L'inganno della cena

di sissi149
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La cena ***
Capitolo 2: *** La biblioteca ***
Capitolo 3: *** L'acquario ***
Capitolo 4: *** Extra ***



Capitolo 1
*** La cena ***


Yayoi era rincasata da poco, la giornata al lavoro era stata pesante, aveva solo voglia di farsi un bagno caldo e poi buttarsi sul divano con una puntata della sua serie preferita da guardare. La tentazione di mandare un messaggio ad Arimi per disdire la cena a cui era invitata era molto forte, tuttavia le aveva già dato buca per un aperitivo qualche giorno prima, non era il caso che ripetesse.
Si diresse in bagno ed aprì il getto d’acqua, almeno una doccia per scrollarsi di dosso tutto se la meritava. Doveva ricaricarsi: Arimi e Keitaro erano due degli amici più cari che avesse, purtroppo ultimamente si erano fissati con la sua vita sentimentale pressoché inesistente, per cui spesso si ritrovava bersaglio di domande. Solo perché loro due avevano iniziato a frequentarsi alle superiori, non voleva dire anche tutti gli altri dovessero avere un partner stabile a 23 anni. Era seccante quando si intromettevano troppo e non accettavano che lei potesse stare bene così, che per il momento fosse soddisfatta della sua vita da single.
Avvolta nell’accappatoio tornò in camera e spalancò l’armadio alla ricerca di qualcosa da indossare. Il ristorante che avevano scelto era piuttosto elegante, per i suoi gusti anche troppo per una semplice serata tra amici, ma i due avevano lasciato trapelare che forse avevano qualcosa da festeggiare. Scelse un tubino a maniche lunghe blu scuro, un abito semplice e senza troppe pretese, elegante al punto giusto.
Un trillo del cellulare richiamò la sua attenzione. Arimi le aveva inviato un messaggio:
“A che punto sei?”
Velocemente digitò la risposta:
“Mi sto vestendo.
Non mi dimentico della cena per cui mi hai assillato una settimana.”
Aoba terminò di prepararsi, legando i lunghi capelli rossi in uno chignon da cui alcune ciocche sfuggivano dando la sensazione di finto spettinato. Infilò un paio di decolleté dal tacco non troppo alto, recuperò la borsetta, il soprabito e le chiavi dell’auto e partì verso il luogo dell’appuntamento con gli amici.
 
 
 
 
Jun Misugi stava cominciando a spazientirsi al tavolo di uno dei ristoranti più eleganti del quartiere: Keitaro gli aveva detto che sarebbe arrivato con qualche minuto di ritardo, ma era ormai più di un quarto d’ora che aspettava. Oltre a sistemare più volte i polsini della camicia e raddrizzare la giacca del completo, aveva quasi imparato a memoria il menù. E pensare che era stato l’amico ad organizzare la cena, fosse stato per lui avrebbe sfruttato la serata per portarsi avanti con lo studio. L’arrivo di uno dei camerieri gli fece alzare lo sguardo.
“Ecco, signorina. Questo è il tavolo.”
La donna dai capelli rossi guardò prima Misugi, poi il tavolo apparecchiato solo per due ed infine chi l’aveva accompagnata al posto.
“Ci dev’essere un errore.” Disse in tono perplesso.
“Nessun errore, questo è il tavolo riservato a nome Sato.”
Yayoi Aoba si sedette sbuffando, aspettando che il cameriere si allontanasse prima di parlare.
“Appena becco Keitaro e Arimi mi sentono! Hanno ingannato anche te con un invito fasullo?”
Jun annuì impercettibilmente.
“Sono settimane che cercano di combinarmi un appuntamento al buio, nonostante le mie proteste. A quanto pare ci sono riusciti.”
Per qualche secondo restarono entrambi in silenzio, non sapendo bene come uscire dalla situazione senza risultare sgarbati con la persona che avevano davanti e che era caduta nella stessa trappola, anche se la tentazione di far saltare del tutto i piani degli amici era forte.
Fu Misugi a recuperare per primo la parola.
“Visto che ormai siamo qui, che ne dici di un drink? Giusto per non essere usciti per nulla, poi possiamo andare ognuno per la propria strada.”
“Mi sembra una buona idea, ho bisogno di qualcosa da bere.”
L’uomo fece un gesto per chiamare un altro cameriere.
“Può portare un bicchiere di prosecco e…”
“Prosecco anche per me.” Lo stupì la donna.
Il cameriere fece un inchino e si allontanò per soddisfare l’ordinazione.
Jun tamburellò con le dita sul tavolo. Doveva ammettere che la ragazza che avevano voluto fargli conoscere era veramente graziosa, tuttavia lui non si era mai limitato solo all’aspetto delle persone che decideva di frequentare.
“Forse dovremmo almeno presentarci – suggerì, il troppo silenzio lo stava mettendo a disagio – Misugi Jun.”
Aoba sgranò gli occhi e sussurrò:
“Il calciatore della nazionale? Mi sembrava di averti già visto da qualche parte.”
Un cameriere portò due calici di vino e venne ringraziato da due cenni del capo.
“E tu?”
“Come, non mi riconosci? – Rispose la donna, sorseggiando un primo assaggio dal suo bicchiere – Attualmente sono la seconda influencer più famosa del Giappone.”
“Non seguo molto i social.” Misugi cercò di uscirne in maniera pulita, mascherando il disagio che lo stava cogliendo.
Yayoi abbassò un poco lo sguardo:
“In realtà, sto scherzando: sono un’assistente bibliotecaria, dubito che tu possa avermi visto da qualche parte. Al massimo in qualche scatto di quella fotomane di Arimi.”
Alla definizione dell’amica, Misugi scoppiò a ridere: effettivamente Arimi in quanto a fotografie era esagerata perfino per una giapponese.
“In ogni caso, Aoba Yayoi.”
“Molto piacere.”
Si strinsero la mano sopra il tavolo sorridendo entrambi.
“Scusami per lo scherzo innocente – Yayoi passò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, come faceva sempre quando era nervosa – quando la persona davanti a te ammette di essere una celebrità, un lavoro come il mio diventa noioso.”
“E perché mai? Non c’è nulla di male nel fare la bibliotecaria.”
La donna sollevò le spalle.
“Lo so. Forse è l’idea distorta che abbiamo delle persone famose, come se non fossero esattamente come noi.”
Jun annuì, capendo quello che la sua interlocutrice cercava di esprimere.
“Ti posso assicurare che io sono normalissimo. Non faccio il calciatore per la fama, ma perché non potrei stare senza giocare a calcio. A te piace il tuo lavoro?”
“Scherzi? Adoro essere circondata dai libri, potrei anche viverci in una biblioteca!”
“È questo che conta alla fine, no?” Misugi le fece l’occhiolino, cosa che la portò a rispondere quasi balbettando:
“Penso di sì.”
L’uomo sollevò il calice, proponendo un brindisi:
“Ai lavori che amiamo.”
I due bicchieri si incontrarono tintinnando prima di essere portati alle labbra.
Yayoi si accorse di aver terminato il suo prosecco, provando un leggero dispiacere: la serata stava cominciando a piacerle, dopotutto. La compagnia di Misugi non era così male.
“Non so tu – propose esitando – ma io comincio ad avere fame e l’idea di non dovermi cucinare la cena dopo una giornata come quella di oggi al lavoro mi alletta molto.”
“Vista l’ora, se tornassi a casa, finirei per ordinare qualcosa in un fastfood.”
“Jun Misugi, un atleta come te non dovrebbe mangiare quelle porcherie!”
“Sono d’accordo – Le passò il menù – Io l’ho già letto più volte in attesa di Keitaro e conosco il posto.”
Yayoi lo aprì e cominciò a scorrere velocemente.
“Allora avrai qualche consiglio.”
“Se ti piace il pesce spada, qui lo fanno in maniera meravigliosa.”
“Vada per quello allora!” Rispose, mentre girava le pagine per raggiungere la carta dei vini.
Misugi fece un cenno per indicare che erano pronti per ordinare.
“Può portarci due pesce spada.”
“E una bottiglia di Chardonnay. O preferivi qualcos’altro da bere?”
Jun fece segno che andava bene così.
“Sei anche un’esperta di vini?”
“Papà ama la buona cucina e guai ad abbinare il vino sbagliato ad un piatto. Ci ha praticamente catechizzati.”
“Pure mio padre è così. Mi sa che Keitaro ed Arimi dovevano organizzarlo a loro due l’appuntamento al buio.”
Ridacchiarono entrambi.
“Non so se la mia matrigna apprezzerebbe.” Yayoi si morse le labbra, rendendosi conto di essersi lasciata sfuggire qualcosa che solitamente non raccontava al primo estraneo.
L’arrivo dei piatti diede l’occasione di rendere meno evidente il momento di imbarazzo.
Jun, delicatamente, riprese la conversazione cambiando argomento.
“Immagino che chiedere ad una bibliotecaria quale sia il suo libro preferito sia banale.”
“Quanto chiedere ad un calciatore notizie sul campionato. Questo pesce è delizioso!” Aoba chiuse gli occhi un istante per gustare meglio la cena.
“Te l’avevo detto.”
“Per rispondere alla tua domanda, adoro i romanzi storici sul medioevo europeo: è un’epoca che qui non studiamo ed è quasi un mondo a parte. E tu cosa leggi? O sei il genere di calciatore che legge solo l’inserto sportivo dei quotidiani?”
Misugi si accomodò meglio, bevendo un po’ di vino.
“Fantascienza. Potrei dimenticarmi del resto del mondo con quella.”
“Anche film?”
“Certo.”
“Star Wars o Star Treck?”
“Entrambi.”
Yayoi emise un piccolo sbuffo di disapprovazione, incrociando le braccia al petto.
“Così non vale!”
L’uomo si strinse nelle spalle, ridacchiando: non si sarebbe fatto mettere in scacco matto da una simile domanda trabocchetto.
“Non avrai mai questa risposta!”
Aoba si dedicò a terminare il contenuto del suo piatto.
“Senti, Matsuyama come sta?” Domandò ad un certo punto, senza particolari preamboli.
Jun restò per un attimo con la forchetta sospesa, sbattendo le palpebre.
“Lo conosci?”
“Arimi non te l’ha mai raccontato?”
Misugi scosse la testa, mentre la bibliotecaria si asciugava la bocca col tovagliolo.
“Più che una conoscenza è stato un incontro fugace. Un paio di anni fa, Arimi ed io siamo state in vacanza in Hokkaido. Ci stavamo spostando in auto e abbiamo forato una gomma. Secondo  te chi si è fermato a bordo strada ad aiutarci?”
“Hikaru Matsuyama – Jun sollevò le mani – è proprio da lui! E ora ho qualcosa con cui ricattarlo nel prossimo ritiro.”
Si misero a ridere entrambi, per l’ennesima volta in quella serata, ormai avevano perso il conto.
“Da allora, quando guardo le partite della nazionale, è uno di quelli per cui tifo di più.” Riprese Yayoi.
Il calciatore inclinò la testa.
“Chiaramente non posso competere con Matsuyama che salva damigelle in difficoltà.”
“Come platealità del gesto no – ammise – ma in quanto a minutaggio vinci a mani basse.” Si gettò su quanto rimaneva nel bicchiere, non erano da lei quel genere di uscite.
“È la prima volta che vinco qualcosa per essere stato in gioco più degli altri.”
Aoba si portò una mano alla fronte.
“Kamisama, mi dispiace. Non ci pensavo proprio. Che gaffe!” Temeva di aver rovinato tutto, quanto si odiava quando si lasciava troppo andare e non collegava il cervello a ciò che diceva. I problemi di salute di Misugi erano noti a chiunque seguisse il calcio, soprattutto dopo quanto avvenuto alle olimpiadi di Madrid.
Il calciatore era tranquillo, quasi intenerito: non si aspettava quella premura dopo essere stato lui a sottolineare il fatto senza alcun intento di biasimo.
“È tutto a posto, l’ho detto scherzando.”
“Davvero?”
“Sì. – accompagnò la risposta da un vigoroso cenno del capo per farsi capire meglio – Tornando ad Hikaru, sta alla grande e sta organizzando il suo matrimonio.”
Il volto di Yayoi si illuminò:
“Che bello! Deve essere molto felice.”
Jun fece cadere l’occhio per caso sull’orologio e rimase meravigliato: il tempo era volato così in fretta.
“Accidenti, è tardissimo! Fortuna che non ho allenamenti domani mattina.”
La donna si guardò intorno e solo in quel momento realizzò che nel ristorante erano rimasti in pochissimi, la maggior parte dei clienti se ne era già andata.
Misugi porse la carta di credito al cameriere che nel frattempo aveva chiamato.
“Aspetta! Fammi pagare la mia parte.”
L’uomo fece un gesto di diniego.
“Scherzi? Offro io.”
“Ma sono stata io a proporre di rimanere!”
“Veramente ho iniziato io con il drink. Poi devo ammettere che la serata è stata veramente piacevole.”
“Anche per me, ma…”
“Ecco, potrei offendermi se continui ad insistere.”
Yayoi alzò gli occhi al cielo, dandogliela vinta, dirigendosi verso l’uscita.
“Hai lasciato l’auto lontano da qui?” Le chiese Jun.
“Nel parcheggio qua dietro.”
“Anch’io.”
Si avviarono insieme, raggiungendo il retro del locale. La bibliotecaria raggiunse una piccola berlina blu, ottima per il traffico cittadino. Prima di infilarsi in auto, si voltò per salutare.
“È stata sul serio una serata piacevolissima. Mi toccherà ringraziare quei due.” Disse riferendosi agli amici che avevano teso loro quell’imboscata.
“A meno che…”
“Cosa?”
“Gli ritorniamo quello che hanno fatto – rispose Jun malizioso – Gli facciamo credere che sia stata una serata terribile.”
“Sei tremendo! D’altra parte cosa ci si può aspettare da una persona maleducata come te, così piena di sé?”
“Senti chi parla, non mi pare che tu sia stata miss bon ton.”
Yayoi aveva le lacrime agli occhi dal ridere.
“Sarà meglio che vada: domani devo essere al lavoro presto. È arrivata una nuova collezione da catalogare e disporre a scaffale.”
Misugi stava cercando qualcosa nelle tasche della giacca leggera.
“Hai una penna per caso?”
La donna aprì il cruscotto ed estrasse una biro verde. Il calciatore scribacchiò qualcosa su un foglietto che poi le passò.
“Questo è il mio numero, se vorrai farmi sapere come procede la vendetta con Arimi. Buonanotte.”
Se ne andò quasi di corsa verso la propria automobile sportiva, mentre sentiva il motore di quella di Yayoi avviarsi e poi lasciare il parcheggio. Entrò e si adagiò contro il sedile.
Non riusciva a credere di essersela data a gambe: nel passare alla donna il suo numero di telefono aveva temuto di aver esagerato a sbilanciarsi così. Voleva solo un modo per poter rimanere in contatto, per non affidarsi al caso per un futuro rincontro, ma aveva avuto paura che lei rifiutasse. Probabilmente aveva rovinato tutto, comportandosi davvero da maleducato ed Aoba non avrebbe dovuto inventare poi molto con Arimi.
Si prese la testa tra le mani.
Che cavolo gli era preso? Non era certo la prima volta che usciva con una donna, sapeva come comportarsi! Non aveva mai avuto problemi in passato ad azzardare una mossa per sondare il terreno e non si era mai fasciato la testa per eventuali rifiuti.
Ormai era andata, il gioco era tutto nelle mani di Yayoi se mai avesse voluto ricontattarlo.
Prese il telefono e digitò il messaggio per Keitaro:
“Questa me la paghi! Non ho mai passato una serata così orribile! Dopo mezz’ora me ne sono andato e sono tornato a casa a studiare. Non ci provare mai più a farmi uno scherzo del genere!”
Premette invio.
 
 
 
 
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Eccoci qui con un altro viaggio, stavolta breve, lo garantisco.
Quando ho scritto la raccolta del Writober dello scorso anno, in cui raccontavo in svariati modi (w il multiverso!) il primo incontro di Jun e Yayoi, alcune delle drabble, ed alcuni lettori, mi hanno stuzzicata a scrivere dei seguiti ed è nato questo spin off della drabble numero 9 basata sul prompt inganno. Così scopriamo come è andata la cena in cui Jun e Yayoi si sono ritrovati, loro malgrado, soli allo stesso tavolo.
Benvenuti in questo angolo del multiverso tsubasiano!
 

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Capitolo 2
*** La biblioteca ***


Il caffè era pronto da poco nella tazza, Yayoi prese il montalatte e preparò la schiuma da aggiungere. Adorava fare colazione all’occidentale, era un piccolo vizio che si concedeva per far  iniziarla giornata con la giusta carica da quando si era trasferita a vivere da sola. Durante la giornata non era un’amante del caffè, ma al mattino senza cappuccino quasi non carburava.
Quel giorno ne aveva particolarmente bisogno per costringere la testa a smettere di rimandarle in loop i fotogrammi della sera precedente. Era stata così bene, non poteva negarlo, ma non poteva costruire castelli in aria su un semplice incontro quasi casuale.
Era anche vero che alla fine lui le aveva lasciato il suo numero….
Lo squillo del telefono interruppe la pace del rito quotidiano.
“Si va in scena! – Commentò prima di scorrere sul display per accettare la chiamata – Pronto?”
La voce di Arimi giunse squillante ed entusiasta dall’altro capo:
“Allora, non hai niente da dirmi? Com’è andata ieri sera? Perché non mi hai chiamato quando sei rientrata?”
“Ti odio.”
La bibliotecaria poté quasi sentire la perplessità palesarsi nella mente e nella voce dell’amica.
“Yayoi che è successo?”
“E hai pure il coraggio di domandarlo? Come diamine ti è venuto in mente di lasciarmi da sola con quell’individuo?”
“Chi, Jun?”
“Jun, o in qualsiasi altro modo si chiami! – cominciò a girare in torno al tavolo mentre parlava, non era facile per lei tenere in piedi la sceneggiata senza tradirsi ad un certo punto – È stato così maleducato ed offensivo, con idee da età della pietra.”
“Non può essere possibile, lo conosco…”
“Mi stai dando della bugiarda?” La voce le si fece più acuta.
“Certo che no!”
“Il tuo caro amico ad un certo punto ha pure avuto la bella idea di andarsene senza dire niente. Puff! Sparito e con tutto il conto da pagare.”
Arimi si stava facendo piccola, piccola:
“Sono mortificata.” Esalò soltanto.
“Lo credo bene! Fammi un piacere, lasciami in pace per qualche giorno.”
Velocemente Aoba chiuse la conversazione, prima di farsi venire qualche ripensamento: si sentiva un po’ in colpa per aver calcato così la mano. D’altra parte l’ennesima ingerenza nella sua vita sentimentale l’aveva irritata non poco.
Tornò al suo cappuccino, ormai quasi freddo, mentre lo sguardo le cadeva sul bigliettino col numero di telefono di Misugi.
 
 
 
 
Non era stata una degli migliori nottate per Jun, doveva ammetterlo.
Una volta rientrato a casa aveva passato quasi mezz’ora chattando con Keitaro che non voleva credere alla sua orribile serata, poi aveva impiegato parecchio a prendere sonno, perché il ricordo del suo errore finale non voleva abbandonarlo.
Avrebbe dovuto andare in università a seguire una lezione, ma la tentazione di tornarsene a letto dopo aver fatto colazione era forte.
Accidenti! Non era da lui. Poteva una semplice cena con una sconosciuta averlo ridotto ad uno straccio?
Distrattamente prese in mano il cellulare per leggere il messaggio appena arrivato:
“Sono Aoba. Ho appena fatto una scenata ad Arimi e pare l’abbia bevuta.”
Subito raddrizzò la schiena, focalizzando tutta l’attenzione sull’inatteso, quanto desiderato messaggio.
“Ciao! Io ho affondato il colpo con Keitaro.”
“Spero di non aver esagerato nel dipingerti troppo cattivo.”
A Jun scappò un sorrisetto.
“In fondo era quello lo scopo, no?”
Passarono diversi minuti senza risposta, in cui Jun si chiese se doveva insistere con un ulteriore messaggio o lasciare perdere.
“Adesso prendo la rotta di Kessel e vado al lavoro! Buona giornata.”
La battuta lo fece stare decisamente meglio. Buttò giù in un unico sorso tutto il bicchiere di succo che aveva davanti.
“Buon lavoro.”
Misugi andò in camera a prepararsi per andare a lezione: quello scambio di messaggi gli aveva dato la carica di una doppia dose di espresso.
 
 
 
 
 
Era passata una settimana da quando aveva sentito Jun: era un limite che Yayoi si era autoimposta prima di ricontattarlo per lasciare sbollire le varie sensazioni della cena. Dopo il messaggio in cui lo informava di aver attuato il loro piano con Arimi, avrebbe anche voluto continuare a scrivergli, ma temeva di passare per invadente ed appiccicosa.
Passato il termine, decise di inviare un messaggio, approfittando di un momento tranquillo in biblioteca.
“Ciao, se sei libero in pausa pranzo direi che è ora che ti restituisca la cena della scorsa settimana. Ci sono dei buoni posti per mangiare vicino a dove lavoro.”
La risposta si fece attendere per alcuni minuti, che la donna impiegò per registrare nel sistema informatizzato i volumi presi in prestito da alcuni utenti.
“Ciao! Guarda che non devi restituirmi nulla!
Però pranzerei volentieri in compagnia.”
Un sorriso affiorò sulle labbra di Yayoi quando lesse.
“Ti mando l’indirizzo della biblioteca.”
“Da come ne avevi parlato a cena sembrava che lavorassi nella più sconosciuta biblioteca del mondo: questa è solo una delle più importanti della città!”
“Scherza poco!
Ci vediamo per le 13 all’ingresso.”
“Perfetto. A dopo.”
Aoba passò il resto della mattina a lavorare con lena, sorridendo a tutti come sempre, ma contando i minuti ed i secondi che mancavano alla pausa pranzo, nei momenti in cui non aveva molto da fare. Era come se tutta l’impazienza tenuta a freno nella settimana si fosse riversata in quelle poche ore di attesa e lei fosse improvvisamente regredita al grado di adolescente.
Alle 12:50 stava già iniziando a mettere in ordine la sua postazione, quando Arimi le si presentò davanti, appoggiandosi alla parte esterna del desk:
“Vengo con un’offerta di pace!”
Yayoi sobbalzò, talmente era persa in altri pensieri.
“Cosa ci fai qui?” Domandò, senza troppo bisogno di simulare di essere infastidita dalla visita.
“Dato che sono giorni che non rispondi ai miei messaggi, ho pensato di venire di persona.”
“Non abbiamo niente da dirci dopo che sei responsabile di una delle peggiori serate della mia vita.”
Arimi abbassò lo sguardo:
“Sono venuta a chiederti scusa: io e Keitaro abbiamo agito in buona fede, credevamo di farti un favore. E non capiamo come sia possibile che sia accaduta una cosa del genere, Misugi non è un…”
La bibliotecaria sbuffò, dedicandosi a ordinare una pila di volantini.
“Quante volte ti ho detto di non immischiarti nella mia vita sentimentale?”
“Lo so. Ti prego, vieni a pranzo con me, così facciamo pace!”
Yayoi aveva un “no” pronto sulla punta della lingua, aveva ben altri progetti per la pausa, ma poi l’espressione contrita sul volto dell’amica la fece cedere.
“D’accordo. Controllo un’ultima email e recupero borsa e giacca.” Disse allontanandosi con il cellulare in mano.
Riuscì a mandare un messaggio al volo, sperando che Jun non fosse ancora arrivato e, soprattutto, lo leggesse in tempo.
“Che ne dici, andiamo da Hayashi&Abe?” Chiese Arimi quando la bibliotecaria tornò.
“Adoro Hayashi&Abe. A patto che non parliamo più della faccenda della cena.”
“Andata.” Prese Yayoi sottobraccio e si diresse verso l’uscita.
 
 
Misugi percorse la scalinata che portava alla biblioteca ed entrò dalla grande porta a vetri, controllando l’orologio per verificare di essere in orario.
Estrasse il cellulare dalla tasca della giacca sportiva per inserire la vibrazione, non voleva disturbare chi leggeva o studiava e, allo stesso tempo, non voleva essere disturbato durante il pranzo: in caso avrebbe richiamato lui più tardi.
Terminata l’operazione ricevette un messaggio da Yayoi:
“Arimi mi ha fatto un’imboscata ed è in biblioteca. Mi sta trascinando a pranzo con lei. Meglio se non ti fai vedere se sei già qui.”
Jun sollevò lo sguardo e vide le due donne arrivare dal fondo del corridoio. Fece appena in tempo ad infilarsi tra gli scaffali alla sua sinistra ed afferrare il primo libro che gli capitò per le mani per camuffarsi meglio.
Una volta che furono passate si sporse un poco: Yayoi si era voltata, evidentemente l’aveva visto con la coda dell’occhio, e stava scandendo uno “scusa” con le labbra.
A Misugi scoppiò un sospiro di disappunto, teneva a quel pranzo dopo una settimana di silenzio, dopo che non era stato capace di trovare una scusa per chiederle di rivedersi. Quella vista fugace lo ripagava solo in parte della strada fatta: doveva ammettere che pure con un paio di jeans e i capelli a coda di cavallo la ragazza sapeva essere affascinante.  
Abbassò lo sguardo sul libro che aveva in mano e si accorse che era un testo di astrologia, disgustato lo ripose il  più in fretta possibile.
Decise di non arrendersi ed inviò una risposta:
“Resto nei paraggi, se finissi presto.”
Uscì a recuperare un panino, non aveva senso restare ad aspettare a stomaco vuoto.
 
 
 
 
Yayoi rientrò trafelata in biblioteca, aveva cercato di fare più in fretta possibile, senza però far nascere sospetti ad Arimi. Mancavano giusto un paio di minuti alla fine della sua pausa pranzo, non avrebbe avuto molto tempo da dedicare a Jun. Per quanto le avesse scritto che avrebbe aspettato, probabilmente il ragazzo se ne era già andato: chi glielo faceva fare di aspettarla per più di un’ora?
Timbrò il tesserino al rientro e si diresse alla sua postazione, sistemandosi la coda di cavallo in cui aveva raccolto i capelli.
“Scusi, sto cercando un’assistente bibliotecaria.”
Si voltò di scatto:
“Jun! Credevo che te ne fossi andato!”
“Dopo che sono venuto fin qui?”
Aoba si sentì ancora più in colpa per aver dovuto abbandonarlo all’ultimo:
“Scusami, Arimi non mi mollava più e ho avuto un bel da fare ad evitare domande scomode. Secondo me non crede del tutto alla storia che le abbiamo raccontato.”
Misugi annuì, infilando le mani nelle tasche.
“Anche Keitaro è stato insistente nei primi giorni, ma gli ho rifilato un paio di occhiatacce che l’hanno fatto desistere.”
“Quelle dovrei imparare a farle anch’io.”
“Secondo me hai fatto un buon lavoro: quando li ho incontrati entrambi, Arimi mi sembrava piuttosto sconvolta. Si può sapere che le hai detto?”
Yayoi abbassò il capo, quasi vergognandosi:
“Potrei averti dato del cavernicolo.”
Jun mise in posa come se volesse mostrare i muscoli delle braccia.
“Yayoi, dammi la clava!”
 “Oddei! Jun Flinstone Misugi! – scoppiò a ridere, come gli accadeva spesso quando era con lui, poi si accorse che il direttore della biblioteca stava facendo un giro di perlustrazione – Venga, la accompagno alla sezione di fantascienza.”
Gli fece cenno di seguirla sulla scala che conduceva al secondo piano, dove erano collocati i volumi di narrativa di genere.
“Scusa ancora – riprese con un tono di voce più basso – sono già in orario di lavoro ed il direttore non vuole che ci perdiamo troppo in chiacchiere che esulino dai libri e le relative consulenze.”
L’uomo le sorrise di rimando e fece l’occhiolino
“Beh, portarmi a trovare un libro rientra nelle tue mansioni e poi non voglio farti avere dei guai.”
Yayoi si muoveva sicura, arrivando fin quasi in fondo al salone.
“Ecco, su questi tre scaffali ci sono tutti i libri di fantascienza.” Disse a beneficio di eventuali colleghi in zona, anche se la sezione non era molto frequentata.
Misugi decise di stare al gioco:
“Qualche consiglio?”
“Vediamo un po’.”
Aoba cominciò lentamente e distrattamente a far scorrere lo sguardo sui vari titoli.
“Dici che dovremmo riprovarci? A vederci per pranzo, intendo. Devo sdebitarmi in qualche modo. E non provare a dire che non è vero!” Prevenne l’obiezione che era sicura lui stesse per fare.
Jun sollevò un poco le spalle, quasi divertito a quella dimostrazione di testardaggine.
“Se tu la vedi così, chi sono io per contraddirti?”
La donna si voltò di scatto:
“Vedi di non fare troppo lo spiritoso e farmi cambiare idea…”
Misugi scosse la testa:
“Ci sentiamo in questi giorni per accordarci. Tra poco devo essere ad allenamento.”
“Di già?” Sfuggì a Yayoi. L’arrivo inaspettato di Arimi aveva scombussolato tutto più di quanto avesse immaginato.
“Mi ha fatto davvero piacere rivederti, anche se per poco tempo. – L’uomo le sfiorò un braccio, poi venne colpito da un titolo su uno scaffale – Questo lo stavo cercando da una vita!” Esclamò.
“Quale?”
“Il primo sul terzo ripiano.”
Aoba recuperò velocemente il volume, un’edizione abbastanza vecchia. Di solito, quando non ne avevano di più aggiornate significava che non ne esistevano, perciò il romanzo era relativamente raro.
“Avrei dovuto venire decisamente prima in questo posto!” Commentò divertito.
“Avresti potuto, ci saremmo risparmiati lo scherzetto dei nostri amici.”
“Senz’altro. Ora devo proprio scappare. – Misugi si avvicinò pericolosamente alla bibliotecaria – A presto.”
La salutò con un piccolo bacio sulla guancia.
Yayoi restò imbambolata a guardare il calciatore allontanarsi, non seppe come riuscì a chiamarlo in un sussurro:
“Jun, il libro.”
L’uomo tornò velocemente indietro, in vistoso imbarazzo.
“Che sbadato!”
Prese delicatamente il tomo dalle sue mani, poi sparì verso le scale.
Lentamente, Yayoi portò una mano al volto: dove si erano appoggiate le labbra di Jun, sotto la pelle, era in atto un piccolo incendio.





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Si sono risentiti! E si sono incontrati di nuovo!
Non tutto va proprio come programmato, ma niente di grave, imprevisti che possono capitare a tutti.
 

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Capitolo 3
*** L'acquario ***


Nelle settimane passate, in qualche modo, tra lezioni, allenamenti, amici e lavoro, Yayoi e Jun erano riusciti a pranzare finalmente insieme, trascorrendo piacevolmente il tempo.
Soprattutto, avevano continuato a sentirsi in maniera continua: la chat occupava ormai diverse schermate dei loro cellulari in cui parlavano delle più disparate cose. Durante quelle conversazioni a Yayoi sembrava di stare su una nuvoletta rosa e che il resto del mondo non esistesse. Nell’ultimo messaggio Jun le aveva detto di aver terminato il libro preso in prestito e che sarebbe passato a restituirlo in giornata.
La bibliotecaria guardò l’orologio un poco delusa: mancavano due minuti alla fine del suo turno e di Misugi non si era vista nemmeno l’ombra. Fece mente locale ed era assolutamente certa di averlo avvisato che quel giorno avrebbe lasciato la biblioteca in anticipo.
Mise la borsa in spalla e salutò la collega che la sostituiva.
“Hey! Stai già andando via?”
Misugi era arrivato alle sue spalle, di nuovo.
“Comincio a pensare che quello di arrivare di soppiatto sia un vizio. Ti avevo detto che oggi avrei finito prima.”
L’uomo annuì.
“Pensavo di fare in tempo a restituire questo. – le fece vedere il volume – Lo lascio alla tua collega e arrivo.”
Si avvicinò alla postazione di restituzione e sbrigò in fretta la pratica.
Yayoi lo aspettava vicino alla porta della stanza con impazienza. Non poteva biasimarla, avrebbe anche potuto arrivare qualche minuto in anticipo, se non avesse perso un sacco di tempo a trovare un parcheggio.
Era la prima volta che la vedeva con i capelli sciolti e dovette ammettere che gli piacevano particolarmente così. Deglutì a vuoto.
“Hai avuto tutta la giornata, dovevi arrivare all’ultimo minuto? – lo redarguì Aoba – O non volevi incrociarmi?”
“Spero tu stia scherzando! – borbottò Jun mentre attraversavano la prima sala verso l’uscita – Ho il pomeriggio libero ed ho pensato di venire per l’ora in cui uscivi, così potevamo andare da qualche parte. Sempre che ti vada.”
Yayoi ammorbidì l’espressione.
“Certo che mi va. Devo solo accompagnare le mie sorelle a casa da scuola, poi sono libera.”
Il calciatore aprì la porta a vetri che dava sulla scalinata e si scostò per lasciarla passare per prima, in un gesto che era abituato a fare.
“Grazie. Di solito da qui vado con il bus urbano.”
“Se vuoi ho l’auto, è un po’ lontana.”
“Tanto abbiamo tempo.”
Si incamminarono con passo tranquillo. La temperatura era ormai decisamente primaverile, la passeggiata era piacevole anche senza giacca o spolverino.
Jun cercava di mantenere un basso profilo, sperando non ci fossero in zona fotografi che potessero riconoscerlo e scattargli delle foto a tradimento. Una volta salito in macchina si sentì più rilassato.
“Ti mostro la strada.”
Aoba gli indicò con sicurezza le vie da percorrere finché non arrivarono davanti ad una scuola elementare, lasciando Misugi a bocca aperta.
“Le tue sorelle sono molto più piccole di te.” Gli scappò ad alta voce.
La bibliotecaria si voltò verso di lui:
“E tu stai morendo dalla voglia di sapere tutta la storia.”
L’uomo provò un piccolo moto di vergogna per non essersi saputo trattenere, sapeva da qualcosa che lei si era fatta sfuggire che la storia familiare di Yayoi non fosse del tutto lineare.
“Non sei tenuta a dirmelo, sono questioni private.”
Aoba gli sorrise, senza biasimo negli occhi.
“Se non avessi voluto parlartene, non ti avrei lasciato accompagnarmi qui.”
Guardò per un istante fuori dal finestrino e prese un lungo respiro prima di iniziare:
“La mia mamma si è ammalata ed è morta quando avevo otto anni. Alcuni anni dopo papà ha conosciuto un’altra donna, si è risposato e poi sono nate le bambine: una fa la terza elementare e la più piccola la prima.”
Jun rimase in silenzio, non sapendo bene cosa rispondere. Yayoi diede una passata con le mani alla gonna.
“Non è stato facile all’inizio, ma ora siamo felici: la mia matrigna è una donna straordinaria e le mie sorelle sono adorabili.”
I bambini cominciarono ad uscire da scuola, così la donna aprì la portiera.
“Aspettami qui, è meglio. La casa dei miei è a cinque minuti a piedi da qui. Prometto di fare presto.”
“Sarà meglio, o troverai un povero scheletro deperito al mio posto.”
Yayoi fece una linguaccia, poi si allontanò.
Misugi la osservò salutare allegramente le bambine, prenderle per mano e avviarsi insieme a loro.
Sospirò per l’ennesima qualità che aveva scoperto in Aoba: la vita non era stata tenera nemmeno con lei, eppure da quando la conosceva, l’aveva sempre trovata sorridente o con una battuta durante le loro chat, aveva una grande forza d’animo.
Quando la portiera si riaprì, Jun sobbalzò, talmente era assorto nei propri pensieri.
“Eri perso con gli angeli?”
“Spiritosa! Hai fatto presto.”
“Te l’avevo detto. Dove si va di bello?” Chiese allacciandosi la cintura, aveva veramente voglia di passare del tempo con lui, di poter chiacchierare senza accorgersi delle ore che passavano, come era successo la sera in cui si erano conosciuti.
Il calciatore mise in moto la macchina e si immise nel traffico.
“Se non ti dispiace, eviterei posti aperti o troppo alla moda: in questo periodo i paparazzi sono un po’ fissati con i calciatori. Non amo finire sui giornali quando faccio cose normali.”
Aoba si tormentò una ciocca di capelli.
“L’altra faccia della popolarità. Immagino non sia facile da gestire.”
“Con noi della Generazione d’oro vanno ad ondate: alcune stagioni ce li troviamo appostati sotto casa, in altre non ci seguono più di tanto. Ovviamente ora siamo in piena caccia al calciatore.”
Yayoi scoppiò a ridere:
“Mi sto immaginando un tizio con giacca da safari e fucile che vi insegue.”
Anche il calciatore cominciò a ridacchiare: gli piaceva un sacco quando se ne usciva così, trovando il lato buffo in qualcosa.
“In ogni caso anche a me non dispiacerebbe un posto tranquillo per oggi: in biblioteca, quasi sapessero che avrei fatto orario ridotto, sono arrivati tutti quelli che di solito fanno impazzire a trovare i libri.”
“Hai voluto saltare tre  ore di lavoro? – La punzecchiò – Ti piacciono gli acquari?”
Yayoi annuì, anche se sperava in un posto meno affollato: vero che difficilmente avrebbero trovato giornalisti tra le vasche, ma ci sarebbe stata così tanta gente…
Parcheggiarono vicino all’ingresso dei dipendenti dello Shinigawa Aquarium.
“Hey, non è il giorno di chiusura di questo?”
Jun spense il motore dell’auto.
“Sì, ma un mio vecchio compagno di scuola lavora qui e ogni tanto mi fa entrare lo stesso. Gli faccio uno squillo per dirgli che ci siamo.”
Non dovettero aspettare molto, nel giro di pochi minuti l’amico di Misugi venne ad aprire.
“Jun!”
“Kozo!”
I due si abbracciarono con affetto, la loro era un’amicizia piuttosto stretta.
“La galleria è libera?”
“Sì, gli addetti alla pulizia degli ambienti hanno finito dappertutto e io sono già passato lassù a dare da mangiare.”
“Perfetto!”
“Jun – l’amico lo richiamò – hai solo un’ora. Finisco con le vasche tropicali e poi devo installare gli allarmi e chiudere.”
Il calciatore sollevò un pollice a mostrare di aver compreso, si sarebbe fatto bastare il tempo che Kozo gli concedeva. Poi guidò Yayoi attraverso i corridoi che conosceva alla perfezione, popolati di acquari pieni di pesci provenienti da ogni parte del mondo, fino a raggiungere quella che lui chiamava galleria: un tunnel costruito in modo da attraversare le vasche e dare la sensazione di trovarsi sott’acqua, con gli animali che nuotavano non solo ai lati, ma anche sopra la testa dei visitatori.
“È stupendo!” Esclamò Aoba, perdendosi ad osservare i delfini che nuotavano e roteavano. La vista toglieva davvero il fiato.
“Speravo ti sarebbe piaciuto, io lo adoro.”
Jun appoggiò una mano su un vetro e dopo qualche istante un delfino si avvicinò ed agitò una pinna, come se stesse salutando, come se l’avesse riconosciuto.
“Questo è Momo! – lo presentò a Yayoi – È il primo delfino che è stato portato in questa galleria, si può dire che ormai si sia abituato a vedermi passare di qui.”
“Non sei qualcuno che un delfino potrebbe dimenticare tanto facilmente.” Rispose  maliziosa.
Misugi si voltò ed appoggiò le mani sui fianchi:
“Mi stai prendendo in giro?”
“Nooooo.” Assicurò la ragazza, con tono tutt’altro che convincente.
Fece ancora pochi passi ed iniziò a canticchiare:
Le alghe del tuo vicino
Ti sembran più verdi sai
“Che canzone stai cantando?” Domandò il calciatore perplesso.
Yayoi si voltò ed allargò le braccia:
“Non la conosci? È quello che canterebbero le mie sorelle in un posto del genere: una delle canzoni de La Sirenetta!”
“Sono passati anni dall’ultima volta che l’ho visto!” Ribatté Jun, i suoi dvd dei film Disney erano finiti in uno scatolone in soffitta da molto tempo.
“Male!
Vorresti andar sulla terra,
non sai che gran sbaglio fai.”
“E siamo in diretta dal karaoke dell’acquario.”
Aoba incrociò le braccia, piccata per essere stata interrotta.
“Sai che non sei credibile da arrabbiata?”
La donna sciolse le braccia e le lasciò andare lungo i fianchi.
“Pensa, fino a poco tempo fa la più piccola delle mie sorelle era convinta che io fossi Ariel! Una volta l’ho pure trovata nella mia vecchia camera che cercava il nascondiglio del granchio Sebastian.”
Misugi scoppiò a ridere talmente forte che dovette tenersi la pancia, mentre buona parte dei delfini lo guardava con fare interrogativo.
“Insomma, non ci si annoiava mai a casa tua.”
“Esattamente.”
“E come mai era convinta di questo?”
“Per questi! – Aoba prese una grossa ciocca di capelli e la agitò – Le uniche due persone che aveva mai visto con i capelli rossi eravamo io e la sirenetta. Quindi ha fatto due più due secondo la logica che solo i bambini hanno.”
L’uomo dovette ammettere che quello della piccola Aoba non era un ragionamento del tutto fallace.
“Più avanti c’è un altro tunnel come questo, con le tartarughe.”
Yayoi non se lo fece ripetere e cominciò ad avviarsi.
Osservandola allontanarsi aggraziata, con la gonna a pieghe che frusciava, avvolta dai delfini che nuotavano, Jun non trovò difficile pensare di poterla scambiare per una sirena.
Sentì la gola farsi secca, cominciando a temere che forse un’ora non gli sarebbe stata sufficiente.
La bibliotecaria raggiunse la sala successiva e rimase a bocca aperta nell’osservare le varie testuggini, alcune raggiungevano dimensioni notevoli.
“Chissà quanti anni avranno queste.”
“Non ne ho idea, proverò a chiedere a Kozo la prossima volta che lo vedo.”
Aoba era affascinata dai movimenti delle tartarughe, ancora più che dai delfini. Il posto aveva attorno a sé un aura quasi di magia, Misugi aveva calato proprio un bell’asso dalla manica con l’acquario.
All’improvviso un pensiero spiacevole le attraversò la mente. Cercò di fare una battuta, tentando di mostrarsi ironica, per non dargli troppo peso.
“Porti sempre qui le ragazze per fare colpo?”
“No.” La risposta era stata secca, tagliente.
Yayoi si appoggiò con la schiena contro la vetrata, dietro di lei una tartaruga si spaventò e di colpo si richiuse nel guscio.
Si sentiva divisa a metà: da una parte era felice di non essere all’interno di uno schema collaudato di conquista, dall’altra quel “no” così diretto la faceva dubitare di essere mai stata presa in considerazione, di non aver capito nulla delle ultime settimane. Le fece male, più di quanto avrebbe immaginato.
Jun le si affiancò alla sinistra, appoggiandosi a sua volta al vetro, era più facile raccontare quello che voleva che capisse senza doverla guardare in faccia.
“Di solito non porto nessuno qui. Ci vengo quando ho bisogno di restare solo e riflettere. L’acqua ed i pesci hanno un effetto tranquillizzante su di me. È un po’ il mio rifugio segreto.”
E lo stava mostrando a lei, forse non si era sbagliata.
La mano del calciatore sfiorò la sua: una scossa le corse lungo la schiena, mentre il cuore cominciò a martellarle nel petto.
Jun mise il proprio palmo contro quello della ragazza ed intrecciò le dita con le sue, chiudendole poi. Era azzardato, ma era il momento di fare una mossa, se aspettava ancora avrebbe perso l’occasione, ne era certo. Sentì le dita di Yayoi chiudersi a loro volta, ad accettare la sua richiesta muta. Il cuore gli mancò un battito, ma non se ne preoccupò, in quel momento andava bene così.
Restarono per un po’ immobili, senza parlare, a godersi la dichiarazione silenziosa ed a lasciarsi invadere da un nuovo benessere e dalla consapevolezza che entrambi provavano lo stesso sentimento.
Quando fu pronto a lasciare quella piccola bolla di sicurezza, Misugi si mise di fronte a lei ed appoggiò le labbra sulle sue, delicatamente.
“Sai di buono, sai di…”
“Ciliegia. È il mio lucidalabbra.” Sussurrò Yayoi, riaprendo gli occhi che nel frattempo aveva chiuso per gustarsi meglio il bacio.
“Ariel non dovrebbe aver perso la voce quando è diventata umana?” Chiese Jun con una punta di malizia.
“Se vuoi che non parli più, baciami ancora.” Lo provocò, incrociando le mani dietro il suo collo.
Le loro labbra si incontrarono una, due, tre, dieci, infinite volte, come se non dovessero smettere mai di trovarsi, mentre le tartarughe volteggiavano intorno a loro.






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E ce l'hanno fatta! Si sono baciati!
Nella mie intenzioni la faccenda si sarebbe chiusa qui, una mini storiellina su come è nata la relazione tra questi due in questo lato del multiverso, MA Ewan ci ha messo lo zampino, per cui settimana prossima avremo l''ultimo appuntamento con un capitolo extra.

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Capitolo 4
*** Extra ***


La luce gialla e calda del sole pomeridiano entrava nella stanza filtrata dalle leggere tende bianche, raggiungendo il letto occupato da Jun e Yayoi. La donna era accoccolata contro il petto del calciatore, mentre quest’ultimo le circondava le spalle con il braccio destro e stringeva la mano destra di lei opportunamente sollevata.
“Dovrebbero farvi giocare più spesso il sabato, in modo da avere tutto il pomeriggio di domenica libero, come oggi.”
Misugi le diede un bacio sulla testa, tra i capelli rossi che adorava.
“Inoltrerò richiesta ufficiale alla federazione.”
“Già che ci sei, fai abolire anche le partire in trasferta per la tua squadra.”
“Altro?” Ridacchiò leggermente.
“Fammi pensare…”
“Yayoi Aoba, la donna che rivoluzionò il calendario calcistico giapponese.”
La bibliotecaria rise di gusto: era felice come si può essere nel primo periodo dell’innamoramento, quando ogni minuto insieme non è mai di troppo.
Jun si mordicchiò un paio di volte le labbra.
“Alla prossima partita in casa vieni allo stadio? Ti procuro io il biglietto.”
“Sul serio?”
Il calciatore annuì.
“Ti vorrei vicina, almeno per una partita.”
Yayoi si sciolse dall’abbraccio e si voltò sul fianco sinistro, puntellandosi con un gomito. Il lenzuolo che la copriva scivolò di qualche centimetro.
“Ne sarei felice, ma prima dobbiamo parlare con chi sai tu: non è giusto che lo scoprano da qualche foto paparazzata.”
Jun si girò a sua volta, sapeva che prima o poi avrebbero dovuto confessare, non potevano tenere in piedi il gioco troppo a lungo.
“Peccato, questa storia della relazione segreta cominciava ad essere eccitante.”
 
 
 
“Keitaro, non ti sembra di  esagerare?”
Arimi stava considerando l’apprensione del compagno fuori dalla norma, dato che si era praticamente precipitato nel palazzo dove abitava Misugi ed ora stava brandendo le chiavi per entrare nel suo appartamento.
“Scherzi? È più di un’ora che cerco chiamare Jun e non mi risponde al telefono. Se si fosse sentito male? In fondo mi ha lasciato le chiavi anche per queste emergenze.”
Arimi sbuffò:
“È domenica pomeriggio, magari è al cinema o da qualche parte e non fa caso al telefono.”
“Non è da lui.”
“Keitaro, ci possono essere mille altri motivi per cui non risponde. Di solito la domenica non va a pranzo dai suoi genitori?”
“Senti – l’uomo iniziava a spazientirsi – è da prima di mezzogiorno che non apre Whatsapp, ti dico che è successo qualcosa di grave!”
Keitaro infilò la chiave nella serratura.
“Puoi almeno provare a bussare prima?” Lo supplicò Arimi.
Di mala voglia l’uomo la accontentò, dando un paio di colpi vigorosi e attendendo risposta.
“Visto, non risponde.”
Senza più ascoltare, Keitaro aprì la porta ed entrò in casa.
 
 
Yayoi e Jun avevano ripreso a baciarsi ed accarezzarsi sotto le lenzuola.
Di colpo l’uomo si fermò, sollevandosi in allerta.
“Che c’è?” Aoba era preoccupata da quel piccolo scatto.
Misugi scosse la testa:
“Mi sembrava di aver sentito la porta.”
Dei rumori provennero chiaramente dal salotto e dei passi si fecero sempre più vicini.
“C’è qualcuno in casa.” Sussurrò Yayoi.
Il calciatore ebbe un’intuizione improvvisa.
“Keitaro ha le chiavi! Nasconditi sotto.” Rapido cercò di coprirla più che potesse con il lenzuolo, mentre lei faceva sparire la testa.
La porta della camera si spalancò di slancio.
“Jun! – esclamò Keitaro – Stai bene? Mi hai fatto prendere un colpo!”
Dietro di lui spuntò anche Arimi che abbassò lo sguardo, completamente paonazza per l’avventatezza del compagno.
Misugi incrociò le braccia al petto piuttosto alterato.
“Keitaro, ti sembra il modo di fare irruzione in casa della gente?”
“Ero preoccupato: non rispondevi al telefono.”
“Ti pare che faccia caso al cellulare quando…” Agitò le mani, sperando che l’amico comprendesse senza obbligarlo a sbattergli in faccia a parole l’attività in cui era impegnato fino a poco prima.
Solo allora Keitaro realizzò che Misugi non portava la maglietta, che il lenzuolo accanto a lui non celava del tutto la presenza della sagoma di un’altra persona, che per la stanza erano inequivocabilmente sparsi vestiti. Cominciò a guardarsi la punta dei piedi.
“Io… Mi dispiace. Sarà meglio che torni a casa!”
Batté in ritirata richiudendo la porta alle spalle.
“Chiudi a chiave quando esci!” Gli urlò dietro Misugi, tirando poi un sospiro di sollievo.
“C’è mancato poco.” Commentò con una mano sul volto.
Yayoi sbucò da sotto le lenzuola con sguardo malizioso.
“Se ci avessero dato più tempo, avrei potuto nascondermi nell’armadio, come la peggiore delle amanti.” Gli sussurrò all’orecchio.
“Dov’eravamo rimasti?”
 
 
 
Arimi non era ancora uscita dall’appartamento di Misugi che aveva già il cellulare in mano.
“Che stai facendo?”
“Chiamo Yayoi. Devo metterla a parte della tua idiozia!” Era pericolosamente furiosa.
Il telefono fece uno squillo e nella stanza si diffuse, a volume non troppo alto, la stessa suoneria di Aoba.
Arimi staccò il cellulare dall’orecchio e seguì la provenienza del suono. Quando era entrata in casa inseguendo Keitaro, non aveva notato una borsa appesa all’attaccapanni dell’ingresso, con un piccolo peluche fissato alla cerniera che era impossibile non riconoscere.
“Che stronzi!”
Fece dietro front ritornando verso la camera, tutta la furia traslata dal compagno ai due amici che sperava di cogliere sul fatto.
“Arimi, che ti è preso?” Boccheggiò Keitaro, ne aveva avuto abbastanza della figuraccia di poco prima.
La donna spalancò di nuovo la porta e si trovò davanti Jun intento a baciare Yayoi sul collo.
“Vi ho beccato!” Gridò, mentre dietro di lei Keitaro strabuzzò gli occhi.
Il calciatore rotolò sulla schiena e portò istintivamente una mano al petto:
“Kamisama!”
Yayoi si sollevò e si affrettò a coprirsi col lenzuolo fin sotto le ascelle.
Arimi sibilò:
“Siete due infami!”
Keitaro faceva scorrere gli occhi da Misugi ad Aoba e viceversa, incredulo di trovarli insieme quando avevano sempre parlato male l’uno dell’altro.
“Da quanto tempo va avanti questa storia?”
“Oh, te lo dico io, tesoro – Arimi incrociò le braccia – va avanti dalla cena che noi gli abbiamo organizzato e che loro ci hanno fatto credere essere stata disastrosa.”
La bibliotecaria non sapeva che dire, era consapevole che avrebbero dovuto vuotare il sacco prima.
“Arimi – Jun cercò di mantenere un tono cordiale, nonostante il disagio che provava – che ne dici se ne parliamo in salotto tra cinque minuti?”
“Assolutamente no! Voglio godermi la scena e la vittoria: alla fine avevo ragione io a farvi incontrare ad ogni costo. Anche se non lo ammetterete mai, è piuttosto lampante.”
“Arimi, forse è meglio davvero se andiamo di là.” Per quanto fosse anch’egli amareggiato dal comportamento degli amici, Keitaro aveva un carattere meno fumantino di Arimi e più incline a soprassedere. Riconosceva anche che un poco se l’erano andata a cercare pure loro, nessuno era del tutto innocente in quella faccenda.
“Per oggi non c’è altro da dire, il vostro imbarazzo è sufficiente. Tornate pure a fare quello che stavate facendo. Ci vediamo nei prossimi giorni.”
Con un cenno di saluto, Arimi lasciò l’appartamento trascinandosi dietro il compagno.
Aoba scivolò sdraiata sul materasso.
“Ce lo rinfaccerà per il resto della vita, vero?” Domandò.
“Temo proprio di sì.”
“Piuttosto che così, avrei quasi preferito che lo scoprisse dai paparazzi.”
Yayoi tornò ad accoccolarsi tra le braccia di Jun, alla ricerca del contatto e del calore del suo corpo che la faceva sentire protetta. Delicatamente fece scorrere le dita sulla cicatrice dell’uomo.
“Credo… – Misugi era titubante – Se le loro entrate di oggi non mi hanno fatto venire un infarto, niente potrà farlo.”




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Ed ecco l'extra voluto da Ewan: se Jun e Yayoi si vendicano degli amici, questi non restano a guardare, o forse sì. XD
Come sempre, ringrazio tutte le persone che hanno seguito, sia palesandosi, sia silenziosamente.
Chi mi segue con regolarità sa che domani inizia un certo periodo dell'anno, quindi il reincontro sarà vicinissimo. ;)
 

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