Alternative

di Noa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Arbitrante ***
Capitolo 2: *** Il ritorno dell'Intendente ***
Capitolo 3: *** La Procedura ***
Capitolo 4: *** Singrafe ***
Capitolo 5: *** Gli Altri Giocatori ***
Capitolo 6: *** L'Armadio ***
Capitolo 7: *** Detto e Non Detto ***
Capitolo 8: *** Eulalia ***
Capitolo 9: *** Sogni di Memoria ***
Capitolo 10: *** Le parole del Compromesso ***
Capitolo 11: *** Babel ***
Capitolo 12: *** Il Memoriale ***
Capitolo 13: *** Aspirante Virtuosa ***
Capitolo 14: *** Contrattazione ***
Capitolo 15: *** Avventatezza ***
Capitolo 16: *** Sir Henry ***
Capitolo 17: *** Donna e Fanciulla ***



Capitolo 1
*** L'Arbitrante ***


L'estate su Anima era come una bolla di quiete animata dagli acquazzoni.
Per Ofelia avrebbe dovuto diventare la sua parentesi decisionale il suo ritorno a casa. Il suo momento di riflessione per decidere come procedere, lasciar sfiammare il caos lasciato al Polo e poi abbracciare il futuro, magari con un indizio da Thorn o un segno, anche minimo, che le indirizzasse la via. Purtroppo non era accaduto nulla di tutto questo ed i giorni si era semplicemente impilati uno dietro l'altro.
Aveva passato settantasette tramonti con la sua famiglia, nel più traumatico guazzabuglio famigliare che ormai la giovane animista non era più in grado di gestire o sentire come proprio. Amava Anima, questo non era cambiato, ma lei non vi era semplicemente più adatta. Avere il prozio vicino era importante, un'ancora di salvezza dal troppo affetto, troppo invadente, di madre e sorelle, di cugini e zii, che non sapevano bene come appellare questa parente sposata con un marito scomparso, ma non era più abbastanza. Solo zia Roseline capiva.
Non riceva notizie da Berenilde o Archibald, non sapeva come Faruk avesse deliberato alla sua sequela di mozioni di appelo a nome e per conto del marito perchè le condizioni concordate non variassero prima di aver ritrovato Thorn. Non sapeva nulla e viveva in una bolla, con la drammatica sensazione che il rito del gemellaggio fosse più di una procedura di "pesca e inietta" un nuovo potere.
Il suo animismo era cambiato, si era fatto controverso e invadente, sentiva gli oggetti in modo diverso, li manipolava ad un livello che non era certo fosse tipico su Anima e poi c'erano gli artigli. Incontrollati e inizialmente ingovernabili, sembravano averle sferzato anche il carattere, tantè che ora alzava anche la voce. Scoccava occhiate di pietra, si ritrovava a fare analisi elaborate al limite del maniacale, era come se Thorn le avesse lasciato qualcosa di sè di ben più profondo del suo essere un drago.
Non disse nulla a nessuno ovviamente. Certe cose semplicemente non cambiano, non trovava logica nel perturare i parenti e questo non poteva proprio cambiare nel suo modo di agire.
Proprio mentre la pazienza esauriva i suoi ultimi spasmi che qualcosa giunse, ma non era Thorn.

-Fermatevi immediatamente!- la voce concitata della madre di Ofelia invase l'ingresso di casa. Gracchiante ed irritata.
-Siete Lady Ofelia?- tono piatto ed annoiato, come di un contabile puntiglioso alle prese con un caotico cliente.
-No, certo che no. Ma Ofelia è mia figlia e non tollero manovre sui miei figli!-
-Allora non siete rilevante, spostatevi-
A parlare era un uomo sulla trentina, capelli neri ebano e occhi viola come due ametiste, alto, anche se il concetto era stato rivisto dopo Thorn. No, non era così alto, ma almento un due spanne più alto di Ofelia era sicuramente, indossava una specie di divisa nera con delle bordature rosse. Insegne mai viste.
-Io sono molto rilevante giovanotto! Si fermi immediatamente! Mi ha sentito? Questa è casa mia!!!- la madre ancora gracchiava esagitata inseguendolo saltellante come un fungo rosso.
Il prozio e la zia Rosaline, più qualche altro cugino di passaggio, avevamo fatto capolina all'ingresso incuriositi dalla baraonda.
L'avanzare imperioso dello straniero si bloccò quando anche Ofelia raggiunse il drappello di parenti ed i due si trovarono faccia a faccia. La perplessità ben dipinta sul viso.
L'uomo guardò un documento che teneva nella mano e poi squadrò la ragazza.
-Siete Lady Ofelia moglie del Duca Thorn della famiglia del Drago?-
Silenzio. La risposta doveva essere si, ma non la disse. Fissò inebetita l'uomo incapace di proferir parola.
-Cara?- incalzò in aiuto la zia nello stallo, mentre un cugino cercava di tenere buona la madre.
-Sono Ofelia- disse lei in panne "non sapevo fossi Lady" pensò impacciata, anche se era vero che Faruk avesse riconosciuto il titolo nobiliare a Thorn.
-Finalmente, poniamo fine allo strazio, questo è per voi- le porse un rotolo di perganamena, sembrava uscito dal un archivio storico. Aveva tanto di ceralacca rossa e nastro.
-Se siete pronta andiamo, ho perso veramente troppo tempo su quest'arca, avevo dimenticato gli Animisti e ora mi serviranno anni per dimenticarli di nuovo- stizzito l'uomo.
Aveva tratti severi e un viso affilato, la pelle chiarissima e uno sguardo truce che le ricordò tremendamente un certo Intendente.
-Non... non credo di capire signor?-
-Arbitrante, sono qui per trasferirvi. Leggete la pergamena-
-Non capisco- la faccia di Ofelia era una cartina geografica di caos allo stato puro.
-Non avete ancora letto-
-Venite dal Polo?-
-Leggete!- perentorio, la voce stentoria.
La frutrazione stava un secondo degenerando. L'uomo era tutt'altro che affabile e prono alle spiegazioni e la rumorosa famiglia si stava tutta accalcando. Alla fine Ofelia lesse.
Ma dovette rileggere tre volte prima di essere sicura di aver capito bene e con le urla della madre in sottofondo non fu cosa da poco.
-Il Processo di Thorn è sospeso ?- proruppe in un misto di gioia e sgomento, non era certa fosse una buona notizia, non da quel che leggeva. - E' un nobile ora vero? Con diritto di difendere il suo nome davanti ad una corte di suoi pari. Avete sue notizie? Cosa c'entra il mio trasferimento?-
-E' la clausola per la sospensione, molti nobili hanno chiesto di procedere anche in assenza dell'imputato, con l'intervento dell'Arbitrato il tutto è sospeso, fino a che non farà ritorno e non perderà nessuno dei vantaggi acquisiti, inoltre sire Faruk non può rimangiarsi la parola- la ressa e il caos non sembravano pane per il misterioso ospite, che si stava spazientendo e lanciava occhiate omicide.
-Non... non capisco-
-Ora siete sotto gli Eruditi, che vi piaccia oppure no. Il vostro atipico gemellaggio ha comprato la grazia a vostro marito, fossi in voi non cavillerei sui dettagli-
-Faruk in persona lo ha graziato-
-No, mia cara, l'ha liberato dal suo essere un mezzosangue senza titolo. Ora può giocare alla pari, ma ha un processo pendente sulla testa e non è presente per difendersi- aspro il tono nel mettere i puntini sulle i.
-E se non non volessi venire con voi?-
-E' una scelta poco saggia-
-E' solo un'ipotesi-
La faccenda si faceva complessa.
-Gli Eruditi si ritireranno dal tavolo delle trattative e Faruk potrebbe e probabilmente rivedrà la sua decisione in merito all'Intendente. Si è stato anche reintegrato-
-Perchè?- sgomenta.
-E' la legge. Ordinamento di accordo tra Polo e gli Arbitranti, articolo 13 paragrafo 7- era metodico come un fiscalista, non c'era alcun dubbio. Di nuovo Ofelia ebbe la fastidiosa sensazione di familiarità con Thorn, i suoi modi da Intendente dedito alle procedure gli si sovrapposero quasi. La cosa le dava noie.
-Come hanno convinto Faruk?- insistette nella caccia alle risposte. Tutto era troppo assurdo e la sua caotica famiglia che urlava commenti nel mezzo non era molto di aiuto.
-Esigo una formale spiegazione! O non vi lascerò più parlare con mia figlia- proruppe la madre di botto, liberatasi della zia e di un cugino che la tenevano indietro fisicamente, abito da mongolfiera semovente incluso.
L'Arbitrante aggrottò irato la fronte, il macello allo stato puro lo stava urtanto in via esponenziale.
-Avrete le risposte che cercate, ma ora dovete venire con me. Lasceremo Anima immediatamente, la cosa non è negoziabile-
Il vociare della madre esplose all'ultimatum, anche il prozio contestò e uno dei cugini si unì al coro di proteste.
-Potete darmi un momento? Non posso uscire di casa e basta. Onorerò l'accordo, ma datemi un attimo- proruppe la ragazza in panne, soverchiata dalla notizia e dalla propria famiglia.
-E sia- sentenziò l'uomo, - ci vediamo tra un'ora al porto degli aeromobili, attracco sette. Non constringeti a venirvi a prendere di peso- tonante al punto che tutti tacquero, madre inclusa, si girò impettito sul posto e lasciò la casa a spron battuto.

La famiglia di Ofelia cadde nella classica modalità caotica, con una rassomiglianza che ricordava la mancata cena di famiglia con Thorn quando venne ad Anima per incontrare la sua controparte di contratto. Chi gridava indignazione, chi urlava all'oltraggio, chi pretendeva spiegazioni. Le uniche a restare in silenzio furono il prozio, zia Rosaline ed Ofelia a cui bastò restare in silenzio per sgusciare via dal comizio di opinionisti di famiglia ed usare al meglio l'ora rimasta.

-Bambina mia, non so se sono io che voglio fare un salto di ottimismo, ma sono buone notizie. Se togliamo il fatto che dovete andare con loro, certo- borbottò la zia con in mano la pergamena ufficiale degli Eruditi. Camminava inquieta per la stanza.
Ofelia non era d'accordo, non del tutto almeno, eppure aveva riempito un borsone conscia che avevano solo altri quaranta minuti e dovevano andare all'imbarcadero.
-Non so nemmeno cosa sia questo andare con loro, ma se è l'unico modo per tutelare la posizione di Thorn direi che non è una scelta questa, ma qualcosa da fare e basta- si forzò di essere determinata, ma la voce che uscì fu flebile e insicura. Sentiva l'ansia anche nei suoi artigli di drago, che trattenava con forza per evitare di far danno alla zia e di cui aveva ben poco controllo.
-E se gli chiedessimo di farmi venire con te?- esitò Rosaline nervosamente.
-Mi piacerebbe, ma hai visto cosa dice la pergamena. E' per me solamente il trasferimento, ogni deviazione dall'accordo originale creerà conseguenze di indagine- citò dubbiosa, qualsiasi cosa volesse dire.
La zia sospirò annuendo aiutandola con la borsa.
L'animismo della ragazza stava mostrando per lei il nervosismo, la sciarpa le si era avvinghiata addosso e l'orologio di Thorn, che non aveva più segnato l'ora giusta dalla sua partenza dal Polo, continuava ad aprirsi e chiudersi con un rumore fastidioso. Alla fine tra un commento e una crisi d'ansia le due finirono sul giardino sul retro, l'unico modo per procedere era abbandonare la ressa casalinga. Anche se significava scappare alla chetichella senza saluta nessuno.

...

L'imbarcadero era deserto sotto la pioggia scrosciante, zia Rosaline aveva una postura rigida e una faccia cineria, abbracciata all'ombrello come se dovesse sorreggerla. All'attracco sette vi era parcheggiato un dirigibile dalle dimensioni modeste, chiaramente per uso privato e non di trasporto pubblico, aveva insegne che le due donne non riconobbero. Il ponte di salita era aperto.
-Come sapremo che stai bene?- esitò la zia tirandola per un braccio quando arrivarono alla tettoia di accesso.
-Non lo so- disse Ofelia ancora nel caos.
-E se Berenilde avesse notizie e dovesse provare a contattarti? Se Thorn dovesse contattarti!- incalzante. Alla ragazza sembrò crollare lo stomaco sotto i piedi.
-Non lo so- ancora una volta, con l'ansia che le si appiccicava addosso insieme alle ciocche di capelli che sfuggivano dal cappuccio e le bagnavano il viso.
Erano arrivate alla porta a fine del ponte oscillante, doveva salire. L'ora era scaduta o stava per scadere e lei si sentiva smarrita come al suo primo giro a Città-cielo, ignara di tutto, incapace di valutare, come se non avesse fatto un passo da allora.
-Trova il modo- supplicò la zia lasciandole il braccio quando ormai era alla porta. Solo gli occhi carichi di preoccupazione a salutarla ora.
-Puntuale quantomeno- la raggiunse la voce dell'Arbitrante, aveva un orologio da tasca in mano che chiuse con un gesto violento del polso, prima di infilarselo nel panciotto.
-Non costringetemi mai più a questo inferno- intimò poi seccato avviandosi verso la cabina passeggeri senza degnarla di una spiegazioine.
Ofelia era completamente interdetta, lasciò cadere la borsa a terra e lo inseguì impacciata e goffa, attenta a non impigliarsi da qualche parte.
-Aspettate, aspettate un secondo- cercò di riguadagnare terreno, - dove stiamo andando esattamente? Passeremo da Città-cielo?-
-Vorrete scherzare, questo giochetto mi è costato fin troppo tempo. No, andremo direttamente ad Albedo-
-Albedo?- sempre più smarrita, il nome non le ricordava nulla. La voce era un filo appena udibile.
-L'arca minore sede degli Alchimisti-
-E gli Eruditi?- azzardò nel pallone più completo.
-Gli Alchimisti sono Eruditi- calcò seccato il temine e tagliò corto andando a sedersi in una poltrona nell'alloggiato per i passeggeri. Qui prese una specie di cornetta dell'interfono.
-Ariane parti. Abbiamo l'Attraversaspecchi-
Ofelia sentì solo un vociare nel microfono, ma non colse davvero parole. Fissava contrita l'uomo, di cui nemmeno conosceva il nome e occhieggiava l'interno del piccolo dirigibile con fare sempre più confuso. Voleva arrabbiarsi a questo punto, non voleva più essere la sempliciottta che non batteva ciglio quando il mondo veniva sconquassato, come quando ricevette la notizia del suo matrimonio sensazionale. Ma non lo fece.
-Che cosa c'entro io, con gli Alchimisti?- mugugnò infine, più a se stessa, fissando dal finestrito nel nuvole. Dicendo addio ad Anima un'altra volta ancora.
-Voi sarete un Alchimista-

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Capitolo 2
*** Il ritorno dell'Intendente ***


Erano passati cinque mesi, tre settimane e sei giorni dalla fuga di Thorn dalle prigioni. Coriolano, un miraggio dal passato ripulito dall'ambasciatore in persona, aveva preso il posto di Intendente pro-tempore di Città-cielo, ma tutti a corte parlavano di un accordo tra sire Faruk e emissari degli Arbitranti che vedevano la posizione ancora in serbo per Thorn e cosa più interessante alla burocrazia delirante della città sembrava davvero mancare il suo pragmatico direttore d'orchestra dal pugno di ferro.
Poi un giorno era riapparso, in uno strano scambio di entrata ed uscita di scena con la moglie.
Era semplicemente tornato e come direbbe lui "chiudiamola qui", con la stessa capacità di sorprendere e non lasciare tracce con cui era scomparso dalla sua cella Thorn aveva fatto ritorno a Città-cielo. Sembrava cambiato nel suo essere esattamente uguale, forse più pallido, al punto che le cicatrichi sembravano essersi attenuate ed i capelli avevano preso una nuova lucentezza delle tonalità argento.
Non volle parlare del suo periodo di assenza, non concesse nessun dettaglio, neppure con Berenilde, riassumendo il suo periodo di assenza come di un "evento necessario", come necessaria era la presenza di Febo un Archivista di Babel a cui Thorn aveva offerto asilo politico a Polo.
Era tornato storpio il neo-Duca, camminava solo grazie ad un complesso esoscheletro meccanico intorno alla gamba, gentilezza di Babel. Il tutto gli dava un'aria ancora più tetra ed algida, che peggiorò ulteriormente alla notizia di che fine avesse fatto Ofelia.
Non contattò la famiglia di lei su Anima, per avere altri dettagli o miglior spiegazioni sugli Arbitranti e le loro pretese, la versione di sua zia fu l'unica che volle udire. Ignorò le proposte di Archibald di farlo parlare con il nuovo ambasciatore di Chiardiluna e si buttò come un vaporetto nel lavoro all'intendenza, il tutto mentre preparava la sua ingiunzione per il Processo sospeso, preparandosi a comparire davanti alla Corte dei nobili suoi pari.
Il ritorno di Thorn fu come il ritorno dell'ordine stesso incarnato in una singola figura. Procedure ed ordinanze ripresero a funzionare come orologi, lasciando tornare la Corte a più mondane attività. Le settimane divennero mesi e i mesi stagiorni.
Faruk era caduto nuovamente nella sua solita altalena tra noia e divertimento, anche se Berenilde lo teneva ancorato all'informazione che aveva una figlia, cosa che stranamente gli dava bizzarre parentesi di presenza nel suo eterno presente senza appigglio di ricordi.
In tutto questo Intendente si era fatto sfuggente con il suo signore, nonostante l'immensa clemenza dimostrata da quest'ultimo. Gli faceva visita solo se sollecitato con insistenza e spesso giocava nelle penombre della dimenticanza dello spirito famigliarte per evitarsi incontri non voluti. In generale era assai più sfuggente di prima, ottenere un appuntamento con lui era diventato il nuovo tormentone a corte e in meno di sei mesi si parlava più di questo che del suo contratto con Faruk, della moglie scomparsa e del suo processo ormai imminente, ma già archiviato nei cuori dei cortigiani.
Alla fine le tante voci per l'apparizione in corte di Thorn finiro per scemare in nome di nuovi problemi e vecchi successi, come i nuovi cacciatori assoldati e le nuove regole di trattazione equa adottate a Città-cielo.
Le uniche male lingue che si erano fatte avanti nei mesi ipotizzavano che il misterioso Febo fosse un assassino mercenario, spesso al fianco di Thorn per ragioni non chiare, ma spesso legate ai crolli verificatesi in svariate arche o attinenze di queste.
Polo stava andando avanti riabbracciando la sua passata confortevole routine, il problema alle prigioni o l'apparizione di mille-facce, tenuta ben nascosta ai più, era storia su cui nessuno voleva indagare. La morte del Barone Melchior ormai era solo un racconto da serata monotona e si sa la Corte è un qualcosa che va intrattenuto.
Una normalità dal retrogusto amaro, in cui nessuno pronunciava il nome di Ofelia a voce altra.

...

-Thorn, hai annullato il tuo appuntamento con me? Tua zia! - la veemenza di Berenilde sfociò in sdegno, era oltraggiata oltre ogni dire.
-Eppure eccovi qui, direi che non è servito a molto- disse lui indaffarto con delle pratiche dietro la sua scrivania.
-Perchè non vuoi passare un po' di tempo con Vittoria ? E' tua cugina per l'amor del cielo,-
-E' un infante-
-Quindi?-
-Io non tratto con bambini- liquidò la faccenda impassibile.
-E' la tua unica cugina rimasta- la zia stava perdendo le staffe, gli occhi affilati come due pugnali., - la Corte chicchiererà, dobbiamo dare una nuova narrativa sulla tua situazione. Il processo si avvicina, come puoi essere così disinteressato delle apparenze?-
-Perchè non mi interessano e francamente non avranno peso nel mio processo- replicò sbrigativo annotando dei numeri in una complicata tabella.
Berenilde dovette imporsi di non sbottare, conosceva suo nipote e sapeva che i frontali non erano la via più sana per le discussioni con lui. Inspirò a fondo, nervosamente, ma mantenne forma e contegno.
-Va bene doveva arrivare questo momento, sono stata paziente, oh si che lo sono stata! Ma eccoci qui- dichiarò la zia prendendo nuovamente posto sulla sedia davanti allo scrittoio dell'Intendente. Era come se stesse sancendo qualcosa con il suo accomodarsi, -dobbiamo parlare di ciò che è successo e di questo- allargò le mani come per definire l'operato dell'uomo.
Thorn la ignorò, ma prima che potesse replicare nuovamente squillò il telefono.
-Pronto?- tono piatto e professionale, -no, annullatelo. Incontrerò il comitato la prossima settimana- dall'altra parte ci fu un lungo scambio.
Berenilde non riusciva a sentire il contenuto del dialogo, ma colse l'aggrottarsi delle sopracciglia dell'altro.
-Non mi interessa cosa dice l'ambasciatore, Febo ha accesso a tutti i settori. Disturbatemi per veri problemi- attaccò. Imperioso.
La donna continuava a fissare il nipote con un vistoso cipiglio, in silenzio. Molestamente.
Alla fine Thorn dovette rialzare lo sguardo su di lei.
-Cosa c'è?-
-Dobbiamo parlare-
-Farò visita a Vittoria, ora puoi andare- liquidò la faccenda con un tono esasperato.
-Non serve, risparmiati lo sforzo. Ci pensaremo più avanti al tuo rapporto con mia figlia. Dobbiamo parlare di lei- calcò le sillabe e sentenziò Berenilde con il suo tono severo e inflessibile, quello che il nipote conosceva molto bene.
Ci fu una tesa pausa di silenzio.
-No, non dobbiamo- dichiarò poi lui secco alzandosi stancamente dalla sedia per andare alla finesta, gli occhi fissi sull'occhio di bue, la durezza delle consonanti non prometteva bene.
-Vorrei evitarlo, credimi. Ho provato ad evitarlo ragazzo mio, per mesi, ma guarda dove siamo? Non ti vedo mai da quando sei riapparso e sono già sette mesi ormai! Vivi all'Intendenza e non so nemmeno cosa pensi quando il tuo processo è ormai alle porte, non possiamo continuare così-
-Dov'è la differenza da prima? Intendo prima prima- la correzione che fece senza dare precisione temporale stonò come unghie su una lavagna.
-Questo- ribatté la zia allargando le braccia - Prima eri lanciato nella tua missione, focalizzato, ora non so nemmeno qual è la tua missione-
Lui tacque, distogliendo lo sguardo verso l'esterno.
-Il cielo non crollerà se la nomini, se esprimi le tue emozioni, se ti arrabbi anche. E' giusta e sana la rabbia- argomentò come un avvocato con l'arringa conclusiva.
-E cosa cambierà arrabbiarmi?- chiese con tono lugubre.
-Thorn?- incertò la zia, -possiamo guardare le cose positive? State entrambi bene- anche se nel dirlo le cadde l'occhio sull'esoschelotro che imbragava la gamba di lui, - dovete solo ritrovarvi ecco tutto. Archibald sta cercando tracce degli Arbitranti, ma non sono assassini, sono Eruditi il fatto che abbiano una burocrazia strana non dovrebbe demotivarti. In quanto ex ambasciatore ha dei contatti con loro, ma non è un processo facile, dobbiamo essere pazienti. Perchè non provi a parlargli per capire come muoverti in tal senso?-
-Archibald è inutile-
-Sei ingiusto ora- criticò Berenilde con uno sbuffo sonoro, - il fatto che non ti piaccia per i vostri trascorsi non cambia il fatto che si sia dimostrato un prezioso alleato. Stiamo parlando del padrino di tua cugina comunque-
Thorn corrugò l'ampia fronte, non certo che questo fosse una nota a favore.
-Non ha nessuna reale conoscenza degli Eruditi, ancor meno degli Arbitranti, la dannata élite al di sopra delle famiglie- il tono do voce si era fatto basso, metodico e frustrato, - se avesse usato il suo tempo da ambasciatore per conquistare connessioni utili avremmo sicuramente più possibilità, ma stanti le cose come sono inutile è l'unico modo di descriverlo-
-Sei roso dalla rabbia, sin dai tempi che era Ambasciatore ha sempre aiutato Ofe...-
-Non pronunciatelo- tuonò l'Intendente con aria adirata, bloccandola dal solo pronunciare il nome della moglie scomparsa.
Quella moglie che aveva confessato di amare senza aver mai riceuto risposta.
-Siamo a questo Thorn?- chiese severa Berenilde, alzandosi con uno sguardo severissimo sul viso, -non la possiamo nominare nemmeno adesso?- spazientita non demordeva, - ne parleremo invece, e ne parleremo seduta stante-
-E per dire che cosa di grazia?- era spazientito, frustrato in un modo che la sua facciata da Intendente controllato ora faticava a dissimulare.
-C'è speranza, siete entrambi vivi, entrambi liberi da accuse ingestibili-
-Accuse che sono cadute in un bizzarro dimenticatoio grazie agli Arbitranti o Eruditi che dir si voglia. Accuse che nemmeno Faruk può rievocare, la cosa non vi lascia nemmeno perplessa?- sferzante, la sua invernale replica risoltà ben più che fredda.
-Non sto negando la peculiarità del caso...-
-Ah no?- sarcastico e pungente il tono, qualcosa che raramente Berenilde si era sentita rivolgere dal devoto nipote.
-In che cosa ti ho contrariato Thorn?- chiede di colpo, con una scintilla negli occhi. Aveva colto per un netto secondo il disprezzo, forse rancore dell'uomo, come se gli avesse fatto un gravoso torto.
Ci fu un lungo momento teso, ma alla fine lui distolse lo sguardo e rispose con tono ricomposto da contabile dell'ordine.
-Nessun torto zia, possiamo chiuderla qui? Avrei da fare-
-Non intendo andarmene- ribattè con sguardo determinato ed inamovibile, zia Rosaline avrebbe detto che Brunilde era un armadio a quattro ante quando si impuntava: inaggirabile.
-Volete pedinarmi per tutto il giorno? Sono l'intendente, posso farvi accompanare fuori se necessario- non era una vera minaccia, ma il tono era indubbiamente affilato.
-Liberissimo di provarci caro nipote- qui la minaccia si sentiva eccome.
Lo stallo che si formò tra i due fu appiccioso. Si fronteggiarono con i loro occhi d'acciaio per un minuto buono. Alla fine Thorn si strinse nelle spalle ed incrociò le braccia al petto.
-Non sono contrariato, non davvero. E' puerile da parte mia, non volevo affligervi di colpe che non avete realmente- si giustificò con quel suo tipico impaccio, incapace di destreggiarsi in contesti non logici.
-Ovvero?-
-Non ha importanza-
-Rispondimi- proruppe Berenilde infervorata.
-Non mi avete preparato a quello che sarebbe stato- sbottò a sua volta Thorn. - Avete acconsentito alla mia manovra, lieta di sentire che volevo una moglie, lieta della nostra risoluzione nobiliare, ma non mi avete detto che poteva succedere una cosa simile- la voce era ferma, severa, eppure c'era umiliazione, imbarazzo nel confessare i suoi pensieri.
-A cosa non ti ho preparato? All'eventualità di amare tua moglie?- sconcertata la zia, mai si sarebbe aspettata una simile uscita dal nipote, pur essendone intimamente lieta, l'orgolio di drago soverchiava il tutto. Sgranò gli occhi.
Thorn contrasse il viso in una smorfia, le cicatrici ora più sottili sul viso gli davano un'aria lugubre.
-Avrei dovuto pensare ad un altro piano, se avessi saputo...-
Berenilde schiaffò un'occhiata truce al nipote, scoppiando poi in una risata derisoria ed altera.
-Quale altro piano Thorn? Volevi leggere il libro di Faruk, c'era un solo modo. Uno solo- tuonò la zia, i luminosi riccioli dorati ne incorniciavano il viso in un'espressione truce, - quindi quando hai chiesto una lettrice, ti ho trovato una lettrice e per puro caso abbiamo avuto Ofelia- sentenziò con stizza, pronunciando il nome proibito.
-La mia contrarietà è con il caso dunque ed il suo agire stocastico- replicò in un sibilo irritato, articolando la voce con estrema rigidità.
-Smettila di razionalizzare tutto, arrabbiati sul fato che ha colpito gli eventi, non ha senso trasformare tutto in una statistica!- lo rimproverò con foga, non voleva che si richiudesse nella logica.
-E' così che valutate le vostre azioni nel tutto? Come un una malevolenza del fato, di cui non avete colpa alcuna?- replicò lui algidamente, di nuovo lo sguardo di pulsante di rancore.
-Che cosa vorresti dire? Che dovevo essere la tua bussola di onestà e rettitudine? Farti la ramanzina su come non si approfitta di un povera ragazza per i propri scopi?- lo sguardo che tirò al nipote fu di oltraggiato ed omicida al tempo stesso, - siamo draghi Thorn, non pecorelle piene di rammarico e angoscia. Quello che abbiamo fatto lo abbiamo fatto fuori necessità imposta, non per piacere, questo dovresti ricordarti ora. Le cose sono evolute e tutti noi ci siamo innamorati di Ofelia, incluso te e il calcolatore gelido che avevi al posto del cuore, ma non tu solo ti sei affezionato e non tu solo l'hai persa!-
Thorn si bloccò davanti alle finestre, rigido come un cavalletto, letteralmente trapassato dalle parole di Berenilde.
-Non era questo che intendevo- disse a fior di labbra chinanando a terra lo sguardo, la disputa lo stava destabilizzando, - è finita che io non ero pronto a cosa sarebbe stato, tutto qui-
Berenilde sembrò addolcirsi dalla foga del momento nel vedere il nipore così affronto, così umanamente vulnerabile, qualcosa che nei tempi passati era l'unica a potergli scatenare.
-Mi duole, invero, non avervi preparato. Ammesso e non concesso che ne fossi capace- confessò la zia, con genuino rammarico, stringendo le mani tra loro, -non pensavo fosse necessario, scioccamente il tuo mancare di interesse per le persone mi ha fatto illudere che nesssuna ti avrebbe mai toccato abbastanza a fondo da crearti turbativa. Avevi chiesto un piano e io mi sono adeguata, non c'erano emozioni da calcolare, solo passi burocratici da portare a termine. Spero tu sappia che ho imparato la lezione e oggi come oggi con quello che so adesso non agirei allo stesso modo-
Thorn non disse niente, girò solo il viso, per nascondere il disagio e il dissidio che lo attanagliavano. Semplicemente non era idoneo a questo tipo di discorsi, non era tagliato per aprire il proprio animo e permettere ad altri di vederlo.
La zia sospirò, concedengli un secondo di tregua, ma senza perdere il momento di apertura, che probabilmente non si sarebbe ripetuto.
-No- lapidò la possibilità senza esitazione alcuna, rialzando lo sguardo mentre si ricomponeva dalla brutta caduta di stile di poco prima.
-Thorn...-
-Gli Arbitranti sono al di sopra delle parti, anche degli spiriti famigliari. Tra gli eruditi sono i più irranggiungibili, si mostrano solo quando vogliono portare una loro sentenza a compimento e sono inappellabili. Quindi no, non c'è nulla che possiate fare e non ci sarebbe senso nel coinvolgervi- i suoi occhi affilati erano tornate impassibili, imperscrutabili.
-Tutto qui, quindi non faremo niente?-
-Voi non farete niente-
Alla fine Berenilde capitolò con un lungo sospiro.
-Non smetterò di chiedere, lo sai?-
-Vorrei riconsideraste questa posizione- di nuovo invernale il suo tono e la sua postura. Fluidamente tornò a sedere dietro lo scrittorio, - ho davvero molto da fare zia-
-Continuerò a chiedere ragazzo mio- disse lei uscendo.

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Capitolo 3
*** La Procedura ***


Passarono stagioni e a differenza della promessa fatta, Berenilde smise di chiedere di Ofelia, smise di nominala e sotto sotto di aspettare un suo ritorno. Forse per via del suo ruolo di madre soverchiante, con una figlia di uno spirito famigliare, forse perchè ricordare le creava una persistenza di angoscia che non voleva dettasse i toni della vita, ma Ofelia semplicemente svanì dal presente della donna. Niente lettere ad Anima e in pochi a nominarla il silenzio divenne sovrano sulla faccenda.
Non aveva mai scoperto cosa il nipote stesse facendo dal fronte ricerche ed egoisticamente aveva più volte sperato in cuor suo che i numeri tornassero ad essere il suo unico grande amore.
Il giorno del processo di Thorn venne deciso randomicamente alla fine di un ballo in maschera, la data scelta da niente meno che Faruk in persona. A quasi diciotto mesi dal suo ritorno al Polo il Duca sarebbe stato giudicato equamente da una corte di suoi pari in quello che si prospettava essere una farsa senza eguali.
Su polo i processi dei nobili erano un vero e proprio motivo di intrattenimento che potevano durare settimane o mesi, giravano persino scommesse sulla bravura dei legali o sulla sparizione dei potenziali testimoni chiave, ma questo era diverso. A dimostrarlo il fatto che l'imputato avesse riavuto il suo ruolo prima ancora di un vedetto di innocenza e che per una data di processo ci fosse voluto più di un anno.
La verità era che nessuno si aspettava un esito differente dall'assoluzione e nessuno sembrava volerci prestare davvero attenzione ormai, la ritrovata normalità di Città-cielo con il suo irreprensibile Intendente non sembrava intenzionata a farsi incrinare da un processo di cui era già stato detto tutto e nessuno voleva più discutere.
Ci vollero si o no undici giorni per arrivare alla conclusione della farsa. La giuria di suoi pari, nobili, non sembrava interessata a sentire troppe informazioni sul perchè della morte del Barone Melchior, tutto era chiaro, noioso ed archiviabile. I rapporti dei gendarmi, l'indegno attentato alla vita di Thorn in prigione, le testimonianze addizionali, nulla smosse giudice o avvocati ad usare la mano pesante, a contestare le prove fornite ed i suoi così detti pari, che avrebbero avuto il diritto di fare domande, si guardarono bene dall'aprir anche solo bocca.
L'Intendente fu impeccabile in ogni deposizione e interrogatorio alla sbarra. Conciso, ma accurato, dettagliato il tanto che bastava e citando a menadito leggi ed editti di Polo. Durante tutto il processo, con grande sorpresa della zia, nominò Ofelia, riabilitò il suo nome anche per le malelingua della corte e rivangò il contratto con Faruk che li aveva portati a questo equo processo.
Tanto impegno era non necessario, lo si percepiva chiaramente, più di una volta gli occhi metallici di Thorn si erano ritrovati a scrutare la folla a caccia di segni che dessero un senso all'incoerenza di cui faceva parte. Niente accadde se non all'ultimo giorno.
-Dunque, dunque- borbottò il giudice incaricato dietro il suo scranno, -la giuria sta rientrando, procederemo con l'annuncio del verdetto in seduta stante-
Aveva una voce da baritono l'uomo, occhi piccoli e cisposi, sembrava scocciato dalla procedura e spesso durante i giorni di processo cercava figure negli spalti, come se qualcuno lo osservasse e mettesse profondamente a disagio.
All'avvicinarsi del conte Farsia con la pergamena contenente il destino di Thorn, per così dire, Berenilde non stava più nella pelle, dal suo punto di vista era un dono questo processo fantoccio velocizzato e ristretto in poco più di una settimanva, voleva solo che finisse. Trasudava orgoglio per il suo nipote ora nobile e ripulito da ogni infamia, anche il suo stato di nascita.
-Grazie conte, potete accomodarvi- prese nuovamente la parola il giudice dopo il solito cerimoniale della pergamena contenente la valutazione della giuria.
Per puro effetto scenico tutti trattennero il fiato.
-La corte dei Nobili di Polo ha deliberato: Duca Thorn dei Draghi siete sollevato da tutte le accuse in formula piena- pronunciò la frase di rito, ma subito riprese, con voce più tesa, -inoltre, in vista delle uniche circostanze che hanno caratterizzato il vostro arresto, l'Arbitranza degli Eruditi ha chiesto che il vostro matrimonio venga posto sotto sospensione, se non verrà invocato da entambe le parti in sedici lune verrà annullato e questa corte è incline ad accettare-
Fu come uno schioppo di fucile vicino alle orecchie. La rigidità di Thorn toccò nuovi livelli, la figura magra nella divisa da Intendente, ora idonea alla sua persona per via del suo acquisito animismo, sembrò congelarsi, al punto che non pronunciò la frase di forma con cui si ringrazia la corte alla fine di un processo con esito favorebile. I suoi occhi fissavano dardeggianti il giudice, che fingendo di non notarlo passò oltre.
-La corte si aggiorna-
-Perchè?- disse solo a fior di labbra fissando l'uomo con un caos di emozioni tutte cristallizzate nel suo sguardo.
-L'Arbitranza ha così deciso e la corte ha accolto la mozione- sibilò il giudice con fare irritato, era chiaro che la Corte non avesse nessun potere e il portatore della legge volesse togliersi dalla scomoda posizione quanto prima.
-La corte ringrazia i nobili Legali e si ritira- sentenziò infine il giudice con evidente stizza, -siete un uomo libero e siete un uomo nuovamente senza macchia, Duca. Siate saggio!- sbrigativo, un po' oltre gli standard richiesti, scese dal soppalco su cui si trovava il suo scranno e si avviò celere verso le porte alle sue spalle. A venirgli incontro nell'imbarazzante momento di fuga furono gli applausi dagli spalti, che in quel momento poco rappresentavano il concetto che "tutti odiano l'Intendente".
Il processo era finito e Thorn era sospeso dall'essere marito.

...

Il mondo stava talmente finendo sottosopra che l'Intendente sconvolse ulteriormente Città-cielo e si prese ferie, un evento oltre l'anticlimatico.
La scusa ufficiale fu che voleva rendere definitivo il suo trasloco a Castel Vespro, la proprietà che nei piani originali avrebbe dovuto donare ad Ofelia per il loro matrimonio. Un maniero di fattura egregia che vantava anche le più intricate protezioni che un'abitazione potesse volere e che per la gioia dell'Intendente era lontano dai deliri della Corte di Faruk.
In verità voleva distanziarsi da tutto quello che il suo essere neo nobile e assolto volesse dire.
Si trasferì sotto le critiche di Berenilde, che lo vedeva tragicamente allontanarsi da lei e dalla figlia in modo sempre più marcato, e le contestazioni di Archibald, che con constanza provava ad elargire suggerimenti di comportamento che un Duca avrebbe dovuto seguire, ma come sempre Thorn fu irremovibile e totalmente disinteressato.
-Ho controllato gli ultimi mascheramenti esterni, i telefoni sono puliti, vi serve altro?- chiese Febo con tono piatto, mentre rientrava nel parlor del maniero.
Uomo affetto da minimalismo verbale il buon Febo, da quando era a Polo sembrava una variante di tuttofare per Thorn, oltre che il perfetto compagno di chiacchiara, dove la chiacchiera non sussisteva di solito, salvo che non vi fosse qualcosa di tecnico da discutere, in quel caso entrambi sapevano lanciarsi in convolute filippiche senza fine.
L'uomo di Babel, seppur non avesse l'accento giusto, aveva una cinquantina d'anni, capelli gridi e qualche cicatrice qua e là che non la raccontava troppo bene sul suo passato, fisico atletico da cacciatore addestrato, anche se ufficialmente si dichiarava archivista.
-No, andate pure. I trasformatori che avete chiesto sono nel portico- replicò Thorn alzando il naso da un plico di documenti che si era portato dall'intendenza, -sono stato assolto- aggiunge poi come nota secondaria. Un piè di pagina non richiesto.
-Si lo so... era previsto-
-Così platealmente?-
Ci fu uno strano scambio di sguardi, poi Thorn tornò a ripiegarsi sulla poltrona insieme ai documenti.
-Non conosco tutti i loro perchè, ve l'ho già detto sono un esiliato- incertò l'uomo seguendolo con gli occhi negli spostamenti, - so che non mi credete a pieno su questo, ma gli Arbitranti non sono il nemico-
-E cosa sono?-
-Altri giorcatori-
Ci fu una pausa tesa.
-Li difendete parecchio per uno che è stato ripudiato- azzardò gelidamente l'Intendente con quel suo tipico fare da investigatore alle prese con una pratica seccante.
-Sarei uno stolto a non valutarli correttamente solo per rancore pregresso. E' indubbio che rappresentino un problema, se dovessimo incrociarli apertamente, ma questo è un altro discorso-
Febo stava ritardando il congedo, in qualche modo l'amante del silenzio non voleva lasciar scemare il discorso con questi termini.
-Hanno messo clausole al mio processo e al mio matrimonio. Questo come lo chiamate?-
-Inconveniente. Capisco l'irritazione, ma vostra moglie ha letto il libro di Faruk, quantomeno quello che era leggibile, le carte sono cambiate-
-E loro si sono presi mia moglie- un ringhio gelido la voce di Thorn, inflessibile, folgori negli occhi acciaio.
-A tempo debito Thorn, dovete essere paziente, la prima mossa è sempre loro-
La voce di Febo fu più distaccata, formale per certi versi, il momento di insicurezza sul continuare il dialogo era passata, non salutò oltre e lo lasciò solo nel vasto maniero senza guardarsi indietro.

Thorn si addormentò sulla poltrona senza nemmeno accorgersene, in pantaloni, camicia e panciotto. Era cosa inconsueta per lui, cedere alla stanchezza in pieno pomeriggio, ma dopo il processo era come se gli fossero state rubate le forze e tutto richiedesse un titanico impegno ai suoi nervi già provati.
Fu il campanello a destarlo, il sole stava calando e l'imbrunire avanzava inesorabile. Il suono stesso del campanello lo lasciò scettico, come se non avesse dovuto suonare, nessuno avrebbe dovuto cercarlo.
Non si alzò immediatamente, tendendo le orecchie come per decidere se anche quel suono fosse stato un momento di sogno e nulla più, ma non passarono che pochi attimi e un'altra scampanellata prepotente gli urtò le orecchie. Facendo leva sul bracciolo e senza dare colpi all'esoscheletro che gli sosteneva la gamba si alzò. Ancora non convinto si avviò alla porta senza reindossare la casacca della divisa, deciso ad essere in ferie e conscio che i domestici non sarebbero arrivati prima di fine settimana.
Il terzo scampanellio gli rubò la residua pazienza e con un gesto seccato aprì di prepotenza la porta.
-Or dunque?- tuonò irritato, finendo per congelarsi sul posto con occhi sgranati.
Per vari secondi rimase impalato con una mano alla maniglia e l'altro braccio lungo il corpo, assolutamente inespressivo, gli occhi fissi sull'ospite con l'indecisione di star ancora sognando.
Stava guardando Ofelia che neutrale e serafica ne ricambiava dal basso lo sguardo con il suo. Sereno e stranamente imperscrutabile.
Vestiva con una divisa molto peculiare, pantaloni neri aderenti, camicia bianca e larga casacca nera con decorazioni rosse avente il colletto rigido che però la ragazza portava slacciato. Era indubbiamente diversa, come postura e posa, i boccoli bruni erano più lunghi e avevano dei riflessi rossastri, come se la sua famiglia di Anima si fosse infine infiltrata da qualche parte, inoltre li portava sciolti con una pettinatura che glieli teneva via dal viso, non da lady avrebbe detto Berenilde.
Incredulo Thorn guardò sua moglie nei panni di un Erudita.
Fece il gesto di prendere l'orologio dal taschino, ma aveva dimenticato di rimettersi la giacca, ancora non aveva mollato la maniglia della porta d'entrata. Sembrava incapace di rompere il silenzio, la sua mente stava macchinando a tutta velocità, tenendo allo stesso tempo a bada l'infiltrarsi delle emozioni nella lama affilata che doveva essere la sua logica.
-Non sono Dio- disse lei come a leggergli nel pensiero, - posso entrare?-
Non si aspettava abbracci e pianti, ovviamente, ma questo stallo alla porta non la lasciava davvero indifferente come si palesava di facciata. Era un garbuglio di due persone Ofelia in quel momento, la vecchia sè e la nuova sè che si guardavano negli occhi Thorn.
-Una dichiarazione senza prove- replicò lui, l'accento anche più duro del solito. Guardingo.
-Se avete uno specchio potrete controllare voi stesso- alzò le mani con gesti lenti e circospetti, tenendole bene in vista.
Valutò la proprosta per due secondo poi arretrò, movimenti rigidi non dovuti solo alla gamba imbrigliata nell'esoscheletro, lasciò andare la porta e si spostò lentamente nell'ingresso.
-Tre metri, sulla sinistra- dichiarò gelidamente, gli occhi acciaio non mollavano per un secondo la sua inattesa ospite.
Ofelia annuì ubbidiente e con movenze caute avanzò fino a trovarsi ad altezza specchiera, palesando che sì, aveva il riflesso.
-Mi credete?- domandò incerta. L'espressione di Thorn non si era rasserenata alla vita del riflesso anzi, si era fatta più cupa, come se un duello mentale fosse ora in atto nella sua testa.
-Come...- esitò a chiedere, ancora bloccato, incapace di muovere un muscolo.
Proprio mentre la ragazza stava per rispondere un suono gracchiante proveniente da una piccola valigetta che aveva con sè li interruppe: "Temporizzazione in calo, tempo residuo quarantadue minuti. Ripeto temporizzazione in calo, tempo residuo quarantadue minuti".
-Maledizione- esordì lei sgranando gli occhi, - ho perso troppo tempo- di colpo incredibilmente di fretta, come se una tarantola l'avesse morsa.
-Come? Cosa succede?- chiese scuro in viso l'Intendente, con il suo invernale approccio agli imprevisti.
-Avete cambiato le regole di ingresso a Città-cielo, sono stata bloccata al porto dei dirigibili esterni per tre ore- protestò lei con frustrazione.
-Questo che cosa c'entra?-
-Ho quarantadue minuti!- disse lei cercando i non perdere la calma, ma con un'incalzata notevole nel tono, - avrei davvero voluto spiegarmi meglio, credetemi-
-Di che andate parlando?- sempre più guardingo e rigido, inconsciamente arretrò.
-Non ho tempo, mi dispiace, dovremo saltare le spiegazioni, almeno per ora. La procedura non può aspettare-
-Di cosa andate parlando? Quale procedura?-
-La vostra procedura, per levarvi quell'affare infernale dalla gamba- sbottò lei veemente, avanzado nel salone a caccia di qualcosa, - dovete stendervi, muovetevi?-
-Prego?-
Sbigottito era un eufemismo, era letteralmente scioccato.
-Perfetto un salotto- disse trionfante lei quando trovò un divano girovagando per il piano, - di qua per favore, dovete stendervi – insistette e nel mentre dovette constatare che in lungo non ci sarebbe stato tutto sul divano.
Thorn la seguiva a debita distanza, la frenesia che l'aveva colta udendo l'avviso della valigetta lo lasciava basito.
-Non va bene il salotto- continuò lei frenetica, - dov'è la vostra stanza?-
Era troppo presa dall'incalzare del tempo per rendersi conto cosa stava chiedendo e a chi. Lui la guardò sconcertato, incapace di rispondere.
-Fermatevi immediatamente- sbottò infine Thorn con voce stentorea, -non intendo stendermi da nessuna parte. Voglio una spiegazione, e anche un po' di più d'una probabilmente-
Ofelia non sembrava davvero intenzionata ad ascoltarlo, si aggirava come una pazza per il piano inferiore del maniero a caccia di un posto dove potesse stendere il padrone di casa, l'ossesione della sua ricerca e la menzione alla sua gamba aveva messo a disagio l'intendente.
-Non vi vedo da quasi due anni- la sua voce algida e l'accento marcato ebbenero una lieve incrinatura.
-Anche un po' di più- disse lei ancora posseduta dalla frenesia di girare la casa, - per favore aiutatemi! Vi spiegherò tutto, ma dopo la procedura, ora dovete fare come dico- insistette supplichevole tornando all'ingresso nella zona dove vi erano le scale con il piano superiore.
Era nuova questa Ofelia e per certi versi era aliena agli occhi di Thorn, anche se la supplica finale sembrò fare il giusto click.
-Mentre saliamo potete almeno spiegarmi la procedura di cui parlate?- acconsentì riottoso, ma si diresse al piano di sopra. La ragazza seguì a ruota.
-Non in dettaglio, abbiamo...-
"Temporizzazione in calo, tempo residuo trentatrè minuti. Ripeto temporizzazione in calo, tempo residuo trentatrè minuti"
Pessima risposta. Ofelia accelerò sulle scale.
-Vi porterà beneficio alla gamba, fidatevi- disse solo sbrigativa, scocciata per la lentezza con cui Thorn affrontava le scale, anche se non davvero per volontà sua, anche con l'esoscheletro i gradini erano problematici.
-Non mi importa della gamba, voglio sapere cosa succede. Cosa vi è successo?- tuonò lui esasperato scoccandole un'occhiata in tralice.
Dovettero buttare qualche altro minuto per il pianerottolo del primo piano.
-Da che parte?- incalzò lei frenetica, ma non aspettò risposta come un tornando si mise a correre nelle varie stanze e appena ne trovò una con un letto a baldacchino lungo abbastanza per l'Intendente posò di corsa la valigetta su uno dei lati del materasso.
-Di qui per favore, sbrigatevi abbiamo meno di trenta minuti, molto meno- la concitazione stava avendo la meglio di quel contegno serafico che aveva mostrato alla porta. L'ansia sembrava divorarla.
Dalla valigetta fecero capolino delle strane piastrine metalliche con una sorta di liquido fluorescente bluastro nel centro, erano davvero parecchie e il bagliore sembrava andare calando.
-Thorn vi prego!- chiamò con frustrazione.
Lui la guardava sempre più scettico, fermo sulla porta e molto indeciso se entrare o meno, lei ancora ignara dell'inghippo di imbarazzo che la sua richiesta aveva.
-In trenta minuti potete spiegarmi parecchio non vi pare?-
-La procedura richiede più di quindici minuti di per sè, avanti per favore. Stendetevi- insistette ancora, poi aggiunse la goccia che proprio incrinò il tutto, - spogliatevi e stendetevi-
La combinazione di parole gelò del tutto l'intendente, che non si avvicinò al letto a baldacchino nemmeno di un passo e si limitò a guardare la sfacciata moglie sospesa con uno sguardo altamente critico.
-Cosa?- sbottò lei esasperata.
-State scherzando spero-
-Thorn vi prego!-
-Da quando siete diventata così priva di pudore?- ritorse lui arcigno.
Ofelia lo guardo perplessa, ma finalmente il cervello fece contatto e una vampata di rossore la colse.
-Non è niente di sconveniente!- si affrettò a dire, - è per la procedura, non andate a fare pensieri strani. Dovete solo togliervi le scarpe e le calze e la camicia-
L'intendente aggrottò la fronte e le cicatrici, anche se più discrete ora, si tesero parecchio.
-State scherzando spero- ribadì, - non vi vedo da anni e la prima cosa che mi dite è spogliatevi?-
Effettivamente suonava malissimo, ma il tempo e l'ansia stavano divorando la ragazza.
-Consideratela una procedura medica, come se fossi un vostro dottore-
-Se foste il mio dottore, sareste un uomo!-
-Per l'amor del cielo Thorn, siamo anche sposati, volete davvero farmi una scenata sul pudore?-
Da come il suo sguardo si assottigliò era chiaro che avesse accusato il colpo, ma non voleva recedere.
-Questi sono come elettrodi, vedete?- mostrò alcune delle piastrine, - devo metterveli su schiena, torace, polpaccio e piede. Per favore!- la voce trasudava stress e angoscia, il ticchettio incalzante della mezzora agli sgoccioli.
-Non mi state spiegando nulla, ve ne rendete conto?-
Riottoso si stava però avvicinando alla sponda del letto, altamente guardingo, eppure con un luccichio negli occhi acciaio, un dubbio, ossia che Ofelia fosse semplicemente li e per quanto assurdo il suo chiedere ci fosse un senso.
-Le scarpe- incalzò lei, - la camicia- continuò molestamente.
Questa prepotenza lasciava Thorn interdetto, il suo cipiglio austero era assolutamente fuori controllo, eppure stava ubbidendo.
-Potete almeno voltarvi?- sibilò spazientito quando una volta seduto senza calze dovette iniziare a slacciare panciotto e camicia.
-Devo mettervi le piastre, dovrò guardarvi ad un certo punto-
-Voltatevi!- tuonò imperioso e a tanta veemenza Ofelia non potè fare altro che obbedire.
Finì di estrarre tutte le piastre in tempo per il randomico messaggio di conto alla rovescia: "Temporizzazione in calo, tempo residuo ventidue minuti. Ripeto temporizzazione in calo, tempo residuo ventidue minuti"
-Va bene, ora devo proprio guardarvi- disse lei concitata voltandosi senza attendere permesso ed anche se in questi due anni aveva molto lavorato sulla propria personalità, una parte di lei era e restava l'impacciata Lettrice di Anima. L'alone di imbarazzo venne contenuto, in nome dell'impellenza, ma c'era del rossore vagante che non svanì subito nello scrutare Thorn a torso nudo, la pelle chiarissima, sfregiata anche sul corpo come sul viso.
Come sempre era strano potersi guardare negli occhi, quando l'improbabile divario di altezza tra loro veniva meno. Lui arcuò lentamente le sopracciglia, e la cicatrice sembrò diventare più grande sul viso, nonostante i toni chiari che la occultavano ammorbidendola in qualche modo.
-Ebbene?-
-Ecco...- "di qualcosa Ofelia" pensò sopraffatta, - le piastrine di induzione sono molto fredde- buttò la prima cosa che gli attraversò la testa mentre procedeva ad applicare le piastre metalliche sulla pella. Come dei magneti su un frigorifero aderivano al corpo di Thorn e non si muovevano più.
Fu circa semplice per la ragazza posizionare quelli di piede e polpaccio, molto meno quelli sulla schiena, finendo a fissare gli ultimi tre oggettini tra le mani conscia di doverglieli applicare al torace.
"Temporizzazione in calo, tempo residuo diciassette minuti. Ripeto temporizzazione in calo, tempo residuo diciassette minuti"
Trasse un profondo respiro e tornò a fronteggiare lo sguardo critico e severo di Thorn.
-Sono gli ultimi, abbiate pazienza-
-Avrò anche delle risposte ad un certo punto?- ribattè con fare lapidario. Anche lui stava gestendo l'imbarazzo, ma in chiave molto aggressiva.
-Le avrete, prometto-
Gli fissava lo sterno, tutto ma non il suo viso, ora non avrebbe retto.
Quando pose l'ultimo pezzo di metallo ad altezza di cuore e polmone però si ritrovò a fissarlo in quei suoi occhi tremendi, trapassanti come una lama. Per un solo secondo si bloccò, con le dita che gli sfioravano la pelle fresca e gli occhi spalancati, quattro parole le rimbombarono in testa: "A proposito: vi amo".
Ofelia sentì il bisogno viscerale di dirgli qualcosa, eppure quando la sua voce venne fuori la sentì dire solamente: -La procedura è incredibilmente dolorosa-
Thorn sollevò il sopracciglio, ma poi tutto per lui si spense in un urlo di dolore incontrollato.

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Capitolo 4
*** Singrafe ***


La procedura durò esattamente quindici minuti e trentun secondi. Thorn urlò come un ossesso per quasi cinque di questi, prima di perdere conoscenza ed afflosciarsi sul materasso come una bambola a cui avevano tagliato i fili.
Oferia era orripilata. In piedi accanto al letto, incapace di muoversi, non era pronta per le urla di Thorn, il concetto di "è un processo molto doloroso" non descriveva nemmeno un decimo di quello che si era trovata effettivamente davanti agli occhi.
Quando la fluorescenza blu svanì ebbe come la sensazione di riprendere a respirare per la prima volta in un'eternità. Si toccò i capelli, quasi aspettandosi di trovarseli ben ritti sulla testa. Le ci volle parecchio per riacquisire una facciata di calma almeno parvente tale.
Violando le regole della decenza, a quanto sembrava, controllò il polso al marito, gli mise la camicia aperta sul torace, per evitare che si sentisse più a disagio di quanto già non fosse e diede un'occhiata all'esoscheletro che come un'armatura imbragava la gamba.
Ofelia si ritrovò a guardare il volto disteso nell'incoscienza di Thorn con occhi curiosi. Lo vedeva in pace, qualcosa che non aveva mai visto sul suo viso, scioccamente si trovò a sorridere di come se lo fosse immaginato serio e inespugnabile anche da addormentato, mentre invece c'era qualcosa di tragicamente vulnerabile nel vederlo così. Con le cicatrici sul corpo a raccontare di un passato tutto in salita, fatto di intrighi e trappole.
Trovò rassicurante guardarlo senza essere guardata di rimando. Osservarne l'intreccio delle vene sulla pella, le lunghe dita arcuate, le ossa sporgenti dei polsi, e di colpo sentì come se lo stomaco le fosse crollato sotto le scarpe. Nulla era andato come se la era prospettata nella sua testa, nel film che aveva rimaggiato molteplici volte per un'infinità di possibilità, che però non avevano incluso questa.
Alla fine ricompose la valigetta, ora le piastre metalliche si staccavano agevolmente dalla pelle, e si sedette su una poltrona a fondo stanza in attesa che Thorn rinvenisse, con l'angoscia di quando sarebbe stato cosciente di nuovo. A caccia di risposte.
L'attesa non fu davvero lunga eppure sembrò interminabile. Il risveglio dell'intendente fu annunciato da un rantolo e poi uno scatto.
Si mise seduto come pervaso da scosse elettriche, occhi acciaio sgranati, come se avesse ancora sentore del dolore atroce provato. Gli ci volle un attimo per capacitarsi e realizzare che non era solo nella stanza.
Fissò Ofelia in silenzio per un lunghissimo momento, poi accennò a mettersi seduto sulla sponda del letto spostando con attenzione la gamba nell'esoscheletro. Un lampo di stupore ne attraverò il viso impassibile.
-Voltatevi- ordinò duro.
Ofelia era preparata ora, si limitò a girarsi dall'altra parte sulla poltrona. Non una parola, sapeva che doveva dargli modo di riacquisire controllo.
-E finita?- chiede mentre si rivestiva metodicamente.
-E' finita-
-Ora mi volete spiegare?-
La risposta di Ofelia non arrivò pronta o immediata. Sospirò.
-Farò del mio meglio sì-
-Non è quello che mi avevate promesso- protestò tirandole un'occhiata trapassante che lei non potè vedere.
-La questione è contorta, ma si risponderò alle domande. Il punto è che potrebbero non tornarvi le risposte- elaborò un po' meglio per evitare altri picchi di irritazione.
-Bene. Potete voltarvi sono vestito, ma comunque scendiamo al piano di sotto- sentenziò andando ad imboccare la porta, movimenti circospetti.
-Eravate solo senza la camicia addosso, è stato davvero come una procedura medica- non sbottò, ma fu un quasi prorompere, come se la stizza di Thorn fosse infantile e ora come ora non necessaria.
-Avete spogliato molti uomini in questi due anni?- sferzò lui pungolato.
-Non è una domanda da fare ad una signora questa- lo scimmiottò accelerando fuori dalla stanza per dirigere alle scale, senza aspettarlo.
Ofelia si voleva fustigare per questa alzata di testa, ma era diversa dalla ragazza che era andata al Polo ed era arrivata a fare contratti con Faruk per quell'iceberg di uomo che si ritrovava come marito.
Thorn la seguì senza dire una parola. Abbandonando ben presto il cipiglio seccato per la sorpresa.
-La gamba, ho di nuovo la sensibilità e posso caricarvi il peso-
-Bene, ha funzionato. Dovrete darvi un po' di tempo, ma poi sarà di nuovo sana- disse lei con un sorriso di sollievo fermandosi al salotto del piano di sotto. A disagio, era a casa di Thorn e in un certo qual modo questo concetto la feriva.
L'intendente andrò a sedersi in poltrona, cosa che ridusse lo smisurato divario tra loro, ora non riguardante solo le rispettive altezze. Fuori dalle finestre la sera l'aveva vinta sull'imbrunire.
-Che cosa mi avete fatto esattamente e perchè siete vestita come un Erudita?-
Rieccolo metodico, alle prese con investigazioni, proprio incapace di vederla come una persona invece che come un enigma da gestire.
-Si chiama processo di riallineamento è attuabile solo su persone gemellate con particolari assets di poteri. Ossia per coloro che non hanno gemellaggi consistenti, come Dragh con Draghi, ma multi famigliare-
-Ossia?-
-Voi siete un combinatorio controverso in un gemellaggio, perchè siete... eravate...- momento di impaccio, la voce scemò.
-Un bastardo- finì lui con indifferenza assoluta.
-Con molteplici poteri dovute all'intreccio di due famiglie- riformulò lei più blandamente, - nel nostro gemellaggio io avrei dovuto essere la parte consistente, l'elemento purosangue però...- cauta nell'usare le parole, non voleva ferirlo o offenderlo, ma si sentiva inquisita dall'intentende più che dal marito che aveva lasciato in prigione. Tenne a freno il nervosismo, era molto più dominata ora, anche se non riuscì a fissarlo dritto negli occhi.
-Però?- incalzò lui intrecciando le dita affusolate tra loro.
-Ecco, non è andata così, perchè sono un Attraversaspecchi, quindi il mio essere purosangue è venuto meno, è una caratteristica peculiare in pratica è stato come combinare due combinatori instabili e questo può creare problematiche, una di queste è la soppressione dei poteri derivanti-
Ofelia rialzò un momento gli occhi su Thorn, ma lo sguardo di durezza che vi trovò fu tale da farla vacillare.
-Cosa c'entra con la mia gamba?- riprese lui l'interrogatorio.
-I vostri artigli che influenzano il sistema nervoso, per così dire, unito al mio animismo può dare origine ad un notevole potere autorigenerativo. Forse non ve ne siete accorto, non ancora, ma alcune delle vostre cicatrici sul volto si sono assottigliate, ma siete soppresso perchè tra noi due eravate il più instabile- non ribadì il "bastardo" di poco prima, era sottointeso, - la procedura ha sbloccato la soppressione e ha diciamo dato una spinta ai poteri che davvero avete ottenuto nel gemellaggio, per quello è così incredibilmente dolorosa- dovette deviare lo sguardo, - comunque vi state rigenerando, ovviamente non è velocissima, dipende dai danni, la vostra frattura era risaldata e molto seria ci vorranno settimane per una guarigione completa, anche qualcosa di più-
Thorn tacque a lungo, scrutandola. La fissava come se dovesse trapassarla, la spiegazione così tecnica e fluida gli dava pensiero, anche se risultava sempre un monolite insondabile.
-Non mi avete risposto all'altra domanda- disse poi.
Ofelia si strinse le mani guantate, pizzicando i lacci.
-Sono un Erudita-
Il silenzio che scese fu tumulante per la ragazza. Sentiva la pressione dello sguardo dell'altro su di lei.
-Questo è ridicolo- proruppe impietoso.
-Grazie per il voto di fiducia-disse lei sarcastica invece di zittirsi, - ma se sentite rumore di zoccoli...-
-Vorrei tanto pensare ai cavalli, ma temo che stiamo scadendo brutalmente negli unicorni- colse il riferimento di lei. In parte stranito per la citazione.
-Come volete, non sono qui per persuadervi sulle mie competenze- disse infine accennando ad alzarsi dal divano allungano una mano alla valigetta, - il mio tempo non è illimitato, temo il congedo sia prossimo- disse infine con voce piatta, imitando il suo fare metodico. Un costrutto, dentro di sè era tutt'altro che acqua cheta in questo momento.
-Avete intenzione di andarvene?- c'era dell'oltraggiato nel tono secco, ma da come corrugava la fronte c'era anche altro.
-Non ho scelta Intendente, sono le vostre regole per i visitatori senza causale- ribattè le veemente, scoccandogli una lunga occhiata. Molto diversa.
-Siete un visitatore ora?-
-Sono un Erudita- ribattè spazientita.
-Potete vantare appartenenza al Polo- fedele a se stesso e a nessun altro Thorn gliel'aveva fatto notare in tono procedurale, da pratica che va sbrigata. Sembrava non accorgersi che ogni sua parola rafforzava l'impressione sgradevole di essere profondamente urtato da lei.
-Non posso, non più- disse lei confrontandolo ferma, - gli Eruditi sono senza appartenenza-
Lo disse con tono stabile, mentre si metteva in piedi, vincendo la piacevole sensazione di poterlo guardare alla pari. Un concetto bizzarro.
Thorn riflettè un lungo momento poi strecciò le dita.
-Volete che...-
-No- lo bloccò lei di corsa, - non dovete. Non dovete muovermi favore o piegare l'Intendenza-
-Avete circostanze attenuanti, non piegherei nulla- quasi ferito nell'orgoglio all'idea che potesse pensare che fosse prono al favoritismo. Eppure anche in guerra con se stesso per trattenere questa moglie sospesa che minacciava di prendere la porta.
-Non ne ho- ribadì Ofelia con convinzione, - comunque avete ragione, non ho merito accademico per chiamarmi Erudita- confessò, anche se ovviamente l'offesa di vederlo così allibito all'idea l'aveva fatta scattare poco prima.
-Che intendete dire?-
-Sono un'Alchimista, quindi si sono un Erudita, ma non per merito mio, bensì per una banale faccenda di casualità. I poteri derivanti dal mix del gemellaggio mi fanno rientrare nella categoria- alzò le spalle, con un senso di poco conto che la feriva, nonostante il mondo di eventi degli ultimi due anni di cui lui non sapeva niente e non era certa avesse interesse a conoscere. Tacque un secondo, ricomponendosi abbastanza, come la donna che aveva suonato alla porta al tramonto.
-Quindi è questo il segreto dell'Arbitranza? Gli Alchimisti?- continuò a questionare da investigare a caccia.
-Uno dei tanti- rispose vaga, distogliendo lo sguardo e accennando un primo passo oltre il divano. Thorn si alzò, controvoglia, ma il commiato gli forzò la mano. Vertebra dopo vertebra si tirò su, ripristinando l'immondo divario di altezza tra loro.
-Perchè adesso? Siete davvero qui per la mia gamba?- la domanda uscì senza i giusti filtri, risultando frose più duro di quello che non volesse.
Lei si fermò a qualche passo, era assurdo come ora che erano finalmente nella stessa stanza si sentisse a chilometri da lui. Tutti film mentali di questi anni erano solo, altro, qualcosa che non era possibile succedesse nel reale, non con i loro caratteri, non con le loro limitazioni.
-E' complicato- temporeggiò.
-Allora scomplicatelo-
La ribattuta la fece irritare, ma non disse niente, lo guardò solo severa.
-E voi invece? Siete scappato dalla prigione e non avete lasciato traccia, non vi siete nemmeno scomodato di provare a contattare qualcuno-
Era una pessima uscita, Ofelia lo sapeva bene, ma non riuscì a trattenersi, si sentiva sotto accusa, ma non era stata lei a sparire, non era stata lei a non fidarsi abbastanza da attendere nella dannatissima cella.
Il gesto dell'orologio andò a vuoto di nuovo, indice di quanto fosse in stress. Non aveva un orologio, e il suo tecnicamente lo aveva Ofelia.
-Non ho saputo del condono di Faruk per mesi- si giustificò di logica.
-E nel mentre pensare ad un modo sicuro per contattare vostra zia o altri non vi ha nemmeno sfiorato?-
-Credevo che Mille-Facce vi tenesse d'occhio, tuttora credo che siamo tutti osservati- protestò lui come se fosse insensata la critica che gli veniva mossa. - Quando ho saputo del condono e sono tornato voi eravate già scomparsa- dalla voce sembrava lui a muovere accuse adesso, - e non avete lasciato più tracce di me a dirla tutta-
Ofelia si morse l'interno della guancia per non partire con una rispostaccia.
-Mi hanno prelevato di peso da Anima, letteralmente. E non mi è stato permesso avere comunicazioni al di fuori dall'Arca degli Alchimisti, fino ad oggi che sono venuta, di persona e no non vi ho scritto perchè si, siete sicuramente tenuto d'occhio nelle comunicazioni- si stava sforzando di tenergli testa con la logica, ma era un guazzabuglio di mille altre cose. E si sentiva sprofondare, man mano realizzava che non era proprio in grado di conversarci, come in passato.
-Sono stato a Babel, dopo la nostra conversazione in prigione ho pensato che dovessi cercare tracce di Dio nell'unica Arca che vanta un Memoriale in grado di andare indietro di millenni di storia. Ma la situazione laggiù è compromessa, come in ogni arca a dire il vero- accennò a spiegarsi meglio cosa davvero contro indole per Thorn.
-Lo so, avete coperto bene le vostre tracce, ma ne avete comunque lasciate- mormorò lei. Ofelia avrebbe voluto mostrarsi critica, ma sentì la propria voce tradirla sulle ultime parole. Distolse lo sguardo.
-Mi avete seguito?-
-Non io direttamente-
-Gli Eruditi?- di nuovo guardingo, - perchè tanto interesse?-
-Tengono d'occhio chiunque si avvicini ai Genealogisti di Babel, non è per voi, è per loro. Anche se alla fine il vostro accordo con loro si è estinto in modo... pacifico e ne avete anche ottenuto un'esoscheletro di transizione, restanno soggetti discutibili-
-Indubbiamente- la durezza della voce di Thorn stava persino aumentando.
Ofelia non capiva come facesse, ma lui aveva veramente il dono di metterla sottosopra. Un attimo prima combatteva contro il desiderio di abbracciarlo, in quello dopo combatteva l'impulso di prenderlo a schiaffi.
-Bene direi...-
-Avete chiesto agli Eruditi una sospensione del nostro matriomonio?- la domanda troncò a metà l'uscita della ragazza, che cercava di riprendere le redini. Fu come una doccia fredda.
Ofelia gli scoccò un'occhiata sconvolta.
-Un che cosa?- Farfugliò smarrita.
-Una sospensione, senza un'invocazione bilaterale del contratto tra un anno e mezzo sarà nullo- Thorn assottigliò lo sguardo al farfugliare, come se ne fosse sollevato, ma mantenne il suo tono di indagine.
-No- rispose alla fine alla domanda originale, -l'Arbitranza non consulta i suoi membri quando prende decisioni, di qualsivoglia genere-
La spiegazione fu pronunciata con calma, ma internamente Ofelia ribolliva, come se avesse un colpevole per tutto questo. Esteriormente risultava solo un disagiato imbarazzo, come un po' tutta la loro conversazione da quando Thorn si era risvegliato.
-Gli Eruditi non entrano nella Corte di nessuna arca, quindi immagino che sia questa la risposta- sottolineò algido.
Ofelia incasso il colpo dignitosamente, come uno schiatto d'onore.
-Il mio ritorno non è comunque qualcosa che pubblicizzerei al Polo. Non ho avvisato e non avviserò nessun altro, li metterei solo in pericolo-
-Chi vi insegue?-proruppe di nuovo con durezza indagatoria.
-Oltre a Dio?- ritorse lei.
-Sapete cosa intendo-
-No, non lo so Thorn, non posso avere l'ardire di dire di saperlo- disse lei con rammarico, anche frustrazione, - due anni non sono pochi attimi, siamo diversi. O magari no, a pelle voi siete voi ed è un dono del cielo questa vostra costanza, io non la posseggo. Gli eventi mi hanno cambiato, ciò che so oggi mi ha cambiato e mi chiedo...- Di colpo l'orologio a pendolo rintoccò l'ora, quasi a sancire sonoramente la fine di questo malassortito incontro. Fermando il momento di crollo di Ofelia, dandole quell'istante minimo, ma necessario, per tornare nei ranghi di compostezza.
-Devo tornare, o i Gendarmi metteranno le ancore al mio dirigibile e spiccheranno un mandato di arresto a mio nome- ruppe lo stallo in ultimo. Per quanto doloroso fosse era meno complicato che continuare a ferirsi con il discorso in atto.
L'intendente tornò padrone della situazione, per quanto lo vide distogliere lo sguardo con un qualcosa che forse rassomigliava il nervosismo.
-Tornerete?- la domanda gli uscì dalle labbra come piombo. La sua sola presenza rendeva pesante l'atmosfera. Eppure Ofelia sentiva l'appiglio famigliare a tutti i punti di fuga da cui trapelava anche altro. Facendola sperare, ma la domanda appena pronunciata la portava con i piedi per terra sul presente, tutt'altro che pieno di speranze.
-Ho una singrafe con gli Eruditi- confessò di getto a bruciapelo, trovando anche la forza di guardarlo negli occhi.
-Voi che cosa?- sorpresa nella voce, durissima. Tutte le ombre della notte sembrarono essersi radunate sul volto di Thorn, le cicatrici tirate per la tensione.
-Ho dovuto- rispose lei, scoprendosi un braccio e mostrando una specie di tatuaggio nero nell'interno dell'avambraccio destro, - era l'unico modo per capire davvero cosa stesse succedendo, se non avessi accettato il patto vincolante non avrei mai potuto lasciare l'Arca-
-Questa è follia le singrafi sono proibite, come avete...-
-Non su Albedo- era sbrigativa la ragazza, ma doveva andarsene. Il tempismo di questa confessione lasciava molto a desiderare, anche perchè sentiva forte e chiara la rabbia di Thorn, avvertì il sentore elettrico dei suoi artigli.
-Suppongo che la risposta alla mia domanda sia no allora- Thorn parlò algidamente, scoccandole un'occhiata di pure folgori.
Restarono in silenzio per un secondo, Ofelia sentiva il ticchettio dell'orologio, con la testa, nella sua parte logica, che le diceva quanto male avrebbe portato un incidente con i Gendarmi. Di contro faticava a troncare questo momento, come se il successivo non avesse una previsione chiara.
-Tornerò- disse infine con voce scemante avviandosi alla porta.
L'ultima cosa che vide furono gli occhi di Thorn, impassibili ed impenetrabili.

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Capitolo 5
*** Gli Altri Giocatori ***


-Lui dov'è?-
La voce di Ofelia proruppe infervorata mentre scendeva dal dirigibile a passo di marcia sul ponte basculante. Molto diversa dalla ragazza divorata da un conflitto interiore mentre era di fronte a Thorn, gli occhi animati proprio da una furia.
A riceverla all'attracco una donna dai lineamente suadenti, il viso poteva facilmente competere con quello di Berenilde, ma il suo sguardo era molto più subdolo. Aveva un orologio in mano, con troppe lancette per segnare solo il tempo.
-Hai rischiato parecchio al Polo, stava per partire una requisitoria del dirigibile. Sai cosa succederebbe se finissimo invischiati con un'arca?- l'ammonì la donna sibillina. C'era critica dietro il tono falsamente gentile.
Ofelia non la degnò di uno sguardo e passò oltre.
-Dov'è?- chiese ancora seccata.
-Biblioteca, sta facendo finta di non sapere da quante ore manchi- il tono della donna era insinuante, allusivo persino, ma fondamentale derisorio. Ofelia continuò ad ignorarla e si avviò su per delle scale tortuose.
La Nimue era una specie di mini arca semovente, funzionante con lo stesso principio di Città-cielo, ovviamente in scala. Era un maniero mobile, dall'architettura molto discutibile ed avente un piccolo attracco per due o tre dirigibili.
La biblioteca occupava un'intera ala del maniero, un torrione dalla forma bizzarra al cui interno l'orientazione spaziale era distorta, come se lo spazio fosse stato espanso e la gravità piegata ed incasellata a piacimento.
Sotto delle ampie vetrate a doppiostrato, dietro uno scrittoio imponente, vi era l'Arbitrante, che due anni or sono si era preso l'incomodo di trasferire ed erudire Ofelia. Vestiva con la stessa divisa di allora e stava leggendo un testo dai simboli strani con un monocolo dalla lente rossastra sull'occhio destro, mentre altri tomi gli volteggiavano intorno come se per loro non ci fosse la stessa pressione gravitazionale che per il resto della mobilia.
-Astarte! - tuonò irruenta Ofelia. Senza annunciarsi, senza modi di buonacreanza. Era furiosa e nemmeno si guardava dal celarlo.
Si aggirava come un demone infuriato per le librerie.
L'uomo alzò gli occhi dal testo solo quando Ofelia lo raggiunse allo scrittoio, fingendo di non aver udito la voce irata per tutta la biblioteca.
-Ciao, sei rientrata? Hai fatto presto- disse amabile, niente voi, era scaduto in pochi mesi dal loro incontro. L'accolse con un sorriso da schiaffi stampato sulla faccia angelica.
Aveva tratti fastidiosamente avvenenti per la Lettrice, che trovava però qualcosa di tragicamente cupo dietro i suoi occhi ametista, sempre vigili e scandaglianti.
-Hai sospeso il mio matrimono con Thorn!?- sbottò Ofelia senza preambolo, gli occhiali erano diventati rosso fuoco, mentre nonostante tutto il dramma interiore non ne aveva perso il controllo per un solo secondo davanti all'Intendente.
-E' la prima cosa che vuoi dirmi?- perfettamente a sereno e a suo agio, un lampo ammiccante negli occhi viola.
-Perchè?- continuò lei ignorando la domanda.
-Non è rilevante-
-E' rilevante per me! Perchè lo avete sospeso?- poggiò con impeto le mani sulla superficie di legno. Lui seguì il gesto con gli occhi senza batter ciglio.
-Perchè non si è mai sentito di un Alchimista sposato, ovviamente. Che fine farebbe la nostra non appartenenza con un marito Intendente alle calcagna?-
-Che vai farneticando? Siamo tutti sposati! Abbiamo tutti passato il rito del gemellaggio-sbottò lei ancora furibonda, - o mi stai dicendo che tu e Ariane non siete sposati, ma avete avuto un rito del Dono in qualche modo?-
-No, no, siamo sposati, su carta almeno – rispose lui levandosi il monocolo, voce fastidiosamente accomodante, - io sono vedovo e Ariane è divorziata? - dubbioso sul termine, -non so se possiamo dire che è divorziata, diciamo separati con comunione di intenti? Si molto meglio, lei e il marito avevano un contratto mooolto particolare- calcò sornione sulle sillabe.
La risposta lasciò di sasso Ofelia che di botto rimase senza parole, sentendosi una stolta.
-Proprio quella, Lettrice, quell'increspatura di sorpresa che si tuffa nell'imbarazzante incredulità- continuò l'Arbitrante imperterrito, sfilandosi da dietro lo scrittorio per raggiungerla davanti ad esso, - non sei il caso più canonico, di solito diventa Alchimista la parte conscia della valenza del Dono, non la parte ignara. Il tuo caso è stato molto, molto, aiutami a dire molto, fuori dal comune- un sorriso mefistofelico negli occhi.
-Thorn...-
-Già, lui ha fatto quello che noi abbiamo fatto con le nostre controparti, ha pianificato il tutto. Io ho sposato mia moglie per i suoi Doni, è stato più commerciale che altro la nostra unione, non siamo nemmeno mai finiti nello stesso letto- tono piattissimo nel raccontare la cosa - la sua dipartita non mi ha nemmeno sfiorato, anzi- impietoso e senza imbarazzo di sorta la sua confessione. - Ariane ha una storia più complessa e controversa della mia, ma non me la sento di raccontartela al posto suo- fece il finto morigerato dandole una lieve spintarella con il gomito.
Ofelia si scostò con irritazione guardandolo con un miscuglio di emozioni nello sguardo, rabbia, ma anche frustrazione e disappunto, verso se stessa. Pensava di essere cambiata, di essere più forte.
-Perchè non me l'hai detto?- chiese poi guardandolo con freddezza, poco credibile, mentre cercava di nascondere l'affondo, la rabbia di quando era scesa dal dirigibile era scemata in un soffio. Per un attimo in lei ci fu solo la ragazzina spaesata a cui era arrivata la lettere delle Decane.
-Per questo direi- rispose Astarte impassibile, un'occhiata molto lunga sulla ragazza e sull'azzurro via via più grigio dei suoi occhiali.
-Non avevamo risolto la cosa degli occhiali?- chiese con un che di critico, come un maestro che punta all'errore di un allievo. La ragazza strinse il pugno ed inspirò a fondo, il colore tornò argento anonimo.
-Sono sempre un'animista di fondo-
-Come dimenticarlo- ironizzò l'Arbitrante avviandosi ad uno degli scaffali.
-Non c'era nella singrafe- esordì di colpo Ofelia, più ferma la voce, meno persa, meno oppressa. Lo sguardò che sollevò di nuovo sull'uomo non era confuso, stava dominando il momento. Il secondo di sconforto e totale smarrimento c'era stato, ma non era meno vero l'adesso controllato.
-E' un dettaglio collaterale. Per il quieto vivere non l'ho menzionato-
-E' una clausola che avrei dovuto sapere-
-A che pro? Per opporti?-
-Si può darsi- insistette fronteggiandolo. Le si parò di fronte nel suo spostarsi agli scaffali.
-Tuo marito è un problema, te ne rendi conto si o no?- i toni affabili si stavano estinguendo. Astarte la fissava con un gelo criptico negli occhi ametista. Ofelia conosceva questa sguardo.
-No, Thorn vuole capire, vuole la verità, come noi. Se potesse capire, se potessimo coinvolgerlo...-
-Coinvolgerlo?- proruppe con derisione, - vorrai scherzare? Il tuo accordo per sistemargli i poteri e la gamba ci è costato già fin troppo e mi aspetto grattacapi infiniti dal quel maniaco del controllo-
-Ha fatto l'impossibile da quando è diventato Intendente, per dare senso al caos intorno agli spiriti famigliari. Il suo piano di leggere il libro di Faruk deriva da questo -veemente nella difesa del marito, intensa.
-Il suo piano è fallito!- ritorse impietoso. Duro come l'acciaio, gli ricorda proprio qualcuno nei modi.
-Questo perchè ci sono stati imprevisti, non avevamo modo di capire di Dio e del Barone Melchior prima. Madre Ildegarda ci ha dato indizi, ma non voleva venir usata, si è uccisa senza dirci tutto-
-Ah si? Tutta colpa del caso? E quanto saggio è stato nelle sue manovre?- sibilò ostile l'altro, tono più affilato, sguardo duro. -a partire dal suo voler leggere il libro di Faruk, ha messo in piedi un matrimonio con una Lettrice di Anima, senza prendersi nemmeno un momento per pianificarle il processo e farglielo anche solo capire, in nome dei suoi segreti ha permesso una sequenza di cataclismi in successione e per cosa? Per tenerti ignara?- tono di critica, voce vibrante, - è un grande stratega te lo riconosco, ma un debole tattico, se non ha pensato che non tutti sono soldatini come lui. Che manovra è cercare di avere il dono di un'altra arca senza pensare di dover dare almeno spiegazioni in cambio? La conseguente caracollata totale con il Barone Melchior era prevedibile e non pago, l'uomo che credeva nella Legge, la legge che ha difeso ed era pronto a vedersi abusare addosso, da quel che mi dici – calcò le ultime parole con sfregio, -quello stesso uomo è scappato al dunque della questione. Se si fosse fidato cinque minuti di te, non di più, oggi il presente sarebbe molto diverso-
La ricapitolata dell'Arbitrante fu uno schiaffo per Ofelia, che arretrò di un passo. Combattuta. Una parte di lei era stata arrabbiata con Thorn per due anni, ma un'altra aveva semplicemente vissuto nella speranza di reincontrarlo e recuperare il tempo perduto.
-Credeva di star per essere giustiziato, tu avresti...-
-Aspettato te- tagliò corto lui perentorio allontanandosi indispettito, ma con quella forma di contegno imposta, che molte volte gli aveva visto sfoderare nei due anni ad Albedo. Il discorso era concluso.
-Dovevi litigarci proprio subito? Era in pensiero per il tuo ritorno al Polo, suvvia, non gli dai proprio un po' di tregua- invase flessuosa ed insinuante la voce di Ariane. Impossibile dire da quanto fosse lì, da un angolo delle librerie guardava divertita verso la ragazza.
-Thorn non è un problema, ma un potenziale allenato-
-Ostinato ed arrogante, ne abbiamo già uno di questa tipologia a bordo, non credi?- chiara l'allusione ad Astarte.
-Sono seria maledizione! Perchè non volete mai parlare di Thorn?-
La donna rise, di una risata squillante e profondamente mortificante. Come se Ofelia fosse troppo ottusa e ponesse domande inette.
-Se dopo due anni ad Albedo ti poni ancora quesiti simili direi che sei anche peggio del pensato- sbuffò insinuante, stiracchiandosi come un gatto, - rispondi tu a me, questa infatuazione per il ricordo che hai di questo tuo improbabile marito, credi anche che sia realtà?-
La lettrice ebbe un fremito, come se avesse toccato un brutto tasto scoperto. I suoi sentimenti erano caotici, ancora ricordava come il giorno prima gli eventi alla prigione, ancora si ripeteva le quattro parole che le avevamo fermato il cuore. Distolse lo sguardo.
-Che ti importa cosa credo? L'Intendente è e resta un potenziale alleato che tutti e due state ignorando, rendendolo gioco forza un competitore nella caccia a Dio e all'Altro-
-Non stavo divagando cara la mia Lettrice, le due cose sono collegate, dovresti esserci già arrivata- ammiccò perfida la donna scarmigliandosi i capelli con un gesto voluttuoso.
-Sono troppo stupida a quanto pare, illuminani tu! Di solito non aspetti altro- disse la ragazza esasperata. Odiava questi modi dell'Alchimista, ma sapeva che non c'è una via intorno, si doveva passare attraverso lo scherno e i giochi di dialettica di Ariane.
-Perchè Astarte ha scelto te e non lui, mi sembra ovvio sciocchina- l'occhiata che le tirò fu di pura sufficienza.
-Che signfica? Era possibile che scegliesse Thorn al posto mio?- Ofelia fu presa un attimo in contropiede, questo colpo di scena non se lo aspettava, la voce precipità un secondo.
-Purtroppo no, ma teoricamente si-
-Spiegamelo davvero come se lo spiegassi ad un'idiota, faremo prima- disse esasperata Ofelia, subdorando la rispota, ma volendo sentirla dalle labba di un Alchimita.
-Prendiamo sempre uno solo dei due, il più dotato oppure... il più controverso in termini di mix di gemellaggio- disse Ariane con un sorriso divertito stampato in faccia, - tu hai persino liberato l'Altro, capisci che partivi con un sacco di punti in più del tuo molesto marito metodico?-
-Continuo a credere che siamo un caso differente. Lui non smetterà di cercare, perchè incastrarci in questo tira e molla?-
-Continui a credere che sia solo uno scambio alla pari? Eppure Astarte è stato chiaro due anni fa. Al Polo abusano del rito del dono, pensando che sia solo un modo per potenziarsi tra purosangue, ma non è così. Il gemellaggio è un furto- la voce meno sorniona, lo sguardo più caustico, -rubi molto più dei poterti del tuo partner, rubi frammenti della sua essenza, a volte lasciando danni alle spalle. Pensa al tuo maritino, la sua mente non è idonea ad essere un Attraversaspecchi, ma tu lo hai messo nella condizione di poterlo fare e travolto dal rischio di morte incombente ha fatto il passo più lungo della gamba-
-Che significa? Se ha attraversato lo specchio è perchè è riuscito a maneggiare il potere da animista-obiettò Ofelia veemente, con un sentore di angoscia che risaliva dai meandri di una conversazione vecchia di due anni.
Ariane fece una smorfia di pietà alla ragazzza.
-Astarte mi ha mentito- susurrò a fior di labbra Ofelia, come turbata dalla possibilità.-
-Astarte non mente mai- disse l'altra severamente, - il come compone la verità che comunica, bè questo è un altro discorso-
-Se è vero quello che dici, perchè accettare di aiuarmi con il processo di riallineamento?- la Lettrice trovò la forza di contestare ancora.
-Bella domanda, me lo domando anche io- fece uno sbuffo teatrale, - ma sappiamo che questo è un altro tipo di problema, con il nostro bell'Arbitrante- ammiccò insinuante verso l'altra.
-Che vi piaccia o no, dovrò dare una spiegazione-
-Indubbiamente, altrimenti chissà che macelli metterà in piedi il tuo sospeso maritino- la schernì.
-Nonostante tutto vi aspettate che gli menta?-
-No, non sei in grado di mentirgli, vogliamo che scegli cosa dire. Dopo tutto questo tempo passato con il tuo fascinoso mentore, hai capito come funziona no?-
-Non conosci Thorn- disse con voce solenne Ofelia.
-Nemmeno tu mia cara, eppure non siamo qui a farne una tragedia giusto?-
La ragazza ebbe un moto di pura rabbia, ma la tenne circa sotto controllo, finendo in un teso silenzio. Lungo abbastanza perchè l'Alchimista uscisse di scena a passi lunghi e ben distesi.
Ofelia odiava il senso di oppressione, di non sapere, non capire, che l'aveva attanagliata al suo primo trasferimento al Polo e che era poi mutata man mano le cose si erano allineate. Unirsi agli Eruditi aveva dato una nuova prospettiva, ma non le aveva tolto questa angoscia di fondo.
Non conosceva Thorn? Per chi si era gettata in una mossa del tutto per tutto con un matrimonio in carcere allora? Una bizzarra infatuazione? Un sentore?
Con frustrazione estrasse l'orologio da taschino dell'Intendente, che non segnava mai l'ora esatta. Non lo aveva mai letto ed ora come ora anche solo l'idea sembrava spaventarla.

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Capitolo 6
*** L'Armadio ***


La visita di Ofelia all'Intendente aveva causato una nuova frenesia in Thorn. Non era più questione di se e dove, ma di come e quando. Ora sapeva dov'era e sapeva che era sana e salva, eppure non c'era stato sollievo da questa acquisizione di nozione. Il fatto nudo e crudo di essersi trovato davanti una persona, non diversa, ma differente, maturata, nei due anni di distacco, lo metteva fuori asse. L'accusa di essere immutabile sembrava aver fatto più breccia del pensato e così ogni minuto non soverchiato dai doveri dell'intendenza veniva dedicati alle sue ricerche con Febo ed ora anche agli Alchimisti.
La gamba era notevolmente migliorata nelle tre settimane che erano seguite alla fatidica procedura. Aveva ancora leggeri problemi di deambulazione, ma lievissimi in confronto all'inizio, l'esoscheletro era stato notevolmente alleggerito per divenire un elegante e sottile supporto in lega, imbragante in modo molto più discreto intorno alla gamba.
In generale si sentiva molto meglio, cosa che lo aveva in qualche modo fatto riflettere sulle sue uscite secche e dure ad Ofelia. Cosa che poi non avrebbe mai confessato, l'oppressione che lo aveva accompagnato dal giorno della sua fuga dopo il non proprio perfetto tuffo nello specchio sembrava essersi attenuato, non dissolto, ma aveva indubbiamente perso volume. La sua mente era più libera e quindi macchinosa più che mai.
-Pensavo fossimo arrivati ad un punto di comprensione-
Il timbro baritonale di Febo raggiunse l'intedente nell'ufficio ispettoreo per l'energia, pioveva a catinelle e il rumore della pioggia sui vetri era assordante.
-Un punto definito dall'ignoranza non può dirsi di comprensione- lapidò duro Thorn, scoccandogli un'occhiata trapassante. L'altro finse di non notare lo sguardo.
-Le mie omissioni sono state fatte in buona fede, inoltre vorrei ricordarvi che non ero un Alchimista, sono un'élite indipendente, hanno modi di agire e obiettivi differenti. Le mie informazioni sono frammentarie-
-Avevamo un accordo- insistette l'Intendente senza alzare gli occhi da un testo che stava leggendo.
-Precisamente- disse l'uomo di Babel con un che di frustrato, -far irritare gli Eruditi non era parte del contratto-
-Nemmeno che loro potessero fare il bello e cattivo tempo con me-
-La sospensione è certamente una manovra fastidiosa, ma non dovete prenderla come dichiarazione di guerra o altro. Avranno un'assurda motivazione per questa cosa, che difficilmente c'entra con voi-Febo tentò un approccio più logico per far leva sul metodico, anche se in questo momento sembrava parecchio umorale l'Intendente.
-Quindi c'entra con mia moglie- dedusse gelido.
-Non ho detto questo-
-E cosa dunque?-
-Capire le motivazioni degli Eruditi è sempre una manovra fuori schema, credetemi, ci ho provato per anni e poche volte ne sono venuto a capo- di sottecchi scrutò Thorn, senza darlo a vedere, sembrava davvero preoccupato dalla nuova determinazione del drago.
-Pensate davvero di poter procedere fingendo che non ci avremmo avuto a che fare?- ritorse con tono duramente l'Intendente, - siete più illuso di quello che raccontate se è così-
-C'è differenza nell'evitarli salvo casualità e cercare attivamente lo scontro. Non amano essere investigati, ci saranno conseguenze se insistente in modo così veemente-
-Tipo?-
Febo si innervosì, fece due passi dalle finestre verso la porta.
-Non volete saperlo- ribattè, -tra l'altro riconosciamo l'elefante nella stanza vi spiace? Vostra moglie è una di loro, forse dovreste chiedere un annullamento invece di aspettare che la sospensione scada-
L'affermazione così drammaticamente personale, diretta e senza nemmeno un paio di frasi di contesto, fece mollare la lettura a Thorn che scrutò con uno strano cipiglio l'uomo.
-Qualcosa che volete dirmi Febo? Non vorrei vi tratteneste- il sarcasmo era molto inasprito nella voce, poi lo fissò truce - Quando ho mai detto che è una di loro?-
-Non serviva, quando mi avete detto che è stata prelevata dall'Arbitranza è stato chiaro-
-Per questo non avete fatto davvero domande- dedusse lui algido, - che cosa è chiaro di grazia?- incalzò Thorn con saette negli occhi, alzandosi da dietro lo scrittorio. Un movimento lento, vertebra dopo vertebra, per andare a torreggiare sull'uomo di Babel.
Febo non vacillò, nonostante la presenza opprimente dell'altro, rimase fermo sui suoi piedi a fronteggiarlo, ancora armato di buonsenso e ragione.
-Gli Eruditi non prelevano persone a caso per tenersele in ostaggio o come ospiti involontari. Se raggiungono qualcuno, volente o nolente, questi deve unirsi a loro e molto spesso hanno argomenti maledettamente convincenti, quindi sì, vostra moglie è un Erudita a quest'ora, vi dirò di più, è un Alchimista- fissò per un secondo netto l'intendente negli occhi, - ma lo sapevate già, per questo vi state dannando per trovare tracce anche di loro sulle varie arche spulciando la documentazione maniacale dei Genealogisti-
Ci fu un momento teso, sentito da entrambi, poi Thorn passò oltre andando alle vetrate a guardare i vetri lavati dalla pioggia. Incrociò lentamente le braccia al petto.
-E' un'informazione nuova, per me, poche settimane- confessò cauto l'intendente, la loro alleanza non si basava sull'onestà completa, ma urgeva qualche punto fermo.
-Non vi ho detto nulla perchè...- azzardò l'uomo di Babel.
-Lo so- tagliò corto l'intendente, - temevate potessi rincorrere gli Eruditi per riavere indietro mia moglie e rovinarvi i piani. Timore logico, ma inutile non butterei mai il nostro accordo così stupidamente-
Febo tacque, incerto su cosa dire e come, anche perchè Thorn stava comunque cercando informazioni.
-Voglio più chiarezza, in questa collaborazione di intesa. Meno raggiri, se possibile- propose serioso, con quella sua fermezza da investigatore al lavoro.
-Da parte mia o da parte vostra?-
-Entrambi- concesse l'intendente sospirando, strecciando le braccia dal petto, - ma voglio più chiarezza sugli Eruditi, perchè potrei avere domande, non voglio farse-
-Quindi sapete dov'è vostra moglie-
-Non ho detto questo-
-Non era necessario- sospirò con pesantezza l'uomo, passandosi una mano al collo, con fare pensieroso. -Spero capiate che è un Alchimista, quindi dovete rispettosamente diffidare, di qualunque cosa vi dica-
-Ricordo la nostra conversazione sugli Eruditi- confermò lui semplicemente, senza batter ciglio.
-Splendido, perchè gli Alchimisti sono anche peggio e c'è un dettaglio che voglio menzionare da subito- rialzò di nuovo lo sguardo ad incrociare quello d'acciaio di Thorn, -Non è praticamente possibile prenderli alla sprovvista-
-Questo cosa dovrebbe significare?-
-Quello che ho detto- ribadì enigmatico, - quando le vostre azioni si avvicinano troppo alle loro, verrete visto, in anticipo-
-Visto?- il tono dell'Intendente si stava facendo guardingo
-Pensate pure ad una palla di vetro se la visualizzazione mentale vi torna-
-Ma davvero?- ironico, - mi state dicendo che vedono il futuro? Sicuro di non essere stato ingannato da qualche Visionario con i sensi troppo eccezionali per essere veri che semplicemente lo fanno apparire come precognizione?-
-No, so cosa significa avere a che fare con i Visionari, che analizzando il passo di una persona e le condizioni di una strada sanno dire se questa cadrà, ma no, io parlo eventi in anticipo e prima che me lo chiediate, no, non so come funziona. So solo che lo fanno, l'ho visto fare ai miei tempi ed è cosa molto efficace- voce lapidaria, Febo si avvicinò alla porta, - per questo scappare dagli Eruditi è così difficile, ma dagli Alchimisti è quasi impossibile-
-Avete detto quasi?-
-Si bè, io non ci conterei sul quasi- ma non disse altro, si limitò ad uscire chiudendosi la porta niente.
Thorn sospirò con una strana pesantezza spossata, prima di tornare a sedere dietro lo scrittoio.

...

Ofelia non dormiva molto da quando aveva rivisto Thorn. Spesso nel bel mezzo della notte passava ore ad aprire e chiudere il suo orologio, senza però guardarlo, solo per sentire lo scatto familiare del coperchio. Il rassicurante clack metallico del passato.
Oggi però era una notte diversa. Era sul suo dirigibile, parcheggiato ad una delle ancore intorno a Città-cielo, in attesa che albeggiasse e potesse accedere al porto effettivo. Non erano niente tre settimane nell'ampio schema delle cose, eppure ne era rimasta toccata, più di quanto non volesse ammettere, più di quanto la nuova se stessa fosse pronta a confessare.
Thorn era immutato. Non c'era sorpresa reale in questo, non c'era stupore possibile, eppure... la conferma sa avere retrogusti amari. Nonostante la gioia che le portava l'idea che quindi anche i suoi sentimenti nei suoi confronti non si fossero distorti, vi era anche angoscia. Alla fine il giorno si fece vivo.
Cauta come una donnola, la ragazza si infiltrò in uno degli uffici dell'imbarcadero usando una copia contraffatta dei passepartout dei Gendarmi, qualcosa che l'Intendente forse non avrebbe approvato, ma che le semplificava di molto la vita.
Il piano era banale, ma richiedeva tre passaggi e tre specchi. Due di essi erano disseminati per Città-cielo in modo che colmassero la distanza dal porto dei dirigibili all'ufficio di Thorn, che sapeva da fonti attendibili avere ancora un armadio con uno specchio all'interno. Il solo pensiero che avesse tenuto l'arraggiamento di due anni prima le riscaldava il cuore, ma le creava anche parecchia confusione.
Ofelia guardò il suo riflesso nello specchio. La donna che vedeva riflessa era una combinazione strana di ciò era stata e di ciò che era ora. La Lettrice di Anima, la fidanzata di inverno al Polo, l'Alchimista di Albedo. Tutte e tre fuse in una figura nuova, una figura probabilmente strana per la percezione di Thorn, per il suo modo metodico di gestire ricordi e sensazioni.
Entrò nello specchio.
La prima parte di tragitto fu relativamente semplice, senza intoppi. Il secondo specchio si trovava in un magazzino di Chiardiluna, praticamente in disuso dove a volte venivano tenute per brevi periodi eccedenze di consegne.
Dovette prendersi parecchi minuti prima di infilare il braccio nello specchio successivo,voleva risultare determinata, ma era divorata dai dubbi, e non era mai saggio attraversare specchi con il cuore in tumulto, o così il prozio gli aveva insegnato. Alla fine ci provò e quando sentì l'anta dell'armadio dall'altra parte sorrise.
Ricordò i suoi tentativi nel passato, attendendo il giusto segnale. Ora che era un po' più donna e un po' meno bambina riconosceva le tracce del suo innamorarsi di Thorn, l'impazienza di poterlo vedere, l'idea del suono della sua voce. Anche se burbera le dava un senso di protezione in grado di riscaldarla.
Ofelia passò quasi un'ora nel magazzino, l'anta restava sempre chiusa. Alla fine dovette accettare il fatto che forse non stava più applicando l'antica regola dell'anta aperta, così, contravvenendo al buonsenso, attraversò lo specchio.
L'armadio era angusto come lo ricordava, pieno di cappotti e soprabiti e lei non era certo migliorata in termini di agilità, anche se la cordinazione aveva subito una drastica evoluzione dopo la sua procedura di riallineamento.
Cercò di essere il più discreta possibile, nel caso ci fosse qualcuno in ufficio, cosa non scontata visto il livello di impegni dell'Intendente. Era incastrata davvero male, praticamente sostenuta da uno dei grossi cappotti a doppiopetto, tese le orecchie e sentì parlare. Le parole non erano chiarissime, ma qualcosa riusciva a captare.
La voce dura e sferzante di Thorn le fece salire un sorriso sul viso, ma a farle perdere un battito fu la seconda voce che la raggiunse. Squillante e fiera, assolutamente non intimorita da quella imperiosa dell'intendente. Berenilde.
-Thorn è inaudito il tuo comportamento, te ne rendi almeno conto?- diceva contrita ed oltraggiata la donna.
-I commenti della corte non mi interessano, pensavo di essere stato chiaro in proposito-
-Per l'amor del cielo, sei un nobile, sei un Duca! Non puoi infischiartene della corte, ora ne fai attivamente parte-
-Per me è irrilevante-
-Thorn, non puoi ignorare le allusioni del Marchese Lars e del Duca Balin- insisteva la zia, veemente ed appassioanta. Proprio come la ricordava Ofelia.
Sarebbe uscita dall'armadio, di slancio, solo per poterla abbracciare, poter chiedere di Vittoria, del Polo e di Faruk, ma non ci provò nemmeno. Perchè l'Alchimista non poteva lasciare troppe tracce di sè e se proprio avesse violato le regole, si era ripromessa che sarebbe stato per Thorn e Thron solamente.
-Posso e lo sto già facendo. Tra l'altro l'Intendenza non si è semplificata, vi ricordo, ho di meglio da fare che essere fattore di distrazione per dei boriosi nobili tediati dalla loro vita-
-La tua situazione famigliare è molto più che un fattore di distrazione, è fonte di malelingue, oltre che ragione di grande imbarazzo. Non pensi a me e tua cugina?- la voce di Berenilde salì di tono, drammatizzante.
-Perchè dovrei? Avete una protezione invalicabile, quella di Faruk, siete intoccabili, anche dalle insinuazioni- fu l'esasperata ribattuta.
-Hai fatto tanto per divenare nobile, vuoi buttare ogni cosa?-
-Confondete le motivazioni per cui l'ho fatto, è ben diverso da quello che pensi-
-Hai sentito cosa ha detto Archibald? Non tornerà indietro, non tornano mai indietro...- azzardò la zia con una nota di tensione vivida nella voce, -rompi questa farsa di matrimonio sospeso, riabilita la tua situazione. Ti serve un erede ragazzo mio, non c'è altro modo-
Questa parole furuno un vero stiletto al cuore per Ofelia. Che mosse di colpo il piede incastrato male, creando uno scricchiolio nell'armadio. Forse era stata sentita perchè ci fu silenzio per un paio di secondi.
Di colpo però sentì un secco poggiare di mani sul tavolo. Nella sua testa si figurò l'occhiata di Thorn associato a tale gesto.
-Fuori- disse la voce algida e tagliente dell'Intendente.
-Thorn, ti prego...-
-Fuori!-
Uno scalpiccio di passi affrettati, tacchi sul legno. Berenilde stava lasciando l'ufficio.
Ofelia sperava che scambio a toni sostenuti l'avesse coperta dall'impiccio, anche perchè non era più sicura di voler uscire dal dannato armadio. Ma l'anta venne aperta.
Sgraziamente la Lettrice rotolò fuori dal cappotto finendo praticamente sui piedi Thorn. La divisa da Alchimista con l'ampia casacca tutta attorcigliata addosso, gli occhiali storti sul naso. Era però quasi lieta di non vederlo nitidamente.
-Sono tornata- disse Ofelia semplicemente, con un finto autocontrollo che di fatto non aveva in questo momento.
L'Intendente la fissò con sguardo altamente critico.
-L'armadio era chiuso, mi sembrava avessimo regole chiare-
L'uscita lasciò senza parole Ofelia, sia perchè l'accordo di due anni fa era ancora valido, cosa che le scaldò le guance, sia perchè l'uscita fatta accantonava le parole di Berenilde come un colpo di spugna. Eppure non poteva immaginare che non avesse sentito.
-Testavo il terreno, chiedo scusa- risposte alla fine la lettrice rimettendosi in piedi e cercando di tenere su una facciata compita. La verità era molto differente.
Thorn arretrò di qualche passo così da lasciarla libera di raddrizzarsi, gli occhi acciaio erano indagatori, l'espressione poco leggibile come suo solito.
-Mi era parso di capire che non volevate essere vista da nessuno, nemmeno conoscenti e famiglia- incalzò l'Intendente, con quel suo solito approccio invernale alle cose.
-E' così- si affrettò la lettrice, riassettandosi l'ampia casacca sotto uno sguardo arcigno,- non sapevo con chi eravate, volevo solo sapere se lo specchio era ancora a posto-
-Mi tenete d'occhio?-
-No, certo che no- rispose lei esasperata dall'interrogatorio, - volevo solo vedere come stavate, con la gamba e parlarvi, se è un brutto momento vi chiedo scusa-
-Di cosa?- lapidario e telegrafico. Brutto segno.
-Come?-
-Di cosa volevate parlarmi?-
-Oh- il disagio stava vincendo il meglio di lei, si aggiustò gli occhiali sul naso e distolse lo sguardo. Era seriamente in panne, non sapeva cosa dirgli e finì in silenzio, maledicendosi per queste sue ricadute di bambina.
-Allora?- insistette lui con quei suoi occhi terribili e giudicanti.
-Ecco- balbettò lei, incalzata dallo sguardo di Thorn, di colpo aprì la bocca e parlò di getto – non lo so, tipo di un possibile annullamento rapido del nostro matrimonio? Mi pare di capire vi agevolerebbe-
Ofelia proruppe di getto, senza frenarsi, nel brutto miscuglio emotivo che sentiva prendere la meglio di lei, il suo faticosamente guadagnato contegno finiva sempre alle ortiche con l'Intendente e le sue accuse.
Thorn inarcò il sopracciglio allo sbotto, l'espressione era un intrico oscuro. Difficile dargli forma.
-Questo mi dice che stavate origliando, non che era quello di cui volevate parlarmi- ritorse con un che di seccato.
-Chiedo venia Duca- ribattè lei con ritrovato sarcasmo, ormai infervorata, -era davvero difficile non sentirvi con i toni tenuti. A questo punto meglio parlarne comunque, le mie altre argomentazioni possono attendere, se il contratto con me vi impedisce così tanto- era posseduta, furiosa.
-Credete sia quello che voglio fare?- chiese lui con gelo, oltraggiato.
-Credo sia una possibilità logica-
-Voi dite?- alterazione vivida nella voce.
Ofelia dovette far leva su se stessa per alzare lo sguardo dalla divisa nera agli occhi di Thorn, sostenerne lo sguardo era tutt'altro che facile, ma come spesso capitava nei momenti di irritazione riusciva a sfruttare parte di ciò che era diventata negli ultimi due anni.
-Che cosa volete che dica? E' vero, c'è della logica, come negarlo – disse con fermezza, più di quanta non ne avesse davvero, - con il titolo potete fare più cose, arrivare in meandri più bui, avere più risposte, ma il titolo ha un costo -
Si fronteggiarono, e per un secondo furono alla pari. Poi la lettrice dovette ripiegare, si sentiva angosciata e temeva che gli occhiali la tradissero da un momento all'altro.
-Non sto contestando la logica- riprese Thorn con una tonalità più calma nella voce glaciale, - ma non c'è motivo di parlarne-
-Vostra zia dissentirebbe- mormorò Ofelia a disagio.
-Mia zia non ha voce in capitolo. Comunque sia io non chiederò l'annullamento- solenne nel dirlo, poi la fissà assottigliando gli occhi, - ma a prescindere da questo lo subirò, tra sedici mesi-
Per un solo istante Ofelia lo vide, il contegnoso disappunto dell'Intendente in realtà nascondeva ferite.
Ofelia non fece a tempo a dirgli nulla, il telefono prese a squillare sonoramente e l'espressione sul viso di Thorn fu subito cancellata.

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Capitolo 7
*** Detto e Non Detto ***


La telefonata non durò a lungo eppure sembrò quasi un salto temporale per Ofelia. Guardava l'Intendente e lo vedeva come in una bolla, pratico nel rispondere con la solita voce ferma e imperiosa, mentre le faceva cenno di non parlare. Tutto come allora, come due anni prima.
Quando il ricevitore venne messo giù con un clack romoroso, la bolla venne meno. La lettrice si ritrovò a sperare che la pausa si estendesse ancora per qualche minuto, impreparata a questa conversazione. Gli occhi duri di Thorn erano nuovamente su di lei, con qualcosa che non riusciva a tradurre. Accusa? Disappunto? Difficile dirlo, era un silo ermetico. Non sapeva cosa pensava.
Le parole di Ariane le si affacciarono alla mente sfacciate e derisorie: nemmeno tu conosci Thorn.
-Non siete qui per parlare dell'annullamento, dico bene?- ruppe lo stallo l'Intendente. Appoggiandosi allo scrittoio, ma senza sedersi, questo concesse un venti centimetri in meno sulla sua totale altezza.
-No- rispose per riflesso Ofelia, pentendosene subito, -ma forse dovremmo parlarne, se Berenilde è così agitata dalla cosa- il fuoco di poco prima aveva ancora qualche tizzone.
-Non è necessario. Come ho detto non ha voce in capitolo- Thorn era inamovibile. Eppure gli scappò il gesto dell'orologio, pur non avendo l'orologio e dissimulò troppo tardi, cosa che diede speranza alla Lettrice.
Thorn la fissò con un’intensità quasi brutale. Ofelia ebbe la dolorosa e vivida consapevolezza del vuoto che da due anni la scavava dall’interno, e cominciò a tremare. Non perché avesse paura, ma perché non aveva appigli, di fatto non sapeva chi fosse oggi quest'uomo per cui aveva fatto fuoco e fiamme in priogione, per salvargli la vita. Era un tremito che proveniva dalle radici stesse del suo essere. Era angosciante confrontarsi e scoprirsi persone sconosciute.
-D'accordo, allora possiamo parlare di come state? Come vi sentite post procedura?-
Diede un secondo di tregua sulla questione, cercando di rompere il silenzio.
-Funzionante- la risposta fu telegrafica, nella rigidità dell'Intendente si nascondeva qualcosa, come se l'inaspettato aiuto della moglie scomparsa fosse fonte di umiliazione e non di sollievo.
-Vedo che portate ancora l'esoscheletro- cercò di essere paziente Ofelia. Puntanto sulla logica.
-Sono ancora storpio, se è questo che state chiedendo- ancora sulla difensiva. Thorn era cauto e a distanza, come se fosse necessario che non fossero troppo vicini.
-A quest'ora dovreste avere al massimo un lieve zoppicamento, non dovreste aver bisogno di supporto-
-Spiacemente di deludervi- nella durezza della voce si perpecì forte e chiaro un tono più appuntito di fondo, sarcasmo.
-Non è questione di delusione, se non...-
-Sono abbastanza funzionate, siete davvero venuta fino a qui per parlarmi dello stato della mia gamba?- lapidò di botto l'Intendente scostandosi con impeto dallo scrittoio per barricarvicisi dietro.
Ofelia si bloccò, era oltre il difficile parlarci, e lei chiaramente non sembrava il soggetto più portato a farlo, cosa che la feriva non poco. Lo scherno di Ariane ormai era vivido in testa, ma cercò di tenere una qualche forma di contegno.
-Vi ho sottoposto ad una procedura difficile, ovviamente mi preoccupo degli esiti-
-Gli esiti sono ottimi- tagliò corto.
-Volete negare l'evidenza?-
-Non direi proprio, ma mi sembra chiaro non avevate idea come fosse prima-
-Non vi capisco- l'irritazione le stava monetando di nuovo, aveva proprio un dono Thorn in questo, -siete o non siete un Attraversaspecchi?-
Il silenzio che scese tra loro fu teso e immobile, poi l'Intendente distolse con cipiglio lo sguardo.
-Questo cosa c'entra adesso?-
-Avete preso per davvero uno dei miei doni o no? C'è qualcosa che sia animismo in voi?-
-Il vostro potere mi ha permesso di scappare di prigione, ma non ne ho fatto un’abitudine. Del resto anche voi dovreste stare lontana dagli specchi – disse con fare perentorio, scoccandole una strana occhiata.
-Perché? Pensate che esista un altro Altro che potrei liberare per sbaglio e peggiorare ulteriormente la situazione?-
-No. E crederò all’esistenza dell’Altro solo quando lo avrò incontrato. Fino a quel momento per me sarà Dio o Mille-facce l’unico responsabile dello sfascio in cui versa il nostro mondo. Il problema è che ha preso il vostro aspetto, quindi ha probabilmente assorbito il vostro potere familiare, e non sappiamo l’uso che può farne. Per quando mi riguarda, non mi andrebbe di vedermelo spuntare dall'armadio-
Ofelia ci pensò sopra. Attraversare gli specchi esigeva una grande onestà intellettuale, una qualità che Mille-facce difficilmente possedeva, ma questo pensiero se ne trascinava dietro un altro ineluttabilmente. Davanti a lei c'era qualcun altro non onesto abbastanza per la traversata degli specchi.
Tacque e per parecchio, quando parlò nuovamente la sua voce era misurata, da brava Alchimista.
-Avevate notato che Mille-facce non ha riflesso- esorcì cauta, - mi avete creduto quando ve l'ho proposta come prova-
-E' così-
-Mille-facce è meno divino di quello che possiamo immaginare. Possiede doni variabili ed è in grado di rubare i vari poteri famigliari, ma ha delle limitazioni che la sua duttilità, chiamiamola così, gli impone. Cambiare troppi poteri assieme lo costringe a periodi di riposo- raccontò con tono calmo, cercando di mostrare le sue buone intenzioni.
Thorn la scrutò scetticamente. Valutivato.
-Come lo avete scoperto?-
-Da uno dei Gran Duchi di Cyclope. Ex servitore di Dio- rispose lei con un secondo di incertezza, stava rivelando troppo, ma aveva bisogno di un legame. Un appiglio.
-Ossia?-
-Si è suicidato quando ha capito gli stavano addosso. Siamo riusciti ad impedirgli di segnalare la cosa e la sua morte è stata fatta passare per un incidente- distolse lo sguardo nel dirlo. Non era esattamente il lato più brillante della sua carriera. Non ne andava fiera.
-Stento a riconoscervi- borbottò l'Intendente. Non c'era critica, ma Ofelia ne fu parimenti ferita.
-Sono qui per cooperare- annunciò lei infine, cercando di smorzare la tensione, - ma dovete capire che non è prassi questa per gli Alchimisti, e voi siete molto esposto al momento, avventato persino-
-Vi hanno mandato gli Eruditi, o direttamente l'Arbitranza?- nuovamente guardingo.
-Nessuno dei due. Sono qui perchè credo che non abbia senso ternervi allo scuro, state già cercando la verità e una soluzione al gioco di Dio. Sono qui per collaborare, nei limiti del possibile-
-Ossia fino a dove l'Arbitranza lo permette-
-Ossia fino a dove non rischiate il collo Thorn- sbottò lei irritata, stanca di essere trattata da bambina, quando di fatto dovevano considerarsi alla pari, o quasi tali. Fece due passi verso le finestre. Inspirando a fondo.
-So badare a me stesso-
-Non siatene così certo, state giocando su un tavolo a voi non congeniale-
-Questo secondo chi esattamente?-
L'atmosfera si stava surriscaldando. La lettrice non voleva questo, eppure eccola di nuovo in lizza.
-Perchè dovete prendere tutta come una critica? E' una situazione controversa e i seguaci di Mille-facce sono ovunque, praticamente in ogni arca, dediti al maledettissimo copione. Perchè non accettate che non è qualcosa che potete semplicemente risolvere da solo!-
-Ho sfidato io Dio ed i suoi ingranaggi- insistette lui sulla difensiva. Parlare con questa nuova Ofelia era complicato per l'Intendete, era appassionata, ma soprattutto era consapevole, non interspersa nel caos, non smarrita come appena arrivata al Polo.
-Lo avete fatto e siete stato sconsiderato, se vogliamo essere onesti, a valle degli eventi, ora però sarebbe saggio raddrizzare il tiro-
-Questo cosa dovrebbe significare?-
-Vi accompagnate con un discutibile Uomo di Babel, volete chiamarla prudenza?- proruppe la ragazza. Era difficile tenera la linea con Thorn, era difficile mantenere fermo l'argomento su un singolo punto. Troppe cose si mischiavano e lui le ingaggiava tutte simultaneamente.
-Non sapete niente delle mie scelte a Babel-
-Indubbiamente, ma ne vedo gli esiti: percolosi. C'è una taglia sulla vostra testa. State camminando sul ghiaccio sottile-
-E' una minaccia?- il modo in cui assottigliò gli occhi e l'aria vibrò fece salire un brivido lunga la schiena di Ofelia. Gli artigli. Era furioso.
-Un avvertimento amichevole. Continuate a rischiare la vita senza pensarci due volte, è un comportamento suicida- era sfiancante duellare con Thorn e cercare l'uomo con cui si era sposata in prigione. Era snervante ed opprimente, soprattutto nella veste di Alchimista che era oggi e a cui non era certa di voler rinunciare solo per accontantarlo.
-Rischi calcolati, che riguardano me solo-
-Ah si? Come il nostro matriomonio per avere il dono della Lettura- questo era un colpo basso, ma non recedette, gli scoccò un'occhiata dritta negli occhi.
-Non rivangherò quel fallimento-
-Siamo qui oggi, per quel fallimento- vivida nel ribattere.
-Infatti- concordò con occhi carichi di folgori, - motivo per cui non procederemo come in passato-
-Perché vi infliggete una cosa del genere? Perché vi costringete continuamente a sfidare forze al disopra della vostra portata? E non venite a dirmi che è senso del dovere. Voi non dovete niente al mondo. Non avete la responsabilità del mondo- sbottò lei infine, visto che insisteva a deflettere.
Le sopracciglia perennemente aggrottate di Thorn si rilassarono di colpo, non abbastanza però da cancellare il crepaccio che gli solcava la fronte.
-Credete che lo faccia per il mondo? E' questo che pensate?-
-Per cosa se no?-
Thorn la fissò intensamente con i suoi occhi terribili. Poi inspiritò teso-
-Sentite, le mie decisioni ci hanno portato dove siamo oggi, che non è esattamente il posto più sicuro in cui trovarsi. A questo punto delle cose non c'è spazio per scuse o ritirate, quindi la mia vita è l’unica cosa che mi sento in diritto di mettere in gioco-
Si fissarono, ma fu lei a recedere prima. Nervosa, di colpo si sentiva sciocca sotto quello sguardo d'acciaio. Cercò di non capitolare però.
-Gli Storiografi sono stati sterminati per tenere il segreto e che vi piaccia o no, siete il depositario di quelle memorie e fino a che sarete vivo sarete una minaccia per Dio e la sua setta di psicotici dediti al gioco dei copioni. Sono preoccupata, per voi e i vostri azzardi-
Impacciato, di colpo. Fu solo un secondo in cui si guardarono in modo diverso, senza l'attrito, senza la recalcitranza e poi. Poi di nuovo in trincea.
-Non dovreste, la vostra condizione è ben più pericolosa della mia-
-Perchè non volete il mio aiuto?-
-Perchè non è il vostro aiuto, è l'aiuto dell'Arbitranza, che per quanto ne so potrebbe avere legacci con Mille-facce e la sua cricca-
-Falso! Ho prove che non è così. Ho due anni con loro ed evidenze di questo, pagato nel sangue a volte, non fatemi questa critica poggiante sul sentito dire, non è da voi- si ribellò Ofelia veemente.
Ofelia non capiva. Perché si sentiva più sola in quel momento di quanto non lo fosse stata negli ultimi due anni? Perché il suo vuoto interiore continuava a scavarsi in presenza di Thorn invece che colmarsi? Era perchè lei era diversa e lui no?
Provò un altro angolo.
-Se poteste leggere, avrei più prove da mostarvi. Non avete mai...-
-No- tagliente proprio nel bloccarla, -è inutile, non ci sono mai riuscito, non sento niente-
Un sospirò sfuggì alla facciata della ragazza. L'attimo di poco fa era andato ineluttabilente perso. Erano nuovamente in disputa.
-Temo la vostra memoria sia un intralcio in questo. Il prozio dice sempre che un buon lettore deve dimenticare se stesso prima di potersi immergersi nella lettura degli oggetti-
-Questo spiega tutto, allora- decretò Thorn. -Non dimentico mai niente e francamente non baratterei questo dono con null'altro-
Per qualche ragione restò ferita da questa nota, eppure sapeva che era la normale condizione dell'Intendente, lui esisteva solo nell'ordine e gestendo l'ordine. Il caos era fonte di smarrimento.
-Un'affermazione un po' perentoria, per uno che ha costruito tutto il piano sulla Lettura di un libro illeggibile, non vi pare?- sbottò Ofelia, era frustrata e faticava a tenerlo per sè.
-Un piano che sappiamo come è andato. Mi sembrava avessimo già chiarito che sì, anche io posso sbagliare- seccato, era stato punto sul vivo chiaramente.
-Però avevate ragione. La risposta era nella pagina strappata, anche se non potevamo leggere il libro direttamente. E' così che Dio manipola gli Spiriti Famigliari, che li costringe al copione-
-Un copione che può variare se persuasi adeguatamente. Anche se il vostro caso è unico, da quello che so, nessuno spirito ha mai ritrattato-
Si fronteggiarono in silenzio per un secondo. Ofelia con una strana fitta al petto.
-Mi accusate del mio contrattare con Faruk? Dei mio proporgli il cambiamento?-
-Non vi accuso di nulla, constato un successo dove non ce ne erano mai stati prima-
-Per questo avete attraversato lo specchio invece che aspettare? Invece che fidarvi di me? Perchè non poteva esserci successo?- Chiese di botto. Sapeva che avrebbe creato attrito, ma non potè trattenersi, non dopo lo scontro con Astarte. Non dopo la sua determinazione a dirle che Thorn semplicemente non si fidava abbastanza.
L'uomo dietro l'intendente accusò la domanda, ma tenne le crepe per sè. C’era un che di rigido nella sua postura, ma le lanciò uno sguardo fermo e trapassante.
-Non è stata una questione di fiducia, ma di statistica-
-La fiducia non richiede statistiche di successo o insuccesso. E' un atto di fede- ribattè lei, sfregiante, offesa e ferita.
-Mi state chiedendo perchè non ho deciso in base ad un tiro di moneta?- C'era dell'onesto smarrimento in Thorn, ma proprio per questo la lettrice si sentì ancora più colpita dalle sue parole.
-Io non ero un tiro di moneta!- disse con frustrazione imperante, -vi sto chiedendo perchè non avete aspettato, dopo che vi avevo chiesto di avere fiducia in me- esplose nel ribadire la domanda, con l'angoscia che non si capivano.
-Come volete. Ho preso una decisione calcolata - ribadì impassibile, intrecciando le dita sullo scrittoio.
Ofelia guardò da distanza l’intreccio delle vene sulla pelle, le lunghe dita arcuate, le ossa sporgenti dei polsi, e di colpo sentì come un dolore alla bocca dello stomaco. Stavano di nuovo in bilico. Non aveva idea di cosa le stesse succedendo, ma aveva voglia di urlare. Voltò la testa quando gli occhi di Thorn incontrarono i suoi.
-Devo andare- annunciò la ragazza, affranta, ma tenendo una faccia più o meno stabile. -La mia offerta è ancora valida, ovviamente sta a voi decidere-
-Quindi era per questo che siete venuta, una trattativa-
Sentire Thorn riassumere il loro incontro devastante come un evento di contrattazione, fu l'ennesimo schiaffo che la spinse nel silenzio più completo. Senza dire nulla si avvicinò all'alta dell'armadio.
Se ne stava andando senza dire una parola.
-Ofelia-
Sentirsi chiamare con il proprio nome da Thorn ebbe l'effetto sorprendente di farle sussultare lo stomaco. Thorn stava finalmente per pronunciare le parole che lei aveva tanto bisogno di sentire? Avrebbe detto quell'unica cosa che avrebbe sedato il caos nel suo animo?
Thorn si alzò da dietro lo scrittorio, appoggiando entrambi i palmi al tavolo e facendole pesare addosso il suo sguardo.
-Siete sicura che non avete niente altro da dirmi?-
Presa alla sprovvista, Ofelia rimase abbarbicata all'anta dell'armadio. Una scintilla brillò allora negli occhi di Thorn, qualcosa che lei non capì.
-Sapete dove trovarmi- disse facendole segno di andare.

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Capitolo 8
*** Eulalia ***


Ofelia passò la notte a rigirarsi tra le lenzuola nella cuccetta del suo dirigibile. Ascoltando il rumore delle correnti d'aria flettere i tiranti. Non riusciva a capire Thorn. Che intendeva dire con quella domanda? Temeva che gli nascondesse informazioni per via degli Arbitranti? Per cercarlo aveva fatto accordi inimmaginabili, e per convincere Astarte a sistemargli la procedura per recuperargli la gamba malandata avava subito ricatti da parte di Ariane. Giocava sul filo del rasoio con gli Arbitranti nel continuare ad incontrarlo, eppure non aveva mosso lamentela o fatto notare il costo di tutto questo. Avrebbe preferito un brutale sentirsi dire che cosa l'aveva così deluso del suo comportamento. Invece niente.
Avrebbe dovuto essere infuriata con lui, invece era scontenta di sé, ma anche dubbiosa di quello che lei si stava trovando davanti adesso. Due anni prima non era riuscita ad aiutarlo, ma parimenti lui non si era fidato di lei, ed oggi semplicemente il passato sembrava volersi ripetere.
Alla fine si addormentò.
Quando sognava spesso provava angoscia, come se non fosse più se stessa nel sogno, ma stesse dando spazio a qualcun altro. Astarte aveva una teoria in proposito: l'Altro.
Per ragioni non chiare dopo l'incontro con Mille-facce qualcosa in Ofelia aveva reagito, qualcosa che aveva a che fare con l'Altro che aveva liberato e che a detta di Dio minacciava la distruzione del mondo, ma di fatto non c'erano tracce di influenze di questo soggetto, tutte le evidenze indicavano solo che Mille-facce si era preso la briga di creare un meccanismo per dominare gli spiriti famigliarli e tenerli ancorati ai loro copioni.
Ogni visita a Polo costava qualcosa ad Ofelia, in contrattazione con l'Arbitrante, a questo giro il prezzo era una visita all'Arca dei Veggenti, senza contestazioni. Alla Lettrice non piacevano gli Indovini, non che potessero vedere molto in là, tre ore nel futuro era una sciocchezza, ma erano assai ferrati sul passato e se possedeva un passato non suo che poteva vedere solo nei sogni o nel dormiveglia, potevano essere davvero in grado di aiutare. Una parte di lei temeva di scoprire il passato dell'Altro. Scoprie la sua colpa nello specchio.

La Serenissima era un'arca bizzarra per Ofelia. Aveva una struttura elegante, ma per certi versi aveva un che di decadente, come se prendersi la briga di badare alle cose fosse troppo disturbo. Così vi erano incredibili strutture urbane in pieno declino.
Da un punto di vista di comunità invece, le ricordava Anima, era un'arca piccola, con una sola famiglia, ma non era affannosa ed invadente come la sua, era riservata e distaccata come famiglia. Gli Indovini erano tutti parenti, eppure erano tutti sconosciuti tra loro. Sapere tutto del passato li rendeva poco amanti del presente e critici verso il futuro di cui avevano una percezione minimale, con un massimo di tre ore di attendibilità.
Molti di loro cercavano di sedare la sete di conoscenza per il passato andando a Babel, a lavorare come Precorritori. I matrimoni politici con i figli della Serenissima erano rari e si tendeva ad evitarli, infondo solo un indovino ne può sopportare un altro, o così almeno dicevano. Di fatto la misteriosa moglie di Astarte era stata proprio un'indovina.
Lady Fama si diceva potesse vedere anche il futuro futuro, oltre le tre ore, a mesi di distanza. Di tanto in tanto pronunciava profezie, ma solo una cricca ristretta di suoi Indovini venivano messi a parte e lo spirito famigliare in persona decideva se coinvolgere terzi di altre arche se presengi nella profezia o influenzati da questa.
-Credevo odiassi gli Indovini e la loro antitesi di non essere per nulla veggenti- borbottò Ofelia camminando a due passi da Astarte.
Avevano appena lasciato il dirigibile ad uno degli attracchi minori e stavano dirigendo a passo di marcia verso la Torre dei Dipinti dove gli assistenti di Fama creavano una sorta di versione affresco e tela di tutte le Profezie della loro signora.
-E' così, ma abbiamo problemi più grandi e quindi ci dobbiamo adattare-
-Come hai ottenuto un appuntamento con Lady Fama?- cambiò argomento Ofelia, sempre a due o tre passi di distanza.
-Ho chiesto-
-Tutto qui?-
-Tutto qui- a botta risposta, continuando imperterrito a passo spedito.
Era stizzito l'Arbitrante e ormai Ofelia sapeva riconoscere i segnali, tono di voce, posture, scelte dei termini, occhiate. Però oggi non sapeva la fonte della stizza, se l'era trovato come urtato di partenza e basta.
-Vuoi un'opinione sulla possibilità di molteplici passati?-
-Qualcosa di simile-
-Posso dire la mia su questo piano, o non ne ho diritto perchè mi avete lasciato andare a Polo?-
-Ti ho lasciato andare a Polo- corresse lui imperioso.
-Ariane non era d'accordo?-
-Tu che dici?-
Ci fu un momento teso, Ofelia si strinse un secondo i lacci dei guanti a disagio.
-Almeno tu capisci perchè non posso lasciar perdere?- azzardò a chiedere incerta, senza chiudere la distanza di due o tre passi. Come se avesse bisogno di distanza dall'irritazione del suo mentore.
-No, non lo capisco- sentenziò inamovibile, occhi dritti davanti a sè.
-Astarte...- mormorò lei con fare stanco, era davvero sfiancante avere a che fare con tutte le critiche dei membri di Nimue.
-Tuo marito è una disgrazia di meticolosità- criticò seccato.
-Ha una mente brillante ed è zelante, con le buone o le cattive lo troveremo sulla strada di Mille-facce e la cricca di pazzi che sostiene i copioni. Vale contomila volte di più come alleato che come ostacolo- insistette lei veemente, davvero appassionata sull'argomento.
-Un'opionine disinteressata- lapidò sarcastico l'altro con fare seccato, mentre imboccava un sentiero di porfido che conduceva alla fantomatica Torre.
-Sai che è la verità!- Ofelia era agguerrita su questo.
-La tua verità sicuramente-
-Ha scoperto più cose lui da solo della maggior parte di noi, vuoi negarlo?- Insistette molesta.
-Verissimo, il come lo ha scoperto però è chiave: per caso! E' inciampato sui ricordi di sua madre, che ha ereditato gioco forza e dando la caccia a tutt'altro ci è finito tra i piedi con un quantitativo di informazioni imbarazzante- ribattè l'altro con una vivida punta di irritazione, - se a questo aggiungiamo l'ironia del fato, che volendo rubare il dono della Lettura avesse bisogno della miglior lettrice in età da marito sulla piazza e si sia imbattuto in te che sei colei che ha liberato l'Altro, bè direi che tuo marito è l'equivalente di una statistica di improbabilità-
A questo Ofelia non seppe proprio ribattere su due piedi, finendo quindi per tacere per alcuni passi.
-Che importa se è stato il caso? Meglio, si chiama fortuna- azzardò dopo un momento.
-Errore, mia testarda apprendista- lapidò subito Astarte scoccandole un'occhiata critica, - queste follie si chiamano coincidenze e noi come la pensiamo in proposito?- negli occhi sembrava avere un'intera tempesta di folgori.
-Le coincidenze non esistono-
La Lettrice ripetè con una certa pesantezza. Era un duello sempre complicato con Astarte e spesso finiva in brutti stalli, ma lasciar perdere questa volta le sembrava inaccettabile. Era già abbastanza frustrante avere a che fare con Thorn sfuggente e diffidente.
-Perchè sei così ostile all'idea di avelo come alleato?-
L'Arbitrante si fermò così repentinamente che per poco Ofelia non gli finì addosso. Quando si voltò indietro la ragazza capì che era furioso e aveva passato il segno.
-Sono stato tollerante- sibilò a denti stretti, -ho accettato la procedura di riallineamento per l'Intendente, sperando in una chiusura pacifica con il tuo passato, invece ci ritroviamo con costanti richieste da parte tua. Il Duca Thorn dei Draghi, non è parte del piano- sentenziò veemente, - il suo ficcanasare è la cosa più vicina ad un danno collaterale e francamente la tua ostinazione in proposito sta sfiorando i limiti dell'insubordinazione. Non siamo in democrazia Ofelia, se avessi voluto l'Intendente avrei scelto lui-
Non aveva urlato, ma la voce era risultata tonante per la Lettrice, uno schiaffo al viso. Non si aspettava una così intensa maldisposizione all'idea. Era rimasta a bocca aperta e senza parole, non sapeva ribattere. Fissò per un attimo l'Arbitrante, giusto per vederlo voltarsi nuovamente e incamminarsi verso la Torre dei Dipinti.
Non parlarono più fino a che non furono nella sala d'attesa in vista del loro incontro con Lady Fama.
-Lascia parlare me. Occhi a terra, se la guardi negli occhi inizierà a leggere a fondo, già con la sola presenza si farà i fatti tuoi, ma la situazione di distrazione in cui versano gli Spiriti Famigliari fa si che non sappiano focalizzare e se siamo fortunati, sarà comunque distratta- notificò con fermezza, nuovamente calmo e misurato.
Ofelia si limitò ad annuire. Per lei erano ancora vividi gli ultimi scambi, quindi tenere lo sguardo alle scarpe era già una scelta voluta.
Un campanello suonò e poco dopo fece il suo ingresso l'attendente della Signora della Serenissima. Un ragazzo piacente vestito come un ciambellano di corte.
-La Sapiente signora è disposta ad incontrarvi ora, Lord Astarte-
-E la mia apprendista?-chiese lui un secondo scettico.
-Se starà quieta...- disse con sguardo dubbioso il giovane, facendo strada ad entrambi.
Lady Fama era di una bellezza rara. Ofelia era abituata al fascino di Artemide, ma probabilmente anche lei avrebbe faticato a competere con la sorella, le linee curve e forme angolari si mischiavano sottilmente tra loro conferendole un fascino capace di ammaliare uomini e donne. Indossava una lunga veste bianco avorio che sembrava riflettere la luce e sfaccettare i colori e la sua voce era soave ed accogliente.
-Mia signora, Lord Astarte di Albedo. L'Arbitrante.- annunciò il giovane avvicinandosi cautamente allo spirito famigliare, - con la sua apprendista- aggiunse in ritardo, con fare incerto.
Distratta come tutti i suoi fratelli annuì, ma probabilmente il ricordo di Astarte era vago e non troppo rilevante. L'unica cosa che sembrava importarle erano i suoi quadri ed affreschi.
Sorrise ad entrambi e fece loro cenno di accomodarsi.
-Dimmi, figlio di Morfeo, perchè sei in visita alla Serenissima?- disse lei con voce soave, scrutando il volto di Astarte come se fosse il loro primo incontro, ma molto elegante nel fingere di ricordare i precedenti.
Ofelia si sentiva a disagio solo a guardarla, cosa che la spinse a fissarsi le scarpe con ancora maggiore intensità.
-Come vi ho promesso tempo addietro vi ho portato un colore di Selene, il Blu di Dormiveglia- i modi dell'Arbitrante erano amabili, quando voleva, fece anche un inchino di forma. - Ho chiesto di vedervi per via della mia apprendista, ha perduto parzialmente la memoria durante una difficile Lettura-
Lo spirito sembrò di colpo interessato, il luccichio nei suoi occhi al solo menzionare del Blu di Dormiveglia si era fatto intenso. Guardò la ragazza come se fosse appena giunta, mentre Ofelia sprofondava in se stessa, non si aspettava una così spudurata menzogna alla signora della Serenissima.
-Figlia di Artemide dunque, interessante. Leggere è un po' come il nostro vedere, il passato si confonde e ci confonde, ma è solo perdendo frammenti di noi stessi che possiamo assaporare l'essenza dei ricordi- si alzò elegante avvicinandosi alla Lettrice con fare felino.
-Ecco io...- bofonchiò Ofelia seriamente in panne, ma la nobile dama gli fece cenno di tacere.
-Non dirmi nulla, figlia di Artemide, o l'Arbitrante penserà che il mio dono non è poi così speciale- scherzò divertita, prendendole una mano e socchiudendo gli occhi.
All'inizio per la Lettrice fu solo molto imbarazzante, era come se fosse invaghita dello spirito famigliare, ad un livello così profondo è genuino che restò senza fiato. Poi di colpo si sentì come mancare la terra sotto i piedi. La presenza dello spirito era intenso, ma c'era qualcosa d'altro, era come poco prima di cadere tra le braccia del sonno, ma senza realmente perdere coscienza.
Quando la lasciò andare la stanza sembrò girarle intorno e le voci le sembrarono sfasate. L'effettò durò per un lungo attimo, ma la cosa sconcertante fu vedere che il sole stava tramontando. Quanto tempo era passato?
-Stuzzichi il mio interesse, Arbitrante- disse suadente Fama tornando verso la sua poltrona di drappi, c'era qualcosa di ambiguo nel modo in cui guardava Astarte, eppure Ofelia lo potè notare solo nell'attimo di confusione, nè prima nè dopo. Tutto sembrava più formale altrimenti.
-E' un'onore mia signora-
-Perchè sei così preoccupato per la tua apprendista?-
-Credo fermamente che la memoria ci definisca, mia signora. Vederla affannarsi nella mancanza di passato mi fa sentire un mentore inadeguato- era molto teatrale. Il maestro preoccupato era una parte che Ofelia non gli aveva mai visto recitare in questi due anni e passa, ma si guardò bene dal contraddirlo, soprattutto visto quanto era convincente.
-Sei sempre così premuroso verso il prossimo-
Ofelia sgranò gli occhi, si morse l'interno guancia per non commentare questa cosa.
-Mi lusingate signora della Serenissima- affettato nei modi, melenso persino.
-Eulalia, la tua apprendista, non ha perso la memoria, è solo insaccata. Diciamo così- disse con fare accomodante lo spirito famigliare, la spiegazione a quanto pare le era piaciuta molto, e per dare prova di sè aveva dato nome alla ragazza senza bisogno di chiederglielo. Peccato che fosse il nome sbagliato.
La lettrice vide proprio il luccichio tronfio negli occhi ametista dell'Arbitrante.
-Chiedo venia, cosa intendete?- disse sussiegoso Astarte, per incalzare la conversazione.
-E' come se dovesse ricordare più cose sovrapposte, questo crea confusione alla sua mente. Per questo ha momenti di vuoto, o momenti in cui i ricordi non collimano. L'incidente di lettura è sicuramente colpevole di questo e anche il fatto che mio fratello Faruk non ha tenuto a bada il suo potere- sorrise amabile, scuotendo la testa nel parle del fratello, come se parlasse di un avventato sciocchino. Assurdamente trasudava il concetto che poter aiutare Astarte fosse di massima importanza, leggermente sporta verso di lui e completamente ignorando la ragazza ora.
-Quindi Eulalia ricorda, ma non sempre può accedere ai suoi ricordi?-dedusse lui disinvolto, fingendo quasi di non notare le attenzioni della signora della Divinazione.
-Così è-
-Potete in qualche modo aiutarla a far ordine nei suoi pensieri?-
-Posso leggere il suo passato, ma sarei un intermezzo. Il tuo dono, proveniente da mio fratello Morfeo, è più idoneo del mio in questa circostanza- le costò parecchio ammetterlo, in tutta la sua notevole eleganza c'era un pizzico di stizza. -I sogni di Eulalia sono un mezzo per leggere il passato, essendo una Lettrice saprà ritenerne ricordo una volta desta-
Ofelia era oltre l'allucinato. Continuava a sentire il nome Eulalia e non riusciva ad accettare che stavano parlando di lei. La sua mente si affollava di domande, e la sua faccia l'avrebbe tradita se avesse osato alzare troppo lo sguardo. Che questi ricordi fossero dell'Altro? Ma come era possibile che uno spirito famigliare fosse così facilmente ingannabile?
Per fortuna il suo ruolo nella stanza era pari a quello di una natura morta, così non tradì il gioco di Astarte. Anche se si sentiva eccessivamente di troppo.
Fama nel frattempo aveva preso a carezzare la mano destra dell'Arbitrante e congedato il suo attendente, cosa che scocciò non poco il ragazzo, soprattutto avendo ricevuto la nota di non ripresentarsi fino al mattino dopo.
-Grazie, mia signora, siete stata impagabile, come sempre- con grande raffinatezza l'Alchimista stava cercando di inserire il loro congedo, - vi ho rubato così tanto tempo che sono in imbarazzo-
No, non lo era per niente.
-Non essere sciocco Astarte, il mio animo gioisce ogni volta che ci incontriamo, ma tu spesso rifuggi i miei inviti- stranita Fama, come confusa nel cercare di ricordare, - è così vero?- non c'era l'assistente a cui chiedere, solo il viola degli occhi dell'Arbitrante.
-Non vi rifuggo mai, mia signora- semplicemente adorabile il tono.
Fama sorrise di pura gioia.
-Meno male, ne soffrirei-
Lui sorrise amabile, la stessa Ofelia avrebbe creduto genuino quel sorriso, pur conoscendo il macchiavelli che lo stava sfoderando. Trattenne il respiro quasi, per non essere lei causa della fine dell'incanto.
-Il mio fato mi vuole altrove, mia signora. Sarò con voi ogni volta che avrete bisogno del Blu di Dormiveglia- sussurrò dolcemente, cullante persino, accennando ad alzarsi senza lasciarle la mano.
-Ma certo il blu, mi avete portato il blu?- la voce si stava affievolendo, si stava addormentando sull'ampia poltrona.
-Ovviamente mia signora, come sempre-
Ofelia era irrigidita. Non era certo che fosse permesso narcotizzare uno spirito di famiglia, non pensava nemmeno fosse possibile.
Quando la nobila signora ebbe gli occhi chiusi e il respiro regolare Astarte le lasciò la mano e gliela rimise in grembo. Face poi cenno alla Lettrice di non fare rumore e di avviarsi all'uscita.
Sgattaiolarono fuori dal salone dei dipinti come due ladri, senza dire una parola. Ofelia cedette solo quando erano di nuovo sul sentiero in porfido e la sera già li abbracciava.
-Che cosa è stato quello? Chi è Eulalia?- proruppe incapace di fare altri passi con il caos della propria testa.
-Direi una risposta alle nostre domande- rispose disinvolto e diretto l'Arbitrante, i modi melensi erano svaniti. Era tornato il pragmatico sbrigativo di sempre.
-Vorrei elaborassi un po', hai praticamente messo a nanna uno Spirito Famigliare. Ma è una cosa possibile?- Ofelia si guardò indietro in ansia, come se temesse di venir inseguita con torce e forconi da parte degli Indovini.
-Fama è solo confusa in mia presenza e fugge la confusione dormendo e dimenticando-
-Non mi sembra una cosa troppo normale-
-Solitamente non lo sarebbe, ma le eccezioni esistono-
-Non ho mai sentito di uno spirito famigliare succube del discendente di un altro- contestò lei con fare investigativo. Non voleva altre risse, ma era davvero assurdo quello a cui aveva appena assistito.
-E' un residuo di ricordo il suo, come la falsa attrazione che ha per me. Sente il dono di mia moglie in me, ma lo sente riecheggiante nei miei altri doni e si confonde, non sa dire se sono un ricordo o una parte di sua figlia. Non la ricorda nemmeno, concettualmente è solo una sensazione- raccontò dopo parecchi passi in silenzio, in cui però la ragazza si guardò bene dal molestare, vista la discussione avuta prima della visita alla torre.
-Non credo di capire- mormorò Ofelia più smarrita di prima, ma decisa a mettere insieme i pezzi.
-Mia moglie era sua figlia, non nel senso generico del termine- disse lui con noncuranza, come se avesse confessato di prendere il caffè corretto.
La lettrice restò senza parole quando il pensiero fece contatto, sperando vivamente di aver capito male.
-Figlia, figlia- biascicò allibita.
-Come Vittoria e Faruk-
Scese un silenzio pesante, la ragazza si sentiva impantanata sotto una valanga di domande che non osava pronunciare.
-Aspetta, ma tua moglie non è...-
-Morta- concluse lui imperterrito, senza nessuna emozione di sorta, - Fama non lo ricorda però, non ricorda nemmeno la figlia a dirla tutta. Ha una persistente sensazione di deja-vu, che prende la forma di quello che hai visto con me, ma non sa codificarlo. Non sa se è innamorata di me, del ricordo che porto, o del sentore che le lascio stando in sua presenza- continuò disinvolto.
Ofelia si sentì di colpo triste per questa moglie morta, che era di fatto diventata un mezzo per manipolare lo spirito famigliare suo genitore.
-Ti manca?- si ritrovò stupidamente a chiedere.
-No- nessuna esitazione nel dirlo, - Argante era un'arrivista, una manipolatrice con i fiocchi, senza scrupoli, senza onore, senza morale. Che va anche bene in determinati contesti, ma non si può vivere pensando di non dover mai render conto delle conseguenze- tagliente il tono, carico di giudizio, - come ti ho già detto il nostro era un accordo commerciale. I miei doni per i suoi, e comunque non ho dubbi che se fosse viva avrebbe già provato ad uccidermi-
La ragazza arricciò il naso, sentire una descrizione così graffiante e gretta la mise nuovamenta a disagio.
-Perchè...-
-Perchè non la smettiamo di parlare di me e non parliamo del fatto che abbiamo un'identità per l'Altro?- tempo scaduto, Astarte riportò l'argomento principale sul tavolo delle discussioni. Ormai erano arrivati al dirigibile.
-Scusa- mugugnò Ofelia, ancora divorata dalla curiosità però, - non so nemmeno da che parte prendere su questa cosa di Eulalia- dovette ammetterlo.
-Hai notato che Fama non ha esitato a pensare che fossero tuoi i ricordi?-
-Il che è pazzesco, quindi non può vedere il mio passato?-
-Non esattamente, ha visto la tua lettura con Faruk. Credo sia più complesso di così- il sogghigno sul viso di Astarte non prometteva nulla di buono.
-Tu come sapevi che avrebbe letto il passato dell'Altro?- chiese di botto Ofelia, temendo i piani intricati dell'Arbitrante.
-Non lo sapevo-
Lei storse il naso, non era convinta per nulla.
-E adesso?-
-Adesso sappiamo cosa dobbiamo fare-
-Ovvero?- disse confusissima Ofelia fermandosi prima del ponticello d'attracco, scoccandogli un'occhiata scettica.
Lui sogghignò appoggiandosi alla porta meccanica.
-Devi dormire con me-

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Capitolo 9
*** Sogni di Memoria ***


-Puoi spiegarmelo ancora una volta?-
Il tono di Ofelia era un misto di scetticismo e perplessità. Sedeva su una delle poltrone del dirigibile e fissava poco convinta Astarte appoggiato alle vetrate panoramiche.
-Perchè la prima volta non hai sentito bene?- chiese in risposta Astarte. Un sogghigno ammiccante sul viso.
-Non mi torna, che si sfoderi ora questa possibilità- di nuovo lo scetticismo.
Lui fece una smorfia divertita.
-Quando avrei dovuto sfoderarla di grazia?-
-Prima, molto prima. Mi era parso di capire che fingi quasi di non essere uno di Selene- obiettò lei in arrancata.
-Stiamo finendo le opzioni. Pensavo Fama avrebbe risolto, ma tant'è- Astarte scrollò le spalle, -senti, in quanto Dormiente se dormirai con me accanto potrò indirizzare i tuoi sogni e vedere di pescare lato Altro- ribadì il concetto già espresso con un sorrisetto beffardo in faccia, - ah scusa, pensavi fosse un invito per altro quel "dormire con me"?- le tirò un'occhiata ammiccante.
La Lettrice dovette imboscare l'imbarazzo e pregare gli occhiali non cambiassero colore.
-Ovviamente no- dissimulò con oltraggio, - ma non sono certa di capire il funzionamento-
-Non vuoi che sbirci nei tuoi sogni? Cos'è sono troppo compromettenti?- Pungolò beffardo, adorava mettere in crisi la lettrice.
-Sono personali- ribattè lei tagliante, forse con enfasi eccessiva -anche quando sogno di Eulalia, o quello che credo sia il suo mondo, è personale quello che sento-
-E' finto- il tono di Astarte era improvvisamente gelido, un tacito rimprovero all'allieva, - una farsa di percezioni dovuta al vostro giochino nello specchio. Mi aspettavo un po' più di discernimento da parte tua-
-Non credo tu stia valutando il concetto di cosa è reale. Perchè sono ricordi veri, sensazioni vere-
-Distorte, plasmate, forse persino inventate. Non sappiamo quanto Eulalia sia vera e quanto sia un costrutto di Dio- era proprio lapidario ed inamovibile. L'inflessibile Arbitrante che aveva strutturato la nuova vita della Lettrice, da quel giorno piovoso su Anima.
-Non mi hai mai detto di essere un Dormiente- cambiò frangente Ofelia, ancora sulla difensiva - hai sempre lasciato intendere di essere un Assopito, volevi creare un effetto colpo di scena?- contestò con una verve data più che altro da non voler parlare del commento di poco prima. Aveva effettivamente preso un infarto e l'idea di averlo a vagare nei suoi sogni la metteva oltre modo a disagio.
Lui fece spallucce.
-Non amo elencare i miei doni, cosa che dovresti imparare a fare anche tu. Un buon Alchimista tiene per sè i suoi segreti- come sempre colse l'occasione per un appunto.
Lei fece una smorfia.
-E tu vedrai tutto giusto?-
-E' quello il punto- l'Arbitrante sogghignò, - c'è qualcosa in particolare che temi che veda?- di nuovo insinuante.
-Sono più preoccupata da quello che non vedrai- disse lei con finta noncuranza, ma perfettamente resa da tono di voce ed espressione, qualcosa aveva imparato dal suo severo maestro.
-Ah si? E perchè mai?-
-Perchè sembri voler fare cernita. Se è così importante il passato dell'Altro, perchè il ricordo di Faruk dovrebbe valere meno?- l'occhiata che Ofelia tirò era molto più determinata, meno impacciata e goffa. Era cambiata nei suoi due anni, era un Alchimista.
Astarte si prese un secondo per ammirare l'altalena di personalità della ragazza, con l'arroganza di un mentore che guarda una sua creazione ben riuscita. Anche se ora la sua testardaggine lo infastidiva non poco.
-I sogni degli spiriti famigliari sono un loop di presente, senza passato o speranze di futuro, sono complicati, trappole se vogliamo- disse infine a sua discolpa, - e certamente non posso invadere i sogni di Faruk ti pare? Non sono Berenilde dei Draghi che può infilarglisi negli alloggi-
Ofelia non perse tono.
-Non c'è solo Faruk come fonte- veemente sull'appunto, a testa alta.
L'Arbitrante sospirò con pesantezza, cogliendo dove volesse andare a parare.
-Non ti stanchi proprio mai vero?- appesantito il tono, quasi spossato.
-Chissà chi mi ha imposto la perseveranza- motteggiò lei in ribattuta.
-Non parlaremo nuovamente del non coinvolgimento di tuo marito- Astarte mantenne un tono cauto, testava il terreno. La lettrice sentì l'attrito nell'aria, il ritorno del conflitto.
-Perchè hai deciso che va escluso e non siamo in democrazia- ripetè lei per lui, -però ero dell'idea che, anche se non è una democrazia, a Nimue vincesse l'idea migliore, non il grado della persona che la pronuncia. Com'era la tua dicitura: una diversificazione di pensiero ci garantisce una migliora adattabilità- di nuovo indomita. Animata da un senso battagliero, voleva Thorn con lei in questa guerra, anche con il rischio di scoprirsi diversa e scoprirlo diverso.
L'Arbitrante sorrise, una mezza smorfia a dire il vero, forse autoironico, stava vedendo i frutti su questa sua allieva testarda ed impiegabile, ma questo cambiava il livello dello sconro. La fissò per un lungo momento.
Fu veramente dura per Ofelia sostenerne lo sguardo.
-Perchè io e non Thorn?- lo chiese, e quando sentì la sua voce, le suonò aliena. Calma e decisa, ma stava fremendo dentro di sè per questo attrito invalicabile.
Ci fu un vivido momento di stallo, Astarte la scrutò attentamente invece di ribattere di getto. Si scostò dalle vetrate.
-Fammi capire il tuo flusso di pensieri, lo convinceresti tu a dormire con me?-chiese volutamente con tono allusivo, per deflettere dalla domanda.
L'idea della conversazione con Thorn gelò un mometo lo spirito battagliero di Ofelia, che si bloccò, dando una via di fuga all'Arbitrante.
-Faruk ha visto qualcosa che non doveva vedere secondo i piani di Mille-facce, questo fatto resta- cercò di circumnavigare il problema Intendente da convincere. Lui assottigliò lo sguardo incupito, ma vittorioso della sua uscita elegante dall'angolo.
-La mente di uno storiografo è un labirinto ordinato dalla mente, dove non vi è dimenticanza- sentenziò con tono gelido, -apprezzo che mi credi senza limiti, ma potrei uscirne senza un niente di fatto. C'era un motivo per cui sono stati eliminati tutti. Atterriamo tra mezzora, devo essere ad Albedo tra due giorni, quindi la nostra serata di sogni non ha molto tempo per essere pianificata -annunciò metodico, accennando ad incamminarsi verso la sua cabina.
Ofelia ebbe la tentazione di bloccarlo, ma non lo fece, sapeva come sarebbe andato uno scontro frontale. Quindi rimase semplicemente quieta in silenzio, questo frammento della sua personalità non era svanito, era solo evoluto.
Una volta a Nimue Astarte si dileguò.

...

La Lettrice era combattuta, non voleva mollare il colpo su Thorn con l'Arbitrante, non poteva, ma era conscia che uno scontro non oculato con il suo mentore non era uno scherzo, e se aveva imparato una cosa in questi due anni era che le conseguenze trovano sempre il modo di colpirti indietro.
"Siete sicura che non avete niente altro da dirmi?"
No, non sono sicura no. Ho troppe cose da dire e non dico mai la cosa giusta, la cosa che lo possa raggiungere.
Questo era il dramma di Ofelia.
Le parole le rimbombavano in testa in modo martellante. L'Alchimista che era in lei la metteva in guardia dal decidere sull'onda delle emozioni, nel brutto miscuglio che era la stizza, per quella che lei traduceva come diffidenza da parte di Thorn, ed il senso di sollievo di averlo ritrovato e non volerlo lasciar andare, anche con i problemi di incomprensione e di mancanta conoscenza che avevano l'uno per l'altra.
Vista l'ennesima notte a rigirarsi, ora con anche i dubbi su Fama e la questione sogni, la ragazza decise di darsi alle tisane notturne, come avrebbe suggerito zia Rosaline.
Con addosso il pigiama con le anatre e una vestaglia si addentrò in cucina. Trovandola già occupata.
Ariane in sottoveste e vestaglia era tutta un altro guardare. Alta e flessuosa, provocante ed avvenente comunque la mettevi, con la sua cascata di capelli argento, bellissimi anche se non acconciati. Sedeva su uno degli alti sgabelli con una grazia che Ofelia faticava anche solo ad immaginare e sorseggiava disinvolta un qualche alcolico dalla gradazione elavata.
-Ma guarda chi c'è, l'Attraversaspecchi, non riesci a dormire?- beffarda, era la configurazione standard per la donna, nei confronti della Lettrice.
-Non sono la sola a quanto pare- borbottò Ofelia, sentendo il bisogno di legarsi meglio la vestaglia in vita. Per i capelli scompigliati invece non c'era niente da fare.
-No, io dormirei benissimo, volevo capire quanto male è andata con Astarte. Direi parecchio- sentenziò secca, critica, come se accusasse di qualcosa la ragazza.
-Tu sai di Fama?- Ofelia ci andò cauta.
-Tu che dici?-
-Splendido, sono solo io l'ignorante tenuta all'oscuro-
-Sei semplicemente quella nuova- ritorse lei sorniona.
-Dopo due anni e passa?-
-Il tempo è una moneta controversa- disse lei con che di derisorio, sempre beata degli inghippi della Lettrice, -devi guardagnarti il tuo essere una di noi, non è tutto facile e garantito, come un matrimonio combinato-
Con grazia affondò il colpo come uno stiletto. Ofelia fece scricchiolare tazzina e piattino, ma trattenne la stizza ed incassò in silenzio.
-Hai mai conosciuto Argante?- domandò di contro invece, mentre ancora armeggiava con l'infusione.
-Questa sì, che è una domanda- si congratulò derisoria Ariane, andando a versarsi ancora da bere, - di nome e di fama, non personalmente-
-Com'era?-
-Complicata, sopra le righe, eccentrica ed eccessiva. Come è normale che fosse una figlia diretta- scrollò le spalle nel dirlo, -la piccola Vittoria di Faruk non sarà messa meglio vedrai-
-Che intendi dire?-
-C'è un motivo se i nostri progenitori immortali non hanno famiglie e affini sai?-ammiccò insinunte, rigirandosi il bicchiere di cristallo tra le mani.
-Perchè non hanno memoria, quindi sarebbe assurdo?-
-Anche, ma perchè spesso non sono abbastanza interessati a noi per sviluppare anche solo un minimo di interesse o attrazione. Il caso di Faruk funziona perchè è particolarmente stupido e primordiale se vogliamo-
-Primordiale?- Ofelia incepiscava nei termini e si incagliava nel disagio. Aveva visto un sincero legame tra Berenilde e lo Spirito Famigliare, però sapeva anche quanto volubile ed infantile fosse.
-Faruk si porta a letto un numero di donne per cui servirebbe un commercialista dedicato per tenere i conti- brutale Ariane, indelicata poteva essere il suo secondo nome, -ha passioni terra terra, quasi istintuali. Prendi invece la tua Artemide, venderebbe tutti i suoi animisti per vivere solo di osservazioni astronomiche, più intellettuale lo noti?-
La Lettrice si limitò ad annuire. Capiva il concetto, ma non per questo non trovava meno triste l'idea di Faruk, ottuso e buzzurro.
-Per dirla in breve, essendo lui molto più stupido della media dei suoi fratelli, ti fa capire come mai è stato possibile arrivare ad una figlia diretta, mentre con Fama, bè con la bella signora della Serenissima c'è il problema della memoria del passato e del futuro, da cui viene scalfita, ma per gli altri è altamente improbabile- raccontò con tono tecnico, come se dovesse parlare di un problema alchemico non di persone.
-La cricca di Mille-facce si è mai interessata ad Argante?- domandò di botto Ofelia mettendo insieme i pezzi di analisi.
L'Alchimista sorrise molto lieta del collegamento.
-Tombola- sorrise, -ovviamente si, ma Argante era troppo arrogante, al punto da credersi intoccabile, alla fine è risultata essere molto toccabile-
-Quindi sono stati loro?- ad ucciderla, Ofelia lasciò la frase in sospeso.
-Non si sa, è molto possibile, è sparita. Tieni conto che si era fatta molti nemici su molte arche- disse l'Alchimista agitando una mano in aria, -avrà avuto poteri sopra la norma, capacità fuori scala, ma alla fine era mortale e non era nemmeno così sveglia- il sogghigno che aveva in viso era davvero perfido, come se godesse all'idea di un idiota figlio di spirito famigliare la facesse gongolare.
-Sparita non significa necessariamente morta-
-Così dicono- fece la vaga, dando un lungo sorso al suo rum d'annata.
Ofelia arricciò il naso, negli anni aveva imparato che c'erano sempre più verità con la bella Alchimista.
-Astarte lo dice- azzardò con una punta di esasperazione.
-Dice molte cose- sorridente e sorniona. L'intrigo si infittiva.
Ofelia sospirò lentamente per imporsi tolleranza. Diede un sorso alla tisana calda.
-Non sto dicendo che non sia vero, solo che Argante della Serenissima e la sua morte sono un bel mistero, di cui paghiamo tuttoggi le conseguenze- riprese Ariane insinuante, adorava mettere pulci in altrui orecchie.
-Tipo?-
-Tipo come il tuo metodico maritino, ma con altri intenti e scopi in mente. Diciamo meno nobile e più arrivista- ammiccò divertita, - ci sono fior di morti ed intrecci incredibili nella scia della sua carriera. Anche Astarte è solo un punto nella retta del suo percorso, anche se, bè un gran bel punto non trovi?-
Ofelia si astenne su questo.
-E' lo stesso per te e tuo marito? Ex marito?- la smorfia che salì sul viso della Lettrice era un retaggio del suo essere nata e cresciuta su Anima, un mondo stretto e bigotto, dove una donna senza un marito valeva come una moneta falsa.
Ariane sembrò leggerla a fondo, sorrise divertita, del resto aveva occhi di Visionario.
-Naturalmente no, lui è stato un punto nella mia retta, non viceversa- si ravvivò voluttuosa la chioma argentea.
-E' questo che vi aspettate da me? Che distacchi il mio tempo con Thorn come un passo necessario, ormai trascorso, e quindi accantonabile?- strinse la presa sulla tazzina nel chiedere.
-Lo abbiamo fatto tutti-
-Io non mi sono sposata per rubare i suoi doni!- tuonò con una furia più profonda di quando la ragazza stessa riconoscesse.
-Ah davvero? Tu pensi che il tuo non fosse un contratto come il nostro-
-Sicuramente è nato come tale, ma non è per il mero scambio che poi è stato realizzato. Io ho sposato Thorn, non viceversa-
Ariane le rise brutalmente in faccia. Ofelia era fuoriosa, l'avrebbe colpita con i suoi artigli, ma si trattenne, solo gli occhiali rosso fiamma la tradivano.
-Hai usato il matrimonio e il rito del Dono come un mezzo, quindi risparmiami le scenette eroiche. Non sei diversa da noi, hai solo altre circostanze- sufficienza pura nella voce, - vuoi dirmi che non ti sei presa la briga di cercare il tuo maritino in base ai suoi doni? Verissimo, la ricerca l'ha fatta lui, perchè prima di lui tu eri un numero, un piatto personaggio di un'arca piena di stolti. Senza arte nè parte, senza reali sogni o obiettivi-
Era graffiante ed era impietosa, ma soprattutto per Ofelia quelle parole erano vere. Per questo facevano così male. La ragazzina di Anima era sciocca e ignara, avventata e testarda. Il piano dell'Intendente l'aveva cambiata e l'incontro con gli Eruditi aveva completato l'opera di cambiamento.
Strinse i pugni con forza.
-Sbarazzarsi di Thorn non era nella singrafe che ho accettato-
-Era un sottointeso evidente. Noi siamo Eruditi, ragazzina impacciata. Tu hai un dono e un bizzarro scherzo del fato da parte tua, ma con noi puoi fare la differenza- una luce insinuante attraverò gli occhi della donna, -noi ti abbiamo dato la conoscenza necessaria per decidere consapevolmente, davvero non meritiamo niente in cambio?-
-Ho rinunciato a tutto per voi. Vi ho seguita in tutto e per tutto. Sono con voi!- ribattè la Lettrice veemente, ferita persino dalle insinuazioni di non tenere agli Alchimisti,- perchè anche Thorn? Persino quando non ha senso alcuno lasciarlo allo scuro-
-Il pericolo che rappresenta per la causa, semplicemente surclassa il valore aggiunto che vi darebbe come alleato- tagliò corto di botto Ariane, scendendo elegantemente dallo sgabello. Il bicchiere vuoto lasciato sul tavolo.
-Vuole fare la cosa giusta! Che pericolo vi è in questo?- obiettò con foga. Di nuovo una vampata, quando si doveva ergere a difesa dell'incompreso Intendente.
-La cosa giusta è un punto di vista, dovresti averlo capito a questo punto, o Astarte sta davvero sprecando il tempo con te?- voce affilata, non più melodiosa e suadente, niente più scherzi. - Voler ridare i dadi al mondo, e fregarsene delle conseguenze che questo può significare è imprudenza, non giustizia. Il mondo non è pronto ad essere rivoluzionato senza un piano che possa attutire gli scossoni. E' da egoisti irresponsabili rompere un sistema, sbagliato magari, certo, e poi lavarsi le mani di cosa la rottura comporta- i suoi occhi erano accessi da una luce sinistra. Era furente.
Ofelia fece inconsciamente un passo indietro. Si era di colpo sentita piccola e sciocca, ammirava Thorn dal profondo dell'animo per la sua determinazione ad uscire dal giogo del copione, ma ora guardava le cose da un'altra prospettiva. Riottenere i famosi dadi probabilmente avrebbe sconvolto molti. Strinse di nuovo i pugni.
-Quando vedrà le conseguenze, non scapperà dalle resposabilità- disse ancora lei con una sicurezza di cui non aveva prove, solo sentori.
-Questo non lo sai però. Perchè non lo conosci- calcò dove faceva male.
-Quindi meglio rincorrere i ricordi di un Altro nella mia testa, che la certezza di uno storiografo nei sogni della sua memoria. Complimenti!- osò ribattere con sarcasmo Ofelia, addio tisana ormai.
La reazione di Ariane però fu anticlimatica. L'ira funesta si dissolse in un batter di ciglia, c'era vivida sorpresa nello sguardo. Preoccupazione persino.
-Cosa? Di che ricordi parli?- stranita e scettica la scrutava attentamente, - tra l'altro non dire scempiaggini, non si possono leggere i sogni di uno storiografo. Ucciderebbero il Dormiente che ci prova-
Ofelia fu colpita come da uno schiaffo alla notizia. Finendo bloccata in silenzio.
-Allora?!-
-I miei, i miei ricordi, no anzi... non miei, dell'Altro, ma tra i miei- bofonchiò malamente la lettrice, in panne. Ancora bloccata a processare di aver chiesto all'Arbitrante di suicidarsi.
-No- disse lei perentoria, l'ira stava tornando in Ariane.
-No?-
-No, Astarte dovrà pensare a qualcosa d'altro-
Ofelia non stava davvero capendo, era ancora basita per la rivelazione sul leggere i sogni degli storiografi, che seguire anche questo svirgolo dell'Alchimista la stava mettendo in crisi.
-Ottimo, mai stata più d'accordo- sdrammatizzò in panne la Lettrice, - glielo dici tu?-
-Assolutamente- sibilò la donna inviperita, -è già abbastanza fuori di testa con te senza mettere in piedi simili follie-
Ariane si fiondò come un tornado fuori dalla cucina imprecando a gran voce nel pieno della notte, minacciando innominabili ritorsioni per l'Arbitrante.
Ofelia rimase interdetta in cucina, la tisana ormai ghiacciata e una strana angoscia nell'animo. Le ci volle parecchio per decidersi a tornare nella sua stanza.
Quando si rimise a letto cadde in un sonno quasi immediato. Una voce lontana sussurrava parole senza senso.
La memoria dell'umanità, come la memoria planetaria, si può occultare, non davvero dimenticare.
Il giorno dopo sarebbe tornata al Polo.

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Capitolo 10
*** Le parole del Compromesso ***


"La Terra frana senza preavviso! Chiamate i Visionari di Babel"

"Il Familisterio di Arca Stella invita alla calma. Una Task Force multi-Arca valuterà il da farsi!"

Le Gazzette Interfamiliari la stavano facendo da padrone al Polo, vincendo più attenzione dei giornali di gossip di Città- Cielo. A quanto pare tutti erano in pieno fermento per via delle ultime notizie riguardanti svariati crolli isolati, ma ripetuti in più arche. Alcuni anche con estensioni significative.
A differenza dell'atteso però, al Polo le procedure portuali di attracco non si erano fatte più severe ed intricate, anzi erano state misteriosamente snellite e rese più efficienti per i dirigibili non mercantili. La modulistica aveva optato per una nuova procedura veloce e senza mille inghippi, pur mentenendo controlli attenti. Ofelia fece del suo meglio per tenere a bada un senso di emozione nell'animo, speranza, come se percepisse lo zampino dell'Intendente che assolutamente non stava facendo favoritismi.
Meno facile invece fu capire dove potesse essere il sudetto Intendente, perchè nel suo ufficio non c'era, l'armadio era con l'anta chiusa, ma la Lettrice osò comunque. Era la priva volta che veniva al Polo con il benestare di Ariane. L'aveva liquidata con un "Vai pure, basta che ti levi di torno", cosa che non faceva ben sperare sulla manovra da Dormiente di Astarte. Questo però era un problema per un altro giorno.
Questa della Lettrice era chiaramente un'improvvisata, cosa che non era esattamente all'ordine del giorno per lei, non di recente almeno. Si era abituata a studiare le sue mosse e le sue visite al Polo solitamente erano ponderate, oggi invece non sapeva dove fosse Thorn, non sapeva che situazione di allerta c'era con i Gendarmi, se ci fossero problemi nel traffico dei dirigibili e soprattutto non aveva note sui movimenti del misterioso Febo di Babel, che tuttavia parlava senza accento del luogo. Insomma un bel nulla.
Astarte le avrebbe dato dell'avventata, ma andava bene così. Aveva bisogno di vedere l'Intendente, anche se fosse stato arrabbiatissimo ed ostile. Dopo aver scoperto il nome della presenza nei suoi sogni, ne aveva un bisogno intenso, quasi viscerale.
Era confusa da Eulalia, forse anche spaventata. Le percezioni di questa donna erano tutt'altro che subdole ed il fatto che si mischiassero a ricordi degli Spiriti Famigliari rendeva tutto più caotico, più intrecciato. Non voleva riflettere con le banalità concettuali di "buono e cattivo", aveva smesso da anni questo gioco semplicistico con cui certamente non si poteva affrontare la vita, ma il come doveva valutare il tutto le sfuggiva.

Ofelia dovette dedicare un'intera mattinata alla ricerca dell'Intendente, che a quanto pareva stava supervisionando di persona uno dei crolli, avvenuto vicino al Sanatorio nella zona della Terme. Il ritorno a quei luoghi fu un bizzarro tuffo nel passato, un confronto con la sè che era stata, diversa e simile alla donna che era ora, che cercava di non essere bambina, pur con svariati strascichi.
Trovò Thorn oltre le protezioni di sicurezza disposte intorno alla zona crollata. Taccuino alla mano ed espressione concentrata. C'erano dei Gendarmi in giro, ma non dove si trovava lui, come se dovesse avere tutto per sè il luogo colpito.
I capelli chiari sempre più vicini ad un elegante tonalità argento riflettevano la luce del sole dandogli un bizzarro effetto, in contrasto con la divisa nera dell'Intendenza. La presenza dell'esoscheletro sulla gamba, leggero ora, ma pur sempre necessario, fecero storcere il naso alla ragazza. Indecisa. Una parte di lei voleva abbracciarlo, un'altra urlargli addosso, un'altra ancora voleva piangere.
Come spesso le capitava in queste situazioni di conflitto interiore si bloccò e basta. Li ferma in piedi, con la divisa degli Alchimisti addosso, lo sguardo distratto nel miscuglio di pensieri che l'attraversava, immobile e silenziosa. Noi siamo ombre Ofelia, osserviamo con buonsenso e critica. Le aveva detto Astarte al tempo del suo apprendistato.
Ora non si sentiva critica, nè piena di buonsenso, solo sciocca e... sola.
Fu lui a vedere lei e a rompere lo stallo .
-Di nuovo su Polo- disse Thorn, senza muovere un passo, guardandola dall'altro della sua imponente statura. C'era un'insistenza controversa nel modo in cui la fissava. Ovviamente per il resto risultava inintellegibile, sia per posa che per espressione.
Ofelia dovette ricostruirsi internamente per rispondere da Erudita e non da ragazzina smarrita.
-Ero così inattesa?-
-Dopo i crolli? Assolutamente no- metodico al solito, il fatto che fosse laconico in un momento in cui lei aveva bisogno di sentire la sua voce peggiorava solo le cose, anche se il fatto che l'aspettasse le faceva sobbalzare lo stomaco.
L'esaltazione provata all'imbarcadero non cedeva il passo alla delusione, non ancora.
-Non sapevo dei crolli a dire il vero- confessò lei senza imbarazzo, ma forse colpevole, come se fosse una mancanza, -non ho dubbio gli Eruditi ci stiano badando, ma non io. Non ancora-
-Non ancora- ripetè l'Intendente cauto, come a soppesarne sottesi significati, -in attesa di incarico dunque-
Ofelia sospirò con pesantezza. Questa maschera, il ruolo di Alchimista, pesava nella parole di Thorn, era pura diffidenza.
-I crolli sicuramente sono un'emergenza, visto che abbiamo una promessa da Mille-facce e un Altro a piede libero, ma mentirei se dicessi che ho un piano o un incarico- ammise lei. Frustrata però, non era qui per questo. Non era qui per il mondo. Era qui per lui.
-E dovrei credervi?- poco sorprendentemente era diffidente.
-Vorrei mi credeste sì, ma so che vi riesce molto difficile- sospirò, stanca la Lettrice di dover dar prova di sè. Prova di che cosa poi? Che evidenze voleva l'Intendente del Polo?
Aveva occhiaie da insonnia ed una spossatezza interiore generalizzata.
-Lo dite come se non ne avessi motivo- Thorn fu subito in difensiva. Ostile, ma forse anche qualcosa d'altro, qualcosa che risultava come ostilità, ma era semplicemente un travestimento.
-Ne avete motivo, più di uno a dire il vero, ma a conti fatti, non conta nulla se non quello che pensate voi, e quello non posso certo imporlo io. La percezione è vostra-
L'Intendente si bloccò a questa dichiarazione di resa, dove le prove non avevano valore se quello che lui sentiva non voleva sentir ragione. Umiliato forse, lui che dava ai fatti grande valore, si sentì turbato da tale dichiarazione e la turbativa era data dal fatto che era vero. Non era disposto a rinunciare alla sua diffidenza, ma non per quello che immaginava lei.
-Venite – disse di punto in bianco facendo cenno ad Ofelia di seguirlo presso una costruzione a cinquanta metri dalla zona crollata. Una stazione abbandonata.
La Lettrice seguì ubbidiente, abituata ai trasferimenti di locazione in dialogo con Thorn, sempre protettivo verso eventuali orecchie indiscrete. Non disse nulla nel tragitto.
-Ci sono Gendarmi in giro per i rilevamenti, meglio evitare di dar loro modo di parlare di voi sulla scena del crollo- spiegò la situazione, con fare da perito che fa una valutazione.
-Sto ricordando l'Altro- esordì di botto Ofelia, senza premessa o interludio, dritta al punto. - Non penso ci sia connessione con i crolli, ma ovviamente la concorrenza di eventi è bizzarra-
Thorn sembrò stranito, come se non si aspettasse questo discorso. Gli occhi acciaio la fissarono severi, eppure non trapassanti, solo molto intensi.
-Ricordando come?- chiese metodico, senza accusa.
-Sogni, episodi che non mi appartengono. A volte dialoghi, a volte concetti fluttuanti ed estemporanei- le domande erano attese. Semplicemente tutto questo metodo scientifico la feriva, perchè non era qui per questo. Non voleva che fosse così il loro rapporto.
-Perchè scartate la connessione con i crolli?-
-Per via della dinamica di dislocazione delle arche in riferimento alla memoria planetaria- la risposta fu asciutta, da Alchimista, non da lettrice emotiva. Per un secondo vide la sorpresa nell'Intendente, che finse si guardare un'ombra per mascherare lo stupore.
-Intendete che i crolli non rispettano la memoria planetaria con zone di densità di gravitazione forte, giusto?- Recuperò il tono metodico Thorn.
-Così sembra-
-Ipotizziamo che sia vero- l'Intendente ci riflettè sopra, - che non c'è connessione tra ricordi e crolli, stiamo dicendo che si sta avverando la predizione di Dio?-
-E' possibile, questa è una prova addizionale che un Altro c'è-
-Addizionale?-
-Come vi ho detto ricordo qualcuno dalla mia prima attraversata di specchio. Direi che archiviare la cosa come un sogno, o un'allucinazione, a questo punto sarebbe un azzardo-
Thorn tacque, questo era praticamente un fatto, non esattamente confutabile però. Riflettè per un lungo momento, invece di ribattere immediatamente. A modo suo, nel suo fare impacciato e asciutto, ci stava provando a non litigare immediatamente.
-Questo come cambia le vostre... pianificazioni?- Chiese l'Intendente, con quel fare da contabile in arrangiamento di partita doppia, questo era il suo meglio evidentemente.
-Avrò meno occasioni per chiedervi cooperazione. Potrei dover visitare altre arche- risposte in tutta onestà, niente risposte sibilline o giochi di retorica. Era stanca Ofelia.
-Questo è il piano degli Eruditi?-
-Sapete che ci occupiamo di anomalie, non vi sto dicendo niente che già non immaginate-
-L'Arbitranza è dietro ogni vostra azione però. Anche se la vostra offerta di cooperare fosse genuina, come posso credervi appieno?- ribattè Thorn dopo una lunga pausa, nessuna occhiata truce, nessun tono algido. Voleva si capissero. Voleva tendere una mano, ma al solito non ne era capace nei canoni standard dei comportamenti e quindi finiva per risulare accusatorio.
-Conoscere ha un prezzo, chi dice il contrario mente o è un illuso- ribattè lei con veemenza, -il mio prezzo è stato far parte degli Alchimisti, ma questo non mi ha azzerato. Ho dei vincoli? Certo, sarei una pazza a negarlo, ma li avete anche voi Intendente di Faruk-
Thorn sentì la sferzata nelle parole di Ofelia, ma non accantonò l'obiezione, nè si arroccò immediatamente. Tacque invece, come per darsi il giusto tempo con le parole, con i concetti, conscio che fraintendersi per loro era quasi l'abitudine.
-Volete confrontare i vostri vincoli con i miei?- chiese con un che di controverso nello sguardo, combattuto e per la prima volta, forse, la ragazza potè vederne la spossatezza nello sguardo.
-Vi farebbe vagliare la mia proposta con maggiore onestà?-
-Probabilmente no-
Scese il silenzio. Il nemico principale di ogni loro incontro, lo stallo. Ofelia però voleva parlare, non scappare per l'ennesima volta. Aveva inseguito Thorn con così tanta determinazione che trovava impossibile che ora, avendolo davanti, semplicemente fosse un disastro.
-Quando mi vedete pensate di aver a che fare con l'Arbitranza?- doveva chiederlo, senza retorica nel mezzo senza attenuanti.
-Non è così?-
Questo fece male, molto male. La Lettrice accusò il colpo, ma trattenne il tutto con forza, abbastanza che gli occhiali non cambiarono colore.
-Non lo è, ma non è questo il punto, non è una questione di vero o falso, ma di cosa sentite- la voce bassa, fievole, come ai tempi della sua prima venuta al Polo, ma sguardo molto più forte di allora, - cosa dovrei fare per darvi prova di me?-
-Perchè volete collaborare?- chiese lui in ribattuta, preso come a guardia abbassata da questa uscita, - l'Arbitranza non lo vuole giusto? E' contro ogni loro protocollo di azione, siete un mondo chiuso, non accettate esterni-
-Non accettano esterni- corresse lei.
-Benissimo, ma voi siete un Alchimista-
-E' così, ma io non sono l'Arbitranza-
-Non giocate con la semantica...-
-Non lo faccio, è semplice alla fine. Sono un Alchimista è vero, ma non sempre sono d'accordo con l'Arbitranza o le regole degli Eruditi in generale, sono ancora io, ma sono calata in una realtà più grande-
-Non c'è niente di semplice in voi che fate parte di quei pazzi!- sbottò Thorn di colpo. Sembrò venir buttato fuori asse all'improvviso, fece due passi, il gesto dell'orologio e lo sguardo si fece sfuggente. Tratti conosciuti ad Ofelia, tratti a supporto della speranza, eppure in agguato vi era ancora la delusione.
-Un giudizio un po' severo, visto cosa siete stati capace di pianificare voi alle spalle di Faruk. Il vostro piano non era da pazzi?-
La ribattuta della ragazza sembrò uno schiaffo al viso per Thorn, si stava arrabbiando, ma non era solo rabbia, vi era un miscuglio di emozioni coinvolte.
-E' tutto quello che ricordate del vostro tempo al Polo con me?- ritose lui con voce tonante.
-Non tutto, ma invade una percentuale significativa di ricordi-
-E' stato così insopportabile il nostro fidanzamento- incalzò lui preso da un momento di furia, - ovviamente non potete vedere in prospettiva-
-Lo è stato e anche qualcosa di più!- si infiammò anche Ofelia, tenendo la posizione, senza chinare lo sguardo.
-Se è tutto così insopportabile, perchè tanta insistenza in una cooperazione con me?- era sferzante, furioso e ferito, ma sotto tutto il resto.
-Davvero non lo sapete? Sono venuta a sposarmi in prigione per voi! E lo rifarei ancora, conscia del fallimento che è stato-
L'intendente si bloccò sconvolto, congelato, incapace di dire alcunchè.
-Perchè anche io vi amo Thorn, ecco perchè-
Lui sobbalzò, come se fosse stato colpito da una folgore. La vecchia panca della stazione alla sua sinistra andò letteralmente in pezzi. La sua reazione fu così imprevista e il bagliore dei suoi occhi così duro che Ofelia si aspettò di essere nuovamente respinta. Invece, con un movimento contrario imprevedibile, chiuse la distanza con lei e la tirò a sé.
Ofelia ebbe la sensazione di sprofondare con tutto il suo peso fra le costole di Thorn che in un movimento assurdo cadde indietro trascinandola con sè. Fu la caduta più spettacolare e incomprensibile che le fosse mai capitata. Le orecchie le ronzavano come alveari. La montatura degli occhiali le feriva la pelle. Non vedeva più niente, respirava a stento. Quando si rese conto che lo stava schiacciando provò a spostarsi senza riuscirci. Era imprigionata fra le sue braccia con tale fermezza che non distingueva più i battiti dei loro cuori.
-Niente gesti bruschi-
L’avvertimento suonava un po’ ridicolo dopo il modo in cui li aveva fatti cascare entrambi. La morsa delle braccia sul corpo di Ofelia si allentò muscolo dopo muscolo. Lei non si mosse subito, svicolò di lato, ancora scombussolata, e cautamente si mise in piedi.
-Non dovete- balbettò, preso da un imbarazzo che la Lettrice faticava a capire, - non dovete sorprendermi in questo modo, avete capito?- Thorn era ancora sul pavimento della stazione e la severità della sua voce era tagliente.
Ofelia era troppo contratta per rispondergli. No, non aveva capito. Era talmente sorpresa che arrivò a chiedersi se avesse sentito la dichiarazione che gli aveva fatto.
Lentamente si rimise in piedi, zoppicante fece due passi incerti, la caduta aveva scalfito la struttura dell'esoscheletro, che però il suo animismo rimise subito in ordine. Lo sguardo che posò sulla ragazza era un misto di imbarazzo e sollievo.
-Siete ancora instabile?- constatò molestamente lei, l'Alchimista saltava fuori nei momenti meno opportuni, - avrest...-
Ofelia finì zittita da Thorn chinatosi per baciarla. Era allibita dal cambio di prospettiva nel discorso. Si perse nel gesto, finendo per ricambiare con anche più ardore di quanto se ne aspettasse. Avida di ogni secondo, avviluppata tra le sue braccia. Quando si sciolsero dall'intreccio l'uno dell'altro lui la trattanne vicino a sè. Chinato in avanti su di lei, come se dovesse sincerarsi che fosse realtà.
Infine col fiato corto, Thorn si staccò del tutto e puntò uno sguardo d’acciaio nei suoi occhi.
-Vi avverto. A proposito di quel che avete detto non vi permetterò di avere ripensamenti- La sua voce suonava aspra, ma nell’autorità delle parole c’era come un’incrinatura.
Ofelia si ritrovò bloccata a fissarlo di rimando, magnetizzata. Il cuore le batteva impazzito nel petto. Thorn era l’uomo più sconcertante che avesse mai conosciuto, ma la faceva sentire incredibilmente viva. L'Erudita oggi e la Lettrice di anni addietro per la prima volta, in questo dato momento, erano in perfetta concordia.
-Vi amo- ribadì con fermezze Ofelia, -ma sono ancora un'Alchimista- confessò, per ribadire che le due cose non si escludevano.
-Lo so- ammise lui, chinando lo sguardo, - e io sono ancora diffidente sull'Arbitranza- confermò la sua posizione in proposito.
I due si guardano con occhi diversi, per certi versi proni al compromesso, forse per la prima volta da quando si erano ritrovati.
-Devo però insistere sulla mia raccomandazione- disse calcando la voce su ogni sillaba. - Non sorprendetemi più in questo modo-
Ofelia lo scrutò dubbiosa, poi lo sguardo le cadde sulla panchina in pezzi.
Analizzando Thorn lo vedeva sotto una nuova luce: il suo badare in modo maniacale alle distranze, il suo tenere sempre tutto nel proprio campo visivo, la molesta distanza che manteneva scrupolosamente tra sé e il resto del mondo.
-Non avete più il controllo dei vostri artigli?- non era davvero una domanda, ma una deduzione.
Thorn strinse labbra e narici. Tutta la sua faccia sembrava essersi ristretta di colpo, era imbarazzato, umiliato persino.
-Solo quando sono meno dominato o preso di sorpresa- precisò lui, profondamente a disagio.
-Quindi il mio animismo vi ha in qualche modo perturbato, danneggiato?- fu una constatazione più scientifica che altro, ma il termine lo starnì.
-Mi avete salvato la vita-
-Ma vi ho donato del caos, voi che amate l'ordine...- si sentiva in colpa.
-Questo vi mette a disagio?- Lo aveva chiesto con voce ferma, ma sotto pella sembrava fremere.
In quel momento Ofelia capì che per lui quella perdita di controllo era più umiliante dell’handicap fisico della gamba.
-No, assolutamente- disse lei veemente.
Thorn la fissò con un’intensità quasi brutale. Era combattuto, internamente, perchè lei era ancora l'Alchimista di cui diffidava, per via dell'Arbitranza, ma oggi aveva ritrovato Ofelia.
Stava per fare di nuovo un passo verso di lei, ma si bloccò.
-Intendente siete qui?- chiamò qualcuno alla loro spalle, oltre il portone, - il perito di Babel è arrivato-
I due si scambiarono una rapida occhiata. La Lettrice sorrise, portandosi un dito alle labbra e facendogli cenno verso il vicino colonnato.
Thorn sembrò combattuto, come se concludere il loro dialogo in questo modo lo rendesse sbagliato. Gli occhi acciaio erano incrinati, mostravano il suo dissidio interiore, ma la voce li raggiunse di nuovo.
-Intendente?-
Due giorni. Vespro. disse in labbiale verso Ofelia, annuendo infine al suo gesto rivolto al colonnato.
Si ricompose in un batter d'occhi, tornando ad essere l'inapprocciabile Intendente di Città-cielo. Diresse veloce verso il portone, incontro al Gendarmi.
-Sono qui, sto arrivando- disse algido, senza voltarsi indietro.
Ofelia scomparve nel colonnato.

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Capitolo 11
*** Babel ***


Su Polo il caos continuava ad imperversare. Il subbuglio per i crolli nelle Arche aveva invaso fin troppi ambiti di chiacchiera e l'attesa task force del Familisterio di Stella aveva alzato non pochi interrogativi. A Palazzo non si parlava d'altro e i ricchi proprietari terrieri o immobiliari erano in vivido fermento annegando l'Intendenza di richieste, proposte e mozioni, non tenendo conto che questa dovesse occuparsi anche dell'ordine pubblico e della sicurezza.
I due giorni proposti da Thorn per un nuovo incontro sembravano più che irrealistici che mai ad Ofelia, non solo lasciare l'arca si era dimostrato complicato, ma lei aveva un immancabile appuntamento con l'Arbitranza, che a questo punto della faccenda non garantiva un ritorno nell'immediato futuro, soprattutto alla luce dei nuovi sviluppi.
Nimue si era spostata. Era un brutto segno.
Ofelia si impose di ricacciare l'ondata di buonumore infondo ai pensieri, stampandosi in faccia un'espressione severa e meditativa. La situazione era davvero seria, anche se finalmente era riuscita ad appianare qualcosa con Thorn. Non fu esattamente un'impresa titanica sembrare preoccupata per gli eventi, ma scacciare il pensiero di lui e delle sue labbra fu molto meno fluido.
-Di nuovo su Polo- l'accolse il sarcasmo di Astarte, poco oltre l'attracco. Doveva essere arrabbiato, ma era impossibile capirne il livello al momento, quindi la Lettrice optò per un approccio disinvolto. Procedette oltre il ponte basculante, nessun saluto, sguardo basso.
-Qualcuno doveva controllare almeno uno di quei crolli no?- ribattè la ragazza imperterrita evitando accuratamente di guardarlo negli occhi.
L'Arbitrante le sbarrò la strada con un passo veloce ed elegante, come al solito sembrava un gatto, aiutato però dalla strettoia della zona attacchi. Non era furioso, il che era un bene, ma non era nemmeno pacifico, l'allontanata coadiuvata con Ariane non doveva essergli piaciuta molto.
-Ma davvero? Vuoi archiviare la tua fuga così?- un sibilo la voce.
Ofelia si sentì trapassare prima ancora di alzare lo sguardo su di lui. Tenne duro però, alzò gli occhi ad incrociare i suoi.
-Non voglio archiviare niente, non è stata una mia idea. Avete raggiunto un accordo tu ed Ariane?-
Lui ricambiò lo sguardo, scrutandola come se ne stesse scandagliando i pensieri dietro le espressioni.
-Non siamo in democrazia, ricordi?-
-Ricordo, ma è un casino quando mamma e papà sono in guerra, vorrei un po' di stabilità da queste parti. Soprattutto se le arche crollano come tortini inzuppati male- la ribattuta fu convinta, ma forse non abbastanza convincente.
-Ma che paragone interessante, e tragicamente calzante direi- disse con voce molesta incamminadosi di nuovo.
-Sono seria, possiamo focalizzarci sulle arche?-
-Perchè?-
-Come perchè? Stanno precipitando!-
-Sono crolli perimetrali, non andiamo sul tragico- minimizzante, come se niente fosse.
-Ci sono voragini ampie, su Polo siamo vicini al miglio-
-Ah su Polo? Un'arca a caso- il sarcasmo si sentiva tutto.
Astarte teneva un passo serrato, per uscire dagli attracchi dei dirigibili e dirigere al cortile interno di Nimue. Ofelia doveva praticamente rincorrerlo per stare al passo, con lo sconcerto dipinto sul volto a sentirlo così disinvolto.
-Sono state coinvolte strutture non sono avvenuti alle estremità!- insistette lei.
-Ma non mi dire- intoccato proprio.
-Astarte!-
- Era previsto, e detto tra noi possiamo ancora parlare di perimetro. Non facciamo i sorpresi per favore, ce l'ha annunciato anche Dio in persona no?- il tono di voce chiaramente strafottente, - il nostro problema è quello che non sappiamo, non l'atteso-
L'Arbitrante si bloccò di colpo, prima dell'ampio portone che conduceva al maniero, girando si a fissarla con quei suoi occhi intensi, ametiste lucenti.
-Dobbiamo controllare i ricodi di Eulalia, lo capisci vero?-
-Veramente no. Le arche stanno crollando! -
-Sono ancora in fase iniziale, c'è tempo- insistette lui secco. - tra l'altro esattamente cosa vorresti che facessimo? Non possiamo andare a stabilizzare le zone a densità gravitazionale distorta, gli Spiriti famigliari avrebbero da ridire- ammiccò perfido, prima di scoccarle un'occhiata più pungente, - o stai sondando un modo per dover aver a che fare con l'Intendente di Polo?-
Ofelia dovette distogliere lo sguardo e pregare che gli occhiali non la tradissero. Finse un sospiro lento e secco, spazientito, come per gestire il modo di fare dell'altro, decidendosi a parlare solo quando era sicura della sua faccia.
-Senti, mi sto stancando di ripeterlo, Thorn potrebbe essere una chiave di volta per noi-
-E io sono stanco di dirti: che non è così!- la voce dell'Arbitrante ebbe un picco, - siamo di nuovo in rotta con il piano. I ricordi- perentorio ora, gli occhi sembravano animati da folgori.
-Che cosa speri di trovare in un sogno ricordo?- chiese esasperata.
-Non lo so, per questo voglio guardare. E saremmo molto più avanti se non fossi scappata- un tono profandamente critico, eppure non sferzante, come se ci fosse altro sotto.
-Sai perchè l'ho fatto-
Astarte sogghignò, incrociando le braccia al petto ed appoggiandosi con una spalla al portone. La stava ancora scrutando.
-No veramente non lo so-
-Ariane?- suggerì lei accigliata.
-Da quando siete così amiche? Non sono io il tuo mentore?-
-Non giocherò al gioco "ti piace più mamma o papà"-
-Non siamo i tuoi genitori- lapidò lui immediatamente, senza possibilità di appello alcuno. Ofelia ne restò vagamente disorientata, finendo per rinchiudersi nel silenzio.
-Bene, ora che ci siamo chiariti. Hai un'ora, poi nanna – con sogni inclusi ovviamente, ammiccò con lo sguardo e si scansò dal portone per entrare, ma fu allora che la Lettrice parlò.
-E' pericoloso- disse di colpo, - per te intendo. Guardare i miei sogni è pericoloso, questo non me lo avevi detto-
L'Arbitrante si bloccò con la mano sul chiavistello. Espressione meditabonda.
-Te l'ha detto Ariane?-
-L'ha largamente lasciato intendere- ribattè lei, - potevi anche dirmi degli storiografi e dei problemi nei loro sogni, ma anche li hai glissato. A fronte di tutti questi misteri direi che è difficile non vedervi come i tutori della faccenda- il commento fu greve, una critica composta per così dire. Gli occhi alzati di nuovo su di lui, padrona di sè e della conversazione in atto. Voleva una scusa per tornare su Polo era innegabile, ma l'Alchimista non era scomparsa solo perchè aveva finalmente raggiunto Thorn.
-Preccupata di finire senza il tuo maestro mentre il mondo cade letteralmente a pezzi?- sfottè con un sorriso insinuante sul viso. C'era qualcosa nel commentario di Ofelia che sembrava divertirlo.
Lei di contro lo fisso perplessa, non certa di capire i veri sottointesi del discorso.
-E tu non sei preoccupato di perderti il finale?- ribattè solamente sarcastica.
Astarte sorrise, senza deirisione, senza sarcasmo, un genuino sorriso gentile, lì sul viso, ad increspargli le labbra, un'ombra di gentilezza su un mare di ironia.
-Non morirò scrutando nei tuoi sogni- dichiarò poi aprendo il portone, - grazie del pensiero, ma partiamo tra un'ora-
-Partiamo? E per dove?- la frotta di domane tardò, un che di perplesso nello sguardo di Ofelia.
-Babel- disse sparendo nel maniero.
La Lettrice si raggelò, aveva meno di un'ora per comunicare in qualche modo a Thorn che non si sarebbero visti in due giorni a Castel Vespro. Sospirò con pesantezza è rientrò anche lei.

...

Una volta partiti Ofelia avebbe voluto chiarire la faccenda pericolosità dei sogni e crolli delle arche, ma non vi fu occasione. Praticamente scapparono alla chetichella prima che Ariane potesse beccarli e scatenare una nuova guerra con l'Arbitrante. Dovettero viaggiare fino ad un'arca minore in modo da poter usare usare una Rosa dei Venti e per tutto il tragitto Astarte la investì con un milione di raccomandazioni sulle folle leggi di Babel. Da come parlava di quel posto si notava che non era esattamente la sua arca preferita, ed aveva parecchie critiche su come la setta dedita alla manipolazione di Dio poteva farla da padrone proprio per come la società era strutturata e come la verità veniva manipolata e resa dogma.
Quando uscirono dallo spazio distorto della Rosa dei Venti Ofelia si sarebbe aspettato un plotone armato di fucibili pronti a giudicarli per come vestivano e parlavano. Invece si ritrovò in uno spazio aperto immerso nel verde. Furono accecati dalla luce di un tramonto estivo sgargiante. Incantevole e travolgente, tanto da togliere il fiato. Per un solo istante fu gelosa dei mesi spesi da Thorn proprio su quest'arca.
Babel si presentava stupenda.
Era luminosa, ad un primo sguardo, perfettamente organizzata ed ordina, architettonicamente impressionante. Un'arca guidata dal genio di Helena ed abbracciata dalla bellezza di Polluce in un connubio armonioso. Ma questa era solo la facciata, un inganno semplice per un osservatore superficiale e sbrigativo, il vero volto era altro, la verità esposta in bella vista e quindi ignorata da tutti era una e una sola: Babel era soggiogata.
Era un animale domato, piegato all`ubbidienza con la forza, non con la conoscenza come tanto vantavano dire i Babeliani. Le regole erano ferree, ma spesso manchevoli di una vera logica, le punizioni erano assolutamente esemplari, ma la differenziazione di colpa raramente corrispondeva ad una diversificazione di pena. Insomma un ingranaggio capace di funzionare in un modo e in un modo solamente, inflessibile ed impietoso.
Tra le varie raccomandazion Astarte si era preso un attimo per rispolverare alcune regole importanti con Ofelia. L`uso dell`index, ossia le parole proibite da non includere mai in dialoghi scritti o verbali, il cosa dire e cosa no in presenza di membri dei Lux o di loro afferenze, e la versione ufficiale sul perchè della loro presenza in loco per ottenere l`accesso all`ambitissimo Memoriale di Babel, la più grande raccolta di libri, storici e non, riguardanti tutte le arche e a quanto pare anche di prima della Lacerazione.
-Lo credi veramente?- chiese la Lettrice scettica -che usando la scusa dei crolli ci daranno accesso a testi antichi con la forse speranza di incidenti passati?- la domanda sembrava più accessoria, mente si guardava attorno ammaliata dalla bellezza di Babel, ma con un che di guardingo, come se dovesse aspettarsi un crollo di tutta quella incredibile luce accecante da un momento all'altro.
-Ha senso- ribattè l'Arbitrante a passo celere, -inoltre non possono davvero opporsi, a meno che non chiamino uno dei loro Lord di Lux ad avanzare una mozione- sorrise perfido.
-Perchè pensi che troveremo qualcosa di utile qui?-
-Perchè Dio è di prima della Lacerazione e Babel è l'unico posto che ha memoria di quell'epoca- disse Astarte a voce bassa, mantenendo un passo spedito. L'accesso della rosa dei venti non era esattamente centrale, erano infatti sbucati nei pressi dell'Orto Botanico di Polluce.
-Bè, non proprio l'unico, anche su Anima avevamo frammenti dell'antico passato. Al museo- insistette Ofelia, con quel suo broncio da lettrice non apprezzata.
-Intendo vere memorie, documentate e catalogate. Ti ricordo che accidentalmente tutti i lavori di recupero di Anima sono andati malamente perduti-
La ragazza dovette cedere ad una smorfia.
-Va bene, quindi Eulalia, l'Altro, è di prima della Lacerazione?-dedusse pensierosa. L'idea di condividere ricordi e sogni con un'entità così antica la lasciava dubbiosa e non esattamente serena, come se temesse un conflitto interiore che non poteva vincere.
-Potenzialmente, ma non solo. Dio e l'Altro devono essere stati in contatto per un certo periodo e potenzialmente anche gli spiriti famigliari, cosa che ci spiega la tua rabbonita con Faruk-
Ofelia chinò lo sguardo a terra, ancora memore della discussione con Thorn a questo proposito. L'evento inatteso e mai accaduto prima di allora.
-Faruk ha sempre sostenuto di ricordarsi di me, quindi di fatto si ricorda di Eulalia- mormorò a voce bassa la lettrice.
-Molto possibile anche se questo mette in discussione il ruolo dell'Altro-
-Perchè mai?- ora era davvero confusa, lo guardò da sotto in su.
-Perchè Faruk ha un ricordo positivo con questa figura. Come se Eulalia non fosse il male del mondo-
-Eulalia non è il male del mondo!- si ritrovò a sbottare Ofelia, oltraggiata. Reazione che stupì lei stessa.
Astarte le sorrise, sornione. Illuminato dalla luce del tramonto la lettrice vi colse un che di insinuante.
-Ah no?- disse lui, per poi zittirla con un cenno della mano.
Il dialogo sarebbe certamente continuato, ma una donna in uniforme stava venendo loro incontro. A giudicare dalla pelle bronzea, dai capelli neri e dagli occhi sfavillanti era una Babeliana di pura razza. Le dorature della sua uniforme scintillavano in modo quasi molesto, come se l'immensa ostentazione di purezza e virtù alla lunga stancasse.
Più cupe e formali i due indossavano entrambi le divise degli Eruditi, da Alchimista ed Arbitrante, rispettivamente, la lunga casacca rosso carminio con le insegne runiche era il loro lasciapassare, ma significava anche che i babeliani gli sarebbero stati addosso come falchi.
Nonostante l'Arbitranza godesse di particolari agevolazioni e permessi speciali su ogni arca, Babel era talmente incastrata nelle sue mille regole, che ogni visita degli Eruditi finiva per essere affiancata da alte cariche della Corporazione dei Precorritori, coloro che avevano il singolare motto "La conoscenza è al servizio della pace". Cosa poi intendessero per pace era quantomeno discutibile.
Un inchino teso quello della donna, rivolto solo ad Astarte. Una postura rigida e militare quasi.
-Salute a voi Arbitrante, è un onore incontravi. Io sono Lady Septima, appartengo alla Corporazione dei Precorritori e sarò la vostra guida durante la vostra permanenza a Babel-
Tutta forma e cerimoniale, di fatto non aveva voglia di fargli da babysitter e la voce non aveva cambiato tono nemmeno per un secondo, a malapena considerava Ofelia tra i presenti, l'obbligo chiaramente era solo per l'Arbitrante, dettaglio che a questi non sfuggì.
-Lieto di fare la vostra conoscenza Lady Septima, avete la mia gratitudine per il tempo che ci dedicate- Astarte si calò nella parte e fastidiosamente non si presentò, non era tenuto infondo. Questa piccola rivalsa lasciò la donna urtata, che tuttavia rimase compitamente impassibile.
-Io e l'Alchimista vorremmo rapprensentare il minor fastidio possibile per voi, se ci mostrate i nostri alloggi, sono più che capace di spostarmi da e verso il Memoriale. Comunque sia la nostra visita sarà breve- questa stoccata vinse un'assottigliata di sguardo in Lady Septima, che però non perse la sua posa austera.
-I signori di Lux mi hanno espressamente ordinato di essere a vostra disposizione, e così sarà. Se per qualsivoglia ragione non mi sarà possibile, vi garantirò la presenza di un Virtuoso- il mezzo tono perentorio si udì forte e chiaro nella fermezza della risposta, - Babel ha regole molto severe, gli stranieri faticano ad ambientarvisi, ma la legge non si piega all'ignoranza- calcò il tono, e per la prima volta guardò Ofelia e i suoi lunghi guanti da lettrice.
-D'accordo allora, fate strada- tagliò corto Astarte, con un cipiglio annoiato, come se la spiegazione sulle regole fosse stata motivo di stizza, il tutto volutamente ben mostrato.
La donna annuì e fece poi cenno di seguirla.
Non camminarono a lungo, nè parlarono. Lady Septima marciava a cinque passi da loro, in religioso silenzio, presero un tram fuori servizio dopo poco, messo a disposizione degli Eruditi e in meno di trenta minuti furono agli alloggi speciali della Buona Famiglia, quelli destinati ad ospiti ed amici del conservatorio.
Ofelia trovò che la bellezza di Babel si era fatta più cupa in città, fino a divenire fastidiosa nell'austerità del conservatorio. Nel suo tempo con gli Alchimisti aveva imparato ad usare i suoi artigli, non solo come i draghi li usano, ma come un'animista drago li poteva usare. Era in grado di sentire strascichi di emozioni in luoghi e oggetti, se li estendeva poteva percepire l'umore di chi la circondava o poteva sposta le persone in massa creando una sorta di rete neurale tra sè e i viventi intorno a lei. Una di quelle cose che avrebbe voluto condividere con Thorn, ma le cose non erano andate come atteso.
I due non troppo graditi ospiti, ma falsamente trattati come tali, vennero lasciati davanti ai loro alloggi da Lady Septima, che con la precisione di un metronomo aveva scandito ogni sillaba sul loro calendario visite al Memoriale, chiarendo con gelo che sarebbero sempre stati accompagnati e che durante la consultazione dei testi ci sarebbe stata un'Apprendista addetta ai libri.
Ofelia ascoltava distratta lo scambio tra la donna ed Astarte, visto che aveva la stessa considerazione del parquet, si dedicava quindi a quello che il conservatorio aveva da dire e in tutta onestà non era esattamente piacevole.
Percepì competizione, nobile e nobilitante come intento, ma solo superficialmente, c'era qualcosa di più gretto al di sotto, gli occupanti di questo luogo erano erosi dal timore del fallimento, erano pronti a tutto per diventare Virtuosi, anche affogare la loro virtù nel fango della scorrettezza e di un bieco bullismo di bassa lega. Apparire valeva più di essere e la conoscenza era al servizio dell'attore migliore, non certo della pace.
-Tutto chiaro?- il tono spigoloso di Septima risvegliò la Lettrice con un brivido lungo la schiena, per fortuna nessuno la stava guardando.
-Assolutamente, saremo pronti domattina alle nove, grazie- elegantissimo Astarte, con un sorriso d'angelo stampato in faccia, ma uno sguardo gelido come un iceberg.
Erano entrambi impenetrabili, ma Ofelia percepì in loro una tensione che andava aumentando ed i suoi artigli parlavano di intrecci molto più controversi. Mentre l’espressione dell'Arbitrante rimaneva indecifrabile, quella di lady Septima tradiva disprezzo e disgusto. Non tollerava queste invadenze e riteva indegni gli Eruditi del nome che portavano.
-Troverete la cena servita nelle vostre stanze. Buonanotte dunque-
-Buonanotte-
La velocità con cui se ne andò fu indicativa della stizza che l'animava, i due la seguirono con gli occhi fino alla svolta poi con un dito sulle labbra Astarte fece cenno alla ragazza di andare con lui nel suo alloggio. Ci fu un secondo di esitazione, ma la logica aveva un suo perchè e quindi andò con lui.
-Controlla la stanza- ordinò imperioso l'Arbitrante. Ofelia non amava molto i suoi modi da comandante in carica, ma sicuramente era funzionale nel ruolo. Obbedì come un buon soldato.
Chiuse gli occhi per focalizzarsi meglio ed espanse le percezioni dei suoi artigli, a caccia di qualsiasi cosa stonasse, nemmeno i miraggi potevano più incastarla dopo l'addestramento ad Albedo, il rito del Gemellaggio era stato qualcosa di molto più grande di quello avesse mai potuto immaginare. Forse per questo la feriva tanto il disprezzo di Thorn per il suo animismo.
-Mi sembra pulita- annunciò dopo un attimo la ragazza. -Avevi davvero bisogno di me per controllare?- azzardò scettica. Lui le scoccò un'occhiata di sufficienza.
-Ovviamente no, ma è sembre bello vedere che non hai perso lo smalto-
Ofelia aggrottò la fronte, al solito veniva messa alla prova per puro divertimento.
-Vuoi davvero controllare i ricordi di Eulalia il giorno prima di andare al Memoriale?- era scettica, e dal suo punto di vista la tensione con i Babeliani non supportava questo piano. Ovviamente senza considerare i rischi di cui Astarte continuava a prendersi gioco.
-Quale momento migliore, ad un passo dai libri del passato-
Ofelia aggrottò la fronte, non convinta.
-E tu sei certo di poter scoprire tutto con un solo sogno?-
-Assolutamente no- rise di gusto, - a volte mi sopravvaluti davvero. Il punto non è quanto posso vedere, ma se posso vedere. Se Lady Fama ha ragione devo solo darti una spintarella e poi sarai tu a ricordare-
-E se ti succedesse qualcosa?-
Scese uno strano silenzio tra loro, valutativo. Si stavano come studiando. Poi di colpo l'Arbitrante le si avvicinò sinuoso, con movenze feline, il sorriso enigmatico ben stagliato sul volto mentre torreggiava sulla lettrice.
-Non succederà- esordì, bloccando però una sua ribattuta con un cenno, - ma se succedesse confido tu sappia cosa fare. Ti ho addestrato per questo no?- il modo in cui la guardò mise Ofelia a disagio. Era diverso dallo strafottente mentore cui era abituata, dall'arrogante despota di Nimue, c'era uno strano sottointeso che faticava a tradurre. Sentendosi in imbarazzo distolse lo sguardo.
-Non sono ancora convinta, ma... va bene- cedette muovendo qualche passo per l'ampia stanza, più che altro aveva bisogno di spazio tra loro.
L'alloggio prevedeva sia una zona giorno che una notte. La cena era effettivamente servita, ma lo stomaco della lettrice era chiuso, attanagliato dai dubbi.
-Che cosa devo fare?- chiese infine voltandosi di nuovo verso l'Arbitrante che silenzioso come un gatto l'aveva seguita nei suoi spostamenti.
Sorrise sornione e poi le mise due dita sulla fronte.
-Solo dormire-
Aveva appena sussurrato, a fior di labbra, gli occhi di Ofelia ebbero come un guizzo, sgranandosi, poi in un istante era crollata addormentata. Astarte l'afferrò con grazia, come se fosse senza peso, andando a stenderla sul vicino sofà.
Gesti delicati, che scadevano nel premuroso. Con il dorso della mano destra le scostò una ciocca di capelli dal viso.
-E ora devo per forza conoscere questo tuo Thorn dei Draghi- sussurrò cupo, - guarda cosa mi fai fare-

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Capitolo 12
*** Il Memoriale ***


Sognare era meno semplice del pensato, in un senso produttivo del termine. I sogni sono un po' il regno del caos, o per meglio dire la logica non è quella che si immagina. E' piegata ad emozioni e sensazioni, libera dai freni inibitori, dal concetto di morale, dal giusto e lo sbagliato.
La Lettrice non faceva eccezione in questo, ed inoltre nei suoi sogni intrecciavano i ricordi di due persone, le emozioni di due persone, speranze ed angosce. Il concetto di se stessa nel mondo onirico era assottigliato, Eulalia si presentava come Ofelia e viceversa, senza che questo causasse dissidio o dramma. Era semplicemente un fatto. Conoscenze estese e condivise.
La presenza di Astarte in tutto questo era vivida e sfuggente allo stesso tempo. Un'ombra sul fondo della mente che non puoi scacciare, in apparenza impalpabile, ma tragicamente presente. Lì dietro i pensieri e le emozioni, un osservatore silente. Ofelia ne sentiva lo sguardo trapassante, l'essenza indomita, eppure era tutto mischiato nel sogno, nei ricordi, nelle sensazioni. Rivide la sua prima traversata dello specchio, il bizzarro accordo con l'Altro. Un contratto più grande di quello che poteva immaginare sul momento. Poi vide una scuola, libri, parole e speranze.

Ci sarà una volta,
fra non molto tempo,
un mondo che vivrà finalmente in pace.
Allora ci saranno nuovi uomini e ci saranno nuove donne.
Sarà l’era dei miracoli.

Ofelia stava leggendo un libro nel suo sogno.
Voltò le pagine una dopo l’altra con un’incontrollabile sensazione di familiarità, come se in passato l’avesse sfogliato più volte per davvero quel tomo. Non aveva bisogno di leggere la storia per ricordarsela o comprenderla, era già tutto li. Le tornò in mente che era divisa in venti brevi novelle, e che ognuna di esse raccontava la nascita di una nuova famiglia: i signori degli oggetti, i signori delle menti, i signori degli animali, i signori del magnetismo, i signori del verde, i signori della trasmutazione, i signori dell’incanto, i signori della divinazione, i signori della folgore, i signori dei sensi, i signori delle acque calde, i signori dei fenomeni tellurici, i signori dei venti, i signori della massa, i signori della metamorfosi, i signori della temperatura, i signori dell’onirismo, i signori della fantomizzazione, i signori dell’empatia e i signori dello spazio. Venti famiglie, venti poteri.
Il ricordo di Eulalia era intenso e soggiogante, invadeva i sogni di Ofelia, che però erano magistralmente dirottati da Astarte per accantonare le influenze della Lettrice in favore del passato dell'Altro. Un passato che portava con sè un bagaglio di emozioni incredibili, sconquassanti. Il Dormiente non nera prorpio intonso, era faticoso e a volte persino doloroso giostrarsi, soprattutto nei cambi di scenario, nei ricordi più emotivamente convoluti. Ricordi di rabbai, di paura, di guerra. Il concetto stesso di guerra aveva una forma nel sogno. Una sensazione affliggente.
Eulalia combatteva contro la Guerra. Cercava una speranza. Anzi no, voleva creare una speranza.
Eppure quel desiderio di speranza era... angosciante. Perchè era una missione a tempo, la speranza andava creata e c'era una scadenza entro cui gestirla. Questa era l'ossessione dell'Altro.
Le visioni nei sogni stavano diventando inconsistenti come consequenzialità. L'archivio di Anima divenne scenario per un alternarsi di variegati sogni dissociai.
La memoria di Artemide. Dissero in coro Ofelia ed Eulalia.
Di colpo tuttò svanì.
Le forzature su Eulalia sembravano essere crollate di botto e Ofelia stesse prendendo il sopravvento con prepotenza. Fu caotico, prima rivedero i primi due candidati sposi della Lettrice, il suo accantonare le due proposte peri cugini. Il disappunto dei genitori. Poi un nuovo cambio, le Decane, la grande proposta da Polo. Un matrimonio diplomatico per cui era rassegnata.
Rassegnata?
Per essere rassegnati bisogna accettare una situazione, e per accettare una situazione bisogna capirne il perché e il percome. Ofelia invece non ci capiva niente di niente all'epoca, ma cosa peggiore non voleva sforzarsi di capie. Essere fidanzati contrattualmente era un processo, che si subiva. Questa Ofelia era diversa, era il passato. Ofelia oggi avrebbe combattuto le Decane ed il sistema. L'Ofelia di oggi era frutto del Polo, di Thorn e... di Astarte e Albedo.
Entrambi, sognatore e Dormiente, ebbero la sensazione di avanzare verso un precipizio. Ad essere frastornato però era Astarte, ma era come se la Lettrice potesse percepirlo in uno strano commubio. Fu allora che seppe che stava soffrendo, si stava ferendo.
Da quel momento di consapevolezza in poi fu tutto un turbinio, emozioni contrastanti. Thorn. Città-cielo. Faruk. Il caos.
Vi sono riconoscente di volermi proteggere e vi ringrazio per il sostegno che mi offrite, ma c’è una cosa che dovete sapere di me: io non vi amo.
I vari secondi in cui Thorn rimase impalato con le braccia lungo il corpo, assolutamente inespressivo, furono un colpo al cuore per la Lettrice. In questo sogno assurdamente nitido percepì con chiarezza profonda il colpo subito dall'Intendente. Il reale dolore che aveva dovuto razionalizzare all'epoca, senza perdere controllo.
È per qualcosa che ho detto... o non ho detto?
-NO! Gridava Ofelia. Non è più così.
Parole rimbombanti.
Poi altre visioni, altri eventi. Astarte ed il suo addestramento, le regole di Albedo, il senso di prigionia, il senso di libertà. La rabbia iniziale, alle mille regole degli Eruditi, i perchè senza risposta, perchè le risposte andavano guadagnate.
Vi odio! Vibrante la voce della Lettrice in questo ricordo, in un momento di nervoso sfogo, all'ennesimo appunto insinuante dell'Arbitrante.
Astarte sorrise ed era davvero incredibile quando sorrideva davvero.
Splendido. E' un ottimo modo di cominciare
Lo aveva detto serenamente, come se fosse la risposta più normale ad una simile dichiarazione di ostilità.
Poi nuovamente Thorn. Quel volto sfregiato che aveva imparato ad amare. Le prigioni, l'ansia di perderlo. La consapevolezza di aver bisogno di lui.
Le quattro parole complicate: A proposito: vi amo
Così semplici, eppure così travolgenti, avevano devastato l'animo di Ofelia. L'Ofelia del prima.
La Lettrice nel sogno si ritrovò di nuovo a correre, a perdifiato, per cercare di raggiungere la cella, perchè se fosse stata veloce abbastanza avrebbe potuto cambiare tutto, avrebbe potuto andare con lui nello specchio. Avrebbe visto un'altra possibilità, avrebbe...
Aveva smesso di correre.
Ofelia nel sogno ricordo si era fermata, volutamente. La porta era lì, avrebbe potuto vivere nell'attimo onirico una versione diversa della realtà, vedere un'ipotetico su cui aveva fantasticato per mesi, ma semplicemente non voleva. Perchè la Lettrice che correva verso quella cella era ancora prigioniera, mentre lei era l'Alchimista di Albedo ed era diventata la donna che era oggi perchè Thorn non l'aveva aspettata. Perchè Astarte non le aveva permesso di piangersi addosso. Perchè aveva voluto scegliere e non subire le scelte altrui.
Ofelia voleva solo una cosa dalla Lettrice di Chiardiluna, l'amore per Thorn. Il resto era un negoziazione con il fato che nessuno doveva osare toglierle.
-Astarte, adesso ci dobbiamo svegliare-

Per la ragazza fu un risveglio tranquillo, assurdamente riposato per il caos frenetico in cui era appena finita, in un carosello sequenziale di passato e presente, non sempre suo per altro. Era sul sofà degli alloggi dell'Arbitrante, lui era seduto a terra accanto a lei, le teneva una mano in un gesto sorprendentemente gentile e delicato, la testa era riversa in parallelo al suo braccio, i capelli gli nascondevano il viso dai lineamenti eleganti. Immobile.
Ofelia provò un bizzarro senso di pace e disagio mischiati assieme. La presenza dell'uomo gli ricordava in modo strano e forse non logico, men che meno appropriato direbbe la zia Rosaline, la presenza di Thorn, la tranquillità che lui donava alla sè di prima, dei tempi del Polo. Ora era differente.
Stupidamente si perse via per qualche attimo a guardarlo dormire, non l'aveva mai visto dormire. Non l'aveva mai visto a guardia abbassata, anche se Ariane diceva di sì. Aveva un'espresione molto diversa da dormiente. Sembrava quasi innocente, quasi.
Un mugugno lieve, sofferente, ruppe la bolla. La lettrice si diede contegno e si tirò su, allungando una mano alla spalla del Dormiente.
-Astarte?- chiamò cauta, -sei... vivo?-
La risposta fu un circa mugugno e poi un rantolo. Infine un sospiro spossato.
-Sono... vivo- borbottò, tirandosi su, restando seduto a terra. Sembrava oltre lo sbattuto. Come se si fosse fatto un giro in una betoniera per il cemento.
Ofelia restò ferma seduta sul sofà valutando il da farsi, alla fine sgusciò di lato per metterglisi in pari. Voleva tempestarlo di domande, ma era lampante non fosse il momento.
Il silenzio tra loro si fece stagnante. Abbracciando tutto e dando strane sensazioni alla lettrice, la quale per altro si rese conto molto in ritardo che Astarte ancora le stringeva la mano. Lei non la sfilò. Sentiva le dita gelide di lui sulle sue, un'altro segno di sofferenza o malessere che le diede pensiero. Un costo che non sapeva quantificare questo dei sogni, come tutti i segregi dell'uomo dagli occhi ametista.
-Devi andare al Memoriale... da sola- disse infine lui, con un certo sforzo. Spossato, ancora non si levava da davanti al sofà, anche se tirò su la testa.
-Come?- perplessa, questo non se l'aspettava. Non era la frase giusta.
-Hai sentito-
-Questa è una pessima idea-
-Si bè, non una delle mie migliori, concordo, ma di necessità virtù- insistette lui, con quel tono stanco, quasi affranto, ma sempre critico. Gli occhi sgranati, ad impedirsi di svenire li dov'era, mentre la mente macchinava.
Non era andata come previsto. Nemmeno lontanamente.
-Lady Virtuosità mi manderà a quel paese- disse veemente, odiava questo piano, - non mi farà avvicinare al Memoriale, benchè meno ai suoi testi, vorrai scherzare!-
-Vorrei...- trattenne il respiro, come per gestire una fitta alla testa, -...,ma siamo qui. Hai visto che ore sono?-
-Che ore sono?-
La domanda stranì Ofelia, come se fosse irrilevante, probabilmente era sera, infondo erano andati negli alloggi prima di cena. Quando gli occhi si fermarono sull'orologio a muro restò a bocca aperta, con un'espressione piuttosto ebete stampata in faccia. Erano quasi le otto e venti del mattino, era passata tutta la notte.
-Preparati- la precedette Astarte, come in affannato, mentre tentava di mettersi a sedere sopra il divano.
-No, aspetta, no- disse lei ancora stupida, scattando in piedi e lasciando la mano dell'Arbitrante. Un gesto che anche nella foga del momento lui avvertì come fastidioso, tantè che l'indice provò a trattenerla.
-Hai meno di un'ora- insistette lui, con tono basso, provato, poi vedendola persa tuonò - Ofelia! Controllati!-
L'uscita gli costò non poco, tantè che si dovette portare una mano alla testa, chiudendo gli occhi per qualche secondo, per un fitta.
L'Alchimista la vinse sulla lettrice impacciata e questa si diede un contegno. Come ai tempi del suo apprendistato.
-Va bene, accidenti... va bene- si stava anche convincendo, - resta un'idea pessima e ci serve una scusa- voltandosi di colpo vide il crollo dell'altro. Sospirò, ma non chiese, sapeva come la pensava Astarte sulle priorità, quindi si limitò a sistemarsi la divisa che aveva addosso in qualche modo.
-E' pessima- confermò lui con un abbozzo di sorriso ironico.
-Puoi svenire dopo avermi dato una scusa?- chiede lei sorridendo a sua volta, chinandosi di fronte a lui, niente preoccupazione esposta, niente domande che non era il momento di porre. Efficienza e logica, che tanto piaceva al suo mentore.
-Sono svenuto?- propose quasi con stizza.
-Hai presente la signora?-
-Sono serio- ribadì lui stanco, - digli che è stata scorretta... sii... diplomatica- sospiri tra le parole, lunghe pause, - digli che le influenze della Buona Famiglia sono molto intense, soprattutto gli umori dei suoi occupanti, io sono un Assopito e questo mi ha tramortito. Non potrà ribattere -
-Tu non sei un assopito però-
-E questo Lady Septima non lo sa- tagliò corto lui con un'occhiata critica.
Ofelia si irrigidì, la cascata di bugie non era mai facile da gestire, ma erano in una brutta situazione.Annuì.
-Lo farò- disse alla fine la lettrice, - prova a riposare e non... svenire davvero-
-Preoccupata?- chiede sornione tirandosi sul sofà con sforzo titanico.
-Siamo a Babel con il tuo nome. Sono molto preoccupata- ribattè lei secca.
-Sii me e Ariane. E sarai pefetta-
-Io non sono te! Men che meno Ariane-
-Basta una parvenza e sappiamo che hai più volti ormai-
-Non so di cosa parli-
Lui fece solo una smorfia, forse un sorriso, poi chiuse gli occhi.

...

Anche il modo in cui bussava la Virtuosa era peculiare. Colpi secchi, metodici, quasi molesti, alle nove in punto ovviamente.
Ofelia era strategicamente tornata nei suoi alloggi, con nessuna sorpresa nel trovarli molto meno eleganti di quelli dell'Arbitrante. Spese i suoi pochi minuti per disfare il letto e darsi una rassettata.
-Buongiorno Lady Septima- salutò compostamente la Lettrice, - vi prego di non disturbare l'Arbitrante, è stata una brutta notte. Avreste dovuto avvertirci- disse con tono greve, critico, come se fosse una cosa seria, un appunto persino.
La donna, vestita come il giorno precedente, si voltò come un falco. La voce con cui le si rivolse aveva una rigidità minerale.
-Di che cosa state parlando?- nemmeno un saluto.
Quella donna metteva in qualche modo a disagio la Lettrice, sentiva tramite i suoi artigli più di quanto il linguaggio non verbale dicesse. Eppure era calmissima a vedersi e alta più o meno quanto lei. L'achimista non si incrinò.
-Oltraggioso- continuò Ofelia cercando di imitare il tono disgustato di Ariane, con un successo appena minimo, ma utile allo scopo, - l'Arbitrante, un Assopito di grande livello, ha subito le influenze di questa...- altra faccia di disgusto, teatrale, cosa che richiese impegno, - Buona famiglia? Mai nome fu meno appropriato, ma vi prego, che orrore. Non riesce a muoversi dal letto- scoccò un'occhiata sghemba alla donna, - cosa fate ai vostri Virtuosi ed apprendisti? Gli mettete il cilicio e li frustrate? Avete una statistica su quanti pensano al suicidio? - tempestò con una sequenza di domande -lasci stare sono domande retoriche- cadenzò il tono per risultare piena di sufficienza e accennò un passpo nel corridoio.
Lady Septima la guardò. Cioè, “guardare” non era il termine giusto per occhi del genere. La vivisezionò. Si infilò attraverso la lente dei suoi occhiali, calcolò il grado di dilatazione della sua pupilla, penetrò all’interno delle sue vene, misurò la portata del flusso sanguigno, si immerse nella chimica più riposta dei suoi organi, esaminò una per una ogni molecola del suo corpo e... non trovò abbastanza.
L'Alchimista che era oggi non era l'impacciata Ofelia di Anima, che portava scritto tutto o niente in volto, senza una via di mezzo, e ovviamente in corpo per gli occhi di un visionario, i suoi artigli ed il suo animismo erano uno scudo difficile da passare. I suoi timori erano suoi e suoi soli, e la sua faccia da poker era venuta fuori a fatica, con sofferenza, non gratuita, ma conquistata.
I palmi delle mani erano inumiditi sotto i guanti, questo era vero. C'erano incrinature nel contegno, non era perfetta la sua recita, ma era valida abbastanza e questa era soddisfazione pura per lei.
-Andiamo o cosa?-incalzò Ofelia con una strafottenza che non le era propria, ma che negli anni aveva creato, come una Persona nella sua testa. Utile solo per brevi momenti.
-Sono costernata- disse alla fine Lady Septima, formale e per nulla dispiaciuta ovviamente, -da questa parte dunque- si incamminò a fare strada.
Ofelia si dovette mordere l'interno di una guancia per non mostrare espressioni tronfie di siddisfazione. Annuì solo compitamente e la seguì a due passi.
Inutile dire che non ci fu più un singolo scambio dalla Buona Famiglia al Memoriale, cosa di cui sotto sotto la Lettrice fu grata, non era certa del tono da dover tenere, una pausa avrebbe invece permesso ad entrambe un proseguo più pacato. Infondo i Virtuosi servivano la pace, o così dicevano.
Fu un tragitto noiosamente lungo, per un silenzio così intenso, ma il panorama compensò agli occhi di Ofelia. Alla fine tra il cielo infinito e il mare di nuvole un’immensa torre a spirale culminante in una cupola di vetro svettava su un isolotto a stento abbastanza grande da ospitarlo. Un intero versante dell’edificio sconfinava sul vuoto, ma l’equilibrio architettonico era talmente perfetto che l’insieme si teneva in piedi contro tutto e tutti.
-Il Memoriale di Babel- disse Lady Septima, con tono algido. -È il nostro monumento più antico, di cui una metà risale al vecchio mondo. Possiamo dire che vi sia conservata tutta la memoria dell’umanità-
-Impressionante- si affrettò a dire Ofelia, fingendosi meno impressionata di quanto fosse, ma i suoi occhi la tradivano, -come mai solo una metà?-
-Una parte della torre è crollata con la Lacerazione, ma è stata ricostruita da LUX secoli fa- il cipiglio altero non abbandonava la virtuosa, che doveva ricorrere ad un autocontrollo granitico per non mostrare i danni che l'insulto delle parole della Lettrice le avevano arrecato, - non pensate sia solo una "notevole biblioteca" come la chiamava nel telegramma l'Arbitrante. È il massimo della modernità, con tanto di familioteche, transcendium e fantopneumatici. La culla del sapere di Babel-
-Certamente-
-Ovviamente perdoniamo agli Eruditi il non rispetto dei colori di abbigliamento- c'era disprezzo nel modo in cui usava il termine, come se non fosse accettabile su un non virtuoso,-tuttavia, spero abbiate famigliarità con l'index, al Memoriale non saremo soli- la squadrò, poi come se fosse un'allieva particolarmente stupida aggiunse, -l’Index vocabulum prohibitorum non ammette ignoranza. Con chiunque parliate a Babel, dovete applicarlo. La legge non ammette ignoranza-
-Lo avete detto anche ieri- la bacchettò di nuovo Ofelia, tenendo su il gioco dell'irritata per i danni all'Arbitrate, - non abbiate timore, non immaginavo la legge sarebbe cambiata nel corso della notte-
Questa stoccata poteva risparmiarsela, ma ci stava quasi prendendo gusto e la donna era oltre lo stadio di insopportabile. Lady Septima di contro la trapassò con lo sguardo, poi si avviò nell'ampio piazzale.
La lettrice avanzò con lei fino a essere inghiottita dall’ombra del Memoriale. La statua dell'uomo decapitato accoglieva i visitatori con un che di cupo ed antico, ma c'era anche dell'altro qualcosa che turbava la ragazza, perchè era come se sentisse di conoscerlo, o quantomeno conoscere l'origine della statua.
-La statua è un tesoro del passato- la Virtuosa si sentì in dovere di fare da cicerone vedendo il modo intenso con cui la ragazza fissava l'opera.
-Capisco- piatto il tono di Ofelia, ancora presa della mancanza di testa. Si guardò bene però di non dire la parola "uomo decapitato", o sarebbe finito arrestata ad un passo dalla meta. Meta di cui non sapeva bene che fare senza Astarte, ma questo era un problema per dopo.
-Aspettate qui per favore. Devo trovarvi una scorta adeguata- intimò la donna con fare austero.
-Un membro della Buona Famiglia?- chiese con un tono stranamente beffardo, che insinuava più di qualcosa. Volutamente pungolava.
-Ovviamente- ribadì la donna raggelandosi ulteriormente.
-Splendido- il sarcasmo nella voce della lettrice fu il giusto tocco per chiudere il dialogo e forse, solo forse, per vincere qualche ora in più senza Lady Septima sul collo. Di fatto andò via di gran carriera senza dire altro.
L'essere rimasta sola davanti ad una statua pubblica che non richiedeva permesso di lettura diede un brutto suggerimento ad Ofelia, ma infondo era a Babel, dove anche Thorn era venuto in cerca di numi. Il click nella sua testa fu quasi immediato.
Dopo aver controllato che non ci fosse nessun altro nei paraggi si sfregò i palmi uno contro l’altro per asciugare l’umidità. Mentre si avvicinava alla statua un brivido febbrile le percorse la spina dorsale, come ogni volta che si accingeva a risalire il tempo, con l'aggiunta che ora aveva con sè nuove sensazioni, nuove percezioni. Respirò profondamente, e respiro dopo respiro dimenticò poco a poco se stessa, dimenticò l’apprensione, il caldo dell'estate di Babel, perfino il motivo della sua presenza lì, e quando si sentì svuotata posò le mani sullo stivale della statua.
L’ombra del Memoriale defluì come una marea, il sole fece marcia indietro nel cielo. Il giorno lasciò il posto alla notte, l’oggi divenne ieri e il tempo esplose sotto le dita di Ofelia. Non erano più le sue dita, erano centinaia, migliaia di altre dita che giorno dopo giorno, anno dopo anno e secolo dopo secolo avevano accarezzato lo stivale. Per invocare la fortuna. Per ottenere il successo. Per guarire. Per ridere. Per crescere. Per sopravvivere.
E a un certo punto, mentre Ofelia si dissolveva in quella folla di mani anonime, ritrovò le proprie mani. O meglio, mani che erano le sue senza essere le sue. E fu attraverso occhi che erano i suoi senza essere i suoi che osservò la statua. Il soldato di lucido metallo brandiva fiero il fucile sotto le mimose in fiore, senza la testa portata via dalla bomba che aveva distrutto l’atrio della scuola alle sue spalle.
"Ci sarà una volta, fra non molto tempo, un mondo che vivrà finalmente in pace”.

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Capitolo 13
*** Aspirante Virtuosa ***


Ofelia era abituata a non essere alta e a guardare il mondo con il mento in su, ma quando entrò nel Memoriale si sentì più minuscola che mai. L’interno della torre era un atrio monumentale intorno al quale i piani si avvolgevano come anelli paralleli. Il sole attraversava gli innumerevoli vetri della cupola facendo luccicare le rilegature dei libri, gli occhiali dei lettori e il metallo degli automi. Il silenzio era talmente assoluto che una pagina voltata faceva l’effetto di un tuono. Le vennero le vertigini quando si accorse che non c’erano scale né ascensori: i visitatori accedevano ai piani superiori tramite grandi corridoi verticali. C’erano sale di consultazione fin sui soffitti. Vedere tutta quella gente e quelle collezioni sottosopra era ancora più pazzesco dei sistemi di trasporto di Babel, che di per sè rappresentavano una costante sfida alla fisica.
Il Memoriale era imponente architettonicamente, ma non solo, era imponente anche come sensazioni, tantè che la Lettrice ebbe il buon senso di non espandersi troppo con i suoi artigli a saggiare l'intorno. Aveva il cupo sentore che ne sarebbe stata travolta esattamente come dalla lettura della statua, che per poco non l'aveva stesa in piazza.
Dietro le remore però, vi era eccitazione, era come se sentisse se stessa vibrare all’unisono con le migliaia di oggetti antichi che la circondavano. A Eulalia mancava il Memoriale?
La voce della Virtuosa, o aspirante tale, la stava riportando al reale. Purtroppo non aveva ascoltato con attenzione le parole di Lady Septima durante le presentazioni con la giovane, grave errore, ma la testa rimbobava troppo post lettura.
Cercando di tenere un contegno severo, da Erudita, Ofelia osservò il profilo della studentessa che affiorava dai lunghi capelli fulvi. Colorito cereo, palpebre semichiuse, sopracciglia dritte, naso scialbo, bocca senza rilievi: la sua faccia era come la sua voce, priva di espressività. Il senso di famigliarità per quella ragazza la disarmò. Ma quell’aria impassibile faceva a pugni con il fuoco d’artificio delle sue lentiggini ed il fare altero, imitazione di Lady Septima chiaramente, si scontrava con la sensazione di similarità. Era piuttosto alta e magra, e la divisa blu e argento attillata sottolineava un’assenza di forme. L’esatto contrario di Ofelia.
-Temo di non aver sentito il vostro nome. Siete un'apprendista?- prese tempo la Lettrice, sperando davvero che la donna l'avesse chiamata solo "la vostra guida", o "la Virtuosa".
-Mi chiamo Elizabeth, sono un'aspirante virtuosa, il che mi pone gerarchicamente al di sopra degli apprendisti. Sarò la vostra guida al Secretarium - la rispostà non arrivò immediata, la studentessa sembrò di dover emergere dai suoi pensieri prima di rispondere. Come se l'incombenza dell'Alchimista avesse appena distrutto tutte le sue logiche ed arrancasse per ricostruirle.
-Da questa parte, meglio sbrigarsi- fece strada.
Ofelia non chiedeva di meglio, ma delle due quella che camminava più piano era Elizabeth. Era in un mondo suo. L’aspirante virtuosa rallentava continuamente per prendere un taccuino dalla tasca della redingote e scrivere appunti che poi cancellava borbottando tra i denti. Era decisamente un tipo strano.
Parlava con voce distante, senza l’ombra di un sorriso o il sentore di una qualche emozione al di sotto. Anche il melodioso accento babeliano suonava piatto nella sua bocca.
-Domando scusa, aspirante- si corresse la Lettrice, nel dubbio che la declassata creasse maretta anche con la quasi virtuosa, - Lady Septima è stata molto chiara sul mio stato di accompagnata, al Memoriale. Voi però siete conscia del mio ruolo?- tastò il terreno, niente tono sufficiente alla Astarte o imperioso alla Ariane. Un sentore le diceva che non avrebbe funzionato con Elizabeth.
-Lady Septima è l'unica legge che riconosco- ammisse in tutta franchezza la ragazza fulva, - sono stata istruita comunque, vi scorterò, ma quando leggerete sarò a debita distanza, ma con voi ovviamente-
Ofelia tacque, non era un brutto compromesso, ma lei non aveva idea di cosa cercare, doveva toccare i libri o sentirli. Inspirò a fondo, come se avesse appena ricevuto una notizia scomoda da gestire.
-Oggi sono qui senza l'Arbitrante, quindi sarà una giornata pacifica- disse con tono forzatamente pacato, - questo non è funzionale per i nostri accordi-
-Questa è Babel, Erudita- insistette la studentezza.
-Io sono un'Alchimista- fu il suo turno di correggere.
Elizabeth per la prima volta mostrò una reazione nel piattume demotivamente della sua espressione. Non era sorpresa, era valutativa.
-Capisco-
-Davvero?- in controtempo la ribattuta della Lettrice, una sfida a provarlo, un sotteso dire che non aveva capito l'allusione. L'Ofelia di Anima avrebbe passato il tempo occhi a terra e bocca chiusa con un'Elizabeth, mentre quella di Polo avrebbe fatto mille domande a cascata, violando l'index e finendo nei guai, questa Ofelia invece, era un avversario abbastanza degno per un Virtuoso.
-Conosco la gerarchia-
Non aveva battuto ciglio l'aspirante e non chianava lo sguardo. Le piacque.
-L'arrangiamento non va bene, dobbiamo rimanere soli con le sezioni di libri -
-Non posso discutere gli ordini di Lady Septima-
-Io sì però-
Sapeva di star causando tensione, ma non poteva mostrarsi a caccia di farfalle o tutta la scena con la Lady dei Precorritori sarebbe crollata. Avevano bisogno del sapere di Babel, ma senza le restrizioni dei babelliani, questo era un bel rebus.
Elizabeth le rivolse uno sguardo in tralice. Da vaghi, i suoi occhi erano diventati penetranti come frecce.
-Lady Septima non sarà reperibile oggi, fino a tardo pomeriggio-
Si notava che non era il terreno di gioco di Elizabeth la negoziazione, ma la logica delle regole si. Non voleva essere lì, era chiaro, ma visto che c'era avrebbe fatto del suo meglio, per i Virtuosi.
-Quindi mi tallonerete durante la consultazione di oggi?-
-A debita distanza- puntualizzò petulante, - non mi noterete nemmeno-
-Vi noterei se foste in piazza del Memoriale-
La studentezza chiuse la mascella con forza.
-Elizabeth- proseguì lei a caccia di un'apertura più morbida, - capisco che per voi Lady Septima è la Legge-
-E' la Legge di Babel-
-Certo- rigido il tono di Ofelia, aveva a che fare con una vera fanatica fondamentalista virtuosa a quanto sembrava, - ma per me la Legge non è quella di Babel, ma quella dell'Arbitranza che ha regole differenti su ogni Arca. Babel non vale più delle altre-
Stava per sbottarle addosso, ce l'aveva scritto in faccia che per lei Babel era minimo venti tacche sopra le altre arche. La Lettrice lo sentì nei suoi artigli, ma percepì anche l'indomito autocontrollo sotto cui la studentessa si forzava, essere una Virtuosa a quanto pare significava troppo per lei per bruciarsela in uno scontro di gerarchia.
-Siamo ad un impasse, Alchimista- Elizabeth stava dosando i toni, non era apatica, era toccata fin troppo da vicino, -io non sono gerarchicamente abbastanza rilevante per dirvi di sì, sulle vostre richieste, avendo ordini diretti di Lady Septima, o per dirvi no, quindi dovete proporre un'alternativa o ritardare le vostre rimostranse a questo pomeriggio-
-Il nostro tempo al Memoriale è limitato, dalle vostre regole-calcò, -se devo buttare le ore di oggi in un accordo non consono devo avere garanzia di estensione- provò di logica, - io non sono l'Arbitrante, ma parlo a suo nome. Tra l'altro la sua assenza oggi è stata causata da una mancanza di Lady Septima, gli incidenti si stanno amplificando in modo preoccupante e tutti a nostro danno-
-Come ho già detto, non ho il ruolo per soluzioni alternative, ma vi ascolto se avete proposte attuabili-
-Potremmo prelevare dei libri e leggerli alla Buona Famiglia? Sono disposta a fare cernita assistita-
-Non è possibile, sta venendo redatto un nuovo catalogo dei libri antichi, tutti i documenti del Memoriale sono solo consultabili qui. I gruppi di lettura hanno bisogno di piena reperibilità dei testi. Le stesse regole valgono anche per i cittadini di Babel-
A domanda risposta, non si stava andando molto avanti nella faccenda.
-Lavorate per questi gruppi di lettura anche voi?-
Elizabeth fece una mezza smorfia e mise il taccuino che teneva in mano sotto gli occhi di Ofelia. Era pieno di numeri e lettere senza capo né coda.
-Algoritmi, funzioni, strutture iterative, strutture condizionali- elencò piattamente, ma con una punta sfuggente di sentito orgoglio e forse senso di superiorità. -Sono i gruppi di lettura a lavorare per me. Sono incaricata del nuovo catalogo. I lettori codificano la banca dati che ho concepito per sir Henry- di colpo si corresse, - il Lord di Lux responsabile-
Ofelia sorrise. La sua apertura era dietro quel bagliore di orgoglio-
-Quindi non siete abbastanza in alto, ma state praticamente gestendo il Memoriale?- scetticismo ben viv
-Non ho detto questo-
-Ah no?- ironica, quasi fastidiosa come Astarte.
-La sezione del vecchio mondo è da questa parte. Cosa intendeve fare?- incalzò, garbatamente, l'aspirante. Voleva uscire dalla sua brutta posizione, ma anche difendere le leggi di Babel. Un brutto connubio.
-Andiamo- accettò di reincamminarsi, doveva pensare a qualcosa d'altro. - Come sono catalogati i documenti antichi del Memoriale per ora?-
-La maggior parte dei testi non è datata né autenticata, quindi abbiamo bisogno di perizie irreprensibili che diventano poi fattore di catalogazione insieme ad argomento e disciplina- rispose con slancio, l'argomento l'appassionava e le scioglieva un po' la lingua, -quando il database sarà finito la consultazione sarà veloce e semplice-
-Quindi per ora è semplicemente una distesa caotica di testi-
-Purtroppo sì- le costò ammettere che qualcosa non era semplicemente perfetto.
-Come mai non c'è mai stata catalogazione dei testi antichi prima?- le diede tregua Ofelia.
-L'Index non era affinato abbastanza-
-Che oltraggio- il commento uscì un po' troppo sarcastico, - volevo dire che non deve essere facile considerato le radici del vecchio mondo-
L'aspirante virtuosa tacque ed il resto del percorso fu senza chiacchiere accessorie. Alla fine arrivano nella sezione antica, che più che una bibliteca sembrava un deposito merci in attesa di smistamento, che era un po' quello che erano al momento.
I testi ed i documenti vari erano ammonticchiati su tavoli vari, divisi per argomento o periodo indicativo, quelli nelle librerie erano stati inquadrati per argomento o autore. C'era un lavoro davvero certosino dietro il nuovo catalogo, era evidente.
Ofelia si prese un momento per vedere la distesa di testi, o per meglio dire per sentirli. C'era qualcosa di famigliare, nostalgico persino, come se quei testi stessero sussurrando segreti nel grande silenzio del salone.
Babel tutta aveva uno strano effetto sulla Lettrice, il senso di malinconia che le dava era angosciante e mesto. Nel Memoriale, come sull’intera arca, c’era qualcosa che la scavava dall’interno mettendola in uno stato di tensione permanente.
-Questo è il salone di raccolta, i piani sopra e sotto sono per gli smistati. Molti testi sono fuori in lettura o verifica, secondo la tabella di marcia di Sir Henry- annunciò Elizabeth decidendosi a rompere il silenzio, - ovviamente per indirizzarvi ho bisogno di sapere cosa vi serve-
Cercò di non risultare supponente l'aspirante, ma era stizzita dall'attrito con l'Alchimista, che chiaramente riteneva una villana non rispettosa di Babel, cosa che in parte la tradì.
-No, non serve- disse dopo un secondo Ofelia, ferma nella voce, sicura, - farò da me-
-Come?-
-Qual è il vostro potere familiare, Elizabeth, se non sono indiscreta?- chiese di colpo in rispota alla titubanza dell'altra.
-Mmm? Non ne ho-
Ofelia inarcò le sopracciglia, ma poi sorrise, genuinamente ammirata. Probabilmente se fosse mai scappata da Anima per inseguire Thorn e le informzioni su Mille-facce a Babel, sarebbe davvero finita male, salvo colpi di fortuna sfacciata, ma il fato era andato molto diversamente.
-Mi era parso di capire che i senza-poteri erano molto rari tra i Precorritori. Non volevo essere indiscreta- riprese il dialogo disinvolta.
-Al momento sono l’unica al conservatorio. Ma ho avuto due predecessori, non sono l'unico caso-
-Capisco- annuì placida la Lettrice, -comunque, non mi serve una guida e sono ben dispota a perdermi- concluse poi come per congedarla.
Elizabeth sembrò sconcertata.
-Devo scortarvi, le mie regole non...- fu la prima volta che vide in panne la geniale aspirante.
-Si lo so, ma sono saloni molto grandi, sono certa troverete un compromesso di intenti- disse Ofelia imperterrita incamminandosi tra i tavoli.
Assurdamente, data la situazione, la Lettrice si trovava affascinata dall'aspirante Precorritrice, le piaceva Elizabeth, le ricordava una parte di sè ormai legata ad un passato che non sarebbe tornato. La testarda e ligia alle regole Lettrice del museo, ne apprezzava l'orgoglio e la confidenza nelle sue conoscenze.
Non venne tallonata.
Camminava distratta tra i tavoli e le librerie, mani ben guantate, per ora saggiava l'intorno solo con gli artigli. Sentiva che Eulalia era li con lei, con sensazione tutte sue, idee, sogni. Speranza. Quell'emozione così complicata e travolgente, al punto da essere crudele sul mondo intero se necessario alla sua realizzazione. Lei c'era.

Eulalia non era mai stata invadente, nè come concetto nè come presenza. Era motivo di confusione nei sogni, era un sentore nel fondo dei pensieri, ma sempre cauto, sempre impalpabile. Qualcosa era certamente cambiato venendo al Memoriale.
Ofelia era pervasa da un senso di nostalgia atavico, dovette appoggiarsi ad una delle librerie per sopprimere un singhiozzo. Sentiva mille sussurri nella testa, senza poterne seguire nessuno con chiarezza, ma tutti le scatenavano qualcosa emotivamente.
La cosa che però la turbò più di tutti avvenne quando svicolò per un'altra sezione, questa composta tutta a librerie, ma a turbarla era un ripiano completamente vuoto. La testa le girò come una trottola e prima che potesse rendersene conto Ofelia era in terra.
Era persa in sogno, o forse incastrata. Sorvolava una distesa d'acqua senza fine, la sua immagine riflessa la rincorreva, ma era distorta. C'era qualcosa nell'acqua, ma non era chiaro cosa, ed andava troppo veloce. Erano pagine di pergamena? Libri strappati? Taccuini? Appunti?
La Lettrice cercava di assottigliare lo sguardo, ma tutto era sfuggente e il suo riflesso era di troppo. Provò ad allungare una mano sotto il pelo dell'acqua. Sentiva che se avesse preso uno di quei fogli tutto sarebbe stato più chiaro. Avrebbe avuto un senso...
Di colpo tutto divenne nero. Non c'era sopra o sotto, solo il suo corpo sospeso e una voce. Una voce famigliare. Eulalia? L'Altro?
-Perchè sei diventata Alchimista?-
-Come?- Ofelia era confusa, stava ancora inseguendo dei libri nell'acqua.
-Volevi il sapere o le possibilità delle scelte?-
-Come?- ancora sbigottita la Lettrice non sapeva più cosa stesse succedendo. E la voce rimbombava sempre più forte. Giudicante, aggressiva persino.
-Sei diversa oggi da come avresti potuto essere. E' perchè sei con gli Eruditi, perchè sei scappata da Anima e da tutta un'altra possibilità di eventi!- continuò imperterrita, -loro hanno pensato ai mezzosangue e poi hanno creato gli Alchimisti. E' anche merito di Odino però-
-Io non... capisco- biascicò Ofelia sentendosi sprofondare. Non capiva eppure sentiva come se tutto avesse un sacco di senso. Quindi per Eulalia aveva senso?
-Janus aveva sia torto che ragione-
Di botto fu sveglia.
Era in una specie di infermeria, accanto a sè c'era una ragazza con la divisa dei precorritori. Sembrava estremamente divertita dal suo incarico di guardiana dell'ospite.
-Vedo che vi siete svegliata- annunciò andando a premere una specie di campanello, -Lady Septima sarà qui a momenti-
-Dove è... qui?- la voce di Ofelia era gracchiante, rauca, sentiva la gola secca e stava morendo di sete.
-La Buona Famiglia- rispose con un sorriso angelico e beffardo. Era luminosa e mefistofelica allo stesso tempo.
Ofelia aveva già visto l'aura luminescente e misteriosa che sembrava abbracciare la ragazza, veniva dalla Serenissima. Era un Indovino.
La sola idea la raggelò, era stata incosciente davanti ad una lettrice del passato. Cercò di ricomporsi con dignità Ofelia, ostentando contegno.
-Cosa è accaduto?- chiese con una disinvoltura non troppo credibile al momento.
-Un colpo di pressione, stava venendo rismerigliato uno degli alti lucernari. Un Negromante stava riallineando le temperature, siete finita nel fascio di distorsione- c'era una rispettosa derisione di fondo nella voce della ragazza.
-Fantastico, un altro... incidente- annunciò Ofelia caustica e molto scettica sulla faccenda, tirandosi finalmente in piedi, -voi siete?-
-Sono Mediana, della seconda divisione della compagnia dei precorritori- si presentò ufficialmente la maschietta facendo anche uno scenoso inchino. Aveva un accento che le faceva pronunciare ogni parola con un ronzio voluttuoso.
-Quindi non un'infermeria- lapidò lei la presentazione in pefetto stile Astarte, l'avventura al Memoriale unito al sogno bizzarro le avevano annerito l'umore.
L'Indovina arricciò le labbra. L'uscita non le era piaciuta, ma la divisa di Ofelia era scomoda da infangare in un diretto duello di dialettica e la Precorritrice sembrava davvero esperta di guerre diplomatiche.
-L'Aspirante Elizabeth è stata chiamata al Secretarium, ha quindi chiesto aiuto ai gruppi di lettura presenti. Io stavo smontando, tutto qui-
-Quindi mi ha abbandonato ad altri, interessante- c'era contestazione nel tono, volutamente, se doveva giocarsela sulla scacchiera dell'etica questa era la via.
-E' stata chiamata da un Lord di Lux- disse con fare greve l'indovina.
-Immagino l'urgenza-
-Lord Henry...-
-Si va bene – la bloccò volutamente a metà, come per troncare e lasciare l'appunto appeso a mezzaria, -capisco, avete la mia gratitudine-
-Davvero?- cadenzò il tono Mediana, come se ci fosse del sottointeso.
Ofelia non rispose e per fortuna l'arrivo di Lady Septima pose fine alla disputa.
-Grazie apprendista Mediana, potete lasciarci- congedò la ragazza con il suo solito gelo e poi scrutò clinicamente Ofelia, - vi sentite meglio?-
-Si, grazie. Notizie dall'Arbitrante?- sbrigativa la Lettrice, sentiva la tensione tagliarsi a fette, la donna era chiaramente ancora alterata per come era andata la giornata, tanto valeva prendere il toro per le corna.
-Ancora nessuna-
-Stupendo- calcò la voce, - vi seguo-
Lady Septima annuì e si sbrigò a lasciare l'infermeria in favore dei tortuosi corridoi della Buona Famiglia. La disputa non era finita, o per meglio dire, Ofelia non poteva lasciarla concludersi in un imbarazzato silenzio.
- La giornata è stata disastrosa, e no, non parlo di questo- inteso il suo incidente, - parlo della consultazione e delle regole non idonee imposte. La situazione va rivista-
Lady Septima, se possibile, si raggerò ulteriormente. L'irritazione che la pervadeva era palpabile dagli artigli della Lettrice. Un brutto segno, ma non poteva mollare.
-Queste sono le regole del Memoriale-
-No, non direi. Apriremo un contenzioso, la situazione va chiarita- la buttò lì, come se fosse una cosa di cui fosse altamente pratica, di fatto non sapeva nemmeno se fosse possibile, ma era abbastanza certa che Astarte l'avrebbe detto.
Di colpo ricordò la voce rimbombante: Sei diversa oggi da come avresti potuto essere
Il cuore di Ofelia perse un battito, per fortuna la precorritrice era impegnata a mantenere il suo contegno da virago di marmo.
-Parlerò della cosa ai Lord- sibilò infine Lady Septima, fermandosi davanti agli alloggi dell'Arbitrante, senza intenzione di rimanare però, un cenno di inchino e prese il suo congedo senza di fatto salutare.
Per concludere bene avrebbe dovuto placcarla, ma la Lettrice era troppo turbata dal ricordo delle parole, come se il suo cambiamento inatteso ad Albedo avesse in qualche modo cambiato il mondo.
Trasse un profondo respiro e bussò alla porta di Astarte.

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Capitolo 14
*** Contrattazione ***


Per uno che affermava che "andava tutto bene", Astarte era un rottame. Sembrava che fosse stato passato in uno schiacciasassi e poi rivestito dei suoi abiti. L'unica nota positiva era che non stava per svenire, non al momento almeno.
-Vuoi sentirmelo dire?- sbuffò Ofelia, - si va bene, avevi ragione! Babel e il Memoriale c'entrano, e parecchio anche, ma la scusa dei crolli per l'accesso ai testi non durerà-
Non riusciva a stare ferma camminava avanti e indietro per la stanza. A volte occhieggiava se Astarte fosse effettivamente ancora cosciente oppure no. Il riassunto degli eventi che gli aveva vomitato addosso era stato più emotivo che metodico.
-Le Arche stanno ancora crollando però- puntualizzò lui, era tornato molesto, questo faceva ben sperare.
-Non credo abbia reale peso. Ho davvero dovuto dar fondo al peggio di me, e... senti possiamo aprire un contenzioso con i Precorritori?-
-Dipende, cosa vuoi contendere?- chiese Astarte stranamente divertito dai voli pindarici di Ofelia e del suo nervosismo a passeggio. La stava studiando, nella finta di essere il povero infermo della situazione. Analizzava ogni passo ed espressione della ragazza e c'era qualcosa di molto accorto. Quello che aveva visto nei sogni aveva cambiato alcune prospettive.
-Qualsiasi cosa, anche l'aria che respirano potendo. Sono dei folli qui a Babel. E comunque non possiamo consultare i testi del Memoriale con le balie, io non so nemmeno come potrei reagire-nevrotica quasi, si aggiustò gli occhiali quattro volte sul naso.
-Come Eulalia protrebbe reagire?- corresse lui cauto.
La Lettrice gli lanciò un'occhiata in tralice, ma poi distolse lo sguardo, si sentiva un po' troppo osservata.
-Tu stai bene giusto?-
-Una meraviglia-
-Splendido- tagliò corto lei, - che cosa hai visto nei miei sogni e ricordi?- lo fronteggiò di botto. Era animata da emozioni contrastanti, voleva litigare e voleva supporto da Astarte, in un intrico antitetico che onestamente la sconquassava. La speranza di Eulalia faceva paura.
-Perchè non mi chiedi semplicemente quello che vuoi domandare e proseguiamo poi da lì?- insinuò l'Arbitrante mettendosi seduto più compostamente, sulla punta del sofà. Occhi ametista ammiccanti, come scandagli nell'animo.
Si fissarono per un lungo momento in cui per Ofelia fu come se non potesse nemmeno respirare, poi sentì la sua voce parlare, ferma, dominata. L'Alchimista era in controllo.
-Hai visto tutto quello che ho visto io, confermi?-
-Stai ancora divagando-
-Si o no?-
-Pressappoco, mi hai travolto in alcuni punti, non è davvero così lineare la proporzione-
-Avevi detto...-
-Non sto ritrattando, semplicemente il tuo assetto con l'Altro non era prevedibile, è stato più controverso del pensato ecco tutto. Si ho visto quasi tutto, ma Eulalia è sfuggente e lo scopo del mio agire era solo di dare una spintarella, solo tu puoi dipanare la nebbia dei vostri ricordi condivisi- vivido nell'appunto, ancora acciaccato in apparenza, non osava ancora alzarsi in scioltezza dal divano.
Ofelia inspirò profondamente e mosse qualche altro passo in giro. Un'anima in pena, aveva altre domande, ma aveva timore a porle.
-Eulalia è l'Altro giusto? Siamo certi di questo-
-Tu che dici?-
-Lo sto chiedendo a te maledizione!- sbottò Ofelia, era un errore mostrare la propria frustrazione, ma tantè.
-Siamo certi che lo era quando vi siete trovate nello specchio sì-
-Defletti- lapidò lei in contrattacco con un tono profondamente severo.
-E' più complesso di un si ed un no, il mondo non è bianco o nero, dovresti ben saperlo a questo punto no?- prese tempo Astarte, arrabattandosi per alzarsi. Fingeva di non guardare in sua direzione, ma continuava a tenerla molto d'occhio.
-Ora però siamo in una situazione da bianco o nero, o è così o non lo è- insistette con un che di pressante nella voce, - abbiamo Dio alle costole non possiamo essere filosofi-
-Eulalia è l'Altro- confermò dopo un secondo l'uomo, fissandola dritta negli occhi, -ma potrebbe non essere tutta la storia. Da quello che ho visto ha un forte legame con gli Spiriti Famigliari, il che mette in dubbio la sua posizione, c'è la possibilità che fosse molto di più prima e sia diventata... l'Altro-
-Perchè?-
-Questo non lo so, non ho visto minuto per minuto ogni ricordo che condividete-
La Lettrice non distolse lo sguardo e gli occhiali rimasero color metallo.
-Hai visto il soldato senza testa? E la scuola?-
-Li ho visti-
-I bambini...-
-Anche loro-
-E?-
-Non è questo il punto-
-Ah no?- stizzito il tono, difensivo, Ofelia sembrava voler diffidare di tutto e tutti a questo punto, - eravamo partiti che il problema era Dio e il crollo delle arche, più il controllo degli Spiriti Famigliari, e ora siamo incastrati nel passato degli Spiriti, l'Altro e Dio- proruppe con frustrazione.
-Dobbiamo essere cauti, non sappiamo davvero cosa abbiamo visto. Erano bambini, ecco tutto-
-Sembravano normalissimi bambini, ed erano tutti assieme! Sai che significa?-
-La Lacerazione ha cambiato le regole, anche per loro, non sappiamo come e loro non lo ricordano- un tono da moderatore quello da Astarte, che frenava l'irritazione della ragazza con garbata pazienza.
-La regola di incostanza quindi non valeva?-
-Non abbiamo modo di saperlo sfortunatamente. Capisco perchè insisti, ma non ho le risposte che cerchi mi dispiace. Lo scopo di quello che abbiamo fatto era dare un input tra te e lei, per rendere la vostro connessione meno dormiente. Nient'altro- forse mentiva, Astarte mentiva molto dicendo quasi sempre la verità, il come la diceva era forviante, ma di fatto la Lettrice non aveva ribattute.
-Meno dormiente- ripetè lei con un velo di sarcasmo, - sono diventata un esperimento e come una stolta non me sono accorta?- la domanda della ragazza fu aspra, pronunciata a bruciapelo.
-Siamo tutti esperimenti dal momento del Gemellaggio in poi, lo hai dimenticato?-
-Defletti-
-Preciso un concetto, non dovresti essere così sconcertata a questo punto, non sei più un'apprendista- motteggiante la voce dell'Arbitrante, - l'Altro e Dio sono un concetto complesso per i nostri piani. Che ti ricordo sono un po' diversi dal rompere il tavolo da gioco, come il tuo circa marito vuole fare- occhiata severa.
La frecciatina su Thorn non era per nulla attesa, Astarte solitamente evitava l'argomento come se fosse archiviato e da lasciare tale, la ragazza arricciò il naso in una specie di smorfia.
-E' nobile voler ridare i dadi al mondo, voler ridare le possibilità a che ha solo scelte obbligate- veemente la ribattuta, fiammeggianti gli occhi e così i suoi occhiali argento vivo.
L'uomo dagli occhi ametista fece un'espressione critica a tanta prevedibilità.
-E' avventato oltre che tragicamente narcisista! E francamente da irresponsabili, non sappiamo che conseguenze potrebbero esserci, te ne rendi conto?-
-Narcisista? Ha rischiato e rischia tuttora la sua vita per capire come fermare Dio e la sua follia- veemente la ragazza, animata da tutta una nuova serie di emozioni. La riappacifiazione con l'Intendente aveva cambiato le prospettive, anche se si era ripromessa imparzialità da Alchimista.
-Essere burattini non è un compromesso accettabile-
-Non sappiamo quale sia il compromesso-
-Ah no? Quante prove ti servono dopo Faruk?-
Astarte si impedì una rispota di getto, trattenne il respiro e poi espirò lentamente.
-Chi sono i veri burattini? Ci hai pensato?-
-Siamo tutti burattini!-
-Concettualmente si, ma non davvero. Questo gioco non è voluto per tutti-
Stallo. La domanda di Astarte apriva una breccia su qualcosa di cui la ragazza aveva come il sentore, causa Eulalia, ma non aveva la tangibile certezza.
-Con la cricca di assistenti Dio ha coinvolto tutti quanti nella giostra, non mi vedrai ritrattare su questo-
-Perchè no? Perchè è un'idea dell'Intendente? – occhiata penetrante, i toni spossati dell'Arbitrante erano del tutto eclissati ora, torreggiante fissava Ofelia dritta negli occhi, - solo un'ideale dittatoriale non ammette cambiamento o modifica- fece notare graffiante, critico. - L'odissea del tuo maritino nasce dalla scomparsa degli Storiografi giusto?- severo l'apputo, -personale e tutt'altro che altruista la ragione, se vuoi sentire la mia, ma d'accordo, sta ancora combattendo per le scelte del mondo, eppure, ammettiamolo che è per la memoria di Faruk che ha abbracciato la causa, unita a ciò che ha ereditato dalla madre-
-Dove stiamo andando a parare?- chiese con la ragazza con emozioni contrastanti ad animarla, una parte di lei seguiva il ragionamento dell'Arbitrante e lo trovava ben più che sensato, ma l'altra non accettava la contestazione a Thorn.
-Dimmelo tu, tutto l'impianto di Dio è votato al controllo, ma il controllo di chi?-
-Chi scopre la verità viene fatto sparire, manipolato o peggio!-
-Sacrosanto, ma se non stessero crollando le Arche come palloncini in alta quota saremmo davvero in questa guerra?-
-Maledizione Astarte, che cosa vuoi che dica?- domanda non davvero tale, aveva capito eccome, - che le vittime alla fine sono solo gli Spiriti Famigliari quindi chi se ne frega?-
Ofelia era sconcertata, eppure sul fondo dei pensieri, l'Alchimista non era così sconvolta, anzi. I distratti e disinteressati signori delle Arche, meritavano una battaglia in cui si moriva per il loro libero arbitrio? Avrebbero fatto altrettanto per la loro discendenza?
-Dimmelo tu, vuoi morire per gli Spiriti Famigliari?-
Brutta domanda, perchè la risposta non solo era no, ma toglieva anche parecchi punti al piano contro Dio.
Non rispose.
-E' questo che hai visto- disse di botto la ragazza, - la domanda è: era quello che cercavi?-
-Non è come pensi-
-No, certo, come no-
-Ofelia...-
-Mi sembri in forma Arbitrante, torno nei miei alloggi. Userò anche le ore di domani al Memoriale, tu è meglio che continui la recita del moribondo- cenno alle pareti, - è davvero un posto da schifo umanamente parlando, dietro la facciata perbenista dei Virtuosi-
-Albedo è l'eccezione, non la regola- sottolineò lui con un sorriso che era quasi malinconico, quasi. Lo screzio tra loro fin troppo palpabile. Lui in piedi accanto a lei a bloccarle l'uscitacon una mano sulla porta.
-Non siamo ad Albedo e il mondo non vive secondo gli antichi dettami degli Eruditi- sentenziò lei scoccandole un'occhiata truce al blocco sullo stipite.
Astarte si chinò leggermente, per guardarla dritta negli occhi, piegato in avanti con il braccio ancora teso alla porta. Qualcosa di strano nello sguardo di non chiaro, di non usuale per il mefistofele mentore. Inconsciamente Ofelia trattenne il respiro.
-Io sono ancora colui che sarebbe rimasto ad aspettarti in cella, io sono ancora quello che si fida di te- sussurrò appena, poi levò con un gesto fluido la mano dalla porta.
La Lettrice restò come di pietra per un lungo secondo, poi uscì senza guardarsi indietro.

...

Il secondo giorno al Memoriale fu diverso dal primo e come se l'umore c'entrasse con le sensazioni di connessione con Eulalia le percezioni di Ofelia sembrarono meno brillanti, meno intense. Non aveva più parlato all'Arbitrante e a fatica si era ricacciata nel fondo dei pensieri la loro ultima chiacchierata.
Niente Elizabeth ad accompagnarla questa vota, una distaccata Lady Septima l'aveva sbrigativamente affidata a Mediana, la ragazza proveniente dalla Serenissima, la quale aveva accettato di girare al largo durante la consultazione in modo fin troppo disponibile. Era stato chiaro fin da subito che l'indovina era avvezza a piegare le stringenti regole di Babel, giocare con la semantica per far quadrare il cerchio se necessario.
Nonostante alla Lettrice non piacesse molto l'Apprendista del giorno, dovette riconoscere che il fatto che fosse un'amante delle chiacchiere la stesse aiutando. In poco tempo si stava facendo uan cultura sui Precorritori e il Memoriale, ma soprattutto su un certo Automa umano, Sir Henry, il Lord di Lux a capo dei gruppi lettura che si stavano occupando della nuova catalogazione dei testi antichi e che quindi poteva essere la chiave dei testi di cui avevano bisogno per ricostruire i ricordi di Eulalia e dei bambini.
Discutere con l'apprensista era tutt'altro che semplice, anche se fruttuoso, come ogni indovino vedeva troppo lungo nel passato, ma per fortuna i suoi artigli di drago modificati dal suo animismo aiutavano a tenere alla giusta distanza l'invadenza della ragazza che finiva per poter leggere elementi limitati del suo passato.
Mediana aveva però letto del suo matrimonio incasinato, di Thorn e della sospensione. Nulla o quasi degli Eruditi, di Astarte o Ariane, come se non fossero raggiungibili. In ritorno aveva parlato di Sir Henry, di cui tutti parlavano non era molto amato nemmeno dai gruppi di lettura, ma far parte di questi era un evento che dava prestigio quindi apprendisti e non si massacravano per riuscire ad essere scelti. L'uomo, socialmente incapace, e praticamente in simbiosi con il Secretarium, si ingozzava di riferimenti bibliografici come un ingordo si abbuffa di dolci. Il ritmo di lavoro che imponeva agli aspiranti virtuosi era insostenibile, e i rapporti mai abbastanza accurati per i suoi gusti cosa che creava continua rivisitazioni e malcontento. Non che Mediana volesse lamentarsi, lo scopo era chiarire all'invasore straniero su quanto lei fosse superiore, ma come le aveva insegnato Ariane: l'informazione è sapere, come la ottieni e moduli è affar tuo.
-Non ho mai visto un Drago come voi- la voce dell'apprendista non colse la Lettrice alla sprovvista, teneva la guardia alta, - i vostri artigli sono strani-
-Se la smetteste di provare a trapassarmi per analizzarmi staremmo entrambe meglio-
-Ma io sono curiosa- disse sorniona la ragazza, incurante di rango e rispettive posizioni. La Lettrice aveva capito al volo che Lady Septima aveva creato questa combinazione volutamente.
-La curiosità è comunque una scelta- insinuò con il miglior tono allusivo che riuscì a dare, voltandosi a guardarla.
-Perchè pensate che Babel abbia informazioni sul crollo delle Arche?-
-Chissà, forse perchè mezzo Memoriale è crollato?- Ofelia non voleva risultare strafottente, ma doveva nascondere e dissimulare il nervosismo di venir letta dell'indovina, la quale per fortuna sembrava aver davvero pescato la versione ufficiale.
-E' un evento del tempo della Lacerazione, non è affidabile- ribattè l'altra con quel suo tono arrogante.
-Ah si? E perchè?-
-Il prima è rappresentato in modo censurato e visto il periodo di cui parliamo l'index ha fatto scempio della documentazione, inoltre non ci sono davvero referti sul crollo del Memoriale, è semplicemente caduto con la Lacerazione, come molti altri spazi del resto- l'indovina era arrogante, ma competente e a differenza di Elizabeth non abbracciava nel cuore il delirio sulla censura di Babel, li usava perchè doveva, null'altro.
-D'accordo, quindi la Lacerazione come viene catalogata se è così compromettente?-
-Noi lettori leggiamo i testi in modo integrale, scriviamo il report per il Secretarium in modalità sia estesa che redatta con applicazione dell'index, la versione censurata diventerà di consultazione pubblica- sorrise sorniona verso la Lettrice.
-Quindi Lady Septima si è dimentica di darci qualche dettaglio. A quanto pare devo andare al Secretarium- sentenziò Ofelia, ricambiando il sorriso della ragazza con uno sguardo valutativo. Mediana voleva qualcosa in cambio e fare accordi con lei poteva risultare ben più che complesso.
-Siete un burrascoso imprevisto per le regole di Babel- civettuola nei toni beffardi.
-Mi immagino- sarcastico il tono di Ofelia, occhi puntati su Mediana e guardia alta con gli artigli. La stava scrutando mentre lei sorrideva angelica, questa era una controversa trattativa.
-Che cosa volete Apprendista Mediana?-
Ecco le parole magiche, l'indovina ebbe un lampo negli occhi.
-Toccare Sir Henry-
-Prego?- la Lettrice tutto si aspettava meno che questo. Era sul chi va là.
-Siete un'Erudita, immagino sappiate qual è la portata degli indovini purosangue della Serenissima- ammiccò di nuovo la ragazza. Ofelia si irrigidì, ma lo nascose fingendo di fare due passi per appoggiarsi ad una libreria.
-Stiamo parlando di un Lord di Lux, apprendista- le fece un appunto fingendo di sapere. Da questa conversazione probabilmente dipendenva il suo ingresso al Secretarium.
Mediana rise.
-Lo so bene, per questo ho bisogno di voi. Il mio potere familiare non solo mi permette di assorbire i ricordi di quelli che tocco, ma anche le loro conoscenze. Sono diventata la miglior traduttrice di Sir Henry perché ho posato le mani su molti, moltissimi specialisti. E in cambio ho permesso loro di posare le mani su di me, ma lui è l'unico a aver accesso a tutti i testi, io solo a quelli commissionatemi- un altro lampo negli occhi.
Mediana aveva pronunciato l’ultima frase in un tono così leggero, buttando indietro la testa con gesto così brioso che Ofelia non si fece trarre in inganno. Ciò che la graziosa fanciulla aveva sacrificato per soddisfare la sua fame di sapere le era costato molto più caro di quanto non lasciasse intendere e nuovamente era a caccia di un contratto.
-E valeva la pena?- chiese con finta noncuranza la Lettrice, era colpita dall'indovina, da ciò che era disposta a fare per il sapere.
-Tutti i segreti valgono la pena. Se fosse per me passerei la vita nelle gallerie del Secretarium per carpirne ogni mistero, ma c'è un Lord di Lux nel mezzo-
-Intoccabile-
-Precisamente- confermò con fare da maschietta, perdendo i toni dolci da ragazza angelo, - toccherei volentieri anche voi, ma so che non funzionerebbe, non come voglio almeno-
-Siete molto informata- di nuovo si finse consapevole Ofelia, - siamo ospiti a Babel, indesiderati per altro, il nostro tempo qui è limitato, perchè pensate che possa aiutarvi nell'intento?-
-Perchè non avete ancora le vostre risposte, e voi siete con l'Arbitranza-
-Se accetto di aiutarvi, ed è un grosso se Apprendista, come pensate di farmi accedere al Secretarium?- sguardo attento su Mediana, - Lady Septima dubito accetterebbe anche solo l'idea-
-Io non farò nulla del genere, mi limiterei a farvi vedere i miei orari di accesso- occhiata eloquente e carica di sottointesi.
La Lettrice ricambiò lo sguardo, dubbiosa.
-Fate sempre accordi di questo tipo con perfetti sconosciuti?-
-Sconosciuti?- l'indovina rise, nuovamente ragazza angelo, - vi ho conosciuta per l'eternità di un pomeriggio-
Ofelia annuì.

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Capitolo 15
*** Avventatezza ***


La pioggia a Babel era equiparabile ad una doccia calda o fredda, a seconda degli umorali venti ascensionali in rimescolamento caotico tra le due Arche appaiate. L’odore della vegetazione, già penetrante al sole, sotto la pioggia diveniva inebriante e stordente, una combinazione micidiale che nel silenzio sapeva ingannare gli spettatori: Babel era bellissima. Poco importava che fosse anche crudele.
-Come stiamo andando?- la voce di Thorn risultò ovattata dal battere violento della pioggia sulle vetrate dello studio.
-A ritmo serrato, ma è comunque un lavoro titanico e siamo in ritardo- Febo indossava uno strano abito a divisa con eleganti dorature, la divisa di un Lord di Lux, con l'aggiunta di una maschera bianca ora tirata indietro nei capelli. A completare il quadro in modo dissonante portava inoltre un'armatura alla gamba terribilmente simile a quella dell'Intendente e modulava un passo zoppicante, che l'esoscheletro accentuava in un suono graffiante sul marmo.
-Notizie dai Genealogisti?-
-Non ancora, ma si faranno sentire quanto prima- posò la maschera sullo scrittoio con un tonfo stanco, la differenza di altezza tra loro era una spanna solitamente, bene evidente, eppure ora con gli stivali della divisa e l'esoscheletro alla gamba l'uomo di Babel poteva guardare Thorn dritto negli occhi.
-Ah- l'intendente inarcò il sopracciglio, appoggiato di schiena ad uno delle vetrate, - mi avete fatto correre dal Polo per un'emergenza e non si tratta dei Genealogisti?- la voce si era inasprita di colpo, c'era una sottesa critica.
-Peggio- tagliò corto Febo con fare burbero, non amava i rimprovere gratuiti, non era un allarmasta e certo non mandava telegrammi criptati al Polo se non era necessario.
L'Intendente si fece cauto, scambiando un'occhiata con l'uomo.
-L'Arbitranza dunque-
L'altro annuì, i toni si fecero subito più cupi.
-Dovevano arrivare prima o poi- sibilò Thorn incrociando le braccia al petto, -quanti sono? E cosa chiedono?-
-Il numero non è davvero rilevante, ma sono due per ora. L'Arbitrante di Nimue in persona e vostra moglie – intercalò una pausa, conscio delle reazioni dell'altro quando veniva citata la consorte, -sono a Babel da settimane, a quanto pare. L'ho scoperto per caso, Lady Septima sta tenendo la faccenda in sordina, ha dovuto coinvolgere i Lord di Lux per un contenzioso, per questo lo sono venuto a sapere, ma molto in ritardo, sapete come la vedono i Genealogisti nel farci sapere troppo. L'Arbitrante fa visita a cadenza regolare ora, mentre l'Alchimista è in pianta stabile, ospite alla Casa di Buona Famiglia, e fa visita al Memoriale quotidinamente, con i nostri gruppi di lettura. Ricerche su crolli del passato, la scusa ufficiale, per quello che vale-
Lo sguardo di Thorn si fece di ghiaccio artico, l'espressione si tese profondamente e il silenzio che lasciò cadere tra loro aveva del pungente, anche se manteneva un alone perfettamente dominato. Ofelia era un argomento spinoso, soprattutto dopo il loro mancanto incontro a Castel Vespro ed il silenzio radio che vi era seguito.
-Non ha senso, - disse con voce ferma, - i dati dei crolli sono caotici, assolutamente non utilizzabili per la situazione corrente-
-Infatti è la scusa ufficiale- Febo lo ribadì quasi annoiato.
-Intendo dire che i Lord di Lux avrebbero dovuto contestare questa scusa patetica- lapidario, - come hanno potuto piegare la testa?-
-L'Arbitrante è persuasivo-
-Vi prego, risparmiatemi-
L'uomo alzò le mani in segno di astensione, lui stava riportando i fatti non decidendo gli esiti.
-Vostra moglie è pericolosamente vicina. Che intenzioni avete?-
-Perchè lo chiedete?- sibilò Thorn, severo, quasi ritesse la domanda non pertinente.
-Perchè il nostro piano non provede un Alchimista a ficcanasare e come abbiamo ampiamente discusso, sono giocatori con cui non vogliamo intrecciarci-
-Siamo già intrecciati-
-Davvero?-
-Volete negarlo?-
-Da come agite sembra che siate voi a voler un intreccio- più di attrito la presa di posizione di Febo, solitamente amante delle vie diplomatiche.
Ci fu un sentito momento di silenzio caustico, seguito da uno scambio di sguardi.
-Cerchiamo cose simili, era inevitabile- sminuì la cosa l'Intendente, come se fosse sempre stato di questo avviso, l'altro storse il naso.
-Avete rivisto le vostre posizioni? Da quando?-
-Ho dovuto prendere atto dell'inevitabile-
-Non vogliamo la stessa cosa, noi e loro. Lo ricordate?- il tono di voce dell'uomo di Babel senza accento di Babel si era fatto pungente, indagatore. Lo fissò dritto negli occhi, quasi trapassante, un tacito messaggio per l'Intendente.
-Questo è curioso, come lo sapete con certezza?- deflesse Thorn sostenendone lo sguardo, - su Mille-facce siamo abbastanza allineati, a quanto sembra ed i crolli sono una realtà innegabile, per tutte le arche a dire il vero. Forse siamo stati troppo ottimisti nel pensare che avremmo potuto agire in completa indipendenza-
-Non lo siamo. Voi volete fare a pezzi il teatro e le regole della scacchiera, ridare i dadi al mondo, come dite voi. Loro vogliono equilibrio, in nome del bene dei molti-
-Le due cose non sono incompatibili-
-Voi dite?- strafottenza per un secondo nella voce di Febo, solitamente controllato e moderato, - la vostra manovra non prevede tolleranza verso il vecchio sistema. Gli Eruditi non agiscono così, cercano compromessi di stabilità per abbracciare il cambiamento-
-Questo cosa vorrebbe dire?- sibilò spazientoto Thorn, sentiva i sottotoni dell'altro e non gli piaceva dove si stava andando a parare.
-Ci saranno consequenze, Duca- sarcasmo nell'uso del titolo.
-Ci sono sempre conseguenze, vivere richiedere consequenze-
-Parlo di un fattore di scala planetario. Il mondo sta crollando ricordate?-
-Perfettamente, per questo sto facendo tutto questo- un'ombra di tensione pervase l'Intendente, che però lo nascose amabilmente, rinchiudendosi in un momento di valutazione. -Credete che ci saranno danni collaterali significativi, in questa restituzione dei dadi? E parlo di qualcosa di più che del semplice sistema di casta attualmente in piedi-
-Visti gli ultimi sviluppi direi quasi sicuramente ed è lì che non possiamo trovarci con gli Alchimisti-
-Datemi una scala, datemi dei parametri, non retorica!- sibilò spazientito Thorn, che nella sua mente in tanto si faceva ben altre proiezioni parallele.
-C'è la possibilità che fermare Mille-facce abbia un prezzo fisico sulla struttura del mondo che conosciamo- tono greve, sguardo affilato come una lancia, - avete visto i rapporti dei Genealogisti, il poco che siamo riusciti a fargli condividere-
-Sono proiezioni, Febo, sono in panico e hanno questa fede cieca e bigotta in un Dio falso. Lo avete detto voi stesso-
L'uomo di Babel fece due passi per la stanza, questo Intendente arroccato non era previsto, e questo non era il momento per gli attriti intestini. Aveva scelto l'alleanza con Thorn per la sua razionalità disamarnte, la sua logica posta al di sopra di tutto e tutti, niente emozioni ad intralci, niente umanità durante scelte difficili. Quest'uomo che però ora stava ripiegando al compromesso non era la stessa persona.
-La possibilità di danni devastanti è una possibilità estremamente reale. Non siamo qui per salvare gli Spiriti Famigliari e il loro sistema utopistico-
-E questo non è cambiato, ma quando pensavate di dirmi la portata dei danni?- lapidò l'Intendente con stizza marcata, puro acciaio negli occhi.
-Quando avrei avuto qualche prova tangibile e no, i crolli non sono una prova, sono un effetto collaterale esterno- Febo non batteva ciglio, inamovibile.
-La chiarezza del nostro accordo sembra farsi ombrosa- insinuante Thorn, allusivo, il suo legame con l'uomo di Babel era sempre stato una sorta di contratto, ma visti i recenti sviluppi anche la loro alleanza aveva cambiato forma e allo stato delle cose l'uno non poteva davvero liberarsi dell'altro.
-Non da parte mia- commentò l'altro aggrottando le sopracciglia, - vostra moglie non doveva far parte di questo intreccio, ma ora sembrate aver cambiato idea, in modo poco razionale, cosa che non è da voi-
-Ora siete un esperto di cosa è da me?- sarcastico l'Intendente, non voleva questo dialogo, conscio di essere in torto, ma di non voler ritrattare, non su Ofelia, non dopo averla ritrovata. - Niente è cambiato, continueremo come previsto-
-Vostra moglie combatterà questo vostro agire-
-Questo non lo potete sapere-
Febo lo fissò per un lungo secondo, indeciso se raccogliere o meno la sfida, ma poi invece di insistere tornò in argomento, metodico e pacato. Questa era la battaglia di un altro giorno.
-La struttura del mondo è legata alla struttura degli spiriti famigliari. Dobbiamo ipotizzare una modificazione sostanziale-
-Parlate di perdita di strutturalità nel senso delle Arche o della momoria logistica del pianeta?-
-Entrambe. Dio ha lacerato il mondo, cosa succede se il mondo si libera di Dio?-
-Questa è speculazione-
-Davvero? Eppure torna tutto, il mondo crolla perchè c'è un Altro in giro, e questo altro ha una connessione con Dio e con gli spiriti-
La discussione si stava facendo contorta.Thorn trasse un profondo respiro e si prese un attimo per ribattere, tamburellando di nuovo con le dita.
-Dobbiamo avere accesso al piano di redifinizione dei Genealogisti, è inutile fare congetture-
-Splendido, ma non abbiamo ancora trovato il libro che gli abbiamo promesso per comprarci la loro fiducia. Conoscete il prezzo del fallimento-
-Ne sono molto consapevole- tagliò corto Thorn esasperato, - proprio per questo direi che la presenza degli Alchimisti è irrilevante, proseguiremo come da programma-
-Se ne siete certo- c'era ironia nella voce, ma la mise subito a tacere, -sentite Thorn, io non ho la vostra memoria, questo è un fatto- approcciò da un altro fronte Febo, -questo fa si che non possa interpretare Sir Henry a tempo pieno, soprattutto non con l'Apprendista Mediana o oltre le riunioni da sessanta minuti con Lady Septima, i suoi maledetti occhi da visionario sono un problema e la maschera di trasmutazione ci garantisce solo due ore a pieno regime e cinque in distesa- proseguì cautamente, - non possiamo inserire anche gli Alchimisti in questa situazione, il gioco ci sfuggirebbe di mano, per non parlare di eventuali frontali tra loro e i Genealogisti-
-Preferite fare l'Intendente con il rischio di incrociare Faruk?- chiese sferzante Thorn. Questo cambio di registro lo lasciava perplesso, scettico quasi.
-Le interazioni con Faruk non passano i trenta minuti, vi trova noioso ricordate? Con la maschera di Mida addosso direi che la mia confidenza di potercela fare sale di punteggio- ribattè l'altro, - ma ovviamente se attuiamo uno scambio su larga scala, che esula dal nostro piano orginale, mi serve la vostra parola che non ci saranno deragliamenti- lo fissò dritto negli occhi, -anche se vostra moglie è qui-
-Allontanateli e prenderò il vostro posto per quanto necessario-
-Allontanateli?- ripetè con sarcasmo Febo, - non si allontana l'Arbitranza, non un falso Lord di Lux almeno-
-Sicuramente, ma potete indirizzare i Genealogisti a tale conclusione, quantomeno verso l'Arbitranza- incalzò tamburellando con le dita Thorn. Stava riflettendo e probabilmente si stava facendo mille scenari in testa.
-Non è saggio, non avremmo il controllo della narrativa, e sarebbe uno scontro tutt'altro che semplice. Tra l'altro capisco che voi li separate, ma i Genealogisti non scinderebbero l'Arbitrante dagli Alchimisti- chiara l'allusione, l'Intendente tacque. Nuove variabile di cui tenere conto insieme a parole brucianti nella mente.
"Vi amo, ma sono ancora un Alchimista"
Febo guardò il neo nobile con sguardo molto attento, cercando di scegliere cautamente le sue parole, conscio che l'argomentamente avrebbe toccato un nervo scoperto.
-Quale che sia la strategia, non riavrete Ofelia di Anima, lo capite?- la voce smussata, - l'accordo che abbiamo discusso quasi tre anni fa non prevedeva ritorni, la situazione di oggi non è davvero diversa da quella previsione. Ofelia di Anima non tornerà, l'Alchimista che vive oggi è e sarà sempre legata ad Albedo e all'Arbitranza di Nimue-
-Voi avete lasciato gli Eruditi, un po' arrogante da parte vostra sventolare l'impossibilità per altri, quando per voi ha funzionato-
-A caro prezzo e non ero un alchimista-
La voce di Febo fu intensa e profonda, il suo sguardo determianto, parlava di qualcosa di oscuro, e di un prezzo davvero terribile, pagato per questa così detta libertà. Alla fine sospirò e posò una mano sulla maschera in ceramica lasciata sullo scrittoio.
-Vado alla Rosa dei Venti, avete i miei appunti, Sir Henry-

...

La permanenza su Babel per Ofelia si dimostrò intensa, quasi come i primi tempi di apprendistato ad Albedo, quando tutto era troppo nuovo e complesso. L'Alchimista e la ragazzina trascinata al Polo per un matrimonio combinato si ritrovarono spesso in scontro, la prima decisa a fare la differenza, la seconda divorata dai sensi di colpa verso Thorn ed i loro incontro mancato. Non c'erano stati telegrammi o altro, non poteva rischiare, soprattutto con gli occhi vigili di Lady Septima addosso e quelli ancora più invadenti di Mediana.
L'accordo con quest'ultima l'aveva reclusa ad una vita frenetica di letture ed inganni, con quattro ore di sonno per notte e continui rischi di violazione delle troppo estese e petulanti leggi di Babel, dove la conoscenza non era al servizio della pace, ma l'ordine despotico ottenuto lo si poteva spacciare come tale.
Sir Henry, ossessione dell'Indovina, stava diventando l'incubo della Lettrice. Il Lord in questione era come un ombra, viveva più nelle parole dei lettori che per reale presenza, veniva soprannominto l'Automa, il guardiano del Secretarium. Leggendario il suo passo maccanico sul marmo di piani inferiori del globo.
Lo storpio senza emozioni si ingozzava di riferimenti bibliografici come un ingordo si abbuffa di dolci. Il ritmo di lavoro che imponeva agli aspiranti virtuosi era insostenibile, e i rapporti mai abbastanza accurati per i suoi gusti e si diceva tra i gruppi che conoscesse a memoria il contenuto di ognuno di essi. Mediana sosteneva che se vi era qualcuno in grado di scoprire il segreto supremo nascosto al Memoriale quello era Sir Henry, motivo per cui doveva riuscire a toccarlo.
Grazie ad i ricordi di Eulalia la Lettrice era riuscita a mettere insieme un bizzarro quadro il cui punto focale erano i bambini del Memoriale. Purtroppo però le tracce si erano attenuate dopo gli ultimi spostamenti dei testi ed i suoi accessi al Secreatarium erano dipendenti dalle ore di lettura dell'Indovina, che poco apprezzava i tempi dilatati che l'aiuto dell'Alchimista sembrava richiedere, il loro accordo di compromesso si stava facendo teso in nome di risultati scadenti e ipotesi senza controprova.
-Allora come pensi che sia Sir Henry?- chiese Ofelia con uno sbuffo, posando uno dei report di Mediana. Si incontravano spesso nella zona di foratura delle schede, tra un cambio di lettura e l'altro, c'era spazio per nascondersi e l'indovina non avrebbe dovuto giustificare la sua presenza.
-Che intenti? Ti ho già detto che non riesco a vedere nulla no? E' normale con i Lord di Lux, hanno tutti addosso strani artefatti-
-Parlavo più a pelle, da comune mortale. Come te lo aspetti?- si spiegò meglio l'Alchimista, mentra leggeva il magistrale rapporto della ragazza. Era innegabile il livello di competenza dell'apprendista, quasi dava fastidio.
-Non saprei, non importa com'è- rispose l'altra stranita dalla domanda, - alla fine voglio solo il suo sapere- rimuginò un secondo, ma poi riprese a parlare, -anche se devo ammettere che sogno spesso di lui il che è strano- ammiccò un sorriso malizioso.
Ofelia sgranò gli occhi nel cogliere il sottointeso. Non era esattamente a suo agio su taluni argoenti dell'Indovina, soprattutto perchè spesso alludeva a come la sentiva bambina, una finta donna adulta.
-L'Automa?- disse con stupore, evitando di guardarla -sogni l'automa?-
-Ebbene si, lo confesso- rise furbetta Mediana, quella risata squillante da ragazzina adorabile, -non ha un volto, e a quanto pare non voglio immaginarne uno nemmeno nei miei sogni. Ma entrambi siamo molti soddisfatti- nuovamente allusiva.
La Lettrice nascose il viso nella cartelletta del report, fingere di fare qualcosa l'aiutava a tenere a bada il disagio, cosa che la faceva sentire infantile, dettaglio di lei che ancora odiava. L'Alchimista che doveva essere una donna ormai, ancora inciampava con fare da bambina.
-Entrambi dici?- Ofelia forzò un tono scettico e critico, distaccato perfino, - la vedo molto dura, i Lord di Lux non sono per la condivisione e l'Automa direi meno degli altri. Il dettaglio della volontarierà, cambia di molto le cose, spero lo capiate-
-Non davvero, il concetto è labile, ve l'ho detto – insistette l'altra furbescamente, mentre continuava ad operare sulle schede forate, - un ubriaco che accetta e poi non ricoda nulla, mostra comunque volontarierà-
-Splendido- sibilò spazientita Ofelia, - chiamatemi quando Sir Henry è sbronzo allora-
-Vi facevo più intrepida, Alchimista- disse con fare di sfida l'Indovina, parandolesi davanti, -a questo punto della nostra conoscenza, sappiamo entrambe che i vostri artigli possono più di quello dei canonici draghi, perchè esitare oltre? Abbiamo definito piani e variabili, ma ancora mi fate attendere- il tono si flesse, con un che di minaccioso.
-Io vi facevo più oculata invece- sorrise di sufficienza la Lettrice sostenendone lo sguardo, sapeva che non si poteva scappare dalle scaramucce verbali di Mediana, erano test, -aggredire un Lord di Lux non è qualcosa che vorrei nel mio curriculum in un processo a Babel-
-Grande rischio, ma anche grande premio- insistette l'apprendista, -mentre io mi immergerò in Sir Henry, il suo archivio indicizzato sarà alla vostra mercé, senza i miei occhi a testimoniare nulla,uno scambio equo mi pare-
-Non siamo pronte-
-Indugiare per eccesso di prudenza indica stoltezza- ritose perfidamente, Mediana era un brutto avversario, sapeva sempre che tasti premere. Ofelia se ne era accorta fin troppo bene nelle settimane passate, anche riuscendo a nasconderle intere parti di sè, quello su cui riusciva a mettere le mani era più che sufficiente per metterla in svantaggio. Tra l'altro vi era una grande verità: il tempo stava per scadere.
La Lettrice sospirò e distolse lo sguardo, imponendosi di restare calma, come quando le insinuazioni di Astarte passavano la linea, ma sapeva che sbottare avrebbe segnato solo la sua sconfitta.
-Mi serve tempo per sentire il Lord, con tutti gli artefatti di cui parlate sempre devo pensare che qualcosa potrebbe andare molto storto-
-Senti senti- ammiccò con gli occhi l'Indovina, -sentire il Lord-
-Come presenza, Apprendista. Devo estendere i miei artigli su di lui, senza che mi senta, ma sentendo la portata delle sue percezioni-
-Sembra quasi più intimo dei miei di incontri- commentò divertita.
-Niente di simile-
-Benissimo, seguitemi allora. Devo dare il mio report prima di lasciare le schede forate ad Elizabeth, quale occasione migliore di un turno di fine giornata? Meno gente in giro, meno testimoni possibili-
-Adesso?- Ofelia si irrigidì, sapeva che doveva succedere, ma questo le sembrava un'accelerazione eccessiva sulla tabella d marcia. Mediana era impaziente.
-Saremo nel corridoio esterno, non ho una lettura è solo una consegna. Quanti minuti vi servono?-
-Non ne ho idea di quanti e il corridoio esterno ha un certo traffico, non è detto saremo soli-
-Quale miglior scusa di una folla per nascondere una spia-
-Siete avventata- disse esasperata Ofelia, che avrebbe voluto usare altri aggettivi, pazzo o delirante, ma restava comunque combattuta sulla faccenda. Voleva che il suo accordo finisse e allo stesso tempo voleva il miglior esito possibile.
-Forse, ma una di noi due deve esserlo a questo punto. Venti minuti Erudita, ci vediamo di sopra- in uno sfarfallio di ciglia le strappò il report di mano e uscì dalla stanza.
Nonostante l'ansia da prestazione Ofelia non perse presa su di sè, diede un momento di vantaggio all'indovina e poi si incamminò ai piani superiori seguendo il solito percorso di porte accostate fino ai corridoi esterni del Secretarium.
L'Alchimista aveva intravisto Sir Henry altre volte durante le sue visite occultate, sempre di sfuggita, era più un'ombra che una persona, un concetto quasi, non un qualcuno, nella sua mente era quasi un fantasma ed il suo passo metallico gli dava un che di non umano che ben si sposava all'idea generale di Automa.
Aveva una voce profonda il Lord di Lux, ferma ed intransigente. Era profondamente distaccato, le sue parole tenevano a distanza di braccio o di spada, tanto erano taglienti a volte, riusciva a trovare imperfezioni anche nei rapporti di Mediana il che era qualcosa ai limiti del leggendario tra i gruppi di lettura. Le stava contestando una delle sintesi fatte, c'era una discordanza in due eventi? Qualcosa del genere, Ofelia lo trovò oltremodo insopportabile. Era petulante e distruttivo verso gli altri, non dava peso a quanto era costato il milionesimo rapporto che gli passava tra le mani.
-Mi aspetto le correzioni prima di mezzanotte apprendista- sentenziò lapidario sir Henry, - così già che ci sono potrò lasciarvi le note anche dell'ultimo rapporto, a questo punto devo temere imprecisioni banali anche da voi-
Mediana però non si lasciava scoraggiare e per dare tempo alla Lettrice ingaggiava in domande simil costruttive, parimenti petulanti a volte, quasi ad eco delle note che le venivano fatte. Ofelia non perse tempo ed usò ogni secondo prezioso per estendere i suoi artigli, non per attaccare, ma per sodare. L'intorno di sir Henry era strano, come nebuloso, aveva una prossemica molto paticolare, il suo spazio vitale era molestamente ampio, inavvicinabile.
Avrebbe potuto colpirlo? Giusto quel tanto per uno stordimento? Sembrava di si, ma non ne era sicura, le sue percezioni erano stranamente distorte intorno a quell'uomo. Se ne stava ben nascosta nell'angolo a sud del corridoio esterno, aveva in mano una cartelletta per fingere di star leggendo qualcosa e si era levata la casacca cremisi degli Alchimisti.
Quando finalmente Ofelia ritrasse gli artigli, il Lord si stava ancora lamentando, con quella sua tonalità piatta, inespressiva, che mostrava quanto poco considerasse chi aveva davanti, non persone ma mezzi per ottenere qualcosa, e poco importava cosa loro perdessero nel processo.
-Colmare l'inettitudine richiede un quantitativo di tempo esorbitante...-
Fu una vampata, di pura rabbia, non davvero per Sir Henry, ma per quello che la sua attitudine rappresentava per la Lettrice in quel momento. Lo colpì, con forza e rancore e addio buonsenso e prudenza.
Quello che seguì fu un tonfo, sgraziato, seguito da un carcollio metallico.

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Capitolo 16
*** Sir Henry ***


-Siete completamente impazzita!-
La voce solitamente dominata e beffarda di Mediana era invasa da pura ira, squillante e critica era irrotta in tutta la sua stizza. Quando Ofelia la raggiunse Sir Henry era steso a terra non porprio compostamente, incosciente.
-Abbassate la voce- pregò la Lettrice, cercando di tenere un contegno che di fatto era montato su a forza e non possedeva. Si stava insultando mentalmente per la sua perdita di controllo.
-E' completamente privo di sensi e stavamo parlando quando è successo, cosa credi che penserà?-
-Qualcosa è andato storto, forse con le sue protezioni- mentì imperterrita Ofelia, con quel fare acquisito negli anni con Astarte: mentire fino alla morte se necessario, con il giusto tono convincente. -Spostiamolo nel vestibolo- indicò la zona di congiunzione tra le due cerchie.
-Non posso fare nulla se è privo di sensi, avete buttato un'occasione! Forse l'unica possibile!- l'apprendista era davvero furibonda, forse perchè percepiva le ramificazioni del tutto e vedeva il suo bel piano sfumarle tra le dita.
-Calmatevi- insistette l'Alchimista, cercando di darsi un tono, che però faticava a mantenere saldo.
Nel trascinare il non leggero Sir Henry Ofelia non potè fare a meno di notare l'armatura di sostegno alla gamba, l'imbragatura metallica troppo famigliare e troppo odiata per non ricordarla in tutti i suoi dettagli. Le si gelò il sangue nelle vene.
-Che c'è ora? Muovetevi- la svegliò dal panico Mediana, - ancora un piccolo sforzo- disse a denti stretti mentre faticava non poco a tirare il Lord per le braccia. - Questo è un vero disastro, non c'è che dire- ringhiò stizzita, con quel suo fare più da maschiaccio che da angelica fanciulla, - potrei almeno dare un occhiata al volto però, magari così vedrei qualcosa di interessante- azzardò l'indovina con un lampo negli occhi.
-Ferma!- fu così tagliente e perentoria Ofelia che la ragazza non osò allungare la mano alla maschera di Sir Henry.
-Perchè no? Potrei scoprire cose utili anche per voi-
"Perchè probabilmente è mio marito" fu la risposta che attraversò la lettrice e mise subito a tacere sul fondo dei suoi pensieri.
-Siamo in questo macello probabilmene a causa di quel dannato artefatto. Andatevene, rinverrà a breve- o così sperava quantomeno.
-Va bene, va bene, Alchimista, non agitatevi- sfottè alzando le mani l'apprendista, lanciando un altro paio di occhiate al tanto desiderato Lord, - cosa gli direte?-
-Che vi ho incontrata che chiedevate aiuto, ovvio-
-Questo mi lascia con la colpa dell'incidente-
-No, vi rende solo testimone, e sappiamo che sapete mentire, dico bene?- la sfidò, con quel tono fastidioso al punto giusto per premere i bottoni desiderati nella ragazza.
-Vedete di non intralciarmi oltre. Sappiate che cercherò aiuto veramente- sibilò minacciosa Mediana, prima di avviarsi lasciando la patata bollente nelle mani dell'Erudita, sperando, forse con malizia, che le costasse qualcosa di più di una mera lavata di capo.
I minuti passavano e per fortuna nessuno stava attraversando la zona, cosa normale, vista l'ora e visti i turni di lettura. Nonostante la bugia Ofelia sembrava bloccata all'idea di togliere la maschera di Sir Henry e avere conferma della verità, anche perchè avrebbe avuto conferma di aver attaccato Thorn con la viscerale volontà di fargli del male in un impeto di dispregio.
Nel bel mezzo del dilemma però l'uomo si stava risvegliando con mugugni incoerenti e così l'Alchimista prese il controllo sull'indecisa Lettrice.
-State... bene?- calcò l'incetezza e si tenne con un ginocchio a terra a dovuta di stanza, da non risultare troppo invadente.
-Cosa mi avete fatto? Chi siete?- sibilò irritata e minacciosa la voce sotto la maschera, quello stesso tono di affrettato disprezzo che usava fino a poco prima con Mediana. Di colpo però si bloccò, zittito, lentamente si mise a sedere.
-Un'Alchimista in visita, una vostra Apprendista è andata a cercare aiuto e si è imbattuta in me, mi sono offerta di vigilare su di voi- il tono faticava a stare nelle righe, ma era tremendamente credibile. Nell'assurdo della situazione Ofelia stava pregando che ci fosse un Lord di Lux davanti a lei.
-Venite con me- disse di colpo l'uomo alzandosi, e faticando un secondo sulla gamba imbragata, la voce, distorta dalla maschera.
Ofelia era rigida come un tronco di legno.
-Non dovreste alzarvi, sono certa gli aiuti saranno qui a momen...-
-Non servono, venite!- tagliò corto, con quel tono vibrante che conosceva troppo bene.
-Sir Henry!- li raggiunse di colpo la voce altera di Lady Septima, in affanno, aveva corso. Mediana era stata fastidiosamente efficiente ed aveva scelto di contattare proprio il soggetto peggiore, questa era una ripicca.
L'atmosfera tra loro cambiò immediatamente.
-Sto bene- sentenziò con fare algido l'uomo.
-Questa situazione è oltraggiosa, non macherò di avanzare una mozione, sappiatelo- disse con fin troppa veemenza verso la Lettrice. Questa rimase in compito silenzio.
In apparenza lady Septima trattava l'uomo con il rispetto che un membro di Lux deve a un suo pari, ma si capiva che non lo considerava un suo eguale, anzi.
-Non sarà necessario, voglio chiarire personalmente il perchè della presenza dell'Erudita se non vi dispiace- intervenne inaspettatamente il Lord, -ora, se non vi dispiace- fece un cenno secco ad Ofelia, perentorio.
-Non sarebbe meglio incontrare il personale medico per una rapida valutazione?- insistette Lady Septima, non che fosse realmente preoccupata per Sir Henry, ma chiaramente moriva dalla voglia di avere qualcosa in mano per andare contro gli Alchimisti.
-Non serve- lapidò lui, - andiamo Erudita, abbiamo di che discutere- sentenziò subito dopo marciando verso uno dei corridoio. Ofelia esitò un secondo, ma poi lo seguì, senza nemmeno salutare l'iraconda Precorritrice.
Il corridoio non era lunghissimo, ma alla Lettrice sembrò interminabile, alla fine quando svoltarono in un piccolo studio Ofelia dovette fare un grande sforzo per respirare lentamente e placare il fracasso del proprio cuore. Anche il colore degli occhiali vacillò di due tonalità. La porta venne chiusa dopo di lei.
Si fissarono per un una manciata di secondi, o meglio lei fissò la maschera. Il gesto di togliersela Ofelia lo vide a rallentatore, assurdamente preferiva uno scontro diplomatico con un Lux, che dover ammettere di aver odiato abbastanza Thorn da attaccarlo.
-Perchè siete a Babel?- tipicamente per l'Intendente non si perse in preludi, i suoi occhi acciaio la guardarono impassibili. La Lettrice ne fu sconvolta.
Vi ho appena tramortito e questo mi chiedete? Il pensiero le lampeggiò in faccia, ma quantomeno riuscì a frenare la sua risposta di getto a voce.
-Non volete sapere cosa è successo?- esitò lei, titubante.
-Mi avete colpito con i vostri artigli- disse lui impassibile e gelido, nessuna emozione sul viso o nella voce, -una mossa avventata, cosa pensavate avrebbe fatto Sir Henry?-
-E' stato un errore di calcolo- la voce di lei di colpo più moderata, l'Alchimista a prendere in mano la situazione. A mentire.
-Errore di calcolo?-
-L'artefatto che indossate cambia molte più cose del pensato, non volevo farvi del male- falso, -volevo solo sondarvi, invece è andata come è andata. State... davvero bene?- esitante sulla parte finale, sentendosi un verme internamente, ma non poteva ammettergli le proprie emozioni nell'istante in cui lo aveva colpito.
Lui sembrò soppesare la faccenda, poi inspirò. Qualcosa sembrò allentare il gelo, cosa che la fece sprofondare ulteriormente. Le stava credendo.
-Sto bene- confermò Thorn dopo un momento, -ma avete rischiato, non ero solo e se non fossi stato io ci sarebbero pesanti conseguenze-
-Lo so- mormorò lei, tacendo anche la sua alleanza con Mediana. Altre colpe nell'animo.
-Ci saranno conseguenze comunque, potreste dover lasciare Babel- al solito autoritario ed impositivo.
-Questo è da vedere- rispose con un che di sfida l'Alchimista, prima che la Lettrice potesse infilarsi nella disputa.
Le sopracciglie di Thorn si arcuarono severe, dando più risalto alla cicatrice, che seppur attenuatasi di molto, ora erano particolarmente visibili.
-Prego?-
-Potete avanzare una mozione, non è detto che questo sia sufficiente- non perse presa Ofelia, ma attenuò il tono di sfida questo si, -non intendiamo lasciare Babel, non senza le risposte che cerchiamo-
-E che cosa cercate esattamete?- di nuovo ispido e seccato.
-Verità in un mare di menzogne-
Attrito. Si percepiva a pelle, e non era quello che la ragazza voleva. Erano insieme a Babel, avrebbe dovuto esultare, abbracciarlo. Invece erano nuovamente in ostilità, per non parlare del baratro di sensi di colpa che tutta la storia intorno a Sir Henry le stava causando, che però sfociava comunque in scontri.
-Suppongo fosse chiedere troppo una nota, per il nostro mancato incontro- sentenziò pungente, - vista questa nobile impresa-
-Non mi è stato possibile. Una volta lasciato il Polo, non ho più avuto modo di accedere a mezzi per comunicarvi in modo sicuro alcunchè, e poi mi sono trovata bloccata alla buona Famiglia- chinò lo sguardo, questo aveva colpito anche l'Alchimista.
-Ovviamente- lo scetticismo era traboccante.
-Perchè siete Sir Henry?- mugugnò la domanda, con malinconia e dubbio, Ofelia la Lettrie che incrinava la sceneggiata dell'impiegabile Alchimista di Albedo. Lo sguardo basso e l'incertezza di non poter raggiungere Thorn anche quando lo aveva a solo due spanne di distanza.
-Perchè era l'unico modo, tre anni fa Thorn del Polo era un ricercato, oggi sarebbe un nobili dalle domande impudenti. Babel concede il suo sapere solo a chi è parte del suo macchinoso sistema di controllo, i Genealogisti sono stati il mio lascia passare per il Memoriale e le sue informazioni- lo disse con quel tono piatto e metodico, da Intendente che redarguisce una recluta impedita. Un modo di fare che Ofelia ricordava bene e ora viveva con stizza.
-La vostra identità è loro però. Questo significa che possono farvi arrestare quando vogliono e la legge di Babel è follemente severa-
-Vero, ma diciamo che ho delle garanzie per quello, comunque ma stiamo giocando con Dio, i rischi sono parte del percorso- gli occhi acciaio la scrutavano, era diviso, c'era un che di sollevato nel vederla, ma anche un che di furioso sottopelle. Si teneva a distanza di etichetta quasi, braccia incrociate e tono formale, anche se il fatto che le parlasse con l'accento del nord sembrava significativo.
-Garanzie...-
-Mi servo di Lux quanto Lux si serve di me- la anticipò lui. -Non sono stato capace di misurarmi con Dio attaccandolo dall’esterno, non vi era modo, sono gruppi chiusi e separati, così ho riconsiderato tutta la mia strategia-
-Diventando voi stesso un Lord? Sono quindi tutti complici di Dio?-
-Tanto quanto le Decane su Anima e, a suo tempo, il clan di mia madre al Polo. Anche più che complici. Lux possiede influenza e mezzi considerevoli. I Lord sono i Tutori per eccellenza: tengono lo spirito di famiglia al guinzaglio e hanno fatto di Babel il modello che Dio vorrebbe applicare a ogni arca-
-D'accordo- l'Alchimista impose la logica, - una certa Miss Silence, sta distruggendo testi antichi, questo come regge con il piano di ricatalogazione di Sir Henry e con il database dell'apprendista Elizabeth?-
Non lo guardava Ofelia, condivideva informazioni, sembrava più facile. Faceva meno male come confronto.
-Come?- stizzito il tono, sorpreso, come se la cosa lo cogliesse male, impreparato persino, -L'informazione è solida?-
-Come un rigor mortis- rispose lei imperterrita, con un sarcamo che Thorn non riconosceva completamente nella moglie. Sollevò le sopracciglia.
-Miss Silence è morta, caduta dalle scale, un incidente ovviamente- l'ultima parola calcata con ironia, - no, noi non c'entriamo, siamo sorpresi anzi, pensavamo che Babel fosse un posto sicuro. Poi ci ho vissuto per mesi e ho capito la verità-
-Chi sa della distruzione dei testi?- riprese il controllo l'Intendente.
-Lady Septima credo, a questo punto Elizabeth e immagino qualcuno dei tuoi lettori-
-Mediana?-
-Penso di si- il fatto che Thorn ricordasse il nome le diede una strana sensazione di fastidio, che però accantonò.
-Tipico, lo stanno tenendo segreto. Non approvano la ricatalogazione, troppi termini contro l'index-
-Sir Henry ha devastato una generazione di Precorritori con le letture, non mi sorprende il silenzio di Lady Septima- affondò un secondo l'Alchimista, non gratuitamente, voleva capire.
-Prego?-
-Avete una qualche idea di come rendete la loro vita?-
-Come rendo la loro vita?-
-In una parola: un incubo-
Thorn inarcò il sopracciglio in modo vertiginoso.
-Il loro curriculum brillerà se arrivano a fine opera, direi che è uno scambio equivalente. Sono apprendisti eppure stanno partecipando ad un'opera che darà loro lustro come esperti di settore-
-E chi non ci arriva? Chi crolla nel percorso prima del traguardo? Chi viene allontanato a causa delle vostre note severe, su lavori onestamente sopra la media? Chi perde ogni speranza e si attacca al lampadario della lavanderia? Entrando nella lista di "menti fragili", come le chiama Lady Septima-
Scese uno strano silenzio tra di loro, quello che implicava Ofelia era un senso esteso di responsabilità, qualcosa che non andava d'accordo con il geniale Intendente, il logico e inamovibile signore della logica.
-Eventi collaterali- tagliò corto lui, gelido. La risposta spietata fece male alla Lettrice, la ragazzina impacciata di Anima.
-Non vi sto contestando, capisco che il vostro scopo annovera sacrifici, ma avete scelto un metodo macchinoso per il reperimento di informazioni e non avete remora a camminare sugli apprendisti- forse un po' stava contestando.
-Ah si? Avete un'idea migliore? Ci sono migliaia di testi non leggibili dai più, causa lingue perdute, molti sono testi unici di prima della Lacerazione, ma non abbiamo indizi su quali diano informazioni su Dio e quali no, come si può venirne a capo senza leggere ogni cosa?-
Era urtato, sulla difensiva, probabilmente anche allibito sottopelle, mai si sarebbe immaginato una abiezione così diretta su una sua strategia.
-Avete avuto quasi tre anni, miss Silence sapeva cosa distruggere quindi l'informazione c'è anche tra i vivi, io avrei cercato lì, senza far suicidare studenti o spingerli a causare incidenti tra l'un l'altro per avere i vostri favori- placida nel proporre l'alternativa. Niente chinata di sguardo qui, niente mordicchiata di labbra ansiosa, niente occhiali che diventavano rossi.
Ci fu un'altra pausa di silenzio.
-I Genealogisti non avrebbero apprezzato, inoltre serviva un meccanismo titanico per coinvolgere il Memoriale, la ricatalogazione risponde alle richieste- stallo, il loro confronto non proseguiva.
Si fronteggiarono per un lungo minuto, con lo sguardo, poi Ofelia sospirò e porse la mano, in gesto di tregua.
-Come posso aiutare?-
Thorn sembrò sorpreso, stranito persino, non si aspettava un armistizio dagli attriti. Lo stupore fu tale che prima che se ne rendesse conto stava abbracciando la Lettrice, in quel suo modo impacciato ed esplosivo, invadente, stritolandola quasi.
Ofelia ne rimaneva sempre scombussolata. Le emozioni le si aggrovigliavano nello stomaco, amava questo lato eccentrico di Thorn, ma ne era anche perturbata, perchè non era mai prevedibile lo scatto in un senso o nell'altro. Con la stessa dirompenza con cui la baciava e abbracciava di punto in bianco, poteva arrabbiarsi e urtarsi all'inverosimile.
Gli occhiali cambiarono colore, mentre lei affondava nella casacca del Lord di Lux.
-Mi state uccidendo Ofelia, lo sapete?- mormorò ripiegandosi su se stesso poggiandogli il viso tra i capelli. Era un misto possessivo e disperato il modo in cui l'abbracciava.
-Eh?- un mugugno, soffocato e poco razionalizzato. Non le tornava questa accusa, pronunciata con spossatezza quasi.
-Ogni volta vi ritrovo invischiata in qualcosa di più grande e controverso- continuò a parlare, - e vorrei davvero redarguirvi per la vostra imprudenza ma...- Thorn sollevò la testa giusto per poterla guardare negli occhi.
L'alchimista voleva protestare, non era imprudente, non era come al Polo era pronta questa volta. La Lettrice invece sentiva lo stomaco sciogliersi. Nessuna delle due potè fare nulla, Ofelia si ritrovò baciata con una tale intensità che si morse l'interno della guancia. Lì per lì non capì più niente. Sentì il lieve accenno di barba dell'uomo pizzicarle il mento e il peculiare odore della divisa dei Lux a darle alla testa, ma l’unico pensiero che riuscì a formulare, stupido ed evidente, fu che era bloccata contro una porta non chiusa a chiave con addosso il famigerato Sir Henry. Provò a farsi indietro, ma Thorn glielo impedì con un passo laterale un po' avventato. Impattarono su uno scaffale che rovesciò su di loro una pioggia di documenti.
Poi, col fiato corto, l'Intendente si staccò e puntò uno sguardo d’acciaio nei suoi occhiali stortati. -Vi avevo avvertita. Nessun ripensamento-
La sua voce suonava aspra, ma nell’autorità delle parole c’era come un’incrinatura. Ofelia sentiva il battito accelerato del polso nelle mani che lui le teneva goffamente sulle guance. Doveva riconoscere che anche il proprio cuore faceva l’altalena. Thorn era l’uomo più sconcertante che avesse mai conosciuto, ma la faceva sentire incredibilmente viva.
-Nessun ripensamento- disse lei inflessibile fissandolo dritto negli occhi.
Thorn la fissò con un’intensità quasi brutale, come se quello tra loro fosse un patto infrangibile. Ofelia ebbe la dolorosa e acuta consapevolezza della distanza che li aveva scavati dall’interno, e cominciò a tremare. Non perché avesse paura, ma perché in lei vi erano due se stesse, e nessuna delle due voleva rinunciare alle proprie scelte. Era un tremito che proveniva dalle radici stesse del suo essere. La pressione delle dita di Thorn sui suoi capelli si fece più forte, poi si allentò di colpo quando lui lasciò ricadere le mani.
-Devo lasciarvi andare ora- lo disse con grande rammarico, come se la cosa gli costasse quanto una ferita fisica.
-Prometto di mostrarmi contrita, Sir Henry- sorrise sorniona dandosi circa una risistemata. Sperava che la battuta alleviasse un po' la tensione, ma non fu così, Thorn rimase cupo e rigido. Gli occhiali si raddrizzarono in autonomia, grazie al suo animismo, tornando lentamente ad un colore più dignitoso.
L'Intendente aveva ancora la mano a bloccare la porta, non chiusa a chiave. La stava guardando con quel suo fare peculiare valutativo, come se analizzasse un problema incredibilmente complesso.
Alla fine proruppe con una domanda.
-Conoscete il quartiere delle nuvole?-
-Come?- stranita Ofelia, - la zona residenziale abbandonata?- azzardò poi, ne aveva sentito parlare da Astarte, i Lux l'aveva fatta evaquare per ragioni non proprio chiare, incidenti con gli automi.
-Quella. Sapreste raggiungerla senza essere vista?-
Perchè? fu la domanda nella testa nell'Alchimista, ma invece disse: -Penso di si, ma ovviamente dovrei prendere un treno-
-Questo non è un problema, la tranvia ha controlli stocastici non metodici o personalizzati-
-Che meraviglia- ironizzò lei, - dove volete che vada dunque?-
-Cercate il 23Terzo in vicolo chiuso- sembrava una battuta, ma gli indirizzi abitativi su Babel erano quantomeno eccentrici, - a tre giorni da oggi, al tramonto-
-23 Terzo in vicolo chiuso- ripetè Ofelia, di colpo nervosa, i loro appuntamenti programmati tendevano a finire con mesi di silenzio totale. - Ci sarò- disse con convinzione, fissando prima Thorn e poi la mano ancora a bloccare la porta.
-Se non poteste...-
-Lo so. Proverò ad avvisarvi in qualche maniera-
-No- disse lui veemente, -non fatelo, accordiamoci che se non vi vedrò entro un'ora dal tramonto vi considererò impegnata o trattenuta-
-Oh- colpita dall'intensità della replica, - d'accordo, si, ha più senso- mugungò scioccamente, sentendosi di colpa bambina sciocca.
Thorn si infilò una mano nella casacca e sfilò delle pagine strappate protette in delle foderine di plastica.
-Prendete queste, leggetele. Ne possiamo parlare quando ci rivedremo, ora...- devo lasciarvi andare, che pesava come un macigno nelle parole, lentamente staccò la mano dalla porta, - siate cauta con Lady Septima-
Ofelia non riusciva a staccare lo sguardo dai suoi occhi d'acciaio, alla fine però prese le pagine e le fece sparire sotto la sua casacca rossa.
-Sarò prudente. A tre giorni da oggi- salutò uscendo, ancora inebriata dai baci e dal caos che solo Thorn sapeva scatenarle.
Riuscì ad evitare la fastidiosa precorritrice nel ritorno alla Casa di Buona famiglia, ed evitò anche di contattare Astarte per notificargli il terremoto che li avrebbe sicuramente investiti, causa incidente con un Lord di Lux. La mente era troppo aggrovigliata intorno a Thorn e al loro nuovo accordo. Era diverso dal Polo, erano insieme in questa guerra, anche se una vocina nella sua testa le sussurrava che non erano sullo stesso fronte.
Aveva bisogno di fare ordine in testa.
Imprudentemente si addormentò con un solo guanto sulle mani mentre guardava le pagine di libro antico dategli poco prima da Thorn e come spesso capitava in questi momenti randomici, Eulalia si fece sentire.
Immersa in uno stato alterato di coscienza le sembrò del tutto naturale capire cos’era scritto nelle pagine del registo. In una sorta di trance si mise a voltare le pagine in un senso e nell’altro, seguendo solo l’istinto. A margine degli inventari, accanto alle colonne dei conti, c’erano i commenti del portiere. Il vero tenore del manoscritto era lì, le parole di quell'uomo rozzo e a volte aggressivo avevano più verità dei testi nobili ed infiocchettati di etichetta.

L. mi ha scocciato con le sue fottute luci in piena notte. Un coprifuoco è un coprifuoco! Quei fottuti ragazzini hanno litigato tutto il giorno. La guerra era pipì di gatto in confronto al bordello che mi hanno lasciato. Scuola della pace, eh? Auguro ai loro futuri rampolli di divertirsi. Accidenti, J. è scomparso. Stavolta per davvero. Con quel suo fottuto potere doveva succedere prima o poi. Accidenti. Falso allarme, hanno trovato J. su un’altra fottuta isola. In perfetta salute. Sono instancabili, fottuti ragazzini. Oggi la piccola A. è venuta a fare due chiacchiere. Non ho capito una fottuta parola di quel che mi ha detto. Mi ha fatto un disegno. Credo che voglia un telescopio. Non so se un giorno questi ragazzini saranno i re del mondo, ma imparare la lingua di qui sarebbe un inizio dannatamente buono. Accidenti, abbiamo di nuovo perso J.

Ad Ofelia nel sogno sembrava quasi di sentire la voce del portiere borbottarle all’orecchio, e dietro l’asprezza delle sue parole percepiva un’enorme tenerezza. L’uomo aveva amato quei “fottuti ragazzini”, li aveva sinceramente amati. L'ultima cosa che riuscì a cogliere dalle pagine fu un commento:
Mi spia. Quel fottuto modo che ha di guardarmi mi fa paura, come se fossi un fottuto intruso nella loro fottuta scuola. Non è come gli altri fottuti ragazzini, quello. Devo parlarne al capo.
Ofelia sgranò gli occhi trovandosi di colpo sveglissima. Il testo sulle pagine strappate era ovviamente indecifrabile, salvo che per Mediana probabilmente. Per lei era di nuovo una successione di caratteri senza capo né coda in una lingua che le risultava totalmente estranea, ma per cui provava grande nostalgia. La nostalgia di Eulalia.
I bambini erano la risposta.

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Capitolo 17
*** Donna e Fanciulla ***


L'incidente con Sir Henry ebbe i suoi contraccolpi. Lady Septima sfruttò ogni cavillo dei loro vasti regolamenti per cercare di bloccare gli Eruditi a Babel, cosa che costrinse Astarte ad uno scontro a muso duro con i Lord di Lux. Anche questo ebbe un costo per Ofelia, l'ira dell'Arbitrante aveva sempre un prezzo e di riflesso Ariane diventava intrattaibile e poco collaborativa. La pena fu il silenzio questa volta e stranamente fece male.
Assurdamente Ofelia sentiva di aver bisogno del rimprovero del suo maestro, l'Alchimista sentiva di averne bisogno. La Lettrice forse l'aveva fatta franca, ma il dissidio non aiutava, mai come in questo momento si sentiva spezzata nei suoi due esseri e mai come ora condividere i sogni ed i pensieri dell'Altro era un sintomono destabilizzante.
Eulalia ovviamente non tacque in tutto questo. Da quando aveva toccato e dormito sulle pagine datele da Thorn, la ragazza si ritrovava spesso persa in pensieri non suoi o a sognare ad occhi aperti. I bambini. I dannati bambini erano la chiave di tutto, ma le emozioni dell'Altro erano così intense e sconquassati, i ricordi così vividi e travolgenti da rendere impossibile per la Lettrice una chiara comprensione della situazione.
Negli stralci di rimembranze e negli scritti, Eulalia era troppe cose diverse. Una specie di istitutrice in un orfanotrofio, una maestra di vita, una scrittrice frustrata, una divinità. L'unico filo chiaro che non si intrecciava in troppe varianze erano le note del Portiere, e la sua paura. Il terrore estremo per uno degli infanti era la cosa più nitida.

"Fottuti ragazzini, e se da re del mondo ne divenissero despoti? Quel fottuto ragazzino, lui è diverso."

"Ci sarà una volta, fra non molto tempo, un mondo che vivrà finalmente in pace”.

Un mantra fastidioso ormai, con cui Eulalia la tormentava senza sosta. E c'era qualcosa di disperato nel concetto di pace che intendeva, come se fosse più qualcosa di simile ad un'ultima speranza che un mero augurio. Fu allora che la Lettrice ebbe un'epifania: Dio aveva creato i misteriosi bambini, ma evidentemente non aveva condiviso con l'Altro dove sarebbero potuti arrivare e come il portiere viveva corroso dalla paura, anche Eulalia era sfregiata dall'incertezza.
La mattina del terzo giorno, Ofelia riemerse dalle sue letture estenuanti decisa a dare una svolta all'impasse in cui si era cacciata. Aveva bisogno di leggere i fogli di Thorn, ma nel senso più classico del termine, senza emozioni, ricordi o visioni annesse, solo le parole, in modo da valutare di logica a cosa fosse di fronte, senza i sussuri molesti dell'Altro ad intrecciarle i pensieri.
Questo però richiedeva un aiuto esterno, e l'aiuto era complicato.

-Quindi pensate di aiutarmi oppure no?- spazientita Ofelia, non voleva giocare ad un logorante tira e molla dialettico con Mediana, aveva troppo poco tempo al momento.
-Dipende- disse lei con tono suadente e fastidioso al tempo stesso, - voi pensate di darmi Sir Henry come promesso?-
-Siete seria? Dopo quello che è successo non pensate che abbiamo scoperto qualcosa di importante per il nostro fallimentare piano?- ritorse l'Alchimista con quanta più determinazione le era possibile, il tono convincente e la postura ferma.
-Voi avete fatto un'idiozia, è innegabile, ma direi che possiamo aggirare le cose. Il piano è ancora in corso-
-Il piano è naufragato!- sbottò, brutto errore, -il vostro prezioso Sir di Lux è pieno di artefatti, non possiamo tentare ulteriori manovre, sto ancora pagando le precedenti ripecussioni- la voce saliva di tono e Ofelia fu certa che l'apprendista l'avrebbe registrato, doveva essere meno emotiva, meno appassionata, era un problema tattico non altro. Difficile.
Nella sua testa risuonava il mantra: non puoi toccare Thorn!
-Questo non è un mio problema, un accordo è un accordo. E io non ho ancora messo le mie mani su Sir Henry- suadente, volutamente tale, insinuante. Ofelia si ritrovò in imbarazzo, finendo per sentirsi una ragazzina sciocca.
Il suo rapporto con Thorn era tante cose, tutte molto platoniche e caste. Erano passati anni e si era interrogata anche su questo aspetto della sua disastrosa vita coniugale, Ariane aveva commentato ampiamente in proposito, ed in modo stranamente cauto anche Astarte aveva detto la sua.
La sua attrazione per il Drago era... ineffabile. Non definita.
-Non ho modo di aiutarvi, non al momento- tagliò cortì di botto la lettrice, mentre la sua mente vagava in concetti non utili alla situazione. Incrociò le braccia al petto e fissò Mediana.
-Pensate ad un modo e ci accorderemo meglio- non cedeva e ora sembrava anche più ostinata.
-Benissimo mi troverò qualcun altro- azzardò un bluff Ofelia, era alle corde, - infondo sappiamo tutte e due che il vostro sapere è nato da uno scambio, non da conoscenza realmente acquisita- pungolò con un che di perfido, alla Astarte. Tocca dove fa male.
-Se fosse così facile lo avreste già cercato- nascondeva l'incertezza, ma questo era un recupero.
-No, voi eravate la scelta più facile, salirò di livello, non mi lasciate scelta no?- ammiccò persino l'Alchimista, il suo mentore avrebbe potuto dirsi fiero. Thorn e l'imbarazzo accantonati da un lato e totale concentrazione sull'evento in corso.
Il tocco finale fu fare due passi laterali, come ad accennare il congedo prossimo.
-Vi darò un indizio- ruppe lo stallo Mediana, rabbiosa sottopelle per la quasi sconfitta, -non tutta la lettura, mostratemi la pagina. Una sola- perentorio l'appunto finale.
Ofelia capì subito che non avrebbe ottenuto altro e si limitò a mostrare la pergamena.
L'apprendista si sporse flessuosa, si prese un lungo momento per valutare cosa dirle, come ridurre all'osso l'indizio.
-Sono titoli e piccoli pezzi di sinossi. Testi di un certo E.D.-
-E.D.?-
-L'autore- tono derisorio.
-Simpatica, ma capite che è vagamente inutile tutto questo-
-Siete voi che mi avete dato questa pagina, non io- sogghignò l'altra, tronfia della stoccata inflitta.
La Lettrice sbuffò, poi si ricordò parte di uno dei sogni e mossa quasi da un'entità esterna indicò un rigo oltre la seconda metà.
-Questo, se proprio deve essere inutile, vediamo di capirne uno- riuscì a fingere una voce disinteressata, sconfitta magari, visto il fallimento nell'ottenere informazioni. L'ego di Mediana ne ebbe giovamento.
-Come volete, alchimista- sfottè sorridendo furbetta, sporgendosi. - direi, non il migliore della lista: l'Era dei Miracoli. È un racconto che descrive gli inizi del nuovo mondo, come progetto o come visione. Questo E. D. non era un autore molto originale da quel che leggo qui. Perché vi interessano i suoi libri?-
-I perchè non sono parte della nostra cooperazione, e qui continuiamo nell'inutile. Comunque va bene, mi ritiro, spero avremo un'occasione con sir Henry, ma non sono certa sarà fattibile- Ofelia volle ribadire gli impedimenti del tutto.
-Dovete – calcò, - trovare il modo-
-Per tutte le famiglie Apprendista! Perchè non provate a sedurlo come con alcuni degli altri- questa uscita fu più graffiante, esasperata persino, ma la ragazza rise.
-Perchè sir Henry non sembra essere umano. Non ha pulsioni o attrazioni, solo dedizione metodica-
Lo disse piattamente, come se fosse ovvio per tutti, ed era così al Memoriale, ma la cosa tragica è che la descrizione calzava tragicamente a pennello che fece male ad Ofelia. Thorn l'amava e sembrava attratto da lei, ma niente poteva invadere i suoi piani. Stupidamente si bloccò.
-Pensieri strani Alchimista?- sfottè di colpo Mediana.
-Solo irritati, è tutto più complicato. A presto allora- dovette congedarsi rapidamente o la facciata non avrebbe più tenuto. La Lettrice avrebbe sbottato in difesa di Thorn come un'adolescente infervorata per la sua prima cotta.
Nell'allontanarsi a spron battuto però, Ofelia si ritrovò a fare i conti con le sue emozioni. Nel suo animo si sentiva ragazzina e dopo gli anni passati ad Albedo, il senso di banalità di una prima cotta finita strana prendeva brutte pieghe nella sua mente, antri oscuri. Come se Thorn, a causa delle catastrofi che li avevano coinvolte, fosse diventato l'amore indiscusso che si imponeva di avere e non viceversa, che il suo amore fosse indiscusso anche nelle catastrofi.
Umiliante.

...

Il giorno dell'incontro arrivò fin troppo rapidamente. Il quartiere residenziale abbandonato aveva un che di sinistro e l'ordine delle strade non aveva un senso logico, trovare il numero 23 Terzo in vicolo chiuso fu un giro dell'oca non da poco, tant'è che Ofelia si prese in pieno un acquazzone estivo che la ridusse in uno stato pietoso di pulcino infradiciato. Senza la divisa cremisi da Alchimista si sentiva più piccola persino.
L'abitazione fatidica accolse la ragazza con una gracchiante voce di radio, che la mise sul chi vive:
«DOPO LA PIOGGIA IL BEL TEMPO».
Ofelia scoprì da dove proveniva. Un manichino articolato era in piedi contro la parete, così rigido, sottile e immobile da fondersi gli appendiabiti e gli armadi. Più esattamente la voce gli proveniva dalla pancia, dotata di forellini, mentre la testa era priva di occhi, naso e bocca. Come unico abbigliamento indossava una specie di berretto da capostazione con la scritta “visita guidata” ricamata sopra. Un automa.
Non osò chiamare Thorn, limitandosi ad insinuarsi nell'abitazione, che all'interno mostrava molta più integrità e cosa strana, aveva dell'accogliente. Non era un delirio di cocci e decadenza, come se qualcuno si prendesse la briga del suo mantenimento.
Passando dall'ingresso ncrociò lo sguardo del suo riflesso su uno specchio rotto fissato direttamente al muro. Per un attimo si osservò gli occhiali colorati di un grigio depresso, l'aspetto disastrato dal temporale ed i capelli appiccicati al viso. Un impiastro.
-Siete in ritardo, sapete?-
La voce metodica dell'Intendente la raggiunse e per Ofelia fu un battito mancato. Di nuovo si sentì ragazzina impedita, trovandosi a farfugliare invece che dire qualcosa di fermo e sensato.
-Qualcuno vi ha seguito?-
La domanda le diede fastidio, o meglio diede fastidio all'Alchimista.
-Non che io sappia-
-Ottimo. Non saremo disturbati- nonostante tutto controllò che fuori, sotto la pioggia, non ci fosse nessuno.
Ofelia osservò circospetta il profilo ombroso di Thorn. Si era pettinato e rasato, e aveva elegantemente sistemato l’armatura della gamba con il pantalone, quasi a ridurre al minimo la visuale di questa. Non aveva l’aspetto di un uomo bistrattato preso solo da numeri e lavoro. Dentro di sè la ragazza apprezzò il tocco, ricordandosi subito dopo di essere grondante d'acqua.
-Vi accendo una stufa, venite- propose lui impacciato. Non gli veniva naturale essere premuroso, erano gesti costruiti, non fluidi.
La lettrice lo seguì verso un ampio divano, nei pressi della stufa. L'accensione di questa si stava predendo il ruolo di protagonista nella loro conversazione così lei si sentì in dovere di parlare.
-Venite spesso qui?-
-Non ultimamente- troncante, come sempre.
Ofelia continuò.
-E' molto pulito, per una casa abbandonata-
-L'automata è programmato per la manutenzione, fa tutto da solo-
-Anche se non siete il proprietario?- stranita, la curiosità da Erudita a volte usciva e schiacciava le emozioni incespicante della ragazzina dentro di lei. Quella che era ancora al Polo, con il cuore in gola.
-Parrebbe... la casa è il prorietario, per quanto possa avere senso-
Niente non si andava avanti, l'Intendente era incriccato con la stufa e si impediva di voltarsi a guardare Ofelia. Questa era davvero infreddolita e fu lieta delle vampate di aria calda, ma non aveva cambiato tre trasporti per un imbarazzato silenzio.
-Io...-
-Vi porto qualcosa con cui asciugarvi un po', scaldatevi- l'ancipitò lui in un pessimo incastro di tempistiche. Con passi ampi fu fuori dal salotto. La ragazza sospirò frustrata.
Alla fine si godette il calduccio e si sfilò la casacca e le scarpe, restando spartanamente in camicia e pantaloni. Stava lavorando sul rabboccarsi le maniche quando un tono acciaio dell'altro la bloccò.
-Cosa state facendo?- era sconcertato e allarmatissimo, la presa sul'asciugamano di spugna serrata.
-Chi? Cosa?- perplessa si guardì intorno come in certa di un intruso.
-Voi per il cielo, voi! Che fate?-
-Sono fradicia, spero che qualcosa si asciughi- la risposta uscì disinvolta, come era disinvolta a girare mezza svestita durante l'addestramento. Il pudore era cambiato e non era cambiato, dipendeva dalle situazioni.
Di colpo però fece mente locale allo sconvolgimento di Thorn quando gli aveva chiesto di togliersi la camicia e computò. Effettivamente la camicia bianca era trasparente e lasciava in bella vista cosa c'era sotto, non granchè a dire il vero, ma non era questo il problema al momento.
-Passatemi l'asciugamano per favore- disse infine coprendosi al meglio e porgendo la mano. Lui eseguì a distanza, come se stesse trattando con un qualche animale randagio.
-Meno male che siamo sposati- uscì da sola, sarcastica purtroppo, un commento tipico per l'Alchimista, non per la Fidanzata del Polo.
-Vi spogliate spesso con uomini nei paraggi?- la domanda era vibrante e gli occhi duri come l'acciaio.
-Secondo voi?- tono seccato, non voleva litigare, non voleva proprio.
La risposta era "si", ma con circostanza attenuanti, qualcosa che non poteva spiegare in un dialogo frontale con l'Intendente.
-Temo di non avere la risposta- insistette altero
-No, non mi spoglio con uomini in giro- rispose un po' con sufficienza, ma evitò toni troppo irritanti, non voleva una caduta libera in un litigio, non ora. Non dopo aver fallito con i documenti.
-Potete girarvi sono coperta- annunciò infine. L'ampia servietta si era fatta tipo un vestito, e così aveva potuto mettere la camicia ad asciugare per intero.
Thorn sembrò a disagio anche da questa manovra, ma non criticò, rigidamente si sedette all'altro capo del divano. Ci fu di nuovo uno strano silenzio.
-Lady Septima?- chiede lui per andare su qualcosa che sapeva gestire.
-Ancora in attesa di sentenze addizionali- rispose lei, delusa forse, ma questo era Thorn e il suo modo di gestire l'eccesso nelle emozioni.
-Capisco-
-Ho "letto" le pagine, per quanto possibile. Credo che ci siamo, ma i libri sono un problema, quale sia il libro davvero necessario è complesso, a quanto pare però avete tutti i titoli che vi servono, o tra quelli che avete vi è quello che vi serve- cedette al lato tattico del loro incontro, il tono meno depresso e più focalizzato. Con una mano intanto si strizzava e strigliava i capelli rossicci bagnati.
-Spiegatevi meglio- ecco il preciso Intendente deciso a districare l'inghippo, le emozioni impacciate di colpo svanite, si era persino girato verso Ofelia. Questa intanto aveva aperto la borsa e mostrato le pergamene.
-Ve le rendo- disse pacata, - il testo che vi serve è l'Era dei Miracoli, lo dico perchè parla della creazione del nuovo mondo e andando di logica è quello che definisce Dio e le famiglie, ma non ho modo di saperlo senza toccarlo. L'Altro però sembra molto legato al concetto- nonostante tutto cauta nel confessare di Eulalia, aveva sempre timore, nonostante si fidasse di Thorn.
-L'Era dei Miracoli- ripeté lui pensieroso, alzandosi un secondo per tornare con altri fogli e taccuini. Le si sedette ancora più vicino.
-Questo?- chiede vibrante, come ad un passo da una soluzione tanto cercata.
Aveva appena porto ad Ofelia una specie di disegno a tempere, che ritraeva la copertina del libro. Quello che sarebbe stato un libro per bambini con la copertina rosso porpora e il titolo in maiuscole d’oro:
CRONACHE DEL NUOVO MONDO
L’ERA DEI MIRACOLI
SCRITTO E STAMPATO NELLA CITTÀ-STATO DI BABEL
E. D.

Non appena Ofelia toccò il fin troppo elegante disegno il libro fu li, direttamente tra le sue mani.
-Come è...-
-L'Altro- disse Thorn con un sospiro di vittoria, - lo sapevo che non era più in giro, non per tutti almeno-
-Che volete dire!- smarritissima di colpo Ofelia.
-Qualcuno di Terra d'Arco ha cambiato lo spazio del libro, ma non solo, lo ha fatto con un sistema di riconoscimento. L'Altro evidentemente è ammesso alla lettura- pensieroso, preoccupato forse, il viso teso in un'espressione severa.
Ofelia non riuscì a reprimere il leggero brivido che nonostante i guanti le passò sulle dita mentre apriva quel libro che aveva originato così tante bramosie e disgrazie. Individuò sul risguardo il timbro del Memoriale. Non era un’esperta di carta come la zia Roseline, ma fu affascinata dall’eccellente stato di conservazione. Era difficile credere che risalisse a prima della Lacerazione. Possedeva forse le stesse misteriose proprietà dello specchio sospeso all’interno del globo del Secretarium?
Scorrendo le prime righe, non si stupì di poterle recitare a memoria:

Ci sarà una volta, fra non molto tempo, un mondo che vivrà finalmente in pace.
Allora ci saranno nuovi uomini e ci saranno nuove donne.
Sarà l’era dei miracoli.


Voltò le pagine una dopo l’altra con un’incontrollabile sensazione di familiarità, come se in passato l’avesse sfogliato più volte. Non aveva bisogno di leggere la storia per ricordarsela. Le tornò in mente che era divisa in venti brevi novelle, e che ognuna di esse raccontava la nascita di una nuova famiglia: i signori degli oggetti, i signori delle menti, i signori degli animali, i signori del magnetismo, i signori del verde, i signori della trasmutazione, i signori dell’incanto, i signori della divinazione, i signori della folgore, i signori dei sensi, i signori delle acque calde, i signori dei fenomeni tellurici, i signori dei venti, i signori della massa, i signori della metamorfosi, i signori della temperatura, i signori dell’onirismo, i signori della fantomizzazione, i signori dell’empatia e i signori dello spazio. Venti famiglie, venti poteri.
Erano racconti, solo racconti, ma i nomi, i luoghi citati, tutto era fastidiosamente reale. Una volta accettata l’idea rivoluzionaria che E. D. fosse riuscito ad anticipare l’avvento del nuovo mondo in un’epoca in cui le arche ancora non esistevano, le storie in sé non avevano alcun interesse. Non c’erano le istruzioni per assurgere al rango di Dio.
-Solo storie? No, no... forse l’informazione che stiamo cercando è in codice, forse è solo... - panico frenetico, erano arrivati così vicini ed era solo un vicolo cieco?
Thorn però non rispose, era totalmente concentrato sulle pagine che fotografava con gli occhi facendole sfilare a tutta velocità fra le dita. Era davvero una macchina in questo. Arrivato alla fine rimase per un po’ curvo sul divano, poi rivolse lentamente, molto lentamente, il suo naso da aquila verso Ofelia, vicini che le loro braccia si toccavano ora.
-Credo che dovreste leggere attentamente la fine- le consigliò con una voce che lei non gli aveva mai sentito. Ofelia si aggiustò gli occhiali sul naso per guardare l’ultima pagina nella quale, da quanto l’inchiostro era sbiadito, non si era accorta di una nota scritta a mano:

In attesa di giorni migliori, cari figli. Eulalia Diyoh.

Ofelia era sconcertata e con lei l'alchimista, lesse e rilesse quelle poche parole fino a che ogni particella del suo essere ne fu impregnata.
Eulalia Diyoh.
Diyoh.
Dio.
Eulalia era Dio. O meglio, Dio era stato Eulalia in un’altra epoca, prima della Lacerazione. Una mediocre scrittrice col cognome pronunciato male.
Ofelia lasciò cadere il libro sul tappetto. Un tonfo sordo, attutito.
Thorn di contro sembrava molto più calmo, sollevato di questa Loro scoperta, insieme. Eppure meditabondo.
-Pensare che ci sono morti per questo dannato libro mi fa infuriare- confessò con frustrazione, anche se era più l'Alchimista ad essere adirata. La lettrice si beava del fatto che avesse risolto l'enigma con Thorn e non in competizione a lui, e le sue dita lunghe ed affusolate fossero sulla sua mano, carezzevoli, nel suo modo impacciato.
-I genealogisti potrebbero avere più informazioni di noi, ma dovremo attendere- disse calmo, gli occhi sul tappeto, non a guardare il libro, solo per evitarsi di fissare i ricci di Ofelia che stavano asciugando ribelli ricadendogli sulla spalla sinistra nuda. Per evitare l'intreccio non proprio preciso della veste/asciugamano, i loro corpi vicini.
-Non voglio che siate in dissidio con me- sbottò di colpo lui, dal nulla.
Ofelia trasalì e lo fissò. Non stavano più parlando del libro.
-Mi rifiuto di vivere con la sensazione continua di mettervi a disagio- disse di colpo in tono ruvido. -Se sono i miei artigli a turbarvi... sono consapevole di non essere molto attraente... la gamba non mi impedirà di...- ingolfato, bloccato, frustrato. Stava letteralmente attraversando un calvario grammaticale.
I genealogisti e le possibilità da questi offerte vennero eclissati immediatamente da Ofelia. Guardava Thorn con occhi scostanti e sconquassati, un brutto miscuglio di imbarazzo e non imbarazzo, ragazza e donna. Senza rendersene conto si sfilò i guanti da lettura e gli prese il viso tra le mani per costringerlo a guardarla.
Fluida nei movimenti, cosa strana per lei, si sporse verso di lui, persino suadente.
Thorn trasalì quando Ofelia gli appoggiò le mani nude su entrambi i lati del viso. Era un individuo spigoloso sia di corpo che di carattere, senza mai una frase amorevole, un gesto galante o una battuta scherzosa, uno che preferiva la compagnia dei numeri a quella degli uomini. Anche se l'animismo della Lettrice aveva fatto miracoli sulle sue cicatrici non aveva riscritto null'altro.
Lo guardò dritto negli occhi, quei meravigliosi abissi color dell'acciaio e poi socchiudendo i propri si sporge a baciarlo con enfasi e trasporto. Un trasporto che sconvolse l'Intendente, che tuttavia si ritrovò a ricambiare piuttosto che fuggire.
Mai Ofelia l’aveva visto così intimidito, nonostante lui si sforzasse di non lasciar trapelare niente.
Dopo un lungo bacio che parlava di disperazione data dalla distanza, l'attirò a sè con rude veemenza, facendo venir meno parte dell'asciugamano, lasciando che lei affondasse nella sua camicia, ritrovandosi poi a farla scivolare sul divano per torreggiare su di lei con occhi incandescenti. Puro desidero, non più tenuto a bada, non più autodominato.
Voleva Ofelia, in modo gretto e possessivo. Doveva essere sua, perchè non poteva gestire altrimenti la sua esistenza ormai. Non più. Non avrebbe compiuto questo passo da solo, si sarebbe controllato, come sempre. Ma lei aveva chiuso le distanze per lui.
Il mondo smise di essere parola per farsi pelle e respiri.

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