente male.... ma non so il suo nome, né il suo cognome... non ho un numero di telefono... quindi credo che molto probabilmente non lo rivedrò mai più."

Lei sbuffò e mi diede un buffetto sulla spalla indicandomi la cerimonia di premiazione per la maschera più bella.

Una signora piuttosto anziana iniziò a parlare del progetto che vedeva uniti gli enti benefici organizzatori dell'evento, ci teneva a far capire l'importanza della serata al fine di raccogliere fondi per l'ospedale pediatrico.

In quel momento capii che non era la prima edizione, ma che si trattava di una ricorrenza annua, che vide la prima edizione nel lontano 1952.

Caroline si palesò davanti ai nostri occhi per la seconda volta durante l'arco della serata ed era davvero radiosa.

Indossava un abito bianco che le aderiva perfettamente lungo tutto il corpo arrivando fin sotto alle ginocchia.

"Ve l'ho già detto che siete bellissime stasera? Ma dove eravate finite?"

"Ci dispiace Caroline, ci hanno invitate a ballare..."

Disse Josy strizzando l'occhiolino al nostro capo.

"Bene! Quale migliore evento per fare conquiste?"

Disse lei ridacchiando e strizzando l'occhio alla mia collega.

"Spero vi siate divertite. So che non è esattamente il tipo di festa che dovrebbero frequentare delle giovani ragazze come voi, ma ha fatto molto piacere all'azienda avervi con noi questa sera."

Sapevo che diceva la verità.

Caroline ci aveva puntualizzato più volte quanto stessero investendo sulla nuova generazione.

Pochi minuti dopo arrivò l'annuncio della maschera vincente, era davvero bella anche se un po' troppo sfarzosa per i miei gusti. L'asta venne vinta da un donatore anonimo che si aggiudicò il bottino per una cifra davvero esorbitante, quasi trecento mila sterline. Per una maschera? Assurdo.

Dopo la proclamazione sul palco salì la nostra titolare affiancata dagli sponsor della serata, tra i quali figuravano anche il Signor Jule ed il Signor Miller. A turno porsero i loro ringraziamenti a tutti i presenti per aver partecipato alla serata ed agli organizzatori per averla resa possibile. Insieme mostrarono l'enorme assegno dei trecento mila ed ufficializzarono il passaggio di proprietà consegnandolo in diretta alla Direttrice dell'Ospedale Pediatrico che era salita da poco sul palco con loro.

Quando iniziò a parlare per accompagnare il suo discorso mostrò un video di alcuni bambini che ringraziavano l'evento per il grande supporto e mi commossi un po'. Probabilmente mi sarei informata per iscrivermi nella lista dei volontari.

Una volta terminato il discorso ci avvicinammo al palco per salutare Caroline e ringraziarla per averci invitate, mi complimentai personalmente al fine di farle sapere quanto credevo in quello che era stato fatto. Le chiesi di mettermi gentilmente in contatto con qualcuno che si occupava del volontariato nell'ospedale di riferimento e lei mi rispose che il giorno seguente mi avrebbe aiutata.

Josy ed io uscimmo dalla splendida villa e ci fermammo all'ingresso in attesa dell'arrivo della nostra auto.

Parlavamo del suo cavaliere misterioso, mi stava dicendo che era stato un tipo piuttosto spinto durante la serata, ma a lei era piaciuto molto.

Avevano fatto sesso in bagno!!!! Non me lo sarei mai immaginata e quando iniziò a raccontarmi i dettagli piccanti di quei momenti di passione, scoppiai a ridere in mezzo alla strada nella speranza che nessuno sentisse quelle parole peccaminose!

Non ci potevo credere. Non me lo aspettavo proprio.

Un Range Rover nero con i finestrini oscurati si fermò davanti a noi, ma quella non era la nostra macchina, così lo ignorai semplicemente, fin quando il finestrino accanto a noi si abbassò e sentii dire:

"Non credevo di aver fatto un'impressione così brutta da meritarmi di essere ignorato!"

Era il tipo dei regali.

"Vorrei darti un passaggio se me lo concederai."

Il suo sorriso si intravedeva dalla maschera che stava ancora indossando.

Josy mi dette un piccolo buffetto sul braccio per incoraggiarmi a salire.

"Ma tu dovrai tornare da sola..."

Le feci notare accorgendomi che la nostra auto aziendale si era appena fermata dietro a quella del mio misterioso cavaliere per una sera.

"Tranquilla, so cavarmela da sola e poi c'è Ruphert con me!"

Disse ridacchiando e riferendosi al gentile autista che aveva sopportato i nostri chiacchiericci per tutto il tragitto fino al party.

"Ok. Ci vediamo domani allora."

Le feci un sorriso prima di sollevare leggermente il mio vestito per salire sull'auto un po' troppo alta per la mia statura.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


<< Sono felice che tu abbia accettato. >> Mise di nuovo in moto e partì percorrendo le bellissime strade di Londra illuminate dai lampioni durante la notte. <> Dissi io cercando di aprire un dialogo continuando a guardare fuori dal finestrino con aria sognante. <> Mi voltai verso di lui e notai la sua mascella perfettamente delineata mentre mi poneva la domanda non distogliendo lo sguardo dalla strada. Non capivo chi mi ricordasse, ma avrei giurato mi ricordasse qualcuno. In ogni caso ero davvero troppo stanca per sforzare la mia mente. <> Ammisi ad alta voce. <> Disse voltandosi leggermente verso di me. Arrivammo davanti al mio appartamento verso le 02:30 del mattino. Parcheggiò davanti al mio portone e spense il motore della macchina. << Beh allora grazie… >> Dissi voltandomi leggermente verso di lui. Si sganciò la cintura e voltandosi verso di me non riuscii a non trattenermi dal portare le mie mani al suo viso. << Aspetta… >> Mi disse sfiorandomi una mano. << Non è il momento adatto.. >> Spostò la mia mano dal suo viso e si voltò per guardare fuori dal finestrino. Ovviamente si stava riferendo al mio tentativo di scostare la maschera dal suo volto per cercare di capire quale fosse l’identità di quel misterioso ragazzo. << Perché no? Come posso volerti conoscere se non so niente di te? Tu sai chi sono, sai dove abito, mi hai vista senza maschera ancor prima di sapere il mio nome, questa cosa è strana.>> Gli chiesi abbassando la mano ed aprendo la portiera della macchina piuttosto scoraggiata. Scesi dall’auto prima che potesse fermarmi e lo sentii parlare prima di riuscire ad arrivare al portone del mio palazzo. <> Mi liquidò prima di poter replicare e me ne tornai in casa con l’amaro in bocca. Che finale di serata era mai quello? Nei miei libri non funzionava così! Doveva scendere di macchina, fermarmi e dirmi qualcosa, darmi una spiegazione, mentre lui…. Lui se ne era solamente andato. Dopo essermi spogliata entrai sotto al getto caldo della doccia interrogandomi sul perché di tutto quello sforzo da parte sua per non farsi neanche vedere. Capivo il non farlo durante la festa, magari era solo timido… ma poco prima eravamo solo noi due nella sua auto. Si vergognava del suo aspetto? Per il poco che ero riuscita a scorgere non mi sembrava di aver notato nulla di strano. Il bagno schiuma alla vaniglia scivolava lungo tutto il mio corpo sciogliendo la tensione da ogni mio muscolo che mi aveva accompagnata per tutta la sera. Il dolce profumo del mio bagno schiuma mescolato con il suono lento dello scroscio d'acqua ed il silenzio totale mi diedero la forza di uscire dal box doccia ed avvolgere il mio corpo all’interno di un grande asciugamano. Non so per quanto tempo rimasi lì dentro, persi la cognizione del tempo. Sentii il mio telefono squillare e con una mano lo afferrai mentre con l’altra continuai a sistemare il turbante sulla mia testa affinché trovasse il suo posto. Emily. <> <> La sentii ridere al di là del telefono mentre io mi osservai allo specchio rendendomi conto di essermi portata una mano alla fronte in segno di disperazione. <> Disse la mia amica per tranquillizzarmi. <> Dissi riferendomi ai suoi racconti poco casti di qualche ora prima. Entrai sotto alle coperte constatando che la mia sveglia avrebbe suonato solamente quattro ore dopo e quel piccolo particolare bastò a far sì che il sonno prendesse il sopravvento. ******** Alle 08:08 mi alzai dal letto con ben otto minuti di ritardo rispetto al cinguettio intermittente della mia sveglia. Non mi rimaneva molto tempo per prepararmi, ma quel giorno decisi di non dedicare più tempo del necessario nel farlo. Non ne avevo proprio voglia. Infilai dei jeans a vita alta ed un golfino bianco con dei bottoni dorati sul davanti, una giacchina corta ed una sciarpa a coprire il mio collo nudo. I capelli erano sistemati in uno chignon disordinato ed il trucco non era un granché, giusto un filo di mascara per dare un po’ di intensità al mio sguardo che quella mattina gridava solo: “aiutatemi sono una disperata che non ha dormito abbastanza!” Indossai un paio di stivaletti con un minimo di tacco ed afferrando la mia borsa uscii di casa. Era fin troppo tardi e non mancava molto all’inizio delle mie lezioni mattutine. Mi ero iscritta ad un corso di psicologia al fine di aggiungere una qualifica in più al mio curriculum. Ho sempre ritenuto importante continuare la formazione professionale e quel corso si stava svolgendo nell’università di Londra improntata sulle scienze umane. Offrivano la possibilità di frequentare delle lezioni specifiche a giovani lavoratori che necessitavano di nozioni in più. Mi era sembrata una buona idea dal momento in cui avrei iniziato a dovermi relazionare con molte persone per lavoro. Arricchire il mio curriculum pagando solo le tasse d’iscrizione agli esami era un buon compromesso e la cosa più vantaggiosa, stava proprio nel fatto di poter gestire il mio tempo come volevo senza avere scadenze precise come se avessi deciso di frequentare l’università a tempo pieno. Arrivai in facoltà con cinque minuti di anticipo e corsi per trovare posto prima che qualcuno rubasse quelli migliori. Psicologia era una delle mie materie preferite durante le superiori e fortunatamente la Sig.ra Smith, la Dottoressa che avrebbe presenziato durante le ore di formazione prima dell’esame, era rinomata per la sua capacità nello spiegare i segreti ed i misteri che racchiudeva quella bellissima materia. Iniziò a parlare trattando il tema della psicologia inversa durante un rapporto d’amore. << Si parla di psicologia inversa quando cerchiamo nell’altro un comportamento o una reazione inversa a quella che gli stiamo comunicando. E’ un meccanismo piuttosto complesso da analizzare, perché la persona che decide di attuarlo, sta cercando di manipolare il pensiero dell’altro affinché decida di fare o pensare qualcosa che in precedenza riteneva improbabile o impossibile. In amore la psicologia inversa viene spesso utilizzata per conquistare qualcuno o per tentare di ravvivare una relazione ormai spenta da tempo. >> Il ragionamento che stava facendo era piuttosto complicato e la mia mente per seguire quello che diceva, doveva lavorare tre volte più veloce del solito. Ottima idea andare a dormire alle quattro del mattino prima di una lezione così importante. Brava Anna! << Mi scusi Sig.ra Smith, ma parlando di amore, non crede che sia pericoloso utilizzare questo tipo di psicologia? Io credo che indurre una persona involontariamente verso un cammino che la sua mente non avrebbe mai preso in considerazione, sarebbe molto rischioso. Finiremmo per avere al nostro fianco persone che non sono loro stesse. >> << Stavo arrivando proprio a questo, signorina?... >> << Messali. >> << Signorina Messali… il suo ragionamento è molto lineare, ed è proprio per questo che la suddetta tecnica di persuasione dovrebbe essere utilizzata solo da medici e professionisti specializzati. La psicologia inversa ha il potere di aiutare le persone se utilizzata a fin di bene; ma allo stesso tempo ha la forza di confonderle. >> Annuii contenta che il mio intervento non fosse stato fuori luogo. La lezione fu molto interessante e quando uscii dalla mi aula ero convinta di aver scelto il corso di studi più adatto a me. Adoravo questo tipo di informazioni, dato che avrei potuto utilizzarle nel mondo del lavoro e non solo, ovviamente, facendo particolare attenzione e senza esagerare. Quel giorno decisi di comprare un insalatona prima di correre in ufficio, data la scarsità di tempo che mi era rimasta a disposizione. Una volta arrivata, entrando salutai i miei colleghi e mi fermai alla scrivania di Emily per salutarla. << Come stai questo pomeriggio, raggio di sole? >> Mi chiese lei ridacchiando ed alludendo alla mia brutta cera. << Come una che ha dormito quattro ore ed è appena uscita da una mattinata di lezioni all’università. >> Le risposi ridendo ed avviandomi a marcia indietro verso il mio ufficio facendole qualche gesto con le mani. Mi voltai solo dopo aver varcato la soglia e stavo per appoggiare il mio pranzo sulla scrivania quando notai un biglietto. Lo presi tra le mani e lessi le seguenti parole: “ Se vuoi avermi dovrai uscire da Londra per vedermi. Ho voluto scrivere queste parole per farti sorridere, ma non so se sono riuscito nella mia impresa, per ora basta che tu non ti sia arresa. Io ti aspetto ed un “no” non lo accetto. Questa è per te una piccola poesia e spero che ti porti tanta allegria. Non vedo l’ora di rivederti, anche se i tuoi occhi ieri sera mi hanno guardato un po’ incerti. Spero che la mia abilità susciti in te della curiosità. Preston Park – Brighton and Hove , East Sussex. Domani ore 09:00 am. “ Sorrisi leggendo quel biglietto. Ovviamente non si era firmato, ma aveva detto che sarebbe riuscito a contattarmi di nuovo ed a distanza di poche ore lo ha fatto davvero. Non mi entusiasmava affatto non conoscere nulla di lui, ma continuavo a pensare che il suo impegno e la sua galanteria fossero ammirevoli. Chi mai, nel ventunesimo secolo, invia fiori e biglietti invece di un messaggio con una emoji? Erano decisamente dei punti a suo favore. << Guarda… >> Dissi porgendo il biglietto alla mia amica. Lo lesse per qualche secondo ed alla fine lo portò vicino al suo petto e con aria teatrale, esclamò: << E’ così romantico!! Non ricevo una poesia da…. Aspetta! Credo di non averne mai ricevuta una! Ti invidio davvero mia cara! >> Risi alle sue parole, perché da un lato aveva davvero ragione! Anche io non avevo mai ricevuto una poesia prima d’ora, nonostante fosse ironica, mi aveva resa davvero felice. Tornai alla mia scrivania rigirandomi tra le mani quel piccolo pezzetto di carta. Lo inserii nella mia borsa stando molto attenta a non perderlo. Trascorsi tutta la mattina ad elaborare delle tesi in merito alla rivoluzione del teatro a luci rosse dei primi anni venti del Novecento. Un mondo meraviglioso da studiare, le storie delle donne che lavoravano in quel settore, raccontavano ogni tipo di situazione. C’erano donne alle quali piaceva esibirsi senza veli, le quali intrapresero quella strada solo per avere occhi famelici depositati sui loro corpi e raccontavano di trarre da quel mestiere una forza incredibile. C’erano poi coloro che lo facevano perché era l’unico modo che avevano per pagare la vita al di fuori dei teatri. Una storia in particolare mi aveva colpita, quella di Brigitte Bordeaux una giovane ragazza francese che intraprese la strada del burlesque a soli diciannove anni. Una presenza affascinante, minuta con un seno abbondante ed una chioma di capelli rossi piuttosto consistente. Lei fu la prima donna a dichiarare pubblicamente il suo rapporto con la sessualità. Rilasciò un’intervista ad un giornale locale nella quale afferma di aver avuto rapporti intimi di ogni tipo: con uomini e con donne. So che può sembrare assurdo se compariamo la sua situazione al mondo nel quale ci ritroviamo a vivere noi adesso, ma per gli anni che stavo analizzando quella giovane donna raggiunse le “pagine scandalistiche” di ogni paese in pochissimo tempo. Immaginate? Una giovane ragazza che decide di lavorare piuttosto che aspettare un matrimonio combinato? E sempre la stessa ragazza, decide di esibirsi nei teatri senza veli cantando e ballando sotto sguardi indiscreti, rilascia in seguito dichiarazioni sul proprio orientamento sessuale misto? Credetemi se vi dico che la sua pagina sui libri di storia se l’è proprio guadagnata! Conclusi la mia giornata lavorativa godendomi un aperitivo in centro con la mia collega ed ormai unica amica nei paraggi. Mi piaceva passare il tempo con lei perché riusciva sempre a trovare il lato positivo nelle cose anche quando io non riuscivo a vederlo. Mi mancava la mia famiglia e dopo quasi due mesi di permanenza in un altro paese, la lontananza iniziava a farsi sentire. Non me ne ero andata per allontanarmi da loro, stavo cercando l’indipendenza che nel mio paese non riuscivo a trovare. Il matrimonio dei miei genitori era complicato, ed anche il mio rapporto con loro non era da meno. Quello con mio padre in particolare era il più complesso, lui ha sempre avuto moltissime difficoltà nella gestione delle proprie emozioni. Non credo che in ventidue anni mi abbia abbracciata più di tre volte, ma non per questo non mi voleva bene. Sapevo che era così, ma era molto difficile ripeterselo ogni volta che avevo bisogno della sua vicinanza, cercando di scusare il suo carattere così chiuso. Ci sono momenti nella vita e nella quotidianità, nei quali la necessità di un padre si fa più forte ed io purtroppo sono cresciuta senza capire come relazionare con il mio. Probabilmente se avessi dovuto abbracciare mio padre in quel momento, di mia spontanea volontà, mi sentirei in imbarazzo perché non sono mai stata abituata a farlo e la cosa è alquanto triste. Cercai di non far trapelare quei pensieri dalle mie espressioni facciali, non volevo parlare di ciò che mi aveva intristita così quando la mia amica iniziò a parlare mi sentii molto sollevata. Emily mi spiegò che anche per lei non era stato semplice quando arrivò una lettera destinata a suo padre, che prevedeva una missione di tre anni in Iraq. Sua madre decise di seguirlo e lei di rimanere a Londra per finire gli studi ed iniziare a lavorare. Mi raccontò di quanto fu doloroso per lei lasciarli andare, soprattutto considerando il pericolo al quale andavano incontro trasferendosi in una città sotto assedio da diversi anni ormai. Era stato difficile anche per lei abituarsi alla solitudine del suo appartamento e le parole che utilizzò per spiegarmi il suo stato d’animo, inspiegabilmente assomigliavano tantissimo anche al mio. Quando rientrai a casa quella sera, impiegai quasi tutto il mio tempo libero per fare lavatrici e stendere i panni. La sera era il mio momento preferito di tutta la giornata, non amavo molto fare le faccende domestiche, ma riuscivano in qualche modo a rilassarmi e mi davano modo di riflettere. Da piccola ho sempre pensato che all’età di ventidue anni avrei partorito il mio primo figlio, poi…. Una volta compiuti venti anni mi sono resa conto di quanto quel traguardo fosse lontano ed ho iniziato a cercare la mia strada non perdendo di vista il mio obiettivo. Non ho mai messo l’ambizione al primo posto, perché i miei valori sono sempre stati molto semplici, volevo incontrare l’amore della mia vita e creare una famiglia. Ovviamente volevo lavorare, ma non credevo nel lavoro dei sogni, preferivo volare basso ed imparare il più possibile da ogni occasione che mi si sarebbe presentata. La mia volontà di riuscire ad essere una madre molto giovane, potevo spiegarla con delle semplicissime riflessioni, volevo godermi i miei figli. Volevo crescerli e veder crescere i miei nipoti. Quando ho finito le scuole superiori in Italia mi sono resa conto di quella che era la situazione davanti ai miei occhi. Non esistevano prospettive di una vita indipendente prima dei trent’anni, io volevo iniziare a lavorare, volevo riuscire a pagare un affitto con le mie forze, volevo iniziare a vivere. Tutte cose impensabili nel mio paese perché non potevo scegliere di seguire un piano per la mia vita. Se fossi rimasta avrei incontrato lungo il mio percorso troppe variabili non preventivate e non era questo quello che volevo. Io avevo solo bisogno che il mio impegno venisse rivolto verso qualcosa che avrebbe portato alla realizzazione dei miei desideri. Sono sempre stata quel tipo di persona che odiava veder soffrire i propri cari, sia che si trattasse di famigliari, sia che si parlasse di amici, purtroppo però non avevo mai ricevuto molte attenzioni in cambio e questo mi aveva fatta diventare molto restia nei miei rapporti interpersonali. So che può essere assurdo per la mia giovane età, ma non riuscivo a dormire tranquilla la notte ormai da molti anni. Chiudendo gli occhi riuscivo soltanto a pensare a quello che sarei riuscita a fare nella mia vita. Vivevo di pressioni e paure pensando di non riuscire a concludere qualcosa di buono nella mia vita. La sigla di Gossip Girl in tv mi scosse dal mio stato confusionale nel quale mi ero ritrovata e di colpo mi ricordai dell’appuntamento che uno sconosciuto mi aveva fatto recapitare con un biglietto sulla scrivania quel pomeriggio. Cos’avrei indossato l’indomani? Non ne avevo davvero la minima idea. Cercai nell’armadio qualcosa di carino, ma alla fine scelsi un maglione piuttosto lungo che sistemato con una cita in vita arrivava a coprire metà delle mie gambe. Sistemai quello sopra alla poltrona della mia camera insieme ad un paio di anfibi ornati da qualche borchietta d’orata ed un cappotto lungo fino al ginocchio. Misi la sveglia per le 7:00 del mattino. Mangiai un’insalatona prima di andare a dormire, la seconda della giornata e dopo aver guardato un episodio in cui Chuck e Blair si ritrovavano per caso nella bellissima Parigi, chiusi gli occhi e provai a dormire. Il mattino seguente la mia sveglia suonò per qualche secondo prima che potessi raggiungere il telefono e spengerla. Odiavo quel suono. Lo odiavo con tutta me stessa. Scesi dal letto e mi avviai verso la doccia, avevo proprio bisogno di quel mix inebriante di acqua calda e bagno schiuma. Uscii in tempo per asciugarmi i capelli e truccarmi quel poco che serviva affinché non assomigliassi ad un mostriciattolo appena sveglio. Indossai il mio maglione bianco con sotto un paio di calze nere trasparenti ed i miei adorati anfibi. Infilai il mio cappotto poco prima di prendere le chiavi di casa e controllare che nella mia borsa ci fosse tutto l’occorrente per passare del tempo fuori città. Scendendo le scale sentii per un momento il cuore balzarmi in gola. Avevo una certa ansia nell’incontrarlo nuovamente, dato che ancora non sapevo verso chi mi stavo incamminando. Questa mia propensione al conoscere nuove persone mi stava destabilizzando, ma uno dei propositi con il quale avevo deciso di iniziare questa nuova avventura, era proprio il lasciarmi andare a scoprire nuove sensazioni. La prima metro diretta alla stazione arrivò dopo circa cinque minuti di attesa alla fermata sotterranea ed il percorso fu piuttosto veloce, perché in men che non si dica, arrivai a destinazione. Il tragitto in metropolitana lo impiegai per fare il biglietto online del treno che mi avrebbe condotta Brighton, ci avrei impiegato circa un’ora e mezza per arrivare. Adoravo Brighton, all’età di quindici anni feci uno scambio di due settimane proprio lì con la scuola e mi piacque così tanto che mi ripromisi di tornarci presto. A distanza di ben sette anni, eccomi sul treno diretta proprio verso quel posto. Che coincidenza! Trascorsi il tempo in treno guardando fuori dal finestrino ed ascoltando buona musica dal mio telefono. Era così strano quello che stavo facendo. Non ero mai stata “corteggiata” così da qualcuno e pensare che proprio uno sconosciuto lo stesse facendo mi incuriosiva ed allo stesso tempo mi spaventava. La mia totale mancanza di fiducia verso tutti, mi portava ad interrompere ogni nuova conoscenza sul nascere per paura di essere usata e buttata via come un giocattolo che è venuto a noia. Ho sempre passato la mia vita a cercare di compiacere gli altri senza rendermi conto che forse dovevo pensare a me stessa prima. Nessuno si rendeva conto nella mia famiglia di quanto fosse difficile cercare di essere la figlia perfetta, la sorella maggiore perfetta, quella che non poteva mai sbagliare perché da un lato creava un dispiacere ai propri genitori e dall’altro dava un cattivo esempio ad una sorellina più piccola che iniziava a farsi strada nella vita. Io non avevo avuto un esempio da seguire, mi ero sempre preoccupata di essere all’altezza delle aspettative di mia madre ed abbastanza indipendente per rendere fiero mio padre. I miei genitori sono sempre stati una strana coppia, si sono conosciuti da adulti e si sono sposati senza viversi un granché prima. Loro non sono il classico esempio di un matrimonio felice, lo hanno sempre fatto funzionare senza un dialogo, senza una finestra di confronto e spesso mi ritrovavo immersa fino al collo in discussioni e litigi che non avevo voglia di sopportare. Ho sempre sperato di avere qualcosa di meglio nel mio futuro, ma vedendo i loro problemi di tutti i giorni ho avuto un blocco involontario che mi spingeva a non avvicinarmi a nessuno più dello stretto necessario. Ho sempre visto le mie amiche in Italia fidanzarsi e lasciarsi dopo pochi mesi senza avere il ben che minimo rimorso e questo poteva essere normale considerando la nostra giovane età, ma io volevo qualcosa di diverso. Ho sempre creduto nell’amore vero, nonostante abbia avuto tutti i segnali dentro alle quattro mura di casa, che non sempre le cose vanno come vogliamo. Desideravo incontrare la mia metà perfetta, quella persona che mi portasse rispetto quanto io ne portavo a lui, che mi amasse con tutto se stesso senza che fossi io a doverglielo chiedere. Volevo essere messa al primo posto da qualcuno, essere desiderata nonostante io non fossi una modella da copertina. Ho sempre preferito osservare il mondo intorno a me e per un momento ho davvero creduto che stesse andando avanti lasciandomi indietro, era proprio per quel motivo che avevo deciso di trasferirmi. Credevo davvero che cambiare città e cambiare paese potesse aiutarmi a capire quello che volessi dalla vita. Potevo pretendere di essere felice? Di avere un lavoro non sottopagato? Di poter crescere dei figli in un mondo un po’ meno difficile dell’Italia? Scesi dopo un’ora e mezza esatta, questa cosa della puntualità sfrenata degli inglesi mi piaceva davvero tanto! Erano le 08:30 quando arrivai alla stazione di Brighton e da lì presi un pullman che dopo ben trentacinque minuti si fermò al parco indicato nel biglietto. Conoscevo bene quella zona, durante il mio scambio, la famiglia che mi aveva ospitata abitava proprio lì. Chissà se vivevano ancora dall’altra parte della strada. Entrai nel bellissimo parco non sapendo assolutamente che direzione prendere. Mi aveva scritto il nome del posto, ma non mi aveva dato maggiori informazioni per farmi capire dove avremmo dovuto incontrarci. Iniziai a camminare guardandomi intorno nella speranza di intravedere qualcuno, ma non scorsi nessuno intorno a me. Avvicinandomi ad una panchina per sedermi notai un biglietto attaccato con dell’adesivo allo schienale. “Anna” C’era scritto sopra. Lo aprii delicatamente e con un sorriso lessi: “Non stai osservando, perché un bel fiore ti sta aspettando.” Non riuscii a capire fin quando girellando per gli stradelli del parco circostanti, notai un girasole appoggiato al tronco di un albero. Avevo camminato per diversi minuti prima di trovare quel secondo indizio, ed ero finita in un’ala del parco nascosta e deserta che non avevo mai visto prima d’ora. C’era un piccolo laghetto al di là del maestoso albero ai miei piedi. Mi chinai per raccogliere il fiore quando sentii una voce roca risuonare nelle mie orecchie. “Sei bellissima mentre raccogli fiori.” Mi sistemai una ciocca dietro ai capelli prima di sollevare lo sguardo per rivolgermi al ragazzo del quale vedevo solo le scarpe in quel momento. Scorsi le sue gambe snelle avvolte da un paio di jeans neri strappati sulle ginocchia. Indossava un maglione grigio scuro con sopra una giacca in pelle. Quando arrivai al suo viso rimasi sbigottita, impietrita, per qualche secondo mancò l’aria nei miei polmoni. Forse mi ero addormentata in treno e stavo sognando.

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