Tutti possono cambiare - Ticci Toby X Reader

di _ilGamerXD_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Scuola ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Solitudine ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Disegno ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Dolore ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Violenza ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Capo ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Conversazione ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Autunno ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Libertà ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Protezione ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Debolezze ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Quiete ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Scuola ***


(T/N)'s pov

Le vacanze estive erano ormai giunte al termine, e una nuova giornata scolastica era alle porte. Detestavo la scuola. L' unico motivo che mi dava la forza di svegliarmi è la mia amica: ogni mattina non vedevo l'ora di rivederla.
Quando finì di prepararmi, salutai i miei genitori, e mi incamminai verso la fermata dell'autobus.

Appena arrivai a scuola, la campanella suonò. Entrai in classe, e mi sedetti vicino la mia amica, che mi stava tenendo un posto. «Buongiorno (N/a)!» dissi abbracciandola, e lei ricambiò. «Buongiorno! Pronta a iniziare un nuovo anno scolastico insieme?» disse con il suo solito sorriso splendente e contagioso. «Certo, non vedo l'ora di finire questo terzo anno! Insomma, prima arriveremo al quinto, prima ce ne andremo da qui.» risposi ridacchiando «Comunque, all'entrata di scuola, alcune nostre compagne, stavano discutendo sul fatto che in classe avremo un nuovo compagno. Sai chi è?» «Si, dovrebbe chiamarsi Randy Evans. Dicono sia stato bocciato nella sua precedente scuola, e che abbia deciso di trasferirsi qui.» mi disse (N/a). «Speriamo che non sia un tipo fastidio come gli altri, che disturbano la lezione» sospirai.

Io e (N/a) parlammo per un pò, finché non entrò in classe la professoressa di matematica, nonché materia che odiavo di più, a presentarci Randy: era alto, aveva i capelli neri spettinati, e dagli sguardi che assumeva non sembrava una persona studiosa e garbata. Ma l'apparenza spesso inganna, no? Quindi evitai di saltare a conclusioni affrettate. Le prime lezioni, essendo il primo giorno, passarono velocemente, e arrivò l'intervallo. Io e (N/a) non amavamo andare in giro per i corridoi della scuola: li c'era solo caos. Caos creato dai bulli e alimentato dagli studenti che volevano assistere alle risse e litigate. Preferivo di gran lunga rimanere in classe a disegnare, insieme a (N/a) che invece amava leggere e scrivere.

Mentre stavo ripassando col pennarello un mio disegno che feci la sera prima, qualcuno me lo strisciò via, facendomi sbagliare e rovinare la mia opera. «Ehi!» dissi arrabbiata mentre alzai lo sguardo verso la persona che mi rubò il disegno, ovvero Randy «Ridammi immediatamente il mio disegno.» dissi con tono autoritario. «Certo, ma prima voglio vedere cosa stavi disegnando» Randy osservò il foglio, e scoppiò a ridere, attirando l'attenzione degli altri presenti in classe, che a loro volta ridacchiarono tra loro. «Spiegami cos'hai da ridere» mi arrabbiai, alzandomi e stringendo i pugni sui fianchi: odiavo quando qualcuno prendeva le mie cose senza permesso, figuriamoci quando deridevano qualche mia creazione. «Non dirmi che vai ancora dietro a queste bambinate» Randy riprese a ridere, facendomi infuriare ancora più di quanto non lo fossi già. (N/a) lo notò, e mi fece cenno di non perdere la calma, ma fu inutile. Presi dalle mani di Randy il mio disegno, strappando involontariamente un bordo, ma non me ne preoccupai: ormai l'aveva rovinato sottraendomelo. «Randy, senti. Io non sono una persona che ama litigare. Quindi farò finta che ciò non sia mai successo nulla. E ora levati dalla mia vista.» dissi voltando il viso da un'altra parte, con la voce più calma che riuscì a mantenere. «Come vuoi. Voi ragazze... siete così deboli, hai liquidato subito la conversazione nonostante fossi furiosa con me. Non sapete difendervi come si deve, noi maschi siamo più forti di natura.» Randy stava per andarsene, ma ero troppo incazzata dopo le sue parole. Lestamente mi alzai, e gli diedi uno schiaffo potente in guancia, lasciando l'impronta rossastra della mia mano. Potevo passare sulle offese riguardo i miei disegni, ma non potevo tollerare che venissero offese le donne da chi si sentiva e credeva superiore al nostro genere. La campanella suonò e l'intervallo finì.
«Per oggi la passi liscia, ma presto mi vendicherò» Randy se ne tornò al suo posto guardandomi con la coda nell'occhio. Non ero intimorita dalle sue parole, dopotutto, oltre un'altra litigata, non sarebbe accaduto nulla di grave. E in caso contrario, avrei saputo difendermi in qualche modo. «(T/N) stai attenta a lui, non metterti contro...» disse  (N/a) preoccupata per me, ma la tranquillizzai.

Anche le ultime ore passarono in un batter d'occhio, e io e (N/a) ci dirigemmo alla fermata dell'autobus. Il suo arrivò prima del mio, che arrivava sempre mezz'ora dopo, e rimasi ad aspettare. Appena l'autobus che prese (N/a) ripartì, vidi Randy avvicinarsi, che guardai con disprezzo e distacco. «Senti (T/N)...» iniziò a dire, ma lo ignorai. «Lo so che dopo stamattina mi odi, ma volevo solamente scusarmi con te. Faccio difficilmente amicizia, mi viene istintivo agire così per farmi notare» Randy mi osservò, ma vedendo il mio sguardo altrove, guardò per terra rattristito. Pensai a ciò che aveva detto, da un lato lo capivo benissimo: anche io ebbi difficoltà a fare amicizia negli anni delle scuole medie. Forse Randy era davvero una brava persona. Lo guardai: dall'espressione che aveva in volto, dedussi che era davvero dispiaciuto. «Va bene Randy, ti perdono» dissi porgendogli la mano, mentre lui mi osservò con speranza «Pace?» «Pace» rispose stringendomi la mano. «Ti va di fare una breve passeggiata al parco qui vicino? Per il mio autobus manca un'ora» disse. «Perché no, per il mio mancano ancora trenta minuti. Possiamo fare amicizia se vuoi» risposi.

Giungemmo al parco, che si trovava molto vicino alla fermata e alla scuola. Randy rallentò il passo, finendo dietro di me. Istintivamente mi voltai a vedere cosa non andasse, ma il ragazzo mi diede un calcio in pancia, facendomi sbattere contro un muretto «Perché l'hai fatto!» dissi tossendo e guardando infuriatissima Randy, che man mano si avvicinava, divertito alla scena. «Mia piccola (T/N), te l' avevo detto oggi che non l'avresti passata liscia. Credevi che anche la persona peggiore potesse cambiare? Ti sbagli. Dandomi quello schiaffo mi hai umiliato davanti a tutti. E ora ne pagherai le conseguenze» Randy si avvicinò sempre di più. Mi rialzai con tutte le forze che avevo in corpo, e corsi contro di lui pronta a tirargli un pugno, ma fu più agile di me e mi blocco i polsi. Senza pensarci due volte, gli tirai un calcio nelle sue parti intime, facendolo cadere dolorante a terra per un istante. Né approfittai per scappare, ma altri due ragazzi, probabilmente suoi complici, mi bloccarono, riportandomi indietro e tenendomi ferma. «Ottimo lavoro amici» disse rivolgendosi ai due individui, mentre si alzò con fatica. «E ora, tu soffrirai» Randy mi accarezzò la guancia. Gli morsi la mano, facendolo indietreggiare. «Bastardo, non osare toccarmi» Urlai facendo uscire da me tutta la rabbia che avevo in corpo. «Davvero credevi che sarebbe bastato un semplice morso a fermarmi? Guardati: sei bloccata, non puoi sfuggirmi.» Cercai di dimenarmi, ma Randy mi diede un pugno sulla guancia talmente forte, da lasciarmi un grandissimo livido violaceo. Continuò a darmi dei calci in pancia e sulle gambe, finché i suoi amici, vedendomi indifesa e sofferente, mi lasciarono la presa dalle braccia, ormai doloranti, e caddi a terra. Ora erano in tre a picchiarmi. Sentivo le forze abbandonarmi, mentre il dolore si fece più inteso, finché non vidi Randy cadere a terra senza sensi, e gli altri due suoi amici scappare, spaventati da qualcosa. Ripresi fiato prima di alzare lo sguardo: c'era un ragazzo davanti a me, indossava una felpa nera tenendo il cappuccio in testa, con su in viso una specie di cerotto vicino la bocca. Guardai la sua mano: teneva un ramo abbastanza grande e rigido. Collegai il tutto, e capì che fu lui a colpire Randy e salvarmi. Rimasi a fissarlo, cercando d'intravedere i tratti del suo viso coperti però dall'ombra del cappuccio e dai capelli castani che gli cadevano in fronte, finché il ragazzo non si voltò iniziando ad andarsene.

«Aspetta!» dissi provando ad alzarmi, nonostante l'atroce dolore «Grazie per avermi salvata.» il ragazzo si voltò per poi rispondere con un semplice "prego". Stava per riandarsene, ma mi sentii in debito con lui, così lo richiamai «Posso sapere il tuo nome» «Tobias. Non p-posso dirti altro.» rispose senza voltarsi. «Ti devo la vita Tobias. Probabilmente se non fossi arrivato tu sarei finita in ospedale» dissi ridacchiando «Sono in debito con te».
Il ragazzo stette qualche secondo in silenzio, per poi voltarsi e guardarmi «Non c'è bisogno. A-anche io venivo picchiato dai bulli, quindi prendi ciò c-come un semplice aiuto tra amici.» Tobias se ne andò. Forse quella ferita in viso gliel'aveva procurata uno dei bulli che ha menzionato. Però non sembra un ragazzo della mia età, ovvero sedicenne, sembra più grande. Vidi Randy che si stava riprendendo, cosi tornai velocemente alla fermata del bus, che fortunatamente arrivò dopo cinque minuti dal mio arrivo.

Una volta a casa, mia madre mi venne incontro preoccupata e spaventata, per il violaceo livido che mi ritrovavo sulla guancia. «(T/N) cos'è successo alla tua guancia? Ti sei fatta male? Ti hanno fatto male?» «Tranquilla mamma, sono solo caduta dalle scale a scuola e ho sbattuto di guancia, ma sto bene» le risposi grattandomi la nuca. Non avevo intenzione di dirle di Randy. Già in passato ho avuto problemi per via dei bulli, e lei si è fatta in quattro per aiutarmi, non volevo farla preoccupare ancora. Tra l'altro, ero sicurissima che eventi del genere non sarebbero mai più capitati, se mi fossi tenuta alla larga da lui. Andai in bagno a farmi una doccia per pulirmi dalla polvere che avevo preso quando mi accasciai a terra. Mi spogliai e scorsi lividi giganti sulla pancia e sulle gambe. Alcuni facevano molto male.
Una volta asciutta, spalmai un po' di crema su essi, e misi un cerotto sulla guancia, per coprire il livido. Andai a riposarmi sul letto, pensando ancora a quel ragazzo, Tobias. Di solito gli sconosciuti non tendono spesso ad aiutarti in situazioni del genere, per paura di finire nei guai, mentre lui, invece, l'ha fatto. Ha fatto addirittura perdere i sensi a Randy. Mi piacerebbe rincontrarlo un giorno, e sdebitarmi con lui come si deve. Tra un pensiero e l'altro mi addormentai.

Tobias's pov

Quando vidi quella ragazza in difficoltà, non ci pensai due volte ad aiutarla. Vedendo quella scena, vedendo lei accasciata a terra e quei ragazzi che la picchiavano, fece rivivere nella mia mente i ricordi di quando andavo a scuola. Avevo, e ho tutt'ora, la sindrome di Tourette, ovvero tic nervosi. In classe infatti, mi deridevano per questo, e i bulli mi picchiavano. Per me era difficilissimo andare avanti ogni giorno e integrarmi tra gli altri. L'unica cosa positiva di tutto ciò, e che soffro anche della CIPA, ovvero l'insensibilità congenita al dolore. In breve, subisco danni fisici, ma non sento nulla.

Il mio capo, lo Slenderman, mi diede il compito di pedinare Randy, in modo tale da capire dove abitasse, per poi ucciderlo durante la notte. Per questo motivo mi trovavo lì al parco. Adesso sono costretto a seguirlo anche domani, dato che non so se mi abbia visto i vestiti e il volto.

Dopo un'ora di camminata, finalmente arrivai nella foresta. La mia abitazione, se così si poteva chiamare, era lì: una casa abbandonata. Anni fa uccisi i proprietari, per poi appropriarmi di essa. Non era di chissà quale lusso, ma a me bastava per rifugiarmi dalle forze dell'ordine. In città mi conoscono con il nome di Ticci Toby, uno dei tanti killer più spietati degli ultimi tempi. Però non ero io che decidevo le mie vittime. Era lo Slenderman. Io ero un suo proxy, uno dei suoi servitori. Dovevo stare ai suoi ordini, altrimenti lui trovava modi atroci per punirmi, anche se non provo dolore fisico. A essere sincero, non avevo motivi per disubbidire. Era stato lui a salvarmi dalla mia vecchia vita.

Bevvi un sorso d'acqua e poi mi sdraiai sul letto. Tra un pensiero e l'altro, mi ricordai di mia sorella maggiore, Lyra. Da quando morì, sentii moltissimo la sua mancanza, anche se ora ho solamente qualche memoria annebbiata su di lei. Ricordo solamente che era una ragazza allegra, gentile con tutti, e sempre col sorriso sul volto. Nonostante i problemi che avevamo in famiglia, era l'unica che per vedermi felice manteneva il sorriso, anche nei momenti più tristi e peggiori. Insieme a mia madre, era l'unica che mi voleva davvero bene. Se non fosse stato per lei, che mi fece ragionare nei momenti di nervosismo e pazzia, mi sarei suicidato tempo fa.

Mi rigirai nel letto. Alcune volte, era come se Lyra fosse qui con me. Nella mia mente e nel mio cuore. Ciò mi faceva sentire meno solo, è più felice, nonostante la mia vita fosse tutt'altro.

Mi manchi sorellona...

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Solitudine ***


(T/N)'s pov

Mi svegliai colpita dai raggi del sole: ciò significava che un'altra giornata era alle porte. Mi preparai per la scuola, cercando di coprire al meglio il livido con il trucco, utilizzando sempre il cerotto per mascherare la ferita. Decisi di dire dell' accaduto solo a (N/a), mentre agli altri avrei detto semplicemente di essere caduta dalle scale, proprio come avevo detto a mia madre. Una volta arrivata a scuola, infatti, (N/a) mi tempestò di domande: «(T/N), cosa ti è accaduto alla guancia? Ti sei fatta male?» Domandò preoccupata per me. «Tranquilla (N/a), ora sto bene. Ti dirò la verità, ma promettimi che rimarrà tutto tra noi». Lei annui, e iniziai a raccontarle, a bassa voce per non farmi sentire dagli altri compagni, cosa accadde ieri con Randy, citando anche quel ragazzo che mi salvò, Tobias. «Non immaginavo che Randy potesse arrivare a così tanto. Menomale che quel ragazzo ha avuto il buon animo di salvarti.» Disse sollevata (N/a). «Esatto, non lo ringrazierò mai abbastanza. Se non fosse stato per lui me la sarei vista davvero brutta. Spero di rivederlo un giorno». La nostra conversazione fu interrotta dalla professoressa d'inglese, che appena arrivò in classe, volle fare esercizi di ripetizione. Durante l'intervallo, sentì Randy parlare con i suoi amici, e dire soltanto che ieri aveva vinto una discussione con me dopo scuola. Mi dava fastidio il suo comportamento, nonostante tutto non aveva imparato la lezione se cosi si può dire, ma lo lasciai perdere.

Finite le lezioni, mi fermai con (N/a) davanti al cortile della scuola. Stavamo aspettando altre due nostre compagne; dovevamo organizzarci per un progetto di gruppo che aveva assegnato la professoressa di scienze. Durante l'attesa, il mio sguardo si posò sul parco. Fra gli alberi, intravidi nascosto un ragazzo dalla felpa nera. Aguzzai la vista, e riuscì a notare che egli aveva un qualcosa di bianco vicino la bocca, come un cerotto. Era Tobias. «Ehi, (N/a), guarda fra gli alberi» dissi facendole notare il ragazzo «Eccolo, è lui Tobias, il ragazzo che mi ha salvata». Provai a salutarlo, ma dopo qualche secondo si voltò e se ne andò da un'altra parte. Probabilmente non mi ha notata tra tutta la folla di studenti presente. «Non sembra un ragazzo socievole» mi disse (N/a), guardando ancora in mezzo agli alberi. «A quanto pare... Mi chiedo cosa ci faccia nascosto al parco» risposi.

Vidi le nostre compagne arrivare. Con (N/a) andammo per raggiungerle, ma a d'un tratto mi sentì spingere da dietro la schiena e caddi a terra. Tutti si misero a ridere, tranne (N/a) che mi aiutò ad alzarmi. «Ops, che sbadato...» era Randy. Sentì la sua voce provenire dietro di me. Per evitare litigi o risse, lo lasciai perdere, e continuai a camminare. «Visto, che vi avevo detto ragazzi? Le ragazzine come (T/N) non sanno difendersi.» si vantò Randy davanti la sua comitiva, che lo acclamava sempre di più. A tale affermazione, non ci vidi più dalla rabbia, e corsi addosso a Randy, nonostante (N/a) tentò di fermarmi e bloccarmi, e gli diedi un pugno in faccia. «Non osare più parlare così.» ribadì con uno sguardo cupo. «Allora vuoi litigare... prego, fatti avanti» rispose il ragazzo, con un cenno di sfida. Stava per venirmi addosso, finché Michael, un amico di (N/a), non si mise in mezzo a noi per fermarci «Adesso basta ragazzi, fermatevi!» disse. «Va bene, ma la prossima volta sarà decisiva (T/N)!» rispose Randy sbuffando per poi andarsene. «Grazie per averli fermati Michael» disse (N/a) raggiungendoci. «Ma ti pare, stava per esserci una rissa qui!» rispose il ragazzo arrabbiato guardandomi storto. «Scusate ragazzi, ma sapete come sono fatta...» dissi grattandomi la nuca. «Per questa volta c'è stato Michael, ma la prossima non sai cosa accadrà, quindi non sfidare più Randy» mi rimproverò (N/a), e io annuì.

Tobias's pov

Anche oggi mi appostai a quel parco vicino la scuola, per poter seguire e tener d'occhio quel bullo, Randy. Stavo aspettando la fine delle lezioni, in modo tale da poter scoprire dove abitasse, seguendolo a piedi. Molti studenti viaggiano in autobus, ma ho scoperto che lui abita in un paesino vicinissimo, e i mezzi per arrivarci non ci sono. Quindi ieri, per questo si trovava al parco a un orario tardo, piuttosto che alla fermata, come tutti. Appena la campanella suonò, cercai di identificare il ragazzo tra la folla di studenti. Improvvisamente vidi che in un angolo, si misero tutti a cerchio, per lasciare spazio a due studenti. Presi il mio binocolo, che usavo per spiare le persone da lontano: vidi Randy pronto a battersi in una rissa contro la ragazza che aiutai ieri: per fortuna un terzo studente intervenne, interrompendo lo scontro. Non che mi importasse qualcosa, ma ci son passato: quando un bullo ti prende di mira e ti pesta davanti a tutti, è difficile trovare qualcuno che ti aiuti. Ognuno pensa esclusivamente a se stesso, senza mettersi a rischio. Devi solamente cavartela da solo in qualche modo, e fidarti sempre meno degli altri, quasi di nessuno.

Il ragazzo, finalmente, si decise ad andare verso casa, e lo pedinai. Abitava in una piccola villetta, isolata dal resto della città. Buon per me, riuscirò a passare inosservato stanotte. Prima di tornare nella mia dimora, passai in un market a compare qualcosa per pranzo e cena. Sono un killer, è vero, ma ciò non dice che io debba rubare per forza. Una volta inoltratomi nella foresta, mi fermai a contemplare il lago che si trovava al suo centro. Il silenzio, l'acqua, la leggera brezza di vento che creava il fruscio delle foglie... mi rilassava, facendomi distaccare dalla mia sporca vita. Solo in rari momenti sono così: tranquillo, rilassato e quasi con sentimenti umani. Mentre quando "lavoro"... quando uccido... divento un sadico, che gode nel sentire le sue accette penetrare nel corpo delle persone, nel vedere il loro sangue fuoriuscire dalle ferite, sporcando tutto quello che si trova intorno, anche se stesso. Ma nulla di ciò mi dava fastidio. Godevo nel farlo, per quanto dentro il mio animo sappia che sia tutto sbagliato. Ma ero così: provavo piacere nel vedere la gente provare la sensazione del dolore, emozione fisica a me sconosciuta per via della mia malattia.

Arrivò la mezzanotte: cambiai i miei vestiti, e indossai una felpa grigia con maniche a strisce marroni e bianche, i miei occhialini arancioni, e un paraventi che usavo per coprire un pezzo mancante della mia guancia, che lasciava visibili i denti; questa era la mia tenuta da lavoro. Presi le mie accette appena pulite, e m' incamminai lentamente verso la casa del ragazzo. Una volta lì, mi arrampicai su un albero, e riuscì ad entrare dalla finestra della sua stanza, che aveva lasciato aperta. Slender voleva che uccidessi solo lui, quindi non dovevo fare troppo rumore, o avrei rischiato di svegliare anche i suoi genitori, quindi sarei stato costretto a far fuori anche loro. Mi avvicinai cautamente al letto, e estrai le accette dalla cintura.
«Sai Randy» sussurrai tra me e me, cercando di trattenere le mie sadiche risate mentre i tic si facevano sempre più presenti «Q-questa è la fine che meriti. B-bulli come te, devono s-solo morire, e lasciare in t-tranquillità gli innocenti...» sospirai, alzai l'accetta più malridotta, e lo colpì violentemente alla gola, in modo che non potesse urlare e morisse più velocemente. All'impatto, il suo sangue schizzò copioso su di me, e ciò mi eccitava sempre di più. Vidi i suoi occhi e la sua bocca spalancarsi dal dolore improvviso: era come paralizzato, non spostò nemmeno lo sguardo su di me. Si alimentò sempre di più anche il mio lato sadico, la mia voglia di ammazzarlo e veder come man mano finiva all'altro mondo. Con l'altra accetta, lo colpì velocemente al cuore, che qualche secondo dopo capì avesse cessato di battere. Il sangue ancora fuoriusciva dal suo corpo, e io ne ero ricoperto dalla testa ai piedi. Prima che qualcuno potesse accorgersi della mia presenza, uscì dalla casa nel modo in cui ero entrato, e mi incamminai verso la foresta. «U-un bullo i-in m-meno» dissi tra le mie sadiche risate, mentre degli improvvisi tic s'impossessavano del mio corpo, facendo muovere involontariamente la mia testa, braccia e mani.
Rientrato nella foresta, scorsi lo Slenderman mimetizzato tra gli alberi, che iniziò a parlarmi telepaticamente: «Ottimo lavoro Toby» mi disse «La tua prossima vittima sarà il cartolibrario del negozio vicino la scuola. Ho scelto lui in modo tale che, pedinarlo, sia più semplice, dato il parco li vicino.» «V-va bene Slender, vedrò d-di ucciderlo a-al più presto.» risposi, e lui dopo aver annuito si teletrasportò via.

Ritornai a casa, posai le accette, e mi sedetti al tavolo per sgranocchiare qualcosa, dato che quella sera avevo mangiato relativamente poco. Mentre cenavo, rimasi a fissare la sedia vuota che si trovava di fronte a me, e qualche ricordo si fece strada nella mia mente: io, Lyra, e mamma a tavola, mentre papà beveva qualche sorso di birra sul divano. Avevo vaghi ricordi di loro: dopo aver incontrato lo Slenderman, era come se la mia memoria fosse sparita, ma ancora qualcosa la ricordavo. Ricordavo il dolce e compassionevole carattere di Lyra, la gentilezza e maternità di mia madre, e di mio padre solo che era violento con tutti noi. È anche per colpa sua se sono diventato quel che sono ora, e se Lyra e la mamma sono morte. Lo odiavo. Ora con me non ho nessun membro della mia famiglia, e ne tanto meno un'amico. Certo, consideravo lo Slender come un padre, ma con lui ora ho solo un legame tra capo e servitore. Mi sento ogni giorno più solo e triste: questi fattori non fanno altro che aumentare la mia pazzia, e le mie voci nella testa. Sono completamente pazzo. Presi la foto di me e la mia famiglia che avevo su una mensola, rimanendo a contemplarla per qualche minuto. In essa, era anche presente mio padre, prima che io la strappassi dov'era raffigurato. La presi e la strinsi a me, come se potessi abbracciare Lyra e la mamma. Mi mancate...

(T/N)'s pov

Anche questa mattina andai a scuola, ma notai un'atmosfera diversa dal solito: c'erano alunni e insegnanti tristi e impauriti, altri leggermente scossi e perplessi, e altri che, come la sottoscritta, non capivano cosa stesse accadendo. Entrai in classe, e notai che la professoressa di italiano, nonché la dirigente di classe, che sarebbe stata presente l'ora successiva, era qui. Mi sedetti al posto, e, poco dopo che arrivarono tutti, iniziò a parlare: «Ragazzi, lo so che non dovrei essere qui adesso, ma ho, purtroppo, una bruttissima notizia da darvi...» la donna prese un'attimo il respiro, per poi continuare a parlare «come potete vedere, il vostro compagno, Randy, oggi non è presente» disse indicando il banco vuoto in fondo all'aula «Q-questo, perché... probabilmente alcuni di voi lo sanno, altri no... l-lui stanotte... è stato... u-ucciso.» disse la professoressa abbassando lo sguardo. Tutta la classe iniziò a bisbigliare: alcuni non credevano alle sue parole, altri pensavano fosse uno scherzo, e altri, come me, si chiedevano come ciò fosse stato possibile. «Purtroppo, le forze dell'ordine non possono fornirci i dettagli... quindi è meglio chiudere qui il discorso. Lo so, Randy non era qui da molto, ma ciò ha lasciato scossi un pò tutti. Ho solo un'ultima cosa da dirvi: state attenti a chi parlate, con chi uscite, dove andate e via dicendo. Cerchiamo di essere prevedibili a episodi del genere.» La professoressa chiuse lì il discorso, lasciando entrare in classe la docente di storia, che anziché far lezione, preferì dimostrarci alcuni metodi che avremo potuto usare per difenderci da ladri, assassini, o chiunque ci stesse importunando. Devo ammettere che mi dispiace per Randy. Nonostante mi avesse picchiata, non avrei augurato a nessuno di morire. Forse avrebbe avuto l'opportunità di cambiare un giorno, diventando una brava persona, ma ormai tutto ciò non è possibile.
Le lezioni finirono in fretta, e tornai a casa. Durante il pranzo, mio padre volle ascoltare in tv il TG locale, e parlarono di Randy: era stato ucciso mentre dormiva con un'arma, colpito alla gola e al cuore. Si presume che l'assassino sia entrato dalla finestra, poiché quest'ultima era rimasta aperta durante la notte. Che morte atroce...

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Disegno ***


(T/N)'s pov

La mattina seguente, come al solito, presi l'autobus per andare a scuola. Quello di (N/a) era in ritardo, quindi, quando arrivai, decisi di aspettarla in una delle panchine del parco. Presi il mio album da disegno, la mia fidata matita e mi guardai intorno, alla ricerca di un soggetto da disegnare.
Il mio sguardo si spostò sugli alberi dietro di me, notando che alcuni cespugli si muovevano per via del vento, facendo cadere qualche foglia. Seguì quel movimento che man mano si allontanava da me, fino a fermarsi. Guardai tra gli alberi e vidi un ragazzo poggiato ad uno di essi, con addosso il cappuccio della felpa nera che indossava. Egli si voltò, rivelando il viso ferito di quello stesso ragazzo che mi salvò da Randy, ovvero Tobias.
Questa volta riuscì ad osservare meglio il suo sguardo, soffermandomi sui suoi grandi occhi castani circondati da evidenti occhiaie, che facevano intuire che non dormisse più di tanto. Anche i suoi occhi trasmettevano stanchezza, e non solo quella: aveva uno sguardo assente, triste, come quello di una persona malinconica a cui la vita non sta andando alla grande. Sembrava intento a osservare qualcosa, ma non capì cosa.

Mi distolsi da quei pensieri e decisi di provare a disegnarlo. Come al solito feci la base e tratteggiai i suoi occhi: più li guardavo, più sentivo in me la loro assenza dal mondo. Dopo di che, iniziai a bozzare i capelli. Erano tendenti al riccio e disordinati, come se quella mattina non si fosse pettinato. A guardarli però non sembrerebbero malcurati, anzi, danno la sensazione di essere soffici al tatto. Finì il mio sketch e conservai l'album nello zaino. Per l'arrivo di (N/a) dovevo attendere ancora dieci minuti circa. Continuai a guardare Tobias: la mia mente elaborò domande su di lui, dato il suo essere misterioso.
È la terza volta che lo vedo in questo parco. Chissà, magari aspetta qualcuno. Oppure semplicemente viene a rilassarsi per stare in tranquillità. Però è sempre solo e nascosto... forse è un tipo solitario che non ama la compagnia.
Ero talmente assorta a questi pensieri, che non vidi che si stava allontanando, andando verso la strada. Presi subito il mio zaino e lo raggiunsi.

«Ciao Tobias!» gli dissi sorridendo.
«C-Ciao.» si limitò a dire, con qualche tic e guardandomi confuso. Forse non si aspettava che qualcuno gli parlasse. «Come va?» dissi, per tentare di continuare la conversazione. Ci fu un attimo di silenzio, finché non rispose: «Abba-astanza bene... Tu?» disse guardando il mio livido nascosto dal cerotto «Tutto nella norma, il livido sta guarendo... che fai di bello?» «S-scusa, ma non posso r-risponderti. D-devo andare ade-esso.» disse voltandosi e andandosene. «Ciao allora...»sussurrai, ma non rispose.
Chissà cosa deve fare di tanto importante...

Poichè dovevo fare la stessa strada per raggiungere (N/a), provai a seguirlo.
Si fermò non poco distante dalla cartolibreria, e iniziò a fissarne l'interno. Per avere una miglior prospettiva della situazione, attraversai la strada, appostandomi sul marciapiede. Tobias, appena passava qualcuno, cambiava comportamento, come se non volesse essere notato. C'è sotto qualcosa, me lo sento... cosa combini Tobias?

«(T/N), ecco dov'eri!» (N/a) mi saltò addosso, facendomi sobbalzare dallo spavento. «(N/a) quante volte ti ho detto di non saltarmi addosso così?! Sai che mi spavento facilmente...» la rimproverai, mentre lei si scusò grattandosi la nuca «Dov'è finito Tobias» dissi cercando il ragazzo con lo sguardo, che ormai sembrava essersi dissolto nel nulla. «Tobias? Eri con lui?» mi domandò (N/a) guardandomi incuriosita. «Ci ho parlato al parco mentre ti aspettavo, solo che ha liquidato subito la conversazione. Ero curiosa di sapere dove stesse andando, così l'ho seguito, dato che avrei dovuto fare la stessa strada per aggiungerti. Solo che ora se n'è andato.» spiegai con un po' di tristezza. Ero curiosissima di capire perché stesse osservando la cartolibreria. «Che tipo strano... lo sai che non bisogna pedinare la gente vero? Se ti scoprisse potresti finire nei guai!» mi sgridò (N/a) dandomi un'occhiataccia «Hai ragione, non lo farò più, anche se la curiosità mi sta uccidendo.» «Allora dovrai tenerla a bada... forza, andiamo a scuola» mi rispose prendendomi sottobraccio e trascinandomi via da lì.
Spero di poterti parlare di nuovo Tobias.

Tobias's pov

Dopo aver finito di consultare gli orari della cartolibreria, me ne ritornai a casa. Avevo notato quella ragazza seguirmi, ma non credo che possa darmi troppi problemi, e, in caso contrario, potrei sempre farla fuori.
Avevo deciso di uccidere il cartolaio all'orario di chiusura del negozio, proprio nell'istante in cui la sua chiave chiuderà la serratura della porta. Certo, avrei potuto pedinarlo fino alla sua dimora, proprio come avevo fatto con Randy, ma avendo il parco e, di conseguenza, la foresta molto vicini, mi sembrava inutile non sfruttare questi fattori. Tra l'altro, in quell'ora, alle venti di sera, non c'è quasi mai nessuno nei dintorni.
Appena arrivai a casa, iniziai a pulire e affilare le mie armi, così da poter essere perfette per l'omicidio.

L'ora di andare, finalmente, giunse, e indossai i miei vestiti da lavoro. Mi diressi verso la mia meta, iniziando già ad assaporare quella bellissima sensazione sadica che verrà quando le mie adorate ed affilate accette, trafiggeranno il corpo di quell'uomo, ormai anziano oserei dire.
Guardai attraverso le finestre del negozio: il proprietario non era solo, era rimasto ancora un cliente.
Grandioso, dovrò restarmene qui nascosto finché non finirà gli acquisti...
Attesi continuando a spiarli e, dopo una buona manciata di minuti, quel cliente sembrò andarsene, seguito dall'uomo che stava chiudendo il negozio.
Mi iniziai ad avvicinare cautamente, cercando di trattenere le mie risate per rimanere in silenzio. Appena rimase solo, sbucai all'improvviso e, con la mia agilità sovrannaturale, lo colpì con un'accetta alla schiena, mentre con l'altra al cuore, in modo da farle combaciare l'una con l'altra. L'uomo si accasciò immediatamente a terra, in una pozza di sangue rossastro ormai abbondante: era rimasto con gli occhi e bocca spalancati dal dolore e dal terrore, emozioni che provava ogni mia vittima. Tolsi le accette da quel corpo morto, mentre le mie risate, i miei tic e il mio sadismo crescevano, controllando ogni mio minimo movimento ed emozione.

«Signor Smith, ha sbagliato a darmi il-» Sentì una voce femminile provenire da dietro di me. Mi voltai e vidi una ragazza, la stessa che oggi mi rivolse la parola. La stessa che aiutai contro quei bulli. Era terrorizzata, si vedeva nei suoi occhi spaventati. Continuava a fissare le mie accette e il corpo privo di vita del cartolibrario. La sua bocca era rimasta spalancata, come se volesse gridare aiuto, ma le sue corde vocali paralizzate da questo scenario probabilmente non l'aiutavano.

Posò lo sguardo su di me: il suo corpo tremava, continuando a fissarmi senza battere ciglio. Sentì in me una sensazione di superiorità nei suoi confronti. Essere temuto da qualcuno e provocargli una reazione del genere, sapere che molto probabilmente si piegherebbe a mio volere senza ribattere... Torturare fisicamente e psicologicamente qualcuno, fino a farlo disperare, chiedere pietà ed essere temuto da te più di qualunque altra cosa al mondo... tutti questi pensieri fecero crescere in me una grande eccitazione.

D'un tratto vidi la ragazza prendere il cellulare dalla tasca della sua felpa. Lo mise all'orecchio e iniziò a correre.
La inseguì: ovviamente non potevo lasciare in circolazione il testimone di un omicidio che avevo appena compiuto.
La raggiunsi in poco tempo, prendendola saldamente da un braccio e tenendola attaccata al mio petto.
«L-lasciami, non d-dirò nulla a n-nessuno, sarai libero d-di scappare» la ragazza provò a dimenarsi, dandomi qualche calcio e cercando di staccare la mia presa dal suo debole e tremante corpo, ma per sua sfortuna, oltre a essere molto più forte di lei, non provavo nessun dolore ai suoi attacchi.

Improvvisamente, sentì le sirene assordanti delle forze dell'ordine. Intuì che le auto stavano per raggiungere la nostra posizione. Presi un'accetta e la alzai al contrario «S-sarai un ot-timo ostag-gio» colpì rapidamente, col manico in legno dell'arma, la ragazza alla nuca, facendola svenire in pochi secondi. La caricai sulle spalle e iniziai a correre rapidamente verso la foresta, raggiungendo casa.

Posai il suo corpo privo di sensi in un'angolo della stanza. Presi delle corde e un nastro adesivo da metterle alla bocca, e le legai polsi e caviglie. Insomma, non voglio di certo che il mio ostaggio, o meglio dire, la mia vittima, scappi o vada a chiedere aiuto. Una volta immobilizzata, controllai lo zaino che aveva con sè: portava solo libri scolastici, una bottiglia d'acqua e un'album da disegno, nulla di rilevante. La privai del cellulare che portava in tasca, mettendolo in un cassetto che chiusi a chiave. Mi sedetti di fronte a lei, iniziando ad osservarla. Le altre volte non avevo fatto caso al suo aspetto: aveva i capelli (L/c) (C/c), che incorniciavano il suo viso dalla carnagione
(C/p). Anche il suo corpo non era male, per essere ancora una giovane studentessa. Era molto eccitante, o forse è solo il mio lato perverso insieme ai miei ormoni a farmelo credere?
Se mi va, potrei anche abusare di lei, tanto è completamente di mia proprietà ormai.
Affinché si risvegliasse, mancava ancora un bel po' di tempo, così andai nella foresta a controllare se Slenderman avesse qualcosa da dirmi.

(T/N)'s pov

Provai ad aprire gli occhi, con ancora un dolore allucinante alla testa. Attesi che la mia vista riuscisse a focalizzarsi per bene e cercai di orientarmi, per capire dove mi trovassi: sembrava una casa abbandonata. Nella stanza dove mi trovavo, c'era un piccolo tavolo con due sedie, un letto di media grandezza, qualche mensola, un mobile, una cucina mal ridotta, e due porte chiuse. Tentai ad alzarmi, ma non riuscì a muovere le gambe e ne tanto meno le braccia, che erano legate saldamente ai polsi da due corde. Mi accorsi anche di avere qualcosa di appiccicoso sulla bocca, che mi impediva di aprirla.
Suppongo di non poter fare nulla adesso...
Prima di farmi prendere dalla paura e dal panico, cercai di ricordare cosa fosse successo. Dopo un po' di tempo a pensarci, i ricordi mi riaffiorarono nella mente: ero andata in cartolibreria a comprare nuove matite da disegno. Una volta uscita, mi accorsi che il signor Smith aveva sbagliato a darmi il resto, così tornai indietro. Mi balzò alla mente la sua figura in una pozza di sangue e un ragazzo, il suo assassino, con due accette alle mani. Scappai ma era riuscito a prendermi. Non ricordai più nulla.

Sicuramente mi ha portata lui qui... e se volesse uccidermi? Se invece abbia altri scopi? Dov'è adesso? Sarà in qualche stanza o sarà uscito fuori? Mantieni la calma (T/N), e cerca un modo per liberarti di queste corde e per scappare da questa topaia.
Mi guardai meglio intorno, aguzzando la vista, e dall'altra parte della stanza notai una delle accette di quel ragazzo per terra.
Se riesco, grazie alla lama, a tagliare le corde ai polsi, successivamente slegare quelle alle caviglie dovrebbe essere semplice, e quindi potrei scappare. Ma devo fare in fretta, e soprattutto senza rumore.
Cercai di avvicinarmi, strisciando lentamente a terra, verso l'arma. Una volta raggiunta, mi misi di spalle ad essa, cercando di muovere le braccia in modo che la lama tagliasse la corda. Sentivo che la presa si stava allentando: il mio piano stava funzionando.

D'un tratto, sentì la porta spalancarsi, mostrando il mio rapitore. Portava un paio di occhialini arancioni, un paraventi nero a strisce grigie e nere, una felpa grigia a strisce bianche e marroni, con cappuccio blu. Era tutto sporco di sangue: anche se era distante da me, riuscivo a sentirne il cattivo odore.
«Ti sei sveg-gliata finalmente» disse ridacchiando e guardandomi. Si abbassò il cappuccio, mostrando i suoi capelli castani scompigliati e in disordine. Successivamente, levò il paraventi poggiandolo sul tavolo. Notai che il suo viso, dal lato destro, aveva un pezzo di guancia mancante che faceva intravedere i suoi denti. Questo particolare lo rese ai miei occhi molto più spaventoso di quanto non lo sia già. Infine, si abbasso gli occhialini: aveva occhi castani, con occhiaie accentuate.
Non può essere lui.
Tobias?

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Dolore ***


(T/N)'s pov

Il ragazzo venne verso di me. Nascosi cautamente e più che potevo i polsi, sopratutto il punto dove la corda era spezzata: l'ultima cosa che volevo era correre possibili rischi per questa mia azione. Si abbassò alla mia altezza e mi guardò dritto negli occhi ridacchiando, con qualche tic che gli fece muovere le spalle e il collo, verso la sua sinistra. Allungò la mano verso di me, prendendomi il mento, costringendomi a guardarlo negli occhi. Al contatto del suo guanto, con ancora residui di sangue ormai asciutto, rabbrividì, sentendomi schifata, ma soprattutto impaurita da lui. Violentemente, mi strappò via il nastro che avevo sulle labbra, facendomi lamentare del dolore.

«C-come ti chia-ami bambolina?» Mi chiese. Rimasi bloccata, ero terrorizzata dal suo sguardo e dalla voce maliziosa che aveva verso di me. «Sai, è maleducazione non r-rispondere alle doma-ande» «(T-T/N)» balbettai con la voce tremante. Temevo che potesse farmi del male da un momento all'altro, quando meno me lo aspettavo. «Bel nome, ma c-credo proprio che continuerò a chiamarti ba-ambolina... Da o-oggi in poi, sarai il mio ostag-gio, la mia dolce vittima. E se oserai disubbidirmi, ne p-pagherai le conseguenze.» Con l'altra mano, raggiunse i miei polsi, e dal suo sguardò intuì avesse capito che stavo cercando di liberarmi. «Credevi f-forse che non me ne s-sarei mai accorto? Ti ho v-vista mentre nascondevi le braccia.» ridacchiò e prese l'accetta dietro di me, tenendola davanti al mio viso. «La vedi q-questa lama?» disse togliendosi il guanto sporco con i denti, e passando il dito indice su di essa. «Sai b-bambolina, ho af-filato la lama oggi, p-prima di uccidere il vecchio e ca-aro signor Smith.» alzò il dito, che ormai aveva un taglio profondo, da cui fuoriusciva un'abbondante quantità di sangue. «Se non mi asco-olterai, la mia bellissima e tagliente lama, passera sul tuo delicato e de-ebole corpicino. Sentirai m-molto dolore bambolina, e perderai parecchio sangue» disse leccando il dito sporco del liquido rosso.
Capì quanto Tobias fosse pazzo, malsano, psicopatico... Non ha avuto nemmeno la minima reazione di dolore nel passare la lama sul dito, era quasi inumano.

«Perché non f-facciamo una prova subito? Hai cercato di lib-berarti, ed era una cosa che n-non dovevi assolutamente fare...» disse prendendo l'altra accetta «Non p-preoccuparti, farò p-piano, stai lì»
Indietreggiai di poco dalla paura, fino a toccare con la schiena il muro, mentre lui venne verso di me, avendo un tic improvviso che gli fece inarcare la schiena in avanti «Vedo che n-non mi dai ascolto... A-allora andrò più p-pesante del previsto» «T-tobias, no... ti supplico, n-non farmi del male, prometto che starò b-brava e che t-ti darò ascolto!» Dissi singhiozzando e iniziando a piangere dal terrore: l'unico modo per non farmi toccare da lui era stare buona e al mio posto, come un cane e il suo padrone severo. «Se non ti facessi nulla, non impareresti la lezione, e potresti tentare nuovamente di scappare, quindi...» con un gesto lesto, puntò un' accetta orizzontalmente al mio collo e iniziò a ridere malsanamente, probabilmente trovando piacere nel vedermi indifesa e terrorizzata da lui «Che il tuo i-inferno abbia inizio» Lentamente, passò la sua accetta sul mio collo, andando verso il basso. Man mano che scendeva, sprofondava la lama sempre di più nella mia pelle. Sentì un dolore che non avevo mai percepito prima, e, per non dargli nessuna soddisfazione nel vedermi soffrire, soffocai la mia voce, che in quel momento voleva solo lamentarsi e urlare. Sentì il mio sangue colare, arrivando sulla mia spalla, e fin dentro la mia maglia. Fortunatamente, capì che il taglio che fece, non era così profondo da ammazzarmi; sicuramente non voleva che morissi subito, così da avere l'opportunità di ferirmi altre volte, e non dover cercare un'altra vittima indifesa.

«Oh, andiamo bambo-olina» disse ridendo e guardandomi intensamente negli occhi. «Non urli? Non hai s-sentito dolore? Eppure, il tagli-io che ti ho fatto, do-ovrebbe essere abbastanza p-profondo da farti piangere più di c-così.» passò il suo dito per tutto il taglio, sporcandolo di sangue che leccò subito e con naturalezza, come se stesse mangiando qualcosa e le briciole fossero rimaste tra le dita. «P-perché fai questo Tobias? Cosa ci ottieni nel veder soffrire la gente? E-eppure, sembravi un bravo ragazzo...» provai a dibattere con la mia voce tremante e balbettante, mentre lui sembrò ridere e guardarmi compiaciuto, in modo molto inquietante.
Merda, dovevo starmene zitta, ora chissà cosa farà per farmi soffrire.
«Non sono il Tobias inno-ocente e gentile che credevi. Io s-sono Ticci Toby, un killer che potrebbe ucci-iderti da un momento all'altro e che non p-prova dolore. E già, non provo d-dolore fisico, quindi non puoi f-far nulla per fermarmi. Puoi solo stare ai m-miei ordini, e pregare che la mia pazzia non t-ti porti alla morte. Ci siamo intesi b-bambolina?»
Annuì, muovendo lentamente la testa su e e giù. Tobias passò il suo dito sulle mie labbra: sentivo il sapore amaro del mio sangue, misto a quello del ferro della lama della sua accetta.
Che schifo.

«Beh, v-vedo che hai ca-apito. Per stanotte t-ti rispa-armio, ma se mi disubbidirai a-ncora, non esiterò ad a-adarci pesante.» Tobias sorrise, per poi alzarsi e andare a prendere una corda che teneva nel cassetto di un mobile.
«Girati.» mi ordinò venendo verso di me, e lo ascoltai. Si abbassò, tagliò via con l'accetta la vecchia corda che ormai avevo reso inutilizzabile, e mi legò i polsi con la nuova. Controllò anche quella alle caviglie, per poi alzarsi e stendersi nel letto. «Ti c-consiglio di dormire, sopra-attutto ora che te lo permetto b-bambolina» mi guardò ridacchiando. Poggiai la testa al muro, sentendo un pò di bruciore nello stendere leggermente il collo. Chiusi gli occhi, sperando non si accorga del fatto che stessi fingendo per non fargli dire nient'altro. «Non parli più? I-il gatto ti h-ha mangiato la lingu-ua?» Tobias scoppiò in una grossa e gustosa risata: si capiva che non fosse sano di mente, cambiava comportamento da un momento all'altro: poteva essere calmo e tranquillo, ma subito dopo potevi ritrovarti un'accetta amputarti il braccio.
Provai a dormire, chiudendo gli occhi e portando la testa in avanti, ma non ci riuscì; oltre all'atmosfera poco accogliente, mi sentivo spesso lo sguardo di Tobias addosso.
Passò del tempo, lo sentì smettere di muoversi nel letto e respirare regolarmente: si era addormentato.

Dato che decisamente non riuscirò a dormire, penserò a un modo per scappare a qui. Mi converrebbe aspettare qualche giorno, e studiare bene i comportamenti di Tobias, sopratutto quando esce e quando sta in casa. Devo anche trovare un modo per liberarmi di queste corde... e un'arma per potermi difendere in caso riuscissi davvero a scappare. Sarà dura, ma devo farlo, devo provarci. Tanto, se resterò qui a lungo, il mio corpo non resisterà e morirò sicuramente, quindi non ho altra scelta.
Chissà come stanno mamma e papà... sicuramente sono preoccupati per me, e mi staranno cercando dappertutto, insieme alle forze dell'ordine. E se non riuscissi a scappare e morissi? Se non rivedrò mai più i miei e
(N/a)? Non sapranno mai nemmeno che fine avrei fatto...
Sentì calde lacrime bagnarmi il viso. Non potevo assolutamente permettermi di farmi uccidere. Dovevo scappare da qui e tornarmene a casa. Forse non sarei tornata del tutto sana, ma sarei ritornata. Me lo prometto a me stessa.
Sicuramente Tobias domani non mi lascerà in pace, quindi provai a dormire un po', per quanto fosse difficile in quelle condizioni.

La mattina seguente, venni svegliata da un brivido di freddo che mi percorse la schiena. Dopotutto mi trovavo in una foresta dentro una casa abbandonata, di certo non potevo aspettarmi un'ambiente riscaldato. 
«M-ma buongiorno bambo-olina.»
Non risposi, e mi limitai a guardare Tobias, che era appena uscito da una delle porte a lato della stanza e riuscì a intravedere un bagno.
Ora che ci penso, è da ieri sera che non ci vado... non ho nemmeno mangiato o bevuto acqua.
«Allora» iniziò a dire Tobias abbassandosi alla mia altezza e guardandomi «Stamattina d-devo andare a pedi-inare una vittima. S-sta buona, o qua-ando tornerò, sai c-cosa farò.»
Annuì e lui, inaspettatamente, mi slegò polsi e caviglie.
«N-non ti esaltare. Sicuramente avrai fame, s-sete e vorrai andare al bagno, qui-indi fai in fret-ta. Se devi morire, morirai p-per mano mia, e non per i t-tuoi bisogni primari.» disse ridendo, con i suoi soliti tic che gli prendevano il collo. Bevvi velocemente il bicchiere d'acqua che mi aveva dato, e mangiai un pezzo di pane ormai duro. Era immangiabile, ma era l'unico pasto che avevo. Dopodiché, andai velocemente al bagno: c'era uno specchio rotto, e ne approfittai per guardare il taglio che mi aveva fatto Tobias. Il sangue era asciutto, si era formata la crosta, ed ero sporca di sangue. Poggiai la mano su esso, ma faceva ancora parecchio male. Subito dopo che uscì dal bagno, Tobias mi rilegò, aggiungendo una corda che collegava le caviglie a un piede del letto e uscì di casa. In quelle condizioni, potevo solo guardarmi intorno: con la luce del giorno, notai quanto fosse malcurata la casa: era tutto sporco e pieno di polvere, con mobili vecchissimi. Notai anche vari oggetti e scartoffie nelle mensole, chissà cosa contenevano, ma probabilmente cose irrilevanti.

Tobias's pov

La nuova vittima che mi assegnò Slenderman, fu un'altro adolescente, che, per quanto ne so, abbandonò la scuola appena ebbe sedici anni. Durante le mie uscite recenti, lo vidi in giro: si divertiva ad infastidire la gente, sporcare le strade e disegnare graffiti sui muri delle proprietà private, come scuole e negozi.
Quando Slender mi assegnava vittime così, ero felice: certo, ammazzavo una persona, però allo stesso tempo facevo un favore alla società a levarlo dai piedi, poiché un vandalo.

Non vedevo l'ora di finire e ritornarmene a casa... mi mancano gli occhi spaventati e privi di felicità della mia vittima... o meglio, della mia bambolina. Finora, nessuno mi ha temuto così tanto. Tutti, anche durante la mia adolescenza, tendevano a sottovalutarmi. Ora invece, i ruoli si son ribaltati, e la mia personalità violenta e psicopatica ha avuto il riscatto che si meritava da anni.
Ora avevo qualcuno su cui poter sfogare la mia rabbia e la mia sofferenza. Spero solo di non ucciderla perdendo il controllo, ci tengo a tenerla tra le mie grinfie, finché il suo delicato corpo riuscirà a resistere. Anche per questo motivo, le darò da bere e mangiare almeno una volta o due al giorno, nonostante la torturi. Probabilmente le lascerò anche l'occorrente per medicarsi le ferite che le procurerò, così, una volta quasi raggiunta la loro guarigione, potrò nuovamente ferirla e procurarle ulteriore dolore più intenso. Potrei anche pensare a qualche altra bella e dolorosa tortura, ho già qualcosa in mente...

Spero solo che lo Slender non venga a sapero. Lei è di mia responsabilità e, quindi, se ipoteticamente riuscisse a fuggire e andasse a riferire riguardo la mia casa e la foresta, finirei nei guai con lui, e rischierei di farmi uccidere. Ma ciò non accadrà. Credo di averle infuso parecchio timore verso di me, e non penso proprio che proverà a scappare. Debole com'è, non avrebbe nemmeno la possibile forza di spezzare o allentare le corde. Tra l'altro, ho fatto nodi abbastanza stretti, ma che permettessero la circolazione del sangue. La casa poi, è nel bel mezzo della foresta, e se provasse a uscirne, si perderebbe sicuramente tra gli alberi alti e fitti che la popolano, quindi la ritroverei all'istante.

Finalmente, dopo qualche ora a seguire quel ragazzo, trovai la sua casa. Lo ucciderò stanotte... o forse domani, vedremo. Ora voglio solamente tornare dalla mia bambolina.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Violenza ***


Tobias's pov

«Bambo-olina-a... sono to-ornato!» Canticchiai aprendo la porta, che rivelò la ragazza nello stesso identico punto in cui l'avevo lasciata. Dopotutto l'avevo legata al piede del letto, non poteva spostarsi. «Cosa c'è? No-on mi dai il bentornato?» Continuai, avvicinandomi al tavolo per posare del cibo e un giornale, che avevo acquistato prima di tornare. «Dai, di qua-alcosa, mi manca la tua bella v-voce». La ragazza si limitò a guardarmi qualche secondo, per poi tornare a fissare un punto impreciso del pavimento impolverato su cui si trovava. «Son sicuro c-che questo ti fa-arà dire qualcosa» dissi prendendo il giornale e mostrandole la notizia in prima pagina. Riportava l'omicidio di ieri, e fortunatamente nessuno mi ebbe riconosciuto. Citarono anche la scomparsa di (T/N). Nel momento esatto in cui la colpì alla nuca, un'anziana non molto lontana da li mi vide, e raccontò ciò che ebbe visto agli investigatori, che credevano avessi ucciso la ragazza e portato via il corpo. Questo era quello che c'era scritto nell'articolo.

«Mi danno per morta..?» Disse continuando a guardare stupita la pagina «Ma non hanno nemmeno provato a cercarmi...» iniziò a singhiozzare, o meglio, cercava di soffocare i singhiozzi, sicuramente per non mostrarsi debole e sensibile davanti ai miei occhi.
«A quanto p-pare starai con me a-ancora per molto tempo, non sei fe-elice?» ridacchiai, girando il giornale verso di me e continuando a leggere «Gli investigatori hanno deciso di far f-fermare le ricerche mome-entaneamente fino alla fi-ine dell'autopsia del co-orpo di Richard Smith. Per quanto riguarda la ragazza, si crede sia morta, poiché è quasi impossibile sopravvivere a un forte colpo alla nuca, dato con un'arma potente. I genitori di quest'ultima però, non sono pronti a-alla rassegnazione: hanno passato le ultime o-ore a perlustrare la città fino ai confini della foresta, ma senza succe-esso. Da questa mattina si trovano in c-centrale, a dare più informazioni possibili affi-inché sia più facile ritrovare il corpo della ragazza, viva si spera.»

(T/N) smise di piangere, e cercava in tutti i modi di evitare il mio sguardo. Era come se avesse, finalmente, realizzato che destino effettivamente l'attendesse, senza la minima speranza di ritornare alla sua vecchia vita. «Dovrai pa-assare il resto della tua miserabile esistenza q-qui con me, quindi cerca di non ignorarmi tro-oppo.»Dissi mettendole il mento tra il mio pollice e indice, facendola voltare verso di me, per farle capire che ormai non aveva scampo e che sarebbe stata nelle mie grinfie per sempre. Ma lei non ricambiò il contatto ai miei occhi, e ciò mi diede abbastanza fastidio. «Sai, quando t-ti parlo dovresti guardarmi. E non lo sto dicendo per ga-alateo, ma perché sarà una d-delle tante piccole regole che dovrai rispet-tare se non vuoi morire». Si decise a guardarmi, infastidita. Proprio come immaginavo e speravo.
È il momento di testare la sua pazienza, e di stuzzicarla... più tardi ho proprio voglia di divertirmi nel vederla soffrire...

«Che c'è? Per caso ho distu-urbato i tuoi tristi pensieri? Rassegnati, non vedrai m-mai più mamma e papà, e ne tanto meno i tu-uoi preziosi amici. Cerca di ficcartelo bene in testa: ormai alle a-autorità non importa più nulla di te, sei solo una del-le mie tante prede: a loro interessa acciuffarmi e sbattermi al fresco. Senza di loro, i tuoi ge-enitori non avranno nessuna possibilità di trovarti.» «Zitto! Loro faranno di tutto per trovarmi e cercheranno di convincere gli investigatori a continuare le ricerche! Tu non li conosci, non permetterti più di parlare di loro. Farebbero qualunque cosa per salvarmi da un assassino insensibile e sporco come te.»
(T/N) mi urlò contro improvvisamente, marcando le ultime parole. Si zittì immediatamente appena si accorse di cosa aveva detto, guardandomi spaventata e capendo che non doveva assolutamente sfidarmi così. Ed effettivamente ha fatto un grosso errore, non deve permettersi di mancarmi di rispetto. «Ehi bambolina, m-modera il linguaggio. Forse non hai anco-ora capito con chi stai parlando, e ne t-tanto meno con chi avrai a c-che fare.» Alzai il tono della voce e mi misi in piedi, per dimostrare la mia evidente superiorità.
«De-evi solamente startene b-brava e al tuo posto, capito?». (T/N) annuì. La squadrai dalla testa ai piedi per assicurarmi che, in mia assenza, non avesse tentato di liberarsi.
Voltai le spalle, e mi diressi verso la porta: mi serviva della legna. Non che l'inverno fosse alle porte ma, qui nella foresta, la temperatura si abbassa notevolmente rispetto la città. Soprattutto durante la notte. La mia casa tra l'altro, essendo abbastanza vecchia, regge meno il freddo, che penetra da tutti gli spifferi. Mi sarei occupato dopo di punirla.

«Bastardo...». Appena aprì la porta, sentii la ragazza chiamarmi così a bassa voce; era quasi un sussurro ma, sfortuna per lei, riuscii a sentire lo stesso grazie al silenzio che dominava la stanza.
«Ah si?» chiusi la porta e tornai da lei, che mi fissava quasi paralizzata. Mi riabbassai alla sua altezza, alzandomi gli occhialini arancioni sui capelli spettinati e abbassandomi il paraventi. «E sai c-cos'altro è in grado di fare questo ba-astardo?» lestamente, con la mano sinistra, le bloccai i polsi verso terra, per tenerla il più ferma possibile, mentre con l'altra presi una delle due accette dalla cintura, puntandogliela al collo. «Potrei decapitarti l-la testa in una frazione di secondo se vo-olessi. Oppure a-amputarti un'arto e farti soffrire l-lentamente. Potrei fare tante altre cose, ad ese-empio spezzarti le ossa, bruciarti la pelle, s-squartarti le interiora...». (T/N) era davvero terrorizzata adesso: oltre al mio tocco, tremava sempre di più anche al solo spostarsi del mio sguardo su di lei.
«S-scusa...» disse con la voce tremante ed iniziando a piangere. «N-non so proprio cosa farmene delle t-tue scuse. Ti ave-evo avvertita: o rispetti le regole, o ne s-subirai le conseguenze».

Appoggiai l'accetta vicino a me e mi tolsi il guanto. Le passai la mia gelida mano sotto la maglia, toccandole il ventre, per poi salire lentamente verso pancia. Al contatto della sua pelle con le mie fredde dita, (T/N) rabbrividì, quasi inarcando la schiena verso avanti per la sua sensibilità a quel contatto.
«S-sarebbe un vero peccato se la tu-ua pelle morbida e l-liscia, venisse rovinata dalla mia accetta, non cre-edi? Peccato che è q-quel che farò adesso.» dissi iniziando a ridere. Di scatto, le alzai di colpo la maglia e affondai l'accetta sulla pancia più volte, lasciandole tre tagli poco profondi, che però sanguinarono abbondantemente. Devo contenermi, se no rischio di farla morire, e non è ciò che voglio.
(T/N) urlò dal dolore, e cercò di liberarsi dalla mia presa, provando a darmi dei calci nonostante avesse le caviglie legate. Le bloccai le gambe, più precisamente le ginocchia, sedendomi su esse, senza fare troppa pressione.

«Eh no b-bambolina. Ieri ho avuto pietà di te, ma oggi no-on mi scappi» dissi con voce maliziosa, accarezzandole una ciocca dei suoi capelli (c/c) e mettendogliela dietro l'orecchio destro. Di violenza, presi una grande ciocca di dietro, e la tirai su per farle alzare la testa e avere la visuale del collo libero. «A quanto p-pare il taglio di ieri s-si è già cicatrizzato. E se ne fa-acessi un'altro nello s-stesso punto? Probabilmente sentirai più do-olore di ieri...»
«Tobias basta, ti supplico, prometto di non disubbidire più, ma lascia la presa, ti prego». La ragazza mi supplicò con il viso ormai bagnato totalmente dalle sue inutili lacrime. L'avevo tirata su talmente tanto che, dalla sua voce, le mancava quasi il respiro. La lasciai cadere a terra e scoppiai a ridere sadicamente e di gusto. «Ecco, brava bambo-olina. Così ti voglio, devi temermi. Però a-ancora non ho voglia di perdo-onarti, se no non impa-arerai mai la l-lezione. Divertiamoci ancora un po'».
Mi guardò impaurita mettendo la schiena contro il muro. Dalle sue espressioni facciali, capì che i tagli le stavano procurando ancora davvero molto dolore, nonostante ci fossi andato leggero e si fosse mossa di poco.

Questa splendida sensazione di essere temuto, vedere qualcuno spaventato a morte da me e sapere che la causa del suo dolore ero solo ed esclusivamente io... Cazzo se ero eccitato: non riuscivo a trattenere le mie forti risate e i vari tic che, percorrendomi il collo, mi costringevano ad assumere scatti improvvisi. Probabilmente ora, agli occhi di (T/N), sarò sembrato come uno di quegli antagonisti psicopatici dei film dell'orrore che, dopo aver visto, hai paura di ritrovarli in casa.
«Vediamo c-cosa potrei farti adesso
b-bambolina» dissi quasi canticchiando, guardando intensamente gli occhi terrorizzati della ragazza. «C-Cazzo, amo quell'espressione c-che hai sul viso, mi fa
esa-altare sempre di più...» con delicatezza, iniziai ad accarezzarle la coscia, sotto il suo sguardo confuso. «Non ti dispi-iace se, per qualche giorno, n-non riuscirai a c-camminare vero?» dissi spostando la mano sotto il suo mento per farle alzare lo sguardo. «Saresti co-osì gentile da darmi una risposta?». «Cosa vuoi f-fare...» rispose balbettando. «Te lo dimo-ostro subito b-bambolina». Non distolsi gli occhi da lei, per mantenere il contatto visivo. Però intanto, le mie mani continuavano ad esplorare il suo corpo: dalle braccia alla schiena, fino a ritornare alle gambe, dove si soffermarono verso le caviglie. Slegai la corda e la ragazza fu più confusa di quanto non lo fosse già mentre l'accarezzavo. Di colpo, mentre le tenni la coscia sinistra ferma, con l'altra mano le girai la gamba, causandole una distorsione al ginocchio. Le sue urla di dolore erano musica per le mie orecchie: il dolce suono che mancava a questa casa silenziosa.

«Allora? Tutto ciò è s-servito o devo
continu-uare a torturati? Hai capito chi è che
c-comanda?»
Dissi smettendo di ridere e tornando a parlare con tranquillità. (T/N) si limitò ad annuire, appoggiando la testa sulla parete, sfinita dal dolore e dai pianti. «Voglio pro-ovare a essere un po' gentile c-con te». Mi alzai e andai verso un cassetto, in cui tenevo vari medicinali e oggetti da primo soccorso, che usavo ogni qual volta che mi ferivo. Presi delle bende, che appoggiai un po' lontano da lei. «Vediamo se a-arrivi a prenderle». Le risi in faccia, mentre mi misi il paraventi e gli occhialini. «Vado a fare legna-ame. Se quando ritorno n-non sei riuscita a prendere le bende, sco-ordati di medicarti». Presi le accette e uscii di casa, assicurandomi di aver chiuso bene la porta.
 

(T/N)'s pov

Tobias uscì di casa. Finalmente avevo un'attimo di pace. Sono stata davvero incosciente a chiamarlo in quel modo. Come avrei potuto immaginare che mi avesse sentita nonostante fosse così lontano da me? Ormai poco importa, mi ha fatto del male e devo solo imparare a contenere la rabbia e stare il più calma possibile. Guardai le bende; allungai la gamba destra per raggiungerle, ma il dolore causato della sinistra, insieme ai tagli sulla pancia, era davvero atroce.
Merda. Dai (T/N), un piccolo sforzo, puoi farcela: non dargliela vinta.
Riallungai la gamba, cercando dì ignorare il dolore, e riuscii a far rotolare le bende verso di me. Mi rilassai un'attimo, per riprendermi dal bruciore dei tagli, e mi ricordai che non potevo far uso delle bende, poiché avevo i polsi legati dietro la schiena.
Che bastardo. Lo sapeva benissimo che non ce l'avrei fatta indipendentemente dal raggiungerle o meno. Tutte queste, me le pagherai davvero care Tobias. Aspetta solo che riesca a scappare da qui e vedrai.

Tentai lo stesso a raccoglierle: non si sa mai che Tobias cambi idea per non farmi venire qualche infezione, che rischierebbe di farmi ammalare o, in casi peggiori, morire.
Riuscii a farle arrivare dietro la schiena, e le afferrai.
Perfetto. Ora devo solo sperare che, al suo rientro, abbia almeno la decenza di slegarmi anche i polsi.
Mi guardai un po' attorno: con la luce del giorno è più semplice osservare la stanza. Ma purtroppo non trovai nulla di rilevante o interessante, che potesse aiutarmi a scappare.

Il tempo passò velocemente e Tobias rientrò.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Capo ***


(T/N)'s pov

«Vedo c-che ce l'hai fa-atta.» Tobias posò le accette sul tavolo, e si alzò gli occhialini sui suoi capelli castani, probabilmente scompigliati dal vento. «Imma-agino sia s-stato faticoso per te, peccato che i t-tuoi sforzi siano stati vani, dato c-che non hai la possi-ibilità di un m-minimo movimento»rise come suo solito e lo ignorai, con un'espressione impassibile, tornando a guardare per terra. «Dai b-bambolina, stavo so-olo scherzando»venne verso di me, avendo alcuni tic che gli fecero porgere il collo in avanti. Mi fece cenno di voltarmi e mi slegò i polsi. «Fai in f-fretta con qu-uelle bende. Ti do solo dieci mi-inuti per metterle, mangiare, b-bere e andare al bagno. E se n-non fai in tempo... beh, pe-eggio per te.» disse sdraiandosi nel letto e socchiudendo gli occhi, come per rilassarsi ma pur sempre stando sull'attenti.

Riuscì a far passare le bende intorno alla vita, e per mia fortuna, nonostante fossero molto vecchie ed impolverate, aderirono perfettamente al mio corpo. Ma c'era ancora un ultimo problema.
Il ginocchio. Mi fa ancora male, dubito che riuscirò a tenermi in piedi. Mi serve qualcosa per tenerlo il più fermo possibile, ma non penso che Tobias mi conceda altro. È già un miracolo se mi ha permesso di fasciarmi, dovrò sopportare il dolore.

Tentai lentamente e cautamente di alzarmi, restando vicino al muro per averlo come appoggio. Ma una volta in piedi, il ginocchio mi fece malissimo, e mi accasciai a terra.
Non ho molta scelta...
Provai allora a farmi strada strisciando sul pavimento, aiutandomi con la poca forza rimasta alle mie braccia e sopportando il bruciore delle ferite al ventre. Arrivai fino ad una sedia del tavolo e riuscì a sedermi, per sgranocchiare un tramezzino e bere un pò d'acqua, che probabilmente Tobias aveva preso in qualche market della città.
Mi alzai tenendomi dalla sedia, per raggiungere il bagno, ma, dopo qualche passo, ricaddi a terra. Ero costretta a strisciare nuovamente su quel pavimento sporco e impolverato.

«Che c'è ba-ambolina, hai la bu-ua?» Mi voltai verso Tobias, e lo vidi ridacchiare sotto i baffi. Continuai ad ignorarlo e strisciare, finché la sua voce non mi richiamò una seconda volta. «Stai ferma lì, t-trovo qualcosa per quel ginocchio go-onfio. E non cantar vittoria, appena disu-ubbidisci di nuovo, ti s-spezzo completamente l'osso. Se non l'avessi a-ancora capito, ti ho fratturato la rotula. Per questo n-non riesci a tenerti in pie-edi». Tobias frugò nei cassetti, e trovò una vecchia fascia elastica color carne. «A-alza la manica del panta-alone». Feci come mi disse e iniziò ad avvolgere il ginocchio con essa. Aveva un tocco delicato nonostante dovette stringere forte la fascia. In ogni suo minimo movimento era attento e preciso, come se non volesse commettere il minimo errore o imperfezione.
Prima mi tortura e poi mi aiuta... meglio non abbassare la guardia, sicuramente si comporta così per confondermi le idee su di lui.
«Ricorda di t-tenere sempre il gino-occhio teso, o la fascia non farà il suo l-lavoro.» Tobias finì di bendarmi e si alzò in piedi. «Fai in f-fretta in quel bagno. Sai, d-devo riposarmi se stanotte voglio fare il mi-io lavoro per bene, quindi no-on farmi aspettare t-troppo». Ho capito cosa farà, ma non voglio immaginarlo... spero che quel poveraccio a cui toccherà questo crudele destino, riesca a sfuggirgli o quanto meno salvarsi prima di morte certa, ma ne dubito... Tobias è troppo forte e spaventoso, fermarlo è impossibile.

Entrata nel bagno, mi guardai allo specchio: avevo i capelli spettinati e pieni di polvere. Stessa cosa i vestiti, erano stropicciati e sporchi di sangue. Mi sciacquai il viso, e passai le dita bagnate tra i capelli. L'acqua era gelida, ma sembrava pura e cristallina: quel che ci voleva per riprendermi un minimo e rimanere il più lucida possibile.
Uscì aprendo la porta di quella piccola stanza, e vidi Tobias, di spalle, fissare un punto impreciso di una mensola poco più alta di lui. Non capì cosa stesse guardando, data la mia bassezza rispetto quest'ultima.
Chiusi la porta del bagno alle mie spalle e il ragazzo, sentendone il rumore, si voltò, interrompendo i suoi misteriosi pensieri. Mi risedetti al mio angolo e mi rilegò i polsi, ma, rispetto le altre volte, le corde erano molto più deboli. Guardai confusa Tobias: intanto si era sdraiato nel letto e notò la mia espressione incerta. «Avevi l-le mani di un co-olore poco vivace. Avevo f-fatto i nodi troppo stre-etti, ho dovuto a-allentarli. N-non voglio rischiare di farti morire per una c-cazzata. T-tra l'altro, un ostaggio mi serve v-vivo, non mo-orto.»

Ecco perché si prende cura di me. Mi sembrava strano questo suo cambiamento improvviso di emozioni. Finché rimane tranquillo così, buon per me. Devo solo restare calma e non farlo innervosire. Posso sfruttare questo suo momento di quiete per osservare i suoi comportamenti e comprendere meglio il suo malsano carattere. Saranno elementi essenziali che potranno aiutarmi a scappare da questa prigionia.

Tobias's pov

L'oscurità della notte calò nella foresta e l'ora di lavorare giunse. Mi assicurai che la ragazza non potesse muoversi dal suo posto e uscì di casa, chiudendo la porta a chiave. Oggi mi sono sentito abbastanza tranquillo; fare legname ha contribuito a sfogare la mia ira e una volta rientrato in casa, volevo solo riposare. Molto probabilmente, anche la mia bipolarità ha aiutato in ciò: prima ero incazzato con (T/N) e poi l'ho persino aiutata a medicarsi, preoccupandomi del suo stato attuale di salute. Non fa nulla se talvolta la mia mente mi porta a comportarmi in modo docile. L'importante è che lei mi tema e che sappia chi comanda.

Potrei anche provare a confonderla comportandomi spesso così, ma suppongo abbia già pensato a ciò, è intelligente. Oppure potrei iniziare a conoscerla meglio e trovare altri suoi punti deboli, così da causarle ulteriore violenza psicologica. Non sto più nella pelle, voglio sbrigarmi e ritornare da lei.

Arrivai alla casa del vandalo che dovevo uccidere e mi guardai intorno, a cercare il modo migliore per intrufolarmi in casa. Quel mascalzone ha persino disegnato dei graffiti sul muro del retro dell'abitazione. Mi sorprendo di come i genitori non l'abbiano messo in punizione, è il minimo da fare.
Fosse stato mio padre al posto del suo, l'avrebbe sicuramente riempito di botte fino allo svenimento, anche se arrivare a ciò, per molti, risulterebbe esagerato come punizione. Ma qualcosa da fare ci vuole sempre, o gli errori non si impareranno mai e si continuerà a commetterli ancora e ancora.

Scassinai la serratura della porta sul retro, con un piccolo pezzo di ferro che portavo con me per queste situazioni, ed entrai in casa. In salotto, trovai il ragazzo seduto sul divano, con in testa delle cuffie e un controller in mano. Stava giocando ad uno spara tutto insieme ad un suo amico in chiamata.
«Cazzo Alex, ci hanno scoperti, ritorniamo alla base!» disse innervosito all'amico. Era talmente immerso dal gioco che non si accorse che ormai mi trovavo alle sue spalle. «Muoviti coglione, ti hanno visto! Possibile che tu non riesca a fare una cosa tanto semplice?!» «Possibile c-che tu sia così male-educato?» il ragazzo, dopo aver sentito le mie parole, sobbalzò dallo spavento e mi guardò incazzato. «Si può sapere chi sei? Come hai fatto ad entrare in casa?! esci immediatamente!» «Non p-prima di averti fatto f-fuori.» Il ragazzo mi guardò un attimo perplesso, ma, appena vide le mie armi alla cintura, iniziò ad indietreggiare. Gli saltai addosso, facendogli perdere l'equilibrio e, una volta a terra, gli pressai una mano sul collo mentre con l'altra afferrai l'accetta destra. «Che ne dici s-se porto la tua bella te-esta a casa mia? Sai, tengo un osta-aggio lì, e tu potresti c-contribuire a traumatizzarla più di quanto n-non lo sia già...». Feci scorrere le mie dita tra i biondi capelli del ragazzo mentre la lama dell'arma premeva sempre di più sul suo collo, fino a penetrare lentamente nella pelle.

«Non farmi del male... ti prego...» disse senza un fil di voce, con le lacrime che iniziarono ad inondare i suoi occhi socchiusi. «Mi dispiace, m-ma i vandali non m-meritano di re-espirare». Con un colpo secco, gli tagliai la gola e la testa si staccò dall'osso del collo, lasciando sotto di se una copiosa pozza di sangue, che sporcò il pavimento del salotto. La gente comune definirebbe questo uno spettacolo vomitevole e orribile, invece a me piaceva tanto, tantissimo.
Nella cucina della casa, trovai una busta di carta. Ci misi la testa del ragazzo dentro e m'incamminai verso la foresta. Non ho mai fatto una cosa del genere. Insomma, quale killer vuole tra i piedi il resto di un suo cadavere? Ma per inferire sempre di più nella psiche della ragazza, eccome se farei questo e tanto altro.

Aprì la porta di casa: (T/N) si era addormentata, sdraiata sul pavimento.
«Ehi, bambolina...» dissi dolcemente, accarezzandole la guancia. Si svegliò, ancora un po' assonnata e mettendosi seduta, cercando di evitare il contatto con i miei occhi.
«Il v-vecchio Toby ha portato a fine i-il suo lavoro anche sta-anotte». In attesa di una sua possibile risposta, mi cacciai la felpa sporca di sangue, che misi in una bacinella piena d'acqua. «T-ti ho anche po-ortato qualcosa». (T/N) continuava a rimanere zitta guardandosi intorno, così passai all'azione. Mi sedetti di fronte a lei, rimanendole distante, e le mostrai la busta.
«N-non immagini cosa c'è de-entro». Finalmente la sua attenzione e curiosità si rivolsero verso di me, anche se passivamente. Afferrai dai capelli il capo del cadavere, pian piano portandolo fuori dalla busta, mostrandolo poco a poco. (T/N), appena capì il contenuto di essa, si allontano cautamente, strisciando il sedere per terra. Mi guardò spaventata e parecchio schifata suppongo, non credendo ai suoi occhi. «Vedi? Q-questa è una possi-ibile fine che potresti f-fare se no-on mi ascolterai» mi scappò qualche risata nel vederla nascondere il viso terrorizzato, appoggiato sul suo ginocchio sano.
Rimisi la testa nella busta, e mi avvicinai verso (T/N) gattonando, per rimanere alla sua stessa altezza. «Brava b-bambolina, sembra che tu-u abbia capito le regole» le presi il viso tra le mani e la osservai sogghignando sotto il paraventi. (T/N) tremava e i suoi occhi facevano trasparire solamente paura. «Dai, non fare co-osì, non ti sto facendo nu-ulla. E non ti farò del m-male se continuerai a comportarti be-ene. R-rilassati». Le accarezzai i capelli e iniziò a tranquillizzarsi, anche se dubitante. La spinsi dalla spalla verso di me, per farla appoggiare al mio petto. Oppose subito resistenza, ma appena vide la mia insistenza e iniziò a percepire il mio nervoso, si lasciò guidare da me. Rimaneva lo stesso un pò rigida, ma pazienza, vorrà dire che col tempo dovrà imparare ad abituarsi a questo tipo di contatto.
Sento un qualcosa di nostalgico, una sensazione strana. Ma non capisco cosa. Eppure è come se avessi già vissuto un momento così, ma non ricordo...
Oh giusto, devo andare da Slenderman, stavo per dimenticarmene.

«V-vado a sbarazzarmi de-ella testa» dissi alzandomi e andando verso l'armadio dove tenevo i vestiti. Indossai una felpa nera, presi la busta e mi diressi verso la porta, lasciando la ragazza lì, appoggiata al muro. Presi una pala dallo sgabuzzino esterno della casa, in cui i vecchi proprietari tenevano attrezzi da giardino, e andai in un punto profondo della foresta. Scavai e seppellì la testa.
Stavo per andarmene, quando sentii qualcuno dietro di me. Mi voltai: era Slenderman. Non mi stupisco che mi abbia trovato, lui può percepire dove mi trovo, a cosa penso... controllarmi.
«Stai dando il meglio di te Toby, complimenti. Questa volta voglio affidarti una missione più complicata. La persona che dovrai uccidere è un poliziotto, il capo del gruppo.» disse. «Darò il me-eglio di me.» «Sta attento».
Slender si teletrasporto via.
Sono felice che mi abbia dato qualcosa di più serio, vuol dire che si fida e per me ciò significa davvero tanto. L'unica persona che si fidava ciecamente di me era Lyra. Non le importava se sbagliavo o le cose andavano comunque male, lei c'era sempre ad infondermi sicurezza ed aiutarmi. Mi manca ogni giorno sempre di più.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Conversazione ***


Tobias's pov

«Rieccomi» dissi entrando in casa, dove trovai la ragazza sempre al suo posto, che fissava malinconicamente la finestra alla sua destra. Spostai una sedia dal tavolo mettendola di fronte a lei dal lato dello schienale, e mi sedetti poggiando le braccia su esso.
«P-parlami un pò d-i te. Sai, do-ovremmo passare molto t-tempo insieme, q-quindi...»
«Quindi cosa...» Chiese con calma e freddezza, guardando il nulla. «Quindi v-voglio sapere qualcosa in più sul tu-uo conto. Per ese-empio, quel Randy, s-sai che fine ha f-fatto?» Domandai tranquillamente, come se non sapessi nulla su di lui. «È stato ucciso.» Si limitò a rispondere (T/N). «Oh, s-sai chi è
sta-ato?». La ragazza rifletté un momento, e ridacchiai. Mi guardò confusa, ma poi capì. «Tu?» «E-esatto bambolina, il so-ottoscritto ha fatto fu-uori quel bullo r-rompiscatole.». Non sembrava sorpresa per nulla, era come se un pò se lo aspettasse. «Sa-ai, i bu-ulli sono le m-mie vittime pre-eferite». (T/N) annui e distolse lo sguardo da me. «Piuttosto... p-perché quella mattina mi hai se-eguito vicino la
ca-artolibreria d-dopo che mi hai parlato?». Alla mia domanda, si pietrificò di colpo. «Non ti stavo seguendo, stavo andando incontro alla mia amica» Disse frettolosamente, guardando un angolo della stanza per non incrociare i miei occhi, come suo solito d'altronde. «Ne se-ei sicura? T-ti conviene essere since-era con me, odio chi me-ente». La guardai senza distoglierle lo sguardo di dosso, così da farla sentire sotto pressione. «Ti ho detto che stavo incontrando la mia amica.» Rispose alzando leggermente il tono di voce, ma ricomponendosi subito. Simulai un colpo di tosse, per farle tornare l'attenzione verso di me. «S-si, ero curiosa di quel che facevi...» Ammise, e finalmente aggiungerei. «Brava ba-ambolina, mai mentire al-vecchio Toby. Come si chiama la tua a-amichetta?» «Non vorrai farle del male.» (T/N) da un'espressione annoiata e spaventata, passò a una di qualcuno che potrebbe metterti le mani addosso da un momento all'altro, indipendentemente da chi tu sia. «Forse si f-forse no, questo di-ipenderà solamente da te e da-al tuo comportamento». «Starò buona, quante volte ancora dovrò dirtelo?! Farò tutto quel che vorrai, ma non azzardarti a mettere un solo dito su (n/a), intesi?».

«Inizi a fare l-la testa calda, eh?» Risi e mi alzai, avvicinandomi a lei e guardandola come se avesse detto la cosa più stupida e insensata di questo mondo. «Voi u-umani, siete co-osì patetici... Fareste qualunque c-cosa per le persone che a-amate. E poi cosa otte-enete in cambio? Tradimenti, abba-andoni, poca
c-considerazione. Quando inizierete a ca-apire che nella vita, s-solamente rimanendo soli proverete meno dolore?». Andai verso il tavolo, e versai dell'acqua in un bicchiere vuoto sopra di esso. «Voi umani? Anche tu sei un essere umano, dovresti includerti nel discorso.» La ragazza fece attenzione a questo piccolo dettaglio, che inserì di proposito nella frase. Finì di bere tutto d'un sorso, e mi voltai verso di lei. «Fisicamente s-sono un umano. Ma la mia umanità, la co-ompassione, la f-fiducia... Sono tutte qualità che sono mo-orte con il vecchio me». «Cosa intendi?» Domandò incuriosita e guardandomi confusa. «Eh no, qu-ua sono io a fa-are le domande
b-bambolina». Riordinai la sedia al tavolo, e sta volta mi sedetti a terra di fronte a lei, per poterla fissare meglio in quei suoi innocenti occhi (c/o), e capire quando mi mentisse o dicesse la verità. Nonostante ciò, continuò a ignorarmi, evitando il contatto dei suoi occhi con i miei castani. «Ci tieni davvero tanto a quella tua amica. Mi urli di non sfiorarla e poi continui a ignorarmi, facendola rischiare sempre di più» «Scusa...» (T/N) si voltò, e ripresi a parlare «A-allora, vediamo co-osa potrei chi-iederti...» Mi fermai qualche secondo a pensare. Volevo che le domande fossero particolari, per capire meglio ciò che le passava per la testa... E non chiedere cose banali come il piatto o colore preferito.

«Q-quando senti che sta-ai vivendo per davvero?». (T/N), dal fissare il pavimento, iniziò a guardarmi disorientata. Ci fu silenzio per una manciata di secondi, finché non aprì bocca. «Di sicuro non lo sento mentre sono privata della mia libertà.» Disse innervosendosi. Proprio la reazione che mi aspettavo: una frecciatina verso di me. «Immaginavo una r-risposta così bambolina... Pro-oprio quel che vo-olevo sentire» Le risposi ridacchiando. «E qual è il m-mostro reale più spaventoso che r-riesci a imma-aginare?». Sapevo già la risposta, ma volevo che fosse lei a dirmelo. Stava in silenzio, spaventata, molto probabilmente aveva paura che potessi arrabbiarmi. «Rispondi s-sinceramente, e vedrai che non ti a-accadrà nulla». La stanza fu dominata dal silenzio per molti altri secondi, e finalmente (T/n) si decise a rispondere, ancora impaurita di mettere in pericolo la sua incolumità. «T-tu...» «Oh, non me lo sa-arei mai aspettato, mi lusinghi c-così» Dissi facendo il finto tonto con tono malizioso, accarezzandole la sua morbida guancia «E vedrai, qu-uesta è solo una piccola parte della m-mia insana pazzia... Se capisci cosa
i-intendo». (T/N) annuí incerta. Le presi il mento fra le mani e la guardai dritta negli occhi, mentre lei ricambiò la stessa intensità del mio sguardo «Cosa f-faresti se sapessi d-di dover morire do-omani?».
Il viso della ragazza s'impallidì in un attimo. Rimase con la bocca socchiusa e le labbra tremanti. Era come se volesse dire qualcosa ma le mancasse la voce e soprattutto il coraggio. «È solo una domanda ba-ambolina, non ho detto che ti u-ucciderò. Ma non metto in
d-dubbio che ciò potrebbe effe-ettivamente accadere...» «Mi sembra ovvio, tenterei di fuggire da questa prigionia... Anche se rischierei la morte sia scappando e sia rimanendo qui ad aspettarla».
«Spiegati m-meglio» Chiesi curioso di capire dove volesse arrivare. «Se scappassi potresti raggiungermi e uccidermi in un istante. Se rimanessi qui, farei la stessa fine.» (T/N) poggiò la schiena al muro, rassegnata. «Con questo stai dicendo che non mi sfuggirai mai?» Domandai sorridendo e al tempo stesso affermando la mia frase. «Se vuoi metterla così...» Rispose sospirando. Ridendo, mi alzai e le scompigliai i capelli «Non rimanere
c-con quella faccia bambo-olina, non mi annoio dei miei giocattoli così facilmente... Anzi, te sei molto intrigante... Ora, se vuoi scusarmi, il riposo mi attende» Dissi andando a stendermi sul letto, girato di spalle rispetto
(T/N); mi addormentai in un baleno.

(T/N)'s pov

Sentii i respiri regolari di Tobias, misti al rumore delle foglie cadute dagli alberi, mosse dal vento che soffiava nella foresta. Ciò significava che finalmente si era addormentato. Non avevo molto sonno... Avevo già dormito qualche ora dopo che Tobias uscii di casa, e vedere quella testa mozzata che ha portato appositamente per me, mi ha fatto passare totalmente la voglia di chiudere gli occhi e fare qualche bel sogno che possa aiutarmi a distaccarmi da questo incubo, ormai divenuto un' orrenda realtà.

Sono ancora in trauma per ciò, e anche più terrorizzata di prima per via delle domande di Tobias... Vivrò? Morirò? So solo che devo restare viva il più a lungo possibile, cosicché da escogitare un piano per scappare senza essere catturata, o peggio, uccisa.
È vero, devo ancora riprendermi sia dallo shock e sia dal ginocchio rotto, ma ora ogni secondo è sempre più prezioso, quindi meglio non perdere tempo. Appena Tobias uscirà di casa di buon mattino, perlustrerò le poche stanze della casa, e cercherò qualcosa di utile... magari anche qualche oggetto da poter utilizzare come arma. Però c'è un problema più enorme: non so dove mi trovo. Potrei benissimo essere nel bel mezzo della foresta come potrei invece essere in una zona totalmente a me sconosciuta. Tra l'altro, non mi sono mai addentrata così in fondo, non conosco nessuna strada. Devo solo sperare che Tobias, tra questi mobili e scaffali vecchi ed impolverati, abbia una cartina del posto, anche se credo di star sognando anche fin troppo... insomma, cosa se ne fa un killer di una cartina del luogo che conosce come le proprie tasche? Nulla.
Un'altro punto importante da calcolare, sarebbe quando scappare. Tobias sta più tempo fuori casa quando va ad uccidere, credo sia il momento migliore. L'ideale, sarebbe attendere almeno una quindicina di minuti dopo il suo avvio, e poi fuggire di casa, sperando solamente che qualcosa non gli faccia cambiare idea e tornare indietro.

Tra un'idea e l'altra, non mi accorsi che, dalla finestra, un raggio di sole illuminò la stanza: era finalmente arrivata l'alba, e l'ambiente man mano che passava il tempo, iniziava a riscaldarsi sempre un pò di più.
«B-buongiorno bambolina» Tobias si svegliò, stiracchiandosi nel letto con la voce ancora assonnata. «Hai dormito bene o a-ancora pensi alla so-orpresa che t-ti ho fatto ieri?» Disse alzandosi. «E abbi la de-ecenza di rispondere, se volevo parlare a-ai muri saresti morta da
u-un pezzo» «No, non ho dormito per nulla» usai un tono quasi arrogante, per tenergli testa. «Beh, allora t-ti consiglio di dormire appena ne avra-ai voglia. Quando tornerò, n-non so cosa avrò voglia di fare. Parlare, fa-arti del male... O forse nulla? In ogni ca-aso, voglio che tu sia sveglia, a-altrimenti potrei innervosirmi.» Tobias mi guardò, ed io annuì. Ebbe qualche tic al collo, e andò verso l'armadio. Indossò la sua solita felpa nera, e aprì la porta «A dopo
ba-ambolina». Tobias uscii. Sentii un rumore alla serratura: aveva chiuso la porta a chiave. Prevedibile, dopotutto mi ha lasciato libera di girare per la stanza, per quanto i miei movimenti siano limitati per via del ginocchio. Credo sia la mia occasione di dare un'occhiata qua e là.

Mi alzai in piedi lentamente, aiutandomi col muro, per poi zoppicare fino una delle sedie, per reggermi. Vicino al tavolo c'era una credenza: frugai nei vari cassetti, ma trovai solamente stoviglie sporche o, nel peggior dei casi, curvate e spezzate. Provai a cercare nella piccola libreria all'angolo della stanza, che aveva circa una decina di vecchi libri quasi distrutti, ma anche lì nulla di importante, a parte un libro che trattava della storia della città.
Potrebbe avere un minimo di utilità, se solo sapessi se ci fosse una cartina... Vorrà dire che lo terrò a mente, non si sa mai... anche le cose più insignificanti possono tornare utili.
Continuai le ricerche tra i vestiti di Tobias, ma anche lì nulla, tralasciando alcuni snack. La voglia di mangiarli era alle stelle, ma se mi avesse scoperta sarebbe stata la fine.
Sicuramente mi saranno utili come provviste. Non saranno salutari e di prima scelta, ma alla fine che importa.
Infine, curiosai nell'ultimo mobile presente nella stanza, formato da varie mensole e cassetti. In quest'ultimi, c'era qualche soldo, corde, un kit medico, una scatola di aghi e fili, buste usate, un paio di forbici e un taglierino.
Gli ultimi due sono senz'altro utili, peccato che si siano arrugginiti col tempo e che le lame non siano così tanto taglienti.
Per concludere l'esplorazione, guardai tra le mensole. La maggior parte dello spazio era vuoto, mentre il resto occupato da altri libri, oggetti inutili come bottoni ed elastici da cucito, e alcune foto ritraenti paesaggi.
Li osservai soffermandomi, erano davvero carini. In particolare, mi colpì una dov'era raffigurato il crepuscolo, il mio momento preferito della giornata, in assoluto il più rilassante e tra i più romantici.
Arrivai all'ultima foto; non era un paesaggio. In essa, erano presenti tre persone: una donna adulta dai capelli mori e corti, con gli occhi castani, che sorrideva verso la fotocamera. Alla sua sinistra, c'era una ragazza bionda dagli occhi azzurri: anche lei sorrideva, e aveva il braccio sulle spalle di un ragazzo apparentemente poco più basso di lei, quindi forse più piccolo. Aveva occhi e capelli castani, proprio come la donna. Il suo sembrava invece, un sorriso forzato e imbarazzato. I due, somigliavano tantissimo alla donna, soprattutto il ragazzo.
Che sia la loro madre? Mi chiedo perché Tobias abbia in casa una foto di altre persone. Anche se pensandoci, il ragazzo e lui sono molto simili... qualcosa non quadra.
Notai che vicino la madre, si vedeva una strappatura, come se la foto fosse stata appunto strappata. Ma che motivo c'era?
«Sembra c-che qualcuno qui sia fin troppo curioso, non è vero ba-ambolina?»
Sobbalzai dallo spavento. Tobias era tornato molto prima del previsto. Ero talmente assorta dalla foto, che non lo sentii aprire la porta. Voltai lo sguardo verso di lui, terrorizzata, che intanto si stava avvicinando innervosito a me.
Merda.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Autunno ***


(T/N)'s pov

Tobias si avvicinò lentamente a me. Indietreggiai fino a toccare la parete con la schiena, intimorita dal sadico sorriso che si formò sul suo volto. «Non ti hanno i-insegnato che è sco-ortese frugare tra le co-ose altrui?» Disse poggiando una mano al muro e avvicinando il suo corpo al mio. «Mi dispiace...» Risposi a voce bassa. «Oh, ti dispiace. Credi c-che questa semplice e insignificante affe-ermazione insieme al tuo sguardo intimorito b-basti per fartela passa-are liscia? Eh no ba-ambolina, t-ti sbagli.» Tobias si levò il guanto nero, lasciandolo cadere ai suoi piedi, e mise la mano sulla mia guancia, accarezzandomi col pollice e sogghignando, preso da due tic fulminei alle spalle. «Sai, m-mi dispiace rovinare un vi-iso così candido e innocente.». Fissò i miei occhi per qualche secondo: si percepiva l'assenza di emozioni, era apatico. Repentinamente, mi tirò uno schiaffo fortissimo. Dalla potenza, persi l'equilibrio per qualche secondo ma riuscendo a non cadere, tenendomi al muro con la mano destra mentre con l'altra la guancia, che a contatto con le mie dita bruciò fortissimo dal dolore. Non ebbi neanche il tempo di alzare lo sguardo, che Tobias mi diede un calcio dritto e secco in pancia, che mi fece accovacciare a terra dalle fitte di dolore. «Ti h-ho detto fin troppe v-volte di sta-rtene al tuo posto» Urlò, mentre ulteriori tic lo assalirono al collo. Prese e strinse tra le mani una ciocca dei miei capelli, per poi sbattermi la testa al muro ripetitivamente, fino a procurarmi una ferita profonda sulla fronte, che iniziò a sanguinare. «Tobias, non ce la faccio più, f-fermati, per favore...» Mormorai sofferente, quasi senza fiato e con le lacrime agli occhi, che purtroppo non riuscì a trattenere. Non volevo dare soddisfazione a Tobias nel picchiarmi...
«Fa male eh? D-dovevi pensarci prima di gira-are per casa a curiosare!» Urlò il ragazzo, lasciandomi cadere per terra e schiacciandomi la testa col piede, che per di più aveva la scarpa sporca di fango e di altre sporcizie esterne. «E non a-azzardarti più a immischiarti ne-ella mia vita privata! Mi sono davvero ro-otto di ripetertelo!» Tobias mi sollevò bruscamente dal colletto della maglietta e mi sbattè di schiena al muro. Si fermò qualche istante e rivolse la testa verso il basso, lasciandomi sollevata. «Lyra...» Sussurrò.
Lyra? Chi sarebbe? È il nome di una delle due donne nella foto forse? Tobias non ha motivo di nominare persone a caso proprio adesso...
Sentii da parte del ragazzo sospiri profondi e singhiozzi trattenuti. Che stesse piangendo?
Di botto, mi mise la mani al collo, iniziando a stringere con una presa salda e forte.
Mi dimenai con tutta la forza rimastomi in corpo, tentando di allontanare Tobias dandogli dei calci sul petto e spingendolo, ma fu tutto vano data la sua possente e inumana resistenza... e considerando anche che non sente il minimo dolore. Il suo sguardo era ancora più furioso di prima, faceva intendere solo odio e rabbia, con i tic ormai incontrollabili... Voleva uccidermi.
Forse è davvero inutile continuare a lottare, dovrei finirla qui e porre fine a tutto, mi sono solo illusa nel credere di riuscire a fuggire da un tale mostro, devo guardare in faccia la realtà.
Mi lasciai andare e trattenni il respiro, finché non iniziò ad offuscarsi la vista e non vidi più nulla.

Tobias's pov

Lasciai la presa dal'esile collo della ragazza, che piombò a terra incosciente, e caddi sulle ginocchia. Il solo fatto che lei stesse toccando l'unica memoria fisica rimastomi della mia sorellona mi fece innervosire come non mai. Meritava una punizione non di certo leggera, ma non volevo ucciderla. Almeno non adesso, anche se ci sono andato parecchio vicino... avevo perso totalmente il controllo di me. È raro che mi succeda, solo pochissime volte ho reagito così violentemente da superare il limite: quando parlavano male di Lyra e la mamma oppure di cose a cui tengo tantissimo. La sua azione in realtà non rientra nei casi, dato che infine non ha fatto nulla di grave, ma mi ha dato un fastidio incredibile lo stesso. È stato come se si fosse voluta impicciare del mio passato, ed odio quando qualcuno lo fa, perché finisco sempre col ripensare a quei pochi e offuscati tristi ricordi rimastomi in testa.

Con le dita asciugai le lacrime e mi alzai in piedi. Bevvi un bicchiere d'acqua e provai a calmare i nervi, ma ancora avevo molta rabbia in corpo che non avevo sfogato su (T/n).
È meglio se vado a pedinare il mio nuovo bersaglio, così Slenderman non mi metterà fretta e, se riesco ad ucciderlo, mi darà qualche nuova vittima da ammazzare.
Misi le accette alla cintura ed uscii di casa, lasciando la ragazza a terra, dov'era svenuta. Non persi nemmeno tempo a legarla, dopo quel che è accaduto dubito che tenterà di scappare.
Mentre mi guardai attorno fra un'albero e l'altro della foresta, ormai pronta all'autunno, intravidi Slenderman dietro uno di questi. Ci fissammo qualche secondo, o meglio, fissai il suo vuoto e pallido volto dalla carnagione biancastra, finché, dopo aver emesso delle brevi interferenze, scomparve, probabilmente teletrasportandosi altrove.
Spero non riprenda a controllarmi con più frequenza. Di solito lascia noi proxy quasi totalmente liberi col passare del tempo, se lo serviamo senza batter ciglio, poiché nutre fiducia in noi. Solo quando qualcosa non va come ha previsto inizia a presentarsi più volte, e nei casi più gravi a sbarazzarsi del malcapitato. In tutta la mia carriera da suo servitore, solo una volta lo stavo per disubbidire, ma, dopo delle brevi ma atroci torture che mi fecero sentire per la prima volta la sensazione del dolore, imparai a starmene al mio posto e a non contraddirlo mai più. Da un lato però, ringrazio Slenderman di avermi fatto sperimentare tale sensazione. Conoscevo solo il dolore emotivo, e ora, grazie a lui, anche quello fisico, che mi spinse ad uccidere con più foga e passione.
Arrivai ai confini della città e, per purissima coincidenza, vidi appostato, sul bordo della strada, il capo della squadra di poliziotti.
Se tutto va bene, stanotte si congiungerà al cielo.

(T/n)'s pov

Aprii gli occhi: tutto era sfocato. Mossi la mano, sentendo una superficie liscia quanto impolverata. Non sono morta.
Mi alzai lentamente e cautamente, aiutandomi con le braccia e mettendomi seduta. Sentivo dolore su tutto il corpo, maggiormente sul ventre e al collo. Com'è possibile che non sia morta?
Incredula, mi pizzicai leggermente il braccio, e sentii dolore. Non sto sognando, sono realmente viva... dopo quel che è accaduto con Tobias pensavo che la mia vita fosse giunta al termine. Perché non mi ha uccisa?
Mi guardai attorno, ero sola in quella vecchia casa.
Tobias sarà uscito ad uccidere o a procurare del cibo, spero che quando torni non sia ancora arrabbiato. In caso lo fosse, spero mi uccida all'istante; credevo di resistere a tutto ciò, ma non ne sono forte abbastanza. Se non morirò per mano sua, sarà per le terribili condizioni in cui mi fa vivere.

Mi alzai lentamente tenendomi dal muro, e andai verso il tavolo, su cui c'era una bottiglia d'acqua, riempita fino a metà, e dei bicchieri di plastica. Mi accomodai sulla sedia, versai l'acqua e iniziai a bere. Ero assetatissima, non mi importava se Tobias si sarebbe alterato... avevo bisogno di acqua.
Dopo essermi idratata, mi recai al bagno, dove, dopo aver fatto i miei bisogni ed essermi pulita un minimo dal sangue e dalla polvere, mi guardai allo specchio. Sul collo, avevo marcate, con lividi violacei, le mani di Tobias. Stessa cosa sulla pancia, in cui, come se non bastasse, le bende cedettero, facendo riaprire i tagli che il ragazzo mi fece con l'accetta qualche giorno fa. Sulla fronte invece, avevo un'enorme ferita il cui sangue, fortunatamente, si era già coagulato. Nonostante il dolore e impressione nel vedermi così, andai alla ricerca di altre bende, che trovai in uno dei cassetti nel "soggiorno", insieme a dei cerotti e un disinfettante.
Mi medicai e mi andai a sedere a terra vicino la finestra, ad osservare il paesaggio autunnale sospirando. Le foglie degli alberi avevano un colorito misto tra l'arancione e il giallo, colore che assumono in questo periodo, prima di cadere. Vedere ciò, mi riempì il cuore di tristezza; io e (N/a) eravamo solite a passeggiare tra gli alberi del parco, sin da quando eravamo piccole. Può sembrare infantile, ma adoriamo tuttora correre tra le foglie appena cadute e buttarci su esse; ci fa sentire come se fossimo tornate bambine, in quel piccolo mondo senza preoccupazioni o fretta di crescere.
Mi manchi tantissimo (N/a), chissà se il destino ci farà riabbracciare un'ultima volta...
Restai a contemplare il paesaggio presa dai ricordi e dalla nostalgia, con qualche lacrima che mi bagnò le guance, non accorgendomi che si fece sera.
Ad interrompere quel silenzio, fu la chiave girata nella serratura della porta: Tobias era tornato.

«V-vedo che ti sei ri-ipresa.» Disse il ragazzo poggiando delle buste sul tavolo. I suoi vestiti erano sporchi di sangue, aveva ucciso qualcuno. «Si bambolina, è c-come pensi, oltre a pro-ocurare delle provviste, ho ucci-iso un'altro innocente, così stanotte p-posso dormire anziché lavorare... non dovresti più s-stupirti così.» Tobias, come di consueto, si levò la felpa portandola nel bagno. Dopodiché, venne a sedersi di fronte a me. «Non h-hai detto una parola da qua-ando sono entrato.» Disse guardandomi.
Ero terrorizzata da lui... cazzo, eccome se lo ero, soprattutto dopo quel che è accaduto oggi. Come poteva pensare che avrei parlato quasi normalmente dopo che mi ha quasi fatta andare all'altro mondo?! Ogni suo minimo movimento, anche se lontano da me, mi faceva rabbrividire... sentivo i battiti accelerati dalla paura, arrivando fino a sudare e respirare irregolarmente. Ma dovevo trattenere le mie emozioni e dimostrarmi fredda nei suoi confronti, come se non mi importasse... solo se non lo faccio innervosire, forse, ho ancora una speranza di sopravvivenza. Allo stesso tempo però, credo che la morte sia un'alta scelta valida. Ma purtroppo, oltre a non sapere come fare, non ho abbastanza coraggio a commettere un suicidio e, soprattutto, non me la sentirei moralmente... non voglio buttare la mia vita così alla leggera.
«P-p-perché non m-mi hai uccisa?» Mormorai spaventata e balbettando a bassa voce, interrompendo ogni contatto visivo che il castano volle instaurare con i miei occhi (c/o). «È ancora p-presto per buttare via il mio
nu-uovo giocattolo... ritieniti fo-ortunata ba-ambolina, solitamente mi a-annoio subito. Se sei ancora viva d-dopo quel che hai fatto, cioè una cosa gra-avissima, è perché sei molto i-intrigante e mi fai impa-azzire come non mai!» Rispose Tobias alzandosi e ridacchiando. Andò a frugare tra le buste sul tavolo, e prese due snack. «Non t-ti lascio morire di fame.» Disse porgendomene uno. Impaurita e dubitante lo presi, mentre il ragazzo andò a sedersi sul letto.
Aprì lo snack rigirandomelo fra le mani, e solo appena vidi Tobias mangiarlo lo feci anch'io, affamata come non mai prima d'ora.
«V-vuoi sapere cosa mi intriga di t-te?» Domandò il ragazzo guardandomi. Dalla curiosità, annuì. «Quando pe-erseguito e uccido qualcuno, n-nessuno prova a difendersi, scappare o tenermi te-esta. Si limitano ad urlare, supplicarmi m-miseramente o star a guardare la loro mo-orte. Mentre tu... t-tu sei diversa da loro: nonostante s-sapessi che avresti rischiato la vi-ita, hai tentato lo stesso di liberarti dalle corde, hai d-discusso con me senza pensare a c-cosa avresti detto e ha-ai girovagato per casa senza pro-oblemi.».
Ora si spiegano molte cose... se continuerò a comportarmi così, allungherò sempre di più la durata della mia vita. Mentre se Tobias inizierà ad annoiarsi, rischierò la morte.
«E sai c-cosa mi fa impa-azzire? L'espressione impauri-ita che fai quando sto per f-farti del male... per non p-parlare delle tue urla di dolore... cazzo se mi fa-anno impazzire» Disse chiudendo gli occhi, con espressione compiaciuta, e buttandosi nel letto per sdraiarsi, come se fosse in paradiso.
Inquietante...
«B-buonanotte bambolina» Disse Tobias dandomi le spalle. Mi appoggiai al muro, addormentandomi anch'io.
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Libertà ***


(T/n)'s pov

Passarono settimane da quanto Tobias mi ebbe quasi uccisa. Da quel giorno, oltre a starmene brava e temerlo infinitamente, riuscì ad escogitare un piano per tentare la fuga. Eh già, decisi di scappare e rischiare morte: ormai qualunque cosa faccia, potrebbe mandarmi all'altro mondo, quindi perché non tentare? Oltretutto, le ferite sono quasi guarite completamente, non mi ostacoleranno in ipotetiche corse. In più, non posso assolutamente permettermi di procurarmi ulteriori ossa rotte o tagli profondi; non c'è momento migliore di questo per riappropriarsi della propria libertà, il diritto più prezioso che una persona possa avere.

«Buongiorno ba-ambolina» disse il ragazzo sbadigliando e stiracchiandosi la schiena, accompagnato dai suoi soliti tic. Risposi con un semplice e balbettante "giorno", privo di emozioni. «Come t-ti avevo già accennato ieri, oggi devo re-ecarmi in un posto poco pi-iù lontano dal centro c-città, quindi fa la brava... anche se orma-ai sembra che te abbia i-imparato le regole. Il che mi lieta m-ma annoia al tempo ste-esso, mi manca giocare con te
ba-ambolina». Tobias ridacchiò; sospirai. Preparò tutto il necessario per il suo "lavoro", e dopo qualche minuto fu pronto per uscire di casa: «A dopo b-bambolina» disse facendo un cenno di saluto con la mano e chiudendo la porta.
Aspettai qualche minuto, per essere sicura fosse abbastanza lontano dalla casa per non farmi sentire, e mi alzai in piedi.
È il mio momento, devo fare più in fretta possibile. Quel pazzoide si è pure dimenticato di chiudermi a chiave, lasciandomi il via libera per la fuga.
Dai cassetti delle mensole, presi le forbici e il taglierino arrugginiti che ebbi trovato tempo fa, per poterli usare come eventuali armi da difesa, insieme a qualche snack per non morire di fame e una bottiglietta d'acqua. Sperando che la fuga vada a buon fine.
Aspettai un'altra decina di minuti, ed aprì lentamente la porta della casa. La leggera brezza di vento mi scompigliò i capelli e mi accarezzò la pelle. Chiusi gli occhi: le mie guance sentirono subito il gelo, come le mie mani che si freddarono subito. «La mia libertà...». Mi soffermai a guardare quel bellissimo paesaggio autunnale che avevo davanti agli occhi, e respirando quell'aria pulita che aveva la foresta. Non sembra vero, sto riuscendo a fuggire.
Ritornai alla realtà, ancora non ero salva.
«L'uscita del bosco sarà a destra o sinistra? Destra o sinistra?! Concentrati (T/N), respira e sta calma.». Mi guardai intorno, per poi posare il mio sguardo sul terreno: c'era la forma di un piede in un punto poco più fangoso. «È per forza un'impronta di Tobias, mi basterà seguire la direzione della punta del piede per trovare l'uscita della foresta».
E così feci. Camminai alternando la semplice camminata a momenti di corse brevi, per stare meno tempo possibile in quel dannato luogo. Non avrei mai pensato di provare così tanto dolore e sofferenza in uno dei posti che più amo e ho a cuore.
Man mano che proseguivo, notavo che la foresta era sempre meno fitta: ciò significava che ero quasi vicina alla sua fine.

Sentii dei leggeri dolori alla testa. Mi fermai appoggiandomi ad un'albero, e decisi di sedermi un'attimo.
Probabilmente mi sono sforzata troppo e ho bisogno di recuperare un pò di energie. Dopotutto, oltre ad essere stata ferma per giorni, non ho neanche mangiato in modo saziante e salutare.
Mangiai qualcosa e bevvi un pò d'acqua, ma assieme a quel dolore s'affiancarono stanchezza e veri e propri giramenti di testa.
Che mi succede? Prima stavo così bene, non capisco... perché vedo doppio...
Anche il respiro iniziò ad essere irregolare. Ero più affannata, nonostante fossi seduta e non mi mossi per nulla. Era come se potessi perdere conoscenza da un momento all'altro.
Con quelle poche forze, mi versai qualche goccia d'acqua sul viso, sperando in una ripresa, ma fu tutto vano.
Più mi guardavo intorno, più tutto era sfocato, come se mancassero dei pezzi nella mia visuale. Era tutto confuso.
A ciò, si aggiunse un leggero ronzio nelle orecchie, come se fossi esclusa e fuori dal mondo.
«Ma si può sapere che cazzo succede-» balbettai spaventata. Con un pò di concentrazione, capì che il rumore che sentivo presentava maggior intensità dietro di me, così mi voltai lentamente e tenendo lo sguardo a terra. Qualcuno mi stava osservando. Notai delle scarpe nere lucide e pantaloni lunghi dello stesso colore. Dietro un'albero magro e alto.
Alzai lo sguardo gradualmente e lentamente.
Che persona alta, ha delle gambe snellissime, il torso sembra non iniziare mai.
Arrivai a quello: aveva giacca e cravatta nera, con sotto una camicia bianca. Ma la cosa che mi inquietava di più, era l'incredibile lunghezza innaturale di quelle braccia, insieme a quelle mani pallide, quasi bianche.
Non può esistere una persona così, stare con Tobias mi avrà fatta diventare pazza e ora ho le allucinazioni... non può essere reale quel che sto vedendo...
Continuai a osservare quella persona, alzando lo sguardo fino al volto. Inesistente.
Sgranai gli occhi, non era possibile. Non presentava una faccia, ma solo testa bianca, come le mani.
Com'è possibile... cos'è quest'affare? È ovvio, sono diventata una pazza da ricoverare, grazie mille Tobias.
Provai ad ignorare la "cosa" che stava dietro di me, alzandomi in piedi traballante, ma non appena gli diedi le spalle, non vidi più nulla, solo strisce moventi bianche e grigie, come le interferenze dei vecchi televisori quando ne manca il segnale. Identiche.
Iniziai anche a sentire dei rumori, come se si stessero avvicinando a me pian piano. Sembrava il motore di un'auto.
Il ronzio si fece più insopportabile di quanto già non fosse, diventando come un fischio insistente, e finì per accovacciarmi a terra e con le mani alle orecchie, nel vago e invano tentativo di non sentire più nulla.
Il rumore d'auto sembrava essere proprio davanti a me, per quel poco che continuai ad ascoltare, ma anche se aprivo gli occhi non vedevo nulla.
Non percepii più nemmeno il mio stesso corpo, non riuscivo più a muovermi, per quanto ci provassi.
Insieme a tutto ciò, però, riuscii ad udire dei passi veloci e pesanti alla mia sinistra. Qualcuno stava correndo, spezzando le foglie e i rami secchi caduti a terra.
Usai tutte le mie forze per mettere a fuoco la vista e avere una minima intuizione di chi o cosa fosse, ma di colpo vidi tutto nero. Stavo cadendo all'indietro.
Sentii qualcuno avvolgermi a se, ma persi totalmente la cognizione del mondo esterno.

Tobias's pov

Non appena mi addentrai in città, mi ricordai all'improvviso, che non avevo chiuso la porta di casa a chiave. Non che lo facessi sempre, solo quando non tenevo (T/N) legata a qualcosa. In questi giorni la stavo lasciando libera, ma solo per farla riprendere quel poco che basta per farla stare lontana dalla morte. Oggi, oltre a non aver chiuso casa, mi dimenticai anche di legarla.
Corsi velocemente verso la foresta, finché non notai che (T/N) stava appoggiata ad uno dei tanti alberi della foresta. Si teneva la testa con le mani, era sofferente.
Quella stupida è scappata. Almeno, in queste condizioni, per riacchiapparla non dovrò sforzarmi più di tanto.
Camminando nel sua direzione, sentii il rumore di un'auto... il che era strano, dopotutto ci troviamo dentro una foresta ormai esplorata raramente da pochissime persone, di cui la maggior parte ragazzini in cerca di bravate e guai.
Intravidi l'auto. Correva ad una velocità assurda e non seguiva un percorso rettilineo.
Son certo che la starà guidando o un ubriaco o un pazzo. È tale e quale alla guida del mio ormai defunto padre: spericolata e ingiustificata.
Mi discostai dalla realtà per un'attimo, perdendomi nei miei pensieri, finché non mi accorsi che il mezzo a quattro ruote stava per investire (T/N).
Rimasi scosso: i ricordi dell'incidente in auto, Lyra al volante, mio padre, l'ospedale, il sangue... la sua morte. Riaffiorano tutte nella mia testa. Quelle terribili immagini. Quei terribili momenti che non avrei mai voluto vivere. Per quanto avessi ricordi confusi per via dello Slender, questo era uno di quelli che riuscì a ricordare più facilmente e dolorosamente tempo fa.
Non ci pensai due volte, e corsi verso la direzione della ragazza, che afferrai e strinsi a me, per spostarla da li. L'auto, invece, si schiantò contro un'albero. Guardai l'autista: sul colpo ebbe sbattuto la testa, perdendo molto sangue. Ormai era troppo tardi per lui.
Spostai l'attenzione su (T/N): era svenuta, ma almeno non riportava nessuna ferita.
Ma guarda un pò quanto è imprudente e ribelle questa ragazza... non ci ha pensato due volte ad approfittare della porta aperta e scappare. Incosciente.
Mi alzai da terra tenendola ancora in braccio e mi diressi verso la casa. Dopo pochissimi passi, però, mi fermai. Qualcuno mi osservava.
Slenderman... cazzo.
Mi voltai, e vidi quell'essere mezzo nascosto dietro un'albero.

«Che ci fai con quella ragazza, Toby?» Mi chiese telepaticamente. «L'h-ho trovata svenuta, p-penso che potrebbe dive-entare un'ottimo ostaggio, n-non pensi anche tu?» Risposi tentando di non destare il minimo sospetto, anche se sapevo che sarebbe stato inefficiente.
«Tobias Erin Rogers, smettila di mentire. Non è la prima volta che stai in compagnia di questa ragazza. Credevi forse che non me ne sarei mai accorto? Mi hai preso per uno stupido?» Disse iniziando a farmi sentire un leggero dolore alla testa. «N-no, certo che no. Non po-otrei mai» risposi, mentre qualche tic iniziò a disturbare il mio corpo. «Allora? Vuoi darmi una spiegazione?» «Non ho de-etto nulla perché pensavo non m-me la lasciassi tenere.» risposi con timore e innocenza. Proprio come i bambini, quando portano qualcosa di nascosto a casa e i genitori inevitabilmente lo scoprono. Lo Slenderman è l'unico essere che mi fa realmente paura. Non per il suo aspetto, ma per il potere che ha: riuscendo a farmi provare dolore, se volesse, potrebbe ammazzarmi in un secondo spaccato. «Hai intuito bene Toby, un'umana non può stare qua, in questa foresta. Se scappasse come ha fatto oggi, finiremo nei guai tutti noi». Slender si teletraspotò più vicino dopo aver terminato la frase. «Quell'auto che hai visto prima... sono stato io a farla arrivare fin qui, per uccidere la ragazza. Devi sbarazzartene Toby. Velocemente.» concluse.
«Ma Slender, s-svolgo un lavoro ecce-ellente, sono sempre pu-untuale, non t-ti ho mai deluso... e ora n-non posso tenere un'ostaggio i-indifeso con me per provare u-un pò di divertimento e pi-iacere in questa consu-ueta vita?» replicai. Accettavo che Slender mi desse ordini sul lavoro, ma almeno nella vita privata volevo essere libero di far quel che mi pare, come è giusto che sia d'altronde.
«Va bene Toby, puoi tenerla. Ma se la vedo ancora gironzolare per la foresta, o se vedo te che inizi a trascurare il lavoro, è morta. Se diventi un rammollito farai la stessa fine. Intesi?» disse. «Non ti preo-occupare Slender, non t-ti deluderò. Sono o no-on sono uno dei t-tuoi proxy migli-iori e ob-bedienti dopotutto?» risposi facendo in modo scherzoso il gesto di vittoria con la mano. «E spero continuerai ad esserlo. Riporta immediatamente quella ragazza a casa e torna a lavoro.» concluse il suo discorso con tono autoritario e teletrasportandosi via. «Hai proprio il s-senso dell'umorismo Sle-ender...» borbottai sottovoce.
Arrivato a casa, poggiai la ragazza sul letto e le legai la caviglia ai piedi di questo. Dalla tasca del suo pantalone, notai qualcosa che stava quasi per cadere: aveva rubato uno snack.
Non mi ha solo disubbidito, ma ha anche rubato. Astuta la ragazza, ci aspetterà tantissimo divertimento bambolina, preparati.
Mi assicurai che non potesse scappare in caso si fosse svegliata. Questa volta, chiusi anche la porta a chiave, dopotutto non si sa mai, e mi recai nuovamente verso la città.

Fattosi sera, finì di lavorare e tornai nella mia dimora. Aprì la porta: (T/N) era ancora svenuta. E lo è stata anche per troppo tempo.
Presi un bicchiere d'acqua fredda, e glielo buttai sul viso. «Bambolina, h-hai riposato abbastanza» dissi quasi dolcemente scuotendo le spalle della ragazza, che dopo non molto aprì gli occhi.


 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Protezione ***


Tobias's pov

«Cos'è successo?». La ragazza si mise seduta, e si toccò la testa, facendo una smorfia di dolore non appena ci poggiò la mano. «Tu co-osa ricordi?» domandai. Prima di dire qualcosa su Slender dovevo essere sicuro che si ricordasse di lui. Talvolta il capo cancella la memoria alle persone. (T/N) sembrava avesse molto da raccontare, ma frenata da qualcosa. E io capii cosa. «B-bambolina, faresti meglio a pa-arlare. Lo so che sta-avi scappando da q-qua. Se mi dici t-tutto quel che ricordi, n-non ti torcerò nemmeno un ca-apello».
Non è da me dire cose del genere, ma devo sapere cosa ha fatto Slenderman. Il resto si vedrà dopo.
«Perché vuoi saperlo così tanto?» domandò perplessa, lanciando qualche sguardo impaurito e sfuggente alla finestra.
Si, lui se lo ricorda benissimo.
«Pensa a r-raccontare prima che perda la pazi-ienza e ti faccia uscir le p-parole di bocca a suon alternato delle mie a-accette» dissi tranquillamente. (T/N) chiuse gli occhi facendo un sospiro profondo, per poi iniziare a raccontare. «Avevo pensato da tempo un piano per la fuga. Così preparai l'occorrente e mi preparai al meglio per affrontare tutto. Poco dopo che andasti via, scappai. Proprio a pochi passi dall'entrata del bosco, non ricordo cosa accadde, ma non vidi più nulla. Poi mi son svegliata e il resto lo sai già. Prometto di non scappare più, non farmi del male...» supplicò infine, guardandomi col terrore negli occhi e piangendo. Un terrore così enorme e profondo che solo Slenderman poteva incutere. «Bambolina, sicura d-di aver raccontato tutto al ve-ecchio Toby? O stiamo na-ascondendo dettagli i-importanti?» chiesi sedendomi di fronte a lei. Mi alzai gli occhialini e la fissai dritta nelle pupille. (T/N) distolse lo sguardo, non voleva mantenere un contatto visivo con me. Iniziò a toccarsi i capelli arricciandoseli con le dita, chiaro comportamento di chi si sente agitato e sotto pressione. «Sto aspettando» le presi il mento con le dita per alzarle il volto. Di sicuro non mi dirà nulla se continua a guardare un punto confortevole.

«Mh...» mugolò. «(T/N) ti conviene pa-arlare, se non vuoi c-che questa» presi l'accetta e la lanciai verso il muro dove si conficcò, sfiorandole la testa «ti divida il ce-ervello a metà». dissi mentre un tic mi fece muovere il braccio. Ma la ragazza iniziò ad avere un respiro affannato, volgendo lo sguardo a momenti alternati tra me è la finestra. Faticava a parlare, le parole non le uscivano di bocca. «Ca-almati» dissi poggiandole le mani sulle spalle. Stava tremando di paura. «Respira e g-guardami».
(T/N) fece come dissi e riacquistò un po' di calma. «Ho capito cosa t-ti è preso e non ti obbligherò pi-iù a parlare. Ascoltami e fammi ce-enno di approvazione o d-disapprovazione» dissi e lei annuì, ancora turbata. «Mentre correvi, ti s-sei sentita male?» domandai e (T/N) mosse la testa su e giù. Chiesi se si fosse sentita osservata, se qualcuno di anormale e innaturale la stesse seguendo, e se avesse visto chi fosse. Annuì su tutto. «Q-quel che ho vi-visto non è reale, g-giusto..? Sai c-cos'e-era?» balbettò fissandomi.
In questo caso sarebbe opportuno spiegarle chi è Slenderman e cosa è capace di fare. È rischioso, ma tenerle nascosta la verità è al quanto inutile. Avrà anche un motivo in più per non scappare.
«No, è r-reale. Prendi, ti racco-onterò tutto quel che devi sapere» dissi porgendole una bottiglietta d'acqua. (T/N), dopo aver bevuto, riacquisì la tranquillità e iniziai a spiegarle.

«Slenderman. Questo è il n-nome di quell'uomo alto e s-snello che hai visto. Non ha un volto, so-olo una pallida e biancastra pelle. Indossa s-sempre uno smoking ne-ero. In realtà, noi proxy non sappi-iamo ancora oggi cosa sia di p-preciso. Sappiamo che è un'entità sovrannaturale e m-misteriosa, a cui, purtroppo, dobbiamo sotto-ostare. Ma, al tempo stesso, gli dobbiamo la vi-ita: se non fosse per lui, saremmo stati p-piegati da chi, ai tempi, era più forte e potente di noi. Io g-gli sono grato di avermi sa-alvato dal mio passato. Faccio t-tutto ciò che mi chiede anche se, talvo-olta, mi priva di alcune libertà. Il suo scopo è quello di u-usare noi proxy, non gli importa realmente di come sti-iamo o di cosa abbiamo bisogno. Il lavoro viene prima di tutto il r-resto».

Finì la mia spiegazione, con un tic che mi portò a piegare lateralmente il collo. (T/N) aveva rivolto molta attenzione verso ogni mia singola parola. Mi guardava preoccupata e spaventata. Come darle torto. «Non dici nu-ulla bambolina?» «Non riesco ancora a credere che qualcosa di così innaturale sia reale» rispose rivoltando lo sguardo alla finestra, allertata probabilmente dal fatto che Slenderman potesse osservarla in qualunque momento. «È reale, fattelo e-entrare in testa. E, so-oprattutto, faresti meglio a capire che d-devi ascoltarmi senza ribellioni. Se no-on fossi scappata, lui ora non s-saprebbe della tua esistenza.» le feci notare con tono autoritario. Più mi innervosivo, più i tic prendevano il sopravvento. «C-cosa mi f-farà?» domandò balbettando ancora, ansiosa di una mia risposta. «Non l-lo so. Potrebbe ucciderti... potrebbe sce-egliere di farti diventare un suo servitore... potrebbe non f-farti nulla. Chi lo sa» ridacchiai.
Sono il primo a non volere che Slenderman uccida (T/N), ma per evitare altre possibili fughe devo continuare a spaventarla.
«Quando mi ha visto cosa mi ha fatto? Avevo una sensazione stranissima...» chiese guardandomi tremante. «Intendi q-quando ti sei sentita ma-ale? Ti avrà fatto venire un se-enso di nausea per via d-delle interferenze che ti ha causato. Queste ti fanno s-sentir debole, non ti permettono di ave-ere una vista nitida e, come in q-questo caso, ti hanno portato allo s-svenimento».
«Allora come ho fatto a sfuggirgli? Cos'è successo?» domandò stranita. «Per tua fortuna mi son rico-ordato di non aver chiuso la porta di casa a chiave, così sono t-tornato indietro. Sono arrivato in t-tempo, prima che Slender ti facesse mo-orire investita da un'auto controllata telepaticamente d-da lui stesso.» risposi.

«Oh...». La ragazza fissò un punto causale del pavimento: di sicuro avrà sentito i brividi di paura strisciarle sulla schiena. «N-non temere bambolina» mi sedetti vicino a lei, spostandole via una ciocca di capelli che le copriva l'occhio destro. «Ci sono i-io a pro-oteggerti da Slenderman. Non g-gli permetterò più ne-eanche di sfiorarti» le dissi. Mi guardò stupita. «Davvero?» chiese sorpresa e con la speranza negli occhi (c/o). «Ovvio. Non deve n-neanche provare ad uc-ciderti. Ti pro-otsggerò da lui e d-da chiunque altro voglia fa-arti del male. Ma ricorda che non c-ci sarà nessu-uno a proteggerti d-da me.» ghignai. (T/N), da un sorriso, passò ad un'espressione delusa. «Se vuoi farmi fuori, perché non permetti agli altri di uccidermi o semplicemente mi ammazzi tu... ogni volta che sono ad un passo dalla morte, mi salvi.» disse con timore ma con evidente perplessità. «Sei m-mia, solo io po-osso permettermi di farlo. La tua c-compagnia non mi dispiace. Oltre a dive-ertirmi violentando la tua psiche, non s-sono costretto ad ascoltare le voci nella testa che mi to-ormentano. N-non ho mai te-enuto ostaggio, è così divertente!» parlai ridendo «Sai c-che c'è? Parliamo. Dimmi qualcosa di te» finì la frase. «Perchè ti interessi alla vita di un'inutile vittima come me? Si nota la tua pazzia...» le ultime parole (T/N) le sussurrò così basse che capì cosa volesse dire solo dal labiale. «Grazie del co-omplimento bambolina, piuttosto r-ringrazia che sono di buon umo-ore per aver convinto Slender a lasciarti qua con m-me. E a proposito di questo, se ti fai ribe-eccare da lui, sei morta» avvertì.

(T/N)'s pov

Oh, perfetto. Rischio di morire in qualunque momento...
«Ancora un pò ci tengo alla mia vita, farò quel che mi dici...» risposi.

«Allora, vivi- oh, scusa» s'interruppe il castano ridendo «vivevi c-con la tua fa-amiglia?». «Si, con mia madre e mio padre» risposi. «Quindi sei figlia u-unica. Quanti ami-ici avevi?» continuò a domandare, interessato dalle mie risposte.
Non mi convince... sarò limitata nelle spiegazioni, non devo dargli informazioni troppo utili.
«Due. Non ti azzardare a toccarli» risposi tenendo un tono di voce moderato, senza sfidarlo. «Tranquilla, ucci-ido solo chi Slender voglia che uccida. A m-meno che non ci siano bulli, le mie vittime pre-eferite» rise voltando lo sguardo fuori dalla finestra. Mi voltai anche io: il paesaggio autunnale è davvero bello in questo periodo, gli alberi con le foglie gialle e arancioni sono uno spettacolo della natura.
«A proposito di b-bulli... quel Randy, bullizzava spesso le persone? Ucciderlo è s-stato molto soddisfacente» disse accennando un sorriso. «Non proprio. È arrivato nella mia classe qualche giorno prima della sua morte. Ha bullizzato solo me per quanto ne sappia» spiegai guardandolo.
Chissà per quale motivo i bulli sono le sue vittime preferite... Sarà stato bullizzato innumerevoli volte in passato, proprio come mi ha detto al nostro primo incontro.
«Come mai ti ha p-preso di mira?» mi chiese incrociando il mio sguardo. «Non credo abbia avuto un motivo preciso. Durante l'intervallo stavo disegnando, mi ha preso via il foglio e mi ha deriso davanti tutta la classe» spiegai, non distaccandomi dal contatto visivo.
«Ormai conosco questo g-genere di persone come le mie ta-asche. Ha fatto così per diventare popolare e farsi il b-bello» disse Tobias. Si alzò e si diresse verso quelli che dovevano essere mobili da cucina. Prese due piccoli pacchi di patatine porgendomene uno. «Oh, grazie...» presi il pacchetto dubitante. Tobias iniziò a mangiare e feci lo stesso. «Sei stato bullizzato anche te se ricordo bene» dissi. «Si, ma non per le mie pa-assioni o aspetto» rispose dopo aver inghiottito un boccone. Balbettò più del solito. «E per cosa allora?» «S-sei pro-oprio curiosa, eh. P-per le m-mie balbu-uzie e i mi-iei tic nervo-osi». Mentre spiegava, i tic era come se volessero impossessarsi di lui.
Non dev'essere facile vivere con questi movimenti e attacchi improvvisi.
«I bu-ulli dovrebbero solo m-meritare la mo-orte istantanea» continuò ridendo e facendosi scappare qualche sguardo sadico. «Non concordo totalmente sulla morte, ma ti posso dare ragione... questi soggetti ti rendono la vita sociale impossibile» osservai, mentre Tobias accartocciò la busta di patatine lanciandola verso l'angolo in cui teneva i rifiuti. «Per me, i-il periodo sco-olastico è stato i-il peggiore. Ad essere s-sincero no-on ricordo un g-granchè, ma so c-che era i-impossibile vive-ere» disse. «Oltre R-Randy, ti ha-anno bullizzata in pa-assato?» domandò. «Non comprendo la tua curiosità sul volerlo sapere. Comunque si, sin dalle scuole elementari. Mi prendevano di mira per il mio carattere ribelle e da persona gentile» risposi.
Forse se mantengo un clima amichevole, in caso mi volesse fare del male, non ci andrà pesante.
E se non creo ulteriori casini, non rivedrò più quel terrore di Slenderman.
«No-on nego il fatto che effettivamente t-te sia più ri-ibelle che gentile» ghignò «ma no-on sono b-buoni motivi per bullizzare» concluse, tornando a guardare fuori dalla finestra. Guardai anche io e mi si gelò il sangue.
Slenderman. Cazzo. Ho pensato troppo presto...
Anche lo sguardo di Tobias da quello di un giocherellone passò ad uno serio e alquanto incazzato quanto sbruffante.

«C-che cazzo vu-uole adesso» sospirò. Il ragazzo mise le sue due accette alla cintura. Fissò il paraventi sulla bocca e si abbassò gli occhialini giallastri. «Ricorda: n-non ti muo-overe. Un sospiro d-di più e s-sei morta.»
Tobias uscì e chiuse la porta, dopo avermi ridato un'occhiataccia d'avvertimento. Mi rivoltai nuovamente verso la finestra per osservare la scena. Tobias gesticolava di tanto in tanto, con i suoi soliti tic alle spalle e al collo. Stavano parlando.
Vedere Slenderman mi terrorizza ancora. Non riesco a distaccarmi dal fissargli il volto. È come se bastasse un'istante a guardare altrove per ritrovarselo davanti.
Non riesco ancora a crederci che esista. E non so da dove stia trovando il coraggio di mantenere la calma. Forse è la presenza di Tobias a rassicurarmi. Quando c'è lui presente, non corro il rischio che Slenderman possa attaccarmi. Sperò sia sempre così.
Dopo poco, Tobias tornò indietro mentre Slenderman, avvolto da delle brevi e leste interferenze, svanì.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Debolezze ***


Tobias's pov

Mentre stavo dialogando con (T/N) per conoscerla meglio, notai Slenderman osservarci dalla finestra. Mi recai immediatamente da lui per sapere cosa volesse, lasciando (T/N) in casa ad aspettarmi.

«È successo q-qualcosa capo? Non è tu-ua abitudine mo-ostrarti così i-improvvisamente vicino i-il mio rifu-ugio. Sei così espo-osto che ti ha visto anche i-il mio o-ostaggio» gli feci notare, indicando la finestra. «Se la tua dolce ragazzina mi nota, intimorendosi ancora di più,  è solo sicurezza guadagnata. Stiamo rischiando fin troppo facendola rimanere qui e lo sai.» disse telepaticamente. «Ancora c-con questa storia? Ho la situ-uazione sotto contro-ollo, non scapperà p-più» risposi iniziando ad innervosirmi. «Vedremo Toby... sarebbe un problema se non sarai in grado di ucciderla. Vorrei ricordarti che, da quando sei ai miei ordini, non hai avuto il coraggio di cacciare nemmeno un'animale selvatico per cibartene.» disse. «Che se-enso ha uccidere degli a-animali innocenti se p-posso andare in n-negozio e acquistare più vive-eri? Dopotutto queste creature s-sono prive di cru-udeltà, meritano la vita» spiegai. Gli animali sono sempre stati gli unici esseri che non ho mai avuto il coraggio di odiare. Più volte, nella foresta, sono andato di proposito a trovarli, per avere compagnia e osservarli in tutte le loro sfumature. «Lo vedi Tobias? Purtroppo, in qualche piccolo angolo del tuo oscuro e sadico cuore, è rimasto un briciolo di amore e compassione. Anni fa, non sei stato in grado di uccidere tua madre... chi mi dice che non farai lo stesso con quella ragazza? Questa sorta di contatto che hai con lei ti porterà alla rovina, ne diventerai dipendente.» continuò a parlare Slender. «Non n-nominare mi-ia m-madre.» quasi urlai innervosendomi, ma tentando di tenere l'autocontrollo per non peggiorare la situazione. «Era l'unica p-persona che mi amava e a cui tenevo, n-non potevo ucciderla. E non de-evi preoccuparti, lei è stata l-la sola e unica insieme a mia so-orella. Gli umani non potranno ma-ai avere lo stesso effe-etto su di me, n-nessuno potrà mai provare affetto p-per un killer... ne tanto me-eno io potrò provare senti-imenti genuini verso a-altre persone» spiegai calmandomi per quanto mi riuscì. Sentire e nominare Lyra e la mamma mi porta solo sofferenza e debolezza. Avrò dimenticato moltissime loro memorie per via dell'amnesia, ma il loro affetto non lo scorderò mai. «Vedremo Toby, vedremo... comunque non sono venuto per questo: voglio che stasera tu uccida una ragazza. Si chiama Jessica Brown, è una famosa modella diciassettenne di cosmetici e make up. Data la sua fama, non dovresti aver problemi a rintracciarla» spiegò impassibile, come se il discorso precedente non gli avesse fatto né caldo e né freddo.
Ed io che pensavo volesse rimproverarmi o punirmi... meglio così.
«Son certo che ti divertirai ad ucciderla, spesso maltratta le persone a suo servizio servendosi della sua fama. L'ho scelta appositamente per te, una bellissima bulla. Potresti anche sfogare tutta la tua libido verso di lei, potrebbe aiutarti a distaccarti dal tuo scadente ostaggio». Slender concluse il suo discorso facendomi solo innervosire più di quanto non lo fossi già prima. Come osava dire ciò sulla mia bambolina?
«Stai i-insinuando che io non sappia sce-egliere gli ostaggi? L'importante è c-che piaccia a me, non devi per fo-orza averci a che f-fare.» risposi con una lieve insolenza che, stranamente, non gli diede fastidio. «Ora va, la notte sta per calare... non deludermi». Slender, causando qualche piccola interferenza, si teletrasportò via, come suo solito.
Mi ha fatto proprio innervosire adesso... ha perfino liquidato la discussione.

Aprì la porta di casa. (T/N) voltò la testa verso di me, guardandomi come se aspettasse che le raccontassi com'è andata con Slenderman. La ignorai, preparandomi invece per lavorare.
«Il tuo capo... Slenderman... ti ha detto qualcosa su di me?» mi chiese titubante. «N-non sono affari t-tuoi ba-ambolina» le risposi seccato, mentre sistemai le accette alla cintura e cambiai felpa. «Q-quindi qualcosa di me l'ha detta? Voglio solo sapere se l'ha fatto, non mi interessa cosa...» insistette (T/N). Notai la sua paura nel chiedermelo. Avrà sicuramente percepito il mio nervosismo, nell'ambiente si sente una certa aria tesa. «Si, l'ha f-fatto.» risposi. (T/N) si limitò a mugolare un semplice "oh", avvicinando le ginocchia al petto, poggiando le braccia sulle gambe e guardando il vuoto. «Non d-devi aver paura di lui, pri-ima di sfiorarti deve pa-assare sul mio cadavere, le mie c-cose non deve toccarle» provai a dire per tranquillizzarla. Insomma, non può restare triste e malinconica, dov'è finita quella ribellione e insolenza che mi fa godere come un pazzo? Un giocattolino che non ti fa più divertire, che non ti fa sentire il piacere dì giocare... è solo da buttare. Io non voglio rinunciare al mio proprio sul più bello, vittime così sono rare se non introvabili. Altre persone scapperebbero, si farebbero uccidere, si suiciderebbero e quant'altro pur di porre fine alla sofferenza. Invece lei no, me la fa spassare un sacco, non mi ci annoio, e, cosa più soddisfacente, mi teme infinitamente quando sono fuori di me. E, nonostante tutto, cerca ancora la speranza di poter tornare a vivere. Piccola illusa...

Indossai i miei occhialini giallastri e riaprì la porta per andare via. «T-Tobias..?». (T/N) mi chiamò. «Cosa c-c'è?» domandai guardandola. «S-se posso s-sapere...» disse per poi zittirsi e guardarmi, come se fosse indecisa sul cosa dire. «Dai b-bambolina, ormai sputa il ro-ospo» la incitai. «La donna in quella foto che tieni la sù... è tua madre?» chiese indicando la mensola.
Già Slender aveva tirato fuori il discorso... ora ci si mette anche lei?!
Strinsi i pugni dalla rabbia e dal nervosismo accumulati.
Come le salta in mente di chiedermi di mia madre proprio adesso? O meglio, non avrebbe mai dovuto osare. Aveva già superato ogni limite quando, curiosando tra gli scaffali e mobili, trovò la foto. Le lezione non le è stata chiara a quanto pare...
«Non dovevo chiederlo, s-scusa». (T/N) si abbassò a terra spingendo la schiena verso il muro. Il suo sguardo era rivolto ai miei pugni tremanti, pronti all'azione. Questi, insieme al mio viso rivolto verso il basso e al mio silenzio, la stavano spaventando. Le sue gambe stavano leggermente tremando, mentre i suoi occhi sembravano sgranarsi sempre di più ad ogni mio minimo movimento. Dato quel silenzio, riuscì anche ad udire il suo irregolare e rumoroso respiro. Era come paralizzata dalla paura, una preda finita nelle grinfie del predatore. Avanzai verso di lei, abbassandomi alla sua altezza. Le strinsi saldamente i polsi con entrambe le mani, pressandoli verso il pavimento. «N-non osare mai più. C-ci siamo Inte-esi bambo-olina?» le sussurrai all'orecchio, per poi rialzarmi ed uscire di casa, sbattendo violentemente la porta. Se proprio voglio farle del male, devo essere dell'umore giusto e devo prendermela solo con lei, non voglio sprecarmi per via della rabbia verso Slenderman. Avrò modo di sfogarmi uccidendo quella ragazza, per poi concedermi una breve passeggiata nel bosco, in modo da ritrovare la calma e tranquillità.

(T/N)'s pov

Dal terrore che Tobias potesse farmi del male, chiusi gli occhi voltando la testa tutt'altro che verso di lui. Il dolore che sentii ai polsi quasi mi fece urlare e piangere, finché non percepii ridursi la pressione. Il ragazzo, infatti, si alzò ed uscii di casa.
Per un pelo. Strano che si sia fermato... adesso però non ci sono dubbi, quella donna è sicuramente sua madre. Altrimenti non avrebbe avuto una reazione del genere...
Mi alzai e mi poggiai alla finestra, che aveva l'anta destra spalancata, per riprendere fiato e massaggiare i polsi.
Dedussi che Tobias fosse andato ad uccidere, così ne approfittai per sgranchirmi le gambe e darmi una pulita al bagno dato che, ormai, non avevo più limitazioni per usarlo.

Finito ciò, mi misi ad osservare nuovamente quella foto, che il ragazzo precedentemente aveva cercato di coprire il più possibile.
Se quella donna è sua madre, molto probabilmente tutti gli altri fanno parte della famiglia. La ragazza giovane e bionda potrebbe essere sua sorella, mentre l'uomo il padre... mi chiedo perché abbia strappato l'angolo della sua faccia. Forse ha abbandonato la famiglia o fatto qualcosa di grave? L'unica cosa certa è che Tobias voleva molto bene alla madre e alla sorella, da quanto ho potuto ascoltare dalla sua conversazione con Slenderman. Eppure sembravano una famiglia felice. Come ha fatto Tobias a ridursi così? Certo, non ci sono dubbi che abbia dei problemi, come, ad esempio, il fatto che non senta dolore, che abbia degli evidenti tic e balbuzie... che sia uno psicopatico. Ma son tutte scaturite da qualcosa o ci è nato?
Non dovrei neanche farmi troppe domande... ma sapere sempre più cose sul suo conto, d'altro canto, potrebbe essermi d'aiuto per conoscere le sue debolezze, sempre che ne abbia. Ci dovrà pur essere un modo per convincerlo a lasciarmi andare o scappare sul serio sta volta e io lo troverò.
Scossi la testa per smuovermi da tutti quei pensieri. Le ultime giornate sono state estenuanti: avevo bisogno di riposare, soprattutto quando Tobias non era in casa.
Mi accovacciai nel mio angoletto, dando qualche sguardo qua e in la alla stanza, finché i miei occhi non cedettero al sonno.

«F-finalmente casa do-olce c-casa, quell'oca m-mi aveva sca-ambiato per u-uno dei su-uoi colleghi di la-avoro e non vo-oleva lasciarmi a-andare».
Aprii lentamente gli occhi, sentendo borbottare Tobias tra sè e sè. Continuò a lamentarsi, finché non notò che mi svegliai. «Spero c-che voi ra-agazze non s-siate tutte ugu-uali a quella Jessica» disse ridacchiando, mentre sistemava le sue cose. «Guarda c-che belle no-otizie ha da o-offrire oggi la ci-ittà» continuò, tirando fuori da una busta una rivista di cronaca. La sfogliò fino a trovare la pagina ricercata e me lo porse.
"Intervista alla famiglia (T/C): figlia dichiarata morta dagli agenti, genitori disperati per la perdita"
Hanno davvero smesso di cercarmi? Mamma e papà si sono arresi..?
«Ora c-che non ti ce-ercano più, non hai f-fretta di tornare a-a casa» ghignò Tobias abbassandosi alla mia altezza e prendendo la rivista. «H-hanno fermato le r-ricerche poiché no-on c'è una t-traccia da seguire, niente di ni-iente che sia riconducibile a te» spiegò il ragazzo guardando i vari paragrafi «Ma a qua-anto pare, i t-tuoi volevano continuare a ce-ercare invece» concluse. «Davvero? Allora non credono che io sia morta?» chiesi guardandolo. «Da quel c-che hanno di-ichiarato, continuano ad ave-ere la speranza che un g-giorno te po-ossa tornare, anche se s-sono consapevoli di autoilludersi» rispose, strappando quella pagina e porgendomela. «C'è una fo-oto raffigurante te e i t-tuoi, potresti appenderla n-nel tuo angolo... così non sentirai p-più la ma-ancanza di mamma e pa-apà».
Tobias si fece una grossa risata, tornando a sistemare le sue cose. Lo guardai male, ma non dissi nulla per non correre rischi.
Dopo aver letto tutta l'intervista, voltai il foglio dal lato della foto: ricordo quel giorno. Eravamo usciti per il compleanno di papà, l'avevamo portato al concerto di uno dei suoi cantanti preferiti. Anche se a me e mia madre non piaceva quel tipo di musica, ci divertimmo molto a stare tutti insieme. La foto l'avevamo fatta scattare ad un ragazzo che attendeva in fila con noi. Avevamo approfittato della lentezza della coda per farcela immortalare vicino ad un grande poster del cantante.
Questi momenti... ormai sono solo un triste e malinconico ricordo. Mi è stato portato via tutto.
Sentii qualche lacrima bagnarmi il viso. Trattenni i singhiozzi ed altri possibili rumori per non attirare l'attenzione di Tobias. L'ultima cosa che volevo era essere presa in giro da lui.
Strappai accuratamente la pagina e poggiai il pezzo della foto all'angolo, dove potevo stargli vicino e ricordarmi per chi devo fuggire e lottare.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Quiete ***


(T/N)' s pov

Passarono alcuni mesi da quando Slenderman si mostrò, per poi non farsi più vedere. Non so dire se ciò mi tranquillizzi o mi inquieti: potrebbe aver deciso di lasciarmi perdere veramente, come potrebbe invece aver pensato di controllarmi e aspettare che io, o Tobias, commettessimo un passo falso. Per quanto riguarda il mio rapitore, invece, possiamo dire che la situazione è un pò cambiata. Slenderman gli iniziò ad assegnare sempre più vittime, a tal punto da farlo stare meno tempo in casa. Quelle poche volte in cui condividiamo gli spazi capitano o durante la notte in cui la sua priorità è riposare, oppure è talmente stanco ed annoiato da voler solo conversare. Ovviamente non è mancata la violenza, ma, rispetto i primi tempi di prigionia, sembra essersi ridotta. Infatti, è capitato solo che mi procurasse qualche taglio con le accette, neanche così tanto profondi. Ormai mi stava usando solo come sfogo sul lavoro. Avevo imparato a trattenere gli affronti, a starmene al mio posto per sopravvivere. E funzionava. Senza uno stimolo d'affronto da parte mia, per Tobias è impossibile trovare la grinta e, soprattutto, il motivo per ferirmi.

Credevo che fosse impossibile conversare con lui. Invece mi ha accennato dei piccoli tratti del suo passato, tra cui i maltrattamenti da parte dei bulli e dal padre, dovuti alla sindrome di Tourette ed altri problemi palesi ma non detti. Quel che mi stupiva però, era il fatto che ne parlasse come se fosse una persona "normale", vittima di queste violenze. Non che non ne fosse stato succube, ma non stava nemmeno in una posizione chissá quanto vantaggiosa per parlarne. Tramite i suoi modi, il suo tono di voce e le parole usate, riuscii a percepire una certa sofferenza nel pensare a quei tempi, anche se mi raccontò relativamente poco. Ad ogni suo piccolo racconto, trovai molta curiosità nel voler sapere sempre di più cosa gli fosse accaduto, poiché spiegherebbe come mai sia diventato così.

«Un'altra g-giornata è anda-ata finalmente». Era ritornato. Tobias aveva in mano delle buste che poggiò sul tavolo dopo aver chiuso la porta, per poi andare a cambiarsi la felpa. «In u-una di que-elle buste ci s-sono dei vestiti che t-ti ho procurato. Non r-riesco a sentirlo, ma  credo che ini-izi a non aver p-più un buon odore ba-ambolina» disse.
Beh non potevi di certo aspettarti che profumassi di rose dopo tutto il sangue che ho perso... per non contare la polvere in casa.
Senza rispondergli, frugai tra la roba in tavolo, trovando i vestiti. C'erano una felpa (c/p), dei jeans, due paia di calze bianche e un completo intimo nero.
«Dove hai preso tutta questa roba?» gli domandai. «H-ho ucciso una bu-ulla, mi sono r-ricordato che sei spo-orca dalla testa a-ai piedi e ho ben pensato d-di prendere dei suoi indu-umenti per te. Ci dovrebbe a-anche essere del sa-apone da qualche parte, prendilo e la-avati, dopo serve il bagno a m-me» rispose, buttandosi sul letto e guardandomi.
Questo sarà l'ultimo briciolo di umanità che gli è rimasto...
«Perché non senti gli odori? E come mai ti importa così tanto della mia igiene?» domandai stranita. «Uno, per v-via della C-CIPA, è come se il m-mio sistema ne-ervoso non sentisse g-gli stimoli esterni. D-due, perché n-non ho inte-enzione di interagire con lo spo-orco». Tobias smise di parlare, voltando il corpo verso il muro, probabilmente per riposare. Presi sapone e vestiti, mi diressi al bagno. Aprì il rubinetto della doccia, fortunatamente l'acqua scorreva anche se fredda. Mi spogliai e con coraggio mi misi sotto l'acqua. Le gocce mi picchiettavano il corpo, facendomi sentire un pò di dolore sui lividi e nelle ferite non ancora guarite.
Wow, è incredibile che nonostante tutto sia ancora viva. Chissà come finirà quest'incubo.
Finita la doccia, mi asciugai corpo e capelli con uno degli asciugamani che Tobias mi diede tempo fa e mi vestii. La felpa ed i jeans erano leggermente larghi, mentre l'intimo, per mia fortuna, era quasi preciso di misura.

Uscita dal bagno, vidi Tobias seduto sul letto mangiare un panino. «Questo è t-tuo» disse porgendomi un sacchetto, che presi un po' spaventata per l'avvicinamento verso di lui. Mi sedetti per terra ed iniziai a mangiare.
«V-vedo che i vestiti ti sta-anno perfetti. Meglio c-così, non dovrò pro-ocurartene altri» disse scrutandomi dalla testa ai piedi «ora si ve-ede che sei p-più pulita» concluse.
Annuì, continuando a mangiare. «È da ta-anto tempo che s-siamo calmi eh? Non t-ti stai più ribellando, disperando... t-ti sei davvero arre-esa bambolina?». Tobias, non appena finì l'ultimo boccone, si sedette a terra di fronte a me, inducendomi a ricambiare lo sguardo e a mettere da parte il resto del panino per dopo. «Cosa ti aspetti che faccia? Ribellarsi non serve, scappare non serve... sto semplicemente facendo quel che vuoi, cioè starmene ferma» risposi, spostando lo sguardo altrove. «Lo a-ammetto bambolina, que-esto concetto ti è e-entrato bene in te-esta. Però il t-tuo Toby h-ha anche biso-ogno di g-giocare...». Tobias, con i tic che gli controllavano il collo e le palpebre, mi poggiò la mano sulla guancia, scendendo delicatamente sempre più giù, fino a scoprirmi totalmente il collo dal cappuccio della felpa, che avevo messo in testa per via del freddo. «V-vedo che non hai qua-asi più nulla, t-ti son rimaste solo ci-icatrici e lividi...» continuò, sorridendo inquietantemente. In risposta, decisi di stare zitta e mantenere la calma, per quanto quel contatto mi terrorizzava. «Dai b-bambolina, cos'è que-ello sguardo apa-atico? Dov'è f-finita la tua p-paura?». Tobias mi scostò i capelli dal viso, in attesa di risposta. «Ormai mi sono abituata quasi a tutto, l'apatia ha preso il sopravvento.» risposi guardandolo. «Ho ca-apito, oggi non sei in vena... s-siccome sono di bu-uon umore, ti risparmio, p-parleremo soltanto.» disse mantenendo il contatto visivo. «Allora, c-cosa possiamo fa-are...». Con il pollice e l'indice poggiati sotto il mento, il ragazzo si guardò intorno, fino a soffermarsi sulla porta d'ingresso. Uscito di casa, lo sentii aprire qualcosa, come la porta di un probabile sgabuzzino, per poi vederlo tornare da me... col mio zaino?
«Ti r-ricorda qualcosa ba-ambolina?» chiese sventolandomelo davanti e ridacchiando. Si risedette e ci frugò dentro.
Mi ero completamente dimenticata che la sera del rapimento avevo con me lo zaino, spero di non averci messo nulla di compromettente...
«Ve-ediamo... dell'acqua, l-libri, un'album d-da disegno... questo è intere-essante» disse prendendolo e iniziando a sfogliare le pagine.
Cazzo, l'ultimo disegno è lo sketch del suo viso, se si incazza sono morta.
«Ti pi-iace disegnare vo-olti, eh? Dato che non hai nu-ulla da fare, potresti d-disegnare il bel r-ragazzo che hai da-avanti». Tobias mi guardò e rise, ma non dissi nulla.
L'ho già fatto per mia sfortuna...
Continuò a sfogliare le pagine e, tra schizzi della foresta e personaggi che inventai, arrivò al maledetto sketch. Si fermò ad osservarlo per qualche secondo, per poi accennare un sorriso. «Quando l'hai d-disegnato?» domandò voltando l'album verso di me. Esitai per un'istante, per poi rispondere.
«L'ho fatto mentre aspettavo (N/a) al parco, eri mimetizzato fra gli alberi.». Tobias continuò a guardarmi, nonostante avessi interrotto il contatto visivo dall'imbarazzo e dalla paura che potesse farmi qualcosa. «Devo ammetterlo, d-disegni proprio be-ene» rispose il castano toccandomi il naso con l'indice e ridacchiando. Il che mi lasciò sorpresa. «Non... non sei arrabbiato?» replicai, pensando che forse non avrei dovuto chiedere. «P-perchè dovrei? È solo un di-isegno...E poi mi ricordi Lyra...» disse, sussurrando l'ultima frase. «Lyra?» Chiesi. «N-nulla, nulla.» Tobias ritornò serio, mettendosi a fissare il pavimento con uno sguardo alquanto malinconico.
Lyra... chi sarebbe? Scommetto una persona a lui cara, forse la ragazza bionda nella fotografia...

Tobias's pov

«F-fa finta che non abbia de-etto nulla bambolina... comunque, perché avevi de-eciso di disegnarmi?» chiesi a (T/N).
Cazzo, mi son fatto sfuggire il nome di mia sorella. Odio provare e lasciarmi trasportare dalle emozioni, mi portano solamente a dei guai, come questo. Spero che non si impicci sulla questione.
«Non ho avuto una motivazione precisa» rispose, attorcigliando fra le dita una ciocca dei suoi (l/c) capelli (c/c), chiaro linguaggio inconscio del corpo per esprimere ansia o tensione. «Nessuno d-disegna qualcosa senza mo-otivo». Scostai la mano della ragazza dalla ciocca, obbligandola a guardarmi. «Pensavo fossi un soggetto interessante... tutto qui» replicò. «H-hai pensato bene ba-ambolina. Perché non d-disegni qualcosa a-anziché non fare nie-ente?». Porsi l'album e l'astuccio che stava dentro lo zaino a (T/N), per poi alzarmi. «Se vu-uoi ancora ritrarre i-il sottoscritto fa con c-comodo. Se hai d-da chiedere qualunque cosa inte-errompimi» conclusi, per poi dirigermi verso il tavolo e sistemare il resto degli alimenti che avevo comprato.

«Come mai ti interessa il disegno?» domandò subito la (c/c), forse ascoltando il mio cosiddetto "consiglio" e prendendo matita e gomma. «Ci ho a-avuto a che fare tempo fa... apprezzo l'arte n-nelle sue varie fo-orme».
Cercai di liquidare il prima possibile quella domanda. Anche a Lyra, soprattutto quando eravamo piccoli, piaceva disegnare. Mi insegnava a ritrarre gli oggetti e persone, ma la cosa che mi dava più tranquillità e gioia in assoluto era vederla con la matita in mano ad esprimere tutte le sue emozioni tramite un semplice foglio. Vedere (T/N) disegnare come lei, suscitava in me una sorta di malinconia, ma anche conforto al tempo stesso. Mi riportava a tanti anni fa, quando ero felice con mia sorella e la mamma della mia vita, prima che iniziasse la violenza da parte di mio padre.
Erano davvero dei bei tempi... cerca di non distrarti Toby, (T/N) potrebbe accorgersi di questa tua debolezza...
«Cosa vu-uoi disegnare b-bambolina?». Mi voltai verso la ragazza, che sembrava alquanto indecisa sul cosa fare. «Nulla, scarabocchio e basta» rispose, alternando movimenti retti e curvi della matita, con varia velocità. «Te sai disegnare Tobias?» Domandò, senza spostare gli occhi dal foglio. «Me la cavo, n-nulla di eccezionale» dissi, non ricevendo più né domande e né risposte.

Passò circa un'ora, e finii di sistemare la roba e un po' la casa. Diedi un'occhiata a (T/N), che ormai si era addormentata con l'album in mano. Lo presi e guardai cosa aveva disegnato in quest'arco di tempo: scarabocchi iniziali, delle foglie, la foresta, qualche animale... erano tutti disegni simili, fino a che non vidi l'ultimo impasticcio. A primo sguardo poteva sembrare irrilevante, ma non era così. (T/N) aveva ritratto Slenderman, con dei tratti confusi ed insicuri.
Com'è possibile? Eppure lui oggi non si è fatto vivo... se ci avesse osservato lo avrei percepito o visto dalla finestra... no, non può aver fatto qualcosa a (T/N), i patti erano chiari, me la lasciava senza torcerle un capello mentre io continuavo a fare il mio lavoro meglio che mai.
Dal nervoso, strappai via la pagina, stringendola in mano e girando per la stanza per scaricare la tensione. Tranquillizzatomi, la misi in tasca e uscii a fare un giro nei dintorni della dimora: dovevo essere certo che non ci fossero tracce di Slenderman e, per mia solita sfortuna, eccolo sbucare dai fitti alberi.
«Oh, sei q-qui capo» lo salutai cercando di essere il più naturale possibile. «Toby smettila di recitare. Cosa vuoi sapere» disse, come se non lo sapesse di già. «Lo so che lo sai... sei stato te a far fare alla mia preda questo disegno?». Incazzato, tirai fuori il foglio ormai stropicciato, mostrandoglielo. «Non proprio, però ho fatto la mia parte. Sta attento, o potresti non avere più ne la tua ragazzetta e ne la mia protezione. Ultimamente sei fin troppo indulgente verso di lei». Le interferenze si fecero più assordanti, chiaro segno della sua incazzatura. «N-non preoccuparti, ne ave-evamo già parlato, n-no? Sto l-lavorando anche me-eglio del solito, p-puoi fidarti di me» dissi ghignando tra i tic che arrivarono per il nervoso. «Vedremo, questo era solo un avvertimento». Non ebbi nemmeno il tempo di replicare che lo Slenderman svanì nel nulla.
Non fidarsi del proxy che ha preso sotto la sua ala... che assurdità.
Prima che potesse accadere qualcosa di inaspettato, ritornai a casa da (T/N), che ancora stava dormendo.
Aspetterò il suo risveglio.

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