Un epilogo diverso di Ivy001 (/viewuser.php?uid=1071053)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 2: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 Capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 Capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 Capitolo ***
Capitolo 7: *** 7 Capitolo ***
Capitolo 8: *** 8 Capitolo ***
Capitolo 9: *** 9 Capitolo ***
Capitolo 10: *** 10 Capitolo ***
Capitolo 11: *** 11 Capitolo ***
Capitolo 12: *** 12 Capitolo ***
Capitolo 13: *** 13 Capitolo ***
Capitolo 14: *** 14 Capitolo ***
Capitolo 15: *** 15 Capitolo ***
Capitolo 16: *** 16 Capitolo ***
Capitolo 17: *** 17 Capitolo ***
Capitolo 18: *** 18 Capitolo ***
Capitolo 19: *** 19 Capitolo ***
Capitolo 20: *** 20 Capitolo ***
Capitolo 21: *** 21 Capitolo ***
Capitolo 22: *** 22 Capitolo ***
Capitolo 23: *** 23 Capitolo ***
Capitolo 24: *** 24 Capitolo ***
Capitolo 25: *** 25 Capitolo ***
Capitolo 26: *** 26 Capitolo ***
Capitolo 1 *** 1 Capitolo ***
La
banda assiste inerme alla tortura fisica e psicologica a cui Gandia
sottopone Nairobi. Sono minuti preziosi durante i quali non hanno modo né lucidità per escogitare piani di salvezza.
"Cazzo,
amico! Come dobbiamo fare? E' incontrollabile quel tizio!" –
dice Rio a Denver mentre, correndo raggiungono il resto del gruppo.
"Un
modo per metterlo K.O. lo dobbiamo trovare e...." – le parole
del figlio del defunto Mosca si interrompono, perché gli si
gela il sangue di fronte alla scena che ha davanti.
Avanza
lento verso una porta ormai trivellata di colpi, dalla quale fuoriesce
la testa di Nairobi, quasi crocefissa.
"Ragazzi,
non fate mosse azzardate, vi prego. E' un folle, non sappiamo come
potrebbe reagire" – sussurra loro Stoccolma, tremante e
preoccupata per l'amica, e cosciente di una possibile reazione del
marito.
"Che
aspettiamo a fargli saltare la testa a quel bastardo!"
"Calmati,
non dobbiamo lasciarci prendere dalle emozioni" – interviene
Palermo, mentre fissa immobile la porta, pronto ad utilizzare l'arma
all'evenienza.
"Pezzo
di merda, se lei sta lì la colpa è tua! Avrei
preferito fossi tu al posto suo" – a rivolgersi all'ex leader
in quel modo è un suo caro amico.
Bogotà.
L'uomo non toglie gli occhi dalla sua donna e soffre assieme a lei,
mentre mille pensieri gli affollano la mente e l'accecato odio verso
Gandia è un motore inarrestabile.
"Adesso
libero Nairobi" – comunica il militare, tirando a
sé la prigioniera, ormai talmente sfinita che fatica a
tenersi in piedi, con il sangue che le gocciola dalla mano e alcuni
punti post operazione riapertisi.
Ha
poco in cui sperare se non desiderare che gli amici facciano fuori quel
vile bastardo, prima che sia lui a farlo con lei.
E
nella sua testa durante quei minuti sono seguiti tanti e tanti pensieri
su un futuro sempre meno certo: vede sfumare l'idea di una casa, un
marito, dei bambini che corrono nel giardino e giocano con il loro
cane. Ha poco di reale tutto ciò e le cose stanno sfuggendo
di mano alla banda del professore.
Ma
ecco finalmente aprirsi uno spiraglio di luce, di speranza.
Gandia
la sta liberando... ma sarà vero? Le darà
realmente modo di ricongiungersi ai suoi compagni? Questo le sembra
talmente assurdo...nessuno avrebbe mai rischiato di ricompattare la
banda nemica se ha opportunità di annientarla facendone
fuori un membro!
Spaventata
su cosa accadrà da lì a pochi istanti, Nairobi
percorre quei metri stretta con una fune al collo e una pistola puntata
alla tempia, mentre il dolore mentale diventa più forte di
quello fisico. Un dolore mentale dovuto all'ormai certa fine.
Esausta
e triste, osserva uno ad uno i suoi amici: Palermo, Stoccolma, Denver,
Rio, Helsinki... e poi lui...Bogotà! Con occhi lucidi gli fa
un cenno con la mano come a volergli dire addio per sempre,
perché è questo che sta per accadere, ne
è convinta. Basta poco, in fondo! Gandia potrebbe ucciderla
in un colpo secco e all'improvviso, senza dar modo al gruppo di
attaccare per primo.
"Ecco,
adesso la libero! Visto?" – li provoca il folle, slegando la
fune dal collo di Nairobi.
E
lei ne rimane alquanto sorpresa.
Bogotà
le porge la mano, pronto a riaccoglierla tra le sue braccia. Ed
è allora che Gandia cambia decisamente idea sull'epilogo
della vicenda.
In
fondo si stava divertendo a far soffrire quelli che definisce criminali.
"Meticcia"
– è così che si rivolge alla donna, con
tono dispregiativo, chiamandola per darle l'ultimo saluto.
"Ecco,
immaginavo" – pensa tra se e se Nairobi – "Cosa
vuole ancora!"
A
quel punto, la gitana si volta lentamente verso il suo nemico e il suo
sguardo rivela non rabbia né odio verso il suo aguzzino, ma
è la paura a dipingerle il viso.
"Ti
avrei detto che ti avrei uccisa" – sogghigna il militare,
puntando l'arma diretto alla testa di Nairobi.
Ed
è allora che parte un colpo che fa gridare i presenti.
NOTA
AUTRICE:
Salve
rieccomi con una nuova storia sulla Casa de Papel, stavolta ho deciso
di dare una svolta diversa alla storia che conosciamo dopo aver visto
la quarta stagione. Spero vi piaccia :)
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Capitolo 2 *** 2 Capitolo ***
Quel
colpo raggela il sangue di tutti, incluso quello di Gandia. Non
è stato lui,
infatti, a sparare e in pochi secondi a cadere a terra è
proprio il militare,
preda di un dolore lanciante alla gamba destra.
Denver
sgrana gli occhi quando riconosce la persona che ha appena salvato la
vita di
Nairobi. “Manila!” - esclama, mai così
tanto felice di vederla intromettersi.
“Credevate
davvero che sarei rimasta a guardare mentre questo bastardo si
divertiva a
torturare la nostra compagna di squadra?” – dice la
donna, fiera di se stessa,
ricevendo subito l’abbraccio del suo migliore amico.
“Grazie
di cuore” – la voce debole di Nairobi è
diretta a Manila che le si avvicina e
sorridendo, commossa, le risponde -“Non dirlo nemmeno per
scherzo” – poi si
rivolge al nemico, con aria di sfida – “ Non osare
mai più ribellarti a noi, chiaro,
Gandia? O vuoi che la prossima parte del tuo corpo che
colpirò sia il cervello?”
Di
fronte ad una scena a tratti inquietante, a tratti esilarante, la banda
si
rimette in moto.
Palermo
e Rio legano l’uomo a gambe e mani con delle funi.
“Maledetti,
sapete che riuscirò a liberarmi di nuovo e poi vi
ammazzerò. Non esiterò
più…” –
a quanto pare le parole di Manila sono state vane.
“E’
una minaccia, figlio di puttana?” – Denver perde
subito le staffe e gli punta
contro una pistola, esattamente sulla fronte –
“Fossi in te, mi tapperei la
bocca e non azzarderei altre missioni impossibili”
“Che
si fa? Perde sangue” – interviene Rio, chiedendo
consiglio a Palermo,
interrompendo la furia del compagno di squadra.
“Lo
cureremo, non è nel nostro piano far morire dissanguato un
ostaggio. Poi, però,
stabiliremo il da farsi” – afferma Denver,
prendendo per quei minuti il comando
della situazione.
“Adesso
pensiamo a chiudere la faccenda. Bogotà…ai forni,
subito!” – ordina Palermo
all’amico.
Ma
Bogotà sembra più intenzionato a stare accanto a
Nairobi ed esita.
“Vai,
io sto bene” – sussurra la donna al saldatore
– “I nostri chicos de oro hanno
bisogno del loro capo”
“Ma
sei tu il capo” – risponde lui, regalandole un
sorriso che vale più di mille
parole.
“Appena
mi rimetto in sesto, torno a comandarvi a bacchetta”
– Nairobi cerca di
guardare il lato positivo. Eppure
tali
parole non tranquillizzano Bogotà che lancia
un’occhiata a Helsinki.
Mentre
Stoccolma e Rio si occupano di Nairobi, pronta per l’ennesima
operazione,
stavolta alla mano, e alla sistemazione di alcuni punti di sutura, i
due omoni
del gruppo si confrontano sulla situazione di salute della loro amata
compagna.
“Non
può rimanere qui! E’ troppo debole ed esposta alle
mire dei lupi solitari. Se
la polizia entrasse, sarebbe la prima che catturerebbero. Al momento
della fuga
non avrebbe le forze per venire fuori dalla Banca”
– spiega Bogotà a
malincuore.
“Hai
ragione! Dobbiamo dirlo al professore. Lei deve lasciare la
missione”
“Tranquilli”
– interviene Palermo – “Contatteremo il
professore e faremo in modo che mandi
qualcuno che sostituisca Nairobi. Però adesso va salvata
anche Tokyo, e questo bastardo
non è intenzionato a collaborare”
La voce beffarda e soddisfatta del militare riecheggia in
quell’enorme atrio ed
è ben udibile.
“Morirà
di fame perché non vi dirò nulla,
stronzi” – poi inizia a ridere, con aria
provocatoria sembra incurante che le sue azioni non hanno niente a che
vedere
con la protezione degli ostaggi o del suo ruolo istituzionale. Lui non
è altro
che un criminale, un assassino senza scrupoli, un folle. E questo
dà molto a
cui pensare.
“Come
può un essere tanto ignobile, lavorare per lo Stato?!
E’ il capo della
sicurezza, cazzo! Ma come ha guadagnato questo titolo?”
– si domanda Palermo
guardando il nemico con disprezzo.
“Io
sono tentato di prenderlo a pugni. Voi che dite?” –
Denver è davvero fuori
controllo e seppure in quegli anni diventare padre lo ha cambiato, la
sua
indole ribelle e aggressiva esce ogni qual volta si tocca una persona a
lui
cara. In questo caso, vedere Nairobi crocefissa e Tokyo nascosta
chissà dove,
lo manda in bestia.
“Amico,
calmati! Arrabbiarsi non cambierà le cose. Sbrighiamoci,
bisogna mettersi alla
ricerca! Io mi unisco a voi” – afferma Manila.
Prende le redini della
situazione, chiamando a se Rio e lo stesso Denver –
“Noi ci occupiamo di Tokyo.
Voi contattate il professore” – così
dicendo i tre si allontanano, mentre
Palermo e Bogotà si apprestano a contattare Sergio.
“Io
mi occupo di Nairobi, assieme a Stoccolma” –
comunica Helsinki ai due compagni
della banda, prendendo l’amica in braccio, dirigendosi verso
la biblioteca
assieme a Monica.
Gandia,
a pochi passi dai rapinatori, è ormai impassibile. Le forze
vengono meno a chi
fino a poche ore prima sembrava invincibile. Questo
dà l’occasione ai due uomini più
“anziani”
della banda di contattare il loro capo.
“Professore, ci
dica cosa fare! Siamo in
questo labirinto e non abbiamo la minima idea di dove possa essere
imprigionata
Tokyo” – spiega Palermo.
“Dividetevi,
sono sicuro che, come ogni abile militare, Gandia avrà una
postazione segreta”
“E
Nairobi? Va portata fuori da qui” – interviene
Bogotà.
“Hai
ragione. Ho intenzione di sostituirla con Lisbona. Sta per essere
liberata
dalla polizia grazie a mie vecchie conoscenze. Voi curate Gandia, deve
essere
in grado di reggersi in piedi”
“Io gli spaccherei la faccia, signore” –
commenta Bogotà.
“Ne
comprendo i motivi, amico mio. Però è la chiave
per scambiare Nairobi con
Lisbona. Avete capito allora? Curatelo!
Tra due ore vi telefonerò per darvi indicazioni
sicure” – il professore chiude
la chiamata, con uno dei suoi folli piani nella mente.
Le
ore seguenti sono buchi nell’acqua, tentativi inutili che
rendono il ritrovo di
Tokyo sempre più impossibile.
E
mentre in biblioteca, Helsinki e Stoccolma si occupano di Nairobi,
assieme alle
premure e le capacità mediche di Paquita, il gruppo vaga e
lavora. Matias e i
suoi colleghi continuano ininterrottamente a fondere l’oro.
Eppure la mancanza di
chi fino a poche ore prima li guidava si fa sentire e i tempi si
dilungano.
Anche
per Tokyo la situazione è tragica. La giovane donna sente
una forte morsa allo
stomaco, la gola secca, la testa pesante. Le braccia le fanno male
vista la
posizione in cui Gandia l’ha costretta.
Adesso
avverte uno strano freddo, frutto della debolezza, della fame, della
stanchezza. E spiragli di luce non ce ne sono.
“Non
può finire così” – con gli
occhi lucidi e la voce singhiozzante, si lascia
andare ad un lungo pianto.
------------------------------------------
“Professore,
le ricerche proseguono”- comunica Palermo a Sergio.
“Io
ho il piano pronto. Nairobi come sta?”
“Dorme,
signore! Spero che possa riprendere le forze per l’atto
finale” – prende parola
Stoccolma.
“No,
Monica! Nessun atto finale per lei.
Adesso scatta il piano Parigi”
“Il
piano Parigi? Di cosa si tratta?” – chiede,
confuso, il serbo.
“Quello
che permetterà a Lisbona di entrare nella Banca e a Nairobi
di uscirne”
Nei
minuti seguenti, tutta la banda si riunisce e viene a conoscenza della
nuova
missione.
Gandia,
sottoposto alle cure rapide e basilari, è pronto per essere
sfruttato dalla
banda in vista del successo del piano.
“Adesso
ci dirai dove tieni Tokyo, sappiamo dove è tua moglie, tuo
figlio…vuoi che
soffrano?” – il professore lo minaccia, mostrando
un lato duro che spiazza
tutti.
“Non
li toccare, bastardo” – grida furioso
l’uomo, con le poche forze che gli
rimangono.
“Allora
farai bene a collaborare”
Nel
giro di poco, Rio, Denver e Palermo vengono condotti da Gandia nel
luogo in cui
è chiusa la prigioniera .
“Tokyo”
– urla felice l’ex fidanzato della donna, non
esitando un solo istante a
liberarla.
La
sua liberazione permette alla Banda di riunirsi.
“Adesso
che ci siamo tutti, dobbiamo decidere chi assumerà il
comando” – dice il
professore alla squadra.
“Ovviamente
Palermo è fuori discussione. Se siamo in questa situazione
è colpa sua” –
Denver non ha dubbi in merito.
“Concordo”
– si aggiunge Rio.
“Ragazzi,
ragioniamo. Lui conosce meglio di tutti il piano. Chi si assume il
rischio di
diventare il Leader?” – Stoccolma così
dicendo opta proprio per il ritorno al
comando di Palermo.
“Ma
scherzi, vero? Abbiamo rischiato di perdere Nairobi per colpa di questo
traditore” – replica Denver.
“Lo
so, però non abbiamo molte scelte” –
replica la bionda.
“Lo
scettro del comando lo aveva Tokyo, resta a lei” –
interviene Bogotà, volgendo
lo sguardo alla compagna di squadra, intenta a recuperare le forze con
un
abbondante panino.
“Ricordate
che in momenti cruciali come questi, bisogna essere uniti. Basta
discussioni,
lasciamole a quando ci troveremo tutti di nuovo, pronti per fuggire e
ricominciare le nostre vite. Compattezza, è questo che
serve. Perciò finitela
con le liti, abbiamo rischiato molto ma ci siamo ancora.
Perciò, concordo con
Bogotà. Tokyo resta al comando e possiamo dare il via al
piano Parigi” –
conclude Sergio.
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Capitolo 3 *** 3 Capitolo ***
Nonostante
le direttive del Professore, il
clima all’interno della banda non è dei migliori.
“Dare
il comando a te per un mio errore, è
assurdo” – si lamenta Palermo, disturbato dalla
decisione di Sergio di lasciare
il ruolo di leader a Tokyo.
“Piantala,
hai parlato troppo per i miei
gusti. Vuoi che ti ricordi cosa è accaduto a causa di quello
che definisci
“errore?” – la giovane donna, nauseata
dall’ennesima frecciatina del compagno
di squadra, gli risponde a tono.
“Dico
solo che bisogna guardare al bene della
missione. Avremmo dovuto lasciare il passato alle spalle, non dico per
sempre,
ma almeno fino all’uscita dalla Banca” –
puntualizza l’argentino.
“Ora
basta! Se continui a parlare a
sproposito, ti porto giù in fonderia così i
saldatori ti mettono quella testa
di cazzo che hai nel forno!” – Bogotà ha
perso ogni rispetto verso un vecchio e
caro amico. Adesso ha un’idea negativa di lui, in fondo
è colpa sua se Nairobi
stava rischiando di morire.
“Calmiamoci
tutti, dannazione! Seguiamo le
regole del Professore, punto e basta. Diamoci una mossa
piuttosto!” –
interviene Stoccolma, spalleggiata da Manila che aggiunge –
“ Condivido, in
questo team serve un po' di girl power, perché affidarci a
questi maschietti
porta solo guai”
“E
ci risiamo! Ecco un’altra paladina delle
pari opportunità” – brontola Palermo,
alzando gli occhi al cielo.
La
ragazza, infastidita da quello che sembra
essere un chiaro attacco alle sue idee, volge lo sguardo su Palermo e
prima di
potergli rispondere come vorrebbe viene frenata da Tokyo -
“Lascialo perdere,
non ne vale la pena” – le sussurra
all’orecchio. Poi prende le redini della
situazione – “So di essere nota per la mia
impulsività, ho fatto cazzate,
tante… però adesso non si scherza più.
Inizia la guerra e noi siamo….”
- si interrompe, guarda Rio e gli chiede –
“Cosa siamo?”
“La
resistenza” – risponde, fiero e deciso,
il suo ex.
“Cosa
siamo?” – ripete Tokyo gridando,
invitando i compagni a fare lo stesso.
“La
resistenza” – il coro e le voci unite e
compatte rimbombano nella stanza.
Bogotà
sorride di fronte a quella scena. Ripensa
a quando, giorni prima, fu Nairobi a dare una svegliata ai suoi chicos
de oro,
permettendo a quei ragazzi di tirare fuori una grinta pazzesca.
“Sei
stata una brava insegnante per la tua
amica, sai? Ormai imita anche i tuoi modi di fare”
– dice l’omone alla sua
donna, ancora addormentata per via dell’anestesia.
Le
prende la mano, fasciata dopo
l’operazione, e gliela accarezza dolcemente. Poi solleva gli
occhi e la osserva
in silenzio. Non serve parlare se con lo sguardo si comunica qualcosa
che va
oltre le parole.
Palermo,
nel frattempo, in disparte, assiste
alla scena e scuote il capo, contrariato. Pensa tra se e se a come
fosse
sciocco riporre fiducia in una come Tokyo, conosciuta per le sue
stronzate, la
Miss grilletto facile che gli ha, però, saputo sottrarre lo
scettro del potere,
mettendolo a tacere e alla quale adesso deve il suo rispetto.
Però
è anche vero che di cazzate ne ha
combinate anche lui, non può non riconoscerlo.
Gli
tocca solo sottostare!
“Ah
Sergio, Sergio! Speriamo solo che questa
decisione non ci costi caro” – rassegnato alle
circostanze, si avvia a seguire,
suo malgrado, le istruzioni della Boss.
Sono
le 18 in punto e il Professore dà l’ok
per l’avvio del Piano Parigi.
Primo
passo: convincere la polizia che Gandia
ha la banda alle costole e ha necessità d’aiuto
dall’esterno.
“Mi
basta un elicottero e un aiutante per
venire fuori da questo inferno” –Tokyo ordina a
Gandia di ripetere esattamente
quelle parole.
E
di fronte alle minacce ai suoi parenti, il
militare non può che eseguire il comando.
Nessuno,però,
ha ancora informato Nairobi del
da farsi e della sua uscita di scena.
“Tocca
a te farlo, mi dispiace darti questo
arduo compito, amico mio! Ma penso che tu sia l’unico che
ascolterebbe in un
momento così” – comunica Tokyo a
Bogotà, preparandolo psicologicamente a quanto
accadrà da lì a poco.
Sanno
come è fatta Nairobi e quanto odia
dover mollare; perciò è bene che a darle la
notizia sia quello che ormai è a
tutti gli effetti il suo uomo.
E
così, quando la Banda è alle prese con la
recita di Gandia con la polizia, Bogotà resta accanto alla
compagna, con
l’obiettivo di prepararla all’uscita dalla Banca.
“Come
ti senti?” – le domanda Bogotà,
aiutandola a bere dell’acqua.
“Ora
che sei qui, molto meglio” – le sorride
lei, chiedendogli un bacio.
L’uomo
non esita a farlo, desideroso da tempo
di momenti come quello.
Però
nel suo sguardo è evidente che c’è
qualcosa che non va e ovviamente il sesto senso femminile lo capta
subito.
“Hey,
va tutto bene? Ti vedo strano”
“Lisbona
è libera e Marsiglia la sta
conducendo verso la Banca, con un elicottero”
“Cosa?
Mi stai dicendo che si unirà a noi?
Però così facendo, il Prof come
farà…”
“Avrà
Marsiglia e…”
“Giusto,
dimenticavo! Bene allora, dimmi…
come dovremmo muoverci per farla entrare?”
Il
silenzio e il nervosismo di Bogotà
insospettiscono Nairobi che a quel punto, scaltra come è ,
non impiega molto
tempo a fare dei conti.
“Aspetta,
aspetta, aspetta!” – scioccata e
speranzosa che non sia come teme, si solleva lentamente da quella sorta
di
barella sul quale è distesa.
“Ho
capito dal tuo sguardo che devi dirmi
qualcosa e che hai timore della mia reazione”
“Come
fai a…?!” – caspita, pensa
Bogotà, a
quella donna non sfugge nulla.
“Ho
imparato a conoscerti. Adesso dimmi…è
come penso? Volete farmi fuori? Volete sostituirmi?”
– la voce di lei è
tremante e gli occhi le si sono inumiditi.
“Non
vederla in questo modo. Nessuno fa fuori
nessuno”
“A
quanto pare sì. Sono un rottame , un
peso…ecco come mi vedete, un peso per questo mi
rimuovete!” – sconvolta dalla
notizia, si sente tradita dagli amici e con le lacrime che ormai le
rigano le
gote, Nairobi dà una risposta inaspettata –
“Mandatemi pure via, in fondo non
sono più utile”
“Cosa dici? Non lo pensiamo. Anzi, ci preoccupiamo che in
queste condizioni tu
non possa…”
“Io
non possa fare nulla se non intralciare
la rapina, vero?”
Bogotà
non ha più parole studiate a tavolino
da poter utilizzare per scusare la Banda.
Perciò
fa appello al suo cuore – “Pensi che a
me piaccia l’idea di allontanarti? Ho desiderato da mesi di
stare con te, di
poterti accarezzare, baciare, di tenerti per mano…e adesso
potrei rischiare di
morire qui dentro e non ti vedrei mai più!”
“Perché
allora hai accettato questa follia?”
“Perché
ti amo, ecco perché” – risponde senza
alcun tentennamento e il sentimento che prova è talmente
forte che gli
impedisce di contenere parole altrettanto forti.
Mai
avrebbe pensato di dire a Nairobi Ti Amo.
E invece l’ha fatto, senza freni inibitori, senza paure,
spinto solo dal
desiderio di farle capire che la decisione è stata presa per
amore.
Quella
dichiarazione spiazza la donna che si
zittisce. Osserva quell’omone grande e grosso arrossire e
abbassare lo sguardo,
in preda alla vergogna e allora tutto le sembra più chiaro.
“Sei
stato tu a proporre la mia uscita?” – il
tono arrabbiato lascia spazio ad uno quasi rassegnato e ciò
permette a Bogotà
di dirle - “Si, mi dispiace, però
è
necessario. Non devi rischiare più la tua vita”
“E
voi? Anche voi rischiate”
“Però
abbiamo più chance di uscire da questo
labirinto. Tu non hai le forze, fatichi a tenerti in piedi,
è rischioso. È una
scelta sofferta, però siamo coscienti che è
ciò che deve essere fatto”
A
quel punto seguono minuti di silenzio,
quasi interminabili.
Nairobi
riflette e in momenti di lucidità
comprende che, effettivamente, restare lì non è
solo un rischio per se stessa
ma anche per il resto della squadra.
“Mi
mancherai, sappilo” – con quelle parole,
accetta la scelta dei compagni.
Sorpreso,
Bogotà, alza gli occhi spostandoli
su di lei. La guarda sorridere e questo gli basta ad intuire che
è riuscito
nell’impresa.
Voglioso
di baciarla, si fionda sulle sue
labbra e stavolta non è un dolce e breve bacio a stampo.
“Ahi
ahi, piano” – lo ferma lei, riprendendo
fiato, distaccando di poco il corpo di lui dal suo.
“Scusami,
purtroppo il mio peso ti
schiaccia…” -
imbarazzato, indietreggia.
“A
me piaci così come sei” -
ridacchiando, invita Bogotà a riavvicinarsi.
Stavolta
con più delicatezza, i due si
scambiano un altro bacio.
“Non
vedo l’ora di fare l’amore con te”
–
Nairobi si lascia andare totalmente e di fronte a tali esternazioni,
Bogotà non
può non sentirsi estasiato e felice.
“Anche
io, quando uscirò da qui sappi che non
ti lascerò un solo secondo” – aggiunge
l’uomo, totalmente cotto a puntino.
Il
momento sdolcinato viene interrotto
dall’arrivo di Stoccolma, inviata in soccorso del compagno di
squadra.
“Ehm…
scusate, tutto bene?” – chiede la
bionda, riferendosi all’amico.
“Si,
si, tranquilla! Ho detto di sì” –
risponde Nairobi al posto di Bogotà, intuendo la motivazione
dell'arrivo di
Monica, e ridendo subito dopo – “Aiutatemi a
sistemarmi, visto che a breve andrò
via da qui” – invita i due a darle una mano ad
alzarsi.
Senza
esitare, la Gaztambide le corre
incontro dandole una mano a rimettersi in piedi, facendole da sostegno
fisico.
“Riesci
a camminare?” – le chiede
preoccupata.
“Scherzi?
Certo, non è uno sparo a piegarmi
in due” – dice la gitana, tirandosi su lentamente.
“Adesso
sei sotto effetto dei medicinali,
questo può darci un vantaggio. Sentirai meno il dolore,
giusto in tempo per
farti salire sull’elicottero” – sostiene
Bogotà.
Poi
si incamminano verso l’uscita, pronti a
raggiungere gli altri.
Gandia
è tenuto in ostaggio da Helsinki
quando arriva Nairobi e le lancia un’occhiataccia.
“Meticcia,
ancora qui?” – la provoca.
“Zitto,
bastardo” – Denver gli urla contro,
intimandogli di tacere.
“Come
ti senti?” – chiede Tokyo all’amica.
“Vado
via con il cuore pesante, lo sapete. Mi
sentirò responsabile per non aver contribuito, ma so che
è necessario perché la
mia condizione di salute potrebbe ripercuotersi su di voi e non voglio
assolutamente che questo accada”
“Tu
sei stata e sei preziosa, sorella mia! E
vedrai che andrà tutto bene, usciremo e festeggeremo
l’arrivo di Ibiza” – le due
si abbracciano, lasciandosi andare a qualche lacrima.
Le
stesse emozioni vengono condivise dalla
banda, compreso Palermo ancora dispiaciuto di aver causato la quasi
morte di
Nairobi.
“”Denver
tocca a te, vai” – Tokyo spinge l’amico
all’esterno della Banca, esattamente sulla terrazza. Il
giovane indossa la
divisa nera di Gandia fingendosi di essere proprio il militare per
ingannare la
polizia.
“Sento
l’elicottero, è il momento Nairo”
–
sostiene la Leader, dandole un ultimo bacio.
Helsinki
lancia all’esterno dei fumogeni che
creano il caos.
Nella
tenda, la polizia è colta di sorpresa e
non intuisce cosa stia accadendo, certa solo della voce di Gandia che
li
rassicura: Così, ignara dell’inganno della banda
del professore, si lascia
facilmente prendere in giro.
|
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Capitolo 4 *** 4 Capitolo ***
Ringrazio EternalRome che mi
segue e che apprezza la mia storia. Cara, senza di te non avrei
continuato a scrivere quindi ti dedico l'intera Fanfiction.
Un bacio grande e buona lettura.
E’
giunto il momento: Nairobi deve uscire di
scena e quei fumogeni sono l’espediente di cui la banda si
serve per “accecare”
la polizia.
“Cosa
cazzo è questo fumo?” – si infuria
Tamayo – “Gandia, sei ancora lì? Che
succede?”
Nel
mentre, Tokyo dà ordini all’ostaggio –
“Qui Gandia, non intervenite adesso, è rischioso.
Vi darò io l’ok…passo e
chiudo” – e sono quelle esatte parole che il
militare è costretto a ripetere,
seppur controvoglia.
Con
il cuore in gola, Nairobi osserva uno ad
uno i suoi compagni mentre inscenano di attaccare il finto Gandia,
ovvero
Denver, per rendere credibili agli occhi della polizia gli attacchi al
militare
rimasto solo e senza aiuti.
“Vi
aspetto fuori!” – dice ai pochi compagni
presenti. Così, ottimista e speranzosa, e con
Bogotà al suo fianco, lascia la
Banca percorrendo quei pochi metri che la separano
dall’elicottero.
Mentre
cammina, sorretta al compagno,
percepisce il dolore di chi le è di fianco e con la coda
dell’occhio scorge sulle
guance alcune sue lacrime.
“Ecco
Lisbona!” – esclama l’uomo, indicando
la figura che avanza verso di loro in tutta fretta.
“Abbiamo
pochi secondi” – dice Nairobi,
voltandosi verso Bogotà strappandogli l’ultimo
bacio.
Nel
mentre, prendendogli la mano vi nasconde
qualcosa.
“Voglio
che tu mi abbia sempre con te” –
conclude, voltandosi in direzione dell’elicottero.
“Eccomi,
andiamo è rischioso!” – solo le
prime parole di Raquel, seppure vogliosa di abbracciare gli amici, ma
non hanno
tempo e bisogna sbrigarsi.
“Ci
penso io a Nairobi, voi tornare dentro” –
grida Marsiglia a Bogotà, invitando gli amici ad affrettarsi
per scongiurare
ogni possibile rischio.
A
malincuore, Bogotà guarda la sua donna
salire sul velivolo, mentre la scorta di fumogeni inizia a
scarseggiare. Apre
il palmo della mano e vi riconosce un oggetto appartenente alla donna.
La
sua collana.
Bogotà
accenna un sorriso e la indossa, fiero
di quel dono.
Poi
la voce di Helsinki lo desta dai suoi
tormenti e, con determinazione e coraggio, si avvia, assieme a Lisbona,
verso la
porta d’ingresso del terrazzo, lì dove ad
attenderli c’è il resto del gruppo.
Denver
è il primo a rientrare; con il fiatone
e una carica esplosiva di adrenalina, si lascia andare ad un grido
euforico.
Bogotà
e Lisbona raggiungono il gruppo,
mentre da lontano è ben visibile l’elicottero che
ha ripreso il volo.
“Ce
l’abbiamo fatta” – grida di
felicità
Tokyo, comunicando la notizia anche al Professore all’ascolto.
“Professore,
Lisbona è con noi, ripeto
Lisbona è con noi”
Anche
Sergio esulta sapendo la sua squadra
nuovamente forte e compatta.
La
felicità è immensa ma viene distrutta in
pochi minuti.
“Professore,
torniamo alla missione! Però
vorrei dire che il comando andrebbe affidato a Lisbona,
adesso!” – dice Tokyo,
sorridendo alla new entry.
“Io?
Dici sul serio?” – chiede sorpresa
Raquel.
“Si,
tu! Chi meglio di te ha chiara nella
mente tutta l’elaborazione del piano” -
a spalleggiare Tokyo c’è Denver.
“Io”
–
interviene Palermo – “Io più di tutti,
più di Lisbona, più dello stesso
professore, ho chiaro in testa come si evolve la rapina! Eppure le
vostre
sciocche idee di comando, i vostri capricci e il vostro orgoglio vi
impediscono
di capire che è la cosa migliore da
fare…restituirmi il ruolo che mi spetta”
“Ci
risiamo” – brontola Bogotà, alzando gli
occhi al cielo.
“Tu
sei l’unico che dovrebbe sapere che
soltanto io posso portarvi fuori da questo labirinto”
– gli tuona contro
Palermo, cambiando anche lui atteggiamento verso l’ex amico.
“Si,
però so anche che sei la sola testa di
cazzo che potrebbe tradirci e mandarci tutti in galera, se qualcosa non
ti
piace!” – replica il saldatore.
“Per
favore, avevamo deciso niente più
litigi!” – aggiunge Helsinki.
“Non
mi sembra il caso di dividerci adesso,
bisogna restare uniti” – anche Manila è
di questo avviso.
“Durante
il piano Parigi siamo stati
compatti, una vera squadra, e abbiamo raggiunto l’obiettivo,
avete visto?
Quindi non capisco perché si deve distruggere tutto
ciò proprio ora!” –
sostiene Stoccolma.
Mentre
la Banda è alle prese con le ormai
solite discussioni, il professore sembra non dar più segnali
e questo non è
notato dai ragazzi.
E
infatti, Sergio ha appena capito di essere
stato scoperto.
“Cosa
vuoi?” – chiede l’uomo, con le mani in
alto, in segno di resa, ad una persona sopraggiunta improvvisamente.
“Figlio
di puttana, finalmente ho trovato il
tuo nascondiglio, anzi direi la tua fogna” –
sogghigna Alicia Sierra, mentre
punta la pistola verso di lui, pronta a sparare in caso di
necessità.
“Non
puoi uccidermi così, sai che non puoi
farlo”
“Ah
no? Cosa ti fa credere che non ti possa
sfruttare come voglio e ti estorca informazioni a me utili, per poi
eliminarti?!”
“Se
è la resa della polizia ciò che vuoi,
allora siamo dalla stessa parte” – il professore
cerca di cavarsela, invitando
la sua nemica ad una sorta di collaborazione.
Ma
l’ispettrice è meno labile di Raquel, la
quale, in passato, per amore si schierò sul fronte opposto.
“Credi
di fregarmi? Pensi davvero che io sia
scema come la Murillo? Ah no, aspetta, com’è che
si chiama adesso?... Lisbona,
mi pare. Giusto?” – ridacchia, sminuendo la figura
della donna che l’uomo ama.
“Allora
saprai che l’ho liberata ed è appena
entrata nella Banca” -
la provoca
Sergio, cercando di studiare la reazione della sua avversaria di fronte
alla
realtà dei fatti.
Ma
ad Alicia poco importa e infatti le sue
parole sono – “ Hai una testa talmente contorta,
che riesci a trovare ogni
maniera per salvarti o salvare i tuoi amici. Non oso immaginare la
rabbia del
colonnello appena saprà
di aver
contribuito a far ricompattare la Banca, anziché annientarla
come voleva” –
pensando alla faccia di Tamayo infuriato e nel panico più
totale, Alicia ride
di gusto.
“Vedi?
Siamo dalla stessa parte. Anche tu
vuoi piegarli… nessuno ti trattiene più dalla
loro parte” – il professore cerca
davvero di risolvere la situazione, eppure quell’arma a pochi
centimetri da se ,
e la stessa Sierra, nota per la sua crudeltà, non gli
dà modo e lucidità per
elaborare un escamotage.
“Come
ci si sente ad essere tu quello
braccato? Come ci si sente a non avere accanto i tuoi
compagni?”
A
quel punto gli ordina di sedersi, indossa
le cuffie per ascoltare possibili conversazioni tra i membri della
Banda, poi
lega l’uomo alle caviglie e alle mani.
“Porti
sempre questa roba con te?” – chiede stupito
l’uomo riferendosi allo scotch appena tirato fuori
dall’ingombrante cappotto.
“Una
buona ispettrice deve sempre essere
pronta” – quelle sue stesse parole sono esilaranti,
tanto da farla sorridere.
Sierra
è l’emblema della follia. Però le sue
azioni sono incomprensibili.
“Strano
che una figura istituzionale tanto
importante, pensi e agisca come dei ladri e dei contro legge”
– sottolinea,
sospettoso, l’uomo.
“Stando
con i bastardi come voi, si impara a
fare ciò che fate voi” – la risposta
secca e fredda della donna, è esaustiva,
seppure ancor più preoccupante.
“Credo
che in questo superi anche mio
fratello” – commenta Sergio, lasciandosi andare
esternando un suo pensiero
personale.
“Ah
ecco…è questo l’argomento che vorrei
trattare con te” – a quel punto, Alicia siede su
una sedia di fronte al suo
ostaggio, con un leccalecca in mano, si appresta ad interrogarlo.
“So
che si chiamava Berlino. Però dimmi, qual
è il suo vero nome?”
“Perché
ti importa?Pensavo che la polizia
sapesse tutto su di noi” – domanda, sospettoso,
l’uomo.
“Non
cedo alle tue provocazioni, figlio di
puttana. Però…sono io ad averti fatto la domanda
ed esigo la risposta. ADESSO”
La
situazione è alquanto ambigua e Sergio non
sa spiegarsi come mai all’ispettrice interessi sapere di
Andrés.
“Allora?”
“Non parlo di lui, uccidimi pure se vuoi”
“Bene”
– a quel punto Sierra tira fuori il
suo asso nella manica – “Se ti dicessi io un
nome… Tatiana…”
“Tatiana?!”- esclama
il professore,
spiazzato dall’avversaria. Che senso ha tirare in ballo la ex
moglie di
Berlino?
Ma
soprattutto, come fa Alicia a conoscerla?
“Sappi
che posso annientare la tua banda di
ladruncoli se solo volessi. Sono fin troppo buona, non vedi che ti sto
dando
tempo e modo di parlare!?”
“Cosa
sai di Tatiana?”
“Cosa
della frase “Faccio io le domande” non
ti è chiaro?”
In
quel momento, uno strano rumore, attira l’attenzione
di Sierra e la distrae dal suo ostaggio.
“No,cazzo!
Nairobi” – pensa Sergio, e
spaventato da ciò che potrebbe accadere dice qualcosa di cui
spera di non
doversi pentire – “Si chiamava Andres De
Fonollosa”
E
in quel preciso istante, dei passi fanno da
sottofondo al silenzio che tale rivelazione ha appena causato.
“CHE
COSA? COME E’ POSSIBILE?”- esclama il
professore – “TU?”
Nel
mentre…
“Siamo
arrivati, il prof è qui!” – comunica
Marsiglia
alla compagna di squadra.
Nairobi,
ancora scossa dopo l’addio agli
amici, annuisce e scende dall’automobile.
Infatti,in
quell’ora di tempo trascorsa dalla
sua fuga, è giunta a destinazione, ha lasciato
l’elicottero ed è salita su un
veicolo stradale.
Il
viaggio dove l’unico suono emesso era
quello della radio, a ben alto volume per poter essere aggiornati su
novità della
rapina alla Banca di Spagna.
Ed
eccoli finalmente giunti alla tana.
In
teoria è lì dentro che Nairobi può
dirsi
salva definitivamente. Chissà se sarà proprio
così?
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Capitolo 5 *** 5 Capitolo ***
“Novità?”
– chiede Tokyo a Lisbona.
“Nulla,
non risponde. Sto iniziando a temere
il peggio” – si agita la Murillo.
“Sicuramente
sarà uscito per incontrarsi con Nairobi
e Marsiglia!” – ipotizza Rio.
“Mmm…dubito
ci abbia impiegato tutto questo
tempo” – aggiunge Denver, camminando avanti e
indietro nella stanza.
“Cosa
facciamo adesso?” – è la domanda di
Helsinki, mentre tiene d’occhio Gandia, legato con delle
cinghie a mani e
piedi.
“Siete
fottuti” – ringhia il militare,
ridendo subito dopo – “La polizia avrà
catturato il vostro professorino e
adesso finirete tutti, uno per uno, in galera”
In
quel momento l’intera banda avrebbe voglia
di prendere a pugni quel bastardo, però il loro codice etico
glielo vieta. Per di
più sanno che Gandia è a questo che mira:
provocare, destabilizzarli emotivamente,
in modo da creare tra loro disagi, liti e quindi caos totale.
“Sta
zitto” – si limita a dire Denver, sotto
lo sguardo stupito degli amici e del prigioniero stesso.
“Chi
l’avrebbe mai detto, adesso sei
diventato un cagnolino mansueto, orfanello?” –
ennesimo attacco di Gandia.
Monica
nota lo sguardo del marito, preda di
un attacco d’ira, e prima che potesse aggredire
l’ostaggio, lo trattiene a modo
suo.
Si
avvinghia a lui e lo abbraccia.
“Lascialo
stare, ti prego. Vuole farti solo
del male” – le sussurra lei.
“E
ci sta riuscendo. Quel figlio di puttana
cosa sa della mia vita? Come fa a definirmi orfano?”
“La
polizia, lo Stato, sanno tutto di noi e
lui evidentemente è informato in merito, per via del lavoro
che svolgeva qui” –
suppone Manila, intervenendo per placare l’amico.
“Se
voi non avete intenzione di zittire
questo idiota, ci penso io” – Palermo, dal fondo
della stanza, lì dove si era
isolato dal gruppo, avanza verso Gandia.
“Cosa
combini? Abbiamo detto di lasciarlo
stare” – afferma, decisa, Lisbona, in veste di
leader autorevole.
Però
l’uomo le mostra senza giri di parole
cosa intende con “zittire”.
Prende
del nastro adesivo, tirandolo fuori da
un cassetto della scrivania.
“Questo
lo hanno tutte le migliori segretarie
e sempre a portata di mano” – spiega, spezzando con
i denti una striscia lunga
di scotch. Poi avvicinandosi al nemico, con aria di sfida gliela
schiaccia
sulla bocca, per ridere di gusto subito dopo.
“Ora
non saremo costretti a sentire le sue
idiozie” – e così dicendo, torna alla
sua postazione, certo che per una volta è
riuscito a dare un piacere all’intera banda.
Il
problema del professore resta però una
questione ancora aperta.
Che
fine ha mai fatto Sergio?
Infatti,
ciò che teme Lisbona è reale. Il suo
uomo è davvero in pericolo.
La
figura comparsa all’improvviso nel
nascondiglio del professore avanza lenta ed è intenzionata a
mostrarsi a pieno
all’ostaggio.
“Tu?
Cosa ci fai qui?” – esclama sorpreso,
riferendosi alla persona appena giunta.
“Ti
facevo più intelligente, professor
Dalì” –
commenta Sierra, aggiungendo subito dopo –
“Perdonalo, Antoñanzas, ma il nostro
genio del crimine non comprende cosa vuol dire Non fare domande!
Più gli ordino
di non chiedere, più lui lo fa!” – alza
gli occhi al cielo contrariata.
“Sei
tu che hai rivelato tutto?” – chiede Sergio
all’uomo. A quel punto Alicia esplode.
“BASTA”
– gli tuona contro. Poi, notando di
aver perso il controllo, si ricompone e il suo sguardo furioso si
colora di un
sorriso quasi inquietante.
“Sei
una pazza” – dice Sergio, notando
l’instabilità
dell’ispettrice.
“Beh,
se la vedi così, siamo più simili di
quanto credi” – in quel momento il cellulare della
donna inizia a suonare.
“Suarez?!
Cosa vorrà adesso?” – domanda,
rivolgendo lo sguardo al poliziotto suo complice.
“Ti
rivogliono con loro, hanno bisogno del
tuo aiuto per mettere KO i rapinatori, li ho sentiti poco fa. La banda
li ha
presi in giro di nuovo, ora sono furiosi” – le
spiega Antoñanzas.
Davanti
a tali pretese, Sierra non può che
ridere a crepapelle – “Se lo possono scordare, io
il mio tesoro ce l’ho davanti”
– sposta gli occhi sul professore e ignora la chiamata,
spegnendo addirittura
il telefonino.
“Prima
che tu possa chiedere per la centesima
volta se il mio alleato è passato da essere tuo complice
contro di me, a mio
complice contro di te… beh…”
– poi si zittisce, confusa dalle sue stesse
parole. Scuote la testa e continua –
“Beh… sì, hai capito bene. Avevo
scoperto
il suo tradimento e ho saputo portarlo di nuovo dalla mia
parte”
“Noi
avevamo un accordo, Antoñanzas” – il
tono
aspro di Sergio colpisce la coscienza del poliziotto che, seppure
d’accordo con
l’ispettrice, resta intimorito da lei e pentito di averle
rivelato la
postazione dell’avversario.
“Spero
per te che non ci siano altri arrivi
che interrompano la nostra bella chiacchierata” –
precisa Sierra, tornando alla
sua postazione – “Tu controlla che nessuno entri,
mi raccomando”
“Ma
questo posto è praticamente isolato. Nessuno
lo abita” – puntualizza l’ingenuo uomo
delle forze dell’ordine.
“Sappiamo
che ha degli alleati, sono questi
che vanno tenuti a bada! Potrebbe sopraggiungere qualcuno dei
Dalì. Tieni
pronto la pistola, e prendi anche la mia, potrebbero
servirti…e se riconosci
qualcuno, non esitare…Spara!” –
l’ordine di Alicia è chiaro.
Sergio
teme per le vite di Nairobi e
Marsiglia, certo del loro prossimo arrivo. Però è
anche convinto che mai e poi
mai un uomo come Antoñanzas possa arrivare
a tanto.
E
così, vede il poliziotto allontanarsi con
le mani tremanti e l’ansia lo assale.
“Torniamo
a noi, caro il mio Professore”
Posto
a guardia della porta d’ingresso, il
succube alleato di Sierra inizia a pensare che accettare
l’accordo con la donna
fosse stato l’errore più grande che potesse
commettere.
Adesso
non solo ha tradito la polizia, ma
anche la banda dei rapinatori!
“Se
scoprono che sono dalla parte dell’ispettrice,
mi mettono fuori gioco prima che io possa tirare fuori la
pistola” – pensa tra
se e se. Spaventato da quanto potrebbe accadere, inizia a pregare che
nessuno
si avvicini al luogo fino a quando vi è dentro Alicia.
Ed
è allora, però, che alcune voci lo pongono
in allerta.
Come
non detto!!!
In
lontananza si intravedono due figure che a
passo lento e apparentemente tranquillo, avanzano proprio nella sua
direzione. E
non sembrano semplici cittadini di Madrid che girovagano da quelle
parti.
“Aspetta”
– dice Marsiglia a Nairobi,
fermando la loro camminata.
“Che
succede?” – la gitana si guarda attorno,
preoccupata – “Chi hai visto?
C’è qualche pericolo?”
L’uomo
non risponde ma non appena riconosce Antoñanzas,
tira un sospiro di sollievo.
In
fondo lui non è al corrente del cambio
fazione del poliziotto.
“Possiamo
star tranquilli, è dalla nostra” –
spiega. Poi porgendo il braccio alla compagna di squadra, riprendono il
tragitto.
“Cosa
ci fai qui?” – chiede Marsiglia alla
guardia di Alicia, una volta faccia a faccia.
“Lei
chi è?” – è la domanda che
Antoñanzas
pone senza rispondere al quesito dell’uomo.
Eppure
la sua evidente tensione non
tranquillizza più Marsiglia, che si pone in allerta.
“Ehm…
Nairobi, perché non vai a prendere
quella cosa in auto?”
“Quella
che? Quale cosa?” – la donna è
confusa, però le basta l’occhiataccia del collega
per intuire che deve fingere.
“Ehm…ok!”
A
quel punto si volta e torna indietro, lasciando
i due da soli.
“Adesso
voglio la verità” – esige Marsiglia
dal poliziotto.
A
quel punto le parole di Alicia rimbombano
nella testa di Antoñanzas.
“Tieni
pronto la pistola, e prendi anche la mia, potrebbero
servirti…e se riconosci
qualcuno, non esitare…spara!”
Questo
le aveva detto poco prima.
“Mi
dispiace” – si limita a dire il
poliziotto…
Nel
frattempo, Alicia interroga Sergio e
sembra non demordere nel sapere notizie su Berlino.
“Mio
fratello è morto,non vedo perché
dobbiamo parlare di lui”
“Perché
lo voglio io, semplice!” – risponde
l’ispettrice.
“Tu
sai qualcosa su Tatiana, vero? Ammettilo,
è per questo che cerchi informazioni su
Andrés?!”
A
quel punto, lo sguardo folle di Sierra
punta il professore. Sul volto si disegna un sorrisetto furbo, di chi
sa e non
vuole esprimersi.
“Avanti,
dimmelo! È per Tatiana tutto questo?”
– le grida di Sergio si fanno più intense e
cominciano ad infastidire Alicia.
La
donna, sbuffando, si alza dalla sedia e
con aria minacciosa, precisa – “Voglio la
verità sulla morte di mia sorella!”
Sorella?!
Ed
è proprio allora che uno sparo fa
sobbalzare i due e sembra tagliare l’aria pesante creatasi.
Il
colpo proviene dall’esterno dell’abitazione
e costringe Sierra ad andare di persona a verificare che
Antoñanzas abbia
eseguito i suoi ordini.
“Cosa
è stato?” – esclama Nairobi, seduta in
auto in attesa di Marsiglia.
Quel
rumore la pietrifica e le ricorda quando
un proiettile colpì lei e frantumò tutti i suoi
sogni.
“Non
posso starmene qui con le mani in mano,
cazzo!” –la forza e il coraggio della donna la
spingono a disobbedire all’ordine
di Marsiglia e della sua Banda.
“Stai
attenta e per il tuo bene, lascia agire
noi” – questo le disse Marsiglia durante il
tragitto in auto qualche minuto
prima.
Tutti
conoscono quanto Nairobi odi essere
messa da parte e voglia contribuire e salvare gli amici.
E
anche ora è pronta a fare lo stesso.
“Non
aspetterò che accada qualcosa di
terribile a uno dei miei compagni di squadra” –
così deciso, scende dall’auto e
con le poche forze rimastele, torna in direzione del nascondiglio.
Ma
cosa sarà accaduto tra i due uomini? È da
lì che viene lo sparo!
Alicia
Sierra si troverà di fronte la scena
che vuole o al contrario avrà un faccia a faccia con la
donna che giorni prima
tentò di uccidere all’interno della Banca di
Spagna?
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Capitolo 6 *** 6 Capitolo ***
All’interno
della Banca il lavoro procede.
Bogotà fonde oro assieme al supporto di Denver e dei chicos
de oro.
Rio
e Stoccolma vigilano sugli ostaggi e il
resto del gruppo organizza la fuga.
“Siamo
sicuri che possa funzionare?” – chiede
Palermo a Lisbona – “Come avete potuto modificare
il piano di Berlino? Tu e
Sergio vorreste farci uscire da qui a mani vuote?”
“E’
necessario che avvenga uno scambio,
Palermo. Io sono stata dall’altra parte, so come molte volte
può ragionare la
polizia. Loro si aspettano che fuggiamo con carichi di oro, magari per
strani
tunnel, com’è accaduto con la prima rapina. Per
questo è bene che lo credano,
perché non sarà così”
E’
attorno ad un tavolo che i membri decidono
come muoversi. Lisbona, ormai leader, rivela loro che i piani che
conoscevano
sin a poco prima e che sono stati modificati.
“Sbaglio
o era l’oro la chiave di tutto?” –
chiede Tokyo, confusa.
“Lo
è ancora. Una volta che avremo fuso l’intera
riserva nazionale, quando lasceremo a secco la Spagna intera, quando la
Banca
spagnola sarà vuota del suo tesoro, la crisi è
inevitabile… “
“Sarebbe
un bel guaio” – commenta Manila, con
un sorrisetto compiaciuto.
Poi
la Murillo, riprende – “E sarà allora
che
proporremo lo scambio!”
-----------------------------------
Intanto,
lo sparo avvertito da Alicia, così
come dal professore, e da Nairobi in auto, è motivo di
allarme.
Sierra
dopo un primo momento di spavento,
raggiunge la porta d’uscita, a pochi passi dal suo ostaggio.
Ed è allora che
ragiona sulla causa del rumore: temendo potesse essere un tranello del
professore, torna sui suoi passi.
Si
siede nuovamente sulla sedia, in silenzio ruota
la testa prima a destra poi a sinistra, a voler sciogliere la tensione
di collo
e muscoli, e, dopo un bel respiro, riprende lì dove si era
interrotta.
“Non
vai a controllare? Potrebbe essere
accaduto qualcosa a…” – Sergio
è in panico, teme che possano essere stati
coinvolti i suoi amici.
Eppure
l’ispettrice non sembra curarsi di
nulla.
“Non
ci casco sai? E se avessi architettato
qualche malefico piano per togliere di mezzo anche me?”
“Anche?”
– ripete il professore, stranito – “Io
non ho mai eliminato nessuno. Quando lo capirai che non siamo
assassini?”
In
quel preciso istante, Alicia punta gli
occhi su di lui. Ha l’aria estremamente seria e sembra poco
intenzionata a
credere a ciò che sente.
“Non
sei preoccupata per Antoñanzas?”
“Ha
due pistole, cosa vuoi che gli possa
capitare? E lui è il mio bodyguard…meglio lui di
me”
Quelle
parole gelano il sangue di Maquilla
che diventa consapevole che le torture della donna perpetrate su Rio
siano
state frutto di una mente totalmente malata.
“Sei
incinta, come fai a diventare madre se
pensi di poter eliminare la gente con questa
facilità?”
Alicia
sospira, tenendo a freno i suoi nervi,
da anni sempre meno gestibili.
“Non
si può scegliere di mettere a rischio una
vita per salvare la propria!” – il tono aspro di
Sergio mostra il suo disgusto
verso la donna, e quelle parole specifiche portano Sierra
all’esplosione.
“Bastardo,
osi parlare a me di scelta?” –
l’ispettrice
prende dalla tasca del suo cappotto un portafoglio. Sembra cercare
qualcosa e
non appena lo trova, stringe quella che appare una piccola foto e la
posiziona
sul suo petto. Gli occhi adesso sono lucidi; fissa l’alto
come a voler mandare
un messaggio a qualcuno che veglia su di lei.
“Ti
vendicherò” – dice ad alta voce.
Sergio
preferisce stavolta non porre domande,
dato lo stato emotivo della sua nemica.
“Visto
che sembri aver dimenticato, sarò io a
riportati alla memoria un fatto accaduto vent’anni
fa”
Il
professore deglutisce rumorosamente,
percependo la tensione nell’aria.
Qualsiasi
sua affermazione avrebbe potuto
accendere la furia della Sierra, meglio evitare alzate di testa.
Si
pone così all’ascolto cercando di
comprendere i motivi di tanto astio nei suoi confronti.
Mai
avrebbe pensato a quello che da lì a poco
Sierra gli avrebbe raccontato.
“Vuoi
sapere come mai ti ho chiesto di
Berlino? Bene…è la prova che mi serviva per
sapere che il bastardo che cerco da
anni sei proprio tu”
“Io?”
– ripete confuso lui.
“Esatto
e scommetto che hai dimenticato il
nome di mia sorella”
“Non
conosco tua sorella, mi dispiace”
“PIANTALA DI MENTIRE” – urla il suo
dolore e la sua rabbia nei confronti dell’uomo.
“Si
chiamava Anita!”
A
quel punto, Sergio inizia a ripensare a
possibili Anita conosciute nella sua vita fatta di puro isolamento e
poca
attenzione al sesso femminile.
Come
può aver mai conosciuto la sorella di
Sierra se non ha contatti con il mondo esterno da praticamente sempre?
“Non
so chi sia”
“Allora
ti rischiaro la memoria”
La foto che custodisce gelosamente da due decenni, Alicia la mostra
all’ostaggio
indicandogli chiaramente la persona in questione.
“Siamo
tre sorelle, io la maggiore, Tatiana e
la più piccola…Anita. Qui avevamo rispettivamente
15, 10 e 7 anni”
L’immagine
presenta tre giovani fanciulle
sedute su di un letto. La più giovane ha un braccio legato
ad una flebo. È molto
esile e pallida. Il tratto dominante è il colore dei loro
capelli rossi a
renderle palesemente consanguinee.
Sergio
focalizza l’attenzione però
sull’ambiente
circostante ed è fin troppo familiare. “Questo
è un ospedale?”
“Bene,
vedo che il cervello ti funziona! Sappi
che mia sorella è stata ricoverata per una grave malattia e
aveva bisogno di un
trapianto di midollo”
La
mente del professore sembra scavare nei
ricordi e la figura di una bambina malaticcia diventa sempre
più chiara.
“La
piccola Ani” – dice l’uomo, rammentandone
anche il nomignolo.
E
sentire quell’appellativo tocca il cuore
anche della folle Alicia.
“Fatico
ancora a dire il nome della malattia
che l’ha portata via. Ci sono voluti vent’anni per
metabolizzare l’accaduto. Ancora
oggi fatico ad accettare che una bambina di soli sette anni sia potuta
morire
così”
“Mi
dispiace” – Sergio è sinceramente
amareggiato eppure non comprende il filo che lega la sua storia a
quella della defunta
Sierra.
“A
te dispiace?” – l’espressione
esterrefatta
di Alicia spaventa Sergio che non sa più come venire a capo
da quella
situazione.
“Non
può dispiacerti se la sua morte l’hai
provocata tu! Non ti servirà fingere, lo so che sei tu il
ragazzino che quella
dannata notte fu salvato al posto suo!”
Una
lacrima le scivola sulla guancia
manifestando una fragilità umana che nessuno credeva potesse
mai possedere una
come lei.
“Adesso
fingerai che la mia è solo follia e
pretenderai che io ti creda, vero? Beh ti sbagli, io ho perso mia
sorella ma di
lei ricordo bene quando parlava di un ragazzo che sembrava muovere
stranamente
gli occhiali, come avesse un tic! Ti ho cercato per anni e anni, di te
nessuna
traccia. Anita mi rivelò il tuo nome. Ti cercai ovunque,
sembravi essere
invisibile. Ora so perché! Come poteva un pazzo asociale del
tuo calibro mescolarsi
alla gente comune?! Poi decisi di lavorare per la polizia. Il mio
obiettivo era
rendere giustizia a chi non ne aveva ricevuta! Il destino volle che
anni dopo,
Tatiana mi disse “Mi sposo”. Lei aveva superato
alla grande la morte di nostra
sorella minore. Anzi, a differenza mia intraprese la carriera opposta.
Una ladra,
assurdo vero? Io la coprii più e più volte,
imparai l’arte del suo mestiere e
questa mossa mi aiutò a diventare ispettrice. Ero molto
richiesta visto il mio
talento innato con i delinquenti… però
c’è un dettaglio che mi portò a tornare
sui miei passi e a darti la caccia. Il giorno delle nozze io ero stata
invitata,
ero prossima ad entrare nel Monastero quando ti vidi. Vidi il tuo tic,
riconobbi l’uomo che da tempo cercavo. Avevo però
bisogno di un piano. L’indomani
mi recai lì ma di te neanche l’ombra. Eravate
scomparsi nel nulla. il resto è
storia come sai… ho avuto tutte le informazioni del caso
quando hai dato il via
alla rapina alla Zecca. Ho pensato “Guarda questo bastardo
cosa è stato in
grado di generare”. Ovviamente sono stata io a dare ordine
che torturassero Rio
in quel modo, era necessario dare a te una scossa come quelle che i
miei uomini
davano al povero ragazzo. Ammetto che lui ha dovuto pagare a causa tua
il
prezzo più alto. Sta di fatto che ho ottenuto la tua
reazione. Ti sei
mobilitato, ti ho incastrato. E adesso, caro il mio Sergio Marquilla,
non
potrai più sfuggirmi”
Il
professore ascolta le parole dell’ispettrice,
impassibile, comprendendo solo adesso i motivi di tanta follia da parte
di una
donna che si è trasformata a causa di un dolore talmente
grande da renderla
schiava di un’idea contorta dei fatti.
“Non
hai nulla da aggiungere, figlio di
puttana?”
Ma
in quel preciso istante, la porta viene
buttata giù e il rumore fa sobbalzare i due.
Nel
nascondiglio entrano Marsiglia e Nairobi.
La donna, ancora fragile e visibilmente stanca, tiene in mano una
pistola. Lo stesso
fa Marsiglia, tenendo fermo con un braccio Antoñanzas.
“Scusi
ispettrice, ma sono
stato fottuto alla grande”
Sierra
è accerchiata e l’unica
soluzione che trova è quella di adoperare la sua carta
vincente.
“Fossi
in voi non lo farei.
Pensavate fossi così scema da fidarmi solo di
Antoñanzas? Ho disposto
una bomba nei pressi di questa tana. Ho con me l’ordigno, mi
basta schiacciare
questo pulsante…” – dice mostrandolo ai
presenti – “E facciamo tutti una brutta
fine. Anzi, farete tutti una brutta fine”
|
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Capitolo 7 *** 7 Capitolo ***
All’oscuro
di quello che accade nel
nascondiglio del Professore e tantomeno dei piani della polizia, la
Banda
continua a lavorare ininterrottamente.
In
fonderia, i saldatori sono esausti e
Bogotà esige da loro più del massimo.
“Non
ti pare che debbano riposare? Almeno un
paio di orette, tra poco li vedremo stesi a terra”
– sostiene Denver all’amico.
“Bisogna
uscire il prima possibile da qui. Un
po' di sforzo in più ora, per la sicurezza della
libertà” – commenta l’omone,
asciugandosi
la fronte sudata con il dorso della mano.
“Sono
d’accordo con te, anche perché ogni
minuto in più qui è un rischio per tutti.
Però..”
“Però nulla Denver! Io voglio uscire, voglio
tornare alla mia vita”
A
quel punto il sorrisetto malizioso del ragazzo
e la sua solita e buffa risata, spiazza Bogotà –
“Che hai da ridere adesso?”
“Ammetti
che non vedi l’ora di rivedere
Nairobi e di…” – a quel punto si
zittisce perché è l’uomo a farlo
dandogli una
sberla dietro la nuca.
“Piantala
di fare queste battute! E’ normale
che voglia stare con lei, ma non come credi tu”
“Ah
si certo! A chi la vuoi dare a bere? Ma
ti capisco, sappilo!”
“E’
da quando siamo al monastero che mi
prendi in giro, scemo!!” – nascondendo
l’imbarazzo, Bogotà chiude il discorso –
“Adesso torniamo a lavorare! Meno
chiacchiere…”
Eppure
in quel momento, un flash è piombato
nella mente dell’uomo.
-------------
FLASHBACK
E’
pomeriggio e Nairobi, seduta in giardino e
sfoglia alcuni appunti presi durante le lezioni di Sergio,
approfittando anche
del sole caldo e piacevole che le illumina il viso.
Indossa
un giacchettino rosa confetto e una
maglietta nera aderente con una scollatura che ovviamente non
può non essere
notata, soprattutto dai maschietti.
O
meglio, da Bogotà!
Ed
è proprio lui che, qualche metro lontano,
la osserva non togliendole gli occhi di dosso. Fuma il suo sigaro e
contiene il
nodo allo stomaco che avverte ogni volta che ha Nairobi vicino.
Gli
basta vederla accavallare la gamba, così
sinuosamente, o sistemarsi i capelli, per cadere preda
dell’estasi.
Una
volta gli passò accanto, con passo
felino, ancheggiando i fianchi, e lui si sentì morire
dentro.
Ormai
svegliarsi al mattino sapendo di
poterla vedere, sempre più bella, è la gioia
della giornata.
Si
limitava tante volte a guardarla
immaginando come sarebbe accarezzarla, o baciarle il collo. Una notte
sognò
anche di fare l’amore con lei.
E
proprio in quei minuti, mentre Nairobi è
alle prese con la sua solitudine, Bogotà ricorda frammenti
di quello strano
sogno.
Arrossisce
al solo pensiero e scuote il capo,
come a voler rimuovere idee che sembrano fin troppo spinte nei
confronti di una
donna che, in fondo, non conosce e che vive solo durante le lezioni del
Professore.
Sospira
profondamente, tornando ad inalare il
fumo del suo sigaro.
In
quel preciso istante, qualcuno lo raggiunge
per fargli compagnia.
O
forse non proprio per fargli compagnia. Piuttosto
per prenderlo in giro.
“A
furia di guardarla, la consumerai sai?”
“Come?”
– l’omone grande e grosso riconosce
la voce di Denver e voltandosi verso di lui, si mostra alquanto confuso
da tali
parole.
“Non
vorrai farmi credere che eri immerso nei
tuoi pensieri? Perché se è così io
quei tuoi pensieri li ho ascoltati
chiaramente e non erano molto puliti… e per di
più avevano a che fare con la
moretta laggiù” – il giovane punzecchia
il compagno di squadra perché è fin
troppo evidente che questo ha una cotta folle per Nairobi.
“Che
cazzo dici? Hai fumato erba, per caso?”
– imbarazzato, Bogotà cerca di contenere la
vergogna, dando uno scappellotto
affettuoso al giovane che vista l’età potrebbe
essere suo figlio.
“Dai,
ammettilo una buona volta che Nairobi
ha fatto perdere la testa anche a te e ti
piacerebbe…” – il gesto esplicativo
di Denver che si
sostituisce alle
parole, fa ridere l’adulto che
a quel
punto non può che dirgli – “Che idiota
che sei! E’ così che definisci le notti
con la tua Stoccolma? Con quel gesto?”
“No,
ovviamente. La mia Monica ed io ci
amiamo. Lei lo chiama “fare l’amore”.
Sono anni che non facciamo più sesso” –
spiega, nostalgico di momenti di intensa passione.
“E
non è la stessa cosa di “fare
l’amore”?” –
domanda Bogotà, mentre tenta di distogliere lo sguardo da
Nairobi, ancora fissa
al suo posto.
“Bo,
chiedilo a lei. Le donne fanno sempre le
romantiche. Però…sei furbo, sai?”
“Che
vuoi dire?”
“Hai
volutamente cambiato discorso,
spostandolo su di me e le mie scopate. Io piuttosto vorrei che anche tu
avessi
di questi momenti. Da quanto tempo non stai con una donna? Dai, a me
puoi
dirlo. Ormai ci conosciamo”
Bogotà
sospira profondamente, rassegnandosi
alla curiosità dell’amico. Però ripensa
alle sue ultime parole: Nairobi ha
fatto perdere la testa ANCHE a te.
“Chi
altro si è infatuato di Nairobi?” –
domanda, mostrandosi fin troppo interessato.
L’espressione
di Denver è palesemente
soddisfatta di tale quesito – “Ahhhh vedi che
è come dico io? Ti piace, ti
piace, ti piace” – ridacchiando, gli dà
una pacca sulla spalla e aggiunge – “Guarda
che lei ha il suo fascino gitano. Quando il Professore ci
portò nella casa di Toledo,
anche Berlino fece apprezzamenti su di lei”
Berlino?!
Il maschilista che durante la rapina quasi la
soffocò?
“Perché
questo non mi stupisce? Lui ha avuto
ben cinque mogli non è affatto indifferente alle belle
donne” – puntualizza poi
Bogotà, ricordando le storie del defunto amico.
L’uomo
torna, così, a guardare Nairobi e in
quel momento lei si libera del giacchetto.
La
sua pelle olivastra sembra luccicare sotto
i raggi del sole.
“Caspita”
– commenta, stavolta ad alta voce,
riferendosi a quanto ciò che ha visto lo ha eccitato.
“Fossi
in te mi butterei! Domani è il
compleanno di Monica. Dille qualcosa di carino, provaci
insomma”
“Hai
visto quanto è dura parlarle? Ha un muro
invalicabile davanti a se”
“E’
che è innamorata dell’uomo sbagliato,
tutto qua” – dice Denver.
“Già”
– commenta amareggiato Bogotà.
Il
figlio di Mosca però pensa di agire da
Cupido e in quel momento decide di intervenire a modo suo.
“Hey
Nairo, puoi venire un attimo” – la chiama
a gran voce.
“Che
cazzo fai?” – gli sussurra l’altro,
afferrandogli un braccio.
“Tranquillo,
fidati”
La
donna, si volta e riconosce la voce dell’amico.
Alzando gli occhi al cielo, li raggiunge, già consapevole di
qualche battuta da
parte dei due.
“Che
succede? Qualcosa non va?”
“Vorrei
chiederti se ti va di mettere su un po'
di musica. Così da ballare, che dici?”
“EH?”
– esclamano in coro Nairobi e Bogotà.
E
in quel momento i loro sguardi si
incrociano e una strana vibrazione viene percepita da entrambi.
Però
la donna sorvola, dando l’ok al ragazzo,
seppure spiazzata da una richiesta tanto assurda.
“Dovremmo
chiedere al professore, questo è un
monastero. Non uno stadio o una discoteca, Denver”
“Ah
certo! Vado io, allora. Voi aspettate qui”
Con
quella scusa, fila via.
“Io
torno a sedermi lì” – dice Nairobi.
Nota
come Bogotà sia rimasto impassibile e per
di più in un muto silenzio.
“Vuoi
venire anche tu?” – chiede lei,
scioccando totalmente l’omone grosso che annuisce.
Quello
è il primo se non l’unico momento che
i due vivono uno di fianco all’altro.
In
fondo a Bogotà bastava solo quello: starle
accanto ed ammirarla.
Sì,
gli bastava quello…per ora!
--------------------------
FINE FLASHBACK
Ripensare
a quel momento, deconcentra Bogotà
dal suo lavoro tanto da prendere una decisione.
“Ragazzi,
Denver ha ragione, prendiamoci
qualche minuto di pausa”
Tra
la gioia dei chicos de oro, e lo stupore
del figlio di Mosca, Bogotà si siede sul pavimento,
invitando il compagno di
Banda a fare lo stesso.
“Sai
che ho ripensato al pomeriggio della
musica al monastero?” – dice l’adulto al
ragazzo.
La
risata di Denver è chiaro segno che gli è
rimasto impresso nella mente quel giorno.
“Sì,
ammetti che grazie a me ti sei
avvicinato a lei” -
si autoelogia,
scherzosamente.
“Già,
sei un vero amico! Potrei dire quasi un
figlio”
“E tu sei il padre che mi è mancato in questi due
anni. Grazie di esserci
sempre” – lo scherzo cede il passo ad una forte
emozione e a un legame ormai
diventato essenziale per entrambi.
Dopo
un tenero abbraccio, i due si godono un
bel panino, pronti a tornare a sgobbare, pronti a riprendere in mano la
situazione e sistemarsi per la fuga dalla Banca, pronti a riabbracciare
i loro
cari: Cincinnati per Denver, e Nairobi per Bogotà.
Ma
Nairobi è chiusa nel nascondiglio di Sergio e Alicia
minaccia di far
esplodere il posto!!
E’ davvero certo, Bogotà, che una volta fuori
può riabbracciare con certezza
assoluta la sua amata?
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Capitolo 8 *** 8 Capitolo ***
La
storia di Anita Sierra, morta, a detta
dell’ispettrice, a causa di un’operazione tardiva,
appare alquanto surreale
agli occhi del professore che non riesce a comprendere cosa possa mai
collegare
la sua persona alla prematura scomparsa della ragazzina.
Sergio
la osserva in silenzio mentre minaccia
il gruppo di far esplodere l’edificio, e riconosce in lei dei
visibili segni di
pazzia. Alicia ha problemi seri e la sua mente immagina cose assurde
che
probabilmente sono frutto della sua stessa follia.
Inutile
tentare di farla ragionare; essendo
poco lucida, agisce sulla base di ricordi che le impediscono di
comprendere
che, semmai la bambina fosse morta per un ritardo
dell’operazione, era per via
delle prenotazioni e non per colpa di un giovane la cui colpa era stata
solo
ritrovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
E
così, Marquilla consapevole che Sierra ha
tra le mani un ordigno pericoloso, non vuole rischiare che i suoi amici
lì
presenti possano passare dei guai. Evita, perciò, di parlare
chiudendosi nel
suo silenzio tombale, mentre il suo cervello lavora il più
rapidamente
possibile ad una via di fuga.
Marsiglia
e Nairobi, invece, non mollano la
presa. Anzi sono addirittura convinti che quella sia una bomba finta e
che l’ispettrice
li stia ingannando.
Per
tale ragione, nessuno dei due abbassa l’arma,
spazientendo Alicia.
“Vi
ho detto di togliere le pistole di mezzo.
Siete deficienti? Volete davvero morire?” – gli
tuona contro, abbandonando per
un istante l’apparente ed inquietante tranquillità
mostrata sino a pochi
secondi prima.
“Non
ti crediamo! Non ci prenderai di nuovo
in giro” – controbatte Nairobi, riferendosi al
tranello che le fu giocato
quando fu sparata dal cecchino.
Ma
ecco un ulteriore cambio d’umore della
donna. Inizia a ridere fragorosamente, alimentando l’astio
dei due Dalì nei
suoi riguardi – “Volete davvero mettermi alla
prova? Sappiate che non mi faccio
scrupoli di nulla. A me basta uscire da qui, mettermi al riparo e poi
boom”
“Chi
ti dice che noi rimarremmo qui?
Fuggiremmo anche noi ovviamente” – le fa notare
Marsiglia.
“Non
fareste in tempo ad uscire, ho legato
per benino il professore a quella sedia. Ci impiegherete, secondo i
miei
calcoli, almeno due, tre minuti a liberarlo. Questo è un
buon vantaggio per me,
non credi?” – il ghigno malvagio di Sierra fa
rabbrividire i presenti, compreso
Antoñanzas.
Poi aggiunge - “A meno che vogliate
mollare qui il professore per salvarvi la pelle”
“Maledetta”
– ringhia Nairobi, mentre la rabbia sembra volerle esplodere
dal petto
malconcio. Così, non si trattiene più e le getta
addosso tutto il fango
possibile ed immaginabile, manifestandole a parole il suo disprezzo
– “Tu stai
per avere un bambino e hai osato approfittare del mio, per i tuoi
loschi scopi.
Che razza di genitore pensi di essere? Fossi in quella creatura,
scapperei via
appena possibile. Peccato che sia un’innocente a cui il
destino ha riservato un
indegna mamma! A mio avviso, meriteresti di andare
all’inferno”
“Nairobi,
calmati” – la richiama il professore, che
finalmente riprende parola. La guarda
lasciandole intendere di non andare oltre perché Alicia
è un pericolo. Esattamente
come l’oggetto che ha tra le mani, l’ispettrice
è una bomba ad orologeria.
Alicia
sbuffa per chissà quale ragione e aggiunge –
“Che noiosa che sei! Tu vendevi
pasticche e utilizzavi Axel come fosse un mulo e vieni a dire a me che
io
meriterei l’inferno! Mi fai pena, zingarella”
– la sua cattiveria è oltremisura
ed è l’ennesimo sparo che viene mosso contro il
cuore ferito di Nairobi.
Eppure
è proprio allora che Alicia fa una proposta ai limiti della
follia.
“Però
sappi che ho deciso di essere buona con
voi due! Risparmio le vostre vite, se mi lasciate il
professore”
Marsiglia
e la Jimenez si guardano increduli – “Ci credi
così idioti?” – le dice
l’uomo,
intuendo che Nairobi è fuori di se dopo le
crudeltà pronunciate dall’ispettrice.
Preoccupato che l’amica possa compiere qualche gesto
inconsueto, le toglie
dalla mano la pistola.
“Che
cazzo fai?”
“Tranquilla,
è per il tuo bene. fidati”
“Io
vi propongo la libertà e voi parlate tra di voi ignorandomi?
Bene, io sono buona
e voi ne approfittate. Allora cambio di programma”
– Sierra ha il suo ostaggio però
c’è qualcosa riguardante Nairobi rimasto
in sospeso che vuole chiudere. Quindi si gioca l’ennesimo
asso nella manica,
volto a schiacciare gli avversari.
“Visto
che continuo ad essere compassionevole, voglio mettere la parola fine
ad una
storia passata che non mi va giù e che ho sopportato troppo
a lungo”
“Alicia,
se riguarda Anita io…” – interviene
Sergio.
“Zitto!
Non sei degno di pronunciare il suo nome” – lo
sguardo folle dell’ispettrice
pietrifica il professore che si zittisce.
Ed
è allora che Sierra torna ad occuparsi di Nairobi.
“Agata,
so che ti chiami così. Proprio a te faccio la proposta
migliore. Se ti dicessi
come riavere tuo figlio?”
Fare
sempre perno sulla fragilità di una mamma che soffre per la
lontananza dal suo
bambino è da vili e Alicia si mostra senza pietà
riaprendo per la seconda volta
quel discorso.
Ma
stavolta la rapinatrice non cede, seppure il desiderio sarebbe
più grande di
ogni cosa.
“Faremo
uno scambio, pensaci bene. Axel, in cambio di Sergio Marquilla. Che te
ne
pare?”
La
Jimenez è in silenzio, le tremano le mani, come se
l’odio verso di lei le
ribollisse dentro il corpo.
“Tu
non hai un briciolo di umanità! Credi sia così
facile scambiare due esseri
viventi per un tuo interesse? Pensi che giocare con i sentimenti degli
altri
sia normale? Come osi nominare mio figlio, dopo averlo usato per i tuoi
piani?
Come osi propormi una follia simile?” – la gitana
ha trattenuto il pianto
troppo a lungo ed ora le lacrime sono inarrestabili. Scivolano e le
solcano il
viso, senza darle modo di respirare.
E
Nairobi ancora debilitata dalle operazioni, non può
azzardare nulla.
“Nairo,
calmati, per favore” – Sergio, in pena per lei,
cerca di darle sostegno con lo
sguardo.
“Beh,
ammetto che ipotizzavo questa reazione da parte tua. Però,
fossi in te metterei
da parte il rancore! Anzi, vuoi sapere come ho fatto a trovarlo e a
convincerlo
a stare al gioco?”
“Come?”-
a domandarlo è Marsiglia, visto che la compagna di squadra
fatica ad
esprimersi.
“Calmati,
Nairo! Ti potresti sentire male, non sei nello stato
migliore” – le dice ancora
il professore – “Non lasciarti prendere dalla
rabbia. Non farti raggirare…tu
sei forte e non cedi alle provocazioni…non farlo”
– continua l’uomo.
“Taci”
– gli tuona contro Alicia, decidendo di ricorrere ad altri
mezzi.
Prende
una corda simile a quella utilizzata per legare l’uomo alla
sedia e gli tappa
la bocca.
“Torniamo
a noi, cara mia!” – ignorando ancora le due pistole
puntate contro la sua
persona, Alicia rivela un dettaglio agghiacciante
sull’identità del marito
defunto.
“Qual
è il nome del papà di Axel?”
“A
te che importa!”
“Probabilmente
perché è lo stesso nome di quello del bambino che
porto in grembo”
Di
fronte a tale rivelazione, i tre della Banda restano allibiti.
“Non
può essere! Stai mentendo” – dice
Nairobi.
“German,
giusto?”
Agata
sente il cuore rallentare il suo battito di fronte a quella
rivelazione. È
Marsiglia a sussurrarle – “Non fidarti. Potrebbe
essere anche un tranello, come
suo solito”
“No!”
– esclama Alicia, zittendo l’uomo dopo averlo
sentito – “Io non mento su queste
cose. German era un uomo molto sensibile alla bellezza delle donne, un
grande
amante sicuramente. E ti darò la prova
finale…aveva una voglia sul braccio
destro. Così ora sai anche il perché ho puntato
te, perché non ho avuto
scrupoli a voler colpire la prima fidanzata di mio marito, quella da
cui lui ha
avuto il primo figlio”
Le
gambe di Nairobi cedono e il respiro diventa sempre più
rapido e faticoso.
Aggrappata
al braccio di Marsiglia, rivive tutta la sua giovane vita e il momento
in cui
il papà di Axel la mollò senza motivo,
distruggendo ogni desiderio futuro.
“Ti
odiavo, sì! Ti odio ancora perché lui continuava
a tirarti in ballo da quando
venne a sapere che eri tra i rapinatori della Zecca. Io pensai, devo
eliminarli
tutti. Devo eliminare Sergio, devo eliminare
Agata…”
“Come
mai solo ora esci allo scoperto?” – chiede
Marsiglia, alquanto scioccato.
“Perché
sto cercando di ottenere la sua fiducia e dirle la verità
è l’unico modo.
Quindi se ti dico che ti farò riavere tuo figlio, non mento.
A patto che tu…” –
precisa l’ispettrice, indicando il professore –
“Mi lasci lui”
Scossa
da quanto appena scoperto, Nairobi si accovaccia a terra e resta in
silenzio.
“Consiglio
vivamente al tuo amico di portarti da qualche medico, so che il
professore ha
conoscenze nei paraggi e di farlo in fretta, altrimenti se lei
morirà non sarà
certamente colpa mia” -
con estrema
freddezza, Alicia volta le spalle ai due rapinatori e torna a sedersi
di fronte
a Sergio.
Senza
battere ciglio, ignora la sofferenza di Nairobi mortificata e colpita
al cuore
nella maniera più crudele possibile.
“Hai
bisogno di cure” – spiega Marsiglia.
“Non
osare lasciare il professore solo con questa pazza”
“Nairo,
lei ci sta ingannando…perché ci vuole morti
tutti. Sa come farti piegare e
ci sta riuscendo,
ma è anche vero che tu
non sei nel pieno delle forze”
“Non
cederò, posso farcela”
Ma gli occhi di Sergio parlano chiaro.
“Il
professore è d’accordo” –
senza esitare, l’uomo dei Dalì prende in braccio
la
compagna e nonostante le sue ribellioni la conduce
all’esterno.
“Bene,
siamo di nuovo soli. Finalmente…” –
ridacchiando, afferra il walkie talkie posto
sulla scrivania e comunica con la banda all’interno della
Banca di Spagna -
“Salve miei cari nemici, sono Alicia
Sierra. Ho come ostaggio il vostro amato professore. Ritenetevi
fortunati che
non lo abbia ancora fatto secco…ops..dimenticavo. mi
dispiace per Nairobi ma
era di troppo, andava eliminata. Buon proseguimento allora, tanto
sappiamo bene
che vivi da lì non ne uscirete più”
– fiera dell’ennesima cattiveria, tra cui
l’inventata
morte della Jimenez, Alicia torna ad interrogare Sergio.
La
sua voce fa tremare la squadra dei Dalì.
Bogotà
avverte un tonfo al cuore e sente le gambe cedergli.
“Non
sarà vero, non può essere, cazzo!”
– esclama furioso Palermo.
“Dobbiamo
uscire da qui, subito” – propone Stoccolma.
“Ma
come?” – chiede Helsinki, agitato.
“Va
trovato il punto debole di Sierra” – sostiene
deciso Rio.
“E
quale sarebbe?” – domanda Denver, nel panico
più totale.
“Le è morto il marito, è incinta, ma
soprattutto…è ricercata dalla Polizia”
–
spiega Lisbona, aggiornata sulle ultime vicende, avendo avuto a che
fare
proprio con l’ex ispettrice.
“Dovremmo
fare qualcosa di molto molto folle allora! ”- aggiunge Tokyo
con un’idea in
mente.
“Parla”
– la esorta Bogotà.
“Qualcosa
che va contro i nostri principi, contro tutto quello in cui crediamo e
per cui
abbiamo lanciato missili contro la Polizia!”
“Cosa
vuoi dire non ti capisco” – Palermo è
confuso ma anche pronto ad agire senza
più dubbi e perplessità.
“La
Polizia cerca Alicia, giusto? Dobbiamo
fare
in modo che la trovino e l’arrestino. Diciamo..uno
scambio!”
“Mente
geniale” – commenta Rio, sorridendole come ai
vecchi tempi.
“Aspettate,
c’è un problema! Se la Polizia trova Sierra, trova
anche Sergio” – precisa Denver.
Che
casino! Ormai la situazione sta precipitando e le speranze di uscire
sani e
salvi dalla Banca diventa un miraggio.
Riusciranno
i Dalì a salvarsi?
|
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Capitolo 9 *** 9 Capitolo ***
Nella
Banca di Spagna, i Dalì non sanno più
come fronteggiare il pericolo Alicia Sierra.
Scoprire
che adesso la donna tiene in
ostaggio il professore, è la goccia che fa traboccare il
vaso. C’è panico tra
chi non crede di uscire vivo da quell’inferno, e chi cerca
disperatamente un’uscita
alternativa al piano originale.
E
poi c’è lui….Bogotà, non
espressosi in
merito. Silenzioso più del solito, si è isolato
in un dolore che non può non
essere percepito dai suoi amici. Tokyo in primis teme per Nairobi e lo
stesso
vale per Helsinki. Sono proprio loro due a sostenere il saldatore nel
suo
momento di pura crisi.
Il
serbo gli si avvicina e cerca di
confortarlo – “Non dobbiamo credere sempre a parole
di ispettrice. Lei mente…”
“Come
possiamo esserne sicuri?” – Bogotà
è
fortemente demoralizzato.
“Perché
la cosa non ha senso” – aggiunge il
serbo.
“Quella
è una folle che non ha esitato ad
ordinare ad un cecchino di sparare a Nairobi dopo averla attirata alla
finestra
nel modo più mostruoso che potesse esistere”
– insiste il saldatore.
“Se
a lei interessa Professore, perché deve
uccidere?”
Il
discorso di Helsinki, seppure poco chiaro
nella sua spiegazione, non è del tutto scorretto.
Tokyo
si avvicina ai due grossi omini della
Banda, sottraendosi per qualche secondo alle pressioni di Palermo e al
suo
desidero di tornare al comando al posto di Lisbona.
“Siete
in pena anche voi?” - domanda,
riferendosi chiaramente alla vita dell’amica.
“Come
potremmo non esserlo! Quella stronza ha
detto di averla…” – prende parola
Bogotà, faticando a terminare la sua stessa
frase.
“Non
le avrà fatto niente, dobbiamo essere
lucidi adesso” – afferma lei.
“Lucidi?”
– ripete, sconcertato, il
saldatore.
“Si,
non abbiamo rischiato il tutto e per
tutto qui dentro, per poi abbatterci di fronte all’ennesimo
inganno. Perché è
questo quello che Sierra sta cercando di fare…trarci in
inganno”
“Sei
convinta o cerchi di confortarmi?” – le domanda
Bogotà.
“Entrambi!
E ammetto che cerco di dare forza
anche a me stessa perché la situazione sta diventando sempre
più difficile e la
speranza non deve morire”
Helsinki
si schiera a favore delle idee di
Tokyo e cerca di dare sostegno all’amico, devastato e
abbattuto. I tre si
abbracciano promettendosi di uscire da lì dentro e ritrovare
Nairobi sana e
salva.
Le
ore seguenti sono cruciali. I Dalì optano
per l’unica soluzione possibile: consegnare alla polizia
Alicia Sierra.
“Usciremo
noi donne, assieme ad alcuni
ostaggi. Sventoleremo bandiera bianca, così da non essere
colpite” – spiega Lisbona,
preparandosi alla fase finale di quello che sembra essere
l’ennesimo folle
piano.
“Io
continuo a pensare che sia una pazzia” –
commenta Palermo, scontento della decisione presa dal gruppo.
“A
te non sta mai bene nulla! Dovresti tacere
e sperare che tutto fili liscio o finirai con il culo in
galera” – sostiene
Bogotà, ancora rancoroso verso l’amico.
“E’
giunto il momento. Siete pronte, ragazze?”
– domanda Raquel ignorando i dubbi di Palermo, rivolgendosi
esclusivamente a
Tokyo e Stoccolma.
“Prontissime”
– rispondono le due in coro.
Finalmente
le donne al comando. Una missione
girls power che tutti sperano possa essere la carta vincente.
Così
danno il via all’ultimo piano, un piano
voluto dalla Banda, un piano non previsto dal Professore.
“Diamo
inizio al piano Dalì” – è
così che lo
chiamano, stavolta senza nome di città. Ma il solo e unico
piano che li vede
rischiare il tutto e per tutto, esponendosi con un simbolo di resa
evidente, di
fronte ad un governo e alla polizia.
È
proprio la polizia che, ormai, è prossima
all’attacco. Avrebbero agito in qualche modo eppure
quell’azione improvvisa
della Banda li frena, impedendogli il colpo decisivo.
“Che
cazzo fanno?” – esclama Tamayo, vedendo
uscire dalla Banda di Spagna un gruppo di ostaggi, capeggiati da tre
figure.
“Ma
quella è la Murillo!?” – aggiunge Angel,
incredulo.
“Dovevamo
tenerla qui dentro fino al termine
della rapina!” – si altera il colonnello, in
collera con se stesso per essersi
lasciato ingannare dai nemici, regalandogli ingenuamente
l’accesso di Lisbona
in Banca.
“Come
ci muoviamo adesso?” – domanda Suarez
al suo capo.
“Bisogna
ascoltarli. Hanno appena alzato
bandiera bianca” – interviene Angel.
“Non
abbassare la guardia, Suarez! Avvicinati
con i tuoi uomini…e mettiamo la parola fine a questa
pagliacciata una volta per
tutte”
-------------------------------------------------------
La
situazione è difficile anche per chi è
all’esterno
della Banca.
Marsiglia
carica Nairobi in automobile,
nonostante i tentativi della donna di dissuaderlo dal fare quanto detto
dal
professore.
“Devi
tornare lì. Dobbiamo salvarlo da quella
pazza”
“Prima
devo portarti dai dottori, non stai
bene”
“SI
che sto…”
poi si zittisce, sentendo un forte capogiro. A quel
capogiro segue un
forte dolore al petto – “Cazzo”
– esclama, premendo la mano il punto preciso
dove è stata colpita e operata.
“La
morfina a breve non farà più effetto. Avresti
dovuto essere già nelle mani dei chirurghi! Ti porto da
loro, resisti” – Marsiglia
sfreccia più veloce che può verso una vecchia
fattoria, distante da Madrid
pochi km.
Mentre
accelera, sente Nairobi trattenere i
lamenti di dolore, e prega di non trovare alcun imprevisto per strada.
Se
così fosse, la vita della Jimenez potrebbe
essere messa nuovamente in pericolo.
“Ti
fa male?” – le chiede, preoccupato, notando
che la donna è in lacrime.
“Mai
quanto quello che mi ha recato Sierra”
“Nairobi,
non crederle. Sappiamo che racconta
frottole…”
“No,
sembrava davvero sincera. Non vedeva l’ora
di scagliarmi questa coltellata al cuore. Aspettava il momento giusto,
è stata
la sua vendetta”
“Vendetta?
Perché mai avrebbe dovuto vendicarsi
di te?”
“Perché German nonostante mi avesse lasciata, mi
aveva ancora in testa. Alicia è
stata chiara quando ha detto che lui mi nominava spesso…lei
mi odiava senza
neppure conoscermi”
“Adesso
non pensare alle cattiverie dell’ispettrice.
Pensa a guarire e rimetterti in forze”
Notando
lo sconforto di Agata, Marsiglia
cambia argomento, centralizzandolo su un tema che non ha nulla a che
vedere con
quello appena affrontato.
Cioè…l’amore!
“Conosco
qualcuno talmente cotto di te che
sarebbe pronto a ricucire le ferite del tuo cuore malconcio”
“
Non
vedo l’ora di rivederlo” – risponde la
donna, spiazzando l’amico.
“Chi?”
“Bogotà”
“EH?
Dici sul serio?”
“Si,
credici o no, mi sono innamorata di lui”
Il
viso di Marsiglia si illumina e, per la
prima volta da quando Nairobi lo conosce, mostra il suo lato
più umano.
“E
pensare che ti credevo un muto soldato
animalista!” – commenta lei, distogliendo la mente
dai dolori fisici e psicologici.
“Muto
no! Soldato animalista si!” – la prende
sul ridere, sciogliendo finalmente quel ghiaccio caratteriale mostrato
sino a
poco prima.
Poi
aggiunge, riferendosi a Bogotà – “Lui
saprà renderti felice, stanne certa. Anzi, ti racconto una
cosa che è accaduta
durante quel periodo di addestramento al Monastero”
Così,
Marsiglia, intenzionato a distrarre
Nairobi dal suo dolore fisico e mentale, le racconta di un momento di
confidenza tra uomini avuto con Bogotà proprio su di lei.
“Eravamo
in camera, subito dopo il rimprovero
che Sergio ci fece perché erano le tre di notte e tutti
litigavano. Lo ricordi?”
“Certo,
io litigavo con Palermo…come al
solito”
“Già,
lui non fece altro che parlare di te e
di quanto fossi bella anche da arrabbiata”
“Come?”
– esclama, spiazzata, Agata.
“Si,
ti aveva vista per la prima volta
vestita…ehm…con pochi indumenti e gli
è venuto il batticuore! Neanche fosse un
adolescente…capirai che è un uomo apparentemente
macho ma dentro è tutt’altro”
La
gitana arrossisce, ricordando ogni momento
di quella serata, compreso il suo “pigiama”.
“Non
dirgli che te l’ho detto, o mi
prende a
pugni” – ridacchia Marsiglia,
notando un certo rilassamento di Nairobi.
A
quanto pare, parlarle di Bogotà le ha fatto
più che bene.
Questo
è ciò che pensa, specialmente perché
durante i km rimanenti che li separano dalla fattoria, non sente
più lamenti
fisici da parte di lei.
Finalmente,
e fortunatamente senza intoppi, i
due raggiungono la meta.
“Ecco
siamo arrivati” – comunica Marsiglia
all’amica.
Però
purtroppo qualcosa inizia a
insospettirlo.
Nairobi
non si è più espressa da quando hanno
parlato di Bogotà.
“Sono
dieci minuti che non apri bocca, va
tutto bene?”
In
quel momento, l’uomo nota che la compagna
ha perduto i sensi e per di più una macchia di sangue le
impregna il giaccone.
“Cazzo!”
– esclama, in panico.
Scende
rapidamente dall’auto e libera il
corpo dell’amica dalla cintura di sicurezza. Una volta presa
in braccio la
donna, raggiunge la casa poco distante.
“Chi
siete?” – domanda il tizio alla porta.
“Siamo
qui per via del Professore”
Lo
sconosciuto non ha dubbi. È la persona
mandata da Marquilla.
“Entrate
pure, vi aspettavamo da un po'. Ci stavamo
impensierendo” – afferma un altro tipo con un
camice bianco tipico da medico.
“Vi
lascio la mia amica. Io devo salvare Sergio”
“Perché? Cosa gli è
successo?”
“E’
nei guai!” – così dicendo, Marsiglia si
congeda ringraziando i due uomini e sale sul suo veicolo.
Ha
poco tempo… i minuti passano veloci,
Alicia potrebbe commettere l’ennesima follia.
Ma
soprattutto nessuno immagina che i Dalì
stanno per scendere a patti con i loro più grandi nemici.
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Capitolo 10 *** 10 Capitolo ***
La
situazione sembra davvero precipitare.
Anche
se la Polizia non è sicura delle
intenzioni dei Dalì, vedendoli lì, disposti in
segno di resa con in mano una
bandiera bianca, per di più accompagnati da numerosi
ostaggi, compreso il
governatore della Banca di Spagna, sembra aperta al confronto.
Suarez,
su ordine di Tamaio, si avvicina con
i suoi uomini, pronto ad ogni mossa, perfino estrema, pur di chiudere
la
faccenda. A lui basta il cenno del suo capo per muovere addirittura le
armi
contro i nemici.
Ma
la Banda è consapevole di quelle possibili
reazioni, così decide dal principio di agire cautamente e
senza alcun doppio
scopo, se non quello di permettere la cattura di Alicia Sierra.
Lo
sguardo del poliziotto, una volta di
fronte a Raquel, vale più di mille parole. E Lisbona legge
chiaramente nei suoi
occhi il disgusto verso una ex collega, schieratasi con
l’avversario.
“Suarez,
siamo qui per un accordo” – dice
lei, guardandolo dritto negli occhi, senza manifestare né
ansia né timore
alcuno.
L’uomo
si volta verso i compagni, con
l’intento di umiliarla, e ride di gusto –
“Puttana, nessuno qui vuole un
accordo con voi. Siamo pronti a sbattervi tutti in galera, come
meritate”
“Abbiamo
degli ostaggi con noi, siamo
sinceri” – interviene Tokyo.
“E
dovremmo fidarci di tre femminucce che i
vostri compagni hanno mandato al macello per salvarsi il
culo?” – insiste
Suarez, prendendo la pistola. La punta esattamente contro la Murillo. E
Raquel
sente raggelarsi il sangue e rivive le stesse sensazioni provate quando
giorni
prima, Sierra ordinò di inscenare la sua morte per
destabilizzare il
professore.
“Possiamo
consegnarvi l’ispettrice” –
aggiunge la leader, mantenendo sangue freddo.
“Che
cazzo dici?” – il poliziotto, in un
primo momento, è stranito da quanto udito e abbassa
istintivamente l’arma. Poi
lascia che a dominarlo sia il rancore, così aggiunge
– “Tamayo ne sarebbe
felice, ma io sarei più soddisfatto se invece ad essere
catturati foste voi,
maledetti”
Stoccolma
e Tokyo iniziano a temere e si
guardano tra loro, spaventate da una possibile carneficina.
“Lisbo,
dovremmo rientrare prima che…” – le
sussurra la Gaztambide.
“No,
non abbiamo nulla da cui scappare. Sono
certa che il colonnello non rinuncerebbe mai a sbattere in galera la
donna che
più di tutti, più di noi, l’ha
denigrato a livello nazionale ed internazionale”
– spiega Raquel, alzando bene la voce, intenzionata a farsi
udire.
Uno
degli ostaggi le porge un megafono e a
quel punto il Boss della Banda si rivolge a Tamayo –
“Siamo qui per garantirvi
la cattura di Alicia Sierra. È lei il pericolo”
“Cosa
cazzo sta dicendo?” – esclama il
colonnello, ascoltando chiaramente tali parole.
Chiuso
nella sua tenda, si muove
confusamente, sembra ragionare sul da farsi e Angel che gli
è accanto sospetta
che quella potrebbe essere l’ennesima tattica dei
Dalì.
“Non
dovremmo fidarci” – afferma,infatti.
“Sto
valutando. Potremmo metterli alla prova.
Accontentiamoli e vediamo fino a dove si spingono”
Preso
il walkie talkie con cui comunica a
Suarez la sua decisione, Tamayo opta per il compromesso.
“Dì
loro che ascoltiamo quanto hanno da dire”
Il
poliziotto riporta le stesse parole a
Lisbona che, intuendo che il Piano Dalì sta procedendo come
voleva, spiega le
mosse.
“L’accordo
è il seguente: Alicia in cambio
della nostra fuga. Faremo in modo che quanto testimoniato
dall’ispettrice ai
giornalisti contro tutti voi venga smentito. Ognuno
riacquisterà la propria
fama”
“Chi
ci garantisce che alla prima occasione
non cacciate fuori l’arma letale?” – la
provoca Suarez, sospettoso come non
mai.
“A
voi la decisione. Fidarsi o non fidarsi.
Noi vi offriamo la possibilità di catturare la causa della
vostra rovina”
“Dove
si trova?” – domanda Tamayo, ordinando
al poliziotto di porre la domanda alla Banda.
“Appena
avremo stabilito l’accordo, vi
assicuriamo che lo saprete. Noi lasceremo il paese per sempre. Nessun
tranello,
nessun inganno. Ci toglieremo di mezzo, per sempre. E voi avrete la
vostra
vendetta su Sierra” – conclude Lisbona –
“Ci state o no?” – porge la mano in
attesa di una stretta.
Stoccolma
e Tokyo intervengono a modo loro.
La
prima adagia la bandiera bianca a terra,
per marcare il segno di resa.
L’altra,
invece, si espone – “Lasceremo
uscire gli ostaggi, compreso Gandia, dimenticando che a causa sua
stavamo per
perdere una dei nostri compagni. E ovviamente il governatore che
è stato
essenziale a salvare la vita della nostra amica”
“Adesso
dovremmo anche ringraziarvi perché li
liberate? Siete dei criminali, a mio avviso dovreste marcire in
carcere,
assieme all’ispettrice” – commenta Suarez.
In
quel momento, i poliziotti vengono richiamati
nella tenda per la decisione presa dal colonnello, mentre le tre donne
dei Dalì
e gli ostaggi tornano all’interno
della
Banca.
“Allora?
accetteranno?” – chiede Denver,
riaccogliendo le compagne in attesa di novità.
“Io
temo che nulla possa volgere a nostro
favore. Tamayo non ci permetterà mai di farla franca.
Però mentre ci sarà
attenzione sulla cattura di Sierra, noi abbiamo modo di creare il
casino che ci
aiuterà a fuggire” – sostiene la
Murillo.
Poi
si rivolge a Bogotà – “In fonderia come
procede?”
“Ci
siamo quasi” – risponde lui, seppure poco
soddisfatto.
“Vedrai
che usciremo da qui in poche ore e
riabbraccerai Nairobi” – Lisbona cerca di dargli
forza, dandogli un abbraccio e
una tenera carezza.
“Io
ti capisco, amico mio! Provo lo stesso
per Sergio. Dobbiamo salvarlo”
“Ce
la faremo” – interviene Rio –
“Bisogna
organizzare la fuga, sbrighiamoci. Abbiamo sempre meno tempo”
-----------------------------------------------------
Nel
frattempo Alicia Sierra è con il
Professore e continua ad assillarlo con chiacchiere prive di
fondamento, frutto
esclusivo della sua evidente follia.
Divertita
nel prendersi gioco della Banda,
dopo aver minacciato Sergio di farlo fuori appena possibile, riprende
il
walkie-talkie e comunica ai suoi nemici.
“Cari
nemici miei, sono sempre io. volevo
dirvi che qualsiasi vostra azione può ritorcersi contro il
mio ostaggio. Fate
attenzione”
“Maledetta,
cosa hai fatto a Nairobi?” – è
Bogotá, stanco di stare in silenzio e soffrire, le grida
contro il suo odio.
E
la risata dell’ispettrice alimenta la
rabbia di tutti.
“Quello
che farò anche a Sergio a breve.
Adios” – li saluta, lasciandoli nuovamente preda
del panico.
“Ragazzi,
lasciate perdere le sue parole.
Ormai abbiamo capito che vuole distruggerci psicologicamente, non
farà nulla a
nessuno, non le conviene” – è Palermo a
parlare, sempre più certo del gioco
sporco di quella donna – “Piuttosto, diamoci una
mossa. Anzi, ci conviene
cogliere positivamente questi interventi di Sierra”
“Che
dici? Sei impazzito?” – esclama Denver.
Come potrebbero mai vedere in positivo le cattive parole
dell’ispettrice?.
“No,
dico soltanto che se lei comunica con
noi, vuol dire che è ancora nel nascondiglio. Significa che
la polizia è ancora
in tempo per catturarla”
-----------------------------------------------
Ma
le cose stanno per mutare. Di nuovo.
“Perché
hai detto quelle cose a Nairobi?” – domanda
Sergio ad Alicia.
“Zitto,
o ti tappo la bocca per la seconda
volta” – lo minaccia lei, mentre si accinge a
divorare l’ennesimo leccalecca.
“La
volevi ferire o è la verità? Il padre di
Axel era tuo marito?”
“Ho
detto ti tacere” – il tono
dell’ispettrice
è cambiato. La calma apparente della donna sembra lasciare
il passo ad un irrequieto
comportamento, come se la sua mente si fosse stancata improvvisamente
di fare la
brava e avesse deciso di sfogare la rabbia.
Sergio
pensa a quanto dolore possa aver
recato quella confessione alla Jimenez, già debilitata
fisicamente. Vorrebbe saperne
di più, indagare ed utilizzare informazioni utili a suo
vantaggio. Ma come può,
costretto ad essere ostaggio della sua nemica?
E’
proprio l’avversaria, dopo minuti di un
silenzio quasi eterno, a prendere parola – “Quel
bastardo mi disse di essere
single, di non avere legami. Amo solo te, mi ripeteva. Poi un bel
giorno, la
Spagna si innamora di alcuni idioti con le maschere di Dalì
e la tuta rossa, si
scopre di una certa Agata Jimenez e lui impazzisce”
Sierra
parla del defunto marito con disprezzo
e con il cuore pesante, di chi ha patito per colpa di un sentimento
evidentemente non ricambiato a pieno.
“Mi
riempì la testa di questa donna. Io mi
incazzai, minacciai di volere il divorzio. Lui mi disse che tra loro
era solo
sesso, evitò di parlare del bambino”
“Hai
mai pensato che magari Nairobi lo amasse
davvero e si fidava di lui?” – Sergio pensa di
intervenire ma peggiora lo stato
di Alicia, già furiosa al solo ricordo del consorte.
Lo
fulmina con lo sguardo costringendolo a
zittirsi – “Io lo amavo. Il cancro me
l’ha portato via ma forse era già voglioso
di uscire dalla mia vita da tempo” – a quel punto
il professore legge chiaramente
delle lacrime sulle sue gote.
Quella
leonessa, feroce e animata dalla fame
di vendetta, diventa mansueta come per incanto.
“Prima
di morire mi disse, “Ho un figlio,
vorrei conoscesse suo fratello un giorno”!”
– dice lei, imitando la voce
maschile, trattenendo il più possibile il dolore e i
singhiozzi.
“Buffo,
no? Scoprire dal proprio marito, in
punto di morte, che non solo pensava spesso alla sua ex, ma che ha
anche avuto
un figlio da lei… come ci si può sentire? La vita
che ti prende in giro per la
seconda volta…” – la
fragilità di una donna instabile è percepibile e
colpisce
nel profondo anche Sergio Marquilla.
“Alicia,
mi dispiace per German, per la
storia con Nairobi, per tua sorella…”
“Non
devi nominarla! Lei non c’è più e se tu
non
avessi ricevuto il trapianto di midollo prima di lei, a
quest’ora Anita sarebbe
qui e non all’aldilà”
“Midollo?”
– ripete Sergio, spiazzato – “Io
non ho mai subito questo tipo di intervento!”
“Tu
menti! Tu la conoscevi, eri in quello stesso ospedale.
“Certo,
ma non ero io la persona che tu hai
creduto responsabile!”
“Invece
sì, lei mi raccontò di un ragazzo
maledettamente simile a te, con quel tic odioso che hai solo
tu…” –
“Io
ero lì per un problema alla gamba, non
per un trapianto..” – sotto lo sguardo pietrificato
di Alicia, l’uomo rivela il
motivo di un ricovero che gli costò quasi la perdita
dell’arto e
successivamente un lungo periodo di riabilitazione.
Sospettosa,
Sierra gli solleva il pantalone
per accertarsi di possibili cicatrici ed allora lo nota.
“Non
mento, Alicia! Non sono io quello che
credi” – ribadisce, stavolta mettendo in crisi le
certezze di una donna che per
tutta la vita ha seguito un piano di vendetta, fatto probabilmente di
sole
illusioni.
Sergio
la guarda con le mani tra i capelli,
mentre cerca di controllare il suo respiro che diventa sempre
più lento.
“Alicia…”
“Zitto!
Non può essere, sei tu. Vuoi solo
salvarti la vita” – è frastornata da
notizie che mai credeva possibili. Pensa e
ripensa che forse quello è uno dei piani malefici del nemico
per mandarla in
crisi.
“Basta!
Non importa, sei tu che devi morire” –
decisa ad eliminarlo, afferra un paio di forbici e si avventa, furiosa,
sull’uomo.
Potrebbe
essere la fine certa del Professore se
non fosse che in quel preciso momento, qualcosa cambia.
Qualcosa
costringe la donna a tacere. Le
gambe le cedono e la costringono ad accasciarsi a terra. Due secondi
dopo è
priva di conoscenza.
“Che
succede?”
– domanda, preoccupato, Sergio, riconoscendo qualcuno con in
mano un arma.
“Marsiglia!”
– esclama poi, sollevato di
vedere l’amico proprio lì –
“Cosa le hai fatto?”
“Nulla,
l’ho colpita con della sostanza
soporifera!” – spiega – “Adesso
sbrighiamoci! Dobbiamo andare da Nairobi”
“I
dottori la stanno visitando? Come sta?” –
chiede il professore in pena per l’amica, mentre Marsiglia lo
libera dai lacci
alle gambe e alle mani.
“Prof,
credo sia grave. Ha perso altro sangue
e…” – lo sguardo e il tono di voce del
membro dei Dalì è poco rassicurante.
“Cosa?Maledizione”
“Dobbiamo
andare”
“Aspetta!
Portiamo lei con noi” – dice Sergio,
indicando Alicia.
Una
volta presa in braccio, Marsiglia si
avvia all’uscita.
All’ingresso
del nascondiglio, a terra, è
svenuto anche Antonanzas, colpito dagli stessi colpi lanciati alla
Sierra poco
prima.
Mentre
Marsiglia adagia l’ispettrice sui
sedili posteriori, ben attento a legarle i polsi, Marquilla, ancora nel
nascondiglio, rivolge alla Banda parole di conforto –
“Abbiamo Alicia con noi,
Marsiglia mi ha liberato. Andrà tutto bene, come procede il
piano?” – chiede.
Ma
nessuno risponde – “Ragazzi, ci siete?
Ragazzi, rispondete”
Tutti
sono posizionati alla porta della
Banca, ascoltano la decisione di Tamayo.
Stanno
per firmare l’accordo definitivo.
“Se
ci sarà anche un solo piccolo intoppo, se
Sierra non verrà catturata, vi avverto che non scamperete
più dalla galera. Non
avrete più una vita. Vi consiglio di agire come
stabilito”
“E voi che ci lascerete andare” –
conclude Lisbona.
La
stretta di mano tra le due fazioni nemiche
segna l’inizio di una collaborazione.
Sarà
davvero così?
“Davvero
hai accettato di allearti con loro?”
– domanda scioccato Angel al colonnello, una volta rientrato
nella tenda.
“Ovviamente
no! Catturata Sierra, cattureremo
anche i rapinatori! Non mi faccio ingannare da loro, di
nuovo”
|
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Capitolo 11 *** 11 Capitolo ***
Sergio
chiama più volte i Dalì all’appello,
ignaro di quanto sta accadendo al di fuori della Banca di Spagna.
“Cosa
sta succedendo? Maledizione” – il
professore è preoccupato di una possibile cattura ad opera
della polizia e la
mancanza di risposta da parte dei compagni, anche di uno soltanto di
loro, fa
temere il peggio.
Marsiglia,
nel frattempo, attende l’arrivo
del suo capo, e si stupisce del suo ritardo.
Controlla
lo stato di Alicia, ancora sotto
effetto del sonnifero, e verifica anche quello di Antonanzas, catturato
in
quanto ormai traditore dei Dalì e quindi possibile mina
vagante.
Sa
bene che è impossibile che i due si
risveglino tanto presto, ma da una folle come Sierra ci si
può attendere di
tutto. Per tale motivo lega entrambi con le medesime corde utilizzate
dall’ispettrice per imprigionare il professore.
Chiusa
l’automobile con al suo interno i due
ostaggi, Marsiglia corre incontro a Sergio.
“Cosa
fai? Dobbiamo andare via” – gli dice,
appena lo raggiunge. E’ il panico del Boss a spaventarlo come
mai prima nella
sua vita – “Neanche in guerra ho mai avuto tanta
ansia” – commenta, pretendendo
poi delle spiegazioni in merito.
“Temo
che i nostri amici siano nei guai”
“Guai?
Peggio di quelli già affrontati?”
“Esatto
e se andiamo via di qui e a loro
servisse il mio aiuto, avrei difficoltà ad
intervenire”
“Prof,
ma Nairobi…”
“Hai ragione, dobbiamo dividerci. Tu va da lei e porta con te
Alicia. Lei non è
al corrente della fattoria come rifugio, almeno spero. Quindi non
saprà neppure
dare delle indicazioni sul luogo, semmai dovesse contattare dei
soccorsi”
“E
dovrei lasciarti solo? Non conviene
separarsi più, visto quanto stava per accaderti”
“Lo
so, Marsiglia! Però è essenziale per la
salvezza di tutti” – gli dà una pacca
sulla spalla, mostrandosi visibilmente
teso.
“Appena
avrai notizie degli altri, avvisa! Io
verrò qui a prenderti il prima possibile”
Sergio
annuisce e con il magone vede l’amico
andare via.
Chissà
se ha fatto la cosa migliore a
rimanere lì? Non aveva altre scelte…e poi, chi
potrebbe mai scoprirlo adesso
che Alicia è fuori gioco?
Marsiglia
sfreccia veloce verso la
destinazione, percorrendo strade poco trafficate, zone di campagna,
brecciate o
malandate. Il tutto pur di evitare blocchi della polizia.
Così raggiunge, con
un’ automobile ormai malconcia, la fattoria dei dottori.
I
serbi, alleati di Sergio, sono tutti lì,
radunati su richiesta dei medici per tutelare l’area da
improvvisi arrivi non
voluti.
Sono
proprio questi uomini ad aiutare
Marsiglia a portare gli ostaggi all’interno
dell’abitazione.
“Come
procede con Nairobi?” – domanda poi ai
compagni.
“Quella
poverina stava rischiando grosso.
Mancava poco e moriva definitivamente” – spiega
l’unica donna del gruppo di
sicari – “Mi sono occupata personalmente di
sistemarla per la visita medica,
togliendole gli abiti, ripulendola, e rivestendola subito dopo. Il suo
corpo è
martoriato”
“Poverina,
ha patito troppo” – sostiene,
amareggiato, Marsiglia – “Spero che quando tutto
sarà finito, avrà il lieto
fine che merita”
“A
proposito di lieto fine…che si fa con
questi due?” – uno dei serbi fissa lo sguardo su
Alicia e il poliziotto.
“Questo
tipo russa troppo per i miei gusti” –
commenta la donna, riferendosi ad Antonanzas, dandogli un colpetto per
farlo
tacere. Ma invano, anzi il russare di lui sembra aumentare e
ciò crea un
momento di ilarità che scioglie la tensione e distoglie i
pensieri dal panico
che tutti i Dalì, inclusi i serbi, stanno vivendo con questa
seconda rapina.
“C’è
qualcosa che non mi torna, ragazzi” – e
così Marsiglia spiega ai presenti quanto accaduto con il
professore e ciò che teme
sulla possibile cattura dei rapinatori.
“Avrebbero
dato la notizia ai notiziari di
tutto il mondo se questo fosse accaduto, non pensate?”
– ipotizza uno dei
serbi.
“Vero”
– confermano gli altri tre.
“Non
se a loro giova poco mostrare alla
nazione la conquista di chi ormai è considerato un
eroe”
“Cosa
intendi dire?” – domanda la donna a
Marsiglia.
“E
se attendessero il momento giusto per dare
la notizia? Aspettano di catturare la mente di tutto
ciò….il professore! Semmai
dovessero arrivare a lui, sarebbe la fine”
-------------------------------------------
I
Dalì hanno comunicato alla polizia l’esatta
posizione di Alicia Sierra, presentandosi tutti all’ingresso
della Banca.
Nessuno di loro era presente e aveva con se il walkie talkie per
comunicare con
Sergio al momento in cui lui lì chiamò.
Il
professore non demorde e insiste per
svariati minuti, nel mentre cerca di elaborare un possibile piano di
salvataggio.
Intanto
i rapinatori hanno stabilito il definiivo
accordo con Tamayo e il colonnello è stato chiaro: si
prevede che tutti i Dalì
rimangano fuori dalla Banca di Spagna fino a quando le volanti della
polizia non
comunicheranno al colonnello la cattura dell’ispettrice.
“C’era
da aspettarselo” – sussurra Tokyo a
Lisbona . “Ci costringono qui fuori per poterci sbattere in
galera appena ne
hanno modo”
“Non
si fidano, però quando Alicia giungerà
qui chiuderemo noi la faccenda, a nostro vantaggio”
– sostiene la Murillo.
Se
c’è una carta in più che lo Stato
ignora è
la collaborazione di Manila, così come quella dei saldatori,
nella rapina. E sono
proprio loro, rientrati su volere della Banda assieme agli ostaggi, a
eseguire
gli ordini dei Dalì.
Matias
contatta il professore, consapevole
che a rispondergli sarà nuovamente Sierra.
Sa
bene di dover intrattenere l’ispettrice
per verificare la sua presenza nel nascondiglio e
soprattutto per trattenerla il tempo
necessario alla polizia per sopraggiungere sul posto.
Ma
qualcosa va storto…si pietrifica quando la
voce che risponde alla sua chiamata non è quella attesa.
“Professore,
sei…sei tu?” – esclama,
guardando i complici che impallidiscono.
È
Manila a prendere il comando,strappando il walkie
talkie dalle mani del ragazzino – “Alicia
è ancora lì? Prof devi andartene
quanto prima. Sta arrivando la polizia”
“Che
cosa? Mi spiegate che succede? Ho temuto
vi avessero catturati tutti”
“Temo
che ciò accadrà a breve se in quel nascondiglio
non verrà trovata l’ispettrice Sierra”
– risponde la ragazza, cercando di
mantenere la calma.
“Come?
Ovviamente non c’è, ho detto a
Marsiglia di portala alla fattoria e…”
“Cazzo, prof! Ora sì che avranno quanto
desideravano…se non vai via da lì sarai
tu ad essere catturato…e subito dopo tutti noi”
– e con parole brevi e concise
spiega al Boss tutte le decisioni operate dal gruppo in quelle ore di
assenza
del loro leader.
Incredulo
per le scelte prese dai suoi amici,
il Professore sa di essere di fronte ad un bivio: se non
fuggirà verrà
catturato, se invece lo farà, la polizia sbatterà
in galera i suoi compagni. Il
piano Dalì risulta un totale fallimento: Lisbona e company
hanno appena reso
possibile la cattura non solo di colui che muove i fili della loro
rapina, ma
dell’unica persona che potrebbe tirarli fuori dai guai.
“Dovete
mettere al corrente il resto del
gruppo di Alicia…” -
si raccomanda Marquilla.
“Noi
tenteremo, tu non esitare e scappa!”
Chiusa la conversazione, Sergio comincia a sentire ogni sua certezza
disintegrarsi.
Un
piano, quello di Berlino, finito nel
peggiore dei modi. E lui sin dall’inizio di quella rapina,
sentiva nel profondo
che le cose sarebbero andate storte.. e così è
stato!
“Se
è Alicia che vogliono, l’avranno”
– dice l’uomo
parlando da solo con una tana vuota e buia. Servendosi
dell’ennesimo canale di
contatto con l’esterno, avverte Marsiglia e i collaboratori
stranieri, del pericolo.
“Cazzo,
lo sapevo!! Siamo nei casini! Andiamo
a salvarlo” – uno dei serbi si fa subito avanti,
senza esitare.
“Sergio
è stato chiaro! Bisogna portare con
noi Sierra” – aggiunge Marsiglia, indicando la
donna che proprio in quel
momento sembra riprendere coscienza.
“Maledetti
bastardi, dove mi avete portata?” -
si lamenta, si dimena cercando di liberarsi, grida loro parole
irripetibili,
fino a quando, una volta caricata in auto, diretti al nascondiglio di
Sergio, Alicia
grida per un dolore fisico inatteso.
“Zitta
o ti tappo quella boccaccia” – la minaccia
la donna serba, seduta accanto a lei, con una pistola puntatale contro.
“Sto
per partorire, vi prego…aiutatemi” –
questo sì che è l’ostacolo peggiore che
potevano trovarsi di fronte.
Così
mentre Manila, riesce ad uscire dalla
Banca e ad avvicinarsi a Lisbona per spiegarle quanto appena accaduto
con il
Prof, con stupore e disperazione di tutti i membri presenti, Sergio
attende
inerme la fine di quella storia.
È
al di fuori della sua tana, nascosto da un
cappello e un cappotto ingombrante, quello che indossava Alicia.
Poi
i fari di un’automobile e il rumore della
stessa che sfreccia ad una velocità oltre i limiti
consentiti, attirano la sua
attenzione…. ora tutto attorno a se ruota vertiginosamente,
le mani gli tremano,
la salivazione scarseggia, il cuore accelera il suo battito.
Qualcuno
scende dal veicolo e corre nella sua
direzione.
Sergio
non ha dubbi…
Cos’altro
sta per succedere?
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Capitolo 12 *** 12 Capitolo ***
…Tanti
anni prima…
“Il
paziente necessita di un trapianto e
questo richiederà tempo!” – dice un uomo
sulla cinquantina, con il camice
bianco, ad una coppia benestante, seduta alla sua scrivania, in attesa
di
notizie importanti.
“Abbiamo
denaro in abbondanza per permetterle
di scavalcare gli altri in lista” – precisa il
marito.
“Non
è nostra abitudine cedere a tali
richieste, siamo un ospedale serio”
“A
noi importa solo di salvargli la vita!” –
la voce tremante della donna, furiosa di fronte ad una
realtà che non le piace
– “Ci siamo rivolti a quest’ospedale
appositamente per la fama che vi precede”
“E
allora dovreste sapere che non ci facciamo
corrompere” – ribadisce il medico.
“Ma
in questo modo nostro figlio morirà!” –
tuona
il signore alzandosi dalla sedia, battendo con forza il pugno sul
tavolo.
La
disperazione è leggibile sui volti dei
coniugi, così come è percepibile la loro rabbia.
“Faremo
il possibile” – si limita a dire
l’esperto, invitando i due ad uscire dal suo studio.
“Vi
rovineremo la reputazione se non farete
quello che vi abbiamo richiesto” – li minaccia
l’uomo, prima di afferrare il
braccio della moglie e dirigersi verso la porta.
Una
giovanissima Alicia Sierra è seduta in
sala d’attesa, dopo il ricovero della sorella più
piccola.
E’
persa nei suoi pensieri e nelle sue paure
quando le passano davanti agli occhi i due consorti, intenti a
polemizzare su
quanto accaduto.
“Io
li distruggo”
“Calmati,
Samuel”
“Non
mi calmo, Teresa! Uccideranno nostro
figlio così”
Le
loro voci distraggono Alicia dalla sua
ansia, e l’adolescente, volendo o non, si ritrova ad
ascoltare la discussione.
In
quel frangente, la futura ispettrice di
polizia posa gli occhi su un ragazzino che percorre, zoppicando, il
corridoio, diretto
probabilmente alla sua stanza.
La
scena che Sierra osserva ha del
paradossale: trovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato, viene
fisicamente spinto a terra dalla furia incontenibile di un capofamiglia
che ha
appena saputo che suo figlio non sarà salvato.
“Togliti
di mezzo” – s’infuria l’uomo,
vedendo il giovane sulla sua strada.
Seguito
dalla moglie, raggiunge l’uscita
dall’ospedale. Nessuno dei due si scusa per
l’irruenza, piuttosto lo guardano
con disprezzo.
Nel
frattempo il povero paziente della
clinica tenta di rialzarsi.
Alicia
gli corre incontro e gli porge una mano
per aiutarlo a sollevarsi dal pavimento.
Trovandosi
faccia a faccia, i due si
sorridono senza aggiungere parole.
“Certa
gente non sa cos è il rispetto!” –
commenta poi la ragazzina.
Il
giovane sconosciuto non risponde, si
limita ad annuire.
“Signorino
Marquina, cosa ci fa qui in
piedi?” – una voce alle spalle dei due, irrompe
all’improvviso. È un’infermiera
che, trovando il paziente fuori dalla stanza, lo rimprovera,.
portandolo
via con poca delicatezza.
Sierra,
esterrefatta, guarda la scena promettendosi
un giorno di difendere gli altri da persone di quel basso livello. Non
avrebbe
mai immaginato che la persona appena incontrata e verso la quale ha
nutrito
compassione e dispiacere, diventerà il suo nemico numero
uno: il Professore.
In
quei minuti, l’adolescente torna ai suoi
pensieri, focalizzando l’attenzione sulla porta di una camera.
“Sorellina,
ti ho portato il tuo caffè
macchiato” – compare alle sue spalle una fanciulla
molto somigliante ad Alicia,
con i capelli rossi, e i lineamenti dolci.
“Grazie,
Tati!” – la ringrazia l’altra.
“Che
si sa? Ancora nulla?”
“Niente,
sono chiusi in quella stanza con il
dottore. Speriamo ci diano notizie positive…”
Il tempo scorre rapido, e il silenzio fa da sottofondo ad un dolore che
le due
sorelle Sierra condividono, mano nella mano.
“Eccoli”
– sobbalza la maggiore, alzandosi in
piedi, riconoscendo i genitori assieme al medico.
“Raccontateci
tutto” – domanda ansiosa
Tatiana.
Il
capofamiglia, da sempre risoluto e freddo,
si lascia andare ad un improvviso pianto.
Stringe
a se le sue figlie più grandi, per
poi comunicare loro – “Salveremo la piccola
Anita!”
Gli
specialisti sono stati chiari. Per la
situazione della giovanissima paziente, affetta da leucemia,
è necessario ed
urgente un trapianto di midollo. Ed ora hanno un donatore.
Nessuno
immagina cosa accadrà da lì a poche
ore.
Quella
stessa notte, i Sierra vengono
chiamati d’urgenza in ospedale.
Sergio
è nel suo letto, intento a leggere un
libro, prestatogli dal compagno di camera. Ha appena notato che un
bambino è
stato condotto in sala operatoria e giurerebbe di aver riconosciuto due
persone
che erano assieme a lui e gli tenevano la mano.
“E’
il tipo che mi ha spintonato” – riflette
ad alta voce, alzandosi e zoppicando fino alla porta, appoggiandosi ad
essa
come supporto.
Ed
è in quel momento che la situazione
precipita. Rumori e spostamenti sospetti di medici ed infermieri
provenienti da
una camera in particolare, poco distante dalla sua, lo preoccupano.
Sarà
quello il momento in cui tutto nella
vita di Alicia e dei suoi parenti cambierà radicalmente.
“Cosa
sta succedendo?” – chiede, in pena,
all’infermiera
di turno.
“Torna
a dormire” – gli tuona contro la
donna, costringendolo ad indietreggiare verso il letto. Poi gli chiude
bruscamente la porta in faccia non permettendogli di guardare quello
che
sarebbe diventato il segreto più oscuro della Clinica.
La
notizia della morte improvvisa di Anita
Sierra scuote tutti, Sergio incluso.
Lui
conosceva quella bambina con cui più
volte chiacchierò.
Contrariamente
a quanto ci si aspettava,
ovvero la sua salvezza, la piccola perse la vita…a detta dei
dottori “per una
leucemia fulminante che impedì loro di agire
tempestivamente”
Tutto cambiò dopo quella dannata notte: Alicia non fu
più la stessa. La sua
mente cadde vittima di un dolore dal quale non si guarisce mai. E
ciò che
accadrà da lì in poi è
storia…
Se
Tatiana diventerà una ladra, la sorella maggiore
entra nella Polizia. Nella mente di quest’ultima, la follia e
la
sofferenza trasformarono
la visione dei
fatti. La sua pazzia la portò a distorcere la
realtà. Fu questo il motivo per
il quale ad oggi, l’ispettrice
è certa
al cento per cento che il “colpevole” è
Sergio Marquina.
Lei
immaginò cose mai accadute, comprese le
parole di Anita riguardanti questo amico con un tic particolare, quello
degli
occhiali. Così, una volta vedendolo al matrimonio di
Tatiana, la sua follia si
tramutò in rabbia ceca, in vendetta…e ha
modificato i ricordi.
Il
giorno seguente, i Sierra vennero a
conoscenza della salvezza di un certo Arturo, figlio di una famiglia
che
possedeva tanti diamanti. Ai parenti della giovane vittima
bastò poco per
intuire che forse quei ricconi sborsarono denaro per la vita del loro
ragazzo,
causando però la scomparsa prematura della loro bambina, non
operata
tempestivamente.
E
basandosi su quell’idea, denunciarono
l’ospedale, ma non vennero mai creduti. Tatiana, in nome di
sua sorella, orchestrò
proprio contro di loro la sua prima rapina, volendoli privare delle
loro
ricchezze.
Alicia,
invece, preda della disperazione e di
una depressione mai superata, non immagina assolutamente che ha
addossato la
colpa del suo dolore ad un uomo estraneo alla vicenda, colpevole di
trovarsi
nello stesso ospedale e di averla conosciuta casualmente. .
**************************************************
OGGI….
Sergio
teme di essere stato scoperto. La
Polizia è giunta fin lì ed è prossima
a catturarlo, ne convinto!
In
quel frangente, sentendosi in pericolo,
prova a correre quanto più veloce possibile, però
è un'altra automobile ad irrompere
in quella direzione e a tagliargli
la strada.
“Ehi,
fermati” – gli ordina la voce alle sue
spalle.
Istintivamente,
Marquina alza le mani in
segno di resa.
Buffo,
pensa il Prof, quella voce sembra fin
troppo familiare.
Due
uomini, nel frattempo, scesi dal veicolo,
lo circondano.
Così
il Professore si volta lentamente verso
la persona alle sue spalle, trovandosi di fronte una donna
incappucciata.
“Dove
è mia sorella?” – gli domanda lei.
“Chi?”
– esclama, spiazzato, l’uomo, tentando
di capire chi potesse essere la tipa.
In
tale istante, la sconosciuta si libera del
cappuccio e degli occhiali da sole che le coprivano parte del volto.
“Non
ci credo! Sei davvero tu?” – esclama il
fratello di Berlino, scioccato.
“Finalmente
ci si rivede…. Cognatino!”
|
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Capitolo 13 *** 13 Capitolo ***
Le
vite dei Dalì al completo, inclusa quella
di Alicia Sierra, s’incasinano più del previsto.
Sergio
sapeva dal principio che questo piano
era un suicidio, eppure mai avrebbe immaginato che tutto potesse
vacillare
mettendo in pericolo ognuno di loro.
E
così, colto alla sprovvista da un arrivo
inaspettato, resta pietrificato di fronte ad una donna dai capelli
rossi che
conosce bene.
“Tatiana…tu…?!”
La
ex moglie di Berlino accenna un sorriso
compiaciuto, felice di aver sorpreso e aver fatto tremare per qualche
secondo
il noto ed intelligentissimo Professore.
“Felice
di rivederti!”
Marquina
si guarda attorno, costatando che la
ladra ha con sé degli uomini.
“Cosa
vuoi? Sbaglio o hai chiuso con ciò che
riguarda mio fratello!”
La
rossa sospira, quasi infastidiata dal
ricordo dell’ex marito. Poi precisa – “Se
avessi definitivamente chiuso con
Andrés, non sarei venuta a cercarti”
“Che
intenzioni hai Tatiana?”
“Innanzitutto,
non mi sembra piacevole il
tono che usi nei miei riguardi. Eravamo cognati una volta!”
– puntualizza,
facendo poi cenno ai tipi alle spalle del Professore di avvicinarsi e
caricarlo
in auto.
“Ehi,
cosa volete? Lasciatemi stare” – Sergio
cerca di svincolarsi, ma la prestanza fisica dei complici della donna
rende
impossibile qualsiasi mossa.
Una
volta controllato che attorno a sé non ci
fossero intralci, la quinta moglie di Berlino sale sullo stesso veicolo
dove
viene caricato Marquina.
“Andiamo
via di qua, subito!” – ordina
all’autista, e in un battibaleno il mezzo sfreccia lontano.
***********
Anche
Marsiglia, alla guida dell’automobile,
non se la passa benissimo.
Alicia,
in pieno travaglio, grida di dolore, generando
il panico totale tra i serbi.
“Sergio
ha detto che la Banda è nei casini! E
Sierra può essere una salvezza, quindi non perdiamo la
lucidità!”- ripete il
Dalì presente per tranquillizzare i colleghi.
Invece
la donna serba, seduta di fianco
all’ispettrice, è nervosa perché nella
sua morale non rientra di certo causare
problemi ad un bebè in arrivo.
“Non
voglio neonati sulla coscienza” –
sussurra, irritata, avvicinandosi all’orecchio
dell’autista.
E
Marsiglia, dello stesso parere di lei, opta
per la soluzione più rapida.
“Al
diavolo!” – esclama, invertendo il
tragitto.
“Dove
cazzo andiamo ora?” – il tipo seduto
alla postazione passeggero sobbalza per via della manovra improvvisa.
“Prendiamo
una scorciatoia!”- spiega l’ex
sicario. Percorrere alcuni chilometri in una via poco trafficata, a
tratti
brecciata, con dossi e buche, non aiuta di certo la donna dolorante a
rilassarsi come dovrebbe durante un parto.
“Aiutatemi
vi prego” – esausta per le
contrazioni sempre più ravvicinate, Alicia supplica e fa
appello alla
solidarietà femminile, rivolgendosi proprio alla serba -
“Non uccidete mio
figlio”
“Noi
non siamo assassini!” – ribadisce Marsiglia
udendola pronunciare accuse assurde –
“Sei tu che ci hai sempre disegnati
così!”
Ennesima
contrazione ed ennesimo grido che
distolgono la futura mamma dall’ascolto delle parole del
Dalì.
Ma
ecco che finalmente tutto sembra giungere
al termine.
“Siamo
arrivati” – esclama l’ex sicario,
parcheggiandosi il più vicino possibile al nascondiglio di
Sergio.
Marquina
non risponde più, è diventato
irrintracciabile e questo preoccupa più del dovuto i suoi
complici.
“Fate
piano, idioti! Fa un male che voi non
potrete mai capire!” – urla Sierra, mentre gli
uomini del Professore le danno
una mano a scendere dall’automobile.
Inutile
appurare la presenza del Boss della
Banda perché di lui nessuna traccia.
“Allora?
L’hai trovato?” – domanda Marsiglia
al serbo più giovane che scuote il capo, confermando la
totale scomparsa della
sola persona che può salvare il piano, per
l’ennesima volta.
“Perché
ha voluto che venissimo fin qui se
poi lui non c’è?”- si domanda,
sospettoso, Marsiglia.
In
quel momento un ricordo del passato, dei
mesi durante l’addestramento, si fa strada nella sua mente
portandolo a
prendere il comando.
“Se
dovesse succedere qualcosa, se io non dessi più segnali, se
il nascondiglio
rimanesse incustodito, spetta a te prenderne controllo! Mi raccomando,
ricorda
sempre… i Dalì vengono prima di tutto!”
Furono
queste le parole che il professore
rivolse all’ex sicario, sapendolo come unico membro della
Banda posto
all’esterno della Banca di Spagna e di conseguenza
l’unica ancora di salvezza
di cui disporre all’evenienza.
E
così, deciso a rispettare i patti, comunica
ai serbi – “Badate ad Alicia, io mi allontano un
attimo. Devo mettermi in
contatto con i miei compagni!”
Entra
nel nascondiglio in un battibaleno,
indossando senza esitazione le cuffie del Professore e adoperando ogni
strumento
di comunicazione per entrare in contatto con i compagni di squadra.
“Sono
Marsiglia, ci siete?”
Dopo
vari minuti di silenzio, a prendere
parola è una voce femminile.
“Sono
Manila!”
“Bene,
allora? Cosa succede? Come procede la
fusione dell’oro?”
“Abbiamo
cambiato i piani. Matias e i
saldatori stanno raccogliendo parte di quelle pepite e le utilizzeremo
come
merce di scambio!”
“Che cosa?” – esclama sconvolto
l’uomo – “Ma il Professore aveva
stabilito
che…”
“La
situazione è precipitata e abbiamo dovuto
salvarci il culo!” – precisa la donna.
“Cosa
si fa con Alicia, invece?”
“Mi
raccomando, tienila lì. Sta arrivando la
polizia! E’ bene che la prendano o per noi sarà la
fine” – così dicendo Manila
chiude la conversazione, lasciando Marsiglia nel panico più
totale.
Pensieroso
e nervoso, torna all’ingresso
laddove i serbi sono alle prese con la partoriente.
Sierra
è a terra, con il viso sudato e
stravolto dal dolore fisico.
“Notizie?”
– domanda uno dei tre tipi al
Dalì.
“Dobbiamo
andarcene quanto prima! La polizia
sta venendo qui”
“Cazzo”
– esclama uno degli uomini stranieri,
dirigendosi diretto al veicolo.
“Aspettate,
che facciamo con lei? Sta per
nascere il bambino” -
solo la serba
sembra mostrare un minimo di compassione per la creatura che a breve
verrà alla
luce.
“Il
punto è questo: o lei, o la nostra
Banda!” – precisa Marsiglia, a malincuore.
Il
momento che segue è cruciale. Ne va della
vita di un neonato, ma anche della sicurezza e della libertà
dei Dalì.
Le
parole del Professore sulla priorità della
sua squadra riecheggiano nelle orecchie di Marsiglia, senza dargli pace.
“Abbiamo
rischiato di perdere Nairobi per
colpa di questa donna, e della polizia…adesso è
bene che ad occuparsi di lei
sia chi di dovere” – la decisione viene presa,
seppure con fatica.
“Maledetti,
mi lasciate qui? bastardi! Siete
come immaginavo, criminali assassini! La pagherete,
sappiatelo” – Sierra tuona
contro il gruppetto prossimo alla fuga, e per la prima volta nella sua
vita
teme per l’incolumità di un essere innocente,
ingiustamente messo alla gogna.
Con
il cuore a pezzi, Marsiglia accende
l’auto e sfreccia via, certo di aver compromesso per sempre
la vita di un
bambino e di aver alimentato la voglia di vendetta di Alicia Sierra.
Nel
profondo sa che gli uomini di Tamayo
stanno per giungere sul posto e l’avrebbero soccorsa salvando
sia lei che il
bambino. È
questa la sola consolazione
che l’ha spinto ad agire per tutelare gli amici.
La
partoriente, ormai prossima alla spinta
finale, versa lacrime amare. Si sente sconfitta da una vita beffarda,
crudele,
che ha saputo solo regalarle dolore.
Poi
lo sfrecciare di un mezzo la fa
sobbalzare. Non ha via di scampo purtroppo!
Dei
passi rapidi avanzano nella sua
direzione, eppure gli occhi della donna si chiudono, è
troppo tardi per agire…l’ispettrice
perde i sensi…l’eccessivo sforzo fisico
l’ha messa k.o.
-----------------------------------
“Ci
siamo con l’oro” – comunica
Bogotá ai
Dalì, dopo aver consultato Matías dalla fonderia.
“Bene,
amici miei, a breve avremo la nostra
libertà!” – esclama felice Helsinki, non
vedendo l’ora di riabbracciare la
amata amica Nairobi.
Ma
Lisbona conosce Tamayo e teme che sia
troppo facile quella situazione.
“Non
cantiamo vittoria troppo presto.
Sbatterci tutti dietro le sbarre è ciò a cui
mirano. Non penso che
permetteranno la nostra fuga…di nuovo” –
spiega.
Intanto,
nella tenda il colonnello si
consulta con Sanchez.
“Se
trovassimo davvero Alicia lì, come
faremo? Dovremo liberare questi figli di puttana?”
“Voglio
la testa del Professore! E conosco un
modo per farlo crollare. Proporrò io lo scambio!”
– sogghigna il capo. In quel
preciso istante, riceve la telefonata dei suoi uomini, giunti nel posto
indicato dalla Murillo ore prima.
“Allora?
Avete trovato Sierra?”
La
risposta non è quella attesa.
“No,
signore! Solo un biglietto con su
scritto “Liberate i rapinatori e l’ispettrice
sarà vostra”” – legge il
poliziotto in contatto con Tamayo.
Furioso
come poche volte nella vita, il
colonnello si sfoga architettando la mossa finale.
“Ci
hanno preso per il culo! Adesso sì che vivranno
le loro luride vite dietro le sbarre!” –
così dicendo, prende un megafono e si
dirige verso l’ingresso della Banca, laddove è
radunata la Banda dei Dalì con
alcuni ostaggi.
“Cosa
succede? Perché sta venendo qui?” –
chiede Tokyo a Raquel.
La
Murillo è la prima ad alzarsi in piedi e
trovarsi faccia a faccia con l’avversario.
“Avete
ottenuto quello che volevate?” –
chiede la donna.
L’uomo
ride, scuotendo il capo – “Pensavi
davvero che mi sarei fidato di voi?” – finge.
Lisbona
lo osserva per capire se bleffa o
meno. Da ex ispettrice sa come funzionano le cose.
“Ho
il tuo professore! Perciò a te la
scelta…o ti costituisci o non lo vedrai mai
più!” – le parole taglienti del
colonnello, che gioca sporco per l’ennesima volta, colgono
impreparata Raquel.
Adesso
sì che sono davvero nei casini!
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Capitolo 14 *** 14 Capitolo ***
Tatiana
Sierra è una donna di notevole
fascino e arguzia e Berlino lo sapeva bene dal principio, da quando
iniziò la
loro storia d’amore. Fu solo in seguito al divorzio, che il
maggiore confessò al
Professore, con aria quasi pentita – “Non
ho mai conosciuto una persona tanto furba. Ed è la sua
scaltrezza a
preoccuparmi. Potrebbe sì garantirci la vittoria, ma, in
caso contrario,
decretare la nostra fine!”
Sono
proprio quelle parole a rimbombare nella
mente di Sergio, mentre è in un’auto, diretto
verso chissà dove, controllato a vista
da un uomo di grandi dimensioni, probabilmente più grosso di
Helsinki, e da
Tatiana, sedutagli accanto, senza pronunciarsi.
E’
il Marquina a rompere il silenzio.
“Mi
spieghi il motivo di tutto ciò? Vuoi
portarmi alla polizia, vero? È un modo per vendicarti di mio
fratello?”
La
rossa sospira, di nuovo, al ricordo di
Berlino e di un divorzio di cui non ha alcuna intenzione di parlare.
“Credi
che la mia vita giri attorno al mio
ex?” – finalmente apre bocca, esponendosi. Tira
fuori dalla borsetta un Iphone
e mostra a Sergio la fotografia di sfondo del cellulare.
“E’
mio marito. L’uomo della mia vita, perciò
direi che ho dimenticato Andrés da molto tempo
ormai” – precisa, piuttosto
fiera del nuovo compagno.
Il
che spiazza il Professore, il quale non
trova di conseguenza una ragione all’intromissione della
donna e a quello che
sembra essere un sequestro della sua persona.
“E
allora cosa vuoi da me? Perché mi hai
rapito?”
Quella
domanda, posta con estrema serietà, fa
ridere di gusto Tatiana, che si burla di accuse assurde mosse contro di
lei
dall’ex cognato..
“Credi
davvero che io possa prendere come
ostaggio te, sapendo che la tua fama sulle rapine ti
precede?”
Lo
sguardo della sorella minore di Alicia
sembra molto rilassato, come se ciò che ha intenzione di
fare fosse banale e di
poco conto. Eppure Sergio stesso teme il contrario e ha paura per la
sua stessa
vita. L’ingenua e perfetta donna che conobbe anni addietro
prima delle nozze di
Berlino, sembra rivelarsi tutt’altro.
Ma
è proprio lì che il Professore si sbaglia!
“Tu
conoscevi i dettagli del piano. È per
questo che sei qui, vero?” – insiste Marquina,
cercando di intuire le mosse
della rossa.
La
caparbietà dell’uomo, però, stanca
Tatiana,
che, finalmente, si pronuncia e mostra le sue intenzioni.
“Hai
un’idea errata di me. Pensi che io sia
ladra in tutto e per tutto. Certo, lo sono…ho rubato, tanto!
Perfino il piano
di Andrés, o Berlino come si è fatto chiamare
durante la rapina alla Zecca di
Stato, lo avrei “rubato” volentieri. Poi,
però, ho capito che l’unico modo per
ottenere vantaggi dalla conoscenza di quel piano era collaborare e
rendermi
utile per guadagnare quanto più oro possibile”
La
sua confessione pietrifica Sergio che a
quel punto non capisce più cosa sta accadendo.
“Allora
il tuo non è un rapimento?”
Altra
domanda, altra risata da parte di lei.
“Certo
che no! Ti ho salvato, caro il mio
cognatino! Sapevo che la Polizia era prossima ad arrivare al
nascondiglio, così
come so che mia sorella ti aveva rapito. Ho i miei giri, cosa credi?
Non a caso
ho sposato tuo fratello. Eravamo due menti geniali…sono
intervenuta appena
possibile”
“Quindi ora dove mi stai portando?”
“Al
sicuro! Dobbiamo trovare l’escamotage
perfetto per salvare i Dalì da quella fogna di gente che
rappresenta la polizia
spagnola”
Nel
pronunciare quelle parole, Tatiana mostra
tutto il suo disprezzo per le autorità che vuole
evidentemente annientare.
“Come
mai quest’astio verso di loro?”
La
Sierra lo guarda, senza rispondergli, e
cambia argomento.
“Bisogna
impedire che Tamayo e Prieto
catturino anche solo uno dei rapinatori…o sarà
dura intervenire”
“Non
accadrà”
“Come
puoi esserne certo? Loro adesso sono da
soli, senza una mente che muova i fili dall’esterno”
“Hanno
cambiato il piano originale! Hanno
proposto uno scambio!”” – confessa Sergio.
“Cosa?”
– esclama lei, esterrefatta – “Che tipo
di scambio?”
A
quel punto, amareggiato, Marquina confessa –
“Alicia, è lei che la polizia vuole… o
meglio, è lei che vuole oltre noi Dalì”
Di
fronte a tale confessione, la rossa
reagisce istintivamente - “Mia sorella va salvata, subito.
Dove si trova
adesso? Dimmelo!”
“Credo
sia troppo tardi. Quando tu mi hai
portato via dal nascondiglio, Marsiglia stava conducendo Alicia proprio
lì…a
quest’ora la polizia l’avrà
già catturata”
Sentendo
tali parole, la ladra dà ordine
all’autista di tornare indietro alla velocità
della luce – “Dobbiamo salvarla!”
Preoccupata
per lo stato della consanguinea, Tatiana
sembra perdere lucidità, come se le importasse poco, a quel
punto, delle sorti
del piano.
“Mi
sembrava ti interessasse più
l’oro…” –
commenta Sergio.
“Ho
già perso una sorella per colpa della
polizia. Non permetterò che ciò accada
un’altra volta” – così
dicendo, la rossa
ribadisce al tipo alla guida di accelerare.
Eppure
quel particolare “Per colpa della
polizia”, ha colpito Marquina, che ne rimane
alquanto
perplesso e con un interrogativo che gli balena in mente: che colpa
avevano i
poliziotti e le autorità per
la morte di
Anita?
Giunti
sul posto, però, gli ex cognati non
trovano nulla…di Alicia nessuna traccia.
“Cazzo!”
– esclama la donna, con le mani tra
i capelli – “Bisogna recarci
lì”
“Lì,
dove?” – domanda Sergio, sempre più
confuso dalle azioni insensate di una persona che invece fino a qualche
minuto
prima fu fin troppo scrupolosa e attenta a non sbagliare una mossa.
È
l’amore tra sorelle, il desiderio di
salvare l’ultimo pezzo di famiglia rimastale, a spingere
Tatiana ad agire in
quella maniera. E la sua ultima proposta ha
dell’assurdo…
“Dobbiamo
andare di fronte la Banca! Se è lì
che l’hanno portata, potremmo salvarla in qualche
modo”
“Cosa?”
– esclama, sconvolto, il professore –
“Ma non abbiamo un piano per farlo. E’ un
suicidio”
“Lo
sarà per te, non per me! Io non sono una
Dalì” – precisa –
“Non avrebbe senso catturare una sconosciuta”
“E’
troppo rischioso agire senza sapere come
muoversi!” – continua, imperterrito,
l’uomo, provando a farla ragionare –
“Elaboriamo una mossa strategica. Agire istintivamente non
è sempre la carta
vincente!”
“E
cosa proponi? Non sei Einstein…” – il
tono
di voce della Sierra minore è alterato. Del tutto differente
da quello abituato
a mostrare.
“Sono
sicuro che, fin quando è incinta, non
le torceranno un capello” – tale affermazione
sembra placare la donna. Poi puntualizza
- “Abbiamo un piccolo vantaggio che si chiama
“Tempo”.
Sotto
lo sguardo cupo di quella che ormai è
una sua alleata, Sergio premette - “Nonostante
l’ispettrice abbia recato male alla mia Banda, mettendo k.o.
una dei miei migliori
membri, tu, sua sorella, mi hai soccorso, salvandomi dalle grinfie
della
polizia. Ti devo un favore… e questo favore è la
salvezza della mia acerrima
nemica”
Risalgono
in auto ed è Marquina, adesso, a
dare ordini all’autista.
La
meta da raggiungere stavolta è quella dove
si nascondono i suoi complici. Precisamente dove Nairobi è
stata
definitivamente salvata dalle cure dei chirurgi.
“Professore!
Temevamo il peggio” – gli corre
incontro Marsiglia, non appena lo vede scendere dal mezzo.
A
quel punto, l’ex sicario riconosce Tatiana,
essendo lui presente alle nozze tra la donna e Berlino.
“Cazzo”
– esclama, sbalordito – “Che piacere
rivederti” – i due si abbracciano, sotto lo sguardo
spiazzato di Sergio.
“Siete
rimasti in buoni rapporti voi due?”
“Certo
che sì!” – commenta la rossa, seguendo
l’amico dentro la casa dove i serbi al completo si sono
radunati e dove, in una
stanza medica, dorme Agata Jimenez.
“Adesso
che siamo di nuovo tutti insieme, va
trovata la soluzione per liberare i Dalì e…Alicia
Sierra…dalle grinfie di
Tamayo e Prieto” – spiega il Boss alla squadra.
“Aspetta…
hai detto anche di liberare la
Sierra? Ma stai scherzando?” – si pronuncia
Marsiglia.
“Sì,
lei è mia sorella” – interviene Tatiana.
“Mio
Dio!” – commenta la donna serba, non
prendendo positivamente quella scoperta.
“Se
questa persona stesse fingendo e volesse
solo l’oro, salvando il culo all’ispettrice e
mettendoci tutti in galera?” –
sussurra poi all’orecchio di uno dei suoi connazionali.
E
Sergio riesce a sentire le parole della sua
complice, così da precisare – “Tatiana
è dei nostri, ve lo posso garantire.
Nessuno tradirà nessuno. E’ bene allearsi, quanto
prima, affinché ognuno possa
tornare alla vita di sempre”
Così
tutti seduti attorno ad un tavolo,
aventi come guida le parole del Professore, si organizzano sul da farsi.
Nessuno
di loro immagina che Alicia è
prossima al parto ed è stata condotta in ospedale
urgentemente.
“Allora
dottore? Come sta la paziente?” –
chiede un uomo, trepidante nella sala d’attesa, al medico di
turno.
“La
situazione è sotto controllo. Adesso sta
riposando. La bambina è nata sana come un pesce”
“Bene,
vorrei però che tenesse questa
faccenda segreta”
“Come,
prego?”
“Si,
nessuno dovrà sapere del parto e della
presenza della signora qui. Ne va della sua salvezza”
Mostrando
il distintivo al dottore, il
poliziotto ottiene il silenzio.
E
qualche ora dopo, la Sierra accoglie il suo
salvatore nella stanza dove è stata ricoverata.
“Antoñanzas,
grazie di cuore” – gli dice,
mostrandosi per la prima volta dolce e sincera.
Però
è noto quanto
Alicia sia stratega ed usi le persone a suo vantaggio.
Così,infatti, lo prega –
“Adesso, c’è un favore grandissimo che
devi farmi. Dopo quanto ho patito,
voglio vendicarmi…non mi riferisco più soltanto a
Sergio Marquina. Ma voglio i
Dalì definitivamente k.o.”
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Capitolo 15 *** 15 Capitolo ***
DOVE
ERAVAMO RIMASTI?
Alicia
Sierra,
catturata dai serbi e Marsiglia, viene condotta al nascondiglio del
Professore,
a sua volta portato via da Tatiana. Quando Marsiglia non trova
più Sergio nel
posto segreto, abbandona l’ispettrice, in travaglio e
prossima a dare alla luce
il suo bambino, e corre via assieme ai suoi complici. La donna, sempre
più
rancorosa, medita vendetta ma perde i sensi per il dolore. Nel mentre
viene
soccorsa e portata via da Antonanzas. Una volta in ospedale, dopo il
parto, la
Sierra ringrazia il poliziotto, chiedendogli un favore. Nella sua
mente,
infatti, si fa strada prepotentemente il desiderio di annientare
definitivamente
tutti i Dalì. Non vuole che a soffrire sia soltanto Sergio,
ma adesso la sua
idea è vedere morta l’intera Banda.
Invece
Tamayo
bleffa con Raquel dicendole di aver catturato il Prof, proponendole di
costituirsi per salvare la vita del compagno.
Tatiana
si è
schierata con i Dalì, decidendo insieme a Sergio di salvare
la vita della
sorella e di aiutare i rapinatori a uscire sani e salvi dalla Banca di
Spagna.
Riusciranno
nell’impresa?
Lisbona
cederà mai
al ricatto? Crederà mai alle parole del colonnello?
E
Alicia? Cosa
vuole fare adesso contro la Banda?
Tamayo
gioca la sua carta vincente. In quelle
ore, chiuso nella tenda, alle prese con le tattiche dei suoi nemici,
opta per
la soluzione che è certo lo condurranno alla resa dei due
pilastri dei Dalì.
“Catturata
una, cattureremo automaticamente
anche l’altro!”
“E
i restanti? Bisogna arrestarli, non
possono passarla franca, capo” – insiste Suarez.
“Di
loro possiamo preoccuparci in un secondo
momento. Io è la testa del Professore che voglio, e va
punita anche la Murillo,
la traditrice più grande della storia!”
Tamayo
sa benissimo del legame amoroso tra la
ex ispettrice Murillo e Sergio, quindi offrire uno scambio, per la
salvezza di
quest’ultimo, può essere la sola mossa necessaria.
Raquel
si trova nel panico totale. Sentire
della cattura di Sergio la destabilizza. In cuor suo teme possa
essergli
accaduto qualcosa di brutto, però la testa continua a dirle
“Ricorda come pensa
e come agisce il colonnello. Lui bleffa, sa bleffare e anche con te lo
sta
facendo! Non cedere!”.
La
lotta tra mente e cuore si fa dominante e
non permette a Lisbona di rispondere prontamente a Tamayo, il quale,
forte di
essere riuscito nell’impresa di sfiancamento della rivale,
continua ad affilare
la sua lama conficcandola, con decisione, tra i sentimenti della donna.
“Se
ci tieni tanto al tuo caro professorino,
dovresti valutare la mia offerta e credo che lo scambio che ti propongo
sia più
vantaggioso di quanto avresti mai immaginato!”
“Senza
prove, non ti crediamo!” – è Tokyo,
posta di fianco a Lisbona, ad intervenire, istintivamente, cercando di
obiettare
il colonnello.
Ma
l’uomo la ignora, fissando lo sguardo
impassibile di Raquel.
“Non
batti ciglio, a quanto pare la mia
proposta di salvare la vita di quel ladro cervellotico, non ti sfiora
minimamente. Inganni lui come una volta facesti con noi, giusto? Beh,
in fondo,
cosa potevo aspettarmi da una traditrice come te!”
Ed
è allora, e solo allora, quando l’accusa
di voltafaccia le viene spiattellata in faccia, come fece anche Suarez
più di
24 ore prima, Lisbona controbatte - “Vorresti me e
rinunceresti ai Dalì che
sono il tuo primo pensiero da ben due anni? No, caro mio, sono stata
dall’altra
parte, dalla parte della polizia troppo a lungo, per capire che
potresti,
intelligentemente, raggirarmi. Però, ti concedo il beneficio
del dubbio. Perché
mi dici che sarebbe vantaggioso? Spiegami in cosa consiste lo
scambio?”
“Sai
che potrei farvi sbattere tutti in cella
con uno schioccare di dita. Eppure siete tutti qui, seduti di fronte
alla
Banca, assieme a gente innocente che utilizzate come vittime per
giocare con la
nostra pazienza…invece, sai cosa ti dico? Prendo te e il
professore, in primis,
e gli altri, senza una guida come quella del Marquina, prima o poi
faranno
qualche mossa sbagliata e cadranno nelle nostre mani. Adesso solo voi
siete oggetto
dei miei interessi… entiendes?” – le
sussurra all’orecchio, mostrandole un
sorrisetto beffardo e tutta la sua malignità.
Soddisfatto
di aver insinuato il dubbio in
Raquel, adesso in lotta per il bene della Banda, Tamayo chiama a
sé l’esercito,
convocato ormai da ore e mai messo in opera, chiedendogli di circondare
ogni
angolo della Banca, così da controllare anche
l’andamento dei rapinatori. Nel
mentre, Prieto si fa avanti assieme ad agenti di polizia muniti di armi
e coperti
da capo a piedi.
“Siete
nella merda, Raquel! Te lo ripeto una
seconda volta, e sarà l’ultima. Costituisciti e
gli altri saranno liberi” – le
porge le manette, in attesa che la donna si apprestasse ad indossarle.
Stoccolma
e Tokyo, spaventate, si guardano
cercando un modo per agire e salvare la situazione.
Alle
loro spalle, gli uomini sono
visibilmente tesi. Tutto sta precipitando e la sola via
d’uscita è ottenere la
libertà con il sacrificio di Lisbona.
Per
l’ennesima volta, qualcuno deve pagare
per salvare il gruppo!
Palermo
cerca di confabulare qualcosa con i
compagni e il loro chiacchiericcio viene notato da Suarez.
Quest’ultimo, con
fare aggressivo, si avvicina e punta un fucile contro il primo
Dalì a tiro.
“Denver”
– esclama, spaventata, Monica,
riconoscendo il marito a rischio proiettile.
“Lascialo,
siamo in tregua, ricordi? O vuoi
che tutta questa gente capisca chi è il vero cattivo in
tutta la storia?” –
precisa Palermo, che sembra tornare ad indossare le vesti di Leader e
protettore della squadra.
E
Suarez di fronte a una palese verità, digrigna
i denti per poi allontanarsi, tornando a fiancheggiare Tamayo.
Quanto
a Lisbona, il piano non prevedeva
affatto la sua perdita, soprattutto dopo averla condotta da poche ore
all’interno della Banca. Eppure, la donna continua a
mantenere il sangue
freddo, non abbassandosi ai loschi tranelli del nemico.
“Alicia
Sierra era lo scambio previsto dal
nostro accordo! Perché non lo state rispettando?”
– con coraggio, Bogotà si
alza in piedi, fregandosene di avere dei poliziotti che minacciano di
fare
fuoco.
“Siete
voi a non aver rispettato l’accordo,
grassone” – replica Prieto, denigrando fisicamente
il saldatore – “Non dovevamo
fidarci, invece siamo andati nel punto preciso, da voi indicato, ma di
lei
nessuna traccia!”
“Cosa? Non è possibile” –
esclama Palermo, spiazzato, fissando gli amici.
“Silenzio”
– grida Tamayo, richiamando
all’ordine – “Murillo, attendo una
risposta…ti do’ due minuti! Basta
esitare”
Fissa
l’orologio guardando, entusiasta, le
lancette che si muovono rapide…
120
secondi per decidere le sorti delle vite
di amici, di persone le cui colpe erano state mettere in atto una
rapina e
salvare Rio.
“Mi
sono trovata per anni al posto sbagliato,
e per la prima volta sento di trovarmi tra la gente che più
mi rappresenta!”
“I
criminali?” – Tamayo si prende beffe della
ex collega.
Però
è la Murillo a zittirlo – “Tra le
persone di cuore!”
I
secondi scorrono rapidi, e dopo aver
pensato e ripensato, Raquel sceglie la libertà.
Non
la sua.
Quella
dei suoi fratelli della Banda.
“3..
2.... “ – conta l’ispettore, mentre
l’ex
ispettrice non ha più tempo, né altre scelte.
“Hai
vinto! Vengo con voi” – così dicendo,
attiva l’immediata reazione dei compagni.
“No!”
“Cosa
fai, Lisbo”
“Non
puoi cedere”
Urlano,
cercando di tirarla per un braccio
riconducendola tra loro.
Ma
la polizia interviene, lanciando fumogeni
per poter impedire alla Banda di salvarla.
Fiero,
Tamayo, ammanetta Raquel, conducendola
nella tenda, lasciandosi alle spalle il caos e la fine di una brutta
storia di
cui può definirsi vincitore.
I
Dalì, sconfitti in tutto e per tutto,
tornano nella Banca, cercando di elaborare un piano di salvezza.
“Cazzo!
Va liberata Lisbona quanto prima” –
Tokyo si muove nervosamente, avanti e indietro,
con le mani nei capelli.
“Abbiamo
perduto troppo in questa dannata
rapina, adesso basta!” – aggiunge Stoccolma.
“Secondo
voi ci daranno davvero la libertà?
Io dubito! Questi dell’esercito sono inquietanti, ho idea che
verranno per
catturarci, non appena avranno modo!” – interviene
Rio.
“A
questo punto, dubito che Tamayo voglia
tutelare l’oro di Spagna se può averci
tutti” – sostiene Manila.
Anche
tra i Dalì si susseguono pensieri
discordanti, preoccupazioni e ipotesi di un imminente The End.
Nel
frattempo, seppure conscio di non
ricevere risposta, Palermo tenta di contattare la postazione di Sergio.
Spera
di sentire la sua voce o quella di Marsiglia, e invece è
l’ennesimo buco
nell’acqua -
“Siamo soli! Nessun aiuto
esterno, nessun piano da mettere in atto per fuggire da questo
inferno”
“Io
opterei per l’uscita con le pepite d’oro”
– dice Denver.
“Sì,
così ci trivellano di colpi per
recuperare la ricchezza della Spagna!” – precisa la
moglie.
“E
se uscissimo con un ostaggio prezioso?” –
ipotizza a quel punto Bogotà.
La
sua idea attira l’attenzione di tutti.
“Nella
precedente rapina avevate il vostro
agnellino. Ma dimenticate che anche qui c’è
qualcuno di molto rilevante!”
“Il
governatore?”
“Esatto.
Lui potrebbe aiutarci ad uscire
senza rischiare”
“Tentare
non nuoce” – Palermo, per la prima
volta, accetta senza dover mettere becco sulle decisioni finali. E
ciò colpisce
i Dalì e lo stesso saldatore che risponde con un timido
sorriso.
“Preparate
l’oro, amici miei! Stiamo per
uscire” – comunica allora, dando ordine a Matias e
company di organizzarsi.
“Denver,
Rio, portate qui il Governatore…e
Gandia!”
“Gandia?”
– ripete, stranito, Rio.
“Quel
bastardo pagherà per il male che ha
fatto a Nairobi e lo farà diventando la nostra maggiore
difesa fisica!”
Il
Piano “Salvezza”, ideato su due piedi, per
pura necessità, senza una mente geniale al comando,
è la sola speranza rimasta
ai Dalì.
Hanno
chiaro che la libertà è un miraggio,
però non si arrendono.
“Che
il Piano Milagro prenda il via! Amici
miei, se tutto andrà liscio come l’olio, vi
prometto che quando avrò una figlia
la chiamerà Milagro. Perché uscire sani e salvi
in questo modo, è il milagro,
il miracolo, che ci regalerà la salvezza!”
– commenta Denver, stringendo la
mano di sua moglie.
E
mentre i Dalì si organizzano, in strada,
tra caos e gente in rivolta, giunge Tatiana.
“Cosa
sta succedendo qui?” – si chiede,
sconvolta, scendendo dall’auto.
Dietro
di sé ci sono alcuni scagnozzi,
inclusi i serbi del Professore, che le fanno da scorta.
“Uno
scenario di guerra, signora!” –
commenta, uno dei tirapiedi.
“Cazzo,
ma quella non è…?” – esclama,
incredulo, un serbo, indicando la tenda della polizia.
Raquel,
riconoscibile dalla tuta rossa, è
nelle mani di Tamayo.
“La
donna del professore” – spiega il tipo a
Tatiana.
“Quel
figlio di puttana deve aver bleffato,
costringendola a costituirsi. La tireremo fuori, però ora
pensiamo ad Alicia, e
ai Dalì!” – sostiene, certa che la
sorella si trovi nelle mani della Polizia.
Invece
la Sierra è in ospedale, intenta a
idealizzare la maniera per vincere una vera e propria guerra. E mentre
la sua
testa fabbrica idee folli, senza senso e logica,
un’infermiera le presenta la
neonata venuta alla luce con un taglio cesareo.
“Il
nome della piccola?” – chiede la ragazza
appena giunta.
“Anita”
– comunica Alicia, poi dà indicazioni
chiare e precise ad Antonanzas – “Mia figlia va
lasciata a qualcuno che può
amarla come merita!”
“Cosa?
Ma…vuole abbandonarla?”
La
risposta è evidente e leggibile dallo
sguardo fulmineo e freddo dell’ex ispettrice.
“Non
ho l’istinto materno, e con me
soffrirebbe troppo” – risponde, fissando la
finestra pur di non guardare la
bambina nella culla.
“E
poi, adesso, il mio obiettivo nella vita è
un altro!”
“La
vendetta?” - chiede, esterrefatto,
Antonanzas.
“Lo
devo ad Anita! E a me stessa”
La
televisione è accesa in quel preciso
istante e i due si trovano a guardare il notiziario che dà
chiaramente la
notizia del momento.
“La
polizia cattura Raquel Murillo, alias Lisbona. Abbiamo intervistato il
colonnello Prieto, accusato da colleghi come Alicia Sierra, di orrori
contro esseri
umani. A suo dire, sono menzogne. Al momento, la polizia si dichiara
certa di
catturare anche il noto Professore, e con la sua cattura, sostengono,
giungeranno alla fine di una guerra che il mondo chiama
“della Resistenza!”. Vi
aggiorneremo sul caso…” – a
parlare è la giornalista che trasmette immagini
in diretta, dove il caos in strada è evidente e la Polizia
sembra brindare per
la vittoria.
“Li
hanno risparmiati? Ma sono idioti” –
esclama Alicia, riferendosi al fatto che Tamayo abbia dato
libertà ai Dalì,
catturando solo Raquel.
“Signora,
io non credo sia un bene augurare
la morte…”
“Invece
sì, loro dovranno morire tutti!
Voglio che fai quanto ti ho detto poco fa!” –
precisa la donna.
“Ma…”
“Niente ma! Devi dire a Prieto e Tamayo che Alicia Sierra si
costituirà solo se
elimineranno la Banda!”
“E
lo farà davvero?” – domanda, sospettoso,
il poliziotto.
“Loro
devono solo crederlo. Poi, semmai
dovesse accadere, potrò brindare, nella mia cella, alla
morte più bella della
storia”
|
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Capitolo 16 *** 16 Capitolo ***
DOPO
TANTO, RIECCOMI. SPERO ABBIATE TRASCORSO TUTTI UNA SPLENDIDA
ESTATE, PECCATO SIA FINITA TROPPO IN FRETTA.
IO
SONO TORNATA CON LA MIA FANFICTION, MENTRE ATTENDO, TREPIDANTE,
L’USCITA
DELLA QUINTA STAGIONE DE LCDP.
VI
AUGURO UNA BUONA LETTURA E…CHE DIRE… SPERO VI
PIACCIA! BESITOS
Nascosta
nella folla di gente che patteggia per i Dalì, Tatiana cerca
di farsi spazio
per poter appurare la presenza di sua sorella nella tenda della polizia.
I
suoi uomini, disposti preventivamente in varie postazioni circostanti
la Banca,
attendono i suoi ordini o delle richieste d’aiuto.
Difficile
muoversi nel caos generatosi in seguito alla cattura di Lisbona, eppure
proprio
il trambusto diventa l’espediente necessario alla ex moglie
di Berlino per
raggiungere la postazione dei nemici.
A
pochi passi dalla tenda, Tatiana si finge una giornalista a favore
della
Polizia.
Sa
bene chi è il più “debole”,
colui che facilmente cadrebbe nella trappola.
Sergio
le ha riferito le mosse precedenti e quanto accaduto con il piano
Parigi.
“Hanno
già ingannato Tamayo, sarà semplice farlo una
seconda volta” – pensa,
ridacchiando.
E
così, sistemandosi i capelli, raccolti in una compostissima
coda alta, indossa
un paio di occhiali scuri e si appresta a recitare il primo atto della
sua
commedia.
“Lei
chi è? Non può entrare qui! Vada via”
– è la voce di Angel a richiamare la
donna.
Di
certo non è lui la persona che prevedeva di incontrare.
Tenta,
così, di operare servendosi dell’ispettore Rubio.
“Sono
Lola Fernandez del giornale “La Verdad”, vorrei far
emergere la verità sulla vicenda
dei Dalì” – sostiene, mostrando
ovviamente un bigliettino di presentazione
falsissimo.
“Senta,
la verità è che abbiamo ottenuto la vittoria.
Cosa vuole di più?”
“Ascolti,
io posso ripulire l’immagine della Polizia e dei servizi
segreti di fronte alla
nazione e al mondo intero. Potete contare sulla mia testata
giornalistica. Sono
dalla vostra parte”
Angel
fissa la sconosciuta, in silenzio, alquanto sospettoso. Con lui
è difficile
giocare la carta della finta sostenitrice dello Stato. E Tatiana lo sa
bene,
però è pronta a rischiare per avere notizie di
sua sorella maggiore.
Nel
frattempo, riesce ad ascoltare la voce di Raquel che continua a
discutere con
Tamayo e Prieto.
“Quella
che avete catturato è Lisbona, vero? La compagna del noto
Professore?”
“Mi
perdoni, non credo sia il caso di rilasciare interviste proprio adesso.
Se
vuole, ne possiamo riparlare appena tutto sarà finito.
Arrivederci” – è con
quelle parole che Angel congeda Tatiana, rimasta spiazzata
dall’esito negativo
del suo operato.
Non
le è mai accaduto di perdere, tanto mento in quel modo e in
un ridottissimo
tempo d’azione.
“Non
mi arrendo” – dice ad alta voce, varcando
l’uscio della tenda, fregandosene dei
poliziotti e di altre figure lì presenti che tentano di
scacciarla.
“Le
ho detto che non voglio che entri qui dentro! Fuori”
– grida l’uomo, esasperato
dall’insistenza della giornalista.
Lisbona,
distratta dal vociare, con la coda dell’occhio, nota la
presenza di una donna
piuttosto familiare.
Se
non fosse per la magrezza e l’assenza del pancione, la
Murillo scommetterebbe
su Alicia.
Le
insistenze della sedicente cronista attirano l’attenzione di
Tamayo, che,
seduto di fronte alla sua prigioniera, sbuffa e fa segno ai colleghi di
occuparsi della disturbatrice.
È
Angel a sussurrargli poi all’orecchio –
“Ha detto che potrebbe rilanciare la
nostra immagine, il suo è un giornale palesemente schierato
a nostro favore.
Che si fa?”
Il
colonnello si stupisce piacevolmente e invita la straniera ad avanzare.
Le
porge una sedia e la invita a sedersi. Con petto gonfio, tronfio di
soddisfazione per la evidente vincita sui Dalì, e sempre
più convinto ad avere
sotto tiro perfino il Professore, il nuovo boss della polizia
è pronto a
mettere nero su bianco le sue dichiarazioni.
Così,
la quinta moglie di Andres De Fonollosa, camuffata alla perfezione in
un ruolo
che mai nessuno, vista la sua dialettica e le sue doti recitative,
avrebbe
messo in dubbio, studia le circostanze e l’ambiente nemico.
Raquel
le siede davanti, con le manette e gli occhi fissi su Tamayo. La forza
è
leggibile sul suo volto, lei non demorde, ben certa che il suo grande
amore
l’avrebbe salvata anche stavolta.
“Cosa
mi dice di Alicia Sierra? Sbaglio o è stata catturata anche
l’ex ispettrice?” –
domanda Tatiana, tirando fuori dalla sua borsetta Louis Vuitton in
pelle, penna
e taccuino.
“Credevo
che il mondo del giornalismo si fosse evoluto; invece, posso constatare
che
siete rimasti fedeli alla cara vecchia carta!” –
sostiene Tamayo, ridacchiando,
mostrandosi perfino divertente e gentile con
l’intervistatrice.
“Idiota”
– pensa tra sé e sé Tatiana, seppure
mantenendo un sorriso finto e costruito –
“ha ragione, però sono una nostalgica. Non mi
abituerò mai alla nuova
tecnologia!”
A
quel punto, attende la risposta del colonnello circa sua sorella,
eppure questa
informazione tarda ad arrivare.
A
disturbare il momento, è l’entrata in gioco di un
poliziotto.
“Antoñanzas,
ma che fine avevi fatto?” – lo rimprovera il capo.
Congedandosi un secondo
dall’intervista, lascia le due donne da sole, mentre
è prossimo a udire,
tramite il collega, la richiesta di Alicia.
“Ehi,
Raquel, abbiamo pochi secondi, ascoltami. Sono Tatiana, mi manda
Sergio!”
“Sei
la moglie di …?” – domanda, spiazzata,
la Murillo.
“Nascondi
lo stupore dal tuo viso, o sospetteranno. Stai tranquilla, risolveremo
tutto e
vi libereremo. I miei uomini sono disposti in punti strategici.
Stavolta niente
tregue o patti assurdi. Voleremo sopra Madrid e nessuno, neppure Tamayo
e
Prieto, potranno impedirlo”
“Come
si fa con Alicia alle calcagna?”
“Alicia
è mia sorella” – confessa Tatiana.
Lo
shock sul viso di Lisbona è fin troppo evidente.
“Si,
lo so è
sconvolgente…però….devo sapere se si
trova qui!”
Angel,
rimasto nei paraggi, nota immediatamente il chiacchiericcio delle due e
il
pallore di Raquel.
“Che
succede qui?” – chiede, lanciando
un’occhiataccia ad entrambe.
Poi,
sospettoso, vuole evitare danni, e invita la giornalista ad uscire.
“Ma
eravamo alle prese con una dichiarazione del colonnello. Lei non
può trattarmi
così, come osa!” – si infuria la
sedicente cronista.
“Abbiamo
molto da fare, avrà la sua intervista. È una
promessa. Non adesso però.
Arrivederci” – con poco garbo, Rubio spinge fuori
dalla tenda la Sierra.
“Maleducato,
avrete tutti la giusta punizione” – brontola
Tatiana, apprestandosi a riunirsi
ai tirapiedi.
Ed
è allora che ottiene la verità che cercava.
Appartati
a pochi passi dalla postazione della Polizia. Antoñanzas e
Tamayo parlano di
una questione delicata e Tatiana è ben lieta di origliare.
“Alicia
Sierra vorrebbe che noi uccidessimo i
Dalì?””
“Si, signore. In cambio, si costituirà”
Quella
idea sembra folle perfino ad un allocco come il colonnello, il quale
non può
non riderne.
“Riferisci
a quella maledetta che è meglio per lei non giocare sporco
perché potrebbe
finire male”
“Quindi
farà quanto richiesto? Li eliminerà?”
– chiede, preoccupato, il poliziotto.
“A
me interessa solo la mente di questa banda di marionette…il
professore! Alicia
e Sergio Marquina sono le teste che voglio. Tutto il resto
verrà da sé! Adesso
sono io che esigo da te qualcosa!”
“Mi
dica!”
“Dove
si trova quella pazza di Sierra?”
“In
un ospedale privato, signore. Ha dato alla luce una bambina ed io ho
avuto il
duro compito di disfarmene in un battibaleno”
Sentire
tali parole, pietrificano Tatiana – “Alicia, cosa
cazzo hai fatto!?”
Presa
dalle mille preoccupazioni, la ex moglie di Berlino si allontana.
Compone un
numero e contatta il suo alleato.
“Ehi,
sono io! Era un bluff. Mia sorella non è con loro. Non
l’hanno catturata. Hanno
preso Lisbona, però! Mi dispiace…”
“Maledizione!
Devo intervenire e salvarla”
“Sergio,
ho sentito Tamayo…lui ti vuole arrestare. Se scova il tuo
rifugio, poco gli
interesserà avere Raquel. Punterà esclusivamente
a te!”
“Non
mi importa. Devo salvarla. Costi quel che costi”
Senza
esitazione alcuna, chiede un passaggio a Marsiglia, ordinandogli che,
non
appena lui sarà sceso dal mezzo, dovrà scappare
più veloce della luce.
“Come
posso abbandonarti? Non lo farei mai”
“Devi!
Te lo ordino, amico! Pensa soltanto che ciò che fai
è per il bene del Piano e
della Banda, ok?”
E
così, mentre Marquina è prossimo a raggiungere il
nemico numero uno, la
Polizia, Tatiana han estrapolato notizie sul luogo dove si rifugia sua
sorella.
Ed
è esattamente lì che si dirige.
------------------------------------------------------------------------
“Siamo
pronti ad uscire?” – domanda Tokyo alla Banda.
Bogotà
tiene legato con forza Gandia e ne approfitta di tanto in tanto per
colpirlo,
volendolo “torturare” così come fece lui
ore prima con Nairobi.
Il
governatore è, invece, fiancheggiato da Denver e Helsinki.
Gli
altri ostaggi sono sotto gli occhi vigili dei restanti Dalì.
Decisa
a liberarsi, azzardando perfino mosse senza senso, la squadra di
rapinatori
lascia la Banca, con il cuore a mille e le gambe tremanti.
A
passo spedito, con la medesima andatura, tutto il gruppo raggiunge la
scalinata
esterna.
Questo
accade contemporaneamente all’arrivo di qualcun altro.
“Professore,
è sicuro di voler rischiare? Abbiamo fatto tanto per evitare
la cattura” –
Marsiglia tenta ancora di dissuaderlo da un’azione senza
logica.
“Amico
mio, sei stato fondamentale. Affido a te la salvezza degli altri, mi
raccomando”
Con
una pacca sulla spalla, Sergio Marquina scende dal mezzo,
parcheggiatosi
esattamente a pochi passi dalla Banca di Spagna.
“Ehi,
guardi lì, capo” – comunica un
poliziotto a Tamayo.
“Stanno
uscendo tutti” – afferma, notando i
Dalì, uno ad uno, raggiungere l’esterno.
L’esercito,
la polizia, e gli agenti segreti, disposti ad accerchiare
l’edificio, sono in
attesa di un ok per sparare ai nemici.
Un
ok che non arriva. È Prieto a negare atti violenti e
disumani di fronte al
mondo intero.
“Abbiamo
l’occasione di catturarli tutti quanti” –
sostiene poi, conversando con il
collega.
“No,
lo faremo in un altro momento. A breve avremo nelle nostre mani la
gemma più
preziosa” – con sorriso malizioso, Tamayo si
appresta ad accogliere nella sua
tenda il famoso e ingegnoso Professore. Ormai è questione di
secondi.
E
infatti…
“Eccomi”
– ed è proprio la voce di Sergio, a far sobbalzare
i presenti – “Sono Sergio Marquina,
mi costituisco”
Lisbona,
impallidita, trovando il compagno nella tana del lupo, non trattiene le
lacrime.
“Cosa
stai facendo? Sei impazzito”
“Silenzio”
– la zittisce Prieto. Poi, soddisfatto, comunica ai suoi
uomini – “Lasciate i
Dalì, sono nulla senza il loro Boss. Piuttosto, date loro la
notizia… hanno
perso! Abbiamo vinto noi, è bene che spariscano
definitivamente prima che sia
io a cambiare idea e li sbatta tutti quanti in galera”
Ai
due colonnelli poco interessa sapere il governatore e Gandia nelle mani
dei
rapinatori. Hanno il loro tesoro tra le mani e il resto ha valore zero.
E’
Tokyo, furiosa come non mai, dopo aver udito che il suo angelo custode
si è
costituito per salvare la Banda, a sfidare i nemici.
Non
sembra controllarsi, e cerca di avanzare verso coloro che, ormai
brindano di
felicità, e ignorano le sue mosse ribelli.
Piuttosto
alcuni poliziotti, le ridono in faccia.
Sono
Rio e Denver a frenarla – “Calmati, lo salveremo.
Però non così”
Gli
scagnozzi di Tatiana, rimasti fermi nei posti stabiliti, intervengono
dato il
caos creatosi.
“C’è
un camion che vi condurrà alla salvezza! Sbrigatevi, abbiamo
poco tempo”
Quanto
accade ha dell’incredibile. Il piano originario, andato a
puttane da più di 48
ore ormai, vede la squadra sparire nel nulla, trovando la
libertà a discapito
di quella del loro amato Professore.
Mentre
percorrono i chilometri che li separano dal rifugio dei serbi, i
Dalì piangono
e si disperano per l’accaduto.
“Non
doveva finire così, cazzo!” – continua a
ripetere Tokyo.
“Abbiamo
fuso oro per giorni e giorni. Ne abbiamo portato fuori buona parte,
però… il
tesoro più grande l’abbiamo perduto in quella
dannata tenda” – singhiozza
Stoccolma, riferendosi a Sergio.
Quando
il furgone ferma la sua corsa, i rapinatori si trovano in una casa di
campagna,
abbandonata.
“Marsiglia”
– urla Bogotà, trovandovi l’amico ad
accogliere i colleghi.
“Ho
dovuto accompagnare il Prof fino alla sua prigionia. È stata
l’azione più
difficile che ho commesso negli ultimi anni. Ho praticamente lasciato
il mio
alleato di fronte al suo patibolo”
“Non
abbattiamoci, anzi. Va trovata la soluzione per liberare sia lui che
Lisbona” –
sostiene, deciso, Palermo.
“Ma
come? Noi non siamo Sergio, tantomeno Berlino. Non abbiamo la minima
idea di
come realizzare un piano perfetto” – si abbatte Rio.
“Con
l’aiuto di Tatiana sì” –
comunica Marsiglia, ricordando la grande astuzia della
donna che vide sposare l’amico Andres.
Entrati
nell’abitazione, si dispongono in una stanza grande per
decidere il da farsi.
C’è
qualcuno, però, che si dirige al primo piano, diretto verso
una stanza
specifica, avendo come priorità la visione della donna che
ama e che vuole
disperatamente rivedere.
Con
occhi lucidi, e il cuore a mille, Bogotà varca
l’uscio e nota finalmente la sua
Nairobi, addormentata, in un grande letto matrimoniale, ed è
sana e salva.
Nessuna
visione più celestiale di quella!
“Amore
mio, sono tornato e non ti lascerò mai
più” – le sussurra, dandole un candido
bacio a stampo, assaporando il profumo di lei e avvinghiando a
sé delle emozioni
talmente forti che non ha più alcuna intenzione di scacciare.
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Capitolo 17 *** 17 Capitolo ***
Bogotà
siede accanto alla Jimenez, ancora addormentata in seguito
all’ennesima, e
fortunatamente ultima, operazione di salvezza, e ascolta quel respiro,
come
fosse la sua canzone preferita, mentre il suo cuore batte
all’impazzata… quel
tipico batticuore di chi scopre l’amore per la prima volta.
Con
delicatezza, le accarezza il viso, cibando i suoi occhi della bellezza
di una
donna dalla tempra invidiabile, il cui corpo porta ferite di una guerra
vera e
propria, e che, nonostante ciò, è lì,
sana e salva.
“Amore
mio, mi sei mancata da morire!” – le sussurra
all’orecchio, emozionato.
Niente
e nessuno potrà più separarlo dalla sua fonte
vitale, dalla sua Nairobi.
E
così, con lo sguardo fisso sulla falsaria, diventata la Boss
non solo dei suoi
uomini ma anche del suo cuore, Bogotà adagia il capo sul
bordo del letto e si
lascia andare ad un pianto liberatorio.
Finalmente
può sfogare le ansie, le tensioni varie, e quei mille timori
di un non ritorno.
Finalmente può far scivolare quante lacrime possibili,
perché sa che l’altra
metà del suo cuore è al suo fianco… ed
è viva!
“Non
appena tutta questa storia sarà finita, ti
porterò via con me e la prima cosa
che farò sarà sposarti. Voglio che tu diventi mia
moglie, voglio iniziare una
nuova vita, sapendoti ogni mattino nel mio letto, stretta tra le mie
braccia.
Voglio ridere delle tue battute, voglio vederti ballare come solo tu
sai fare,
voglio regalarti notti magiche, unirmi a te, prepararti la colazione,
magari
cantandoti canzoni d’amore...” –
Bogotà mostra un lato di sé sconosciuto, che
non sapeva di possedere, pronunciando parole pensate e mai dette,
estremamente
romantiche, di quelle sempre sognate da Nairobi –
“… voglio essere il compagno
perfetto, l’amico perfetto, l’amante
perfetto… ed esaudire ogni tuo desiderio”
Impossibile
non resistere di fronte a tanta tenerezza. Così, mentre il
saldatore continua a
immaginare il futuro con Agata, fissandole la mano martoriata dalle
torture di
Gandia, è proprio la Jimenez, con un filo di voce, a
manifestare la gratitudine
per un amore smisurato nei suoi confronti. E nel farlo, abbandona il
lato da
guerriera, manifestando solo quel desiderio di essere finalmente
avvolta da
braccia possenti, pronte a difenderla da qualsiasi avversità.
Per
anni ha dovuto difendere se stessa dal dolore e dai
pericoli… ora basta! È il
momento di sentirsi protetta, protetta fino in fondo.
“Come
ho potuto non innamorarmi di te, sin da subito”
La
sua voce fa sobbalzare Bogotà, accortosi del risveglio della
falsaria.
Solleva
lo sguardo, spostandolo su quello di Nairobi.
La
gitana gli sorride con gli occhi, mentre la sua mano intreccia quella
dell’uomo.
“Perché
mi sono nascosto dietro l’immagine che si era creata di me, o
meglio, che io ho
creato di me stesso” – confessa, avvicinandosi
sempre di più al viso della
Jimenez.
Perso
negli occhi di lei, così come nei momenti dentro la banca,
quando la curò dopo
la prima operazione, le sfiora le labbra, voglioso di assaporarle.
E
lei risponde - “Cosa aspetti a baciarmi?”
– mordicchiandosi il labbro inferiore.
Bogotà,
arrossendo, non esita. Con la delicatezza che lo contraddistingue,
adagia la
sua bocca sul collo della falsaria, che sente il corpo gemere, e
stavolta non
per il dolore.
Dal
collo, Bogotà sale su accarezzando, con la punta del naso, i
lineamenti del
viso di Nairobi.
La
Jimenez avverte un forte calore dal basso ventre, felice di poter
finalmente
tornare a vivere di piaceri che per anni non ha vissuto.
Anche
il saldatore è visibilmente accaldato, perciò
decide di placare i bollenti
spiriti prima che questi riuscissero a dominarlo. Teneramente
dà un bacio a
stampo alla sua donna per poi ritrarsi.
“Tutto
qua?” – domanda lei, quasi scontenta del risultato
– “Tutti questi preamboli per
un rapido bacetto?”
“Ehm,
non so se riesco a trattenermi” – si imbarazza
l’omone grande e grosso.
Quella
risposta fa ridere Agata che, ormai certa di aver trovato
l’uomo della sua
vita, commenta – “Sei la persona che stavo
cercando. Sai rispettarmi e amarmi
con premura, ed è ciò che un vero uomo fa per la
sua compagna!”
“E
tu sei la donna che mi ha fatto conoscere l’amore con la a
maiuscola. Io vivevo
di relazioni brevi e puramente sessuali. Ho avuto sette figli. Nessuna
di
quelle sette ragazze, ha saputo rapirmi come mi hai rapito tu”
“E’
il bello di essere rapinatori, tesoro mio!” –
ridacchia Nairobi. Lentamente si
solleva dal letto e per la prima volta, dopo tanto tempo, di fronte ad
una mano
pronta a sostenerla, si aggrappa e si fa forza per mettersi in piedi.
Sorretta
da Bogotà, con le braccia attorno al collo di lui, gli
sorride.
“Mi
fa impazzire quando sorridi, sai?” – confessa
l’uomo, lasciando da parte ogni
forma di imbarazzo.
La
Jimenez si accuccia al suo petto, ascoltando il battito di un cuore
all’unisono
con il suo.
Soli
e uniti, sostenuti uno dalla presenza dell’altra, si isolano
da ciò che accade nella
realtà.
“Appena
tutto questo sarà finito…” –
dice il saldatore, pronto a riferire i suoi sogni
futuri – “… vorrei che tu..”
“Diventassi
tua moglie?” – termina lei, spiazzandolo -
“Non stupirti, prima credevi che io
dormissi. Ero sveglia, avevo solo gli occhi chiusi, amore mio. Ho
resistito il
più possibile dal non parlarti appena ho riconosciuto la tua
voce. Però sentire
le tue parole, mi ha talmente emozionata che sono state la medicina e
la cura
che attendevo con ansia. Quindi, sì…sì
e mille volte sì” – allegra e radiosa,
nonostante il malessere fisico, Nairobi si apre ad un nuovo brillante
inizio.
Bogotà,
senza parole, si limita a ricevere la risposta attesa e, crollando per
la forte
emozione, si inginocchia di fronte alla gitana.
Asciuga
le lacrime con il lembo della tuta rossa ed è proprio dal
taschino della famosa
divisa de “La resistenza”, tira fuori un anello
d’oro puro.
Non
serve dire nulla. Agata, commossa, indossa il simbolo della loro
prossima e
definitiva unione.
“E’
bellissimo!” – dice, guardando l’opera
d’arte del compagno.
“L’ho
realizzato sapendoti fuori dalla Banca, pensandoti ogni minuto,
immaginandoti e
ricordandoti mentre davi ordini ai saldatori, mentre gli invogliavi a
non avere
paura, mentre li spronavi con una grinta tale da fare invidia ai
maggiori
leader mondiali!”
La
gitana, lusingata, siede sul ginocchio di Bogotà e si
avvinghia al suo collo.
“Non
ti sembra di esagerare?”
“Mai!”
– risponde, sincero.
“E
allora sono io adesso a raccontarti una cosa. Quando ho dormito, dopo
la prima
operazione, dentro la Banca di Spagna, ho fatto un sogno strano.
Indovina chi c’era
in quel sogno?”
“Chi?”
– chiede, curioso, l’uomo, spostandole un ciuffo di
capelli dal viso – “Axel?”
“C’eri
tu!” – confessa, sconvolgendo Bogotà.
“Io?”
– ripete lui – “Devo essere diventato una
presenza insopportabile, se mi hai
addirittura sognato durante un incubo!” – banalizza
Bogotà, non trovando spiegazione
razionale al bizzarro sogno.
“Amore
mio, non ho mai detto che si trattava di un incubo. Direi che non lo
era affatto”
“Ah
no?”
“No,
ricordo poco se non il tuo viso. Però è stato
solo allora che ho cominciato a
vederti diversamente. Mi sono accorta che, subito dopo lo sparo, tu mi
sei
stato accanto in ogni momento. Ho sentito la tua premura e il tuo
affetto Per me
quella era la prova del tuo essere diverso da come credevo. Sei un
grande uomo,
Bogotà!”
“Tu
avresti fatto lo stesso, ne ho la certezza assoluta!”
Dopo
uno sguardo complice e innamorato, la Jimenez nota un dettaglio e lo fa
presente – “Ehi, aspetta…io non so
neppure il tuo nome vero. Tu conosci il mio,
conosci quello di mio figlio. Ed io ho ascoltato i sette dei tuoi figli
sparsi
nel mondo. Però di te resta il mistero. Mi piacerebbe
conoscere l’identità dell’uomo
di cui mi sono innamorata!”
Sentendo
quella richiesta, è il saldatore stesso a fare una piccola
precisazione – “Ti
sei innamorata di Bogotà. Non di un nome di
persona”
Una
riflessione intelligente che spiazza la gitana.
“Hai
ragione, dopotutto lo stesso vale per me. Dimentica Agata Jimenez. Io
sono
Nairobi e rimarrò per sempre Nairobi”
“La mia Nairobi” – aggiunge il saldatore,
avvicinandosi alle sue labbra per la
seconda volta.
Stavolta
niente dolcezza.
Stavolta,
ricaricate le pile, è la falsaria a dominare le circostanze.
Invita
il compagno a prendere posto sul letto e, si siede a cavalcioni su di
lui.
“Sicura
di volerlo fare? Sei ancora deboluccia”
“Tesoro…basta
parlare! Tienimi stretta tra le tue braccia e baciami. Non chiedo
altro”
“Niente
sesso fino a quando la situazione non finirà con
l’happy ending” – propone
Bogotà,
seppure a malincuore.
“Ok,
ok, e pensare che credevo di essere io quella che avrebbe messo i
puntini sulle
i” – ridacchia la zingara.
Così,
tenendo fuori da quella stanza il resto del mondo, si dedicano dei
minuti di
intense coccole, accarezzandosi, scoprendosi, senza consumare nulla,
confermando
ugualmente dei sentimenti fortissimi e divenuti con il tempo una roccia
inscalfibile.
-----------------------------------------------
“La
situazione è la seguente! Dobbiamo agire quanto
prima” – afferma Palermo,
comunicando ai serbi quanto di grave sta accadendo.
“Che
fine ha fatto Bogotà?” – chiede Denver,
accortosi da un po' dell’assenza del
compagno di squadra.
“Lasciamolo
in pace per un po'. Ha bisogno di vedere Nairobi” –
interviene Tokyo.
“Già,
credo che l’unico risvolto positivo di questa rapina, oltre
al salvataggio di
Rio, sia stata la nascita di un amore” – commenta
la romantica Stoccolma.
“Un
grande amore!” – aggiunge Helsinki, con occhi
lucidi, felice per l’amica – “Quei
due sono innamoratissimi. Meglio no intromettersi”
Dopo
il momento di tenerezza, i Dalì tornano alla missione.
Vanno
salvati Lisbona e il Professore quanto prima!
E
mentre in quella sala si pensa a come intervenire, nella stanza da
letto la coppia
pensa ad un piano diverso, un piano di vita dai colori luminosi, un
piano che sa
di futuro.
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Capitolo 18 *** 18 Capitolo ***
Mentre
i Dalì subiscono la perdita più significativa,
l’altra fazione è euforica. I
colonnelli, gonfi di orgoglio, innalzano i calici al cielo, brindando
di fronte
alla marea rossa, ancora lì presente, e gridando a
squarciagola la loro gioia.
È
proprio Tamayo a beffeggiare i suoi ostaggi. Fissa uno ad uno, prima
Sergio poi
Raquel, sorseggiando il suo champagne, mentre gode nel vederli
sconfitti
definitivamente.
“Avete
dei progetti su cosa fare nei prossimi quarant’anni in
carcere?” – ridacchia di
gusto.
Non
riceve risposta. I due Dalì non stanno al suo gioco, non
cedono alla
provocazione e rimangono muti come pesci.
E
intanto il colonnello continua le vessazioni –
“Professore dei miei stivali,
come ci si sente ad aver subìto uno scacco matto? Cosa provi
a vedere il piano
di merda che avevi ideato per rapire l’oro di Spagna, andare
in fumo?”
“Piano
di merda?” – ripete, infastidito, il Marquina,
cercando di mantenere
quell’estremo autocontrollo che lo domina da tutta una vita.
“Si,
una follia che non avreste mai, e ripeto, MAI, potuto portare a
termine!”
Lisbona
posa lo sguardo sul compagno, notando una lacrima scendergli sulla gota.
“Non
ascoltarlo. Vuole solo umiliarti, non dargliela vinta”
“Silenzio,
traditrice” – Tamayo cambia tono di voce nel
rivolgersi alla ex ispettrice
Murillo.
“Io
parlo quanto voglio” – replica lei.
“Bene,
vedo che hai voglia di chiacchierare!” – con aria
di sfiga, l’uomo invita
Suarez a condurre Raquel distante dal professore.
“No,
dove la state portando? Raquel…Raquel” –
Sergio cerca di svincolarsi dalla
presa di un agente e dalle manette che bloccano i suoi polsi.
Però, invano.
“Piantala,
tanto, prima o poi, vi avrei separati. Ho preferito farlo da subito.
Non vorrei
vi saltasse alla mente qualche disperato tentativo di fuga!”
“Mi
sono costituito, sono giunto fin qui di mia spontanea
volontà! Che senso
avrebbe escogitare mosse per scappare?” –
controbatte il capo dei Dalì.
“Beh,
prevenire è sempre la cosa migliore. Io ho una conferenza
stampa tra pochi
minuti, dovrò raccontare delle modalità di
chiusura di questo assurdo attacco
alla Banca. Preparati, caro il mio Professore, ti esporrò al
pubblico come
trofeo” – felice come una Pasqua, il colonnello
Tamayo fa cenno ad Angel di far
da balia, allontanandosi e continuando a celebrare la sua vittoria con
il
calice alzato.
“Dove
porterete Raquel?” – chiede Sergio al poliziotto,
una volta rimasti da soli, consapevole
di potergli estrapolare informazioni sulla donna, essendo Angel stesso
ancora legato
a lei.
“Non
sono tenuto a dirtelo. Evita di fare domande, non riuscirai a
raggirarmi. Ricordi
che sono stato proprio io il primo ad indagare su di te, anni fa? E il
mio fiuto
non sbagliò. Hai soggiogato Raquel che ha perso
lucidità e si è unita a voi. Per
colpa delle tue idee da Robin Hood, trascorrerà
un’intera vita in galera,
lontana da sua figlia. Fossi in te mi limiterei a star zitto”
– è così, in modo
secco e deciso, che Angel chiude la conversazione con il Marquina.
Proprio
quest’ultimo, infatti, si rende conto che quanto udito non
è del tutto falso. Anzi.
Lisbona vivrà senza Paula, senza sua madre, senza
libertà, per colpa sua.
“Lasciatela
andare, vi prego. Avete me, cos’altro cercate?”
“Ti
ho detto di fare silenzio” – ripete il poliziotto,
fingendo disinteresse. In cuor
suo, Rubio vorrebbe liberare l’ex ispettrice, eppure il
distintivo che indossa glielo
impedisce.
“Ti
prego, Angel. Ascoltami, so che vorresti che lei fosse felice. E in
carcere non
vivrebbe più. Aiutami ad aiutare Raquel”
In
quel momento, il poliziotto volge lo sguardo su Sergio, non
pronunciando
parola.
Il
professore capisce al volo che l’uomo che fino a poco prima
manteneva una certa
distanza, ora lo osserva…quindi è pronto ad
ascoltare la proposta.
“Faremo
in modo che si salvi, che eviti il processo e tutto quanto”
“E
chi mi garantisce che non si alleerà con gli altri
rapinatori e tenteranno di
liberarti? Impedirò con tutte le mie forze che tu possa
essere salvato, caro il
mio professore”
“Ti
prometto che non accadrà. Portatemi in carcere, tenetemi
segregato, non
dovranno trovarmi. Tutto pur di salvare Raquel, ti
supplico…Angel… fallo per
lei…” – gli occhi lucidi del
Dalì manifestano un dolore che lo attanaglia da ore
– “Nessuno dovrà pagare per la pessima
riuscita di un piano di salvezza,
tantomeno la mia compagna!”
Rubio,
non risponde più, si isola nel suo silenzio e ordina al
professore di fare lo
stesso. Non vuole ascoltare altre parole, è
inutile…sembra fermo sulla sua decisione.
Lisbona
rimarrà al suo posto, così come Sergio.
**************************************************
Alicia
è in ospedale e freme per avere notizie da
Antoñanzas. Gli ha chiaramente
ordinato di proporre al colonnello l’uccisione dei
Dalì al completo in cambio
della sua cattura.
Però
dell’alleato nessuna traccia.
Cammina
avanti e indietro in quella stanza pensando a tattiche da mettere in
atto per
scappare da Madrid.
La
tv è accesa quando viene trasmessa un’edizione
straordinaria del notiziario. È proprio
una conferenza stampa che attira l’attenzione della donna.
“Ecco
il colonnello Tamayo, in diretta dall’esterno della Banca di
Spagna, cari
telespettatori. Ascoltiamo le sue parole…” –
dice il giornalista di una televisione
locale.
Sedutasi
sul lettino, con il telecomando tra le mani, la Sierra schiaccia con
forza il
tasto del volume, per ben udire ciò che da lì a
pochi secondi avrebbe rivelato
il suo ex boss.
“Salve
a tutti, la rapina alla Banca è terminata. Abbiamo impedito
che l’oro venisse
rubato, i Dalì sono in fuga, ma senza il loro mentore non
sono un pericolo. La cattura
di Raquel Murillo, alias Lisbona e del noto Professore, è
avvenuta poco fa”
– fa cenno a Suarez di condurre davanti alla sfilza di
giornalisti, l’uomo più
ricercato degli ultimi due anni.
“Ecco
a voi Sergio Marquina, alias il professore!”
– lo mostra, ammanettato, a
tutta la Spagna, umiliandolo e ridendone di gusto, poi prosegue
– “Con questo,
decretiamo cessato il colpo. Tutto è lì dove deve
essere, quindi la Spagna mantiene
protetta la sua riserva nazionale. Quanto a noi, siamo sulle tracce
dell’ultima
minaccia: Alicia Sierra, l’ex ispettrice che ha infangato e
mentito per uscire
pulita da una storia di torture orchestrata solo ed esclusivamente
dalla sua follia.
A chi l’avesse incontrata, o sapesse dove è
nascosta, chiediamo di informarci
quanto prima. Grazie” - così dicendo,
Tamayo spiazza tutti i presenti,
compresa la Sierra, pietrificata dalla notizia.
“Devo
andarmene da qui” – sente dei passi veloci
percorrere il corridoio, temendo
immediatamente che qualcuno degli infermieri dell’ospedale
avesse ascoltato il
notiziario e fosse prossimo a farla arrestare.
Tenta
di cercare un rifugio, ma in quel buco di camera è difficile
nascondersi.
Spalanca
la finestra, e guarda giù.
“Cazzo,
cazzo, cazzo” – esclama, con le mani nei capelli.
Si trova ad un piano troppo
alto per saltare.
A
quel punto ha poche scelte.
Posiziona
una sedia tra la maniglia e la porta, impedendo una possibile
irruzione.
Questo
le avrebbe permesso di guadagnare tempo. Afferra il lenzuolo del suo
letto,
servendosene come corda.
Qualcuno
però è arrivato e cerca di entrare, colpendo la
porta con forza.
Ed
è proprio quando è prossima a scendere dalla
finestra, una persona riesce a smuovere
l’uscio, spezzando la parte alta della sedia che teneva
bloccato l’ingresso.
Un
uomo robusto e muscoloso è il primo ad entrare, afferrando
la Sierra qualche
attimo prima che mettesse in atto la fuga.
“Lasciami,
maledetto” – in quel frangente, la ex ispettrice
vede frantumarsi i suoi sogni
di libertà.
Ma
ecco che accade l’inatteso.
Alicia
si pietrifica all’istante, appena vede entrare una seconda
figura.
Impossibile
non riconoscerla.
“Tatiana!”
– esclama, incredula – “Sei davvero
tu?”
“Ciao
sorellina, sono qui per portarti via!”
“Come
avete fatto ad entrare? Antoñanzas ha dato ordine di non far
avvicinare nessuno
alla mia camera!” – l’ex ispettrice
è sconvolta.
“Hai
dimenticato che sono una ladra? Ho i miei assi nella manica. Ora
andiamo” –
risponde la quinta moglie di Berlino, facendo segno al suo scagnozzo di
caricare in braccio la sorella e lasciare l’ospedale.
Così
Alicia appura che alcuni uomini hanno puntato delle pistole agli
infermieri,
dando modo a Tatiana di raggiungerla e di conseguenza scappare via.
Saliti
a bordo di una vettura, parcheggiata a pochi passi
dall’ingresso, le due donne
si trovano faccia a faccia.
“Mi
sei mancata tanto” – si commuove la maggiore,
abbracciando la minore – “Ma come
mai ti trovi immischiata in questa storia?”
“Lo
capirai appena arriveremo a destinazione. È giunto il
momento che tu capisca con
chi allearsi e contro chi combattere!”
E
mentre l’auto sfreccia via, una volante della polizia
raggiunge il luogo
setacciando la zona.
La
fortuna ha salvato la vita della Sierra, la quale è ignara
però che la parente
sta per condurla in un posto dove si troverà faccia a faccia
con i suoi nemici.
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Capitolo 19 *** 19 Capitolo ***
Alicia
è in auto con Tatiana, e dopo averla abbracciata, cedendo
per un attimo alla
nostalgia, si chiude in un silenzio sospettoso.
Non
è semplice metabolizzare così in fretta la visita
di una sorella con cui ha
smesso di parlare da anni.
È
la ex moglie di Berlino a chiederle – “Si
può sapere cosa ti passa per la
testa?”
“Cosa
vuoi dire?” – quella domanda sblocca Alicia che,
finalmente, riprendere parola.
“Antoñanzas
ha eseguito il tuo ordine: ha abbandonato tua figlia! Ti rendi conto
dell’atrocità
che hai commesso?”
Alicia,
però, volge lo sguardo altrove, poco interessata alla
questione.
“Come
puoi farlo? È una neonata che andrebbe solo
amata!” – insiste l’altra.
“Senti,
Tati, se sei tornata da chissà dove per farmi la predica, ti
consiglio
vivamente di lasciarmi qui da qualche parte, penserò da sola
a me!” – a braccia
conserte, alquanto infastidita, la primogenita della famiglia Sierra,
non
intende affrontare l’argomento.
Ma
la ex moglie di Berlino è visibilmente delusa dal
comportamento di una donna
che vantò, per anni, il distintivo di persona giusta e che,
al contrario, stava
agendo da criminale.
“Ti
sei trasformata, hai perduto la tua umanità, sorella mia!
Hai commesso azioni
che non avrei mai creduto avessi il cuore di compiere!”
“Pff”
– sbuffa la donna, alzando gli occhi al cielo –
“Se ti riferisci al ragazzetto
dei Dalì’ o alla sciagurata zingarella,
beh…ho avuto poche scelte! È lavoro..:”
“Lavoro?
Ti rendi conto di quello che dici?”
“Ascolta… parliamo chiaramente, tu sei una ladra.
Hai commesso azioni contro la
legge, avrei potuto farti arrestare!”
“Adesso
dovrei anche dirti grazie? Sbaglio o a salvarti il culo sono stata
proprio io,
poco fa? Per favore, Alicia! Torna in te, rifletti. Stai agendo in
maniera
sconsiderata!”
“E
quale sarebbe la maniera, a tuo dire, corretta?” –
a quel punto, la maggiore
interpreta il contrasto di Tatiana come un conflitto nel quale, come
suo
solito, non può non primeggiare. Sa bene di avere ragione, e
nessuno, tantomeno
la consanguinea, può convincerla del contrario.
“Se
ti vedesse Anita, non ti riconoscerebbe. Così come non ti
riconosco più neanche
io. Che fine ha fatto la sorella maggiore, premurosa, amorevole, sempre
presente,
che amava sedersi con noi di fronte al camino per raccontarci dei suoi
sogni
futuri? Quella che ci ripeteva di non avere paura di nulla,
perché ci avrebbe
protette in ogni momento…quella che trascorreva intere notti
a piangere, di nascosto,
per la malattia di Anita…” – decisa a
riportare l’ex ispettrice alla sua vera
natura, Tatiana preme su un tasto dolente, una ferita mai rimarginata,
e un
passato che la mente di Alicia ha volutamente offuscare.
Cosciente
di aver colpito laddove utile, la ladra attende una reazione della ex
ispettrice.
È
pronta a rincarare la dose se necessario…tutto pur di
aprirle gli occhi.
La
nemica del Professore si trattiene, fin quando, un tragitto familiare e
una
casa di campagna, isolata dalla città, la insospettisce.
“Io
qui sono già stata! Dove cazzo mi stai portando?” - anche il tono di voce si
altera con facilità….
Rabbia già alimentata da quanto udito pochi secondi
prima…
“Vuoi
cambiare discorso? ok! Allora, se proprio non vuoi un confronto con te
stessa e
con un passato che hai distorto per colpa del tuo dolore, ti
condurrò dalle
persone a cui devi delle scuse e che presto diventeranno tuoi alleati,
che tu
lo voglia o meno” – le parole di Tatiana hanno
l’aria di una minaccia; così,
quest’ultima, dopo aver legato la parente con estrema
maestria, certa che una
volta scoperti i Dalì, avrebbe agito sconsideratamente,
chiede aiuto ai suoi
scagnozzi per condurla fuori dal veicolo.
Ad
Alicia basta poco per arrivare alla soluzione. Sa benissimo dove si
trova e
teme anche l’identità di alleati che detesta.
E
mentre due possenti uomini la trascinano all’esterno,
tirandola, contro la sua
volontà, verso la vecchia abitazione in pietra, decide di
colpire a suo modo,
con tutta la cattiveria del mondo, sua sorella minore –
“Credi di essere migliore
di me? Tu sei una donna di classe che avrebbe potuto fare soldi con il
suo
talento musicale, una donna che invece ha preferito rubare e guadagnare
illegalmente, una poco di buono, la vergogna della famiglia…
pensi di dover fare
la morale a me? Hai rovinato il nostro cognome, papà e mamma
si vergognerebbero
come non mai…e sei così sicura che Anita, se
fosse viva, odierebbe più me che
te? Ho i miei dubbi!”
Tatiana,
pochi passi avanti sua sorella, si ferma, facendo segno ai due serbi di
fare lo
stesso. Una lama è appena affondata nel suo cuore, una lama
scagliata dalla
bocca della persona che più amava al mondo.
Manda
giù il boccone amaro, poi, lentamente, si volta, pronta a
replicare.
“Non
parli più, adesso? Eh?” – Alicia
continua a provocarla, svincolandosi dagli
scagnozzi che, nel mentre, hanno ricevuto l’ordine di darle
libertà.
E
così le due si trovano faccia a faccia, a pochi centimetri
l’una dall’altra,
pronte a gettarsi fango addosso.
“Nel
tuo cuore non è rimasto neanche un briciolo di
umanità, e le parole che hai
appena detto ne sono la prova. Sai cosa ti dico? Speravo di poterti
aiutare, di
darti una mano a riconquistare la lucidità che hai perduto
anni fa, ma…”
“Io
sono lucidissima, cara la mia sorellina. E se vuoi ricattarmi dicendomi
“Io ti
ho salvata, mi devi tutto!”, ti sbagli. Anche io ho tutelato
te per tutto
questo tempo; avrei potuto cercarti e sbatterti in galera con uno
schiocco di
dita”
In
quel frangente, uno dei tirapiedi di Tatiana si intromette, preoccupato
dalla
piega che quella lite potrebbe prendere da un momento
all’altro.
“Ehm…signorina
Sierra, chiamiamo i soccorsi?”
“Tranquillo,
Milos” – gli risponde la donna, aggiungendo subito
dopo –“ Anzi, ho un compito
più importante da affidarvi. Voglio che recuperiate mia
nipote e la portiate
qui!”
Quelle
parole spiazzano Alicia – “Che cazzo dici? E sarei
io quella poco lucida? Non penserai
davvero che una neonata di cui non ho mai visto neppure il viso, possa
farmi cambiare
idea?” - la risata beffarda della ex alleata di Tamayo
è l’ennesimo schiaffo
che Tatiana subisce da sua sorella.
Una
risata che dimostra la donna folle che è in
realtà Alicia Sierra.
“Non
vuoi essere aiutata, e io non posso permettere che quella bambina
soffra sapendosi
non voluta dalla sua stessa famiglia. Perciò, ascoltami,
quello che farò, lo
farò solo per lei”
“E
sarebbe? Prenderla tu? Crescerla come fosse tua? Ma prego…
fa’ pure! Non
contare su di me. Io non l’ho mai voluta, soprattutto sapendo
che neppure suo
padre desiderava averla”
“German
era un brav’uomo. Sicuramente la tua mente folle ha distorto,
di nuovo, i fatti”
“Quel
“brav’uomo” come dici tu andava a letto
con tante donne, stando sposato con la
sottoscritta, sai?”
Quella
confessione spiazza Tatiana che si limita a dire –
“Non può essere!”
“E
invece è così! Perché pensi che quella
tale Agata, Nairobi o come cazzo si
chiama, sia stata la mia preda preferita?”
“Perché
era una madre! E tu l’hai puntata senza remore
perché odiavi l’idea di esserlo
anche tu!” – la sola idea della ladra è
questa. Non possono esistere altri
motivi a cui poter credere.
“Beh…analisi
perfetta, se non fosse che lei è stata una delle tante
donnette che ha scopato
con German, rimanendo incinta di un bambino!”
“Era
una sua amante?”
“Mmm,
non proprio, è stata la sua prima avventura. Lui mi ha
conosciuto qualche anno
dopo”
“E
allora? Non vedo dov’è il problema. Parli di
tradimento, ma lui non ti ha
tradita con Nairobi. Lo vedi che distorci tutto? Lo vedi che
l’hai ferita
perché è una madre anche lei, proprio come
te?”
Solo
allora, sentendo le sue intenzioni messe alla gogna, che Alicia
esplode, buttando
fuori la reale motivazione del suo accanimento sulla Jimenez.
“Ho
colpito lei, colpendo indirettamente German…lui che mi ha
recato male e che poi
mi ha lasciata sola con un pancione enorme e degli ormoni che
difficilmente
riuscivo a controllare”
Tanti
tasselli legati al suo compagno deceduto l’hanno deviata
totalmente.
Sentirla
parlare di abbandono, l’ennesimo che frantuma anima e corpo,
tocca la
sensibilità di Tatiana che, in quei minuti, vive un
alternarsi di odio e amore
verso sua sorella maggiore.
Fino
a qualche istante fa era pronta ad aiutarla; ha addirittura rischiato
il tutto
e per tutto pur di salvarla dalla cattura della polizia ... e tutto
questo
invano, tutto questo per poi capire che non lo meritava fino in fondo.
“Sei
combattuta adesso, vero? Io te lo ripeto, non mi alleo con nessuno.
Tantomeno con
quei bastardi! Non è da me cambiare fazione come una
bandierina. Io sono un
lupo solitario, agisco da sola. La mia mente lavora ed elabora piani in
solitaria.
Saprò cavarmela come ho sempre fatto” –
sono le ultime parole che Alicia
pronuncia, prima di dare le spalle alla parente e incamminarsi, da
sola, verso
chissà dove.
Mille
emozioni combattono nel cuore della ex di Berlino mentre osserva la
maggiore
allontanarsi. Sa che la ex ispettrice, nuovamente in fuga, potrebbe
essere un
pericolo per la salvezza di tutti…una bomba ad orologeria,
ed è combattuta se
fermarla o lasciarla andare.
Alicia
nel frattempo riprende a camminare, cercando di trattenere un isterico
pianto
che lascia trapelare quanto dolore cova e quanto ne è
costretta ad accumulare,
ancora e ancora.
E
più affretta il passo, più sente il macigno
aumentare e sopprimere il suo cuore...un
cuore esausto di soffrire.
Non
fa in tempo a raggiungere la strada principale che la stanchezza
prevale sulla
sua tempra.
“Alicia!”
– grida la sorella, soccorrendola in gran fretta, guardandola
accasciarsi,
priva di forze.
****************************************************
Angel
dispone gli ostaggi in auto diverse, su ordine di Tamayo, destinate a
due carceri
di Madrid.
“Ti
supplico, Angel! Ripensa a quanto ti ho detto, fallo per lei.
Salvala…” –
Sergio insiste da ore, sperando di colpire il cuore
dell’innamorato Rubio.
Eppure
il poliziotto lo ignora e non ha intenzione alcuna di tradire la sua
squadra.
“Le
volanti sono pronte! Carichiamo la donna?” –
domanda un’agente.
L’uomo
annuisce, in silenzio, scrutando da lontano la scena: Raquel, in
lacrime,
ammanettata, chiama a gran voce il suo Professore, e sale, costretta, a
bordo
dell’automobile.
“SERGIO”
– urla più che può.
“RAQUEL”
- anche le grida di Marquina si fanno presto sentire.
La
scena straziante della separazione tra i due è la
soddisfazione più grande per
Tamayo che, trionfante, ordina ai suoi uomini di liberare la zona dagli
ultimi
fan dei Dalì, per rimettere definitivamente le cose apposto.
E
proprio quando il mezzo della polizia su cui è a caricata
Lisbona, è pronto a partire,
il colonnello si prende beffe di Sergio, per l’ennesima volta.
Felice
come una Pasqua, gli dà una pacca sulla guancia, divertito
– “Povero il mio
professorino, solo e abbandonato. La vita è
così…si vince e si perde. Stavolta
a perdere sei stato tu! Ti giuro che mi impegnerò
affinché tu e quella
traditrice non vediate mai più la luce del sole. Il carcere
sarà la
giusta penitenza per entrambi” – trascinandolo per
un braccio, gli mostra l’auto
in lontananza – “Guardala un’ultima
volta… e dì addio ai sogni di gloria!”
***************************************
“Io
con questa pazza non ci parlo”
“Dai
Rio, potrebbe essere la nostra salvezza”
“Si,
Tokyo però io non dimentico quanto mi ha torturato”
I
due fidanzati osservano Alicia distesa su un lettino, prossima a
recuperare i sensi,
aiutata dai medici che curarono Nairobi.
Accerchiata
da tutti i Dalì, l’ex ispettrice non immagina cosa
vedrà da lì a pochi secondi. E sicuramente non
sarà felice appena riconoscerà la gente
che la circonda.
Tatiana
rimasta in silenzio, insospettisce Palermo che, prendendola in
disparte, le
domanda – “Che succede? Non dirmi che non hai idea
di come possiamo salvare
Sergio e Lisbona. Sei la nostra ultima possibilità”
“Lo
so, c'ho pensato bene. Purtroppo non ci sono tante speranze, forse
l'unica salvezza è quella che mi costerà caro"
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Capitolo 20 *** 20 Capitolo ***
Raquel
è in auto, diretta ad una cella, su immediato ordine di
Tamayo. Niente
processo, ma la “traditrice” della polizia, merita,
a detta del Colonnello,
l’immediata incarcerazione. Quei minuti di viaggio sono una
vera e propria
agonia.
Con
lo sguardo perso nel vuoto e la mente appesantita da mesi di pressioni
psicologiche, la Murillo metabolizza la triste realtà: la
separazione da Paula,
da sua madre… addirittura dal suo compagno.
Può
esistere pena maggiore di questa?
Le
sembra inutile perfino reagire e ribellarsi. Non ha più
senso farlo.
Presto
la prigione avrebbe messo la parola fine a ogni speranza, a ogni
felicità, a
ogni sogno di vita futura.
Sarebbe
vano gettare fango addosso ai poliziotti presenti… in fondo,
non servirebbe a
nulla, se non a peggiorare il suo umore.
Tante
sono le emozioni che le accendono l’animo e inevitabilmente
non riesce a non
colpevolizzare le persone per cui tutto quel casino era stato montato.
“Tokyo,
Rio…” – pensa a quei nomi, trattenendo
il magone… poi uno in particolare la
rende cosciente di non avere titolo per accusare nessuno -
“Sergio!” – pensa in
un attimo di lucidità.
Eh
già, dopotutto il colpo alla Banca è opera del
Marquina, non di Silene e
Anibal.
“Cazzo,
avremmo potuto ideare altri piani di salvezza…invece lui no!
Lui preferisce
mettere su una rapina impossibile” – brontola
sottovoce, attirando l’attenzione
del poliziotto di fianco.
“Silenzio”
– la rimprovera, distogliendo lo sguardo dalla donna subito
dopo.
Ma
Lisbona ignora l’ordine.
“A
te piace il rischio, ma porca puttana Sergio…
così facendo hai rovinato
tutto!!! Tutto” – arrabbiata con il Professore,
Raquel comincia a delirare.
“Ho
promesso di sostenerti sempre, qualsiasi cosa fosse accaduta. Ma
probabilmente
la responsabilità è mia. Dovevo dirti NO dal
principio. Di modi per salvare Rio
ce n’erano, tu dalla mente brillante avresti sicuramente
ideato piani di
salvezza brevi ed immediati. E invece che decidi di fare? ... al
diavolo la
sicurezza di chi mi ama. Berlino viene prima di tutto…forse
ho sbagliato io a
credere che tenessi alla nostra storia. Probabilmente avevi
più a cuore la
relazione con Andrès che la vita che stavi
costruendo…” – le sue parole, forti,
decise, rabbiose, spiazzano i tre agenti che la ascoltano farfugliare
rivolgendosi
a qualcuno che non è lì con lei.
In
quel momento l’automobile si ferma, bloccata da un furgone
che taglia la
strada.
“Cosa
succede?” – chiede la donna, tornando in se.
Scorge
dal finestrino di essere in una strada di aperta campagna, ignota e
sicuramente
lontanissima dal carcere.
“Dove
mi avete portata?” – si allarma, temendo per la sua
incolumità.
E
se Tamayo non prevedesse per lei la galera? Se Tamayo avesse piani
diversi per
la traditrice della Polizia?
“Dove
mi state portando? Questa non è la strada per raggiungere il
carcere. Dove
cazzo vi ha ordinato di condurmi quel verme del colonnello?”
La
voce tremante della donna segnala un elevato stato
d’angoscia: dopotutto,
conosce bene i modi d’agire del suo ex collega…sa
che sarebbe capace di tutto!
“Rispondetemi,
maledetti!” - Lisbona
è nel panico più
totale.
“Stiamo
eseguendo un ordine!” – con tali parole, il
poliziotto costringe Lisbona a
scendere dal veicolo, seppure questa ponesse resistenza, spaventata
dall’ignoto.
Bendata
e ammutolita da nastro adesivo, così da non poter
riconoscere le persone che ha
davanti, ascolta, invece, le parole di uno dei poliziotti.
“Pacco
consegnato” – esattamente quella frase spiazza
Lisbona…lei è un pacco…ed è
stata consegnata.
“Non
ci credo” – scuote il capo, incredula, mentre le
mani di qualcuno la sollevano
per nasconderla all’interno del mezzo.
Impossibilitata
a muoversi o gridare, la Murillo si limita ad ascoltare i movimenti
burrascosi
della strada che il furgone percorre a velocità moderata.
Pensa
e ripensa durante quei momenti di terrore.
E
le dure parole pronunciate poco prima, riguardanti Sergio, e la rabbia
che
invade il suo cuore, cedono il passo ad un pianto disperato e
all’amarezza di
una vita terminata ancor prima di cominciare.
*****************************
Cosa
accade, nel frattempo, nel nascondiglio dei Dalì?
Nairobi
è pronta a lasciare la stanza che l’ha accolta per
un numero fin troppo elevato
di ore. Ha perso il conteggio, a dir la verità! Ed
è finalmente pronta a
rimettersi in gioco.
Aggrappata
al suo compagno, felice di essere viva, di essere amata e di poter
amare come
ha sempre sognato, percorre i metri che la separano dal gruppo.
A
passo lento, sostenendosi al suo uomo, mostra la sua solita e nota
tempra.
È
Tokyo la prima a notarla, illuminandosi. Raggiante le corre incontro,
come se
fosse una persona cara di ritorno da un viaggio di lunga durata.
“Amica
mia! Come ti senti?” – le chiede, avvolgendo la
mano di Agata tra le sue, come
a custodirla con cura.
Quella
è la mano che non porta ferite, la sola parte del corpo,
probabilmente
risparmiata da tragici eventi passati.
“Vogliosa
di vincere” – risponde, e con
quell’espressione mostra il carattere da
guerriera che la contraddistingue.
Proprio
allora, anche Rio e Denver la vedono di fianco a Bogotà e la
raggiungono, attirando
su di lei l’attenzione di tutti i Dalì e non.
“Sentivamo
la tua mancanza… temevamo di poterti perdere”
– confessa Ramos, mostrando il
lato tenero che Nairobi conosce e che adora in lui.
“Anche
io ero terrorizzata da questo!” – risponde la
Jimenez, sorridendo commossa - “Nessuno
mi abbatte, tantomeno un essere abominevole come Cesar
Gandia!”
Tra
l’euforia dei presenti che la riaccolgono con amore
smisurato, spicca Palermo,
rimasto in disparte, dispiaciuto di aver causato la quasi morte della
compagna
di squadra.
Eppure
l’assenza della grinta di Nairobi l’ha avvertita
anche lui!
Impossibile
non farlo. Nessuna donna tra quelle dei Dalì è
riuscita a zittirlo con parole
veritiere e laceranti.
“Ehi,
tu non mi saluti?” – chiede Agata, accortasi
dell’isolamento di Martìn.
“Amico,
ammetti che ti pesa ancora quel 1 a 0!” –
interviene Denver per sdrammatizzare.
“A
cosa ti riferisci?” – domanda confusa Stoccolma.
“Eh,
questi due hanno personalità talmente forti che quando si
scontrano, non può
uscirne che una partita da finalissima mondiale”
“Che
cazzo dici? Parli sempre di pallone!” – brontola
Tokyo, creando una scena a
tratti simpatica, che scioglie la tensione e porta la gitana e
l’argentino ad
un finale confronto.
“Pace?”
– la prima a porgere la mano, tra
l’incredulità dei presenti, è la donna,
stanca di litigare e vogliosa, dopo quanto patito, di respirare
esclusivamente
aria positiva.
“Perdonami”
– risponde lui, con un filo di voce, non riuscendo a
guardarla negli occhi.
“Anche
io non sono stata molto delicata. Sono fatta così, hai
imparato a conoscermi. Diciamo
che questa partita si conclude con un pareggio, ti va?”
– la proposta della
Jimenez è la chiusura definitiva con un passato di scontri.
Martìn
posa, veloce, gli occhi sull’amico, Bogotà,
posizionato alle spalle di Nairobi,
cercando di capire il suo pensiero.
Gli
piacerebbe chiarire anche con lui.
E
non appena lo vede sorridere, Palermo sente di poter scoppiare a
piangere gettandosi
tra le braccia del saldatore. Si controlla, domando le sue emozioni, e
risponde
alla pace con una stretta di mano.
Tokyo,
scioccata, si rivolge a Manila – “Non posso credere
a ciò che ho appena visto”
“Credo
che Nairo abbia rischiato troppo negli ultimi giorni, da accorgersi che
non
vale la pena fare guerre inutili” – la riflessione
della figlioccia di Mosca è
la pura verità.
“Basta
tentennare, bisogna salvare il Professore e Lisbona!” - la Jimenez, dopo quei
minuti di profonda
commozione, torna ad assumere il ruolo di leader - “Avanti,
sbrighiamoci! Cos’è
questo perdere tempo? Sbaglio o il prof ci ha sempre insegnato quanto
sia
prezioso e quanto sia anche utile guadagnarne per muovere le mosse
successive?”
– la sua voce, seppure fiacca, riecheggia in quella stanzetta
riuscendo a
caricare di nuova energia gli amici, i quali riconoscono senza alcun
dubbio a
Nairobi la capacità di unirli come fossero una famiglia a
tutti gli effetti.
In
fondo è proprio vero che Agata è il cuore del
gruppo.
È
inimmaginabile pensare ai Dalì senza pensare a lei.
Se
fosse morta, cosa sarebbe potuto mai accadere?
Per
fortuna è sana e salva ed è lì per
raccontarlo.
Così,
mentre i Dalì si riappacificano siglando un accordo di
fratellanza, compare dal
fondo della stanza qualcuno di ignoto per Agata.
Tatiana.
La
Sierra minore parla con i medici, chiedendo dello stato di salute della
sorella.
Alicia
è in una stanza, controllata a vista da alcuni serbi.
Ma
i dottori hanno pensato bene di sedarla per evitare altre alzate di
testa.
“Quindi
mi state dicendo che si è ripresa e ha tentato di scappare,
di nuovo?” –
domanda l’ex moglie di Berlino.
“Esatto,
pochi minuti dopo che è stata condotta qui, ha riaperto gli
occhi. Non trovando
nessuno, oltre me e il mio collega, ha tentato la fuga”
“E
ci siamo visti costretti ad agire”
“Avete
operato nel migliore dei modi” – dice la donna,
ringraziandoli di un tempestivo
intervento.
Quando
la rossa si ricongiunge ai Dalì, con precisione qualche
secondo dopo, nota subito
la presenza di Nairobi.
“Lei
è…?”
“Agata
Jimenez” – spiega Marsiglia all’amica,
facendo, subito dopo, un cenno a Bogotà
di raggiungerlo per salutare la vecchia conoscenza.
“Guarda
chi si rivede” – lo sguardo meravigliato del
saldatore rivolto a Tatiana,
spiazza totalmente Nairobi.
E
sotto lo sguardo investigatore della gitana, l’uomo corre ad
abbracciare la famosa
ladra.
“Santiago,
che piacere rivederti” – esclama la Sierra,
entusiasta.
“Chi
sarà mai quella?!” – pensa la Jimenez,
sospettosa, però non si pronuncia.
Ecco
che è Tokyo quella che la conosce più di tutti.
“So
a cosa stai pensando, sai?”
“Eh?”
– esclama Nairobi, confusa.
“Sei
un libro aperto per me! Se ti domandi chi è la tipa sexy
lì in fondo, beh…ti basta
sapere che è nostra alleata..”
“Beh ma è positivo allora”
“Eh…ed
era la moglie di Berlino” – prosegue Silene.
“Ah,
se è così, le cose cambiano”
– ridacchia, ricordando di quanto fosse poco
affidabile Andrès con le relazioni amorose.
Però
un dubbio permane e finalmente lo espone – “E come
mai lei conosce Bogotà?”
“Ehm…
da quanto so, Bogotà era stato invitato alle nozze tra
quella donna e Berlino”
– chiarisce la Oliveira, quasi divertita dal vedere la sua
migliore amica
talmente coinvolta dai sentimenti da non sembrare se stessa.
Così
le fa notare un particolare – “Non sarai mica
gelosa?”
“Ma
chi? Io? Assolutamente no” – nega Agata –
“La mia era una curiosità”
“Ah
certo” – commenta la Olivera, fingendo di crederle.
Il
saluto tra Tatiana e il saldatore si prolunga ed è
accompagnato da gesti di
complicità e confidenza tra i due. Gesti che Nairobi scruta
in silenzio,
fingendo disinteresse.
E’
quando la rossa posa una mano sulla spalla di Bogotà,
sostenendosi a lui, che
la falsaria non ci vede più.. – “Ok,
basta fingere! Hai ragione, sono gelosa e
penso ci sia un’eccessiva vicinanza tra quei due!”
– sbotta manifestando un
comportamento non tipico.
Quell’atteggiamento
così poco da Nairobi, fa sorridere la Oliveira che, per tale
motivo, la
rassicura – “Bogotà è
innamorato perso di te. Fidati, non c’è da temere!
Però…”
“Però,
cosa?”
“Io
fossi in te lo metterei alla prova” – propone Tokyo.
“Cioè?”
– Nairobi ovviamente le dà corda e ascolta il
piccolo consiglio.
Mentre
le due confabulano, Tatiana rivela a Bogotà della presenza
di Alicia e del
legame che la unisce a lei.
“Davvero
è tua sorella?” – esclama incredulo -
“Chi l’avrebbe mai detto. Quella persona
ha tentato di uccidere la mia fidanzata!” –
è il primo pensiero di Santiago
Lopez nei confronti di una folle verso cui nutre un profondo astio.
“Lo
so, mi dispiace di questo. Marsiglia mi ha detto che è
quella moretta laggiù! E’
davvero bella, complimenti”
“Lo
so, e ha sofferto troppo. Non voglio che quella donna le si
avvicini!”
“Calma,
quella donna di cui parli è sangue del mio sangue. Ha patito
tanto nella vita
proprio come tutti noi”
Il
saldatore inarca il sopracciglio, e fissa stranito l’amica.
“Perdonami
se fatico a vedere quella persona con occhi diversi!”
“Voglio
salvarla e per farlo è necessario che diventi una dei
nostri. Può ritrovare la
sua umanità e poi… avrebbe possibilità
di fuga grazie ai mezzi di Sergio”
“Credi
che gli altri saranno disposti ad allearsi con quella che fino a pochi
giorni
fa voleva eliminarci tutti?” – Bogotà
è il primo ad essere dubbioso su questo;
teme sia impossibile accettare di avere Alicia Sierra nella Banda. Lui
in
primis non gradisce l’idea.
“Non
abbiamo altra scelta” – interviene Palermo.
“Non
cederà nessuno! Io in primis non sono
d’accordo” – precisa il saldatore,
incrociando
le braccia al petto.
“Voglio
che sappiate che quando io e Nairobi abbiamo trovato il Professore
nelle mani
di Sierra, la stessa Alicia le ha rivelato un dettaglio del passato
molto inquietante”
“Ovvero?”
– domanda il saldatore.
“Riguarda
German!” – continua il sicario.
“Cosa
c’entra con Agata?” – chiede ancora
Bogotà.
A
quel punto la preoccupazione disegnata sul volto di Santiago Lopez fa
indietreggiare Marsiglia che gli consiglia di parlare con la gitana,
così da scoprire
il fatto direttamente dalla bocca della sua fidanzata.
“Ti
dico solo che non sarà semplice per le due dover lavorare
fianco a fianco. Forse
avere Alicia qui potrebbe solo alimentare tensioni inutili”
– è così che
Marsiglia chiude la questione, invitando il compagno di squadra ad
indagare da
solo.
A
quel punto, Bogotà decide di affrontare
l’argomento con la Jimenez, ignaro che
la donna vuole mettere in atto il consiglio di Tokyo.
Le
si avvicina e le accarezza i capelli con una dolcezza smisurata.
Poi
le bacia la fronte, cingendole i fianchi e stringendola al suo petto.
Quel
gesto così amorevole scioglie Agata, facendole dimenticare,
per un attimo, di doverlo
provocare per studiare la sua reazione.
E
appena se ne rammenta, dice - “Proprio una bella donna,
questa Tatiana, non
trovi anche tu?”
Eppure,
quelle parole sembrano non sfiorare minimamente Bogotà,
rimasto fedele al suo
estraniamento.
Di
fronte a quel silenzio, le sicurezze e certezze di Nairobi si
frantumano.
“Cos’hai?”
– accarezza la barba del saldatore, cercando da lui
attenzione.
Le
parole servono a poco.
Santiago
Lopez la guarda dritto negli occhi, però non si pronuncia.
Sta
cercando le parole giuste per toccare un argomento che, a detta di
Marsiglia, è
troppo delicato.
“Che
vi siete detti con quella donna da agitarti così
tanto?” -
basta provocazioni, basta giochetti, Nairobi
vuole capirci di più.
Il
saldatore non vorrebbe allarmarla, specialmente dopo tutto
l’accaduto degli ultimi
giorni.
Però
la gitana lo capisce al volo e replica - “Come puoi negarlo,
vedo che c’è
qualcosa che non va”
“Tatiana
è una brava donna, imparerai ad apprezzarla...”
– in quell’istante dalla bocca
del saldatore escono fuori parole totalmente sconnesse
dall’argomento
scottante.
“Cosa c’entra questo con il tuo stato
d’animo? Perché cambi discorso?”
“Per
rispondere alle tue affermazioni” – afferma lui.
“Eh?”
– esclama confusa la zingara, non ricordando delle
provocazioni di poco prima.
“Hai
detto che Tatiana è una bella donna, ricordi?
Confermo!”
Infastidita
da tali complimenti, la Jimenez tira indietro le mani
dell’uomo che sono
adagiate dolcemente sui suoi fianchi e volge lo sguardo altrove, verde
di
gelosia – “Pensavo fossi in pena per qualcosa di
serio. Tu mi dici di quanto
sia bella quella donna”
Ed
è allora che Bogotà la tranquillizza –
“Tatiana sarà anche una bella donna, ma
nessuna è come te!”
Tale
esternazione, pronunciata con il cuore in mano, e la voce tremante per
l’emozione, è ciò che Nairobi attendeva.
Lusingata,
seppure decisa a non darla a vedere, si volta verso Santiago e lo
scruta in
silenzio.
“Frasi
di circostanza?” – continua lei, mostrandosi
orgogliosa.
“Ho
smesso di usare parole inutili da quando ho capito che
l’unica persona che
volevo eri tu” – confessa lui, arrossendo.
Basta
resistenze ai sentimenti! Abbassa le difese e lo bacia di fronte agli
amici
che, entusiasti di vederli finalmente come coppia, fischia e applaude
al loro
amore.
Solo
un particolare sfugge alla mente di Agata.
Come
mai Bogotà era tanto silenzioso e preoccupato?
“Mi
dici come mai poco fa sembravi teso?”
“Ehm…amore
mio, si tratta di qualcuno che è qui!”
“Tatiana?”
“No,
sua sorella!”
“Ha
una sorella? E dove si trova? Può aiutarci con il piano di
salvezza?”
“Ehm…ecco…vedi
sua sorella…”
Difficile
dire a una donna che la persona che ha tentato di eliminarla
è sotto il suo
stesso tetto, e che dovrà considerarla sua
“alleata”.
Però
la risposta si palesa ad Agata, qualche secondo dopo.
A
passo lento, appoggiata ad uno dei serbi, Alicia Sierra compare e si
unisce ai
Dalì.
“NON
CI POSSO CREDERE!” – esclama Nairobi sentendo il
corpo tremarle e il cuore
fermarsi di qualche battito – “E’ lei la
sorella di Tatiana?” – chiede al
compagno, scioccata.
E
quando vede Santiago annuire e chinare il capo, amareggiato, la Jimenez
comincia a gridare, furiosa, il suo dolore, ignorando la fatica e i
dolori del
suo corpo, e percependo la medesima sensazione di un’altra
pallottola in pieno
petto.
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Capitolo 21 *** 21 Capitolo ***
Sorretta
da due serbi, Alicia Sierra, ancora intontita dopo essere stata sedata
dai
medici, fa la sua comparsa.
Si
guarda attorno, mettendo a fuoco, uno alla volta, i visi davanti a
sé. Ma la
prima a raggiungerla è Tatiana.
“Come
ti senti? Spero per te che non deciderai di scappare, ancora!”
L’ex
ispettrice scombussolata, per metterla a tacere alza il pollice,
segnalando un
ok.
Solo
quando riconosce Nairobi, i suoi occhi, inizialmente socchiusi, si
spalancano.
“Ancora
tu?” – dice, effettivamente disturbata dalla
presenza della gitana – “Ma non
dovevamo vederci più?”
Poi,
proprio come una tipica folle, ride fragorosamente delle sue stesse
parole.
Agata,
scioccata dalla pazzia della donna, scuote il capo, contrariata da
quella
presenza, e, dopo aver gridato la sua rabbia, si allontana.
“Dove
vai?” – le chiede Bogotà, preoccupato.
La
gitana non risponde, fa cenno a Tokyo che non esita a porgerle il
braccio, e
condurla in un cucinino poco distante.
“Ha
qualche rotella fuori posto” – commenta Rio,
sussurrandolo a Denver che, nel
mentre, emette la solita risatina che attira l’attenzione di
tutti.
“Osp,
scusate!” – alza le mani, accortosi di aver riso in
un momento alquanto
delicato.
“Che
facce avete!? Si, lo so, la vostra acerrima nemica si trova qui con
voi… eh
già. Sappiate che non mi sta bene, mia sorella insiste ad
aiutarmi in una
maniera alquanto ridicola, quindi…”
“Alicia, per favore!” – interviene
Tatiana, cercando di rimetterla in riga,
come una mamma fa con una figlia che non rispetta le regole di
comportamento.
“Alicia…Alicia…Alicia...”
– imita la voce della consanguinea, per commentare con un
deciso – “Basta!”
“Sierra,
se credi che per noi sia facile accettarti qui, sapendoti capace di
ogni cosa,
ti sbagli di grosso. Non c’è stima reciproca,
perciò…direi solo di affrettare i
tempi, collaborare, per quanto possibile, e poi dirci definitivamente
addio!” –
a parlare è Palermo che, prendendo il controllo della
situazione, manifesta lo
stato d’animo di tutti i suoi amici.
“Collaborare?
Io con voi…MAI!” – esclama.
Però le basta qualche attimo di silenzio per optare
un’altra soluzione – “Anzi, sai che ti
dico?! Resto qui solamente per vedere
fino a che punto siete disposti a rischiare la libertà,
quanto siete coraggiosi
per mandare tutto al diavolo nella salvezza di chi, per riempire il
proprio
ego, non ha esitato a gettarvi in pasto ai leoni” –
scegliendo di godersi lo
spettacolo, si siede su un divanetto e, a braccia incrociate al petto,
fissa,
beffarda, i Dalì.
“Ti
giuro che sono tentato di buttarla fuori a calci nel
cu…” – ad alterarsi è
Denver, tornato serio dopo qualche minuto prima.
“Ehi!”
– lo zittisce Tatiana, ricordandogli che si tratta di sua
sorella, anche se,
fossero state sconosciute, forse avrebbe avuto la medesima reazione.
“Accontentiamoci
di questo, ragazzi” – li prega, dispiaciuta dal
modo di fare della parente.
“Sia
chiaro, una sola mossa falsa e io agirò di testa mia, senza
badare al fatto che
avete lo stesso sangue, chiaro?” – stavolta a
parlare con durezza è Bogotà, rancoroso
verso la nemica a causa del male che recò a Nairobi,.
“Calmati,
amico! Nulla accadrà, tutto sarà rispettato. Mi
incarico io di vigilare su di
lei” – interviene Palermo, dando una pacca sulla
spalla del saldatore.
“Non
deludermi più” – il tono speranzoso
è di chi si è sentito tradito da una
persona che chiamava Fratello, e a cui, oggi come oggi, ha timore a
concedere
piena fiducia.
“Te
lo prometto su qualcuno che amo disperatamente e che non
c’è più” – gli
occhi
di Martin sono sinceri come mai nella vita e questo basta a convincere
Bogotà
delle buone intenzioni dell’argentino. Così,
ringraziandolo, decide di
raggiungere la sua Nairobi, ancora scossa per aver scoperto della
presenza di
Alicia.
Eppure
la voce di quest’ultima torna a farsi ascoltare in tutta la
sua follia.
“E
tu saresti il compagno di Agata?” – puntualizza,
ridendo sotto i baffi.
“Falla
tacere” – sussurra Santiago a Tatiana, la quale, di
contro, fatica a farsi
rispettare dalla maggiore.
“Povero
illuso” – continua.
“Zitta”
– ripete più volte la ex moglie di Berlino.
“Illuso,
perché?” - domanda
Bogotà, stando al suo
gioco. Sa bene che sono solo provocazioni per recare male. Dopotutto
è così che
agisce la mente più diabolica che abbia mai conosciuto in
vita sua.
C’è
un dettaglio, però, che il saldatore ignora.
Un
dettaglio che neppure Nairobi conosceva fino a qualche giorno prima.
“Sai
che mio marito si divertiva con la tua cara fidanzata?”
“CHE?”
– esclamano molti dei Dalì, increduli.
“Basta,
stiamo toccando l’apice della follia. Mi spiegate
perché stiamo ancora ad
ascoltarla?” – sbotta Denver.
“Silenzio,
fatela finire. Vediamo fino dove si spinge” –
afferma Bogotà, prendendola alla
leggera.
“Libero
di non credermi, chiedilo direttamente alla tua dolce metà.
Axel e Anita sono
fratellastri! German prima di sposarmi, si divertiva a scopare con la
tua…come
è che la chiami…?!.... ah, ecco….
Nairobi!”
“Come
osi dire queste assurdità? Non ti è bastato
cercare di ucciderla?” – il tono
alterato di Santiago, inizia a far temere anche gli amici di una
eccessiva
reazione fisica verso la donna.
“Calmati,
per favore” – Denver e Rio intervengono,
trattenendolo per le braccia.
“Fossi
in te, se avessi un briciolo di intelligenza, farei due conti.
Perché, a tuo
avviso, ho scelto proprio lei come pedina da annientare durante la
rapina?”
“Non
può essere” – esclama, scioccata,
Tatiana che, finalmente, cambia fazione e attacca
la parente – “Come puoi vivere costantemente nel
meditare vendetta? Che persona
sei diventata? Non è rimasto un briciolo di
umanità in te?”
“Taci,
avevi le migliori possibilità e le hai buttate nel cesso,
diventando una ladra,
una nemica della legge, una che escogita piani per imbrogliare e rubare
la
gente…esattamente come Sergio Marquina”
“Tu
non sai nulla della mia vita” – commenta la seconda
delle Sierra, trattenendo
la rabbia e il pianto.
“Adesso
basta, torniamo alla missione” – Palermo cerca di
ristabilire la quiete.
Impossibile
farlo, dopo aver sganciato una bomba simile.
“Certo,
dai fatemi vedere il vostro genio in azione” - ridacchia
Alicia, riprendendo
posto sul divano, ignorando le ferite che ha aperto in tutti i presenti.
Bogotà,
fuori di sé, si svincola dalla stretta di Rio e Denver e
raggiunge Nairobi.
Quanto
a Tatiana, la ex moglie di Berlino resta in silenzio, con gli occhi
bassi,
mentre dei flash del passato le invadono la mente.
Nessuno…nessuno sapeva, a
parte Andrès De Fonollosa, quello che lei ha patito quando,
a soli 17 anni, nel
Conservatorio tanto illustre dove fu iscritta, visse qualcosa che la
trasformò.
“Tutto
bene?” – è Stoccolma, dolce e premurosa,
come sempre, a notare in lei tanto
dolore.
La
ladra annuisce, accennando un sorriso forzato. Poi posa gli occhi sulla
consanguinea e guardandola ferire volontariamente chi invece potrebbe
aiutarla
a salvarsi, prende la decisione più difficile –
“Ok, hai vinto!”
“Ho
vinto, cosa?” – quell’affermazione attira
subito l’attenzione di Alicia.
“Puoi
andartene, nessuno ti trattiene”
“Alleluia!”
– esclama, senza farselo ripetere due volte, e si alza dal
divano, pronta ad
uscire.
I
Dalì sono confusi, ma basta lo sguardo di Tatiana a fargli
capire che perfino
nel legame tra sorelle è stato superato il limite.
“Ho
cercato in mille modi di aiutarti. Tu non vuoi essere aiutata, e
allora…che
ognuna segua la propria strada”
“Finalmente
l’hai capito, brava sorellina!”
“Sorellina,
un cazzo. Non siamo più imparentate, nulla ci unisce. Io non
verrò più in tuo
soccorso, Anita crescerà con me, e tu finirai nel posto che
meriti”
“E
quale sarebbe, sentiamo!”
“L’inferno!
È lì che i mostri come te vanno”
La
freddezza con qui Tatiana esprime tali parole, fanno accapponare la
pelle perfino
ad Alicia Sierra.
Ma
l’ex ispettrice finge che quell’odio nei suoi
confronti le interessi poco.
In
realtà è stato l’ennesimo colpo al
cuore.
“Addio”
– dice allora, voltando le spalle, pronta ad aprire la porta
e sparire per
sempre.
Ma
è il bisbiglio di Palermo che la trattiene
dall’uscire.
“Devi
raccontarle cosa hai vissuto al conservatorio, Tati”
“NO!”
– replica la donna.
Ed
è allora che la maggiore, spiazzata, si volta verso la
parente e chiede – “Cosa
è accaduto al Conservatorio?”
“Non
sono affari tuoi”
“Dimmelo!”
“Vattene.
Sbaglio o volevi scappare quanto prima?! Mi lascerai da sola, come hai
fatto
nel momento in cui hai scelto di indossare il distintivo”
Cade
un silenzio tombale, rotto solo dall’intervento di Martin.
“Se
non glielo dici tu, sarò io a farlo”
“Possibile
che nessuno abbia le palle per dirmelo? Cosa cazzo è
accaduto?”
E
così, data la forte pressione psicologica, Tatiana rivela un
oscuro segreto,
quello che la condusse a cambiare strada e diventare socia del suo ex
marito.
“Ok,
a patto che tu, dopo quanto ascoltato, non ti lascerai condizionare
nella
scelta di andartene”
“Sono
già un piede fuori la porta, ho preso già la mia
decisione. Ora tocca a te,
dimmi cosa è accaduto!” – Alicia
comincia davvero a ipotizzare il peggio.
E
non ha torto a farlo.
“Avevo
17 anni e tanti sogni. Avevo perso te, avevo perso Anita, avevo anche
tante
aspettative sul mio futuro e mamma e papà mi erano con il
fiato sul collo,
quotidianamente. Scelsero per me uno dei migliori insegnanti di musica.
Uomo di
grande fama, di notevole talento… l’uomo che non
ha esitato a farmi violenza e
distruggere l’amore che nutrivo per quel
mondo…” – mentre racconta, Tatiana
sente una morsa allo stomaco, avvertendo sulla sua pelle delle
sensazioni che
tentò, per lungo tempo, di sopprimere. Le lacrime scivolano
sulle sue gote con
forza e le rammentano la sofferenza degli anni passati.
“Andrès
era lì quando quel mostro cercò, una seconda
volta, di abusare di me! Mi salvò,
mi aiutò a ritrovare me stessa nei mesi successivi. Ho
cambiato i miei
pensieri, i miei obiettivi, vivevo per recare male a quei ricconi di
successo
che non esitavano ad abusare del loro potere… poi ci
sposammo, e accadde quanto
accadde… a lui sono debitrice, ed è per lui, in
suo onore, che ho deciso di
intervenire in questa rapina per salvare il piano, nel caso di
problemi, e
senza ricavarne nulla in cambio! Sono qui perché a lui devo
la mia vita!”
Lo
shock è leggibile sui volti di tutti e la commozione
è inevitabile.
Anche
per una roccia come Alicia Sierra che, infatti, trattenendo emozioni
contrastanti
che le scavano dentro la pelle, accenna con un filo di voce -
“Perché non me
l’hai detto prima?”
Ovviamente,
si legge tra le righe il suo: SE ME L’AVESSI DETTO, LO AVREI
UCCISO CON LE MIE
STESSE MANI.
“Io
sono cambiata da allora, e adesso sai anche tu perché sono
diventata una ladra!
Per tale ragione, non lascerò il fratello di
Andrès nelle mani dei potenti. Lo
salverò, anche a costo della mia stessa vita”
La
rivelazione di Tatiana è un fulmine a ciel sereno per
chiunque abbia potuto ascoltare
una voce tremante raccontare di un passato indicibile.
Rimasta
senza parole, Alicia non sa cosa pensare. Quella tremenda scoperta ha
sfiorato
il suo cuore gelido, ricordandogli che non è
l’unica ad aver patito troppo.
“Ecco,
ora lo sai, puoi anche andartene!” – dopo aver
raccontato qualcosa che ha celato
per bene, e di cui erano al corrente solo Berlino e Palermo, la minore
delle
Sierra si asciuga il viso e rindossa la maschera da donna
indistruttibile.
“Tati,
io…” – l’ex ispettrice cerca
di trovare qualche parola di senso compiuto, chiamandola
addirittura con un nomignolo, eppure è cosciente che ogni
cosa detta può essere
vana.
“Sbaglio
o eri un passo fuori la porta?! Va’! Chi ti trattiene
qui?” – insiste la ladra.
In
quel preciso istante, un rumore esterno, pone tutti in allerta.
“Cazzo,
cos’era?” – esclama Rio.
“Mica
la polizia?” - ipotizza
Denver, afferrando
una pistola.
“Silenzio,
vado ad appurare, voi restate qui!” – uno dei
medici si immola per il gruppo,
essendo ancora estraneo alle forze dell’ordine.
Il
panico dei minuti seguenti vede totalmente estranee le due sorelle che,
invece,
continuano a guardarsi, silenziose.
Mentre
c’è confusione attorno a loro, le Sierra si
rivedono adolescenti, una di fronte
all’altra…. Ai tempi, bastava uno sguardo per fare
pace e delle paroline significative
che rimettevano tutto in ordine.
“Stringiamo
di nuovo il nostro nodo?” – espressione alquanto
buffa, ma carica di senso. Ed
è proprio Alicia a pronunciarla, porgendole una mano.
Sotto
lo sguardo esterrefatto dei Dalì, ancora in ansia per il
rumore esterno alla
casa, le due si confrontano.
Minuti,
secondi, che sembrano un’eternità.
Poi
Tatiana risponde – “Se hai ricordato questo nostro
rito, vuol dire che la vera
Alicia c’è ancora lì
dentro…” – accenna un sorriso,
commuovendosi. Poi, proprio
come facevano da ragazzine, le sue intrecciano la mano.
“Aiutami
a ritrovare me stessa, ti prego” – le sussurra
Alicia, lasciandosi andare ad un
abbraccio.
“E
tu non abbandonarmi più”
Un
momento di pace su cui nessuno avrebbe mai scommesso, viene interrotto
bruscamente dall’arrivo del medico allontanatosi poco prima.
“Ragazzi…”
“Che
succede? Chi era?” – domanda Palermo.
“Venite
a vedere voi stessi”
Il
gruppo segue, in massa, l’uomo, rassicurato di poter varcare
l’uscio non
essendoci pericolo.
“Non
ci credo” - esclama Stoccolma, a bocca aperta.
“Come
è possibile?!” – aggiunge incredulo
Helsinki.
Tatiana
e Alicia, mano nella mano, si uniscono ai Dalì e appurano
l’accaduto.
Spiazzate
da quanto hanno di fronte agli occhi, si guardano confuse.
“Quella
è…?” – cerca conferme la
seconda delle Sierra.
E
la ex ispettrice annuisce, mettendo ben a fuoco la persona in questione
– “Sì, un
punto in più per i Dalì! Hanno appena recuperato
Raquel Murillo”
|
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Capitolo 22 *** 22 Capitolo ***
Ricapitolando…
Alicia
e Tatiana chiariscono; la seconda rivela un segreto del suo passato che
permette la riappacificazione.
Intanto
Lisbona è condotta, da chissà chi, al
nascondiglio dei Dalì…
****************************************************
Vedere
Raquel Murillo, sana e salva, finalmente tra loro, come fosse un
miracolo, è,
per i Dalì, la speranza di poter vincere quella che
è, a tutti gli effetti, una
guerra.
“Lisbona”
– esclama, emozionata, Stoccolma correndole incontro,
liberandola della benda
sugli occhi.
Tutti
gli altri la circondano, aiutandola a svincolarsi dalle corde e la
rassicurano
di essere al sicuro, con i suoi amici.
“Muovetevi,
controllate i dintorni, magari troviamo chi l’ha lasciata
qui”- ordina
Palermo ai serbi che non esitano ad
eseguire.
“Non
ci credo! Cosa è successo? Pensavo volessero farmi del
male…” – ripete,
spaesata, la ex ispettrice.
“Non
sappiamo chi fossero quei tizi, non abbiamo visto i loro volti
perché sono
andati via in un battibaleno” – spiega Denver, mai
così contento di vedere la
compagna del Professore.
Confusa,
spiazzata, ma con il cuore a mille, la Murillo si accascia sulle
ginocchia,
liberandosi della tensione accumulata, specialmente nelle ultime ore, e
riceve
tutto l’affetto e la premura dei suoi compagni.
“Piangi,
piangi pure, amica! Ti può fare solo che bene”
– le sorride Monica,
stringendole una mano con forza.
Non
riesce a non sentirsi in forte sintonia con Raquel, che, proprio come
fece lei
due anni prima, cambiò fazione innamorandosi di un membro
della Banda.
Nessuno
come la Murillo può capire cosa significa essere da un lato,
avere una vita
impostata in una data maniera, e scoprire di trovarsi nel posto
sbagliato.
Le
due sorelle Sierra, intanto, rimaste all’interno
dell’abitazione, sono sedute,
una accanto all’altra, e si tengono per mano. Stanno
riscoprendo un affetto mai
assopitosi, e la rivelazione di Tatiana circa il passato doloroso
vissuto ai
tempi del Conservatorio, è stata la luce necessaria ad
Alicia per dare nuovo
ordine alle sue priorità di vita.
“Non
tocchiamo più quest’argomento, ti
supplico!” – la prega la minore, dopo averla
udita ripetere come mai non le chiese aiuto in quei giorni.
“Come
preferisci, sappi che adesso che abbiamo chiarito, non ci
separerà niente e
nessuno”
“Se
non fosse stato per Berlino, il fratello di Sergio, non so che fine
avrei
fatto. Perciò, Alicia, fidati… il professore non
è il cattivo della storia. E non
ha nulla a che fare con la morte di Anita”
“Già,
comincio a capirlo…” – aggiunge la
maggiore, amareggiata per i precedenti
avvenimenti che l’hanno vista fronteggiare vergognosamente la
banda del
Marquina.
In
quei minuti, il vociare della banda, di rientro in casa, le zittisce.
Le
due ex ispettrici, di trovano una di fronte all’altra.
La
Sierra si mette in piedi pronta ad un confronto, per quanto possibile,
pacifico. L’ha promesso a sua sorella. Nessuna ulteriore
tensione…prima
risolvono la questione, prima lasceranno Madrid, prima ricominceranno a
vivere
sul serio.
“Cosa
ci fai tu qui?” – domanda lecita da parte della
Murillo.
“Ciao
Raquel, è bello rivederti”
Lisbona,
però, non abbassa la guardia, e continua a fissare stranita
la vecchia amica.
Gli
occhi perplessi della donna si posano immediatamente sui compagni.
È Palermo a
darle spiegazioni – “E’ dei nostri, per
il momento”
“Dei
nostri? Scherzate?” – replica lei.
“Sotterriamo
l’ascia di guerra…temporaneamente… ti
va?”
Alicia
le porge la mano, attendendo di sigillare la tregua.
“L’ultima
volta che abbiamo contrattato un armistizio, Nairobi è stata
sparata…ed io ero
costretta nella tenda e ricattata da te! Sei poco credibile”
Precisa
Raquel.
“Ascolta”
– precisa la Sierra, avanzando verso la ex collega
– “Avrei potuto denunciarvi,
mandare qui una volante della polizia, contattare quella merda di
Tamayo…non
l’ho fatto”
“Beh,
questo perché, ti ricordo…sei ricercata anche
tu” - commenta Lisbona.
“Amica
mia, per favore, evita discussioni. Ce ne sono state già in
abbondanza.
Mettiamoci all’opera e salviamo Sergio” –
la supplica Palermo, intervenendo per
porre fine al confronto.
“Martin
ha ragione” – aggiunge Tatiana –
“Stiamo perdendo solo del tempo utile”
Sapere
l’uomo che ama in pericolo è la sola motivazione
che spinge la neoarrivata a cedere.
“Va
bene, sia chiara una cosa però” –
precisa – “Una mossa sbagliata e vedrai di
cosa sono davvero capace”
Il
tono deciso, freddo, quasi minaccioso, della donna del professore
spiazza
tutti.
Poi,
decisa a sorvolare sulla presenza della collega, Lisbona chiede dei
pezzi
mancanti.
“Come
sta Nairobi?”
“E’
con Tokyo. Era molto scossa sapendo qui la Sierra”
– spiega Stoccolma.
“Immagino,
ha le sue buone motivazioni”
“Come
ci muoviamo? Ora che tu sei qui, il solo da liberare è il
Prof” – aggiunge Rio.
“Innanzitutto
vorrei capire chi è stato a condurmi qui, offrendomi la
salvezza”
“Forse
Sergio aveva qualche carta nella manica” – sostiene
Denver.
“Non
vorrei fosse una tattica del nemico” – è
il timore di Helsinki.
“In
che senso?” – domanda, confusa, Manila.
“Se
avessero fatto credere noi che Lisbona salva ma si organizzano per
arrivare qui
e catturarci tutti?”
“No,
dubito! Prieto e Tamayo non sono così svegli”
– interviene Alicia, avanzando
verso il gruppo, con le braccia conserte e l’aria pensierosa.
“La
mente astuta della polizia ero io, non quei due rammolliti. Penso,
piuttosto,
ci sia un traditore tra loro”
“Antoñanzas?”
– avanza la sua idea Marsiglia.
La
Sierra scuote il capo, poi punta gli occhi su Raquel –
“Forse ho capito chi
potrebbe aver architettato un piano perfetto, regalandoti la
libertà”
“Chi?”
– chiede Stoccolma.
“Pensaci
bene” – dice la rossa, rivolgendosi proprio alla
Murillo – “Tra quella gente,
c’è qualcuno che tiene a te, probabilmente troppo,
che sarebbe pronto a
offrirti la salvezza andando contro il suo distintivo”
“No,
non può essere” – esclama la donna del
professore, intuendo il soggetto in
questione.
“Si
può sapere di chi parlate?” – sbotta
Denver.
“Angel!”
– risponde Lisbona, osservando Alicia annuire, decisa.
“Cazzo,
non farebbe una piega. Lui è così innamorato al
punto tale da mandare a puttane
il lavoro della polizia!” – Palermo è
convinto della teoria della Sierra e l’appoggia
a pieno.
“Beh…appurato
ciò, come ci muoviamo adesso?” –
aggiunge Rio, voglioso di chiudere quanto
prima la vicenda, fissando, rancoroso, la ispettrice che l’ha
torturato per
mesi.
“Se
Angel li ha traditi una volta, per tutelare Raquel, potrebbe farlo di
nuovo.
Mettersi in contatto con lui, portarlo dalla nostra parte, e che agisca
da spia
può tornarci utile” – riflette la Sierra
ad alta voce.
“Mission
impossible, allora!” – esclama, rassegnato, Denver,
consapevole che è realmente
una soluzione inattuabile.
“Va’
trovato il giusto escamotage…” –
riflette Alicia ad alta voce.
Lisbona
osserva la ex collega totalmente concentrata sulle mosse da compiere
che
capisce quanto il suo intervento possa essere rilevante.
“Alicia
ha ragione, diamoci una mossa. Entro 24 ore voglio essere su una nave,
diretta
verso la salvezza… e con Sergio al mio fianco!”
– conclude Lisbona, prendendo
definitivamente il controllo della situazione, sotto lo sguardo
compiaciuto di
Sierra che sente riconosciuto il suo operato da quella che tempo
addietro era
una sua amica.
Sotterrata
l’ascia di guerra, le due ex ispettrici sono pronte a
collaborare.
Ma
c’è qualcuno, decisamente giù di tono,
che non riesce a rilassarsi e riunirsi
con il gruppo.
Nairobi
si è isolata, con Tokyo, nel cucinino e, assieme
all’amica, ha sbollito la
rabbia.
Accettare
la presenza tra i Dalì di chi ha tentato di eliminarla, di
chi ha recato male a
Rio, di chi ha usato Axel per i propri scopi, di chi ha minacciato e
torturato
il Professore, di chi le ha sbattuto in faccia la vicenda di German,
è
decisamente difficile per lei.
E
Silene è dello stesso parere.
“Costringerci
a collaborare, ad agire fianco a fianco ad Alicia, è una
vera e propria beffa.
Non so se ridere o meno di questo” – commenta la
Olivera.
“Passo
sopra la faccenda del mio ex, nonché suo defunto marito,
però… non posso
tollerare, non riesco a farlo, è più forte di me,
che abbia sfruttato un
bambino per ferirmi e vendicarsi”
“Palermo
è il capo, al momento. Non c’è neanche
Raquel che, probabilmente, ci potrebbe
spalleggiare…cosa facciamo? Un ennesimo colpo di
Stato?” – chiede Tokyo alla
gitana.
“Direi
anche basta. Non ho neanche le forze per reagire. Né
fisicamente, né
emotivamente” – sostiene Agata, volgendo gli occhi
alla finestra aperta.
Punta
lo sguardo sull’esterno, un paesaggio incontaminato, bello,
pulito, che
alleggerisce la sua anima.
Ripensa
a quando, per la prima volta, portò il piccolo Axel in una
campagna poco
distante il loro barrio. Il piccolo, di appena un anno, era euforico di
fronte
a tanto verde.
Una
lacrima scivola, involontariamente, lungo la guancia della zingara.
“Che
ti prende? Non piangere per Sierra, non ne vale la pena”
– Silene si accorge
subito di tale dettaglio e, senza esitare, si inginocchia di fronte
all’amica, seduta
a sua volta su una vecchia sedia di paglia. Le prende le mani e le
avvolge alle
sue.
“Forse
ho la soluzione al nostro problema, sorella mia” –
le dice poi – “Mostrarci
forti, e decisamente menefreghiste nei confronti di chi vuole solo
farci male,
è l’arma vincente. Se diamo l’idea che
la sua presenza non ci tocca
minimamente, lei capirà che qualsiasi cosa farà o
dirà sarà di scarso valore.
La nostra forza sarà la sua debolezza. Pensa a cosa
starà passando Rio in
questo momento. È un esempio di tempra da imitare. Facciamo
come lui”
Nairobi
sorride di fronte alla saggezza di Tokyo – “Hai
ragione. Faremo così. Ma tu, ti
prego, restami accanto. Se mi vedi tentennare e cedere,
sorreggimi…”
“Non
ti lascerò, amica! MAI”
Si
abbracciano, lasciando andare il rancore. Eppure nella memoria della
gitana
scorrono ancora quei ricordi di una giornata in campagna. E la vocina
di Axel,
talmente dolce e innocente, che riecheggia nelle sue orecchie
è struggente.
Proprio
in tale istante scoppia a piangere, stringendo a sé, con
forza, il corpo esile
della compagna d’avventura.
E
Silene non parla, si limita ad essere la sua spalla.
Mentre
singhiozza, la Jimenez libera il cuore dal peso dei ricordi –
“Era un luogo
come questo… era un paradiso dove saremmo potuti rimanere a
vita…”
“Di
cosa parli?”
“Ho
intenzione di prendermi il mio bambino e vivere in un posto lontano dal
caos
della città, lontano da ogni pericolo, immerso nel verde, in
un paesaggio come
questo che vedo dalla finestra…” – le
indica la campagna adiacente all’abitazione
in cui si trovano.
“Sicura?
Qui, le possibilità sono scarse…”
“Possibilità
per cosa? a me basta essere felice, avere accanto chi amo, e goderne a
pieno.
Tutto il resto è secondario”
In
tale istante, dei passi ben riconoscibili all’orecchio di
Agata, interrompono
la conversazione.
Le
due si voltano.
“Bogotà”
– esclama la gitana, asciugandosi il viso bagnato di lacrime.
Il
saldatore, affranto nel vederla tanto triste, le si avvicina e si
sostituisce a
Tokyo.
La
giovane, infatti, dà modo alla coppia di sostenersi in
intimità.
Lascia
la cucina e si riunisce ai Dalì.
I
due innamorati, invece, non hanno bisogno di parlare. I loro occhi
comunicano
in silenzio.
“Scommetto
che Sierra non ha esitato a ferirti, rivelandoti di German,
vero?” – Nairobi
intuisce subito, dallo sguardo spento del saldatore, che qualcosa lo ha
turbato
oltremodo.
“Mi
capisci al volo, ormai”
“Funziona
così tra anime gemelle, sai?” – precisa
lei, guardandolo con la solita
dolcezza.
Lui
ricambia con una carezza delicata e un successivo bacio a stampo.
“Come
ti senti?” – le domanda, già conscio
della risposta.
“Adesso
va meglio”
“Quanto
durerà?”
“Cosa?”
“Questo
tuo “stare meglio!”… scommetto che
appena ti ritrovi faccia a faccia con
Alicia, potresti ripiombare nella disperazione”
“Non
ci voglio pensare più. Mi mostrerò forte,
l’ho sempre fatto. Adesso ho ceduto
perché è stato toccato il mio punto debole.
Però, è da tutta la vita che mostro
il mio essere leonessa, nonostante, spesso, morissi dentro. Lo
farò anche ora!”
“Fingere
non ti farà stare meglio, amore mio” –
amareggiato nel dirglielo, Bogotà non
esita a farlo.
“Lo
so, ma ho poche scelte. Anche Rio soffre della presenza della
ispettrice. Quel
ragazzo ha patito le peggiori torture, eppure adesso è
lì… tra gli altri, e
partecipa al piano… sapendo Alicia a pochi passi. Ho molto
da apprendere dal
suo coraggio. Farò esattamente come lui”
– ricordandosi di quanto consigliato
da Tokyo, Nairobi fa sua quella stessa tesi.
Ciò
riesce a convincere il suo compagno della volontà di non
ritrarsi, di non
abbandonarsi al dolore.
Certo,
soffrirà…ma fingerà di non farlo!
“Non
esiste arma migliore dell’indifferenza” –
continua a spiegare.
“Sei
la persona più in gamba che abbia mai conosciuto in vita
mia, Nairo”
La
gitana ha proprio bisogno di quella dose di autostima e in risposta lo
bacia di
nuovo, approfondendo quel semplice sfiorarsi di labbra come solo lei sa
fare.
“Stavolta
non c’è pericolo che l’ascensore esploda
o si blocchi… potrei continuare a
baciarti fino a perdere il respiro” – confessa
Bogotà, arrossendo.
“E
allora fallo” – continua Nairobi, tirandolo a se,
assaporando ogni sensazione
del suo corpo, al massimo livello.
È
la voce di Raquel, ben udibile dai corridoi, a interrompere quella
magia.
“Aspetta…”
– si blocca Agata – “..ma questa
è…?”
“Già!
Non te l’ho detto ma… Lisbona è salva
ed è qui con noi”
Quella
rivelazione è finalmente una notizia buona che tranquillizza
la Jimenez.
“Con
lei qui, Sierra ha poco spazio. Andiamo, voglio salutarla. Mai come in
questo
momento sento che la sua presenza è essenziale al mio
benessere” – preso per
mano il compagno, si accinge ad uscire per raggiungere i
Dalì.
“Ti
amo” – sussurra l’uomo, per farle forza,
quando sono a pochi passi dal gruppo.
“Nairo”
– esclama la fidanzata del Professore, riconoscendo la gitana.
Tutti
si voltano verso Nairobi che, lentamente, si avvicina, ignorando
volutamente
Alicia Sierra, posta proprio di fianco a Raquel.
“So
quanto è dura per te, e te ne sono grata. Sei qui,
nonostante tutto, per il
bene di Sergio”
“Lui
mi ha regalato una nuova vita. Gli devo ogni briciolo di ritrovata
felicità” –
confessa Agata – “E poi…siamo una
famiglia. E la famiglia non si abbandona!”
“Mai”
– risponde commossa la Murillo.
L’abbraccio
tra le due donne è sigillato da un applauso del gruppo,
inclusa Tatiana
emozionata.
Alicia,
invece, non proferisce parola.
Approfittando
della scarsa considerazione nei suoi riguardi, si allontana.
Raggiunge
l’esterno dell’abitazione, standosene da sola con i
suoi numerosi pensieri.
Quanto
della sua vita è cambiato nelle ultime ore.
Dalla
rapina, al tradimento dei suoi collaboratori, al parto, alla ritrovata
sorella
di cui ha scoperto un passato orribile, e ora… ora
è con i Dalì…con i nemici
numero uno.
Nemici
divenuti nel giro di poco i perfetti alleati per la sua rinascita.
“Cosa
fai qui?” – le chiede una voce alle sue spalle,
comparsa all’improvviso.
“Tati,
torna dentro con gli altri. Hanno bisogno di te” –
le risponde, concentrata ad
ammirare la bellezza e il canto della natura circostante.
“Hanno
bisogno anche di te!” – precisa la seconda delle
Sierra.
Quell’affermazione
fa ridere la grande, che fatica a condividere tale parere.
“Sono
stata una merda con tutta quella gente!” – confessa
la ex ispettrice,
amareggiata, riconoscendo la responsabilità di quanto
accaduto – “Come
potrebbero avere bisogno di me”
“Ehi,
non dirmi che ti stai tirando indietro? perché? Fino a poco
fa eri spalla a
spalla con Lisbona!”
“Ho
visto il viso di Nairobi. Con quanta indifferenza mi ha trattata. E la
rabbia
di Rio. Il disprezzo di Tokyo e Bogotà…
percepisco tutto ciò. Ma non voglio
giustificarmi, sono cosciente che me lo merito”
“Sorellina,
non temere. Stai tornando la Alicia di un tempo. Quella di qualche ora
fa, non
avrebbe mai riconosciuto di avere delle colpe. Sii fiduciosa. Io sono
qui e ti
darò una mano. Ma un primo passo è quello di
chiedere perdono. Loro adesso ti
vedono come la cattiva. Dà prova che stai cambiando. Apri il
tuo cuore ai Dalì
e mostragli quanto di bello hai da offrire”
“Non
ho nulla di bello dentro. Sono una figlia di puttana che non ha esitato
a
torturare, a sparare sfruttando debolezze degli avversari. Quale mostro
arriverebbe addirittura ad abbandonare il sangue del suo
sangue?”
Il
richiamo alla piccola Anita è un segnale positivo per
Tatiana. Finalmente
Alicia riconosce la presenza della neonata nella sua vita.
“Devi
perdonare te stessa e per farlo bisogna prima chiedere perdono a chi lo
merita.
Per quanto riguarda Anita, stai tranquilla. Quella bambina
conoscerà il lato
bello della sua mamma quanto prima! Avrai modo di redimerti anche con
lei”
“L’ho
abbandonata. Antoñanzas l’ha consegnata a non so
chi. Non ho voluto saperlo,
per me era un peso di cui liberarmi”
“Io
ho i miei giri, sorellina! Anita tornerà tra noi. Presto la
riabbraccerai. Adesso,
però, torniamo dentro. Bisogna salvare il professore. Questo
è il primo segnale
che dimostrerà ai Dalì le tue buone
intenzioni” – le porge una mano ed Alicia,
forte della vicinanza della consanguinea, la afferra camminando fianco
a fianco
fino a raggiungere il gruppo.
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Capitolo 23 *** 23 Capitolo ***
Angel
Rubio ha sempre considerato il suo lavoro una vera missione; difendere
il suo
paese, la sua gente, da soprusi, inganni, pericoli di qualsiasi tipo,
è il
minimo che è chiamato a svolgere in nome del suo distintivo.
E
negli anni di lunga carriera non si è mai tirato indietro
davanti a niente e
nessuno. Ligio al suo dovere non avrebbe mai pensato che, un giorno,
sarebbe
accaduto l’inimmaginabile.
Sergio
è in auto, diretto al carcere. La partenza è
stata ritardata da inconvenienti
voluti, coscientemente, dallo stesso Angel per dar modo alla volante,
con a
bordo Raquel, di poter fare il suo dovere. E mentre lo osserva,
ammanettato, a
capo chino, debole ed esausto, Rubio riconosce che salvare Raquel dallo
stesso
destino del Professore sia stata la mossa migliore.
Nella
sua mente si fanno strada solo risposte positive: innanzitutto, la
donna di cui
è innamorato da anni potrebbe fuggire, e soprattutto nessuno
della Polizia
avrebbe mai potuto sospettare della talpa identificandola in lui.
Così
facendo ha preso due piccioni con una fava.
“Ehi,
amico, mi hai sentito?” – lo scuote Suarez, dopo
averlo chiamato più volte, da
lontano, senza ricevere risposta.
“Come?”
– esclama Rubio, tornando con i piedi per terra.
“Cosa
ti prende? Sembri pensieroso…forse troppo”
“Nulla,
è che mi pare strano sia finito tutto
così…facilmente” – finge,
trovando la
giusta scusa.
“Beh…è
di questo che volevo parlarti. Confesso che la cosa mi puzza”
“Ehm…in
che senso?” - deglutisce
Angel,
spiazzato da tale osservazione.
“Sono
sicurissimo che quei pagliacci con la maschera, adesso, tenteranno di
liberare
la Murillo e il loro amato beniamino” – commenta il
poliziotto, arricciando il
naso, alquanto disprezzante verso di Dalì –
“Il colonnello li ha lasciati
andare, non considerando la conseguenza più certa che
può verificarsi”
“Già!
Lo temo anch’io, Suarez”
“Cosa
facciamo allora? Aspettiamo che ci sia l’ennesima rapina e
che stavolta la
Banda del Professore orchestri altro per liberarlo insieme alla sua
compagna?”
“Beh…senza
ordini dall’alto, non possiamo decidere niente. E
comunque… sì, i rapinatori
rivendicheranno la libertà del loro capo,
però…pensaci, senza di lui non
saprebbero organizzare l’ennesimo attacco. Era Sergio la
mente. E senza il suo
genio, quei Dalì non hanno chance”
“Esattamente”
– la voce alle loro spalle, che ha ben udito le
considerazioni dei due
polizotti, dà conferma delle parole di Rubio.
“Colonnello
Prieto, è questo il motivo allora?” –
domanda Suarez al superiore.
L’uomo,
mai tranquillo come in quel momento, con il petto gonfio
d’orgoglio per la
vittoria, e fiero di avere tra le mani l’uomo più
ricercato degli ultimi anni,
conforta gli altri due – “Alla Spagna piacciono
quegli idioti con la tuta
rossa. Saperli in vita e lontani, potrebbe essere un vantaggio per noi.
Non
passiamo da cattivi. Anzi. Abbiamo ripreso l’oro nazionale,
catturando chi
voleva strapparlo e privare il Paese della sua sola fonte di ricchezza,
e
quella specie di mascotte umane sono sane e salve. Nessun morto, ma con
la
giustizia compiuta!”
“E
come la mettiamo con tutte le accuse contro polizia, servizi segreti, e
il
resto? Le torture denunciate…Sierra in fuga…
questo come lo fronteggeremo?” –
chiede Angel, confuso.
“Alicia
è la prossima che finirà nella stessa cella della
Murillo, fidatevi. Quella
serpe in seno a breve sarà fuori dai piedi.”
“Non
sappiamo neppure dove si trovi”
“Calma,
Suarez! Questione di tempo e sarà lei a consegnarsi a
noi”
“Cosa
te lo fa pensare?”
“Beh…
ho i miei informatori. So che ha dato alla luce una bambina e presto
quella
bambina sarà l’arma per colpirla”
“Come
fece lei con la Dalì utilizzando il peluche? Ti servirai
delle sue stesse
tattiche?”
Prieto
solleva un sopracciglio e con fare beffardo ridacchia –
“Non fare agli altri
quello che non vorresti venisse fatto a te. Dico bene?”
Senza
aggiungere altro, il colonnello si avvia alla volante con cui
accompagnerà
Sergio in carcere. Ha tutta l’intenzione di godere, assieme a
Tamayo,
dell’ingresso del Professore in quel posto, vedendolo
finalmente dietro le
sbarre.
“Andiamo,
amico. Quella dietro l’auto del colonnello è la
nostra” – dice Suarez,
avviandosi.
Angel
lo segue seppure agitato. Sentire le dichiarazioni di Prieto
l’hanno
decisamente destabilizzato.
Chi
può aver mai riferito tale dettaglio alle
autorità, tradendo Alicia Sierra?
E
proprio quest’ultima, forte del sostengo di sua sorella,
decide di pulirsi
definitivamente la coscienza affrontando uno per uno i Dalì
a cui recò male.
Intenzionata
a confrontarsi con il giovane Rio, che patì le peggiori
torture, si avvia nella
stanza adibita a classe, su modello di quella progettata da Sergio
durante
l’addestramento al Monastero.
“Ehm…
Rio non c’è?” – chiede,
notando solo la presenza delle donne.
“No”
– risponde secca e decisa Tokyo non volgendo neppure lo
sguardo sulla ex
ispettrice.
“Lo
stavo cercando per…”
“Per fargli cosa? grandissima figlia di puttana!”
– sbotta Silene, trattenuta
subito dopo dalle amiche.
Raquel
in primis giustifica la reazione della compagna di squadra,
però ha compreso il
senso di quella collaborazione temporanea – “Tokyo,
calmati. Non serve
alimentare astio. Dobbiamo salvare il Professore, ricordi?”
– le sussurra,
mentre Stoccolma la frena mantenendola per un braccio.
Nairobi,
invece, dopo aver mandato giù quel boccone amaro, ovvero la
scelta di gruppo di
tenere lì l’artefice della sua quasi morte, mostra
apparente freddezza.
I
suoi occhi sono velati di tristezza e fissano la rossa; il suo respiro
fuoriesce a fatica, sembra essersi bloccato.
È
decisamente una statua di ghiaccio umana.
“Me
ne vado” – dice Alicia, non ribellandosi, ma
ritenendo giuste le cattiverie
contro di lei e la rabbia generale.
“Aspetta!”
– la trattiene Agata, spiazzando tutte le presenti.
Si
mette in piedi e, seppure a passo lento e affaticato, le va incontro.
Le
due si trovano faccia a faccia, una impassibile nel suo dolore,
l’altra con il
capo basso di chi sa di aver sbagliato e merita la punizione.
“Nairobi…io…”
– comincia la donna più adulta.
“Zitta!
Fammi parlare perché non so quanto potrò ancora
reggere nel non prenderti a
parolacce” – interviene la zingara, tenendo una
precauzionale distanza fisica.
“Lasciala
perdere, non ne vale la pena, amica mia” – le dice
Tokyo.
“Invece
sì, ne vale la pena. Vale la pena affrontarsi
definitivamente e chiudere questo
capitolo. Perché io non ne posso più. Tu non
immagini cosa abbia significato
per me vivere senza Axel per tutti questi anni. Sono rimasta incinta
perché…” –
trattiene le lacrime, prende fiato, tenendosi con una mano la ferita
che pulsa
– “ … perché German mi ha
fatto credere di volere un futuro insieme. Mi ha
promesso che ci saremmo sposati. Che mi avrebbe portata via da quel
quartiere
di merda dove abitavo con mia madre. Invece sai che ha fatto? Appena
gli ho
detto del bambino, mi ha mollata. Ha detto che doveva
sposarsi…. Con un’altra…
indovina con chi?!”
“German?
Ma… aspettate… volete dire…”
– non al corrente, Raquel sobbalza di fronte alla
rivelazione.
“Sì,
mio marito” – risponde Alicia, amareggiata.
“Cazzo!”
– esclama scioccata la Murillo. Conosceva il consorte di
Sierra e mai avrebbe
immaginato potesse essere uno sciupafemmine.
“Ho
cresciuto Axel da sola, contro tutto e tutti. Mi è stato
tolto nella maniera
peggiore”
“Non
ti fa bene ricordarlo, non sei nelle condizioni per sostenere tanto
dolore. Smettila,
Nairo” – la supplica, preoccupata, Stoccolma.
Segue
qualche secondo di silenzio. La Jimenez stringe i pugni e china il
capo,
intenzionata a darsi tempo per metabolizzare tali sensazioni e
riprendere il
discorso.
È
la Sierra però ad intervenire adesso.
“Credi
sia stato facile per me? Io ero follemente innamorata di German. Quando
ci
siamo sposati eravamo così giovani e ingenui. Non avrei mai
immaginato che il
sabato sera andava nei locali per intrattenersi con altre donne. Quello
che ha
fatto a te, l’ha fatto anche alla sottoscritta. Mi ha usata.
Ero la sua
mogliettina, la sua vita apparente. Ero il trofeo da mostrare alle cene
con i
colleghi; ero la donna che gli scaldava il letto la sera; quella che
cucinava e
gli stirava le camicie…non credi sia stato
umiliante?”
Tatiana,
rimasta in disparte, ascolta con il magone la sofferenza di sua sorella
maggiore, rendendosi conto di quanto, negli anni di distacco, abbia
patito
l’assenza della famiglia.
“Io
avevo solo lui, e un grosso desiderio di vendicare Anita, quella
sorellina
minore che mi fu strappata ingiustamente”
“Sei
sicura di essere tanto diversa dal tuo maritino? Perché hai
usato tattiche di
pessimo gusto per ferirci. Prima con il mio ragazzo, poi con la mia
migliore
amica, e perfino con il Professore” – aggiunge
Silene, entrando nel discorso.
“Tutto
quello che ho fatto l’ho fatto perché avevo
perduto la mia umanità. La
scomparsa prematura di Anita è stata un inferno. Non
riuscivo ad appigliarmi a
nessuno; solo German, con cui condividevo lo stesso ufficio, in
Polizia, riuscì
a farmi sentire amata. Peccato che fu un’illusione. E tenne
il segreto delle sue
relazioni fino a quando non fu identificata una tale Nairobi con il
nome di
Agata Jimenez”
La
gitana solleva gli occhi, incrociando quelli spenti della Sierra.
“Divenni
in un battibaleno invisibile per lui. Già lo ero, ovvio. Ma
Nairobi divenne la
sua fissazione. Ho scoperto che tu eri la sua amante e la rabbia
arrivò alle
stelle. Ero incinta e fu un colpo al cuore. Ti giuro che avrei
preferito morire
al posto suo. Tutta la mia vita era stata una menzogna. Una beffa del
destino
che continuava a prendersi gioco di me, strappandomi via ogni forma
d’amore e
di felicità”
“Così
hai pensato bene di distrarti concentrandoti sul caso dei
Dalì, vero?” –
domanda Monica, timidamente.
“Siete
diventati subito la mia missione primaria. Volevo prendermi la mia
rivincita sulla
vita di merda che il fato mi aveva imposto. Mi convinsi fosse Sergio la
causa
della morte di Anita… perciò divenne il bersaglio
da eliminare…
“Che cosa? Ma ti rendi conto che è folle? Come
poteva, il mio compagno, aver
eliminato tua sorella?” – esclama, scioccata, e a
tratti irritata, Lisbona.
“Colpa
della mancata lucidità, Raquel. Te ne sarai resa conto
durante l’interrogatorio
nella tenda”
“Già,
mi hai minacciata usando Paula e mia madre”
“Cazzo,
a quanto pare ti diverte sfruttare i punti deboli delle tue
rivali…specialmente
se i punti deboli sono i figli” – commenta,
esterrefatta, Agata.
“So
di aver sbagliato. Volevo punire Sergio, servendomi di
Raquel…e colpire te per
vendicarmi di German. Ho fatto tante cazzate. Non me le
perdonerò mai. E quella
più grossa è stata dare via la mia
bambina”
“Non
è facile dire addio a un bebè”
– precisa la Jimenez.
“Me
ne rendo conto solo adesso. Non so se sarò in grado di
essere una buona mamma”
“Nessuna
ha questa certezza. Non l’avevo io a soli ventiquattro anni,
non ne aveva Raquel
quando è nata Paula. Né Stoccolma quando ha messo
al mondo Cincinnati” –
aggiunge ancora la gitana.
“Prova
ad immaginare quanto possa far male rivedere il proprio figlio, dopo
sei anni,
sentire la sua voce tramite un telefonino, guardarlo da una finestra,
faticando
a metterlo a fuoco come vorresti… poter sapere
com’è diventato, quali sono i
suoi sogni futuri… se ha lo stesso sorriso, e quei capelli
ricci come li aveva
da piccolo… sono cose che toccano l’anima e ti
devastano”
“Mi
dispiace” – continua a ripetere Alicia.
“Pensi
di aver superato, in fondo, quella sofferenza, quel distacco. Poi, un
giorno, una
pazza sceglie di colpirti, distruggendoti dall’interno.
Calpestando e martoriando
il tuo cuore. Ti ricorda la merda di vita che hai fatto, e il male che
hai
recato al tuo bambino…ti sbatte in faccia la
realtà ricordandoti che Axel
c’è…che
Axel esiste e che è lì, a pochi passi da
te… usa il tuo essere mamma per vincere
una guerra…una guerra dove, adesso, combatte
sull’altro fronte…” – lo
sfogo, doloroso,
di Nairobi, fatto di sospiri, singhiozzi, batticuore, sudorazione,
fatto di un
miscuglio di emozioni, arriva diretto alla coscienza dell’ex
ispettrice.
Quest’ultima,
di fronte al male che le ha recato, non trova opzione se non quella di
supplicare
il suo perdono e farle una promessa –
“Capirò se non vorrai mai perdonarmi, in
fondo non siamo obbligate a diventare amiche. Anzi. Siamo solo persone
costrette a collaborare per salvarsi il culo da una situazione scomoda.
Però,
ti prometto, quando tutto questo finirà, io ti
darò i contatti necessari per
arrivare da Axel. Io so dov’è, conosco i genitori
adottivi, loro stessi me l’hanno
portato quel dannato giorno dello sparo”
“Cosa me ne potrei fare di quei contatti? Sarei una
fuggitiva, se mi facessi
trovare, quella gente contatterebbe le autorità e finirei in
prigione…di nuovo”
“Proprio
per questo, la guerra contro Tamayo e Prieto dovrà avere un
finale preciso”
“Cioè?”
– domanda Lisbona, studiando le espressioni della Sierra.
Alicia,
alquanto affrante, e ancora sconvolta nella sua disperazione, trova le
forze
per dire – “La sola nostra salvezza, non appena
avremo il Professore qui con
noi, è fingerci morti. Dei morti non sono più
ricercati”
“Cazzo,
e come facciamo a spacciarci per morti? Senza cadaveri, la Polizia non
lo crederà
mai” – sostiene Tokyo.
“Entro
in gioco io” – interviene Tatiana –
“Mi presenterò come giornalista,
arriverò ad
Angel. A quel punto, sarà lui a lavorare per noi
dall’interno”
“Come
puoi essere certa che lo farà?”
“Ha
già tradito il suo gruppo per amore. Se si tratta di salvare
Raquel un’altra
volta, è certo…non si tirerà
indietro!”
Tatiana
ne è convinta; un po' meno le altre Dalì.
“Non
ho ancora capito il senso di Angel nella faccenda della nostra presunta
morte” –
sottolinea Silene, confusa.
E
così, mentre la seconda delle sorelle Sierra racconta
un’ipotesi d’azione, discussa
già con il resto della Banda, Alicia si siede di fianco ad
Agata.
La
gitana, silenziosa, fissa il vuoto.
“Axel
è un bambino molto intelligente. E ti somiglia tantissimo.
Non ha nulla a che
fare con German, sappilo” – attacca bottone tirando
in ballo il bambino.
“Per fortuna” – commenta la Jimenez.
“Riavrai
tuo figlio. Fosse l’ultima cosa che faccio in vita
mia…”
Nairobi
solleva gli occhi, spostandoli sulla donna dall’aria
decisamente ostinata.
E
dopo essersi risposte con un accenno di sorriso reciproco, è
proprio la Dalì a
proporre
“Tregua?”
Alicia
la guarda, sconvolta, e incredula.
“Dici
sul serio?”
“Odiarti
non mi fa stare meglio. Portarti rancore non mi dà
benessere…in cambio va solo
ad alimentare le mie frustrazioni. Quindi, ho deciso
così… chiudiamo per sempre
la parentesi German! Ti va? Il resto tenteremo di superarlo un passo
alla
volta.”
“Assolutamente
sì. Abbiamo un destino in comune, Agata. Stesso uomo, dei
figli che sono lontani,
e che dobbiamo recuperare. E lottiamo contro lo stesso nemico.
È bene allearsi per
quanto possibile. L’unione fa la forza”
Sotto
lo sguardo sbalordito delle amiche, la gitana afferra la mano della
Sierra e la
stringe alla sua, sancendo un vero e proprio patto.
“Sono
molto fiera di te, sorellona” – sussurra Tatiana ad
Alicia poco dopo, quando si
complimenta per il comportamento avuto con Nairobi.
Nel
mentre, Tokyo, Lisbona e Stoccolma si preoccupano per la loro di amica.
“Sicura
di farlo perché lo vuoi? Mica ti sei sentita
forzata?”
“No,
Toky. Ho sentito che era la cosa giusta da fare. Basta odio. Dobbiamo
salvare
il professore. È questa la priorità. Tutto il
resto va messo da parte. E poi…prima
lo faremo, prima andremo via da qui, prima torneremo a vivere in santa
pace”
“Hai
ragione, sei una donna dal cuore enorme” – le dice
la Murillo, unendosi in un abbraccio
di gruppo.
Le
quattro, perni della banda dei Dalì, sotterrano
l’ascia di guerra contro Alicia
Sierra, decise più che mai a mettere la parola fine al
passato e giungere alla
vittoria rapidamente.
Tutte
assieme raggiungono il salotto, dove gli uomini approfittano per
mangiare qualcosa
al volo. Bogotà è il primo a notare la
tranquillità tra loro e ne resta piacevolmente
colpito.
Va
incontro alla sua donna – “Come ti
senti?”
Con
lo sguardo rilassato, la gitana avvicina le sue labbra a quelle del
saldatore. Lo
bacia dolcemente, per accoccolarsi poi al suo petto.
“Adesso
posso dirlo sul serio…mi sento finalmente bene!”
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Capitolo 24 *** 24 Capitolo ***
“E
il piano sarebbe questo?” – borbotta Denver, dopo
aver udito le idee di Tatiana
in merito al da farsi. Idee stabilite in concomitanza con Alicia Sierra.
“Al
momento è la possibilità che abbiamo per entrare
in contatto con Angel Rubio” –
spiega la ex ispettrice, avanzando verso la sorella, dal fondo della
stanza.
Poi
aggiunge – “Nessuno conosce Tatiana, nessuno la
identificherebbe con i Dalì.
Agli occhi della Polizia è l’ennesima giornalista
che vuole lo scoop da
piazzare in prima pagina sul suo giornale”
“Beh…io
credo…che confidiamo troppo in ciò che potrebbe
fare il tizio panzuto. Insomma…
è pur sempre un nemico. E dei nemici non ci si
può fidare” – puntualizza Rio,
lanciando una chiara frecciata ad Alicia.
“Ha
aiutato Lisbona ad essere qui, adesso. Credo che non sia a tutti gli
effetti
uno di loro” – aggiunge Stoccolma, ottimista e
speranzosa di chiudere quanto
prima la faccenda per lasciare Madrid e ricongiungersi al suo
Cincinnati.
C’è
fin troppa esitazione da parte dei Dalì nel mettere in atto
la strategia delle
sorelle Sierra.
Perfino
Palermo, amico di Tatiana, è poco convinto.
“Abbiamo
altra scelta? Direi di no. Dovremmo tentare” – la
voce di Nairobi riecheggia
nella sala, attirando su di sé l’attenzione di
tutti.
“Dici
sul serio? Vorresti assecondare questa pazzia?” –
le sussurra all’orecchio
Bogotà, alquanto sorpreso.
La
gitana annuisce per tornare poi a rivolgersi agli amici –
“Qualcuno di voi ha
altre idee al momento?”
Il
silenzio del gruppo è la risposta che dà il
definitivo assenso.
“Confidiamo
in te, Tatiana. Sei la nostra unica opportunità di arrivare
ad Angel” – Lisbona
è la più coinvolta in tale faccenda, essendo a
rischio la vita e la libertà del
suo compagno, e stringendo forti le mani dell’alleata si
prepara alla prima
mossa.
Le
ore seguenti sono un continuo spiegare e rispiegare i passi da
compiere; di
elaborazione di strategie, di invio di uomini in varie zone di
controllo, di
contatto con altri membri della cerchia del Professore…. Il
tutto in vista di
un solo fine: la salvezza di Sergio e la fuga decisiva da Madrid.
E’
tarda sera e Nairobi è intenta ad osservare le stelle in
cielo, sporgendosi
alla finestra della sua stanza. Quella quiete, interrotta solo, di
tanto in
tanto, da passaggi di veicoli, è una cura per la sua anima
affranta.
“Ehi,
a cosa pensi?” – le domanda Bogotà,
rientrato in camera dopo aver aiutato nella
sistemazione delle stoviglie e nel riordino dell’abitazione.
“I
medici mi hanno fatto l’ennesimo controllo. Sono diventata la
loro cavia”
“Pazienza,
amore mio. Sai che è per il tuo bene” –
la conforta il saldatore, sdraiandosi
sul letto, decisamente esausto fisicamente e psicologicamente.
Da
quella posizione può ammirare un panorama che è
molto più interessante di
quello della natura.
Agata
è davvero la donna più bella, dentro e fuori, con
cui Bogotà abbia mai avuto a
che fare.
La
sua forza, la sua grinta, quella tempra da leonessa, fanno risplendere
la
gitana di un’aurea ipnotizzante.
“Cosa
guardi?” – chiede la donna, accortasi di avere gli
occhi dell’uomo addosso.
“Ehm…nulla”
– dice Santiago, imbarazzato, volgendo lo sguardo altrove,
mentre nella sua
mente si affollano strani pensieri circa la capacità, quasi
magica, della zingara,
di aver captato, pur stando di spalle, che lui la stesse fissando.
Nairobi
sorride e si volta verso il saldatore.
“Stai
negando di non aver guardato neppure per un secondo il mio
fondoschiena?”
Rosso
di vergogna, come mai prima in vita sua, Lopez si trova in una
situazione che
avrebbe preferito evitare ma che è la palese
verità.
“Ok,
confesso. Scusami Nairo, è che…è
che…” – afferrato un vecchio giornale
posto
sul comodino, il saldatore inizia a sventolarselo in faccia –
“Ti trovo
dannatamente bella” – pensa ma che non pronuncia ad
alta voce.
Ma
le gote in fiamme non mutano colore.
E
così, ben che grata di suscitare in Bogotà tale
eccitazione, Nairobi continua il
suo gioco punzecchiante.
Adora
vederlo agitarsi, riconoscendosi il merito di esserne la causa
principale.
Per
non pensare a quanto sta accadendo, a quanto accadutole in passato, e a
quanto
accadrà da lì a qualche ora, la gitana sceglie di
cedere alla distrazione.
A
passo lento si avvicina al letto e si siede accanto al compagno, ancora
sdraiato con la rivista in mano che tenta di placare gli ardenti
spiriti.
Osservandolo
con un sorriso disteso e gli occhi fiammeggianti, Agata si posiziona a
carponi
su di lui, constatando la mancata reazione di Santiago, se non quella
di avvertire
il calore in eccessivo aumento.
Decisa
nel sentirsi desiderata e amata, avendone prova con il comportamento di
Bogotà,
la falsaria non intende mollare la presa.
Si
fionda con le labbra sul collo del saldatore cominciandolo a baciare
con bramosità.
E
dopo un iniziale autocontrollo, il noto macho spagnolo della banda,
manda a
puttane tutto e gode del momento.
“Cazzo,
se ti avessi conosciuta tanti anni fa, forse non avrei mai avuto sette
donne e
sette figli. Avrei trovato te e mi saresti bastata in eterno”
– confessa quando
la gitana, riposandosi, si sdraia di fianco a lui.
Nairobi
ride, divertita, e lusingata. Poi aggiunge – “E io
avrei evitato una merda di
vita”
“Abbiamo
un lungo futuro davanti a noi…” –
afferma Bogotà, emozionato da tali
prospettive– “…e sappi che con me
difficilmente ci si ferma ai baci sul collo” –
è solo allora che il saldatore dimentica
l’imbarazzo, l’autocontrollo, e si
affida al suo lato erotico.
“Uh,
beh… io ci sono. Quando vuoi… puoi darmene
prova” – mordicchiandosi il labbro
inferiore, e decisamente eccitata per un’intimità
che da anni ha dovuto
spegnere, si libera del lungo maglione bianco, prestatole dai serbi,
decisamente enorme, mostrandosi in tutto il suo splendore.
Dopo
un leggero verso di fastidio, scaturito dai punti e le ferite, la
Jimenez si mette
a nudo di fronte al suo uomo.
Il
suo corpo, così sensuale, così tipicamente
femminile, al contempo martoriato e
frutto di eventi tragici, è pronto ad accoglierlo.
Decisa
a liberarsi perfino dell’intimo che ha addosso, Nairobi si
vede costretta a
rallentare.
È
Bogotà stesso a bloccarla.
“Io
stavo giocando…certo, sono serio quando dico che andremo
oltre…ma non vorrei
che ti stancassi, ti sentissi poco bene, che lo vedessi come qualcosa
di
necessario per fidanzarsi ufficialmente. Io, nonostante ciò
che si pensa e dice
di me, non sono così”
“Shhh”
– lo zittisce lei, avvicinandolo alle sue labbra –
“So che ti ho detto di
aspettare fino a quando saremo usciti di qui.
Però… ho rivalutato tante cose in
queste ore. Potremmo non riuscire a salvare il Professore. Potremmo
rischiare
la cattura. Non voglio privarmi di questa esperienza con te. Sei
diventato il
mio tutto, e io voglio che questo tutto ci unisca anche
nell’intimità. Voglio
fare l’amore con la persona che ha saputo guarire il mio
cuore ferito, la
persona che ha saputo toccare la mia anima con una
profondità tale che non avrei
immaginato possibile”
“Ti
amo da impazzire, Agata Jimenez. Non sai quanto”
Lasciatosi
totalmente andare, Bogotà lascia cadere qualche lacrima sul
viso, manifestando la
sua fragilità.
“Non
avevo mai pianto per una donna”
“E
le tue ex?”
“Una notte di sesso. Niente sentimenti. Non volevo
coinvolgimenti con nessuna
di loro”
“Come mai?”
“Per
chi viene definito playboy è difficile staccarsi dalla
nomea. Ho semplicemente
imparato ad essere un casanova come conseguenza del pensiero della
gente”
“Invece
sei molto più profondo di quanto le persone
pensino” – con dolcezza, la gitana gli
asciuga la guancia bagnata dal pianto e gli dà modo di
adagiarsi sul suo
dolente petto.
Accovacciato
su di lei, inebriato dal suo profumo, con sottofondo la musica del suo
battito
cardiaco accelerato, si sente protetto e amato.
Sdraiati
a letto, così intimi e così vicini, i due vivono
un momento di intensa
complicità.
Nairobi,
accarezzandogli i capelli, sentendosi più mamma che mai, con
il capo di lui sul
suo corpo, com’era solita fare con Axel piccino, intona una
vecchia ninna
nanna.
Una
musica gitana che lascia riaffiorare lontani ricordi.
E
Lopez approfitta delle emozioni che tale voce risveglia in lui.
Un
momento inizialmente eccitante, di cui si poteva ipotizzare un finale
sotto le
lenzuola, si conclude con la magia dell’amore, di un viversi
e amarsi
semplicemente stando fianco a fianco, coccolandosi, consolidando un
sentimento
e rendendosi sempre più conto di cosa volere per il futuro.
Il
silenzio che segue è accompagnato dai loro respiri lenti e
pacati.
Ma
all’improvviso è il rumore proveniente dalla
camera di fianco a rompere l’idillio
romantico.
I
due scoppiano a ridere immaginando di chi si tratta.
“Tokyo
e Rio non si stancano mai di scopare fino
all’alba?” – pensa tra sé e
sé Bogotà,
limitandosi a guardare la compagna felice e spensierata.
“Vederti
così, gioiosa, è un sogno che si avvera,
sai?”
“Lo
è anche per me. Credevo di sprofondare nella depressione
più acuta. Ma mi hai
salvata”
Dopo
l’ennesimo sguardo che vale più di mille parole o
gesti, i due riavvicinano le
loro labbra.
Basta
esitazioni, basta ma o perché.
Avviene
tutto nel modo più naturale possibile.
Liberatisi
dei loro indumenti, e coperti da un solo lenzuolo bianco, i due
uniscono corpo,
anima, cuore, raggiungendo l’apice del piacere, complici di
essersi definitivamente
scoperti, conosciuti, e innamorati.
“Non
mi sono mai sentita così viva come adesso”
– confessa lei, stretta tra le
braccia di Santiago.
“Io
non lascerei più questo letto. Sto così bene qui
con te”
“Una
volta lontani da qui, credo che vivremo questo stato di grazia ogni
giorno”
“Wow!
Beh…non potevo desiderare di meglio” –
ridacchia, mordicchiandole un orecchio.
Occhi
negli occhi, il saldatore e la falsaria danno conferma ai loro
sentimenti…
ora
sì che può davvero dirsi iniziata la loro favola
d’amore.
*******************
“Buongiorno
ragazzi, io sono pronta per andare” – comunica
Tatiana la mattina seguente,
davanti a tutti alle prese con del caffè rigenerante.
“Ehi…io
ho sentito rumori strani stanotte. E non eravamo io e Tokyo”
– frecciatina di
Rio a Bogotà che, appiccicato a Nairobi, finge di non averlo
sentito.
“Prestate
attenzione” – li richiama Palermo –
“Tatiana ci darà informazioni in tempo
reale. Tenetevi pronti all’occorrenza”
Scrutando
i passi della ex moglie di Berlino, attenta ad uscire
dall’abitazione, scortata
da due suoi uomini, i Dalì danno il via all’ultimo
piano della loro storia come
Banda: il piano Ignoto, il solo ed unico di cui le sorti restano una
vera e propria incognita.
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Capitolo 25 *** 25 Capitolo ***
Sergio
è a due passi dal carcere maschile di Madrid, con il cuore
tremante e la ormai
più certa convinzione di non salvarsi da tale destino.
E
così, il padre che morì sotto i suoi occhi,
combattendo per degli ideali di
libertà e di rivalsa sul sistema dei potenti, e lo stesso
Berlino, entrambi
riusciti a scampare per anni alla cattura, potranno osservarlo da
lassù e piangere
la sconfitta più grande della vita.
“Benvenuto
all’inferno, caro il mio professorino” –
ridacchia Suarez, spingendo Marquina
all’ingresso.
Ad
accogliere il neoarrivato sono alcune guardie e un tizio, a capo di
tutto, a
cui Prieto stringe la mano.
“Mi
raccomando, Rostro, trattatelo come merita” – ci
tiene a precisare Tamayo.
“Prenderemo
le giuste accortezze con lui. Non vorremmo ideasse quale strambo piano
di fuga”
Sergio,
muto e abbattuto, non replica. In fondo sa di avere poche chance di
scappare da
quella prigionia.
Tenuto
d’occhio in ogni minimo movimento, difficilmente avrebbe
potuto orchestrare
qualcosa.
“Vieni
con noi, pagliaccio” – lo strattona una guardia. E
così ha inizio per il
Professore la fase di metabolizzazione della sua disfatta.
Con
il pensiero sui Dalì, soprattutto sulla sua Raquel, e sulla
famiglia che tanto
confidava in lui e che avrebbe voluto vendicare con la vittoria sullo
Stato,
Marquina china il capo, e si appresta ad essere sottoposto ad ispezioni
fisiche
e al successivo spostamento nella cella.
“Numero
177, entra” – dice una guardia, ordinandogli di
mettere piede nella nuova casa
con le sbarre.
“Condividerai
la prigione con gentaglia come te. Guai se fai a loro il lavaggio del
cervello.
Non tolleriamo troppa cultura da queste parti. La cultura apre la mente
e
spinge la gente a guardare e sognare oltre i propri limiti”
– precisa l’uomo in
divisa – “E voi che siete l’immondizia
della civiltà non siete degni di fare
questo” – chiude per poi dileguarsi.
Il
professore, dando una rapida occhiata a due persone del tutto
indifferenti al
suo arrivo, sdraiate sui rispettivi lettini, si siede timidamente sul
proprio,
e si chiude nel fin troppo familiare, nonché preoccupante,
silenzio.
***************************************
Tatiana
è nei paraggi dell’area dove è certa di
trovare colonnelli e scorte varie.
“Sergio,
ti tireremo fuori” – dice ad alta voce,
rabbrividendo di fronte al luogo che ha
davanti a sé, la prigione maschile in cui il suo alleato
è stato condotto.
Attende
ore appostata nei parcheggi, tenendosi in contatto con i
Dalì.
“Sicura
che non siano già andati via? Forse stai aspettando invano
lì” – le dice
Palermo, constatando che il tempo d’attesa è fin
troppo lungo.
“Uno
dei miei due uomini è davanti il Commissariato. Mi avvisa se
ha novità. Quindi,
al momento, sono certa che siano ancora dentro” –
sostiene la Sierra,
sistemandosi il look di copertura.
E
proprio quando le speranze sembrano venire meno e la preoccupazione di
non
riuscire nell’impresa si fa sempre più pressante,
ecco comparire sull’uscio del
carcere delle figure mascoline.
“Bingo”
– esclama Tatiana, riconoscendo Angel assieme a Tamayo e
Prieto, seguito da
Suarez.
“Ciack…si
gira!” – aggiunge, chiudendo temporaneamente la
conversazione con i soci,
correndo incontro al gruppo.
“Salve,
sono una giornalista, è possibile chiedervi
un’intervista?”
“Senta,
abbiamo avvisato la stampa che nel primo pomeriggio terremo una
conferenza. Ora
siamo di fretta” – la liquida Tamayo, invitando il
poliziotto alle sue spalle
ad aprire l’auto ferma a pochi passi.
“Vi
prego, mi licenzieranno se entro oggi non mando alla redazione il mio
articolo”
– li supplica.
“Ci
dispiace, dica ai suoi che avranno la loro pubblicazione
presto” – aggiunge
Prieto, decisamente poco interessato ai fatti personali della
sconosciuta.
A
quel punto, Tatiana, cosciente dal principio del loro no secco, li
mette di
fronte ad una realtà di cui nessuno è al
corrente.
Fatta
eccezione per Rubio.
“Quindi
non sapete dirmi nulla sulla fuga di Raquel Murillo dalla vettura che
doveva
condurla al carcere femminile?”
Boom…
un vero e proprio shock per i due colonnelli che, spiazzati, si
guardano
confusi.
Uno
di loro ridacchia, prendendo la giornalista per folle.
Angel
impallidisce.
“Certo
che voi pur di estrapolare informazioni, inventate le peggiori
cose”
“Ma
è vero, signori. La donna, mi pare si facesse chiamare
Lisbona, è scappata. Si
dice addirittura che sia lontana dalla Spagna da ore ormai”
“Senta,
ci lasci andare. E se non la pianta con queste fesserie, ci vediamo
costretti a
farla realmente licenziare per diffusione di fake news”
“Perché
non andate a controllare con i vostri occhi?” – li
sfida lei.
“Prieto,
ci avrebbero avvisati se la Murillo non avesse raggiunto la sede, no?
direi di
lasciar perdere questa pazza e andarcene” –
sussurra Tamayo al collega.
Effettivamente
nessuno aveva comunicato la fuga a chi di dovere, il che rende ancora
più false
le possibili notizie date dalla sedicente giornalista.
“Se
ne vada. Arrivederci” – Prieto chiude
così la conversazione.
Saliti
sul mezzo, si accingono a lasciare la zona.
“Che
fai? Datti una mossa, Angel. Sei sempre la solita zavorra”
– brontola Tamayo,
notando che Rubio è rimasto indietro.
La
talpa della Polizia, infatti, è fin troppo agitata e suda
freddo. A breve si saprà
di Raquel e comincia a sentirsi in colpa per quanto ha fatto.
“Io
ho delle commissioni da sbrigare. Ci vediamo a breve in
commissariato” – così riesce
a separarsi dai colleghi.
Tatiana,
che assiste alla scena, soddisfatta, sa di aver colpito
l’uomo raccontando tale
dettaglio, e appena l’automobile sfreccia via, torna
all’attacco.
“Lei
non ne sa nulla?”
“Mi
lasci in pace”
“Ho
visto la sua faccia scioccata. Io sono una reporter molto
informata”
“Le
ho detto di lasciarmi in pace”
“So
che tra lei e la signora Lisbona c’era qualcosa”
“Senta… la pianti o seriamente le faccio passare
una notte in gattabuia!”
Affretta
il passo seminando la donna. Ma questa sa come domarlo –
“Angel Rubio, lei sa
che io posso mandarla in carcere per aver contribuito alla liberazione
di
Raquel?”
Tale
accusa trattiene il poliziotto che si immobilizza.
“Cosa
cazzo dice?” – con voce tremante e decisamente
arrabbiato, l’uomo si volta
verso Tatiana – “Si può sapere cosa
vuole davvero? Dubito si tratti di una
banale intervista. Vuole altro. Sta cercando qualcosa dal sottoscritto,
non è
così?”
Con
aria maliziosa, la Sierra si avvicina e, così astutamente
come anche sua
sorella è solita fare, lo minaccia –
“Voglio che tu collabori con me”
“In
cosa?”
“Nella scarcerazione di Sergio Marquina”
“Chi diamine sei tu?”
“Non
deve interessarti”
“Sei
una Dalì? Guarda che ho con me un paio di manette. Mando in
galera anche te”
“Ok,
e io svelerò ai tuoi superiori che sei la talpa che ha
permesso a Lisbona di
riunirsi ai suoi compagni”
“IO…
NON PERMETTERO’ MAI E POI MAI CHE QUEL PROFESSORINO DEI MIEI
STIVALI TORNI DA
LEI…CHIARO?”
“Allora
non sono stata abbastanza chiara” – alza una mano
facendo uno strano gesto e in
men che non si dica, un omone di grossa stazza si unisce al duo.
“Pensi
di spaventarmi?”
“No,
non è mia intenzione. Sono stata fin troppo delicata, in
realtà”
“Mi ricatti su qualcosa di cui non hai prove”
Tatiana lo fissa inarcando il sopracciglio. Poi scoppia a ridere
fragorosamente
– “So come fare scacco matto, caro il mio Angel.
Secondo te avrei rischiato
tutto venendo qui senza avere in mano qualcosa che possa incastrarti?
Sei
stupido se pensi questo”
“Non
mi lascio ingannare”
“Allora…
mettiamo in chiaro una cosa. Io ho bisogno che tu agisca in un modo
rapido e
indolore, dove nessuno sospetterà di te. Farò in
modo che tu ne esca pulito al
cento per cento. In cambio…Sergio ritroverà la
sua libertà”
“Altrimenti
mi denuncerai? Mi frega poco”
“Finirai
in galera, magari proprio nella stessa cella del tuo peggior nemico.
Sai che
sofferenza dover stare con lui 24 su 24?!”
Arrabbiato
e poco restio a soccombere, Angel riprende il passo allontanandosi.
La
sola mossa che potrebbe toccare il poliziotto è quella
emotiva.
Perciò
Tatiana opta per un argomento che da anni scuote interiormente
l’ego soppresso
di Angel Rubio.
“Davvero
vuoi continuare a spalleggiare gente che ha compiuto azioni terribili,
disposta
a tutto pur di vincere, andando perfino contro la legge? Sei o non sei
un vero polizotto?
Di quelli che hanno scelto questo mestiere come vocazione! O sei
l’ennesimo
pagliaccio con un distintivo che sa vantarsi e che è buono
solo a chinare il
capo davanti ai suoi boss?”
“Non
permetterti di parlare di me, del mio lavoro, dei miei
superiori”
“Quando
capirai che non ti apprezzano come meriti”
Angel
è conscio che Prieto e Tamayo lo usano come burattino, non
tenendo mai in
considerazione il suo punto di vista, sbattendogli in faccia la sua
condizione
di subordinato alle loro decisioni. Per di più la donna che
si finge
giornalista è seriamente intenzionata a metterlo con le
spalle al muro. E ci
sta riuscendo. Lo fa con una tattica che lo rende inerme.
“Pensaci.
Io ti sto offrendo di collaborare, recando uno sfregio a chi ti ha
sempre
denigrato. E in cambio… tu mantieni il tuo posto intatto e
pulito. E loro
finiscono nella merda più totale. Basta poco… un
tuo ok e tutto andrà bene. Di
me puoi fidarti. Se vorrai, poi, potrai lasciare Madrid e ricominciare
una
nuova vita. Sta a te decidere. Stai con me…. O contro di
me?”
Voltatosi
verso di lei, colpito da una triste realtà lavorativa, Rubio
la fissa in
silenzio.
Tatiana
gli va incontro, di nuovo, e gli porge una mano.
“Allora?”
L’esitazione
è molta; come è tanta la voglia di rivalsa.
In
fondo, ha già tradito la sua fazione una volta. Il rischio
di essere scoperto
si duplica.
Ma
si quadruplicherebbe la soddisfazione nel vederli perdere.
“Cosa
devo fare?” – risponde lui, accettando
l’accordo.
La
Sierra, entusiasta, estrae dalla tasca una cimice, porgendogliela.
“Registrerai
Prieto e Tamayo in ogni discussione riguardante il Professore.
All’occorrenza
devi essere tu ad aprire l’argomento e condurli a dire cose
che non
ammetterebbero mai di fronte la stampa”
“Li
ricatterete con delle semplici intercettazioni?”
“Tu
pensa a fare questo. Del resto ne parleremo più in
là. Sappi che Raquel te ne
sarà grata a vita”
“Sai dov’è?” –
esclama, sorpreso, illuminandosi al solo pensiero della donna di
cui è ancora innamorato.
La
sorella di Alicia non risponde, si limita ad attendere una stretta di
mano che
sancisce l’alleanza.
E
Angel idealizzando la sua vendetta personale contro i potenti, cede.
Stringe
l’accordo con il nemico, timoroso e al contempo elettrizzato
nel veder cadere a
terra chi ha sempre sputato sul suo operato.
“Basta
fare il leccapiedi. È giunto per me il momento di farmi
valere come merito”
*******************************
Nel
frattempo, nel nascondiglio, i Dalì sono euforici per la
parziale vittoria.
Tatiana
si è rivelata l’alleata perfetta; ha saputo
toccare le corde giuste per
condurre un fedele servitore della patria a patteggiare sul fronte
opposto a
quello a cui appartiene.
Riunitasi
con i suoi soci, viene accolta dai complimenti di tutti.
“Sei
stata fantastica, sorellina. Sono fiera di te” – la
abbraccia Alicia.
“Quindi
possiamo dire di avere in mano la carta vincente?!”
– aggiunge, elettrizzata,
Stoccolma.
“Angel
collaborerà e il Professore ne uscirà sano e
salvo. Sono più che ottimista” –
prende parola Marsiglia.
“Non
esultiamo troppo presto. Ricordiamoci che Sergio è in galera
e potrebbero
fargli del male. Bisogna agire, cautamente, e soprattutto, rapidamente.
Potrebbe esserci qualche folle, criminale, disposto a servirsi del
genio del
Professore per scappare da quella fogna”
“Cazzo,
non riesco a starmene qui tranquilla mentre il mio compagno rischia la
pelle”
“Tranquilla,
Lisbona! Appena avremo del materiale incriminante Tamayo e Prieto,
tocca a noi”
“Cosa faremo di preciso?” – domanda Tokyo.
“Il
mondo dovrà saperci morti. E la morte non possiamo
orchestrarla senza aiuti
speciali”
“Che intendi per aiuti speciali?”
“Lo
capirete”
*********************************
Marquina,
seduto nel giardino esterno, nel momento di uscita dei detenuti, non
dà
confidenza a nessuno. Isolato e accucciato su se stesso, sente di
essere
tornato indietro di anni, quando faticava ad aprirsi al mondo e alzava
muri per
non dialogare con la gente.
Assiste
da lontano all’ennesima litigata tra carcerati, a calci e
pugni, o a gente che
ride di gusto.
Nessuno
sembra dargli attenzioni e questo lo rasserena.
Gli
unici che continuano a fissarlo in disparte sono i due con cui
condivide la
cella.
Li
vede confabulare come se tramassero qualcosa, il che lo spinge a
tutelarsi.
“Scusi,
guardia” – chiama uno in divisa, posto a vigilare
– “Non è possibile richiedere
una prigione in solitudine?”
L’uomo
gli ride in faccia – “E vuoi anche che ti portiamo
caffelatte e biscotti al
mattino? Ritieniti fortunato ad avere ancora tutti i denti a posto. Qui
nessuno
ha pensato di sfidare il tuo genio, sapendoti colui che ha orchestrato
la
rapina più eclatante della storia. Perciò non
sfidare la sorte”
“La
prego… i miei compagni sembrano poco tranquilli”
“Piantala, Marquina! O ti spedisco in celle peggiori di
quella dove alloggi”
Ignorandolo,
la guardia torna al suo dovere.
Sergio
si siede nuovamente in disparte, spaventato dal rischio di ricevere
minacce o
percosse da chi vive in quel posto poco civile da tempo e probabilmente
ha
perduto ogni forma di umanità. Dopotutto sa di avere grandi
doti intellettuali,
ma non certo capacità di difesa fisica eccellenti. Contro
omoni grandi e grossi,
gli risulterebbe impossibile controbattere.
E
quando li vede avanzare verso di lui, cerca di schivarli, cambiando
posto,
allontanandosi.
“Ehi,
calma, amico. Sei uno straccio. Non avrai paura di noi?”
– gli dice uno,
decisamente un armadio rispetto al mingherlino Professore.
“Ehm…no,
però vorrei starmene per conto mio, se non vi
dispiace”
“Piantala di fare il fifone. Sei o non sei il mitico
Professore? Tuo fratello
ti vantava in ogni modo”
“Mi…mi…mio
fratello?” – chiede, spiazzato, Marquina.
A
quel punto la questione diventa interessante.
“Voi
chi siete?”
“Amici
di Andres. Non ti ha mai parlato di noi?”
“No”
– risponde, sconvolto, Sergio.
“Bene,
noi siamo Antonio e Luca Gonzales. Siamo gemelli…anche se
per la stazza non si
direbbe” – commenta l’altro,
più esile e dallo sguardo penetrante.
“Volete
che io vi aiuti ad uscire? Sappiate che mi spiano e non posso fare
niente. Non
contate su di me perché…”
“Calma, calma. Siamo coscienti che ti è
impossibile. Piuttosto…abbiamo pensato
che si può agire al contrario”
“Al
contrario?”
“Sì,
saremo noi il tuo braccio. Tu non puoi mettere in pratica niente. Lo
faremo
noi”
“Sono
sorvegliato. E sicuramente lo siete anche voi, adesso che vi hanno
visti
parlare con me”
“Allora, preparati, perché agli occhi di tutti
saremo i tuoi peggiori nemici”
“Eh?”
“Come copertura, s’intende. Un
modo per
scappare lo troveremo. Berlino, è così che si
faceva chiamare, giusto?...beh
lui ci ha aiutati quando eravamo in difficoltà. Adesso
è il momento di
ricambiare il favore”
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Capitolo 26 *** 26 Capitolo ***
Tamayo
e Prieto pensano e ripensano a quanto detto dalla sedicente
giornalista. Raquel Murillo sarebbe in libertà, scappata
addirittura ad una
cattura, a dei poliziotti e a delle manette.
“Certo
che quella donna era davvero una pazza. Come si può pensare
di farci credere che la compagna del Professore sia riuscita a
fuggire!? È
assurdo” – il primo a toccare ancora
l’argomento è proprio Prieto, una volta
raggiunto il Commissariato.
I
due sono più che certi che quanto udito è una
menzogna,
soprattutto perché non hanno ricevuto comunicazioni dal
Carcere femminile
riguardanti il mancato arrivo in cella della colpevole.
Suarez,
di fianco a loro, prossimo a rincasare dopo ore estenuanti
di lavoro, entusiasta di potersi godere il meritato riposo, fa notare
ai
superiori un particolare, proprio prima di lasciare l’ufficio
– “Se fossero i
Dalì ad aver messo in atto questa mossa?”
Segue
qualche secondo di silenzio, interrotto dalle risate
beffarde di Tamayo, a cui fanno seguito quelle di Prieto.
“Cosa
te lo fa pensare? Quei pagliacci sarebbero degli stupidi a
pensare di poter salvare i compagni; sono incapaci e la storia ce lo
conferma.
Pensa a Rio che si è fatto catturare, o a Tokyo che combina
solo guai…un piano
senza la mente del Professore è
un’utopia” – precisa il più
basso dei due.
“Beh,
mi sembra tutto così strano. Ma sicuramente, signori, avete
ragione. Fossi in voi, però, controllerei di persona. Non si
sa mai. Allora io
vado, abbiamo vinto questo è
l’importante” – li saluta, con un sorriso
disteso,
lasciandoli soli.
“Suarez
ha ragione, andare lì non ci costa nulla. Verifichiamo che
quanto detto da quella folle è un’idiozia,
così almeno andremo alla conferenza
di oggi pomeriggio con più serenità, non pensi
anche tu Prieto?”
“Concordo!
Sbrighiamoci”
Angel
giunge proprio allora. Ha con sé la cimice datagli dalla
Sierra, e nonostante il cuore in gola e le gambe tremanti, vuole
assolutamente
incastrarli come meritano.
“Rubio,
eccoti, appena in tempo. Prepara due caffè. Siamo di
fretta” – gli comanda Tamayo.
Infastidito
dai modi di fare di chi continua a trattarlo da
inferiore, seppure divenuto ispettore come lo erano Alicia Sierra e
Raquel
Murillo, l’uomo trattiene i nervi ed esegue.
Pronto
a registrare il tutto, Angel apre una conversazione
all’apparenza normale.
“Dovete
andare alla conferenza?”
“Oggi
pomeriggio. Al momento abbiamo optato per sostare al Carcere
femminile, vogliamo appurare l’arrivo della
Dalì”
“Ah…
date peso alle parole della giornalista, dunque”
“Assolutamente
no”
“E
come mai avete deciso questo? In fin dei conti non avete
ricevuto comunicazioni… ecco i vostri
caffè” – dice Rubio, porgendogli i
bicchierini di plastica.
Angel
conosce le ragioni per cui nessuno ha messo al corrente i
colonnelli dell’accaduto. Ha avuto la giusta premura, grazie
a dei tizi che ha
pagato profumatamente, di lasciar detto che l’ingresso di
Lisbona era
posticipato per ulteriori interrogatori privati.
Ma
è stata Tatiana a dirgli di fare in modo che Tamayo e Prieto
scoprissero la verità quanto prima. La fuga e la prova
dell’ennesima disfatta
li porterà all’esasperazione, spingendoli a
ricercare i Dalì al completo per
sbatterli in galera. Ed è qui che si passa alla mossa
secondaria: la morte
della Banda.
Una
morte che deve convenire ad ambo le parti.
“Fossi
in voi contatterei telefonicamente il
direttore…adesso…
potendo risolvere nell’immediato la questione”
– consiglia Angel.
È
Prieto a dargli retta, afferrando il telefono, sotto lo sguardo
del collega, pronto a ricevere la conferma
dell’incarcerazione di Raquel.
Ma
quanto scoprono ha dell’irreale.
“Allora?
Cos’è questa faccia? Cazzo, Prieto! Che
succede?” – si
infuria Tamayo, riconoscendo nell’espressione del collega un
misto di shock,
rabbia, e incredulità.
“la
Murillo non è mai arrivata al San Juan”
– impallidito, il
colonnello maggiore non sa trovare spiegazioni all’accaduto.
“CHE
COSAA?” – esclama l’altro, faticando a
reggersi in piedi.
“Questo
significa che la squadra del Professore ha agito per
liberarla e sta muovendo le pedine sullo scacchiere per farci scacco
matto” –
insinua Angel, uscendo così pulito da possibili accuse.
“Maledetti!
Maledetto io che gli ho offerto la fuga su un piatto
d’argento.
Ma hanno smesso di giocare con la mia pazienza. Li voglio
tutti…senza
risparmiarne nessuno…finiranno dietro le sbarre e mi
occuperò personalmente che
non vedano mai più la luce del sole” –
sbattendo il pugno sul tavolo, Tamayo
esce dall’ufficio, accecato dalla rabbia.
Di
fronte agli occhi di Rubio c’è Prieto, decisamente
preoccupato.
“Cosa
direte oggi alla conferenza? Che abbiamo perduto Lisbona?”
“No!
Nessuno saprà niente. Per il mondo intero abbiamo vinto la
guerra. E così sarà”
“Che intenzioni avete? Ci mettiamo alla ricerca dei
Dalì perlustrando ogni zona
della città?”
“Li
voglio morti! Non mi importa sbatterli in galera. Constatata
la loro fortuna, troverebbero una maniera per liberarsi.
Perciò…l’unica
soluzione per evitare il danno, è abbattere le possibili
cause. Eviteremo altre
mosse a loro vantaggio semplicemente cancellandoli dalla faccia della
terra”
“Non
sappiamo neppure dove si trovano”
“Allerta
tutte delle volanti, ovviamente massima discrezione.
Perlustrate ogni area di Madrid, perfino le zone disabitate, le
campagne, le
stazioni, tutto. Cazzo, sono sicuramente rimasti in Spagna. Hanno
salvato
Raquel, non permetterò che salvino anche il loro
capo”
Esce
anche lui dall’ufficio, riunendosi a Tamayo.
Angel
è da solo ormai, il tempo giusto per piazzare quella stessa
cimice nel punto principale della stanza.
Ben
celato da occhi indiscreti, l’uomo lascia il Commissariato,
salendo a bordo della sua auto. Dai parcheggi nota subito i due
colonnelli, che
dibattono animatamente, mai così arrabbiati, prossimi a
raggiungere il Carcere
San Juan.
Rubio
invece compone un numero, sapendolo gestito dalla mente
informatica dei Dalì e quindi difficilmente rintracciabile.
“Sono
io, ho fatto quanto detto”
“Bene, mi raccomando…assicurati che tutto vada
come ti ho spiegato”
“A
cosa può servirvi una semplice spia dentro un
ufficio?”
“Quello
è il posto dove i due si confronteranno. Sarà
utile solo
per le prossime ore. Abbi premura di rimuoverla appena riceverai
l’ok,
altrimenti, semmai la trovassero, potrebbero essere
casini…specialmente per te.
Sospetterebbero di una talpa”
“Ok,
sarà fatto” – nervoso al pensiero di
essere scoperto, Angel
rivolge, subito dopo, una richiesta alquanto spiazzante a Tatiana
– “So che
Raquel è con voi. Posso ascoltare la sua voce?”
“Ehm…che
succede? Pensi ti stia ingannando? Credi che ti abbia
mentito sulla storia della Murillo?”
“No, no, è solo che… mi piacerebbe
saperla sana e salva”
La
stessa Lisbona, seduta a pochi passi dalla Sierra minore, ne
resta sorpresa, sentendo con le proprie orecchie, grazie al vivavoce,
tali
parole.
Annuisce
alla socia facendole intuire di essere favorevole. Così
si alza dalla sedia e prende in mano il cellulare, salutando
l’ex collega –
“Angel”
Il
cuore di Rubio esplode di gioia e la voce emozionata ne è la
prova – “Ra..Ra..Raquel!! Come stai?”
La
prima domanda riguarda il suo stato di salute; l’estrema
premura del neo-ispettore di Polizia intenerisce la Murillo, ancora
affezionata
a colui che stando ai fatti le ha salvato la vita.
“Bene,
adesso. E questo grazie a te. Sono sicura che collaborando,
riusciremo a realizzare i nostri sogni”
“Raquel,
ma perché…non andate via adesso? Sarebbe la
scelta
migliore” – consiglia Angel, ancora restio, nel
profondo, a salvare Sergio.
“Perché
la mia sola ragione di vita è qui, dietro delle sbarre,
costretto a subire chissà cosa”
“Lo
ami sul serio così tanto?”
“Come
non ho mai amato prima” – confessa Lisbona,
emozionandosi.
Alicia
resta di sasso di fronte alle lacrime dell’ex collega. Non
sono lacrime pietose, ma lacrime di forza, di voglia di salvare chi si
ama
follemente. E ciò risveglia il medesimo sentimento in
lei…rivolto però ad un
riscatto contro una vita ingiusta, contro un passato che l’ha
vista mutare
dentro… e così come Lisbona lotta per il suo
Professore, lei dovrà farlo per se
stessa, per sua sorella, e soprattutto per sua figlia.
Una
neonata che ha voluto dare via, che a stento ha visto, di cui
non conosce neppure il viso.
Una
neonata che sta, solo adesso, imparando ad amare.
Nairobi,
Raquel, Stoccolma…sono tutte mamme lontane dai loro
figli. Mamme con una tempra d’acciaio che lottano senza
piegarsi.
E
la Murillo lo fa anche in nome dell’amore che nutre per
Sergio.
“E’
da ammirare una donna così” – commenta
la Sierra, ad alta
voce, ben udita da Tokyo e Nairobi.
“Di
chi parli?” – chiede la prima.
“Di
Lisbona!”
“Già,
tu non faresti lo stesso per salvare la persona più
importante della tua vita?”
“Pensavo
di farlo per Anita, mia sorella. Invece…
egoisticamente…lo stavo facendo per una mia rivincita
personale su un destino
di merda. In fondo, dopo la perdita di Anita, si sono susseguite delle
sciagure, una dietro l’altra”
“Basta
guardare al passato, Alicia. Oggi lottiamo per guadagnarci
un futuro diverso, più radioso” –
aggiunge Agata, talmente luminosa, da
spiazzare la sua migliore amica.
Così
Silene le si avvicina all’orecchio e le sussurra –
“Questo
cambio d’umore si deve a qualcosa in particolare? Anzi, direi
a qualcuno?”
“Ehm…già!
Poi ti racconto” – chiude la gitana, facendole un
occhiolino che per Tokyo vale più di lunghi discorsi.
“Ohhh,
allora l’avete fatto” – ridacchia,
ricevendo un colpetto
sul braccio da parte della Jimenez.
“Shhh”
– la zittisce, sorridendo – “Avremo tempo
per parlarne.
Adesso concentriamoci sulla missione. Voglio andarmene da qui quanto
prima. Ho
un sogno da coronare e ho già perduto troppo tempo”
Nel
mentre, la conversazione con Angel prosegue. L’uomo spiega
alla Banda in ascolto le intenzioni di Prieto.
“Si,
abbiamo sentito tutto tramite la spia. Ci vuole eliminare,
beh… non immagina che favore ci farebbe. Noi ci faremo
trovare pronti. Tu
comportati normalmente. Manda le volanti in giro per Madrid come ti
hanno
ordinato e bada che la tua si rechi nel posto prestabilito”
“Si,
si ricordo il piano, signora Tatiana”
“Grazie
Angel” – interviene di nuovo Raquel, dandogli prova
del
giusto riconoscimento alla sua collaborazione.
“Sono
stato un coglione a sostenere chi mi ha sempre
sottovalutato. Voi confidate in me più di quanto abbiano mai
fatto i miei
colleghi. Non voglio deludervi… anzi, non voglio
deluderti!”
Commossa
e grata, Lisbona congeda il suo ex socio. Oggi è super
ottimista.
“Sei
sicura che possiamo fidarci al cento per cento?” –
le chiede
Palermo qualche istante dopo.
“La
sua telefonata, la sua voce, le sue parole…tutto fa ben
sperare. Vedrete, noi siamo la sua sola possibilità di
riscatto. Non ci tradirà”
Mentre
c’è chi è alle prese con rassicurazioni
e telefonate con
l’alleato, qualcun altro è dedito a faccende
informatiche di estrema
delicatezza.
“Allora?
Come procede l’hackeraggio?” – chiede
Marsiglia a Rio.
“Tutto
liscio. Qualche minuto e controlleremo ogni tipo di sistema
o servizio nazionale”
“E
con i social? Sei riuscito anche lì?” –
domanda Manila.
“E’
stata la parte più semplice” – si vanta
Anibal, sorridente di
aver avuto lui in primis l’idea di quella mossa precisa.
“Spero
che l’idea di Palermo di portare avanti una guerra
informatica possa essere utile” – aggiunge
Stoccolma, avvolta dalle braccia del
suo compagno.
“Controllare
le telecamere di tutta la città, poter accedere a
servizi e informazioni preziose, database segreti…
è una mossa in più per
rendere credibile quanto accadrà da qui a qualche ora.
Fidatevi.”
“Speriamo
bene! Non vorrei che andasse storto qualcosa e finissimo
tutti in galera” – precisa Tokyo.
“Non
dubitarne. Hackerare ogni tipo di sistema ci offre un
vantaggio in più sul nemico”
La
Olivera, seduta di fianco al suo Einstein dei computer, lo
osserva per poi commentare - “Il mio amore è un
fottuto genio” – gli dà un
rapido bacio a stampo distraendolo per un millesimo di secondo dalle
operazioni.
In
tale istante un messaggio anonimo interrompe e blocca un
passaggio fondamentale.
“Cazzo”
– esclama Rio.
“Che
succede?” – si preoccupa il resto dei presenti.
“Leggete
qui… “L’area è sotto il mio
controllo. Altri hacker non
sono accetti. Sparisci o rimuoverò ogni dato dal tuo
dispositivo nel giro di
120 secondi. Inizia il conto alla rovescia…. 120…
119… 118…”
“Che
si fa adesso?” – si agita Denver.
“Cazzo,
cazzo, cazzo!” – si altera Rio, esausto per le ore
trascorse di fronte ad un monitor.
“Ma
porca puttana, come se non bastasse, dobbiamo perdere altro
tempo prezioso” – sbotta Tokyo attirando
l’attenzione della rimanente Banda.
“Cos’hai
da urlare così? Non possiamo fare casino”
– la rimprovera
Palermo.
“Il
rumore sarà l’ultimo dei nostri problemi, caro il
mio Boss” –
precisa Marsiglia, indicandogli lo schermo del pc.
L’argentino
butta l’occhio e legge il breve messaggio.
“Allora?
Qualcosa non va?” – si avvicina Nairobi, mano nella
mano
con il saldatore.
“La
Polizia, con gli anni, post rapina alla Zecca, si sarà fatta
furba. Hanno trovato la maniera più rapida per difendere i
loro sistemi da
possibili hacker” – spiega Manila ai neo arrivati.
“Quindi?
Questo ci impedisce di agire?” – chiede,
preoccupata,
Lisbona.
“L’accesso
e il controllo di quel preciso database serviva per
l’uscita di Sergio dal Carcere. Così rischiamo di
mandare tutto a puttane… e di
vedere sfumato il piano di fuga più fattibile che potevamo
ideare” – spiega
Palermo, teso come una corda di violino.
A
quel punto una soluzione probabilmente unica e disperata
fuoriesce dalla bocca di Tokyo – “E se
contrattassimo con questo Anonimo? Se è
un hacker, girà come noi, contro il sistema e la sua
corruzione, giusto? Beh…
allearsi può essere un vantaggio”
“Giusto,
amore sei un genio” – la bacia Rio, che nel giro
dei
restanti 30 secondi digita qualcosa alla velocità della
luce, come posseduto da
una forza sovraumana che guida le sue dita sulla tastiera e accende
lampadine
nel suo cervello.
E
all’ormai imminente scadere del tempo, l’hacker
risponde.
“Che
dice?” – chiede Palermo, fissando gli occhi sullo
schermo per
capirci qualcosa.
Con
lo sguardo dei Dalì al completo, Sierra incluse, puntato su
di
se, Rio è pronto a svelare il responso di un intervento
immediato e non
organizzato, che potrebbe portarli tanto alla vittoria quanto alla
più nera
sconfitta.
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