Un amore fuori dal tempo

di AlysSilver
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una fine ed un nuovo inizio ***
Capitolo 2: *** Essere diverso da tutti ***
Capitolo 3: *** Il primo viaggio nel tempo ***
Capitolo 4: *** Normale routine ***
Capitolo 5: *** La squadra è finalmente riunita ***
Capitolo 6: *** Caccia all'uomo ***
Capitolo 7: *** Furto al museo del futuro ***
Capitolo 8: *** Il piano inizia a funzionare ***
Capitolo 9: *** Epoca di Nobunaga Oda ***
Capitolo 10: *** Strane sensazioni ***
Capitolo 11: *** Epoca di Giovanna D'Arco ***
Capitolo 12: *** Questo è solo uno stupido libro ***
Capitolo 13: *** Si entra nella favola ***
Capitolo 14: *** Mettersi in discussione ***
Capitolo 15: *** Re Artù ***
Capitolo 16: *** La Raimon e la El Dorado si alleano ***
Capitolo 17: *** Si alza il sipario sul torneo Ragnarok ***
Capitolo 18: *** Rivelazioni ***
Capitolo 19: *** Solo uno sguardo ***
Capitolo 20: *** Ben tornato mister! ***
Capitolo 21: *** Un passo verso il domani ***



Capitolo 1
*** Una fine ed un nuovo inizio ***


Avevo sempre avuto addosso la sensazione di essere fuori posto, sia quando ero in famiglia che con gli altri. Come se il mio cuore sapesse che il vero luogo in cui dovevo trovarmi fosse un altro. C’erano solo due persone, però, che erano in grado di farla passare, Gabi Garcia e Riccardo Di Rigo, i miei migliori amici. L’inizio delle scuole medie era stato un toccasana da quel punto di vista. Già dal primo anno avevo cominciato ad aprirmi con i ragazzi del club di calcio della Raimon, la squadra per cui giocavo, ma il cambiamento definitivo era arrivato forse solamente con gli eventi appena trascorsi. Ricordavo ancora perfettamente quell'euforia nel momento in cui i festoni vennero giù dal cielo e Arion alzò quella mitica coppa avvolta dalla fascia da capitano. Giocavo in attacco insieme a Victor Blade ed insieme eravamo stati nominati la miglior coppia d'attacco del torneo; infatti, nessun portiere era in grado di parare i nostri tiri combinati. Dovevo ammettere che ci avevamo messo molto a raggiungere quel livello. Non avete idea di quante nottate avevamo passato ad allenarci per diventare perfetti. Però alla fine l’impegno premiava sempre e ne era valsa la pena di tornare a casa con tutti quei lividi. Quando prendevo a calci un pallone mi sentivo finalmente libera e a mio agio, come se per la prima volta fossi davvero nel posto giusto. Per tutti i quattordici anni della mia vita, ero stata semplicemente considerata o come Alexandra Wolf, la figlia dell'ambasciatore, oppure come il genio, mentre con la divisa della squadra addosso ero la "Regina del cielo", con il suo incredibile gioco acrobatico. La vita procedeva tranquilla e monotona dopo la fine del campionato. Il capitano ed io eravamo partiti da Tokyo per insegnare ai bambini di tutto il paese a giocare a calcio, mentre gli altri erano rimasti in città a godersi la vittoria. Un giorno, però, accadde qualcosa di strano, il club di calcio della scuola scomparve nel nulla come se non fosse mai esistito. Il problema era, però, che noi eravamo appena tornati dai tre mesi come girovaghi e non sapevamo niente di ciò che era accaduto.

-Non vedo l'ora di rivedere tutti i nostri amici!- Disse Arion guardando il cancello della Raimon. Cavolo se era euforico. Continuava a saltellare di qua e di là come un canguro. E, se dovevo essere sincera, iniziavo ad aver voglia di abbatterlo. Non era normale avere tanta energia in corpo e se lo dicevo io, un’iperattiva, qualcosa doveva pur significare.

-Sono totalmente d'accordo non hai idea di quanto mi manchino Riccardo e Gabi, però ora fermati un attimo.- Diede ascolto all’ultima parte della frase? Ovviamente no.

-Immagino. Su forza raggiungiamo la sede del club!- Senza concedermi la minima possibilità di ribattere all’affermazione, iniziò a correre nella sua direzione. Successivamente gli studenti assistettero all’omicidio del ragazzo. No, non era vero, lo avevo fatto solo nella mia testa.

-Ehi! Aspettami!- Spostai i capelli dietro le spalle e controllai che la ciocca bianca, messa a mode di cerchietto, fosse abbastanza salda per quello che stavo per fare. Morale della favola, finii per ritrovarmi ad inseguirlo nel bel mezzo del giardino della scuola con gli occhi di tutti puntati addosso. Che bello cominciare così la mattinata, proprio un toccasana. Si percepiva l’ironia? Io lo speravo.

-Siamo tornati!- Esclamammo insieme non appena varcato il portone d’ingresso al campo interno. La risposta, però, non fu quella sperata, bensì:

-Scusate e voi chi sareste?- Ci domandò un ragazzo alle nostre spalle. Era vestito con una divisa da basket e ci guardava come se non ci avesse mai visto prima. Ok, non pretendevo che tutti ci conoscessero di persona, ma almeno di faccia. Insomma, non avevamo vinto proprio un torneo da niente e in più avevamo compiuto una rivoluzione che era addirittura finita sui giornali.

-Il mio nome è Alexandra Wolf, mentre lui è Arion Sherwind e stiamo cercando la sede del club di calcio, visto che a quanto pare è stata spostata.- Risposi, anche se in modo molto meno diplomatico di quando volessi. Tendevo a perdere in fretta la pazienza quando cercavo delle risposte alle mie domande.

-State scherzando vero? Alla Raimon non esiste nessuna associazione del genere.- Disse in modo al quanto brusco.

-Cosa!- Urlammo di rimanda. Sfortunatamente prima di riuscire ad ottenere altre informazioni utili venimmo sbattuti fuori. Leggermente scioccati decidemmo di iniziare le ricerche di qualche viso amico. Tutto sembrò essere stato vano, finché non incontrammo Riccardo nel vialetto che conduceva ad uno degli edifici laterali. In quel momento mi parve di sognare. Non ero mai stata così felice di vederlo come in quel momento.

-Riccardo che bello ti abbiamo trovato! Senti penso che qui qualcuno voglia farci un brutto scherzo, perché dicono tutti che non esiste una squadra di calcio alla Raimon?

-Alexandra che piacere rivederti, sono anni che non ci vediamo e lui chi è un tuo nuovo amico o magari il tuo ragazzo? Comunque ti rispondono così perché è vero.- Appena pronunciò le parole tuo fidanzato noi due ci guardammo inorriditi. Ok, se questo era un piano per farci prendere un colpo, non era divertente. Mi confondeva, però, ancora di più il fatto che mi aveva chiamata con il mio nome per intero, non lo faceva mai.

-Dai piantala di prendermi in giro, ci allenavamo insieme tutti i giorni fino a tre mesi fa e comunque lui è Arion il capitano della nostra squadra, come fai a non riconoscerlo!- Le cose ora erano due o a Ricky dovevano dare il premio come miglior attore dell'anno o stava succedendo qualcosa di strano da quelle parti.

-Forse sei tu che ti stai confondendo, noi non ci vediamo da quando avevamo undici anni e tu ti sei trasferita in India per il lavoro di tuo padre. Non gioco da allora e ti ripeto che non conosco questo tipo. Io faccio parte del club di musica e ora scusami, ma non ho proprio tempo di rimanere a chiacchierare con te. Ci vediamo in giro!- E, lasciandoci così a bocca aperta, se ne andò. Avevo effettivamente trascorso l’ultimo anno delle elementari all’estero, ma poi ero tornata per rispettare la promessa che ci eravamo fatti di frequentare questa scuola ed indossare la maglia dei nostri idoli. Tutto questo non aveva il benché minimo senso logico. Armato della sua solita caparbietà, quel matto del mio compagno d’avventure decise di farmi fare tutto il giro dell'istituto alla ricerca di tutti gli altri ragazzi. Riassumendo la storia in poche parole, incontrammo ognuno di loro, però senza successo. Ci dissero infatti la stessa cosa del virtuoso, ovvero che non avevano mai fatto parte di nessun club di calcio.
Essendosi fatta oramai sera decidemmo di raggiungere il campo al fiume per fare due tiri. Esisteva davvero un motivo razionale perché un’intera squadra perdesse la memoria di punto in bianco? Secondo me no. Avevamo davvero bisogno di distrarci. Purtroppo, però, quella pace durò poco. Uno strano tipo si avvicinò porgendoci questa domanda:

- Voi siete Alexandra Wolf ed Arion Sherwind? 

-Sì, siamo noi e tu chi sei?- Rispose il mio amico senza riflettere un momento. Ma insomma la prima regola se si dovesse avvicinare uno sconosciuto, che ti chiede se sei la persona che cercava, era quella di dire di no.

-Io sono Alpha ed la mia missione e cancellare il calcio.- Proclamò in tono fermo il nostro, a quanto pare, nuovo nemico. Possibile che non ci fosse mai un attimo di quiete? Sconfiggevamo una minaccia e subito dopo ne appariva un’altra.

-Cosa e perché mai lo vorresti fare?

-Ora non ho tempo di spiegare è ora di eliminarlo per sempre dalla vostra vita.- Senza poter avere neanche il tempo di controbattere ci colpì con uno strano pallone colorato. In pochi secondi ci trovammo su una spiaggia e questa volta insieme al ragazzo c'erano altri dieci giocatori. Cominciarono a tirarci pallonate addosso, anche se non li avevamo mai visti e non avevamo la benché minima idea di cosa gli avessimo fatto. Cercammo in tutti i modi di ribattere le pallonate, ma prendemmo tante di quelle botte che alla fine non sentivamo più dolore da nessuna parte. La tortura durò diversi minuti, finché un ragazzo con i capelli verde fosforescente non bloccò un colpo e si presentò dicendo:

-Il mio nome è Fey Rune e devo proteggere il nostro amato sport. Non vi permetterò di far del male ad Arion e ad Alexandra.

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Capitolo 2
*** Essere diverso da tutti ***


Pov. ...

Ero sempre stato diverso da tutti gli altri esseri umani, infatti, in teoria, non lo ero. Io ero un ultraevoluto, anzi non ero neanche un ultraevoluto qualunque, ero il più potente e quindi il capo. Quello ammirato da tutti, ma allo stesso ero quello più solo. Non avevo mai avuto una vita facile. Crescere senza nessuno non lo era mai, eppure tutto ciò mi aveva reso solamente più forte. Da quando ero nato non avevo mai ricevuto nulla dalla vita; perciò, avevo deciso di prendere quello che mi spettava e mi era stato tolto da solo. Il mio volto da alcuni anni era sempre ben esposto su alcuni ologrammi per ricordare al mondo che l'El Dorado mi considerava il nemico pubblico numero uno. Mi bastava aprire una finestra e subito riuscivo ad intravedere i miei capelli bianchi sopra un manifesto. Essendo così chiari facevano risaltare gli occhialini da aviatore che, in quelle immagini, mi ricoprivano gli occhi color ametista. Per quanto a molti potesse sembrare una cosa terribile essere ricercati, a me divertiva solamente. Infondo c’era davvero così tanta differenza tra quello e l’essere famosi? Almeno quando uscivo dalla sede mi permetteva di avere un hobby. Avevo iniziato a prendere gusto dal fuggire dagli agenti inviati per arrestarmi. Avrei potuto creare un sistema a punti per quanti ne abbattevo e alla fine tirare i conti. Diressi il mio sguardo sull'orologio appeso al muro infondo alla stanza. Erano le tre del pomeriggio, in un altro noiosissimo giorno lì nel 2216 nella città di Sant'Eldi. Teoricamente ero in riunione con Mehr, una delle menti più brillanti di tutta la New Gen, l'organizzazione fondata da me, che radunava i ragazzi ultraevoluti, eppure quel giorno avevo davvero la testa da un'altra parte. Senza capirne bene il motivo, mi capitava di sentirmi davvero solo. Guardavo gli altri che chiacchieravano con i loro amici o compagni, oppure, i più fortunati, con i loro fratelli. Per esempio, la violetta prima citata, capitano della Team Ghir, aveva il suo fidanzato Ghiris. Per dare un'idea del loro rapporto li avevamo soprannominati Romeo e Giulietta, si poteva trarre perciò da soli le proprie conclusioni. Loro erano fortunati perché avevano già trovato il loro predestinato. Quella persona che ci avrebbe fatto battere il cuore e ci avrebbe dato la forza per continuare a lottare giorno dopo giorno. Una spiegazione più "scientifica": noi ultraevoluti, oltre ad avere dei poteri speciali, avevamo anche una ciocca di capelli di colore diverso dal nostro, la quale aveva quello della nostra anima gemella e ne conteneva anche il DNA. Della serie così eri sicuro che non te la lasciavi scappare, beh in effetti avremmo capito che si trattava di lei solamente con il primo sguardo. Una piccola scossa ci avrebbe percorso tutto il corpo avvisandoci, proprio come se fosse un segnale d’allarme. Personalmente però non ero ancora riuscito a comprendere se si trattasse di una fortuna o una sfortuna, insomma rischiavi di passare la vita sperando che scattasse la scintilla con una persona al primo tentativo. E se questa non fosse mai arrivata? Infondo vent’anni erano pochi per essere certi di trovarla. Morale della storia come in ogni situazione della vita, serviva solamente una grande botta di … va beh, avevate capito.

-Simeon allora mi stai ascoltando!- Quasi urlò Mehr. Era abbastanza simpatica, tranne quando si metteva a parlare di robotica e fisica quantistica. In quel caso consigliavo caldamente di uscire dal suo raggio d'azione e di non essere reperibili entro cinque chilometri. Non dovevate dirle però che ve l’avevo detto.

-No... ripeti.- Risposi in tono scocciato. Secondo lei mi interessava davvero qualcuna di tutte le cose che sparava ogni giorno? Iniziavo a pensare sempre più vivamente che Ghiris avrebbe meritato la santificazione per direttissima. Sarei stato quasi curioso di conoscere il segreto per riuscire a sopportarla h24.

-Ti ho detto che l'El Dorado ha mandato tutta la Protocollo omega ad attaccare la Raimon.- Chi era l'El Dorado, ma era ovvio. Un gruppo di vecchietti che governava il mondo e che ci voleva distruggere, perché pensava che fossimo una minaccia per l'umanità. Non dicevo che avessero torto, anche se pensavo che tra poco sarebbero stati loro a scomparire dalla faccia della terra. Ebbene sì, finalmente dopo tante chiacchiere inutili la violetta mi aveva dato delle informazioni semplici e utili. Magari era l'inizio di un cambiamento in positivo da parte sua. Da genio so tutto io a genio umano sarebbe stato un ottimo risultato, dovevate fidarvi di chi la sopportava da anni. 

-A sì certo, ma tanto lo sapevamo già, è per questo che gli ho mandato Fey. Evitare che eliminino il calcio, permettendoci quindi di nascere.

-Va bene se lo dici tu, io vado ad allenarmi. Ghiris mi sta aspettando ed il galateo dice di non fare aspettare mai nessuno.- Concluse uscendo dalla sala. Era sempre la solita, quando si parlava del fidanzato si trovava su un altro pianeta. Inoltre, aveva appena mostrato un'altra sua "adorabile" caratteristica. Come ogni membro della Team Ghir era fissata con le buone maniere e con l'educazione. Non c'era troppo da meravigliarsi dell'odio tra di loro e la Team Zan che viveva praticamente utilizzando le regole della strada. A volte lei mi ricordava una damigella di alcuni di quei romanzi dell’Ottocento che costudivamo in biblioteca. Era davvero una ragazza di altri tempi. Riguardai nuovamente l’orologio, era meglio che mi muovessi anch'io. Mi aspettava La Lagoon, la squadra più forte di tutta la New Gen, di cui io ero ovviamente il capitano. Persino io avevo obblighi da rispettare di tanto in tanto. 

 

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Capitolo 3
*** Il primo viaggio nel tempo ***


Finalmente quella strana partita, a cui eravamo stati costretti, era finita. Mi stava esplodendo la testa per tutte le cose assurde che erano successe in quel breve lasso di tempo. Avevo bisogno di una bella spiegazione e anche esauriente, che avrebbe dovuto comprendere da chi era quel tizio che ci aveva attaccati, a come faceva il verde fosforescente a far apparire quei doppioni. Sfortunatamente dalle mie aspettative le sue parole non furono di nessun aiuto, anzi ci confusero esclusivamente di più.

-Tu vieni dal futuro? Ma com'è possibile?- Domandò il capitano. Non era possibile, quel ragazzino ci stava prendendo in giro. Come poteva venire da un altro secolo se non era possibile viaggiare nel tempo? Insomma, non ci voleva tanto a capirlo. Era solo fisica. Il moto di rotazione della ter... ok scusate stavo divagando un po' troppo. Era meglio tornare a noi.

-Vi sto dicendo la verità. Io vengo da 200 anni più avanti rispetto al vostro presente e lì abbiamo la possibilità di spostarci da un’epoca all’altra. Io, per esempio, sono venuto insieme a Clark Von Wunderbar, che in collaborazione con il professor Criptics, ha inventato la prima macchina del tempo.- Rispose il diretto interessato. Guardando il suo viso sembrava che fosse sincero, anche se non ero certa se potessi già confidare in lui. Le persone mentivano e quelle più brave erano quasi impossibili da essere sgamate. Non mi fidavo mai facilmente delle persone. Ero stata ferita troppe volte durante l'infanzia ed ora arrivavo a dubitare di chiunque all'inizio della conoscenza. Sfortunatamente il capitano non era del mio medesimo avviso.

-Io sento che sta dicendo la verità e se vuole difendere il calcio noi lo aiuteremo, vero Alex?- Disse con quel suo solito tono ottimista che a volte dava un po' sui nervi. Quel ragazzo si faceva davvero abbindolare troppo in fretta. Speravo per lui che questo, un giorno, non gli si sarebbe ritorto contro, mentre se fosse accaduto che avesse almeno una persona a parargli le spalle. A quel punto non restava altro da fare che tentare.

-Sì, Arion hai ragione. Se vuole proteggerlo può contare su di noi.- Non so come facesse, ma mi aveva convinta anche questa volta. Bastava nominare il nostro sport e qualunque membro della Raimon lo avrebbe seguito senza farsi troppe domande, soprattutto dopo gli eventi degli ultimi mesi.
Tornammo a scuola qualche minuto più tardi, dopo aver elaborato un piano degno di questo nome. Sapevo che per il mio amico era una cosa normale andare alla cieca, ma io preferivo pianificare con certezza quando si trattava di questioni importanti. La prossima mossa era semplice, ovvero andare dall’allenatore nel momento in cui la storia era stata modificata e far sì che tutto filasse nel modo giusto. Setacciammo da cima a fondo la vecchia sede del club di calcio alla ricerca di un cimelio. Superate un quintale di ragnatele e altrettanti scatoloni alla fine riuscimmo a trovare la targa che di norma era attaccata al portone d’ingresso. Immediatamente ci precipitammo sulla macchina del tempo. Non appena mettemmo un piede a bordo, il capitano ed io diventammo bianchi come cadaveri, l’ansia per il primo viaggio era molto più forte dell’eccitazione per l’idea stessa. Speravo con tutto il cuore di non sentirmi male, quando mi veniva la nausea era davvero la fine.

-Siete tutti pronti! Allora tre, due, uno... salto temporale!- Disse l'orso di peluche, ok Wonderbot, non ditegli che l'avevo chiamato così  altrimenti mi avrebbe strozzata. Quando finalmente partimmo, scoprimmo che le nostre paure erano per fortuna infondate, infatti l’unica cosa che accadde fu che venimmo catapultati in un meraviglioso tunnel arcobaleno.

-Che forza!- Esclamò il centrocampista. Era davvero incredibile, non riuscivo a pensare ad altro che a ciò che ci circondava. Non avrei mai immaginato che un giorno sarei riuscita a tornare nel passato. Avevo sempre amato la storia e quello era un sogno che si realizzava. Arrivati a destinazione trovammo un’entusiasta Mark Evans davanti al cancello dell'istituto del tutto euforico perché avrebbe cominciato le scuole medie. Mi ricordava tremendamente Arion in quel momento. Lo seguimmo a breve distanza, cercando di non farci scoprire, per quasi tutta la scuola. Cavolo se correva quel ragazzo. Ad ogni modo, alla fine decise di fermarsi davanti all'aula professori e di entrarvi. Finalmente avremmo potuto riprendere un po’ di fiato.

-Vorrei iscrivermi al club di calcio della scuola!- Disse il ragazzo a Frank Wintercy.

-Mi dispiace, ma in questa scuola non esiste alcuna squadra di questo sport.- Rispose il professore. A quanto pare era già docente all'epoca e dava l’impressione che nemmeno prima fosse meno bisbetico rispetto al presente. Non credevo, in tutta la mia carriera scolastica, di aver mai incontrato un insegnante peggiore.

-Cosa?- Domandò il giovane. Sconsolato, l'allenatore Evans decise, insieme a Silvia Woods, di fondarlo lui stesso, iniziativa degna di nota per un tipo di tredici anni. Da lontano li osservammo sgomberare la vecchia sede, proprio come noi avevamo fatto poco prima dodici anni nel futuro. Riflettendoci bene, era strano, ma quella frase aveva davvero un senso logico. Più tardi mentre tornavano da scuola apparve Alpha insieme a tutta la Protocollo Omega, che lanciò un pallone da calcio contro Mark. Fortunatamente avevamo i riflessi pronti e corremmo nella loro direzione prima che scomparissero. Quando riaprimmo gli occhi ci trovammo in uno stadio, dove i nostri nemici sfidarono il futuro professionista ad una partita, che costrinse anche noi a scendere in campo per dare un minimo di equilibrio alla situazione. Tutto era stato davvero emozionante. Il portiere utilizzò la mano di luce per la prima volta e, come se non bastasse, evocò persino il suo spirito guerriero, Magico Gigante Grandius. Ad aiutarci a vincere l'incontro, arrivò inoltre anche un altro giocatore inaspettato, Vladimir Blade. Spesso mi era capitato di accompagnare Victor a trovare il fratello e di osservarlo fare fisioterapia, però non avrei mai immaginato di potermi confrontare con lui così presto. Scoprimmo, infatti, che si trattava di una sua versione proveniente da una dimensione parallela, dove non aveva mai avuto l'incidente. Concluso finalmente lo scontro, decidemmo di riunirci per parlare seduti in circolo. Cercammo di dare una spiegazione il più semplice possibile per evitare di lasciarli con maggiore confusione in testa. Fortunatamente il ragazzo parve cogliere tutto al volo, oppure, più semplicemente, come il nostro capitano, anche lui sentendo le parole cercare di distruggere e calcio si animò.

-Ragazzi verrò con voi a salvare il nostro sport, non posso starmene con le mani in mano.

-Mark tu devi rimanere qui e fondare il club così che quando torneremo a casa la squadra sarà di nuovo al completo.- Gli disse Fey.

-Va bene, ma promettetemi che riuscirete a salvarlo!

-Certo puoi contarci.- Rispose Arion.

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Capitolo 4
*** Normale routine ***


Pov Simeon

Erano le tre del mattino e, come spesso accadeva, non riuscivo a dormire. Stavo sul davanzale della finestra a guardare le stelle. Se di norma avrei semplicemente ammirato il loro splendore, quella notte la mia mente si era fermata sul pensiero che da giorni mi tormentava. Mi interrogavo su chi fosse la mia anima gemella, la mia predestinata. Non capivo perché, dopo tanto tempo, tutto ciò fosse tornato a galla. Forse la mancanza di Fey, unico mio vero confidente, si faceva sentire. Era la persona più pura e sincera che io avessi mai conosciuto, probabilmente era per quello che mi piaceva averlo accanto. La sua luce si contrapponeva perfettamente con l'oscurità del mio essere. Per quanto la sua assenza creasse un vuoto enorme, però sapevo che era l'unico davvero in grado di assolvere a quel difficile compito che gli avevo assegnato. I ragazzi della Raimon si sarebbero fidati solamente di qualcuno come loro. Rimasi fermo in quella situazione per tutta la notte, non riuscendo a chiudere occhio nemmeno per un secondo, cosa a cui oramai avevo fatto l'abitudine. Alle prime luci dell'alba, ero stato, però, costretto a destarmi, a causa dell'arrivo di Canis, uno dei membri della mia squadra. Ancora fermo sulla soglia, potevo leggere nel suo sguardo una leggera preoccupazione nei miei confronti. Odiavo quando faceva l'apprensivo, nemmeno fosse un mio parente.

-Simeon va tutto bene?

-Sì, stavo solo riflettendo.- Risposi schietto. Non volevo che qualcuno fosse a conoscenza dei miei problemi. Ero il capo e non potevo mostrarmi vulnerabile ad anima viva.

-Pensi alla missione di Fey? Credi che non ci riuscirà?

-Sì, riflettevo proprio su quella. Ho deciso che anche noi dovremmo fare la nostra parte. Non vogliamo certo che fallisca per aver tralasciato un dettaglio.- Era una mezza verità infondo. Il coniglietto qualcosa c'entrava, ma per il resto no.

-Allora cosa dobbiamo fare?

-Oh, niente, voi della Lagoon proprio nulla. Ci penserà la Zan.- Era una delle squadre della New Gen. Erano i più violenti, a loro importava solo di creare guai e distruzione ovunque andassero, però a me non interessava minimamente. Potevano fare quello che volevano bastava che si ricordassero chi comandava. Il loro capitano si chiamava Garreau. Aveva i capelli bianchi con una parte rossa e gli occhi rossi. Dovevo confessare che provavo una certa pena per la ragazza che un giorno avrebbe dovuto sorbirselo, anche se solo per cinque anni. La cosa che lo divertiva di più era litigare con Mehr e ogni volta mi toccava fermarli. Chiunque altro si fosse intromesso avrebbe esclusivamente rischiato di rimetterci qualche osso. Per me non era invece lo stesso, infatti, come tutti del resto, aveva paura del sottoscritto e si acquietava subito. Era davvero divertente vedere il modo in cui cercava di trovare qualche scusa per le sue azioni, anche se non avevano mai successo. Ricordavo sempre molto divertito il giorno in cui capitarono di turno in cucina insieme, le urla si sentivano per tutto l'edificio e qualcuno aveva iniziato persino un giro di scommesse su chi ne sarebbe uscito peggio. Quando finalmente, dopo quasi un'ora di preghiere di Ghiris, andai a controllare, mi trovai davanti uno scenario estremamente divertente, sembrava quasi che qualcuno avesse lanciato una bomba di vernice lì dentro. Sia le pareti che loro erano ricoperti di varie pietanze, che presumevo fossero state lanciate con la telecinesi almeno dalla ragazza. Come punizione dovettero pulire il disastro da soli, essendo perciò costretti a passare ancor più tempo insieme.

Qualche ora più tardi, per dare ai ragazzi la possibilità di fare colazione, radunai le squadre nella biblioteca. Le trovai già lì al mio arrivo, in fila indiana e in attesa di ordini.

-Ho una missione da affidarvi, andate nella città di Xenia, che ha al suo interno due sedi dell'El Dorado e radetele al suolo.- Ordinai alla Zan.

-Contaci sarà un vero piacere e un gran divertimento.- Mi rispose Garreau. Lasciarono in fretta la stanza, entusiasti di provare le ultime armi create. Non mancarono i commenti sottovoce degli altri, soprattutto dalla Team Ghir, i quali sapevano cosa potevano arrivare a combinare se lasciati senza una guida. Era in quei momenti che si poteva notare come l'astio non era solo tra i rispettivi capitani, bensì era esteso a tutti i componenti delle rispettive squadre. La Team Gahr cercava invece di rimanere sempre neutrale in quelle circostanze, anche se spesso era palpabile il loro propendere verso gli elegantoni.

-Sei sicuro che sia una buona idea mandarli da soli? Lo sai che sono imprevedibili.- Mi domandò Mehr comparendo alle mie spalle insieme a Ghiris.

-Sì e poi al massimo distruggeranno qualcosa di troppo, giusto?

-Hai ragione, forse ci preoccupiamo eccessivamente, ma sai com'è meglio pensarci prima due volte che fare in fretta e compiere un errore dopo.- Aggiunse il ragazzo. Quei due leggevano troppo, il che detto da me era tutto dire, se erano persino arrivati a citarmi modi di dire del genere. Iniziavo a credere che fosse meglio limitargli l'accesso a quella sala. Scacciai con molta noncuranza il pensiero dalla mia mente. Non era il momento di ragionare su di esso.

-E chi lo sa? A proposito come va la costruzione delle nuove armi?

-Procedono bene saranno pronte per quando attaccheremo la sede centrale dell'El Dorado.- Risposero in coro Mehr e Ghiris.

-Perfetto, ma ora non dovreste andare ad allenarvi?- Una volta che tutti lasciarono la sala e i due fidanzatini stavano per seguirli, aggiunsi: - A proposito sapete che siete carini quando parlate in coro.- Loro si girarono, fecero un sorriso e se ne andarono. Ecco, ora erano passati alla modalità inquietanti. Quando rimasi finalmente da solo, lasciai anch'io la sala e salii sul tetto. Da li vedevo tutta la città, ogni palazzo, ogni strada, ogni persona, però soprattutto la cosa che odiavo di più su tutto quel pianeta, la sede centrale dell'El Dorado. Un grattacielo esattamente al centro di uno stupendo giardino. Non li sopportavo per tanti motivi, però quello principale era che per colpa dei pregiudizi di quei vecchietti, la mia famiglia mi aveva abbandonato.

 

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Capitolo 5
*** La squadra è finalmente riunita ***


Tornati nel presente, eravamo un misto di paura ed eccitazione. Nella mia testa la preoccupazione di non aver risolto il problema era davvero alta. Non avrei potuto sopportare due volte la stessa sensazione di varcare quella soglia e scoprire che dentro ci fosse un altro club sportivo. Non era tanto per la figuraccia, quanto per il senso di vuoto che mi aveva lasciato. Al capitano tremavano le mani, ad ogni passo che faceva in avanti ne seguivano due indietro. Gli altri lo guardavano tra il preoccupati e il confusi, cercando di capire quali fossero le sue intenzioni. Rimanemmo lì per molto tempo, finché non comparve Skie piuttosto arrabbiata.

-Ragazzi siete in ritardo, gli allenamenti sono già iniziati. Il fatto che siate stati via per tutto questo tempo non vi dà il diritto di saltarli la prima settimana dal vostro rientro.

-Intendi gli esercizi del club di calligrafia? - Chiese il ragazzo in preda al panico. A quanto pare a lui era andata davvero male per quanto riguardava il doposcuola nella realtà alternativa. Già non era la miglior attività del mondo, ma, per un ragazzo iperattivo come lui, era davvero deprimente. Se fosse capitato a me, probabilmente mi sarei buttata dalla finestra. Ripensai divertita al fatto che, per fortuna, nel mio piano di studi era stato inserito quello di musica, era già meglio di niente.

-Ma cosa dici, sto parlando di quelli di calcio.- Rispose lei disperata.

-PER FORTUNA!- Strillammo in contemporanea. Pensate se avessimo dovuto fare altri quaranta salti temporali per riuscire a riportare tutto alla normalità. Temevo che non saremmo mai tornati al vero punto di partenza. Raggiunti gli spogliatoi incontrammo tutti i componenti della squadra entusiasti di rivederci. Mi guardai un po’ intorno, ero sicura mancasse qualcuno all’appello. Dove cavolo era finito l’attaccante rompiscatole. Non era mai in ritardo da quando non era più un membro del quinto settore. 

-Scusate, ma dov'è Victor? - Chiesi sedendomi su una delle panche.

-Chi?- Mi domandò Eugene. Per la loro incolumità psicofisica speravo stessero scherzando. Non potevano essersi dimenticati di un talento della sua portata, quel ragazzo non passava di certo inosservato.

-Mi state prendendo in giro, vero? Vi prego ditemi che è così.

-Ti ripeto che noi non conosciamo nessuno con quel nome.

-Ma certo che sapete chi sia Victor Blade. È il ragazzo che gioca in coppia con me in attacco.- Solo i miei migliori amici sembrarono mutare leggermente espressione sentendo il suo nome, ma poi non dissero nulla. Forse loro sapevano qualcosa in più rispetto agli altri. Stavo per indagare quando la conversazione riprese.

-Alex guarda che tu ed io ricopriamo quel ruolo, non lo fa quel tizio.- Aggiunse Michael. Non volevo essere offensiva, però era già tanto se andavamo d'accordo, mentre per giocare in quel modo serviva sintonia assoluta. Non era nemmeno immaginabile una formazione del genere. Neppure Arion sarebbe riuscito a mettere insieme una schifezza simile, con tutto il rispetto naturalmente.

-Fey ho paura che ci sia stato un altro cambiamento temporale, sarà meglio spiegargli tutto! - Aggiunse preoccupato il capitano, che, a quanto pare, era in pena per il suo migliore amico. Capivo perfettamente come si sentiva. Lo avevo provato anch'io quando Riccardo e Gabi non avevano più memoria degli ultimi anni trascorsi. Era come se qualcuno ti strappasse il cuore dal petto e si mettesse a calpestarlo più volte.

-Hai ragione.- Il verde-acqua armeggiò qualche istante con il suo braccialetto, mandando un messaggio all'orso. Spostammo la nostra riunione al campo interno, dove sarebbe potuto apparire l'autobus Inazuma senza dare troppo nell'occhio. Ovviamente un mezzo del genere che appariva nel cielo avrebbe suscitato qualche clamore ed era meglio evitare la presenza di persone indiscrete in giro.

-Ragazzi mi avete chiamato proprio mentre stavo lavando la macchina del tempo.- Disse Wonderbot scendendo dal congegno.

-Cosa cavolo sta succedendo qui!- Strillò Ryoma in preda ad una specie di attacco di panico. Avreste dovuto vedere le loro facce in quel momento. Ero tentata di rubare la fotocamera a Rosie, ma temevo che ci avrei rimesso la pelle. La ragazza era molto gelosa di quell'oggetto, probabilmente per il gran numero di ritratti del Virtuoso che vi erano sopra. Era esilarante pensare che lui fosse l'unico a non accorgersi che esse venissero scattate, insomma c’era persino il flash.

-Ora vi spiego tutto allora...- Iniziò il peluche con tono serio, neanche dovesse fare un discorso alla nazione. Ci volle mezz'ora prima di riuscire a zittirlo, eppure una volta concluso i ragazzi sembravano ancora molto confusi. Non era stata una buona idea lasciar parlare lui, sarebbe stato meglio affidarci a Fey. -Avete capito?

-Veramente no!- Risposero i ragazzi tranne Rosie. Stranamente lei sembrò invece aver afferrato il concetto.

-Io ho capito. Ci troviamo in un mondo parallelo, come nei miei romanzi preferiti. È un sogno che diventa realtà.- Cominciavo a credere che le mancasse qualche rotella. Molti espressero la loro inquietudine per la situazione, non era infondo una cosa semplice da digerire. Non avevamo però tempo da perdere, non potevamo permettere che le modifiche alla storia diventassero permanenti. Solo la richiesta di Vlad di attendere fino al giorno seguente ci fece desistere dal partire nell’immediato.

-Ragazzi allora ci vediamo domani alle sei e trenta in punto, per andare a recuperare Victor.- Ci informò l’orso.

Una parte di me si chiedeva cosa stesse facendo l’attaccante in quel momento, ma soprattutto se stesse bene o se fosse ritornato il teppista che avevamo conosciuto ad inizio anno. Mi ero affezionata molto a lui negli ultimi tempi ed eravamo diventati buoni amici. Non volevo nemmeno ipotizzare quanto si sentisse vuoto senza la cosa che più amava al mondo, cosa a cui aveva rinunciato per il fratello. Camminavo immersa nelle mie preoccupazioni per la via commerciale della città, quando lo vidi all’interno della sala giochi insieme al più grande. Mi avvicinai con cautela, non volevo che si accorgessero della mia presenza. Riuscii a captare gran parte della conversazione, ma in particolare la richiesta all’attaccante di giocare una partita insieme, che questo rifiutò. Capii immediatamente perché il maggiore ci tenesse così tanto, voleva avere la possibilità di divertirsi un’ultima volta con lui prima di tornare ad avere le stampelle e a fare riabilitazione nel vero mondo. Era orribile pensare che per ridare il nostro amato sport ad uno avremmo dovuto toglierlo all’altro. Attesi pazientemente per quasi un’ora che il ragazzo del primo anno rimanesse solo ed uscisse dal negozio, volevo assolutamente convincerlo. Mi passò davanti e i nostri sguardi si incrociarono per un attimo e mi chiesi se lui sapesse chi ero, o per lo meno se ci fossimo mai incontrati in quest’universo parallelo. Risultò evidente solo quando si fermò e disse:

-Cosa ci fai qui?

-Volevo parlarti.

-Potevi chiamarmi, sai che da queste parti non è molto sicuro. Non voglio che ti succeda qualcosa.- Bene avevamo appurato che almeno non era antipatico e arrogante come quando lo avevo conosciuto.

-Tranquillo, alla fine me la cavo sempre. In ogni caso quello che ti devo dire è di incontrarti con tuo fratello al Campo al Fiume oggi, per lui è molto importante.- Mi guardò confuso, però poi mi si avvicinò e mi mise un braccio intorno alle spalle, iniziando così a camminare. Lo seguii senza fare storie, dovevo convincerlo a tutti i costi. Rimase in silenzio per diversi minuti, tanto che nel frattempo raggiungemmo la strada principale, finché non aggiunse:

-Va bene, se dici che è così essenziale che io vada lo farò.

-Grazie mille.

-Questo ed altro per le due persone più importanti della mia vita, Vlad e la mia ragazza.- Arrossii immediatamente. Ecco il perché Gabi e Ricky avevano già sentito il suo nome anche se non era in squadra, lo conoscevano perché in questa realtà uscivamo insieme. Tentai di mettere a fuoco una possibile idea di lui e me nella mia testa, ma scacciai subito il pensiero. Funzionavamo bene come coppia d’attacco, però non avrei detto lo stesso da un punto di vista sentimentale o almeno lo credevo. Tentando di sembrare il più naturale possibile, lo condussi a Riverside dove il maggiore stava palleggiando.

-Su scendi, ti sta aspettando.- Mi salutò con un bacio sulla fronte e poi lo raggiunse. Sarebbe stato leggermente imbarazzante guardarlo negli occhi da oggi in poi se questa versione di lui avesse cercato di darmelo sulle labbra. Rimasi a guardarli per un po’ e scattai anche una graziosa foto mentre cercavano di rubarsi la palla a vicenda.

La mattina successiva ci rivedemmo davanti alla palestra così presto che faticavo a stare in piedi. La sveglia mattutina per gli allenamenti di solito era alle sei, però quel giorno la dovetti anticipare di un'ora. Se qualcuno mi avesse fatto una qualsiasi domanda in quel momento, non avrei saputo dirgli altro che cuscino e dormire.

-Ma dove sono tutti è tardi!- Urlò Wonderbot, lamentandosi del fatto che eravamo presenti solo in cinque. -Mi dispiace, ma dobbiamo andare da soli non possiamo aspettare un minuto di più, altrimenti rischieremo che le modifiche alla sua linea temporale diventino permanenti. Allora Vladimir cosa hai portato per andare all'interruzione?- L’attaccante gli consegnò un vecchio pallone da calcio.

-Ecco questo è il cimelio dei fratelli Blade.- Tornati sei anni nel passato, ci trovammo difronte ad una scena bellissima. In lontananza vedemmo due bambini che giocavano a pallone. Erano così allegri e spensierati. Sarebbe stato molto bello se fossero rimasti sempre in questo modo per tutta la vita. D'un tratto, però, il pallone finì su un albero. Nell’esatto momento in qui il più giovane stava andando a recuperarlo il tempo si fermò e ricomparve Alpha. Possibile che quel ragazzo non avesse altro a cui pensare.

-È ora di correggere Victor Blade.

-Non te lo permetteremo!- Strillò il più grande tra noi, mentre si metteva in mezzo. Scoprendo che ci eravamo già affrontati in diversi mondi paralleli, ci scagliò una pallonata addosso che ci teletrasportò allo stadio della Raimon.

-E ora iniziamo la partita!- Urlò Arion ad un volume tale che lo sentirono fino in Germania. L’incontro fu molto faticoso, però, ne valse la pena. Per i due giocatori che non avevano mai viaggiato nello spazio-tempo, inizialmente era stato difficile adattarsi alla velocità delle azioni di gioco, ma alla fine erano riusciti a trovare il loro ritmo.

-Abbiamo vinto!- Cominciammo a strillare. Ok, sembrava che il capitano fosse contagioso. Anche se infondo, dopo tanti sforzi, era stata davvero una bella sensazione quella di riuscire finalmente a liberarci della Protocollo Omega. Sentii, però, una lacrima rigarmi il volto, quando vidi Vlad cominciare a dissolversi. Era stato davvero coraggioso ad accettare il destino che la storia gli aveva riservato.

-Ora torniamo immediatamente al club e speriamo che il vostro amico si trovi lì.- Disse Fey. Aveva ragione dovevamo verificare la fine delle aberrazioni temporali. Rimanemmo tutti bloccati, quando ci accorgemmo che nello spogliatoio non ci fosse nessuno. Tirammo un sospiro di sollievo, ad ogni modo, nel momento in cui si spalancò la porta e comparve l’ultimo disperso della squadra. Risi dentro di me ripensando alla situazione tra di noi nell’altra realtà. Gli riservammo un breve racconto delle nostre avventure per salvarlo ed io gli diedi la fotografia che gli avevo scattato al campo il giorno precedente, era giusto che l’avesse lui. Notai i suoi occhi diventare lucidi e poi mi abbracciò. Sorrisi, finalmente avevamo riunito tutta la squadra!

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Capitolo 6
*** Caccia all'uomo ***


La nottata era stata stranamente tranquilla, infatti ero persino riuscito a dormire per sette ore di fila, probabilmente un nuovo record. Al contrario la mattinata si era rivelata una come tante altre. Mi ero alzato presto e avevo raggiunto la biblioteca per la consueta riunione d'inizio giornata. Il problema si rivelò una volta sciolta l'assemblea, perché per una volta in vita mia non avevo nulla da fare. Decisi perciò di recarmi nel luogo che più amavo, ovvero i tetti della città. Da lì si poteva vedere tutto quello che accadeva ai suoi abitanti, ogni movimento ed ogni reazione. In un certo senso mi sarebbe piaciuto molto essere, solo per un momento, uguale a tutti gli altri, non essere un ultraevoluto, ma un qualsiasi umano, solo per poter vivere come loro quelle emozioni. Mi piaceva la mia vita, il mio essere speciale, però a volte non potevate capire cosa avrei dato per un giorno di normalità. Senza venir inseguito o discriminato da qualcuno per la presenza di un singolo gene in più. Un'idea si fece così strada nella mia mente, forse un po' folle, anzi sicuramente folle, ovvero quella di fare una passeggiata sotto copertura. Sarebbe stato molto difficile. Tutte le strade erano tappezzate di manifesti con il mio volto. L'El Dorado aveva piazzato una taglia sulla mia testa e non faceva nulla per nasconderlo. Se qualcuno mi avesse riconosciuto, avrei dovuto dileguarmi alla svelta. Eppure, in quel momento non mi interessava, avevo bisogno di cambiare aria e niente e nessuno mi avrebbe fermato. Ciò di cui avevo bisogno, però, era certamente un buon travestimento. Rientrai immediatamente nella parte della residenza adibita agli alloggi della Lagoon. Nella mia stanza avrei certamente trovato qualcosa di adatto al mio piano. Frugai un po' nell'armadio, poi tirai fuori dei pantaloni larghi neri, abbinati a delle scarpe da ginnastica e una felpa a mezze maniche per metà scura e dall'altra arancione. Li indossai in fretta, lasciando sul letto persino i miei occhialini d'aviatore e optando invece per un modello semplice con le lenti coordinate alla giacca. Uscii cercando di non farmi vedere da nessuno. Non potevo rischiare che qualcuno mi vedesse girare in maniera così furtiva. Per mia fortuna a quell'ora i corridoi erano deserti, i ragazzi infatti avevano gli allenamenti e la mia squadra difficilmente lasciava la nostra zona. Riuscii perciò a raggiungere le strade in un men che non si dica.

Tirai un sospiro di sollievo non appena mi allontanai dal palazzo di un isolato. Riflettei qualche istante prima di decidere dove andare, c'erano così tanti posti che avrei voluto vedere, in cui non ero mai potuto andare. Alla fine, come prima meta scelsi il museo del calcio. Mi soffermai molto sulle maglie delle famose squadre del passato, erano così diverse dalle nostre divise ufficiali. Le loro sembravano fatte con lo stampino, cambiavano nella fantasia, ma il formato era sempre lo stesso. Le nostre invece erano una diversa dall'altra, c'era chi prediligeva i pantaloni, mentre altri vi aggiungevano una gonna sopra. L'oggetto che però attirava più di tutti la mia attenzione, era il quaderno degli insegnamenti del maestro. Trovandosi lì presumevo che Fey e i suoi nuovi amici non lo avessero ancora rubato, era ad ogni modo solo questione di tempo. La mia destinazione successiva era stata la miglior gelateria della città, di cui avevo tanto sentito parlare. Erano mesi che volevo andarci, ma per ovvie ragioni non avevo potuto. Proprio mentre stavo gustando il mio cono nocciola e cioccolato, un uomo alle mie spalle mi ordinò:

-Ehi tu, sei pregato di identificarti!- Forse per qualche strana ragione karmica mi stavo godendo troppo quella giornata ed era arrivato il momento di tornare alla realtà. Gettai quello che restava del mio spuntino nel cestino vicino a me e cominciai a correre. Sapevo chi fosse quell'uomo, era un agente dell'El Dorado, non potevo permettere che riuscisse a fermarmi. Ovviamente lui sapeva già chi fossi, per questo iniziò ad inseguirmi. Chissà perché avevo un déjà-vu. Ah già, perché era il riassunto di circa dieci anni della mia esistenza.

-Simeon Ayp, fermati immediatamente sei in arresto!- Mi urlò dietro l'agente. Lo avevo fatto divertire abbastanza, era arrivato il momento di fare sul serio. Passai finalmente ad una velocità tale che quasi le persone intorno a me non riuscivano a vedermi. Quanto era bello essere un ultraevoluto e potersi spostare con un tale ritmo. Notai che sempre più distanti da me, aumentavano di numero gli agenti, che cominciavano ad essere così tanti da occupare tutte le strade nell'arco di qualche chilometro. Che bello essere il ricercato numero uno.

-FERMO!- Mi strillavano dietro tutti insieme come un perfetto coro. Avrebbero potuto pensare di cambiare lavoro, forse gli sarebbe andata meglio.

-Provate a prendermi se siete abbastanza veloci.- Gli risposi prendendomi gioco di loro. Alcuni inciampavano dopo delle curve, altri in secchi della spazzatura o in modo molto ridicolo cadevano sopra ai colleghi caduti prima di loro. Me la stavo cavando alla grande e in più mi stavo anche divertendo. Ridevo a crepapelle passando da un vicolo all'altro e saltando tra le ringhiere. La pacchia finì quando cominciarono a sparare e capii che la cosa migliore da fare era usare i miei poteri. Attivai lo scudo ed i colpi gli rimbalzarono addosso, per loro fortuna non stavano usando quelli letali e antiquati. Ne seguirono però numerose esplosioni a catena, che crearono il diversivo perfetto per teletrasportarmi di nuovo a casa. Apparsi nel salone principale, ancora vuoto, o per lo meno così credevo. Mentre salivo le scale la voce di Yuh mi colse di sorpresa.

-Eri uscito?

-Sì, sai com'è volevo divertirmi un po'.

-Credo che tu ed io abbiamo concezioni molto diverse di questo termine, perché nel mio, causare un'esplosione che si è sentita in tutta la città e farmi inseguire dalla polizia, non è contemplato.

-È uscito tra le news, vero?

-Già e Mehr non l'ha presa molto bene.

-Chissà per che la cosa non mi sorprende.- Quella ragazza ogni tanto sembrava quella che molti avrebbero definito una mamma. Si preoccupava di tutto e tutti e faceva le romanzine a chiunque. Ero l'unico che per fortuna era in grado di azzittirla quando necessario. Conoscendo la mia poca pazienza, altrimenti avrebbe rischiato la defenestrazione. 

 

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Capitolo 7
*** Furto al museo del futuro ***


La comparsa della Protocollo Omega 2.0 ci aveva lasciati davvero sconcertati. Dovevo confessare che speravo che dopo la sconfitta di Alpha ci avrebbero lasciati in pace; invece, erano ritornati molto più forti di prima. Non c’era alcun paragone tra il loro livello di gioco attuale e quello precedente. Come se non bastasse, superati gli eventi legati alla partita tra Giappone e Stati Uniti d’America, non solo il calcio era ancora vietato, bensì Beta, il nuovo capitano dei nostri avversari, aveva ipnotizzato ognuno dei nostri compagni che non avesse uno spirito guerriero. Ringraziai mentalmente più di una volta la mia Artemide, dea della caccia e della luna, senza di lei sarei stata anch’io bloccata con gli altri. I giorni successivi furono ancora più duri, trovare un campo dove non essere scoperti era stato molto complicato, non potevamo certo tornare a scuola con il rischio che i nostri “amici” facessero la spia e in più il centro sportivo era chiuso. Solo grazie all’intervento provvidenziale di Axel Blaze, che aveva ricevuto, da un uomo di nome Benefattore X, un braccialetto temporale, riuscimmo finalmente a raggiungere un’area dove poterci allenare. Si trattava del Giardino Imperiale, un luogo del quale conservavo molti brutti ricordi dopo la nostra ultima visita. Lavorammo senza sosta per ore nella speranza di riuscire ad indossare le armature, sfortunatamente senza successo. Per l’ironia della sorte sarebbe stato proprio l’arrivo della Divisione A5, una formazione di cinque giocatori dell’El Dorado, e il successivo mix-max di Arion con Tezcat, a permettere a quest’ultimo di riuscire nell’impresa. Sapevamo perfettamente però che tutto ciò non sarebbe bastato per riuscire a battere la nuova Protocollo Omega 2.0, avevamo bisogno di una squadra al completo. A Wonderbot venne perciò un'idea piuttosto strampalata. Andare in un museo del futuro e rubare gli insegnamenti del maestro che ci avrebbero aiutati a formare la squadra più forte di tutti i tempi. Proprio una cosetta da niente, infondo tutti i giorni lo facevo prima di colazione, una volta in più cosa cambiava. Più passavano i giorni più mi rendevo conto di quanto la mia vita stesse prendendo una piega sempre meno piacevole. Nonostante i nostri numerosi dubbi alla fine, non sapevo bene come, ci aveva convinto ad imbarcarci nell’ardua impresa. La sera tardi partimmo per il 2216, ancora non potevo credere che ci trovassimo davvero nel futuro. Ero così elettrizzata, non vedevo l'ora. Avrei voluto vedere ogni cosa, persino il vicolo più stretto o un bagno pubblico. Mi riportò a malincuore alla realtà la voce di Fey che ci informò dei rispettivi compiti. L’orso e le ragazze sarebbero rimasti nella macchina del tempo pronti a scappare nell'esatto momento in cui fossimo tornati, mentre noi altri dovevamo infiltrarci nel museo. Qualcuno poteva gentilmente spiegarmi perché capitavano tutte a me? Per una volta non mi sarebbe dispiaciuto essere considerata parte del gentil sesso, al posto di rischiare le penne in prima persona. Pensate se ci avessero arrestato e fossimo finiti in una prigione del futuro. Come l'avremmo pagata la cauzione? Scacciai preoccupata il pensiero, in quel momento era meglio non pensarci, per evitare di attirare una probabile sfortuna. La missione alla fine durò meno di un’ora e si rivelò quasi divertente, come se fossimo in un film di spionaggio. Evitammo guardie robotiche, che in ogni caso alla fine fummo costretti a sfidare in una minipartita, attraversammo sistemi di ventilazione a carponi, dribblammo i raggi dell’antifurto e riuscimmo miracolosamente a portare in salvo il nostro obiettivo. Se qualcuno all’inizio dell’anno mi avesse detto che sarei finita a fare cose del genere probabilmente gli avrei dato del pazzo, eppure eccomi lì su una macchina del tempo a duecento anni dal mondo che conoscevamo e in compagnia di un peluche parlante, cercando di fuggire da un’organizzazione che era letteralmente a capo del pianeta. Rincasammo che era oramai l’alba. Superato il cancello, notai come la luce si riflettesse già sulle finestre del terzo piano creando un meraviglioso gioco di colori. Sperai con tutto il cuore che nessuno mi sentisse rientrare, ero troppo stanca per sorbirmi un interrogatorio. Sfortunatamente nel momento stesso in cui richiusi il portone d’ingresso una voce alle mie spalle disse:

-Siete tornata tardi.

-Oh Dio Thomas, mi hai fatto prendere un colpo. Che ci fai già in piedi?

-Ero in pensiero per voi Miss, non riuscivo a dormire sapendovi chissà dove.- La prossima volta avrei dovuto inventarmi di essere rimasta con qualcuno della squadra, sarebbe stato decisamente meglio.

-Sta tranquillo, lo sai che me la cavo bene anche da sola. Nel corso degli anni ci ho fatto l’abitudine.- Risposi cominciando a salire le scale verso la mia stanza.

-Potrei chiedervi dove siete stata almeno?

-In giro per la città con Riccardo e alcuni altri amici.- Conclusi così la conversazione, sarei riuscita a dare spiegazioni migliori solo dopo aver collezionato almeno qualche ora di sonno. In più diventavo anche facilmente irritabile in tali circostanze e non volevo rispondergli male. Mi aveva sempre trattata come una figlia più che come il suo capo e a volte era stato quasi un padre migliore di quello vero.

La mattina seguente ci demmo appuntamento agli appartamenti Windsor, dove avremmo aperto la scatola che conteneva gli insegnamenti del maestro. Eravamo tutti molto agitati e la tensione era quasi palpabile nell'aria. Mi domandavo come sarebbero stati, ma soprattutto se fossimo riusciti a decifrare il codice in cui erano scritti.

-Allora che si fa apriamo?- Chiese Jane, cercando di fingersi calma e tranquilla.

-Ok, Arion tu sei il capitano quindi tocca a te.- Disse Riccardo. Non so se fu per rispetto della gerarchia o solo per paura, ma quel che contava era che la situazione si sarebbe finalmente smossa.

-Va bene.- Rispose lui afferrandola con mano tremante. Un po' per la preoccupazione di ciò che avremmo trovato, dall'altro per la paura di combinare qualche disastro. Ogni cosa svanì non appena scoprimmo che questo famoso libro era davvero incomprensibile come si vociferava, sembrava scritto in aramaico. Non si capiva nulla. Questo tizio avrà sicuramente avuto ogni anno il debito in calligrafia. Non avrei mai voluto essere nei panni della sua professoressa.

-Ma è uno scherzo? Qualcuno riesce a leggere qualcosa?- Aggiunse la rossa.

-Ma siamo sicuri che siano quelli giusti? - Domandò Ryoma. Continuammo a porci interrogativi del genere per un periodo che a me sembrò lunghissimo, finché non arrivò la signorina Woods in compagnia della professoressa Hills.

-Quella è la scrittura del nonno di Mark!

-Quindi il Maestro è David Evans. Si può sapere che razza di grafia aveva? - Chiesi oramai disperata. Mi stava venendo mal di testa a furia di fissare quel coso.

-C’erano solo due persone capaci di capirla, lui e suo nipote, ovviamente non considerando Cammy che riusciva ad indentificarne solo pochi passaggi.

-Allora è facile prendiamo la macchina del tempo e andiamo in una qualsiasi epoca e ce li facciamo tradurre dal mister, facile no?- Disse il bruno del primo anno.

-No, non possiamo andare da lui. L'El Dorado oramai lo tiene sotto controllo, non ci permetteranno mai di avvicinarci.- Rispose Fey.

-Allora andiamo nel passato a parlare con chi si è divertito a fare questi scarabocchi.- Aggiunsi alzandomi in piedi.

-Perfetto. Partiamo subito, non possiamo sprecare minuti preziosi. Come cimelio useremo proprio il quaderno.- Disse Wonderbot. Raggiunto l’esterno dell’edificio, rimanemmo particolarmente sorpresi dallo scoprire che Jude Sharp era stato messo al corrente della situazione e voleva aiutarci. Era stato molto imbarazzante averlo come vicino di posto inizialmente, ma poi fortunatamente si era dimostrato estremamente più cordiale e meno autoritario del solito. Quando arrivammo nella Repubblica di Tonga il sole era già alto nel cielo e faceva così tanto caldo che mi tolsi persino la felpa dell’uniforme e l’allacciai alla vita. Ero tentata di chiedere persino a qualcuno nell’ospedale dove potevamo trovare un po’ di crema solare per il povero Victor, che in pochi minuti aveva già cominciato a prendere un colorito rossastro. Chiacchierammo per diverso tempo nell’attesa che l’allenatore riuscisse a convincere il Maestro, missione che sfortunatamente non andò a buon fine. Proprio mentre tutti gli altri cercavano una soluzione mi allontanai per provare a fare un nuovo tentativo. Raccolsi alcuni fiori nel giardino e mi diressi a passo svelto nella stanza dell’uomo. Non avevo mai avuto nonni, ma me la cavavo abbastanza con gli anziani, speravo solo che sarebbe bastato. Quando varcai la soglia il signore mi chiese chi fossi.

-Salve, mi chiamo Alexandra Wolf e sono un’attaccante del club di calcio della Raimon Junior High, la squadra allenata da suo nipote.

-Cosa dici ragazza, Mark non è affatto un allenatore, è troppo giovane. In più non ricordavo giocassero donne nel campionato giovanile giapponese.

-Effettivamente sono solo pochi anni che è possibile. In ogni caso è vero ciò che le ho detto.- Dissi sistemando il mazzo nel vaso. -So che probabilmente mi prenderà per pazza, però noi, i miei amici, Jude ed io, veniamo dal futuro e lì il nostro sport è in grave pericolo. Non potremmo salvarlo se lei non ci dice cosa c’è scritto in quel quaderno. Glielo chiedo per favore.- Forse spinta dalla passione, alzai leggermente la voce dando maggiore enfasi alle mie parole. Feci un inchino per pregarlo, era la nostra unica possibilità per far tornare tutto alla normalità. Rimanemmo in silenzio per alcuni istanti, finché lui non riprese finalmente parola.

-D’accordo lo farò, ma sappi che questo non cambierà nulla. In quel libro non c’è altro che la fantasia irrealizzabile di un povero vecchio come me.

-Cosa intende?

-I membri di quel gruppo di élite sono personaggi di diverse epoche e storie, impossibili da riunire. Se però come affermi potete viaggiare nel tempo forse è possibile fare un tentativo.

-La ringrazio infinitamente.

-Ora vai dai tuoi compagni, io vi raggiungerò tra poco.- Mi congedai velocemente e corsi dagli altri proprio mentre la Protocollo Omega 2.0 faceva la sua ricomparsa. Durante l’incontro Vic riuscì persino ad indossare l’armatura di Maestro Spadaccino Lancelot, perciò, se non consideriamo che si erano ripresi il quaderno e che il signor Evans si era trasformato in una Chrono Stone, alla fine non era andata poi così male. Per riuscire a compiere l’impresa di formare l’invincibile squadra la pietra decise di venire con noi per guidarci in questo difficile compito. Speravo con tutto il cuore che quello sarebbe stato l’ultimo dei nostri imprevisti, ma una parte di me sapeva già perfettamente che non sarebbe stato possibile.

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Capitolo 8
*** Il piano inizia a funzionare ***


Ero rientrato da poco dalla "scampagnata", sempre se la potevamo definire così, ed avevo deciso di farmi una doccia. Avevo bisogno di riprendermi un po' prima di ritornare ad essere il capo di tutti. Rimasi sotto il getto d'acqua per diversi minuti, con il tepore che scioglieva ogni muscolo. Quando uscii non prestai molta attenzione allo stato dei miei capelli, visto che di norma rimanevano per lo più già sistemati. Solo nel momento in cui il mio sguardo cadde sulla ciocca castana che mi sbucava da dietro la nuca, capii che questa volta non era stato così. Il solo rivederla fece riaffiorare in me tutte le preoccupazioni degli ultimi giorni. Il pensiero successivo era stato quello di metterla in modo che non si notasse in mezzo agli altri capelli, nella speranza che fosse tanto ben nascosta da non essere mai vista da nessun altro essere vivente. Avevo sempre creduto che mostrarla fosse un segno di debolezza, come se dessi direttamente al tuo nemico la chiave per sconfiggerti. Era infatti come un grande cerchio rosso intorno alla tua zona più fragile. Non ero certo che l'El Dorado fosse a conoscenza di questa nostra particolare caratteristica, ma non era tempo di rischiare di consegnargli un'arma di tale portata contro di noi. Sia per la nostra stessa sicurezza, che per le persone a noi legate. Una volta che mi ricomposi, andai verso la biblioteca. Ad ogni passo sentivo rumori sempre più forti di tonfi e altri suoni simili, questo stava a significare che Mehr e Garreau stavano litigando utilizzando i loro poteri, ovvero il solito. Stavano diventando davvero monotoni, eppure, continuavano a divertirmi ogni volta. Spesso le loro discussioni erano per cose futili, ogni pretesto era buono per attaccare una discussione, ma altre volte si trattava di motivi importanti. Qualunque fosse il problema, però, avrei dovuto placarli prima che provocassero danni seri all'edificio, a loro stessi o ad uno dei poveri spettatori di turno. Aprii la porta con fare deciso, ma mi trovai a dovermi scansare velocemente a causa di un libro volante. Ecco quello era davvero un buon modo per farmi girare le scatole.

-Fermatevi immediatamente.- Ordinai in tono fermo e severo.

-Scusa Simeon.- Rispose Garreau in modo sottomesso. Vederlo scodinzolare come un cagnolino in preda al terrore era certamente un ottimo rimedio contro una mia arrabbiatura.

-Bene non voglio che litighiate.

-Dicci, hai una nuova missione da affidarci?- Chiese Mehr, che nel frattempo si era ricomposta accomodandosi su una delle sedie. Notai divertito come il resto dei componenti della New Gen stesse finalmente uscendo da dietro le barricate improvvisate con mobili, oppure dai poteri di chi ne possedeva.

-Hai indovinato.

-Allora cosa dobbiamo fare?- Domandò Yuh, che in assenza del capitano, ovvero Fey, ricopriva il suo ruolo nella Team Gahr.

-Ho un compito per voi tre. Mentre gli altri svolgeranno i loro soliti impegni, voi dovrete andare nel laboratorio del professor Criptix, ovviamente senza farvi scoprire, e capire a che punto sono i ragazzi della Raimon. Questo per quanto riguarda voi due ragazzi, mentre tu Mehr dovrai lavorare su un nuovo progetto che spero completerai in fretta. Dovrai costruire un qualcosa che ci permetta di vedere ciò che fa Fey.

-Come mai?- Chiese la ragazza curiosa.

-Non mi fraintendete mi fido di lui, però sapete come si dice fidarsi è bene non fidarsi è meglio, quindi forza andate.

-Sì.- Risposero in coro, uscendo subito dopo di conseguenza dalla stanza, lasciandomi avere un attimo di sollievo. Finalmente ero di nuovo solo, non ce la facevo più, in quell'ultimo periodo ero molto stressato. Quella mattinata era stata la prima libera dopo non sapevo bene nemmeno io quanto tempo. Avevo certamente bisogno di dormire, in tutta la settimana avevo riposato solo la notte precedente. Il problema era che non appena mi mettevo giù mi veniva in mente qualcosa che mi faceva perdere il sonno, che si trattasse di nuove idee o più semplicemente di domande esistenziali. Decisi perciò di cercare qualcosa da fare mentre gli altri erano in missione, perché forse rimanere da solo con i miei pensieri era più deleterio che altro. Andai a chiamare la mia squadra, coinvolgendoli in un allenamento fuori programma. Stranamente ne furono persino entusiasti, infatti avevano voglia di lasciare la nostra zona, ma non di incontrare le altre squadre. Alcune volte mi chiedevo se avessi dovuto cercare di farli integrare un po' di più, anche se una parte di me capiva il loro sentirsi decisamente più forti degli altri e l'essere membri della squadra di élite.

Passarono diverse ore, ma alla fine circa a metà pomeriggio ci riunimmo nuovamente. Erano tutti al loro posto, beh tutti tranne il capitano della Team Ghir. Dovevo ammettere che era leggermente strano vedere in giro Romeo senza Giulietta.

-Missione completata.- Comunicarono i componenti delle varie squadre.

-Anche la nostra. Abbiamo scoperto che hanno deciso di formare la squadra invincibile, grazie a David Evans, il Gran Maestro.- Mi informò Yuh, mentre saliva sul davanzale di una delle finestre. Ogni cosa andava come avevo previsto dunque.

-Perfetto, ora dobbiamo solo aspettare che Mehr finisca il lavoretto che le ho affidato, dopo di che abbiamo finito.

-È un po' in ritardo oggi il piccolo genio.- Infierì Garreau, che subito dopo ricevette un'occhiataccia da me e Ghiris. Neanche il tempo di altri dibattimenti che la porta si spalancò, lasciando via libera alla ragazza.

-So di esservi mancata. A parte gli scherzi, ho appena finito, ecco qui quello che mi avevi chiesto.- Mi porse una stecca di metallo. Ok, quella me la doveva spiegare. Non ero certo se si trattasse della mia inesperienza in quanto inventore, oppure per la stanchezza, ma non avevo davvero idea di cosa farci.

-Ragazzina penso che tu ti sia confusa, Simeon ti ha chiesto un modo per vedere la Raimon, non un'inutile pezzo di ferraglia.- Intervenne Garreau con aria scorbutica e acida. Eccoli di nuovo che ricominciavano.

-Infatti non è quello che dici tu re dei babbei.- Rispose lei, avvicinandosi a me e premendo un bottone di cui non avevo minimamente notato l'esistenza. Posizionai l'aggeggio al centro del tavolo proprio prima che comparisse uno schermo olografico, che iniziò subito a mostrarci ciò che volevamo vedere.

 

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Capitolo 9
*** Epoca di Nobunaga Oda ***


-Allora signor Evans chi è il primo fuoriclasse della squadra invincibile? - Chiese Riccardo mentre si allacciava la felpa della tuta.

-Il primo è un "Vero Regista capace di valutare persone e situazioni e di combinare quiete e movimento", Nobunaga Oda.- Rispose la pietra svolazzando da una parte all'altra della sala. Se non si fosse fermato, avrebbe seriamente rischiato di far venire il mal di mare a qualcuno.

-Ma chi è?- Chiese Ryoma. Certo che in vita sua non doveva aver mai aperto un libro di storia. Possibile che non lo avesse mai sentito nominare nemmeno a lezione?

-Non conosci nemmeno gli avvenimenti che hanno portato la nostra nazione ad essere ciò che è oggi? Quell'uomo riuscì quasi ad unificare tutto il paese, ma sfortunatamente non lo governò mai, perché morì in seguito ad un attentato nel 1582.- Risposi con aria sconvolta.

-Troppe informazioni, mi gira la testa. In ogni caso dove lo troviamo un cimelio adatto?

-Questa è un'ottima domanda. Servirebbe magari un oggetto appartenuto a lui, così saremmo sicuri che si trovi nelle vicinanze.- Disse Fey. Ecco l'ennesima missione assurda degli ultimi giorni. Dove mai potevamo trovare un reperto di così grande valore? Ma soprattutto come potevamo entrarne in possesso?

-Dividiamoci e andiamo a fare qualche ricerca. Ci rivediamo tutti qui domani mattina e che la dea della vittoria ci assista.- Concluse Arion. Cavolo era strano vedergli prendere il comando, di norma lasciava sempre a Ricky l'iniziativa. Ovviamente accettammo tutti la sua decisione. Rimasi particolarmente sorpresa dallo scoprire che la divinità ci aveva assistiti veramente; infatti, il trio del primo anno era riuscito a reperire una delle spade del militare, che una responsabile al museo ci aveva gentilmente dato in prestito. Mi chiedevo come avessero fatto a convincerla.

Alle sette ci incontrammo nel punto stabilito pronti per il viaggio. Questa volta ero davvero emozionata, avevo letto molto su quel periodo e su quel personaggio storico di rilevo. Ero molto curiosa soprattutto di scoprire quale teoria su di lui fosse vera, quella eroica o quella oscura, in ogni caso sarebbe stato divertente indagare.

-Perfetto, qui è tutto pronto.- Confutò Wonderbot già seduto al posto di guida.

-Noi ci siamo tutti.- Rispose di rimanda il verde fosforescente.

-Allora 3 ... 2 ... 1 ... salto temporale!- Superato il breve passaggio nel tunnel spazio-temporale l'orso continuò: -Benvenuti nella provincia di Owari del 1554. Epoca di lotte tra fazioni e tentativi di essere l'uomo che avrebbe unificato il paese.

-Se avessero lasciato fare ad una donna a questo punto avrebbero finito da anni.- Aggiunse Jade ridacchiando.

-Forza tutti fuori, dobbiamo iniziare le ricerche.

-Aspetta un attimo, non pensi che attireremo troppo l'attenzione della gente andando in giro in tuta da ginnastica? Non credo andassero molto di moda nel periodo Sengoku.- Chiesi d'un tratto bloccandolo.

-Hai ragione, me ne stavo dimenticando.- Tirò fuori qualcosa di simile ad un telecomando e continuò: -Wonder-botton attivazione!- Dopo il suo gesto i nostri vestiti si illuminarono di una luce arcobaleno e al loro posto comparvero degli abiti tradizionali giapponesi. Io, ad esempio, indossavo un kimono rosso con decorazioni floreali arancioni, era bellissimo. Dovevo ammettere che questa volta aveva davvero dato il meglio di sé quel peluche parlante.

-Ok, ora in marcia. - Disse il nostro regista. Ognuno di noi andò in zone diverse a chiedere informazioni: Victor ed io visitammo un negozio di spade, Ryoma dei negozi locali, Jane e Rosie invece girarono per le strade del villaggio, mentre Riccardo fece un incontro inaspettato. Incappò di fatti in una ragazza della nostra età di nome Katsu. La sua famiglia produceva tofu in città. Per lei fu come un colpo di fulmine, in pochi secondi si innamorò di lui. Come al solito, infatti, il mio amico faceva subito venire l'acquolina in bocca alle ragazze. Il fato riservò, però, Arion, Skie e Jp le conoscenze più strane, ovvero sia con dei ragazzi che giocavano a kemari e dei contrabbandieri. L'unica cosa ancora più coinvolgente si dimostrò essere il conoscere Tokichiro Kinoshita, colui che in futuro sarebbe stato conosciuto come Hideyoshi Toyotomi, e che concluse l'impresa iniziata da Oda stesso. Era davvero inimmaginabile la sola idea di aver parlato con un personaggio storico della sua rilevanza, ma soprattutto scoprirlo una persona davvero gentile. La sera ci rifugiammo in una vecchia casa abbandonata trovata dalle ragazze, che sarebbe diventata la nostra base. Non era un granché rispetto a ciò a cui eravamo abituati, però con qualche pulizia sarebbe stata perfettamente vivibile. Quando finalmente ci sedemmo a cenare, la Chrono Stone attirò la nostra attenzione.

-Ho un annuncio importante da fare.

-Di cosa si tratta?- Chiese il capitano entusiasta, come facesse ad avere ancora energie era un mistero.

-Ho deciso chi sarà ad eseguire il mix-max. Sarai tu Riccardo Di Rigo!

-Cosa, ma ne è sicuro?- Domandò lui.

-Sì, tu hai già delle ottime abilità come regista e con quelle di Nobunaga accresceranno solamente. Un giocatore in grado di valorizzare le capacità di ogni singolo componente del suo team e del gruppo stesso, questo sei tu. Sei un elemento della miglior squadra di tutti i tempi.- Si guardò intorno e poi disse:

-Se questo è il mio destino me ne assumerò la responsabilità.

Il giorno dopo ci svegliammo di buon'ora per continuare la perlustrazione, nonostante le lamentele del centrocampista che aveva un samurai per spirito guerriero perché non avevamo ancora messo nulla sotto i denti. Non potevo biasimarlo, anche se a volte tra le strane ricette inventate dalle manager e il digiuno era meglio la seconda.

-Sarà meglio riprendere le ricerche.- Concluse Victor mentre cercava di dare un senso logico alla posizione della sua sciarpa.

-Sono totalmente d'accordo.- Dissi con aria assonnata, mentre cominciammo ad avviarci per la stradina che conduceva fino al villaggio. Senza l'allenamento mattutino non riuscivo proprio a svegliarmi, avevo bisogno di fare un po' di moto. Procedevamo tranquillamente finché qualcuno non bloccò il nostro cammino.

-Buongiorno maestro Riccardo.- Disse una ragazza, probabilmente quella di cui mi aveva accennato ieri. Insieme a lei c'era anche Tasuke, che avevamo avuto anche lui il piacere di conoscere in precedenza, il quale si rivelò essere suo fratello.

-Ciao Katsu.- Rispose lui con il sorriso stampato sulle labbra.

-Tieni ho fatto questo per te, pensavo avessi fame e in più volevo ancora scusarmi per l'incidente.- Gli porse una scatola impacchettata di tutto punto. Sentii Rosie borbottare qualcosa sul voler preparare anche lei il pranzo al regista, certo che era proprio cotta.

-Grazie mille, non ti dovevi disturbare.

-Figurati è stato un piacere.

-Ovunque vai nello spazio e nel tempo, fai strage di cuori, eh?- Sussurrò intromettendosi Ryoma.

-Ma cosa dici.- Continuammo a chiacchierare, finché non iniziammo a sentire dei cavalli avvicinarsi. Delle bandiere con uno stemma sopra erano issate in bella vista muovendosi di pari passo. Ci rigirammo verso i nostri amici e li trovammo per terra inginocchiati.

-Presto venite sta per passare il signore Nobunaga.

-Come? Oh, sì forza ragazzi.- Disse il virtuoso allineandosi con loro.

-Io non ci penso neanche.- Mi lamentai. Potevate pensare quello che volevate, ma una cosa era un piccolo inchino, un'altra era prostrarsi ai suoi piedi. Lo avrei fatto a malapena davanti all'imperatore.

-Tu lo fai, ci siamo capite.- Strillò Jane tirandosi su le maniche come per dire che se non lo avessi fatto da sola ci avrebbe pensato lei.

-No, ho detto no.- Ripetei ferma. Figuriamoci se mi facevo intimorire dalla rossa.

-Forza, fallo per la missione.- Insistete Victor. Scossi nuovamente la testa.

-Dai allora per il calcio.- Provò Arion. Cavolo, non avevo considerato questo punto.

-E va bene.- A malincuore li raggiunsi abbastanza irritata. Oda era in sella ad uno stallone, circondato dai suoi guerrieri. Era un uomo che incuteva rispetto e paura in chiunque fosse così folle da incrociare il suo sguardo cremisi, non sapevo perché ma mi ricordava terribilmente l'allenatore Sharp. Si dimostrò un amante in fatto di dolci, il che rese un po' più gentile la sua figura austera. Si fermò non appena ci notò a bordo della strada.

-E voi chi siete? Non mi sembra di avervi mai visto da queste parti.- Disse d'un tratto. Cercai di formulare velocemente qualcosa di adeguato da rispondere, ma per fortuna Ricky mi anticipò.

-Noi, mio signore, siamo dei viandanti che stanno girando il paese.

-Capisco.- Wonderbot decise di partire in quarta con le pistole mix-max, dopo che il fuoriclasse dimostrò di possedere un'aura potentissima scacciando con una mano un cavallo fuori controllo. Stranamente però fallì.

-E tu invece?- Domandò rivolto all'orso.

-Io sono un maestro artificiere. Volevo mostrarvi alcuni fuochi.

-Bene, spero di vedervi alla Festa dei Ciliegi, mi aspetto un bello spettacolo.

-Ma certo.- Se ne andò così lasciandoci con un pugno di mosche. Era davvero una persona strana.

Passarono i giorni e si concluse anche l'operazione danza, messa in atto per infiltrarsi all'evento. Non ottenemmo ciò che avevamo sperato, ma riuscimmo ad avere l'opportunità di poter giocare come il Clan Oda in una partita contro la Protocollo Omega 2.0, che avrebbe combattuto come squadra di Yoshimoto Imagawa, l'acerrimo nemico di Nobunaga. L'incontro procedeva male, eravamo persino in svantaggio di una rete. Era in questi momenti che si percepiva l'assenza dei nostri titolari, Tasuke e alcuni suoi amici si impegnavano molto, però non erano certo all'altezza della vecchia guardia. Inoltre, il nostro numero nove continuava a perdere palla cercando di indossare la sua armatura dello spirito guerriero, ogni volta senza successo. Una voce tonante ci fece gelare sul posto:

-Riccardo Di Rigo presentati al mio cospetto.- Era l'uomo che stavamo rappresentando.

-Ditemi mio signore.

-Perché stai giocando in questo modo? Ci stai facendo perdere, se non ti vuoi impegnare esci dal campo.- Vidi il mio migliore amico stringere i pugni. Si sentiva così frustrato, sapeva che aveva ragione. Avrei voluto avvicinarmi per difenderlo, ma Katsu fece prima di me.

-Vi prego, il maestro si impegna al massimo per vincere nel kemari che per lui è la cosa più importante. Si allena di notte e di giorno, per favore lasciatelo continuare.

-Apprezzo il tuo coraggio ragazza e va bene potrai restare in campo, ma prima dimmi una cosa, perché corri così tanto durante un'azione?

-Come?

-Uno dei principi della guerra è sapere quando muoversi e quando stare fermi. Quando attaccare e quando difendere.

-Ora ho capito. La ringrazio per i consigli.- Tornò da noi e nel giro di due avanzate riuscì ad ottenere prima l'armatura e infine il mix-max, questa volta con il consenso del donatore stesso. L'addio a quel tempo, con la promessa da parte del conquistatore di continuare a lottare per il suo sogno e le lacrime di un amore mai iniziato della produttrice di tofu, sarebbe stato estremamente straziante, in particolare per il regista che lì abbandonava una parte di sé stesso.

 

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Capitolo 10
*** Strane sensazioni ***


Stavamo guardando Fey e i ragazzi della Raimon nell'epoca Sengoku. Era davvero strano vederlo lì e comportarsi in modo molto più spensierato di come aveva fatto per tutta la vita. Per la prima volta, non sembrava essere stato costretto a crescere troppo in fretta. Procedeva tutto tranquillo, se non contavamo ovviamente tutti i disastri che i ragazzi avevano combinato per cercare di incontrare Nobunaga. Dovevano migliorare un po' nella creazione dei piani. D'un tratto però, mentre analizzavo tutti i viaggiatori spaziali, notai l'unica giocatrice, aveva i capelli raccolti indietro, ma si poteva notare una ciocca bianca tra le sue castane. Continuavo a fissarla come imbambolato, mentre un brivido mi percorreva la schiena. Era una sensazione piacevole, però estremamente strana, come se non l'avessi mai provata in precedenza. Nella mia testa iniziò subito a ronzare una domanda molto strana, avrebbe potuto davvero essere lei? Ci vollero solo pochi istanti per sostituirla con una certezza. Solo lei era in grado di potermi provocare delle emozioni del genere. Corrispondeva inoltre anche il colore del mio ciuffo bruno. Non sapevo nulla di lei, come se fosse un fantasma apparso dal nulla per perseguitarmi per il resto dell'eternità. In quella stanza c'era però una persona che poteva avere tutte le informazioni che mi servivano, che aveva fatto ricerche su ogni singolo componente di quella squadra. Dovevo chiedere a Mehr, ma senza farmi capire dagli altri. Non volevo che qualcuno scoprisse la sua identità. Pregavo solamente che non fosse così difficile. Dovevo solo restare calmo e non cambiare atteggiamento.

-Chi è quella ragazza, non ho letto il suo nome tra i file che mi avevi procurato. Perché non ho un fascicolo su di lei?

-Per il semplice motivo che non avevo ancora notizie su di lei quando me le hai chieste. Si chiama Alexandra Wolf e frequenta il secondo anno. È una studentessa brillante e pare che volessero persino mandarla qualche anno avanti per il suo alto quoziente intellettivo, ma lei ha rifiutato. Parla anche varie lingue grazie al lavoro dei genitori. Ama la moda e lo sport in generale, che spesso sfrutta per migliorare il suo gioco. Parlando a livello calcistico invece ti posso dire che è un attaccante e pare abbia un tiro molto potente. Si adatta velocemente alle situazioni ed è in grado di ricoprire più ruoli. Il suo stile è quello aereo.- La Team Gahr si esaltò sentendo l'ultima frase, infondo era una loro caratteristica.

-Ok.- Forse avrei dovuto dire grazie, ma non ero il tipo, insomma ero il capo e avevo un caratteraccio. Se avessi mostrato troppo interesse poi magari si sarebbe insospettita, quella ragazza era un segugio in quelle cose.

-Ma com'è mai ti interessa?- Ecco appunto.

-Devo avere tutte le informazioni in nostro possesso per poter elaborare una strategia.- Era una scusa estremamente plausibile, ero davvero un genio. Si, me lo stavo dicendo da solo ne ero consapevole. Serviva un po' di narcisismo ogni tanto nella vita.

Continuammo a guardarli per ore, infatti il nostro dispositivo alla fine permetteva di saltare scene come la notte o altre meno importanti, era il bello di essere in un tempo successivo. Era stato davvero divertente vederli provare ad improvvisarsi ballerini, dover convincere quell'uomo sotto interrogatorio e prendere a calci nel sedere l'El Dorado. Quelle sì che erano belle scene. Sarei rimasto lì anche la notte, ma sapevo che gli altri erano stanchi, soprattutto per le continue battute di Garreau, che tendevano a diventare irritanti per chiunque non fosse della Zan dopo la seconda. Quando chiudemmo il collegamento tutti tornarono nelle rispettive stanze ed io rimasi finalmente da solo. Era assurdo da pensare, eppure l'avevo trovata, non sarei più stato solo. Era davvero bellissima e non riuscivo a smettere di immaginare i suoi occhi verde-acqua, che erano risaltati dal suo kimono dai toni caldi. Ci comparai per curiosità, per alcuni aspetti eravamo l'opposto per altri uguali. Lei era gentile e solare, mentre io ero tenebroso e brusco, ma entrambi eravamo schietti, sarcastici ed estremamente orgogliosi. Era assurdo che la mia anima gemella fosse nata duecento anni prima di me, sembrava quasi uno scherzo del destino, come se non si fosse divertito già abbastanza nei miei confronti da quando ero nato. Le ore passarono e il buio scese per le strade. Non riuscivo a dormire, gira e rigira ero sempre lì davanti a quella finestra, non che ci fosse qualche differenza rispetto al solito, con nuove domande e preoccupazioni e nessuna risposta, per lo meno non positiva. Se non le fossi piaciuto quando l'avrei incontrata? Possibile conoscendo il mio caratteraccio. E se non accettasse il fatto di essere un'ultraevoluta? Era plausibile, erano in pochi quelli che lo avevano accettato con estrema facilità. Per la prima volta in vita mia avevo paura, non sapevo cosa mi stesse succedendo. Solo vedere il suo sorriso mi aveva cambiato. Era strano, ma allo stesso tempo bellissimo. Cominciavo a capire quello che provavano Mehr e Ghiris ogni giorno, non vedevo l'ora di averla qui con me. Finalmente avrei avuto anch'io qualcuno che si preoccupava per me e che mi avrebbe amato, non lo credevo possibile e non sapevo come sarebbe stato. Ripensai agli anni che avevo trascorso in piena solitudine, senza nessuno accanto ad un'età in cui un bambino avrebbe dovuto solamente essere amato dai suoi genitori, mentre io vagavo per le strade dopo essere fuggito dall'orfanotrofio contando solo sulle mie forze. Era un passato di cui non avevo mai parlato a nessuno, per i membri della New Gen la mia storia iniziava nel momento in cui avevo fondato questa organizzazione e neppure Fey aveva voluto rischiare di farmi domande, nella paura di risultare inopportuno. Avevamo tutti storie simili per certi versi, differenziate solamente da quanto tempo avevano impiegato i nostri genitori per scoprire la nostra mutazione genetica. Non ero sicuro, però, se fosse stato meglio essere stati così piccoli da non aver avuto ricordi con loro, oppure vivere con quei volti stampati nella mente per incanalarne la rabbia, che era sempre un'abile alleata. Per quasi un lustro, vedendo come la gente reagiva alla nostra vista, mi ero domandato perché l'Ed Dorado avesse iniziato quella discriminazione, trattandoci da reietti. Che cosa avevamo fatto di male se non nascere? Quando avevo avuto la risposta ad ogni modo ne ero rimasto anche più sconcertato e disgustato.

 

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Capitolo 11
*** Epoca di Giovanna D'Arco ***


Conoscevo bene quella sensazione di smarrimento che negli ultimi tempi avevo provato davanti alla sede del club. La paura di non essere riusciti a sistemare le cose e che i nostri amici non fossero lì ad aspettarci. Beta aveva detto di aver annullato il controllo mentale, ma potevamo davvero contare sulla sua parola? Il pensiero di Gabi ora chissà a fare cosa, forse ad aiutare i suoi nella loro catena di ristoranti, tormentava sia Riccardo che me. Speravo con tutto il cuore che stesse bene e che non avesse incominciato a frequentare uno dei gruppetti insopportabili presenti nella nostra classe. Ogni passo lungo il corridoio che conduceva allo spogliatoio maschile era pesante come se sulla schiena avessimo dei mattoni. Alla fine, era stato Victor a prendere coraggio e mettersi sotto alla fotocellula per l’apertura delle porte. Trattenni il fiato finché non si spalancarono, mettendo in bella mostra tutti i nostri compagni di squadra. Avrei voluto fare un salto per l’entusiasmo, erano finalmente tornati con noi.

-Ragazzi ci siete tutti!- Urlò Arion correndo all’interno della sala.

-Ciao.- Risposero allegri. Seguirono alcune chiacchiere, compreso il racconto della nostra avventura nel Giappone medievale. Noi viaggiatori rimanemmo, però, sconcertati quando una ragazza bruna, che rivolse a tutti un saluto euforico, entrò nella stanza. Ma chi diavolo era quella?

-Buongiorno capitano.- Disse avvicinandosi pericolosamente a lui.

-Tu chi sei? Una nuova manager forse?

-Così mi fai ridere.- Guardai Vic e Ricky per capire se almeno loro avevano qualche idea di chi potesse essere, ma sfortunatamente le mie speranze si rivelarono vane.

-Non dirci che tutti questi spostamenti nel tempo ti hanno fatto dimenticare i componenti del team?- Aggiunse Adé. Ok, c'era qualcosa che non andava, perché loro la conoscevano.

-Ragazzi credete che sia un errore dovuto al salto temporale?- Chiese il regista seduto ad uno dei tavolini.

-Potrebbe essere, non ne siamo sicuri.- Rispose Fey con aria leggermente confusa.

-E va bene vuol dire che mi presenterò di nuovo. Piacere, io sono Goldie Lemmon e dalla scorsa settimana sono una delle due punte d’attacco della squadra, dopo che ho battuto Victor in uno scontro uno contro uno.- Il diretto interessato emise un grugnito infastidito.

-Em...

-Guarda!- Continuò girandosi e facendo vedere una maglietta con il dieci stampato dietro. -Ora dovrei indossare quella con il numero giusto.- Continuò cercando provando a togliersela. Era matta?

-FERMA!- Urlammo in coro noi ragazze buttandoci davanti a lei, mentre Arion e JP si girarono di scatto. Durante il resto del pomeriggio Riccardo mostrò agli altri componenti della squadra quello che era in grado di fare utilizzando il Mix-max e il signor Evans ci introdusse la figura del secondo fuoriclasse, ovvero Giovanna D'Arco, “Un Difensore Carismatico, in grado di mutare il coraggio della squadra in una fortezza inespugnabile”. La mattina seguente ci avrebbe detto chi sarebbe partito per la missione; infatti, avremmo rischiato di apportare più modifiche alla storia viaggiando con un numero maggiore di componenti. Mentre stavo tornando a casa notai Gabi che guardava il campo della scuola, ma, quando mi stavo per avvicinare, Aitor mi precedette ed andò a parlare con lui. Non riuscivo a sentire bene, però credo che il turchese avesse detto: "non credevo che anche uno come te potesse essere geloso". Chissà a cosa si stava riferendo. Decisi in ogni caso che era meglio non intromettermi e proseguii lungo la mia strada.

Il giorno dopo eravamo di nuovo tutti nello spogliatoio maschile a chiacchierare, quando arrivò Axel che ci portò l'elmo del nostro nuovo obiettivo, ovvero l’elmo del coraggio. Ovviamente per i ragazzi era stato come vedere un giocattolo nuovo con cui divertirsi, tanto che qualcuno voleva persino provarlo. Quell'euforia venne però interrotta da David che ci ricordò:

-Non abbiamo tempo da perdere. Ecco i nomi dei ragazzi che verranno in missione.- Ci girammo tutti, questa volta sarei anche potuta restare lì e non ne avevo nessuna voglia quindi incrociai le dita speranzosa. -Allora Riccardo, Arion, Victor, Alex, Ryoma, JP, Fey, Goldie, Adé, Lucian, Eugine, Aitor.- In quel momento guardai Gabi, non sapevo perché ma lo feci per istinto. Aveva un’espressione strana forse per lo shock di non essere stato scelto. Rimase in silenzio alcuni secondi, poi incominciò a parlare:

-La prego mi faccia venire con voi.

-Ho scelto i ragazzi che potrebbero ottenere il Mix-max non ..- Quando stava per terminare la frase il difensore dai capelli verde acqua opaco li interruppe:

-Potrebbe andare al posto mio, oggi non mi sento per niente bene. Ho un terribile mal di pancia.

-E va bene in questo caso verrà lui.- La sua bocca mutò immediatamente in un sorriso smagliante. Era da molto che non lo vedevo più allegro, di recente era sempre abbastanza crucciato.

Il salto temporale era stato rapido e indolore. O almeno per noi che oramai eravamo abituati, con il ripeterli arrivavano a non sortire più nessun effetto, mentre per chi aveva ancora poca esperienza rischiava un leggero malessere. Quello che ci trovammo davanti al nostro arrivo era davvero spaventoso, la Guerra dei cent’anni tra Francia e Inghilterra nel 1429.  Formata da battaglie e morti sul campo. Quante persone avevano conosciuto la propria fine in quello stupido modo? Non avevo mai capito il desiderio umano di uccidersi l’un l’altro solo per la semplice brama di potere. Non appena atterrammo l'orso ci cambiò immediatamente gli abiti con qualcosa di adatto all'epoca. Con quella gonna così lunga era complicato muoversi, figuriamoci giocarci. Vagavamo senza una direzione precisa tra i boschi, quando dei soldati ci vennero in contro e con loro stranamente c'era anche Giovanna. Io questa l'avrei chiamata botta di fortuna. Mi domandai per un’istante se dovessi sfoderare il mio francese, infatti, rispetto all’era di Nobunaga, qui parlavano una lingua differente dal giapponese. Feci un breve calcolo a mente, gli unici che oltre a me lo conoscevano erano sicuramente Riccardo e JP, eravamo abbastanza fritti. Noi avremmo potuto ingannarli sulle nostre origini, ma sugli altri avevo dei dubbi. Grazie alla dea del calcio che ci proteggeva, Wonderbot si era scordato di dirci che sulla macchina del tempo c’era un congegno che ci permetteva di comprenderli, mentre nel momento in cui noi gli avessimo risposto nel nostro idioma, loro avrebbero udito esclusivamente il loro. Nonostante i loro dubbi iniziali, ci scortarono lo stesso a Vaucouleurs, una cittadina dove c’era il loro quartier generale. Rimanemmo sotto sorveglianza per quasi tutta la giornata, finché la donna non disse che eravamo innocui. Proprio in quel frangente ci rendemmo sfortunatamente conto che non era realmente, almeno apparentemente, dotata del carisma che avevamo immaginato. La sera ci propose di andare con lei al castello di Chinon a convincere il principe Carlo ad aiutarli, concedendogli dei rinforzi. Parlottammo tra noi per diversi istanti prima di accettare, non ero certa che fosse saggio intrometterci in quel genere di questioni, soprattutto perché erano quelli gli eventi che potevano cambiare il corso della storia. Sul carro c’era posto solo per nove persone, perciò saremmo andati solo Riccardo, Arion, Victor, Goldie, Fey, Gabi, JP ed io.

Era stata una gita stravagante. Tanto che finimmo persino per giocare a calcio con il principe. Miracolosamente riuscimmo a convincerlo a mandare dei rinforzi, anche se nessuno era riuscito a capire bene come. Era una persona strana e molto eclettica, questo era ovvio. Raggiungemmo Orléans nel pomeriggio con la nostra seconda fuoriclasse che sembrava turbata, dava l’impressione di non essere più sicura di nulla. Si andò a rifugiare su una delle torri seguita a ruota dal difensore dai capelli rosa. La nuova aggiunta ed io che non potevamo non farci i fatti loro, sia per la preoccupazione che per la curiosità, li seguimmo. Dovendo rimanere nascoste, riuscivamo a sentire ben poco, però avevo colto il senso del discorso, ovvero l’esserci qualcosa che solo noi eravamo in grado di fare. Mi chiesi a cosa si stessero riferendo. Verso il calar del sole, ricevetti una risposta alla mia domanda, quando sentimmo gridare:

-ANDIAMO PER LA FRANCIA!- Oh no, era Giovanna e stava andando in battaglia da sola senza rinforzi. Dovevamo fare per forza qualcosa, altrimenti avrebbe rischiato di farsi ammazzare. La riluttanza di Gilles e La Hire, cavalieri al servizio della corona, si infranse definitivamente quando scoprimmo della presenza del Delfino tra noi, che ordinò di aiutare la giovane. Corremmo fino al ponte che congiungeva le due fortezze, ma nel momento in cui raggiungemmo la sua metà ci si posizionò davanti un ragazzo mai visto prima. Una nuova minaccia, che felicità.

-Tu chi sei?- Chiese il capitano. Scusa se te lo dicevo, però questo non mi pareva il momento più propizio per il gioco delle venti domande.

-Io sono Zanark Avanovic, membro della classe bassa senza nome. E ora spero siate pronti ad affrontare la sfida.- Dietro di lui comparvero i ragazzi che avevamo già affrontato varie volte, più qualche nuovo elemento e il sostituto di Beta. Erano molto diversi dal nostro ultimo incontro, avevano i capelli verde acqua e la pelle abbronzata.

-Io sono Gamma, capo della Protocollo Omega 3.0. Pronti alla sconfitta?- Carlo, che si era autoproclamato nostro allenatore, attuò una strategia davvero stramba, far perdere la pazienza ai nostri avversari e a quanto pareva anche al mio amico con i codini. Solo dopo alcune azioni svolte di testa sua, alla fine disse andando in soccorso del regista:

-Il mio compito non è stare in prima linea ed attaccare, ma quello di assistere te e gli altri in modo tale che i vostri siano efficaci. Finalmente l’ho capito, è questo il mio scopo.- Riuscendo a fermare un avversario in una scivolata combinata, continuò: -Riccardo, tirati su. Non ho fatto altro che pensare solo a me stesso. Continuando così non sarei certo diventato più forte.

-Una conclusione del genere è da te.- Si rivolse poi alla pulzella che aveva guidato le truppe:

-EHI GIOVANNA! IO HO CAPITO QUAL È LA MIA FUNZIONE, LA COSA CHE NON PUÒ FARE NESSUN ALTRO OLTRE A ME! LA TROVERAI ANCHE TU!

-IN QUESTO MOMENTO PERÒ NON SONO DI AIUTO PER NESSUNO! NON SONO NEMMENO PIÙ SICURA DI AVER SENTITO LA VOCE DEL SIGNORE!

-DEVI CREDERE IN TE STESSA! IO SONO CERTO CHE CI SIA LA VERITÀ NELLE TUE PAROLE! SE PENSI DAVVERO DI AVER SENTITO DIO, ALLORA DEVI SEMPRE IMPEGNARTI E PUNTARE DRITTA ALLA VITTORIA!- Il gioco riprese e in un men che non si dica il ragazzo si ritrovò faccia a faccia con chi era in possesso di palla. Dando adito a tutte le sue forze, riuscì ad evocare il suo spirito guerriero, Valchiria Portabandiera Brunilde. Iniziai a saltellare per la felicità, era stato grande. Il suo sguardo si rivolse, ad ogni modo, nuovamente indietro verso la biondina. -PERCHÉ NON PROVI AD AVERE MAGGIORE FIDUCIA NELLA TUA FORZA, NELLE COSE CHE VEDI, NELLE PAROLE CHE DICI!

-MA IO NON SO SE HO IL CORAGGIO DI PORTARE AVANTI QUESTA BATTAGLIA!

-E ALLORA SPIEGAMI PERCHÉ I TUOI COMPAGNI TI HANNO SEGUITA FIN QUI!- In lontananza vidi la ragazza rivolgersi ai suoi alleati sventagliando uno stendardo:

-MIEI PRODI ASCOLTATE! NOI RISCHIEREMO LA VITA COMBATTENDO CON L’ARDORE DI CHI USCIRÀ VITTORIOSO! VEDRETE CHE IL SIGNORE RICOMPENSERÀ IL NOSTRO CORAGGIO! SULLA BANDIERA CHE ORA STO IMPUGNIANDO, VI GIURO CHE LA VITTORIA SARÀ NOSTRA!- Finalmente era pronta per effettuare il Mix-max, che diversamente da quanto stabilito all’inizio, venne rivolto all’altro protagonista della nostra impresa. Riuscimmo così a vincere la partita e a far arrivare i rinforzi ai francesi.

Tornammo nel nostro tempo solo il giorno successivo, ma con la promessa di venire a trovarli presto. Non appena ci alzammo in volo, però, un velo di tristezza mi scese sul volto e le lacrime cominciarono a scorrere. Si preoccuparono tutti immediatamente, visto che nel nostro trio, non ero certo io quella con una forte emotività.

-Scusate, è solo che mi è venuto in mente proprio in questo esatto istante un fatto storico.

-Di che si tratta?- Domandò Skie incuriosita.

-Tra due anni, nel 1431 lei morirà arsa viva sul rogo come eretica. Verrà certamente santificata nel Novecento, ma non posso pensare che quella dolce ragazza dovrà subire un supplizio simile. Non lo merita nessuno e lei men che meno.- Estremamente angosciati ci risedemmo ognuno al nostro posto. Essendo cattolica, ad ogni modo, non potei fare altrimenti che dire una preghiera per quella giovane, che aveva dato la sua vita per servire il suo paese e Dio.

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Capitolo 12
*** Questo è solo uno stupido libro ***


Eravamo tornati solo da poche ore dal periodo Edo ed io ero distrutta. Rischiare di farsi ammazzare dalla Shinsengumi non era certo una passeggiata tranquilla in campagna. Non sapevo come avevo fatto a mantenere la mente lucida quando avevo afferrato quella spada, eppure c'ero riuscita. Ero buttata sul letto, provando a raccogliere tutte le energie che mi erano rimaste per affrontare la giornata successiva. Sfortunatamente Wonderbot non aveva in mente un meraviglioso super allenamento, ma aveva deciso che avremmo frequentato le lezioni prima di partire per la prossima missione. La classe era per lo più composta da elementi molto simpatici, alcuni con cui avevo persino instaurato un rapporto amicale, eppure c'era sempre qualcosa che mi faceva sentire fuori posto. Gli unici che riuscivano a capirmi erano Riccardo e Gabi, anche se dovevo ammettere, mio malgrado, che alcune volte persino a loro sembravo provenire quasi da un altro pianeta. Alle scuole elementari, per la mia stranezza, ero stata pesantemente presa in giro. Così quando cominciai le medie decisi che quella sarebbe stata una nuova vita per me e che nessuno avrebbe più osato sfidarmi. Il mio obiettivo era stato centrato, forse persino troppo. Ero diventata persino la ragazza più popolare della scuola, il tipo che conoscono tutti, grazie soprattutto alla mia personalità estremamente diretta e all'appartenere al club di calcio. Sentivo però che mi mancava ancora qualcosa, come se avessi un vuoto incolmabile nel petto. Neanch'io sapevo di cosa si trattasse, ma ero certa che lo avrei scoperto, fosse stata l'ultima cosa che avrei fatto. L'idea di rimanere in quella situazione d'incertezza era inimmaginabile. La mattina seguente guardai confusa l'ora, era strano dover andare alla Raimon alle otto e trenta e non alle sei e quarantacinque per il training. Per quanto fossi una dormigliona seriale, non aspettavo altro che tutto tornasse alla normalità. Indossai velocemente la mia divisa, ovvero gonna corta celeste, camicetta, fiocco e ballerine, il tutto senza portare calze. Scesi in sala da pranzo, dove Thomas mi aveva già fatto trovare la tavola apparecchiata e il cibo pronto. Feci colazione in silenzio, non che infondo avessi qualcuno davvero con cui parlare; infatti, i miei genitori erano a Nuova Delhi in quanto ambasciatori. Osservai per tutto il tempo una fotografia di mio padre con l'Imperatore Naruhito, era stata scattata ai tempi del liceo, meglio dette medie superiori, dove erano compagni e amici. Dopo circa quindici minuti alla fine decisi di andare. I primi due membri della squadra invincibile erano stati rapiti da Ryoma e costretti a dormire da lui; perciò, non avremmo fatto il solito tragitto insieme. Il caso volle che all'incrocio prima dell'istituto incontrai Victor, che se ne stava appoggiato ad un muro guardando il cellulare, di sicuro stava parlando con Vlad. Effettivamente era da un po' che non mi informavo sulle sue condizioni e non lo andavo a trovare, avrei dovuto porvi rimedio. Passati alcuni brevi saluti decidemmo di proseguire insieme verso l'istituto, anche se non credevo che uno di noi avrebbe boicottato un'ipotetica fuga. Stavo per varcare la soglia dell'aula, quando qualcuno mi corse incontro quasi travolgendomi. Una nuvola di capelli rossi mi si parò davanti e cominciò a strillare:

-Finalmente, sono giorni che non ti si vede! Ti devo aggiornare su una marea di cose!- Era ovviamente Cayetana, una ragazza simpatica quanto pettegola. Probabilmente aveva una nuova crush, o qualcuno si era lasciato, oppure una professoressa si era rotta qualche arto cadendo dalle scale. La ascoltai per quasi dieci minuti parlare a macchinetta, lanciando ogni tanto qualche richiesta d'aiuto non verbale ai miei migliori amici che se la ridevano in sottofondo. Venni salvata dall'ingresso del professore e da Riccardo, che da buon capoclasse, ordinò a tutti di alzarsi e di salutare l'uomo. Speravo con tutto il cuore che non decidesse di interrogare, era davvero troppo tempo che non seguivamo le lezioni e studiare durante i viaggi nel tempo non sempre era possibile. Probabilmente l'unica materia che avremmo superato sarebbe stata storia. Feci un bel respiro, dovevo solo sopravvivere fino alle tre e mezza.

Giunto il pomeriggio, superato stranamente senza troppi problemi il ritorno sui banchi, ci recammo alla sede, oramai chiusa, del club. Era orribile vedere le impalcature che la sormontavano. Per fortuna il signor Blaze era riuscito a rimandare la demolizione, ma aveva guadagnato solo poco più di un mese, questo all'inizio della missione e ad oggi ce n'era rimasta una quantità davvero esigua. Trovammo Wonderbot seduto dove un tempo stava l'allenatore Evans, mi mancavano molto i suoi consigli e i suoi incoraggiamenti, sarebbe stato tutto più facile se lo avessimo avuto lì con noi. Quando si accorse che eravamo tutti l'orso disse:

-Ragazzi sedetevi prego.

-Allora dove dobbiamo andare questa volta?- Chiese curioso Lucian. Era troppo tenero, a volte si comportava proprio come un bambino. Era così strano che una persona riuscisse ad alternare in modo così rapido due personalità opposte, una matura e l'altra infantile.

-Qui!- Rispose indicando un vecchio libro di fiabe, che, se la vista non mi ingannava, raccontava il viaggio di Jane, la figlia di Wendy, sull'Isola Che Non C'è, dove aveva imparato a credere nella fantasia. Se volete una mia opinione personale aveva fatto molto male a cedere all'immaginazione, avrebbe dovuto concentrarsi di più sulla logica, quella risolveva quasi ogni problema. Comunque questo era solo il mio parere. Era meglio lasciar perdere, inutile sollevare una polemica per niente. Avevo imparato nel corso degli anni, che c'erano discussioni che non era nemmeno possibile iniziare.

-Mi sa che perdi colpi, quello è solo un libro di fiabe.- Rispose Ryoma scoppiando in una grossa risata. Quella volta non mi sentivo di dargli torno, non credevo fosse possibile entrare in un luogo irrealistico.

-Attento a quello che dici! In ogni caso è vero, questa la nostra prossima meta, Peter Pan è l'undicesimo fuoriclasse!

-Scusa ma perché passiamo dal sesto all'ultimo?- Chiese giustamente Goldy. Cavolo, stavo cominciando a credere che avremmo dovuto frequentare più spesso la scuola, sembrava rendere tutti molto più svegli.

-Non so, chiedetelo al signor Evans.- Aggiunse mettendo le zampe avanti. La Chrono Stone si alzò in volo e, sentendosi interpellata, cominciò a raccontare:

-Ragazzi mi sono reso conto di una cosa. Per andare avanti, dove in nostri avversari sono sempre più forti, abbiamo per forza bisogno di due attaccanti degni di questo nome per continuare a vincere; perciò, ho deciso di fare questo piccolo salto. Passata questa missione riprenderemo da dove ci siamo interrotti.

-Ok, quindi il prossimo membro da trovare è: "Un Giocatore pronto a qualsiasi situazione munito della potenza del vento e del tuono impetuoso". Mi scusi ma cosa c'entra Peter?- Domandò Riccardo, che aveva in se anche un pizzico di curiosità.

-Facile, grazie alle capacità di questo giocatore vi sarà permesso di vedere e vivere tra due mondi, ovvero quello della fantasia e quello reale, così vi potrete adattare a qualsiasi cosa, ma soprattutto avrete una potenza fuori dal comune, visto che presumo ci sia come bonus la capacità di volare.

-Se lo dice lei. Allora chi completerà il Mix-max questa volta?- Chiese Arion eccitato all'idea di ripartire.

-Sarà Alexandra!

-EH?- Urlai restando letteralmente a bocca aperta.

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Capitolo 13
*** Si entra nella favola ***


-Non vorrei contraddirla, ma Alex non è proprio la persona più fantasiosa del pianeta.- Disse Gabi.

-Ha ragione, per quanto mi dispiace ammetterlo, sono molto logica e razionale, e nel mio ragionamento la fantasia è pari a zero!

-È proprio per questo che sei la persona giusta, così sarai del tutto al centro tra i due mondi.- Concluse la pietra senza voler più sentire una replica. Preparati i bagagli, salimmo sulla macchina del tempo pronti per cominciare l'avventura nel mondo dell'Isola Che Non C'è. Nonostante il decollo tranquillo però, durante il viaggio, qualcosa andò storto, perché passati pochi istanti svenimmo tutti.

Quando riaprii gli occhi mi trovavo tra delle macerie con un cane che mi abbaiava in faccia per farmi riprendere, non capivo dove mi trovavo, ma una cosa era certa, non ero più con i miei amici. I miei pensieri però vennero interrotti da un enorme boato che fece svegliare la Chrono stone di David che disse:

-Ragazza mia mi sa che siamo finiti sotto un bombardamento della seconda guerra mondiale.

-Cosa? E ora cosa facciamo?

-Seguiamo la storia e mi raccomando fai esattamente quello che fa Jane nella storia.

-Io non ho nessuna intenzione di insultare quel bambino e di venire rapita dai pirati!

-Ma su forza! Pensa alla nostra causa e vedila come un passaggio verso il goal.

-Siamo seri, ha veramente usato una metafora del genere?

-Non perdiamo tempo in marcia! Ora chiama il cane e partiamo!- La metteva facile lui, era una pietra indistruttibile mica come me che ero lì in carne e ossa! Promemoria per me strozzare il signor Evans al più presto.

-Va bene, mi arrendo. Nana due andiamo!- Cominciammo a correre tra le rovine di quella che un tempo era la meravigliosa e unica Londra, mentre in questo momento era quasi solo un cumulo di macerie! Passata mezz'oretta avevamo incontrato Wendy e il mocciosetto di cui non ricordavo il nome, eravamo rientrati nel palazzo dove abitavamo, o meglio dove loro abitavano e avevo insultato il ragazzino come da copione. Volete sapere cosa stavo facendo subito dopo? Ma era facile, ero rinchiusa in uno stupido sacco sulla nave di quel deficiente di Capitan Uncino! Quando mille colori mi travolsero la mente, sembrava di essere entrati in uno stroboscopio, mi stava venendo mal di testa solo a guardarlo, mai in quel momento avrei desiderato di più di tornare a casa nel mio letto a riposare  invece di essere in missione con la squadra. Venni, però, richiusa quasi subito dentro il sacchetto, togliendomi ogni possibilità di visuale su ciò che sarebbe accaduto intorno a me. Sentii il sacco essere sballottato da una parte all'altra, per poi essere sollevato in aria, se non fossi tornata giù al più presto avrei di sicuro dato di stomaco.

Quando finalmente riuscii a rimettere i piedi per terra, o meglio quando ci riuscì la tela qualcuno tentò di aprire la mia prigione. La mia risposta forse non era stata delle più femminili, infatti avevo mollato, a chiunque fosse, un gancio destro ben assestato sul viso.

-Ehi!- Quando finalmente riuscii a rivedere qualcosa, mi accorsi che la persona che avevo appena colpito era Peter pan in persona. Ops, be' se non ricordo male lo faceva anche la ragazzina che stavo impersonando.

-Ma tu non sei Wendy.

-Sono sua figlia Alexandra.- Non avevo intenzione di farmi chiamare Jane. Se devo essere bloccata all'inferno voglio farlo con il mio nome. Iniziò ad avvicinarsi pericolosamente al mio viso. Avvicinati ancora un po' e ti taglio le mani. Non dire che ti avevo avvisato.

-Vieni ti mostro l'Isola che non c'è.- Ciò che era accaduto nell'attimo seguente fu davvero rapido, così che in un men che non si dica mi ritrovai ad alta quota aggrappata alle sue spalle.

Il viaggetto durò una mezz'oretta, che si concluse con me che venivo sganciata a mezz'aria verso la cavità di un albero. Temevo che le mie urla si fossero sentite persino in Paraguay. Era possibile che fosse in grando di fare una cosa del genere senza dare il minimo preavviso. Per mia fortuna la mia caduta venne assorbita quasi completamente da uno scivolo presente all'interno dell'albero. Sembrava infinito, come se non esistesse una fine. D'un tratto però mi ritrovai a sbucare in una stanza completamente in legno, gli unici altri materiali presenti sembravano le pelli di animali. A causa della brusca caduta persi addirittura i sensi.

-Ragazzi secondo voi sta bene?

-Forse dovremmo darle qualcosa.

-Ma cosa vuoi farle prendere è solo svenuta.- Sentivo delle voci tutto intorno a me. Erano davvero molto familiari. Cercai di aprire piano piano gli occhi. Inizialmente vedevo sfocato, ma poi riuscii a distinguere perfettamente le figure sbiadite.

-Ahahah!- Scoppiai a ridere di gusto in circa tre secondi precisi. Ciò che vedevo erano i miei amici vestiti con le tute da animali da bimbi sperduti. Erano così ridicoli. Non né avete idea.

 

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Capitolo 14
*** Mettersi in discussione ***


-Non ridere, non ti azzardare.- Ordinò Victor lamentandosi. 

-Come posso non sbellicarmi dalle risate, sei una volpe gigante e gli altri non sono da meno.- Ricevetti una marea di occhiatacce, ma vi assicuro che ne era valsa la pena. 

Le ore scorsero estremamente veloci e i tentativi per mantenere la storia il più fedele possibile, diventavano sempre più difficile. Ad un certo punto accadde, però, qualcosa d'impensabile, che sembrava potesse mandare in fumo l'intera missione. Peter decise di combinarne una delle sue e finendoci di mezzo io, ciò ne seguì furono solo urla, o meglio mie urla.

-NON È POSSIBILE CHE TU SIA SEMPRE COSÌ INFANTILE! 

-Ehi calmati, era uno scherzo innocente.

-UNO SCHERZO INNOCENTE? HO RISCHIATO DI ROMPERMI QUALCOSA! CRESCI UNA BUONA VOLTA PETER! NON PUOI PENSARE DI VIVERE TUTTA LA VITA FERMO NEL TEMPO, CREDENDO A COSE COME LA MAGIA.- Non gli diedi nemmeno un secondo per rispondere, ero già corsa via. Quando odiavo le persone così, senza preoccupazioni, come se nulla potesse toccarle. Io non sono mai stata così. Avevo sempre le aspettative di mille persone sulle spalle. Sei un talento del calcio? Devi essere sempre la migliore. Hai il quoziente intellettivo di un genio? Allora devi puntare ad essere sempre dieci volte più brava degli altri. Non puoi accontentarti di essere nella media. Ecco cosa ho sentito ripetermi per tutta la vita, dai miei genitori e dai miei professori. Corsi per diversi chilometri, a quando pare la preparazione atletica dell'allenatore Sharp aveva dato i suoi frutti. Mi sedetti su una roccia per riprendere fiato. Avevo bisogno di rimuginare un po' sui miei pensieri. Una parte di me sapeva di aver esagerato, ma allo stesso tempo non potevo fare a meno di essere infuriata. Venni ben presto scossa dai miei pensieri da una voce:

-Strano vedere una bimba sperduta da queste parti.- Mi girai di scatto. Capitan Uncino! Di nuovo non è possibile, un incontro al giorno mi basta e attualmente non ho un pallone da calcio da tirargli per vendicarmi di questa mattina.

-Non sono una di loro.

-Nervosetta, ragazzina. 

-Cosa vuoi?

-Dici di non far parte del loro gruppo eppure hai il loro stesso atteggiamento nei miei confronti.

-Mettiamola così, i ragazzi sono miei amici, però non sono con Peter Pan.

-Concetto estremamente interessante e dimmi questo potrebbe portarti a dirmi dove trovarli?

-Scordatelo, non tradisco la mia squadra perché qualcuno mi sta sulle scatole.- Risposi alzandomi. Pare che in quest'isola sia impossibile passare cinque minuti da soli senza che qualcuno venga a disturbarti. Riniziai perciò la mia corsa, prima di tornare dagli altri dovevo continuare a pensare. 

Arrivai dall'albero dove vivevano i ragazzi solo tre ore più tardi. Stranamente era tutto estremamente silenzioso. Nemmeno il suono di un pallone che rimbalzava in giro o quello di una risata rompevano il assoluto silenzio che si era creato intorno a me. Possibile che stessero già dormendo? Erano a malapena le cinque e conoscendo Arion si sarebbe allenato fino a notte inoltrata. Entrai da una delle entrate laterali, ma all'interno non trovai nessuno. Sapevo per certo che avrebbero dovuto essere lì, eppure per qualche strana ragione non c'erano. Decisi perciò di cominciare a cercare in giro, infondo quel posto era molto grande. L'unico movimento che percepii proveniva, però, proveniva da un piccolo scompartimento, che era illuminato da una luce molto flebile. Trilli! Spostai rapidamente la tenda di foglie che ci divideva. Era lì, ma non stava per niente bene. Era così debole, che, nel momento in cui la presi in mano, risultò leggera come una manciata di granelli di sabbia. 

-Cosa ti è successo?- Girò molto lentamente la testa e mi rivolse uno sguardo di accusa. A quanto pare le mie parole avevano sortito più effetto su di lei, che sul ragazzo. Senza volerlo avevo rispettato la storia sin nei minimi particolari. Se non avevo letto male il libro eravamo esattamente al punto in cui avremmo dovuto essere. Questo stava, però, a significare qualcosa di molto peggio. Gli altri in qualche modo erano finiti in mano ai pirati. Il mio sguardo tornò immediatamente a posarsi sulla fata. Mi stava morendo letteralmente tra le mani. Era così scorbutica, ma non averi mai voluto che morisse. Continuava a fissarmi con quei piccoli occhietti, che poco a poco lasciavano scivolare via la vita. Più la guardavo e più sentivo una sensazione strana dentro di me. Non ero il tipo che si sentiva in colpa, eppure in quel momento sarei volentieri scoppiata a piangere. Sapere di averla ridotta in quel modo mi distruggeva. -Mi dispiace tanto. Non avrei mai voluto ferirti. Ho reagito male, lo so. Non sono mai stata brava ad interagire con le persone così diverse da me. Ho detto delle cosa stupide, che non pensavo. Credo di essere cresciuta troppo in fretta, o forse sono nata cresciuta. Da piccola non mi hanno mai insegnato a credere nelle cose irrazionali,  ma in questi anni mi sono successi eventi così strani che non so più cosa pensare.- Una lacrima mi rigò il volto. -Chissà forse la magia esiste.- Chiusi gli occhi sperando in un miracolo. Il buio venne ben presto spazzato via da una luce abbagliante. È strano l'effetto che le parole che le parole possono avere su gli altri, una aveva provocato dolore ed un'altra aveva risanato il danno. Ora che questo era risolto, restava comunque un problema molto più grande. Dovevamo salvare i ragazzi.

La nave dei pirati era ancorata sulla spiaggia. Dal punto in cui eravamo nascoste potevo vedere la squadra legata all'albero maestro, mentre Peter era sulla passerella legato con una palla al piede. Serviva un piano e anche molto velocemente. Agire come una giocatrice di calcio, non era l'idea migliore, o forse lo era. Insomma bisognava attaccare, ma non con un pallone. Afferrai una cima che sporgeva e mi lanciai all'arrembaggio. Passai esattamente tra Pan e il capitano, afferrando il secondo e trascinandolo su uno dei rami dell'albero. 

-La ragazzina!

-Come va?- Chiesi sprezzante.

-Allearti con loro potrebbe essere stato il tuo ultimo errore.- Ero certa di non aver calcolato tutto, infatti l'uomo estrasse la spada e me la rivolse contro. Più si avvicinava e più io mi allontanavo, camminando all'indietro. Sentii il cuore perdere un battito, quando mi accorsi che il legno era finito. Un altro passo e sarei caduta nel vuoto. -Nervosa?

-Assolutamente no. Sai perché? Non puoi vincere, non potrai mai farlo. Per quanto ti sforzi la fantasia, l'immaginazione e la creatività non potranno mai scomparire, perché finché qualcuno, in qualsivoglia parte del mondo, continuerà a credere Peter Pan non perderà mai la sua battaglia.- Non so con quale forza di volontà riuscii a farlo, ma lo feci. Mi lascia cadere nel vuoto. Tutto ciò che sentivo intorno a me erano le urla dei ragazzi. Focalizzai immediatamente quelle di Riccardo e Gabi, se mi fosse accaduto qualcosa volevo sentirli in qualche modo accanto a me, mentre la fine arrivava. Una voce che, però, mi stupii fu quella del capo dei bimbi sperduti, sovrastava quella di tutte le altre e fu come se mi entrasse sotto pelle, fin nelle ossa. Non capii cosa stava accadendo finché non accadde. Quel ragazzo con cui non avevo fatto altro che litigare per tutto il giorno, mi aveva appena salvato la vita. Aveva attivato il mix-max senza utilizzare lo zaino dell'orso. Feci una capriola e mi ritrovai ferma a mezz'aria. A quanto pare una delle capacità ereditate dal ragazzo era quella di volare. Mi diressi con estrema velocità verso il capitano. Volare era una sensazione indescrivibile, come se il mondo fosse ai tuoi piedi e quello era il momento di dimostrarlo. Lo scontro questa volta fu molto più rapido e l'uomo si ritrovò legato come un salame. Liberai di conseguenza tutti i miei amici che mi guardavano euforici.

-Alex sei riuscita a completare il mix-max!- Disse Arion correndomi incontro.

-A quanto pare.- Risposi ridacchiando. Mi specchiai nello specchio d'acqua. I capelli si erano accorciati anche se non di molto, diventando poco più chiari. Erano legati in una coda laterale, dalla quale emergeva la ciocca bianca. Gli occhi avevano preso una colorazione più bronzea rispetto al normale verde acqua e un carattere più allegro. -E devo ringraziare solamente Peter per questo.

-Io non ho fatto nulla, se non aiutarti a liberare il tuo vero io. Quel lato fanciullesco che hai sempre tenuto nascosto. 

-Ti ringrazio, ora grazie a te potremo salvare il calcio.- Il bruno alzò le spalle.

-Promettimi di usare questo dono con saggezza, ma allo stesso tempo di lasciarti un po' andare ogni tanto, siamo intesi?

-Contaci.- Dissi abbracciandolo. 

Passammo un'altra ora sull'isola prima di tornare a casa. Volevamo divertirci un po' prima di tornare a casa e Adé non ci avrebbe mai perdonato se fossimo tornati a casa prima di aver visitato tutta l'isola.

 

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Capitolo 15
*** Re Artù ***


Pov. Simeon

Era quasi ora. Tra poco sarei partito per andare a parlare con la Raimon. L'Eldorado avrebbe fatto lo stesso e dovevo riuscire a portarli dalla nostra parte prima dell'intromissione di quei vecchi. Non sarei dovuto essere nervoso, ma sapevo che lì avrei incontrato anche Alexandra. Sarebbe stato strano averla qui, con gli altri intorno. 

-Ecco il dispositivo per i viaggi nel tempo.- Disse Mehr porgendomi un bracciale. Lo misi al polso e poi aggiunsi.

-A più tardi.- Chiusi gli occhi e in un istante scomparii nello spazio e nel tempo.

Pov. Alex

-Voi lo sapete che finirà di nuovo come durante la missione per il mio Mix-max?

-No, ti prego. Non ho la forza di farlo di nuovo.- Rispose Victor lasciandosi cadere su uno dei divanetti. Sarebbe stato divertente vederlo nuovamente vestito da animale gigante, o da chissà cos'altro.

-Ragazzi temo che sia inevitabile volendo completare la squadra invincibile.- Aggiunse Wonderbot. Guardandomi intorno potevo notare le espressioni preoccupate di tutti. Personalmente la cosa che mi metteva più in pena, era la nausea che gli sballottamenti di quel viaggio mi avevano lasciato addosso per quasi un'ora. Arion sospirò, poi disse:

-Quando dovremmo partire?

-Adesso se...- L'orso venne interrotto dall'arrivo di Goldie con in mano una corona. 

-Ecco la corona di Re Artù.- Aitor iniziò a girarci intorno, squadrandola per intero.

-Siamo sicuri che sia autentica? Io ho seri dubbi.- La ragazza la prese molto sul personale e cominciò a fare l'offesa.

-Dai pensavamo la stessa cosa della piuma del cappello di Peter Pan, ma alla fine lo era. Non mi sembra il caso di metterci a litigare.- S'intromise Riccardo per cercare di placare gli animi.

-E va bene. Ti chiedo scusa Goldie.-Qualche minuto più tardi eravamo in viaggio sulla macchina del tempo. Victor ed io, essendo seduti uno accanto all'altra, ci domandavamo entro quando tempo il tunnel spazio-temporale avrebbe dato problemi. La risposta non tardò ad arrivare. 

-Che mal di testa.- Strizzai gli occhi tentando di mettere a fuoco la stanza dove mi trovavo. Ero sdraiata su un letto a baldacchino dalle lenzuola di seta. Intorno a me tutto aveva un aspetto medievale, a quanto pare ero nella stanza di un castello. Anche questa volta la storia aveva preso un corso del tutto inaspettato. Mi alzai e andai a specchiarmi. Indossavo un abito lungo bianco, che lasciava le spalle scoperte. Il tessuto aveva ricami dorati, che lo rendevano molto più prezioso. Per la prima volta avevo persino i capelli raccolti in una graziosa acconciatura, non amavo legarli nemmeno durante le partite. Decisi di affacciarmi alla finestra per vedere cosa c'era al di fuori della camera. In lontananza potevo osservare un paesino. I miei pensieri vennero interrotti da una voce:

-Alex!- Mi girai a destra. Nella finestra accanto alla mia spuntava Skie, anch'essa era vestita a tema.

-Tu hai qualche idea di chi stiamo interpretando? 

-Credo le principesse figlie di re Artù, ma sono preoccupata per il resto della squadra. Chissà dove sono finiti.

-Be' due li abbiamo trovati.

-In che senso scusa?

-Guarda lì.- Indicai il sentiero nel punto in cui si congiungeva con il cancello. Arion e Fey, seguiti da quello che sembrava essere l'orso, stavano camminando verso il castello.

-Menomale, stanno bene.- Stavo per risponderle quando sentii bussare alla mia porta. 

-Avanti.- Un ragazzo in armatura entrò nella stanza. Appena si voltò lo riconobbi. -Riccardo! Sai che non stai male vestito da cavaliere.

-Grazie. Sinceramente oramai, dopo l'esperienza durante la guerra dei cent'anni, riesco a muovermi agilmente con questa. Ad ogni modo Artù mi ha mandato a chiamare Skie e te.

-Perché?

-La prova dei nuovi cavalieri.

-Non sarà una giostra medievale, vero?

-No, partita di calcio. Noi contro gli Arions.

-Ottimo andiamo.

La partita si concluse sull'uno ad uno, poiché "nostro padre" decise di interromperla, ritenendo i ragazzi degni di entrare nel gruppo. Sfortunatamente dopo venimmo attaccati dalla Regina dei draghi, uno degli undici fuoriclasse della squadra invincibile. Durante lo scontro Goldie venne rapita nel tentativo di salvare noi principesse. A pensarci bene, era interessante come essendo entrambe giocatrici fossimo finite ad interpretare due ruoli così diversi. Decidemmo di partire tutti insieme alla ricerca della ragazza. Arrivati alla carrozza scoprimmo che Jade sarebbe stata il cocchiere e ovviamente non le fece piacere vedere chi fossimo. Al lago incontrammo Rosie che era diventata una specie di fata, che ben presto si sarebbe rivelata un uccellaccio del malaugurio.

-AHAHAHAHAH!- Aitor corse dietro Gabi non appena vide una marea di serpenti venire verso di noi. -Che f...fac...facciamo.- Nessuno sembrava avere idee, finché non mi si accese una lampadina.

-Wonderbot da un pallone a Michael.

-Sì, subito.

-SERPENTE A SONAGLI!- Eseguita la super tecnica essi si divisero in due gruppi lasciando uno spazio per passare proprio al centro. Con molto timore alcuni di noi si avviarono lungo il sentiero. Io rimasi lì ferma a guardare. Nemmeno io apprezzavo molto i rettili e passare per di la mi sembrava in ogni caso una cattiva idea.

-Che dici andiamo insieme?- Victor era comparso alle mie spalle senza che me ne accorgessi. Annuii. Era la prima volta che vedevo il blu spaventato, ma devevo ammettere che averlo accanto in quel momento mi rassicurava lo stesso. La seconda prova dei cavalieri, per quanto comprendesse il fuoco, risultò notevolmente più semplice. Arrivati alla grotta scoprimmo che la Regina dei draghi era controllata dalla Squadra Perfetta e fummo perciò costretti ad affrontarli in una partita durante la quale Arion e Goldie ottennero il mix-max.

Pov. Simeon

Li osservai da lontano, giocavano davvero bene, soprattutto lei. Si vedeva che fosse  un'ultraevoluta. Più agile degli altri, più veloce, uno splendido controllo di palla e un tiro estremamente potente. Risultò molto strano, eppure vederla mentre abbracciava i ragazzi, felice per la vittoria, mi lasciava un peso sullo stomaco. Non avevo mai provato quella sensazione. Era davvero strano come una ragazza con cui non avevo mai parlato potesse cambiarmi così tanto. Il caso era davvero strano. 

Finita la partita provai a parlare con la squadra per portarli dalla nostra parte, ma non feci in tempo. L'Eldorado aveva fatto prima di me. A quanto pare la prossima volta che ci saremmo rivisti saremmo stati avversari.

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Capitolo 16
*** La Raimon e la El Dorado si alleano ***


Pov. Alex

Stavamo precipitando da oramai qualche minuto. Da quando eravamo stati teletrasportati sulla navicella dell'El Dorado, la situazione stava degenerando velocemente. Nel momento in cui il passaggio per uscire dal varco temporale si aprì, l'atterraggio risultò meno confortevole del previsto. Per fortuna il mio venne attutito da Arion che a sua volta era caduto su altri ragazzi.

-Ora dove siamo finiti?- Domandò Lucian cercando di alzarsi. Fey parve voler rispondere, ma una luce apparve alle nostre spalle fermando la conversazione sul nascere. Comparvero tutti i componenti della nostra squadra rimasti alla Raimon del nostro tempo. Eravamo estremamente confusi. Nessuno capiva cosa stesse accadendo. Finché, d'un tratto, una voce disse:

-Benvenuti alla Sede centrale dell'El Dorado. Attualmente vi trovate 200 anni nel futuro nella città di Sant'Eldi. L'uomo accanto a me è William Toddsforth, il capo della nostra organizzazione e del mondo.- A parlare era stato Schemer Guile, l'allenatore della Squadra Perfetta. Il nostro capitano senza dare il tempo a nessuno di aggiungere altro disse:

-Ci riprenderemo il calcio!- Il Presidente Todo continuò dicendo:

-Di questo non dovrete preoccuparvi, ho già provveduto a ripristinare la linea temporale originaria. Ora, però, abbiamo bisogno del vostro aiuto. Credo sappiate qual è il vero motivo per cui abbiamo deciso di modificare la storia.- Fey rispose:

-Eliminando il calcio avreste anche impedito la nascita degli ultraevoluti, è da esso che fanno derivare tutto il loro potere.

-Esatto, in altre parole abbiamo cercato di salvare il mondo. Lasciate mi vi spieghi come funzionano le cose nel mondo futuro. Gli ultraevoluti sono bambini con una mutazione genetica, ovvero possessori del gene UE. Grazie ad esso sono dotati di capacità fisiche ed intellettive di livello eccezionale. Tra di loro vi è addirittura chi è in grado di usare poteri straordinari e assai pericolosi, come la telepatia e la telecinesi. Inizialmente gli ultraevoluti non erano una minaccia e vivevano pacificamente tra gli altri umani. Tuttavia un anno fa, hanno dichiarato guerra all'El Dorado sotto il nome di un'organizzazione chiamata New Gen. Da allora hanno creato armi speciali, che sparano particolari fialette contenenti la loro aura distruttiva. Hanno iniziato ad attaccarci e la loro potenza eguaglia quella del nostro esercito militare. Ovviamente abbiamo adottato delle contromisure per fermarli, ma la loro capacità di autodifesa è talmente efficiente che nemmeno l'intervento della polizia e delle forze dell'ordine ha avuto effetto. Le nostre sedi sono state distrutte una dopo l'altra. Sotto il loro aspetto da bambini si celano dei soldati del terrore. Presto gli ultraevoluti arriveranno a dominare il mondo e non avranno alcuno scrupolo ad eliminarci tutti. Da questo nasce la nostra estrema decisione di cancellare la causa stessa della loro mutazione genetica, ovvero il calcio e con esso la linea temporale da cui sono nati. Purtroppo abbiamo ritenuto di non avere altra scelta. Ora capite perché vi ho detto che abbiamo tentato di salvare il mondo.- Mio Dio! Il mondo era nuovamente in guerra. Possibile che la razza umana, per quanto evoluta, non riuscisse vivere in pace.

-Cosa vogliono ottenere?- Chiese Riccardo. Stava quasi urlando. Aveva sul volto un'espressione mista tra rabbia e sbigottimento.

-Vogliono dominare il mondo e vendicarsi di tutti coloro che non li accettano. Qualche giorno fa, ad ogni modo, sono venuti a proporci di partecipare contro di loro al torneo Ragnarok, una sfida di calcio.

-Non capisco, ma se sono così forti, perché vi hanno proposto questa sfida? Continuando in questo modo riuscirebbero comunque nel loro intento.- Disse Samguk. In effetti aveva ragione, perché affrettare le cose?

-Il fatto è che non hanno più tempo. Le loro capacità superiori hanno portato inesorabilmente all'accorciarsi delle loro vite, in altre parole non possono diventare adulti. È difficile che uno di loro superi i vent'anni.- Il sangue mi si gelò. Per quanto potessero non essere delle brave persone, nessuno meritava di perdere la propria vita in un tempo così breve.

-Come sarà organizzato il torneo?

-Ci saranno tre partite, ognuna delle quali verrà affrontata da una squadra diversa. Abbiamo deciso che esse saranno formate da nostri e dai vostri giocatori.

-Non abbiamo bisogno di voi, abbiamo completato la squadra invincibile.- Aggiunse Ryoma con nonchalance. La chrono stone con dentro David Evans si avvicinò a lui.

-Non dire sciocchezze, non è ancora arrivato il momento di sfoderare la nostra arma segreta.

-Comunque non è mi pare il caso di allearsi con persone malvagie come loro.

-Invece dovremmo farlo Ryoma. Potrebbe essere l'unico modo per salvare il futuro del nostro sport.- Ci girammo tutti all'improvviso. A parlare era stato Jude Sharp. Accanto a lui c'era Axel Blaze, il quale era intento ad annuire, mostrando quindi il suo assenso a ciò che l'amico diceva. A quanto pare non eravamo gli unici ad essere stati convocati. Il signor Guile disse:

-Saremo noi tre gli allenatori delle varie squadre.

Un'ora dopo ci trovammo in un campo al coperto pronti per sentire le formazioni ufficiali che avrebbero giocato il Ragnarok. I membri delle varie Protocollo Omega restavano in silenzio, come in attesa di ordini, mentre noi chiacchieravamo sulle novità di cui eravamo entrati in possesso. Noi ci comportavamo come normali ragazzi delle medie, loro come dei soldati. Quando gli allenatori ci raggiunsero in un men che non si dica la zona sprofondò nel silenzio più totale.

-La prima squadra sarà la mia.-Iniziò Mister Blaze. In alto comparve uno schermo con la formazione. -Questa sarà l'unica con una riserva e giocherà la terza partita del torneo. I giocatori sono: Arion, JP, Sol, Alexandra, Lucian, Gabi, Sor, Eugene, Adé, Ar Ecks, Juliet, Oscar. Il capitano è Arion Sherwind.- Ora avanzò Guile.

-Per quanto riguarda noi, invece, giocheremo la seconda. La formazione è la seguente: Alpha, Beta, Gamma, November, Romeo, Mike, Papa, Riccardo, Wanli, Aitor, Micheal.

-L'ultima ovviamente sarà la mia.- Disse l'allenatore Sharp. -Victor, Ryoma, Fey, Shunsuke, Hugues, Goldie, Subaru, Samguk, Kilo, Golf, Dhanna. Noi saremo i primi a scendere in campo.

Una volta divisi, ogni squadra si diresse nelle diverse zone della sede poter iniziare gli allenamenti. Nella nostra squadra per fortuna non ci furono molti problemi, infatti i tre membri della El Dorado che avevamo nel gruppo non ne causarono più di tanti, anche perché Arion riusciva a contagiare tutti con la propria passione per il calcio. Da Riccardo più tardi scoprii che da lui era tutto il contrario e non facevano altro che scontrarsi. Il ricongiungimento con il resto del gruppo venne però interrotto da una specie di terremoto che ci costrinse a teletrasportarci all'esterno.

 

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Capitolo 17
*** Si alza il sipario sul torneo Ragnarok ***


Di fronte a noi si presentava uno scenario apocalittico. Dove un tempo sorgeva la sede centrale dell'El Dorado, ora c'era solo un cumulo di macerie. Con il diradarsi della polvere davanti a noi comparve un gruppo di ragazzi. 

-Sono loro! Sono gli ultraevoluti!- Disse il Presidente Todo. C'era rabbia nella sua voce e, guardandosi intorno, potevo vedere lo stesso sentimento negli occhi dei miei amici. Personalmente non ero arrabbiata, non avevo ancora messo ben a fuoco la situazione, ma soprattutto ero molto incuriosita da quei ragazzi. Certo, quello che stavano facendo era sbagliato, però volevo scoprire di più su quello che sarebbe stato il futuro della nostra specie. Al centro c'era un ragazzo dai capelli albini e gli occhi ametista. Aveva dei bei lineamenti, che leggermente rimandavano ad Arion. La cosa strana accadde nel momento in cui i nostri sguardi s'incrociarono, sentii un brivido percorrermi lungo tutta la schiena, come se qualcosa di strano fosse accaduto. Nessuno proferì parola, finché l'albino iniziò a parlare:

-Salve.

-Ma io ti conosco, questo vuol dire che anche tu fai parte degli ultraevoluti.- Rispose il nostro capitano. Com'è possibile che già lo conoscesse?

-Già, ad essere sincero loro sono sotto la mia guida.

-Quindi sei il capo della New Gen?

-Esatto e ben presto sarò a capo del mondo intero. Pronti a cominciare lo scontro?

-Maledetto Simeon.- Sussurrò Todo. Quindi quello era il suo nome, il nome del nostro nuovo nemico.

-Direi di dare il via ai preparativi.- Cosa intendeva dire? Non dovetti attendere a lungo per capire cosa intendesse. Intorno a tutti gli ultraevoluti comparve un'aura violacela. I resti del palazzo dell'El Dorado si sollevarono in aria, andando comporre nuova materia. Di fronte a noi comparve uno stadio gigantesco. -Vi presento lo Stadio Ragnarok, dove il nostro nuovo mondo rinascerà. Vi abbiamo preparato degli alloggi per tutte la durata del torneo e delle sale per le vostre riunioni. - Aitor urlò di rimando:

-Lo avete costruito con le macerie del palazzo dell'El Dorado che avete distrutto, in realtà non è vostro.- Ricevette un'occhiataccia di rimando da Simeon. Se uno sguardo avesse potuto uccidere il mio compagno di squadra sarebbe già morto. 

-La prima partita sarà domani. Sfruttate questo tempo per allenarvi, anche se servirà a poco.- Un ragazzo alla sinistra dell'albino, anch'esso con i capelli bianchi, ma con l'aggiunta di una ciocca rossa, disse:

-Sono dei perdenti, è meglio eliminarli subito.

-Fermo Garreau.- La sua calma glaciale mi stupii, però ancor di più il fatto che quel ragazzo così impetuoso, si fermò non appena il suo capo gli ordinò  di farlo. -Vi promettiamo di non usare i nostri poteri per tutta la durata del torneo. Vinceremo lo stesso, non ci sono dubbi. Ci vediamo domani sul campo.- Notai il suo sguardo posarsi su di me per un secondo. Le sue labbra parvero incresparsi, ma subito dopo si voltò per andare via. Nel mentre, però, si concentrò anche su Fey, che subito dopo iniziò a manifestare forti dolori alla testa, che lo portarono a svenire.

La mattina dopo ero seduta in una delle sale conferenza dello stadio. Ero sbracata sulla sedia a chiacchierare con Gabi, in attesa che l'allenatore Blaze cominciasse la riunione. 

-Secondo te Fey come sta? Da quando ci siamo divisi non abbiamo più sue notizie.

-Non so Alex. Temo che non potremo saperlo, finché la Team 1 non scenderà in capo.

-Personalmente sono preoccupata anche per Riccardo, per lui non sarà facile gestire la sua squadra.

-Già. Tu credi che riusciremo a vincere?

-Forse, dipende da come se la cavino in campo, ma sapendo che i loro poteri derivano proprio dal nostro sport, la cosa mi preoccupa molto.- La nostra conversazione venne interrotta dall'arrivo di Axel, il quale volle iniziare a lavorare sugli schemi da utilizzare nella partita. Per nostra fortuna avevamo ancora tre giorni per prepararci. Essendo gli ultimi a giocare, eravamo anche i più avvantaggiati.

Pov. Simeon

La prima partita del torneo stava per cominciare e stava a me dare il via alla cerimonia di apertura. Salii sul palco e alzai la mano per far segno di far partire gli ologrammi. Due guerrieri vennero proiettati in cielo. Noi rappresentavamo il più piccolo, mentre loro il più grande. Ovviamente fummo noi a trionfare. Lo spettacolo non venne accolto molto bene dal pubblico tifoso dell'El Dorado. A questo punto schioccai le dita per far partire i fuochi d'artificio. Tornai nella stanza da dove avrei assistito alle partite. Lì ad aspettarmi trovai  Wolfram e Desmodus. Erano due ultraevoluti molto potenti, quasi quanto me.Non si erano però mai adattati alla vita comunitaria, scelta da noi ragazzi della New Gen.

-Cosa ci fate qui?

-Siamo venuti a vedervi. Vi seguiremo in questo torneo solo quando ne avremo voglia.- Rispose Desmodus spostandosi verso l'uscita, ovviamente seguito da Wolfram come un bravo cagnolino. Sospirai. Quei due non sarebbero mai cambiati, ma non importava. Non avevamo bisogno di loro. Ben presto il mondo si sarebbe accorto dell'enorme potere di noi ultraevoluti. 

Al fischio d'inizio della partita, cominciai a guardarmi intorno. Chissà in quale squadra Alexandra era capitata. Era seduta accanto ad Arion, ciò stava a significare che avrebbe giocato la partita contro la Team Gahr. Questo giocava a mio favore. Quel post partita sarebbe stato un ottimo modo per avvicinarla, poiché era già in programma che Fey, una volta sceso in campo dalla nostra parte, avrebbe usato le onde psichiche contro quella squadra, per provarci la sua lealtà. Questo potere era molto particolare, in quanto non funzionava su gli altri ultraevoluti.Wonderbot lo sapeva perfettamente e anche i vecchietti dell'El Dorado, perciò la sua vera natura sarebbe stata rivelata. So che non si trattava del modo più comune per avvicinare la propria predestinata, ma era l'unico modo per farlo. In quanto nemici non potevo andare tranquillamente da lei e presentarmi.

Alla fine di quella giornata tutto andò come previsto. La Team Zan vinse senza problemi e il tradimento di Fey, o per meglio dire il suo ricongiungimento con noi, destò un tale scalpore da buttare giù persino Arion Sherwind. Eravamo un passo più vicini alla vittoria finale ed io ero un passo più vicino a lei.
 

* Dove sono presenti asterischi, vuole dire che sono presenti sottili modifiche necessarie per la trama, rispetto alla storia originale.

 

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Capitolo 18
*** Rivelazioni ***


Pov. Alex

Nonostante avessimo perso la prima partita del torneo, l'El Dorado Team 2 aveva invece vinto la seconda e ciò stava a significare che il destino del nostro pianeta era oramai nelle nostre mani. La sera precedente al nostro incontro non riuscivo a chiudere occhio. Continuavo a lanciare un pallone in aria e riprenderlo al volo. Era così strano tutto quello che stava succedendo. Non riuscivo a togliermi dalla testa il tradimento di Fey. Possibile che in tutto questo tempo nessuno si fosse accorto che si trattava di un ultraevoluto? Anche se non volevo ammetterlo, però, c'era un'altra cosa che mi inquietava. Avevo deciso di non parlarne con nessuno, nemmeno con Riccardo e Gabi, per evitare di ricevere domande inopportune. Non appena chiudevo gli occhi mi tornava sempre in mente il volto di Simeon e quel brivido che mi aveva percorso tutto il corpo, quando i nostri sguardi si sono incrociati. Cosa significava tutto questo? Lasciai cadere il pallone a terra e mi rigirai nel letto. Cercai di scacciare ogni pensiero. Sapevo di aver bisogno di dormire per domani. Ci volle molta pazienza, ma alla fine riuscii ad addormentarmi.

Il mattino seguente il Sole parve sorgere troppo in fretta e la sveglia non fu delle migliori. Ar Ecks, sotto ordine di non so bene chi, attivò una specie di allarme, così forte da farci letteralmente volare tutti giù dal letto. Per la sua incolumità psicofisica, o per meglio dire per quella dei suoi circuiti, gli sarebbe convenuto non trovarsi vicino a me fino all'inizio della partita. Quel giorno indossare la divisa di gioco mi costò molta fatica. Era strano a dirsi, ma, a parte le tre partite contro la Protocollo Omega, non ero più abituata a giocare senza Victor in squadra. Questa volta non sarei dovuta essere in una coppia d'attacco, bensì sarei dovuta essere la punta d'attacco. Sì, c'era Sol accanto a me, però spesso si comportava più come un centrocampista che come un attaccante, come lo era infondo il suo mix-max. Sentivo di avere un macigno sulle spalle, sembrava che tutto dipendesse da me. D'un tratto, mentre ero immersa le mie preoccupazioni, sentii bussare alla porta.

-Posso entrare?- Mi infilai velocemente la maglia che stavo fissando da quasi dieci minuti. Dopo aver fatto un bel respiro dissi:

-Certo Vic.- Il ragazzo entrò nella stanza, per poi venirsi a sedere accanto a me.

-Allora pronta per la partita?

-Diciamo. Non sono eccessivamente a mio agio con la nuova formazione.

-Parli della parte offensiva?

-Già.

-Ti sembra di dover fare tutto da sola, ho indovinato?

-Come fai a saperlo?

-Perché è quello che pensavo anch'io durante il mio incontro, ma ho capito una cosa. È inutile pensare di poter portare un tale peso da soli, il calcio si gioca in un undici giocatori e l'unico modo per vincere è fidarsi dei propri compagni, senza abbattersi mai. Nemmeno a me piaceva l'idea che fossimo capitati in due squadre diverse, però so che tu puoi farcela anche da sola. Mi raccomando conto su di te.- Non riesco a credere di essere stata così sciocca. Pensavo di dover fare tutto senza avere nessuno a fianco, ma mi sbagliavo. Avevo tanti amici al mio fianco.

Mezz'ora dopo stavamo facendo il riscaldamento, in attesa che la squadra della New Gen si decidesse a scendere in campo. Certo che se la stavano prendendo comoda. Noi almeno eravamo stati puntuali. Passarono diversi minuti, finché uno dei portelloni laterali si aprì lasciando uscire la Team Gahr. No, non era possibile! 

-Cosa ci fa lì Fey!- Urlò Arion. Indossava la stessa uniforme degli altri giocatore, tranne per il colore della giacca smanicata aperta sul davanti, che era di un arancione acceso. La cosa che mi stupii maggiormente fu, però, che indossasse la fascia da capitano. A quanto pare era questa la sua vera squadra fin dall'inizio. Il brusio, generato dai commenti, venne interrotto da Gamma che dalle tribune ci mandava segnali di avvicinarsi. 

-Devi dirci qualcosa?- Chiese Gabi non appena fummo abbastanza vicini per farci sentire.

-Ho finalmente capito chi sono. Il nome non mi diceva nulla, ma vedendoli in faccia ho capito. 

-Cosa sai su di loro?

-Sono una squadra di bambocci che ci affronta nella terza partita del Ragnarok. Dubito che messi insieme facciano mezzo cervello, ma hanno doti imprevedibili e hanno un'incredibile gioco acrobatico.- Ci guardammo tutti confusi. In una sola frase era riuscito ad insultare i nostri avversari e darci anche un'informazione utile. Quel ragazzo mi sorprendeva sempre. 

Il primo tempo risultò abbastanza equilibrato, nonostante avessimo subito due goal, ero riuscita a segnare utilizzando l'armatura del mio spirito guerriero, Artemide, dea della caccia e della Luna. Nei primi minuti del secondo tempo invece, grazie alla strategia proposta da Sol, arrivammo al pareggio. 

Pov. Simeon

Era arrivato il momento che Fey facesse ciò che avevamo concordato. Dovevamo verificare che non fosse un traditore. Senza che lui lo sapesse stava per scrivere uno degli atti più importanti della mia breve esistenza. Attivai la telepatia e ordinai:

-Sei pronto a dimostrarci di essere davvero uno dei nostri?- Si fermò immediatamente e mi rivolse un cenno di assenso, poi strillò e una luce violastra si espanse partendo dal suo corpo e ricoprendo tutto il campo. Caddero tutti a terra doloranti, o meglio tutti tranne lei e il robot.

Pov. Alex

Non avevo idea di cosa stesse succedendo. Perché stavano tutti male, tranne me e ovviamente Ar Ecks. Qualunque cosa fosse proveniva dal nostro ex compagno di squadra e non sembrava intenzionata a smettere. Non mi ero però resa conto di avere gli occhi, di chiunque si trovasse in quello stadio, puntati addosso. 

-Come può essere ancora in piedi?- Domandò una ragazza con dei grossi codini biondi. I suoi compagni si scambiarono strane occhiate, ma nessuno parve voler dare un'effettiva risposta al quesito posto dalla ragazza. D'un tratto Fey disse:

-C'è solo un motivo per il quale un essere umano è in grado resistere alle nostre onde e sappiamo tutti qual è. A quanto pare Alexandra è come noi, è un'ultraevoluta.- Lo fissai con gli occhi spalancati, forse avevo sentito male e aveva semplicemente detto che si trattasse di pura e semplice fortuna.

-Come? No, ti sbagli di grosso. Io sono un essere umano qualsiasi. Al massimo bambina prodigio, ma non di certo ultraevoluta.- Non potevo esserlo, o forse sì? Avevo troppe informazioni in mente e stava per scoppiarmi la testa. Mi guardavo intorno in cerca di qualche supporto. L'unica voce che sentii era stata, però, quella di Gabi:

-Alex rimani concentrata, penseremo dopo a questo. Ora tu e Ar Ecks dovete solo riuscire a segnare.- Aveva pienamente ragione. La partita non era finita e noi eravamo due contro undici, ma non potevamo dargliela vinta.

Lo scontro era stato molto duro e si concluse in parità. Dopo quello scontro scoprimmo cose sconcertanti. Il Benefattore X era il padre di Fey, Asley Rune, mentre Goldie nel futuro sarebbe stata sua madre. Come se non bastasse il Presidente Todo mi costrinse a sottopormi a degli esami per verificare se avessi veramente il gene UE. Per la mia sicurezza gli allenatori Sharp e Blaze non mi lasciarono mai da sola durante questo test. In quel momento ero con gli altri in sala riunioni per organizzarci per l'ultima partita del torneo che si sarebbe disputata fra due giorni. Io, a dir la verità, non stavo ascoltando nulla per quanto ero in ansia per quei benedetti risultati. Era stato proprio in quel momento che mister Guile si presentò nella sala.

-Abbiamo il responso.

-Allora?

-Gli ultraevoluti hanno detto il vero, hai anche tu il gene.- Mi si gelò il sangue nelle vene. Sarei morta prima di diventare adulta? Avevo già vissuto tre quarti della mia vita senza rendermene conto? -C'è anche una buona notizia.

-Sarebbe?

-Essendo tu uno dei primi esemplari di ultraevoluto non hai la stessa caratteristica genetica che accorcia irrimediabilmente la loro vita.

-Sta forse dicendo che Alex ha le loro abilità e magari anche i poteri, ma senza controindicazioni? Avrà la vita di un qualunque essere umano.- Ad intervenire era stato Victor e mi guardò sorridendo.

-Esatto.

-Non credo di avere dei poteri, o se li ho sono ancora dormienti.

-Ti sbagli.- Disse Riccardo voltandosi verso di me. -Una volta lo hai fatto, però non credo tu te lo ricordi, perché subito dopo sei svenuta. All'ultimo anno delle elementari eri così arrabbiata con Veronica, che non la smetteva di prenderti in giro, che facendo un semplice movimento con il braccio, senza nemmeno sfiorarla, l'hai fatta volare contro il muro. Allora non aveva senso, eppure ora capisco molte cose.- Tutti i ragazzi iniziarono a fantasticare su come doveva essere bello avere delle abilità come le nostre, io però mi sentivo solamente a disagio. Mi alzai di scatto e corsi fuori urlando:

-Ho bisogno di pensare e stare da sola!

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Capitolo 19
*** Solo uno sguardo ***


Corsi nel buio della città, finché non mi rimase più fiato in corpo. Tentavo inutilmente di trattenere le lacrime, ma le sentivo scendere lungo le mie guance. Mi fermai in un parco lontano dallo stadio. Aveva una fontana al centro, sulla quale mi sedetti. Portai le gambe a petto e mi lasciai finalmente andare. Per tutta la vita ero stata presa di mira, perché ero diversa da tutti gli altri. Quante notti avevo trascorso piangendo per il commento di qualche bambino. Avevo sempre sognato di essere una persona qualsiasi, una tra le tante, solo per essere accettata. Solo ora, però, capivo che ogni mio tentativo era sempre stato nullo, io non ero una persona normale.

-E dimmi perché vorresti esserlo? Non è meglio essere la pecora nera in un gregge, piuttosto che una qualsiasi?-Mi girai di scatto. Avevo riconosciuto immediatamente quella voce. Era quella di Simeon Ayp.

-Come...

-Scusa, non ho resistito a leggere i tuoi pensieri.- Mi asciugai il viso, cercando di ricompormi. Non avevo intenzione di mostrarmi fragile davanti ad un nemico.

-Cosa ci fai qui?

-Ti cercavo. Devo ammettere che temevo avresti reagito così alla notizia e ho pensato che avresti avuto bisogno del conforto di qualcuno che ci è già passato. Lo sappiamo entrambi che i tuoi amici della Raimon non posso aiutarti.- Odiavo ammetterlo, ma aveva ragione. Il modo in cui i ragazzi avevano reagito alla notizia, mi aveva solo irritato. Vedevano il lato divertente della situazione, senza però tener conto delle conseguenze.

-Ti ringrazio per il pensiero, ma sono apposto così.- Mi alzai, cercando di andare via. Quando però gli passai accanto Simeon mi afferrò un polso. Non appena entrammo in contatto l'uno con l'altro, sentii nuovamente quel brivido che avevo già provato la prima volta che i nostri sguardi si erano incrociati. Ritrassi velocemente il braccio e posai l'altra mano sul punto che aveva sfiorato. 

-Lo hai sentito anche tu non è vero?- I suoi occhi puntavano dritti su di me. Era difficile reggere il suo sguardo, eppure cercai con tutte le mie forze di non dargliela vinta.

-Non so di cosa tu stia parlando.- Di solito ero brava a mentire, ma in quel momento la mia voce si incrinò mentre rispondevo.

-Diciamo che farò finta di crederti, anche se so che non è così.- Comparve una leggera aura violastra intorno all'ametista dei suoi occhi, che però scomparve in un'istante. Voleva ricordami che con lui era inutile mentire. -Vorrei che tu mi ascoltassi per qualche minuto, poi, se vorrai, sarai libera di andartene. Ti prometto che non ti fermerò.- Sospirai arresa. Ci sedemmo lungo il bordo della vasca nel silenzio più totale. Passato qualche istante dissi:

-Quindi?

Pov. Simeon

Avevo la testa che stava per scoppiarmi. Non ero mai nervoso nel mio ruolo di capo della New Gen, eppure davanti a quella ragazza ero come un bambino al suo primo giorno di scuola elementare.

-So perfettamente come ti senti, cosa significa essere bollati come diversi. Tu in un certo senso sei stata fortunata, nel passato non interessa se hai il gene UE, mentre qui si. Sono stato abbandonato dai miei genitori subito dopo la mia nascita per questo. I primi anni della mia vita li ho trascorsi in un orfanotrofio e lì nessuno mi si avvicinava per paura che io facessi loro del male, mentre, quelli che inizialmente non mi temevano, mi schernivano, pagandone poi il prezzo, senza che io lo volessi.- Mentre parlavo, notai i suoi occhi verde acqua diventare lucidi. Allora era questo l'effetto che la mia storia faceva. Era la prima volta che la raccontavo a qualcuno. -Avevo cinque anni quando decisi di andarmene da quel posto, per cercare altri come me. Ci volle molta pazienza, ma alla fine formai la New Gen. Eppure nessuno di quei ragazzi aveva un'aura potente come la mia, in un certo senso ero tra i miei simili, però non del tutto. Tra tutti gli universi paralleli e i periodi storici, esisteva solo una persona con la stessa forza, la mia predestinata.

-Predestinata?

-Sì. Un'altra delle caratteristiche di noi ultraevoluti è che nasciamo con una ciocca del colore della nostra anima gemella, o qualcosa del genere, che contiene anche il loro DNA. Potremmo definirla come una specie di promemoria.

-Tu però non hai capelli di colore diverso e nemmeno Fey se ricordo bene.

-Molti di noi preferiscono nasconderla, un po' come fanno Mehr e Ghiris, anche perché loro l'hanno già trovata la loro metà.- Scostai i capelli sul retro della testa e misi in mostra la ciocca castana, in attesa di una sua reazione.

Pov. Alex

Rimasi sconcertata. Al mio cervello ci volle qualche istante per mettere insieme i pezzi, ma poi tutto fu più chiaro. Istintivamente toccai la treccia che portavo a mod di cerchietto. Quei capelli bianchi erano i suoi capelli bianchi. 

-Mi stai prendendo in giro, non è così?- Banzai in piedi. In certi momenti mi comportavo in maniera molto teatrale, lo dovevo ammettere. Si alzò anche lui e fece un passo verso di me.

-No, temo di no e posso provartelo.- Senza che avessi il tempo di rispondere mi baciò. Era un bacio casto, ma allo stesso tempo pieno di passione. Avevo già avuto diversi ragazzi, eppure in situazioni analoghe a questa non avevo mai sentito nulla. Ora invece sentivo il cuore battermi all'impazzata, come se volesse uscirmi da petto. Le sue labbra erano come una droga, non volevo più staccarmi. Era così strano, lo conoscevo appena, ma era come se avessimo trascorso insieme una vita intera. -Capisci cosa intendevo?

-Credo sì.- Dopo un lungo silenzio disse:

-Ora devo andare, non ti chiederò di unirti a noi, perché so che non tradiresti mai i tuoi amici. Sappi, però, che se fossimo noi a trionfare avresti comunque un posto riservato per te alla New Gen.- Appena finì di parlare si teletrasportò lontano da me.

La mattina seguente ero stesa sul mio letto a rimuginare su tutto quello che era accaduto la sera prima. Stavo inoltre aspettando che Riccardo e Gabi mi raggiungessero per raccontargli ogni cosa. Non ci volle molto tempo per metterli al corrente, ma furono i più lunghi minuti dell mia vita. 

-Aspetta un attimo. Ti ha seriamente baciata?- Mi domandò Gabi. Tra i due era sicuramente il più scioccato. Aveva una faccia che faceva morire dal ridere, avrei davvero voluto fargli una foto.

-Sì e lasciate che ve lo dica è stato il miglior bacio della mia vita. Con gli altri non avevo mai sentito nulla, mentre con lui è stato un turbine d'emozioni.

-Chi lo avrebbe mai detto che per trovare l'amore della tua vita saresti dovuta venire 200 anni nel futuro.- S'intromise il bruno. Non aveva tutti i torti, sembrava la trama di una di quelle serie TV che guardiamo dopo gli allenamenti. 

-Ho capito però anche un'altra cosa. Per quanto il modo in cui stiano agendo sia sbagliato, in realtà ciò che li ha spinti a fare tutto ciò non è colpa loro. L'unica cosa che hanno sempre voluto era essere accettati per quello che sono. Anche l'El Dorado ha alcune colpe per la situazione che si è creata. Se non li avesse bollati come diversi, ora non saremmo a questo punto. Inoltre per rimediare alla situazione vuole togliergli la loro unicità con quel vaccino. So che questo gli allungherebbe la vita, ma il renderebbe pecore nel gregge.

-Sai che stai parlando come una di loro sì?

-Non temere, non ho intenzione di schierarmi dalla loro parte. Combatterò con voi per fargli capire che, nonostante abbiano ideali giusti, si stanno comportando come coloro che tanto combattono.

-Hai ragione.

-Be', so di avervi chiamato io, però ora se potete scusarmi devo fare alcune cose. Se volete scusarmi.- Uscii velocemente dalla stanza e raggiunsi quella dove era tornato Fey. -Scusa il disturbo. Posso entrare?

-Certo.- Lo trovai seduto alla scrivania intento a giocherellare con non so bene quale aggeggio. -In cosa posso esserti utile?

-Ho bisogno di contattare Mehr, il capitano della Team Ghir, e volevo sapere se tu sapessi come fare.

-Perché vuoi parlare con lei?

-Diciamo che ho un'idea in mente.

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Capitolo 20
*** Ben tornato mister! ***


I due giorni passarono così in fretta, che in un men che non si dica eravamo di nuovo in sala riunioni a fare l'appello della squadra invincibile. La Chrono Stone del signor Evans iniziò a volarci intorno.

-Riuscite a crederci? Dopo tante peripezie e viaggi nel tempo, siamo riusciti a radunare tutti e undici i migliori giocatori della storia e si trovano in questa stanza.- Ci guardammo gli uni con gli altri. Era davvero strano sentir dire una cosa del genere, eppure era tutto vero. Eccoci qui, ad un passo da quella che sarebbe stata la partita che avrebbe segnato il destino dell'umanità.

-Fermi.- Jade si avvicinò alle ragazze con fare sospettoso, poi continuò: -Siamo sicuri di non aver saltato nessuno? Può capitare.

-Ragazze ci siamo tutti, siamo più che sicuri.- Tentò inutilmente di rassicurarle Ryoma. Ignorando totalmente le parola del centrocampista, cominciarono a contarci:

-Uno, Riccardo Di Rigo, miximizzato con Oda Nobunaga. Due, Gabriel Garcia, miximizzato con Giovanna D'Arco. Tre, Sol Daystar, miximizzato con Zhuge Liang. Quattro, Jean-Pierre Lapin, miximizzato con Liu Bei. Cinque, Ryoma Nishiki, miximizzato con Ryoma Sakamoto. Sei, Victor Blade, miximizzato con Soji Okita. Sette, Sor, miximizzato con quetzalcoatlo. Otto, Fey Rune, miximizzato con Big. Nove, Golide Lemmon, miximizzata con la Regina dei Draghi. Dieci, Arion Sherwind, miximizzato con Re Artù. E per finire, undici, Alexandra Wolf, miximizzata con Peter Pan. Sì, ci sono tutti!- Esultammo tutti insieme, scoppiando a ridere nel mentre. Per quanto fosse strano dai noi era diventata quasi un'abitudine. 

-Ragazzi calma, prima di tutto abbiamo un'altra cosa importante di cui discutere. Il nome della squadra.- Disse Wonderbot prendendo parola. Io risposi prontamente:

-In che senso scusa?

-Non vi chiameremo la Squadra Invincibile, I migliori della storia, per tutto il tempo, perciò avrei in mente ...

-Sarete una squadra che viaggia attraverso il tempo come una tempesta, una Chrono Storm! Ecco il vostro nome.- Ad interrompere l'orso fu il signor Evans, che ovviamente non poteva attendere per prendere parola. L'altro, come c'era d'aspettarsi, ci rimase malissimo. Le nostre risate vennero, però, interrotte dal Presidente Todo e dall'allenatore Guile. Il secondo si avvicinò a noi e porse ad Arion una scatola, contenente degli auricolari.

-Tranne Fey ed Alexandra, dovrete indossarli tutti. Non possiamo permettere che usino nuovamente i loro poteri, ma se dovesse accadere questa volta saremo pronti. Questi oggetti che vedete bloccheranno le onde, impedendo che raggiungano il vostro cervello.

-Non credo che Simeon ricorrerebbe a tali mezzucci, non per la finale.- Intervenne Fey. Ero d'accordo con lui, ma preferivo evitare di esternare eccessivamente le mie opinioni di fronte ai membri dell'El Dorado.

-Può essere, però è meglio evitare sorprese indesiderate. Comunque è arrivato il momento di nominare l'allenatore della Chrono Storm.- Todo salì sul palco, come se dovesse fare un annuncio a tutta la nazione. Si schiarì la gola, ma nel momento in cui stava per prendere parola, il professor Criptix comparve alle nostre spalle dicendo:

-Fey, è tutto pronto per quello che mi avevi chiesto.

-Ottimo professore!

-Di cosa state parlando?- Domandai curiosa. Quando un genio del suo calibro voleva proporci una nuova invenzione, ero sempre ben disposta ad ammirarla.

-Ho progettato una macchina in grado di far tornare le Chrono Stone alla loro forma originaria.

-Forte!- Rispondemmo tutti in coro. Quell'uomo era sempre pieno di sorprese.

Qualche minuto più tardi, l'aggeggio era stato portato dove ci trovavamo, pronto per esser azionato. Mi chiedevo solamente su cosa, o per meglio dire chi, l'avrebbero voluta testare. Il ragazzo dai capelli verde-acqua fece un passo avanti, posizionando una pietra su un piedistallo. Era quella dove era stato intrappolato l'allenatore Evans! Come faceva ad averla Fey? Le ultime notizie la riportavano nelle mani della New Gen.

-Vi devo confessare che andandomene l'ho portata via con me. Non vi ho detto nulla, perché non sapevo se il professore sarebbe riuscito a riportarlo alla sua forma originaria in tempo per la partita.- Dovevo ammettere che stavo iniziando ad apprezzare sempre di più le idee alla Rune, ogni volta risultavano sempre molto interessanti. Lo scienziato attivò la macchina, però dopo alcuni instanti non accadde nulla.

-Siamo sicuri che funzioni questo coso?- Chiese Jade tirando un calcio alle apparecchiature. Comparve sul monitor la scritta allarme, temevo che la nostra manager ne avesse combinata una delle sue come al solito. Era una ragazza davvero impaziente. Esattamente come avevo immaginato, avvenne una sorta d'esplosione, che ci scaraventò a terra. Quando il fumo si diradò, guardammo tutti preoccupati in direzione della macchina oramai distrutta. Una sagoma scura comparve all'orizzonte. Senza rendermene conto, sul mio viso apparve un sorriso. Era tornato, Mark Evans era tornato da noi. 

-Allonatore Evans è tornato appena in tempo per guidarci in questa partita decisiva.- Disse Riccardo. Era da tempo che non lo vedevo così contento. 

-Siete sicuri?- Domandò lui guardando i mister Blaze e Sharp. Fu il primo a rispondere, venendo poi seguito dall'altro.

-Mettiamola così, in questa partita trionferà la squadra che sarà più decisa a vincere.

-Contiamo su di te Mark.

-Ragazzi.- Si rivolse poi a noi. -È da tanto che non giochiamo più insieme e sono molto felice di poter tornare a farlo. Forza vinciamo il torneo!

-Sì!

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Capitolo 21
*** Un passo verso il domani ***


Se intorno a me regnava il caos più completo, nella mia testa invece il comando era al silenzio. Mi stavo riscaldando prima dell'inizio della finale, ma il mio occhio ricadeva sempre sull'altra panchina, dove Simeon sembrava impartire direttive ai suoi compagni. Oggi indossava la fascia gialla, era l'unico dei capitani della New Gen a non indossarla sempre. Fey mi aveva raccontato che l'abbigliamento che aveva indossato per il terzo incontro, era il suo usuale tra gli ultraevoluti, perciò anche lui rientrava in quel gruppo. Cercavo in tutti i modi di scacciare il pensiero dell'albino dalla mia testa, eppure continuavo a voltarmi verso di lui. La mia consolazione era che anche lui si era girato varie volte nella mia direzione, quando credeva che fossi distratta.

-Ragazzi radunatevi un attimo qui per favore.- Ci richiamò all'ordine l'allenatore Evans. -Arion a te la parola.- Era arrivato il fatidico momento del discorso del capitano. Conoscendo i precedenti, speravo che Sherwind fosse migliorato in questi ultimi mesi nell'utilizzo dell'oratoria.

-Ne abbiamo passate così tante. Abbiamo riso e pianto. Siamo stati sconfitti più di una volta, ma poi ci siamo rialzati sempre più forti. Mostriamo ai nostri avversari il nostro calcio. Dimostriamogli cosa significa amare questo sport!- Le opzioni erano due o glielo aveva scritto Mr Evans, oppure era realmente maturato. In ogni caso ero davvero stupefatta. La nostra risposta fu un'esultanza generale, che venne seguita dal levare il pugno in aria, come se fossero le spade dei tre moschettieri al momento della proclamazione del famoso motto. Passato il momento ci schierammo tutti in campo. Il calcio d'inizio spettava a loro perciò Victor ed io arretrammo nella nostra metà campo. Sembrava che tutto fosse pronto, quando Simeon disse:

-Bene cominciamo.- Gli altri ultraevoluti della New Gen erano disposti lungo il perimetro degli spalti. Intorno a loro si creò un'aura violetta, che sembrò far tremare la terra.

-Cosa stanno facendo?- Urlai all'albino, che nel frattempo aveva estratto la sua pistola a capsule, sparando un proiettile in aria. Lo stadio, levitando, entrò nel tunnel spaziale generato poco prima. -Ci volete dare una spiegazione?

-Semplice, abbiamo rovinato i piani dell'El Dorado. Avevano deciso che in caso di sconfitta, ci avrebbero sedati con un gas e ci avrebbero iniettato un vaccino. In questo luogo invece nessuno potrà intromettersi.- Eravamo tutti senza parole. Todo voleva davvero scendere a certi mezzi pur di vincere? A quanto pare sì. I suoi piani erano, però, andati in fumo e devevo ammettere che non mi spiaceva affetto. 

La partita fu molto combattuta. Nessuna delle due squadra si tirò indietro. L'epicità del momento fu tale da essere degna dello scontro con il quale si sarebbe deciso il futuro dell'umanità. Il caso volle che fummo proprio noi a trionfare, a quanto pare eravamo davvero gli undici fuoriclasse. Mi avvicinai a Simeon seduto a terra, che si stava controllando la caviglia.

-Credo ti servano questi.- Gli porsi il ghiaccio spray e delle bende. -Se vuoi ti aiuto a sistemarle.

-Grazie mille, ho preso male un pallone come puoi notare.- Rispose sorridendomi.

-Sono contenta che, grazie a questa partita, abbiate capito il senso dell'amicizia. Un team può anche essere formato dai giocatori più forti, ma se non c'è armonia e lealtà reciproca non arriveranno mai alla vittoria.

-Sono d'accordo, ma, devo ammettere, che sono stato sciocco a non rendermene conto prima. 

-Non è colpa tua. Siete cresciuti senza che nessuno vi avesse mai dato un briciolo d'affetto, come potevate anche solo immaginare che esistesse qualcosa di così meraviglioso?- Stava per aggiungere qualcos'altro, quando il Presidente Todo apparve in campo. Si muoveva a passo svelto nella nostra direzione, sotto gli occhi della Chrono Storm e della New Gen.

-Per favore, aiutami ad alzarmi.- Mi sussurrò l'ultraevoluto. Gli porsi il braccio, cosicché potesse assumere una posizione più adatta al leader di una fazione. Il resto dei giocatori della La Lagoon si avvicinarono al proprio capitano, Ghiris in particolare prese il mio posto ad aiutare il ragazzo. Retrocessi leggermente, accostandomi i miei compagni, anch'essi sopraggiunti per capire cosa potesse accadere. -Anche se abbiamo perso, è stato un bello scontro dopo tutto. 

-Avete combattuto alla pari, in un combattimento leale. Ora che il Ragnarok si è concluso, mi piacerebbe parlare con te del futuro.

-Cosa intendi dire?

-Guardandovi giocare ho capito una cosa molto importante anch'io. Siamo tutti essere umani e mi dispiace per il modo in cui abbiamo sempre trattato. Infondo è colpa nostra se siamo giunti fino a questo punto. Vorrei perciò che ci aiutaste per costruire un mondo migliore.- Il giovane parve sorpreso della richiesta dell'adulto. All'inizio di questa avventura, mai mi sarei aspettata un finale del genere. Todo porse la mano in amicizia all'altro, che la strinse immediatamente.

-Devo confessare che abbiamo deciso di prendere il vaccino, così da poter vivere più a lungo, anche a costo di sacrificare i nostri poteri.

-In realtà non sarà più necessario.- S'intromise Mehr.

-Cosa?

-Ho studiato la formula dell'antidoto creato dall'El Dorado e sono riuscita a modificarlo, in modo tale che vada esclusivamente a modificare quelle caratteristiche genetiche che abbreviano la nostra vita.

-Come hai fatto? Non ci avevi già provato qualche mese fa?

-In effetti non è tutto merito mio. L'idea è stata di Alexandra, che inoltre mi ha fornito alcuni campioni di DNA su cui basarmi.- Si voltarono tutti, nessuno escluso verso di me. Cavolo, non pensavo che avrei attirato così tanto l'attenzione.

-Mi era venuto in mente dopo aver parlato con te, Simeon. Sapevo di non poter fare nulla da sola, perciò ho contattato lei per farmi aiutare.- Per Fey fu come se si accese una lampadina.

-Ecco perché mi hai chiesto come poterla rintracciare.- Gli sorrisi, il verde aveva capito tutto finalmente. L'albino invece era ancora leggermente confuso, ma poi le sue labbra si incresparono in un sorriso, con esse mimò successivamente: "Cosa farei senza di te". Arrossii leggermente e speravo che nessuno l'avesse notato, sarebbe stato molto imbarazzante.

Il tardo pomeriggio di quel giorno ogni cosa era pronta per farci tornare definitivamente nel nostro tempo. Le mie cose erano già state caricate sull'autobus, però io mi trovavo nella piazza dove avevo parlato con il mio predestinato per la prima volta. Qualche ora prima mi aveva chiesto di incontraci lì prima della nostra partenza. Lo aspettavo già da diversi minuti, quando lo vidi comparire lungo il vialetto. Aveva di nuovo il suo passo rapido e spavaldo, probabilmente aveva usato qualche strana medicina del futuro per tornare già in forze. Non appena fummo abbastanza vicini mi porse un sacchettino.

-Su forza aprilo.

-D'accordo.- Al suo interno c'era un braccialetto bianco con un piccolo schermo. Mi ricordava i braccialetti virtuali appartenenti a Vlad e Axel. -Grazie, sarà molto utile in caso di nuove modifiche alla storia.

-Non ha solo quella funzione. È leggermente diverso da quelli che hai visto fino ad ora. Resiste all'acqua, permette a chi lo indossa di conoscere il proprio stato fisico, misurandone anche il battito cardiaco, ma soprattutto permette di fare chiamate attraverso lo spazio tempo. Sai non so se potremo mai rivederci, però per lo meno, se lo vorrai, potremmo restare in contatto. 

-Certo, mi farebbe molto piacere.- Sentivo i miei occhi diventare lucidi. Rinunciare ad un'amore prima che potesse sbocciare, era ancora più doloroso che vederlo finire.

-È così strano, siamo anime gemelle nate in tempi diversi, eppure il caso a voluto che ci incontrassimo, anche se per poco. Immagino che perciò questo sia un addio.- Aveva la voce rotta e una lacrima scese sul suo viso.

-No, io direi che è più un arrivederci. Se il destino vorrà farci incontrare di nuovo, allora lasceremo trionfare l'amore, nonostante tutte le avversità che potremo incontrare, che ne dici? Accetti alla sfida?- Mi rivolse un dolce sorriso.

-Puoi scommetterci.- Il bacio che ne seguì, ebbe qualcosa di più magico persino del primo. Anche se la mia testa mi diceva che quello sarebbe stato l'ultimo, qualcosa dentro di me sapeva con assoluta certezza che c'è ne sarebbero stati altri.

FINE

 

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