I Barbegrino e i Principi Thurn und Taxis

di Helen_Rose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La lettera ***
Capitolo 2: *** La reazione dei Barbegrino ***
Capitolo 3: *** Scontri ed incontri ***
Capitolo 4: *** Paternità ***



Capitolo 1
*** La lettera ***


Marcello sta sistemando i tavolini all'aperto, prima dell'apertura, quando un corriere consegna un pacco contenente una gelatiera di ultima generazione e una busta. Marcello, perplesso, si accerta del fatto che la consegna sia proprio destinata a loro e che sia tutto pagato. Il corriere conferma, lui firma e, chiedendo se si tratti del signor Barbieri in persona e ricevendo una risposta affermativa, gli consegna la busta, destinata a lui. Marcello porta il pacco e la busta dentro e, mentre Salvatore e Sofia ammirano la nuova gelatiera e verificano che sia funzionante, lui estrae la lettera. Si sparge per tutto il locale un profumo di camelie inconfondibile. Un brivido gli percorre la schiena. Niente riporta la mente indietro come l'olfatto. Si sente un profumo ed è come se il tempo non fosse mai passato. I conti non tornano, ma qualcuno inizia a quadrare: per approfondire, deve sedersi. Si allontana e inizia la lettura; tanto, gli altri due sono troppo occupati da quello che sembra un gesto di beneficenza.

"Parigi, 3 aprile 1968

Caro Marcello,

Anche se, forse, non ho più il diritto di chiamarti così. Com'è che era? 'Per accorgermi della tua presenza ancora prima di vederti'? È passato tantissimo tempo, quasi 6 anni ... Sembra una vita. Quando ti raccontai della vendita della villa, mi dicesti che i ricordi vivono per sempre in noi, e che nessuno può portarceli via. Avevi proprio ragione. E a ricordarmi di te ogni giorno non c'è solo questo profumo, ma anche qualcos'altro. Una persona, anzi, di cui vorrei parlarti.

Ha i miei occhi verde mare e i tuoi capelli corvini. Ha la mia sfacciataggine e il tuo sorrisetto spavaldo e sicuro di sé. Gli piace farsi raccontare le fiabe che amavo da bambina, prima di addormentarsi, ma non disdegna i giochi coi soldatini e con le macchinine. Gli parlo spesso anche in francese, e sta ormai assumendo un accento misto. Sa persino leggere e scrivere quasi in maniera equivalente in entrambe le lingue. Ogni tanto gioca con la bimba di Riccardo e Nicoletta, te la ricordi? Margherita. Sono amici, ormai. Ha cinque anni, ma ne dimostra molti di più.
Dice sempre che gli piacerebbe imparare ad andare in bicicletta. Peccato che nessuno possa insegnarglielo. Peccato che tu non possa sapere tutte queste cose, né gioire per quanto ti somiglia o accapigliarti con me per stabilire le percentuali, né sentirti chiamare papà. È nostro figlio, Marcello, ed è identico a te. Intendiamoci, la colpa non è tua: non sai neanche dell'esistenza del bambino. L'ho chiamato Marco Tancredi Brancia Di Montalto ... Sai quanto mi manchi, ancora.
Desideravo che lui simboleggiasse l'unione del nome dell'uomo che mi ha dato la vita, e di quello dell'uomo che me l'ha salvata in modi troppo numerosi per poter essere elencati in questa lettera. Desideravo che potesse avere anche questa parte di te, per quanto possibile.

Ho scoperto di aspettarlo solo quando ero già tornata qui a Parigi, dopo averti lasciato andare, appena Roberta tornò. Eri venuto da me con uno sguardo colpevole intuibile da vari chilometri di distanza e, appena mi hai dato la notizia, anzi, la comunicazione telegrafica, forse perché temevi di far trasparire troppo le tue emozioni contrastanti - un misto di senso di colpa nei miei confronti e di sollievo e gioia per il ritorno della donna che hai sempre amato - ho capito subito di dover essere io a levarti dall'empasse, sia per il tuo bene che per la mia dignità. Forse, non avrei agito diversamente in ogni caso. Ho deciso di imparare dai miei errori e di non impormi più in una situazione dove non solo forse non sono gradita, ma in cui di sicuro non mi sento amata. Peraltro, se ti avessi detto immediatamente della gravidanza, sempre per via dei precedenti, tutti avrebbero non solo gridato allo scandalo, ma insinuato che cercassi di incastrarti. Quando ero follemente innamorata di Riccardo, ossessionata anzi, non avevo messo in conto tutte le ripercussioni che le mie azioni scorrette avrebbero avuto sulla mia reputazione. Ora ne accetto le conseguenze. Ho voluto dimostrare di tenere davvero a te, permettendoti di costruirti un futuro senza intoppi, con Roberta. Hai sempre amato davvero solo lei e io, in fondo, l'avevo sempre saputo. Per un periodo ho cercato di illudermi del fatto che non fosse vero, poi ho capito che mi stavo solamente facendo del male. Di nuovo. Ecco perché ho voluto lasciarti libero di stare con la persona che avevi scelto per la vita da prima che ci frequentassimo.

Ho saputo da Cosimo che vi siete sposati, ormai tre anni fa. Pensa, ho dovuto far finta di ricordarmi vagamente di te ... Non senza un certo imbarazzo. Gabriella e Roberta sono ancora migliori amiche, presumo, dal momento che era piuttosto informato. Mi disse che si sarebbe tenuta la festa di compleanno per il primo anno di vita di vostra figlia. Si chiama Vittoria Emma, vero? Bel nome. Il secondo dovrebbe essere quello della moglie di Armando, se non ricordo male. So cosa starai pensando: che è passato un altro anno da quel giorno, e che stai scoprendo solamente ora di tuo figlio. Ma cerca di comprendermi: ero sconvolta, avevo un disperato bisogno di metabolizzare, di capire come agire. Prima non avevo voluto sapere più nulla di te. Mi avrebbe fatto troppo male. Volevo chiudere i ponti.

Ad ogni modo, sono felice per voi e per la vostra famiglia. Anch'io mi sono rifatta una vita. Sono tornata a Parigi da mia madre e, inizialmente, dicevo a tutti di essere vedova: meglio sfortunata che ragazza madre sgualdrina, per la gente della nostra epoca. Spero che le cose cambino in fretta. Poi, ho incontrato, o meglio, rincontrato, un uomo elegante, colto, distinto e molto ricco ... Sarebbe il Principe Franz Gustav Thurn und Taxis. Me lo presentò Adelaide al circolo, ai tempi in cui non avevo occhi che per te; voleva spingermi a maritarmi, con la neanche troppo velata allusione al fatto che stessi invecchiando e che, visti anche i miei precedenti, avrei dovuto darmi una mossa. Ma non avevo voluto saperne. Lui, invece, non aveva mai smesso di pensare a me, e a distanza di quattro anni, ho ceduto e l'ho sposato. È una persona dolce e generosa, che mi adora, ma soprattutto, ama nostro figlio. Hanno un ottimo rapporto e avrebbe voluto dargli il suo cognome, ma io non ho voluto: Marco è la mia più grande soddisfazione, la mia rivincita nei confronti del mondo; è mio. Un po' mi dispiace per Franz - anzi, io preferisco chiamarlo Gustav - che non può avere figli biologici, ma l'affetto di Marco lo ripaga di questo sacrificio.

Anche Marco gli è molto legato, ma capisce che la nostra non è una famiglia come tutte le altre. Mi ha chiesto come mai non stessi sposando il suo vero papà, al nostro matrimonio, chi fosse: voleva conoscerti. Sul momento non ho risposto: l'ho distratto e la cosa era finita lì. Ma poi ha continuato a chiedermi di te sempre più insistentemente. Ho avuto modo di riflettere: sono stata ingenua a pensare che la cosa riguardasse solo me e te. Anzi, me in primis. Voglio proteggere mio figlio a ogni costo, ma non vorrei mentirgli, non per sempre. Ho confessato la verità a mio marito, e insieme abbiamo ritenuto che fosse giusto fartela sapere. È stato proprio lui a suggerirmelo: al posto tuo, lui avrebbe voluto esserne informato.

Ma capisco che non si tratti solo di una scelta nostra o che dipenda da noi, ma soprattutto tua: ora hai una nuova vita, e non voglio metterti in difficoltà con Roberta. È la ragione per cui ho voluto lasciarti in pace per tutti questi anni. La decisione spetta a te, anzi, a voi. Se tu vorrai iniziare ad avere un rapporto con Marco, magari come uno zio, un amico di famiglia, noi torneremo a Milano: sto per riacquistare la villa. Gustav farà un po' avanti e indietro tra qui, Parigi e le sue industrie in Austria. E fra qualche anno, chissà, quando Marco sarà più grande, potremmo dirgli la verità. Ora non voglio e non posso sconvolgerlo: la società è quella che sappiamo, e non voglio che lui si senta in obbligo di preferirti a Gustav, che si senta in colpa ad amarlo, o ad amare di più te, perché non ho dubbi sul fatto che accadrà molto, molto presto.

Perdonami, se puoi; ma per questo, ti concederò tutto il tempo necessario. È solo di nostro figlio che mi importa. Ti allego alcune sue fotografie.
Aspetto notizie sulla tua decisione. Se non le avrò, saprò che avrai optato per il no. Ma non credo di essermi sbagliata.

Con affetto, Ludovica"
Marcello è sconvolto. Se non fosse già seduto, forse sverrebbe sul posto. È convinto di star avendo un'allucinazione, poi ricontrolla la lettera ... No, non lo è.
Guarda le foto. Sono tre. Nella prima, Marco è appena nato e gli è stato messo di fianco un orsacchiotto: è proprio Meluccio, lo riconosce immediatamente e si sorprende di ricordarne ancora il nome; nella seconda, ha circa due anni secondo la data scritta sul retro, sta seduto a terra con un trenino in mano, e ha un sorriso che scioglierebbe i ghiacciai; e nell'ultima, scattata pochi mesi prima, è seduto accanto all'albero di Natale con una gigantesca fetta di panettone in mano che, recitava la didascalia, "non aveva voluto lasciare nemmeno per il tempo di farsi fotografare". Scene di vita quotidiana, a cui lui non aveva mai potuto appartenere. E Ludovica aveva ragione ... Gli somiglia moltissimo. Ed è qui che, allo sbigottimento iniziale, si sostituisce una rabbia cieca che monta da dentro e non lascia spazio a nient'altro. Una reazione che lo assale prepotentemente, senza che possa esercitare il controllo su di essa.
Sferra un pugno fortissimo contro il bancone e accartoccia la lettera. Solo il foglio, non le foto che la busta contiene: sono un tesoro troppo prezioso.


Salvatore si avvicina, preoccupato: "Marcello, ma va tutto bene? È successo qualcosa? Non hai detto una parola, e ora sei fuori di te ..."
"Quella strega!" sbotta lui, per tutta risposta. "Ma che le dice il cervello?!  Quando non è incinta se lo inventa, e quando lo è, se ne va senza dire niente! Un figlio! Lasciarmi libero! Non doveva essere lei a decidere! Mi ha privato di tutto! Di tenerlo in braccio quando è nato, dei suoi primi passi e della sua prima parola. E intanto, c'è questo damerino con più nomi che dignità: barboncino parte 2. Mio figlio! Ha anche il coraggio di dirmi che, se voglio, al massimo posso fare l'amico di famiglia- zio simpatico! È mio figlio! E magari pretende di passare per quella che si è sacrificata, che la ringrazi, adesso, perché povera, l'ha fatto per me! E poi, fammi capire il senso di mandarci questa macchina per fare i gelati! Adesso noi la rimandiamo indietro, sedutastante, oppure giuro che la distruggo!"


Salvatore lo guarda sempre più perplesso e preoccupato. Marcello se ne rende conto; cerca di respirare e di fornirgli una spiegazione sensata, per quanto gli sembri che, in tutta quella situazione, non ci sia proprio nulla di sensato:
"Si tratta di Ludovica. Quando se n'è andata, dopo che ci siamo lasciati, aspettava mio figlio. L'ha chiamato Marco Tancredi e gli ha dato il suo cognome; ha ormai 5 anni, ed io non ne sapevo nulla".
Ora è Salvo ad aver bisogno di sedersi. Non riesce a trovare le parole adatte: "Cosa? Ma come ... Come ha potuto farti questo ... Tu sei un bravo ragazzo, una persona onesta! Ti saresti fatto in quattro per lui, per prenderti le tue responsabilità!"
Sta parlando in buona fede, da amico leale, ma purtroppo, sta ottenendo l'effetto di farlo infuriare ancora di più. Ci sarà tempo e modo di sfogarsi con lui. "Scusa, Salvo, ma devo andare a casa ... Devo assolutamente parlarne con Roberta ... Di sicuro, non la prenderà bene, ma sa che non c'entro nulla e capirà. Lo spero, almeno: quella che teoricamente era una relazione di passaggio ... Vabbè".


Esce dalla caffetteria come una furia e, involontariamente, sbatte la porta.
Perché non dirgli nulla, perché tenergli nascosta una verità così importante, così ingombrante ma vitale per un uomo, per un padre quale lui avrebbe potuto essere. Anzi, qual è, perché la sua bambina è tutta la sua vita, la luce dei suoi occhi; ama giocare con lei, ama gioire dei suoi piccoli progressi quotidiani ... E ama condividere tutto questo con sua madre, la donna che ama più di sé stesso. Forse è per questo che Ludovica ha taciuto ... Perché uno degli aspetti più belli della genitorialità è la condivisione, e lei sapeva benissimo che, in ogni caso, avrebbe sempre continuato ad amare Roberta e che sarebbero rimasti insieme solo per il bambino, ma non è una giustificazione!             La figura del padre è distinta da quella del marito, e lui ce l'avrebbe messa tutta.                                             Anzi, ce la metterà tutta, d'ora in poi.

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Capitolo 2
*** La reazione dei Barbegrino ***


Entra in casa come una furia, sbattendo la porta dietro di sé. Roberta sussulta. Sta provando a far addormentare Vittoria senza successo: ha quasi due anni, ma sembra voler già rinunciare al sonnellino pomeridiano, con somma disperazione di entrambi i suoi genitori, specie di Roberta, che fa le ore piccole per tener dietro alla burocrazia universitaria. Va all'ingresso, scorge suo marito e urla d'istinto: è paonazzo, visibilmente agitato, per non dire totalmente fuori di senno, e la sua mano destra è tumefatta. Il ritratto di un pazzo, praticamente. Manco a farlo apposta, la bambina inizia a piangere e urlare contemporaneamente, alla vista del papà. I piccoli capiscono davvero tutto. Invece, gli adulti, manco un po', a volte.                                                                                                         Abbastanza inquieta, Roberta adagia la figlia nel suo lettino e si dirige verso Marcello, chiedendo cosa sia successo. Lui è totalmente fuori di sé, animato dalla voglia di spaccare tutto, ma prova a contenere le azioni per via della bambina. Il tono di voce, però, sfugge al controllo, e di certo non è quello tipico da biblioteca. Inanella imprecazioni, una dietro l'altra.                                                                    "Marcello, cosa è successo? Parla" si attenta a chiedere lei, per la seconda volta.
Lui non riesce ad articolare le parole, e nel dubbio tace, facendo avanti e indietro per la sala, preda di un'ira a dir poco funesta. "Marcello, t'ho detto di spiegarmi!" incalza Roberta, spazientita e terrorizzata allo stesso tempo. Teme il peggio. Teme che abbiano avuto guai in caffetteria, magari delle minacce, di nuovo, e che abbia dovuto difendersi con la forza e le botte.

Marcello prende un profondo respiro e cerca di articolare un pensiero di senso compiuto. Non è giusto tenere Roberta così sulle spine: deve sapere; anche se, a dirla tutta, teme molto la sua reazione. Peccato che, nonostante la ferma e nobile intenzione di esprimersi con lucidità, i sentimenti in subbuglio, contrastanti, la collera su tutti, abbiano ancora la meglio:
"È successo che pare io sia il padre di un Conte, o addirittura di un Principe, pensa: i dettagli dinastici mi sfuggono, in questo momento, ma visto l'interesse per certi argomenti, non ho dubbi che quella pazza da internare mi fornirà informazioni più dettagliate appena potremo comunicare più chiaramente, non di certo per lettera!".
Roberta è a dir poco interdetta. Crede di non aver sentito bene, poi si concentra e capisce che è tutto vero. Deve sedersi. "Come sarebbe a dire ... Padre? Tu? Di chi? Chi sarebbe la pazza da internare?"
"Ah, ma me la pagherà, stanne certa!"
"Marcello, esplicita il soggetto, per l'amor del cielo, o sarò io a farti internare! Chi. È. La. Madre. Di. Questo. Figlio. Dimmelo"
"È Ludovica Brancia. Parto per Parigi, ora, immediatamente. Dov'è la mia valigia?".                                                          Questo sì che è un vero e proprio colpo di scena. E chi se lo sarebbe immaginato.
"Fermo dove sei. Nessuna valigia. Ora tu e io ci facciamo una bella chiacchierata: mi spiegherai punto per punto come diamine hai potuto cacciarti in una situazione del genere. Scema io a pensare che una relazione senza importanza richiedesse un esiguo numero di rapporti di quel tipo e anche una certa attenzione ai dettagli. D'altronde, se consideriamo Nicoletta ..."
"Ecco, sicuramente Riccardo Guarnieri sapeva ogni cosa, ma vigliacco se nelle sue visite di cortesia alla famiglia Reale ha pensato di fare una capatina tra noi umili servitori e informarmi dell'esistenza di un figlio nelle cui vene scorre il mio sangue! Ma io l'avevo capito dal primo istante che di lui non ci si poteva fidare! Guarda la fine che ha fatto mia sorella, in mezzo ai canguri, per colpa sua, sua e di quella matta da legare! Ma ora mi sente!"
"Calmati e respira. Non è il caso di scomodare tutto l'albero genealogico. Attieniti alle mie domande, piuttosto, di grazia. Mi devi delle spiegazioni, caro".
Alcuni frammenti delle argomentazioni di Roberta hanno raggiunto il cervello di Marcello, che sta iniziando a intuire la gravità della situazione, ma è ormai nel bel mezzo di una crisi di iperventilazione.

Sentendo i genitori agitarsi, Vittoria urla e strepita a propria volta, desiderosa di attirare l'attenzione e spaventata dalle scenate alle quali non è affatto abituata: qualche discussione accesa, al massimo. Roberta inizia a realizzare che forse è il caso di chiamare Armando per chiedergli di portare la bimba al parco: tanto, non dormirebbe comunque, specie in tali condizioni. Avvisa Marcello e compone il numero, ma lui non la sente neppure. Si precipita verso la stanza di sua figlia, la solleva dal lettino e la stringe a sé, pur cercando di non soffocarla. Avverte il bisogno spasmodico di sentirla vicina. Roberta, perplessa, posa la cornetta senza aver ancora parlato con Armando e segue Marcello nella stanza di Vittoria. Ciò che vede le spezza il cuore e, per un attimo, le fa dimenticare la confusione e la rabbia che sta provando: suo marito è un padre straordinario per la loro piccola, e lo ha dimostrato ogni giorno, fin da quando lei era incinta e si affannava per soddisfare ogni insignificante capriccio, ogni voglia che le venisse, con dedizione. Roberta conosce bene anche le vicende familiari di Marcello, che paradossalmente lo hanno portato ad acquisire un senso personale della famiglia fortissimo, a partire dalla sorella, che nomina quasi ogni giorno e alla quale scrive una volta alla settimana, ansioso di ricevere novità sui progressi di Matteo e di informarla su quelli di Vittoria, che purtroppo Angela ha visto solo una volta, altro motivo di dolore per Marcello, che non può vedere la sua bambina crescere con la sua adorante zia.
L'idea di avere un figlio in un altro Stato di cui non ha mai sentito parlare, che non ha mai visto sorridere, giocare, che non lo conosce, che non ha visto muovere i primi passi e di cui non ha udito la prima parola, deve averlo devastato nel profondo. E lei lo sa, sa quanto Marcello sia capace di amare intensamente chiunque rientri tra i suoi affetti più cari; perciò, se suo marito non ha ancora pienamente realizzato la perdita che Ludovica, volente o nolente, gli ha causato, lo fa Roberta al suo posto. L'istinto di Marcello gli ha semplicemente indicato la strada verso sua figlia, quella che conosce da sempre e che ama più di sé stesso, mai come ora da proteggere. Fa parte di lui, del suo istinto più radicato. Proteggere da cosa o da chi, a volte, non è ben chiaro, ma lui, nel dubbio, lo fa. Ecco perché, ogni tanto, il suo gigante buono merita che ci sia qualcun altro a proteggere lui e il suo cuore in frantumi. Roberta si avvicina lentamente per non spaventare padre e figlia; circonda il busto di Marcello con le sue braccia, da dietro, e posa un bacio sulla sua spalla destra, spostandosi poi verso sinistra per sfiorare il nasino della sua bimba. Sono il ritratto dell'amore in un solo abbraccio.       "Amore, so che sei confuso, e hai paura. Ma nessuno ti porterebbe mai via la nostra piccola, per nessun motivo: lo sai. È qui, e presto conoscerai anche Marco".                                                                    Quelle tre semplici frasi sono in grado di sciogliere il groppo che Marcello aveva in gola da ore, in un istante. Si lascia andare a un pianto liberatorio, avvinghiato a sua figlia e sua moglie,il suo rifugio,casa.
A questo punto, mentre Marcello si calma, è davvero necessario chiamare Armando.
Non chiederebbe nulla di meglio che poter passare qualche ora con la sua nipotina: con i genitori di Marcello entrambi morti e quelli di Roberta spesso lontani, è ormai il nonno ufficiale, con buona pace di nonna Livia che, per compensare le sue assenze, riempie Vittoria di giocattoli e manicaretti. Tuttavia, quel che "sua nuora" gli ha accennato per telefono lo ha abbastanza sconvolto, ma ci sarà tempo e modo per discuterne con Marcello, loro due da soli. Suona il campanello: è proprio Armando. Entra con la consueta esuberanza e, dopo aver lanciato uno sguardo che è misto di disapprovazione e costernazione a quello che considera un figlio a tutti gli effetti, si dirige verso la sua Emma - la chiama così, lungi da Roberta e Marcello contraddirlo - e la prende in braccio, mettendole sciarpa e cappottino, perché per quanto ci sia un bel sole, non sia mai che prenda freddo.
"Vieni dal nonno, Emmina, che andiamo al parco, andiamo sull'altalena, facciamo tanti giochi. Uè testina, io te l'avevo detto che quella portava solo guai! I nobili pensano di poter usare noi povera gente come uno dei loro tanti passatempi. È inutile che tu vada a Parigi: la ghigliottina, purtroppo, non la puoi più usare. Usa il cervello stavolta, mi raccomando! Ascolta tua moglie, soprattutto, che lei ne ha abbastanza per tutti e due, povera stella". E dopo aver dispensato questa perla di saggezza a un attonito Marcello che non ha avuto tempo né modo di replicare, ma è anche troppo shockato per farlo, se ne va con la bimba come il più felice dei pensionati di tutta Milano e dintorni.
È arrivato il momento di mettere tutte le carte in tavola e, per quanto possibile, di analizzare la situazione lucidamente. Roberta inizia a realizzare quanto sia determinante il suo ruolo, in un frangente del genere. Da un lato vorrebbe prendere a insulti Marcello; dall'altro, le piacerebbe alquanto farlo con Ludovica ... Eppure, sarebbe inutile e inopportuno in entrambi i casi, al momento. Se Marcello non è in grado di ragionare chiaramente, e da un lato è comprensibile, toccherà a lei farlo. L'obiettività e la diplomazia, in tematiche delicate come la genitorialità e, in più, una famiglia allargata - le fa strano anche solo pronunciarlo, soggettivamente e anche considerando la società in cui vivono e l'educazione impartitale - sono tutto. Ma Clelia e Luciano sono stati un esempio per lei e per chiunque li abbia conosciuti. In questo caso, non ci sarà neppure un "passaggio di consegne" tra la moglie precedente e la compagna successiva: si tratta di creare un rapporto inesistente tra un padre e un figlio. Il figlio di suo marito, sangue del suo sangue, un bambino innocente in un contesto alquanto insolito.
Il contatto visivo aiuta sempre, perciò ... "Posso vedere le fotografie del bimbo?" chiede dolcemente. Le ha già intraviste: fuoriuscivano dalla busta che Marcello ha sbattuto sul tavolo senza tanto né quanto. Lui gliele allunga senza proferire parola. Roberta sorride d'impulso: è il suo istinto materno a parlare, non c'è alcun dubbio. "Ma guardalo. È il tuo ritratto con gli occhi della madre ... E ha anche qualcosa di lei in viso. Mentre quest'espressione furbetta che ha mentre tiene il panettone, in barba alle smanie di una fotografia perfetta che Ludovica avrà sicuramente avuto ... Beh, ricorda moltissimo Vittoria, non ti pare?". Ora è Marcello a sorridere in automatico. Non c'è niente da fare, sua moglie viene proprio da un altro pianeta. Si sforza di esaminare anche lui la fotografia di ... Di suo figlio. È così strano il solo pensarlo. "Hai ragione ... Mi somiglia. E somiglia a Vittoria, che somiglia a sua volta ad Angela. Secondo te, stiamo cercando solo delle prove che ci confermino che è vero?"
Roberta lo fissa perplessa. "Che è vero? Ma certo che è tuo figlio, Marcello! Altrimenti, perché mai sollevare un polverone dopo tutti questi anni, e quando è già sposata con un Principe, addirittura!"
"Hai ragione, ho fatto un'affermazione ingiusta nei confronti di Ludovica ... Ma la consapevolezza di aver avuto un figlio lontano per tutto questo tempo mi uccide"
"E lo capisco, però cerchiamo di metterci un attimo nei suoi panni: sapeva che con la sua posizione sociale, non avrebbe subìto disagi eccessivi o indiscrezioni eclatanti, soprattutto trasferendosi a Parigi dove è meno conosciuta, e ne ha approfittato permettendo anche a noi di beneficiarne. Sai benissimo che, se non fosse stato per questo gesto, tu e io non ci saremmo mai sposati, né avremmo avuto una figlia. Avresti dovuto prenderti le tue responsabilità, non ci sarebbe stata alcuna via di scampo. Fa strano dirlo, ma è stata lei a concederci la nostra felicità..."
"Ci avrebbe separati e sarebbe stata la storia di mia sorella che si ripeteva, solo che con Riccardo non era andato in porto il suo piano, mentre stavolta la gravidanza era reale. Era reale, accidenti ... Però, sì, hai ragione tu. Sarei stato sottoposto a un sacrificio troppo grande, in nome di un amore assoluto verso mio figlio e del rispetto che avrei portato a Ludovica. E ora mi maledico per aver sottovalutato il dolore di mia sorella, quando prima si separò da Matteo e poi fu costretta anche a lasciar andare Riccardo Guarnieri ... Per quanto fosse decisamente indegno di lei" precisa, con il suo solito ghigno furbo.
"E su questo, nessuno aveva dei dubbi. Stai pensando a come sarebbe stata diversa la tua vita, tornando indietro?"
"Sì ... Ma non ha senso. Non cambierei nulla, assolutamente nulla. E lo sai bene"
"D'accordo, romanticone, ora vediamo di sistemare questa mano tumefatta con un po' di ghiaccio. Vado a prenderlo, aspetta"
In Marcello, si riaccende improvvisamente la fiamma del risentimento: "Adesso ho anche la mano infortunata per colpa sua!"
"Ma veramente, non ti ha prescritto il medico di tirare pugni al bancone, e non mi pare che Ludovica ti abbia dato delle istruzioni in tal senso. E se vogliamo dirla tutta, amore bello, non ti ha prescritto nessuno dei due neanche di intessere una relazione con lei. Sapevi benissimo che il suo mondo gira in modo tutto particolare"
"Maledetto sia il giorno! Lei e le sue convinzioni di poter fare tutto quello che le pare e quando le pare. Figurati se si sarebbe mai potuta accontentare di me: un Principe, niente di meno. Avrei dovuto prendere una bottiglia di whiskey dalla caffetteria. Qui la cosa più forte che abbiamo è il chinotto, per colpa tua!"
"Pensi che non sappia che, a chiusura fatta, tu, Armando e Salvo vi fate una bevuta? Vuoi arrivare a letto ubriaco?"
"Ah, sei diventata premurosa, amore".
Roberta svicola dalla morsa che Marcello cerca di esercitare per stuzzicarla e farle il solletico. "Non cambiare discorso e non cercare di intenerirmi, signor Barbieri. Abbiamo una lettera da scrivere. Avanti".
"Ma perché non lasci fare a me?"
"Ti sembra di essere nelle condizioni per poter scrivere, con la mano conciata in quel modo? E poi, non mi fido di quel che le diresti, vista la tua predisposizione a farla saltare in aria, metaforicamente ma neanche troppo. Ricopierai poi tu in bella quando te la sentirai, magari tra un paio di giorni. Intanto, questa è la prima stesura"
"E va bene. Io detto e tu scrivi. Dunque. Carissima squinternata, che dai al nostro bambino un nome che ricorda il mio, e poi me lo tieni nascosto per quasi sei anni ..."
"Fermi tutti: 'Marco' sarebbe in tuo onore?"
sbotta Roberta, sempre meno incline a mantenere i nervi saldi, riacciuffando la lettera incriminata. Quel passaggio deve esserle sfuggito. È proprio così. Amen. "Lasciamole questa magra consolazione".
"E carissimo soprammobile, Principe Gustav Thurn und Taxis dei miei stivali ..."
"Ancora! Marcello, smettila, mi confondi e va a finire che scrivo davvero queste cose!
Fortuna che è la brutta copia. Ma poi, mi spieghi perché te la prendi tanto con lui? È stato anche merito di Gustav, se alla fine Ludovica si è decisa a scriverti, no?"
"Quanto è vero. Doveva dirglielo quel pirla, altrimenti da sola non ci sarebbe arrivata!"
"Un po' pirla lo sarai ben anche tu, dal momento che siamo in questa situazione".
Marcello la ignora a piè pari, troppo preso dalla foga: "E io che stavo addirittura per prendermi una coltellata per salvarla!"
"Pure! Andiamo di bene in meglio, guarda" commenta una Roberta sempre più irritata, domandandosi cos'abbia fatto di male per ritrovarsi con un tardivamente ragazzo padre, per giunta esaltato e che sta sciorinando le sue avventure eroiche svoltesi in quei sei mesi di lontananza. Lui si rende conto del fatto che il tutto sta prendendo una piega pericolosa e cerca di correggere il tiro: "Sì, ma alla fin fine è stata una cosa da niente, un salvataggio che avrebbe messo in atto chiunque sia dotato di una coscienza. Andiamo avanti".

Milano, 5 aprile 1968
"Cara Ludovica,
Tu non sei Principessa né Contessa, sei proprio la Regina delle folgorate! Ho letto la tua missiva e appreso, con un certo sconcerto, dell'esistenza di mio figlio, a cui ci mancava solo che dessi il cognome di quel crucco, grazie per la concessione, sono commosso! Si tratta di nostro figlio, ma anche mio, non mi risulta che tu lo abbia concepito da sola, né che lo abbia trovato sotto un cavolo! che avrei voluto conoscere in un altro momento, non c'è dubbio ... Magari appena nato. Ti dovrei pure ringraziare per il nobile gesto di avermelo tenuto nascosto "per il bene di entrambi"? E a quello di nostro figlio non hai pensato? Ah, giusto, hai pensato ai beni materiali. Se avessi voluto redimerti dagli errori del passato, saresti andata a servire i pasti ai senza tetto! Da un lato, apprezzo che tu abbia voluto preservare la nostra felicità individuale, ma di fronte a un figlio, tutto passa in secondo piano e si fanno anche sacrifici, sacrifici che sarei stato disposto a fare per il suo benessere. Non vendermi la storiella secondo cui saresti un'eroina tragica, quando sei solo una viziata egocentrica! Non ti venisse in mente di farmi entrare nella vita del bambino come un giocattolo di cui un giorno entrambi vi stuferete! Pretendo di vederlo ogni giorno, altro che l'amico-zio! Per recuperare il tempo perduto, desidero essere una presenza costante nella vita di Marco. Mi trovi d'accordo sul non dirgli da subito chi realmente io sia. Ma non farai mica passare la sua maggior età, siamo intesi? O magari direttamente prima di partire per il militare! È finita la pacchia e il fare il bello e il cattivo tempo, cocca! Ad ogni modo, penso sia giusto discutere di tutto ciò, con più calma e meglio, di persona. Organizziamoci secondo le disponibilità di tutti e quattro: lascio in fondo alla lettera anche il mio numero di telefono, per qualunque evenienza. Io e Roberta ci saremo. Immagino di dover tenere conto anche del crucco. Spero per lui che rimanga al suo posto, perché a me dei suoi buoni sentimenti e dei problemi che lo affliggono, poco interessa! Tante grazie per avermi cresciuto il bambino, nella speranza che non sia diventato un viziato capriccioso di prima categoria, ma da qui in poi me la vedrò io, stanne certa.

A presto, Marcello.
P.S.: Marco è una meraviglia, tutto suo padre. Ma un pochino ti somiglia."

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Capitolo 3
*** Scontri ed incontri ***


Stanno per arrivare. La stanza è un tripudio di fiori il cui profumo si sparge fino al corridoio. La cameriera in livrea, Agata, sta nell'angolo, pronta a servire i drink non appena gli ospiti saranno arrivati.
Ludovica aveva risposto alla loro lettera con un conciso telegramma, dando loro appuntamento per questo giorno, alla villa. Marco Tancredi è andato ad iscriversi al maneggio con la tata: prima di qualsiasi incontro, bisogna parlare fra adulti.
Ha indossato più gioielli di quanto sia opportuno e forse decoroso, dal momento che sono nel primo pomeriggio, ma ha bisogno più che mai della corazza che lo status e la ricchezza le hanno sempre garantito, per non crollare. È la prima volta in cui lo rivede, e lui verrà con lei: ormai sono entrambi felicemente sposati, è passato un secolo, ma le ferite dell'ego bruciano per sempre.

Gustav è riuscito a raggiungerla nonostante un importante affare in corso, per sostenerla. Ripartirà già il giorno dopo per Berlino. È più bello che mai, alto e massiccio: la sua fisicità le aveva subito trasmesso sicurezza; i lineamenti però sono delicati, gli occhi azzurrissimi, con quella pagliuzza più scura nell'occhio destro che tanta parte ha nell'ammaliare i contraenti e nel fargli concludere affari vantaggiosi; i capelli castani, pettinati all'indietro ma con una ciocca ricciuta che spesso scappa, adagiandosi sulla fronte, e che lui prontamente riporta indietro. Indossa un completo grigio ed è seduto sul divano, con il suo brandy in mano. Lei, invece, percorre avanti e indietro la stanza, tormentando ora gli anelli, ora la collana in un vorticoso scintillio di diamanti, bevendo un mimosa dietro l'altro. Il marito la invita a sedere accanto a sé.

Dal canto loro, Roberta e Marcello stanno procedendo a larghe falcate - o meglio, lui, mentre Roberta si affretta per stargli dietro, non senza qualche difficoltà - dal momento che sono in leggero ritardo e che lui ha una quantità di ansia in corpo che non possiede nemmeno Gabriella nei suoi momenti critici. Sua moglie è senza fiato.
"Marcello, ti ho già detto di rallentare. Punto primo, l'essere arrivata fino a pochi metri fa in macchina non mi consente di mantenere le energie sufficienti per starti dietro. Ho le gambe un pelo meno lunghe delle tue. Punto secondo, siamo in ritardo per colpa tua che non riuscivi a deciderti sulla cravatta. Punto terzo, Ludovica è donna ed è pure nobile: secondo te, ha già scelto la parure e ha anche avuto tempo di indossarla? Fatti meno paranoie, di grazia. Ecco, ho appena sprecato altro fiato prezioso."
"Roberta, tu non capisci: dobbiamo essere in una posizione di impeccabilità totale, sotto ogni punto di vista, prima di avanzare qualunque recriminazione. La puntualità è una delle condizioni a cui sottostare. Dai, che intravedo il vialetto, ormai ci siamo"
"Te l'ho già detto a casa, in macchina e te lo ripeto anche ora: Marcello, devi darti una bella calmata. Capisco l'agitazione, ma non devi incontrare il Presidente della Repubblica e la Regina Elisabetta: perciò, tranquillizzati, ché per cinque minuti di ritardo non verremo ghigliottinati. Noi. Non saranno quelli a far sentire Ludovica meno in difetto, e non è una gara. Ora dammi la mano, fai un bel respiro e comportati da persona civile ed educata, come sai essere".

Suonano alla porta. Agata apre da sopra. Ludovica entra in agitazione ancor più di prima, ma il marito la rassicura facendo passare delicatamente la mano sulla sua schiena. I due si alzano, dato che oramai staranno arrivando, e Ludovica indossa il suo miglior sorriso di circostanza, che tenta malamente di nascondere l'ansia. Marcello sta procedendo a passo sicuro verso il salotto, mentre Roberta è sempre più sbigottita sia dallo sfarzo della Villa, sia dall'improvvisa nonchalance di lui.

"Ci perdonerete se non c'era nessuno ad accogliervi alla porta, ma sapete, ci siamo appena trasferiti e i domestici stanno ancora sistemando gli scatoloni e tutto ciò che fa parte del trasloco. Peraltro, siamo sotto organico: non avete idea di quanto sia difficile trovare personale compente ed affidabile al giorno d'oggi ... Di Italo ce n'è uno solo" esordisce Ludovica. "Ma del resto, non credo sia stato un problema per voi, trovare la strada: Marcello conosce perfettamente Villa Brancia, praticamente viveva qui".
È risultata forse più snob di quanto avrebbe voluto e il sorrisetto abbinato alla frecciatina avrebbe potuto benissimo evitarlo, ma, sentendosi in difetto, deve mascherare il senso di disagio che prova, e quelle loro mani congiunte riaprono una ferita mai veramente chiusa.
Con sua somma irritazione, Roberta non fa una piega; anzi, raddoppia la presa sulla mano di Marcello. A distanza di anni, non si può certo dire che sia cambiata: è la stessa persona pacata e razionale.

"Possiamo offrirvi qualcosa da bere? Gradisce un sigaro, signor Barbieri?" interviene Gustav, per far tacere sua moglie che, dal canto suo, con ogni evidenza ha già avuto un po' troppi drink ...
"Per me analcolico, per favore: va bene tutto, e sono solo le tre del pomeriggio ... " risponde Roberta, con un sorriso cortese.
"Oh, giusto cielo, da qualche parte nel mondo è sempre ora di bere... Comunque, di analcolico credo che abbiamo solo l'acqua e il latte del bambino, ma controlliamo ..." ribatte Ludovica, con tono canzonatorio. *Suona la campana* "AGATAAAA, abbiamo qualcosa senza alcool per la dottoressa Pellegrino? Non devo chiamarti 'signora Barbieri', vero?"
"No, ci tengo al mio cognome"
"Principessa, abbiamo solo la cedrata e il succo al pesca; purtroppo, quello all'arancia lo abbiamo già mischiato con lo champagne per preparare i mimosa"
"Vada per il mimosa, se da qualche parte nel mondo è sempre ora di bere ..." replica Roberta, storcendo il naso di fronte al fatto che, ovviamente, Ludovica ha ben volentieri acquisito il titolo del marito.
In tutto ciò, Marcello non ha ancora proferito parola. La moglie gli lancia uno sguardo allusivo, pensando di sbloccarlo. "Io sono a posto, per il momento, grazie. Magari più tardi ... E non fumo sigari, signor ... Gustav, posso chiamarla così?"
"Ma certo, Marcello, non formalizziamoci".

"Bene, credo sia il caso che io e Marcello ci riuniamo per discutere un attimo della questione in privato, se non vi spiace ... Siamo pur sempre noi i genitori, direi".
"Naturalmente" concede Roberta con un sorriso tirato, sforzatissimo, stavolta. Ha ragione, ma non ne sopporta la spocchia. Dal canto suo, Ludovica cerca di non bersi la favoletta della buona samaritana che si dimostra di supporto in un battito di ciglia: il senso d'inadeguatezza triplicherebbe. Anche Gustav conferma con un cenno.

Marcello e Ludovica si ritirano in disparte. Lui, guardandola, pensa che sia ancora più bella di allora: il tempo trascorso le è servito per sbocciare pienamente. Avendola di fronte, capisce come, sei anni prima, fosse rimasto stregato da quei lineamenti perfetti, da quel suo modo di fare sicuro, dal suo piglio determinato. Era stata colpa di quel sortilegio, se ora si ritrovano in questa situazione ... Così com'è venuto, scaccia immediatamente questo pensiero che lo fa sentire così in collera con sé stesso per aver ceduto al fascino di Ludovica, e tutte le promesse e i buoni propositi di calma vengono meno: comincia a riversarle addosso tutto il suo risentimento, di getto, a ruota libera.
"Adesso mi devi spiegare cosa ti ho fatto per meritarmi questo trattamento. Dopo tutto quello che abbiamo passato, che ho fatto per te, e che tu hai fatto per me, mi escludi dalla vita di nostro figlio e, cosa ancora più grave, gli precludi la possibilità di avere un rapporto con suo padre, per cinque anni! È anche mio figlio! Ti devi togliere da quella testolina che sia solo tuo; da oggi in poi, la musica cambia: io sono suo padre e tale voglio che tu mi consideri. È assurdo: a malapena so che faccia abbia; non ho idea, molto banalmente, di cosa gli piaccia mangiare o di quale sia il suo colore preferito; non conosco neppure il suono della sua voce! Eppure, l'hai chiamato con un nome simile al mio: quale onore, non ti sarai disturbata troppo?! Non ci posso neanche pensare ... E se non ti avesse chiesto nulla di me, eh, cosa avresti fatto? Se tuo marito non ti avesse convinta a scrivermi, ti saresti portata il segreto nella tomba? Sei sempre la solita egoista ed egocentrica che non si cura del male che fa agli altri ..."

"Ah, io sarei l'egoista?" sbotta lei, interrompendone l'invettiva. "Mi sembrava troppo tranquilla quella lettera, infatti: l'ha tradotta e censurata Roberta, vero?! Io sono veramente senza parole! Vuoi davvero sapere il motivo per cui l'ho fatto? Ebbene: non avrei mai sopportato che mi guardassi per sempre con quegli occhi da cane bastonato che avevi la sera in cui mi hai detto che era tornata; non potevo neanche pensare di averti accanto e sapere che pensavi ad un'altra! Che rimpiangevi un'altra. Avremmo finito per odiarci ed essere infelici, e questo io non lo volevo né per me, né per te, dato che tengo al bene di entrambi; ma soprattutto, non lo volevo per il mio bambino. E di certo non elemosino l'amore dell'autista..."
Ad "autista", Marcello storce il naso, ma si impone di tacere per evitare di eccedere. È come se quei pochi giorni siano serviti a entrambi per elaborare quei discorsi, ma nel caso di Ludovica, lei li ha rivisitati, con tutta probabilità, a seconda degli scenari.
"Ma credi che per me sia stato facile?! Liquidata dalla sera alla mattina come se non valessi niente! Ma del resto, tu, la regola del preavviso nel dimetterti non l'hai mai osservata! Io penserei solo a me stessa?! Senti chi parla! Quello che mi ha usata come rimpiazzo finchè non è tornata la fidanzatina ... Che rispetto hai avuto di me? E adesso non mi hai nemmeno chiesto come sia stato per me trovarmi da sola, incinta, spaventata e oggetto degli sguardi e i mormorii della gente ... Io ti amavo, pensa che stupida! Ho scelto di avere il mio bambino e di tenerlo da sola, nonostante le iniziali pressioni di mia madre, ma è stata dura! Hai vissuto la gravidanza di tua moglie: sai cosa prova una donna in quello stato! Immagina come mi sono sentita quando il bambino si muoveva e immaginavo le tue mani sul mio ventre; quando pensavo a che nome avresti voluto dargli, a quanto avrei dovuto combattere perché avesse anche il mio cognome; quando hanno montato la culla e sapevo che lo avresti fatto tu; quando è nato, all'ospedale, ed ero l'unica senza un uomo al mio fianco. Ecco come stavo. L'unica cosa che mi aiutava ad andare avanti era la certezza che un uomo che non mi vuole, nemmeno io lo voglio. Ecco quello che è mancato a me! Ho affrontato tutto da sola, ed è per questo che ora ti dico che lui è mio! Mi stai dicendo che non avrei dovuto scegliere io per te, che il tuo bene lo sai tu: che ipocrita! Non hai forse fatto lo stesso tu con Roberta quando vi siete lasciati? Quindi, per carità, risparmiami i tuoi moralismi inutili, eh!".
Respira profondamente, si asciuga una lacrima che è scappata e si ricompone. "Ad ogni modo, quel che è stato è stato: inutile recriminare sul passato ora, oramai non ha più senso buttarti addosso tutta la rabbia del mio ego ferito. Ognuno di noi ha la propria vita; sono molto felice con mio marito, lui si è preso cura di me e di Marco, e va bene così. Quel che conta è Tancredi. Siamo qui per parlare di lui, non di quello che è stato fra noi. Io voglio che tu faccia parte della vita di nostro figlio: non sarei tornata qui, altrimenti. Ma ti prego di non sconvolgerla: diamogli tutto il tempo per elaborarlo quando sarà il momento più opportuno per tutti. È così intelligente: come sai, è già bilingue e sta imparando il tedesco dal suo patrigno".

'Pure il crucco ci mancava', pensa fra sé e sé, ma sforzandosi di non esternarlo.
"Mi dispiace per quello che hai passato, ma non eri tenuta a farlo: tu non eri affatto da sola, anche senza scomodare il nobile animo del principe azzurro di là ... Non nasconderti dietro il fatto che amavo un'altra! Non è mai stato un problema per te! Parliamoci chiaro: questa villa e la tua vita comoda a cui non volevi rinunciare, sono il motivo per cui non hai alzato la cornetta per dirmi che aspettavi mio figlio, 'Principessa'! La ragione per cui Marco non ha avuto suo padre per tutti questi anni e per cui tu non hai avuto nessuno accanto è stata la seguente: nel tuo bilanciamento, questo era un sacrificio più sopportabile di una vita senza tutto questo sfarzo! Non avresti dovuto tenermelo nascosto; avremmo potuto trovare una soluzione, per lui saremmo stati una famiglia. Ti volevo bene, ma evidentemente non bastava ..."

"Questa è l'opinione che hai di me, e avrei dovuto sposarti?! Sciocca io a credere che almeno tu mi conoscessi per come sono realmente ... Per carità, neanche mi stai a sentire... Non volevo creare una famiglia per lui. Tenevi a me, ma non mi amavi; io non sono lei, è questo il punto! Non serve girarci attorno: io non ho paura delle parole, a differenza tua! Non è vero che avremmo potuto trovare una soluzione diversa: è evidente! Non c'è mai stata nessun'altra soluzione se non questa! Saresti stato un padre meraviglioso, ma un marito pessimo, te lo ribadisco, e due cuori e una capanna lo avrei anche potuto sopportare, ma così no! Sarei impazzita per davvero e da madre non me lo potevo permettere. Ho dovuto allontanarmi dall'ennesimo uomo che preferiva un'altra a me. Stavolta ho trovato il coraggio di farlo. Adesso, ognuno di noi ha quello che ha sempre voluto; per la prima volta, sto con qualcuno che ama e desidera solo me, mi dà stabilità e sicurezza; tu hai la tua famiglia con lei, e niente di tutto questo sarebbe successo se te lo avessi detto ... Quella romantica scenetta di voi due per la manina come ragazzini, per esempio!"

Ad interrompere di colpo quell'accesa discussione sono dei rumori provenienti dall'ingresso: il pianto disperato di Marco e un vociare concitato. Tutti e quattro escono di corsa dalla stanza, mentre li raggiunge il maggiordomo con in braccio Marco Tancredi, dolorante per via delle ginocchia e delle manine sbucciate. Gustav lo prende e lo adagia sul divano.
"Oh mio Dio, che è successo? Amore mio, stai bene? Perché piangi? Oh Signore Benedetto, ma tu sanguini! Andiamo all'ospedale, Gus!" strilla Ludovica, in pena per il suo gioiellino ridotto in quel modo.
E rivolgendosi alla tata: "Tu, razza di incompetente! Te lo affido e me lo riporti in queste condizioni!"
"Signora, mi dispiace, stava giocando a pallone con gli altri bambini ed è caduto"
"Con gli altri bambini? Chi sarebbero questi bambini? Conosco i genitori?!"
Gustav porge alla moglie un bicchier d'acqua per tentare di tranquillizzarla. "Signorina, lei è licenziata: quel che è successo è intollerabile, se ne vada immediatamente" intima alla tata. "Tesoro, vedrai che non è nulla, adesso ci pensa Agata a medicarlo, non ti agitare ..."
Marcello e Roberta rimangono in disparte. Non si aspettava di incontrare suo figlio proprio oggi, e di certo non in queste circostanze. Con Vittoria Emma, sarebbe stato lui ad accorrere e ad aiutare Roberta a medicarla, senza esitare. Ora, invece, si sente l'unico estraneo di fronte al figlio.
Marco, dal canto suo, vedendo sua madre così in ansia, naturalmente si spaventa ancora di più e riprende a singhiozzare. Non sta fermo e rende difficile alla cameriera riuscire a disinfettarlo e mettere i cerotti ...
"Bruciaaaa, non voglio!"
"Lo so, signorino, ma se non smette di dimenarsi, non riesco a medicarla ..."
Nel frattempo, Roberta guarda suo marito con la coda dell'occhio e le viene da sorridere. Chi l'avrebbe mai detto che uno abituato a sferrare pugni per difendersi come se nulla fosse, e che lei stessa si era trovata a medicare una volta quando era ridotto in condizioni decisamente peggiori rispetto a quelle del bambino, si sarebbe preoccupato talmente tanto. Anche con Vittoria, ogni piccolo graffio era motivo di tragedia e dispiacere per lui. Gli dà una spintarella con la spalla, come per dire: "Avanti, è tuo figlio. Di certo, non farai peggio di Ludovica che, con le urla, non sta facendo altro che terrorizzarlo".

Marcello deglutisce e muove qualche passo incerto in direzione di Marco. Non sembra aver notato la sua presenza, per il momento. Gustav se ne accorge e, prendendola per un braccio, allontana la
perplessissima moglie, delicatamente. Marcello si inginocchia e guarda il suo bambino dritto negli occhi, sorridendogli: "Sai, un mio amico ora ti direbbe che gli ometti non devono piangere. Io ritratto con: 'Non c'è nessuna sbucciatura che non si curi collaborando un po'. Posso?"
Prende cotone e disinfettante dalle mani di Agata e si avvicina lentamente alle ginocchia di Marco. "Stai fermo, intesi?"
Il piccolo annuisce. Marcello è il primo adulto che conosce a non trattarlo come un bambino ancora più piccolo di quanto non sia. Sembrerà assurdo, ma l'effetto che un po' di fermezza e autorità hanno sui bambini iperprotetti e viziati è magico.
"Tu chi sei?" chiede Marco, giustamente.
Marcello sospira e accenna uno sguardo in direzione di Ludovica. "Conosco la tua mamma da tanto tempo. Sono venuto a trovarvi; mi fa piacere conoscerti..."

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Capitolo 4
*** Paternità ***


Un taxi percorre le strade di una Milano ancora semideserta per l'esodo estivo. Nel pomeriggio ha piovuto, e l'aria di quella sera di inizio settembre è finalmente fresca dopo giorni di arsura.

Ludovica aveva anticipato il suo rientro dalle vacanze per formalizzare l'iscrizione a scuola di suo figlio che, quell'anno, iniziava la prima elementare; inoltre, aveva voluto accontentare Tancredi che, più di una volta nel corso quelle settimane trascorse a Capri, aveva chiesto di poter andare a giocare con Marçel, come lo chiamava lui con il suo accento francese, e la Betta, soprannome nato poiché, non essendo ancora praticissimo con la R, da furbetto qual era aveva trovato il modo di ometterla del tutto. Ed è proprio a riprenderlo a casa loro che sta andando.

Il taxi accosta, destinazione raggiunta. "Attenda qui, per favore. Faccia pure correre il tassametro, non è un problema"  e, dicendolo, Ludovica porge al tassista una banconota per pagare la prima parte della corsa. Scesa dall'auto, citofona in corrispondenza di: "Barbieri-Pellegrino".

È Roberta ad aprire la porta, con un sorriso sfinito che Ludovica accoglie comprensiva.
I bambini stanno dormendo; dopo averla messa a tappeto durante il pomeriggio, hanno giocato per tutta la sera, come succede sempre quando papà è a casa. Dopo aver cenato, si erano messi a guardare il Carosello, ma neppure quello li ha tenuti svegli, a un certo punto. Sono così teneri: la testa di Vittoria sul fianco di Marco. Ignari di essere fratelli, sono già vicinissimi: è impressionante vederli insieme; il loro legame fa già così tanto famiglia. Questo pensiero in tinte diverse percorre la mente di tutti gli adulti coinvolti.

Dal canto suo, Roberta si era presa il pomeriggio libero - che tanto libero poi non si è rivelato, dal momento che ha dovuto correggere delle prove scritte da casa - per poter stare coi bambini. Marcello non può lasciare soli i soci per interi pomeriggi, ma ogni tanto fa uno strappo a questa regola autoimpostasi. A Roberta fa piacere: vede poco Vittoria, e se anche ritarderà nella consegna di qualche elaborato, pazienza.

Per quanto riguarda Marco, non è abituata alla responsabilità di un figlio non suo, dal momento che, quando lei e Gabriella si incontrano, avviene quasi sempre a casa della sua amica dove c'è una tata, appunto, a occuparsi dei bambini – Vittoria Emma e Giorgio Arturo, il figlio di Gabriella e Cosimo - così da lasciare a loro due la possibilità di fare quattro chiacchiere. Roberta vuole essere una mamma presente per la sua bimba, e per questo deve barcamenarsi non poco; ma in qualche modo, anche grazie ai consigli di sua madre, prendersi cura della piccola le è sempre venuto più naturale di quanto avrebbe mai pensato. Questo, tuttavia, non è sufficiente come biglietto da visita per l'intransigente e ansiogena Ludovica Brancia di Montalto, famosa per aver licenziato più tate dei Banks, nel film di Mary Poppins; eppure, le lascia Marco nella più completa fiducia. Sospetta ci sia dietro un discorsetto di Marcello, della serie: "O ti fidi di Roberta e me, o niente".

Qualunque sia il motivo di tanta fiducia - ben - riposta, avere Marco in casa le fa sinceramente piacere. È un bimbo sveglio, educato e ha capito subito che, da loro, non può permettersi i capricci che fa con sua madre e Gustav, per ragioni sia economiche sia, soprattutto, di stampo spartano e spiccio tipico di Marcello ma, in fondo, anche di Roberta: affetto e premura sì, viziare mai. Vuole bene anche a Roberta ormai; anzi, alla Betta, come dice lui: quel soprannome non le dispiace affatto, anzi, la fa sentire speciale e considerata, non marginale in questa vicenda che ha un po' sconvolto la vita di tutti loro. Inizialmente è stata dura, sia psicologicamente che fisicamente: abituarsi a nuovi ritmi, ai: "Per questo fine settimana lo terrete voi, ma il prossimo sarete da noi"; al fatto che il loro nucleo familiare non sia più composto solo da lei, suo marito e la loro bambina. Col tempo, con il sostegno di tutti i loro amici e della sua famiglia, per quanto possibile, tutto si è normalizzato e ora non cambierebbe queste routine particolari per niente al mondo. Non sempre è facile, ma la loro vita è più bella e colorata, adesso.

Mentre si riscuote, essendosi estraniata con la mente per qualche minuto, suo marito sorride a Ludovica e si divincola dalla morsa dei suoi figli, che si sono addormentati addosso a lui, tipo koala.
"Caffè? Noi dobbiamo ancora prenderlo. Possiamo offrirti qualcosa?" chiede Marcello alla madre di suo figlio.
"Oh no, grazie, il taxi mi aspetta qui sotto. Sveglio Tancredi e andiamo" replica lei.
"Ma no, non lo svegliare, è stanco, povero... Abbiamo giocato tutta la sera. Lo porto io giù in taxi, in braccio"
"Grazie ... Però forse è meglio che lo copriamo, fa freschetto ed è sudato".
Marcello fa per ribattere, ma vede Roberta scuotere la testa: solidarietà femminile.
"Va bene, hai ragione" replica, trattenendo un sorrisetto. Meglio non discutere sul fatto che fuori ci siano non meno di 18 gradi: ha già avuto modo di rendersi conto dal primo istante di quanto Ludovica sia apprensiva nei confronti del figlio, per cui meglio assecondarla. Va in camera della piccola, prende uno degli scialli che tengono nell'armadio e, stando attento a non svegliare Vittoria Emma, solleva delicatemente il suo bambino e, avvoltolo, lo accosta al suo petto, la testa sulla sua spalla.

Mentre scendono le scale, le domanda: "Alla fine, dove l'hai iscritto a scuola?"
"Al Sacro Cuore, dalle suore francesi. Non voglio perda la lingua. Studiano in italiano, ma ogni comunicazione si svolge rigorosamente in francese. E poi, chissà, magari affidandolo alla Provvidenza verrà su meno testa calda di noi due"
"Oh beh, su questo non posso darti torto: gli servirebbe un miracolo. E tu come stai? Ci sono state le elezioni l'altro giorno, signora Presidentessa del Circolo: complimenti! Il regno del terrore della Contessa Adelaide di Sant'Erasmo è finito"
"Mio caro, ma che dici? È appena cominciato quello della Principessa Thurn und Taxis. A proposito: dovremmo rivedere i termini della nostra convenzione, magari ci scappa un aumentino"
"Come è buona lei, Sua Altezza Reale" replica Marcello, alla sua tipica maniera.
Ridono; in quei mesi sono riusciti a lasciarsi alle spalle rancore e risentimento. Anzi, si può dire che ormai siano amici.

Adagiato il bambino in taxi, si salutano. "Senti, per questo fine settimana Gus ha prenotato uno chalet sulle Alpi, in Trentino. Ha un affare importante a Monaco e non riesce a scendere a Milano. Perché non venite con noi? È bellissimo, immerso nel verde; c'è la piscina vicino ad un bosco stupendo. Sai che il bambino ci tiene a stare con voi. Si è affezionato tanto a te ... Non avevo dubbi, del resto. E anche a Gus fa piacere, tranquillo. Se vi andasse, Tancredi ed io partiremo giovedì sera."
"Grazie, ne parlo con Roberta e ti faccio sapere; se è libera e se Salvo e Sofia ce la fanno da soli senz'altro ... Anche per me è importante stare con Marco il più possibile. È un bambino fantastico"
"È tutto suo padre" gli dice con un sorriso.
"Migliorato da sua madre".
E, con un bacio sulla guancia, si salutano definitivamente dandosi la buonanotte.

Seduta sul sedile posteriore dell'auto in corsa, con la testa di Tancredi - il suo petit lapin, coniglietto - sulle gambe, Ludovica riflette su quei deliranti mesi. Le mani accarezzano i suoi capelli, identici a quelli di Marcello, che forse sono diventati un po' troppo lunghi; ma è sempre una pena tagliarli, per quanto sono morbidi e luminosi. È stata una benedizione che li abbia ereditati da lui; era stata la prima cosa che aveva notato quando, appena nato, lo aveva stretto a sé per la prima volta, ed era stato per quel motivo che si era decisa ad anteporre Marco al nome di suo padre ... La versione originale sarebbe stata un colpo al cuore ogni volta.

Ripensa a quel primo pomeriggio alla villa: Marcello era riuscito subito ad entrare in sintonia con il loro bimbo. Dopo averlo medicato, per distrarlo dalla bua e farlo calmare, lo aveva fatto chiacchierare, desideroso di scoprire qualche dettaglio in più sulla vita di suo figlio. Gli aveva chiesto se gli piaceva il calcio, e aveva scoperto che preferiva la pallacanestro, perché a calcio, con il fatto di essere più alto degli altri, lo mettevano sempre in porta e si annoiava. Allora gli aveva chiesto se gli andasse di insegnargli questo gioco in cui bisognava essere alti, e se riteneva che anche lui lo fosse abbastanza: il bambino, sentendosi importante a fare da maestro ad un adulto, aveva accettato; in cambio, aveva avuto la promessa di un cono gelato enorme come ringraziamento.
"Al cioccolato?"
"È il tuo preferito?"
"Sì. Anche la stracciatella mi piace, ma il cioccolato di più"
"E allora, aggiudicato".

Era rimasta impressionata da come il loro legame si fosse rafforzato in così poco tempo. Tancredi faceva i capricci per andare a trovarlo quasi ogni giorno ed era una pena riportarlo a casa. Aveva sempre avuto un ottimo rapporto con Gus e continuava ad adorarlo: parlavano come sempre dei cavalli e dei cani da caccia; andavano al maneggio: il Principe era un cavaliere formidabile e gli insegnava tutti i suoi trucchi; per compensare le sue frequenti assenze, lo viziava tantissimo ricoprendolo di doni, fra cui il suo giocattolo preferito, un archibugio finto, identico a quello che usava il suo patrigno nelle battute vere. Quando veniva a trovarli, aveva sempre un pensierino per entrambi: Tancredi impazziva di felicità, gli saltava in braccio. Quando non c'era, spesso chiedeva di lui e insisteva per telefonargli: ogni sera, cascasse il mondo, anche se si trovava dall'altra parte del mondo, Gustav lo chiamava per i loro esercizi di tedesco. Tutto fra loro era rimasto come prima, e questo era stato un vero sollievo.

Ma con Marcello era tutta un'altra cosa: con lui, Tancredi si sentiva importante in un modo in cui - tranne con Ludovica, ovviamente -, anche se era stato sempre viziato da tutti, non si era mai sentito. Quando suo padre gli faceva domande, era davvero interessato alla risposta: voleva realmente conoscere la sua opinione, le sue preferenze. E poi, era l'unico disposto a sporcarsi per giocare con lui: adoravano rotolarsi per terra per fare la lotta. Come rideva! Certo, Ludovica la prima volta in cui li aveva visti, decisamente meno: per poco non le era venuto un collasso, temendo che potesse farsi male. Poi si era accorta che, a dispetto di un'apparenza sconsiderata, Marcello era ben attento a fare in modo che Tancredi non sbattesse da nessuna parte, neppure per sbaglio. Era stata presa da una tenerezza ancestrale, istintiva, che solo una madre che guarda il proprio figlio con il padre può provare: non lo aveva mai saputo così al sicuro.

~

Arrivati allo chalet, Gustav si affaccia sul vialetto per accoglierli; raggiunge Marcello e i due si scambiano una vigorosa stretta di mano. Per Gustav è un sollievo non dover trascorrere il fine settimana essendo l'unico in balìa delle ansie della moglie: non sia mai che Marco cada in un fosso.

"Buonasera, amico mio. Mi dispiace molto che tu abbia dovuto sopportare mia moglie nel tragitto fin qua. Con lei è un continuo: 'Attento! Và piano!' anche se l'auto è ferma. Tu sarai poco furbo, o molto santo, amico mio. Pago Karl, l'autista, appositamente per sopportarla mentre guida: lei lo rimbrotta continuamente, lui subisce, io tiro su il separé e gioco con Marco Tancredi. La amo tantissimo, ma giuro di non potercela fare. Tanto siete venuti con due macchine ugualmente, di cui una guidata, appunto, da Karl: come sempre, ha portato otto valigie per tre giorni".
Marcello trattiene a stento una risata.
"Sì, hai ragione. Miracolosamente mi ha permesso di guidare perché sa che conosco le strade di montagna; ma abbiamo fatto i giochi di viaggio con i bambini e l'auto compensava i suoi borbotti, cui sono abituato, fra l'altro: anche mia moglie è pressante alla guida, da quando c'è la bambina. La macchina è una meraviglia"
"Mio caro, quella è macchina che lei usa per uscire con il bambino; un'utilitaria perfetta per le mamme ansiose: appena sarò tornato a Milano, vieni pure che facciamo un giro con la Bentley e la Rolls Royce, i miei due gioiellini"
"Affare fatto, amico mio".

"Cosa state a confabulare, voi due? Piuttosto, Gus, sbrigati a chiamare i domestici per aiutare Karl a scaricare le valigie. Non pretenderete mica che, oltre a badare ai bambini, dobbiamo occuparcene io e Roberta!"
Roberta, dal canto suo, alza gli occhi al cielo, sorridendo. "Di norma, quando io e Marcello portiamo Vittoria al mare, non c'è nessun Karl; al massimo Armando, o Salvo che, tuttavia, esattamente come il cugino, preferisce di gran lunga spostare il timballo dalla forchetta al suo stomaco"
"Che immagine raccapricciante. Vieni, amore della mamma, andiamo dentro" borbotta Ludovica, nervosa per il viaggio. Mentre passa di fianco al marito, sibila: "Guarda che ti ho sentito benissimo. Otto valigie, quando si ha un bambino piccolo, sono lo stretto indispensabile! Un cambio per ogni evenienza. E a me servono tipi di completo per ogni occasione, lo sai".

~

Il giorno successivo al loro arrivo, Marco e Marcello decidono di andare nel bosco; o meglio, ovviamente lo ha deciso Tancredi: vuole esplorare e darsi all'avventura come nei libri di Jules Verne che gli legge la mamma prima di dormire, e suo padre l'ha accontentato. Gustav è rimasto nello chalet a finire di sbrigare delle pratiche. Roberta e Ludovica, invece, si sono ben guardate dal seguirli: da una parte, Vittoria è troppo piccola e a sua madre non è parso il caso di lasciarla sola con una squadra di tate che, seppur iper qualificate e selezionate, sono per lei delle sconosciute ... E poi, è così invitante l'idea di stare comodamente sdraiate all'ombra a bordo piscina con un bel drink rinfrescante, certamente molto di più rispetto a quella di impiastricciarsi fra il fango e i rovi del sottobosco alpino.

Per cui, le due mamme sono intente a chiacchierare del più e del meno, quando la loro conversazione viene interrotta dal maggiordomo, che avverte Ludovica del fatto che è attesa al telefono: "Principessa, una chiamata per lei: è il Circolo"
"Grazie Agostino, ma dì pure che li richiamerò più tardi"
"Certo, Principessa".
Questa parola desta l'attenzione della piccola Vittoria, che stava giocando con le sua bambola accanto alla mamma. "Ma tu sei una Principessa vera, come quelle delle fiabe?"
"Sì, tesoro: se vuoi, quando torneremo a Milano, sempre che la mamma e il papà siano d'accordo, ti porterò a vedere la mia corona; la potrai anche misurare, sarai sicuramente bellissima''
"Che bello, sì! Ti prego mamma! Ma tu parli anche con gli uccellini?"
"No, purtroppo questo non so farlo".
Visibilmente delusa da quella rivelazione, la bambina torna ai suoi giochi.

Roberta ha assistito a tutto lo scambio sorridendo; questo le pare il momento più giusto per riferire a Ludovica dei pensieri che le frullano in testa da un po' di tempo.
"Sai, Ludovica ... Mi dispiace di averti giudicata male, in passato. Certo, ad essere onesta non è che avessi molti elementi per pensare bene di te: per me, eri la persona che aveva contribuito a causare l'infelicità prima della mia amica Nicoletta e poi di Angela ... Sorella di Marcello, ironia della sorte. Poi, sei diventata la donna che ha baciato il mio promesso sposo ... Pensavo fosse un tradimento: ovviamente davo la colpa a lui, ma insomma, ci siamo capite. Quando sono tornata da Bologna, ho scoperto che stavate davvero insieme. Non è proprio un bellissimo quadro. Addirittura, dopo anni ho scoperto che hai tenuto nascosto a Marcello suo figlio. Inizialmente ho cercato di essere io a calmarlo, ma non è che fossi proprio tranquillissima all'idea di iniziare questa nuova ... Fase della vita, si può dire? La verità è che conoscevo solo Ludovica Brancia di Montalto ... Non Ludovica. Sapevo delle tue azioni, di cui alcune veramente negative, ma non sapevo chi fossi davvero; peraltro, nella vita si cambia. Non ero mai stata sostenitrice di questa filosofia, prima... Perdona la deformazione professionale, ma soprattutto caratteriale, di ingegnere schematica. È una delle ragioni per cui feci tanta fatica a fidarmi di Marcello, all'inizio del nostro rapporto. Mi sembrava uno scapestrato, giocava d'azzardo ... E i precedenti penali non hanno aiutato; poi ho compreso le sue ragioni. Ecco, approfondendo per forza di cose la conoscenza con te, ho capito innanzitutto di dover abbattere i miei pregiudizi e provare a conoscerti almeno sotto il punto di vista di mamma. E sei una mamma splendida: attenta, affettuosa, premurosa ... Anche con Vittoria sei sempre così gentile, quasi materna. E poi, Marcello ha voluto riaprire il capitolo della sua vita durante la mia assenza. Mi ha, ovviamente, raccontato anche quanto tu sia stata importante per lui e, soprattutto, generosa e altruista per l'aiuto datogli con la caffetteria, in un momento in cui non sapevano da che parte girarsi perché non avevano fondi e troppi ordini. Io non c'ero perché non ha voluto che io ci fossi ... Ma devo ringraziarti. Davvero. Penso che te lo meriti. Non so se saremo mai amiche, ma di sicuro ci sono stima e rispetto da parte mia".
Ludovica è sorpresa da tanta sincerità e, al contempo, tanta benevolenza, ma non spiazzata: i rapporti tra loro due si sono distesi parecchio negli ultimi tempi.
"Grazie davvero: con Marco ci provo, al meglio delle mie possibilità come tutte noi. Tancredi è la mia vita, la componente più vera ed importante ... Visto che hai citato Nicoletta e Angela, ti rivelerò un segreto: quando ho scoperto di aspettarlo, in un secondo ho capito quanto fosse ridicola e poco credibile la mia recita. Puoi fingere i sintomi fisici, ma quel che provi no: l'amore, certo, ma soprattutto quella costante paura di sbagliare, di fargli del male. Non riesco a pensare ad altro che non sia lui. E questo, a volte è pesante. Ed io ho più di un aiuto qualificato e a tempo pieno: questa nuova tata è fantastica, e come dirige le due bambinaie subalterne! Mi fa stare veramente serena, mica come quell'ebete che mi aveva consigliato Gabriella: "Sì sì, bravissima, è così dolce"... Escono una volta e il bambino si ferisce, per carità! Con Gertrud, invece, mi trovo benissimo; un po' severa, non ti nego che quasi mi fa paura, ma non so cosa farei senza di lei! Era impiegata presso una cugina di Gus, a Dresda, ma ormai le sue figlie son grandi, è stata una fortunata coincidenza. Tu invece sei fortissima: ti ammiro molto, Vittoria è così educata, un amore di bambina, stai facendo un ottimo lavoro con lei. E hai anche così tanto successo nella tua carriera: ma come fai a far tutto? Sei sempre stata determinata, del resto: ai tempi dell'università, lavoravi e studiavi con tanto profitto. Volevo poi ringraziarti per come ti sei comportata in questa circostanza ... Hai accolto mio figlio nella vostra famiglia, sei stata comprensiva; mi hai addirittura difesa facendo ragionare Marcello, davvero, grazie ... Non è da tutte. Mentre per quanto riguarda l'aiuto che diedi a lui e Salvo con gli ordini, credimi, non è il caso che mi ringrazi in realtà..." conclude, soffocando un sorrisetto impertinente al ricordo di quelle occasioni.
"Grazie a te, per tutti questi complimenti. Non sono una Super Donna ... Come hai detto tu, facciamo del nostro meglio. Quel che faccio, lo faccio per amore, sempre. Forse è questo il mio segreto. Non cambierei assolutamente nulla della mia vita. Mi fa piacere che ti fidi della tata, è importante; Gabriella è un po' svampita a volte, pensa molto al suo atelier e, spesso, molto poco al resto: eh, ci vuole pazienza. Ad ogni modo, non ringraziarmi: è davvero il minimo che possa fare per voi ... Per noi".

Detto questo, con la massima sincerità, Roberta vaga con lo sguardo per ammirare il paesaggio e scorge in lontananza padre e figlio, di ritorno dalla loro esplorazione.
Il sorriso tenero che le spunta sul volto lascia immediatamente il posto alla preghiera interiore che Marcello stia tenendo saldamente la mano di Marco, sia per scongiurare una sfuriata di Ludovica, sia per una sua preoccupazione istintiva da mamma. Ma a suo marito non c'è bisogno di fare certe raccomandazioni.

Il bimbo corre subito verso Ludovica e la Betta. La sorellina sta giocando con la bambola un po' più in là e non l'ha visto.
"Guarda, mamma, guarda! Ho un mazzo di fiori per te e uno per Betta. Nel bosco abbiamo trovato un nido caduto da un albero. Marçel mi ha aiutato a rimetterlo al suo posto e mi ha spiegato che dovevamo aspettare, per controllare che nessun uccellino fosse caduto facendosi male. Mi sarebbe piaciuto prenderne uno, ma dopo sarebbe stato triste senza la sua mamma"
"Bravo amore, avete fatto bene. E sei riuscito a vederli? Sono tornati nel nido?"
"Sì, mamma! Si erano nascosti; forse erano spaventati perché il nido era caduto. Dopo è tornata anche la loro mamma e aveva da mangiare per loro. Ha fatto una cosa stranissima: li imboccava col becco! Bleah"
"Mon petit lapin, ma tutti i cuccioli, animali o umani, vengono nutriti dalla mamma, quando non sono in grado di farlo da soli"
"Cioè? Anche tu mi imboccavi?"
"Non proprio come la mamma degli uccellini, no. Poi quando sarai più grande ti spiegherò meglio. Quindi vi siete divertiti!"
"Molto" conferma Marcello, sorridente e un po' ansimante, appena le raggiunge. Si lascia cadere con un tonfo sulla coperta stesa sul prato e sopporta - suo malgrado - l'assalto di Vittoria, accortasi del ritorno del suo papà e che, naturalmente, deve recuperare il tempo perduto: par condicio.
"Ti vedo provato, mio caro. Comincia a farsi sentire la vecchiaia?" lo provoca Ludovica.
"Solo quando deve giocare coi figli o aiutarmi in casa. Per il resto, se gli tocca spostare dieci casse piene di liquore o di bibite in caffetteria, o deve caricare la macchina per andare a vedere la partita con Armando e Salvo, è un fulmine" si affretta a confermare Roberta, battendo il marito sul tempo. Marcello, dentro di sé, aveva sempre saputo che sarebbe arrivato il momento in cui quelle due si sarebbero coalizzate contro di lui. Ludovica, infatti, sta già ridendo di gusto alla battuta. Spera ci sia ancora tempo prima che anche i figli facciano altrettanto, ma promettono bene. Inconsapevolmente, però, la sua mente è stata attraversata dallo stesso pensiero di sua moglie e, in fondo, di Ludovica: non scambierebbe più questa vita con quella precedente, per nulla al mondo. Ha scelto di prendere il pacchetto completo, perciò scuote la testa e le ignora di proposito.

Nel frattempo, Marco cerca di attirare in ogni modo l'attenzione di sua madre: è troppo orgoglioso per chiedere quella di Marcello, dal momento che sono appena stati insieme per ore e che, in fondo, è solo un amico di famiglia. Con Gustav si può permettere di tediarlo, ma al momento è ancora dentro allo chalet, di conseguenza...
Eppure, qualcosa nelle sue interazioni con Marçel non gli fa sentire la classica gioia che si prova quando viene a trovarlo, in via eccezionale, un parente o un amico che non vede spesso e col quale si può giocare più lungamente di quanto non si faccia coi genitori, proprio perché si tratta di un caso.
Il richiamo del sangue non vale nulla senza la reale volontà di stare insieme che ci dovrebbe essere dietro di esso: il fatto che uno dei due sia perfettamente cosciente del legame che li unisce fa sicuramente la differenza, nel loro rapporto, ma c'è anche una componente istintiva, di godere della reciproca compagnia, nello scoprire sia le somiglianze che le differenze nei rispettivi gusti e caratteri; l'affetto tra loro è reale, tangibile, inspiegabile, eppure travolgente. Marcello ama suo figlio per amore e per volontà, per il piacere di esserci davvero. Probabilmente, Marco percepisce tutto questo e gli viene naturale ricambiare. Normalmente, a un bambino sfuggono certe cose, ma dal momento che la gelosia in loro è istintiva così come in un adulto - la differenza è che sanno identificarla e controllarla molto meno - Marcello capisce sempre quando sta dando attenzioni solo a uno dei due bimbi: perciò, se sta facendo la lotta con Marco, prende anche Vittoria e se la mette sulla schiena, poi, e viceversa; fa in modo di comprare gelati di uguali dimensioni a entrambi; se compra un regalino a uno dei due perché lo adocchia mentre passeggiano insieme, fa in modo di metterli pari e di cercarne uno per l'altra.
Marco l'ha notato: di conseguenza, cerca di non approfittarsene, ma è più forte di lui.

Ecco che si pone, molto naturalmente, un quesito che è rimasto sepolto, per quanto martellante, per settimane, ma che ormai sta prendendo forma: che sia Marcello suo padre? Sarebbe bellissimo, ma forse ...
Fortunatamente, Gustav ha deciso di riemergere dallo chalet per unirsi alle due signore per un drink e quattro chiacchiere; non fa neanche in tempo a salutare tutti, che il suo figlioletto acquisito sbotta, come un fulmine a ciel sereno: "Mamma, ma è Marçel il mio papà?".
Gelo.
Ludovica sbianca, e qui arriviamo a quel "fortunatamente": solo Gustav sa come calmare i suoi nervi scossi e, prontamente, afferra un mimosa da farle bere, mentre le accarezza la schiena e le prende la mano. Ma stavolta, sua moglie non ne ha bisogno.
Sapeva che quel momento sarebbe arrivato, prima o poi, ed è pronta ad affrontarlo. Si consulta con lo sguardo prima con Marcello - che, dal canto suo, non ha un colorito migliore di lei -, poi con Gustav, e giusto per correttezza, anche con Roberta, la quale ovviamente annuisce. Vittoria non ha neppure sentito, si è di nuovo allontanata per giocare. Beata lei.
Ludovica fa un bel respiro, guarda il suo adorato bimbo negli occhi e risponde, semplicemente: "Sì, mon petit lapin, è lui".
Marcello non fa neanche in tempo a razionalizzare, a farsi venire i sudori freddi e l'ansia da prestazione per il fatto che sia felice o meno di averlo come padre, che lo stesso Marco normalmente composto e mitamente entusiasta si trasforma in un uragano di bambino che gli si lancia addosso senza preavviso, buttandogli le braccia al collo e strillando: "Lo sapevo!".
Marcello è interdetto. Cerca di attutire il colpo per evitare che si faccia male, abbracciandolo a sua volta mentre gli spunta anche un sorriso ebete sulla faccia.
Gustav, dal canto suo, pensa sia il caso che lo beva lui, quel drink, senza fiatare.
Roberta è perplessa, ma felicissima.
Ludovica non sta capendo assolutamente nulla di quel che è appena successo, ma una lacrima le riga il viso. Si affretta a scacciarla, confusa. Elaborerà dopo. Quel che le interessa è che suo figlio non pensi male di lei in alcun modo: ne morirebbe. Eppure, Tancredi non sembra aver fatto particolari collegamenti logistici: tutto contento per aver avuto la conferma che stava cercando, prima, avendo notato che ci sia rimasto male, va ad abbracciare il suo adorato papà acquisito, poi corre da Ludovica, la stringe forte e le dice: "Grazie per i miei papà. Ti voglio bene, mamma".

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