Alzati, non hai altre opzioni

di Batckas
(/viewuser.php?uid=905167)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dolore giusto ***
Capitolo 2: *** Condivisione forzata ***
Capitolo 3: *** Castello di specchi ***
Capitolo 4: *** Tafofobia ***
Capitolo 5: *** Sussurrante vuoto ***
Capitolo 6: *** Indagini nel fango ***
Capitolo 7: *** Dal Vangelo secondo la vittima ***
Capitolo 8: *** Angelo peccatore ***



Capitolo 1
*** Dolore giusto ***


Non riesco a dormire.
Sposto il cuscino cercando una posizione più comoda, ma invano, guardo la poca luce che attraversa la finestra, controllo lo smartphone: sono le quattro. Il rumore di mio padre che russa nell’altra stanza mi dà tranquillità, ormai sono abituata, sono diciannove anni che lo sento. Mi alzo, vado in cucina, prendo un bicchiere d’acqua e lo sorseggio lentamente manco fosse alcol. Sospiro cercando di fare meno rumore possibile. Un istinto improvviso mi spinge a spaccare il bicchiere per terra e scoppiare a piangere.
Metto il bicchiere nel lavello e torno in camera.
Non ha senso provare a dormire. Accendo il computer, ho deciso di giocare, almeno così passo il tempo senza indugiare troppo nei miei pensieri, i miei peggiori nemici.
Gioco fino alle sei di mattina.
Mia madre mi trova davanti al computer, la saluto, lei mi abbraccia e va in cucina per preparare il caffè. Il Sole sorge. Il peso della nuova giornata si affaccia sulle mie spalle, non so come potrò ancora affrontare questa quotidianità.
Sono le sette, faccio una doccia, mi vesto, mangio la colazione, poi lavo i denti.
“Io vado.”, dico a mamma.
“Sii prudente, mi raccomando.”, mi risponde lei con un sorriso.
Mi blocco all’ingresso.
“Andrà tutto bene.”, mamma mi raggiunge e mi dà un bacio in fronte. “Sei forte, Sara, niente potrà farti del male.”
“Grazie…”, voglio piangere, ma lo nascondo, mi allontano rapidamente salutandola con la mano. Scendo le scale, prendo l’ascensore e arrivo al piano terra. Mi pento di non essere andata a salutare papà, ma ormai è tardi. Prendo lo smartphone e invio un messaggio a mia sorella.
“In bocca al lupo!”, mi risponde all’istante, è chiaro che stava aspettando proprio una mia comunicazione. Avere le spalle coperte dalla mia famiglia mi fa sentire bene, ma so che non posso contare su di loro per ciò che voglio fare. Faccio appello a tutto il coraggio che mi resta e mi avvio.
Lo smartphone vibra.
“Sicura che non vuoi essere accompagnata?”, è mia madre.
“Al cento percento, devo farlo da sola.”
“Ti voglio bene.”
“Anche io.”
Mi incammino. Ripeto nella mia testa il discorso che dovrò tenere. Il cuore mi batte forte in gola, i miei passi sono insicuri, sono talmente concentrata che non vedo le persone che mi camminano di fianco, un paio di volte rischio di scontrarmi con loro. Guardo dritto davanti a me. Non posso tirarmi indietro, devo porre fine a questa storio una volta per tutte. Devo farlo come si deve, senza nascondermi.
Non è solo per il mio bene.
Arrivo al Joh Caffè, c’è abbastanza gente, molti prendono il caffè fuori, altri stanno facendo colazione con i cornetti ripieni, sento un pugno di fame allo stomaco per la tensione. Lì non posso, ma penso che magari dopo vado a prendere qualcosa di dolce.
Lo vedo.
Le gambe mi tremano, ho paura che la voce mi verrà a mancare.
Mi nota, sorride, si avvicina al bancone per servirmi.
“Cosa posso portarle, bella signorina?”
“Ehi, Mirko, ciao.”, rispondo io in imbarazzo. Mi sento come se fosse la prima volta che parlo con lui. Quando mi chiese di metterci insieme, tre anni prima, ero ugualmente agitata.
“Che succede? Tutto bene?”
“Devo parlarti.”
“È successo qualcosa?”
“Devo parlarti.”, insisto cercando di fargli capire che è una cosa che non può aspettare e che è meglio discutere in privato. Mirko fa cenno al suo capo, si prende due minuti liberi, mi porta nella sala dello staff, un piccolo stanzino con riviste e qualche cabinato.
“Che succede?”, i suoi occhi azzurri sono fissi nei miei. Gli afferro un braccio. Devo spezzargli il cuore e comunque mi faccio forza su di lui. Provo imbarazzo. Mi sento una stupida.
“Non…”, le parole mi muoiono in bocca, non voglio pronunciarle, ma non farlo è un peso ancora più grande. “Non… credo che dovremmo stare più insieme.”, pronunciare quelle parole ad alta voce fa uno strano effetto, sembrano frutto di uno scherzo di cattivo gusto, vorrei rimangiarmele e dire che non è vero, che lo amo e che voglio passare il resto della mia vita con lui-
Ma non è vero.
“Cosa?”
“Mi dispiace.”
“Ma…”
“Non volevo dirtelo così… ma non credo ci sia un modo buono o giusto per farlo… quindi…”
Mirko si copre la bocca con le mani, poi porta i palmi ai fianchi e si guarda attorno, apre la bocca esterrefatto, il suo sguardo muta all’improvviso, mi mette quasi un po’ paura, temo un suo scatto d’ira, vedo che stringe i pugni, mi ritraggo istintivamente.
“Pensi che ti faccia del male?”, mi chiede, arrabbiato, notando che mi sto allontanando.
“No.”
“C’è un altro?”
“E questo da dove salta fuori!”, sono indignata. “Non siamo felici insieme. Nell’ultimo periodo abbiamo soltanto litigato. Non…”
“Certo…”, ridacchia nervosamente. “Mi lasci perché vuoi essere libera di stare con chi vuoi ora che ti trasferisci, non è vero?”
“Ma che dici!”
“Non raccontarmi stronzate.”, mi afferra le guance tra le mani, mi fa male, sono terrorizzata.
“Lasciami.”
Lo fa.
“Ti lascio perché non ti amo più e credo che per te sia lo stesso. Siamo aggrappati alla consuetudine, non all’amore.”
“Io ti amo.”, i suoi occhi si fanno dolci e persi come quelli di un bambino.
“Mi dispiace.”, vorrei morire. Non si merita quella sofferenza, ma mentirgli non sarebbe giusto. Sapevo che avrebbe fatto male, ma non così tanto. Non voglio nemmeno immaginare come si debba sentire in quel momento. Vorrei abbracciarlo e consolarlo.
“Vattene via.”
Non rispondo ed esco rapidamente dalla stanzetta e poi dal bar, sto correndo, voglio mettere più distanza possibile tra me e lui. Piango, ma mi sento libera, privata di una catena che mi faceva soffocare. Sono certa che anche lui starà meglio senza di me. Passo davanti ad una pasticceria, ho voglia di un dolce, ma allo stesso tempo non ho fame, il mio stomaco è chiuso, ho la nausea, voglio solo tornare a casa. Prendo lo smartphone e invio un messaggio a mia sorella dicendole che ho fatto quello che dovevo, ma le chiedo di non chiamarmi perché non ho voglia di parlare.
Torno a casa, salgo, abbraccio mia madre e scoppio in lacrime. Non c’è bisogno che le spieghi cos’è successo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Condivisione forzata ***


TRE GIORNI DOPO

La routine mi tiene al sicuro dai pensieri, faccio sempre le stesse cose cercando di avere ogni ora della giornata impegnata, non riesco a dormire bene, prendo una pillola che mi permette di riposare almeno sei ore a notte. Mi sento incredibilmente sola. Ero abituata ad avere Mirko sempre con me, o comunque a sentirci per messaggio, ogni cosa nella mia vita era correlata con lui, adesso tutto è diverso. Una parte di me ne è contenta, si sente libera. Non sto vivendo più una bugia. Devo riprendermi dal dolore della separazione, ma sono felice, ho solo bisogno di tempo per rendermene conto.
Sono le undici di mattina, sto guardando una serie tv, lo smartphone inizia a vibrare. Nel giro di pochi minuti ho ricevuto un centinaio di messaggi, non capisco cosa stia succedendo e ho paura di sbloccare il cellulare e controllare. Sto avendo un attacco di panico. Il fiato mi viene a mancare, la stanza vortica attorno a me, cerco di riprendermi facendo dei respiri profondi, ma non riesco a controllarmi, tutto ciò che posso fare è raggomitolarmi per terra senza neanche la forza di chiamare mia madre. Porto le ginocchia al petto e piango.
Mamma entra nella stanza.
"Sara!", si getta subito su di me accarezzandomi e aiutandomi a regolarizzare il respiro. Piango come una disperata. Cerco di ricompormi come meglio posso, impiego dieci minuti.
Mia madre è con me, sblocco lo smartphone...
Irreale.
Un incubo.
Le foto private che ho inviato a Mirko quando eravamo fidanzati, anche di natura sessuale, sono state inoltrate a praticamente tutte le persone della mia scuola, a tutti i suoi amici. Le mani mi tremano, lo smartphone mi cade da mano. Non riesco a sopportarlo. Soffoco un urlo, non ho più nemmeno la forza di gridare. Mia madre accorre immediatamente, chiama il 118, svengo.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Castello di specchi ***


Mi risveglio nel letto d’ospedale. Ci sono mio padre, mia madre e mia sorella. Come posso affrontare qualcosa del genere? Voglio avere il potere di tornare indietro nel tempo, non c’è alcuna possibilità che le cose vadano bene. Devo scappare. Chissà dove sono arrivate le mie fotografie, gli amici di Mirko le avranno sicuramente inoltrate anche ad altre persone. Pensare a tutto questo mi fa venire il mal di testa. Voglio strapparmi i capelli. Ci provo, mio padre mi ferma e mi abbraccia.
“Tesoro, va tutto bene… va tutto bene…”, mi dice.
Lo sa?
Sa che sua figlia nuda è stata ora vista da forse migliaia di persone?
Cosa penserà di me?
Cosa penserà mia madre?
Cos’ho fatto per meritarmi questo?
Ho voglia di piangere.
Voglio…
Voglio… ucciderlo.
Il dottore entra nella stanza, fa dei controlli, dice ai miei genitori che ho bisogno di riposare.
“Vi prego, non ve ne andate.”, supplico. Solo in quella stanza sono al sicuro, solo con quelle persone sono libera. Preferirei morire, farla finita, è una cosa troppo grande. Non ho idea di come fare. Devo andare via da quella città, cambiare nome. Come posso convivere con il fatto che forse chi incontrerò avrà visto, senza il mio consenso, il mio corpo nudo in foto? Foto che porca puttana ho inviato al mio fidanzato! Sono stata una stupida, una bambina eccitata, un’idiota.
Lo odio, lo voglio fare a pezzi.
Perché mi ha fatto questo?
L’ho lasciato, ma merito davvero tanto male? Credevo che…
“Mamma, papà, potete uscire un attimo?”, chiedo. “Voglio parlare con Chiara.”
I miei si guardano in faccia un po’ perplessi, ma mia sorella fa loro un cenno col capo come a dire “ci penso io” e obbediscono
Guardo Chiara con gli occhi rossi. Posso dedurre che anche lei ha pianto nel vedermi ridotta così.
“Ho visto le foto.”, dice Chiara subito con tono imperioso.
Una lacrima solca la mia guancia. Leggo il giudizio nei suoi occhi, mi schifa.
Scoppio a piangere.
“Ehi!”, richiama l’attenzione su di sé e si fa più vicina.
Sta piangendo anche lei.
“Ehi…”, ripete con meno forza di prima. Mi punta l’indice contro. “Non azzardarti. Non permettermi proprio, neanche per un istante, neanche per un millisecondo, a ritenerti colpevole.”
Mi abbraccia.
Le bagno i capelli con muco e lacrime.
“Ho visto le tue foto.”, ripete. Capisco che si è preparata una frase da dirmi e che non aspetta altro che il momento giusto. Sorride. Mi punta con entrambi gli indici. “E sei proprio una gran fregna.”
Rido e piango.
“Sei una cretina.”, dico sottovoce.
Allargo le braccia.
“Ne vuoi ancora eh.”, scherza lei.
Annuisco.
La stringo forte.
“Ti voglio bene.”, bisbiglio.
“Anche io.”
“Mamma e papà sanno?”
“Sì.”
Resto in silenzio.
Non so come farò a guardarli negli occhi.
“Hanno denunciato Mirko per revenge porn.”
“Davvero? Quindi… è stato lui…”
“Mi dispiace, sorella.”
Mi sento scema. Forse se non lo avessi…
“Oh!”, Chiara mi chiama. “A che cazzo pensi?”
“Niente.”
“Se scopro che stai facendo pensieri del tipo che non dovevi lasciare quello stronzo, ti mangio un orecchio.”
Mi domando sempre come faccia.
“Cosa farò adesso?”
“Adesso gliela fai pagare a tutti quanti.”
“E cosa cambierebbe? Sono ugualmente rovinata.”
“Sara, tu sei una vittima, e basta.”
Annuisco lentamente, poco convinta.
“Non mi vergognerò mai di stare vicino a te.”, continua Chiara. “Ti hanno vista nuda, e allora? Che si ritengano fortunati che hanno avuto esaudito un sogno!”
“Ma che dici…”
“La verità, sorella.”
Ricordo quando ho scattato quelle foto, erano un gioco, un divertimento… a ripensarci mi sembra la cosa più stupida che io abbia mai fatto.
“I dottori hanno detto quando potrò andare via?”
“Stesso oggi. Stai bene… ci siamo preoccupati, ma poi abbiamo capito cos’è successo. Credo tra un paio d’ore ce ne andiamo.”
“D’accordo. Che cosa devo dire a mamma e papà?”
“Niente. Non è necessario.”
L’istante in cui mia sorella smette di parlare mi rendo conto che le sue dolci parole sono un placebo per l’anima, ma che non possono cancellare quello che è davvero successo. Dovrò convivere con tutto ciò, come posso farlo?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Tafofobia ***


IL GIORNO DOPO
Ho lo smartphone in mano, spento, ho paura di accenderlo, non voglio vedere i messaggi che mi sono stati recapitati. Se penso a Mirko mi viene da piangere e da tirare a cazzotti contro il muro, come diavolo si è permesso? Do un pugno al cuscino. Voglio fargliela pagare.
E potrei.
Anche io ho sue foto nude…
Però…
Non cambierebbe niente. Anzi forse è proprio quello che vuole, va fiero del suo corpo, sarei additata io come la vendicativa, la stupida, la troia che cerca di rimediare. No, devo essere intelligente al riguardo, devo trovare una soluzione che non mi danneggi ulteriormente.
E se pagassi qualcuno per picchiarlo?
Sospiro. Non ce la faccio.
Forse devo solo aspettare che le indagini facciano il loro corso. Voglio gli diano l’ergastolo. Ma so che non esiste una tale pena per il revenge porn, forse non lo manderanno nemmeno in galera, ma almeno che gli facciano una bella multa! Così affanculo il suo progetto di comprarsi la moto.
Cosa penseranno i suoi genitori di lui? Sono persone tanto buone, saranno dalla sua parte?
I pensieri mi sopraffanno, mi butto sul cuscino a faccia in giù, vorrei soffocare e dimenticarmi per sempre di questa storia.
Sarebbe una soluzione.
Spegnersi.
Chi potrebbe biasimarmi?
Grido nel cuscino.
Qualcuno bussa alla mia porta.
“Amore?”, è mia madre.
Mi metto a sedere, cerco di nascondere, invano, le lacrime.
Lei mi abbraccia soltanto, io scoppio a piangere. Restiamo così per una ventina di minuti finché non mi calmo, mi sento le gambe pesanti, la testa mi gira.
“Voglio ucciderlo, mamma…”, dico a denti stretti.
“Lo so, tesoro, lo so. Gliela faremo pagare.”
La stringo forte.
Non voglio andare via.
Voglio restare qui con lei.
Chiudo gli occhi.
Perché la vita non può essere facile come un abbraccio?
È notte.
Sto fissando lo smartphone da tutta la giornata. Non ne posso più.
Lo accendo.
Centinaia di messaggi WhatsApp, anche da gente che non conosco, deduco che Mirko, oltre alle mie foto, abbia condiviso pure il mio numero di telefono.
“Quanto ti prendi per un pompino?”
“Mi sono fatto una sega sulle tue foto, sei stupenda tesoro.”
“Mirko si scopava davvero una bella cagna.”
“Hai un fisico da dea, sono un fotografo, contattami se volessi intraprendere una carriera da modella.”
“Ciao, mi sono arrivate delle tue foto e il tuo numero di telefono, volevo solo avvisarti, ciao.”
“Sei stata vittima di revenge porn, temo tu lo sappia già, rivolgiti a chi di dovere, mi dispiace, addio.”
“Hai un culo meraviglioso.”
“Ciao, ti va di conoscerci?”
Foto di cazzi.
I miei compagni del liceo le hanno condivise sul gruppo di classe.
C’è anche un messaggio di Mirko.
“Così impari, puttana, a lasciarmi senza motivo. Ti ho dato tutto ciò che potevo, ti ho aiutato quando ne avevi bisogno, ti ho sostenuto in ogni istante e mi lasci senza motivo. E ho scoperto il tuo piccolo segreto… troia. Ho parlato con Simone e Fabio. Ti piacciono proprio i cazzi, eh? Anche loro avevano delle tue belle foto da farmi vedere. Sei una puttana traditrice. Ho inviato una bella e-mail a tuo padre, gli ho detto che razza di troia è la figlia e quanto si diverte a letto con i maschi. Ora puoi scopare con tutti quelli che vuoi, addio, zoccola.”
Lo smartphone mi cade dalle mani.
Tremo.
Io… non… riesco…
Un dolore lancinante al petto.
È possibile morire per il dolore?

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Sussurrante vuoto ***


CINQUE MESI DOPO
Guardo la foto della ragazza che ho tra le mani, la madre è alle mie spalle, aspetta, ma non ho niente di confortante da dirle. Sono trascorsi già cinque mesi da quando è successo, ma hanno lasciato intatta la sua stanza. È una meravigliosa donna sui diciannove anni, la notizia della sua morte ha raggiunto tutti i giornali e la televisione. Le indagini della polizia non hanno portato a niente e la famiglia si è rivolta a me.
Mi volto.
La donna, Carla, è in lacrime. Il marito, Giovanni, entra nella camera, entrambi hanno l’aspetto che ci si aspetta da due genitori in lutto.
“Avete trovato lo smartphone di Sara?”, chiedo.
Carla me lo porge, imbustato.
“Lei…”, esordisce Giovanni senza guardarmi negli occhi. “Deve riuscire ad incastrare… quegli animali.”
Annuisco. Non è così facile come sembra.
“Cercherò di fare il possibile. Vorrei parlare con la sorella, se possibile.”
“Adesso è dalla psicologa.”, comunica sottovoce Carla.
La casa è avvolta da un silenzio ammorbante, l’abbraccio di una morte improvvisa che toglie ai sopravvissuti ogni fiato e fa morire in gola ogni parola.
“Sarò in città il periodo delle indagini. Alloggerò all’hotel Felicitas.”, spiego. “Avete il mio numero di telefono. Mettiamoci d’accordo, va bene?”
“Sì.”
La madre mi stringe la mano con reverenza.
“Grazie, signor Guerra.”
Faccio un cenno col capo.
Pensano che sia un giustiziere, ma tutto ciò che posso fare è trovare delle prove e consegnarle alla polizia, non ho autorità per arrestare nessuno.
Torno in hotel, mi siedo alla mia scrivania, accendo il laptop e inizio a lavorare.
Sara Antonelli, la figlia di Carla e Giovanni Antonelli, si è tolta la vita impiccandosi in un capannone cinque mesi fa in seguito allo scandalo che l’ha coinvolta. Alcune sue foto private, che appartenevano al fidanzato, sono state divulgate e diffuse. In seguito al padre è giunta un’email di Mirko Cosini in cui quest’ultimo descriveva tutto ciò che facevano a letto. Questa email ha aperto la strada ad altri due sospetti, Simone Esperti e Fabio Di Gregge, due ragazzi in città con cui Sara ha avuto una relazione. Mirko sosteneva che Sara lo avesse tradito perché Sara aveva incontrato i due ragazzi mentre stavano ancora insieme. La sorella di Sara, però, Chiara, sostiene che quando Sara ha incontrato Simone e Fabio, nell’intervallo di tempo di tre mesi, Sara e Mirko non stessero insieme perché avevano deciso di prendersi una pausa. Dopo i due si sono riavvicinati e sono tornati insieme.
Apro una foto che ritrae Mirko e Sara.
Non ci sono prove che Sara abbia mantenuto rapporti con Simone o con Fabio dopo essersi rimessa con Mirko.
Accendo lo smartphone di Sara. Scrollo tra i messaggi WhatsApp. Resto inorridito, ma devo continuare, trovo il messaggio di Mirko. Qualcosa non mi convince, l’ultimo messaggio risale ad una settimana prima della morte.
Contatto via email Federica Caso, la mia esperta informatica, nonché la mia fidanzata. Come sempre mi risponde all’istante.
“Ciao Marco, di cosa hai bisogno?”
“Come posso recuperare dei messaggi che sono stati cancellati da WhatsApp?”
“Stai lavorando sul caso di Sara Antonelli?”
“Sì.”
“Che rabbia.”
“Lo so.”
“Puoi inviarmi lo smartphone? Cerco di recuperare quello che posso.”
“Te lo farò consegnare il prima possibile. Mi sembra strano che nella rabbia e frustrazione del momento non abbia risposto all’ex.”
Non mi risponde più. Mi telefona direttamente.
“Dimmi.”
“Vengo lì.”
“Non ho capito.”
“Tanto hai preso una stanza doppia come fai sempre, lavoro da lì. Voglio fare luce su ‘sta faccenda.”
Sospiro. So che è inutile mettermi contro di lei tanto farebbe comunque quello che vuole.
“Quando parti?”
“Sono già in auto.”
C’era da aspettarselo.
“Ci vediamo qui tra due ore.”
“A dopo.”
Chiusa la telefonata decido di rivedere i miei sospetti: Mirko è l’ex che si sente tradito e che decide di vendicarsi, Simone e Fabio non sono ancora in grado di inquadrarli bene. Nelle indagini ufficiali sono stati ignorati. Devo fare luce su questa faccenda. Perché è trascorsa quella settimana? Cosa ha fatto scattare definitivamente la molla? Sara stava già vedendo anche uno psicologo, il dottor Bernardi, è un altro nome che devo aggiungere nella mia lista.
Faccio un sospiro.
La polizia alla fine non ha incolpato nessuno per mancanze di prove, o forse perché la famiglia Cosini è una delle più ricche della città, forse il trenta percento della popolazione qui lavora per una delle tante attività del padre di Mirko.
Non ho trovato amiche o amici di Sara. Nessuno si è fatta avanti per aiutarla, quella poveretta aveva soltanto la sua famiglia.
Sul desktop c’è ancora la foto di lei e Mirko sorridenti insieme.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Indagini nel fango ***


DUE ORE DOPO
Arrivano prima le valigie che lei, la vado a salutare alla porta d’ingresso, mi abbraccia e mi bacia con tenerezza.
“Mi sei mancato.”, mi dice.
“Anche tu.”
“Ora a lavoro.”
Alzo le mani per farla passare. Incurante delle cose che avevo sulla scrivania butta tutto a terra e sistema i suoi computer. Toglie il cuscino dalla sedia e si accomoda direttamente sul legno. Sistemo quello che ha fatto cadere su un tavolino. Le porgo lo smartphone di Sara.
“Dobbiamo fare le cose per bene.”, parla, è arrabbiata. La capisco.
“Non ti porto con me ad interrogare i sospetti.”
“Perché no?”
“Perché non devo torturarli.”
“Peccato.”
Già. Ma non glielo dico.
Collega lo smartphone al computer, effettua il login nell’account Google di Sara.
“Ah come pensavo!”
“Cosa?”
Mi piego sopra la spalla di Federica per vedere gli schermi.
“Ha cancellato i messaggi, ma ogni volta faceva uno screen, vedi li ha salvati tutti qui in questa cartella che ha poi caricato sul Drive, sotto un nome falso. Ah…”
“Ha creato varie sottocartelle per nascondere quella dove sono gli screen.”
“Sì. È un trucchetto che puoi usare anche per nascondere i porno.”
“Ne terrò a mente.”
Federica naviga tra quelle che sembrano infinite cartelle fino ad arrivare alla destinazione.
“Sono un centinaio di screen, Sara ha scritto a molte persone la settimana prima di suicidarsi, ma poi ha cancellato tutto.”
“Sono le chat di Mirko, Fabio, Simone, c’è anche la sorella. E questa chi è?”
Indico un file.
“È segnata solo col nome di Pina.”, legge Federica. “Ah ecco, è la fidanzata di Fabio, a quanto pare ha contattato Sara dicendole di stare alla larga dal suo fidanzato dopo che ha saputo che avevano avuto una storia. Dio Santo.”
“Dovremo leggerli tutti.”, dico sedendomi. 
“Senza zucchero.”
“Cosa?”
“Anzi… no va bene senza zucchero.”
La guardo.
“Il caffè che devi portarmi, lo voglio senza zucchero.”, riprende.
“Agli ordini.”
Vedo Mirko che esce dalla palestra. Lo avvicino mostrando il distintivo da investigatore privato.
“E cosa vorrebbe da me?”, grida.
“Devo farti qualche domanda riguardo Sara, non ci vorrà molto.”
Gli occhi di Mirko si spengono. Leggo rammarico e senso di colpa.
“Cosa vuole sapere?”
“Ti aveva per caso, mai accennato, alla sua idea di togliersi la vita?”
“Senta… possiamo parlare da qualche altra parte?”
Attorno a noi si è formato un gruppo di curiosi. Dopo gli eventi anche Mirko si è ritrovato al centro dell’attenzione. Andiamo in un parco lì vicino, ci sediamo ad una panchina e riprendiamo il discorso.
“No, Sara non…”
Prendo lo smartphone della vittima e leggo ad alta voce:
“Sei spregevole. Non credevo tu fossi in grado di farmi così tanto del male. Credi che per me sia stato facile lasciarti? Credi che lo abbia fatto a cuore leggero? Perché hai dovuto infangare così tre anni di relazione? Con Fabio e Simone sono stata durante la pausa, pausa che tu hai voluto perché volevi lasciarmi! Cosa c’entrano con noi? Quando abbiamo deciso di tornare insieme li ho anche bloccati, non ho mai più parlato con loro! Non hanno avuto alcun peso nella mia decisione. Ti volevo bene, Mirko, per questo ho deciso di lasciarti. Sembra una frase cliché, ma è così. Perché avrei dovuto continuare ad ingannarti dicendo di amarti?”
Durante la mia lettura Mirko ha tenuto la testa bassa, con la punta del piede sposta il terriccio, si è seduto di sbieco, ogni tanto alza lo sguardo verso il parchetto lontano mentre con la mano destra si gratta la barba. Non mi aspettavo mi lasciasse finire di leggere tutto.
“E quindi?”, domanda.
“Conosci questo messaggio?”
“Sì.”
“Come le hai risposto?”
“Non mi ricordo.”, risponde agitato.
“Hai risposto: sei una cagna, non scrivermi mai più.”, leggo.
“Perché mi ha fatto una domanda se sapeva già la risposta?”
“Volevo valutare la tua sincerità.”
“Se ne vada al diavolo.”, si alza e se ne va.
È chiaramente in conflitto. Sa bene che la responsabilità della morte di Sara ricade sulle sue mani. Il mio obiettivo è provarlo.
Avvicino Simone. Sta lavorando come barista.
“Sono impegnato, mi scusi.”, risponde frettolosamente. Il suo capo, però, che ha ricevuto da me cento euro prima che iniziassi la conversazione con il ragazzo, lo raggiunge e gli raccomanda di prendersi quindici minuti liberi. Io e Simone andiamo sul retro del locale.
Il ragazzo sta sudando, è in ansia.
“Perché hai condiviso le tue foto di Sara con Mirko?”
“Mi ha minacciato, cazzo! Ho avuto paura!”
“Com’è venuto a sapere di te?”
Simone si guarda attorno.
Ripeto la domanda, ma non ottengo ancora risposta.
“Come hai conosciuto Sara?”
“Nel bar in cui lavoro. Ci siamo piaciuti… io… l’ho fatta bere un po’ di più perché volevo provarci con lei. Insomma, la sera abbiamo fatto l’amore.”
“E poi?”
Simone si asciuga le mani sui pantaloni.
“Niente, me ne sono andato… cioè le ho detto che non potevamo vederci perché… non volevo fare niente di male, eh, però, ha iniziato a dire che era un periodo un po’ così. Diciamo, cioè, mi sono un po’ rotto. Io volevo solo scopare.”
“Le vostre relazioni si sono chiuse quel giorno stesso, quindi?”
“No… ci siamo scritti… mi ha inviato qualche foto, io ho chiesto per qualcosa in più. Cioè, se voleva.”
“Lei ti ha inviato delle sue foto nuda, poi tu cosa hai fatto?”
“Dopo aver ricevuto le foto… cioè insomma… ho…”
Tiro fuori lo smartphone di Sara.
“Sei un brutto stronzo, quelle foto me le hai scattate tu di nascosto, io non ti ho mai inviato niente, come ti permetti. Fino ad ora non sapevo neanche che esistessero quelle cazzo di foto. Ho deciso di denunciarti, sei proprio un pezzo di merda.”, leggo.
“Ah… cioè…”
“Quindi, queste foto, le ha fatte lei o tu?”
“Senti, amico, io non volevo che le succedesse niente di male. Quelle foto dovevano essere per me e solo per me. Però quando l’ho vista là. Cioè mi hai visto? Non avrei mai avuto una possibilità con una come lei, volevo conservarle per… ricordo.”
“Quando Mirko ti ha confrontato al riguardo tu gli hai ceduto tutto?”
“Sì, cazzo lo hai visto? Fa paura per quanto è grosso. Gli ho dato le foto e gli ho detto che siamo stati insieme.”
“Ora dimmi, Mirko com’è venuto a sapere di te?”
Simone ingoia la saliva. Non mi guarda negli occhi. Il sudore gli scende copioso dalla fronte.
“Martina.”
“Chi è Martina?”
“Un’amica di Sara…”
“Hai un cognome?”
“Franco.”
“Martina Franco.”
“Sì.”
“Compagna del liceo?”
“Sì.”
“Elabora:”
“Niente, Martina un giorno è venuta con Mirko e poi sai già.”
“Perfetto, grazie.”
“Non sono nei guai, vero?”
“Sara è morta. Ai miei occhi sei tra i responsabili. Se scoprirò che mi hai mentito o che hai omesso qualcosa dal tuo racconto, farò tutto ciò che è in mio poter per assicurarmi che tu sia tra i primi indiziati.”
“Ma io non ho fatto niente!”
Lo guardo negli occhi. Apro la bocca, sto per rispondere, ma poi penso sia meglio lasciarlo bollire nel suo brodo. Mi scongiura di credergli, quasi si mette in ginocchio. Non dico niente e me ne vado lasciandolo lì, patetico.
Torno in hotel, nel pomeriggio ho appuntamento con lo psicologo di Sara. Trovo ad aspettarmi nella hall Chiara e Federica.
Stringo la mano alla ragazza e le offro le mie condoglianze, lei ringrazia gentilmente e trattiene le lacrime.
“Parliamo in camera.”, dice Federica, le tiene le spalle e parla con dolcezza.
Quando siamo in stanza Chiara non dice una parola, si siede sul letto e resta lì, guarda me e Federica con fare disperato.
“Martina Franco.”, dice.
“Chi è?”, domanda Federica.
“La responsabile di tutto.”, la voce di Chiara è rotta, ogni suono che emette la porta più vicina ad una crisi di pianto. Per lei è una tortura dover pensare alle persone che hanno condotto la sorella al suicidio.
“Simone ha fatto il suo nome.”, le confermo. “Cosa puoi dirmi di lei?”
“Ha sempre odiato Sara perché amava Mirko.”
Chiara parla velocemente per fuggire dalla disperazione che la pedina.
“Si è inventata sempre un sacco di calunnie su Sara.”
“Conosci le sue abitudini, sai dove potrei trovarla?”
“Lavora in un negozio di fiori…”, Chiara si morde le labbra cercando di contenersi.
Federica si siede al suo fianco, l’abbraccia.
“Non serve.”, le sussurra all’orecchio.
Chiara scoppia in lacrime.
Nella stanza piomba un religioso silenzio. Tutto tace dinanzi al dolore di una sorella in lutto. Conosco le mie emozioni e so tenerle a bada, ma vedere Chiara… ho bisogno di porre fine a questa storia, questa tragedia che ha registi e attori e di cui Sara è stata l’involontaria protagonista.
“Sei stata molto coraggiosa, Chiara.”, dice Federica con dolcezza. “Lascia pure a me le informazioni che vuoi dire all’investigatore.”
“Ho deluso mia sorella…”
Il suo pianto mi stringe il cuore, serro i pugni, cerco di non lasciarmi travolgere, Federica si commuove, abbraccia la ragazza e i suoi singhiozzi. Federica mi fa cenno con la mano di andarmene, obbedisco e le lascio sole.
Il dottor Bernardi mi ospita nel suo ufficio.
Ha la faccia simpatica e i modi di fare gentili. Ci accomodiamo e iniziamo a parlare di Sara.
“Mi è dispiaciuto molto per ciò che le è successo, ma allo stesso tempo non posso dirmi sorpreso.”
“Elabori, per favore.”
“Vede, Sara aveva gravi problemi con la figura paterna. La mancanza del padre durante i suoi anni dello sviluppo l’hanno spinta a coltivare un’ossessiva visione ideale del maschio. Per Sara solo un uomo poteva darle la stabilità emotiva di cui aveva bisogno e, nel momento in cui la persona con cui stava non era in grado di soddisfarla, passava rapidamente ad un altro partner. È quello che è successo anche con Mirko, Simone e Fabio. Oltre a ciò si aggiunge un insaziabile desiderio sessuale…”
“Mi sta dicendo che Sara era ninfomane?”
“Temo di sì.”
Prendo lo smartphone.
“Ieri ho fatto sesso con Mirko, ma non mi è piaciuto. Ultimamente fare l’amore non mi piace proprio, forse è perché Mirko è troppo irruento, vorrei prima delle carezze e dei baci. Forse dovrei dirgli che per un po’ non voglio fare sesso.”, leggo.
Il dottor Bernardi fa per aprire bocca, ma lo fermo con l’indice e lo ghiaccio con lo sguardo. Se ha deciso di raccontarmi cazzate è il suo giorno sfortunato.
“Sono tre mesi che Mirko è fuori con la squadra, dovrebbe tornare la settimana prossima. Ho voglia di fare l’amore, tre mesi di astinenza sono troppi! Spero si ricordi ciò di cui abbiamo parlato.”
Cambio pagina.
“Ho scopato con Mirko, è stato bello. È stato dolce con me, mi ha ascoltato, mi sono sentita bene. Forse il sesso non è così brutto!”
Lo guardo.
“Non mi sembrano le parole di una ninfomane.”
“Guardi, chiaramente erano cose scritte…”
“Il dottor Bernardi mi fa sentire in colpa. Dice che la mia libido è fuori controllo. Che è colpa mia quello che è successo. Che se non fossi stata una degenerata Mirko non avrebbe reagito in quel modo. Ha detto che dovrei ringraziarlo per quello che è successo così posso mettere in ordine la mia vita. lo odio, ma non voglio caricare mamma di altre preoccupazioni, quindi continuerò ad andarci per un po’, ma poi basta.”
Lo psicologo resta in silenzio.
“Ho letto queste cose dal diario segreto che abbiamo trovato in casa di Sara.”, dico. “C’è un’altra cosa che vorrei leggerle.”
“Credo che il nostro tempo sia scaduto.”, lo psicologo si alza dalla sedia e si avvicina a me, ho le gambe accavallate. Mi mette una mano sulla spalla. Alzo gli occhi verso di lui, lo fisso nelle sue pupille suine.
“Non mi tocchi.”, chiedo gentilmente.
Il dottor Bernardi ritrae la mano come se scottassi.
“Se ne deve andare.”, insiste.
Mi alzo e leggo sulla via dell’uscita.
“Ho scoperto che quel porco di Bernardi è zio di Mirko! Ma che cazzo! Nessuno lo sa! Com’è possibile? Fanculo, fanculo…”, interrompo la lettura. Mi rivolgo a lui. “Sembra lei sia più coinvolto di quanto sembri.”
“È una minaccia?!”, domanda adirato.
“No.”
Sta per spintonarmi.
“Se mi tocca di nuovo le spezzo tutte le dita. Questa è una minaccia.”
Con un grugnito si allontana da me.
Vado via.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Dal Vangelo secondo la vittima ***


Fabio e Pina stanno passeggiando nel parchetto come sono soliti fare dopo il turno di lavoro di lei.
Li avvicino, ma appena Pina vede il mio distintivo afferra la mano di Fabio e si allontana rapidamente dicendo che non vogliono rilasciare dichiarazioni. Mentre si allontanano, però, scorgo Fabio che si guarda alle spalle. È mosso da Pina, ma capisco che vuole parlare con me. Indico i miei piedi e il terreno per fargli capire che mi avrebbe trovato proprio lì quando avrebbe voluto.
Due ore dopo lo vedo in lontananza che mi sta raggiungendo.
“Mi scusi per prima.”, dice.
“Sai perché sono qui. Raccontami.”
La gente ci guarda.
“Andiamo via.”
Saliamo in auto di Fabio.
“È stata Pina.”
“Spiegati meglio.”
“Quando sono stato con Sara… io ero fidanzato con Pina. Siamo finiti a letto dopo una giornata insieme a fare volontariato, cioè… quello era nel pomeriggio perché la sera siamo andati a bere e ci siamo svegliati uno affianco all’altra, la peggiore sbornia della mia vita. Abbiamo chiacchierato, ci siamo fatti dei selfie… dopo il sesso, sa… comunque, avevamo anche deciso di continuare a sentirci. Ma poi Sara ha scoperto che ero fidanzato. Mi ha detto che se non avessi lasciato Pina, prima, lei non avrebbe fatto proprio niente. Mi ha pregato di cancellare i selfie dal telefono e se ne è andata…”
“Convinta che tu avresti lasciato Pina.”
“Sì. Ma io non l’ho lasciata e poi lei si è rimessa con Mirko.”
“Come ha fatto Mirko ad avere le tue foto?”
“Quando è successo tutto, anche Pina ha ricevuto le foto di Sara e…”
“Le foto erano sul tuo smartphone.”
“Sì.”
“Arriva al dunque, come ha fatto Mirko ad avere le tue foto?”
“Pina.”
“E come ha fatto Pina a mandare queste foto che erano sul tuo cellulare?”
Silenzio.
“Le ha scoperte e…”
“Smettila di raccontare cazzate.”
“Sto dicendo la verità.”
Nel volto di Fabio leggo assoggettamento, senso di colpa e codardia.
“Sara ti ha contattato i giorni prima di morire?”
“No.”
“Sai per caso se ha contattato Pina o se Pina ha contattato lei?”
“No. Non abbiamo parlato con lei.”
“Va bene…”
Svio la conversazione su domande che non mi interessano, soltanto per non far capire a Fabio che intendo interrogare Pina. Ci salutiamo e lo lascio andare.
Torno in hotel.
“Com’è andata?”, mi domanda Federica.
“Raccontano una marea di cazzate.”, mi distendo sul letto ancora vestito.
“Mi racconti tutto a cena?”
“Che ti va di mangiare?”
“Secondo te?”
“Pizza.”
“Esatto al cento percento, sei davvero bravo come investigatore.”
Andiamo in una pizzeria lì vicina, Federica ordina una pizza diavola con salame piccante, io una bianca con prosciutto cotto. Non parliamo del caso perché c’è troppa gente, non ci mancano le cose di cui chiacchierare. Mi fa bene passare del tempo con lei senza indulgere nelle menzogne che quei ragazzi mi stanno rifilando.
Torniamo in hotel, facciamo l’amore e restiamo nel letto.
Parliamo del caso per una buona oretta.
“Credi che Pina possa fare luce sulla faccenda?”
“Sono tutti coinvolti. E loro sono soltanto la punta dell’iceberg. Vorrei poter condannare tutti coloro che hanno condiviso le foto. Tutti.”
“Ti capisco.”
“Cerchiamo di dormire un po’.”, dico sbadigliando.
“Ti amo.”
“Anche io ti amo.”
“Buonanotte.”
L’indomani intercetto Pina a lavoro. Silenzio le proteste della ragazza dicendole subito che Fabio ha mentito e rischia di essere incriminato per aver testimoniato il falso. Sto mentendo, ma colpisco un nervo scoperto. La ragazza muta immediatamente atteggiamento e diventa più collaborativa.
“Come hai avuto le foto di Sara?”
“Prego!? Quali foto?”
“Fabio sostiene che sia stata tu ad inviare le foto di Sara a Mirko.”
“Cosa…”
Pina strabuzza gli occhi, è una reazione sincera. Si porta una mano al petto, sta avendo un mancamento.
“Quello stronzo! Mi ha detto che Sara ci ha provato con lui! Che si stava facendo compatire per sedurlo… io… gli ho creduto… oh mio Dio…”
Pina si copre la bocca con la mano, vomita in un angolo e scoppia a piangere mentre la consapevolezza di aver potuto contribuire alla morte di una ragazza si fa strada nel suo cervello.
“Credo di dover parlare con Fabio di nuovo.”, dico.
“Non solo lei.”
Siamo nell’ufficio dove lavora Fabio.
“Scusami, Fabio, credo di doverti fare qualche altra domanda.”, esordisco, Pina mi precede e gli tira un ceffone gridandogli contro.
“Come ti sei permesso! Mostro!”, inizia a schiaffeggiarlo, viene fermata da alcuni colleghi del ragazzo.
Lo afferro per un braccio.
“Il tuo castello di bugie è caduto.”
Nel cesso dell’ufficio Fabio ci racconta tutta la verità. Che ha inviato lui le foto per vendicarsi di Sara che non aveva voluto essere la sua amante e che si era invento una storia con Pina per indurla a scriverle il messaggio in cui la minacciava.
Pina ascolta terrorizzata e furiosa.
“Io ti uccido.”, gli dice a denti stretti.
“Come ha fatto Mirko a trovarti?”
“Non lo so, è venuto da me già sapendo la storia di Sara.”
Sono con Federica in hotel.
“Dovrò parlare con Martina Franco. Non viene mai menzionata da Sara. Come faceva a sapere tutto di lei?”, ragiono ad alta voce.
“Ho trovato una cosa.”, Federica richiama la mia attenzione. “Sara era su questo forum… scriveva un po’ di tutto… anzi leggi qui.”
“Rendeva storie fantasy ciò che le succedeva nella vita reale.”
“Esatto. Vedi questo post risalente a cinque anni fa, ha raccontato anche della malattia del padre. Tutta la vita di Sara è su questo forum sottoforma di storia inventata. Aveva una mente brillante.”
“Trovato altro?”
Federica mi guarda sottecchi.
“Ma con chi pensi di star parlando?”
Rifletto sulla risposta da darle per non incorrere nella sua ira.
“La migliore?”
“Risposta esatta.”
“Vedi qua.”, mette in evidenza una chat privata.
“A quando risale questa chat?”
“Sette anni.”, l’ultima conversazione è di tre mesi fa.
“Cavolo, Sara ha raccontato tutto a questa persona.”
“Indovina chi è.”
“Martina?”
“Esatto.”
“Ma… la sorella ha detto che lei e Sara si odiavano.”
“Ma Sara non sapeva che era lei. Guarda qui.”
Martina aveva creato un profilo fake con tanto di foto, descrizioni, eventi, tutto per poter spiare la vita di Sara. Si era finta sua amica, aveva guadagnato la sua fiducia, l’aveva sostenuta anche nel periodo difficile della malattia del padre.
“Sapeva tutto su di lei, Sara le ha raccontato anche delle foto, di Fabio, di Simone, tutto. Non sapendo che fosse Martina, si sentiva al sicuro.”
“Dando la possibilità a Martina di rovinarla…”
“Devi proprio parlare con questa tipa.”
Trovo un messaggio di Pina sul cellulare, mi chiede di vederci.
Raggiungo il luogo dell’appuntamento.
La ragazza è in lacrime e disperata. Mi avvicino preoccupato.
“Mi può accompagnare?”
“Dove dobbiamo andare?”
Ci incamminiamo, arriviamo a destinazione.
Busso.
“Signor Guerra?”, mi saluta Giovanni.
“Sua moglie e sua figlia sono in casa? Questa ragazza ha qualcosa da dirvi.”
“Sì, certo, accomodatevi.”, Giovanni ci fa cenno di entrare.
Sostengo Pina ad ogni passo. Non deve essere stato facile trovare il coraggio necessario per una cosa simile. Chiara e Carla arrivano in salotto. Pina non riesce a guardarle in faccia, si tormenta la pellicina delle unghie. Piange. Le metto una mano sulla spalla. Non posso fare altro. Non intendo parlare per lei. Deve andare fino in fondo.
“Io…”, esordisce con un tono di voce basso. La famiglia di Sara è in silenzio. Hanno uno sguardo interrogativo, ma attendono pazienti che Pina trovi la forza. La ragazza cade in ginocchio e vomita fuori le parole che covava nel cuore descrivendo per filo e per segno ciò che è successo tra lei, Fabio e Sara. Chiede perdono, in ginocchio, con il capo sul pavimento, lo bagna di lacrime. È una scena straziante. Carla si commuove, Chiara si alza, va da Pina e la aiuta a rialzarsi. Il padre abbraccia la figlia e la ragazza. Carla si aggiunge a quel gesto. In silenzio esco fuori.
Aspetto fuori Pina e la accompagno a casa. Ha gli occhi rossi. È distrutta, ma leggo nei suoi occhi una pace che non aveva quando era arrivata. 
“Hai fatto la cosa giusta.”, le dico.
“Grazie. Non mi sento bene.”
“È normale.”
“Come posso rimediare?”
“Non puoi. Hai fatto il tuo massimo, chiedere perdono per il tuo errore, ma non puoi rimediare, alla morte non c’è rimedio.”
Pina resta in silenzio soffocando le lacrime. Non voglio mentirle. Si è comportata da stupida ed è cascata nelle trame di Fabio senza accorgersi di nulla, o senza volersi accorgere di nulla.
“Posso aiutarla nelle indagini.”, si offre.
“Non mi servi, mi spiace. Hai fatto quello che dovevi, ora lascia fare a me.”
“Mi può tenere aggiornata di cosa scopre?”
“Non credo si possa fare.”
“...”
Il resto della strada lo percorriamo in silenzio. Non ci sono parole da dire, solo un’anima che ha bisogno di guarire, se mai ci riuscirà.
“Se dovrai rivolgerti ad uno specialista, non andare dal dottor Bernardi.”, dico quando scende dall’auto.
Pina annuisce, non capendo bene a cosa mi stia riferendo, saluta e se ne va. La seguo con lo sguardo finché non entra nel portone. Provo compassione per lei.
Spero che Martina possa gettare luce sulla faccenda. Non capisco perché Sara abbia cancellato quei messaggi, ma conservato gli screen. Lo smartphone è stato trovato sul cadavere…
“Ha chiamato?”, mi domanda Martina. Non sa chi sono, l’ho mandata a chiamare dal capo nel fast food in cui lavora.
“Sì, devo farti alcune domande.”, le mostro il distintivo.
Scappa.
Questa è nuova.
La blocco al cancello.
“Dove vai?”, le chiedo.
Mi rendo conto che voglio punzecchiarla.
“Non voglio rispondere a nessuna domanda.”
“Invece devi. Sali in auto.”
“Non devo fare proprio niente.”
“So che sei stata tu a mettere in contatto Mirko, Fabio e Simone.”
Gli occhi di Martina si perdono nel vuoto, cerca una via di fuga.
“Mentono.”
“So che sei tu Valentina Ricci, il profilo fake che hai creato per spiare Sara.”
“Le prove?”
“Ne ho diverse.”
“Io non credo proprio.”
“Cosa pensavi di ottenere?”
Martina capisce di non avere vie di fuga, continua a guardarsi attorno, ma con disperazione.
“Aiuto! Mi sta aggredendo!”, grida. Alzo il distintivo al cielo.
Le persone la ignorano completamente.
“Ma che cazzo…”, commenta lei sottovoce e amaramente.
“La solidarietà non è propria di questa città.”
Martina si arrende.
“Secondo te perché ho creato quel profilo fake?”
“Per spiare Sara.”
“E per conto di chi?”
“Elabora.”
“Mirko mi disse di scoprire qualcosa su Sara perché gli piaceva. Cazzo.”, si sistema i capelli dietro l’orecchio. “Sono patetica. Devi capire che amo Mirko da quando ho dieci anni e lui mi ha sempre ignorata. Quando ho visto l’opportunità di avvicinarmi a lui per Sara, l’ho presa. All’inizio usavo il forum per scoprire cosa le piacesse e cose così per far fare bella figura a Mirko. Quando si sono messi insieme… ho continuato ad usarlo per sapere come andavano le cose tra di loro. Devi capire che se Mirko mi avesse chiesto di tenergli il cazzo mentre Sara glielo succhiava, io avrei anche detto di sì.”
“E quando lo ha lasciato hai deciso di usare le tue informazioni per mettere Sara in cattiva luce.”
“Per vendicarmi di lei, sì, ma… non volevo si uccidesse.”
“Cosa pensavi di ottenere?”
“Volevo umiliarla.”
“Il tuo piano è andato come speravi?”
“Vaffanculo. Quando è morta… Mirko ha detto che era troppo scosso e non voleva… stare con nessuna. Anche da morta la… Sara rovina i miei piani.”
“Sei stata tu a convincere Mirko a diffondere le foto di Sara.”
Martina mi punta un indice contro.
“No! Gli ho solo raccontato di Fabio e Simone!”
“Quindi è stata un’idea unicamente di Mirko?”
“Assolutamente sì.”
Annuisco e annoto sul mio taccuino. Decido di andarmene perché devo un attimo mettere in ordine le idee. Ho tutti i motivi di pensare che Mirko sia il primo responsabile, lui ha messo in giro le foto, anche quelle di Simone e Fabio, ma ancora non mi spiego i messaggi cancellati e gli screen, certo Sara li ha potuti fare per tenere nascosti ad altri quelle chat, ma perché? I genitori sapevano dell’accaduto, ma non sapevano dei messaggi.
A meno che…
Torno subito in hotel. Apro la porta e trovo Federica che mi punta contro un indice inquisitorio.
“C’è qualcosa che non quadra.”, mi dice parlando velocissimamente.
“Riguardo cosa?”
“Sara… il suo suicidio.”
“Forse non è stato un suicidio.”, diciamo insieme.
“Perché hai questi sospetti?”, chiedo.
“I messaggi.”, Federica mi spiega la sua teoria, uguale alla mia.
“Qualcuno ha inscenato la sua morte e ha cancellato i messaggi senza sapere che Sara aveva fatto degli screen caricati sul Drive.”, ragiono ad alta voce.
“Hai letto parte di quei messaggi ai ragazzi, significa che adesso sanno che il loro piano non ha avuto successo.”
“Ho parlato con ciascuno di loro, ma non ho pensato potessero fare tanto, perché ucciderla, poi? Ormai avevano ottenuto quello che volevano.”
“Forse perché li ha minacciati di denuncia.”
“Non so, morendo avrebbe fatto ancora più scalpore…”
Federica mi prende una mano come se stesse per cadere.
“Chiara.”
“Cosa?”
“E se… oddio…”
“A cosa stai pensando?”
“Chiara.”
I pensieri di Federica diventano i miei.
“Cazzo. Devo parlare con lei.”
“Merda…”, bisbiglia Federica non volendo credere alla sua ipotesi. “Siamo stati con lei, noi…”
“Non traiamo conclusioni affrettate. Parlerò con lei. Vediamo che succede.”

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Angelo peccatore ***


Arrivo a casa di Sara. Chiara mi aspetta all’esterno.
Entra nella mia auto senza che io le dica niente.
“Mi porti dov’è morta mia sorella.”, dice senza alzare gli occhi.
Guido, restiamo in silenzio tutto il tragitto. L’atteggiamento di Chiara parla chiaro. Mi si chiude lo stomaco, per tutto quel tempo mi sono concentrato sulle persone sbagliate. Deve esserci una spiegazione razionale.
Arriviamo a destinazione, Chiara scende, ancora in silenzio. Mi conduce alla porta di ingresso, entriamo, si ferma sulla soglia, posso leggere nei suoi occhi il terrore.
“Cos’è successo davvero?”, domando.
Chiara abbassa lo sguardo, batte il piede due volte sul legno.
“Volevamo fargliela pagare.”, dice a denti stretti. “Sara continuava a ricevere messaggi terribili. Anche con l’appoggio dei nostri genitori, ormai la sua vita era rovinata. È stata una sua idea e io sono stata tanto stupida da aiutarla a realizzarla. Pensammo ad un falso suicidio. Il piano era… fare delle foto, far finta di aver trovato il cadavere, spargere un’informazione falsa per cercare di far sentire in colpa quei figli di troia. Sara… mi ha pregato di aiutarla. Quando… abbiamo sistemato tutto… Cristo…”
Chiara si getta in ginocchio. Riesco a materializzare davanti ai miei occhi come siano andate le cose mentre la ragazza racconta. Il finto cappio che finto non è stato, l’impossibilità di Chiara di salvare la sorella, il panico, il terrore, la morte, l’orrore.
“Ho cancellato io i messaggi… ho pensato che… dovevo continuare con il piano, volevo condannare Mirko, Fabio, Simone, Martina, tutti! Cazzo… Dio mio cosa ho fatto…”, Chiara alza gli occhi al cielo. “Sara, perdonami!”, grida disperata. “Ho caricato i messaggi sul Drive, sapevo che mamma e papà si sarebbero rivolti a lei. Sapevo che li avrebbe trovati… io… speravo di poterli ancora condannare.”, Chiara si nasconde il volto con le mani.
Mi piego su di lei e l’abbraccio.
“Io non volevo, io non volevo…”, continua a ripetere.
Penso al da farsi.
“Sara si è suicidata.”
“Come?”
“Sara si è suicidata. Tu hai trovato il corpo dopo la scomparsa. Il suicidio di tua sorella è dovuto a ciò che Mirko, Fabio, Simone e Martina hanno fatto. Non possiamo lasciare che vadano impuniti. Hanno rovinato la vita a tua sorella e a te. Siete ricorse ad una soluzione estrema e decisamente sbagliata, ma a cui non avreste neanche pensato se non vi avessero costrette le azioni di quei quattro. Non rivelerò il tuo segreto.”
“Scrivemmo anche una lettera di addio… fasulla…”
“Deve diventare pubblica, consegnamela, dirò che l’ho trovata durante le indagini tra gli effetti personali di Sara.”
“Perché fa questo?”
“Perché tu e tua sorella siete vittime di una tragedia.”
Negli occhi di Chiara non c’è vita o speranza. Anche la possibile condanna dei carnefici della sorella non le cambia alcunché. Chiara è morta con Sara, davanti ai suoi occhi vedrà sempre il cadavere appeso della sorella.
“Cosa farà ora?”, mi chiede.
“Farò pressione a chi di dovere. E non intendo limitarmi soltanto ai quattro diretti responsabili. Tutti coloro che hanno condiviso le immagini devono rispondere delle loro azioni. Nessuno è innocente.”, dico. Il mio tono è duro, il mio spirito deciso.
“Grazie.”, Chiara afferra la mia gamba.
“Alzati, Chiara.”, la guardo negli occhi. “La tua guerra è appena iniziata. Quanto tempo riuscirai a sopravvivere con questo senso di colpa che ti grava sul cuore?”
“Io…”
“Converti il tuo dolore. Hai una morte sulla coscienza, la morte di tua sorella, agisci, per lei, in virtù del peccato che hai commesso. Non potrai mai liberarti da questo senso di colpa. La morte è dolore, ma la morte ci sprona. Non puoi far altro che non rendere vana la morte di Sara… alzati, non hai altre opzioni.”
TRE MESI DOPO
La polizia ha radunato tutti nel vecchio liceo di Sara, nell’aula magna, forse l’edificio più grande in città. Ci sono giovani e adulti, la classe di Sara è presente. Non sanno perché sono stati chiamati lì.
Il capo della polizia prende la parola e dichiara tutti i presenti in stato di fermo.
Scoppia la rivolta.
Alcuni provano a fuggire, ma gli agenti hanno bloccato tutte le uscite.
Mirko, Simone, Fabio e Martina, lì presenti, sono dichiarati in arresto.  
Un sorriso si affaccia sul mio volto.
Il lavoro scrupoloso di Federica ha permesso alla polizia di scoprire l’identità di tutti coloro che, in città, hanno condiviso le foto di Sara. È impossibile recuperare quelle che si sono perse nell’oceano di internet.
In un’auto fuori dalla scuola, con i vetri oscurati, ci sono Giovanni, Carla e Chiara.
La stampa si è radunata per l’evento eccezionale.
Dovrei essere condotto anche io in manette e perdere il mio distintivo, ma non mi importa. Sara riposa in pace, i suoi carnefici hanno avuto la fine che si meritano e Chiara, anche se impossibile, forse può trovare un po’ di pace.
Non esistono gli innocenti. Soltanto persone più o meno colpevoli.
Mirko mi guarda in cagnesco quando mi passa davanti, ma scorgo altro nei suoi occhi: è sconfitto. Forse non voleva altro che poter pagare per le sue colpe. Martina mi sputa in faccia. Simone è in lacrime. Fabio non è rivolto verso di me, ma verso Pina che con braccia conserte e grossi occhiali da sole per coprire le pupille rosse, assiste all’arresto del suo ex.
Lo smartphone vibra.
È un poliziotto che mi ha scritto un messaggio: “Il dottor Bernardi ha richiesto un avvocato.”
Sorrido. La sua carriera è finita.
Ricevo una telefonata.
“Pronto?”
“Ehi, come va?”
“Stanno arrestando le persone.”
“Sei su tutti i giornali. O almeno, il caso di Sara e il mega arresto. Hai fatto la cosa giusta.”
Federica non sa la verità.
“Le persone devono rispondere delle proprie azioni.”
“Ho trovato un potenziale cliente.”
“Perfetto. Arrivo subito. Ne ho piene le palle di questa città.”
Vado verso la mia auto.
E guido.
Guido lontano.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3990697