On a balcony in summer air

di Lyannae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** We ere both young when i first saw you ***
Capitolo 2: *** I close my eyes and the flashback starts ***



Capitolo 1
*** We ere both young when i first saw you ***


Capitolo 1

On a balcony in summer air

 

Capitolo 1:

We were both young when I first saw you

 

Marinette mugugnò qualcosa nel sonno e si rigirò nel letto quando la luce del sole le illuminò il viso. Schiacciò il suo viso nel cuscino nel tentativo di bloccare i caldi raggi ma qualcosa di piccolo e rosso le volò vicino.

«Marinette devi alzarti o farai di nuovo tardi a scuola» le mormorò preoccupata Tikki ronzandole intorno.

Sentendo le parole Marinette si sedette di scatto e si lanciò sul suo cellulare per controllare l’orario. Erano le 8.20.

«Ah! È tardissimo! Farò tardi di sicuro!» gemette la ragazza e si slanciò fuori dal letto.

In fretta raccolse il suo zaino arraffando tutti i libri che le sarebbero servite per la giornata, poi andò in bagno e si spazzolò i capelli prima di legarli nelle sue solite due codine.

Fece per uscire dalla sua stanza quando Tikki la fermò.

«Marinette, sei ancora in pigiama!» le disse volandole davanti al viso.

Marinette si guardò brevemente e si rese conto che la sua Kwami aveva ragione. Con un gemito si precipitò al suo armadio e si vestì velocemente nel suo solito stile poi afferrò la borsetta dove Tikki si nascondeva di solito e scese nel panificio dei suoi genitori.

«Di nuovo in ritardo, Marinette?» ridacchiò suo padre appena la vide.

Tom Dupain stava preparando il pane, le grosse mani che impastavano con la sicurezza data dalla lunga esperienza. Si abbassò leggermente quando su figlia gli passò vicino e sorrise quando ricevette un bacio sulla guancia in segno di saluto.

Sabine sorrise alla figlia e le passò un croissant mentre Marinette usciva dal panificio.

Iniziò a correre verso la scuola mangiando a grandi morsi il suo croissant. Il suo cellulare vibrò, avvertendola di un nuovo messaggio. Marinette prese il cellulare e sul suo viso si formò un sorriso appena vide chi le aveva mandato il messaggio. Era la sua migliore amica, Alya.

Ti sei svegliata tardi anche oggi, dormigliona?
Siamo già tutti in classe!

Ps: Adrien ha chiesto di te!

 

Marinette arrossì felice quando lesse l’ultima frase. Adrien aveva chiesto di lei? Perché? Cosa significava, che stava pensando a lei? E se stava pensando a lei, come…

Quasi perse l’equilibrio quando inciampò nel primo gradino della scalinata che portava all’ingresso della scuola. Era così persa nei suoi pensieri che non si era accorta di essere arrivata. Ridacchiò tra sé e sé mentre saliva i gradini a due a due e praticamente volava per i corridoi per raggiungere la sua classe.

Quando arrivò nell’aula Miss Bustier stava facendo l’appello. Al suo ingresso l’insegnante si fermò a guardarla e le sorrise gentilmente.

«È bello che tu ti sia unita a noi, Marinette. Vai pure a sederti» le disse Miss Bustier.

Marinette fece un sorriso di scuse, stringendosi nelle spalle, e prese posto accanto ad Alya, nel mentre trattenne a stento un enorme sbadiglio che fece ridacchiare la classe. Appena si sedette la sua amica le sia avvicinò con fare cospiratorio.

«Stanca da ieri sera, uh?» le chiese Alya un po’ preoccupata.

Marinette annuì debolmente. L’ultima settimana era stata piena di scontri contro Akuma, l’ultimo dei quali era stato la notte prima, una ragazza trasformata in Tristezza, un Akuma che si nutriva del dolore e lo amplificava causando un profondo sconforto nelle sue vittime. Era stato difficile combatterla dopo che lei stessa era caduta vittima del suo potere e tutto ciò che voleva fare era rannicchiarsi in un angolo a piangere.

Fortunatamente Chat Noir era con lei e l’aveva rassicurata ogni volta che sembrava per cedere.

Il peso di tutti i suoi doveri da Ladybug e da Guardiana le erano sembrati all’improvviso troppo pesanti, come se le fosse cascato un macigno sulle spalle e tutti i suoi problemi le erano sembrati insormontabili, ma il sorriso e le parole gentili del suo partner la avevano fatta sentire meglio, come succedeva sempre.

Insieme erano riusciti a sconfiggere Tristezza e Rena Rouge, o meglio Rena Furtive ora, non aveva dovuto unirsi al combattimento; anche se Marinette era sicura che l’eroina della volpe era stata comunque presente.

Alya le posò una mano sulla spalla, comprensiva. Anche se all’inizio era stata un po’ preoccupata, Marinette era felice di aver svelato il suo segreto ad Alya. Avere la sua migliore amica a coprirle le spalle rendeva più facile essere Ladybug e la Guardiana.

Nel frattempo, Miss Bustier aveva finito l’appello e aveva cominciato la lezione della giornata. Si parlava di fiabe, specificatamente quelle di Charles Perrault. Marinette sentiva le parole concitate dei suoi compagni, ma le veniva difficile concentrarsi sul loro significato. Le palpebre continuavano ad abbassarsi e ogni volta che succedeva rimanevano chiuse per più tempo della precedente, sentì che un secondo sbadiglio, forse anche più forte del primo, le stava per lasciare la bocca. Sentiva che stava per addormentarsi e per quanto la sua mente le dicesse di rimanere sveglia, lei era terribilmente stanca. Appoggiò il gomito sul banco e posò la testa sulla mano, andando in dormiveglia. Davanti a lei riusciva a vedere i capelli dorati perfettamente pettinati di Adrien che ondeggiavano a ogni minimo movimento del proprietario. Le sembravano così morbidi e non voleva altro che passarci le dita scoprire se davvero fossero così morbidi e Adrien le avrebbe mai permesso di accarezzargli i capelli oh Adrien bellissimo adorabile Adrien…

«Ridicolo, assolutamente ridicolo!» gridò Chloé all’improvviso.

Marinette sobbalzò così di colpo che il gomito le scivolò dal banco e quasi batté la faccia contro il legno. Gemette leggermente e si girò a guardare in cagnesco la ragazza bionda, chiedendosi cosa avesse da gridare.

Chloé incrociò le braccia al petto con fare indispettito, Sabrina le bisbigliò qualcosa forse nel tentativo di calmarla ma l’altra si limitò a scuotere la testa con un gesto secco.

Marinette batté un paio di volte le palpebre, confusa, e si concentrò sulla scena davanti a sé: Chloé si era alzata dal suo posto indispettita e dall’altra parte della classe c’era Rose, con i pugni chiusi e un’espressione arrabbiata. Gli altri ragazzi mormoravano tra loro e Marinette poteva sentire alcuni insultare Chloé.

 «State calme ragazze, troveremo una soluzione che soddisfi tutti» disse Miss Bustier battendo le mani per riportare la classe all’ordine.

Marinette colpì piano Alya con il gomito, cercando di attirarne l’attenzione. Quando Alya si girò verso di lei Marinette mimò “cosa?” con la bocca.

«Miss. Bustier ci ha chiesto di inventare e recitare una fiaba. A quanto pare siamo in competizione con le altre classi. Chi vince ottiene una gita per Londra.» mormorò Alya di rimando.

«Sperando che sia meglio dell’ultima.» borbottò Marinette «Perché Rose è arrabbiata?»

«Ha avuto un’idea per la trama della fiaba ma Chloé l’ha insultata, ovviamente. Lei non ha proposto niente ma dice di voler fare la protagonista insieme ad Adrien.»

Marinette fece una smorfia a quelle parole. Era ovvio che Chloé avrebbe cercato un modo per stare al centro dell’attenzione e di stare con Adrien. Per fare cosa, baciarlo? Era così che finivano le fiabe, con il principe che bacia la principessa. Beh, lei non avrebbe permesso che una cosa simile accadesse.

__

 

«Allora, qualcuno ha qualche idea?» chiese Marinette al resto della classe.

La scuola stava per terminare ma il preside Damocles aveva permesso ai ragazzi delle varie classi di avere una riunione per parlare della fiaba da inventare.

Rose alzò la mano e disse: «Come stavo dicendo prima che qualcuno mi interrompesse» lanciò un’occhiataccia verso Chloé, che era intenta a farsi le unghie «Potremmo provare a invertire i ruoli: sarà la principessa a salvare il principe. Ovviamente la principessa cavalcherà un unicorno.»

Tutti annuirono in approvazione dell’idea e iniziarono a parlare dei dettagli. «Dobbiamo recitare noi, Rose. Dove lo prendiamo un unicorno?» disse Mylène.

«Possiamo prendere un ghepardo dallo zoo e travestirlo da unicorno!» esclamò Kim eccitato dall’idea.

«Bella idea, genio» era Alix questa volta.

Marinette lasciò che i suoi compagni continuassero a discutere del progetto, dando la propria opinione solo se richiesta. Odiava starsene così tanto in disparte e non partecipare attivamente ma era troppo indaffarata così com’era, non aveva bisogno di un ulteriore impegno.

Alya sembrava della sua stessa opinione. Da quando era diventata Rena Furtive era presente ad ogni battaglia contro un Akuma anche se non sempre partecipava. Pure se non agiva spesso come faceva Ladybug anche lei aveva passato notti insonni.

«Ehi Marinette» bisbigliò Adrien all’improvviso.

Marinette emise un gridolino e si girò di scatto, non lo aveva sentito arrivare. Non era la prima volta che accadeva e si chiese come facesse ad arrivare così di soppiatto senza farsi sentire, come se fosse un gatto. Un gatto in particolare magari.

Marinette ridacchiò mentalmente al pensiero di comparare Adrien a Chat Noir; erano completamente diversi, come il giorno e la notte.

Doveva essere rimasta persa nei suoi pensieri più di quanto pensasse perché Adrien la stava guardando in modo strano, come se stesse aspettando una risposta. Uh-oh.

«Ehm… io…beh… vedi…» balbettò cercando di spremersi le meningi per ricordare cosa Adrien potesse averle detto. Arrossì imbarazzata per la figuraccia che stava facendo davanti a lui.

«Tutto bene Marinette? Non volevo spaventarti» disse Adrien gentilmente con un piccolo sorriso.

«Sì, sì, tutto bene. Va tutto benissimo» blaterò lei perdendosi negli occhi di lui. Dio, quanto erano belli. Quanto lui era bello. Sia dentro che fuori.

Fece per dire qualcosa quando all’improvviso si sentirono delle grida provenire dal corridoio. Marinette e Adrien si guardarono per un breve momento prima di precipitarsi verso la porta con il resto della classe per vedere cosa stava accadendo.

Delle grida facevano sempre pensare al peggio. Grazie tante Shadow Moth.

Una ragazza dai capelli bruni uscì di corsa da un’aula, in lacrime. Gridò qualcosa di incomprensibile verso i propri compagni di classe e sparì verso il bagno.

Nessun Akuma a quanto pareva. Almeno per ora.

Marinette si chiese se dovesse seguire la sconosciuta in bagno per calmarla ed evitarle un akumatizzazione e stava per farlo, seguita da Alya che sembrava aver capito il suo piano. Adrien la fermò posandole una mano sul braccio e con un gesto della testa indicò una seconda ragazza che si dirigeva in bagno.

«Forse è una sua amica?» ipotizzò Alya rilassandosi leggermente.

Anche Marinette prese un respiro profondo e provò a calmare i suoi nervi, che erano saltati all’allerta per una possibile Akuma.

Dal bagno si udirono delle risate e Marinette si convinse che stesse davvero andando tutto bene.

Si girò quindi verso i compagni di classe della ragazza con fare interrogativo. Uno dei ragazzi, alto e magro con i capelli scuri, sembrò captare la domanda non pronunciata che ormai tutti i ragazzi delle altre classi sembravano porre.

Si schiarì la voce, messo a disagio da tanti sguardi posti su di lui e disse: «Agnese vive in un mondo tutto suo… quando ha saputo della gara ha dato di matto. Si comportava come se la fiaba fosse soltanto sua e non di tutti noi… quando la abbiamo esclusa si è… beh…» il ragazzo fece un gesto vago verso il bagno.

Sentita la spiegazione molti alunni ritornarono nelle rispettive classi, contenti di aver capito cosa fosse accaduto.

«Non è stato carino escluderla completamente però» borbottò Rose facendo per rientrare in classe.

«Hey, non è colpa nostra se Agnese è pazza!» disse una voce squillante che proveniva dal bagno.

La ragazza che aveva seguito Agnese nel bagno scosse i lunghi capelli castani in un gesto nervoso ed entrò nella propria classe.

«Aline…» bisbigliò il ragazzo che aveva parlato prima ma poi seguì la compagna.

Marinette si sentì raggelare. Quelle non sembravano le parole di un’amica, anzi. Si scambiò uno sguardo con Adrien ed Alya ed entrambi annuirono per poi iniziare a correre tutte e tre nel bagno.

Quando entrarono, però, capirono che era troppo tardi. Agnese era inginocchiata sul pavimento, sul viso la familiare forma di una farfalla viola.

«Va bene Shadow Moth, accetto» sghignazzò la ragazza alzandosi.

Fu ricoperta interamente da una luce violastra che costrinse i ragazzi a distogliere lo sguardo. Quando la luce svanì e ritornarono a posare gli occhi su Agnese era troppo tardi.

La ragazza aveva un lungo vestito blu scuro e una mantellina dello stesso colore sulle spalle. Dalla schiena le spuntavano delle grandi ali da farfalla di un azzurro chiaro, sulla massa di morbidi capelli castani aveva un cappellino sulla cui punta era attaccato un velo che le scendeva giù per la schiena. Nelle mani aveva un grosso libro dalla copertina di pelle nera da cui sbucavano sgangherate alcune pagine giallastre.

La parte peggiore però era il viso: aveva una maschera che le ricopriva completamente il volto, la metà destra era un viso angelico e bellissimo con un sorriso etereo di color perla, la metà sinistra era contorta in una smorfia grottesca e arrabbiata ed era di un blu più scuro della veste.

«Io sono RaccontaStorie e adesso finalmente il mondo che avevo fino ad ora immaginato prenderà vita!»  gridò la ragazza aprendo il libro.

Alcune pagine volarono fuori e sembrarono riempirsi da sole di scritte mentre RaccontaStorie iniziava a parlare.

«Tanto tempo fa… no, non va bene. C’era una volta…» cantilenò l’Akuma mentre sembrava ignorare completamente i tre ragazzi.

«Dobbiamo andare via da qui!» gridò Marinette prendendo la mano di Alya e Adrien e correndo verso l’uscita del bagno.

L’Akuma continuò a mormorare tra sé e sé e a riempire le pagine del libro, i tre raggiunsero la loro classe e chiusero la porta con forza quando si assicurarono che nessuno fosse rimasto fuori.

«Che succede, ragazzi? Dove siete stati?» chiese Nino preoccupato avvicinandosi a loro.

Marinette riprese fiato per prima e spiegò al resto del gruppo cosa avessero visto. Nella classe si scatenò il panico come sempre succedeva quando avveniva un nuovo attacco di un Akuma e ben presto i ragazzi si chiesero cosa dovessero fare.

«Ovviamente dobbiamo uscire di qui, idioti» sibilò Chloé dirigendosi verso la porta, Sabrina la seguì in silenzio.

«L’Akuma è là fuori, rischi di imbatterti in lei!» esclamò Marinette sbarrandole la strada.

Chloé sbuffò alzando gli occhi al cielo e aprì la bocca per darle una rispostaccia ma Adrien la interruppe.

«Marinette ha ragione, è troppo pericoloso. Per il momento nascondiamoci qui.» disse in tono ragionevole.

Il resto della classe concordò e iniziò a sbarrare le entrate per impedire all’Akuma di entrare. Marinette indietreggiò lentamente verso la porta cercando di non farsi vedere. Se fosse riuscita a uscire avrebbe potuto trovare un posto per trasformarsi in Ladybug.

«Dove vai Marinette?» chiese Nino andandole incontro.

Marinette si bloccò di scatto e iniziò a pensare ad una scusa credibile: «Ehm… vado ad avvisare gli altri alunni della scuola di fare lo stesso, anche loro sono in pericolo.»

Alya si avvicinò a loro e annuì determinata.

«Io vado con Marinette, in due faremo prima.» disse Alya e le due si diressero fuori prima che gli altri potessero fermarle.

Corsero lungo il corridoio bussando sulle porte e gridando «Attenti, c’è un Akuma!» prima di entrare nella prima stanza vuota che trovarono.

Tikki e Trixx uscirono dai loro nascondigli e guardarono preoccupate le loro padrone.

«Tikki, trasformami!» gridò Marinette e Alya fece immediatamente lo stesso con Trixx.

Ora trasformate le due eroine si guardarono mentre pensavano ad un piano.

«Per ora rimani nascosta Rena. Io distrarrò l’Akuma mentre aspetto l’arrivo di Chat Noir. Tieniti pronta ad intervenire se le cose vanno male.» spiegò Ladybug.

Rena annuì e diventò invisibile poi entrambe corsero dove avevano visto per l’ultima volta l’Akuma.

RaccontaStorie era uscita dal bagno e si aggirava per i corridoi continuando a borbottare la trama della sua fiaba. I fogli che cadevano per terra si riempivano con velocità preoccupante di scritte. Quando si accorse dell’eroina RaccontaStorie sorrise crudele.

«Eccoti qui Ladybug! Sei proprio la fatina che stavo cercando! Dimmi: dov’è quel tuo gattaccio? Ogni buona fiaba ha bisogno di oggetti magici!» gridò e avanzò can fare tempestoso verso la ragazza.

Sembrava che le sue ali fossero solo decorative perché si limitava a camminare con passo spedito mentre più fogli cadevano dal grosso libro e si riempivano di scritte ormai diventate frenetiche.

All’improvviso quando fu abbastanza vicina spalancò il libro verso Ladybug e una marea di pagine uscirono fuori per attaccarla.

In fretta Ladybug fece roteare il suo yo-yo creando un vento che disperse le pagine, che però continuavano a roteare impazzite intorno a lei. Continuò a muovere lo yo-yo e provò ad avanzare verso l’Akuma, cercando di trovare un’apertura tra la carta per attaccare. Le pagine erano così fitte che a malapena riusciva a vedere dove fosse RaccontaStorie, sentiva solamente la sua risata arrivare da davanti a sé.

All’improvviso sentì uno strillo e le pagine si spostarono verso un nuovo obiettivo.

Chat Noir si limitò a roteare il suo bastone seguendo l’esempio di Ladybug. Lei sorrise nel vedere il suo partner prima di spostare lo sguardo sull’Akuma che ormai era completamente concentrata sul gatto.

Ladybug corse verso RaccontaStorie lanciando lo yo-yo che si avvolse sul braccio che teneva il libro. Tirò lo yo-yo verso di sé e la fece girare distraendola, RaccontaStorie sembrò perdere la concentrazione e le pagine caddero per terra.

«L’Akuma deve essere nel libro!» gridò Ladybug.

Chat Noir annuì e attivò il Cataclisma saltando verso RaccontaStorie. L’Akuma strattonò il braccio con forza facendo perdere l’equilibri a Ladybug che improvvisamente si ritrovò sulla traiettoria di chat Noir. Il gatto riuscì a spostare la mano in tempo e mandò in cenere un armadietto invece.

«Mi dispiace Ladybug.» disse Chat Noir atterrando vicino a lei con un’espressione cupa.

Ladybug si limitò a scuotere la testa. Avrebbe dovuto trovare un piano per sconfiggere l’Akuma in cinque minuti prima che la trasformazione di Chat Noir svanisse. Anche se avrebbe potuto sempre contare sull’aiuto di Rena se non avessero fatto in tempo.

Si preparò a chiamare il suo Lucky Charm ma RaccontaStorie fu più veloce. Aprì nuovamente il libro verso di loro e fece uscire il solito fiume di pagine. I due eroi schivarono in tempo ma le pagine continuavano a seguirli. A un certo punto caddero tutte per terra e quando Ladybug e Chat Noir si guardarono attorno notarono di essere completamente circondati dai fogli pieni di scritte.

«Un solo passo e finirete dritti nella mia storia. Ora datemi i vostri Miraculous!» disse imperiosa tendendo una mano verso i due eroi.

«Hai un piano Ladybug?» chiese sottovoce Chat Noir.

Ladybug annuì decisa. Se solo avesse potuto richiamare il suo Lucky Charm sarebbe riuscita a capire come affrontare al meglio RaccontaStorie.

Fece per alzare la mano per lanciare il suo yo-yo quando un foglio schizzò in aria avvolgendosi attorno alla sua mano. Ladybug rimase congelata sul posto, non riuscendo neanche a muovere un muscolo per quanto ci provasse.

«Ladybug!» gridò Chat Noir ma ormai la ragazza sentì gli occhi chiudersi contro la sua volontà e si accasciò a terra, inghiottita dal buio.

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Note dell'Autrice
Salve a tutti, è la prima volta che scrivo su Miraculous spero che vi piaccia e di aver scritto bene i personaggi.
Mi è venuta l'idea ascoltando Love Story di Taylor Swift e il titolo della storia e dei capitoli sono tratti dalla canzone.
La storia è principalmente sui Ladien ma cercherò di aggiungere scene su tutti i lati del lovesquare.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** I close my eyes and the flashback starts ***


Capitolo 2

Capitolo 2:

I close my eyes and the flashback starts

 

La luce del sole filtrava attraverso le pesanti tende color rosa pallido e illuminava la stanza con il suo chiarore naturale. Marinette mugugnò qualcosa e si rigirò nel letto stropicciandosi gli occhi assonata, poi sbadigliò e si stiracchiò. Guardò fuori dalla finestra e vide i raggi del sole che giocavano tra le foglie del vecchio albero di melo che si intravedeva fuori dalla sua finestra.

 Il letto era così comodo e caldo che Marinette avrebbe voluto passarci l’intera giornata, semplicemente sonnecchiando, ma sapeva che avrebbe dovuto alzarsi perché doveva…

Doveva fare qualcosa, di questo era certa, ma non ricordava bene cosa. Si mise a sedere e nascose il viso tra le mani, il cuore iniziò a batterle più in fretta. Qualunque cosa fosse era sicura che fosse importante, molto importante, e non riusciva a credere che fosse andata a dormire quando doveva…

Aspetta, cosa doveva fare? Non riusciva davvero a ricordare.

Si batté la mano in fronte una, due volte, nel tentativo di riportare quel qualcosa in mente.

Cosa aveva fatto la sera prima?

Era stata di pattuglia con… le venne in mente l’immagine sfocata di un ragazzo vestito completamente di nero. Corrugò la fronte, quello non poteva essere giusto.

Era stata con Rena, giusto, nessun ragazzo, erano sempre state solo loro due.

Avevano corso per le strade di Parigi in cerca di qualche crimine da sventare, come facevano ogni notte. Avevano effettivamente catturato un ladruncolo che aveva provato ad aggredire una ragazza e lo avevano lasciato in custodia alla polizia.

Avevano entrambe indossato i loro soliti costumi per nascondere le loro identità: Marinette un mantello che aveva cucito lei stessa con due vecchie tende rosse con delle toppe nere e maglia e calzoni neri oltre a una fascia rossa sugli occhi e Rena il suo lungo cappotto di un marrone aranciato che finiva a punta come se fosse una coda e maglia e calzoni bianchi con una maschera dello stesso colore del cappotto sul viso.

A mezzanotte, quando le campane della chiesa avevano suonato, si erano divise per tornare ognuna a casa propria.

Marinette sospirò di sollievo. Ora ricordava perfettamente cosa fosse accaduto e sapeva che non aveva lasciato niente incompiuto, eppure la strana sensazione non voleva lasciarla. Decise che prepararsi per la giornata e scendere in panetteria ad aiutare i suoi genitori fosse la cosa migliore.

Indossò un semplice vestito di cotone color celeste chiaro e si raccolse i capelli in uno chignon alto. Si guardò al vecchio specchio soddisfatta e notò i suoi orecchini di perla che indossava sempre scintillare quando furono colpiti dai raggi del sole. Poi abbassò lo sguardo sulla gabbietta di vetro posta sul comodino.

«Ciao Tikki» mormorò con un sorriso e picchiettando il vetro con un dito. La coccinella all’interno sembrò voltarsi verso di lei per un secondo, poi riprese a camminare sulla sua fogliolina.

Marinette aveva quella coccinella da quando aveva memoria. No, aspetta, non era possibile, le coccinelle non vivevano così a lungo. Aggrottò la fronte pensierosa, cercando di ricordare, poi schioccò le dita quando le venne in mente. Non era sempre la stessa coccinella! Marinette ne prendeva una nuova quando quella precedente era morta, lo faceva da quando era piccola. Si grattò la testa un po’ preoccupata. Quella mattina si sentiva molto strana e faceva fatica a ricordare le cose, si chiese se la notte prima non avesse battuto la testa durante il combattimento ma scartò subito l’idea. Catturare quel ladruncolo era stato semplice per Ladybug e Rena Rouge.

Fece spallucce e si recò nella panetteria. Una volta scese le scale avvertì immediatamente l’odore di pane caldo e biscotti appena fatti e ridacchiò quando sentì il suo stomaco brontolare per la fame.

«Buongiorno mamma!» disse abbracciando da dietro Sabine che stava disponendo dei dolcetti in una vetrina.

«Buongiorno papà!» baciò la guancia di Tom che sorrise distrattamente alla figlia mentre era impegnato a infornare delle pagnotte.

Marinette mangiucchiò una delle brioche appena sfornate e si legò alla vita un grembiulino bianco, poi andò verso l’ingresso della panetteria e spalancò la porta.

Un gran vociare si diffuse immediatamente nell’aria, proveniente dalla piazza in cui si trovava il loro negozio. Un ragazzino stava gridando verso chiunque gli dava ascolto i titoli dei giornali che aveva in un pacchetto accanto a sé nel tentativo di venderli; le bancarelle di frutta, verdura, carne e pesce iniziarono a riempirsi mentre i proprietari esponevano la loro merce; in lontananza si sentivano gli zoccoli dei cavalli e le ruote dei carri sul ciottolato mentre i contadini iniziavano a partire verso i campi.

Marinette prese un respiro profondo assaporando l’aria pulita di Parigi e poi ritornò dietro il bancone con un sorriso, aspettando il loro primo cliente.

 

La campanella sulla porta tintinnò nuovamente. Marinette diede il pane al signor Ramier e si girò per dare il benvenuto al nuovo cliente ma si fermò con un sorriso sulle labbra quando si accorse chi fosse entrato.

«Ciao ragazza» la salutò Alya.

Marinette salutò frettolosamente il signor Ramier e poi corse verso la sua miglior amica, abbracciandola; Alya scoppiò in una risata allegra ricambiando l’abbraccio.

«Ci siamo viste qualche ora fa!» disse Alya.

Aveva ragione, non era passato molto da quando si erano divise dopo la pattuglia. Eppure, Marinette sentiva che la presenza dell’amica fosse la cosa migliore che poteva accaderle in quel momento. Ma certo! Se c’era qualcuno che poteva aiutarla a capire cosa le fosse preso quella mattina era sicuramente Alya.

Quando però ripensò alle parole dell’altra ragazza aggrottò la fronte.

«Shhh! Parla piano» mormorò Marinette e prendendo la mano di Alya la condusse di sopra in camera sua, dopo aver chiesto il permesso ai suoi genitori di allontanarsi.

Nessuno sapeva che Alya e Marinette erano in realtà Ladybug e Rena Rouge. Era importante che assolutamente nessuno dovesse anche solo capire le identità delle due eroine. In realtà per quanto fossero amate dal popolo di Parigi le due erano considerate delle fuorilegge ricercate dalla polizia su ordine del Re.

Marinette non capiva perché il Re le odiasse così tanto da mettere una taglia sulle loro teste quando tutto ciò che loro facevano era assicurarsi che Parigi fosse sicura, ma credeva fermamente che i loro genitori non dovessero scoprire le loro identità per non metterli in pericolo.

Soprattutto i genitori di Alya! Sua madre era la migliore cuoca di tutta Parigi e anche se aveva iniziato con una propria locanda ora cucinava personalmente per il Re. Anche il padre lavorava al castello come guardiano dei cani e girava voce che stesse addestrando addirittura una pantera. Ma quelle erano solo dicerie.

I due erano troppo vicini al Re per poter essere messi al corrente di cosa la figlia facesse di notte. Era meglio che li lasciassero nella loro ignoranza, era più sicuro.

I genitori di Marinette erano dei semplici panettieri ma neanche loro dovevano sapere. Per qualche motivo il Re odiava soprattutto Ladybug.

Marinette chiuse la porta della sua stanza a chiave e le due si sedettero sul letto per parlare. Quel giorno Alya indossava il suo solito vestito a quadri rosso e bianco e teneva i capelli raccolti sotto uno spesso velo di cotone bianco che le fasciava la testa. Al collo portava una collana con un ciondolo a forma di coda di volpe che Marinette le aveva regalato. La ragazza non se ne separava mai, come Marinette con i suoi orecchini. Entrambe sentivano inspiegabilmente che fosse importante che non si separassero mai dai propri gioielli. Era una sensazione assurda ma le due avevano deciso di seguire il loro istinto.

«Come sta Trixx?» chiese Marinette.

Trixx era la volpe di Alya. Era comparsa qualche giorno dopo che le aveva regalato la collana, Alya l’aveva trovata… nel bosco, certo, e da allora se ne era presa personalmente cura. Era strano che un animale selvatico seguisse in questo modo un umano ma Trixx non aveva più lasciato il fianco della ragazza da quando l’aveva trovata e Alya la portava dappertutto. Tranne alla panetteria perché a Tom e Sabine non piaceva che l’animale entrasse, in quanto spaventava i clienti.

«Sta bene, questa mattina ha ucciso un topolino e me l’ha fatto trovare sul letto. Sembra un gatto invece di una volpe!»  ridacchiò Alya.

Marinette si unì a lei e le due chiacchierarono del più e del meno per un po’, anche se la ragazza era ancora distratta dalla strana confusione che la attanagliava da quando si era svegliata.

Decise finalmente di parlarne con Alya, le spiegò tutte le volte che si era sentita confusa da quando si era alzata quella mattina.

Alya ascoltò pensierosa per tutto il racconto, annuendo di tanto in tanto.

«Anche io mi sento così… è come se mancasse un pezzo, ma non riesco a capire cosa sia» rispose alla fine.

Marinette annuì energeticamente. Era esattamente così che si sentiva! Da una parte era sollevata di non essere l’unica ma dall’altra era estremamente preoccupata. Che cosa stava succedendo esattamente?

«Dobbiamo ripercorrere ciò che abbiamo fatto ieri, stasera andremo di nuovo a pattugliare le strade» decise alla fine Marinette «Ciò che non ricordiamo deve essere collegato a quegli eventi in qualche modo».

«L’unica cosa degna di nota è stato quel ladro… potremmo interrogarlo» disse Alya.

Marinette ci pensò su, sarebbe stato difficile visto che era nelle prigioni e le guardie sarebbero state più inclini a catturarle invece che ad aiutarle, ma forse con un diversivo…

Avrebbero fatto così: avrebbero ripercorso la strada fatta la sera precedente e poi, se non avessero trovato niente, sarebbero andate nelle prigioni.

Comunicò il piano ad Alya ed entrambe convennero che era il modo di agire migliore per il momento.

Parlarono per un’altra ora dei dettagli e si fermarono solo quando Sabine salì in camera per dire alle due ragazze di scendere per pranzare.

Alya si scusò dicendo di dover andare a casa e di nascosto strizzò l’occhio a Marinette con un sorrisino, mimando con la bocca le parole: “ci vediamo stasera”.

 

 

Era una serata particolarmente tranquilla, la luna splendeva indisturbata nel cielo e Parigi era silenziosa, i suoi abitanti ormai andati a letto da un bel pezzo.

Ladybug, accovacciata su un tetto, scrutava l’orizzonte alla ricerca di qualcosa fuori posto. Stava aspettando Rena Rouge al loro solito punto di incontro su un edificio vicino la Tour Eiffel. Dall’alto la città era illuminata da minuscoli puntini di luce che pian piano andavano a spegnersi, la vista era a dir poco mozzafiato. Ladybug adorava andare lassù e osservare il paesaggio, era forse la cosa che preferiva della sua identità segreta. Oltre a combattere i cattivi, certo.

La mia città, pensò con affetto mentre l’amore che provava per Parigi le riscaldava il petto.

All’improvviso sentì rumore di passi dietro di sé e si girò di scatto, ma era solo Rena che era appena arrivata. La volpe sogghignò divertita nel vedere la reazione dell’altra ma si accovacciò accanto alla compagna.

«Allora, iniziamo?» chiese Rena.

Ladybug annuì e le due si arrampicarono giù dal tetto per cominciare a camminare tra le strade addormentate di Parigi. In giro non c’era anima viva, anche se alcune luci si riuscivano a intravedere dalla finestra. Ultimamente c’erano state un aumento di criminali nelle strade e il capo delle guardie aveva istituito un coprifuoco, nessuno poteva uscire per le strade senza permesso ufficiale dopo il tramonto.

La pattuglia era quasi noiosa, in quanto sembrava che loro due fossero per strada, e con un cenno di intesa si dissero di iniziare il piano per andare nelle prigioni quando sentirono un rumore. Dalla via davanti a loro giungeva il suono di zoccoli sul selciato e le due si nascosero in fretta dentro un vicolo, nelle ombre.

Ladybug si chiese chi fossero a quest’ora i coraggiosi che osavano sfidare in modo così plateale il coprifuoco.

All’improvviso ci fu un forte boato e il cavallo deviò spaventato, impennandosi e scalciando in modo tale da fare rovesciare il carro su un lato.

Ladybug lanciò un’occhiata sulla sua spalla nel tentativo di capire cosa fosse stato e, tra il denso fumo bianco, li vide. Erano due uomini, alti e muscolosi, che si avvicinarono in modo minaccioso al carro.

La ragazza scattò fuori dal suo nascondiglio brandendo la lunga frusta che portava sempre con sé, Rena invece sembrò nascondersi ulteriormente, quasi svanendo nell’oscurità.

I due uomini si girarono e impugnarono delle lunghe mazze di legno quando videro la ragazza, ghignarono divertiti dal pensiero che fosse sola e poi si gettarono su di lei.

Alla fine, il combattimento durò poco. Ladybug schioccò la sua frusta, che colpì i piedi dell’uomo più vicino. L’uomo cadde a terra e Ladybug si avvicinò fulminea colpendolo con il manico della frusta su una tempia facendolo svenire. L’altro si fermò esitante alla vista di ciò che era successo al suo compagno e indietreggiò esitante alzando la sua mazza in una posa difensiva. Dietro di lui, come se fosse spuntata dal nulla, si avventò Rena che colpì l’individuo alla nuca con il lungo bastone che portava di solito per combattere. Il brigante cadde a terra a pochi passi dal suo amico.

Le due eroine si sorrisero, poi batterono il pugno come facevano di solito per festeggiare. A Ladybug sembrò però che mancasse qualcosa, o meglio, qualcuno. Nella mente le passò fugacemente l’immagine del ragazzo a cui aveva pensato quella mattina, ma di cui però non riusciva a vedere il volto. Scosse il capo, irritata dalla sua immaginazione. C’erano sempre state solo lei e Rena, nessun ragazzo.

Si riscosse dai suoi pensieri quando l’amica le toccò il braccio e le indicò con un cenno della testa il carro, ancora rovesciato su un lato. Le due corsero verso il calesse, che era completamente chiuso e anonimo. Rena aprì con forza la porta, che era rimasta bloccata dal colpo che aveva ricevuto, e davanti a loro apparvero due persone.

La prima, una donna, era accucciata protettivamente davanti all’altra. Era vestita con una camiciola bianca, pantaloni grigi e una giacca elegante dello stesso colore. I capelli neri erano raccolti in modo elegante sul capo, tranne la frangetta che aveva una ciocca di capelli rossi.

Ladybug e Rena spalancarono occhi e bocca, sbalordite. Davanti a loro c’era quella che era senza ombra di dubbio la consigliera personale del Re, Nathalie Sancoeur.

Anche la donna rimase per qualche minuto sorpresa di vedere chi fossero le loro salvatrici, dopo qualche secondo però le si formò un’espressione determinata sul volto e strinse un pugno, facendo per alzarsi. Ladybug e Rena Rouge si misero sulla difensiva, aspettandosi un attacco che tuttavia non arrivò. Sulla sua spalla le si era posata una mano e l’altro occupante della carrozza la scostò gentilmente permettendo alle ragazze di vederlo.

Le due rimasero pietrificate nel vedere il ragazzo e entrambe smisero di respirare.

Davanti a loro c’era il Principe del loro regno, Adrien Agreste.

 

Note dell’autrice

Sono stata occupata con lavoro e scuola e ci ho messo più tempo di quanto pensassi a finire di scrivere questo capitolo. Spero che vi piaccia.

Ringrazio chi ha recensito la storia e chi l’ha messa nelle seguite e le ricordate.

Al prossimo capitolo!

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