Ogni Parte Di Te

di Lita_85
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro Fugace ***
Capitolo 2: *** Villa Smeralda ***
Capitolo 3: *** Paura D'amare ***
Capitolo 4: *** Buoni propositi ***
Capitolo 5: *** Al Chiaro Di Luna ***
Capitolo 6: *** Consapevolezza ***
Capitolo 7: *** Confessioni Pericolose ***
Capitolo 8: *** Sentimenti contrastanti ***
Capitolo 9: *** Solo Tu ***
Capitolo 10: *** Alla Deriva ***
Capitolo 11: *** Innamorarsi ***
Capitolo 12: *** Seconda Possibilità ***
Capitolo 13: *** Lucidità Mentale ***
Capitolo 14: *** Le ragioni del cuore ***
Capitolo 15: *** Piani Di Battaglia ***
Capitolo 16: *** Giudizi Universali ***
Capitolo 17: *** Lapsus Freudiani ***
Capitolo 18: *** Sfumature Di Blu ***
Capitolo 19: *** Le Bugie Della Ragione ***
Capitolo 20: *** L'illusione Di Una Parola ***
Capitolo 21: *** Scomode Verità ***
Capitolo 22: *** Gabbia Di Cristallo ***
Capitolo 23: *** Ti Sento ***
Capitolo 24: *** La Tabellina Del Sei ***
Capitolo 25: *** Ricordati di me ***
Capitolo 26: *** Il Mio Mondo ***
Capitolo 27: *** Quando Tu Trovi Me ***
Capitolo 28: *** Cadere A Pezzi ***
Capitolo 29: *** Scelte ***
Capitolo 30: *** Ragionevole Comprensione ***
Capitolo 31: *** Tacita Richiesta ***
Capitolo 32: *** Oltre i miei pensieri ***
Capitolo 33: *** Ad un passo dal suo cuore ***
Capitolo 34: *** Meravigliosa Confusione ***
Capitolo 35: *** Casualità ***
Capitolo 36: *** Ogni Santa Volta ***
Capitolo 37: *** Istantanee d'amore ***
Capitolo 38: *** Qualcosa Di Stupido ***
Capitolo 39: *** Rimani ***
Capitolo 40: *** Pedine Del Fato ***
Capitolo 41: *** Sorridente Truffatore ***
Capitolo 42: *** Ho Cambiato I Piani ***
Capitolo 43: *** Portami A Casa ***
Capitolo 44: *** Io Verrò Da Te ***
Capitolo 45: *** Tacco Dodici ***
Capitolo 46: *** Pieghe Inaspettate ***
Capitolo 47: *** Quello che le stelle ci suggeriscono (Prima Parte) ***
Capitolo 48: *** Quello che le stelle ci suggeriscono (Seconda Parte) ***
Capitolo 49: *** Un'attimo di felicità ***
Capitolo 50: *** La Felicità Non Aspetta ***
Capitolo 51: *** Come Se Non Fosse Amore ***
Capitolo 52: *** La Mia Vita Prima Di Lei ***
Capitolo 53: *** Egoistica Benedizione ***
Capitolo 54: *** Ogni Parte Di Te ***



Capitolo 1
*** Incontro Fugace ***


Le luci della metropoli erano la cosa che mi affascinavano di più fin da ragazzino. Quel bagliore che risplendeva davanti ai miei occhi aveva sempre avuto un certo fascino, mi regalavano sempre un senso di libertà e di onnipotenza. I grandi palazzi di Milano mi circondavano facendo da specchio ai fari delle macchine che sfrecciano lungo il corso Buenos Aires dove era situato il mio studio associato di Fisioterapia. Nel corso degli anni mi ero sempre chiesto come un tipo come me, fosse arrivato così in alto pur avendo un pensiero fisso: Le donne. Erano come una droga per me, e lo erano sempre state. E ora, alla veneranda età di trentaquattro anni potevo vantare una lista chilometrica di amanti davvero niente male. Sicuramente il mio bell'aspetto, aveva contribuito al mio successo, chi poteva resistere a degli occhi azzurri come il mare e al capello corvino sempre scompigliato?. Proprio come quella sera, i miei capelli non ne volevano sapere di stare al proprio posto. Li accarezzai con la mano destra con un movimento  irregolare cercando di dare una forma decente mentre con la sinistra tenevo tra le dita la sigaretta che ormai era quasi finita. Avvicinai l'indice e il medio al mio viso socchiudendo gli occhi dietro gli occhiali da vista che mio malgrado dovevo portare per un astigmatismo mal curato. Aspirai quell'aroma di tabacco che ormai mi accompagnava da anni, e che era diventata anche la mia compagna nelle mie scorribande notturne. 

< Sei ancora qui? Pensavo fossi andato via...> Chiese Mirko avvicinandosi a me con aria divertita accendendo anche lui una sigaretta. Lui era totalmente diverso da me, ma altrettanto attraente. Alto, capelli biondo cenere e occhi verde scuro.

< Sto per andare...> Risposi accennando un sorriso lanciando lontano quello che restava della sigaretta e soffiando fuori il fumo che avevo in bocca

<< Mamma mi sento distrutto, l'ultima paziente mi ha fatto proprio penare...>>  Disse cercando di sgranchirsi il collo avvicinandosi a me
 < Esci con Saverio Stasera? >

< Stasera no, mi risparmio la botta di adrenalina! >

< Beh poco male, avrai tutte le ragazze per te! >

< Disse il fisioterapista accasato dai tempi delle elementari… > Replicai  sorridendo beffardo 

< Amo Claudia...e voglio sposarla!  E ne tu e ne Saverio mi farete mai cambiare idea! >

< Guarda, ho gettato la spugna dai tempi del liceo.. non preoccuparti! .> Risposi sorridendo recuperando il piccolo borsone che avevo appoggiato a terra mettendolo sulla mia spalla

< Quindi uscirai in solitaria stasera?  >

< Ho deciso di farmi una birra e andare subito a casa, anche io ho una certa età che ti credi?>

< Io credo che sia arrivato il momento per te di trovarti una brava ragazza!  >

< E anche stavolta farò finta di non averti sentito! E la risposta a quell appuntamento al buio è sempre no! >>

< Ma dai, è la cugina di Claudia! Se la genetica non mente avrà lo stesso suo bel davanzale! > Rispose sorridendo beffardo poggiando la sigaretta tra le labbra

< Presentala a Saverio! >

< Ma lui è un coglione! >

< Pensavo di esserlo io…>

< Se la cosa può consolarti, si è aggiudicato lui il primato...>

< Sono quasi commosso... > Così dicendo misi le mani in tasca e mi incamminai verso il parcheggio che si trovava non molto lontano da lì

<  Dario! > Esclamò Mirko attirando nuovamente la mia attenzione

< Eh? >

< Stendile tutte! >

< Ci puoi contare! > divertito da quella affermazione incoraggiante mi avviai verso la mia auto una Mercedes GLE SUV grigio metallizzato. 

 Buttai il borsone nei sedili posteriori e con fare tranquillo mi sedetti al posto guida allacciandomi la cintura di sicurezza. Diedi uno sguardo veloce allo specchietto retrovisore cercando di sistemare nuovamente quei capelli che non ne volevano sapere di stare a loro posto, e mi incamminai verso il pub. Mi piaceva guidare, mi rilassava dopo una giornata passata allo studio. Quello studio tirato su con fatica e dedizione da me e da quel padre di famiglia di Mirko. Io e Mirko ci conoscevamo praticamente da sempre, e avevamo scelto tutti e due di diventare Fisioterapisti. Saverio invece per la sua propensione a farsi sempre i cazzi degli altri aveva scelto giurisprudenza, una scelta più che azzeccata dato anche la sua parlantina logorroica. Adesso però Mirko aveva deciso di sposarsi con Claudia, la sua storica fidanzata e io sarei stato il suo testimone di nozze. Non che la cosa mi dispiacesse, ma io non avevo mai creduto in quel vincolo corredato di anello. Io non ci sarei mai cascato. 

Entrai nel mio locale preferito "Rencontre" e mi avvicinai subito al bancone sedendomi in uno dei due sgabelli liberi.

< Scusi questo posto è occupato! > Esclamò la ragazza che era seduta proprio vicino a me.

 I suoi occhi Blu verdi mi fulminarono all'istante. Mi guardava con aria convinta, e anche un po' brilla. Aveva un corpo da paura fasciato perfettamente da un vestito in maglina nero con scollo a barchetta. Capelli castano chiaro leggermente mossi tenuti su da una bacchetta dello stesso colore del vestito e chanel tacco dodici. Una visione ad occhi aperti

< Io non vedo nessuno qui signorina…> riposi incurvando leggermente le labbra verso l'alto e spostandomi  verso l'altro posto libero

< Non vede nessuno perché potrebbe esserci qualcuno, o per meglio dire, poteva esserci il ragazzo che mi ha dato buca questa sera... >

< Sono terribilmente dispiaciuto…io non l'avrei mai lasciata qui tutta sola...>
Dissi poggiando i gomiti sul bancone e alzando il braccio verso il barista chiesi il solito

< Non si dispiaccia, credo che sia la storia della mia vita…la pubblicitaria single... > rispose girando con la cannuccia il cocktail che aveva tra le mani.

Quelle mani così bianche e candide come il resto del suo corpo furono una visione per me. E nella mia mente girava già vorticosa la voglia di sfiorarle quella pelle vellutata. Le sue labbra carnose era un richiamo per le mie e i suoi occhi blu-verdi mi facevano impazzire.
Il barista porto subito il mio cocktail preferito, e portandolo alle mia lebbra diedi un bel sorso 

< Vedo che anche lei ci va giù pesante…>

<È stata una giornata lunga...comunque io sono Dario, Dario Mancini...e tu sei?...> Chiesi senza giri di parole

< Quindi ci diamo subito del tu?..> chiese lei con un sorriso malizioso sorseggiando il suo drink

< Beh...voglio almeno sapere il tuo nome prima di baciarti senza pietà…>

< Pretenzioso e sfacciato….> 

< Non sai quanto….> Risposi stringendo il labbro inferiore tra gli incisivi

Lei sorrise portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e continuando a sorridere disse

< Anita Velletri...quindi adesso dovresti baciarmi senza pietà giusto? >

< Giusto…>

< Beh, io adesso vado a rifarmi il trucco, non si sa mai, quel ragazzo possa cambiare idea e arrivare da un momento all'altro...> così dicendo prese la sua borsetta e sparì tra la folla, non prima di avermi guardato con aria di sfida. 

A quel punto non capii più niente, e bevendo tutto d'un fiato il contenuto del mio bicchiere mi alzai dallo sgabello, sistemai la camicia bianca che portavo e mi lanciai all'inseguimento di Anita. I bagni tutti rigorosamente sui toni del nero si trovavano ad un livello inferiore, quindi scesi quei pochi gradini con fare deciso. E con la stessa decisione aprii la porta del bagno delle donne dove trovai Anita appoggiata al lavandino di marmo bianco

< Perché ci hai messo così tanto? >

< Scusa l'attesa…> risposi guardandola un'attimo negli occhi e chiudendo la porta a chiave. Era davvero bellissima

Fu in quel momento che la mia mente si offuscò del tutto. La mia lingua si infilò nella sua bocca alla velocità della luce. Sentivo dentro di me il fuoco. Le mie labbra si muovevano veloci sulle sue senza potergli dare diritto di replica. Afferrai il suo collo con entrambe le mani facendole scivolare su di esso. La sua pelle di seta si riscaldava al mio passaggio mandandomi in estasi. Fuori di me, tirai giù il vestito intrappolando tra le mie mani il suo seno prosperoso facendola ansimare forte. Sentirlo sotto i miei palmi, sentire le sensazioni che suscitavo in lei iper stimolavano il mio corpo emettendo suoni indecifrabili e gruttali. Le mie labbra si avventarono sul suo collo baciandolo assaporando ogni centimetro nella sua pelle di seta. Il suo profumo di rose entrò nelle mie narici facendomi impazzire, tutto di lei mi faceva impazzire. E non era da me, io non mi soffermavo mai su certi dettagli...ma con lei...con lei era stato da subito diverso. Ero completamente impazzito. Con risolutezza e del tutto soggiogato dalle sue grazie la feci voltare verso il lavandino, facendole capire di appoggiarsi ad esso. Abbassai i miei jeans e le alzai il vestito nero accarezzandole quel sedere da favola. Chiamai a raccolta tutto i santi del paradiso, prima di infilare velocemente il profilattico che avevo nei jeans ed entrare secco in lei. Non riuscì a trattenere un'imprecazione a quel contatto, quel contatto tanto agognato mi destabilizzò. Cercando di soffocare i miei gemiti le morsi la spalla destra stringendole i fianchi. Iniziai a muovermi lentamente provocando in lei dei gemiti di piacere che attraversarono la barriera del suono entrando nelle mie orecchie prepotentemente innescando in me la medesima reazione. Continuai con imprecazioni di vario genere vedendola muoversi verso di me come una furia. Mi desiderava, lo sentivo da come si muoveva e da come gemeva forte. E io non desideravo altro che lei. Quella visione, che avevo visto altre volte, mi diede il colpo di grazia. Esplosi cercando invano di trattenermi. Lei con le sue urla aveva mandato in tilt il mio cervello. Restammo immobili non so per quando tempo. Ero rimasto immobile su di lei ad ascoltare il suo respiro che piano piano si regolarizzava insieme al mio. All'improvviso però, si alzò di scatto guardandomi come se avesse visto un alieno, come se mi vedeva  per la prima volta. Le mie sopracciglia si incurvarono in un espressione di domanda. Non capivo cosa stava succedendo. Lei per tutta risposta si sistemò il vestito velocemente e aprendo la porta con foga spari nel buio del pub. Spalancai gli occhi verso la porta aperta. Non potevo credere di essere stato sedotto e abbandonato, anche perché non mi era mai successo prima. 
Iniziai a ridere incredulo scuotendo la testa. Il grande Dario lasciato nel bagno delle donne come un coglione. Feci due passi verso lo specchio e guardandomi attraverso, strofinai il viso ancora scosso dalla performance di prima continuando a ridere. Tolsi gli occhiali e li poggiai sul lavandino, quella donna mi aveva stravolto la serata e io volevo stravolgerle la vita.


Note: Capitolo primo. Buongiorno a tutti! Ed eccomi qui in questa pazzia originale! Si, perché questa è la mia prima storia originale! Chi mi conosce sa che scrivo ff su The Vampire Diaries, e nello specifico Delena. Ma l'altro ieri mi sono chiesta, perché no? Perché non provarci?! Ed eccomi qui! Spero con tutto il cuore che la storia possa appassionarvi e che anche voi vi innamorerete di Dario e Anita! ❤️ Mi farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate! Grazie a chiunque seguirà questa dolce pazzia e alla prossima ❤️






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Capitolo 2
*** Villa Smeralda ***


L'incessante vibrazione del mio cellulare mi destò finalmente dal mio sonno profondo. Con ancora la faccia appoggiata sul piumone iniziai a focalizzare bene l'ambiente che mi circondava. Era tutto perfettamente in ordine ed io ero sdraiata supina su quel letto immacolato. Avevo dormito direttamente sul piumone. Cercai di alzarmi stentendo le braccia e guardando il mio vestiario mi accorsi anche di avere ancora il vestito della sera prima. Mi sedetti un attimo a bordo letto stringendo tra le mani il piumone sottostante in cerca delle risposte a questo mio comportamento insolito. All'improvviso la mia mente mi diete le risposte a tutte quella assurdità, avevo fatto sesso con uno sconosciuto. Un bellissimo e affascinante sconosciuto. E appena arrivata a casa mi ero scolata una bottiglia di vino della cantina di papà per dimenticare l'accaduto. Non ero mai stata quel tipo di ragazza, anzi, le mie cugine mi chiamavano spesso la Monaca di Monza per il mio vestiario e perché da più di due anni non avevo avuto relazioni di nessun genere con il sesso maschile. Forse proprio per questo ero così elettrizzanta da questo appuntamento al buio che Claudia, mia cugina, aveva organizzato per me. Sicuramente aveva tutte le buone intenzioni di questo mondo, ma il suo pretendente aveva pensato bene di darmi buca all'ultimo secondo. Poi è arrivato lui, con i suoi occhi azzurri e il suo fisico mozzafiato aveva catturato totalmente la mia attenzione. Il punto era che mi sentivo sola, tremendamente sola e non desiderata e le attenzioni di quel ragazzo così bello mi avevano destabilizzata. Poi quando aveva iniziato a baciarmi non avevo capito più niente, volevo solo lui.  Nessuno doveva sapere cosa era successo, nessuno doveva sapere che mi ero concessa al primo sconosciuto in un bar, e soprattutto nessuno doveva sapere che l'avevo fatto dentro il bagno delle donne. Presi tra le mani i capelli in un momento di sconforto  maledicendomi in tutte le lingue del mondo. Com'ero potuta cadere così in basso. La vibrazione torno ad attirare la mia attenzione, e con andatura per niente naturale mi avvicinai al comò dove lo avevo appoggiato la sera prima.

< Si può sapere che fine hai fatto? È da tutta la mattina che ti chiamo! > Chiese indispettita Claudia da altra parte dall'altra parte del telefono.

< Buongiorno anche a te comunque...>

< Andiamo, il tempo dei convenevoli è finito! Raccontami piuttosto com'è andata con Alessandro! >

< Posso dirti, con totale onestà, che non ero stata mai bidonata finora...> Dissi sedendomi nuovamente sul materasso

< Che cosa? Bidonata? Ma è impazzito? >

< Si vede che non aveva tutta questa voglia di conoscermi...>

< È impossibile! Lunedì mi sentirà! >

< Cla, ascolta, non ho voglia di vedere nessuno ok? Preferisco stare da sola al momento...>

< Ok...ma subirà lo stesso la mia ira funesta! Ad ogni modo, volevo confermarti l'ora per oggi pomeriggio...>

< Oggi pomeriggio? >

< Santa pazienza, sei sicura di stare bene? Non mi sembri molto in te... >

< Si, ho solo dormito moooolto male...>



All'improvviso anche questo ricordo che sembrava essere stato cancellato dalla serata appena passata tornò a galla. Ed io non ero pronta minimamente a passare quel weekend con l'allegra coppia e gli amici di Mirko, che a suo dire erano un branco di idioti. Strofinai ancora una volta la tempia sinistra nella speranza di trovare un po' pace interiore. Nel frattempo Claudia continuava a parlare della sua location dei sogni, e io volevo solo vomitare parole non proprio carine verso di lei. Mi sentivo inadeguata ai suoi occhi. Lei bella, bionda, occhi azzurri e un uomo che l'amava dai tempi delle elementari. Invece il mio ultimo ragazzo si era sentito morire dentro, perché avevo portato lo spazzolino da denti a casa sua. Chiusi la chiamata con la consapevolezza di dover preparare il piccolo trolley per il viaggio. Forse avrei potuto rilassarmi e non pensare alla pazzia che avevo compiuto la sera prima.


< Non mi chiedi com'è andata ieri sera? >  Domandai non potendo più trattenere la mia voglia di parlare 

< Mmm? > Rispose Mirko abbassando la gazzetta dello sport che aveva tra le mani guardandomi interrogativo

< Dicevo, non mi chiedi com'è andata ieri sera? > Chiesi nuovamente avvicinandomi a lui trascinando la sedia, e con uno sguardo malizioso aspettai la sua risposta

Ogni mattina ci ritroviamo al bar adiacente allo studio, e ogni mattina facevo il resoconto della serata precedente a mio "compare" raccontando tutto nei minimi dettagli

< Com'è andata ieri sera? > Chiese Mirko chiudendo il giornale quasi annoiato e appoggiandosi su di esso

< Non puoi capire cosa mi è successo! >
< Dario per favore arriva al sodo! >

< Mi sono scopato una ragazza nel bagno del "Rencontre" !! > Risposi tutto d'un fiato nell'eccitazione del momento

< Nel bagno?! >

< Cazzo, è stata una esperienza ultraterrena! > risposi prendendo una sigaretta tra le mani e accendendola continuai < Lei era così...presa da me...io sinceramente mi sono trovato impreparato! >

< Impreparato?...>

< Voglio dire che quasi quasi duravo due secondi...ma poi dovevi sentirla...gridava in un modo allucinante! Mi ha praticamente bucato i timpani! >

Mirko cominciò a ridere cercando di trattenersi per poi dire < No, tu sei assurdo! Veramente, io non posso cedere che ti succedano sempre queste cose! >

< E non ho ancora finito! Appena abbiamo "concluso" lei mi ha guardato come se avesse visto un fantasma ed è andata subito via! >

< Cioè ti ha lasciato con il pisello di fuori dentro il bagno delle donne? >

< Esattamente! >

< No veramente, tu sei assurdo! >

< Chi è assurdo? > Chiese palesandosi davanti a noi in giacca e cravatta Saverio. Moro, occhi castani e capelli più scompigliati dei mei.

< Il qui presente Dario Mancini! > 

< Perché è una novità? > Domandò sedendosi vicino a me rubandomi il caffè che non avevo neanche toccato per poi continuare < Che ha combinato? >

< Si è scopato un urlatrice seriale nel bagno del Rencontre >

< Che?! Cioè non posso lasciarti un attimo da solo?! >

< Credo che anche tu ieri sera avevi tuo bel da fare, dico bene? > Dissi ironico guardandolo sorridendo

< Sono stato ad una riunione del cazzo con tutti i dirigenti dello studio...una bella serata del cazzo che non dimenticherò facilmente...>

< Neanche io...>

 < Cioè...un urlatrice seriale...quelle li.. ti fanno diventare pazzo...ne so qualcosa a riguardo... >

< Ok stalloni, che ne dite se ci avviamo verso quel posto dove si lavora? Vi ricordo che pomeriggio vi aspetto tutti e due a "Villa Smeralda"  sul lago di Como...e mi raccomando non fatevi riconoscere come sempre...>

< Ma chi noi? > Chiesi con sguardo falsamente stupito

< E soprattutto con quelle fighe di legno delle cugine di Claudia? > Chiese Saverio senza mezzi termini facendo una smorfia e appoggiandosi alla sedia dietro di lui

In realtà non avevamo grandi progetti e prospettive per quelle due cugine tanto nominate ma mai viste. Claudia le aveva "protette" da noi "mascalzoni" e aveva fatto di tutto per non farcele conoscere in tutti questi anni. Ma neanche noi al dire il vero ci eravamo interessate a loro. A detta di Mirko erano due sante che cercavano l'amore vero.

La giornata filò liscia allo studio e in men che non si dica mi ritrovai in macchina con Saverio, destinazione lago di Como. 

< Si può sapere che cosa hai messo nel trolley? Pesava un accidente! > domandai infilando gli occhiali da sole al posto di quelli da vista. Per l' outfit invece avevo optato per un maglione panna di cachemire e dei jeans blu scuro. Lui invece camicia azzurra e pantaloni bianchi. 

< Ma niente, le solite cose... tre cambi, sue paia di scarpe, dopobarba e profilattici a go go! >  Disse soddisfatto  accendendosi una sigaretta
 
< Guarda che non stiamo andando in Olanda > Riposi cercando di trattenere le risate < E poi avremo Claudia il segugio alle costole, non ti conviene scherzare con lei...devi farlo per Mirko...>

< E sti cazzi?! Vorrà dire che uscirò ogni sera e tu verrai con me! >

Continuai a ridere a quelle due affermazioni quasi prendendolo in giro, ma nella mia mente c'era solo lei. Non sapevo chi fosse, ma di una cosa ero certo, volevo incontrarla di nuovo. Tutta questa situazione era nuova per me, di solito il giorno dopo non ricordavo neanche il nome della ragazza di turno. Invece adesso ricordavo tutto. Il sapore dei suoi baci, il profumo della sua candida pelle, il suo sedere stupendo, ma soprattutto il suo nome... Anita.

Oltrepassammo velocemente l'enorme cancello in ferro battuto che ci aveva dato il benvenuto, e facendo il giro della fontana  mi parcheggiai nell'area apposita con tanto di cartello. Il posto non era niente male, anzi era stupendo. La villa era veramente meravigliosa con i suoi colori sui toni dell'azzurro carta da zucchero e bianco candido, sembrava proprio uscita da un libro delle fiabe. Mi avvicinai alla ringhiera che dava direttamente sul lago, guardando il magnifico panorama. Respirai a pieni polmoni quell'aria fresca e girandomi verso Saverio mi accorsi che stava lottando con dei moscherini tirando il suo trolley. Cominciai a ridere cercando di non farmi vedere da lui e girando lo sguardo verso la villa mi accorsi che qualcuno si stava avvicinando. Portai gli occhiali da vista sul naso, e riconoscendo quegli occhi blu-verdi il mio cuore mancò un colpo.

Dopo un viaggio fatto all'insegna dell'allegria con Claudia che parlava a raffica e Ginevra che russava come un trombone arrivammo a destinazione. Mirko il "sant'uomo" scese le nostre valige porgendole. Mi ero sempre chiesta come un santo come lui potesse stare con Claudia. Lui bello dolce e simpatico, tutto quello che anche io cercavo disperatamente in un uomo. Invece trovavo solo casi clinici e belli impossibili.

< Bene, vedo che i ragazzi sono già arrivati! > Disse Mirko rompendo quel silenzio che finalmente si era instaurato

< Gli idioti vuoi dire! > Aggiunse Claudia tirando a sé il suo trolley < Ginny lo raccomando anche a te, non avvicinarti a quei due cretini! >

< Ma lo sai che sei una rompi palle? Ho ventinove anni, saprò riconoscere un idiota quando lo vedo no? > Disse Ginevra infastidita sorpassandola 

Ginevra era nostra cugina di secondo grado, ma era cresciuta praticamente con noi, eravamo state le sue Baby Sitter per intenderci. Capelli ricci biondi e occhi castani da cerbiatta aveva sempre attirato l'attenzione di tutti, anche per il suo temperamento irruento e senza peli sulla lingua. Lavorava come segretaria in uno studio dentistico, da circa due anni anche se aveva fatto una miriade di lavori precedentemente.
Ci incamminammo verso l'entrata della bellissima villa quando Mirko scorse qualcuno vicino alla ringhiera che dava sul lago. Ad un tratto ebbi un brivido alla vista di quelle due figure maschili, e più mi avvicinavo e più quella sensazione di malessere si faceva sempre più vivida. Arrivati quasi al loro cospetto il mio cuore si fermò per lo shock. In tutta la sua bellezza, e con quel meraviglioso sorriso Dario Mancini era proprio davanti a me e io volevo solo sparire. 


Note: Capitolo Secondo. Eccoci a sorpresa di nuovo qui! Avevo voglia di pubblicare questo secondo capitolo, quindi non potevo aspettare prossima settimana! 🤣 In questo capitolo vediamo che Dario e Anita sono cugina e amico di Claudia e Mirko. Cosa succederà adesso? Come conviveranno tre giorni insieme? Accadranno veramente molte cose! E Dario sicuramente non resterà a guardare tutto il tempo. Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima! 

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Capitolo 3
*** Paura D'amare ***


Rimasi come di pietra. Lui era lì, era davanti a me, e mi guardava con i suoi meravigliosi occhi azzurri. Gli stessi occhi che quella sera mi avevano stregata e mi avevano condotta verso la via del non ritorno. Perché pur rinnegando quella sera con tutte le mie forze non riuscivo a togliermelo dalla testa. E adesso più che mai volevo sparire dalla faccia della terra.

< Ragazze ci presento Dario Mancini e Saverio Monte! I miei migliori amici nonché testimoni! > Disse Mirko raggiante  mentre ci mostrava i due ragazzi

Ginevra con tutta la disinvoltura del mondo si avvicinò a loro dando la mano ad entrambe fugacemente. Cercai di fare la stessa cosa prima con Saverio che per tutta risposta mi fece l'occhiolino e poi con Dario. Tentai in tutti i modi di fare la disinvolta, dandogli la mano. Ma quel tocco, quella stretta di mano portò la mia mente alla sera prima quando lui mi teneva stretta tra le sue braccia durante quel bacio appassionato che aveva cambiato le sorti della serata. Quel gusto di tabacco, quelle sue labbra selvagge su di me, le sue mani impetuose sul mio corpo. Il calore della sua mano mi risveglio da quella situazione di stasi trovando i suoi occhi ad attendermi. Erano dannatamente belli, e con la luce solare risplendevano ancora di più. Sul suo viso si fece spazio un sorriso divertito corredato di fossetta. Non so quando tempo passò ma la mia mano rimaneva intrappolata nella sua.

 < Anita tutto bene?! > Chiese Claudia cercando di capire il mio stato catatonico

< Si, si, va tutto bene! > Ribattei ritraendo la mano verso di me velocemente

Lui sorrise ancora una volta come a volermi parlare con gli occhi. Non riuscendo più a dire altre parole di senso compiuto mi ammutolì di colpo

< Ok ragazzi, facciamo un giro per la villa? Vi va? > Propose Mirko cercando di recuperare una situazione che neanche lui sapeva spiegarsi

Tutti annuirono, e procedendo piano verso la villa iniziammo il nostro tour. La villa era stupenda anche all'interno, con mobili classici ma con quel tocco di antico, e i pavimenti completamente in marmo bianco davano quel tocco neoclassico. Girovagavammo per le stanza con con Mirko e Claudia che ci spiegavano dove avrebbero fatto il rinfresco per il matrimonio e il resto, non facendosi sfuggire nessun dettaglio. Tutto questo con un pubblico che sicuramente non aveva capito un accidente. Sembravano tutti annoiati mentre i futuri sposi ci deliziavano di informazioni inutili. L'unico interessato sembrava Dario, ma non al discorso, bensì al mio seno. Mi guardava come a volermi spogliare con gli occhi, facendomi sussultare ogni volta che incrociavano i nostri sguardi. Giunti nei salotti, e agevolata da un'attimo di distrazione di quest'ultimi, tirai verso di me Dario per il braccio e con uno scatto felino lo feci entrare dentro una delle stanze che avevamo già visitato.

< Non mi guardare in quel modo! > dissi spingendolo verso il centro della stanza fuori di me

< Io? > Chiese facendo finta di non capire

< Si! Mi guardi con quell'aria "Sei stata mia e me ne vanto!" >

Lui rise sommessamente guardandomi divertito. Quel suo atteggiamento mi irritava e anche molto.

< Ti faccio ridere?! > Chiesi fuori di me

< Si...perché tu in realtà sei già pazza di me...> 

< Ascolta bene, quello che è successo ieri sera è stato solo uno sbaglio! Un enorme sbaglio!  > 

< Quindi è così che lo vedi...uno sbaglio? > 

< E come dovrei vederlo? >

< Passione ardente.. desiderio...tu mi vuoi.. >

< Cosa?! Ma non diciamo sciocchezze! Tu mi sei totalmente indifferente!  > 

< Beh, posso dire con certezza che mi hai perforato i timpani con le tue urla...quindi tanto indifferente non direi...>

< Sei solo un idiota! > 


Jason Walker - Down

Proprio in quel momento sentimmo arrivare qualcuno, e presa da dal panico lo guardai negli occhi spaventa. Non volevo che ci trovassero insieme in quella situazione ambigua. Senza riuscire a proferire parola  mi lasciai guidare nell'altra stanza da lui prendendomi prontamente per la mano destra. Entrammo dentro una stanza che sembrava uno sgabuzzino, facendomi aderire al muro adiacente alla porta socchiusa. Il suo corpo si strinse al mio intrappolandomi con le sue braccia appoggiate all'altezza del mio viso. Il suo torso coperto da quel maglione in cachemire aderì perfettamente al mio seno lasciato parzialmente scoperto dal vestito viola a scollo a v che indossavo, permettendomi di sentire il suo cuore ad ogni respiro. Batteva forte come il mio. Pensai subito che la causa principale a quello scombussolamento fosse dovuto alla corsa appena fatta o per l'adrenalina. Oppure, cosa più probabile, perché lui era nuovamente su di me. I suoi occhi scrutavano attraverso quella fessura brillando come due diamanti. Quella tenue luce, metteva in risalto anche la sua bocca lasciata aperta dal suo respiro affannoso. In quell'istante pensai quanto fosse bello, a quanto avrei tanto voluto baciarlo, a quanto avrei voluto essere di nuovo sua. Mille volte sua. I miei pensieri impuri furono interrotti da lui che guardandomi negli occhi disse sottovoce

< Sono solo le donne delle pulizie...fra poco possiamo uscire...>

Annuì come un'idiota. Tutta quella situazione era tremendamente eccitante e lui, e lui, tremendamente sexy. Sicuramente il mio viso, da pesce lesso, non passo innosservato a Dario che si avvicinò a me pigando la testa verso destra per poi avvicinarsi alle mie labbra. I suoi capelli scompigliati ricaddero sui suoi occhi lasciandomi interdetta. Il suono dei nostri respiri si intensifico appena lui sfiorò le mie labbra con le sue in un gioco sensuale.    Deglutì a fatica, mentre lui continuava ad accarezzarmi le labbra. Mi guardò sorridendo nuovamente prima di avvicinarsi a me definitivamente.

L'improvviso la suoneria del cellulare di Dario ci riportò sulla terra, ricordandoci i nostri ruoli. Idiota e Ingenua.
< Cazzo! > Gridò Dario prendendo il cellulare che aveva nella tasca posteriore dei jeans scostandosi da me  < È Mirko...> Disse in disappunto guardando il dispositivo illuminarsi

Quelle parole furono come bombe dentro la mia testa. Cosa credevo di fare? Lasciarmi andare di nuovo con la consapevolezza che con lui non ci sarebbe mai stata storia? Che lui era il solito casanova e che io ero una delle tante? Lui era così, e sicuramente non sarebbe cambiato per me. Uscì subito da quella stanza come una furia, ma fui fermata da lui per un braccio.

< Anita! >

< Lasciami in pace! È un consiglio! > Gridai strattonandolo e guardandolo per qualche secondo uscì da lì correndo



Stazioniai ancora per qualche minuto li dove Anita mi aveva lasciato. Ero rimasto basito. Un attimo prima era pronta a baciarmi l'attimo dopo quasi quasi me ne mollava una in pieno viso.   Questo suo essere un enigma però non faceva altro che alimentare la mia curiosità e il desiderio verso di lei. Portai il cellulare all'orecchio e aspettai che Mirko rispondesse.

< Si può sapere dove cavolo sei? Per non dire altro! >

< Sono andato un attimo in bagno... >

< In bagno? >

< Si, dopo il viaggio non ero ancora andato...>

< D'accordo... ascolta, ci vediamo al secondo piano così ti do la chiave della tua stanza... >

< Ok arrivo subito! > 

Mi avviai verso le maestose scale che avevamo superato poco prima, e salendole con andatura veloce mi ritrovai subito al secondo piano dove c'era Mirko che mi aspettava con Saverio.

< Non vorrei dirtelo, però mi sa che hai problemi si prostata! > Affermò Saverio  lanciandomi uno sguardo divertito

< Lo sai che sei un coglione giusto? >

< Lo so, sono il primo in classifica! Giusto Mirko? >

< A me basta che non combinate casini per tutto il weekend! >

< Però così ci offendi! > Replicai afferrando le chiavi che aveva tra le mani aprendo la porta

< Volevo avvisarvi, in caso ve lo chiedeste, che voi due dormirete qui al secondo piano, mentre io e Claudia e le ragazze al primo... >

< Come mai questa scelta logistica caro Mirko? > chiese sarcastico Saverio incrociando le braccia

< Perché è fondamentale, che voi stiate lontani dalle cugine di Claudia! > Ribadì ancora una volta Mirko entrando in camera

< Però devo dire che la mora ha un sedere meraviglioso... - asserì Saverio sedendosi sul mio letto

< Parli di Anita? > Chiesi quasi infastidito. Non mi andava molto che lui la guardasse in quel modo

< Si...ci farei un giro volentieri!  Anche se al dire il vero, riccioli d'oro mi ha puntato... >

< Ehilà!? Scusate?! Cosa non avete capito delle parole " State lontani dalle cugine di Claudia"? >

< Tranquillo! Saverio scherza! Vero Sa? > 

 < Sicuro! > Ripose con un sorriso a trentadue denti che non prometteva niente di buono

Mirko buttò gli occhi al cielo e grattandosi la testa nervosamente uscì fuori dalla stanza. Si vedeva che non credeva neanche ad una sola parola. Anche io non credevo alle sue parole, ma la cosa più importante al momento era che lui stesse lontano da Anita e dai suoi diabolici propositi.


Entrai nella doccia dopo aver appurato con Saverio che ci aspettavano tutti per cena nella zona ristorante alla 20.30. Ormai, da qualche anno a questa parte il momento doccia era diventato il momento riflessione. Alzai il viso verso il piccolo soffione, e facendo ricadere l'acqua su di me ripensai inevitabilmente ad Anita. Non riuscivo a spiegarmi come mai lei mi avesse stravolto così. Nei miei lunghi anni di onorata carriera non mi era mai successo niente di simile. Ma lei, con i suoi occhi blu-verdi, aveva incasinato la mia mente. E la cosa mi terrorizzava. Avevo paura di questo sentimento, avevo o brividi solo a pensare che potesse succedere a me. Avevo paura di innamorarmi di brutto. Avevo una fottuta paura. Io non sapevo amare, e non lo avevo mai fatto, e lei sicuramente aveva bisogno di uomo che l'avrebbe amata a 360°, ed io nonostante tutto, non ero pronto, non ero pronto per l'amore.


Note: Capitolo Tre. Buonasera a tutti ed eccomi qui con un nuovo capitolo di questa originale che mi ha fatto completamente impazzire! ♥️ Adesso vediamo al capitolo. Vediamo come si sono comportati Anita e Dario dopo essersi presentati e rifugiati dentro lo sgabuzzino.Tutti e due hanno paura di innamorarsi. Anita crede che Dario non cambierebbe mai per lei, invece Dario è convinto di non saper amare, e quindi di non saper dare ad Anita l'amore che merita....chissà cosa combineranno questo due a tavola 🤣🤣🤣 Sarà tutto un programma! Grazie sempre a chi mi segue ♥️ e alla prossima ♥️

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Capitolo 4
*** Buoni propositi ***


Accarezzavo i miei capelli mossi con le dita della mano destra passandoci attraverso nella speranza di domarli. Quel taglio sulla spalla mi accompagnava da un po' di anni, ma lo trovavo sempre perfetto per me in ogni circostanza, anche quando non ne volevano sapere di stare fermi al loro posto. Mi guardai allo specchio con la consapevolezza che lo avrei rivisto a cena dopo il nostro incontro scontro nello sgabuzzino. Il mio cuore si fermò di colpo a quel ricordo. Poggiai la mano sulla sul mio petto nell'attesa che il mio cuore riprendesse a battere. Lui aveva anche questo potere, fermare il mio cuore. Non dovevo farlo, non stavolta. Non dovevo innamorarmi del primo idiota che mi faceva gli occhi dolci. L'ultima volta non era andata proprio bene, e non volevo che quella situazione drammatica si verificasse di nuovo. Quell'amore che sembrava sincero, e che era durato anche un anno, tra alti e bassi, sembrava la storia più importante della mia vita. Ma lui ingeniere informatico non era del mio stesso avviso. Ero troppo per lui. Troppo goffa, troppo chiacchierona, e ridevo troppo, anche quando l'etichetta non lo richiedeva. Per non parlare dei vocalizzi che emetevo in quei momenti...Lui odiava quella parte di me. Ma questa volta, ci dovevo almeno provare, avrei scelto qualcuno che amasse ogni parte di me, incondizionatamente. Le buone intenzioni, e i buoni propositi c'erano tutti, stava a me decidere le sorti della serata.
Diedi un ultimo sguardo allo specchio posizionato vicino alla porta prima di uscire. Per la serata avevo optato per un look più tranquillo, maglia nera con volant con scollo a v, skinny Jeans stretti in caviglia e tacco 10. Portai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e mettendo la borsetta a tracolla uscì fuori dalla mia stanza. Non appena fui fuori dalla stanza incontrai la prorompente Ginevra, non proprio vestita da suora. Era fasciata perfettamente da un tubino rosso fuoco a scollo a cuore che metteva in risalto le sue forme già generose. I capelli raccolti in uno chignon perfetto le davano quell'aria sexy, e un rossetto rosso incendio che avrebbe fatto impallidire chiunque. 

< Ginny...tesoro...stiamo andando ad una cena informale, non ad un incontro a luci rosse... >

< Parla per te...io stasera sono a caccia! >

< A caccia?! > Replicai strabuzzando gli occhi

< Voglio far capitolare Saverio...> Disse decisa sistemandosi il rossetto in uno degli specchi decorativi che adornavano il lungo corridoio

< Credo che a lui basti che respiri cacciatrice! >

< Vedremo...> Rispose sorridendo  allontanandosi si qualche passo mi fece segno di seguirla 

Buttai gli occhi al cielo. Non ero più la sua baby Sitter da una vita, ma con lei mi sentivo sempre la mamma. Come se dovevo proteggerla, ma lei sicuramente non aveva bisogno di me, e i suoi buoni propositi che erano diversi dai miei  e sarebbero andati in porto sicuramente.
La segui un po' imbarazzata, perché davanti a lei io sparivo nel nulla. Ci avviamo verso la zona ristorante dove insieme a noi, ma sistemati in un altro tavolo, c'era anche un secondo gruppo di invitati con i rispettivi sposi. Quindi non eravamo solo noi nella villa. Appena varcato il grande arco che divideva la zona ristorante dai salotti lo vidi. Stazionava con Saverio si fronte al nostro tavolo, aveva le braccia conserte e sembrava molto interessato a quello che il suo interlocutore gli stava dicendo, fino a quando i suoi occhi non si posarono su di me. Iniziò a fissarmi facendomi tremare le gambe, ed io dovevo rilassarmi e pensare ai miei buoni propositi.


Non appena la vidi sentii un brivido scendere per tutta la schiena. Come poteva essere così bella? Ero completamente rapito.

< Dario hai capito cosa ti ho detto? > Chiese Saverio cercando di recuperare la mia attenzione che ormai era andata a farsi benedire. Seguì mio sguardo trovando anche lui qualcosa

< Cazzo! > Esclamò senza mezzi termini incrociando lo sguardo di Ginevra che sembrava pronta a tutto

Si precipitò letteralmente verso di lei, senza dare conto a me. Si vede che anche lui aveva dei programmi per la serata. Non potevo deludere me stesso e lei, e così con passo veloce mi avvicinai a lei sorridendole. Provocai in lei la stessa reazione. Ne fui estasiato.

< Buonasera signorina Velletri...sta benissimo stasera...> Dissi porgendole il braccio destro sorridendo ancora una volta. Con lei mi veniva dannatamente facile

< Sta bene anche lei Signor Mancini... però volevo avvertirla che non attacca...> Disse cercando di fare uno sguardo convinto. In realtà, io avevo proprio deciso di sedurla, erano i miei buoni propositi. E per aiutarmi in questa "ardua" impresa mi affidai ad un  outfit non troppo impegnativo: Camicia bianca slim fit dentro a dei pantaloni blu con annessa cintura e mocassini.

< Così mi offende signorina, non ho secondi fini...non posso dire la stessa cosa di Saverio e Ginevra...potremmo prendere ispirazione da loro...> rispose  indicando la mano di Saverio che stava   appoggiata al sedere si Ginevra nel aiutarla ad accomodarsi

Spostai la sedia verso di me per consentire ad Anita si accomodarsi e spostandola verso il tavolo mi accomodai vicina a lei, Saverio capo tavola e Ginevra alla sua sinistra in attesa degli sposini che sembravano essere in ritardo. Quando raggianti e sorridenti si presentarono a noi mano nella mano lanciandosi sguardi inequivocabili.

< Bella l'idea della scopata pre cena... >   Disse Saverio ridendo non appena Mirko e Claudia si sedettero ai loro posti lasciandoli di sasso

Si vedeva che aveva centrato il bersaglio perché rimasero in silenzio diventando paonazzi.

< Lo sai che mi sto pentendo sempre di più di averti chiesto di farmi da testimone? > Disse sorridendo imbarazzato sedendosi al suo posto

< Non è vero! Senza di me sarebbe tutto un mortorio! Vero Da? >

< Sicuramente le scopate pre cena non verrebbero notate! >

Scoppiammo tutti in una sonora risata,  ci piaceva tanto prenderlo in giro e farlo andare nel pallone.
Il nostro siparietto venne interrotto dal caposala che si avvicinò a noi deliziandoci con la sua voce.

< Buonasera signore e signori, e benvenuti a Villa Smeralda. Come sapete stasera ci sarà un menù alla carta quindi potrete scegliere quello che volete. La degustazione del pranzo matrimoniale Testi - Ricci si terrà domani sera, e si consiglia un abito formale. Vi ricordo inoltre che le cucine di notte sono chiuse, ma se i signori gradiscono una tisana o del latte possono usufruire dei fornelli della stessa senza alcuna restrizione. Per quanto riguarda le attività che si possono fare presso la nostra struttura, da domani sarà aperto il mini golf e il tiro con l'arco. Per qualsiasi domanda o problema vi prego di rivolgervi alla reception. Ripasserò tra poco per prendere le vostre ordinazioni. > E così dopo la carrellata di informazioni mister simpatia si allontanò senza neanche aspettare un nostro cenno. 

<  Certo che sa il fatto suo mister pinguino! L'avrei visto benissimo in uno dei miei spot pubblicitari!  > Disse Anita lasciandoci strappando un sorriso a tutti. 

< Quindi sei una pubblicitaria? > Chiesi facendo finta di non saperlo, anche se lei lo aveva menzionato la sera del nostro incontro

< Si Dario...sono nella pubblicità...> rispose con un sorriso di circostanza quasi infastidita

< Sai, c'è una pubblicità che mi fa proprio pena, quella che hanno fatto ultimamente su quella collana...sembrava il rifacimento di Titanic... penosa > 

< Quella l'ho ideata io...>

< Oh cazzo, scusami non credevo... > Risposi sorridendo divertito. Anche se la mia battuta non era intenzionale

< E questa attenta analisi mi viene fatta dall'avvocato delle cause perse?! > 

< Eccomi, presente! Però posso dire in mia discolpa che alcune cause sono veramente perse...non è colpa mia! > Rispose Saverio ridendo e mettendo un grissino in bocca

< Oh cazzo! Scusami io credevo fosse lui l'avvocato! >  Disse diventando rossa come un peperone 

< No tranquilla, ci sono abituato! > 

Guardai verso le mie posate e poi verso il mio bicchiere vuoto. Avevo bisogno urgentemente di acqua. Lui mi aveva portata, pur sapendo che fossi una pubblicitaria, dove voleva. Rendermi ridicola.
Afferrai il tovagliolo bianco immacolato per portarlo alla bocca dopo aver bevuto un bel sorso d'acqua, e portando la mano vicino all'orecchino a forma di cuore per l'agitazione si sganciò facendolo cadere sotto il tavolo. Scesi giù velocemente per recuperarlo quando vidi il piede nudo di Ginevra massaggiare le parti intime di Saverio. E lui per tutta risposta rispondeva accarezzando l'arto in questione. Quella visione inaspettata mi fece sobbalzare facendomi sbattere la testa sul tavolo.
Quel tonfo nonostante tutti avevano ripreso a parlare tra di loro, non passò inosservato facendo alzare tutti di scatto. Stessa cosa feci io saltellando fuori.

< Trovato! >  Esclamai saltellando come una pazza con l'orecchino in mano
Avevo gli occhi di tutti puntati. Ne combinavo sempre una, la goffa Anita aveva colpito ancora. Con un cenno veloce mi congedai verso il bagno. Dovevo recuperare un po' di dignità e la faccia faccia caduta sotto il tavolo.
Entrai velocemente in bagno avvicinandomi al toilette imprecando e cercando di infilare quel maledetto orecchino.

< Complimenti per la scena di poco fa...ma se volevi che venissi in bagno bastava un cenno, non tutta quella teatralità! > 

< Non era programmato idiota! > Risposi guardando Dario attraverso lo specchio 

< Quindi è tutta farina del tuo sacco? Mi complimento nuovamente...> Disse sorridendo avvicinandosi a me prendendomi per i fianchi

< Cosa stai facendo? > Esclamai poggiando le mie mani sul suo torso cercando di mantenere la distanza tra di noi

< Vorrei baciarti...posso? >

< No che non puoi! Cosa ti fa credere che io voglia baciarti? >
 
< Il fatto che sei ancora qui, e che non cerchi neanche di liberarti...> Affermò con un ghigno guardandomi le labbra

< Non voglio essere maleducata! Tutto qui! > 

< O..k signorina per bene...lo prendo come un si.. > ripose ipnotizzandomi con i suoi stupendi occhi azzurri. Nonostante il mio cervello mi diceva di fuggire non riuscì a muovere neanche in muscolo

< No.. fermo...> Riuscì a dire prima che lui si posasse delicatamente sulle mie labbra lasciandoci tanti piccoli baci catturando il mio labbro inferiore. Non so che intenzioni avesse, ma quei baci innescarono subito la bomba che c'era dentro di me. Lo avvolsi con le mie braccia tirandolo verso di me per la nuca rispondendo al suoi baci in modo più audace e infuocato. Il gusto di tabacco tornò a deliziare le mie papille gustative mentre sue mani avevano già agguantato il mio sedere strizzandolo con forza avvicinandomi al suo bacino. I nostri gemiti accompagnavano i nostri movimenti sempre più spinti e sempre più infuocati. Sentivo che la ragione stava abbandonato il mio corpo come del resto i miei buoni propositi.  


Note: Capitolo Quattro. Buongiorno a tutti e buona festa della mamma a tutte le mie lettrici mamme! ❤️ Come avete potuto vedere la situazione tra Anita e Dario torna a riscaldarsi nuovamente in bagno 🤣 chissà cosa succederà questa volta! Notiamo anche come Saverio e Ginevra non perdono tempo...chissà cosa ci combineranno anche loro! 🤣 Grazie sempre a chi mi segue ♥️ e alla prossima ♥️

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Capitolo 5
*** Al Chiaro Di Luna ***


Le sue labbra viaggiavano lungo il mio corpo conoscendo ormai la strada a memoria soffermandosi sui punti più sensibili. Si era lanciato più volte sul mio collo facendomi mancare il respiro. I nostri sguardi si incontrano per un istante, mentre i nostri respiri, uno dentro l'altro, aleggiavano per tutto il bagno. Mi soffermi a guardare i suoi occhi azzurri, un azzurro oceano così intenso da farti annegare al suo interno. Ed io, stavo facendo proprio questo, boccheggiavo cercando di riprendere fiato. Sicuramente ero fuori di me per la situazione venuta a crearsi, fatto sta che mi accorsi non troppo presto che un'anziana signora era entrata nel bagno e ci guardava allibita. Dario aveva ancora le mani sul mio sedere ed io ero totalmente stravolta avvinghiata a lui. Lui cominciò a ridere cercando di togliersi il lucidalabbra dalla bocca con il pollice ed io bianca come un lenzuolo uscì dal bagno ancora scossa. Cercai anche io, a mio modo di sistemare i capelli e la maglietta che si era un po' sgualcita nell'impero di Dario. Uscì dal bagno quasi strisciando molto lentamente e allo stesso modo mi sedetti al mio posto senza dire una parola, mentre gli altri mi guardavano interrogativi

< Hai visto Dario? > Chiese Mirko attirando la mia attenzione persa nel vuoto

< Cosa? Dario? E perché mai?! > Risposi tutto d'un fiato quasi istericamente

< Siccome ha ricevuto una telefonata  importante e si è allontanato.. magari l'avevi visto...tutto qui...tutto qui...>

Appena sentivo il suo nome scattavo. 
Ormai ero palesemente fuori di me, e questo mio comportamento poteva essere notato dagli altri. Feci un respiro profondo avvicinando l'acqua minerale a me bevendone qualche sorso. Dovevo calmarmi, dovevo assolutamente calmarmi. Nel frattempo lui tornò al tavolo con la sua solita tranquillità e il suo solito sorriso beffardo. Come faceva a rimanere impassibile dopo quello che era successo nuovamente in bagno?. Per  tutta la serata, fermamente convinta, decisi di ignorarlo. Di non assecondare i suoi sguardi, di non farmi ingannare dai suoi sorrisi, di rinnegare quella voglia pazzesca che avevo di baciarlo. Evidentemente lui era molto più bravo di me a nascondere il nostro piccolo segreto, ma io ero un asso nel ignorare le persone. Quelli che invece se ne strafregavano di quello che pensavamo tutti erano Saverio e Ginevra. Continuavano a lanciarsi sguardi inequivocabili, e a toccarsi sotto al tavolo. Riuscì con grande fatica e con caparbietà nel mio intento. Mi sentivo felice, e forse non era tutto perduto, forse potevo uscire indenne da quelle serate in sua compagnia. Fummo scortate in camera con insistenza da Mirko. Il gentleman della serata, colui che era ormai stato ribattezzato il sant'uomo, e che era prossimo alla beatificazione. Entrai in camera chiudendomi la porta alle spalle, e chiedendomi per l'ennesima volta se mai anche io avessi mai trovato un ragazzo come Mirko. 

La mia camera illuminata solo dalla luce della mi sveglia digitale che mi portavo sempre dietro segnava le 3.15  del mattino ed io come ogni volta che cambiavo letto non riuscivo a lasciarmi andare tra le braccia di Morfeo. Mi rigirai più volte in quel enorme lettone a due piazze che sembrava troppo grande per me. Troppo grande per una donna sola. Dopo aver sbuffato per l'ennesima volta mi ricordai le parole del capo sala, e che magari potevo prepararmi un bel bicchiere di latte come faceva la mia nonna paterna, quando ancora, ragazzina, ignoravo cosa si nascondesse dietro l'universo maschile.
Infilai la vestaglia rosa in spugna, che copriva parzialmente il pigiama a vestito con su stampato Winnie the Pooh. Per certi versi mi sentivo ancora una bambina bisognosa di coccole, e poi adoravo Winnie. La villa immersa completamente nel silenzio della notte, dava quella sensazione spiacevole di essere osservata. Quasi seguita. Cercai di capire velocemente dove fosse la cucina, imbattendomi in  una porta bianca oscillante ed entrai piano spingendola. Notai subito una figura davanti ai fornelli fermando il mio passo sulla porta e il mio cuore. Mi immobilizzai di colpo, come una preda che sta per essere scoperta dal predatore. La stanza illuminata dalla luna colorava l'ambiente di un colore tenue mettendo in risalto alcuni particolari della cucina tra cui lui che armeggiava sui fornelli

< Vedo che non sono il solo a non riuscire a dormire...> Disse Dario girandosi verso di me in tutta la sua bellezza. Portava un pigiama blu con bottoni centrali che gli davano quell'aria intellettuale, accentuata dagli occhiali che portava.

< Scusami...non pensavo di trovarti qui... > 

< Sinceramente neanche io...come non pensavo che tu dormissi così...con Winnie Pooh...mi hai rovinato il pensiero perverso... > Affermò girandosi verso la cucina lanciandomi la solita occhiata malandrina

< Io non devo piacere a nessuno quando dormo! E voglio stare comoda!  E poi neanche io pensavo di trovarti con questo delizioso pigiamino...Ve li danno all'università? > Chiesi sorridendo avvicinandomi al piano da lavoro in metallo stringendo a me la vestaglia tra le braccia.

< No... però piace stare anche a me comodo...ti va un po' di latte? >

< Latte?! >

< Si latte...sai quella sostanza bianca che proviene dalle mucche? >

< So cosa è il latte idiota! E che mi hai nuovamente stupita... > Risposi sedendomi in uno dei due sgabelli difronte strabuzzando gli occhi

< Sai, mia nonna mi preparava sempre un bicchiere di latte caldo quando non riuscivo a dormire...i miei genitori tutti e due medici di pronto soccorso, ma in ospedali di diversi, la notte disertavano spesso...ed io venivo spedito dalla nonna materna. Quel latte preparato da mia nonna era la cosa più dolce che lei potesse fare, e io ad ogni sorso sentivo come una magia Infatti mi addormentavo subito dopo... > Disse versando il contenuto del pentolino in due tazze giganti.

Rimasi letteralmente incantata. Questo suo racconto aveva come aperto una piccola fessura nel mio cuore. La sentii  chiaramente. Quel idiota, quel casanova, aveva un cuore più puro di quanto pensassi. Ed io stavo cadendo nella sua rete.

< Faceva la stessa cosa mia nonna paterna... però lei viveva con noi...diciamo che mi viziava essendo la piccola di casa. Volevo il monopolio in tutto, anche su quello che era di mia sorella maggiore... > Affermai sorridendo e avvicinando la tazza alle mie labbra prendendone in sorso. E lui fece lo stesso non prima di avermi sorriso accentuando le fossette. Dio quanto era bello. Poggiai la tazza sul piano in metallo cercando di fare la disinvolta, quando all'improvviso venne verso di me. I suoi occhi cristallini entrarono nei miei lasciandomi interdetta. Avvicinò il suo pollice al mio labbro superiore accarezzandolo togliendo quei baffi di latte che si erano creati per poi portarsi il pollice alla bocca. Leccò la schiuma dal dito con una sensualità assurda. Rimasi a bocca aperta guardandolo come una sciocca. Ero proprio ai suoi piedi. 

< Bene adesso è meglio che io vada... altrimenti tutti i tuoi sforzi di stasera saranno stati vani... > Disse sorridendo nuovamente beffardo facendo qualche passo verso l'uscita

< Cosa vuoi dire?! > Chiesi alzandomi in piedi avvicinandomi a lui

< Voglio dire, che mi sono accorto del tuo piano... ignorarmi...e diciamo che a tratti ci sei riuscita...ma perché lo volevo io... > Rispose allontanandosi sempre si più verso le scale che portavano alle nostre stanze

< Ti sbagli io non avevo nessun piano! > Cominciai a seguirlo continuando la nostra strana argomentazione salendo  le scale

< Oooooooh ma davvero? > Chiese incrociando le braccia davanti alla sua stanza

< Davvero!  > 

< Quindi ho immaginato tutto... > 

< Esatto! >

<  Io invece penso che tu mi desideri.. e anche molto...> 

< Sei uno sfacciato! > 

< E pretenzioso... Ricordi? > disse un attimo prima di farmi aderire al muro adiacente alla porta della sua camera poggiando tutte e due le braccia ai lati del mio viso

In my Veins - Andrew belle Feat Erin Mccarley

Il mio cuore incominciò a battere forte, aumentando il ritmo del mio respiro. Il suo profumo di dopobarba mi stordì facendomi azzardare una mossa che neanche io credevo possibile. Gli lanciai le braccia al collo portandolo subito sulle mie labbra. Ero letteralmente esplosa, emotivamente e  fisicamente. Lui mi strinse subito a sé, come se aspettava solo un mio gesto per scattare. Infilò la sua mano destra tra i miei capelli accarezzandoli con fervore e con l'altra cercava le chiavi della sua stanza nella tasca dei pantaloni. Una volta trovate, senza staccarsi da me cerco di infilarle nella piccola fessura ma senza fortuna. 
Capendo che non saremmo andati da nessuna parte si spostò da me un'attimo lasciandomi ansimante davanti al suo orecchio. La porta si aprì dietro di me conducendomi nuovamente tra le sue braccia. I suoi baci sempre più infuocati  mi guidavano verso il letto tanto bramato. Impugnò la vestaglia dal colletto facendola scendere lungo le mie braccia senza mai staccare le sue labbra dalle mie. Non appena ebbi le braccia nuovamente libere tornai accarezzargli la nuca con una sola consapevolezza: lo volevo. Aveva ragione, lo desideravo oltre ogni ragionevole comprensione. Afferrò le mie cosce nude prendendomi a cavalcioni, e facendo altri due passi mi adagio sul letto incrociando un attimo i nostri sguardi. C'era qualcosa di diverso in lui, c'era qualcosa nei suoi occhi che mi fece deglutire a fatica. Strinsi tra le dita i suoi occhiali togliendoli delicatamente e appoggiandoli sul materasso li osservai in tutto il suo splendore. In quel momento una luce diversa si presentò davanti a me, qualcosa che mi attraversò da parte a parte. Lui, si ritrasse sorpreso quanto me da quella situazione impiegabile, e iniziò  a sbottonarsi la parte superiore del pigiama facendola cadere alla sua sinistra, e allo stesso modo tirò giù i pantaloni continuando a tenere il contatto visivo. Tornò da me accarezzandomi le cosce alzando da sotto il pigiama. Le sue labbra calde si poggiarono sul mio ventre facendomi sussultare al suo passaggio. Il mio corpo si ritraeva ad ogni suo contatto provocandomi brividi di piacere. Arrivato al seno, dopo essere passato attraverso il solco e sfiorandolo con entrambe le mani, prese per le estremità il pigiama portandolo oltre la mia testa lasciandomi un intenso bacio sulle labbra prima di intraprendere la sua discesa portando con sé le mutandine che ancora portavo non perdendo mai di vista i miei occhi. Il suo sguardo mi aveva catturata. Lui si allontanò un attimo, tornando con il profilattico tra le mani ebbi nuovamente un brivido. Passo la mano destra tra i suoi capelli scompigliati prima di strappare la busta con la bocca e indossarlo. Non appena fu dentro di me ansimammo nello stesso momento chiudendo gli occhi. Quando li riapri lui mi guardava aspettando che tornassi da lui. Fu in quel momento che mi persi nuovamente nei suoi occhi, i suoi occhi cristallini illuminati da quella luna che sembrava complice delle nostre misfatte. Strinse le mie braccia che erano ancora sopra la mia testa ed iniziò a muoversi spingendo prima con andatura lenta per poi aumentare la sua corsa. Iniziai ad ansimare forte, molto forte portando anche lui con me. Lo sentivo gemere chiamando tutti i santi del paradiso appoggiato al mio orecchio. Tutta quella scena, innesco dentro di me un turbinio di emozioni. Quelle stesse emozioni che avevo provato in quel bagno con quello sconosciuto. Quello stesso sconosciuto che ancora una volta aveva fatto battere il mio cuore come un tamburo. Quello stesso sconosciuto che adesso aveva un nome, che aleggiava nella stanza insieme a noi. Lo chiamai innumerevoli volte nel corso della notte, come a voler imprimere quel momento nel suo cuore. Sapevo che quella sarebbe stata una notte come tante per lui, e all'alba sarebbe finito tutto. Non mi illudevo, ma per una volta volevo sognare, sognare al chiaro di luna.

Note: Capitolo cinque. Ed eccoci qui in questo capitolo dolcemente infuocato. In realtà tra i due è scoppiata nuovamente la passione, ma questa volta hanno sentito qualcosa di diverso. Qualcosa che non si aspettavano tutti e due. ♥️ Vedremo come faranno i conti con questo sentimento che piano piano sembra si sia facendo spazio nel loro cuore. E il risveglio sarà....non vi anticipo nulla! 🤣 Grazie sempre a chi mi segue ❤️ alla prossima ♥️

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Capitolo 6
*** Consapevolezza ***


Guardavo il soffitto non so da quando tempo. Quel soffitto pieno di stucchi fioriti avevano accompagnato i miei pensieri deliranti. Portai il polso destro sopra la fronte muovendo le dita ritmicamente cercando di fare chiarezza dentro di me. Mi ero perso in lei, ero consapevole di esserlo stato. Era entrata nelle mie vene, in un modo così silenzioso e naturale da farmi tornare quella fottuta paura. Io non ero quel tipo di ragazzo che si innamora, che si innamora perdutamente di una bella sconosciuta. Poi quando avevo incrociato il suo sguardo qualcosa si era fatto spazio dentro il mio cuore. Avevo sentito, guardandola negli occhi un brivido, un qualcosa che anche volerlo spiegare non sarei riuscito. Mi voltai verso di lei sorridendo respirando piano. Il suo corpo in posizione supina riposava e i suoi capelli mossi sparsi in po' ovunque sul suo viso le davano quell'aria beata e innocente. La sua pelle candida brillava alla luce del sole, e le sue labbra carnose appoggiate sul cuscino rievocavano in me quei baci infuocati da sogno, lei era un sogno ad occhi aperti. Avrei tanto voluto svegliarla  accarezzando la sua pelle di seta, scendere lungo la schiena e soffermarmi sulla zona lombare baciandola. I miei pensieri da perfetto romeo furono interrotti dai i suoi meravigliosi occhi che si aprirono al mio cospetto.

- Buongiorno Lady Macbeth... - dissi sorridendole appoggiando il capo sulla mano destra riferendomi alla sua performance canora della notte appena passata

- Oddio! Ma che ci faccio ancora qui con te?! - Chiese alzandosi si fretta tirandosi un po' di lenzuolo coprendosi il seno

- In realtà non ti sei fatta pregare poi tanto ieri sera...diciamo che mi sei saltata nuovamente addosso!  - 

< È stata colpa tua! >

< Colpa mia? E perché di grazia? > chiesi divertito  incrociando le braccia al petto ancora sul letto

< Hai tirato fuori la storia della nonna premurosa! > 

< Cosa? >

< Si, ed io sono molto sensibile al discorso nonne! > Rispose prendendo il suo pigiama a terra ed indossandolo completamente nuda. Una visione celestiale.

Sicuramente a lei non passò inosservato questo mio soffermarmi sulle sue nudità e prontamente disse

< Cosa guardi? Girati! O vai a fare la doccia siamo già in ritardo! Oddio Claudia darà di matto! > 

Io ancora più divertito mi alzai da letto e mi avvicinai al bagno

< Adesso cosa fai? > 

< Seguo il consiglio di una lady, vado a fare la doccia... >

< Ma sei completamente nudo! >

< Però stanotte non hai fatto molto caso a questa cosa Suor Maria... > risposi appoggiamdomi allo stipite della porta del bagno

< Sei un'idiota! > E così dicendo scomparve dietro la porta lasciandomi come un salame. Sorriso nuovamente scuotendo la testa. Mi faceva impazzire, e aimé c'era poco da fare.


Uscita fuori dalla porta mi guardai intorno furtivamente. Dovevo scendere al piano di sotto senza farmi notare da nessuno. Scesi piano le scale tenendomi al corrimano e arrivata al corridoio del primo piano lo imboccai, quando mi accorsi che Claudia stava uscendo lo stesso momento dalla sua stanza. Ormai in trappola cercai di tornare indietro nella vana speranza che non si fosse accorta di me

< Anita?! > 

< Claudia!! >

< Si può sapere cosa stai facendo ancora in...pigiama? >

< Io...io...io volevo andare a fare colazione! >

< In pigiama?! >

< Beh...io pensavo...che magari potevo prendere qualcosa e portarla in camera...> 

< Ma cosa stai dicendo? Ne abbiamo parlato ieri sera...sicura di stare bene? >

< No, cioè si! Sto benissimo! >

< Ma non si direbbe...hai una faccia...>

< Lo sai che quando cambio materasso non dormo bene! > 

< Ok, va bene! Adesso sbrigati ti aspettiamo di sotto! >

Annuì senza aggiungere altro lanciandomi letteralmente dentro la doccia. L'acqua scendeva veloce sul mio corpo inodandomi con il suo calore, nel torpore della cabina iniziai a ricordare la notte appena passata. Nonostante sapessi che quella passata con lui era stata un'altra notte di solo sesso, non riuscivo a togliermi quel sorriso da ebete. Le mie labbra bruciavano ancora, dopo essere state baciate e morsichiate da lui. Sorrisi, sorrisi a dispetto di tutto e tutti, a dispetto mio e suo. A dispetto di quella consapevolezza che bussava dentro di me e che mi chiedeva di stargli lontano, quando il mio cuore non voleva farlo.

Scesi giù per le scale con la consapevolezza che lui era lì, e magari mi avrebbe osservata da capo a piedi. Quindi scelsi un outfit non troppo appariscente ma ugualmente comodo: Maglia a barchetta rigata blu e bianca, gonna a pantaloncino e sneakers capelli tirati su da uno chignon di fortuna che lasciava cadere delle ciocche lateralmente. Arrivai al tavolo dopo aver preso dal buffet cornetto con la marmellata e un cappuccino decaffeinato, la caffeina mi rendeva nervosa, e quella mattina avevo bisogno di tutto il mio essere zen. I nostri posti erano esattamente quelli della sera prima, quindi mi ritrovai seduta vicina a Dario. Lui dopo avermi dato un'occhiata fugace torno al suo latte con broche, stava recitando bene la parte " noi non ci siano visti", ed era sempre ben vestito: maglione in cachemire blu scuro e jeans dello stesso colore. 

< Dario...caro amico mio..mi dici con chi eri stanotte?! > Chiese Saverio bevendo il suo caffè macchiato

Quella domanda a bruciapelo destò tutti facendomi rovesciare l'acqua minerale che stavo per bere sul tavolo

< Scusate! > Gridai alzandomi goffamente recuperando il tovagliolo di stoffa che avevo sulle ginocchia.
 Iniziai a tamponare il suddetto tavolo come se avessi preso la scossa.

Tutti iniziarono a guardarmi strano, compreso Dario che se la rideva sotto i baffi

< Allora? Mi dici con chi eri?! > Continuò incalzante Saverio poggiando la tazza sul piattino

< Con nessuno! >

< Dario, ti ho sentito...anzi, l'ho sentita...>

< Non ero io! >

< Avanti! Vi ho sentiti anche io!  > Disse Ginevra prendendo la parola e guardandolo maliziosa

< E tu cosa c'entri?! > Chiese Claudia quasi con un tono preoccupato

< Oh mamma quando la fai lunga! Ho fatto sesso con Saverio sei contenta?! >
< Oddio io mi sento male! > Esclamò Claudia appoggiandosi allo schienale della sedia

< Claudia, forse ancora non ti è chiaro che sono maggiorenne ormai e faccio quello che voglio! >

< Ok, ok, adesso basta! Qui stiamo perdendo di vista la domanda principale! Allora è una della villa? O sei uscito fuori? > Incalzò Saverio guardandolo con curiosità

< È una ragazza della villa... > 

< Cazzo! Quante probabilità avevi di trovare un'altra che urla in quel modo?!! >

< Più di quelle che tu creda...> Rispose con voce sensuale guardandomi di sfuggita

< Cioè ma avete tutti gli ormoni a palla?! > Chiese esterrefatto Mirko guardando verso i suoi due compari

< Quindi fatemi capire, tutti a questo tavolo hanno scopato ieri tranne Anita? > Continuò Saverio guardandomi divertito  e addentando un biscotto 

< Ok, io vado al campo di minigolf ci si becca più tardi!  > Affermai alzandomi in piedi e dirigendomi verso il giardino

Presi lo zainetto di fretta e furia ed uscì velocemente verso il patio. Uscita fuori mi guardai un po' intorno e affidandomi al mio senso dell'orientamento imboccai la prima strada disponibile. Mi sentivo tremendamente in imbarazzo. Ci Mancava veramente poco e il mio viso avrebbe tradito il mio cuore. E questo non doveva succedere, lui non doveva capire che in realtà  mi stava incominciando a piacere veramente. Mi avvicinai ad una delle postazioni di gioco e agguantai la mazza da golf cercando di concentrarmi, anche se era la prima volta che lo facevo. Volevo scaricare tutta la frustrazione del momento in quella pallina.

< Guarda che non si impugna così la mazza... >

< Disse il campione mondiale di golf! >

< Non sono un campione, ma potrei farti vedere così si fa'. . > Così dicendo si avvicinò lentamente, posizionandosi dietro di me stringendo tra le sue mani le mie e la mazza

< Ecco, così va bene...> Disse piano avvicinandosi al mio orecchio destro < Adesso devi guardare l'obiettivo e colpire...>

Quel contatto, quella vicinanza mi stordi del tutto. E quel profumo, quel maledetto profumo di bergamotto mi faceva impazzire. Il calore del suo respiro passò attraverso i capelli sfiorandomi la guancia. 

< Potrei abituarmi a questa posizione... >
< Idiota! > Dissi strattonandolo colpendo involontariamente anche i suoi gioielli di famiglia

Dario coprendosi gli attributi cadde a terra dolorante sedendosi sul prato. Mi precipitai subito su di lui prendendo il suo viso tra le mie mani.

< Oddio scusami! Non era mia intenzione! Io...io sono mortificata! Dario! Per favore dimmi qualcosa! >

< Sei bellissima...anche quando vuoi castrarmi... > Rispose accarezzandomi il viso con le nocche portando una ciocca ribelle dietro l'orecchio sinistro

Rimasi immobile. Non riuscivo a muovere un muscolo. I suoi occhi azzurri brillavano con i raggi solari rendendolo irresistibile. Ed io bramavo un suo bacio, volevo proprio che mi baciasse con tutta me stessa. Lui, come se avesse sentito ogni mio singolo pensiero si avvicinò a me accentuando quelle fossette che mi facevano impazzire. Era quasi giunto alla meta quando sentimmo la voce di Mirko in lontananza.

< Che succede qui?  > Domandò avvicinandosi a noi interrogativo

< Niente! Proprio niente!  > Affermai imbarazzata sistemandomi la maglietta nervosamente < Claudia io dovrei andare in bagno, mi accompagni? >

< Certo... > Rispose Claudia interrogativo seguendomi velocemente


Così dicendo si allontanarono tutte due a passo veloce ed io aiutato da Mirko mi alzai massaggiando ancora le parti intime indolenzite

< Ma si può sapere cosa stai combinando?! >

< Mi, se ti racconto questa cosa mi giuri che non ti fai venire un aneurisma? >

< Oddio...ho paura a chiedertelo... >

< Anita è l'urlatrice seriale del pub...e ieri sera ero con lei...>

< Cosa?! No! Non è vero! Non ci credo!>

< Invece devi crederci...>

< Ma è una santarellina...a detta di Claudia è una monaca mancata... >

< Beh, posso dirti con tutta sincerità che ha ben poco di monacale...e posso dirti con certezza che tra poco avrò bisogno di un otorino! >

< Cazzo Claudia darà di matto! >

< Mirko non devi dire niente a nessuno! Soprattutto a Saverio! >

< Cazzo, ma lo sai che non so tenere i segreti! E poi non potete dirlo e basta come hanno fatto quei due?! >

< No... > Risposi impugnando nuovamente la mazza cercando di fare buca

< E perché mai? > 

< Lei non mi vuole perché mi considera uno sciupafemmine...e io non voglio impegnarmi... Non ne sono capace... >

< Cos'è ti è venuta la strizza? > Chiese posizionandosi anch'essi davanti alla sua pallina prima di lanciarla lontano

< Ho una fottuta paura... > 

< Dario Manici che ha paura di una donna? Ora sì che mi preoccupo davvero! >

< Mirko, io non so farlo...>

< Ma se sei quello più profondo di noi tre...anche più di me...ed è tutto dire...>

< Non so cosa ti sei mangiato stamattina, ma tu non stai bene! >

< Dico solo, che invece di fare sempre il coglione potresti anche tu mettere la testa a posto! > 

< Non fa per me! Non sono quel tipo di ragazzo...non sono come te...>

< Io dico, che sei anche migliore di me...> Affermò lanciando nuovamente lontano la sua pallina e sorridendomi complice


Sinceramente non sapevo se Mirko stava delirando o se la colazione gli era andata di traverso ma io sapevo qualera la verità. Io non sapevo amare. Lo sapevo, ed era un dato di fatto, e sicuramente Anita non sarebbe stata la mia cavia per scoprilo. Era troppo perfetta per un'idiota da una botta e via come me, e adesso più che mai presi consapevolezza. Dovevo cercare di starle lontano, dovevo stringere i denti per ventiquattrore. E poi ognuno di noi sarebbe tornato alla sua vita di sempre . Sarei tornato alla mia vita senza di lei.


Note: Capitolo Sei. Ed eccomi di nuovo qui con questo sesto capitolo! La situazione tra Anita e Dario si sta facendo veramente incasinata, e nessuno dei due vuole cedere, nessuno dei due vuole innamorarsi. Ma riusciranno nell'impresa? Nel prossimo capitolo vedremo finalmente la serata dell'assaggio e chissà cosa combineranno i nostri piccioncini ♥️ riusciranno a stare lontani? Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ♥️

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Capitolo 7
*** Confessioni Pericolose ***


Gli occhi di Claudia mi guardavano disorientati e interrogativi cercando una risposta nei miei. Dopo essermi buttata letteralmente sulla porta del bagno per aprila, non riuscii a proferire parola. Infatti un silenzio surreale calò nella stanza dopo che lei aveva pronunciato quelle parole.

< Anita? Allora? Mi spieghi cosa sta succedendo? Tu mi stai nascondendo qualcosa!  >

< Claudia io non ti sto nascondendo proprio niente! Devo solo fare la pipì! > risposi con la prima cosa che mi venne in mente lanciandomi in uno dei bagni vuoti.

Chiusi a chiave e mi sedetti sul water in un fascio di nervi. Portai tutte due le mani al viso in segno di disperazione cercando di calmarmi e inventare una scusa decente.

< Anita...ti conosco fin da quando eri dentro l'utero di tua madre...dimmi la verità...c'entra Dario? >

< Dario? No, no! Ma che ti viene in mente?! >

< Cosa stavate facendo poco fa'? >

< Niente...lui mi stava facendo vedere come impugnare la mazza...e ..e io maldestramente l'ho colpito dove non batte il sole... >

< È solo questo? Non c'è stato altro tra di voi giusto? >

Avrei tanto voluto dirglielo, e una parte di me avrebbe l'avrebbe fatto. Volevo liberarmi da questo macigno che pesava sul mio cuore. Ma lei non avrebbe capito, lei mi avrebbe solo giudicata e io non avevo la forza di controbattere con la famigerata Claudia. Fin da piccole era lei la leader. Padroneggiava e si imponeva con me e Ginevra anche se poi quest'ultima faceva sempre quello che voleva alla fine, invece io sotto stavo alle sue regole e mi facevo sempre convincere. Come con i suoi alunni. Era riuscita da poco ad entrare di ruolo come professoressa di italiano, ed era diventata sin da subito l'incubo dei suoi studenti.

< Ani, lo sai che Dario è un casanova incallito no? E sai anche che lui ti userebbe e basta...non farti fregare! >

< Lo so...mi hai detto questa cosa un sacco di volte...>

< Sicuramente è bel ragazzo, non lo metto in dubbio, anzi per dirla tutta e proprio un strafigo... Ma tu, tu puoi avere tutti i ragazzi che vuoi! >

< Come quello che mi ha dato buca al pub? > Dissi uscendo dal bagno e dirigendomi verso il lavandino

< Con lui non ho ancora finito! Mi sentirà lunedì a lavoro! >

< Cla, non puoi sempre obbligare la gente! >

< Io non obbligo nessuno! Durante il cambio dell'ora mi era sembrato abbastanza convinto! >

< Gli avrai sfracellato le palle come al solito! > 

 < Ma certo! Altrimenti non mi stava ad ascoltare!  >

< Ecco, lo vedi? Sei pesante! > Aggiunsi  uscendo dalla porta del bagno con lei al seguito continuando a parlarmi. 

Il suo piano era perfetto e conciso, doveva presentarmi il suo collega e professore di matematica Alessandro Giorgi anche lui assunto da poco e anche lui reduce da una storia finita male. La coppia perfetta, come ripeteva sempre Claudia. Anche quella mattina non si limitò solo a parlare di quanto fosse bello e simpatico, ma di quanto, a suo parere, fosse l'uomo giusto per me. Il suo parlare da professoressa saccente continuava a tamburellare nelle mie orecchie anche quando ormai esasperata uscì fuori in giardino guardandomi intorno. Mi fermai annuendo a tutto quello che diceva, ormai avevo smesso di seguirla già da un po', precisamente quando uscendo lo vidi seduto il muretto che dava sul lago. Ebbi subito la salivazione azzerata. Quanto era bello. Rideva spensierato con Mirko fumando una sigaretta. Il suono della sua risata era così calda e avvolgente da farmi sorridere come una scema. Ad un certo punto lui si voltò verso di me guardandomi e sorridendo mettendo il risalto quella fossetta irresistibile, come tutto il resto, lui era dannatamente irresistibile. Mi avvicinai  a loro cercando di non fare vedere come lui mi avesse nuovamente ammaliata solo con lo sguardo.

< Come va nei paesi bassi? > Chiesi cercando di essere simpatica e disinvolta

< Adesso meglio, la sala giochi è apposto!  > Rispose sorridendo guardandomi malizioso

Lo guardai spiazzata per un attimo e quasi risi alla sua battuta stupida, che lì per lì mi sembrò anche divertente dato i nostri trascorsi

< Ok Allora belle signorine, cosa vi andrebbe di fare oggi? > Domandò Mirko lanciando uno sguardo di rimprovero a Dario, per poi tornare a guardandoci contento prendendo tra le braccia Claudia stringendola a se.

Non avevo niente contro le coppiette innamorate, anzi avevo sempre tifato per loro, ma in quel momento, in quel preciso momento il mio respiro si fermò per la gelosia. Avrei tanto voluto prenderlo tra le mie braccia e farmi avvolgere dal suo profumo, avrei voluto baciarlo senza fiato alla luce del sole, avrei voluto guardarlo negli occhi e perdermi in quel azzurro mare prima di ridere insieme. Abbassai lo sguardo verso il prato sottostante imbarazzata e l'idea di sotterrarmi mi sembrò anche allettante.

< Anita sei d'accordo? > chiese Claudia riportandomi alla triste realtà. Io non avrei mai trovato un'amore come quello suo. Ero destinata ad una vita di solitudine.

< Scusami, non ascoltavo... dicevi? > 

< Dicevo...ti va di fare qualche tiro con l'arco? >

< Io... veramente non saprei...> 

< Eccovi finalmente! > Disse Ginevra avvicinandosi a noi con Saverio al suo fianco

< Ma dove siete stati? > Chiese Claudia  facendosi abbracciare da dietro da Mirko

"L'adorabile coppietta" si guardò negli occhi e senza proferire parola capimmo subito dove erano stati. 

< Ok! Non voglio saperlo! > Disse Mirko senza neanche aspettare cosa avevano da dire

< Ragazze, ho prenotato la sauna e poi un massaggio rilassante per tutte e tre che ne dite?  > Chiese Ginevra entusiasta

< Dico che è una meravigliosa idea!  > Rispose raggiante Claudia 


Fummo tutte contente del programma organizzato da Ginevra, così ci allontanammo tutte verso la villa lasciando i ragazzi alle prese con l'arco e le frecce. Dieti ancora una volta uno sguardo fugace verso Dario la quale era immerso a guardare il cellulare. Non aveva cercato il mio sguardo, non mi aveva neanche salutata. Aveva pienamente ragione Claudia, ed io dovevo iniziare a capirlo 


Sentii i suoi occhi su di me, mentre facevo finta di smanettare con il cellulare, dovevo iniziare a fare il distaccato con lei altrimenti sarebbe stata la fine. Il mio stato d'animo era cambiato da quando avevo visto l'amore che c'era tra Claudia e Mirko e anche lei aveva incassato il colpo, lo avevo percepito chiaramente. Io sicuramente non ero capace di amare in quel modo, e non potevo far finta di niente. Saverio con il suo solita euforia ci portò al campo di tiro e soffermandoci in una delle postazioni iniziamo a tirare uno per volta

< Allora non mi chiedete niente?! >

< No!! > Rispondemmo all'unisono con Mirko. Non ci andavano i particolari piccanti della serata con Ginevra

< Ma lo sapete che siete degli stronzi? >
< Mai quanto te! > Risposi sorridendo incrociando le braccia

< Beh, non sapete cosa vi perdete...> 

< Preferiamo perdercelo stavolta! > rincarò Mirko 

< Ok ok...> disse sconsolato Saverio stando zito qualche istante per poi riprendere il discorso dopo aver dato una boccata alla sigaretta che stava fumando < Però una cosa la voglio dire...non mi era mai capitata una che te lo tira fuori dai pantaloni così! - 

< Ecco, ti sei tolto anche questo sfizio! >
< Però, c'è uno sfizio che forse non mi toglierò mai...> 

< Sarebbe? > Chiesi imbracciando l'arco  con la feccia guardando verso l'obiettivo

< Toccare le tette sode di Anita! > Disse nuovamente sconsolato e facendomi mancare completamente il bersaglio.

< Cosa c'entra adesso Anita?! > Domandai infastidito voltandomi verso di lui

< Beh, mi piacciono molto le sue tette... per non parlare del suo sedere...chissà come sarebbe farci un giro.. >

< Ok adesso smettila! > Affermai dandogli l'arco mostrandomi infastidito

<  Cos'è tutto questo interesse? >

< Non è interesse...e che Mirko potrebbe offendersi! Vero Mi? >

< Eh? > chiese come se fosse caduto dalle nuvole

< Essendo cugina di Claudia, e quindi fra poco anche tua cugina ti danno fastidio questi discorsi giusto? > Dissi avvicinandomi a lui dandogli una pacca sulle spalle

< Ah, si si...molto! >

< Però di Ginevra non ti frega niente...gusto Mi? >

< No..cioè si... >

< Quindi se ti dicessi che abbiamo fatto i salti mortali ieri sera il tuo piccolo cuore da cugino premuroso non reggerebbe giusto Mi? > 

< Io...io credo di no... > 

< Allora se continuassi anche stasera ti darebbe molto fastidio Mi? >

< Ok! Dario si è portato a letto Anita! > Gridò Mirko esasperato dalle continue domande accusatorie di Saverio

< Mirko!!!  > Gridai a mia volta verso di lui

< Lo sapevo... > Rispose sorridendo imbracciando nuovamente l'arco e e colpendo il bersaglio 

< Cazzo Dario lo sai che non so tenere i segreti! > Disse guardandomi dispiaciuto, ed io avrei voluto ucciderlo

< Mirko non c'entra...l'avevo già capito da me! Non è da te non raccontare le tue avventure notturne! E il fatto che stamattina ti abbia dovuto cavare le parole dalla bocca hanno acceso una lampadina in me! Per non parlare di come le guardi il sedere...>

Rimasi come un idiota. Era così palese che lei mi piacesse così tanto? Portai tutte due le mani sul viso sfregando gli occhi da sotto gli occhiali. Adesso che Saverio aveva la certezza ero fottuto.

< Mi spieghi però come hai fatto?! A detta di Ginevra, Anita è una suora mancata!  >

< Anita è l'urlatrice seriale dal pub! > Rincarò Mirko senza giri di parole

< Cazzo Mirko, vuoi stare zitto?!? >

< Ma ormai che lo sa, che senso ha nasconderlo? >

< Che cosa?!! Stai scherzando vero? >

< Purtroppo non sta scherzando, e tu adesso te ne stai zitto e buono va bene? > Dissi togliendogli nuovamente l'arco dalle mani

< Ma perché tutto questo segreto? Non potete scopare contenti e felici? > 

< No, perché lei non vuole questo...vuole un ragazzo da amare alla luce del sole e io non sono quel tipo di ragazzo...>

< Ma perché io ti sembro quel tipo di ragazzo? Ci stiamo solo divertendo! >
 
< Lo vedo...ma Anita è diversa da Ginevra...>

< Mi stai diventando troppo sentimentale....oppure ti piace davvero... > Disse quasi stupito guardandomi con gli occhi sbarrati

<  Tanto non importa quello che provo...domani finirà tutto e non ci vedremo più...così la finirò di pensare a cose assurde! > Dissi lanciando a terra l'arco e allontanandomi da loro

La presa di coscienza da parte di Saverio fu una doccia fredda per me. Neanche io ancora avevo fatto chiarezza dentro di me e quelle tre parole " ti piace davvero" mi destabilizzarono. Era davvero possibile? Mi stavo innamorando davvero di lei? All'improvviso quella fottuta paura tornò più prepotente che mai. Scesi giù verso il lago e iniziai con tutta la forza che avevo in corpo a lanciare sassi verso di esso. Quella fottuta paura irrazionale mi torturava, e più stavo con lei e più sentivo di perdere il controllo. Lei meritava un Mirko e non un idiota di nome Dario.


Note: Capitolo Sette. Ed eccoci miei cari in un nuovo capitolo! Capitolo di confessioni pericolose! Come dice il titolo stesso! Adesso che i due compari sanno la verità su Anita e Dario come si comporteranno? Eeeeeeeeh vedremo! E Claudia riuscirà nel suo intento di fare conoscere Alessandro ad Anita? 🤔 La sera dell'assaggio ormai è alle porte, e vedremo in nostri magnifici sei in questa cena molto formale. I buoni propositi di Anita e Dario andranno in porto? Riusciranno davvero a stare lontani? Lo vedrete nel prossimo capitolo!  Grazie sempre a chi mi segue e alla prossima ❤️





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Capitolo 8
*** Sentimenti contrastanti ***


Claudia aveva insistito affinché io portassi il vestito più formale che avessi, ed io, come sempre, non ero riuscita a dirle di no. Non ero una fan delle feste formali, anzi, per dirla tutta non le amavo particolarmente. Ma quella, era la sera di Claudia e io non potevo di certo deludere le sue aspettative. Tirai fuori dalla valigia quel vestito comprato di fretta e furia in uno dei negozi più In di Milano, uno dei tanti che si trovavano in via Monte Napoleone. Mi affidai completamente alla commessa, che sembrava abbastanza convinta durante la mia sfilata all'interno del negozio. " Le sta d'incanto" furono le sue parole mentre passavo la carta sul quel aggeggio luminoso. Ma adesso, guardandomi allo specchio non ero più sicura di niente. Mi guardavo allo specchio scrutando ogni singolo angolo del vestito nero sistemando le spalline che ricadevano morbide sulle mie braccia  a forma di ali di gabbiano. Il vestito lungo con spacco laterale accompagnato da delle Chanel dello stesso colore sembrava davvero donarmi. Sorrisi per la prima volta dopo averlo indossato portando una ciocca dietro l'orecchio , forse non ero così da buttare. I capelli un po' mossi ricadevano leggeri sulle mie spalle accompagnati da un fermaglio coperto di Swarovski, stazionava sul lato sinistro tirando con se quella ciocca ribelle che mi accompagnava durante le giornate di vita quotidiana. Presi la micro borsetta sempre consigliata dalla mia fedele commessa e mi avviai verso l'uscita.


Con le mani in tasca scendevo le scale nella più totale apatia. Di solito era un festaiolo, l'anima della festa, ma non quella sera. Il vestito che portavo, quella giacca e cravatta nere che non portavo di solito mi facevano sentire un pinguino, quindi non totalmente al mio agio. Per non parlare del discorso Anita. Ero riuscito a stento a starle lontano durante tutta la giornata, giornata fatta di sguardi e battute evitate. In parole povere non ero io. La conversazione avuta con i ragazzi e la mia riluttanza per tutta la faccenda aveva incupito il mio stato d'animo. Stavo per andare nella grande sala nel più totale silenzio quando Saverio fermo i miei passi.

< Aspetta, dove vai? > Chiese sorpreso Saverio avvicinsandosi a me

< Sto andando in sala...> 

< Non aspetti Anita? >

< E perché dovrei farlo? >

< Per questo motivo... > Disse guardando verso la parte più alta delle scale a bocca aperta

Mi girai anch'io nella stessa direzione rimanendo quasi senza respiro < Cazzo...> Esclamai sottovoce guardandola. Era meravigliosa.

< Sei fottuto...> ammise Saverio dandomi due pacche sulla spalla destra allontanandosi scorgendo Ginevra anch'essa sulla scala

I suoi occhi bluverdi accarezzavano i miei lasciandomi quasi secco. Il vestito che indossava la fasciava perfettamente annebbiando la mia mente del tutto. La salivazione azzerata non aiutò la mia parlantina che tardò ad arrivare.
Era quasi arrivata sull'ultimo gradino quando inciampò e cadde letteralmente tra le mie braccia.

< Presa .. > dissi stringendola forte tra le mie braccia. 

Lei mi guardò negli occhi come a volermi ringraziare quasi mortificata stringendo la mia nuca. Fu in quel momento che non ebbi più il controllo del mio corpo e mi avvicinai a lei per baciarla. 

< Bella presa! > Disse Saverio avvicinandosi a noi interrompendo il momento con Ginevra al seguito

< Scusami...sono una frana...sono...>

< Perfetta... > Dissi senza neanche pensarci. O perlomeno non dovevo dirlo ad alta voce

Lei sorrise scostandosi dolcemente da me. Ero davvero fottuto. Le porsi il gomito sorridendole, e lei con lo stesso sorriso si affidò a me camminando verso la sala.

< Signor Mancini le ricordo che lo sto facendo solo perché mi ha salvato da una rovinosa caduta... >

< Lo so bene Signorina Velletri, come so per certo che il suo vestito starebbe benissimo, sul pavimento, accanto al mio letto... > Le dissi sussurrandolo all'orecchio prima di spostarle la sedia per farla accomodare.

Si. Ero fottuto.

Trattenni il respiro. 
Quelle parole sussurrate mi investirono in pieno. Il calore del suo respiro mi procurò subito un brivido, quello stesso brivido che mi travolgeva ogni volta che lui mi sfiorava. Cercai di riprendere  fiato con nonchalance, abbozzando un sorriso di circostanza, ma dentro di me  lui aveva inescato qualcosa. Come di consueto presi l'acqua minerale e la versai nel mio bicchiere cercando di recuperare un po' di quella lucidità mentale per proseguire la cena alla meno peggio.

La serata proseguì disastrosa. Ogni occasione era buona per fare uscire la mia goffaggine latente, accentuata dal fatto che io fossi disperata. Acqua sul tavolo, ostriche fatte volare sul piatto di Claudia, e la sogliola andata quasi di traverso dopo che lui inavvertitamente aveva toccato il mio tovagliolo pensando fosse il suo.

Si. Ero disperata.

Eravamo tutti al dessert quando Mirko con un meraviglioso sorriso si sedette al pianoforte invitando Claudia ad appoggiarsi dall'altro lato del piano. Le sue dita si appoggiarono sui tasti intonando All Of Me di John Legend.
Il viso di Claudia si trasformò immediatamente, facendo trasparire tutta l'emozione per quella sorpresa inaspettata. Sopraffatta dalla tristezza per la mia situazione infelice mi avviai verso il terrazzo che dava proprio sul lago. Mi sppoggiai con il bacino sulal ringhiera osservando Mirko e Claudia da lontano stringendo a me le braccia, mi sentivo davvero uno schifo. Lui suonava magnificamente mentre lei quasi con il magone lo guardava sognante. Erano veramente stupendi, nel contemplarli non mi ero accorta che Dario era dall'altra parte del terrazzo a fumare una sigaretta. 

< È davvero bravo...e pensare che sua madre lo ha  iscritto a lezioni di piano per aiutarlo dopo essersi rotto il polso a calcetto... >disse senza che io aprissi bocca avvicinandosi a me buttando la cicca al di là della ringhiera

< Già è veramente bravissimo... > risposi stringendo ancora più forte le braccia al petto, avevo dei brividi di freddo oltre quelli del cuore.

Lui di tolse la giacca e la poggiò delicatamente sulle mie spalle sorridendomi dolcemente per poi accostarsi vicino a me. Rimasi meravigliata da l suo slancio sorridendo come una stupida, ma dentro di me sapevo qual'era la verità. E doveva saperla anche lui.

< E poi si sente l'amore che prova per lei...un amore forte...ed è questo che anche io voglio per il mio futuro... - 

- Lo capisco... - 

- Quindi quello che c'è stato tra di noi, qualsiasi cosa fosse, finisce qui... - affermai quasi sull'orlo di un pianto disperato. Stavo per andare via quando lui afferrò la mia mano

< Mi concedi almeno un ballo? > Chiese quasi in tono di supplica, e con occhi pieni di speranza

Annuì incrociando finalmente il suo sguardo.

I suoi occhi brillavano con la luce della luna che ormai era presente ad ogni nostro incontro, ed era stata testimone di quell'amore che non sarebbe mai nato.
Appoggia il mio viso sulla sua spalla  come se fosse un dolce cuscino, assaporando il suo profumo di dopobarba per l'ultima volta. La sua mano destra accarezzava la mia nuca dolcemente, e con la sinistra stringeva il mio fianco. Il calore del suo corpo mi avvolgeva lasciandomi senza fiato. I nostri corpi si muovevano sinuosi a ritmo lento trasportandoci in un'altra dimensione, dove esistevano solo io e lui. Potevo sentire il suo cuore battere lento insieme al mio creando una sinfonia perfetta. Una sinfonia che nessun'altro avrebbe sentito, ma che risuonava nelle mie orecchie riscaldandomi l'anima.

Appena Mirko fini di suonare, anche il nostro incantesimo si sciolse, riportandoci alla triste realtà. Tornai la giacca a Dario non guardandolo neanche in faccia per la paura di ricadere nei suoi occhi azzurri e con passo veloce andai via, lasciandolo lì ancora tramortito come me da quell'ultimo ballo.


Il ricordo di lui e del suo profumo non smetteva di girare tra i miei pensieri. Era un chiodo fisso che non mi abbandonava, un chiodo che schiacciava tutti gli altri pensieri facendomi quasi male. Mi rannicchiai in posizione fetale tirando le coperte verso di me cercando di non pensarci, di non pensare a lui. Avevo fatto una scelta, e quella scelta doveva essere rispettata, dovevo rispettare me stessa e quello in cui credevo, nonché quello che volevo per il mio futuro. Non ero più una ragazzina, ma neanche una donna matura a mio dire. In realtà tutte le mie amiche e quasi tutte le mie cugine, fatta eccezione per Ginevra, erano tutte accasate o per lo meno fidanzate dai tempi della preistoria. Sicuramente avere trentadue anni e solo una storia importante alle spalle non aveva giovato né alla mia vita ne alla mia autostima. Ma lui, lui pur essendo la persona più sbagliata per me era anche paradossalmente quella più giusta. Era riuscito a farmi sentire speciale, anche se probabilmente non lo pensava veramente, stava solo recitando la sua parte da casanova incallito. Allora perché volevo stare tra le sue braccia?

Hold On - Chord Overstreet

 Mi alzai dal letto tenendo sott'occhio la porta d'entrata, volevo varcarla. Mi avvicinai piano quasi avessi paura di far rumore, poggiando delicatamente i piedi sul marmo bianco. Avevo bisogno di lui. Volevo lui. Adagiai la mano destra sulla porta quasi a voler sentire la sua presenza dietro di essa, speravo che da un momento a l'altro lui bussasse e mi prendesse tra le sue braccia, contro tutto quello che gli avevo detto nel terrazzo. Ed ora, mi maledicevo ogni minuto per quelle parole dette, pronunciate dal mio cuore ferito. La mano sinistra stringeva la mia vestaglia in una morsa in cerca di conforto. Accarezzai la porta bianca fino ad arrivare alla maniglia stringendola tra le dita. Il mio cuore all'improvviso smise di battere, come tutte le altre mie funzioni vitali. Volevo davvero oltrepassarla? 


Da qualche minuto me ne stavo davanti alla mia porta d'entrata  sbattendoci la fronte più volte. Volevo andare da lei. Volevo stringerla tra le mie braccia, volevo sentirla sotto la mia pelle. Ma le sue parole giravano ancora vorticose nella mia mente. Lei voleva un futuro diverso, e in quel futuro non era contemplato un ragazzo come me. Non la biasimavo. Sapevo bene che tipo di ragazzo io fossi, e sapevo che non avrei mai potuto darle quel tipo di amore da lei tanto agognato. Allora perché stavo morendo dalla voglia di tenerla tra le mie braccia? 

Iniziai ad imprecare e a tirare pugni contro quella porta che mi teneva prigioniero. Un prigioniero consapevole. Consapevole del fatto che se fossi uscito da lì le avrei fatto solo del male. Mi allontanai e avvicinai un paio di volte ad essa gesticolando e continuando ad imprecare per poi spostarmi del tutto verso la porta finestra spalancandola in un gesto disperato. Presi una sigaretta tra le dita strisciando la sedia della scrivania al centro della porta finestra. Mi sedetti nervosamente poggiando i gomiti sulle ginocchia con la camicia e i pantaloni sbottonati . Non potevo credere che stesse succedendo proprio a me. Non credevo che sarei impazzito così. Risi come un'idiota pensando a tutta la situazione surreale che stavo vivendo. Sospirai forte poggiando la schiena allo schienale e accendendo la sigaretta sperai con tutto il cuore di riuscire a trattenermi, trattenermi dall'essere quello che lei non voleva. Trattenere il mio corpo lontano da lei.

Note: Capitolo Otto. Buongiorno a tutti miei cari ed eccoci in questo capitolo un po' triste. Dario e Anita si sono detti addio. Non può esserci un futuro per loro, o almeno e quello che credono 🤣 Riusciranno davvero a restare lontani?  Sicuramente loro ci proveranno...ma i risultati non saranno quelli sperati 🤣 grazie sempre a chi mi segue e alla prossima ❤️ 

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Capitolo 9
*** Solo Tu ***


Fui svegliata di soprassalto dalla bussata frenetica di Claudia contro la mia porta. Molte cose nella vita mi lasciavano i dubbi, ma il bussare incessante di Claudia lo riconoscevo tra mille e voleva dire solo una cosa, guai in vista. Mi precipitai verso la porta aprendola ancora con gli occhi chiusi. 

< Alla buon'ora! Come mai sei ancora in pigiama? > 

< Claudia sono le sette del mattino, cosa vuoi che faccia a quest'ora? >

< Vestirti per esempio?! > 

< Cla, cosa c'è che non va? È successo qualcosa? > Chiesi sedendomi sul letto abbracciando uno dei miei cuscini

< Ginevra non è in camera sua... >

< Sarà scesa a fare colazione... oppure sarà in bagno...sicura che non fosse in bagno? >

< Oppure ha passato la notte da Saverio...>

< E allora? Lo sai che quelli copulano come se non ci fosse un domani... > Affermai sdraiandomi sul materasso

< Non va affatto bene! Lui le spezzerà il cuore, e poi toccherà a noi raccogliere i cocci! >

< Non sei troppo drammatica? Ginevra non mi sembra il tipo da fazzoletti e mega coppe di gelato... > 

< Ani, andresti a chiamarla?>

 < Cosa? io? Ma non ci penso nemmeno! > 

< E dai! Fallo per me! Io tra un mese mi sposo...non vorrai rovinarmi il matrimonio?! > 

< Adesso sarebbe colpa mia? >

< Se non vai a chiamarla si! >

< Allora preferisco sentirmi in colpa stavolta! Non mi presenterò nella stanza di Saverio, senza sapere se Ginevra si trova davvero lì! >

< Ok, fai come vuoi! Mi avrai sulla coscienza! > 

< Cla smettila! Non attacca! > Affermai mettendomi il cuscino in faccia. Questa volta non avrebbe vinto lei, anche perché non ero dell'umore giusto.

La sentii sbuffare mentre si allontanava verso la porta. L'aprì nervosamente sentendo la maniglia schioccare

< Ah dimenticavo, Mirko ha organizzato una gita in barca prima di andare via, quindi ti aspetto subito giù! > Così dicendo uscì quasi sbattendo la porta

La detestavo quando faceva così, si credeva la regina incontrastata, ed io ne avevo fin sopra i capelli di quel weekend ad alta tensione. Questa volta lasciai correre, anche perché io avevo già i miei problemi. Grossi problemi di nome Dario. Non ero riuscita a dormire molto  la notte appena trascorsa, ma ero sempre più convinta che fosse la cosa giusta da fare. Mi alzai dal letto poggiando il cuscino che avevo stretto fino a qualche minuto prima, spogliandomi del pigiama quando sentii  bussare di nuovo alla porta. L' aprii  senza neanche pensarci convinta che fosse nuovamente Claudia, quanto mi sbagliavo. Mi ritrovai in intimo davanti ad un Dario più che stupito.
Lui mi guardò dalla testa ai piedi, e con quel suo solito sorriso beffardo disse.

< Mi aspettavi? >

< Oh cazzo! Pensavo fossi Claudia! - gridai avvicinandomi nuovamente al letto dove avevo appoggiato il pigiama cercando di coprirmi maldestramente

< Beh, per mia fortuna non lo sono...> Affermò chiudendo la porta dietro di lui  continuando a sorridere divertito

< Invece di ridere come un idiota puoi dirmi perché sei qui? > Incalzai tenendo con tutte e due le mani il pigiama sul mio seno

< Ero giù in terrazza a fumare una sigaretta, quando mi sono accorto che ieri sera durante la tua corsa frenetica ti è caduto questo... > Avvicinò a me il fermaglio di Swarovski che indossavo la sera prima e che probabilmente mi era scivolato dai capelli < Sarebbe davvero un peccato se non potessi più indossarlo, ti stava d'incanto...> 

< G...grazie > Sibilai prendendolo tra le mani facendo scivolare il pigiama che avevo tra le mani

Lui guardò il pigiama a terra aggrottando la fronte divertito, per poi chinarsi a raccoglierlo
I suoi occhi sapevano incantarmi, sapevano bloccare ogni mia funzione vitale.

< Credo che questo ti serva, anche se io penso che tu stia meglio senza... >

< G...grazie...anzi no, cioè grazie per averlo raccolto! Adesso perché non vai via? Io dovrei vestirmi! > Dissi camminando come un granchio verso il bagno sotto il suo sguardo sardonico

Era davvero stupendo. Maglione a v grigio chiaro con maglia bianca sotto tirato su fino ai gomiti, jeans e sneakers bianchi. 
Infilò le mani in tasca e lanciandomi un ultimo sguardo andò via lasciandomi come una scema davanti alla porta del bagno. In realtà ci mancava poco per ritrovarmi a sbavare. Veramente molto poco. Appena entrai in bagno il mio cervello si ritrovò a ripensarlo incessantemente. Pensai alle sue labbra sulle mie, le sue mani sul mio corpo e a tutto il resto...
Lui mi faceva questo effetto. Solo Lui.
                       

Uscì dalla Camera di Anita indeciso se andarmene subito o tornare dentro e baciarla. Tutto quel siparietto aveva riacceso in me quella scintilla che avevo cercato di spegnere la notte passata tra tormento e ragione. Alla fine decisi che dovevo starmene buono e scesi giù nella reception. 
Mi trovai davanti Mirko e Claudia che stavano dando i loro documenti per la gita in barca organizzata dal santo uomo. Più lo guardavo e più pensavo veramente che fosse un santo sotto mentite spoglie. 

All'improvviso la vidi arrivare insieme a Ginevra e Saverio, e nella mi testa parti subito "Solo tu - Matia Bazar". Quella musica così familiare, così nostalgica partì senza che io potessi pensarci troppo. Tante volte durante la mia vita avevo ascoltato quella canzone insieme a nonna, una delle sue preferite. Ma adesso la mia mente l'aveva accostata a lei. Era meravigliosa. Aveva indossato nuovamente quei Skinny Jeans che la fasciavano perfettamente e mettendo in bella vista il suo favoloso sedere, abbinato ad una camicia fiorata rosa trasparente con dei volant sul decolte prosperoso. I suoi capelli raccolti come sempre in uno chignon facevano cadere qualche ciocca lateralmente dandole quell'aria sexy. Ebbi subito la salivazione azzerata. Il suo sorriso era contagioso anche se un po' rumoroso, mi faceva impazzire. Quelle labbra carnose le immaginavo già sulle mie mentre la baciavo a perdifiato, mentre le mordicchiavo e le facevo mie prigioniere. E quegli occhi, quegli occhi da gatta erano dannatamente belli, avrei perso giornate intere a guardarli. Per non parlare della sua pelle, così bianca quanto morbida mi faceva sbrocchare, mai avevo visto una pelle così candita quasi d'alabastro. E ne avevo viste di donne, ma lei, lei era diversa in tutto. 

< Base chiama Dario!  > Disse Mirko avvicinandosi a me passando il palmo della sua mano davanti gli occhi. Mi girai verso di lui ancora rincoglionito, togliendo la musica di sottofondo nel mio cervello. 

 < Si...?! >

< Ti ho chiesto i documenti Da...> 

< Ah sì, sì! > Tirai fuori il portafoglio dalla tasca posteriore dei miei jeans cercando di riprendermi

Nel frattempo Anita, Saverio e Ginevra ci avevano raggiunti davanti al bancone della reception.

< Ginevra, mi dici doveri? > chiese indispettita Claudia portando le mani sui suoi fianchi.

< Che domande! Da Saverio no?! Ti serviva qualcosa? > 

< Si, mi serve uno psichiatra!  >

< Amore, cerca di rilassarti ok? Adesso andiamo a farci un bel giretto in barca così ti rilassi...> Disse Mirko il santo cercando di calmare la sua futura consorte facendola uscire velocemente. Povero martire. 

Anita si avvicinò alla receptionist che prontamente le chiese documenti. Con la stessa velocità glieli porse avvicinandoli con un sorriso

< Velletri Anita Beatrice? > Disse la signorina usando un tono un po' alto

< Ti chiami Beatrice? Come suor Beatrice? > Esclamai sorridendo intrecciando le braccia al petto. Anche se questo mi intrigava da morire.

< Suor Beatrice?  Ma che...?!  > Disse guardandomi interrogativa quasi scioccata

< Non è un titolo di demerito, è la protagonista di una soap opera che guardavo con mia nonna...ma che alla fine non era per niente una suora... >

< Sei un idiota!  >  Esclamò fuori di se recuperarando i documenti e dirigendosi verso l'uscita seguita da Ginevra

< Però era bella come battuta...peccato lei non abbia gradito! > Disse Saverio avvicinandosi a me con le mani in tasca 

< Sto rincoglionendo Sa...>

< Devo dirtelo...sei proprio un caso disperato...> Affermò dandomi l'ennesima pacca sulla spalla prima di allontanarsi anch'essi.

Ero davvero un caso disperato? Stavo perdendo davvero la bussola?

                      

Con l'aiuto di Mirko salì anche io sull'imbarcazione. Era davvero molto bella e spaziosa, e guarda caso si chiamava " La Santa" . Cercai di fare l'indifferente con lui, mentre si accingeva a salire scrutando la scritta che fronteggiava sul lato posteriore. Appena ebbe letto, mi guardò subito negli occhi divertito come non mai.

< Non permetterti a dire qualcosa Juan! > Esclamai fuori di me facendogli capire che anche io conoscevo la soap opera in questione.

< Ma chi io? Io non ho proprio niente da dire...>

< Ecco... >

Ero fuori di me. Chi si credeva di essere questo pallone gonfiato. Io una suora. In realtà le mie cugine mi avevano dato sempre questo appellativo, ma sentirlo dire a lui mi fece uscire dai gangheri. Si. Ero un caso disperato. Solo lui mi faceva questo effetto.

La barca iniziò a prendere velocità, mentre io, con mia somma sorpresa, realizzai di soffrire il mal di mare. Mi avvicinai all'estremità dell'imbarcazione cercando di rilassarmi, non potevo rovinare la giornata ancora una volta a Claudia. 

< Ani, tutto bene? > 

< Si Cla, ho solo bisogno di starmene un po' seduta qui...> In realtà volevo morire sul colpo. Avevo lo stomaco sottosopra e avevo voglia di vomitare anche l'anima. 

Tutto questo sotto gli occhi di Dario che sembrò a tratti anche dispiaciuto per me. Mi sorrise un paio di volte dolcemente, facendomi dimenticare il discorso suora. Mi alzai convinta che il peggio fosse passato quando un capogiro mi fece perdere l'equilibrio cadendo dritta nel lago. 



< Cazzo! > Gridai buttandomi anch'io in acqua senza neanche pensarci nelle acqua gelide del lago 

Lei si dimenava e boccheggiava,  ed io avevo una paura fottuta che perdesse i sensi e che non fossi riuscito a raggiungerla. Nuotai con tutta la forza che avevo in corpo fino quando finalmente non l'ha raggiunsi stringendola tra le mie braccia

< Dario! Non so nuotare!! > Mi disse in balia della paura più pura, con il cuore in gola.

< Hey, Hey, tranquilla, ti tengo io...hai capito? Non ti lascio... > Lei annuì guardandomi negli occhi arricciando le labbra bagnate. Dio era ancora più bella.

< Dario...i tuoi occhiali... > Disse accarezzandomi il sopracciglio destro per poi spostarsi sul mio zigomo. Quel tocco così inaspettato mi provocò un brivido. Solo lei aveva questo potere.

< Non è un problema...gli occhiali
 si ricomprano...tu no...-  Affermai sorridendole ricambiando la carezza sulla guancia

I suoi occhi illuminati dalla luce solare cambiarono ulteriormente, rendendoli ancora più belli di quelli che erano già. La voglia irrefrenabile di baciarla si impadronì del mio corpo, pur essendo in quella situazione assurda volevo ardentemente farlo. Mi avvicinai a lei, abbozzando un mezzo sorriso riaccendendo la musica di prima nel mio cervello. Sfiorai le sue labbra con le mie guardando i suoi occhi blu-verdi cercando la sua approvazione.

< Eccoci Dario! Anita stai bene?!  > Chiese Mirko  avvicinandosi con le sue braccia verso di noi interrompendo il momento idilliaco insieme alla musica.

Aiutai a fare salire prima Anita per poi salire anche io a bordo. Anita fu subito coperta con un lenzuolo di fortuna trovato nella piccola cabina, ed io lasciato al mio destino.

< Anita stai bene?! > Si avvicinò Claudia abbracciandola e non considerandomi

< Grazie, sto bene Claudia!  Il tuo l'interessamento mi commuove! > Le risposi senza che lei mi avesse detto niente

< Lo sai che ti voglio bene! > Rispose lei con una smorfia ritornando su Anita

< Da, dove sono i tuoi occhiali? > Domandò Saverio porgendomi una asciugamano di fortuna 

< Credo che siano in fondo al Lago.. .>
 
< Pagherò tutto io! > Esclamò Anita interrompendoci

< Non c'è bisogno Anita...>

< Insito! > 

< Ok,ok...se insisti...> Dissi regalandole un dei miei soliti sorrisi 

Lei mi diede uno sguardo di riconoscenza, prima di sparire sotto coperta con Claudia. 
In realtà non mi  interessava veramente degli occhiali. Io odiavo portarli, ma quella poteva essere un'occasione valida per poterla vedere una volta finito questo weekend  rocambolesco. Certamente non era quello che mi ero ripromesso la notte prima tra testate date al muro e seghe mentali varie. Ma quel contatto nel lago mi aveva fatto capire tante cose.
Non ero pronto a separarmi da lei, pur avendo sempre quella fottuta paura d'amare. Non ero ancora pronto a rinunciare a lei pur non potendola amare come lei avrebbe voluto. E forse cosa più importante, non ero pronto a non sentire più la sua voce mentre pronuncia il mio nome. No a quello non potevo rinunciare, e avrei dato tutto per sentirglielo dire ancora  volta, magari mentre il mio corpo si stringeva con il suo. Si, avrei lottato, lei non poteva uscire dalla mia vita così. 
Solo lei era riuscita a farmi rincretinire così. Solo lei.

Note: Capitolo Nove. Buongiorno miei cari/e ed eccoci in questo nuovo capitolo. Come potete vedere tra le tante cose successe, Dario e Anita stanno mandando nuovamente all'aria tutti i buoni propositi fatto la sera prima. Dario non vuole rinunciare a lei, pur essendo consapevole non saperla amare come lei vorrebbe. Anita d'altro canto non riesce a non pensare a lui. Come pensate che andrà finire? 🤣 Lo scopriremo nel prossimo capitolo! Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ❤️

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Capitolo 10
*** Alla Deriva ***


La gita in barca finì ancora prima di cominciare. Io con la mia goffaggine avevo rovinato la mattinata a tutti, ma soprattutto ai futuri sposi. E pensare che sotto l'invito in barca, c'era la bella idea di ringraziare noi testimoni e brindare tutti insieme con spumante e stuzzichini di vario genere. Questa volta mi sentivo veramente in colpa, e Claudia dopo aver fatto la dolce crocerossina per i primi cinque minuti passò la mezz'ora successiva a rimproverarmi per essere stata imprudente e goffa, e non aveva tutti i torti, ero una mina vagante. 
Arrivati sulla terra ferma tornai in camera a fare una doccia bollente per riscaldarmi e cambiarmi per poi ritrovarci tutti al parcheggio della villa. Mentre l'acqua calda infondeva il suo calore a tutto il mio corpo, la mia mente non poteva fare altro che pensare a lui. Alla sua dolcezza, e al suo gesto eroico. Si era tuffato senza remore e timore. Si era tuffato non pensando a sé stesso, ed il fatto che non si era tolto neanche gli occhiali la diceva lunga. O era solo una tattica per farmi perdere la testa per lui? Io, d'altro canto, avevo già perso parte della mia lucidità mentale. Lui mi piaceva, mi piaceva molto, non potevo mentire a me stessa, ma sapevo bene che lui non sarebbe mai stato il "mio ragazzo", che a lui questo tipo di relazione non interessava, e che quindi ero destinata ad una vita di tristezza e disperazione. Cercai di allontanare quel pensiero angoscioso e velocizzare il tutto, non volevo pesare ulteriormente su Claudia e Mirko. 


Uscì dal bagno con l'asciugamano bianca avvolta sul bacino asciugando i capelli con un altra più piccola sorridendo come un cretino. Non mi sarei mai aspettato quel mio comportamento. Mi ero tuffato senza pensare, anzi una cosa l'avevo pensata: avevo paura di perderla. Avevo paura che le accadesse qualcosa di brutto. In barba al fatto che  odio l'acqua gelida. Ma poi quando l'avevo tenuta tra le mie braccia, tutto era passato subito in secondo piano. Non mi importava proprio di niente, solo che lei stesse bene. E così suor Beatrice aveva fatto davvero centro. E adesso avevo anche la scusa perfetta per incontrarla, quegli stupidi occhiali erano serviti a qualcosa. 

Ci ritrovammo tutti insieme davanti alle nostre macchine, e dopo minuti interminabili di convenevoli e finti sorrisi da parte di Claudia mi avvicinai alla mia macchina aprendo il cofano per metterci dentro il mio trolley guardando ancora una volta verso Anita. Lei mi sorrise per un'ultima volta prima di entrare nella.macchina di Mirko.

< Ginevra, cara, cosa stai facendo? > La voce di Claudia ci inondò come un fiume in piena facendoci girare tutti dalla sua direzione

< Salgo in macchina con Dario e Saverio... qualè adesso il problema? >

< Ma tu sei venuta con noi... >

< Beh, adesso vado via con loro!  Ci vediamo Mirko, addio Claudia!  > Disse un'attimo prima di sedersi nel sedile anteriore della mia macchina

< Ok, allora direi che è tutto! > Affermai ridendo lanciando uno sguardo beffardo verso i futuri coniugi

< Eh no! Anita viene con voi! > gridò Claudia aprendo la portiera della macchina di Mirko incitando Anita ad uscire dalla macchina

< Cosa?! > 

< Anita devi fare compagnia a Ginevra! E poi...> cercò di dire sottovoce avvicinandosi verso di lei minacciosa ma fu udita da tutti ugualmente < Mi devi un favore per il tuffo fuori programma nel lago di oggi! >

< Ok, ok! >

< Prego, da questa parte signorina Velletri...> Le dissi aprendo nuovamente la portiera sorridendole con un mezzo sorriso

Lei si avvicinò con il trolley tra le mani passato da Claudia in fretta e furia.
Lo presi tra le mani sfiorandole e lo infilai subito dentro il cofano. Entrai in macchina che erano già tutti dentro, salutammo Mirko e la Signorina Rottenmeier con il clacson ed infilai le chiavi nella toppa

 < Benvenute nella mia umile macchina signorine!  > Dissi mettendomi i rayban sul naso guardandole dallo specchietto retrovisore.

- Beh, tanto umile non mi sembra... - ribatté Ginevra guardandosi intorno. In realtà avevo strafatto con questa macchina, full optional e con tutti i comfort del caso. Potevo permettermelo, e quindi non badavo a spese.

< Infatti, non lo è, ma gli piace vantarsi! > Continuò Saverio girandosi divertito verso le ragazze

< Ok, allora possiamo partire deficiente?  > Chiesi con finto tono arrabbiato

< Prego Signor Mancini, la strada è tutta sua! > disse sorridendo allargando le braccia verso la strada

Annuì guardando un'ultima volta verso lo specchietto retrovisore. Lei mi guardava pensando di non essere vista, per poi distogliere lo sguardo. 


< Cazzo! > Esclamai dentro di me appena lui si accorse che lo stavo fissando come un'idiota dallo specchietto retrovisore.
Non l'avevo fatto apposta, ma la sua mise, quella camicia bianca alla coreana gli stava benissimo, e quegli occhiali lo rendevano ancora più sexy. Sviai lo sguardo verso il finestrino facendo finta di guardare fuori, maldestramente direi. Fece retromarcia e ci avviamo verso l'autostrada. Dopo qualche minuto di silenzio, Saverio ci ricordò della sua presenza. 

< Ma che mortorio! Da, accendi la radio! >

< Ma perché tu non riesci? >

< Non vorrei rovinarti la tua umile macchina... > 

< Lo sai che sei un coglione? > Risposi accendendola facendo partire il CD che c'era dentro, subito all'interno dell'abitacolo iniziò a sentirsi "Sarà perché ti amo - Ricchi e Poveri

< Ma che cazzo è? Da, tu hai problemi...>

< E allora? Mi piacciono le canzoni anni ottanta lo sai... > 

< Ma così è troppo anche per te! >

< A me piace! > Esclamai divertita. Non pensavo che lui ascoltasse questo tipo di musica e la cosa mi piacque molto

< Hai visto? Alla Signorina Velletri piace... >

< Io mi arrendo! Anche se sarei tentato di buttarmi fuori dalla macchina in corsa!  > 

< Ti seguo a ruota! > disse Ginevra con la stessa allegria di Saverio

Dopo aver ascoltato tutto il repertorio di canzoni anni ottanta passando dai Ricchi e Poveri ai Matia bazar, e dopo aver sortito da sonnifero a Saverio e Ginevra mi avvicinai al suo sedile poggiando il gomito su di esso.

< Sai, mi ha nuovamente spiazzata...>

< Perché? >

< Non pensavo che tu fossi così... diverso... >

< Quindi non sono più un idiota? >

< No, cioè lo sei ancora...ma diversamente idiota! >

< Grazie, sono quasi commosso! >

< A parte gli scherzi, sei davvero... diverso > 

< Credo che sia tutto merito di mia nonna Amalia, lei è stata una seconda mamma per me, mi ha cresciuto a pane e sani principi...anche se mi sono perso un po' per strada... - Ammise sorridendomi dallo specchietto retrovisore provocando in me la medesima reazione.

< Io penso che non è tutto perduto... > Continuai poggiandomi nuovamente al sedile dietro di me portando una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio, lasciandolo di stucco.

La mia sincerità a volte mi stupiva. Usciva senza preavviso rendendomi vulnerabile, mettendomi a nudo. Pensavo ogni singola parola detta, ma sicuramente quelle parole non avrebbero giovato al nostro strano rapporto. Il Casanova e la Suora.

In preda ad una risatina incontrollabile, dettata dal suo sguardo fisso su di me, iniziai a mordere l'unghio del pollice e spostando il mio sguardo verso il finestrino cercai di soffocarla. Mi ero esposta troppo, e questo era il risultato.

- Ma che cazzo! Mi sono addormentato?! > 

< Buongiorno signor Monte! Dormito bene? >

< Ma sto diventando mio nonno? > Chiese pulendosi un po' di saliva che si era depositata ai lati della bocca

< Eh, non sei più un ragazzino...>

< È tutta colpa di quella musica del cazzo! E sicuramente le scopate senza sosta di ieri sera non mi hanno aiutato... >

Sentimmo tossire Anita come a volerci richiamare alla cortese attenzione. Saverio si girò verso di lei dicendo.

< Hey ciao! > Per poi tornare su di me e continuare < Cazzo quella lì ti fa tremare la gambe! >

< Lo sai che sei incredibile?! Io sono ancora qui! > dissi sconcertata dalla sua faccia tosta

< Lo so che sei lì, infatti ti ho salutata... >

< Io non volevo essere salutata, volevo che tu la smettessi! >

< Cos'è, suor Beatrice si è indignata? >

< Sei solo uno stronzo! >

< Ok Sa, adesso smettila, hai detto abbastanza... > disse Dario con tono duro cercando di attirare la sua attenzione

< Ok, ma io stavo solo facendo conversazione con te non capisco il suo immischiarsi...>

< Ti informo che anche io sono munita dell'apparato uditivo, e si dia il caso che la ragazza di cui stavo parlando con tanta nonchalance è mia cugina, quindi ti pregherei di usare più tatto quando parli di lei in mia presenza! >

< Hey Hey, ma che sta succedendo qui?! > Chiese Ginevra svegliata sicuramente dalle mie urla

< Ma niente, stavo solo dicendo a Dario quanto sei brava a scopare, e Anita non l'ha presa molto bene! > Rispose Saverio girandosi verso di lei

< E continui pure?! > Continuai imperterrita sulla mia strada

< Ani, non c'è problema! Anzi, per me è un complimento! > 

< Che?! >

< Beh, credo che non ci sia niente da male...>

< Bene, vi siete trovati!  Scusate lo sfogo isterico di suor Beatrice allora! >

< Dai, vieni qui! > Disse prendendomi tra le sue braccia quasi stritolandomi < Lo so che lo hai fatto per me, e te ne sono grata, ma non devi preoccuparti...non mi diventare come Claudia ok? > 

< Se mi lasci vivere, posso anche provarci! > Dissi quasi soffocata dalle sue braccia

Con lei il rapporto era stato da sempre diverso. Se con Claudia dovevo rigare dritto, con lei invece mi sentivo libera di essere me stessa. Pur essendo la più piccola del trio, era sempre stato quella più precoce, e quella che mi aveva sempre invogliata a buttarmi in tutto. E ci vedeva nelle cose anche prima di noi, come quando infelice e distrutta mi invogliava a mollare Edoardo, anche se poi lo ha fatto lui buttandomi nella disperazione più totale.

Lasciati i due piccioncini da Saverio, omettendo la cosa a Claudia, ci avviamo verso casa nel più totale silenzio.

< Quindi abiti nel quartiere di Brera...bel posto, complimenti! > disse guardandosi in giro scendendo dalla macchina

< In realtà è stato il regalo di laurea dei miei genitori, avevo sempre sognato una casa mia, per essere più indipendente...> 

< Beh, hanno davvero fatto le cose in grande! > rispose appoggiando il trolley a terra trascinandolo per me

< Tu invece dove abiti? > Chiesi entrando dentro la piccola 

< Io abito in zona Garibaldi-isola...ma prima che tu dica qualsiasi cosa vorrei spezzare una lancia a mio favore dicendo che quella casa mi è stata lasciata in eredità da mia nonna! - 

< La tua nonna ti amava tanto... > 

< Ed io amavo lei... > Rispose quasi con gli occhi lucidi aiutandomi ad aprire il maestoso portone che ci separava dalla grande corte interna < Questo posto sembra quasi un monastero... >  Disse riferendosi alla grande corte che c'era all'interno del grande palazzo dove abitavo. Il tutto incorniciato da archi che delineavano il passaggio verso il piccolo portone d'entrata. Era proprio un piccolo tesoro nascosto nella caotica Milano.

< Non ci provare! > Affermai guardandolo in cagnesco mentre salivamo i gradini in marmo color crema che ci conducevano al primo piano dove si trovava casa mia.

< Chi io? Non oserei mai! > disse ridendo appoggiandosi con la testa al muro adiacente alla porta di casa. In quel momento il mio cuore mancò un colpo. Era così bello, e così sexy che avrei voluto baciarlo immediatamente. I suoi occhi azzurri mi osservavano divertiti, e sorridendo mettendo in evidenza quelle fossette tutte da mordere.

Aprii la porta entrando nel grande salotto in stile classico lineare. I divani i pelle bordeaux primeggiavano uno di fronte all'altro con al centro un piccolo tavolino basso con sopra un vaso di cristallo contenente delle peonie il mio fiore preferito. Dietro di essi una grande finestra adornata da tende bianche con balze finali che le conferivano quel tocco romantico.

Mi girai nuovamente verso di lui trovandolo ad ammirare la casa, con ancora il trolley tra le mani

< Bene, direi che è tutto... >

< Già...>

< Magari...ci vedremo in giro o direttamente al matrimonio di Claudia e Mirko... >

< Magari...> Disse avvicinando il trolley verso di me così vicino che mi sembrò quasi che stesse per baciarmi. Convinta più che mai di questo avvicinai le mie labbra a le sue e lo bacia lasciandolo di sasso.

Rimase pietrificato guardandomi negli occhi, mentre le nostra labbra schioccavano quel bacio travisato dalla mia goffaggine.

< Tu non stavi per...>

< No...> 

< Quindi io ti ho...> 

< Esatto...> Rispose sorridendo infilando le mani in tasca

< Oddio scusami! Io pensavo che tu stessi per baciarmi! Oddio che vergogna! > Cominciai a sentirmi davvero una stupida. Misi tutte e due le mani sul viso e cercai di allontanarmi quando lui mi prese per un braccio

< Hey...anche se non stavo per farlo, non significa che io non "voglia" farlo...- il mio cuore in quel momento si fermò di colpo. I suoi occhi cristallini si tuffarono nei mei senza lasciarmi diritto di replica facendomi sciogliere come neve al sole. Avvicinò le sue labbra alle mie delicatamente, accarezzando il mio mento e portandolo al cospetto. Inizio a baciarmi con dolcezza, lasciando tanti piccoli baci su di esso, massaggiando le mie labbra ad ogni bacio. Quei baci, quei piccoli baci mi mandarono in estasi. Baciava da Dio, ed io pensavo in tutti i sensi dalle sue labbra. La mano che stazionava sul mio mento, si spostò piano verso la mia guancia per poi afferrare il mio collo continuando a baciarmi con maggiore passione ed impeto. Mi ritrovai appoggiata ad una delle travi che si trovavano nel mio salotto stringendolo a me ansimando. Il suono della sua voce si fece sempre più calda e più lamentosa mentre si spingeva giù verso il mio collo e il mio seno messo in risalto dal vestitino viola con scollo a V che indossavo. I nostri occhi si incontrarono nuovamente prima di riprendere la nostra frenetica danza che ci avrebbe portato sicuramente alla deriva, ma con lui tutto sembrava bello, anche la prospettiva di essere trasportata al largo mi allettava. Sarei andata ovunque con lui, si, anche alla deriva.

Note: Capitolo Dieci. Ed eccoci qui in questo nuovo capitolo. Come potete vedere Anita e Dario ci sono cascato nuovamente, ma come andrà tra di loro? Anita incontrerà davvero Alessandro? E Dario starà a guardare?  Eeeeeeeeh lo vedremo presto! Grazie a tutti quelli che mi seguono ♥️ e alla prossima! ❤️

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Capitolo 11
*** Innamorarsi ***


Le sue mani continuavano a muoversi sul mio corpo accarezzando la stoffa che ci separava come se fosse qualcosa di prezioso. Il suo tocco così leggero ma così deciso mi provocava gemiti incontrollati. Le nostre labbra si prendevano e si lasciavano di continuo in un susseguirsi di gemiti e versi indecifrabili. Ero in estasi. Lui era la mia estasi. Eravamo totalmente presi da noi, che non sentimmo subito il campanello della porta suonare. 
Al secondo avvertimento ci guardammo negli occhi interrogativi, pensando che tutti e due avessimo immaginato quel suono, ci girammo lentamente verso la porta che era poco distante da noi guardandola sorpresi. I nostri respiri ancora in subbuglio facevano da sottofondo a quella scena da teatrino muto.

< Anita lo so che ci sei! Ho chiamato Claudia! > La voce di mia sorella Chiara  si sentii da dietro la porta paralizzandomi all'istante.

Cosa ci faceva lì?
Cosa mi sarei inventata adesso? 

< Arrivo Chiara! > Mi scostai immediatamente da Dario guardandolo negli occhi < Adesso tu stai zitto e fai parlare solo me ok?! > Continuai sottovoce cercando l'assenso di Dario che se la rideva come al solito. 

< Ok..> rispose continuando a sorridere. Adoravo quel sorriso da " ti stavo baciando e lo rifarei ancora" . Perché anche io avrei continuato, avrei voluto tutto di lui.

Mi sistemai i capelli davanti allo specchio a forma di sole adiacente alla porta d'entrata e prendendo un bel respiro aprii la porta. Mia sorella Chiara entrò come un uragano com'era suo solito fare. Trentacinque anni, mamma di Riccardo, sposata da otto anni con Fabio ed entrambi laureati in ingegneria civile come Edoardo...il mio ex. 

< Si può sapere perché ci hai messo tan..to?... > Disse aguzzando la vista verso Dario. I suoi occhi blu verdi come i miei, iniziarono a scrutarlo con un sorrisino compiaciuto, non si aspettava questa "piacevole" sorpresa.

< Scusami Chiara e che mi sono distratta un attimo...e non ho sentito il campanello... >

< Lo vedo... > Continuò con quel sorriso da sorella maggiore la quale non si era fatta scappare nulla.

Presa dal disagio più totale iniziai anche a balbettare .

< Lui...lui è Dario Mancini... è.. è l'amico di Mirko... > Cercai di dire grattandomi la testa non sapendo che pesci pigliare

< Incantata... > Rispose porgendole la mano con la sua solita ironia  che distingueva casa Velletri. L'avrei uccisa, volevo solo sprofondare.

Lui, per niente sorpreso da tutta quella ironia, rispose al saluto con totale nonchalance sistemandosi quei capelli scompigliati che portava e che mi facevano morire.

< Dario...forse...forse è meglio che tu vada no? > Rincarai invitandolo ad uscire con gli occhi da vipera

< Si, in realtà si è fatto davvero tardi...piacere di averti conosciuta Chiara... > disse avvicinandosi verso la porta dandomi un'ultima occhiata

Il suo sguardo 

< Il piacere è stato tutto mio Dario...> Continuò lei imperterrita accompagnandolo alla porta soffermandosi su di essa < Ah caro, hai un po' di rossetto sulle labbra... > 

Lui sorridendo divertito fece per toglierlo, e lanciandomi un ultimo sguardo da " Ci ha beccati" andò via.
Chiara si chiuse subito la porta alle spalle con un solo gesto della mano destra e si avvicinò subito a me.

< Ma è uno strafigo da paura! > Non aspettò neanche che la porta si fosse chiusa del tutto per esclamare quello che era ovvio per tutti.

< È uno sciupafemmine...> Affermai prendendo il mio trolley e portandolo verso la lavanderia guardandola con sguardo rassegnato. La rassegnazione di chi sapeva la verità.

< Però limonarti lo sciupafemmine va bene?! > Rispose ridendo appoggiandosi allo stipite della porta. Quanto aveva ragione. Era una vera calamita per me, e poi anche questa volta ero stata io ad iniziare le "Danze".

< So cosa stai pensando... > Dissi mettendo gli indumenti dentro la lavatrice

< Ani, penso che è da due anni che sei sigle, due anni che ti crogioli dentro, due anni che pensi ancora a quel coglione che ti ha mollata...e ora di andare avanti... >

< Sei stata tu a presentarmelo... >

< Lo so, e mi pento ogni giorno della mia vita! Non pensavo fosse così stronzo...a lavoro era sempre così carino e disponibile! >

< Già, perché adesso è stato trasferito a Torino giusto?... >

< E tu come fai a saperlo? >

< L'ho saputo per caso...>

< Per caso? Andiamo Anita...>

< Ok, ok...mi capita di pensarlo...e di chiedere a Federica che abita a due passi da lui...>

< Tesoro...> Si accasciò vicino a me stringendomi forte < Hey, guardami, tu meriti di meglio! Molto meglio! Hai capito? > Le feci un sorriso forzato, ma apprezzavo la sua voglia di tirarmi su

Edoardo era stata la mia unica storia importante. Con lui avevo scoperto tutto. I baci appassionati, gli abbracci sul divano durante il temporale, e l'amore fisico. Quello che brucia tutto al suo passaggio, quello che lascia il segno sul corpo e sull'anima. Il primo anno era passato felice e spensierato. Lui diceva che ero l'unica a fargli battere il cuore così, come un tamburo. Mi ripeteva sempre questa frase. Quando veniva a prendermi a lavoro, quando ci salutavamo davanti al portone di casa, quando mi baciava prima di fare l'amore. E io ci credetti, ci credetti con tutta me stessa. Povera illusa.

< Anita hai capito allora? > 

< Scusami Chiara, non ho capito...>

< Dicevo, domani sera abbiamo una cena importante io e Fabio e vorrei poterti lasciare Riccardo, che ne pensi? O devi uscire con lo strafigo? >

< No Chiara, sono libera come l'aria! Portalo pure, e poi lo sai che mi piace passare del tempo con lui! >

< Ok, allora è deciso! Ci vediamo domani! > Salutai Chiara sulla porta di casa chiudendola dietro di me in un turbinio di tristezza assurda.

Mi era tornata quella tristezza della solitudine pensando a Edoardo. Potevo essere così stupida? Mi allontanai piano quando i miei occhi si posarono sulla trave dove fino a qualche ora prima Dario mi aveva baciata. La sfiorai ricordando le sue labbra e le sue mani. Lui mi piaceva tremendamente, ma non volevo più soffrire. Strinsi le braccia al petto accarezzando il braccio destro come a volermi consolare, consolare quel vuoto che avevo dentro. Mi avvicinai alla grande finestra in salotto scostando la tenda. Davanti ai miei occhi il via vai di macchine illuminavano tutto con le loro luci trasportandomi nuovamente nei meandri dei ricordi appena trascorsi. In Dario avevo visto qualcosa, l'avevo percepito, lui non era come gli altri. L'avevo sentito sulla mia pelle tutte le volte che le nostre labbra si erano incontrate. L'avevo visto con i miei occhi quando cercavo i suoi in quella notte al chiaro di luna. Allora perché avevo paura di lui? Avevo paura di lui, avevo paura di provare qualcosa di forte per lui. Avevo paura di innamorarmi di lui.


Poggiai le chiavi nello svuota tasche all'entrata e con un gesto quasi stanco poggiai il trolley a terra, chiudendo la porta dietro di me sospirando forte. Che cazzo stavo combinando? L'avevo baciata di nuovo, pur avendo promesso a me stesso di non rifarlo. Cosa mi stava succedendo? Ero impazzito sicuramente. Strinsi tra le mani i capelli più confuso che mai portando la testa all'indietro. Dovevo smetterla, e al più presto. Presi una sigaretta dal pacchetto che avevo nella tasca della camicia e mi avvicinai alla porta finestra che dava sul terrazzo. Uscì fuori sedendomi su una delle sedie che facevano parte dell'arredamento da giardino color legno. Poggiai i piedi sul tavolo ed iniziai a fumare a grandi boccate. Non riuscivo a togliermela dalla testa, non riuscivo a pensare ad altro che a lei. Aspirai quel fumo avidamente, nella speranza di calmare un po' i bollenti spiriti che giravano vorticosi nella mia mente, quando il cellulare iniziò a vibrare.

< Avvocato... > risposi prendendo un'ultima boccata prima di spegnere la sigaretta sul posacenere 

< Dottore...> Disse Saverio dall'altra parte del ricevitore < Per caso le va di uscire stasera? >

< Ma non sei impegnato con Ginevra? >

< Veramente deve vedersi con i suoi genitori, e poi mica ho la palla al piede! >
< Capisco...> Risposi sorridendo e scuotendo la testa, era sempre il solito.
< Mi passi a prendere? >

< Non puoi passare tu con la tua macchina? >
 
< No perché è in garage e lo sai che non mi va di uscirla! >

< E poi sarei io fissato con la mia "umile" macchina? >

< Divertente Dottore, veramente divertente! Ti aspetto le undici! A dopo! >
< Avvocato... > Chiusi la chiamata sbuffando. In realtà non avevo molta voglia di uscire, ma restare a casa non avrebbe giovato alla mia salute mentale.


Sempre meno convinto, ma non potendo fare altrimenti, aspettai pazientemente Saverio sotto casa sua. Lui abitava due traverse dopo la mia, ed era stata proprio questa vicinanza a farci incontrare adolescenti nella sala giochi che adesso aveva fatto spazio ad una salumeria. Lui abitava in una mansarda molto bella proprietà dei suoi genitori. 

< Ma perché ogni volta mi dici un'ora e scendi venti minuti dopo?! > Chiesi incazzato girando la chiave nella toppa.

 < Perché così aumento il desiderio! > 

< Tu sei un coglione! >

< Forza andiamo! Le ragazze ci aspettano! > Continuò senza neanche considerarmi battendo a ritmo le mani sul cruscotto

Cominciai a ridere e scuotere la testa. Era sicuramente un pazzo, ma gli volevo bene come un fratello, e passavo sopra a qualsiasi sua cazzata.

Entrati nel locale fummo investiti dalla musica a tutto volume Played-A- Live ( The Bongo Song) eccitando ancora di più Saverio lanciandosi in un ballo scatenato e gridando come un pazzo tra la folla. Teneva il ritmo con il capo stringendo il labbro inferiore puntando tutti davanzali che gli passavano davanti. Iniziò a dimenarsi aprendo di più la camicia bordeaux che indossava per poi passarsi la mano destra tra i capelli, era praticamente andato.  Eppure era un avvocato stimato. Si avvicinò a lui una ragazza che lo spinse in pista appoggiando una mano su suoi pettorali messi in mostra dalla camicia appena sbottonata. Mi fece subito l'occhiolino incitandomi a buttarmi anche io nella mischia. Vederlo così mi divertiva, continuai a ridere muovendomi anche io a ritmo muovendo le spalle fino a quando una ragazza si avvicinò a me. 
Mi buttò subito le braccia al collo strusciandosi a me. Assecondai subito il suo volere, e dai suoi occhi potevo già capire dove voleva andare a parare.   
Paola, questo era il suo nome. Ci conoscevamo già da parecchi mesi, e ogni volta che ci incontravamo scopavamo. Niente di impegnativo, lei voleva togliersi il fidanzato fedifrago dalla testa e io volevo solo sesso.
Incastrammo perfettamente i nostri corpi con lei che faceva la lap dance sulla mia gamba destra andando su e giù. Lei sapeva come muoversi e come farmi perdere la lucidità mentale. Accompagnavo gentilmente il suo corpo sul mio come ormai era nostra consuetudine, volevo perdermi in lei, volevo possederla. Al diavolo tutto. Al diavolo Anita.  Acchiappai subito il suo collo, e in un secondo infilai la mia lingua nella sua bocca. Un gesto che la fece sussultare, ma che ebbe subito la sua approvazione. La baciavo come se volevo mangiarla, le saltai praticamente addosso. Ero senza freni.    Durante il nostro bacio, senza un'attimo di respiro le scese piano sulla mia camicia bianca per poi prendere con forza il mio pacco facendomi sussultare a mia volta. 

< Ti voglio adesso...> Disse senza giri di parole guardandomi negli occhi.

I suoi occhi grandi e color cioccolato mi erano sempre piaciuti, e non avrei mai potuto dirle di no. La presi per mano ed entrando nella mia macchina che era parcheggiata nell'apposito parcheggio sotterraneo riservato alla discoteca infilai la chiave per partire e spostarci quando lei sali a cavalcioni su di me alzando il micro vestito nero che indossava. Imprecai per la sorpresa. Era imbufalita. Aprì con foga la mia camicia cospargendo di baci il mio torso, portandomi al limite della mia sopportazione  e imprecando senza sosta. Provai a slacciare i pantaloni per fare uscire la mia erezione quando lei mi fermo per poi continuare lei. Ero esterefatto. Seguitai a baciarla facendo viaggiare la mia lingua dentro la sua bocca brutalmente. Ero fuori di me. Si muoveva ritmicamente sopra i miei boxer baciandomi l'orecchio destro, quando uscì dalla mia bocca qualcosa che neanche io mi aspettavo.

< Anita...> Ansimai forte al suo orecchio senza accorgermene

< Cosa?!  >

< Eh?...>

< Come mi hai chiamata?! >

< Io...Paola..io >

< Sei un bastardo come tutti gli uomini! > Disse sconcertata spostandosi verso il lato passeggero

< Cazzo... > Imprecai appoggiando la fronte allo sterzo.

Avevo davvero fatto il suo nome. Una cosa che non mi era mai capitata, e che mi lasciò come un idiota agli occhi di Paola.

< Paola... > Continuai guardandola dispiaciuto

< Non pretendo che tu provi qualcosa per me, perché neanche io la provo, ma almeno pensare a me quando lo facciamo è troppo per te?! >

< Scusami...io non so cosa mi sia preso...> 

< Ti sei innamorato! Benvenuto nel mio mondo coglione! > 

Mi guardò un attimo con vero disgusto ed uscì dalla macchina sbattendo la portiera. Rimasi a guardarla mentre tornava dentro il locale, non capivo cosa aveva appena detto. Io... innamorato?! Ma io non ero innamorato, e soprattutto non ne ero capace. Allora perché adesso avevo solo voglia di correre a casa sua e fare l'amore con lei?.


Note: Capitolo Undici. Ed eccoci qui in questo capitolo davvero hottissimo! 🤣🤣🤣 Come avete visto, Dario è sempre più incasinato, e Paola gli ha messo la pulce nell'orecchio... è davvero innamorato di Anita? Vedremo come si comporterà adesso il nostro caro Casanova 🤣🤣🤣 E cosa farà Anita il giorno dopo?  Grazie Sempre a chi mi segue e alla prossima ♥️

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Capitolo 12
*** Seconda Possibilità ***


Avevo passato tutta la notte a girovagare per le strade deserte di Milano. Nello stereo il mio fedele cd anni ottanta ormai ripeteva sempre una canzone Lucio Battisti - E penso a te. E una sola domanda ormai aleggiava nella mia mente: Mi stavo innamorando davvero di Anita? Le parole di Paola erano state peggio di uno schiaffo dato a bruciapelo. Non avrei mai voluto che accadesse, invece era proprio quello che stava succedendo, a detta di Paola. Benvenuto nel mio mondo aveva gridato...dannazione io non volevo entrarci in quel mondo del cazzo. Troppo difficile capire i misteri dell'amore, troppo difficile decifrarne i codici, troppo difficile per un tipo come me, sottostare a quelle regole. Avevo sempre preso per matto Mirko quando mi esponeva le sue teorie monogame. Per me era proprio un folle, un pazzo visionario. Adesso ero io quel folle. Si, perché solo pensare una cosa del genere mi faceva diventare pazzo. Che stolto ero stato. Pensavo proprio di essere immune a tutto questo. Girai e rigirai per i navigli mille volte, stringendo quello sterzo con la mano sinistra e l'altra continuavo a passarla nervosamente tra i capelli scompigliati. Il rumore del cambio ormai era l'unica cosa che sentivo, insieme al quel cuore che mancava un colpo ogni volta che i suoi occhi apparivano magicamente davanti ai miei. Quei bellissimi occhi blu-verdi che mi avevano stregato dal primo momento. Mi accostai al marciapiedi nei pressi del Duomo imprecando per la millessima volta. Chiusi gli occhi strizzandoli con il pollice e l'indice con il gomito appoggiato allo sterzo, per poi passare la mano sulla bocca. Quella stessa bocca che l'aveva assoprata solo qualche ora prima. Sorrisi come un idiota al ricordo del nostro bacio. Ma che mi aveva fatto? Volevo sentirla, volevo sentire la sua pelle strisciare sulla mia, volevo sentire i suoi gemiti perforarmi i timpani, volevo che mi guardasse come quella notte al chiaro di Luna. Non riuscivo a pensare ad altro, solo a lei. 

Finalmente alle prime luci dell'alba decisi di tornare a casa per fare una doccia e andare a lavoro. Non sarei riuscito a dormire ugualmente, ma le occhiaie da notte insonne si facevano vedere. Poggiai i rayban sul naso uscendo di casa con il borsone sulla spalla destra e la mia tuta blu che usavo per andare a lavorare,e mi diressi direttamente allo studio dato che ero rimasto mezz'ora piena a imprecare dentro la doccia. 

Entrai velocemente salutando con un cenno del capo la nostra segretaria davanti all'entrata. La signora Vanna, una signora sulla cinquantina che somigliava Sookie di una mamma per amica, era molto garbata e si faceva i fatti suoi. Una buona dote, dato che mi capitava di portare qualche ragazza dopo il lavoro all'insaputa del sant'uomo.

Entrai nell'ufficio condiviso con Mirko trovandolo seduto alla scrivania mentre aggiornava le cartelle dei suoi pazienti. 

< Come mai sei così in ritardo? Saverio mi ha detto che ieri sera ti ha visto allontanarti con Paola e non ha avuto piu tue notizie... > Disse senza neanche alzare lo sguardo dal foglio

< Ho chiamato Paola... Anita...> Affermai senza giri di parole buttandomi sulla poltrona davanti a lui

< Che?! > Mi guardò subito spalancando gli occhi incredulo

< Stavamo per farlo...e...l'ho chiamata Anita...> 

< Ma sei impazzito?! >

< È quello che mi sono chiesto tutta la notte...non ho dormito per niente...>

< Non mi dire che...>

< No! Non dirlo anche tu...ti prego! >

< Beh, dirlo o no, non cambierà quello che sembra... >

< Allora non farlo! Sono già stanco...>

< Ok...che intenzioni hai adesso? >

< In che senso? Io non ho nessuna intenzione! > 

< Tu non avrai intenzioni, ma Claudia si...> 

< Mirko, carissimo Mirko, invece di fare gli indovinelli di prima mattina perché non mi dici tutto e basta?! >

< Sarò sincero con te, e lo farò proprio alla luce di quello che mi hai appena detto...> Disse Mirko appoggiando tutti e due i gomiti sulle scartoffie che aveva sotto di lui guardandomi come un padre amorevole, quasi spirituale < Claudia ha organizzato nuovamente l'appuntamento saltato con quel tizio della sera al Rencontre...si vedranno oggi...> 

Rimasi a guardarlo senza dire una parola. Era come se mi avesse catapultato fuori dalla finestra al sesto piano dove ci trovavamo. All'improvviso la mia bocca si trasformò nel deserto del Sahara, e la lingua si era come impastata tra la sabbia. Quindi quel damerino esisteva davvero, e aveva davvero dato buca ad Anita. Li per lì pensai che era solo una scusa, ma adesso lo avrei quasi ringraziato se non fosse che il damerino stava tornando alla carica. 

< Dove?...> Riuscì a dire dopo aver deglutito la sabbia che avevo in bocca
 
< Questo non lo so...ma se fossi in te farei meno il coglione...>

<  Mi, forse è meglio così...lei si merita di più ed io non posso darle quello di cui lei ha bisogno...>

< Ma la vuoi smettere? Perché non ti dai una possibilità? >

< Perché sto bene così come sto! Io sono quello da una botta e via ricordi? Quello che colleziona donne come fossero figurine! Non ci penso proprio a fidanzarmi o addirittura sposarmi! Adesso scusami ma ho una paziente tra dieci minuti!  >
Risposi più convinto che mai, e anche un po' incazzato. Non avevo mai creduto in quel contratto per tutta la vita, amare e venerare una donna come Dio comanda non era per me, e non volevo neanche provarci. Ma allora perché stavo morendo di gelosia solo al pensiero che lui potesse sfiorarla?

La puntualità non era mai stata il mio forte, e quella mattina più di altre sembrava proprio che il mondo mi avesse voltato le spalle. Non trovavo le scarpe, mi si era versato il latte sulla camicetta, e i capelli come al solito non volevano collaborare. Alla fine riuscì nell'impresa titanica della vestizione ed uscire di casa in fretta e furia. Camicia trasparente rosa con fiocco sul decoltè, gonna longuette tubino nera e scarpe nere Chanel. I capelli legati stavolta in una coda laterale che cadeva sul lato sinistro e il solito trucco acqua e sapone. L'agenzia per cui lavoravo da circa quattro anni si chiamava Carter's publishing come il mio capo Andrew Carter. Italo-americano nato e cresciuto in Valle d'Aosta ma che aveva trovato fortuna qui a Milano. Frecciai lungo i corridoi dopo aver preso l'ascensore che mi aveva portata al dodicesimo piano nella zona finanziaria di Milano. Entrai correndo facendo sbattere la ventiquattrore contro la porta facendo cadere tutti i fogli che si trovavano al suo interno. Buttai gli occhi al cielo cercando di non scomodare tutti i santi del paradiso, e sbuffando mi inginocchiai a raccogliere tutto. Il suono del mio cellulare arrivo al momento giusto, come la persona che mi stava chiamando: Claudia.

< Cla, non è un buon momento! >

< Ti ho organizzato la pausa pranzo con Alessandro! > Disse elettrizzata senza neanche ascoltare la mia premessa iniziale

< Tu cosa?! Ma non se ne parla! > 

< Ho già organizzato tutto! Vi vedrete alla caffetteria che si trova a due passi dal tuo ufficio! > 

< Tu sei...> 

< Geniale? >

< No, stavo per dire diabolica! >

< Ani fallo per me! Tra un mese mi sposo... non mi vuoi felice?! >

< Cla, non puoi uscirtene con questa storia del matrimonio ogni volta che tu vuoi che io faccia qualcosa! > 

< E invece si! E poi Alessandro è mortificato! Non è potuto venire l'altra sera per problemi familiari, ma ti dirà tutto lui! Ti aspetta alle 12.30, mi raccomando non mi deludere! E dagli questa seconda possibilità! > Detto questo chiuse la chiamata senza darmi diritto di replica.

Sbuffai gesticolando come una pazza. Non volevo vedere nessuno, soprattutto pretendenti della seconda possibilità. E poi c'era anche lui...Dario.   Lui che era stato la mia prima scelta quella sera. Quella possibilità che mi ero data. Lui così bello e intrigante aveva risvegliato tutti i miei sensi, e fatta sentire speciale, io che di speciale non avevo proprio niente.

Le 12.30 si presentarono prepotenti davanti ai miei occhi ricordandomi di quel appuntamento tanto scomodo quanto surreale. Stavo davvero presentandomi a questo appuntamento al buio per la seconda volta? 

Gimme Love - Ed Sheeran

Uscì fuori dall'edificio con l'ansia a mille. Intrecciai le mani nervosamente mentre mi avvicinavo a grandi passi alla caffetteria che si trovava proprio nel palazzo accanto. Vidi una figura maschile in lontananza. Alto, bel portamento, camicia bianca aperta senza cravatta infilata dentro i pantaloni marroni scuro chiusi da una cintura nera in pelle uguale alle scarpe.   Tra le mani stringeva una rosa rossa. Più mi avvicinavo e più i lineamenti del suo viso si delineavano. Occhi verdi che brillavano come due smeraldi incastonati in un viso dai lineamenti decisi. Mascella squadrata coperta da una leggera barbetta che gli dava proprio quell'aria da professore e capelli biondo ramato rasati lateralmente con ciocche ribelli lasciate al vento. Sembrava davvero il ragazzo della porta accanto. Una strana emozione mi pervase il corpo, un'emozione che sembrava felicità ma aveva il gusto del mistero. Mi fermai davanti a lui, e subito lui mi sorrise. 

< Tu devi essere per forza Anita, altrimenti non si spiegherebbe perché una ragazza così bella si sia fermata al mio cospetto...> 

< E tu devi essere Alessandro, altrimenti non si spiegherebbe la rosa che stringi tra le mani...>

< Già, questa è per te...per farmi perdonare...> replicò porgendomela sorridendo

< Posso dirti che sei già sulla buona strada...anche se ovviamente dovrai sudare...> risposi facendo roteare la rosa tra le dita

< Sono pronto ad bagno di sudore...> Disse facendomi strada aprendo la porta della caffetteria

Rimasi piacevolmente colpita da contata galanteria e gentilezza con contorno di ironia e dolcezza. Non mi aspettavo un tipo del genere dopo aver conosciuto Dario.

Ci accomodammo in uno dei piccoli tavoli centrali. La caffetteria era un piccolo gioiello parigino, con dolci e il caffè con il cognac tipici di parigi. La sua galanteria si ripresentò anche all'interno del locale spostando la sedia per farmi accomodare. Aveva un sorriso davvero molto bello, e degli occhi che parlavano da soli. Si accomodò subito davanti a me esordendo così.

< Il mio comportamento della scorsa volta è stato davvero imperdonabile, ma vorrei spiegarti lo stesso cosa è successo... >

< Alessandro, tranquillo, ormai è acqua passata...>

< Ma io ci tengo lo stesso a precisare la motivazione di quel mio gesto...mia madre ha avuto un incidente stradale e sono dovuto correre da lei...>

< Oh no! Mi spiace...> 

< Fortunatamente è stata solo tamponata, ma siamo dovuti correre lo stesso in ospedale per gli accertamenti del caso...>

< Beh, adesso mi sento anche in colpa...sei stato oggetto di critiche e insulti quella sera...>

< E ne sono ben consapevole! Tua cugina Claudia mi ha fatto una bella ramanzina! >

< Mamma mia devi scusarla! A volte straparla e non sa neanche quello che dice...>

< È comprensibile, chi non avrebbe fatto lo stesso? > 

Sorrisi. Sorrisi molto durante quell'ora passata con lui. Lui era disinvolto, colto, e ben educato, il classico professore ma con quel pizzico di ironia che non guastava. Certo, non era Dario. Nonostante quella pausa pranzo andò nel migliore dei modi, pensai spesso a lui. Ai suoi meravigliosi occhi azzurri e al nostro ultimo incontro con sorpresa.

< Quindi tu lavori qui? > Domandò Alessandro indicando il palazzo alle nostre spalle con un tono scherzoso.

< Già...forse ho ripetuto la cosa troppe volte vero? >

< No, no, hai fatto bene a ripeterlo per ben quattro volte! >

< Ahia...forse avrei dovuto parlare del buon vecchio tempo o di come io faccia sempre figuracce! > 

< O magari hai visto davanti a te un trentottenne con problemi di comprendonio e quindi ti sei data da fare affinché io capissi! >

Iniziammo a ridere tutti e due davanti al suo taxi appena arrivato, per poi zittirci imbarazzati. 

< È stato un vero piacere conoscerti Anita...>  Disse Alessandro avvicinandosi a me lasciando un bacio sulla mia guancia destra lasciandomi interdetta

Sorrisi come una scema a quel gesto così delicato e inaspettato. Lui mi sorrise ancora una volta e fece per entrare in macchina quando tornò da me strappandomi un bacio sulle labbra. Il suo profumo di muschio selvatico, che avevo respirato per tutto il tempo, si intensificò durante questo incontro ravvicinato e totalmente inaspettato. Chiusi gli occhi in quell'istante in balia del momento per poi riaprirli non  appena lui si scostò da me. I suoi occhi verdi mi attendevano con pazienza e quasi devozione, mandando a fuoco le mie gote già surriscaldate dal bacio di prima. Il suo sorriso rimase impresso sul suo viso come nella mia mente mentre il taxi si allontanava da me. Una strana euforia adesso si faceva spazio dentro di me, un emozione che non credevo di provare dopo Dario. Alessandro poteva essere davvero la mia seconda possibilità?


Note: Capitolo Dodici. Buongiorno a tutti miei cari ed eccoci qui in questo nuovo capitolo! Finalmente conosciamo questo fantomatico professore. E che dire, si presenta abbastanza bene! 🤣 Ed è anche molto sicuro di sé! Anita pensa che possa essere la sua seconda possibilità, ma sarà così? E Dario riuscirà davvero a starle lontano? soprattutto adesso che Mirko gli ha messo la pulce nell'orecchio? Io ho i miei dubbi! Come tutti voi del resto! 🤣🤣🤣 Grazie sempre a tutti quelli che mi seguono❤️ e alla prossima! ❤️

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Capitolo 13
*** Lucidità Mentale ***


Tornai in ufficio volteggiando e camminando ad un palmo da terra. Era da tanto tempo che non mi sentivo così bene, così contenta. Il corteggiamento di Alessandro aveva attirato la mia attenzione, per non parlare dei suoi occhi e del suo profumo. Ero davvero piacevolmente colpita, e questa volta non avrei ucciso sicuramente Claudia.

Osservavo la rosa annusandola aspettando con tranquillità l'arrivo al piano prestabilito, per la prima volta in vita mia non avevo fretta ad arrivare al mio ufficio, ero davvero tranquilla, anche se avevo una riunione di lì a poco. Varcai il lungo corridoio senza guardare cosa stava succedendo intorno a me, quando fui chiamata insistentemente da Federica la mia assistente e collaboratrice nonché vicina di casa dell'ingegnere.

< Hey, hai visto cosa sta succedendo laggiù?! >

< Eh?! > risposi come caduta dalle nuvole.

< C'è qualcuno che sta attirando non poco attenzione tra le segretarie...>

< Sarà arrivato qualche pacco...> Continuai a rispondere come se non mi importasse di niente dando uno sguardo fugace, quando guardando meglio verso quel gruppetto di ragazze incontrai i suoi occhi. 

Lui mi guardava come sempre divertito, mentre dispensava parole dolci e sguardi magnetici alle sue ammiratrici. Indossava una tuta blu in acetato Adidas aderente e sneakers bianche, un sogno.

< Dario...> dissi facendo cadere la rosa che avevo tra le mani.

Il mio cuore iniziò a battere veloce, stava per scoppiarmi in petto. Mai avrei pensato di vederlo qui, e in un modo così inaspettato.

< Ma che succede? Lo conosci? > Chiese Federica recuperando la rosa e porgendomela.

< Si, si...io lo conosco... >

Lui diede un ultimo sguardo alle ragazze salutandole venendo verso di me. Il mio cuore continuò la sua folle corsa fino a quando non lo ebbi davanti, fu in quel momento che si fermò lasciandomi secca.

< Posso parlarti? > Chiese con quel tono da finto colpevole facendomi sciogliere in un attimo.

< Certo...Certo...da questa parte... > Cercai di dire spalancando la porta del mio ufficio davanti a noi sotto gli occhi allibiti di Federica.

Lui entrò senza aggiungere niente, aspettando pazientemente al centro della stanza mentre io chiudevo la porta dietro di me 

< Come mai da queste parti?...> Dissi cercando di trovare un po' di forza superandolo ancora con la rosa in mano.

L'appoggiai sulla scrivania insieme alla borsetta guardandolo nuovamente. I suoi occhi erano così belli, così luminosi da non riuscire a fare altro.

< Hai incontrato il damerino?...> Chiese facendo due passi e posizionandosi di fronte a me e sorridendo come al solito.

< Cosa?...io...>

< La rosa...ci sa fare il professorino...>

< Ma tu come..? >

< Ho i miei informatori...> Affermò corrugando la fronte avvicinandosi alla scrivania.

< Ad ogni modo, credo che non siano affari tuoi no? Piuttosto dimmi perché sei qui, ho una riunione tra poco... > Cercai di distogliere lo sguardo da quegli occhi ammaliatori, quegli occhi che mi avrebbero fatto fare di tutto.

< Ma certo signorina Velletri, sono venuto per prendere accordi... >

< Accordi?..>

< Ti ricordi il tuffo che abbiamo fatto insieme nel lago? >

< Oddio! Hai perfettamente ragione! Io...io l'avevo dimenticato...>

< Se vuoi possiamo vederci dopo il lavoro...che ne dici? > Chiese strisciando il suo biglietto da visita sul piano bianco orizzontale

< Veramente io ho un impegno dopo il lavoro...>

< Con il professore? >

< No! Ma vuoi smetterla? >

< Sono solo curioso...>  Affermò poggiando entrambe le mani sulla scrivania guardandomi dritto negli occhi e sorridendo mettendo in mostra la fossetta di destra

< Beh, fatti passare subito questa curiosità! E non c'è niente da ridere! > Oltrepassai la scrivania cercando di avvicinarmi alla porta, dovevo scappare lontana da lui al più presto.
 
< Ti dà fastidio? > Chiese parandosi davanti a me con sguardo interrogativo

I nostri occhi tornarono a guardarsi, a desiderarsi. Le nocche della sua mano destra iniziarono a salire sul mio braccio sinistro alzando al suo passaggio il sottile strato di tessuto che ci separava. Il mio respiro aumentò subito il suo ritmo. Ogni volta che lui mi toccava avrei voluto morire tra le sue braccia. La sua mano finì il suo viaggio sul mio collo aprendo il palmo su di esso provocandomi un brivido per tutta la schiena

< No...io...si...>

< Vuoi che smetta? > Domandò tracciando il contorno del mio labbro inferiore con il pollice.

Riuscì solo a muovere leggermente la testa da destra verso sinistra in un atto di negazione che segnava la mia dipartita. Lui sorrise leggermente per niente sorpreso dalla mia reazione, avanzando verso di me lentamente.

< Anita ti aspettano in sala riu...> Esclamò Federica entrando senza neanche bussare trovandoci in quel atteggiamento inequivocabile.

< Ah Federica, io sto...sto arrivando! > Mi svincolai dalla sua presa, più stordita che mai lasciandolo immobile per com'era <  Ti chiamerò appena posso! > Gridai ancora con il cuore in gola mentre uscivo dalla stanza e mi dirigevo verso la sala riunioni. Non c'era gioco con lui, qualunque lcosa lui faceva io ero completamente alla sua mercé.



Uscì dall'ufficio di Anita compiaciuto. Alla fine il sant'uomo aveva vuotato il sacco dopo aver visto come avevo ridotto la tecar e come avevo ridotto la signora Scotti. Non ero in grado di lavorare, e Mirko sapeva che la motivazione era l'appuntamento del professorino con Anita. Ogni volta che le mie mani toccavano la sua pelle prendevo subito fuoco. Era ormai un dato di fatto, tutto di lei li faceva impazzire. 

Tornai allo studio con un sorriso a trentadue denti e gongolando per il lungo corridoio. Passai nuovamente davanti alla palestra dove c'era Mirko con una paziente sorridendo nuovamente come un cretino.

< Tutto bene?! > Domandò facendo scendere il paziente dal lettino

< Tutto benissimo! >

< Da, non mi fare preoccupare... >

< E perché mai? Ti ho detto tutto bene! >

Il pomeriggio che ne seguì fu il più incasinato di sempre.Tanti pazienti uno dietro l'altro ma neanche una chiamata da parte di Anita. Il sorriso che avevo fino a qualche ora prima fu completamente eclissato da quella chiamata mai arrivata. Da quel messaggio mai inviato, ed io mi sentivo sempre peggio. Non riuscivo a non pensare al professorino e al fatto che molto probabilmente era con lei. Preso nuovamente dalla forza sconosciuta buttai tutto dentro il borsone ed uscì aprendo la porta come un pazzo. Tutta questa situazione mi avrebbe sicuramente mandato al manicomio se non avessi fatto qualcosa. Decisi che l'unica mossa da fare era il contrattacco e quindi pensai bene di presentarmi a casa di Anita senza preavviso, magari lo avrei trovato lì, e magari gli avrei tirato anche un bel pugno in pieno viso a quel damerino.
Agevolato da un'anziana signora che mi aveva visto il giorno prima e che mi aveva anche chiesto se ero il ragazzo di Anita mi fiondai davanti alla sua porta suonando il campanello con molta nonchalance, questa volta li avevo in pugno, li avrei trovati in flagrante.

< Dario...?! Ma tu che ci fai qui?! >

< Mi trovavo da queste parti...e poi non ho ricevuto nessuna chiamata da parte tua... quindi...>

< Si...io...ti avevo detto che ero impegnata... >

< Ho interrotto qualcosa per caso?  > Chiesi scrutando all'interno della casa in cerca del professore.

All'improvviso spuntò un bambino che si sovrappose tra di noi. Capelli castani , occhi dello stesso colore e un sorriso furbo. 

< Zia chi è questo?! >

< È... è un amico Riccardo...>

< Mmmh...Sai giocare alla Xbox? > Chiese Riccardo guardandomi speranzoso

< Si certo! > Affermai facendomi trascinare da lui dentro casa sotto gli occhi allibiti di Anita

Non avevo trovato il professorino, ma avevo trovato il lascia passare per restare lì da lei. Ci sedemmo tutti e due sul divano dell'ampia cucina moderna dove era sistemata la consolle con tutti i giochi. Lei entrò subito dopo con quel vestitino nero con scollo a V aderente a maniche corte e le pantofole che avevo già ammirato in villa. Era così sexy nella sua semplicità che le sarei saltato addosso anche subito. 

< Ti trovi in grossi guai, mio nipote è un asso alla Xbox! >

< Lo sai che non ho paura delle sfide...>

< Buon per te, perché ne avrai per qualche ora! E io ho del lavoro da completare...> Affermò sorridendo sedendosi in una delle quattro sedie che stazionavano intorno ad un tavolo quadrato bianco che completava l'arredamento di quella cucina laccata bianca. 

Quel sedere avvolto in quel mini vestitino suscitarono in me pensieri peccaminosi. Pensieri per niente casti che mandavano in tilt il mio cervello e  inviavano segnali al mio corpo irriggidenndo la parte più sensibile. Seguitavo a guardarla senza sosta mentre le sue labbra carnose tenevano tra di esse la penna con cui aveva scritto alcuni appunti. Una visione celestiale. Il suo sguardo perso in quei pensieri blindati la rendevano ancora più bella, illuminandosi appena la sua mente partoriva qualche idea geniale. Ero fottuto, ero terribilmente e irrimediabilmente fottuto. Ma quando era successo? Io non lo sapevo. Ma sapevo che non volevo stare lontano da lei. Non potevo.

< Zia, Dario può rimanere per cena?! > Escordi il ragazzino risvegliandomi dal mio stato catatonico mentre armeggiava con il joystick

< Cosa?.. Ma Dario sicuramente avrà da fare...non è così? > Chiese lei sperando che io assecondassi il suo sguardo inequivocabile

< No, io in realtà non ho proprio niente da fare! > Affermai guardandola sorridendo. 

Non sarei tornato a casa senza quel profumo di lei sui miei vestiti, senza il suo sapore in bocca, senza aver sentito nuovamente il mio nome uscire dalla sua labbra.

< Ok...ma ti dovrai accontentare di una pizza congelata! > Disse lei aprendo il freezer uscendo delle pizze preriscaldate

< Adoro le pizze congelate! > Affermai alzandomi e andando verso di lei afferrando uno dei tre cartoni aprendolo.

La guardai sorridendo provocando in lei la medesima reazione. Adoravo il suo sorriso. 


Dopo aver quasi dato fuoco alla casa con la storia delle pizze congelate dimenticate nel forno, decidemmo di prendere del sushi ordinato al ristorante dietro l'angolo. 
Per tutto il tempo della cena, Dario non fece altro che spogliarmi con gli occhi, mentre Riccardo continuava a tartassarci di domande sulla nostra pseudo realizzazione. I bambini e la loro curiosità.

I suoi occhi azzurri mi denudavano di tutto anche della mia lucidità mentale. 

< Grazie...sei gentile ad aiutarmi > Dissi infilando il piatto passato da Dario nella lavastoviglie

< Prego... ma lo faccio solo perché coincide con il mio piano...>

< E quale sarebbe? >

< Fare sesso con te, ovviamente... >

< Cosa?! Noi non faremo sesso! Anzi non esiste nessun noi! >

< Lo sai che sei adorabile quando ti agiti? Anzi mi fai proprio impazzire...>  Disse con una tranquillità disarmante tuffandosi nei miei occhi. Come sempre sapeva cosa dire e come dirlo. 

< Dario! Sbrigati il film sta iniziando! > Gridò Riccardo richiamando l'attenzione di quest'ultimo. Lui mi sorrise e raggiunse mio nipote in salotto dove aveva appena messo il dvd di Harry Potter. 

Lo guardai allontanarsi quasi con la bava alla bocca. Cosa mi aveva fatto? L'unica cosa che riuscivo a pensare era  lui e le sue mani esperte su di me. Continuai a sistemare la cucina con quelle parole che rimbombavano nella mia mente peggio di una bomba atomica. L'unico modo per distrarmi era tornare a lavoro o fare una doccia fredda, optai per la prima, anche perché avevo ancora qualcosa da rivedere. 
Il tempo passò senza che io potessi accorgermene. Mi ero immersa totalmente nel lavoro e avevo completamente dimenticato il fantastico duo sul divano. Diedi un'occhiata fugace alla loro postazione quando mi accorsi che erano tutti e due crollati. Riccardo rannicchiato su un bracciolo mentre Dario era ancora seduto con la testa appoggiata allo schienale. Lo guardai estasiata. I suoi lineamenti perfetti erano accentuati dal suo stato di incoscienza, era bellissimo. I capelli corvini gli cadevano parzialmente sugli occhi e la sua bocca leggermente aperta sembrava chiamarmi su di lui. Avrei voluto svegliarlo proprio così, con un bacio mozzafiato. Mi avvicinai a lui destandolo delicatamente per il braccio e chiamandolo sottovoce.

< Nonna... > Sibilò lui lievemente aprendo piano quegli occhi cristalli 

< Sono io Dario...ti sei addormentato...> 

< Sei tu angelo mio... > Sussurrò lui sorridendomi.

Il mio cuore mancò un colpo. Strinsi le labbra tra di loro trattenendomi. La voglia di baciarlo adesso aveva superato di gran lunga il limite, ma dovevo davvero trattenermi.

< Si...cioè  no...metto Riccardo a letto! > Dissi nel totale caos mentale. Dovevo calmarmi, dovevo farlo ad ogni costo.


Mi alzai incredulo. Mi ero addormentato davvero sul divano guardando Harry Potter? Sicuramente la precedente nottata senza sonno aveva contribuito al mio improvviso sonnellino. Fregai le mani sul viso più volte nella speranza che non sembrassi rincoglionito come prima. Quando sentii la porta della camera aprirsi e richiudersi con lei al seguito. 

< Sembra che tu sia un babysitter perfetto...a parte il sonnellino... >

< Quello faceva parte del pacchetto mia cara... >

< Capisco...allora ti ringrazio per i tuoi servigi...>

< Non mi merito una ricompensa?  Non mi dai neanche un bacetto? >

< Dovrei?...> Sorrise maliziosa avvicinandosi a me. Dio quanto era bella.

< Dovresti... > Sussurrai immergendo la mano destra tra i suoi capelli. Volevo baciarla più di ogni cosa al mondo.

Quel sorriso da idiota che ormai si mostrava davanti a lei tornò sul mio viso prima di posare le mie labbra sulle sue. Ero rincretinito. Iniziai a baciarla piano, assaporando ogni centimetro di quelle labbra carnose, per poi infilare la mia lingua nella sua bocca. Quanto mi erano mancati i suoi baci. Continuammo a baciarci senza sosta ritrovandoci addossati al muro vicino alla porta che dava sulle camere da letto.

< Dario...non possiamo c'è Riccardo...>

< Faremo piano... > Sibilai in balia del momento stringendo e baciandole il seno.

< Lo sai che non mi riesce molto bene... > Dichiarò sorridendo stringendo i miei capelli tra le sue mani.

< Lo so... > Dissi sorridendo risalendo verso la sua bocca. Quella constatazione mi eccitò ancora di più. Volevo sentirla, volevo sentire il mio nome, volevo sentirla ansimare il mio nome.

In barba a quello che lei aveva appena detto mi fiondai nuovamente sulle sue labbra. Afferrai il suo sedere con forza stringendolo tra le mie mani imprecando. Ero al limite, al limite della mia lucidità mentale. Lei iniziò ad ansimare ad ogni mio tocco, e più la sentivo e più volevo entrare dentro di lei. 

< ZIA!!! Ma cosa stai facendo?! Mi hai lasciato da solo?! >

< Ri..ccardo...che ci fai in piedi...? >

< Io mi sono svegliato e tu non c'eri! >

< Ok...ok...io sto arrivando...aspettami in camera...> 

Il bambino poco convinto tornò in camera, lasciandoci con la consapevolezza che non se ne sarebbe fatto niente.

< Cazzo...> Imprecai guardandola negli occhi

< È meglio...che tu vada adesso... > 

< Cazzo...> Ripetevo incredulo mentre lei mi spingeva verso la porta d'uscita

< Forse è meglio così... >

< Cazzo...come torno a casa in questo stato? > Chiesi del tutto sconvolto.

< Buonanotte Dario...> Rispose con un sorriso amaro chiudendo la porta davanti ai miei occhi.

Appoggiai entrambe le mani alla porta,  ridendo nuovamente negando con il capo. Ancora una volta mi ritrovavo da solo dietro una porta, ancora una volta mi aveva fatto perdere la testa, ancora una volta avevo perso quella lucidità mentale. Feci un lungo respiro profondo e mi allontanai piano consapevole più che mai di essere fottuto. Fottutamente innamorato di lei.


Note: Capitolo Tredici. Buongiorno a tutti miei cari, ed eccoci in questo nuovo capitolo. Capitolo incentrato su Dario e su quello che finalmente ha capito: è innamorato di Anita. Ma accetterà questa sua nuova condizione? Riuscirà davvero a buttarsi in questo nuovo sentimento? Come sappiamo lui ha molta paura, quindi... chissà. E chissà cosa penserà Anita dopo questo incontro bollente. Grazie a tutti quelli che mi seguono, e alla prossima ❤️

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Capitolo 14
*** Le ragioni del cuore ***


Correvo da una stanza all'altra come ogni santa mattina cercando quello che mi serviva, e come ogni santa mattina mi maledicevo  per non essere come mia sorella Chiara, pignola e ordinata in tutto, come ogni bravo ingegnere che si rispetti. Forse era stato anche questo a far stancare Edoardo, il mio essere disordinata e completamente contraria alle regole imposte dalla sua pignoleria. Mi sentivo molto spesso soffocata da quel suo essere preciso, e il risultato era che litigavamo spesso anche per cavolate. I miei pensieri per niente allegri di un passato che ormai sembrava remoto, furono interrotti dal campanello di casa che mi annunciava la venuta di mia sorella Chiara. 

« Riccardo è pronto?! », chiese lei entrando senza neanche salutarmi.

« E buongiorno anche a te mia cara sorella maggiore... »

« Sono in super ritardo, e tu sai che odio esserlo! »

« Chiara, guarda che sono le 7.45 dove saresti in ritardo?! »

« E sai pure che voglio arrivare con dieci minuti di anticipo! »

« Contenta tu! », risposi accarezzando i capelli di Riccardo che nel frattempo si era palesato tra di noi.

« Ti sei divertito tesoro? », domandò Chiara abbassandosi verso di lui abbracciandolo.

«Si Mamma! Poi Dario è simpaticissimo! »

« Dario?! », esclamò sorpresa guardandomi con occhi maliziosi.

« Si Mamma, abbiamo giocato alla Xbox, abbiamo guardato Harry Potter e poi ha toccato il sedere alla Zia Anita! »

« Hai capito Dario! » continuò divertita alzandosi nuovamente.

Rimasi senza parole. Non credevo che si ricordasse questo particolare, anche perché era assonnato. Ma evidentemente la presa di Dario era stata così decisa che non era passata inosservata neanche a lui.

« Oddio....», esclamai comprendo con le mani la bocca paonazza « Chia, non è quello che sembra! »

« Noooo! Tranquilla! Non ho pensato minimamente che stavi per farti lo strafigo davanti gli occhi innocenti di tuo nipote! »

« Oddio Chiara...non so che dirti! »

« Non dire niente! Anzi magari avresti concluso! Ti avrebbe fatto sicuramente benissimo! Ci sentiamo più tardi, e voglio tutti i dettagli! », affermò strizzandomi l'occhio e uscendo di casa con Riccardo al seguito «

Sorrisi come un'idiota. In realtà Dario mi provocava delle sensazioni mai provate, mi faceva morire ad ogni suo tocco, e volevo baciarlo. Baciarlo fino a consumarmi. Consumarmi in quell'amore che lui non avrebbe mai provato.



« Mi...»

« Eh?...»

« Mi, è da tre giorni, dodici ore, quindici minuti e sedici secondi adesso che non faccio sesso...»

« Wow è un nuovo Guinness world record, vuoi che chiamo il giudice Frigatti?! »

« Lo sai che sei divertente? Anzi sei così divertente che potrei chiamare Claudio Bisio, magari grazie a te ripropongono Zelig! »

« Sai che non ci avevo pensato?..», rispose ironico poggiando il giornale aperto sul tavolo

« Potresti avere un futuro nel mondo dello spettacolo, pensaci bene! Altro che fisioterapista! »

Mentre dispensavo consigli lavorativi futuri al sant'uomo si avvicinò a noi Saverio con gli occhiali da sole sul naso vestito di tutto punto.

« Mi sono perso qualcosa? »

« Dario non fa sesso da tre giorni, dodici ore, quindici minuti e trentadue secondi adesso! », affermò Mirko guardandosi l'orologio

« Ahia, non ti fanno male i testicoli?! », chiese Saverio serio prendendo il mio caffè che come al solito non avevo toccato portandoselo alla bocca.

« Da morire, ma non è quello il punto...»

« E quale sarebbe? Io pensavo che con Paola ci avessi dato dentro l'altra sera...»

« L'ha chiamata Anita! », esclamò Mirko alzando nuovamente la gazzetta che stava leggendo.

« Mirko!! »

« Tanto lo avrebbe scoperto comunque! »

« Ma sei impazzito sul serio?! Tu mi fai paura! », esclamò Saverio guardandomi perplesso.

« Mi faccio paura da solo... », risposi sconsolato passando entrambi le mani sui capelli e soffermandomi con essi dietro la nuca.

« Ok, allora stasera esci con me! Ti faccio scopare io! Fosse l'ultima cosa che faccio! »

« Sa, io non ho molta voglia di uscire... »

« Ma scusa se non esci con chi cazzo devi scopa...non mi dire che pensi ancora ad Anita?! »

« Chi io?! No no! »

« Lui?! No! Per niente! Per questo ha dato di matto ieri allo studio e aveva rotto un macchinario da ventimila euro! »

« Mi, ti ho chiesto scusa un sacco di volte! Devi per forza legartela al dito?! »

« Si, se continui a negare di essere innamorato perso di lei! »

« Io non sono innamorato di Lei! », mentii spudoratamente, non volevo che sapessero quello che il mio cuore già sapeva.

« Da, mi dici perché sei così elettrico allora?! »

« Perché Claudia ha propinato un appuntamento ad Anita con quello che gli aveva dato buca! », continuò Mirko imperterrito senza alcun ritegno.

« Mi, ti ringrazio per questa telecronaca in diretta, ma io sono qui...e comunque sì, mi dà fastidio che esca con quel professorino... »  

« Mmmh i professori sono ossi duri di solito...» aggiunse Saverio appoggiandosi totalmente allo schienale della sedia

« E grazie anche a te per la tua attenta analisi avvocato Monte! Ne avevo proprio bisogno!  » 

« Ma porca puttana Dario! Vuoi darti una svegliata?! Stasera noi due usciamo e non c'è no che tenga! »

Lo guardai negli occhi più scazzato che mai. Non avevo molta voglia di uscire, ma quando Saverio si metteva qualcosa in testa difficilmente potevo sottrarmi. Appoggiai la testa allo schienale della sedia scivolando su di essa guardando il soffitto, magari non avrei pensato per qualche ora ad Anita e ai suoi baci, e al fatto che sarei morto volentieri dentro di lei.


Giocherellavo con quel cartoncino bianco lasciato da Dario il giorno prima  scrutando ogni suo piccolo dettaglio. Il suo nome scritto con un carattere classico sui toni del blu, davano quel tocco elegante e raffinato a quel biglietto da visita. In realtà lui era molto raffinato...e sexy... tremendamente sexy. 
Sospirai per la millesima volta al ricordo dei suoi baci, baciava da Dio. E quelle sue mani, così esperte, sapevano cosa fare e come farlo. Sfiorai le mie labbra sorridendo pensandolo davanti alla porta completamente stravolto. Lo eravamo entrambi, lo volevamo entrambi.
Girai per la prima volta su se stesso il biglietto da visita notando che c'era scritto qualcosa a penna.

" Se hai voglia di sentirmi... " 

Ebbi subito un sussulto. Avevo una maledetta voglia di sentirlo. Potevo leggere tra le righe che lui non si riferiva solo alla sua voce, si riferiva ad altro. Era bravo con le parole, oltre che con i fatti. Poggiai il bigliettino
 sulla scrivania rigirandolo, e afferrando il cellulare composi il numero. Volevo sentire almeno quella parte di lui.
Mentre ascoltavo quel suono che mi avvertiva che la chiamata era partita, sentii subito le farfalle nello stomaco.  All'improvviso ebbi la salivazione azzerata e la mente mi si svuotò completamente. Cosa mi era venuto in mente? 

« Pronto? »

« Dario...sono io...»

« Anita...», rispose lui senza farmi finire  di parlare

« Esatto...scusami se ti disturbo...magari sei con un paziente..»

« Tu non mi disturbi mai...anzi sono contento che tu mi abbia chiamato...ci speravo proprio... »

« Non pensavo di essere uno dei tuoi pensieri mattutini..»

« In realtà sei la prima della lista...»

«Ah bene, perché volevo chiederti se pomeriggio potevamo risolvere il discorso occhiali... »

« C'è un ottico nei pressi del mio studio, potremo vederci qui sotto dopo il lavoro cosa ne pensi? »

« Si, penso che si possa fare...»

« Allora a più tardi signorina Velletri...»

«A più tardi signor Mancini...», risposi sorridendo chiudendo la chiamata.

Una vampata di calore mi colpì in pieno viso. Ero un turbinio di emozioni.   Il solo pensiero di rivederlo mi elettrizzava, e dentro di me si faceva avanti l'idea che quel casanova aveva fatto proprio un buco nel mio cuore, mi  stavo innamorando veramente di lui. All'improvviso tutta la felicità che avevo provato fino a quel momento si eclissò, ricordando che lui non voleva questo genere di rapporto e io sarei stata condannata ad un amore unilaterale.

« Scusami Anita, ma c'è una visita per te! », disse Federica entrando senza neanche bussare e con una faccia estasiata interrompendo quel flusso di pensiero che ormai dominavano la mia mente.

Subito dopo il suo ingresso si palesò davanti ai miei occhi Alessandro. Rimasi interdetta, non mi aspettavo minimamente la sua comparsa a sorpresa. Lui mi sorrise mostrandomi i due caffè che aveva tra le mani insieme a dei macarons.

« Alessandro... », dissi alzandomi di scatto con ancora il cellulare tra le mani.

Con lui non avevo ancora capito cosa c'era. Sicuramente la sua bellezza non era passata inosservata ai miei occhi, e il suo essere galante ed educato avevano palesemente colpito il mio essere. Con lui avrei potuto iniziare davvero qualcosa di vero e sincero, avrei potuto costruire qualcosa che con Dario non avrebbe mai visto la luce.


« Ho pensato che magari avevi voglia di un buon caffè decafinato con panna... e poi ero anche curioso di vedere il tuo ufficio...da come ne hai parlato ieri hai mosso in me tanta curiosità!» 

Sorrisi come un'idiota a quella affermazione, ero stata davvero logorroica nel tentativo di smorzare quel imbarazzo che provavo a parlare da sola con lui. In realtà il mio ufficio era veramente bello e luminoso. Aveva grandi finestre che davano sulla city e i mobili acquistati per corrispondenza facevano la loro figura. Erano un mix di contemporaneo con un pizzico di rosa qua e là.

« Ti sei ricordato...», dissi del pallone più totale guardandolo negli occhi. 

« Di solito non dimentico mai i gusti delle donne con cui esco...», rispose con un sorriso sincero porgendomi il bicchiere.

« Quindi ci sarà un'uscita?...»

« In verità, sono venuto anche per questo...ti dispiacerebbe?...»

« Ti ricordo che devi fare il bagno di sudore...quindi non sarà così facile...»

« Sono un tipo abbastanza paziente...e poi mi merito di sudare... »

Ridemmo tutti due a quella sua affermazione. Mi piaceva il suo essere calmo e paziente, sicuramente qualità che mancavano al signor Mancini, ma che allo stesso tempo mi facevano impazzire. Alessandro si congedò mezz'ora dopo con la promessa di rivederci presto anche per un gelato. Annuì cadendo nei suoi bellissimi occhi verdi, non potevo mentire a me stessa, lui era davvero molto bello ed io sempre più confusa sui sentimenti provati per Dario. 

Uscì dalla macchina parcheggiando vicino allo studio di Dario. Chiusi la portiera guardandomi in torno quando in lontananza lo vidi. Lui con le mani in tasca e fasciato perfettamente da quella tuta blu che gli cadeva a pennello guardava verso il negozio, fino a quando come se avesse sentito la mia presenza si girò solo per metà rimanendo fermo. Il suo sguardo fermò subito il mio cuore. I suoi occhi azzurri mi entrarono dentro facendomi dimenticare tutto il resto. Lui sorrise dolcemente facendo aumentare il mio respiro. Chi volevo prendere in giro? Ero innamorata persa di lui. Sorrisi a mia volta, l'unica cosa che il mio cuore mi suggeriva di fare, oltre che correre verso di lui e baciarlo. Baciarlo come se non mi importasse niente. Come se non mi importasse che lui non vuole questo da me, come se non mi importasse che lui non provava amore per me, come se non mi importasse che quel sorriso lo aveva fatto mille volte ad altre mille donne. 

« Buonasera signorina Velletri...posso dirle che questo vestito le sta d'incanto?...», esordi Dario lasciandomi interdetta. In realtà era solo un vestitino viola elasticizzato corto con maniche a palloncino e stivali neri. Lui era sempre così diretto, così sfacciato, così tremendamente sexy. 

« Grazie signor Mancini, ma siamo qui per concludere un affare no?..», precisai affrettandomi ad entrare in negozio. 

Dopo aver guardato in lungo e in largo per tutto il negozio decise per una montatura a vista ed iniziò a provare qualche modello per poi girarsi verso di me.

« Ti piace questo modello? », chiese guardandomi dritto negli occhi. Quegli occhi che mi facevano sciogliere ogni volta che accarezzavano i miei.

« Si...si..ti stanno veramente bene... », balbettai cercando di distogliere lo sguardo da quei due cristalli.« Ok...allora penso che la nostra ricerca sia finita no?! » continuai allontanandomi verso la casa. Volevo pagare tutto e scappare via. 

Lui sorrise come al solito dando la montatura al commesso e annuendo in segno di approvazione.

« Se alla signorina Velletri piacciono così tanto, chi sono io per dire di no... », disse sorridendo nuovamente guardandomi.

Lo guardai sorridendo a mia volta, come poteva essere così dannatamente bello. 

Avvicinai la carta di credito al commesso che si avvicinò prontamente a me dicendo.

« No signora, si paga tutto alla consegna...» 

«Oh oh..ok...allora passerò appena saranno pronti... grazie! »

Uscì subito fuori con livello di adrenalina nel sangue fuori dal normale. Mi sentivo tutta un fremito e con la salivazione azzerata.

« Grazie...» disse avvicinandosi a me, che nel frattempo avevo già raggiunto la mia macchina.

« Di niente...e poi ci tenevo...» risposi senza neanche guardarlo cercando di aprire la portiera della macchina più in fretta possibile.

« Posso ringraziarti a dovere?...»

Girai a malapena  il viso verso di lui, incontrando di nuovo i suoi occhi, che questa volta non mi diedero scampo. Lo guardai trattenendo il respiro era meraviglioso. Fu in quel momento che si avvicinò delicatamente a me, e accarezzando la mia guancia destra posò le sue labbra sulle mie. Quel bacio tanto desiderato arrivò travolgendomi pur volendolo con tutte le mie forze. Lasciò  tanti piccoli baci sulle labbra intrappolandole per qualche istante alternando la lingua. Baciava da Dio, lo sapevo bene. Come sapevo bene che ormai ero irrimediabilmente e disgraziatamente innamorata di lui contro ogni ragione.


Note: Capitolo Quattordici. Buonasera cari, ed eccoci Qui. Finalmente anche Anita ha capito di essere innamorata di Dario...ma la cosa non le piace perché sa che Dario non può e nuvole darle quello di cui lei ha bisogno. Chissà fino a che punto sono disposti tutti e due pur di reprimere questo sentimento che ormai si è impadronito di loro? Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima.

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Capitolo 15
*** Piani Di Battaglia ***


Con la testa dentro l'armadio cercavo, sotto gli occhi attenti di Ginevra, cosa mettere per la serata tra ragazze organizzata da quest'ultima. La fase della vestizione era molto importante per Ginevra, e voleva che io mi vestissi adeguatamente per la serata. Diciamo che lei era la mia Carla Gozzi. Non ero mai stata brava come lei negli abbinamenti, ma di certo il bacio dato a Dario aveva dato i suoi frutti. Ero ancora scombussolata da quel bacio e dalla mia fuga dopo. Ero letteralmente scappata dopo esserci baciati per un intero minuto davanti alla mia macchina in mezzo al caos di Corso Buenos Aires. Eravamo talmente presi dal momento da non capire più nulla. Era come se non ci fosse nessuno intorno a noi, come se esistessimo solo io e lui. Poi non appena i suoi occhi si erano aperti verso i miei sorridendomi presi nuovamente coscienza, e senza fiato mi infilai in auto lasciandolo lì come un salame. Continuai a guardarlo per qualche secondo dallo specchietto retrovisore, e lui per tutta risposta alzò la mano in segno di saluto. Mi scappò un mezzo sorriso. Da quando ci conoscevamo ne  erano capitate di ogni, e ormai il fatto che io lo lasciassi in asso era diventata una costante.

« Che ne pensi di questo?! », chiesi a Ginevra poggiando il vestito colore verde muschio sul mio corpo con la gruccia.

« Ani, dobbiamo andare in discoteca, non a prendere i voti in convento! »

« Ok, allora che ne pensi di questo abbinamento?! », continuai a chiedere mostrandole un paio di jeans ed una maglietta scollata.

« I Jeans in discoteca?! Devi mettere un bel vestitino corto, e magari attillato! », disse alzandosi in piedi venendo verso di me e lanciando i jeans verso la sedia. « Questo mi sembra perfetto! »

« Ginny non l'ho mai messo! L'ho comprato solo perché era in saldo in un negozio extralusso! »

« Ecco, allora è arrivato il momento di usarlo finalmente! Fammi vedere come ti sta forza! »

Entrai un attimo in bagno e infilandolo velocemente uscì nuovamente per farmi guardare da Ginevra. Il vestito in questione era un tubino corto aderente  rosa cipria con scollo a cuore e con bretelle super sottili.

« Wow Ani! Sei uno splendore! »

« Dici sul serio? Non è troppo corto?! »

«No no! È perfetto! », esclamò con gli occhi a cuoricino. Non so perché ma Ginevra aveva grandi aspettative da questa serata, e la cosa mi puzzava di brutto.


Guardai per la millesima volta il Rolex che portavo sul polso sinistro constatando, con mia grande impazienza, che Saverio mi stava facendo aspettare come al solito. 

« Io lo strozzo! », gridai sbattendo le mani sullo sterzo balia di una crisi isterica. Odiavo aspettarlo sotto casa come un coglione. Quando lo vidi finalmente uscire da portone con la sigaretta in bocca con la sua solita nonchalance.

« Avvocato la ringrazio per essersi finalmente palesato al mio cospetto! », dissi incazzato nero girando la chiave e avviando la macchina.

« Di niente Dottor Mancini, lo sa che io ci tengo alla puntualità! », rispose sorridendomi lanciando la sigaretta dal finestrino

« Io ti avviso, la prossima volta me ne torno a casa! »

« Mamma mia, e che cazzo! Stai sempre a lagnarti! Vedrai che stasera ti diverti veramente! E mi ringrazierai anche! »

« Io ringraziare te?! Per una serata all'insegna dell'imposizione?! »

« Ok, magari sono stato un tantino rompipalle, lo ammetto, ma questa serata sono sicuro che ti piacerà! »

« Vedremo... », risposi del tutto scazzato. Quelle serate preso di malavoglia finivano sempre con me ubriaco fradicio, era la prassi.


Come di consueto entrammo nel locale con Saverio che ballava già come un pazzo fuori dalla discoteca. Mi faceva morire, era un pazzo. Sorridevo ad ogni sua movenza, facendomi dimenticare che fino ad un momento prima me ne sarei rimasto a casa sul divano. Ci spostammo subito al centro della pista con lui che faceva il suo teatrino con tutte le ragazze che gli passavano davanti. Eppure fino a qualche settimana fa' ero così come lui, certo, non ai suoi livelli, ma mi buttavo nella mischia senza problemi. Adesso avevo solo un pensiero fisso: Anita. Chissà se anche lei mi pensava almeno un po'.


« Ginevra, cara, ma dove mi hai portata?! », chiesi guardando la grande insegna che lampeggiava davanti ai nostri occhi. All'improvviso non ero più tanto sicura di entrare in quella gabbia di matti.

« Dai!! Non fare la monaca come al tuo solito vedrai che stasera ti diverti! » affermò Ginevra trascinandomi dentro.

 infinity 2008 - Guru josh project
La musica a palla, ci investìi in pieno come l'energia di tutti quei ragazzi che ballavano senza pensieri. Iniziai a sorridere vedendo passare un ragazzo con in braccio una ragazza. Era tutto surreale, e diverso dai locali che frequentavo io di solito. Iniziammo ad avvicinarci alla pista da ballo quando all'improvviso lo vidi. Ballava muovendosi sensuale con al suo fianco Saverio. Rimasi come una stupida a fissarlo. Lui alzò lo sguardo verso di me e i suoi occhi azzurro cielo furono subito dentro i miei. Il suo meraviglioso sorriso si fece  spazio sul suo volto facendomi sciogliere all'istante. Era tremendamente sexy, camicia bianca che gli cadeva morbida, jeans blu scuro e sneakers bianche. Ad un tratto, senza distogliere mai lo sguardo, alzò la mano a mezz'aria chiamandomi con l'indice stringendo il labbro inferiore. Il mio cuore smise di battere in quel preciso momento, sentii chiaramente una scossa percorrermi la spina dorsale fermando tutto il resto. Quella sua richiesta silenziosa era quello che il mio corpo desiderava. Mi avvicinai a lui sorridendo a mia volta, volevo che lui mi stringesse a sé, volevo sentire il suo corpo sul mio. Arrivata al suo cospetto, completamente soggiogata, assecondai il suo volere. Portò le mie braccia sul suo collo, e stringendo i miei fianchi mi avvicinò a lui con una mossa decisa. Sorrise a quella gesto azzardato, ma che ebbe subito il mio consenso. Non ebbi la forza, né la voglia di sottrarmi a quella morsa così sensuale quanto bramata. Lui sicuro di sé iniziò a muoversi trascinandomi nel suo mondo, quel mondo in cui volevo entrare con tutte le mie forze. In tutti quei giorni avevamo accumulato una tensione sessuale non indifferente, e il mio corpo scattava ad ogni sua carezza. Ci muovevamo sincronizzati strusciandoci e guardandoci sopraffatti dal momento. 


Imprecai mentalmente innumerevoli volte durante il nostro ballo/tortura, avrei tanto voluto baciarla senza sosta, senza freni, senza pensare a chi ci stava intorno e poteva vederci. I suoi occhi sembravano quasi invitarmi a tale azione, mi supplicavano di farlo, lo potevo sentire da come accarezzava la mia nuca attraverso il colletto. Dio quanto avrei voluto farlo. Ma non lo feci, rimasi ad osservarla estasiato. Quel vestito rosa cipria le cadeva a pennello mettendo in evidenza quel seno prosperoso che mi faceva impazzire, e quei capelli tenuti su da uno chignon perfetto la rendevano irresistibile. Dovevo fare qualcosa per scappare da quella strada senza uscita altrimenti sarei scoppiato.

« Sa, che ne dici se beviamo qualcosa? », chiesi ad un Saverio del tutto preso dal bacio che stava dando a Ginevra in mezzo alla pista. Guardai Anita sorridendo, avrei tanto voluto replicare la scena, ma per lei avrei fatto di tutto anche tacere per sempre. 

Dopo aver strattonato Saverio, e averlo riportato tra di noi, ci avvicinammo tutti e quattro al bancone del bar ordinando qualcosa di dissetante. Ginevra e Anita fruttarono l'occasione per andare in bagno lasciandoci al bancone ad aspettare le nostre ordinazioni.

« Allora, Dottore,  ti è piaciuta la sorpresa? », chiese Saverio poggiando tutti e due i gomiti sul bancone guardando verso la pista.

« Quindi è tutta opera tua... e di Ginevra? »

« Esatto... »

« Quindi lei sa?! »

« Lei sa... »

«  lo sai che sei un bastardo? »

« Calmati Dottore, non ci voleva una laurea per capire che sei pazzo di lei... e viceversa... »

« Ti ha detto qualcosa Ginevra? » lo guardai speranzoso, cercai di di capire se realmente Ginevra avesse detto qualcosa a Saverio.

« No, mi dispiace Dottore, ma Anita non si sbottona con nessuno, neanche con Ginevra... Mi dispiace... Ma una cosa voglio dirtela, appena ti ha visto le si sono accesi gli occhi... Qualcosa vorrà dire... »

«  La ringrazio Avvocato... » risposi più sconsolato di prima. Non sapevo se in realtà lei provasse davvero qualcosa per me, ma era anche un bene che non lo provasse. Io avevo sempre quella fottuta paura, che adesso più che mai mi stringeva il collo come in una morsa. Adesso che sapevo che provavo per certo qualcosa per lei, era tremendamente difficile stargli lontano. 

« Ciao Dario... Non pensavo di trovarti qui... »

« Ciao Paola... In realtà non dovrei essere neanche qui... », risposi sorseggiando quel drink cercando di evitare il suo sguardo.

« Ascolta, volevo scusarmi con te per la sfuriata dell'altra sera... Magari potremo rifarci stasera... Che ne pensi? »

« Penso che dovresti girare al largo! » rispose Saverio al mio posto spiazzando tutti e due.

« E tu cosa vuoi? Chi ti ha interpellato? »
« Nessuno, ma il mio cliente qui è già impegnato stasera! », continuò Saverio portando la birra alla bocca ridendo beffardo davanti agli occhi di Paola.

« Paola, scusalo... Ma siamo in compagnia della fidanzata di Saverio e di sua cugina! », dissi tutto d'un fiato con la speranza che quest'ultimo non perdesse le staffe per questo mio azzardo.

Saverio sputò quello che aveva in bocca guardandomi esterrefatto per poi dire.

« Ma che cazzo dici?! »

« Dai, non nasconderti! Lo sappiamo che in fondo hai un cuore d'oro...ma molto in fondo! »

« Io pensavo che ne era proprio sprovvisto! », replicò Paola sorridendo divertita.

Sembrava che il siparietto Paola/ Saverio fosse finito lì, fino a quando non tornarono dal bagno Ginevra e Anita. Dopo esserci guardati tutti negli occhi per capire la situazione, Ginevra si avvicinò a Paola presentandosi.

« Ciao, io sono Ginevra! »

« E io sono Anita... », ripose imitando la cugina con aria interrogativa.

« Quindi, sei tu Anita... », disse Paola guardandomi maliziosa

Cazzo ero fottuto. Ero completamente fottuto. Paola non avrebbe nascosto il discorso scopata nel parcheggio, e sicuramente avrebbe raccontato tutto ad Anita se non avessi fatto qualcosa subito, quando, contro ogni previsione, si presentò a noi un ragazzo con gli occhi verdi che monopolizzò l'attenzione di Anita in un istante.

« Anita non sapevo di trovarti qui... Ma che piacevole sorpresa! », disse il damerino sorridendo. 

« Alessandro! In realtà neanche io sapevo che sarei venuta in questo locale...mia cugina Ginevra ha organizzato la serata... »

« E così esci con lui?i », chiesi intrecciando le braccia al petto sorridendo curioso, guardandolo entrambi. In realtà ero nero dalla gelosia.

Lei mi guardò come se volesse bacchettarmi con gli occhi, e lui senza badare a quello che avevo appena detto e con sguardo altezzoso continuò imperterrito nel suo dialogo con Anita.

« Io, io vengo spesso qui con gli amici, si beve e c'è buona musica... Dannazione! » , imprecò il professorino al mio tentativo di farlo stare zitto con il Martini buttato sulla sua giacca di velluto blu.

«Oh ma quanto mi dispiace, sono davvero maldestro! », dissi falsamente dispiaciuto guardandola negli occhi.

 Lei mi guardò esterrefatta, forse mi ero spinto un po' oltre.

« Oddio Alessandro, mi dispiace tantissimo! », esclamò Anita afferendo  alcuni tovagliolini che si trovavano sul bancone tamponando la giacca del damerino.

« Ma non è colpa tua...e colpa di questo individuo che non so chi sia, e si prende delle libertà che non gli spettano! »

«Dario Mancini! Adesso sai a chi dare la colpa! E io mi prendo tutte le libertà che voglio! » 

« Ma vi conoscete?!! », chiese Alessandro guardandomi in cagnesco.

« Sfortunatamente si! », esclamò lei prima di prenderlo per mano e dirigersi  insieme in bagno.


Quel nome, quel maledetto nome risuonava da un po' nella mia testa, e finalmente aveva anche un volto. Lui era come rapito da lei, si vedeva che il professore voleva portarsela a letto, anzi per dirla tutta voleva proprio scoparsela, e l'avevo capito da come le aveva guardato il sedere prima di farla accomodare in uno dei divanetti non troppo distanti da noi, dopo essere tornati dal bagno. Quel damerino ci sapeva fare, non aveva paura di nulla, e voleva conquistarla ad ogni costo. Nei suoi occhi leggevo chiaramente la sua voglia di conquista, quello stesso sguardo che era impresso in ogni uomo prima della grande vittoria. Ed io ero pronto a giocare con il fuoco. Sapevo bene che mi sarei bruciato, ma almeno avrei accesso in lei quella piccola scintilla, quella stessa scintilla che si era accesa in me da quando i miei occhi si erano posati su di lei. 

Note: Capitolo Quindici. Buonasera miei cari, ed eccoci in questo aggiornamento notturno! È tutto il pomeriggio che provo a scrivere questo capitolo, ma solo grazie a Troi_ontheHellmouth e a EleAB98 le mie muse ispiratrici, che questo capitolo ha visto la luce! Quindi un grazie speciale va a loro! E poi a tutti voi che con costanza seguite le avventure di Dario e Anita ❤️ In che guaio si sta cacciando Dario? E Anita vuole davvero passare la serata con Alessandro?! Vedremo tutto nel prossimo capitolo! Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ♥️





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Capitolo 16
*** Giudizi Universali ***


Li osservano da lontano, scrutando ogni loro movimento come un avvoltoio rapace piazzato non troppo lontano da loro. I "piccioncini" ridevano e scherzavano ignorandomi deliberatamente. Dentro di me quella forte gelosia, che non avevo mai provato prima, si faceva spazio a grandi falcate lacerandomi l'anima. Quel sentimento ignoto, che per molti era l'anticamera dell'amore, aumentava minuto dopo minuto di intensità facendomi mancare il respiro. I suoi sorrisi rivolti verso di lui mi uccidevano, e le attenzioni del professorino corredate di dolci sorrisi mi facevano impazzire. Avrei tanto voluto piazzare una scenata epica, ma io non ne avevo nessun diritto. Aveva regione il professore, io non avevo nessun diritto verso di lei, anche se morivo dentro ogni minuto passato ad osservarli. Non potevo sopportortare un secondo in piu quella scenetta smielata. Mi avvicinai a Paola, che nel frattempo beveva tranquillamente il suo drink al bancone, prendendola per mano e invitandola a ballare con me, cosa che fece subito senza neanche replicare, se non con un sorriso di vittoria. Anita mi guardò subito interogativa, cercando di fare finta di niente rivolgendo le sue attenzioni al damerino. Sicuramente avevo la sua attenzione adesso, adesso che il corpo di Paola si strusciava senza inibizioni verso il mio, adesso che il mio sguardo si era come trasformato. Ero fuori di me, volevo colpirla, volevo farla ingelosire. E fu in quel momento, in quel fottuto momento, che maledissi la mia idiozia. 
Lei, dopo aver sussurato qualcosa al professore, sì alzò di scatto, e recuperando il cappotto nero si incamminarono verso l'uscita. Rimasi pietrificato. Non avevo pensato a questo scenario, e non avevo pensato che lei potesse andare via così con lui. Lasciai Paola da sola in pista svincolandomi dalla sua presa e corsi verso di loro. Lei, fece segno al professore di proseguire prima di fermarsi davanti a me.



« Anita... », disse Dario con un filo di voce. Sicuramente la mia uscita di scena l'aveva colpito, ma mai quanto lui con la sua amichetta sulla pista da ballo.

« Io... Io, vado via con Alessandro... buona serata... », Replicai quasi sussurrandolo. Tutta quella situazione mi faceva stare male.

« Anita... non andare... Io... »

« Ha ragione Alessandro... Tu non hai diritti su di me, come io non ne ho su di te... Torna dalla tua amichetta... da come si struscia su di te, mi fa capire che siete andati ben oltre un semplice ballo... »

« Abbiamo scopato solo un paio di volte... » 

« Complimenti!... Ma io non volevo sapere i dettagli! »

« Volevo essere sincero... »

« Beh, tieniti la tua sincerità per te! E poi... e poi ti ho già detto che tra noi non ci sarà mai niente! Quindi stasera può essere la tua serata fortunata con lei! Ti sta aspettando con la bava alla bocca! Buonanotte signor Mancini! », dissi gridando senza volerlo. Tutta quella situazione mi aveva destabilizzata, volevo solo andare via.

Entrai nella Porsche Cayenne bianca di Alessandro senza dire una parola, ma nella mia mente avevo un miliardo di parole tutte per il signor Mancini. Lo odiavo, e odiavo me stessa. Odiavo il fatto che mi faceva questo effetto, odiavo il suo sguardo magnetico che mi faceva fare la qualsiasi cosa e odiavo la reazione che mi facevano i suoi baci. Dovevo smetterla di illudermi che con lui sarebbe cambiato tutto come per magia.

« È il tuo ex?...  », chiese Alessandro rompendo finalmente quella catena di pensieri che affliggevano la mia mente.

« Cosa...  »

« Quel certo Mancini... È il tuo ex? »

« No, no! Lui è solo un amico!  »

« Un amico che prova qualcosa per te a quanto pare...  »

« Cosa?! Ma che dici? Non hai visto come si strusciava con quella ragazza? È un Casanova!  »

« Sarà anche un Casanova, e idiota aggiungerei, ma ho visto come ti guardava... era lo sguardo di un uomo che desidera una donna...  »

Rimasi in silenzio. Era come se mi avesse strappato la lingua di netto. Sicuramente Dario aveva un'attrazione per me, e non lo aveva mai nascosto, ma l'essere innamorato... Andava bene oltre il suo essere. Lui non era fatto per le relazioni stabili, e con me sarebbe stato solo sesso. Allora perché Alessandro aveva questa convinzione? Perché adesso avevo voglia di correre da lui?.

« Ascolta... Io non so cosa c'è stato tra di voi, e non mi interessa neanche saperlo, ma se tu lo desideri io vorrei davvero frequentarti. Tu mi piaci molto Anita, sono anche disposto ad essere tuo amico al momento...  »

« Alessandro... È un po' difficile da spiegare...  »

« Allora non farlo! Ti ho già detto che sono pronto a sudare per te... », disse fermandosi sotto casa mia dopo aver seguito le indicazioni di Maps.

« Alessandro...  » sussurrai, guardandolo negli occhi. Gli occhi verdi più belli che io avessi mai visto.

Lui si avvicinò a me delicatamente e sfiorandomi la guancia destra disse.

« Buonanotte Anita...  » 

« Buonanotte Alessandro...  » dissi, uscendo dalla macchina e chiudendo la portiera.
Ci guardammo ancora una volta prima che lui andasse via frecciando per le vie deserte. Sospirai cercando di recuperare le chiavi di casa voltandomi verso il portone, quando sentii la presenza di qualcuno in lontananza. Come se una forza misteriosa mi stesse chiamando. Assecondai questa strana sensazione  girandomi nuovamente verso la strada incontrando i suoi occhi cristallini. Il mio cuore mancò un colpo a quella visione inaspettata. Se ne stava appoggiato alla sua macchina con la mano destra dentro il cappotto blu, e con la sinistra teneva la sigaretta che aveva quasi terminato. I suoi capelli resi morbidi dall'umidità serale gli cadevano sugli occhi rendendolo irresistibile. Buttò fuori quel fumo alzando leggermente il capo verso destra e buttando la cicca nella stessa direzione. Quella stessa forza, che  aveva fermato i miei passi un attimo prima, mi fece avvicinare sempre di più a lui, fino a trovarmi ad un palmo dal suo viso. I suoi occhi azzurri brillavano con la luce dei lampioni, e il suo respiro reso visibile dalle basse temperature della notte, si infrangeva con il mio mescolandosi. Il mio respiro, non volendo, si velocizzò all'istante, e il mio corpo era pronto a scattare a qualsiasi suo cenno.

« Perché ci hai messo così tanto? », chiese stringendo tra gli incisivi il suo labbro inferiore sorridendo.

« Scusa l'attesa...  » Replicai stringendo tra le mani il colletto del suo cappotto e avvicinandolo a me a rallentatore. 

Le nostre labbra si incastrarono perfettamente lasciandosi e riprendendosi continuamente. I suoi baci mi facevano impazzire, e lui lo sapeva bene sorridendo ad ogni presa. Cominciò a camminare verso il mio portone trascinandomi continuando a baciarmi, cominciai a ridere provocando in lui la medesima reazione. Il suo sorriso era bellissimo, mai nella mia vita avevo visto un sorriso così bello. Sbattemmo senza volerlo contro il portone di legno prima di poterlo aprire. Ci rincorrevamo attraverso la corte baciandoci e ridendo. Avevo il cuore che mi scoppiava di felicità, una falsa felicità, ma che volevo vivere ugualmente come se fosse vera. Come se lui mi amasse veramente. 


Robin Hood - Anson Seabra

Non riuscivamo a staccarci, neanche quando davanti alla porta di casa cercai invano le chiavi nella piccola borsetta. Mi voltai verso la porta per riuscire nell'impresa, quando lui mi sorprese da dietro stringendo il mio seno tra le mani massaggiandolo. Ansimai forte poggiando di riflesso la mano contenente le chiavi contro la porta. Sentivo i suoi gemiti sussurrati al mio orecchio sinistro provocandomi la pelle d'oca. Feci scivolare le chiavi fino alla toppa riuscendo ad aprire finalmente la porta ed entrando subito dentro. Lui fece la stessa cosa chiudendo la porta dietro di lui continuando a sorridermi. Mi avvicinai a lui e con la foga di prima feci cadere il suo cappotto a terra passando per le braccia, lui cercò di fare lo stesso con me quando lo strattonai e lo feci cadere sul divano del salotto. Rimase a fissarmi senza capire quali fossero le mie intenzioni. Poggiai a terra i piedi dopo aver tolto le decoltè, e alzando un po' il vestito da entrambi i lati sfilai le mutandine. Lui mi guardò incantato da questa mia presa di posizione senza dire niente. Potevo vedere il suo pomo d'Adamo scendere e risalire segno che aveva la salivazione azzerata. Sorrisi osservandolo, era alla mia mercé. Salì a cavalcioni su di lui cercando di sbottonare i pantaloni, lui mi aiutò nell'impresa alzandosi per agevolare il passaggio dei jeans non prima di aver preso il profilattico dai Jeans. Lo teneva a mezz'aria aspettando pazientemente che io finissi, quando senza preavviso lo presi tra le mie mani e aprendolo con la bocca, lo srotolai su di lui. Lui ammirava compiaciuto accarezzandomi le cosce avvolte dalle autoreggenti nell'attesa. Mi guardava con aria beata, di chi  aveva appena ricevuto una grazia. Lo feci scivolare dentro di me chiudendo gli occhi stringendo il colletto della sua camicia bianca. Mi resi conto che mi sentivo come lui beata e in uno stato di grazia


Lei riaprì gli occhi su di me facendomi deglutire a fatica quella saliva che che ormai sembrava essere sparita dalla mia bocca. Era così bella, così passionale, così mia... Si muoveva su di me lentamente mandandomi in estasi ad ogni spinta. Strinsi tra le mie mani i suoi fianchi accompagnandola più energicamente su di me provocando in lei quei gemiti che ormai avevo imparato a conoscere, e che desideravo con tutto me stesso.
Le nostre voci si alternavano in un botta e risposta fatto di gemiti e lamenti di piacere. Il suo nome uscì dalla mia bocca come una supplica, una dolce supplica. Ci guardammo negli occhi rimanendo immobili respirando veloce. Avvicinai la mia mano destra alla sua guancia destra accarezzandola per poi avvicinarla alle mie labbra baciandola dolcemente. Lasciai la presa sfiorando ogni centimetro del suo  corpo portando con me le bretelle del suo vestito, fino a ritornare sui suoi fianchi spingendola nuovamente verso di me continuando a baciarla con passione. In realtà in quel momento avrei voluto dirle tante cose. Avrei voluto dirle che lei era il mio primo pensiero al mattino, che il gusto delle sue labbra mi accompagnava per tutta la giornata, e che il profumo dei suoi capelli mi faceva diventare pazzo. Avrei voluto dirle che mi ero innamorato perso di lei e che avrei cercato, malgrado il mio passato da casanova, di essere un uomo migliore. Avrei cercato quella forza per fare i conti con quella fottuta paura che mi affliggeva da quando l'avevo conosciuta. Quella fottuta paura che mi paralizzava e che mi faceva capire che non ero all'altezza di una donna come lei. Sapevo di non meritare tutto questo, ma per una volta volevo essere egoista, per una volta volevo essere quell'uomo che lei desiderava, per una volta volevo amarla. Si, l'amavo, ma sarebbe rimasto tutto dentro di me, nel totale silenzio.


Note: Capitolo Sedici. Buongiorno cari/e ed eccoci in questo secondo aggiornamento della settimana! Avevo troppa voglia di farvi leggere questo capitolo, e spero che vi piaccia! Come abbiamo potuto vedere Dario e Anita si sono lasciati trasportare da quello che provano reciprocamente, ma che nessuno dei due ha il coraggio di esternare. Dario sempre più impaurito da questo amore, è sempre più convinto di non saperlo fare quello che lei vorrebbe. E Anita sempre più convinta che il lupo perda il pelo ma non il vizio non vuole abbandonarsi a questo sentimento ( anche se abbiamo visto che è stata lei a tenere le redini 🤣) Cosa succederà adesso? Eeeeeeeeh la strada è ancora lunga! Grazie sempre a tutti quelli che mi seguono ❤️ e alla prossima

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Capitolo 17
*** Lapsus Freudiani ***


That's us - Anson Seabra

La notte appena passata era stata la più bella di tutta la mia vita. E di serate all'insegna del sesso ne avevo passate un'infinità, ma quella trascorsa l'avrei ricordata a vita. Avevamo proprio fatto gli straordinari, complice la voglia immane che avevo di lei. Non ne avevo mai abbastanza. Dopo aver fatto l'amore sul divano, ci eravamo trascinati a suon di baci e carezze in camera da letto, ed era proprio lì che mi trovavo dopo aver passato la notte a guardarla. Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Il suo chignon aveva lasciato spazio ad una cascata di capelli mossi riversi come lei sul cuscino. Lo stringeva tra le sue mani candide come a volersi coccolare, quasi cullare da esso. Continuai ad osservarla, e ad ammirare il suo corpo d'alabastro coperto solo in parte dalle lenzuola rosa pastello. Il lenzuolo si fermava proprio sul fondo schiena valorizzando il suo meraviglioso sedere. Tutto questo mentre la mia mano destra torturava il mio labbro inferiore e il mio gomito sinistra mi reggeva sul cuscino. Sopreso di nuovo, dalla voglia di lei, mi feci cadere sul cuscino portando tutte e due le mani al viso fregando con forza gli occhi cercando di togliermi dalla testa l'idea di prenderla tra le mie braccia e baciarla ancora una volta, accarezzarla ancora una volta, sentirla mia ancora una volta. 



Aprii gli occhi lentamente cercando di mettere a fuoco aprendoli e chiudendoli guardandomi intorno. La mia attenzione fu catturata dai raggi timidi del sole che filtravano attraverso le tende bianche di lino illuminando la stanza come in un sogno, o stavo ancora sognando? 
Mi alzai piano restando seduta sul posto passando la mano destra sui capelli ribelli stringendoli alle estremità. Buttai gli occhi alla mise inesistente, trascinando con forza il lenzuolo fino a coprire il mio seno nudo. Iniziai a sorridere al pensiero della notte appena trascorsa con Dario. Lui era stato così passionale ma così dolce, ad un certo punto mi ero anche illusa che per lui non fosse solo sesso. Avevo visto nuovamente quella luce nei suoi occhi mentre stringeva le mie mani tra le sue sul materasso. Potevo ancora sentire l'odore della sua pelle bagnata mentre accarezzava la mia, potevo ancora sentire i suoi gemiti, potevo ancora sentire il sapore dei suoi baci che ricoprivano il mio corpo come in venerazione. Un brivido mi percorse la schiena portando il lenzuolo alla mia bocca. Continuai a sorridere come un idiota, quando sentii l'aroma del caffè provenire dalla cucina. Presi una delle maglie larghe che tenevo in camera da letto e mi avviai verso quel profumo inebriante. Appena entrai in cucina lo trovai armeggiare tra i fornelli a torso nudo e con i jeans scuri aperti da dove si intravedevano i boxer neri. Lui, si girò verso di me sorridendomi divertito aggrottando la fronte.

« Topolino? Davvero? », riferendosi alla stampa della mia maglietta.

« Mi dispiace deluderti, ma amo la Disney... », risposi sorridendo a mia volta e sedendomi in uno dei due sgabelli. 

« Me ne farò una ragione... », rispose sorridendo togliendo dal fuoco il latte che aveva riscaldato « Non sapevo se anche la mattina preferivi il latte e quindi ho preparato un po' di tutto... Latte, caffè e tè al limone. Ho scaldato anche queste brioche nel dubbio... »

Rimasi a fissarlo come una stupida. I suoi capelli scompigliati gli ricadevano ancora una volta sugli occhi rendendolo tremendamente sexy, e il suo fisico asciutto era un richiamo irresistibile. Era davvero bellissimo, ed io avrei fatto almeno della colazione quella mattina.

« Nessuno mai aveva preparato la colazione per me...  », dissi quasi sussurrandolo.

« Neanche il tuo ragazzo? »

« No... In realtà l'ho fatto io un paio di volte per lui...  »

« Bello stronzo! », esclamò portando la tazza del latte alle sue labbra.

« Uno dei peggiori!  Ma... io lo amavo... quindi...  »

« L'amore... lo trovo una perdita di tempo indicibile... »

« Evviva la sincerità! », esclamai portando anch'io la tazza del latte alle mie labbra.

Lui sorrise sistemandosi i capelli per poi continuare.

« Sai, ho cercato per tutta la vita di farmi amare dai miei genitori che erano sempre assenti...loro non si sono curati molto di me... Ora non sto qui a recriminare il loro operato...ma magari il problema ero io... »

« E perché mai?  » 

« Perché io non so farlo... Non so amare... »

« Ma tua nonna...  »

« Con lei è stato facile, lei mi amava più di se stessa, e il suo amore si rifletteva su di me... »

« Sarà stata davvero una gran donna...  »
« Lo era... lo era davvero... », rispose con gli occhi lucidi finendo di bere il suo latte. «Adesso è meglio che vada, altrimenti Mirko mi ucciderà...  », continuò poggiando la tazza dentro il lavello e avvicinandosi a me mi baciò tra i capelli per poi guardarmi negli occhi.

« Buona giornata signorina Velletri... »

« Buona giornata a lei signor Mancini...  » prese la camicia che aveva appoggiato precedentemente sul divano e indossandola velocemente andò via guardandomi un'ultima volta.

Alzai la mano destra in segno di saluto, per poi buttarmi con la faccia sul piano  bianco lucido sbuffando. Adesso avevo la certezza matematica che lui non mi avrebbe mai amata. Aveva chiamato l'amore una perdita di tempo indicibile, e l'aveva detto proprio a me che ero da sempre alla ricerca di quell'amore. Dovevo smetterla di farmi male, dovevo andare avanti senza di lui.



Chiusi la porta alle mie spalle sospirando forte indossando il mio cappotto blu scuro. Presi una sigaretta tra le mani e accendendola mi allontanai aspirandone l'aroma ripensando a quello che avevo detto ad Anita. Avevo aperto il mio cuore impregnato da quella fottuta paura alla donna che amavo. Quella stessa paura che aveva parlato al mio posto e che aveva messo le carte in tavola. Io non sapevo amare, o perlomeno, non avrei saputo amarla come lei meritava, e lei doveva saperlo. Sicuramente quello era stato il modo peggiore, non dopo aver passato la notte più bella della mia vita con lei, e forse avevo anche alimentato in lei le speranze verso il professorino perfettino. Entrato in macchina iniziai ad imprecare contro me stesso, sbattendo le mani sullo sterzo. Non ne combinavo una giusta, non ero più io.




« Anita la tua presentazione è stata davvero eccezionale! Sapevo che non mi avresti deluso », affermò felice il mio capo uscendo dalla sala riunioni. Avevo esposto l'idea che avevo avuto per la pubblicità per un nuovo kit per l'igiene orale e lui era sembrato subito entusiasta.

« Grazie Andrew, sono felice che la mia idea ti sia piaciuta, però vorrei ancora apportare delle modifiche... »

« Per me non c'è problema! Fai tutte le modifiche che vuoi! Ti manderò il grafico per gli impianti pubblicitari e il regista che abbiamo scelto per questa tua favolosa pubblicità! »

« Ti ringrazio Andrew! »

« Io ringrazio te Anita! Stiamo andando alla grande! Tieniti libera per il weekend ho una sorpresa per te! »

« Una sorpresa? Andrew, lo sai che non piacciano le sorprese e poi divento peggio della signora Knopp!  »

« Questa ti piacerà! » così dicendo si allontanò da me con un sorrisone a trentadue denti. Non avevo ancora ben chiaro il suo concetto di sorpresa, ma la cosa mi spaventava parecchio.

Entrai nel mio ufficio con Federica al seguito. Mi posizionai dietro la scrivania aprendo la mia giacca blu visionando quello che mi aveva portato.

« Eccoti il fascicolo che mi avevi chiesto, e il caffè decaffeinato che avevi ordinato alla Crudelia De Mon prima di entrare in riunione! »

« L'hai percepito davvero così? Eppure io volevo sembrare la signora Knopp... », dissi facendole un sorriso e prendendo tra le mani il caffè. Federica era da sempre la mia assistente. Con lei avevo un rapporto di amicizia profondo e con lei avevo superato i grandi drammi della mia vita, e con grandi drammi intendevo dire Edoardo.

« Anita va tutto bene? », chiese Federica come se mi avesse letto nel pensiero.

« Si si... Perché? »

« Non so... Mi sembri diversa... »

« Diversa? In che senso?! », esclamai guardandola negli occhi.

« Beh, hai gli occhi che brillano come se avessi passato la notte a fare l'amore, ma allo stesso tempo hai una tristezza che traspare dal tuo sorriso forzato... »

« Ma chi sei Cassandra?! »

« Ho imparato a conoscerti in questi anni... Ormai sei un libro aperto per me! Allora chi è il fortunato? Lo strafigo o il professore sexy?»

« Lo strafigo... », ammisi senza giri di parole. 

« Wow! Quello lì ti fa vedere le stelle di giorno! »

« Peccato che vedi solo le stelle con lui, e nient'altro... »

« Beh, è già qualcosa fidati... », rispose Federica sorridendo maliziosa.

Sospirai cercando di trattenere una risatina complice e continuai.

« Quel rapporto lì può andare bene fino ad un certo punto, e poi cosa ti rimane? » 

« Aver visto le stelle di giorno?!  »

« Lo sai che non cerco quello... »

« Lo so, però ti ho vista come lo guardavi l'altro giorno, e ho visto il quasi bacio... Non puoi negare che ci sia un'attrazione! »

« C'è attrazione indubbiamente... Ma lui è un donnaiolo! Vedessi come si struscia con le sue amichette sulla pista da ballo, e Dio solo sa quante ne ha avute! Per non parlare del fatto che lui non crede nell'amore quindi sarebbe tutto tempo perso! », dissi tutto in un fiato in preda all'agitazione.

« Oh Mio Dio! Ti sei innamorata! »

« Che?! Non è vero! »

« Si che lo è! Altrimenti non avresti le convulsioni! »

« Io non ho le convulsioni! »

« Si che le hai! »

« Ok! Ho le convulsioni per quello che stai dicendo tu! »

Mi alzai di scatto ed andai verso la finestra che dava sulla city guardandone il panorama. Federica aveva toccato un nervo scoperto, ed io, non potevo fare altro che saltare a quel tocco. Ero davvero innamorata di lui, ma le sue rivelazioni mattutine, che dentro di me già conoscevo, avevano innescato dentro di me quel sentimento di autodifesa. Dovevo smetterla di farmi illusioni, con lui se ci fosse stato qualcosa, sarebbe stato solo sesso e nulla più.

« Anita, lo so che dopo Edoardo è stato difficile per te... Ma magari le cose con lui si sistemano... E poi c'è sempre il professore sexy! », disse cercando di farmi ridere. Sorrisi a quella battuta che sapeva anche di verità. Potevo provarci ancora con Alessandro, e magari questa volta avrei dimenticato Dario una volta per tutte.



« Non hai ancora finito? », chiesi entrando dentro l'ufficio di Saverio avvicinandomi alla sua scrivania.

« Si si, ho finito sto solo aspettando una pratica che dovrebbe arrivare da un momento all'altro e poi andiamo a pranzo ok?... »

« Ok... », risposi guardandomi intorno. L'ufficio di Saverio era grandissimo e super lussuoso. Le pareti coperte da pannelli di legno rendevano l'ambiente sofisticato, e il parquet geometrico dava un senso di calore e di eleganza. Mi ero sempre chiesto come faceva un pazzo come lui ad essere così preciso ed elegante, ed ogni volta entravo nel suo regno la domanda sorgeva spontanea. 

« Avvocato Monte, ho qui la pratica che mi aveva chiesto poco fa... », disse una ragazza bionda, occhi azzurri come il mare, e due tette che sfidavano la legge della gravità.

« Aspettavo con i pazienza questa pratica... », rispose Saverio prendendo i fogli tra le mani regalando alla ragazza in questione un sorriso inequivocabile. Anche la ragazza in questione non sembrò turbata da tale sorriso ricambiando con uno dei suoi.

« Avvocato Monte, se ha bisogno ancora di me, sono nella mia stanza... »

« Lo ricorderò con piacere... », rispose lui continuando a guardarla come un lupo in calore. 

Portai la mano destra sulla mia bocca nella speranza di soffocare quella risata che stava per venire fuori. Ogni volta che Saverio metteva in scena le sue tecniche di seduzione a me scappava sempre da ridere. Ma non perché non le condividessi, ma perché mi stupivo sempre della sua ironia sensuale tagliente. 

« Allora a dopo Avvocato... »

« A dopo Cristina... », concluse Saverio guardandola allontanare sbattendo i figli sulla scrivania « La vedi quella? Quella lì sta giocando con il fuoco, e prima o poi si brucerà! »

« Tu sei assurdo! », replicai facendo uscire quella risatina che avevo trattenuto prima avvicinandomi alla porta insieme a lui.

« Ah sarei io l'assurdo?! Si può sapere dove cazzo sei finito ieri sera?! Ti ho cercato dappertutto! », chiese Saverio chiudendo la porta del suo ufficio e incamminandoci verso l'uscita.

« Ho fatto l'amore con Anita ieri sera... »

« Che?!?  Avvolgi il nastro un secondo! Che hai fatto?!» 

« Ho fatto sesso con Anita... »

« No! Cosa hai detto prima? »

« Sono andato a letto con Anita??... », chiesi non capendo dove volesse arrivare.

« Tu, Dario Mancini, hai fatto "l'amore" con Anita?! Sono sconvolto! »

« Che?! Io non ho detto quello! »

« Mi stai facendo venire l'orticaria io ti avviso! », affermò accendendosi una sigaretta.

« Ma io non ho detto quello! », iniziai a ridere istericamente. L'avevo sicuramente detto, ma non era quello che volevo dire, almeno non a lui.

« Allora secondo te come lo so?! Io non uso mai quella parola e lo sai bene! »

« Ok ok,  magari ho usato quella parola impropria... Ma non è quello che pensi tu! »

« Aaaaaaaaah quindi non è quello che penso io... E cosa penso io caro Dottore?! »

« Che sono innamorato di Anita... »

« No, infatti, io non lo penso...ne sono più che sicuro adesso! E adesso ho bisogno di qualcosa di forte! », disse poco prima di entrare nella mia macchina.

Rimasi come uno stupido davanti alla portiera della mia macchina. Avevo paura di entrare in auto, la conversazione sarebbe stata sicuramente la parola incriminata e Anita. Strinsi con la mano destra la bocca  che mi aveva appena tradito, cercando un'alternativa valida a quel lapsus freudiano. Ma la mia mente all'improvviso si svuotò lasciandomi nel panico più totale.

« Coglione, vuoi entrare in macchina?! Non dirò nulla ok? », esclamò Saverio  facendo capolino dalla portiera aperta.

Quelle parole, seppur false, mi diedero una boccata d'aria fresca, e la forza di entrare nell'abitacolo. Forse avevo ancora una chance per uscirne illeso.


Note: Capitolo Diciassette. Buongiorno mie cari/e e bentrovati! Capitolo pieno di dialoghi rivelatori e risate ( si perché Saverio mi fa morire ogni volta che scrivo di lui 🤣🤣🤣) Non dirà veramente niente a Dario in macchina? E Anita si lancerà nuovamente tra le braccia di Alessandro dopo la rivelazione di Dario? Lo scoprirete nel prossimo capitolo! Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ♥️

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Capitolo 18
*** Sfumature Di Blu ***


« Vuoi continuare ancora con il silenzio stampa?! », chiesi a Saverio aprendo un pacco di grissini che stazionavano dentro l'apposito contenitore.

In realtà aveva mantenuto la promessa alla lettera. In macchina non aveva detto una parola. Sembrava avesse cucito la bocca con ago e filo, e senza curarsi di me aveva mandato email di lavoro e fumato come una ciminiera. 

« Io? Silenzio stampa?! Oh no vostro onore, sto solo facendo quello che ho detto! »

« Ok, va bene, adesso la smetti? Mi rendi nervoso... »

« Ah io ti rendo nervoso? Piuttosto dimmi perché il Dottor Testi non è qui con noi oggi? »

« Doveva pranzare con la signorina Rottermeier... »
.
« Che rottura di palle... »

« Sa, si sposano tra meno di un mese... »
« E allora? Cos'è, mi sei diventato pro matrimonio adesso?! »

« No, però ci sta che lui voglia passare più tempo con lei no?... »

«Si, come ci sta l'ananas sulla pizza... Buon uomo mi passerebbe un menù per favore?! », disse rivolgendosi al cameriere che stava passando vicino a noi.

« Sa! La vuoi smettere? Qua mi conoscono! »

« Ho solo chiesto un menù! Lo sai che sei un pignolo del cazzo?! »

« I signori desiderano altro? », chiese il cameriere porgendo il menù a Saverio.

« Si Giovanni, potresti portaci un Chardonnay? E una spigola con erbe aromatiche e insalata verde per me... »

« Ma chi sei il principe William? », chiese Saverio alzando lo sguardo dal menù sorridendo. 

« E per lei signore? »

« Guarda Giová, portami la stessa cosa del Dottor Mancini! », il cameriere prese nuovamente il menù che aveva dato a Saverio e si allontanò con aria impassibile.

« Devi per forza essere così idiota? »

« È una dote innata! », disse sorridendo e sfregando le mani giunte tra di loro.

Cominciai a ridere pure io. Era sicuramente un idiota, però mi faceva morire dalle risate. Presi uno dei bicchieri di cristallo che erano poggiati sul tavolo e riempiendolo d'acqua lo portai alla bocca bevendone un sorso, quando vidi in lontananza una giovane coppia che si apprestava a sedersi in uno dei tavoli non troppo lontano da noi. L'acqua che avevo ancora in bocca mi andò giù di traverso iniziando a tossire rumorosamente.

« Hey, tutto bene?! », domandò Saverio avvicinandosi a me « Ma sei diventato mio nonno?! », esclamò colpendo la mia schiena per aiutarmi nella deglutizione.

« C'è Anita... con il Professorino... » risposi con voce strozzata pulendomi con il tovagliolo che avevo sulle gambe. Ero esterefatto da quello che avevo appena visto, e come per magia le mie paure si erano appena materializzate. Saverio guardò verso il tavolo in questione e poi chiese.

« Ma non hai detto che avete fatto "l'amore" ieri sera?! »

« Si... ma stamattina le ho anche detto che per me l'amore non esiste e che è una perdita di tempo... »

« Ahia... Potevi evitare di dire questa cosa però... Anche se sono d'accordo su tutto... »

«  Ho avuto paura Sa... La mia solita paura del cazzo... »

« Beh, vedo che a lei è passata subito la tristezza! »

« Devo andare da lei! »

« Che?! No, no! Tu resti qui! Giovanni starà per portare le spigole! »

« Torno subito! », così dicendo mi alzai spostando la sedia di scatto. Ero rosso di gelosia anche se sapevo bene che la colpa era mia. Totalmente mia.

Mi avvicinai al loro tavolo con una tale nonchalance da sorprendere anche me stesso. Lei mi guardò subito con stupore senza dire una parola. Non immaginava di trovarmi lì e non immaginava che mi sarei presentato al suo tavolo con la faccia da bronzo.

« Anita... », dissi baciandole la mano destra guardandola con il mio solito sguardo inequivocabile, per poi spostarmi con lo sguardo verso di lui.

« Alessandro... »

« Signor Mancini... »

« Andiamo Alessandro! Penso che aver versato il martini sulla tua giacca ci abbia portato ad un livello più alto di confidenza, non credi?! »

« Non credo proprio! »

« Beh, ad ogni modo, vi consiglio di  provare la spigola con erbe aromatiche è davvero deliziosa! »

« Ne prenderemo atto! »

« Allora vi lascio... ci vediamo Anita... Alessandro... » mi allontanai soddisfatto della mia performance, anche se lei era ancora seduta accanto a lui e io con quel idiota di Saverio.



Lo guardai allontanarsi e di botto le mie funzioni vitali ripresero il loro normale svolgimento. Avevo cercato inutilmente, di non pensarlo tutta la mattina, ma il ricordo di lui tornava prepotente con dei flashback della serata appena passata che mi lasciavano senza fiato. Era stato tutto perfetto, lui era stato perfetto. Volsi lo sguardo verso un Alessandro allibito e furioso mentre guardava il menù. Il suo volto si era trasformato mentre scuoteva la testa davanti alle pietanze proposte da quel ristorante scelto da lui. Sicuramente il signor Mancini aveva destabilizzato pure lui, e non potevo di certo biasimarlo. Lui era onnipresente. Sia nei miei pensieri che nella vita di tutti i giorni. 

I minuti passavano inesorabili mentre i miei sguardi si intrecciavano con quelli di Dario seduto non molto lontano da noi. Avevo cercato di ascoltare Alessandro, ci avevo provato veramente, e in alcuni momenti penso anche di averlo fatto. Ricordavo del compito in classe che aveva posto ai suoi alunni, del caffè macchiato che aveva versato sulla sua borsa, e come gli piacesse il calcio in un modo ossessivo. Avevo sorriso a le sue battute e mangiato l'insalata di pollo che alla fine, a dispetto del consiglio di Dario, avevo ordinato. 

Dopo quell'ora che mi sembrò interminabile, ci alzammo da tavola dopo aver concordato insieme di fare una passeggiata verso il mio ufficio dato la sua vicinanza. Lui iniziò ad andare avanti ed io andai un attimo in bagno a rifarmi il trucco. Entrai velocemente e prendendo Lip gloss rosa lo poggiai sulle labbra. Non avevo intenzione di sembrare trasandata dopo il pranzo, ma non volevo neanche passare inosservata agli occhi di Dario. 

Uscì di fretta dal bagno senza guardare dove andavo ritrovandomi tra le sue braccia. 

« Dario... »

« Angelo mio... », rispose sorridendomi e facendomi sciogliere all'istante. Lui aveva il suo solito sguardo sornione, quello stesso sguardo che mi faceva capitolare sempre.

« Scusami... Non ti avevo visto... »

« Non ti scusare, mi piace quando mi cadi tra le braccia... »

« Io adesso devo andare... », affermai cercando di uscire da quel bagno il più in fretta possibile.

« Quindi esci ancora con lui? »

« Hai qualcun'altro da proporre?! », chiesi girando nuovamente verso di lui con aria di sfida lasciandolo senza parole « Bene, come pensavo... Anche perché stamattina sei stato abbastanza chiaro a riguardo! »

« Anita... »

« No! Davvero! Io ti ringrazio per la tua sincerità! Adesso ho capito veramente tutto! Quindi torna dalle tue amichette in discoteca, ed io cerco di andare avanti con la mia vita! », presi la maniglia del bagno ed uscii di corsa. 

Non avevo più voglia di dargli spiegazioni, e non volevo più inciampare nei suoi occhi azzurri. Mi avviai verso l'ascensore che poco prima mi aveva portata al decimo piano dove si trovava il ristorante, quando con un balzo e forzando l'ascensore non mi trovai Dario davanti agli occhi. 

« Ti piace scappare eh? »

« Vorrei stare lontana da te se non ti dispiace! »

« Mi dispiace invece, perché io non voglio! », replicò sorridendo divertito portandosi le braccia al petto.

« Allora dimmi, Dario Mancini, che cosa vuoi?! »

Appena pronunciai quelle parole la luce interna dell'ascensore si spense di botto lasciando spazio a quella d'emergenza blu. Iniziai a respirare velocemente, e la paura piano piano si impadronì del mio corpo. Mi aggrappai con tutta la forza che avevo al suo collo, facendo aderire perfettamente la mia guancia alla sua. La sua pelle liscia appena rasata mi ricordò quando mi piacesse quel dolce contatto, quanto io bramassi tutto questo.

« Ma non dovevi starmi lontana? », chiese sorridendo. Non potevo vederlo, ma sentii la sua fossetta che si faceva largo sulla mia guancia.

« Possiamo posticipare la questione?! Soffro di attacchi di panico!! »

« Ok, ok! Ma credo che tu abbia tutte le qualità per essere la ragazza dell'anno! »

«  Vuoi smetterla?! Non sei divertente! »
« Ok, ok...la smetto... »

« Dario... »

« Mmh?.. »

« Io... Io sento che sto per svenire... »

Sentii quelle parole come scivolare dalla sua bocca, e la sua presa si fece subito meno decisa. Capii che stava per svenire veramente, e afferrandola per le braccia la trattenni a me e piano piano guardandola negli occhi.

« Hey, non avere paura, ci sono io con te... »

« Già... Tu ci sei sempre... Hai preso proprio una brutta abitudine signor Mancini... », rispose sorridendomi.

« Bruttissima... », dissi accarezzandole la guancia sinistra per poi accompagnarla dal mento verso le mie labbra 

Volevo baciarla. Avevo ardentemente voglia di baciarla. 


La luce d'emergenza blu colorava la cabina di un azzurro tenue mettendo in evidenza le sue labbra lucide, e le sue ciglia lunghe che si chiusero appena le mie labbra si poggiarono sulle sue. Aprii la mia bocca verso di lei cercando subito la sua lingua massaggiandola dolcemente.  Le mie mani senza indugio si adagiarono sul suo collo, accarezzandolo con il pollice ogni volta che mie labbra prendevano le sue in un susseguirsi di baci. Lei appoggiò le sue mani sui miei polsi come ad incoraggiare quei baci che nessuno dei due voleva interrompere. 

Non mi riconoscevo più, non conoscevo quel ragazzo innamorato che si era addentrato dentro di me. Quel ragazzo che adesso aveva il cuore a mille mentre la baciava, quel ragazzo che adesso sentiva le gambe cedere dall'emozione, quel ragazzo che avrebbe fatto mille pazzie solo per vederla felice. 


Lo sentivo ansimare ogni volta che le sue labbra si infrangevano sulle mie, ogni volta che la sua lingua cercava la mia accarezzandola, ogni volta che il silenzio lasciava spazio ai nostri respiri  ormai fusi tra loro. 

L'ascensore tornò a muoversi verso il piano terra senza che nessuno dei due avesse capito niente. Eravamo così presi dal momento che non sentimmo neanche la porta aprirsi.

« Ecco dov'eri finito! Ti ho cercato dappertutto dottore! », disse Saverio apparendo davanti a noi facendoci staccare bruscamente.

« Mi hai trovato... Avvocato... », risposi pulendo il mio labbro inferiore coperto di Lip gloss.

« È sempre un piacere rivederla mia cara Suor Beatrice! », affermò Saverio riferendosi ad Anita.

« Peccato che non posso dire la stessa cosa di lei caro Avvocato dei miei stivali! », rispose con un tono che faceva presagire un colpo di borsa in pieno viso. Poi si girò verso di me e con aria contrariata disse.

« Addio signor Mancini! »

« Arrivederci signorina Velletri! », riposi salutandola alzando la mano e muovendo solo le dita.

Lei uscì dall'ascensore come se avesse preso una scarica elettrica, e neanche voltandosi corse via verso l'uscita. Con piccoli passi uscì anch'io dalla cabina con le mani in tasca mentre mi gustavo la visione del suo sedere da favola avvolto in una longuette nera che le arrivava sopra le ginocchia abbinato ad una canotta rosa confetto che aderiva perfettamente al suo corpo formoso.

« Non dire niente... », dissi sorridendo a Saverio prima che lui potesse dire qualcosa

« Cosa dovrei dire?! Quello che hai nei pantaloni parla per te! E ne ha cose da dire! »

« Cazzo Sa, io sto davvero impazzendo! »

« Eh, lo vedo...hai limonato alla grande... Però non sò fino a quando la nostra Beatrice sia disposta ad andarti dietro... »

« Lo so... »

« E poi hai il Professore alle calcagna...  » 

« So anche questo... »

« Bene, vedo che sai tutto, allora perché continui a comportarti da coglione?! »

« Ma sei diventato Mirko? Ti prego non farlo, mi serve una coscienza sporca, e quella coscienza sei tu! »

« Eeeeeeeeh no caro mio, se sei coglione devi prendertela solo con te stesso! Non sono io quello innamorato!  Adesso mi riporti a lavoro che ho delle cose in "sospeso?"», chiese Saverio accendendo la sigaretta   che aveva appoggiato sulle sue labbra sorridendo.

Ricambiai il sorriso ed entrai subito in macchina. Sapevo quali erano le sue cose in sospeso, ed io sapevo che non potevo andare avanti così. Fino a che punto ero disposto a spingermi? Fino a che punto questa paura invalidante poteva manovrarmi come una marionetta? Fino a che punto avrei potuto sottrarmi a quell'amore dagli occhi blu-verdi?.




Note: Capitolo Diciotto. Buonasera miei cari/e ed eccoci in questo nuovo capitolo. Diciamo che la situazione non migliora tra i nostri piccioncini, che continuano a resistere a quell'amore travolgente che li ha colpito in pieno, ma che nessuno dei due vuole accettare. Il nostro caro professore, sta giocando le sue carte, ma non gli riesce tanto bene 😅😅😅 Vedremo se ci sarà un terzo scontro tra i due!. Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ♥️

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Capitolo 19
*** Le Bugie Della Ragione ***


Dopo aver lasciato Saverio allo studio associato, mi incamminai verso il mio più confuso che mai. Le parole di Saverio, pur essendo crude, erano vere, terribilmente vere. Mi sentivo un vero idiota. Giocavo con lei, come il gatto con il topo, e prima o dopo la cosa sarebbe finita male. A complicare il tutto, il nostro caro professorino di matematica, il ragazzo di belle speranze che cercava di portarmela via con gentilezza e caparbietà. Doti che avevo anche io, ma in diversa misura. Entrai camminando lentamente, e completamente preso dai miei pensieri confusi mi avvicinai all'ufficio di Mirko. Lui, era già seduto dietro la scrivania  intento a compilare cartelle innerenti i suoi pazienti della settimana nel totale silenzio.

« Come andata con Saverio? », domandò Mirko senza neanche alzare lo sguardo e continuando a scrivere.

« Perché mi hai lasciato da solo con lui?!... »

« Ho capito, non è andata bene... »

Mi avvicinai al lettino da massaggi che era situato alla destra lateralmente alla scrivania e mi lasciai cadere su di esso trascinandomi il piccolo borsone che avevo sulla spalla destra. Portai la testa all'indietro poggiandola di peso sul mini cuscino.

« Mi, secondo te sono un coglione?... »

« Si, ma non hai livelli di Saverio, lo sai che lui detiene il primato! »

« Sei troppo buono, come sempre! »

« Mi dici cosa ti turba? », chiese avvicinandosi a me posizionandosi davanti alla mia testa.« Con me puoi parlare lo sai... » continuò stirandomi il collo come se fossi uno dei suoi pazienti.

« Ieri sera ho fatto l'amore con Anita... »
« Okay... »

« Mi, è stata la notte più bella della mia vita... »

« Non vedo dove sta il problema... »

« Il problema si è creato quando le ho detto che l'amore è una perdita di tempo, e che non credo in quel sentimento! »

« Ma allora sei coglione veramente! Altro che Saverio! », gridò forzando ancora di più il mio collo come a volerlo staccare.

« Ahia cazzo! », gridai sotto la presa decisa di Mirko mentre mi stirava il collo 

« Dovrei staccartela la testa! »

« Lo so... Lo farei anch'io se potessi... »

« Adesso ti dirò una cosa che allieterà sicuramente la tua giornata... »

« Dal tono che stai usando, sarà sicuramente una cosa meravigliosa... »

« Oggi io e Claudia, guardavamo la scaletta del matrimonio e abbiamo aggiunto delle cose... »

« Ma perché, esiste anche una scaletta?! »

« Esiste una scaletta, e guarda caso, tu e Saverio siete presenti! »

« Oddio... »

« Allora, oggi pomeriggio abbiamo prenotato una delle tre lezioni di ballo che si terranno per voi testimoni e per alcuni amici di Claudia in modo che dopo il primo ballo da marito e moglie anche voi possiate farlo insieme a noi! »

« Ma siete degli stronzi! »

« Avanti! Tu sei un ballerino provetto! E poi ci sarà anche Anita! »

« Ma allora non hai ascoltato niente di quello che ho detto prima?! »

« Ho ascoltato forte e chiaro, e adesso ti dirò una cosa che "forse" non ti piacerà... »

« Cosa?! », chiesi alzandomi di scatto dal lettino avvicinandomi a lui.

« Claudia... »

« Eh?! »

« Claudia... »

« Cazzo Mirko, quando fai così ti ucciderei! »

« Ha invitato anche il Professore... »

« Ma porca puttana Mirko! »

« Lo so, ho cercato di dissuaderla... Poi lei ha iniziato a fare domande... E tu lo sai che io non so tenere i segreti... »

« Che cazzo le hai detto?! »

« Eh... »

« Che cazzo le hai detto Mirko?! »

« Che hai il complesso di inferiorità verso il professore! »

« Ma sei completamente impazzito?! »

« Lo sai che io non so dire le bugie! È la prima cosa che mi è venuta in mente! Che poi, secondo me, li hai veramente... »

« Quindi, secondo lo psicologo che è in te, io avrei il complesso di inferiorità verso il damerino? »

« Non saresti così geloso, oltre ad essere innamorato perso di lei ovviamente... »

« Io non sono... » stavo per completare la frase quando Mirko mi guardò sottecchi arrotolando un taping che aveva in mano « Ok... Provo qualcosa per lei, contento?! »

« Adesso devi solo capirlo per bene...  », continuò sorridendomi e dandomi una pacca sulla spalla.

Sorrisi a quell'affermazione. In realtà lo sapevo da tempo. Sapevo che ero innamorato di lei, sapevo che ogni volta che la vedevo mi tremavano le gambe, e sapevo che ogni volta che le mie labbra sfioravano le sue sarei morto volentieri tra le sue braccia. Mentre il mio cuore stava iniziando a battere veloce tra i ricordi di lei, la porta si spalancò con un Saverio devastato.

« Ho bisogno di qualcosa di forte! Ditemi che in questo buco avete qualcosa di forte! »

« Ma che succede?! », domandò Mirko avvicinandosi a lui preoccupato.

« Sa, lo sai che qui non teniamo alcolici, posso farti un caffè se vuoi...  », replicai avvicinandomi a lui con le mani in tasca.

« Che cazzo devo farci con il caffè?! Ho bisogno di whisky o forse... la benzina della mia macchina andrebbe bene!!  », così dicendo fece per uscire dalla stanza come a voler davvero bere la benzina della sua macchina.

Fu fermato da Mirko e trascinato da me in una delle due sedie davanti alla scrivania e fatto accomodare li di forza.

« Mi dici che cazzo è successo?! Ti ho lasciato in ufficio che avevi delle "cose urgenti da fare"...  »

« E proprio per quello sono in questo stato!!  », rispose allentandosi la cravatta in un bagno di sudore.

« Allora calmati un attimo e bevi questo...  », si avvicinò Mirko con un bicchiere contenente una sostanza verde scuro. Lui, la bevve in un sorso, e con la stessa velocità la sputò fuori.

« Ma che cazzo era?! », esclamò ridando il bicchiere a Mirko.

« Tè verde al limone...  »

« Ti ringrazio, ma io non ho i dolori mestruali...  »

« Ok, ti calmi un attimo e ci dici cosa cazzo è successo?!  »

« Ecco, in effetti il cazzo c'entra...  »

« Cioè?!  »

« Appena arrivato allo studio, mi sono avviato deciso nella stanza di cristina, la strafiga che hai visto stamattina...  », disse girandosi verso di me ricordandomi di averla vista « Vi lascio immaginare cosa è avvenuto dopo, le sono proprio saltato addosso, ma lei non si è fatta pregare, anzi, mi ha sbattuto quelle tette enormi in faccia  »

« Ti ringrazio per la descrizione dettagliata! », disse Mirko sedendosi sullo sgabello li vicino « Adesso ho più chiaro lo scenario...  »

Iniziai a ridere portando le mani in faccia, la storia stava prendendo davvero una piega inaspettata.

« Comunque, ci stavamo baciando come se non ci fosse un domani, con lei che mi slacciava la cintura e io che le alzavo la gonna...ma poi... »

« Ma poi?...  »

« Ma poi il pisello non ha risposto più ai comandi...  »

« Che?!  »

« È quello che è successo...  »

« Quindi fammi capire, hai fatto cilecca ancora prima di iniziare?! »

« Esatto...  »

« Ma, sicuro di stare bene? Non è che hai la febbre? », chiesi avvicinando il palmo della mia mano alla sua fronte fredda.

« Sto benissimo!! », replicò alzandosi in piedi e gironzolando per tutto lo studio.

« Sicuro che non è successo niente prima? Magari qualcosa ti ha scombussolato? », domandò Mirko guardandolo interrogativo.

« A parte le cazzate che fa sempre il nostro caro dottore qui presente, la riunione che ho tra mezz'ora, e la chiamata di Ginevra non è successo niente di nuovo! »

« Aaaaaaaaaah ecco... Ginevra... », disse Mirko con tono convinto alzandosi dallo sgabello da dove essere rimasto seduto.

« Cos'è questo tono da saputello?! »

« Non ci fare caso, oggi è in vena di fare lo psicologo... », dissi incrociando le braccia divertito.

« Secondo me la sua chiamata ti ha inibito... »

« La sua chiamata che?! », chiese guardandomi scioccato.

« Sta facendo ancora lo psicologo... », continuai sorridendo.

« Mi sa che qui c'è qualcuno innamorato di Ginevra... », continuò Mirko facendo girare nuovamente Saverio verso di me.

« Non guardare me! Io sono quello innamorato di Anita, ricordi?! »

« Dottor Testi, secondo me quella brodaglia che beve le ha dato alla testa! Io? Innamorato?! Ma non diciamo sciocchezze! »

« Beh, non avevi mai fatto cilecca, e non ti sei mai innamorato... Vedi un po' tu! »

« Grazie per questa seduta di psicoanalisi gratuita Dottor Testi! Ne avevo proprio bisogno! Adesso, se mi volete scusare, vado al bar in fondo, bevo subito qualcosa di forte e torno a lavoro! », così dicendo si avvicinò alla porta più sconvolto di quando era arrivato.

« Mi dici cosa hai detto a Cristina?! », chiesi fortemente incuriosito

« Le ho detto che mi ero ricordato un appuntamento importante, e me ne sono andato di corsa! Sperando che non si sia accorta di niente, altrimenti la mia reputazione andrà a farsi fottere! »

« Ah Sa, prima che tu vada, stasera ti aspetto alle 19.00 alla scuola di ballo " Bailando" che si trova qua vicino. Ti mando la via su maps! »

« Ma che sta dicendo?! »

« Ti chiamo più tardi e ti spiego tutto io... », dissi rispondendo allo sguardo di Saverio più confuso che persuaso.

Lui, facendo cenno con il capo uscì senza neanche salutare. Mirko lo aveva colpito. Non sapevo se il Dottor Testi ci avesse preso, ma non avevo mai visto Saverio in quello stato. Guardai la porta per qualche secondo sospirando. Io non ero sicuramente messo meglio di Saverio, e per giunta avevo un professore da tenere a bada. Mi girai verso Mirko come le mani conserte guardandolo scioccato. Non potevo credere a quello che era appena successo. Lui nel frattempo stava ancora sistemando i taping dentro il contenitore, e sorridendomi disse.

« Siete tutti spacciati... »

« Mi, ti dispiace andare a fanculo?! », gridai avvicinandomi alla porta ed uscendo in preda a quella fottuta paura. 

Sospirai nuovamente pensando che non aveva tutti i torti. Eravamo davvero spacciati, o per lo meno io lo ero. Quell'incontro in ascensore aveva mandato in tilt il mio cervello. La desideravo con tutte le mie forze, e neanche la notte passata tra le sue braccia aveva saziato quella voglia che avevo di lei. Anzi, quel fugace incontro in ascensore non aveva fatto altro che alimentare la bramosa voglia che avevo di Lei. 
Passai nervosamente le mani sulla faccia come a volermi svegliare da un sonno profondo, quando il mio cellulare iniziò a vibrare.

« Buonasera Dario come va? » 

« Potrebbe andare meglio Giorgio... »

« Ascolta, gli occhiali sono pronti, quando vuoi puoi venire a prenderli... »

« Ok, passo oggi dopo il lavoro e saldo tutto... E mi raccomando, domani avvisatela che gli occhiali sono pronti... »

« Sicuro che quella ragazza non si incazzerà con te?... »

« È quello che voglio... », risposi sorridendo avvicinandomi alla palestra « È proprio quello che voglio... »

« Ok Casanova, ci vediamo più tardi! »

« A più tardi Giorgio... »

Chiusi la chiamata continuando a sorridere con un ghigno alla Lucifer. Volevo che lei si arrabbiasse con me. Sapevo sarebbe successo, era un dato di fatto, ormai la conoscevo bene. Non avrei mai potuto farle pagare il conto. La mia, fin da subito, era stata solo una tattica per rivederla, e adesso oltre che alla serata "danzante" l'avrei rivista l'indomani mattina. Il paziente delle sedici entrò in palestra, scandendo quel tempo che mi separava dai suoi occhi blu-verdi, quel tempo che sembrava interminabile ogni qualvolta sapevo di incontrarla. Il mio cuore usciva dal petto in una ricerca disperata, e con la stessa disperazione reprimevo il tutto.

Odiavo mentire al mio cuore, ma era quello che succedeva.

 Si, il mio cuore smetteva di battere per quella bugia suggerita della ragione, una bugia detta a fin di bene, ma che prima o poi avrebbe rovinato tutto.



Note: Capitolo Diciannove. Buongiorno a tutti miei cari/e in questo nuovo capitolo. Vediamo come Dario abbia escogitato un altro piano pur di rivedere Anita, e chissà come reagirà lei quando scoprirà la storia degli occhiali. Saverio. Sì, Saverio ha i suoi primi cedimenti, ma sapevamo che sarebbe successo. 🤣 Questo è solo il primo "sintomo" di qualcosa di molto più grande, e lo vedremo nei prossimi capitoli. Nel prossimo invece, vedremo Anita e la suo comportamento dopo la scena dell'ascensore 🤣 Grazie sempre a tutti quelli che mi seguono ❤️ alla prossima ♥️

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Capitolo 20
*** L'illusione Di Una Parola ***


Le farfalle che avevo nello stomaco non smettevano di svolazzare e sbattere tra di loro creando un groviglio impossibile da tenere a bada. Durante tutto il tragitto verso il mio ufficio avevo imprecato indistintamente verso me stessa e verso di Lui. L'incontro con Dario, come sempre, aveva innescato dentro di me moltitudini di sensazioni ed emozioni. Conoscevo bene quello che pensava lui, e che non c'era futuro per noi, ma quando ero tra le sue braccia sembrava che quel muro invisibile che ci divideva costantemente non esistesse. Esistevamo solo io, lui, e i nostri cuori che battevano forte all'unisono. Quel cuore che mi tradiva sempre, mi tradiva con una semplicità disumana lasciandomi inerme davanti a quello che sembrava a tutti gli effetti un amore non corrisposto, un amore unilaterale. Ci ero ricaduta. Ero ricaduta tra le braccia del ragazzo sbagliato. Mi ero innamorata perdutamente di lui.

La giornata lavorativa volò tra un caffè decaffeinato e una valanga di scartoffie da mandare ai fornitori per la pubblicità a cui stavo lavorando. Ero entusiasta di questo nuovo incarico, ero sempre elettrizzata quando Andrew lasciava tutto nelle mie mani. Sorrisi come una stupida, quello era il mio sogno da sempre, almeno qualcosa andava per il verso giusto nella mia vita.

Il cellulare iniziò a vibrare destandomi dai miei sogni di gloria e dai sorrisi da ebete verso un punto indefinito della stanza.

« Chi è la mia cugina preferita?! »

« Oddio Claudia, cosa vuoi?! », chiesi esasperata appoggiando il cellulare sulla spalla.

« Perché pensi che voglia qualcosa da te?! »

« Perché solitamente non sei così smielata... », risposi spostando alcuni fogli che avevo sulla scrivania.

« Ok, ok, mi hai scoperta! E che volevo addolcirti un po' la pillola conoscendoti... »

« Che hai combinato Claudia?! »

« Non ho combinato niente, ho solo organizzato per voi testimoni e per qualche amico, delle lezioni di ballo che si svolgeranno una volta a settimana prima del matrimonio... »

« Che cosa hai fatto?!? »

« Dai! Ti è sempre piaciuto ballare! »

« Si, quando avevo quattordici anni ed ero innamorata di Kledi Kadiu... »

« Ci sarà anche Alessandro! Quindi sarai in buonissima compagnia! »

« Quindi ci sarà anche Dario...? »

« Purtroppo si... Ma tu come al solito stai lontana da lui, e poi, tu hai già il cavalieri quindi stai tranquilla! »

All'improvviso il ricordo di Dario e dell'ascensore tornò incontenibile dentro di me mozzandomi il fiato. Come avrei potuto stare con lui nella stessa stanza e per di più con Alessandro.

« Claudia io non lo so... Lo sai che sono una pasticciona, forse è meglio che io non venga... »

« Ma cosa dici? Tu devi esserci! Ti aspetto alle 19 da " Bailando" a più tardi! », non riuscì neanche a rispondere a quella imposizione che lei aveva già riagganciato.

Sbuffai lanciando il cellulare sulla scrivania in un gesto di disperazione. Non sapevo come avrei gestito il tutto. Dario si comportava da idiota in presenza di Alessandro era un dato di fatto, ma anche quest'ultimo non era da meno. Ma la cosa che mi lasciava più perplessa era questa strana faida tra i due. Dario non era interessato a me in quel senso, eppure non mancava occasione per prenderlo di mira. O era puro piacere personale, oppure, oppure provava davvero qualcosa per me. Quel pensiero silenzioso fu un terremoto dentro di me, e il mio cuore mancò un colpo. Non poteva essere così, lui non credeva in quel sentimento chiamato Amore, lo aveva ribadito più volte, e di certo una ragazza come me non avrebbe fatto cambiare idea ad un tipo come lui.


Tornata a casa mi vestii in tutta fretta e mi precipitai sotto casa di Ginevra dove lei mi attendeva già in strada. Il suo vestiario, non consono ad una lezione di ballo, attirò subito la mia attenzione lasciandomi a bocca aperta.

« Ginny, tesoro, lo sai che stiamo andando a fare le prove di ballo giusto?! »

« Certo che lo so... » rispose lei, abbassando il parasole corredato di specchietto sistemandosi il rossetto rosso fuoco che aveva sulle labbra.

« Allora perché ti sei vestita da cubista? », chiesi accendendo la macchina e spostandomi velocemente. 

Di tutti i vestiti che poteva indossare, sicuramente quello era il meno adatto. Micro vestito attillato nero cortissimo, scollato senza spalline e un tacco dodici che avrebbe fatto impallidire una delle migliori cubiste.

« Lo faccio per Saverio... A lui piace molto... »

« Ginny... Che intenzioni hai? »

« In che senso? »

« Nel senso che sai com'è fatto Saverio... Lo sappiamo tutti in realtà... »

« So perfettamente com'è fatto Saverio, ma io mica devo sposarmi con lui! »

« Eh?! »

« Tesoro, ho ventinove anni, non ci penso proprio a legarmi... Cioè Saverio mi piace, e scopa da Dio, ma non c'è altro! »

« Ok... Direi di chiudere qui la conversazione! », dissi cercando di trattenere una risata isterica che stava per uscire dalla mia bocca.

« Tu invece con Dario? »

« Che?! Non c'è nessun " tu con Dario"! »

« E dai! Smettila di fare la Claudia della situazione! So tutto... »

« Come sai tutto?! Cosa sai?! », urlai inchiodando la macchina frenando di colpo.

« So che alla villa eri tu con Dario... E so, cosa è successo al "Rencontre"... »

« Oddio!! », portai le mani alle labbra guardandola sconvolta per poi buttarmi sullo sterzo. Sicuramente Dario era andato a vantarsi con il suo amichetto del cuore e io come al solito volevo sprofondare.

« Hey, tesoro, va tutto bene... », sibilò avvicinandosi a me accarezzandomi la spalla.

« No Ginny, no va niente bene! E sai perché? Perché mi sono innamorata di lui! Mi sono innamorata di un coglione che pensa solo a divertirsi e non crede nell'amore!  E il fatto che abbia raccontato tutto a Saverio ne è la prova! »

« Ani, in realtà Saverio lo ha saputo da Mirko... »

« Cosa?! Quindi lo sanno praticamente tutti! », tornai a sbattere la faccia sullo sterzo più e più volte nella speranza di svegliarmi da questo incubo.

« Hey, guarda che Dario non è quello che sembra... Almeno da quello che dice Saverio... »

« Che vuoi dire? »

« Voglio dire che non è completamente idiota... E poi penso che provi davvero qualcosa per te... »

« Provare qualcosa per me?!  Lo sai che sei divertente?! »

« Non sapevo di avere anche questa dote oltre che alla bellezza smisurata! » , esclamò ridendo provocando in me la medesima reazione.

« Invece sei meglio di un cabarettista a volte! »

« Allora sono sprecata allo studio dentistico! »

« Io credo proprio di sì... », affermai uscendo dalla macchina e chiudendo la portiera in modo deciso. 

«Ani... »

« Si? »

« So che a volte sembro una pazza squilibrata... », affermò mostrandomi ancora una volta com'era vestita « Ma io ci sono... Ci sarò sempre per te... »

« Lo so, e ti ringrazio per questo... » 

« Adesso andiamo dentro e spacchiamo tutto! », continuò Ginevra prendendomi a braccetto e tirandomi verso l'entrata della scuola di ballo.

Sorrisi a quella sua affermazione. Lei sapeva sempre come prendermi e come farmi sorridere. Non sapevo se le sue supposizioni fossero vere, ma in quel preciso istante sembrò come se avesse accesso in me una speranza. Quel tipo di speranza che nasce dall'illusione di una parola detta all'apice dello sconforto più totale. 


                                 ***


Mi avvicinai a grandi passi alla macchina di Saverio oltrepassando la carreggiata che ci separava con la sigaretta in bocca aspirandone avidamente una boccata e ributtandola fuori alzando il capo. Lo avevo aspettato venti minuti sotto casa in preda al nervoso cosmico. Questo suo ritardo mi esasperava ogni volta, e ogni volta la speranza di una sua redenzione mi faceva credere che sarebbe arrivato puntuale. Mi sbagliavo sempre. Questa volta però, ero riuscito a convincerlo ad uscire il suo Mercedes Classe A bianco dal garage, e ovviamente anche lui non aveva badato a spese. Appena aprii la portiera fui investito dalla musica a tutto volume del suo stereo. Gasolina - Daddy Yankee echeggiava nell'abitacolo con lui che ballava sinuoso sul posto indicandomi e invogliandomi a fare lo stesso. Lo guardai ridendo e lanciando la cicca lontano improvvisai anch'io alcuni passi di danza muovendo le spalle e il bacino prima di entrare e sedermi al posto passeggero. 
Lui accendendo la macchina continuò la sua performance muovendosi a ritmo e cantando tenendo lo sterzo con la sinistra e con la destra menava quest'ultimo come a voler schiaffeggiare qualcuno.

« Vedo che ti è passata la strizza... »

« Sono carico! Stasera faccio una strage! È inutile piangere sul latte versato... E poi ho letto su internet che può succedere in un periodo di stress... »

« Quindi tu saresti stressato? »

« Certo che lo sono! Con te vicino! », affermò cambiando la marcia deciso.

« Ah, quindi sarei io la causa dei tuoi problemi disfunzionali? »

« Sicuro! Tu, con la storia di Anita mi stai destabilizzando! Ma scopate e basta e che cazzo! »

« Eh, fosse così semplice... »

« Intanto, stasera vieni con me in discoteca! »

« Mi dispiace deluderla avvocato... ma Io ho altri piani stasera... », risposi accennando un sorriso sornione.

« Beh, spero che vadano a "segno" allora! Io ci andrò di sicuro! », esclamò guardandomi con lo stesso sguardo e riprendendo il ballo che aveva iniziato prima.

Il mio piano era semplice e conciso:  Volevo fare l'amore con lei. Non avevo idee concrete, ma sapevo cosa volevo. Volevo stringerla tra le.mie braccia, volevo assaporare il sapore dei suoi baci, volevo sentire il suo profumo sulla mia pelle.

 Entrammo dentro la scuola di ballo senza sapere di preciso cosa ci aspettava. Il locale era uno di quelli raffinati, uno di quelli che non vedi nei film. Il pavimento in marmo bianco spiccava con le pareti carta da zucchero dando quel tocco di eleganza insolita ma che non dispiaceva. La receptionist ci accolse con un sorriso a trentadue denti dicendoci che gli altri erano già tutti in sala. Con un cenno poco convinto ci avvicinammo alla sala in questione oltrepassando la porta a turno. Com'era prevedibile, si girarono tutti verso di noi guardandoci come se fossimo alieni. Lo sguardo di Claudia era uno di quelli che ricordi a vita, sembrava proprio che mi avesse mandato una maledizione. Le sorrisi mostrando i denti e stringendo le spalle nella speranza di addolcirla un po' per poi spostare il mio sguardo su di lei. Era stupenda come al solito, leggings neri, maglia lunga grigia scuro, con collana abbinata, stivaletti neri e quello chignon mal fatto che ormai adoravo. Con lei, alla sua destra, il nostro caro professore se la rideva sotto i baffi incrociando le braccia al petto. Il suo sguardo era quello di uno che sapeva il fatto suo, e sapeva che la serata sarebbe stata a suo vantaggio. Povero illuso, evidentemente non sapeva con chi aveva a che fare.


Note: Capitolo Venti. Ed eccoci qui in questo nuovo capitolo. Come avete potuto vedere il nostro cari piccioncini sono sempre più combattuti sui loro sentimenti. Da una parte vediamo Anita, convinta che Dario voglia solo sesso e quindi sempre piu amareggiata da questo amore "unilaterale" . Dall'altra vediamo Dario che ha un piano prestabilito, passare la notte con Anita" . Cosa succederà nel prossimo capitolo? Come andrà la lezione? Dario andrà a "segno"? Alessandro sarà il disturbatore della serata? Vedremo tutto nel prossimo capitolo! Grazie sempre a chi mi segue,  e alla prossima ♥️

                          

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Capitolo 21
*** Scomode Verità ***


Ogni volta che i suoi occhi mi fissavano, ogni qualvolta quei suoi occhi cristallini mi scrutavano, un brivido mi percorreva la schiena. Sentivo come una doccia gelata scendere lungo la spina dorsale, qualcosa che viaggia sulla tua pelle lasciando una scia non visibile ad occhio nudo ma che veniva impressa nella mia pelle come nella mia anima. Anima, che veniva messa a nudo appena il suo sorriso appariva sul suo volto evidenziando quelle fossette. Il mio cuore continuava con i suoi sbalzi assurdi, mentre i nostri sguardi si incrociavano e ricorrevano per la sala. Come faceva ad essere tremendamente sexy anche nella semplicità? Cardigan aperto blu, maglia bianca sotto, jeans chiari stretti e sneakers bianche. Stavo letteralmente sbavando. Anche Claudia mi guardava, ma con aria soddisfatta per quello che aveva architettato con la sua cara amica Azzurra Parini. Biologa nutrizionista, conosciuta qualche anno prima durante una delle sue ossessioni " la linea perfetta". Aveva deciso di sacrificare lei per la buona causa, doveva essere lei quella che doveva cadere tra le grinfie di Dario. La cosa, pur essendo piena di buone intenzioni, mi procurava una gelosia non indifferente. Lei, la Michelle Pfeiffer Milanese, poteva vantare nel suo curriculum solo uomini di successo, sicuramente un dottore in fisioterapia era un succulento partito. Non si era mai fatta problemi quando si parlava di uomini difficili, perché poi riusciva sempre ad addomesticarli, e forse anche per questo Claudia aveva deciso che la predestinata doveva essere lei.

« Ok! Dato che anche i testimoni dello sposo sono finalmente arrivati, passiamo subito a spiegare cosa andremo a fare stasera. Io sono Linda, e sarò la vostra insegnante di ballo per tutti i tre gli appuntamenti. Come sapete, Mirko e Claudia ci tengono che voi tutti, vi divertiate, e che il loro primo ballo sia indimenticabile, proprio per questo hanno pensato a queste tre serate! Sarà un momento di divertimento e un ora di spensieratezza! Adesso, come da Claudia stabilito, vi mostrerò le coppie che ha scelto per questa sera: Anita/Alessandro, Dario/Azzurra, Saverio/Ginevra! Tutto chiaro? Avete domande?

« Le uscite di emergenza dove si trovano?! », chiese Saverio restando in mobile dov'era con le mani in tasca annoiato.

« Molto spiritoso .. », disse facendo cenno per capire come si chiamasse

« Saverio.. »

« Ok Saverio, avvicinati alla pista come tutti gli altri... »

Lo sguardo di Alessandro si posò su di me dolce e rassicurante, prima che potessi scorgere ancora una volta gli occhi di Dario che mi fissavano.
Lui, con gli occhi di chi la sapeva lunga si avvicinò allo stereo che era posizionato su un mobiletto non troppo lontano da noi, e infilando uno dei CD che si trovavano sparpagliati sul piano premette play. Conga! - Gloria Estefan iniziò a sentirsi per tutta la stanza con Dario che iniziò a ballare sulle note della canzone. Le sue movenze erano ipnotiche lasciando tutti di stucco.

« Quando lo odio quando fa così! », disse Mirko portandosi le mani in faccia esasperato cercando di attirare l'attenzione di quest'ultimo che ormai era un fiume in piena.

Lui continuò imperterrito la sua performance ballerina muovendo il bacino incantandomi girando su se stesso. Si muoveva magnificamente a ritmo, e togliendo il cardigan in uno streptees improvvisato lo lanciò addosso ad Alessandro che non fece in tempo a spostarsi trovandoselo in faccia. Le sue spalle si muovevano su e giù sensuali accompagnati dal suo bacino e quel sedere, che mio malgrado mi trovavo a fissare come una idiota.
Ero completamente rapita da lui. Ad un certo punto mentre la mia bava era ormai a livelli indescrivibili, lui si avvicinò a me prendendomi per mano e trascinandomi in pista.

« No! Dario! Non conosco i passi! », sibilai avvicinandomi al suo orecchio.

« Segui me... », così dicendo avvicinò il suo bacino al mio trasportandolo insieme al suo in questo vorticoso ballo.

I nostri corpi, come i nostri occhi non smettevano di accarezzarsi e desiderarsi. Il suo sorriso corredato di fossette mi faceva sciogliere e le sue mani sicure sul mio corpo mi procuravano la pelle d'oca. Non ne sapevo molto di quel tipo di ballo, ma qualcosa la conoscevo dalle feste a tema fatte all'università. Mi lasciai trascinare dalla sua energia e dal suo sorriso che non accennava a sparire dal suo volto imprimendolo sul mio. Giravo su me stessa trasportata dalle note e da lui, che ad ogni cambio mossa mi stringeva a sé  facendomi vibrare, ero completamente sotto il suo incantesimo. 

La musica finì con lui che mi teneva tra le braccia in un casquet con gli applausi di tutti, compresi i fischi e le grida di Saverio. Mi alzai subito nel pallone più totale e sistemandomi la maglia cercai di recuperare la faccia che mi era caduta quando avevo incontrato gli occhi delusi di Alessandro. Continuai a sorridere fingendo che andasse tutto bene, quando Linda si avvicinò a noi.

« Siete stati fantastici! Non capisco perché Claudia non vi abbia messo prima in coppia insieme! »

« Linda! Cara! Sarebbe meglio rispettare la tabella che ti ho fornito al telefono! » la voce di Claudia, si sovrappose a quella di Linda creando quell'atmosfera di imbarazzo che solo lei sapeva creare.

« Claudia, io trovo questi due fantastici insieme, e non mi sembra il caso di separarli, almeno che loro non abbiano niente in contrario! »

« Per noi va bene così, vero Anita? », domandò Dario guardandomi con gli occhi che gli brillavano, fui catturata nuovamente da quegli occhi azzurri mare alla quale non seppi dire di no.

« Allora è deciso! Le nuove coppie sono Dario e Anita, e Alessandro e Azzurra! Adesso basta con i fuori programma, e passiamo ai valzer veri e propri! »

Lida si avvicinò allo stereo e questa volta partii il "Valzer Dei Fiori".
Dario si avvicinò nuovamente a me stringendo il mio fianco destro e alzando in aria la mia mano destra iniziamo a muoverci lentamente.

« Non sapevo fossi così bravo nel ballo... »

« Questa è un'altra chicca dei miei genitori... Pur di farmi fare attività e amicizia, ne hanno escogitato di ogni... »
« Scusami, io non volevo farti ricordare  quel passato che odi... »

« Il passato fa parte di me, e parlarne non cambierà quello che è stato... o quello che sono... »

« Già... », risposi distogliendo lo sguardo poggiando il mento sulla sua spalla incontrando quello di Alessandro, che mi sorrise dolcemente, quasi a voler coprire quel malcontento che aveva dentro.

« Avresti preferito ballare con lui? »

« Io... si.. cioè no... »

« Sempre molto convinta signorina Velletri... » rispose, sorridendomi nuovamente sfiorando la mia guancia.

In realtà era lì che volevo stare, tra le sue braccia, con il calore del suo corpo contro il mio. Il suo profumo di bergamotto entro nelle mie narici ricordandomi quanto io amassi quella fragranza che sapeva di lui. 

« Non sono sempre stata così, avresti dovuto conoscermi quattro anni fa, sicuramente ti sarei piaciuta... », dissi sorridendo guardandolo nuovamente negli occhi. 
 
« Tu, mi piaci ora... », replicò inchiodando i suoi occhi nei miei dopo una giravolta .

Restammo a fissarci per un tempo indefinito, tempo nella quale il mio cuore iniziò a battere come un tamburo. Quella frase detta senza preavviso mi lasciò senza fiato. Cosa voleva dire?.

La voce di Alessandro iniziò a risuonare nelle mie orecchie riportandomi indietro.

« Complimenti danzi divinamente... », disse Alessandro mettendosi quasi tra ne e Dario.

« Grazie... » risposi sorridendogli imbarazzata. Tutto il contesto lo era.

« Buonasera Alessandro! »

« Signor Mancini... »

« Devo dire che le bretelle ti stanno benissimo, e poi per una serata danzante li ho trovati davvero appropriati! »

« Anche io devo farle i complimenti per la sua performance alla Ricky Martin, davvero brillante! »

« Anni e anni di dura gavetta mio caro! Invece il tuo gusto per l'orrido è una cosa nuova o che hai coltivato il tutto  nel tempo? » rispose Dario, mettendosi le mani in tasca provocando una risatina isterica da parte di Alessandro.

« Signor Mancini, lei è davvero divertente... Per i polli forse! »

Rimasi come una stupida guardandoli allibita. Stavano litigando davanti ai miei occhi come due ragazzini delle medie.  

« Volete per caso una clava?! », esclamai esasperata da tutta la situazione.

« Ha iniziato lui! », affermò Alessandro un attimo prima di allontanare Dario che se la rideva senza freni.

« Vedo che ti stai divertendo! »

« Perché tu no? »

« Per niente! » 

« Qualche problema ragazzi?! » 

« Si! »

« No! », rispondemmo insieme creando una situazione ancora più imbarazzante.

« Bene, vedo che siete d'accordo! Continuate a ballare per favore?! »

« Io dovrei andare un'attimo in bagno! », esclamai nel più totale disagio. Dovevo staccare un'attimo dalla faida Alessandro/Dario.

Con le spiegazioni della maestra di ballo arrivai in uno dei due bagni che si trovavano ad un livello inferiore. Chiusi la porta alle mie spalle, e dopo un grosso sospiro mi avvicinai allo specchio che si trovava al centro delle due porte dei servizi igienici. Diedi una sistemata allo chignon catastrofico che avevo realizzato e mi avvicinai nuovamente alla porta porta d'uscita. Dovevo tenere duro ancora qualche minuto, e la serata danzante sarebbe finita. Afferrai la maniglia con la forza di uno scaricatore di porto, ritrovandomela in mano. La guardai sbigottita, e con la certezza che ne avevo combinata un'altra delle mie iniziai a sudare freddo. Cercai inutilmente di rimetterla a posto, facendomi venire una delle mie crisi di ansia. Il respiro si fece sempre più pesante e veloce facendomi gridare come una pazza. Ebbi l'idea geniale, dettata dalla mia paura incontrollata, di volerla sfondare. Mi allontanai di due, tre passi, per poi fiondai sulla porta, proprio nell'esatto momento in cui Alessandro stava entrando. Il risultato fu disastroso. Mi ritrovai a terra, sopra Alessandro, e con le mie tette sulla sua faccia. 

« Oddio Alessandro! », esclamai spostandomi di corsa trovandolo quasi soffocato.

« Anita... Ma che è successo?... »

« Ero rimasta chiusa dentro, menomale che sei arrivato tu... »

« Beh, mi merito un gelato in tua compagnia non credi?... »

« È il minimo, dopo il tentato omicidio da parte mia... », risposi alzandomi grattandomi la testa nervosamente.

Lui, sorrise ancora una volta alzandosi anch'esso. Risalimmo insieme le scale notando che lui zoppicava.

« Alessandro, ma tu non stai bene! » 

« Devo aver preso una storta quando sono caduto... »

« Oddio! Forse è meglio che ti fai vedere da Mirko... », dissi guardando il suo piede malconcio.

« Pensavo avresti detto Dario... »

« Dario?! Non avrei mai potuto dopo il combattimento all'ultimo sangue di poco fa! », risposi ridendo cercando di sorreggerlo.

« Non mi piace come ti guarda... »

« Alessandro, tra noi non c'è niente... » continuai ridendo, ma stavolta istericamente.

« Non per lui, questo è sicuro... Ma io non mi arrendo... »

Rimasi in silenzio e quasi tramortita da quell'affermazione. Il sorriso con cui avevo fronteggiato il discorso con Alessandro, pian piano spariva dal mio viso. Solo io sapevo la verità, quella verità scomoda che veniva a galla ogni volta che lui era dentro una frase. Solo io sapevo con quale risolutezza lui aveva affermato di non credere e provare quel sentimento. Solo io sapevo come moriva il mio cuore ogni volta che la mia mente ripensava ai suoi baci e alle sue carezze. Solo io sapevo la sacrosanta verità, e nessun'altro.



Note: Capitolo Ventuno. Buonasera a tutti e bentrovati in questo nuovo appuntamento. Finalmente il momento del ballo è giunto, e il nostro triangolo amoroso sembra stringersi ancora di più. Alessandro non vuole lasciare la presa, ma neanche Dario lo farà mai… chissà cosa succederà al loro prossimo incontro… 🤐 Anita sempre più coinvolta dall'amore che prova per Dario non si dà pace per i segnali che tutti vedono ma alla quale lei non vuole dare ascolto per paura. Riuscirà finalmente a capirlo e farlo capire a Dario? Una domanda che non avrà un'immediata risposta 😅 Ma soprattutto, come prendere Dario il discorso gelato post caduta? Lo scopriremo nel prossimo capitolo! Grazie sempre a chi mi segue ❤️ alla prossima ♥️

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Capitolo 22
*** Gabbia Di Cristallo ***


« Ma cosa è successo?! » esclamò Mirko, vedendoci tornare in atteggiamento inequivocabile correndo verso di noi. 

« Abbiamo avuto un'incidente... », risposi abbassando lo sguardo. Mi sentivo un vero schifo per quello che era successo ad Alessandro, e poi gli occhi di Dario non la smettevano di fissarmi. 

« Ma in che senso incidente?! » chiese Saverio sorridendo, alludendo a qualcosa che sapeva solo lui, o che voleva far capire anche agli altri.

In un attimo, un silenzio imbarazzante calò fra tutti i presenti, facendomi mordere il labbro inferiore nervosamente. Il tutto fu notato subito da Dario che lanciò subito un'occhiataccia a Saverio prima di avvicinarsi a me preoccupato.

« Ma tu stai bene?! », domandò scrutandomi con i suoi meravigliosi occhi azzurri. I suoi occhi, mi facevano  sempre tremare le gambe, soprattutto se erano a due passi dai miei.

« Si... si... Io sto bene... E che sono rimasta chiusa dentro il bagno, e sarei rimasta lì dentro chissà per quanto tempo se non fosse arrivato Alessandro... »

« Wow! Abbiamo un eroe... Sono quasi commosso! » esclamò Saverio, portandosi la mano sinistra sulla bocca come a trattenere le lacrime.

« Ok, fammi vedere cosa ti sei fatto... » disse Mirko, avvicinandosi ad Alessandro che nel frattempo si era seduto in una sedia di fortuna. iniziò ad esaminare il piede guardandolo e muovendolo delicatamente verso l'alto.

 « Così ti fa male? » continuò Mirko spingendo verso la pianta del piede.

« No... » 

« E in questo modo? » proseguì facendo roteare il piede.

« Un pochino... »

« Credo che non ci sia niente di rotto, è solo una storta alla caviglia... »

« Sia ringraziato il cielo! Adesso possiamo andarcene?! » esclamò Saverio alzando le mani in segno di vittoria.

« Si, credo che la lezione si finita qui! » confermò Linda ridendo anche lei alle battute comiche di Saverio.

Tutti piano piano si avvicinarono all'uscita tranne Dario che mi guardava sottecchi come per capire quale sarebbe stata la mia prossima mossa. 

« Allora andiamo? » chiese Alessandro prendendomi per mano, regalandomi uno dei suoi sorrisi sinceri.

Annuii come una stupida, anche se sapevo che Dario stava vedendo tutta la scena. Lo superai senza guardarlo in faccia, nella speranza di non alimentare nuovamente la loro faida senza senso.

«  Aspetta, dov'è che andate? » domandò Dario con voce seria e ferma.

« Signor Mancini, credo che non siano affari suoi! » 

« No, infatti caro Alessandro, ma tu hai una caviglia slogata e non mi sembra il caso che tu ti metta alla guida no? »

« No, infatti. Ma Anita è venuta con la sua macchina, quindi non c'è problema! Grazie per l'interessamento signor Mancini! Buonaserata!  »

« Buona Serata Anita... » sibilò Dario mettendosi le mani in tasca.

« Buona Serata Dario... »

Lo guardai un ultima volta, sorridendo amaramente. Con Alessandro, durante i miei deliri davanti al bagno, ci eravamo messi d'accordo in tal senso, quindi sapeva quello che diceva. 
Uscimmo dalla porta scorrevole lasciandoci alle spalle Dario e quel folle sentimento che provavo per lui. Mi faceva stare male, ma, dovevo farlo per me stessa, dovevo provarci.

                               ***

Li guardai allontanare ancora una volta inerme, ancora una volta senza poter puntare i piedi e dire la mia. Io non avevo diritti, e potevo solo tornare a casa con la coda tra le gambe. Con Saverio al seguito entrammo in macchina assaporando quella sigaretta che avevo acceso poco prima. Volevo andare solo a casa e ubriacarmi sul divano. In lontananza, dopo aver parlato con Claudia e Mirko, Ginevra si avvicinava alla macchina di Saverio con un andatura da pantera. Ancheggiava guardandoci sensuale. Saverio acese l'auto facendo ripartire lo stereo con la canzone che avevamo ascoltato all'andata. Lei si avvicinò strisciando l'indice sul cofano della macchina aprendo la portiera passeggero dove mi ero accomodato un'attimo prima. La musica a tutto volume investìi pure lei che iniziò a ballare sullo sportello come se fosse un pallo di lap dance. Si strusciava sullo sportello ancheggiando muovendo le spalle a ritmo. Restai a fissarla come uno stupido, non mi aspettavo che fosse così provocante.

« Dottore passa dietro... » disse Saverio con voce ferma.

« Eh?! »

« Veloce... »

I suoi occhi erano ipnotizzati dalle movenze sexy di Ginevra spingendomi verso l'uscita con le sue mani. Mi alzai sbuffando facendo gesto a quest'ultima con un inchino. Entrai nuovamente dentro la macchina da dietro, posizionandomi al centro del sedile, un attimo prima che Saverio si avventasse su Ginevra.

« Vieni qui... », affermò accarezzandole  la guancia per poi afferrarla per il collo in un bacio passionale e senza inibizioni il che fece sbiancare anche me. Potevo vedere le loro lingue che si bramavano e si cercavano come acqua nel deserto. 

« Ok, volete smetterla?! » dissi, svariati secondi dopo stringendo le palpebre tra le dita.

« Cos'è ti viene duro Dottore?! » chiese Saverio staccandosi da Ginevra togliendo un po' di rossetto che gli era rimasto sul labbro inferiore.

« Ma quanto sei coglione! »

« Vieni anche tu in discoteca? », chiese Ginevra guardandomi divertita appoggiandosi con la fronte allo schienale.

« No! preferisco evitare se l'inizio serata è già questo! »

I due risero guardandosi complici negli occhi. Erano la fotocopia l'uno dell'altro. Si erano proprio trovati, come aveva detto Anita. Saverio accese una sigaretta e subito dopo azionò la macchina spostandoci velocemente.

« Certo che sei davvero divertente! Anzi, tu e Anita lo siete... »

« Che vuoi dire?! », chiesi avvicinandomi tra i due sedili.

« Dico solo, che dovreste smettere di pensare a volte... » rispose la riccia togliendo la sigaretta dalla bocca di Saverio portandola alla sua.

« Ti ha parlato di me? »

« Non nello specifico... Però, io credo che se tu facessi le mosse giuste potresti finalmente avere la ragazza... invece di fare l'imbecille tutte le volte! », affermò prendendo una grossa boccata di fumo, per poi buttarla fuori dal finestrino

Sbuffai addossandomi allo schienale alzando il capo. Le mosse giuste? Io non sapevo neanche cosa stavo facendo, figurarsi le mosse giuste. Lei rise nuovamente attirando la mia attenzione.

« Darietto, lo so che la cosa ti fa paura, ma devi uscire le palle! E non solo per fare i giochi pirotecnici! », rincarò la dose Ginevra guardandomi con lo sguardo di chi sapeva tutto provocando le risate compiaciute di Saverio. 

« Tu la vuoi smettere di ridere?! », gridai verso Saverio incrociando le braccia al petto.

« Non è mica colpa mia se sei un idiota patentato! »

« E tu sei un coglione! »

« Ma perché non le dici che sei innamorato di lei e basta?! Ti risparmieresti tutta questa sofferenza! » tornò sul discorso Ginevra con tutta la nonchalance di questo mondo.

« Ma io non sono innamorato di lei! », esclamai trovandomi i loro occhi inquisitori addosso. 

« Si, ed io sono vergine! » esclamò Ginevra ridendo continuando a fumare.

« Avvocato, io scendo qui! », dissi incazzato nero avvicinandomi alla portiera.

« Avanti non fare il coglione! Ci troviamo ancora distanti da casa tua! » 

 Non me ne frega un cazzo! Buonanotte! » scesi come una furia dalla macchina al primo semaforo disponibile. Non avevo più voglia di discutere con loro e dare spiegazioni che non stavano né in cielo e né in terra. 

Le strade umide di Milano erano lo scenario perfetto per una passeggiata in solitaria. Chiusi il cappotto blu, e con andatura veloce, e quasi calciando l'asfalto, mi incamminai verso casa. Non ne potevo più. Tutti a fare i sapientoni su un argomento che nessuno conosceva veramente. Nessuno sapeva di preciso cosa provavo, ero stanco di sentirmi così impotente, andavo letteralmente fuori di testa. Continuai la mia semi corsa lungo i Navigli, specchiandomi di tanto in tanto in quelle acqua gelide tra un tiro e l'altro dato alla sigaretta che avevo tra le dita. Non riuscivo più a pensare lucidamente, non riuscivo a non pensarla tra le braccia del damerino, non riuscivo a non pensarla ugualmente, perché, ormai, era quello che facevo giornalmente da quando la conoscevo.

                                ***

« Allora, che ne pensi? » domandò Alessandro, accompagnando me e la mia sedia al tavolo.

« Davvero molto carino! Non ci ero mai venuta... » , risposi sinceramente poggiando il tovagliolo sulle gambe e dando un'altra fugace occhiata in giro. 

Il posto era davvero molto carino. Sembrava una caffetteria inglese, con le sue boiserie bianche e i colori pastello. Amavo da sempre i Navigli. I suoi colori, la sua gente, e il profumo di spensieratezza che si respirava ad ogni passo mentre ti perdevi tra le mille luci. 

« Speravo ti piacesse... Fanno un gelato davvero buono, per non parlare della torta al cioccolato! » 

« Ok, allora vada per la torta al cioccolato! » riposi piena di aspettative. In realtà ne avevo tante per la serata, ma non riuscivo a non pensare a lui. 

« Mi dispiace, per come sono andate le cose stasera... E mi volevo anche scusare con te... mi sono comportato da vero stupido... Io... » 

« Alessandro, non è un problema! E poi non tutti i mali vengono per nuocere! » 

« Io in realtà parlavo della litigata con Dario... » 

« Capisco... ma non devi scusarti... E poi siete tutti e due delle teste calde... Per cui... » risposi sorridendo appoggiando il mento sulle mani che avevo congiunto in un pugno guardando verso il grande finestrone che dava direttamente sulla strada. 

Ludovico Einaudi - Nuvole Bianche
Proprio mentre i miei occhi guardavano verso un punto non definito lo vidi passare. Il mio cuore riconoscendolo all'istante si fermò come a riprendere fiato. La mia mente iniziò a pensare solo ad una cosa: Dario. Volevo correre da lui. Non mi importava se c'era la torta al cioccolato o se Alessandro aveva organizzato tutto nel migliore dei modi. Io dovevo andare da lui.

Mi alzai dal piccolo tavolino senza neanche prendere il cappotto, senza neanche guardare Alessandro, senza neanche dire dove stavo andando. Solo il mio cuore lo sapeva. Iniziai a correre con il cuore in gola aprendo la porta in legno con una sola mossa della mano e uscendo fuori guardai verso l'orizzonte dove la sua figura si vedeva ancora nitida. 

« Dario! »  gridai con tutta l'aria che avevo nei polmoni facendolo fermare all'istante. 

Lui si girò verso di me con ancora la sigaretta in bocca, sorretta a malapena  dalle sue stupende labbra. I suoi occhi, che dapprima mi sembravano spenti, si illuminarono a contatto con i miei, e quel sorriso corredato di fossetta spunto sul suo viso. Il mio cuore a quel punto, sembrò scoppiarmi in petto. Ricambiai quel sorriso stupendo con uno dei miei ritornando a correre verso  di lui. L'aria fredda di Milano entrò prepotente dentro i miei polmoni risvegliando anche la mia anima assopita. 
Arrivai al suo cospetto buttandogli le braccia al collo accarezzando i suoi capelli corvini mentre osservavo estasiata ogni singolo particolare del suo viso. I suoi occhi azzurri, il suo naso perfetto leggermente all'insù, le sue mascelle perfettamente sbarbate, e le sue labbra che bramavano già le mie. Il suo respiro si infranse tra le mie labbra provocandomi un brivido lungo la schiena. Come se avesse sentito ogni mia singola particella del mio corpo chiamarlo per nome, avvicinò la le sue labbra alle mie tramite il mio mento. Le nostre labbra si congiunsero prima in maniera casta, per poi aumentare subito il ritmo. La sua lingua si fece subito spazio nella mia bocca trovando la mia ad attenderlo. 
Danzavo con lui tra le note di quella melodia creata dai nostri cuori che battevano forte. Lui si spostò da me e guardandomi negli occhi sentii che stava per dire qualcosa. Lo fermai con il dito indice sulle labbra e dissi

« Lo so... », sorrisi nuovamente mentre avvicinavo nuovamente le sue labbra alle mie. Volevo baciarlo, sentirlo sulle mie labbra, fare uscire quel sentimento che faceva a botte con la ragione da sempre.


« Anita mi hai sentito? È arrivata la torta... » 

« Cosa?... » 

«  La torta al cioccolato che avevi ordinato... » 

«  Ah, si... si! Sarà sicuramente deliziosa! » , esclamai forzando un sorriso cercando di recuperare un po' di lucidità mentale dopo quel flash ad occhi aperti che avevo avuto dopo aver visto passare Dario.

Una parte di me voleva davvero farlo. Voleva correre verso di lui, fregandomene di tutto e di tutti. Fregandomene se era la cosa giusta da fare, fregandomene se lui non mi amava, fregandomene di quella ragione che non mi lasciava in pace un minuto. Sentivo la sua voce forte parlare al mio cuore e imporre il suo volere. Quel volere che mi teneva prigioniera nella mia gabbia di cristallo, e non ne sarei mai uscita senza farmi male.


Note: Capitolo Ventidue. Buongiorno cari/e e bentrovati in questo nuovo capitolo da cardiopalma. Vi confido che, durante la stesura di questo capitolo ( 2 di notte) ho avuto la fibrillazione atriale quindi capisco cosa state provando adesso. Non sono sadica, ma, Anita mi ha parlato chiaramente e mi ha fatto sentire quello che sente per Dario. Questa scena mi ha fatto capire che l'amore a volte deve superare anche questo tipo di ostacoli, e che non è sempre facile abbandonarsi di nuovo a questo sentimento tanto forte tanto doloroso a volte. Oggi, non ho nient'altro da aggiungere se non suggerirvi di leggere questo capitolo con la musica che ho scelto, e farci trasportare dalle parole di Anita ❤️ Grazie a tutti quelli che mi seguono ❤️ alla prossima ❤️

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Capitolo 23
*** Ti Sento ***


Poche volte nella vita avevo dormito sul divano, e tutte le volte mi maledicevo per averlo fatto. Quel divano dal design ricercato, era un mattone sotto mentite spoglie, e l'essermi scolato sei birre una dietro l'altra non aveva contribuito ad agevolare quel sonno ristoratore che ci voleva dopo una giornata del cazzo come quella appena passata. Col viso appoggiato ad uno dei braccioli mi chiedevo come potevo aver fatto quella fine. La fine dello sfigato. Io, che avevo sempre passato le notti con una donna diversa, mi ritrovavo sul divano prono, dopo una sbornea pazzesca, a guardare un punto indefinito del pavimento pensando a lei e quel professorino da strapazzo. Mi girai supino, e guardando il soffito bianco mi soffermai sul ricordo dei suoi lineamenti perfetti. A quelle labbra carnose, a quegli occhi blu-verdi stupendi e a quella pelle liscia e bianca da sembrare seta sotto le mie mani. Portai tutte due le mani al viso come a voler cancellare per un attimo quell'immagine dalla mia mente,  quando all'improvviso ebbi un'illuminazione. Oggi Giorgio avrebbe chiamato Anita per il discorso occhiali, e lei, sicuramente, non avrebbe mancato di venire dal sottoscritto per la ramanzina. Una nuova forza scorreva adesso nelle mie vene, la stessa forza che mi fece alzare di scatto e travolgere il piccolo tavolinetto che si trovava a due passi dal divano. Imprecai stringendo la tibia tra le mani e saltellando verso il bagno cominciai a ridere come un idiota. L'avrei vista, l'avrei vista presto.

                                                                ***

L'aroma del cappuccino appena fatto, aveva fatto il giro di tutta la casa, ricordandomi che mi aspettava ancora appoggiato sul tavolo della cucina. La mattina era sempre un dramma per me: La sveglia, il risveglio traumatico, e  la voglia di vivere sotto le scarpe. 
Ma soprattutto, il mio essere disordinata non aiutava per niente ad iniziare con il piede giusto quelle mattine tutte uguali, sia per modalità, sia per tempistica. Mi avvicinai correndo a piccoli passi con le mie Chanel nere e la gonna a vita alta nera longuette che avevo scelto quella mattina abbinata ad un top sottoveste verde muschio in raso verso il cappuccino che mi attendeva. Bevvi qualche sorso continuando a guardare l'orologio da parete che correva più delle altre mattine quando all'improvviso sentii il cellulare squillare. Lo afferrai poggiando il cappuccino dentro il lavandino e dirigendomi verso il portoncino risposi.

« Pronto? »

« Anita Velletri? »

« Si? »

« Salve, la chiamo per avvisarla che gli occhiali sono pronti, quando vuole passare... »

« Oh! Benissimo! Passo immediatamente! A fra poco! », chiusi la chiamata entusiasta. Finalmente avrei chiuso anche quella faccenda con lui e nel frattempo l'avrei rivisto.

Entrai in macchina frecciando per le vie di Milano tamburellando e cantando contenta. La serata con Alessandro alla fine era andata bene. Avevamo fatto una passeggiata per i Navigli con lui zoppicante e poi l'avevo accompagnato a casa. Niente di compromettente, e lui come sempre un gentiluomo. Anche questa volta, non aveva tentato di baciarmi, ma aveva lasciato un bacio sul dorso della mia mano. Avevo pensato molte volte al nostro incontro mancato e invece quello avvenuto con Dario. E a come un avvenimento, come l'incidente della madre di Alessandro, avesse stravolto le nostre vite. Mi ero chiesta cosa sarebbe successo se Alessandro avessee varcato la porta del Rencontre al posto di Dario. Sicuramente la serata sarebbe finita diversamente, e non dentro il bagno delle donne. Le mie gote presero subito fuoco a quel ricordo così passionale, e come adesso lui occupava il novantanove percento dei miei pensieri.

Varcai la porta del negozio velocemente, e uscendo il portafogli alla cassa aspettai che il ragazzo biondino della volta prima si avvicinasse a me.

« Avete chiamato stamattina, sono qui per saldare il conto del signor Mancini... », dissi avvicinando la carta di credito alla cassa.

« Veramente il signor Mancini ha già saldato tutto... » 

« Cosa?! »

« Ehm... È così... »

« Ma non è possibile! Mi avete chiamato un quarto d'ora fa'! »

« Il commesso si è dimenticato a togliere la ricevuta di prenotazione... Ci scusi tanto... »

Iniziai a ridere istericamente. Mi aveva presa in giro un'altra volta. Salutai il biondino e mi diressi verso lo studio associato che si trovava a due passi come una furia. 

« Questa volta lo uccido! », gridai sistemando la borsa sulla spalla, e correndo sempre a piccoli passi mi avvicinai al citofono dell'idiota.

Citofonai ed aspettai che il portone si aprisse. Mi infilai immediatamente dentro l'ascensore imprecando contro me stessa e contro di lui. Mi avrebbe sentita. Cercai di recuperare un po' di santa pazienza prima di aprire il portoncino che era già aperto con la loro segretaria che mi guardava strana.
Davanti a me un lungo corridoio bianco con delle enormi finestre a vista illuminavano l'ambiente. Tra le finestre  dei salottini beige con dei piccoli tavoli con delle riviste messe in ordine e vasi con delle calle e tulipani bianchi. Alla destra cinque porte bianche in stile inglese campeggiavano maestose, dalla quale, in quella centrale, uscì Dario con una tranquillità disarmante. 

« Signorina Velletri! Qual buon vento... », chiese lui in tutto il suo splendore. Indossava la divisa sanitaria turchese a maniche corte ma con una maglia blu scuro sotto a maniche lunghe, capelli sempre scompigliati e gli occhiali sul naso. Infilò le mani in tasca sorridendomi compiaciuto.

« Tu! », dissi furiosa indicandolo. 

« Prego, da questa parte signorina... » continuò alzando il braccio sinistro verso la porta aperta.

Camminai rabbiosa verso la porta ed entrando dentro tolsi subito il cappotto che indossavo buttandolo su una delle due sedie di fronte alla scrivania.


                                                             ***

Avevo guardato tutto il tempo quel meraviglioso sedere avvolto da quella gonna che non lasciava niente all'immaginazione. Lei si girò di scatto togliendosi il cappotto nero guardadomi furiosa. Era proprio quello che volevo. Continuai a sorridere come se nulla fosse chiudendo alle mie spalle la porta e tornando alla mia posizione originale ma in completo silenzio.

« Ebbene?! Non hai niente da dire?! Ti sei ammutolito? E per di più, te ne stai impalato lì con le mani in tasca in quel modo sexy!! » 

« Vorresti che le mani le mettessi da qualche altra parte?... », risposi avvicinandomi a lei con nonchalance facendola indietreggiare ad ogni mio passo per poi prenderla per i fianchi con forza facendola appoggiare alla scrivania « Tipo qui?! » le chiesi guardandola negli occhi. 

Lei mi guardò aumentando il respiro. Era tremendamente bella, ed io volevo ardentemente baciarla. Avvicinai le mie labbra al suo collo baciandolo dolcemente, seguendo un percorso immaginario fino ad arrivare alla clavicola facendo scivolare la bretella sottile. Quanto mi era mancata la sua pelle, il suo profumo, e il suo sapore nella notte insonne appena passata. 

« Dario... Smettila... » sibilò tra un gemito e l'altro.

« Ok, la smetto! », risposi sorridendo togliendo le mani dai suoi fianchi e rimettendole in tasca.

« Co-sa?... », domandò appoggiando le mani sulla scrivania allibita.

« Mi hai chiesto di smetterla... »

« Sei un idiota! » rispose afferandomi per il colletto prima di tuffarsi sulle mie labbra. 

Agguantai subito il suo sedere con forza facendola ansimare forte sulle mie labbra provocando in me la medesima reazione. Perdevo il controllo con lei. Mi spostai con le mani alle estremità della gonna cercando di alzarla, notando le autoreggenti. Le sorrisi compiaciuto per quella visione celestiale, lei sorrise a sua volta mordendosi il labbro inferiore tornando a baciarmi e ansimare più forte di prima. Strinsi tra le mie mani il suo seno insinuandomi all'interno del top gemendo, mentre le nostre lingue si accarezzavano impetuose.

« Anita... potresti non gridare?... » le dissi, cercando di riprendere fiato.

«Che?... »

« Non mi fraintendere... A me piace, piace un casino... Ma, c'è Mirko nella stanza accanto... E potrebbe sentirci... »
« Ma io non grido! » affermò quasi indispettita guardandomi male.

Sorrisi ancora una volta, e portando il mio bacino verso il suo stringendole di nuovo il sedere con forza provocai in lei quella reazione che tanto mi faceva impazzire.

« Ecco... Intendevo dire proprio questo... », le sussurrai all'orecchio destro annusando i suoi capelli dal profumo paradisiaco.

Proprio quel momento, suonò l'interfono facendo uscire la voce squillante di Mirko.

« Dario, ti sento, e sento lei, quindi ti pregherei di smetterla! Sta per arrivare la signora Panettiere e non vorrei che alla veneranda età di ottant'anni senta le tue performance! Tanti cari saluti! », disse Mirko con voce secca e autoritaria.

« Hai visto? Ci ha sentiti... »

« Oddio! Che figura! Adesso devo andare! », disse scansandosi da me e cerca di uscire sistemandosi velocemente.

« Devi andare?! Non puoi lasciarmi così sulla rampa di lancio... »

« Tu sei uno sfacciato!! »

« Si, lo so... Ma a te piaccio proprio per questo... », risposi facendola aderire alla porta stringendola a me.

Ricominciai a baciarla senza freni di nessun genere. La volevo subito. Tornai sul suo collo e sul sedere avidamente strusciandomi su di lei sbattendo più volte sulla porta. Avevo perso nuovamente il controllo. 

« Dario, ti sento di nuovo! Ti pregherei di smetterla cazzo! », la voce di Mirko echeggiò per tutta la stanza riportandoci alla realtà.

Mi scansai da Anita ridendo per quello che aveva appena detto il mio caro compare.

« Quello era Mirko? Mirko il santo che non dice le parolacce?! », chiese sorpresa sorridendo.

« Beh, ti svelo un segreto... Le dice eccome quando è incazzato! », ridemmo insieme creando un leggero imbarazzo da parte sua.

« Ok... adesso è meglio che io vada veramente... Altrimenti  capirà che sono io... », disse sottovoce sfiorandomi il torso. 

« Già... » affermai sconsolato guardandola negli occhi. Non volevo staccarmi da lei.

« Ciao Dario... »

« Ciao Anita... »

Mi sorrise un'ultima volta prima di aprire la porta e scomparire dietro di essa. E io, come al solito, ero rimasto da solo dietro una porta con l'erezione nei pantaloni.


                             ***

Uscii di corsa infilandomi il cappotto alla velocità della luce. Volevo sparire da lì al più presto possibile.

« Anita?! »

« Si! », sibillai girandomi a rallentatore verso la sorgente della voce.

« Che ci fai da queste parti?! »

« Io... Io... Ho portato gli occhiali a Dario! »

« Ma se stamattina quando è arrivato li aveva già sul naso... »

« Ti sbagli! Li ho portati adesso! »

« Sarà... », continuò portandosi le braccia al petto sorridendomi sornione.

« Scusami, ma adesso devo andare! Ci vediamo! Ciao! »

Chiusi la porta salutando di fretta la loro segretaria che sicuramente mi aveva scambiata per una pazza scatenata. Sospirai ancora con il cuore  in gola poggiandomi sulla porta chiusa. Ero andata per farlo nero, e alla fine ero finita tra le sue braccia senza se e senza ma. Il suo tocco così forte ma così dolce allo stesso tempo mi faceva morire. Mi avvicinai all'ascensore cercando di sistemare lo chignon che lui aveva stravolto durante i nostri baci. Adoravo le sue mani su di me, adoravo quel timbro di voce alla Stefano Accorsi, adoravo i suoi occhi azzurri che si accendevano un attimo prima di baciarmi. Adoravo tutto di lui.


Note: Capitolo Ventitre. Buongiorno a tutti, e bentrovati in questo aggiornamento a sorpresa! Come avete potuto capire tutti, questi due mi fanno impazzire, e non riesco a non scrivere di loro! ❤️🤣 In questo capitolo abbiamo visto la reazione di Anita al discorso occhiali, e come lei abbia cambiato subito idea 🤣🤣🤣 Beh, chi non cambierebbe idea con un Stefano Accorsi 🤣 Che cosa combineranno adesso i nostri cari piccioncini? E cosa ha programmato Andrew per Anita? Lo scopriremo nel prossimo capitolo! Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ❤️

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Capitolo 24
*** La Tabellina Del Sei ***


Scostai leggermente la tenda della grande finestra del mio studio osservandola mentre attraversava la strada e si allontanava da me. Appoggiai la fronte sul vetro, sbattendola ripetutamente dando dei piccoli colpetti. Io non riuscivo più a trattenermi. Quando lei era nella stanza con me, il mio unico pensiero era strapparle i vestiti di dosso e baciare ogni centimetro della sua pelle. Volevo che fosse solo mia, e che non ci fosse nessun'altro nella sua mente oltre che me. Odiavo il professorino, e odiavo il  tempo che passava con lei.

« Se avessi saputo che era lei, non avrei detto niente, o perlomeno avrei usato più tatto... »

Sorrisi amaramente voltandomi verso Mirko che nel frattempo era entrato nella stanza. Mi allontanai piano accarezzandomi la nuca paggionandomi sulla scrivania di legno bianca.

« Mi, sto impazzendo... E non è una frase fatta, sta succedendo veramente... »

« Eh, l'amore fa anche questo... »

« Ma che cazzo ne sai tu? Sei fidanzato dalle medie! »

« Anche io ho sofferto! Ti ricordi quando Claudia è partita per l'Erasmus?! O quando è stata chiamata per iniziare la gavetta come insegnante e l'hanno mandata in Sicilia? »

« Chi si dimentica le tue crisi di pianto al telefono mentre io ero in discoteca o quando ero con la ragazza di turno... »

« Oppure quando siamo partiti per quel master in Svizzera?! » 

« Quel viaggio è stato fantastico! Le ragazze svizzere erano così "socievoli"!  Cazzo che tempi! », dissi con occhi sognanti ricordando una di quelle ragazze davvero amichevoli.

« Da, stai perdendo il senso di questa conversazione! »

« Ok, è quale sarebbe? »

« Che devi darti una mossa! Perché non ti dichiari e la finiamo qui?! »

« Non è così semplice... » 

« E perché no? Lei non mi sembra disdegnare la tua "compagnia"... » 

« No, ma nel frattempo si vede con quel professorino del cazzo... »

« Non mi pare tu le abbia lasciato altra scelta... »

«  Lo so, è colpa mia... Ma forse è meglio così! Con me soffrirebbe... Non saprei farla felice come lei vuole... »

« E tu cosa vuoi?... »

« Vorrei tenerla tra le mie braccia senza avere la paura che da un momento all'altro lei sparisca... »

« Non penso lei voglia sparire... »

« Ma lo farà... prima o poi sparirà dalla mia vita...ne avrà abbastanza di me... »

Lo sapevo, nessuna era mai rimasta. Nessuna aveva lottato per me, anche perché io non avevo dato loro modo. Il mio non dare amore era un repellente naturale per tutte le ragazze. E lei, non meritava questo, uno stupido egoista.


                               ***


Il fuori programma da Dario mi era costato caro. Ero tremendamente in ritardo, e Andrew mi aspettava già da venti minuti nel suo ufficio. 
Entrai in iperventilazione appoggiandomi allo schienale di una delle poltrone che campeggiavano dentro il suo studio in stile vecchia libreria di Indiana Jones dopo essere entrata quasi volando.

«  Anita! Finalmente! Ti avevo data per dispersa! », disse Andrew spostando il capo che aveva quasi all'interno del computer verso di me.

«  Scusa il ritardo Andrew, ma sono stata trattenuta... », continuai ancora con il fiatone, mentre mi lasciavo cadere sulla poltrona in questione.

« Non ti preoccupare cara, nel frattempo mi sono portato avanti con il lavoro. Ad ogni modo, questo è quello che ho organizzato per sabato sera! », disse tutto gasato girando lo schermo del computer verso di me.

Rimasi interdetta davanti allo schermo luminoso per qualche secondo. Di tutto quello che poteva pensare Andrew quello era sicuramente quello meno papabile. 
Era una locandina sui toni del rosa e dell'azzurro con su una teiera e una tazzina con su scritto " Party con tè"  lo slogan che avevo inventato io per la promozione di questo tè inglese. 
Continuai a scrutare l'immagine leggendo chiaramente il nome di un luogo che mi era tremendamente familiare, il Rencontre.

« Andrew, come mai hai scelto questo posto per la promozione del tè?! »

«  Ho chiesto un po' in giro, e mi è stato caldamente raccomandato! Perché me lo chiedi? »

« Magari... non so... si potrebbe cambiare location?... »

« Anita, tesoro,  il party è domani... Anche volendo non potrei proprio farlo... Ma cos'hai contro quel posto? » 

« Io?! Non ho niente contro quel posto! Ma forse ci voleva qualcosa di più grande e ricercato! »

« Per capienza e ricercatezza non c'è problema! Ho già fatto un sopralluogo, ed è perfettamente consono a quello che cercavo! Tu ti devi solo trovare un vestito elegante e un accompagnatore! »

« Un accompagnatore?!... »

«  Si qualcuno di genere maschile! »

« Preferirei venire da sola... »

« Come vuoi! Adesso vai a sfornare altre idee geniali! Ci vediamo dopo!»

« Ok... », riposi poco convinta, ed uscendo dal suo ufficio mi adagiai sulla porta chiusa.

L'ultima volta che ero stata al Rencontre ero con Dario. Quella sera dove tutto era cambiato. Quella sera dove mi ero concessa ad un bellissimo sconosciuto e adesso possedeva il mio cuore. Il mio cuore incominciò a battere forte al ricordo di quella serata carica di passione e senza inibizioni.

«  Allora? Qual è la grande novità?! », chiese Federica accostandosi a me prendendomi a braccetto.

« Domani sera ci sarà una festa per pubblicizzare "Sweet tè"  al Rencontre... », riposi annoiata cercando di tagliare corto.

« Wow! Ma è bellissimo quel posto! Aspetta... Ma non è dove dovevi incontrare li professore? »

« Già... »

« Ma poi vi siete chiariti no?!... »

« Si... ma non è questo il punto... È lì che ho incontrato Dario... », continuai afflitta entrando nel mio ufficio.

« Beh, e allora? »

« Sinceramente non lo so neanche io... », risposi sedendomi al mio posto cercando di non fare trasparire la verità. Non avevo detto a nessuno cosa era successo con Dario, tantomeno a lei.

« Cerca di non pensare più del dovuto! Vedrai che ci divertiremo! Anzi, chi vuoi invitare? », domandò Federica con gli occhi a cuoricino.

« Io sinceramente vorrei andarci da sola... »

« Da sola?! Alla festa per la celebrazione del tuo successo?! Non se ne parla! »

« Fede, voglio fare la monaca tibetana! Non posso? »

« No! Sei hai due ragazzi che ti corrono dietro! » 

« Parli di Dario? Lui non mi corre dietro... »

« Beh, non ti correrà dietro, ma sa bene dove mettere le mani... », sorrise alludendo al nostro incontro ravvicinato in ufficio. 

Sorrisi a quella affermazione. In realtà le mani sapeva benissimo dove metterle, e proprio quella mattina mi aveva ricordato questa sua dote.

« Ok, sa dove metterle, ma non voglio nessuno accanto a me! Voglio stare tranquilla! Ok?! »

« Ok, come vuoi tu... Ti serve altro? »

« Si, vorrei un mega caffè decaffeinato con panna per favore… »

« Ok, arrivo fra poco! »

La porta si chiuse con Federica al seguito, ed io più confusa che mai mi lasciai cadere con la testa sulla scrivania. Dario sicuramente non avrebbe detto di no, e Alessandro sarebbe venuto di sicuro. Ed io volevo solo uno dei due. 

                            ***

La paziente delle dieci si apprestava ad entrare dentro la palestra ed io la invitai ad avvicinarsi alle parallele modulari per la riabilitazione del suo ginocchio quando il cellulare squillò. Chiesi scusa alla signora Ferri e mi allontanai di qualche metro, non era un numero conosciuto, magari un potenziale paziente.

« Pronto? »

« Parlo con il signor Dario Mancini? »

« Si, sono io, chi parla? »

« Salve sono Federica Balli l'assistente della signorina Anita Velletri... »

« Mi ricordo perfettamente di lei signorina Balli... e del suo entrare senza bussare... »

« Mi dispiace aver disturbato, non era davvero mia intenzione! », rispose quasi andando nel pallone.

« Già, me ne sono accorto... », risposi marcando le ultime due parole. 

« Ehm, Ad ogni modo, la chiamo per invitarla alla festa per il lancio del Sweet tè, pubblicità ideata da Anita... »

« Scommetto che la signorina Velletri non sa nulla di questa chiamata... Dico bene? »

« Dice benissimo... E spero nella sua riservatezza...  »

« Sarò muto come un pesce... »

« Allora l'aspetto domani alle venti al Rencontre! »

« Al Rencontre?! »

« Si... Ma che avete tutti con questo Rencontre?! »

« Perché che ha detto lei?... »

« Mi ha solo detto che vi siete conosciuti lì... E come sempre massima riservatezza anche su questo! »

« Non si preoccupi cara signorina, a riservatezza sono un campione... Sono altre le cose che mi fregano... »

« Tieni duro Dario, vedrai che si lascerà andare... »

« In realtà non sono sicuro di meritarmi tutto questo... Comunque grazie di tutto Federica, a domani... »

« A domani signor Mancini! »

Riagganciai con sorrisone a trentadue denti. Ero felice per lei e per il suo meritato successo. Era davvero una ragazza in gamba, e sapeva il fatto suo, oltre ad essere bellissima e divertente. Ed io non vedevo l'ora di vederla in questa nuova occasione creata dalla signorina Balli. Forse avrei dovuto mandarle dei cioccolatini. 


Quando non avevo niente da fare dopo il lavoro me stavo a casa, mi piaceva stare comodo e in panciolle, proprio come quella sera. Maglia a maniche corte grigia, pantaloni della tuta neri e scalzo. Mi piaceva sentire il calore del termo pavimento sotto i piedi. Adagiai sul piccolo tavolino le birre e le patatine, e aspettai sdraiandomi sul divano Saverio per l'andata di Inter - Milan. Non andavo pazzo per il calcio, ma Saverio era un vero tifoso, e non mancava di trascinarmi con sé in questa sua passione. L'avvocato, come non succedeva per le uscite, era puntualissimo. Andai ad aprire la porta trovandomelo gasato con la sciarpa portafortuna del Milan e con la pizza margherita tra le mani. 

« Alla buon'ora!! », esclamò impaziente entrando di corsa in casa poggiando la pizza sul tavolo togliendosi il cappotto senza distogliere lo sguardo dalla tv.

« Ciao comunque... », dissi chiudendo la porta passandomi la mano tra i capelli. 

« Si, si, ciao... È appena iniziata vero?! »

« Si tranquillo... non ti sei perso neanche un'azione! », continuai sedendomi sulla parte opposta del divano prendendo un delle quattro birre poggiate sul tavolo.

« Menomale, quel mentecatto di Luca mi serve sempre per ultimo quando prepara le pizze! E comunque hai dei vicini del cazzo! »

« Sa, ma che hai combinato?! »

« Chi l'ha detto che devo aspettare gli altri quando prendo l'ascensore?! »

« Si chiama educazione!! Oddio, chi hai lasciato giù? »

« Quel coglione del quinto piano... Il segaiolo... »

« Sa... »

« Io insieme a lui dentro l'ascensore non ci sto! Chissà chi o cosa aveva toccato con quelle belle manine! », disse rabbrividendo aprendo il cartone della pizza.

« Sa, è un professore in pensione... Non mi pare un segaiolo... »

« Lo è! L'altro giorno l'ho visto con una bella rivista pornografica tra le mani in mezzo a due libri! Che poi, chi le compra più quelle robe? Esiste internet! »

« Magari gli piace il cartaceo! », risposi ridendo prendendo una bella sorsata di birra « Per alcuni l'odore della carta è afrodisiaco! »

« Beh, al tuo professorino non credo gli piaccia il cartaceo... Lui preferisce dal vivo... »

« Sa, per favore... non tocchiamo questo tasto... »

« Cos'è? Aspetti che fa la tabellina del sei con Anita? »

« Non credo sia arrivato lontano con lei, anche perché stamattina ho avuto un incontro ravvicinato con Anita allo studio... »

« Sei andato a segno? », domandò prima di dare un morso al trancio di pizza.

« No... Mirko ci ha interrotti... »

« Quanto amo quell'uomo! »

« Non sapeva che fosse Anita... »

« Ma non si disturba mai un'amico che sta per scopare, è la regola! »

« Beh, credo che lui non sia d'accordo con le regole di Saverio! »

« Certo! Lui è d'accordo con le regole della Signorina Rottermeier! Ma cosa ci ha trovato in lei... »

« Avanti Sa, è una bella ragazza... Un po' stronza... », risposi sorridendo prendendo anche io un trancio di pizza.

« Ti dico io cosa ci ha trovato: Le tette amico mio! Le tette! »

« Beh si, le tette sono una valida risposta! »

« ... E credo che le hai trovate anche tu! »

« Io non ho trovato quello! Anita è bella, intraprendente, divertente e ha gli occhi più belli che io abbia mai visto...»

« Cos'è questo suono che sento in lontananza?! », chiese Saverio guardandosi intorno.

« Che suono?! », 

« Il suono del forno amico mio!!! Tu sei cotto a puntino! Basta girarci intorno! »

« Tu sei un coglione! », risposi ridendo appoggiandomi allo schienale del divano.

Non aveva torto. Ero innamorato cotto di lei. E più cercavo di reprimere quel sentimento, e più il mio cervello se ne andava a puttane. Il solo pensiero che il professorino potesse mettere le sue manine su Anita mi faceva diventare matto. Altro che tabellina del sei, con lei le avrei fatte tutte, senza se e senza ma. Adesso avevo una nuova occasione per incontrarla e magari essere il suo cavaliere per la serata al Rencontre. Il luogo dove tutto era iniziato, e dove paradossalmente, avevo lasciato un pezzo del mio cuore.


Note: Capitolo ventiquattro. Buonasera a tutti e bentrovati! In questi giorni sono molto ispirata ( oltre che accaldata 😅) qui di ecco a voi un nuovo capitolo. Non so se riuscirò a pubblicare il prossimo prima di Ferragosto, ma se non dovesse succedere ci vediamo dopo le vacanze!  Adesso passiamo ai nostri "eroi"  Dario deve fare i conti con i sentimenti provati dopo l'incontro con Anita. Da prima spaccone e sfacciato, si trasforma in ragazzo pieno di paura e ansia per quanto amore incontrollato che ha per Anita. Da una parte abbiamo Mirko, il nostro santo, che prova a smuovere le acque con la comprensione, e dall'altra, abbiamo Saverio che cerca di scuoterlo in un modo più crudo. Cosa succederà al Rencontre? E cosa proveranno i nostri piccioncini nel tornare nel luogo del misfatto? Lo scopriremo molto presto! Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ♥️

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Capitolo 25
*** Ricordati di me ***


Gli occhi della commessa alla quale  mi ero affidata ancora una volta mi guardavano con un bagliore negli occhi e uno stupore senza precedenti. Avevo deciso di tornare in quella boutique dove avevo acquistato l'abito per serata formale in villa, nella speranza di trovare qualcosa per il party al Recontre. Questa volta, la cara commessa aveva azzardato con un vestito attillatissimo e corto, ricamato con dei fiori verde muschio su fondo verde smeraldo, con scollatura a balconcino sostenuto da delle sottilissime bretelle dello stesso colore. Continuava a riempirmi di complimenti, facendomi apprezzare sempre di più quel micro vestito. Ma adesso, le cose sembravano essere cambiate. Appena lo indossai per la serata che stava per iniziare, non ebbi più le certezze che la commessa con tanta eleganza aveva istillato in me.  Mi giravo e rigiravo davanti allo specchio rettangolare cercando di capire se dovessi davvero uscire con quella quell'abito addosso. Dopo aver pensato ad una miriade di soluzioni, alla quale avevo dato subito forfait, decisi che quella era la mia serata, e che potevo permettermi questo ed altro. Sistemai i capelli legandoli con una coda alta, fermando la frangetta con il fermaglio Swarovski, quello che aveva ritrovato Dario. Lo guardai con un velo di tristezza. Mi ero pentita di non averlo invitato, di non averci neanche provato. Ero stata la solita stupida. Presi il cappotto nero, infilai delle decoltè con tacco a spillo e mi avviai verso la celebrazione della mio successo, come aveva detto Federica. Perché in realtà lo era, lo era davvero.


Parcheggiai nello stesso punto dove avevo parcheggiato la volta prima, ed un brivido subito mi pervase. Strinsi il colletto del cappotto come a volermi aggrappare a quella forza che all'improvviso sembrò mancarmi.  Potevo farcela, alla fine era un luogo come gli altri. Mi avvicinai alla grande entrata addobbata per l'occasione con una tenda di lustrini e come uscieri due ragazze travestite da bustine giganti di tè.

Natalie Cole - Love 

 Sorrisi, ed entrai guardandomi subito intorno, mi sentivo come un pesce fuori dall'acqua. Davanti a me l'arredamento del Recontre sui toni del nero brillavano davanti i miei occhi grazie ai lustrini e alle rose rosse nei grandi vasi laccati dello stesso colore. Una ragazza si avvicinò a me, e prendendo il mio capotto si allontanò all'istante. Cominciai a sentirmi tremendamente a disagio, accorgendomi solo adesso, che la scollatura sembrava che stesse per cedere.

« Wow Anita! Sei stupenda! Quel vestito è veramente bellissimo! », disse Federica palesandosi davanti a me raggiante. I suoi occhi nocciola come i suoi capelli brillavano, e il tubino nero con scollo a barchetta le stava d'incanto. 

« in realtà credo di aver lasciato qualche pezzo al negozio... questo vestito reggeva meglio le mie grazie! »

« Ma cosa dici?! Sei stupenda! »

« Grazie... Adesso però avrei bisogno di qualcosa di forte! »

« Tieni questo! E divertiti! », continuò porgendomi il suo drink e allontanandosi sorridendo.

La guardai come una stupida. Perché tutta quella felicità immotivata? Forse dovevo anche io buttarmi nella mischia   e lasciarmi andare alla serata.

« Ecco la mia ragazza! », esclamò Andrew avvicinandosi con una coppia al seguito.

« Mi hai trovata... », risposi abbozzando un sorriso nel pallone più totale.

« Anita, ti presento l'amministratore delegato della Sweet tè, il signor Peter Smith e consorte! Non vedevano l'ora di conoscere il genio che ha ideato tutto questo! »

« Andrew, ho fatto solo il mio lavoro... » 

« Andiamo! Non fare la modesta! Sei un genio mia cara! »

« Grazie davvero Andrew! E grazie a lei signor Smith per aver creduto in me... »

« Signorina Velletri, siamo rimasti davvero colpiti dal suo talento, spero di lavorare con lei anche in futuro! »

« Mi piacerebbe davvero tanto! »

« Allora è deciso! », esclamò il signor Smith dandomi forte la mano, e facendo un cenno del capo si allontanò con la moglie al seguito.

« Sei stata fantastica! E complimenti per questo vestito! Sei pazzesca! », disse Andrew sussurrandolo al mio orecchio, per poi allontanarsi raggiungendo i coniugi Smith.

Remember me this way - Jordan Hill

Sorrisi nuovamente spostandomi verso il muro dall'altra parte della sala isolandomi un attimo bevendo il drink che mi aveva passato Federica. Appoggiai le spalle al muro guardandomi in giro un po' annoiata e sistemandomi continuamente il vestito, quando all'improvviso lo vidi entrare. Il mio cuore si fermò di botto. I suoi occhi come il suo viso si illuminarono non appena si incontrarono con i miei. Non sapevo come mai lui fosse lì, ma adesso l'unica cosa che volevo era stringerlo tra le mie braccia. 
Lui continuò con il suo passo deciso verso di me non distogliendo lo sguardo. Era stupendo ed elegante come suo solito: Camicia nera aperta con giacca dello stesso colore, jeans con anfibi e gli occhiali del misfatto. I miei occhi, mio malgrado, si riempirono di lacrime che tratteni con tutta me stessa. Non volevo che lui capisse quanto fossi felice della sua presenza. Lui era venuto, era lì per me.

« Perché ci hai messo tanto?... », chiesi sorridendo incredula.  

« Scusa l'attesa... », rispose regalandomi un dei suoi sorrisi più belli

Lui prese il mio bicchiere che avevo tra le mani poggiandolo in uno dei tavoli li vicino, per poi prendermi per mano  portandomi in pista. Strinse tra le sue mani le mie e con un gesto delicato le poggiò sulle sue spalle per poi avvicinare il mio bacino al suo fasciando quest'ultimo con le sue mani. I suoi meravigliosi occhi non smettevano di guardarmi, mentre sulle sue labbra quel sorriso che tanto amavo si faceva di nuovo spazio regalandomi quelle fossette che mi facevano sciogliere. 

« Sei davvero bellissima... »

« Signor Mancini non riuscirà a corrompermi stasera, sono arrabbiata ancora con lei... »

« Pensavo che, averla baciata senza pietà avesse pareggiato i conti...  »

« Signor Mancini lei è uno sfacciato!  »

« E pretenzioso... ma questo lo sappiamo già...  »

« Ad ogni modo, vorrei sdebitarmi con lei in qualche modo...  », affermai decisa continuando questo botta e risposta da cardiopalma.

« Signorina Velletri, adesso è lei a volermi corrompere? », chiese beffardo  sorridendo nuovamente.

« La vuoi smettere?! Con te non so mai come comportarmi! Vorrà dire che ti offrirò un caffè o un latte macchiato! »

« Allora aspetterò con impazienza il suo invito signorina Velletri... Con grande impazienza...», replicò poggiando la sua fronte alla mia. Il suo respiro si infrangeva sulle mie labbra facendomi morire ad ogni respiro. 

Rimasi a fissarlo per qualche secondo senza sapere cosa dire. Mi aveva spiazzata come sempre. I suoi occhi azzurri erano meravigliosi, e mi guardavano in quel modo, lo stesso modo di quella sera al chiaro di luna.  Sorrisi ancora una volta appoggiando il mio viso sulla sua spalla. Il suo profumo di dopobarba entrò nelle mie narici facendo perdere un colpo a quel cuore che ormai era suo. Sospirai sognando ad occhi aperti, quando sentii il suo mento sulla mia spalla per poi lasciarci un bacio. 
Mi drizzai guardandolo negli occhi. Deglutii a malapena quella poca saliva che avevo in bocca chiamandolo quasi in una supplica. Volevo baciarlo. Volevo farlo, ma la situazione non era favorevole per nessuno dei due. Presa da una vampata di calore inarrestabile mi allontanai da lui con la scusa del bagno afferrando al volo una Federica del tutto ignara di ciò che stava accadendo.

Entrammo nel bagno delle donne con il cuore che mi batteva all'impazzata.

« Oddio Federica! Io... Io... Non posso più resistere! »

« Ma cosa succede? »

« Succede che lui è qui! Lo capisci?! Non so cosa ci faccia, ma è qui! »

« Oddio Anita! Ma è una cosa bellissima! »

« No! Non lo è! Perché è venuto?! »

« Che ti importa?! Lui adesso è qui, ed è questo quello che conta! Torna da lui! » esclamò prendendomi le mani nelle sue con gioia. « Ma adesso scusami, ma ho la vescica piena! » così dicendo entrò velocemente dentro un dei due bagni posizionati alla mia destra. 

Appoggiai tutte due le mani sul lavandino alzando lo sguardo verso il mio riflesso sullo specchio. Quello specchio che aveva riflesso i nostri corpi che si bramavano e si desideravano. Portai la mano destra sulle labbra trattenendo il respiro. Quel ricordo sembrava essere riemerso prepotente dentro di me, sa dove era stato nascosto. Persa nei meandri della mia mente tra ricordi e brividi incontrollati sentii la porta principale chiudersi a chiave. Guardai nuovamente verso lo specchio ancora con le dita tra le labbra vedendolo appoggiarsi di peso sulla porta.

« Se volevi replicare bastava chiedere... », disse sorridendo e avvicinandosi a me.

« Replicare?! Io... No Dario... »

Lui, senza rispondere alle mie farneticazioni mi strinse subito tra le sue braccia. Questa volta potevo sentire che la presa era diversa, era la presa del Dario che vuole andare a segno. Lo sapevo, l'avevo già sperimentata, e come tutte le volte non riuscivo, e non volevo staccarmi da lui. 
Prima che mi potessi rendere conto, le sue labbra furono sulle mie come a volerle mordere. La sua lingua imprigionò la mia facendola sua, come il resto del corpo. Le sue mani, dalle doti risapute, tornarono sul mio sedere agguandandolo con una passione che mi fece sobbalzare e ansimare.
Lui si spostò da me per riprendere fiato, e sorridendo compiaciuto si lanciò sul mio seno riempiendolo di baci e stringendolo a sé. Ero sulla via del non ritorno con i suoi capelli tra le mani, se non fosse che Federica era ancora dentro il bagno. 

« Dario c'è Federica! », gridai cercando di darmi una regolata.

« Cosa?! », domandò lui ansimando non capendo bene cosa gli avessi appena detto.

« C'è Federica nel bagno... », riposi riprendendo fiato cercando di sistemare il vestito.

All'improvviso il rumore della serratura del bagno ci destò dal nostro stato catatonico, facendo uscire una Federica paonazza.

« Io... Credo sia meglio che io vada via... »

« Signorina Balli... è sempre un piacere vederla... chissà se un giorno ci vedremo in situazioni diverse da questa, dove non è richiesta la sua presenza... », disse mettendosi le mani sui fianchi come a volersi trattenere.

« Già... mi chiedo la stessa cosa... », disse camminando a mo' di granchio ancora rossa come un peperone aprendo la porta che aveva chiuso Dario facendo largo a due signore che ci guardarono allibite.

Federica uscì velocemente seguita da me e Dario in uno stato di confusione totale. Appena tornati in superficie fui travolta da Andrew e dalla sua parlantina.

« Eccoti finalmente! Aspettano tutti il tuo discorso! », esclamò Andrew tutto eccitato tirandomi per mano.

Avevo preparato quel discorso minuziosamente per giorni, ed era la cosa che temevo e a cui tenevo di più di tutta la serata. Ma adesso che lui era lì, le cose si erano complicate ulteriormente. Salii sul piccolo palco allestito per l'occasione, uscendo dalla mia borsetta quei cartoncini bianchi che avevo sistemato in ordine cronologico con dei piccoli numeri a piè di pagina. Con le mani tremanti mi avvicinai al microfono guardando verso il pubblico che mi attendeva.

« Quando sono entrata a far parte di questa grande famiglia, non sapevo dove sarei arrivata, ma sapevo benissimo dove volevo arrivare. A questo! Fin da piccola, era stato il mio grande sogno! La pubblicità era il mio sogno, e ora, finalmente, questo sogno si è avverato! Ringrazio di cuore Andrew per aver sempre creduto in me, anche quando ho cancellato intere bozze o gli ho versato il caffè fumante addosso! E ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutata in questi anni! I collaboratori, gli assistenti, gli stagisti e tutti quelli che hanno avuto a che fare con l'uragano Anita! E ringrazio anche chi è entrato nella mia vita per caso risvegliando quella Anita che sembrava essere assopita. », dissi quelle ultime parole guardandolo negli occhi lasciandolo di stucco, per poi continuare « Grazie a tutti! », finii il mio discorso scendendo quei pochi gradini che mi separavano dalla pista e da lui.
Dario si avvicinò a me con le mani in tasca quasi orgoglioso del mio discorso. 

« Complimenti per il tuo bellissimo discorso... »

« Grazie... », replicai sorridendo felice.

« Io... Io volevo scusarmi con te... »

« Per cosa? »

« Per il mio comportamento in bagno... »
« Ormai da te mi aspetto di tutto! », sorrisi cercando di recuperare un dialogo che stava prendendo una brutta piega. Potevo percepirlo chiaramente.

« Ma questo non è giusto... Non lo è per te... »

« Dario... », dissi quasi senza voce prendendo la sua mano destra come a voler fermare la sue intenzioni. 

Ad un tratto fui accerchiata da alcuni fotografi e giornalisti che reclamavano la mia attenzione. 

« Ci vediamo Anita... », sibilò prima di lasciare la mia mano.

« Dario aspetta! », dissi quasi senza voce guardandolo sparire tra la folla.

Il mio cuore smise di battere, rimase immobile di fronte a quella scena del tutto inaspettata. Mi mancò il respiro. Strinsi nervosamente le labbra tra di loro cercando di non cadere in un pianto disperato. Cosa avevo sbagliato questa volta? Ero la solita idiota. Mi girai verso quei signori elettrizzanti ed entusiasti di intervistare e fotografare la pubblicitaria del momento. Ignari del fatto che quella stessa pubblicitaria di cui avevano ascoltato le parole non c'era più. C'era solo l'involucro di quella ragazza felice  e piena d'amore per quel ragazzo che non avrebbe avuto mai. 

Note: Capitolo Venticinque. Buonasera miei cari lettori e lettrici! Contro ogni previsione eccomi qui ad aggiornare questo capitolo che mi ha fatto penare sia per il momento ballo, sia per il momento finale. So, che  nessuno si aspettava il comportamento di Dario, ma nel prossimo capitolo scopriremo cosa lo ha portato a comportarsi così. Cosa è scattato nella sua mente. Sapete tutti, che Dario dentro di sé sta facendo delle lotte, e non sempre vincerà. ☹️❤️ Però posso dirvi che il prossimo non vi farà rimpiangere l'attesa. ❤️ Questo sarà l'ultimo aggiornamento prima di Ferragosto, ci rivediamo dopo le vacanze! Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ♥️

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Capitolo 26
*** Il Mio Mondo ***


Nella mia corsa verso l'uscita, nella più totale disperazione e incurante di tutto, urtai parecchie persone, senza mai voltarmi indietro e senza che me ne accorgessi mi ritrovai fuori. Sospirai forte alzando il capo e chiudendo gli occhi imprecai mentalmente. Serrai la maschella sentendo nuovamente quel respiro che sembrava uccidermi ad ogni movimento dei miei polmoni. Presi l'accendino dalla tasca della giacca notando un particolare non indifferente. Stavo tremando. Guardai la mano destra come se non fosse mia, come se avesse una vita propria. Cercai di calmare quei nervi tesi scrollando la mano con all'interno l'accendino e avvicinando l'altra alla bocca, appoggiai la sigaretta tra le labbra. Aspirai quel fumo come a voler fare entrare la nicotina in profondità, sempre più in profondità quasi a volermi avvelenare l'anima. Mi voltai verso l'uscita appena attraversata ripensando a cosa fosse successo al suo interno. Ero scappato, ero letteralmente scappato. Non c'erano altre parole per spiegare il mio gesto. Quel gesto che indicava la mia codardia, ma soprattutto la fottuta paura che mi perseguitava e che aveva preso il sopravvento. Vederla così felice, così in gamba, così intraprendente, mi aveva spiazzato. Ma  la cosa che aveva dato il via alla mia fuga, erano state soprattutto le sue parole. Quelle poche parole, avevano toccato il mio cuore in un modo così impercettibile ma così forte allo stesso tempo da mandare il mio cervello a puttane. Non ero mai stato bravo con i sentimenti, con le relazioni, con tutto quello che ruota intorno a quella parola che non doveva essere pensata, tanto meno detta ad alta voce. Fino a quel momento l'avevo solo pensata. Un pensiero che rimbombava al mattino e che mi teneva sveglio la notte. L'amavo. L'amavo più di quanto ero riuscito a dimostrarle in queste settimane. Settimane fatte di gelosia, imprecazioni varie, e di amore per lei.
Quell'amore che non aveva il giusto valore, quell'amore che era sconfinato dentro il mio cuore, in profondità, dove nessuno aveva accesso. Neanche io. Mi voltai ancora una volta verso l'entrata del Rencontre, e sospirando per l'ennesima volta andai via definitivamente, portando con me il sapore dei suoi baci.


                               ***

La serata, la "mia serata" era passata dispensando falsi sorrisi e cercando di non abbandonarmi alla cosa più logica da fare: Piangere a dirotto. Avrei pianto volentieri tutte le mie lacrime. Mi sentivo tremendamente sbagliata, tremendamente idiota. Cosa mi era passato per la testa? Classificarlo come una delle persone più importanti per me. Colui che aveva risvegliato quella Anita, che sembrava essere morta insieme a quel amore per Edoardo. Nella mia mente era la cosa più giusta da fare, volevo che lui sapesse, che sapesse che mi ha cambiato la vita. Ma, i miei piani si erano rivelati, come sempre, un buco nell'acqua. Il mio cappuccio, ormai stanco delle mie continue torture, si era arreso sciogliendo tutta la schiuma che conteneva riflettendo il mio viso annoiato e deluso. Stavo per lasciarmi andare a quel pianto che avevo represso per tutta la notte, quando sentii la porta di casa aprirsi, e quando succedeva poteva essere solo una persona.

« Tesoro?! Sei in casa?! »

« Si Mamma! Sono in cucina! » risposi alzando la voce e guardando verso la porta pregai con tutto il cuore che non iniziasse il suo terzo grado alla Elena Mazzanti in Velletri.

Mia madre, classe 1961, commercialista fino al midollo, fotocopia fisica delle sorelle Velletri, era una di quelle mamme eterne teenager. Una di quelle che ti accompagna ai concerti e che fa l'occhiolino al tuo ragazzo prima di varcare la porta di casa. Colei che aveva catalogato Edoardo mister spazzolino, era giunta di fronte a me con le buste della spesa e un sorriso a trentadue denti che non prometteva niente di buono.
 
« Buongiorno miss pubblicitaria dell'anno! » esordi mia madre poggiando la spesa appena fatta sul bancone e avvicinandosi a me continuò « Ma non mi dai neanche un abbraccio?! » esclamò aprendo le braccia peggio di un gabbiano che sta per spiccare il volo.

Mi alzai con la voglia di vivere sotto le scarpe e mi avvicinai a lei inerme, mi adagiai alla sua spalla. Lei per tutta risposta iniziò a stritolarmi come era consuetudine fare, per poi prendermi per le braccia scrutandomi negli occhi in cerca di qualcosa.

« Allora, dimmi, com'è andata la serata?! » 

« Tutto bene mamma, è stata davvero una bella serata... », affermai allontanandomi da lei e avvicinandomi al frigorifero trascinandomi.

Quando lei iniziava con queste domande, non sapevo mai dove sarebbe finito il discorso, anche se, sapevo bene, che il suo unico pensiero al mattino era vedermi sistemata sentimentalmente.

« Quindi hai visto lo strafigo? », chiese con nonchalance mentre tirava fuori dalle buste la spesa che aveva fatto per me. Io, per tutta risposta, sputai l'acqua che avevo appena preso dal frigorifero in un tentativo maldestro di recuperare un po' di saliva persa da quando aveva menzionato la serata appena passata. 

« Mamma!! Ma tu che ne sai?! », domandai incredula asciugandomi con un panno di fortuna.

« Sono la tua Mamma, io so tutto! », rispose sorridendo aprendo un degli sportelli dietro di lei.

« Oppure, cosa più probabile, una ingegnera dalla lingua lunga ha spifferato tutto! »

« E anche se fosse? Io non ho il diritto di sapere? »

« Mamma, certe cose le "mamme" non dovrebbero saperle! »

« Ma anche Chiara è una mamma! »

« Ma non è la mia!! », esclamai ridendo,  consapevole del fatto che non ne sarei uscita viva.

« Quando la fai lunga! Che differenza fa?! E poi dimmi, è davvero così bello come dice Chiara? », chiese speranzosa sedendosi su uno degli sgabelli presenti in cucina.

Quelle parole furono come una doccia fredda. Gli occhi di Dario tornarono prepotenti davanti a miei in un attimo, ricordandomi quando io fossi innamorata persa di lui. Il muro che avevo cercato di tenere su al cospetto di mia madre, cadde come un velo, rivelando, mio malgrado, tutta la mia tristezza a riguardo. La guardai dritta negli occhi, per poi lasciarmi cadere anche io in uno degli sgabelli. Portai tutte due le mani al viso, e senza accorgermene le parole vennero fuori da sole.

« Mamma, è bellissimo... », dissi tenendo ancora il viso tra le mani.

« Tesoro, non c'è niente di male se ti piace un ragazzo... »

« Invece sì Mamma... soprattutto se lui non mi vuole... »

« Beh, non mi sembra che non ti voglia, dato che avete limonato! »

« Mamma!!! » esclamai alzandomi di scatto cercando di trattenere una risata isterica. Cominciai a camminare avanti e indietro davanti al frigorifero cercando una via di fuga da quella conversazione scomoda.

« Ma qual'è il problema? Lasciati andare! »

« Mi sono lasciata andare fin troppo con lui! »

« Quindi avete fatto sesso? Avete usato i contraccettivi giusto? Non ché mi dispiaccia diventare nonna, ma almeno prima vorrei conoscerlo! »

« Mamma!!! Non posso credere che sto avendo questa conversazione con te! », risposi continuando a camminare e ridendo istericamente.

« Tesoro calmati, sarò pure una vecchia teenager, ma so come va il mondo! »

« Ok, io direi di chiudere qui il discorso prima che mi venga una crisi nervosa! » affermai poggiando la mano sinistra sul viso.

« Ok, ok! Non aprirò più bocca... », rispose tornando sulle buste della spesa quasi convinta, per poi continuare « Però, se lui è amico di Mirko, non può essere tanto più diverso da lui... »

Portai gli occhi al cielo uscendo come una disperata dalla cucina. Non avevo più voglia di ascoltarla. Cominciai a correre verso la camera da letto buttandomi di peso sul materasso. Strinsi tra le mani il lenzuolo rosa pallido che campeggiava ancora sul letto disfatto usandolo a mo' di fazzoletto. Fu in quel momento che la tristezza e l'angoscia presero il sopravvento, facendo cadere finalmente quelle lacrime che avevo trattenuto. Sentii la presenza di mia madre davanti alla porta, che senza dire niente, aveva già detto tutto.

« Lo amo Mamma... lo amo... E tutto questo non so dove mi porterà... », dissi asciugando il mio viso maldestramente.

« Tesoro, l'amore non è sempre facile...  E per gli uomini a volte è qualcosa di spaventoso... Lasciati guidare dal tuo cuore, e vedrai che non sbaglierai mai! », rispose avvicinandosi a me accarezzandomi il viso.

Le parole di mia madre, e i suoi occhi blu-verdi come i miei mi sollevarono da quel baratro da dove stavo ricadendo inerme. Forse aveva ragione lei, magari Dario aveva "solo" paura. Nonostante avesse ribadito di non credere a quel sentimento. E magari, avrei potuto fare qualcosa a riguardo, qualcosa che neanche lui si aspettava, tanto meno io. 

                                ***

La domenica mattina mi piaceva stare a letto più del dovuto, e quella mattina, più delle altre, era la cosa che bramavo di più. Non avevo la forza di alzarmi, tanto meno comunicare con il mondo intero. Dopo aver passato la notte tra alcolici e crisi esistenziali mi ero spogliato di tutto e buttato come se non ci fosse un domani sul materasso.  Ormai, la posizione prona, e lo sguardo perso nel vuoto, erano diventati il mio status giornaliero. La luce che entrava dalle grandi finestre in stile coloniale davano quel tocco classico ad mobilio del tutto moderno. La testiera del letto in morbida pelle grigio scuro trapuntata con semplici bottoni dello stesso colore insieme ai comodini e il resto era stata ribattezzata la stanza grigia da Saverio in onore di Christian Gray. Quel santo silenzio fu interrotto dal campanello di casa mia. Guardai la sveglia sul comodino che indicava le dieci del mattino. Mi trascinai verso la porta guardando dallo spioncino trovandomi davanti gli occhi di Saverio. 

« Buongiorno dottore! Disturbo? », chiese Saverio sorridendo ed entrando in casa 

« No, non mi disturbi... », risposi spalancando la porta per farlo entrare mostrandomi in mutande.

« Da, e che cazzo, indossa qualcosa! Lascia questa visione "paradisiaca" alle signore! O alla signorina Velletri... »

« Già, la signorina Velletri... »

« Che succede? Non hai fatto centro ieri sera?! »

« No... »

« Come no? Ma non dovevi andare alla festa?! » 

« Già, ma ne ho fatta un'altra delle mie... »

« Cioè?! »

« Sono andato via... »

« In che senso sei andato via?! Ma che cazzo combini?! »

« Sa, ti prego non iniziare... »

« Allora tu finiscila! Cioè, sei partito con un piano prestabilito, e poi che fai? te ne vai?! »

« Sa, credo che lei provi qualcosa per me... »

« Questo è quello che volevi sapere no?! »

« No, perché io non posso darle quell'amore... », risposi sedendomi a rallentatore sul divano 

« Lo sai che sei un disco rotto del cazzo?! »

« Ho paura Sa! Ho una fottuta paura! Paura di non saper amare come si deve un angelo come lei... », risposi stringendo le mani al viso. Mi sentivo uno schifo 

«  Cazzo Da, non fare così... Vieni con me... Sto andando con Ginevra al parco  Sempione a correre un po'! »

« Ora capisco la tua tenuta ginnica! » replicai sorridendo appoggiando il capo sullo schienale del divano.

« Di solito lo sai che non mi piace sudare senza un motivo valido! Le uniche volte in cui sudo con piacere e quando scopo o quando prendo il sole! »

« Già, ricordavo quelle "uniche volte"... », risposi continuando a ridere, e alzandomi mi avviai verso il bagno.

« Dario! »

« Eh?! »

« Non mi diventare come il segaiolo del quarto piano ti prego! »

«  Ci provo, ma non posso prometterti niente! », sorrisi ancora una volta e salutandolo con la mano entrai all'interno del bagno. 

Guardai il mio riflesso sullo specchio con riluttanza, toccandomi la mascella liscia. I miei occhi spenti della sera prima, mi facevano capire in che stato mi trovassi in quel momento,  uno stato catatonico e senza via di salvezza. Solo il mio angelo poteva salvarmi da me stesso, solo quell'angelo dalla pelle candida poteva riportarmi in superficie dove il mondo era bello solo perché c'era lei. Lei era tutto il mio mondo pur sapendo che non ne avrei mai fatto parte. 


Note: Capitolo Ventisei. Buonasera a tutti miei cari/e e bentrovati! Passato bene queste vacanze estive? Io non mi posso lamentare ❤️ anche se mio figlio è stato un terremoto anche lì! 🤣Ma torniamo a Dario e ai suoi drammi interiori. Lui è in continuo conflitto con se stesso, ma fino a quando? Vi avevo promesso un capitolo esplosivo, ma per forza di cose ho dovuto posticipare il tutto al prossimo! Sono sicura che mi perdonerete, e spero che vi piaccia anche questo! Nonostante la conoscenza della nostra cara teenager Elena. 🤣 Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ❤️

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Capitolo 27
*** Quando Tu Trovi Me ***


Me ne stavo ancora lì, in quel divano in pelle nera con le braccia conserte mentre alla TV davano la solita replica di casa Vianello. La domenica l'avevo trascorsa così, come il segaiolo del quarto piano, con la variante che io non avevo i giornalini porno. La mia mise era la stessa maglia grigia e pantaloni della tuta neri. Nella mia mente solo un pensiero: L'amore per Anita.

Se qualcuno mi avesse detto cosa mi sarebbe capitato non gli avrei creduto e gli avrei riso sicuramente in faccia. Nella mia vita da donnaiolo non mi era mancato niente, a parte questo sentimento che adesso mi logorava l'anima. 

Ero felice nella mia infelicità. Sicuro, che il grande Dario Mancini non sarebbe finito come Mirko. Quello struggimento, quello scendere a compromessi, quel morire dentro ogni volta che si litiga, non faceva per me. L'avevo sempre detto a Mirko, l'amore non mi avrebbe sfiorato. Ma poi, mi ero perso nei suoi occhi blu-verdi, e non avevo più capito più nulla. Non avevo preventivato nulla, non avevo fatto piani a riguardo, ma era successo, mi ero innamorato di lei. Strinsi con forza uno dei cuscini che giacevano sul divano cercando di scendere a patti con me stesso. Non avrei più fatto cazzate. Avrei cercato di starle lontano, avrei cercato di farle capire che non ero il ragazzo giusto per lei. Era semplice, dovevo evitarla. Evitare i suoi meravigliosi occhi, evitare la sua pelle candida come la neve, evitare le sue labbra carnose tutte da baciare. Era semplice.


All'improvviso i miei pensieri furono interrotti dal suono del campanello. Guardai stranito verso il portoncino, e  convinto più che mai che fosse nuovamente Saverio il rompiballe, aprii la porta senza neanche guardare dallo spioncino. Quello che si presentò davanti a miei occhi mi lasciò senza parole. L'oggetto dei miei desideri era davanti me, con una bellezza disarmante. Indossava un mega camicione di jeans stretto in vita da una cintura marrone come le scarpe che portava, capelli lisci sulle spalle e tra le mani stringeva due bicchieri di Starbucks. 

« Ciao... », disse flebile guardandomi con i suoi occhi stupendi blu-verdi.

« Ciao... » risposi come un idiota sfiorando la parte esterna della porta

« Ho pensato... che magari, ti andava quel famoso latte... Ma se hai impegni... »

« Nessun impegno... Prego accomodati... », risposi spostandomi per agevolarle l'ingresso per poi chiudere la porta al suo passaggio.

Mi avvicinai a lei facendole cenno di togliere il cappotto blu che indossava. Abbassai il cappotto sfiorandole le spalle per poi poggiare l'indumento sul divano indirizzandola verso la cucina. Lei appoggiò il vassoio contenente il latte, e si sedette sull'isola che si trovava al centro della cucina. 

Mi avvicinai allo sportello che era posizionato di fronte a lei e aprendolo afferrai due pacchi di biscotti differenti.

« Stelline o faccine felici? », chiesi sorridendo a mia volta come uno stupido. Quella sua visita a sorpresa aveva messo KO quei due neuroni che funzionavano ancora.

« Direi stelline... », rispose sorridendo uscendo dal contenitore il latte con delle bustine di zucchero.« Certo che sei ben organizzato per essere un ragazzo! »

« Devi sapere che mi piace fare la spesa! Mia nonna mi mandava spesso al supermercato all'angolo oppure molte volte mi ritrovavo a comprare la cena per tutti... », affermai avvicinandomi all'isola con il pacco in mano.

« Mi piacciono i ragazzi che non si fanno problemi per certe cose, tipo la spesa... Il mio ex non ne voleva sapere di fare la spesa, o qualsiasi cosa che impiegasse il suo tempo in modo diverso da come lui aveva preventivato... »

« In parole povere uno stronzo! »

« Già, non potevi trovare appellativo migliore! Per uno che ti ha lasciato senza problemi... »

« Beh, forse perché non ce ne sono di migliori... E poi non ti meritava... » continuai sorridendo e sedendomi vicino a lei versai io contenuto dei sacchetto dentro un piccolo contenitore.

« Hai proprio ragione... In effetti gli sta proprio a pennello... Comunque grazie per il tuo sostegno... », rispose lei sorridendo facendo accendere quegli occhi che tanto mi erano mancati nella giornata appena trascorsa.

« Mia nonna diceva sempre " Certa gente e meglio perderla che trovarla! " » 
« Già, anche se qualche idiota rimane sempre e diventa anche nostro amico  », disse ridendo portando il latte alle labbra.

« Se ti riferisci a Saverio, posso dirti che non è solo quello che vedi... Lui è incredibile!  »

« Ah ho visto il suo essere incredibile!  », affermò facendo cadere un biscotto dentro il bicchiere.

« Per me è sempre stato fonte di ispirazione! Ma non nel senso che pensi tu!  », dissi subito grattandomi la testa.

« Menomale! », replicò tornando a bere il suo latte macchiato.

« È sempre stato un tipo caparbio, non si è mai fatto mettere i piedi in testa da nessuno, e forse anche per questo ha scelto giurisprudenza, oltre che per farsi i cazzi degli altri, si intende! »

L'ultima frase provocò una risata sincera reciproca causando l'uscita involontaria del latte che aveva in bocca. Mi precipitai verso di lei con dei tovaglioli guardandola divertito. Mi faceva impazzire, mi faceva impazzire anche questo suo essere goffa e la sua risata facile. 

« Ti aiuto io... », dissi sorridendo tamponandogli le labbra. Quelle labbra carnose che suscitavano in me solo pensieri peccaminosi.

Falling apart - Michel schulte

Ci guardammo per un tempo indefinito,  in un silenzio scandito dal ticchettio dell'orologio da parete. I suoi occhi, più belli che mai, mi osservavano quasi chiedendo qualcosa che il mio cuore aveva già capito. Il mio pollice sostava ancora all'estremità della sua bocca, immobile, in attesa di un suo cenno, di un segnale celestiale. I suo respiro, sempre più veloce, richiamava il mio come in una sinfonia perfetta, facendo partire all'impazzata quel cuore che non aspettava altro che sfiorarla. Mi avvicinai a lei titubante, non sapevo se volesse il mio contatto dopo quello che avevo combinato la sera prima. Avevo paura di ferirla ancora, ferire il mio angelo. Mi fermai a metà strada, cercandola con gli occhi, il quale si chiusero dando quella conferma che cercavo. Appoggiai le mie labbra sulle sue delicatamente, spostando la mia mano verso la sua nuca accarezzandola, adoravo sentire i suoi capelli sotto i miei polpastrelli. Quei piccoli baci che amavo darle, piano piano lasciarono spazio ad un bacio vero e proprio. La sua mano iniziò a strisciare sul mio braccio fino a stringere l'avambraccio provocandomi un brivido lungo la schiena. Lo stringeva forte come a non volermi fare scappare un'altra volta. Preso dalla foga del momento ci spostammo verso il frigorifero sbattendoci. Cercai di attutire il colpo portando la mia mano sinistra dietro il suo capo. Lei mi guardò con i suoi meravigliosi occhi, prima di avvicinarsi a me accarezzandomi il collo con le sue labbra lasciandoci tanti piccoli baci che mi mandarono subito all'altro mondo. D'istinto appoggiai tutte le mani allo sportello del frigorifero beandomi delle sue attenzioni, ansimando ad ogni suo tocco. Volevo morire il quel preciso momento. Volevo farlo, quando tornò in mente la sera prima, ed un barlume di lucidità si fece spazio dentro di me e appoggiando la mia fronte alla sua dissi .

« Anita... Io... non... », 

« Dario... è quello che voglio... Adesso... », disse afferrandomi la nuca ritrovandomi nuovamente sulle sue labbra. 

Quelle parole entrarono dentro le mie orecchie tramortendomi all'istante. Anch'io la volevo, la desideravo più di ogni altra cosa.Tornai a baciarla afferrandola per le guance in un turbine di emozioni. Scesi immediatamente sulla sua piccola cintura che le stringeva la vita slaciandola velocemente, mentre le nostre lingue continuavano a cercarsi bramose, per poi aprire il camicione velocemente tramite gli automatici. Rimasi a guardarla estasiato. Indossava un reggiseno a balconcino bianco ricamato abbinato ad un paio di slip dello stesso modello, il tutto corredato da delle autoreggenti color carne. Quel mio stato catatonico fu notato subito da lei che riportandomi verso di lei tramite la mia maglietta continuò a baciarmi vorace senza sosta. Le mie mani scivolavano sul suo corpo candido fino ad arrivare al sedere stringendolo tra le mie mani per poi alzarla di peso. Volevo fare l'amore con lei in camera da letto, quel posto che non aveva conosciuto donna. A discapito di quello che pensava Saverio, non avevo mai portato nessuna a casa mia. Mai nessuna, solo lei. Camminavo per le vie di casa mia alla cieca, non volevo staccarmi da lei, non volevo staccarmi neanche per un secondo dalle sue labbra. La mia corsa si fermò, fortunatamente, davanti al mio letto matrimoniale dove decisi di farla scivolare mettendola giù. Lei, continuò a guardarmi sorridendomi e avvicinando le sue mani al mio viso, tolse gli occhiali dal mio naso appoggiandoli dietro di lei. Adoravo  quando lo faceva. Era come se mi spogliasse l'anima, come se i miei occhi la vedessero per la prima volta. Poi, continuando con le sue movenze decise, alzò la mia maglia da sotto, portandola fin sopra la mia testa, per poi lanciarla lontano. Le sue mani si appoggiarono sul mio torso come le sue labbra lasciandoci tanti piccoli baci tracciando un percorso immaginario. Infilai la mano tra i suoi morbidi capelli accarezzandola, ero completamente preso da lei, stavo impazzendo. Ansimavo mentre la vedevo scendere verso i pantaloni. Sentii le sue mani mentre lì portava giù, e con una mossa leggera mi ritrovai nudo davanti a lei. 

« Cazzo... » sputai, mentre lei risaliva non perdendo di vista i miei occhi. I suoi brillavano meravigliosi arrivati al mio cospetto. 

« Sssssh... seguimi... », disse prima di sedersi sul materasso, per poi indietreggiare con con i gomiti verso il mio cuscino.

La seguii come un idiota senza aggiungere parola. I suoi occhi blu-verdi mi attendevano come il resto del suo corpo. Potevo sentirlo, potevo vedere il suo respiro aumentare ad ogni mio passo. Gattonai verso di lei infilandomi tra le sue gambe ricominciando ad ansimare, mi sentivo come se fosse la mia prima volta, la mia prima volta in assoluto. La baciai come a voler cercare ancora quella certezza, quella certezza che avevo perso la sera prima. Le mie labbra si strinsero tra le sue come se tutto quello mi stesse procurando un dolce dolore. 

« Lo voglio... Non mi importa del domani... Ti voglio adesso... » sussurrò,  come se avesse sentito i miei pensieri. 


Le sue iridi si illuminarono di una luce celestiale bloccando il mio cuore. In quel momento, in quel preciso momento intriso di passione e dolcezza allungai la mia mano verso il comodino dove tenevo i profilattici prendendone uno. Il suo sguardo non mi abbandonava un attimo, sussultando durante tutta la procedura.    Una volta infilato, mi avvicinai alle sue cosce baciandone l'interno non lasciando mai i suoi occhi che scalpitavano come il suo respiro ogni volta che le mie labbra toccavano la sua pelle. Strinsi tra le mani i suoi slip facendole scivolare al di là delle sue gambe, per poi andebtrarmi nuovamente tra le sue gambe. Il mio corpo che era pervaso da tremolii incontrollabili. Avevo paura. Paura di farle nuovamente male, paura del domani, e paura di quello che provavo per lei. Chiusi gli occhi nella speranza di trovare il coraggio di andare avanti, quando sentii la sua mano sul mio viso. Li riaprì immediata ritrovandomi di nuovo i suoi occhi ad aspettarmi. Alzò un po' il capo per eliminare quel poco di spazio che ci separava baciandomi trascinandomi con lei. Fui investito dalla sua passione e dai suoi occhi che mi osservavano. Entrai in lei gemendo forte poggiando la mia fronte alla sua. Le sue mani che si trovavano sulla mia nuca si spostarono sulla mia schiena accarezzandola facendo pressione con i polpastrelli. Adagiai il mio viso nell'incavo del suo collo baciandola e spingendo con andatura lenta. Lei, appoggiata con il viso al mio orecchio mordeva il mio collo tra un gemito e l'altro facendomi perdere quel poco di lucidità mentale che mi era rimasta. I nostri nomi volteggiavano per tutta la stanza rincorrendosi come in una corsa frenetica. La chiamai come impazzito, mi ero letteralmente perso in lei. Mi ero perso nonostante avessi cercato di non farlo. Nonostante mi fossi ripromesso di non combinare cazzate, nonostante tutte le raccomandazioni mentali e i piani precisi. Tutto era andato a puttane. Tutto cambiava quando lei era con me, quando lei trovava me. 


Note: Capitolo Ventisette. Buonasera miei cari/e, bentrovati! Capitolo veramente tosto! Ho passato pomeriggi interi per redigerlo e spero che ne è valsa la pena! Come avete potuto capire Dario ha paura ( come sempre 🤣)ma questa volta le cose si mettono davvero male per lui. È consapevole che deve smetterla di vederla, ma sá anche che l'ama più di se stesso. Anita, ha fatto intendere che non le interessa il domani, e che vuole viversi il momento, ma cosa succederà quando tutti e due saranno a mente fredda e lucida? Dario continuerà la sua battaglia? Anita sarà ancora convinta di quello che ha detto a Dario? Lo scopriremo nel prossimo capitolo! Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ❤️

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Capitolo 28
*** Cadere A Pezzi ***


Aprii l'occhio destro strizzando il sinistro cercando di mettere a fuoco la stanza già piena di luce. Non sapevo che ora fosse, ma Anita non era più nel letto con me. Strisciai la mano dalla mia posizione prona sul materasso in cerca del suo calore. Volevo sentirla ancora vicina a me. 

Tornai in posizione supina, aspirando ancora una volta il profumo della sua pelle sulla mia avvicinando il braccio al mio naso. Chiusi gli occhi inebriato da quel profumo di cannella che si faceva spazio tra le mie narici dolcemente. 

Quella fragranza così dolce e femminile allo stesso tempo, richiamava nella mia mente il ricordo di lei. Il ricordo della notte appena passata, il ricordo dei nostri baci e delle nostre carezze. Sorrisi accarezzando le mie labbra con le dita andando avanti e indietro.    
Era stata una notte meravigliosa, una di quelle che ricordi a vita. Deglutii a fatica la saliva che si era formata durante il mio andare a ritroso nella mia mente. Era stato tutto perfetto, tutto fottutamente perfetto. Ma adesso non sapevo cosa sarebbe successo, non sapevo cosa ne sarebbe stato di noi. Il pensiero mi stringeva un nodo in gola. Quel nodo che si ripresentava puntualmente ogni volta che la mia anima toccava la sua. 
Mi alzai di scatto, sedendomi a bordo letto stringendo tra le mani i miei capelli. Non sapevo cosa fare. L'amavo e volevo stare con lei, ma ogni volta che tutto si materializzava davanti ai miei occhi quella fottuta paura faceva il suo ingresso congelandomi. Non avevo la forza di muovere un dito, non avevo la forza di respirare, non avevo la forza per lanciarmi finalmente senza remore tra le sue braccia. 

Il rumore della macchinetta del caffè fermò Il flusso di quei pensieri deliranti facendomi capire che lei era ancora tra le mura di casa mia. Infilai immediatamente le mutande, i pantaloni e gli occhiali che giacevano ancora a terra, e mi fiondai verso la porta. Non prima di farmi prendere dal panico davanti ad essa. Cosa le avrei detto? Cosa avrebbe detto lei? Non lo sapevo. L'unica cosa certa, era che volevo cadere nuovamente dentro i suoi occhi, volevo annegare in quel oceano blu-verde. Con una forza che non sapevo di avere afferrai la maniglia della porta socchiusa e uscendo mi accorsi che lei era proprio davanti alla grande parete attrezzata a vista che padroneggiava al centro del mio salotto. In essa c'era tutta la mia vita. Riconoscimenti, libri, miniature di Harry Potter, e foto ovunque. Mi avvicinai a lei a piccoli passi quasi timoroso.

« Buongiorno... », dissi piano per non spaventarla.

« Buongiorno... » replicò girando il capo verso di me quel tanto che bastava per farmi tremare sul posto. Aveva raccolto i capelli in uno chignon di fortuna infilandoci dentro una delle mie penne stilografiche, e infilato il suo camicione ma senza chiuderlo. Era davvero bellissima.

« Scusami, mi sono permessa di prepararmi un caffè... Altrimenti io la mattina non riesco a svegliarmi... », continuò tornando a guardare verso la il mobile dai colori scuri, come il resto della casa.

« Puoi fare quello che vuoi... », risposi quasi inceppando quella parlantina che di solito mi contraddistingueva.

« Così, sei un fan di Harry Potter? », chiese quasi stupita mentre mi avvicinavo, per poi fermarmi ad un passo da lei guardando anche io verso le mensole.

« Mi hai scoperto! », affermai ridendo per poi continuare « Sono un nerd anche io, che ci posso fare! È uno dei miei limiti! »

« Non è un limite!  Anch'io adoro Harry Potter, ho seguito tutta la saga grazie a mio nipote! »

« Bene, me ne ricorderò signorina Velletri... » risposi sorridendo incrociando le braccia al petto. 

« Ho visto una miriade di foto, ti piace la fotografia? », domandò inchiodandomi con il suo sguardo curioso accennando un mezzo sorriso.

« In realtà adoro la fotografia! È uno dei miei hobby preferiti. Diciamo che è stato un'altro degli escamotage dei miei genitori per farmi fare qualcosa... Però, questa loro idea mi piacque fin da subito, anche perché avevo già un debole per questa "arte". Per me le foto fermano gli attimi felici e non, trasformandoli in immagini. Amo i ricordi, e tutto quello che ci gira attorno... », la mia sincerità per nulla preventivata mi fece abbassare lo sguardo, con lei veniva fuori tutto facilmente. Ero stregato da lei.

« Complimenti Dottor Mancini, mi hai spiazzata nuovamente... Sei una scoperta continua... », disse quasi arrossendo poggiando le labbra sulla tazza blu prendendone un sorso come a voler imitare la mia improvvisai timidezza.

« Cosa pensavi? Che ero solo un donnaiolo senza la benché minima cultura? », risposi sorridendo divertito aggrottando la fronte. 

« No, questo non l'ho mai pensato... »
Affermò guardandomi drittta negli occhi provocandomi nuovamente un brivido. Rimasi come uno stupido a guardarla senza aggiungere altro. Anche lei mi spiazzava sempre. 

« Cosa gli era successo ai tuoi genitori in questa foto? Sembrano contrariati! »

«  Mi stavo laureando in fisioterapia... »

« Cosa?... » esclamò voltandosi nuovamente verso di me con occhi increduli e sgranati.

« Già, per Giulia e Carlo la laurea in fisioterapia non era abbastanza... Volevano che seguissi le loro orme... Che diventassi un medico di pronto soccorso... Salvare vite tutti i giorni non è certo come curare una sciatalgia... »

« Ma la fisioterapia ha ridato la vita a molte persone! Non possono vederla così! »

« Sono laureato da dieci anni, e non credo abbiano cambiato idea... Anche se adesso mio padre sembra più aperto a questo mondo da quando si è rotto il polso durante uno dei suoi salvataggi eroici al pronto soccorso... », sorrisi amaramente cercando di non far trasparire tutto il mio rammarico per il loro comportamento da sempre errato nei miei confronti.

« L'hai trattato tu?! »

« Ti dirò, all'inizio non voleva essere toccato! Non aveva bisogno di quella roba, sue testuali parole, ma poi si è ricreduto! Diciamo che in quel periodo ci siamo avvicinati molto... adesso con lui va molto meglio... »

« Ha gli occhi belli e sinceri come i tuoi, non poteva essere diversamente... », disse sorridendomi tornando al suo caffè. Ero stato colpito un'altra volta, e ancora una volta mi aveva spiazzato. « Lei è tua nonna? », continuò interrompendo quel silenzio che era calato tra di noi indicando la suddetta foto.

« Si, mia nonna Amalia... la mia ancora di salvezza... Colei che mi ha salvato da questa spirale di egoismo... », affermai con un velo di tristezza.

« Era davvero molto bella... e noto con piacere, che anche lei aveva i tuoi stupendi occhi azzurri! », rispose sorridendo cercando di smorzare quella malinconia che stava per sopraffarmi ancora una volta.

« Si, è un marchio di fabbrica dei Mancini! », replicai ridendo provocando in lei la medesima reazione. Lei riusciva sempre a cambiare il mio stato d'animo. Ci riusciva sempre, primato che si era aggiudicata un tempo solo mia nonna.

Ad un tratto il tempo sembrò fermarsi. I nostri occhi sembravano dire qualcosa che la nostra coscienza non recepiva, o non voleva farlo. Ma potevo sentirlo, lo percepivo chiaramente, volevo baciarla. Volevo sentirla tra le mie braccia, e sentire il suo profumo ancora una volta.

« Credo che sia meglio che io vada via... Altrimenti Andrew chi lo sente! », disse imbarazzata poggiando la tazza sul piccolo tavolo chiudendosi la camicia. Si comportava come se avesse ascoltato tutti i miei pensieri.

Annuì senza dire una parola mettendomi le mani in tasca. Dentro il mio cuore avrei voluto fermarla, dirle tutto, dirle che lei era la cosa più bella che mi fosse capitata, che aveva cambiato quel cuore arido, e che l'amavo, l'amavo più di quanto io stesso riuscissi a capire. Lei si avvicinò velocemente alla porta d'entrata prendendo la maniglia per poi fermarsi un'attimo.

« Non mi pento di nulla... E lo rifarei mille volte... », asserì senza voltarsi accarezzando la porta aperta.

« Anch'io lo rifarei mille volte... », risposi con il cuore in gola e senza pensarci. Senza pensare al domani, a cosa poteva accadere, e a quella dannata paura che mi attanagliava.

« Allora fallo... », sibilò con voce tremante prima di sparire dietro la porta.  

Rimasi a bocca aperta come un idiota. Cercai di deglutire quella saliva inesistente fissando la porta chiusa. Lei voleva andare avanti. Qualsiasi cosa ci fosse tra di noi, lei voleva andare avanti. Cominciai a gironzolare nervosamente per tutta casa cercando di non dare di matto. Non ero sicuro di aver capito bene, o forse, non volevo capirlo. A lei non poteva andare bene questa situazione, e io non potevo chiederle tanto. Era sbagliato, tremendamente sbagliato. E benché quell'affermazione fosse il lascia passare per bypassare il problema " paura d'amare" non mi sentivo affatto bene. Era sbagliato, era tutto fottutamente sbagliato ed io lo sapevo bene.


                                ***

Il mio cuore sembrò balzarmi fuori dal petto. Galoppava come un puledro impazzito dopo essere scappato oltre la staccionata. Non lo avevo mai sentito così. Era letteralmente fuori controllo. Mi appoggiai alla porta chiusa stringendo il colletto respirando velocemente, come a voler recuperare le energie e l'ossigeno perduto.
Non credevo a me stessa, non credevo a cosa avevo appena detto. Gli avevo appena dato il via libera per continuare a fare l'idiota. Era l'unica cosa che mi era passata per la testa pur di non perderlo. Pur di tenerlo stretto tra le mie braccia anche solo per un secondo, pur di sentire il suo profumo sulla mia pelle, pur di sentirmi sua e di nessun'altro. Non ero più disposta a fare i conti con me stessa. Ero stanca di reprimere quel sentimento, tanto sbagliato, quanto giusto. Ero consapevole che tutto questo non avrebbe portato da nessuna parte. Sapevo bene, che era una strada senza uscita, e che se mai fossi riuscita a scappare da quella trappola autoinflitta, sarebbe stato difficile fare guarire quelle profonde ferite. Questo sentimento andava bene oltre il rapporto con Edoardo. Con quest'ultimo, non avevo sperimentato nulla del genere, anche avendo passato con lui meravigliosi momenti, sentivo che con Dario era diverso. Era tutto dannatamente diverso. Il modo in cui mi sorride, il modo in cui mi guarda prima di baciarmi, il modo in cui mi fa sua, e il modo in cui fa scivolare le sue lungo il mio corpo conoscendone l'anatomia perfetta. E tutto questo aveva stravolto la mia esistenza.  Sentivo che mi stavo sgretolando, sentivo che stavo proprio cadendo a pezzi, e questa volta non lo avrei permesso. Avrei cercato di fare del mio meglio, o del mio peggio, dipende dai punti di vista. Ma non sarei stata più spettatrice. 

Sistemai la borsa che avevo sulla spalla e chiudendo il cappotto mi avviai verso l'uscita, cosciente più che mai, che se mi faceva stare così bene non poteva essere un male. L'amore per lui non era un male, non era sbagliato. Perché qualunque cosa veniva da lui, era gioia per il mio cuore e la mia anima. No, non era sbagliato. E non lo era mai stato.


Note: Capitolo Ventotto. Buonasera care/i lettori! Ed eccoci in questo nuovo capitolo. Le cose si fanno sempre più ingarbugliate per i nostri piccioni che sembra abbiano preso strade diverse. Dario, anche se ha " il permesso da parte di Anita" non ci sta, e pensa che sia sbagliato. Anita pensa che non sia sbagliato e vuole provare la strada del cuore e basta. Ma come finirà? Riusciranno davvero a seguire i loro propositi? Io la vedo moooooolto dura! 😅🤣 Grazie a tutti quelli che mi seguono ❤️ e alla prossima ❤️

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Capitolo 29
*** Scelte ***


Ero un maniaco della puntualità. Uno di quelli che ti rompe la palle minuti e minuti dopo il presunto ritardo. Quello che ti fracassa o coglioni dentro la macchina fino ad arrivare a destinazione. Lo sapevano tutti: i miei genitori, Mirko e l'avvocato Monte. Anche se quest'ultimo non era molto propenso ad assecondare questa mie manie, infatti, non era mai puntuale. Era una sorta di ribellione nei miei confronti, il bauletto di periferia. Con gli anni ero diventato più permissivo con Saverio, anche perché era inutile lottare con lui, avrei perso comunque. Mi zittiva sempre elencando le convenzioni del trattato di Ginevra ed io non potevo fare altro che soccombere e zittendomi all'istante. Ma quella mattina fu diversa per molti aspetti. Il più importante di questi, che mi aveva lasciato interdetto, era stato quanto detto da Anita qualche momento prima. Avevo imprecato per diversi minuti, avevo acceso e spento la macchinetta del caffè trenta volte, e stavo per uscire di casa con ancora le ciabatte sui piedi. Alla fine, dopo svariati tentativi, riuscì malgrado tutto ad uscire di casa con la mia solita tuta e il borsone in spalla. Chiusi la porta dietro di me e mi avvicinai all'ascensore percorrendo il lungo corridoio color perla adornato da vasi con calatea ad ogni finestra. Il palazzo faceva parte di un complesso condominiale di recente costruzione, costituito da un appartamento a pianerottolo con ascensore centrale che percorreva tutti i piani. Nella più completa apatia aspettai che arrivasse al mio piano guardando fuori dalla finestra notando che il sole, che aveva visto appena sveglio, stava lasciando spazio a delle grandi nuvole, com'era consuetudine per Milano. Pochi secondi dopo l'ascensore si aprì davanti a me scoprendo con mia grande sorpresa, che il professor Fosti, il segaiolo del quarto piano, stava scendendo. Entrai dentro facendogli cenno con il capo, e sistemandomi il borsone sulla spalla pigiai il pulsante per portare l'ascensore a terra. 

Sentivo il suo sguardo inquisitore su di me, sembrava come se mi volesse dire qualcosa che aveva sul groppone. Lo guardai nuovamente passandomi la mano tra i capelli cercando di fargli notare che forse mi stava fissando un po' troppo, quando finalmente il professore di storia dell'arte romana aprì bocca facendomi l'onore di sentire la sua voce da citofono rotto.

« Si è dato da fare stanotte eh... »

« Come... Scusi?! » rimasi a fissarlo allibito, non potevo credere alle mie orecchie.

« La sua attività al chiuso di questa notte... l'ho sentita...  La credevo una personcina a modo... invece... »

Continuai a fissarlo sbalordito. Non solo era un segaiolo, ma aveva orecchiato a tutto spiano me e Anita. Avrei voluto tirargli un pugno in pieno viso, ma sarei passato sicuramente dalla parte del torto. Sorrisi incazzato nero. Nessuno si poteva mettere in bocca me, tanto meno Anita. Cercai di trattenermi fino a quando l'ascensore non si aprì davanti a noi, a quel punto mi girai nuovamente verso di lui per dargli il ben servito.

« Sa professore, anche io pensavo che lei fosse una "personcina a modo"  ma farebbe meglio a camuffare adeguatamente quei giornaletti a luci rosse che si porta dietro facendoli passare per l'inserto di Repubblica! Buona giornata! », sorrisi soddisfatto, e girandomi verso l'ingresso lo lasciai pietrificato dentro l'ascensore. 

Uscì immediatamente dal portone di casa, e lanciandomi praticamente in macchina mi avviai verso il bar dove mi aspettavano Mirko e Saverio per il consueto appuntamento del mattino.

Trovai un scazzato Mirko ad attendermi con la gazzetta dello sport a mo' di mazza da baseball.

Alzai subito le mani in segno di resa con il fiatone, Lasciai cadere  il borsone ai miei piedi e mi sedetti velocemente accanto a Mirko e al suo caffè d'orzo finito da un pezzo.

« Io capisco che Saverio sia sempre in ritardo, ma che anche tu mi fai aspettare così non posso accettarlo! »

« Scusami, hai ragione! E che stamattina mi sento rincoglionito... », risposi alzando la mano verso la cameriera chiedendo il solito.

« Perché, cosa è successo stavolta? Mi ha chiamato Saverio ieri, e mi ha detto che eri messo male, e che gli eri sembrato suo nonno... »

« Ho fatto l'amore con Anita ieri sera... »

« Beh, le cose allora ti vanno abbastanza bene non credi? » 

« No, non credo... »

« Che vuoi dire?! »

« Voglio dire che non era così che doveva andare... »

« Continuo a non capire... »

« L'ho portata a fare delle scelte, scelte che non condivido a pieno. »

« Da, puoi parlare chiaramente?! »

« È disposta ad avere un rapporto solo di sesso... e per quanto il mio ego sia felice di questo, il mio cuore sta male...»

« Cazzo Dario... »

« Lo so, lo so... Non ha senso! Perché per me non sarebbe solo sesso, e lo sappiamo tutti ormai! Ma io, non riesco! Mi, non ci riesco! Quando sembra che mi stia per abbandonare a lei, quella paura mi attanaglia... »

« Ascoltami, il solo fatto che tu abbia più consapevolezza di questo sentimento fa presagire che ti stai svegliando da questo sonno profondo! Quindi, magari, vedendovi senza "impegno" e senza "aspettative", quella paura piano piano sparirà! Datti tempo! Forse è proprio questo quello che vuole Anita, che tu, con il tempo capisca... »

« Mi, io ho capito benissimo... Sono un coglione! Questo è quanto! », mi buttai sullo schienale di peso stringendo tra le mani il mio viso mentre un cameriere inconsapevole dei miei drammi portava il mio caffè. Mi ero impantanato per bene, ero fottutamente impantanato.

« La volete smettere di parlare male di me?! », esclamò Saverio portandosi alla bocca, come al solito, il mio caffè ancora fumante e sedendosi alla mia destra.

« Ti stupirà, ma il coglione questa volta non sei tu! », affermò Mirko riaprendo la Gazzetta dello Sport sorridendo.

« No! Perché?! Voglio avere io il primato! Lo sai che ci tengo! »

« Stamattina il nostro caro Dottore è più impantanato che mai! » sorrise Mirko alzando nuovamente il giornale.

« Però, ti trovo meglio di ieri... », affermò dandomi una pacca sulla spalla per poi stringerla tra le dita, facendomi uscire automaticamente il discorso.

« Ieri sera Anita è venuta a sorpresa a casa mia...  »

« E quindi diciamo che è "venuta" in tutti sensi... dico bene? », affermò senza mezzi termini incrociando le mani appoggiando i gomiti sul tavolo sorridendo malizioso.

Cercai di trattenere quella risata che era un misto tra imbarazzo e ilarità. Scossi il capo aggrottando la fronte cercando ancora una volta di trattenermi. Mi faceva morire, era innegabile.

« Si, diciamo di si...  », continuai appoggiandomi anch'io sul tavolo tenendo la fronte con la mano destra.

« Oh!  e che ci voleva! Una sana scopata è sempre la soluzione migliore! Mamma mia come ti sei ridotto!  »

« Ma senti chi parla! Colui che si è fatto sospendere al liceo perché non voleva sudare durante le ore di educazione fisica e che ora si è dato alle corsette al parco! » gridai ridendo ricordando una delle sue cazzate fatte al liceo.

« Ma io dopo avevo appuntamento con le ragazze! Non potevo puzzare! »

« E non dimentichiamoci di quando aveva quasi fatto causa al suo stesso studio associato perché tardavano a riparargli il condizionatore in ufficio! », ribatté Mirko abbassando nuovamente il giornale.

« Ma non si può lavorare con 30 gradi in una stanza soleggiata! E poi dovevo incontrare i miei clienti in un bagno di sudore?! »

« Oppure quando... », continuai divertito prima di essere interrotto da Saverio.

« Ok! ok! Odio sudare! Contenti?! L'ho fatto perché a Ginevra faceva piacere! »

« Eccolo! Finalmente l'hai ammesso! E questa è solo la punta dell'iceberg!  »

« Cos'è, sei tornato a fare lo psicologo del cazzo?! »

« No, però dovresti ammettere a te stesso che provi qualcosa per lei! »

« Ma allora siete tutti fissati! Anche lei è convinta di questa cosa assurda! »

« Ma perché che ti ha detto? »

« In pratica, stavamo limonando forte, ed avevo quasi spento il cervello, quando all'improvviso mi ha preso per la mascella e guardandomi dritto negli occhi mi ha detto: Non ti azzardare ad innamorarti di me!. »

« Oh cazzo... », disse Mirko facendo cadere la gazzetta dello sport sul tavolo.

« E tu che le hai detto?! », chiesi sotto shock.

« E cosa le dovevo dire?! Sono rimasto come uno stupido! »

« Oh cazzo... », continuò Mirko spalancando gli occhi.

« E poi?!  »

« E poi, ho dovuto fare giurin giurello altrimenti non se ne sarebbe fatto niente! »

« Sei davvero fottuto! », dichiarai sbattendo divertito la mano sul tavolo guardandolo convinto

« Ma di che cosa parli?! Io sto bene così! E lei che si è fatta strane idee! Non mi chiamo mica Dario Mancini! »

« Non ti chiamerai Dario Mancini, ma ti sei innamorato proprio come lui! », asserì Mirko con fare da dottorino tuttologo.

« Ok, siete due stronzi! Il caso è chiuso! », si lasciò cadere sulla sedia nervosamente guardandoci nero. Sicuramente da lì a poco sarebbe scoppiato.

« Oh, il nostro caro Avvocato Monte si sente messo alle strette! Cos'è ti manca il terreno sotto i piedi mio caro Saverio? »

« Ma vaffanculo và! », strillo alzandosi di scatto spostando la sedia strisciandola nervosamente. Sicuramente lo avevamo colpito, e anche forte. 

« Scusami uragano Harry, volevo ricordarvi che stasera c'è la lezione di ballo! Mi raccomando, porta questa tua energia e sfoga nel ballo! »

Lui ci guardò come alieni per poi alzare il dito medio tirandosi dietro la sua ventiquattrore andò via. Si percepiva che la cosa non lo entusiasmava molto, ma soprattutto il discorso appena fatto. Lo capivo, provavo la stessa cosa, anche se facevo lo spaccone. Capivo perfettamente cosa aveva dentro il suo cuore, l'eterna lotta tra ragione e cuore.


                                ***

Erano tutti in stato di completa  euforia. In ufficio si respirava quell'aria di allegria e di complicità. Anche io ero al settimo cielo per questa opportunità che mi era stata data e camminavo fiera di me stessa, per i corridoi tra gli uffici salutando a destra e a manca. Pendevano tutti dalle mie labbra. Per quella mattina avevo scelto un tubino stretto con scollo squadrato, decoltè con tacco a spillo e il solito cappottino. I capelli raccolti in una coda laterale mi aveva facilitato le cose, avendoli indomabili la mattina. In ufficio andavo vestita sempre molto bene, ma, adesso che ero la direttrice esecutiva della campagna in corso dovevo darmi un tono.

Mi apprestai ad entrare nel mio ufficio con la borsa da lavoro in una mano e con l'altra tenevo tutte le bozze e le idee da dare al regista per la pubblicità da passare in TV.  
Non appena varcai la soglia mi accorsi che Federica era dentro che stava poggiando il mio caffè e altre scartoffie sulla scrivania mimando dei piccoli passi di danza sul posto e muovendo le spalle. Fui subito contagiata da lei e dalle sue movenze che la seguii a ruota avvicinandomi a lei. Tolsi il cappotto facendolo scivolare sulle mie braccia, per poi lanciarlo sul divanetto bianco, non prima di aver lanciato la borsa e le altre cose sulla sedia. Continuai, caminando ammiccando e avvicinandomi alla scrivania mi sedetti  nella mia postazione.

« Wow Anita, ti trovo bene stamattina! E pensare che sabato sera sembravi proprio uno zombi... », asserì Federica avvicinandosi nuovamente alla scrivania. 

Aveva ragione. Sabato sera mi ero spenta completamente. Appena Dario era uscito dal mio campo visivo avevo sentito un tuffo al cuore. Non avevo preventivato che lui sarebbe scappato così, come non avevo preventivato il discorso fatto da mia madre il giorno dopo. Era riuscita, con poche parole, ad illuminare la mia mente, e darmi quella giusta grinta per azzardare la mossa che ne era venuta dopo.

« Si, stamattina mi sento piena di energie! Sono pronta a tutto! Dimmi che impegni ho per oggi! », risposi tagliando corto e accendendo il computer.

« Allora, queste te le manda la tipografia, e vuole sapere entro domani quali preferisci. Hai una riunione con Andrew e con tutta la tua l'equipe per rivedere i bozzetti della pubblicità da rilasciare in radio, e poi ti ha chiamata Ginevra... Due volte. »

« Due volte?! Devo richiamarla immediatamente! Grazie Federica, ci vediamo dopo! », presi il telefono e dopo aver visto sparire dietro la porta Federica, composi il suo numero.

« Hey! Finalmente la grande pubblicitaria mi considera! »

« Scusami Ginny, sono stati davvero giorni frenetici in tutti i sensi! »

« Parli di Dario? »

La mia bocca si seccò all'istante sentendo quel nome. Quel nome che il mio cuore conosceva bene. 

« Anche... »

« Quindi va meglio tra di voi? »

« Non so risponderti, ma ho fatto delle scelte... »

« Che tipo di scelte? »

« Ho deciso di lasciarmi andare con lui... senza vincoli... »

« Quindi, scopate e basta... »

« Se vuoi vederla nel modo più romantico possibile... la risposta è sì... », sorrisi imbarazzata comprendomi il viso con la mano libera. 

« Ma è grandioso! Anzi no, non lo è! Tu non volevi questo... »

« So che non è quello che volevo, ma forse è l'unico modo per smuovere le acque... Magari lui un giorno aprirà gli occhi... »

« Tesoro... »

« Preferisco così, che non averlo per nulla... »

« Vedrai che le cose cambieranno... Sono fiduciosa! »

« Invece tu con Saverio? »

« Ti chiamo proprio per questo... credo che lui si stia innamorando di me... »

« Che?! Lui amare?! Ma cosa dici?! »

« Anche io pensavo la stessa cosa, infatti ero tranquilla! Ma poi ieri, ci stavamo baciando senza freni, ed eravamo quasi al dunque, quando lui mi guarda strano, come se avesse visto un gioiello prezioso... »

« Oddio... »

« Io ho subito messo le mani avanti, facendogli giurare che non si sarebbe innamorando di me... Ma io non gli credo... »

« Ginny, che intenzioni hai?...»

« Sarei tentata di sparire dalla circolazione... Se non fosse che scopa da Dio... »

« Ok... Ma ti piace un po'? »

« Mi piace molto, è davvero molto bello e sexy, ma... ma io non ci penso proprio ad impegnarmi con lui! Mi sento ancora immatura per questo tipo di relazioni... E lui mi porterebbe sicuramente alla rovina... »

« Adesso non esageriamo... non mi sembra tipo... cioè, Dario dice che è davvero un ragazzo incredibile... »

« Lo è... lo è davvero... ma... Io non posso! So come finirebbe! Lui poi mi vorrebbe sposare! »

« Ginny, tu hai paura... »

« Io non ho paura! »

« Eccome se ne hai... »

Proprio in quel momento entrò Federica che toccandosi l'orologio che aveva sul polso, mi ricordo della riunione che sarebbe iniziata da lì a poco.

«  Ginny, tesoro, adesso io devo andare... Ci vediamo stasera alla scuola di ballo ok? »

« Ok... E scusa il mio delirio mattutino! »
« Non preoccuparti! Ci vediamo stasera!  Ciao! »

Chiusi la telefonata rimanendo imbambolata davanti allo schermo del cellulare. Ginevra aveva paura. Aveva paura a lanciarsi in questa relazione perché convinta che Saverio vorrebbe una relazione stabile. Quindi anche Dario, poteva avere questa strana paura dentro di lui. Questa paura che lo affligge e che lo tiene a debita distanza. Adesso più che mai, ero convinta che la mia scelta non fosse poi così sbagliata, e che un giorno, non molto lontano, Dario avrebbe scelto me. Avrebbe scelto noi. 


Note: Capitolo Ventinove. Buongiorno a tutti miei cari/e! E bentrovati! Mi scuso in anticipo se il capitolo vi sembra troppo lungo e noioso! Ma ci tenevo a spiegare cosa stanno vivendo Saverio e Ginevra. Una coppia che amate, e che anche io amo alla follia. Il nostro caro avvocato vorrà davvero una relazione stabile con lei? Oppure sono solo pensieri folli quelli di Ginevra. E quest'ultima è davvero sicura di non voler Saverio fino in fondo? Scopriremo anche questo 🤣❤️ Per tornare alla nostra coppia d'oro, vediamo come Anita è sempre più convinta di aver fatto la scelta giusta, e come Dario pensi il contrario. Chi avrà ragione? Ma soprattutto, tornerà Alessandro? 🤣🤣🤣🤣 Lo so che ne avete sentito la mancanza 🤣🤣🤣 Grazie a tutti quelli che mi seguono! Siete in tantissimi! ❤️ E alla prossima ❤️

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Capitolo 30
*** Ragionevole Comprensione ***


Amavo la musica. L'amavo da sempre. 
Era un dato di fatto, una verità imprescindibile, una una realtà trascendentale.
La musica era stata una mano santa nella mia vita. L'unica cosa santa che padroneggiava nella mia quotidianità dissoluta. Lei, era riuscita molte volte a risollevare le sorti delle mie serate tra cocktail e sigarette, dandomi quella grinta necessaria ad agevolare quel amplesso tanto agognato. Quel rapporto carnale, quel groviglio di corpi che si muovevano senza sosta e senza freni inibitori. Ma Lei, non aveva fatto solo quello. Era anche riuscita a tirarmi su durante le mie giornate di solitudine perenne e di insoddisfazione personale alla Don Draper, per non parlare delle giornate di studio full immersion fatte insieme a Mirko durante gli appelli dell'ultimo momento. Ne avevo fatto di ogni, incoraggiato da lei. E adesso, con un bagaglio di vita che avrebbe fatto impallidire Warren Beatty me ne stavo seduto alla scrivania del mio ufficio, compilando le cartelle dei pazienti che avevo visionato in settimana sorridendo da solo all'ascolto dei Modern Talking. La musica faceva anche questo, mi rilassava, mi rilassava tanto. Leggevo, e rileggevo le cartelle tamburellando con la penna sul foglio facendomi trasportare dalle note. La conversazione con Mirko aveva dato i suoi frutti. Mi sentivo rinvigorito, e forse, anche un po' più tranquillo. Potevo provare questa strada che all'apparenza sembrava senza uscita. Quella strada che Anita aveva suggerito, nonostante lei non fosse come me, nonostante fossi ancora quel donnaiolo nell'immaginario collettivo. Ormai non mi sentivo più tale, anche se, a dirla tutta, le donne mi lanciavano sempre quello sguardo che presagiva solo una cosa. E non era giocare a burraco.

Ero completamente assorto nella lettura e i miei pensieri conflittuali, quando all'improvviso l'interfono mi fece sobbalzare. Era Mirko.

« Dario, potresti sostituirmi con un paziente? La signora Gotto è arrivata adesso, e io non posso proprio spostarmi... »

« Tranquillo, io sono libero adesso! », dissi alzandomi di scatto passandomi la mano destra tra i capelli scompigliati.

« Ok, grazie! A dopo! »

« A dopo! », risposi chiudendo le cartella e infilando le mani in tasca mi avviai verso la palestra. 

Mi avvicinai alla porta guardando alla mia destra dove, di solito, dentro il raccoglitore fisso alla parete si trovava la cartella precompilata da Vanna. Mi voltai verso di lei per capire come mai questa volta non ci fosse, e ricevendo come risposta le sue spalle che si alzarono entrai senza pensarci troppo. Quella che mi trovai davanti era sicuramente l'ultima persona che avrei voluto vedere quella mattina. 

« Alessandro?! »

« Signor Mancini?!... », esclamò alzandosi di scatto dal lettino dove attendeva con uno sguardo pieno di paura.

« Questa sì che è una sorpresa con i fiocchi! » dissi chiudendo la porta, e sorridendo beffardo mi avvicinai a lui.

« Io... Io... Aspettavo Mirko... »

« Mirko, per il dispiacere di entrambi, è occupato, quindi dovrai accontentarti del dottor Mancini... »

« Claudia mi ha detto di passare a quest'ora... »

« Beh, credo che Claudia abbia sbagliato giorno! Poco male, vediamo cosa abbiamo qui! », esclamai spingendolo verso il lettino per esaminargli la famosa caviglia.


A quanto pare la caviglia del nostro campione non ne voleva sapere di rimettersi in sesto.
Qualche giorno prima, avevo sentito parlare Mirko al telefono con Claudia, dove lei chiedeva se si poteva fare qualcosa per la caviglia di Alessandro, dato che ancora sentiva dolore dopo una rx negativa.

« Io non sono sicuro di voler essere trattato da lei signor Mancini... », continuò il professore cercando di fare resistenza alla pressione che esercitavo sul suo torso.
Una volta disteso mi avvicinai all'estremità del lettino e mi sedetti davanti alla sua caviglia.

« Andiamo Alessandro, ormai siamo amici no?! », la mia mano spinse la pianta del suo piede verso l'alto procurandogli non poco dolore.

« Dannazione Dario! Potresti essere più delicato?! »

« Bene, adesso ci diamo del tu... Chissà che succede se faccio questa manovra?! », continuai a forzare più del dovuto il piede facendogli vedere le stelle di giorno.

« Ahia cavolo! », strinse i denti portando la testa all'indietro, mentre io me la ridevo. Non stavo facendo niente che potesse compromettere la sua caviglia, ma stavo esercitando una forza maggiore di quella che avrei dovuto usare.

« Ma quanto mi dispiace! Certo che Anita ti ha conciato proprio per le feste con quella caduta! » affermai continuando a sorridere. 

« Mai momento più bello... », rispose sicuro di sé. All'improvviso il suo sguardo cambiò diventando malizioso e di sfida. « Ovviamente mai quanto il momento in cui l'ho baciata... »

Il sorriso da idiota, quel sorriso da convinto vincitore scomparve all'istante dal mio volto, lasciando spazio a due occhi che volevano solo incenerirlo.

« L'hai baciata?! », replicai alzandomi con ancora il suo piede tra le mani. Volevo spaccargli la faccia.

« Si, l'ho fatto, e non mi è sembrata affatto dispiaciuta... »

« Professore non sfidare la sorte se ci tieni alla tua bella faccia! »

« Dario, caro Dario, lo so benissimo che sei innamorato di lei... Ma, purtroppo per te, non sarà l'unico bacio che le darò... »

« Non oserai! »

« E chi sei tu per impedirmelo? Il suo ragazzo? Non mi sembra! Lei ti considera solo un amico! », continuò imperterrito sicuro del fatto suo.

Sentivo il sangue ribollire nelle vene. Il solo pensiero delle labbra di Alessandro su quelle di Anita mi facevano perdere la testa. Ed è proprio quello che successe. Avendo ancora il suo piede tra le mani, lo tirai e strattonai facendolo cadere a terra come una pera cotta. Tutto il trambusto, compreso di urla del caro professore, non passarono inosservate a nessuno facendo precipitare Mirko spalancando la porta.

« Ma cosa sta succedendo qui!! », gridò quest'ultimo guardandomi in cagnesco.

 « È un pazzo! », strillò Alessandro alzandosi in piedi sistemandosi i vestiti.

« Dottor Mancini mi può seguire nell'altra stanza, subito?! », la voce di Mirko eccheggio per tutta la palestra facendomi sentire un ragazzino stupido.

Uscì dalla stanza in preda alla furia più cieca. Un sentimento assoluto e travolgente mi travolse . Mi buttai letteralmente sulla porta dello studio per aprirla, per poi continuare la mia distruzione dentro. Quell'ambiente che poco prima mi cullava con la sua musica e la sua serenità si trasformò come in una gabbia per roditori. Buttai a terra tutto quello che avevo lasciato sulla scrivania, tutte le cartelle che avevo sistemato un attimo prima con un gesto del braccio destro volarono a destra e a manca neanche fossero gabbiani. Ero fuori di me.

 « Si può sapere che cazzo fai?! Sei completamente impazzito?! », esclamò Mirko entrando nella stanza e chiudendo la porta dietro di lui continuò q. « Allora?! Mi rispondi?! »

« L'ha baciata Mirko, quel professorino da strapazzo ha baciato Anita... », confessai portando tutte e due la mani alla nuca come a voler dare conforto a quel capo che non aveva pace.

« E allora?! Cosa credevi?! Che la guardasse e basta?! Ti ricordo che anche lui è provvisto di testicoli e testosterone!! »

« Ma non credevo che le si facesse baciare da lui! »,  sbraitai contro ogni irrragionevole comprensione.

« Ti rimembro anche che tu non le hai dato alternativa, e che nonostante tutto continui a fare l'idiota! Ti consiglio di darti una bella calmata questo è anche un posto di lavoro!! », le sue sopracciglia già corrucciate si strinsero ancora di più tra si loro e guardandomi ancora una volta uscì dalla stanza sbattendo la porta.

Poche volte nella mia vita avevo visto Mirko così adirato, così alterato con gli occhi alla Lucifer. E quelle poche volte ero stato io a farlo uscire dai gangheri.
Ma Mirko aveva ragione su tutto. Non solo sul discorso posto di lavoro, ma anche sul dibattito Anita. Era soltanto colpa mia se tutto era andato a rotoli, era colpa mia se lui si era pericolosamente avvicinato a lei, ed era solo colpa se in lui aveva visto qualcuno da amare. Perché lei faceva questo. Amava.


                                ***

Le giornate in ufficio erano sempre state tremendamente frenetiche. Fatte di scadenze, bozzetti da consegnare e slide da visionare. Praticamente un magnifico caos alla quale però, mi ero abituata ben presto. Per me, quella era vita, la vera vita, la vita che avevo sempre sognato dal giorno in cui mi ero laureata in scienze della comunicazione, con il conseguente master in marketing. Guardavo con occhi sognanti tutto quello che mi circondava, e lo facevo da quando Andrew aveva creduto in me. A quella ragazza goffa, ma con tanti sogni nel cassetto.

Proprio per questo rimanevo con piacere oltre le ore di lavoro, perché volevo essere all'altezza delle aspettative. Cosa che era successa anche quella sera.

« Anita, io sto andando via ci vediamo domani... », la voce di Federica destò il mio sguardo dallo schermo del PC che ormai fissavo da ore.

« Ok... Ma che ore sono? », chiesi stiracchiandomi sulla poltrona alzando le braccia verso l'alto.

« Sono quasi le sette... »

« Oh mamma!!! Devo andare alla lezione di ballo! L'avevo completamente dimenticato! E non posso neanche passare da casa a cambiarmi! », affermai alzandomi velocemente facendo sbattere la poltrona contro il mobile bianco dietro di me.

« Credo che a Dario non dispiacerà la tua mise da pubblicitaria sexy! », affermò lanciandomi uno dei suoi sguardi complici prima di dileguarsi tirandosi la porta.

Sorrisi come una stupida.
In effetti quel tubino nero, non era passato in osservato neanche al portiere che mi dava il benvenuto ogni mattina, quindi sarebbe piaciuto anche a Dario. L'unico problema di tutto loutfit erano le decoltè dal tacco vertiginoso. 
Non sarei certo spiccato per la mia dote di ballerina provetta, l'importante era non rompersi l'osso del collo. 


Entrai velocemente dentro la sala da ballo cercando di correre dentro quel tubino che mi impediva movimenti liberi e facili. Ebbi subito tutti gli occhi puntati, malgrado avessi cercato invano di non attirare l'attenzione di nessuno salutando tutti solo con un leggero cenno della mano. Non appena tolsi il cappotto e sistemai la gonna che si era alzata un po' per la corsa fatta, mi ritrovai i suoi occhi puntati. I suoi stupendi occhi azzurri mi guardavano in un modo così intenso da poterli sentire dentro di me. Sussultai trattenendo il respiro. Lo guardavo finalmente negli occhi dopo quello che gli avevo detto a casa sua, dopo quel via libera dato all'apice del mio ardito piano di conquista. 


« Bene, adesso che siamo tutti presenti, proporrei di iniziare questa seconda e ultima lezione... »

« Mi scusi cara Linda, non vorrei mettere il dito nella piaga per chi come me "ama venire qui" e passare delle serate " fantastiche" ma come mai non faremo la terza lezione? », chiese Saverio ricordandoci della sua presenza ingombrante.

« Mio caro Saverio, la tua domanda è più che legittima dato la tua felicità e il tuo trasporto nel venire qui, ma sono sorti degli impegni a cui non posso rinunciare e quindi devo lasciarvi a malincuore, ma spero che questa ultima lezione sia esaustiva e divertente! », Linda sorrise guardandoci tutti per poi continuare « 
Adesso secondo dei suggerimenti dati da Claudia, le coppie che si formeranno in questa serata saranno random, ognuno di voi ballerà con tutti! Il tempo sarà scandito da questo timer che suonerà ogni cinque minuti! Così saremo tutti più felici! Giusto Claudia? », terminò Linda lanciando uno sguardo di complicità a Claudia, ricordando a tutti noi quanto poteva essere diabolica la professoressa d'italiano dell'anno. 
 
Ci guardammo tutti spaesati, e senza una meta. Mi guardai intorno cercando di capire come muovermi, quando gli occhi di Dario mi diedero tutte le risposte. Ero pronta per lasciarmi trasportare da lui e dalle sue movenze. L'aspettavo come si aspetta la torta appena sfornata, come si aspetta la mattina di Natale, come si aspetta l'amore della propria vita. Sorrisi come una stupida mentre lo vedevo avvicinarsi sempre di più. Indossava una camicia azzurra con scollo alla coreana e in paio di jeans stretto chiari, in pratica stavo per sbavare. Quando all'improvviso mi ritrovai Alessandro davanti. 

« Mi permetti questo ballo? », chiese alzando delicatamente la mia mano sinistra verso la sua bocca lasciandoci un bacio casto. 

Ingoiai la saliva che avevo in bocca neanche fosse stato un rospo. Nel trambusto della mia vita, avevo dimenticato che lui esistesse. Avevo scordato quegli occhi verdi che mi guardavano senza indugio e senza la benché minima paura. Non avevo pensato ad Alessandro, e a quel poco che c'era stato tra di noi. All'improvviso mi sentii una vera sciocca. Dovevo troncare qualsiasi cosa ci fosse, perché quella scelta che avevo fatto, implicava anche lui indirettamente.

Annuì non sapendo che pesci pigliare. Non sarebbe stato producente evitarlo, ma neanche fare il contrario l'avrebbe fatto. Non appena la mano destra di Alessandro si appoggiò sul mio fianco destro, mi accorsi che Dario stava ancora osservandoci. Smisi letteralmente si respirare mentre Azzurra si avvicinava a lui seducente e lo intrappolava tra le sue grinfie. 

« Forse ho rovinato i tuoi piani?... »

« Cosa... ? », chiesi come se fossi caduta dalle nuvole. 

« Parlo di Dario... »

« Oh, no no! Io non avevo nessun piano... Anzi, mi ha fatto molto piacere che tu sia venuto a cercarmi dopo il silenzio a cui ti ho sottoposto in questi giorni... Non è stato molto carino da parte mia... »

« Non preoccuparti, Claudia mi ha detto che hai avuto da fare con il lavoro, e a riguardo vorrei farti i miei più sinceri complimenti! »

« Credo che Claudia dovrebbe smetterla di parlare di me... »

« E perché mai? A me piace sapere dei tuoi successi! Ed è proprio per questo, che vorrei cogliere l'occasione per invitarti a bere qualcosa dopo la lezione di ballo... Se ovviamente ti va, e se non hai altri impegni... »

« Si, accetto con molto piacere... », risposi con falso entusiasmo sorridendo come una stupida. In realtà non avevo tutto quel piacere, ma era la circostanza giusta per dire la verità ad Alessandro. 

Con lui non c'era mai stato niente. Quel sentimento che pensavo di provare era solo l'ennesima bugia detta a me stessa per colmare quel vuoto lasciato da Dario. Volevo autoconvincermi che quella fosse la decisione giusta, che lui fosse l'uomo giusto, e che tutto quello vissuto con Dario era solo frutto della mia fervida immaginazione. Ero pronta a fare il prossimo passo, il passo verso quella felicità che forse prima o poi si sarebbe palesata davanti ai miei occhi. Quella felicità, che adesso mi guardava con occhi interrogativi mentre stringeva Azzurra tra le sue braccia.



Note: Capitolo Trenta. Buongiorno a tutti e Buona Domenica! Pubblicazione stranamente domenicale per questo capitolo che non ne voleva sapere di uscire! Spero che vi piaccia ugualmente, anche se a me non convince molto. 🤣 Ma veniamo al capitolo in questione. Dario scopre finalmente del bacio che Alessandro ha dato ad Anita, e diciamo che non ha preso molto bene la cosa 🤣🤣🤣 Anita vuole dire come stanno realmente le cose ad Alessandro, perché non vuole prendersi gioco di lui. Sarà una buona idea? Il nostro caro Dario continuerà a fare lo stupido? Si prospetta una serata scoppiettante 🤣🤣🤣 Grazie sempre a chi mi segue ❤️  e alla prossima ♥️

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Capitolo 31
*** Tacita Richiesta ***


Guardavo tutta la scena da romanzo rosa posseduto da quella gelosia che ormai mi logorava l'anima. Strinsi con forza il labbro inferiore tra gli incisivi  reprimendo quella voglia impellente di cavargli gli occhi una volta per tutte. Il professore, la stringeva a sé sorridendole da bravo damerino, guardandomi sottecchi senza paura. Quello sguardo da conquistatore delle Americhe mi faceva diventare matto. Sarei andato dritto da lui senza se e senza ma, tirandogli un pugno in pieno viso, se non avessi promesso a Mirko di starmene buono e zitto durante la lezione di ballo. 

Il sentimento della gelosia era nuovo per me, come tutto il resto. Non ero preparato a fare i conti con questo garbuglio emozionale. Quei sentimenti, tanto remoti quanto primitivi si nascondevano tra le macerie della mia vita per poi venire in superficie nei momenti di cui ne avrei fatto a meno.

Il nostro scontro allo studio era finito come era iniziato: senza vinti né vincitori. Avevo dovuto fare dietro front per non fare adirare ulteriormente Mirko quasi scusandomi con Alessandro. Non lo feci, ma dovetti fare mille promesse a Mirko prima di avviarmi alla scuola di ballo. Tra le tante promesse fatte annuendo e accendendo l'ennesima sigaretta c'era quella più importante, quella alla quale dovevo sottostare categoricamente: Non fare il pazzo allo studio. Il frutto dei nostri sacrifici non poteva andare a farsi benedire solo perché avevo il cervello a puttane. 

Dopo le promesse, e l'ennesima raccomandazione del Santo Mirko, in virtù del mio stato psichico alterato, mi diressi verso casa dopo aver giurato e spergiurato che non avrei torto un capello al professorino ballerino.

E adesso, tutte quelle raccomandazioni e gli spergiuri, espressi con tutte le buone intenzioni del mondo, sembravano svanire piano piano dalla mia mente. Sentivo proprio che gli avvertimenti professati da Mirko il santo, stavano abbandonato il mio cervello come il resto del mio corpo.

« Hai intenzione di guardare tutto il tempo la verginella? », gli occhi di Azzurra inchiodarono finalmente i miei nei suoi formulando quella domanda scomoda ma vera. Non l'avevo degnata di uno sguardo da quando avevamo iniziato a ballare. .

« Cosa?... »

« Beh, finalmente ho la tua attenzione! », esclamò contenta, neanche avesse vinto alla lotteria.

« Scusami... Io mi ero distratto un attimo... », sorrisi a mo' di scusa, ma non era totalmente la verità. Stavo guardando Anita senza sosta, ignorandola volutamente.

« Ho visto... Comunque, io sono Azzurra, non ci siano presentati a dovere la volta scorsa... »

« Piacere, io sono Dario... », proseguii con il mio copione da uomo apatico e scostante guardando di tanto in tanto verso Anita.

« Io vorrei, se permetti, darti piacere in un altro modo... »

La guardai allibito. Non la credevo capace di una frase tanto ardita tanto sfrontata. Non ero nuovo a questo tipo di approccio, mi era capitato altre volte che le donne facessero proposte simili, ma non in quel contesto e non con  un'amica di Claudia. 

Sorrisi abbassando lo sguardo trattenendo quella risata che usciva fuori quando ero compiaciuto. Appena lo alzai di nuovo, incontrai nuovamente il suoi occhi decisi e senza inibizioni. Quel tipo di donna mi dava sempre quella scossa, quella sensazione di onnipotenza, quell'istinto primordiale che poi sfociava sempre in sesso frenato.

« Io, sinceramente non so che dire... », continuai con il mio copione da donnaiolo sorridendo a tutti quello che diceva.

« Ti ho forse spaventato?  Eppure non mi sembri il tipo... »

« Infatti non lo sono... Ma, da un'amica di Claudia mi aspettavo altro... »

« Cosa ti aspettavi? »

« Una suora! »

« Mi dispiace averti deluso...  », disse lei sorridendo e stringendo il suo seno al mio petto attirando la mia attenzione su di esso.

Voleva sedurmi. Lo sentivo chiaramente da come si muoveva sul mio corpo, da come mi guardava, e da come aveva spiaccicato le sue tette quasi sulla mia faccia. Non ero nuovo a questo tipo di avances. Molte donne facevano la prima mossa, chi più chi meno, ma non era mai stata una sorpresa per me. Ma questa Azzurra sembrava proprio, che come me, ne avesse fatto la sua ragione di vita. Una di quelle che te la butta in faccia e si incazza pure se non la prendi al volo.
In altre circostanze avrei anche ringraziato Claudia con un mazzo di fiori per questa ghiotta opportunità, ma non adesso. Adesso era cambiato tutto.

« Non sono affatto deluso, sono solo sorpreso... Tutto qui! »

« Se ti piacciono le sorprese, potrei fartene scartare una più tardi...  »

« Tu non perdi proprio tempo...  »

« Mai...  »

« Ascolta Azzurra... Per quanto tu sia davvero una donna bellissima, devo declinare l'invito... E ti giuro che mai avrei pensato di dire una cosa del genere... »

« Per la verginella? Guarda che non verrebbe mai a saperlo...  »

« Non penso siano affari tuoi, quindi ti consiglio di non forzare la mano adesso...  »

« Come sei suscettibile mio bel dottorino! Io volevo solo divertirmi con te... »

« Io no! », mollai la presa della Femme Fatale lanciandola verso il professore nella speranza che Anita venisse da me, quando invece venni accalappiato da Ginevra.

« Ti diverti? », chiese la riccia facendo una giravolta accompagnata dalla mia mano appena liberata dalla morsa di Azzurra.

« Non come vorrei... », risposi infastidito prendendola per i fianchi guardando verso Anita la quale era adesso tra le braccia di Saverio. 

« Devi solo ballare, non devi fare altro... Oltre che fissare Anita ovviamente... »

« Vedo che non se ne accorto nessuno... », sorrisi amaramente guardandola sconsolato.

« No, sei bravo a nascondere quello che provi... Davvero! Sei un campione! », affermò Ginevra infierendo bonariamente. 

« Beh, adesso non esageriamo! Sono bravino! », continuai canzonandomi da solo. Non avevo molta confidenza con lei, ma sentivo che potevo parlare liberamente.

« Sei sicuramente più bravo di Saverio... »

« Ogni riferimento è puramente casuale giusto? » chiesi ridendo guardando verso quest'ultimo.

« Invece no! Credo che Saverio si sia messo strane idee per la testa... »

« Lui si mette sempre strane idee per la testa! », dissi guardandola malizioso.

« Ma quelle idee non mi dispiacciono! Anzi, più strane sono meglio è! »

« Qualè il problema allora? »

« Credo che lui si stia innamorando di me.. »
 

                                ***

Appena il timer aveva fatto sentire la sua presenza spezzando quella specie di incantesimo che si era creato, Alessandro lasciò il passo a Saverio che si trovava proprio dietro di me. Sembrava proprio che mi aspettasse. Con una mossa veloce mi prese per i fianchi e io alzai subito le braccia mettendole sulla sua spalla.

« Signorina Velletri... »

« Avvocato Monte... »

« Sai, credo che siamo partiti con il piede sbagliato noi due... »

« Dici?! », risposi quasi annoiata senza guardarlo in faccia.

Era chiaro come il sole che la sua presenza mi indisponeva. Mi indisponeva molto, con lui non avrei condiviso neanche una patatina, figurarsi un ballo o altro.

« Dico, e vorrei tanto rimediare a questa nostra situazione... ci terrei  particolarmente... », disse guardandomi dritto negli occhi come a volermi convincere.

« Ma ci stai provando con me?! », esclamai guardandolo sbalordita.

« Che cosa?! Ma per chi mi hai preso?! Io non ci provo mai con le donne dei miei migliori amici, soprattutto se questo amico è Dario... Lui è come un fratello per me... »

« Io non sono la donna di Dario! »

« Si si, certo...! Ad ogni modo, come posso rimediare a questo disguido che si è venuto a creare tra di noi? »

« Disguido?! Tu sei uno stronzo!! »

« Ok, ok, forse lo sono un po'... Ma vorrei davvero recuperare questo rapporto... »

« Ma stai bene?! Non capisco come mai tutta questa insistenza! »

« Un giorno sposerai Dario, e non voglio che tu e la tua avversione verso di me lo allontanino... » 

« Tu sei fuori! Cosa ti fa credere che lui voglia farlo?! », risposi cercando di capire guardandolo negli occhi.

« Tua! », gridò Saverio facendomi fare una piroetta trovandomi direttamente tra le braccia di Dario.


I nostri occhi che erano rimasti lontani per un lasso di tempo indefinito   finalmente si incontrano illuminandosi reciprocamente.

« Ciao... », disse per primo facendo sobbalzare il mio cuore.

« Ciao... », replicai sorridendo come una stupida.

Il suo mezzo sorriso era celestiale come i suoi occhi. Avevo atteso quel momento con trepidazione, e adesso, avrei passato tutta la serata tra le sue braccia.

« Tu e Saverio avevate molto da dirvi... come con il professore... »

« Non dirmi che sei geloso del tuo migliore amico?... », sorrisi a quell'affermazione, che sapeva di gelosia adolescenziale.

« No, di lui no, ma il professore sta tirando un po' troppo la corda... »

« Non credi di esagerare? Lui non ha fatto niente di compromettente! Abbiamo solo ballato come hai potuto notare! »

« Quindi non ti ha baciata?! »

« Cosa?... »

« Rispondimi, ti ha baciata? », chiese stringendo gli occhi in due fessure. Non mi piaceva la piega che stava prendendo la discussione, ma soprattutto, non mi piaceva il tono che stava usando. Mi sentii come se avessi fatto qualcosa di male, quando in realtà era lui lo stronzo della situazione. 

Ingoiai a forza quella saliva che a stento si era formata nella mia bocca con il cuore che si agitava dentro il mio petto. Mi chiedevo come lui facesse a sapere di questo piccolo particolare che avevo cancellato dalla mia mente come tutte le cose non importanti. Tutta quella situazione innescò dentro di me un orgoglio e una rabbia inconsueti. 

« E Anche se fosse? Non sono affari che ti riguardano! »

« Ah, quindi non mi riguarda?! »

« No! Io posso anche andarmene via con lui stasera, e tu non avresti niente da recriminare! », non era vero niente. Ma ero talmente arrabbiata con lui che avrei detto la qualsiasi sciocchezza.

« Be' anche io potrei andarmene con Azzurra... Per cui...»

« Bene! », risposi in balia della nevrosi più totale.

« Bene! »

I nostri botta e risposta si susseguirono così velocemente che non ebbi la piena consapevolezza di quello che avevo detto. Mi ero lasciata trasportare da quello che tutti avrebbero chiamato un attacco isterico. Quel tono da lui utilizzato mi aveva fatto male più di mille schiaffi. Non mi meritavo questo suo atteggiamento, questo suo essere riluttante per una cosa successa settimane prima, e soprattutto che per me non aveva nessuna importanza. 

Il timer suonò per l'ultima volta facendoci fermare tutti.

Guardai verso Linda che aveva chiamato tutti a raccolta, accorgendomi che Dario mi teneva stretta ancora per i fianchi.

« Guarda che la musica è finita... », gli feci notare quasi furente, lasciando le sue spalle dove avevo appoggiato le braccia.

« Scusi signorina Velletri non la trattengo! Poi se ha quel appuntamento galante con il professore, chi sono io per fermarla? »,   lasciò il mio fianco dirigendosi verso l'uscita scorgendo una sigaretta sulle sue labbra.

Nonostante volessi con tutte le mie forze andare da lui, la potenza del mio orgoglio e della mia testardaggine furono più forti di me e fermarono i miei passi. 
Guardai la porta che si chiuse dietro di lui con il magone in gola. Mi avvicinai stremata da tutta la situazione alla sedia dove avevo appoggiato borsa e cappotto stringendo forte la stoffa sotto le mie mani. Ero un mix di emozioni contrastanti, emozioni che scuotevano il mio corpo in un tremolio impercettibile ma che venne subito notato da Alessandro.

« Tutto bene?... », domandò appoggiando la sua mano sulla mia spalla come a voler consolare quel cuore che, ancora una volta si era esposto.

« Si, si, tutto benissimo... Andiamo? », chiesi cercando di ingoiare quel magone che non mi voleva abbandonare. 

« Certo... », rispose gentilmente accompagnandomi con il braccio verso l'uscita. 

Accompagnata dalle amorevoli braccia di Alessandro appoggiate sulle mia spalle a mo' di coperta della nonna, tirai la porta per uscire fuori, ritrovandomi davanti agli occhi un quadro che non mi piacque per niente.
Strinsi tra le mie braccia il cappotto alla vista di Dario e Azzurra che fumavano insieme una sigaretta.
Una spiacevole sensazione mi pervase immediatamente, mi sentivo come se qualcosa mi stesse scivolando tra le mani, sentii chiaramente dentro di me il rumore che fa la stoffa quando viene lacerata con la forza.
Il suo sguardo impassibile si posò per un attimo su di me, buttando fuori il fumo che aveva in bocca facendo brillare quegli occhi azzurri, che adesso mi sembravano due stalattiti. 

Continuò a guardarmi come a volermi ricordare che lui avrebbe fatto quello che voleva e come lo voleva. Riconobbi in quello sguardo, il Dario sfrontato e senza paura, quel Dario che avevo conosciuto al Rencontre e che privo di pudore e sentimenti aveva spento il cervello davanti alla mia tacita richiesta. Quella tacita richiesta che ora gridava dentro al mio cuore. 


Note: Capitolo Trentuno. Buongiorno a tutti e bentrovati! Capitolo difficile! Vi giuro che sono stata travolta da questo capitolo!  Più si va avanti e più è diventato difficile scrivere, perché i sentimenti di Dario e le sue emozioni destabilizzano anche me! Cosa sta pensando il nostro caro fisioterapista? Che intenzioni ha? Tutta la serata è andata a scatafascio per colpa del nostro professore e di quello che ha detto a Dario la mattina. Anita, presa da questa insolita domanda si fa trascinare dalla rabbia e dice quello che forse avrebbe potuto dire in altre maniere se solo Dario glielo avrebbe permesso. Adesso che Anita andrà con il professore gli dirà quello che si era prefissata? E Dario scarterà la sorpresa di Azzurra?! 🤣🤣🤣 Eeeeeeeeh lo vedremo nel prossimo capitolo! E spero di non impazzire prima! 🤣 Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ❤️

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Capitolo 32
*** Oltre i miei pensieri ***


La visione della copietta felice passò davanti ai miei occhi come un vecchio film già visto. Come uno di quei film in bianco e nero che ti strappano una lacrima durante la fine del primo tempo. Una fastidiosa sensazione di impotenza mi strinse lo stomaco facendomi chiudere in uno pugno la mano destra. Le dita quasi distrutte dalla mia morsa instancabile, si muovevano nervosamente toccandosi tra di loro, mentre aspiravo quella sigaretta impassibile, alimentando quella piccola miccia luminosa si fronte al mio viso.

« Andiamo?... », chiese Azzurra quasi stanca di quell'attesa immotivata.

« No, voglio che mi guardi un'ultima volta... », riposi senza muovere un muscolo verso di lei. Ero pieno di rabbia e gelosia, ne ero immerso fino al collo.

La mia attenzione era tutta per i piccioncini che si accingevano ad entrare dentro la macchina del damerino. Lui, come un cavaliere dall'armatura scintillante che si rispetti, si avvicinò a lei per aprirle la portiera. Lei sorrise, uno di quei sorrisi di circostanza, per poi guardare nuovamente verso di me con occhi spenti. Eccola. Pensai mentre continuavo a guardarla con lo sguardo da stronzo. Si, perché era quello che volevo. Volevo che lei mi guardasse mentre ammiravo la sua fuga romantica con il professore e a come non me ne fregava un cazzo. Volevo che pensasse che mi sarei scopato da lì a poco Azzurra, e che avrebbe rimpianto quella serata per il resto della sua vita. 
Glielo lessi negli occhi, aveva percepito cosa "non avevo detto" perfettamente. 
Lei, dopo aver capito le mie intenzioni, distolse lo sguardo ed entrò in auto. Il professore, perfetto anche nella guida sposto subito la macchina e dopo un paio di manovre scomparvero nel buio tra le strade di Milano.

« Andiamo... », dissi buttando la sigaretta a terra e schiacciandola con il piede destro mi avviai verso la mia auto spingendo per il braccio Azzurra.
Volevo sparire anch'io nel buio della notte, come il buio che avevo nel cuore. Quel buio che ci sorprende quando la luce va via.

« Dario?! », la voce di Saverio mi destò da tutti quei pensieri incasinati che mi frullavano per la testa.

« Dimmi... », mi girai verso di lui con nonchalance sorridendo facendo finta di niente.

« Dove cazzo vai?! »

« Vado a bere qualcosa con Azzurra, e se mi va bene, scarto anche un regalo! », continuai a camminare al contrario sorridendo divertito. Non ero più io.

« Non dire cazzate! Che regalo?! Dov'è Anita?! »

« La nostra cara Anita è andata via con il professore di matematica... Chissà se stasera arriverà a fare quelle famose tabelline! »

« Oh! », gridò Saverio prendendomi per il colletto del cappotto « Non fare cazzate! Lo sai che non te lo perdoneresti per il resto della tua vita no?! »

« Mi sei diventato il grillo parlante?! Guarda che queste vesti non ti si addicono per niente! »

« E tu lo sai che ti stai comportando da coglione?! Non è quello che vuoi, e lo sappiamo bene! Vuoi andartene con questa qui, che non ha fatto altro che sbatterti quelle cazzo di tette in faccia?! », chiese Saverio per poi guardare per un'attimo verso Azzurra « Con tutto il rispetto per le tue tette cara! »

« Ascolta, io faccio quello che voglio! Lei non è la mia ragazza, e io non sono il suo ragazzo! È semplice! Adesso lasciami in pace », strattonai in malo modo Saverio allontanandolo da me.

Non volevo aiuto, non volevo sapere ragioni, non volevo sapere niente. Volevo solo fare quello che mi era riuscito bene negli ultimi vent'anni: Scopare senza pensieri.

Mi voltai senza aggiungere altro tirando verso di me Azzurra che non aggiunse nulla. Volevo spegnere il cervello. Non volevo più pensare a nulla, non volevo pensare lei tra le braccia di Alessandro.

La mia auto sfrecciava per le vie di Milano in cerca di un locale dove poter bere qualcosa in tutta tranquillità. Portai nuovamente una sigaretta alla bocca e aprendo il finestrino buttai fuori quel fumo che sembrava alleviare solo per pochi minuti il casino che avevo dentro lo stomaco.

« Guarda che l’enfisema è dietro l'angolo se continui a fumare così! », esordi Azzurra dopo un lungo momento di riflessione reciproca, fatto di imprecazioni mentali e pensieri impuri riguardanti Romeo e Giulietta.

Avevo come la brutta sensazione che il damerino avrebbe fatto centro.
Pensare il professore su di lei, mi faceva impazzire. Avrei spaccato tutto. 
 
« Hai ragione, ma di solito non fumo così tanto... Il fatto è che tutta questa situazione mi rende nervoso, e poi non avevo mai litigato così con Saverio... »

Era la verità. Non avevo mai litigato con Saverio, tanto meno strattonarlo in quel modo. Mi sentivo un verme e uno schifo di amico.

« Capisco, vedrai che le cose si sistemeranno... Possiamo anche solo bere qualcosa insieme se ti va... Anche se, il tuo regalo è sempre li che ti aspetta... », affermò accavallando le gambe avvolte da delle calze nude che lasciavano intravedere una pelle ambrata come il resto del corpo. I suoi occhi azzurri, quasi dolci ma con quel pizzico di sfacciataggine, mi guardavano cercando di rassicurarmi ma allo stesso tempo invogliarmi ad aprire quel fantomatico pacco sorpresa. 

« Di solito, è maleducazione non accettare i regali... », risposi senza la benché minima esitazione.

« Allora, pensa bene alle tue mosse... »

Sorrisi ancora una volta portando la sigaretta alla bocca. La serata si presentava davvero ricca di opportunità, ed io avevo solo l'imbarazzo della scelta.

Mi fermai nel parcheggio riservato del pub che avevo scelto per l'occasione: Il  Pulp. Localino stravagante ma alla moda nel quartiere periferico di Milano.Tutto intorno era costeggiato da alberi illuminati da piccole luci calde che abbellivano il posto e lo rendevano quasi un piccolo boschetto sdolcinato.

Appena varcai la soglia una specie di paura mi fece fermare. Era come se ci fosse una lastra di vetro davanti a me che impediva ogni mio movimento. Il grillo parlante aveva ragione. Io non dovevo essere lì, e cosa più importante non dovevo essere lì con Azzurra.

Il mio titubare fu notato anche da lei, che sorridendomi prese la mia mano destra, e portandosela sulla spalla a mo di guinzaglio mi trascinò con lei in pista. Forse avrei potuto ballare, avrei potuto ballare e basta.


                                 ***

Non facevo altro che sospirare e guardare dal finestrino le luci che si susseguivano durante la nostra passeggiata in macchina. Nessuno dei due aveva proferito parola, ma si respirava lo stesso nell'aria, quella sorta di timidezza e imbarazzo per quello che era successo all'uscita della scuola di ballo. Avevo praticamente la bocca impastata dalla saliva inesistente, e il mio corpo aveva ancora quel tremolio che era iniziato dentro la sala. La mia mente, già messa a dura prova da tutta la situazione vissuta nei giorni precedenti, riusciva a formulare sola una domanda: Perché?  Non capivo come eravamo arrivati fino a questo punto. Non capivo, come nonostante mi fossi esposta in quel modo con Dario, tutto fosse andato lo stesso a scatafascio. E cosa più importante, come faceva Dario a sapere di quel fantomatico bacio che neanche io ricordavo più?. 

« Non credevo di aver fatto una cosa tanto sgradita quando ti ho invitata... »

« No, Alessandro... Il problema non sei tu... sono io... non è serata... Scusami.. »

« Ok.. ti va se ci fermiamo a bere qualcosa? È da venti minuti che faccio il giro della città! »

« Ok... D'accordo... »

« Mi hanno raccomandato un localino davvero particolare in periferia! Dicono propongono dei drink davvero originali! »

« Ok, perché no! », mi sforzai di sfoderare uno di quei sorrisi sinceri, uno di quelli che scaldano il cuore, perché da lì a poco avrei detto la verità ad Alessandro. 

Le cose con Dario non si erano messe per niente bene, ma io, non potevo continuare a fare finta che tutto fosse in asse con il mondo intero. Dovevo chiudere la faccenda Alessandro e andare avanti con la mia vita, qualunque essa fosse.

L'auto si fermò nel parcheggio apposito regalandoci una visuale stupenda su un piccolo boschetto di fronte ad esso. Gli alberi tutti adornati con delle luci calde scendevano dai lati creando un'atmosfera romantica. 

Prima che io potessi dire qualcosa e scendere dalla macchina, lui mi attirò a sé prendendomi per il braccio stringendolo mozzandomi il respiro. 

« Anita... volevo dirti una cosa... », sussurrò inchiodandomi con il suo sguardo da cerbiatto impaurito. I suoi occhi verdi sembravano due smeraldi che brillavano con la luce del lampione non  lontano da noi.

« Cosa?... »

« Io... », Alessandro, non continuando quello che voleva dire si avvicinò molto lentamente a me e accarezzandomi la guancia destra con la sua mano dal profumo di muschio selvatico. I suoi occhi verdi si socchiusero facendomi capire quali fossero le sue intenzioni: voleva baciarmi. Era quasi giunto al traguardo quando lo fermai con una mano sulle sue labbra. 

« No.. Alessandro io non... »

« Non vuoi baciarmi... », chiese tornando alla sua posizione originale.

« Scusami, ma io non posso... », cercai con tutta me stessa di non cadere in un pianto disperato, e guardando verso  le mie gambe smorzai quella strana atmosfera che si era creata.

« C'entra il Dottorino non è così? »

« Alessandro.. è tutto molto complicato... »

« Sai, non devi spiegarmi niente... lo avevo capito fin da subito... Da come ti guarda, da come freme quando sei tra le sue braccia, e dalla sua gelosia non indifferente! »

« Non è come pensi... »

« E come sarebbe?... »

« Credimi, non lo so neanche io... »

Alessandro mi guardò un attimo comprensivo e togliendo le chiavi dal blocchetto d'accensione disse.

« Noi uomini a volte siamo stupidi, ma piano piano le cose le capiamo...  »

« Grazie ancora per la tua comprensione...  », sorrisi come una stupida appoggiando il capo allo schienale. Alessandro era davvero un gentiluomo, e in quel momento sperai che anche lui un giorno potesse trovare la sua anima gemella.

« Tranquilla, ti va ancora di bere qualcosa come due persone totalmente disinteressate? », chiese mostrandomi un mezzo sorriso degno di un perfetto ammaliatore.

« Certo che mi và!  », sorrisi sinceramente e aprendo la portiera uscì fuori respirando quell'odore di erba e terra bagnate. Adoravo quel profumo di libertà e spensieratezza, mi riportava sempre indietro nel tempo quando con la nonna passeggiavamo al parco dopo la scuola. 

Chiusi il cappotto stringendo tra le mani la cintura, per poi sistemare la mia piccola borsetta a tracolla specchiandomi sul riflesso della macchina di Alessandro. Feci alcuni passi allontanandomi dall'auto quando finalmente lessi a chiare lettere il nome di questo pub spettacolare: Pulp. L'insegna dorata e scritta in corsivo dava a tutto l'ambiente quel tocco raffinato e ricercato. Alessandro venne verso di me, e con un sorriso a trentadue denti mi porse il suo gomito da perfetto gentiluomo. Il suo sorriso, il più bello che avessi visto fino ad allora, instillò in me il medesimo sorriso. Chissà, magari avrei passato una bella serata senza pensare a Dario e alla sua sfuriata. 

Entrammo dentro il locale guardandoci intorno come si farebbe dinanzi al paese delle meraviglie. Il pub molto alla moda aveva i suppellettili color tortora e bianco alternati tra di loro  con candele profumate ad ogni tavolo. Il tutto incorniciato da dei pannelli di marmo bianco con venature marroni. Il locale si divideva in due spicchi. L'entrata adibita a lounge bar dava il benvenuto a tutti quelli che come noi volevano bere qualcosa, e poi non lontano da noi una pista da ballo non molto grande ma raccolta.

Ci avvicinammo ad uno dei piccoli tavoli alti che riempivano la sala quando i miei occhi lo videro. Feci cadere le braccia sulla sedia come se si fossero staccate di netto. Continuai a guardare sbigottita il ballo sensuale che Dario stava facendo con Azzurra. Un ballo che non lasciava nulla all'immagine, e che lasciava presagire cosa sarebbe successo da lì a poco. Il suo sorriso da marpione figurava sul suo viso mentre le accarezzava le braccia ben ancorate al suo collo, mentre il suo corpo si strusciava sul suo senza inibizioni. Sentii distintamente il  mio cuore frantumarsi in mille pezzi. Un suono acuto che torno indietro nel mio orecchio come un'eco in alta montagna. Quel suono, che sembrava essere solo nella mia testa, venne percepito anche da lui che alzò piano lo sguardo verso di me. Le sue iridi buie e spente di botto sembrarono riaccendersi di quella luce che amavo ammirare ogni qualvolta i nostri cuori erano vicini. Negai con il capo prima di prendere la borsetta e correre via. Non avrei fatto scenate, non avrei sbraitato contro di lui, non avrei fiatato, non avrei fatto nulla di tutto questo. Aveva rovinato tutto, era andato oltre i miei pensieri, oltre quella sottile linea immaginaria che avevo tracciato, e che doveva tenermi al sicuro. Aveva rovinato tutto, anche il mio amore per lui.


Note: Capitolo Trentadue. Buonasera a tutti! Capitolo emozionalmente forte! Dario, com'era prevedibile, a fatto la cavolata ( una delle tante) e adesso cosa succederà? Anita sembra aver perso quell'amore che provava per lui, stufa della sua gelosia e del suo comportamento da uomo immaturo. Dario riuscirà davvero a recuperare in extremis? Anita ha davvero chiuso con lui? Lo vedremo nel prossimo capitolo infuocato! 🤣🔥 Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ❤️

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Capitolo 33
*** Ad un passo dal suo cuore ***


Il mio corpo ormai alla mercé di Azzurra,  si muoveva in funzione di quel bisogno, di quella voglia, di quel capriccio sotto forma di pacco regalo. Quel regalo immaginario si strusciava su di me ricordadomi che quella metafora mi allettava sempre di più. Il suo sedere ormai appiccicato al mio pacco avanzava senza sosta e senza paura innescando in me quella voglia irrefrenabile che mi aveva accompagnato da sempre. Sorridevo come un idiota mentre le sue mani sapienti mi accarezzavano il viso per poi agganciarsi dietro la mia nuca. Le sfiorai le braccia con le nocche per poi scendere sui suoi fianchi quando sentii qualcosa attraversarmi il cuore da parte a parte. Alzai il capo come se mi stessi svegliado in quel preciso momento, e fu all'ora che incontrai i suoi occhi. I suoi meravigliosi occhi blu-verdi mi guardavano delusi facendomi tremare le ginocchia.
Lei, negò con il capo quasi tra le lacrime per poi correre via nel più totale silenzio. Merda! Esclamai ritornando in me. All'improvviso mi sentii un imbecille.Tolsi le mani dalla mercanzia di Azzurra e mi buttai all'inseguimento di Anita senza dire altro. Corsi per tra la gente per poi lanciarmi verso la porta aprendola di botto. Ancora con il fiatone, mi guardai in torno portando le mani sopra la testa per poi vederla mentre si allontanava tra gli alberi del boschetto di fronte. 

« Anita!  », la chiamai con tutto il fiato che avevo in corpo facendola fermare per un secondo per poi continuare la sua corsa senza meta.

Corsi verso di lei accorgendomi che aveva difficoltà a camminare tra la terra dove i suoi tacchi a spillo affondavano

« Anita ti prego vuoi fermarti!! »

« Perché dovrei farlo?! Cosa vuoi da me?!? »

« Voglio spiegarti come stanno le cose...  »

« Ho visto bene come stanno le cose!  »
« Non è quello che sembra...  »

« Ah no?! Quindi il tuo pisello non era attaccato al suo sedere?!  »,

« Ok, è quello che sembra... Ma non significa niente per me! Lei non è niente per me! Ero arrabbiato!  »

« Eri arrabbiato?! Eri arrabbiato?!?! Ma fammi il piacere! »

« È colpa tua! Sei andata via con il damerino dopo averlo baciato e io non ci ho capito più nulla! »,

« Si dia il caso che sono uscita con lui solo perché volevo troncare... Volevo chiudere quel rapporto che non c'è mai stato! E quel bacio dato a stampo settimane fa, non ha aveva nessun significato per me! »,

« Cosa...? »

« Hai capito benissimo! Ho chiuso con lui! E tu... tu non hai perso tempo! Mi fai schifo! », gridò avvicinandosi a me mollandomi uno schiaffo sulla guancia destra. 

Mi diede quello schiaffo con tutta la forza che aveva lasciandomi di stucco.
Lei, ritirò la mano portandosela al petto con gli occhi pieni di lacrime non cadute prima di girarsi e riprendere il cammino. Sentivo che la stavo perdendo, sentivo che ero arrivato ad un nuovo livello di idiozia. Dovevo rimediare.

« Anita... »

« Vattene via idiota! », ricominciò la sua corsa  tra gli alberi e le luci che sembravano adesso tante piccole stelle, quello che non avevo visto prima. Come quello che era successo con Anita, non avevo guardato oltre la mia gelosia.

Corsi nuovamente verso di lei prendendola per le spalle facendola adagiare ad uno degli alberi che ci circondavano. Lei presa da una rabbia incontrollata inizio a spingermi e a menare di brutto fino a quando riuscì a prenderle i polsi portandoli sopra la sua testa. 
Tutto quel trambusto ci aveva provati e privati della lucidità e della forza che avevamo in corpo. I nostri respiri si susseguivano spalancando la bocca, come a voler riprendere fiato più in fretta possibile. I nostri sguardi non si lasciavano un attimo, nessuno dei due voleva mollare la presa, nessuno dei due voleva perdere quella silenziosa faida. Il suo decoltè lasciato libero dal cappotto aperto fece scattare dentro di me una serie di pensieri peccaminosi incontrollati

Preso da una forza incontenibile la baciai racchiudendo dolcemente le mie labbra sulle sue. Quest'ultime calde e morbide entrarono subito in contrasto con il freddo che ci circondava facendomi impazzire all'istante. Continuai ad infrangermi su di lei baciandola sempre più preso e ansimando ogni volta che la mia lingua toccava la sua. Lasciai le sue mani, che avevo tenuto in ostaggio, per accarezzarla, per toccarle la nuca, per sentire sotto la mia pelle la sua vellutata. Completamente preso dal momento strisciai con la mia mano destra seguendo un percorso che conoscevo bene, viaggiai assaporando con il tatto quel corpo che amavo alla follia. Volevo che sentisse che l'amavo pur non dicendo una parola. Strinsi il seno sinistro accentuando il tocco con il palmo della mano come se fosse nudo, per poi scendere verso il suo sedere arpionandolo accostando anche l'altra mano. Le gemette forte a quella presa inaspettata afferrandomi per la nuca pettinando i miei capelli con passione. Gemetti anche io tra i suoi baci, ero sopraffatto da lei, la volevo ardentemente. La desideravo con tutto me stesso. Mi fiondai sul suo collo baciandola come se fosse un gelato, volevo assaporare il gusto della sua pelle mentre le mie mani, comandate ormai quel cervello fuori uso, sollevarono il vestito da sotto strisciando le mani su di esso.

« Dario...? », sibilò con un filo di voce mentre mi conduceva verso di lei stringendo il mio viso tra le sue mani.

Mi guardò con i suoi meravigliosi occhi  blu-verdi cercando una risposta nei miei, risposta che non tardò ad arrivare.

« Anita... io ti voglio adesso... ti desidero... »

« Cos...a?... »

« Mi hai chiesto di "farlo"... e... e io voglio farlo adesso... », risposi con un filo di voce prendendo il profilattico che avevo in tasca poggiandolo con forza sull'albero dietro di lei « Ma solo se tu lo vuoi... Se mi vuoi...»

Ci guardammo per un tempo indefinito, nel quale i nostri corpi fremevano per quella mia richiesta azzardata. Il suo respiro accentuato dal movimento del suo seno mi suggeriva che forse avevo calcato un po' la mano.

« Anita... io... », stavo per fare marcia indietro quando lei parlò.

« Lo voglio... Ti voglio... », affermò sotto voce stringendo nuovamente il mio viso tra le sue mani. 

I suoi occhi si chiusero senza paura mentre si lasciava andare in un altro bacio lento ma passionale. 

L'amavo. L'amavo più quanto io stesso potessi comprendere. E io, mi ero comportato da perfetto stronzo. L'avevo fatta soffrire ancora una volta con la mia gelosia, con quel sentimento che stavo imparando a conoscere ma che non sapevo gestire.  E adesso, che l'avevo tra le mie braccia, non avrei mai voluto lasciarla. Era mia, totalmente mia.

                               ***

Le sue mani tornarono ad alzare il mio vestito stringendo le estremità delle mie mutandine portandole giù. L'aiutai nell'impresa e lui se le mise nella tasca anteriore dei jeans.  
Lo guardai dritto negli occhi, quegli occhi azzurri che mi facevano tremare il cuore e l'anima. Le mie mani, che bramavano il contatto con il suo corpo, si appoggiarono nuovamente sul suo viso sfiorando le sue labbra la quale furono subito attraversate dal suo respiro quasi affannato, prima di farle scendere sul suo collo lambendo il pomo d'Adamo e successivamente soffermandomi sulla sul torso coperto dalla camicia che indossava. Prosegui senza indugio lungo quel corpo che ormai conoscevo bene sbottonandogli  jeans, e toccando l'interno provocando un imprecazione da parte sua. Sorrisi prima di aiutarlo a liberarsi dei suoi indumenti.Tutta quella situazione era una pazzia, una pazzia paralizzante, ma nonostante tutto, volevo assaporare ogni singolo momento. 
Lo amavo. Non mi importava cosa avesse fatto su quella pista da ballo, non mi importava la sua gelosia smisurata e immotivata, e non mi importava il suo comportarsi da stronzo. Lo amavo, lo amavo da perdere il fiato e questo non sarebbe mai cambiato. Mai.

Infilò il profilattico non perdendomi di vista. I suoi occhi che intravedevo attraverso i suoi capelli corvini mi scrutavano provocandomi un brivido lungo la schiena. 
Alzò senza preavviso la mia coscia sinistra trattenendola con il il braccio destro facendomi sussultare, per poi entrare dentro di me gemendo forte sulle mie labbra. Risposi in egual modo stringendolo a me avvolgendolo con le mie braccia. Poggiai la parte sinistra del mio viso tra capo e collo ansimando e respirando quel profumo di bergamotto quasi fosse l'unico ossigeno per me. Ad ogni spinta sbattevo contro la corteccia strisciandoci contro in un turbinio di emozioni. Era tutto tremendamente eccitante, nulla paragonato a quello che avevo provato con Edoardo.Tutto di lui era diverso. Era travolgente, passionale, impetuoso e irresistibile. 
Cercò nuovamente il contatto visivo scostandosi da quella mia morsa come a volersi sincerare che io stessi bene.
Annuì rispondendo a quello che aveva sussurrato con gli occhi. Lui, con le labbra socchiuse per lo sforzo accennò un mezzo sorriso per poi chinarsi verso le mie labbra accennando un bacio. Ma non era proprio un bacio, era quasi una supplica, un chiedere quella grazia aspettata da tempo, invocare quei santi del paradiso in attesa del miracolo. Il suo respiro caldo sulle mie labbra tremanti si accentuò accompagnato dal mio nome che sentivo rimbombare nella mia bocca. Il  suo ritmo continuava a crescere come la la tornado che ci stava per travolgere. 
Le sue parole, sempre più frammentate nella mia mente, si allontanavano dalla ragione lasciandomi in balia di quei tremori che preannunciavano l'inizio della fine. 
 
Strinsi forte la sua nuca gemendo. Il mio corpo, del tutto privo di inibizioni, si accalcava ancora su di lui trasportata dai quei lasciti trasmessi da suo corpo. 
Lui, si accasciò sulla mia spalla destra riprendendo fiato. La sua mascella liscia sfregò contro di essa dolcemente.
Sentii il calore del suo respiro sulla mia pelle, prima lasciarci tanti piccoli baci. Trattenni il respiro stringendo più a me la sua nuca.

« Dario... », lo chiamai con voce tremula mentre mi spostavo verso i suoi capelli dalla nuca.

Volevo dirglielo. Gli avrei detto che lo amavo, che volevo fare l'amore con lui senza chiedermi del domani, e che lo avrei aspettato anche cento anni. 

Lui, si alzò piano dalla sua posizione rilassata per poi tuffarsi nuovamente nei miei occhi.

« Anita... », sussurrò spostando una delle mie ciocche che si erano attaccate al mio viso mentre ci amavamo.

Ci guardammo senza timore, senza fretta, senza quella irrequietezza che pervade gli animi quando non si ha quello che si vuole appieno.

« Dario... io...t », proprio in quel momento un acquazzone ci sorprese facendoci staccare.

Iniziammo a ridere come due bambini divertiti da tutta quella situazione. Alzai le braccia continuando a ridere, ero inspiegabilmente felice.
Dario si alzò subito i jeans così com'era e prendendomi per mano disse:

« Anita dobbiamo andare via da qui! La mia macchina non è molto distante! Andiamo! », mentre diceva quelle parole rideva con la pioggia che batteva sul suo viso

Prese la la mia mano cercando di trascinarmi, ma io avevo ancora un ostacolo che mi intralciava i passi.

« Dario! Non posso correre con questi tacchi! Li tolgo subito! »

Tolsi quei trampolini dai piedi e incoraggiata da lui mi feci guidare correndo tra gli alberi e le luci che erano stati testimoni di quel momento tanto bello tanto passionale.
Entrammo di fretta e furia dentro la macchina ridendo come pazzi. 
Ci guardavano divertiti per come eravamo conciati. Lui, sposto subito i suoi capelli all'indietro e togliendosi gli occhiali si guardò i jeans.

« Dario hai ancora il... »

« Già... », rispose divertito gettando gli occhiali zuppi nel vano portaoggetti « Posso dirti che non mi era mai  capitato di portarmi a casa il profilattico come souvenir! », continuò accentuando le ultime parole tra una risata e l'altra.

« C'è sempre la prima volta... », risposi sorridendo appoggiando il capo allo schienale guardandoci negli occhi nuovamente.

« Mi dispiace ti ho strappato il vestito... », disse toccando il lembo sguarciato sulla gonna, prima di distogliere lo sguardo quasi imbarazzato accendendo la macchina.

Sicuramente era successo durante la nostra performance con tanto di coscia alzata. Sorrisi toccandola anche per poi replicare:

« Non fa niente... tanto era vecchio...»

« Te ne comprerò uno nuovo... », affermò secco senza guardarmi in faccia. Doveva sentirsi tremendamente in imbarazzo.

« Dario, davvero non è un problema... », continuai cerca di di rassicurarlo. In effetti era un vecchio vestito che ormai aveva fatto il suo tempo.

« Insito! », replicò voltandosi verso di me divertito « E poi, questa situazione mi sà tanto di dejavu! » continuò continuando a sorridere e facendomi l'occhiolino.

« Guarda che tu non ti sei fatto pagare niente da me! A parte quel misero latte macchiato che ti ho portato! »

« Non sai come ho apprezzato quel latte macchiato... », rispose guardandomi ancora una volta sornione riferendosi alla nostra notte infuocata che ne venne dopo.

In realtà anche io avevo apprezzato quel latte, lo avevo apprezzato tre volte.

« O..k... Allora vada per il vestito... », sorrisi di nuovo arrossendo spostando il mio sguardo verso il finestrino tempestato da quella pioggia battente.

Per il tempo che ne venne dopo fummo sorpresi dal.ricordo della situazione surreale appena vissuta ammutolendoci entrambi.

Non potevo credere a come ci eravamo lasciati andare in un posto così scomodo e insolito. 

Arrivati sotto casa mia, Dario spense la macchina tornando a guardarmi con il mezzo sorriso in bocca.

« Eccola a casa Signorina Velletri... »,

« La ringrazio Signor Mancini.... spero di vederla presto... in altre occasioni... »,

« Io spero di vederti con le stesse modalità... », il suo viso ad un tratto diventò serio e sensuale, voleva lanciarmi un chiaro messaggio. Ma anche io non ero da meno.

« Solo se sono l'unica che ti scopi... », dichiarai  aprendo la portiera ed uscendo per metà.

Lui rimase interdetto un secondo. Non si aspettava tanta sfrontatezza da parte mia. Ma anche io per un attimo avrei riportato indietro il nastro. Mi ero lasciata andare troppo.

Lui deglutì a fatica guardandomi come se fossi un regalo di Natale.

« Sei l'unica... », sentenziò guardandomi serio.

Entrai nuovamente prendendolo per le guance e baciandolo senza preavviso. Un bacio casto, ma che sapeva di promessa. Mi scostai da lui guardandolo sorridere, era proprio al settimo cielo. Glielo leggevo negli occhi.
Mi scostai da lui e feci per uscire dall'auto quando lui attirò nuovamente la mia attenzione.

« Anita! Le tue mutandine! », esclamò prendendole tra le dita.

« Tienile come promemoria... », Replicai mettendomi le scarpe e chiudendo la portiera.

Mi guardò esterrefatto per tutto trafitto. 
Non poteva credere alle sue orecchie. 
Continuai a sorridere maliziosa come niente fosse fino a ché non entrai dentro il portone di casa mia. Mi appoggiai ad esso tremante e felice. Felice di aver messo tutto in chiaro, felice di aver fatto l'amore con lui, felice per qualcosa che forse stava cambiando. Questa volta ci credevo veramente, questa volta ero ad un passo dal suo cuore. 


Note: Capitolo Trentatré. Buonasera a tutti  bentrovati! Capitolo veramente emozionante! Posso dirvi che mi davvero molto il fiato! Scusate per la lunghezza, ma non poteva essere tagliato!. Come avete visto Dario e Anita fanno pace lì dove sembrava che non potesse accadere! Vi dico la verità, quando ho pensato la scena non avevo in mente di farla finire lì, ma Dario ha insistito! ❤️🤣 E questo è il risultato! Spero che vi sia piaciuto! Come pensate che si evolverà il loro rapporto adesso? Sarà davvero tutto semplice?! Grazie sempre a chi mi segue ❤️ E alla prossima ♥️

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Capitolo 34
*** Meravigliosa Confusione ***


Dopo essere tornato a casa, e aver buttato il "souvenir" nel cestino, mi ero infilato subito dentro la doccia tra un sorriso da ebete e l'altro. Ero su di giri. Non facevo altro che pensare a lei: Ai suoi occhi, alle sua labbra, e a quella pelle vellutata sotto i miei polpastrelli. Lei era l'unica, lo era sempre stata. Non ero "riuscito" a concludere con nessun'altra da quando l'avevo conosciuta. Avevo anche scoperto, mio malgrado, cos'era l'astinenza forzata, e cosa provocava al mio organismo e alla mia mente nei giorni in cui non l'avevo vista. Qualcosa che non avevo mai sperimentato, ma che non intendevo più replicare. E adesso che il professore era uscito finalmente fuori di scena, potevo calmarmi e gestire meglio la gelosia e tutto il resto. Tutti ne avrebbero giovato, anche Mirko e i suoi cari nervi. Proprio quest'ultimo, era andato su tutte le furie dopo aver saputo, dall'avvocato, il mio comportamento spregevole con lui e quello squallido con Azzurra; arrivando anche alla conclusione che forse era meglio che io mi sottoponessi ad una giornata di vacanza forzata. Cercai di sistemare la situazione chiedendo scusa mille volte, e spiegando che le cose con Anita erano andate per il verso giusto, e che da ora in avanti mi sarei comportato bene a lavoro. Ma, il buon Mirko, che nel frattempo si era macchiato di crimini inconcepibili tra le quali dire a raffica parolacce e prendere gli antidolorifici che lui odiava a morte per quel il mal di testa che gli avevo procurato, non era della mia stessa idea. Anche Saverio, con la quale non avevo mai litigato fino a quel momento, bloccava sul nascere ogni mio tentativo di chiamata, rispondendo solo con emoticon che non lasciavano niente all'immaginazione. Solamente quando lo invitai a padel, uno dei suoi sport preferiti, ebbi come risposta un pollice in su, ma sapevo bene che la cosa non sarebbe finita lì, lui aveva ancora in serbo per me qualcos'altro. Avevo visto, nel corso della nostra ventennale amicizia, cosa potesse diventare Saverio quando provocato in tal senso, e lo sapeva bene anche suo fratello maggiore Nicolò, e la sua Peugeot presa a sassate il giorno in cui l'aveva ritirata dalla concessionaria dopo una litigata stratosferica.

Armato di buone intenzioni, e con la consapevolezza che l'avrei pagata cara, entrai nella mia auto gettando il cappotto e il borsone con la tenuta da kopadel nei sedili posteriori. Alzai la camicia bianca per non farla sgualcire entrando in macchina e guardandomi dallo specchietto retrovisore cercai un po' di coraggio perperire sotto l'uragano Saverio.

Appena arrivato a destinazione, vidi una cosa che non avevo mai visto: Saverio era già davanti al portone che mi aspettava a braccia conserte. Brutto segno. Non era da lui essere puntuale, non lo era stato neanche quando la notte di Capodanno dovevamo partire per Amsterdam perdendo l'aereo miseramente. Bruttissimo segno.

Lui, mi guardò con i suoi occhi castani infervorati passando davanti al cofano tamburellando con le nocche su di esso per poi entrare in macchina sbattendo lo sportello. Ero spacciato.

Incominciai a ridere cercando di trattenermi senza guardarlo negli occhi. Il mio atteggiamento da " ho sbagliato e voglio rimediare" non passò inosservato facendo parlare subito il caro avvocato.

« Dottore... »

« Avvocato... », risposi cercando ancora una volta di camuffare quel sorriso accendendo la macchina.

« È inutile che ridi, sono incazzato nero con te... », affermò guardandomi con sguardo annoiato prendendo il pacchetto di sigarette dal taschino del giubotto marrone che indossava.

« Sa, per favore! Mi sento un vero schifo! »

« Dovrai sentirti ancora peggio prima che io perdoni il tuo comportamento da coglione! », disse continuando a cercare qualcosa nelle tasche.

« Ti ho già chiesto scusa un milione di volte! Cosa devo fare?! »

« Per cominciare per esempio, potresti favorirmi l'accendino dato che non trovo il mio! », borbottò toccandosi le cerniere ai lati del suo torace prima di aprire il cruscotto portaoggetti.

Quello che successe dopo lasciò senza parole entrambi. 

« Cazzo! Ma queste cosa sono?!? », il suo viso che da prima sembrava non provare nessuna emozione si dipinse subito di quel sorriso che la sapeva lunga e che tutti conoscevamo.

« Cazzo! Dammele subito! », gridai strappandogliele dalle mani ridendo come un idiota. 

Mi ero completamente dimenticato che nell'euforia del momento, le avevo buttate di getto dentro il vano porta oggetti dopo essere stata sorpreso a sniffarle davanti casa, dagli occhi inquisitori del professor Fonti.

« Allora?! Mi dici di chi sono?! » Saverio, sempre più insistente, e con una luce diversa negli occhi, aspettava con le braccia strette al petto il responso, neanche fosse stato il risultato di Champions League.

« Di Anita... »

« Che?! Di Anita?! »

« Già... È un promemoria... », continuai con il sorriso da ebete che ormai era fisso sul mio viso da quando l'avevo lasciata a casa la sera prima.

« Un promemoria?! Cazzo! Fammele vedere meglio! »

« Cosa?! Non ci penso nemmeno!! »

« Per come ti sei comportato ieri sera, è il minimo che tu possa fare!!! Me lo devi!! »

« Cazzo... Se lo sa mi uccide! », affermai aprendole tipo vela mostrandole in tutto il loro splendore. Erano delle mutandine tanga nere in pizzo che avrebbero fatto tornare la vista ad un cieco.

« Mmmh carine... », affermò con totale disinteresse trovando finalmente l'accendino tanto agognato nel vano portaoggetti accendendo la sigaretta.

« Eh?! Carine?! Sono stupende! A me viene duro solo a guardarle... »

« Beh, cosa mi succederebbe se ti dicessi che sono favolose e che hanno fatto un certo effetto anche su di me prima di sapere che fossero di Anita? Mi butteresti fuori dalla macchina in corsa?! », chiese aprendo il finestrino buttando via quel fumo che aveva in bocca.

« Sa, lo sai che non potrei mai... »

« Non potresti, ma ieri sera mi ha spintonato neanche fossi il tuo acerrimo nemico! »

« Hai ragione... e ti chiedo nuovamente scusa... Ma non ero più io! Mi sono lasciato trasportare dalla gelosia... E tu, e tu volevi solo aiutarmi... Sai che ti voglio bene, e che sei sempre stato di grande sostegno nei miei momenti più duri... Non saprei proprio come fare senza di te... », affermai quasi commosso guardandolo dritto negli occhi. 
Era tutto vero. Lui era stato la mia spalla in tutto, anche quando il mio mondo era crollato dopo la morte di mia nonna.

« Vieni qua coglione! », esclamò anche lui commosso stringendomi tra le sue braccia quasi strozzandomi.

« Sa, se continui così però avrai un coglione sulla coscienza!! »

« Ok... Adesso però dimmi una cosa... Ti sei scopato Azzurra ieri sera? », chiese guardandomi dritto negli occhi riportandosi la sigaretta alla bocca.

« No... ho fatto di meglio... »

« Cioè?! »

« Ho fatto l'amore con Anita addossati ad un albero fuori dal Pulp... », affermai sorridendo uscendo dalla macchina.

« Che?! Ma chi cazzo sei?! Jury Chechi?! », replicò Saverio uscendo di corsa anch'egli dalla macchina avvicinandosi al lato passeggero posteriore dove stavo raccogliendo il borsone. « Allora?! Mi dici come hai fatto?! E voglio i dettagli!! »

« Ero completamente andato! Sarà stato anche lo schiaffo che mi ha tirato! », dissi chiudendo lo sportello e allontanandomi dall'auto con lui al seguito.

« Ti ha menato?! »

« E di brutto! », aggiunsi massaggiando la mascella come se ancora fosse vivido il suo schiaffo dato da Anita.

« Mi piace sempre di più sta ragazza! »

« Anche a me... », affermai spingendo una delle porte di trasparenti che si trovavano davanti a me entrando dentro la struttura che accoglieva i campi di gioco.

« So per esperienza, che non c'è niente di meglio di una scopata dopo una litigata... Ma adesso che intenzioni hai? »

« Al momento abbiamo un rapporto di esclusività... »

« Che?! »

« Un po' come quello che avete tu e Ginevra... »

« Noi non abbiamo un rapporto di esclusività... »

« Ah no?! »

« No...  »

« Quindi non è vero che scopi solo con lei?! »

« È un caso! »

« Quindi la casualità gestisce il vostro rapporto?! »

« Esattamente! »

« Mmmh capisco... »

« Cos'è quello sguardo da "so tutto io" ?! », gli occhi di Saverio si chiusero in due fessure stringendo tra di loro le sopracciglia. Come a volerci chiaro, come se quello che stavo dicendo fossero solo supposizioni fantasiose.

« Io?! Non ho nessun sguardo! »

« Invece si, hai lo sguardo da sapientone! »

« Ok, allora dimmi che ieri sera non avete scopato! »

« Abbiamo, eccome se abbiamo... »

« Hai visto? »

« Questo non significa nulla! È sempre la.... la... », cercò di esprimersi meglio che poteva ma iniziò a balbettare non riuscendo a trovare la parola chiave.

« Casualità?! »

« Esattamente! »

« Avvocato, cambiati che ti aspetto fuori! Oggi voglio stracciati », dissi dandogli una pacca sulla spalla allontanandomi verso l'altro spogliatoio.

Lui rimase un attimo senza parole guardandomi come se gli avessi dato una mazzata in piena fronte.

« È casualità!! », gridò nuovamente prima di chiudere la porta dello spogliatoio sbattendola.

Sorrisi aprendo anche io la porta davanti a me, perché in lui rivedevo me. Il testardo idiota innamorato.
    
                                                              ***

Per quanto mi sforzassi, per quanto cercassi di pensare ad altro, la mia mente mi portava solo da una parte: Dario. 
Ripensavo ad ogni piccolo particolare: I suoi occhi cristallini attraverso i suoi capelli, le sua labbra morbide e calde sulle mie, quelle mani dalle doti risapute che si muovevano impetuose su di me. Sorridevo ad ogni ricordo, ad ogni respiro, ad ogni movimento. Ero pazza di lui. Con lui non c'era ragione, non c'era il preventivato, non c'era la razionalità. Tutto avveniva in un modo così inaspettato e magico che non avevo il tempo di pensare molto, una meravigliosa confusione. 


Mentre saltellavo tipo capretta nel pascoli per casa insieme alla carpetta con tutta la documentazione Sweet tè ebbi un flash non indifferente: Alessandro. 
Mi resi conto, che avevo lasciato il povero Alessandro al pub senza neanche degnarlo di uno sguardo. Portai le mani alla bocca mortificata per quel comportamento senza tatto e sconsiderevole facendo cadere tutto a terra. Raccolsi tutto di fretta e furia e lanciando tutto dentro la borsa mi avviai verso l'ufficio. L'avrei chiamato in macchina, non potevo comportarmi da perfetta cafona. 

Appena arrivata in ufficio schizzai per i corridoi grazie anche alla mise comoda di quella mattina: pantaloni neri modello skinny camicetta smanicata bianca, il tutto abbinato ad un trench nero.

Entrai spalancando la porta riversando tutto sulla scrivania. Volevo al più presto parlare con Alessandro, e scusami per la mia figuraccia della sera prima quando vidi il telefono illuminarsi. L'ultima persona che avrei sentito in quel momento mi stava chiamando, e quando lei chiamava, io dovevo solo rispondere.

« Claudia! », risposi con una voce così squillante da farmi paura da sola. Ma dovevo camuffare tutto per bene, lei non doveva capire minimamente cosa fosse successo con Alessandro, tanto meno con Dario.

« Anita! Che bello sentirti così attiva! Perché dei spiegarmi un bel po' di cose... », la voce di Claudia che dapprima sembrava più squillante della mia, si incrinò nelle ultime parole da lei utilizzate. Sicuramente sapeva qualcosa, qualcosa di grosso.

« Cose?! Quali cose?! », risposi quasi sicura di aver usato un tono acuto alla Katia Ricciarelli, e lei, la signorina Rottenmeier l'avrebbe sicuramente notato.

« Per esempio cosa è successo con Alessandro ieri sera! », ormai completamente posseduta dallo spirito della signorina Rottenmeier andò subito al sodo, senza quei giri di parole che avrebbero tanto giovato quella scalata sugli specchi che stavo per fare.

« Alessandro?! Alessandro! Si, eravamo insieme! Eravamo insieme, e io sono andata con lui! Si è andata proprio così! »

« Già... Questo lo so, me ne sono accorta anche io! Ma io voglio sapere cosa è successo dopo! Stamattina mi ha detto qualcosa che non capisco! »

« Cioè?! »

« Mi ha detto, che sei molto bella e simpatica ma che non sei il suo tipo... »

Mi resi subito conto che Alessandro, il buon Alessandro, mi aveva appena salvata da una situazione senza uscita, quando avrebbe potuto tranquillamente sputtanarmi con lei. Mi sentii subito una stronza senza cuore e lui il solito gentiluomo. 

« Si... Sai differenze inconciliabili... »

« Differenze inconciliabili?! Ma se ci siete visti un paio di volte!! »

« Eh, ma sai a volte quel tipo di cose si capiscono a primo sguardo... », risposi quasi rispondendo anche a me stessa. Avevo capito fin da subito che ero innamorata pazza di Dario, ma avevo seguitato a illudere Alessandro solo perché non volevo più soffrire, facendo soffrire lui si conseguenza.

« Sarà, ma io non credo molto a queste favolette... Ragion per cui, ho organizzato una serata al karaoke tutti insieme! »

« Claudia... », dissi esasperata buttandomi con la faccia dritta sulla scrivania. Non ne potevo veramente più.

« Lo sai che adoro il karaoke! E poi piace anche a te! »

All'improvviso, la mia cara sorella maggiore, scesa giù come l'arcangelo Gabriele mi ricordò tramite un messaggio che avrei dovuto tenere il piccolo Riccardo, salvandomii in extremis da quella situazione scomoda.

« Claudia io stasera non posso! Devo fare da babysitter a Riccardo, magari un'altra volta! »

« Ma guarda che non è per stasera! È per domani! »

« Ok... », risposi facendo ricadere la faccia sulla scrivania. Non avevo scampo.

« Ah! Ti avverto prima, ci saranno anche quegli idioti di Saverio e Dario... So che non ti stanno molto simpatici, ma Mirko ci tiene a loro quindi non posso escluderli.... »

« Dario... », replicai alzando nuovamente il viso dalla scrivania come se avessi ricevuto una grazia, facendo apparire sul mio volto quel sorriso da ebete ogni volta che pensavo a lui.

« E Saverio... », affermò con una cantilena che faceva percepire tutto il suo "amore" per i suoi futuri compari.

Ad un tratto la porta di aprì facendo apparire davanti ai miei occhi una Federica impaziente e su di giri.

« Claudia, scusami, ma devo proprio andare! Ci sentiamo domani! Ciao! », chiusi il telefono e fiondandomi verso la porta mi accorsi che c'era qualcuno che aveva monopolizzato tutto l'ufficio. Con il cuore in gola guardai nella sua direzione. Cosa ci faceva lui lì?


Note: Capitolo Trentaquattro. Buonasera a tutti! E bentrovati! Capitolo di scuse e inviti. Dario cacciato da Mirko ha una giornata di vacanza forzata e invita Saverio a giocare a padel, Anita invece scopre attraverso Claudia che Alessandro l'ha salvata in calcio d'angolo... Ma come mai questa presa di posizione?! Come mai il nostro caro professore ha detto questa cosa? Ma soprattutto, chi è questo misterioso ragazzo arrivato in ufficio?! Lo scopriremo nel prossimo capitolo! ❤️ Grazie sempre a chi mi segue e alla prossima ❤️

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Capitolo 35
*** Casualità ***


Con il sorriso di chi aveva vinto e stracciato il suo avversario, spinsi con orgoglio la porta di vetro che ci divideva dal resto dell'edificio. Ero sempre stato un asso a padel, ma quel giorno, grazie anche all'energia accumulata dalla sera prima, lo avevo silurato.
Camminavamo tranquilli sulla via degli spogliatoi quando dagli altoparlanti del corridoio uscì Crying at the discoteque degli Alcatraz. Già elettrizzato dalla vittoria schiacciante, mi gasai ulteriormente iniziando a ballare alla Tony manero prendendo in giro Saverio.Trasportato e divertito da quella musica che avevo ascoltato tante volte in discoteca, non diedi peso al suo sguardo annoiato mentre mi osservava senza dire una parola. 

« Ma la vuoi smettere?! Mi stai dando su i nervi!! »

« No! Cos'è non sai accettare una sconfitta? »

« Io? Era una partitella qualunque... », rispose Saverio alzando la maglia bianca Umbro con il colletto rosso verso il suo viso per asciugare il sudore che ancora cadeva dalle sue tempie.

« Ah sì?! »

« Si! »

« Allora dimostralo! », affermai sfidandolo alzando la mia maglia bianca Nike neanche fossi uno di quei teppisti di strada.

Lui, che non si era mai tirato indietro nella sua carriera da "uomo che non deve chiedere mai", iniziò a muoversi per il corridoio dando il meglio di sé. 
Saverio era l'unico di noi che quando si parlava di mettersi in mostra, lasciava la dignità a casa, io questo lo sapevo bene. Si girò facendo una giravolta e camminando all'indietro strinse le labbra chiudendo gli occhi portando la testa a destra e sinistra seguendo quella musica che ormai sembrava averlo rapito.

Continuai anch'io a ballare come un idiota senza badare molto a gli altri giocatori che attraversavano quel corridoio dalle vetrate trasparenti. Mi sentivo felice, e da lì a poco ne avrei combinata un'altra delle mie. Ma questa volta sapevo quello che facevo, dovevo farmi perdonare.

Avanzavo sicuro di me verso gli spogliatoi ancheggiando in modo sexy, quando dall'altra parte del corridoio si avvicinavano a passo veloce, due ragazze more davvero carine con il loro completini da padel.
Seguitai a ballare anche se sapevo che avrei attirato sicuramente la loro attenzione, mi piaceva farmi guardare, mi piaceva essere desiderato. Niente di impegnativo, l'importante era farsi guardare.

Le signorine in questione, dopo aver lanciato uno dei loro sguardi inequivocabili risero tra di loro. Saverio, vedendole superarci rispose con uno dei suoi sorrisi facendogli l'occhiolino. Il suo fascino era innegabile, tutte quelle che lui adocchiava cadevano ai suoi piedi.

« Siete davvero bravi a ballare... », ripose una delle due ragazze puntando Saverio.

« Siamo bravi anche in altre cose... », rispose lui senza alcun ritegno.

« Non avevo dubbi... », rispose la ragazza sorridendo maliziosa prima di sparire dietro la porta di vetro che portava ad uno dei campetti.

« Le vedi quelle gonnelline?! « domandò poggiando il suo braccio destro sopra le mie spalle «  Dovrebbero essere illegali! Ti mandano il cervello a puttane! »

« Già... », risposi guardando anche io verso di loro. Non potevo mentire a me stesso, mi piaceva ancora giocare al casanova teoricamente. Mi piaceva suscitare nelle donne quella voglia e quel desiderio nei miei confronti. Ero come un drogato che stava entrando in un clinica di riabilitazione. Dovevo disintossicarmi da quella roba, ormai ero fottutamente innamorato di Anita e non potevo continuare a fare il cretino. 

« Sai che ti dico?! Compro un completino simile a Ginevra... »

« Perché?! Le piace giocare a padel?»

« A padel non lo so, però le piacciono i giochi di ruolo... »

« I giochi di ruolo?! No, adesso mi racconti! »

« Una volta ha fatto finta di essere una mia cliente scopandomi sulla scrivania di casa mia senza pietà... »

« Cazzo... Adesso capisco la " casualità" di cui parli! »

« Guarda che è davvero una casualità! Comunque, io adesso vado a fare la doccia a casa e mi precipito in tribunale, ci vediamo per pranzo? »

« Io in realtà ho altri programmi... »

« Vedo che il promemoria funziona! »

« Eccome se funziona... Voglio portarla in un posto... »

« Ok dottore, ci vediamo domani al bar con il nostro caro compare... »

« Ok, a domani Avvocato, e in bocca al lupo per l'udienza! »

« Crepi! », gridò salutandomi con la mano prima di scomparire dal mio campo visivo.

Girai i tacchi ed entrai dentro gli spogliatoi così da poter fare la doccia. A differenza di Saverio, io non dovevo indossare un vestito elegante dopo, quindi preferivo sempre fare la doccia direttamente sul posto. E poi la struttura era nei pressi della city dove lavorava Anita. Altra casualità.

                               ***

Con gli occhi sbarrati e con la mente vuota peggio di un copione bianco, osservai la figura maschile che parlava e sorrideva al nostro account manager, suo amico di vecchia data lanciandomi di tanto in tanto dei sorrisi e degli sguardi che mi lasciarono interdetta. Come poteva essere così tranquillo e gioviale dopo quello che era successo la sera prima?.

All'improvviso congedò il suo amico e toccandosi la testa come a volersi scusare in anticipo venne verso di me.

« Alessandro! Che... che sorpresa! »

« Posso parlarti un attimo in privato? »

« Oh! Certo, certo! Da questa parte! », risposi ancora sotto shock  indicandogli l'ingresso del mio ufficio.

Lanciai uno sguardo interrogativo verso Federica per poi guardare all'interno del mio ufficio. Non sapevo davvero cosa aspettarmi.

Lui entrò senza aggiungere altro sedendosi subito sulla poltrona davanti alla mia scrivania. 
Chiusi la porta alla velocità supersonica, e con la stessa velocità mi incamminai verso postazione la mia postazione ancora incredula per questa visita inaspettata. Decisi che la migliore difesa era l'attacco, quindi senza lasciargli il tempo di aprire bocca iniziai a parlare quasi senza pensare.

« Alessandro... Io non so veramente cosa dire... Mi sono comportata da vera maleducata ieri sera... E tu non ti meritavi questo trattamento... Io volevo chiamarti stamattina ma per forza di cose non sono riuscita... Volevo anche dirti che.. », le parole iniziarono ad uscire come un fiume in piena. Non riuscivo a farmarmi ero presa dalla foga di spiegare tutto e subito prima che lui dicesse qualcosa.

Quello che disse dopo dipinse sulla mia faccia incredulità e perplessità arrivando quella risata isterica che mi accompagnava dai tempi dell'asilo quando per sbaglio avevo visto "l'attrezzatura" di Giulio il bambino precoce della classe accanto.

« Sono andato a letto con Azzurra!! »

« Eh?!... »

« Dopo che ci avete lasciati come due idioti al pub, abbiamo parlato un po'...abbiamo bevuto un bel po' e siamo finiti a casa sua a fare sesso... »

« Ale...ssa...ndro... »

« Lo so! È pazzesco! Io, io, non faccio queste cose! »

« Benvenuto nel club! »

« E la cosa ancora più pazzesca è che io con lei non ci voglio avere a che fare! Quindi non voglio che questa storia salti fuori! »

« Capisco come ci si sente... », avevo nascosto da un mese la mia relazione con Dario al mondo intero,ma soprattutto a Claudia.

« Tu devi aiutarmi! »

« Eh? Devo aiutarti?! »

« Si! Claudia mi ha fatto un sacco di domande stamattina, sono riuscito con molta fatica a dirle che tu non sei il mio tipo... Ma credo che lei non ci sia cascata... Anche perché tu eri proprio il mio tipo... »

« Alessandro... »

« Scusami io non volevo metterti a disagio... E che è stato tutto così veloce... Posso contare sul tuo aiuto? Potresti avvalorare quello che io ho detto a lei? Adesso che tu e Dario state insieme, dovrebbe essere più facile per te... »

« Io e Dario non stiamo insieme... »

« Scusami... Io avevo creduto che... »

« No... È una storia complicata... »

« Beh... non ti merita... »

« Ma io mi merito lui... », affermai cercando ancora una volta di cacciare quelle lacrime che volevano scendere giù.

Sapevo che magari vista da fuori sembrava una storia senza senso. Una di quelle storie che non sarebbero andate al di là di una bella scopata, ma io lo amavo, e volevo lottare per lui, volevo lottare per quell'amore nato senza preavviso, e dalla casualità del momento.

Un silenzio inaspettato scese su di noi e sui nostri volti provati dalla questione Dario/Azzurra.

« Io, io, ho una lezione tra poco... quindi è meglio che vada adesso... »
 
« Si... Comunque puoi stare tranquillo... Non dirò che sei stato a letto con Azzurra... E dirò esattamente quello che mi hai detto, e che ho già accennato a Claudia... »

« Grazie... », ci avvicinammo tutti e due alla porta sorpresi da un insolito imbarazzo. 

Sorrisi nuovamente cercando di recuperare la faccia che era appena caduta prima di aprire la porta e farlo finalmente uscire,quando davanti a me, quegli occhi azzurri che mi tenevano sveglia la notte mi folgorarono all'istante.

Lui, più sorpreso di me nel vedere  Alessandro al mio fianco non mancò di salutarlo al suo solito modo.

« Alessandro... »

« Signor Mancini... »

I loro sguardi infuocati sembravano pronti a bruciare tutto quello che c'era intorno a loro me compresa.

« Non pensavo di trovarti qui... », asserì Dario mettendo le mani in tasca.

« Dovevo solo chiedere un favore ad Anita... »

« Ti hanno per caso rubato la stilografica?! »

«Non sono affari tuoi mio caro dottore... Comunque adesso vado che ho molto da fare... », rispose Alessandro passandogli davanti con nonchalance fregandosene di quello che aveva appena detto Dario.

« Mai quanto me... Addio! », esclamò chiudendo la porta con ancora Alessandro dietro di essa.

Lo guardai esterrefatta. Ero un misto tra  incredulità e paura. Non sapevo cosa sarebbe successo, ma soprattutto non sapevo come avrebbe reagito il Dario geloso alla vista del suo "rivale". 

« Mi dici che cazzo ci faceva lui qui?! Mi avevi detto che con lui era finita!! »

« Infatti lo è!! »

« Allora?! Cosa ci faceva qui?! Voglio la verità! »

« Dario vuoi smetterla?! Ti ho già detto tutto! »

« Allora forse mi sono perso qualcosa! »

« È andato a letto con Azzurra!! »

« Cosa?! »

« Ieri sera, dopo che li abbiamo lasciati al pub hanno bevuto molto e sono finiti a letto insieme... Voleva solo che confermassi davanti a Claudia che io e lui non siamo compatibili...  e che questa storia non esca fuori! »

« Hai capito Azzurra... Alla fine è stato lui il fortunato ad aprire il pacco regalo... »

« Cos'è forse lo volevi aprire tu?! Ti ho rovinato la serata?! »

« Che cosa?! No! »

« Perché sei ancora in tempo per scopartela! Puoi ancora aprire quel fantastico pacco regalo! Credo che lei non aspetti altro! »

Lui, che prima mi guardava con un velo di rabbia misto riluttanza, iniziò a sorridere stringendo il suo labbro inferiore come a voler metabolizzare qualcosa che gli stava capitando.

« Quindi sei gelosa... »

« Gelosa io?! Ti sbagli! »

« Mi piace... » lui, si avvicinò a me stringendo i miei fianchi facendo aderire il suo corpo al mio in una dolce morsa inchiodando i suoi occhi nei miei « Mi fai impazzire quando fai la gelosa... », disse accennando quel mezzo sorriso che amavo prima imprigionare le mie labbra tra sue accarezzando le mie guance con i pollici. 

Mi avvinghiai a lui stringendo le mie braccia intorno al suo collo scivolando  su suoi capelli corvini ricambiando quel bacio che volevo con tutte le mie forze. 

Sentivo le sue mani strisciare con forza lungo la mia schiena, passando come sempre anche dal sedere facendomi sussultare. 

« Dario... potrebbe entrare Federica... »

« Ho chiesto gentilmente alla signorina Balli di non entrare questa volta... »

« Ma tu sei un pazzo... »

« Vorrebbe dirmi signorina Velletri, che avrebbe voluto essere interrotta dalla sua cara assistente? ... »

« No... »

« Allora cosa vuoi?... », chiese sorridendo accentuando quella fossetta che mi mandava in estasi.

« Voglio che mi baci senza fiatare... », risposi guardandolo dritto negli occhi. Ero sopraffatta dal suo sapore, dal suo profumo, e da quegli occhi che brillavano al contatto con i miei.

Lui, tornò a sorridere avvicinandosi a me a rallentatore. Sfiorò le mie labbra inferiori con le sue giocando e stuzzicando il mio essere. Quando finalmente si posò sulle mie labbra ci lasciò tanti piccoli baci prendendo e lasciando quella bocca che lo bramava come acqua nel deserto. Quel bacio passionale tanto agognato arrivò subito dopo rispondendo finalmente alle mie silenziose suppliche. Un bacio, dolce, lento e voluto. Voluto ardentemente. Volevo essere sua, in ogni modo possibile. 

« Anita... Io se non mi fermo... Non so dove posso arrivare... »

« E perché mai dovresti fermarti?... », sibilai con i freni inibitori all'altro mondo.

« Perché sono venuto per un motivo, non solo per baciarti... Cosa che non ho disegnato... Che sia chiaro... »

« Ah sì? Allora, mi dica signor Mancini perché è venuto? », domandai stringendo i suoi avambracci che mi tenevano ancora ben salda.

« Ti dirò tutto arrivati a destinazione... »

« A destinazione?! »

« Già... Parla con la signorina Balli, e dille che ti prendi la giornata libera... Per il resto ci penso io... »

« Ok... »

« Ti aspetto giù... » , concluse lasciando la presa avviandosi verso l'uscita lanciandomi uno dei suoi sorrisi più belli.

Prima che potessi capire cosa stesse succedendo e muovere finalmente un muscolo, vidi entrare Federica in fretta e furia dentro il mio ufficio.

« Allora?! Com'è andata?! »

« Bene direi... », risposi ancora con gli occhi sognanti per poi spostarmi sulla scrivania afferrando la borsa e tutto l'occorrente « Fede, cancella tutti i miei appuntamenti, non ci sarò per tutto il giorno... »

« Io direi allora, che è andata più che bene... », affermò prendendo tra le mani i fascicoli che erano sparsi sulla mia scrivania allontanandosi con un sorriso a trentadue denti.

« Sembra proprio così... » le dissi sorridendo prima di prendere il cappotto e precipitarmi senza fiato davanti alla porta dell'ascensore.

Arrivata giù, iniziai a camminare a passo veloce, scorgendo la sua figura da dietro la porta scorrevole. La oltrepassai come se non l'avessi mai fatto, come se dall'altra parte ci fosse El Dorado. 

Lui mi aspettava appoggiato alla sua auto stringendo la sigaretta tra le sue labbra. Il mio cuore, ancora in subbuglio smise di battere, per poi ripartire sentendolo parlare.

«  Allora, sei pronta a tutto?... », chiese facendo scivolare quel fumo che aveva appena aspirato. Aprii la portiera lanciando la cicca lontano per poi appoggiandosi su di essa aspettandomi con in suoi stupendi occhi azzurri.

Non sapevo se fosse stata una casualità o uno scherzo del destino, ma quando i miei occhi si incontravano con i suoi avevo solo una certezza: Io mi meritavo lui, mi meritavo il suo amore.


Note: Capitolo Trentacinque. Buonasera a tutti, ed eccoci in questo aggiornamento serale! Il fantomatico uomo era Alessandro, e spero di non aver deluso le vostre aspettative 😅 scopriamo anche che lui ha aperto il pacco regalo di Azzurra e che adesso vuole insabbiare tutto grazie anche all'aiuto di Anita. Che ne sarà adesso del nostro caro Alessandro? Tempo al tempo 🤣🤣🤣 Dario, che da prima sembra tornato sulla strada della gelosia, riesce a ribaltare la situazione facendo ingelosire a sua volta Anita, la quale non perde tempo e lo bacia. Eeeeeeeeh chi non lo avrebbe fatto. Adesso, Dario ha architetto qualcosa per farsi perdonare... Ma dove la porterà mai? Grazie Sempre a tutti quelli che mi seguono ❤️ e alla prossima ♥️

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Capitolo 36
*** Ogni Santa Volta ***


Entrai in auto senza aggiungere una parola a quella domanda retorica fatta solo per fare accendere in me quella caldaia infuocata. Ero completamente presa da tutta quella situazione: i suoi occhi, suo profumo e quell'atteggiamento da casanova che malgrado tutto mi faceva impazzire. Lo guardai estasiata mentre chiudeva la portiera dell'auto, per poi passare davanti al cofano prendendo i Ray ban wayfarer che aveva infilato con l'asta dentro la tasca dei jeans indossandoli. Camminava con una totale nonchalance da farmi mozzare il fiato. La sua andatura era sicura e affascinante dettata anche dal fattore bellezza che sapeva di avere. Era davvero bellissimo e portava quella camicia bianca con risvolti sui gomiti così bene, che avrei voluto toglierla a morsi. Lui, si sedette subito al posto di guida portandosi dietro la portiera, per poi allacciarsi la cintura lanciandomi uno dei suo sguardi divertiti. Il profumo di dopobarba tornò più forte di prima, avvolgendo tutto l'abitacolo innescando quei pensieri peccaminosi che facevo su di lui ogni volta che lui era con me. Ogni santa volta. Stavo letteralmente sbavando, e la cosa non passò inosservata, tanto che vidi riapparire sulla sua guancia quelle fossette che preannunciavano la venuta di quel sorriso sexy facendomi morire. Ogni santa volta. 

« Anita... ti va di indossare la cintura di sicurezza? » 

« La cintura di sicurezza?... » replicai come se fossi caduta da una nuvola.

« Si, quell'affare che hai alla tua destra... », rispose guardandomi divertito.

« Oh, oh certo, certo! », balbettai come una stupida mentre cercavo di tirare quella cintura che non ne voleva sapere di scendere giù. 

La strattonai più volte, riuscendo solo a farla bloccare ogni volta che ci tentavo.

« Vedi, le cinture vanno tirate delicatamente... in questo modo...», lo disse con quella voce calda che sembra parlasse di altro « Molto lentamente... », tirò l'aggeggio infernale piano accarezzandomi il seno con il dorso della mano mentre la portava verso il gancio facendomi trattenere il respiro. 

Lo guardai negli occhi con un chiaro segnale, volevo baciarlo. Ero in macchina con lui da meno di due minuti e non riuscivo a pensare ad altro. Volevo baciarlo. Come sempre,  lui capii tutto e tornando al suo posto accompagnato da quel sorriso malizioso disse.

« Signorina Velletri, l'ho già baciata di sopra... E se mi sono già fermato una volta, non le posso garantire per una seconda volta... », asserì sorridendo mettendo in funzione l'auto.

« Potresti anche non fermarti... O hai paura?... », affermai stringendo tra i denti l'unghia del pollice cercando di provocarlo.

Ormai ero in balia degli ormoni, o della pazzia più totale, oppure di entrambi.

« Mi stai sfidando?... », chiese cambiando la marcia con una mossa decisa, e girando lo sterzo della macchina con il palmo aperto per poi impugnarlo facendo muovere il Rolex che portava sul polso sinistro.

« Può darsi... »

« Signorina Velletri, lei sa in che guaio si sta cacciando?... »

« Non aspetto altro... »

Lui, mi guardò attraverso gli occhiali estasiato e un po' meravigliato. Neanche lui si aspettava tanta sfacciataggine da parte mia. Si leccò prima le labbra negando con il capo per poi stringerle tra di loro cercando di trattenere quell'istinto che ormai ci aveva catturati entrambi.

« Ne prendo atto... », rispose riprendendosi da quel siparietto hot di cui ero la regista accendendo lo stereo con su L' Amour Toujours - Gigi D'Agostino.

« Credevo che ascoltassi solo musica Italiana anni ottanta... »

« Il cd è di Saverio, però anche a me non dispiace ascoltare altro... »

« Già, Saverio... il ragazzo dalle mille risorse... »

« Credo che un giorno lontano, ma molto lontano, potrebbe piacerti... Come amico, si intende... »

« Io e lui non abbiamo nulla da spartire... quindi non preoccuparti, non c'è questo pericolo!  E... poi mi basta un'idiota... », affermai indossando anche io gli occhiali da sole alla Audrey Hepburn accompagnato da un sorriso falso.

« Quindi sarei io l'idiota? »

« Vedi un po' tu... Sei l'unico che mi scopo... »

Lui, rimase a guardarmi un attimo stupito sgranando gli occhi, per poi fare un grande respiro come a voler trattenere qualcosa che stava per fare. Strinse lo sterzo con forza per poi rilasciare quel respiro che sembrò tranquillizzarlo un attimo.

La sera prima era stata una piccola rampa di lancio per me. Come se avesse fatto scattare quella Anita senza pudore e senza restrizioni mentali. Sapevo che lui non aveva paura di niente in quel senso, e me ne aveva dato prova nelle nostre notti infuocate, quindi mi lasciai trasportare dall'istinto e dalla voglia di sedurlo. 

Sputai fuori una risata trattenuta dopo aver notato quel suo atteggiamento frenato. Lo sentivo che si stava trattenendo, e più lo faceva e più volevo farlo impazzire.

Lui, rise dietro di me cercando di recuperare la situazione che sembrava sfuggirgli dalle mani. L'avevo messo davvero in difficoltà, questa volta l'avevo in pugno.


                            ***

Dire che mi aveva spiazzato era un eufemismo. La guardavo ancora incredulo mentre continuava a sorridermi maliziosa strisciando le dita della mano sinistra su quella benedetta cintura di sicurezza. In quell'istante pensai a mille cose, tra cui mandare il mio piano a puttane. Quella sua voglia di "giocare" l'avevo scorta per la prima volta al Rencontre mandandomi al manicomio. Un gioco si seduzione a cui non mi ero sottratto, e che adesso sembrava essersi ripresentato. D'allora ne era passata di acqua sotto i ponti, portandoci ad essere conoscenti, pseudo amici e adesso amanti. Si, perché io l'amavo. Non era il solito sesso, non era quel vincolo che unisce due persone solo per il puro piacere della carne, non era il solo soddisfare quel bisogno che mi aveva fatto compagnia nella mia lunga carriera da donnaiolo. Ero innamorato follemente di lei, come ero follemente spaventato da tutto questo. Quella paura che sembrava sparire quando il mio corpo si fondeva con il suo, riappariva ogni volta che mi allontanavo da lei facendomi  fare i conti con quei fantasmi che volteggiavano nella mia mente non curanti di quello che provava il mio cuore. Una fitta lancinante mi colpiva in pieno stomaco facendomi perdere il lume della ragione, quella ragione che prevaleva su tutto anche sul mio amore per lei. 

Parcheggia in una delle rimesse vicine al Duomo ed uscì dalla macchina senza dire nulla, sfoderai solo un'altro dei miei sorrisi mentre lei, come avevo previsto mi ammorbava di domande.

« Dario! Vuoi spiegarmi cosa ci facciamo qui?! »

« Esci dalla macchina e lo scoprirai... », dissi prima di lanciare le chiavi della mia auto al proprietario della rimessa. 

Era bello vederla brancolare nel buio. Non aveva capito minimamente la meta della nostra destinazione, e questo mi dava un leggero vantaggio su di lei. Quel vantaggio necessario per riuscire a portarla nella zona X. 

« Dario! Almeno aspettami! Con i tacchi non riesco a tenere il tuo passo! »
La presi per mano stringendo le mie dita tra le sue facendola raggelare. Non sia aspettava quel tipo di contatto così semplicemente intimo, e neanche io.

« Così almeno frenerai un po' la mia foga nel camminare... Non sono abituato a stare al passo di una signorina... Non l'ho mai fatto... », le dissi sincero facendole l'occhiolino,  e stringendole la mano ci avviamo verso il centro.


Sempre con andatura veloce, imboccammo la strada più chic di Milano che portava il nome di via Montenapoleone. Ero un grande fan delle cose belle e lussuose, e volevo comprarle un vestito stupendo che si addicesse alla sua bellezza. 


« Dario fermati! Cosa vuoi fare?!», esclamò lei strattonandomi prima che potessi agganciare la mano al pomello del negozio in questione. Aveva capito tutto.

« Che succede?... », chiesi facendo finta di niente guardandola sorpreso.

« Dario, questo è il negozio più caro che io conosca! »

« E allora? »

« E allora, io non ti permetto di comprarmi un vestito così costoso! »

« Non lo compro per te, lo compro per me... »

« Cosa?... »

« Voglio che sia bellissimo, come il momento in cui lo sfilerò dal tuo corpo... », le sussurrai avvicinandomi al suo orecchio sinistro sfiorandolo con le labbra senza lasciarle la mano.

Mi scostai da lei sorridendo malandrino. Se voleva giocare aveva trovato pane per i suoi denti, perché io ero pronto a mangiarla.

Ancora sotto shock per quello che le avevo detto, si fece trascinare da me senza aggiungere altro. Sapeva che non avrebbe concluso niente continuando a parlare, oppure, cosa più probabile voleva farsi sfilare quel vestito da me.

Il negozio dal design total white si mostrò davanti ai nostri occhi abbagliandoci con la sua bellezza. Grandi colonne dello stesso colore si ergevano imponenti dividendo gli spazi  adibiti alla contemplazione degli abiti esposti come in una galleria d'arte. Maestosi lampadari di Swarovski e cristalli brillavano alla luce del sole, dandoci l'impressione di essere in una stanza piena di stelle cadenti. 

Una delle commesse, vestita con un talier nero, accompagnato da una camicia in seta bianca con fiocco francese al centro si avvicinò a noi con aria gioviale e con la solita caratteristica di qualsiasi commesse di questo tipo di boutique: La puzza sotto il naso. 

« Salve, posso esservi utile in qualche modo? », chiese lei guardandoci dalla testa ai piedi con un'aria quasi di disgusto.

Quelle così mi mandavano subito il sangue al cervello. Non sopportavo questo tipo di gente che ti giudica e ti osserva senza sapere nulla di quello che fai o quello che sei. Stavo per far uscire una delle mie battutine acide quando si palesò davanti a noi la proprietaria del negozio.

« Signor Mancini! È sempre un piacere averla qui nel nostro negozio! Tiziana, vai pure ci penso io ai signori! », asserì senza degnarla di uno sguardo per poi tornare a noi « Allora come posso esservi utile? », continuò lei con fare accomodante mostrandoci la strada.

« Vorrei acquistare un vestito elegante per lei... », risposi indicandola con il capo provocando in Anita qualcosa. Strinse forte la mia mano che avevo ancora nella mia. 

La guardai un attimo trattenendo il respiro. I suoi occhi brillavano, brillavano di una luce così bella da farmi venire il magone. All'improvviso mi sentii un idiota per tutto quello che avevo combinato fino a quel momento.   Quella idiozia che proveniva dalla mia paura. Sempre quella fottuta paura che mi inibiva ogni mio movimento.

La signora Visconti detta anche  "Patrizia", così si era fatta chiamare da Saverio, dopo che l'aveva quasi sedotta durante le nostre prove e acquisti per il matrimonio di Mirko, era una donna d'altri tempi ma con la risata e la cotte facili di una quindicenne. Con l'aspetto che somigliava vagamente a Sally Spectra di Beautiful era davvero un personaggio particolare. 

Fece subito accomodare Anita dentro uno degli spogliatoi e avvicinandosi chiese come avrei voluto quel vestito.

«  Signora Visconti io... »

« Ti prego chiamami Patrizia... »

« Ok... Patrizia, vorrei un abito corto e aderente, sui toni scuri, con apertura sulla schiena.. », affermai con le idee chiare di fronte alla cara Patrizia che capii subito cosa intendevo dire.

Si allontanò in gran velocità facendomi accomodare in uno dei salottini bianchi che arredavano con cura quel posto di classe. Mi sedetti appoggiando i gomiti sulle mie ginocchia impaziente di vedere il meraviglioso corpo di Anita avvolto in uno di quei favolosi vestiti. 

Tamburellavo con impazienza i pollici uno sull'altro dopo qualche minuto di attesa prima di vederla apparire davanti a me come un'apparizione. Il vestito che non era proprio come lo avevo chiesto io le stava d'incanto facendomi deglutire a fatica.

« So che questo vestito non è proprio quello che lei cercava, ma Anita ha un corpo bellissimo e può permettersi di tutto! », in effetti la nostra cara Patrizia ci aveva visto bene. Qualunque cosa avrebbe indossato avrebbe incantato chiunque. « Allora, cominciamo con questo vestito con gonna larga ma stretto in vita da questo fiocco per poi alzarsi con questo corsetto in pizzo con scollo a cuore e micro bretelle dello stesso colore. Devo dire che le sta davvero benissimo, e se permetti secondo me... », non le feci neanche finire la frase che la bloccai immediatamente.

« Patrizia, so bene che Anita è bellissima e che qualunque cosa indossi farebbe venire la vista ad un cieco, però io ti ho chiesto un determinato tipo di vestito... », affermai senza se e senza ma, incrociando lo sguardo sbalordito di Anita. 

In verità le stava davvero benissimo, ma io volevo vederla in un certo modo, volevo che indossasse quello che io avrei deciso. 

« Ok, ok, allora passiamo al prossimo! »

La cara Patrizia, pervasa da una vampata di calore in pieno viso, riportò una silenziosa Anita nuovamente nel camerino. Questa volta mi alzai spazientito da quel errore di valutazione. Volevo vederla in un certo modo, il mio modo. Gironzolai davanti al piccolo salottino guardando verso le vetrine stringendo il mento come a voler trovare una soluzione nella speranza di trovare quello che cercavo quando all'improvviso sentii Patrizia escamare entusiasta.

« Eccoci qui! »

Mi voltai verso di lei così com'ero rimanendo di sasso, una statua di sale. 

« Porca putt... », sputai senza pensare dove mi trovassi, e sotto gli occhi curiosi di Patrizia e il sorriso travolgente di Anita. 

La prima volta che l'avevo vista mi ero innamorato dei suoi occhi, i più belli che io avessi mai visto. Ed ora quegli stessi occhi mi guardavano emozionati mentre portava dietro le orecchie quei capelli ondulati che le cadevano sulle spalle. Il vestito era proprio quello che cercavo. Nero, aderente, a manica lunga con uno spacco vertiginoso sulla schiena, il tutto incorniciato da un paio di stivali morbidi che le arrivavano sopra il ginocchio. Patrizia, con la sua solita nonchalance le fece fare una giravolta su se stessa mostrandomi anche quel sedere meraviglioso che mandava il mio cervello a farsi benedire per i pensieri peccaminosi a cui mi faceva pensare. Quest'ultima contente e soddisfatta del suo lavoro, ma anche spornata dal mio sguardo deciso, ci lasciò immediatamente soli tirando dietro di sé una tenda che ci separava dal resto del negozio.

«  Sei... Sei... uno spettacolo... » balbettai avvicinandomi a lei con ancora le mani in tasca.

« Grazie... », rispose abbassando lo sguardo per poi perdersi nuovamente nei miei occhi « Dario, questo vestito costa un po' troppo... Io... Io non posso accettare... »

« Accetterai, altrimenti non ti faccio uscire da qui... », affermai sorridendo portandole quella ciocca ribelle dietro l'orecchio 

« Signor Mancini lo sa che questo sarebbe sequestro di persona?... »

« Signorina Velletri, lei invece lo sa che io ho la legge dalla mia parte?... »

« Oooooh certo, Saverio l'uomo dalle mille risorse... »

« Esatto... »

« Ok, se la metti così, non posso che accertare... », rispose avvicinandosi a me stringendo tra le sue mani il mio viso che avevo già intrapreso la via della beatificazione.

Mi baciò dolcemente. Un bacio lungo e bagnato. Un bacio sensuale che accese subito il mio corpo come un camino a Natale. 

« Adesso è meglio che io mi cambi... », sibilò scostandosi da me accarezzando il mio colletto, per poi avvicinarsi alla pelle sottostante.

Ero un fuoco, e non volevo che per nessuna ragione togliesse quel vestito,  volevo sfilarlo io come le avevo annunciato un'attimo prima di entrare nel negozio.


                            ***

Entrai nel camerino cercando di respingere quella voglia che avevo di saltargli addosso. Ero tutta un fremito. Mi voltai verso lo specchio guardandomi un secondo prima di abbassare il vestito da sopra quando vidi entrare Dario aprendo e chiudendo la tenda del camerino. 
Prima che il mio cervello potesse trovare le parole giuste per quella scena che avevo solo pensato nei miei pensieri a luci rosse.

« Vuoi davvero toglierti il vestito?...  », chiese avvicinandosi al mio orecchio trascinando i miei capelli dall'altro lato delle spalle. Tremai al contatto del delle sue dita sulla mia schiena. Un piacevole torpore mi invase mentre il suo indice seguiva l'adattatura della  mia colonna vertebrale fino ad arrivare sulla zona lombare.

Trattenni il fiato mentre lui con le sue mani sapienti si addentrava dentro la stoffa fine, agevolato dalla mia schiena nuda, verso il mio seno completamente esposto.
Lo afferrò con entrambe le mani accarezzandolo facendo dei movimenti circolari. Sentii subito le forze venir meno, e con gesto veloce mi aggrappai alla sua nuca stringendo i suoi capelli seguendo inconsciamente i movimenti che lui faceva sul mio seno. Chiusi gli occhi ansimando senza volerlo, mentre  i suoi movimenti si facevano sempre più decisi. Volevo morire sotto le sue mani ogni santa volta.

« Non toglierlo... Ci penserò io più tardi...  », soffiò al mio orecchio sinistro prima di tirarsi indietro e uscire dal camerino lasciandomi senza fiato. 

Strinsi il mio seno tra le braccia cercando di trattenere quei bollenti spiriti che aveva acceso in me. Cercai di recuperare un po' di lucidità mentale prima di dare un ultimo sguardo alla mia immagine riflessa devastata da suo tocco. Risi sistemando.una delle due spalline che era caduta nella frenesia del momento, e senza dare ulteriori spiegazioni a quella mente che ormai sembrava fuori uso uscì dal camerino. Lui, riusciva a portarmi al limite, in quel posto dove esistevamo solo noi e i nostri corpi. Lui, riusciva sempre nell'impresa, ogni santa volta.



Note: Capitolo Trentaseiesimo. Buonasera a tutti, e bentrovati in questa pubblicazione notturna 🤣🤣🤣 Scopriamo finalmente dove Dario a portato Anita. Voleva comprarle il vestito che lui con le sue manine le aveva strappato qualche capitolo fa. Come avete potuto notare entrambi sono ormai fuori controllo, ma dove li porterà tutto questo? Dario menziona ancora quella paura... Riuscirà mai a superarla prima che succeda qualcosa di grosso?! Eeeeeeeeh godiamoci questo capitoli 🤐😅 Chissà quale sarà la seconda tappa del "tour di Dario" 🤣🤣🤣🤣 Grazie sempre a chi mi segue e alla prossima

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Capitolo 37
*** Istantanee d'amore ***


Infilai il braccio nell'intercapedine spostando piano la tenda del camerino cercando con gli occhi una delle commesse per farmi aiutare con i miei vestiti. Li avevo piegati minuziosamente, come non avevo mai fatto, mentre nella mia mente girava ancora il ricordo delle sue mani sapienti. Quelle mani prodigiose, dalle doti più che risapute, mi facevano perdere la testa. Non riuscivo a pensare, non riuscivo a compiere anche i gesti più semplici quando lui  usava le sue manine su di me. Erano un'arma seduttiva a tutti gli effetti, un arma bellica alla quale serviva il porto d'armi. Mi guardai in torno con i vestiti in mano passando di fronte ad uno dei grandi specchi che adornavano atelier guardandomi da capo a piedi. Ammirai il vestito nero che fasciava il mio corpo come un morbido guanto entusiasta. Non credevo che un abito così audace sarebbe stato tanto bene sulla mia persona. Mi girai di spalle osservando con un sorriso malizioso quella vertiginosa scollatura a V che arrivava fino alla zona lombare. Tornai alla posizione iniziale guardando ancora una volta la mia figura fino ad arrivare al mio volto. Le gote rosee risaltavano su quel viso accaldato come lo era il resto del corpo. Ero felice. Ero davvero felice, qualcosa che non sperimentavo da parecchio, ma che adesso il mio corpo emanava senza problemi. Portai i capelli tutti sul lato destro, e drizzandomi più che potevo con la schiena mi incamminai verso la cassa dove mi aspettava già un Dario soddisfatto del suo acquisto. Mi guardava come un bambino a cui era stato promesso un lecca lecca, un grosso lecca lecca. 

« Signor Mancini, complimenti per l'ottima scelta e l'aspettiamo presto nel nostro atelier! » disse suadente Patrizia porgendo nuovamente la carta di credito nelle mani di Dario che velocemente la infilò nel portafoglio guardando verso di me.

« Andiamo? », chiese poi lui portando il portafoglio nella tasca posteriore dei jeans che portava. 

« Si... Solo che mi servirebbe una busta per i miei vestiti.... »

« Oh cara non c'è problema! Tiziana porta subito una busta alla signorina! », gridò Patrizia fece so un gesto veloce con la mano verso quella commessa tanto cordiale che ci aveva accolti poco prima.

« Grazie... », dissi infilando i miei indumenti dentro la busta avvicinandomi all'uscita dove Dario mi aspettava già con la maniglia tra le mani.

Lui fece un cenno con il capo facendomi sciogliere accompagnandomi fuori. Scesi quei due gradini che mi separavano dal marciapiede per poi cercare il suo sguardo. Lo guardai negli occhi come rapita, ricevendo lo stesso identico sguardo. I suoi occhi stupendi sembrarono accendersi nei miei mandandomi in estasi. Un sorriso dolce e allo stesso tempo malizioso comparve sul suo viso invitandomi a seguirlo alzando il braccio sinistro verso di me.

« Signorina Velletri mi concederebbe di nuovo l'onore di tenerla per mano? »

« Con piacere Signor Mancini... Basta che non diventi un vizio... »

« Il caso vuole che io adori i vizi... », rispose stringendo le mie dita tra le sue continuando con quel sorriso malandrino.

Sorrisi come una stupida senza saper replicare. Volevo tutto da lui. Volevo essere baciata come baciava lui, volevo essere toccata come toccava lui, volevo essere amata come amava lui. 

Io scalpitio dei miei tacchi scandivano quella nostra "corsa" frenetica tra le vie di Milano tra i nostri sorrisi e gli sguardi inequivocabili, fino a quando finalmente si fermò davanti ad una cabina per le fototessere. 

« Entra dentro...», esclamò con tono divertito, sempre con quel sorriso che non lo abbandonava un istante.

« Cosa? »

« Cambierai domanda o farai finalmente quello che ti chiedo di fare senza aggiungere altro?... »

Lo guardai interrogativa mentre entravo piano dentro quella cabina angusta. Odiavo quelle cabinette, non mi erano mai piaciute. Mi feci spazio in quello spazio ristretto cercando di capire le sue intenzioni. Mi guardai un attimo intorno riconoscendo il colore bianco e anonimo degli interni di quella scatoletta, tra le quali figuravano le facce sorridenti dei manifesti pubblicitari. Ad un certo punto entrò anche lui velocemente, ed inserendo i soldi dentro la macchinetta mi fece sedere sulle sue gambe nel piccolo sedile dopo essersi seduto lui. Mi tiro con tanta veemenza che mi ritrovai immediatamente tra le sue gambe aggrappandomi a lui per il collo.

« Baciami... », ordinò questa volta con voce calda guardandomi negli occhi.

« Co...s » mi fermai prima di finire la domanda che ormai era diventata la domanda da un milione di dollari. Nei suoi occhi leggevo desiderio, quel desiderio che avevo anche io da quando ero salita in macchina.

« Baciami e basta... », asserì nuovamente con tono autoritario ma sensuale infilando la sua mano tra i miei capelli avvicinando a lui la mia guancia. 

Non mi feci chiedere nuovamente la cosa, anche perché avevo una voglia tremenda di baciarlo. 

Mi lasciai trasportare dalla sua lingua che aveva già preso possesso della mia bocca. Si muoveva su di me come se avesse perso il lume della ragione, come se baciarmi fosse l'unica cosa che lo tenesse in vita. Travolta da tutta quella circostanza lo avvicinai a me tirnadolo per il colletto con vigore con la mano destra e con il braccio lo circondai nuovamente in un abbraccio sorridendo tutti e due uno sulla bocca dell'altra. Continuammo la nostra danza senza esclusione di colpi. Sentivo il dolce suono dei nostri baci alteranti a quello della macchina che scattava foto a raffica recandomi un brivido di piacere. Era tutto così diverso, proibito, e io ne volevo sempre di più. 

Ad un tratto sentii la sua mano entrare tra le mie gambe stuzzicando quello che c'era al di là delle mutandine. Sussultai scostandomi da lui guardandolo negli occhi con ancora il colletto tra le mani. Ansimai ad ogni suo movimento, volevo morire all'istante.

 « Dario... », sibilai cercando di capire se farlo smettere o farlo continuare. Ero tutto così eccitante e bello che non volevo che smettesse. Lui d'altro canto  non si sarebbe fermato fino a quando la mia voce non si fosse sentita fuori dalla tenda. Lo sapevo.

« Mmh... », rispose baciandomi il collo con piccoli baci a piene labbra.

« Smettila... mi sentiranno tutti qua fuori... »

« Ti ho già detto che ho la legge dalla mia parte?... », rispose mordendomi il mento quasi trattenendo l'impulso di andare avanti.

« Non fraintendermi, credo che Saverio sia molto bravo come avvocato... Ma qui si parla di atti osceni in luogo pubblico... »

« Cazzo... Questa volta hai ragione... meglio uscire fuori... », obbedì scostandosi da me a malincuore. Lo eravamo entrambi.

Prese le foto scattate dentro la cabina e mostrandomele disse: 

« Ecco il tuo promemoria... », affermò orgoglioso mostrandomi le piccole foto dove non lasciavamo nulla all'immaginazione.

Le strinsi tra le mani osservandone ogni piccolo particolare come se fosse una reliquia. Quelle piccole istantanea rappresentavano a pieno quello che eravamo insieme: Fuoco e fiamme, dolcezza e passione... Amore.
Non erano certo le sue mutande, ma apprezzai il gesto in un modo assurdo. Sapevo che lui amava le fotografie, e sapevo cosa rappresentavano per lui. 

Come se avesse letto nei miei pensieri accarezzò la mano con cui tenevo le foto guardandole anche lui contento.

« Per me le foto fermano gli attimi felici... »

« Trasformandoli in immagini... », completai quella frase che ormai conoscevo a memoria da quella nostra notte di fuoco al latte macchiato.

Lui mi guardò stupito, e accennando un piccola risata disse:

« Bene Signorina Velletri, vedo che ha studiato... »

« Ero attenta quella mattina... Anzi molto attenta... », replicai regalandogli uno dei miei sorrisi migliori. Volevo che lui sapesse che tutto quello che lui mi "confessava" non veniva dimenticato, e che veniva custodito gelosamente nel mio cuore.

In quell'istante lui sembrò pervaso da uno strano imbarazzo. Adoravo quando si imbarazzava e adoravo il suo atteggiamento dopo: Si sistemava gli occhiali sul naso, ritirava le labbra come a voler cercare le parole giuste, e infilava le mani nelle tasche cercando qualcosa a cui aggrapparsi, anche se quest'ultimo gesto lo faceva anche quando era sicuro di sé, e sapeva dove colpirmi.

Misi subito le foto nella borsa, e con fare deciso lo presi per mano infilando le mie dita nelle sue. 

« Andiamo? Sono sicura che il "tour di Dario" non è finito qui... Dico bene?! », chiesi sfoderando uno dei miei sorrisi più sinceri. 

« No, in effetti il "tour" non è ancora finito... », commentò tornando a sorridermi spostando con la mano destra quei capelli sempre scompigliati cercando di riportarli sulla retta via. 

Il suo passo si fece nuovamente deciso, e come una locomotiva che stava lasciando la sua stazione, mi trascinò nuovamente con il suo ritmo incalzante. Non potevo fare altro che sorridere, sorridevo alla vita e a quella meravigliosa giornata con lui.


                             ***


Mi aveva stregato, aveva sicuramente praticato qualche sorta di magia, perché non potevo stare lontano da lei. Ogni momento era quello giusto per sfiorarla, per baciarla, per assaporare quel gusto alla cannella che mi accompagnava per ore. Pur non essendo mai andato spasso con una ragazza al mio fianco, con lei fu tutto instantaneo, tutto fottutamente istantaneo. Con lei al mio fianco sembrava tutto semplice, sembrava che quella fottuta paura per un attimo non esistesse, e che io fossi quasi pronto per lanciarmi tra le sue braccia. Ma poi, quando nella mia mente si materializzava quel vincolo di coppia, quel pensare al futuro, e ad un rapporto duraturo d'amore che sarebbe potuto sfociare anche in un matrimonio mi tiravo subito fuori. Io non ero quel tipo di ragazzo. Non mi fidanzavo, non mi sposavo, e soprattutto non amavo. Mi conoscevo, sapevo che il mio amore non era all'altezza delle aspettative, sapevo che un giorno avrei rovinato tutto, sapevo che era solo questione di tempo. 

 « Hey, tutto bene?... », chiese lei destandomi da quei pensieri vorticosi che lasciavano in me quel senso di irrequietezza.

Sentii all'improvviso la sua mano appoggiarsi sulla mia che stazionava sul cambio. Quel contatto inatteso mi fece scattare come se avessi preso la scossa togliendo subito la mano e portandola sullo sterzo. 

Non ebbi neanche la forza di guardarla in faccia. Dentro di me quella paura mi stava attanagliando, aveva preso proprio il sopravvento. Sbarellavo. Volevo scappare. Era quello che diceva insistentemente il mio cervello. Scappa.

« Si, tutto bene... », replicai quasi infastidito. 

Quella paura che all'inizio si presentava solo quando io ero lontano da lei, si era palesata senza che io potessi fare qualcosa in merito, tramutando tutto quello che provavo facendomi chiudere a riccio.

Durante tutta la corsa in macchina alla fine di raggiungere la penultima meta, restammo in religioso silenzio. Le mie mani sudavano da fare paura e il mio cuore batteva all'impazzata. Tutto quello che avevo preparato di botto  sembrò essere l'idea più idiota che io avessi avuto in tutta la mia vita. 

Cosa volevo dimostrare? Cosa cazzo stavo facendo? 

Uscì dall'auto sbattendo lo sportello cercando disperatamente le sigarette che avevo nella tasca del cappotto blu.
Portai ala bocca la sigaretta un fascio di nervi. Adesso mi sentivo piccolo e indifeso di fronte a quell'amore e mi aveva travolto e che per la prima volta guardavo negli occhi.

« Dario... se non ti va più... io... io... posso chiamare un taxi... »

« No, e che un cerchio alla testa... », affermai appoggiandomi con la schiena sulla portiera della mia macchina. Era tutto una grande e schifosa bugia, ma dovevo difendermi da me stesso.

« Ok... », sibilò toccandosi la nuca,  rabbuiandosi anche lei.

Non volevo farla soffrire, era l'ultima cosa che avrei voluto succedesse, ma puntualmente, come da manuale, succedeva.

Lei, senza dire una parola si avvicinò a me con sicurezza. La guardai sottecchi mentre si avvicinava e aspirando quel fumo consolatorio mi maledissi innumerevoli volte. Non mi meritavo Anita. 

« Baciami... », ordinò afferrando la sigaretta che avevo tra le dita buttandola lontano. « Baciami... », disse nuovamente appoggiando le sue labbra sulle mie facendomi aderire alla mia macchina.

Quelle labbra così morbide e calde accesero subito in me quella voglia di lei. La strinsi forte a me toccandole con vigore quella schiena nuda nascosta dal cappotto. I miei palmi in preda ad un sali e scendi frenetico non volevano perdersi neanche un millimetro della sua morbida pelle. Il mio corpo in preda alla frenesia più totale cercava in tutti modi di non lasciare il benché minimo spazio tra i nostri corpi. Risposi in un modo quasi famelico, quasi a voler scacciare quella fottuta paura che mi stava distruggendo da dentro. Senza ormai freni e inibizioni avvicinai la mia erezione a lei facendole capire che la volevo lì e adesso. Non mi importava che fossimo in autorimessa del cazzo, che ci avrebbe visto qualcuno, e che la nostra performance non sarebbe passata inosservata. L'amavo, e volevo dimostrarglielo nel solo modo in cui la mia mente bypassava tutto il resto: Facendo l'amore con lei.

 Note: Capitolo Trentasette. Buonasera a tutti e bentrovati con questo nuovo capitolo. Le cose si fanno sempre più difficili per Dario, quella paura che sembrava una cosa da niente sta facendo capolino... Cosa succederebbe se prendesse il sopravvento? Eh, bella domanda 😅 E Anita, fino a quando riuscirà a gestire il tutto? E come finirà questo tour di Dario? Lo scopriremo nel prossimo capitolo! ❤️ Grazie sempre a chi mi segue e alla prossima ❤️

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Capitolo 38
*** Qualcosa Di Stupido ***


Con un piccolo colpo di tosse il proprietario della rimessa, manifestò la sua presenza fermando Dario, che nel frattempo mi aveva spiaccicata al posto suo sulla portiera della macchina. 

Il mio vestito tirato su all'altezza del bacino, faceva presagire che non eravamo lì in cerca delle chiavi della macchina o che avevamo dimenticato qualcosa al suo interno. Le nostre labbra, consumate dai baci infuocati si fermarono al suono di quella che sembrò, a tutti gli effetti, un avviso educato.

Ci guardammo negli occhi ancora con il fiatone, e ebbassandomi il vestito si voltò verso colui che aveva interrotto i nostri buoni propositi.

« Salve... » 

« Salve, non pensavo che la mia rimessa fosse così comoda...», commentò il tizio sorridendo portando le braccia al petto.

« No? Eppure se aggiungesse due divanetti sarebbe davvero comodissima! Potrebbe farci un pensierino per un nuovo business! », evidenziò Dario accompagnandomi al mio posto aprendo lo sportello.

« Lei crede?!... », continuò il nostro uomo sorridendo malizioso.

« Io credo! Ci pensi bene! » fini Dario, entrando in macchina e facendo manovra lo salutò cordialmente uscendo fuori dalla rimessa.

Lo salutai anche io con il capo nel tentativo di sembrare più tranquilla possibile, per poi sputare fuori quella risata trattenuta fino a quel momento. 
Iniziammo a ridere come due pazzi uscendo fuori da quella rimessa sotterranea che tanto sapeva d'altro.

« Nuovo business?! », chiesi ridendo guardandolo divertita.

« È la prima cosa che mi è venuta in mente! Volevo distrarlo in qualche modo dalla mia erezione e dalle tue nudità! »

« Credo che tu abbia colpito nel segno! Davvero! Penso che quel signore tanto gentile avrà già chiamato la sua banca per un prestito! » 

« Guarda che i migliori business si fanno ad occhi chiusi, senza pensare! »

« Come le cose più belle... », affermai riferendomi al nostro momento infuocato nella rimessa. 

« Già... », dichiarò toccandosi le labbra ancora arrossate con le dita della mano destra sorridendomi sornione.


Risi anche io. Mi lasciai finalmente andare in un sospiro liberatorio. Avevo accumulato un bel po' di tensione da quando con Dario eravamo tornati in auto. Lo vedevo freddo e distaccato, praticamente un'altro Dario. Lo stesso Dario che mi aveva lasciata al Rencontre la sera del party, e che aveva agguantato Azzurra al Pulp. Quei comportamenti, ancora oscuri per me, mi destabilizzavano. Sentivo che c'era qualcosa che non andava, qualcosa che gli faceva paura e che non sapeva gestire. Qualcosa di così semplice, ma anche così complesso da farlo tramutare in quello che lui non è: un ragazzo che non provava sentimenti.

Molte volte in passato, mi ero ritrovata a maledirmi per cose non dette o fatte, e che magari avrebbero cambiato il corso degli eventi. Molte volte mi ero chiesta, cosa avevo sbagliato in quella relazione in cui avevo puntato tutto, ma dove, inesorabilmente, avevo perso anche la dignità di donna. Con Dario era stato da subito diverso, anche se, la nostra relazione era iniziata come una sveltina consumata con uno sconosciuto in bar e ancora si potraeva con una sveltina in un autorimessa. Non mi lamentavo, anzi, amavo questa parte di lui, ma io volevo di più, volevo tutto il pacchetto, e non mi riferivo solo al pacco regalo di Dario.


L'auto di Dario entro nuovamente dentro la city parcheggiandosi in un ampio spiazzale che dava su dei grattacieli maestosi.

« Mi hai riportata a lavoro? », chiesi sorridendo sapendo che non era così, o almeno ci speravo.

« Siamo ancora a metà del "tour di Dario"... Così mi offendi... »

« Mi dispiace Signor Mancini, non era mia intenzione offenderla... »

« C'è sempre tempo per farsi perdonare signorina Velletri... », quel suo essere così sicuro e sensuale mi incantava sempre. Non riuscivo a dire e fare nulla dopo che lui mi guardava con quegli occhi.

Aprì la porta trasparente che avevamo davanti e come ogni gentlemen che si rispetti, e la tenne tra le sue mani durante il mio passaggio. 

Davanti ai miei occhi si aprì un mondo fatto di marmi e stucchi bianchi con lampadari imponenti e tappeti persiani sui toni del rosso porpora come i suppellettili. Mi guardai intorno con il naso all'insù, mentre giravo su me stessa. Era tutto meraviglioso. Lui, con la solita aria scanzonata intrecciò le sue dita con le mie e mi accompagnò davanti al  grande ascensore, che sembrava ricordare quello del Plaza a New York.
Entrammo insieme al ragazzo con cui aveva parlato Dario durante la mia ispezione a bocca aperta, e ci accompagnò fino all'ultimo piano: il venticinquesimo.

Appena entrati si mostrò senza timore la grande sala ristorante dal design classico con parquet e colonne bianche in stile inglese. Grandi poltrone bianco latte adornavano i tavoli dalle tovaglie candide e dalla cristalleria fine e lucida  Il tutto incorniciato da Frank Sinatra in sottofondo e da una vista mozzafiato.

Mi guardavo intorno come un bambina che vede per la prima volta il paese dei balocchi. Era tutto meraviglioso, e stavo iniziando a pensare che fosse tutto un sogno. Un meraviglioso sogno.


                              ***

Il nostro uomo dopo averci indicato il nostro tavolo si allontanò per prendere il menù è la carta dei vini lasciando a me il piacevole compito, di spostare la sedia di Anita per farla accomodare. Lei, con un sorriso radioso mi ringraziò e aspettò con impazienza che mi sedessi anche io.

« Dario, tutto questo è stupendo... Ma non dovevi strafare... Hai già fatto tanto non credi? »

« No, non credo affatto... » sorrisi sottecchi lasciandola imbambolata. Volevo stupirla, volevo che quella giornata rimanesse impressa nella sua mente, impressa nel suo cuore.

Il nostro cameriere che assomigliava tanto ad Harrison Ford, ci porse i cartonati stringendo tra le mani il blocchetto elettronico in attesa delle nostre comande.

Mi era capitato, durante le cene di lavoro con alcuni medici, di visitare quel posto elegante e ricercato. Sapevo già che il cibo era davvero ottimo, e sapevo anche cosa prendere per stupirla ulteriormente.

« Allora, per iniziare ci porti un carpaccio con grana, rucola e mozzarella di bufala, e per secondo il filetto in crosta di funghi il tutto accompagnato da un Sauvignon friulano... », dissi fiero ridando il mio menù al cameriere per poi voltarmi verso di lei « Per te va bene? »

« Si... Ma forse avrei preferito un'insalata semplice e il vino della casa... », rispose tornando anche lei il menù al nostro uno che si allontanò annuendo in silenzio.

« Insalata?! Non mi dire che sei a dieta perché non ci credo! » replicai prendendo il tovagliolo che avevo sul piatto poggiandolo sulle mie gambe.

« Dieta? Non ho mai fatto una dieta in vita mia fortunatamente! » asserì facendo la stessa cosa con il tovagliolo per poi continuare « Il fatto è che ho visto il prezzo delle pietanze del vino, e credo che quando sarà l'ora di pagare dovrai lasciare un rene alla cassa... »

Risi di gusto poggiando la mano chiusa sulla guancia portando l'indice in su.

« Quindi fammi capire, mi consideri un poveraccio? »

« No! No! Ma cosa dici! »

« Avanti! Puoi dirlo, non mi offendo! »

« Mai pensato! E solo... che è tutto molto caro qui... E tu hai già strafatto con il vestito... Io non sono abituata a queste cose... »

« E a cosa sei abituata? »

« Sono abituata alla semplicità... A me bastava un vestito da Zara e un pranzo da McDonald's... »

«Ti piace il McDonald's? »

« Molto! E adesso ho anche la scusante di mio nipote! »

« Interessante... »

« Interessante? Scommetto che a te fa schifo, e mi consideri una sfigata... »

« In realtà, piace molto anche a me! Con Saverio ci passavamo le serate post sbornia! »

« Ecco! E come per magia Saverio spunta in ogni nostra conversazione...  »

« Saverio è un grande amico... So che a te non va molto a genio, ma lui è davvero un'ottimo amico... Mi è stato vicino nei momenti bui, quei momenti bui che vorrei cancellare dalla mia mente. Quando è morta mia nonna ha passato tutta la notte con me, e tornato dopo che tutti erano andati via, ed è rimasto fino l'indomani mattina annullando tutti i suoi impegni. Gli voglio davvero un mondo di bene... Non dico che deve piacerti al cento per cento, ma magari potresti vederlo sotto una luce diversa... »

« Scusami...io...non avevo idea... »

« Hey » dissi alzandole il mento dopo che lei lo aveva abbassato per guardare verso il piatto « Non era un rimprovero... Volevo solo chiederti di dargli una possibilità... Tutto qui... »

« Ok, cercherò di farlo... anche se non sarà affatto facile! »

« Grazie... », la guardai sorridendo felice. Sicuramente Saverio non era il solito ragazzo convenzionale, ma si meritava di essere scoperto per quello che era, e non solo un cazzone.

Un momento di imbarazzo sembrò calare sul suo volto, qualcosa che io non volevo procurarle ma che accadde. Fu in quel momento che Frank Sinatra con I've Got You Under My Skin venne in mio soccorso.

« Vieni, balliamo... », proposi alzandomi in piedi porgendole la mia mano destra.

« Ma non sta ballando nessuno! »

« E allora? Credi che la cosa mi interessi? »

« Ma interessa a me! »

«Andiamo! Non farti pregare! »

« Dario non insistere! »

« Guarda che vengo fino a lì a prenderti! »

Dopo qualche istante di incertezza, e con la consapevolezza che avrei fatto quello che gli avevo detto, si alzò di scatto.

« Ok ok!  »

Afferrò la mia mano come se fosse un salvagente portandola sopra la tavola per poi ricongiungerci al di là del tavolo. Le presi tutte due la mani posizionandole dietro il mio collo per poi avvicinarla dolcemente al mio corpo premendo sulla sua zona lombare nuda. 

« Sei davvero testarda... »

« Mai quanto lei signor Mancini! »

« Non è un titolo di demerito... Solo una constatazione Signorina Velletri... una bella constatazione... », sorrisi ondeggiando tenendola tra le braccia 

« Davvero? La mia testardaggine non è stata mai apprezzata in passato... Anzi, per dirla tutta, è stata molte volte motivo di litigio... »

« Con me puoi essere te stessa... Anche una rompi maroni... »

« Ah, quindi io sarei una rompi maroni? »

« No, rispondevo solo alla tua affermazione sull'essere testarda...e poi per me sei perfetta così come sei...», affermai guardandola dritta negli occhi. Quei meravigliosi occhi che mi facevano dire quello che il mio cuore sussurrava.

                               ***

Il mio cuore già messo a dura prova dal ballo e dal suo corpo sul mio, mancò un colpo. Insieme a lui anche la mia bocca si prosciugò del tutto facendomi deglutire a fatica. I suoi occhi azzurri arpionati ai miei mi mandarono un chiaro segnale, che volli ignorare volutamente. Baciarlo lì, in quel momento, sarebbe stata la mia fine. Fortunatamente vidi arrivare il cameriere con la coda dell'occhio, e avvisando Dario tornammo a sederci ai nostri posti.

« Ecco a voi signori il carpaccio che avevate ordinato, accompagnato dallo Sauvignon. Per qualunque cosa potete chiamarmi! » esclamò il cameriere allontanandosi velocemente verso un'altro tavolo.

« Bene, sembra davvero tutto delizioso! », esclamai entusiasta. In effetti quei piatti erano davvero belli anche da vedere.

Infilzai con la forchetta il carpaccio, e portandolo alla mia bocca iniziai il mio viaggio senza ritorno insieme alle mie papille gustative. Era qualcosa di davvero eccezionale, così eccezionale che non mi trattenni nell'avvicinare la forchetta verso di lui.

« Devi assaggiare questo! », esclamai senza pensarci avvicinando la mia forchetta alla sua bocca. Lui sorrise compiaciuto aprendo la bocca al mio comando, che all'improvviso mi sembrò inappropriato. « Oddio, scusami e che a volte faccio le cose senza pensare... »

« Ti ho già detto che con me puoi essere te stessa... Non devi scusarti... e comunque si, è davvero delizioso! »

« E che ho passato due anni della mia vita a domandarmi cosa avessi sbagliato, e cosa potevo cambiare del mio carattere... e la spontaneità era un di quelle... »

« Parli dello stronzo? »

« Già, con lui era un continuo sentirmi sbagliata... c'era sempre qualcosa di stupido... Anche quando dipingevo negli ultimi tempi... »

« Tu dipingi?! »

« Mi diletto... certo, non sono Monet... », esclamai ridendo cercando di sdrammatizzare.

« Mi piacerebbe tanto vedere qualche tua opera... Sono sicuro che non ci sia nulla di stupido... », rispose serio guardandomi negli occhi.

« In realtà, ne ho qualcuna esposta nel mio salotto. Ma sono sicura che, quelle due volte che sei venuto, tu non abbia badato a quello che ti circondava... »

« In effetti... », affermò guardandomi malizioso infilzando anche lui la forchetta su quella buonissima pietanza. « Che tipo di soggetti dipingi? », chiese continuando il discorso sorprendendomi.

« Per lo più natura morta floreale... »

« Mi hai messo su tanta curiosità, mi sa che devo venire a vederle di persona... » asserì serio guardandomi con quegli occhi che avevo già un piano prestabilito.

Mi drizzai subito sulla sedia arrossendo. Pensai subito a quello che poteva succedere a casa, e come avremmo visionato quei benedetti quadri. Una cosa era certa, io avevo più premura di lui. Volevo sentire sulla mia pelle i suoi baci, volevo sentire la sua voce sussurrare il mio nome, volevo sentirlo dentro di me e impazzire insieme a lui. Impazzire insieme all'uomo che amavo. 


Note: Capitolo Trentotto. Buonasera a tutti, ed eccoci nuovamente in questo appuntamento serale! Capitolo pieno di dolcezza e confidenze. Dario e Anita sembrano davvero due fidanzati, e fortunatamente Dario non ha dato di matto! 🤣🤣🤣 Adesso, la domanda sorge spontanea: Il tour di Dario finirà a casa di Anita come ci ha fatto capire il nostro caro dottore? Eh, bella domanda 😅🤣 Qualcosa mi dice, che qualcuno di voi ci è arrivato! Sono aperte le scommesse! 🤣🤣🤣 Grazie sempre a chi mi segue e alla prossima ♥️




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Capitolo 39
*** Rimani ***


La mia goffaggine, che sembrava essersi volatilizzata come per magia per giorni, si ripresentò più forte di prima, ricordandomi, e ricordandogli, che pericolo ambulante io fossi. L'acqua minerale che stazionava sul nostro tavolo, sembrò prendere vita propria quando, al fine di riempire il suo bicchiere in un gesto di galanteria,   buttai metà del suo contenuto sul mio vestito facendomi saltare come un canguro australiano. L'acqua in questione, finì dappertutto, ma soprattutto sul mio seno nudo coperto solo da quel velo bagnato che era quel vestito, facendolo aderire come una seconda pelle.

Anche Dario si alzò di scatto venendo in mio soccorso tamponando quel velo che divideva lui e il mio seno. Dapprima la sua presa fu decisa, e soprattutto deciso ad asciugarmi, ma poi passando più volte sopra i miei capezzoli che sembravano il marmo di Carrara ebbe un'attimo di esitazione. 

La mia mano che accompagnava, involontariamente i suoi movimenti, si fermò con lui al seguito.

« Anita... Credo che sia meglio che tu finisca da sola... Altrimenti non risponderò più di me stesso! »

« Si... penso che andrò in bagno ad asciugare il resto! », lasciai immediatamente la presa, e con un sorriso da ebete di diressi verso il bagno. 

Pettinai i capelli all'indietro e continuando a ridere da sola mi avvicinai a quel bagno dorato pieno di stucchi. 

Asciugai alla meno peggio il vestito, e dirigendomi al nostro posto trovai un biglietto.

- Ti aspetto fuori. -

Mi guardai intorno cercandolo con lo sguardo e il cuore in gola. I miei occhi si posarono verso le grandi finestre a vista trovandolo appoggiato alla doppia ringhiera e con la sigaretta stretta tra i polpastrelli.

La leggera brezza della sera mi accarezzò i capelli oltrepassandomi portando con sé quegli ultimi timori.
Mi avvicinai a lui stringendo il mio cappotto nero sorridendogli. Lui portò nuovamente la sigaretta sulla bocca aspirando il fumo per poi buttarlo alla sua sinistra sorridendo provocandomi quel solito brivido. 

Continuai con andatura leggera sorridendo e ricordando il pomeriggio passato con lui. Dopo pranzo restammo seduti al nostro tavolo per ore. Parlammo e ridemmo di tutto. Dalla sua tendinite al polso e il morbillo preso in prima elementare, al mio ginocchio sbucciato al catechismo l'appendicectomia fatta due mesi prima della laurea. Ci eravamo aperti come non mai, adesso avevo aggiunto un importante tassello al mosaico Dario, e più lo conoscevo in profondità, e più capivo che lui era davvero l'uomo perfetto per me. 

Arrivai davanti a lui stringendo il labbro inferiore portando le mie mani all'interno del suo cappotto a livello dei fianchi. I suoi occhi cristallini illuminati da quel tramonto che segnava la fine della giornata, ma non la fine del nostro incontro. 

Il sole dipinse il cielo di rosa mostrandoci uno spettacolo mozzafiato. Mi sentivo sul tetto del mondo in tutti i sensi, e lui mi guardava come se fossi la cosa più bella che avesse visto.

Quello che ne venne dopo fu un turbinio di passione. Iniziammo a baciarci dappertutto: dentro l'ascensore, nella hall, in macchina e infine davanti al portone di casa mia. Eravamo un fiume in piena, pronti a lasciarci andare agli istinti più reconditi, e a quel volersi appartenere a tutti i costi. 

Le sue mani sapienti viaggiavano sul mio corpo procurandomi brividi sparsi e gemiti incontrollati. Strisciavo lungo il muro bianco del corridoio che dava sul mio pianerottolo trascinata da lui e dalle sue labbra impetuose sulle mie. Ci fermammo solo di fronte alla mia porta, sbattendoci contro.
 L'apnea forzata, dettata dai suoi baci infuocati, mi fece perdere il controllo di me stessa. Strinsi la sua nuca tra le mie dita della mano sinistra, mentre con l'altra scesi giù fino ad arrivare alla patta dei suoi pantaloni accarezzando con veemenza quello che ci stava dietro.

« Cazzo Anita... », disse spostandosi da me di botto poggiando la sua fronte sulla mia « Tu mi farai impazzire... »

« Non aspetto altro... », risposi incastonando i miei occhi nei suoi.

Ero completamente soggiogata da lui. 

Lui per tutta risposta appoggiò lentamente le sue labbra sul mio collo, assaporando ogni centimetro della mia pelle. Drizzai la schiena a quel contatto subilme, addossandomi allo stipite della porta alzando il capo verso l'alto. Era una tortura, una dolce tortura. Continuai a massaggiare il suo collo, mentre lui percorreva il sentiero  che aveva tracciato sul mio corpo a suon di baci.

« Anita!! », un grido si levò echeggiando in quel piccolo pianerottolo, che l'improvviso sembrò ancora più piccolo.

« Chiara!!Fabio!!! », gridai anch'io spostando con forza Dario, e alzando quel velo che chiamavamo vestito.

« Anita copriti!! » esclamò lei mettendo entrambe le mani sugli occhi attoniti di Riccardo.

Lo spettacolo non era certo adatto ad un pubblico di minori. Io quasi nuda e lui strafatto dalla situazione e con l'erezione in bella vista.

Dario, come se fosse stato in un mondo ultraterreno, iniziò a guardarmi divertito pettinandosi i capelli. Strinse a sé il cappotto come a voler nascondere il suo pacco regalo, e guardando verso mia sorella la salutò cordialmente, non prima di schiarirsi la voce con un colpetto di tosse.

« Ciao Chiara... che piacere rivederti! »
 
« Fidati, il piacere e tutto mio caro... » rispose lei, cercando di trattenere quella risatina alla Velletri che veniva fuori nei momenti meno opportuni. 

« Chiara... », dissi portando la mano sinistra in faccia e sbattendo la testa nello stipite dietro di me.

« Che c'è? Lo sai che è sempre il benvenuto... Comunque, Dario, ti presento mio marito Fabio... » 

Mio cognato, che se la rideva da mezz'ora, si avvicinò con quel sorriso sornione che lo contraddistingueva e tendendo la mano verso Dario aspettò che anche lui avvicinasse la sua.

« Piacere Dario... È complimenti per la tenuta su strada... » 

« Fabio!!! », gridai nuovamente esasperata da quel teatrino senza fine.

Mio cognato, l'ingegnere De Martini, era famoso per le sue battutine a doppio senso e per lo spiccato senso dell'umorismo. Lo conobbi un giorno d'estate, quando ancora ventenne frequentavo l'università. Si era subito presentato come il "futuro marito" lasciandoci tutti a bocca aperta. I suoi atteggiamenti e i suoi occhi castano scuro avevano conquistato tutti a prima vista, compresa mia madre che lo voleva ogni sera a cena da noi. 

« Ti ringrazio, Fabio... Ma ci sono dietro anni e anni di "gavetta"! » 

« Ok! La volete smettere?!? », mi palesai in mezzo a loro guardandoli attonita. Non potevo credere che stava succedendo veramente.

« Fa, per quanto io ami questo tipo di scambi culturali, purtroppo, dobbiamo andare... Siamo già in ritardo e dobbiamo fare strada... », tornò più prorompente di prima la voce di mia sorella ricordandoci che esisteva anche lei in questo quadretto comico. 

« Ecco bravi, sparite dalla mia vista! », affermai prendendo Riccardo per la mano destra portandolo con me verso la porta d'entrata.

« Verrò a prenderlo domani mattina come al solito! E mi raccomando "non fate i bravi!" » finì Chiara, allontanandosi con Fabio al seguito con un sorriso malizioso.

Volevo letteralmente sprofondare. Ci avevano beccati proprio mentre stringevo tra le mani i gioielli di famiglia di Dario. Sicuramente per Chiara, un aneddoto divertente da raccontare durante il cenone di capodanno.

Mi apprestai ad aprire la porta, e facendo entrare Riccardo mi soffermai sul pianerottolo insieme ad un Dario che non smetteva di sorridere.

« Per te, è tutto così divertente? », chiesi incrociando le braccia al petto cercando di non ridere anche io.

« Beh, essere visto con il pisello in bella vista da tua sorella e tuo cognato, non è una cosa di tutti i giorni...  » 

Cercai di trattenere la mia solita risatina stringendo il labbro inferiore ripensando a tutta la scena hot e la mia mano che ravanava le sue parti intime.

Appoggiò la sua mano destra allo stipite della porta che si trovava alla mia sinistra, e con una mossa veloce si avvicinò a me incastrando le sue morbide labbra sulle mie. 

Aspirai con il naso l'aria cercando di prendere quell'aria rubata come quel bacio. Un bacio casto, alla quale ne susseguirono altri due. Amavo quei baci alla follia. Erano più intimi degli altri, pur non essendoci la passione che pareoneggiava negli altri.

Non appena lui si scansò lo guardai estasiata.

« Adesso è meglio che io vada via... »

« Rimani... », sibilai con il cuore in mano e i miei occhi dentro i suoi  « Avevo completamente dimenticato che dovevo fargli da babysitter... »

« Anita, per quanto io voglia rimanere e sfilarti quel vestito, non credo che con tuo nipote sia una cosa fattibile... E poi, voglio passare dallo studio... Mirko è rimasto tutto il giorno da solo, e voglio vedere se è tutto apposto... »

« Ok... »

« Ci vediamo domani alla serata karaoke... »

« Ok... »

Lui sorrise amaramente un'ultima volta e dando un leggero pugno sullo stipite andò via verso le scale.
Fissai lo sguardo verso di lui e la sua andatura lenta. Non potevo farlo andare via così, avevo ancora qualcosa da dirgli.

« Dario! », lo chiamai a bassa voce, ma attirando ugualmente la sua attenzione.

« Sì? », rispose girando solo il capo, afferrando le sigarette dal taschino del cappotto.

Corsi verso di lui acchiappando con le mie mani il suo viso, e non aspettando una sua mossa, mi lanciai nuovamente sulle sue labbra replicando quel bacio che tanto adoravo.

« Grazie di tutto... », soffiai sulle sue labbra perdendomi nuovamente nei suoi occhi accarezzandogli la guancia.  Ci guardammo per una serie di secondi interminabili, fino a quando non decisi di scappare via rifugiandomi dietro la porta di casa mia.

Ero innamorata di lui. Ero profondamente consapevole di questo. 
Consapevole di vivere una nuova vita grazie a lui, grazie il mio amore per lui.

 Infilai subito la mano dentro la borsa cercando quel piccolo tesoro che lui mi aveva donato. Fissai lo sguardo su quell'immagine, d'amore e passione. Quello che ero io, quando ero tra le sue braccia.


                              ***

Entrai in macchina con ancora il sorriso da ebete sul viso e la sigaretta tra le mani. Quel bacio inaspettato mi aveva letteralmente rincoglionito. Era un bacio di riconoscenza, ma anche di amore... Lo avevo sentito chiaramente. Avevo sentito quel bacio sotto pelle, sotto quella torre di paure, che sembrava smuoversi ad ogni sua mossa, procurandomi quella pelle d'oca che mi pervadeva ogni qualvolta lei era tra le mie braccia. 

Arrivato allo studio, spinsi la porta con nonchalance accorgendomi che Vanda era già andata via. Mi avvicinai con passo felpato verso la palestra dove scorgevo ancora la presenza di qualcuno.

Spinsi la porta con delicatezza, trovando Mirko intento a pulire con disinfettante il lettino in pelle bianca addossato al muro.

« Sapevo che saresti passato, l'amore per il tuo lavoro è troppo forte... O Anita non te l'ha data... » 

« Diciamo, un po' tutte due le cose...  », risposi sorridendo sedendomi per metà sul lettino adiacente al suo.

« Ti senti meglio adesso? »,chiese continuando nella pulizia del materassino.

« Non lo so... »

« In che senso? Hai bisogno di un'altra giornata libera?! »

« No, non potrei mai lasciarti e lasciare tutto di nuovo... » mi alzai portando una mano in tasca e l'altra al mento sfregandolo nervosamente « Ma, non so davvero come comportarmi con Anita... Oggi ho sentito delle emozioni stupende con lei, ma ho anche sentito quella cazzo di paura, quella paura che sta diventando sempre più forte... Così forte da non saperla più gestire... »

« Forse dovresti prenderti una pausa da lei... Per capire se quella paura e più forte di tutto il resto... »

« Non posso farlo... », dissi portando entrambe le mani in tasca.

« Perché la ami... »

« Mi, io mi sento confuso... »

« Quando si ama di solito non c'è confusione... »

« Ma io non sono confuso sull'amore, sono confuso sul da farsi... Io non voglio farla soffrire... »

« Tu non farai soffrire nessuno... », affermò avvicinandosi al piccolo lavandino posto alla mia destra lavandosi le mani. « Lei aspetta solo un tuo cenno...glielo leggo negli occhi... »

« Anche io ho visto quella luce nei suoi occhi... È proprio per questo che io sto male... Non credo di avere quella sua stessa luce... Merita qualcuno che sappia amarla in quel modo... »

« E quale sarebbe questo modo strepitoso? », asserì avvicinandosi a me asciugandosi con un foglio di carta .

« Non ne ho idea... »

« La risposta è più facile di quello che pensi mio caro Dottore... », affermò gettando la palla di carta che aveva tra le mani nel cestino, per poi uscire dalla stanza.

Fissai la porta da dove era uscito Mirko come se mi avesse dato una pugnalata. Non c'era proprio niente di così facile. Nulla che potesse sfiorare per un'istante la mia mente. Al momento l'unica alternativa era starle vicino così, senza nessun tipo di legame, senza alcun tipo di vincolo. Un rapporto di solo sesso. Quel sesso che profumava d'amore.



Note: Capitolo Trentanove. Buonsera a tutti miei cari, ed eccomi qui in questo nuovo aggiornamento ❤️ Come avete potuto vedere il tour di Dario e finito a scatafascio 🤣🤣🤣 Come avevo detto, in uno dei capitoli passati, Anita doveva fare da babysitter al nipote.cosa che anche lei aveva dimenticato. 🤣😍( Con una giornata del genere anche io avrei dimenticato tutto 🤣🤣🤣) nella scena successiva vediamo Dario parlare con Mirko, è scopriamo che l'unica soluzione possibile al momento è proprio un rapporto di solo sesso. 😅 Dove lo porterà questo pensiero sbagliato? Questa paura rovinerà tutto? Eh... Chissà... Grazie sempre a chi mi segue, e alla prossima ❤️

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Capitolo 40
*** Pedine Del Fato ***


Non ebbi neanche il tempo di aprire la porta d'entrata, che l'uragano Chiara aveva già chiesto tutto con lo sguardo felice e interrogativo di chi sperava in un succoso racconto. I suoi occhi blu-verdi spalancati come non mai, aspettavano quella risposta alla sua domanda silente che non arrivò mai.
Lasciai la maniglia della porta senza  risponderle, e avanzando annoiata verso la cucina la mollai lì dov'era come un salame.

« Embè?! » chiese sconvolta, chiudendo di riflesso la porta raggiungendomi di corsa.

« Embè cosa?... »

« Tu e Dario! Dai non fare la gnorri per favore! », disse entrando anche lei in cucina aggrappandosi allo schienale della sedia Di legno bianco.

« Non c'è stato nulla... È andato via... », risposi sempre più scocciata mentre richiudevo il barattolo di Nutella.

Avevo pensato tutta la notte alla giornata passata con lui e alla felicità che avevo provato. Una meravigliosa felicità, eclissata subito dopo dai miei pensieri negativi. Mi resi conto, che quella sua uscita di scena repentina non era sicuramente una cosa positiva, è che lui stava scappando per l'ennesima volta. Mi lasciai travolgere da quei pensieri nefasti, non pensando più a tutto il bello che c'era stato in quella giornata passata troppo in fretta.

« Però anche tu, potevi dirmelo che dovevi vederti con Dario! »

« Non lo sapevo neanche io... », affermai sedendomi a tavola girando il mio cappuccino ormai senza schiuma.

« Hey, mi dici qual'è il problema? » Chiara, si affrettò sedendosi vicino a me, spostando una delle ciocche che erano sfuggite al mio chignon fatto male.

« Il problema è che lui non mi ama Chiara... O se lo fa, non quanto lo amo io... »

« Tesoro... »

« Chiara, mi sa che ci sono ricascata... »
« Ascoltarmi, può essere che lui sia solo spaventato... A volte capita con quegli zucconi dei ragazzi! »

« Ma a te non è capitato con Fabio! Lui dal primo momento che ti ha vista voleva sposarti! »

« È solo la pazzia degli ingegneri! Loro voglio tutto preciso e inquadrato! »

« Chiara... »

« Ok, a parte gli scherzi... Fabio era già più grande, aveva avuto le sue storie, e voleva sistemarsi... Ognuno di loro è diverso purtroppo, e non ci sono manuali da seguire... Dagli un po' di tempo...»

« Chiara, io gli ho dato tutto! Gli ho dato comprensione, accesso facilitato e il mio cuore sul palmo della mia mano! Cosa vuoi che faccia? »

« Dagli ancora un po' di tempo...e non fare altro ok? »

« Ok... », risposi abbassando nuovamente il capo verso quella tazza stracolma di cappuccino.

« Ok campione! Hai finito di bere il tuo latte?! », chiese poi a Riccardo che nel frattempo guardava i cartoni alla TV.

« Sì mamma! », rispose lui alzandosi di scatto prendendo il suo zainetto di Jurassic Park.

Non ero molto convinta del discorso fatto da Chiara, ma non potevo fare diversamente al momento. Era l'unica cosa sensata per non rischiare di perderlo per sempre.

***

« Buongiorno Dottor Mancini, è bello rivederla in forma! », esclamò Vanda nel vedermi varcare la soglia dello studio.

Tutti erano rimasti scioccati dal mio comportamento con Alessandro. Anche io, a mente lucida, incominciai a capire che quel mio comportamento era stato spropositato, e che quella gelosia mi aveva portato solo in un vicolo cieco.

« Grazie Vanna, in effetti, ci voleva una giornata di completo relax! », sorrisi a quella signora di mezza età che era con noi da quando avevamo aperto lo studio, ormai era proprio una di famiglia.

 « Dario, potresti venire un attimo? » la voce di Mirko, che sembrò più calma del solito, uscì dalla porta socchiusa del nostro ufficio, destandomi da quella conversazione amichevole che sapeva di normalità.

Mi avvicinai alla porta, stringendo tra le dita della mano destra il piccolo borsone che usavo per il lavoro, e prendendo un grosso respiro varcai quella porta come se fossi un condannato a morte. 

« Dottor Testi... » 

« Dottor Mancini... Perché ho come l'impressione che succederà qualcosa oggi? », chiese Mirko senza neanche alzare lo sguardo dal foglio dove stava applicando alcune firme.

« Eh? Io sono tranquillo! »

« Sarà meglio per te, perché lo sai che tra una quattro giorni mi sposo, e che lo studio rimarrà nelle tue mani... Non mi fare rimpiangere di aver scelto di sposarmi in questo periodo... »

« Io in realtà, avevo pensato di farti rimpiangere proprio l'idea idiota che hai avuto l'anno scorso quando hai deciso di sposarti... », risposi avvicinandomi alla scrivania sorridendo.

« Sei divertente Dottor Mancini, ma, secondo me anche tu ti sposerai presto! »

« Cosa?! Io?! Ma non ci penso proprio! », risposi convinto gettando il borsone du una delle sedie disponibili.

Sapevo bene che quel vincolo matrimoniale non faceva per me, e non lo era mai stato. Anche se, dopo aver fatto l'amore con Anita, mi era capitato di pensarla come mia sposa. Quel pensiero, che durava un tempo indefinito, spariva nell'istante in cui quella fottuta paura tornava, ricordandomi di non essere all'altezza della situazione. Ricordandomi che lei non sarebbe mai stata la signora Mancini.

Il flusso costante di pensieri deliranti furono interrotti dal telefono sulla nostra scrivania. Schiacciai rapidamente il tasto per rispondere e aspettai che Vanna ci dicesse quale era  l'emergenza di quella mattina.

« Vanna, mi dica pure... »

« Dottor Mancini c'è l'avvocato Monte sulla linea due... »

« Ok, ce lo passi pure...»
La voce di Saverio non tardò ad arrivare,  provocandoci subito un sorriso complice.
« Ma si può sapere dove cazzo avete i cellulari?! E da mezz'ora che vi chiamo teste di cazzo! »

« E buongiorno anche a te bocca di rose! » ridacchiai poggiando la cornetta nell'apposito alloggio.

« Tu, per favore fai meno il cretino, perché dovevamo vederci al bar ma non mi hai fatto sapere niente! » 

« Hai ragione, ma stamattina ho fatto tardi e non avevo tempo per passare dal bar... » 

« Hai fatto tardi? Oooooh ma quanto mi dispiace! » 
« Sa, perché non ti prendi una bella tisana? Mi sembri abbastanza alterato stamattina... », affermò Mirko distogliendo lo sguardo dai fogli che aveva tra le mani, per poi guardare verso il telefono.
« Guarda che ce n'è anche per te! Tu e la signorina Rottenmeier, dovete smetterla di rompermi i coglioni con queste serate e seratine! Fatevi una vita! Vi state sposando per questo no?! » 

« Cazzo ho dimenticato ad avvisarti! », Esclamò a sorpresa Mirko aprendo i palmi sui fogli continuando a guardare il telefono.

« Dottore, guarda che il problema non è quello, il problema è che dovete lasciarmi in pace! Queste seratine del cazzo puoi organizzare per quel coglione di Dario, che con tutto il rispetto parlando, ci sta scassando anche lui le palle! » 

« Ma si può sapere perché stai reagendo così? Ho interrotto qualcosa? » 
« In realtà si! Avevo un impegno! »

« Ma Ginevra viene stasera, con chi l'avevi questo fantomatico impegno?! »

« Con lei... »

« Continuo a non capire... »

« Avevo organizzato una cosa per lei... A sua insaputa Dottore da centodieci e lode »

Granai gli occhi verso il telefono e poi verso Mirko che mi guardò allibito.

« Sa, ma che vuoi dire? », domandai cercando di capire fino a che punto si era spinto l'avvocato.

« Non voglio dire un bel niente, ho comprato quel completino da padel... »

« Completino da padel?!...  », si schiarì la voce Mirko guardandomi cercando di raccattare i fogli che aveva sotto le sue braccia.
« Sì, è una storia lunga...  », risposi sorridendo, per poi essere interrotto dal diretto interessato.
« Non tanto lunga, se voglio scoparmi Ginevra con quello addosso! »

« In effetti...  » dichiarai, continuando a sorridere e grattandomi la testa.

« Ok cazzoni, io adesso vi saluto, anche perché ho una riunione tra poco! Ci vediamo stasera! Ah Mirko, preparati per il tuo addio al celibato... L'hai voluto tu!  », la telefonata si chiuse con questa mezza minaccia alla Saverio, che se non sapessi cosa avrebbe organizzato avrei avuto paura anche io. 

« Dario... Che voleva dire? Vi ho detto chiaramente che non voglio Streep Club, spogliarelliste, o cose varie!  », Mirko che era sembrato il santo appena sceso in mezzo agli uomini per essere beatificato, si trasformò incrociando le braccia al petto.

« Ma non so di cosa sta parlando! », mentii spudoratamente. In realtà sapevo tutto, ma non lo avrei mai spifferato al povero Mirko.
« Dario... vi ammazzo... Io vi sto avvisando! », prese tutte le sue scartoffie dalla scrivania, e con passo veloce se ne andò senza aggiungere altro.

Mirko aveva sempre avuto paura dell'addio al celibato La sera che ci aveva confessato che aveva chiesto a Claudia di sposarlo, la seconda cosa che ci disse fu proprio " niente addio al celibato". Nel corso dei mesi, eravamo riusciti a dissuaderlo, ma alla sue regole. La cosa che non sapeva era che eravamo riusciti a deviare l'ostacolo Mirko, riuscendo lo stesso ad organizzare un festino davvero singolare.

                               ***


Erano passate da poco le venti, e io sfrecciavo per le vie di Milano nella vana speranza che il mio "leggero" ritardo non venisse notato da nessuno. Imboccai una di quelle vie solitarie e deserte per riuscire ad arrivare prima al Star Sing, uno dei più rinomati locali per karaoke di tutta Milano, nonché il preferito di Claudia. Mi infilai velocemente in una delle traverse che tagliavano la strada, quando ad un certo punto la macchina iniziò a fare le bizze. Sentii lo sterzo tremare sotto le mie mani, fino a che l'auto non si accasciò sulla parte sinistra. Spensi subito la macchina, e presa da una rabbia incontrollata iniziai a battere le mani verso lo sterzo chiamando tutti santi del paradiso nella speranza che fosse tutto un brutto sogno. In preda alla disperazione più totale, uscii fuori constatando quello che avevo sperato che non fosse accaduto: si era bucata la gomma anteriore sinistra. Chiusi lo sportello più forte che potevo, e iniziai ad imprecare contro quella stupida ruota. Il vestitino fiorato in jersey iniziò ad ondeggiare trascinato da quel vento invernale facendomi stringere le braccia tra loro. Aprii la portiera posteriore e recuperando il capotto nero e il cellulare, iniziai a scorrere l'elenco telefonico in cerca di qualcuno che potesse salvarmi da quella situazione surreale. 

Dopo diversi secondi decisi che l'unico che avrei voluto vicino in questa situazione era Dario. Cercai il suo numero in rubrica scendendo piano con il pollice, fino a quando arrivata davanti a quel codice numerico mi bloccai davanti al suono di una voce famigliare.

« Anita?! »

« Alessandro! »

« Ma cos'è successo?! » chiese ancora dentro l'abitacolo accostando la macchina alla mia.

« Credo di aver bucato una gomma... », affermai stringendo ancora più forte le braccia al petto. Mi sentivo tremendamente a disagio dopo il nostro l'ultimo incontro rivelatore nel mio ufficio. 

« Vediamo un po'... » disse, avvicinandosi con un sorriso così contagioso da farlo replicare sul mio viso.

Iniziai a pensare che forse non era stato un male averlo incontrato, e che magari poteva aiutarmi con la mia gomma.

« Credo che tu abbia ragione… la gomma è andata! », affermò alzandosi in piedi, battendo le mani tra di loro come a voler togliere la polvere che aveva sulle mani dopo aver toccato la ruota. 

« Perfetto! Non arriverò mai in tempo! », esclamai portandomi tutte due le.mani sui capelli.

« Stai andato da Star Sing? »

« Si… non mi dire che anche tu… »

« Già… alla fine Claudia mi ha convinto… quella ragazza non accetta un no come risposta… »

« Già… Claudia… », replicai portando dietro le orecchie quei capelli che avevo lasciato liberi per l'occasione.

« Allora, posso darti un passaggio? Penso io a chiamare il carro attrezzi… »

« Ok… ti ringrazio… », risposi con un sorriso di gratitudine avvicinandomi alla sua automobile. 

Finalmente il fato aveva fatto uno sgambetto bello e buono a quella mia sfortuna cronica. Adesso, nulla avrebbe potuto rovinare la serata, ed io, sarei arrivata puntale e felice a quella che era partita come un disastro. I presupposti c'erano veramente tutti, ed io non vedevo l'ora di arrivare a destinazione. Arrivare da lui. 



Note: Capitolo Quaranta. Buonasera miei cari ed eccoci qui in questo capitolo che avevo battezzato come quello del karaoke, ma, per forza di cose, è tutto posticipato al prossimo ♥️ ️ Che cosa succederà adesso che Anita arriverà con Alessandro al locale? Il Fato avrà giocato davvero a suo favore? Dario prenderà bene questa cosa? Voi che ne pensate? Io dico di no… 🤣🤐 Ci aspetta davvero un capitolo infuocato! Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ❤️

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Capitolo 41
*** Sorridente Truffatore ***


Durante la mia permanenza dentro la cabina della doccia, pensai e ripensai a tutto quello che era successo in quella mattinata frenetica: Mirko in preda all'ansia più totale cercava di spiegarmi più in fretta possibile i suoi pazienti e come dovevo trattarli e come no durante la sua assenza; Io con la testa tra le nuvole e i testicoli grandi come due cocomeri, cercavo di non dare a vedere il disagio provato dal mio corpo e dalla mia mente, e quindi di conseguenza ero distratto; e Saverio che voleva organizzare un "qualcosa" all'insaputa di Ginevra, e se l'era presa come se fosse una cosa di vitale importanza. Eravamo tutti e tre fuori fase, e tutti e tre, a causa di una donna. Guardai verso il mio fedele amico di scorribande e di nottate all'insegna del sesso più selvaggio sorridendo amaramente. In un mese avevo stravolto la mia vita, in quel fottuto mese ero cambiato radicalmente diventando un monogamo a mia insaputa. Quel casanova che non vedeva l'ora di infilarlo ovunque non c'era più da un bel pezzo, e al suo posto, c'era questo ragazzo che amava "una" sola donna e ne aveva anche paura. Coglione! Pensai chiudendo il rubinetto dell'acqua addossandomi al muro con il capo. Come potevo mai pensare di uscire indenne da quella situazione complicata? Ero innamorato di Anita, ma avevo paura di quello che poteva essere il nostro futuro insieme. Cosa sarebbe successo se non fossi stato capace di essere quel ragazzo che lei voleva? Cosa sarebbe successo se  accorgendosi del mio caratteraccio da bambino di cinque anni alla quale era stato negato l'affetto e il giocattolo preferito mi avrebbe lasciato? Lo avrebbe sicuramente fatto, provocando dentro di me una voragine più grande di quella già esistente, e in lei la disperazione più totale. Non potevo perderla, e non volevo farla soffrire, ergo era meglio lasciare tutto com'era fino a data da destinarsi.

Diedi un ultimo sguardo al mio outfit per la serata: maglione blu notte girocollo in maglina, pantalone grigio scuro e scarponcini neri. Afferai il cappotto nero, e aprendo la porta mi diressi verso quel locale famoso per il suo karaoke strabiliante.

Parcheggiai velocemente di fronte al locale, ed altrettanto velocemente, entrai nel locale dalle luci viola e dalle pareti nere. All'ingresso c'erano tre gradini che portavano al bar, per poi scendere altri sei ritrovandoci davanti ad un palco e una postazione per il DJ. Dalla parte opposta invece, erano situati dei divanetti anni cinquanta in pelle nera con dei piccoli tavolini in legno scuro davanti. Mi accorsi subito che l'allegra combriccola era tutta lì, compresa Azzurra, che si alzò subito venendo verso di me salutandomi calorosamente strisciando il suo corpo sul mio.

« Ciao Dario come stai? »

« In realtà, stavo meglio prima... Non sapevo che ci saresti stata anche tu... », risposi cercando di capire se Anita fosse da qualche parte guardando verso i tavoli.

« Cerchi la verginella? Non è ancora arrivata... »

« Bene, allora spostati! », mi scansai da lei, e togliendo il cappotto mi sedetti vicino a Saverio che se la rideva con Ginevra.

« Mi spieghi cosa c'è da ridere? »

« Tu e Azzurra siete esilaranti! Lei che te lo tirerebbe fuori senza problemi, e tu che la snobbi neanche fosse la più cessa del locale! »

« Lei non mi interessa... Lo sai... », risposi ancora scocciato dalla situazione appoggiando il capo sulla spalliera del divanetto, quando all'improvviso vidi arrivare Anita, e non era da sola. Mi drizzai immediatamente vedendo che il suo accompagnatore era quel coglione di Alessandro. Senza dire una parola, uscii di fretta e furia tirandomi dietro uno dei tavolini davanti a me, facendo imprecare Saverio.

Arrivai immediatamente davanti ai cari piccioncini incrociando le braccia al petto, volevo proprio vedere cosa avevano da dire.

« Dario... », esclamò lui quasi spaventato.

« Alessandro, che piacere averti qui con noi questa sera... », dissi senza dargli il tempo di mettere a fuoco la scena. Poi, mi voltai verso di lei, e fissandola con lo sguardo da stronzo la salutai. « Anita... »

« Dario... ho avuto problemi con l'auto...  e Alessandro mi ha dato un passaggio... », la sua voce mi parve sin da subito tremante, e i suoi occhi da cerbiatta erano impauriti dalla situazione.

« Il buon samaritano insomma... », continuai sprezzante senza distogliere mai lo sguardo da lei.

« Beh, io vado a sedermi… ci vediamo dopo... » disse Alessandro, schiarendosi la voce con un colpo di tosse e allontanandosi velocemente.

« A dopo... », rispose lei sorridendogli cordiale.

Quel sorriso innocente innescò dentro di me la follia più pura.

« A dopo?! » replicai allibito scrutandola  minaccioso. 

« Dario... è solo un modo per essere carina… si è prodigato per aiutarmi… »

« Potevi chiamare me… »

« Volevo chiamarti… ma poi… »

« Ma poi è arrivato il tuo salvatore che ti ha tirato fuori dai guai! Avevi detto che avevate chiuso! »

« Infatti è così! Ma lui passava da lì… e quindi non potevo non accettare! »

« Certo! Il buon samaritano! Che coincidenza! »

« Dario smettila! »

« No! Quello vuole solo scoparti come ha fatto con Azzurra! »

« Ma cosa dici?! Lui non è così! », affermò scendendo alcuni gradini avvicinandosi al bar.

« Vuoi dire che non è come me?! Avanti, di pure che io sono uno stronzo e lui è il ragazzo perfetto! »

« Ma ti sei bevuto il cervello?! Non ho mai pensato nulla del genere!! »

« Quindi,non hai mai pensato che io voglio solo scoparti e lui è il principe azzurro?! »

Un silenzio assordante calò su di noi e su quella domanda scomoda.

« Come immaginavo… sei solo una bugiarda! », gridai ferito senza rendermene conto, facendola sobbalzare.

« E tu sei uno stronzo!!! »

« Bene! Non avevo dubbi!! », risposi in preda all'ira lasciandola davanti al bancone del bar.

Se pensavano di prendermi in giro, si sbagliavano di grosso. 



                                ***


Lo guardai allontanarsi a bocca aperta. Non riuscivo a capire da dove avesse preso quella rabbia. Avevo detto più volte che con Alessandro era finita da un pezzo, anche se, a dirla tutta, non c'era mai stato niente.

Si avvicinò con nonchalance agli altri, e senza esitazione si sedette vicino ad Azzurra facendomi sbiancare. Lo stava facendo di nuovo. Lui stava facendo lo stronzo con me, di nuovo. Trattenni con tutta me stessa quelle lacrime di rabbia che stavano per venire giù, e avvicinandomi anche io ai tavoli mi sedetti dalla parte opposta vicina a Ginevra che mi guardò stranita e interrogativa. Con gli occhi di chi, aveva appena ricevuto una mazzata in piena fronte, negai con il capo qualsiasi cosa stesse per chiedere, non avevo la forza e neanche la voglia di replicare.
 

« Buonasera a tutti! E benvenuti a Sing Star! 
Cominciamo questa serata, facendo gli auguri ai futuri sposi Mirko e Claudia, che hanno scelto noi per questa serata con i loro testimoni e amici! E a tal proposito, inizieranno proprio loro con una delle canzoni simbolo dell'amore eterno! Quindi bando alle ciance, ed ecco a voi Mirko e Claudia con " Vattene Amore!" »

« Oddio… uccidetemi vi prego! », affermò Saverio portandosi le mani in faccia guardando verso gli sposini felici. Si soffermò con le mani sulle labbra guardando con gli occhi spalancati una scena che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque fosse come lui.

I due sprizzavano felicità da tutti i pori. I loro sorrisi complici, accompagnati dai loro movimenti e dalle loro mani intrecciate, facevano sì, che la scena sembrasse ancora più smielata di quello che era. 

« Dottor Mancini?! » chiamò Saverio, guardando verso quest'ultimo che parlava allegramente con Azzurra « Quando tempo ci vuole per morire dissanguati se mi taglio le vene?! »

« Dai cinque ai sei minuti se è una ferita grave… »

« Cazzo, ci vuole troppo tempo… ci vorrebbe qualcosa di più istantaneo! »
 
Sorrisi a quella battuta divertente formulata da Saverio. Lui, con le sua spiritosaggine, aveva per un attimo smorzato quell'atmosfera pesante che stavo vivendo.
Il comportamento di Dario era davvero imperdonabile e io questa volta ne avevo abbastanza.

I nostri occhi si incontrarono per un attimo. Il suo sguardo, che ormai conoscevo bene, era di quello che voleva fare lo stronzo fino alla fine. Rimasi come di ghiaccio, per poi distoglierlo guardando ancora verso quella coppia di innamorati, che aveva avuto il coraggio di amare e di sostenersi a vicenda. 

Mirko guardava Claudia come un gioiello prezioso sorridendole felice. Fu in quel momento che ebbi il magone. Dario non era Mirko. Dario era lo stronzo donnaiolo di cui mi ero innamorata. Non era esattamente quello che mi ero immaginata, ma era quello che volevo adesso.

Non appena i due futuri sposi finirono la loro performance, lasciarono i loro microfoni nelle apposite aste, e avvicinandosi l'uno verso l'altra si persero nei loro sguardi. Quegli sguardi da innamorati cronici, che avevo visto mille volte sui loro volti. Seguitarono a guardarsi e a sorridersi, fino a che il tutto, non sfociò in un bacio casto, che Mirko "il santo" fece diventare subito bollente. La strinse a sé per i fianchi, con una tale veemenza, che ci lasciò tutti di stucco. Anche Claudia, che dapprima sembrò stupita, ricambiò quel bacio con lo stesso trasporto, stringendo i capelli di lui tra le dita.

I fischi e le urla di Saverio, a tale visione, inondarono il locale, come le sue parole subito dopo.

« Mirkoooo!!! Guarda che sé continui così, la metti incinta! Io ti avviso! », quelle parole dette nella più totale nonchalance, provocarono le risate di tutti, compresi i due futuri sposi, che si dileguarono subito dopo.

Risi anch'io. Non mi aspettavo tanta passione da parte di Mirko, e la cosa, inevitabilmente mi fece pensare a lui. Guardai verso Dario, la quale continuava ad ignorarmi, rivolgendo le sue attenzioni ad Azzurra. Feci cadere subito lo sguardo sui miei piedi, e sospirando, mi voltai verso Ginevra che parlava fitto con Saverio.

All'improvviso, quest'ultimo, si alzò di scatto tirandosi su i jeans, e muovendo il collo come se stesse per salire su di un ring, si avviò verso il palco con Ginevra al seguito.
Li guardai interrogativa. E adesso che intenzioni avevano?!

Lui balzò con un salto felino su di esso, e porgendo la mano verso Ginevra l'aiutò a salire. Quello che iniziò sentirsi per tutto il locale, fece drizzare Claudia sulla sedia. Il sorriso che l'aveva accompagnata fino ad un attimo prima sparì nell'esatto momento in cui "Kobra" di Donatella Rettore fece il suo ingresso per tutta la sala. 

Ginevra, iniziò la performance ammiccando in un modo molto sexy, e avvicinandosi verso Saverio poggiò l'indice sul suo torso per poi scendere verso la cintura, compiacendo quest'ultimo che sorrideva divertito.

Continuò cantando e muovendosi sensuale stendendoci tutti, compreso Saverio. Poggiò la sua schiena sul torso di Saverio guardandoci a mo' di sfida facendo sali e scendi. Si strusciava su di lui neanche fosse stato un palo da lap dance. Lui, strinse la vita di lei soffermandosi sul suo addome incrociando le dita, immergendo il suo viso tra i ricci di Ginevra estasiato. Potevo sentire la loro tensione sessuale, potevo sentire il loro desiderarsi, potevo sentire lo scintillio dei loro occhi quando si incontravano.

Cantavano tutti e due, in completa sintonia, muovendosi ritmicamente complici. Guardarli era magnifico, perché nel loro modo diverso di amarsi, riuscivano ugualmente ad essere affini, complici e amanti. Mostravano senza paura una tale passione, che ne fui quasi invidiosa. Aveva ragione Dario, Saverio era diverso da lui. Lui riusciva ad amare Ginevra di fronte a tutti, fregandosene di tutto il resto. Tornai con gli occhi verso Dario che si godeva tutta la scena ridendo e fischiando verso quel "fratello" che tanto stimava e ammirava, ma che non riusciva ad imitare nelle cose più importanti.



Note: Capitolo Quarantuno. Buonasera miei cari, ed eccoci in un nuovo aggiornamento! ♥️ Come avete potuto vedere Dario è tornato l'idiota che avevamo potuto ammirare la sera al Pulp. Lui si sente ferito e preso in giro. Non crede che sia tutta una casualità, e pensa che Anita e Alessandro siano ancora intimi, e che Anita provi qualcosa per lui. Anita invece amareggiata dal comportamento di Dario, pensa che il suo pensiero sia corretto. Lui, non l'ama quanto lei ama lui, e che non spingerebbe mai oltre i loro incontri di sesso. Avete appena letto, un piccolo assaggio dell'idiozia di Dario, ma come diceva il caro Corrado " E non finisce qui! " 🤣🤣🤣 Nel prossimo vedremo fino a che punto si spingerà Dario pir di farla pagare ad Anita. Lo so, sono sadica 🤣🤣🤣🤣 Ma Dario è così! Vedrete che un giorno, non molto lontano, si farà perdonare! Abbiate fede! 🤣♥️ Grazie sempre a chi mi segue, e alla prossima ❤️

          

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Capitolo 42
*** Ho Cambiato I Piani ***


Premessa necessaria ❤️ So bene che, molti di voi non amano ascoltare la musica che suggerisco, ma, questa volta, è davvero necessario e quasi obbligatorio! ❤️🤣 La musica che ho scelto ha un significato particolare, quindi per capire e sentire a pieno quello che provano i nostri piccioncini vi raccomando caldamente di farlo! Non ve ne pentirete! Vi lascio alla lettura! A dopo ❤️


Gridavo e fischiavo guardando l'avvocato muoversi sensuale sul palco con Ginevra. Conoscevo bene le sue doti da sex symbol, ma rimanevo sempre interdetto quando lo vedevo all'opera. Era davvero senza freni inibitori, e senza la benché minima preoccupazione del domani o tanto meno del presente. La litigata con Anita aveva acceso in me un incendio. Mi sentivo ferito e preso in giro, da colei che mi aveva rubato il cuore. Preso dall'ennesima furia cieca, mi alzai in piedi e dopo aver fatto scendere dal palco Saverio e Ginevra mi posizionai davanti al microfono, suggerendo al DJ la musica da mettere. La mia vendetta era solo all'inizio.

Negramaro - Mentre tutto scorre -

« Parla in fretta e non pensar
Se quel che quel che dici può far male
Perché mai io dovrei fingere
Di essere fragile
Come tu mi
Vuoi nasconderti in silenzi
Mille volte già concessi
Tanto poi tu lo sai
Riuscirei sempre a convincermi
Che tutto scorre... »

Volevo colpirla nel modo più violento. Come lei lo aveva fatto a me. Volevo che sentisse il mio risentimento, e la mia ferita che sanguinava.


                            ***

Non mi ci volle molto a capire che quella canzone era indirizzata a me. Avrei voluto salire sul palco e dargliene di santa ragione. Avrei voluto schiaffeggiarlo per quello che mi stava gridando davanti a tutti, per quello che stava procurando al mio cuore. 
Stringeva il microfono tra le mani in una morsa, come se stesse tenendo il mio viso, sfogandosi per quelle colpe che io non avevo. Teneva il ritmo con il piede sinistro, e durante il ritornello temeva gli occhi chiusi come a voler rinnegare quello che stava dicendo.

« Oddio, l'abbiamo preso di nuovo... »,voce di Saverio si fece spazio nelle mie orecchie facendomi destare da quei miei pensieri psicoanalitici.

Non ebbi il coraggio di voltarmi verso Saverio, ero come ipnotizzata da quella sua frustrazione senza senso. Lo odiavo. Lo odiavo con tutta me stessa.

«Scagli la pietra chi è senza peccato
Scagli la pietra chi è senza peccato
Scagliala tu perché ho tutto sbagliato! », lanciò il microfono neanche Ozzy Osbourne durante uno dei suoi concerti e scendendo con un salto prese il cappotto e la mano di Azzurra avviandosi verso l'uscita. 

Il mio cuore si fermò di botto, come il resto del mio corpo. Non lo stava facendo davvero. Non poteva farmi questo.

« Dario! Dove cazzo vai?!? » chiese Saverio, alzandosi di soprassalto guardando verso il suo caro amico.

« Sa, lasciami stare… », rispose guardandolo scocciato, per poi lanciarmi un'ultima occhiataccia prima di sparire insieme a lei. 

Cercai in tutti i modi di non far vedere agli altri il mio cuore in frantumi. Ma ero più che sicura, che si fosse sentito l'esatto istante in cui si era rotto. Sentii la mano di Ginevra stringere la mia in una dolce morsa.

« Anita… tesoro…ma cos'è successo tra te e Dario?... »

« Ginny, io lo odio! Lo odio! Questa non gliela perdono… non dopo tutto quello che ho fatto per lui… », risposi cercando di trattenere le lacrime che spingevano per scendere. 

« Ani… » 

« Non posso perdonargli tutto… adesso lui finalmente avrà Azzurra… e io… »

« È un coglione… ma non lo farà… » affermò Saverio, sdraiandosi sullo schienale del divanetto « Fidati, non lo farà… » 

« Una magra consolazione… ma grazie per averlo detto… », sorrisi amaramente e chiamando il cameriere decisi di berci su. Non volevo affogare il dispiacere nell'alcol, ma non volevo pensarci più. Volevo pensare solo a me stessa.

« Mi dici cosa sta succedendo?! » chiese Claudia, avvicinandosi a me bianca come un lenzuolo.

« Claudia, mia cara Claudia, vuoi sapere cosa succede? Succede che mi sono innamorata di Dario! Succede che ho fatto l'amore con lui perdendomi tra le sue braccia! Succede che, qualsiasi cosa tu dica adesso, io non rinnego nulla! Hai capito miss perfettina?! »

« Anita… »

« Tu, te ne stai lì con il tuo fidanzato perfetto e il tuo amore perfetto! Ma lascia che ti dica una cosa, l'amore non puoi pilotarlo! Non si può scegliere purtroppo, e io mi sono innamorata di lui! So che sono andata contro ad ogni tua predica alla badessa delle Alpi, ma io lo amo! Anche se credo che stasera si sia avverato il tuo presagio alla Cassandra! »

« Anita, io non volevo avere ragione… volevo solo proteggerti da tutto questo… » 

« Beh, come vedi, hai toppato alla grande! E ho toppato anche io credendo che lui potesse amarmi! »

                               ***

Da quando ero entrato in macchina con Azzurra, era praticamente calato un silenzio assurdo. Io non spostavo la mano dal cambio giocandoci compulsivamente, mentre giravo per la città in cerca di risposte a quelle domande che mi attanagliavano. Anita era interessata ad Alessandro? Pensava davvero che io volessi solo scoparla? Sentivo una rabbia e una gelosia smisurata verso quel damerino che aveva rovinato tutto. Mi sentivo incompreso dalla donna che amavo, quasi buttato fuori.


« Dolcezza hai intenzione di fermarti prima o poi, o vuoi passare tutta la serata girando a vuoto? »

« Io, sono un po' confuso al momento… », le dissi senza neanche degnarla di uno sguardo fissando un semaforo in lontananza.

« Dario, non c'è niente per cui essere confusi, io voglio solo scopare… Non c'è nulla tra di noi, e non ce ne sarà neanche dopo! Io non sono innamorata di te, come tu non lo sei ovviamente di me… »

Mi parcheggiai a ridosso di una panchina sbuffando e imprecando. Non doveva finire così, non dovevo essere lì con Azzurra.

« Perché non ti rilassi un po'... », disse con voce sensuale toccandomi il pacco. 

Guardai la sua mano sul mio attrezzo per poi guardare lei interrogativo. Era sicuramente una bella donna, e il suo tocco non passò indifferente al mio corpo che reagì di conseguenza.

Nella mia mente passò fulminea la voglia di scoparmela senza ritegno. Quella voglia carnale che conoscevo bene, e che mi aveva accompagnato per tutti quegli anni. Lei, compiaciuta dalla mia faccia da pesce lesso, si avvicinò al cruscotto per cercare chissà cosa trovando invece quello che avevo dimenticato.

« E queste?! Non mi dire che sono della verginella! »

« Cazzo! Ridammele subito! », gridai tirandole dalla sua mano con forza.

Non appena le strinsi tra le mani, ebbi un flashback di quella sera. La corsa, lo schiaffo, e i suoi occhi che mi guardavano mentre facevamo l'amore su quell'albero. L'avevo rifatto. L'avevo ferita nuovamente, nonostante il promemoria. 


« Hai capito la timorata di Dio! » sghignazzava Azzurra appoggiandosi allo schienale.

La ignorai deliberatamente, e mettendo le mutandine nella mia tasca dei pantaloni girai la chiave per andare via.


« E adesso dove stiamo andando?! » 

« Dimmi dove abiti che ti accompagno subito a casa… »

«A casa?! Ma non dovevamo scopare?! »

« Con te io non faccio un bel niente… »

« Ti ricordo che sei stato tu ad iniziare! »

« Hai ragione, e mi scuso per questo… ma io… »

« Ami Anita… »

« Cosa…? »

« Corri da Lei, anche se sono convinta che questa volta dovrai fare di più della scorsa volta… » 

« Porca puttana… » 

« L'hai fatta grossa...Lasciami qui, chiamerò un taxi… »  

« Scusami… » 

« Sei solo innamorato… per questa volta ti perdono… Addio Dario… » 

« Addio Azzurra… »


Lasciai azzurra nei pressi del Duomo, e ingranando la marcia più che potevo, mi fiondai al locale, dove speravo di trovarla ancora lì. Lo stridere delle ruote mi accompagnò per tutto il tragitto, mentre con la mano incollata al cambio pregavo con tutte le mie forze che lei non fosse andata via con Alessandro per ripicca.
 
Ho cambiato i piani - Arisa - 

Parcheggiai la macchina non curandomi né delle strisce né in che modo l'avevo posizionata. Mi precipitai con il fiatone davanti alla porta del locale sbattendoci, prima di riuscire ad aprirla. Una volta dentro mi guardai intorno, riconoscendo nella voce della cantante la voce soave di Anita sulle note di " Ho cambiato i piani di Arisa" . Scesi lentamente quei gradini pesantemente, e ancora con il fiatone mi appoggiai con la spalla destra ad uno dei pilastri che si trovavano vicino a dove eravamo seduti. 
Cantava con le lacrime agli occhi, quelle lacrime che aveva trattenuto per me. Mi sentivo uno schifo. Vederla cantare come un angelo, sentirle dire quelle parole mi procurarono un brivido lungo la schiena. Pettinai i capelli nella speranza di combattere quello stato di vergogna che provavo.

« Io non capisco perché ti comporti così… ti piace soffrire?! » chiese Mirko, avvicinandosi a me con le mani in tasca.
 
Lo guardai come un cane bastonato, per poi guardare nuovamente verso di lei.  Avevo sbagliato su tutti i fronti. Lei aveva "cambiato i piani" per me. Ed io, dovevo cambiare presto i miei.

« Senti, le mie paure e quelle che non hai
E mi perdoni lacrime indecenti
E resistenze che non capirai
Ma il rosso del tuo sangue
È rosso uguale al mio
Che innaffia un cuore al davanzale
Che aspetta solo il momento
Di prendere il volo
Riflette nel cielo
I tuoi occhi profondi
Io imploro il destino
E sei tu che rispondi 
Ho cambiati i piani per te
Succede per colpa di un raggio di luna… »

Continuava a cantare con il cuore in mano, fermando il mio che stava galoppando velocemente da quando ero tornato. Strinsi le labbra tra di loro stringendo gli occhi come a volermi disintegrare. Ricordai quella luna, che era stata testimone delle nostre "malefatte". Quella luna che mi aveva spiattellato, senza giri di parole, quanto io l' amassi  

Lei ignara di tutto, scandiva quelle parole come se mi avesse davanti, come a volermi far rinsavire da quella idiozia che mi aveva rapito quella sera. 


«Sarà che tu trasformi tutti in vero…», sussurrò stringendo il microfono tra le mani, per poi aprirli pronunciando  il verso che ne veniva dopo. « Sarà che io ti leggo nel pensiero...», fu in quel momento che i nostri occhi si incontrarono finalmente facendomi mozzare il fiato.

I suoi occhi meravigliosi mi scrutavano per capire se fossi davvero io. Non si aspettava la mia presenza, non si aspettava che fossi così idiota. Lo ero, lo ero mille volte, e volevo rimediare.

Lei, lasciò il microfono al suo posto, e scendendo dal palco aiutata dal dj, mi accorsi che era un po' brilla. 

Venne diretta verso di me cambiando espressione.

« Cos'è? Hai finito i profilattici e sei tornato per chiederli a Saverio? Ti è andata male! Se ne è andato poco fa insieme a Ginevra! »

« Non sono tornato per Saverio… » sibilai guardandola negli occhi.

« Dario, perché non accompagni Anita a casa?... » chiese Claudia, voltandosi verso di me spiazzandomi.

Non so cosa fosse successo in mia assenza, ma era l'ultima cosa che avrei pensato di sentire.

« Non c'è né bisogno! Vado con Alessandro! » rispose lei guardandomi con aria di sfida.

Alessandro mi guardò negli occhi non sapendo che pesci pigliare.

« Tu, non provare a muovere un muscolo! » tuonai indicandolo facendogli alzare le mani in segno di resa. 

« Preferisco andare a piedi che salire con te! » asserì Anita strattonandomi per farsi spazio.

La guardai attonito mentre usciva dal locale inciampando in uno dei due gradini. Riuscì malgrado la quasi caduta, a prendere la maniglia e precipitarsi fuori senza guardarsi indietro.

« Valle dietro! » gridò Claudia, incitandomi a fare quello che lei mi chiedeva. La signorina Rottenmeier era sempre la stessa, solo che adesso era dalla mia parte, o almeno così sembrava.

Annuì come un cretino, e lasciando tutto di stucco, mi precipitai fuori in men che non si dica trovandola in procinto di salire in un taxi.

« Anita! », afferrai il suo braccio destro, tirandola verso di me, trovandomi di fronte al suo astio.

« Lasciami idiota! »

« No, che non ti lascio! Vieni con me… » 

« Io venire con te?! Ma non ci penso nemmeno! » 

« Ti prego lasciami spiegare! »

« Io non voglio ascoltarti! Hai capito?! Devi sparire dalla mia vita! » gridò lei, strattonandomi e allontanatosi a grandi passi.
  
Rimasi per un attimo fermo. Non sapevo come prenderla. Era un'osso duro, ma aveva anche le sue valide motivazioni.

Ripresi la.mia corsa verso di lei, agguantandole il braccio sinistro per poi spingerla verso un edificio grigio alle sue spalle. 

« Tu adesso mi ascolterai! »

« Io non vogl- », non finì neanche la frase, che ero già sulle sue labbra.

La baciai con un tale ardore da farla gridare dentro la mia bocca. Un gridolino che cessò non appena le nostre lingue cominciarono a viaggiare sulla stessa rotta. Volevo farle capire che avevo sbagliato, e che ero tornato solo per lei. 

Mi scostai da lei sorridendo felice e mordendomi il labbro inferiore. Sapevo che quel bacio lo aveva sentito come lo avevo sentito io: Forte e chiaro.


Ma, le mie illusioni da idiota, furono subito eclissate da quello che ne venne dopo. Qualcosa che non mi aspettavo minimamente, e che mi tramortì all'istante.

« Mi dispiace… ma non si risolve tutto così… non più… »

I miei occhi si spalancarono stupiti. Lei mi stava rifiutando. Lei non voleva darmi la possibilità di spiegarmi. Lei, che aveva cambiato i suoi piani per me adesso stava cambiando tutto il resto. Un vento gelido attraversò il mio cuore lasciandomi interdetto. 

Mi spinse piano lontano, e stringendo il cappotto tra le sue mani si allontanò da me senza aggiungere altro. 

Strinsi tra le mani il mio labbro inferiore cercando di capire il da farsi. Non sarebbe finito tutto così,non poteva. Dovevo avere il coraggio di cambiare, cambiare i miei piani per lei.



Note: Capitolo Quarantadue. E rieccoci qui! So che ho pubblicato solo ieri, ma, presa da un attacco di pazzia, ho deciso di scrivere il capitolo velocissimamente! ❤️ Dario questa volta l'ha fatta grossa, e Anita non ha più voglia di andargli dietro. Riuscirà a farsi perdonare? Ma la domanda più importante è: riuscirà davvero a cambiare i suoi piani per lei? Eh… non posso dirvelo! Non ci resta che leggere il seguito! ❤️ Grazie sempre a chi mi segue, e alla prossima ❤️

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Capitolo 43
*** Portami A Casa ***


Correvo. Era tutto quello che il mio corpo e la mia anima volevano in quel momento. Volevo allontanarmi il più possibile da lui. Allontanarmi da quella presa di posizione precaria alla quale avevo dato un'opportunità. In realtà, l'avevo data a me stessa. A Quella Anita che era nauseata di tutto, a quella ragazza dalle mille speranze, ma che non ne aveva concretizzata neanche una. A quella ingenua che credeva di essere amata veramente da quel ragazzo dagli occhi azzurri.
Correvo. Tra i miei mille pensieri che affollavano la mia mente, e con il cuore a pezzi cercai rifugio nelle strade fredde di Milano. Quella Milano dai mille volti e dalle vetrine che si coloravano di rosso. Dicembre era alle porte, e con sé portava quella magia che in altre occasioni avrei apprezzato. 

Correvo. Senza sapere dove andare, senza avere una meta, fino a quando non sentii in lontananza la sua voce che mi chiamava. Il mio cuore ebbe subito un fremito, costringendo il mio corpo ad accelerare il passo.

« Anita!! Ti prego fermati! » ,disse quasi senza fiato, facendo lo slalom tra la gente che passeggiava tranquilla per le strade. Non mi sarei fermata neanche se fosse stramazzato al suolo. Non avevo intenzione di dargli quel vantaggio che i suoi occhi avevano sul mio cuore.

Non essendo una velocista di mestiere, e avendo gli stivaletti ai piedi, non ci volle molto prima che lui potesse raggiungermi.

« Cazzo Anita, quando corri! » affermò senza voce prendendomi nuovamente per le braccia. 

Eccolo. Era lui, l'uomo che mi aveva fatto perdere la ragione. Colui che mi aveva calpestato il cuore più e più volte ma che non riuscivo ad odiare.
Lui, che con i suoi occhi azzurri mi aveva inchiodata un'altra volta su quella strada.

« Lasciami immediatamente idiota! E non provare a baciarmi di nuovo! »

« Ok, ok... non lo farò! Ma tu ascoltami! »

« Ho visto e sentito abbastanza stasera! »
 
« Lo so cosa hai visto e sentito ma non è- »

« Te la sei scopata? »

« No! »

« Ma volevi farlo! Ammettilo! »

« Anita... »

« Ammettilo! »

« Si... »

« Mi fai schifo! » gridai facendo volare la mia mano destra verso la sua guancia. Il suo viso trasportato da quello schiaffo, si spostò sulla destra facendo ricadere i capelli sui suoi occhi. 

Poggiai la mia mano sul mio cuore che batteva all'impazzata. Non volevo colpirlo così forte, ma il mio dolore fu più forte di qualunque razionalità.


« Tu mi fai stare male… e io non posso più concederti questo lusso… »

« Anita… »

« Non puoi scaricare la tua insicurezza su di me… Per te, ho buttato nel cesso tutto quello in cui credevo! Non significa nulla per te?! Nulla per la quale vale la pena lottare?! »

« Per me sei importante… »

« Per te, sono importante?!  Hai un bel modo di dimostrarlo dottor Mancini!! »

« Anche tu! Se tu non fossi venuta con- »

« Con chi?! Con Alessandro?! Ti ho detto miliardi di volte che non c'è mai stato nulla tra di noi! Tranne per quel bacio a stampo che ricordate solo voi due!! »

« Se lo ricordo un motivo ci sarà!! »

« Si? E quale sarebbe questo motivo Dottore?! »

« È complicato… »
 
« Ah, è complicato?.... » repilcai con un sorriso amaro per poi continuare « Ti ho dato tutto Dario… non ho più voglia di sentire le tue assurdità… », girai i tacchi senza aggiungere una parola e lasciandolo lì come un salame mi allontanai da lui nella totale indifferenza.

Ero decisa più che mai a fargliela pagare, anche se sapevo bene che non sarebbe stato facile. Feci due passi per andare via, quando iniziai ad avere dei capogiri. L'alcol che avevo mandato giù senza ritegno stava iniziando a fare effetto. Strizzai gli occhi cercando di mettere a fuoco, e appoggiandomi maldestramente al muro del palazzo adiacente persi quasi l'equilibrio. Mi sentii all'improvviso stanca e con uno strano ronzio in testa.

                                ***


« Anita tutto bene?! », chiesi avvicinandomi a lei preoccupato sfiorandole il braccio destro.

« Non mi toccare! Non ho bisogno te… né di nessun altro che sia chiaro! »

« Ok, ma io non ti lascio in queste condizioni!  »
« Cos'è adesso ti importa di me? Quando sei andato via con Azzurra mi sembravi- »

« Adesso smettila! Ti stai comportando da bambina testarda… »

« Ah, sarei io la bambina testarda? Tu sei- », non le feci neanche finire la frase, che l'avevo già presa in braccio. 

La presi per il sedere, e tenendolo saldo sotto le mie mani iniziai a camminare verso la mia macchina.


« Dario! Cosa fai?! », esclamò guardandomi sorpresa, ma con quel mezzo sorriso che mi faceva impazzire. Strinse di riflesso le sue gambe alla mia vita per restare aggrappata a me, come io volevo rimanere aggrappata a lei.

« Era l'unico modo per farti zittire e per avere le tue tette enormi spiaccicate sulla faccia! »

Iniziò a ridere di cuore provocando in me la medesima reazione. 

« Tu sei- »

« Incredibile? »

« Incredibilmente idiota! », continuò a ridere facendo ridere anche il mio cuore. Dio quanto mi era mancato tutto questo.

Ci guardammo negli occhi come se fosse l'unica cosa che ci fosse concessa in tutto quel tempo passato a litigare. Potevo sentire solo i nostri respiri pesanti e i nostri cuori battere forte. Strinsi il labbro inferiore tra gli incisivi nel maldestro tentativo di non cadere in tentazione. Lei non voleva essere baciata, e io non lo avrei fatto senza il suo consenso.


Lei, dopo secondi interminabili in cui i suoi occhi si erano persi nei miei, si appoggiò sulla mia spalla con il viso affondato sul mio collo come a cercare conforto, quel conforto che cercava da quando avevamo iniziato quella strana serata.

« Dario, mi porti a casa? », sibilò stringendo le sue braccia attorno al mio collo. 

« Ti porto ovunque tu voglia… », le risposi con i suoi capelli tra le labbra, e la sua guancia calda sulla mia. L'avrei portata anche sulla luna se solo lei lo avesse chiesto. Ovunque. 

Camminavo lungo la strada respirando ad ogni passo quel profumo di cannella. Quel profumo che con il suo ricordo mi teneva sveglio nelle notti di solitudine. Sentii il suo respiro sul mio collo durante tutto il tragitto, quel dolce respiro che mi faceva impazzire e che mi accarezzava il pomo d'Adamo. Il vestito nero a fiori con scollo a V lasciava intravedere il suo seno prosperoso mandando a farsi benedire il mio cervello già incasinato. All'improvviso sentii la sua presa sempre più morbida, sempre più rilassata. Capii che si era addormentata. Si era addormentata tra le mie braccia. 

Aprii la macchina, e passandola delicatamente tra le mie braccia la adagiai sul posto passeggero. Mi fermai un attimo a guardarla, a contemplarla poggiando la fronte sulla portiera aperta. Quanto era bella. Era davvero il mio angelo. Picchiettai la fronte non so quante volte, prima di decidermi a chiudere la portiera. Era una visione celestiale, una di quelle che ti inchioda per ore e ore.


Entrai velocemente dentro l'abitacolo e girando la chiave sfrecciai per le vie di Milano avendo cura di non muoverla troppo. Mi sentii davvero uno stupido per come mi ero comportato. Non ne combinavo una giusta. Quei sentimenti nuovi e totalmente travolgenti mi facevano comportare peggio di uno squilibrato. E lei, l'amore della mia vita, non meritava un simile trattamento.

Parcheggiai in prossimità di casa sua, e recuperando le chiavi dalla sua borsetta entrai di soppiatto con lei tra le braccia, dentro quella corte che mi sembrava sempre di più un convento. 

Take Me Home - Us The Duo

Con la stessa cura entrai a casa sua buttando le chiavi nello svuotatasche a forma di cuore all'ingresso, e accendendo solo la luce del salotto creai un'atmosfera intima così da non destare il suo sonno. Con quella poca luce che passava tra una stanza e l'altra  mi diressi verso la sua camera da letto. Aprii la porta spingendo la porta con il piede, e poi con cura la distesi sul letto tra i cuscini, tra quella miriade di cuscini rosa che avevo osservato già altre volte. Mi chinai verso i suoi piedi e togliendole gli stivaletti la sistemai comodamente facendo strisciare su di lei  il plaid con su Tamburino di Bambi che si trovava lì vicino. Il suo viso rilassato e sereno era una tentazione troppo forte, un qualcosa che mi attirava a lei come Ulisse tra le sirene. Era un angelo sceso sulla terra per farmi impazzire, questo era sicuro. Mi avvicinai a lei tenendomi con le ginocchia, e con il cuore che mi batteva a mille all'ora avvicinai la mia mano destra al suo viso spostando via, una delle ciocche ribelli dalla sua guancia. Tornando indietro con la mano le accarezzai il viso con le nocche privilegiandomi di quel tocco. Il mio respiro diventò subito irregolare al solo pensiero di baciarla e di sentirla sulla mia pelle. Quella mano che ormai faceva quello che voleva, si posizionò sul suo mento, e con la consapevolezza di essere innamorato perso di lei, poggiai le mie labbra sulle sue, incastrandosi perfettamente. Fu un bacio veloce, ma fu anche il più bello che le avessi mai dato. Un bacio di scuse, un bacio avrei voluto farle sentire da sveglia. Mi sembrò di baciare Biancaneve, tant'è che lei subito dopo disse qualcosa, qualcosa che mi pietrifico all'istante.


« Dario, perché non mi ami?… », sibilò flebilmente in una situazione di semi incoscienza rannicchiandosi in posizione fetale come a volersi proteggere da quello che aveva appena detto tra le braccia di Morfeo. 

Il mio cuore che si era fermato al suono di quelle parole dette nel sonno, riprese a battere facendomi sentire quella scossa lungo la schiena che avevo conosciuto da quando lei era entrata nella mia vita. Qualcosa si smosse dentro di me, qualcosa dettato da quel sentimento che ormai si era impadronito di me.

« Io lo faccio amore mio, lo faccio da quando ti conosco… Ma non so, se avrò mai il coraggio di dirtelo… Non so se avrò mai il coraggio di viverlo. Io non  sono all'altezza, non so, se il mio amore è così forte come tu credi. Hai visto cosa ti ho fatto stasera… non posso continuare così… hai ragione tu… sono un incredibile idiota… », dissi quasi senza accorgermene, sorridendo amaramente guardandola dormire beatamente.

Non avrei mai avuto il coraggio di dirle quelle parole se fosse stata sveglia. Non avrei mai avuto il coraggio di impegnare il mio cuore inaffidabile, non avrei mai avuto il coraggio di amarla dandole quell'amore che non era all'altezza della situazione. 

Mi feci scivolare a terra su quel tappeto rosa confetto pieno di pelo, portando il braccio sinistro dietro la testa e il destro davanti ai miei occhi. Tremavo. La guardai tremare, tremando tutto di conseguenza. Quelle dita che sembravano avere una vita propria mi destabilizzarono. Strinsi forte gli occhi, come a voler cancellare quell'immagine dalla mia mente portando la mano incriminata sul cuore che sembrò quasi esplodere. Sospirai forte, cercando di reprimere quelle lacrime che volevano venire giù, quelle lacrime per quell'amore forte ma allo stesso tempo debole. Quelle lacrime che avrebbero dato sicuramente via ad un pianto disperato, Quel pianto da bambino testardo quale ero.



Note: Capitolo Quarantatrè. Buonasera miei cari, e bentrovati. Posso dire con certezza che questo capitolo è uno di quelli che mi ha fatto scoppiare il cuore in petto. Uno di quelli che mi ha fatto tremare come una foglia, proprio come si è sentito Dario. Quest'ultimo per la.prima volta dice ad alta voce che l'ama. È stato un momento intenso e che lo ha messo ancora una volta davanti a quel bivio. Amarla o no?! Lui è sempre più convinto di non meritarsi Anita. Ma tutto questo dove lo porterà? Eh, vedremo… Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ♥️ 






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Capitolo 44
*** Io Verrò Da Te ***


Dopo aver dormito come un sasso per tutta la notte, mi svegliai intontita e frastornata chiedendomi dove fossi. La luce tenue che passava attraverso le imposte semi aperte, abbagliò le mie iridi facendomi strizzare gli occhi al suo passaggio. Il mio corpo, ancora rannicchiato in posizione fetale, godeva di quel torpore regalato dal plaid che avevo fin sopra la spalla destra Tra le mani, stringevo il cuscino sotto la mia testa cercando di capire cosa fosse successo e come fossi arrivata a casa mia. Aggrottai la fronte guardando verso il soffitto bianco e, spremendo le meningi, sperai di ricordare i dettagli di quella serata da incubo. Era tutto un groviglio di ricordi sfocati dall'alcol e dal mal di testa pulsante che mi trascinavo dalla sera prima. Mi alzai a tentoni, appoggiandomi sul comodino bianco guardandomi intorno. La mia camera era in perfetto ordine e, gli stivaletti che di solito buttavo alla rinfusa, erano posizionati in ordine vicino alla porta d'entrata. Cosa molto inusuale per me, essendo una disordinata cronica. Vagai per le stanza non intenzionalmente, in cerca di risposte che mi erano sconosciute, fino a quando mi decisi ad uscire totalmente dalla stanza, ed entrando in salotto sbadigliai come un leone annoiato.

 « Buongiorno dormigliona! », la voce di Dario si fece subito spazio tra i miei pensieri facendomi sobbalzare e imprecare alla velocità della luce.

« Cazzo Dario! Che ci fai tu qui?! », gridai perdendo l'equilibrio cadendo a terra come un sacco di patate.

Il suo viso, sbucato senza preavviso al di là del divano, faceva presagire solo una cosa: Aveva dormito a casa mia. 

« Anita! » gridò lui, avvicinandosi a me quasi cadendo pure lui. Non potevo credere a quello che stava succedendo. Due sacchi di patate a terra. « Tutto bene?! » continuò cercando il contatto visivo come un ago in un pagliaio.

« Si... credo di si... Tu, piuttosto, cosa ci fai qui? » chiesi senza indugi, alzandomi da quel pavimento che aveva ospitato la mia caduta.

« Mi hai chiesto se potevo accompagnarti a casa... E poi, e poi sono rimasto perché non volevo lasciarti da sola...  », la sua voce piano piano si spense, lasciando spazio ad un sorriso dolce. 

« Ti ringrazio per la tua premura... ma adesso, però, è meglio che tu vada via...  », quello che dissi non piacque neanche a me, ma era l'unica cosa che aveva senso, dopo quello che era successo la sera prima con Azzurra.

« Sì, credo che sia meglio... Altrimenti Mirko mi ucciderà veramente stavolta... », il suo sorriso amaro mi fece quasi rimpiangere quello che gli avevo appena ordinato e, non sapendo cos'altro fare, abbassai lo sguardo. 

Un silenzio imbarazzante calò su di noi, e sui nostri sguardi persi nel vuoto.

« Prendo le scarpe... », asserì portandosi le mani in tasca.

C'era una certa tensione tra di noi. Qualcosa che ci aveva travolti la sera prima, ma che non eravamo riusciti a sfogare del tutto.
Lo guardai avvicinarsi alle sue scarpe, e indossarle con fare tranquillo sotto i miei occhi. Sicuramente, il suo gesto non era passato inosservato al mio cuore, ma la ragione questa volta non voleva cedere. E ne aveva tutto il diritto.

Sempre nel silenzio più totale si alzò dal divano e, prendendo il suo cappotto, si avvicinò alla porta prendendo la maniglia tra le mani.

« Bene, credo che sia veramente tutto… ci vediamo Anita…  »

Quel suo essere accondiscendente, mi faceva male, ma il suo comportamento della sera prima ancora di più. Alzai lo sguardo che avevo indirizzato sui miei piedi coperti dalle calze nere. 

You there - Aquilo

« Quello che è successo Ieri sera, non è cosa da poco… e io non riesco a superarla come la prima volta… non più… », mi affrettai a dire prima che il mio cuore bloccasse tutto.

« Anita io… »

« Dario, ti prego fammi finire…  », affermai avvicinandomi a lui con le braccia strette al mio sterno. « È meglio che ci prendiamo una pausa da tutto, da noi. Qualsiasi cosa noi siamo… perché sai, sono molto confusa a riguardo…  »,

« Posso capirlo… e hai ragione…  »,

« Io non vorrei avere ragione… vorrei che tu mi smentissi! Che tu mi dicessi tutto il contrario! Vorrei che tu…  »

« Anita… », il suo dito indice sì poggiò sulle mie labbra come a farmi tacere. Il suo viso stravolto da quelle parole, aumentarono i miei battiti cardiaci. La salivazione si azzerò di colpo. 

Il calore scaturito dal suo dito mi procurò un brivido lungo la schiena. Quel brivido che ormai conoscevo bene e, che mi faceva azzardare sempre. Sempre, ma non in quel momento.

« So che non è facile stare dietro ad un tipo come me… in realtà, in molte occasioni mi sono trovato in grosse difficoltà anche io. Ho sempre fatto tutto di getto, senza mai pensare al dopo e, questo non va bene. Hai tutte le ragioni di questo mondo per pensarla in questo modo e, io non posso che assecondare il tuo volere anche se a malincuore. Non so bene cosa siamo noi, non so bene cosa ci sarà nel nostro futuro, ma questo è quello che posso darti nel presente… e non è molto... »

« Dario… », sibilai quasi con la voce tremante. Sentii il mio cuore sprofondare in un abisso in un secondo. Durante la caduta, realizzai che quella poteva essere davvero l'ultima volta in cui vedevo Dario.

« Accetto tutto. Accetto questa tua scelta, accetto l'idea di non vederti, accetto questa  tua decisione che, mio malgrado e, anche la mia… », disse appoggiando la sua fronte alla mia chiudendo gli occhi. Stava succedendo davvero. Ci stavamo dicendo addio per il mio volere. « Ma… se mai cambiassi idea… », per un momento sembrò esitare, sembrò quasi morire dietro a quello che stava dicendo. « Io verrò da te… ». 

Quelle parole, associate al suo profumo mi stordirono all'istante. In verità, mi ero già pentita di tutto. Avrei mandato a quel paese la ragione che aveva avuto il sopravvento. Quella ragione che, insieme all'amor proprio avevano preso possesso di tutto. Quei sentimenti tanto nobili quanto forti adesso sembrarono la cosa più sbagliata da assecondare. 

Sospirai forte cercando di trattenere quelle lacrime di disperazione che volevano scendere giù. Strinsi tra le dita il suo maglioncino blu tirato su sulle maniche come a volerlo trattenere. Non volevo lasciarlo. 

Lui, sentendo ogni singola vibrazione del mio corpo e, per alleviarne un po' la sofferenza scaturita da tale tremolio, avvicinò la le sue labbra alla mia fronte lasciandoci un bacio casto, ma che sentii con ogni fibra del mio corpo.

« Addio Anita… » 

« Addio… », risposi cercando di non far trasparire la morte che avevo nel cuore incontrando nuovamente i suoi occhi.

Si allontanò da me facendo cadere le mie mani che erano ancora salde sulle sue braccia. Afferrò il suo cappotto che aveva appoggiato sul divano, e abbozzando un ultimo mezzo sorriso aprì la porta e scomparve dietro di essa.

« Amore… », soffiai impercettibilmente iniziando a singhiozzare.

Mi lasciai cadere a terra distrutta, portando le mani al viso. Non potevo credere di averlo fatto davvero. Avevo davvero rinunciato a lui. Avevo rinunciato a lottare, avevo deposto le armi. E lui, lui aveva assecondato il mio volere. Iniziai a piangere a dirotto, stringendo a me le gambe nel vano tentativo di consolarmi. Consolare quel cuore che piangeva più di me, consolare quel cuore che aveva sperato fino all'ultimo nel cambio programma, che cuore che lo amava con tutte le sue forze ma che era stato messo a tacere da quella ragione che adesso odiavo. Mi odiavo con tutta me stessa, odiavo quella parte che aveva rinunciato a lui e, che aveva preservato me come in una sorta di legge della giungla. La sopravvivenza ad ogni costo. Allora perché adesso mi sentivo morire?.



                                 ***


Mi chiusi la porta alle spalle, impugnando ancora il pomello nella mano destra e,  addossandomi ad essa e iniziai ad imprecare senza ritegno. Avevo appena fatto quello che lei mi aveva chiesto, quello che alla fine, non avrei mai pensato di fare. Si dice che se si ama qualcuno si lascia andare al costo di soffrire. Non ero un conoscitore in materia, anzi, ero proprio una frana nei sentimenti e in tutto quello che ci ruota intorno, ma sapevo che qualcuno più esperto di me aveva detto tali parole. Qualcuno che aveva amato senza paura e senza remore, qualcuno che aveva avuto il coraggio di lanciarsi senza paracadute e senza paura di sfracellarsi al suolo. E Anita meritava quello. Meritava quell'amore che supera qualsiasi cosa. Che supera la paura di volare, che supera la paura di non essere all'altezza, che supera qualsiasi cosa si palesi senza preavviso. L'avevo imparato sulla mia pelle, l'avevo proprio marchiato a fuoco. 
Non ero quel tizio dalle idee filosofeggianti, ma per una volta avrei tentato di fare la cosa giusta nonostante la amassi da stare male. Così male da voler sfondare quella porta che ci separava e baciarla senza fiato.

Lasciai quel pomello con non poca difficoltà. Sembrava che anche lui volesse la mia presenza lì, esercitando una forza invisibile immobilizzandomi, forza che avrei assecondato se fossi stato più coraggioso. 

Presi dalla tasca quel pacchetto di sigarette che sembravano alleviare qualsiasi cosa per qualche effimero momento, dirigendomi verso l'uscita. 
Il freddo mattutino di Milano era ben noto, e quella giornata mi  sembrò ancora più fredda del solito. Appoggiai la sigaretta sulle labbra e accendendola, aspirai dal filtro vigorosamente, facendo brillare quella piccola fiaccola al gusto di tabacco. Mi soffermai un attimo, nella contemplazione del tram tram mattutino e, riprendendo il passo mi avviai verso casa. Verso quel posto che nonostante lo scorrere del tempo, riusciva sempre a darmi la tranquillità cercata e bramata.




Note: Capitolo Quarantaquattro. Buonasera a tutti e bentrovati in questo aggiornamento. Come avete potuto vedere Dario e Anita si sono "lasciati" Hanno detto basta a quel rapporto che sembrava un vicolo cieco, almeno per Anita. Dario, avrebbe continuato imperterrito, ma anche lui ha capito che le cose così com'erano non potevano andare avanti. Riusciranno davvero a sfere lontani? Eh, lo vedremo presto… e ne vedremo delle belle prima del gran finale! ❤️ Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima.


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Capitolo 45
*** Tacco Dodici ***


Ed eccomi qui.
Sola, nuovamente e inesorabilmente sola.
Era passata quasi una settimana da quando avevo detto "addio" a Dario. Una settimana fatta di pianti e disperazione. Una settimana trascinata a suon di "posso farcela, non ho bisogno di lui!". Ma la verità, l'atroce verità era che mi mancava, mi mancava da morire. Mi ero chiusa nel mio mondo stringendo i pugni, nella vana speranza di sopprimere quella voglia di chiamarlo. Quella voglia di lui, del suo profumo, dei suoi baci e delle sue carezze. Quella voglia della sua voce dal timbro inconfondibile, di quegli occhi azzurri che avrebbero fatto ammattire chiunque, di quel sorriso da furbo ammaliatore. Mi mancava, mi manca terribilmente. Mi sentivo perennemente senza fiato, come se lo stessi trattenendo da quel giorno. Mi sentivo così, in apnea da una settimana. 
Aprii il cassetto che avevo sotto il computer, infilandoci la mano destra un po' titubante. Con le dita tremanti tirai fuori le istantanee fatte quel giorno. Il giorno in cui avevo sperato che tutto si sarebbe sistemato, che lui finalmente avrebbe aperto il suo cuore a me. Strinsi tra le mani quelle immagini che ci ritraevano felici, accarezzando la parte finale dove figurava il suo viso che rideva tra i miei baci. Potevo ancora sentire le emozioni di cui era impregnata quell'immagine. Trasudava amore, passione e dolcezza. Una stretta allo stomaco mi fece singhiozzare per un attimo portando la mano sinistra alla bocca. Avrei pianto a dirotto, se solo fossi stata nel mio mondo. Se solo fossi stata tra le mura di quella casa, che malgrado tutto, era stata testimone di quell'amore a cui avevo creduto con tutte le mie forze. Ed è proprio lì, che avevo deciso di scontare la mia pena, in quella prigione familiare e confortevole, dalla quale non sarei uscita neanche sotto tortura. 

« Toc toc, si può? », chiese la mia tortura sotto forma di Federica, facendo capolino da dietro la porta. Il lavoro che amavo, il lavoro per cui avevo sudato e faticato, si era trasformato in una delle torture di cui avrei fatto a meno in quel momento.

« Entra pure! », esclamai spostando di fretta e furia le foto di nuovo dentro al cassetto.

« Ti ho vista… », disse preoccupata porgendomi la cartella che avevo fatto visionare ad Andrew.

« Visto cosa?! », cercai di fare finta di niente recuperando il fascicolo tra le mie mani. Non volevo che lei continuasse a martoriare il mio cuore con domande.

« Le foto tue e di Dario… », per un attimo tacque e sospirò. « Anita, non ti fa bene tutto questo… »

« Non mi fa bene… », replicai sorridendo amaramente alzandomi in piedi. Che ne sapevano tutti cosa era bene per me?.

« Magari potresti- »

« Potrei cosa?! Eh?! Potrei cosa Federica?! Far finta di niente?! Far finta che non sia accaduto?! Fare finta che non sia colpa mia?! Cosa mia cara Federica?! », le sbraitai  contro con tutta me stessa, come fosse stata la mia peggior nemica. Ero fuori di me. 

« Io… hai ragione io non so nulla… scusami se mi sono permessa… », prese dalla scrivania un malloppo di cartelle che sapeva di dover prendere e senza aggiungere una parola andò verso la porta.

« Oddio, scusami Federica io non volevo! » affermai nello stesso momento in cui la porta si chiuse dietro di lei. 

Strizzai gli occhi delusa da me stessa e, sospirando mi avvicinai alla grande vetrata che dava sulla city. Portai la mano destra sulla nuca, come a voler alleviare quella tensione che avevo accumulato imprecando mentalmente. Come mi ero ridotta? Non mi riconoscevo più. Avevo perso la vera me stessa, quando avevo perso lui. Mi sedetti nuovamente davanti alla scrivania prendendo la testa tra le mani e sospirando più volte cercai di tranquillizzarmi. Non poteva essere tutto perduto, non poteva finire così. Ripresi la foto tra le mani, e osservandola nuovamente ebbi un fremito. Dovevo superare il momento, dovevo essere forte e combattere per quello che volevo. Combattere per quell'amore che mi meritavo, ma che si meritava anche lui. Quell'amore che non capiva, ma che portava il nome di Dario.

                            ***

Ci avevo provato trenta volte. 

Avevo provato a digitare il suo numero sul mio cellulare, ben trenta volte nel corso di quella settimana infernale, ma poi, come un miserabile codardo, tornavo sui miei passi e lanciavo il cellulare lontano da me. Mi sentivo un vero idiota per tutta la situazione del cazzo che si era creata. Situazione, che avevo assecondato come un coglione. In verità, in quel momento e, con gli occhi di Anita puntati addosso, mi parve la cosa più giusta da fare. Per una volta dovevo assecondare il suo volere, dovevo comportarmi come lei voleva. Per una volta non volevo essere l'idiota che va via con Azzurra e pensa pure di farsela. Sì, perché per un attimo avevo pensato seriamente di farlo. Avevo pensato di scoparmela senza sé e senza ma, pur sapendo che avrei fatto la cazzata del secolo. Nel corso di quella dannata settimana, l'avvocato Monte, aveva cercato in tutti i modi di farmi rinsavire proponendomi vari scenari che si potevano presentare davanti ad Anita. Non aveva tralasciato nessuno, dal postino all'idraulico. Tutti potevano trovarla bella e sensuale, e tutti si sarebbero fatti avanti portandosela via per sempre se non avessi mosso il culo. Ridevo sommessamente e istericamente ad ogni suo ragionamento alla Saverio, ma dentro di me morivo ogni qualvolta lui pronunciava il suo nome. Mirko invece, dall'alto dei cieli dove risiedeva, con la sua solita calma e serenità, aveva apprezzato questa mia mossa azzardata, e aveva anche elogiato questo mio comportamento da "uomo maturo", sue testuali parole. Io non mi sentivo né uomo né maturo. Mi sentivo solo un coglione confuso. Tolsi la tuta quasi strappandola, rimanendo completamente nudo davanti al lavandino. Appoggiai tutte due le mani sulla specchiera del bagno fulminandomi con lo sguardo. Mi facevo schifo. Aprii il rubinetto facendo scendere giù l'acqua fredda, e mettendoci sotto le mani a coppa portai quell'acqua gelida sul viso in uno scrosciare impetuoso. Osservai nuovamente il mio riflesso sullo specchio mentre l'acqua scivolava via, riconoscendo ancora una volta l'idiota che ero. Soffrivo maledettamente. L'unica cosa che mi dava un leggero sollievo era l'idea che lei non soffrisse più, dato che con me aveva vissuto le pene dell'inferno. Presi l'asciugamano bianca alla mia destra e, asciugandomi tra un sospiro e l'altro guardai l'ora. Erano già le diciannove, e alle venti dovevo andare a prendere lo sposo per l'addio al celibato. Il morale non era alle stelle, ma con Saverio avevamo preparato davvero una bella seratina per Mirko, quindi dovevo cambiare registro, o almeno provarci.


Mi piazzai sotto casa del Dottor Testi aspettando pazientemente. Alla fine avevo optato per un look casual: Cardigan blu scuro con camicia grigia sotto, il tutto abbinato al mio solito jeans e scarpe blu stringate. Con lui non c'erano mai ritardi o sorprese… almeno fino a quella sera. Aveva già dieci minuti di ritardo, e per un tipo come lui erano veramente tanti. Brutto segno. Scesi dalla macchina indeciso se suonare al campanello o meno, quando lo vidi spuntare esagitato. Lo scrutai corrugando la fronte prima di vederlo sparire all'interno della mia auto.
Il suo comportamento assai diverso dal solito, mi preoccupò non poco, ed entrando anche io nell'auto cercai subito il suo sguardo che era chino sui suoi piedi, e tremava nel suo maglioncino giallo senape. 

« Mi, tutto bene?... », chiesi quasi spaventato. Sembrava un'altro Mirko, quasi un extraterrestre. Eppure allo studio sembrava normale.

« Sì, sì, alla grande! », riuscì finalmente a trovare il suo sguardo che sembrava tutt'altro che contento. 

« Ma è successo qualcosa? Tipo con Claudia? » continuai con le mie domande, cercando di essere il più delicato possibile. Sembrava proprio che stava per rompersi in mille pezzi da un momento all'altro.

« Claudia?! Perché Claudia? Sta male?! »

Merda. Era partito, era completamente partito.

« Mi, stai calmo, ok? Io ho solo chiesto! Non so che fa Claudia! Sicuramente è con le ragazze a festeggiare l'addio al nubilato! », doppiamente merda. Era nel pallone, e con chiari sintomi da attacco di panico.

« Ok, ok… e che domani mi sposo… e, e ho paura che qualcosa vada storto… »

« Vai tranquillo! L'unica cosa storta che accadrà domani e che ti sposi Claudia! », affermai ridendo accendendo la macchina provocando in lui la medesima reazione. 
I suoi occhi verdi sembrarono tornare della colorazione normale, così anche lui sembrò rinsavire. « Ecco, così ti voglio! Adesso sbrighiamoci che Saverio ci sta aspettando! »

« Ma non poteva venire con noi?! », domandò con tono curioso allacciandosi la cintura di sicurezza.

« No, voleva assicurarsi che tutto fosse come da programma… », affermai facendomi scappare un sorriso beffardo.

« Da, quel sorriso non mi piace! »

« Ma quale sorriso? Ti sbagli! », scoppiai a ridere senza volerlo, facendo preoccupare lo sposino.

« Dario! Io vi ho dato una lista di cose che non volevo! »

« Eh, la conosco bene la tua lista! Niente spogliarelliste, niente night club, e niente poppe al vento! Come potrei dimenticare una lista così accurata?! »

« E niente scherzi da prete! », continuò Mirko accendendo una sigaretta.

« Ti assicuro che non ci saranno né preti né scherzi di cattivo gusto ok?! » 

« Sarà meglio per voi! »

Mi dispiaceva prenderlo per il culo, ma era l'unico modo per portarlo al locale senza farlo agitare prima del tempo.

Il locale scelto da Saverio non aveva nulla di sobrio: Tacco dodici. E sicuramente non mi aiutava nell'impresa.

« Da, io non scendo… questo è un night… »

« No, non è un night, è un club esclusivo! »

« Ok, io non scendo ugualmente! »

« Avanti! Non ti fare pregare! Ti giuro che non ci sono spogliarelliste! »

« Giuralo!! »
 
« Giuro! Parola di scout! » affermai facendo il segno del capo scout.

Mirko, convinto da quel giuramento che ci facevamo fin da piccoli, scese dalla macchina lanciando la sigaretta quasi finita lontano. 

« Ok, ma se non è così ti uccido! »

Sorrisi scuotendo il capo e spingendolo per la schiena lo feci passare attraverso una tenda con perline luccicanti rosa che scendevano come pioggia.
 
Appena entrati Raffaella Carrà ci investì in pieno con "Tanti auguri" che sembrava già un biglietto da visita abbastanza eloquente.
Il locale tutto rosa con lustrini argento ovunque si presentò davanti ai nostri occhi insieme a Saverio e a tre favolose Drag Queen tutte vestite in un modo diverso: Una Scolaretta, una Crudelia  e una Suora. 

« Mirkooooooo!!! » gridò Saverio puntando quest'ultimo. Sembrava il re della festa. Camicia aderente bordeaux dentro i pantaloni beige, con cintura e scarpe stringate marrone scuro. 

« Cazzo! Ma voi siete pazzi!! » urlò Mirko cercando di tornare verso la macchina. Lo afferrai prontamente spingendolo verso Saverio che nel frattempo si era avvicinato a noi.

« Da! Questa me la paghi!! » la minaccia del povero Mirko mi fece sorridere. Non pensavo la.prendesse così male.

« Ti avevo assicurato che non c'erano preti né spogliarelliste! Però c'è suor Agnese che rallegrerà la nostra serata, ma soprattutto, si prenderà cura di te! », dissi indicando la Drag queen che nel frattempo era venuta a dare il benvenuto a Mirko.

Tutte e tre la drag, si avvicinarono a Mirko facendolo accomodare in una poltrona formato gigante, noleggiata da Saverio per l'occasione.

Quest'ultimo infilando le.mani in tasca si avvicinò a me sorridendo e, voltandosi verso il malcapitato, mi guardò curioso.

« Hai avuto problemi a portarlo qui? », chiese guardando le Drag Queen che mettevano una corona di rosa sulla testa di Mirko.

« Andrò sicuramente all'inferno per le bugie che gli ho detto… ma va bene così… tanto ci sono già… », risposi distogliendo lo sguardo e abbassando il capo.

« Non l'hai ancora chiamata? »

« No, e non credo che lo farò…  Poi domani c'è il matrimonio… e sinceramente non so come comportarmi… »

« Datti tempo… E poi domani, magari, con calma, vi chiudete da qualche parte e scopate come ricci! », affermò sicuro di sé facendomi tornare il sorriso.

« Non è così facile! »

« Non mi sembra che tu abbia mai avuto problemi a tirarlo fuori ai matrimoni… », replicò sorridendo riferendosi al matrimonio di un nostro amico comune, alla quale avevo partecipato allegramente, scopandomi la sorella della sposa dentro la cucina dell'hotel.

« Infatti non mi riferivo a quello… Ma al fatto che lei vuole del tempo per capire… ha voluto una pausa… »

« Una pausa che tu, da perfetto imbecille, hai assecondato! », la voce di Saverio si fece più dura e squillante ricordandomi quell'errore che forse potevo evitare.

« Sa, io… non so veramente- », fui bloccato subito dalla mano di Saverio e dalla visione di Mirko che stava soccombendo sotto le grinfie delle Drag Queen.

« Ne riparliamo dopo! Adesso salviamo Mirko dall'esuberanza delle signore! Altrimenti domani chi la sente la signorina Rottermeier?! »

Saverio aveva ragione, aveva ragione su tutto. Ma, non era facile per me. Sapevo di essere un mega imbecille, ma sapevo anche che quella fottuta paura che avevo, non era ancora scemata, e che quella pausa serviva anche a me per metabolizzare tutta la situazione. Dovevo iniziare a lavorare seriamente su me stesso, e su quell'amore bramato e desiderato da Anita.
 

Note: Capitolo Quarantacinque. Buonasera a tutti/e e bentrovati! ❤️ In questo capitolo vediamo come hanno passato i nostri piccioncini la settimana dopo il loro addio. Tutti e due sono con il morale a terra, e tutti e due pensano a cosa possono fare per tornare in carreggiata. Anita vuole prendersi quell'amore tanto agognato, e Dario inizia a pensare che deve lavorare su se stesso per dare ad Anita quello che vuole… ma riusciranno ad incontrarsi al momento giusto? Riusciranno  😅 Lo vedremo…  Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ❤️

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Capitolo 46
*** Pieghe Inaspettate ***


L'appuntamento per la super serata tra donne era a casa di Ginevra. Niente di eclatante e spropositato. Sotto richiesta di Claudia, non avevamo organizzato nulla che potesse turbare la sua persona, nulla che non facesse parte della sua lista. Niente spogliarellisti, niente night, niente pacchi regali da scartare. Avevamo deciso di comune accordo di organizzare una sorta pigiama party, con caramelle di ogni tipo, cioccolato e patatine con annesso dvd di " Via Col Vento" il film preferito dalla "dolce" sposina. Salii la rampa di scale in marmo bianco e ferro battuto con in mano uno scatolone con tutto il necessario per la serata e in spalle uno zainetto nero con il pigiama e le pantofole. Ginevra abitava in un piccolo appartamento nella zona di Tortona. Da sempre innamorata della moda e della vita notturna, aveva deciso appena laureata in sociologia, di andare a vivere per conto proprio, trovando lavoro come segretaria in uno studio dentistico non troppo lontano. Si era da sempre proclamata libera e padrona della sua vita, e nessuno aveva il diritto di giudicare le sue scelte. Ammiravo il suo modo di vivere e la sua spontaneità, rendeva tutto più gestibile, ma soprattutto più soft. Arrivata sul pianerottolo pieno di vasi di lavanda, trovai quest'ultima ad attendermi già in tenuta da festa. La sua mise non era proprio sobria: Maglietta viola attillata con una stampa delle Spice girls sul seno, pantaloni del pigiama rosa a vita bassa  e codini alla Pippi Calzelunghe. Tra le sue labbra figurava un lecca lecca alla fragola e un sorriso divertito.

« Embè? E Claudia?!  », esclamò spostando la caramella rosa verso destra.

« Preferiva venire con la sua auto… Sai che vuole avere sempre il controllo su tutto…  »

« Mamma mia che palle! »

« Sappiamo com'è fatta! » incalzai entrando in casa poggiando lo scatolone sul tavolo della sala da pranzo.

La Casa di Ginevra era tutta in stile etnico. Bambù e tappeti colorati facevano da padroni e la stravaganza eccessiva era la parola d'ordine. 
Presi tra le mani lo zainetto e aprendolo entrai in bagno per cambiarmi. 
Lo poggiai sul lavandino e guardandomi allo specchio sospirai ancora una volta. Mi sentivo giù e, con un'idea fissa: Dario. Avevo pensato e ripensato in ufficio a quale fosse la cosa più giusta da fare e, l'unica cosa sensata che mi passava per la testa era: parlare con lui al matrimonio. Mi tremava il cuore al solo pensiero di rivederlo, ma dovevo fare del mio meglio per smuovere questa situazione di stasi che mi faceva stare male, pur avendo chiesto io questo momento di riflessione. Infilai il pigiama lungo di Winnie the Pooh ed uscì fuori legando i capelli mossi in una coda.

Seguii la voce Ginevra che nel frattempo si era sposata in cucina dove stava recuperando delle ciotole insieme agli alcolici.

« Ginny non ti sembra di esagerare? Domani Claudia deve sposarsi… », affermai guardando le bottiglie appoggiate in ordine sparso sul tavolo rettangolare.

« Ma infatti lei deve sposarsi! Queste sono per noi! Non ti va di divertirti un po'? », mi disse dandomi uno spintone con la sua spalla destra.

« In realtà non so neanche io cosa voglio… », ribattei aprendo lo sportello in alto in cerca dei bicchierini per gli shot. In realtà, ero seriamente confusa su tutto. « E questo?! », chiesi afferrando e scuotendo un barattolo di caffè idrosolubile.

« Saverio… », rispose sorridendo come se fosse stata trovata con le mani nella marmellata.

« Saverio?!? »

« Si… a lui piace la mattina… ». I suoi occhi si abbassarono immediatamente verso il grande scatolone sembrando imbarazzata.

« Quindi si intrattiene spesso qui… di mattina?... ». Seguitai a guardarla con un sorriso malandrino cercando veramente di metterla in difficoltà.

« Diciamo di si… »  lei, come se fosse nulla, scomparve subito dopo dalla stanza come a voler scappare da quella scomoda affermazione.

« Ma tu non eri quella contraria alla vita monogama? », le ricordai seguendola nell'altra stanza e cercando nuovamente il suo sguardo.

« Infatti, noi non stiamo insieme… ma, lui ha qualcosa di diverso… »

« Sì, certo… come no… », dissi facendomi cadere sul morbido divano marrone tempestato di cuscini prendendone uno.

« Lui è davvero diverso da tutti quelli con cui sono stata Anita… », affermò sedendosi di fronte a me sull'altro divano. « Lui è caparbio, pazzo, e scopa da Dio! ». Dopo aver menzionato l'elenco delle doti di Saverio, anche lei si fece cadere sullo schienale con occhi sognanti. Che cosa strana, io lo vedevo solo stronzo e pazzo. 

Proprio in quel momento sentimmo suonare alla porta e, con un guizzo, andò ad aprire lasciandomi con quella descrizione di Saverio ancora in testa.

« Alla buon'ora! », disse con tono scocciato Ginevra, lasciando passare Claudia che sembrava aver preso la scossa.

« Guarda, lasciamo perdere! Fino a cinque minuti fa discutevo ancora con mia madre sulla questione palloncini in chiesa! Che strazio! ». Il suo passo era frettoloso e il suo corpo in chiaro stato di agitazione.

« Perché non mi stupisco? », dichiarai prendendo subito una delle bottiglie che Ginevra aveva poggiato sul tavolo e, aprendola velocemente, ne versai il contenuto in uno dei bicchieri che stazionavano accanto. 

« Perché è la sorella pazza di tuo padre!! » borbottò Claudia, togliendosi il cappotto con pellicciotto scoprendo un micro vestito nero che non lasciava niente all'immaginazione.

« Beh, vedo che non è la sola ad essere pazza… », asserì Ginevra avvicinandosi alla bottiglia della vodka. « Si può sapere come cavolo ti sei vestita?! »

« Che?! In che senso?! E voi perché siete vestite in quel modo?! ».

« Forse perché hai detto che non volevi né spogliarellisti né night? Ci hai detto di organizzare una serata tranquilla a casa con film e cioccolato! » continuò Ginevra sempre più indispettita. 

« E vedo che voi l'avete presa alla lettera!! Io credevo che avreste fatto ugualmente di testa vostra!! E che mi avreste organizzato una serata come si deve in un night!! » 

Rimasi a fissarla incredula. Stava dicendo sul serio? 

« Claudia, tu sei veramente un caso da studiare!! » commentò Ginevra, portandosi il bicchiere alla bocca buttando giù tutto d'un fiato il suo contenuto.

« Se vuoi possiamo andare dove vuoi… », le dissi incrociando le braccia al petto. Claudia era peggio di un rebus. Ma quello che non capivo di più era, come faceva Mirko a stare con una del genere?. 

« No! Adesso non mi va più! Doveva essere una sorpresa! Così che io non potessi tirarmi indietro! ».

« Ok miss bipolare, adesso entri in bagno e ti cambi! », asserì Ginevra spingendola per le spalle. « C'è un pigiama pulito nel primo cassetto sotto la toeletta! ».

Guardammo Claudia entrare in bagno titubanti e, guardandoci con lo stesso sguardo iniziammo ad apparecchiare per la serata. Ci aspettava davvero una bella seratina.


                              ***


Girai l'indice su se stesso facendo segno alla barista di riempire nuovamente i nostri bicchieri sotto l'occhio divertito di Saverio e quello terrorizzato di Mirko. Dopo aver recuperato lo sposino dalle grinfie delle Drag, lo sedemmo di peso in uno degli sgabelli posizionati davanti al grande bancone nero e rosa fluo. Missione della serata: farlo ubriacare fino a fargli dimenticare di dover sposare la signorina Rottermeier. 

« Allora Mirko, ti stai divertendo? », chiese ironico Saverio buttando giù tutto il contenuto del suo bicchiere. 

« Voi due siete due bastardi! », affermò Mirko ingurgitando il liquido che aveva nel suo bicchiere senza esitare. Sembrò voler dimenticare lavando con l'alcol quello che era appena successo.

Sicuramente agli occhi del Santo Mirko, eravamo davvero due bastardi, quasi il Gatto e la Volpe di Pinocchio. 

« Ok! È arrivato il momento di fare due salti in pista! », dissi alzandomi in piedi sorridendo facendo segno a Saverio.
 
« Due salti cosa?! Io non mi muovo da qui! » Affermò Mirko stringendo tra le sue mani i lati dello sgabello che aveva sotto di lui. Il terrore nei suoi occhi era impagabile, quasi fa far tenerezza. Dico quasi, perché lo prendemmo lo stesso per le braccia e lo trascinammo in pista. 

Accerchiati da altri clienti del locale e, sotto l'influenza di Rihanna con SOS iniziammo a muoverci sensuali cercando di invogliare anche Mirko a fare uguale. Il ritmo che aveva nel sangue lo sposino, era pari a quello della nonna di Saverio con l'artrosi. Muoveva i piedi a destra e a sinistra a malapena infilando le mani in tasca. All'improvviso, preso da un impeto di follia, Saverio inizio ad urlare alzando le braccia in alto per incitare Mirko. Feci la stessa cosa, per poi spingere malamente Mirko per convincerlo a fare lo stesso. Dalla sua bocca uscì solo un gridolino che sembrò un cane con la raucedine. Ridemmo tutti e tre. Anche se Mirko era diverso da noi per molti aspetti, per altri eravamo uguali. Tre cazzoni pronti a ridere e cazzeggiare. Saverio prese Mirko per la testa stringendogli il collo e, scompigliandogli i capelli esclamò: 

« Hai visto?! E che ci voleva! »

« Sa! Guarda che così mi fai vomitare! »

« Non sia mai! Ho indossato le Prada stasera! », ammise mostrando fiero le sue nuove scarpe.

« Sono commosso dalla tua premura! Comunque, grazie lo stesso per non avermi provocato il vomito! »

« Oh no caro! Tu vomiterai stasera! Ma non sulle mie scarpe Prada! »

« Ah, adesso sì che mi sento più tranquillo! »

« Scusateci, possiamo ballare un po' con il futuro sposo?! » chiesero le Drag Queen che nel frattempo avevano intrattenuto gli altri clienti. 

« È tutto vostro! », risposi ridendo e, senza indugio mi spostai verso il bancone del bar insieme a Saverio.

Lo sguardo di Mirko questa volta sembrò rassegnato e, accompagnato dalle adorabili fanciulle, si fece trasportare in un trenino ballerino, sintomo che l'alcol mandato giù stava dando i suoi frutti.

Mi sedetti nuovamente sullo sgabello e, sollecitando la barista, mi feci riempire il bicchiere fino all'orlo. Saverio invece richiamato da un conoscente, si fermò a metà strada a chiacchierare con lui. La serata stava andando abbastanza bene, e io avevo pensato ad Anita solo venti volte: era un nuovo record. 

« Non pensi di aver bevuto abbastanza? ». Una voce di donna mi fece voltare nella sua direzione incontrando i suoi occhi familiari.

« Paola?! »

« Bene, te lo ricordi allora il mio nome… », disse sorridendo riferendosi alla mia gaffe dentro la macchina di quasi un mese prima. 

« L'ho sempre saputo… », risposi abbozzando un sorriso colpevole. « Che ci fai tu qui? », continuai avvicinandomi a lei portandomi il drink.

« Il mio ragazzo lavora qui come addetto alla sicurezza… »

« Ragazzo?! Hai trovato finalmente quello che cercavi… ». Constatai prendendo un sorso del mio drink.

« E tu, Dario Mancini? Hai trovato quello che cercavi? » 

« Io? Io non so nemmeno cosa cercare… »

« E Anita? Mi sembravi molto preso da lei… »

« Siamo in pausa… anche se non so dirti che tipo di pausa sia, dato che non stiamo insieme… »

« Beh, non mi dici niente di nuovo… tu sei così… non ti dai veramente a nessuno… », asserì prendendo anche lei un sorso dalla sue bevanda trasparente.

« È complicato… »

« Dario, non c'è niente di più semplice dell'amore… »

« Su questo ti sbagli… »

« Sei sempre il solito, ma voglio darti ugualmente un consiglio: Buttati! Penso che Anita non aspetti altro… »

« Guarda chi c'è! Paoletta! », esclamò Saverio avvicinandosi a noi rompendo l'atmosfera da angolo del cuore.

« Hey, ciao stronzo! Ma che piacere vederti! », ribatté ironica lanciandogli uno sguardo infuocato e carico d'odio. L'ultima volta non si erano lasciati proprio bene e, Paola non lo aveva dimenticato. 

« Anche per me è un piacere vederti! E come vanno le cose? Vedo bene… » rispose con un sorriso beffardo fissandole la scollatura.

« Sei il solito porco! », Paola si alzò di scatto dallo sgabello e, rimettendosi il cappotto si avvicinò a me. « Ricordati quello che ti ho detto… ciao… », mi diede un ultimo sguardo per poi dare uno spintone a Saverio facendolo spostare di qualche passo.

« Ciao… », ricambiai quel saluto con il morale sotto le scarpe. Quella fugace conversazione non aveva fatto altro che riaccendere quella lampadina d'allarme  che sembrava essersi spenta. 

Sapevo benissimo che non aveva torto, sapevo che Anita non avrebbe mai voltato le spalle a quell'amore. Ma io? Io avrei mai avuto il coraggio di viverlo quell'amore? Quei discorsi, detti con le migliori intenzioni, non facevano altro che alimentare quella fottuta paura.  

Mi voltai verso Saverio che nel frattempo stava guardando dove si stava dirigendo Paola dopo averlo spinto.

« Mi devi spiegare cosa ci trovavi in lei… Oltre alle tette s'intende! », sorrisi amaramente buttando il lo sguardo sui miei piedi 

« Volevamo solo divertirci… Non sono stato lì a chiedermi cosa volesse lei… Anche se, avevo capito benissimo che lei voleva solo stare con qualcuno… sentirsi desiderata… », conclusi con una certa tristezza nel cuore. Ero stato sicuramente uno stronzo con lei, ma all'epoca non sapevo neanche cosa fosse amare.

« Beh, credo che si sia sentita molto desiderata in quei vostri incontri infuocati… »

« Credo di sì… », risi nuovamente. Lui era l'unico che anche nei momenti meno opportuni riusciva a strapparmi un sorriso.

Lui, condivise con me quel sorriso complice portando il suo bicchiere verso il mio facendolo schioccare. Annuì nuovamente buttando giù tutto il contenuto del bicchiere senza pensarci, quando la nostra attenzione fu richiamata da Mirko che vomitava anche il cenone del Natale scorso sulla chioma bionda e lucente di Crudelia de mon. Poggiai velocemente il bicchiere sul bancone e con fare veloce corsi verso il vomitatore seriale. 

La serata aveva preso pieghe inaspettate. L'incontro con Paola mi aveva destabilizzato non volendo. Mi aveva ricordato cosa io fossi, e cosa ero diventato. Ero passato da perfetto donnaiolo a perfetto innamorato in un attimo. Tutto a mia insaputa. Vidi nuovamente Paola in lontananza stringersi in un abbraccio con il suo ragazzo e allontanarsi mano nella mano. Ero davvero pronto per tutto questo? Potevo veramente spingermi oltre?.

Note: Capitolo Quarantasei. Buongiorno a tutti! Capitolo un po' di passaggio, ma anche di conferme. Infatti, vediamo Anita sempre più convinta delle sue decisioni e Dario sempre più convinto del contrario. Diciamo che è combattuto. Questo suo essere instabile lo porterà sulla cattiva strada, vi avviso. 😅 Nel prossimo capitolo entreremo  nel vivo delle serate dei nostri sei ragazzuoli, e le loro confessioni i aspettate! 🤐 Grazie sempre a chi mi segue, e alla prossima ♥️

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Capitolo 47
*** Quello che le stelle ci suggeriscono (Prima Parte) ***


Le grida sguaiate della malcapitata Crudelia, fecero il giro di tutta la sala attirando l'attenzione di tutti. Il trenino allegro e spensierato che si era mostrato davanti ai nostri occhi fino a pochi minuti prima, si era trasformato in una tragedia greca con tanto di dea incazzata nera. Mirko, ancora in modalità bambina dell'esorcista, ci guardava esterrefatto immobile come una statua di cera. Lo recuperammo  tra le grida scomposte della Drag Queen e gli schiamazzi della gente incredula presente. Uscimmo velocemente fuori correndo verso l'auto di Saverio ridendo tutti come dei pazzi. D'improvviso Mirko cominciò a ridere a squarciagola facendoci voltare dalla sua direzione. Sembrava davvero la bambina dell'esorcista.

« Le ho fatto la doccia!! », proclamò Mirko tra le risate appoggiando le mani sulle gambe chinandosi in avanti.

« Già… », rispose Saverio tra le risate poggiando una sigaretta sulle labbra. 

« E mi hanno visto tutti!! »

« Esattamente… », continuai aprendo la portiera posteriore accompagnandolo all'interno per la testa facendo attenzione a farlo capitolare all'interno per bene.

Chiusi la portiera creando un tonfo sordo, per poi cercare lo sguardo di Saverio al di là della macchina.

« E adesso che facciamo?! », chiesi a quest'ultimo facendomi lanciare il pacchetto di sigarette con annesso accendino.

« Cerchiamo un night come si deve e, gli facciamo strizzare i gioielli di famiglia da una strafiga! », affermò sorridendo con la sigaretta che ondeggiava sulle sue labbra.

Risi di gusto a quell'affermazione. Era davvero un'ottima idea, e Mirko non sembrava in grado di intendere o di volere. Entrammo tutti e due in macchina trovando Mirko più gasato di prima. E la cosa iniziò a preoccuparmi.

« Allora, dove andiamo adesso?! », domandò il santo saltando sul posto e sbattendo le.mani sul sedile. Aveva anche cambiato espressione, totalmente un'altra faccia. Sembrava posseduto.

« Dottor Testi, cos'è tutta questa fretta? », lo interrogò Saverio accendendo l'auto. 

« L'avete detto voi che devo divertirmi no?! Mi portate in uno Streep Club?! »

« Che?! », mi voltai allibito verso Mirko e alla sua richiesta illegale. 

« Avanti! È una vita che vi vedo scopare a destra e manca e spupazzarvi la ragazza di turno! Io ho solo toccato Claudia in tutta la mia vita! Voglio toccare anche io altro! »  

« Dottor Testi! Per quello che hai detto devi fare penitenza! »

« Ma dall'alto dei cieli dove risiedi, non è sacrilego quello che stai dicendo? Guarda che vai all'inferno! », continuai ridendo con il discorso fatto da Saverio.

« Ma non rompete il cazzo! Mi state facendo la morale?! »

« Noi? La morale? Ma non sia mai! », esclamai guardandolo sottecchi.

« Noi non sappiamo neanche cosa sia la morale! Soprattutto Dario! »

« Lo sai che sei davvero un bastrardo?! », esclamai guardando verso Saverio sorridendo.

Lui ricambiò il sorriso, e guardando verso lo specchietto retrovisore disse:

« Ti porto io in bel posticino dove potrai "toccare con mano"! », esclamò Saverio portandosi la sigaretta alla bocca lanciandomi uno sguardo divertito.

Mirko, che aveva perso completamente la sua santità, iniziò ad ululare neanche fosse un lupo in calore.

Accesi la radio su una stazione a caso facendo risuonare per tutto l'abitacolo Splendido Splendente di Donatella Rettore gasando ulteriormente Mirko. Iniziò a cantare la prima strofa della canzone tamburellando sul sedile guida dove sedeva Saverio.

« Invitante, tagliente
Splendido splendente
Pa ra pa pa pa ra
Pa ra ra pa pa pa ra
Pa ra pa pa pa ra », la voce a ritmo di Mirko mi fece davvero uno strano effetto. Iniziai a ridere a più non posso fumando la sigaretta che era quasi finita. Seguiva il ritmo gesticolando e tamburellando sui sedili di noi, una Donatella Rettore al maschile.

Sicuramente la vista di Mirko il peccatore invogliò anche Saverio, che si lanciò anche lui in un assolo.

« Splendido splendente
Come sono affascinante
Faccio cerchi con la mente », cantava Saverio toccandosi il colletto in modo sexy per poi continuare. 
« Mi distinguo fra la gente
Tutto relativamente
Grazie a un bisturi tagliente », enfatizzando le parole indicando il suo pacco regalo.

Cercai di trattenere le risate con quella sigaretta in bocca. Mi riusciva difficile non ridere quando venivano fuori le sue doti canore e di amatore seriale. 

Mirko si dimenava come un pazzo, dando anche lui sfogo a quell'energia che sembrava avesse represso da una vita. 

Seguitammo a ridere e cantare a squarciagola gola neanche fossimo stati dei tenori, quando all'improvviso qualcosa cambiò rompendo l'idillio.

« Sa, per favore fermati sto per vomitare! », esclamò Mirko tappandosi la bocca cercando di evitare il peggio.

« Cazzo no!!! »

Saverio preso dalla disperazione di quell'affermazione inchiodò l'auto con una frenata che fece volare il santo Mirko sul cambio. Mi alzai di scatto dalla mia postazione e tirandolo verso di me lo accompagnai " delicatamente" fuori tirandolo per le braccia. Quello che accadde dopo, rimarrà nell'immaginario collettivo di tutti noi. Mirko, tipo fontana di Trevi, vomitava come se non ci fosse un domani. Forse avevamo esagerato un tantino con l'alcol, ma una volta sapeva tenere meglio l'alcol. L'auto si fermò nei pressi del parco Sempione regalandoci una vista notturna che non avevamo conosciuto fino in quel momento. Nelle nostre serate all'insegna dell'alcol e delle donne disinibite, non avevamo mai assaporato appieno la città in cui vivevamo. Le luci che ci preparavano al Natale imminente e il freddo serale sembrarono trasformare tutto. Feci tre passi allontanandomi dallo scempio che stava accadendo alle mie spalle con occhi sognanti. Infilai le mani nelle tasche del cappotto blu e guardandomi intorno pensai a lei. Avrei voluto camminare per questi luoghi con lei. Assaporare la vita di tutti i giorni, assaporare quel sorriso che mi aveva rubato il cuore, assaporare il gusto dei suoi baci. Sospirai forte abbassando lo sguardo. Non avrei mai avuto il coraggio di fare il grande passo, a chi volevo darla a bere. 

« Scusami Cristoforo Colombo?! Puoi venire qui ad aiutarmi invece di scrutare tutto come se avessi trovato l'America?! » Mi voltai verso Saverio che nel frattempo si era chinato verso "Mirko il rubinetto aperto". « Cerchiamo una panchina per farlo sedere! Io in queste condizioni non lo voglio in macchina! »

Sorrisi per l'accuratezza e l'affetto con cui Saverio trascinava un Mirko sottoshock. Riuscimmo a trovare una panchina non molto lontana e, sedendoci tutti e tre a schiera, aspettammo che la nausea che aveva travolto lo sposino si affievolisse. 

« Ragà, io ho bisogno di stendermi… », asserì il malcapitato portandosi una mano alla fronte.

« Fallo pure! Abbiamo kilometri di erba fresca e bagnata che ti attendono! », affermò Saverio prendendo il pacchetto di sigarette dalla tasca del suo cappotto color cammello.

« Lo sai che sei un bastardo?! », affermò contrariato Mirko alzandosi in piedi.

« Lo so, e me ne vanto! », continuò imperterrito buttando il fumo che aveva in bocca. Quando voleva sapeva essere stronzo. Ma, nonostante tutto non smetterò di ridere alle sue battute idiote.

Il povero Mirko esitò un attimo prima di sdraiarsi lentamente sul prato gelido davanti a noi. Lo guardai appoggiando i gomiti sulle ginocchia stringendo le mani in un pugno. Come si era ridotto. Mi faceva pena.

« Mi, appena ti senti meglio entriamo in macchina ok? », proposi cercando di dargli un po' di conforto. Eravamo davvero due bastardi.

« Ne vuoi una? », chiese Saverio porgendomi il pacco di sigarette portando il suo ginocchio all'altezza del petto buttando fuori quel fumo. 

Risposi solo con un leggero cenno del capo e, portando la sigaretta alla bocca, mi appoggiai allo schienale dietro di me. Sopra di noi le stelle di un cielo blu cobalto ci tenevano compagnia in quella folle serata. Una serata che era andata diversamente da quello che avevamo pensato.

« Sapete, la sera che ho fatto l'amore per la prima volta con Claudia, c'erano queste stelle… Le riconosco, sono le stesse… » ci stupì Mirko portando il braccio destro sotto la sua testa continuando ad osservarle. « Lei era bellissima, e i suoi occhi azzurri brillavano insieme ai miei… non dimenticherò mai quegli occhi, come non dimenticherò mai quelle stelle. Non ho bisogno di toccare altro, o di desiderare altro, lei è tutto quello che voglio… Lei è tutto per me. So che voi non sarete d'accordo con me, ma io non voglio rimanere un giorno di più senza essere suo marito…senza essere il padre dei suoi figli... », quelle parole quasi sussurrate mi destabilizzarono.

Sentii come una doccia fredda scendere giù lungo la schiena paralizzandomi. Rimasi senza parole e senza respiro. Guardavo Mirko che nel frattempo ci aveva lanciato uno sguardo carico di emozioni e di domande. Lo guardai corrucciando la fronte, come a voler reprimere quelle sensazioni scaturite dalle sue parole. Come se volessi dire a Mirko: "No Mirko, tu non sai niente! Io non so niente! Non capivo, anzi il problema era proprio l'opposto. Capivo benissimo. Sentivo perfettamente il suo amore per lei. Lo leggevo chiaramente nei suoi occhi verdi. Era come se, senza dire una parola, avesse scavato nel mio cuore. Mi sentii subito male. Cominciai a tremare e a imprecare mentalmente tornando alla mia posizione iniziale. No, io non mi sentivo ancora pronto. Non avevo quell'amore che aveva Mirko. Lui era migliore di me, in tutto. Era riuscito ad amare per tutti quegli anni una donna. E io, io povero stolto, non riuscivo nemmeno a tenerne una tra le braccia senza dare di matto. Sì, ero sicuramente impazzito, ma non nel modo giusto.

Quello che aveva detto Mirko portò in quella serata caotica, una strana stasi. Non so per quanto tempo restai con il capo tra le mani, quando all'improvviso Saverio si appoggiò sulle sue gambe con i gomiti guardando nella mia direzione.


« Sai che ti dico, io mi butto… », mi voltai verso di lui congiungendo le mani che avevano tenuto sul mio viso un attimo prima. Lo guardai ancora una volta con lo sguardo di chi non voleva capire un cazzo. « Mi sono stufato di fare i giochetti… sono stufo di tutte queste donne senza senso nella mia vita. Hai avuto sempre ragione tu, non è la casualità del cazzo...io amo Ginevra… » Si appoggiò nuovamente allo schienale della panchina sorridendo emozionato. « Lei è entrata nella mia vita con un prorompenza che mi ha spiazzato, te lo confesso. Non avrei mai creduto di dire queste cose, o farle… Ma io voglio farlo, e se poi lei mi sbatterà la porta in faccia, me ne farò una ragione, ma almeno avrò potuto dire di averci provato… »

« Sa… », sibillai cercando il suo sguardo perso nelle stelle.

« Da, mi ha fatto un buco nel cuore, quando di solito sono io a trapanare… », continuò sorridendo guardando dalla mia parte. 

Non seppi cosa dire. Anche lui in quella notte stellata aveva capito quando tenesse a Ginevra, anzi quanto l'amava. Rimasi di pietra. Non sapevo bene cosa volesse dire con quelle parole, ma non ebbero un bel effetto sulla mia persona. Iniziai a tremare nuovamente, e con le mani sudate iniziai una a sfregarle tra di loro nella speranza di non andare di matto.

« Da, lo so che ti fa paura, lo capisco, ma non puoi continuare così in eterno… »

« No, tu non capisci! Io non riesco! Lo capisci che non riesco?! », gridai senza volerlo alzandomi in piedi.

« Ma vuoi smetterla?! Non è vera neanche una parola! », continuò lui imperterrito alzandosi anch'egli.

Ad un tratto sentii il mio cellulare vibrare dentro la tasca del cappotto. Lo guardai d'impulso cercando di evitare lo sguardo inquisitore di Saverio. Quello che apparve davanti ai miei occhi aveva qualcosa di mistico, perché mai avrei pensato di trovare un suo messaggio. 

" Ho voglia di sentirti… "


Una frase eloquente che richiamava quello che gli avevo scritto dietro il mio biglietto da visita. Fissai senza parole quello schermo luminoso non so per quanto tempo, per poi essere attirato da quello che disse Saverio. 

« È un segno delle stelle… », non so se mi fece più effetto la frase ad effetto di Saverio, o il fatto che avrei rivisto da lì a poco Anita. 
 
« Corri da Lei… ci penso io allo sposino! », propose Saverio guardando Mirko che nel frattempo si era addormentato. 

Annui come un cretino, e correndo verso l'uscita cercai di attirare l'attenzione del primo taxi disponibile. 

Non sapevo cosa sarebbe successo una volta che l'avrei rivista, non sapevo come avrei reagito incontrando nuovamente i suoi occhi blu-verdi, ma di una cosa ero certo, volevo stringerla tra le mie braccia e guardare insieme a lei quelle stelle rivelatrici. Quelle stelle che ci avevano rivelato quando fossimo innamorati. 


Note: Capitolo Quarantasette. Prima parte di questa serata di festeggiamenti e confessioni. I nostri ragazzi si sono lasciati trasportare dalle loro emozioni e dai loro sentimenti… ma c'è qualcuno che non è molto convinto… Dario come sempre ha quella paura che sarà non vuole abbandonarlo. E adesso cosa succederà? Andrà da Anita? E come si comporterà? Eeeeeeeeh 🤐 Come vedremo cosa succederà dalle ragazze! Anche lì ci aspettano tante emozioni e confessioni! ♥️ Grazie sempre a chi mi segue e alla prossima ♥️

 

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Capitolo 48
*** Quello che le stelle ci suggeriscono (Seconda Parte) ***


Il film "Via col vento" era sempre stato per Claudia il film per eccellenza. Quello che aveva tutto: Amore, tragedia e speranza. Da piccola, ma soprattutto nell'adolescenza, era stato il Mood della sua vita. Voleva essere proprio come Rossella, caparbia, tenace e con quel pizzico di stronzaggine che da sempre l'aveva contraddistinta. E ci era anche riuscita alla grande, soprattutto con noi comandandoci sempre a bacchetta. E adesso, quel film visto tra una lacrima e un sospiro, sembrava revocare in noi vecchie sensazioni ed emozioni che sembravano essere svanite nel corso degli anni.
Claudia, con indosso il pigiama leopardato a due pezzi di Ginevra, se ne stava rannicchiata nella parte superiore del letto di quest'ultima in piena crisi mistica. Stringeva tra le sue braccia quel cuscino rosso porpora che faceva parte della parure di lenzuola "anonima" di Ginevra e, ogni tanto tirava su col naso quel moccio, risultato di quelle lacrime che a stento aveva trattenuto. Io e la padrona di casa invece, sedute dall'altra parte del letto con le gambe incrociate e una di fianco all'altra, avevamo faticato a tenere gli occhi aperti mentre davanti ai nostri occhi passavano le immagini di Rossella e Rhett che si baciavano al bivio per Tara. Quella scena aveva da sempre suscitato in lei grande emozione e occhi a cuoricino. Non era di certo l'addio al nubilato dell'anno, ma era quello a cui Claudia aveva "aspirato" prima di entrare in casa e prenderci di sorpresa. All'improvviso, stremata da tutta quella noiosa situazione che si protraeva da delle ore, Ginevra si accasciò sulla mia spalla parlando in sottovoce.

« Oddio Ani, io non sopporto questa situazione un minuto di più! Non ricordavo che questo film fosse così soporifero! »

« Forse perché tu hai sempre dormito ogni volta che lo guardavamo! », le sussurrai sorridendo appoggiando la mia guancia sul suo capo.

Questa volta ridemmo tutte due ricordando le dormite epiche che si faceva durante la visione del colossal. Con lei mi sentivo sempre a mio agio, qualunque fosse l'argomento o la situazione. Le volevo veramente bene, non ché non ne volessi a Claudia, ma con lei c'era un feeling particolare, un rapporto particolare. 

D'un Tratto sentimmo il campanello della porta suonare facendo destare Claudia dal suo stato catatonico in cui era caduta. Ci guardò con aria stranamente maliziosa e allegra e, alzandosi di scatto andò verso la porta.

« Vado io!!! », furono le sue ultime parole famose prima di sparire dietro la porta della camera da letto.

Ci guardammo un attimo negli occhi corrucciando le sopracciglia. Non riuscivamo a capire, come la venuta del fattorino della pizza, l'avesse resa così felice e allegra. Era anche vero che l'aspettavamo da un'ora e mezza, e che nel frattempo ci eravamo bevute una bottiglia di vodka alla fragola, ma tutta quella frenesia era insolita per una come lei. 
Ci alzammo anche noi disorientate e, arrivando davanti al portone di casa ci trovammo davanti ad una scena alla Magic Mike. Claudia seduta tra le gambe del fattorino rideva come se non ci fosse un domani come un'oca starnazzante abbracciandolo. La panca bianca completa di cuscino multicolore faceva da sfondo ad immagine che avrei voluto evitare.

« Mattia?! Ma cosa cazzo stai facendo?! », sbraitò Ginevra avvicinandosi alla strana coppia che ci guardo subito sorpresa.

« Io?! Questa ragazza mi è subito saltata addosso dicendomi che mi aspettava! », disse il ragazzo vestito con una camicia gialla e gilet rosso.

« Claudia?!? », gridammo all'unisono prese dal panico più totale. 

« Ma non è lo spogliarellista che avete ingaggiato per il mio addio al nubilato??! », chiese stupita guardandoci con occhi spalancati.

« Veramente no… », risposi facendo scivolare le mani che avevo appoggiato sul viso, come a coprire quella scena imbarazzante.

« Oddio scusami!!! », gridò Claudia alzandosi velocemente da quella posizione eloquente sistemandosi il pigiama. « Voi due avete rovinato tutto! », disse poi voltandosi verso di noi rossa come un peperone.

« Adesso sarebbe colpa nostra se sei tutta matta?! », replicò Ginevra sguaiatamente.

« No! Però potevate organizzare questo addio al nubilato come si deve! Andiamo! Neanche lo spogliarellista?! »

« Ma tu hai detto che non volevi nulla del genere! Hai sempre detto che quelle cose non facevano per te! Non volevamo farti stare male la sera prima del tuo matrimonio! », intervenni in nostra difesa gridando anche io a mia volta senza volerlo, ma questa volta ne avevo le scatole piene anche io. 

« Beh, per una volta potevate anche fare di testa vostra, senza assecondare tutto quello che vi dico… », il suo tono cambiò piano piano fino affievolirsi sull'ultima parola. « Scusami ancora… », si voltò nuovamente verso l'ignaro fattorino per poi andarsene senza aggiungere altro.

Portai nuovamente le mani sul viso non sapendo che pesci pigliare. Ero scioccata da tutto il suo discorso. Non avrei mai creduto che lei in realtà volesse quello che aveva sempre condannato. Ginevra più scioccata di me si avvicinò a Mattia che conosceva bene, e rimettendogli il capello in testa che era caduto a terra lo liquidò con una cospicua mancia e la promessa che non ne avrebbe fatto parola con nessuno.

Presi le pizze appoggiate sul mobiletto all'entrata ed entrando in cucina con Ginevra al seguito la trovammo vicino alla finestra che dava su quel velo blu cobalto mentre fumava una delle sigarette di Ginevra. Quella visione tanto inusuale tanto scioccante mi tolse dalla bocca ogni tipo di comunicazione e, in religioso silenzio, poggiai le pizze sul piccolo tavolo della cucina.
 
« La notte degli esami di stato c'erano queste stelle, lo so perché quella sera con Mirko avevamo deciso di studiare sotto il cielo stellato in soffitta da mia nonna. In realtà alla fine non abbiamo studiato poi tanto, ma abbiamo fatto l'amore per la prima volta. È stato tutto magico. Non potevo chiedere di meglio, e non potevo chiedere di più, perché lui era un sogno ad occhi aperti. E lo è tutt'ora. Infatti, tutte le volte che incontro i suoi occhi verdi, mi sembra ancora di sognare come quel giorno in soffitta. Lo amo più della mia vita, e non vi nego che a volte ho paura di non essere alla sua altezza. Volevo solo dimostrare a voi e a me stessa che posso essere altro, e non solo la signorina Rottenmeier come mi chiamano Dario e Saverio… » 

« Claudia… », sussurrai piano come a volerla rassicurare del contrario.

« Lui è bello, divertente e passionale… E io a volte sembro una burbera vecchia di ottant'anni! »

« Beh, a volte lo sei davvero! », affermò ridendo Ginevra sedendosi in una delle quattro sedie che campeggiavano attorno al tavolo della cucina provocando le risate silenziose di tutte.

« Lo so, l'ho capito in molti vostri atteggiamenti nei miei confronti… vi siete chiuse a riccio… »

« Claudia noi non volevamo ferirti… », dissi sincera sedendomi anche io.

« Voi non mi avete ferito, ma sono stata io a ferire più volte voi, ne sono consapevole e colpevole, anche perché il mio futuro marito mi ha aperto gli occhi… », buttò la cicca dalla finestra e appoggiandosi ad essa, incrociò le braccia al petto per poi continuare « Mi ha aperto gli occhi sulle vostre situazione sentimentali e io non sono nessuno per ostacolarvi. Ginevra, a te è capitato sicuramente il più idiota del gruppo, e io non approverò mai il suo comportamento da avvocato stronzo, ma, ho visto la vostra complicità e la vostra passione, e tali segnali non devono essere ignorati! Lo so che, non sei pronta per un rapporto monogamo e duraturo, ma lui è quello giusto, e mi costa molto dirlo! »

« Claudia, io… », disse Ginevra con il magone.

« Sei pronta, fidati di me… », affermò Claudia spostando la sedia libera che aveva davanti sedendosi davanti a noi. 

« Invece per quanto riguarda te Anita, la cosa è un po' più complicata… »

« Claudia ti prego non farlo… », la supplicai inumidendo subito i miei occhi non volendo.

« Avevo il sentore che ci fosse qualcosa tra di voi già alla villa. Il modo in cui lui ti guarda non passa inosservato e, il suo modo di comportarsi cambia quando ci sei tu nei paraggi. Sai, io conosco Dario da quando conosco Mirko, e posso dirti che lui non è mai stato così. Lui era il solito casanova che non provava nulla per nessuno, lo so bene! Ma ho visto in lui una trasformazione che ha dell'incredibile, e non avrei mai creduto che potesse succedere… Per questo mi sono sempre impuntata! Perché sapevo cosa faceva alle donne e, che tipo di vita sregolata lui facesse. Tu non meritavi quel tipo di relazione, non dopo Edoardo… Quindi scusami se sono stata pesante, e se volevo accasarti ad ogni costo con Alessandro… Ma in lui rivedevo un po' Mirko, quindi non potevo sbagliare… ma invece è successo tutto il contrario… »
 
« Claudia, non devi scusarti… Capisco cosa tu volessi fare, ma è andato lo stesso tutto a puttane! Non ci sentiamo più da una settimana perché ho avuto la brillante idea di metterlo alle strette… Ho pensato, nella mia idiozia, che lui sentendosi messo alla porta avrebbe cambiato idea, invece ha assecondato quello che io avevo proposto! Claudia, mi sento male per questo, ogni giorno che passa! Io lo amo, lo amo da impazzire! »

« Anche lui prova la stessa cosa per te… gliel'ho letto negli occhi la sera del karaoke. Aveva negli occhi il terrore… »

« Beh, ha un bel modo di dimostrarlo… », replicai sorridendo amaramente stropicciando lo scontrino che il fattorino aveva lasciato insieme alle pizze.

« Lo so, ma prova a dargli un'altra occasione! Chiamalo! »

« Cosa? No, io non posso farlo! », risposi alzandomi in piedi andando verso quella finestra che era stata la postazione di Claudia fino a qualche minuto prima. 

« Certo che puoi! Sei una Velletri/Ricci, abbiamo la pazzia nel sangue, è risaputo! », affermò Claudia prendendomi per le mani. 

« Se non vuoi chiamarlo, magari mandagli un messaggio! Sarà sicuramente ancora con gli altri… », continuò Ginevra alzandosi anch'essa e venendo verso di me.

Le guardai con un affetto incommensurabile, e annuendo con le lacrime agli occhi afferrai il telefono che avevo dentro la tasca del pigiama. Mi voltai verso la finestra e, guardando verso quelle stelle che sembravano fare il tifo per me, aprii whatsapp, e digitando quelle parole piene di aspettative, rimasi in mobile nella speranza che lui mi rispondesse subito. Rilessi quello che avevo scritto con le mani che mi tremavano.

" Sto arrivando da te…" 

Con il cuore a mille lessi quelle parole tra le lacrime. Non potevo credere a quello che avevo appena letto. Mi voltai verso le mie cugine, e trovando gli stessi occhi umidi iniziai a piangere dalla felicità. Quella felicità che non avevo più voglia di evitare, quella felicità che aveva il suo sapore, quella felicità che aveva i suoi occhi azzurri. 
Claudia con un leggero cenno del capo mi invogliò a cambiarmi Assecondai il suo volere e correndo verso il bagno cercai il mio vestito nero in maglina che avevo tolto wuslche ora prima. Mi guardai un attimo allo specchio, rivedendo quella ragazza felice di qualche settimana prima. Quella stessa ragazza che era felice tra le sue braccia, che era felice tra i suoi baci, non aspetta altro che quella felicità. Quella felicità di nome Dario.


Note: Capitolo Quarantotto. Buonasera a tutti, e buona festa dell'Immacolata! ❤️Devo dirvi che questo capitolo è stato tosto perché so che il prossimo sarà veramente sconvolgente. Lo sarà per me che lo scriverò, e lo sarà per voi che lo leggerete. So fin dall'inizio come deve finire questa storia, ma adesso che ci sono quasi è davvero indescrivibile quello che sto provando. Spero solo di riuscire a descrivere tutto nel dettaglio, e di non deludere nessuno! 🤐 Come avete potuto vedere Anita, spinta dalle sue cugine, manda un messaggio a Dario ( che abbiano visto nel capitolo precedente) e lui risponde prontamente. Ma sarà davvero così pronto? Sì aspetterà quello che Anita vuole dirgli? Eh, questo lo scoprirete nel prossimo capitolo! Grazie sempre a chi mi segue, e alla prossima ♥️





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Capitolo 49
*** Un'attimo di felicità ***


Experience - Ludovico Einaudi

Entrai nel taxi quasi cadendoci dentro con la faccia rivolta verso quella tappezzeria color seppia dall'odore acre misto a fumo che li contraddistingue. Mi arrampicai velocemente sul sedile e, riferendo l'indirizzo di Anita al caro taxista, mi sedetti al mio posto cercando di stare fermo. Il mio corpo, preso di mira da quel tremolio incontrollato, non smetteva di muoversi all'interno dell'abitacolo. Spingevo le mani impazienti sulle ginocchia in un gesto involontario che per certi versi mi dava sollievo. Quel su e giù evitò un paio di volte di andare di matto. Era troppo la voglia di stringerla tra le mie braccia, troppo la voglia di sentirla mia. I miei occhi dietro gli occhiali da vista, fissavano la strada piena di luci, come se non conoscessi più quelle vie familiari, come se avessi paura di non trovare più quella casa. L'appuntamento era lì. Era stata precisa: "Ci vediamo da me". Dopo quel messaggio letto durante la mia ricerca forsennata di un taxi, tutto era andato a puttane, in primis il mio cervello. Ero entrato in modalità "voglio fare l'amore con lei" con ogni fibra del mio essere. Il tempo scandito dal tassametro, andava lento e inesorabile, quasi fermo, stoppando anche il mio cuore ad ogni scocco. Gli occhi del taxista si posarono su di me un paio di volte, scrutando quell'ansia mista a felicità che riflettevo attraverso i miei occhi. Non disse nulla, ma potevo percepire che avesse capito tutto dal suo sorriso. Abbozzai anche io uno dei miei continuando a guardarmi intorno. Quando finalmente la vidi. La casa di Anita rimbalzò di fronte ai miei occhi come un miracolo. Recuperai cinquanta euro dal portafoglio e senza aspettare il resto gli dissi: 

« Buon Natale! », strinsi la sua mano sinistra con la banconota al suo interno e, scendendo dall'auto di fretta, mi lanciai di fronte al grande portone di legno che mi separava dalla corte. Suonai il capello leggermente ed il portone si aprì sotto i miei occhi. Lo richiusi dietro di me nella foga del momento correndo attraverso quelle colonne  avvolte con ghirlande e luci natalizie. Spinsi il piccolo portone che mi separava dalla scala, percorrendola saltando a due a due i gradini. Mi ritrovai di fronte la sua porta di casa chiusa. Appoggiai entrambe le mani tra i due lati del portoncino con il fiatone. Abbassai il capo nell'attesa guardando verso le mie scarpe blu, cercando di recuperare un po' di ossigeno. Sentivo solo il mio fiato insistente rimbombare nelle mie orecchie e il mio cuore battere talmente forte da farmi sussultare ad ogni battito. Quando finalmente la porta si aprì davanti ai miei occhi mostrandomi un angelo in tutta la sua bellezza. Indossava un vestito in maglina nero svasato con scollo a barchetta, capelli raccolti in un chignon adorabile di fortuna e, sul viso quel sorriso che mi fece annebbiare all'istante la mente. 

« Perché ci hai messo tanto? », chiese lei tenendo la porta con la mano destra, e stringendo il labbro inferiore aspettò la mia consueta risposta.

« Scusa l'attesa! », riposi scandendo bene le parole, per poi fiondarmi su di lei afferrandola per le guance baciandola con passione. 

Le nostre labbra si incastonarono perfettamente facendomi tremare le gambe.
La mia lingua famelica si insinuò immediatamente nella sua bocca prendendo in ostaggio la sua. Con il piede sinistro chiusi la porta togliendo il cappotto, per poi trascinarla lungo tutto il salotto. Ero come impazzito. Voleteggiavamo lungo il percorso continuando a baciarla come a volerla mangiare e, ad ogni bacio, era un pezzo in più di lei. Mi era mancato il suo sapore, il suo profumo, i suoi occhi blu-verdi. Mi era mancato sentirla sotto le mie mani, sentire la sua voce sussurrare il mio nome tra un bacio e l'altro, mi era mancato tutto. Finalmente arrivammo in camera da letto, e senza neanche pensarci, la feci cadere sul morbido materasso con me al seguito poggiando i gomiti. La caduta provocò uno tsunami di profumi e sensazioni che mi ritornano in faccia facendomi fermare nella sua contemplazione. Avevo ancora quel fiatone, quel battito accellerato, quella pelle d'oca sotto il maglione. E lei, lei era bellissima. Mi guardava con quegli occhi meravigliosi mentre con un gesto lento e delicato mi toglieva gli occhiali dal naso, ormai una nostra dolce abitudine. Li appoggiò sopra di lei, lasciando il braccio abbandonato in quella posa. Abbozzai un mezzo sorriso da idiota, prima di prenderle nuovamente quelle labbra carnose che mi facevano impazzire. Da quella posizione ebbi subito libero accesso al suo collo e al suo seno che strinsi con vigore sotto le mie mani, ero completamente andato.

« Dio, Anita quanto mi sei mancata… », le sussurrai con voce roca all'orecchio sinistro, mentre con la mano destra le alzavo il vestito alla scoperta della sua biancheria intima.

« Dario… », sibilò contro il mio orecchio, mentre con la mano sinistra mi accarezzava la nuca provocando in me un gemito incontrollato.

Seguitai a baciarla e a muovermi su di lei con ancora i vestiti addosso. Avrei strappato tutto da lì a poco se non mi fossi liberato immediatamente dei nostri indumenti. Scesi a suon di piccoli baci, lungo il suo seno percorrendo il mio solito sentiero immaginario fino ad arrivare allo sterno quando sentii di nuovo la sua voce chiamarmi.

« Dario… »

« Angelo… »

« Dario, so che non è il momento giusto ma io devo saperlo… »

« Cosa…? », seguitai a baciarla incurante di quello che sarebbe arrivato dopo.

« Come dovremmo definirci adesso noi? »

« Non lo avevamo già chiarito?! », alzai lo sguardo verso di lei, che nel frattempo si teneva con i gomiti. Entrai subito nel pallone. Dove voleva arrivare? Cosa eravamo? 

Mi misi a cavalcioni su di lei scrutando ogni minimo particolare della sua espressione facciale.

« Veramente no… », disse lei con un sorriso furbo facendomi gelare.

Ebbi la salivazione azzerata in un momento. Iniziai a sudare freddo e ad avere brividi incontrollati. Mi alzai di botto allontanandomi spavento asciugando il sudore che si era depositato sul labbro superiore. Lei, si avvicinò subito a me accarezzandomi la spalla.

« Dario, lo so che hai paura… perché anche io ho la tua stessa paura… », disse sottovoce, prendendo la mia mano destra e poggiandola sul suo cuore impazzito e l'altra sulla mia guancia « Lo senti? Batte come un cavallo impazzito… e non posso più fermarlo… Dario, io... »

« Anita non farlo… », dissi con voce tremante.

All'improvviso la mia mente prese il sopravvento su di me. Non so di preciso cosa fosse, ma, parlava e parlava sopra quella paura alimentandola:
" Tu non riuscirai mai ad amarla! Lo sai! Non assecondare questa follia! Non devi, non devi cazzo!" 

« Dario, io ti amo… », disse tenendo ancora la mia mano sul suo cuore.

" Sei solo un'idiota del cazzo! Un debole! Non sei riuscito a farti amare dalla tua famiglia come pensi che lei possa farlo? Come pensi di poterla amare come lei vuole?! Povero illuso! Va via!!"

« Anita, io non… », indietreggiai di due tre passi, sposando la mia mano che era sul suo petto e facendo cadere lo sguardo altrove lasciai intendere quello che volevo dire. 

« Non mi ami?!... », sibilò spalancando gli occhi verso di me. Non ebbi il coraggio di guardarla. « Non mi ami? », chiese nuovamente prendendo la mia mascella tra le dita della mano destra forzandomi a guardarla. « Allora dimmelo!! Dimmelo che non mi ami!! Dimmelo in faccia! », gridò guardandomi negli occhi. I suoi meravigliosi occhi blu-verdi che adesso erano sopraffatti dalle lacrime non ancora cadute.

 " Diglielo! Sarai libero! Diglielo! Tu non ti meriti tutto questo! Nessuno ti ama veramente! Diglielo! Diglielo! Diglielo!"

« Non ti amo… », le dissi con tutto il coraggio che ero riuscito a recuperare in quegli istanti infernali.

L'avevo detto. Ero libero, ero libero di morire adesso.


                             ***

Le sue parole rimbombarono in tutta la stanza come nella mia anima. Indietreggiai di due passi guardandolo disgustata. I miei occhi, stracolmi di lacrime, non ebbero più la forza di trattenerle facendole cadere lungo il mio viso. Il mio cuore tramortito chiedeva solo pietà. Un cuore che si era fermato per pochi secondi per poi riprendere la sua folle corsa. Una rabbia mista a delusione si impadronì di me facendomi trovare la forza di continuare quel dialogo a senso unico.

« Vattene via… », dissi con tono controllato mentre il mio mondo stava cadendo a pezzi. Io stavo cadendo a pezzi.

« Anita… »

« Vattene via!!!! Sparisci dalla mia vista!!! Non voglio più vederti!! », lo spinsi, lo spinsi così forte da farlo sbattere contro lo stipite della porta.

L'aveva fatto. Aveva ucciso il mio amore per lui ancora prima che potesse vedere la luce. Aveva ucciso quel cuore che batteva solo per lui. Aveva ucciso me stessa con un colpo secco ben assestato. 

Mi guardò un attimo come se si fosse svegliato da un lungo sonno. Come se al suo posto fino a quel momento ci fosse stato qualcun'altro. Un'altro Dario. Abbasso il capo e passandosi la mano tra i capelli si diede una spinta dallo stipite da dove si trova e oltrepassò la porta. Una parte di me voleva inseguirlo, e amarlo anche se lui non mi amava. L'altra parte di me voleva cancellarlo dalla mia mente. Voleva disintegrare ogni parte di lui… Ma, non feci nulla, rimasi lì dov'ero ai piedi del letto. Non sentivo nulla. Niente che potesse far fare capire che fossi ancora viva. All'improvviso sentii la porta sbattere e nello stesso istante gridai. Lanciai un grido disperato, un grido che neanche io sapevo di saper fare. Gridai, e gridai nella speranza di poter morire nello stesso momento. Gridai forte, sempre più forte, guardandomi intorno. Gridai in preda alla follia più pura. Gridai squarciando tutto di me.Presa da un raptus ingestibile iniziai a lanciare cose contro il muro. Qualsiasi cosa. La lampada, il vaso con le peonie, la sedia con sopra la mia borsa con tutto il suo contenuto, per poi accasciarmi anche io al suolo, come un oggetto inerme e inutile. Il mio viso sul pavimento per un attimo trovo pace nella sua freschezza. Le lacrime che si lanciavano dal naso, arrivavano sul pavimento in uno strano ticchettio. Un ticchettio che scandiva il tempo inesorabilmente, e che ormai non potevo più fermare. 


                             ***

Rimasi dietro la porta sbattendo la fronte su di essa. Sentirla gridare così, mi lacerava il cuore. Poggiai entrambe le mani sulla porta cercando la forza di sfondarla e tornare da lei. Ma anche quella idea andò a farsi fottere. Tremavo, tremavo ancora per tutto il casino che avevo combinato. Strinsi le mani sulla faccia cercando di non impazzire. Sapevo che da lì a poco avrei perso il senno come avevo perso l'amore della mia vita. Lanciai un urlo grottesco prima di dare un pugno sul muro adiacente alla porta. Non credevo che sarei arrivato a tanto. Non credevo di essere così pazzo. Ero veramente impazzito, non c'erano altre spiegazioni logiche. Spostai le nocche dal muro accorgendomi di essermi fatto male. Quel pizzicore insieme al dolore non erano niente paragonati a come stava messo il mio cuore. Anzi, per certi versi, ebbi una certa soddisfazione a vedermi sanguinare. Mi sarei meritato tutto. Indietreggiai di qualche passo e poi senza la benché minima idea sul da farsi mi avviai a passo veloce verso l'uscita. Arrivato fuori dal grande portone, stimolato dal freddo pungente e dalla voglia di sparire, iniziai a correre senza meta. Il freddo gelido entrava dentro i miei polmoni facendomi mancare l'aria. Sentivo come mille spilli trafiggermi mentre percorrevo quella strada senza nome, senza cognizione di causa, senza quel lume della ragione che avevo perso a casa di Anita. Attraversai la strada senza guardare facendo fermare di colpo la macchina sulle mie mani. Il guidatore dopo aver imprecato in tutte le lingue del mondo, si zittii dopo aver visto la mia totale noncuranza. Arrivai nei pressi di una chiesa e prendendo il cellulare chiamai l'unica persona che avrebbe potuto aiutare un pazzo come me.


« Dario?! »

« Sa, ho fatto la cazzata… », affermai guardando le mie nocche sbucciate.

« Dario dove cazzo sei?! »

« Sono vicino ad una chiesa nel quartiere Brera… »

« Che cazzo ci fai vicino ad una chiesa?!! 

« Forse chissà, sono qui per confessare i miei peccati… », risposi prendendo il pacchetto di sigarette dalla tasca del cappotto.

« Smettila di fare lo stronzo, cazzo! Dov'è Anita?! »

« Anita?... È a casa sua che rimpiange l'esatto momento in cui mi ha conosciuto… »

« Ok, ok, stai fermo lì, e non ti muovere per favore! Vengo subito a prenderti! »

« Come vuoi tu Avvocato… », affermai alzando gli occhi verso l'imponente chiesa davanti i miei occhi e, buttando quel fumo dalla bocca, sperai che un qualcosa cadesse dal cielo e mi colpisse in pieno uccidendomi, come io avevo fatto con lei.




Note: Capitolo Quarantanove. Buonasera miei cari e bentrovati! Sicuramente non vi aspettavate un simile capitolo… ma la storia è sempre stata così nella mia mente e non poteva essere diversamente! Anita ha detto a Dario che lo ama, ma lui non ha reagito come tutti speravamo. Adesso lui sembra in preda ad una crisi mistica. Si riprenderà? Tornerà da Anita? Cosa succederà quando Saverio arriverà a destinazione? Manca davvero poco alla fine… spero che non me ne vogliate, ma non è ancora tutto perduto 🤭 Sappiate solo che non contemplo finali tristi! Quindi abbiate fede! ❤️🤣 ( Per restare in tema di chiese 🤣❤️) Grazie sempre a chi mi segue e alla prossima! ❤️

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Capitolo 50
*** La Felicità Non Aspetta ***


Happiness does not wait - Ólafur Arnalds

Seduto a ridosso della scultura il "Grande Toscano" contemplavo ancora una volta quel cielo e quelle stelle che mi avevano accompagnato per tutta quella serata infernale. Quella scultura che conoscevo a malapena, ma che avevo cercato minuziosamente su Google, si chiamava anche mezzo busto e ritraeva questo uomo con una testa al posto del cuore. Mai scultura più azzeccata per descrivere il mio stato fisico e psichico. Io non avevo un cuore, e questo l'avevo sempre saputo fin da bambino. Chiamiamola ironia della sorte o scherzo beffardo del destino, ma durante quegli attimi da peccatore davanti a quella chiesa, gli anni infelici della mia vita si susseguivano davanti ai miei occhi ricordandomi quando nella vita fossi stato inadeguato. Un fallito. Mia madre, fin da piccolo, faceva schioccare quelle paroline dalla sua bocca come fossero acqua fresca. Un'acqua che aveva bagnato la mia testa più e più volte. Non so dire se il mio essere un menefreghista donnaiolo sia scaturito da lì, da quell'acqua fresca, ma il mio modo di vedere le cose era alterato e con lui anche il mio modo di amare. Solo mio nonna Amalia sapeva come riportarmi, quando ero in sua compagnia, verso quella via che sembrava quella giusta. Le sue parole sempre dolci e sincere sapevano sciogliere quel cuore di ghiaccio che si frizzava ogni volta che ero in compagnia dei miei genitori. Gli stronzi, come li avevo da sempre definiti, vivevano la loro vita in simbiosi tra di loro buttandomi fuori. Io non esistevo. Boyscout, nuoto, corsi di danza e di fotografia erano solo alcuni dei "passatempi" architettati dai coniugi Mancini pur di togliersi il loro unico figlio dalle palle. Le feste poi erano i momenti peggiori. Natale, Capodanno e Befana, solo per citarne qualcuno, erano i momenti che loro preferivano per dileguarsi facendo i turni all'ospedale. Mai un regalo sotto l'albero, mai un babbo natale, mai quella magia che raccontiamo ai bambini sperando che ci credano. Io, fortunatamente, non avevo avuto il trauma di sapere che quella magia non esisteva, l'avevo sempre saputo grazie a loro. Avevo sempre creduto di essere stato un errore. Quella scopata andata male o quel coito interrotto mal riuscito. Qualcosa di non voluto e da buttare nella spazzatura. E adesso, quella rabbia e quella frustrazione l'avevo riversata su me stesso e di conseguenza su di lei. Lei, l'unica persona al mondo che mi avesse mai amato, trattata a pesci in faccia dal sottoscritto. Mi odiavo, mi odiavo con tutto me stesso. Seguitai a fumare stringendo a me quel cappotto blu rivolgendo gli occhi nuovamente verso quella chiesa che aveva attirato la mia attenzione stringendo tra le mani quella piccola miccia. 

« Eccomi! Eccomi! », gridò Saverio avvicinandosi a me a grandi falcate. Si vedeva che era scosso e che aveva corso per tutto il tempo.

« Eccoti…  », sospirai prima di imboccare nuovamente la sigaretta tra le labbra, quasi non curante del fatto che fosse lì per quel coglione del suo amico in crisi esistenziale. « Hai detto a Ginevra quello che provi?...  », chiesi soffiando fuori il fumo che si era accumulato in bocca.

« Che?!...  », chiese con sguardo spaesato mentre si teneva sulle ginocchia nel tentativo di riprendere fiato.

« Le hai detto che sei innamorato di lei? »

« Da, non mi sembra il momento…  »

« Invece è il momento giusto cazzo! Dimmelo! », gridai alzandomi da quella scultura che era diventata un tutt'uno con il mio sedere.

« Sì…  », sibilò guardandomi sottecchi annaspando.

« Bene, da quello che vedo capisco che lei ricambia… sono felice per te, so che la renderai felice… », dissi tenendo la sigaretta con le labbra guardandolo convinto.

« Adesso per favore la smetti di fare il coglione e mi dici che cosa hai combinato? »

« Hai ragione, sono un coglione… ho detto ad Anita che non la amo…  », affermai brandendo la sigaretta per l'ultima boccata  fumo prima di buttarla via.

« Cosa hai fatto?! », esclamò facendo uscire gli occhi dalle orbite.

« Quello che ti ho detto…  »

« Ma non è vero! Adesso andiamo da lei e risolvi tutta questa situazione del cazzo, subito!! », disse prendendomi per un braccio accorgendosi della mia mano sanguinante. « Che cazzo hai fatto alla mano?! »

« Ho dato un bel pugno al muro ruvido di casa di Anita…  », dissi sorridendo come uno stupido quasi contento.

« Ok Rocky, adesso andiamo da Anita e le dici cosa provi veramente! », strinse l'altro braccio tra le sue mani cercando di spostarmi, ma io avevo i piedi sigillati al suolo.

« Io non posso…  », sibilai facendo forza.

« Cosa non puoi?! Amare?! Andiamo Dario lo sappiamo tutti che sai farlo!  »

« No…  »

« Forza! »

« Ti ho detto di no!!! », sbraitai con tutta la forza che avevo in corpo spingendolo. « Per te è tutto facile! Lo è sempre stato! Non hai avuto una famiglia come la mia! Non hai mai dovuto lottare per una carezza o un abbraccio!! Come posso solo pensare di poterle dare quell'amore?! Eh?! Mi dici come posso pretendere che lei mi ami veramente se neanche i miei genitori ne sono stati capaci di farlo!! Dimmelo Saverio!!! Dimmelo!!! »

« Dario...»

« Ecco, lo vedi, neanche tu mi sai dare una risposta del cazzo! Perché sai qualè la verità caro avvocato?! La verità è che io sono destinato a rimanere da solo! Lei non merita questa sofferenza!»

« Non è vero! Tu non sai cosa vuole lei! »

« Invece lo è! Io non mi merito una come lei! Le ho solo rovinato la vita!! Le ho rovinato la vita Sa! Non mi merito nulla! Nulla!!! », gridai nuovamente prima di farmi ricadere su quella scultura e scoppiare in un pianto liberatorio.

Fu in quel momento che sentii stringere le braccia di Saverio intorno al collo. Spalancai gli occhi sulla sua camicia bordeaux cercando di capire quanto schifo facessi. La sua stretta non fece altro che alimentare quel pianto che per certi versi volevo fermare. Strinsi gli occhi e gridai, gridai come se mi avessero strappato di netto il cuore dal petto. Un grido che sembrò squarciare il silenzio della notte, quella notte che si era mostrata maestosa e limpida davanti ai miei occhi e che mi aveva regalato per qualche istante la speranza di potercela fare. Il mio pianto disperato, continuò come se fossi tornato quel bambino spaurito raggomitolato in un angolo in attesa di quell'abbraccio. Quel urlo  graffiato dal mio pianto, fece stringere ancora di più le braccia di Saverio, che per un attimo mi parve sentirlo piangere. Ancora una volta, era riuscito a non farmi cadere in quel limbo di solitudine. Alla fine, avevo davvero confessato i miei peccati. Quei peccati che mi portavo da bambino e che finalmente avevo tirato fuori non rispettando la mia felicità.


                               ****  
Sdraiata su quel pavimento, seguendo le venature del parquet color ghiaccio, avevo perso quasi i sensi. L'indice tracciava la circonferenza degli ovali scivolandoci quasi dentro con la mente. D'improvviso i miei pensieri confusi e deliranti si susseguirono in rapida successione trascinandomi al suo interno: Il nostro incontro al Rencontre, la Villa, gli occhiali… potevo vederli dalla mia posizione ancora poggiati sul letto. Brillavano al contatto con la luce notturna che entrava dalla finestra. Quella visione mi fece singhiozzare in un attimo. Come una bambina che viene lasciata da sola per la prima volta, cercai di reprimere quello stato di angoscia che stava tornando più forte di prima. Cercai di concentrarmi sul mio respiro e il silenzio che mi aveva circondata da quando lui era uscito da casa mia. Quel silenzio assordante che mi aveva avvolta fino a poco prima venne interrotto dal suono incessante del campanello. Per un attimo mi sembrò quasi di sognare. Osservai la porta semiaperta della camera da letto spaventata e quasi speranzosa. Chi poteva essere nel cuore della notte? Era Dario? Mi alzai piano quasi trascinandomi verso il salotto. Arrivata davanti alla porta di casa l'aprii senza vedendo l'unica persona che avrei visto volentieri in quel momento.

« Ginny!! », esclamai buttandogli le braccia al collo. Ero felicissima di vederla, ma al contempo sapevo che lei sapeva. « Lui non mi vuole… non mi ha mai voluta veramente! »

Singhiozzai nuovamente stringendo a me i suoi ricci castani trovandoci rifugio come quando eravamo bambine. La strinsi forte tornando a gridare, tornando a sanguinare, tornando a sperare di essermi sbagliata. Di aver sentito male o di aver fatto un incubo lì su quel pavimento ghiacciato. La sentii tirare con il naso e stringermi più forte a lei, sintomo che stava piangendo anche lei.

« Mi dispiace Anita… io non credevo… », disse con voce flebile accostandosi al mio orecchio sinistro.
 
« Ginny non potevi saperlo… neanche io lo sapevo… ma adesso lo so… »

«Tesoro… », disse dolcemente guardandomi negli occhi.

« Sono stata una stupida a credere il contrario… una povera illusa… »

« No, non lo sei! Hai creduto a quell'amore a quella felicità che non aspetta… »

« Ginevra io…io non so cosa farò adesso... », risposi quasi in procinto di tornare a piangere.

« Anita… vieni, andiamo in cucina, ti preparo un po' di tè caldo... », asserì prendendomi per mano dopo aver asciugato le mie mani con entrambe le mani cercando di farmi calmare.


Mi appoggiai al tavolo strisciandoci sopra. Non avevo la forza di fare altro, non avevo la forza di reagire. Sentivo le movenze di Ginevra mentre si destreggiava per tutta la cucina in cerca dell occorrente per quel tè non avrei bevuto mai. 

« Ti ricordi quando eravamo bambine e volevamo disperatamente andare a vivere a Los Angeles? », chiese Ginevra rimanendo di spalle mentre armeggiava con il bollitore. « Non ci avrebbe fermato nessuno… Avevamo deciso tutto… la spider gialla, l'appartamento in uno dei quartieri più belli, e noi tre. Bastavamo noi tre… »

Alzai il capo ricordando e sorridendo davanti a quelle parole nostalgiche. Eravamo davvero delle inguaribili sognatrici. 

« Poi siamo cresciute, e quei progetti di vita sono diventati frutti di un sogno che mai si sarebbe realizzato… ma di una cosa eravamo certe, e di una cosa sono ancora certa… bastiamo ancora noi tre, siamo sempre noi tre… E non importa se quello stronzo ti ha chiuso le porte del suo cuore! Ci siamo noi, sempre e solo noi… ricordalo sempre Anita! », esclamò Ginevra avvicinandosi a me stringendo la mia mano destra nella sua. I suoi occhi si inumidirono un'altra volta, e sul suo viso comparve quel sorriso dolce che l'aveva sempre contraddistinta. « Ripartiamo da noi, ripartiamo da te! », finì guardandomi negli occhi e cercando il mio sorriso prese le due tazze che aveva appoggiato vicino al piano cottura.

Annuii asciugando nuovamente le lacrime che stavano scendendo lungo le mie guance. Bastavamo noi. Le parole di Ginevra erano state balsamo per il mio cuore. Era ancora flagellato dalle parole di Dario, e sicuramente non lo avrei dimenticato così facilmente come voleva farmi credere lei, ma adesso aveva una nuova  spinta per andare avanti. Avevo visto un piccolo spiraglio di luce in quel tunnel buio. Avrei ricominciato da me, avrei vissuto la mia vita senza di lui, e magari avrei trovato la felicità altrove. Sarei caduta altre mille volte, e avrei pianto come una fontana, ma non avrei mai abbandonato l'idea di essere nuovamente felice. Dopotutto la felicità non aspetta.



Note: Capitolo Cinquanta. Buonasera a tutti, e bentrovati in questo nuovo capitolo. Come avete potuto notare, Ginevra e Saverio sono arrivato in soccorso dei nostri cari piccioncini. Saverio cerca di convincere Dario a tornare su suoi passi, invece Ginevra dice ad Anita di andare avanti e di trovare quella felicità altrove. Chissà cosa succederà adesso che il matrimonio è davvero alle porte?! Come si comporteranno i nostri eroi incontrandosi al matrimonio? Ma soprattutto, seguiranno quello appena suggerito dalla strana coppia? Lo vedremo presto! 🤭 Il prossimo capitolo penso che sarà l'ultimo e magari sarà più lungo degli altri! Ma è ancora tutto da vedere! 😅🤣 Ci aspetta davvero il "meglio" quindi preparate i fazzoletti! Grazie sempre a chi mi segue❤️ e alla prossima ❤️

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Capitolo 51
*** Come Se Non Fosse Amore ***


La mattina seguente, dopo una nottata passata a bere vodka e a delirare bivaccato sul divano insieme a Saverio, mi sembrò di non avere dormito affatto. Gli occhi, ancora fotosensibili, non riuscivano a mettere a fuoco tutto quello che mi circondava, e la testa in balia di quel tamburellare alla Jumanji, non mi aiutava a mettere insieme quei pezzi del puzzle che componevano la serata appena trascorsa. Di una cosa ero certo però: mi aspettava un post sbornia stratosferico. Strinsi con il pollice e l'indice le palpebre cercando di dare un po' sollievo a questi ultimi che bruciavano dall'Interno, quando alzando il capo mi accorsi che Saverio dormiva beatamente sul mio stomaco cingendomi i fianchi. Quella visione del tutto nuova mi suscitò subito un sorriso divertito. Mi poggiai sui gomiti sorridendo e, muovendomi leggermente lo chiamai sottovoce. Il suo sonno, non troppo pesante, fu subito interrotto da quel mio richiamo che sembro una cantilena. Alzò lentamente il capo e guardandomi sottecchi stringendo gli occhi rossi in due fessure, si fermò un attimo a contemplare tutta la scena.


« Buongiorno principessa! », esclamai cercando di dargli uno scossone con le mie parole. Era davvero una scena esilarante.

Lui senza battere ciglio si spostò immediatamente e rimanendo seduto dall'altra parte del divano disse:

« Fammi capire, ho dormito tutto il tempo a ridosso del tuo pisello?! »

« Così sembra… », risposi sorridendo e sedendomi anche io contro il divano. 

« Capisco… », rispose poggiando il capo sullo schienale sorridendo anche lui « Però, posso dire che mi è piaciuto? Adesso capisco Anita! » continuò ridendo fregandosi le mani sulla faccia.

« Già… Anita… », replicai guardando il soffitto.

« Ascolta, so bene cosa hai passato nella tua vita, e ne abbiamo parlato abbondantemente anche stanotte, però tu devi uscire da questa situazione… se non ti butti non saprai mai se funzionerà… Lei sta già male, e non credo che una notte in compagnia della vodka le abbia fatto passare la tristezza… »

« Della vodka? », farfugliai stranito.

« La terapia d'urto ideata dal sottoscritto… con la collaborazione di Ginevra... »

« Hai mandato Ginevra a casa di Anita per farla sbronzare?! »

« Hey! Qualcosa dovevo pur farla! Tu hai combinato un gran casino! »

« Ma io non voglio che stia male più di quanto non stia già! Guardami! » esclamai alzandomi in piedi facendogli notare lo stato penoso in cui versavo. « Io sono uno straccio e sono abituato a bere! »

« Non ti preoccupare! Ho dato anche l'antidoto a Ginevra… », chiarì Saverio alzandosi in piedi portando la camicia nuovamente dentro i pantaloni.

« Quale antidoto?! Spremuta di arancia con vodka?! »

« Esatto! È un toccasana! Poi, è stata la tua colazione genuina tantissime volte! E guarda come sei venuto su bene! », asserì sarcastico dandomi dei leggeri schiaffetti sulla guancia destra.

« Oddio… spero che la tua ragazza abbia più sale in zucca di te… », affermai facendomi cadere di nuovo sul divano dietro di me.

« La mia ragazza… La mia ragazza… sai che suona strano? Però mi piace! Anzi sai che ti dico? Adesso chiamo la mia ragazza e mi assicuro che stiano tutte e due bene, ok? »
 
Annuì senza replicare cercando di non fare vedere quanto io fossi preoccupato per tutta quella situazione del cazzo. Non volevo che lei si distruggesse per me. Appoggiai il polso sopra gli occhi nel tentativo di calmare i miei nervi tesi sospirando forte. I suoi occhi delusi e disgustati tornarono davanti ai miei come lo avevano fatto per tutta la notte. Non ero riuscito a pensare a nient'altro mentre bevevo a più non posso in quella notte maledetta. Niente aveva potuto alleviare quello stato di completa devastazione, nulla avrebbe potuto cancellare quello scempio da me compiuto.


                              ***

Non ero mai stata una mattiniera, anzi, ero proprio un ghiro sotto mentite spoglie e quando potevo, mi piaceva temporeggiare sprofondare tra le coperte e il suo torpore. Ma non quella mattina. 
Avevo passato tutta la notte tra le braccia di Ginevra nella speranza di trovare un po' di tranquillità in quel luogo familiare, e a tratti ci ero anche riuscita. Il mio pianto ad intermittenza non aveva giovato né a me né a lei, e per quanto mi fossi sforzata di fare il contrario le lacrime venivano giù tipo cascate del Niagara. 
Mancavano meno di quattro ore alla nostra partenza per il lago di Como ed io non ero nel pieno delle mie forze psichiche e fisiche.

Le mie occhiaie, visibili ad occhio nudo, spiccavano davanti a me riflesse dalla toilette del bagno. Erano già venti minuti buoni che fissavo la mia immagine in quel rettangolo bianco dal design sofisticato, e più la guardavo e più non riuscivo a trovare una motivazione valida per uscire da quella piccola stanza. Molte volte mi ero persa nella contemplazione di me stessa nel corso della mia storia con Edoardo, e adesso come all'ora, non trovavo le forze per reagire. 
Neanche lo scrosciare dell'acqua verso il lavandino aveva fermato quel flusso di pensieri deprimenti, così come l'irruzione improvvisa dentro il bagno da parte di Ginevra.

« Anita, tesoro, cosa stai facendo?... », chiese la riccia a gran voce chiudendo il rubinetto in tutta fretta, per poi stringere le mie spalle coperte da quella vestaglia rosa che non avevo più tolto quando lei mi aveva obbligata ad indossarla.

« Io… io, volevo sciacquarmi la faccia… », risposi buttando lo sguardo sul pavimento prima di guardare verso la porta. « È già giorno? », domandai notando i timidi raggi solari che entravano in casa, per allontanandomi dalla sua presa.

« Già, che ne dici di una bella doccia ristoratrice? E magari dopo ti aiuto a fare la valigia! Che ne dici? »

Mi voltai verso di lei con la voglia di vivere sotto le scarpe e, abbozzando un sorriso annuì senza fare altro. Non avevo voglia di fare nulla e soprattutto non avevo voglia di rivederlo al matrimonio. Oltrepassai la porta del bagno trascinandomi e, individuando con lo sguardo il divano mi diressi verso quest'ultimo guardando un punto indefinito della stanza sperando che quello fosse solo un brutto sogno.
 
« Allora?! Come prima cosa devi spogliarti e non sederti!! », esclamò Ginevra correndo verso di me. Prese le mie mani, e tirando verso di lei, mi fece alzare di forza. « E come seconda, cosa devi infilarti dentro la doccia! », continuò spingendomi questa volta per le spalle verso quel bagno che ormai era diventato la mia seconda casa. 

« Ginny forse è ancora presto… e poi non dovrei prima digerire tutto il thè con biscotti che mi hai fatto mangiare stanotte?! », chiesi sarcastica facendo resistenza. 

Per tutta la notte aveva negato l'utilizzo di alcolici. Non erano valse a niente i miei continui piagnistei e le suppliche pur di avere un goccio di quel vino che tenevo nelle situazioni di emergenza. Nulla aveva scalfito il suo cuore da crocerossina premurosa.
All'improvviso mentre mi trascinava a forza dentro la doccia, dopo avermi costretta a svestirmi, sentimmo in lontananza il suo cellulare suonare. Lei si voltò subito verso la sorgente del suono per poi sorridermi in modo rassicurante chiudendo la doccia davanti ai miei occhi. Vidi la sua ombra uscire alla velocità della luce dalla stanza senza aggiungere altro. Quel suo comportamento alquanto strano mi incuriosì facendomi avviare verso la porta d'ingresso del bagno recuperando una asciugamani. Avendo cura di non farmi notare, rimasi ad origliare la sua telefonata dando un'occhiata veloce a tutta la scena circostante. 

« La tua ragazza? », chiese sottovoce sorridendo camminando avanti e indietro lungo il mio salotto. Con una mano teneva il cellulare e con l'altra giocherellava con uno dei suoi ricci. « Devo ancora abituarmi a tutto questo… è tutto così strano signor Monte… », continuò a sorridere e giocherellare con i ricci con il viso luminoso. Sì vedeva che era emozionata. « Si stiamo bene, e no, non ho usato la tua terapia… ma lei è uno straccio, sta veramente male quindi verrà con noi alla villa... ok ci vediamo più tardi… Sa… ok… ti amo… », bisbigliò prima di riagganciare e trovarsi davanti i miei occhi.

Mi volatilizzai in un secondo dentro il bagno infilandomi nuovamente dentro la cabina della doccia. Quindi adesso stavano veramente insieme. Non che non fossi contenta, ma in quel momento la felicità altrui mi faceva male.

« Anita, ascolta, io ti avrei detto tutto, e che non mi sembrava il momento giusto… non volevo farti soffrire...  », ammise Ginevra tornando anche lei in bagno.

« Tranquilla, sono felice per voi… e poi, mi puoi dire tutto lo sai... », commentai aprendo la cabina guardarla in faccia. Mi sentii messa da parte, anche se dentro di me ebbi una strana gelosia verso di lei.

« Lo so, ma il fatto che Saverio e Dario siano migliori amici mi ha un po' frenata… scusami…  », rispose intrecciando in modo nervoso le mani. Sì vedeva che era proprio nel pallone.

« Non scusarti, non è colpa tua se mi sono innamorata di uno stronzo… eppure sai, pensavo che Saverio fosse più stronzo di Dario... mi sbagliavo… »

« Anita… vedrai che le cose si sistemeranno… volterai pagina e troverai-  »

« Troverò cosa Ginevra?! Un'altro come Dario? Un'altro come Edoardo?! No grazie!! A sto punto preferisco diventare suor Beatrice veramente! Adesso scusami, ma vorrei fare quella doccia rilassante che tanto osannavi fino a poco fa! », così dicendo chiusi di nuovo la cabina e aprendo l'acqua calda cercai di spegnere il cervello.

Seguirono dei lunghi secondi di silenzio dove mi parve che Ginevra fosse stata risucchiata da un buco nero, per poi risentire la sua presenza e la sua voce.

« Anita, io sono in camera tua a preparare la valigia… se hai bisogno chiamami…  », le sentii dire sotto lo scrosciare dell'acqua. Non ebbi la forza di replicare dato che stavo già piangendo, quindi mi limitai a farle un segno con la mano e tornare al mio tormento.

Non potevo credere che un tipo come Saverio avesse il coraggio necessario per fare un passo simile. Alla fine, su questo, aveva ragione Dario. Saverio era davvero diverso da quello che avevo visto, come lo era stato lui per me. Avevo sopravvalutato Dario abbassando le mie difese. Avevo davvero creduto da idiota, che lui potesse provare qualcosa per me, che potesse addirittura amarmi. Dovevo ammettere che era stato bravo con i suoi atteggiamenti e le parole, ci ero caduta con tutta la scarpe. E adesso, avrei pagato qualsiasi somma pur di non rivederlo al matrimonio, pur di non rivedere i suoi occhi azzurro cielo.


Le ore passarono in fretta, e tra una valigia e un beauty case ci ritrovammo sul ciglio della strada ad aspettare Saverio. Quest'ultima era andata a casa sua a fare la valigia ed era tornata subito dopo pur di non lasciare da sola la povera e fragile Anita. Io, d'altro canto, non avevo tutta questa voglia di alimentare questo suo affetto alla buon samaritana, quindi ignoravo qualunque cosa Ginevra mi proponeva o chiedeva. Mi ero proprio stancata. Il Mercedès bianco arrivò graffiando la strada parcheggiandosi alla Saverio di fronte a noi. Lui uscì dalla macchia alzando le mani in segno di resa per i quindici minuti e due secondi che ci aveva lasciato giù con meno cinque gradi. Come se il freddo di Milano non lo toccasse minimamente, era uscito dalla macchina con solo una camicia bianca con il colletto sbottonato, le maniche arrotolate, e un paio di pantaloni di velluto cammello abbinate ad un paio di scarpe stringate marroni. Sul naso aveva un paio di Ray-ban modello Marshal e sulle labbra la solita sigaretta accesa: il solito fenomeno.    

« Scusate tanto signorine, ma ho perso tempo a fare la valigia! », si difese prendendo le nostre valigie e poggiandole entrambe nel cofano. 
 
« Non ti preoccupare, mi hai fatto solo congelare tutte le falangi dei piedi… » risposi apatica muovendo i piedi avvolti dagli stivali marroni che avevo scelto. In realtà il mio abbigliamento non era molto adatto al polo Nord: vestito in maglina aderente nero dolce vita, calze nude, e un cappottino lungo nero. Un total black che andava a pari passo con il mio umore.

« Le porgo le mie più sincere scuse signorina Velletri, ma l'autista puntuale non sono io… è un certo ossessivo compulsivo che lei conosce molto bene e che si sta comportando da cazzone! », esclamò Saverio chiudendo il cofano facendomi l'occhiolino con la sigaretta tra le labbra. Lo guardai come a non voler capire di chi si stesse riferendo. Ignorai deliberatamente tutto quello che aveva detto Saverio e mi infilai direttamente al posto passeggero posteriore senza aggiungere altro. Non volevo pensarci, non volevo pensare a lui. Non meritava nulla da me. 

I miei pensieri, ancora una volta caotici e ripetitivi, furono interrotti dal tonfo che aveva fatto Ginevra contro lo sportello anteriore dell'auto da dove, in teoria, lei doveva entrare. Sì era appoggiata lì con la schiena dopo che Saverio, con aria di supplica, le aveva chiesto qualcosa alzando l'indice. In completo silenzio Lei annuì e, subito dopo le labbra di Saverio si unirono a quelle di Ginevra iniziando una dolce danza. Non era il solito bacio che ero abituata a vedere tra di loro. Questa volta Saverio le sfiorava con il pollice la guancia per poi incastrarsi tra i suoi ricci in un modo così dolce da lasciarmi sbalordita. Lei, completamente trascinata da questo dolce bacio, gli accarezzò il polso con la quale lui la teneva ben salda. Mi addossai allo schienale piacevolmente meravigliata, ma con quella nota stonata che il mio cuore ormai suonava dalla sera prima. Ero veramente felice per loro, ma non completamente. Sapevo di essere una stronza, ma non riuscivo ad essere pienamente felice per il loro amore. Non era vera e propria gelosia, ma più uno sconforto interiore per qualcosa che volevo anche io con tutte le mie forze. 

All'improvviso Ginevra si staccò da Saverio facendo segno verso la macchina, segnale che c'era un terzo incomodo che li osservava. Presa da una vergogna indecifrabile, afferrai il cellulare facendo finta di guardare chissà che cosa. Non volevo che pensassero che li avevo guardati tutto il tempo, ma soprattutto, che avevo anche provato un pizzico di gelosia.

Lui sorridendo e continuando con il loro cinema muto, le stampò un ultimo bacio sulle labbra per poi aprirle la portiera della macchina facendola accomodare al suo posto. 

« Ani, tutto bene? », chiese Ginevra quasi in colpa voltandosi verso di me. 

Mi sentii nuovamente una merda. Nonostante io, con la mia presenza, stessi rompendo le scatole a tutti e due, i loro pensieri erano rivolti sempre a me e al mio stato da bicchiere fragile. Annuì senza dire una parola, sforzandomi di fare uscire quel sorriso di gratitudine che si meritava.

Saverio entrò subito dopo nell'abitacolo e, sistemando lo specchietto retrovisore guardò nella mia direzione. 

« Signorina Velletri, le do il benvenuto nella mia umile macchina! Sperando che la mia guida sia all'altezza della sua persona le auguro buon viaggio! », disse a mo' di pilota di una nota compagnia aerea.

Risi finalmente di gusto. Era riuscito a strapparmi quel sorriso che non vedevo dal giorno prima. Magari avrei potuto fare uno sforzo per essere simpatica con lui e, magari, avrei potuto rilassarmi e chiaccherare con Ginevra. Avrei potuto fare tutto, bastava "solo" non ricadere nel vortice dei ricordi e pensare a lui. Bastava solo quello. Avrei potuto farcela, e ci avrei provato con tutte le mie forze, come se non fosse amore.

Note: Capitolo Cinquantuno. Buongiorno miei cari e buona vigilia a tutti! Pensavo che questo capitolo fosse l'ultimo invece così non è! 😅🤣 A questo punto, non so se il prossimo lo sarà! 🤣🤣🤣 Quindi rimanete sintonizzati! 🤣❤️ Cmq ci stiamo avviando veramente verso la fine, e si prospetta davvero spumeggiante! Dario è ancora nel limbo dell'incertezza invece Anita e in quello della tristezza assoluta. Basterà davvero non pensare a lui per stare meglio? E Dario continuerà con questa incertezza? e con chi andrà alla villa? 🤣 Ci aspetta ancora qualcosa di comico prima del gran finale! 🤣 Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ♥️

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Capitolo 52
*** La Mia Vita Prima Di Lei ***


Era tutto pronto. La valigia, il vestito dentro il porta abiti appeso alla maniglia posteriore, e quella dose di paura mista ad angoscia che mi trascinavo ormai da un mese. In quel fottuto mese non avevo fatto altro che seguire quella paura. Una paura irrazionale, insensata, dettata da un passato burrascoso e senza amore. Rigirai la sigaretta che avevo tra le dita facendo svolazzare via tra il caos Milanese la cenere che poi cadde a terra. Avevo deciso di concedermi una sigaretta prima del lungo viaggio che avrei fatto da solo. Un viaggio che avevo pensato di fare con Anita, ma che alla fine lei avrebbe fatto con Saverio e Ginevra. Avevo raccomandato più volte al caro avvocato di andare piano e di non essere pensante con Anita. Ero relativamente tranquillo. Relativamente, perché avrei preferito portarla io al matrimonio. In realtà, avrei preferito fare mille cose, ma avevo fatto l'unica cosa che non avrei dovuto fare: Dirle che non l'amavo quando invece morivo d'amore per le. La mano destra con cui tenevo la sigaretta iniziò a tremare solo al pensiero di dirle la verità. Stavo impazzendo, lei era la mia pazzia. 


Gettai lontano la cicca ed entrai in auto dopo aver appoggiato i Ray-ban sul naso. Iniziai a fare la retromarcia quando il cellulare collegato alla macchina iniziò a suonare. Per un attimo ebbi paura, chi mi stava chiamando doveva sposarsi tra qualche ora.

« Mirko tutto bene?! », domandai facendo girare lo steri tra le mie mani.

« Dario, dimmi che sei ancora a Milano! »

« Si, sono appena salito in macchina, che succede?! » 

« Grazie al cielo! Ascolta, ho poco tempo e tu devi farmi un favore! » 

« Dimmi tutto… »

« Abbiamo dimenticato mia nonna Linda a casa… » 

« No, ti prego… »

« Dario, ti scongiuro! Noi siamo già tutti qui! Avevo chiamato Saverio per non disturbarti, ma non riesco a rintracciarlo! Ti prego sei l'unica salvezza! »

« Mi, tua nonna mi odia! Mi farà andare fuori strada me lo sento! »

« Ma non è vero! Lei ti adora! Quando ti ha buttato quel secchio d'acqua dal balcone non sapeva che tu fossi giù ad aspettarmi! E quando ti ha messo il sale al posto dello zucchero era perché non aveva visto l'etichetta! E poi lo sai che ha un inizio di Alzheimer! »

« Si si, ok, ho afferrato il concetto! Lei mi ama praticamente… »

«Esatto! So che magari avevi pensato di fare il viaggio tranquillo con Anita… però potrebbe addormentarsi e non rompere le scatole con tutte le medicine che prende! »

« In realtà, sono da solo in macchina… »

« Cosa?! Perché?! »

« Io… », stavo per vuotare il sacco anche con lui, quando in sottofondo sentii la madre di Mirko chiamarlo a squarciagola.

« Dario, senti, io adesso devo andare! Mi dirai tutto quando arriverai! Ci vediamo più tardi! E tratta bene nonna! »

Non ebbi neanche il tempo di salutarlo che aveva già riagganciato. Non potevo credere che avrei fatto il viaggio con l'insopportabile Linda. 

Arrivai subito nei pressi della sua abitazione, e parcheggiandomi di fronte allo stabile, aspettai con trepidante attesa la integerrima nonnina.

Scesi dalla macchina e appoggiandomi ad essa, accesi nell'ennesima sigaretta guardando il mio outfit: Maglione marrone dolcevita, jeans neri e anfibi. Volevo viaggiare comodo, e poi ci mancava anche la dolce nonnina.

Dopo mezz'ora piena di attesa eccola lì, Linda Bianchi in Testi. Ex preside del liceo classico "Tito Livio' e membro onorario del circolo super ristretto "Società Del Giardino", non era famosa per la sua simpatia né tanto meno per la sua empatia verso il prossimo. Il suo astio, verso il genere umano, era stato scalfito solo da quella malattia che l'aveva presa proprio sul più bello, rendendola un piccolo agnellino indifeso.

Portata a braccetto da una ragazza che non conoscevo, si avvicinò a me a piccoli passi chiamandomi Flavio a squarciagola. Merda, non poteva essere vero. Lanciai lontano la cicca per andare incontro alla mia compagna di viaggio.
 
« Lui è il mio caro nipote Flavio! Sai è laureato alla bocconi! », disse la vecchiarda dandomi dei piccoli colpetti sulla mascella. Peccato che non ero né suo nipote né laureato in quella prestigiosa università. Abbozzai un sorriso di circostanza aprendo lo sportello quando notai lo sguardo della ragazza intensificarsi al contatto con il mio. 

« Ciao Flavio è un piacere per me conoscerti…  », disse la ragazza dagli occhi nocciola sorridendomi. Conoscevo bene quello sguardo, e avevo capito bene dove voleva andare a parare.

« Io in realtà non sono suo nipote... e non mi chiamo neanche Flavio…  », dissi sorridendo per tutta la situazione comica chiudendo lo sportello con la nonnina al suo interno.

« Devi scusarla, ma la malattia sta avanzando velocemente e confonde un po' tutti! », affermò portandosi una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio. « Quindi come ti chiami veramente? »

« Mi chiamo Dario, è sono il testimone di nozze di Mirko…  »

« Io sono Lidia e mi prendo cura della signora Testi… », rispose senza che io avessi chiesto niente. La ragazza era in posizione d'attacco e io non ero per niente propenso a darle corda.

« Piacere Lidia… », dissi guardando il Rolex che avevo sul polso sinistro facendo strada verso lo sportello anteriore. « Scusami, ma sono in tremendo ritardo, e io odio esserlo! », feci per entrare nell'abitacolo quando fui fermato dalla sua presa di posizione. Sì avvicinò velocemente allo sportello e tenendolo aperto.

« Scusami, so che ti sembrerò una sfacciata, ma magari potremmo vederci dopo il matrimonio… un caffè o un aperitivo… », chiese tenendo la portiera aperta aspettando una mia risposta. Rimasi colpito dalla dolcezza con cui aveva formulato quelle parole, e non mi sentii di mentirle. Uscìi nuovamente dalla macchina appoggiandomi ad esso.

« Ascolta Lidia, non mi va di prenderti in giro… non è per te, tu sei davvero una bellissima e dolcissima ragazza ma io sono innamorato. E per quanto io stia tremando a dirti queste parole, non cambia il fatto che io la ami più della mia vita. Anche se, a dirti la verità, ho rovinato tutto dicendole il contrario… » 

« Capisco… però apprezzo molto la tua sincerità, e vedrai che se sarai sincero come lo sei stato con me, le cose si sistemeranno… »

« Lo spero davvero… »

« Flavio!!! Andiamo! Ho una riunione a scuola e non voglio tardare!! », urlò la cara nonnina da dentro la macchina provocando le risate di entrambi.
 
« Adesso è meglio che tu vada, o Linda si arrabbierà a morte! »

« Si, è meglio che io mi avvii! C'è qualcosa che devo sapere per quanto riguarda la nonna? », chiesi preoccupato prima di entrare definitivamente in auto.

« A parte i suoi vaneggiamenti non dovrebbero esserci problemi! Considera che ha preso le suo medicine da poco e di solito dorme subito dopo… »

« Benissimo! », affermai allacciandomi la cintura di sicurezza. Almeno avrei fatto un viaggio tranquillo sotto questo punto di vista.
 
« Allora, addio Lidia, e buona vita! »

« Addio Dario, e non arrenderti! »

Annuì con il capo chiudendo il finestrino. Quelle poche parole mi avevano colpito in pieno. Io non volevo arrendermi, e adesso più che mai, volevo Anita nella mia vita. Non volevo nessun'altra. Nessuna era come lei.
  

                                ***

Planet funk - Who Said

Mi ero sbagliata alla grande. Saverio era stata una piacevole sorpresa dopo l'altra, ed io non potevo che constatare il mio errore nei suoi riguardi. Per i primi quaranta minuti c'era stato il silenzio tombale in macchina. Nessuno aveva proferito parola,né effusioni, e quasi avevano smesso di respirare pur di non disturbare il bicchiere di cristallo che guardava dal finestrino senza dare segni di vita. Quel bicchiere che aveva il mio nome, non aveva voglia di dialogare con i suoi compagni di viaggio, tanto meno, far finta che non fosse successo niente ventiquattro ore prima. All'improvviso però, credo preso da un momento di noia, mise il primo cd trovato dentro il cruscotto dando inizio ad una performance davvero memorabile. Il mio sguardo, perennemente appiccicato al panorama circostante, si spostò verso le movenze ballerine di Saverio. Da prima lo guardai stranita corrucciando le sopracciglia, per poi fare scappare quel sorriso che era sparito dalla circolazione dall'inizio del viaggio. 

La voce di Saverio seguiva quella di Dan Black in duetto irresistibile. Ricominciai a ridere vedendolo muoversi a ritmo tamburellando lo sterzo con le dita delle mani. Ginevra, senza farselo dire o spiegare lo seguii a ruota. Ad un certo punto, anche i muscoli del mio corpo iniziarono a muoversi seguendo quel duetto improvvisato. Il sorriso di Saverio incontro il mio per una frazione di secondo rallegrando il mio cuore.

Ci era riuscito ancora una volta, ed io avevo toppato alla grande. Era davvero un amico, il migliore amico che tutti vorremmo. Adesso lo avevo capito anche io. Avevo capito a mie spese quello che Dario aveva detto poco tempo prima. Saverio era davvero da scoprire.

Tutto il nostro ballare e cantare fu interrotto dal suono del cellulare collegato alla macchina. I miei occhi, ancora umidi dalle risate provocate da Saverio e Ginevra, si incollarono al display leggendo quel nome a caratteri cubitali: Dario.

Saverio si voltò verso di me in silenzio e togliendosi gli occhiali da sole mi guardò preoccupato. 

« È Dario, dovrei rispondere… non posso ignorarlo… », affermò cercando la mia approvazione. Non volevo sentirlo, ma non potevo non fargli prendere la chiamata. Così mi armai di coraggio e annuii addossandomi di nuovo allo schienale. 

Il mio cuore iniziò a battere forte. L'emozione di sentirlo prese il sopravvento facendomi  sudare freddo. 

« Ohi Da? », chiese Saverio ricomponendosi al suo posto.

« Sa, dove siete? » 

« Siamo sulla A2, e tutto procede per il meglio! E tu dove sei? » 

« Io sono appena partito… ho avuto un contrattempo… »

« Che genere di contrattempo?! »

« Il genere di contrattempo che ti russa in macchina… »

« Eh?!  Ma chi cazzo è che sta russando come un trombone?! »

« La nonna di Mirko… »

« Che?! Ti stai facendo il viaggio con la rompicoglioni della nonna di Mirko?! »

« Si… l'hanno dimenticata a casa... »

« Cioè si sono dimenticati la vecchia a casa?! Vogliono fare il sequel di "Mamma ho perso l'aereo?! »

« Sinceramente non lo so, ma immagino Gabriella gridare per tutta la villa… », asserì Dario cercando di non ridere. 

« Si come no! Sì sono tolti la vecchia dalle palle finalmente! E l'hanno scaricata a te! » 

« Eh, Mirko aveva chiamato te! Solo che il cellulare non ti prendeva! »

« Grazie a Dio!! Per una volta è servito a qualcosa questo disservizio! E poi lo sai che ho Anita in macchina con me! », affermò Saverio senza pensarci facendo calare il silenzio all'interno dell'auto e al di fuori. Infatti, anche Dario cessò di parlare, per poi riprendere con voce bassa.

« Bene, mi raccomando stai attento… ci vediamo là… », sentimmo solo il bip di chiusura e il silenzio tombale dopo.

Non aveva neanche aspettato che Saverio lo salutasse. Quest'ultimo preso dall'imbarazzo aveva acceso la radio mettendo una stazione a caso. 

Averlo risentito aveva mandato indietro quel film dove lui figurava in tutte le scene. Quelle scene che mi facevano stare male e che mi stringevano quel nodo in gola.

Mi voltai di nuovo verso quel finestrino che era stato il mio compagno di viaggio fino a quel momento, e guardandoci attraverso  ricominciai a piangere silenziosamente addormentandomi. 


Mi svegliai richiamata dalla voce calma e dolce di Ginevra che mi comunicava il nostro arrivo in villa. Guardai attraverso il finestrino notando quanto fosse bella, quasi più bella di come la ricordavo. Le ghirlande rosse e i vasi con le stelle di Natale, facevano da cornice ad uno scenario incantevole da favola. Scesi dall'auto con il naso all'insù mentre osservavo con meraviglia quel pezzo di paradiso. Il rumore delle piccole pietre bianche sotto i miei piedi schioccavano al mio passaggio accompagnandomi per tutto il tragitto. Respirai a pieni polmoni quell'aria fresca che sembrò liberarmi da quel macigno, regalandomi nuove sensazioni e speranze per la serata. Ginevra spuntò da dietro di me prendendomi per mano trascinandomi verso l'entrata. Il sorriso tornò sulle mie labbra e in quello della riccia in un battibaleno. Non potevo cancellare tutto con un colpo di spugna, ma con l'aiuto di Ginevra avrei potuto alleviare la mia sofferenza. O almeno ci avrei provato seriamente.


                               ***

Il viaggio era stato interminabile e infernale. La cara nonnina aveva russato per la maggior parte del viaggio, tranne per alcuni momenti di ordinaria follia, chiamava il figlio per farsi cambiare il catetere. Arrivai alla villa distrutto. Non avevo fatto altro che pensare a lei. Mi tornava in mente il suo sguardo deluso, il suo gridare, le sue lacrime. Ricordo di essere morto in quel momento.

Entrai dentro la villa, e parcheggiandomi nell'apposito parcheggio venni raggiunto immediatamente dai genitori di Mirko. Il loro sguardo preoccupato misto ad apprensione per la vecchiarda sparì non appena la videro sana e salva e con il catetere al suo posto. Giacomo, il padre di Mirko, mi diede una pacca sulla spalla e la promessa di un sigaro cubano dopo la cerimonia. Sorrisi formalmente e accettando di buon grado l'offerta, mi avviai verso la villa con la vaglia al seguito e il vestito appoggiato sulla mia spalla destra. Attraversai il grande portone spalancato guardandomi intorno come se mi trovassi per la prima volta in quel luogo. Era rimasto tutto immutato, tranne per le decorazioni natalizie che campeggiano per tutto il grande ingresso. Continuai la mia ispezione guardando tutto come un bambino meravigliato. Quel posto mi ricordava lei, profumava di lei. 


« Dario! », la voce di Saverio mi raggiunse prima di lui facendomi voltare dalla sua direzione. Lui, già in ghingheri nel suo completo a doppio petto blu scuro, si avvicinò a me con il papillon slacciato e le mani in tasca.

« Hey… », dissi afferrandolo per la mano in una stretta amichevole guardandolo speranzoso.

« Tranquillo, lei è nella stanza con le altre… », tirai un sospiro di sollievo sapendola insieme alle altre ragazze.

« Ti ringrazio per averla portata qui… sei il migliore… » 

« Non ho fatto nulla, però tu devi fare qualcosa… Questa è la volta buona che la perdi per sempre… Lei è uno straccio, e Ginevra le ha consigliato di starti lontano in buona fede… »

« Ha fatto bene, non sono arrabbiato con lei… sono solo arrabbiato con me stesso… »

« Benissimo, siamo passati dalla paura alla rabbia… è una cosa positiva no? » 

« Penso di si… » 

« Allora fatti avanti cazzo! Non lasciare che questo giorno passi senza averle detto quello che provi veramente! »

Le parole di Saverio era giuste e concise, trasferendo al mio corpo quel consueto tremolio di paura. Le mani tornarono a tremare davanti ai nostri occhi facendo imbestialire Saverio che le fermò in un attimo nelle sue.

« Adesso basta con queste cazzate! Tu adesso muovi quel culo e al momento giusto le dici tutto! », gridò in barba il farro che fossimo vicini alla hall.

« Saverio non so se riesco! »

« Ricordati solo com'era la tua vita prima di lei! »

« La mia vita prima di lei… », replicai sorridendo amaramente per poi continuare. « La mia vita non aveva molto senso… »

« Ecco! Allora vuoi tornare a fare quella vita? »

« No… è lei la mia vita… » 

« Ok… siamo sulla strada giusta! », affermò Saverio prendendomi per le spalle. « Adesso vatti a cambiare che tra poco dobbiamo accasare Mirko! », finì facendomi l'occhiolino spingendomi verso quella rampa di scale che conoscevo molto bene.

Era stato in quel momento che mi ero innamorato di lei, anche se avevo fatto di tutto per reprimere quel sentimento. Quando come un angelo mi era caduta tra le braccia. 



Note: Capitolo Cinquantadue. Buonasera miei cari, ed eccoci qui in questo lunghissimo capitolo 🤣 uno dei più lunghi per i miei standard! Cmq vediamo cosa è successo durante il viaggio dei nostri piccioncini. Dario ha fatto il viaggio con la nonna di Mirko invece Anita con Saverio e Ginevra dimenticando per qualche istante Dario. Quest'ultimo, aiutato da Saverio e da Lidia ( non volontariamente) comincia ad avere paura di perdere Anita. Come dice bene Saverio, la paura ha fatto spazio ad un nuovo sentimento: la rabbia. La rabbia per quell'amore negato e quasi perso. Cosa farà Dario adesso per rimediare? Lo vedremo presto… ♥️ Avete notato che Dario ricorda con affetto la scala da dove Anita è volata, e ci fa scoprire che è stato proprio in quel momento che si è innamorato di Anita rivelandolo anche se stesso. Vi svelo un segreto: Neanche io sapevo che fosse successo lì, mi ha suggerito tutto Dario, e quando succede non posso ignorarlo! ♥️ Scusate la mia prolissagine! Ma siamo quasi alla fine e io ormai amo questi personaggi! ♥️ Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ❤️



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Capitolo 53
*** Egoistica Benedizione ***


« Claudia vuoi uscire da quel bagno per favore?! È da mezz'ora che ti aspettiamo! », gridò Ginevra allacciandosi l'anello che componeva la sua scarpa super brilluccicosa seduta in uno dei due sgabelli che stavano davanti alla toilette.

Ci eravamo chiuse tutte e tre nella suite imperiale della villa da diversi minuti cercando di non andare di matto. Claudia, in preda agli spasmi da colite acuta, si era barricata in bagno senza voler più uscire. 

Nel frattempo, io e Ginevra ci eravamo vestite di tutto punto, indossando quel vestito lavanda con scollo a forma di cuore e gonna in raso scelto proprio dalla dolce sposina. I capelli raccolti in un chignon modificato, facevano ricadere sul viso alcune ciocche di capelli, e il trucco in pendant con tutto l'outfit ci rendeva delle perfette damigelle d'onore. Il mio riflesso appariva e spariva davanti a quello specchio seguendo la mia andatura nervosa. Ero un fascio di nervi. Non ero pronta per incontrarlo, non ero pronta a ricadere nei suoi occhi azzurri, non ero porta a farmi male. 

« Ani, tesoro, mi aiuti a mettere gli orecchini? », chiese Ginevra aprendo il palmo della mano mostrandomi un paio di orecchini in oro giallo pendenti.

Mi avvicinai a lei senza battere ciglio pur essendo con la testa tra le nuvole. Volevo farle credere, che dentro di me avevo provato veramente a chiudere con tutta questa storia. 

« Secondo te è ancora viva lì dentro? », domandò Ginevra sistemandosi l'orecchino che avevo infilato nel lobo. 

« Lo sai che quando ha questo attacchi può restare in bagno anche delle ore… »

« Lo so, ma oggi deve sposarsi… quindi è meglio che si dia una mossa! »

« Eh, lo so, però è meglio che non la mettiamo sotto pressione… magari appena esce, cerchiamo di non farla spaventare accogliendola con comprensione e sorrisi a trentadue denti? »

« Certo, certo… per chi mi hai presa? »

« Benissimo… non vorrei avere un'altro problema da risolvere… », risposi avvicinandomi alla piccola scatola trasparente contenente il corsage di nebbiolina e piccole rose bianche. 

« Tu invece come stai? », domandò Ginevra avvicinandosi anch'essa al tavolo in mogano tirando fuori dalla scatola il corsage e poggiandolo sul mio polso. 

« Sto cercando di non cadere e di non esplodere in un pianto disperato… Trai tu le conclusioni… » 

« Ani… », sussurrò accarezzandomi la mano dove aveva allacciato il piccolo bouquet. 

« Ginny, lo so che sono pesante… », borbottai allontanandomi verso la grande sedia di fronte al tavolo. « So che potrei reagire diversamente, e potrei anche farcela se non dovessi stare qui sapendolo a pochi metri da me. Ma, tutto questo mi sta logorando l'anima… non posso scendere giù come niente fosse, non posso incontrare i suoi occhi come se non ci fossi caduta dentro milioni di volte, non posso guardarlo e pensare che sono stata sua e adesso non lo sarò mai più… »

« Tesoro… so cosa vuoi dire… però se superi questa serata puoi riprendere la tua vita in mano! Puoi farcela, lo so! Ho visto la tua forza! »

« Non so di quale forza parli… non sono mai stata forte! Guardami! », gridai mettendo in evidenza le lacrime che avevano rigato il mio viso e il fondotinta. « Questo per te è essere forte?! Non lo sono, e non lo sarò mai! », cercai di trattenermi per non gridare. Ero un fiume in piena, uno tsunami di emozioni negative. 

« Hey, non dire così! Tu lo sei! E ti starò sempre vicina per ricordartelo! Tu sei speciale! », disse Ginevra cercando anch'essa di non gridare afferrandomi le guance umide. « Adesso mi fai un sorriso? »

La guardai negli occhi leggendoci dentro tutto quello che lei aveva detto. Si sentiva che quelle parole le aveva pronunciate con tutto l'affetto che nutriva per me. Sorrisi annuendo a quella sua domanda. Era vero, l'avevo fatto per lei, ma era servito anche a me. Quel sorriso ordinato, ne aveva innescato uno vero.  

I nostri sguardi d'intesa, e i sorrisi scaturiti dopo, furono interrotti dalla porta del bagno che si apriva davanti ai nostri occhi facendo uscire una Claudia devastata da quei minuti interminabili passati in quella stanzetta.

« Claudia, ma cosa ti è successo? Sembra che ti abbia investito un treno! », esclamò Ginevra voltandosi dalla sua direzione.

« Ginevra?! », gridai ammonendola con lo sguardo.

« Che c'è? È la verità! »

« Una verità che potevi dire in un'altro modo! », dissi invitandola con lo sguardo a cambiare rotta. 

« Oddio, sono messa così male?! », disse Claudia mettendosi le mani in viso correndo verso lo specchio della toeletta.

« No Tesoro! Sei stupenda come sempre! », affermai avviandomi dietro di lei prendendola per le spalle strofinando la vestaglia bianca che indossava. « Adesso ti aiutiamo a mettere il vestito e vai incontro a Mirko! », le sorrisi attraverso lo specchio cercando di trascinarla in quel sentiero di ottimismo.

Lei da prima si sforzò di sorridere, per poi accorgersi che avevo gli occhi arrossati.
 
« Anita, tutto bene? »

« Si si, tutto benissimo! »

« Non mi sembra… »

« Va tutto alla grande! Davvero, non devi preoccuparti per me! »

« Okay… », sillabò avvicinandosi al letto dove si trovava adagiato il suo vestito da sposa. « E con Dario? Com'è andata ieri sera? Avete risolto? », chiese prendendo il corpetto tra le mani.

Rimasi immobile. Non sapevo cosa dire, e la cosa peggiore era che, qualsiasi cosa avessi detto sarei scoppiata in un pianto disumano. Sotto consiglio di Ginevra, avevamo taciuto su tutto il discorso Dario. Non era stata una scelta facile, ma adesso Claudia aveva bisogno di tranquillità, e non le disgrazie della cugina in testa. 

« Sai che c'è?! Questo è il giorno del tuo matrimonio e quindi non dobbiamo pensare ad altro! », affermò Ginevra mettendosi tra di noi creando una specie di barriera. « Ti racconteremo tutto domani, dopo che a colazione ci avrai raccontato tutte le posizioni fatte con Mirko questa notte! »

« Ginevra?!? Ma che cosa dici?!? », domandò paonazza mettendosi le mani sul viso facendo cadere il vestito a terra.

Quest'ultima, conoscendo bene i punti deboli della signorina Rottermeier, l'aveva allontanata da quel discorso spinoso, travolgendola con domande e affermazioni piccanti. 

« Quindi, prima mettiamo questo abito e, prima Mirko te lo toglierà a morsi! », esclamò recuperando il vestito che era caduto a terra.

« Il mio Mirko non fa queste cose! », esclamò rossa togliendo il vestito dalle mani di Ginevra. 

« Si, come no! E io sono la regina Elisabetta! », disse velocemente facendomi l'occhiolino. 

Risi portando la mano destra davanti alle labbra. Tutto il discorso aveva una vena comica con striature hot, tutte cose che mandavano in confusione la già alterata sposina. 

Avvicinammo l'abito alla sua testa, e con una mossa veloce lo infilammo, non prima però, di averla fatta boccheggiare sotto quella gonna maestosa. Continuai a ridere tra le battute di Ginevra e l'imbarazzo di Claudia. Mi sembrò di essere tornata ragazzina, dove tutto era più facile e il cuore non sanguinava. Dove l'amore vero era solo quello tra Dawson e Joey, dove tutto poteva succedere grazie ad esso.


                                 ***


Sdraiato su quel letto aspettavo. Non so bene cosa, ma sospettavo. La redenzione, l'illuminazione, un segno. Un qualcosa che mi desse la spinta giusta per uscire da quella stanza ed andare alla ricerca di Anita. Gli stucchi bianchi che avevo imparato a memoria, erano entrati nella mia mente ricreando un mosaico tutto loro. Gli angeli, che stringevano tra le loro mani fiori e nastri, ad un certo punto sembrarono davvero volteggiare per tutta la stanza dandomi la certezza che da lì a poco sarei impazzito. Mi alzai di scatto chiudendo la cravatta che avevo lasciato penzolare ai due lati del mio collo, per poi avvicinarmi allo specchio per completare l'opera. Guardai il Rolex che segnava le diciassette. Il matrimonio sarebbe iniziato tra meno di mezz'ora, ed io, da bravo codardo, avevo passato tutto il tempo disponibile chiuso in quella stanza. Infilai di fretta e furia il gilet e la giacca a doppiopetto blu con collo in raso nero, e uscendo dalla stanza, labbottonai raggiungendo a grandi falcate la stanza di Mirko che si trovava due porte piu avanti. Avevo bisogno di parlargli, avevo bisogno di sapere. 

Bussai frettolosamente e, attendendo la sua risposta entrai chiudendomi la porta alle spalle. 
Lui era lì, con il suo vestito nero e il suo gilet colore avorio. Si specchiava davanti a quello specchio dorato dagli intarsi floreali dandosi un'ultima sistemata ai capelli che aveva pettinato per l'occasione con un po' gel.

« Hey, sposo… »

« Hey, testimone! Viaggiato bene con mia nonna? » 

« Benissimo direi, però la prossima volta tornate voi a prenderla! »

« Beh, posso tranquillizzarti già da adesso, non ci sarà una prossima volta… io mi sposo Claudia è sarà per sempre… »

« Come fai?... »

« A fare cosa? »

« Ad essere così sicuro, sicuro del tuo amore… »

« Cos'è successo?! Non dirmi che… », disse voltandosi verso di me spalancando gli occhi.

« Esatto, ho rovinato tutto con Anita… »

« Cazzo, Dario…  »
 
« Lo so, ho sbagliato tutto… »

« Il problema è che tu non vuoi tentare per colpa di quella paura, pensi di non avere il coraggio, pensi di non meritarla, pensi che sia tutto vano… ma non è così! Dario, ti ho visto cambiare in questo mese, ho visto quella parte di te che non vedevo da un po'. Quella parte che ama senza remore e vincoli! Lei ti ha colpito perché non è solita ragazza, lei ha fatto uscire quella parte di te! Lei è bella da morire ma non solo esteriormente, è bella dentro, e questo tu lo sai! Lo hai capito fin da subito! Ti si leggeva praticamente sul viso! E lo leggo tutt'ora! Quindi non lasciarti trasportare dalla paura, amala come sai fare tu...»
 
« Mirko, io…  »

« So che puoi farlo…  », disse prima stringermi tra le sue braccia, stringendolo anche io a mia volta. Quell'abbraccio, insieme a quello di Saverio avevano dato il via ad una reazione a catena.

 All'improvviso ebbi solo una grande e incessante paura; Quella di perderla per sempre. E la colpa sarebbe stata solo mia.

« Da, vai e prenditi la ragazza! », affermò Mirko prendendomi per le spalle. 

Annuì come uno stupido, e trattenendo le lacrime mi incamminai verso l'uscita. Avrei rimediato, le avrei dato quello che lei voleva, quello che io volevo. Volevo renderla felice più di ogni altra cosa al mondo. 

Adesso lo avevo capito.




                               ***

Uscì dalla stanza di Claudia ancora con le lacrime agli occhi per le risate. Ginevra era riuscita a capovolgere la situazione tragica in cui versavo con la sua allegria e simpatia. E io non potevo che esserle grata.

Mi avviai verso il lungo corridoio bianco candido, adornato dai soliti specchi e da grandi vasi con stelle di Natale, quando vidi qualcuno appoggiato ad una delle finestre non molto lontano da me.

« Hey Alessandro, anche tu da queste parti? », dissi allegra avvicinandomi a lui.

« Anita! », esclamò abbracciandomi affettuosamente.

Ricambiai l'abbraccio sorridendo cordiale, per poi cercare il suo sguardo.

« Non credevo di trovarti qui dopo tutto quello che è successo…  »

« Beh, sai, la vita a volte è strana… credi che ti piaccia una persona, e invece poi ti innamori di un'altra… quindi...», disse tornando a guardare attraverso la finestra perdendosi nei suoi pensieri.

« Quindi tu e Azzurra… »

« Ci frequentiamo, ci frequentiamo assiduamente… », asserì sorridendomi imbarazzato. 

« Mi sembra magnifico… », dichiarai sorridendo a mia volta. Mi faceva davvero piacere sapere che la sua vita non era andata a rotoli come la mia.

« Già, lo è, lo è davvero… e non lo avrei mai pensato! Lei è così diversa da me, però riesce a comprendermi in una maniera disarmante… », affermò facendo brillare i suoi occhi verdi. Era davvero innamorato. « E tu? Ancora problemi con Dario? »

« È davvero difficile spiegare come si sia evoluta tutta la faccenda, ma posso solo dirti che- », non feci in tempo a finire la frase che la porta davanti a noi si aprì facendo uscire l'oggetto della discussione.

I suoi occhi azzurri, belli come non mai, si tuffarono nei miei all'istante creando uno tsunami di emozioni. Paura. Gioia. Rabbia. Tantissima rabbia. Il ricordo straziante della sera prima investì il mio petto provocandomi un dolore atroce. Volevo fuggire. Volevo scappare da tutta quella situazione lacerante, ma il mio corpo non rispondeva più ai miei comandi. 

« Anita… », sibilò lui dando fine a quel silenzio che ci aveva avvolti. 

« Dario… », risposi recuperando un po' di forza dettata da quella rabbia. Non volevo che lui vedesse quanto male ci stavo, e così, accompagnata ancora una volta da quel sentimento di autoconservazione, afferrai il braccio di Alessandro prendendolo a braccetto. « Caro, saresti così gentile da scortarmi giù? », domandai sviando finalmente lo sguardo da lui e dai suoi stupendi occhi azzurri. 

Quest'ultimo, sentendosi come sempre il terzo incomodo, mi guardò mandando giù quella saliva che sembrava essersi depositata in bocca dopo la visione non richiesta. Lo supplicai con gli occhi pieni di speranze e la stretta che si faceva sempre più forte sul suo braccio. Lui, non sapendo che pesci pigliare, volse lo sguardo verso Dario in cerca di consenso. Almeno così mi sembrò dagli occhi preoccupati di Alessandro. Mi voltai anch'io verso Dario che nel frattempo aveva infilato nervosamente le mani dentro le tasche e serrato la mascella. Il suo sguardo si era incupito, le sue labbra si erano incastrate perfettamente tra i denti, sintomo di irrequietezza. Alla fine, con un cenno del capo annui come darci la sua benedizione prima di buttare lo sguardo verso il pavimento.

Strinsi ancora di più le mani sulla manica di Alessandro, e sforzandomi di non fare scenate per quel suo silenzio assenso, seguii il passo di Alessandro che piano piano si allontanò in silenzio. Io non volevo la sua benedizione. Io volevo il suo amore. 

Lo odiai. Lo odiai con tutte le mie forze.

La tristezza e la rabbia presero nuovamente il sopravvento facendomi desiderare che quella famosa benedizione egoistica fosse vera, che si adempisse. Magari sarebbe arrivato davvero quel miracolo, e io lo avrei dimenticato per sempre.
 

 
Note: Capitolo Cinquantatre. Buongiorno a tutti miei cari/e, bentrovati! ❤️ State tutti calmi/e 🤣 Dario ha capito! E sa cosa deve fare! Lo vedremo nel prossimo capitolo che penso proprio sarà l'ultimo! 😭 Ma non abbiate paura, ci sarà un sequel! 🤭 E non vi lascerò con l'amaro in bocca! Potete stare tranquilli/e ❤️ Sarà un finale degno del suo nome! Almeno spero 😅 Ma torniamo al capitolo. Dario, come abbiamo già detto ha capito cosa deve fare, ma, alla vista di Alessandro si blocca… cosa avrà in mente? Anita, ormai tristemente furibonda, spera che quella benedizione ( che crede le sia stata fatta da Dario) si avveri, e che il miracolo si compia… ma lei non sa cosa frulla per la testa a Dario. Lo vedremo nel prossimo capitolo, sperando di darvi il finale che tanto desiderate! ❤️ Grazie sempre a chi mi segue ❤️ e alla prossima ❤️

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Capitolo 54
*** Ogni Parte Di Te ***


La seguii con lo sguardo fino a quando non sparì completamente dietro il muro che dava sulle scale. Il cuore che batteva con un tamburo risuonava nelle mie orecchie forte e chiaro isolandomi dall'ambiente circostante.

 Mi sentii come in una bolla.

 Mi sentii un idiota. 

I suoi occhi avevano perforato i miei con quello sguardo carico di rabbia e di delusione. E ne aveva ben donde. 

Ma non era il momento giusto. 

Non era il nostro momento.

Passai la mia mano destra tra i capelli scompigliati e sospirando forte mi diressi verso quella destinazione misteriosa che mi avrebbe aiutato con il mio piano di conquista.

Ero stato uno stupido fino a quel momento. Un cazzone a tutti gli effetti. E dovevo rimediare a tutti i miei sbagli. Solo così avrei meritato il suo perdono, avrei meritato il suo amore. 

                               ***

Con non poca fatica riuscimmo a fare scendere dalle scale Claudia e il suo mega vestito alla principessa Sissi. Aveva un corpetto aderente a forma di cuore con paillettes e cristalli di Swarovski, per poi gonfiarsi come un pallone con mille strati di tulle. I capelli color del grano, erano tirati su con una bellissima acconciatura adornata da piccoli boccioli di rose bianchi. Il trucco leggero e quasi invisibile la rendeva raggiante e, il sorriso stampato sul suo viso era la cornice perfetta per una sposa perfetta. Arrivate giù davanti alla hall Claudia si fermò prendendoci per mano. 

« Oddio ragazze, sta succedendo davvero! Sto per sposare Mirko! Il mio ragazzo, il mio migliore amico, l'amore della mia vita! », esclamò cercando il nostro sguardo.

« Già, è così tesoro… », le dissi accarezzandole il velo in pizzo che aveva posizionato davanti al suo viso.

« Oddio! E se lui ha cambiato idea? Se non è fuori che mi aspetta?! Io non potrei sopportarlo! Io morirei! Io- », la bloccai  

facendola girare verso di me per le braccia. 

« Tesoro, Mirko è il principe azzurro… e il principe azzurro aspetta sempre… », sussurrai strisciando le mani fino ad arrivare all'estremità del velo posizionato all'altezza delle scapole. 

« Anita ha ragione… Mirko è un principe azzurro strappa vestiti da sposa… », aggiunse Ginevra rubandole un sorriso.

« Può strappare ciò che vuole, non aspetto altro… », continuò Claudia sorridendo felice.

« Allora cosa stiamo aspettando?! » esclamò Ginevra stringendo di più la mano di Claudia.

Quest'ultima annuì contenta ricominciando la sua camminata verso il giardino vestito a festa. Potevo vederlo dalle finestre aperte in tutta la sua bellezza. Gli alberi adornati da mille luci gialle e le rose bianche posizionate in punti strategici rendevano tutto magico. L'arco pieno di gigli bianchi e di rose bianche era maestoso, e al suo interno potevo scorgere Mirko. Sorrisi felice. Lui era lì, lì per lei.  

Mio zio Aldo, nel suo smoking nero, ci aspettava dall'uscita secondaria che dava proprio sul giardino con un sorriso e un'emozione senza eguali. Porse la sua mano a Claudia come quando da bambina  la portava al parco, e spostandola  sotto il suo braccio la accarezzò avendone cura. Il suo viso si illuminò insieme a quello della figlia per quello che stava per compiersi. Sorrisero all'unisono prima di guardare insieme verso Mirko che sembrò morire dalla felicità in quell'istante. 

Sapevo cosa mi aspettava. Sapevo che avrei attraversato quel sentiero insieme a lui. Era stato tutto programmato, era stato tutto concordato. Ma adesso, quel vincolo mi stava stretto. 

Gabriel's Oboe - Ennio Morricone

Ginevra, con un sorriso incoraggiante, mi prese per mano e, portandomi fuori ci posizionammo davanti alla sposa e ai lati dei nostri accompagnatori. Fu in quel momento che incontrai nuovamente i suoi occhi che brillavano insieme alle luci circostanti.

Lui questa volta mi sorrise porgendomi il suo braccio. Mi sciolsi in un momento.

Dio quanto era bello.

Infilai il braccio in quella fessura incredula e rapita da quel sorriso.

Non capivo cosa stesse succedendo.

I miei passi lenti erano accompagnati dai suoi nel silenzio dei nostri respiri. 

Mi guardai intorno scorgendo tutti gli amici e i parenti seduti in quelle sedie bianche. Sorrisi a tutti falsamente cercando ancora una volta di non cadere a pezzi. 

Dentro di me stavo morendo. Quella sua vicinanza mi procurò il fuoco dentro. Mi sentii nuovamente sull'orlo di un precipizio. 

Arrivati al cospetto di Mirko sorrisi sincera e, lasciando il braccio di Dario senza neanche guardarlo in faccia, mi posizionai alla destra di Mirko e vicino alla felice Ginevra.  

Non avevo il coraggio di incrociare il suo sguardo, non volevo. Abbassai lo sguardo nella vana speranza di non incontrarli, di non essere catturata.

Il mio cuore, che batteva come un forsennato, continuò a tamburellare ancora più forte, come se si rifiutasse di seguire i miei ordini. 

Dovevo smettere di amarlo.

Il mio stomaco in subbuglio chiedeva pietà per quello che gli stava capitando, e il mio corpo, ricoperto da quei tremori incontrollati, mi faceva intrecciare le mani come in una tela. Alzai nuovamente lo sguardo trovando i suoi occhi su di me. Quei meravigliosi occhi che mi avevano stregata fin dal primo momento.

Il mio respiro iniziò ad accelerare portandomi ad una situazione di disperazione. Non riuscivo a restare ferma un minuto di più. Dovevo andarmene o sarei impazzita. 

Cercai di trattenere le lacrime che stavano venendo giù senza il mio consenso e, appoggiando il dorso della mano tra naso e bocca mi voltai per andarmene.

 Era troppo per me.

Afferrai di nuovo il vestito lavanda per l'estremità per facilitare la mia corsa e, sussurrando delle scuse verso gli sposi, scesi quei pochi gradini andando dritta verso la passerella per uscire di scena. 

                                ***

Scomparve dal mio campo visivo prima di capire cosa stesse succedendo. La vidi correre a stendo con quel vestito leggero verso la passerella che fino a qualche secondo prima avevamo percorso insieme. 

Anch'io, preso dallo spavento e da questa sua mossa del tutto inaspettata, mi lanciai al suo inseguimento senza pensare a dove mi trovassi. Mi fermai a metà strada solo per parlare. 

Dovevo dirglielo subito, doveva sapere tutto anche se mi aveva preso in contropiede.

« Ti amo! », gridai con tutta la forza che avevo in corpo sperando che fermasse la sua corsa. 

Lei si fermò restando di spalle dandomi l'opportunità di continuare il mio monologo.

« Anita, io ti amo! E credo di amarti da sempre! Amo il modo in cui ridi a squarciagola, amo il tuo modo di acconciare i capelli, amo il modo in cui cammini, e sarei un ipocrita se non ti dicessi che amo il tuo fondoschiena… », affermai sorridendo portando le mani in tasca, per poi continuare. « Amo il tuo profumo, amo la tua voce mentre fai l'amore con me… sì, perché con te è stato solo amore e mai sesso… », mi fermai un'attimo sopreso anche io dal magone che saliva su per la gola. « Amo come mi guardi il giorno dopo, amo la tua intraprendenza e il tuo essere ironica e dolce… in pratica amo tutto di te.. Amo ogni parte di te… So, che sono stato un perfetto idiota ieri sera, ma avevo paura, paura di non saper amare un angelo come te…  solo Dio sa cosa ho passato in questo mese, e quante lotte ho fatto con me stesso. Ma adesso lo so, so che ti voglio e voglio stare con te… se mi vuoi ancora… »

Un silenzio surreale calò in tutto l'ambiente circostante. Deglutii a fatica quella poca saliva che si era depositata dentro la mia bocca aspettando quella sua risposta che tardava ad arrivare. Guardai verso di lei pregando che non si fosse stancata definitivamente di me tra il vapore del mio respiro che aleggiava intorno al mio viso e il cuore che mi esplodeva nel petto. Cercai di non pensare negativamente e restare calmo quando all'improvviso la sentii parlare.

« Ieri sera, avevo creduto di toccare il cielo con un dito, di aver trovato l'amore della mia vita... Ovviamente, prima di sprofondare nel buio più totale grazie a te… », asserì senza volgere lo sguardo verso di me. Mi sentii morire. « Ma oggi,..», disse voltandosi finalmente con gli occhi colmi di lacrime. « Oggi credo che lo toccherò davvero… », disse guardandomi dritta negli occhi. « Dario Mancini, non sei perfetto, anzi, per dirla tutta sei un vero idiota… ma questo non cambierà mai il fatto che ti amo da morire! », affermò un attimo prima di essere assalita da me.

Le afferrai le guance prima di divorarla con quel bacio che aspettavo con tutto me stesso. La mia lingua andò subito alla ricerca della sua, scontrandosi come in una tempesta. Il suo sapore inondò le mie papille gustative che sembrarono esultare al suo passaggio. Feci scivolare le mie mani lungo i lati del suo viso facendo prima tintinnare i suoi orecchini per poi arrivare sul suo collo stringendolo dolcemente aprendo le mani agguandandola dolcemente. Ero felice all'inverosimile. Ero felice al quadrato. Ero felice più di quanto avessi sognato. Lei era il mio sogno ad occhi aperti. 

                               ***

Mi alzai sulle punte stringendo la sua nuca pettinando i suoi morbidi capelli. Sentii le sue mani scendere lungo i miei fianchi stringendomi a lui come a non volermi far scappare. Adesso, anche volendo, non sarei andata da nessuna parte. Quello era il posto dove volevo stare, era il posto che avevo sognato mille volte, era tutto quello che il mio cuore desiderava. Le sue labbra morbide si muovevano con le mie tra i nostri gemiti. Quel bacio così passionale e desiderato ci aveva travolti come una valanga, e nessuno dei due voleva lasciare la presa. Avevo bisogno di lui, avevo bisogno di sentirlo. Sentire quell'amore che aveva per me.

All'improvviso qualcuno iniziò a tossire rumorosamente destandoci dai nostri buoni propositi. 

« Scusate, noi dovremmo sposarci! », la voce di Mirko echeggiò per tutto il giardino facendoci sorridere e voltare verso di lui.

« Scusami tanto, ma stavo baciando la mia ragazza….  », rispose fiero continuando a sorridere.

« La tua ragazza? », chiesi con finta meraviglia facendolo voltare di nuovo nella mia direzione.

« Già, e ci tengo a precisare che è una minaccia...», rispose accarezzandomi la guancia con il pollice. 

« Correrò il rischio… », rispose sorridendo stringendo ancora una volta il mio colletto 

« Avvocato, metti tutto a verbale! », esclamò sorridendo rivolgendosi a Saverio.

« Sarà fatto Dottor Mancini! », urlò Saverio dall'alto dell'arco da dove si trovava.

« Ok, adesso volete tornare ai vostri posti per favore?! Altrimenti vi metto io a verbale qualche parolina! », continuò Mirko spazientito da tutto il nostro romantico siparietto. 

Mi stampò velocemente un altro bacio sulle labbra, e incrociando le mie dita alle sue tornammo verso l'arco di rose e gigli tra i fischi e gli applausi di tutti i presenti. 

Sorrisi un po' imbarazzata spostando una delle ciocche che si trovavano ai lati del mio viso. Ero felice.

 Ero davvero al settimo cielo.

Dario mi accompagnò fino al mio posto e, avvicinando il dorso della mia mano alla bocca ci lasciò un bacio caldo e avvolgente proprio come il suo sguardo. Uno sguardo intenso e inequivocabile. Uno di quelli che ti fa tremare le ginocchia per intenderci. 

Lasciò la mia mano delicatamente e sistemandosi la giacca tornò al suo posto sorridendomi accentuando quella fossetta che mi faceva impazzire. 

Ed eccoli lì, il mio ragazzo sfacciato e pretenzioso.

Non era perfetto, non era il solito principe azzurro che cercavo disperatamente. Non era né convenzionale né ordinario, e la sua gelosia a volte rasentava l'idiozia. Ma, il tutto, era compensato bene dal suo grande cuore, dalla dolcezza dei suoi gesti e dall'amore che provava per me. 

Sì, lui amava tutto di me, ogni parte di me.

  

Fine.



Note: Capitolo Cinquantaquattro. Ed eccoci finalmente in questo finale strappa lacrime. Devo dirvi la verità, sono stata travolta da questo capitolo. L'ho iniziato senza pretese, pensando che ci avrei messo giorni a redigerlo e che sarebbe stato lunghissimo. Ma, a quanto pare, Dario ha fatto più in fretta del dovuto, facendo uscire di getto tutto quello che prova per Anita. Devo dirvi un'altra verità 🤣 Dario aveva in mente un'altra cosa, e non questa dichiarazione così all'improvviso! Anita lo ha spiazzato ancora una volta e quindi ha dovuto vuotare il sacco prima che la cosa andasse a rotoli. Ma, non temete! Nei primi capitoli del sequel scopriremo un bel po' di cose, tra cui cosa aveva in mente Dario ♥️ era tutto programmato! Come di consueto sono molto emozionata per aver raggiunto questo traguardo ❤️ Perché ogni volta che finisco una storia mi sento tristissima e felicissima in equal misura. Perché alla fine loro sono pezzi di me e io un pezzo di loro❤️ e non vi nascondo che ho le lacrime agli occhi mentre vi sto scrivendo queste righe perché è anche grazie a voi se sono qui ❤️ Quindi grazie a tutti voi lettori silenziosi ❤️ Non so chi voi siate, ma vi ringrazio per aver letto la mia storia fino alla fine.♥️ Un grazie particolare e pieno d'affetto va alla mia cara amica Sunshine6! Grazie per le stupende parole che spendi per me giornalmente e per le tue recensioni meravigliose! Mi hanno dato tanto spunti e tante emozioni! Grazie di cuore ❤️ E alla fine (ma non perche siete meno importanti 🤣♥️) un grazie grande quanto il mondo va alle mie migliori amiche ele030798 e Troi_ontheHellmouth💞 Senza di voi nulla avrebbe senso, ma soprattutto non sarei quella che sono adesso. Siete la cosa più bella che mi potesse capitare, e vi voglio un bene dell'anima!! ❤️ ( Anche se a volte dovete sopportare i miei deliri e le mie pazzie! 🤣❤️) 

Adesso, dopo aver pianto tutte le mie lacrime e avervi trantenute qui più del dovuto, vi saluto affettuosamente tutte, e spero di rivedervi nel sequel che pubblicherò tra non molto! ❤️ 

Grazie ancora a tutti, e alla prossima ❤️

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