Re delle Ombre

di ClostridiumDiff2020
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 – Segreti dal passato ***
Capitolo 2: *** 2. Casa di Cenere ***
Capitolo 3: *** 3. Dolce dolore. ***
Capitolo 4: *** 5. Time Crash ***



Capitolo 1
*** 1 – Segreti dal passato ***


1 – Segreti dal passato

 
 
“Nathaniel Clive Lewis vieni subito qua”
Il ragazzo poté udire le grida della governante prima di chiudere la porta alle sue spalle con un mezzo sorriso divertito stampato in volto. La Signora Gotlib detestava la soffitta, non ci saliva se non obbligata, non sarebbe mai andata a cercarlo lì.
Non pensava che lo avrebbe scoperto a guidare l’auto padronale, Edith si era dileguata come un gatto mentre lui era rimasto immobile con un sorriso colpevole.
Tipico della sua sorellastra tagliare la corda lasciandolo ad affrontare le conseguenze delle sue idee.
Da quando era lasciato sulla soglia come un pacco postale con la lettera di sua madre che incaricava la sorella di essere la sua tutrice legale Edith lo aveva sempre usato come capro espiatorio. Tutto sommato non gli dispiaceva, era il suo modo di far pesar loro la mancanza di risposte alla sua presenza in quel luogo.
 
Nathaniel si guardò attorno passeggiando per la stanza avvolta nella penombra. Si sedette dietro una cassapanca e si stese a terra. Il pavimento era freddo e duro ma voleva proprio provare a dormire. La testa lo tormentava martellando, aveva bevuto decisamente troppo.
Si raggomitolò e si rigirò cercando invano una posizione più comoda. Quando aprì gli occhi si ritrovò a fissare un pacchetto polveroso infilato sotto al grosso armadio appoggiato. Si allungò incuriosito e lo prese. Sdraiandosi sulla pancia lo aprì. Avvolti in un drappo di seta nera vi era un pacchetto di lettere in una carta ingiallita.
Il suo cuore traballò quando riconobbe la calligrafia di sua madre, le sue dita quasi tremarono quando notò tra le lettere una foto.  In essa erano ritratti un gruppo di persone.
I suoi tutori Clare e James erano ben riconoscibili, ma era la coppia accanto a loro ad attirare la sua attenzione.
Sua madre la ricordava bene, lo sguardo distante, gli occhi di smeraldo e lunghi capelli scuri raccolti dietro la testa. Ricordava bene l’ultima volta che l’aveva vista, aveva circa nove anni, lei lo aveva accompagnato il letto dicendogli che il giorno dopo lo avrebbero accompagnato dalla sorella. Aveva omesso che poi lo avrebbero parcheggiato in un collegio. Ne che gli avrebbero imposto di iniziare l’apprendistato nello studio del marito della sua tutrice. “Dovrei esserne contento vero?” borbottò contro la foto.
 
L’uomo alle sue spalle di sua madre aveva i suoi stessi occhi scuri come i capelli e decisamente più lunghi. Lui non lo avevano spedito in un posto dove le persone venivano tosate come pecore. Nemmeno gli stessi segni sul volto. Nathaniel si sfiorò il volto. Gli avevano detto che era stato uno stupido incidente, ma non ne aveva memoria.
Come non aveva memoria di quell’uomo. Sapeva solo che era suo padre ma ogni volta che cercava di riportare alla mente un momento passato con lui la testa sembrava volergli esplodere.
Si era ritrovato bloccato in un letto e sua madre per un po’ era rimasta al suo fianco ma poi era svanita lasciandogli solo quella stupida lettera. “Pensi anche tu che potrei solo fare il portaborse di quel pomposo vero? Per quello mi hai scaricato qua…” Si passò la mano sugli occhi con rabbia, diavolo era un adulto, non poteva mettersi a piangere come un bambino.
Aprì una lettera, l’ultima del mucchio. Non sapeva perché desiderasse leggerle, cosa mai avrebbe potuto scolpire da esse?
 
Carissima Rachel, so che ti avevo promesso di tornare presto da te ma, mi duole confermarti che non mi sarà più possibile. Io e Jonas siamo a una svolta.
 
Nathaniel riprese la foto, Jonas doveva essere quel ragazzo seduto vicino a suo padre. La mano poggiata sul suo ginocchio e quel sorriso sornione. Perché non lo ricordava. Si passò la mano sulla nuca, perché non ricordava quasi mai niente del suo passato.
 
Prese una seconda lettera, era sempre rivolta alla sorella. Ne era quasi geloso, a lui non aveva mai scritto nulla in tutti quegli anni.
 
Carissima Rachel, so che non riesci a comprendere cosa mi ha sempre legato ad Arthur, ne l’equilibrio che si era creato assieme a Jonas. Quindi non pretendo che comprenderai il mio desiderio di vendetta, ma ti assicuro che puoi credermi se ti scrivo che non troverò pace finché non avrò trovato il suo assassino e vendicato la sua morte. Ti prego di accudire il mio piccolo Nathaniel.
 
Con mani tremanti iniziò a leggere  avido ogni lettera e di parola in parola molti dubbi affiorarono nella sua mente.
 

 
Edith si sedette di fronte all’amico “Quindi… Questo cosa significa?”
Nathaniel incrociò le braccia. “che mia madre mi ha abbandonato, che mio padre è stato ucciso e che… era un ladro… Il rinomato Re delle Ombre…”
“Tua madre non ti ha abbandonato, le lettere non ti hanno fatto comprendere niente?”
Nathaniel si strinse nelle spalle e scacciò con rabbia le lacrime che erano affiorate.
“Nat…” la ragazza gli poggiò la mano “Non hai trovato tutte le risposte… Voleva trovare l’assassino di tuo padre, non sei desideroso anche tu di saperne di più?”
 
Nathaniel si strinse e distolse lo sguardo. Certo che voleva sapere di più, ma non riusciva a mettere a tacere quella parte di sé che si sentiva ferito e abbandonato.
Aveva scelto di inseguire la vendetta, preferiva un morto a un figlio vivo che avrebbe preferito esser cresciuto da una madre che da una zia che lo guardava come un servo.
Il portaborse della sua piccola. Ma quello che più lo feriva era come avesse brutalmente sorvolato sul suo incidente. L’ultima volta che aveva visto suo padre era stato quel giorno. Una voragine nella sua mente. Quando la sua casa era andata distrutta e la sola cosa che gli era rimasta erano quei segni sul volto e sul corpo. Un volto che sussurrava emergendo dai suoi vaneggiamenti e quando si era risvegliato un biglietto di arrivederci. Una promessa mai mantenuta.
“Nat…”
 
Il ragazzo si alzò e misurò la sua piccola stanza con ampi passi.
“Sapevi che mio padre aveva un amante? E che a mia madre la cosa andava benissimo. Vivevano assieme da prima che io nascessi.”
Ricordava bene quella lettera.
 
So bene cara sorella che non comprendi ciò che ci lega. Ma se non puoi comprenderlo ti chiedo almeno di rispettare le mie scelte. Sappi che con Arthur mi sento libera. Di essere me stessa, compresa come con nessuno. E sì, anche amata. Perché anche se in modo diverso lui mi ama. Non ho bisogno di essere il centro del suo universo per essere felice. Il nostro equilibrio è assieme a Jonas. Lui rende Arthur molto felice e presto a coronare la nostra strana famiglia arriverà un bambino, che spero accetterete nonostante i suoi stravaganti genitori.
 
“Nat, non chiuderti nel dolore, non sei più un bambino… I tuoi genitori forse avevano un modo stravagante di dimostrarlo ma… Non posso credere che non ti volessero bene…”
Nathaniel si sentiva una bestia in gabbia. Delineò con la mano destra i segni sul suo volto.
“Non so cosa mi abbia fatto questo, non co cosa mi sia successo… So che mi hanno abbandonato, hanno scaricato il piccolo mostro sfregiato…” ruggì furioso.
 
Edith scosse con forza la testa e afferrò le lettere poggiate sul letto. “Guardale… le hai lette davvero?  Tua madre lo amava moltissimo, era addolorata all’idea di lasciarti in quello stato ma non poteva fare altrimenti. L’uomo che amava era stato ucciso, se ti strappassero il cuore tu non cercheresti di scoprire chi te lo ha portato via?”
La ragazza scosse le lettere e un piccolo pacchetto le scivolò tra le dita e cadde a terra con un suono metallico.
 
Nathaniel si chinò per prendere in mano il pacchetto. Lasciò scivolare lo spago e srotolò la carta che lo avvolgeva. Si avvicinò alla finestra, il sole stava calando e la luce si stava affievolendo. Non riconosceva quei segni ma riconobbe l’autore.
 
QUESTA CHIAVE TI PORTERA’ ALLA TUA VERA CASA, SE VORRAI RACCOGLIERE IL TESTIMONE LASCIATO PER TE. SE VORRAI ESSERE IL NUOVO RE DELLE OMBRE.
 
Nathaniel si rigirò la chiave tra le dita, di ottone, tozza. Una vecchia misteriosa chiave.
Edith gli si avvicinò incuriosita. “Cosa credi che apra?”
Nathaniel scosse la testa, non voleva ammetterlo ma era sinceramente incuriosito dal messaggio che suo padre gli aveva lasciato.
Più osservava quella chiave più si affacciava nella sua mente una certezza, doveva tornare a casa, doveva trovare altre risposte. 

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Capitolo 2
*** 2. Casa di Cenere ***


2. Casa di Cenere



Mia cara Rachel, non serve che mi rammenti in ogni singola lettera cosa la gente racconta del mio Arthur. Non solo conosco bene il suo amante, ma lo ritengo uno dei miei più cari amici. Per quanto tu non comprenda i nostri legami.
Questa mattina, quando ho sentito il calcio del mio piccolo Nathaniel ho sentito che la mia vita fosse completa.
 
Nathaniel poggiò la lettera e si osservò di nuovo allo specchio.
Si delineò con le lunghe dita i segni che gli solcavano il volto.
Affermava di sentirsi completa con il suo arrivo, eppure lo aveva abbandonato così facilmente.
 
Scivolò fuori dalla finestra con indosso solo una giacchetta leggera, nonostante l’aria gelida gli sferzasse la pelle facendolo rabbrividire.
“Non capirò mai perché ami così tanto avere freddo…”
Edith lo osservava stretta nella sua giacca dal collo di pelliccia.
Nathaniel sorrise “Camminiamo, vorrei assaporare questa notte”
“Io vorrei non ritrovarmi con i piedi in fiamme, prendiamo l’auto di mio padre…”
“Tanto ormai pensano che la usi ogni notte…”
“Potresti anche dir loro che non sei te a farlo”
Nathaniel fece spallucce e la seguì fino all’auto.
 
Mentre la ragazza guidava la macchina nella notte Nathaniel si appoggiò ad occhi chiusi allo sportello. Pensare di tornare alla sua vecchia casa gli dava strane sensazioni.
L’ultimo ricordo che aveva della sua casa era composto da riflessi in pezzi, frammenti di specchio e grida di dolore. Lo rivedeva nei suoi incubi, che pullulavano di teschi insanguinati e dolore.
 
“Cosa pensi che troverai in quel rudere? La porta di quella chiave?”
“Quel… rudere era la mia casa”
Edith alzò gli occhi al cielo. “Non lo è più e non mi pare che in tutti questi anni tu sia mai andato a vederla per versare calde lacrime sulla tua infanzia perduta. Ma sono curiosa di capire dove ci porterà questo viaggio…”
Nathaniel si rigirò la chiave tra le mani. “Non potevo tornare…” Sussurrò osservando il suo riflesso nello specchietto della macchina. “Ma forse ci sono davvero delle risposte su di me…”
Edith rimase in silenzio tutto il tempo finché non arrivarono davanti a una grande cancello in ferro battuto. “Sai Nat, se credi che tua madre ti abbia ricusato per i segni che porti sul volto, se pensi davvero questo non credi che scoprire la verità possa fare solo ancora più male?”
Nathaniel non rispose e uscì dal mezzo. Edith rimase un attimo ad osservare il sedile vuoto.
“Vorrei solo che vedessi quello che vedo io… Evitandoti il dolore…”
 
“Sai Edith… Sai essere brutalmente diretta, ma ti preferisco a quando fingi di tenere a me con quelle parole sdolcinate…”
Edith distolse lo sguardo avanzando verso la grande villa che si stagliava all’orizzonte.
Le piante che crescevano senza controllo e la casa, nera, divorata dalle fiamme.
“Mia madre ti veniva sempre incontro quando sua sorella ti portava con sé in visita” disse Nathaniel osservando la scalinata ricoperta di muschio.
“E tu mi osservavi diffidente dietro di lei, mi scrutavi con quella tua espressione seriosa. Non sembravi nemmeno un bambino con quello sguardo adulto. Non ti fidavi non è vero?”
Nathaniel sorrise, era vero, scrutava quella bambina dai ricci neri e dalla pelle bronzea. Era sempre così estroversa, aveva ragione, per molto tempo non aveva apprezzato la presenza d quella ragazza. Ma quando si era risvegliato con il volto fasciato e il dolore gli aveva spaccato la testa era stata proprio Edith la sola ad accorrere a cercare di dargli sollievo. Anche con il suo caustico sarcasmo, ma a differenza di tutti gli altri, lei c’era.
 
Salirono le scale in silenzio, la porta principale era semiaperta. Nathaniel la spinse e si aprì cigolando. Avanzò in silenzio, il soffitto era sfondato, le pareti annerite e il pavimento ricolmo di foglie secche che scricchiolavano sotto i loro passi.
Nathaniel strinse la chiave in pugno.
“Stai per aver qualche rivelazione? Flash, visioni dal passato? Solo ti prego non svenire… Sei pesante da trascinare…”
Nathaniel rise e scosse la testa. Davanti a sé la grande scalinata che portava ai piani alti.
Ricordava bene l’ultima volta che aveva visto suo padre scendere da quelle scale, assieme a Jonas. Avevano discusso e poi si era voltato verso di lui, che li osservava seminascosto dalla poltrona. “Nemmeno io comprendevo il rapporto dei miei, erano aperti su tutto eppure sono sempre stato convinto che mi nascondessero qualcosa… Forse è legato a questa chiave…”
 

 

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Capitolo 3
*** 3. Dolce dolore. ***


3. Dolce dolore.


 
Nathaniel aveva ricordi frammentari di quella ultima sera. Si trovava nel suo letto quando aveva sentito la voce di sua madre. Ricordava di aver sceso le scale, quelle stesse scale che stava percorrendo in quel momento. Ma i suoi ricordi si fermavano bruscamente e più si sforzava di rammentare più la sua testa sembrava volersi spaccare in due, come se una bomba esplodesse della sua mente, dilaniandola dolorosamente. Ogni volta che si avvicinava all’incidente che lo aveva quasi portato in fin di vita, ogni cosa si tingeva di purpureo sangue.
Nathaniel si ritrovò in ginocchio sul pianerottolo, di fronte a un anneritissimo pendolo.
 
Edith lo seguiva con cautela, vedeva la sofferenza incisa nel volto dell’amico, ma era consapevole che la cosa migliore che potesse fare era stare al suo fianco.
Quando gli poggiò la mano sulla spalla l’altro sussultò.
“C’è un foro in questo pendolo… è… Una serratura…”
 
Edith si chinò accanto all’amico, una serratura. Non fece a tempo a dar voce ai suoi dubbi che Nathaniel inserì la chiave nella serratura e la girò facendo scattare una serratura.
Sentivano gli ingranaggi muoversi dietro la parete e con un flebile scatto una porta si rivelò davanti a loro. Nathaniel avanzò ma dopo pochi passi sentì una folata di vento solleticargli il volto e la porta si chiuse alle sue spalle.
Sentì la voce dell’amica chiamarlo. “Cerco un’altra entrata Nat…”
Lui annuì era solo, poteva solo andare avanti.
 

 
La torcia di Nathaniel illuminava malamente il passaggio davanti a loro, Edith poteva vedere macchinari ricolmi di polvere, tavoli ricoperti di fogli sbruciacchiati.
 
Nathaniel si guardava attorno incredulo, l’aria aveva un odore viziato, di polvere e cenere.
L’esplosione, l’incendio, tutto sembrava essere partito da lì. Ogni parte del suo camino che illuminava gli scaturiva forte reazioni. Si guardava attorno con aria smarrita, mentre gli spettri del suo passato incombevano su di lui.
Non ricordava di essere mai davvero stato in quel posto eppure molte immagini affollavano la sua mente.  
Aveva duplici ricordi. Poteva vedere sua madre nel mezzo della stanza, singhiozzando davanti al corpo senza vita di suo padre. Ma non poteva essere vero, non aveva memoria di quel luogo.
Nathaniel indietreggiò andando a sbattere contro un tavolo. Ci si appoggiò lasciando scorrere lo sguardo sugli oggetti che la sua torcia illuminava. Planimetrie, grimaldelli… gli strumenti di un ladro. “Che posto è questo?”
 
“Il rifugio di un ladro” fu la risposta che gli giunse prima che la stanza venisse illuminata dalla luce di grande lampadario incrinato, la stanza appariva più ampia di quello che Nathaniel aveva immaginato. Un ragazzo li osservava dalla soglia da cui erano passati poco prima. Occhi dorati, capelli castani e un sorriso sornione incorniciato da due fossette.
“Io ti conosco…” sussurrò Nathaniel. L’altro rise “Venivo spesso qua, non pensavo potessi averlo scordato ma…” Il nuovo venuto si interruppe indicando il volto dell’altro. “Non posavo che ti fossi ridotto in quello stato, qualsiasi cosa ti abbia sfregiato deve aver lasciato altri segni…”
Nathaniel sentì la rabbia montare dentro di sé. “Chi sei?”
“Mi chiamo Jules, l’ultima volta che sono stato qua stavamo cercando questo posto… Ma avevo intuito che il piccolo sfregiato celasse il segreto…”
 
“Tu eri qua…”
Jules annuì. Ora che era vicino Nathaniel percepiva sensazioni che affioravano dal passato.
Dei mezzi sorrisi e un dolce sapore sfiorargli le labbra.
“Io e mio padre, dovevo imparare ma… Le cose non sono andate esattamente come avevamo previsto…”
La rabbia di Nathaniel eruppe. I suoi ricordi frammentati però non gli impedivano di comprendere. Suo padre, l’incendio, il sangue e le ferite sul suo volto.
Lo avevano ucciso, e forse avevano causato l’incidente che lo aveva segnato per la vita.
Non gli importava nemmeno perché, così si slanciò contro l’altro mandandolo a sbattere contro il muro.
Una fitta lo fece sussultare, Jules sorrise, un coltello gli lambiva il fianco, Nathaniel percepiva la lama incidergli la cute, il sangue gli scivolava lungo la gamba. Gli occhi dorati di Jules piantati nei suoi, pozzi di tenebra che sembravano voler assorbire ogni cosa. Il volto contratto stringeva il polso dell’altro con forza “Tuo padre… è un assassino…” ringhiò Nathaniel stringendogli il polso sopra la testa.
Jules gli sorrise mentre il respiro di Nathaniel, così vicino al suo gli solleticava le labbra. “Perché il tuo cos’era? Un ladro, un bugiardo, un traditore… Non esattamente un santo… E tua madre? Ti ha scaricato come una bambola rotta…”
La mano di Nathaniel lasciò il polso serrandosi sulla gola di Jules e la lama penetrò più a fondo. Nathaniel gemette stringendo la presa.
 
Era strano perché in quel momento di rabbia e dolore alla sua mente affiorava quella dolce sensazione al sapore di cioccolato e fragole.
Fu un secondo Jules si protese e premette le sue labbra su quelle di Nathaniel che dopo un iniziale sorpresa ricambiò con foga.
La lama gli scivolò dalle dita e Jules afferrò l’altro spingendolo sotto di sé senza che le loro labbra si separassero. Le sue mani febbrili cercavano di rimuovere ogni ostacolo, urtando contro le ferite dell’altro. Ogni gemito veniva prontamente divorato da un bacio.
Piacere e dolore si mescolavano lasciando Nathaniel stordito quando l’altro gli crollò addosso. “Dovrei bendare quel taglio…” sussurrò Jules all’orecchio dell’altro.
 
Jules si sollevò per delineare i segni sul volto di Nathaniel “Davvero non ti ricordi di me?”

 

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Capitolo 4
*** 5. Time Crash ***


5. Time Crash



Jules si sollevò per rimirare il corpo di Nathaniel. “Sei consapevole che non ti permetterò mai più di rivestirti?” gli sussurrò all’orecchio sfiorandogli il fianco ferito.

Edith aveva dato di matto quando lo aveva visto sporco di sangue, ancora di più quando in un secondo momento gli aveva confessato che la persona che lo aveva ferito era la stessa con cui poco dopo aveva fatto sesso.
E continuava a esserlo.
“Dovresti fargli il terzo grado ma ogni volta che lo vedi finisce che passate tutto il tempo nudi nel letto”
Nathaniel avrebbe voluto ribattere ma, forse non aveva tanto torto l’amica quando lo accusava di perdere ogni capacità di pensiero perché gli defluiva ogni goccia di sangue dal cervello. Ma quando provava a fargli delle domande sul loro passato o sui loro genitori, oppure su cosa cercasse nel covo di suo padre Jules lo trascinava a letto.
Voleva che dimenticasse tutto, la causa del loro incontro, il loro passato ma Nathaniel proprio non ci riusciva. Anche se Jules riusciva a distrarlo maledettamente bene.
La cosa che più si era avvinata a un discorso di senso compiuto tra loro era stato quando gli aveva gemuto in orecchio che tutto sommato quelle cicatrici lo rendevano ancora più sexy.

“Dovrei alzarmi… e cercare di non farmi cacciare di casa…” bofonchiò Nathaniel con poca convinzione.
Jules gli carezzò la gamba “Cosa ti fa pensare che ti lascerò andare?”
Nathaniel sorrise, era incredibile come pur sapendo così poco di lui non riusciva a desiderare altro che lui. Eppure, del loro passato non restava che qualche spazzo di ricordo al sapore di fragole.
“Quando mi guardi così mi viene voglia di mangiarti…” aggiunse Jules sdraiandosi sul compagno.



Edith salì le scale sbuffando, perché doveva andare a chiamare Nathaniel, non era mica la sua segretaria. La porta della sua stanza era chiusa, ma di certo la porta del magazzino che comunicava con la sua non doveva esserlo.
Edith avanzava nello stanzino al buio quando sentì un rumore provenire dalla stanza accanto. La porta non era chiusa come previsto e quando la spinse i rumori che sentì le fecero intuire subito che l’altro non fosse solo.
Edith sapeva che sarebbe dovuta andare via, ma invece si sporse, strinse il pugno conficcandosi le unghie nel palmo della mano. Detestava quel che sentiva crescere dentro di lei. Non riusciva a smettere di guardare Nathaniel e desiderare che Jules morisse all’istante.


___________


 
 
Nathaniel si strinse e rabbrividì, voleva schiarirsi la mente, il cuore gli rullava nel petto all’impazzata, per quanto ci provasse non riusciva a calmarsi.
“Si tratta di uno stupido sogno, nulla di più…” borbottò chiudendo gli occhi.
Sperava che tornare davanti a quel rudere, la sua vecchia casa potesse aiutarlo a comprendere. Ma la roccia non gli portava nessuna risposta.
“Pensavo che non saresti più uscito di camera”
La voce di Edithlo raggiunse ma il sorriso della ragazza si spense quando lui si voltò verso di lei. Lei gli si affiancò e gli poggiò una mano sulla spalla “Cosa ti turba?”
I suoi grandi occhi scuri erano pieni di domande e dubbi.
“Ho fatto un sogno” sussurrò Nathaniel chiudendo gli occhi e appoggiandosi alla quercia che si ergeva davanti alla grande casa abbandonata. “Ho sognato noi, in questa casa… Tu eri andata da mia madre perché lamentarti del fatto che ti avevo rubato il nastro dei capelli e io mi ero nascosto su questo albero. Ma non ero solo, Julian era assieme a me. Non avevo mai ricordato dei momenti passati con lui prima… Ma ricordo di aver mangiato delle fragole rubate dalla cucina assieme a lui su questo ramo, e ricordo la prima volta che mi ha baciato e… Ricordo quella sera, quando mio padre è morto… Io ero con Julian noi eravamo a letto assieme stavamo…”
Nathaniel fece una pausa imbarazzato.
“Già immagino cosa possano fare due adolescenti arrapati che esplorano i propri corpi… Ho visto che fanno due adulti arrapati…”
Le orecchie di Nathaniel avvamparono “Tu hai…”
Edithscrollò le spalle “Vi ho visto, mi madre mi aveva mandato a cercarti e io…Ti ho visto dallo stanzino che mette in comunione le nostre stanze…”
“Tu mi hai…” ripeté Nathaniel incredulo, per un attimo aveva scordato persino il sogno che tanto lo aveva turbato.
“Non mi piace quel ragazzo, credo che ti stia manipolando, strumentalizzando l’attrazione che provate l’uno per l’altro. Tu non lo ricordi eppure ti sei gettato tra le sue braccia…Tu…”
“Hai ragione, credo che mi stia mentendo su qualcosa di molto importante…”
“Davvero?”

Jules era alle loro spalle e li osservava in silenzio.
Nathaniel deglutì mentre l’altro si avvicinava. Sfiorò l’albero e i suoi occhi si piantarono su Edithche arrossì scivolando dietro Nathaniel, un conto era ammettere di averli spiati mentre facevano sesso al suo migliore amico, un conto era con Jules, un perfetto estraneo che accusava di ingannare l’amato.
“Quindi ricordi il nostro primo bacio su questo albero?”
Nathaniel annuì “E ricordo che tu eri con me, la notte in cui in casa esplose l’incendio che distrusse la mia famiglia… La notte in cui mi è successo questo tu…”
“Si ero con te quando ti sei ferito al volto, perché sono stato io”
Edithafferrò la mano di Nathaniel, lo vide oscillare come colpito da uno schiaffo.
“Tu mi hai… Sei stato tu a sfregiarmi il volto?”
“I nostri padri stavano discutendo e tu volevi intervenire… Non volevo farti del male lo giuro all’epoca non ero consapevole dei miei poteri e quando ho pensato di fermarti io… ti ho spinto e tu sei andato a sbattere contro lo specchio che ti è crollato addosso… Il pavimento è crollato sotto i nostri piedi e quando ti ho trovato eri in un lago di sangue, Credevo che fossi morto Nat… Tua madre mi ha scacciato ma speravo che poi tu mi avresti cercato, ma non è mai successo… E poi ho capito. Avevi rimosso tutto. I miei poteri telecinetici, me…”
Edith gemette quando sentì la stretta di Nathaniel serrarsi “Hai ucciso mio padre?”
Jules rise e alzò gli occhi al cielo “No, Nat io ero con te, non volevo che ti mettessi in mezzo tra i nostri padri ma non volevo certo che qualcuno morisse…”
Nathaniel lasciò la mano dell’amica e si indicò il volto “Tu mi hai fatto questo? Mi hai distrutto la vita perché non volevi che mi mettessi in mezzo negli affari di tuo padre? Per questo motivo eri con me quella notte? Dovevi distrarmi?” urlò Nathaniel avanzando.
Jules scosse la testa ma poi rise di nuovo “Ok è vero, mio padre mi ha chiesto di tenerti lontano, ma io volevo… Io desideravo stare assieme a te!”
La rabbia di Nathaniel esplose e Jules sentì il suo potere reagire di conseguenza.
Il tempo si congelò e tutto si bloccò attorno a lui.
Era come quella sera, quando aveva lasciato che il suo potere prendesse il controllo.
Osservò Nathaniel, i suoi grandi occhi scuri colmi di rabbia e dolore.
“Se solo potessi tornare indietro io cambierei ogni cosa…” sussurrò Jules allungando la mano per carezzargli il volto.
“E cosa faresti se ti dessi la possibilità di vivere la vostra esistenza in un'altra realtà? Un altro universo?”

Jules sobbalzò la madre di Nathaniel era apparsa all’ingresso della casa diroccata.
La donna gli sorrise “Perché l’agenzia che rappresento potrebbe dare ad entrambi una nuova opportunità!”

 

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