Nei Tuoi Occhi

di _Layel_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nei Tuoi Occhi ***
Capitolo 2: *** Il Nome ***
Capitolo 3: *** Incontri ***
Capitolo 4: *** La Missione ***
Capitolo 5: *** Nuovi Obiettivi ***
Capitolo 6: *** Sorprese ***
Capitolo 7: *** Arrivederci ***
Capitolo 8: *** Telefonata ***
Capitolo 9: *** Colazione a Letto ***
Capitolo 10: *** Anime Gemelle ***



Capitolo 1
*** Nei Tuoi Occhi ***


Nei Tuoi Occhi

 

 

La figura di un uomo torreggiava su di lui. Era circondata da un alone di luce che gli rendeva impossibile distinguerne i lineamenti. La sua voce era familiare ma totalmente priva di affetto. 

 

"Alzati."

 

Provò a rimettersi in piedi ma le gambe gli cedettero e cadde in ginocchio. Le sue lacrime macchiarono il pavimento di legno. 

 

"Non ci riesco." Singhiozzò. 

 

Una mano bollente lo afferrò per il collo e sentì la temperatura aumentare, aumentare… 

 

Keigo urlò. Aveva le guance bagnate e gli tremavano le mani. Si sfiorò il collo, nello stesso punto in cui luiera stato preso e fece un sospiro di sollievo nel sentire la pelle liscia e fresca. 

 

Non voleva più vedere. Più vedeva e più lui stava male. Allo stesso tempo era terrorizzato dal pensiero di non avere più visioni, perché quello avrebbe significato che… Che lui era… 

 

No. Non doveva pensarci. Strinse forte il peluche di Endeavor che sua madre gli aveva preso tanto tempo fa e si asciugò le guance. Se suo papà lo avesse visto piangere non sarebbe finita in modo piacevole. Non voleva che lui soffrisse ancora di più. 

 

Aveva imparato che esistevano le anime gemelle guardando le soap opere che davano in TV quando suo padre era fuori casa. Sapeva che ogni tanto, a seconda di quanto vicini si fosse, si ricevevano della visioni che mostravano la vita della propria anima gemella. Per ora gli era successo solo tre volte. La prima volta era stata quando la sua anima gemella aveva manifestato il suo Quirk. Keigo aveva solo visto una forte luce e i sorrisi di quelli che dovevano essere i suoi genitori. Le visioni successive erano state meno allegre. 

 

La sua anima gemella soffriva e Keigo non poteva darle nessun conforto. Non aveva una vita spensierata da mostrare. I suoi genitori quando non lo prendevano a botte e non gli urlavano contro, erano ubriachi. Keigo preferiva la seconda. 

 

Della sua anima gemella non conosceva quasi nulla, non il suo nome, né che aspetto avesse. Per qualche ragione si era convinto che fosse un lui ma non aveva prove certe. Però era inoltre fermamente convinto che, chiunque fosse quell'uomo dalla voce fredda, Keigo lo avrebbe preso volentieri a pugni in faccia. 

 

Fece un respiro profondo e si accoccolò nel suo angolo della stanza, coprendosi con qualcosa che un tempo doveva essere stata una maglietta ma che ora era più un brandello di stoffa. Si fece il più piccolo possibile mentre aspettava che la porta d'ingresso si aprisse. 

 

+

 

"Guarda papà, guarda. Ci riesco!" Una luce si accese intorno a lui e sentì la temperatura dell'aria aumentare tanto da farla sfrigolare intorno a lui. Per quanto facesse male, lui non voleva mai smettere. 

 

"No. Basta. Ti ho già detto che non devi più provarci." 

 

"Ma posso farcela!" La luce e il calore aumentavano sempre di più. 

 

"Non sei abbastanza forte." Il tono era fermo e con una punta di quella delusione che Keigo sentiva ogni volta che sua madre apriva bocca. "Non riuscirai mai." 

 

La luce si spense. 

 

Sua madre gli stava gridando contro e Keigo quasi desiderò di tornare da lui

 

"-completamente inutile! Perché le hai se non le usi per fare niente di buono?! Sono più utili come imbottiture per cuscini che addosso a te."

 

Si strinse le ali attorno al corpo e fissò le prime stelle della sera. Sua madre cercò di farlo muovere strattonandolo per il braccio. Keigo si liberò dalla presa e senza esitazione si alzò in volo, ignorando le grida di sua madre e i suoi tentativi di afferrarlo per le caviglie.

 

Le avrebbe fatto vedere quanto potevano essere utili le sue ali. 

 

Mentre era in volo non fece in tempo a riflettere su ciò che stava succedendo a lui che vide un'auto che correva troppo velocemente verso un'altra vettura. Senza perdere neanche un secondo per pensare si tuffò verso l'asfalto. 

 

Le due auto si distrussero ma il numero di feriti era zero. La polizia rimase esterrefatta dallo scoprire che chi aveva evitato la morte di 8 persone era solo un bambino. 

 

Il giorno dopo due signori in giacca e cravatta si presentarono a sua madre e lei fu incredibilmente felice di lasciargli in affido quel bambino che per lei era solo un peso.

 

Keigo non le disse addio. 

 

+

 

"Cos'è quello?" Si sentì chiedere a una donna che reggeva un fagottino blu. 

 

Lei sorrise e gli mostrò il contenuto del fagotto che era coperto da nebbia bianca. "Il tuo fratellino, AřsgÇh." L'ultima parola gli risultò incomprensibile, probabilmente si trattava di un nome che Hawks non doveva sapere. 

 

"Lui ha… È per lui che…" Sentì la rabbia che iniziava a ribollire nel suo stomaco. 

 

"Io lo odio." Una mano pesante gli si posò sulla spalla. Fu quello a farlo esplodere. "Perché deve essere lui?!" Si lanciò contro il fagotto che era ancora nelle braccia della donna, fiamme che lo avvolgevano e urla che si sollevavano per la stanza. 

 

"Hai mancato un bersaglio. Dovrai ricominciare." 

 

Gli occhi di Hawks tornarono a concentrarsi sui manichini che doveva colpire. Una delle sue piume era finita sul braccio opposto a quello con il bersaglio. Si passò una mano con gli occhi. 

 

"Una visione?" Chiese la donna che lo stava addestrando quel giorno. Non sapeva il suo nome. 

 

"Mi sono solo perso nei miei pensieri." Hawks le fece un sorriso di scuse e richiamò le piume. Si concentrò su ognuna di esse e fece un centro perfetto su tutti i manichini. 

 

+

 

Hawks tamburellò le dita sulla tastiera del portatile. C'erano troppe persone con un quirk simile a quello della sua anima gemella. Si era accorto che la distanza era diminuita, ora aveva una visione almeno una volta a settimana, ma anche restringendo il campo c'erano troppi ragazzi che rientravano nella descrizione di "circa tredici anni, quirk di fuoco" per avere alcuna certezza. 

 

L'ironia del sistema era che, pur vivendo letteralmente nei panni dell'altro, non si ottenevano abbastanza dettagli per porre un volto concreto al sogno. 

 

Hawks voleva trovarlo. Da quando era arrivato alla Commissione degli Eroi il suo pensiero fisso era stato trovare la sua anima gemella. Salvarlo dall'inferno in cui si stava intrappolando. 

 

Forse se avesse richiesto l'aiuto dei suoi tutori sarebbe potuto risalire alla sua identità… Sapeva che non avrebbe chiesto nulla. Era chiaro che sospettassero qualcosa, a volte le visioni duravano interi minuti, ma non avevano mai insistito troppo e Hawks gli era grato. La Commissione sapeva tutto di lui. Ma del ragazzo con il quirk di fuoco non avrebbero sentito una parola.

 

Chiuse il computer e spiegò le ali. Erano scomode le seggiole costruite appositamente per lui, quei pezzi di plastica che stavano negli archivi erano praticamente un economico metodo di tortura. 

 

Sperò che lui non lo stesse vedendo adesso. Il mal di schiena era l'ultima cosa di cui aveva bisogno. 

 

+

 

"Ha deciso di non venire."

 

Era in un piccolo spiazzo, con molta vegetazione tutt'intorno. 

 

"Gli farò vedere di cosa sono capace."

 

Fiamme divamparono, passando velocemente dal rosso al blu e avvolgendolo in un feroce inferno. Si sentì ridere mentre la pelle gli si scioglieva. A ogni respiro sembrava ingoiare metallo fuso. 

 

La risata si tramutò in urla di dolore ma il fuoco continuò a bruciare. 

 

Non aveva più la forza di stare in piedi. Il suolo si stava sciogliendo insieme alle sue scarpe e degli alberi sarebbe presto rimasta solo la cenere. 

 

Hawks era abituato al dolore ma una cosa simile non l'aveva mai provata. E sperava di non doverla provare mai più. Bruciare vivo… rabbrividì e mosse inconsciamente le ali. 

 

Appoggiò la fronte al muro freddo della sua stanza. Ciò che temeva ormai da mesi era accaduto. La sua anima gemella era… lui doveva essere… 

 

"No è vivo. È vivo e devo trovarlo." 

 

Era fuori dalla finestra prima che potesse finire la frase. 

 

Un incendio di quelle dimensioni non doveva essere difficile da individuare e Hawks era veloce. 

 

Fumo saliva da un boschetto a qualche chilometro dalla Commissione. I soccorsi non erano ancora arrivati, ma sapeva che gli eroi non avrebbero tardato a comparire. Doveva trovarlo in fretta. 

 

Stava strisciando sull'erba, ogni movimento gli faceva provare più dolore del precedente ma non si sarebbe fermato. Doveva andarsene e poi trascinare quel bastardo all'inferno con lui. 

 

Hawks, dopo mesi di visioni improvvise, era riuscito, non solo a non piantarsi di faccia contro un albero, ma anche a mantenersi stabile in aria e a mandare una mezza dozzina di piume a ispezionare il bosco. 

 

Aveva gli occhi chiusi e stava imprecando. "Uccellino del cazzo, se ti avvicini ti ammazzo."

 

Hawks si lanciò verso il luogo che gli stava indicando una delle sue piume. "Aw, hai composto una poesia per me?"

 

A giudicare dal "Vaffanculo!" che risuonò a pochi metri da lui, stava andando nella direzione giusta. 

 

Non era proprio così che si era immaginato la sua prima conversazione con la sua anima gemella. 

 

Lo trovò facilmente. 

 

Un ragazzo dai capelli bianchi e dal corpo ricoperto di ustioni era appoggiato al tronco di un albero. Si sedette sull'erba davanti a lui e venne accolto da due freddi occhi azzurri. 

 

"Non voglio portarti indietro."

 

"Ma allora sei veramente un uccello." 

 

"E tu sei il brutto cosplay di un chicken nugget bruciato. Vuoi davvero rimanere qui e aspettare che si infettino?" Hawks fece un vago gesto a…. beh, tutto il corpo dell'altro. 

 

"Non ho bisogno del tuo aiuto." 

 

"Certo che no." Hawks si avvicinò lentamente e lo prese in braccio. Allargò le ali e osservò il ragazzo. 

 

"Se mi porti da loro ti riduco in cenere." 

 

"Non lo farò."

 

Il ragazzo non rispose ma chiuse gli occhi. Hawks lo prese come il permesso per prendere il volo. 

 

Era tanto concentrato dal volare velocemente e con il minimo numero di scossoni possibile che non si accorse che le visioni si erano interrotte da quando lo aveva toccato.

 

Atterrò sul tetto della Commissione, un ospedale non era il luogo ideale per non farsi trovare, e depositò delicatamente il suo passeggero a terra. 

 

Il ragazzo aprì gli occhi e lo inchiodò con lo sguardo. "Come ti chiami?" 

 

Hawks esitò. Poteva dirgli il suo nome? Questa era, in teoria, la persona con cui avrebbe dovuto spendere il resto della sua vita. 

 

Distolse lo sguardo, osservando il cielo e le sottili nuvole di fumo che si sollevavano da est. Lì l’aria era ancora fresca.

 

"Takami Keigo."

 

Tornò a guardare la sua anima gemella. Aveva gli occhi chiusi e la testa appoggiata al petto. 

 

Hawks non gli chiese se aveva sentito.

 




 

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Capitolo 2
*** Il Nome ***


Capitolo Due: Il Nome


Quando aveva aperto gli occhi era stato investito dal bianco. La prima cosa che pensó fu "paradiso" e la seconda fu "di certo non io". 


Quindi era in ospedale. 


Scattò a sedere e il dolore fu talmente forte che per qualche secondo la sua visione divenne nera. 


Ricadde sul cuscino e chiuse gli occhi. Non aveva visto nessuno ma questo non voleva dire nulla. Suo padre non l'avrebbe di certo aspettato in ospedale e sua madre era probabilmente a casa con i suoi fratelli. Doveva trovare un modo per andarsene in fretta. Non sapeva se sarebbe riuscito a usare di nuovo il suo quirk, poteva contare solo sulla propria forza fisica, che al momento sembrava minore di zero. 


Aprí e chiuse una mano. La pelle tirava in modo insolito e se allungava troppo le dita i suoi nervi protestavano. Se la portò al viso e osservò la luce che rifletteva sui piccoli punti chirurgici che collegavano la pelle sana con quella ustionata. Se non avesse avuto lo stomaco completamente vuoto avrebbe vomitato. 


"Hey, ho portato i CD della seconda stagione di Hero Raising-" Il ragazzo biondo si interruppe quando incontrò lo sguardo di Tou- il suo sguardo. 


Non fece in tempo a sbattere le palpebre che si ritrovò un peso sullo stomaco e piume rosse in bocca. 


"Sei vivo!" 


"Non lo rimarrò per molto se non ti levi." 


Il ragazzo si sollevò e si sedette sul letto. Aveva uno stupido sorriso in faccia. Gli faceva venire voglia di sorridere a sua volta. 


"Ci conosciamo?" 


Un cinguettio indignato lasciò l'altro. Ah ovvio, era un pollo. 


"Sono la tua-" Si interruppe e agitó le ali. "...sono la persona che ti ha salvato." Il sorriso tornò e il pollo gli tese una mano. 


"Chiamami Hawks."


Non gli prese la mano e Hawks dopo poco la lasciò cadere. Si schiarí la gola e si passò la mano tra i capelli biondi. "Tu… tu sei?" 


"Non sai chi sono?" Alzò un sopracciglio. Non ci credeva. Doveva sapere chi era.


"Un piromane?" 


All'occhiataccia il pollo smise di ridere. 


"Ti ho trovato in un bosco mezzo morto. Mi hai chiesto di non portarti da 'loro'," Hawks fece le virgolette con le dita, "Non sapevo chi erano quindi ti ho portato a casa mia." 


"Hai un ospedale completamente attrezzato in casa?" Aveva alzato entrambe le sopracciglia ed era grato che non se le fosse bruciate. 


Il pennuto scrollò le spalle, facendo cadere un paio di piume sulle coperte bianche. Sembravano gocce di sangue. "I miei tutori verranno a trovarti presto. Non preoccuparti. Nessuno ti troverà qui." 


Prima di uscire Hawks gli lasciò i CD sul tavolino vicino al letto. 


+


Nei giorni successivi ricevette altre visite da Hawks. Guardavano una delle tante serie di cui Hawks era appassionato e mangiavano cose che in un vero ospedale non sarebbero mai state permesse.


"Perché diamine mangi quella roba?" Fece un cenno con la testa al cestino di pollo fritto che Hawks stringeva al petto come se si aspettasse che scomparisse da un momento all'altro. 


"Scusa? E tu cosa staresti mangiando?" Aveva la bocca piena e lui ci mise un po' per capire cosa avesse detto. 


"Ma io non sono un pollo."


Hawks gonfiò le piume delle sue ali in un gesto che non credeva fosse consapevole. "Falco." 


"Pollo." 


In risposta ricevette un grugnito esasperato. Hawks sembrò concentrarsi sull'episodio che trasmetteva la piccola TV in un angolo della stanza, ma il suo sguardo era distante.


"I miei non mi facevano mai mangiare queste cose, dicevano che non avevano soldi da butt- che costavano troppo…"


"Non sono care."


"No."


Si sistemò nel letto, resistendo all'impulso di grattarsi i punti in cui la pelle stava guarendo. Guardò Hawks e gli diede una leggera pacca sulla testa. Hawks si voltò con un'espressione mezza stupita e mezza interrogativa. 


"Neanche i miei." Lui scrollò le spalle. "I genitori sono degli stronzi."


Hawks fece un piccolo sorriso e finirono di vedere l'episodio. 


+


Dopo una settimana un'infermiera iniziò a cambiare le bende che ricoprivano le parti più sensibili dal suo corpo di mattina. Lui sospettava che prima lo facesse quando dormiva. Non era mai riuscito a coglierla sul fatto, però. 


Apparentemente le sue ferite stavano migliorando. Sempre più bende venivano rimosse e non sostituite e il numero di antidolorifici che gli facevano prendere diminuiva in modo costante. Ormai riusciva a rimanere cosciente per un giorno intero. L'infermiera lo informó che tra una settimana avrebbe potuto alzarsi dal letto e iniziare la riabilitazione. 


Lui non vedeva l'ora di potersi rimettere in piedi e andarsene da quel posto. 


+


Dopo due settimane dalla prima visita di Hawks due uomini in giacca e cravatta entrarono nella sua stanza. 


Uno di quelli prese la sedia che era al lato del letto, quella su cui di solito si sedeva Hawks, e la posizionò ai piedi del letto. Un vecchietto che camminava aiutato da un bastone venne fatto entrare nella stanza e si sedette sulla sedia. 


Si guardarono negli occhi per alcuni istanti. Lui non aveva mai visto questo tizio, era quasi certo che non lavorasse per suo padre. 


"Kento Asayama. È un piacere averti con noi." 


Lui sgranò gli occhi. Conosceva quel nome. La maggior parte delle volte che suo padre lo aveva nominato, era stato con irritazione e fastidio. C'era anche della soggezione nel suo tono e lui aveva l'abitudine ad appassionarsi a ciò che provocava timore a suo padre. 


Quest'uomo era il Presidente della Commissione degli Eroi per la Pubblica Sicurezza. 


Asayama sorrise alla sua reazione e passò il suo bastone all'uomo sulla sua destra. 


"Bene, Touya Todoroki, tu sai chi sono io e io so chi sei tu. Non dovremo sprecare tempo in ridondanti spiegazioni." Annuì come se stesse parlando da solo. 


"Non mi chiami in quel modo!" Si alzò a sedere con tanta forza che il tubo della flebo quasi gli si staccò dal braccio. 


"Oh?" Il vecchietto inclinó la testa, "E come dovrei chiamarti?" 


"Come le pare, ma non in quel modo. Quello non è il mio nome." Strinse le lenzuola con le mani, sforzandosi di mantenere il controllo e di non mandarle a fuoco. L'allarme anti-incendio era molto fastidioso. 


"Molto, molto bene." Asayama annuì di nuovo tra sé. "Ci stai risparmiando un bel po' di lavoro."


"Cosa intende?" 


"Sono qui per farti una proposta, ragazzo. Suppongo tu sappia in che condizione ti trovi."


Assottigliò la sguardo e annuì. 


"C'è grande potenziale in te e sarebbe un peccato sprecarlo, non trovi? Ti proponiamo di partecipare a un addestramento focalizzato sulla tua tipologia di quirk e, dopo il diploma, ti garantiamo un posto come agente alle nostre dipendenze." Il vecchio si alzò e, recuperato il bastone, si avvicinò zoppicante al letto. 


Lui sapeva di non avere molte alternative. Se non avesse accettato lo avrebbero rimandato da suo-


"E mio… Endeavor?" Mantenne la voce ferma e si sarebbe dato una pacca sulla spalla se solo l'avesse potuta sentire. 


"L'eroe numero due è in lutto per la perdita del figlio maggiore. Una tragedia." Un lampo di divertimento passò negli occhi del Presidente e il ragazzo quasi rabbrividí. 


"... accetto." Una volta diventato più forte sarebbe potuto scappare. 


Ricevette un cenno col capo in risposta. Prima di uscire dalla porta il Presidente si fermò e senza voltarsi gli disse. 


"Vedremo di risolvere la faccenda del tuo nome."


+


"Dabi…?" Hawks rise tanto forte da minacciare il corretto funzionamento suo udito. 


"Invidioso perché il mio nome non sembra quello di uno spogliarellista?" 


Hawks si mise a sedere sul letto, con il sorriso che riservava ai suoi tutori piantato in faccia. "Vuoi prenotare uno show privato?" 


"Cretino."


Dabi gli diede un calcio, ignorando il pigolio indignato che ricevette dal proprietario della gamba. 


"... quindi hai accettato." 


"Diciamo di sì." Non gli chiese come faceva a saperlo. Se qualcosa succedeva alla Commissione, Hawks lo sapeva. Valeva ovviamente anche il contrario. 


"Farò l'addestramento. Per il dopo si vedrà." 


Se gli avesse regalato due milioni Hawks non sarebbe potuto essere più felice. 


"Preparati a farti battere." 


"Non ci contare, uccellino."




_______

Note: Helloo, ecco il continuo di questa AU partorita alle 2 di notte xD

Non so bene quanto sarà lunga, anche perchè era nata come oneshot ma ho tante idea carine in mente!

Un super grazie alla mia pen-pal che mi sostiene attraverso questi scleri <3<3



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Capitolo 3
*** Incontri ***


Capitolo 3: Incontri


A Hawks piaceva il tetto della Commissione degli Eroi. Era tanto spazioso che un elicottero poteva atterrare comodamente, abbastanza lontano dalla strada che i suoni del traffico non lo infastidivano e nessuno ci saliva al di fuori di lui. 


Aveva gli occhi chiusi e una leggera brezza gli scompigliava quelle ciocche bionde che per quanto provava non riusciva mai a mettere a posto. Un sorriso gli spuntò sul viso e spinse un piede oltre l'orlo dell'edificio, come se stesse cercando di camminare sull'aria. 


Si sedette sul bordo del tetto, aprendo le ali per attutire la caduta. Non riusciva spesso a spendere tempo lassù. Quando non stava allenando il suo quirk o non era in palestra, doveva studiare le leggi che regolavano il lavoro degli eroi e imparare come rapportarsi con il pubblico. L'ultima volta che aveva avuto un intero giorno libero era stato durante il periodo di convalescenza di Dabi. 


Dabi… certo che i suoi tutori avevano uno strano senso dell'umorismo. A Dabi però sembrava non importare e Hawks non si sarebbe immischiato. 


Prese un profondo respiro e fissò l'azzurro del cielo. Forse doveva dirglielo. Dabi non sembrava ricordare il loro incontro nel bosco o chi fosse Hawks. Probabilmente aveva qualche sospetto ma ora che le visioni si erano interrotte non aveva modo di confermarlo. 


Hawks avrebbe veramente dovuto dirglielo. 


Non aveva diritto di tenersi una cosa del genere per sé. Allo stesso tempo non era sicuro che questa cosa delle anime gemelle funzionasse veramente. 


I suoi genitori erano anime gemelle e non potevano stare cinque minuti insieme senza passare alle mani. 


Scosse la testa. Doveva imparare a dimenticarli come i suoi tutori gli dicevano sempre di fare.


Si diede una piccola spinta oltre il bordo. Lasciò che l'aria gli fischiasse nelle orecchie e che piccole lacrime si accumulassero agli angoli dei suoi occhi. Spalancò le ali per interrompere la caduta. Stava per tornare sul tetto quando notò una finestra aperta che gli era familiare. 


Parli del diavolo… 


Hawks si posò sul sottile davanzale. Il letto era sfatto, con le lenzuola che coprivano più il pavimento che il materasso. Una pila di vestiti si era formata su una sedia vicino all'armadio. La stanza era vuota e Hawks se ne sarebbe andato se non avesse sentito una mezza imprecazione venire dal bagno. La porta era socchiusa e si poteva vedere che la luce era stata accesa anche se era una mattina luminosa. 


Aprí senza bussare e per un momento rimase impietrito nell'uscio. 


"Potrei sapere che diavolo stai facendo?" 


Dabi lasciò cadere ciò che aveva in mano e diede una testata al cassetto sotto lo specchio. Si alzò tenendo una mano tra i capelli, poi la rimosse come se si fosse scottato. 


"Come sei entrato?" 


Hawks fece un vago gesto verso la finestra. Si avvicinò a Dabi e al lavandino coperto di macchie nere. "È tinta per capelli?" 


"Cos'altro potrebbe essere?" Dabi lo spinse via con il braccio, tenendo la mano che si era passato tra i capelli ben lontana dai suoi vestiti. Prese il pennello dal lavandino e lo intinse nella sostanza nera simile a catrame che riposava in un contenitore di plastica. Hawks resistette l'impulso di coprirsi il naso con le mani e guardò una delle macchie nere sullo specchio. 


"Viene via no?" 


Dabi si guardò i vestiti e le piastrelle del pavimento. Scrollò le spalle. "Dovrebbe, sí."


Hawks rimase a fissarlo in silenzio mentre si sciacquava la tinta in eccesso nel lavandino, sporcandolo ancora di più di nero, e cercava di fregar via il colore che gli era finito sulla fronte. Dabi gli lanciò un paio di occhiate e fece un sospiro. "Forza, chiedilo." 


"Perché lo fai?" 


Dabi si guardò. Aprí la bocca per rispondere, poi scosse la testa e si piantò un ghigno in faccia. "Mi facevano sembrare vecchio. Non posso andare in giro assomigliando a Asayama, ti pare?" 


Hawks aspettò che continuasse, quando fu chiaro che non avrebbe ricevuto altre informazioni, scrollò le spalle e disse la prima cosa che gli passò per la mente. "Mi piaci anche così." 


"Ah, sì?" Incontrò gli occhi divertiti di Dabi e desiderò che il suo quirk fosse l'invisibilità. O il teletrasporto. 


"Cioè, i capelli! Mi piacciono anche così." Si avvicinò a un mobiletto e iniziò a cercare qualcosa che decisamente non gli serviva. "Ehm, come mai il nero?" 


"È il mio colore preferito."


Hawks scoppiò a ridere perché, ovvio che era il suo colore preferito. 


"Perché qual è il tuo, giallo All Might?" 


"Nah. L'azzurro è figo."


Dabi lo consideró per qualche secondo prima di scuotere la testa e tornare all'impresa di togliere il colore dalla sua pelle. 


+


La sveglia segnava le 2:43 e nell'ultima mezz'ora era andata avanti solo di cinque minuti. Affondò la faccia nel cuscino e cercò di prendere sonno per asfissia. 


Alzó la testa. 


2:43


Fece un grugnito molto poco umano e si sedette sul letto. Un bicchiere d'acqua lo avrebbe aiutato. Almeno non avrebbe dovuto più vedere quell'orologio. 


Il pavimento era freddo sotto i suoi piedi e i corridoi erano deserti, l'unico suono che si sentiva erano gli artigli di Hawks che ticchettavano sul marmo. La mensa era a sette piani sotto il suo e Hawks doveva percorrere tutto il corridoio per arrivare all'ascensore. 


Uno scoppiettio risuonò nel corridoio. Subito dopo un tonfo lo fece fermare e Hawks si domandò come un suono tanto forte non avesse svegliato tutto l'edificio. 


Si avvicinò silenziosamente alla stanza da cui venivano i rumori: era una sala riunioni in cui non aveva mai visto entrare nessuno. 


Sfruttò il fattore sorpresa e spalancò la porta, piume pronte a immobilizzare chiunque ci fosse dall'altra parte. 


Prima di poter vedere chi fosse l'intruso, sentí un odore che gli fece fare un passo indietro. Una lampadina si accese nel suo cervello. 


"Dabi?" Sussurrò. Sentiva che se avesse parlato a voce più alta avrebbe confermato che quello che stava succedendo era la realtà e non il sogno che stava facendo dopo essersi finalmente addormentato. 


"Non riesci proprio a farti gli affari tuoi." Arrivò il sussurro irritato dall'altra parte della stanza. 


Hawks accese la luce. Le sue piume avevano appeso Dabi al muro come un asciugamano bagnato. "Ora, fammi scendere."


"Oppure?" Hawks si era chiuso la porta alle spalle, evitando la serratura. 


"Ti arrostisco." Fiamme blu danzarono tra le sue dita e Hawks lo fece cadere con un tonfo.


"Quindi?" 


"Cosa?" 


"Intendi spiegare perché sei in una stanza in disuso nel mezzo della notte a dare fuoco a delle sedie?" 


"Affari miei." Sbottò Dabi. 


Hawks aspettò che l'idiota sul pavimento gli desse una spiegazione, o che lo minacciasse di morte lenta e dolorosa se non se ne fosse andato, ma il ragazzo si limitò a fissare il vuoto. 


"La palestra è aperta fino a mezzanotte. E la sala otto resiste alle alte temperature. Se preferisci allenarti di notte posso chiedere di-" 


"Non ho bisogno del tuo aiuto!"

Dabi si era alzato e il suo urlo rieccheggiò sulle pareti della stanza. Si avvicinò finché la distanza tra loro era meno che confortevole e lo afferrò per il collo della maglia. 


"Non mi servi." Sibilò, sottili spirali di fumo gli salivano dalle mani. Hawks sentí l'odore di stoffa bruciata pungergli il naso. 


"Capito? Non mi serve nessuno. Non sono un debole," disse l'ultima parola come se avesse un brutto sapore. "Che ha bisogno della Commissione anche per pulirsi il culo." Lo spinse via e gli voltò le spalle. 


Hawks gli fu addosso in meno di un secondo. Riuscì a dargli un pugno in faccia e schivò quello che mirava al suo naso. Lo spinse a terra, ma Dabi gli assestò un calcio alla gamba destra e riuscì a rimettersi in piedi. Fu Dabi a lanciarsi contro di lui e questa volta rimasero sul pavimento. Capelli vennero tirati e piume strappate, ma alla fine si ritrovarono entrambi stesi a terra, con il fiato corto e lo stesso numero di lividi. 


"Perché sei sveglio?" 


Hawks lo guardò con un sopracciglio alzato, un gesto che aveva preso dall'idiota che era di nuovo sul pavimento. "Perché tu sei sveglio?" 


"Ugh, di nuovo?!" 


Hawks si era seduto, la voglia di prenderlo a pugni non gli era ancora passata. "Sei stato tu che-" 


"Ok. Ok. Solo… non adesso." Dabi si stava esaminando una mano, dove una delle graffette di metallo che lo tenevano insieme si era aperta. 


Hawks sospirò e si alzò in piedi. "D'accordo. Mi devi delle scuse, però." 


Dabi rimase in silenzio. Se Hawks fosse stato più paziente e meno arrabbiato avrebbe atteso per una risposta. Si sarebbe ricordato quanto lui stesso trovava difficile chiedere scusa. Ma la sua maglia del pigiama preferita era stata bruciata e sentiva un livido formarsi sulla gamba destra. 


"Spero ti stia divertendo a distruggere anche questo." Si sbatté la porta alle spalle e tornò nella sua stanza. 


Passò la notte a guardare programmi spazzatura per evitare di pensare e il giorno dopo a convincere i suoi tutori che i rumori di ieri notte non erano altro che un piccione entrato per sbaglio in una stanza. 













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Capitolo 4
*** La Missione ***


Capitolo Quattro: La Missione

 

Quel diamine di-

 

Un manichino cadde a terra con un buco incandescente nel petto. 

 

-pollo testardo-

 

Un altro manichino iniziò a sciogliersi sul pavimento. 

 

-ficcanaso-

 

Il terzo manichino venne scagliato nell'angolo della stanza con l'impronta di una suola sulla testa.

 

-e permaloso. 

 

Gli ultimi due manichini vennero avvolti in un inferno di fiamme. 

 

"Stupido idiota."

 

Dabi stava ansimando nel centro della sala d'addestramento 8 e se non fosse evaporato avrebbe avuto la fronte madida di sudore. 

 

"Ricordati che finché non arriveranno gli strumenti di supporto non devi oltrepassare la temperatura limite." Disse la donna che lo controllava, la voce distorta dal microfono. Dabi non poteva vederla in faccia ma sapeva che doveva avere la stessa espressione annoiata con cui addestrava Hawks. 

 

"Lo so! Piantala di ripeterlo!"

 

"Continui però ad arrivare troppo vicino al limite. Se continuerai saremo costretti ad abbassarlo."

 

Dabi strinse i pugni fino a far diventare le nocche bianche. "D'accordo." Disse tra i denti. 

 

Aveva sottovalutato quanto sarebbe stato difficile uscire dalla Commissione una volta che ci fosse entrato. C'era qualcuno che controllava quando e come mangiava, quanto dormiva, che programmi guardava in televisione. Però non era così male. Poteva richiedere premi. Poteva usare il suo quirk. 

 

Non era a casa. 

 

Alzò la testa e assunse la posizione da combattimento. Erano arrivati nuovi bersagli. 

 

+

 

Il tetto era il posto meno controllato di tutto l'edificio. Probabilmente perché l'unica via di fuga che non fossero le scale era una caduta di trentasette piani. 

 

Il tempo faceva schifo, nuvole grigie schiacciavano la città e un forte vento gli buttava i capelli in faccia. L'orribile odore della tinta si era affievolito di poco. Si sarebbe abituato. 

 

Lo spiazzo era completamente vuoto eccetto per qualche piccione che aveva fatto il nido sull'impianto di areazione. Dabi si chiese se sarebbe riuscito a colpirli da quella distanza. Si stava preparando a rilasciare un ondata di fiamme quando sentì il familiare click della porta. 

 

"Dabi." Lo salutò Hawks. Dabi gli dava le spalle quindi non poteva vedere la sua espressione ma dal tono di voce sembrava tutt'altro che contento di vederlo. 

 

"Che vuoi?" 

 

"Ci vogliono di sotto, devono parlarci."

 

"Sì certo. E com'è che non ci sei già andato, uccellino?" 

 

"Mi hanno mandato a chiamarti. A proposito, io ho fatto la mia parte, se non vieni non è colpa mia."

 

Quando sentì la porta chiudersi non si girò per vedere se era veramente solo. Una smorfia distorse i suoi lineamenti e le fiamme gli toccarono la punta delle dita. State fermi begli uccellini. 

 

+

 

"É una missione adatta alle vostre capacità e con una minima possibilità di fallimento. Su i dossier che vi sono stati consegnati troverete tutte le informazioni in nostro possesso sulla banda di criminali. Alle nove in punto dovrete trovarvi al capannone 1A sul molo. Entro le dodici dovrete rientrare. Domande?"

 

"Possiamo ammazzarli?" 

 

"No."

 

"Posso andare da solo?" 

 

"No, Hawks, questa è una missione di coppia. Avrete bisogno del rispettivo supporto." 

 

L'ultima frase si guadagnò due identici sbuffi esasperati che portarono a uno scambio di occhiatacce. 

 

+

 

Alle 9:01 Hawks e Dabi erano appollaiati sui tubi di ferro che tenevano su il capannone abbandonato 1A. Dabi sentiva il respiro di Hawks nell'orecchio, innaturalmente forte nel silenzio che li circondava. 

 

Il silenzio venne interrotto dallo sfregare di metallo su pietra. Dalla porta entrarono quattro persone che erano il ritratto del 'poco raccomandabile'. Dabi guardò Hawks. I villain dovevano essere solo tre. Hawks si strinse le spalle. In fondo quanto poteva cambiare? 

 

Decisero a gesti che Dabi avrebbe preso i due a destra mentre Hawks si sarebbe occupato dei due a sinistra. Contarono fino a tre prima di saltare giù dal tubo. Dabi sfruttò la sorpresa per colpire il villain più vicino a lui nello stomaco, facendolo piegare in due. Evitò un pugno e con uno scatto del dito fece andare a fuoco i pantaloni del suo avversario. Questi impiegò le sue quattro mani per cercare di spegnerli.

 

Dabi si preparò ad affrontare l'altro villain ma vide solo il grigio arrugginito del capannone. Lanciò un'occhiata a Hawks che aveva già sistemato uno dei due e si stava occupando del secondo. 

 

Una nebbia verdastra gli comparve davanti agli occhi. Fece per scattare di lato ma la nebbia si solidificò in una mano. Questa si strinse attorno al suo collo e Dabi prese fuoco senza neanche pensare. La mano si ritrasse e Dabi corse dalla parte opposta. Davanti a lui un uomo con la pelle verde e frecce gialle sulle braccia stava emergendo dalla nuvola di nebbia. No, era la nuvola di nebbia. Dabi gli lanciò contro un'ondata di fuoco. Il villain tornò nebbia e il suo attacco andò a vuoto. Merda.

 

"Gli eroi sono così disperati da mandarci contro un paio di bambini, ma non per questo ho intenzione di mostrare pietà!" Esclamò l'uomo-nebbia. Un secondo dopo Dabi sentì la nebbia che lo avvolgeva e gli entrava forzatamente nel naso e nella bocca. Non riusciva a respirare. Graffiò l'aria. Si scaldò fino a sentire la propria pelle sfrigolare. Inutile. 

Il suo quirk era inutile e non riusciva a respirare. Hawks. Aiuto, Hawks, aiuto. Non ce la faccio da solo

 

La sua vista si fece nera e si ritrovò in un bosco con un bambino alato che gli si inginocchiava accanto. Con lui era al sicuro, perché lui era la sua anima gemella. 

 

Dabi cadde a terra e la forza con cui l'aria rientrò nei suoi polmoni gli fece venire un attacco di tosse. Si sollevò sui gomiti e cercò di capire cosa fosse successo. Una mano gli accarezzò con cautela la schiena e Dabi scoppiò a ridere. 

 

"Cosa c'è di divertente?" Hawks aveva le sopracciglia alzate e uno sguardo preoccupato. Dabi rise di più.

 

"Dovevo quasi morire per accorgermene."

 

"Hai battuto la testa?" 

 

Dabi si alzò in piedi e guardò l'orario sul cellulare. 

 

"Se ci sbrighiamo possiamo tornare per le dieci." Si incamminò verso l'uscita, facendo un gestaccio all'uomo-nebbia che era appeso al muro da un numero esagerato di piume. 

 

"Come hai fatto?" Chiese, facendo un gesto verso il villain. 

 

"Non può usare il suo quirk sulle parti ferite. Aveva una mano ustionata e non la trasformava."

 

Dabi si diede dello stupido per non averlo notato. Camminò tenendo lo sguardo fisso sulle vette dei palazzi e le mani in tasca. "Grazie." 

 

Hawks girò la testa tanto di scatto che Dabi si chiese se non fosse anche in parte gufo. I suoi occhi gli perforavano il capo ma Dabi si mantenne concentrato sul cielo. 

 

"Credo proprio che tu abbia preso una botta in testa." Si guardarono e poi entrambi sorrisero. 

 

"Idiota."

 

+

 

"Ci avreste potuto ammazzare!" Urlò Dabi mentre sbatteva una mano sulla scrivania della vice presidente. Gli occhi azzurri della donna seguirono il tragitto di una matita che rotolò giù dalla scrivania. 

 

"Ogni rischio era stato accuratamente calcolato. Come potete sperare di migliorare se non incontrate degli ostacoli da superare?" 

 

"Calcolato un cazzo. Siamo quasi morti." 

 

"Linguaggio. Non lo avete fatto. La missione è stata un successo e, non interrompermi, non sarà l'ultima. A presto, Dabi." Rispose con un tono di voce che gli fece venire un brivido lungo la schiena. Dabi non si mosse. 

 

"Mi tiro fuori."

 

"Conosci la strada."

 

Dabi osservò il viso della donna in cerca di qualcosa che potesse indicare che stava scherzando. Non trovò niente. Beh, era stato semplice. 

 

"Spero… " Disse la vice presidente quando la mano di Dabi stava per toccare il pomello della porta. 

 

"... che porterai a tuo padre i nostri saluti." 

 

Afferrò la maniglia tanto forte che gli sbiancarono le nocche. "Cosa?" Disse in un sibilo appena udibile. 

 

La bastarda sorrise. "Sarai entusiasta all'idea di poter finalmente tornare a casa." 

 

Il pomello iniziò a deformarsi e a prendere la forma delle sue dita. Se Endeavor avesse saputo che era ancora vivo lo avrebbe trascinato di nuovo in quella casa. Avrebbe dovuto sopportare la vista di quell'altro. Avrebbe dovuto rivedere sua sorella e sua mamma e non era pronto per loro sguardo pieno di pietà. Probabilmente non avrebbe più visto Hawks. Lasciò andare la maniglia che gocciolò sul pavimento. 

 

"Quando sarà la prossima missione?" 

 

+

 

Era seduto con la schiena appoggiata al muro e le gambe distese sul pavimento. Il tetto era diventato il loro posto per riposarsi tra un allenamento e l'altro. Hawks era coricato sullo stomaco e stava facendo finta di leggere dal libro d'inglese che era sulle ginocchia di Dabi. 

 

"Quindi rimarrai qui." Era un'affermazione ma era ovvio che Hawks si aspettava una risposta. Dabi annuì. Non aveva voglia di parlarne. 

 

"Meno male, se no da chi avrei copiato matematica?" Hawks rise e Dabi sollevò un sopracciglio prima di sorridere a sua volta. 

 

"Prenderesti tutti zero." 

 

"Hey! Non sono così negato!" Hawks mise il broncio e Dabi sentì qualcosa di caldo che gli si espandeva nel petto. Senza pensarci troppo, allungò una mano e scompigliò i capelli di Hawks. Erano un ammasso spettinato, perciò non poteva dire che erano soffici al tatto, ma gli lasciarono uno strano formicolio sulla mano. 

 

"Mhm, beh… mi- mi hanno detto che potremo scegliere la scuola superiore! Totale libertà! Ci sono da evitare però le scuole troppo famose, la UA per esempio è off-limits." Hawks sembrava molto concentrato a leggere il libro, peccato che era al contrario. 

 

"Non ci sarei andato comunque. Pensavo a qualcosa che si concentrasse di più sulla scienza." Dabi aveva il forte impulso si rimettere la mano tra le ciocche bionde. La infilò in tasca. 

 

Hawks arricciò il naso. "Per me basta che si debba studiare poco."

 

Dabi sorrise fino a quando sentì i punti tirare. Rimasero in silenzio. Si sentiva il turbare degli uccelli che avevano fatto il nido lassù e il distante rumore del traffico cittadino. L'aria sapeva di primavera. Hawks aveva la testa appoggiata sulle braccia e gli occhi chiusi. 

 

"Hey."

 

Hawks rispose con un mugugno e aprì un solo occhio. Con quella luce sembrava completamente dorato. 

 

"Scusa."

 

Gli si aprirono entrambi gli occhi e gli angoli della sua bocca si curvarono all'insù. 

 

"Va bene. Ma dovrai comunque pulire lo spogliatoio per il resto della settimana." 

 

Dabi gli diede una spinta e cercò di accigliarsi ma riuscì appena a nascondere il divertimento. Avrebbe volentieri fatto tutti i turni di pulizia se significava poter continuare a ridere insieme. 

 

 

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Note: Eccolo qui! Questa settimana non sarò a casa quindi il prossimo capitolo uscirà mercoledì prossimo. Commentate se vi è piaciuta :3

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Capitolo 5
*** Nuovi Obiettivi ***


Capitolo Cinque: Nuovi Obiettivi

 

"Alzati!" gridò Dabi. 

 

Gli arrivò un cuscino in testa. Hawks lo rilanciò verso la porta, ma colpì il muro. Si girò dalla parte opposta e riprese a sonnecchiare. 

 

"Beh, io vado!" 

 

Dalla pila di lenzuola arrivò un suono che poteva essere interpretato come 'aspetta' o 'va al diavolo'. Dabi evidentemente scelse la prima perché si appoggiò contro lo stipite della porta. 

 

Un ragazzino molto arruffato e molto assonnato si alzò dal letto e sfregandosi gli occhi si fermò davanti a Dabi. 

 

"Devi svegliarti sempre così presto?" sbiascicò Hawks. 

 

"Le lezioni iniziano alle 8.30." risposte Dabi prima di scompigliargli i capelli. Un paio di piume rosse fluttuarono verso il pavimento. Hawks fece una smorfia. "Non so se vorrò andarci." 

 

"Sempre meglio che stare chiusi qui dentro. E credo che andare a scuola sarà divertente, nei film lo sembra." Dabi scrollò le spalle. 

 

Hawks non ne era molto sicuro ma, infondo, a scuola non c'era mai andato. 

 

"Ti ho preso una cosa, uccellino." disse Dabi mentre lasciava cadere la cartella a due centimetri dai piedi di Hawks e iniziava a frugarci dentro. Tirò fuori una scatolina bianca, con un logo sul fianco. 

 

"Cos'è?" Chiese mentre prendeva la scatola e la scuoteva leggermente. 

 

"Aprilo."

 

Hawks quasi distrusse la confezione. All'intero c'era un oggetto nero e squadrato. Hawks se lo rigirò tra le mani con la testa inclinata di lato. 

 

"É un cellulare, ci ho già fatto mettere la sim." dichiarò Dabi, chiaramente fiero di sé. 

 

"Non dovrebbero esserci dei tasti?" Chiese mentre ispezionava la superficie lucida del regalo. 

 

Dabi sospirò. "Basta che lo apri." 

 

Hawks riuscì a capire come aprire il cellulare e trovò i tasti e lo schermo che era abituato a vedere in TV. 

 

"Ne ho uno anch'io. Così se avrai bisogno potrai chiamarmi. Ovviamente è un segreto."

 

"No, davvero? E io che pensavo subito di chiamare la presidente." 

 

"Che bastardo."

 

"Ho imparato dal migliore." Due sorrisetti identici li accompagnarono durante lo scambio. Dabi stava per ribattere ma gli occhi gli caddero sulla sveglia vicino al letto di Hawks. 

 

"Devo andare!" Esclamò mentre usciva dalla porta. 

 

"Di già?!" Hawks gli gridò dietro, non voleva uscire nel corridoio freddo con i piedi scalzi. 

 

"Perdo il treno!" 

 

Aspettò finché non vide la porta dell'ascensore chiudersi. Prese il suo nuovo telefono e lo schermo si accese con un trillo. Hawks notò di avere già un messaggio. 

 

 

+81 113 5***784 

hey cervello di gallina 

 

 

Hawks sorrise e salvò il numero. 

 

 

Tu

Hey raggio di sole<3

 

Piromane<3

idiota

 

+

 

Erano quasi le dieci di mattina quando un forte boato scosse l'edificio dove operava il quartier generale della Commissione degli Eroi. Hawks stava finendo un test di aritmetica quando vide le luci del soffitto tremare. Scattò in piedi facendo cadere la sedia. L'allarme attutiva le chiamate agitate degli agenti ma riuscì a cogliere qualche parola mentre volava per un corridoio: villain, esplosione, Presidente. L'edificio tremò ancora una volta e Hawks fece esattamente ciò per cui lo stavano addestrando. Staccò dalle sue ali quante più piume possibili e le spedì verso gli uffici che si trovano negli ultimi due piani del complesso. Corse sulle scale, facendo tre gradini alla volta. Si scontrò con una guardia di sicurezza che correva nella direzione opposta. Questa lo afferrò per un braccio. 

 

"Non si può fare niente!" gridò la guardia. 

 

"Ma il Presidente… " protestò Hawks, cercando di sfilare il braccio dalla presa dell'uomo e di rimanere concentrato sulle sue piume. 

 

"Non puoi salvarlo! Andiamo!" disse la guardia in tono rassegnato. Hawks prese un respiro profondo e gli diede un pugno in faccia con il braccio libero. La guardia, in una situazione normale, sarebbe riuscita a evitarlo ma, distratta dal desiderio di fuggire, lo prese in pieno. Mollò la presa e Hawks riprese a correre sulle scale. 

 

Il penultimo piano era distrutto. Il muro che divideva il corridoio dall'ufficio del Presidente era ridotto in macerie. Hawks si protesse gli occhi dal sole che entrava senza filtri dalle finestre in frantumi e scavalcò dei pezzi di cemento per entrare nell'ufficio. Inizialmente non vide nessuno. 

 

Poi, nascosto per metà da un pezzo di legno che doveva essere stato una scrivania, vide il Presidente. Si precipitò al suo fianco. Kento Asayama era disteso supino, le braccia contorte in una posizione innaturale. Il viso era girato verso di lui e due occhi spenti lo fissavano, come a ricordargli che non era stato abbastanza veloce. Hawks si voltò verso il muro, sentendo in bocca il sapore della bile. Si costrinse a guardare. Un'orribile ustione gli ricopriva la nuca e la parte posteriore del capo. In fronte aveva uno squarcio provocato dall'uscita di un proiettile. Se avevano intenzione di sparargli perché l'esplosione? Hawks scrutò la stanza. Con le macerie e la polvere non sarebbe riuscito a trovare la pallottola che aveva ucciso il Presidente. Era solo una copertura? Chi aveva sparato doveva essere uno dei migliori tiratori del Giappone per riuscire a colpirlo dall'edificio di fronte, con il vento e attraverso gli spessi vetri dell'ufficio. Hawks tornò a guardare l'uomo e lasciò una delle sue piume più piccole vicino al viso martoriato. 

 

Il rumore delle pale di un elicottero attirò lo fece scattare in piedi e decise di lasciare la scena del crimine. Non voleva che gli eroi, o peggio, la TV, lo vedessero lì. 

 

Quando raggiunse finalmente il piano terra, un gran numero di persone in cravatta e camicie bianche gli si strinsero intorno, dandogli riconoscenti pacche sulle spalle e parole di ringraziamento. Hawks non li sentì, come non sentì il cellulare che gli vibrava in tasca. Richiamò le piume che gli erano rimaste e andò a sedersi sul marciapiede dall'altra parte della strada, stando attento a non intralciare il lavoro dei soccorritori. Le sue ali lo avvolsero e chiuse gli occhi. 

 

+

 

"Hai sentito?! Sembra ci sia stato un attacco alla Commissione Eroi!" esclamò uno studente delle superiori Fucho Nishi mentre accendeva il computer del club di lettura. 

 

"Eh? Non ci credo!" rispose una studentessa che stava riponendo un libro di testo. 

 

"Sono saltati in aria cinque piani!" aggiunse un altro ragazzo seduto sul tavolo. 

 

"Impossibile. E gli eroi?!" domandò la ragazza. 

 

"Guarda, Sakura TV sta trasmettendo in diretta." Lo studente al computer indicò lo schermo. 

 

La giornalista trasmetteva con l'ingresso dell'edificio alle spalle. "...un colpo senza precedenti! I colpevoli si sono dileguati nel nulla e uno degli edifici più sicuri del Giappone è stato distrutto come se fosse un castello di carte."  L'immagine mostrò gli squarci nel muro ripresi da un elicottero. La giornalista continuò il suo servizio. 

 

"Grazie a un inspiegabile colpo di fortuna tutti i dipendenti dei piani colpiti si trovavano all'esterno nel momento dello scoppio e non sembrano esserci feriti! L'unico che sembra mancare all'appello è il Presidente della Commissione Eroi Kento Asayama. La polizia e gli eroi non vogliono rilasciare dichiarazioni, ma appena avremo novità non esiteremo ad aggiornarvi!"

 

Al gruppo di studenti si era unito quel ragazzo che parlava poco e si sedeva sempre in fondo alla classe. Per la ragazza aveva un'espressione spaventosa. I ragazzi si chiedevano come potesse essere ammesso a scuola con tutti quei piercings. Dabi sbatté un piede sul pavimento e provò di nuovo a chiamare. Squillava a vuoto. Ridusse in cenere la pianta che decorava la scrivania del club di lettura e uscì sbattendo la porta. 

 

"Mi chiedo cosa aspettano a sospenderlo" commentò la ragazza. 

 

+

 

Hawks si sentì colpire in testa da qualcosa di pesante e spigoloso. Alzò la testa e una cartella gli arrivò sul naso. 

 

"Sarà meglio per te che il cellulare sia distrutto." minacciò Dabi con più preoccupazione che rabbia. 

 

"Oh. Che idiota!" Hawks tirò fuori il cellulare perfettamente funzionante dalla tasca. Non riusciva a capacitarsi di non averlo sentito. 

 

"Mi hai tolto le parole di bocca." rispose Dabi mentre gli offriva una mano per aiutarlo ad alzarsi. Hawks la afferrò e una volta in piedi non lascio la mano. Neanche Dabi lo fece. 

 

"Stai bene." affermò Dabi e Hawks si trovò ad annuire. Non si sentiva bene. Gli occhi pallidi del Presidente gli tornano in mente e sentì il marciapiede che diventava liquido. Vacillò ma Dabi lo sorresse. Dabi era molto solido. Hawks gli si aggrappò e Dabi lo tenne stretto.

 

La manica di Dabi era bagnata dalle sue lacrime. Non sapeva quando aveva iniziato a piangere e ora non riusciva più a smettere. Dabi ogni tanto gli accarezzava i capelli ma rimaneva in silenzio. 

 

"Diventerò un eroe." dichiarò Hawks. "Sarò tanto veloce che nessun villain vorrà più commettere crimini e gli eroi avranno talmente tanto tempo libero da non sapere che farsene." Strinse la camicia di Dabi tra le dita. Sapeva che, qualsiasi sarebbe stata la risposta dell'altro, non avrebbe abbandonato il suo obiettivo. Sperava però che Dabi lo sostenesse. 

 

"Va bene." sussurrò Dabi. "Se… se credi sia la decisione giusta allora per me va bene."

 

Hawks si allontanò quel tanto che bastava per guardarlo in faccia e gli fece un sorriso riconoscente. 

 

"Su, andiamo a vedere se le nostre stanze sono ancora intere" cinguettò mentre prendeva Dabi per mano e lo trascinava dentro l'edificio. 




 

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Capitolo 6
*** Sorprese ***


Capitolo Sei: Sorprese


"Bentornati e, per chi si fosse collegato solo ora, benvenuti a L'Ultima Pista. Come avevamo annunciato prima della pubblicità questa sera discuteremo di un caso che ha lasciato la polizia a brancolare nel buio: l'attacco alla Commissione Eroi! Come sapete due anni fa un villain sconosciuto ha causato la morte dell'allora Presidente, Kento Asayama. Sull'identità dell'assassino si sono diffuse teorie e speculazioni e noi, solo per questa sera, cercheremo di trovare la verità! 

Abbiamo con noi il Dottor Hasegawa, psicologo ed esperto di comportamenti criminali. Buonasera, dottore, cosa ne pensa della famosa teoria secondo cui il colpevole sarebbe proprio un pupillo al servizio della CEPS?"


"Buonasera e grazie per avermi qui. Questa è sempre stata una teoria affascinante anche se poco realistica. Presupporebbe, per esempio, che la Commissione addestri e formi individui. Questo non è ovviamente possibile, la CEPS non è un organo militare, ma un ente amministrativo. Lasciamo l'addestramento dei cadetti alla polizia. 


"É più probabile che, come spesso succede, questo individuo fosse un grande fan dell'operato degli eroi e che abbia notato alcune piccole imperfezioni in un sistema che credeva perfetto, quindi ha deciso di vendicarsi. Con questo non voglio insinuare che la Commissione-" 


Il barista cambió canale. "Che palle, la partita non è ancora iniziata."


Dabi fissava il bicchiere vuoto sul bancone con un sorriso amaro. Quel dottor qualcosa non poteva avere più torto. Piccole imperfezioni. Uno degli insulti più carini che gli avessero rivolto. 


In quel momento una donna alta e dai capelli rosa entrò nel bar. Guardò i pochi tavoli occupati e decise di prendere posto accanto a Dabi. Ordinò un bicchiere di rosso e iniziò a parlare mentre guardava la TV. 


"Ce l'hai?" 


"Sì. È fuori."


"Perché diamine non l'hai con te?" sussurrò allarmata la donna, un dito che picchiettava contro il vetro del bicchiere. 


"Andarsene in giro con quella roba non sarebbe stato per niente sospetto," Dabi alzò un sopracciglio, "É in macchina."


La donna annuì, finí il vino in un sorso e pagò il barista. Uscì dal locale senza dire un'altra parola. Dabi aspettò cinque minuti e fece lo stesso. 


Il parcheggio era illuminato solo dalle luci del locale e la sua auto era parcheggiata nella parte più buia. Infilò le mani in tasca e aprí il baule. Sentiva il piede della donna battere con insistenza sull'asfalto, guardandosi continuamente intorno, come se si aspettasse che un agente della Commissione potesse spuntare fuori dal terreno. Troppo tardi. Dabi la consegnò la busta contenente i documenti top secret che avrebbero fornito alla donna le prove concrete di ciò che già sapeva. Lei gliela strappò dalle mani e non perse tempo ad aprirla. 


Dabi vide la sua espressione cambiare dal sollievo allo shock nel trovarsi davanti solo fogli bianchi. Il respiro le si strozzò in gola. Lo guardò confusa e poi realizzò. Iniziò a correre ma Dabi fu più veloce. Premette il grilletto e la donna cadde a terra, una pozza di sangue che lentamente si formava sotto di lei. 


La trascinò sul sedile, lasciando una striscia rossa sull'asfalto. Lasciò che le fiamme gli crepitassero in mano e diede fuoco all'auto. Dabi sorrise quando pensó all'espressione dei suoi tutori quando lo avrebbero scoperto. Si erano raccomandati di tenere un basso profilo e di non distruggere un'altra delle loro proprietà. 


L'aria iniziava a puzzare di gomma e carne bruciata, in lontananza si sentivano le sirene della polizia. Dabi lo prese come il suo invito per levarsi di torno. 


Rientrò alla Commissione che ormai era l'alba. Fece una doccia per togliersi l'odore di fumo di dosso e si buttò a letto. Piccole imperfezioni in un sistema perfetto, eh? 


+


"Dabs! Guarda qua!" trillò Hawks nell'entrare nella sua stanza. Gli buttò sul letto un gran numero di borse, borsine, scatole e fogli di carta.


"Che è sta roba?" Dabi mise da parte la rivista che stava leggendo, stando attento a nascondere il documento che c'era all'interno. 


"Cioccolata! Quasi tutta, almeno. Ci sono anche dei bigliettini."


Allo sguardo interrogativo di Dabi, Hawks si affrettò a spiegare. "San Valentino!" 


"É tutta roba tua?" chiese Dabi, scettico. 


Hawks incrociò le braccia, fingendosi offeso. "Guarda che sono molto popolare. A differenza di qualcuno." 


Dabi gli lanciò un cuscino e iniziò a frugare nelle borse, tirando fuori diverse scatole di cioccolatini e gettandole da parte. 


"Fanno tutti schifo." 


"Aw, davvero? Non è che sei solo geloso?" Hawks si sedette sul letto e gli fece l'occhiolino. Dabi gli diede una gomitata e indicó le scatole rovesciate sul letto. 


"Sembrano fatti da ragazzini di quattordici anni."


"Perché lo sono." Hawks prese un biglietto dalla pila e iniziò a leggerlo. "Guarda che hai solo due anni in più, non darti tante arie. Alcuni di questi sono anche carini." Gli sventolò il bigliettino sotto il naso. Dabi lo prese e lo ridusse in cenere. 


"Hey!" 


"I miei verrebbero mille volte meglio."


"Oh, davvero? Scommettiamo?" 


Dabi alzò un sopracciglio. "Che vuoi scommettere?" 


Hawks ci pensó per qualche momento. "Uhm, facciamo che chi vince potrà scegliere cosa guardare per il resto della settimana." 


"Tutto qui?" 


"Uhm? Vuoi che dia un bacio al vincitore?" Hawks gli fece un altro occhiolino. 


Buon Dio. "Preparati a un'intera settimana di horror." disse Dabi mentre scendeva dal letto. 


"Come sei noioso." 


"Meno male che ci sei tu, allora." rispose sarcastico, mentre cercava di ricordare come si facevano i cioccolatini e ignorando Hawks che lo fissava con una strana espressione dal letto. 


+


Erano davanti alla porta della cucina da quasi venti minuti. Hawks stava cercando di far scattare la serratura con una delle sue piume. Dabi sbuffò dal punto in cui era seduto. 


"Ancora niente?" 


"Ci sono quasi." rispose, dalla sua espressione si sarebbe detto che stesse cercando di disinnescare una bomba. Cosa che aveva già fatto e in molto meno tempo.


"Avremo fatto meglio a buttarla giù."


"Sì, certo. Quello non attirerebbe proprio l'attenzione."


"Allora muoviti." 


Hawks gli lanciò un'occhiataccia. "Perché non la apri tu se sei tanto-" 


Click. La serratura scattò e Hawks aprí la porta con un sorriso soddisfatto e giusto un po' impertinente. 


"Uhm, ogni tanto servi a qualcosa, uccellino." disse Dabi mentre entrava nella cucina buia. Cercò a tentoni il pannello con gli interruttori e, nel dubbio, li premette tutti. La cucina venne illuminata a giorno. 


"Ammettilo senza di me non potresti stare." disse Hawks mentre gli dava una spinta scherzosa. 


"Uhm, certo. La borsa?" 


Una borsina di plastica venne appoggiata su un bancone da due piume rosse. Hawks iniziò a frugarci dentro. Trovò ovviamente l'ultima cosa che Dabi voleva che trovasse e si girò verso di lui con un ghigno stampato in faccia. 


"Aw, non ti facevo per un tale  romantico." disse, stringendo gli stampi a forma di cuore che Dabi aveva comprato quel pomeriggio. 


"Ho trovato solo quelli." Dabi li rimise nella borsa. "La forma non è importante, basta che siano buoni."


"Come dici tu, Dabs." Hawks si sedette sul bancone, ghigno ancora al suo posto. "Quindi, che si fa?" 


"Tu, niente. Io taglio queste." Prese quattro tavolette di cioccolato dalla borsa. Due erano fondenti e due di cioccolato bianco. Le scartò e iniziò a tagliarle a pezzi. Non si preoccupò troppo di non sporcare o graffiare il ripiano su cui stava lavorando. Posò il coltello e andò a cercare un paio di ciotole e magari anche una pentola. Tornò per trovare Hawks che rubava dei cubetti di fondente. Dabi gli schiaffeggiò via la mano. 


"Eddai, tanto è per me!" 


"Ah sì?" Dabi lo guardò con un sopracciglio alzato mentre metteva il cioccolato nelle ciotole. 


"Il fondente non ti piace, per chi altro può essere?" 


Dabi scrollò le spalle e non rispose. Cercò di capire come accendere i fornelli e mise a scaldare una pentola d'acqua. Aspettò che diventasse abbastanza calda e iniziò a sciogliere il cioccolato.


"Ora che fai?" chiese Hawks mentre si sporgeva sui fornelli. 


"Lo sciolgo. Quando si fa questo passaggio c'è da stare attenti che il cioccolato tocchi meno acqua possibile. Mamma non me lo faceva mai fare." 


Gli tornò in mente un freddo pomeriggio invernale con sua madre ai fornelli. Stava sgridando bonariamente Touya e Fuyumi mentre loro litigavano su chi avrebbe decorato i cioccolatini con la penna azzurra. Alla fine, Rei aveva deciso che sarebbe toccato a Natsuo. Il bambino fece la linguaccia ai suoi fratelli e Touya lo spinse giù dalla sedia su cui era appollaiato. Fuyumi lo sgridò e Natsuo lo tirò in terra con lui. 


Di quei pochi cioccolatini che riuscirono a decorare gli unici passabili erano quelli di Fuyumi e decisero all’unanimità di regalarli a Rei. Loro padre ricevette i due che a Touya erano caduti sul pavimento e i coniglietti deformi di Natsuo. Touya si ricordava ancora quanto avesse riso alla sua faccia. 


"Dabi!" 


Dabi ritornò al presente. Il cioccolato stava bruciando. Imprecò e tolse la pentola dal fuoco, cercando di salvare qualcosa. Mescolò un paio di volte e provò ad assaggiare. Sì, bruciato. Sbuffò e diede un calcio al bancone. 


"Perfetto. Beh, ho già perso, uccellino. Meglio andare a letto." 


"Eh? Ma c'è n'è ancora." Hawks afferrò Dabi per un braccio e lo fece girare verso di lui. "Il giudice sono io, quindi sono io che dichiaro quando finisce la sfida." 


Dabi alzò gli occhi al cielo, “Serio?"


“Certo! Devo ancora decorarli!”


Dabi scosse la testa, non riusciva a dire di no a quegli occhi da cucciolo bastonato.


Decise, però, di provare un metodo più veloce per sciogliere il cioccolato bianco: il microonde. Hawks provò addirittura ad aiutare Dabi a versare il cioccolato negli stampi, rovesciandone fuori metà e mangiando l’altra metà.


"Che facciamo mentre si congelano?" 


"Induriscono." Dabi lo corresse senza pensare mentre chiudeva uno dei freezer della cucina. 


Hawks lo zittí con un movimento della mano. "Oh! Guardiamo Banana Fish!" 


"Adesso? Alle…" guardò l'ora sul cellulare, "all'una di notte?" 


"Uff, su mamma sarà divertente." 


Dabi lo spinse fuori dalla cucina. 


+


"Tua mamma sembrava gentile." 


Dabi lo guardò con espressione interrogativa. Hawks scrollò le spalle. "Almeno da quello che ho… che hai raccontato." Hawks evitó il suo sguardo, concentrandosi sulla televisione. La luce artificiale lo faceva sembrare molto più pallido del solito. Dabi non sapeva cosa rispondere. Non era sicuro di cosa provasse per sua madre. Un tempo l'aveva odiata. Ora occupava solo uno spazio vuoto negli scaffali della sua memoria. 


"Di solito ci faceva cucinare con lei. Me e i miei fratelli." 


"... Ti mancano?" chiese Hawks con un sussurro. 


No, Dabi avrebbe voluto dire. Sì, era la risposta che qualcuno si sarebbe aspettato. "Non lo so", disse infine, l'unica che sentiva vera. Era certo che non gli mancasse suo padre, quel bastardo poteva morire in un fosso per quanto gli interessava, ma non era altrettanto sicuro nei confronti dei suoi fratelli. Fuyumi che costringeva lui e Natsuo a finire i compiti, che ogni pomeriggio gli bendava le ferite e gli sorrideva. Natsuo che riusciva sempre a sporcarsi la maglietta e a far stupide battute per far ridere Touya dopo gli allenamenti. 


E Shouto. Il bimbo perfetto. Il figlio uscito giusto. Ecco un'altra persona che a Dabi non sarebbe mancata. 


"Mhm…" rispose Hawks. 


"A te?" 


"Abbastanza figo, eh?"Hawks fece una risatina forzata mentre indicava il ragazzo biondo sullo schermo. 


A Dabi passarono per la mente una dozzina di commenti diversi ma si limitó ad annuire. Un imbarazzante silenzio si stiracchiò per la stanza, il rumore della televisione non faceva nulla per attenuarlo. 


Hawks si portò le ginocchia al petto e tremò in modo esagerato. "Certo che si gela."


"Copriti." Dabi non lo guardò neppure. 


"Ma la coperta è nell'armadio…" 


"No."


Hawks lo guardò con gli occhi da cucciolo che sapeva dannatamente bene funzionavano come un incantesimo su Dabi. Si alzò dal letto con uno sbuffo. 


Nell'armadio c'era un ammasso di magliette, tute e un quantitativo preoccupante di piume. Vide persino una sua maglietta. Mentre rovistava tra i cassetti gli capitò in mano qualcosa che non credeva avrebbe mai volontariamente toccato. 


"Hey, cervello di gallina. Che cazzo è?" chiese mentre teneva tra pollice e indice uno dei pupazzetti promozionali di Endeavor. Anche al buio Dabi aveva riconosciuto subito quella stupida barba fiammeggiante. 


"Uhm?" Hawks inclinó la testa di lato, "É un pupazzo?" 


"Quello lo vedo anch'io, ma perché ce l'hai?!" sibilò Dabi. Lasciò cadere il giocattolo sul pavimento e provò il forte impulso di schiacciarlo sotto gli stivali. Hawks gli fu vicino in un batter d'occhio e strinse il pupazzo tra le mani. Il che era un peccato perché Dabi non voleva dare fuoco anche a Hawks. 


"É un regalo di mia mamma," iniziò Hawks a bassa voce, "Era il mio unico amico finché…" gli occhi di Hawks volarono su di lui per poi tornare sul giocattolo. "Credo che lei l'abbia preso solo per farmi stare zitto." Fece un sorriso che non gli arrivò agli occhi, "Sai, quelli di All Might costavano troppo." 


Dabi non sorrise, sentiva il cuore martellare nel petto. Perché doveva essere proprio Endeavor? "Lo ammiri?" 


"... È un bravo eroe." I palmi delle mani di Dabi si fecero più caldi. "Non credo sia anche un bravo padre."


"Cosa?" Il calore del suo quirk si disperse e riprese a respirare. "Cosa?" ripeté, anche se Hawks lo aveva già sentito la prima volta. 


"Mi sembra abbastanza ovvio, no?" 


Dabi scosse la testa e indietreggiò. Hawks alzò le mani in un universale segno di pace. "Non era quello che intendevo. Tu… tu non sei come lui. Potresti essere un grande eroe." Hawks gli fece un timido sorriso. 


A Dabi tornarono in mente i capelli rosa di una donna di cui non conosceva neanche il nome che prendevano fuoco. Si ricordò cosa aveva provato mentre la uccideva. 


"No. Ti sbagli." 


Uscì dalla stanza. Hawks non riusciva a capire. Lui non sarebbe mai diventato un eroe. 





_______ 


Note: Uhm, capitolo lunghino, eh? Cosa ne pensate? :3


Ah, ho iniziato le lezioni e il mio tempo libero si è ridotto tipo dell’80%. Farò del mio meglio per aggiornare in modo costante!






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Capitolo 7
*** Arrivederci ***


Capitolo Sette: Arrivederci


Grandi nuvole grigie affollavano il cielo, le gocce di pioggia ticchettavano sull'asfalto, inzuppando chiunque fosse stato tanto incosciente da uscire senza ombrello. Hawks era seduto sotto il portico della sua scuola, il certificato del diploma abbandonato sul pavimento, gli occhi che seguivano i passi frettolosi di studenti e genitori che uscivano dall'edificio scolastico per l'ultima volta. Alcuni suoi amici erano venuti a offrirgli un passaggio ma lui aveva declinato gentilmente. Non poteva rivelare ai suoi compagni il luogo in cui viveva. Inoltre stava aspettando qualcuno.  


Come se lo avesse sentito, un ragazzo dai capelli neri entró dal cancello e si diresse velocemente verso di lui. Il suo cappotto era usato come ombrello e i genitori lanciavano occhiate preoccupate alle cicatrici che gli coprivano le braccia. Gli studenti erano meno curiosi, abituati a vedere quel punk vestito di nero e pieno di piercings che gironzolava attorno a Hawks. 


Appena Dabi arrivò sotto i portici si tolse il cappotto di testa e lo scrollò con enfasi, bagnando anche le poche aree ancora asciutte. "Che merda di giornata." Sbuffò.


"Sei in ritardo. Ora le mie compagne penseranno che sei un cattivo fidanzato." Hawks fece un sorrisetto e accennò a un gruppetto di ragazze che li fissava con morboso interesse. 


Dabi le guardò con un sopracciglio alzato e le ragazze dovettero improvvisarsi molto interessate alle crepe nei muri. 


"Fidanzato?" chiese mentre osserva il suo cappotto e il pavimento semi-bagnato. Alla fine alzò le spalle, gettò il cappotto vicino a Hawks e ci si sedette sopra. 


Hawks alzò le mani, "Hanno fatto tutto da sole, non so proprio come abbiano potuto farsi certe idee." Rispose con un sorriso. Lui non si era preoccupato di correggerle neanche quando la voce si era sparsa per la scuola. I biglietti di San Valentino erano diminuiti ma per avere Dabi battezzato come 'il suo fidanzato' ne valeva la pena. 


Il sopracciglio alzato di Dabi questa volta era indirizzato verso di lui. Sembrava pronto ad aggiungere qualcosa ma scosse la testa. "Quindi è finita. Come ci si sente?" 


"Beh, decisamente più bagnato di ieri. Mentre, per questo," indicó il diploma, "sarà strano tornare a passare tutto il giorno alla Commissione. Almeno ci sarai tu a tenermi compagnia." Hawks gli diede una spinta scherzosa che Dabi non ricambiò. Sembrava perso nei suoi pensieri mentre guardava le gocce di pioggia inzuppare l'erba del prato. 


"Ti apriranno un'agenzia." 


"Probabile… ora che qualcuno sa chi sono devono sbrigarsi con le campagne pubblicitarie." Hawks seguí con lo sguardo una goccia che dai capelli neri gli percorreva il viso fino a interrompersi su un piercing di metallo. Prese una boccata d'aria umida, ma la domanda che voleva fare gli morì in gola. Quindi cambiò strategia. 


"Sono sicuro che se ci stringiamo un paio di scrivania ci entrano. Hawks & Dabi, come ti suona?" 


"Stupido," il cuore di Hawks smise di battere per un secondo, "Dabi & Hawks è già molto meglio." E riprese a 90 pulsazioni al minuto, per poi essere finalmente e brutalmente schiacciato. "Però non mi interessa. Non posso e non voglio fare l'eroe."


La delusione doveva essere palese sul volto di Hawks perché Dabi gli fece un sorriso stanco. "Se mi avessi chiesto di aprire una pasticceria, invece..."


Hawks ridacchiò, "Beh, ma è perfetto! Dopo una stancante giornata a prendere a calci i villain, mi fermo da te per dolci gratis!"


Dabi sospirò, "Hawks, senti..." distolse lo sguardo e iniziò a giocherellare con gli anelli che aveva alle dita. "Ora che hai finito le superiori non ho più alcun motivo per rimanere alla CEPS. Tu sei libero di continuare a seguire quei bastardi, però io devo andare. Capisci?" 


Hawks, per quanto il suo cuore non volesse, capiva. Dabi aveva sempre voluto scappare, fin da quando lo aveva trascinato pieno di ustioni su un lettino dell'infermeria e l'unico motivo per cui era restato per tanti anni era la minaccia di suo padre. E Hawks, a quanto pare. 


"Come farai con Endeavor?" chiese in un sussurro. 


"Diciamo che ho più io su di loro di quanto loro hanno su di me. Usarmi per fare il lavoro sporco non è stata una delle loro idee migliori."


"Oh... bene." La sua brevissima lista di obiezioni era finita. Beh, ci sarebbe un'altra cosa che poteva dirgli. Nel silenzio che nacque tra di loro Hawks si decise. Questa poteva essere la sua ultima occasione e cosa aveva da perdere? Dabi se ne sarebbe andato comunque. 


"Anch'io devo dirti una cosa." Dabi lo guardò incuriosito. "Tu non ricordi la prima volta che ci siamo incontrati, vero? Quando ti ho visto in quel bosco era l'ultima cosa a cui stavo pensando. Sai cosa si dice sulle anime gemelle, che le visioni al primo tocco si interrompono? All'inizio non ci avevo fatto caso, ma quando ti ho visto in infermeria, ho capito e non ti ho detto nulla. Credevo che le anime gemelle fossero una cosa stupida e inutile. Ma, se non fosse stato per le visioni, se non fosse stato per me, tu… No, aspetta. Non è questo che volevo dirti." Hawks si interruppe e si passò una mano tra i capelli. Prese un respiro e venne interrotto da Dabi prima che potesse continuare. 


"Mi ricordo." Dabi si avvicinò quasi impercettibilmente a lui, lo sguardo fisso nel suo. Hawks trattenne il fiato. Era talmente perso che quasi non vide gli occhi di Dabi che si posavano sulle sue labbra, per poi tornare ai suoi occhi. Una delle sue ali si avvolse attorno a loro e Hawks si fece più vicino. Ormai i loro nasi quasi si toccavano, Hawks sentiva il respiro di Dabi sulla pelle, il sangue gli pulsava nelle orecchie e per una frazione di secondo, le loro labbra si toccarono. Hawks aprì gli occhi, portò una mano sulla guancia di Dabi, il metallo era freddo sotto le sue dita, e lo baciò di nuovo. 


Si sentiva euforico. Le labbra di Dabi erano morbide e ruvide allo stesso tempo e una delle sue mani era tra i capelli di Hawks. Non sapeva quanto tempo fosse passato. La pioggia continuava a cadere insistente ma Hawks non la sentiva. Sentiva solo il respiro di Dabi e le sue labbra, i suoi capelli, il suo collo. 


Fu Dabi a separarsi per primo. Ansimava leggermente e lo guardava con una punta di tristezza. "Perché adesso? No. No, lo so." 


La bocca di Hawks si chiuse con un click.


"Ti sembra giusto?" Dabi si alzò in piedi e iniziò a camminare avanti e indietro, "Ti sembra giusto dirmelo adesso? Quando ti dico che sto per andarmene!" 


"Non mi è sembrato che ti facesse schifo!" Esclamò Hawks, alzandosi a sua volta. 


"Infatti!" 


"Perché non ti sei dichiarato prima tu, allora?" Hawks incrociò le braccia al petto, cercando di annegare il senso di colpa nella rabbia. 


Dabi lo guardò come se fosse scemo. "Pensavo di non piacerti."


Hawks gli restituí lo stesso sguardo. "É da cinque anni che ti porto la colazione a letto. Ti facevo pure i cuori con la schiuma del cappuccino!" 


"E io che ne sapevo, credevo di stare simpatico al cuoco!" Hawks non riuscì a non scoppiare a ridere e Dabi lo seguì poco dopo. 


Dopo essersi calmato, Hawks si appoggiò al muro e Dabi raccolse il suo cappotto. "Questo però non cambia niente," Dabi gli rivolse un sorriso triste, "Devo andare."


Hawks gli prese una mano e lo trattenne. "Tornerai?" Sapeva già la risposta. 


"Non lo so." 


Hawks gli lasciò la mano, seguendolo sotto la pioggia fino al cancello della scuola. "Dabi." 


Dabi si voltò verso di lui, vestiti e capelli inzuppati, il mantello gettato sulle spalle. 


"Mi chiamo Takami Keigo."


"Lo so." E scomparve oltre il muro della scuola, una macchia nera tra il grigio della città. 


Keigo si strinse le ali ormai zuppe intorno a sé e si incamminò per tornare alla Commissione Eroi. 




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Note: Finalmente ce l’hanno fatta! Un po’ in ritardo però, eh? 

Come vi sembra la storia? Vi sta piacendo? Lasciatemi un commentino che mi fa sempre tanto piacere, 

Hasta luego,

Layel



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Capitolo 8
*** Telefonata ***


Capitolo Otto: Telefonata


Servizio di segreteria telefonica: al momento l'utente chiamato non è raggiungibile. Si prega di lasciare un messaggio dopo il segnale acustico. 


Keigo chiuse il cellulare e lo sbatté sul tavolo. Dabi non rispondeva mai quando era Keigo a chiamarlo. Lo faceva attendere ore prima di degnarsi di contattarlo da una cabina telefonica. Anche se Keigo sapeva che era per una questione di sicurezza rimaneva frustrante sentire sempre la robotica cantilena della segreteria telefonica. Specialmente considerando l'importanza di quello che doveva riferirgli.


Le sue chiamate non erano sempre state di lavoro: dopo un mese dal diploma si era appollaiato sul tetto con il cellulare stretto tra le dita e si era illuso che avrebbero potuto mantenere i contatti. Le prime due telefonate andarono a vuoto, così come quelle dei giorni successivi. Keigo si era illuso che Dabi aveva ancora bisogno di spazio e che quando se la sarebbe sentita lo avrebbe chiamato lui. Il che successe, tre anni dopo. Guardando indietro Keigo realizzava che la sua speranza di una riunione amichevole era semplicemente ingenua. Dabi aveva chiamato per avere informazioni su un villain che voleva 'punire'. Keigo gliele aveva date, senza condizioni. Da allora Dabi gli aveva chiesto aggiornamenti sulle indagini della polizia, orari di pattuglia degli eroi nella loro prefettura e qualsiasi cosa gli potesse far comodo. Occasionalmente Keigo lo avvertiva di appostamenti, esche e qualsiasi altro artefatto che la polizia stesse mettendo in piedi per catturarlo. Come in questo caso.


Girò sulla sedia fino a trovarsi davanti la grande vetrata che occupava un'intera parete del suo ufficio. Una foresta di tetti si estendeva fino a scomparire all'orizzonte. Le finestre a specchio riflettevano i raggi del sole, i balconi e le tende dei negozi nascondevano la vista dei marciapiedi. Auto nere e grigie affollavano le strade come tanti scintillanti insetti che si affrettavano per ritornare nelle loro tane. 


Dabi era in una di quelle auto, con occhiali scuri e cappuccio per non farsi riconoscere dall'autista? O stava guardando i passanti, disgustato dalle loro vite indolenti e fondate su un ideale fasullo? Dormiva in una delle case di cui si vedevano solo le sagome dall'agenzia di Hawks? 


Fece un altro mezzo giro sulla sedia e fissò truce il telefono. Tamburellò con gli artigli sulla scrivania. Prese il suo cellulare ufficiale, l'ultimo modello di smartphone, e aprì l'applicazione di JNews, scrollando distrattamente tra i titoli. Cliccò su un articolo di cronaca che attirò la sua attenzione.


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STAIN LO STERMINA EROI, TORNATO IN ATTIVITÀ?

Avvistato nei pressi di Hosu da un civile, ecco le scioccanti immagini.

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Keigo sbuffò una risata. Negli ultimi tempi JNews era diventato sempre meno affidabile come sito di informazione. Avrebbe dovuto farlo presente, ma leggere di cospirazioni e cure miracolose gli risollevava l'umore. Prese di nuovo il telefono che gli era stato regalato quasi quattro anni prima e inviò un breve messaggio:


Urgente, chiama subito.


+


La vibrazione scosse talmente il telefono che finí per cadere sulla moquette sudicia del motel. Dabi sbuffò ma non si alzò dal letto. Sapeva chi era e non aveva alcuna intenzione di rispondere. Avrebbe chiamato l'eroe apprensivo più tardi. 


Un forte bussare fece tremare la porta della camera. Spense in fretta la sigaretta, raccolse le due paia di pantaloni che possedeva e spalancò la finestra. Era già con una gamba dall'altra parte del davanzale quando il cellulare suonò di nuovo. Imprecò e rientrò nella stanza. 


"Apri la porta o chiamo la polizia!" Il bussare si era interrotto e ora si sentiva un concitato tintinnare di chiavi. 


Dabi afferrò il telefono e uscì dalla finestra proprio mentre la proprietaria stava aprendo la porta. Iniziò a correre tra i vicoli della città, gli urli della donna lo inseguivano tra le strette pareti degli edifici. Dabi voleva quasi tornare indietro per vedere la sua espressione. Visto bambini, pensó, ecco perché si scelgono sempre le camere al piano terra.


Il telefono ora era muto, un blocco di plastica pesante e immobile nella sua tasca. Hawks lasciava messaggi solo quando aveva qualcosa di veramente importante da riferirgli. Aprì il cellulare, la luce fredda dello schermo era tanto forte che dovette socchiudere gli occhi per vedere qualcosa.


[1 nuovo messaggio]


Il dito di Dabi si fermò per un lungo istante sul pulsante verde. Sollevò il dito lentamente e chiuse il telefono. Avrebbe prima cercato una cabina telefonica, era sempre meglio non rischiare con i perfezionisti della Commissione.


Il telefono tornò al sicuro dentro la sua tasca e Dabi si incamminò per le vie della città. Seguí i vicoli che come un labirinto si estendevano attorno al centro città. Sporadicamente incrociava delle persone, tutte troppo prese dalla propria vita per fare caso a lui, così come Dabi era troppo concentrato sul non pensare a niente per badare a loro. Alla fine del quartiere c'era un posto perfetto per telefonare ma non aveva alcun motivo di affrettarsi, Hawks avrebbe comunque risposto al secondo squillo.


Appoggiava uno stivale davanti all'altro sull'asfalto, ogni tanto dava un calcio a un sasso che rotolava sulla strada fino a fermarsi e aspettare che qualcun altro lo calciasse di nuovo. 


Un lampo illuminò a giorno la strada, scomparendo subito tra le nuvole grigie che appesantivano il cielo. Dabi fece quattro passi prima che un tuono gli rimbombasse nelle orecchie. I vetri delle case tremarono e lui alzò lo sguardo verso il cielo. L'aria sapeva di pioggia.


Un secondo lampo si rifletté sui suoi piercing, accecandolo come il flash mal regolato di una macchina fotografica. Il tuono seguì a distanza ridotta rispetto al primo e leggere gocce di pioggia gli caddero sul naso. Presto l'acqua si fece insistente, infilandosi sotto il colletto del suo cappotto e scivolando gelata sulle chiazze di pelle che ancora riuscivano a sentire il freddo. Continuò a camminare, gli stivali che schizzavano nelle pozzanghere formate da poco e una mano in tasca. 


Dabi svoltò l'angolo e si trovò di fronte alle vetrine illuminate di un konbini. Il negozio sembrava quasi deserto e non dovette pensarci troppo prima di entrare. L'interno era caldo e il suo stomaco brontolò alla vista dei prodotti alimentari allineati sugli scaffali. Già che c'era poteva anche cercarsi da mangiare. 


Gironzolò tra le strette corsie, lasciandosi dietro una scia di goccioline e impronte fangose. Alla fine scelse un tramezzino alle uova e andò alla cassa.


Il cassiere lo guardò corrucciato mentre scansionava il suo unico prodotto. Sicuramente voleva chiedere qualcosa sulle sue cicatrici ma non riusciva a trovare un modo educato per iniziare quella conversazione, quindi continuò a fissarlo.


Dabi non gli stava prestando attenzione. Fuori dalla vetrina un uomo in giacca a cravatta si affrettava sotto la pioggia. Il temporale doveva averlo colto alla sprovvista visto che si copriva la testa con la ventiquattrore. La sua camicia era inzuppata e l'uomo ansimava dalla fatica, non abituato a muoversi tanto rapidamente. Nonostante la pioggia e la scarsa illuminazione Dabi lo riconobbe all'istante. La sua postura e il suo modo di fare gli si erano impressi nella mente a forza di pedinarlo.


L'uomo era Baiko Ishikawa di sessantaquattro anni e con un quirk mimetico. Inoltre era proprietario dell'orfanotrofio Shiroi Hato. Aveva una moglie e due barboncini. Uomo di tutto rispetto, se non fosse che gestiva il principale traffico di bambini nel sud-est del Giappone. 


Dabi abbandonò alla cassa il suo tramezzino, uscì sotto la pioggia e iniziò a seguire Ishikawa da una distanza di sicurezza. Dabi, in quanto civile, poteva disporre delle informazioni che aveva ricavato su Ishikawa in vario modo. Poteva avvertire la polizia, un eroe, poteva addirittura ricattarlo. Dabi, in quanto vigilante, si sarebbe fatto giudice, giuria e carnefice liberando il mondo da quel bastardo. 


La strada era deserta. In lontananza un clacson suonò ripetutamente e un corvo rispose gracchiando. Dabi era silenzioso, gli era stata insegnato a muoversi senza emettere il più piccolo rumore, ma l'uomo, spinto dalla paranoia, si guardò alle spalle una volta di troppo. Attivò immediatamente il suo quirk assumendo il colore dei muri che lo circondavano e scomparendo efficacemente alla vista.


Dabi si guardò pigramente intorno mentre aumentava la temperatura nella mano destra. Un dolore familiare si diffuse sotto le chiazze di pelle sana, crescendo in modo costante allo stesso ritmo del suo fuoco. Un sassolino rimbalzò sull'asfalto, fermandosi in mezzo alla strada. 


Mosse il braccio e il vicolo venne inondato dal fuoco. Un grido di agonia si levò alla sua sinistra: una figura si stava contorcendo in una pozzanghera con i vestiti e la pelle in fiamme. Dabi gli afferrò la camicia e lo sollevò da terra. Ishikava gridò ancora mentre gli graffiava le braccia tentando di fuggire. Grosse lacrime caddero sulla mano di Dabi, evaporando all'istante. Strinse la presa e gli afferrò la faccia con la mano incandescente. Ishikawa spalancò la bocca per gridare ma non uscì alcun suono. Le sue mani tremarono un'ultima volta prima di accasciarsi sui fianchi. Dabi lo lasciò cadere e si pulì le mani sul cappotto.


Quell'ammasso carbonizzato di carne e ossa non era più un suo problema. Frugò nelle tasche del cadavere in cerca del suo portafoglio. Gettò la carta d'identità e la patente vicino al corpo e intascò le banconote. Almeno la polizia non avrebbe perso tempo ad identificare il corpo.


Tornò al konbini e riprese il suo tramezzino sotto lo sguardo sempre più preoccupato del cassiere. Dalla vetrina non si vedeva cosa fosse successo a Ishikawa ma l'odore di carne bruciata avrebbe reso sospettoso chiunque. O disgustato. Dabi gli fece un cenno e lo lasciò col dubbio: chiamare o no la polizia?


Fortunatamente la cabina telefonica di quel quartiere era protetta da una tettoia. Dabi iniziò a mangiare e compose il numero che ormai sapeva a memoria. Rispose al secondo squillo.


"Che vuoi?" Chiese Dabi a bocca piena.


"Cosa stavi facendo?" Nel tono di Hawks la preoccupazione e l'irritazione erano miscelate in parti uguali. "Quando scrivo urgente significa che è urgente."


"Affari miei. Che vuoi?" 


"Oh, certo. Altri atti da misterioso vigilante. Chi hai consegnato alla giustizia quest'oggi?" 


"Non so di cosa parli."


"Dabi devi essere più cauto. La polizia è a tanto così dal trovarti e la Commissione mi sta col fiato sul collo. Non so per quanto potrò sviare le indagini." 


"E mentre io sono cauto quanti bambini quel bastardo avrebbe potuto vendere?"


Un grande sospiro, Dabi poté quasi vederlo massaggiarsi le tempie. "Ti prego, dimmi che non è chi penso che sia." 


"Era."


"Ascolta, lo so. La giustizia è lenta, il sistema fallace, eccetera, eccetera. Uccidere i villain non cambierà le cose, ne creerà solo di nuovi. Perché non proviamo a lavorare insieme?"


"Hai altro da dirmi?" Dabi prese un altro pezzo del suo tramezzino per mascherare l'amaro che sentiva in bocca.


"La polizia ha scoperto almeno quattro dei tuoi nascondigli. Hai una mezza dozzina di agenti e due eroi che ti aspettano dietro la porta di casa. La CEPS ha idee molto chiare su chi possa essere 'Blueflame': manca poco prima che ti prendano."


"Merda," rispose tra i denti, "devo cambiare prefettura. Anzi, devo cambiare regione."


"Più ti allontani e meno riuscirò ad aiutarti."


"E cosa dovrei fare? Offrirmi come volontario per la manutenzione dei templi e dormire sugli scalini?"


"Ti ci vedo proprio. No, ho una proposta. Suonerà un po', no, decisamente folle, ma se ce la giochiamo bene potrebbe essere una sistemazione perfetta per entrambi." 


"Spara."


"Vieni a stare da me. Il mio appartamento ha una camera libera, nessuna telecamera e una jacuzzi. Una soluzione migliore del tempio. No?" La risata finale era troppo nervosa per dissipare la tensione che si andava creando.


Il cuore di Dabi perse un battito e lui decise di ignorarlo per il momento. Più importante era la proposta assurda che Hawks gli aveva appena fatto.


"Mi stai proponendo di dormire sotto il naso della Commissione?"


"In teoria è la mia agenzia, non la loro."


"Stessa differenza. Tu cosa ci ricavi?"


"Il piacere della tua compagnia?" Questa volta la risata fu genuina, "Per prima cosa non dovremmo più preoccuparci che le telefonate vengano intercettate e se stai buono per un po' avrò molto meno domande a cui rispondere. Poi, immaginare la faccia della Presidente se lo sapesse mi migliorerebbe infinitamente la giornata."


"Sei un idota. Cristo, se lo scoprissero sarebbe un viaggio diretto verso Tartarus."


"Ma se non lo scoprissero…"


Dabi sospirò anche se uno stupido sorriso minacciava di rovinare tutto il suo personaggio. "Me ne pentirò, ma accetto."







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Capitolo 9
*** Colazione a Letto ***


Capitolo Nove: Colazione a Letto


Keigo non ricordava l'ultima volta che era stato così ansioso di tornare a casa.


La notte prima Dabi si era presentato alla porta del suo appartamento, come avesse fatto ad attraversare tutta la sua agenzia senza essere notato, era un mistero che Keigo non ci teneva a risolvere. Tempo due minuti e stava dormendo. Non si era neanche scomodato a salutare: aveva buttato la borsa che conteneva le sue cose in un angolo ed era praticamente svenuto sul divano. Keigo non ebbe neanche mezza possibilitá di iniziare il discorso che si era preparato e si pentí di essersi preoccupato tanto su quello che si sarebbero detti la prima volta che si fossero rivisti. Scribacchió una nota e la lasciò sul tavolo del soggiorno. Ovviamente a Dabi non interessava parlare, lui aveva accettato solo per levarsi di torno la polizia. E forse anche per la jacuzzi.


Alle cinque del mattino venne svegliato da una chiamata d'emergenza. Un terremoto aveva quasi interamente distrutto un villaggio a un'ora di auto dalla sua agenzia. Hawks doveva aiutare a soccorrere i civili bloccati dalle macerie e trovare eventuali dispersi. Uscì direttamente dalla terrazza nella sua camera da letto, lasciando a casa chiavi e cellulare. Non controllò se Dabi fosse ancora nel salotto e una volta arrivato al villaggio ebbe troppo da fare per pensare al criminale che ospitava in casa.


Keigo era ansioso di tornare a casa, sempre che il suo appartamento fosse ancora in piedi. Dabi aveva un eccellente controllo sul suo quirk ma quello sulle sue emozioni era al massimo passabile. Sperava che non si fosse sentito insultato dal tappeto e che non avesse deciso di dargli una lezione. Se il suo appartamento fosse andato a fuoco la Commissione gli avrebbe inviato almeno venti pagine di minuziose domande sull'accaduto, metà delle quali si sarebbe concentrata sul chi piuttosto che sul come. 


Arrivò in vista del suo edificio, i piani inferiori occupati dall'agenzia, i due superiori dal suo appartamento, e sospirò di sollievo nel vedere che non c'erano nuvole di fumo che uscivano dalle finestre. Però il sentimento di ansia mista a eccitazione che aveva provato fin dal giorno precedente continuò a nuotare nel suo stomaco. Non era l'appartamento che gli importava. Stasera avrebbe rivisto Dabi per la prima volta in tre anni -e sette mesi, aggiunse una vocina petulante nella sua testa- e non aveva la più pallida idea di come comportarsi. Durante i pochi minuti di chiamata parlavano solo di lavoro. Occasionalmente Keigo faceva una battuta e Dabi rispondeva con un commento sarcastico. Raramente degenerava nei battibecchi che facevano da ragazzi. E mai parlavano veramente.


Rallentò il volo, per atterrare in terrazza. Stiracchiò le braccia per alleviare la tensione che sentiva sulle spalle. Spinse la porta finestra ma la trovò chiusa. Vero, aveva dimenticato le chiavi. Si sfregò gli occhi e con due delle sue piume più piccole iniziò a scassinare la serratura. Era quasi riuscito a sbloccare il lucchetto quando la porta venne spalancata. Dabi lo guardava con un sopracciglio alzato e l'ombra di un sorriso.


"Ti sei chiuso fuori?" 


"Zitto." Lo spinse via dall'entrata con una gomitata. Si tolse cuffie e visore e li gettò sul letto.


"Pronto, polizia?" Dabi alzò la mano all'orecchio per fingere di telefonare e continuò in tono canzonatorio, "Sono abbastanza sicuro di aver visto un tizio sospetto cercare di scassinare la porta."


"Non hai niente di meglio da fare?"


"L'avrei, ma qualcuno mi ha vivamente sconsigliato di uscire di casa." Sventolò la nota della sera prima, guardandola come se l'avesse offeso personalmente.


"E pensavo di essere io quello impaziente." Rispose Keigo mentre entrava in cucina per prepararsi un caffè. "Prendila come una vacanza."


"Noiosa come vacanza." Nel suo tono di voce non c'era cattiveria. Keigo gettò un'occhiata al soggiorno e trovò Dabi che lo osservava attentamente.


"Ho un'intera sezione dell'archivio da alfabetizzare se vuoi fare qualcosa."


"Emozionante." Disse con uno sbadiglio. "Torni sempre a quest'ora?"


"Dipende, questa era una chiamata d’emergenza. Posso inviarti i turni, se vuoi." Si ricordò del reperto archeologico che era il cellulare di Dabi. "Magari li stampo. Perché, ti sono mancato?"


 “Così so a che ora prendere l’aspirina.” Accese la tv, l’ombra di un sorriso sulle labbra. Keigo si ritrovò a sorridere a sua volta mentre si lasciava cadere sul divano, rilassandosi finalmente dopo due giorni. 


Sedettero in un tranquillo silenzio mentre le voci degli ospiti di un talk show riempivano la stanza. Dani alzava gli occhi al cielo o sbuffava quando questi dicevano qualcosa che lui riteneva incredibilmente stupido. Il che era quasi sempre. A Keigo ricordava quando da bambini si nascondevano sotto le coperte per leggere fumetti, pronti a fingere di dormire se avessero sentito dei passi in corridoio. Dabi era il più veloce a finire le pagine e sbuffava in continuazione mentre aspettava che Keigo lo raggiungesse. Lui in risposta lo prendeva a gomitate.  


“Sai, pensavo che sarebbe stato diverso." 


L'affermazione rimase sospesa nell'aria per qualche minuto e Keigo si chiese se Dabi l'avesse sentito.


"In meglio o in peggio?"


"Solo diverso. Credevo che col tempo…" Si interruppe quando vide la luce azzurra della tv riflettere sui piercing di Dabi. Distolse lo sguardo quando l'altro notò che lo stava fissando. "A quanto pare non è cambiato niente."


"Beh, ora sei un eroe professionista, hai un'agenzia fin troppo efficiente, vivi per conto tuo-"


"Do rifugio a criminali."


"Criminali? Credevo fossi l'unico."


"Lo sei."


Dabi si schiarì la gola e si alzò dal divano. "Vado a dormire." Si fermò sulla soglia della sua camera. "Dovresti farlo anche tu."


Keigo gli rispose con un cenno distratto. Appena la porta si chiuse affondò il viso in un cuscino soffocando un urlo. Per uno che era stato eletto come "scapolo più desiderabile del Giappone" per due anni di seguito e aveva squadroni di fan che gli sbavano dietro ad ogni passo che faceva non sarebbe dovuto essere così difficile. Non che Dabi gli stesse dando una mano. Forse è perché non vuole.


Quando Keigo lasciò andare il cuscino si accorse di aver bucato la federa con gli artigli. Perfetto. Grazie tante pensieri intrusivi.


Nascose la parte rovinata e si convinse che la serata sarebbe migliorata con una doccia e un meritato pisolino.


+


Un pisolino lungo, ma pur sempre un pisolino. Si addormentò verso l'alba e venne svegliato due ore dopo per iniziare il suo turno. Questa volta prese le chiavi, bevve un caffè e lasciò una tazza di tè sul tavolo. Mentre entrava nell'ufficio si ricordò che aveva aperto il file con i suoi orari ma non l'aveva stampato. Beh, Dabi avrebbe fatto senza ancora per un giorno.


Quando tornò a casa trovò un piatto fumante di pollo teriyaki sul bancone della cucina. Di Dabi neanche l'ombra ma Keigo era sicuro che il pollo non si fosse materializzato magicamente. Mangiò in silenzio, dibattendo su come ringraziare Dabi del disturbo. Alla fine decise di lasciargli un biglietto sotto la porta. 


Buonissimo, grazie! Se ti servono altri ingredienti puoi lasciare la lista sul tavolino vicino alla porta, la signora Tanaka passa il martedì e il giovedì.

-Keigo


Leggi troppi shōjo manga. Basta bussare.

-L'unica altra persona che vive in questa casa


P.S. Signora Tanaka? Sfrutti una vecchietta per fare la spesa?


+


Scivolarono in una sorta di routine, per quanto il lavoro di Keigo lo permettesse. Alla mattina Keigo preparava un caffè per se e un tè per Dabi, si scambiavano un saluto assonnato e lui scendeva di sotto con uno stupido sorriso. I suoi aiutanti lo avevano adocchiato con curiosità ma, avendo deciso che se il loro capo era di buon umore per loro era solo un beneficio, non si erano intromessi. Quando tornava dal lavoro si sedevano sul divano e guardavano tv spazzatura mentre cenavano. Era da quando si era trasferito che Keigo non mangiava tanto bene. E, prima di andare a dormire, aveva ancora quello stupidissimo sorriso.


Dopo due settimane, Dabi riprese a uscire, nascosto da occhiali scuri e felpe con cappuccio. Keigo aveva una mezza idea di cosa stesse facendo, anche perché non era tanto accorto quanto pensava. Sapeva che era riuscito ad accedere al suo portatile - in sua difesa la password 1801 non era così difficile da indovinare, specialmente per lui - e che aveva copiato alcuni dei documenti sui quali stava lavorando da quando i suoi oggetti elettronici non erano più controllato dalla CEPS. 


Dabi probabilmente non aveva cattive intenzioni. Anzi no, aveva quasi sicuramente cattive intenzioni, ma era per una buona causa. E Keigo era bloccato in un dilemma: in questo caso, il fine giustifica i mezzi?


+


Il festival sportivo dell'accademia UA arrivò e passò. Keigo non ebbe tempo di prestarci molta attenzione, con la ricomparsa dello Stermina Eroi e l'aumento della circolazione di sostanze volte ad aumentare le prestazioni dei quirk. Dabi si rifiutò di guardarlo, cambiando canale con tanta veemenza che Keigo non riusciva a trattenersi dal ridere.


Una mattina Keigo. stava tamburellando nervosamente le dita sul tavolo. Dabi si risvegliò dalla trance in cui cadeva appena sveglio e lo guardò con un sopracciglio alzato. 


"Che hai?"


"Uhm? Niente, è solo… Di solito non accetto tirocinanti e non so bene come dovrei comportarmi. Cosa gli faccio fare? Non riuscirà mai a starmi dietro."


"E perché l'hai preso? Poi è solo un adolescente, gli fai compilare scartoffie o robe simili."


"Ero curioso: è della classe che è stata attaccata da quel nuovo gruppo di villain. La prima A, ti dice niente?"


Dabi scrollò le spalle e giocherellò nervosamente con un dei piercing sui suoi polsi.


"È la classe di Todoroki Shouto. Avrei voluto parlare direttamente con lui ma ha preferito fare il tirocinio con suo padre. Comunque anche Tokoyami dovrebbe sapere abbastanza." Sia su Shouto Todoroki che su ciò che era successo all'USJ.


"Fai quello che ti pare." Dabi prese un lungo e rumoroso sorso di tè.


+


Keigo lavorava ininterrottamente da due giorni e i suoi aiutanti lo avevano praticamente costretto a prendersi il pomeriggio libero. Si trascinò stancamente sulle scale: aveva usato la maggior parte delle sue piume e le sue ali erano piccole e inutili. Probabilmente un altro motivo per cui avrebbe dovuto fare una pausa. Sul pianerottolo si scontrò con una persona dall'odore familiare, che imprecò in un tono ancora più familiare.


"Che ci fai qui?" Dabi lo stava sicuramente guardando male da dietro gli occhiali da sole. 


"Vado a dormire. Tu?"


"Faccio un giro." Lo aggirò e riprese a scendere le scale.


"Meglio che ti sbrighi o perderai il treno."


"Cosa?" Dabi si voltò incredulo prima di ricomporsi. "Sto qui intorno."


"Non definirei Hosu come 'qui intorno'."


Keigo aveva notato che, dal festival sportivo, il gironzolare di Dabi corrispondeva ai turni di pattuglia di Endeavor, che Keigo teneva catalogati nel suo portatile insieme a quelli degli altri eroi nella top 10. Inoltre, aveva rintracciato l'acquisto di qualcosa che lo preoccupava molto di più.


"Come sai... Da quant'è che mi segui?"


"Non ti seguo, non ho tutto quel tempo libero. La signora Tanaka ha trovato i biglietti mentre faceva il bucato e li ha dati a me. Aspettavo che fossi tu a parlarmene."


Dabi sembrò contrariato e Keigo volle illudersi che si sentisse in colpa per averglielo tenuto nascosto.


"Sapevo che avresti provato a fermarmi. Cosa che stai facendo."


Keigo scosse la testa. "Sono solo preoccupato per te. So cosa vuoi fare e se ti va bene ti arresta. Se ti va male... È uno scontro che non puoi vincere."


"Quanta fiducia nelle mie capacità." Dabi sbuffò una risata ma Keigo colse comunque la punta di amarezza che stava cercando di nascondere.


"Sai che è vero. Il fuoco è la tua più grande debolezza e indovina chi ha un quirk di fuoco?"


"Ho preso le dovute precauzioni. Conto di finirla in fretta." Si voltò e riprese a scendere le scale. Keigo lo trattenne per un braccio, la preoccupazione palese sul suo viso.


"É la droga, giusto? Quella per aumentare le prestazioni dei quirk?"


Il silenzio pesava come mattoni e non poteva essere conferma più palese.


"Dabi, quella roba è pericolosa! La lista delle controindicazioni è tanto lunga che-"


"Non mi interessa." Fece una lunga pausa, poi aggiunse sottovoce, "Non pianificavo di uscirne."


"Smettila di dire cazzate! Tu sei..." Il cuore gli batteva tanto forte nel petto che Keigo faceva fatica a sentire le proprie parole. "Vuoi veramente morire per lui? Dopo quello che ti ha fatto vuoi sacrificarti per una persona che ti crede già morto?"


"Saprà chi sono. Saprà chi sono e si pentirá di tutto. Morirò con lui se devo." 


"Ci sono altri modi. Non deve per forza finire così, ci sono altri modi! Vuoi rovinargli la carriera? Perfetto, possiamo farlo. È tutto qui." Prese una chiavetta USB dalla tasca interna della giacca. Per sicurezza la portava sempre con sé. Allo sguardo dubbioso di Dabi spiegò: "Alcune informazioni che ho raccolto alla CEPS. Abbastanza per distruggere più di un paio di vite."


"Da quanto tempo ci lavori?"


"Tre anni circa. Ascolta, perché non la dai a Shouto?"


"Cosa?" Dabi si liberò dalla sua stretta e scese un altro scalino.


"Fa il tirocinio da Endeavor e sta sera sarà in pattuglia con lui. Potresti lasciarla lui."


"Nulla di quello che hai detto ha senso."


"Forse la decisione spetta a chi ancora ha a che fare con lui. Non sto dicendo che non debba essere punito ma... Gli sconvolgeresti la vita. E i tuoi fratelli non se lo meritano."


Gli porse la chiavetta USB. Alla fine quello che ne avrebbe fatto sarebbe stata una sua scelta. Dabi se la rigiró tra dita tremanti. Quando vide che Keigo non aveva ritirato la mano lo guardò confuso.


"Preferirei non doverti far evadere di prigione."


Dabi gli consegnò silenziosamente una boccetta di vetro contenente un liquido biancastro, all'apparenza innocuo. Keigo sospirò sollevato. Il prodotto coincideva con la descrizione fornita dal reparto investigazioni. Ora che la stringeva in mano era estremamente più rilassato all'idea di lasciare che Dabi andasse alla ricerca della sua vendetta.


"Beh, sono decisamente in ritardo." Disse Dabi mentre si toglieva gli occhiali. "E anche abbastanza confuso. Spero che tu sia soddisfatto."


Il cambio di tono prese Keigo in contropiede ma riuscì comunque a piantarsi in faccia un piccolo sorriso. "Molto."


Dabi si avvicinò a lui e gli diede un veloce bacio sulle labbra. "Non fare niente di stupido." 


Keigo non abbe il tempo di realizzare cosa fosse successo che Dabi era già scomparso dietro l'angolo. I rumori di passi frettolosi risuonavano nella tromba delle scale.


"Questo dovrei dirlo io a te." Sussurrò, la testa leggere e le labbra tirate in un sorriso.


Fu solo quando entrò nell'appartamento e fece per togliersi la giacca che si accorse che la boccetta era sparita. 




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Note: Il penultimo capitolo! Cosa ne pensate? 


Un abbraccio al mio tesoro che mi ispira a continuare a scrivere <3<3















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Capitolo 10
*** Anime Gemelle ***


Capitolo Dieci: Anime Gemelle


Arrivò in città e scoppiò l’inferno.


Creature terrificanti strisciavano per le strade, distruggendo auto e persone con la facilità con cui si spezza un ramoscello. Per quanti colpi gli eroi mandassero a segno quelle cose continuavano a rialzarsi e a combattere come se nulla fosse successo. Le loro grida inumane si confondevano con le sirene delle ambulanze e le grida dei civili. Dabi si muoveva velocemente, tenendosi lontano dalle strade principali mentre cercava le vie che Endeavor avrebbe pattugliato quella sera. Se fosse stato distratto da uno di quei mostri forse Dabi avrebbe avuto più di una possibilità. 


Arrivò in vista di Endeavor appena prima che suo fratello scappasse via. Endeavor era occupato a mettere in salvo una coppia di civili quando Shouto diede una veloce occhiata al cellulare e se ne andò praticamente senza dare spiegazioni. Endeavor gli urlò dietro ma era troppo occupato per inseguirlo. Era il momento che stava aspettando. Prese la fiala dalla tasca, il vetro riscaldato dal calore delle sue mani, e provò per tre volte a togliere il sigillo di sicurezza ma le sue dita sudate continuavano a scivolare. Endeavor si trovava a un centinaio di metri da lui, sulla strada principale, ma riusciva comunque a sentire il calore delle sue fiamme. L’aria era talmente calda che con ogni respiro gli sembrava di deglutire metallo fuso. Si appoggiò alla parete di un edificio, cercando conforto nel freddo intonaco. 


Le stelle risplendevano sul cielo sopra di lui e una brezza leggera gli scompigliava i capelli. Afferrò il parapetto con tanta forza da farsi sbiancare le nocche e guardò le auto che sfrecciavano sulla strada sotto di lui. Due ali rosse lo avvolsero e prese un respiro tremante. Sentì gli occhi bruciare ma nessuna lacrima scese. Si spinse via dal parapetto e Dabi si vide riflesso nel vetro della porta. Al posto del suo viso trovò capelli biondi e pelle liscia. Gli occhi di Keigo si spalancarono e Dabi era certo che ora lo stesse vedendo anche lui. Sbatté le palpebre ed era di nuovo nel vicolo. Endeavor stava bruciando uno dei mostri ma lo sguardo di Dabi venne catturato da rosso e bianco che svoltavano per una via traversa. Lasciò cadere la boccetta sull’asfalto.


Rincorse Shouto Todoroki per le strade di Hosu City, tenendosi sempre a dovuta distanza mentre evitava mostri, eroi e civili. I suoi passi non erano alimentati dall’odio, dalla paura o dal desiderio di fare la cosa giusta. Perché, nonostante ciò che avesse detto a Keigo su quella scalinata, non voleva morire per quel bastardo. Voleva semplicemente tornare a casa. Porre fine alla guerra che stava combattendo da solo e contro se stesso senza vittime o colpevoli. Tornare da Keigo era stata una cattiva idea. Vivere con lui abbastanza da abituarsi alla sua espressione assonnata al mattino era stata peggiore. Aveva pianificato di affrontare Endeavor come un uomo con nulla da perdere ma Keigo si era intromesso esattamente come il bambino ficcanaso che più di dieci anni prima gli aveva dato un pugno in una stanza che puzzava di fumo. Pensava che allontanandosi Keigo sarebbe stato più felice. Ogni spinta che gli dava era più difficile della precedente perchè lui continuava a guardarlo come se illuminasse il sole. E probabilmente Dabi ricambiava lo sguardo visto che Keigo non lo aveva mai veramente lasciato. 


Dabi era egoista e perciò non sarebbe morto. Che ci pensasse il suo fratellino a mandare Endeavor in prigione, lui ora aveva troppo da perdere. 


Girò l’angolo di corsa senza controllare che la strada fosse libera. Si bloccò nel centro del vicolo. Uno dei mostri lo fissava da quegli occhi senza palpebre. Aveva quattro braccia, due delle quali gli spuntavano asimmetriche dalla schiena e dal cranio scoperto si vedeva chiaramente il suo cervello. Una creatura formata da pezzi di corpo malamente assemblati insieme e che sembrava avere quirk multipli.  Dabi si ricordò delle voci che giravano tra la malavita, di un potente villain che stava creando fantocci umani in grado di utilizzare più di un quirk. Nomu li avevano chiamati. La cosa gridò e si lanciò contro di lui. Dabi lo inondò di fuoco alzando la temperatura finchè non sentì sfrigolare la pelle. Il Nomu si contorse su se stesso mentre cercava di afferrare le fiamme con i suoi quattro arti, rilasciando un altro grido. La sua rigenerazione apparentemente non era abbastanza veloce da riparare le cellule bruciate. Dabi si preparò a colpire di nuovo ma venne preceduto. Fiamme rosse avvolsero il mostro che si voltò per attaccare il nuovo avversario, Dabi approfittò della sua distrazione per colpirlo a sua volta. Il Nomu, usando quel poco libero arbitrio che ancora gli rimaneva, evitò gli attacchi al meglio e si arrampicò su un palazzo vicino scomparendo alla vista. 


“Vada nel punto di raccolta più vicino!” 


Dabi sussultò all’udire quella voce, la cadenza così simile a quella di Rei. Il timbro era completamente estraneo ma non c’era nulla di più riconoscibile dei suoi capelli. Metà rossi e metà bianchi, il marchio del figlio perfetto. Un’ustione gli ricopriva l’occhio sinistro e Dabi provò un’ondata di rabbia per suo padre. Non sapeva esattamente cosa fosse successo ma era certo che fosse colpa di Endeavor.


“Shouto!” Urlò prima che il ragazzo potesse riprendere a dare la caccia al Nomu. Shouto si fermò evidentemente esasperato.


 “Signore,” Dabi fece una smorfia al sentirsi dare del ‘signore’ dal proprio fratello minore. “Non posso rimanere, sono sicuro che un Pro Hero la accompagnerà al punto di raccolta.” 


“Si tratta della tua famiglia.” Shouto lo congelò con lo sguardo, un’abilità chiaramente ereditata da Fuyumi, ma era chiaramente interessato. Dabi si avvicinò lentamente mentre teneva la chiavetta USB ben visibile, non voleva che il suo fratellino lo congelasse veramente. “Se mai ti volessi vendicare di quel bastardo, questa potrebbe aiutare.”


Shouto lo osservò dalla testa ai piedi. Le cicatrici, i piercing e i capelli malamente tinti di nero. Gli occhi che riflettevano l’azzurro del suo sinistro. “Chi sei?”


“Qualcuno che odia Endeavor, proprio come te.” Shouto continuò a fissarlo con diffidenza mentre indietreggiava lentamente. Dabi mormorò scocciato ma con il tono abbastanza alto da farsi sentire, “Avrei fatto meglio a darla a Natsuo, a quest’ora papà caro sarebbe già in prigione.”


Shouto spalancò leggermente gli occhi, “Cosa?...” 


Dabi gli lanciò la chiavetta, Shouto la prese di riflesso. “Usala, non usarla, a questo punto non mi interessa.” Si voltò e lo salutò da sopra la spalle, “Arrivederci, Shouto Todoroki.”


Sorprendentemente Shouto non lo seguì e Dabi gliene fu grato. Dal modo in cui era scappato da Endeavor probabilmente doveva arrivare in fretta da qualche parte. Da qualcuno dei suoi compagni di classe magari. Keigo lo avrebbe sicuramente saputo e  gli avrebbe chiesto tutti i particolari una volta tornato a casa. Prima si fermò a comprare una confezione formato famiglia di pollo fritto che, anche se ormai freddo, lui e Keigo finirono per mangiare sul divano a mezzanotte mentre una soap opera passava in tv. Dabi pensò che ne era valsa la pena per potersi addormentare nelle braccia di Keigo. 




____


Note: È finita! Onestamente è la prima ff che finisco interamente di scrivere (ops) e ne sono stranamente orgogliosa. Questa è una storia nata a caso e che è cresciuta mentre io miglioravo nella scrittura. Non è perfetta, specialmente i primi capitoli, ma mi sono divertita a scriverli e credo sia quello che conta. Grazie mille a chi è rimasto con me durante questo lungo - lunghissimo- processo e spero che vi sia piaciuta!


Layel


P.S.: Sto già scrivendo un’altra storia, più fantasy ma con la stessa buona dose di Dabihawks! Perchè amo troppo scrivere per questi due lol

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