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di rocchi68
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***
Capitolo 3: *** Cap 3 ***
Capitolo 4: *** Cap 4 ***
Capitolo 5: *** Cap 5 ***
Capitolo 6: *** Cap 6 ***
Capitolo 7: *** Cap 7 ***
Capitolo 8: *** Cap 8 ***
Capitolo 9: *** Cap 9 ***
Capitolo 10: *** Cap 10 ***
Capitolo 11: *** Cap 11 ***
Capitolo 12: *** Cap 12 ***
Capitolo 13: *** Cap 13 ***
Capitolo 14: *** Cap 14 ***
Capitolo 15: *** Cap 15 ***
Capitolo 16: *** Cap 16 ***
Capitolo 17: *** Cap 17 ***
Capitolo 18: *** Cap 18 ***
Capitolo 19: *** Cap 19 ***
Capitolo 20: *** Cap 20 ***
Capitolo 21: *** Cap 21 ***
Capitolo 22: *** Cap 22 ***
Capitolo 23: *** Cap 23 ***



Capitolo 1
*** Cap 1 ***


In quell’accogliente aula del secondo piano, luogo quasi inaccessibile a buona parte della scuola, lavorava attivamente il Consiglio Studentesco. Era solamente metà novembre e faceva già abbastanza freddo e nulla sembrava lasciar supporre che potesse esserci qualche stravolgimento. Chi mai poteva avanzare qualche critica verso un gruppo che aveva conquistato vittorie altisonanti e che aveva risollevato il buon nome del liceo, scontrandosi con il Preside Hatchet?
Lettera di sfiducia.
Fu uno choc quando si ritrovarono davanti quella denuncia e la richiesta di nuove elezioni. Quella scelta, era stata approvata, con tanto di timbro e firma molto grossolana del Preside in persona che sembrava divertirsi con quelle dispute che, almeno per qualche tempo, potevano evitargli nuovi confronti con un Consiglio che si era fatto sempre più pressante.
Per molti poteva essere un incarico gravoso o una seccatura, ma il Consiglio Studentesco era l’ultimo e, forse, unico baluardo per proteggere quei ragazzi più indisciplinati dalla falce della sospensione o dell’espulsione.
Il Presidente di tale Consiglio era uno dei più quotati, abile nel contrattare e dall’intelligenza brillante che l’aveva portato a scalare le gerarchie per assicurarsi quel ruolo di primo piano. Figlio di un avvocato abbastanza famoso e di una fioraia sentiva che quel liceo non era il suo traguardo, ma soltanto un trampolino di lancio per il futuro.
Ambiva a un’Università di classe, poi a un ruolo nell’alta società e di formare una famiglia con la vice di tale consiglio. Mike aveva le idee chiarissime e non voleva discostarsi da questo sogno nemmeno per un milione di dollari.
Ciò che era riuscito a portarlo alla vetta erano stati l’impegno, l’amore di Zoey e lo studio forsennato che gli apriva infinite possibilità.
Non tutti i giorni, però, erano così leggeri e tranquilli. Tutto ciò che, in quel pomeriggio, lo angustiava, non era il solito fastidio per la questione del tesoriere del suo gruppo. Da diverse settimane entrava solo per pochi minuti, gli consegnava il resoconto di quante spese erano state fatte con annotate alcune accortezze per eliminare certi sprechi e poi se ne usciva, rimettendosi le cuffie e sparandosi una bella canzone a tutto volume.
Conosceva il passato di Scott e più volte aveva provato a mettere una buona parola per evitare che la scuola continuasse a odiarlo, scontrandosi con la sua energica opposizione. Ripeteva sempre che il Presidente non poteva rischiare di rovinare la sua immagine, che era già abbastanza collaborare giornalmente senza attirarsi dell’inutile e dannoso chiacchiericcio e che ormai era un capitolo chiuso che nessuno doveva riaprire per creare della nuova sofferenza. Non c’era niente di orribile in quella persona che si allontanava o che si assentava per alcuni giorni, ma a leggere il suo sguardo sembrava che il male fosse sceso in campo e che si fosse incarnato in quel ragazzo dai capelli rossastri.
A proposito di questo c’era un fascicolo top secret e Mike aveva promesso che, un giorno, non appena si fosse sentito sicuro e guarito, l’avrebbe sfogliato di nuovo e il resto della scuola avrebbe scoperto, tramite il blog comune, la verità.
Il vero problema era la mozione di sfiducia che era giunta ai suoi danni e una nuova richiesta di elezioni da tenersi tra nemmeno due settimane.
Aveva provato a parlare con Scott per un consiglio, ma questi aveva scrollato le spalle, promettendogli soltanto che gli avrebbe passato, tramite mail, qualche idea con cui sbaragliare la concorrenza.
Si era illuso che potesse essere serio, ma anche a guardare tutte le cartelle e a brontolare contro l’eventuale spam, non aveva trovato assolutamente nulla. Mike, ragazzo ottimista e incapace di vedere la negatività anche quando l’aveva davanti agli occhi, pensò per un istante che Scott stesse lavorando per il nemico, ricacciando subito quel dubbio da dove proveniva e ripetendosi che la fiducia era una delle carte migliori di un vero Presidente. 
 
“Secondo te è per le ultime voci che circolano?” Chiese Zoey, riprendendo la lettera di sfiducia che era giunta ai loro danni.
 
“Possibile.”
 
“Credono che questo sia un posto perverso.”
 
“Solo perché passiamo tre ore da soli?”
 
“Alcuni giurano di aver sentito strani versi.” Borbottò Zoey, facendolo sorridere.
 
“Frutto di una fervida immaginazione e di quel film thriller che mi hai fatto obbligato a vedere settimane fa.”
 
“C’è da dire che queste nuove elezioni arrivano in un momento delicatissimo.”
 
“Le gite scolastiche, il torneo di metà anno, i test di preparazione per la Maturità, gli incontri d’orientamento e ora questa cosa: sembra che il mondo sia incavolato con noi.”
 
“Qualche idea su come sbaragliare la concorrenza?”
 
“MI preoccupa soltanto questa ragazza del terzo anno.” Borbottò, porgendo alla fidanzata un foglio con tanto di foto.
 
“È quella che ha sollevato questo vespaio?”
 
“Afferma che le sue idee sono rivoluzionarie, che questo gruppo è malato e che lei è la guida migliore per questa scuola.”
 
“E Scott che dice?”
 
“È quello che non dice che mi preoccupa.” Bofonchiò Mike, afferrando una penna e scrivendo qualcosa su un quaderno.
 
“Credevi di essere riuscito a risvegliarlo?”
 
“Ho passato mesi a domandargli se stesse bene, seguendo i suoi hobby e preoccupandomi delle sue assenze e ora ricomincia da zero senza nessun motivo. La sua media non è mai stata così eccezionale e a oggi, guarda qua.” Sbuffò infastidito, porgendole le ultime valutazioni, pazientando qualche secondo perché leggesse tutto quanto.
 
“Non sta andando bene.” Borbottò infastidita, notando come buona parte delle valutazioni fossero allineate verso la sinistra del foglio, chiaro segno che la sua media era più tendente verso l’insufficiente o il mediocre piuttosto che a una pacifica sufficienza.
 
“Pensavo di essere riuscito a guarirlo o di avergli dato un ottimo motivo per impegnarsi e, per qualche giorno, mi era sembrato molto più partecipe, ma forse era solo un fuoco di paglia e, quando ho allentato la pressione, lui ha fiutato l’occasione e si è sentito libero di ritornare a com’era prima.”
 
“Non avrei mai voluto scoprire il suo segreto.” Sospirò Zoey.
 
“Sarebbe stata questione di tempo, anche perché la curiosità spesso ti spinge a cercare la verità, anche se questa è scomoda e dannosa.”
 
“Ciò non toglie che deve liberarsi di questo fardello se vuole passare questi ultimi anni in santa pace.”
 
“Lo sa bene.”
 
“Forse non si rende ancora conto che questo è il nostro ultimo anno in questa scuola e che se non si sbilancia ora e non trova un appiglio su cui arrampicarsi, passerà i prossimi due anni in un angolo e a rovinarsi l’esistenza.”
 
 “Hai qualche idea, comunque, su come vincere?” Chiese, promettendosi che avrebbe ripreso Scott, anche con le cattive maniere, per rispiegargli quella faccenda.
 
“Per fare questo dovrei conoscere il programma dell’altra concorrente.”
 
“Non si è ancora sbilanciata.” Soffiò Mike.
 
“E intende vincere senza neanche uno slogan o una conferenza?”
 
“Si fida dell’ultima assemblea che abbiamo fissato.”
 
“Ha puntato tutto sul suo programma in un unico giorno? Questo sì che è un azzardo.” Commentò la rossa, fissando intensamente il compagno.
 
“Forse tra qualche giorno farà una qualche mossa.” Ipotizzò Mike, grattandosi il mento.
 
“E noi saremo lì a leggere tra le righe.”
 
“Mi chiedo soltanto come spera di ottenere punti con una mossa simile.”
 
“Forse la sua strategia è davvero rivoluzionaria.” Propose Zoey.
 
“O forse intende giocarsi le sue carte tutte in una volta e vuole riempirci di proiettili, cogliendoci di sorpresa e impedendoci di replicare.”
 
“Questa sarebbe una mossa molto astuta.” Ammise, facendo tentennare il fidanzato.
 
“Se parlassi per primo, durante l’assemblea precedente alle votazioni, poi lei potrebbe sbriciolare il mio discorso e non riuscirei a replicare con attenzione alle sue idee.”
 
“Forse dovremo pensarci con calma, buttare giù le proposte più intriganti che potrebbero costarci il successo e rilanciare con una proposta allettante.”
 
“Che intendi dire?”
 
“Potremmo metterci nei panni della nostra avversaria: che mezzi e su quali fondamenta creare una campagna vincente?” Domandò Zoey.
 
“Una visione inversa.”
 
“E la proposta allettante si baserebbe su quello che fa ogni bravo politico durante i suoi comizi: distorce la realtà, fa promesse irrealizzabili e attira a sé diversi sprovveduti.” Ammise divertita, ricordando i vari discorsi seguiti in televisione.
 
“Scorretto e lontano dai nostri standard, ma necessario per continuare a guidare questa scuola e per ultimare il nostro percorso.” Ridacchiò il moro, riprendendo la penna in mano.
 
Mentre la fidanzata era impegnata a studiare matematica e a riordinare alcuni appunti presi con troppa fretta, lui aveva pensato di appuntare sull’agenda diversi spunti e alcuni progressi da ultimare per l’indomani. Odiava procrastinare, poiché simbolo di pigrizia, e per questo preferiva porsi degli obiettivi giornalieri che non gli pesassero troppo. Se qualcuno, e lo sapeva per esperienza personale, si poneva di leggere un libro di sole 500 pagine nel giro di un anno, ecco che avrebbe rimandato all’infinito a seguito di una serie d’impegni, di cene o di feste, per poi maledirsi di quei rinvii esagerati e, talvolta, assolutamente inutili. Se, al contrario, pretendeva di leggere una decina di pagine il giorno ecco che avrebbe chiuso quel compito senza nemmeno rendersene conto, ritagliandosi puntualmente uno scorcio di tempo per avverare i suoi propositi.
Per l’indomani aveva deciso di parlare con il vice Preside per fare in modo che Scott partecipasse attivamente al Consiglio e, in ultima, un colloquio distensivo con cui formulare una strategia utile a sbaragliare quell’ostacolo imprudente che aveva osato screditare le attività e le decisioni del loro piccolo gruppo.
Sorridendo per altre piccole idiozie aggiunte qua e là negli spazi bianchi, come il fare cinquanta addominali in più rispetto ai suoi standard, richiuse l’agenda e invitò Zoey ad andare a prendere un caffè e da lì a riaccompagnarla a casa, dove avrebbe parlato tranquillamente con i suoi genitori.
 






Angolo autore:

Da dove posso cominciare, cari lettori?
Ci ho messo due ore a trovare il titolo che più mi potesse rendere soddisfatto, anche se questo non mi fa proprio impazzire

Ryuk: E diciamo che l'intestazione diventerà più chiara con i prossimi capitoli

Per problema interno, intendiamo qualcosa che riguarda un membro del Consiglio, ma credo fosse abbastanza ovvio
Spero vi possa piacere e che non vi siano troppi errori.
Per consigli e critiche Ryuk è sempre pronto a leggervi e poi a inserirvi nel Death Note

Ryuk: Ma cosa?

Siate buoni con questa povera stellina...non vedete che è così sciupato?
Salutatelo per una volta e nessuno si farà male, altrimenti il suo Death Note sarà ben lieto di riempirsi

Ryuk: Non farmi passare come un deviato

Beh...più o meno ci siamo
Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Cap 2 ***


Il Consiglio Studentesco non era l’unico gruppo ben affiatato che riuniva più studenti per raggiungere un obiettivo, anche se era quello maggiormente interpellato nei confronti dei prof e del Preside.
C’erano tanti club e un Comitato di Supporto che era come un Consiglio solo di categoria inferiore e con poca voce in capitolo, utile per questioni meno incombenti o che riguardassero la gerarchia massima solo di striscio.
Mike si aspettava una mossa dalla concorrente e, dopo nemmeno ventiquattro ore, si era ritrovato con la scuola tappezzata di volantini e alcuni studenti, veri e propri sbandieratori, che giravano, consegnandoli di persona ai vari compagni incrociati per i corridoi.
Stava leggendo la bacheca con Zoey, quando si ritrovò raggiunto anche da Scott che, con aria assonnata e la divisa stropicciata, la cui camicia fuoriusciva sul davanti dai pantaloni, si era chiesto il motivo di tanta agitazione. Era da quando il corso di Heather e Alejandro si era arrestato che quel liceo era ritornato in linea alle aspettative generali.  Quei due anni con la coppia malvagia al potere aveva fatto più danni della grandine: piena sottomissione alle decisioni del Preside, zero considerazione verso gli altri studenti che venivano sospesi o espulsi anche se innocenti o in mancanza di prove valide e inattaccabili, ricerca di scorciatoie per ottenere l’ammissione all’Università e nessuna gita o torneo indimenticabili.
Quando avevano fatto le valigie, Scott aveva appena varcato la porta del primo anno, mentre Zoey e Mike si apprestavano a iniziare il terzo, colmi di speranze e desideri. Avevano avanzato la loro candidatura, avevano stravinto e, come prima decisione, presa in comune accordo, si erano ritrovati, leggendo il suo dossier, a reclutare Scott in qualità di tesoriere, sperando di riuscire a sbloccarlo e di non vederlo più con i tormenti delle medie. L’edificio grigio alla destra continuava a impensierire il rosso che si sentiva continuamente braccato: dopotutto il fascicolo passava dalle medie alle superiori senza nessun ostacolo intermedio e la possibilità che qualcuno avesse dimenticato la faccenda era pari a zero. Inoltre, come se non bastasse, in un punto della recinzione della palestra esterna vi era uno squarcio che rendeva possibile il passaggio nella struttura delle medie e questo per il tesoriere era pari a una punizione, giacché credeva che i rimpianti e gli sbagli l’avrebbero inseguito in eterno, passando per qualche scorciatoia.
 
“Il vecchio Josh dice che volevate vedermi.” Sbadigliò Scott, facendo annuire Mike.
 
“Sai che sono contrario a quanto stai facendo nelle ultime settimane.”
 
“Non sei mia madre che puoi controllare ciò che faccio.” Ribatté, scrollando le spalle.
 
“Non sarai mai nessuno se continui così.”
 
“E intendi ripetermi una lezione che conosco già? Potresti inventarti qualcosa di nuovo.” Lo provocò, consapevole che il suo boss non avrebbe mai alzato un dito in pubblico, giusto per non macchiare la propria reputazione.
 
“Sai bene che posso sfruttare un’ultima carta a mio vantaggio e questa non ti piacerebbe.” Replicò freddo, facendolo annuire.
 
“Intendi minacciarmi con la possibilità di rendere pubblico il mio passato, convinto poi che la mia situazione potrebbe solo migliorare?”
 
“Io…”
 
“Nessuno ti crederebbe mai, dopotutto siamo amici e per loro t’inventeresti qualsiasi cosa pur di riabilitarmi, così finiresti con il rovinare la tua immagine, rischiando di ritrovarti impantanato nella scelta dell’Università.” Seguitò, sfoggiando un lieve ghigno che lasciava supporre avesse pensato a quella contromossa con largo anticipo.
 
“Dovresti avere maggiore fiducia nei tuoi amici.” Esordì Zoey, intromettendosi e catturando l’attenzione del compagno che annuì appena.
 
“Avete qualcosa da ridire sugli ultimi conti?” Domandò Scott, cambiando discorso.
 
“Volevamo un consiglio per le prossime elezioni.”
 
“Ed io che centro?”
 
“Se dovessimo perdere in modo schiacciante, tu non potresti più entrare nel Consiglio.” Rispose Mike che credeva, erroneamente, di aver regalato al suo tesoriere, un unico angolo di Paradiso nella grande scuola, ma scontrandosi con il suo totale disinteresse.
 
“Così il mio segreto rimarrebbe tale.” Sospirò Scott che, tuttavia, si avvicinò a leggere il tabellone.
 
“Questa ragazzina è davvero pestifera.” Commentò Mike divertito.
 
“Quale ragazzina?” Domandò il rosso, sbadigliando nuovamente.
 
“Mi sembra sia…questa qui.” Borbottò Zoey, indicando il suo nome e notando come il tesoriere fosse scattato sull’attenti, quasi avesse ricevuto la scossa.
 
“Intendi questa del terzo anno sezione C?”
 
“La conosci?”
 
“Temo sia una mia compagna di classe.”
 
“Noi siamo in crisi da alcuni giorni, rischiando di finire sul registro dei prof, scervellandoci su chi possa rovinare il nostro programma e tu la conosci senza difficoltà e senza avvertirci?” Lo aggredì Mike, facendolo ghignare.
 
“Non siamo in grandi rapporti…so solo che sul piano studio è la migliore del terzo anno, è molto attiva nel sociale e fa parte del Comitato.”
 
“Sai, comunque, molte più cose di noi.” Sorrise Mike, facendolo annuire.
 
“L’ho vista cinque minuti fa che distribuiva volantini in giardino e, se volete, posso presentarvela.” Si offrì controvoglia, mentre Zoey staccava il volantino dalla bacheca per studiarlo con più calma.
 
“Come fai a conoscerla?” Chiese la rossa dopo aver aspettato qualche minuto, concedendo al suo piccolo gruppo, specialmente al fidanzato, la possibilità di calmarsi.
 
“Beh…Dawn riprende tutti quelli che non hanno un comportamento adeguato ed io sono una delle sue vittime continue e giornaliere.” Spiegò, sforzandosi in un sorriso e sfiorando le cuffie appoggiate sul collo, quasi volesse accusarle dei suoi continui rimproveri.
 
“Non approvi quello che fa?” Chiese Zoey, mentre Scott faceva strada, districandosi tra gli incasinati corridoi e zigzagando tra alcuni studenti distratti che mugugnavano della sua presenza e che sembravano disgustati dal vederlo come membro del Consiglio.
 
“Vive con troppa rigidità e dovrebbe godersi questi anni, almeno lei che ne ha l’occasione.”
 
“La invidi per questo?”
 
“Non cambierei nulla con lei, Mike.” Borbottò una volta raggiunto il giardino, superando Jo e Brick che erano i fedeli aiutanti di Dawn e avvicinandosi alla ragazza che si era chinata per raccogliere altri volantini da uno scatolone, dando loro involontariamente le spalle.
 
Per Zoey e Mike quella sconosciuta non sembrava, almeno di schiena, così pericolosa e credevano che Scott avesse ingigantito l’intera faccenda. A essere sinceri il rosso spesso esagerava nei suoi commenti e affermava che la versione più violenta di Zoey era capace di far tremare chiunque e che, talvolta, aveva paura, incrociando il suo sguardo indemoniato, di finire assassinato. Qualche settimana prima, infatti, aveva pronosticato di lasciare quel mondo in meno di dieci giorni e sempre per opera della bella rossa che l’avrebbe colpito con un coltello, facendo sparire ogni traccia e dimostrandosi come una killer qualificata sotto mentite spoglie.
Di Dawn vedevano solo la folta chioma bionda e un corpo piuttosto minuto, anche se Scott sembrava quasi terrorizzato dal parlarle. Forse aveva solo paura delle donne e le calcolava tutte come delle arpie capaci di squartarlo da parte a parte senza il benché minimo ripensamento.
Buttato a terra lo zaino contenente soltanto un vecchio libro sgualcito, inspirò profondamente, conscio che Dawn avesse percepito la sua presenza con diverso anticipo. Sembrava abile d’avvertire la presenza di chiunque, in particolare dei più indisciplinati e maleducati della scuola, anche perché non accettava che il suo liceo potesse crollare e non voleva che il Consiglio tenesse comportamenti inadeguati o criticati dalla società esterna, convincendosi che fosse l’unica capace di eseguire quei compiti. Il suo programma si basava sulla semplicità ed era attuabile senza troppi sforzi o costi eccessivi. Aveva già pensato alla squadra che poteva sostenerla con quei compiti e sia Jo sia Brick si erano lanciati senza ripensamenti di sorta, ritrovandosi a consegnare volantini in giro e a spiegare in cosa consistesse il loro programma vincente.
 
“Hai un momento?” Chiese Scott.
 
“Scott…cosa vuoi? Non ho tempo da perdere con un esaurito.”
 
“Esaurito…volevo solo presentarti a delle persone.” Soffiò, mentre la giovane si rimetteva in piedi e si girava di scatto, sfidando con lo sguardo i tre.
 
“Immagino che siano i tuoi amichetti.”
 
“Dovresti portare un po’ di rispetto a noi studenti più anziani, nonché membri del Consiglio, Dawn.” La rimproverò Mike.
 
“Il rispetto è solo per quelle persone che ammiro e voi non ne fate parte.”
 
“Questo non è un buon motivo per litigare, anche perché faremmo tutti una pessima figura e i ragazzi non saprebbero per chi votare.” Tentò Zoey, sperando di placare gli animi.
 
“State usando il vostro potere per un posto nell’Università e non vi preoccupate più della disciplina degli studenti. Giorni fa ho dovuto rimproverare un primino perché non aveva la divisa e poi ho dovuto passare mezzora a spiegare ad alcune ragazzine che bisogna tenere un comportamento adeguato.” Ribatté Dawn, ritornando con lo sguardo verso il coetaneo che tanto disprezzava e che sembrava ascoltare quei discorsi con inaspettato interesse.
 
“Tutto qui?” Domandò il rosso, conscio d’averle fatto sprecare diverso tempo e fiato in passato, senza essere riuscita a rimediare sulla sua trasandatezza.
 
“Non sapevo facessi parte del Consiglio.”
 
“Così hai un motivo in più per vincere a tutti i costi e tagliarmi fuori.” Ridacchiò divertito.
 
“Nella scuola non c’è bisogno di studenti indisciplinati, che girano con la divisa in disordine o che ascoltano musica a tutto volume, ignorando i prof.”
 
“Perché lo odi?” Chiese Mike, intromettendosi.
 
“Perché non rispetta ciò che dico, è malvisto dalla scuola, in molti potrebbero imitare il suo comportamento, portando il liceo in una posizione d’infimo livello e ha sempre ignorato tutti i miei consigli.” Elencò seria.
 
“E hai scritto quella lettera con la richiesta di nuove elezioni solo perché non lo sopporti?” Domandò Zoey, facendola annuire.
 
“L’immagine del Consiglio ci rappresenta anche all’esterno e, mentre voi siete elementi perfetti e impeccabili, Scott è una mela marcia e può rovinare il vostro lavoro.”
 
“Però è merito suo se i conti sono in ordine e se posso sfruttare un buon budget per le feste.” Lo difese Mike, sfidandola con lo sguardo.
 
“Tu hai accolto Scott per le sue abilità?”
 
“Certamente.”
 
“Forse lo sopravvaluti.”
 
“O forse sei tu che lo sottovaluti a causa dei pettegolezzi.” Obiettò Mike, cogliendola di sorpresa.
 
“E non hai intenzione di pensare a qualcuno con una preparazione migliore?” Chiese Dawn, sperando di smembrare il gruppo e di ottenere una vittoria schiacciante.
 
“Scaricare un amico è una mossa scorretta.” Ringhiarono Mike e Zoey in perfetta sincronia.
 
“Allora non abbiamo più niente da dirci e non mi resta che augurarvi buona fortuna.” Sospirò Dawn, provando a voltarsi nuovamente, ma ritrovandosi spiazzata dalla contromossa di Scott che aveva teso la mano a mezzaria, rimanendo in attesa di qualcosa.
 
“Posso un volantino?” Domandò cortese con sguardo perso nel vuoto, facendola tentennare.
 
“Credevo che non t’interessasse nulla di queste elezioni.” Lo provocò Dawn, chiedendosi che cosa stesse nascondendo e il vero motivo della cocciutaggine di Mike e Zoey a proteggerlo e a considerarlo l’arma in più del Consiglio.
 
“Voglio soltanto conoscere il tuo programma, niente di più.” Minimizzò scrollando le spalle.
 
“Oppure stai cercando il punto debole nella mia strategia.”
 
“Non è nel nostro stile.” Mormorò, abbassando il capo.
 
“Non farti troppi scrupoli, Scott…siamo avversari.”
 
“Distruggere le buone intenzioni di qualcuno senza il minimo tatto…beh non è un qualcosa che il mio orgoglio accetterebbe volentieri.”
 
“Ma…”
 
“Dopotutto sono solo un esaurito, anche se detesto simili sotterfugi.” Spiegò, abbozzando un sorriso che fece sussultare Dawn.
 
“Ricordatevi che tra qualche giorno sapremo chi vincerà e, nel caso di una vostra sconfitta, sono pronta a invitarvi nel mio gruppo, tutti tranne Scott.” Sibilò nervosa.
 
“Come se potessimo accettare una proposta simile.” Replicò Mike, dandole le spalle e pensando già a come schiacciare quella ragazzina.




















Angolo autore:

Ryuk: Per essere una serie che non ci piaceva molto, si sta difendendo bene.

Per me è tutto legato alla minaccia del Death Note.
Continua a far ondeggiare quel quaderno e vedrai che successo.

Ryuk: MI sembra un ricatto

Potrebbe essere qualsiasi cosa, ma se vuoi stare tranquillo per questa settimana, ti conviene fare come dico.
Per il resto vi saluto e vi auguro una buona settimana e che la forza sai con voi

Ryuk: Obi-Wan Kenobi

Pace e prosperità
Alla prossima
 

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Capitolo 3
*** Cap 3 ***


Scott non era molto preoccupato dalla campagna politica di Dawn, anche perché le sue idee per quanto buone, erano irrealizzabili. Non voleva stroncare le sue certezze, né sospingerla su obiettivi alla portata comune, ma quello era un dato di fatto che avrebbe pure esposto ad alta voce, se lei fosse stata una sua amica.
A ben pensarci non era così e avrebbero continuato a lottare per i loro ideali. Scott ambiva alla libertà più sfrenata, quella che ti permette di respirare liberamente senza una divisa sempre addosso, mentre Dawn pretendeva di seguire il regolamento alla lettera.
E poi, anche se avesse ottenuto il pieno controllo della scuola, spodestando Mike e Zoey, non ci sarebbe stato bisogno di un tesoriere che tenesse le redini del budget. A guardare nel passato, a parlare con il vecchio Josh era emerso che quel ruolo non era mai esistito effettivamente e che solo il nuovo corso aveva creato quella figura autorevole. In precedenza i conti e il budget erano stati un compito diretto del Presidente in persona o al massimo del suo vice, se aveva una minima conoscenza della finanza. Scott sorrise, pensando che il compagno gli avesse affibbiato quel compito solo per tenerlo d’occhio e per risollevarlo dal fango, quasi volesse far ricredere la scuola intera sulle sue abilità e mettendo in luce le sue buone qualità.
Da che aveva memoria, vantandosene un po’, Mike era stato il suo primo e unico vero amico e si sarebbe gettato nel vuoto se fosse stato necessario, consapevole che, nel caso del bisogno, non sarebbe stato tradito. Se qualcuno gli avesse chiesto perché andava a scuola, ecco che non avrebbe risposto seguendo la massa. Lo faceva per rendere orgogliosi i suoi genitori, ma soprattutto per non deludere Mike che era stato l’unico a non umiliarlo per il suo segreto.
A ben vedere, però, gli sembrava fin troppo preoccupato.
Mike si era seduto sulla comoda poltrona del Consiglio e continuava a rigirare quel volantino, sbuffando come una locomotiva a vapore e domandandosi quanti consensi avesse ottenuto Dawn fino a quel momento. Il suo programma era insolito, ma per la legge dei grandi numeri, sarebbe successo che la scuola si affidasse a qualcuno di così innocente da riporre la sua completa fiducia nella riscoperta della natura.
Preoccupato di perdere il posto, aveva rinchiuso la testa in una morsa, mentre Zoey appoggiava sul tavolo una tazza di tè con cui distenderne i nervi scossi.
Il rosso, a vederlo in quello stato pietoso, in passato, prima del fattaccio, avrebbe abbozzato una risata, ma il Presidente sembrava in difficoltà e forse poteva sdebitarsi in quel modo.
 
“Sembri preoccupato, Mike.” Esordì, continuando a digitare sul computer che gli era stato messo a disposizione per far quadrare i conti.
 
“Il suo programma potrebbe farci fallire.”
 
“Dawn sembra come da manuale ed è seria fino al collo.”
 
“Ne sei sicuro? Sai che da queste elezioni dipendono la mia riconferma e tutto il resto, vero?”
 
“Distribuire volantini simili confonde soltanto le persone e mi chiedo come riesca a ignorare una cosa tanto elementare.”
 
“Però la sua idea di passare maggior tempo all’aria aperta non è male.” Obiettò Zoey, facendo annuire anche il suo fidanzato.
 
“Sarebbe il suo unico punto sensato.” La stroncò Scott senza usare il benché minimo tatto.
 
“Ma…”
 
“Pretende che tutti abbiano la divisa perfettamente in ordine, che il cellulare sia usato solo in casi di estrema necessità e che alcune attività dei laboratori di chimica siano più salutari.” Sibilò, sventolando il dépliant.
 
“Sembra che tu la conosca bene.”
 
“Se possibile cerco d’evitarla, Zoey.” Spiegò, cancellando alcuni dati e inserendo una nuova formula.
 
“Perché mai?”
 
“È così fastidiosa che è come se il fastidio prendesse vita propria e se ne andasse in giro. Vorrei che un giorno si accorgesse dei suoi sbagli e provasse a rimediare.”
 
“Non hai risposto alla mia curiosità.” Soffiò la bella rossa, sedendosi vicino.
 
“Tempo fa i professori mi hanno costretto a studiare con lei per recuperare alcune materie in cui ero gravemente carente e il resto è stato una sofferenza.”
 
“Solo perché non ti applicavi a sufficienza.” Ipotizzò Mike, allontanando il volantino.
 
“Regole su regole, neanche cinque minuti di pausa e mi ha sequestrato il cellulare per tutto il tempo: una vera agonia.”
 
“E hai recuperato?” Chiese Mike.
 
“Secondo te?” Borbottò eloquente, sollevando lo sguardo stanco dallo schermo.
 
“Non posso saperlo con certezza.”
 
“Diciamo che è molto vendicativa, che contavo i minuti per svignarmela e che il suo Comitato è una spina nel fianco…ovviamente ho dato tutto me stesso per non condividere più il tavolo della biblioteca e ho rialzato la media.”
 
“E lei?”
 
“Nonostante questo credo abbia supplicato i professori di non accollarmi più a lei.”
 
“Tutto qui?”
 
“Penso che quando sia troppo stanca e delusa dal Comitato, chieda di me in giro solo per trovarmi e per rimproverarmi di qualcosa…tanto trova sempre qualcosa di cui urlarmi contro e così divento la sua valvola di sfogo.”
 
“Percepisco dell’affetto.” Commentò Zoey, inserendosi nuovamente.
 
“Preferirei essere imbavagliato e annegare in una vasca piena di squali piuttosto di sottostare ai suoi ordini.” Ringhiò nervoso, ritornando ai suoi conti.
 
“Ciò non toglie che rischi molto, Scott.” Sibilò il Presidente, risvegliandolo da alcuni tagli che stava pensando di far ricadere sui club più ricchi e influenti.
 
“In cosa?”
 
“Se Dawn dovesse vincere, saresti tagliato fuori completamente dal Consiglio.”
 
“Lo so.”
 
“E anche volendo, non riuscirei mai ad aiutarti.” Tentò Mike, facendolo sospirare.
 
“Credi davvero che la scuola possa votare in massa per lei?”
 
“Non dovrebbe?”
 
“Il vostro potrebbe essere un testa a testa, ma da un punto di vista imparziale, rimani ancora in netto vantaggio.”
 
“Tutto questo se non migliora il suo programma e non promette mari e monti.” Borbottò Mike.
 
“Ci sarebbe il problema del budget e, per quanto non lo voglia ammettere, sa bene che stiamo facendo un buon lavoro.”
 
“Ma…”
 
“Se pretende troppe cose, la scuola se la mangia viva e l’equilibrio che stiamo tenendo ci consente qualche raro strappo che il Preside Hatchet concede senza fatica.” Spiegò Scott.
 
“A ben pensarci, potresti essere un bravo Presidente, Scott.”
 
“Meglio evitare.” Bofonchiò, allontanando quella responsabilità troppo pesante.
 
“Credi di non esserne in grado?” Domandò Zoey.
 
“Sarebbe troppo pesante e noioso, senza il momento di un pisolino perché tutti vorrebbero che mettessi mano ai vari problemi. Poi la scuola si potrebbe anche ribellare nel sapermi a capo e non voglio essere inseguito con le torce e i forconi.” Borbottò serafico, facendo ridere i due.
 
“Credo, comunque, che non sia da sottovalutare.” Ammise Mike, scrivendo ancora qualcosa sul suo quaderno.
 
“Dawn è una ragazzina cocciuta, ma sa il fatto suo.” Spiegò Scott, prendendo il portatile e uscendo dall’aula, lasciando da soli i due che avrebbero passato la successiva mezzora a buttare giù nuove idee per le feste dei prossimi mesi.






Angolo autore:

Buonasera a tutti

Ryuk: Sono Lillo!

Eh?
Ma che problemi hai?
No aspetta...lo so: ti è mancato dell'affetto quando eri piccolo, vero?
Oppure hai sbattuto la testa e sei nato storto.

Ryuk: :)

Squinternato di uno shinigami

Ryuk: Abbiamo saltato Pasqua perchè eravamo stanchi

Finalmente è tornato in sè.

Ryuk: Sono Lillo!

L'hai già detto, Ryuk. Che poi non è vero, occhio che ci denunciano qua.

Ryuk: Lillo!

Vi saluto qua e vi ringrazio per l'appoggio, prima che anch'io diventi matto e qui c'è bisogno di qualcuno che mantenga un minimo di raziocinio, vero?

Ryuk: Datemi una L

A me basta un fucile, poi vedi te se vuoi continuare.

Ryuk: Ora una I

Non oserai!

Ryuk: La L

Io...

Ryuk: Un'altra L

Ho capito!
Hai guardato quello spettacolo, smettila di fare l'idiota.

Ryuk: E ora una O

Oh cielo!

Ryuk: W Lillo!

Alla prossima, spero non per Ryuk
 

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Capitolo 4
*** Cap 4 ***


Le elezioni, per quanto inaspettate, potevano essere comunque un buon campanello d’allarme per Mike e Zoey. Se avessero ricevuto molti meno voti rispetto alla riconferma ottenuta a inizio settembre, era facile supporre che qualche elettore si fosse spostato o fosse scontento del loro lavoro. Al contrario una vittoria con gli stessi numeri o con una percentuale superiore rimarcava il concetto che, sotto la loro guida, non c’era nulla da temere.
Mike conosceva Dawn solo attraverso i discorsi di Scott, anche se quest’ultimo nei due giorni successivi non si era più ripresentato a scuola, giusto per sommare altre assenze al suo libretto e per giungere strangolato a fine maggio.
Quel mercoledì pomeriggio, però, Mike era abbastanza insofferente e aveva deciso di uscire con Zoey, abbandonando l’aula del Consiglio per una rilassante passeggiata nel parco cittadino. A guardare i vari impegni si era accorto che buona parte dei club erano chiusi, che c’era solo un ripasso d’inglese per una seconda e una serie di colloqui del Preside Hatchet con alcuni genitori.
Non c’era disperato bisogno di un filtro o di una guardia per calmare i professori da eventuali azioni scellerate di alcuni studenti fin troppo vivaci o indisciplinati.
Superato il grande cancello e percorse due miglia, si ritrovarono seduti sulla loro panchina preferita, gustandosi l’ombra di un pioppo.
 
“È da tanto che non usciamo insieme.” Mormorò Zoey.
 
“Un po’ vorrei abbandonare il ruolo di Presidente.”
 
“Perché?”
 
“Perché è anche a causa di questo ruolo che non riusciamo più a passare una serata in santa pace senza pensare a come sistemare i casini di alcuni studenti.”
 
“Lo so.”
 
“Sarebbe bello stare seduti, a guardare un film e non a dannarsi l’anima per certi idioti. Come se non bastasse, a volte, litighiamo proprio perché abbiamo due visioni completamente diverse e questo a causa di questo compito asfissiante.”
 
“Abbiamo cominciato solo perché Heather e Alejandro hanno combinato un mare di disastri.” Mugugnò Zoey, stiracchiandosi gli arti indolenziti.
 
“E solo perché non c’erano altri candidati seri, escludendo Noah e Owen oppure Scarlett e Max.”
 
“Per Owen e Noah non ci sarebbero stati problemi, ma Scarlett e Max sono due bombe e potrebbero far esplodere la città in un secondo.”
 
“Sarebbe stata una follia!” Commentò nervoso.
 
“Perché?”
 
“Non accetto che due elementi simili possano far danni, non prima di veder coronati i nostri sogni futuri e quelli dei nostri amici più cari.”
 
“Parli come un vecchietto!” Lo canzonò Zoey.
 
“Tempo fa avevi assegnato un nome alle mie imitazioni, ricordi?” Chiese, ridacchiando.
 
“Eravamo bambini.”
 
“Ci divertivamo un mondo a giocare e ricordi cosa ti dissi quel giorno in classe?”
 
“Non proprio.” Sibilò, mentendo spudoratamente e facendo risentire il fidanzato che le pizzicò affettuosamente la guancia.
 
“Bugiarda!”
 
“Hai mantenuto la parola: siamo inseparabili dalle elementari, anche se manca soltanto un piccolo passo per raggiungere il traguardo.”
 
“Per quello abbiamo ancora un po’ di tempo.”  Ammise Mike, facendola annuire.
 
“Ricordo che l’avevi urlato in classe e che tutti ti hanno riso dietro.”
 
“Ma io ero serio e non ho mai dimenticato quella promessa.” Borbottò convinto.
 
“Così come non avrai dimenticato i nomi delle tue imitazioni.” Lo sbeffeggiò ironica.
 
“Ricordo il vecchio sclerotico che doveva essere il tuo vicino di casa…l’avevi chiamato Chester se non sbaglio.”
 
“Poi c’era la nostra prof di atletica delle medie.” Seguitò la giovane, ricordando i tentativi di Mike nel lanciarsi in una piroetta.
 
“La svampita Svetlana.”
 
“Manca ancora un’imitazione perfetta.” Borbottò, divertendosi nel riascoltare le vocine ridicole che Mike vi abbinava.
 
“E in ultima quel prof con cappello che parlava di avventure in giro per il mondo: Manitoba Smith. Era alla pari di un’Indiana Jones povero, senza idee e con frasi a effetto.”
 
“Poi c’era il tuo lato malvagio, quello che emergeva quando eri frustrato e qualcuno ti faceva un torto che non potevi dimenticare.”
 
“Quella specie di gemello malvagio…detestavo diventare Mal.” Borbottò Mike, rabbrividendo a tutti gli scherzi vendicativi che aveva sfruttato per liberarsi di alcune scocciature.
 
“Comunque la colpa è anche tua, Mike.”
 
“Colpa di cosa?”
 
“Di occasioni per uscire insieme ce ne sono tante, ma tu sei così cieco da non accorgertene.” Spiegò seria, facendolo tentennare.
 
“Io…”
 
“Non dovresti scaricare tutta la colpa sul tuo ruolo, ma creare una possibilità per essere felice.”
 
“Del tipo?”
 
“Uscire al cinema, andare in pizzeria, fare una passeggiata al chiaro di Luna, svignarsela durante una delle solite assemblee dei professori…credevo fossi un ragazzo fantasioso, ma forse mi sbagliavo.” Soffiò, negando sconsolata.
 
“Mi spiace.”
 
“Ma è anche per questo che ti adoro: sentendoti in colpa, mi farai un regalo strepitoso.” Borbottò soddisfatta, rimettendosi in piedi.
 
“Sentivo che c’era sotto qualcosa.” Sospirò, raccogliendo lo zaino e seguendo la fidanzata che l’avrebbe portato a fare shopping.
 
Sapeva che mischiare lavoro, sempre che il suo posto da Presidente potesse definirsi tale, e amore non portava a grandi risultati. Era un problema tipico di ogni coppia che aveva a che fare con il Consiglio. In principio era stato lo stesso vecchio Josh a rovinarsi la vita, mandando al diavolo la sua ex adorata Blaineley. Poi nessuno poteva dimenticare Geoff che aveva faticato a riconquistare il cuore della sua Bridgette e, infine, nemmeno Heather e Alejandro potevano vantarsi di essere passati indenni per quella prova ardua.
Con il senno di poi, dopo un litigio atomico o una rottura definitiva, se qualcuno gli avesse offerto di riavvolgere il nastro per impedire di candidarsi, ecco che sarebbe scivolato in ginocchio e si sarebbe umiliato.
Nessuno poteva accettare a cuor leggero e Mike, nonostante la grande forza di volontà, non faceva eccezione. Inoltre c’era quello sguardo di Zoey, da ragazza vendicativa, che gli gelava il sangue nelle vene e che non voleva rivedere più, anche a costo di svuotare il suo negozio preferito e a indebitarsi per le prossime cinque vite.
Era peggiore di uno sguardo da killer e, come se non bastasse, la sua voce diventava così fredda da essere irriconoscibile e da spiazzarti completamente. Scott più volte si era sentito come paralizzato e aveva tentato di dimettersi, ma Zoey ricuciva e lo riportava a più miti consigli.
Come ci riuscisse, era un qualcosa che Mike ignorava, anche se temeva di non essere l’unico a finire nel suo radar malefico.
 
“Intendi svuotare tutti i negozi del centro?” Le chiese a un certo punto, sentendo il braccio destro talmente pesante da non riuscire a sollevare le borse strapiene dal suolo.
 
“Forse.”
 
“Non capisco perché tu abbia comprato un costume da bagno in saldo se siamo in pieno inverno.”
 
“Era tutto in sconto.”
 
“E questo ti autorizza a usarmi come facchino per rifarti il guardaroba?” Chiese Mike, facendola annuire.
 
“Avrei comprato anche un abito elegante, ma potresti vederlo solo se m’invitassi per cena e non in una pizzeria qualunque.” Spiegò divertita.
 
“E quel costume azzurro?”
 
“Lo potrei usare per la piscina riscaldata della mia villa.” Minimizzò noncurante, scrollando le spalle e ricordandogli le sue ricche e dorate origini, un qualcosa che Mike non poteva nemmeno quantificare in termini monetari.
 
“Possiamo venirci incontro in qualche modo?”
 
“Perché me lo chiedi?”
 
“Perché se mi dovessi dare ancora qualche borsa, potrei cadere di faccia.” Rispose, appoggiando gli acquisti della fidanzata su una panchina e collassando poco lontano.
 
“E non sarebbe un bello spettacolo, specie se qualcuno della scuola dovesse vederti e fotografarti per diffondere una simile prova di debolezza fisica.”
 
“Io non sono debole.”
 
“Pensa che settimane fa, io e Gwen abbiamo sfruttato Trent per un giorno intero per fare shopping e non si è mai lamentato, nonostante avesse portato una ventina di pacchi pesantissimi.” Lo provocò, facendogli scrollare le spalle.
 
“Con me non attacca.”
 
“Pretendevi un compromesso?” Chiese Zoey, facendolo annuire.
 
“Credo sia il minimo.”
 
“Potrei accettare di tornare a casa soltanto se mi prometti di non preoccuparti troppo per le prossime elezioni.”
 
“Tutto qui?”
 
“Se dovessimo vincere, potresti essere così gentile da invitarmi a cena fuori e, già che ci siamo, stavo pensando di passare i prossimi giorni senza troppe preoccupazioni.”
 
“E dove di preciso?” Chiese Mike che non voleva continuare a spaccarsi le braccia e la schiena con tutti quei carichi extra.
 
“Primo c’è un film che voglio vedere da una vita, poi una bella nuotata in piscina e nel week-end una gita all’aria aperta.”
 
“E intendi lasciare la completa responsabilità sulle spalle di Scott?”
 
“Intendevo stare con te solo durante il pomeriggio, ma se hai così disperato bisogno di staccare la spina e di starmi sempre vicino, non ho nulla da ridire.” Replicò ironica, fregando il fidanzato che non si aspettava di dover soccombere dinanzi a una logica così schiacciante.








Angolo autore:

Dovevo pubblicare ieri, ma me ne sono scordato come al mio solito.

Ryuk: Almeno non hai saltato di netto un'intera settimana.

Se non vengo colpito da un'altra amnesia dovrei rifarmi vivo per questa domenica.
E prima o poi conto di recuperare le recensioni che devo ancora leggere.
Alla prossima!
 

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Capitolo 5
*** Cap 5 ***


I gusti di Zoey erano così assurdi da essere fuori classifica. Odiava i film d’amore e, puntualmente, cambiava canale, piangendo come una disperata.
Adorava i film horror e bastava una musica usata al momento giusto con tanto di apparizione da un antro oscuro che urlava come una matta e s’infilava tremante sotto le coperte. Fosse stato solo questo, sarebbe stata una passeggiata, ma c’erano tanti altri dettagli che Mike ignorava o di cui aveva profondamente paura.
Il cibo, poi, era un argomento che con la fidanzata diventava ancora più capriccioso. Mescolava il dolce al salato senza il minimo senso ed era capace di passare da una manciata di patatine ad abbuffarsi di cioccolata e caramelle in nemmeno un secondo. Per non parlare del piccante che era una delle sue ragioni di vita e che la portava ad andare a fuoco senza il minimo ritegno. Era ben lontana dalla furia di Owen, ma sembrava che fosse una delle poche ragazze in grado di mangiare ogni cosa.
Senza considerare le voglie, tipiche di ogni donna incinta, cosa che fortunatamente non era ancora, ecco che pure Zoey aveva il suo bel presuntuoso assortimento.
Iniziava l’estate? Lei non poteva vivere senza granite o gelati di sorta, così come in inverno la cioccolata calda diventava una coccola prelibata da consumare ogni pomeriggio.
Non era facile averci a che fare, ma se qualcuno avesse provato a leggere un segnale di pentimento in Mike, ecco che quest’ultimo avrebbe urlato allo scandalo. Non era perfetta, era alquanto bizzarra, ma in ogni coppia esisteva un minimo di pazzia e la loro non faceva eccezione.
 
“Quando parlavi di un film che volevi vedere da una vita, pensavo a un cinema e non alla tua sala proiezioni privata.” Esordì infastidito.
 
“Qualche problema?”
 
“Mi hai illuso che fosse un’uscita galante o una cosa simile.” Protestò, sedendosi al suo posto, mentre Zoey lo baciava su una guancia per farlo sbollire un po’.
 
“Tu pensi sempre troppo.”
 
“E, conoscendoti, sei capace di farmi rivedere per la centesima volta Titanic.”
 
“È un bel film.” Ribatté Zoey.
 
“Se ti piace un film uscito vent’anni fa, può anche andare bene, ma oggi è fin troppo datato.”
 
“E allora non saprei che altro guardare.” Replicò stizzita.
 
“Immaginavo che non avessi troppa fantasia.” La provocò, vedendola alzarsi di scatto.
 
“Posso sempre preferire l’effetto nostalgia.”
 
“Questo sarebbe il tuo piano B?” Domandò, mentre lei spariva dalla stanza, lasciandolo interdetto e confuso sul da farsi.
 
Doveva forse alzarsi e andarle dietro con il serio rischio di perdersi in quella villa da oltre 100 stanze di cui non ricordava un bel niente?
Già era un miracolo se ricordava dov’erano il salotto e la cucina, figurarsi se riusciva a collegare tutte le deviazioni prese per arrivare a quella saletta di proiezioni. Con la fortuna che si ritrovava, poteva cascare in un bunker antiatomico oppure nella vecchia cripta di famiglia con tutti i teschi degli antenati di Zoey a fissarlo.
Oppure sarebbe finito nello studio di suo padre o peggio ancora nella grande sala, dove accoglieva i suoi amici per una partita di biliardo. Aveva sentito dire che l’ultimo avventuriero sprovveduto che si era aggirato per quei corridoi labirintici, era diventato un vecchio decrepito e ne era uscito solo dopo la bellezza di vent’anni.
D’altro canto aveva paura che Zoey si fosse arrabbiata di qualcosa, che volesse abbandonarlo come punizione e che sarebbe rientrata magari tra qualche ora con un sorriso glaciale, costringendolo a guardare Titanic e l’ennesimo omicidio su Jack. Perché, ammettiamolo candidamente, su quella dannata tavola che galleggiava nel gelido oceano, ci stavano benissimo in due e Rose aveva scaricato senza troppi complimenti lo squattrinato artista giramondo.
E se quella fosse solo una prova?
Magari Zoey contava sul serio che rimanesse fermo e non si perdesse in giro, rischiando poi di dover chiamare dei soccorsi. Oppure lo stava provocando e voleva sforzare e sfidare il suo pessimo senso dell’orientamento?
Indeciso su come comportarsi, afferrò il cellulare e mandò qualche messaggio in giro, giusto per non dare l’impressione di essere teso come una corda di violino. Aveva scritto ad alcuni compagni, poi ai suoi genitori, quindi ad alcuni rappresentanti dei club più influenti e poi al prof Josh per sapere se c’erano stati problemi durante l’assenza dell’intero Consiglio.
Rincuorato dalle parole del vecchio prof e da alcuni dettagli dei club, si era rimesso comodo, in attesa che la pesante porta cigolasse nuovamente e che la figura di Zoey si sedesse al suo fianco. Non sapeva con precisione quanto tempo era passato dalla prima fuga della fidanzata, ma quando respirò nuovamente il suo profumo, si chiese per cosa avesse optato. Probabilmente non avrebbe tentato di nuovo con Titanic, anche se sentiva che poteva essere qualcosa di molto peggio.
Perché se c’era qualcosa che Zoey odiava davvero tanto, questo era il gusto della sconfitta e in quel caso poteva davvero rischiare grosso.
Perfino con i videogiochi, cosa nella quale era scarsa, doveva surclassare gli altri partecipanti e sfruttava tutti i trucchi possibili oltre a infastidire il fidanzato perché andasse fuori strada.
 
“A cosa hai pensato?” Chiese Mike, facendola sorridere.
 
“Si tratta di un filmato amatoriale.”
 
“Non saranno mica le riprese dell’ultima gita, vero?”
 
“Ti sembra che sia così disgraziata da prenderti in giro per un’influenza che ti ha portato ad arrivare con un ritardo di oltre mezzora nella piazzola dei bus?” Domandò divertita.
 
“Non so mai cosa aspettarmi da te.”
 
“Sono piena di sorprese.”
 
“Spero, allora, che non sia quella rivisitazione teatrale di seconda media.”
 
“Parli di Romeo e Giulietta?” Chiese Zoey.
 
“Costringere dei ragazzini di 13 anni a fare una cosa simile, specie per la storia profonda da presentare, è stato un grave errore.”
 
“Però è stato un vero successo.”
 
 “Solo perché ci siamo impegnati tutti fino allo sfinimento e le battute ormai uscivano senza nessuna difficoltà.”
 
“È un peccato che alle superiori abbiano chiuso i vari spettacoli teatrali per rientrare nel budget.”
 
“La solita castroneria della gestione Heather che, per sistemare i conti, è andata a tagliare e toccare i corsi più divertenti.”
 
“E così abbiamo detto addio al corso di teatro, a quello di canto, di fotografia e pure a quello di falegnameria.”
 
“Un po’ mi spiaceva per quel tronco di legno che insegnava…ci teneva un botto a quel corso e, purtroppo, il Preside non ha mai voluto reintegrare simili attività, nonostante i nostri grafici gli abbiano dimostrato che saremmo rientrati nei costi senza il minimo problema.”
 
“È un po’ tardi per piangere sul latte versato.” Commentò Zoey, facendo sospirare il fidanzato che ancora non si rassegnava per quell’unico passo falso compiuto durante la sua brillante ed esemplare gestione scolastica.
 
“E comunque immagino non si tratti nemmeno di quello.”
 
“Purtroppo ho perso il dvd.”
 
“Ed io dimentico sempre di guardare tra i miei dischi per fartene avere una copia.” Si rammaricò Mike.
 
“Resta comunque il fatto che non hai ancora indovinato.”
 
“Dubito che si tratti delle recite delle elementari.”
 
“Anche in questo caso ho una pessima memoria.” Sussurrò Zoey, facendo intendere che neanche rigirando la villa come un calzino, sarebbe mai riuscita a recuperare quel disco del passato.
 
“Non saprei che altro possa esserci.”
 
“Devi sapere, e questa è la mia sorpresa odierna, che ho chiesto una mano al club d’informatica per questo progetto.”
 
“A Sam e Sierra?” Domandò Mike.
 
“Oltre che a Cody e ai due fratellastri seguiti da Don.”
 
“E allora?”
 
“Avevamo scattato tante foto assieme, ma io volevo qualcosa di speciale.”
 
“Non ti seguo.”
 
“Ho passato quelle foto a Sierra che le ha spostate sul pc e da qui abbiamo creato un filmato con tutte le nostre canzoni preferite in sottofondo.”
 
“Io…”
 
“Ci abbiamo lavorato per quasi due settimane intere e finalmente sono soddisfatta e non ho paura di mostrarti i nostri sforzi.” Soffiò Zoey, facendo partire il filmato e sperando che anche Mike apprezzasse quanto fatto.
 
Quella breve mezzora che Mike passò davanti allo schermo gli sembrò scivolare via in un attimo. Avevano ripercorso la loro vita in lungo e in largo.
Si rivedeva alle elementari con le prime promesse, poi i primi litigi, le sue imitazioni per farsi perdonare, quelle recite con il tipico sorriso innocente, le classiche punizioni condivise senza paura e senza incolpare l’altro, il passaggio alle medie con il classico addio ad alcuni compagni che si sarebbero trasferiti in un'altra scuola, nuove avventure e alcuni momenti indimenticabili come il bacio azzardato durante la metà del terzo e ultimo anno.
Il nuovo passaggio alle superiori, la dichiarazione definitiva fatta con classe, la presentazione seria ai genitori e progetti e sogni da realizzare per l’indomani. In quel breve filmato rivedeva tutto quello che avevano vissuto e non rimpiangeva nulla dei suoi sbagli, anche perché questi li avevano fatti avvicinare ancora di più.
Sui titoli di coda, ultimo tocco di classe, vedeva i nomi dei partecipanti e sorrise debolmente, portandosi velocemente una mano agli occhi per impedire a Zoey di scorgere delle lacrime.
 
“Ti è piaciuto?” Chiese lei, illuminando la stanza e facendolo sobbalzare.
 
“Io…”
 
“Ho provato a farti questo regalo perché per me sei speciale e so che potresti apprezzare.”
 
“Non me l’aspettavo.”
 
“Hai passato una piacevole mezzora?”
 
“Ti chiedo soltanto di non perderlo come al tuo solito.” Borbottò eloquente, facendola annuire.
 
“Per questo filmato, però, ti devo chiedere un piccolo favore.”
 
“Quale?” Chiese Mike.
 
“Sam ha paura che il suo club possa essere oggetto a tagli futuri e vorrebbe che ci andassimo leggeri, giusto come ricompensa per quest’aiuto.”
 
“Non so se sarà fattibile, ma farò del mio meglio.” Promise, annotandosi mentalmente di non toccare in nessun modo quel club che gli aveva fatto rivivere un passato meraviglioso.






Angolo autore:

Ryuk: A suon di torturare rocchi, siamo puntuali!

Che bello vantarsi di una robetta simile!
Si vede che hai molto da fare nella tua vita.
 

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Capitolo 6
*** Cap 6 ***


I piani di Zoey, purtroppo per lei, non erano mai stati così impeccabili da non andare incontro a qualche intoppo. Quelli di Mike scivolavano via senza ostacoli di sorta e se qualcosa andava storto, era solo colpa di un’inezia incalcolabile, superata con uno slancio di buona volontà.
Perfino Scott, nonostante detestasse organizzare ogni singolo aspetto della sua giornata, non aveva troppi problemi a uscirne indenne, solo che nel suo caso si comportava al contrario di ogni persona dotata di buon senso. Se qualche incidente ostacolava il suo passaggio, si fermava e voltava le spalle a ogni soluzione, rimandando al futuro e non curandosi del presente. Era anche per questa sua volontà a lasciar correre in attesa che il tempo curasse ogni dolore, che il suo terzo anno, così come i precedenti, era stato finora abbastanza penoso.
Il programma di Zoey per una bella gita all’aria aperta era naufragato sul più bello e si scontrava con un’incognita che nessuno poteva stravolgere: condizioni meteorologiche avverse. Si fosse trattato di un semplice cielo nuvoloso, non sarebbe andata troppo per il sottile, ma a sentire il rischio di un possibile diluvio, ecco che il suo piano andava a farsi benedire.
Maledicendo quel week-end che avrebbe passato a casa, magari a leggere qualche libro polveroso, non le rimaneva che la carta della piscina interna.
Aveva fatto in modo che non vi fossero né ostacoli, né distrazioni di nessun tipo.
Innanzitutto aveva controllato con un tecnico che fosse tutto in ordine e che non vi fossero dei malfunzionamenti che la portassero a fare una pessima figura con Mike. Poi si era informata degli impegni dei genitori, ritrovandosi con il padre strapieno di colloqui nella sua azienda e sua madre intenzionata a prendere un caffè con delle amiche.
Gli altri dipendenti della villa, tramite minacce e mance, erano stati convinti a lasciarli soli, con lo spettro del disturbo solo in casi di estrema necessità.
In passato Zoey aveva tentato ogni carta per costringere Mike a esternare i suoi sentimenti alla presenza dei genitori, ma puntualmente s’impappinava ed era costretto a salvarlo da una figura che non si addiceva al Presidente del Consiglio Studentesco.
 
“Quando mi hai invitato per un bagno, credevo di trovarti fin da subito in costume.”  Esordì, notando come la compagna fosse ancora con il suo pigiama.
 
“Immagini che figura avrei fatto se fosse stata mia madre o qualche vicino?”
 
“Anche perché non vorrei dover uccidere qualcuno.” Ringhiò, facendo fuoriuscire la sua pessima imitazione del gemello malvagio.
 
“Se vuoi, ti rimostro la strada o pensi di arrivare alla piscina senza aiuti?” Chiese, sbeffeggiandolo per il suo senso dell’orientamento ridicolo.
 
“Continui a rigirare il coltello nella piaga?”
 
“Dico solo la verità: senza di me dubito che riusciresti ad arrivare senza problemi nella palestra scolastica e sono ben cinque anni che rischi di confonderti con la biblioteca.”
 
“Non è colpa mia: la scuola sembra tutta uguale.” Protestò, mentre Zoey gli mostrava per la ventesima volta il piccolo salottino dove sua madre accoglieva alcune ospiti.
 
“Ti farò una cartina così non correrai pericoli.”
 
 “Se un giorno dovessi venire per il week-end, credo che mi perderei alla ricerca del bagno.” Bofonchiò Mike, fissando il vecchio baffuto di un quadro.
 
“E ce ne sono ben cinque sparsi in giro.” Gli rammentò, credendo fosse superfluo consigliargli di annotare alcuni dettagli o alcuni quadri per rendere più semplice il suo passaggio.
 
“So che è una domanda strana, ma non ti sei mai sentita sola in una casa così grande?” Chiese Mike dopo qualche secondo inopportuno di silenzio, facendola tentennare.
 
“Non sono mai stata sola.”
 
“Forse non fisicamente, ma quando i tuoi genitori viaggiavano per affari e rimanevi con i domestici, non ti sentivi un po’ triste di non avere nessuno con cui giocare?” Domandò, vedendola irrigidirsi.
 
“È stato un po’ difficile, ma trovavo sempre qualcosa con cui passare il tempo.”
 
“Immagino tu abbia sofferto abbastanza e non sono così insensibile da spingerti a piangere.”
 
“Comunque sì…sono una pessima bugiarda, ma a volte mi sentivo sola e pregavo di trovare almeno un’amica con cui parlare e giocare liberamente.”
 
“Io…”
 
“Tutti vedevano la grande villa e ne erano come terrorizzati: pensavano di non avere possibilità e preferivano cercare qualcuno che potesse essere più affine al loro status.” Spiegò divertita, scrollando le spalle.
 
“E per questo ti eri arresa?”
 
“Non con tutti.” Replicò, girandosi velocemente e fissandolo a lungo.
 
“Credo che non imparerò mai a destreggiarmi in questa villa.” Sviò, facendola sorridere.
 
“Per essere uno che viene per la centesima volta, non te la cavi male.” Soffiò sarcastica, percependo la sua risata.
 
“So di essere speciale.”
 
“Anche se Gwen ha imparato metà della villa in appena dieci incontri.”
 
“Avrà una qualche capacità speciale che non possiedo.” Minimizzò, mentre Zoey si tratteneva dal ridere e apriva un’altra porta, conducendolo dopo un lungo corridoio nella piscina e poi negli spogliatoi, dove si cambiati.
 
 
 
Era stato facile liberarsi e mettersi in costume, anche perché erano diventati così intimi da non essere più in imbarazzo nel mostrarsi in quello stato.
All’inizio Mike era stato il più titubante, poi era toccata a Zoey la sua dose d’incertezza, ma con il passare dei mesi avevano superato quell’intoppo da nulla. Se uscivano insieme da diversi anni, se si erano baciati in ogni occasione possibile, se non avevano paura del giudizio, il fatto di nuotare insieme e di giocare non era un qualcosa di così sconvolgente.
Era stato difficile, ma era destino che superassero anche quella difficoltà non proprio insormontabile.
 
“Ti sta benissimo.” Ricominciò Mike, girandole intorno.
 
“Come?”
 
“Parlavo del costume dell’altro giorno.”
 
“Avevo promesso e non volevo rimangiarmi la parola, anche perché è frustrante dover rinunciare alla nostra gita.” Ringhiò sommessamente, spaventando Mike che non voleva rivedere la versione più malvagia della fidanzata.
 
“Sono cose che capitano.”
 
“Lo so.”
 
“Avrai modo di rimediare se m’inviti a cena questa sera, così che potrai dire ai tuoi genitori quanto mi ami e quanto non puoi stare senza di me.” Ribatté, facendola arrossire.
 
“Sei così perfido…”
 
“Ogni tanto mi piace metterti in difficoltà: sei sempre un passo avanti a tutti e sconvolgere le tue certezze non è così male.”
 
“Perché?”
 
“Perché diventi indifesa e mostri un lato dolcissimo che adoro.” Spiegò, avvicinandosi per baciarla.
 
“Non me ne sono mai accorta.”
 
“In più mi piace metterti in imbarazzo perché il tuo cervello perde qualche colpo e non riesci più a pensare con lucidità.”
 
“Non è vero.”
 
“È così facile, sorprenderti.” Ribatté, prendendola velocemente in braccio e facendola volteggiare come una piuma.
 
“Mike, ma cosa vuoi fare?” Chiese, non accorgendosi del pericolo.
 
“Vendetta per l’ultimo pomeriggio!” Urlò perentorio, lanciandola a peso morto in acqua.
 
“Mike!” Tuonò lei, venendo presto raggiunta dal fidanzato.
 
“Pensavo mi avessi invitato solo per una punizione.”
 
“Volevo divertirmi con te.”
 
“Potresti invitarmi per cena e chiedermi di passare la notte insieme.” Borbottò, facendola innervosire di nuovo.
 
“Non sono così stupida da non riconoscere una trappola!” Replicò seccata.
 
“Forse è vero, ma posso stuzzicarti con una sfida vantaggiosa che potrebbe renderti davvero felice.” Tentò conciliante.
 
“Quale sfida?”
 
“Una semplice gara di velocità.”
 
“E cosa potrei vincere sentiamo?” Lo esortò, bagnandogli i capelli.
 
“Se vinco io, m’inviti per cena.”
 
“Questo me l’ero immaginato.”
 
“Se vinci tu, alla prossima assemblea scolastica urlerò il tuo nome.” Borbottò rosso in viso, facendola sospirare.
 
“Sei tu quello che ha maggiormente da perdere.”
 
“Urlare al mondo, così come quando eravamo bambini, che io non posso stare senza di te, non sarà mai una sconfitta.”
 
“Io…”
 
“Vincerei in ogni caso.” Spiegò, avvicinandosi per baciarla, salvo poi allontanarla per prendersi un vantaggio scorretto con cui scroccare una cena impeccabile.






Angolo autore:

Sono tornato dopo qualche settimana di pausa.

Ryuk: Ma se hai lavorato come un dannato, maledicendomi ogni volta che m'incrociavi.

Ma quello lo faccio tutte le mattine.
Specie quando devo alzarmi alle 5 per andare a sgobbare.

Ryuk: Mai una volta che dica il contrario.

E dal prossimo capitolo dovrebbe tornare il mio personaggio preferito.

Anacleto: Chi? Chi? Mi piacerebbe saperlo. Chi?

Ryuk: Ma da dove sbuca questo gufo impagliato?

Primo è un gufo istruito e non è impagliato.
Secondo è molto più intelligente di te.

Anacleto: E pubblicherai tra una settimana? Lo vedremo...

Andiamo Anacleto, devi perdonarlo...è solo uno stupido shinigami.

Ryuk: Ma cosa...e perchè compare solo ora?

Perchè se ne è stato in vacanza...beato lui!

Ryuk: Mah...

Alla prossima amici!
 

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Capitolo 7
*** Cap 7 ***


Nonostante avessero alleggerito i loro calendari e avessero evitato di passare troppo tempo nel Consiglio, lasciando spesso l’aula deserta, Mike si sentiva braccato e con l’acqua alla gola. Anche con le classiche rassicurazioni della fidanzata, non aveva quasi chiuso occhio, continuando a chiedersi in che modo avrebbe giocato Dawn per ottenere la vittoria.
Sarebbe stata un’avversaria accorta che svela le sue carte poco alla volta o avrebbe sputato fuori tutto in un attimo, senza dargli il tempo di replicare? Aveva già esperienza in quelle assemblee o era una novellina?
Poteva fidarsi del giudizio di Scott o forse era stato affrettato e la calcolava in quel modo per l’odio reciproco?
Incapace di una risposta valida continuava a trascinarsi, sperando che il confronto futuro potesse spingere i vari elettori ad abbracciare la sua politica.
Riusciva ad allontanare quel pensiero solo quando era con Zoey, ma dietro le quinte iniziava a sentire qualche sintomo della paura.
Il discorso introduttivo della sua fidanzata per sostenerlo e quello di Jo per tessere le lodi di Dawn era stato ben portato e non aveva evidenziato punti deboli particolari. I loro piani sembravano perfetti e inattaccabili, anche se a fermarsi c’era sempre una crepa e bastava giocarci sopra per trasformarla in una voragine che inghiottiva ogni cosa.
Mancavano pochi minuti all’inizio del discorso di Dawn, invertito a sorpresa rispetto a quello di Mike poiché candidata sfidante, quando Scott a testa bassa si era avvicinato ai suoi amici, superando alcuni che continuavano a bersagliarlo e a chiedergli il motivo per cui continuasse a venire a scuola, anziché andare a sotterrarsi da qualche parte.
Un’occhiata di Zoey e una minaccia di Mike erano bastate a zittire quei quattro bambini troppo cresciuti, anche se di sicuro sarebbero rientrati tra i voti persi. Loro, però, preferivano allontanare quegli imbecilli, piuttosto che scaricare una persona dal cuore d’oro che, solo per orgoglio, accettava quelle cattiverie giornaliere.
Potevano fingere disinteresse per i vari dispetti, perfino per gli scherzi privi di testimoni e colpevoli, ma non riuscivano a mordersi la lingua davanti a dei bulletti che si spalleggiavano per umiliare un ragazzo dai solidi principi morali.
 
“Devo chiederti un favore, Mike.” Borbottò stanco, non osando alzare lo sguardo e calcolando già un rifiuto secco e categorico.
 
“Hai ripensato a quello che ti ho detto?”
 
“Non ti chiederò nulla di complicato o che possa compromettere la tua immagine a pochi mesi dalla Maturità, ma voglio che tu batta Dawn con una valanga di voti.”
 
“Perché sei così serio?”
 
“Gli ultimi sondaggi ci danno in grande vantaggio.” S’intromise Zoey, sventolando un foglietto e cercando di carpire qualche informazione in più dal suo sguardo grigio.
 
“Sono sicuro che vinceremo le elezioni, ma questa deve essere decisiva.”
 
“C’è qualcosa che hai nascosto tra te e Dawn?” Chiese Mike, notando come la sua rivale fosse salita sul palco per iniziare a parlare.
 
“Ora lo vedrai.” Soffiò, rifiutandosi di sollevare lo sguardo per assistere al resto delle promesse della sua nemesi.
 
Dawn era in piedi, con il microfono in mano e con tutte le persone che pendevano dalle sue labbra. Con una folla così grande le possibilità sono due: o si è abituati e si parla senza farsi prendere dalla paura o ci si paralizza e si fa una pessima figura.
Era il classico o nuoti o anneghi. Non c’era una via di mezzo o una scorciatoia: Dawn poteva fallire miseramente o portare a compimento il suo percorso di crescita. Solo un carattere espansivo poteva portare a un successo, mentre la timidezza era una zavorra pericolosa e portatrice di sventura.
Non si era preparata a dovere e anche se si fosse messa a parlare dinanzi allo specchio per superare le sue difficoltà, ecco che davanti a più di 500 studenti ogni sua preparazione si sarebbe dimostrata inefficace. Lo stesso poteva dirsi qualora avesse provato davanti alla sua classe che, conoscendola, l’avrebbe appoggiata incondizionatamente, senza avanzare mezza critica costruttiva.
Tremante come una foglia non riusciva nemmeno a mettere in riga due parole e questo aveva portato Scott a negare sconsolato, quasi gli seccasse vedere qualcuno deridere i sogni e le ambizioni di una povera ragazzina intimorita.
Certo si odiavano, non avrebbero nemmeno mosso un muscolo per salvare l’altro e difficilmente c’avrebbero messo una pietra sopra, ma ciò non toglieva che quel fastidio fosse lancinante e che fosse inopportuno per dei ragazzi così giovani e spensierati.
Chi erano loro per giudicare l’impegno altrui, se mai si erano alzati dalla loro sedia per discutere con un prof tiranno?
I primini non potevano azzardarsi a criticare qualcuno che conoscevano a malapena e, se proprio volevano azzardarsi in qualcosa, tanto valeva che si allineassero alla massa per vomitare odio e disprezzo verso il suo passato.
Non meritavano di sconvolgere e distruggere una ragazza che puntava alla felicità comune.
 
“Questo è il suo solito schema.” Bisbigliò Scott, facendo sussultare Mike che non si aspettava di sentirlo nuovamente.
 
“Cosa?”
 
“È il motivo per cui Dawn, nonostante tutto, non vince mai: non è mai stata brava a parlare davanti a una folla così numerosa.”
 
“Discutere con tutto questo pubblico non è mai facile.”
 
“Ogni qualvolta si candidava alle elezioni, perdeva puntualmente e questo suo blocco peggiorava in continuazione.”
 
“Forse sei troppo duro con lei.” Replicò Mike.
 
“La migliore del suo anno, segue tutte le regole, molto seria davanti a uno sbaglio…di solito è arrogante e autoritaria, ma in questi momenti perde tutta la sua forza e gli altri iniziano a deriderla, segnandone la vita scolastica.”
 
“Non è ancora abbastanza matura.”
 
“Mi sembra che dopo le elezioni del primo anno avesse provato a mettervi in difficoltà con alcuni voti e, dopo il suo fallimento, le avevano attaccato un foglietto dietro la schiena, senza che nemmeno se ne accorgesse.”
 
“Che cosa diceva?” Domandò Mike.
 
“Mi sono avvicinato per staccarlo, lei non ha visto il foglio, ma mi ha comunque rimproverato perché avevo la divisa in disordine e perché avevo ancora le cuffie penzoloni sul collo: una scena ridicola!” Commentò divertito.
 
“Non mi sembra.”
 
“Era la richiesta disperata di un voto e tutti ridevano di lei.”
 
“Ma…”
 
“È stata una fortuna che credesse fossero risate destinate al fantasma della scuola, ma ciò non toglie che è stata una cattiveria intollerabile.” Spiegò serio.
 
“Lo credo anch’io.”
 
“E questa cosa mi fa incavolare…quando qualcuno s’impegna e viene deriso.”
 
“Ho capito: vuoi che vinciamo queste elezioni in un modo che non renda Dawn lo zimbello della scuola, giusto?” Domandò, compiendo qualche passo.
 
“È l’unico favore che ti chiedo.” Promise, abbassando il capo.
 
“Accetto la tua richiesta.” Soffiò, inserendosi nel discorso patetico di Dawn e provando a salvarla dalla sua autodistruzione.
 
A Mike era bastato criticare il suo programma per farla esplodere.
La successiva mezzora l’avevano passata a battibeccare sui vari punti dei loro programmi, catturando l’attenzione dei vari studenti che non si aspettavano un confronto così infuocato.
Mike l’aveva portata quasi per mano laddove potesse acquisire più sicurezza e nel sentirla rispondere con prontezza, intuì che era riuscito nel suo compito.  Aveva accontentato il suo tesoriere, sperando ovviamente di riuscire a concedergli un vantaggio futuro e di consentirgli di appianare le sue divergenze con Dawn.
Perché, a mente fredda e distante dalla discussione, era chiaro che l’odio provenisse da una sola direzione e che quella di Scott fosse solo l’autodifesa di cui ogni persona è provvista. La sua rivale alle elezioni non sopportava il rosso per i motivi più disparati, mentre quest’ultimo la ignorava volutamente e cercava, di nascosto, di sostenerla.
Era questo ciò che era emerso dalla sua analisi.
Scott l’aveva pregato di farle superare le sue paure, gli aveva chiesto di essere la mano esperta della situazione, giacché non poteva intromettersi e urlare agli studenti che erano solo degli idioti insensibili. Già la sua immagine era ridotta ai minimi termini e con quell’ennesima mossa sballata rischiava di trovarsi qualcuno pronto a dargli una bella razione di legnate.
Dopotutto lo faceva soltanto perché detestava vederla piangere o perché non accettava le critiche distruttive dinanzi a uno sforzo coraggioso. Per questo, così supponeva Mike, il suo tesoriere aveva spinto per far conoscere al Consiglio l’impaurita Dawn, poiché non poteva staccare sempre quel biglietto che aveva appiccicato dietro la schiena e che la rendeva, di fatto, l’eterna incompiuta.
In quella giornata di elezioni, il “partito” di Mike aveva ottenuto la vittoria con un margine ristretto di una ventina di voti, ma a esaltarsi era stato soprattutto Scott che aveva parato l’ennesima umiliazione della sua nemesi.
Una ragazza che, comunque, aveva colpito positivamente il neo eletto e confermato Consiglio e che aveva portato i tre membri a chiedere un favore alla contendente sconfitta.
Ritrovatisi in giardino, Mike si era avvicinato, complimentandosi per l’ottimo lavoro svolto e affermando che il suo programma era comunque buono.
 
“Vedi Dawn, siamo rimasti colpiti dalle tue abilità e stavamo pensando di chiederti d’unirti al Consiglio.”
 
“Davvero?” Domandò lei.
 
“Se in futuro avessi interesse a candidarti nuovamente, passando quest’anno in nostra compagnia, poi avresti l’esperienza giusta per farlo.”
 
“Io…”
 
“Non ti metteremo fretta, ma ci farebbe molto piacere.”
 
“Dovrei collaborare con voi in veste di cosa?”
 
“Pensavamo al ruolo di segretaria o di assistente.” Rispose Zoey che non aveva ancora ben chiari i compiti da affidarle.
 
“Nessuno mi aveva mai invitato nel Consiglio prima d’ora.”
 
“Pensaci bene...è una grande occasione.” Soffiò Mike, mentre Dawn fissava i tre.
 
“Credo che accetterò.”
 
“Vedrai che ti divertirai.” Promise Scott, sorridendo debolmente e facendola sussultare per quella premura alquanto inaspettata.








Angolo autore:

Ryuk: Avevamo promesso di essere puntuali e invece...

Devo spiegarti ancora la matematica?
In una settimana ci stanno 7 giorni, abbiamo pubblicato il 10...fai le somme e ci arrivi.

Anacleto: Ma è sempre così?

A volte anche peggio.

Anacleto: Rimpiango quello sciroccato di Merlino.

Ed è tutto dire
 

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Capitolo 8
*** Cap 8 ***


La gara sportiva era dietro l’angolo e il Consiglio doveva affrettarsi per risolvere quelle grane rimaste in sospeso per l’ultima elezione scolastica.
Se Dawn non avesse preteso quel confronto, poi Mike e Zoey non si sarebbero ritrovati a fare i salti mortali per consegnare a Chef Hatchet l’ultimo resoconto con tanto di programma dettagliato. Potevano prendere quel compito con leggerezza, evitare a Scott una pressione superflua e di doversi soffermare per molte ore per quel fascicolo che non doveva contenere nessuna imprecisione.
Erano riusciti a consegnare il tutto proprio sul filo di lana e, a due settimane dal fischio d’inizio, l’aula del Consiglio era rimasta vuota.
Mentre Mike e Zoey aiutavano gli organizzatori e sostenevano la squadra rossa, Dawn era ritornata ad aiutare il Comitato, rimproverando gli studenti più indisciplinati, e Scott si era ritrovato seduto su uno spiazzo ombroso a gustarsi quel meritato riposo.
Il Comitato per molti era prezioso, abile di raddrizzare gli indisciplinati, anche se Scott la vedeva come una struttura alquanto inutile. Il loro rigido regolamento si basava sul manuale per lo studente modello e andava incontro a continue evoluzioni che finiva con il confondere i suoi membri.
Scrollando le spalle si chiese il motivo di quella serietà eccessiva e tornò a fantasticare sulla gara futura inventandosi anche qualche intoppo. Non che gli importasse. A dirla tutta la considerava una distrazione insignificante, tant’è che pensava di usare una scusa pur di non presentarsi, ricordandosi di quando, durante il primo anno, si fosse inventato un’influenza con i fiocchi. Avrebbe potuto replicare anche per il secondo anno, ma così facendo Mike si sarebbe insospettito e non voleva altri rimproveri inutili.
Per quel pomeriggio, era tranquillo a giocare con il cellulare, quando un battibecco aveva risvegliato il suo interesse, portandolo a risollevare lo sguardo e a chiedersi chi fosse così stupido da sprecare tempo. Non ci era voluto molto per capire che Dawn e Jo erano all’opera in qualità di Comitato e che avevano bacchettato una coppietta di quarta intenta a organizzare la loro serata.
 
“A scuola queste cose non sono permesse!” Aveva urlato Dawn, mentre i due erano ormai lontani, scortati da Jo che continuava a infastidirli.
 
“Che chiasso infernale.” Commentò Scott, facendola girare di scatto.
 
“Come scusa?”
 
“Credo che ti manchi un po’ di buonsenso.”
 
“Da che pulpito viene la critica.”
 
“Non farti venire il sangue amaro per così poco…ne valesse la pena almeno.” Borbottò pacifico, sbadigliando rumorosamente.
 
“Le tue opinioni non m’interessano.”
 
“Quando mai mi hai dato ascolto?” Domandò sarcastico.
 
“E poi perché ti sei messo a giocare con il cellulare qui all’aperto?”
 
“Perché non ho niente di meglio da fare.” Nicchiò, scrollando le spalle.
 
“Quante volte devo dirti che è contro il regolamento?” Domandò furiosa, mentre il compagno alzava il dito indice della mano destra verso l’alto.
 
“Sai cosa c’è qui sopra, vero?”
 
“Non lo ricordo.” Sibilò, sperando che Scott non smontasse la sua bugia.
 
“Attualmente sono sotto l’aula del Consiglio e quest’area, secondo il Preside Hatchet, è una sua estensione politica.”
 
“Io…”
 
“Le regole del tuo Comitato non valgono quando mi trovo qui e, quindi, non puoi confiscarmi il cellulare o punirmi in qualche modo.”
 
“Davvero?”
 
“Chiedi pure a Mike, se lo desideri.” Borbottò con noncuranza.
 
“Mi stai dicendo, però, che se mettessi un piede fuori da quest’area, potrei poi confiscarti il cellulare, vero?”
 
“Non lo faresti.”
 
“Perché no?”
 
“Perché dovresti spostarmi di peso.” Borbottò divertito, rimettendosi in piedi e sovrastando in altezza la compagna.
 
“Saprei come farti scattare.” Replicò minacciosa, facendolo sospirare.
 
“Potrei seguire le tue regole, se vivessi con meno rigidità.” Le concesse, pensando che non fosse troppo tardi per un compromesso che poteva tornare utile a entrambi e che li portasse a non pestarsi i piedi in continuazione.
 
“Io non sono rigida!” Ringhiò inferocita.
 
“Giorni fa hai ripreso uno di prima perché sei venuta a sapere che è entrato in classe con dieci secondi di ritardo, ti sembra normale?” Domandò serio, credendo di aver azzeccato l’esempio perfetto per farla riflettere.
 
“Se i suoi compagni e il prof erano puntuali, lui non aveva motivo di arrivare in ritardo e di mancare loro di rispetto.”
 
“Non siamo in un’Accademia militare e qualche secondo è tollerabile.” Replicò rilassato, inspirando profondamente.
 
“Che ne sa uno che è costantemente in ritardo e che è sgridato in continuazione, senza mai dare ascolto o avanzare una scusa?”
 
“Un secondo cambia la vita e poteva benissimo riguardare un’emergenza o una novità di vitale importanza.”
 
“Ma…”
 
“Tu non ricordi proprio nulla e non impari nemmeno dagli errori altrui.” Soffiò amareggiato, negando sconsolato.
 
“Di che parli?”
 
“C’eri anche tu, quel giorno, quando un’ambulanza è passata a prendermi e non intendo rigirare il coltello nella piaga, accusandovi di qualche stupido scherzo finito male o di non esservi preoccupati subito del mio problema.”
 
“E cosa vorresti allora?” Domandò, credendo che cercasse qualche parola d’incoraggiamento o qualche scusa insignificante.
 
“L’anno scorso per tre mesi sono venuto raramente e solo per un infortunio in palestra, dove la spalla è andata per i fatti propri. Non credi che abbia mai maledetto quella mia puntualità e il fatto che bastavano pochi secondi in anticipo o in ritardo per salvarmi dall’ospedale?”
 
“Ma io…”
 
“Sono solo capitato nel posto e nel momento sbagliato e non credo che sia giusto rimproverare qualcuno senza conoscerne i motivi.” Spiegò serio, tastando il suo ex infortunio che continuava ancora a dargli qualche noia.
 
“Incolpare la sfortuna è tipico dei perdenti.”
 
“Forse hai ragione ed è giusto che tutti mi considerino un perditempo o un fallito, ma ricorda che spesso i conti da saldare sono molto amari e un giorno potresti pentirti di questa rigidità.”
 
“Ti sbagli di grosso.”
 
“Il giorno che arriverai in ritardo di qualche secondo, senza una scusa valida, giuro che ti umilierò davanti al Consiglio intero.”
 
“Non accadrà mai.”
 
“Hai ragione, ma solo perché odio rimproverare qualcuno.” Soffiò, facendola sussultare.
 
Con quella discussione distraente, era ovvio che qualcuno fosse riuscito ad evitare una delle ragazze più rigide e asfissianti del Comitato. Era stata una fortuna che alcuni non fossero finiti sotto lo sguardo indagatore di Dawn, abile di alzare un polverone anche per una cinghia non allacciata. Il rosso non ne era troppo convinto, anche perché si sentiva come la sua unica preda e non aveva altri esempi con cui paragonarsi, ma gli sembrava che stesse davvero esagerando.
Non erano mai stati in ottimi rapporti, anzi forse erano alla pari di cane e gatto.  Impegnati a litigare e a punzecchiarsi, come ogni giorno, cosa che spingeva in molti a chiedersi se non si telefonassero, a liceo chiuso, durante il week-end solo per discutere, Jo si era riavvicinata per parlare con Dawn, negando sconsolata.
Le andava bene che l’amica cercasse di raddrizzare e di far maturare Scott, ma non se questo diventava il suo chiodo fisso. C’erano tanti altri casi impellenti da risolvere e se il rosso non lo capiva con le buone, forse era meglio mollare il colpo e lasciarlo affogare. La verità era sotto i suoi occhi ed era un qualcosa che Dawn non conosceva e non era ancora pronta per affrontare a cuor leggero. Ci mancava soltanto che facesse qualche casino o che smuovesse il Comitato solo per quella piccola grana, quando la scuola aveva problemi ben più gravi.
La fidanzata di Brick conosceva, attraverso alcune amiche, una parte della storia di Scott. Tutti quelli dal terzo anno e verso l’alto, l’avevano a morte con il rosso, mentre prime e seconde si allineavano solo per evitare contrasti e ripercussioni dagli studenti più anziani.
 Jo non aveva mai trovato, in tanti anni di Comitato, un odio così viscerale, tanto da spingere un liceo intero a sparlare. Pensava che quella mano accusatrice avesse calcato troppo la linea e che Scott fosse stato nel bel mezzo. Non era né tutto bianco, né tutto nero. Il ragazzo che Jo aveva osservato per conto del Comitato, prima che Dawn s’interessasse al suo caso e le chiedesse di cambiare obiettivo, era socialmente imbarazzante. Non conosceva altri termini per disegnare quel quadro, anche se Scott, dalla sua analisi, aveva dei discreti pregi. Adorava gli animali, si divertiva in attività di volontariato solitario, ma detestava immensamente l’irrazionale e la codardia. Seppur fossero molto distanti e fosse difficile crederci, Scott e Dawn avevano qualcosina in comune.
 
“Voi due siete davvero divertenti.” Commentò Jo, sfoggiando un sorriso.
 
“Continuo a ripetere a Scott che il suo comportamento non va bene.”
 
“Vivi questi anni con troppa rigidità…dovresti essere più permissiva.”
 
“Non accetterò mai un tuo consiglio!” Ringhiò nervosa.
 
“Alla fine il Consiglio e il Comitato potrebbero anche darsi una mano.” Minimizzò Scott, scrollando le spalle e avviandosi verso la sua salvezza.






Angolo autore:

Ryuk: Guarda come dorme, Anacleto.

Anacleto: Bleah!

Ryuk: Sarebbe un peccato se qualcuno lo svegliasse.

Anacleto: Non aggiorniamo da due settimane.

Ryuk: E qui si deve rimediare - Brontola, tirandomi addosso un libro.

Che cosa?
È cominciata la guerra?
Un'invasione di zombie?
Ah...siete solo voi. Bon posso tornare a dormire.

Ryuk: E a quando l'aggiornamento?

Ferie finite, vero?

Ryuk: Ferie finite!
 

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Capitolo 9
*** Cap 9 ***


Mike e Zoey avevano lasciato le chiavi, almeno per quel pomeriggio, a Scott, concedendosi una giornata libera da tutte le richieste della scuola. Sapevano che il rosso non avrebbe mai mandato un messaggio, né avrebbe accettato qualche lavoro senza il consenso del Presidente e della sua vice. Avrebbe invitato chiunque a ripassare l’indomani, senza scusarsi minimamente di quel disturbo arrecato, sottintendendo che lui non era da accusare in nessun modo.
Seduto sul divano, stava controllando i conti dell’anno precedente, paragonandoli con quello attuale e per quel mese sembrava che fossero in positivo di almeno 500 dollari. Non era una grossa cifra, ma piuttosto di non averla a disposizione, tanto valeva rallegrarsi.
Stava salvando quel nuovo foglio di lavoro, quando sentì sbattere la porta e girò la testa per sapere chi potesse essere tanto maleducato da tenere un comportamento simile. Rivolto un semplice sorriso a quella seccatura pomeridiana, nonché novellina del Consiglio, richiuse il pc.
Senza volerlo ripensò a una scena ridicola che aveva già vissuto con la cara Zoey. Giorni prima, quando si era ritrovato da solo in sua compagnia, la rossa aveva borbottato qualcosa riguardo agli ultimi litigi e fraintendimenti avuti con Dawn.
 
“Ehi Scott.”
 
“Hmm?”
 
“Lo sai vero che Dawn è una delle persone più facili della Terra? Ti basterà farle un complimento e cadrà ai tuoi piedi.”
 
“Me ne parli ora che non c’è?” Aveva chiesto, facendole scrollare le spalle.
 
“Dovresti anche provare a conoscerla meglio.”
 
“So già abbastanza sul suo conto.”
 
“Il nome, il compleanno e il colore preferito non sono sufficienti nemmeno alle elementari.” L’aveva deriso, facendolo sbuffare.
 
“E tu pensi che lei possa ascoltarmi?”
 
“Non dovrebbe?”
 
“Perché dovrebbe essere interessata ai miei gusti, quando è meglio evitare?”
 
“Forse perché non sa tutto sul tuo conto e potrebbe ricredersi.”
 
“A me sembra un’illusione.”
 
“Possibile che tu non sappia farlo? Eppure dovrebbe trattarsi di un’abitudine consolidata: la tua personale selezione naturale.” Aveva tentato, ridacchiando poco dopo.
 
“Non trattare Dawn come una scema: non è così con tutti. Quello che dici funziona solo se le stai simpatico o se le piaci, ma lei mi odia, quindi…”
 
“Quindi credi che sia impossibile.”
 
“È così da quando la conosco.” Aveva nicchiato, facendola sorridere.
 
A lasciarle il posto sul divanetto e a sedersi di fronte, aveva iniziato a fissarla intensamente, quasi volesse stabilire se quanto insinuato da Zoey potesse avere un briciolo di verità.
Poteva anche sforzarsi e tutto il resto, ma aveva molte più chance di essere strigliato per qualche idiozia, piuttosto che passare quel pomeriggio senza discutere.
Non c’era niente di peggio: una ragazza con cui poteva confrontarsi liberamente e che seguiva le regole, ma che era peggiore di una despota. Il Comitato spesso era una spina nel fianco e in passato aveva preso il coraggio a due anni, dicendoglielo senza troppi giri di parole. E così avevano litigato di nuovo.
Mike aveva messo una pezza, scucitasi in due giorni.
Il Comitato continuava a creare zizzania e Scott non era abile a morsicarsi la lingua, specie quando tutto andava a suo completo svantaggio.
E avevano urlato di nuovo. Anzi, lei aveva urlato.
Il rosso si era accontentato di starla a sentire, d’incassare come un pugile suonato e aveva biascicato una scusa falsa e ipocrita.
Le aveva, comunque, consigliato, dopo un paio di ore, di sforzarsi solo con il Consiglio, ma Dawn l’aveva rivoltato come un calzino, chiedendogli se considerasse tutti al suo livello. A tirare le somme era chiaro che era alla pari di uno zero spaccato e che se lei aveva accettato il nuovo incarico, tutto dipendeva dal fascino e dalle abilità di Zoey e Mike e di certo non per la sua presenza raccapricciante.
 
“Avrei bisogno di un favore, Scott.” Esordì, facendolo sussultare.
 
“Come scusa?” Chiese sorpreso, pensando di aver sentito male e che quella fosse solo il frutto di una qualche allucinazione o magari di una qualche droga aggiunta al suo pranzo.
 
“Hai sentito benissimo: non ho intenzione di ripetermi.”
 
“Per fare che?”
 
“Ieri, se non te ne fossi accorto, sono rimasta assente per una visita medica e ho già recuperato buona parte degli appunti.”
 
“Ecco perché sono stato tranquillo per tutto il giorno e non sono rientrato a casa con l’emicrania.”
 
“Uff…puoi dire quello che vuoi, ma penso ti sia annoiato.” Affermò, facendogli alzare lo sguardo verso il soffitto, per poi vederlo annuire impercettibilmente.
 
“E da me cosa vorresti?” Domandò, mentre lei estraeva dallo zaino un quaderno.
 
“Jo mi ha passato gli esercizi di matematica, Brick quelli di storia e con Cody e Sierra sono in pari per quanto riguarda letteratura.”
 
“Ti mancherebbero quelli di fisica.” Biascicò Scott.
 
“Ricordo che segui solamente le lezioni di fisica e, quindi, i tuoi appunti dovrebbero essere perfetti.”
 
“Potevi accontentarti di Jo o Brick.” Mugugnò il rosso, afferrando la sua borsa e cercando il suo quaderno nero.
 
“Non sarebbero appunti perfetti.”
 
“Non mi dirai che ora hai così tanta fiducia in me da aspettarti un quaderno all’altezza, vero?”
 
“Esatto.” Borbottò, facendo negare il compagno.
 
“Avevo un difetto.”
 
“Non capisco che cosa centri con la mia richiesta.”
 
“Osservazione sensata…per una volta.” Ghignò, inspirando profondamente.
 
“D’accordo…quale difetto credevi di avere?” Domandò, assecondando il suo gioco e sperando fosse sufficiente per veder esaudita la sua innocente richiesta.
 
“Mi fidavo subito, fin dalla prima occhiata, e cercavo del buono in quasi tutte le persone. Adesso, invece, penso subito al peggio. Meno illusioni per evitare delusioni…è un bel motto, vero?”
 
“Ti sbagli.” Soffiò decisa.
 
“E cosa dovrei fare sentiamo?” La esortò serio, sperando vivamente che non si andasse a piantare in uno dei soliti luoghi comuni.
 
“Ascoltare le persone che ti sono vicine.”
 
“Fidarmi di loro, conscio che non potrebbero mai ferirmi poiché le loro promesse sono infrangibili e costruirmi occasioni per risaltare?” Domandò con tono sarcastico.
 
“Giusto.”
 
“Sei come gli altri…tutti quelli che mi hanno detto queste cose, lo facevano solo per un tornaconto personale, poi mi tiravano un calcio, si portavano via parte del mio cuore e ora non ne rimane più, neanche un po’.” Sospirò, porgendole il quaderno.
 
“Tu non capisci, Scott.” Replicò fredda, facendolo annuire.
 
“Prendi la cosa troppo sul serio.”
 
“No…sei tu che la prendi troppo poco sul serio.”
 
“Fai un po’ come ti pare.” Soffiò, aspettando che sfogliasse il suo quaderno per arrivare laddove si era fermata.
 
“E poi se non avessi più fiducia nelle persone, mai mi avresti passato i tuoi appunti.” Gli rinfacciò, facendolo annuire.
 
“Non avevo altra scelta.”
 
“Tutti hanno una scelta.”
 
“Non quando si può screditare qualcuno, raccontando bugie e rovinando quel poco che resta della sua esistenza.” Replicò indifferente.
 
“Comunque dovresti darmi una mano.”
 
“Ancora?”
 
“La tua calligrafia è pessima e non riesco a decifrare questa roba.”
 
“Se la metti così…è solo che la mia calligrafia è nella media.” Borbottò, dando una fugace occhiata agli appunti della compagna e trovandoli in perfetto ordine con tanto di disegni e schemi realizzati nel minimo dettaglio.
 
“Quelli degli altri erano solamente incompleti.” Sibilò, rinfacciandogli sottilmente quel caos correlato comunque da esempi ed esercizi avanzati svolti per i fatti propri, alla perfezione e senza chiedere il permesso al prof.
 
“Sei tu che hai una calligrafia troppo bella.”
 
“Lo credi davvero?”
 
“La calligrafia fa capire molte cose delle persone e, anche a impegnarmi, non riuscirei mai ad avere uno stile preciso come il tuo.”
 
“Beh grazie.” Mormorò sorpresa, mentre Scott iniziava a dettare quanto preteso dalla compagna.
 
Sapeva che si trattava di un favore senza sbocchi futuri. Dawn si sarebbe vantata di quella vittoria personale e difficilmente si sarebbe assentata nuovamente durante una lezione di fisica, giusto per non ritrovarsi a elemosinare un altro aiuto. Scott, nonostante s’impegnasse al massimo o provasse quanto meno a limare i suoi difetti o semplicemente a non rimanere troppo indietro, era ritornato a ripensare alle parole di Zoey, chiedendosi mai se una ragazza fastidiosa come la compagna potesse accettare qualche complimento da uno zero.
Poteva magari complimentarsi per l’abbigliamento o per il suo impegno nel Comitato, ma sarebbe stata una bugia intollerabile e lei avrebbe pensato che voleva qualcosa in cambio, ringhiandogli contro. Scrollando le spalle e guardando gli appunti di Dawn, sorrise divertito e rimise nel suo zaino il quaderno nero che sembrava uno di quelli destinati a segnare torture o morte per i nemici personali.
Sapeva che il suo impegno non sarebbe mai stato apprezzato e, infatti, la compagna era subito uscita dall’aula, lasciando il rosso nuovamente solo.
Ovviamente la teoria di Zoey non aveva funzionato. Era stato un buco nell’acqua e come un sasso sarebbe affondato senza nessun ostacolo intermedio. Poteva tentare ogni carta con Dawn, ma tanto era tutto destinato a ritornare al punto di partenza, senza nessuna evoluzione rilevante. Con lei non poteva nemmeno costruire una muraglia o avanzare con la sua mancanza di fiducia nelle persone, giacché era impensabile che potesse rimangiarsi la parola. Dawn era fin troppo corretta ed era una valida eccezione, anche se non riusciva più a concedere qualcosa a qualcuno.
Preferiva rimanere in quello stato, senza abbassare le sue difese e continuando a credere che il mondo fosse pieno di cattiveria e che quasi nessuno potesse convincerlo del contrario.
Stava per chiudere gli occhi e per concedersi un riposino, quando sentì un nuovo cigolio e, ben presto, dopo aver riaperto gli occhi e un momento d’inaspettato timore, si ritrovò una lattina di aranciata tra le mani.
 
“Di solito bevi questo, vero?” Esordì Dawn, passandogli con titubanza una semplice lattina.
 
“Come?”
 
“Volevo ringraziarti per l’aiuto.” Ammise divertita.
 
“Ehi Dawn…sarebbe un problema se usassi il cellulare per qualche minuto?”
 
“Ovviamente.”
 
“Lo immaginavo.”
 
“Sarebbe quello che direi di solito, ma visto che mi sei stato di prezioso aiuto, per questa volta potrei chiudere un occhio e lasciar correre.” Sospirò, abbozzando un sorriso che lo fece sussultare.
 
“Sai una cosa? Dovresti sorridere più spesso.”
 
“Perché?”
 
“Diventi più carina quando lo fai.” Tentò, notando il suo lieve rossore.
 
“Di cosa parli?”
 
“Ho solo espresso un’opinione…se non la vuoi ascoltare, non importa.” Soffiò, facendola annuire.
 
“Pensavo che nessuno conoscesse ciò che ti piace.”
 
“Infatti è così.”
 
“Ma…”
 
“Mi piacerebbe che qualcuno potesse comprendere ciò che provo, ma non credo il giorno adatto per buttarsi.” Spiegò serio, stiracchiandosi la schiena.
 
“Perché no?”
 
“Perché tutti si aspettano si vedere il mondo cambiare grazie a noi ragazzi, ma è impossibile.”
 
“Forse potresti riuscirci.” Ipotizzò Dawn.
 
“Anche se il mio parere conta poco qui dentro.”
 
“Perché dici questo?”
 
“Perché mi ascoltate solo quando si tratta di tenere il bilancio in ordine o per un qualche esercizio di fisica svolto in anticipo.” La provocò, non credendo di riuscire a metterla in seria difficoltà.
 
“Io…”
 
“Mike e Zoey sono i miei migliori amici e ci sosteniamo senza problemi, anche se temo spesso di avere una pessima influenza su di loro.” Ammise, abbassando il capo.
 
“E se non fosse così?”
 
“Tu, invece, non mi ascolti proprio, Dawn. Continui ad andare dritta per la tua strada, anche se alcune volte potresti evitarti delle spiacevoli sorprese.”
 
“Potremmo andare verso un accordo pacifico.”
 
“Di che tipo?”
 
“Segui alcune regole essenziali del Comitato ed io potrei ripensare a quanto mi hai detto.” Borbottò seria, facendolo annuire appena e provando con quel compromesso, giacché il bastone usato in precedenza per spronarlo aveva dato pessimi risultati.








Angolo autore:

Ryuk: Perchè abbiamo dato domicilio a un gufo impagliato?

A me sta simpatico.
È burbero, severo, non rompe per i miei ritardi e si lamenta solo con te.

Anacleto: Ma questo coso, sa stare al mondo?

Non me lo chiedere Anacleto...non ricordo nemmeno più da dove l'ho preso.

Ryuk: Ehi!

 

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Capitolo 10
*** Cap 10 ***


Il prossimo passo per il Consiglio sarebbe stato quello di delineare, nel dettaglio, quali lavori avrebbe dovuto svolgere Dawn, oltre che la richiesta di ridurre al minimo ogni contrasto con Scott.
La recluta, fissando la sua nemesi, aveva ricevuto, anche con la promessa precedente, un semplice cenno d’assenso.
Discussi i vari compiti, si erano riseduti sul finire di quella settimana per discutere dell’organizzazione degli eventi successivi.
Le sfide e rispettivi partecipanti per le gare sportive erano già stati decisi e tutti si erano ritrovati nella squadra rossa. Mike e Zoey gareggiavano nello stesso team della staffetta a squadre, mentre Dawn si era ritrovata sollevata da quell’unica gara che vedeva parte del Consiglio impegnato in prima linea.
Scott, come il solito, era l’ago della bilancia: aveva trovato una squadra che non si curava troppo dei pettegolezzi, anche se tutto era stato deciso con fin troppo anticipo.
Lui, per il momento, era escluso dalla staffetta, con la possibilità di rientrare qualora Courtney, la loro leader indiscussa, cambiasse idea.
Non sapeva chi si fosse incaricato di formare la squadra, anche se credeva fosse uno sforzo di quella ragazza di quarta che urlava come un’indemoniata.
A fissarla da bordocampo la vedeva guidare tutti con il pugno di ferro, rimproverando lo scarso impegno di alcuni e avvicinandosi al rosso, quando la situazione era di suo gradimento e non c’era nessuno che richiedeva una bella strigliata.
 
“Ho sentito dire in giro che eri il più veloce delle medie.” Borbottò lei un pomeriggio, prendendolo controtempo, giacché parlava sempre di sciocchezze o di come migliorare la tenuta atletica di quelli più gracili.
 
“Da chi l’hai saputo?”
 
“Ho un fratello quasi della tua età e, alle medie, data la contemporanea assenza dei nostri genitori, assistevo spesso alle vostre gare sportive.”
 
“Parli come se fossi solo un bambino e tu mi superassi di quasi un decennio.” Soffiò, afferrando il cellulare e sperando, così facendo, di levarsela dai piedi.
 
“Credevo ti piacesse scappare.” Lo provocò, offrendogli una lattina di aranciata che afferrò con titubanza.
 
“Che cosa vuoi chiedermi?”
 
“Come fai a sapere che ho bisogno di qualcosa?”
 
“Non mi hai mai calcolato da quando sono entrato in squadra, poi ricordi quel dettaglio delle medie, ti siedi qui, mi offri da bere e ti sforzi d’essere carina nei miei confronti: scusa se a pensare male di solito ci si azzecca.” Spiegò infastidito.
 
“La staffetta è un’attività faticosa.”
 
“Lo saprei…se qualcuno mi avesse mai chiesto di partecipare.”
 
“Io…”
 
“Conoscere la storia della staffetta e non chiedersi cosa ci sia intorno: va bene così.” Mugugnò, aprendo la lattina e bevendo con calma.
 
“C’è dell’altro?”
 
“Solo che ho saltato l’ultima gara e da quel giorno l’intera scuola mi odia.” Mentì, credendo che nemmeno Courtney si meritasse di conoscere il suo passato e che, quindi, fosse molto più saggio tenerla all’oscuro, cercando di mantenere l’unità del gruppo.
 
“A me non interessa niente di quello che hai passato: potresti aver dato anche fuoco alla scuola per quello che mi riguarda.”
 
“Ah sì?”
 
“Quello che mi preme è il presente.”
 
“Sciocco e immaturo da parte tua.” Commentò divertito.
 
“Per avere la squadra migliore devo assoldare gli uomini migliori ed io desidero, anzi voglio, che tu vinca per noi.” Borbottò perentoria.
 
“Potevi reclutare qualcuno che fosse disposto a gareggiare…non un peso morto che può fare solo il tifo e che può portarvi a fondo.”
 
“Basterebbe sostituire Tyler, anticipare Harold e tu avresti il posto assicurato.” Tentò, avanzando la sua proposta.
 
“Continueresti ad assillarmi fino all’ultimo giorno e potresti pure azzoppare Tyler pur di costringermi a occupare il suo posto.” Borbottò, rialzandosi e tornandosene a casa.
 
Dentro di sé sapeva che Courtney non si sarebbe arresa così facilmente. Ogni mattina, prima di andare in classe o di scivolare verso il Consiglio, e ogni pomeriggio, durante gli allenamenti, aveva continuato a offrirgli la possibilità di gareggiare. Una volta ci avrebbe sperato ardentemente, anche perché la corsa era nel suo DNA, ma non credeva di poter vincere senza una preparazione adeguata e sacrificando l’impegno di chi aveva iniziato a prepararsi molto prima. Forse era davvero un ragazzino strano: poteva ottenere tutto su un piatto d’argento e lo lasciava in un angolo come se non gli importasse.
E così ogni giorno rifiutava con classe. Un po’ per rispetto personale e un po’ per non soffiare il posto a qualcuno che se lo meritava e che si era ammazzato di allenamenti.
Le idee per quella giornata, una volta arrivati al momento clou, erano state avvincenti e si stava divertendo parecchio, fino a quando il karma non aveva pensato di concedere un aiuto a Courtney. Non ne aveva bisogno, ma accadde comunque e il rosso si ritrovò impossibilitato a rifiutare.
Ne aveva parlato al resto del Consiglio e tutti gli avevano suggerito di accettare la proposta. A Mike stuzzicava l’idea di vedere uno dei più veloci della scuola alla prova, Zoey non vedeva l’ora di tifare per la squadra del fidanzato, sostenendo comunque anche uno dei suoi amici più cari e Dawn si era accontentata di rivolgergli un debole sorriso.
Era da quando avevano cominciato a collaborare che i loro rapporti erano migliorati a tal punto da non discutere per ogni inezia.
Scott aveva iniziato ad ascoltare i suoi consigli e ad accettare alcune regole davvero essenziali, mentre Dawn sorvolava su altri comportamenti che non erano poi così rischiosi. Quello era un tacito accordo di sopravvivenza che poteva durare per diverso tempo oppure frantumarsi all’improvviso.
Per il momento stava reggendo, ma nessuno del Consiglio poteva sapere quanti giorni sarebbero passati prima di un litigio atomico. E qui sarebbero uscite le classiche manie di entrambi con Scott che sarebbe ritornato nei suoi standard e con Dawn che l’avrebbe rimproverato per ogni virgola fuoriposto.
Sorridendo per quel rifiuto categorico, anche alla vigilia della corsa, s’illuse di essere al sicuro.
Scrollando le spalle, con la classica tuta da ginnastica e con lo sguardo perso nel vuoto, era seduto su uno dei palchi usato dalla sua squadra.
Tutto sembrava andare per il meglio, finché Courtney e Harold non si erano avvicinati per informarlo che Tyler era già in infermeria a seguito di una storta alla caviglia e che non poteva partecipare per nessun motivo.
 
“Dovrei prendere il suo posto?” Chiese, alzandosi in piedi.
 
“Quell’idiota si è fatto male nel momento peggiore.” Gracchiò Courtney, provando a fargli gli occhi dolci e a convincerlo.
 
“Io…”
 
“Non dirmi che hai intenzione di rifiutare.”
 
“Ma…”
 
“Senza di te la squadra sarà costretta a ritirarsi e noi tutti ci siamo impegnati a fondo.” Tentò Harold, giocandosi la carta dei sensi di colpa e rievocando nel compagno quanto fatto durante le ultime elezioni.
 
“Lo faccio solo per me.” Soffiò deciso, togliendosi la giacca e afferrando la fascia rossa che il compagno gli stava porgendo.
 
Nello scendere dal palco e nel guardarsi intorno si era reso conto che le critiche continuavano a bersagliarlo. Alcuni non accettavano che fosse sceso in campo e che raccogliesse gli sforzi di chi si era impegnato molto più a lungo.
Courtney, però, così come aveva fatto Mike in passato, li aveva zittiti con uno sguardo omicida che non ammetteva repliche. Dipendeva ancora da qualcuno e questo non gli andava bene. Pensava di essere cresciuto e di non aver più bisogno di un angelo custode che lo sostenesse per ogni singolo passo. Poteva difendersi, rispondere per le rime, ma sentiva a pelle che quella era una parte della sua vecchia punizione.
Fu nel guardare attentamente la sua leader che abbassò la testa, pensando che lei era stata la prima e unica ad avvicinarsi senza conoscere il suo passato. Non voleva incolpare Mike e scaricarlo sul più bello, ma lui si era avvicinato solo per quel segreto inconfessabile e, se era entrato nel Consiglio, era merito di Zoey che aveva esposto il suo caso al fidanzato.
Dawn era parte integrante del Consiglio, ma ancora non sapeva mezza frase di quel dossier privato che si nascondeva dentro una cartellina beige e si era ritrovata a lavorarci solo per le ottime credenziali e le idee brillanti.
Courtney, invece, mossa per il desiderio di primeggiare, aveva fatto un passo e Scott sentì provare qualcosa di nuovo nel suo cuore. Forse era un azzardo, forse stava davvero sparando alto, ma non gli sarebbe dispiaciuto vincere, offrirle da bere per ringraziarla e passare un po’ di tempo senza quella morsa opprimente.
Tutti ridevano, alcuni si comportavano da scemi, ma effettivamente era la prima volta che riusciva a divertirsi senza il minimo senso di colpa.
In oltre tre anni era il primo sorriso del liceo e non lo avrebbe sprecato per un passato che era ormai sepolto.
Forse riusciva finalmente a voltare pagina e ad affrontare i prossimi anni senza sentirsi un ammasso di schifo. Invece di rimuginare sui suoi fallimenti e di covare rancore, pensava potesse condurre una vita più soddisfacente.
Ma…
 
“Scott?”
 
…era ovvio che si sarebbe presentata in un momento del genere, quando era ad un singolo passo dalla felicità.
Quella era la parte del passato che voleva dimenticare.






Angolo autore:

E ci siamo signori e signore, background di Scott is coming...

Ryuk: La scorsa volta ho unito l'inglese all'italiano e mi ha rimproverato mezza giornata.

Io posso.

Ryuk: Qualcuno lo può stroncare?

Anacleto: Idea geniale!

Ryuk: Ci mancava il commento di questo pappagallo impagliato.

Anacleto: Gufo!

Ryuk: Gallo!

Anacleto: Gufo!

Che bello vederli litigare.
E nessuno mi ha ancora detto che sono in ritardo.
A presto lettori
 

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Capitolo 11
*** Cap 11 ***


Fu nel voltarsi lentamente che la vide, anche se era bastata la sua voce, a farlo tremare come una foglia. Non era cambiata di una virgola.
Come se quattro anni potessero sortire chissà quale cambiamento sconvolgente. Forse era cresciuta di qualche centimetro e aveva preso l’abitudine di mettersi un filo di rossetto sulle labbra, ma eccettuato questo, era la stessa quattordicenne con cui aveva costruito un pessimo rapporto.
Scott era consapevole che non potesse stare simpatico al mondo intero, ma in quel caso era una sconfitta maturata con il tempo, laddove in principio c’era stata una sottile amicizia che era naufragata a causa dei suoi soliti errori.
 
“Sembra ti stia divertendo, Scott.” Borbottò lei, sorridendo malignamente e vedendolo irrigidirsi, non prima di voltargli le spalle.
 
Nel retrocedere di qualche passo, quasi rischiò di scivolare su uno zaino, salvo poi riprovare a ricompattare il suo puzzle e sorvolare sul fatto d’averla rivista dopo tanto tempo. Credeva che non si sarebbero più incrociati e che entrambi avrebbero vissuto con l’odio e la rabbia.
Il suo sguardo, però, era ritornato vuoto e privo di stimoli. Un brivido gli aveva attraversato la schiena, come quando gli era suonato il telefono nel bel mezzo delle lezioni di chimica con tanto di richiamo e minaccia di punizione esemplare.
Anne Marie subito dopo avergli rivolto la parola, l’aveva guardato con disappunto e disprezzo e si era allontanata con alcune amiche.
Sperava di non rivederla più, anche perché non si era mai iscritta al suo stesso liceo, anzi ambiva quasi a cancellarla dalla sua esistenza, consapevole che fosse impossibile. Per quanto fosse maturato, non poteva cambiare in nessun modo il passato comune e il suo entusiasmo svanì di nuovo.
Così, come se non avesse più forza, Harold se l’era trascinato dietro e l’aveva avvicinato al gruppetto che apparteneva agli ultimi corridori della staffetta.
Qui aveva ritrovato Mike che gli rivolse un sorriso e tentò di provocarlo, scontrandosi con uno sguardo smarrito e privo di mordente.
 
“Dov’è finito Tyler?”
 
“Perché c’è Scott al suo posto?”
 
“Mi rifiuto di tifare per lui.”
 
“Non dovrebbe più nemmeno venire a scuola.”
 
“Che schifo!”
 
“Courtney l’ha azzoppato per far posto al fallito!”
 
Erano questi i commenti degli altri studenti e Scott, stringendosi nelle spalle, si sentì rabbrividire. Sentiva ancora lo sguardo di Anne Marie addosso e questo lo preoccupava e credeva potesse rallentarlo ancora, anche se non avrebbe nemmeno udito lo sparo per via dello stress.
Già…ogni qualvolta usciva dalla sua zona comfort, finiva sempre per fallire.
In questo caso, però, non era colpa di Anne Marie.
Non ne avrebbe mai fatto un vanto, ma se durante l’ultimo anno delle medie e il liceo si era isolato dal mondo intero e la sua valutazione era stata traballante, ecco che non avrebbe trovato nessuna scusa.
Credeva di non vedere più la complice dell’artefice del suo fallimento adolescenziale. Era pronto a mozzarsi una mano pur di non ritornare a quella scialba ragazzina dalla chioma castana e dai lineamenti delicati che l’aveva portato a credere che vi fosse un posto in quella classe.
Non si era arrabbiato nel ritrovarsi in un angolo sperduto, anche perché il primo giorno del terzo anno di scuola, spostato in una sezione che non era mai stata la sua, era caduto dalla bici e si era fratturato un piede, ritrovandosi costretto a letto e accettando il retrogusto amaro della distanza. I gettoni dell’amicizia erano andati persi con quella scivolata e si erano create diverse compagnie, mentre lui, rientrato solo a novembre inoltrato, restava indietro e senza la possibilità di ricucire o di avanzare una richiesta.
Forse con un po’ di fortuna avrebbe accantonato quel momento e non vi sarebbe più tornato, anche perché se si erano rivisti, era solo per il desiderio di Anne Marie di risconvolgere la sua vita.
Fortunatamente quando accadde il fattaccio, non era interessato a conquistare il suo cuore viziato, anche perché lei era felicemente fidanzata con Vito.
Ricordava bene quell’idiota popolare che rientrava in una delle sue particolari liste. Lui odiava e malediceva ogni coppia che vedeva, ma poiché erano felici e Anne Marie aveva provato a integrarlo nella classe, era pronto a inserirli nella lista delle eccezioni.
Almeno fino a quel giorno, quel disgustoso giorno, in cui aveva beccato Vito a cornificare la sua fedele fidanzata con un’altra.
Durante la successiva ricreazione, l’aveva preso in disparte e gli aveva schiaffato davanti una foto che lo ritraeva in una situazione potenzialmente esplosiva. Non era mai stato il tipo che s’impicciava dei fatti altrui e in futuro si sarebbe maledetto per esser venuto meno ai suoi standard.
Ai tempi aveva un forte senso della giustizia e non riusciva a tollerare tradimenti e abusi. In più non poteva perdonare chi aveva intenzione di ferire una ragazza tanto carina.
Aveva offerto la possibilità a Vito di riabilitarsi, di raccontare la verità alla fidanzata per farsi perdonare, ma quest’ultimo gli aveva riso in faccia e aveva reso chiaro che era pronto a concedergliela senza il minimo amor proprio.
Quella semplice frase aveva risvegliato un demone sopito, anche se Vito gli aveva comunque consigliato di non fare nulla, se non voleva che riducesse Anne Marie a pezzi.
All’inizio tremò e vacillo pericolosamente, ma poi quell’idiota aveva ripetuto che in quella classe nessuno poteva sfiorarlo, poiché erano tutti in suo potere. Raccolto l’orgoglio, fissatolo intensamente, gli sferrò un pugno sul volto, continuando indisturbato finché non fu interrotto dal sopraggiungere di un gruppo di compagni e da un prof.
Ci era andato troppo leggero e aveva rigirato la questione a suo vantaggio, affermando che Scott era innamorato di Anne Marie e che pretendeva di veder coronato il suo sogno.
Voltandosi aveva visto la compagna e ricominciò a tremare dalla rabbia con il resto della classe che si era già lanciata verso commenti sprezzanti.
 
“Non lo vogliamo più vedere.”
 
“Deve morire!”
 
“Sei uno stalker.”
 
“Povero Vito!”
 
“Sei solo un maniaco.”
 
Fu nel fissare Vito che si rese conto di non avere più nulla e che quel maledetto gli aveva sottratto quel poco che aveva a cuore.
Ricordava la sua proposta, le sue affermazioni e gli sguardi degli altri, ma non avrebbe mai più avuto il coraggio di risollevarsi dalla fossa che aveva scavato con le sue mani.
 
“Voi tutti sapete come si comporta. Non è pazzesco che nessuno sia mai riuscito a fermarlo e che tutti abbiano paura di lui?” Chiese insofferente.
 
“Sei tu il pazzo!” Tuonò Anne Marie, scansandolo e avvicinandosi a Vito per verificare le sue condizioni e iniziare a medicarlo.
 
“Io…”
 
“Non voglio vederti mai più.” Ringhiò ancora.
 
“Vieni con me, Scott.” Borbottò il vecchio Don, afferrandolo per un braccio e trascinandoselo dietro fino in Presidenza, quasi volesse salvarlo da un linciaggio.
 
Non ebbe nemmeno il tempo di spiegarsi che finì sospeso per un mese intero, nonostante Don avesse cercato di convincere il Preside per una punizione molto più leggera.
Era stata una semplice ragazzata e non c’era motivo per andarci pesanti, sempre che il vecchio canuto non temesse pressioni e ritorsioni. Non voleva che il Ministero puntasse alla sua testa, né che genitori inferociti lo minacciassero di far cambiare scuola ai loro figli.
Per salvare la poltrona e per non rischiare il posto, preferì scaricarne uno solo.
Seduto sulla comoda seggiola della Presidenza, Scott aveva da subito intuito d’aver compiuto una pazzia intollerabile.
Non aveva ancora sentito in cosa consistesse la sua punizione che nella sua testa continuava a ripetersi quella scena più volte. Rimpiangeva di non essere stato più tollerante, di non aver chiarito con maggior calma e di essersi lasciato contaminare dall’idea di quanto fosse marcio Vito.
Era scattato a causa di quella proposta disgustosa, non leggendo le sue provocazioni e cadendoci come un pivello.
Vito non avrebbe mai corso pericoli inutili e quella era stata un’autentica pazzia.
 
“Comunque, se non vuoi essere espulso, devi scrivere una lettera di scuse.”
Doveva scriverla perché si era comportato come un folle instabile.
Era stato guidato dalle sue illusioni, nel mostrare un senso di giustizia verso una ragazza che conosceva appena. Nel buio della sua camera si pentiva di non essere rimasto zitto e inerme.
Era stato doloroso e a mente fredda un atto sconsiderato. Non doveva impicciarsi della vita altrui, così sarebbe stato molto più felice e non avrebbe scombussolato una classe intera.
Doveva solo scrivere quelle poche righe e tutto si sarebbe quasi risolto. Sembrava così facile, eppure si sbagliava. Di giorno svolgeva i normali compiti richiesti e la sera discuteva con suo padre che lo pregava di scrivere quella lettera di scuse. Aveva compreso che la sospensione era stata una mossa azzeccata e una punizione esemplare.
Settimanalmente portava i compiti al vecchio Don che lo invitava a scrivere per liberarsi la coscienza e per rientrare. Bastavano due righe in croce e un immenso “MI DISPIACE!” per risolvere la faccenda e per zittire Vito.  Incapace di farlo, perse completamente la fiducia in sé stesso, sprofondando nella più totale sofferenza. Anche se la sospensione era passata, nessuno lo accolse, anche perché la lettera di scuse era ancora bianca immacolata e non valeva nulla. Sembrava chiaro che non avesse imparato niente e che quella punizione fosse stata solo una bazzecola.
Ne aveva discusso ancora con Don e gli aveva ripetuto quanto detto dal Preside: niente scuse e la punizione sarebbe proseguita.
Vito pretendeva la lettera solo per elemosinare uno stupido perdono da superiore.
Scott pensò di svuotare il sacco e di andare con una lettera di accuse.
Avrebbe scritto.
Avrebbe consumato un foglio intero.
Non gli sarebbe bastato l’inchiostro di due penne per vomitare tutta la sua verità.
L’autunno finì e l’inverno passò.
Giurava che avrebbe scritto come un dannato.
Che niente e nessuno l’avrebbe fermato.
Che si era perso tante cose.
E arrivò anche la primavera e con essa la cerimonia del diploma.
Aveva passato tanti mesi nel nulla e non aveva scritto mezza riga con cui accusarlo. Davanti si era ritrovato con una lista di scuse false e bugiarde: era diventato una persona folle e noiosa.








Angolo autore:

Ryuk: Domande scomode tra 3...2...1

Lo so.
Vi starete chiedendo il perchè di Anne Marie.
E no...non ho bevuto.
Ho guardato alla quarta stagione e a scrollare i nomi nessuno era di mio gradimento.
Poi, però, ho pensato di fare il ragionamento contrario.

Ryuk: Quale coppia poteva contare un lui viscido e potenzialmente dannoso?

Al primo colpo pensavo ad Alejandro, ma Heather con Scott ci azzecca meno del cavolo a merenda.
E allora ho pensato al solo dannoso e a guardare a tutte le coppie nessuna mi aggradava.
Geoff per la sua Bridgette, Owen con Izzy...oltre a quelle canoniche non avevano parlato molto con Scott.
Ci stava Jo, ma l'avevo già presentata.

Ryuk: E Jo non vogliamo mai metterla OOC.

Poi mi sono venute in mente le personalità di Mike.
Togli Mal che desidera solo la fine di Mike, togli Chester e Svetlana rimanevano Manitoba e Vito.

Ryuk: Vito adorava Anne Marie

E così ho buttato giù questa follia, dove la Anne Marie del reality è più "malvagia" e frivola solo per questo brutto passo falso.

Ryuk: C'è altro?

Angolo autore troppo lungo per i miei gusti e, quindi, no
Forse è il caso che avverta nuovamente che alcuni capitoli/idee provengono da A Love is War, ma altri passaggi sono farina del mio sacco.
Ecco forse in questo capitolo non proprio, ma dal prossimo tutto tornerà come è giusto che sia: una mia serie fantasiosa
Più o meno.
 

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Capitolo 12
*** Cap 12 ***


Gli insulti del pubblico continuavano a colpirlo e non gli scivolavano addosso così come sarebbe stato lecito aspettarsi per un gelido individuo senza scrupoli. Aveva sempre sofferto perché nessuno gli aveva concesso una spalla su cui piangere e con cui sfogarsi completamente.
A sentire le loro minacce e a vedere i loro gestacci raccapriccianti, desiderava soltanto sparire nel nulla, inghiottito magari da una qualche buca oppure che qualcuno lo teletrasportasse a casa per non sentire più tutte quelle voci.
Non aveva scritto niente perché era solo un fallito. Non era riuscito nemmeno a buttare giù una mezza riga per scusarsi con Vito o con il resto della classe.
In molti avrebbero buttato lì qualche frase a effetto, ma il suo orgoglio gli impediva di piegarsi al volere di uno stupido viziato. Non voleva concedere la vittoria a un ragazzino immaturo che poi avrebbe preteso ancora di più.
Si era mosso per proteggere Anne Marie e per custodire quel sorriso che gli aveva rivolto quando avevano parlato per la prima volta in classe.
E difficilmente si sarebbe accontentato di un premio di riserva con cui riempire un cuore ormai privo di stimoli e una mente completamente libera.
A tastarsi la fronte umida si chiese, smarrito come un cane, se facesse parte della squadra rossa o di quella bianca.
Dove si trovava?
Perché non era nella sua zona di pace e si era fatto adescare come un ingenuo ragazzino?
Poteva svignarsela in quel momento, consentendo alla scuola di offenderlo ancora e creandosi così qualche nemico extra?
 
“Scott…l’ultimo frazionista deve sempre dare il massimo.” Lo risvegliò Mike, dandogli una pacca sulla spalla destra e facendolo sussultare.
 
“Io…”
 
“Evita di pensare al passato.”
 
“Ma…”
 
“Ho visto che c’era Anne Marie.”
 
“Sì.”
 
“Io e Zoey sappiamo che hai deciso di non ribellarti per proteggerla e che non hai scritto per un orgoglio smisurato.”
 
“Già.”
 
“Il Preside ti ha concesso l’iscrizione alle superiori solo perché era stata una punizione davvero dura.”
 
“Forse non lo meritavo.” Abbozzò timidamente.
 
“Sai benissimo che tra Vito e Anne Marie è tutto finito, anche se il primo è stato molto cauto per paura di vederti ancora.” Bisbigliò, cercando di non farsi sentire da nessuno.
 
“Don mi ha spiegato tutto.” Confermò Scott, abbassando leggermente il capo.
 
“Non giudicherò mai la scelta di un amico prezioso.”
 
“Io…”
 
“Potevi agire con più criterio, ma alla fine, seppur con una strada più tortuosa, hai raggiunto il tuo obiettivo.”
 
“Mi spiace.” Sussurrò Scott, passandosi una mano sugli occhi.
 
“Anne Marie sta bene così, anche se non se rende ancora conto e Vito ha smesso con i suoi imbrogli.”
 
“Sono cose che conosco da un pezzo.”
 
“E allora dovresti anche sapere che questa scuola è formata da un branco d’idioti.” Commentò Mike, facendolo sussultare.
 
“Se qualcuno ti sentisse, saresti rovinato.”
 
“Pur di risvegliarti farei ogni cosa.” Spiegò serio.
 
“Come quella volta che sei venuto a trovarmi a casa mia per informarmi della tua scelta di nominarmi come tesoriere e hai scritto quelle scuse per il Preside?”
 
“È stata l’unica volta che ti ho chiesto di rimanere zitto!” Ringhiò Mike nervoso.
 
“Io…”
 
“So che è stato un brutto periodo, ma noi siamo amici e sono sempre pronto per sostenerti, anche se rendessi pubblica la verità.” Soffiò, allontanandosi.
 
“Mike…”
 
“Non sei mai stato un folle, poiché hai sempre difeso i tuoi ideali, i tuoi principi e quello in cui credevi.  Una persona veramente folle li avrebbe venduti alla prima occasione, specie se in trappola o odiati dal mondo intero.”
 
“Non sono stato stupido?”
 
“Avventato, forse troppo orgoglioso, hai compromesso questi ultimi anni, ma non è mai troppo tardi.”
 
“È sempre rincuorante sentirtelo dire.”
 
“Mettiti in posizione che manca mezzo giro e pretendo di vederti fissare tutti con superiorità!” Urlò, alzando lo sguardo verso il cielo.
 
Non era un pazzo misantropo come raccontavano molti in giro? Mike diceva che era cresciuto e che non meritava quel dolore. Poteva davvero attingere dalla fonte della felicità e non preoccuparsi più delle conseguenze delle sue normali gesta scolastiche?
Si sarebbe accontentato che una persona potesse capirlo, pur di fregarsene di cosa avrebbero pensato gli altri.
Guardandosi intorno sentiva ancora qualche fischio, ma vedeva Harold che gli faceva dei cenni, Courtney che lo fissava intensamente e il resto della squadra che sperava che DJ gli passasse il testimone il più in fretta possibile. Forse con la medaglia al collo poteva pure avanzare la richiesta di un appuntamento con la leader della squadra, anche se sentiva di sparare alto.
Poi c’era il Consiglio. Aveva trovato in Mike un amico prezioso, in Zoey una sorella maggiore e in Dawn una valida occasione di rivalsa.
Ringoiando alcune lacrime, si mise in posizione e si voltò alla sua destra, percependo uno sguardo minaccioso.
 
“Spero tu cada di faccia, Scott!” Ringhiò Anne Marie, ricomparendo di nuovo vicino alla pista, essendo l’ultima corsia e sperando di potergli ridere dietro.
 
“Hmm?”
 
“Vito mi ha scaricato a causa tua e poiché sono una ragazza che cova rancore, io…”
 
“Ma stai zitta, stupida!” Ribatté gelido, rivolgendole uno sguardo che avrebbe spento definitivamente le sue offese.
 
Non voleva più ritornare nel passato. L’aveva sempre calcolata come una verità assoluta e puntualmente ritornava indietro come se si trattasse di un gioco di società da quattro soldi.
Si era ostacolato anche troppo per continuare a vivere nel rimpianto e sarebbe giunto a un punto di non ritorno, laddove le sue lacrime si sarebbero consumate del tutto.
Per quello che conosceva e a ripetere le ultime parole di Mike era lampante di non avere più molte occasioni per riemergere. Se avesse vanificato anche quegli sforzi comuni, se ne sarebbe pentito amaramente, anche perché era la stessa e ripetitiva lezione di quanto fatto per Dawn. Detestava che il lavoro altrui fosse sacrificato senza motivo apparente e per non rendere vano il loro impegno doveva risollevarsi dal fango.
Era morto a sufficienza e si era sacrificato per un’oca senza cervello.
Rimpiangeva tante cose, ma quella poteva finalmente cancellarla dalla sua lunga lista, sperando che fosse solo un inizio incoraggiante.
Questa volta avrebbe vinto e non si sarebbe più spento per nulla al mondo.
DJ si era dato da fare e toccava a lui l’ultimo colpo decisivo. Voleva un bel ricordo e poteva costruirlo su delle macerie fumanti.
Avrebbe festeggiato a lungo, si sarebbe vantato un po’ di quella medaglia e non avrebbe più pianto per l’odio della scuola.
Se il Consiglio e i suoi amici erano dalla sua parte perché doveva continuare a crucciarsi e a piagnucolare come un bambino?
 
“Ti prego…voglio che Scott vinca.” Era questo il sussurro per sospingerlo fino a quella medaglia che poteva illuminare la sua camera.
 
Non voleva mollare e presto avrebbe sentito quella fascia scivolare ai suoi piedi, alzando le braccia al cielo e venendo travolto dal resto della squadra.
Correva forte e sentiva l’aria tra i capelli, tanto da sentirsi finalmente in pace con sé stesso.
Era tutto ad un passo.
Poteva quasi accarezzare quel momento di gloria.
Gli altri inseguitori stavano mangiando la sua polvere, complice anche l’ottimo lavoro svolto dal resto della squadra.  Arrivato al traguardo, si guardò intorno, inseguito ben presto da Harold, Courtney e il resto del team che volevano portarlo in trionfo come un eroe, mentre quest’ultimo si avvicinava al resto del Consiglio, coinvolgendoli in un abbraccio che sanciva il suo tentativo di rinascita.
 
“Grazie d’aver creduto in me.” Borbottò sollevato, rifiutandosi di lasciarli andare e scusandosi per averli fatti stare in pensiero.
 
“Di che parli?” Chiese Dawn, scorgendo alcune lacrime.
 
“Io…”
 
“Per Scott è strano vincere una gara.” Lo difese Zoey, accarezzandogli la schiena.
 
“Perché piangi?” Domandò Dawn, fissandolo confusa.
 
“Perché io…io…sto bene.”
 
“Non capisco.”
 
“Volevo festeggiare…con i miei migliori amici e domani…vedrò di ringraziarvi!” Promise, ritornando verso la sua squadra, mentre Mike e Zoey si scambiavano un cenno d’intesa e applaudivano soddisfatti.
 
“Non ho capito niente.” Protestò Dawn, strattonando la maglietta di Zoey per chiedere spiegazioni.
 
“Lo capirai quando sarà il momento giusto.”
 
“Ma…”
 
“Forse anche tu dovresti cambiare idea su Scott.” Tentò la rossa.
 
“L’ho già fatto.”
 
“Ci siamo accorti che inizi a tollerarlo un po’ di più.” Confermò Zoey, rivolgendole un sorriso che la fece tentennare.
 
“Continua a sfruttare l’aula come se fosse la sua camera privata e a fare i suoi comodi, ma devo ammettere che avevate ragione sul suo conto.”
 
“Ti avevamo avvertito che è una risorsa preziosa.” Borbottò Mike.
 
“È che lo vedevo sempre come un’anima confusa e travagliata, trasandata e triste e pensavo che non ci fosse nulla da salvare.” Spiegò con evidente difficoltà.
 
“Scommetto che anche tu hai pregato per una sua vittoria.”
 
“Ovviamente.”
 
“Non è così ovvio, specie per una persona che non sopporti.”
 
“Fa parte del Consiglio e sarebbe stato stupido pretendere il contrario.” Soffiò, spiegandosi meglio.
 
“Lascia da parte il Consiglio e parla come se fossi una sua amica.” Tentò Zoey, fissandola intensamente e portandola ad abbassare lo sguardo.
 
“Se avessi immaginato che il sorriso di Scott era così speciale, mi sarei impegnata con molto anticipo e non l’avrei lasciato indietro.”
 
“Invece finivi sempre con il rimproverarlo.” La pungolò Mike.
 
“E non gli ho mai chiesto se potessi aiutarlo in qualche modo.”
 
“È inutile chiedergli spiegazioni oggi, sempre che tu non voglia guastare questo suo primo momento di felicità delle superiori.” Bofonchiò Mike, facendola tentennare.
 
“Non credevo che avesse sempre sofferto e preferivo pensare che fosse uno stupido amante delle mie punizioni.”
 
“Scott è un ragazzo difficile, ma se si oltrepassa il suo muro, poi è facile accettarlo.” Sibilò, non notando che Dawn lo stesse fissando più intensamente.






Angolo autore:
...
...
...
Ryuk: Un'altra settimana di pausa?

Già.

Anacleto: Sei stanco boss?

Sempre.

Ryuk: Non devi dire altro?

Anacleto: Ma almeno dove sei stato?

Ryuk: Da solo o in compagnia?

Solo.

Ryuk: C'era da aspettarselo.
 
Vado a dormire.
 
Anacleto: Ma c'è la partita.
 
Ottima proposta...tanto più stanco di così non potrò mai essere, vero?
 
Ryuk: E fu così che rocchi si risvegliò nel 2030.

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Capitolo 13
*** Cap 13 ***


Scott si era liberato, nonostante fosse ancora un segreto, del suo fardello e ciò gli aveva restituito un sorriso che, per tanto tempo, era rimasto assente ingiustificato.
Con il Consiglio, in passato, affrontando le varie richieste e le aggiunte improvvise del Preside Hatchet da conteggiare nel bilancio, aveva abbozzato un ghigno, ma questo era sempre stato forzato e non era una realtà derivante dalle sue emozioni. Aveva costruito sulle sue vecchie macerie e su quella sospensione duratura, al limite del perenne, una maschera superficiale e illusoria, convincendo molti che il suo sorriso fosse legato alla piena soddisfazione personale.
In quei primi due anni di liceo, passati con estrema fortuna e con delle valutazioni al limite del patetico e del disgustoso per via della sua intelligenza sopraffina celata in un tentativo d’isolamento sociale, aveva solidificato una figura che non gli apparteneva.
Il vero Scott era quello che si preoccupava per gli altri, con la battuta sempre pronta, abile a sdrammatizzare, ma di una serietà insuperabile quando la situazione che lo richiedeva diventava delicata e non c’erano spazio e tempo per ridere di gusto.
Quel pomeriggio, il primo dalla vittoria nella gara, era entrato baldanzoso nell’aula del Consiglio, convinto che l’avrebbero accolto come un eroe, ma trovando solo Dawn all’interno che era intenta a sistemare alcuni appunti abbandonati da Zoey.
Nonostante avesse appena cominciato, si era adattata ai ritmi del gruppo e aveva perfino imparato degli aspetti che la vice e il tesoriere ancora ignoravano.
Crescendo sotto l’ala di Mike poteva diventare un’eccellente Presidentessa, mentre lui ambiva, qualora avessero appianato le loro divergenze, semmai un miracolo fosse stato una possibilità raggiungibile, a trasformarsi in un vice con i fiocchi. Forse non sarebbe stato organizzato e ordinato come Zoey oppure amato come Mike e alcuni predecessori, ma se si trattava di tenere i bilanci in ordine o di scrivere un discorso, ecco che sapeva il fatto suo.
Era pronto ad accogliere i più giovani, a dargli qualche dritta per riemergere e a sostenere Dawn in qualsiasi decisione. Dopotutto era una questione di priorità e si fidava ciecamente del suo giudizio. Forse lei avrebbe sempre conservato qualche piccolo dubbio e non poteva incolparla per questo, ma gli andava comunque bene.
Aveva compreso i suoi pregi e difetti, aveva tracciato un quadro preciso e sentiva che nulla l’avrebbe spinto a ridipingere o a cambiare opinione su Dawn. Lei poteva anche disprezzarlo e denigrarlo, ma lui voleva proteggere e salvare quel sorriso che, durante la gara, unito a quello degli altri, era riuscito a ripulirlo dal pantano.
Appoggiato lo zaino su una sedia, si era stravaccato al suo solito posto, conteggiando i secondi che rimanevano prima che la compagna iniziasse a urlargli dietro. Dawn aveva l’imbarazzo della scelta su come cominciare, ma il silenzio duraturo dettato dal ticchettio di un orologio posto sopra la scrivania di Mike aveva fatto preoccupare Scott.
Alzatosi in piedi, si era avvicinato e aveva cominciato a girarle intorno manco fosse la reincarnazione di un avvoltoio, per poi appoggiare delicatamente una mano sulla sua fronte.
 
“Che fai?” Chiese nervosa, sollevando lo sguardo e scostando quella mano.
 
“Ero un po’ preoccupato.” Sussurrò, facendola tentennare.
 
“Di cosa?”
 
“Di solito, fin da quando sto fermo sul cancello, mi rimproveri anche per un capello fuori posto, ma oggi sei così strana.”
 
“Io…”
 
“Ho la divisa in disordine, sono arrivato con il suono dell’ultima campanella, ho ascoltato la musica durante la lezione di matematica, sono entrato senza bussare e non hai mai fatto una piega.” Borbottò, sedendosi vicino.
 
“Solo perché oggi non ho voglia di sprecare fiato.” Minimizzò, scrollando le spalle.
 
“Certe cose non cambiano mai: mi chiedo se saremo sempre in disaccordo fino al diploma.”
 
“Potrebbero cambiare, se seguissi di più i miei consigli.” Sibilò lei, facendolo annuire.
 
“Pensavo di aspettare Mike e Zoey, ma a quanto pare devo rimediare a uno sbaglio.” Mormorò divertito, riprendendo lo zaino.
 
“Sono usciti insieme per un appuntamento.”
 
“Il classico da piccioncini innamorati.” Commentò acido, nonostante provasse un velo d’invidia per quella relazione che proseguiva senza intoppi di nessun genere.
 
“Devo dire che mi hai sorpreso.”
 
“Quando?”
 
“Subito dopo la gara, quando hai iniziato a piangere.” Spiegò, allontanando l’ultimo foglio che le era rimasto da compilare.
 
“Che cosa pensavi che fossi?”
 
“Ti confesso che ero spaventata prima della tua partenza: mi sembravi così triste…molto più del solito intendo.”
 
“Scusa se ti ho fatto preoccupare.”
 
“Ho pregato perché vincessi e per vedere, una volta tanto, il tuo sorriso.” Ammise, abbassando leggermente il capo.
 
“Grazie Dawn.”
 
“Sinceramente ti ho sempre visto come un fallito testardo e orgoglioso, ma a quanto pare non è mai troppo tardi per cambiare e sono sicura che tu non sia più quel genere di ragazzo.”
 
“Vorrei qualcosa in più di questo.”
 
“Di che parli?”
 
“In passato meritavo di soffrire, ma quando incontri degli amici che potrebbero piangere nel vederti giù…beh è meglio lasciarsi tutto alle spalle. Non so se questo mi farà mai diventare una persona migliore, né se qualcuno apprezzerà questo mio gesto, ma voglio continuare a difendere il sorriso che mi ha risollevato.”
 
“Parli di Courtney, vero?” Chiese Dawn, facendolo sussultare.
 
“Non ne sono sicuro, ma vorrei scoprirlo.”
 
“Forse stai sparando davvero alto: Courtney è una delle più ambite ed è molto selettiva con le sue amicizie.” Soffiò, sperando di portarlo a più miti consigli e di non doverlo consolare per una facciata dolorosa.
 
“Esisteva una vecchia favola su una iena…dovresti leggerla.” Le consigliò, cogliendola impreparata.
 
“Che cosa centra con le tue intenzioni?”
 
“Ho solo espresso un’opinione.” Minimizzò divertito, evitando di scrollare le spalle e di farla, quindi, innervosire.
 
“Anche se dovresti essere un po’ più diretto quando parli.”
 
“Di quella favola dovrebbe esistere una copia anche in quest’aula, anche se temo possa essere un po’ troppo triste.” Sospirò, riuscendo a trovare ciò di cui aveva bisogno nella sua incasinata borsa piena di cianfrusaglie.
 
“E dove sta?”
 
“È Zoey che si cura dell’arredamento, mentre Mike decide cosa tenere e cosa buttare…io non saprei nemmeno dove cercare.” Si difese, porgendole un piccolo pacchetto che lei studiò con attenzione per qualche secondo.
 
“Ne sei sicuro?”
 
“Credo sia ben nascosta, ma penso che tu possa trovare quella copia senza nessuna fatica, anche se dovresti cercarla solo quando sei certa di voler conoscere la realtà.” Spiegò con un sorriso appena accennato.
 
“Che cosa sarebbe?” Domandò Dawn, afferrandolo con titubanza.
 
“Un regalo.” Rispose, risedendosi al suo fianco.
 
“Non credevo che avresti mai speso soldi per una persona che odi.”
 
“Che discorsi…io non ho mai detto di odiarti o cose simili.”
 
“Io…”
 
“Hai sempre dato per scontato che, visti i tuoi continui rimproveri e punizioni, poi io dovessi provare fastidio e augurarti chissà quali atrocità. So cosa significa stare soli, quanto possa essere orribile e frustrante il giudizio altrui, ma non potrei mai ferire o umiliare qualcuno.” Soffiò debolmente.
 
“Potresti almeno dirmi in cosa consiste il tuo regalo?”
 
“Aprilo e vedrai.” Le consigliò, notando, dopo qualche attimo, come stesse togliendo lo scotch con estrema cura, quasi considerasse anche la carta come un dono prezioso.
 
“Voglio sperare non si tratti di uno scherzo.” Lo avvisò, facendogli intendere che era sempre pronta per rimproverarlo o vendicarsi.
 
“Continui ad avere un’opinione molto bassa.”
 
“Potrei fidarmi del tutto se mi raccontassi il tuo passato.”
 
“La favola che cerchi ha un titolo strano.” Bofonchiò divertito, facendola annuire.
 
“Pensavo mi potessi fornire qualche indizio in più.”
 
“Così la vecchia iena chiuse gli occhi.” Biascicò, sollevando lo sguardo e notando come Dawn avesse messo in controluce il portachiavi a forma di coniglietto che le aveva comprato.
 
“Che carino!”
 
“Speravo ti piacesse, anche perché mi sembri molto interessata a questi animaletti.” Borbottò, sorridendo appena.
 
“Mi hai tenuto d’occhio?”
 
“Sei un’amica preziosa.”
 
“Come fai a dirlo con tanta facilità?” Domandò seria, riponendo subito al sicuro quel pensiero innocente e inaspettato.
 
“Perché stai cercando di farmi crescere attraverso degli ottimi consigli e, anche se sono uno zuccone, m’impegnerò per non farti urlare in continuazione.”
 
“E se mi piacesse tutto questo?” Chiese, facendolo tentennare.
 
“Allora potrei farti arrabbiare una volta ogni tanto, giusto per non annoiarci.” Sorrise, percependo la sua risata cristallina.
 
“E per Mike e Zoey a cosa avevi pensato?” Domandò Dawn, intuendo che si fosse sforzato anche per i due assenti.
 
“Sono mesi che parlano di visitare lo zoo, ma non hanno mai avuto occasione.”
 
“Immagino tu sia riuscito a comprare due biglietti.”
 
“A dire il vero pensavo più a un’uscita intera del Consiglio con loro che se ne vanno in giro da soli e noi che andiamo da un’altra parte.” Ammise, sventolando davanti ai suoi occhi i quattro biglietti comprati da qualche ora.
 
“Io…”
 
“Sono due anni che cerchi di organizzare una gita allo zoo e tanto vale usare quest’occasione, senza dei dementi che farebbero solo casino e che spaventerebbero tutti gli animali.”
 
“Parli della nostra classe?”
 
“Intendi vedere Lightning orgoglioso che mostra i suoi bicipiti pompati a dei poveri babbuini?” Domandò divertito, facendola ridacchiare.
 
“Si metterebbero a urlare.”
 
“Niente classe…solo noi.”
 
“Se la metti così, però, potrebbe sembrare un appuntamento.”
 
“Sei libera di rifiutare, ma dovrebbe essere divertente girare senza la pressione della scuola e senza preoccuparsi troppo.”
 
“E se mi rifiutassi, poi gireresti l’invito a Courtney.”
 
“Può essere.” Mormorò, sorridendo nel vedere Dawn afferrare il suo biglietto, convincendolo che fosse inutile chiederlo a Courtney.                                                                                                                                      
 
“A quanto sembra la consideri come una seconda scelta.” Lo canzonò divertita, facendolo sospirare.
 
“Diciamo che non ho troppe chance per conquistarla e poi vorrei conoscerti meglio per evitare di continuare con queste stupide discussioni o con delle ripicche infantili.” Borbottò serio, pensando che fosse la scelta migliore per entrambi.
 
“Non ti sembra strano uscire con la ragazza che ti puniva in continuazione?”
 
“A dire il vero non saremo propriamente da soli.”
 
“E quando Mike e Zoey se ne andranno altrove?” Chiese, facendolo tentennare.
 
“Ho capito con molto ritardo che i tuoi rimproveri erano a fin di bene.” Soffiò, prendendo il foglio di appunti che stava sistemando e chiedendosi se dovesse inserirlo sul pc.
 
“Te ne sei accorto finalmente?”
 
“Solo che hai sempre dato per scontato, forse per evitarti problemi o per non rischiare troppo, che io non ti abbia mai salvato.” Ribatté, facendola tentennare.
 
“Io…”
 
“È difficile sdebitarsi, nel dubbio, di qualcuno che non sopporti. Purtroppo so di non esserti amico, di sembrare spaventoso o inaffidabile, ma non sono un pericolo pubblico.”
 
“Perché Scott?” Domandò dubbiosa, sentendo il cuore avvolto in una tenaglia per quelle considerazioni che, in passato, avevano attraversato la sua strada.
 
“Un giorno, se volessi diventare la boss del Consiglio, potresti aver bisogno di uno come me.”
 
“Uno come te?”
 
“Un fallito, testardo e orgoglioso, ma che farebbe di tutto per i suoi veri amici.”
 
“Non sei né un fallito, né un testardo.” Obiettò, appoggiando una mano sulla sua spalla.
 
“Davvero?”
 
“Non sai ancora quello che sei realmente.”
 
“Io…”
 
“Stammi a sentire, Scott. Tu hai molti pregi, devi solo credere in te stesso e non abbatterti alla prima difficoltà.”
 
“Penserai alla mia proposta?” Chiese serio, facendola annuire.
 
“Intendi avanzare la tua candidatura con molto anticipo.” Sussurrò, notando come Scott stesse scrivendo qualcosa sul foglio.
 
“Sono una persona difficile con cui stare, ma anche una che ti proteggerebbe senza chiedere niente in cambio.” Spiegò, consigliandole di rivedere un piccolo conto che aveva sballato l’intera analisi.




Angolo autore:

Pubblico con il mio solito ritardo

Ryuk: Capitolo long

Mi sembrava doveroso per questi giorni di ritardo e anche per creare un clima più disteso nel Consiglio
Spero vi piaccia e intanto vi saluto

Ryuk: Angolo autore corto

Sono di fretta, purtroppo
A presto!
 

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Capitolo 14
*** Cap 14 ***


Talvolta Mike e Zoey si assentavano per risolvere grane senza disturbare gli altri membri, poiché credevano fossero ancora troppo immaturi per porvi rimedio.
Scott era una buona testa, ma nei rapporti umani era scarso e in molti diffidavano della sua presenza, mentre Dawn era ancora acerba e doveva misurarsi con prove più semplici, prima di sfidare il Preside o qualche suo vice.
Avevano tanti mesi prima che lei imparasse le mosse basilari, ma per il momento era meglio sorvolare e lasciarle risolvere i compiti più semplici oppure consentirle di andare al Comitato.
Il rosso, entrato nella Sala del Consiglio, ritrovò il classico silenzio che tanto agognava e subito si era messo seduto sul divano, intento a fissare il vuoto. Non aveva da mostrare altri fascicoli, né da informare nessuno di cambiamenti di budget per quei 10 giorni e per questo si era ritrovato inoperoso, chiedendosi come comportarsi.
E le varie opzioni lo annoiavano.
Avrebbe potuto ascoltare un po’ di musica, ma durante la ricreazione e la pausa pranzo si era sparato tutte le canzoni della sua personale playlist. Poteva studiare qualcosa, ma la prossima verifica sarebbe stata da lì a 15 giorni e, quindi, troppo presto per cominciare.
Poteva pure leggere uno dei libroni di Mike, consapevole che si sarebbe depresso ancora di più ed evitando di tornare a casa, sbadigliando per tutto il tragitto.
E quel cellulare che aveva scordato di caricare la sera prima, lo irrideva con una percentuale che, a malapena, gli sarebbe bastata per un paio di ore.
Senza sapere cosa fare, era rimasto immobile, grattandosi spesso la nuca e ripetendosi che stava perdendo tempo come uno stupido.
Non gli ci volle molto per cambiare idea.
 
La porta sbattuta con violenza, una borsa lanciata con rabbia in un angolo a sfiorargli i capelli e una figura che si era seduta al suo fianco e che ringhiava come un cane feroce.
Qualcosa doveva aver fatto arrabbiare Dawn, anche se a guardarla di sfuggita, poteva ritrovare anche una profonda amarezza. Non era mai stato empatico, né poteva sapere qualcosa delle emozioni altrui, ma di solito si piange di gioia o di tristezza e, da com’era entrata, serviva aggiungere altro?
Poteva entrare saltellando e, invece, aveva lanciato quella borsa, rischiando di decapitare qualcuno o di spaccare qualche vaso o finestra.
E qui Scott si ritrovò davanti a un dubbio atroce: farla sbollire o affrontarla con la speranza di riuscire a sdebitarsi?
Dopotutto anche lei era riuscita a farlo sorridere per la faccenda del quaderno e, in qualche modo, si sentiva profondamente in debito.
 
“C’è qualcosa che non va, Dawn?” Esordì timidamente, facendola sussultare.
 
“Non sono affari tuoi.” Replicò nervosa, pronta a farlo tornare a casa a pezzi, asciugandosi le ultime lacrime con una manica della divisa.
 
“Sei in quest’aula e sono affari miei.” Ribatté prontamente.
 
“Stai zitto!” Gli ordinò, sperando di essere accontentata.
 
“Perché volete tagliarmi fuori dalle vostre vite, anche quando sono molto preoccupato per voi? Sono così orribile?” Domandò curioso.
 
“Scott...” Provò, interrompendosi.
 
“Allora non ti fidi.”
 
“Una volta forse non ti avrei nemmeno detto cosa avevo mangiato per colazione, ma oggi no.” Sbuffò, inspirando profondamente e riuscendo a placare quella rabbia che si era formata attraverso una piccola vena pulsante in fronte.
 
“In classe mi sembrava tutto apposto.” Borbottò serafico.

“Io…”

“E qui nel Consiglio sono sempre l’unico a farti incavolare, anche se non ti ho mai visto piangere o lanciare borse per uccidere.”
 
“Vero.”

“Anche se vederti arrabbiata, non è male.”

“Perché no?” Chiese nervosa, credendo volesse rincarare la dose.

“Diventi ancora più carina: forse dovrei farti innervosire più spesso.” Borbottò serafico, notando in lei un lieve rossore che cercava di celare.
 
“Sei uno stupido, Scott.”
 
“Dopo tanti anni che ci conosciamo, credevo ci fossi abituata.”
 
“Non abbastanza.”
 
“Devo sparare a casaccio o intendi startene zitta per tutto il tempo? Vorrei sapere chi devo massacrare, prima di lanciarmi all’attacco.”
 
“Ma…”
 
“Esco da quest’aula, lo aspetto in qualche corridoio o in un qualche vicolo, gli spacco qualcosa sulla schiena e gli do una bella lezione. Così torni a sorridere e nessuno pensa che sia colpa mia…poi non ho nulla da perdere.”
 
“Non farlo, Scott.”
 
“Dopo che ti hanno fatto piangere, di chi dovrei avere pietà?” Domandò, scrocchiandosi le dita e pregustando già l’idea di mandare qualcuno all’ospedale.
 
“Il Comitato.” Mormorò lei, facendolo tentennare.
 
“Centrano loro?”
 
“Mi hanno rimproverato che sto diventando troppo tenera, che sbaglio con alcuni ragazzi e che questi mi stanno mancando di rispetto, ridendo al contempo del Comitato e che la loro reputazione è più importante di una stupida ragazzina indecisa.”
 
“E questo per cosa?”
 
“Non tollerano che uno degli ultimi della scuola possa aiutare la migliore del suo anno in una discussione con un prof. Nemmeno se questo vale per appoggiarmi o difendermi, giacché dovrei essere sempre superiore ai meno influenti.” Spiegò lei, facendogli sgranare gli occhi e notando la sua difficoltà a trovare un nesso tra le cose.
 
“Gli stanno dando fin troppa importanza: che branco d’idioti!”
 
“Perché?”
 
“Perché non si accorgono che sei una ragazza preziosa e che in molti sono cresciuti grazie al tuo impegno e interesse. Che cosa pretendono ancora? È proprio vero che alcuni sparano scemenze perché non osano alzare il culo dalla sedia.” Ringhiò infastidito, mentre Dawn appoggiava la testa sulla sua spalla sinistra, riuscendo a placare tutti i suoi istinti bellicosi.
 
“Quando sono qui, mi sento così felice e nessuno mi giudica.”
 
“Dawn…”
 
“Sto davvero bene con voi…con te.”
 
“Davvero?”
 
“Pensavi che fossi ancora arrabbiata?”
 
“Quando non lo sei?”
 
“Quando devo ancora ringraziarti.”
 
“Ma…”
 
“Mai nessuno mi aveva difeso prima, Scott.” Esordì, mentre l’amico, si girava per fissarla intensamente.
 
“Dawn…non mostrare mai il tuo lato debole.” Sospirò, sperando che lei imparasse quella lezione che gli era costata immensa fatica in passato.
 
“Perché anche tu hai un lato debole?”

“Beh insomma…ora non più, ma, qualche anno fa, ero emotivamente instabile, come te.”

“Ah…che spiritoso.”

“No, davvero…ero ancora un ragazzino e mi cullavo nella giustizia e nella fiducia. Purtroppo una mattina il mio sogno ha subito un duro colpo e da quel giorno ho il terrore di sbilanciarmi in qualche modo. “

“Scott…”

“Quel giorno, quando il mio sogno si è disintegrato, ho imparato due cose. La prima…non avrei mostrato più a nessuno le mie fragilità.”

“E la seconda?” Chiese, sollevando il capo.

“Se per il mondo sono una persona disonesta, senza scrupoli e inaffidabile, non ha senso cercare d’essere qualcos’altro.”

“Scott…tu sei molto più speciale di quello che pensi.” Lo rincuorò, trovando il coraggio di cingerlo in un abbraccio.

“Lo dicevano in tanti, ma nessuno mi ha mai convinto a fondo.”

“Forse perché non hai trovato qualcuno che parla con il cuore.” Spiegò, sentendolo rispondere a quella stretta.

“Potrei ricredermi, se tu accettassi di non piangere più per qualche idiota senza cervello.”

“Ma…”

“Ne va della tua felicità, dopotutto.” Spiegò, inspirandone il profumo e chiudendo gli occhi.






Angolo autore:

Ryuk: Perchè pubblichiamo solo di giovedì?

Perchè me ne sono ricordato solo oggi.
Perchè ho altre storie in sospeso e con questo ritmo finisco nel 2035
Perchè sono un genio
Perchè vorrei pubblicare anche questa domenica
Scegli l'opzione che più ti piace

Anacleto: Perchè ha ricevuto una mail da EFP che lo avverte di una recensione ricevuta

Anacleto e Ryuk a parte la parte conclusiva del dialogo viene da Zootropolis così nessuno mi può accusare di plagio, vero?
Vero?
Vero?!
 

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Capitolo 15
*** Cap 15 ***


Di solito chi fa del bene dovrebbe ottenere qualcosa in cambio che sia di pari peso o di valore maggiore. Nessuno si aspetta di prestare una mano, per poi ritrovarsi in un angolo, bastonato e deriso, senza possibilità di risollevarsi.
Scott non ci aveva mai fatto eccessivamente caso.
Eppure quel giorno la misura era colma.
Stanco, triste, deluso, abbattuto fin dalle fondamenta, aveva trovato il suo armadietto completamente vuoto. Qualcuno l’aveva forzato, preso tutti i suoi oggetti, libri e quaderni e fatti sparire.
All’interno aveva trovato solo un biglietto, scritto con cura poetica e l’interno riverniciato di un orribile giallo canarino.
Decifrato quel messaggio, aveva girato per la scuola, prima di ritrovare alcuni libri e una vecchia divisa avvolti dalle fiamme e infine qualcosa in uno dei bagni della palestra, zuppi d’acqua e inutilizzabili.
Aveva buttato tutto.
Ringoiata tutta quell’amarezza, si era diretto come una furia verso il suo club con un unico e solo intento: abbandonare.
Ne aveva le tasche piene di quella scuola.
Poteva sorvolare su qualche scherzo, perfino su delle chiacchiere velenose, ma non riusciva a tollerare quella vendetta che aveva passato il segno.
Non voleva ammalarsi, inseguire il responsabile o ritrovarsi la settimana seguente con un’altra umiliazione sul groppone. Aveva intenzione di restituire le chiavi a Mike, di passare dal Preside e di lasciare definitivamente la scuola.
Inspirato profondamente, si ricordò che quel proposito era alquanto sballato: quel giorno l’aula del Consiglio era deserta poiché Zoey e Mike erano impegnati altrove.
Avrebbe aspettato l’indomani, ma non avrebbe concesso alla notte di portare consiglio e di distorcere la sua scelta definitiva.
Così si era messo seduto sul divanetto, abbandonando lo zaino in cui aveva salvato solo i libri e i quaderni di matematica, fisica e storia, abbassando lentamente la testa, concedendosi un pianto liberatorio e tremando per la rabbia.
 
Non l’aveva fatto di proposito, ma aveva ignorato il cigolio della porta e il successivo saluto.
Se l’avesse udito, sarebbe scattato sull’attenti, asciugandosi quelle poche lacrime con una manica della divisa, fingendo che tutto era apposto e che niente avesse rovinato quella giornata.
Dawn, però, se ne era accorta.
Il suo volto arrossato, quella figura tremante e disperata e quelle frasi rivolte contro qualche entità superiore le erano bastate.
Subito si era seduta davanti a lui, fissandolo teneramente e facendolo sussultare.
 
“Cos è successo, Scott?” Chiese, sperando di sdebitarsi dell’aiuto ricevuto qualche giorno prima.
 
“Niente.”
 
“Non trattarmi come una scema: non ti ho mai visto così.”
 
“Io…”
 
“E non voglio credere che tu non abbia fiducia in me.” Borbottò, facendolo negare.
 
“Il mio armadietto…” Soffiò controvoglia.
 
“È al solito posto.” Replicò, sperando di fargli tornare il buonumore.
 
“L’hanno forzato.”
 
“Hanno rubato qualcosa?” Domandò diretta, pensando subito che si trattasse di un vandalo di quinta che continuava, nonostante alcune sospensioni, a fare come voleva.
 
“Tutto quello che avevo.”
 
“Intendi ogni cosa?”
 
“Dal quaderno di letteratura alla merendina mangiucchiata di stamattina.” Sbuffò nervoso.
 
“Sai chi è stato?”
 
“Se lo sapessi, non sarei qui.”
 
“Sai che la tua è un’accusa molto grave?” Tentò Dawn, sperando di calmarlo.
 
“Non resta…niente…non più.”
 
“Dovevi venire subito a dirmelo e così il Comitato si sarebbe messo all’opera.”
 
“Tu sei l’unica…del Comitato…che mi ascolta e che sarebbe dalla mia parte: gli altri…mi riderebbero in faccia.” Sibilò, facendola tentennare.
 
“Scott…mi spiace...”
 
“Guarda qua.” Mormorò, porgendole il biglietto spiegazzato e facendole leggere quelle poche righe piene di cattiveria.
 
“Ma questo non è giusto.”
 
“Letteratura, scienze e chimica troverai, se cenere rivorrai.” Sputò lui, digrignando i denti.
 
“Tecnica, francese e religione amerai, se acqua aspetterai.” Rilesse lei, facendolo annuire.
 
“I primi bruciati in un angolo del giardino, dove vanno di solito a fumare di nascosto, mentre i secondi nel bagno scassato della palestra.”
 
“Mi dispiace Scott.”
 
“Sono stanco, voglio che questo dolore finisca.” Ammise, abbassando il capo.
 
“Scott…”
 
“Ogni volta che cammino per i corridoi, fa male.”
 
“Io…”
 
“Voglio essere lasciato in pace…sarebbe stato meglio mollare tutto.” Esalò sfinito.
 
“Perché?” Domandò lei con gli occhi lucidi.
 
“Vorrei che fossero puniti.”
 
“Se lo meriterebbero.” Confermò Dawn, facendolo tentennare.
 
“Perché non posso odiarli? Solo perché tutti penserebbero che non sono cambiato e che sono lo stesso ragazzino delle medie?”
 
“Aiutami a capirti, Scott.”
 
“Ho intenzione di lasciare…tutto quanto.”
 
“Anche questo posto?” S’informò lei preoccupata.
 
“Questo posto, questa scuola: non posso vivere nel dolore costante e nella paura che gli altri possano puntarmi ogni santo giorno.”
 
“Ma…”
 
“Pur di distruggermi, potrebbero prendersela con i miei amici e questo non mi va giù.”
 
“Sarebbe una carognata.” Commentò, aggirando il tavolino e sedendosi al suo fianco.
 
“Come posso vivere tranquillamente così? Come posso conquistare qualcosa, se tutti vogliono solo distruggermi?” Si sfogò, risollevando lo sguardo.
 
“Non tutti…ti stai dimenticando di me.” Obiettò lei, vincendo il suo iniziale timore per poi abbracciarlo teneramente.
 
“Ma Dawn…”
 
“Avevi detto che non volevi più mostrare al mondo le tue fragilità.”
 
“Io…”
 
“Questo Scott è speciale e dovresti farlo comparire più spesso, ma solo con dei veri amici.” Gli consigliò, facendolo arrossire.
 
“Però tutti continuano a odiarmi.”
 
“Per la prossima volta, anche se spero non si ripeta, ti consiglio di chiudere l’armadietto con un bel lucchetto oltre al codice segreto e di non pensarci più.”
 
“Ma…”
 
“A tutto esiste un rimedio, basta solo volerlo.”
 
“Non in questo caso.”
 
“Io sono Dawn, membro del Comitato e del Consiglio, futura Presidentessa di quest’aula ed è mia intenzione avere un vice all’altezza, oltre che sistemare la situazione.”
 
“Ma…”
 
“Quel vice sei tu e dimostrandomi quanta rabbia provi per questa vigliaccata, ecco che mi rendi chiaro quanto adori questa scuola.”
 
“È solo odio.” Replicò lui, pensando di ferirla.
 
“L’odio è una sciocchezza…si sta bene quando qualcuno ti stringe e si preoccupa della tua vita. Il resto è semplicemente irrilevante.”
 
“Io…”
 
“Hai un’ora di tempo?” S’informò lei, facendolo tentennare.
 
“Per farne cosa?” Domandò lui, mentre lei si staccava e gli picchiettava un dito sulla fronte.
 
“Devo svolgere una commissione e poi tutto ti sarà più chiaro, ma tu dovresti rimanere qui. Ti concedo perfino di usare il cellulare, se vuoi.”
 
“Me lo prometti?”
 
“Se in un’ora non dovessi fare ritorno, allora per l’intero anno ti lascio in pace e non ti rompo con nessun rimprovero.” Soffiò seria, facendolo annuire.
 
“Non metterci troppo.” Sibilò, sorridendole e invitandola a darsi una mossa.
 
Dawn, fortunatamente, era sempre stata di parola.
Puntuale e ordinata non si sarebbe mai rimangiata una promessa, anche a costo di rimetterci psicologicamente. Era una ragazzina strana, bizzarra sotto certi aspetti, ma a Scott non sembrava il mostriciattolo petulante e fastidioso del Comitato.
Non più almeno.
In passato era pronto ad allinearsi a tale opinione, ma qualcosa non andava più in quel senso: forse avevano imparato a farsi forza, risollevandosi reciprocamente e ignorando le bestialità altrui o forse era un semplice istinto di sopravvivenza.
Si cerca di tirare avanti, specie con alcune persone spericolate che potrebbero compromettere la tua salute fisica e mentale.
Dawn non rientrava in quest’ultimo gruppo.
Iniziava a piacerle sul serio.
Esuberante, creativa, attiva, spigliata, energica…avrebbe fatto notte solo a elencare tutti i suoi pregi, laddove settimane prima avrebbe faticato anche solo a ricordare un aspetto positivo.
A questa infinita lista avrebbe presto aggiunto un’altra qualità.
Dawn era generosa.
Aveva varcato la porta dopo un’ora spaccata con una borsa che prima non stringeva tra le mani.
E subito l’aveva appoggiata sopra il tavolino, sedendosi poi difronte al compagno.
 
“Questa è tua.” Borbottò, invitando Scott a darci un’occhiata.
 
“Sarebbe?”
 
“È un regalo.”
 
“Un cosa?” Domandò lui, fissandola inebetito.
 
“Un dispetto.”
 
“Non capisco.” Soffiò, grattandosi la nuca.
 
“Non ti piace studiare e, quindi, questa può essere una vera agonia per te.”
 
“Continuo a non capirci molto.” Ammise, dando una sbirciata dentro per poi afferrare un fascicolo e sbiancare.
 
“Sorpreso?”
 
“Sei seria?” S’informò, dopo aver riconosciuto la sua calligrafia.
 
“Assolutamente.”
 
“Tu sei completamente matta.” Mormorò, sfoggiando un sorriso.
 
“Queste sono le copie dei miei appunti super perfetti degli ultimi 5 mesi e se ti dovesse servire qualche pagina del libro, chiedi pure direttamente a me.”
 
“Io…”
 
“Se, però, non dovessi prendere una sufficienza tranquilla con questi appunti, giuro che potrei inseguirti per tutta la scuola e potrei essere ben più pericolosa di qualche bulletto di quinta.” Lo minacciò, facendolo sorridere.
 
“Io…”
 
“Tutti vogliono essere salvati, Scott.”
 
“Ne sei sicura?”
 
“Non mi avresti raccontato della tua disavventura, se avessi ancora qualche dubbio.”
 
“Perché?”
 
“Era più semplice fingere, ordinare di nuovo i libri ed evitare di sbilanciarsi.”
 
“Sono stanco di soffrire.” Ammise, inspirando profondamente.
 
“Ti prego…non voglio più vederti così.”
 
“Ma Dawn…”
 
“Forse sono egoista e una vigliacca, ma non voglio vederti abbandonare la scuola.” Soffiò seria, abbracciandolo.
 
“Beh…non è poi tutto nero come credevo.”
 
“Io…”
 
“C’è sempre una luce pronta scaldarti, anche quando non vedi vie d’uscita, giusto?” Domandò timidamente, sperando di non rimangiarsi anche quella promessa.






Angolo autore:

Ryuk: ORA BASTA!

Eh?

Ryuk: DOBBIAMO FINIRLA!

Puoi mettere in fila due parole e costruire una frase con un senso logico?
Non capisco niente di quel che dici.

Ryuk: CHE GIORNO SIAMO?

Da dove veniamo?
Perchè siamo qui?
Sono tanti i misteri dell'Universo, vero?

Ryuk: SONO SERIO!

Dunque...il mio compleanno è tra diversi mesi, ne mancano tre a Natale...lo so: Frittura mista di calamari, giusto?
Giusto?

Ryuk: Abbiamo pubblicato il 12 agosto

E siamo il 12 settembre
Calma Ryuk: un mese di ferie...bella!

Ryuk: Non riesco a passare l'eternità con questo qui.

Modestamente

Anacleto: Alla prossima amici!
 

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Capitolo 16
*** Cap 16 ***


Quello dello zoo, oltre a essere un regalo inaspettato, sembrava l’occasione migliore per compattare il Consiglio e per evitare nuovi contrasti. Da quando Scott aveva portato i biglietti e li aveva divisi con i suoi amici, sarebbero passati solo tre giorni, anche se ben prima di quel week-end qualcosa avrebbe risconvolto parzialmente tutto il quadro.
Quando compivano un passo avanti nel loro rapporto, seguivano sempre, quasi fosse uno scherzo ben architettato, almeno tre passi indietro.
Era un balletto strano, anche se spesso Mike e Zoey erano completamente estranei alla faccenda. I problemi provenivano sempre dalle due schegge impazzite, pronte soltanto a discutere e a punzecchiarsi senza sosta.
Scott si stava avviando lentamente, come di consueto al termine delle sue ore nel Consiglio, verso il grande cancello d’uscita, finché una figura nota non si era affiancata per percorrere quelle due miglia di tragitto comune. Un tempo non avrebbe mai osato farsi vedere in compagnia di Dawn, specie per il rischio di rovinare la sua immagine al limite del perfetto.
 
“Scott…” Esordì a un certo punto, lontani da orecchie indiscrete, fermandosi all’improvviso e costringendolo a fare lo stesso.
“Dimmi.”
“Mi vergogno a chiedertelo, ma avrei bisogno di un favore.” Sussurrò, abbassando la testa e fissandosi le scarpe.
“Se è nelle mie possibilità, ti potrei aiutare volentieri.”
“Vedi oggi è il compleanno di mia madre…”
“Davvero? Falle i miei auguri…anche se non la conosco.” Biascicò imbarazzato, non ricordando nemmeno il suo aspetto.
“Non è questo.”
“Hai problemi in famiglia?” Domandò, facendola negare appena.
“Tra il Consiglio, il Comitato e la preparazione per la giornata sportiva non ho pensato a un regalo da portarle.” Sospirò triste.
“Ed io cosa centro? Non so cosa potrebbe piacere a tua madre.”
“So che è difficile, ma avrei bisogno di un aiuto economico.”
“Quanto ti serve?” Domandò diretto, facendola tentennare.
“Io…”
“Non dirò niente a nessuno.” La rassicurò, facendola annuire.
“Anche se te lo dicessi, non so se poi riusciresti ad aiutarmi.”
“Questo non sta a te deciderlo.” Replicò freddo, sperando di non vederla rinchiudersi in sé stessa.
“50.”Borbottò affranta, abbassando la testa e pensando già di doversi sorbire sempre le solite domande o affermazioni di circostanza.
“È una bella cifra.”
“Pensavo di chiedere aiuto a Zoey, ma mi vergognavo troppo…”
“E avevi paura che la sua linguaccia facesse arrivare una simile notizia anche al Comitato, causandoti problemi e magari pure qualche rimprovero, come se dovessero impicciarsi e aver da ridire per una cosa privata.” Mugugnò, ricordandone la Presidentessa che era una rompiscatole della peggior specie e che tendeva a comandare tutti a bacchetta, dimenticandosi sempre delle conquiste altrui e pungolandoli spesso su qualche svista di poco conto.
“Esatto.”
“Avevo intenzione di andarmi a divertire o di usarli per comprarmi qualcosa, ma credo che non mi sentirei in pace nel lasciarti in difficoltà.”
“Io…”
“Tieni.” Borbottò, aprendo il portafoglio e porgendole una banconota.
“Davvero posso?”
“Consideralo come un semplice prestito: quando ne avrai l’occasione, me li restituirai…senza fretta ovviamente.”
“Scott…” Mormorò, sentendosi strana e afferrando quell’aiuto insperato.
“Scommetto che non sarà sufficiente per farti cambiare idea sul mio conto, vero?” La stuzzicò divertito, sfoggiando un sorriso che iniziò a farla singhiozzare.
“Credevo che tu…”
“Ovviamente ti consiglio di andarli subito a spendere prima che il negozio chiuda.” Soffiò sorpreso per quel momento di debolezza della compagna.
“Scusami…se io…non riesco…non so…”
“Credo sia la prima volta che riesco a metterti in seria difficoltà.” Ridacchiò, posando una mano sulla sua spalla.
“Grazie…Scott.” Sussurrò, abbracciando l’amico che sussultò per quel cambiamento inaspettato, salvo poi ritrovarsi a ricambiare quel semplice gesto.
“Forse è meglio andare prima che qualcuno ci veda.”
“Hmm?”
“Di solito queste cose non finiscono mai bene.” Spiegò Scott, facendola tentennare.
“Di che parli?” Chiese Dawn, staccandosi all’improvviso.
“Non siamo mai andati d’accordo, poi il Consiglio si mette di mezzo…verrebbe fuori un casino allucinante e nelle nostre condizioni è meglio evitare.”
“Io…”
“Non c’è bisogno di contraccambiare: abbiamo solo migliorato il nostro rapporto.”
“Ma io…”
“Se, però, volessimo uscire per un caffè, in futuro, a mente fredda, non ci sarebbe niente di male.”
“È un appuntamento?” Chiese Dawn, facendolo negare.
“Mi rifiuteresti senza battere ciglio.”
“Non è vero.” Ribatté, arrossendo appena e facendogli intendere che, al contrario, non le sarebbe dispiaciuto.
“Forse dovresti muoverti.”
“Solo se vieni con me.” Obiettò perentoria.
“Per fare che?” Domandò il rosso, fissandola incerto.
“Dovresti consigliarmi sul regalo migliore.”
“Ma io…”
“E questo, anche se non sembra, è un appuntamento.” Replicò lei, rossa in viso e incurante dei possibili pettegolezzi che sarebbero sorti qualora qualcuno li avesse visti insieme intenti a confabulare, afferrandogli una mano per trascinarselo dietro tra negozi.






Angolo autore:

Troppo zucchero, troppo in ritardo, troppo annoiato

Ryuk: Sembra un messaggio in codice.

Sia chiaro che non avevo voglia

Ryuk: E ti ricordo che devi seguire la dieta.

1- Io non seguo un bel niente
2- Cotoletta con patate fritte
3- Finirò questa storia solo se ne avrò voglia

Ryuk: Finirai la storia perchè odio vedere le cose lasciate a metà.

Ok
A...boh? domenica prossima? Natale?
Prima o poi

 

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Capitolo 17
*** Cap 17 ***


Mike e Zoey accolsero di buon grado l’offerta di Scott per passare un week-end tutti riuniti e non si preoccuparono troppo quando il loro gruppo si divise.
Il rosso aveva concesso la giusta privacy ai suoi migliori amici e si era defilato con Dawn, perdendo molto tempo vicino alle aree che più le interessavano per i suoi studi.
Non era un vero appuntamento, ma non era neanche una gita, dove bisognava prendere appunti sui vari animali che girovagano tranquilli nei propri spazi, rovinandosi una giornata di pace che era assai rara. Scott non sapeva come comportarsi, poiché era la prima volta che passava tanto tempo con una ragazza, laddove di solito era evitato o schifato senza troppi complimenti e senza nemmeno una scusa valida.
A fermarsi per un breve istante, pensò di allontanarsi indisturbato, convinto che lei non si sarebbe mai accorta della sua assenza.
Ma se poi si fosse arrabbiata come avrebbe risolto la faccenda?
Poteva forse descrivere ai suoi amici del suo bizzarro comportamento, rischiando seriamente di ritrovarsela contro per i successivi due anni?
Tremando alla sola idea, si era avvicinato lentamente, fissando intensamente il rinoceronte che stava mangiando beato.
 
“Se rimaniamo fermi, non riusciremo a vedere nemmeno metà dello zoo.” Borbottò infastidito, facendola sussultare.
 
“Mi sono imbambolata.”
 
“Me ne sono accorto, Dawn.”
 
“Devi sapere che avevo sempre desiderato venire allo zoo, ma i miei genitori non hanno mai avuto tempo di portarmici.”
 
“Impegnati al lavoro?”
 
“Avevano pochissimi giorni liberi e non li volevano passare a vedere animali in gabbia.”
 
“Immagino che tu li abbia detestati per questo.”
 
“Crescendo, ho capito che non tutti i desideri sono realizzabili.” Sibilò, facendolo annuire.
 
“Beh…anch’io avevo un pessimo rapporto con mio padre.”
 
“Per così poco non mi sarei mai messa a urlare.” Replicò lei, pensando che avesse sbagliato conclusione.
 
“Credevo che non andassi molto d’accordo con i tuoi.”
 
“Hai toppato.”
 
“Come sempre.” Minimizzò, scrollando le spalle.
 
“Parli di tuo padre, però, come se non ci fosse più.” Obiettò Dawn, girandosi leggermente.
 
“Abbiamo appianato le nostre divergenze, anche se per diversi anni mi ha trattato come se non esistessi e pretendeva che non mi presentassi durante alcune feste con gli altri membri della famiglia. Non riusciva a evitare di paragonarmi, per esempio, con il figlio di sua sorella pronto a diventare un chirurgo o quell’altro mio cugino lanciato nell’arte culinaria: io gli sembravo solo un fallimento.”
 
“Non capisco.”
 
“Ero la pecora nera della famiglia, anche perché mia sorella Alberta li aveva sempre resi orgogliosi in tutto e loro si aspettavano che pareggiassi i conti.”
 
“Io…”
 
“Avevano delle aspettative un po’ troppo elevate, ma va bene così.” Mugugnò, inspirando profondamente.
 
“Poi?”
 
“Lui non lo sa, ma…”
 
“Cosa?” Chiese, girandosi verso l’amico.
 
“Io a lui ci tengo più della mia vita stessa.” Soffiò, mentre alcune lacrime rigavano il suo volto.
 
“Scott…”
 
“Anche se sbagliavo spesso, amo la mia famiglia.”
 
“Si nota.”
 
“Ricordo mamma che spingeva l’altalena, papà che mi ha insegnato andare in bici…non potrei odiare la mia famiglia neanche se lo volessi.” Spiegò, cercando di tirare su con il naso.
 
“Sei stato fortunato.”
 
“Credo…mi sia entrata un po’ di polvere negli occhi.” Sbuffò, passandosi una manica.
 
“Tu gli vuoi bene nonostante tutto?”
 
“Ci abbiamo messo una pietra sopra e si è rassegnato nel farmi vivere come volevo, senza pressioni o punizioni.” Spiegò serafico, invitandola a proseguire con la prossima area.
 
“Volevano qualcosa di specifico?”
 
“Un percorso scolastico brillante, una fidanzata da presentare con orgoglio e delle idee futuribili su cui costruire una famiglia.” Elencò distrattamente.
 
“E in cosa avresti fallito?” Domandò, credendo fosse ancora troppo giovane per ritrovarsi con tutte quelle pretese.
 
“Spegni pure il primo punto, anche perché passo puntualmente per il buco della serratura e ogni anno sono il miracolato della classe.”
 
“Potresti passare senza difficoltà, se t’impegnassi un po’ di più.” Lo rimproverò, facendolo sospirare.
 
“Non so nemmeno parlare con una ragazza e finisco con il mangiarmi le parole.”
 
“Ed io cosa sono?”
 
“Con te è bello parlare perché so che, nonostante i tuoi rimproveri, non potresti mai spingerti al punto di volermi distruggere.” Ammise sollevato.
 
“Questa sarebbe una critica?” Chiese curiosa.
 
“Mi piace sentirti brontolare, significa che non vuoi lasciare nessuno indietro.”
 
“Hai salvato il Consiglio da una novellina incapace, hai concesso a Mike e Zoey la giusta felicità, ponendoti come l’unico problema della scuola.”
 
“Mi dai troppi meriti.” Borbottò, facendola sorridere.
 
“È vero, anche se spesso esageri.”
 
“Nelle cose si può anche non riuscire, bisogna saperlo accettare. E non è assolutamente un discorso da perdenti, Dawn.”
 
“Ma…”
 
“Io credo che sia stupido sprecare la propria vita nell’inseguire l’impossibile o nel ferire gli altri. Non sarebbe più semplice essere sempre buoni?”
 
“Questo è vero.”
 
“Forse sbaglio, ma vorrei che tutti fossero felici.”
 
“Per vedere tutti felici, però, ti stai sacrificando e stai inseguendo l’impossibile.”
 
“Finché ci sarà anche una persona soltanto a cercare questo sogno, allora tutto andrà sempre per il meglio.”
 
“Se salvi sempre tutti e risolvi i loro problemi, poi chi si preoccupa di salvare te?” Domandò diretta, facendolo sussultare.
 
“Non lo so.”
 
“Possiamo salvarci a vicenda.” Propose, facendolo annuire.
 
“Sarebbe la prima volta e in tutto questo ho perso il filo.” Borbottò Scott, sviando da quella domanda legittima, mentre Dawn toglieva la mano dalla sua spalla.  
 
“Courtney potrebbe farli ricredere.” Gli suggerì la compagna, facendolo sospirare.
 
“Perché credi che io abbia anche solo una speranza con una sventola come quella che eccelle in ogni attività?” Domandò diretto.
 
“Non saprei.”
 
“Per un idiota come me, con i miei difetti e i miei sbagli, servirebbe qualcuna che possa colpirmi e rimproverarmi, dandomi comunque l’impressione che sia davvero preoccupata. Forse per uno come me, si addice più una come te, Dawn.” Sibilò, facendola arrossire.
 
“Che significa?”
 
“Courtney è una perfettina e calcola tutto con una serietà maniacale, ma ho come l’impressione che non si metterebbe nemmeno a piangere, se questo non le consentisse di ottenere qualcosa in cambio. Io preferirei qualcuno che sappia essere seria, ma anche divertente e spensierata.”
 
“Io…”
 
“A volte credo di sognare davvero troppo.”
 
“Però con Courtney faresti un bel passo in avanti.” Obiettò Dawn.
 
“Credi che sia ancora interessato alla lista di mio padre? Ho smesso di dargli retta da un pezzo. Dopotutto la vita è una sola e non intendo sprecarla per seguire i loro desideri.” Ringhiò sbrigativo, facendola tentennare.
 
“Forse hai ragione.”
 
“Courtney mi piace, questo è vero, ma non ho intenzione di vivere in un’illusione.”
 
“E se riuscissi a farvi mettere insieme?” Propose Dawn, sperando di vederlo supplicare quella cortesia che, tuttavia, non le piaceva poi molto.
 
“E se non lo volessi realmente?” Domandò, fermandosi senza preavviso e ritrovandosela quasi addosso.
 
“Ma…”
 
“Proverò a uscire un po’ con lei, ma non m’impegnerò come se fosse l’ultima donna, rimasta sul Pianeta.”
 
“E poi?” Chiese lei, preoccupata di non poterlo più correggere, giacché li vedeva già felicemente fidanzati e lontani da occhi indiscreti.
 
“Se dovesse finire male, cercherei qualcuno cui consigliare una vecchia favola.”
 
“Dovrei leggerla?” Chiese Dawn, facendogli scrollare le spalle.
 
“Se pensi d’essere pronta, non ti resta che chiedere a Mike o Zoey.”
 
“Io…”
 
“Alla fine, anche se non dovesse piacerti, ti capirei.” Sibilò, alzando la mano destra per sfiorarle la guancia e facendola arrossire.
 
“Perché no?”
 
“Perché non vado molto fiero di quello che ho fatto.”
 
“Se la pensi così…potresti aspettare che io legga quella storia prima di uscire con Courtney?”
 
“Sei così strana a volte.”
 
“Non è vero.” Ribatté lei, facendolo sorridere.
 
“Ma è anche per questo che non mi dispiaci.”
 
“Che significa?”
 
“Per una volta cerca di capirlo da sola, anche perché ti reputo una ragazza sveglia e intrigante.” Confessò, afferrandone la mano e convincendola a proseguire con la loro gita.








Angolo autore:

Ryuk: Perchè pubblichiamo di martedì?

Lascia stare
Non capiresti

Ryuk: Due cose da premettere

1- Questo capitolo, non so perchè, mi ha provocato tristezza
2- Anticipo già che il finale (si parla di ancora 5-6 capitoli) sarà aperto

Ryuk: Più che tristezza, ti ha fatto quasi piangere

Non lo so, Ryuk.
Quando ho scritto della famiglia di Scott, beh è come se mi fossi un po' immedesimato in lui.

Ryuk: Solo che lui ha avuto dei ricordi positivi

Purtroppo per diversi motivi, non ricordo molto della mia infanzia
Direi anzi che ho praticamente il vuoto sui miei primi 7-8 anni di vita
Niente di così sconvolgente...ormai mi ci sono abituato

:)
 

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Capitolo 18
*** Cap 18 ***


I momenti di pace in una scuola così grande erano assai rari.
Poteva entrare qualche ragazzo preoccupato di essere sospeso o espulso, poteva bussare un professore per confrontarsi su alcuni progetti da presentare agli studenti più giovani, poteva essere anche il Preside che controllava lo svolgimento dei lavori: alla fine non c’era quasi mai un momento di respiro.
E allora Mike sfogliava i suoi documenti o leggeva la sua agenda con Zoey al suo fianco, intenta a confrontare le varie richieste, mentre Scott e Dawn si passavano dei fogli e il primo insegnava qualche nozione di base su come avere dei conti sempre in ordine.
Il budget era un argomento spesso difficile da affrontare e bisognava usare la massima precisione per non ritrovarsi Chef Hatchet con un bastone in mano, con una minaccia di tagliare qualche festa attesa a lungo e con il rischio così d’inimicarsi mezza scuola.
In molti lo sottovalutavano, ma il ruolo affidato al tesoriere era quello più delicato di tutti.
Bastava una virgola fuoriposto e si diventava lo studente più odiato dell’intero liceo, cosa che per Scott non era questo gran miglioramento. Mike gli aveva affidato quel compito per riemergere, ma anche per la consapevolezza che fosse l’unico a non avere nulla da rimetterci.
 
“Scott…qui forse hai sbagliato.” Teorizzò Dawn, facendolo voltare di scatto.
 
“Mi sembra strano.”
 
“Hai dimenticato di inserire le ultime statistiche.”
 
“Sicura?” Chiese, provando a difendere il suo lavoro.
 
“Non credi a quello che dico?”
 
“È solo che conosco questo lavoro da diverso tempo, non ho mai riscontrato errori e nessuno ha mai avuto da ridire sui miei calcoli.”
 
“E questo ti porta a pensare che io ti stia mentendo?” Domandò stizzita.
 
“Non ho detto questo.”
 
“Ma l’hai pensato.” Ribatté lei, spingendo Scott a credere che quello potesse essere l’inizio di un nuovo, ennesimo, litigio.
 
“Anche tu difenderesti qualcosa in cui eccelli.” Replicò infastidito.
 
“Metterei da parte il mio orgoglio e ascolterei una voce imparziale.”
 
“Io…”
 
“Forse sei così preso da Courtney che non hai tempo da perdere e vuoi essere sbrigativo, ma ti ricordo che il Consiglio ci mette sempre la faccia.”
 
“Adesso la cosa t’interessa?” Domandò acido, facendola tentennare.
 
“Che vuoi dire?”
 
“Io credevo…beh, anzi ero sicuro che mi avessi solo usato per i tuoi comodi, per poi lasciarmi indietro e poi pretendi di recuperare?” Ringhiò nervoso.
 
“Tu non capisci.”
 
“Ragazzi…potreste calmarvi?” Chiese Zoey che temeva seriamente di doversi frapporre, onde evitare un’altra discussione molto accesa.
 
“Vorrei sapere che cosa c’è che non va in te, Dawn.” Soffiò Scott, abbassando la testa.
 
“Io sto bene.” Replicò nervosa.
 
“Qualcuno è di cattivo umore…prova a sorridere.”
 
“Falla finita!”
 
“Ma che ti è preso, Dawn? Non mi sembra il caso di fare drammi per qualche conto, potrei sempre dargli un’altra occhiata.” Sospirò conciliante, appoggiando una mano sulla sua spalla, sperando di calmarla.
 
“A volte vorrei prendere quella tua testa dura…e riempirla di pugni.” Ringhiò, scostando la sua mano.
 
“Qual è il problema?” Tentò, cercando di rimanere calmo e dando una fugace occhiata a Zoey e Mike, chiedendogli di non intromettersi.
 
“Problema? Io non ho problemi…forse è la tua Courtney ad avere problemi.”
 
“Senti perché tanto interesse nei confronti di Courtney?”
 
“Io no.”
 
“Tu no?”
 
“Io no!” Ringhiò nervosa.
 
“Tu no cosa?”
 
“Non lo so.”
 
“Questo va ben oltre l’emotivamente instabile.” Commentò sarcastico, ricevendo un ceffone che gli fece molto male.
 
“Se la pensi così…credo sia meglio andarmene.” Borbottò, mentre alcune lacrime le rigavano il volto, facendo risentire il compagno.
 
“Ma…”
 
“Posso Mike?” Chiese la giovane, voltandosi verso il Presidente che annuì impercettibilmente.
 
Seduto sul divanetto con gli ultimi fogli tra le mani, Scott si chiese il motivo per cui dovessero sempre litigare. Erano peggio di una vecchia coppia di sposi e, come se non bastasse, a volte raschiavano il fondo del barile, discutendo anche per delle scemenze di poco conto.
Inspirando profondamente, sollevò lo sguardo e si ritrovò contro i suoi migliori amici.
Nel passare ben due anni con loro aveva imparato cosa apprezzassero e cosa no e in particolare riconosceva le loro pose da incazzati o i momenti di gioia.
L’aria si era fatta decisamente pesante e lo sguardo fisso di Mike era sufficiente per convincerlo a ritornare sui suoi passi. Di solito era Zoey a rimproverare Dawn, ma in quel caso c’era una suddivisione imparziale e senza troppi studi. Se sbagliava come tesoriere o come semplice amico, ecco che toccava a Mike rimproverarlo, passo che veniva compiuto da Zoey, qualora fosse stata Dawn a tenere un atteggiamento sopra le righe.
 
“Scott, tu…”
 
“Ho capito, Mike.” Borbottò, riaprendo il file e ricontrollando i conti.
 
“La settimana che non litigherete nemmeno una volta, credo che dovremo chiuderci in casa per aspettare l’Apocalisse.” Ridacchiò Zoey.
 
“Sono un idiota e lei dovrebbe saperlo.”
 
“E come l’avrebbe capito?” Domandò Zoey.
 
“È evidente.”
 
“Sei un ragazzo strano e la cosa non è così chiara e limpida come pensi, Scott.” Proseguì la vice, facendolo sussultare.
 
“In cosa starei sbagliando?”
 
“Il problema è che un giorno t’isoli e nascondi, mentre quello dopo cerchi di ottenere il perdono e di aprirti al mondo. A volte ti comporti così anche nel giro di una singola giornata e…Dawn non può…beh in poche parole la confondi.” Spiegò sbrigativa, sperando di aver centrato il nocciolo della questione.
 
“Io…”
 
“È difficile capire una persona che prima ti abbraccia e poi cerca di ucciderti.” Continuò la rossa, sperando di essere stata abbastanza chiara.
 
“Mi chiedo come fate ad avere sempre ragione.” Mugugnò stanco.
 
“Intanto controlla quello che ti ha detto, sii certo di capire da dove proveniva l’errore e se poi ritieni di aver sbagliato, la pace verrà da sé.” Gli consigliò Zoey, facendolo annuire e vedendolo ritornare a studiare le varie spese.
 
Aveva dovuto controllare l’intero file, ricalcolare buona parte del fatturato e poi si era sbattuto una mano sulla fronte, digrignando i denti e negando sconsolato.
Credeva di essere sempre stato impeccabile, ma per una volta la sua mente si era divertita a prenderlo in giro. Non sapeva davvero chi scegliere e il suo lavoro era stato impreciso e svogliato.
A sua difesa, però, si sentiva d’avanzare una domanda: chi sarebbe rimasto impassibile nel dover scegliere tra due meraviglie, consapevole che entrambe avevano pregi e difetti introvabili?
Digitando nervosamente aveva corretto il tiro e poi aveva stampato il suo vecchio progetto, quello sbagliato, e infine quello nuovo.
Salutati gli amici, scese le scale e poi cercò Dawn per tutto il giardino, trovandola all’ombra a godersi la pace. Andatole alle spalle, sventolò i fogli sotto i suoi occhi e lei si ridestò, voltandosi preoccupata e scattando subito in piedi, pronta a urlargli contro.
 
“Avevi ragione tu.” Borbottò dispiaciuto, abbassando il capo, spegnendo i suoi istinti bellicosi.
 
“Scott…”
 
“Come sempre del resto.”
 
“Mi sono accorta subito del tuo errore, ma forse avevi la testa da un’altra parte.” Ipotizzò, facendolo annuire.
 
“Sono uno stupido superficiale.”
 
“Io…”
 
“Non voglio passare per un ragazzino impreciso, ma non voglio nemmeno che gli altri pensino che sia inutile al gruppo.” Spiegò, piegando i fogli e mettendoli nella tasca del giubbotto.
 
“Hai difeso solamente le tue idee ed io come il solito m’innervosisco per delle cavolate.” Minimizzò lei, facendolo annuire.
 
“Succede troppo spesso…che io difenda i miei errori.”
 
“Stai cercando di scusarti?” Domandò diretta, pensando si mettesse a bofonchiare qualcosa di simile.
 
“Circa.”
 
“Ed io dovrei perdonarti?”
 
“Solo se pensi che sia la cosa migliore.” Replicò divertito.
 
“Che io ti perdoni o che tu possa scusarmi, ogni volta ci ritroviamo sempre a questo punto e dopo un po’ è stancante.”
 
“Nei nostri pochi punti in comune facciamo solo casino.” Borbottò conciliante, credendo di essere riuscito ad ammorbidirla quanto bastava.
 
“Forse la colpa è di chi ha un carattere impossibile e pieno di contraddizioni.”
 
“Oh Dawn…non serve che cerchi di fare un passo indietro, quando è evidente che questa volta è solo colpa mia.” La derise, aspettandosi una risposta fredda e piccata, possibile seguito di un nuovo litigio, ma scorgendo un sorriso che lo rasserenò.
 
“Sei uno scemo.”
 
“Forse è così, ma vorrei comunque che sapessi quanto io sia stupido.” Mormorò, sollevando lentamente la mano destra per accarezzarle il volto.
 
“È il discorso di tutti i giorni: io dovrei essere meno rigida e puntigliosa e tu dovresti prendere le cose un po’ più seriamente.”
 
“Se dovessi avere bisogno ancora di te, potresti accettare?”
 
“Sei sicuro di volerlo?” Domandò, mentre lui ritraeva la mano.
 
“Lo voglio e ne ho assoluto bisogno.” Ribatté, facendola arrossire.
 
“Ma…”
 
“Sono sempre stato solo, nessuno mi correggeva e sono cresciuto, credendo di essere superiore a tutti quelli che entravano nel mio territorio.”
 
“Se in futuro dovessi sbagliare, ti autorizzo a rimproverarmi.” Borbottò lei, facendolo sorridere.
 
“Per sdebitarmi di questo…accetteresti di uscire con me per bere qualcosa?”
 
“Hai intenzione di farmi ubriacare?” S’informò divertita.
 
“Desidero soltanto farmi perdonare e stare un po’ in tua compagnia.”
 
“Per questa volta accetto, ma se dovesse riaccadere, non te la caverai a buon mercato.” Replicò felice.
 
“E, comunque, ti chiedo scusa.” Borbottò, fissandola intensamente e convincendola a seguirlo verso uno dei suoi locali preferiti.






Angolo autore:

Siamo tornati

Ryuk: Presenti anche nel 2022, seppur qualcuno sia in ritardo di quasi tre mesi con questa serie

Manco siamo tornati e già rompi?
Sapete una cosa...la storia l'ho finita da un pezzo, ma non avevo tanta voglia di pubblicare.

Ryuk: Pure pigro e svogliato?

Non sottolineare a tutti i miei pregi: rischi di mettermi in imbarazzo
Comunque sia...conto di terminare questa serie per fine anno e non è così scontata la cosa
Se la puntualità e la buona volontà non mi abbandonano, credo che sabato o domenica prossima potrei essere di nuovo presente
Alla prossima!
 

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Capitolo 19
*** Cap 19 ***


Dawn non ci stava più capendo nulla.
Un giorno stavano bene assieme e quello dopo erano in guerra e non riuscivano a trovare un accordo pacifico. Normalmente era Scott a rinnegare il suo orgoglio e ad avanzare delle scuse con cui farla sbollire, anche se quel mercoledì era come se una frana l’avesse travolta.
Non era stata una giornata tanto diversa dalle altre.
La scuola li aveva tenuti occupati per sei ore, poi si sarebbero dovuti ritrovare nell’aula del Consiglio, giusto per conoscere le eventuali pretese del Preside sui prossimi colloqui con i genitori. Si trattava di una discussione normalissima, tant’è che Mike aveva pure concesso a Dawn e Scott di passare il pomeriggio come desideravano.
La prima era tornata a bussare alla porta del Comitato, mentre il secondo avrebbe fatto una veloce capatina nella sua ex squadra rossa.
Fin qui tutto bene.
Dawn si sarebbe impegnata a studiare la situazione del giardino, pronta a rimproverare qualche studente impudente o qualche coppietta troppo sfacciata, mentre Scott avrebbe parlato con i suoi compagni e gli avrebbe chiesto come procedevano gli esercizi. Era la classica routine di quando il Consiglio non aveva troppi compiti e Mike era abile di arrangiarsi senza il minimo problema.
Ecco…in quel caso Dawn avrebbe preferito che ci fosse un qualche problema che li portasse a confrontarsi tra le quattro mura rassicuranti del Consiglio. Le andava bene una minaccia di sospensione per uno studente innocente, magari qualche club che avanzava pretese assurde per aumentare il budget a disposizione oppure qualche lavoro di massima importanza in un laboratorio diroccato.
Invece di quella cosa non se ne sarebbe capacitata assolutamente.
Quando credeva di potersi rilassare, di aver trovato qualcuno con cui ridere liberamente…ecco che qualcosa si accaniva su di lei.
Intenta a passeggiare tranquillamente, aveva aguzzato la vista verso la palestra. Lo faceva abitualmente e di solito per rimproverare Tyler che calciava il pallone con troppa forza, andando poi a calpestare le aiuole e costringendo il giardiniere a risistemare il danno.
Quella volta, però, se ne sarebbe pentita.
 
L’illusione di potersi sdebitare, nonostante il Comitato, e il desiderio di essere finalmente libera morirono quasi subito.
Vicino a quella struttura malefica li aveva visti.
Non voleva assistere a quella scena orribile e distruttiva, anche se quel tradimento le avrebbe fatto comunque male. Tradimento poi…poteva definirsi davvero così?
Di solito, perché sussista il tradimento, ci deve essere un legame certificato o un simbolo che unisca due persone insieme. Per alcuni era un semplice anello, per altri una dichiarazione pubblica, per alcuni un tatuaggio con le iniziali o con il nome della dolce metà.
A guardarsi le dita o a pensare a eventuali momenti imbarazzanti, ecco che non le veniva in mente nulla che potesse scongiurare quel tradimento e che li ponesse come una coppia affiatata.
Si era semplicemente cullata in un’illusione.
Aveva dato per scontato che, essendo presente nei suoi pensieri, a ogni ora del giorno e nei momenti anche più disparati e che, passando molto tempo assieme, Scott diventava automaticamente suo e nessuno avrebbe mai potuto portarglielo via.
Sciocco, immaturo, irrealizzabile e anche un pizzico superficiale da parte sua.
Lei lo desiderava solo perché erano entrambi incompleti e solo perché potevano, all’apparenza, incastrarsi alla perfezione, nonostante i continui litigi e le conseguenti riappacificazioni che li sospingevano a stringersi e a solidificare il loro rapporto.
Lui aveva sbagliato in passato e aveva provato a rimediare, così come lei stessa che aveva desiderato di tagliarlo fuori dal Consiglio, salvo rendersi conto che, con la sua assenza, avrebbe sofferto come un cane.
Non sapeva chi era stato il primo.
Non le importava.
Faceva comunque male.
Piangeva.
Soffriva.
Il suo Scott aveva baciato Courtney.
O lei aveva baciato lui.
Si era persa solo quel frammento, ma era bastato per sentire il cuore stretto in una morsa.
E quella scena poteva interrompersi in modo peggiore?
Ovviamente no.
Courtney aveva attinto ancora da quelle labbra e Dawn aveva digrignato i denti, convinta che lo stesse facendo apposta per farla arrabbiare.
Avrebbe voluto fare una scenata, ma cosa avrebbe ottenuto?
Non stavano insieme, non poteva interromperli o urlargli dietro, anche perché tutti si sarebbero chiesti che cosa centrava.
Vista quella scena che era a pochi metri, aveva pensato bene di dare loro le spalle e di allontanarsi come se non fosse successo nulla.
Ma quel dolore non era stato sufficiente.
 
“Dawn?” Chiese Scott, percependo la sua presenza e voltandosi nella sua direzione.
 
“Eh…cosa?” Domandò lei, voltandosi all’improvviso.
 
“Sembra che qualcuno ci abbia visti.” Sussurrò Courtney con un ghigno diabolico.
 
“Io non ho…visto niente.”
 
“Sì certo.” Ridacchiò Courtney.
 
“Ascolta Dawn…” Soffiò Scott, notando il suo sguardo vitreo e preoccupandosi per quel cambiamento.
 
“Non sapevo che…beh vi foste messi insieme.”
 
“Una sorpresa, vero?” Chiese Courtney, facendola tentennare.
 
“Già…forse devo andare e lasciarvi soli.” Mormorò, iniziando a singhiozzare.
 
“Forse è meglio.” Ipotizzò Courtney.
 
“Io…beh…scusate.”
 
“Dawn…aspetta…” Borbottò Scott, sperando di chiarire la questione.
 
“Io…”
 
“Credevo che preferissi la privacy, Scott.”
 
“Non dire scemenze Courtney…e poi dovresti controllare gli sfaticati del tuo gruppo.” Ringhiò, rivolgendole un’occhiataccia e convincendola a tornare a controllare la situazione della sua squadra.
 
“Beh…almeno saluto la tua amica…ciao, ciao Dawn.” Ribatté civettuola, facendo innervosire il rosso.
 
“Che stronza bisbetica!” Commentò Scott, notando come la compagna si fosse allontanata di qualche passo, cancellando in pochi secondi quella distanza.
 
“Lasciami in pace…Scott.” Lo pregò, sperando che accogliesse la sua richiesta, ma scontrandosi con la sua testardaggine.
 
“Ascolta Dawn, io…”
 
“State…bene insieme…non credevo…”
 
“Dawn…ti posso spiegare.”
 
“Che cosa dovresti…spiegare? Vi ho visti…e stavate bene…credo.”
 
“No ascolta.”
 
“Sono stanca…di ascoltare…basta…” Ringhiò, allontanandosi di corsa, costringendo l’amico a inseguirla per rimediare.
 
“Dawn…”
 
“Io m’illudo…in continuazione…giorno dopo giorno, mi prometto che non ci cascherò più…e non va bene perché…mi sbaglio.” Sospirò delusa, fermandosi dopo aver corso per mezzo miglio, ricordandosi che fosse inutile scappare dal più veloce del liceo e che alla fine l’avrebbe superata agilmente, frapponendosi tra lei e ogni possibile via di fuga, sempre che non lo colpisse a tradimento e lo lasciasse agonizzante al suolo.
 
“Scusa se hai visto quel bacio, ma…non era mia intenzione farti assistere a una roba simile.” Esordì lievemente affaticato, fissandola intensamente.
 
“Non devi…non importa.”
 
“Certo che è strano.” Borbottò con un sorriso appena accennato.
 
“Cosa?”
 
“Il Comitato dovrebbe detestare simili approcci e tu non hai mosso un dito. Sono curioso di saperne il motivo, anche se probabilmente non mi daresti mai una spiegazione sensata.”
 
“Avresti pensato male.”
 
“Forse dovevi proprio interromperla.” Le suggerì, pensando che fosse abile a collegare i vari indizi, ma restandone un po’ deluso.
 
“Io…”
 
“Non voglio illuderti o ferirti…so che per un bacio, anche se contrario, si deve essere in due, ma è stata Courtney.”
 
“La stai incolpando.”
 
“Lo so.”
 
“E, comunque, io non ti credo.”
 
“Ascolta Dawn…lei è carina e questo è assodato, ma tutto finisce qui. Il suo carattere fa così schifo che annulla tutto quanto.”
 
“Stai mentendo.”
 
“Ho trovato un’altra che mi fa impazzire e non ci rinuncio…anche se sono un po’ confuso.”
 
“Chi?” Domandò lei, facendolo tentennare.
 
“Non avrei mai voluto giocare con i tuoi sentimenti, ma ti giuro che è stata Courtney a fare tutto e a incastrarmi.”
 
“Io…”
 
“Mi ha detto che sono carino, che l’ho sorpresa…baggianate credo, poi mi ha spiazzato completamente e ha sfruttato le mie difficoltà a suo vantaggio.”
 
“Non mi servono i dettagli.” Ringhiò lei, facendolo sospirare.
 
“Mi ha colto di sorpresa e non sono riuscito a reagire come avrei dovuto.” Spiegò, provando ad avvicinarsi per calmarla.
 
“E cosa avresti fatto…se non ti fossi imbambolato?”
 
“L’avrei allontanata oppure mi sarei scansato all’ultimo.” Soffiò, facendola sbuffare.
 
“Non ti credo.”
 
“Come faccio a spiegarti che mi piace una ragazza, che non ho il coraggio di farmi avanti perché sono un idiota e perché ho combinato un disastro in passato?”
 
“Io…”
 
“Non crederesti mai a ciò che ti dico e questo ci porterebbe a girare in tondo.” Spiegò frustrato.
 
“Scott…”
 
“So che dev’essere stato un brutto colpo e anch’io mi sarei arrabbiato se fossi stato al tuo posto.”
 
“Eh cosa?”
 
“Mi hai sentito benissimo.” Sospirò, fissandola intensamente.
 
“Tempo fa, però, eri cotto di Courtney.”
 
“E a oggi ho cambiato idea.”
 
“Posso davvero…fidarmi di te?” Domandò lei, con gli occhi ancora arrossati per le lacrime.
 
“Cercherò di rimediare anche a questo sbaglio, se me lo concedi.” Spiegò, appoggiando le sue labbra sulla fronte della compagna.
 
“Io…”
 
“Non ti prenderò mai in giro.” La rincuorò, asciugandole gli occhi e prendendole la mano per portarla a mangiare qualcosa in uno dei tanti bar del centro.












Angolo autore:

Quanto è passato, Ryuk?

Ryuk: Una vita più o meno

So che alcuni avevano perso la speranza di vedere questa serie conclusa, ma è stato un 2022 (finora e questo non mi rincuora per niente) tra l'orribile e il maledettamente schifoso

Ryuk: Siamo spariti per 5 mesi

Non cerco scuse, ma mi sembra giusto che sappiate i motivi della mia assenza
- A febbraio mi sono pigliato il covid, una quindicina di giorni KO
- Torno al lavoro, stress e avevo già in previsione una piccola operazione chirurgica

Ryuk: E un altro mese KO

Poi una delusione sentimentale, quindi ho ripreso in mano i miei lavori (infatti ho cambiato il finale nell'ultima settimana) ed eccoci, più o meno, a maggio

Ryuk: Speriamo di concludere almeno questa storia, pazienza per le altre due che abbiamo in giro per le chiavette

Anche perchè sarei diventato ciò che sopporto meno: un autore che promette mari e monti, che giura di finire la serie e che poi la lascia incompleta
Devo mettere la parola THE END a questa serie che la legga solo una persona così come la desideri mezzo mondo
Detto questo vi saluto, mi scuso nuovamente per il ritardo e vi auguro una buona settimana

Alla prossima!
 

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Capitolo 20
*** Cap 20 ***


“Scott, tuo padre ha ricevuto la richiesta di trasferimento in un’altra città.”
 
Erano bastate quelle poche parole di sua madre a stroncarlo sul nascere.
Che cosa si aspettavano?
Che annuisse come un cane bastonato?
Che accettasse la loro proposta così di punto in bianco?
Per una volta che aveva imparato a ballare, senza che nessuno si lamentasse di piedi pestati o di ritmi non seguiti alla perfezione, ecco che qualcuno appoggiava una mano sulla sua spalla per farlo smettere di rendersi ridicolo.
Sinceramente non gli andava.
Doveva abbondare le poche ragioni che lo avevano spronato a crescere?
Perché?
 
“Non è giusto.”
 
“Lo sappiamo, ma è per il tuo bene.” Soffiò la donna, sorseggiando il suo caffè amaro.
 
“Da quanto?”
 
“Te l’ho detto il prima possibile.”
 
“Non è una risposta.” Replicò freddo, avviandosi verso le scale.
 
“Una settimana fa il suo direttore gli ha proposto un nuovo ruolo…nuove responsabilità, una nuova struttura da avviare, stipendio molto più elevato…potrai studiare ovunque tu voglia.”
 
“Io…”
 
“Pensaci bene Scott…cosa ti può offrire questa scuola?” Domandò la donna, sapendo che aveva passato una brutta vita liceale.
 
“I soldi non mi renderebbero felice.”
 
“In una nuova scuola tutti si dimenticheranno di quella rissa e potresti avere un sacco di amici.”
 
“E se mi bastassero quelli che ho ora?” Sbuffò nervoso.
 
“Scott…la decisione è stata presa, la casa l’abbiamo già messa in vendita.”
 
“Ah sì?”
 
“Tra meno di due settimane ci trasferiremo.”
 
“Dove?”
 
“Ha qualche importanza?” Domandò lei, mescolando la sua bevanda.
 
“Almeno questo me lo devi.” Ringhiò nervoso.
 
“In Canada.”
 
“È lontano.” Commentò freddo.
 
“Molto.”
 
“E l’Università?” Domandò il ragazzo, tornandole vicino per affrontarla di brutto muso.
 
“Scegli tu.”
 
“Posso sparare Londra? O Berlino?” La interrogò feroce.
 
“Non ci opporremo a questa tua scelta.”
 
“A questa no, ma alle altre sì?” Chiese con ancora più nervosismo.
 
“Senti Scott…abbiamo visto la tua nuova scuola: è fantastica, piena di club, sport a non finire…potresti perfino tornare a correre, se lo volessi.”
 
“È stato solo un capriccio.” Sbuffò, scrollando le spalle.
 
“Vuoi precludere a tuo padre questa promozione? Sai quanto si è impegnato in questi anni, sai quante ore passa fuori casa per non farci mancare nulla.” Borbottò perfida, quasi fosse consapevole che il figlio non avrebbe mai remato contro il padre.
 
“I soldi non fanno la felicità.”
 
“Giusto.” Confermò la donna, sfoggiando un sorriso irritante.
 
“E alla mia felicità chi ci pensa?” Seguitò nervoso.
 
“Tu vorresti rimanere qui, ma così facendo rovineresti il sogno di tuo padre. Perché dovrebbe essere lui a rinunciare di essere felice?” Replicò indifferente, facendolo tentennare.
 
“Non è giusto.”
 
“Mi sembra che siamo d’accordo.”
 
“Non voglio che rinunci, ma non voglio nemmeno andarmene da questa città.” Si spiegò meglio, facendola sbuffare.
 
“Non puoi tenere il piede su due scarpe.”
 
“Ma siete voi che mi avete tenuto all’oscuro.” Obiettò serio.
 
“Tu avresti preteso che continuassimo a pagare per due case.”
 
“Io…”
 
“Tuo padre avrà sì una promozione, ma non diventerà miliardario e non può permettersi tutte queste spese.”
 
“Così come non poteva permettersi di pagare il Preside delle medie per nascondere quella faccenda?”
 
“Sai come è cresciuto tuo padre? Tempi duri forgiano persone migliori e dai propri errori bisogna imparare qualcosa.”
 
“Lo so.”
 
“Troppo comodo avere qualcuno che apre il portafoglio, che fa danzare qualche centone e che allontana i guai.” Sbottò inviperita, facendolo tentennare.
 
“E se non volessi trasferirmi per nessun motivo?”
 
“Ti restano due possibilità: o vieni con noi con le buone o resti in questa città, ma senza neanche un tetto sulla testa.”
 
“Fanculo!” Sbraitò, salendo le scale e iniziando ad armeggiare nella sua stanza, rendendo chiaro che aveva accettato quella decisione a malincuore.
 
 
 
Si era divertito tanto con Mike e il resto della ciurma.
Non credeva che mai si sarebbe arrivati a un punto di rottura come quello e senza volerlo aveva stretto la testa in una morsa.
Impossibile trovare una scappatoia.
I suoi parenti abitavano tutti molto lontano e non poteva di certo chiedere a Mike o a chiunque altro di farsi ospitare a tempo indeterminato, anche perché gli avrebbero tagliato tutti i fondi.
Doveva solamente accettare.
E maledisse nuovamente quella situazione.
Finalmente aveva imparato ad accettarsi per quello che era, aveva iniziato a convivere con il suo sbaglio e si stava costruendo qualcosa da zero.
Magari non sarebbe durato in eterno, ma poco per volta avrebbe rinforzato il suo carattere.
Quel maledetto Canada gli aveva appena dichiarato guerra.
Non aveva il coraggio di tornare a scuola per quei pochi giorni.
Doveva abbandonare tutti.
Tutti!
Solo per i soldi.
E un po’ per la reputazione.
Li odiava.
Quella sera aveva iniziato a lavorare col computer senza fermarsi, desideroso soltanto di terminare un ultimo compito.
Giacché non poteva scappare o nascondersi, tanto valeva rendere la vita facile al Consiglio.
Aveva calcolato minuziosamente tutti i rimborsi spese, partendo dalla situazione migliore, finendo con quella più apocalittica, scrivendo nel dettaglio cosa si poteva fare per risolvere eventuali grattacapi, senza rompere le scatole al Preside.
Purtroppo il suo ruolo finiva o sarebbe finito una di quelle sere.
Aveva scritto e ringraziato il suo gruppo per l’appoggio, ma in poche parole li abbandonava con una lettera che sarebbe apparsa tra la posta di Mike solo al momento della sua partenza.
 
 
 
 
“Cari amici
Quando leggerete questa lettera, oltre a chiedervi dove mi sono cacciato, ormai sarò lontano.
In poche parole mi devo trasferire, ma non ho il coraggio (ahimè) di salutarvi di persona. Non perché abbia qualcosa contro di voi, ma solo perché so che piangerei come un disperato e non accetterei mai di dover andar via.
Non voglio, ma devo.
Vi prego amici.
So che è strano, ma è così.
Non credevo che sarei mai riuscito a scrivere questa parola.
Amici.
Davvero?
Possibile che qualcuno mi sia amico dopo quello che ho combinato?
Sentite…beh non sono bravo con le parole, non sono nemmeno bravo con i gesti, né con tutto il resto.
Credevo di essere un pesce fuor d’acqua, che mi teneste solo perché sapevo far quadrare i conti, ma in verità voi mi volete bene.
E io ne voglio a voi.
Forse avrete riso di me per le mie stramberie e mi sta bene.
Forse un tempo non andavamo molto d’accordo.
Ma oggi so che non ridereste mai di me.
Con me.
Non di me.
Voi che eravate così speciali mi avete accettato, anche se ero un casinista combina guai e potevo farvi rischiare il posto.
Per voi potevo aver combinato qualsiasi guaio così come potevo essere innocente.
Non mi avete trattato con gentilezza solo perché mi avevano emarginato.
Grazie.
Voi siete sempre stati giusti e buoni con me.
Grazie Mike per avermi preso per mano e per avermi fatto uscire dall’oscurità.
Vagavo senza meta, ero nella mia oscurità e tu mi hai risvegliato.
Avevo sbagliato?
Sì.
Potevo rimediare?
Certamente.
Ero cresciuto e avevo imparato dal mio errore?
Te ne sono riconoscente.
Mi hai spronato, mi hai dato un motivo per tornare a scuola, quando volevo solo abbandonarla e vivere nella mia stanza.
Non sai quanto mi renda felice aver trovato un amico come te.
Se solo ti avessi conosciuto prima, forse le cose sarebbero andate diversamente, ma non voglio nemmeno scoprirlo perché sarebbe evidente che sarei stato molto meglio.
Le nostre chiacchiere, le nostre ricreazioni, le merende scroccate a Zoey…fanculo anche il Canada!
Volevo continuare a stare con voi.
Per me voi siete una famiglia.
La migliore che potessi chiedere durante la mia breve vita scolastica.
Lo so che esagero, ma fatico a non vedervi diversamente da così.
Papà Mike suona bene, vero?
Mamma o sorella Zoey ancora meglio.
So che tra noi ci sono state delle divergenze in passato e che siamo partiti con il piede sbagliato in diverse circostanze.
Scusami se ero così immaturo Zoey.
Scusami se volevo fare tanto in poco tempo.
Mi hai sempre rimproverato perché in qualcosa non ci arrivavo.
Grazie.
Non mi hai lasciato indietro.
Non hai spinto Mike ad abbandonarmi per strada.
Quante ragazze sarebbero rimaste con il loro fidanzato, anche se rischiavano solamente di rovinare il proprio percorso scolastico?
Potevi convincerlo in un milione di modi e non l’hai fatto.
Ti avrei capito, sai?
Ma non l’hai fatto.
Grazie Zoey.
Sei un’amica preziosa.
Continua a tenere la situazione in pugno e prova a fare una cartina della tua villa a Mike che se ce lo perdiamo, lo troviamo tra un paio d’anni.
Lo perdiamo?
Noi?
Magari fosse possibile.
Intendo il noi.
Tra qualche giorno sarà un voi.
Voi lo ritroverete.
Voi lo sosterrete.
Voi insegnerete al prossimo Presidente.
O Presidentessa.
Già.
Non mi sono dimenticato di te, Dawn.
Promettimi che sarai la prossima guida dopo Mike!
Giurami che non lascerai mai nessuno indietro!
Ripetimi che vuoi migliorare questa scuola!
Ti prego.
Non voglio sentire da qualcuno che hai rinunciato a questo sogno.
Tu sei l’unica che può seguire la traccia di Mike.
Ne hai le qualità.
Ne hai le capacità.
So che cosa stai per dire.
Ma questo ha solo pretese da me?
No.
Ti ringrazio per avermi ascoltato.
Per avermi capito.
Forse mi odierai e lo accetto.
Forse non mi rivolgerai più la parola, né risponderai ai messaggi che t’invierò perché sei sanguigna e non accetti che qualcuno scappi per vigliaccheria.
E mi sta bene.
Me lo merito.
Ma non rinunciare solo per farmi un dispetto.
Tu sei migliore di tutto ciò.
E lo puoi dimostrare.
Ripensa ai momenti che abbiamo passato insieme.
Non sono ricordi inutili.
Per me non lo saranno mai.
Sai un’ultima cosa?
Tu mi piaci davvero.
Mi piaci come affronti la vita e come reagisci alle avversità.
Avrei tanto voluto che non fosse per un così breve periodo.
Essere il tuo vice, costruire altri ricordi, litigare come cane e gatto, ma pronti a sostenersi senza paura.
Ma non posso.
Lo vorrei, ma tutto mi sfugge via.
Mi piaci tanto.
Mi piacete tanto.
Grazie Dawn
Grazie amici
Grazie
 
Il vostro Scott.”






Angolo autore:

È un miracolo che aggiorniamo puntualmente

Ryuk: Anche se sto corsivo ci seguirà in eterno

Spero vi sia piaciuto il capitolo
È da qui, da oggi, che la trama diverge da come l'avevo pensata
Alla prossima!
 

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Capitolo 21
*** Cap 21 ***


Due anni dopo
 
Mike e Zoey avevano lasciato il Consiglio in ottime mani e Dawn aveva traghettato e guidato la scuola in un periodo di pace.
Aveva conquistato qualcosa per i vari ragazzi, non si era quasi mai scontrata con il Preside e ora doveva soltanto concludere il suo mandato.
La festa di fine giugno era l’ultimo saluto per i maturandi e il passaggio di testimone a quello che, a rigor di logica, doveva prendere le redini per continuare con la politica tranquilla e pacata dei due Consigli precedenti.
 
“La Presidentessa è come sempre bellissima.” Aveva borbottato un ragazzo di terza ad alcuni amici, mentre Dawn e il suo seguito erano passati a pochi metri di distanza.
 
“Hai sentito Dawn?” Chiese Sierra, facendola tentennare.
 
“Che cosa?”
 
“Tutti qui ti amano.”
 
“Questa scuola una volta non era giusta, ma prima Mike e poi la sottoscritta abbiamo provato a rimediare.”
 
“Sei sicura che io sia la persona migliore?” Domandò Cody, facendola annuire.
 
“Così come ho imparato da Mike e Zoey, tu hai avuto una buona insegnante…spero.” Soffiò divertita, appoggiando una mano sulla sua spalla.
 
“E se dovessi deluderti?”
 
“Non sarai solo tesoruccio, io ci sarò sempre per te.” S’intromise Sierra, mentre Dawn ridacchiava.
 
“Sì ma…”
 
“Io sono stata eletta in un momento piuttosto delicato.” Borbottò la Presidentessa uscente, credendo fosse opportuno congedarsi dai suoi amici e collaboratori, raccontando l’ultima parte del suo passato.
 
“Perché?” Chiese Cameron che era l’ultimo membro della futura squadra del Consiglio.
 
“Mike e Zoey si erano diplomati e quello che aveva promesso di essere il mio vice, se ne è andato.”
 
“È stato un brutto colpo.” Commentò Cody.
 
“Terribile, ma tanto so che non era una squadra destinata a durare.”
 
“Perché dici questo?” Domandò Sierra, scorgendo nel suo sguardo quel velo malinconico che faticava a svanire e che talvolta prendeva il sopravvento.
 
“Per un gruppo solido serve fiducia e c’era un segreto che ho scoperto molto tardi.”
 
“Un segreto?”
 
“Era troppo pesante, ma anche così infantile Sierra.” Mormorò, scrollando le spalle.
 
“Se ce ne parlassi sarebbe meglio.”
 
“Prima dobbiamo controllare le decorazioni del giardino e poi avremo mezzora di break.” Soffiò Dawn, sperando che capitasse qualche imprevisto, così da richiudere quel segreto in un angolo e non dover ricordare quell’amico idiota che era scappato.
 
“Ce ne devi parlare ora, Dawn!” Replicò secco Cody, facendola tentennare.
 
“Perché?”
 
“Perché prendi tempo quando stai in crisi.” La pungolò Sierra.
 
“E non finisci mai i tuoi discorsi quando riguardano una parte del tuo passato.” Seguitò Cody, appoggiando la fidanzata.
 
“Mi conoscete bene, vero?”
 
“Tu hai accettato di spiegarci tutto dopo le elezioni del nuovo Presidente, quando Mike era prossimo all’Università.” Soffiò Cameron.
 
“Ho fatto come Mike…che scherzo del destino.”
 
“Riguarda la foto che hai sulla tua scrivania?” Continuò Sierra, facendola sussultare.
 
“Ehi ragazzi! Qui le decorazioni sono un po’ stropicciate…che figura facciamo con i professori se lasciamo tutto in disordine e se ci accusano di essere dei bambini irresponsabili?” Urlò, richiamando alcuni del quarto anno a sistemare quel dettaglio.
 
“Ma…”
 
“Il resto andava bene…in cinque minuti ve la cavate e poi potete andare a mangiare qualcosa.” Soffiò conciliante, vedendoli subito mettersi all’opera.
 
“Pugno di ferro, ma con buone maniere.” Sibilò Cameron, vedendo come Junior si fosse messo a sistemare i vari fiocchi.
 
“Dove eravamo rimasti?”
 
“La foto sulla scrivania.” Rispose subito Sierra.
 
“C’era una quarta persona che forse voi non conoscete…il ragazzo con i capelli rossi aveva promesso di diventare il mio vice.” Soffiò, ricordando i suoi discorsi e ritrovandosi con alcune lacrime che le rigavano il volto.
 
“Dawn…”
 
“Va bene così Sierra: io contavo molto su di lui, speravo di superare certi discorsi, ma niente.”
 
“Perché?”
 
“Lui emarginato fin dalle medie per un pasticcio che aveva combinato a fin di bene, ma che l’aveva portato a scontrarsi con tutta la comunità e io sempre isolata perché troppo timida e indecisa per fare qualsiasi cosa. Ci stavamo appoggiando l’un l’altro: lui finalmente libero e ripulito dalla sua paura, io più forte caratterialmente…beh è finita male.”
 
“Avete litigato?” Domandò Cody, vedendo come l’amica si fosse fermata.
 
“Magari avessimo litigato…sarebbe stato facile rimediare.”
 
“Allora cosa?”
 
“Se ne è andato in un’altra città, scusandosi e niente più.” Tagliò corto, inspirando profondamente e prendendo in mano il cellulare per telefonare a uno dei capi del lavoro, giusto per sapere se tutto era in ordine.
 
 
 
Non aveva dimenticato quella promessa.
“Sarò il tuo vice.”
Aveva quasi giurato.
Mancava poco che s’inginocchiasse e lo urlasse al mondo intero durante un’assemblea in palestra, ma cosa avevano risolto?
Niente.
Aveva quasi iniziato a odiarlo.
Perché sì…all’inizio erano rimasti in contatto quasi ogni giorno, ma poi la distanza aveva distrutto ogni dialogo.
Era diventata un’abitudine settimanale, poi mensile, poi i compleanni o qualche festa come Natale e via discorrendo, ma non c’era più nessun intenso chiacchiericcio o scambio di confidenze.
E la prima volta che aveva sbagliato con il Preside che le aveva tirato le orecchie, facendole credere che si trattasse di una bastonata in piena regola, avrebbe tanto voluto che lui fosse su quel divano ad abbracciarla e a consolarla.
Invece era a miglia e miglia di distanza.
In Canada a fare qualcosa.
Scrollando la sua chat era evidente come con Mike e Zoey si fosse mantenuta in ottimi rapporti, mentre con Scott la situazione non era più rosea come un tempo.
La bella rossa aveva ricevuto un’emoticon con il bacio giusto una settimana prima, Mike si era sentito dare dell’idiota il giorno precedente, mentre il vero idiota della banda, quel rosso pestifero, non lo sentiva da almeno 7 mesi.
“Auguri Dawn!”
Che andasse al diavolo lui e la sua educazione.
Gli auguri voleva riceverli di persona, non con due parole in croce e, infatti, l’aveva ignorato, leggendolo solo molto più tardi e non rispondendogli per colpa del suo orgoglio smisurato.
Ecco cosa li aveva distrutti.
Lui era cambiato, lei conosceva il suo segreto dopo aver pregato Mike un pomeriggio intero, ma il loro rapporto si era cristallizzato.
Neanche in estate.
Neanche un maledetto treno per portarlo in città.
Bastava poco per rendere chiaro che lui ci teneva, ma così non era mai stato.
Se uno lo desidera con tutto il suo cuore, la soluzione la trova, anche se si tratta di una follia e il tutto può durare appena 5 minuti.
Bastava una telefonata per organizzarsi.
Per lui si sarebbe liberata al volo.
Bastava poco.
Quel poco, però, era diventato un Everest e lui non si era nemmeno sbattuto a salirci su.
 
“Sei carina.” Quel semplice messaggio improvviso, l’aveva fatta sobbalzare e l’aveva portata a rimettere il cellulare nella tasca dei jeans.
 
Fatti pochi passi, sentì la suoneria avvertirla di un nuovo messaggio e non sapendo da chi provenisse, lo riprese tra le mani.
 
“Potresti non ignorarmi?”
 
“E tu potresti non scrivermi più?” Domandò fredda, pensando che stesse sprecando tempo per un codardo che non era cresciuto e aveva imparato ben poco dal passato.
 
“Oh…sei così carina quando ti arrabbi.”
 
“Smettila Scott.”
 
“Camicetta celeste eh? Ti sta bene.” Digitò, mentre Dawn nel leggere quelle poche parole iniziò a guardarsi intorno.
 
“Hai sparato a indovinare.”
 
“Hai guidato bene la scuola.”
 
“Non puoi dare opinioni: te ne sei andato.” Replicò nervosa.
 
“Mi stavo solo congratulando.”
 
“Te l’ha detto Mike, vero?” S’informò, credendo che l’ex Presidente, passato con Zoey per una visita veloce, per salutare l’anziano Preside e per congratularsi dell’ottimo lavoro svolto dall’amica, avesse spifferato qualcosa.
 
“Né Mike, né Zoey…osservo la realtà dei fatti.”
 
“Davvero?”
 
“Senti…potresti non farmi pesare la cosa?”
 
“Sembra che sia colpa mia.” Digitò furiosa.
 
“Credo che nessuno abbia sbagliato: dovevamo spiegarci meglio, tutto qui.”
 
“Tutto qui? Ti sembra poco?”
 
“Sai…sei diventata una bella ragazza.” Scrisse, facendola lievemente arrossire.
 
“Continua a spulciare i miei social network, stalker.”
 
“Uno vuole essere carino e viene attaccato così?”
 
“Senti Scott…io non voglio più né vederti, né parlarti.”
 
“E se bastasse una frase per farti cambiare idea?” Domandò diretto.
 
“Le tue scuse non m’interessano.”
 
“Ehi! Chi ha parlato di scuse?”
 
“Oh bene…sei il solito idiota.”
 
“È una bella giornata, non ti sembra?” Chiese divertito, pensando che in pochi secondi avrebbe risposto a tono.
 
“Facile guardare il meteo…dimmi qualcosa che non so.”
 
“Mi dispiace, Dawn.”
 
“Non hai capito niente Scott.”
 
“Che cosa dovevo capire?” Domandò preoccupato.
 
“Io sapevo chi mi aveva salvato, sapevo chi dovevo ringraziare con tutto il mio cuore e te ne sei andato prima che trovassi il coraggio per dirtelo.”  Ammise, rispolverando dei sentimenti che credeva ormai estinti, ma sorprendendosi di avere in mente solo lui, la sua voce, il suo sguardo e i suoi atteggiamenti.
 
“Non dirmi che è così.”
 
“C’è una cosa che avrei sempre voluto dirti.”
 
“Anch’io Dawn.”
 
“Non fare come il solito.” Lo punzecchiò, facendolo sospirare.
 
“Andava ben oltre quello che provavo per Courtney o per quello che voi potevate pensare della nostra storia.”
 
“Che cosa volevi dirmi?”
 
“Te ne volevo parlare prima di partire, quando ancora non sapevo che dovevo trasferirmi. Le ho tenute nel mio cuore.”
 
“Potevi scriverle.”
 
“Sarebbe stato deprimente, te lo garantisco.”
 
“E di persona è chiaramente impossibile.” Digitò lei sconsolata.
 
“Mi sarei sentito malissimo nel lasciarti così…a metà.”
 
“È così che mi sono sentita quando Mike ha portato quella lettera.” Replicò nervosa.
 
“Sarebbe finita male in ogni caso.”
 
“Per capire le persone ci si deve parlare a quattr’occhi.”
 
“Sembra che non lo sappia?” Domandò infastidito.
 
“Allora perché sei scappato? Se sapevi che dovevi andare in Canada, tanto valeva dircelo in faccia e non fare tutto di nascosto.”
 
“Hai ragione.”
 
“Credevo avessi combinato qualche casino, che fosse colpa mia della tua assenza e poi Mike arriva con questa lettera…mi hai fatto stare male e basta.” Gli rinfacciò senza un minimo di tatto e sperando di ferirlo il più possibile.
 
“Forse è anche per questo che ti scrivo oggi.”
 
“Ah sì?”
 
“Voglio farmi perdonare.”
 
“E credi che io ti conceda il mio perdono dopo tutti questi anni con qualche stupida frase ad effetto perfetta per una scatola di cioccolatini o con qualche gesto bizzarro?” Chiese gelida, pensando di spegnere i suoi tentativi.
 
“Posso almeno provarci?”
 
“Avanti Scott…renditi ridicolo.” Lo esortò, stanca di quella discussione che stava durando da almeno 15 minuti e che l’aveva portata ad allontanarsi da Sierra e gli altri per non farsi vedere confusa, nervosa o incazzata da morire.
 
“Posso mandarti una foto?” S’informò Scott.
 
“Una foto di cosa?”
 
“Se te lo dicessi, rovinerei la foto.”
 
“Conoscendoti sarà qualche porcheria…magari un insetto morto.” Gli rinfacciò, facendolo sospirare pesantemente.
 
“Conservi ancora un po’ di fiducia in me?”
 
“Talmente poca che stai per raschiare il fondo del barile.”
 
“È sufficiente.” Commentò convinto.
 
“Hai intenzione di muoverti? Non so se sai che giorno è, ma nella tua vecchia scuola…sai quella che hai abbandonato senza preavviso, c’è una festa molto importante e tutto dovrebbe essere all’altezza delle aspettative.”
 
“Senti Dawn…se non dovesse piacerti o ti dovesse offendere, questo sarebbe l’ultimo giorno in cui ci scriviamo.”
 
“Intendi mostrarmi il posto in cui vivi? Magari i tuoi nuovi amici?” Chiese nervosa, mentre l’amico inviava quell’immagine che la ritraeva all’ombra di un albero intenta a ridere con Cody e gli altri membri del Consiglio.
 
“Allora? Che ne pensi?”
 
“Cosa?”
 
“Ti piace?” S’informò preoccupato.
 
“Che significa?”

“Te l’avevo detto che stavi benissimo: camicetta e jeans…poi quei capelli così come li ricordavo…sei una meraviglia!” Commentò, aggiungendoci una faccina con gli occhi a cuoricino.
 
“Tu sei qui?”
 
“Devi solo trovarmi…se lo desideri.”
 
“Dove sei?”
 
“Perché lo vuoi sapere?”
 
“Perché non credevo di aver bisogno di vederti, ma forse mi sbagliavo.” Ammise seria, guardandosi intorno più volte, ma non vedendo nessuna zazzera rossa di sua conoscenza.
 
“Tutto qui?”

“Forse voglio urlarti dietro oppure mi manchi così tanto.”

“Ti dirò che è il primo posto dove siamo stati bene insieme.”

“Che significa?”

“Hai fatto bene a tenere la foto di gruppo sulla tua scrivania.” Digitò velocemente.
 
“Arrivo subito…ASPETTAMI!”





Angolo autore:

So che sono saltato e non ho dato nessun capitolo intermedio, dove potevo quantomeno non far sospettare che Scott e Dawn si sarebbero rincontrati

Ryuk: Si perchè ci abbiamo pensato

Ma ormai siete consapevoli che questo autore deve tollerare uno shinigami che adora il lieto fine e non volevo creare qualcosa di noioso (forse potevo parlare di Cody e Sierra, ma faccio pena con questa coppia...ci ho provato, ma viene fuori sempre e soltanto il lato da stalker di Sierra) =)
E come se non bastasse non ho ancora imparato a togliere il corsivo
Sciagura a te, Ryuk
 

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Capitolo 22
*** Cap 22 ***


Era sempre stata rigida sul comportamento da tenere nei corridoi.
Ma ora non le importava se qualche prof l’avrebbe sgridata perché andava di corsa.
Era sgusciata tra vari ragazzi, urtando anche una supplente che aveva lanciato per aria alcuni fogli, ma non aveva il tempo per fermarsi, aiutarla a raccogliere e scusarsi come ogni Presidentessa degna di questo incarico.
Doveva tornare subito nella stanza del Consiglio.
Là dove Mike e Zoey l’avevano istruita nonostante fosse spaventata.
Dove aveva accolto Cody, Sierra e Cameron per lasciargli il futuro.
Dove un testone irresponsabile si era incaponito su un segreto che non era nemmeno più così pericoloso o distruttivo.
E forse era davvero colpa sua.
Se solo non avesse tergiversato.
Se gli avesse chiesto di cosa aveva bisogno per non piangere più.
Invece aveva lasciato tutto al tempo e questo li aveva fregati.
Quando potevano lasciarsi andare, permettere ai loro sentimenti di prendere il sopravvento, senza più la paura di un Comitato salutato con un’occhiataccia, lei aveva preferito rinviare.
 
“Sono io che ho sbagliato.” Mormorò tra sé e sé, salendo di corsa un’altra rampa di scale.
 
Perché con lui non era stata chiara fin dal principio?
Perché si era impuntata fino a quel punto?
Era un idiota.
Lo sarebbe sempre stato.
Ma anche lei era della stessa pasta.
Quando si punzecchiavano, quando si fissavano storti…lei credeva che quella loro routine fosse piacevole e non l’avrebbe mai barattata con un semplice rapporto di circostanza.
Loro non erano dei tipi che mollavano o che andavano avanti con stupidi consigli.
 
“Stai male?”
 
“Sì.”
 
“Sono qui, ti aiuto.”
 
Era quello il loro rapporto.
Non c’era una menzogna come risposta alla prima domanda.
Non c’era un sorriso tirato.
C’era la pura e semplice sincerità.
 
“Sì sto male, ma se mi abbracci forse potrei stare meglio.”
 
Ok non si erano mai sbilanciati fino a quel punto, ma ci andavano molto vicino.
E allora perché non aveva avuto il coraggio di dirglielo?
Era forse una stupida ragazzina insicura?
Beh un po’ sì, ma non era quello il punto.
Lei non aveva proprio aperto bocca.
Poteva almeno impappinarsi, essere goffa o imprecisa per fornirgli qualche indizio, ma nulla di sconvolgente.
Sempre che non ripensasse al bacio di Courtney. Lì le montava la rabbia, ricordava quell’incontro, le sue scuse, ma ci aveva messo troppo tempo per metabolizzare quella batosta.
 
“Courtney è carina, ma è una stronza colossale e acida.”
 
Peccato che ci fosse quel carina a ronzarle nella testa.
Perché il suo carattere poteva far acqua da tutte le parti, ma c’era quella semplice parolina a fregarla e a farle venire il sangue amaro.
E se Courtney fosse stata più tollerante o con un carattere leggermente più delicato?
Allora lui sarebbe finito tra le sue braccia in un attimo e vi sarebbe rimasto per sempre o almeno finché lei non si fosse stancata di quel ragazzino che, con il suo passato nebuloso e alcuni atteggiamenti insoliti, le permetteva di essere in prima pagina e sulla bocca di tutti.
 
“Eppure era così facile.”
 
Lo era sempre stato.
Lo credeva finché non si era ritrovata davanti alla porta austera del Consiglio.
Ecco che il suo coraggio era svanito di nuovo e non sapeva se doveva entrare, nonostante avesse promesso quantomeno di salutarlo, o se era molto più saggio darsi alla fuga, magari tornando indietro e scusandosi con la supplente che aveva urtato di corsa.
 
“Dovevamo parlarne a quattr’occhi.”
 
E ora che ne aveva l’occasione restava inebetita fuori.
Per quanto ancora si sarebbe maledetta di aver buttato via un’altra occasione?
Era l’ultima che le restava.
Possibile che non riuscisse a capirlo?
Doveva sentire urlare l’intera scuola a ripeterle quella verità, prima di avere il coraggio d’abbassare la maniglia?
Poteva subito dopo la gara sportiva.
Poteva durante l’uscita collettiva del Consiglio.
Poteva quando avevano espresso le loro debolezze.
Poteva, addirittura, dopo quel bacio brutale di Courtney.
E perché non ci era mai riuscita?
Non era cresciuta.
Era sempre la solita.
Quella che scappava o si nascondeva davanti alle difficoltà.
Perché sì quei due anni erano stati semplici come mandato, ma solo perché non c’era stato nessun casino e non aveva dovuto faticare troppo.
Già.
E Scott era tornato solo per congratularsi.
Che figura avrebbe mai fatto nel dirgli che aveva semplicemente portato avanti l’egregio lavoro svolto da Mike e Zoey?
Aveva solo copiato.
Non ci aveva messo nulla di suo.
E così tutto il suo coraggio precedente, quell’ardore che poteva sospingerla a scavalcare ogni difficoltà era svanito.
Di nuovo.
Appoggiata una mano sulla porta, si allontanò di qualche passo, pensando che potesse rimangiarsi con qualche scusa l’ultima promessa.
Non sarebbe cresciuta neanche quel giorno.
Avrebbe continuato a stagnare nelle sue menzogne e nelle sue paure.
 
“Tutti vogliono essere salvati, Dawn.”
 
Però lei non riusciva a capirlo.
Era lì a non salvarsi in nessun modo.
Doveva provare.
Lo sapeva e si ritrovava a torturarsi le mani.
Se ci fosse stata Zoey al suo posto, le avrebbe detto che era una stupida a non confidarsi con Mike e forse le avrebbe dato un ceffone per spronarla.
Si era, quindi, voltata e aveva dato le spalle alla porta.
Voleva davvero mandare via il suo passato in quel modo? Senza nemmeno dargli la possibilità di liberarsi di ciò che portava nel cuore?
Doveva scoprire che cosa provava Scott.
Il perché era tornato e tutto il resto.
Ma se lui avesse semplicemente detto che era tutto passato, che aveva trovato l’amore e la felicità in Canada e che era lì solo perché di passaggio, come l’avrebbe presa?
Era questo che la preoccupava.
Perché poteva ammetterlo: lei continuava ad amarlo.
Ma lui?
“Dawn, Dawn…con i se e con i ma non troverai mai la felicità.”
Era stata una delle lezioncine di Zoey dopo aver toppato con un fascicolo di Mike.
Poteva valere anche quando non si trattava di lavoro?
Senza ripensarci, tornò davanti alla porta, inspirando profondamente e chiuse gli occhi.
Se quel discorsetto dell’amica fosse stato un fiasco, sarebbe andata a trovarla e le avrebbe tirato le orecchie.
Riaperti gli occhi, annuì un paio di volte, abbassò la maniglia ed entrò nella stanza per poi richiudere il tutto alle sue spalle.
Ora non poteva più scappare dalle sue responsabilità.
E non voleva farlo.
Inoltre eccolo lì in piedi, estasiato da chissà cosa, come se davanti a sé fosse appena comparso un angelo delicato.
Non era niente di tutto questo.
Era solo una ragazzina spaventata senza alcun futuro.
E allora perché era lì con un sorriso accennato e con uno sguardo dolce?
 
“Ci hai messo parecchio.” La accolse, compiendo un paio di passi, ma fermandosi nel notare che lei si stava guardando alle spalle, come se fosse a disagio, non vedesse l’ora di scappare o non pregasse che qualcuno entrasse all’improvviso per un ultimo saggio consiglio.
 
“Già.”

“Credevo ti fossi persa.”

“Lo so.” Mormorò, trovando un pizzico di coraggio per avvicinarsi e continuando a fissarlo negli occhi.

“Mi spaventi quando parli a monosillabi.”

“Mi sei mancato, Scott.”

“La piccola Dawn è cresciuta.” Soffiò ironico, sperando di sdrammatizzare e di non dover continuare su quella tensione che stava complicando tutto quanto.
 
“Non così tanto.”
 
“Ti sottovaluti.” La rimproverò nervoso.

“No…sei tu che continui a paragonarmi a una stella.”

“Piccola, ma brillante.”

“Io…”

“Sei perfetta così come sei.”

“Non ho combinato niente in questi pochi anni.” Ammise, facendolo sospirare.

“Ereditare i compiti di Mike senza stravolgere il suo operato non sarebbe stato facile per nessuno.”

“Ma non ho migliorato nulla.” Obiettò seria.

“Gli altri studenti sorridevano.”

“Cosa significa?”

“Una brava Presidentessa sa cosa è meglio per i ragazzi e, se tornando, avessi visto musi lunghi e sbadigli, me ne sarei andato a casa e non avrei mai pensato di rincontrarti.”
 
“Sono stata brava?” Domandò, cercando una conferma da un’opinione imparziale.
 
“Tu sei sempre stata brava: è solo che non te ne sei mai accorta.”
 
“Scott…mi spiace.” Borbottò, trovando finalmente il coraggio di abbracciarlo.
 
“Di cosa?” S’informò preoccupato.
 
“Se ti avessi detto che cosa provavo, ecco io…”
 
“Va tutto bene, Dawn.”
 
“Ma io…”
 
“Non hai idea quanto abbia sognato questo giorno.” Mormorò rilassato.
 
“Potevi tornare ogni tanto.”

“Sarebbe stato crudele illudersi per un paio di giorni.” Replicò, ricambiando l’abbraccio.

“Lo è anche oggi, non credi?”

“Pensi che sia tornato solo per una veloce toccata e fuga?”

“Non è così?” Domandò, sentendo le sue mani accarezzarle le spalle e poi la schiena.

“Non farmi domande sceme.”

“Non lo è.”

“Se sono tornato è perché ho intenzione di rimanere.”

“Io…”

“Non ti darò tutti i dettagli, ma i miei genitori mi hanno concesso di trovarmi un appartamento per l’Università e io ho scelto subito la nostra città.”
 
“Potevi andare all’estero.” Soffiò debolmente, facendolo sospirare.
 
“A Londra, Berlino o chissà dove non c’è la mia Dawn.” Replicò, facendola arrossire e sentendo la sua testa adagiata sul petto.
 
“Dovrei essere arrabbiata.”
 
“Se lo fossi, a quest’ora sarei disteso in un bagno di sangue.”
 
“Non sono violenta.” Replicò piccata.
 
“Ascoltami Dawn…devo parlarti seriamente.” Soffiò, staccandosi controvoglia da quell’abbraccio e regalandole una carezza.
 
“Di che cosa?”
 
“Ho rinviato per tanto tempo e se non lo faccio oggi, mi darei dello scemo da qui al resto dei miei giorni.”
 
“Esagerato.” Commentò divertita, non scorgendo nessun sorriso che potesse alleviare la tensione che si era appena creata.
 
“I sentimenti che provavo allora sono rimasti intatti…anzi direi che si sono fatti più forti ogni minuto che passava.”
 
“Scott…”
 
“Sono uno scemo, un idiota, un babbeo…insomma ho solo difetti, ma io volevo dirti che mi piaci.” Borbottò rosso in viso.
 
“Ti piaccio come amica?”
 
“No.”
 
“Come persona?”
 
“Stai rendendo le cose un po’ più difficili.” Ridacchiò divertito.
 
“Io…”
 
“Oppure stiamo alleggerendo tutto.”
 
“Allora cosa Scott?” Domandò speranzosa.
 
“Tu mi piaci…del tipo…beh essere la mia ragazza.” Seguitò, facendola tentennare.
 
“Io…”
 
“Ti amo Dawn.”
 
“Io…”
 
“Tutto bene?” Chiese Scott, appoggiando una mano sulla sua spalla, vedendo come il suo sguardo si fosse smarrito, manco fosse caduta in trance.
 
 
Tutto bene?
Era di nuovo a fare scena muta.
Provare la stessa cosa, ma senza riuscire a dargli una risposta, era quantomeno imbarazzante.
Non riusciva a crescere.
Quando avrebbe trovato il coraggio?
Quando avrebbe accettato e battuto quella sua maledetta timidezza?
Possibile che dovesse vivere solo con i sensi di colpa per la perdita di un’occasione dietro l’altra?
Forse lui poteva aiutarla a trovare una risposta.
A fissarlo negli occhi, a vederlo sorridere qualcosa sembrò ricongiungersi.
 
“Sei ancora una bambina Dawn?”
 
“Io…”
 
“Continui ad avere paura dei mostri?”
 
“Io…non sono così.”
 
“Sei ancora una bambina?”
 
“Non più.”
 
 
Non lo era più e, per quel giorno, non sarebbe più tornata nel suo mondo insicuro.
Prima di rimpiangere anche quella giornata, lo fissò negli occhi e si alzò sulle punte.
Appoggiò delicatamente le sue labbra su quelle dell’amico, rendendo chiaro che non era un sentimento a senso unico e che nel suo cuore c’era spazio per lui soltanto.
 
“Scusami Scott.” Borbottò rossa in viso.
 
“Di cosa?”
 
“Io ti amo…ma ho paura.”
 
“Di me?”
 
“No…ho paura di essere io.” Ammise, sussultando per il bacio improvviso del suo Scott e chiudendo gli occhi per quel dolce ricordo che si stava costruendo.
 
“Siamo sempre stati due bambini impacciati e troppo fifoni.”
 
“Anche tu?”
 
“Ma da oggi non sarà più così.”
 
“Io…”
 
“Ti prometto che questo sarà solamente il primo di tanti giorni felici, Dawn.” Soffiò, tornando a stringerla tra le braccia e inspirando profondamente il suo dolce e soave profumo.
 








Angolo autore:

Sentimentalismo ovunque, tranne che nel mio cuore nero pece

Ryuk: Ma fai qualcosa

Troppo faticoso
Preferisco lamentarmi

Ryuk: Sei in ritardo...di nuovo...per la quarta, quinta volta.

E questo è il penultimo capitolo
L'ultimo uscirà con la prossima eclissi, quindi, segnatelo sul calendario

Ryuk: Speriamo che abbiate apprezzato il fatto che abbiamo lasciato spazio ai pensieri di Dawn.

Siamo diventati molto più mentali
Poche descrizioni, ma tanto in questo ero leggermente impedito e via sulla sostanza

Ryuk: Spedisco il boss a nanna che magari per sabato mettiamo la parola fine a questa serie e poi magari ne cominciamo una nuova.

Magari è proprio questa storia a non darmi la voglia di aggiornare :(

Ryuk: Lo scopriremo presto!

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Capitolo 23
*** Cap 23 ***


Forse finalmente poteva lasciarsi tutto alle spalle.
Non aveva deluso nessuno durante il suo incarico da Presidentessa, aveva trovato un buon successore con rispettivo team ed era riuscita a ricucire un rapporto complicato.
Normalmente ci si sentirebbe un po’ confusi e preoccupati, magari con il dubbio di essersi dimenticati qualcosa da ultimare e rimasto in un angolo con uno strato di polvere.
Possibile che fosse così?
Anche quando aveva chiuso la stanza, baciando un’altra volta il suo Scott, era tornata su quel pensiero, ma niente sembrava fuoriposto.
Era semplicemente paranoica?
Un po’, magari, come sua zia Evelyn che controllava ogni porta e finestra per uscire di casa, anche se si trattava semplicemente di buttare l’immondizia.
Sicuro era questo.
Non appena avrebbe consegnato le chiavi a Cody ecco che le sue ansie avrebbero spiccato il volo e si sarebbe concentrata soltanto sull’estate, sulla sua fresca storia da liceale e, dopo un paio di mesi, sull’Università.
Voleva solamente liberarsi di quella responsabilità.
Erano stati due anni leggeri, ma vivere sempre con l’ansia e la paura che qualcuno bussasse alla porta per un aiuto, per fronteggiare un prof o il Preside in persona ti porta all’esaurimento.
Si rilassava soltanto durante le rare feste obbligate con la scuola chiusa e in quei tre mesi estivi che le consentivano di staccare la spina e di abbandonare le chiavi sulla bacheca della segreteria.
Era la perfetta immagine di uno strazio.
Non puoi fare lo psicologo se hai più turbe mentali di chi dovresti aiutare, ma questa cosa l’aveva imparata quando non c’era nessuno che potesse ereditare il suo lavoro.
Stringendo i denti, cercando di mantenere la promessa fatta a Mike e Zoey, ora poteva stringere la mano di Scott e salutare il suo liceo.
 
“Ti stavamo cercando Dawn.” La risvegliò Cody, seguito a ruota da Sierra, notando il tipo che la stava accompagnando.
 
“È successo qualcosa?”
 
“No…è che sei sparita all’improvviso.” Mormorò Sierra.
 
“Scusate: colpa mia.” Soffiò Scott, sorridendo.
 
“Sierra…Cody…vi presento Scott, il mio ragazzo.”
 
“Il ragazzo della foto.” Borbottò Sierra, fissandolo confusa.
 
“Loro, invece, sono…”
 
“So chi sono…vi ringrazio di aver aiutato Dawn durante questi anni, anche quando avevo promesso che sarei diventato il suo vice.” La interruppe rapidamente, cercando le parole migliori, ma faticando parecchio a trovarle.
 
“Tu sei quello che si è trasferito.” Borbottò Cody, facendolo annuire.
 
“Dawn è la persona che mi sta più a cuore ed è stato pensare che non ci fosse nessuno ad aiutarla a farmi stare malissimo.”
 
“Scott…io…”
 
“Ma non accadrà più e questa volta me ne frego di quello che dicono e pretendono i miei genitori.” Ringhiò minaccioso, facendo tentennare Dawn.
 
“Lei ci ha spiegato tutto.” Ammise Cody.
 
“Ci ha spiegato come e quando parlare al Preside.” Seguitò Sierra.
 
“Mi sembra di aver fatto davvero poco, nonostante le mie promesse a Mike.”
 
“Non importa Scott.” Lo rincuorò Dawn, facendolo sorridere.
 
“Comunque vi ho fatto un regalino.”
 
“Un regalino?” Domandò Sierra.
 
“Immagino che il ragazzo con gli occhiali che ho visto a inizio mattina sia parte della squadra.”
 
“Nel ruolo di Tesoriere.” Confessò Cody.
 
“Il mio ex ruolo.”
 
“Lui era quello dei conti sempre in ordine?” Chiese sbigottita Sierra che aveva sentito parlare di quell’abilità quasi leggendaria.
 
“Non è un compito facile, ma con un po’ di pazienza s’impara.”
 
“Non puoi darci qualche consiglio che in questi ultimi due anni abbiamo fatto un po’ pena?” Domandò Cody, ricevendo un pestone dalla fidanzata.
 
“Guastafeste.”
 
“Ahia…per cosa?”
 
“Non l’hai capito?” Domandò seria, credendo che anche un bambino delle elementari si sarebbe accorto che Scott e Dawn seguivano poco quelle chiacchiere e si erano persi per qualche istante di troppo a fissarsi negli occhi.
 
“Sei diventata violenta Sierra.” La rimproverò Dawn con un sorriso.
 
“Un consiglio.” Assaggiò Scott.
 
“Qualunque.”
 
“Il consiglio è il regalino di cui vi parlavo. Ho lasciato nel secondo cassetto della scrivania una chiavetta con diversi fogli dove ci sono scritti molti consigli su come mantenersi nel budget. Non so quanto siano cambiate le cose, ma con alcune correzioni credo che riuscirete a fare un ottimo lavoro.”
 
“L’hai fatto davvero?” Domandò Dawn.
 
“Il tuo compito non era facile e ho provato a fare quello che toccava a un vice.” Soffiò serio.
 
“Cody…credo che li abbiamo disturbati anche troppo.” Mormorò Sierra, notando dai loro sguardi come desiderassero soltanto un posto tranquillo in cui chiacchierare.
 
“Forse sì.”
 
“Credo di essere una pessima Presidentessa per questo.”
 
“Ti sbagli, Dawn.”
 
“Sierra…io…”
 
“So di essere stata un po’ troppo difficile da comprendere, con questa dannata gelosia impicciona, ma credo tu sia una delle ragazze migliori che abbia mai conosciuto perché hai messo sempre la scuola in cima alle tue priorità, anche quando avevi l’occasione di essere felice.”
 
“Noi abbiamo solo da ringraziarti.” Confermò Cody, facendo sorridere Dawn che estrasse dalla tasca dei jeans un mazzo di chiavi.
 
“Queste le lascio a voi…impegnatevi il più possibile e se doveste avere un qualche dubbio, io e Scott vedremo di darvi una mano.”
 
“E ora scusateci ragazzi, ma io e la Presidentessa abbiamo tante cose da dirci…sono due anni che non la vedo e la voglio un po’ per me.” Borbottò serio, facendola arrossire e prendendola per mano, mentre lei salutava velocemente i suoi amici del Consiglio.
 
 
Erano passati più di due anni a essere sinceri e a contare il calendario, ma valeva la pena distruggersi nel contare quanti giorni erano passati senza vedersi?
Quanti minuti in cui potevano baciarsi senza mai fermarsi.
Quanti abbracci riuscivano a scambiarsi.
E tutti quei litigi atomici trasformati in una semplice risata.
Scott a ben vedere era stanco di essersi fatto sfuggire quel periodo, anche se senza volerlo i suoi occhi curiosi incrociarono una ragazza ferma sul cancello e che schivò con Dawn in velocità.
Non aveva tempo per quella là.
Credeva, sperava e pregava di non vederla più, ma anche se gli seccava ammetterlo, voleva almeno sapere che cosa ci facesse lì in attesa di farsi prendere da una macchina.
Secondo i suoi calcoli doveva essere fuori dalle scatole da alcuni mesi, ma a quanto gli pareva di capire, forse non era così preparata e aveva toppato in qualche materia.
 
“L’hanno bocciata.” Mormorò Dawn, continuando a tenere per mano il suo ragazzo.
 
“Ben le sta.”
 
“Scott…sei cattivo.”
 
“Dopo quello che ci ha fatto, io non parlerò mai bene di quella là.” Replicò indifferente, continuando a fare strada.
 
“Una volta Courtney ti piaceva.”
 
“Oh…questo è vero, ma le idee cambiano.”
 
“Sicuro?” Domandò preoccupata.
 
“Hai troppi dubbi…nel mio cuore, nella mia testa c’è spazio per una sola persona e ce l’ho così vicina che ancora non ci credo.”
 
“Dove stiamo andando?”
 
“In un posto tranquillo dove possiamo parlare, ridere, fare quello che vogliamo senza essere disturbati e senza correre rischi.”
 
“Io…”
 
“Niente passi più lunghi della gamba, niente situazioni imbarazzanti o complicate: mi basta anche solo stare sul divano, un semplice film, passare le ore abbracciati…”
 
“Un bel programma.”
 
“Domani volevo vedermi con Mike e Zoey, ma per oggi voglio essere egoista e desidero averti solo per me, senza intralci.”
 
“Immagino tu voglia farmi vedere dove intendi stabilirti.” Borbottò divertita.
 
“Casa è un posto dove si sta bene, ma io credo che mi troverei ovunque in Paradiso che sia villa, appartamento o reggia, purché tu stia con me, Dawn.”
 
“Perché?” Domandò, fermandosi e costringendo Scott a fare lo stesso.
 
“Perché ti amo e non ho bisogno di altro.”
 
“Ma io non potrei offrirti molto e lo sai.”
 
“Io amo te…non quello che possiedi o che potresti regalarmi.” Replicò serio.
 
“Io…”
 
“Chiedo soltanto il tuo cuore…niente di più, niente di meno.”
 
“Sicuro?”
 
“Smettila con queste insicurezze e tira fuori un po’ di carattere.” Ringhiò nervoso, facendola tentennare.
 
“Non ne sono capace.”
 
“Ne sei sempre stata capace prima che andassi via. Replicavi con cattiveria, mi spronavi a crescere, quella ragazza non è scappata via e la rivoglio indietro.” S’impuntò, facendole capire che in quel caso non aveva la minima intenzione di retrocedere.
 
“Mi piacerebbe Scott.”
 
“Non ho fatto tutta questa strada per una Dawn così spaventata.” Ringhiò, provando a risvegliarla dal torpore.
 
“Che cosa faresti se non potessi cambiare?”
 
“Tornerei indietro da Courtney, riallaccerei i rapporti e ti manderei a quel paese.”
 
“Scott…”
 
“Ti sta bene essere trattata così? Quando l’uomo che ti ama e che vuole vederti sorridere è costretto ad andare da un’altra solo perché non potrà essere felice se vive solo di sentimento.”
 
“No.” Soffiò, abbassando il capo.
 
“Andiamo a casa: razione extra di coccole e solo per te.”
 
“Io…ecco…non so…”
 
“Te le meriti.” La rincuorò, accarezzandole il volto.
 
“Mi ha fatto male…essere dimenticata.” Singhiozzò, ritrovandosi avvolta dalle braccia di Scott.
 
“Ci vorrà un po’ di tempo, ma promettimi che c’impegneremo.” Borbottò, sentendola annuire.
 
“Questo sì.”
 
“È un buon inizio.” Sorrise, staccandosi brevemente per poi baciarla con passione.
 
“Scott…”
 
“Basta dubbi: io ti ho scelto, tu mi hai scelto…non ci resta che riprendere da dove ci eravamo interrotti.”
 
“Io…”
 
“Dobbiamo parlare di tante cose…abbiamo tutto il tempo davanti.”
 
“Sempre che tu abbia studiato in questi anni.”
 
“Non puoi immaginare quanto sono migliorato.”
 
“Grazie Scott.” Borbottò rossa in viso.
 
“Di cosa?”
 
“Per oggi voglio solo stare con te, ignorando tutto e tutti…posso essere egoista?” Domandò preoccupata.
 
“Possiamo fare quello che vogliamo: questo è il nostro giorno.”
 
“Non sarà il nostro unico giorno.” Bisbigliò rossa in viso, mentre Scott le prendeva delicatamente la mano e proseguiva nel suo cammino per mostrarle il suo nuovo appartamento.








Angolo autore:

Anacleto: Era ora che la finissi sta serie, Ryuk

Ryuk: La serie è di rocchi

Anacleto: Allora è puntuale come sempre

Ryuk: Ma doveva pubblicare qualche sabato fa

Senti Ryuk

Ryuk: Cosa?

Ti nomino mio segretario

Ryuk: Dove sta l'inghippo?

Dovrai essere puntuale, preciso, rispondere alle recensioni

Ryuk: Quanto mi paghi?

Due mele a settimana

Ryuk: Cinque

Due

Ryuk: Cinque

Anacleto: Una

Bravo Anacleto...così si deve contrattare

Ryuk: Otto

Tre

Ryuk: Otto

Quattro e non di più...mi costi un patrimonio

Ryuk: Ok...quattro mele e per cominciare a bomba, metto la parola fine a sta serie e oggi stesso ne inizio un'altra

In un fandom desertico, pari ai vestiti eleganti che ho nell'armadio

Ryuk: Manco mezzo

Appunto!
 

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