La Vongola e la Rosa

di IdeaHunter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Lettera dall'Italia ***
Capitolo 2: *** Il Boss dei Bellarosa ***
Capitolo 3: *** Incontro tra Famiglie ***
Capitolo 4: *** La Battaglia del Sole ***
Capitolo 5: *** (intermezzo) Fulmine a Ciel Sereno ***
Capitolo 6: *** La Battaglia del Fulmine ***



Capitolo 1
*** Prologo: Lettera dall'Italia ***


Città di Namimori, Giappone, anno 20XX. Il sole sorse sulla città, illuminando ogni palazzo e annunciando la domenica mattina, il momento più atteso della settimana. Tuttavia, ciò che per ogni altro studente di scuole medie significherebbe meritato riposo per Tsunayoshi Sawada vuol dire tanto, tanto casino. Normalmente la giornata si svolge più o meno così: sveglia alle 7.30 sotto la minaccia di morte del proprio tutor, una lavata veloce ai denti, un cambio per mettersi la divisa scolastica e una lotta furiosa per salvare il salvabile della colazione; poi di corsa a scuola sperando di arrivare prima della campanella e di non incrociare nessuno dei suoi malatissimi compagni, cosa che puntualmente accade. Si fanno le solite otto ore di lezione, poi a casa per sorbirsi altre lezioni dal suo tutor assieme ai suoi amici. Poi cena (altro momento traumatico), denti e letto.
Ecco, la domenica prende tutto questo ma con una grossa differenza: toglie le ore di scuola e le rimpiazza con ore di lezioni del tutor. E infatti il ragazzo si svegliò non grazie al sole o al canto degli uccelli fuori la finestra: a tirarlo fuori dal letto fu un calcio in testa ben assestato da un bambinetto a malapena di due anni, se si dovesse tirare a indovinare, vestito con uno smoking nero, Fedora dello stesso colore, camicia bianca e cravatta arancione. Nonostante l’aspetto da bambino d’asilo vestito per il carnevale, quello era il tutor di Tsuna, un assassino mafioso siciliano conosciuto come Reborn.
Sì, mafioso: infatti Tsuna aveva la (s)fortuna di essere l’unico rimasto per il titolo di futuro decimo Boss del clan mafioso Vongola, il più influente e potente del mondo criminale, poiché tris nipote del fondatore del suddetto clan, Giotto Vongola. E il nono boss aveva pensato bene di prepararlo a questo difficile e importante compito inviandogli come insegnante privato un bambinetto alto più o meno come una torta di mele e completamente pazzo.
Questo lo apostrofò con un marcato accento siciliano: «Sveglia Tsuna. Oggi abbiamo l’agenda bella impegnata» lui mugugnò ancora mezzo intontito: «Tanto per cambiare…» Lui per tutta risposta gli sparò un colpo di pistola calibro dieci a un millimetro dalla mano: «C’hai detto?» «Niente!» Il ragazzo scattò in bagno con tutta la forza dei suoi muscoli per non dare al nanerottolo un motivo per aggiustare la mira.
Dopo suppergiù dieci minuti erano al piano di sotto a mangiare pane imburrato e a sopportare i litigi di Lambo e I-Pin, altri due bambini autoinvitatisi a vivere con lui. Il perché sua madre accettasse di buon grado tutto questo era un mistero che Tsuna non avrebbe mai risolto.
Reborn come al solito si stava bevendo una tazza di caffè leggendo il giornale, ignorando completamente il casino proverbiale davanti a lui, quando la signora Sawada richiamò la sua attenzione su una lettera prima di salire a fare il bucato:
«Non ci capisco nulla, è scritta in Italiano.». Reborn e Tsuna si scambiarono un’occhiata di sorpresa e di sospetto, mentre il bambino apriva la lettera e leggeva il contenuto: «‘sta calligrafia non è del nono, questo è sicuro» Tsuna si sporse per dare un’occhiata ma, poco sorprendentemente, non riuscì a capire mezza parola di quello che c’era scritto.
Tuttavia, Reborn mostrò un’espressione di sorpresa durante la lettura della lettera: «Senti senti…» «Che cosa dice?» Adesso Tsuna era entrato nella modalità “possibile gruppo di pazzi assassini che mi vogliono morto”, modalità sviluppata dopo un paio di spiacevoli esperienze passate (a volte gli facevano male le ossa a pensare a Xanxus o a Daemon Spade.)

Reborn mise via la lettera e finì la tazza di caffè: «Viene dal candidato al titolo di Boss della famiglia Bellarosa. Dice di volerti vedere, assieme al resto dei tuoi guardiani, per fare un saluto» Il ragazzo lo guardò confuso: «Eh?  Famiglia Bellarosa? Un saluto?  A quanta di questa roba posso credere?» Il bambino gli tirò un colpo sulla nuca: «Non fare il cafone. Capisco che dopo i recenti avvenimenti fidarsi di dichiarazioni così sia difficile, ma stiamo parlando di uno dei più fedeli alleati della famiglia assieme ai Cavallone di Dino e ai Simon di Kozato.». L’espressione di confusione sul volto del giovane boss non fece che peggiorare, così Reborn tirò un sospiro sconsolato e incrociò le braccia:
«I Bellarosa sono un Clan abbastanza longevo. Ti basti sapere che ci sta venendo a fare visita sarà il dodicesimo boss.». Tsuna trasalì: «Dodicesimo?! Ma allora…» Reborn annuì: «Quando Giotto mise insieme i vigilanti che poi sarebbero diventati la Famiglia Vongola, i Bellarosa si erano già fatti una certa reputazione in Italia. Li chiamavano i “Robin Hood della Puglia”. Casomai non lo sapessi la Puglia è una regione italiana.». Sospirò con fare stressato «Questa reputazione di paladini del popolo durò poco…giusto un paio di boss. In effetti, hanno avuto una storia piuttosto travagliata: sono stati protagonisti sia di atti di estrema generosità sia di efferati massacri senza vergogna. Tuttavia, una cosa rimane costante: sono sempre stati grandi sostenitori, alleati e amici dei Vongola. O meglio, fino ad ora» Tsuna lo guardò senza capire, ma lui riattaccò «Recentemente i rapporti tra i boss sono stati un po’ tesi. Un bel po’ tesi. Il nono ha detto spesso che l’attuale boss dei Bellarosa è una disgrazia sia per la loro famiglia sia per tutto il mondo della Mafia e per quel che mi riguarda, non ha tutti i torti. Probabilmente il futuro boss sta cercando di riappacificare le famiglie prima che si giunga allo scontro diretto.». Tsunayoshi lo ascoltò interessato: gli piaceva l’idea di un ragazzo come lui che cerca il dialogo per risolvere le situazioni di tensione. Il tutor lo guardò serio: «Sent’ammè: so che pensi di poter risolvere la cosa con una cena e quattro risate…ma così vai poco lontano. Ricordati che è pur sempre un boss mafioso, di una famiglia assai potente e con qualche annetto in più di esperienza sulle spalle rispetto ai Vongola, e inoltre non sappiamo che immagine abbia di noi. Una parola sbagliata potrebbe scatenare una guerra di proporzioni bibliche.». Ed ecco l’ottimismo del decimo sparire come lacrime nella pioggia, citando un famoso film. Con un avvertimento del genere a Tsuna venivano due immagini in mente: o il ragazzo sarebbe stato un pazzo furioso come Gokudera o un serial killer nato come Hibari.
Ad ogni modo, c’era una cosa assai più importante a cui pensare: «Quando saranno qui?» Reborn buttò l’occhio sulla busta: «Più o meno due giorni» Tsuna si sentì svenire. Aveva solo due giorni per chiamare tutti i ragazzi, avvisarli della visita, preparare la casa per l’incontro e trovare qualcosa da dire per non sembrare un completo idiota, senza scatenare un conflitto ovviamente. Reborn, come al solito, capì ciò che passava per la testa del suo allievo e saltò sul tavolo per stargli più o meno all’altezza: «Allora oggi salta tutto il resto: tu raduna i tuoi guardiani e avvisali della cosa, mentre io mi occupo dell’incontro in sé e per sé» Tsuna annuì e scattò a prendere il telefono per chiamare gli altri.
 
Dopo nemmeno venti minuti i sei ragazzi erano già nel cortile della casa del Boss (visto che il tutor gli aveva vietato categoricamente l’ingresso). Era sorpreso del fatto che tutti si fossero presentati, perfino Hibari e Chrome erano corsi appena Tsuna li aveva chiamati. Il teppista Gokudera, giochicchiando con un candelotto di dinamite, ruppe il ghiaccio: «Allora Decimo, ha detto che era un’emergenza. Che cosa succede?» Il ragazzo li guardò tutti quanti, prese un bel respiro e disse tremante: «T-tra due giorni verrà qua il f-futuro Boss della famiglia Bellarosa per conoscerci» Gli unici che ebbero una reazione diversa da una faccia assai perplessa, furono lo stesso Gokudera e Yamamoto, che invece lo guardarono come se avesse annunciato la fine del mondo: «CHE COSA?! Il boss dei Bellarosa qui?!». Chrome alzò timidamente la mano: «Scusate…ma chi è di preciso questa famiglia?». Tsuna gli fece un veloce riassunto di quello che gli aveva raccontato Reborn, ma stavolta si misero in mezzo anche gli altri due: «Hanno a loro disposizione alcuni degli assassini più sanguinosi del mondo mafioso…Giovanni “Diavolo” Borromeo è un esempio». Nel dire questo Gokudera si morse un labbro con fare nervoso; ma Yamamoto era di altro avviso: «Mio padre ha avuto a che fare con loro qualche volta, e me li ha descritti come uomini rispettabili con un forte senso dell’onore e del dovere». Tsuna li guardò tutti assicurandosi che nessuno avesse domande, poi continuò: «Ragazzi, per favore, cercate di non fare scemenze o qui causeremo una guerra tra famiglie assolutamente non richiesta!» Hibari si alzò sbuffando: «Non sono affari miei. Veditela da solo, erbivoro.» e prima che qualcuno potesse controbattere, se ne andò. Fortunatamente gli altri guardiani furono più comprensivi: «Ma certo! Saremo di un’ospitalità estrema!» Ryohei sembrava sul punto di saltare come un petardo, mentre il piccolo Lambo fece un sorriso a novanta denti: «Vado a preparare le torte di fango!» Tsuna sorrise rincuorato, mentre dentro casa Reborn e Nana, la madre del futuro Boss dei Vongola, mettevano tutto in ordine per gli “studenti trasferiti”, come li aveva descritti il nanerottolo alla donna.
I due giorni passarono con una lentezza che aveva dell’esasperante, cosa assai poco sorprendente data la pressione che tutti si sentivano addosso. Tsuna a scuola si concentrava meno del solito, Hibari girava per la scuola con i tonfa alla mano e in generali tutti erano nervosi. Le esperienze passate con questo genere d’incontri portavano tutti a stare sul chi-va-là e a mettere mano alle armi ai primi cenni di ostilità, fosse essa reale o solo percepita. In casa Sawada le cose non erano molto diverse, visto che il Tutor teneva sempre Leon, il suo fido camaleonte mutante, trasformato in pistola oppure in fucile di precisione, sempre col grilletto pronto.
 

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Capitolo 2
*** Il Boss dei Bellarosa ***


Martedì le lezioni finirono senza nessun evento troppo clamoroso, nemmeno un pestaggio per opera di Hibari, che di norma mena il primo che gli capita a tiro se ha la luna girata. Tsuna fece la strada del ritorno con Hayato e Ryohei, che non la finivano più di parlare sulla giornata scolastica, sul club di boxe, sulla famiglia Bellarosa, sul club di boxe, sui candelotti di dinamite in bocca a Ryohei se non fosse stato zitto, sul club di boxe… le solite cose. Tsuna entrò nel vialetto di casa sua, e sentì vivaci schiamazzi al suo interno “Saranno Lambo e I-pin che giocano…beh, sembra che dovremo ancora aspettare…” Aprì la porta di casa e Lambo lo accolse saltandogli in faccia e strillando: «Nascondimi, nascondimi! Il grande Lambo non può farsi trovare!!» Gokudera lo strappò dalla faccia del boss senza troppi complimenti, mentre Reborn fece capolino da dietro la porta della cucina: «Finalmente! Siete in ritardo». Tsuna buttò giù due basse imprecazioni, troppo stanco per riprendere Lambo o rispondere al tutor, e si diresse in cucina per bere dell’acqua; ma, oltre a Dino (decimo Boss della famiglia Cavallone e mentore di Tsuna) e a Bianchi (la sorella maggiore di Hayato), seduto al tavolo c’era un altro individuo: era un ragazzo più o meno dell’età di Bianchi, quindi sui 18-19 anni, vestito con una giacca nera decorata di arancione, dei pantaloni di jeans blu e un bracciale bluastro. Un’impressionante cicatrice che partiva dall’occhio sinistro e gli attraversava la tempia fino all’orecchio rendeva il suo profilo ancor più minaccioso, ma la sua espressione era abbastanza cordiale. Come lo vide si alzò con un gran sorriso e iniziò a parlare a mitraglietta con aria entusiasta, ma con lingua e accento assolutamente incomprensibili. Vedendo l’espressione da ebete in faccia al suo allievo, Reborn prese un auricolare dalla tasca e lo porse a Tsuna e ai suoi due compagni, che stavano cercando di rallentare la parlantina dell’altro ragazzo:
«Tenete. Questo è un traduttore fatto da Spanner apposta per quest’occasione».
Tsuna ci capiva sempre meno, ma fece poche storie e lo mise all’orecchio: di colpo il suo cervello sembrò impostarsi da solo, poiché riuscì a capire cosa l’altro stesse dicendo pur non avendo idea quale lingua parlasse. E desiderò non averlo fatto, poiché ora l’ospite sembrava tutto preso dal traduttore: «Miseria ladra, che roba! Allora questa è la famosa elite scientifica dei Vongola! E immagino che una roba del genere sia stata un giochetto per i vostri uomini!» Andò avanti in questa maniera per trenta lunghi, imbarazzantissimi secondi, finché Reborn non lo zittì battendo Leon trasformato in martelletto di legno contro una padella: «Scusate. Capisco l’entusiasmo, ma il galateo ci impone di fare le presentazioni prima» L’ospite si batté una mano sulla fronte: «Aah, giusto! Dove ho messo le buone maniere?» Ci mise una frazione di secondo per ritrovare la compostezza, mostrando un’espressione calma e disponibile, ma con un riflesso tagliente negli occhi: «Io sono il futuro dodicesimo capo della famiglia Bellarosa. I miei compagni mi chiamano Boss ma, per favore, tu chiamami Priamo».
 
Tsuna rimase immobile per qualche secondo, con Gokudera e Ryohei dietro di lui che guardavano l’ospite con un’espressione imbambolata assai simile a quella del loro amico. Priamo li guardò freddo, poi scoppiò in una risata che fece sussultare i tre: «Ragazzi, dovreste vedere le vostre facce! State tranquilli, non vi mangio mica!» Si risedette e indicò con la mano le sedie attorno al tavolo, mostrando una nonchalance innaturale per una persona in casa d’altri: «Per favore, sedete. Dopotutto, io sono solo un ospite» Tsuna non mosse un muscolo, a malapena trovava le forze di respirare; il boss di una famiglia mafiosa che forse lo odiava solo per storie sentite dire era entrato in casa sua mentre lui non c’era e stava pure facendo salotto in allegria. La paura di aver accolto una persona venuta col solo scopo di ucciderlo bastava a farlo tremare. Tuttavia, riuscì a ritrovare le forze necessarie per sedersi davanti a lui e guardarlo senza iniziare a battere i denti; gli altri due si misero vicino a lui similmente a due guardie del corpo, cosa assai azzeccata dato che l’ospite sembrava più sicuro del fatto suo rispetto al padrone di casa. A capotavola, Dino e Bianchi guardavano senza dire una parola, consapevoli che tutto questo doveva essere molto provante per il giovane Vongola. L’ospite lo guardò intensamente per qualche secondo, poi sospirò e rovistò nelle sue tasche, ne tirò fuori un anello e lo mostrò a Tsuna: «Questo è il mio anello del Cielo. Ne vado particolarmente fiero, è passato di padre in figlio sin dal primo capo dei Bellarosa» Tsuna lo guardò con attenzione: per certi versi ricordava il Vongola Ring del cielo, prima che Enma mandasse all’aria la cerimonia di successione, ma era decorato più finemente, con la gemma che sembrava sbocciare da un fiore; attorno ad essa sei gemme a forma di petali stavano evidentemente a simboleggiare i sei guardiani che proteggono il Boss. Lo sfiorò con un dito, e sentì un calore provenire dal metallo, così ritrasse subito la mano; l’altro sorrise: «Tranquillo, il calore indica che riconosce le tue fiamme del Cielo. Ma non provare a indossarlo, si arrabbia se non riconosce il mio sangue» Tsuna lo prese in mano facendo molta attenzione a non rovinarlo, lo girò tra le dita sentendo un leggero sfrigolio come di elettricità statica, lo guardò bene costatando la buona fattura delle decorazioni.
Poi lo rimise sul tavolo, e tirò fuori il suo Anello del Cielo X mostrandolo a Priamo, che ne rimase sconcertato: «Quest’anello non è normale! Non avevo mai visto nulla del genere…» il Decimo dei Vongola sospirò: «Si…è stato forgiato dopo l’incidente della cerimonia di successione» «Ah, già…me lo ricordo bene. C’ero anch’io quella volta, ma non sono riuscito a fare nulla…» Gokudera grugnì, evidentemente infastidito dalla notizia, ma l’erede dei Bellarosa era con la testa altrove: «Posso?» Tsuna mise sul tavolo l’anello, e l’altro lo prese delicatamente con mano un po’ tremante: «Accidenti, brucia…» Dino guardava la scena con la fronte aggrottata, Hayato si mordeva il labbro in un evidente tentativo di contenere la stizza e Reborn li guardava con aria soddisfatta. L’ospite lo analizzò con occhio attento, passò un dito sulla catena, soppesò il secondo anello osservandone i disegni; poi lo rimise sul tavolo con un sorriso soddisfatto: «Veramente straordinario. Un anello di una tale fattura è cosa rara di questi tempi, e l’energia che trasmette è assolutamente incredibile. Questo la dice lunga sul suo proprietario.». A sentire il tono con cui parlava, Tsuna si rilassò e non poco: forse loro due erano più simili di quanto non si fosse aspettato.
Reborn sghignazzò: «Mostrarsi a vicenda gli anelli è un gesto non da poco. È come descrivere le proprie armi segrete» L’ospite sorrise: «Eh, lo so. Ma sento di potermi fidare del futuro Boss dei Vongola» Tsuna fu lì lì per ribattere, dicendo che non aveva alcuna intenzione di diventare un boss mafioso ma Gokudera fu più svelto di lui: «E ci mancherebbe altro! Vieni qua autoinvitandoti, entri in casa del Decimo senza che lui sia presente, ti permetti di fare salotto, e ancora ci mancava che non ti fidassi! Fosse per me-» Prima che potesse finire la frase, Priamo era in piedi davanti a lui con la fronte illuminata dalla Fiamma del Cielo che bruciava con la calma di una candela; la cicatrice dietro l’occhio sinistro mandava scintille come venature di pietra vulcanica ancora calda e lo sguardo era da gelare il sangue. Parlò in un tono tranquillo e spietato insieme: «Vacci piano, tempesta…non ho fatto niente di abominevole. Sono arrivato nel giorno stabilito, ho bussato alla porta di casa, quella ragazza» e indicò Bianchi con la testa, che guardava la scena allarmata a dir poco «mi ha aperto, io ho chiesto di poter entrare, lei ha detto di sì, io sono entrato e ho iniziato a discutere con lei e Cavallone della situazione tra le nostre Famiglie, non del campionato di calcio. Qui quello che si sta facendo il mazzo sono io, quindi ti pregherei di abbassare i toni e lasciarmi chiacchierare col tuo boss senza interruzioni».
I presenti erano rimasti di sale alla scena (tranne Reborn ovviamente, che aveva invece un’aria sconsolata), mentre l’ospite ritornò alla sua naturale compostezza e si risedette davanti a Tsuna. Il tutor sospirò, sistemandosi il cappello in testa: «Eh, però te le cerchi Gokudera» Tsuna non trovò la forza di rispondere, così si limitò guardarlo con apprensione; l’altro si fece da parte pallido senza dire mezza parola. La tensione era schizzata alle stelle dopo appena mezzo secondo, e Tsuna non sapeva che inventarsi per riportarla a livelli civili. Guardò il boss dei Bellarosa e lo vide piuttosto tranquillo:”Non sembra essersi offeso” pensò, cercando un qualunque pretesto per distogliere l’attenzione dall’accaduto. A un tratto lo colse un’illuminazione: «Scusa, Priamo…» «Si?» «Prima hai chiamato Gokudera tempesta. Come hai fatto a sapere che lui è il mio guardiano della tempesta?» Tsuna lo vide corrugare le sopracciglia in un’espressione di riflessione per poi esplodere in una risata: «Molto sveglio. In verità l’ho capito dal carattere.» I Vongola presenti rimasero un attimo spiazzati: «Prego?» «Avete capito bene. Ho notato che i guardiani della tempesta, l’elemento più distruttivo e irrequieto della famiglia nonché quello più attaccato al suo Capo, hanno un carattere molto simile l’uno all’altro: aggressivo, protettivo e anche abbastanza permaloso» Dino lo guardò interessato: «Dici che la fiamma che scorre dentro le persone influenza il loro carattere?» «Al contrario: io penso che il carattere di ognuno di noi riveli la natura della nostra fiamma. Per esempio» Si voltò a guardare Ryohei «Tu sei il Sole dei Vongola, vero?» Il pugile rimase sbalordito, e rise la risata tipica della sorpresa estrema: «Ma come hai fatto?» L’ospite sorrise «Me l’ha detto il tuo atteggiamento. Tieni le braccia sui fianchi mostrando rilassatezza, ma hai l’espressione determinata di un guerriero; inoltre, le tue mani fasciate la dicono lunga» Ryohei se le guardò: «Nel senso che si vede che faccio boxe?» Priamo ridacchiò: «Appunto! Immagino tu sappia che i guardiani del Sole sono specializzati nel corpo a corpo, in combattimenti a viso aperto senza esclusioni di colpi. Ma devo dire che il mio Sole ha un modo tutto suo di interpretare questo suo ruolo.» adesso il guardiano dei Vongola era tutto preso: «Davvero? Dov’è ora? Lo voglio conoscere subito!» Reborn sogghignò sotto il cappello: «Sta tranquillo, Ryohei. Sono tutti quanti al parchetto che ci aspettano» Alla notizia Tsuna si alzò di scatto: «Che cosa?! Tutti quanti?» Priamo non sembrava meno sorpreso «Hai organizzato un incontro senza dire niente a nessuno dei due boss?» Dino rise: «Sei sempre il solito, Reborn» Lui, dal canto suo, ridacchiò compiaciuto: «Muoviamoci o faremo tardi» I ragazzi uscirono vestiti com’erano e s’incamminarono verso il parco a passo spedito. Tsuna, a un tratto, si girò verso Priamo: «Scusa un minuto…ma cosa ci garantisce che i nostri guardiani andranno d’accordo?» Lui sorrise: «Tranquillo, lo faranno. Conosco i miei polli».

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Capitolo 3
*** Incontro tra Famiglie ***


Dopo nemmeno due minuti il parco era in vista, e iniziavano a sentirsi vivaci schiamazzi provenire dal suo interno. I ragazzi entrarono ansimanti per la corsa, ma sentivano comunque l’adrenalina scorrere nelle loro vene, rendendoli vigili e scattanti; intanto, in una piazzetta accanto ad una fontana, quattro dei guardiani dei Vongola stavano chiacchierando pacificamente con sei ragazzi all’incirca della stessa età di Priamo, che tutto sembravano meno che mafiosi. Reborn, da sopra la spalla di Dino, li osservò bene: «Vedo che due dei tuoi guardiani sono donne» L’altro lo guardò: «E allora? Sono ugualmente spaventose» Tsuna le guardò: una era alta, snella, con i capelli lunghi e quasi bianchi, ma aveva un’espressione dura e ostile, come una bestia selvaggia tenuta al guinzaglio. L’altra, invece, era assai più allegra e spontanea, con i capelli corti e vari orecchini che brillavano al sole; aveva delle…forme assai più abbondanti dell’altra, e la scollatura della giacca di pelle non aiutava certamente a nasconderlo. Tuttavia, Tsuna sentiva una specie di scintilla pericolosa provenire dai suoi occhi; guardò Reborn: «Quelle due mi fanno un po’ paura…» L’altro boss annuì: «E fai bene. Quelle due sono matte che la metà basta. Vieni, te le presento!» e così dicendo prese Tsuna per la spalla e lo trascinò, suo malgrado, verso il gruppo, che in quel momento li vide. Yamamoto fece un gran sorriso: «Eccovi finalmente! Sono dieci minuti che vi aspettiamo!» Gokudera fu lì lì per ucciderlo, ma Ryohei lo trattenne: «Sì, eravamo occupati a conoscere il loro Boss. È veramente un tipo estremo!» Priamo lo guardò perplesso: «Chiedo scusa?» Uno dei guardiani dei Bellarosa, dai tratti sudamericani e vestito come fosse Ferragosto, fece un largo sorriso: «Lo so! Se non lo fosse, non mi sarei proposto come suo guardiano!» Tsuna lo guardò sgranando gli occhi: «Ti sei proposto di tua spontanea volontà?! Ma lo sai di cosa fai parte, almeno?» L’altro lo guardò con uno sguardo allegro: «Certo! Gli serviva un guardiano del sole, ed eccomi qui!» Priamo sospirò: «Non è andata proprio così, sai Riccardo? Diciamo che ti ho accettato per sfinimento» Il boss dei Vongola lo guardò senza cambiare espressione: «Addirittura?» L’altro annuì: «Ha continuato a tartassarmi con questa storia per un mese di fila, chiedendomelo dannatamente ovunque: sugli autobus, a scuola, al lavoro…Maremma, mi chiamava persino mentre facevo la doccia!» Tsuna non sapeva se ridere o se essere preoccupato, però su una cosa aveva ragione: Ryohei sarebbe andato d’accordissimo con questo tizio.
La ragazza dall’espressione dura si avvicinò a Tsuna, squadrandolo come un generale fa con una recluta: «E questo qui sarebbe il boss della terrificante famiglia Vongola? Ma siamo sicuri?» Priamo gli mise una mano sulla spalla: «Calma, Pente. È il FUTURO boss dei Vongola; deve ancora maturare un po’, ma per il resto è lui.». L’altra fece un’espressione sofferente: «Non mi convince. Sembra troppo fragile e delicato» Questo fu il preciso momento in cui Gokudera s’infiammò: «Come osi parlare in questo modo del Decimo, delinquentella insolente da due soldi?! Un’altra parola così e sarà l’ultima della tua vita!» Se lo sguardo potesse uccidere, Gokudera sarebbe morto sul posto: «E tu chi sei per rivolgerti così a una signora, vermiciattolo dei Vongola?» Priamo prese la ragazza dalle spalle, mentre Tsuna e Yamamoto fecero lo stesso da Gokudera: «Pentesilea, Pente, stai calma…stai pur sempre parlando a un guardiano dei Vongola…».
«Gokudera, datti una calmata. Non è il caso di prendersela per così poco».
I due guardiani sembrarono non sentire le parole dei loro boss, e continuarono a guardarsi in cagnesco: «Io sono il braccio destro del Decimo, e Guardiano della Tempesta dei Vongola. Fossi in te, calerei i toni» L’altra diede una risata beffarda: «Tutto qui? Sei al cospetto della futura moglie del Boss dei Bellarosa nonché la tempesta furiosa che protegge la famiglia, qui quello che deve calare i toni sei tu» La risposta lasciò tutti i Vongola presenti di sasso, mentre fissavano l’improbabile coppia “guardiana mezza matta-Boss beneducato”. I guardiani dei Bellarosa, dal canto loro, fecero dei versi sconsolati; Riccardo roteò gli occhi: «Pentesilea, ne abbiamo già parlato. L’esserti autoproclamata promessa sposa del boss non ti dà il diritto di parlare in questo modo alla gente.». Priamo si grattò la testa: «Ha ragione. E poi io non ho mai acconsentito a questa storia» Tsuna sentì una certa familiarità nella scena, qualcosa che gli ricordava una tale Haru... intanto Gokudera mandò uno sbuffo e si mise le mani in tasca, limitandosi a guardare male la ragazza che ricambiò con lo stesso trattamento di sguardi in cagnesco. Intanto un altro guardiano si era fatto avanti, ma con espressione e atteggiamento ben diversi: era un ragazzo dai capelli biondissimi, con un’aria tranquilla al limite dell’estasi e un portamento così ostentatamente nobile da essere comico. Questi si avvicinò a Priamo con un’espressione beata: «Mi dica, beneamato capo, codesti individui con cui abbiamo piacevolmente conversato finora sarebbero i famigerati guardiani dei Vongola?» L’altro annuì, con l’aria di chi sa bene a quale idiozia sta pensando il suo sottoposto: «Le presentazioni le faccio io, non preoccuparti Nap.» Il ragazzo si scostò i capelli dal volto con un gesto plateale: «La prego di chiamarmi col mio vero e completo nome, capo. È la cosa cui tengo maggiormente a questo mondo, invero» «Uff, va bene. Napoleone» Il Guardiano fece una faccia ancor più soddisfatta e indietreggiò di qualche passo, mentre il suo Boss si passò una mano sul volto con fare stanco: «Se non è Pentesilea, sarai tu a farmi impazzire Nap…oleone» Sospirò, cercando di non abbreviare il nome del ragazzo. Poi guardò Tsuna e Reborn: «Allora, vogliamo fare le dovute presentazioni come si deve?» Il tutor sghignazzò: «So io cosa ci vuole in occasioni simili…» Tsuna fece per fermarlo, ma l’altro non gli diede il tempo: «…un bel combattimento amichevole!» Priamo lo guardò assai perplesso, mentre Dino, che era rimasto zitto tutto il tempo, rise: «Sei sempre il solito! Per te ogni scusa è buona per mettere in pericolo il boss dei Vongola!» Reborn sorrise: «Eccerto, deve rafforzarsi. E questo metodo è perfetto, sia per lui sia per i suoi guardiani» Priamo sembrava non capirci una mazza, ma tutti i suoi guardiani sembrarono abbastanza contenti della proposta; invece, Tsuna era di tutt’altro avviso: «E-e-ehi, aspetta! Priamo è venuto fino a qui proprio per evitare una guerra tra le famiglie, non sarebbe controproducente una battaglia?!» Reborn lo guardò duro: «Quale parte di “AMICHEVOLE” non hai capito? È solamente per dimostrare all’altro che non siete delle mezze calzette, non dovete scannarvi sul serio. Detto ciò…» Lo prese dalla collottola e lo tirò a mezzo centimetro dal suo volto: «Guai a te se ci fai fare brutta figura, intesi? Se non dai il massimo, giuro sulla mia testa che ti faccio pestare da Hibari a cadenza giornaliera per i prossimi dieci anni» Tsuna si sentì cedere le gambe al pensiero, ma riuscì a tenersi in piedi e ad annuire. «Perfetto allora» Il tutor lo lasciò andare per poi saltare in spalla a Dino e guardare i presenti: «Ormai si è fatto tardi, quindi per oggi non se ne parla. Faremo domani, iniziando alle 7, così potremo finire tutto se non per pranzo almeno per cena. I Bellarosa possono seguire i Vongola se non sanno dove andare» Pentesilea fece una smorfia contrariata ma non disse nulla, mentre Priamo annuì. Tsuna lo guardò: «Dove starete per la notte?» Priamo lo rassicurò: «Non ti preoccupare di questo, abbiamo prenotato delle stanze all’Hotel vicino la stazione» Reborn sorrise calcandosi il fedora in testa: «Bene allora, ci vediamo domani. Non fate tardi» E si allontanò con Dino, mentre tutti gli altri si avviarono per i fatti loro
 
 
Nel campo da tennis della scuola, a cui era stata preventivamente tolta la rete, i tredici ragazzi s’incontrarono all’ora stabilita preparati per l’incontro (o quasi: un paio di loro non avevano dormito bene quella notte, ed erano tutti in generale sonnolenti. A parte Ryohei, ovviamente). Reborn era seduto sulla seggiola dell’arbitro indossando un completino a tema, mentre Dino e Bianchi erano seduti sugli spalti a guardare. La tensione era palpabile: a parte Tsuna, tutti sembravano ansiosi di iniziare e di mostrare il loro meglio. Il boss dei Vongola guardò i guardiani davanti a lui. Erano tutti tipi belli eccentrici, chi più chi meno: la ragazza che aveva sfuriato contro Gokudera, la tale Pentesilea, teneva in spalla una specie di ascia con cui giochicchiava in preda al nervosismo, mentre il ragazzo dal modo di parlare astruso, Napoleone, aveva uno stocco minuziosamente decorato che guardava come se fosse un suo animaletto domestico.
Dall’altro canto, l’altra ragazza si era portata dietro una chitarra elettrica esageratamente grande, mentre un ragazzo accanto a lei finiva di esaminare una canna da pesca violastra. Insomma, erano un gruppo bello strano ma Priamo era quello che più metteva a disagio Tsuna: non sembrava essersi portato nessuna arma, ma ciò nondimeno sembrava abbastanza sicuro di sé.
Reborn soffiò in un fischietto, richiamando l’attenzione dei presenti: «Molto bene, vedo che ci sono tutti!» Yamamoto si guardò intorno: «Un attimo…dov’è Hibari?» Priamo guardò Reborn: «Ha ragione, ve ne manca uno! Sta male per caso?» Il tutor lo guardò tranquillo: «No, è semplicemente fatto così: fa un po’ quel che gli pare» Il boss dei Bellarosa sospirò: «Fammi indovinare…è la nuvola?» L’altro annuì, poi tornò agli altri: «Saranno battaglie uno contro uno, da un solo round. Avete a disposizione tutto il campo da Tennis, ma non di più. Le regole sono semplici: si vince se l’avversario va fuori dal limite del campo, se non riesce più a muoversi o se si arrende. Lambo è l’unica eccezione a quest’ultimo punto» Tsuna lo guardò visibilmente preoccupato: «Aspetta, perché lui?» «Se valesse anche per lui, scommetto che si arrenderebbe dopo appena un colpo. Durante il suo scontro, la resa dovrà essere accettata dall’avversario o non sarà valida» A Tsuna partì il cuore in gola: se il guardiano del fulmine fosse stato un pazzo furioso come Levi, dieci a uno Lambo sarebbe morto. Guardò Priamo: «A voi sta bene?» Lui annuì: «Non preoccupatevi per lui, vedremo di regolarci. Non me lo perdonerei se gli succedesse qualcosa» Queste parole rincuorarono Tsuna di un pochino, ma troppo poco per farlo rimanere tranquillo. Dal canto suo, Lambo sembrò capire poco o niente del discorso, occupato com’era a guardare una farfalla volargli vicino al naso.
Reborn prese un foglio: «Il primo scontro sarà tra i guardiani del sole. Tutti gli altri raggiungano Dino e Bianchi sugli spalti» Ryohei ridacchiò scrocchiandosi le dita, mentre dall’altra parte Riccardo fece saltelli sul posto con un’espressione entusiasta. Una volta che tutti furono seduti, Reborn guardò il campo: i due guardiani si erano messi agli estremi del campo, e stavano finendo gli esercizi di riscaldamento: «Siete pronti?» Ryohei si tolse la felpa, rimanendo a torso nudo e pantaloncini: «Il round può iniziare quando vuoi!» Riccardo si bendò le mani e iniziò a molleggiare sul posto: «E allora non perdiamo tempo!»
Reborn sorrise: «Molto bene. La battaglia del sole inizia…» I due si misero in posizione di guardia «ORA!»

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Capitolo 4
*** La Battaglia del Sole ***


Ryohei si avvicinò verso il suo avversario tenendo alta la guardia, mentre Riccardo lo aspettava nella sua metà del campo senza smettere di molleggiare. Si fermò quando fu a un metro di distanza da lui; a quel punto i due iniziarono a girare, squadrandosi e cercando un punto cieco in cui colpire. Ryohei prese l’iniziativa, sferrando un gancio destro diretto verso il costato ma Riccardo riuscì a evitarlo con una specie di ruota, che gli diede anche l’occasione di contrattaccare con un calcio mirato alla mandibola che però si fermò contro l’avambraccio di Ryohei e lo costrinse a ritornare in posizione di guardia. Riccardo colse al volo l’occasione e continuò ad attaccare con una serie di calci mirati soprattutto al volto. Tsuna osservava il tutto con apprensione, mentre il resto dei suoi guardiani si sgolava a forza di tifare. Il sole dei Bellarosa sapeva decisamente il fatto suo e, pur sapendo che Ryohei tira fuori il meglio di sé quando è all’angolo, non poteva fare a meno di preoccuparsi. Ma, con sua grande sorpresa, anche Priamo sembrava in pensiero nonostante il vantaggio mantenuto dal suo guardiano; tornò a guardare la battaglia, e la situazione non era cambiata di molto: Riccardo continuava ad attaccare e Ryohei si era ritirato in difesa, anche se adesso schivava e bloccava i colpi con molta meno difficoltà. Tutt'un tratto, il pugile riuscì ad infilarsi nel buco lasciato dall’offensiva del suo avversario con un diretto sinistro che lo prese in pieno alla spalla; Riccardo fece due salti indietro per mettere distanza e strinse i denti, tenendosi la spalla dolorante. Priamo scosse la testa e Tsuna lo sentì borbottare: «Quello che temevo…» Pentesilea sbuffò: «Ha sferrato troppi attacchi troppo simili tra loro, finendo con l’abituare l’avversario al suo ritmo. Se quel pugile è un minimo sveglio, ora lo può gonfiare di mazzate». Il boss dei Vongola, a sentire questi ragionamenti, prese a incitarlo ancora più forte.
Ryohei ridacchiò e iniziò a restituirgli il favore con gli interessi, attaccando in modo serrato e colpendo i punti ciechi lasciati dalle acrobazie con cui l’altro schivava gli attacchi; Riccardo iniziò a rallentare, probabilmente a causa di tutte le botte ricevute che si facevano sentire, e questo lo lasciava ancora più aperto ad altri attacchi. Il tifo dei Vongola era infuocato, ma Tsuna notò qualcosa di strano: Ryohei sembrava insoddisfatto dello scontro, e invece Riccardo stava sorridendo sotto i baffi. Quando i due ripresero ulteriormente le distanze per recuperare fiato, Tsuna sentì quelli dell’altro gruppo parlottare tra di loro a bassa voce: «Ho capito cosa sta per fare…» «Già, anch’io. Ora ci sarà da divertirsi» Tsuna, preso dalla paura che Ryohei le prendesse come un salame, urlò: «Fratellone, stai attento!!» Riccardo in campo ridacchiò, i lividi ancora doloranti e le ferite ancora fresche: «Che ne dici? Ti piace il mio stile?» L’altro lo guardò serio: «Qualcosa non mi convince…mi è sembrato come se tu volessi solo fare scena» «Eh, sveglio. È più o meno così, infatti: volevo farti vedere di cos’è capace il mio corpo. Ora invece ti farò vedere di cosa è capace il mio spirito»
 
Detto questo, il Guardiano del Sole dei Bellarosa fece un respiro profondo e strinse i pugni: da essi iniziò a scaturire una luce dorata purissima, che presto si diffuse in tutto il corpo e rese quasi impossibile distinguere chiaramente la figura del lottatore. Tsuna si coprì gli occhi con la mano, cercando di vedere cosa stesse succedendo ma invano. I Bellarosa, intanto, iniziarono a fare il tifo per il loro Guardiano, che ridiventò riconoscibile mentre la luce si spegneva gradualmente: sembrava di nuovo fresco come una rosa, non una sola ferita visibile sul corpo. Ryohei lo guardava a bocca aperta, mentre il tifo dei Vongola si spegneva e quello dei Bellarosa esplose fragoroso; Dino lo guardò preoccupato: «L’Attivazione del Sole. Ha riempito tutto il suo corpo di Fiamme del Sole per curarsi dalle ferite dei pugni di Ryohei.» Tsuna si morse un labbro: «È grave?» «In teoria no, tutti i guardiani del sole sono capaci di curare le proprie ferite con le fiamme. Ciò che m’impensierisce è la facilità con cui l’ha fatto»
Mentre erano in corso questi ragionamenti, Riccardo rise: «Voilà! Come nuovo!» Ryohei sorrise: «Ora inizierai a fare sul serio?» «Ci puoi giurare!» il lottatore scattò come un puma sul pugile, colpendolo con entrambi i piedi sugli avambracci chiusi a proteggere il petto e facendolo arretrare non poco; l’altro alzò la testa per non perdere il suo avversario di vista, ma nel momento in cui lo fece fu centrato da un tallone dritto allo zigomo sinistro che lo fece atterrare di schiena al limite del campo da tennis. Si alzò massaggiandosi la guancia e ripartì all’attacco con una serie di sinistri in rapida successione mirati alla faccia, che sbilanciarono l’avversario quel tanto che bastava per permettere di rifilargli un montante destro dritto allo stomaco. Ma, nel momento in cui il colpo arrivò all’addome dell’avversario, la zona sotto il pugno riprese a brillare per un momento, indicando l’azione curativa delle fiamme del Sole. Riccardo sfruttò il momentum del colpo e fece una capriola a mezz’aria, finendo seduto sulle spalle del pugile; dopo una frazione di secondo e con uno sforzo non indifferente del busto e delle gambe, lo spedì a terra con forza sufficiente a spezzare la spina dorsale di qualunque essere umano comune, Aka non Ryohei, che se la cavò con tutti i muscoli del collo storti e un gran mal di schiena, forse dovuto a un paio di vertebre fuori posto. Il pugile si rialzò, sputò per terra un dente e sorrise: «Era da un pezzo che non mi divertivo così. Che stile usi?» Riccardo sorrise compiaciuto: «La capoeira, l’arte marziale del sole. L’unico stile di lotta che mi permette di esprimermi»
Tsuna sembrava confuso: «La…che?» Priamo gli rispose: «La capoeria è uno stile di lotta brasiliano, a metà tra le arti marziali e la danza. Consiste in ampi movimenti armonici da parte dei lottatori e varie acrobazie spesso eseguite a ritmo di samba. Anche se è usata spesso come un divertimento, non vuol dire che non possa essere pericolosa» Dino guardò i due guardiani riprendere a combattere e si lasciò sfuggire un commento: «Non solo utilizza le fiamme per curarsi le ferite nel momento stesso in cui le subisce, ma le sfrutta pure per migliorare le prestazioni dei suoi muscoli, rendendoli più scattanti e forti. Un guardiano del sole in piena regola.».
Intanto nel campo da tennis la situazione non era migliorata per Ryohei: Riccardo continuava a sferrare colpi a ritmo sempre più serrato e con un pattern sempre meno prevedibile, con il pugile che faceva del suo meglio per stargli al passo ma con scarso successo. Dopo l’ennesimo calcio ricevuto in piena mandibola, Ryohei mandò un ruggito e colpì in pieno Riccardo al viso, facendolo volare indietro per due metri buoni. Questi si rialzò col volto illuminato dalle fiamme del Sole che facevano il loro effetto, mentre il pugile ansimava allo stremo delle forze; tuttavia, il suo braccio destro stava iniziando a fumare, e al di sopra di esso si poteva vedere il calore emesso dall’arto. Quelli erano i segnali dell’ultimo attacco di Ryohei, il suo colpo più forte, il Maximum Cannon. Riccardo, a vedere quella scena, assunse un’espressione di terrore, indicatrice del fatto che doveva aver già sentito parlare di quel pugno e nutriva per esso una paura sincera e genuina; così ripartì all’attacco, deciso a non dargli il tempo di caricare il colpo. Iniziò a colpire con un pattern così apparentemente casuale che si sarebbe detto stesse ballando la Break-dance addosso a Ryohei, che nel mentre faceva del suo meglio per minimizzare i danni, avendo ormai capito che non era possibile schivare o bloccare tutti gli attacchi.
Tsuna e i suoi guardiani erano col cuore in gola, mentre quelli dell’altra famiglia tifavano incessantemente ma sempre con i nervi tesi. Il giovane Boss dei Vongola aveva seriamente paura che Riccardo potesse mandare al tappeto il suo Guardiano prima che avesse il tempo di colpirlo col Maximum Cannon, ma quella era la loro ultima carta da giocare. Dino si morse un labbro, mugugnando: «La battaglia finirà a breve: tutto dipende da quell’ultimo pugno di Ryohei»
 
Il suddetto, intanto, continuava a incassare cercando di non cedere mentre accumulava forza nel braccio destro; tutt’un tratto, completamente inaspettato, Riccardo portò un pugno al suddetto braccio del pugile, colpendolo al gomito e aprendogli la guardia al petto, dove arrivò un poderoso calcio che lo fece indietreggiare di un metro. Tsuna sussultò, mentre Gokudera strinse i denti con fare nervoso: «Porca miseria, adesso testa a prato è seriamente nei guai…» Chrome gli fece eco: «Non riuscirà a usare il Maximum Cannon dopo un colpo del genere al braccio!» Il boss dei Vongola guardò il lottatore di capoeira, preoccupato: «L’ha fatto apposta… lo ha colpito lì apposta per mettergli fuori gioco il braccio». Riccardo, intanto, ansimava per la veloce sequela di attacchi, mentre Ryohei riusciva a malapena a reggersi in piedi; tuttavia, sorrideva con una grinta da fare paura: «Eh…non sei per niente male…ma mi sottovaluti…» Mentre parlava il suo braccio destro prese a illuminarsi similmente a come aveva fatto Riccardo da cinque minuti a questa parte. Riccardo sbiancò, mentre Yamamoto lanciò un urlo di entusiasmo: «Le fiamme del sole! Si sta curando il braccio destro!» Tutta la tensione accumulata da Tsuna fino a quel momento esplose in un unico urlo: «Ora! Colpiscilo!» Il pugile non se lo fece certo ripetere, e scattò verso l’altro con una rapidità sorprendente per uno conciato così male. Riccardo si lasciò prendere dal panico e provò a togliersi ma l’unico risultato fu quello di finire esattamente davanti al braccio destro di Ryohei, che in quel momento mandò un ruggito a pieni polmoni: «MAXIMUM CANNON!»
Ciò che colpì l’altro subito dopo non fu un pugno, o anche solo qualcosa di simile: fu, senza “se” e senza “ma”, una cannonata, che risuonò per tutta la scuola facendo vibrare i vetri delle finestre e lanciando Riccardo contro il muro del cortile, a dieci metri dal campo da tennis. Il tifo dei Vongola esplose, mentre i Bellarosa rimasero a bocca aperta mentre il loro boss correva da Riccardo per controllare le sue condizioni. Reborn fischiò la fine dell’incontro: «La vittoria di questo round va a Ryohei Sasagawa della famiglia Vongola!»

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Capitolo 5
*** (intermezzo) Fulmine a Ciel Sereno ***


I due guardiani vennero immediatamente ricoverati da alcuni uomini di Dino, che aveva avuto il buonsenso di portarseli dietro per queste evenienze. Riccardo era riuscito a limitare i danni al volto con le fiamme del Sole, ma la situazione era comunque grave; nemmeno Ryohei era in buone condizioni, e a malapena si reggeva in piedi. Insomma, i due dovevano essere trattati con una certa urgenza e quindi non avrebbero assistito allo scontro successivo. Tsuna si teneva lo stomaco preoccupato: e se la situazione di Ryohei si fosse complicata? Non poteva fare a meno di sentirsi in parte responsabile per la sua condizione, come amico prima che come boss. Priamo sembrò capire i suoi pensieri e si avvicinò: «Tsuna, non sentirti colpevole per quel che è successo durante lo scontro. Hanno deciso loro di combattere senza trattenersi, mettendo il loro onore prima della loro salute. È stata una loro scelta, e come tale non possiamo fare altro che rispettarla» La sua voce aveva un tono serio, era convinto al 100% di quel che stava dicendo; tuttavia, Tsuna non ne era dello stesso avviso.

Non era il tempo, però, di fare queste considerazioni: infatti Reborn aveva di nuovo tirato fuori il foglietto, e stava per annunciare il secondo scontro: «Tutti attenti! I prossimi a scontrarsi saranno i guardiani del Fulmine!» Ecco, gran bel modo di peggiorare l’umore di Tsuna. Il ragazzo si sentì mancare il sangue in viso mentre guardava Lambo, assolutamente inconsapevole a cosa stava per andare incontro, che saltellava allegro: «Tocca a me! Tocca a me!» Si mise a correre verso il campo da tennis prima che uno qualunque dei Vongola lo potesse mettere in guardia sulla situazione, ridacchiando come se si dovesse fare una gara di disegno. Ma si bloccò nel momento in cui, una volta nel campo da tennis, vide arrivare dalla parte opposta il suo avversario: la ragazza dai capelli neri stava accordando la chitarra e aggiustandosi il vestito, chiaramente senza prestare attenzione a ciò che la circondava; e infatti, se Reborn non l’avesse fermata, probabilmente lei se ne sarebbe andata per i fatti suoi. Il ragazzino con la passione per le mucche la guardò fisso imbambolato come se avesse visto la Madonna scendere dal cielo con gli angeli al seguito; e l’altra non si comportò molto diversamente, perché la reazione alla consapevolezza della presenza di Lambo sul campo da tennis fu simile a quella che si ha con i cuccioli allo zoo: lanciò un urletto mettendosi le mani sulle guance, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro: «Che carinoo!! Lo voglio stringere forte fino a che non fa pop!» Tutti i presenti (Tranne Reborn, ovviamente) guardarono la scena indecisi se ridere o fare un facepalm da ricordare. I due futuri boss si scambiarono un’occhiata assai perplessa, prima che il tutor fischiasse per richiamare l’attenzione: «Va bene, basta smancerie. L’incontro tra i guardiani del fulmine inizia…ORA!!»

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Capitolo 6
*** La Battaglia del Fulmine ***


 I due guardiani sul campo da tennis presero l’annuncio dello scontro in maniera assai insolita: si guardarono, guardarono Reborn, si guardarono di nuovo, si corsero incontro e Lambo saltò tra le braccia della ragazza, che prese a riempirlo di coccole: «Battaglia? Ma quale battaglia, non potrei mai fare nulla a questo tenero zuccherino, vero che non ti farò nulla di nulla?» Entrambe le famiglie fecero versi esasperati, visto che non si prospettava una battaglia veloce...anzi, non si prospettava una battaglia punto. Pentesilea si stava strappando i capelli: «Antonietta, ma ti sembra il momento di fare la zuccherosa?! Questo è un incontro, fai qualcosa!» Tsuna, dal canto suo, non era eccessivamente scontento: questa situazione era assai preferibile ad una battaglia a viso aperto contro un’assassina esperta e spietata. La cosa andò avanti per due minuti buoni, fino a che Antonietta non riuscì a smuovere, seppur involontariamente, lo stallo coccoloso: infatti, tra una carezza e un complimento, non si rese conto di quanta forza ci stesse mettendo negli abbracci; e quando si sentì un sonoro CLACK provenire da Lambo tutti rimasero di sale. Lei allentò la presa, ma il collo del bambino non cambiò la assai innaturale inclinazione data dalla stretta, e la faccia di Lambo mostrava uno stato di dolore assai avanzato. La ragazza prese immediatamente a scusarsi profusamente e a cercare di aggiustare la situazione spostando rapidamente la testa del bambino per sbloccargli il collo. I due futuri boss, assieme al secondo CLACK proveniente dal collo del guardiano dei Vongola, sentirono i loro cuori chiudersi di botto come se fossero presi in una pressa idraulica, immaginandosi già il funerale del bambino. Fortunatamente Lambo sopravvisse, e riuscì pure a scoppiare a piangere con un fiato tale da sembrare una sirena antiatomica; Antonietta si stava scusando a più non posso, e cercò pure di accarezzare il bambino, ma questo la spinse via prima di mettere le mani nella criniera e prendere un piccolo lanciarazzi rosa. Il volto di Tsuna si illuminò: «Il bazooka dei dieci anni! Sta per chiamare il Lambo adulto!» Priamo sbiancò a sentire la parola “Bazooka” e si mise a urlare: «Antonietta, allontanati! Subito!» ma nel tempo in cui lui articolò la frase, il bambino era già saltato dentro l’arma e aveva premuto il grilletto tramite un filo: lo sparo fece una gran quantità di fumo, e per un po’ l’unica cosa che si sentiva era la guardiana dei Bellarosa che tossiva. Ma presto a questa voce se ne aggiunse un’altra, maschile, più bassa e adulta: «Ragazzi, che casino…certo che quel nanerottolo ha un tempismo incredibile»

La ragazza guardò la scena senza credere ai propri occhi: davanti a lei, in mezzo al fumo lasciato dal colpo del bazooka, non c’era più il bambino che si era divertita a coccolare, ma un ragazzo più o meno di quindici anni con i capelli neri, la camicia a macchie bovine, una giacca nera e una catenella dorata al collo. Questo iniziò a guardarsi intorno con aria noncurante, per fermarsi alla ragazza davanti a lui che intanto era riuscita a ricomporsi, seppur minimamente; poi si grattò la testa e si rivolse a Tsuna: «Ehilà Tsuna! Ti spiacerebbe spiegarmi cosa sta succedendo?» Reborn rispose come se la domanda fosse stata fatta a lui: «Questo è un incontro di amichevole. Il tuo avversario è la ragazza davanti a te» il Lambo adulto ritornò a guardarla «Ma tu pensa…beh, immagino di non poter fare brutta figura allora» Così dicendo prese dalle tasche due corna ricurve grandi all’incirca come delle mele e se le piazzò ai lati della testa «Ehi, bellissima...ti va di vedere un giochetto di magia?» Il ragazzo aveva un’aria sorniona, sembrava più preoccupato a fare colpo sul suo avversario che a vincere l’incontro. Tuttavia, il giochetto di magia fu comunque impressionante poiché un fulmine in quel preciso istante lo centrò in pieno sulle corna che iniziarono a brillare e a mandare scintille come dei petardi. Evidentemente si erano caricate di elettricità, e Lambo mandò una risatina soddisfatta: «Allora? Che te ne pare?»
La guardiana del fulmine, inaspettatamente, non sembrava per niente impressionata, anzi: il suo sguardo era diventato tagliente, la bocca era leggermente inclinata in un’espressione critica e stava borbottando tra sé e sé. Tsuna sentì i guardiani dei Bellarosa commentare: «Cosa ne dici?»  «Dico che, a meno che quel tizio non risulti un minimo interessante, avremo un funerale». Il ragazzo dei Vongola tornò a guardare l’incontro, e vide che la ragazza aveva preso in mano la chitarra e stava già iniziando a strimpellarla. Tutti i guardiani sembravano sentire il senso di tensione emanato da Antonietta, e Gokudera si lasciò sfuggire un commento: «Con solo cinque minuti a disposizione quella mucca farà bene a sbrigarsi. O rischia seriamente di finire male» Lambo sembrò averlo sentito, perché partì subito caricando a testa bassa con le corna che ora sembravano due bobine di Tesla tanta elettricità emanavano; ma la ragazza attaccò di colpo a suonare una serie di accordi così rapidi e così arzigogolati che avrebbero potuto fare invidia al Volo del Calabrone di Korsakov. La sequela di note unita al suono rauco della chitarra elettrica creava un effetto simile ad una tempesta di fulmini, paragone tutt’altro che  casuale poiché dalle corde della chitarra iniziarono a generarsi scariche elettriche verdastre che andavano via via a ingrandirsi e a unirsi le une alle altre come gocce di pioggia su un vetro fino a che non divennero un’unica figura serpentiforme che si staccò dalla chitarra e prese a volteggiare intorno alla ragazza senza smettere di crescere e di assumere un aspetto ben definito. Lambo non riusciva ad avvicinarsi a causa della cacofonia e dei fulmini verdi che puntualmente colpivano il terreno vicino ai suoi piedi, tutto quello che riusciva a fare era guardare mentre la figura ormai diventava lunga più di otto metri e stabilizzava il suo aspetto fisico in una specie di pesce allungato. Antonietta rallentò la velocità ed il ritmo d’esecuzione portandoli a livelli umani, mentre il grosso pesce le girava intorno come se stesse nuotando: «Caro guardiano dei Vongola, lascia che ti presenti l'[Anguilla Elettrica], il mio animaletto preferito. Vuoi sopravvivere?» La ragazza si scrocchiò il collo con un sorriso predatorio: «Stupiscimi» Dopodiché, con un veloce cambio di tempo della chitarra, aizzò l’anguilla contro Lambo come se fosse stata uno squalo, mentre dal corpo partivano veloci scariche che seguivano il ritmo imposto dalla ragazza. Dino si stava mordendo il labbro con fare preoccupato: «Quella chitarra dev’essere il mezzo con cui controlla le fiamme del fulmine. Se Lambo riuscisse a togliergliela di mano, forse non riuscirebbe a mantenere insieme quell’affare…» Tsuna non lo stette a sentire, preoccupato com’era da quella massa di fiamme del Fulmine che avevano tutta l’aria di voler scotennare Lambo sul posto.

La battaglia ripartì con l’anguilla che scattò verso Lambo al suono di una musica incalzante; lui riuscì ad evitarla buttandosi di lato e approfittò del momento di apertura per tornare alla carica con le corna, ma la figura serpentiforme gli tagliò la strada in un attimo costringendolo a fermarsi e ad arretrare più che poteva; L’anguilla ritornò a caricarlo a fauci spalancate e, anche se Lambo riuscì ad evitarla di nuovo, non riuscì ad evitare una scarica che lo prese al braccio facendolo traballare. Antonietta sembrava non aspettare altro, perché partì immediatamente con un virtuosismo che aveva dello straordinario, circondando Lambo col corpo dell’anguilla e colpendo dall’alto come se questa volesse divorarlo; nonostante il momento di panico dalla parte dei Vongola, l’attacco non riuscì a terminare dato che Lambo era riuscito a bloccare le fauci dell’anguilla con due fasci di elettricità che partivano dalle corna e terminavano in due punte acuminate. La ragazza non si diede per vinta, e cambiò di nuovo tempo allontanando l’anguilla per fargli fare un largo giro e tentare di colpire il ragazzo con la coda, ma il risultato non fu molto diverso tranne che per le corna elettriche di Lambo che iniziavano a tremolare come fiamme sul punto di spegnersi. Yamamoto fece una faccia corrucciata: «Quei fasci di elettricità non reggeranno ancora a lungo sotto quella sequela di attacchi. La ragazza dei Bellarosa sta usando le fiamme del fulmine come un ariete per eliminare ogni arma a disposizione di Lambo prima di finirlo» Priamo ridacchiò: «Questo è il mio fulmine. È megalomane, lunatica, devota agli eccessi sia nelle virtù sia, soprattutto, nei vizi. La luce brillante che attira i nemici della famiglia e si assicura di essere l’ultima cosa che essi vedranno in vita loro. Una vera rockstar assassina»
Dopo poco le corna cedettero come previsto da Yamamoto, e Lambo venne preso in pieno dalla coda che lo fece volare fino al confine del campo da tennis, ove atterrò di schiena mostrando delle bruciature sul petto poco rassicuranti. Si rialzò con parecchia difficoltà, e vide che l’anguilla continuava a puntarlo minaccioso, frapponendosi tra lui e la ragazza che intanto lo guardava come una tigre guarda la sua cena; Lambo ansimò e mandò una bassa imprecazione prima di lanciarsi alla carica un’altra volta. Lei sbuffò e mandò l’anguilla contro di lui pronta a mangiarselo intero, ma Lambo riuscì a scansarsi di lato e a continuare la sua corsa imperterrito ignorando sia le urla dei suoi compagni che lo imploravano di non fare cose stupide (come quella) sia i fulmini verdastri emessi dal corpo del mostro che colpivano minacciosamente vicino al suo corpo. Riuscì a sorpassare la massa di fiamme del fulmine, e continuò imperterrito verso la ragazza tenendosi strette le corna alla testa perché non cadessero, ma sentiva sempre il suono di elettricità dietro di lui, segno che l’anguilla gli stava alle costole; alla fine questa lo raggiunse e lo atterrò con la testa, causandogli diverse bruciature nel mentre e facendolo urlare di dolore. La ragazza sospirò e si avvicinò al Lambo steso a terra dolorante con aria delusa: ma questa sparì quando poggiò il piede su qualcosa di duro e appuntito, ovvero una delle corna del ragazzo. Antonietta la prese in mano con fare divertito: «Che carino, mi hai lasciato un regalo?» Lambo, inaspettatamente, sogghignò: «Più o meno…ma se fossi in te lo mollerei» Mentre la ragazza cercava di capire il senso delle parole appena sentite, il corno che teneva in mano iniziò a sfrigolare e a emettere lievi bagliori; Lambo continuò: «Lo sai come funzionano quelle? Beh…in breve…sono dei parafulmini» Antonietta intuì troppo tardi di trovarsi in mezzo ad una trappola, così non riuscì ad evitare il fulmine attirato dal corno che la centrò in pieno facendola urlare di dolore e causandogli una grossa bruciatura lungo il braccio destro. Il tifo dei Vongola finalmente si fece sentire mentre la parte dei Bellarosa stava a guardare incredula, assistendo al loro guardiano del fulmine che si contorceva per terra in preda al dolore causatole, ironicamente, da un fulmine. L’anguilla sparì in scariche elettriche disordinate, lasciando Lambo libero di alzarsi di nuovo; questo guardò la ragazza che si era finalmente calmata e lo fissava con una punta di ammirazione: «Davvero una pensata geniale. Adesso capisco perché il tuo boss ti abbia scelto come Guardiano del Fulmine» Il ragazzo fece spallucce: «’sta storia dei guardiani e della mafia non l’ho mai capita. Volevo solo impressionarti, tutto qui. E credo di esserci riuscito» Lei si rimise in piedi seppur traballante e ansimante, guardandolo divertita; fece per rispondere, ma in quel preciso istante una nuvola di fumo comparve dal corpo di Lambo rendendolo irriconoscibile per qualche secondo di nuovo. Gokudera si mise le mani nei capelli: «I cinque minuti dovevano scadere proprio ora?!»

Antonietta fissava il Lambo bambino davanti a lei, mentre questo mangiucchiava un raviolo e la guardava confuso. La ragazza prese il bambino per la vita come se fosse un peluche, ridacchiando: «Carino e pure forte...potresti essere il mio tipo, dopotutto». Il bambino deglutì sonoramente, guardando la donna con gli occhi che brillavano: «Dici davvero?!» Lei ridacchiò: «Chissà. Ma prima...» mentre diceva questo alzò il bambino sopra la sua testa: «...Vedi di crescere un po’!» e con queste parole tirò Lambo come una palla fin sugli spalti, dove venne preso al volo da Chrome. I guardiani dei Bellarosa fecero dei versi di sollievo quando Reborn fischiò la fine dell’incontro: «La vincitrice della battaglia del fulmine è Antonietta Malais della famiglia Bellarosa!»

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