Isn't it ironic?

di Melchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Un salto nel passato ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - prima parte - ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 - seconda parte - ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11. - L'ultimo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***


PREMESSE:

Salve ragazzi, per ulteriori dettagli su di me e questa storia vi rimando alle note finali, ma dal momento che è ambientata nell’universo omegaverse e ogni versione ha regole particolari legate alle preferenze dell’autore, ecco un breve riassunto della caratteristiche di questo mega mini mondo (cit. per i colti - no, non è vero, solo per chi conosce i cartoni di fine ‘90):

ALFA: Più forti e con sensi maggiormente sviluppati rispetto agli altri generi secondari, in quest’epoca  sono quasi tutti combattenti e/o figure agli alti vertici della società. Sono abituati a veder le cose andare come desiderano. Possono accoppiarsi con tutti (anche se le coppie alfaxalfa a lungo andare non sono ben viste). Le donne possono avere gravidanze, anche se capita di rado. L’odore degli alfa è forte e si impone su quello degli altri, sono in grado di farsi ubbidire sfruttando questa caratteristica. Possono avere più compagni omega, mordendone teoricamente quanti ne desiderano. Nel mondo dei protagonisti alcuni alfa hanno piccoli "harem" con gerarchie interne tra omega, ma molti preferiscono avere un unico partner ufficiale;

BETA: La maggior parte della popolazione, hanno sensi e capacità nella media, con poche eccezioni. Fanno lavori di tutti i tipi. Possono accoppiarsi sia con alfa che omega, i maschi sono molto attratti soprattutto da questi ultimi;

OMEGA: In fondo alla scala gerarchica dei generi secondari per via della maggior debolezza fisica. Sia maschi che femmine possono portare gravidanze e vanno in calore, i primi solo una volta ogni tre mesi ma con probabilità di concepimento altissime nel caso condividano il calore con un alfa o anche un beta. Secernano un odore particolarmente invitante sia per i beta che gli alfa, e se morsi in un punto particolare del collo, dove si trova una delle ghiandole principali legate all’odore e ai feromoni, creano un legame con chi li ha morsi che permetterà di sentire le emozioni gli uni degli altri per tutta la vita. Dopo il morso il legame si spezzerà solo con la morte di uno dei contraenti.

ALTRO:
Ho tenuto il termine “cuccioli” (e a volte “piccoli”) oltre al normale “bambini” perché è un modo di definirli abbastanza tipico del genere omegaverse.

Altra cosa: ero tentatissima di usare i vari suffissi giapponesi perché semplicemente mi piace usarli (ma va’?), ma a parte l'immancabile Kacchan so che l’effetto potrebbe essere comunque strano in un testo italiano, quindi ho deciso di adattare la cosa alla nostra lingua, ed è rimasto un comunque (temo) comico Padron Bakugou che fa capolino qua e là. Ditemi se preferireste i suffissi giapponesi classici, nel caso non ho problemi a modificare la cosa.
Spero di risentirci nei commenti :*


ISN'T IT IRONIC?


It's like rain on your wedding day
It's a free ride when you've already paid
It's the good advice that you just didn't take
And who would've thought, it figures


(Ironic, Alanis Morrisette)

 


Izuku si svegliò colpito da un raggio di sole finito dritto negli occhi. Si tirò a sedere e per un momento gli sembrò che la luce fosse arancione, come i raggi che penetravano all’ora del tramonto invece che durante l’alba.
Nel giro di pochi secondi si rese conto che ad averlo ingannato doveva essere stato il rimasuglio di un sogno che aveva già dimenticato.

“Be’, diamoci da fare!” commentò tra sé con un sorriso, e balzò in piedi.

Nel giro di dieci minuti aveva risistemato il futon, si era sciacquato velocemente grazie alla tinozza sistemata in  camera e aveva indossato il suo kimono preferito.
La camera era il solito tripudio di oggettini e chincaglierie accumulati negli ultimi tre anni, e sapeva che Kacc-il Padrone di casa avrebbe avuto assai da ridire se avesse posato gli occhi su quel marasma. Poi si rese conto che una cosa del genere avrebbe presupposto che l’alfa mettesse piede in camera sua, e scosse la testa tra sé e sé per scacciare un’idea così stupida.

Uscì in fretta dalla camera e cominciò il suo giro di ricognizione all’interno della dimora.
La famiglia Bakugou si era trasferita lì quando la madre alfa di Kacchan si era distinta in combattimento contro il Paese confinante, e aveva ottenuto una ricompensa abbastanza grande da acquistare quella magnifica casa di campagna, la cui precedente famiglia abitante si era trasferita nella capitale.
Per Izuku supervisionare la servitù di un luogo così incantevole era sempre stato un piacere, nonostante le sue ambizioni d’infanzia fossero state drasticamente diverse. Il sole illuminava le varie ale della casa come se ci tenesse a sottolinearne gli angoli più belli, e Izuku aiutò gli altri servitori a spalancare la maggior parte delle porte scorrevoli per far entrare l’aria fragrante, che ancora si portava dietro un po’ del calore dell’estate, ormai in procinto di lasciare il passo ai colori dell’autunno.

Alle undici del mattino era occupato a controllare che il gruppo di beta incaricato di scaricare nel magazzino esterno le provviste per il mese seguente portasse a termine il compito senza problemi, quando vide Ochako correre da lui con un’espressione preoccupata sul volto tondo e solitamente allegro.
“Izu! I cuccioli…” cominciò, e l’omega si tese d’istinto. A quell’ora i piccoli erano svegli da circa un paio d’ore, e non sentire nulla al riguardo fino a quel momento di solito era un buon segno. In realtà, pensò per l’ennesima volta con una fitta al torace, se avesse potuto ogni mattina si sarebbe informato sul loro stato di salute, ma l’ultima tata aveva chiarito che la sua solerzia risultava eccessiva.  

“Essere un omega non è una scusante per prendersi libertà superiori al proprio stato.”

Ochako aveva tentato di convincerlo a raccontare l’accaduto al Padrone ma Izuku aveva deciso di non farlo. Pensava che sarebbe servito solo a mettere in difficoltà l’alfa e apparso al resto delle persone impiegate in casa come un modo per sottolineare una vicinanza (inappropriata) tra loro.
Questo però non significava che sentendo parlare di problemi legati ai bambini non si sentisse gelare.

“Che succede? Yuki è di nuovo…?” Prima che riuscisse a finire la frase, Ochako sgranò i grandi occhi nocciola e scosse la testa con foga.
“No no, assolutamente, stanno bene entrambi! Scusa, non volevo farti preoccupare… si sono solo messi a litigare, e la tata non sa più cosa inventarsi…” nominando la beta di mezza età il naso di Ochako si arricciò come se avesse sentito un odore sgradevole. Non aveva mai apprezzato quella donna, e dopo la scenata fatta a Izuku le cose erano solo peggiorate.
Il ragazzo sospirò. Non era nemmeno l’ora di pranzo e già iniziavano i problemi.
“Cos’è successo?”
“A quanto pare Kagome si è messa a saltare tra le pietre emerse nel laghetto, e quando Yuki ha provato a seguirla lo ha spinto per terra. Puoi immaginare come l’ha presa…”
“Immagino. Ti dispiace finire tu qui con le provviste?”
Lei gli sorrise. “No, vai pure… Il padrone dovrebbe davvero alzare il tuo compenso mensile.”
Izuku scosse la testa con un sorriso. “No, ma figurati… non sarebbe nemmeno tenuto a darmi alcunché, lo sai anche tu."
Ochako alzò gli occhi al cielo ma non rispose. Dopotutto era la verità.

Izuku si voltò e tornò a passi veloce sul sentiero che portava alla casa.
Vedendo la sua chioma verde scuro spuntare dall’ingresso della camera dei bambini la tata emise un verso pieno di fastidio.
Izuku ignorò la cosa e si concentrò sulla scena che aveva davanti: Yuki, tre anni e mezzo, piangeva disperatamente ai piedi della donna, mentre sua sorella maggiore se ne stava a braccia conserte nell’angolo opposto della camera piena di giocattoli sparsi.

Il bambino piccolo alzò di scatto il volto, inalò il nuovo odore che aveva impregnato l’aria e si voltò verso la porta.
Appena vide Izuku scattò in piedi e corse verso di lui.

“Izuuuuuuu! Kagome è cattiva, mi ha fatto male!”
Izu sorrise rassegnato e lo prese in braccio senza tentennamenti.
“Non dire queste cose, Yu, lo sai che non è vero. Tua sorella ti vuole un bene immenso!” Il cucciolo alzò gli occhi umidi su di lui e aggrottò le sopracciglia come vedeva sempre fare a suo padre. Izuku dovette trattenere una risata. Nemmeno l’odore pregno di fastidio e nervosismo della tata riusciva ad allontanare il calore che sentiva in quel momento.

“No” protestò il piccolo “Mi ha spinto e sono caduto per terra!”  
“Questo perché sei un disastro, non è colpa mia!” scandì chiaro e tondo Kagome, aprendo la bocca per la prima volta da quando Izuku era entrato in camera.

“Siete entrambi dei cuccioli impossibili invece” sbottò la donna seduta sulla comoda sedia imbottita vicino ai futon dei bambini. Dopo quelle parole si alzò in piedi e raggiunse in poche falcate l’uscita.
Fulminò con lo sguardo Izuku, l’odore che la avvolgeva sempre più forte e fastidioso. Izuku si impose di mantenere la schiena dritta e non abbassare il capo nonostante il palese tentativo di intimidirlo.

“Non credere che queste moine possano farti ottenere quello che vuoi, piccolo omega.”
Prima che Izuku potesse replicare in qualsiasi modo, Yuki le mostrò la lingua senza un briciolo della timidezza che lo contraddistingueva di solito.
“Sei proprio antipatica! E hai pure un odore cattivo!” strepitò con foga, aggrappato al collo di Izuku.
“Yuki!” lo riprese subito Izuku “Non si dicono queste cose, scusati subito con…”
“Lascia perdere questi atteggiamenti da saltarellino” lo interruppe la donna. “Con me non attacca. Ne ho abbastanza della tua ingerenza continua nelle faccende di questi bambini, avrai notizie da parte del padrone” sbuffò con rabbia, e se ne andò mollando Izuku con i due bambini.

Rimasti da soli, guardò i due ragazzini.
“Allora? Contenti?”
“Sì! Almeno se n’è andata!” esultò Yuki.
Kagome emise un verso poco chiaro e si avvicinò finalmente al fratello e a Izuku, senza però lasciarsi andare a entusiasmi particolari. Izuku poteva leggerle sul volto che il malumore per la lite non l’aveva ancora abbandonata.

“Che ne dite di fare la pace, piuttosto?”
Yuki mugugnò qualcosa di indefinito e gli nascose il piccolo volto nel collo, aspirando il suo odore.
Izuku rilasciò leggermente di più i propri feromoni nell’aria, conscio che il suo odore da omega avrebbe aiutato i bambini a rilassarsi una volta per tutte. Poi guardò negli occhi la ragazzina di sette anni.
“Yuki, tua sorella voleva solo proteggerti, per questo ti ha spinto quando hai provato a seguirla mentre saltellava sui sassi in mezzo al lago. Sapeva anche lei che era pericoloso. Non è così, Kagome?”

Il mento della bambina tremò leggermente, gli occhi rossi che si inumidivano delle lacrime che non aveva versato fino a quel momento.
Izuku le sorrise. Poi allungò una mano verso di lei.
Kagome non attese oltre e si gettò contro di lui, abbracciandolo forte e spingendo il viso appuntito contro l’altro lato del suo collo.
Izuku rise e li strinse entrambi a sé.

Quando i loro odori tornarono leggeri e privi di stress si alzò in piedi con Yuki ancora in braccio e dopo la mattinata impegnativa lo convinse facilmente a fare un riposino e mangiare più tardi.
Yuki si addormentò subito, e dopo aver chiesto a una delle servitrici più fidate di controllarlo, Izuku si diresse verso la sala da pranzo con Kagome, rimproverandola gentilmente ma con fermezza per la sua passeggiata in mezzo alle pietre del lago.
“So che hai spinto tuo fratello perché non cadesse nel lago e rischiasse di ammalarsi o farsi male, ma anche tu avresti corso lo stesso rischio.”
“No, io tocco con i piedi e poi non sono debole come lui! Non mi ammalo mai!” disse con decisone, battendosi un piccolo pugno sul petto.
Izuku non riuscì a non sorridere. Da sempre Kagome cercava di mostrarsi forte e robusta come il padre, e per quanto la cosa a volte la portasse a correre rischi inutili, Izuku non riusciva a non provare ogni volta un moto di tenerezza.
“Tutti si ammalano, Kagome. Pensa a come si preoccuperebbe tuo padre se accadesse.”
Kagome chinò il capo, non avendo modo di ribattere. Arrivarono nella sala da pranzo e Izuku diede l’ordine di prepararle da mangiare al personale della cucina.
“Tu non mangi con me?” chiese lei, l’espressione corrucciata.
“Mi piacerebbe, ma devo finire di controllare un po’ di faccende qui in casa. Tu mangia tutto e poi preparati per la lezione di calligrafia.”
Kagome borbottò un “che noia” sottovoce, ma si sedette al basso tavolino senza aggiungere altro.

Izuku uscì dalla sala e andò a controllare che le faccende del mattino fossero state sbrigate senza problemi, dopodiché si concesse finalmente una ciotola di riso e verdure del suo orto direttamente in camera. La servitrice che aveva incaricato di sorvegliare Yuki, Tsuyu, lo rassicurò che il bambino stava bene e dopo essersi svegliato aveva mangiato tutto il suo pranzo senza capricci. Adesso si stava facendo leggere un racconto da Ochako, in attesa che Tsuyu tornasse da lui. La tata aveva confermato le proprie dimissioni e stava facendo le valige.
“Il padrone non sarà troppo dispiaciuto, non preoccuparti.” disse Tsuyu davanti all’aria incerta di Izuku.
L’omega la ringraziò e si sforzò di tirare fuori un sorriso per rassicurarla, dopodiché tornarono ognuno ai propri compiti.

Izuku si diresse senza particolare entusiasmo verso l’angolo di giardino dove coltivava il suo piccolo orto. La parte di sé che si impegnava a tenere sempre occupata con il compito di sorvegliare la casa, quella che lo marchiava più che mai come un omega e che avrebbe voluto spingerlo a passare il pomeriggio con il bambino, continuava a farlo innervosire ed Izuku doveva impegnarsi perché non gli sfuggisse un uggiolio di fastidio all’idea di star perdendo tempo altrove. E dire che normalmente niente lo rilassava come rimboccarsi le maniche e darsi da fare là fuori…

Del resto sapeva che quella era la cosa migliore per tutti. Più tempo passava con i cuccioli di Bakugou peggio sarebbe stato per loro in primis. I bambini avevano perso la madre in tenera età, e se si fossero affezionati ancora di più a un omega che non aveva nemmeno la carica di tata, in caso fosse stato allontanato dalla casa sapeva che ne avrebbero sofferto in modo terribile.

Izuku era perso in questi pensieri mentre innaffiava le piante, quando un odore acre e incattivito raggiunse il suo naso, dipingendogli un’espressione nervosa sul volto.
Si voltò e vide la tata dei cuccioli a pochi metri da lui, mentre incedeva decisa e a grandi passi nella sua direzione.

Si irrigidì, l’annaffiatoio di legno ancora tra le mani.

“Non preoccuparti, sarò breve. Puoi risparmiarti questo tanfo di nervoso.” esordì poco gentilmente la donna. “Sono venuta solo a dirti che me ne sto andando, ma ho lasciato a Padron Bakugou una lettera dove spiego molto bene quello che penso della situazione in questa casa. Tanto non dubito che non avrei comunque ricevuto alcuna lettera di raccomandazione da parte sua.” sbuffò con sdegno. Sentendo le parole poco rispettose nei confronti di Bakugou, l’odore di Izuku peggiorò ulteriormente, tingendosi di irritazione.
La beta lo fissò dritto negli occhi, lo sguardo che mostrava tutto il suo sprezzo.
“Pensi di essere il primo omega che vedo comportarsi così? Sgranare gli occhioni e farsi assumere da un ricco padrone nonostante il pericolo che porta avere un omega non morso in giro per casa. Sei bravo con quei ragazzini, questo te lo concedo, e considerato quanto malamente Padron Bakugou riesce a nascondere il punto debole che ha nei tuoi confronti, mi stupisce che non ti abbia incaricato di badare ai suoi cuccioli tempo fa. Comunque ti auguro di non essere così ingenuo da credere di poter arrivare a chissà quale posizione con il tuo atteggiamento. Il massimo che potresti ottenere è di farti mettere un cucciolo nella pancia al tuo prossimo calore e farvi mantenere finché il ragazzino non diventerà adulto, niente di più. I ricchi padroni sono veloci a scordare le proprie debolezze, quando diventano troppo dispendiose e cominciano a sapere di vecchio. Forse potresti tirare la corda più a lungo solo se per pura fortuna riuscissi a dargli un alfa maschio, o un omega così grazioso da diventare noto tra i nobili.”
Izuku si sentì arrossire, non sapeva nemmeno lui se soltanto di rabbia o per i (poco) sottintesi di quel discorso.
“Le posso assicurare che né io né il Padrone Bakogou abbiamo il tipo di idee che lei ha in mente. Io voglio bene ai bambini di questa casa, non lo nego, ma non mi sognerei mai di propormi per accudirli. So bene che non sarebbe considerato appropriato e… e non ho nessuna intenzione di creare fastidi a K-a nessuno.” Izuku si maledì mentalmente per il tono giustificatorio e per essersi quasi tradito. Ci mancava solo che chiamasse il padrone di casa Kacchan davanti a quella donna.
Lei emise una risata di scherno. “Sì, certo, immagino… Comunque buona fortuna. Se tanto finirai comunque per essere tu a occuparti di loro, avrai un bel da fare tra il carattere ribelle della ragazzina e soprattutto gli acciacchi del più piccolo. Anche perché se quella tosse dovesse avere la meglio, sarà su chi se ne prende cura che Padron Bakugou sfogherà la sua rabbia. Non dubitarne.”

Izuku sentì un brivido gelido percorrergli la spina dorsale a quelle parole. Sentire anche solo ventilare la possibilità che Yuki… scosse la testa con forza.

“A Yuki non accadrà niente. Se vuole cambiare lavoro è liberissima di farlo, ma non dica una cosa simile nemmeno per sbaglio.” soffiò Izuku, improvvisamente privo di ogni esitazione.
La beta lo guardò per la prima volta con un’ombra di dubbio nello sguardo.

“Se tu… se tu fossi anche solo vagamente sincero nell’abnegazione che mostri, ragazzino, allora saresti davvero un povero illuso. Sei un omega acquistato al mercato dei debitori, e preso in casa come capo della servitù invece che semplice scaldaletto solo per un vincolo d’infanzia con il padrone. Pensi ci sia qualcuno qui dentro che non lo sa? Spero davvero che tu non sogni una vita al fianco di quell’alfa, perché rimarresti tragicamente deluso. Te lo ripeto: non aspettarti niente di più che un cucciolo in più da Padron Bakugou. E sappi che il destino delle tate gentili di ragazzini di alto ceto è sempre quello di rimanere un dolce ricordo, e niente di più.”
“Io non…”
“Oppure pensi che quando Padron Bakugou si risposerà il fortunato consorte non ti vedrà come fumo negli occhi, con quello sguardo da cerbiatto sperduto e il legame d'infanzia che dividete? Sarai allontanato nel giro di una settimana, non prenderti in giro da solo. E quei ragazzini resteranno senza nessuno che li accudisca.”
“Pensa forse che non lo sappia?” le parole uscirono di getto dalla bocca di Izuku prima che potesse fermarsi. “So benissimo che non rimarrò qui per sempre.” La beta lo guardò poco convinta.
“Be’, se davvero è così buon per te. Io ho chiuso con questo posto, comunque.”
“Addio, allora.” disse piano Izuku.
La donna si voltò senza aggiungere altro e si allontanò in direzione dell’uscita.

Izuku la guardò andarsene cercando di far sparire il senso di nausea che le sue parole gli avevano lasciato.
Era inutile focalizzarsi su discorsi pregni di disprezzo e risentimento. Tornò in casa, sperando di non incontrare nessuno e che il suo odore non fosse troppo sgradevole a causa del turbamento.

Per fortuna tutti erano presi dalle loro faccende e i bambini occupati con i  rispettivi compiti - lezioni di scherma per Kagome, che era riuscita a ottenerle nonostante mancassero ancora anni allo svelamento definitivo del suo secondo genere, e qualche ora di gioco con Tsuyu per Yuki.
Il ragazzo ignorò il desiderio di raggiungere la stanza dei bambini per controllare il più piccolo e rassicurarsi sul suo stato di salute dopo le parole della beta, e si diresse invece a grandi passi versi la biblioteca.

Kacchan (quando erano soli o si sentiva triste e stressato si permetteva di chiamarlo nel modo che gli veniva davvero spontaneo e naturale) gli aveva accordato il permesso di utilizzarla a suo piacimento, con l’unico obbligo di rimettere tutto dove lo aveva trovato. Izuku lo avrebbe fatto a prescindere, trattandosi di beni che appartenevano al padrone di casa, quindi non era un problema.

Entrò nella stanza e l’odore di pergamena sembrò accarezzargli i nervi tesi. Un piccolo sorriso gli illuminò il volto lentigginoso.

Andò spedito verso la sezione dove i genitori di Kacchan avevano sistemato anni prima tutti i tomi di medicina in loro possesso, e prese ciò che gli serviva.
Essendo un omega, tra le tante cose che non gli erano permesse c’era la possibilità di prendere un attestato come medico ufficiale, ma grazie alla biblioteca dei Bakugou poteva comunque studiare la materia. E cercare qualsiasi possibile soluzione o rimedio per la salute cagionevole e la tosse cronica di Yuki.

Tirò fuori da una tasca interna del suo comodo kimono il paio di occhialetti tondi che indossava solo per leggere (un regalo poco appropriato di Kacchan, arrivato senza cerimonie quando l’alfa si era reso conto che le ore di lettura gli affaticavano fortemente la vista).

Quando un odore familiare e sempre in grado di dare uno strattone a qualcosa nel suo petto lo risvegliò dalla trance in cui cadeva sempre studiando, con la coda dell’occhio si accorse che fuori dalla finestra la luce era cambiata del tutto.

Poi voltò gli occhi stanchi verso l’ingresso della biblioteca, e lì trovò il padrone di tutto ciò che lo circondava. Il suo odore di legna arsa e falò autunnali avvolgeva già la stanza. Tutti gli alfa avevano sempre un odore forte e capace di concentrare l’attenzione su di loro, ma quello di Kacchan era sempre stato più penetrante della media, denso e crepitante come fiamme capaci di incendiare un universo intero.

“Da quante ore sei qui?” gli chiese l’uomo, le braccia incrociate e la spalla sinistra, avvolta nelle severe vesti da alfa, appoggiata allo stipite della porta. L’espressione era quella severa di sempre.
Izuku, senza un motivo apparente, si sentì colto in fallo e le sue guance si scurirono leggermente sotto quegli occhi rossi e indagatori.
“Kacchan, ben tornato! Ho perso il senso del tempo e-”
“Sì, come al solito. Mi hanno detto che non hai nemmeno cenato.”

Cena? Possibile che fosse così tardi? Izuku si affrettò a mettersi in piedi. L’etichetta avrebbe previsto che si inchinasse, ma Kacchan aveva chiarito anni prima che quel comportamento da parte sua per qualche motivo lo irritava e gli sembrava un’affettazione inutile, qualcosa che aveva sempre detestato.

“Metto subito a posto!” dichiarò Izuku, e si affrettò a sistemare la scrivania ingombra di fogli e pergamene.
Sentiva lo sguardo dell’alfa su di sé e cercò di sbrigarsi.

“Perché indossi sempre quello straccio, si può sapere?” chiese d’improvviso Bakugou.
Izuku si bloccò proprio mentre stava per raggiungerlo all’entrata della stanza.
“Cosa?” domandò, stupito.
“Ormai nell’armadio avrai almeno quattro kimono nuovi e adatti alla stagione, e tu continui a indossare sempre quel vecchio affare malandato e stinto. Cos’è, gli altri abiti non sono di tuo gusto?” chiese, lo sguardo indagatore e scontento.
Izuku sgranò gli occhi, poi abbassò lo sguardo sul suo confortevole kimono verde scuro, dal taglio specifico per omega maschi. Kacchan glielo aveva fatto trovare nell'armadio la prima mattina in cui si era svegliato nel.la sua nuova camera
A quanto gli avevano raccontato, dopo essere tornati dal mercato dei debitori aveva mandato un servitore ad acquistarlo in fretta e furia nel centro del paesino alle pendici della collina dove sorgeva la dimora dei Bakugou. Izuku si era subito affezionato a quel kimono, certo com’era che avrebbe dovuto indossare il suo vecchio abito rappezzato (a cui era comunque legatissimo, ma che sapeva si sarebbe distrutto nel giro di poche giornate di lavoro), finché non fosse riuscito a barattarne uno in condizioni leggermente migliori. Invece fin dal primo giorno aveva potuto indossare quel bellissimo abito, e aveva scoperto che la veste bianca con cui era stato esposto sul palco delle aste era stata buttata, risparmiandogli di farla sparire lui stesso.

“Kacchan, no!” protestò “Cosa ti viene in mente? Ho sempre detto che erano bellissimi, e che non avresti dovuto comprarmeli!” chiarì, agitando le mani in preda al nervosismo. Ed era la verità. Nel corso del tempo l’alfa gli aveva fatto recapitare direttamente in camera altri abiti adatti alle varie stagioni, assurdamente elaborati, tanto che avrebbero fatto un splendida figura indosso a qualsiasi omega di ceto medio, e in alcuni casi addirittura di alto rango, per quanto fosse improbabile. In un caso si era trattato di un kimono verde con inserti arancio che aveva visto durante una breve gita in paese con Kacchan e i bambini per comprar loro dei vestiti nuovi, e che si era incantato a guardare mentre ai piccoli venivano prese le misure. Lui era uscito con loro mentre l’alfa pagava gli acquisti, e la sera, insieme agli abiti dei bambini, aveva trovato anche quella meraviglia. Assurdamente costosa e sprecata per un semplice servitore.
Izuku aveva sempre custodito con cura e attenzione nel suo armadio quell'abito e gli altri che Kacchan gli faceva trovare appesi là dentro al cambio di stagione, indossandoli il meno possibile.

“Sono splendidi” ripetè “Ma non posso mettermi cose del genere! Tutti si farebbero un’idea sbagliata…”
“Tutti chi? E a prescindere, a me come cosa dovrebbe importare di cosa pensa gente insignificante?”
“Kacchan, non far finta di non capire… è già abbastanza strano che un omega riscattato al mercato dei debitori sia a capo della servitù di una dimora simile e abbia un compenso mensile, figurati se posso indossare kimono come quelli! Penserebbero tutti che…” si interruppe ancor prima di formulare la frase “… sembrerebbe troppo strano, tutto qua.”
“Tsk. Se qualcuno ha da ridire sulle mie decisioni riguardo alla gestione di questa casa che trovi il coraggio e venga a dirmelo.”
A quelle parole gli eventi della giornata colpirono la mente di Izuku come cavalli al galoppo.
“In effetti oggi è successo qualcosa del genere.”
Kacchan lo sguardò con un’espressione inconsapevole che confermò il dubbio di Izuku: nessuno gli aveva accennato la questione della tata. Doveva aver raggiunto la biblioteca appena entrato in casa (e, conoscendolo, dopo essersi informato sulla salute dei bambini).

“Allora?” chiese l'alfa, spazientito.
“Be’…” Izuku sospirò tra sé, poi si sfilò gli occhiali e massaggiò le palpebre un po’ doloranti. “Anche questa tata ha deciso di andarsene. Ti ha lasciato una lettera, e penso che parli anche di me. Non apprezzava il modo in cui interagisco con Kagome e Yuki.”
Izuku d’istinto mise le mani dietro la schiena e abbassò il capo. Odiava il senso di sconfitta e delusione che provava quando doveva comunicargli qualcosa di simile a un fallimento, ma non poteva farci nulla. La sua parte omega diventava difficilissima da trattare, quando si trattava dell’alfa.
“Quella gallina di una beta!” sbottò l’uomo. “Lo sapevo che non avrei dovuto assumerla fin dall’inizio.”
“Be’, aveva buone referenze… e non avevamo molta scelta dopo che hai fatto scappare le ultime due tate…” Izuku non riuscì a trattenere una piccola risata.
Bakugou lo fulminò con lo sguardo, offeso.
“Una era insopportabile e l’altro si è fatto trovare nel mio letto come niente fosse! Solo un folle li avrebbe tenuti a servizio!”
Izuku arrossì d’istinto ricordando l’ultimo evento. Kacchan aveva assunto un maschio beta giovane e molto grazioso che aveva portato ottime referenze da una famiglia nobile e dichiarato di essere il maggiore di sette figli. Yuki e Kagome lo avevano accettato, anche se con poco calore, ma una notte tutta la residenza era stata svegliata dalle urla furiose di Bakugou. Il giovane a quanto pare si era fatto trovare letteralmente sotto le coperte del padrone di casa, in attesa del suo ritorno a notte fonda da una missione. Bakugou non aveva apprezzato.

“Ci scommetto che le sue referenze da parte di quei nobili dei miei stivali non se le è guadagnate neanche per sbaglio badando ai loro ragazzini…” sbuffò Bakugou al ricordo. Izuku alzò gli occhi al cielo con un piccolo verso divertito, poi gli indicò il corridoio alle sue spalle.
“Bisognerà cercare qualcuno di nuovo… adesso però meglio che mangi qualcosa, sarai stanco. Come è andata con il signor Toshinori?”

Yagi Yoshinori era uno degli uomini più importanti del Paese e il diretto superiore di Bakugou, che insieme a lui si occupava delle strategie relative ai combattimenti e gli eventuali scontri con Paesi vicini. Izuku era sempre avido di notizie su Yoshinori, che ammirava con tutto se stesso da quando lui e Kacchan erano due ragazzini ancora inconsapevoli dei loro generi secondari.
Bakugou cominciò a raccontargli le ultime novità relative alla situazione del Paese mentre si avviavano verso le sala da pranzo. Una volta entrati guardò Izuku con fare interrogativo.
“Cosa preferisci mangiare?” gli chiese.
Izuku, perso nei propri pensieri, si scosse dai suoi borbotti in merito all’assetto politico del continente intero e si focalizzò sulla questione della cena.
“Oh, per me andrà bene una ciotola di riso con qualche verdura dell’orto, non ti preoccupare!” disse con un sorriso. In realtà avrebbe preferito variare un po’ e prendere del pesce, ma l’aveva già mangiato tre volte nell’ultima settimana, e non voleva far pesare troppo le spese dei propri pasti sul conto di casa.
Bakugou strinse gli occhi, infastidito.
“Scordatelo” sentenziò “Scegli piuttosto che tipo di carne o pesce preferisci, e sbrigati. Ho fame.”
“Non serve Kacchan, sono contento così, davvero! Piuttosto dimmi tu cosa desideri, così posso comunicarlo in cucina. Te lo porteranno appena pronto.” Guardò d’istinto in direzione della sua camera. “Io prendo il riso e mi avvio in camera, se hai ancora bisogno di…”
Bakugou lo interruppe prendendolo per un braccio e trascinandolo verso il tavolino basso ed elegante al centro della sala. Izuku sentì una scossa elettrica attraversarlo al contatto con le dita grandi e forti dell’alfa.
“Basta fesserie, siediti e smettila di blaterare.”
Izuku cercò inutilmente di resistere, ma con la forza di un alfa, ancor più uno addestrato e possente come Bakugou, non aveva possibilità. Si allenava anche lui di nascosto in camera sua appena ne aveva tempo e modo, ma sapeva che la forza dell’altro era tutt’altra cosa. Con essa fino a pochi anni prima combatteva contro alfa più esperti di lui, rischiando la vita (il pensiero bastava a far sudare Izuku), un omega autodidatta non era equiparabile.

“Kacchan, smettila, non è appropriato! Per favore…” protestò comunque.
L’altro sbuffò sonoramente.
“Sempre a farti problemi inutili. Pensi forse che non sappia fin dove mi posso spingere? Non siamo più cuccioli, Deku. Se ti dico di sederti e mangiare vuol dire che va bene così, fallo e basta.”
Izuku sentì il cuore (perché adesso era troppo palese che fosse lui il colpevole) mancare un battito e la forza di volontà abbandonarlo del tutto davanti al suo vecchio nomignolo.

Per lui Kacchan era sempre stato Kacchan, anche dopo tutti quegli anni, ma il Katsuki Bakugou che lo aveva riscattato al mercato dei debitori non era lo stesso di quando si erano incontrati per l’ultima volta da bambini, prima che lui e sua madre dovessero scappare dagli strozzini. Da allora l’alfa raramente lo apostrofava direttamente, soprattutto se c’erano altre persone presenti.
Quando lo faceva, però, utilizzava sempre il suo vecchio nomignolo, e Izuku perdeva del tutto la capacità di ribattere, oltre a sentire un fastidioso groppo in gola che lo costringeva a cercare qualcosa che lo distraesse prima di avere reazioni stupide.
Fece così anche in quel preciso momento, mentre si arrendeva e sedeva nel modo più composto possibile davanti alla tavola.
Bakugou chiamò un servitore dalle cucine con la sua voce decisa e stentorea ed entrambi ordinarono, Izuku con lo sguardo più tranquillo e dimesso possibile, ben consapevole che il giorno dopo tutta la casa avrebbe saputo che aveva cenato con il padrone.

“Riguardo ai bambini…” cominciò appena il servitore sparì oltre le porte della cucina.
“Cosa?” chiese subito Bakugou. Come lui, scattava appena sentiva nominare d’improvviso i bambini, la minaccia della salute di Yuki lo teneva sempre all’erta.
“Penso che questa volta dovremo davvero trovare qualcuno che resti per sempre, o almeno il più a lungo possibile. Temo che alla lunga questo continuo cambio di personale li stressi più del necessario…”
“Pensi che non me ne renda conto?” chiese l’alfa,  e l’amarezza nascosta appena dal tono scorbutico fece stringere il petto dell’omega.
“Non è per niente facile, lo sai benissimo. E considerata la salute di Yuki dev’essere qualcuno di sveglio e pronto a reagire in caso di problemi, non posso assumere un beta qualsiasi bravo con i bambini.”
Izuku annuì. “Sì, è vero. Domani manderò nuove lettere chiedendo una figura adatta ai piccoli, e questa volta troveremo il beta giusto.” disse con decisione mentre una ragazza entrava nella sala con le loro pietanze, la carne dell’alfa e il pesce di Izuku.

Bakugou non commentò, ma fissò con intensità l’omega inconsapevole mentre prendeva le bacchette.
Sì, questa volta avrebbero risolto la questione una volta per tutte. Anche se Deku ancora non poteva saperlo.

______________________________________


NOTE FINALI:
… lo sto facendo veramente?
Sto veramente pubblicando una fanfiction su EFP nell’AD 2021?!
Incredibile ma vero, sembra di sì. Non perché il sito non sia attivo, nonostante la concorrenza ho visto che comunque resiste, ma ragazzi, non pensavo proprio che sarei tornata a scrivere fanfic in tempi brevi.
E poi ovviamente sono spuntati Baku e Deku. Al liceo temevo che crescendo avrei perso la capacità di sclerare e annegare nei famosi feels, ma dovrei fare vedere alla Mel di allora come sono conciata in questo periodo per colpa loro XD
Questa fic ha l’unico scopo di far sguazzare le mie sinapsi in mezzo ai sentimenti e ad alcune delle ambientazioni che preferisco nelle fanfiction da un pezzo in qua, nello specifico omegaverse + Medioevo-pseudogiapponese-fantasy (raga, lo sottolineo, IMMAGINARIO, perché a questo giro sono andata completamente di fantasia, altrimenti la storia sarebbe rimasta nel pc e bon, quindi mi raccomando, non prendete nemmeno una riga come qualcosa di storicamente attendibile).
Ah, riguardo il rating: l'arancione (o R che dirsi voglia) lo lascio per tematiche e linguaggio (intrinseci all’omegaverse), poi vedremo se salirà nel corso della storia. So comunque dove andrà a parare tutto quanto e quali saranno gli eventi principali, tanti dettagli della storia verranno approfonditi già nel capitolo 2, sia per quanto riguarda la struttura del mondo abitato da Baku e Deku che ciò che è accaduto negli anni precedenti l'inizio della storia! : )
Un'altra cosa riguardo al titolo: ero decisamente in crisi XD quindi ho deciso di affidarmi a una di quelle canzoni che adoro, Ironic di Alanis Morissette, anche perché penso si addica molto a vari aspetti della vita attuale del nostro omega!Izuku.

E niente, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto, io di sicuro mi sono divertita molto a scriverlo! In realtà ho anche una buona parte del secondo capitolo già scritta ^^

E con questo chiudo, ricordate comunque che oggi come negli anni Duemila i commenti sono il carburante che fa andare avanti con agio la pubblicazione delle fanfic, perché fa sempre piacere sapere cosa ne pensano i lettori di una storia. Come dicevo prima, spero di sentirci nello spazio commenti :*

Un bacione,
Mel

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


E poi
E poi sarà come bruciare


(E poi, Giorgia)
 

Gli odori nell’aria che lo circondava erano troppi e così densi da causargli la nausea.
Una follia di gente diversa, quasi tutta composta da ragazzi e uomini alfa e beta, rilasciava senza freni ormoni pregni di eccitazione, mentre gli altri omega in fila con lui emanavano un tanfo di paura tale da far rizzare i peli sottili del collo di Izuku.
I sensi sembravano urlargli nel cervello di scappare il più lontano possibile, a costo di strapparsi i muscoli e rompersi le gambe.
Ma non poteva. Ovviamente non poteva. I ceppi intorno alle caviglie lo costringevano a camminare a piccoli passi verso il palco di legno sempre più vicino, quelli attorno ai polsi intensificavano la sensazione di essere imprigionato e senza via di scampo, come se tutto il resto non bastasse. La fascia che gli avevano messo intorno al collo per evitare che qualche esagitato saltasse fuori dalla folla ghignante e provasse a morderlo prima che fosse stato messo all’asta stringeva come una morsa.
Se non si fosse sentito così stanco, probabilmente avrebbe avuto il primo attacco di panico della sua vita.

Ma a cosa sarebbe servito? Lui, che non si arrendeva mai, che si spingeva sempre un po’ più in là di quanto sembrasse possibile ogni volta che era messo davanti a una sfida… non aveva più forze. Era al capolinea.
Fine. Nel giro di un’ora scarsa sarebbe stato venduto al miglior offerente, che avrebbe pagato per morderlo, utilizzarlo come schiavo e fare di lui ciò che voleva.

La sua vita era terminata nel momento in cui era stato catturato dalle Guardie dell’Impero.
Anni prima lui e sua madre erano riusciti a lasciarsi alle spalle gli strozzini della cittadina a poca distanza dalla capitale dove viveano, ma alla fine era riuscito a rovinarlo l’unico debito contratto da Inko con l’Impero quando avevano avuto la necessità di rifarsi una vita.

Era talmente perso nel gorgo di infelicità imperversante nella sua mente che non si rese conto di essere il prossimo omega da presentare, finché il banditore stesso non lo tirò per la catenella dei ceppi che pendevano dalle sue mani.

Incespicò fino alla superficie del palco salendo i pochi gradini e con la nettissima sensazione di star raggiungendo il proprio patibolo.

La folla sotto di lui lanciava grida, rideva senza motivo ed era la cosa peggiore che Izuku avesse mai visto.
Non una sola parte di lui riusciva ad accettare l’idea di essere sul punto di finire nelle mani di uno qualsiasi di loro. E così cominciò a scivolare via, lontano da lì, perso in una nebbia che faceva da scudo all’incubo che lo circondava.
Si accorse solo vagamente che il banditore aveva cominciato a parlare, urlando per farsi sentire, ma non capiva cosa stesse dicendo. Non gli interessava. Del resto, arrivati a quel punto, non c’era più niente che importasse.

E poi.

E poi quell’odore gli invase prima le narici e poi il cervello, diradando la nebbia.

Legna e fuoco. Un odore che avrebbe riconosciuto ovunque, adesso cento, mille volte più forte e pregnante dell’ultima volta che lo aveva sentito, il giorno prima che sua madre gli dicesse che dovevano andarsene nel bel mezzo della notte.

L’istinto di Izuku prese il sopravvento e cercò la fonte di quell’odore prima ancora di rendersi conto di ciò che stava facendo.
E, ovviamente, la trovò.

Kacchan.


*

Bakugou scosse la testa con un gesto secco, scacciando i flash di Deku sul palco per l’asta di omega tre anni prima, fasciato in quell’orrida veste bianca come un vergine pronto per essere offerto a qualche divinità crudele. L’abito che indossava adesso era abbastanza malconcio da riportargli quel giorno alla mente.
Una collezione di kimono straripante nell’armadio, e lui era così testardo da continuare a mettersi addosso quello straccio recuperato in fretta e furia la sera in cui erano giunti alla tenuta.
Trattenne un ringhio, sapendo che sarebbe servito solo a far innervosire l’omega, ma ben deciso a risolvere anche quel problema il prima possibile.

“Finisci e poi raggiungimi nel mio studio” disse all’altro, e si alzò senza aggiungere altro.

Izuku alzò il volto dalla ciotola di riso e pesce, l’espressione stupita e perplessa, ma prima che rispondesse in qualsiasi modo Bakugou era già uscito dalla sala da pranzo.

*

Izuku entrò nell’ufficio dell’alfa leggermente teso, incerto su cosa aspettarsi dopo che Bakugou si era allontanato lasciandolo solo nella sala da pranzo.

Adesso se ne stava seduto dall’altro lato della sua grande scrivania di legno scuro, piena di ordinate montagne di documenti. Prima ancora che Izuku aprisse bocca l’alfa lo immobilizzò sul posto con una semplice frase.

“Da domani sei sollevato dal ruolo di capo della servitù”.

Izuku sgranò gli occhi, rimanendo gelato dove si trovava.

Quindi alla fine il momento era arrivato. Del resto, era sempre stato ben consapevole che esistevano diversi motivi per cui l’alfa presto o tardi avrebbe potuto o dovuto allontanarlo.
Semplicemente non se lo aspettava proprio adesso.

Per qualche ragione aveva sempre pensato che sarebbe accaduto solo una volta apparso qualcuno che avrebbe attirato l’attenzione di Kacchan, ammesso che non fosse già successo a sua insaputa… ma no, più probabilmente aveva letto la lettera della ex tata mentre Izuku finiva alla velocità della luce il suo pasto, più per non sprecare il cibo che per fame, e la missiva doveva contenere qualcosa che lo aveva turbato abbastanza da prendere quella decisione.
L’omega si sforzò di tenere schiena e volto dritti e non accartocciarsi su se stesso come avrebbe voluto.

“Ho capito.” disse, cercando di mantenere il tono più leggero e tranquillo di cui fosse capace.
“Preparerò le mie cose stasera stessa e domattina andrò in paese per vedere il da farsi. Oppure posso anche andarmene stanotte, se preferisci, ma… ecco, preferirei salutare prima i bambini…” nominandoli la voce lo tradì, e sentì il suo odore cambiare e riempirsi dell’acredine che accompagnava ansia e tristezza.
“AH?!”
Sentendo il verso stranito dell’alfa spostò di scatto lo sguardo, che non si era accorto di aver puntato ovunque tranne che su di lui, e vide che Kacchan lo stava guardando con un’espressione di assoluto e stranito stupore.

“Ma che accidenti dici?!”
Izuku sbatté gli occhi, maledicendo l’umido che sentiva tra le ciglia.
“Be’, io…”
“Cosa diavolo vai a pensare?!” lo interruppe l’alfa “Andartene?”
“Non è questo che intendevi?” chiese sempre più confuso e incerto Izuku.
“Maledizione Deku, ti tolgo quell’incarico solo perché ho deciso che sarai tu a prenderti cura di Yuki e Kagome!”

Izuku ebbe l’impressione di star per svenire. Qualcosa nel suo odore o sul suo viso dovette tradirlo, perché Bakugou scattò da dietro la scrivania e corse a sorrggerlo per le spalle.
“Ma cosa ti è saltato in mente?!”
“Io… no, è solo che… avevo capito male, tutto qui” borbottò Izuku, sforzandosi di riprendere padronanza di se stesso.
“Sei proprio…” sbottò Bakugou, il suo odore forte mischiato al sentore dell’agitazione. “Se sarai la loro tata a tempo pieno non potrai occuparti anche di gestire tutta la casa. Puoi stare dietro a quel dannato orto dove ti spezzi sempre la schiena, se ci tieni tanto, ma dammi il nome di qualcuno che possa sostituirti nella gestione generale della tenuta.”

Izuku stava ancora cercando di tornare del tutto in sé e digerire il fatto che non avrebbe dovuto andarsene all’improvviso, quando le parole dell’alfa fecero definitivamente breccia nel suo cervello.
E a quel punto si rese conto delle implicazioni.

“Kacchan, non puoi farlo!” disse in preda al panico. L’alfa non era esattamente abituato a sentirsi dire cosa poteva o non poteva fare, ordini militari a parte, e arricciò il naso infastidito, ma Izuku lo ignorò e continuò.
“Un omega adulto senza morso e acquistato a un’asta, che accudisce i cuccioli di un alfa di alto ceto? Lo sai anche tu che non sarebbe accettabile!”
Bakugou rimase un momento interdetto dalla secchezza delle sue parole, ma Izuku non si scusò. La sola idea era assurda… e il fatto che in un mondo ideale avrebbe accettato su due piedi rendeva la proposta soltanto più amara.

“Sai cosa direbbe la gente, e la tua posizione ne uscirebbe comunque indebolita” tagliò corto Izuku. A quanto pare doveva far tornare anche l’alfa in sé, ed evitare che la tentazione di accettare diventasse troppo forte.
“Potresti anche circondarti di una cerchia di omega senza scatenare troppe chiacchiere, ma c’è un motivo se è considerato assurdo affidare i cuccioli dei ricchi a omega qualsiasi senza morso e in età per accoppiarsi, anche se poco appetibili come me. Penserebbero che ti stai facendo circuire da un omega di scarso valore, e non farebbe bene alla tua immagine.” Dovette sforzarsi per pronunciare quelle parole, ma la banale realtà era ciò di cui Kacchan aveva bisogno per tornare lucido.
Perdere l’ennesima tata e doversi preoccupare ancora una volta di trovare qualcuno abbastanza abile da occuparsi non solo dei bambini, ma anche di vigilare sulla salute di Yuki doveva avergli fatto perdere la pazienza.

Izuku era talmente preso dai propri ragionamenti da non aver osservato la reazione di Bakugou alle sue parole. Quando alzò lo sguardo, vide due occhi rossi che conosceva meglio dei propri fissarlo con un’intensità che sembrava volerlo mangiare vivo e una strana e inspiegabile rabbia, così forti da far pensare che il loro padrone avesse il potere di far esplodere chi aveva davanti solo con la forza di volontà. Il suo odore bruciante era denso di furia e qualcosa che l’omega non riusciva a identificare.

“Hai finito?” chiese l’alfa, il tono calmo in modo innaturale.
Il corpo di Izuku era rigido, immobile sotto lo sguardo dell’altro. L'istinto omega gli suggeriva di non fare movimenti improvvisi per non rischiare che l’alfa si innervosisse di più.
“Be’… sì” soffiò fuori Izuku. “La situazione è questa.”
“Ottimo. Quindi ora che hai blaterato tutte le idiozie che volevi rispondimi: accetti l’incarico oppure no?”
L’omega sgranò gli occhi.
“Kacchan, no! Ti ho appena spiegato perché non posso anche se… anche se vorrei.”

Sì, lo voleva. Non per se stesso, perché in cuor suo sapeva benissimo che avvicinarsi ancora di più a quei bambini e quindi interfacciarsi sempre più spesso con Kacchan avrebbe reso ancor più straziante il momento in cui l’alfa si sarebbe trovato un nuovo compagno, che con ogni probabilità non avrebbe gradito la presenza di un omega senza legami in giro per la dimora.
Ma sapeva anche quanto sarebbe stato difficile trovare qualcuno in grado di badare a Yuki e Kagome con la sua stessa solerzia.

Eppure… eppure non potevano. La soluzione era insistere e trovare qualcuno uguale, anzi, migliore di Izuku stesso per occuparsi di quell’incarico così delicato e prezioso, qualcuno che non avrebbe messo in difficoltà Kacchan e rischiato di rovinare la posizione che aveva raggiunto grazie ai propri meriti come uomo e come alfa.

“Quindi vuoi davvero rifiutarti di badare ai miei figli, anche se sai benissimo che le possibilità di trovare un beta qualsiasi in grado di seguirli come faresti tu sono praticamente nulle? Solo per timore delle chiacchiere della gente? Per una stupida questione d’immagine?!”
“Sai benissimo che non m’interessa della mia immagine, Kacchan! Io nemmeno ce l’ho, un’immagine!” sbuffò Izuku con una risata un po’ stridula.

“Ma la tua è importante! Non puoi gettare via tutto solo perché siamo stanchi di cercare qualcuno di adeguato…” ripensando alle ultime parole dell’alfa un’idea lo colpì all’improvviso.
“È vero, abbiamo sempre tentato con dei beta e non ha funzionato, ma potremmo allargare il cerchio e cominciare a cercare maggiormente anche tra gli omega!” continuò, così preso da non notare più l’odore dominante e irritato dell’alfa.
“Possiamo cercare un omega con un compagno in cerca di lavoro, in quel caso nessuno avrebbe da ridire! Sarà un po’ più difficile da trovare, ma tra gli omega di mezza età magari verrà fuori qualcuno di adatto… oppure- ” la voce gli si spezzò.
C’era un’altra opzione, ma le parole gli si bloccarono in gola prima di pronunciarle ad alta voce.

“Allora?” chiese Bakugou, le braccia incrociate al petto e lo sguardo fermo e risoluto su Izuku.
“Be’… un’altra alternativa è cercare tra gli omega senza morso ma di livello adeguato. Qualcuno appartenente a una famiglia di ceto medio ma con la necessità di lavorare. In quel caso qualche pettegolezzo ci sarebbe comunque, ma sarebbe considerato accettabile… perché se dovesse accadere qualcosa tra voi non sarebbe uno scandalo così grande.”

Izuku cercò di sorridere e mostrarsi tranquillo come davanti a tutte le altre opzioni proposte. Il cuore gli batteva come un tamburo nel petto e temeva che il suo odore ne risentisse, ma doveva fare ciò che poteva per non rendere la situazione più penosa e imbarazzante di quanto non fosse già.

Per alcuni infiniti secondi Bakugou si limitò a fissarlo e basta, non una parola. Poi allungò una mano, e prima che se ne rendesse conto Izuku si ritrovò più vicino a lui. Troppo vicino. Abbastanza da sentire l’odore inconfondibile di Bakugou affondargli nel cervello come un paio di artigli affilati.
Poi si rese conto che la stessa mano che lo aveva avvicinato aveva anche abbassato un lato del suo vecchio kimono, scoprendo un’ampia porzione del collo pallido e la parte iniziale delle sue spalle, due lentiggini visibili nella stanza illuminata dalle lampade a olio.

“Se è questo maledetto morso che preoccupa tanto tutti quanti, te compreso, possiamo risolvere la questione una volta per tutte stasera stessa.”
Izuku sgranò gli occhi, pensando di aver capito male. “Kacchan…? Di cosa stai parlando?”
“È questo il dannato problema, giusto? Il morso. Facciamolo, e chiudiamo questa storia.” Izuku boccheggiò, cercando le parole per rispondere, chiedendosi se potesse trattarsi solo di uno scherzo crudele e fuoritempo. Ma l’espressione dell’alfa era di pietra, non un accenno di sorriso né tantomeno di risate sul suo volto.
Era serissimo. Si avvicinò ancora di più, e il suo odore lo investì con una forza tale che Izuku dovette fare uno  sforzo per mantenersi saldo sulle gambe.

“Kacchan, sei impazzito?!” riuscì a buttar fuori mentre tentava di respirare con la bocca per non lasciare che l’odore gli confondesse i sensi.
“Un morso è un legame che dura una vita intera! È qualcosa che dovrebbero condividere solo persone che vogliono restare vicine per tutta la loro esistenza.”
“Perché, tu pensi di andartene da qui?”
La domanda lasciò Izuku più stranito di prima. “Cosa…?”
“Hai sentito. Hai intenzione di andartene da questa casa? Perché se non è così, allora questo è il modo più sensato per risolvere tutte le tue paturnie. Ti morderò e chiuderò la questione.”

Izuku sentì il proprio corpo tremare.
La rabbia gli risaliva improvvisamente dallo stomaco come lava. Chinò d’istinto il capo mentre stringeva i pugni, i capelli verde scuro a coprirgli gli occhi.
“Kacchan… sei serio?”
L’alfa lo guardò con le sopracciglia aggrottate, senza comprendere. “Di che parli?”
“Ti ho chiesto se sei serio.”
“Pensi che io parli a vanvera?”
“No, ma sono sicuro che non ti rendi conto di quello che stai proponendo. Il legame di un morso tra alfa e omega si può disfare solo con la morte di uno dei contraenti. Stai veramente dicendo che ti va bene mordermi solo per assicurarti che possa badare a Yuki e Kagome finché non saranno adulti? E a quel punto cosa accadrà? Per non parlare del fatto che la sposa o lo sposo che sceglierai in futuro dovrebbero accettare il fatto che hai già morso un omega. Anche se non dovranno condividerti per davvero, perché io rimarrò comunque soltanto la tata dei tuoi cuccioli, non sarà comunque un boccone facile da mandar giù.”

C’erano altri dettagli che Izuku aveva tenuto per sé.
Il dolore che avrebbe provato dovendo vivere una vita di calori senza il proprio alfa, più dolorosi di quelli passati semplicemente da solo con i propri giocattoli, lo strazio che il suo cervello marcato dal legame e i suoi ormoni gli avrebbero iniettato dentro quando l’altro si fosse scelto un compagno ufficiale, e che il suo istinto omega avrebbe vissuto come una tragedia… queste cose non le avrebbe mai dette all’altro. No, erano troppo umilianti.
Così, per convincerlo definitivamente dell’assurdità delle sue parole, sputò fuori l’unica questione che in realtà per lui non sarebbe stata un problema.

“E hai mai pensato che io potrei volere un compagno vero? E magari anche dei cuccioli?”
Guardò Bakugou negli occhi, i pugni sempre stretti e lo sguardo fiammeggiante. Kacchan non poteva sapere che lui nemmeno riusciva a immaginarsi una vita lontana da quella casa. Ma la sua speranza di vederlo retrocedere e scusarsi (no, quello era impossibile) o quantomeno rimangiarsi quello che aveva detto fallì miseramente.

Si sforzò di non piegarsi su se stesso in preda al disagio per l’odore di alfa furioso che soffocò d’improvviso l’aria nella stanza.
“Pensi forse che non sia un compagno affidabile? Che non sarei in grado di provvedere a te per il resto della vita?” domandò Bakugou, ringhiando. “E riguardo ai cuccioli… Te ne darò anche più di uno, se è questo che desideri. So benissimo che sarai in grado di accudire una nidiata numerosa.”

Izuku sentì improvvisamente diradarsi la nebbia ormonale che tentava di offuscargli la mente. La sua fastidiosa attitudine al pianto in compenso rischiava di farsi viva, ma fece ogni sforzo possibile per trattenerla.

“No… no, Kacchan! Non si tratta di questo. Avere un compagno non vuol dire assicurarsi un tetto sulla testa e pasti caldi ogni giorno. Mi stai già dando queste cose e io te ne sono grato, lo sai benissimo. Ma un compagno è un’altra cosa. Preferirei abitare in una caverna con un alfa, o anche un beta, che mi amano davvero, piuttosto che vivere una vita agiata grazie a un legame basato sulla convenienza. Questo è il punto.”

L’odore di Bakugou non migliorò. Strinse la presa sul kimono di Izuku e si avvicinò al punto da far combaciare i rispettivi kimono. L’omega sentiva il suo corpo possente premere contro di lui, e dovette letteralmente ingoiare la saliva e un uggiolio lamentoso a causa dell’odore intenso che lo stava avvolgendo. Un odore che era puro alfa e soprattutto puro Bakugou.
Scosse forte la testa e respirò ancora con la bocca, cercando di schiarirsi nuovamente i pensieri. L’altalena di emozioni che lo stava attraversando da quando aveva messo piede nello studio non aiutava affatto.

“Comunque non hai bisogno di fare questo sacrificio, Kacchan” sbuffò infine, tirando fuori una risata più ironica e amara di quanto volesse. “Non devi preoccuparti. Mi occuperò di  Kagome e Yuki a prescindere.” “Ah?” Bakugou lo guardò finalmente con uno sguardo più confuso che rabbioso. Izuku ne approfittò per allontanarsi di un passo da lui, nonostante l’alfa tenesse ancora tra le dita il bordo del suo kimono.

“Sì, lo farò” scandì a chiare lettere. Focalizzò i pensieri sul piano che si stava strutturando velocemente nella sua mente, cercando di allontanarsi dalla confusione in cui gli ormoni e le emozioni avrebbero voluto farlo annegare.

Se Kacchan era arrivato a proporgli una pazzia come quella nonostante i rischi per la sua posizione, ragionò, per quanto esasperato l’idea di fare di lui la tata dei bambini doveva essere davvero radicata. La cosa più urgente era togliergli dalla testa che servissero… certe misure per tenerlo vicino. Be’, vicino ai cuccioli.
E in fondo, Izuku sapeva che aveva ragione quando diceva che sarebbe stato quasi impossibile trovare qualcuno capace di badare a loro meglio di se stesso.
Li conosceva come i palmi delle sue mani, era perfettamente informato su ogni aspetto della tosse cronica di Yuki e… be’, lui li amava. Profondamente. Non si trattava di lavoro.

Badare a loro a tempo pieno per anni rischiava davvero di distruggerlo una volta che il suo compito fosse finito, ma se l’alternativa era continuare a cercare tate temporanee più o meno capaci e soprattutto far delirare Kacchan su legami di convenienza… sarebbe riuscito a svolgere il suo compito e uscirne integro. In un modo o nell’altro.

“Manterremo come tata ufficiale la ragazza beta a cui oggi ho chiesto di badare a Yuki” disse, deciso “Si chiama Tsuyu, è una ragazza capace e gentile, accetterà… per correttezza e per rendere tutto più ufficiale ti chiederei di alzarle il compenso, puoi utilizzare il mio. Sarebbe anche più giusto, non avrei dovuto cedere dall’inizio, considerando che passeranno anni prima che possa riscattare la somma che hai speso al mercato dei debitori.”
Ancora gli bruciava, pensare alla piccola fortuna che Kacchan aveva dovuto sborsare per portarlo via da là.

Izuku era certo che l’unico motivo per cui i banditori erano stati in grado di imporla era la sua purezza, l’odore di omega mai sfiorato che lo caratterizzava allora come adesso, nonostante la sua persona fosse tutt’altro che affascinante. Se Kacchan non fosse stato lì quel giorno un dettaglio tanto poco significativo come il non esser mai stato toccato avrebbe potuto farlo piombare nelle mani di gente che… scosse d’istinto la testa. Basta. Non aveva senso indugiare su quei pensieri, c’erano questioni serie e reali sulle quali concentrarsi, e anche quando se ne fosse andato avrebbe vissuto a pane raffermo e acqua sporca per il resto della vita piuttosto che rischiare di finire nuovamente in quella fossa infernale.

“Ti ho ripetuto decine di volte di farla finita con questa storia del compenso e del riscatto” ringhiò irritato Bakugou “Ti ho portato qui e messo al lavoro, quindi hai diritto a una paga. Fine.”
“Sai che non è così semplice, Kacchan.”
“Lo è invece. Sei tu che complichi ogni cosa, Deku.”
L’omega alzò gli occhi al cielo e  tornò all’argomento principale, sapendo che quella del compenso era una battaglia persa da tempo e così concentrato sui propri piani da dare per scontato il nomignolo.

“Comunque. Tsuyu sarà la tata ufficiale dei cuccioli, ma sarò io a occuparmene finché non svilupperanno entrambi il loro genere secondario. E dopo… be’, vedremo. Nel frattempo prenderà il mio posto come supervisore della casa Ochako. Era già il mio braccio destro, sarà perfettamente in grado di amministrare la tenuta a tempo pieno. Anche nel suo caso sarebbe giusto adeguare il compenso, e così tutto dovrebbe funzionare come desideriamo.”

Izuku annuì soddisfatto tra sé. Questo sistemava tutto. Mancavano probabilmente nove, se non dieci anni al momento in cui sarebbe emerso il secondo genere di Yuki.
Si sarebbe dedicato a loro fino a quel momento… be’, a loro e ai possibili, probabili futuri cuccioli di Kacchan con la prossima persona che avrebbe sposato, almeno fin quando Yuki non avesse finito di sviluppare.

“E dopo? Cosa pensi di fare a quel punto?” domandò Bakugou, immobile al centro della stanza. Izuku aggrottò le sopracciglia.
“Kacchan, come faccio a saperlo? Si parla di un decennio o poco meno, sarebbe imprudente fare previsioni adesso. Potrebbe succedere di tutto… ma ti assicuro che non verrò meno alla promessa. Mi dedicherò a Kagome, Yuki e qualsiasi nuovo cucciolo fino a quando non saremo certi del secondo genere di Yuki.” L’alfa lo guardò corrucciato e confuso. “Di che nuovi cuccioli parli? Mi pareva avessi fatto una gran scena per rifiutare questa possibilità.”

Izuku si sentì arrossire come uno stupido. “Non era affatto una grande scena, Kacchan! Ho solo chiarito la questione. Ma niente toglie che tu possa avere dei nuovi piccoli con il compagno o la compagna appropriata che sceglierai… in quel caso, se vorrai mi occuperò anche di loro almeno finché Yuki non sarà grande abbastanza. In caso contrario mi limiterò a dare una mano alla loro tata in caso di necessità, sta a te scegliere.”
“Stai delirando, Deku. Non accadrà niente del genere.”
“Non puoi saperlo.” l’omega scosse le spalle, come se si trattasse di una questione che non lo toccava. “Visto che stiamo decidendo i termini di questo accordo, mi sembra giusto considerare ogni prevedibile evenienza.”

Bakugou si limitò a sbuffare, poi si alzò dalla scrivania.

“Per ora basta discorsi. Da domani prenderai servizio con il tuo nuovo incarico.”
Izuku annuì. “Sì, domattina come prima cosa parlerò personalmente con Tsuyu e Uraraka. Poi lo dirò ai bambini.”
Per la prima volta dall’inizio della loro conversazione, l’ombra di un sorriso apparve sul volto di Bakugou.

Era un’ombra piccola, che ad altri sarebbe sfuggita, ma non a Izuku. Ignorò lo strattone al petto che quell’espressione gli suscitò.

“Posso immaginare la faccia che faranno.” commentò l’alfa, il tono divertito. Poi tornò serio e fissò lo sguardo su Izuku.

“E non voglio più saperne di quel maledetto cencio che hai addosso, mi hai capito? Se proprio devi metterlo, limitati a quando lavori nel tuo orto. Visto che ci tieni tanto all’etichetta, chi bada ai miei figli non può certo sembrare una qualche sorta di disgraziato omega mendicante!"
“Kacchan, ufficialmente sarà Tsuyu la tata! Il discorso che stai facendo non…”
“All’atto pratico, lo vedranno tutti chi è che bada a quei due. Quindi domattina vedi di arrivare con una qualsiasi di quelle maledette vesti nuove che hai nell’armadio!” sbottò l’uomo, e poi andò ad aprire la porta dello studio, facendo cenno a Izuku di uscire prima di lui.

“E adesso basta con queste storie. Andiamo a letto.”

Izuku sospirò tra sé ma seguì il poco cortese consiglio e si avviò verso la propria camera, senza accorgersi degli occhi rossi che lo seguivano mentre si allontanava.
 
____


NOTE:
Ed ecco il secondo capitolo! Ci ho messo un po’ di più a pubblicarlo rispetto alle mie previsioni perché la seconda parte mi lasciava qualche dubbio, ma eccolo :) Ho sfruttato questi giorni anche per definire bene la scaletta definitiva, spero che la storia continuerà a piacervi ^.^
Ringrazio ancora le ragazze che mi hanno lasciato commenti, erano tutti un piacere da leggere, e spero che i dettagli relativi al mondo e l’epoca in cui si muovono i nostri Baku e Deku (un Giappone medioevale fantasy, fondamentalmente) appariranno più chiari e centrati man mano che si va avanti.

Ah, riguardo alla citazione iniziale: LO SO, può apparire un filiiino drammatica et adolescenziale XD ma quella canzone mi ha accompagnato bene mentre scrivevo una parte del capitolo e amando iniziare storie e nuovi capitoli con citazioni mi è venuto naturale inserirla. Spero che le parole non suonino poco adatte, ma considerata l’altalena emotiva e i momenti molto pesanti che si trova a vivere, e soprattutto a cui è andato incontro in passato, il nostro Izuku non mi sembrava così campata in aria.

Altra cosa: spero che "Guardie dell'Impero" non faccia ridere o ricordi troppo Guerre Stellari (per me continuano a chiamarsi così, oh xD), nella mia testa Bakugou e Deku vivono effettivamente in una sorta di Giappone medioevale-fantasy che è effettivamente retto da un Imperatore.

Al prossimo capitolo, grazie in anticipo a chi si farà vivo nella sezione commenti per dirmi cosa pensa di questa seconda parte >*<

Mel

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Dicono che quando incontri l’amore della tua vita il tempo si ferma,
ed è vero.


(Big Fish)


 
Izuku pensò di star sognando. Dal fondo della folla scalpitante, due occhi rossi come braci ardenti lo inchiodavano al suo posto sul palco dell’asta. Erano gli stessi che ricordava dai tempi della sua infanzia, quando ancora non sapeva di essere un omega e sognava un futuro da prode guerriero.

Poi la realtà tornò a piombare su di lui. Se quello era davvero Kacchan (e quegli occhi, oh, quegli occhi… quando mai avrebbe potuto confondersi?) la sua presenza significava solo che l’umiliazione per Izuku sarebbe stata ancor più cocente.
Venduto a un bruto qualsiasi come un oggetto, se non qualcosa di peggio, davanti allo sguardo del suo


il mio primo amore


… il suo vecchio amico d’infanzia. Che ovviamente era diventato tutto ciò che entrambi si erano ripromessi di diventare. Alto, possente, dall’aspetto valoroso e… be’, un dettaglio che a cinque, sei anni di età nessuno di loro aveva preso in considerazione, ma ora sembrava solo la beffa definitiva, soprattutto per qualcuno di stravolto e ben consapevole del proprio disastroso aspetto come Izuku.
Perché Kacchan non poteva che diventare tanto bello da far male a guardarlo, ovviamente.
Avevano sognato insieme di essere guerrieri forti e impavidi, e Kacchan sembrava l’epitome di quel concetto, avvolto com’era in una veste da alfa sobria ma elegante, i solidi muscoli leggermente abbronzati, l’altezza che da vicino avrebbe sicuramente costretto Izuku a piegare il collo per riuscire a guardarlo negli occhi e i capelli biondi come un campo di grano.

Izuku invece se ne stava là sul palco, un kimono bianco malmesso a coprire il suo corpo smagrito dalla fame, il livido nerastro che si era fatto quando le Guardie dell’Impero lo avevano atterrato mentre tentava di fuggire ben visibile sul volto, polsi e caviglie incatenati e la fascia per contrastare i morsi a stringergli collo.
Non si era mai considerato un omega attraente, ma adesso era ridotto in uno stato che sarebbe stato fin troppo generoso definire “pietoso”.
Quanto sapeva essere amara la vita.

I loro sguardi si incrociarono quanto bastava perché fosse certo che Kacchan lo avesse riconosciuto. Ebbe uno scatto di orgoglio e nonostante la paura e l’angoscia che sembravano volergli divorare tutto ciò che aveva in petto, fece uno sforzo e senza abbassare gli occhi sorrise al suo vecchio amico. Non poté fare nulla per le lacrime che non si era reso conto di aver versato fino a quel momento, e che probabilmente lo facevano apparire ancor più miserabile, ma cercò di concentrare in quel sorriso stanco tutto ciò che di buono era rimasto dentro di lui.
Non voleva che Kacchan lo ricordasse con in volto l’espressione di un uomo sconfitto.

Fece anche un piccolo cenno con il capo, per salutarlo come si deve. La prima volta che si erano lasciati non aveva potuto farlo, perché non sapeva che sarebbe scappato quella notte con sua madre. Avrebbe preferito che l’occasione per farlo giungesse in modo diverso, ma tutto sommato era comunque meglio di niente.

L’altro ragazzo rimase immobile, gli occhi spalancati fissi su di lui, ma non ricambiò il sorriso. Invece, voltò il capo e si allontanò a grandi passi.

Izuku non se ne stupì, non in una situazione del genere. Pazienza. Almeno era riuscito a mantenere il sorriso fino all’ultimo.

Poi abbassò il capo e chiuse gli occhi. Era così stanco.

___


Izuku non riusciva a decidere.
Aveva quattro kimono adatti all’inizio dell’autunno, ma non sapeva quale sarebbe apparso meno inadeguato.
Erano tutti semplicemente troppo eleganti, ecco il punto. Se la tata precedente lo avesse visto con uno di quegli abiti probabilmente avrebbe rischiato di svenire. O più banalmente, sarebbe andata su tutte le furie.

Ciò nonostante però Izuku doveva scegliere. Sapeva di non poter disobbedire a un (rimbrotto) - un ordine così diretto del padrone di casa.
Se avesse fatto finta di niente e si fosse semplicemente presentato nella stanza dei bambini con il suo solito kimono verde, Kacchan lo avrebbe sicuramente mandato a cambiarsi borbottando maledizioni.

L’omega sospirò e infine decise di indossare il kimono meno ricamato tra quelli disponibili. Il colore preponderante era un bellissimo mogano, con finiture rosse come foglie d’autunno non eccessive ma palesemente preziose, e la qualità del tessuto era visibile a occhio nudo. Il taglio era la cosa che lo imbarazzava di più, essendo molto meno approssimativo di quello del suo solito kimono. Non era neanche lontanamente volgare, tutt’altro, ma se la solita veste verde avrebbe potuto farlo passare per un beta, non fosse stato per il suo odore, con quel kimono così ben sagomato per le forme maschili omega tutti avrebbero capito il suo genere con un solo sguardo.
E nonostante fosse certo di essere del tutto dimenticabile quanto ad avvenenza, Izuku sapeva anche di avere, sotto i suoi abiti sempre piuttosto informi, un fisico che tradiva senza ombra di dubbio il suo secondo genere: fianchi larghi, lineamenti morbidi e un petto piatto, essendo maschio, ma che nei periodi vicini al calore tendeva a gonfiarsi leggermente e diventare dolorante.

L’abito comunque non era per niente adatto a un servitore qualsiasi come lui, però gli sembrava il più sobrio. Lo indossò sentendosi un po’ in imbarazzo, ma c’era poco da fare. Infine raddrizzò la schiena e si diresse verso la stanza dei bambini senza preoccuparsi della colazione. Per qualche motivo non aveva fame, il suo stomaco era serrato come un pugno.

Camminò spedito verso la camera dei piccoli, ma cominciò a rallentare man mano che si avvicinava. Riconosceva l’odore da metri e metri di distanza, ormai.

Kacchan era già dentro. Si morse il labbro e scosse la testa tra sé, cercando di scacciare la fastidiosa sensazione che cominciava ad addensarsi nel suo stomaco.
Stupidi ormoni.

Gli bastò fare un altro paio di passi per sentire anche l’odore, molto più tenue, di Tsuyu. Passò solo un momento, e poi la voce stentorea di Bakugou risuonò nell’aria.
“Allora? Ti decidi a entrare o devo uscire e trascinarti qua?”
Izuku sospirò, poi fece gli ultimi passi che mancavano e aprì di scatto la porta scorrevole.

Nel giro di un momento si ritrovò Yuki attaccato alle ginocchia e i suoi occhi scuri e quasi indaco puntati nei propri. Anche Kagome, seduta sul suo futon a gambe incrociate, gli lanciò un sorriso grande come una fetta d’anguria estiva. Gli odori di entrambi i cuccioli esprimevano emozione e allegria.

“Izu, è vero che da oggi in poi starai sempre con noi?!” strepitò Yuki senza lasciarlo andare.
 Lui rise e si abbassò quanto bastava per accarezzargli i capelli chiarissimi.
“Passeremo più tempo insieme, sì. Ma…” diede un’occhiata davanti sé. Kacchan lo guardava serio, con le braccia conserte, e Tsuyu aveva in volto il suo solio sorriso sereno e incoraggiante “… se qualcuno dovesse chiedervi chi è la vostra tata, la risposta giusta sarà la signorina Tsuyu. Per certi versi possiamo dire che adesso è il mio capo” disse ridendo.
“Non è affatto vero, Midoriya!” rise a sua volta la ragazza. “Piuttosto, è imbarazzante ricevere un compenso maggiore senza dover fare niente…” “Ho detto di non smetterla di discuterne!” sbuffò Bakugou. “Ufficialmente sei la tata dei due ragazzini.”
La ragazza si grattò la testa con aria un po’ perplessa ma non insistette oltre, limitandosi a salutare tutto il gruppo, inchinandosi con rispetto in primis a Bakugou, e tornando alle proprie faccende.

Una volta rimasti soli, l’uomo indugiò con lo sguardo sulla figura di Izuku, e dopo un momento lui si rese conto che stava osservando il kimono che indossava. Era incorreggibile.
Bakugou sembra annuire tra sé, poi tornò a posare lo sguardo sui suoi bambini.
“Farete bene a non approfittarvi troppo di questo impiastro, voi due. Non voglio sentir dire dal resto del personale che avete piantato capricci da mocciosi.”
“Ovvio che no, padre! Per chi ci prendi?!” sbottò Kagome, offesa.
“Per due ragazzini controllati da un impiastro troppo morbido, ecco per chi!” rispose piccato Kacchan.
Prima che la figlia potesse replicare a sua volta, Izuku prese in braccio Yuki e si mise in mezzo ai due.
“Okay, basta così! Non avete motivo di bisticciare. Sono certo che Gocchan e Yuki si comporteranno benissimo, e non sarò affatto troppo morbido, Kacchan!” ribatté piccato, un momento prima di rendersi conto di aver chiamato l’altro nel modo sbagliato in presenza dei bambini. Si immobilizzò d’istinto, gli occhi fissi sull’alfa, e Yuki tolse il volto dall’incavo del suo collo per osservarlo, perplesso dal suo improvviso nervosismo. Bakugou però non sembrò farci caso e si limitò ad alzare gli occhi al cielo con la solita aria scocciata, nonostante il suo odore non tradisse nessuna irritazione.

Izuku si rilassò impercettibilmente e Yuki si tranquillizzò a sua volta, andando a strofinare il naso contro la ghiandola che secerneva l’odore di Izuku alla base del suo collo.
“A me sembri morbidissimo!” commentò il bambino, e si strinse a lui come un cucciolo di scimmia, incrociando le gambe sottili dietro la sua schiena.
Izuku si sentì arrossire come uno stupido davanti all’esplicita dimostrazione d’affetto e si impegnò a guardare ovunque tranne che in direzione di Bakugou.
Sentì comunque l’alfa sbuffare e spostarsi nella stanza.

Quando finalmente alzò lo sguardo, vide che si stava dirigendo verso la porta.

“Non farti mettere sotto da questi due, mi hai capito?” ripeté a Izuku, un sopracciglio inarcato.
Il ragazzo scosse la testa. “Saranno bravissimi, non preoccuparti.”
“Mmmh” replicò Bakugou, e senza aggiungere altro uscì dalla camera.

Izuku si voltò verso Kagome, Yuki ancora appiccicato al suo collo.

“Be’, verniamo a noi” disse con un sorriso.
 
*

Izuku uscì dalla camera dei piccoli e fece un respiro profondo. Era esausto.

Kagome e Yuki erano scatenati. Non capricciosi, ma senza posa sì. Prima di vederli crollare addormentati nei rispettivi futon aveva dovuto stancarli con un’ultima sessione di gioco serale, e alla fine, dopo due aneddoti su grandi guerrieri che entrambi apprezzavano, si erano finalmente addormentati.
L’omega aveva sistemato le loro coperte un’ultima volta e poi era uscito in punta di piedi dalla camera.

Adesso sentiva davvero di aver esaurito tutte le sue energie, ma ne era valsa la pena, pensò con un sorriso. Poter stare con loro tutte quelle ore non aveva fatto che confermare che ragazzini incredibili fossero, nonostante la stanchezza

Paradossalmente quello davvero impegnativo era Yuki, che avrebbe dovuto stare il più tranquillo possibile date le sue condizioni di salute, ma non voleva saperne e continuava a saltellare e inventare nuove proposte per i loro giochi. Kagome era di indole più posata, ma ricercava comunque l’attenzione di Izuku senza perdersi un suo  singolo movimento, gli occhi scuri sempre attenti a ogni cosa che accadeva nella stanza. Il ragazzo pensava da tempo che si stesse avviando a diventare un’alfa, e oltre al fisico resistente, il suo comportamento e i suoi sensi sviluppati sembravano dargli ragione.

Riguardo a Yuki… era troppo presto. Troppo presto per intuire alcunché, sì… anche se il suo omega interiore sembrava di tutt’altro avviso.

È piccolo e morbido, sensibile agli odori, non fa che cercare il contatto… tempo qualche anno e si rivelerà un omega, proprio come te.

Izuku scosse la testa, cercando di allontanare quel pensiero. Niente toglieva che quelle caratteristiche di Yuki cambiassero con il tempo, e per lui sarebbe stato meglio così. Già la sua salute era cagionevole… se si fosse rivelato davvero un omega, il suo destino e le prove fisiche a cui sarebbe andato incontro l’avrebbero messo ancor più alla prova. Le parole della vecchia tata gli risuonarono nella mente come un monito, ma servirono soltanto a rafforzare ulteriormente la sua determinazione a proteggere il bambino.
Avrebbe voluto andare direttamente in biblioteca, rimandando il riposo… ma qualcosa nel suo corpo gli diceva che era una pessima idea.

“Dannazione…” borbottò Izuku, e si diresse a denti stretti verso la propria camera.

Se badare ai bambini era stato provante, non era soltanto colpa loro.
La sua marcata sensibilità agli odori, soprattutto quello alfa di Bakugou, il senso di spossamento che lo prendeva troppo facilmente, il tempo passato dal suo ultimo calore, avvenuto fortunatamente durante una settimana di assenza da casa del padrone di casa… tutto indicava che Izuku si stava avviando velocemente al suo prossimo periodo di reclusione coatta.

Oltre al fastidio all’idea dei giorni che avrebbe dovuto passare chiuso in camera ad agitarsi sul futon e sfogarsi con i suoi giocattoli da calore (comprati in segreto durante un giorno di spesa solitaria in paese, sarebbe morto piuttosto che farsi vedere da Bakugou mentre faceva quel tipo di acquisti estremamente privati e personali), lo irritava come non mai l’idea di rendere irregolare fin da subito la sua presenza come tata per i cuccioli.
A livello razionale Izuku era consapevole che quel fastidio così marcato all’idea di stare lontano dai piccoli era dovuto a sua volta al calore impendente, che aizzava i suoi istinti omega come non mai, ma non poteva farci nulla.

“Cos’hai da borbottare a quest’ora?”

Izuku si bloccò su se stesso. Per uno scherzo del destino, era così preso a maledire i fastidi di essere omega che era riuscito a non far caso all’odore pregnante dell’alfa. Adesso che l’altro si era fatto notare però diventò improvvisamente l’equivalente di un pugno allo stomaco.
Izuku alzò lo sguardo su di lui e dovette subito ingoiare un afflusso di saliva improvviso: l’altro se ne stava a circa un metro da lui nella sua lunga veste da camera, davanti alla porta della propria stanza, ovviamente quella padronale, e lo guardava con quel sopracciglio inarcato che Kagome imitava sempre con grande fierezza. La veste lasciava scoperta una porzione del petto e ampio e muscoloso, dal colore leggermente dorato.
Izuku sentiva le guance stupidamente calde.
Maledetto calore.

“Kacchan! Mi hai spaventato, non ti avevo sentito.”
“Ho notato, eri troppo preso dai tuoi mormorii. Qual è il problema? I bambini ti hanno fatto impazzire?”
Izuku sorrise e scosse la testa.
“Nessun problema, sono stati bravi. Piuttosto…” si morse un labbro. Odiava doverlo dire, ma sapeva che prima si fosse tolto il pensiero meglio sarebbe stato. Tanto valeva approfittare di quell’incontro inaspettato.
“Piuttosto - ” ripeté con un sospiro “Cosa?” lo interruppe subito l’alfa.

Kacchan strinse ancor di più gli occhi affilati come pietre aguzze e lo osservò come se stesse cercando qualcosa che non andava.
“Niente di grave, ma c’è una scocciatura della quale dovrò prendermi cura tra… pochi giorni, direi. Domani, e credo anche il giorno dopo, non dovrebbero esserci problemi, ma dopo temo che dovrò chiudermi nella mia stanza per circa una settimana.”
Cercò di ignorare il calore che continuava a sentire sulle guance, sperava che il problema fosse chiaro anche senza entrare nei dettagli. Meno parlava di queste cose con Kacchan meglio era, ancor più dopo la conversazione imbarazzante della sera prima.

L’uomo mormorò qualcosa di intelligibile senza smettere di osservarlo.
“Be’? È un problema?” chiese nervoso Izuku, e senza farlo rispondere continuò, quasi mangiandosi le parole per la velocità “So che non è il momento adatto, ho appena cominciato il nuovo incarico, ma non posso farci nulla e mi farò perdonare dai bambini appena avrò finito, perché se anche riuscissi a badare a loro in quel periodo il mio odore sarebbe troppo forte e li infastidirebbe, quindi penso sia meglio che Tsuyu -" “Calmati! Ho capito, del resto bastava il tuo odore. Avrei affrontato io stesso l’argomento domattina come prima cosa” lo bloccò Bakugou a gran voce.
Izuku rimase lì a boccheggiare, il suo omega interiore che, come un grosso idiota, gli strillava nel cervello di chiudere quella bocca e stare a sentire.
L’arrendevolezza agli alfa era una delle cose che Izuku sopportava meno in assoluto della sua condizione omega, quindi si sforzò e riprese a parlare.

“Mi dispiace.” disse, e nonostante sapesse quanto poco la cosa piacesse a Bakugou (“Pessimo! Sei pessimo!”) si inchinò un poco. “Sono un po’ stanco e straparlo, lo so, mi dispiace. Le condizioni che ti ho proposto sembrano accettabili, Kacchan?”
L’alfa non sembrava per niente soddisfatto, e la cosa spinse Izuku a stringersi istintivamente nelle spalle. Capiva che l’arrivo del suo calore proprio all’inizio del servizio come tata fosse intempestivo, ma d’altronde erano ormai passati poco più di tre mesi dall’ultima volta, e non poteva davvero farci nulla.

“Tirati su. E da domani voglio che ti chiudi in camera.” disse con voce dura Bakugou, e incrociò le braccia al petto. Izuku si tirò subito su e lo fulminò con lo sguardo.
“Come sarebbe? Tra un paio di giorni vedrò come va, ma domani senza dubbio non avrò problemi a  -”
“Ho detto da domani.” sentenziò l’alfa in tono definitivo. Izuku strinse i pugni contro i fianchi.
“Kacchan, non ce n’è motivo! E pensa a come resterebbero Yuki e Gochan vedendo modificare per l’ennesima volta le loro abitudini dopo appena un giorno…”
“Parlerò io con loro domattina. Non voglio vederti fuori dalla tua stanza fino a quando non avrai finito. Manderò quella beta, Uraraka, a portarti i pasti e tutti i libri e passatempi che ti pare per ingannare l’attesa fino a quando il tuo calore non colpirà una volta per tutte, e sceglierò qualcuno che passi la mattina presto a sistemare il tuo vaso da notte, ma ripeto, non devi uscire di lì per nessun motivo al mondo. Sono stato chiaro?” ringhiò.
Sensibile com’era in quel momento, Izuku non riuscì a non farsi leggermente più piccolo davanti al ringhio alfa di Bakugou, ma allo stesso tempo lo guardò con gli occhi sgranati per lo stupore.
“Kacchan… ma che senso ha?! Sono sempre stato perfettamente in grado di occuparmi da solo di certe incombenze, non c’è motivo di scomodare qualcuno per un compito così poco gradevole! Come non c’è ragione di restare chiuso in camera a perdere tempo per due giorni prima… prima di essere costretto a farlo.”

Bakugou sbuffò, l’espressione esasperata.
“Domani arriverà gente da fuori” sbottò infine, rabbioso “Non devono incontrarti. Persino ora il tuo odore sembra diventare sempre più forte, quindi resterai chiuso a doppia mandata in quell’accidenti di stanza, mi hai capito?”
Nonostante il tono di Kacchan fosse comunque esagerato, Izuku cominciava a mettere al loro posto i pezzi del puzzle.
“Gente da fuori… di chi si tratta?” domandò, la mente già avviata a cercare la risposta.
“Un certo stupido alfa bicolore” ringhiò Bakugou a denti stretti “ma non ha importanza, perché tanto non lo incontrerai. E adesso vattene a letto e ricorda quello che ti ho detto. Domattina Uraraka ti porterà la colazione, e Tsuyu si occuperà di Kagome e Yuki.” Izuku si sforzò di raddrizzare la schiena. “Non sono uno dei tuoi cuccioli, Kacchan! Ti ringrazio per la premura, ma non ho bisogno che tu badi a me come faresti con un bambino piccolo!” protestò.
Non aggiunse che lo stupido alfa bicolore lo conosceva anche lui e sapeva che non avrebbe mai fatto nulla di inappropriato solo perché sapeva che sarebbe stato inutile. Kacchan era sempre maledettamente testardo quando si parlava di lui. Cioè, più del solito.

“Non ti tratterei da ragazzino, se tu a volte non ti comportassi come tale!” ribatté il soggetto in questione. “E adesso voglio andarmene a dormire, quindi in ogni caso vedi di farlo anche tu. Anzi, andiamo.”
“Eh? Ma perché?” chiese stranito Izuku mentre Bakugou lo tirava per una manica del kimono nuovo e si avviava verso la sua camera.
“Perché lo dico io” rispose, secco, e lo scortò fino alla sua camera guardandosi intorno come se temesse un attacco nemico nella sua stessa dimora da un momento all’altro. A quel punto il cervello di Izuku sembrò scattare e fargli notare l’ovvio: così come i suoi feromoni da pre-calore influenzavano lui, facevano lo stesso con un alfa come Kacchan. E come lui, anche l'altro poteva far poco per le proprie reazioni esagerate. Del resto, anche se non mostrava mai comportamenti teneri o particolarmente amichevoli, con i fatti Bakugou aveva sempre dimostrato di considerare anche i servitori di casa in qualche modo parte del suo seguito. Non erano la sua famiglia, no, ma sentiva responsabilità verso di loro.

Nel caso di Izuku, con tutto il bagaglio legato alla loro infanzia, quella sensazione doveva essere ancora più forte, e questo spiegava il suo comportamento esagerato, per quanto ciò non lo rendesse più sensato.

“Entra” disse Bakugou una volta davanti alla camera, il tono che non lasciava spazio a repliche. Izuku sospirò appena tra sé e fece un passo dentro la stanza. Bakugou restò rispettosamente fuori, ma diede un’occhiata all’interno dalla soglia.
In particolar modo concentrò lo sguardo sul vecchio futon di Izuku, che quel mattino, stranito e nervoso com’era, non si era premurato di richiudere. Se ne stava al centro della stanza, un po’ frusto e non molto attraente alla vista. L’omega stava per scusarsi per il disordine, ma l’altro lo batté sul tempo. “Quell’affare ha bisogno di essere cambiato. Avresti dovuto dirmelo”
Izuku, che non si aspettava quelle parole quanto un rimprovero per averlo lasciato a prendere la polvere, scosse la testa con decisione. “No, assolutamente, Kacchan! Va benissimo, sarà utilizzabile almeno fino alla fine dell’anno… e quando arriverà il momento andrò in paese e ne acquisterò io uno nuovo, non hai niente di cui preoccuparti.”

In realtà, con il senno di poi sarebbe stato più sensato farlo prima del suo calore, così da poter creare un nido molto più comodo e confortevole. Adesso però era troppo per pensarci.
Bakugou non replicò, ma guardò Izuku un’ultima volta come per assicurarsi che stesse bene.

 “Allora buonanotte. Ricorda ciò che ho detto.”
Izuku alzò gli occhi al cielo, ma poi annuì. “Lascio correre solo perché é è colpa dei feromoni” pensò Izuku, ancora irritato per gli inutili due giorni di ulteriore riposo coatto che lo aspettavano.
“Cosa stai borbottando?” chiese incupito Bakugou, e l’omega capì di aver mormorato i suoi pensieri ad alta voce.
“Nulla, nulla, lascia stare. Buonanotte” rispose, e guardando l’alfa non riuscì a non sorridere. L’altro rimase immobile un momento sulla soglia, e uno strano senso di attesa sembrò avvolgere entrambi.
Rimasero a guardarsi lì, sulla porta, Izuku sorridente e Bakugou con la sua espressione seria che altri avrebbero trovato intimorente. Ma non Izuku.

“Fallo restare. Invitalo in camera!”

Bastò quel sussurro nel retro della sua testa a toglierlo dall’impasse in cui si ritrovava e fare un passo indietro.

“Per favore, abbraccia i bambini da parte mia, dì loro che mi dispiace non esserci e che non vedo l’ora di rivederli.”

Bakugou annuì con un cenno secco. “Capiranno, non passare i prossimi due giorni a macerarti su questa storia. Stattene qui al… caldo.” disse, brusco, poi chiuse la porta scorrevole. In un momento se n’era andato e Izuku era solo nella stanza.

“Sei un idiota! Sarebbe rimasto se glielo avessi chiesto. Sarebbe rimasto e allora…”

“E allora nulla” borbottò Izuku tra sé. Era sempre così. Ogni volta che arrivava il momento del calore, pur senza usare vere parole la parte omega dentro di sé gli comunicava a gran voce quello che voleva a livello primitivo, fino a diventare esasperante.
Ma avrebbe dovuto sopportare quella prevaricazione da parte dei propri istinti per poco, solo pochi giorni

giorni di agonia, senza il nostro alfa

solo pochi giorni e sarebbe finita per almeno un altro trimestre.

Izuku sospirò e poi, finalmente, andò a letto.
 
____
 


NOTE:
Finalmente! Questo capitolo non voleva saperne di finire. Pensavo sarebbe stato più breve, di passaggio (cosa che effettivamente è rimasto), ma quando ho cominciato a scrivere la parte dell’incontro tra Deku e Bakugou è uscito un fiume di parole che davvero non finiva più! Come dicevo nei capitoli scorsi ho una scaletta di eventi ben chiara e la sto rispettando, ma dal momento che questa fic ho deciso di scriverla per divertimento mi lascio il piacere di inserire gli eventi più specifici e che portano a quelli principali man mano che scrivo, e a questo giro i nostri protagonisti non volevano saperne di separarsi e lasciarmi chiudere XD


Spero che il capitolo vi sia piaciuto, nel prossimo continuerà il flashback e man mano arriveranno ulteriori scoperte riguardo al background di tutti i personaggi
A presto, spero di vedervi nella sezione commenti per sapere cosa ne pensate di questa terza parte e ringrazio tutte e tutti coloro che hanno commentato e/o inserito la storia nelle proprie liste. <3

Un abbraccio e a presto,

Mel

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


An enchanted moment
And it sees me through
It's enough for this restless warrior
Just to be with you


(Can you feel the love tonight, Elton John)



Izuku abbassò il capo e tornò a estraniarsi dai rumori della folla. Era l’unica cosa che potesse fare per non impazzire di lì a pochi istanti, vedendo chi sarebbe stato l’alfa o il beta ripugnante che avrebbe dovuto servire.

Quando uno dei sottoposti del banditore lo tirò per la catenella che univa i suoi polsi trascinò i piedi e fece i pochi gradini che dividevano il palco dal terreno senza preoccuparsi di alzare lo sguardo. Sapeva che a molti alfa non piaceva essere ignorati dagli omega che avevano davanti, ma se anche il compratore fosse stato uno di loro e lo avesse colpito, non gli sarebbe importato. Del resto, non avendo alcuna intenzione di partecipare attivamente al proprio degrado, era assai probabile che da quel giorno in poi si sarebbe riempito sempre più di lividi, fino al momento in cui avrebbero deciso di liberarsi di un omega così poco utile e collaborativo.

Quando un odore piantato da anni nel suo cervello, come un ricordo simile a un grosso chiodo sporgente, colpì il suo naso alla stregua di un pugno, la sorpresa fu tale da fargli scattare la testa verso l’alto senza neanche pensarci.


Kacchan.

Izuku per un momento si chiese se fosse morto, magari ucciso dal compratore prima ancora di andarsene dall’asta. Non riusciva a trovare altri motivi validi per cui l’alfa che aveva salutato pochi momenti prima da lontano adesso si trovasse lì davanti a lui, l’espressione seria, gli occhi rossi pieni di un sentimento che Izuku non riusciva a identificare. Qualcosa di oscuro, una rabbia che non riusciva a comprendere.
Rimase a fissare Bakugou senza rendersi conto di essere rimasto praticamente a bocca aperta per lo stupore.

Poi l’alfa scostò lo sguardo da lui e si rivolse all’assistente del banditore.

“Sfilagli le catene da polsi e caviglie, ma lascia la protezione sul collo.”
“Sì, mio signore.”

 Il beta si affrettò a seguire le istruzioni e nel giro di pochi secondi Izuku si ritrovò libero.
Poi Kacchan tornò a rivolgersi verso di lui, ma prima che potesse dire qualsiasi cosa il terzo uomo si mise tra loro.
“Padron Bakugou…. ci sarebbe la faccenda del pagamento. Le offerte non erano nemmeno cominciate, come le è stato detto il minimo per portarlo via senza una regolare asta sarà…”
“So benissimo di quanto si tratta” lo interruppe bruscamente l’altro “Se volete i vostri soldi seguite la mia vettura e li avrete appena entrati nella mia proprietà.”
L’altro si inchinò. “Molto bene, come preferisce.”

L’alfa si voltò nuovamente verso Izuku.
“Andiamo.” disse, e stese una delle sue mani grandi e coperte di calli da katana verso di lui.

Izuku la fissò come se fosse qualcosa di destinato a svanire se solo si fosse avvicinato troppo.
“Tutto questo… è reale?” chiese piano.
Il volto di Bakugou sembrò accartocciarsi per un momento, poi la sua espressione risoluta tornò al proprio posto.
“Lo è. Andiamocene da qui.”

Izuku lo fissò ancora per un momento. E poi prese la sua mano.
 
*

Izuku aveva caldo. Molto, troppo caldo, per essere soltanto alla fine della fase di pre-calore.
Possibile che qualcosa avesse velocizzato il processo?

Dopo una nottata agitata, piena di sogni confusi, si era svegliato con l’impressione che le lenzuola del suo frusto futon fossero diventate una fornace.
Il piccolo specchio appoggiato sul comò vicino all’armadio aveva testimoniato che i suoi capelli erano simili a un cespuglio distrutto da una bufera e la sua faccia assurdamente rossa.
Poteva già sentire nel ventre anche il fastidioso languore che precedeva le ore precedenti al calore, che aveva creduto sarebbe arrivato solo nella tarda giornata seguente.

Era occupato a rimuginare senza soluzione sulla sua situazione quando qualcuno bussò delicatamente alla della camera.

Il suo omega drizzò subito le orecchie, covando la speranza che fosse una persona ben precisa, e Izuku sbuffò tra sé. Ovvio che non potesse essere quella persona, altrimenti, in un momento simile, avrebbe sentito il suo odore anche a un corridoio di distanza. E soprattutto, quel lieve bussare non era affatto da lui.

Si trascinò fino alla porta e poi raddrizzò la schiena, tentando di acquisire un aspetto dignitoso. Una volta fatta scorrere la porta, l’espressione compassionevole sul volto di Uraraka espresse fin troppo bene il suo fallimento.

“È già così dura?” chiese la ragazza mentre Izuku si affrettava a prendere l’involto che teneva tra le braccia, rispondendo alla comanda con un verso senza significato. Lo infastidiva già abbastanza che la beta lo vedesse in quella condizione di fragilità, non aveva nessuna voglia di entrare nei dettagli.

Strano? L’ultima volta lui non c’era, ma pensavi davvero di rimanere insensibile al vostro incontro di ieri sera? E sei stato così stupido da rifiutarlo!

Izuku scosse il capo per zittire i messaggi che il suo fastidioso lato omega urlava a gran voce.

Poi prese coscienza di ciò che teneva tra le mani, e che Uraraka gli aveva appena passato: un enorme futon arrotolato.

“Ho l’ordine di ritirare quello vecchio, e dopo portarti la colazione.” gli spiegò con un sorriso.
Izuku si sentì diventare se possibile ancora più rosso.

“Non ce n’è alcun bisogno! Per favore, riportalo indietro e…”
La ragazza scosse decisa il capo e incrociò le braccia in segno di diniego.
“No, non se ne parla! Lo sai com’è Padron Bakugou. Finirei solo per riportarlo quai nel giro di cinque minuti.”
Izuku gemette per la frustrazione e l’imbarazzo.
“Non era assolutamente necessario! Il mio vecchio futon va benissimo così com’è.”
“Be’, in tutta onestà non mi pare così ben messo” borbottò la ragazza gonfiando le guance e osservando il vecchio letto di Izuku.
Il ragazzo sospirò. Lo sapeva benissimo anche lui, ma non si sarebbe mai sognato di chiederne uno a Bakugou. Non avrebbe dovuto permettergli di vederlo fin dall’inizio, ma ormai il danno era fatto.

Uraraka lo aiutò ad avvolgere il vecchio futon e a stendere quello nuovo. Era bellissimo, c’era poco da fare. Decisamente più largo dell’altro, morbido come non mai, con un piumino adatto alla mezza stagione che sembrava una grande nuvola. La parte omega di Izuku non vedeva l’ora che l’amica uscisse per potervisi tuffare e creare il miglior nido di sempre.

Uraraka gli promise di tornare entro due minuti con la colazione.
“Posso prenderla io…” iniziò Izuku. Sapeva che Kacchan si sarebbe infuriato, ma lo metteva troppo a disagio che la beta si occupasse di lui in quel modo, come se fosse la sua servitrice personale.
“Niente da fare, il padrone ha dato l’ordine di non farti uscire da questa camera fino alla fine del tuo… periodo.” disse, arrossendo leggermente.
Izuku ovviamente sentì le guance fare lo stesso. Ormai doveva essere più rosso di un papavero.
“Mmh, sì, lo so bene, ma… ecco, mi dispiace che ti tocchino tutte queste incombenze.” Sperava vivamente che fosse qualcun altro a occuparsi del resto.
Lei scosse il capo, un sorriso aperto sul volto gentile.
“Siamo amici. Lo faccio volentieri, non è niente di gravoso. So che a parti invertite di comporteresti allo stesso modo.
Izuku non poté negarlo, e le sorrise d’istinto.

Non appena la ragazza lo ebbe lasciato solo con la sua colazione, arrivò un imbarazzatissimo ragazzino beta figlio del giardiniere, così giovane da aver rivelato il proprio genere secondario da un anno scarso, e balbettando gli disse di dover ritirare il suo contenitore per le necessità notturne. Izuku si sentì morire di vergogna, ma era sempre più accaldato e consapevole del proprio inconfondibile odore, così non fece troppe storie e si limitò a cacciargli in mano anche un paio di monete, nonostante l’altro insistesse per aver già ricevuto un compenso da Padron Bakugou per quel compito. Izuku non ne dubitava, ma gli sorrise debolmente e lo pregò di accettare comunque, per il disturbo. L’altro lo guardò con sguardo un po’ perso, fissandolo come se fosse soprappensiero. Poi si scosse e uscì in fretta, ancora più imbarazzato di prima.
In un altro momento Izuku avrebbe sospirato, ben consapevole che la sua reazione era la riprova che il suo calore fosse ormai imminente nonostante l’eccessiva velocità con cui si era fatto spazio dentro di lui… ma la necessità di creare il nido era troppo forte.

Si lanciò sul nuovo futon senza nascondere l’entusiasmo, e impiegò l’ora seguente sistemando cuscino e lenzuola nel modo più confortevole possibile, per poi andare a recuperare il paio di coperte lanose che teneva nell’armadio e aumentare la morbidezza e la comodità del nido.
Una volta finito si infilò sotto le coltri e non riuscì a trattenere delle piccole fusa omega. Era così morbido piacevole!

Impegnato a strofinare la guancia contro le coperte morbide, impregnandole con impegno del proprio odore, il rumore di una carrozza che attraversava il cancello destò la sua attenzione.
Voltò di scatto la testa verso la porta, il suo omega interiore allarmato all’idea di estranei in avvicinamento durante un momento così intimo, ma Izuku si sforzò
di far funzionare la sua mente razionale e ricordare a se stesso che doveva essere semplicemente Todoroki.  

In un altro momento sarebbe stato in fila con il resto della servitù per inchinarsi e salutarlo. Continuando ad agitarsi sul letto per spargervi sopra il proprio odore, la mente di Izuku si riempì di brevi flash con l’alfa dagli occhi bicromatici come protagonista.

Si erano incontrati per la prima volta a circa un mese dall’arrivo di Izuku in casa Bakugou. In quel periodo, la sorella dell’alfa e defunta moglie di Bakugou se n’era andata da circa un anno e Yuki era ancora un bambino piccolissimo.

Tre anni prima Uraraka, una sera in cui avevano condiviso un tè in camera di Izuku e la beta si era sentita in vena di segreti, gli aveva rivelato che il Padrone e la sua defunta moglie si erano sposati spinti dal desiderio di unione delle famiglie dei loro rispettivi capi - la madre di Bakugou e il padre di Shouto Todoroki e della sua defunta sorella.
“Padron Bakugou non era per niente entusiasta” gli aveva bisbigliato in tono cospiratore “Ma sua madre voleva assicurarsi che avesse accanto un buon compagno e la signorina Fuyumi era davvero una bella persona, sempre gentile e sorridente” aveva continuato con un sorriso triste.

Izuku non ne dubitava, ma se solitamente il pensiero della defunta moglie di Bakugou lo riempiva di semplice malinconia all’idea della sua fine prematura (e forse anche per altri motivi meno nobili), in quel momento gli fece venire le lacrime agli occhi.

“Assurdo.” disse a voce alta, cercando di portare altrove i suoi pensieri, ma le parole di Uraraka continuavano a risuonargli nella mente.
“Era chiaro a tutti che nonostante i suoi modi burberi il padrone le voleva bene. È sempre stato un po’ ai ferri corti con il fratello però, l’erede dei Todoroki. Non sono proprio compatibili, temo, anche se il signor Todoroki è un alfa così serio e rispettoso. Sono certa che morte della Padrona in seguito alla nascita di Yuki sia stata un brutto colpo anche per lui. Era molto affezionato alla sorella.”

Per fortuna, Torodoki era anche uno di quegli uomini che non penserebbero mai di incolpare i neonati per la morte delle donne che hanno lasciato questo mondo a causa di complicazioni legate al parto, e visitava spesso i propri nipoti. Ormai accadeva più di rado, ma solo perché anche la sua posizione, così come quella di Bakugou, era sempre più prestigiosa, e di conseguenza oltre agli onori aumentavano anche gli obblighi che lo tenevano lontano dalla famiglia.

Nonostante Izuku si aspettasse rumori e risate in lontananza (i bambini adoravano il loro compassato zio), dopo pochi minuti la casa tornò calma e relativamente tranquilla.
Si chiese quanto sarebbe rimasto Todoroki. Avrebbe passato la notte lì?

Ovvio che sì. Ma che problema c’è? bisbigliò il suo omega.
Nel cuore della notte, quando tutti staranno dormendo, lui potrebbe comunque tornare da te…


Izuku scosse la testa tra sé, cercando di allontanare quel treno di pensieri. Ma i suoi ormoni imbizzarriti per colpa del calore stavano già cominciando a farsi sentire.
Sentiva la sensazione dato dal calore spandersi dentro di lui come una corrente di lava, e immagini del volto di Kacchan, del suo petto ampio e forte, le sue mani grandi dalle dita robuste, i lineamenti cesellati e gli occhi rossi come falò, cominciavano a battere nella sua mente al ritmo delle pulsazioni.

Izuku era perso nella sua stessa mente, quando un leggero rumore fuori dalla sua porta lo fece risvegliare come una scossa elettrica. Il suono, unito all’odore di cucciolo in preda all’ansia, lo fece scattare in piedi prima di rendersene conto, bloccando a metà una sorta di imbarazzante miagolio che non si era accorto di star emettendo, tutto preso dalle sue stupide fantasie. Caracollò fino alla porta, la fece scorrere sui perni e rimase a guardare con occhi sgranati chi vi stava dietro: Yuki.

Le guance del bambino era striate da due grossi lacrimoni.

“Izu lo so che devi stare da solo perché sei nel tuo periodo speciale ma ho avuto la tosse e mi sono spaventato e volevo te ma Padre e Tsuyu non mi lasciavano venire così appena ho potuto sono scappato e -”
Izuku interruppe il confuso fiume di parole e si chinò per abbracciare il bambino, tentando di tenere a freno il suo odore soverchiante nonostante il calore ormai sul punto di esplodere dentro di lui. Per il naso di un cucciolo così piccolo era l’equivalente di una cassa di frutti troppo dolci ormai marciti, capace di dare il voltastomaco.

“Mi dispiace, ora ti senti bene? La tosse è passata?”
Yuki annuì, il faccino schiacciato contro il collo di Izuku, ignorando il suo odore comunque troppo forte.
“Sì, ma mi fa male la gola. Oh Izu, voglio stare qui, ti prego!”
Izuku sentì il cuore stringersi in una morsa di fronte alla richiesta implorante del cucciolo.
“Yu, mi dispiace, non posso proprio farti restare. Tra poco non riuscirò a trattenere il mio odore e ti farebbe stare male, rischierei di farti tornare la tosse. Dobbiamo tornare dagli altri, saranno preoccupatissimi visto che sei sparito…”
“Ma io voglio stare con te!”
“Tra pochissimi giorni staremo sempre insieme, te lo prometto.” “Ma proprio sempre?”
“Sempre sempre sempre. Davvero.”

Il cucciolo mugugnò ma si lasciò tirare su da Izuku. L’omega cominciò a camminare a tentoni nel corridoio, ma nel giro di tre, quattro passi ondeggianti, con Yuki attaccato addosso, andò praticamente a sbattere contro un muro.
Un muro che in realtà era un odore, forte, ardente come un incendio che tentava di penetrargli dentro.

“Kacchan…” soffiò debolmente Izuku. Seguirono pochi passi veloci, e poi attraverso la cortina di capelli bianchi di Yuki che gli solleticava il naso, l’omega vide Bakugou apparire dal corridoio avvolto nell’oscurità.

L’uomo lo guardava con due occhi che avrebbero spaventato chiunque, ma non Izuku: semmai, il suo omega reagì in modo decisamente peggiore. Vedendolo arrivare con quello sguardo, il kimono da casa leggermente stropicciato (probabilmente per la foga di correre ovunque cercando Yuki, suggerì la piccola parte ancora razionale del suo cervello) e il petto allenato leggermente in vista, Izuku sentì chiaramente i suoi indumenti intimi inumidirsi con gli umori tipici del calore. Pregò qualsiasi divinità in ascolto che Bakugou fosse troppo preso dalla preoccupazione nei confronti della scomparsa di Yuki per farci caso.

“Yuki, che diavolo ci fai qui? E tu sei impazzito?!” iniziò l’alfa, a voce così alta che Yuki uggiolò preoccupato dalle braccia di Izuku. L’omega d’istinto lo strinse più forte.
“Non arrabbiarti con lui… era in ansia per l’attacco…” disse nel tono più deciso che riuscì a mettere insieme nelle sue precarie condizioni.
“E così ha pensato bene di sparire facendo venire un colpo a tutti quanti! E se si fosse sentito male mentre veniva a cercarti? Mi pareva anche di averti ordinato di non uscire dalla tua stanza!”
“Sì, ma… lo stavo riportando…”
“Avresti dovuto chiamare qualcuno, sarebbe bastato lanciare un urlo e un qualsiasi servitore si sarebbe precipitato! Ora basta” si avvicinò per prendere in braccio Yuki, ma Izuku non lo lasciò andare.
“Non… prometti… di non sgridarlo troppo.” disse tra i denti. L’odore di Bakugou, accentuato dalla rabbia, era intossicante, e il tentativo di trattenere il più possibile il proprio afrore di omega in calore lo stava sfinendo. Sapeva che se avesse continuato così nel giro di un paio di minuti avrebbe perso i sensi.

“Dannato…” iniziò Bakugou, ma Izuku non capì il resto della frase. Lo sentì farsi più vicino che mai e poi Yuki borbottare “Mi dispiace padre…” e le sue braccia sottili lasciare il proprio collo.
Dopodiché un braccio forte e muscoloso lo afferrò per la vita.

“Izu ha un odore troppo strano, sta male?” mormorò il cucciolo.
Bakugou non rispose, e Izuku si sentì semplicemente trascinare a ritroso verso la propria stanza da una di quelle mani che aveva sognato fino a poco prima.
Appena rimise piede nella sua camera quella stessa mano gli sollevò con inaspettata delicatezza il mento e Izuku, confuso, si ritrovò nuovamente con gli occhi puntati in quelli rossi dell’alfa.

“Infilati nel tuo nido e riposa. Mi hai capito?”
Izuku riuscì solo ad annuire, le proprie difese che cedevano una volta per tutte disperdendo il suo odore. Bakugou ringhiò d’istinto, e i canini bianchi e affilati da alfa fecero capolino in un lampo. Poi si tirò indietro come uno strappo e chiuse di scatto la porta.

Mentre il suo omega si lamentava a gran voce dopo aver visto l’alfa andarsene, Izuku riuscì a traballare fino al suo amato nido e lasciarvisi cadere sopra.
Poi tutto si fece buio.
 
*

Quando riaprì gli occhi era notte fonda.
L’ansia gli batteva nel cervello come un’emicrania.

Il cucciolo. Era malato. L’alfa era furioso e l’ha preso. Non hai controllato.
Non sai come sta. Pessimo, terribile omega.


Izuku strinse i pugni contro le coperte. Il suo omega era un dannato idiota. Sapeva benissimo che Kacchan non avrebbe fatto altro che rimbrottare Yuki per essere sparito nel nulla e controllare che stesse bene… ma non riuscì a comunque a restare sdraiato.
Non era riuscito a fare domande precise sul suo attacco di tosse, e per quanto ne sapeva poteva essere stato in condizioni tali da rischiarne un altro poco dopo essersi ripreso dal primo. Era già capitato che avesse più attacchi distanziati nel giro di poche ore, soprattutto se già si portava dietro un’infreddatura.
Possibile che quando aveva litigato con Kagome vicino al lago si fosse magari bagnato i piedi o i capelli senza che nessuno ci facesse troppo caso…?

Izuku si alzò scalciando via le coperte, l’omega dentro di lui che protestava per essere rimasto addormentato chissà quante ore nonostante l’urgenza di controllare il piccolo. Pur sapendo quanto Bakugou si sarebbe infuriato trovandolo in giro per casa un’altra volta, Izuku caracollò fino alla porta, l’aprì e poi fece un profondo respiro. Nonostante il calore fosse ormai palesemente avviato, si era riposato abbastanza da riuscire a mantenere un filo di lucidità e riprovare a tenere un poco sotto controllo il proprio odore. All’aperto sarebbe stato comunque in pericolo, ma sperava che all’interno della casa tutti fossero addormentati troppo profondamente per svegliarsi a causa del suo dannato odore.

Si avviò lungo il corridoio appoggiandosi con le mani al muro alla sua destra. Non voleva accendere candele per evitare di attirare l’attenzione.

Stava procedendo spedito verso le camere dei bambini quando vide una luce accesa a pochi metri da lui: era quella della biblioteca. E nel giro di un momento… alfa.

L’odore di un alfa che conosceva.

Il suo omega interiore uggiolò.

Non è il nostro.

Izuku si voltò di scatto per tornare indietro, prima ancora di rendersene conto. Ma appena fatto il primo passo una voce lo bloccò sul posto.

“Midoriya?”

Izuku si voltò. A pochi centimetri da lui c’era Shouto Todoroki. E lo stava fissando come immaginava che un serpente fissasse un topo prima di scattare.
 


____

NOTE:
NON UCCIDETEMI PER IL CLIFFHANGER VE PREGO!
LO SO, avevo detto che Todoroki sarebbero apparso in questo capitolo… e in effetti lo fa, dai! *le tirano un pomodoro in testa* (non ci credo, quanto tempo era che non scrivevo didascalie tra gli asterischi? Vedete che ho ragione quando dico che Baku e Deku mi fanno regredire ai sedici anni)
Tra l’altro ho bisogno di un attimo di solidarietà a questo proposito (più in piccolo perché non c'entra con la fic): ho corretto un'ignorante che scriveva bestialità su una pagina dedicata al Lucca Comics e questa, senza più argomentazioni, ha scritto (con vari errori grammaticali e ortografici) di non scrivere come quando avevo dieci anni. L’unica cosa alla quale poteva aggrapparsi per dire una cosa simile era l’utilizzo di segni come “XD” “^^” e simili, che utilizzo per chiarire meglio il mio tono di voce su internet. Ma quanto sta male la gente? Cose come quella degli asterischi sono forse effettivamente più "da piccole" ma lo faccio per ridere insieme a voi e perché sono in un ambiente amichevole dove si può scherzare tra noi. Quell'uscita mi è parsa veramente delirante (oltre che maleducata come toni, ma che altri aspettarsi da un soggetto simile), ditemi se sbaglio.

Tornando alla storia, la mia idea era davvero quella di far partire a tutto tondo la Questione Todoroki adesso, ma la verità è che prima mi è uscita una lunghissima parte di flashback che ho dovuto dividere in due parti, e poi quella ambientata nel presente, che pensavo sarebbe stata abbastanza veloce, si è allungata sempre di più come l’altra volta e il finale del capitolo è diventato quello che avete letto.
Mi dispiace che il ritmo di pubblicazione sia rallentato ma con la fine delle vacanze mi tocca aspettare il weekend per scrivere la fic e quindi i tempi si allungano senza quasi che me ne renda conto! In ogni caso non mi scordo mai della fic e proseguo sempre con grandissimo piacere, quindi tranquille (ed eventualmente tranquilli, se per caso leggono anche maschietti) che la storia andrà avanti! : )

Passando ad altro, ci tengo a precisare una cosa: il lato omega di Izuku non corrisponde al suo cuore. Se lo fosse, del resto, il nostro sarebbe molto più arrendevole, un po' l'uke in stile “senpai, fai di me ciò che vuoi!” XD
Il lato omega sono gli istinti, il suo secondo genere che si fa sentire a gran voce. Ovviamente il suo “omega interiore” riconosce in Bakugou l’alfa che desidera di più, ma questo perché nella storia è obiettivamente un alfa molto attraente e SOPRATTUTTO perché Izuku nutre per lui già un certo tipo di sentimenti ; )


Grazie per la pazienza a tutte e tutti coloro che seguono la storia, non sapete quante energie mi dia vedere le vostre parole e l’inserimento della fanfic nelle liste! Spero di sentirci nello spazio commenti più tardi!

A presto,
un abbraccio

Mel

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Capitolo 5
*** Un salto nel passato ***


Uno strano torpore sembrò impossessarsi di lui appena un servitore lo  aiutò a salire sulla vettura di Bakugou, una portantina nera di grandi dimensioni con finiture arancio e oro. La sensazione di star sognando non lo aveva ancora abbandonato, aveva l’impressione che tutto ciò che stava accadendo fosse un sogno dolce e confortevole da quale si sarebbe risvegliato sudato e urlante, gettato in un angolo nella casa di qualche alfa terrificante.

Quando poggiò il capo contro il cuscino di velluto dietro la sua testa, riuscì a scorgere Kacchan a poca distanza, intento a dire qualcosa all’addetto all’asta di poco prima con un’espressione per nulla compiacente in volto - non che un’espressione simile fosse proprio tipica di lui. A quel pensiero Izuku sorrise senza accorgersene, e sempre senza rendersene conto, si addormentò.

*

Riaprì gli occhi al rumore di una porta che sbatteva. La luce era quella del tramonto, rossa

(rossa come gli occhi di- ma è successo davvero?)

e prossima all’arrivo del buio. Grazie al cambio di luce si rese conto che dovevano aver viaggiato per alcune ore, allontanandosi parecchio dalla città. Per un momento gli venne il dubbio di trovarsi proprio nella zona dove lui e Kacchan vivevano da piccoli, ma in quel momento non aveva modo di saperlo con sicurezza.

Scese dalla vettura sentendosi un po’ incerto sulle gambe, fin troppo leggero, e si rese conto di non aver mangiato nulla per un giorno intero. Non che fosse quella la questione più urgente. Si guardò intorno, sperduto, e vide la splendida dimora che si ergeva davanti a lui. Ampia, dai tetti piatti particolarmente alti, di legno rosso scuro con inserti neri.
Era una delle case più belle che avesse mai visto e soprattutto la prima che fosse stato in grado di osservare così da vicino. Il giardino che la circondava era grande, adornato da molti alberi e da due laghetti, uno dei quali sormontato da un ponticello. Guardò più indietro e vide in lontananza un grande cancello nero ancora aperto.

“A quanto pare anche un alfa come Katsuki Bakugou ha le sue debolezze.” commentò una voce a poca distanza da lui.
Izuku si voltò di scatto e notò l’addetto alle aste guardarlo con un ghigno poco piacevole. La sua carrozza doveva trovarsi fuori dal cancello.
“Tutti sanno che non butta mai denari per alcool e piaceri della carne… e oggi invece dirà addio a tutto quel conio solo per un piccolo omega ancora puro come acqua di montagna.”
Izuku lo guardò incredulo.
“Tutto quel conio?” Per lui?
“Farai bene a prepararti per ciò ti aspetta stanotte, ragazzo. Dopo aver sborsato tutto quel denaro il tuo padrone si aspetterà di ricevere ciò per cui ha pagato, e con gli interessi.”
“Ma… di quanto si tratta esattamente?” chiese Izuku, temendo la risposta.

Quando l’uomo gli rispose sentì che le gambe rischiavano di cedere. La cifra era assurda, del tutto ingiustificata! Era sicuro che non fosse inferiore alla dote richiesta per un omega di ceto medio. Niente a che vedere con uno come lui, venduto a un’asta pubblica per ripagare vecchi debiti, malconcio e senza niente di utile da offrire.

“Ohi.”

Si voltarono entrambi verso l’entrata principale della casa. Bakugou stava uscendo dalla porta principale con tre sacchi pieni e tintinnanti tra le mani.

“Padron Bakugou” il beta si inchinò, parlando con un tono mellifluo del tutto diverso da quello con cui si era rivolto a Izuku fino a un momento prima “Non avrebbe dovuto scomodarsi lei, poteva occuparsene un servitore…”

“Prendili e sparisci” rispose Bakugou, e sbatté con assai poca delicatezza il denaro tra le braccia dell’uomo. Nello stesso momento, Izuku intravide una servitrice uscire di fretta dal cancello in sella a un asinello, diretta chissà dove.
“Entra in casa.”
Il tono perentorio di Bakugou richiamò subito a sé l’attenzione di Izuku, e vide che  lo stava fissando mentre indicava con un dito l’ingresso principale.
“S-sì. Scusa-scusi la mia disattenzione, Padrone.” balbettò l’omega, e senza far caso all’espressione accigliata dell’altro si affrettò a fare come gli era stato detto.

Si ritrovò in un corridoio quasi buio, dove l’unica fievole luce era quella del giorno morente.
Nonostante la pancia vuota, le ore di sonno all’interno della carrozza lo avevano reso abbastanza lucido. E sempre più spaventosamente consapevole della sequela di brutte figure già fatte: oltre ad avere un aspetto orripilante il suo odore non doveva essere migliore, e come se non bastasse si era addormentato nella carrozza del suo padrone!

Quella consapevolezza sembrava grattare contro i suoi nervi, rendendolo ogni istante più agitato.

Gli sembrava improbabile che l’alfa fosse davvero interessato a condividere il letto con lui (il solo pensiero bastò a fargli salire un fastidioso calore al volto dolorante e sporco di polvere), quando avrebbe potuto avere ogni sorta di omega attraente di alto ceto. No, Kacchan doveva essersi semplicemente mosso a compassione. Nonostante i modi bruschi e a volte indisponenti, anche da bambini Izuku era sempre stato consapevole della sua ruvida sensibilità. E per quanto il pensiero fosse umiliante, era consapevole che quella pietà fosse ciò che lo aveva salvato da un destino terrificante.

Perché qualsiasi cosa gli avesse chiesto di fare Kacchan, sarebbe stata comunque meno spaventosa del servire qualunque altro possibile compratore.
Izuku decise in quel preciso istante che sarebbe diventato il miglior servitore di casa Bakugou. Avrebbe dimostrato a Kacchan di non aver semplicemente donato il suo denaro per aiutare una causa persa, ma di essersi guadagnato un aiuto che gli alfa di alto ceto come lui avrebbero potuto soltanto invidiare.

“Come sei finito là?”
Era così preso dalle sue riflessioni che non si accorse di star borbottando tra sé finché la voce di Bakugou non lo interruppe. Si voltò di scatto verso di lui.
L’alfa se ne stava a pochi metri di distanza, i lineamenti piegati in un’espressione ancor più seria del solito. Le ore di viaggio sembravano non aver avuto effetti su di lui, non sembrava neanche stanco. La cosa fece sentire Izuku ancor più consapevole del suo aspetto disastrato.

“Io- cosa?”
“Ti ho chiesto come sei finito su quel sudicio palco.”
Izuku abbassò il capo, imbarazzato.
“Be’… diciamo che è una storia lunga…” si interruppe da solo. No, non era una storia così lunga tutto sommato. Non aveva voglia di rispondere, ma come poteva negare una risposta a Kacchan, dopo gli avvenimenti delle ultime ore?

Così si sforzò di tirar fuori ciò che gli era capitato nel tono più distaccato possibile, come se fosse successo tutto a qualcun altro, qualcuno per il quale non provava affetto.
“La notte dopo il nostro ultimo incontro, anni fa, mia madre e io siamo dovuti scappare dai debitori con i quali mio padre aveva fatto affari quando era ancora vivo. Siamo finiti in un piccolo villaggio di pescatori, ma per sopravvivere e ricominciare avevamo bisogno di denaro. Mia madre contrasse un nuovo debito, questa volta direttamente con una banca dell’Impero, ed era sicura di restituirlo a breve… ma gli interessi si sono accumulati prima che ce ne rendessimo conto. Quest’inverno lei…” deglutì a fatica “lei… si è ammalata, ha preso una brutta febbre…” nonostante tutto l’impegno che stava mettendo nel mantenere le dtsanze dal suo racconto, dovette chiudere gli occhi “… ho fatto del mio meglio per curarla, ma non c’è stato modo, mancava il necessario ed è peggiorata nel giro di pochissimi giorni. Dopo… dopo ho restituito quello che potevo alla banca lavorando ovunque mi assumessero, ma non è bastato nemmeno questo. Alla fine mi sono venuti a prendere.”

Izuku tentò di concentrarsi sul proprio respiro e mantenerlo il più tranquillo possibile. Rischiava sempre più di crollare, e l’ultima cosa che voleva era infliggere all’alfa un servitore lacrimoso e fuori di sé.

“Sono state le guardie a ridurti così?” chiese Bakugou. Il suo tono era duro come il granito.
Izuku si morse un labbro. Per quanto sapesse di essere ridotto a uno straccio vecchio, sentirselo ricordare non era comunque piacevole.
“Sì, è successo quando ho provato a scappare. Li ho fatti correre per un po’, in realtà” riuscì a tirar fuori l’imitazione di una mezza risata “Ma alla fine non c’è stato niente da fare, mi hanno atterrato. Ho sbattuto la faccia.”

Bakugou non replicò, si limitò a fissarlo con quello sguardo che Izuku non riusciva a decifrare. L’omega fece un respiro profondo e poi, ignorando il corpo dolorante, fece un profondissimo inchino.

“Devo chiedere scusa per il mio comportamento di oggi. Sono stato irrispettoso, quando ci siamo incontrati sotto il palco non ho salutato né ringraziato, e mi sono addirittura addormentato nella carrozza… ma volevo dirti- volevo dirle che sono grato che mi abbia portato via da quell’inferno. Ci vorrà del tempo, ma troverò il modo di restituire il denaro speso per riscattarmi all’asta.”

Mentre lo diceva Izuku sapeva che lo avrebbe fatto. Non aveva idea del modo, dato che un servitore acquistato era di fatto un servo, e ovviamente non aveva diritto ad alcun compenso… ma avrebbe saldato il suo debito, a qualsiasi costo.

“Comincerò a lavorare anche subito, se vuole assegnarmi uno o più compiti” aggiunse in fretta.

“Falla finita e tirati su.” rispose Bakugou. L’omega alzò soltanto la testa e vide l’espressione infastidita sul suo volto.
“Sbrigati!” insistette l’altro.
Con lentezza, Izuku obbedì.
“E smettila con questo tono deferente, Deku.”

Quel vecchio nomignolo fu un colpo al cuore. Era l’unico modo onesto per definirlo. Izuku si sforzò di trattenere l’umidità che rischiava di passare attraverso le sue ciglia.

“Domani finiremo di parlare. Adesso seguimi, ti mostro dove dormirai.”
Bakugou si mise in cammino lungo il corridoio, superandolo.

Izuku, strabiliato, lo seguì.


 
____


NOTE:

Rieccoci qui! So che aspettavate gli sviluppi relativi all’entrata in scena di Shouto, perdonatemi TT ma dal momento che in questo periodo sono molto presa per via delle lezioni, e la scorsa settimana ho scritto una lunga parte ambientata nel passato dei nostri amati protagonisti, questo “intermezzo” più breve mi è sembrata una buona soluzione, anche tenendo conto del fatto che diverse lettrici apprezzano la parte in flashback.
Il prossimo capitolo però torneremo anche nel presente! Mi serve solo un po’ di calma per mettermi lì e scrivere, grazie alla famosa scaletta so benissimo quali sono le scene da buttare giù e poi sistemare, devo solo trovare un po’ di calma per concentrarmi e via! ^.^

A presto, spero nessuno ci sia rimasto troppo male e che questo capitoletto sia riuscito a emozionarvi almeno un po’ >*<

Un grandissimo abbraccio,

Mel

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - prima parte - ***


Love is like war: easy to begin but very hard to stop.
(Mencken)


Con sua somma vergogna Izuku quella mattina si era alzato tardissimo, giusto per iniziare bene la sua nuova vita come servitore di Kacchan.
Era uscito dalla nuova camera sentendosi stranito e insicuro, temendo di fare qualcosa di sbagliato senza rendersene conto. Stava osservando i lunghi corridoi che lo circondavano, un continuo alternarsi di legno scuro e carta di riso più chiara nei toni dell’ocra e dell’arancio, quando sentì l’odore inconfondibile del padrone di casa.

Senza nemmeno pensarci si era avviato d’istinto in quella direzione. Era arrivato fino alla biblioteca attraversando la casa e ammirando stupito la bellezza e l’eleganza discreta intorno a lui: e una volta in quella stanza, era bastata una sola occhiata per capire che si trattava di amore a prima vista.
Sua madre gli aveva insegnato a leggere grazie a un paio di vecchi rotoli che aveva fin da piccola, e per quanto Izuku lo adorasse, non aveva mai avuto modo di posare gli occhi verdi smeraldo su nient’altro. Almeno prima di entrare in quella sala del tesoro.

“Ti piacciono i libri, dunque?”
A quelle parole Izuku si era come risvegliato dalla sua trance, focalizzando finalmente l’alfa al centro della stanza, il cui odore lo aveva guidato fin lì. Bakugou se ne stava seduto a una grande scrivania in pegno scuro, con indosso un kimono ampio e nero che lasciava scoperta una piccola porzione di pelle sotto la gola.
 Quando si rese conto di averlo ignorato per studiare prima la biblioteca e poi il suo abbigliamento arrossì come uno stupido colto in fallo.


“S-sì! Cioè, sì mi piacciono molto i libri, ma non avrei dovuto - Scusa- Mi scusi per la disattenzione, ecco!”
Bakugou sbuffò contrariato, alzandosi dalla scrivania ingombra di carte e pennini.
“Ti ho detto di farla finita con quel tono ossequioso.”
“Ma-“
“Ma un bel niente. Non voglio più sentirti dare del lei, quantomeno non quando siamo soli. È ridicolo, considerando da quanto ci conosciamo, Deku.”

Izuku ingoiò il magone che minacciava di ostruirgli la gola a quel maledetto nomignolo.
“Io… se così desideri, va bene.”
“Così desidero. Adesso dimmi, sei ancora un dannato pacere come da piccolo?”

Izuku lo guardò confuso. “In che senso, se posso chiedere?”

“Nel senso che sei bravo a parlare con la gente, a tranquillizzarla e farti ubbidire anche se a prima vista sembri più malleabile di un pezzo d’argilla.”
“Non sono così malleabile, Padrone. Ma comunque non ho particolari problemi nel confrontarmi con le persone, questo è vero.” “Ti ho detto di finirla con questi toni e appellativi, sono ridicoli!” “Ma è quello che… be’, è quello che sei! Il mio padrone, voglio dire.” le ultime parole uscirono stupidamente simili a un balbettio.
“Sono il tizio per cui lavori, al massimo.”
Izuku scosse la testa deciso. “Non è così, Kacchan! Mi hai riscattato al mercato dei debitori, sei a tutti gli effetti il mio padrone, e lo sarai per il resto della nostre vite. Lo sappiamo benissimo entrambi.”
Solo alla fine del suo accorato discorso Izuku si rese conto del nomignolo che aveva usato d’istinto, un nome che apparteneva ai tempi dell’infanzia ma che parlando con l’alfa gli era tornato sulle labbra come se non se ne fosse mai andato, e gli anni non fossero passati.
Appena se ne accorse, una mano scattò a coprirgli la bocca.

Il volto di Bakugou invece fu tagliato in due da un ghigno soddisfatto, che mise in bella vista i suoi canini appuntiti.

“Sarà con quelli che morderà il suo partner.”
sussurrò una voce dentro Izuku. Il suo omega, che non sentiva più da mesi.
Da quando aveva perso sua madre era sembrato che fosse sparito, che avesse deciso di annullarsi. Ma davanti al volto ingiustamente attraente di Bakugou e al suo sorriso pericoloso aveva rialzato la la testa.
“Sarebbe meglio che sparisse e basta. Tanto non gli darò mai alcun tipo di soddisfazione” pensò con un sospiro Izuku.

“Lo sapevo. Figurati se una testa di legno come te poteva diventare un po’ meno testarda.” commentò Bakugou senza perdere il ghigno strafottente.
“In realtà hai detto poco fa che sono malleabile come l’argilla!”
“Ho detto che a prima vista sembri più malleabile dell’argilla, non che lo sei, Deku! A questo proposito, ho un incarico per te.”

Izuku fu grato di quella notizia. Adesso aveva qualcosa di diverso a cui pensare rispetto a quell’inappropriata schermaglia, e soprattutto alla stupidissima stretta che la parola Deku continuava a infliggere al suo stomaco.
 
“Certamente. Dimmi di cosa si tratta e provvederò subito.”
“Bene. Da questo momento ti nomino responsabile della servitù di questa casa.”
Izuku sgranò gli occhi verdissimi. “Cos- no, non posso farlo!”
L’alfa incacò un sopracciglio, scontento. “Sbaglio o hai detto che avresti fatto subito ciò che ti chiedevo?”
“Sì, ma- ma- pensavo mi chiedessi di occuparmi delle pulizie delle cucine o delle latrine, o qualcosa di simile! Con le mie credenziali posso fare questo o… o qualcos’altro del genere.”
Si morse il labbro, ripensando come un idiota a ciò che aveva detto il responsabile dell’asta la sera prima. Uno come lui, un omega comprato all’asta dei debitori, poteva essere utilizzato solo per due scopi, ne era dolorosamente consapevole. Soprattutto se obbligato a servire una casa padronale come quella. In un ambiente simile pulire e sistemare le camere sarebbe stato troppo, si era aspettato fin dal giorno prima che il suo posto di lavoro sarebbero stati bagni e cucine, e gli andava bene così.
Perché l’alternativa era esattamente quella che aveva descritto il beta quando erano arrivati a Casa Bakugou: fare lo scaldaletto. Essere il ricettacolo della lussuria di un alfa e nulla più. Ma nel caso di Kacchan, be’… Izuku sapeva benissimo di non avere niente che avrebbe potuto spingerlo a reclamarlo nel suo letto. Non Kacchan, che sarebbe stato in grado di attirare frotte di corteggiatori anche se fosse stato un alfa poco abbiente.


 
“C’è un’altra cosa.”

La voce di Bakugou lo destò dal suo rimuginare. Izuku sollevò lo guardò sbattendo gli occhi e l’altro alzò il cielo i propri.

“Possibile che tu sia sempre così trasognato? Riesci a perderti in quel tuo cervello nel giro di tre secondi scarsi.”
“Non lo faccio apposta, è… è solo che sono fatto così.” borbottò Izuku in risposta, imbarazzato.
Davanti a quelle parole, Bakugou compì una scorrettezza.

“Lo so.” disse. E poi - come se fosse un uomo molto più crudele di quanto era realmente - sorrise.
Non un sorriso normale. Non il solito ghigno che esprimeva sicurezza, anche arroganza, la palese convinzione di poter afferrare il sole con una mano se solo avesse voluto. No, era un sorriso più tenue, ma che saliva a illuminare i suoi occhi rossi puntati su Izuku di una luce assurdamente gentile per uno come lui, che da ragazzino nascondeva il proprio buon cuore sotto strati di tracotanza e adesso dietro l’inscalfibile corazza da alfa guerriero, senza interesse per sentimenti come… come quelli che un omega meno disilluso di Izuku avrebbe potuto leggere nel suo sguardo in quel momento.
Avrebbe dovuto dirglielo, a Kacchan
.

(“Non sorridere così a qualcun altro come me, qualcuno per il quale non potresti mai provare altro che amicizia e affetto. Penserebbe cose stupidi e impossibili. Sentirebbe qualcosa nel petto tirare come se volessero strapparlo via a forza, e farebbe male. Un male terribile, che ti strazia.”)

Izuku deglutì.
“Di che si tratta?”
Bakugou tornò serio. Troppo serio, come se si apprestasse a dire qualcosa di vitale.

“Ho due figli. Li incontrerai più tardi.”

L’aria sembrò cristallizzarsi intorno a loro. Izuku sentì la propria mente andare in cortocircuito, lasciandolo, incredibile ma vero, senza nulla da dire.

Due figli.
Kacchan.

“Deku?” lo chiamò Bakugou, con calma, e Izuku quasi sobbalzò.
“S-sì, ho capito. Due figli, eh? Be’, mi sembra…” si morse un labbro, cercando le parole “mi sembra stupendo, Kacchan. Conoscerò anche la persona tua consorte allora?”
Fu il turno di Izuku di sorridere. Il sorriso più largo e allegro che riuscì a mettere insieme, consapevole che se solo fosse stato quel famoso omega illuso e sognatore, invece che un giovane ben consapevole della sua posizione, adesso la stessa cosa  dentro al suo petto pronta a impazzire davanti al sorriso crudele di Kacchan, be’… sarebbe stata ridotta a una poltiglia da buttare.

“Non c’è nessun consorte.” rispose l’alfa a denti stretti. “Se n’è andata alla nascita del nostro secondo figlio.” Il suo tono era duro, cupo, e non aggiunse altro.

Dunque Kacchan si era unito a una donna, ed ella era morta di parto lasciandolo con due cuccioli. Il suo omega interiore appena risvegliato uggiolò al pensiero.
“Mi dispiace” disse sommesso, a capo chino, ed era vero. Entrambi avevano affrontato le asprezze della vita, a quanto pare. Anche bambini che non avrebbero dovuto averci niente a che fare.

“Alza la testa. Non hai motivo di reagire in questo modo, non te l’ho detto per avere la tua compassione.”

“Non è compassione Kacchan! Io… mi dispiace davvero. Tutto qui. So cos’è un lutto, del resto.”
A quelle parole il nervosismo di Bakugou sembrò fare un passo indietro.
“Sì, è vero. Lo sai.” commentò soltanto, il tono neutro.
Poi si massaggiò lo spazio tra gli occhi, rilasciando un lieve e roco sospiro.
“Sarai il responsabile della tenuta. Devi conoscerli. Ho una figlia già molto indipendente e poco loquace, che penso diventerà un’alfa. Yuki invece…” si interruppe per un momento “è praticamente ancora un infante. Soffre di attacchi di tosse, quindi va controllato con attenzione.”
“Ci starò attento” rispose Izuku, pacato.

“Bene allora.”  commentò Bakugou. E questo fu tutto ciò che aggiunse sulla questione.


*


“Midoriya.”

Izuku restò immobile davanti all’alfa, rigido come uno stecco di legno.
Il suo omega interiore stava ululando a gran voce.

Alfa sbagliato! SBAGLIATO. Sbagliato.

Sentì il sudore cominciare a raccogliersi alla base del collo, inumidendo le radici dei capelli. Todoroki intanto lo fissava senza dire una parola, ma Izuku lo vide inspirare con forza. Sapeva che il suo odore doveva essere forte come quello di una cassa di frutta troppo matura, e accentuato dal panico per di più. Rimasero entrambi immobili a osservarsi, senza dire o fare nulla.
Poi Todoroki scattò.

Fece un passo di lui, e in un istante Izuku si ritrovò premuto contro il muro alla sua sinistra, il naso dell’alfa a pochi millimetri dal suo collo.
Emise un lamento per nulla compiaciuto, maledicendosi per la vulnerabilità che stava mostrando.

“Il tuo odore… non dovresti essere qui. Non adesso.” mormorò Todoroki. Izuku non riuscì subito a rispondere. L’odore forte e fresco dell’alfa era obnubilante, soprattutto aspirato nel bel mezzo di un calore. Sentiva che non si trattata del suo alfa, ma con gli ormoni impazziti che si ritrovava in quel momento era impossibile ignorarlo.

“Pa-Padron Todoroki… si sposti, per favore.”

Todoroki non ubbidì, e inspirò nuovamente contro la porzione di collo lasciata libera dalla veste da notte.

“Il tuo odore…” mormorò di nuovo, ma non finì la frase.

Un momento Izuku era schiacciato contro il muro. Quello seguente si ritrovò libero di muoversi, mentre l’alfa era andato a schiantarsi contro la parete opposto del corridoio.

“Che diavolo sta succedendo?!”

Izuku si voltò di scatto verso quella voce.

Bakugou emanava un odore di pura furia. I suoi occhi erano più rossi che mai, i denti digrignati e i muscoli tesi sotto il kimono, ancora quello del giorno prima.

“Allora?! Che pensavate di fare?!”

“È colpa mia” disse Todoroki. Izuku voltò lo sguardo su di lui e vide che stava scuotendo la testa come un uomo che debba riprendersi da un sogno. Poi tornò a guardare l’omega.

“Perdonami Midoriya. Mi sono lasciato trasportare.”
Izuku si inchinò di scatto, profondamente. “No, Padron Todoroki, la colpa è mia, non avrei dovuto uscire dalla mia camera, non in questo momento…”
“Questo puoi ben dirlo, dannazione!” abbaiò Bakugou. Poi fulminò Todoroki.
“Con tutte le arie che ti dai potresti mostrare un po’ più di autocontrollo.”
“Ka-Padron Bakugou, è stata colpa mia, sul serio.”

A quelle parole, Bakugou riportò lo sguardo pieno d’ira su di lui e ringhiò.
Izuku abbassò d’istinto il capo. Si sentiva sempre più stanco e provato. Gli odori combinati dei due alfa nervosi e rabbiosi lo confondevano e causavano reazioni imbarazzanti al suo corpo. Si appoggiò meglio al muro dietro di sé, tentando di respirare il minimo indispensabile.

“Mi- mi può dire come sta Yuki? Volevo assicurarmi che non avesse avuto una ricaduta…”
A quelle parole, Bakugou sembrò calmarsi un minimo. “Sta bene, è a letto, dove dovresti essere anche tu. È per questo che ti sei alzato nel bel mezzo della notte?”

Izuku si limitò ad annuire.

“Grazie per le premure che mostri verso i miei nipoti, Midoriya.”
Sia Izuku che Bakugou si voltarono verso Todoroki, che era rimasto in silenzio da quando si era preso la colpa dell’accaduto.
“Mi dispiace molto per ciò che è accaduto.”

Izuku scosse la testa.

“Torna in camera adesso.” borbottò Bakugou. Izuku annuì, e dopo un ultimo sguardo ai due, si allontanò.
 

*

Il mattino dopo Izuku si svegliò stanco e dolorante. Il calore ormai aveva preso possesso del suo corpo in ogni modo possibile, e si sentiva debole e pieno di crampi. La veste era bagnata dei suoi umori, e l’odore della sua stessa eccitazione non faceva che rinfocolare il languore inestinguibile che lo avrebbe accompagnato fino alla fine del calore. Era così stanco che nemmeno si prese la briga di cambiarsi, né aveva intenzione di mangiare nonostante il vassoio con frutta e formaggio fresco che qualcuno aveva lasciato sul suo comò mentre stava dormendo, forse la mattina presto, quando lui ancora dormiva profondamente appallottolato nel suo nido.

Si alzò per prendere la scatola contenente i suoi giochi per il calore, nascosta nelle profondità del proprio armadio, quando un odore troppo familiare sembrò sferrargli un pugno sul naso. Senza neanche rendersene conto volse gli occhi verso lo specchio accanto alla porta: il suo volto era arrossato e sconvolto dalla nottata di sonno agitato e dagli ormoni. Gli occhi verdi brillavano come se avesse la febbre.

Izuku avrebbe di gran lunga preferito non dover aprire la porta in quelle condizioni.

“Deku, apri questa porta!” sbraitò Kacchan.
L’omega sospirò e si arrese al suo destino, cercando di restare più calmo possibile nonostante le sue condizioni. Agitarsi sarebbe servito soltanto ad aumentare l’intensità del proprio odore.
Non fu per niente facile. Il profumo di Bakugou entrava a zaffate dagli interstizi della porta, facendolo sentire stordito e affamato

(non è il cibo che voglio!)

al contempo.
Il muro accanto alla porta scorrevole tremò sotto i colpi delle nocche di Kacchan.

Izuku sospirò e andò ad aprire.

Quando spalancò la porta, l’odore di alfa irritato gli diede l’impressione di andare a sbattere contro un muro di pietra. Fece d’istinto un passo indietro.

Così non va. È furioso!

“Kacchan…” borbottò, stringendosi le braccia intorno al corpo. Il suo omega avrebbe voluto fare tutt’altro, e Izuku sapeva che soltanto il nervosismo di Bakugou impediva al suo corpo di avere reazioni inappropriate come quelle della sera prima. “Non dovresti essere qui” riuscì a tirare fuori, le labbra strette in una linea sottile.

Bakugou incrociò le braccia al petto, fissandolo. Le pupille nere si erano già allargate, andando a mangiare buona parte delle sue iridi rosse come il sangue. L’odore di omega in calore era un afrodisiaco, c’era poco da fare. E l’alfa lo sapeva. Andare da lui in quel momento era semplicemente una pessima idea, rimuginò Izuku tra sé.

“Invece di borbottare, dimmi cosa diavolo pensavi di fare ieri sera violando i miei ordini e uscendo come niente fosse nel tuo stato!”
Izuku lo guardò a sua volta, cercando di concentrarsi sulla situazione corrente. Non era per niente facile. L’odore di irritazione che emanava da Bakugou non era affatto passato, ma ci si stava lentamente abituando e il suo omega cominciava a scalpitare.

“È venuto da te” sembrava sussurrargli. “Cosa aspetti, fagli capire quanto…”

Izuku fece un altro passo indietro e scosse forte la testa, tentando di chiarire i propri pensieri e allontanare la nebbia che sembrava ingolfargli la mente.

“Volevo… volevo solo sapere come stava Yuki. Non riuscivo a dormire con quel dubbio addosso… non dopo l’attacco di tosse nel pomeriggio.”
“Avresti potuto semplicemente chiamare qualcuno dalla porta o dalla finestra dicendo che avevi bisogno di qualcosa, e sarebbe arrivata una beta per dirti quello che volevi! Uscire adesso, con quest’odore addosso, è stata una follia!”
“È stato il mio omega.” soffiò Izuku, esausto. In un altro momento non si sarebbe mai parato dietro la scusa dei propri istinti, ma era la banale verità, e lui non aveva le forze per pensare e inventare scusanti.
“Mi sono svegliato in preda all’ansia, dovevo essere sicuro che Yuki stesse bene. Sono uscito senza riflettere, non volevo creare fastidi di nessun tipo. Mi dispiace molto, Kacchan.”

Un pugno vibrò contro il muro accanto alla porta. Izuku sobbalzò.
“Ka-Kacchan? Che ti…”
“Fastidi? È così che li chiami? Hai rischiato di essere violentato da quel dannato alfa bicolore! Se non fossi tornato cos'altro pensi che sarebbe successo?!”

Nello stato in cui versava, con immensa vergogna Izuku si accorse subito che il semplice accenno al momento in cui Bakugou era riemerso dall’oscurità del corridoio, sbattendo al muro l’altro alfa, era stato abbastanza per fargli rilasciare nell’aria l’odore denso e dolciastro di omega eccitato. Ed era impossibile che Bakugou non lo sentisse.

Appena l’odore si disperse intorno a loro, inequivocabile, e Izuku tentò di allontanarsi dall’altro fino al punto di ritrovarsi a un passo dal proprio giaciglio, Bakugou lo fulminò con uno sguardo furioso.

“Ti basta ripensare a quel bastardo per bagnarti? È così?”
Izuku scosse la testa con forza. Sentiva il volto bruciare come gli capitava solo d’inverno, quando si metteva così vicino al fuoco ardente da rischiare di scottarsi le guance.
Bakugou non sembrò far caso al suo segno di diniego.

“Vi ho disturbato quindi? Avrei dovuto lasciare che ti prendesse contro quel muro in piena notte?”
“No! Non è così, non avrei mai-”
Non avresti mai, certo” lo interruppe Bakugou con un ringhio ferino “Persino nel bel mezzo del tuo dannatissimo calore saresti stato attento all’etichetta? Avresti aspettato che quel bastardo venisse a cercarti in un luogo più opportuno?”

“Kacchan, no! Stai… non hai capito niente. Non farei mai simili pensieri su Padron Todoroki. Non… Non…”

Non è lui che voglio. Non lui.

Izuku riuscì a correggersi appena in tempo. Sentiva le lacrime raccogliersi lungo le palpebre, e maledì gli ormoni. Era sempre stato fastidiosamente incline alla lacrima facile, e il calore non faceva che peggiorare le cose.

“Non sarei mai così arrogante!” riuscì a correggersi appena in tempo. “So benissimo cosa sono. Sarebbe assurdo inseguire certe fantasie!”

Quelle parole sembrano effettivamente bloccare Bakugou sul posto, congelandolo come se una vecchia fattucchiera gli avesse lanciato contro un incantesimo. O, più semplicemente, come se Izuku gli avesse appena rovesciato addosso una secchiata di acqua fredda.
L’uomo lo fissò, raggelato, il tono roco e graffiante.
“Allora è vero. Tu lo desideri. Ti trattieni solo per colpa dei tuoi stramaledetti scrupoli, ma vorresti davvero il bastardo bicolore.”
Izuku lo guardò boccheggiando confuso. Prima che avesse il tempo di continuare Bakugou si avvicinò a lui, annullando la distanza che li separava. D’improvviso il suo odore intenso come un incendio era a un palmo dal naso di Izuku.
“Da quando?” soffiò fissandolo negli occhi, il corpo possente teso come una corda sul punto di spezzarsi. “La mia proposta… è per questo che l’hai rifiutata?” Chiese in un soffio, la voce profonda scossa da un qualcosa che, se Izuku non lo avesse conosciuto così bene, avrebbe potuto scambiare per incertezza, quasi… quasi vulnerabilità.

“Kacchan, non so di cosa stai parlando. Spostati ti prego, io…”
“Tu cosa? Persino mentre sei in calore il mio odore ti infastidisce? È troppo diverso dal suo?”
“No! Non provo niente per Padron Todoroki, solo rispetto. È un brav’uomo, uno zio affettuoso per i piccoli, ma nient’altro.”
Solo a quel punto Izuku si accorse di star tremando. Prima di rendersene conto le sue mani corsero a stringere gli avambracci di Bakugou, solidi e marmorei sotto le sue dita come ci si poteva aspettare solo da un alfa abituato ad addestrarsi al combattimento duramente e senza tregua.
“Non è per lui che ho rifiutato la proposta, te l’ho spiegato quella sera il motivo. Non provo nulla per Padron Todoroki” ripeté.

“Non è lui l’alfa che desidero.”

“Non è lui? Intendi che c’è qualcun altro, allora?”

Izuku sgranò gli occhi, rendendosi conto di aver parlato a voce alta.

“Chi?”
L’omega non riuscì a rispondere, limitandosi ad abbassare il capo.
“Chi, Deku?! Rispondimi, dannazione!” insistette Bakugou, e portò una mano al suo mento, alzandogli il volto.
Izuku si ritrovò a fissare le pozze nere contornate di rosso che in quel momento erano gli occhi di Kacchan.
Non poteva rispondere. Non poteva. No, anche se il suo omega gli stava praticamente urlando in testa di annullare la distanza di pochi millimetri tra le loro labbra.
Anche se il cuore gli batteva come un tamburo di guerra, risuonando in in tutto il  suo corpo.

A tradirlo furono i gesti. Davanti allo sguardo febbrile di Kacchan, a quegli occhi ardenti e furiosi come una tempesta che sembravano volergli sfondare il cuore, qualcosa dentro di lui mollò la presa.
Izuku tolse una mano dal suo avambraccio e sfiorò la guancia accaldata dell’alfa.
Scottava come se avesse la febbre.

Per Bakugou fu abbastanza.

Si gettò su di lui, fiondandosi sulle sue labbra come se fossero la prima fonte d’acqua nel giro di miglia e miglia per un uomo sul punto di morire di sete.

Le gambe di Izuku cedettero. Finirono entrambi sul suo futon, nel suo nido, illuminati solo dalla luce del mattino d’autunno che passava attraverso le tende leggere.
 

___


Note:
Eeeeed eccoci qua!
Questo sesto capitolo sarà diviso in due parti, altrimenti verrebbe lunghissimo, e dopo passeremo definitivamente alla seconda metà della fanfiction!

Per il resto… come va ragazze? Con questa storia spero di star continuando a portarvi un po’ di intrattenimento e qualche batticuore, io continuo a divertirmi molto mentre la scrivo.
Ringrazio tutte le persone che l’hanno aggiunta e continuano a inserirla alle loro liste, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate nella sezione commenti (e grazie come sempre anche alle mie fedeli commentatrici di capitolo in capitolo, mi incoraggiate tantissimo a continuare! :*).

PS: Vi lascio un regalino, il link al kimono nero indossato da Baku nella storia! -w-  QUI
Prego ;*

Un abbraccio,
a presto

Mel

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 - seconda parte - ***


 
Occhi, quei maledetti occhi mi fottevano sempre.
Ci facevo l’amore solo a guardarli.


(Charles Bukowski)

Izuku era nervoso come mai prima nella sua vita.

Sto per incontrare i figli di Kacchan.

Quel pensiero, per qualche motivo, lo sconvolgeva. Ma del resto, da quando era stato catturato dalle guardie dell’Impero tutta la sua vita era diventata un continuo sconvolgimento.

E adesso era arrivato il momento di incontrare i cuccioli di Bakugou. L’alfa stava immobile e silenzioso al suo fianco, in attesa di qualcosa. Izuku ci mise qualche iastante a capire che aspettava era un segnale da parte sua.

L’omega fece un respiro profondo. “Sono pronto” disse, nel tono più tranquillo che riuscì a mettere insieme.
Bakugou non rispose, ma poggiò la mano sulla porta scorrevole e la spalancò.

E a quel punto Izuku li vide. Gli bastò percepire il proprio sorriso davanti al cipiglio sospettoso di Kagome e l’espressione stupita del bambino minuscolo che teneva in braccio, per capire che non aveva mai avuto speranze di non lasciarsi conquistare da quei cuccioli.

“Andrà tutto bene” pensò mentre faceva un passo verso di loro. E dopo moltissimo tempo, sentì che era la verità.

*

Izuku si sedette con lentezza, circospetto, spostando involontariamente il braccio muscoloso appoggiato sulla sua vita. L’alfa al suo fianco emise un verso quasi animalesco che esprimeva chiaro fastidio per il movimento, pur rimanendo addormentato.
Guardando la capigliatura bionda e scarruffata di Kacchan al suo fianco, Izuku non riuscì a trattenere un sorriso pieno di… qualcosa di del tutto inadatto a ciò che era successo poco prima.

“Si è trattato solamente di un momento di debolezza.
È colpa del calore.
Non accadrà più.”


L’omega elencò nella propria mente tutti i motivi per cui doveva evitare fin da subito stupidi ragionamenti da illuso su ciò che era capitato.
Giustamente, Bakugou scelse quel preciso istante per aprire gli occhi e osservarlo come se fosse una preda capricciosa.
“Che stai facendo?” chiese, l'espressione sospettosa.
Izuku arrossì. Come un idiota, considerando quello che avevano appena combinato.
“Nulla” borbottò.
“E invece scommetto che stai già rimuginando un mucchio di sciocchezze. Torna qui.”

Izuku scosse la testa e nonostante non ne avesse la minima voglia, scostò l’ammasso di coperte che era il suo nido e fece per uscire, cercando con gli occhi il kimono più a portata di mano per coprirsi.
Stava per alzarsi quando una mano troppo grande e troppo forte afferrò il suo polso, senza far male ma con una decisione a cui non sarebbe riuscito a opporsi neanche provandoci con più convinzione, e lo fece ricadere nell’ammasso di morbidezza e calore sotto di lui.

Un momento dopo l’alfa era sopra Izuku, il corpo scultoreo bene in vista in tutta la sua bellezza. L’omega sentì di nuovo il volto andare a fuoco, e la sua mente fu invasa dai ricordi delle ore precedenti (quante? non avrebbe saputo dirlo, l’unica cosa che poteva intuire dalla luce che entrava nella camera era che doveva essere pomeriggio inoltrato):

Mani forti e calde come un incendio che lo afferrano.
Un odore così intenso, così forte da dargli l’impressione di stare per impazzire.

“Mio”
La voce di Bakugou ridotta a un ringhio a metà tra il ferino e l’adorante mentre l’uomo percorre famelico il suo corpo, sprofondando nelle parti più segrete e umide di lui.
Le esplosioni di piacere nel suo corpo, così intense da dargli l’impressione di non averne mai provate prima.


Il momento in cui Bakugou entra dentro di lui per la prima volta, il suo ringhio animalesco e l’uggiolio pregno di soddisfazione che il suo omega emette a gran voce, sollevato ed entusiasta per aver finalmente ottenuto l’alfa che desiderava dove desiderava.

Il volto di Izuku, che percepiva caldo come una fornace, scattò di lato, evitando di guardare l’alfa negli occhi.
“Allora, dove pensavi di andare?” gli chiese lui con voce roca, prima di avvicinare il volto al suo e cercare i suoi occhi.
“K-kacchan, dev’essere tardissimo. Ti staranno cercando, devi andare!”
L’alfa aggrottò le sopracciglia e in tutta risposta si chinò sul suo collo, mordendo proprio a pochi centimetri dal punto dove si trovava la ghiandola secernente il suo odore, quella che se rotta dai suoi denti e pervasa dal veleno alfa di Bakugou li avrebbe legati per sempre.
Izuku rabbrividì in tutto il corpo, e imprecò silenziosamente sentendo il proprio corpo rilasciare una nuova ondata di umori impregnati di feromoni.
“Sicuro di volerti alzare?” rise con voce bassa e roca l’alfa. Izuku si morse un labbro.
“Smettila Kacchan. Tutto questo… non è opportuno.”
“Ah? Che ci sarebbe di inopportuno?”
“Lo sai benissimo!”
“L’unica cosa sicura è che ti fai sempre troppo problemi.” ribatté l’alfa, tornando poi a far scivolare il volto lungo il  suo collo con più attenzione, come se stesse cercando qualcosa.
“Che- che cosa c’è?” balbettò Izuku tentando (inutilmente) di ignorare i movimenti di Bakugou.

“In realtà il tuo calore… si è calmato. Molto. Dev’essere perché era la prima volta.” Izuku si sentì arrossire da capo a piedi, fin troppo consapevole che in quel momento e in quelle condizioni Bakugou lo avrebbe notato subito.
“Immagino di sì…” bofonchiò. Del resto era la norma: dopo il primo accoppiamento durante il calore di un omega, a differenza di quanto accadeva di solito il suddetto calore passava quasi del tutto, lasciando solo un odore più forte del solito che avrebbe avvolto Izuku ancora per qualche giorno. I guaritori ipotizzavano accadesse perché il corpo dell’omega necessitava di tempo per riprendersi dallo shock di quell’esperienza tanto intensa, ma già dal calore seguente il suo ciclo sarebbe tornato quello di sempre.

Izuku ne approfittò subito. “Mi sembra un ottimo motivo per alzarci! Vorrei andare a controllare Yuki di persona” disse in tono deciso, e nonostante l’espressione corrucciata Bakugou lo lasciò scivolare via con uno sbuffo.
Izuku sapeva che nominare la salute di Yuki era sleale da parte sua, ma del resto non aveva detto alcuna bugia.

Si rivestì il più in fretta possibile, insicuro all’idea che l’alfa potesse osservare il suo corpo nudo con troppa attenzione e a mente lucida.
Si stava finendo di infilare il kimono quando l’odore di Bakugou lo avvolse, un momento prima che le sue braccia muscolose di natura e indurite ulteriormente dagli allenamenti lo avvolgessero intorno alla vita.

L’omega sentì la propria mente come galleggiare appena l’odore caldo e intenso di Bakugou andò a penetrarlo in profondità.

“Sta bene, te l’assicuro. Non me ne sarei mai andato se ci fosse stato anche solo il minimo pericolo di una ricaduta.”
Izuku necessitò di un istante per capire che Bakugou stava parlando di Yuki, intontito com’era dal suo odore.
“Sì… sì, di questo sono sicuro.” balbettò, tentando di mettere un freno alle sensazioni del tutto inappropriate che lo stavano attraversando. Fu inutile: il suo odore era cambiato in un battito di ciglia, e l’alfa dietro di lui lo inspirò con forza.

Immediatamente Izuku poté sentire che l’alfa era ancora decisamente in possesso delle proprie energie: l’improvvisa durezza di tutto il suo corpo, schiacciato contro di sé, ne era la prova palese.
“Ka-kaccha, non è il caso…”
L’alfa ignorò il suo balbettio e tornò a sfiorargli la riva del collo con il naso e la labbra. Prima di rendersene conto, il collo traditore di Izuku si era già inclinato di lato per lasciargli più spazio. Bakugou emise un piccolo ringhio soddisfatto, e l’odore di alfa eccitato che riempì la stanza strappò dalle labbra dell’omega un verso piagnucolante di cui era certo si sarebbe vergognato a vita.

“Padre? Sento il tuo odore, sei lì dentro? Devo dirti una cosa.”

Izuku e Bakugou si bloccarono come se li avesse colpiti un fulmine. La voce pacata di Kagome era risuonata nella camera spegnendo qualsiasi altro rumore. Izuku si ritrovò ad agitarsi nella stretta dell’alfa per liberarsi, e questa volta l’altro lo lasciò fare senza opporre resistenza.

“Aspetta un momento, Kagome.” disse Bakugou, e sospirando si avviò ad aprire battendo Izuku sul tempo.

“Che succede?” chiese tranquillo alla bambina, il suo odore di nuovo limpido, per quanto penetrante come sempre.

“Zio Shouto deve ripartire” rispose Kagome, il tono che lasciava intuire il dispiacere. Bakugou le arruffò i capelli. “Ho capito. Yuki dove si trova?”
“È con lui.”
“Va bene, adesso arrivo. Deku, che fai?”

Izuku aveva approfittato della conversazione per risistemare il suo kimono e prepararsi a uscire.

“Vengo anch’io.” disse rivolgendo un sorriso a Kagome e tendendole una mano che la bambina prese subito.
“Il vostro odore è… strano. Mescolato.” commentò lei appena ebbe Izuku vicino, andando dritta a un punto che l’omega avrebbe nettamente preferito mancasse. Ma era stato un illuso: sia lei che Yuki avevano un buon odorato, e considerando quanto era intenso quello di Kacchan, credere che la ragazzina non lo notasse addosso a lui dopo quanto successo era solo una vana speranza.
“Agli adulti può capitare” tagliò corto Bakugou, dando una risposta che non era né esplicativa né una bugia. Poi fissò i suoi occhi rossi su Izuku. “E tu che pensi di fare?”
Izuku gonfiò le guance d’istinto, infastidito.
“Kacchan, il mio è odore adesso è a posto, che problema c’è se vi accompagno? Devo ancora dare un’occhiata  Yuki, anche se sono sicura che Gocchan è stata attentissima a lui.”

La bambina, che si era morsa un labbro sentendo la conversazione vertere (come accadeva quasi sempre) su suo fratello, alzò improvvisamente il mento con aria fiera e annuì.
“Sì, ho controllato. Ha dato solo un paio di colpi di tosse da dopo l’attacco di ieri.”
“Bravissima” la lodò Izuku, e sperò che l’odore appena più intenso lasciato dal calore si intiepidisse grazie a quello di omega soddisfatto.
Kagome rimase attaccata alla sua mano, l’espressione orgogliosa, e Bakugou sbuffò rendendosi conto di aver perso la partita.
Li superò e si accertò di camminare proprio davanti a loro, come uno scudo umano.

Kagome lo guardò perplessa, e quando se ne accorse Izuku le strinse un poco di più la mano per attirare la sua attenzione.
“Non farci caso, va tutto bene” le disse con un gran sorriso, e lei sembrò rilassarsi un po’.

Guardando l’ampia schiena di Bakugou davanti a sé e sentendo la mano piccola e delicata di Kagome stretta nella sua, Izuku si sforzò di ignorare il suo omega, che stava praticamente facendo le fusa.
“Non serve a nulla coltivare fantasie. È stato solo un incidente dovuto al calore, niente di più. Non cambierà nulla.” si disse, ma il fastidioso batticuore che sentiva non volle saperne di acquietarsi. Izuku poté solo ignorarlo, almeno fino a quando non arrivarono all’ingresso principale della casa e scorse una figura ben conosciuta da dietro le spalle dell’alfa.
Todoroki se ne stava in piedi all’inizio del viottolo di sassolini bianchi che partiva dalla soglia della dimora dei Bakugou, Yuki in braccio e un sorriso piccolo e raro a illuminargli i bei lineamenti mentre il cucciolo gli tirava una ciocca di capelli bianchi.
Sorriso che si spense appena inspirò l’odore che stava arrivando, puntando poi gli occhi in direzione di Izuku.
 
A quel punto l’omega sentì le pulsazioni aumentare per un motivo del tutto differente: l’imbarazzo. Era praticamente certo che potesse sentire l’odore di Bakugou addosso a lui, e temeva che giungesse alle ovvie conclusioni. Cos’avrebbe pensato di un risvolto del genere, dopo quanto era accaduto la sera prima?
Prima che potesse salutarlo o dire qualsiasi cosa, però, Todoroki si avvicinò a lui, Yuki ancora aggrappato al collo. Izuku sentì chiaramente Bakugou rilasciare qualcosa di pericolosamente simile a un ringhio, immobile davanti a lui.
Todoroki si fermò rispettando la distanza messa tra loro dall’altro alfa.
“Volevo porti le mie scuse ancora una volta per quanto accaduto.”
“Cosa? Che è accaduto?” chiese perplesso Yuki dal suo collo.
“Niente, Yuki, non preoccuparti” rispose subito Izuku. Poi, guardando l’espressione seria dell’alfa, da dietro le spalle ampie di Bakugou gli rivolse un sorriso. Era sincero. “È stato solo un incidente e per fortuna non è successo niente di irreparabile, Padron Todoroki. Non c’è più bisogno di parlarne.”
I bambini facevano rimbalzare i loro sguardi tra i tre adulti, più perplessi che mai. “Ti ringrazio Midoriya, non succederà mai più niente del genere. Te lo assicuro.”
“Puoi scommetterci che non accadrà più!” ribatté Bakugou. Poi volse lo sguardo su Kagome “Saluta tuo zio.”
La bambina annuì e andò ad abbracciare l’altro alfa, che strinse per un momento contro di sé entrambi i bambini. “So che vi comporterete bene con vostro padre e Midoriya, quindi non ve lo raccomando nemmeno.”
I due annuirono decisi, poi Yuki si voltò e allungò le piccole braccia verso Izuku.

“Stai diventando troppo viziato, ragazzino! Non sei un infante, puoi mettere i piedi per terra e camminare senza problemi da solo.” lo rimproverò Bakugou prima che Izuku potesse fare qualsiasi cosa.
“Padre, ma…!”
“Da solo ho detto.”

Yuki gonfiò le guance infastidito, in modo simile a quanto fatto poco prima da Izuku, ma ubbidì, lasciandosi mettere per terra dallo zio.
Izuku si morse un labbro. Il suo istinto omega gli gridava di andare a prendere il bambino, ma a livello razionale sapeva che Bakugou aveva ragione. Yuki diventava sempre più un adorabile cucciolo viziatello, ma era giusto mettere un limite prima che la cosa degenerasse, in primis per il bene di Yuki stesso.

Niente però gli impedì di allungare entrambe le braccia verso di loro, facendo cenno ai bambini perché gli stringessero le mani. Entrambi accorsero, e Yuki si appoggiò a lui inspirando il suo odore rassicurante.
Poi lo guardò perplesso. “Hai un odore strano, Izu. Sai…” lo annusò di nuovo “sai di te, ma anche di papà.”
Izuku si sentì arrossire, soprattutto perché temeva che i due alfa avessero sentito, ma con un’occhiata nella loro direzione si rese conto che per fortuna erano troppo occupati a parlare a voce bassa tra loro.

“… arriverà tra pochi giorni, allora” sentì dire a Todoroki.
“Tsk.” commentò solo Bakugou a quelle parole, ma non protestò.

Todoroki si voltò a salutare con una mano Izuku e i cuccioli un’ultima volta, poi si incamminò con passo veloce ed elegante verso il cancello, dove lo attendeva la sua carrozza.

“Che ci fate ancora lì? Il sole sta cominciandoa  calare, tu e Yuki rischiate di prendervi un’infreddatura.” li rimproverò in tono scorbutico Bakugou appena l’altro alfa fu sparito al di là della cancellata.
Izuku si riscosse. “Hai ragione, perdonami Kacchan! Yuki, andiamo dentro prima che il freddo peggiori, non devi ghiacciarti.”
“Come se tu non soffrissi il gelo!” ribatté dietro di lui Bakugou, poi si rivolse verso la figlia, che se ne stava silenziosa tra lui e Izuku “Vieni Salute-di-ferro, dammi una mano a portare un po’ di legna in casa.” Kagome sorrise con gioia e annuì, mentre Izuku protestava che essendo Kacchan il padrone di casa non avrebbe dovuto occuparsi di quel compito e l’altro gli rispondeva che lui poteva fare quel che voleva, era o non era lui al comando? E che Deku e Yuki si muovessero a rientrare prima di farlo arrabbiare sul serio!

Mentre i quattro battibeccavano, la giornata si avviava verso la fine, i colori dell’autunno sempre più scuriti dalla luce che andava a calare.
Cos’avrebbe portato il domani?
 

_____

Note:
Rieccoci qua! Con questo capitolo salutiamo definitivamente i flashback e possiamo dire essere a metà della fic!
Mi sono divertita molto a scrivere la prima parte e adesso mi lancerò con altrettanto entusiasmo nella seconda. Non posso assicurare che riuscirò ad aggiornare regolarmente ogni domenica perché fino a metà novembre sarò letteralmente subissata di lezioni e relativi progetti, ma farò del mio meglio come fino a ora (se fossi stata un po’ meno entusiasta probabilmente sarei riuscita a pubblicare giusto 2/massimo 3 capitoli prima di venir travolta dalla ripresa delle lezioni e avrei continuato la storia a dicembre, ma ero così presa che ho davvero sfruttato ogni piccolo momento morto tra le lezioni per continuare la fic e postare i capitoli in tempi umani). Spero tanto di avervi regalato dei bei momenti e di continuare a farlo!
E adesso una novità alla quale tengo molto, e che in realtà mi emoziona pure un po’ XD volevo dirvi che ho (letteralmente) appena aperto per la prima volta una Pagina autrice: Celeste Castelli. Se aveste voglia di iscrivervi per anticipazioni dei nuovi capitoli della fanfic e consigli sempre su ff e romanzi m/m (omegaverse e non) auto pubblicati su Amazon Kindle, mi fareste davvero felicissima! È una pagina minuscola, ma io mi metterò d’impegno per aggiornarla e pubblicare post interessanti per noi appassionate di questo genere così intenso ed emozionante <3
Un’ultima cosa: dal prossimo capitolo apparirà un personaggio originale. Ho cercato qualcuno di adatto per il ruolo nell’immane cast di MHA, ma nessuno mi è sembrato adatto perché… argh, no, niente spoiler! Ne riparleremo a fine prossimo capitolo, spero davvero che la cosa non dia fastidio a nessuno, a quel punto spiegherò la questione più nel dettaglio!
Nel frattempo non vedo l’ora di scoprire cosa ne pensate di questa seconda parte del capitolo, fatemi sapere!

Grazie di cuore a tutte voi lettrici che mi seguite e spronate a continuare, davvero, non sapete che sorriso mi regalate ogni volta! >*<

A presto,
un grande abbraccio

Mel

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 6. ***


I cuori non saranno mai una cosa pratica
finché non ne inventeranno di infrangibili.  

(Il mago di Oz)


Tre giorni. Erano passati tre giorni dall’Incidente, come Izuku aveva soprannominato il momento di follia a cui lui e Bakugou erano andati incontro, e il suo omega non voleva saperne di lasciarlo in pace.

“Quando staremo di nuovo soli con lui? Quanto manca? Cosa aspettiamo?”

Izuku sentiva una corrente agitata di domande e litanie risuonare in qualche anfratto di sé, una parte molto distante dalla testa, e si sentiva agitato e stanco, faticava a tenere a freno la smania che gli sobbolliva dentro da quando era… accaduto.

“È stato solo un incidente. Anche Kacchan deve averlo capito oramai, a mente fredda. È giusto così.”

Era la verità. Be’, non che Izuku avesse la certezza di cosa pensasse Bakugou, dato che il giorno dopo l’incidente era dovuto partire per andare a parlare delle prossime mosse strategiche con il signor Yagi, ma di sicuro non c’era motivo di credere che considerasse quanto era successo come qualcosa di particolarmente significativo.
Più insisteva con quei pensieri logici, però, più il suo omega protestava e non lo lasciava dormire sereno, costringendolo a rigirarsi per ore nel proprio futon, che era rimasto un vero e proprio nido omega nonostante Izuku avesse cambiato le lenzuola appena tornato in camera dai saluti a Todoroki e la cena con Kacchan e i bambini.

Normalmente avrebbe insistito per mangiare da solo, o in camera con i piccoli se Bakugou avesse avuto del lavoro da fare, ma quella sera, tra il desiderio di rallegrare i cuccioli dopo l’arrivederci dello zio e… be’, la stupida voglia del suo omega di restare il più a lungo possibile insieme all’alfa, aveva condiviso il pasto con loro.

Al di là delle fuse del suo omega, la sensazione di pace e serenità che aveva provato quella sera sapeva che sarebbe rimasta con lui per molto tempo. Il che non era affatto un bene, considerando che era stato un caso fortuito, per quanto il suo omega lo pregasse di trasformarlo in un’abitudine. Ma sarebbe stato un enorme errore, Izuku lo sapeva benissimo. Poteva andare cenare tutti insieme ogni tanto, per la gioia dei bambini, ma trasformarlo in un atto quotidiano avrebbe voluto dire illuderli di qualcosa di impossibile, e rendere più difficile accettare un eventuale nuovo compagno di Kacchan, colui o colei che avrebbe avuto tutto il diritto di cenare ogni sera con loro.
E avrebbe significato illudere anche il suo lamentoso omega interiore, certo.

“Non mi sono fatto mordere proprio per evitare tutto questo.” si ripeté per l’ennesima volta quel pomeriggio, mentre aiutava Kagome a studiare i kanji e tentava  di concentrarsi a sua volta per non rischiare di farla sbagliare.
Compito che divenne impossibile appena il forte odore fumoso di Bakugou riempì la stanza. Izuku alzò di scatto la testa ancora prima che la porta scorrevole si aprisce rivelando la sua figura imponente.

“Padre!” lo chiamò subito Yuki saltando in piedi dal futon dove stava giocando con i suoi soldatini di legno. Corse verso di lui e si aggrappò alla veste scura dell’alfa, mentre Bakugou gli scompigliava i capelli chiarissimi.
“Bentornato.” disse Kagome dal fianco di Izuku con un gran sorriso. L’uomo annuì nella sua direzione, poi si schiarì la voce.
“Ho un annuncio da farvi.” chiarì subito. Tutti e tre lo guardarono in attesa.

“Vuole annunciare che…”
inizio il suo omega, ma Izuku lo zittì prima che potesse uscirsene con qualche assurda sciocchezza.

“Questa sera arriverà un ospite che resterà con noi per qualche giorno, si chiama Sae Kamishiro. Si tratta della figlia di una famiglia del regno vicino legata a vostro nonno Endevour, quindi vedete di comportarvi come si deve, voi due” disse in tono severo guardando i cuccioli. Poi si rivolse a Izuku. “È un’omega. Desidero che si trovi a suo agio, quindi le dirò che può parlare con te in caso di necessità particolari.”
Non aggiunse “per te va bene?”, perché non sarebbe stato da lui e ovviamente non era tenuto a farlo, essendo nella posizione di ordinare a Izuku tutto ciò che desiderava. Ma l’omega sentì comunque la domanda implicita nel suo tono, e provò uno sciocco calore al petto che si trasmise al sorriso con cui rispose a Bakugou.

“Ma certo! Spero di esserle d’aiuto. Sai per caso quali sono i suoi piatti preferiti? Potrei chiedere di prepararli per la cena, o come spuntino se dovesse arrivare più tardi!”
“Non ne ho idea” rispose candidamente Bakugou “Ma in dispensa abbiamo di tutto, sicuramente quando ci dirà cosa vuole non sarà un problema farglielo avere in tempi brevi.”

Izuku annuì, ma Yuki emise un verso poco convinto e sia Izuku che l’alfa volsero lo sguardo su di lui per capire il problema.

“Cosa vuole questa signora?” chiese, l’espressione serissima e sospettosa oltremodo buffa sul suo volto così infantile.
“Ragazzino, ricordati cosa ho detto. Devi comportarti come si deve, niente storie. Comunque la signora, come la chiami tu, è andata in visita a un possibile consorte da queste parti, ma non ha funzionato e ha bisogno di un posto dove stare per qualche giorno, dato che è prevista pioggia e dovrà viaggiare almeno quattro giorni per tornare a casa. Casa nostra era la più vicina tra quelle possibili, quindi starà da noi finché il tempo non migliorerà abbastanza per riprendere il viaggio.”

L’espressione di Yuki non sembrò affatto più convinta.

“È giusto aiutare le persone, Yuki” gli ricordò Izuku in tono conciliante “Non hai niente di cui preoccuparti,”
“Mmh…” borbottò Yuki, poi tornò verso il suo letto e riprese in mano i soldatini.

“Deku, vieni un momento” disse invece Bakugou, e Izuku, dopo una carezza sul capo di Kagome, lo seguì cercando di ignorare lo stupido battito accelerato che sentiva in petto.

“Cosa succede?” gli chiese nel tono più tranquillo possibile, appena ebbero chiuso la porta scorrevole della camera dei bambini alle loro spalle.
“Stai bene?” domandò di punto in bianco l’alfa.
Izuku rimase per un momento spiazzato. “In che senso?”
L’altro sbuffò, strofinandosi la nuca con una mano, un gesto che lo faceva apparire quasi imbarazzato.
“Fisicamente, intendo. Stai bene?”
Comprendendo finalmente a cosa facesse riferimento la domanda, Izuku arrossì di botto.
“Ah! Sì, nessun problema. Ma grazie per averlo chiesto, Kacchan.”
“Grazie di cosa?! È una domanda normalissima. Comunque l’importante è che vada tutto bene” borbottò. Poi volse gli occhi verso la porta chiusa. “E i cuccioli? Yuki ha mai tossito?”
“Solo una volta” rispose Izuku, dispiaciuto di non poter negare in modo deciso. Era accaduto il pomeriggio dopo la partenza di Bakugou, un piccolo attacco che aveva messo tutti in allarme ma che si era acquietato velocemente. “Non è stato troppo forte, per fortuna.” aggiunse in tono incoraggiante.
“Ho capito” rispose secco l’alfa. Izuku sapeva che la durezza era il suo modo di reagire alla preoccupazione per il figlio, e decise di non pressarlo oltre.
Ma prima che potesse aggiungere qualsiasi cosa per cambiare argomento, il rumore di una carrozza dall’esterno risuonò tra le mura di casa.
Entrambi si immobilizzarono, mentre le voci concitate per l’arrivo degli ospiti da parte del resto della servitù riempivano lo spazio intorno a loro.
“Sarà meglio andare a prepararci.” commentò l’omega con un piccolo sorriso.

*

Izuku si sistemò insieme al resto della servitù in fila davanti alla cancellata.
Indossava uno dei suoi kimono decorati, nella speranza di apparire il più raffinato possibile agli occhi dell’ospite, dal momento che sarebbe stato il suo referente.

Bakugou nonostante il caratteraccio conosceva molto bene i suoi doveri di padrone di casa, e dopo essersi cambiato accolse di persona la giovane donna che stava scendendo dalla propria carrozza, un veicolo imponente e intarsiato con maestria.

Appena la vide, Izuku provò una sgradevolissima fitta al petto. Era maledettamente bella.
 I capelli lunghi e fluenti, poco più scuri di quelli di Bakugou, le ricadevano sulle spalle esili. Indossava un kimono rosso porpora assolutamente splendido, capace di evidenziare con grazia e senza volgarità il fisico snello ma ben tornito sui fianchi, caratteristica tipica di tutti gli omega, e il suo volto ricordò al ragazzo quello delle bambole con cui Kagome giocava (poco) quando era una bambina piccola. Si muoveva con una sinuosità incredibile, il portamento impeccabile, e rivolgeva un breve cenno ai membri principali del personale man mano che Kacchan glieli presentava.
Lì accanto a lui, che indossava un elegante veste da alfa nera come l’ala di un corvo, sembrava la sua perfetta metà omega, piena di fascino come lui e altrettanto orgogliosa.

“Basta con queste sciocchezze” si sgridò mentalmente Izuku.
Aveva appena fatto in tempo a pensarlo, che si accorse di essere il prossimo e ultimo membro della servitù che stava per essere presentato all’ospite. Tentando di celare il nervosismo, raddrizzò la schiena ed esibì il suo sorriso più educato e cortese.

“Questo invece è Midoriya Izuku, incaricato di badare ai miei figli e l’omega a cui potrai fare riferimento in caso di necessità.”
Gli occhi color ghiaccio della donna si fissarono su di lui, e per un momento Izuku temette che riuscissero a gelarlo sul posto. Ebbe la nettissima certezza di non piacerle.

“Spero di esserle d’aiuto, signorina Kamishiro. Farò del mio meglio in tal senso.”
Lei lo squadrò da capo a piedi, poi esibì un sorriso che non raggiunse quegli occhi così freddi.
“Te ne sono grata. Non mi capita spesso di incontrare altri omega al di fuori della ristretta cerchia degli amici della mia famiglia, sarà un piacere cambiare.”
Izuku le sorrise a sua volta, cercando di mettere comunque un po’ di calore nel gesto, ma in quel momento una folata di vento fece ondeggiare i capelli di tutti loro e si insinuò sotto il kimono dell’omega.
Izuku rabbrividì d’istinto e l’altra lo imitò subito dopo, chinando appena appena il capo, quanto bastava per esporre una piccola porzione del suo collo lungo ed elegante. Ma ci fu qualcosa nel suo gesto che a Izuku parve del tutto costruito.

“Sei uno stupido” si disse “Perché dovrebbe fingere?”

“Entriamo in casa prima di prenderci un malanno.” commentò Bakugou, e lei gli sorrise. Questo, però, fu un sorriso così dolce che Izuku sentì nuovamente la stessa fitta di poco prima.
“È davvero premuroso, Bakugou. Preferirei andare a scaldarmi, sì.”
“Bene, la accompagno.” rispose subito l’alfa, e i due si avviarono insieme verso l’interno della casa.

Izuku inghiottì l’assurdo e immotivato nodo che tentava di chiudergli la gola, e li seguì insieme al resto della servitù.

____


Note:
Taradadan! Le cose stavano andando troppo bene per il povero Izuku, adesso lo aspetta una nuova burrasca!

La simpaticone appena arrivata ha un nome slegato da BNHA/MHA (Sae è il nome della rivale maledettaH di un manga shoujo degli anni 2000 chiamato Peach Girl, Kamishiro il cognome di una donna ghoul non proprio sanissima di Tokyo Ghoul - bellissimi e rassicuranti indizi sul personaggio, lo so XD) perché nonostante il cast spropositato, almeno finora non sono arrivata a un punto della storia in cui è presente un personaggio femminile così *aggettivo spoiler* da andare per il ruolo e la personalità destinati a Sae. Spero che l'inserire un (altro) personaggio originale non disturbi nessuno >*<

Io intanto brindo mentalmente ogni domenica in cui riesco ad aggiornare in modo puntuale, visto quanto mi fanno impazzire queste giornate xD e forza che ce l’abbiamo fatta anche stavolta! Intanto plz se ne avete voglia e la storia vi continua a piacere mandatemi taaante energie positive per il prossimo futuro, in poco tempo avrò moltissimi impegni a cui tengo e pensare che intanto sto contribuendo (nel mio piccolissimo) a rallegrare le giornate di altre persone grazie alle mie storie mi fa veramente piacere.

Vi aspetto anche sulla mia pagina nuova autore Celeste Castelli per anticipazioni e consigli, mi raccomando :* In questi giorni per gli impegni che dicevo è meno aggiornata di quanto abbia programmato, ma già da un certo punto di novembre in poi riuscirò a scriverci molto di più!

Un bacione e a presto, grazie in anticipo a chi continuerà a leggere e magari si farà sentire nello spazio commenti!
Mel

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Capitolo 9
*** Capitolo 7. ***



L’amore fugge come un'ombra l'amore reale che l'insegue,
inseguendo chi lo fugge,
fuggendo chi l’insegue.


(Le allegre comari di Windsor, Shakespeare)


“Ebbene Bakugou, ho sentito dire che ha due bambini adorabili. Mi piacerebbe molto conoscerli” disse Sae appena si fu rifocillata.
Uraraka, in quanto nuovo capo della servitù, si era sbrigata a fornirle spuntini con frutta ed erbe stagionali e una coperta di lana pregiata per scaldarsi, dopo il vento freddo che li aveva colpiti in giardino.
Izuku da parte sua aveva rifiutato l’offerta sia del cibo che della coperta, ringraziando comunque con gli occhi l’amica, per evitare di apparire arrogante. Sapeva che indulgere nelle stesse identiche comodità preparate per un’ospite nobile sarebbe sembrato alquanto inappropriato per una semplice tata.

Se ne stava in piedi in un angolo del salottino dove Bakugou e Sae si erano sistemati, un sorriso cordiale e (sperava) professionale sul volto, in attesa di istruzioni.
Cercava di non prestare troppa attenzione al magnifico quadretto rappresentato dall’alfa e l’omega insieme. Inutilmente.

“I loro figli sarebbero bellissimi”
Quella consapevolezza lo attraversò per poi essere subito sostituita dalla voce del suo omega.
“I vostri di più.”

Si sentì arrossire come uno stupido e raddrizzò il mento, smettendo di guardarli, ma proprio in quel momento Bakugou si alzò e andò verso di lui. Izuku si bloccò, in attesa, senza sapere neanche lui cosa aspettarsi.

“Midoriya, porta qui Kagome e Yuki, grazie. La nostra ospite desidera conoscerli.”

Izuku sentì una sgradevole fitta al petto sentendo l’alfa rivolgersi a lui con il suo cognome, come se fosse… be’, ciò che era. Un semplice servitore. Non si era forse detto e ripetuto che era quello il loro effettivo rapporto, e che sicuramente Kacchan non sarebbe cambiato dopo ciò che era accaduto tra loro? Non c’era niente di strano nel suo comportamento.

Izuku si inchinò profondamente, come si addiceva alla sua posizione. “Subito, Padron Bakugou” rispose in tono sommesso, e si voltò per andare a prendere i cuccioli. Sentiva la sua schiena venir bucata quasi fisicamente da due paia d’occhi, ma si sforzò di ignorare la cosa.

*
 
Kagome e soprattutto Yuki si mostrarono tutt’altro che entusiasti della richiesta. La bambina si lascò portare per mano, il capo voltato verso qualsiasi direzione tranne quella della stanza dove stavano andando, mentre Yuki mise insieme un vero e proprio capriccio: prima si rifiutò di andare incrociando le braccia e seppellendosi nel suo futon, poi, a forza di discorsetti, Izuku riuscì a farlo uscire ma il bambino disse che non avrebbe mosso un passo né accettato di andare e comportarsi bene se non fosse stato portato in braccio da lui.
Izuku sapeva che Bakugou si sarebbe arrabbiato non poco vedendo quel comportamento da bimbo viziato, ma l’odore di nervosismo e inquietudine emanato da Yuki gli era sufficiente per capire che la situazione lo metteva davvero a disagio, e il suo comportamento doveva essere una conseguenza di questo. Sospirò e poi lo tirò su, mentre il cucciolo strofinava il volto contro il suo collo per aspirare l’odore rassicurante che ne proveniva.

Una volta nella stanza, trovarono Bakugou e Sae sempre seduti a parlare sul divano. Appena entrarono però Sae lanciò un gridolino fastidiosamente acuto e si alzò di scatto, e anche Bakugou si mise in piedi a sua volta.
“Bene, devo conferire con Uraraka per un paio di questioni, vi lascio. Signorina Sae, a più tardi.” accennò un inchino e uscì dalla stanza, facendo prima una delle sue rudi carezze ai bambini ma senza soffermarsi su Izuku. Lui, con un po’ d’impegno, riuscì a mantenere il proprio sorriso fermo al suo posto mentre la donna si fermava dinnanzi a loro.
Fece un sorrisetto a Kagome. “Qualcuno mi dice che ho davanti una probabile futura alfa, ho indovinato?” chiese sempre sorridendo, ma qualcosa nella sua espressione trasmetteva un sentore sgradevole. Izuku aveva la netta sensazione che quello di Sae non fosse un complimento, e il modo in cui osservò dalla testa ai piedi con una veloce, acuta occhiata gli abiti di Kagome semplici e sobri, seppur da bambina, fu una silenziosa conferma.
Kagome, tutt’altro che stupida, sembrò trarre le stesse conclusioni di Izuku e si fece indietro, avvicinandosi di più alla gamba dell’omega maschio.

Sae la ignorò e poi puntò lo sguardo su Yuki, che ancora teneva il volto nascosto nell’incavo del collo di Izuku.
“E questo piccolino?”
“Yuki, saluta la tua ospite” gli disse lui gentilmente, ma il bambino scosse la testa. Izuku poté sentire Sae irrigidirsi davanti a lui.
“Da bravo” mormorò “Lo hai promesso.”

Yuki mugugnò qualcosa di incomprensibile, poi si decise a volgere lo sguardo verso di lei.

“Ha degli occhi bellissimi” notò in tono neutrale Sae. Izuku la guardò osservare il bambino con molta più attenzione di quanto fatto con Kagome.
“È ancora presto, ma diventerà quasi certamente un omega di singolare bellezza. Mi stupirei del contrario.”
Nonostante il tono venato di gentilezza, Izuku ebbe la netta impressione che avesse appena valutato i bambini come un commerciante di cavalli poco amante degli animali avrebbe potuto fare con un paio di puledri.
 
“Sai di frutta marcia.” scandì a chiare lettere Yuki. Nella stanza cadde un silenzio pesante come un incudine lanciata giù da uno strapiombo.
“Yuki!” lo sgridò Izuku, spezzando un poco la tensione.
“È vero” borbottò Kagome, pianissimo, ma non abbastanza da non essere sentita.
“Bambini, vi sembrano cose da dire a un ospite?! Signorina Kamishiro, le chiedo perdono da parte loro e anche mia, in quanto loro tata. Non si comportano mai in questo modo, non so cos’abbiano oggi…”
“Oh, io lo so bene. Non dubitarne.” rispose lei, un sorrisetto tagliente come un coltello e l’espressione più sincera che a Izuku parve di aver visto sul suo volto da quando l’aveva incontrata. “I cuccioli tendono a legarsi troppo alle proprie tate, soprattutto se non hanno abbastanza omega intorno a loro. A questo proposito…” continuò, e a quel punto posò i suoi occhi freddi e attenti su Izuku “Penso piuttosto di doverti fare i miei complimenti. Non dev’essere stato facile ritagliarti una posizione di rilievo come la tua, ancor più considerando la… particolarità di essere un omega maschio. Sicuramente per il nostro Yuki, qui, le cose saranno più semplici essendo della famiglia Bakugou, ma tu, be’… complimenti, come dicevo.”
 
Il tono con cui disse omega maschio e particolarità fece capire a Izuku che doveva considerare il suo mix di primo e secondo genere con la stessa benevolenza che aveva per quello (probabile) di Kagome.
Chinò la testa nonostante il collo rigido, deciso a dare comunque un buon esempio di massima cortesia ai bambini.
“È troppo gentile, signorina Kamishiro. Padron Bakugou è stato buono con me, tutto qui. Non ho meriti particolari.”
“Oh, sì che li hai. Altri al tuo posto avrebbero potuto… montarsi la testa, diciamo così. Ma tu non sembri aver fatto niente di tanto stupido, non è vero?”
L’occhiata dritta e precisa che gli rivolse diede a Izuku l’impressione che gli stesse leggendo dentro e potesse vedere tutto ciò che era accaduto tra lui e l’alfa. Si sentì arrossire contro la propria volontà, sia per la sensazione di vulnerabilità che provò che per il misto di fastidio e imbarazzo che lo percorsero.
La donna sembrò aver ottenuto ciò che voleva, perché si allontanò da loro con una piccola smorfia soddisfatta.
“Adesso penso che visiterò la villa insieme alla signorina Uraraka come mi era stato proposto all’entrata. Via auguro una buona giornata.”

Izuku e i bambini rimasero immobili mentre la donna usciva.
“Resterà a lungo?” chiese Kagome appena l’odore della donna fu sparito, portando con sé le sue note estremamente dolci (troppo anche per un’omega, Izuku lo sapeva, ma non si sarebbe abbassato a sottolineare ai bambini che la donna sicuramente utilizzava qualche essenza per rendere ancor più penetrante il suo odore omega) che avevano infastidito Yuki.
“Non penso.” le rispose Izuku con un debole sorriso, e avrebbe tanto voluto riuscire a liquidare la sensazione che fosse una bugia.

*

La sensazione di Izuku si rivelò tristemente esatta. La pioggia cominciò a cadere poco dopo le presentazioni tra Sae e i cuccioli, e non diede cenno di voler smettere nemmeno a ora di cena inoltrata, anzi, secondo i servitori più esperti di interpretazione del tempo atmosferico era probabile che durasse per diversi giorni.
Data la situazione, l’omega organizzò il proprio pasto nella stanza dei bambini, così da rallegrarli dopo la giornata… particolare.
I bambini ci misero un po’ a tirarsi su, ma tra racconti sui loro eroi preferiti (Izuku li sapeva a memoria, poteva narrarli anche mentre mangiavano) e scherzi tra i piccoli, per l’ora di metterli a letto avevano entrambi riacquistato il sorriso.

L’omega uscì in punta di piedi dalla loro stanza, dove riposavano nei futon, ma il senso si sollievo che aveva provato stando insieme a loro sembrò dissolversi man mano che si avvicinava alla propria stanza, passando attraverso i corridoi stretti illuminati solo da poche torce protette e distanziate. La sua ansia non aveva senso di esistere, ma non riusciva a non provarla ogni volta che ripensava a Bakugou e Sae vicini, bellissimi e perfetti l’una accanto all’altro.
 
“Sono adorabili.”
La voce di Sae lo colpì come una stilettata particolarmente secca. Il rumore proveniva dalla biblioteca.
“Grazie.”
La risposta di Bakugou non si fece attendere, breve e concisa.
 
Izuku sapeva che non avrebbe dovuto restare lì. Lo sapeva.
Era una conversazione privata, lui non c’entrava niente.
Ma aveva l’impressione che i suoi piedi fossero incollati al pavimento, non riusciva né ad andarsene né ad avvicinarsi. Le voci dell’alfa e dell’omega in biblioteca uscivano dalle porte scorrevoli socchiuse e lui riusciva solo a starsene fermo lì, in ascolto, il cuore che batteva come quello di un uccellino impazzito.
 
“Crescere senza un genitore non è facile, io lo so bene… mio padre oltretutto non è stato d’aiuto, ho perso il conto di quante possibili consorti beta e omega mi ha presentato prima di sistemarsi con la mia attuale matrigna. Il fatto che stiano crescendo così bene testimonia che bravi bambini siano.”
“Sì, lo sono.” Rumore di pergamene spostate.
“È solo un peccato che non abbiano quella figura in più vicino a loro. A meno di non considerare la loro tata, ovvio.”
“…”
“Ah! Bakugou, non è assolutamente una critica per la sua scelta al riguardo, spero di non essere stata ambigua. Ho visto con i miei occhi quanto quell’omega sia affezionato ai piccoli. Ho solo pensato che… be’, quando se ne andrà con il proprio futuro compagno sarà un peccato per quei bambini. Rimarranno soli.”
“Non è previsto niente del genere.”
“Certo, non ne dubito… ma sono cose che accadono, non è vero? Un giovane alfa della giusta levatura potrebbe apparire anche domani…”
“Come ho detto, non accadrà.”
“La sua sicurezza è incredibile, davvero. Posso chiederle se l’omega sa della sua… certezza?”
“Non capisco il motivo di questa conversazione.”
“Nessuno in particolare. È solo che il signor Endeavour mi ha parlato di lei, l’ultima volta che ci siamo incontrati, e ammetto di aver provato curiosità all’idea di conoscerla. Devo dirle la verità, lei mi ha stupito. Nonostante la sua posizione è così semplice parlare con lei, una delle persone più spontanee che abbia avuto il piacere di incontrare… non mi stupisce che anche i servitori siano così tranquilli in sua presenza. Dovrebbe vedere quelli della mia tenuta con mio padre, sono un fascio di nervi! Spero solo che nessuno, qui, possa provare ad approfittarsi di…”
“Cosa sta insinuando, signorina Sae?”
“Niente di particolare, in realtà. Mi auguro soltanto che la sua buona disposizione d’animo non porti qualcuno a provare a sfruttare la situazione.” “Mi prende per uno stupido?”
“Assolutamente no! Il problema, in confidenza, è che tra le famiglie nobiliari ci sono voci, chiacchiere sul fatto che sia strano lei non si sia ancora risposato. Se mi permette di dirlo anche suo suocero è preoccupato per questo, e mi dispiace molto.”
“Nessuno ha alcunché di cui dispiacersi. I bambini si trovano benissimo nella situazione attuale, e di conseguenza io non ho alcuna necessità di risposarmi. ”
“Ma… non vorrebbe qualcuno accanto?”
“Sto bene come sto. Loro sono felici, ed è tutto ciò che conta.”
Silenzio.
“Bakugou, mi permetta, ma così sembra che stia considerando la sua serenità l’unica che conta. Anche lei merita di essere felice.”
“Non capisco il suo interessamento, signorina Sae. È meglio che esca.”
“La prego, non mi consideri soltanto un’ospite inopportuna. Ho davvero avuto un’ottima impressione incontrandola, e mi sembra un immenso peccato che un alfa come lei rimanga solo.”
“Non lo sono.” un tono irritato, tagliente.
“Grazie ai suoi bambini, intende?” “Ovvio. Chi altro?”

Chi altro?
Chi altro
Chi altro?

 
“È ancora giovane, e mi lasci essere spontanea come lei: sa benissimo che potrebbe avere qualsiasi omega desideri. Perché condannarsi a questo celibato imperituro? Non sarà… per il timore di turbare i piccoli, portando cambiamenti in famiglia?”
“Signorina Sae, penso di averle già detto che è il caso che vada.”
“Non sono un’omega arrendevole, Bakugou. E il fatto che insista per cacciarmi mi fa pensare di aver toccato un nervo scoperto.”
“Sta parlando di cose che non conosce!” “No, ma so riconoscere un padre affettuoso quando lo vedo. Davvero teme che avere qualcuno del suo ceto accanto e magari proporre ai bambini un’omega differente dalla loro tata possa turbarli al punto da dover sacrificare tutto di se stesso?”
“Loro sono tutto, per me. E questo è quanto. Come ha visto sono molto felici così come stanno, e non ho intenzione di modificare la loro vita. Va tutto bene.”
“Quindi… non ci sono altri motivi per cui esita a cercare un nuovo consorte, è esatto?”
“E quali dovrebbero essere?”
“Qualcuno che ha già colpito il suo occhio, magari.”
“Non c’è nessuno del genere. Le cose vanno semplicemente bene così come sono, i cuccioli sono felici ed è tutto ciò che conta. Se proprio vuole saperlo non sono mai stato particolarmente prono alla vita matrimoniale, e dopo la morte di mia moglie ho esaurito ogni interesse in tal senso. Spero di essere stato abbastanza esauriente.”
“Molto. Spero di non averla messa troppo a disagio con questi discorsi, ma passando ad argomenti più piacevoli…”

*

Izuku non restò ad ascoltare il resto. Non serviva.
Se ne sarebbe andato il giorno dopo.

_____



NOTE:
Rieccoci qua, buon Halloween e Festa dei Morti a tutte (per quanto il capitolo non sia propriamente a tema festivo, lo so)! Vi ho propinato tanto dramma a questo giro, ne sono consapevole, ma come avevate intuito con l’arrivo di Sae le cose hanno preso una piega sempre più concitata.

Devo dare un piccolo avvertimento che avrei preferito evitare, ma data la situazione preferisco dirlo subito e non lasciarvi appese per giorni: purtroppo domenica prossima al 99% non potrò pubblicare, e l’aggiornamento salterà se tutto va bene direttamente a domenica 14 novembre, o a poco dopo. Mi dispiace perché come ho scritto spesso mi sforzo di pubblicare settimanalmente la fic, che adoro davvero scrivere, ma questa settimana sarò veramente oberata di impegni e penso di riuscire al massimo a iniziare il prossimo capitolo. Le settimane seguenti non sono ancora certa di come andranno, ma cercherò comunque di andare avanti! Una volta finito questo ultimo rush di lezioni (per la fortuna della mia voglia di scrivere) comunque le cose cambieranno drasticamente ^^

Grazie per la pazienza e scusate l’inconveniente,
 a presto, un abbraccio grandissimo

Mel

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Capitolo 10
*** Capitolo 8. ***



A un cuore in pezzi nessuno s’avvicini
senza l’alto privilegio di aver sofferto altrettanto.

(Emily Dickinson)
 

Izuku sedeva su una delle panchine del giardino, guardandosi intorno. Era ancora stordito dalle parole di Bakugou, e aveva l’impressione che un muro invisibile ma solido come la pietra lo separasse da tutto ciò che lo circondava, come se se ne fosse già andato da quella dimora, che era stata la sua casa per tre splendidi anni.

Ma c’era poco da fare adesso. Le parole di Kacchan avevano evidenziato un problema. Grave. Izuku era ciò che lo teneva fermo, imbrigliato in quell’eterno presente fatto di vedovanza e semplice attesa che i piccoli crescessero. L’amore per i bambini gli impediva di modificare la sua situazione, accontentandosi della presenza rassicurante dell’omega accanto a loro e costringendolo a stare solo.
O a proporre assurdi patti di convenienza a Izuku, certo.

“Almeno ho resistito, sono riuscito a dirgli di no quando me lo ha chiesto.” pensò tra sé, cercando di ricacciare indietro l’umidità che sentiva tra le ciglia.

“Deku?”

Izuku si sentì gelare. Deglutì e poi si voltò lentamente verso quella voce che avrebbe distinto tra mille altre. Bakugou se ne stava a pochi centimetri da lui, sotto la pioggerella leggera che scendeva in quel momento, la figura imponente e il volto mascolino, dallo sguardo intenso e corrucciato come sempre, puntato su di lui.
“Sì?” chiese Izuku, la voce arrochita dalla stanchezza.
“Cosa ti prende? Va tutto bene?”


“Andrebbe meglio se guardarti non facesse così male.”

Izuku riuscì a mettere insieme un sorriso tirato.
“Tutto bene. Ero solo un po’… distratto.”
“Mh. Vieni dentro, prima di prenderti un malanno.”

Izuku aveva annuito e si era alzato con calma, tornando in casa stando ben attento a rimanere dietro l’alfa. Voleva averlo sotto gli occhi il meno possibile, altrimenti avrebbe rischiato di cambiare idea.
“Ho ricevuto una missiva dal signor Yagi. Mi chiede di recarmi da lui entro domani per discutere una questione strategica urgente, quindi se la pioggia rimane clemente come adesso partirò domani mattina.”
“Sei sicuro che non sia pericoloso? Potrebbe peggiorare.”
“Non andrò troppo veloce con la carrozza, e così sarò comunque di ritorno domani notte, se tutto va bene.”
“Capisco.”
Bakugou si voltò a guardarlo con sospetto.
“Si può sapere che c’è che non va? Hai un’aria strana.”
Izuku sorrise di nuovo in quel modo finemente sereno che gli costava una fatica immensa.
“Va tutto bene.”

 
*

Quella sera, mentre riempiva la sua sacca facendo meno rumore possibile, Izuku si sentiva svuotato. La conversazione che aveva udito (origliato) e quella intrattenuta subito dopo con Bakugou la sera prima gli avevano risucchiato ogni parvenza di energia, e tutto ciò che poteva fare adesso era infilare i pochi averi a cui teneva (lasciando ben stesi nell’armadio i kimono eleganti, non si sarebbe mai sognato di portarseli via come un ladro - non avrebbe mai dovuto riceverli a prescindere) e i vestiti necessari per il prossimo futuro nella vecchia sacca con cui era arrivato alla dimora dei Bakugou tre anni prima.
Mentre pianificava come e quando andarsene, si era reso conto che il destino stesso sembrava giocare a suo favore, come se gli stesse dicendo che aveva preso la decisione più giusta. Kacchan sarebbe stato fuori casa fino a quella notte, i cuccioli erano già addormentati nella loro camera (il fatto che li avesse coinvolti in giochi particolarmente stancanti poteva non essere un caso) e sperava che ci sarebbero rimasti fino al giorno dopo. Andarsene senza neanche un saluto lo uccideva, ma sapeva che per loro sarebbe stato straziante. Nel breve biglietto lasciato a Kacchan aveva promesso di tornare nel giro di un anno per salutare i piccoli, e lo avrebbe fatto. Sperava che quel lasso di tempo fosse abbastanza lungo da permettere all’alfa di rimettere in piedi la sua vita senza più trattenersi, ma non così da tanto da dar l’impressione ai bambini di non poterlo più incontrare. L’idea di lasciarli in balia di Sae era l’unica cosa che lo faceva tentennare, ma conosceva Kacchan: non si sarebbe fatto tratte in inganno da un’omega dalle cattive intenzioni (la conversazione che aveva sentito era bastata a eliminare in definitiva ogni dubbio riguardo alla sua natura). Oltretutto, se non se ne fosse andato subito Izuku sapeva che avrebbe finito per rimanere lì dov’era.

Gli anni si sarebbero accumulati uno sull’altro, i bambini sarebbero cresciuti e Katsuki avrebbe lasciato tutto com’era in quel momento, occupandosi di strategie militari, condividendo cene poco appropriate con il suo vecchio amico omega e aspettando semplicemente che il tempo passasse. Non era questo che Izuku voleva per lui.
Katsuki Bakugou meritava un compagno o una compagna che amava al suo fianco, qualcuno adatto a lui e che potesse sostenerlo con amore.
Se anche Izuku avesse cambiato idea sull’idea del morso, così da dargli tutto questo, la sua bassa estrazione sociale avrebbe comunque messo nei guai l’alfa e oltretutto dal suo punto di vista non sarebbe cambiato niente tra loro. Si sarebbe limitato a unirsi alla tata dei suoi cuccioli, i suoi sentimenti non sarebbero cambiati dal mattino alla sera. L’omega di Izuku avrebbe potuto fare le fusa per la soddisfazione, questo sì, ma non sarebbe stato comunque il meglio che Katsuki poteva avere.
E il meglio invece era proprio ciò che Izuku voleva che l’altro ottenesse.

“Izuku?”

L’omega si congelò sul posto sentendo una voce acuta e infantile chiamarlo da dietro le spalle. Si voltò, il sudore che cominciava a raccogliersi per l’ansia alla base del collo.

“Ma cosa stai facendo?”

Yuki lo guardava a bocca aperta, per mano a Uraraka.

“Izuku?” chiese anche lei, perplessa.

L’omega si maledì mentalmente. Era talmente preso dai suoi rimuginii che non si era reso conto di aver lasciato la porta scorrevole aperta per metà, e adesso la sua amica e Yuki lo fissavano come se gli fosse cresciuta una terza testa, con una veste tra le mani e la sacca aperta accanto al futon.

“Io…” deglutì, gli occhi violacei di Yuki spalancati e fissi su di lui sembravano strappargli la voce “Io… devo andare. Per un po’ di tempo, almeno, ma tornerò. Te lo prometto, Yuki. Comunque cosa ci fate in piedi?”
“Ma- ma perché?!”
“Izuku, che ti è saltato in mente?!” Dissero insieme, ignorando la sua domanda.

L’omega si passò una mano sul volto stanco.
“È difficile da spiegare, ma… ho saputo alcune cose, e non posso restare. Non per il prossimo futuro, almeno. Ho lasciato un biglietto a tuo padre, Yuki. Tornerò per vedere te e Kagome, dico sul serio, ma ora devo andare. Mi dispiace tanto.” Si voltò verso l’amica “Davvero, cosa succede? Perché siete in piedi?”
“Dovevo fare pipì, ma tu non rispondevi.” rispose Yuki per primo, mordendosi poi un labbro mentre due lacrimoni facevano capolino tra le lunghe ciglia.

“No, no, niente lacrime. Te l’ho detto, e anche tuo padre te lo confermerà, sarò di ritorno tra… qualche mese. Non posso più vivere qui, ma verrò apposta per incontrare te e Kagome, se lui me lo permetterà.”
“Ma perché devi andartene? Non stai bene con noi?”

A quel punto fu Izuku a dover trattenere un groppo in gola ed evitare di strofinarsi gli occhi per risolvere il problema della vista appannata.
“Io adoro vivere qui. Se non fosse necessario non me ne andrei mai e poi mai, ma credimi Yuki, non posso fare diversamente. È per il bene di tutti voi.”

“Ma dove pensi di andare?” fu il turno di Uraraka di battere sul tempo la risposta del bambini. “Seriamente Izuku, non so che ti sia preso, ma… te ne volevi andare di notte, senza dire niente a nessuno, e dove pensavi di trovare rifugio?”
Izuku scostò lo sguardo. “Mi dispiace non averti salutato prima, Uraraka, ma sarebbe stato… tutto molto complicato. Ma non devi preoccuparti! Stanotte non mi fermerò da nessuna parte, andrò semplicemente… avanti. Ti manderò una lettera per farti sapere come sto, te lo prometto.” “Izuku, è una follia! Non puoi camminare per tutta la notte fino a chissà dove, potresti incontrare…” occhieggiò il bambino già spaventato al suo fianco “È pericoloso girare di notte, lo sai. Se sei sicuro di questa follia, almeno resta al villaggio in fondo alla collina per questa notte.”
“Non posso, non… devo risparmiare per i prossimi tempi, finché non troverò un lavoro.”
“Che lavoro? Vuoi andare a guadare degli altri bambini?” chiese Yuki, la voce rotta, e le lacrime che ormai sgorgavano sulle guance.
Izuku corse da lui e lo abbracciò con tutte le sue forze, limitandosi quel tanto che bastava per non fargli male. Inspirò l’odore tenue e dolce del piccolo, cercando di fissarlo nella memoria e dispiaciuto di non poter fare lo stesso con quello della sorella maggiore.
“Voi siete insostituibili! E vi penserò ogni singolo giorno, dico davvero. Voi invece voglio che pensiate solo a stare bene ed essere felici, e quando tornerò staremo insieme tutto il tempo possibile. Te lo prometto! E ti prego, dillo anche a Gocchan.” Lo baciò sul capo chiarissimo, togliendogli poi le strisce bagnate dalle guance con i pollici.

Poi si alzò e andò a prendere la sacca, consapevole che se avesse atteso ancora avrebbe finito per perdere il coraggio e lasciar perdere.
“Izuku, non fare pazzie! Se proprio devi andartene, per stanotte cerca…” occhieggiò di nuovo Yuki, che li osservava entrambi con sguardo preoccupato e attento. Si avvicinò a Izuku e gli bisbigliò all’orecchio “… cerca la locanda della signora Nemuri Kayama, ti darà rifugio almeno fino a domattina.”
“Uraraka, devo…”
“Risparmiare, lo so, ma dille che ti mando io. Era un’amica d’infanzia di mia madre, mi conosce, ti darà una mano. Ti prego, ascoltami! Si trova nella zona del piacere…”
Izuku sospirò, e alla fine annuì. Sapeva anche lui che camminare per tutta la notte era rischioso, ancor più essendo un omega, ma il desiderio di non spendere subito i suoi averi lo aveva fatto desistere. Del resto, la possibilità offerta da Uraraka era davvero invitante.
“Se mi giuri di non rivelare a nessuno dove si trova, la cercherò.”
Lei tiro un sospiro di sollievo. “Va bene.”
“Prometti, Uraraka.” le disse, il tono serio come poche volte prima nella sua vita.
Lei abbassò lo sguardo, abbattuta. “Non c’è modo di fermarti, vero?”
Lui scosse la testa, deciso. “No.”
“E va bene… lo prometto, allora.”
Gli sussurrò qualche dettaglio in più su dove trovarla, poi lo strinse a sé. Izuku ricambiò l’abbraccio, sciogliendolo solo per impedire che la scena diventasse sempre più pesante per Yuki. Uraraka sospirò ancora e poi prese il piccolo in braccio per riportarlo a letto.
Izuku gli strinse la piccola mano. “Te l’ho promesso, tornerò da te e tua sorella. Dovete solo avere un pochino di pazienza. Sarai coraggioso?”
Il bambino annuì senza dire niente. Izuku prese la sua sacca, gli diede un ultimo bacio sul capo e si avviò con passo da gatto verso l’uscita secondaria della casa.

*

L’aria odorava nuovamente di pioggia e le uniche luci del paese erano quelle che brillavano dietro le finestre.
Izuku era esausto, più nella testa che nel fisico, nonostante le due ore e mezza di camminata attraverso i sentieri ripidi della collina e la sacca sulle spalle che sembrava pesare come se fosse stata piena di sassi.

Si trascinò fuori della viuzza che portava alla zona dei piaceri del paese e sbatté gli occhi per un momento, mentre la sua vista si abituava alle luci più numerose sparse intorno a lui. Le attività del quartiere si svolgevano tutte all’interno di case e locande, ma alcuni omega maschi e femmine in pose e abiti discinti, nonostante l’aria fredda, si affacciavano a salutare i pochi potenziali clienti ancora in giro in barba al clima minaccioso.
Un paio di loro guardarono con aria curiosa Izuku, il cui odore doveva testimoniare la stanchezza, oltre al suo secondo genere. Chiese indicazioni per la locanda di Nemuri Kayama e gli indicarono dove andare: si trovava vicino ai confini di quel lato del paese ed era un locale piuttosto grande rispetto agli altri, pieno di finestre davanti a ognuna delle quali brillavano fiammelle luminose. La porta d’ingresso era più alta della norma e chiusa, senza omega a congelarsi sulla soglia per invitare clienti.
All’interno risuonavano grida e risate uscivano che penetravano sulla strada, facendo sentire Izuku più intimidito che altro. Del resto dormire all’addiaccio sarebbe stato un modo perfetto per ammalarsi subito, sarebbe stato assurdo non provare almeno a chiedere rifugio.

L’omega prese un profondo respiro e poi bussò alla porta.
 
_______


Note:
Sorpresa! Ecco il capitolo, con due soli giorni di ritardo invece di una settimana piena. Sono riuscita a scriverlo grazia a pause inaspettate e quindi eccolo qua \o/ Paradossalmente non posso promettere di pubblicare il prossimo domenica/lunedì prossimo perché continuano a modificarmi giorni e orari di lezione (non aggiungo altro), ma ormai ci avviciniamo sempre più al finale e si tratta più che altro di ritagliarmi il tempo per scrivere con calma quest’ultima parte della storia.

La pagina fb purtroppo è hiatus a causa della situazione, ma da fine mese vorrei davvero cominciare a gestirla come si deve, quindi l’invito a iscrivervi per rimanere in contatto e avere futuri spoiler di lavori Bakudeku e non solo (ma in grandissima maggioranza sempre m/m) rimane apertissimo! :3
Ovviamente grazie come sempre per i commenti e l’aggiunta della storia alle varie liste, non sapete quanto mi faccia piacere vedere la storia sempre più apprezzata ;’)

Un abbraccio e a presto,
Mel

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Capitolo 11
*** Capitolo 9. ***


“I critici tendono a disprezzarlo, ma sembrano non accorgersi
che la vita è fatta in gran parte di melodramma”.


(Borzage)


Quel mattino Yuki si svegliò in preda all’ansia. Avrebbe voluto raccontare tutte le cose terribili che aveva sentito la sera prima a Kagome appena entrato in camera, ma la presenza di Uraraka glielo aveva impedito, e non era proprio riuscito a restare sveglio fino al momento in cui se ne era andata.
Così, appena aprì gli occhi scalciò via le coperte del futon per poi lanciarsi a peso morto sul letto della sorella.

“Sei impazzito?!” gli chiese lei svegliandosi all’improvviso, arrabbiata ma già con i sensi allerta, una delle tante caratteristiche che facevano intuire quanto fosse ormai una certezza il suo destino da alpha.
“No, ma è successo una cosa tremenda, stammi a sentire!” scalpitò lui, restandole a cavalluccio, e poi cominciò a raccontare tutto ciò che era successo la sera precedente. Lei lo ascoltò a occhi sgranati.
“Quindi mi stai dicendo che Izu se n’è andato chissà dove?!”
“Proprio così! Ma ho sentito Uraraka che gli bisbigliava qualcosa su un quartiere giù in paese con delle luci rosse… è lì che va cercato, Gome!”
La ragazzina si mise a riflettere con cipiglio corrucciato.
“In effetti dobbiamo riportarlo qua il prima possibile, non possiamo lasciare che si allontani troppo o rischiamo di non riuscire a riprenderlo in tempo! Stasera, appena saranno tutti a cena..."

*

Izuku finì di legare la fasciatura intorno al polso dell’omega che si era bruciata prendendo da mangiare in cucina, sorridendole con fare incoraggiante.
“Tranquilla, andrà tutto bene.” le disse con un sorriso.
“Sei sicuro che non resterà la cicatrice?” chiese lei mordendosi il labbro inferiore, preoccupata. Izuku sapeva che la sua non era una preoccupazione da poco: con il lavoro che faceva, era automatico temere problematiche legate al proprio aspetto, per  quanto piccole. Scosse la testa per rassicurarla.
“Ci siamo occupati della bruciatura da subito, non hai di che preoccuparti.”

La ragazza gli sorrise riconoscente, ma sentendo sbattere la porta della piccola stanza che fungeva da infermeria alzò di scatto il capo. Izuku la imitò e quando vide chi era entrata subito si alzò in piedi per potersi inchinare rispettosamente.
“Come sta andando qui?” chiese la signora Shuzenji con cipiglio deciso.
“Molto bene signora, grazie” rispose in tono composto e gentile la ragazza con il polso fasciato. L’anziana donna annuì, ispezionando con occhio esperto la fasciatura fatta da Izuku.
“Bel lavoro, ragazzo” lo lodò. Izuku si sentì arrossire per il piacere. Amava essere apprezzato per ciò che faceva, ancor più pensando di non poter contare più di tanto sull’aspetto fisico per ricevere complimenti, cosa che - data la grande, troppa importanza data all’apparenza degli omega - a volte riusciva ancora stupidamente  a ferirlo.
La giovane fece a sua volta un inchino e tornò a servire i pochi clienti che aveva raggiunto in quella fredda notte la sala da tè. La la guaritrice della Locanda di Mezzanotte invece volse lo sguardo verso Izuku.
“Midoriya, sei davvero sicuro di volertene andare domani? So che la padrona ti ha invitato a restare per farmi da aiutante. La paga non è altissima, ma impareresti un mestiere e non saresti costretto a fare lavori di extra, a meno di non volerlo tu stesso.”
Izuku le sorrise, grato per la gentilezza sia dell’anziana donna che della pittoresca e determinata padrona della Locanda, ma scosse la testa.
“Siete entrambe fin troppo gentili, davvero. Purtroppo però dovrò andarmene per forza, in realtà avrei dovuto essere già partito.” “Mmmh… non so cosa ti costringa a dartele a gambe in questo modo, ma è davvero un peccato. Sei portato come guaritore.” Izuku alzò le spalle. “Ho avuto la fortuna di poter studiare un po’ al riguardo su libri di grande valore. Avevo… avevo un padrone gentile.” finì la frase a fatica, la voce che gli moriva in gola, e dovette voltarsi per non mostrare alla donna gli occhi.

Lei non commentò il suo comportamento e si limitò a consigliargli di riposare bene prima della partenza dell’indomani; Izuku le fu grato per la sua discrezione.
Stava per uscire, così da poter controllare che tutto andasse bene nella sala da tè al centro della locanda (gli anni passati a gestire e sorvegliare una casa padronale si facevano sentire, poco importava se adesso si trovava in un ambiente diverso, era comunque un grande locale con tante persone e ancor più fermento che nella dimora dei Bakugou), quando delle voci concitate dall’ingresso della Locanda bloccarono sul posto sia lui che la signora Shuzenji. Una voce infantile che avrebbe riconosciuto ovunque riempì l’aria: “Aiutateci!”
Prima ancora di rendersene conto, Izuku si fiondò all’ingresso.

La scena che vide gli sembrò provenire dritta da uno dei suoi incubi: Kagome, in lacrime, teneva sulla schiena Yuki, che tossiva così forte da macchiare il kimono della sorella con piccole e raggelanti goccioline di sangue.


 
_______


Note:
E finalmente ecco qui il penultimo/terzultimo capitolo! Scusatemi davvero per l’assenza, proprio arrivati all’ultimissima parte della storia ho dovuto interrompere la pubblicazione regolare che sono riuscita a tenere quasi tutto il tempo >< purtroppo gli impegni di studio/lavoro che avevo alla fine sono diventati qualcosa di allucinante. Comunque l’importante è che siamo nuovamente qui <3 so che il capitolo è breve, ma intanto ci tenevo a pubblicare questo momento di transizione verso il gran finale! Gli impegni non sono spariti ma adesso avrò modo di rimettermi a scrivere in modo abbastanza regolare, quindi a presto con il finalone (che forse sarà diviso in due parti, dipenderà dalla lunghezza)! -w-
Grazie per essere ancora qui a leggermi nonostante la pausa, spero di sentirci nello spazio commenti, fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo “di ritorno” :*

Un abbraccione,
Mel

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Capitolo 12
*** Capitolo 10. ***


“Quando starò davvero male, chiederò il tuo aiuto.
Mi salverai di nuovo?”
“Non fare domande di cui sai già la risposta.”


(Romantic Joutou, Moriyo)
 

Caro Kacchan,
so che è una decisione improvvisa, ma penso davvero che la cosa migliore sia che io mi allontani. Tu meriti di essere libero, e non di restare accanto a me solo perché pensi sia la cosa migliore per i bambini (non avrei dovuto ascoltare la tua conversazione con Sae-san, ti chiedo scusa, però in questo modo ho potuto capire come stanno realmente le cose e agire di conseguenza). Avrei voluto salutarti come si deve, ma avrebbe reso soltanto tutto più difficile. Prometto che tra qualche anno - quando spero che avrai un consorte adeguato e per cui nutri sentimenti profondi - tornerò comunque a salutare i bambini. Ti prego, dì loro che li amo con tutto il mio cuore e che se non fosse stata la cosa giusta da fare non me ne sarei mai e poi mai andato.
Desidero davvero che tu viva una vita piena e soddisfacente, accanto a una persona fortunata che ami davvero, e che non è solo una compagnia rassicurante. Fallo per me.

Con tutto il mio affetto,
tuo
Deku

Bakugou accartocciò la lettera in una mano. Sentiva un misto di rabbia e panico incendiargli la testa.
Non solo era tornato a casa in tempo per scoprire che i suoi due cuccioli erano spariti nel nulla e tutto il personale della villa stava impazzendo per capire quando diavolo fosse successo… adesso anche questo. Deku se n’era andato dopo aver ascoltato quella stupidissima conversazione con la semina-zizzania che al momento vagava per casa biascicando “poveri bambini” con aria preoccupata, nonostante il suo odore fosse tutt’altro che pregno di agitazione.
A questo punto non serviva un genio per capire che cosa fosse successo ai cuccioli, e come mai fossero scomparsi. Dovevano essere andati a cercare l’omega (il suo omega, ringhiava l’alfa dentro di lui), ma vai a sapere muovendosi verso quale direzione, sia loro che Deku! Doveva subito iniziare a…

“Padron Bakugou… penso di doverle dire una cosa.”

Bakugou si voltò verso la voce angosciata di Uraraka, e gli bastò guardarla negli occhi per capire che non avrebbe apprezzato ciò che aveva da dire. “Hai notizie sui cuccioli?”
“No… ma vista la loro scomparsa, penso di doverla mettere al corrente di ciò che so. Io… potrei avere un’idea di dove si trova Izuku. E credo che i bambini lo stiano cercando.”
L’alfa si lanciò verso di lei con uno scatto ferino, stringendole le spalle tra le mani e trapassandola con lo sguardo furente.
“TU SAI DOVE DIAVOLO È ANDATO E NON HAI FATTO NULLA?!” “NON POTEVO!” ribatté lei “Glielo avevo promesso… ma i bambini devono essere usciti a cercarlo, e a questo punto non possiamo rischiare che…”
“PARLA! Dove si trova?!”
La ragazza fece un sospiro profondo, poi lo fissò dritto negli occhi di bragia.
“Nel quartiere a luci rosse in paese.”
 
*

Izuku si asciugò gli occhi con le maniche del chimono, cercando di non farsi notare. Era colpa sua se Yuki aveva rischiato la vita, non voleva che l’attenzione di nessuno si concentrasse su di lui, anche se non poteva far nulla per l’odore di omega triste e preoccupato che stava rilasciando.

La signora Shuzenji intanto finì di sistemare le coperte di Kagome, che giaceva addormentata nel piccolo futon vicino a quello del fratello più piccolo. La piccola stanza dove riposavano non era particolarmente calda ma tutti gli omega della locanda avevano cercato più coperte possibili per coprire i bambini, che dopo essere stati guariti e rifocillati erano crollati come pere cotte.
“Smetti di angosciarti così, ragazzo. Il bambino è fuori pericolo e la ragazzina è solo stanca per la giornataccia.”
Izuku si vide passare per un momento davanti agli occhi l’incubo a cui aveva assistito poco prima: Yuki che tossiva sangue, Kagome terrorizzata… se non ci fosse stata la signora Shuzenji… scosse la testa per scacciare quei pensieri.
“Non potrò mai ringraziarla abbastanza per ciò che ha fatto, signora” disse invece guardando la guaritrice “Ha salvato la vita di Yuki, le sarò debitore per tutta la vita.”
Fece seguire alle sue parole l’inchino più profondo di cui fosse capace, ma l’anziana donna agitò una mano per dirgli di rialzarsi.

“Basta con questi discorsi, ho solo fatto ciò che andava fatto. E almeno abbiamo scoperto che il mio rimedio riesce a calmare la tosse cronica di quel bambino, così d’ora in avanti tutti potrete stare più sereni. Basta che non ne abusi e andrà tutto bene.”
Izuku respirò profondamente e si tirò su, guardando con gli occhi ancora arrossati Yuki che dormiva pacifico sotto le coltri del futon.
“Sì, su questo ha ragione, almeno adesso conosciamo un rimedio che può aiutarlo veramente. La prego signora Shuzenji, domani stesso parli con Padron Bakugou e gli spieghi tutto al riguardo. È un alfa buono e giusto, la ricompenserà con abbondanza per…”
“Dovresti essere tu a spiegargli ciò che è accaduto” lo interruppe lei “E quanto all’abbondanza, mi basta che in cambio della ricetta per la cura e di una fornitura a vita da parte mia per il bambino, dia una mano agli omega di questo posto. La padrona non fa mancare il necessario a nessuno e tiene lontani i clienti indesiderati, ma la maggior parte delle persone che lavorano qui non lo fanno certo per scelta, sono costrette dalle circostanze.”
Izuku abbassò il capo, comprendendo bene quanta verità fosse presente nelle parole della donna. “Non ho dubbi che la ascolterà, signora. Ma a meno che per sdebitarmi non mi chieda di restare qui, partirò domani all’alba.”
“Mmmh…” borbottò la donna guardandolo con attenzione “E se ti chiedessi proprio di restare, cosa faresti? Pensi che riusciresti a continuare a nasconderti da quel Padron Bakugou che stimi tanto?”

Izuku sentì il cuore fermarsi un momento al pensiero di ritrovarsi a vivere lì, fisicamente vicino ma in ogni altro senso lontanissimo da Bakugou… si morse il labbro inferiore. “Io… be’, non potrei certo rifiutare. Ma temo che ci sarebbe… del movimento intorno alla locanda, se dovesse venir fuori che mi trovo qui. Intendiamoci, non cambierebbe nulla, resterei qui a dispetto di tutto… ma sono certo che la mia permanenza porterebbe del caos.” “Be’, un po’ di caos movimenta la vita! E poi…”

Le parole della signora Shuzenji furono interrotte da una confusione superiore a quella portata dall’arrivo dei bambini.

“Si parlava di caos” rise tra sé la donna anziana, come se avesse idea di cosa si trattasse, ma Izuku invece cominciò ad andare nel panico.

Le omega e i pochissimi omega maschi presenti nella casa cominciarono a scalpitare, e anche la padrona, la signora Nemuri, accorse dalla sua camera, il kimono da notte stretto intorno ai fianchi procaci.

“E be’? Che succede ancora?” la sentirono chiedere mentre volava fuori.
“Padrona, non ci crederà, ma sembra che…”
“Signora è assurdo, ma è arrivato…”
Il nome che seguì le voci che si accavallavano l’una sull’altra fece vorticare il sangue nelle orecchie di Izuku.

Scattò in direzione della porta come se ne andasse della sua vita, e quando uscì all’aperto, mentre l’aria fredda della notte lo avvolgeva si trovò davanti la versione di Bakugou più selvaggia che avesse mai visto: sporco di terriccio per la corsa a cavallo, ansante per la foga più del bellissimo animale al suo fianco e con gli occhi rossi che sembravano quelli di un folle.
“STO CERCANDO UN OMEGA MASCHIO E DUE BAMBINI PICCOLI, LI AVETE -” stava gridando, ma prima ancora di posare gli occhi su Izuku dovette sentire il suo odore, perché si voltò con uno scatto ferino.

“Kacchan, i cuccioli sono dentro! Vieni, posso - ”
Prima che finisse la frase però Bakugou fu letteralmente a un palmo di naso da lui. L’alfa lo strinse e premette con foga il volto contro il suo collo, aspirando il suo odore e mischiandolo al proprio*.
“Che diavolo ti è saltato in testa?!” ringhiò senza smettere, ma Izuku dovette ingoiare un po’ di saliva prima di riuscire a rispondere. Il suo stupido istinto omega gli stava urlando nelle orecchie di stringersi a Kacchan e ricambiare il gesto, premendo il naso circondato da lentiggini contro il suo collo possente, ma riuscì a trattenersi e, diventando sempre più consapevole ogni secondo che passava della folla intorno a loro che li osservava con aria curiosa e divertita, cercò di spostarsi. Inutilmente.

“Mi hai fatto prendere un colpo!” sbraitò l’alfa girando il volto per guardarlo negli occhi, ma continuando a tenersi vicinissimo Izuku.
“Non - non era mia intenzione, volevo solo fare la cosa giusta, ma i bambini a quanto pare sono usciti a cercarmi ed è successo questo disastro! Ora sono dentro che riposano, c’è anche una buona notizia riguardante Yuki, se mi lasci possiamo…”

Bakugou sbuffò. “Puoi scordartelo, che ti lasci, dopo l’idiozia che hai combinato!” sbottò, e poi, come uno stupidissimo alfa delle caverne, alzò Izuku alla stregua di un sacco di patate semivuoto e se lo issò su una delle sue spalle, la mano con cui lo teneva appena appena sotto il livello della decenza.

“KACCHAN, SEI IMPAZZITO?! METTIMI GIÙ!” gridò Izuku bruciando di vergogna mentre gli omega intorno a lui cominciavano a ridere, Nemuri più forte di tutti.
Bakugou li ignorò ed entrò nella piccola locanda, senza nemmeno chiedere indicazioni su dove si trovassero i bambini ma seguendo semplicemente il loro odore fino alla cameretta dove erano stati sistemati.

I piccoli erano così stanchi che nonostante il trambusto non si erano svegliati, e continuavano a dormire serenamente nei loro letti.
Bakugou tirò un sospiro di sollievo e mise giù Izuku. L’omega avvertì il cambio nel suo odore, la pace che lo stava investendo dopo aver ritrovato i bambini, e si sentì più in colpa che mai.
“Kacchan, mi dispiace così tanto. Non avrei mai pensato che provassero a seguirmi.” “L’unico che poteva non prenderlo in considerazioni eri tu. Sia io che il resto della servitù abbiamo pensato subito a questo” replicò l’alfa in tono severo.
Izuku chinò la testa, abbattuto.
“Sapevo che non l’avrebbero presa bene, ma salutarli sarebbe stato talmente straziante… avrei voluto che glielo annunciassi tu, aggiungendo che sarei tornato apposta per vederli dopo un po’ di tempo.”
“E ovviamente prima di fare questi piani non ti è passato nemmeno per l’anticamera del cervello di avvertirmi e parlarne con me.” ribatté l’altro sempre con il solito tono, durissimo.
“Sapevo che non saresti stato d’accordo, Kacchan.”
“Ovvio che non lo sarei stato! Ma ne riparleremo a casa, adesso prenderò in prestito la carrozza più vicina e torneremo tutti indietro.”
“Kacchan, io non posso tornare! Ho i miei motivi per aver fatto quello che ho fatto.”
“Motivi estremamente stupidi, stando a ciò che hai scritto in quella lettera, quindi la ignorerò e basta.” “Ah… quindi l’hai letta…” borbottò Izuku sentendo il volto scaldarsi.
“Sì, ho letto quel delirio appena arrivato. Adesso resta a controllare i bambini, io vado a cercare la carrozza.” “Kacchan, aspetta! Devo dirti una cosa importante riguardo a Yuki…”
“Me la dirai a casa. Questo posto è più freddo della loro camera,  non ci sono abituati, rischiano di ammalarsi se dovesse peggiorare.”
Con quelle parole, Bakugou si voltò e uscì prima che Izuku potesse ribattere alcunché. L’omega guardò le spalle larghe dell’uomo tornare nel corridoio illuminato dalle lampade, e sospirò tra sé volgendo lo sguardo sui cuccioli addormentati.
Avrebbe dovuto seguire Bakugou di nuovo alla villa, lo sapeva. E una volta lì, dopo avergli spiegato del rimedio della signora Shuzenji, gli avrebbe chiarito una volta per tutte perché doveva andarsene.
 
_______


NdA:
*quest’ultima sarebbe la pratica dello “scenting”, molto presente e popolare nelle fanfiction omegaverse, e avviene quando qualcuno sparge il suo odore su qualcun altro (suona molto “animalesca” come cosa, lo so, ma nel suo contesto vi assicuro che ha senso e soprattutto a conti fatti gli omegaverse presentano proprio esseri umani più “legati”, se così si può dire, al mondo animalesco, non pensate?). Non ho trovato un termine equivalente ma con questa scena spero sia passato lo stesso significato ^^

Note:
Dai, mi sono fatta perdonare per il capitoletto breve dell’altra volta? Spero di sì, almeno per gli standard della fic!
Questo è ufficialmente il penultimo capitolo, il prossimo sarà quello definitivo! *groppetto in gola in arrivo* Non posso assicurare che arriverà tra pochissimo perché ci tengo a scriverlo con calma e chiudendo come si deve la storia, ma una volta pronto spero tanto che lo apprezzerete! :3
Per ora ditemi un po’ cosa ne pensate di questa penultima parte e dei nostri combinaguai, i cuccioli hanno riposato tutto il tempo (non per niente si sono presi un grande spavento e hanno faticato un bel po’, se ne riparlerà con calma nel prossimo capitolo) ma almeno i due testoni intanto sono riusciti a parlare un minimo e a Izuku toccherà tornare a casa, per ora…
Nel caso il capitolo finale non sia pronto prima del 24/25 vi faccio già i miei auguri, spero saranno giorni pieni di gioia e cose belle! :*

Spero tanto di sentirvi nei commenti e farci due chiacchiere anche lì (rispondo sempre!),
un abbraccione,
Mel

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Capitolo 13
*** Capitolo 11. - L'ultimo ***


Ed ecco l'ultimo capitolo, anche se un pochino più tardi di quanto pensassi (gomen! Spero possiate comunque considerarlo un grande "Buon 2022!" da parte mia, essendo ancora a gennaio :3). Prima di iniziare vi lascio la miniplaylist delle canzoni che mi hanno accompagnato per la stesura di tutta la fic, da agosto a pochi giorni fa (mesi che per me sono davvero volati).
 
Playlist:
- Ironic di Alanise Morrisette (che ha dato il titolo alla storia);
- Come mai (precisamente la versione “Come mai - Live” degli 883 che si trova su Spotify. Ho perso il conto di quanto ho riso e fangirlato come una bimba di quindici anni ascoltandola nel caldo di agosto e fondendomi il cervello sulle fanart e i post fotografici riguardanti QUEL capitolo di MHA - “Scusa, Izuku”. Questa versione di Come mai penso proprio mi farà sempre pensare a Baku e Deku, e mi fermo qui sennò arrivano i laGrimoni);
- Bette Davis Eyes di Kim Carnes;
- Ti sposerò perché di Eros Ramazzotti.
 
 
ISN’T IT IRONIC?
 
Everlasting love… if each of us believes it in,
it exists then.

*
L’amore eterno… se ognuna di noi ci crede, allora esiste.
 
(Hanayori Dango Final)
 

La carrozza sobbalzava lungo la strada accidentata. Kagome mugugnò qualcosa d’intelligibile dal fianco di Bakugou, senza aprire gli occhi, e l’alfa le bisbigliò parole che a causa del rumore Izuku non riuscì a sentire, ma furono sufficienti per farla tranquillizzare e continuare a dormire.

Quando la vettura prese un sasso che fece ondeggiare la cabina, Izuku si avvicinò di più al petto Yuki, preoccupato che potesse svegliarsi all’improvviso. La signora Shuzenji si era raccomandata di farlo dormire il più possibile fino alla tarda giornata seguente, per permettere di riprendersi al suo corpo provato dalla tosse e dalla stanchezza della notte movimentata. Izuku aveva tutta l’intenzione di seguire le sue istruzioni.

Né lui né Bakugou nel frattempo si erano più rivolti più nient’altro che mugugni e monosillabi necessari a organizzare il ritorno a casa, concentrando tutta la loro attenzione su bambini, e Izuku provava un colpevole sollievo per questo. Dire che non attendeva con fervore il loro confronto sarebbe stato un eufemismo. C’era un motivo se gli aveva lasciato una lettera, piuttosto che spiegare a voce le proprie ragioni. Sapeva bene che non lo aspettava una discussione ragionevole e tranquilla.

“Ci siamo. Porta Yuki a letto, io pago il vetturino e poi arrivo nella loro stanza con Kagome” disse Bakugou.
Izuku annuì, e aspettò senza ulteriori commenti che la carrozza si fermasse nel parco della villa. Un cliente della locanda era effettivamente proprietario di una carrozza e tra i lavori che faceva per vivere c’era proprio quello di vetturino, e Bakugou gli aveva promesso un piccolo sacco d’oro per riportarli immediatamente a casa risalendo la collina nonostante fosse tarda notte. Sarebbe stato probabilmente più saggio aspettare il giorno seguente, ma la preoccupazione per la salute dei piccoli lo aveva portato ad affrettare il ritorno. Per fortuna la collina non era troppo impervia ed era bastato andare con calma per evitare incidenti. Izuku tirò un sospiro al pensiero di essere arrivati tutti sani e salvi mentre trasportava Yuki nel suo comodo futon.

Il bambino gli strinse una ciocca di capelli scuri mentre lo metteva giù, e Izuku gli baciò con tenerezza una nocca mentre si liberava piano dalla sua presa. Avrebbe di gran lunga preferito stendersi e dormire con lui piuttosto che confrontarsi con l’alfa che stava entrando portando in braccio Kagome, ma sapeva di dover risolvere la questione. Voleva partire il prima possibile, poco dopo l’alba (se fosse riuscito a evitare di vedere Sae, meglio ancora. Non ci teneva ad andarsene con il suo sorrisetto soddisfatto per la piega degli eventi ancora davanti agli occhi), quindi andava messo un punto alla situazione una volta per tutte. Non poteva più attendere, per quanto lo desiderasse.

“Vieni” disse l’alfa, in un tono calmo che però non sembrava lasciare spazio a repliche, e Izuku lo seguì stancamente verso la sua camera.

Bakugou lo lasciò entrare per primo, poi fece lo stesso e lasciò scorrere la porta dietro di sé per chiuderla e garantire intimità a entrambi.
Izuku si avvicinò a una candela che ardeva sul comodino, un po’ troppo vicino a un rotolo che sembrava riguardare tecniche militare, e la spostò leggermente per evitare incidenti.
“Pensavi davvero di andartene così, allora?”

La voce dell’altro uomo risuonò dura e limpida nella stanza. Izuku non si voltò, ma continuò a fissare con ostinazione la candela. Era più facile parlare guardando la sua fiamma, piuttosto che quella ardente negli occhi di Kacchan.

“Volevo… no, voglio fare soltanto ciò che è giusto.”
“Giusto per chi?”
“Soprattutto per te, Kacchan.”
“E la cosa giusta per me sarebbe scappare mentre sono via, senza una parola, e far spaventare a morte i miei figli?”
L’ultima parte della frase fece scattare Izuku verso di lui, e a quel punto scoprì di essersi concentrato tanto sulla fiamma della candela e su ciò che doveva dire da non accorgersi che l’alfa era alle sue spalle. Aveva notato il suo odore farsi più intenso, ma credeva fosse semplicemente per il nervosismo che gli stava montando dentro, non perché incombeva su di lui.
Adesso Bakugou lo sovrastava, bruciandolo con quegli occhi pieni di rabbia incandescente.
“Allora? È questa la tua idea di giustizia?”
Izuku strinse i pugni e ricambiò quello sguardo furioso. “So che ciò che è accaduto è soltanto colpa mia, lo so e me ne prendo tutta la responsabilità, ma non avrei mai messo volontariamente in pericolo i bambini, e lo sai benissimo! Non mi sarei mai immaginato che sarebbe andata così… ma allontanarmi da qui è davvero la scelta giusta. Di questo passo…” la voce gli tremò, ma Izuku se la schiarì con un colpo di tosse e continuò “… di questo passo invecchierai, invecchieremo entrambi, e tu avrai passato la maggior parte della tua vita accanto a qualcuno che non ami, che ti è stato utile soltanto per crescere i bambini. Io non voglio che il futuro a cui andrai incontro sia questo, Kacchan. Preferisco andarmene adesso e permettere a te e i piccoli di imparare a voler bene a qualcun altro, qualcuno che invece ti piacerà per davvero. Hai una scelta infinita davanti a te, e lo sai. Potresti metterci comunque un po’ di tempo, ma alla fine troveresti la persona giusta, ne sono sicuro. Quindi per favore… chiudiamola qui. Vorrei rivedere i bambini, ogni tanto, se per te va bene… anche se sempre nella veste di una vecchia tata e niente di più. Questa volta li saluterò come si deve, ma poi me ne andrò una volta per tutte. ”
“Tu… pensi davvero che sia così facile?”
Con quelle parole, Bakugou strinse le mani attorno ai lembi del kimono intorno al collo di Izuku, facendo avvicinare i loro volti così tanto che i suoi occhi rossi sembravano fiamme più grandi di quelle della candela, pronte a inghiottirlo.

“Pensi davvero di poter cancellare questi anni come niente fosse? Di poter sparire ancora una volta con uno stupido sorriso, come hai fatto quando eravamo bambini prima di scappare?!”
“Non l’ho fatto perché lo volevo, Kacchan! Non me ne sarei mai andato se avessi potuto, e lo sai! Ma i debitori… mia madre non poteva fare altrimenti!”
“LO SO! Questo lo so! Ma se pensi che resterò a guardare mentre accade tutto di nuovo, quando invece adesso posso impedirlo, sbagli di grosso!" “Io lo faccio PER TE, Kacchan! Renditene conto!”
“Se vuoi fare qualcosa per me, smettila di blaterare idiozie!” sbottò l’alfa, e si lanciò su Izuku. Lo baciò come un uomo che sta dando l’ultimo bacio della sua vita prima di bruciare come un idolo sacrificale.
Izuku non riuscì a resistere all’assalto. Il suo corpo si lasciò andare subito, prima che potesse riflettere sull’errore che stava commettendo. Prima ancora di rendersene conto si ritrovò steso sul gigantesco futon di Bakugou, avvinto a lui, il kimono che scivolava via come se non fosse mai stato lì.
“Resta con me” bisbigliò roco al suo orecchio l’alfa mentre le mani di Izuku gli artigliavano la veste e lui scuoteva le spalle per liberarsene. “Resta con me.” ripeté.
Izuku sentì le lacrime pungergli gli occhi.
“Non posso farlo se tu non mi…” le parole gli morirono in gola. “Voglio che ami la persona che hai accanto, non che la consideri una comodità e basta.”
Le mani dell’alfa, grandi e callose per le ore passate a bradire la katana, gli strinsero leggermente il volto lentigginoso.
“Tu non sei una comodità. Tu sei… tu sei tutto quanto, Izuku. Tutto.”

Izuku sentiva il sangue pulsargli nelle orecchie, scorrendo a una velocità tale da dargli alla testa.
“Dici… dici sul serio?”
Kacchan lo baciò ancora una volta, sistemandosi tra le su gambe, il suo odore e quello di Izuku che, mescolati, riempievano l’aria della stanza come se fosse un minuscolo mondo di cui loro erano gli unici abitanti.
“Io… Kacchan, io ti amo. Da sempre. Se tu mi vuoi davvero, allora…” sentì il proprio collo inarcarsi, la sua parte omega che decideva da sola cosa fare.

“Ti vorrò sempre.” rispose Bakugou.
E poi lo morse.

Izuku chiuse gli occhi, e il mondo intorno a lui esplose.

*


Furono le urla a svegliarlo, ma la prima cosa che fece, invece di preoccuparsene, fu allungare d’istinto le braccia, aspettandosi di trovare un corpo solido e caldo contro di sé e l’odore di falò ad avvolgerlo. Quando si rese conto di essere da solo nel futon, scattò a sedere come se un fulmine lo avesse colpito all’improvviso, e solo allora si focalizzò sulle voci alterate fuori dalla camera.

Si alzò in piedi in fretta, la parola Yuki che già gli rimbombava nella mente, quando si rese conto di essere completamente nudo. Si affrettò a infilare il proprio kimono, allacciandolo in fretta e senza attenzione, determinato a uscire e capire che diavolo stesse succedendo (possibile che il cucciolo avesse avuto una ricaduta?).

Quando si scapicollò fuori dalle porta scorrevole, la prima cosa che notò furono le spalle ampissime e dure come pietra di Bakugou in fondo al corridoio, e poi, davanti a lui, il paio d’occhi più saturi d’odio che avesse mai incontrato. Odio tutto diretto verso di lui, verso Izuku.

Sae lo guardò rotolare fuori dalla stanza con il kimono in disordine e gli occhi sgranati come… a Izuku non vennero in mente paragoni. Non ne trovava. C’era solo rancore e disprezzo, là dentro.

“Lo dico per lei, Bakugou. Se questa storia venisse fuori ha idea di cosa diranno i suoi pari? Non voglio che si lasci usare da un omega senza scrupoli, disposto persino
ad avvicinarsi ai suoi cuccioli pur di…”
L’aria nel corridoio divenne improvvisamente irrespirabile. La testa di Izuku cominciò a girare, come se tutto l’ambiente si fosse riempito del fumo acre di un rogo  immensoe gli stesse riempiendo le narici andando dritto fino al cervello.
Mise una mano davanti al naso d’istinto, poi cominciò ad avvicinarsi a tentoni ai due litiganti.
Sae invece aveva fatto un passo indietro e adesso fissava Bakugou con gli occhi sgranati per la sorpresa.

“Ma cosa…” cominciò, coprendosi a sua volta il naso. prima di essere interrotta ancora una volta dall’alfa.
“Non solo mi ha bloccato mentre uscivo dalla mia camera, facendomi perdere tempo per dirmi la sua opinione non richiesta riguardo ai miei affari, ma adesso OSA ANCHE PARLARE DEL MIO CONSORTE E DEI MIEI FIGLI?! Lei se ne andrà da questa casa. Adesso. E non è una richiesta.”
Una scintilla oscura simile a quella con cui aveva osservato Izuku poco prima si accese nello sguardo della donna.
“Ciò che volevo…” “Sappiamo tutti benissimo cosa voleva. Ma non avrà niente di ciò che desidera, e lo dica pure al padre della mia defunta moglie. Ho scelto da solo cosa fare, e se ho preso nuovamente un consorte è perché si tratta dell’unica persona in questo dannatissimo mondo che poteva spingermi a legarmi di nuovo a qualcuno. E adesso fuori.”

Izuku, che era riuscito ad avvicinarsi abbastanza da toccarlo, gli posò una mano sull’avambraccio
“Kacchan, basta così. Ha capito.”
Sae ignorò le parole pacificatrici di Izuku e fissò lo sguardo sul suo collo.
“Ma quello è davvero…”

“Sì, è un dannato morso, lo ha visto bene? Sa che le dico, non lo dica solo a mio suocero, ma a chiunque voglia! Terremo una cerimonia ufficiale tra un paio di settimane per presentare il mio omega a tutta la combriccola di nobili e ricchi di questo dannato Paese, e chiunque ignorerà l’invito potrà considerare ogni accordo con la mia famiglia chiuso per sempre!”
Sae boccheggiò in un modo che a Izuku risultò decisamente buffo, tanto che dovette trattenere una risata. Un po’ isterica, ma pur sempre una risata.

“Tu!” sbottò lei in modo molto poco signorile, fissando di nuovo lo sguardo rancoroso su Izuku  “Hai avuto quello che volevi, alla fine, dannato arrampicatore.”
“IO. Io ho avuto quello che volevo.” ribatté Bakugou, e strinse a sé con un braccio l’omega, che si sentì arrossire come uno scemo. Dal petto dell’altro, guardò Sae girare i tacchi senza più una parola e allontanarsi. Per sempre.

“Kacchan…” mormorò “non occorreva tutto… tutto questo.”
“Mi ha bloccato mentre andavo a prenderci qualcosa da mangiare e ha cominciato a delirare. Sono stato fin troppo educato!”
“Non è vero, avresti potuto…” iniziò Izuku, ma le sue parole furono bloccate da una mano di Bakugou, che si posò leggermente sul suo volto e lo alzò quando bastava per baciarlo.
Immediatamente Izuku si sentì leggero e sembrò dimenticare cosa voleva aggiungere. L’alfa lo strinse a sé ancor di più e approfondì il bacio… quando una risata palesemente infantile bloccò entrambi.

“Zitto Yuki! Non li interrompere ora…”
Izuku si staccò di scatto e fece per allontanarsi, ma Bakugou strinse più saldamente le braccia intorno a lui.
“Buono” bisbigliò, poi si schiarì la voce. “Devo girare l’angolo e vedere chi sono gli spioni nascosti là dietro e dar loro una bella lezione oppure…”
“NO!”

Yuki si affrettò a uscire da dietro l’angolo del corridoio, rotolando fuori in modo molto simile a Izuku quando era corso fuori dalla camera.

“Padre, siamo solo noi!”
“Lo sa, stupido.” commentò Kagome, affacciandosi imbronciata a sua volta.
“Non sono uno stupido! Izu, Kagome dice che sono…” “Buoni voi due!” tuonò Bakugou, mentre Izuku cercava con scarsi risultati di dissimulare le risate (non più isteriche) che sentiva salirgli dentro.

“Vostro padre ha ragione, non c’è motivo di litigare” disse con un sorriso pacifico. I due bambini si voltarono verso di lui, che era ancora appoggiato al petto… be’, al petto del suo alfa. I piccoli li osservarono e qualcosa di quella scena sembrò far dimenticare loro qualsiasi bisticcio. Gli occhi chiari di Yuki e quelli scuri di Kagome brillarono come le stelle nelle notti più limpide, e senza dire una parola corsero a stringersi intorno al kimono di Izuku.

“Izu… non te ne andrai più, vero?” chiese Kagome, gli occhi grandi e seri puntati in quelli verdi e un po’ liquidi di Izuku.
“Mai mai mai più!” rincarò Yuki, stringendosi il kimono dell’omega attorno come un cappottino da indossare.

Izuku sentì la gola chiudersi, e dovette sforzarsi per rispondere.
“No, non me ne andrò mai. Mi dispiace avervi fatto spaventare… ma non accadrà più. Resteremo insieme per sempre, ve lo assicuro.”
“Potete contarci.” aggiunse Bakugou, solido alle sue spalle e con un tono sereno come raramente Izuku gli aveva sentito. Si voltò verso di lui, e per una volta scoprì che quegli occhi rossi che tanto avevano segnato la sua vita erano pacifici e tranquilli, simili al tramonto più bello che avesse mai visto piuttosto che a un falò senza controllo.

Poi Bakugou si sporse e gli bisbigliò due parole semplici e contenenti tutto ciò che Izuku aveva creduto per anni di non poter mai e poi mai sentir uscire dalle sue labbra.
Quando i lacrimoni cominciarono a solcargli le guance, nascose il volto sulla veste di Katsuki e e nell’aria cominciarono a risuonare i rimproveri dei bambini nei confronti del padre per aver fatto piangere Izu e i borbottii di in risposta dell’alfa.

Izuku li lasciò fare, tutti e tre, e si rese conto che la felicità esisteva davvero. Del resto, lui l’aveva trovata.

_______


NOTE:
Incredibile ma vero, eccoci proprio alla fine. Vi chiedo scusa per aver impiegato più del previsto, ma tra gli impegni delle feste e il desiderio di mettermi all’opera solo quando ero davvero concentrata e focalizzata sulla fic il tempo è passato più in fretta di quanto immaginassi. Ovviamente sapere che c’erano persone in attesa, che desideravano davvero leggere ciò che scrivevo, è stato un grandissimo sprone!
Ci tengo a dirvi quanto sono stata felice di poter finalmente inserire (e in posizione d’onore, essendo l’ultima parte) la citazione che sta in cima al capitolo. L’unico suo “difetto” è che mi basta leggerla perché mi salga il magone. Non so quante tra noi abbiano visto l’adattamento del manga di Yoko Kamio “Hanayori Dango” con l’attore Jun Matsumoto, ma è una delle più celebri versioni per la tv dell’opera (sono davvero tante ormai, pensate che successo ha avuto in Asia! E al momento la tv thailandese sta trasmettendo su Youtube la nuova versione ambientata là, i primi episodi sono fantastici).
Non dico in che momento del film-finale di serie viene pronunciata quella frase, ma vi assicuro che è emozionante da morire, e soprattutto trasmette un concetto che penso sia molto vero. E non credo di dover spiegare a persone che, come me, amano le storie e il mondo delle fanfiction come mai (mi fermo qui perché non voglio commuovermi e già sono sulla buona strada XD).

Per il resto, nella mia modesta ma amata “carriera”, anzi, storia di fanwriter questa è stata senza ombra di dubbio la fanfiction che ha ricevuto più risposte attive da parte di chi ha letto, forse anche letture in generale. Da un lato era quasi prevedibile, dato che per una volta mi sono appassionata a un grande shounen super popolare e oltretutto a una delle coppie più amate, ma per me, abituata a fandom piccoli/medi o in alternativa vasti in modo allucinante e dispersivi come non mai come quello di HP, già le risposte ai primi capitoli sono state una sorpresa che mi ha riempita di gratitudine. Quando poi andando avanti la storia ha iniziato ad appassionare sempre più persone, potete immaginare quanto mi abbia fatto piacere.
Vi ringrazio ancora una volta per tutto l’affetto che avete mostrato in questi mesi nei confronti della storia e del mio stile di scrittura, per la carica di autostima che mi avete regalato a ogni capitolo tramite commenti, aggiunte alle vostre liste e “semplici” visualizzazioni. Grazie, davvero.
Spero proprio che ci rivedremo da queste parti!

In attesa di sapere cosa ne avete pensato di questo capitolo (o anche della fic intera, se magari non abbiamo chiacchierato prima nello spazio commenti o leggerete in futuro questa storia),
ancora un grandissimo abbraccio
la vostra Mel
 

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