Un Ospite a Sorpresa

di Astrid von Hardenberg
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nota dell'autrice ***
Capitolo 2: *** Capitolo 0 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Nota dell'autrice ***



Prima di tutto benvenut* da queste parti 🍀
È da secoli che non scrivevo una storia simile, ammetto che anni fa sarebbe stata molto più trash e l'avrei lasciata nel cassetto a prendere ragnatele e muffa, questa volta, invece, ho provato ad andarci più cauta, col trash, e ho cercato di darle forma.
È da circa un anno che ho in mente questa storia, però non avevo mai provato a svilupparla, perché l'idea non mi sembrava buona, pensavo fosse troppo semplice, per poter attirare l'attenzione di qualche lettore, e per di più mi trovavo in un periodo in cui non mi piaceva ciò che scrivevo, lo scartavo a prescindere e questo mi frustrava, per non parlare della mia assenza da Wattpad... so quante cose sono cambiate, so anche che i lettori che avevo ormai stanno su altri lidi, sono persino consapevole che ricominciare proprio ora è un'impresa titanica, eppure eccomi qui.
In un certo senso ho ritrovato la voglia di scrivere per me stessa in primis, e per intrattenere chi avrà voglia di ascoltare ciò che ho da raccontare, ecco cosa mi mancava: la pura e semplice voglia di scrivere, niente confronti con altri autori, niente pressioni nel dover scrivere qualcosa di valido per qualche servizio di recensioni, o perché magari non era all'altezza del lettore medio wattpadiano.
Detto ciò, mi auguro che, nella sua semplicità, questa storia possa tenerti compagnia, che tu sia in fila alle poste, al supermercato, o sull'autobus/sul tram/in metro, oppure che tu sia in bagno a lavare i denti (?).
Buona lettura e grazie per trovarti qui 🌸

P.s. alcune immagini usate per gli aesthetic di ogni capitolo sono mie, altre invece le ho prese da un sito, che le mette a disposizione di tutti.

Seppur la città in cui di svolge la storia esiste veramente, ogni riferimento a persone esistenti e/o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

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Capitolo 2
*** Capitolo 0 ***


 
Capitolo 0
 
Era il giorno di Halloween e, come ogni anno da quando era poco più di una bambina, Nadia organizzava una festa; erano invitati amici, vicini e parenti, anche se questi ultimi in numero ristretto.
Nadia era meticolosa nell'organizzazione di questi eventi, era famosa anche per le sue feste di carnevale.
Quell'anno il tema era il periodo Vittoriano, quindi non bastava mascherarsi da zombie, fantasmi, streghe o diavoli, bisognava aggiungerci quel tocco che avrebbe reso ogni cosa più identificativa, a lei piaceva molto quello stile.

In parti strategiche del salone, luogo in cui si sarebbe svolta la festa, erano stati messi fili sottili per richiamare la presenza di ragnatele, le tovaglie in pizzo nero avevano ai bordi del tulle rosso sistemato in modo tale da sembrare sangue che colava; il rinfresco era stato studiato da Nadia per essere il più macabro possibile, le dita dovevano sembrare vere e non rotolini di würstel, le bevande dovevano avere la consistenza e colore del sangue, quindi Nadia ordinò frutti rossi in modo da dare al tutto un colorito sanguigno.

Gli invitati arrivarono all'ora del crepuscolo, com'era stato richiesto, Nadia dava ad ognuno il benvenuto e li faceva accomodare nel salone, esibendo un ampio abito nero cangiante dalla scollatura quadrata, bordata di un pizzo appena visibile, che risaltava l'ancora florido décolleté. Era una donna affascinante e molti uomini di tutte le età perdevano ancora la testa per lei, Nadia ne era compiaciuta ma non ne faceva un vanto, sbandierarlo era segno di volgarità e soprattutto pochezza, perché solo le persone infime si pavoneggiavano davanti agli altri per dimostrare qualcosa che in fondo non erano, o non avevano.
Quando Ophelia, la pronipote di Nadia, entrò  nel salone, tra tutte le decorazioni, quella che trovò più inquietante fu la testa che pendeva dal lampadario, ne restò impressionata per la somiglianza con una vera.
-Quella testa fa venire i brividi- disse Ophelia, tenendo comunque lo sguardo inchiodato su ciò che tanto la impressionava, ma non poteva farne a meno, era ipnotico.
-L'intento era quello, mia cara- e un sorriso soddisfatto comparve sulle labbra di Nadia, sapeva quant'era difficile impressionare Ophelia e vederla così "infastidita" da quella testa fu un obiettivo raggiunto.
-Credi davvero che i presenti mangeranno queste cose?- continuò Ophelia, guardando prima gli stuzzichini e poi la prozia.
-Bere alcolici senza mangiare dà alla testa, e comunque conosco queste persone e loro conoscono me, sono abituati al modo in cui organizzo le feste di Halloween-.
Era la prima volta che Ophelia prendeva parte ad uno degli eventi di Nadia, anche se sua mamma le aveva parlato di quant'erano particolari.
Ophelia alzò un sopracciglio e addentò una delle dita sul vassoio, poi si guardò un po' intorno per cercare qualche altro invitato della sua età.
Ad un certo, Ophelia punto notò che la prozia si allontanò un momento dai festeggiamenti per parlare con qualcuno, che era di spalle e indossava un costume fuori tema, era di pelle marrone scura, pareva un'uniforme, notò anche una spada sul fianco destro e non aveva l'aspetto di essere finta, si chiese persino se tutto ciò che aveva addosso era scomodo come sembrava, pareva uscito da un film in costume, di quelli ambientati nel seicento, o forse nel settecento.
Nadia doveva conoscerlo molto bene, visto il modo confidenziale in cui gli parlava, anche se lanciava fugaci occhiate intorno a sé, come per assicurarsi che nessuno li stesse guardando, finché si accorse che la pronipote aveva lo sguardo su entrambi. A quel punto Nadia si congedò dal suo invitato, che si perse con gli altri, ma durante l'intera serata quella non fu l'unica volta che Ophelia li vide conversare.



N.d.A.
Ciao a te che leggi
☺️
Mi sembra di non scrivere da un secolo, qui su EFP, e mi sento arrugginita 🙈
Mi auguro che la lettura non sia stata pesante e che questa parte "introduttiva" della storia ti sia piaciuta, ti abbia un po' tenuto compagnia e ti abbia incuriosito 👅
Chiedo scusa nel caso ci sia qualche errore, per quanto mi impegni, trovano sempre il modo di sfuggirmi 😅
Detto ciò, se vuoi, ci vediamo nel prossimo capitolo ✌🏻

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Capitolo 3
*** Capitolo 1 ***


 
Capitolo 1

Ophelia si trovava nel parco, stretta nel suo cappotto nero e parte del viso coperto dalla sciarpa grigia fumo, girava tra le dita guantate un anello argentato; erano le sei e mezza del pomeriggio e, tutt'intorno, le luci soffuse di alcuni lampioni prendevano il posto di quelle del crepuscolo, solo che in alcune parti del parco sembrava di stare al buio, perché la luminosità era coperta dal fogliame degli alberi ancora folti, nonostante fosse autunno inoltrato.
Ophelia rimise il piccolo oggetto circolare in tasca e guardò la mano libera dal guanto, era così abituata a vedere l'anello all'anulare, che ora le pareva spoglia; si passò l'indice sotto il naso, per sfregarlo, e prese un respiro profondo, lasciandolo, poi, andare lentamente.
"Come sono potuta arrivare fino a questo punto?", si chiese mentalmente, quasi rimproverandosi.
Provava diverse emozioni in quel momento, però predominavano la rabbia e la delusione.
Una leggera vibrazione, proveniente dalla borsetta, le riportò quel po' di lucidità che aveva. Era Nadia, la stava chiamando per sapere a che ora sarebbe arrivata, solo che Ophelia non rispose, invece si alzò dalla panchina, su cui sedeva da circa un'oretta, prese il manico del trolley e se lo trascinò dietro come se avesse appresso un macigno; la casa di Nadia non era tanto distante dal parchetto in cui lei si trovava e la zona era piuttosto frequentata, lì vicino, ad esempio, c'erano un bistrot, una farmacia, una cartoleria e una lavanderia-sartoria, qualche metro più in là si trovava anche la fermata dell'autobus, che avrebbe potuto prendere per fare più in fretta, ma preferì andare a piedi.
Camminò per circa una ventina di minuti e arrivò davanti al cancello grigio chiaro, che non lasciava vedere nulla di ciò che c'era dall'altra parte; Ophelia sospirò e suonò, una manciata di secondi e sentì un piccolo schiocco, il cancello automatico si aprì per farla entrare, lei attraversò il vialetto, notando quanto fosse curato.
"Tipico di zia Nadia" pensò.
Ophelia arrivò davanti alla porta color nocciola e colpì un paio di volte il picchiotto, dal motivo floreale, e una decina di secondi dopo Nadia aprì.
-Ciao mia cara- la scrutò e poi la fece entrare.  -Stavo per richiamarti- continuò nell'ingresso.
-Scusami se prima non ti ho risposto- disse Ophelia.
Nadia le accarezzò una spalla e la invitò a mettersi comoda.
-Ti ho preparato dei toast- nel frattempo Nadia osservava la pronipote liberarsi di cappotto, sciarpa e guanti. -Ti aspetto in cucina- la guardò prima di andare e Ophelia capì che non erano ammesse proteste, non che lo avesse fatto, non era in vena di nulla figuriamoci di ribattere, avrebbe seguito la sua prozia, anche se magari il pasto sarebbe rimasto intatto.
Ophelia si guardò un po' intorno, ricordando quando dieci anni fa partecipò per la prima volta alla festa halloweeniana della prozia, di riflesso alzò il capo verso il lampadario e trovò solo i pendenti in cristallo.
-Sto preparando una bella tisana a base di camomilla e valeriana, dormirai come una neonata- disse Nadia dalla cucina, interrompendo i ricordi della pronipote.
Ophelia non disse nulla, sistemò il suo indumento sul bracciolo del divano color caffè, ma con la coda dell'occhio notò l'attaccapanni e allora lo appese insieme alla sciarpa, i guanti li mise nella borsetta. Deglutì, dopo raggiunse la prozia e prese semplicemente posto, restando a guardare come Nadia si muoveva in quello spazio, ricordando di quando, dopo il lavoro, tornava a casa per preparare la cena, impegnandosi perché il suo, ormai, ex compagno trovasse tutto pronto; quello era il loro momento, si raccontavano com'era andata la giornata, poi scherzavano e ridevano su piccoli aneddoti successi nel trascorrere del giorno. E dopo, dopo c'era la serata sul divano a guardare qualcosa in tv, mentre di tanto in tanto ci si abbandonava a qualche carezza e qualche bacio appassionato. 
"Forse è questo che ha deteriorato il nostro rapporto: ci comportavamo come una vecchia coppia ancora prima di esserci sposati".
-Non ci pensare nemmeno!- esclamò Nadia. -Quello è uno sguardo colpevole e tu non sei l'unica. In una coppia sbagliano entrambi, non uno solo-.
Ophelia sapeva che Nadia era stata sposata tre volte, ma aveva amato veramente solo una, quindi parlava per esperienza.
-Sicuramente hai la tua parte di responsabilità, ma lui non è da meno-.
In fondo Ophelia sapeva che la prozia aveva ragione, lei stessa pronunciò quelle stesse parole quando una sua cara amica divorziò. In quel momento, però, voleva solo capire perché non aveva funzionato.
-Una vita coniugale non è solo fatta di sesso, ci dev'essere dell'altro, una base solida che va costruita con pazienza e volontà. Purtroppo, invece, pare che i giovani d'oggi ragionino coi genitali e facciano fatica a costruire le cose, le relazioni. Tutto di fretta vogliono- Nadia scosse la testa.
Ophelia non capì se la prozia era amareggiata o irritata. Forse entrambe le cose.
-Ad ogni modo, non sei venuta qui per ascoltare i miei ragionamenti da vecchia signora- e porse una tazza alla pronipote, per poi versarci la tisana. -Spero davvero che tu possa trovare la serenità che meriti- le accarezzò la guancia e la strinse in un abbraccio.
Ophelia ricorse a tutta la forza di volontà che aveva per non scoppiare in lacrime, non voleva dare nient'altro all'uomo che l'aveva pugnalata.
"Non merita nulla da me, tanto meno le mie lacrime".
Durante la serata, Nadia cercò di intrattenere Ophelia con vari discorsi divertenti sulla sua vita e la pronipote poté confrontarsi e capire cosa loro due avevano in comune.
Per un po' Ophelia aveva dimenticato il dolore e la delusione, per un po' aveva riso spensierata e tutto le era parso più leggero, sopportabile.
-Perché crescere è così difficile?- bisbigliò Ophelia con voce un po' tremante. -È curioso come quando da piccoli abbiamo fretta di diventare grandi, ma una volta che succede capisci che non è poi questa gran cosa e si stava meglio da bambini-.
-L'essere umano è una creatura curiosa, dalle infinite sfaccettature-.
-Tu hai molte più sfaccettature di una persona comune- sottolineò Ophelia. -Hai qualcosa in più-.
-Non mi sono mai considerata speciale, in fondo ci sono altre persone come me-.
-Sicuramente, ma non si può dire che tutti facciano ciò che fai tu, alcune vanno in crisi perché li spaventa essere come sono-.
-Prima o poi impari a conviverci- replicò Nadia, guardando un punto indefinito.
-Certo, solo che la convivenza può essere un fardello e non un dono-.
-A volte vanno di pari passo, dono e fardello, ma sta sempre a noi l'ultima parola- Nadia bevve un sorso del suo vino e sospirò. -Immagino sarai stanca- continuò e l'orologio iniziò a battere i ritocchi: mezzanotte.
-Lo sono, però non ho sonno. Ogni volta che sono stesa sul letto, nel silenzio della stanza, non faccio che pensare e farmi mille domande- Ophelia si sistemò in modo da stendere il braccio sullo schienale del divano, per potervi poggiare il capo.
-Lo sai che molti sono convinti che la mezzanotte sia l'ora in cui il nostro mondo e quello dell'aldilà si uniscono? Non hanno tutti i torti, perché è comunque un nuovo inizio, un nuovo giorno sta nascendo, e quindi c'è una speranza, invece ti dirò che l'ora in cui noi incontriamo le creature ultraterrene è alle tre di notte. Ci sono molte teorie sul perché proprio questo momento, e un po' tutte hanno del vero- rigirò quel poco di vino che era rimasto nella coppa e alla fine lo bevve.
-Dovrei spaventarmi?- chiese scherzosamente Ophelia.
-So benissimo che queste cose non ti spaventano e in tutta franchezza non so se sia un bene o un male. Da una parte dovresti avere paura, perché non tutti gli spiriti sono benevoli, dall'altra invece è confortante tu sia consapevole di quest'altra realtà- Nadia si voltò per guardare la pronipote e le sorrise. -Va' a riposare, la tisana farà il suo effetto, credimi- si alzò e tese la mano alla sua adorata pronipote. Lei accettò l'invito ed entrambe salirono al piano di sopra.
Ophelia non era una ragazza facilmente impressionabile, però chiacchierare con la sua prozia qualche brivido glielo faceva venire, sempre, perché rendeva tutto il mondo occulto più reale.
Quando fu sul punto di aprire la porta della stanza, che l'avrebbe ospitata, si voltò.
-Devo preoccuparmi per questa notte?- chiese.
-Sarai così addormentata che nemmeno i cannoni ti sveglieranno- rispose Nadia e dopo quelle parole entrò in camera sua, Ophelia invece si guardò ancora un attimo introno; il buio pareva inghiottire ogni cosa lì vicino, sembrava un abisso inquietante quanto attraente. Un brivido l'attraversò fino a farle venire la pelle d'oca, aprì la porta e se la chiuse immediatamente alle spalle.
"È solo soggezione" si disse per calmarsi e andò verso il letto, accorgendosi dello specchio poco lontano da lei.

"Non specchiarti dalla mezzanotte in poi, soprattutto se è buio" le raccomandava sempre sua nonna. "Quegli oggetti sono un portale tra il nostro mondo e il loro, potresti vedere cose spiacevoli", ecco uno dei motivi per cui Ophelia non teneva specchi in camera da letto.
Cercò di non guardare il proprio riflesso, però ne era come attratta, così si avvicinò, con un leggero timore. Non c'era nulla di diverso e allora fece ancora qualche passo e altri ancora, fino a trovarsi faccia a faccia con se stessa.
Ophelia avvicinò il viso a una decina di centimetri dalla superficie e per un millesimo di secondo le parve di vedere i suoi occhi diventare sempre più scuri, voleva distogliere lo sguardo ma quel brivido, in qualche modo, le piaceva.
"È tutta soggezione" si ripeté ancora mentalmente. "È impossibile che queste cose siano vere" disse una vocina lontana, nell'angolo più remoto della sua mente. "Il riflesso non può mutare come per magia", questa volta il pensiero fu molto più chiaro e Ophelia sbatté le palpebre.
-È solo frutto della mia immaginazione, sicuramente sono influenzata dal discorso fatto stasera-, ma l'istinto non mentiva e le stava dicendo qualcosa.
Tolse gli stivaletti neri con plateau, che toccando terra produssero un tonfo, e si stese sul letto, non aveva nemmeno voglia di mettere il pigiama, sentiva le palpebre pesanti e desiderava solo abbandonarsi al sonno.
"Una cosa è certa, le tisane di zia Nadia sono miracolose", si mise in posizione fetale e si addormentò.

L'indomani Ophelia fu svegliata da un persistente ticchettio alla finestra, si rigirò nel letto un paio di volte, strizzò gli occhi prima di aprirli e poi li sfregò cautamente, a fatica riuscì a vedere dove si trovava, le ci vollero alcuni secondi per riportare alla mente i ricordi degli ultimi avvenimenti.
Poggiò un braccio a coprirle gli occhi, un peso sul petto e lo stomaco che le si contorceva.
Bussarono.
-Sono Nadia- disse la voce oltre la porta.
-Entra pure-.
-Come hai dormito?- chiese la prozia quando arrivò vicino alla pronipote.
-Come una neonata- replicò Ophelia, accennando un sorrisetto e citando le parole di Nadia dette la sera prima.
-Lo vedo- e Nadia guardò i vestiti di Ophelia, gli stessi che aveva indosso ieri.
Le diede una leggera pacca sul fianco e la spronò ad alzarsi.
-La colazione sarà pronta tra poco, datti una sistemata e poi scendi- Nadia si alzò e le lasciò un bacio fugace sul braccio, che copriva ancora parte del viso della pronipote.
Ophelia si alzò pochi secondi dopo, con una sensazione di pesantezza addosso, decise allora di farsi un bel bagno, sicuramente l'avrebbe rilassata; l'acqua era calda al punto giusto, il bagnoschiuma alla vaniglia era invitante e lei si lasciò avvolgere da quella meravigliosa sensazione di tranquillità, dato che ultimamente non aveva fatto altro che discutere col suo ex compagno e questo appesantiva tutto il resto, lavoro compreso.
Ophelia prese un bel respiro profondo, avrebbe voluto restare lì ancora per un'altra mezz'oretta, ma Nadia la stava aspettando per la colazione, quindi non poteva tardare troppo, così chiuse per un momento gli occhi e s'immerse completamente, si ricordò di quand'era bambina e passava molto tempo a giocare con le bambole lì nella vasca piena d'acqua, fino a farsi venire le dita raggrinzite, poi qualcosa cancellò i suoi ricordi e sentì come un mormorio lontano, automaticamente pensò fosse Nadia, che le stava dicendo di sbrigarsi, però quella voce si deformò fino a diventare inquietante e più vicina.
Ophelia riemerse con una sensazione angosciante, si guardò intorno e non vide nessuno: in bagno c'era solo lei. Si sbrigò ad asciugarsi e vestirsi e poi scese immediatamente in cucina, dove chiese a Nadia se, poco fa, l'aveva chiamata per la colazione.
-No, non volevo metterti fretta, quindi ho lasciato ti prendessi del tempo per rilassarti-.
-Ho sentito una voce, o forse erano più di una, quando mi sono immersa sott'acqua-
-Lo sai, una credenza narra che quelli siano i lamenti delle anime che stanno all'inferno? Chiedono perennemente aiuto, con la speranza che qualcuno li senta e li aiuti- raccontò Nadia, come se stesse parlando di una favola.
-Se vuoi mettermi paura, ci stai riuscendo. Ti ricordo però che dovrò restare qui in casa tua per un po' di tempo, quindi vacci piano- disse Ophelia con la pelle d'oca.
Nadia sorrise e finì di preparare la colazione.

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Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


 
Capitolo 2

Durante la colazione la pioggia si intensificò, ogni goccia che picchiava contro le finestre, a Ophelia parve un incessante richiamo da parte di un'entità invisibile.
-Qui persino la pioggia sembra voglia dire qualcosa- affermò Ophelia guardando la tisana che, approssimativamente, segnava metà della tazza.
-Ogni cosa in Natura parla, siamo noi ad essere diventati sordi-.
Ophelia restò ad osservare la prozia, pensò che persino in vestaglia Nadia sapeva essere elegante.
-Per favore, mi ricordi quando parti? Con tutto ciò che è successo mi sono persa delle cose per strada- disse Ophelia, cambiando totalmente discorso.
-Domani alle prime luci dell'alba devo uscire di casa, sai come sono gli aeroporti, ti chiedono di presentarti ore prima per il check-in-.
Ophelia annuì, solo un paio di volte in vita sua aveva preso l'aereo, la prima era stata per una vacanza insieme al suo ex fidanzato, la seconda per andare a trovare una sua cara amica.
"La terza sarebbe stata per la luna di miele" precisò mentalmente.
-Già che stiamo iniziando questo argomento, avrei alcune cose da dirti- mandò giù l'ultimo sorso di tè. -La prima in assoluto è che devi segnarti questo numero- e Nadia tirò fuori un foglietto dalla tasca della vestaglia.
-Di chi è?- chiese Ophelia con una certa curiosità.
-Di una persona che conosce molto bene la casa e, se ci fossero imprevisti, saprà come aiutarti. È qualcuno di fidato, quindi stai pure tranquilla-.
-È un tuo spasimante?- domandò Ophelia sventolano il foglietto.
-Mio no sicuramente- rispose la prozia.
-Cosa vuoi dire?- chiese la ragazza.
-Ciò che ho detto- e Nadia assunse un'aria innocente.
Gli occhi di Ophelia diventarono due fessure.
-Altra cosa, se si usano più elettrodomestici alla volta salta la corrente, ad esempio lavatrice, televisione e PC, o aspirapolvere, TV e frullatore-.
-Perché mai dovrei usare più elettrodomestici alla volta? È da spreconi-.
-A volte lo si fa per guadagnare tempo, io ad esempio facevo andare la lavatrice mentre passavo l'aspirapolvere e saltava tutto, mi sono organizzata per fare diversamente-.
Ophelia annuì, sentendosi anche un po' sciocca per l'affermazione fatta qualche istante fa.
-Comunque il salvavita si trova all'entrata del salotto, ti basterà tirare giù la levetta e tornerà tutto alla normalità, poi ti farò vedere meglio. Se può interessarti ci sono delle torce in tutta casa, sono cariche, una è nel cassetto del mobiletto all'ingresso, un'altra la trovi nella libreria in salotto- e continuò ad elencare gli altri posti. -So che i cellulari ne hanno già una incorporata, ma può succedere che si scarichi nel momento meno opportuno-.
-Sempre previdente- la interruppe Ophelia.
-Mi piace di più organizzata, ma fa lo stesso alla fine-.
Ophelia sorrise e aspettò che la sua prozia proseguisse.
-So che sei un po' freddolosa, quindi ho programmato il termostato in modo che tu stia al caldo-.
Ophelia la ringraziò con un cenno del capo.
-C'è un mazzo di chiavi nascosto nella lampada fuori, quella vicino alla porta, e un altro mazzo lo ha il proprietario di quel numero di telefono- e indicò il foglietto.
-Ah sì, l'uomo misterioso- Ophelia assunse una finta aria seria.
-Penso di averti detto le cose fondamentali, comunque ti ho lasciato una piccola lista riassuntiva nel primo cassetto dello scrittoio in camera tua- puntualizzò Nadia.
-Grazie- disse Ophelia, dopo aver mandato giù l'ultimo sorso della sua tisana.
-Divertiti, fai venire delle amiche e spassatevela, i miei amici non vi disturberanno, dato che verranno con me, per cui casa è tutta tua- puntualizzò.
-Grazie per la precisazione- rispose Ophelia con un sorriso divertito. -Spero davvero ti seguano, oppure faranno scappare i miei invitati e diventerei "quella della casa stregata"-
Nadia accennò un sorriso divertito.
-Oggi non sarò a casa per quasi tutto il giorno. Tornerò per le diciotto e trenta, così poi potremo cenare insieme e andrò a letto presto. Durante la mia assenza fai ciò che vuoi, inizia ad ambientarti, visto che sarà casa tua per quasi un mese- Nadia accarezzò delicatamente il dorso della mano della pronipote. -L'unica cosa che ti chiedo è di non lasciar avvicinare il verme del tuo ex nella mia proprietà e, soprattutto, di non lasciarti abbindolare da lui. Sa che sei vulnerabile e farà di tutto per "riconquistarti". So che sei intelligente, ma quando si tratta di sentimenti spesso il cuore vuole tradirci, fa' prevalere la ragione e ricorda quanto male ti ha fatto. Uno così non merita di essere ascoltato, ha avuto le sue occasioni e se le è giocate tutte-.
Ophelia ascoltava in silenzio.
-So che posso sembrare fredda e insensibile...-
-Sei una donna pratica- la interruppe Ophelia. -E ammiro questo lato di te- fece un sorriso a Nadia. -Le esperienze che hai vissuto ti hanno forgiata e non parli per insensibilità, ma forse perché lo sei anche più di me- le si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia. -Grazie di preoccuparti per me- l'abbracciò e le augurò buona giornata.

Una volta sola in casa, Ophelia si chiuse in quella che ormai poteva definire camera sua e si mise a sedere ai piedi del letto; in un primo momento guardò intorno a sé, accorgendosi di quanto era strano tornare a dormire nella stanza che l'aveva ospitata da piccola, quando trascorreva le giornate dalla sua prozia, mentre i suoi genitori lavoravano. Ricordò di quando faceva il pisolino pomeridiano e tutto le sembrava così grande, tranne il letto che condivideva sempre con Eric, il suo migliore amico, quel pensiero la fece sorridere teneramente; istintivamente si stese sul lato in cui Eric era solito addormentarsi ed inspirò a pieni polmoni, come se potesse sentire il suo odore.
"Che scema, è ovvio che non ci sia più. Non ci vediamo da moltissimi anni e la stanza è cambiata".
Nonostante ciò restò lì ferma e si lasciò trasportare dai ricordi: le tornarono in mente le mattinate, di quelle calde estati, passate a giocare instancabilmente a nascondino, a rincorrersi e a dondolarsi sull'altalena, poi il pranzo a casa di Nadia e di come lei desse buona parte della sua porzione di verdura a Eric, a lui piacevano molto sin da piccolino, lei le detestava. Ogni particolare era ancora così vivido nella sua mente, persino piccole cose come lavarsi le mani insieme, mentre Eric provava a fare le bolle col sapone, solo per vedere la sorpresa di lei quando ci riusciva.
-Sei un mago!- esclamava Ophelia entusiasta, dato che lei non ci riusciva mai, e lui accennava un sorriso di compiacimento.
Eric era poco più grande di Ophelia, eppure a lei pareva più grande.
-Sa fare cose che soli quelli grandi grandi possono- affermava Ophelia ogni volta che Nadia le diceva che il suo amichetto aveva solo un anno e mezzo più di lei.
Il più delle volte Ophelia era sul punto di addormentarsi già a metà pranzo, ma faceva l'impossibile per tenere gli occhi aperti, era impensabile fare il pisolino senza Eric, o andavano insieme oppure niente. Nadia portava Ophelia in braccio fino alla cameretta e vicino a lei, attaccato alle sue gonne, c'era Eric. Ophelia si sdraiava su un fianco e Eric faceva lo stesso, in modo che anche mentre dormivano potevano stare faccia a faccia; lei lo cercava, non lasciava che il sonno avesse totalmente la meglio, finché non sentiva che la mano di Eric si chiudeva nella sua.
Ophelia guardò la sua mano ed era vuota, provò un grande senso di malinconia per quei bei momenti.
"Era tutto così semplice da bambini" e mentre formulava questo pensiero si accorse che Nadia aveva lasciato i quadri di Monet. A Eric e Ophelia, svegliatisi dal pisolino, piaceva molto osservare i colori de Le Ninfee, qualche volta immaginavano di essere piccoli piccoli e giocare su quei fiori.
-Sembrano castelli- diceva Ophelia. -Ric, secondo te è possibile che quei fiori, visto le forme che hanno, siano i castelli delle ninfe?-.
Lui la guardava e pareva rifletterci su.
-Che domande, ovvio che sì, altrimenti perché mai si chiamerebbero ninfee- le sorrideva e lei si sentiva la persona più importante del mondo.
Ophelia sorrise ancora, quella risposta le era sempre piaciuta perché aveva un che di logico nella mente di un bambino; dopo si soffermò a guardare Il Giardino Dell'Artista A Giverny, ricordando la volta in cui pioveva, impedendo ai bambini di andare al parco, e di come Nadia prese della carta crespa colorata e ne strappò piccoli pezzi, spargendoli nella stanza, per ricreare il giardino del quadro di Monet. Eric voleva essere un cavaliere dell'armatura scintillante e propose a Ophelia di essere la principessa, ma lei si rifiutò.
-Le principesse non possono fare niente e devono aspettare che qualcuno le salvi. Io invece voglio fare ciò che mi piace: sarò una ragazza che combatte-, poi si rivolse a Nadia. -Zia, esistono cavalieri femmine?-.
-Ad essere sincera non lo so, però nulla è escluso, se vuoi puoi esserlo- le sorrise, accarezzandole il capo. Dopodiché i due bambini si misero a passeggiare nel loro giardino improvvisato e poi crearono il loro accampamento con un lenzuolo posizionato su delle sedie.
Ophelia si alzò e si domandò come stesse Eric, ricordava che l'ultima volta che si erano visti avevano litigato pesantemente, si erano detti delle cose solo per ferirsi, soprattutto lui quando le disse di non averla mai voluta incontrare, dopo che lei gli aveva detto di odiarlo con tutta l'anima.
"Ma è successo anni fa", ora le cose erano diverse. Molto diverse.

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


 
Capitolo 3

Durante la giornata Ophelia continuò a sistemare le sue cose e un paio di volte la chiamò il suo ex fidanzato, ma lei non cedette e non rispose, anche se le costò molto, perché in fondo non si poteva cancellare tutto con un colpo di spugna, pur avendola ferita non era semplice chiudere totalmente, in parte si colpevolizzava.
"La prozia Nadia ha ragione, non è solo colpa mia, ho cercato di salvare la relazione come meglio ho potuto".
Una vibrazione fece sussultare e imprecare mentalmente Ophelia, era così assorta nei suoi pensieri che quel rumore la spaventò, lo sguardo le cadde sul divano: sullo schermo del cellulare, dove c'era scritto la batteria è quasi scarica. 5% rimanente. Prese in mano l'oggetto e il suo stupore fu più che evidente.
-Com'è possibile tu sia già scarico? Non ti ho praticamente usato...- senza nemmeno rendersene conto, si mise a sedere sul divano, fissando l'avviso del cellulare. Il caricabatterie era in camera sua, anche quello portatile, non aveva molta voglia di muoversi, starsene lì, al caldo, su quel divano così morbido e rassicurante, però non poteva nemmeno restare senza telefono, poteva chiamarla Nadia, o qualcuno del lavoro: doveva essere reperibile, così accese la piccola lampada sul tavolino alla sua destra, la giornata piovosa rendeva tutto più cupo e le dieci del mattino sembravano le sette di sera.
Uno scricchiolio improvviso fece sì che un brivido raggelante le percorresse la spina dorsale, Ophelia ricordò la voce, o le voci sentite sott'acqua e cosa Nadia le raccontò al riguardo.
"Perché questi pensieri devono venirmi nei momenti meno opportuni?! Sono sola in casa, c'è uno stridio e io a cosa vado a pensare? Alle anime infernali, ovviamente. Continua così, sei sulla buona strada per morire giovane a causa di un infarto".
Ophelia guardò intorno e non vide nulla di strano, c'era solo silenzio, troppo per i suoi gusti, era così fastidioso che sentì come un sibilo in lontananza.
La lampada si spense all'improvviso e Ophelia si immobilizzò.
"Dannazione!". 
-Chiunque tu sia, non sei divertente- disse ad alta voce, lo sguardo si spostò un po' da tutte le parti, mentre pregava anche in ostrogoto per non trovare nulla di anomalo. -Zia Nadia non c'è, è a lei che devi rivolgerti, io non sono in grado di aiutarti-, stava sudando freddo e il cuore le parve si fosse fermato.
"Ricorda ciò che dice sempre zia: bisogna avere paura dei vivi, non dei morti. Per quanto la frase suoni banale, o insensata, tieni presente che sono spiriti confusi e spaventati. Cercano pace".
Ophelia percepì un pungente odore ferroso, ma naturalmente non si vedeva nessuno e questa era la cosa più inquietante.
-Non so chi tu sia, ma hai scelto il momento più sbagliato per manifestarti- cercò di parlare con tono deciso, quasi di rimprovero, però parve più la voce di chi era spaventato.
"In teoria non dovrei nemmeno percepire questi odori", qualcosa non tornava: a differenza della maggior parte di donne della famiglia, da parte di mamma, lei non aveva il dono di poter interagire con gli spiriti, non aveva visioni (al massimo qualche sogno premonitore, che non riusciva mai ad interpretare), eppure in quel momento sentiva l'odore di un'ipotetica presenza.
Lei era sempre stata quella più "normale", quella più simile ai maschi della famiglia, dato che nessuno di loro aveva mai avuto doni simili, Nadia le spiegò anche il perché: -I metalli hanno delle proprietà molto potenti, come i minerali, se si conoscono e si sanno usare, questi possono esser un grande aiuto. Noi donne siamo più sensibili ad essi, perché sin dalla tenera età ne siamo a stretto contatto. Ti farò un esempio molto semplice: solitamente è nostra usanza che i buchi alle orecchie si facciano quando una bambina è piccolissima, poi, gli orecchini che indosserà saranno d'oro, per evitare cicatrizzazioni varie. L'oro, tra le sue varie proprietà, ha un'azione protettiva, apporta energia vitale e rende limpido ed efficace il pensiero. Tutto ciò permette anche che si potenzi il nostro sesto senso, ecco come mai si usa dire intuito femminile.
Ad ogni modo, essere "normale" non le dispiaceva, Ophelia aveva visto cosa succedeva se uno non era in grado di gestire i propri doni: o impazziva, oppure si toglieva la vita, era capitato a diverse donne della sua famiglia. Questo l'aveva portata a pensare, e convincersi, che era stata fortunata.
-Si vede che sei uno spirito potente se persino io posso, in qualche modo, percepirti. Ti ripeto, però, che non sono la persona a cui chiedere aiuto-.
Ophelia sentì un soffio freddo e ad un certo punto le parve di scorgere un'ombra vicino alla finestre, le tende fruciarono.
"Dannazione! Perché proprio a me?" pensò, quasi lamentandosi.
Deglutì e cercò di mantenere la calma.
-Mia zia, Nadia, sarà qui tra alcune ore, puoi ritornare se vuoi, ma ti prego di smetterla di fare rumore o giocare con la luce- e guardò la lampada ancora spenta.
Con tutto il coraggio che riuscì a trovare, Ophelia camminò verso le scale, doveva ancora recuperare il caricatore.
Il piano superiore sembrava ancora più buio, così lei cercò subito l'interruttore per accendere la luce, in modo da vedere meglio e soprattutto per diminuire la paura che sentiva.
"Forse dovrei uscire invece di restare qui dentro, almeno finché non torna zia Nadia".
L'idea era buona, poteva andare in uno dei due centri commerciali non molto lontani da lì, se avrebbe assistito ad una qualsiasi altra manifestazione ultraterrena le sarebbe preso un attacco.
Ophelia prese il caricatore e la batteria portatile, portò con sé anche la sua borsa e quando uscì dalla sua stanza le luci del corridoio erano spente.
"Oddio!", esclamò mentalmente e si barricò in camera.
"Respira, lui o lei non può farti del male. Cerca si non mostrarti spaventata, vai a prendere ombrello e cappotto e friggi da qui".
Anche se Ophelia era cresciuta in un ambiente in cui il paranormale era all'ordine del giorno, non significava fosse immune alla paura, dopotutto lei non lo aveva mai visto un fantasma e tutti erano consapevoli del fatto che, per natura, gli esseri umani temevano l'ignoto.
Ancora un'altra volta, Ophelia si armò di coraggio e provò a fare ciò a cui aveva pensato poco fa, perché non aveva intenzione di nutrire il sadismo di quello spettro; scese di corsa le scale e si preparò per uscire, solo che, quando fece per aprire la porta, si accorse che era come bloccata.
-Smettila, non è divertente- intanto continuava a provare ad aprire la porta -Fammi uscire!-.
Un altro soffio freddo le scompigliò i capelli e la porta si spalancò, lei cadde e il freddo di fuori la investì. Ophelia ansimava, gli occhi pieni di terrore, avrebbe voluto alzarsi, scappare e dimenticare l'accaduto, almeno momentaneamente, ma il corpo non rispondeva ai comandi, come quando ci si trovava nella paralisi del sonno.
La porta si socchiuse, per evitare che lei restasse così esposta al freddo della pioggia, poi la lucidità sembrò ritornare e Ophelia sbatté le palpebre.
-Anche se mi terrorizzi, io non posso aiutarti. Non perché non ne ho voglia, ma perché non ho le possibilità-.
Spaventarsi era normale, ma lasciare che avesse la meglio era sbagliato, Ophelia non era la persona più coraggiosa del mondo, però sapeva cos'era in grado di fare la paura quando prendeva il sopravvento.
"Porta anche alla morte", lentamente si rialzò e tornò a respirare, fino a qualche istante fa aveva avuto l'impressione di averlo scordato.
Chiuse la porta e serrò la mascella, deglutì e tornò nel soggiorno.
-D'ora in poi questa sarà anche casa mia, ti consiglio di tenere a bada i tuoi trucchetti da morto e ti proibisco di usarmi come il tuo passatempo, se non vuoi finire morto per una seconda volta!- il tono era isterico, anche se a stento tratteneva la voglia di piangere.
Ophelia si lasciò cadere sul divano, prese il caricabatterie e lo collegò al telefono, faticò prima di inserire il cavetto USB nella porta di ricarica, perché le mani le tremavano.
Dopo diversi minuti di silenzio, qualcosa spinse Ophelia a porre una domanda.
-Sei uomo o donna?-.

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


 
Capitolo 4

Ophelia si rese conto che la sua domanda era stata piuttosto vaga, per cui aggiunse una precisazione.
-Se sei uomo non fare nulla, se sei donna sposta quella rivista- ce n'era una proprio lì sul tavolino davanti a sé.
Per una manciata di secondi ci fu ancora silenzio, poi una nota proveniente dal pianoforte la spaventò.
-Santo cielo- le parole uscirono inciampando nel sospiro che lasciò andare. -Capito, vuoi fare il misterioso, o la misteriosa-.
La lampada si riaccese e Ophelia notò un'ombra con la coda dell'occhio, un brivido l'attraversò e cercò di regolarizzare il suo respiro.
-Non importa, non tenere in considerazione ciò che ho appena detto. Non devi per forza dirmi qual è il tuo sesso- anche se era curiosa. -Solo non capisco perché ti sei manifestato ora e non prima, quando c'era la prozia Nadia- sospirò e provò a rilassarsi, i muscoli iniziavano a dolerle.
Ci fu ancora silenzio e Ophelia pensò a quanto doveva sembrare sciocca mentre parlava col nulla.
"Forse se n'è già andato e non mi ha nemmeno sentito".
Restò ferma ancora per un minuto buono, cercando di capire se era di nuovo da sola, per quanto potesse esserlo a casa di Nadia.
Il resto della giornata trascorse normalmente, non ci furono altre manifestazioni, Ophelia poté ricaricare il telefono e si addormentò durante il pomeriggio, mentre guardava la televisione.
Si svegliò solo verso le cinque, Nadia l'aveva chiamata per sapere come stava, Ophelia non accennò nulla riguardo la presunta presenza di spiriti e rispose che andava tutto normalmente.
-Va bene, poi ne riparliamo- disse Nadia, non convinta del tono che aveva usato la pronipote. -Sarò a casa prima del previsto-.
-Ti aspetto- rispose Ophelia ed entrambe si salutarono.
Appena finì la chiamata, la tv cambiò canale e Ophelia si guardò istintivamente intorno.
-La mia prozia sarà qui tra poco, se pazienti ancora un momento potrai comunicare con lei-.
Le luci iniziarono ad accendersi e spegnersi, il pianoforte iniziò a suonare una melodia dai toni macabri.
-Smettila, ti ho chiesto di avere pazienza, così facendo non otterrai niente- Ophelia provò a spegnere la televisione, però il telecomando pareva non funzionare, cercò anche di fermare l'accensione e lo spegnimento delle luci, fallì anche in quello; ad un certo punto le parve di sentire una voce in lontananza, ma non capì cosa avesse detto, sentì ancora quel soffio freddo, che quasi la sfiorò, e tutto cessò.
Ophelia restò ferma immobile al suo posto, cercando di capire cos'era appena successo, deglutì e qualche istante dopo la porta dell'ingresso si chiuse; si voltò immediatamente e sulla soglia del salotto vide Nadia.
-Cos'è successo?- chiese la prozia, però sembrò non rivolgersi direttamente a Ophelia, in piedi in mezzo al salone, tesa come le corde di un violino.
-Con te parlerò dopo- disse Nadia rivolta ad un punto, apparentemente, indefinito, poi il suo sguardo si spostò su qualcos'altro.
Ophelia sbatté le palpebre e sembrò aver appena focalizzato la prozia.
-È tutto il giorno che succedono cose strane- riuscì a dire Ophelia, stringendosi su se stessa.
-Ci penso io- disse Nadia per rassicurarla, poi lanciò una rapida occhiata alle spalle della pronipote e, con un cenno impercettibile del capo, ringraziò. -Vieni, siediti e raccontami tutto ciò che è successo-.
Entrambe presero posto sul comodo divano, Nadia intanto tolse sciarpa e cappotto e poggiò la borsa nera sul tavolino color nocciola lì di fianco.
Ophelia raccontò tutto di quella particolare giornata e Nadia l'ascoltò attentamente.
-È uno spirito molto inquieto- la prozia sospirò e prese una posizione più rilassata. -Ho provato diverse volte a parlarle, ma è instabile, purtroppo ha sofferto molto in vita e i suoi demoni la tormentano anche ora che non fa più parte di questo mondo. Purtroppo questo succede quando lo spirito non accetta di essere morto-.
-Zia, ti rendi conto che tu tra qualche ora non sarai più qui e io mi ritroverò a vivere con un fantasma che ha qualche rotella fuori posto?- disse Ophelia allarmata.
-Non ti conosce, ma le parlerò. Non ti darà fastidio-.
Ophelia non credeva alle sue orecchie, in verità non credeva le stesse capitando tutto quello.
-So che stai attraversando una situazione molto stressante e credimi se ti dico che voglio solo il tuo benessere- seguirono alcuni secondi di silenzio. -Mi ero scordata di lei, perché ormai ho imparato a conviverci e si manifesta di rado, lo fa solo l'anniversario della sua morte, che non è in questo periodo, però ti ha percepito e, siccome sei un'estranea per lei, ha pensato dovesse allontanarti. Voleva aiutarmi-.
-Mi stai dicendo che quegli spettri ti proteggono anche?-.
-Non chiamarli così , non è colpa loro se si trovano intrappolati ancora in questa dimensione, sono anime smarrite che necessitano di aiuto-.
-E noi necessitiamo di pace, non è giusto che ci siano delle persone che, oltre ai loro problemi, debbano addossarsi anche quelli dei morti inquieti-
-Tua nonna era mia sorella, so quanto è stata dura per lei e per te, che, pur non avendo la capacità di comunicare con loro, ti sei vista tirare in mezzo in un mondo non chiesto, ma è ciò che siamo. È ciò con cui dovrai vivere. Respingere questa realtà servirà solo a rendere ogni cosa più difficile, ne hai avuto una dimostrazione con tua nonna-.
Ophelia fu assalita dalla frustrazione, sapere che c'era ben altro oltre a ciò che potevano vedere gli occhi non le creava problemi, eppure c'erano volte in cui quel dono, che quasi tutte le donne della sua famiglia avevano, la uccideva piano e lei avrebbe voluto dimenticare tutto, o non sapere nulla.
"In certe situazioni l'ignoranza può essere un bene", pensò con la rabbia che le scorreva in corpo, come un veleno lento.
-Mi dispiace Lili- disse Nadia sottovoce, ma con l'intenzione di farsi sentire dalla pronipote.
Era da tanti anni che Ophelia non si sentiva chiamare così, quel soprannome glielo aveva dato sua nonna.
-Ho bisogno di uscire- disse Ophelia tra sé e sé, prese il cappotto, la sciarpa e uscì; sentiva caldo lì dentro e la testa iniziava a farle male.
Nonostante fossero passati diversi anni, Ophelia non aveva ancora accettato la scomparsa della nonna e incolpava gli spiriti per questo, era solo colpa loro se lei non c'era più.
Fuori non faceva molto freddo, o forse era Ophelia a non sentirlo, perché ancora presa dalle sue emozioni così contrastanti; camminò fino alla piccola piazzetta poco lontano da casa, tutt'intorno c'erano degli abeti, che sicuramente in estate offrivano un bel riparo dai caldi raggi di sole, era un posto bene illuminato, tanto da notare una coppietta che si scambiava effusioni in una delle panchine verde pino. Le tornò di nuovo in mente il suo ex e si chiese perché tutte a lei.

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


 
Capitolo 5

Era passata pressapoco mezz'ora da quando era uscita e la casa sembrava deserta, per un attimo Ophelia pensò di essere da sola; andò in cucina e trovò Nadia che giocava con una sigaretta tra le dita.
-Ciao- iniziò Ophelia, la prozia si voltò appena -Pensavo fossi uscita, o stessi già dormendo-. -Non ho molto sonno, ma dovrei andare a dormire presto- rispose Nadia -Tu come ti senti?-.
-Diciamo un po' meglio- intanto Ophelia si stava mettendo comoda.
-Direi che sarà meglio mangiare qualcosa e poi a dormire, devo svegliarmi all'alba domani-.
-Zia...- iniziò dicendo Ophelia, prendendo posto vicino a Nadia -Mi dispiace per prima-.
-Lo so tesoro mio- le rispose la prozia, prendendole il viso tra le mani e dandole un bacio sulla fronte, dopo le accarezzò la guancia.
Ophelia sorrise e poi andarono in cucina a sgranocchiare qualcosa.

L'indomani suonarono il campanello e Nadia fece accomodare Eric, che si propose di accompagnarla all'aeroporto perché aveva la giornata libera, lui però ignorava ci sarebbe stata anche Ophelia.
-Zia, hai tutto?- chiese Ophelia scendendo le scale, la cercò lì in giro, poi andò in salotto, pensando si trovasse lì e invece ebbe un'altra sorpresa.
-Eric!- esclamò Ophelia appena vide il suo amico, in piedi davanti al divano.
-Ophelia...- entrambi si guardarono e la sorpresa e l'imbarazzo di lui furono piuttosto evidenti.
-Quanto tempo- aggiunse lei, con fare un po' disinvolto.
-Già- fu l'unica cosa che Eric riuscì a dire, sforzandosi anche di sorridere.
-Mio caro, saresti così gentile da aiutarmi con le valigie?- intervenne Nadia, notando la situazione.
-Certamente- si affrettò a dire lui e uscirono.
Ophelia, intanto, sistemò una ciocca biondo ramata dietro l'orecchio, non sapendo bene come doveva comportarsi.
-Menomale che ci sei sempre tu ad aiutarmi- disse Nadia rivolta a Eric, lui le sorrise mentre sistemava il trolley e il borsone nel bagagliaio.
-Abiti qua vicino allora- intervenne Ophelia, Eric annuì.
-Dove?- continuò lei.
Eric si fermò un momento, stava fingendo di trafficare con il borsone di Nadia, ma smise per rispondere a Ophelia, e anche perché prima o poi doveva salire in macchina e guidare fino all'aeroporto.
-Abito quattro case più in là- chiuse il bagagliaio e incrociò le braccia, Ophelia si sporse per guardare le case e contarle mentalmente.
-Intendi quella color beige?-.
Eric sorrise divertito, il fatto era che anche le altre case (esclusa quella di Nadia) avevano lo stesso colore; quando Ophelia si voltò verso di lui, Eric tornò serio e si schiarì la voce.
-È quella che, poco sotto il tetto, ha disegnata tutt'intorno una specie di fascia rossa- precisò lui, come se volesse dirle "era la stessa che intendevi tu?".
Lei annuì con convinzione e Eric capì che stavano parlando della stessa abitazione.
Intanto, Nadia era salita in macchina e aspettava che i due amici si decidessero a fare altrettanto, per questo motivo finse un paio di colpi di tosse.
Eric e Ophelia tornarono al presente e lui si mise alla guida, mentre lei farfugliò qualcosa, prima di entrare in macchina: -Sei proprio scema! Potevi evitare la domanda sul colore della casa-, roteò gli occhi e sospirò.
Ophelia si decise finalmente a prendere posto anche lei e partirono.
Lungo il tragitto, a tenere in piedi la conversazione fu Nadia, Ophelia e Eric ridevano, però non interagivano mai direttamente tra loro.
"È un bene aver preso posto qua dietro", pensò Ophelia quasi sollevata, non si aspettava un incontro del genere tra lei e il suo vecchio amico d'infanzia. "L'ultima volta che ci siamo visti è successo un putiferio, ma sono passati anni. Forse, però, non abbiamo ancora superato quella separazione così brusca", l'idea la tormentò per tutta la durata del viaggio.
In aeroporto, i due amici rimasero con Nadia finché non arrivò  il momento dei saluti.
-Ci sentiremo, promesso- disse la prozia alla pronipote. -Di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, non esitare a chiamarmi- la guardò come a dire: "Tu sai a cosa mi riferisco".
Ophelia annuì ed entrambe si abbracciarono, poi Nadia si rivolse a Eric, gli sussurrò qualcosa all'orecchio e abbracciò anche lui.
Quando i due amici si ritrovarono da soli, non sapevano bene cosa fare, Ophelia fu tentata di chiamare un taxi e andarsene, ma sapeva che era un'idea assurda e poi che razza di comportamento sarebbe mai stato, non voleva mica peggiorare la situazione tra loro.
-Ti offro un caffè- iniziò Eric, le mani ben nascoste nelle tasche della felpa; quando era imbarazzato, o a disagio, lui era solito fare in quel modo, perché l'idea di non sapere dove mettere le mani lo innervosiva, di conseguenza iniziava a torturarsi le dita e non voleva che gli altri si accorgessero della sua incomodità.
-Volentieri, grazie- rispose lei con una punta di entusiasmo.
Il bar in cui entrarono i due amici era piuttosto accogliente, era in stile minimalista, le pareti erano color panna e, in nero, c'erano disegnate delle brioche, delle baguette e tazzine da caffè e tè, le sedie erano in legno bianco e i cuscini sui sedili sembravano comodissimi.
Ophelia individuò alcune coppiette presenti nel locale e sbuffò, era proprio vero che, quando ci si metteva, la vita sapeva come infierire. Lei e Eric presero posto in un tavolino non molto lontano dalla cassa e si rigirarono tra le mani il menu della colazione.
-Non credevo di trovarti già oggi, sapevo del tuo arrivo, Nadia non faceva che parlarne, ma pensavo che ci saremo visti ancora tra qualche giorno- iniziò a dire lui.
-In teoria mia zia non voleva che mi alzassi così presto, diceva che dovevo riposare, però non me la sentivo di lasciarla andare così, quindi eccomi qui- Ophelia sfogliava distrattamente il menu, tanto sapeva che avrebbe preso un cappuccino e un muffin. Eric sembrava essere della stessa idea di Ophelia, anche se per un istante parve soffermarsi a leggere le varie proposte del bar.
Quando ordinarono, lei bevve un sorso del suo cappuccino e, col cucchiaino, raccolse la schiuma sul bordo della tazza per mangiarla.
Seguì un momento di silenzio, in cui evitarono di guardarsi negli occhi e Eric mangio un pezzo della sua crostata.
-Buona?- chiese lei, dopo aver mandato giù un pezzo di muffin ai frutti di bosco.
-Molto- rispose lui, leccando la marmellata rimasta sul cucchiaino.
-Raccontami cos'hai fatto in tutti questi anni. Da quando me ne sono andata non...- Ophelia si bloccò.
"Da quando me ne sono andata non ci siamo più visti ne sentiti", pensò.
Eric sospirò.
-Non ci siamo salutati nel migliore dei modi- disse lui senza tanti giri di parole, intanto picchiettava l'indice e il medio sulla tazzina da caffè.
Ophelia deglutì.
-Eravamo piccoli, a nessuno dei due piaceva la situazione che si era venuta a creare e, invece di continuare a costruire il nostro legame, ci siamo scagliati l'uno contro l'altra-.
-Avremo potuto cercarci, per chiarirci, ma non lo abbiamo fatto- disse lui, quasi fosse un pensiero tra sé e sé.
-Lo so, forse avevamo paura di un confronto- continuò Ophelia.
-Oppure di un rifiuto, tanto più che eravamo lontani e non c'era modo di spiegarci faccia a faccia- Eric si guardò introno, Ophelia invece era concentrata su di lui -Ci siamo detti cose spiacevoli e risolvere tutto per telefono, o via mail, magari non avrebbe risolto nulla- Eric assunse una posizione più rilassata, si poggiò sullo schienale della sedia e iniziò a giocherellare distrattamente con qualcosa sul tavolo.
-Be', ora siamo qui- aggiunse lei timidamente.
Si guardarono entrambi per un po', forse cercando di capirsi a vicenda, oppure stavano cercando il coraggio di aprirsi l'un  l'altro, o cercavano di riordinare i pensieri, le parole, i sentimenti.
-Non c'è molto da dire- disse Eric ad un tratto -Ho lasciato la scuola a sedici anni e poi ho iniziato a lavorare come muratore. Quel mestiere non faceva per me, però, in quel momento, era ciò che c'era, dovevo assumermi le mie responsabilità. In più i miei erano furiosi e cercavo di compiacerli in tutto quello che potevo, mio padre mi aveva persino avvisato che non c'era posto per i fannulloni a casa sua, quindi o trovavo un impiego o mi mandava al militare- il sorriso che gli incurvò le labbra era un misto di divertimento e tenerezza. -Potrò sembrare antipatriottico, ma piuttosto che il militare mi sarei sparato a una gamba. Così ricorsi ad alcune conoscenze e trovai il mio primo impiego, il muratore appunto- prese fiato e continuò -Dopo circa tre anni, il fratello di quella che, ai tempi, era la mia ragazza, mi propose di lavorare in una autofficina, dove lui era già impiegato da quattro anni. Lavorai lì per ben sei anni, finché una mattina di febbraio il capo ci comunicò che il posto avrebbe chiuso e un po' me lo aspettavo- Eric mangiò un altro pezzo di crostata e dopo continuò -Restai disoccupato per mezzo anno- quel ricordo sembrò svuotarlo, doveva essere successo qualcosa, pensò Ophelia.
-Fu un periodo un po' così- minimizzò lui -Mio padre trovava sempre un pretesto per rinfacciarmi cose successe secoli fa, mi dava del fallito e quindi imparai a costruirmi una corazza e poco a poco le sue parole non mi toccarono più- uno sguardo duro lo incupì.
Anche se l'allontanamento di anni fa non dipendeva da lei, Ophelia sì sentì un po' in colpa per non essergli rimasta accanto, ma soprattutto per non averlo cercato.



NdA
Ciao car* lettore/lettrice
☺️
Spero che fin qui la storia ti piaccia 😌 e scusa se pare stia andando a rilento, però non ho il dono della sintesi 🙈
Volevo anche fare in paio di piccole precisazione:
1) da questo capitolo in poi inserirò 3 parole suggeritemi da alcuni follower di Instagram.

2) Le parole suggerite erano: coraggio, febbraio, responsabilità e me le aveva suggerite un'amica, puoi trovarla su IG col nome di debo_rah229
Se lo vorrai, ci rivediamo nel prossimo  capitolo
🌸

As 💫

P.s. se anche tu vuoi partecipare ad iniziative come quella delle parole, seguimi su Instagram, mi trovi come: @astridvonhardenberg

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


 
Capitolo 6

Parole da inserire: magia, neve, argento
Suggerite da: Miky03005 (Wattpad)
 

Ophelia raccontò a Eric che dopo il diploma aveva fatto svariati lavori e alla fine, insieme ad altre due amiche, aveva creato un gruppo di ragazze che si offrivano come tate e, all'occorrenza, anche babysitter per le mamme del quartiere in cui abitava; ognuna aveva in carico tre bimbi ed erano di età compresa tra i zero e i tre anni, col tempo arrivarono altre ragazze che si offrirono di badare anche a bambini più grandi, dai quattro anni ai cinque.
-In tutto siamo otto ragazze- precisò Ophelia -Non è un'associazione o altro, semplicemente prestiamo un servizio per genitori che non sanno a chi lasciare i loro figli-.
-Interessante- replicò Eric -Io non riuscirei mai a lavorare con i bambini-.
-Lo dicevo anch'io!- esclamò Ophelia con una risata, ricordando tanti anni fa quando pronunciò quelle stesse parole. -Ma è solo questione di capirli-
-Sono piccoli mostri- disse Eric con un tono un poco più basso. -È come se avessero dei poteri magici, che permettono loro di essere furbi e scaltri-.
-Non c'entra la magia, sono solo più bravi a capire certe situazioni, perché dotati di grande sensibilità- Ophelia sorrise ricordando i bambini di cui si prendeva cura. -Sono innocenti, ecco perché molte cose le capiscono meglio, e prima, di noi-.
Eric non replicò, non voleva insistere sul fatto che lui li vedeva come piccole creature diaboliche, non inteso proprio in senso letterale.
-Quali programmi hai per oggi?- domando lui, finendo la crostata.
-Dovrei finire di sistemare le mie cose, ma non è una priorità, per oggi, comunque niente di particolare, molto probabilmente passerò l'intera giornata pensando a...- si fermò prima di dire che avrebbe passato gran parte della giornata pensando alla sua relazione fallita -... A niente e finirei per sprecare un'intera giornata-.
Eric notò un certo imbarazzo, non le aveva ancora chiesto qual era la ragione per cui si trovava da Nadia, ma lo avrebbe fatto in seguito.
-Ti andrebbe di stare un po' insieme?- azzardò lui, pose la domanda senza pensarci troppo, altrimenti si sarebbe trattenuto.
-Volentieri, così ci terremo compagnia- disse lei sorridente e grata per quell'invito.
L'aria tesa di Eric, mentre aspettava la risposta dell'amica, si alleggerì e poté tornare a respirare.
-Dovrei solo passare da casa per darmi una sistemata, ti dispiacerebbe darmi uno strappo?- domandò lei.
-Ti ci avrei portato anche se non me lo avessi chiesto- sorrise lui rassicurante -Ma non capisco perché devi sistemarti, stai bene così-.
Ophelia roteò gli occhi e sorrise scuotendo la testa.
-Cose da femmine-.
Eric non capì bene come avrebbe dovuto interpretare quell'affermazione.
Durante il tragitto del ritorno a casa, i due amici ricordarono le estati trascorse a giocare per tutto il tempo, l'acqua fresca della fontanella del parco, il profumo del pranzo preparato da Nadia (i genitori di Eric lavoravano quasi tutto il giorno come quelli di Ophelia e siccome non potevano permettersi una babysitter, Nadia si offrì di tenerlo insieme alla sua pronipote), sembrava trascorsa un'eternità da quei giorni.
-A che ora passo?- chiese d'un tratto Eric.
-Un paio d'ore- rispose Ophelia, anche se non avrebbe voluto separarsi dal suo amico, ora che lo aveva ritrovato.
-Ok e di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, chiamami. Nadia ti avrà lasciato il mio numero-.
Ora Ophelia capì, quello che la prozia le aveva dato non era il numero di un suo (ipotetico) spasimante, ma di Eric e comprese anche la risposta che le diede Nadia ieri mattina.

-È un tuo spasimante?- domandò Ophelia sventolano il foglietto
-Mio no sicuramente- rispose la prozia
-Cosa vuoi dire?- chiese la ragazza
-Ciò che ho detto- e Nadia assunse un'aria innocente.


-Grazie- Ophelia scese dall'auto e si salutarono.

Era passata un'oretta da quando Eric aveva riportato a casa Ophelia, che si era subito fatta una doccia e aveva iniziato a prepararsi, aveva messo su anche un po' di musica, e tutto andava bene finché iniziò a sentire degli scricchiolii; in un primo momento, pensò fossero i tipici rumori di una casa molto in là con gli anni, poi la musica cessò e tutto cadde nel più totale silenzio.
Ophelia, in cuor suo, sapeva cosa stava succedendo, ma ammetterlo la spaventava. Più o meno tutti erano d'accordo sul dire che quando era presente uno spirito la temperatura si abbassava, non quella volta però; Ophelia aveva i brividi perché era spaventata, aveva paura della presenza che infestava la casa, era certa ce ne fosse una, nel peggiore dei casi anche più di una. Sapeva che certi spiriti, se lo volevano, potevano fare del male.
-Non so cosa tu voglia, sappi solo che zia Nadia non c'è, starà via per un po'- disse con un tono di voce che avrebbe voluto fosse più deciso.
Silenzio.
Ophelia voleva mandar via quello spirito, desiderava una permanenza tranquilla lì, era anche sul punto di dirgli, o dirle, chiaramente di andarsene, però si ricordò le parole di Nadia.
-Le anime che non riescono a lasciare questo mondo vanno capite, hanno bisogno di aiuto. Bisogna creare un dialogo con loro, invece di scacciarle. Ricorda che quegli spiriti sono molto spaventati, più si cerca di allontanarli e più sarà difficile gestire questo dono non chiesto, se una cosa fa parte di te, il compito che ti spetta è imparare a conviverci-.
Ophelia si guardò intorno, provando anche a vedere se magari quella presenza si manifestava, ma niente.
"Forse ha intuito che gli sono un po' ostile e se n'è, momentaneamente, andato", si disse mentalmente. "Nonna, dammi la forza per favore", pregò e prese un paio di respiri profondi.
-C'è qualcuno?-.
Niente, nemmeno il più piccolo scricchiolio, Ophelia aspettò ancora un momento, solo che non avendo risposta si sentì sciocca. Girò su stessa, cercando di individuare il più piccolo cenno da parte del fantasma, ma non percepì assolutamente niente.
-Si può sapere a quale gioco stai giocando? Provi ad attirare la mia attenzione e quando ce l'hai ti nascondi- Ophelia serrò le labbra e sbuffò, poi deglutì e prese un respiro profondo, che lasciò andare lentamente.
-Non voglio sembrarti antipatica, ma il fatto è che non so come comunicare con te- intanto si guardava attorno, le veniva naturale cercare lo spirito. -Percepisco la tua presenza, soltanto questo-. Giocherellò con la collanina d'argento che portava, lo faceva ogni volta che era nervosa. -Devi aiutarmi anche tu, altrimenti non ne verremo mai a capo- pronunciate quelle parole, poco a poco, si rilassò e attese paziente un segnale.
Passarono alcuni minuti, però non successe nulla.
"Un mese intero così e mi porteranno dritta alla neuro. A patto che resista un mese", si lasciò sfuggire un sospiro stanco e fu sul punto di riprendere a prepararsi, quando sentì uno scricchiolio e si fermò quasi di colpo.
Ophelia deglutì e restò in ascolto, poi il suo foulard scivolò dal letto.
Portò le mani sulla bocca, come se volesse soffocare un grido.
"Santo cielo", pensò angosciata. Pian piano scostò lentamente le mani dalla bocca e dischiuse le labbra.
-Sei tu, la presenza di prima?- chiese con un certo timore, non era sicura di volerlo sapere, ma fare finta di niente non avrebbe portato da nessuna parte.
"Che sciocca, forse era in una posizione tale che è bastato un piccolo movimento per farlo scivolare", lo sguardo si posò sul punto in cui fino a pochi istanti fa c'era il foulard, ma era improbabile che fosse caduto a terra da solo, era quasi in mezzo al letto; con molta lentezza si chinò per prenderlo e sentì una brezza fredda come la neve.
In un istante Ophelia si trovò faccia a faccia con qualcuno ed entrambi si alzarono contemporaneamente, lei stringeva il foulard come se fosse la sua ancora di salvezza.
Ophelia era rigida come una statua e l'ospite la guardava con esitazione.
-Voi potete vedermi?- domandò l'entità con sorpresa e incredulità.
A Ophelia quella voce parve lontana, anche se riempì ampiamente il silenzio circostante.
-Vi prego, ho bisogno che mi aiutiate-.
Ophelia faticò a deglutire, sentì come se avesse ingoiato frammenti di vetro.
-Siete confusa, lo so perché anch'io mi sento così- disse l'entità. -Ma posso rivolgermi solo a Voi-.
Se lei avesse potuto scomparire lo avrebbe fatto.
-Chiedo il Vostro aiuto perché non so cosa devo fare-.
Ophelia era come paralizzata, non per la paura ma perché poteva vedere qualcuno che, prima di quel momento, era stato invisibile; distolse lo sguardo, se continuava a guardarlo voleva dire non poter più fingere di trovarsi sola in casa.

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


 
 
Capitolo 7

Parole da inserire: galassia, districare, tappeto
Suggerite da: V.Axel (Wattpad)

L'aria sembrava pesante, per un attimo Ophelia si sentì come in apnea, i muscoli irrigiditi facevano sì che il corpo le dolesse e d'improvviso di nuovo silenzio.
Chiuse gli occhi, con la sciocca speranza che l'accaduto di qualche istante fa fosse un gioco distorto della suggestione, lei non poteva nemmeno vederli i fantasmi, perché mai sarebbe successo tutto ora?
-Siete molto pallida, se svenite Vi consiglio di stare lontana da tavoli, o spigoli vari, dato che io non posso prenderVi?-.
Lei si morse il labbro e pregò perché tutto svanisse.
"Non voglio sentire niente. Non ho sentito niente".
Ophelia riaprì piano gli occhi e guardò davanti a sé: la figura d'altri tempi era ancora lì.
"Maledizione!" esclamò mentalmente.
-Perché posso vederti?- chiese lei con un certo timore.
Lo Spirito la guardò e restò in silenzio.
-Non importa- disse Ophelia -Per riposare in pace devi passare oltre, giusto? Ok, allora, solitamente zia Nadia chiede se si vede una luce- Ophelia pareva presa da un momento di delirio, si stava agitando, parlava troppo rapidamente. -La vedi?- respirava a fatica, sarebbe potuta davvero svenire.
-No-
-Dannazione!- disse col respiro corto -Non respiro- si lasciò cadere sul letto e portò la mano al collo, come se cercasse di liberarsi da chissà quale forza invisibile, che la attanagliava.
La Presenza cercò di farle aria, ma servì a ben poco.
Ophelia strinse la mano all'altezza del cuore e strizzò gli occhi un paio di volte, ebbe l'impressione che il cuore le sarebbe scoppiato, iniziò a tremare, una sensazione di nausea si fece sempre più pressante. Alzò lo sguardo verso il soffitto e iniziò a respirare con la bocca aperta, come se ogni boccata d'aria fosse un po' di vita assorbita.
La Presenza la prese per le braccia e tutto svanì, come risucchiato da un vortice invisibile, Ophelia tornò con lo sguardo verso lo Spirito e sgranò gli occhi, restando ferma immobile; l'orribile sensazione di poco fa parve solo frutto della sua immaginazione.
Il telefono squillò e per poco a lei non venne un infarto: era un messaggio di Eric.
Ophelia lo lesse almeno quattro volte, non riuscendo a capirne il contenuto, e poi poggiò con molta calma il telefono sul letto, come faceva a spiegare al fantasma che aveva da fare? Come faceva a dirgli che al momento non poteva aiutarlo?
Suonarono il campanello e Ophelia sussultò, la Presenza svanì e tutto sembrò aver fatto parte di un'illusione.
Lei si guardò intorno, confusa, e cercò di dare un senso logico a ciò che era appena accaduto, ma il campanello la distrasse, notò anche il tremolio delle mani; era scossa, non poteva farsi vedere in quelle condizioni, però non poteva nemmeno dare buca a Eric.
"Cerca di tranquillizzarti Ophelia, altrimenti spaventerai Eric e poi come potrai spiegargli che hai appena visto un fantasma?", lui sapeva che Nadia era in grado di comunicare con "creature ultraterrene" e, per un periodo, questo lo aveva spaventato, ma poi imparò a capire perché a lei era stato quel dono.
Ophelia, tutto bene? fu il messaggio che lesse nella notifica arrivata pochi istanti fa.
Scendo subito rispose e andò ad aprire.
-Sono in anticipo?- disse lui, vedendo Ophelia ancora coi capelli bagnati e con indosso una tuta scolorita.
Eric notò che qualcosa non quadrava ed entrò.
-Stai bene?- domandò chiudendosi la porta alle spalle.
Ophelia non rispose, lo guardò con uno sguardo confuso, incrociò le braccia e andò in salotto, lui, senza dire niente, la seguì e aspettò di avere una qualsiasi risposta.
-Non sono sola in questa casa- bisbigliò lei
-Nella casa di Nadia non lo si è mai- ironizzò Eric
-No, intendo proprio che ho visto qualcosa-.
Lui tolse la sciarpa e si mise più comodo, cos'era questa storia?
-Pensavo non potessi vedere i fantasmi- rifletté lui.
-Esatto, non posso! Però questo l'ho visto. È stato stranissimo, era come parlare con un ologramma, ma meno digitale e più spettrale- lo sguardo fisso nel vuoto, come se in quel modo stesse richiamando la sensazione provata poco fa. -Vedevo attraverso la sua figura- rabbrividì e si rannicchiò sul divano, mentre Eric cercava di immaginare come doveva essere stato.
-Ora è qui?- lui si guardò in giro, come se avesse potuto anche solo percepire il fantasma. Ophelia scosse la testa.
-Te la senti di uscire? O magari potremo andare da me, se vuoi-.
Ophelia alzò lo sguardo e sembrò valutare attentamente le due possibilità a sua disposizione.
-Credo sia meglio uscire, se tornasse non saprei cosa fare-
-Ok, allora andiamo- Eric le tese la mano e Ophelia restò a guardarla, riprendendo, poco a poco, una posizione più normale.
-Mi accompagneresti in camera?- chiese con un filo di voce -Resti fuori finché non mi cambio-
-Ok- replicò lui con un sorriso rassicurante, voleva che Ophelia, in un gesto così semplice, potesse capire cosa desiderava trasmetterle. Lei gli prese la mano e salirono al piano di sopra.
Una volta fuori casa Ophelia si sentì più al sicuro e la presenza di Eric era un grande supporto.
"Proprio come quando eravamo piccoli".
-Hai preferenze su dove andare?- domandò lui.
Fuori era nuvoloso, forse tra qualche ora avrebbe piovuto, le persone erano più coperte del solito e qualcuno aveva con sé anche un ombrello.
-Credo sia meglio stare al coperto, anche dopo pranzo- disse lei, sistemando il foulard per evitare di prendersi il mal di gola.
-Maledizione- borbottò
-Che c'è, hai dimenticato qualcosa?-
-No, niente- tolse il foulard e lo mise dentro la borsa, alzò la cerniera della giacca fino a coprirne il collo e mise il cappuccio, aveva i capelli ancora umidi e non voleva rischiare di prendersi un malanno.
Salirono in macchina e si diressero al centro commerciale.
Ophelia guardava dal finestrino con aria assorta, ripensava al momento in cui aveva visto la Presenza, a ciò che le aveva detto e a quell'orribile sensazione, simile a un attacco di panico, che aveva provato.
Eric ogni tanto lanciava qualche occhiata alla sua amica, quell'incontro l'aveva scossa, poteva solo lontanamente immaginare quanto potesse essere stato inquietante,  però non gli dispiaceva poterle stare accanto in quel momento di bisogno, avrebbe anche voluto avere qualcosa di intelligente da dire, ma ne uscì una domanda che reputò banale. 
-Quanto resterai da Nadia?- voleva distrarla dal suo incontro.
Ophelia si voltò lentamente verso di lui e pensò fosse meglio scordarsi, almeno per un po', del suo incontro spettrale.
-Ancora non lo so di preciso- rispose con un leggero imbarazzo. -Ma appena troverò una sistemazione andrò via-.
Eric annuì e picchiettò le dita sul volante: erano fermi a un semaforo rosso, intanto morse l'interno della guancia, cercando di dire qualcosa per distrarre Ophelia e impedirle di chiudersi ancora nei suoi pensieri. 
-Dove abitavi prima?- domandò lui
-Zona Isola. Tu, invece, hai sempre abitato vicino a zia Nadia?-
-No, sono lì da circa una ventina di giorni. Prima stavo su Viale Sarca, un po' dopo la Collina dei Ciliegi, non so se hai presente, comunque tra poco ci passiamo- Eric strinse il volante e si schiarì la voce.
Ophelia restò un momento a guardarlo, ricordando quanto, da bambini, le piaceva osservarlo mentre dava a tutti le indicazioni riguardanti il gioco da fare, indipendentemente da chi lo sceglieva; Eric era in grado di prendere in mano una situazione, anche non propriamente sua, e farsi ascoltare, proprio per questo motivo, molti lo trovavano antipatico, lo consideravano solo un comandino, ma non lei, anche se delle volte nascevano certi attriti tra loro, perché entrambi indipendenti e con forti personalità, Ophelia sapeva quanto Eric era in grado di dare, una volta che lo si conosceva, era un buon amico.
Ophelia sorrise fra sé e sé.
-Ecco, abitavo lì- e, con l'indice, Eric provò a indicare uno stabile.
Ophelia si voltò per guardare e poi tornò con lo sguardo sul suo amico, prestando particola attenzione alle nocche giallastre, stava stringendo troppo il volante, e si accorse anche di una certa inquietudine, ma non fece domande.
Arrivati al centro commerciale andarono subito in uno dei ristoranti e ordinarono il loro pranzo, sedendosi a un tavolo un po' appartato, così da poter chiacchierare tranquillamente; avevano così tanto da raccontarsi che non sarebbe bastata una giornata, poi arrivò la domanda che Ophelia avrebbe voluto evitare.
-Come mai sei da Nadia?- Eric diede un morso al suo cheeseburger e attese la risposta si Ophelia.
Nonostante l'imbarazzo del momento, Ophelia cercò di raccontare la sua storia in modo semplice e chiaro, cercando di non giustificare il suo ex, ma nemmeno di scaricare tutta la colpa su di lui.
"In fondo è anche colpa mia se non ha funzionato, non ho voluto ammettere che qualcosa andava male", pensò lei.
-Mi sono separata- sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e bevve un sorso del suo tè alla pesca, come se da questi due gesti avesse tratto il coraggio di proseguire e raccontare qualche altro particolare.
-Lui mi ha tradita- disse senza pensarci troppo -C'era poca comunicazione, in più ho capito che non sempre gli opposti si attraggono- la sua rivelazione fu accompagnata da una smorfia di disappunto.
-Sicuramente la poca comunicazione tra voi ha giocato un ruolo in tutto questo, parlare è importante per capirsi e conoscersi meglio, ma dev'esserci anche quel sentimento che ti spinge a voler costruire una relazione nonostante la routine- ricordava ancora ogni singola parola e, soprattutto, chi gliele aveva dette, deglutì e per un attimo fugace si perse nei suoi pensieri, sfregando il pollice sull'anulare, come se a quel dito stesse portando un anello.
Andarono avanti a parlare, camminarono per tutto il centro commerciale, poi arrivò il momento di andare e Eric chiese a Ophelia se se la sentiva di restare a casa da sola, lei non ne era del tutto convinta, ma gli disse una bugia e quando la lasciò davanti casa lo salutò con un sorriso pieno di gratitudine.
-Ti ringrazio per la bella giornata-
-È stato un vero piacere-.
Ci fu un attimo di esitazione, ma alla fine Ophelia gli diede un bacio sulla guancia ed entrò in casa con un sorriso sulle labbra. Però c'era ancora una faccenda in sospeso e aveva l'aspetto di un militare di circa tre secoli fa.
-Dio santissimo!- esclamò lei quando accese la luce e trovò lo Spirito in mezzo al salotto.
-Ti prego, non stasera, fammi vivere ancora un po' questa sensazione di tranquillità-.
Ophelia andò in camera sua, tirò fuori dei vecchi album di foto (Nadia li teneva nell'armadio lì in camera) e si sedette sul tappeto per sfogliarli, era pazzesco come riusciva a ricordare ogni momento legato a quegli scatti, la Presenza intanto stava in piedi davanti allo scrittoio, poi lei iniziò a raccontare i suoi ricordi.

L'indomani il telefono fece sussultare Ophelia e il ricordo della sera precedente le tornò subito in mente.
-Pronto, zia- e iniziò così la conversazione tra Nadia e Ophelia, che le raccontò dello Spirito.
-L'ho già visto in casa, si è curato di te quando l'altro spirito tormentato creava scompiglio. Credo ti debba occupare tu di lui- disse la prozia dall'altra parte.
-Perché io? E cosa vuol dire che si è occupato di me, perché?- domandò Ophelia confusa e allarmata.
-Tesoro, è il Tuo fantasma- rispose Nadia come se fosse la cosa più ovvia.
-Non capisco- continuò Ophelia, con l'angoscia che la opprimeva.
-È venuto con te, quindi è il tuo Spirito-.
Silenzio.
Ophelia restò interdetta per quella rivelazione.
-Io non ho nessuno Spirito, non mi serve, non saprei cosa farmene- fargugliò.
-Non è una scatola vecchia, piuttosto cerca di aiutalo, ha bisogno di te e abbi pazienza, non ricorda quasi niente della sua vita, probabilmente è morto in maniera improvvisa. Fagli domande specifiche, altrimenti lo confonderai- precisò Nadia.
-Cosa vuol dire fare domande specifiche? Zia, ho già i miei problemi, non posso risolvere anche quelli di un fantasma!- Ophelia si stava innervosendo.
-Magari lui è la tua spinta per andare avanti. Il tuo ex ormai è un ex, non c'è motivo perché tu debba perderci altro tempo. Gli hai dato troppo e lui non ha mai saputo apprezzarlo, adesso preoccupati solo di te stessa. Metabolizza e chiudi questa porta-.
Ophelia restò in silenzio, pensando alle parole che le erano state appena dette.
-Non so come fare- la voce spezzata
-Ce la puoi fare- la incoraggiò Nadia.
Ophelia non disse niente.
-Per qualsiasi cosa sono qui, sarò lì con te anche a distanza, soprattutto quando il cuore farà male-.
Ophelia trattenne la voglia di piangere.
-Ci hai creduto e hai fatto ciò che potevi per rimettere insieme i pezzi della tua relazione, per l'ennesima volta, ma una coppia è fatta da due persone ed entrambi devono volerlo. Lui si è impegnato abbastanza? Ovviamente no. Ha preferito evitare il problema e darsi alla "spensieratezza", non ne vale la pena-.
-Lo so- replicò Ophelia con amara consapevolezza. -So che non vale quanto credevo, però mi sento ugualmente delusa. E tradita- soffocò il pianto che voleva uscire prepotentemente.
-So che è dura-.
E Ophelia era consapevole di quanto Nadia la capisse.
-Ma ricorda che le cose succedono per una ragione. Ora fai un bel respiro profondo, se vuoi piangere fallo, resterò qui con te tutto il tempo che ti servirà, poi però non lasciarti sopraffare dal dolore. Pensa che il tuo Spirito ha bisogno di te-.
Ophelia deglutì.
-Ho paura zia, se non riuscissi ad aiutarlo?- chiese sotto voce
-Sciocchezze, tu ce la farai, perché ce l'hai nel sangue questo dono-
-Perché proprio ora?-
-I tuoi sensi sono più acuiti, per via del tuo stato d'animo, e questo fa sì che accadano certi avvenimenti. In breve: la tua attuale situazione emotiva ha portato a tutto questo. Ma non pensare troppo ai perché e ai per come, concentrati sul da farsi-
-Grazie zia- bisbigliò Ophelia dopo un respiro profondo.
-Ribadisco: sarò sempre qui per qualsiasi cosa-.
Si salutarono e la chiamata terminò, Ophelia cercò di elaborare tutte le informazioni possibili, dopodiché uscì dalla sua stanza; attraversò il corridoio e iniziò a scendere le scale.
-Ci sei ancora?- chiese con un po' di timore, avrebbe tanto voluto che lui non rispondesse, per un secondo si sentì anche scema per aver parlato a vuoto.
Si sentiva solo il ticchettio dell'orologio in salotto e, non avendo risposta, Ophelia continuò a scendere le scale per raggiungere la cucina.
-Oddio!- esclamò lei non appena vide la Presenza davanti alla finestra.
Lui si voltò e restò a guardarla, come se avesse appena realizzato che non era solo in quella casa.
Ophelia prese un bel respiro profondo e provò a ricominciare daccapo, voleva districare quell'insolita situazione e per farlo le occorreva fraternizzare con quell'entità, solo così se ne sarebbe liberata e avrebbe potuto pensare a se stessa.
-Cosa ricordi, esattamente, di quando eri in vita?- chiese lei di punto in bianco, d'altra parte non aveva senso girarci troppo intorno.
La Presenza non si mosse per diversi secondi, ci stava forse pensando?
-Non molto- rispose infine.
-Allora dimmi quel poco che ricordi-.
Lo Spirito si guardò intorno, come se quell'ambiente lo stesse aiutando a ricordare.
-E non tralasciare nessun dettaglio- aggiunse poco dopo lei.
Ophelia non capì bene se fosse stata solo un'impressione, oppure qualcosa c'era veramente stata, ma sul viso della Presenza comparve un'espressione di insicurezza e colpevolezza.
-Persone, abiti, luci- rispose infine lui, lei aspettò che continuasse, ma non lo fece.
"Non c'è che dire, è stato molto conciso", pensò Ophelia.
-Nient'altro?- domandò lei, per sicurezza.
Lui scosse il capo.
-Non ricordi nemmeno un posto? Magari una strada, oppure una casa?-.
Lui scosse nuovamente il capo.
-Non è molto su cui lavorare- disse Ophelia, come se in qualche modo cercasse di spingerlo a ricordare dell'altro.
-Mi dispiace, ma è tutto ciò che ho- replicò lui.
-Non importa- e Ophelia lasciò andare un sospiro. -Indossi un'uniforme, quindi dovevi essere un militare- osservò gli abiti d'epoca dello Spirito e si spostò verso il tavolo, così da poterlo guardare meglio: nonostante la barba e i capelli un po' lunghi, non pareva tanto in là con gli anni.
-Devi essere mancato che avevi poco più della mia età., però come spirito sei piuttosto antico, visti gli abiti- Ophelia si stranì un po', Nadia le aveva sempre detto che più un'anima restava nella dimensione dei vivi e più si allontanava dalla pace, quello che aveva davanti doveva avere per lo meno tre secoli, eppure non pareva in balia del tormento.
-Tu non dovresti stare qui-.
-Lo so- disse la Presenza, quasi con ovvietà.
-No no, intendo che sei troppo antico per avere anche solo dei vaghi ricordi, dovresti essere un'anima in pena, errante, intrappolata in un limbo. Invece sei qui- tutto ciò risultava strano.
La Presenza e Ophelia si guardarono per alcuni secondi, dopo lei riprese la parola.
-Non hai un particolare accento, per cui devi essere del posto, di qui. Piuttosto dimmi, le persone che ricordi erano tue amiche, o solo conoscenti?- lei intanto iniziò a prendere appunti su un blocchetto, lo stesso che Nadia usava per la lista della spesa.
-Credo conoscenti- rispose incerto.
Ophelia storse la bocca e iniziò a tamburellare le dita sul tavolo.
-Immagino vivessi in un palazzo, la tua uniforme non mi pare quella di un comune soldato, sicuramente avevi un grado, magari di una certa importanza, e il tuo compito era proteggere qualche nobile, o addirittura dei reali-.
-Non credo, forse proteggevo i civili-.
-Cosa te lo fa pensare?-
-I volti che vagamente ricordo erano di gente comune-
-Forse proteggevi nobili e mantenevi l'ordine nelle loro terre-.
Lui rifletté su quell'affermazione.
Ophelia si rigirò la penna tra le dita, con fare distratto, e d'improvviso se ne uscì con un'altra domanda: -Sai almeno perché sei qui? Intendo in questa casa-.
Ophelia sapeva che gli spiriti tornavano in posti a loro molto familiari, come casa propria, oppure il luogo in cui avevano lavorato.
-Non saprei, so solo che ad un certo punto è come se mi fossi svegliato e mi sono trovato con Voi-.
Lei mordicchiò la penna e parve riflettere sulla risposta.
-Cercheremo di chiarire anche questo punto- lo segnò nel foglietto e lo sottolineò diverse volte.
-Ricapitolando: di te so che eri un militare, dovevi essere di queste parti, intendo di questa città, e sei un fantasma smemorato- accennò un sorrisetto divertito e guardò lo Spirito da sotto le sopracciglia. -Ciò, però, vuol dire che...- quest'ultima affermazione le morì sulle labbra.
Sua nonna e Nadia le avevano raccontato che quando lo spirito non ricordava nulla, o molto poco, della sua vita terrena era per due motivi: il primo indicava una morte improvvisa, violenta, e il secondo era dovuto al fatto che si trovava da troppo tempo nella dimensione dei vivi e i ricordi andavano via via svanendo.
-Cosa vuol dire?- domandò la Presenza impaziente.
-Devo farti andare via da qui, al più presto, il fatto che tu abbia perso gran parte dei tuoi ricordi non è per niente un buon segno-.
-Altrimenti? Finirò all'inferno?- domandò lui con un tono piatto.
-Peggio. Finirai nell'oblio, un limbo eterno, il tormento sarà l'unica realtà che conoscerai fino alla fine dei giorni- piuttosto drammatico, però era ciò che le avevano sempre detto: la "mente" di questi fantasmi si annebbiava, i tormenti a cui erano sottoposti ogni momento, di quell'esistenza dannata, erano troppi. Un'infinita agonia, non potevano morire e tanto meno rivivere. Condannati alla follia eterna.
Lo Spirito, intanto, taceva, ascoltava quella quiete come se fossero parole lontane.
La tranquillità fu interrotta dalla vibrazione del cellulare, era il suo promemoria che le ricordava ciò che doveva fare quella giornata e Ophelia sembrò tornare da un altro pianeta, anzi da un'altra galassia, in cui si era confinata.

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


 
 
Capitolo 8


 
Parole chiave: termosifone, sabbia, calzini
Suggerite da: althaia.stories (su Instagram)
 
 
Fare colazione insieme ai vecchi amici era un buon modo per iniziare la giornata.
-Dovremo fare così sempre- intervenne Brendan, dopo aver mandato giù l'ultimo sorso del suo tè verde.
-Concordo- dissero Ophelia e André all'unisono, Eric invece se ne stava in un angolo, era quel genere di persona che al mattino preferiva il silenzio.
-Oggi girerò un corto, il problema è che l'incaricata dei costumi non potrà esserci, perché ha avuto un imprevisto- disse Brendan ad un certo punto.
-Hai già trovato qualcuno che possa sostituirla?- domandò Ophelia.
-Il budget non è alto, di conseguenza dobbiamo arrangiarci con ciò che abbiamo e alcuni di noi stanno facendo tutto gratis-.
Ophelia restò in silenzio per alcuni secondi, poi propose la sua idea.
-Posso aiutarti io, devi solo dirmi cosa fare. In più, oggi, non ho molto da fare-.
-Non potrò pagarti...- disse Brendan con un sospiro.
-E secondo te mi sto offrendo di aiutarti per soldi? Piuttosto sei tu che stai facendo un piacere a ne, se accettassi, perché in linea generale ni aspetta una giornata noiosa- replicò lei, non era del tutto vero, dato che doveva aiutare una certa Presenza ad andare oltre.
Brendan allora accettò di buon grado.
-Dato che gli abiti di scena mi sono stati prestati, avrai una lista con la descrizione di ognuno  di essi, dovrai solo controllare che non siano danneggiati e poi che ognuno abbia il cartellino col nome dell'attore, o attrice, a cui corrisponde. Se ci fossero problemi me lo farai sapere subito, cosicché riferisca quali capi erano già difettosi prima del loro arrivo a me-.
-Capito- disse Ophelia.
-Poi ti mando un messaggio con più dettagli, ad esempio l'indirizzo e l'orario- Brendan si alzò per spegnere il piccolo termosifone elettrico, l'ambiente ormai si era riscaldato.
André si scusò, ma doveva prepararsi e scappare al lavoro.
Ophelia restò ancora qualche altro minuto e poi tornò a casa.
 
Ophelia mandò giù l'ultimo boccone di insalata e guardò il suo nuovo ospite a sorpresa, seduto su uno sgabello davanti alla finestra della cucina.
-Ti ricorda qualcosa ciò che stai guardando?- chiese lei e bevve un sorso d'acqua.
-No. Più mi sforzo e più i ricordi sembrano sfuggire- il tono di voce era lo stesso di qualcuno di molto frustrato.
-Stai adottando la tattica sbagliata, sai cosa faccio io quando non mi ricordo?-
Lo Spirito si voltò verso di lei con aria scettica.
-Non ci penso più. Lascio che quello sforzo, a cui mi sto tanto aggrappano per ricordare, vada via-.
La Presenza quasi sbuffò, pensò fosse un consiglio sciocco.
-I ricordi sono come farfalle: più si inseguono e più sfuggono. Sono loro che verranno da te, libera la mente dalla costrizione e vedrai che ogni ricordo riemergerà-.
-Il tempo è proprio quello che non ho. Se voglio andarmene devo ricordare-.
Lo Spirito aveva ragione. -Anche se in un certo senso qualcosa mi trattiene- disse poi con un tono più basso, quasi non volesse farsi sentire.
-Qualcosa tipo cosa?- domandò Ophelia piuttosto incuriosita.
-Non lo so esattamente, è come se...- col pollice della mano destra, la Presenza iniziò a sfregare leggermente il dorso della mano sinistra.
-Ho capito!- esclamo lei, come se avesse avuto un'illuminazione divina. -Hai una faccenda sospeso!-.
Lo Spirito guardò Ophelia per alcuni istanti e poi distolse lo sguardo, con quel movimento alcune ciocche castane scure andarono a nascondersi sotto al colletto dell'uniforme e per un millesimo di secondo lei lo trovò familiare.
-Non penso si tratti di quello- disse lui con una certa impazienza, come se Ophelia avesse detto una stupidaggine.
-Non vedo altro motivo per la tua permanenza qui. Hai detto di non aver visto nessuna luce e poco fa hai precisato di avere l'impressione che qualcosa ti trattiene. A casa mia due più due non fa dieci, parlano i fatti-.
La Presenza si voltò verso di lei, tempo un battito di ciglia e fu davanti a Ophelia, faccia a faccia.
-Non ricordo nemmeno chi sono, come posso ricordare se ho una faccenda in sospeso?- il modo in cui lui pose la domanda, lo sguardo penetrante, che fece sembrare i suoi occhi blu ancora più profondi, la barba che su alcune parti sembrava più chiara, quasi ramata, gli conferivano l'autorevolezza di un Generale.
Ophelia trattenne quasi il fiato per quell'autorità e quell'avvicinamento repentino.
-Lo so che non è semplice, ma da qualche parte dovremo pur partire, no?- rispose lei con una certa stizza. -Ho notato che sulla spalla sinistra c'è come uno stemma, inizieremo da lì-.
Entrambi si spostarono in salotto e Ophelia prese il cellulare per digitare varie parole che potessero portarla a quello stemma: una quercia e un unicorno. Ma non trovò nulla, c'erano vari stemmi con solo uno dei due elementi, però nessuno con entrambi.
-Ho solo scoperto che la quercia simboleggia la forza, la longevità, e la durezza. È un albero di lunga vita e appartiene alla specie di piante più forti. Era considerato sacro dai Celti, ma non solo, anche i Greci e i Romani pensavano lo fosse- Ophelia guardò la Presenza, cercando di capire se magari quella piccola informazione poteva aiutare, ma niente. -L'unicorno, invece, rappresentare l'umiltà ed è simbolo di nobiltà e purezza. Sicuramente uno stemma ricco di significato, forse era una piccola famiglia, quella per cui lavoravi-.
-O forse hanno fatto qualcosa di così terribile che, per punizione, hanno cancellato qualsiasi loro traccia- disse la Presenza con lo sguardo perso nel vuoto. -Era comune in passato- concluse, con aria severa.
Ophelia sentì un brivido e si domandò se il "suo" fantasma non fosse un assasino, non voleva aiutare un criminale, ma per il momento ci sarebbe andata cauta, trarre conclusioni affrettate avrebbe solo complicato le cose.
-Anche se fosse come dici, tu non eri parte di quella famiglia, lavoravi per loro e basta-.
-Potrei aver preso parte a un omicidio- la Presenza spostò lentamente lo sguardo su Ophelia, che si sentì immobilizzata, voleva per caso spaventarla?
Lei lo osservò meglio e notò paura e rimorso.
-Secondo me eseguivi solo gli ordini. Magari non potevi fare altrimenti- Ophelia stava per continuare, ma lo Spirito si portò le mani alla testa e sbatté le palpebre diverse volte.
-Cos'hai?- chiese lei preoccupata, balzando in piedi.
La Presenza, forse, stava ricordando qualcosa.
Ophelia non fece niente, se un ricordo stava affiorando interromperlo era sicuramente un'idea da tralasciare, anche se si trattava di qualcosa di spiacevole.
Fu questione di una manciata di secondi, ma la Presenza li percepì come un lasso di tempo troppo lungo, vedere ciò che la sua mente stava proiettando lo spaventò e non fece altro che accrescere la sua angoscia e senso di colpa, il che era strano dato che gli spiriti non provavano più certi sentimenti mortali.
Poco a poco tutto tornò alla quiete, la presenza cercò di focalizzarsi su Ophelia.
-Tranquillo, è finita- lo rassicurò lei e si ricordò di quando aveva avuto quella specie di attacco di panico, la prima volta che si erano visti.
Qualche istante dopo la Presenza si ricompose.
-Cos'hai visto?- chiese Ophelia dopo un po'.
-Dei volti, mi chiedevano aiuto- restò sul vago, non se la sentiva di raccontare tutta la verità.
-Qualche altro particolare? Per quanto possa sembrarti inutile, raccontamelo ugualmente, ogni dettaglio ci aiuterà a mettere insieme i pezzi- disse lei speranzosa.
-Non lo so, non ricordo!- esclamò lui con foga, gli oggetti lì intorno tremarono e Ophelia si spaventò, poi lo Spirito scomparve.
Calò un silenzio raggelante, Ophelia deglutì e chiamò la Presenza un paio di volte. Niente.
Cos'era appena successo? Perché aveva reagito in quel modo?
"Forse l'ho oppresso troppo, avrei dovuto dargli un po' di tempo per mettere insieme i frammenti dei ricordi" si lasciò cadere sul divano e si massaggiò le tempie.
"Rivoglio la mia vita..." una stretta in gola quasi le impedì di respirare; le mancavano le domeniche passate ad oziare insieme a quello che, fino a poco tempo fa, era il suo compagno, nonché futuro marito, le mancava svegliarsi al mattino e fare colazione insieme a lui, le mancava il modo in cui la baciava e la toccava.
"Ma ormai è tutto finito", c'erano degli attimi in cui quasi non ci credeva, la separazione le sembrava surreale, eppure eccola lì, a casa di Nadia, con un fantasma a cui badare.
-Accidenti a te!- esclamò Ophelia e lanciò un cuscino verso la libreria, dove poco più in là si trovava il pianoforte. -Non so come aiutarti con la tua faccenda in sospeso, per questo ti riempio di domande, non mi diverto nemmeno io a farti l'interrogatorio e tanto meno a farmi gli affari tuoi, ma se perdiamo parti della tua memoria, invece di recuperarla, rischi il tormento eterno- le parole di Ophelia riecheggiarono, però non ci fu alcuna risposta.
-Fa' come vuoi! Sappi solo che potrei essere impegnata quando ti rifarai vivo-.
"Se ti rifarai vivo", pensò lei e in tutta onestà sperò davvero non tornasse.
Ophelia uscì un momento, non le andava di restare in casa perché pensava troppo e allora andò a fare un po' di spesa, non che ce ne fosse veramente bisogno, era più un modo per tenere la mente occupata; la presenza, intanto, ascoltò ogni cosa detta da lei, solo che non si manifestò perché questo significava doverle dire la verità, prima o poi, e non voleva confessare di aver ucciso la sua famiglia, anche se in alcuni ricordi sua moglie e i suoi figli non sembravano appartenere a quella che era stata la sua vita.
"Perché non ricordo?!", la sua ira andò a scatenarsi contro la lampada vicino al divano, cadde provocando un tonfo, però la Presenza non se ne preoccupò, avrebbe spaccato tutto.
 
Arrivata a casa, Ophelia mise a posto la spesa e poi andò in salotto per cercare di rilassarsi un po', dato che al supermercato aveva litigato con una signora che le era passata davanti, in fila alla cassa, ma notò che la lampada era a terra e non pareva tanto in buone condizioni, sicuramente c'entrava lo Spirito, che forse l'aveva voluta scambiare per un sacco da boxe.
-Se l'hai danneggiata irrimediabilmente sappi che morirai due volte!- disse lei irritata. -Dovresti avere un po' di rispetto per le cose che non sono tue, caro Ospite- nell'ultima parola ci mise dello sdegno.
Ophelia collegò la spina alla presa, ma la lampada non si accese.
-Fantastico... Un'altra volta che ti partono i cinque minuti fallo da un'altra parte, scemo di un fantasma!- lasciò stare un momento la lampada, avrebbe chiesto a André se riusciva ad aggiustarla. -Prega che riesca a sistemarla- brontolò lei, dopo accese il piccolo termosifone portatile e si accoccolò sul morbido divano, prese la coperta beige, come i suoi calzini, piegata accuratamente sullo schienale, si coprì e capovolse la clessidra sul tavolino, trovava rilassante guardare scivolare la sabbia; ad un certo punto pensò di cercare l'indirizzo del luogo in cui sarebbe dovuta andare tra qualche ora, la via le era familiare, ma voleva assicurarsi di avere ragione, però quando sbloccò il telefono e aprì la finestra per iniziare la ricerca, si ritrovò sul sito in cui spiegavano i simboli degli stemmi, allora la rabbia di pochi istanti fa sembrò svanire magicamente, quindi le venne in mente di digitare uniformi militari del 1600 e guardò attentamente tutte le immagini , ma nessuna pareva avvicinarsi a quella dello Spirito, quindi provò con quelle di un secolo dopo. Poi Ophelia tornò indietro al 1500 e andò avanti al 1900, però l'uniforme della Presenza non appariva da nessuna parte, qualcuna le somigliava molto vagamente, comunque non abbastanza per identificarla.
"Possibile che non esista?", Ophelia storse la bocca e rifletté su quali altre parole chiave poteva scrivere per trovare la soluzione di quello che sembrava un rompicapo.
Inconsapevolmente, Ophelia sentì una lontana tristezza, doveva essere frustrante e stancante "vivere" come faceva la Presenza, soprattutto per un lasso di tempo così lungo. Come si poteva tollerare di essere invisibili, avere bisogno di aiuto e sapere che nessuno poteva dartelo? Lei ci pensò su e un brivido le percorse la schiena.
"Se fosse successo a me avrei avuto zia Nadia, ma se fossi stata sola come lo spettro? Aspettare dei secoli prima di essere notati... Sarei già impazzita", Ophelia si strinse di più nella coperta e si stese, chiuse appena gli occhi e si addormentò.
 
NdA:
Ciao anche quest'oggi 😊
So che la storia può sembrare lenta, che stia tirando il brodo, oppure a tratti pare andare velocemente, ma tra non molto si avranno altri indizi sulla Presenza 👅 per cui spero di trovare un equilibrio 👀
Grazie per aver letto, quindi dedicato del tempo, a questo capitolo e, se lo vorrai, ci vediamo settimana prossima 🥰
P.S. se ti va, seguimi su Instagram, mi troverai come: astridvonhardenberg, lì faccio dei giochini (tempo permettendo) e potrai conoscermi un po' di più ☺️ 
 
As 💫

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


 
Capitolo 9
 

Parole chiave: bambole, pizza, fame
Suggerite da MaurizioBerryRiccio (Wattpad) - berriesndolls su Instagram
 

La luce pomeridiana del sole aveva lasciato il posto a quella serale, il cielo aveva un colore violaceo e fuori si sentivano le macchine di coloro che tornavano a casa, dopo una lunga giornata lavorativa.
Ophelia invece si stava annoiando, avrebbe voluto occupare i suoi giorni in modo più produttivo, così prese un foglio, da uno dei cassetti della libreria, cercò una penna funzionante, nel barattolo lì vicino alla lampada, si mise a sedere sul tappeto, davanti al tavolino, e iniziò a tracciare delle linee, l'idea era di fare una tabella da mettere sul frigo.
"Domani passerò al super per prendere dei pennarelli, almeno i colori daranno un po' di vita".
-Avete poca memoria anche Voi?- disse la Presenza alle spalle di Ophelia.
-Porca Miseria!- esclamò lei, portando la mano all'altezza del cuore, intanto l'ospite prese posto davanti alla momentanea padrona di casa -Stavi per farmi venire un infarto- lo guardò di traverso e lo Spirito accennò un mezzo sorriso.
-È ciò che si suppone debbano fare i fantasmi, no? Spaventiamo le persone-.
-Si pensa lo stesso delle bambole di porcellana, ma non vanno in giro a far venire infarti alla gente-.
-E Voi cosa ne sapete, mai sentito parlare di oggetti posseduti o maledetti?-
-Ok, fermiamoci qui, non voglio approfondire questo argomento, anche perché è sera e sono sola in casa-
-E io chi sono?- lui incrociò le braccia all'altezza del petto, con una finta aria offesa.
-Sei un fantasma e, come dicevi poco fa, spaventi i poveri mortali come me-
-Sono utile a spaventare anche altri come me, perché io li vedo al contrario di Voi-.
Ophelia ci rifletté su.
-Piuttosto, dov'eri finito?- domandò lei, cambiando completamente argomento.
Lo Spirito tornò subito serio e Ophelia non capiva come faceva a sembrare così reale, avrebbe dovuto essere incapace di provare qualsiasi emozione umana, avrebbe dovuto dimenticare come si sorrideva, come ci si accigliava, invece lui ne era ancora capace.
-Mi sono preso un momento per riflettere- fu l'unica cosa che disse.
Ophelia non voleva essere invadente e allora non approfondì.
-Voi invece cosa state facendo?- chiese lui, avvicinandosi un po' di più.
-Per favore, potresti evitare di darmi del Voi? Altrimenti mi sento una scema a darti del Tu-
-Non ci conosciamo ancora così bene da parlare in modo confidenziale. Continuerò col Voi e datemi pure del Tu, non mi disturba, anche perché apparteniamo a epoche diverse e abbiamo abitudini diverse-.
Lo Spirito lanciò una rapida occhiata al foglio a quadretti, su cui era disegnata la tabella.
-Cos'è?- domandò dopo un po'
-Vorrei essere più produttiva, così mi sto organizzando la settimana- rispose lei, rigirandosi la penna tra le dita, come facevano certi prestigiatori con le carte da gioco.
-Come mai sul foglio e non sul telefono?-
-In questo modo ci sarà un contatto sempre visivo e di conseguenza sarò più stimolata a svolgere le attività prefissate-.
Lo Spirito fece un gesto di assenso e si ricordò di qualcosa.
-Ho già visto una tabella simile-.
Ophelia posò la penna sul tavolino e si concentrò totalmente su di lui, esortandolo a continuare.
-Non ricordo cosa c'era scritto, però era un foglio attaccato a una bacheca in sughero- la Presenza sbatté le palpebre -La bacheca era appesa a una porta- lo sguardo fisso nel vuoto, il vago ricordo era come la proiezione della scena di un film, che gli passava davanti fugacemente -Non c'è altro- concluse e guardò Ophelia, come se potesse dargli risposte.
-Non ho idea di quando siano state inventate le bacheche in sughero, ma forse ai tuoi tempi non c'erano- prese il foglietto su cui aveva annotato le varie informazioni sull'ospite e segnò quell'altro indizio, mettendoci un punto esclamativo tra parentesi: bisognava chiarire quel punto.
-Ottimo! Questa è una gran cosa, hai avuto un ricordo!- alzò la mano per battere cinque, però si accorse che, come prima cosa, lui era un'apparizione e, secondo, poteva non conoscere quel gesto, dato che, fino a prova contraria, restava figlio di un periodo lontano.
L'unica cosa che Ophelia fece fu quella di abbassare la mano e fare finta di nulla.
-Avrei un po' di fame, ordino la pizza. Oggi ho scoperto un posticino che ne fa una...- e gesticolò il bacio da chef -Non è tanto lontano da qui, per cui potrebbe arrivare anche ad un orario decente- compose il numero e fece la sua ordinazione.
La Presenza si spostava qua e là con una velocità al pari di un battito di ciglia, la cosa che più sorprendeva Ophelia, però, era che ad ogni spostamento lui si dissolveva come fumo, lasciando dietro di sé (per un millesimo di secondo) come delle spirali. Si fermò vicino al pianoforte.
-La Vostra prozia deve fidarsi molto di Voi, se Vi ha chiesto di badare alla casa in sua assenza-.
Ophelia osservò il modo in cui lui provava a sfiorare gli oggetti: si appropinquava con fare indifferente a un oggetto, ma se si prestava un pochino più di attenzione si notava che, nel momento in cui avvicinava le dita all'oggetto, c'era una certa cautela ed esitazione per qualche breve istante, forse era proprio questa incertezza a mettergli un freno; appena capiva che non gli riusciva di compiere il gesto contraeva le dita, per riprovarci poco dopo.
Quando lo Spirito si fermò davanti alla finestra, i raggi di luna, che filtrarono attraverso le tende, lo attraversarono, dandogli un aspetto etereo.
"Al chiaro di luna non sembra nemmeno un fantasma", Ophelia inclinò leggermente il capo e vide come alcune ciocche castane dello Spirito sembravano scintillare, per un attimo pensò che dalle scapole sarebbero uscite delle lucenti ali.
"Ma cosa diavolo vado a pensare!", esclamò mentalmente.
-In più trarrete beneficio da questa permanenza in solitaria- la Presenza si voltò e Ophelia cercò di darsi un contegno e non sembrare troppo imbarazzante.
-Come?- disse lei con una punta di nervosismo.
"Chissà se ha capito che lo fissavo?".
-Dicevo che la solitudine aiuta a riflettere- la guardò in modo penetrante e Ophelia deglutì.
-Ce... certo- balbettò lei e si schiarì anche la voce -Infatti ho riflettuto molto-
-Bene- la guardò da sotto le sopracciglia e Ophelia deglutì nuovamente -Spero che i Vostri ragionamenti possano farvi arrivare a giuste conclusioni-.
-Diciamo che ci sto lavorando- iniziò dicendo lei.
"Mi sa proprio che era un generale, ne ha la stoffa, basta guardare come si muove, in più in certi momenti sa cosa dire e in quale modo, come se ogni sua parola ti spingesse a raccontare ciò che vuoi tacere, per non parlare dello sguardo penetrante, quello contribuisce di gran lunga".
-È un buon inizio- lo Spirito tornò davanti a lei. -Bisogna imparare a capirci per poter vivere meglio-
-Già, è una lezione che sto imparando-
"Molto bene, filosofeggio con un fantasma, mi mancava solo questo".
La Presenza voleva che Ophelia gli raccontasse del vero motivo per cui era lì, ma doveva usare un'altra tecnica per farla parlare, visto che quella non stava funzionando, doveva essere meno vago e più diretto, senza però apparire invadente.

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