Growing up

di Helen_Rose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La laurea di Roberta ***
Capitolo 2: *** Vittoria ***
Capitolo 3: *** Vittoria - The sequel ***
Capitolo 4: *** Famiglia allargata ***



Capitolo 1
*** La laurea di Roberta ***


A Bologna, Roberta si laurea. Finalmente.
Dopo 5 anni di sacrifici, studio, lavoro intenso per mantenersi e barcamenarsi tra due realtà distinte - quella dell'università e del lavoro da dipendente -, tenendo vivi i contatti col fidanzato a Milano e con le amiche, cercando di non impazzire nel mentre, fortunatamente Roberta può mettere un punto per quanto riguarda la carriera universitaria così ligiamente e appassionatamente condotta per poter aprire un nuovo libro: quello da ingegnere.
Intanto, si gode il meritato riconoscimento.

I suoi genitori e tutti i suoi amici più cari sono lì a festeggiarla, e in prima fila credo immaginerete tutti chi ci sia. Si può dire che, per quanto non avesse mai avuto dubbi sull'esito della carriera universitaria di sua moglie, Marcello sia persino più orgoglioso di Roberta rispetto ai suoi genitori: indubbiamente, la stimano molto e sono fieri di lei; principalmente il padre, Guglielmo, ma anche la madre, Livia, l'hanno sempre sostenuta e appoggiata nella sua scelta ... Ma non sono stati loro ad aiutarla a ripassare prima di ogni esame, magari mettendosi sul primo treno da Milano a Bologna, o vedendosela arrivare qualche giorno prima dell'appello, tutta trafelata e in crisi nera. Roberta era stata autonoma con lo studio fin dall'età di sei anni, e per quanto Marcello fosse intelligente, di certo non possedeva le competenze per aiutarla come se fosse un collega di studi, e non poteva neppure imparare quadernini di appunti a memoria per ogni materia. Ma a Milano era diverso: oltre a lui, aveva le sue coinquiline e amiche pronte a sostenerla. A Bologna, per quanto avesse legato con Ambra e alcuni colleghi, non si era mai sentita veramente protetta, coccolata. Era in una città splendida e in cui si trovava bene, ma non ci si sentiva davvero a casa.
Era di supporto morale che aveva bisogno.

Ecco che mettersi una fede al dito un anno prima della laurea era stata la sua scusa ufficiale per trascorrere qualche giorno a Milano, di tanto in tanto, ripassando con suo marito, che le preparava il caffè, le dava i pizzicotti se necessario, l'ascoltava fingendo di avere cognizione di causa di tutto ciò che lei diceva - ma per sicurezza, controllava sui manuali - e la guardava con molto amore. Ogni esame andato a buon fine era un po' come fosse una vittoria di entrambi, e Marcello era sempre il primo a sapere l'esito, anche se significava dover attendere un'ora prima che raggiungesse un telefono. I tempi in cui festeggiavano immediatamente erano purtroppo lontani, ma nei fine settimana recuperavano.

Perciò, quel ragazzo che si era diplomato in carcere all'età di 23 anni e che la gente guardava dall'alto in basso, nonostante fosse un giovane imprenditore con una società in espansione che aveva da tempo abbandonato le vesti di semplice cameriere, perché per gli altri sarebbe sempre rimasto tale, quando ode che Roberta si è laureata con 110 e lode, sente quel riconoscimento almeno un po' suo. In primis, però, pensa a come una donna laureata in Ingegneria col massimo dei voti, nel 1964, sia una specie più unica che rara, da mettere sotto una teca di vetro per tenere al sicuro quello che lui definisce, appunto, il suo "cervellone da ingegnere". Anche perché, diciamocelo, nel suo caso c'è da dire che oltre alle gambe E al cervellone, c'è molto, ma molto di più: un animo gentile, altruista, sensibile, forte e combattivo, ma anche fragile e complesso.
Lo pensava già nel giorno in cui hanno ufficializzato la loro unione, probabilmente anche da prima; ma è nel giorno che sa essere fondamentale per sua moglie, per quanto forse non il più importante, che si sente più che mai fiero di averla con sé.

Non c'è neanche bisogno di specificare che lo sguardo di Marcello sia il primo che Roberta cerca, una volta stretta la mano del Presidente della commissione, del suo relatore e di tutti i docenti presenti, ancor prima di quello della Barone, anche lei lì. Una volta trovatolo, si unisce con naturalezza a quello che è il pensiero di Marcello stesso: l'essere molto fortunati ad avere l'altro/a al proprio fianco.
L'abbraccio che si danno, quando lei gli si fionda addosso di volata, simboleggia la liberazione da quegli ultimi tre anni così complicati e il sollievo di non doversi mai più separare per più di pochi giorni, e solo se strettamente necessario: Roberta tornerà a Milano in pianta stabile, da oggi.                    Le congratulazioni di tutti gli altri, i fiori, i biglietti e i regali che le porgono, sebbene siano graditissimi, sono un contorno: se ha reso fiero di lei suo marito, ha vinto tutto.

Corre a salutare anche Armando e Salvo, che si sperticano in congratulazioni - per quanto neanche loro nutrissero dei dubbi - e si avvicina anche a Paola, che è riuscita a passare fuggendo letteralmente da un Consiglio d'Istituto. Dopo essere stata una Venere per qualche anno, ha capito di dover prendere il coraggio a due mani e di rispolverare il suo diploma magistrale. A 19 anni non si sentiva in grado di tenere una classe ed essere responsabile della formazione di giovani vite, ma la dolcezza e l'innata pazienza che l'hanno sempre contraddistinta, insieme a quel po' di esperienza maturata nel mondo del lavoro, l'hanno portata ad essere amatissima dai colleghi e, soprattutto, dai propri alunni. Certo, deve ancora imparare ad arginare il fatto che si approfittino della sua bontà.

Marcello raggiunge Rocco, che aspetta pazientemente che sua moglie la smetta di pavoneggiarsi, mostrando la pancia.
"A viri, chidda? Fa così davanti a voi, ma cu mia non fa altro che lamentarsi di quanto si sente gonfia, impacciata, brutta ... Bah" commenta Rocco, apparentemente stufo, ma senza riuscire a nascondere un sorriso tenero e profondamente innamorato di lei.                                                        "Coraggio, amico mio. Lo sai che tutte le donne in gravidanza si lamentano sempre; o almeno, così ho sentito dire. Irene ormai la conosciamo: sappiamo che esibisce sempre la sua versione migliore"
"Sì, Marcè, ma mi piacerebbe distribuire un poco la pena, sai. Poi, da quando sta a casa con la maternità anticipata, è una tragedia: si annoia, si lamenta, si annoia ..."
"Ormai è da diversi mesi che è incinta, no? A proposito, grazie mille per essere venuti nonostante non sia stato semplice, credo"
"Figurati, Marcè, per noi siete di famiglia. Sì, è di sette, quasi otto mesi. Spero nasca un maschietto, così ci posso insegnare le cose: a giocare a pallone, ad andare in bici …"
La frase rimane a mezz'aria, perché subito interrotta da Irene, che si è prontamente avvicinata in quel momento per intervenire: "E perché, a una bambina non potresti insegnare ad andare in bicicletta? Se te lo fossi dimenticato, anche io so andarci, e anche molto bene. Mi avevi osservata attentamente durante quella gara con Dora"
"Ma sempre in mezzo stai, tu?" protesta Rocco, alzando gli occhi al cielo divertito. "Comunque certo che mi ricordo, solo che se ti dicevo che eri la più brava, ti montavi la testa e dopo non proseguivi più bene"
"Ah, hai capito, Marcello? Giustifica con la psicologia spicciola il suo essere parco di complimenti. Raggiungo le ragazze. Adieu"
"Vai, vai, ché tanto lo sai benissimo che ero geloso di te come lo sarei della picciridda".

Marcello scuote la testa, divertito. Quei due non sono cambiati di una virgola: si punzecchiano, s'interrompono a vicenda, fingono di non sopportarsi, ma si amano alla follia e lo noterebbe anche un cieco. "Sarei contento pure di una femmina, dai. E poi, Irene sarebbe molto contenta, perché ci vorrebbe dare il nome di sua mamma. E se lei è felice, sai che c'è? Pure io lo sono. Però, matri mia, non c'è verso di farla stare ferma! Io cerco almeno di cucinare la sera, per sollevare la signora che ci aiuta e farla rincasare a un orario opportuno, ma non sempre mi riesce ... Ti confesso che mi sento combattuto, Marcè:" - a questo punto, il suo interlocutore si deve sforzare alquanto per non mostrarsi stupito dall'uso di quel termine forbito - "da una parte, non voglio che si stanchi, ma dall'altra vorrei tanto che cucinasse lei e risolvesse tutto!" ammette candidamente, sorridendo. "Per fortuna che mia zia, ogni tanto, ci manda delle conserve e dei piatti già pronti, a noi e ad Antonio ed Elena. Non ce la fa proprio a non prendersi cura di noi"
"Fa benissimo, Rocco. Anche mia suocera, la signora Livia, è un'ottima cuoca, ma non ha l'abitudine di deliziarci con manicaretti spediti. Mi rifaccio a Natale, a Pasqua e a volte in estate, quando siamo loro ospiti. Dev'essere lo spirito nordico, siamo freddi!"
"Può essere, Marcè: mi dispiace molto"
"Non preoccuparti, amico mio: sopravvivo. Sai che Roberta sta imparando a cucinare?"
"Ma lo sai che pure Irene? Per questo ti dicevo che un poco mi manca che ci pensi lei a queste cose: è diventata assai brava"
"Eppure, le amavamo lo stesso, anche quando erano due disastri ai fornelli"
"Quant'è vero, Marcè; quant'è vero. Di due cose non mi pento nella vita: di aver deciso di seguire il mio sogno di diventare ciclista, a Torino, e di aver sposato una ragazza che non avrà saputo cucinare, ma sapeva rendermi davvero felice con il suo amore" dichiara Rocco, sospirando, appagato.
"Parole sante, amico mio" conferma l'altro, ugualmente appagato e soddisfatto.
~
I coniugi Barbieri si dirigono al ristorante insieme a Rocco e Irene, facendoli salire sulla loro auto, in modo da assicurarsi che Irene non compia sforzi di alcun tipo e viaggi comoda. Mentre i due uomini proseguono con le loro chiacchiere, Rocco nel sedile del passeggero e Marcello alla guida, le due vecchie amiche tentano di sparlare senza farsi udire, nelle retrovie.
"Rocco non mi fa più alzare un dito: è una vera tragedia! Sono incinta, mica malata" protesta Irene sbuffando, ormai del tutto intollerante alle varie premure del marito.
"Ti capisco," - afferma Roberta sorridendo - "credo che al tuo posto impazzirei anch'io. Dicono che tutti gli uomini diventino così, quando si sentono responsabili della vita che cresce nel grembo della compagna. Forse perché non sono loro a proteggerla direttamente e vogliono rendersi utili, sai"
"Francamente, me ne infischio! Tra lavare due piatti e spolverare un po', sfogliare una rivista e sentire qualche amica al telefono, se non riescono a venirmi a trovare - non sia mai che mi muova di casa senza di lui! - finisco poi per annoiarmi tutto il giorno!"

Roberta la guarda teneramente; la stuzzica come avrebbe voluto fare ormai da tempo: "Ti manca il tuo lavoro, vero, Irene?"
L'amica sospira. "Sai, se qualche anno fa avessi pensato che potessero chiedermi una cosa del genere, avrei ritenuto folle chiunque avesse osato farlo realmente. Ma nella vita si cambia, e prima lavorando al Paradiso, poi nella boutique di Torino come consulente fidata delle nostre clienti, ho capito quanto mi piaccia sentirmi parte di qualcosa di più grande, sentirmi stimata, apprezzata, anche utile. Una volta, il mio più grande sogno era quello di trovarmi un marito benestante per potermene stare in panciolle tutto il giorno, servita e riverita da cuoche e cameriere, crescendo qualche pargolo con un esercito di tate. La signora che abbiamo assunto da quando sono incinta è davvero gentile e competente, e mi fido a lasciarle in mano la mia casa; ma se era decisamente comodo quando stavo in boutique tutto il giorno, ora come ora mi fa sentire alquanto inutile nel mio territorio. Oddio, mi sembra di star parlando come la signora Agnese! Quanto ci godrebbe nel sapere che sono diventata una casalinga"
"Dai, Irene, ora non esagerare" la prende in giro bonariamente Roberta. "Sai bene che nessuna può capirti meglio di me: non so stare ferma e non potrei mai chiudermi in casa per tutto il giorno, se non per studiare. Ma si tratta di una situazione temporanea: tornerai presto alle tue abitudini, vedrai"
"Lo spero vivamente, perché non ne posso proprio più di questo stato di nullafacenza. E la tata - singolare - di certo non impedirà a me e alla mia bambina di stare insieme"
"Ovviamente. Sei sicura che sia femmina?"
"Mi piacerebbe che lo fosse, per poterla chiamare Diana come la mia mamma ...". Irene si riscuote immediatamente da quella confidenza così intima, che non è solita fare a persone che non siano il suo Rocco. Ma è troppo tardi. Roberta le ha già rivolto un sorriso comprensivo e ha stretto la sua mano destra nella propria sinistra. "Ti capisco, Irene. Penso sia una splendida idea. In futuro mi piacerebbe chiamare mia figlia Vittoria, come la mia adorata nonna materna. Però ne parlerò con Marcello ... Forse gli farebbe piacere chiamarla anche o solo Emma, come la moglie di Armando".
Il mettersi su suo stesso piano ha fatto sì che Irene non si sentisse più così strana e vulnerabile, e fa distendere il suo bel viso in un sorriso di gratitudine. A quel punto, però, le smancerie sono già andate troppo avanti per i suoi gusti, ed è nell'indole di Irene Cipriani sdrammatizzare a ogni costo:
"Insomma, deve proprio esserlo, altrimenti come potremo sottomettere Rocco?".
~
"Siamo arrivati, vero? È giunto il momento di scendere dall'auto, varcare la soglia di quel ristorante e dimostrare a tutti chi sia Roberta Pellegrino, ex Venere del Paradiso delle Signore, ora ingegnere. Coraggio, amica mia: entra a testa alta e, se mai ti chiederanno da chi hai imparato a vestirti con tanto gusto e a valorizzare il tuo meraviglioso portamento, ricordati sempre di rispondere che hai appreso tutto dalla migliore: Irene Cipriani, ex modella; allo stato attuale delle cose, una mongolfiera".
Roberta non ha fiatato per tutta la durata dello sproloquio di quella matta della sua amica, perché troppo impegnata a ridere a crepapelle. Irene è sempre Irene; neppure gli ormoni della gravidanza potrebbero mai cambiarla e, come ama ripetere Roberta, soprattutto da quando l'ha conosciuta meglio, lei e Marcello potrebbero fornire al genere umano un carico di autostima esplosivo e destinato a durare per decenni.
"Certamente, cara: lo farò" si limita a rispondere. I mariti si voltano, perplessi. Se solo sapessero ... Ma Roberta ride troppo per potersi spiegare, e Irene fa spallucce, con un sorriso ironico ben mascherato.
"Mah, beato chi vi capisce ... Coraggio, fanciulle. Signorina Cipriani ... Uhm, beh, ci siamo capiti, porga il braccio al suo sposo. Signora Barbieri, mi concederebbe l'onore?"
"Marcello ... Sai che tengo al mio cognome"
"Scusami, hai ragione", fingendosi offeso.
"Ma solo per oggi, ti concedo di dirlo, via".
 

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Capitolo 2
*** Vittoria ***


I risultati delle analisi richieste dalla ginecologa parlano chiaro. È incinta.
Lo sapeva. Se lo sentiva fin dal terzo giorno di ritardo del ciclo che il motivo non poteva essere nient'altro che quello. Non perché solitamente avesse un ciclo mestruale regolare, anzi: era una delle poche cose sulle quali non riusciva ad esercitare il proprio controllo; l'altra era la sua attrazione verso il marito, che nei loro ultimi rapporti, a quanto pareva, aveva dimenticato quel piccolo, eppure fondamentale accorgimento ... Necessario se, come Roberta, si era convinti di avere ancora qualche anno davanti a sé, prima di doversi confrontare con le responsabilità, ma soprattutto, le rinunce della maternità.

Adorava e venerava profondamente la professoressa Barone, sua mentore in tutto e per tutto, meno che nel lato umano: Roberta aveva lavorato molto su sé stessa per abbattere i propri preconcetti, secondo i quali si sarebbe fidanzata e sposata solo dopo la laurea, formando una famiglia; tanto che durante l'università si era fidanzata per ben due volte, addirittura sposandosi prima che la Commissione della sua sessione di laurea pronunciasse il suo 110 e lode, con la Barone presente ... Eppure, ogni osservazione della docente rischiava di buttare giù i mattoncini che, con l'amore, il sostegno, la presenza costante e rassicurante di Marcello, stava costruendo, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Roberta teneva a e temeva molto il suo giudizio, e spesso, se un Marcello spazientito non fosse stato lì prontamente a ricordarglielo, rischiava di dimenticare che provenisse pur sempre da una donna cresciuta in una società dove davvero era necessario scegliere tra la carriera e la famiglia, rinunciando in partenza, qualora lo si desiderasse, a una felicità "completa", senza esclusioni alcune; quando Roberta faceva avanti e indietro tra Bologna e Milano, ad esempio, spesso la Barone le faceva notare come rischiasse di sottrarre tempo prezioso ai suoi studi. Chissà cosa avrebbe pensato, una volta appreso che la sua ex allieva più brillante era pronta a mettere da parte - se non altro momentaneamente - il posto da assistente universitaria, guadagnatosi pochi mesi prima, così faticosamente, e per cosa? Per cambiare pannolini e allattare marmocchi. Se le donne della generazione di sua madre dovevano faticosamente accettare di non poter dare alla luce dei bambini, qualora la genetica non fosse a loro favore, per Roberta era difficilissimo il contrario.
Si sentiva già in colpa per aver chiesto un permesso di tre ore, quel pomeriggio: la motivazione addotta era una leggera influenza, ovviamente; ci mancava solo che decidessero di licenziarla per un eventuale falso allarme. È in panico totale.

Lei e suo marito ne avevano parlato, e Marcello stesso l'aveva rassicurata sulla propria assenza di fretta nel diventare genitore: lui, Salvo e Sofia si erano appena liberati delle infinite cambiali da pagare a Riccardo Guarnieri, nonché delle rate per l'acquisto della planetaria; senza contare il fatto che lui e Roberta avevano iniziato la vera convivenza da un annetto scarso ... Forse, avrebbero avuto bisogno di più tempo per assestare i propri ritmi ed equilibri, prima che venissero sconvolti da un neonato - o una neonata - pieno/a di esigenze. D'altronde, avevano sentito dire che non si fosse mai veramente pronti per la genitorialità ... Una di quelle frasi fatte che Roberta, personalmente, detesta, ma che spera con tutto il cuore che, almeno nel suo caso, risulti veritiera.

Si dirige verso casa a passo spedito. Aspetterà che Marcello torni dalla caffetteria per comunicarglielo di persona: desidera che sia il primo a saperlo, com'è giusto che sia; anche perché si sente un po' in colpa per non avergli anticipato che avrebbe fatto quelle analisi, ma preferiva che non rimanesse deluso, nel caso in cui l'esito fosse risultato negativo ... Non le piace mettere in atto sotterfugi con suo marito, né considerare il suo corpo come solamente proprio, dal momento che custodisce la vita del loro bambino; ma, ad essere onesti, Marcello vorrebbe diventare padre più di quanto lei voglia essere madre.
Inoltre, pur volendo, le dispiacerebbe disturbare Gabriella, che sicuramente sarà ancora in atelier. In quanto a sua madre Livia ... Le vuole un gran bene e la rispetta, come donna e come madre; ma per Livia, la benedizione di un figlio porta a un processo normale e naturale, e metterla in discussione, molto semplicemente, nella sua concezione non è proprio contemplato.
Forse per la prima volta nella sua vita, pur non essendolo realmente, Roberta si sente sola; non semplicemente sommersa, ma proprio schiacciata dalle aspettative altrui. Non sa dove inizino e finiscano le proprie. Si sente soffocare. Non sa come uscirne.

~

Roberta non è di certo diventata una massaia perfetta, per quanto si impegni e sia migliorata; ma se alle otto di sera, non solo non ci sono piatti pronti in tavola, ma non è nemmeno apparecchiata e non c'è nulla a cuocersi sui fornelli o nel forno, nel momento stesso in cui rincasa, Marcello capisce che qualcosa non va.
Sua moglie è seduta sul divano e fissa il vuoto davanti a sé. Vedendo un foglio aperto sul tavolino del salotto, e poi riconoscendo il logo dell'ospedale, quel povero ragazzo teme che la moglie abbia appena ricevuto una notizia terribile. Si affretta a raggiungerla e, con un cenno, le chiede il permesso di leggere. Roberta annuisce, pietrificata. Silenzio tombale. Lei è piombata in stato di trance da due ore. Dapprima, Marcello respira profondamente, inondato di sollievo; poi, appena realizza la ragione dell'immobilità della moglie, inizia a spaventarsi a propria volta, temendo che ci siano anomalie genetiche non riferitegli, nella famiglia Pellegrino, o che, molto più semplicemente, Roberta non abbia alcuna intenzione di diventare la madre del loro bambino. Questa prospettiva lo terrorizza più di ogni altra possibile. Hanno già affrontato l'argomento, certo; ma teme che trovarsi di fronte al fatto compiuto dia tutt'altro colore e sapore a quella notizia. Si siede accanto a lei, le circonda la vita con un braccio, deglutisce e pronuncia le parole più difficili che abbia mai dovuto dire a qualcuno, nonché a sé stesso: "Amore, decidi tu ... Non è obbligatorio ..."
Roberta lo ferma di scatto, riprendendosi, dandogli una carezza sulla guancia mentre una lacrima solitaria le percorre il viso stravolto dalla tensione, al solo pensiero di aver fatto spaventare in questo modo quell'uomo eccezionale, al di fuori di ogni aspettativa possibile, che senza chiedere nulla, le offre già un'orrenda via d'uscita: "Marcello, ma non dirlo neanche per scherzo. È fuori discussione, e non perché sia illegale. Non ho alcuna intenzione di liberarmene. Solo che non me l'aspettavo, ma non è colpa di nessuno: anche io avrei potuto stare più attenta, nel chiederti delle precauzioni... E dopotutto, siamo sposati"
"No, Roberta, ascoltami: non voglio che pensi che non ci siano alternative; non vorrei mai che, seppur in un altro senso, tu pensassi di dover agire in automatico ... Come fece mia sorella, rinunciando a Matteo, e per giunta perché sono stato così idiota da mettermi nei guai, invece di pensare che avrei potuto fare io da padre a quel bambino sfortunato, eppure amato". Si tratta di una delle più grandi ferite che Marcello porta dentro; una cicatrice che non si rimarginerà mai, e che gli è costata la vicinanza della sorella ... Sperava che, diventando padre a propria volta, avrebbe potuto in qualche modo rimediare, espiare questa sua colpa, ma se così non sarà ... O almeno, non subito, se si tratta solamente di dover aspettare che Roberta sia pronta.
"Marcello, frena: apprezzo il gesto, ma non puoi salvarmi sempre da qualunque cosa. O almeno, non dai miei stessi pensieri contorti, che mi tormentano, bloccandomi".

Marcello è sollevato e intenerito come poche volte nella storia del loro tormentato rapporto: "E quali sarebbero, sentiamo?".
Roberta si vergogna un po', ma sa che Marcello non la giudicherebbe mai, in nessun caso. Così, glieli elenca, uno a uno.
E lui la rassicura, smontando ogni sua - per quanto fondata - paranoia come solo lui potrebbe e saprebbe fare. Perciò, per ogni: "Non mi sento pronta per diventare madre", Roberta riceve un: "A cambiare pannolini, allattare, non far cadere i marmocchi dalla culla si impara, ma la tua naturale empatia e l'istinto di protezione e accettazione che hai tu, sono decisamente qualità materne che non si insegnano in nessuna scuola di mamme perfette, né in manuali educativi"; per ogni suo: "I figli separano, allontanano le coppie", c'è un "Non noi due" di Marcello; per ogni: "Chissà cosa penserà la Barone", la pronta risposta del marito è: "E tu lascia che pensi. Sei tu la campionessa, amore mio, non di certo quella vecchia megera"; e infine, per ogni: "Non riuscirò mai a essere l'assistente perfetta e la mamma perfetta", riceve un: "E tu dimostra al mondo intero che non tutte le belle ragazze possono essere solamente intelligenti e grandi lavoratrici, e non anche madri splendide, come so che lo sarai tu per nostro figlio" ...
"O figlia"
"Adesso sei tu che mi vuoi in piena crisi d'ansia da prestazione"
"E perché mai?"
"Perché dovrò assicurarmi doppiamente di essere talmente splendido da oscurare ogni possibile fidanzato nei paraggi e, così, costringendola a una vita monacale qui, insieme a noi, lontana da sguardi indiscreti"
"Mi fai paura, lo sai, sì?".
Ma è una domanda retorica, naturalmente. Perché nessuno conosce Marcello e le sue manie da cavaliere senza macchia e senza paura, geloso e protettivo incallito, quanto Roberta; così come nessuno conosce le più segrete insicurezze di Roberta, i suoi timori di essere inadeguata, imperfetta, meglio di Marcello, psicologo ad honorem.
"Di non essere come mia madre, lo so per certo. Ma ho paura di instillare in nostro/a figlio/a, inconsciamente, delle paure e dei blocchi creatimi da lei, che ho fatto tanta fatica a superare; per esempio, credeva che essendo così concentrata sullo studio, avrei scoraggiato qualunque ragazzo dall'avvicinarsi a me, perché troppo seria e seriosa. Ho il terrore di invitare i miei figli a divertirsi a più non posso come io non ho mai fatto, per reazione; anche se, va detto, sono stata incredibilmente fortunata" precisa, rivolgendo al marito uno dei suoi rari sguardi adoranti, dolci, consapevoli. "Ah, ecco, mi pareva; se uno scapestrato come me è stato addirittura intrigato da quella facciata da ingegnere senza cuore, vedrai che le ragazze non faranno alcuna fatica ad avvicinarsi a nostro figlio"
"E insisti ... Ne riparleremo. Seriamente ... Tu sei tranquillo? Non hai alcun timore?" domanda Roberta, preoccupata di averlo soffocato e di non avergli lasciato spazio.
"Beh" tentenna Marcello, che ha sempre preferito di gran lunga ascoltare piuttosto che aprirsi, per evitare di appesantire gli altri e di riportare a galla ricordi spiacevoli - Roberta lo sa, ed è grata di ogni piccola confidenza che lui le fa spontaneamente - "In realtà, la paura di assomigliare a mio padre è sempre in agguato. Ma ho avuto una madre splendida, poi una sorella altrettanto straordinaria a tenermi a bada; e conoscere Salvo, ma soprattutto te, mi mi ha dimostrato che non so prendermi cura solo di Angela, ma di qualunque persona a cui tenga davvero ... Sbaglio?".
Roberta sorride infinitamente. "No, non sbagli, amore mio. Complimenti: anche questo tassello mancante di autostima è stato completato. E tutto da solo. È finita la fase in cui ti sentivi indegno dell'amore e dell'affetto di tutti quanti. Sono fiera di te".
"Allora, che dici? Ci buttiamo in questa avventura insieme, signora Barbieri? Mi concedi di chiamarti così, per l'occasione?"
"Certamente, signor Roberta Pellegrino. So di essere insopportabile, egocentrica alle volte, monotematica, di oscurarti, ma sono pronta per qualunque avventura, con te. Tanto, ormai, dovrei averlo capito ad oggi"
"Che cosa, amore mio?" domanda lui, poggiando la sua fronte contro quella di lei.
"Che con te, non devo avere paura di niente. Per quanto abbia timore di cadere, ci sarai sempre tu a sorreggermi e smontare tutti i miei dubbi come fossero pezzi dei Lego"
"Sai che questa potrebbe davvero essere la cosa più bella che tu mi abbia mai detto?"
"Perché sei un uomo eccezionale e diventi indispensabile per me ogni giorno di più?"
"No, aspetta: qua mi serve il registratore che ti ha regalato Tina, per immortalare questo momento e riascoltarlo a ripetizione. Potresti ripetermelo, grazie?"
"Non fare lo stupido. Sarò poco romantica, ma non sono così parca di complimenti"
"No, quando mai ... Due volte all'anno. No, dai scherzo, vieni qui: dammi un bacio"
"Adesso sei ingiusto. Non te lo meriti"
"Hai ragione, almeno cinque volte all'anno. Ma mi raccomando, fai scorta almeno per questo piccoletto ... O piccoletta" aggiunge in risposta al suo sguardo minaccioso "che verrà: non vorrei mai che mi crescesse con complessi e cali di autostima"
"Uh, non avrà di che preoccuparsi: per ogni mio dubbio che potrei trasmettergli/le, e ogni trauma instillatogli/le, ci sarà sempre la carica di amore incondizionato e la tua personale riserva di autostima illimitata, a controbilanciare la mia stessa influenza"
"Ora che è tutto pianificato, posso avere 'sto bacio? Ti pare che debba supplicare?"
Eccolo accontentato, senza particolare sforzo, a dire il vero. "Ti amo, amore mio"
"Ti amo anch'io, più della mia stessa vita".
Roberta lo sa. Di questo vizio di anteporre gli altri sempre e comunque a sé stesso, non si libererà mai. È così che si dovrebbe amare, ma fino a un certo punto. Perciò ... "Ricordati sempre di non amare nessuno più della tua stessa vita. Nemmeno noi" lo rimprovera teneramente, indicando la sua pancia, ovviamente ancora piatta, ma in cui batte un cuore che la renderà felice più di quanto avrebbe mai potuto sognare.

~

 
È la notte tra il 23 e il 24 febbraio 1966, e Roberta non ha mai provato tanto dolore fisico in vita propria. Le contrazioni sono cominciate lentamente per poi intensificarsi sempre di più; ma già nel momento in cui le si sono rotte le acque, Marcello aveva in mano la borsa per l'ospedale, pronta da due settimane come minimo, e si era già lavato, vestito ed era pronto ad aiutarla a fare altrettanto. Varca la soglia della porta di casa come se ne andasse della loro vita e stessero fuggendo da un incendio; solo dopo si ricorda del fatto che, effettivamente, c'è sempre sua moglie che è rimasta indietro.

La corsa verso l'ospedale è alienante: per quanto non ci sia nessuno per strada, Marcello è in dubbio se accelerare, approfittandone, o mantenere una velocità moderata per non danneggiare Roberta e il/la bambino/a. Nel dubbio, è lei a dirgli di sbrigarsi, mentre respira profondamente e cerca di non pensare che sia la fine del mondo ... Perché è proprio questa la sensazione terribile che l'ha assalita.

"Pronto, Salvo? Sì, è nata, sì. Non ho neanche avuto il tempo di accorgermene: ho accompagnato Roberta in ospedale, siamo entrati in sala parto e il momento successivo ero lì a tenerle la mano per le ultime spinte. Sì, stanno bene, anzi benissimo, tutte e due. Sono io che non sto bene per niente, mi sento le gambe molli, mi gira la testa ... Sì, sono seduto. Sì, Salvo, tu avrai bisogno di un supporto extra, se sto messo così persino io. Mi chiedi perché? Sei ansioso in corpo, amico mio. E ora scommetto che starai cercando di camuffare il pianto. Sì, come no, ti è solo entrata la culla in un occhio. L'hai montata come ti ho chiesto? Sai che mi fido solo di Rocco, dopo il juke-box ... Seh, chiamami pure ingrato, ma appena tornerò a casa, la prima cosa che farò sarà controllare che sia tutto a posto. Sì, la mia bambina è bellissima, tutta sua madre. Come sta? Non è perfettamente rilassata, rosea e pimpante come te la vendono nei romanzi e nei film... Ma hai presente quella luce speciale negli occhi, che illumina il viso, di cui tanto si parla nelle neomamme e che tanto le faceva alzare gli occhi al cielo quando gliela menzionavano o, peggio, già in gravidanza le indirizzavano il famoso: 'Sei radiosa'? Ecco, quella ce l'ha. Sto attento a non dirlo troppo forte, però; mi ha già massacrato abbastanza per essere svenuto una volta e aver rischiato di ripetere l'esperienza una seconda. Neanche a doverlo specificare, mi ha risvegliato uno dei suoi ceffoni: non sia mai che, mentre una povera donna soffre, il suo compagno ci faccia la figura del rammollito, giustamente; è diventata un po' aggressiva, partoriva lei, in fondo. Ti giuro, non so cosa mi abbia preso. Ora vado, altrimenti me ne tira un altro - no, scherzo - se non passiamo del tempo insieme a Vittoria Emma, prima che le infermiere la portino a dormire e lascino riposare la sua mamma ... E me. Ci credi che ho dovuto litigare per essere ammesso in sala parto? Capisco le loro regole antiquate, ma se una partoriente senza mamma e senza amica deve stare sola piuttosto che con il marito, c'è qualcosa che non va. Grazie per aver precisato che sono comunque stato di scarsa utilità, sei un vero amico: avrei voluto vedere te, con 12 ore di travaglio. Vabbè. Potresti avvertire tu gli altri? Siamo entrambi esausti - ripeto, non lo dico a voce troppo alta, lo confido a te - e devo tornare dalle mie donne. Ah, sai che mi sembra di aver udito Vittoria Emma, tra un vagito e l'altro, pronunciare 'papà'? Come sarebbe a dire: 'Non è possibile'? Ma certo che è possibile: sono il primo e unico amore della sua vita, ricordatelo. Ehi socio: grazie di tutto ... Ti voglio bene. A dopo".

Si avvicina a Roberta e alla sua Vittoria con lo sguardo più orgoglioso e appagato che si sia visto sul viso di un padre, in quel reparto, perlomeno di recente. Ancora non riesce a capacitarsi che quella fortuna stratosferica sia capitata proprio a loro ... Ma soprattutto, a lui. E di essersela negata, tanto tempo prima, solo per la paura di affrontare le conseguenze che quel grande amore avrebbe avuto nei guai che stava passando, invece di lottare con le unghie e con i denti, senza sosta. Fortunatamente, l'idea di separarsi da Roberta era durata per non più di qualche settimana ... E fu anche lei a lottare con le unghie e coi denti,
fino all'ultimo istante in cui erano stati costretti a farlo per uscire da quell'incubo.

A quanto pare, Marcello non è l'unico ad avere rimorsi e ripensamenti. Roberta sta scrutando ogni centimetro della sua bimba:
"È perfetta, è la cosa più bella di questo mondo; ma come ho potuto avere dubbi?"
"La ami? Se la ami, non devi rimproverarti nulla. Sei una mamma in carne e ossa, da oggi in poi, senza possibilità di rinunciare"
"La amo più della mia stessa vita"
"Ma, dottoressa Pellegrino! Lei si contraddice da sola"
"Si dice che per i figli si facciano più eccezioni di quante se ne possano contare.
Sbrigati a darmi un bacio, neopapà. Ho la sensazione che stia davvero per cominciare l'avventura più imprevedibile, sensazionale e magica di sempre".

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Capitolo 3
*** Vittoria - The sequel ***


"Papà, posso farti una domanda?"
"Certo, piccola. Spara"
"Perché la mamma non è mai interessata ai miei voti, ai compiti che devo fare? Tu mi incoraggi e mi chiedi se ho bisogno di aiuto; sembra sempre che per lei sia uguale, se glielo chiedo io mi aiuta, sennò va a fare altro, e se prendo un bel voto è come se ne prendessi uno brutto o così così ... Non mi sgrida mai, ma non è neanche mai tanto contenta ... Perché?".
Marcello è stupito dal tempismo di questi interrogativi; d'altronde, con la mamma - e il papà - che si ritrova, non c'è da stupirsi che sia così precocemente sveglia, all'età di soli 8 anni. C'era da aspettarselo.
"Vieni, piccola: siediti in braccio a papà. Devi sapere che la tua mamma è sempre stata un piccolo genietto fin da quando era una bambina, proprio come te; anche lei sicuramente ogni tanto avrà preso un voto così così, ma non era proprio un'opzione"
"In che senso, papà?"
"Eh, diciamo che pretendeva sempre il massimo da sé stessa. Le piaceva molto studiare e il suo papà, il nonno Guglielmo, era molto fiero di lei; la tua nonna Livia, invece, siccome aveva una mentalità un po' all'antica e i tempi erano diversi rispetto a oggi, non era così tanto entusiasta dei suoi studi e preferiva che la mamma facesse altre cose, come cucinare, aiutarla a mettere a posto la casa ... Sai, quando io e la mamma eravamo piccoli, non veniva considerato fondamentale che le donne avessero studiato o sapessero lavorare"
"Ma come mai, papà? Voi mi avete sempre detto che studiare è importante"
"Infatti lo è, Vitto. Però, allora, le persone non la pensavano in questo modo; tutt'oggi, tante donne badano alla casa e ai figli perché si pensa che sia l'uomo a dover lavorare e mantenere la famiglia, mentre le mogli crescono i bimbi, preparano i pasti, rassettano e gonfiano l'ego dei mariti. Si pensa che siano capaci di fare solo questo"
"Mi sembra una cosa molto sciocca. La mamma è la professoressa più brava di tutte; zia Gabriella ha un atelier tutto suo, mentre la zia Irene fa la capocommessa ..."
"Esatto, piccola. Vedi, ognuno fa le proprie scelte, e non c'è nulla di male se una donna decide di stare a casa a crescere i suoi figli: è un lavoro anche questo. Ma non dovrebbe essere la sua unica scelta"
"Sono d'accordo. Me l'avete insegnato voi"
"E ti dirò di più: nessuno dovrebbe pensare che una donna non possa fare dei 'lavori da uomo'. Sai chi ripara i guasti in casa, se io sono in caffetteria con lo zio Salvo? La tua mamma. Sai chi ha deciso di studiare all'università una materia, ovvero l'Ingegneria, che si diceva - e tuttora si dice - fosse 'da uomini'? La tua mamma. Sai chi è stata negata ai fornelli, per tanto tempo? Sempre la tua mamma. Da ragazza, non aveva né tempo né voglia di imparare. Ricordati sempre che nessuno può dirti quello che sei capace o non sei capace di fare, Vitto: perché tu puoi fare qualunque cosa desideri, devi solo impegnarti tanto"
"Lo so, papà, me lo ripeti tutte le volte. Mamma è davvero fortissima"
"Io le dico sempre che è una campionessa"
"Però non hai risposto alla mia domanda".
Marcello ride di gusto. "Hai ragione, ma ci siamo persi in questo discorso, che però, in realtà, è collegato alla risposta che ti darò. Vedi, la tua mamma ha fatto molta fatica per far accettare a tua nonna che le piacesse continuare a studiare e lavorare. Da allora, ha deciso che, quando saresti nata, non avrebbe voluto metterti addosso aspettative di alcun tipo: quindi sì, ha fatto in modo di trasmetterti il valore dello studio e dell'impegno, ma non ha mai voluto che pensassi che desiderasse trasformarti in una piccola copia di sé"
"Non capisco cosa significa"
"Non dovevi per forza diventare una bimba iper studiosa come lo era stata lei. Quindi, ha deciso che io sarei stato il genitore presente da questo punto di vista, e lei quello imparziale: perché temeva che, si fosse mostrata delusa per un brutto voto,  tu pensassi di essere solo quel numero, e non una bimba con tante capacità e bei pregi caratteriali, indipendenti dalla tua intelligenza e dalla tua bravura scolastica"
"Intendi dire che non vuole farmi sentire in colpa, anche se magari lei ci rimane male comunque, ma mi vuole bene, no?"
"Forse è un discorso un po' complicato, piccola, ma devi proprio toglierti dalla testa il pensiero che la tua mamma non si interessi della scuola perché non ci tiene o non tiene a te; anzi, è proprio tutto il contrario. Semplicemente, non vuole metterti addosso delle pressioni, ma che se preferisci prendere un otto invece che un dieci perché vuoi giocare con una tua amica o imparare a cucinare una torta, lo puoi fare, e che lei sarà sempre e comunque fiera di te, anche se alla fine deciderai di diventare una moglie e mamma a tempo pieno, che vizia tutti i membri della sua famiglia con l'immensa dolcezza che si ritrova" conclude, coprendo la faccia di baci alla bambina più tenera che abbia mai conosciuto. Sì, anche più tenera di sua sorella, che per quanto amorevole, lo rimetteva sempre in riga. Vittoria è forse l'unica donna della sua vita a vederlo come un supereroe al 100%, e a rivolgergli solo complimenti e attenzioni: musica per la sua anima; la disperazione di una Roberta che vede demoliti i suoi sforzi di smontargli la coda di pavone. Ha comunque trovato chi gli alimenta l'ego.

"Senti, papà, ma perché tu devi essere il genitore che mi fa i complimenti?".
Altra risata. Messa così, è davvero comica. "Beh, io ho finito le superiori molto tardi, e sono comunque contento di averlo fatto. Diciamo che non sono sempre stato lo studente modello che era la mamma, ecco, quindi ha pensato che potessi essere un giudice più imparziale e meno pressante"
"Forse ho capito. Però mi piacerebbe che anche lei mi dimostrasse che è contenta"
"Sai, piccola, forse puoi provare a chiederglielo. Mi sembra di aver sentito la chiave girare nella toppa. Credo sia a casa. Intanto, vado a controllare se tuo fratello Andrea dorme ancora. Ha solo tre anni ed è in grado di creare danni enormi".

Vittoria si precipita giù dalle scale per accogliere la sua mamma. Roberta non fa neanche in tempo a salutare, che la sua bimba la sta già abbracciando entusiasta. "Ciao, amore! Che accoglienza! Com'è andata, oggi? Tu e il papà avete giocato?"
"Sì, mamma. Sai che stamattina ho preso 10 in italiano?"
Roberta accenna un sorriso: "Bene, brava".
Vittoria non si è accorta che Marcello sia dietro di loro, perciò sussurra per non farsi udire da lui: "Non fa niente, mamma; il papà mi ha raccontato tutto. Puoi dirmelo se sei felice del mio voto".
Roberta inarca un sopracciglio, rivolgendo uno sguardo interrogativo al marito.
"Per me è molto importante sapere che la professoressa più brava dell'università è contenta di me" ammette, timidamente, Vittoria, fissandosi i piedi per nascondere l'imbarazzo di ricercare spudoratamente l'approvazione di sua madre.
I figli hanno decisamente un gran talento nel far sentire in colpa i genitori, laddove c'erano solamente buone intenzioni.
Roberta abbraccia di getto la sua bimba.
"Ma certo che sono fiera di te, amore. Tantissimo. Era un tema? So che è la verifica che preferisci fare"
"Sì. Ho preso il voto più alto della classe, sai?" rivela, concedendosi di gongolare.
È arrivato il momento di far emergere un po' di orgoglio genitoriale represso per troppo tempo, benché Roberta sappia perfettamente che Vittoria non ha di certo ereditato da lei il dono di saper usare le parole: "Non avevo dubbi, piccola mia. Ma l'importante è sempre che tu ti impegni. Non mi interessa che tu prenda il voto più alto di tutti, ma il migliore per te stessa"
"Sì, lo so, mamma, me lo dici tutte le volte, ma potresti essere solo felice, per favore?".
Roberta non riesce a trattenere una risata di fronte a quella richiesta di una figlia fin troppo esasperata dalla sua correttezza.
"Hai ragione, amore. Sono fiera di te in modo incredibilmente imbarazzante" si sbottona Roberta, riempiendola di baci, mentre Marcello le guarda con l'espressione intenerita che spunta in modo istintivo sul suo viso ogni qualvolta sua moglie e i suoi figli interagiscono. Non che avesse dubbi sul fatto che Roberta sarebbe stata una brava mamma, anzi; ma era così piena di timori, e inizialmente, così poco espansiva, anche nel loro rapporto, che vederla abbattere pian piano le sue barriere lo rende fiero di lei; d'altro lato, con i loro bambini è sempre stata affettuosa in modo spontaneo, tanto quanto lui, e deve ammettere che questo, in particolare, non se l'aspettava troppo. Roberta aveva nascosto per tanto tempo a sé stessa - in campi che non fossero quello amicale, naturalmente - la sua naturale capacità di far sentire amate e valorizzate le persone, indipendentemente da tutto, e al contempo di spingerle a diventare la versione migliore di loro stesse. Temeva di non essere una buona guida per la loro bimba, tanto che aveva voluto estromettersi dalla sua vita scolastica quasi completamente, delegando a lui molti dei colloqui con la maestra; per quanto adorasse essere un padre presente e la fiducia accordatagli dalla moglie lo inorgoglisse - non era così comune che un padre si assumesse quelle incombenze, allora - , gli dispiaceva che negasse a sé stessa e a sua figlia, in quel frangente, la parte di sé così materna e rassicurante che la contraddistingueva fin da ragazza, e che ora Vittoria richiedeva esplicitamente di mostrarle ... A quanto pareva, come madre non era affatto male, e non avrebbe voluto vivere con nessun altro quell'avventura - come l'aveva definita lei stessa - così particolare, imprevedibile e arricchente che è la genitorialità, per lui.

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Capitolo 4
*** Famiglia allargata ***


Si dice che, se una grande storia d'amore non è tormentata, non sia una vera e propria storia d'amore; Marcello e Roberta lo sanno meglio rispetto a molti di noi. Lei, di certo, totalmente priva di vene tragiche, patetiche e melodrammatiche di sorta, se lo sarebbe volentieri risparmiata, ma tant'è.

Nel momento in cui il proprio fidanzato è ancora invischiato in loschi affari con un noto e pericoloso criminale qual era Sergio Castrese, detto il Mantovano - per quanto dovesse saldare vecchi debiti con cui avrebbe preferito non confrontarsi mai più -, non c'è molta scelta: o ci si lascia, o si cerca di stargli accanto nel processo.
Il termine non è casuale ...

Dopo aver lavorato per un mese per il Mantovano, e aver accennato la cosa a Salvo e Armando senza più tornare sull'argomento, né entrare nei dettagli, Marcello aveva deciso di lasciare andare almeno Roberta con una scusa, per poterle permettere di vivere la sua vita in pace, senza doversi preoccupare di star dietro a un avanzo di galera, forse prossimo a tornarci dentro. Era (È) fatto così: non sopporta(va) che qualcuno che ama(va) soffrisse, men che meno a causa propria; laddove poteva evitarlo, lo faceva prontamente, spesso e volentieri senza tener minimamente conto della volontà e dei desideri dell'altro/a, per protezione.

Peccato che avesse fatto molto male i suoi conti: allora, Roberta era, sì, una giovane donna intraprendente, orgogliosa e indipendente, ma anche molto sveglia e perfettamente in grado di individuare una menzogna eclatante come quella che Marcello le stava propinando; non era possibile che quel ragazzo così devoto e innamorato, improvvisamente, si rendesse conto di non voler avere più nulla a che fare con lei, di essersi sbagliato sul conto del loro rapporto, di voler tornare a fare lo scapolo impenitente. Se gliel'avessero detto all'incirca un anno prima, ci avrebbe creduto con fin troppa facilità; ma arrivati a quel punto del loro rapporto, Marcello aveva dato più dimostrazioni del dovuto del proprio amore incondizionato per lei.

Lo spinse a confessare e, di conseguenza, a costituirsi: avrebbe potuto collaborare con le forze dell'ordine, che sicuramente avrebbero apprezzato la sua onestà ... Per quanto un mese di viaggi illegali in Svizzera, purtroppo, non potesse essere cancellato. Marcello era alquanto restìo, ma seguì il consiglio della sua fidanzata e cercò di assorbire un po' della sua fiducia nella giustizia italiana. Peccato che, prima di chiudere per sempre i suoi conti con la stessa, la strada fosse ancora lunghetta.

Vennero ad arrestarlo, per interrogarlo e capire come procedere: se chiedergli di collaborare, tenerlo agli arresti domiciliari, consentirgli di vivere la propria vita con l'obbligo di firma quotidiano e restando a disposizione o ... Rinchiuderlo in gattabuia. Di nuovo, ma per un soggiorno più breve rispetto alla volta precedente, perlomeno.
Sta di fatto che Roberta aveva ingenuamente pensato e sperato che non si arrivasse a tanto: è proprio il caso di dire che fu colta alla sprovvista.

Di colpo, si era accasciata per terra. Non perché l'avesse visto fare a ogni eroina romantica che avesse visto in vita sua, al cinematografo, in maniera alquanto teatrale e, a suo parere, ridicola: non era un'eroina romantica, o perlomeno non si sentiva tale, né avrebbe mai desiderato doverlo essere e/o diventare. Ma al vedere Marcello scortato via dai carabinieri, con la morte dipinta in volto al pensiero terrificante di rivederla solo da dietro il tavolo di un parlatorio, e tuttavia, desideroso di non crollare davanti a lei, semplicemente non aveva sentito di avere scelta. Ogni cellula, ogni osso, ogni vena che aveva nel corpo le suggerivano quel gesto; aveva perso la capacità di reggersi in piedi, farsi forza, di non mollare, per lui. Aveva assecondato l'istinto e la debolezza che sentiva nelle gambe che le stavano cedendo, molto semplicemente. Purtroppo Marcello se n'era accorto, e i suoi 'Roberta' si erano sentiti per tutta Milano. Detestava il pensiero di averla ridotta in quel modo, di averla sottoposta a tale indescrivibile sofferenza; era questo, più di qualunque altra cosa, a farlo andare di matto, a farlo sentire in colpa, indegno di stare sulla faccia della terra, per quanto innocente. Eppure, non c'era assolutamente nulla che Marcello potesse fare per evitarlo, se non ritornare tutto intero, sano e salvo, a casa. Quando viene sottratto l'amore della propria vita, anche se si pensa e si spera che non sia per sempre, si sente spezzarsi qualcosa dentro di sé. Immediatamente. Il dubbio riguarda il coinvolgimento solo del cuore e dell'anima o dell'intero apparato cardio-circolatorio, ma poco importa. Ci si sente persi, prosciugati, devastati; anzi, il termine più consono sarebbe mutilati. È qualcosa di talmente inevitabile e automatico che raggiungere il pavimento è l'unica strada possibile; anche per avere un contatto con il freddo e risvegliarsi, si spera, potenzialmente. Si dice che dal fondo si possa solamente risalire; ma solo Roberta sa quanto le fosse costato rialzarsi da quel pavimento per affrontare tutto ciò che le stava capitando, con coraggio e a testa alta, come aveva vissuto la sua intera esistenza ... Sapeva di doverlo a Marcello e a sé stessa. Ma finché non se l'era sentita, era rimasta lì; avvolta dall'abbraccio e dal calore di tutti i presenti, Armando, Salvo, Gabriella, alcuni dei quali forse soffrivano quanto lei. Ma la persona a cui si era affidata di più era, quasi inaspettatamente, Agnese; non solo perché sinceramente affezionata a lei e a Marcello, o perché si autodefiniva la madre di un po' tutta la grande famiglia del Paradiso, bensì perché, per quanto le costasse ammetterlo e le facesse strano, viste e considerate le vicissitudini più recenti, quando Giuseppe partì per la prima volta, anni prima, si era sentita allo stesso modo, tramortita e dilaniata da quel dolore lancinante che non le lasciava scampo, né respiro. Ma Roberta e Marcello non erano Agnese e Giuseppe, grazie al cielo, e l'esito della loro storia, fortunatamente, sarebbe stato ben diverso.

Marcello fu rilasciato il giorno dopo: fu deciso che avrebbe collaborato con la giustizia per arrestare il Mantovano, facendo le consegne come se nulla fosse, e così avvenne. Fu stabilito che avrebbe continuato a vivere la propria vita normalmente, con l'obbligo di presentarsi quotidianamente in caserma per firmare, finché il processo non si fosse concluso.
Roberta fu chiamata a testimoniare l'investimento per mano degli uomini del Mantovano di cui era stata vittima, e si sentì più che mai felice di essere utile alla causa: aveva pensato lungamente se fosse il caso di intervenire mentendo, persino, per coprire Marcello, ma aveva capito che non avrebbe giovato a nessuno, oltre a essere illegale, e che la miglior cosa che potesse fare era dire la semplice verità.
Inutile specificare quanto Marcello fosse poco entusiasta all'idea di coinvolgerla ...
Eppure, la sua testimonianza si rivelò decisiva per dimostrare la portata del ricatto a cui era sottoposto, così come le confessioni di alcuni complici del criminale, a cui era stato promesso uno sconto sulla propria pena, se avessero collaborato: obbedivano al Castrese, ma in fondo non rispettavano né lui, né i suoi metodi ... Ci si può aspettare lealtà solo da chi ci ama, e la grande famiglia acquisita di Marcello ne era la dimostrazione.

Dopo quattro interminabili mesi, l'incubo che stavano vivendo vide finalmente vide avvicinarsi il suo capolinea definitivo.
Marcello fu completamente assolto, e potrete immaginare da soli l'euforia di Salvo, Armando e Roberta, che avevano assistito all'atto finale del processo e lo stavano attendendo fuori dal tribunale.
Quest'ultima, tuttavia, aveva un diritto di precedenza che il fratello e il padre di Marcello ben conoscevano e che non si sarebbero mai sognati di questionare. Finito il festeggiamento in piena regola, fu lei a costringerlo a staccarsi e salutare quei due poveri cristi, che avevano penato quanto lei e meritavano una ricompensa:
"Dai, amore, vai ad abbracciare Armando e Salvo, che non vedono l'ora"
"Ancora un secondo, amore mio. Non ti ho guardata per bene, mi sa. Come sei bella"
"Dai, non fare lo scemo; eravamo stati insieme fino a poche ore fa. Vai" mormora Roberta tra un bacio e un altro, sorridendo a 32 denti ma al contempo esasperata dalle attenzioni di Marcello, purché gradite.
"Se lo dici tu ... Ti amo più della mia vita"
"Odio questa frase e lo sai, ma in questo periodo sono arrivata troppo vicina a pensarla anche io, accidenti a te".
Non erano stati separati neanche per un secondo in quei mesi, tranne per ragioni incontrastabili, perciò non avevano effusioni da recuperare; erano 'solo' fuori di sé dal sollievo, dalla felicità, dall'ebbrezza.
E Salvo e Armando, la sua famiglia, quella che si era costruito e che gli era stata accanto in quell'anno terribile, specie dopo la partenza di Angela, non erano da meno.

Tutto ciò, per fortuna, ormai è solo un lontano ricordo. Più un brutto incubo, anzi, qualora capiti loro di ripensarci; ma tra il lavoro e quelle due meravigliose pesti a cui badare, accade di rado, fortunatamente.
Al momento, tutta la famiglia Barbieri - Pellegrino è impegnata a prepararsi per il battesimo del secondo bimbo di Salvo e Sofia, Luca. Il figlio maggiore, Giovanni, ha già sette anni, ed è felicissimo di fare da fratellone a quello scricciolino, nonostante rimanga un po' deluso dal fatto che non capisca ancora tutti i discorsi sulle macchinine e i supereroi che imbastisce apposta per intrattenerlo: ci vorrà tempo.

Marcello si sta sistemando il nodo della cravatta e si rimira allo specchio - un lusso che, negli anni, ha potuto concedersi sempre più raramente, tra pappe e orari di asili e scuole da rispettare - per controllare che tutto sia in ordine: Roberta, di suo, non era mai stata il tipo di fidanzata/moglie ossessivamente alla ricerca di un difetto, di un capello fuori posto o di un pelucco nella sua giacca, poiché, come amava ripetere - anche a vantaggio di Marcello, va detto - aveva cose più importanti di cui (pre)occuparsi; tuttavia, tutto ciò poteva risultare controproducente, se lui stesso non si controllava e ricontrollava sempre. Ecco che, appena Vittoria aveva raggiunto un'età sufficientemente adatta per poter emettere un giudizio, era diventata lei l'addetta al 'controllo qualità' dell'aspetto del suo papà. Va detto che, alla bambina, gli occhi non mancavano di certo - uniti a un cuore grande e riconoscente verso l'amore paterno, sia chiaro - e la fatidica domanda: "Papà, ma quando diventerò grande posso sposarmi con te?" non aveva tardato ad arrivare, con annessa l'inevitabile ma comprensibile delusione.

Ecco che l'esclamazione della sorella: "Come sei bello, papà! Stai proprio bene" non avrebbe potuto passare inosservata dal piccolo Andrea Francesco, che deve anche aver origliato una delle famigerate proposte di matrimonio, dato che, per non sentirsi da meno, all'età di soli tre anni sta rivolgendo alla madre più o meno la stessa domanda. "Mamma, il papà ha detto alla Vittoria che non si possono sposare i genitori ... Ma tu per me la fai un'... Un'ec..." cerca di ricordare quel termine complicato, senza successo, apparentemente.
"Un'eccezione, vuoi dire?" gli suggerisce prontamente Roberta, intenerita. "Amore, mi piacerebbe tanto, ma non è proprio così che funziona. La mamma e il papà sono sposati, e voi siete i vostri figli, e quando sarete grandi, vi sposerete con altre persone. È giusto così. Siamo parenti"
"Che cosa vuol dire 'parenti'?"
"Che abbiamo lo stesso sangue nelle vene, che siamo una famiglia, e lo saremo sempre e solo in questo modo. Tra genitori e figli non ci si sposa, è una regola. Siamo anche molto più vecchi di voi, sai?"
"In effetti, su questo hai ragione" osserva Andrea; a un bimbo di quell'età, uno di soli 10 anni più grande sembra un adulto fatto e finito, figuriamoci degli ultratrentenni.
"Ti prometto una cosa: che troverai una bravissima ragazza, che ti vorrà tanto bene e a cui vorrai tanto bene; sicuramente cucinerà molto meglio della tua mamma ... Ma prometti che mi vorrai ancora bene?"
"Certo, mamma" promette Andrea, senza sforzo, dandole un bacio sulla guancia.
"Tu e Vittoria siete i miei bimbi, e non importa con chi vi sposerete, o con chi sia sposata io, e lo stesso vale per il tuo papà: sarete sempre le persone che ameremo di più in assoluto"
"Più di quanto ami papà?"
Roberta finge di pensarci su. "Direi di sì, e per lui vale lo stesso; ma non ce lo diciamo a vicenda per non farci rimanere male"
"Ma se lo sapete già tutti e due!" protesta Vittoria, che ha sentito l'ultima parte del discorso, soddisfatta eppure contrariata. "Lo so, ma sai anche tu quanto piaccia a tuo padre essere un po' adulato" conferma Roberta, strizzando l'occhio in segno di complicità alla sua piccola donna, più matura di tante coetanee ... Di entrambe.

"Insomma, cosa state confabulando, voi tre, in bagno? È ora di andare!" li esorta il capofamiglia, solo di nome, a quanto pare.
"Oh, nulla di che ... Possiamo avviarci" risponde prontamente Roberta, sorridendo.
"Veramente, la mamma mi ha appena detto che, anche se non può sposarmi, vuole bene più a me e alla Vitto che a te" la corregge Andrea, rivolgendo uno sguardo furbetto al padre, che non tarda a prenderlo in braccio e a posarlo sul divano per sottoporlo a un attacco di solletico. Non lo farebbe mai con Vittoria: i suoi strilli si sentirebbero fino in Val d'Aosta.
"Ebbene, mio piccolo ometto, dovrò arrendermi di fronte a due rivali così incontrastabili. Ma la mamma è e resterà mia moglie; ti toccherà rassegnarti"
"È un buon com ... Com ... Quello, ecco" asserisce Andrea, spazientito di fronte alla seconda parola che non riesce a pronunciare nel giro di pochi minuti. Non sembra propenso a diventare secchione come la madre e la sorella, ma non ama sbagliare, per quanto gli capiti spesso, essendo così piccolo, e soprattutto umano.
"Compromesso" si affretta a completare l'affermazione suo padre, dandogli un bacio consolatorio e aprendo la porta per la sua piccola e la sua grande donna. 'La galanteria prima di tutto', sussurra al figlio.

A proposito di galanteria, appena incrociano Agnese davanti alla Chiesa, Marcello non può esimersi dal farle i complimenti per il completo che indossa.
"Anche tu, Marcello, mamma mia, come sei elegante. Brava, Robè, l'hai scelto tu?"
"Macché, signora Agnese; ultimamente, non ho il tempo manco di respirare ed è già molto se sono riuscita ad acquistare il mio abito, insieme a Sofia. Ho mandato Marcello e Salvo a sceglierlo insieme"
"Ma come ti fidi di questo tuo marito! Però, dai, lui e quel figlio mio hanno gusto"
"Hai visto, nonna, com'è bello il papà?" si affretta a inserirsi una fierissima Vittoria.
Marcello sorride, senza commentare; non può di certo pavoneggiarsi di fronte alla figlia di 8 anni come farebbe con la moglie, ma l'adorazione della bimba lo rende fiero.
"Ma certo, gioia, sta benissimo. Ora vedrai pure zio Salvo com'è elegante"
"Sono già arrivati, nonna?" chiede Andrea, impaziente di vedere lo zio, a cui entrambi i figli di Marcello sono affezionati, ma il bimbo in particolar modo, dato che zio Salvo, tra le altre cose, è il suo padrino di battesimo, insieme a zia Angela.
"Certo, gioia mia, vai pure dentro la Chiesa" risponde Agnese, con un grande sorriso, mentre Roberta accompagna i bambini.
È fiera di essere considerata la nonna di quei due bimbi così educati, figli di due bravi ragazzi; inoltre, Marcello per lei è davvero come un figlio, non solo per via del legame di entrambi con Armando.
Dal canto loro, Marcello e Roberta non potrebbero essere più fieri della loro famiglia acquisita: i genitori di lei vivono a Trofarello e, dopo così tanti anni, per loro sarebbe traumatico un trasferimento, perciò vengono a trovare i nipoti quando possono, e viceversa la famiglia della figlia va in visita, ma non sono presenti nella loro quotidianità come Armando e Agnese. Al Paradiso, il concetto di grande famiglia allargata, dove non conta il sangue ma i sentimenti, è sempre stato rappresentato emblematicamente anche dai singoli rapporti instauratisi; i due anziani membri della squadra non cessano di essere un punto di riferimento per le giovani coppie, che non potrebbero esserne più felici.

"Eccoci qua!" annuncia Rocco, trafelato, con Diego Armando per mano da un lato e Diana Bice dall'altro, che corrono tenendo il suo passo, pur stando attenti a non sgualcire i loro vestiti da cerimonia, come si è raccomandata la loro mamma; anche perché Irene ha faticato non poco per convincere il dottor Conti a creare una linea per bambini grandi, rassicurandolo sul fatto che i reparti sarebbero comunque stati riorganizzati in maniera funzionale.
"Finalmente!" li accolgono Agnese e Marcello, sorridendo ai nipoti; anzi, per la precisione, Agnese li afferra a turno e se li sbaciucchia per bene, mentre Marcello si limita a dare il cinque a Diego e a fare i complimenti a Diana per il suo cerchietto.
"E Irene?"
"Lassa stari, zì. Quella ha deciso che proprio di sabato pomeriggio doveva controllare le ultime forniture di camicette di stamattina; come se le clienti venissero urgentemente a chiederle di domenica, hai capito? E io a ripeterle cento volte che avremmo fatto tardi, che non era il caso; ora mi sa che ci raggiunge. Idda mi aveva avvisato, che a lei le responsabilità ci danno la carica, ma chi se lo immaginava che la mamma dei picciriddi sarei stato io!"
"Su, Rocco, non essere melodrammatico; con queste donne in carriera bisogna avere pazienza, e te lo dico io che ne so qualcosa" lo rassicura Marcello, dandogli una pacca di cameratismo sulla spalla.
"Sì, Marcè, ma oggi battezziamo nostro nipote e siamo per giunta i padrini! Per Giovanni chiesero ad Antonio ed Elena, ma idda voleva essere in anticipo, mannaggia!"
Agnese sta cercando di non scoppiare a ridere per non sminuire le lamentele del nipote, ma da quando Irene è capocommessa - dunque, perlomeno da un decennio, dato che prima di avere Diego avevano vissuto a Torino - , Rocco non si dà pace di fronte allo stakanovismo della moglie che, per quanto capomagazziniere, non lo tange minimamente. Follia, per lui!
"Dai, andate dentro; credo che Roberta vi abbia già tenuto dei posti per i picciriddi. Io vengo tra poco; aspetto gli ultimi invitati. Salvo avrebbe voluto rimanere qua fuori, ma proprio oggi, Luca pare inconsolabile e si calma solo con lui" li istruisce Agnese.
Fortunatamente, non si sono create situazioni imbarazzanti, dato che tutti i membri della famiglia, consanguinei e non, hanno comunque avuto un ruolo nella storia di Salvatore e Sofia: i loro testimoni di nozze erano, rispettivamente, Marcello insieme a Rocco e Antonio, e Roberta insieme a Irene e Tina.

Finalmente, Irene li raggiunge e, con la sua presenza, la cerimonia può avere inizio.
Rocco la accoglie con un cipiglio irritato, ma appena smettono di fare caso a loro per concentrarsi sulle parole del prete e sul piccolo Luca, si avvicina al suo orecchio e le sussurra: "Mannaggia a te, mi hai fatto dannare, proprio oggi ... Quantu si biedda, però" aggiunge, con un sospiro rassegnato.
Lei fa un sorrisetto malandrino. "U sacciu" risponde, semplicemente, compiaciuta.
Gli altri si stupiscono sempre quando si lascia andare a quelle poche espressioni sicule insegnatele da Rocco, ma a Irene piace così tanto imparare la sua lingua. È sicuramente una moglie complicata da gestire, ma se Rocco e Marcello avessero voluto ripiegare sulla semplicità, avrebbero potuto benissimo fare affidamento rispettivamente su Suor Maria e su Mirella.

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