Cielo e cioccolato 2

di Magica Emy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 - Un desiderio di troppo ***
Capitolo 2: *** Parte 2 - Ranko ***
Capitolo 3: *** Parte 3 - Addio, Akane ***
Capitolo 4: *** Parte 4 - Segreti e bugie ***
Capitolo 5: *** Parte 5 - Cuore di vetro ***
Capitolo 6: *** Parte 6 - Punto di rottura ***
Capitolo 7: *** Parte 7 - Ti ricordi di me? ***
Capitolo 8: *** Parte 8 - Perdonami, Akane ***
Capitolo 9: *** Parte 9 - Per sempre ***



Capitolo 1
*** Parte 1 - Un desiderio di troppo ***


-Ranma? 

Sussurrò, raggiungendolo in cima alle scale quando lo vide uscire dal bagno e richiudersi la porta alle spalle, d'un tratto speranzosa di trasformare quel piccolo attimo fuggente in un momento tutto per loro. Un momento senza intromissioni esterne in cui stare finalmente un po' da soli. Come la sera prima. Arrossì al ricordo di ciò che era successo appena ventiquattr'ore fa nella camera del fidanzato, a luci spente, e… Beh, forse sarebbe meglio dire al ricordo di ciò che NON era successo, che fece di colpo defluire il sangue dalle sue guance, lasciandole di nuovo pallide. Aveva forse sbagliato qualcosa? Era stata colpa sua? Già, proprio quello che cercava di scoprire. Il ragazzo evitò il suo sguardo, palesemente a disagio mentre la mano indugiava sulla maniglia della porta, indecisa se riaprirla per chiudersi dentro e restare il più possibile lontano da lei. 

Sembrava la stesse evitando. 

Oppure stava diventando paranoica. 

Prese un bel respiro, cercando goffamente di placare i battiti impazziti del suo cuore. 

-Ecco - cominciò con voce incerta - io… volevo dirti di aspettarmi sveglio stanotte. So che probabilmente faremo tardi per via del compleanno di mio padre e tutto il resto, ma tu… fallo. Ti prego. 

Ecco. Lo aveva detto. E adesso?

-Non credo sia una buona idea. Voglio dire, mio padre resta a dormire, perciò… 

Adesso avrebbe affrontato la questione con più tatto possib…

Un momento. Cos'è che aveva appena sentito? 

"Non credo sia una buona idea." 

Non credo sia una buona idea? 

Sì, la stava decisamente evitando. 

-Ok - biascicò, stampandosi in faccia un sorrisetto ebete che mal celava la sua improvvisa voglia di sprofondare - allora potresti venire tu da me. 

Lo vide mordersi le labbra e saltellare nervosamente da un piede all'altro, come se stesse cercando di prendere tempo. Di mettere in ordine i pensieri. 

"Sta per darti il benservito." 

Taci, stupida voce interiore dei miei stivali. 

"Forse non gli piaci più." 

No, non è possibile. Non da un giorno all'altro. 

-Vedi - disse lui, dopo un breve momento di silenzio - il fatto è che mio padre potrebbe svegliarsi nel cuore della notte e notare la mia assenza. 

"Chi, Genma Saotome? Sul serio? Ma se non si è svegliato neppure quella volta che per colpa del terremoto è quasi venuto giù il tetto." 

-Inoltre il tuo letto è a una sola piazza e starci in due potrebbe essere un po' scomodo. 

"Eccolo lì, lo sapevo." 

Ti ho detto di tacere. 

"Ma ho ragione." 

Ti odio. 

Sentì l'umiliazione bruciarle dentro come olio bollente. Eppure non le era sembrato si stesse lamentando quando, la notte prima, nel suo futon e a pochi centimetri da lei le accarezzava la pelle sotto il pigiama, facendola fremere di desiderio. Nonostante fossero ufficialmente fidanzati già da tempo in realtà stavano insieme solo da un paio di mesi, e in tutto quel tempo in cui, quando possibile, avevano preso l'abitudine di dormire insieme, quella era stata la prima volta che lei e Ranma si erano avvicinati davvero. Complice la penombra e la dolce atmosfera creatasi mentre parlavano fitto, il ragazzo aveva iniziato a giocare con i suoi capelli. Li avvolgeva in piccole ciocche per poi lasciarli adagiare morbidamente sul cuscino, perdendosi a lungo nei suoi occhi e seguendo con un dito il profilo del suo viso per scendere lentamente giù, verso quelle labbra che, piene e dischiuse, attendevano con impazienza di unirsi a quelle di lui. Se solo chiudeva gli occhi riusciva ancora a sentirne il caldo respiro sulle guance e, quando, inarcandosi contro di lui, aveva lasciato che quelle mani timorose e tremanti scivolassero sotto la sua maglietta… 

-E poi - riprese Ranma, facendo di colpo vaporizzare nell'aria quel dolce ricordo - la tua stanza è vicina a quella di Nabiki. Sappiamo quanto tua sorella abbia il sonno leggero, potrebbe percepire la mia presenza e… no, non mi va di finire nei guai. 

Si riferiva alla questione dei soldi che ancora le doveva per essere stati beccati insieme? 

"Ma certo che no, mia cara. Rifletti." 

Sparisci. Scio`. 

Sospirò arrendendosi all'evidenza, anche se in un angolo remoto del suo cervello iniziava a farsi strada l'inquietante sensazione che il fidanzato stesse solo accampando scuse. 

"Hai centrato il problema." 

Non si tratta di questo. 

"Ah, no? Allora perché ieri…" 

Silenzio. 

"Lui…" 

Non dirlo. 

"Si è…" 

Non voglio ascoltarti! 

"Fermato?" 

Già. Fermato. Si era fermato. Improvvisamente. Per quale motivo era successo? 

"Non gli piaci più." 

Cantileno` la sua voce interiore, facendola nuovamente sprofondare nello sconforto. Tanto da decidere di non insistere oltre. 

-Va bene - disse infatti - Hai ragione tu. Vorrà dire che rimanderemo. Anche se ci tenevo a stare un po' da sola con te. 

Si sollevò sulle punte per posargli un bacio leggero sulle labbra. 

Ranma sussulto`, provando inutilmente a nascondere l'imbarazzo prima di prenderla per le braccia, scostandola da sé in un gesto di dolce fermezza che comunque la lasciò senza parole, confondendole ancora una volta le idee. 

-Ti amo. 

Mormorò in un ultimo, disperato tentativo di attirare la sua attenzione, indugiando su quello sguardo sfuggente di cui non comprendeva il senso. 

-A… Anch'io. 

Lo sentì balbettare distrattamente. Sorrise, ma era un sorriso triste. 

-Non me lo dici mai. 

Considerò, avvilita. 

-Cosa? 

-Non dici mai che mi ami. 

Ranma la fissò come se d'un tratto le fossero spuntate due teste. 

-Ma se l'ho appena fatto. 

La piccola Tendo scosse piano il capo. 

-No. Tu hai detto "anch'io" e non è certo la stessa cosa. 

-Che vuoi che faccia, Akane - replicò, esasperato - sai che queste cose non sono proprio da me. Vuoi che mi costringa a parlare di melense stupidaggini senza senso solo per farti piacere? 

Stavolta toccò ad Akane guardarlo come se non credesse ai propri occhi. 

-Stupidaggini senza senso? Credi davvero che siano stupidaggini? 

-Non ho detto questo. 

-Invece sì. E se la pensi così, io… 

-Intendevo solo… sì, insomma, certe cose si dicono quando è il momento giusto. Quando si è pronti a farlo, ecco, non perché te le chiede una ragazza. 

La interruppe, risoluto. 

L'oscuro senso di inquietudine provato fino a quel momento cominciò lentamente a tramutarsi in rabbia nel cuore della giovane, che ora, con tutto il corpo in tensione, incrociava le braccia come fosse sul piede di guerra. 

-In altre parole mi stai dicendo che non provi niente e per te rappresento una ragazza qualunque, è così? Accidenti, che stupida. E io che credevo di essere la tua fidanzata!

Una grossa vena sulla sua fronte diafana iniziò a pulsare pericolosamente, quasi fosse pronta a esplodere da un momento all'altro. Ranma si grattò la nuca, spaesato. 

-Certo che lo sei - proruppe - cavolo, vuoi smetterla di mettermi in bocca parole che non penso affatto? Non fai che equivocare le cose, sembra che tu abbia un talento naturale in questo! 

La fidanzata mosse qualche passo verso di lui, l'aria, se possibile, ancor più minacciosa. 

-Ah, sì? Guarda un po' in cos'altro ho un talento naturale! 

Gridò, sollevando il braccio a mezz'aria. Lo schiaffo arrivò prima ancora che il ragazzo col codino potesse rendersene conto, abbattendosi con violenza sulla sua guancia sinistra che in un attimo divenne violacea. Lo osservò con disprezzo massaggiarsi vigorosamente il viso dolorante mentre imprecava contro di lei. Fu allora che la voce di Nabiki si insinuò tra loro, mettendo finalmente la parola fine a quella spiacevole discussione. Almeno per il momento. 

-Ehi, voi due - esclamò facendo capolino dal piano di sotto, le mani a coppa intorno alla bocca - venite o no? Di là stiamo per tagliare la torta! 

-Arriviamo. 

Mormorò Akane, lapidaria, voltando le spalle al giovane prima di raggiungere la sorella scendendo velocemente i gradini. 

 

§


Si richiuse la porta alle spalle con un colpo secco, lasciandosi andare a un lungo sospiro rassegnato. 

Maledizione. Se solo ripensava alla notte prima si sentiva avvampare dall'imbarazzo. Lasciarsi andare a quel modo non era proprio da lui, ma Akane era così vicina e il suo profumo talmente inebriante che non era proprio riuscito a resistere. Non era certo sua intenzione far arrabbiare la fidanzata a quel modo (la sua guancia bruciava ancora per la violenza dello schiaffo), ma non aveva avuto scelta. Se avessero dormito insieme ancora una volta, infatti, probabilmente non sarebbe stato in grado di fermarsi e non voleva fare niente che non desiderasse anche lei. Il fatto è che le sue labbra erano così invitanti che una volta iniziato non poteva più smettere di baciarla e, quel che era peggio, ci pensava continuamente. Per tutto il tempo. Qualunque cosa facesse o ovunque si trovasse, la voglia di assaporare quelle labbra morbide era tanto prepotente e disperata da fargli quasi mancare il respiro. Stava diventando un chiodo fisso per lui e quella notte, mentre, bellissima nei suoi capelli scompigliati e con gli occhi lucenti gli parlava sottovoce dei suoi sogni e delle sue aspirazioni, aveva capito di non poterle resistere oltre. L'aveva quindi stretta in un lungo abbraccio e quando i loro baci si erano fatti via via più appassionati, perdendo il controllo delle mani, aveva preso ad accarezzare sempre più intimamente la sua pelle, morbida e calda sotto le dita. E poi era successo. Uno strano suono era uscito da quelle labbra dischiuse, e lui si era tirato indietro. Quell'improvviso, strano gemito gli aveva restituito un po' di lucidità, riempiendolo di dubbi e preoccupandolo non poco. Le aveva forse fatto male? Si era infastidita in qualche modo? O stava semplicemente… correndo troppo? 

Forse tutte e tre le cose. Che idiota era stato, cosa credeva di fare? Ogni volta che si trovavano così vicini gli sembrava quasi di perdere la testa. Ma era troppo presto. Così, vergognoso e pieno di sensi di colpa, senza avere il coraggio di pronunciare una sola parola si era girato dall'altra parte, tentando invano di addormentarsi. Ignorare la cosa, persino evitarla, forse, sarebbe stato di certo più semplice che affrontare il problema. Del resto, non voleva certo che Akane pensasse a lui come a una specie di maniaco che non sapeva tenere le mani a posto. Adesso però si era arrabbiata perché si era rifiutato di assecondarla in certe stupidaggini da donne, assolutamente incomprensibili. Era davvero necessario usare quelle due inutili parole per esprimere dei sentimenti? Perché sentiva tanto il bisogno di continue rassicurazioni da parte sua? Anche se non si esprimeva mai a quel modo, non significava che non le volesse bene. L'amore che provava per lei era un intenso e impetuoso fiume in piena dal quale a volte finiva per sentirsi sopraffatto. Come poteva anche solo pensare che una semplice frase riuscisse a contenerlo in qualche modo? Immerso com'era in quei pensieri non si accorse della presenza di una figura familiare, nella penombra, fin quando non la sentì parlare. 

-Ni hao, Lanma. Quanto ancora volevi farmi aspettare? 

Ma cosa… 

Languidamente distesa sul futon e coperta dalle lenzuola che ora si impegnava a far scivolare giù, mostrando pian piano le sue generose forme senza veli, gli sorrideva ammiccante. 

-Sha… Sha… Shampoo? Che diavolo ci fai a quest'ora nella mia stanza, e conciata a quel modo, per giunta. Esci immediatamente di qui. 

Balbettò il ragazzo, facendosi di mille colori e coprendosi gli occhi con una mano mentre la giovane amazzone, completamente nuda, avanzava ora verso di lui. Ringraziò il cielo per l'assenza del padre che, dopo i festeggiamenti, ubriaco come una spugna, era crollato sul pavimento del soggiorno insieme a Soun e al vecchio Happosai e lì sarebbe rimasto, probabilmente per il resto della notte. Chissà che finimondo, altrimenti. Ma avrebbe limitato i danni, l'avrebbe fatta uscire di corsa e nessuno si sarebbe accorto di niente. Shampoo ridacchio` divertita. 

-Su, non fare il timido amore, guardami. So bene che mi vuoi esattamente quanto ti voglio io, perciò non perdere altro tempo. Spogliati anche tu e diamo libero sfogo alle nostre fantasie più sfrenate. 

-N… No, gr… grazie. Preferisco che tu vada a casa. 

Rispose Ranma, continuando a tenere gli occhi chiusi anche quando lei gli scostò la mano dal viso, stringendola tra le sue. Avvampo` dall'imbarazzo, cercando goffamente di liberarsi della sua presa per indietreggiare di qualche passo. Anche se abituato ai corpi femminili per via della maledizione delle sorgenti, la sola idea di indugiare con lo sguardo sulle giunoniche grazie di quella ragazza così disinibita lo mandava in confusione, mettendolo profondamente a disagio. 

-Non sto scherzando, Shampoo - riprese, cercando stavolta di imprimere convinzione alla sua voce - mettiti qualcosa addosso e lascia subito questa camera. Intesi? 

Ma anziché obbedirgli la sentì avvinghiarsi a lui, strusciando sapientemente il bacino contro i suoi pantaloni fino a provocargli una "naturale reazione" che la fece sogghignare soddisfatta. 

-Ma che bella sorpresa. Qualcuno qui sotto è felice di vedermi, o sbaglio? Oh Lanma, lo sapevo. Lo sapevo che eri un vero uomo! 

-Smettila. Abbassa la voce o qualcuno finirà per sentirti. 

Biascico`, esasperato. Le sue mani scivolarono pericolosamente su di lui. 

-Che fai? Fermati, togliti di dosso. 

Aggiunse a denti stretti, costringendosi stavolta a tenere gli occhi aperti mentre la spingeva via da sé con fermezza. L'intrepida amazzone però, incurante dell'accorato appello, decise di tornare subito alla carica. Fu proprio in quel momento che la porta si aprì all'improvviso, rivelando un'Akane che, prima sgomenta e poi fumante di rabbia, avanzava minacciosa verso di loro. 

-Che cosa diavolo sta succedendo qui? Così te la fai con lei, adesso? Ecco perché non volevi dormire con me stanotte, voi due avevate un appuntamento! E io che ero venuta per scusarmi, credendo di averti messo sotto pressione prima. E invece… Invece… 

Sentì le parole morirle in gola e il cuore gonfio di dolore. Si morse le labbra con forza, serrando i pugni e le palpebre a un tempo. 

-Non è affatto come pensi, Akane. Lasciami spiegare! 

Replicò Ranma. Stava sudando freddo. 

-Tu volevi dormire con Ranma? Ma fammi il piacere, con quel corpicino tubolare che ti ritrovi non potresti destare il suo interesse nemmeno se fossi l'ultima donna sulla terra! Dico, ma ti sei vista? 

Si intromise intanto Shampoo, scoppiando a ridere. 

Corpicino… tubolare? 

Ok, questo era veramente troppo. 

-Chiudi quella boccaccia e copriti, brutta svergognata che non sei altro. Adesso ti faccio vedere io! 

Un violento getto d'acqua fredda investì il corpo della ragazza dai capelli viola, che annaspando si ripiegò su se stesso fino a sparire, trasformandosi pian piano in una minuscola palla di pelo miagolante. La graziosa micetta saltò subito in braccio a Ranma che, dal canto suo, terrorizzato, cominciò a urlare senza controllo, correndo come un forsennato per tutta la stanza. 

-Aiutoooooo! Qualcuno me la tolga di dosso. Io odio i gatti, non li sopporto! 

-Ben ti sta, schifoso traditore! 

Gridò Akane. 

-Ti prego, non giungere a conclusioni affrettate. Permettimi almeno di… 

-Stai zitto - lo incalzò, inviperita - non voglio neppure ascoltarti. Sparisci subito dalla mia vista. Sparite entrambi! 

E li calcio` via con violenza, spedendoli in orbita mentre gli altri abitanti della casa si precipitavano nella stanza, allarmati da tutto quel caos. 

-Cosa sta succedendo, si può sapere? 

Esclamò Kasumi, scarmigliata e in preda all'agitazione. 

-Già - le fece eco Nabiki, tra uno sbadiglio e l'altro - perché state urlando a quest'ora della notte? 

La piccola Tendo sentì le lacrime salire a bruciarle le palpebre. 

-Chiedetelo a Ranma! 

Fu tutto ciò che disse, la voce spezzata dal pianto, correndo via prima che qualcuno potesse fermarla. 


-Accidenti a te Akane, mi hai fatto davvero male stavolta! E accidenti anche a te, Shampoo, per merito tuo sono pieno di graffi! 

Esclamò, furioso. Dannazione. Che colpa ne aveva se quella maledetta psicopatica non perdeva occasione per intrufolarsi nella sua stanza? L'aveva forse incoraggiata in qualche modo? Certo che no. Allora perché quella stupida di Akane se l'era presa con lui, senza dargli la possibilità di spiegare come stessero le cose? D'altronde non era la prima volta che accadeva, e non era neppure la prima volta che lei reagiva così. Quando si trattava di Shampoo, infatti, Akane sembrava perdere totalmente la ragione, rifiutandosi di ascoltarlo. Sbuffò massaggiandosi la nuca ancora dolorante per il colpo subito, guardandosi intorno, circospetto. Per fortuna era riuscito a seminare Shampoo. Il violento calcio che la fidanzata si era divertita a riservare a entrambi lo aveva spedito fuori dalla finestra e, dopo un lungo volo in orbita direttamente sul tetto, dove, seppur mal ridotto, si era attardato nella speranza che quella gattaccia smettesse finalmente di tormentarlo. Così era stato. Nonostante ciò preferì la compagnia delle fredde tegole sulle quali era seduto piuttosto che quella dei Tendo, cui sapeva comunque di non poter sfuggire per sempre. Fece una smorfia, sollevando gli occhi al cielo in cerca di misericordia. Le stelle sembravano così grandi e luminose, quella notte. 

-Non me ne faccio nulla di una fidanzata che non si fida di me e che non perde occasione per picchiarmi - si lamentò ad alta voce - quello che cerco è una ragazza forte e combattiva, certo, ma anche dolce e femminile. Gentile e soprattutto comprensiva. Qualcuno che mi sostenga sempre, senza darmi addosso in ogni momento e… sì, che mi somigli il più possibile. Qualcuno come me. 

Un'unica stella, sotto il suo sguardo, parve brillare più delle altre. 

 

continua… 

 

 

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Capitolo 2
*** Parte 2 - Ranko ***


Dopo averne bevuto una lunga sorsata, Soun ripose la sua tazza fumante di thè alla menta sul tavolo, incrociando le braccia al petto e annuendo più volte con aria di chi la sa lunga. 

-Comprendo bene che voi ragazzi sentiate il bisogno di fare le vostre esperienze prima del matrimonio - disse - anch'io da giovane ero proprio come te… 

-Ma papà, cosa stai dicendo? Queste cose non si devono fare. 

Lo interruppe Kasumi con una leggera nota di rimprovero negli occhi, accingendosi a versargli dell'altro thè. Il capofamiglia sussulto`, schiarendosi la voce e sforzandosi stavolta di assumere un'espressione molto seria prima di riprendere la parola. 

-Ehm… già, certo - tossicchio`- quello che intendevo è che portarti in casa mia una ragazza, in piena notte e sotto gli occhi di mia figlia, che è la tua fidanzata, è stato un comportamento imperdonabile da parte tua. 

Ranma scosse nervosamente la testa, talmente rosso in viso da assomigliare a un pomodoro pachino. 

-Per la milionesima volta: è stata Shampoo a intrufolarsi nella mia stanza, io non c'entro niente! C'è almeno qualcuno disposto ad ascoltarmi in questa famiglia? 

Esclamò, al colmo dell'esasperazione. Nabiki si lasciò andare a un lungo sospirone di noia, attirando l'attenzione dei presenti. 

-Qui la vera domanda è: cosa ci faceva Akane in camera di Ranma nel cuore della notte? 

Domandò a bruciapelo con accento mellifluo, divertendosi evidentemente un mondo a provocare a quel modo la sorella minore che, dal canto suo, già livida di rabbia e con gli occhi ancora arrossati dal pianto, si limitò a incenerirla con lo sguardo. La vide mimare "cinquemila yen" col solo movimento delle labbra, facendola andare su tutte le furie. Che razza di strega. Come poteva pensare ai soldi che ancora le doveva nel bel mezzo di un momento così delicato come quello? 

-Avendo sentito degli strani rumori ero andata a controllare cosa stesse succedendo, è ovvio. E guarda che bello spettacolo mi sono trovata davanti! 

Puntualizzo`, lanciando lampi d'odio all'indirizzo del fidanzato che, seduto di fronte a lei, tentava faticosamente di difendersi. 

-Ti ho già detto che non è successo nulla tra me e Shampoo, quante volte dovrò ancora ripetertelo? Se quella pazza si diverte a entrare nella mia stanza di notte non è certo colpa mia, e se ci pensi bene non è neppure la prima volta che lo fa. 

-Appunto. E vuoi sapere perché accade? Semplicemente perché non hai mai messo le cose in chiaro con lei! Se le spiegassi una buona volta che non ne sei innamorato, magari ti lascerebbe in pace! 

 

Sul serio? 

 

-Ma di che stai parlando - gridò - credi che non ci abbia già provato? 

-Forse dovresti solo metterci più impegno - replicò Akane, senza perdere un colpo - essere più convincente, invece di star sempre lì come un babbeo a subire le sue avances! Lo fai perché in fondo la cosa ti piace, vero? Di' la verità, ti fa sentire potente che una donna ti stia dietro a quel modo, non è così? Sei fiero di te adesso, razza di imbecille che non sei altro? 

Lo vide alzarsi in piedi di colpo, il viso trasfigurato dalla tensione. 

-Con chi diavolo credi di parlare, stupida testa di rapa? 

La piccola Tendo si alzò a sua volta, battendo un violento pugno sul tavolo che fece sobbalzare tutti quanti, insieme ai piatti della colazione. 

-Come mi hai chiamata? Prova a ripeterlo se ne hai il coraggio! 

-Ah no, scusami - Ranma sollevò una mano in segno di resa, esibendosi in un sorrisetto di scherno che la irrito`, se possibile, ancora di più - hai ragione. Forse avrei dovuto dire squilibrata. Demente. Folle. Sì, sono termini che ti si addicono sicuramente di più. 

Scoppiò in una sonora risata al quale Genma, che aveva già ascoltato abbastanza, decise subito di metter fine battendo così sul tempo Akane, già a pugno proteso e pronta a sferrare il suo attacco. 

-Adesso basta, ingrato somaro che non sei altro - lo apostrofo`- quando ti deciderai a portare rispetto alla tua futura moglie? 

E afferrandolo per il bavero lo lanciò direttamente nel laghetto. Il giovane cadde in acqua con un sordo tonfo, annaspando furioso prima di riemergere qualche secondo dopo, desiderando ardentemente di fulminare sul posto quell'idiota di un genitore che si ritrovava. 

-Ehi, che accidenti fai? 

Ringhio`al suo indirizzo, accorgendosi con sgomento che la sua voce era rimasta la stessa. A quel punto abbassò gli occhi su di sé, tastandosi a lungo i pettorali scolpiti per sincerarsi dell'assenza di quei seni formosi che, suo malgrado, era costretto a esibire tutte le volte che diventava una ragazza. 

 

Ma cosa cavolo… 

 

Quando tornò a guardarli, si accorse che tutti i presenti avevano gli occhi puntati su di lui. 

-Che succede, per quale motivo non ti sei trasformato? 

Chiese Genma, sempre più confuso. 

Già. Non si era trasformato. Si era bagnato con l'acqua fredda e… era rimasto un uomo. Lentamente, quella nuova realtà cominciò a prendere forma nella sua testa, finché il cuore non rischiò seriamente di esplodergli nel petto dalla gioia. 

-Io non so come sia possibile, ma… mi sono finalmente liberato della maledizione! Non sarò mai più una donna, non sarò mai più una donna! 

Cominciò a cantilenare senza sosta finché suo padre, l'aria d'un tratto minacciosa non gli fu addosso con un balzo, riempiendolo di domande alle quali non avrebbe saputo dare risposta. 

-Com'è successo? Che hai fatto e, soprattutto, come hai potuto nasconderlo al tuo vecchio? Volevi essere l'unico a tornare normale, eh? Vieni qui che ti faccio a pezzi! 

Lo vide gettarsi a sua volta nel laghetto, riemergendone subito dopo con le sembianze di quel gigante spropositato in cui si trasformava ogni volta che toccava l'acqua fredda. Senza curarsi dell'improvvisa perdita della parola, il grosso panda si esibì in una serie di buffi e incomprensibili versi ai quali Ranma rispondeva per le rime, urlando a più non posso. I due, ormai completamente fradici, lottarono senza sosta ancora per un paio di interminabili minuti prima che qualcosa, o meglio qualcuno, catturasse l'attenzione di entrambi. Una graziosa ragazza dall'aria assonnata e i lunghi capelli rossi raccolti in un codino, fasciata da una canotta troppo piccola per le sue generose forme fece di colpo il suo ingresso in soggiorno, lasciando tutti a bocca aperta. 

-Ehi, Kasumi - disse, lanciando un grande sbadiglio - sono affamata. Cosa c'è per colazione? 



 

-Gradisci dell'altro riso, Ranko? 

Domandò Kasumi, rivolgendole un sorriso che la "nuova arrivata" si affrettò a ricambiare. 

-Certo. Ti ringrazio, sei molto gentile. 

Rispose. Catturo` poi, con l'aiuto delle bacchette, l'ultima polpetta rimasta sul piatto prima di sporgersi nuovamente verso Ranma che, al colmo dello stupore, continuava a fissarla come se non credesse ai propri occhi.

-Su, apri la boccuccia amore mio, ne è rimasta soltanto una! 

Esclamò, sorriso dolce come la melassa. 

-E questa adesso come me la spieghi? 

Sibilo`a denti stretti Akane, afferrandolo per il codino e tirando a più non posso fino a farlo imprecare dal dolore. Per colpa della rabbia accumulata aveva lo stomaco talmente attorcigliato da non riuscire a mandar giù praticamente nulla quella mattina, e lui invece si lasciava tranquillamente imboccare come un bamboccio viziato. Accidenti a lui. Da quando era entrato nella sua vita non le aveva procurato altro che guai e dispiaceri. Perché diavolo avrebbe dovuto trascorrere il resto dell'esistenza con un individuo talmente spregevole da accettare passivamente le attenzioni di un'altra, proprio sotto i suoi occhi? 

Non aveva la minima idea di come la parte femminile del suo fidanzato avesse appena preso vita davanti a loro, ma era sicura che ci fosse il suo zampino. Prima Shampoo, adesso quella… cavolo, non sapeva neppure come definirla. Si può sapere a che gioco stava giocando? 

-Ti giuro che ne so quanto te. Adesso smettila, mi stai facendo male! 

 Si lamentava intanto Ranma, dimenandosi come un pesce attaccato all'amo. 

-Ehi tu, lascia stare subito il mio fidanzato! Sei troppo violenta e sgraziata per i miei gusti. 

Si intromise la ragazza dai capelli rossi, lanciandole un'occhiata di fuoco che Akane decise di ricambiare. Se quella specie di copia mal riuscita credeva di spaventarla con qualche insulto e l'aria minacciosa, aveva proprio sbagliato indirizzo. Non si sarebbe certo fatta intimidire per così poco. 

-Ecco, mi dispiace ma dev'esserci un malinteso. Vedi, Ranma è già fidanzato con mia figlia Akane. 

Mise in chiaro Soun, sperando in qualche modo di placare gli animi. Quell'assurda situazione cominciava a essere troppo anche per lui. Ranko lo fissò come se di colpo si fosse trasformato nella più rivoltante delle creature aliene. 

-Stai scherzando? Questo sgorbio con il sex appeal di un barattolo di sottaceti sarebbe la sua fidanzata? 

Scoppiò a ridere come una forsennata, accasciandosi sul pavimento e dimenando le gambe senza controllo. 

-Cos'hai detto? 

Esclamò la minore delle Tendo, tentando con scarsi risultati di tenere a bada i suoi istinti omicidi. Sembrava ormai sull'orlo di una crisi isterica. 

-Incredibile - osservò Nabiki, piluccando nella ciotola quel che restava della sua colazione - parla proprio come lui. Ehi Ranma, si può sapere come hai fatto a sdoppiarti? 

-Forse Happosai ha di nuovo usato la tecnica della separazione dello spirito a sua insaputa. 

Aggiunse Kasumi, rialzandosi in piedi per sparecchiare e guardando con intenzione l'anziano maestro, che ora scuoteva velocemente la testa. 

-Vi sbagliate, stavolta io non ho fatto proprio niente. 

Replicò con convinzione, senza tuttavia riuscire a nascondere un ghigno soddisfatto. In fondo quella situazione non gli dispiaceva per niente e magari, chissà, con un po' di fortuna avrebbe persino potuto volgere in suo favore. Possedeva giusto un elegante reggiseno rosa, tutto pizzi e merletti, che si sarebbe sicuramente prestato bene all'occasione… 

-Allora devi per forza essere stato tu, figliolo. Pensaci bene. 

Considerò Genma, incrociando le braccia al petto e annuendo in direzione di Ranma. Per quanto si sforzasse, però, il giovane non riusciva proprio a venire a capo di quella curiosa faccenda. Sapeva solo di essere passato dalla felicità di non doversi più trasformare, alla crescente angoscia di avere il suo doppio femminile, ormai assurdamente dotato di vita propria, praticamente abbarbicato addosso. Maledizione, doveva per forza trattarsi di un incubo. Un terribile incubo dal quale molto presto si sarebbe svegliato, per tornare finalmente alla norma… 

Ah, no. A giudicare dall'espressione di Akane, talmente arrabbiata da non riuscire quasi a guardarlo in faccia, in quelle circostanze non c'era proprio nulla di normale. Anzi, era tutto un enorme caos. E come al solito a farne le spese sarebbe stato proprio lui. 

-In ogni caso sarà meglio sbrigarsi, stiamo facendo tardi a scuola. 

La voce della fidanzata lo riportò bruscamente alla realtà. Già. L'ultimo giorno dei corsi estivi. Lo aveva quasi dimenticato. Si rimise velocemente in ordine poi afferrò la cartella, seguendo mestamente Akane che, già davanti all'uscio di casa, mostrava chiari segni di impazienza. Non era certo in quel modo che avrebbe voluto concludere la mattinata. D'un tratto si sentì afferrare saldamente per un braccio, trasalendo quando si accorse che Ranko era purtroppo tornata all'attacco. 

-Ti preparerò un ottimo pranzetto da portarti più tardi, così non sentirai troppo la mia mancanza, tesoro! 

Proruppe con la sua voce squillante, lanciando in aria una fastidiosa risata cristallina che suonò come carta vetrata sui suoi nervi già provati. 

-Ho detto che stiamo facendo tardi a scuola. 

Puntualizzo` Akane, scandendo bene ogni singola parola come se stesse parlando a una perfetta imbecille, prima di tirare nuovamente il fidanzato per il codino, strappandolo con forza dalle sue grinfie. Ranko si accigliò, riversando lampi d'odio sulla rivale. 

-E io ho detto di tenere le tue zampacce lontane dal mio uomo, ragazzina. 

Sibilo`, sulle labbra un fastidioso sorrisetto sardonico. 

-Ehi, senti un po'... 

-Per favore, non litigate - intervenne Ranma, temendo che la situazione degenerasse - su, andiamo a scuola, Akane. 

Durante il tragitto fino all'istituto Furinkan la minore delle sorelle Tendo avanzò un passo avanti a lui, marciando come un soldato in battaglia e senza mai voltarsi indietro, sorda ai continui richiami del ragazzo che stava veramente faticando a starle dietro. 

-Akane, ti prego, io non so davvero che cosa… 

-Lascia perdere, Ranma. 

Lo incalzò, livida di rabbia. Lui sospirò con forza. 

-Non voglio discutere con te anche su questo. 

Ritento`, affranto, cercando disperatamente un dialogo. 

-Allora non farlo. 

Fu tutto ciò che ottenne in risposta prima di vederla correre via all'improvviso, ansiosa di mettere tra loro quanta più distanza possibile, per non essere più costretta ad ascoltare i suoi patetici tentativi di scuse. 

-Akane, dove vai? Fermati! 

La raggiunse poco dopo, stringendole forte il polso per provare ad attirare la sua attenzione. 

-Non puoi continuare a rifiutarti di ascoltarmi. 

Disse, deciso più che mai a chiarire quell'assurda questione di cui lui non era certamente responsabile, ma lei gli sfuggì di nuovo, liberandosi della sua presa con uno strattone che lo lasciò spiazzato e confuso. 

-Per favore, stai zitto almeno. 

La sentì mormorare con voce grave mentre senza voltarsi proseguiva per la sua strada, lasciandolo indietro. 

Qualche ora dopo, durante la pausa ricreativa Ranko si presentò all'improvviso a scuola con un piccolo porta pranzo colorato tra le mani, destando l'interesse e la curiosità degli studenti che, con espressione attonita fissavano ora lei ora Ranma, senza riuscire a capacitarsi di ciò che stavano vedendo. 

-Ehi Ranma, si può sapere come ci sei riuscito? Cos'è questo, una specie di gioco di prestigio? 

Esclamò uno, additando entrambi al colmo dello stupore. 

-Già - gli fece eco un altro - Ranma e… Ranma? 

-Ranko, per la precisione. 

Lo corresse la giovane, senza lasciarsi sfuggire l'occasione di avvinghiarsi di nuovo a colui che considerava il suo fidanzato sotto gli occhi esterrefatti di Ukyo, che sbiancò in volto. 

-Che mi venga un colpo - disse - cos'è questa storia? Lei è… e lui è… 

Si interruppe, voltandosi verso Akane. 

-Sì, lo so, ma non guardare me. Neppure io ci ho capito niente. 

Le rispose lei, fingendo una noncuranza che non provava affatto. In realtà era così avvilita che avrebbe solo voluto sotterrarsi per scoppiare a piangere, fino ad annegare nelle sue stesse lacrime. Ma a cosa sarebbe servito? Non certo a togliere di mezzo quella squinternata. Era davvero strano vederli coesistere entrambi, uno vicino all'altra, come due individui totalmente differenti, quando invece erano la stessa persona. 

La stessa persona. Già, che stupida. Era gelosa marcia della sua parte femminile che si muoveva e parlava come se fosse reale. Solo che… non lo era. Rappresentava una realtà astratta che non avrebbe neppure dovuto prendere in considerazione. Beh, facile a dirsi. Vallo a spiegare alle sue dita, che stavano letteralmente scavando la cartella che teneva tra le mani, rischiando di distruggerla del tutto alla vista di lei, tutta moine e sorrisi, abbrancata al ragazzo che amava come un'aquila. Ben presto anche Kuno si accorse della sua presenza e correndole incontro a braccia aperte, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro, esclamò : - La ragazza col codino! Mio piccolo fiore di loto, sentivi così tanto la mia mancanza che mi hai raggiunto persino a scuola? Oh, come sono commosso, che amore appassionato è il nostro! 

La strinse in un soffocante abbraccio dal quale la forzuta giovinetta si liberò in fretta, colpendolo con un calcio ben assestato che in un attimo lo spedì dritto in orbita tra l'ilarità generale. 

-Rimettimi le mani addosso e ti spacco, imbecille! 

Replicò mentre le ultime parole del malcapitato riecheggiavano nell'aria. 

-Ragazza col codino, com'è bella la forza del tuo amooooreeeee!!!! 

 

Eccolo lì. Tatewaki Aristocrat Kuno. Il solito deficiente. 

 

La piccola si ripulì le mani, soddisfatta. 

-Bene, torniamo a noi, luce dei miei occhi. Guarda, ti ho portato qualcosa da mangiare che ho cucinato con le mie manine. Te lo avevo promesso, no? 

Disse, sbattendo gli occhi da cerbiatta in calore quando tornò a riempire di attenzioni l'oggetto dei suoi desideri, attaccandosi a lui come una cozza e a nulla valsero i tentativi di Ranma di staccarsela di dosso, tanto era assurdamente tenace. Fu Akane a mettere fine una volta per tutte a quel disgustoso teatrino, afferrandola di colpo per la maglietta e trascinandola via con tutta la sua forza. 

-Ora basta, stai lontana da lui! 

Gridò, perdendo l'ultimo brandello di autocontrollo rimastole ancora in corpo. Ranko si sistemò la maglietta spiegazzata da quel violento gesto, che di certo non avrebbe tollerato. Chi si credeva di essere quella, per trattarla in modo simile? 

-Mi hai davvero seccato, mocciosetta indisponente. Credo proprio che ti darò una bella lezione! 

Disse, reprimendo a stento la collera e desiderando ardentemente di spedirla a far compagnia a Kuno. Ma aveva di certo altri piani per lei. Akane incrocio` le braccia al petto, socchiudendo le palpebre e riservandole un'occhiata feroce che, anziché intimidire la rivale in amore, parve infonderle maggiore sicurezza. 

-Sono pronta a battermi quando vuoi. 

Quelle parole misero il giovane in allarme. Ma che stava dicendo, era forse impazzita? 

-Akane, non dire sciocchezze - mormorò, prendendola in disparte - non vorrai sul serio raccogliere la sfida? Ragiona, non puoi batterti con lei, perché sarebbe come lottare contro di me. E sappiamo entrambi che non potresti mai farcela. 

La fidanzata lo fissò, incredula. 

-Con questo vorresti forse insinuare che non sono alla tua altezza? 

Replicò, punta sul vivo. 

-Sicuro che non lo sei, mia cara - si intromise l'altra - in fondo cosa se ne fa di un maschiaccio come te? Tu non lo rendi felice, non ti fidi di lui e non perdi occasione per picchiarlo. Ranma ha bisogno di avere al suo fianco una ragazza forte e combattiva, ma che sia anche dolce e femminile, gentile e comprensiva. Qualcuno che lo sostenga sempre, senza dargli addosso in ogni momento e, soprattutto, che gli somigli il più possibile. E questo non è certamente il tuo ritratto. Dico bene, amore mio? D'altronde lo hai detto tu stesso, no? 

Si voltò verso Ranma e lui scosse la testa più volte, pronto a negare con tutto se stesso di non aver mai pronunciato parole del genere, ma, proprio mentre stava per replicare, si bloccò di colpo. Per quale strano motivo, tutto ciò che aveva appena ascoltato gli pareva stranamente familiare? Quasi come se fosse stato lui stesso a… 

Un momento. No. Maledizione, no. 

-Hai davvero detto tutte quelle cose, Ranma? 

Già, le aveva proprio dette. 

-Significa che non sei felice con me?

L'espressione ferita della ragazza che amava gli spezzò il cuore, facendolo sentire un verme. 

-Akane, ero arrabbiato e ho detto cose che non pensavo - si affrettò a spiegare, roso dal senso di colpa - Mi avevi lanciato sul tetto, ero dolorante e pieno di graffi e… ho cominciato a imprecare al cielo, parlando a sproposito. Mi dispiace, io… 

-Aspetta un secondo, fammi capire - lo interruppe Nabiki, che fino a quel momento aveva seguito in silenzio il curioso scambio di battute - vuoi dire che hai espresso un desiderio la notte della festa delle stelle? 

Ma è tutto chiaro allora, questo spiega perfettamente la presenza di Ranko tra noi. Lei ha preso vita perché sei stato tu a volerlo. Come hai potuto essere tanto idiota? 

 

Fantastico. Ci mancava solo questa. 

 

Incrocio` solo per un breve istante gli occhi ormai pieni di lacrime della fidanzata, prima che lei gli voltasse le spalle, ansiosa di allontanarsi il più in fretta possibile da quella dolorosa discussione. 

-Akane - la chiamò a gran voce - dai, non fare così. Insomma, chi se lo ricordava che ieri era il Tanabata*! 

La vide bloccarsi all'improvviso, tornando a scrutarlo in volto con aria incredula. 

-Non si tratta di questo, perché non lo capisci? Non ti piaccio? Non ti vado bene? Allora lasciami, lasciami pure e non farti più vedere! 

Gridò con voce rotta, poi corse via. 


Ranma bussò due volte alla porta della sua camera, senza ottenere risposta. Questo però non rappresentava affatto un problema visto che, autorizzato o no, sarebbe entrato comunque. E fu quello che fece quando abbassò lentamente la maniglia, prendendo un lungo respiro nella speranza che questo gli infondesse un po' di coraggio per affrontarla. Per chiarire le cose una volta per tutte. La vide seduta sul letto, le mani abbandonate in grembo in un'espressione tanto sconsolata da stringergli il cuore. Espiro`, lasciando che l'aria uscisse dai polmoni prima di prendere posto accanto a lei, muovendosi con molta cautela. La ragazza sussultò, ma non si mosse. Cos'era venuto a fare, ora? Se la sua intenzione era quella di continuare ad accampare scuse, poteva anche risparmiarselo. 

-Akane, ti prego, parliamone. 

Lo sentì sussurrare provando ad avvicinarsi di più per sfiorarle una mano, che lei ritirò all'istante con un gesto brusco. 

-Vattene via. 

Fu tutto ciò che disse, senza tuttavia poter ricacciare indietro un singhiozzo convulso che esplose d'un tratto in tutta la sua disperazione, costringendola, vergognosa, a voltare la testa dall'altra parte per nascondere le lacrime. Anche se era già troppo tardi. Ranma le aveva viste insieme al dolore che si portava dentro, mentre, maledicendosi per la milionesima volta, provava nuovamente a stabilire un dialogo. 

-Non me ne andrò finché non mi avrai ascoltato. 

Disse, risoluto. Non sopportava di veder piangere una ragazza, specie se si trattava di Akane, ma resistette all'impulso di scappare via a gambe levate per restare vicino a lei. Per continuare a insistere, anche se la prova era davvero difficile. 

-Hai evocato la tua parte femminile - la sentì rispondere, senza voltarsi - e ora lei non vuole più staccarsi da te. Cos'altro c'è da aggiungere? 

-Non è stato intenzionale - spiegò - devi credermi. Ho detto quelle cose perché ero molto arrabbiato, ma non m'importa di lei. Mi importa solo di te. Perché è con te che voglio stare. 

A quelle ultime parole il cuore le fece una capriola nel petto, così forte che per un attimo temette che Ranma potesse sentirlo, ma quando incontrò i suoi occhi, così simili a due profondi laghi azzurri, comprese finalmente la sincerità delle sue intenzioni. 

-D… Davvero? 

Balbettò, travolta dall'emozione. 

-Sì. Davvero. 

Rispose lui, guardandola tanto intensamente da farla arrossire. 

-Quindi non è vero che non sei felice con me? 

-Certo che no. 

Il viso della giovane, però, tornò a rabbuiarsi di colpo al ricordo di lui che, appena due sere prima, l'aveva respinta. 

-Allora per quale motivo sei così freddo e distaccato? Io non so più cosa pensa… 

Non riuscì a finire la frase perché il fidanzato le chiuse la bocca con un bacio dolcissimo, prendendole la testa fra le mani e premendo le proprie labbra su quelle di lei finché non la sentì cominciare finalmente a rilassarsi. Non accadeva spesso che Ranma prendesse l'iniziativa a quel modo, anzi, era mille volte più probabile che un asino si mettesse a volare per i cieli di Nerima, piuttosto, ma quando lo faceva era capace di gesti tanto teneri da sciogliere il cuore. Ed era proprio ciò che accadde ad Akane che, in un attimo, si sciolse come neve al sole. 

-Mi dispiace. Scusami per tutto. 

Lo sentì mormorare quando si staccò da lei, dissipando così ogni dubbio ancora esistente prima di poggiare la fronte contro la sua, asciugando con le dita le lacrime che, ormai copiose, le inondavano il viso. 

-Scusa anche tu - bisbigliò la piccola Tendo, tirando su col naso e stringendosi a lui - so che non potresti mai tradirmi con Shampoo. Sai, avrei tanto voluto festeggiare il Tanabata come si deve. Insieme a te. Se solo non avessimo fatto così tardi e quella smorfiosa non si fosse intromessa… 

Le posò un dito sulle labbra. 

-Non importa. Festeggeremo l'anno prossimo. 

Disse. 

-Me lo prometti? 

-Te lo prometto. Vado a fare un bagno e poi ti aspetto di sotto, ok? 

Akane annuì, sfiorandogli più volte le labbra con dei baci morbidi prima di lasciarlo andare, finalmente più serena. Ma, proprio mentre il ragazzo col codino stava per lasciare la stanza, richiamò la sua attenzione. 

-Ranma? Cosa facciamo con… Ranko? 

Chiese, con una leggera nota di preoccupazione nella voce. Lui sospirò, affranto. Giusto. Per un momento se n'era completamente dimenticato. Era sempre così, in fondo. Gli bastava baciare Akane perché tutto il resto del mondo sparisse come per incanto, all'infuori di loro. 

-Ci penseremo. 

Disse prima di uscire, richiudendosi la porta alle spalle, così pensieroso da non accorgersi che un'ombra, acquattata dietro di lui seguiva ora ogni sua mossa, aspettando che si allontanasse. Lei aveva sentito tutto, lei sapeva. Sapeva che sbarazzarsi di quella palla al piede sarebbe stato l'unico modo per avere Ranma tutto per sé, e attese pazientemente nel buio, finché quella porta non si riaprì. 

"Ci siamo, eccola." 

A quel punto, restando ben nascosta, lasciò che Akane raggiungesse le scale per poi spuntar fuori all'improvviso e, prima ancora che avesse il tempo di accorgersene, spingerla con tutta la forza di cui era capace, restando divertita a godersi lo spettacolo di vederla rotolare giù come una palla, fino al piano di sotto. Le urla della ragazza attirarono l'attenzione di Ranma che, dall'altra stanza si precipitò, preoccupato, sul luogo del disastro. Ma era troppo tardi. La sua fidanzata era riversa a terra come una bambola rotta, ormai priva di conoscenza mentre spessi rivoli di sangue sgorgavano pian piano dalla sua fronte, accumulandosi sul pavimento sotto di lei. 

-Akane! Akane, mi senti? Rispondimi! 

Gridò in preda all'angoscia, chinandosi su di lei per stringerla a sé, scrollandola a lungo nel disperato tentativo di rinvenirla in qualche modo, senza alcun risultato. Fu allora che si accorse della presenza di Ranko, che vicino a lui sorrideva soddisfatta come se avesse appena creato un'opera d'arte. Ma la fine di Akane ERA un'opera d'arte, lo era davvero. Una fantastica vittoria che era pronta a godersi insieme all'uomo che amava. 

-Non preoccuparti, tesoro - disse a voce bassa - adesso potremo finalmente vivere felici insieme. Io e te, senza alcuna intromissione. 

-Cosa… che stai dicendo… 

Farfuglio` in preda allo shock. Poi, finalmente, comprese. 

-No. No, no, no. Che cosa hai fatto? Che cosa le hai fatto, pazza furiosa! 

Esclamò con orrore. 

-Akane, ti prego, apri gli occhi. Parlami! 

Ranko si portò le mani al volto, sollevando le sopracciglia in un'espressione di immenso stupore. Lo percepiva. Ora poteva sentirlo chiaramente. Tutto l'amore che lui provava per quell'insulsa ragazzina la investì furiosamente, scorrendole dentro come lava bollente fin quasi a provocarle un dolore fisico. 

Non è così che doveva andare. 

-Oh no, tu… la ami… perché Ranma, perché ami lei e non me? 

Si ripiegò su se stessa, svanendo lentamente nell'aria mentre il ragazzo, pazzo di dolore continuava a urlare il nome della sua futura moglie con quanto fiato aveva in corpo, rendendosi conto solo vagamente di ciò che accadeva attorno a lui. 

-Akane! Akaneeeeee! 

Ripeteva come un mantra, persino quando sentì due braccia robuste sollevarlo di peso fino a rimetterlo in piedi, anche se le sue gambe tremavano talmente tanto da fargli temere di non riuscire a reggerne il peso. 

-Cosa è successo? Che è successo alla mia bambina? 

Riconobbe a malapena la voce angustiata di Soun e, tutto ciò che seguì quell'orribile momento, fu solo un'eco indistinta di suoni e pianti che non avrebbe saputo identificare, ma che frustarono a lungo il suo cuore a pezzi, facendogli un male insopportabile. 


continua… 

 

*Piccola nota: Tanabata, conosciuta anche come festa delle stelle o festa delle stelle innamorate, è una festa tradizionale giapponese che celebra il ricongiungimento delle divinità Orihime e Hikoboshi, rappresentanti le stelle Vega e Altair. Secondo la leggenda i due amanti vennero separati dalla via lattea, potendosi incontrare solo una volta all'anno, il settimo giorno del settimo mese lunare del calendario lunisolare. 

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Capitolo 3
*** Parte 3 - Addio, Akane ***



-Cosa è successo, Ranma? 

La sua voce sembrava arrivare da chilometri di distanza, quasi come se non fosse nemmeno lì, seduto vicino a lui in un angolo del pavimento del soggiorno, ma si trovasse in un luogo molto lontano. Forse troppo lontano per potersi davvero accorgere di come si sentiva. Perché se l'avesse fatto, se avesse davvero compreso i suoi sentimenti, probabilmente avrebbe smesso di subissarlo di domande inutili che non facevano che peggiorare la situazione, confondendogli le idee. Si sentiva sul punto di esplodere, aveva la vista annebbiata dalle lacrime e non riusciva quasi a respirare. Non c'era abbastanza aria in quella stanza, tutto era così maledettamente soffocante che avrebbe solo voluto strapparsi i vestiti di dosso e ricominciare a urlare tutta la sua frustrazione. Urlare, fino a lacerarsi i polmoni. 

-Te l'ho già detto, l'ho già spiegato a tutti. 

Disse invece con un filo di voce. La mano di suo padre gli strinse una spalla, facendolo sussultare. 

-Fallo di nuovo, allora. 

Lo fissò a lungo, senza vederlo prima di tornare ad accasciarsi su se stesso. Quando riprese a parlare, la sua voce tremava talmente tanto da farlo dubitare che ciò che stava dicendo avesse un senso compiuto. 

-Io… io non lo so cosa è successo. So solo che quando ho lasciato la stanza di Akane lei stava bene, e un attimo dopo invece era a terra, e… perché sono qui? Perché sono ancora qui? Dovrei essere al suo fianco ora, non a casa a… 

Si interruppe bruscamente, guardandosi attorno come se non riconoscesse il luogo in cui si trovava. Sembrava tutto così irreale, come avvolto da una strana nebbiolina azzurra che era tanto densa da bruciare gli occhi. Le sue dita incerte si mossero fino a trovare la sottile stoffa dei pantaloni, che strinsero con forza crescente mentre sgranava gli occhi, mordendosi le labbra fino a farle sanguinare. 

-Calmati Ranma, stai dando di nuovo di matto. Devi calmarti adesso e starmi bene a sentire. Hai parlato di Ranko, prima. Lei c'entra qualcosa in tutto questo? Dov'è ora? 

Domande su domande. Ancora. Le mani ripresero a tremare, il petto si alzava e si abbassava in uno spasmodico movimento che non riuscì più a controllare. Stava ansimando. 

-Non… non dovrei essere qui… 

Continuò a ripetere come un mantra finché Genma non lo prese saldamente per le spalle, scrollandolo a lungo nel disperato tentativo di placare l'ennesimo attacco di panico che, in quella triste notte, scuoteva violentemente il suo unico figlio, facendolo annaspare. Aveva affrontato le battaglie più difficili senza mai scomporsi, mantenendo il sangue freddo e i nervi ben saldi proprio come un lottatore di arti marziali degno di questo nome, ma quando si trattava di Akane perdeva completamente la testa. No, non lo avrebbe permesso. 

-Ti ho detto di calmarti, figliolo - lo esorto` con decisione, senza mollare la presa - eri sconvolto e agitato, come adesso e continuavi a gridare. Ho dovuto prenderti a schiaffi per farti tornare in te, è questo il motivo per cui sei rimasto a casa, SIAMO rimasti a casa, invece di seguirla in ospedale. Sono via da ore, è vero, ma non preoccuparti, presto qualcuno ci darà sue notizie. Ora parlami di Ranko, concentrati e dimmi tutto quello che sai. 

Ranko? Già, Ranko. 

-Lei… 

Respiro` profondamente, provando a placare i battiti impazziti del suo cuore, poi riprovo`. Le parole fluirono quiete e ordinate, una dopo l'altra, segno evidente che stava pian piano riacquistando il controllo. Anche se gli sembrava di avere male dappertutto. Anche se la testa non smetteva di ronzare. 

-Lei era vicino a me mentre cercavo di rinvenire Akane, farfugliava cose senza senso. 

-Che tipo di cose? 

-Non lo so. 

-Cerca di ricordare! Hai raccontato che Ranko l'ha spinta giù per le scale, è così oppure no? 

Dannazione, doveva per forza essere tanto aggressivo? 

-È… è così. 

Non riuscì a rispondere senza sentire un brivido serpeggiargli lungo la schiena. 

"Adesso potremo finalmente vivere felici insieme." 

Le intenzioni di Ranko. La follia che aveva letto nei suoi occhi, praticamente identici ai propri. Tutto, tutto era fin troppo eloquente. 

"Io e te, senza alcuna intromissione." 

Si prese la testa fra le mani. Come aveva potuto lasciare che le facesse del male? 

-Dov'è lei, adesso? 

Insistette Genma. 

-Non ne ho idea. 

Il più anziano tra i due si rialzò in piedi all'improvviso, scrutando l'altro con espressione concentrata. 

-Beh, credo che lo scopriremo presto. 

Fu ciò che disse prima di lanciare una secchiata d'acqua gelida in direzione del figlio che, colto alla sprovvista, si dibatte` a lungo come impazzito, quasi stesse lottando contro un avversario invisibile prima di bloccarsi di colpo, abbassando lo sguardo su di sé. Le morbide rotondità che scoprì al posto dei suoi pettorali scolpiti gli mozzarono il respiro. 

-Direi che è tornato tutto alla normalità. 

Osservò Genma, annuendo con aria critica. Ma quella poteva davvero chiamarsi normalità? L'unica cosa che sapeva era che il suo stupido desiderio esaudito, pronunciato quasi senza pensare era durato il tempo di un giorno, ma aveva già fatto più danni che in una vita intera. Danni che sperò con tutto il cuore non fossero irreparabili, o non se lo sarebbe mai perdonato. Il getto d'acqua calda che lo investì subito dopo, restituendogli le sembianze di un uomo, gli permise anche di riacquistare lucidità, tanto da sentire d'un tratto una strana energia scorrergli dentro. Una potente scarica adrenalinica che lo costrinse a correre verso le porte scorrevoli che lo dividevano dalla strada, deciso più che mai ad accorciare la distanza che lo separava dalla fidanzata. 

-Non riesco più a starmene qui senza far niente! 

Esclamò. 

-Ranma, dove vai? Fermati. 

Lo richiamo` il padre, anche se sapeva che non gli avrebbe dato retta. 

-No - lo sentì rispondere, infatti - voglio andare da lei, e giuro che se provi a impedirmelo… 

Le porte scorrevoli si aprirono improvvisamente, rivelando la figura di Soun e delle due figlie maggiori. Tutti e tre avevano un'espressione talmente seria e addolorata da far temere a Ranma il peggio. 

-Soun, siete qui finalmente. Come sta Akane? Ti prego, dimmi qualcosa o finirò per impazzire! 

Chiese con un'evidente impazienza che il padrone di casa parve però ignorare quando gli andò vicino, intimidendolo con un'occhiata severa. 

-Ranma, raccogli le tue cose e vattene. Per te e tuo padre è tempo di lasciare questo posto. 

Mormorò, raggelandolo all'istante. 

-Papà, no! 

Protesto` Kasumi, ma lui la ammonì con un gesto della mano.

-Silenzio. Questi non sono affari che riguardano voi ragazze, perciò adesso salite nelle vostre camere e restateci. 

-Papà, non puoi dire sul serio! 

Proruppe Nabiki, cercando con scarsi risultati di riportarlo alla ragione. 

-Subito! 

Lo sentì tuonare, ammutolendo di colpo. Tenergli testa a quel punto sarebbe stato completamente inutile, era troppo persino per lei. Seguì così mestamente la sorella su per le scale mentre entrambe incrociavano lo sguardo incredulo di Ranma che, dal canto suo, non ebbe neppure la forza di replicare subito. Attese pazientemente che le ragazze sparissero dalla sua vista, poi provò a capire il perché di quell'assurda affermazione. 

-Di che stai parlando, io non capisco. 

Vide Genma prostrarsi affranto ai piedi dell'amico, giungendo le mani come se si stesse preparando a recitare un'accorata preghiera. 

-Andiamo amico mio, non giungiamo a conclusioni affrettate e cerchiamo di ragionare insieme... 

-Non c'è nulla di cui ragionare - lo interruppe Soun, guardandolo dall'alto in basso, la voce vibrante di rabbia come forse non lo era mai stata - ho già preso la mia decisione. Vi voglio fuori da casa mia prima dell'alba. 

-Parliamone almeno! 

-Di cosa vuoi parlare, Genma, del fatto che tuo figlio sia il diretto responsabile di ciò che è accaduto stasera? 

-Che diavolo dici - si oppose il giovane - sai bene che mi ucciderei piuttosto che fare del male ad Akane! 

-Già - gli fece eco suo padre, ormai spalmato a pelle d'orso sul pavimento - lui è innocente. Ti ha raccontato com'è andata, come puoi pensare che sia stato Ranma a causare l'incidente? Qui c'è un'unica colpevole ed è Ranko! 

L'uomo socchiuse le palpebre. 

-Ranko - disse freddamente - certo. Stiamo parlando della tua metà femminile, giusto? Di colei che è parte di te, perciò sì Ranma, quello che è successo alla mia bambina è solo colpa tua! 

-Ma Soun… 

-Basta così, papà - lo interruppe Ranma, sollevando le mani in segno di resa - ha ragione. Faremo come vuoi tu, ce ne andremo, ma prima voglio sapere come sta Akane. Ne ho tutto il diritto, mi sembra, visto che si tratta della mia fidanzata. 

Sostenne a lungo il suo sguardo, nonostante la verità di quelle parole lo avesse sconvolto più di quanto riuscisse ad ammettere con se stesso. Le aveva lasciate sedimentare dentro, sperando che sparissero in fretta ma così non era stato. Loro erano ancora lì, a ricordargli ciò che già sapeva ma che fino a un secondo prima si era rifiutato di accettare. Ciò che era successo ad Akane era colpa sua. Soltanto colpa sua. 

-Non sei nella posizione di avanzare pretese di alcun tipo. Akane ERA la tua fidanzata, ormai non hai nulla a che fare con lei. Tra voi è tutto finito, da questo momento mia figlia non rappresenta più niente per te. 

Il ragazzo sgranò gli occhi azzurri, lasciando che per un attimo la sua aria colpevole sparisse come per incanto, sostituita dalla più totale diffidenza. 

-Non è possibile… non è vero. Voglio vederla, parlare con lei… 

-Non vuole vederti - lo incalzò Soun - me lo ha detto lei stessa. Ora desidera solo che la lasci in pace. 

Scosse la testa con forza, rifiutandosi categoricamente di accettare simili affermazioni, ma il dolore che sentiva al petto non diminui`. Anzi, prese a crescere a dismisura, finché non ebbe l'impressione che il suo cuore si facesse sempre più piccolo, fino a precipitare in qualche cavità vuota dentro di lui. 

-Non posso credere a una cosa del genere, prima dell'incidente ci eravamo chiariti su tutto. E adesso, tu mi dici questo? Ho bisogno di vederla, di sapere come sta. Dimmi cosa ha detto il dottor Tofu, ti supplico. Dimmi se sta bene! 

-Vattene via! 

Fu ciò che ottenne in risposta dal gigantesco e terrificante oni di cui il signor Tendo aveva nel frattempo preso le sembianze e che ora si era materializzato di fronte a lui, costringendolo a fuggire a gambe levate verso la sua stanza. Lì raduno` lentamente tutte le sue cose, attardandosi apposta solo per guardarsi intorno un'ultima volta, avvilito. Sfiorò a lungo il suo futon, quello che tante volte, quando suo padre non c'era aveva condiviso con Akane e che portava ancora il suo profumo, prima di riporlo nell'armadio. Non gli apparteneva, non avrebbe potuto usarlo mai più. Tutti i loro baci, i loro abbracci stretti nella notte sarebbero rimasti lì, come dolci ricordi intrappolati in un sogno. Un magnifico sogno destinato a finire. Fissò le valigie che aveva preparato. Più di due anni di vita stipati dentro due piccole scatole di cartone scadente, completamente anonime. Era così che doveva finire? No, non sarebbe riuscito ad accettarlo. Ma cos'altro poteva fare? Forse parlare con Kasumi, che incrocio` per le scale raccolta in un'espressione tanto afflitta da spezzargli il cuore. 

-Ti prego, almeno tu, dammi notizie di Akane. Dimmi che sta bene. 

La imploro`. La ragazza abbassò lo sguardo. 

-Ecco, lei è… 

-Kasumi, per favore figliola, prepara del tè e portalo in soggiorno. 

La voce del padre risuono` prepotentemente tra loro, interrompendo qualunque cosa stesse per dire per invitarla a raggiungere la cucina nel più breve tempo possibile e sotto lo sguardo sconcertato di Ranma. Il giovane sospirò con forza, poi scese per l'ultima volta i gradini di casa Tendo, trascinandosi dietro le valigie e aggirando l'ostacolo di quell'ingombrante presenza prima di raggiungere il genitore e incamminarsi insieme a lui, senza voltarsi indietro. Lontano da quello che, per un lungo periodo, il più bello e magico che riuscisse a ricordare, era stato il suo rifugio. La sua famiglia. 


Si schermi` gli occhi dal sole cocente che filtrava attraverso le fronde dell'albero su cui era salito, lo stesso di tutte le mattine. Ma anche di gran parte dei pomeriggi e a volte delle sere. Erano giorni che andava avanti così. Faceva un caldo infernale ma non demordeva, si appollaiava su quei rami robusti e attendeva. Cosa attendesse con tanta devozione in realtà non lo sapeva bene neppure lui. Forse solo di trovare il coraggio per entrare da quella porta bianca e parlare con il dottor Tofu, saperne di più sulle condizioni di Akane. Più volte era stato sul punto di farlo, ma all'improvviso si ricordava che lei non desiderava incontrarlo. Allora si arrendeva ai sensi di colpa, accontentandosi di spiare dalla finestra che dava alla camera della fidan… dell'ex fidanzata - faticava persino a pensarlo - senza però vedere nulla di più che delle tende tirate. A parte le volte in cui si era accorto della presenza di Kasumi. L'aveva osservata far capolino attraverso i vetri per poi affrettarsi a richiudere le pesanti stoffe chiare, impedendogli di guardare bene. Era così che aveva scoperto la posizione della stanza. Per quanto tempo sarebbe ancora rimasta in ospedale? Non ne aveva la minima idea né osava chiederlo. Da quando aveva lasciato casa Tendo, trasferendosi da sua madre, non aveva più parlato con nessuno di loro e tornare lì dopo ciò che era successo era impensabile. Soun l'avrebbe di certo sbattuto fuori a calci, stavolta. La sua unica speranza era parlare con il dottore, oppure con Akane. Ma con che diritto poteva farlo, se non le aveva procurato altro che dolore e sofferenza? L'ultima cosa che voleva era stancarla o infastidirla in qualche modo. E poi lei non aveva più voglia di vederlo, queste le parole pronunciate da suo padre. Doveva credergli? Poteva davvero fidarsi di lui? Che idiota, quelle su cui stava rimuginando erano tutte un cumulo di stupide scuse e lo sapeva bene. Sapeva che nascondersi dietro a un dito non sarebbe servito a niente, eppure non ce la faceva proprio a reagire. Aveva paura, era questa la verità, una paura terribile di conoscere le reali condizioni di salute di Akane. Paura di parlarle, di essere rifiutato, paura di scoprire fino a che punto Soun avesse ragione. Un codardo, ecco cos'era. Nient'altro che un inutile vigliacco. Un pusillanime bravo solo a trincerarsi dietro i suoi timori, lasciando che lo dominassero così come stava facendo. Akane non avrebbe saputo che farsene di uno come lui. Eppure continuò a tornare per tutti i giorni a seguire, finché una mattina scoprì con grande sorpresa che le tende erano state aperte, lasciando però intravedere una camera ormai vuota. Esatto, Akane non c'era e questo significava una sola cosa: doveva aver lasciato l'ospedale. Ma quando e, soprattutto, come aveva fatto a non accorgersene? Fu allora che prese tempestivamente una decisione e proprio quella, più tardi, lo portò a saltare come un ninja da un albero all'altro del giardino di casa Tendo, fermandosi solo quando trovò la posizione ideale, che gli offrì una visuale migliore da cui poter spiare la stanza di Akane. Fece appena in tempo a riprendere fiato, però, che una minuscola palla di pelo cominciò a zampettare allegramente verso di lui, riportando di colpo alla luce il suo terrore più grande. Un gatto? Che diavolo ci faceva un dannato gatto da quelle parti? Non ricordava di averne mai visto uno lì in giro. Si coprì la bocca con una mano soffocando a stento un grido, finché indietreggiando a piccoli passi e guardandosi intorno per individuare la via di fuga più veloce, si accorse con orrore di essere circondato da decine di gatti. Animali feroci che attendevano solo di vederlo toccare terra per lanciarsi al suo inseguimento, come un esercito di lupi affamati. O almeno così credeva, ma si sa, la fantasia a volte gioca brutti scherzi, specie se si è terrorizzati. E Ranma lo era a tal punto che quando sentì un familiare accento mellifluo provenire dalle vicinanze, per un attimo credette di essere morto e precipitato direttamente all'inferno. 

-Per quanto tempo hai ancora intenzione di restartene lì appollaiato come un salame? Avanti, vieni giù. 

Si sporse dall'albero quanto bastava per accorgersi di lei, che con le braccia incrociate al petto lo osservava dal basso come se fosse sul punto di scoppiare a ridere. 

Nabiki. Accidenti. 

-N… non posso. 

Balbettò, deglutendo nervosamente e serrando forte le palpebre nell'assurda speranza che quell'impertinente "contenitore di fusa" che continuava ad avanzare verso di lui, si volatilizzasse nel più breve tempo possibile. Nabiki scosse la testa, facendo schioccare la lingua. 

-Cavolo, che seccatura - disse - ricordati che mi devi un favore. Su vieni qui, bel micetto. 

Gli offrì un piccolo snack e con un unico scatto il gatto le piombo` direttamente tra le braccia. Lo mise subito giù dopo qualche breve carezza e allo stesso modo, lanciando in aria una manciata di cibo attirò tutti gli altri verso un punto più lontano, permettendo così a Ranma di toccare finalmente terra. 

-Hai un bel coraggio a venire fin qui, devi davvero tenere tanto a mia sorella se hai deciso di sfidare la sorte in questo modo. Sei fortunato che sia stata io l'unica a notare la tua presenza. 

Sentenziò, squadrandolo dall'alto in basso. Il giovane, ormai libero dal pericolo tirò un lungo sospiro di sollievo prima di spolverarsi la maglietta, cercando di rimettersi in sesto come meglio poteva. Dannazione, che spavento. Mancava molto poco e si sarebbe messo a urlare come un forsennato, mettendosi nei guai da solo. 

-Perché ci sono così tanti gatti? 

Chiese. La ragazza alzò le spalle. 

-Semplice precauzione - rispose - mio padre ha pensato che attirarli in zona, trasformando casa nostra in una specie di gattile fosse il modo migliore per tenerti lontano, così… 

Lasciò apposta la frase in sospeso. Ranma rimase a bocca aperta. 

-Non riesco a crederci. 

-Già. Mossa ingegnosa da parte sua, peccato non abbia funzionato a dovere. 

Lo fissò in modo eloquente, sospirando annoiata. 

-Beh, immagino tu voglia avere notizie di Akane. 

Azzardo` poi con noncuranza. La disperazione che lesse nei suoi occhi inquieti, tuttavia, rappresentava già una chiara risposta. 

-Dimmi qualcosa, per favore. 

-Ti dirò tutto Ranma, ma non qui. Papà potrebbe uscire da un momento all'altro e accorgersi di te. Meglio andare in un posto più sicuro e, fidati, ti sto salvando la pelle. 

 

La solita Nabiki. 





 

-In seguito alla caduta Akane ha riportato una commozione cerebrale e questo le ha causato una amnesia. Ancora un paio di settimane di riposo e potrà tornare a condurre una vita normale, almeno così dice il dottor Tofu… 

Nabiki continuo` a parlare ma Ranma non l'ascoltava quasi, poiché un'unica parola in tutto quel discorso aveva attirato la sua attenzione, catturandola inevitabilmente: Amnesia. 

Amnesia. 

Amnesia. 

Poteva ripeterlo all'infinito, il significato restava lo stesso. I suoi occhi si persero a lungo a osservare il parco affollato di bambini che scorrazzavano felici in quella splendida giornata di sole che, per lui, però, sembrava aver perso ogni colore. Si era lasciato condurre sulla stessa panchina dove lui e Akane erano soliti rifugiarsi quando volevano trascorrere un po' di tempo da soli, ma il profumo dei fiori che li circondavano non gli pareva quasi più lo stesso. Era lì che i loro baci si erano fatti pian piano meno impacciati, i loro movimenti più sicuri nella lenta, meravigliosa esplorazione del loro amore. Un amore che finalmente erano reciprocamente riusciti a dichiararsi, mettendo da parte ogni imbarazzo, e ora… ora Akane aveva l'amnesia. 

-Significa che non ricorda niente di quello che è successo? 

 Conosceva già la risposta, tuttavia, non sapeva perché, non poté esimersi dal fare quella domanda. Forse stava solo giocando a farsi più male possibile, per vedere fin quanto sarebbe riuscito a sopportare. In un modo o nell'altro, comunque, sapeva di aver perso quella scommessa con se stesso ancor prima di cominciarla. Era già al limite. 

-Non solo di quello che è successo, anche di tutto il resto. Ha perso la memoria, Ranma, non riconosce più neppure noi, la sua famiglia e, quel che è peggio, il dottor Tofu sostiene che le cose potrebbero rimanere così ancora a lungo. Se non per sempre. 

Nonostante l'apparente patina di compostezza la ragazza appariva davvero turbata, Ranma si rese conto di non averla mai vista in quello stato prima d'ora e per l'ennesima volta si diede la colpa di tutto, crogiolandosi nella disperazione. D'un tratto, la realtà gli si delineò davanti a chiare lettere. 

-Quindi non è vero che non vuole più vedermi, si è solo dimenticata di me. Di noi. 

Disse a voce bassa, traducendo in parole quel pensiero. La vide dondolare distrattamente le gambe avanti e indietro, abbassando gli occhi verso la punta delle sue scarpe. 

-Papà ti ha detto una bugia - rispose dopo un breve momento di silenzio - ma, in tutta sincerità, non mi sento di biasimarlo. Anzi, in fondo lo capisco, stava solo cercando di tutelare mia sorella. Perché questo è ciò che fa un genitore, no? Tenta in tutti i modi di tenere al sicuro i propri figli, e lui è sempre stato molto protettivo nei nostri confronti. 

Il ragazzo col codino rafforzo` la presa sulle sue gambe fino a farsi tremare le mani. 

-Sai Ranma, io non ce l'ho con te. So che l'incidente non è stata colpa tua, tuttavia anch'io penso sia arrivato il momento che ti faccia da parte. 

Ranma sollevò di colpo lo sguardo verso di lei. 

-Sì, insomma - continuò Nabiki - se tieni a mia sorella, se davvero le vuoi bene dovresti lasciarla libera di vivere la sua vita d'ora in poi, senza pressioni. Senza costrizioni di alcun tipo. Akane è molto fragile in questo momento e ha bisogno di pace e tranquillità per ritrovare se stessa, per tornare a vivere. Perciò lasciala andare, te ne prego. Sono sicura che lo comprendi. 

Certo che lo comprendeva, il messaggio era fin troppo chiaro. Nabiki gli stava dicendo che la sua vita e tutto ciò che lo riguardava era solo un enorme e patetico caos senza senso e questo non avrebbe di certo giovato ad Akane, che invece aveva bisogno di un ambiente sereno dove sentirsi al sicuro. Con lui non sarebbe mai stata al sicuro. I fatti lo avevano dimostrato. Era meglio così, aveva ragione. Rinunciare a lei era l'unico modo per proteggerla. Per questo quella stessa notte si fece coraggio ed entrò nella camera di Akane, trovandola profondamente addormentata. Rivederla dopo tutti quei giorni gli provocò un violento tsunami di emozioni che si accorse di fare veramente fatica a contenere, quando si chinò su di lei per sfiorarle con dita tremanti la spessa benda bianca che le ricopriva la testa, rendendola tanto piccola e fragile ai suoi occhi. Così come non era mai stata. Dio, quanto le era mancata. 

-Perdonami, è stata tutta colpa mia. 

Sussurrò, prima di sfiorare le sue labbra con le proprie. Fu un bacio lieve e delicato, l'ultimo tra loro, che lei non avrebbe però mai ricordato. 

-Addio, Akane. 

Disse, poi lasciò la penombra di quella stanza fresca e accogliente per allontanarsi nel buio della notte. Una notte che, nonostante il caldo estivo, sentì terribilmente gelida sulla sua pelle. 

 

continua… 





 

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Capitolo 4
*** Parte 4 - Segreti e bugie ***


Erano trascorse diverse settimane da quando Ranma e suo padre avevano lasciato casa Tendo, e lei continuava a sbagliare la conta dei piatti. Sei, invece che quattro. Scosse tristemente la testa, mettendone due da parte. Avrebbe dovuto riporli nella credenza ma non riusciva mai a farlo, come non era in grado di smettere di pensare a loro. Li immaginò sul tetto, impegnati in uno dei loro turbolenti combattimenti che facevano tremare le pareti e che inevitabilmente finivano con uno dei due scaraventato nel laghetto, come tutte le mattine. Non avrebbe mai creduto che quella routine le sarebbe mancata così tanto. Suo padre aveva ripreso a parlare, poteva sentirlo chiaramente dalla cucina mentre, con una lentezza esasperante, si accingeva a preparare la colazione. Aveva già capito quali fossero le sue intenzioni, prima ancora che lui gliele comunicasse. Sentì il suo stomaco contrarsi di nuovo e questo le ricordò di aggiungere un piatto per il loro ospite. Quattro più uno. Si sarebbe abituata, se queste erano le premesse. Sapeva che non era giusto e non poteva lasciarglielo fare, ma non poteva neppure disobbedire all'unico genitore rimastole. A colui che, dopo la morte della sua adorata mamma, l'aveva cresciuta con affetto e devozione. Una devozione che si era impegnata a ricambiare con tutta se stessa, anche a costo di mettere da parte i suoi reali sentimenti riguardo ciò che adesso stava accadendo nell'altra stanza. Sospirò a lungo e con forza, poi afferrò il vassoio e andò a servire la colazione in soggiorno, fingendo una calma che di certo non le apparteneva. Le sue mani tremavano. Talmente tanto da farle temere, per un attimo, di poter rovesciare tutto sul pavimento. Per fortuna il vassoio raggiunse illeso il capiente tavolo da pranzo, dove Nabiki attendeva con impazienza. Sua sorella aveva già tardato abbastanza da farle sentire i morsi della fame. E poi era sempre meglio affondare i denti in una succosa polpetta che assistere al patetico spettacolo offerto dal padrone di casa che, scioccamente prostrato di fronte a un esterrefatto Ryoga, lo supplicava ormai da una buona mezz'ora di assecondare il suo folle piano. 

-Ti prego Ryoga, accetta. Se lo facessi, mi renderesti molto felice. 

Il giovane, in piedi davanti a lui e in evidente imbarazzo continuava a massaggiarsi la nuca senza sapere cosa dire mentre il viso raggiungeva pian piano le sfumature del porpora, pregustando già l'avverarsi del suo più grande desiderio. Non aveva idea che capitare per caso nel bel mezzo del giardino di casa Tendo si sarebbe rivelato un gran colpo di fortuna per lui, da sempre perseguitato dalla sfiga, ormai sua fedele compagna da che potesse ricordare. Ma non stavolta. Quella era un'occasione che di certo non poteva permettersi di perdere, considerato che non sarebbe riuscito a ottenerla in altro modo. Anche se ciò che stavano facendo portava una specifica, temibile parola e lo sapeva bene. Sapeva che, anche fingendo di non vederla impressa lì, a caratteri cubitali sulla fronte del signor Soun, non sarebbe di certo sparita. 

Inganno.

 Sì, era tutto un patetico inganno, ma andava bene così. Se lo sarebbe fatto bastare, finché fosse durato. E poi? No, non c'era nessun poi. Non doveva pensarci, ma solo concentrarsi sulla nuova, meravigliosa vita che lo attendeva. 

-Non funzionerà mai. 

Il tono scettico di Nabiki ruppe in un attimo il magico incantesimo, che si sgretolò nella sua testa come una statua di sale prima che si affrettasse con tutte le forze a ricomporlo. Ben presto sarebbe diventato realtà. 

-Cosa non funzionerà? 

Era la voce del suo desiderio, quella? Sì, era già una realtà e lo comprese una volta di più quando si accorse che Akane si avvicinava lentamente a loro, smarrita e inquieta come non l'aveva mai vista prima. Era sempre lei però, la sua dolce Akane, solo un po' più pallida e magra. Ma andava tutto bene, ci avrebbe pensato lui a farla stare meglio e presto, molto presto, il brutto incidente di cui era stata vittima sarebbe rimasto solo un lontano ricordo. Così come chi lo aveva causato. Sarebbe morto piuttosto che permettere a quel maledetto di Ranma di farle di nuovo del male, e quel piccolo problema di memoria non poteva capitare in un momento migliore. Avrebbe di certo giocato in suo favore. 

-Ah, ehm… la tv - si affrettò a dire Nabiki, sfoderando un falso sorriso - sì, proprio quella. Stavo appunto dicendo che ha cominciato a fare le bizze, e prenderla a pugni come fa sempre papà non servirà certo a farla funzionare di nuovo. 

-Akane, perché sei scesa? Ti avrei portato la colazione in camera, come al solito. 

Si intromise Kasumi, scrutandola preoccupata. La minore delle Tendo fece spallucce, prendendo posto a tavola. Dopo settimane trascorse a letto in compagnia di un gran mal di testa che non accennava a diminuire, quella era la prima volta che si sentiva davvero bene. Aveva così aperto finalmente le tende, lasciando che il sole del mattino scaldasse a lungo il suo viso prima di decidersi a lasciare la stanza. Al di là di quelle mura c'era molto da scoprire e lei non avrebbe più atteso oltre. La voglia di riconquistare una sua identità aveva d'improvviso preso il sopravvento, spingendola a desiderare l'unica cosa di cui aveva un disperato bisogno: un po ' di sana normalità. E cosa c'era di meglio che riprendere a camminare con le proprie gambe, gustandosi la vita che l'attendeva?

-Oggi mi sento molto meglio e non mi andava di rimanere confinata nella mia stanza. Ne approfitterò per dare un'occhiata in giro e vedere se mi torna in mente qualcosa. 

Rispose senza riuscire a nascondere una punta di apprensione, lasciando che la triste realtà prendesse via via il sopravvento sulle sue buone intenzioni, spingendola a cambiare umore. Priva di memoria e di qualunque ricordo si sentiva come un guscio vuoto e guardare i visi di coloro che rappresentavano la sua famiglia, ma che per lei non erano altro che dei perfetti estranei, non sarebbe servito a riempirlo. Sembrava tutto un confuso puzzle che, per quanti sforzi facesse, non era proprio capace di ricomporre. Soun sollevò una mano. 

-Non c'è fretta. Cioè, voglio dire, non devi sforzarti, mia cara, e avere pazienza. Potrebbe volerci un po' prima che la memoria ritorni, perciò non preoccuparti troppo. 

Si riprese appena in tempo, cercando di scacciare la fastidiosa vocina interiore che già da un po' gli suggeriva che, la strada che aveva scelto di percorrere, ciò che credeva fosse la soluzione migliore, non avrebbe mai portato a niente di buono. Ma era del bene della sua bambina che si trattava, e questo veniva prima di tutto. Era per lei che lo stava facendo. Per lei e per il dojo. Nient'altro al mondo contava. 

-Vedo che abbiamo un ospite - continuò Akane, sperando che concentrarsi sullo strano ragazzo dalla bandana maculata che aveva appena notato, servisse a distrarla in qualche modo dai suoi pensieri - noi ci conosciamo? 

L'uomo più anziano della stanza proruppe subito in un'allegra risata. 

-Ah, ah, ah! Ma certo che vi conoscete, figliola. Questo bel giovanotto vicino a me è il tuo promesso sposo e il suo nome è Ryoga. Vive con noi da qualche tempo e voi due siete ufficialmente fidanzati. 

Fidanzati? Lei era… fidanzata? Caspita, non sapeva neppure come sentirsi o cosa provare mentre sotto il suo sguardo curioso il giovane arrossiva fino alla radice dei capelli, se non… assolutamente nulla. Il suo cuore non registrò nessuna emozione a quell'inaspettata rivelazione. Era solo un po' sorpresa, tutto qui, suo padre l'aveva presa in contropiede. Era carino però e sembrava anche molto beneducato, ma non aveva ancora sentito la sua voce, così tentò di fare conversazione per rompere il ghiaccio. Probabilmente era soltanto molto timido. 

-Oh, davvero? Non avevo idea e non sapevo vivessi in questa casa. A dire il vero non credo di averti mai visto in tutto questo tempo, neppure in ospedale. 

-Già, beh… Ryoga non è potuto venire a trovarti perché costretto a letto da una brutta influenza. Aveva paura di contagiarti ma ora sta benissimo, come puoi vedere. 

Si affrettò a dire Soun, prima ancora che Ryoga avesse il tempo di pronunciare una sola parola. Batte` le mani sulle sue spalle, abbassandogli poi la testa per costringerlo ad annuire ripetutamente, lasciando perplessa la ragazza che, dal canto suo, si limitò a sorridergli. 

-Sono contenta che ti sia ripreso. 

Disse. 

-Bene - proseguì il padrone di casa - sarà meglio che vi lasciamo un po' da soli adesso, così avrete modo di parlare in tutta tranquillità. 

L'improvviso, sordo rumore di vetri rotti catturò l'attenzione dei presenti, facendoli sussultare. 

-Mi dispiace tanto, io… io rimetto subito a posto. 

Balbettò Kasumi, visibilmente agitata e quasi sul punto di piangere mentre si chinava a raccogliere i cocci della piccola teiera che aveva lasciato infrangersi sul pavimento, prima ancora di accorgersene. Per quanto tempo sarebbe stata costretta a reggere quella ridicola commedia? Non era nemmeno sicura di farcela. 

-Ehi, la tua mano sta sanguinando. 

Osservò Nabiki, chinandosi a sua volta per richiamare l'attenzione della sorella maggiore sull'evidente ferita che era stata tanto sbadata da procurarsi. 

-È solo un graffio. 

Rispose l'altra, cercando di fermare il sangue con un panno umido. 

-Non mi sembra proprio. Sarà meglio che qualcuno ti medichi in fretta, prima che la situazione peggiori. 

A lei non poteva mentire. Era sempre stato così, fin da quando erano bambine. Sì, lo leggeva anche nei suoi occhi ed era perfettamente d'accordo. Non era giusto. Ma non sempre ciò che era giusto si rivelava la soluzione migliore, specie per la loro sorellina, che adesso aveva bisogno di certezze e stabilità. Anche se c'era una parte di lei che si chiedeva come avrebbe reagito a tutto questo, cosa avrebbe pensato di loro, una volta recuperata la memoria. SE avesse recuperato la memoria, era più giusto dire. Restava comunque una remota possibilità, non aveva voglia di pensarci. Sarebbe di certo andato tutto per il meglio. 

-Akane ha una visita di controllo dal dottor Tofu oggi, ne approfitterò per farmi dare un'occhiata anch'io. 

La voce di Kasumi la riportò bruscamente alla realtà, costringendola a rialzarsi in piedi insieme a lei per annuire energicamente, offrendosi di accompagnarle. Nessuno badò a Ryoga che, praticamente inebetito e troppo impegnato a immaginare, con tanto di marcia nuziale il giorno del suo matrimonio con Akane, non si accorse di nulla finché non rimase solo nel soggiorno. Si guardò intorno a lungo prima di realizzare che, d'ora in poi, dopo tanto vagare, quella sarebbe diventata la sua dimora fissa. Niente più dolore, niente più sofferenza. Aveva finalmente trovato la felicità. 



 

-Il dottor Tofu è sempre molto simpatico, vero? 

Osservò Akane con un sorriso quando le sorelle lasciarono il piccolo, ma accogliente studio medico. Camminavano fianco a fianco, chiacchierando animatamente e scambiandosi impressioni lungo il tragitto che le avrebbe ricondotte a casa. La minore delle Tendo si sentiva euforica, finalmente avrebbe potuto riprendere ad allenarsi. Le corse mattutine con il vento sul viso erano l'unica cosa che riuscisse a ricordare del suo passato e non vi avrebbe di certo rinunciato tanto facilmente. Il dottore l'aveva trovata molto bene, il lungo riposo le aveva indubbiamente giovato, ma ora era tempo di voltare pagina. Riprendere in mano la sua vita, pian piano. Questo, ciò che desiderava. 

-Beh, sì. 

Rispose Kasumi, ricambiando quel sorriso mentre uno strano imbarazzo tingeva di rosa le sue guance. 

-Certo - le fece eco Nabiki - così simpatico che, anziché medicarti come si deve, c'è mancato poco che ti tagliasse via una mano! Per fortuna che vi ho accompagnate. 

-È vero Kasumi, lo hai mandato in confusione. Sai, credo che tu gli piaccia. 

La maggiore delle sorelle la fissò come se di colpo fosse impazzita. 

-Come? Akane, ti prego, non dire assurdità! 

Replicò, arrossendo ancora di più. 

-Ma sì - continuò divertita - è piuttosto evidente. Avrò anche perso la memoria, ma non sono mica stupida. In che rapporti siete? 

Kasumi alzò le spalle. 

-È semplicemente il medico di famiglia, tutto qui. 

Disse. 

-Quindi non provi niente per lui? 

-Ecco… è un uomo distinto ed elegante ma sempre affabile, è molto gentile con me e poi mi fa tanto ridere. Quando ho una brutta giornata mi basta vederlo per tornare a sorridere. 

Si lasciò sfuggire, pentendosene subito dopo. Non era abituata a lasciarsi andare a confessioni di quel tipo, neppure con la sua famiglia. Era troppo imbarazzante ammetterlo una volta per tutte perché, se lo avesse fatto, quel dolce sentimento che teneva gelosamente custodito nel cuore sarebbe diventato troppo reale e lei avrebbe dovuto farci i conti, scendendo a compromessi. Si guardò la mano fasciata, sospirando con aria sognante. 

-In altre parole, sei cotta anche tu. 

Considerò Nabiki, prendendola affettuosamente in giro. 

-Smettetela con queste sciocchezze! 

-Ma se te lo si legge in faccia! 

Aggiunse Akane ridendo, prima di rabbuiarsi all'improvviso. 

-Quindi è questo ciò che si dovrebbe provare quando ti piace qualcuno. Allora perché quando ho visto Ryoga non ho provato niente? È il mio fidanzato, giusto? Avrebbe dovuto risvegliare qualcosa in me, invece… 

Lasciò la frase in sospeso, un fastidioso nodo in gola le impedì di proseguire. Vide le altre due scambiarsi una breve occhiata complice, come se tra loro ci fosse un canale di comunicazione privato, che era fuori dalla sua portata. Oppure era solo un'impressione? 

-Non metterci troppo il pensiero, sorellina - disse infine Nabiki - Vedi, l'amore è sopravvalutato. L'unica cosa che conta è il denaro. 

-Nabiki! 

La riprese la più grande, rimproverandola con un'occhiata, ma lei la ammonì con un gesto annoiato della mano. 

-Ignorala e ascoltami bene - proseguì - più soldi possiedi, più la vita ti sorriderà. Altrimenti, senza un bel gruzzoletto in tasca come faremmo a prenderci un mega gelato? Dai, per questa volta offro io e, credimi, non capita spesso, perciò vi conviene approfittarne! 

Le prese entrambe sottobraccio e insieme si diressero, ridendo, verso la pasticceria più vicina. Ogni inquietudine sembrava finalmente dissipata e anche se sentiva di non conoscerle, e la vita che le avevano raccontato pareva tanto assomigliare a un film sbiadito di cui lei era solo una semplice spettatrice, Akane si sentiva protetta e al sicuro in loro compagnia. Sapeva che avrebbe potuto fidarsi. In fondo, erano le sue sorelle. 



 

Il mattino dopo Akane si svegliò allegra e piena di energie, tanto da decidere di andare a fare una bella corsa prima di colazione. Era una giornata meravigliosa e il sole era già alto nel cielo, niente sarebbe potuto andare storto. Non aveva però fatto i conti con il suo stato fisico e, complice la debolezza accumulata e un riscaldamento poco adeguato, si ritrovò ben presto vittima di un improvviso crampo al polpaccio che bloccò il suo allenamento proprio a metà strada, costringendola ad accasciarsi al suolo per il dolore. 

-Che succede, serve aiuto Akane? 

Quella voce… dove l'aveva già sentita? 

Fu allora che lo vide. Un ragazzo alto e atletico si era appena chinato su di lei, scrutandola con aria preoccupata e il suo bel viso era così vicino che non poté fare a meno di arrossire, sentendosi tanto sciocca. 

-Un crampo - si lamento`, senza sapere cosa fare - non riesco a muovermi! 

-Aspetta, ci penso io. Vieni, ti porto via di qui. 

Prima ancora di poter realizzare cosa stesse accadendo si sentì sollevare da terra con delicatezza ma, in preda al dolore, non ebbe la forza di protestare. Lasciò solo che quelle forti braccia la sostenessero per un po', conducendola in un luogo più tranquillo e lontano dal caos cittadino. Un luogo immerso nel verde che non riconobbe poiché, in quel momento, nient'altro pareva contare più del proprio corpo stretto al suo e di quel delizioso profumo muschiato che, inebriante, le riempiva le narici, avvolgendola in una tenera carezza che per un attimo, solo un breve attimo fuggente, scopri` una calda impronta nel suo cuore. Provò a scavare nella memoria, ma era già troppo tardi. Quel fugace, minuscolo barlume di luce che tanto assomigliava a un ricordo era già svanito nell'aria, prima che potesse afferrarlo per tenerlo con sé. Perché, di colpo, quel giovane dall'aria così affascinante e sicura era stato l'unico a risvegliare in lei certe strane sensazioni? Scruto` di sottecchi il suo volto serio sotto le lunghe ciglia scure poco prima che l'aiutasse a sedersi su una panchina, arrossendo nuovamente quando quegli occhi color del cielo incontrarono i suoi, indugiandovi a lungo come se volessero leggerle dentro. 

-Ti ringrazio tanto per avermi aiutata - mormorò, scoprendo con sollievo quanto fosse facile parlare ora che il dolore era finalmente diminuito - mi dispiace, credo di essere fuori allenamento. 

-Non devi scusarti - lo sentì rispondere - l'importante è che stai meglio. Dovresti stare più attenta a ciò che fai. 

La piccola Tendo annuì cercando di nuovo il suo sguardo, fattosi d'un tratto sfuggente. 

Doveva chiederglielo. 

-Ascolta, noi due ci conosciamo per caso? Ecco, prima mi hai chiamata per nome. 

-Ah, quello.  

Disse dopo un breve momento di silenzio, forse un po' troppo precipitosamente. Si stava per caso… agitando? 

-Sì, beh, l'ho… letto sul tuo braccialetto. 

Abbassò gli occhi sul proprio polso, adornato da una semplice striscia di cuoio con su inciso "Akane" a lettere vermiglie. Ah già, l'aveva quasi scordato. Kasumi glielo aveva messo al polso prima che potesse obiettare, sperando l'aiutasse a colmare i continui vuoti di memoria, mantenendo intatta la sua identità. 

Akane. Era il suo nome. 

Sorrise. Poteva stare tranquilla perché ormai, qualunque cosa fosse successa, non l'avrebbe mai più dimenticato. 

-È carino. 

Osservò lui, indicandolo curioso. 

-Sì - rispose - me lo ha regalato mia sorella. È una specie di promemoria. Sai, in seguito a un incidente ho sviluppato una amnesia e non ricordo praticamente più nulla della mia vita, perciò… oh, scusami, non so perché ti sto raccontando queste cose, in fondo ti ho appena conosciuto. Ti starai di certo annoiando a morte. 

Lo vide increspare le labbra in un sorriso triste appena accennato quando scosse piano la testa, e per un momento ebbe come l'impressione di averlo turbato in qualche modo. Beh, è ovvio, non si parla mica di certe cose con un estraneo, perché si rischia di… 

Eppure, in un angolo remoto del suo cervello, cominciava lentamente a farsi strada l'improbabile ipotesi che lui non fosse affatto un estraneo. O almeno non lo percepiva come tale e non sapeva il motivo, visto che le  aveva chiaramente lasciato intendere di non averla mai incontrata prima. Ma allora… 

-Comunque - disse, tentando di mettere a tacere quella strana vocina nella sua testa - non è giusto che tu conosca il mio nome e io, invece, non sappia ancora qual è il tuo. 

Stavolta non ebbe paura di tornare a specchiarsi nei suoi profondi occhi chiari, vedendolo esitare per un brevissimo istante prima di porgerle la mano, che lei strinse sorridendo. Il contatto con la sua pelle calda le provocò un brivido inaspettato. 

-Sono Yu. Piacere di conoscerti, Akane. 

 

continua… 

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Capitolo 5
*** Parte 5 - Cuore di vetro ***



Riaprì gli occhi alle prime luci dell'alba, dopo una lunga notte popolata da incubi che al risveglio si accorse di non ricordare nemmeno. Meglio così, era già tutto dannatamente difficile senza. Si preparò con gesti lenti, pregustando l'attimo in cui la sua ormai inutile routine si sarebbe fatta più sopportabile, acquistando finalmente un senso. Gli bastava vederla, infatti, perché ogni cosa riprendesse colore. Perché tutto quanto, compresa la sua intera esistenza tornasse a girare per il verso giusto, permettendogli di respirare di nuovo. L'enorme macigno, ormai perennemente incastrato all'altezza dello stomaco, pareva dissolversi di colpo ogni volta che incontrava il caldo cioccolato fuso dei suoi occhi, o ascoltava la sua allegra risata. E, anche se era così fortunato da goderne tutte le mattine, era quella a mancargli più di tutte. O forse i fianchi morbidi che non poteva più accarezzare e stringere in un abbraccio, le mani bianche e sottili affondate tra i suoi capelli… oppure le sue labbra, piene e invitanti, che moriva dalla voglia di baciare. No, niente sarebbe mai più stato come prima. Allora, perché era successo? Per quale motivo aveva permesso a se stesso di riavvicinarla? Di cedere, per tornare a desiderarla con tutto quell'ardore, pur sapendo che era solo un errore? Eppure si era macchiato di quella colpa, come se non ne avesse già abbastanza da espiare. Ogni singolo giorno si ripeteva che sarebbe stata l'ultima volta per poi puntualmente correre da lei, mettendo a tacere la coscienza con un pugno ben assestato che l'avrebbe mandata k.o. fino al mattino successivo. Quando tutto sarebbe ricominciato da capo. In fondo cos'era ormai la vita, se non una continua lotta contro il suo io interiore che mai sarebbe riuscito a vincere? I piedi si mossero da soli, guadagnando velocemente l'uscita prima che potesse controllarli. Sarebbe passata di lì tra qualche minuto. La sua straordinaria puntualità lo destabilizzava, spingendolo a chiedersi se anche lei avesse voglia di incontrarlo per allenarsi insieme, come ormai accadeva da almeno un mese. Già. Un mese esatto da quando, senza riuscire a fare a meno di correre in suo aiuto, l'aveva soccorsa per strada passando da lì per caso. Un mese, da quando si era scioccamente lasciato sfuggire dalle labbra il suo nome. Che idiota era stato. Come avrebbe potuto giustificarsi senza il braccialetto che portava al polso, rivelatosi un provvidenziale alleato nel rimediare alla sua evidente impulsività? Un mese da quando si era presentato col primo nome che gli era venuto in mente, guardandosi bene dall'usare quello vero. L'ultima cosa che voleva era continuare a creare dei problemi. Anche così, comunque, restava pur sempre un dannato egoista. Non era capace di rinunciare a lei. Questa, l'unica verità. Cosa c'era di sbagliato? Tutto, o forse niente. La raggiunse in strada con un sorriso che Akane si affrettò a ricambiare, mentre il bel viso baciato dai primi, timidi raggi del sole si illuminava di… era felicità, quella che vi leggeva? 

 

"Sì, anch'io sono felice quando siamo insieme." 

 

-Buongiorno, Yu. Allora, pronto a mangiare la polvere? 

-Ti pentirai di averlo detto, piccola presuntuosa. 

-Accidenti, sto per farmela sotto dalla paura. Avanti, vediamo se riesci a starmi dietro! 

Si punzecchiarono giocosamente a vicenda, ed eccola, la sua inconfondibile risata. Quella che gli scaldava il cuore, facendolo di nuovo sentire vivo. E andava bene così. Quelle poche ore trascorse in compagnia della ragazza che amava, rappresentavano per lui un piccolo angolo di paradiso in cui rifugiarsi dall'inferno che stava vivendo. Un comodo, minuscolo giaciglio dove continuare a vegliare su di lei, proteggendola come farebbe un angelo custode. 


§

 

-Sono tornata! 

Esclamò Akane, togliendosi velocemente le scarpe mentre Kasumi le passava davanti, reggendo un pesante vassoio ricolmo di cibo. 

-Bene, appena in tempo per la colazione. Su, vieni a sederti. 

Disse con un sorriso. 

-Veramente ho già mangiato fuori. 

Le rispose la sorella, ricordando con gioia le poche ore appena

appena trascorse in compagnia di Yu al parco, dove entrambi avevano consumato un pasto leggero, chiacchierando allegramente dopo aver portato a termine i consueti allenamenti. In tutto quel tempo passato insieme aveva avuto modo di scoprire quanto le piacesse stargli vicino, tanto che non le sarebbe affatto dispiaciuto dedicargli più tempo. Molte volte era stata tentata, ad esempio, dalla voglia di invitarlo a casa, ma la presenza di Ryoga e il timore di ciò che avrebbe pensato di lei l'avevano sempre spinta a desistere. Sì, sapeva che non c'era nulla di male nel trascorrere le giornate con un amico e tutto sarebbe di sicuro andato per il meglio… se solo lo avesse considerato come tale. La verità però era un'altra, in quanto, pian piano, si era accorta di sentirsi profondamente attratta da lui. E non solo dal punto di vista fisico. Era indubbiamente un bel ragazzo e ogni volta che lo guardava non riusciva a fare a meno di arrossire, ma c'era dell'altro. Non avrebbe saputo come spiegarlo a parole, ma la consapevolezza che Yu viaggiasse sulla sua stessa lunghezza d'onda bastava a farla stare bene. Con Ryoga invece era tutto diverso. I suoi tentativi di ricercare un qualche tipo di dialogo erano miseramente falliti ma, chissà, forse non si era impegnata abbastanza nel dargli una concreta possibilità. I loro punti in comune erano praticamente nulli e, timido e impacciato com'era, trovava sempre piuttosto difficile indovinare i suoi pensieri. Oppure era lei ad avere la testa da tutt'altra parte. Decisamente la seconda opzione. 

-Capisco. Che peccato, proprio oggi che avevo preparato i fagottini al vapore. 

Considerò la maggiore delle Tendo con tono dispiaciuto, strappandola di colpo alle sue riflessioni. 

-Non c'è problema - si affrettò ad aggiungere, temendo di offenderla - assaggerò anche quelli. 

-Sì, così diventerai una balena e non riuscirai più a muoverti! 

La canzono` Nabiki passandole accanto con disinvoltura, le mani incrociate dietro la schiena. 

Accidenti, quanta gentilezza! Per fortuna cominciava ad abituarsi a quei modi decisamente irritanti. Sembrava così diversa da Kasumi. 

-Impossibile, mi alleno tutti i giorni. 

La informo` con espressione compiaciuta, trattenendosi dal rispondere a tono prima di correre al piano di sopra per cambiarsi. Le temperature erano salite fin troppo quel giorno e sentiva proprio il bisogno di una bella rinfrescata. Presa com'era dalle sue faccende, si accorse della presenza di Ryoga solo quando lo sentì parlare. 

-Ciao. Allora, com'è andata la tua corsa mattutina? 

Si voltò lentamente verso di lui, sorpresa. Quello era per caso un… tentativo di conversazione? Beh, meglio tardi che mai. 

-Benissimo, grazie! 

Rispose, rivolgendogli un largo sorriso che lui si sforzò di ricambiare, avvampando dall'imbarazzo. 

-Mi fa piacere vederti così allegra. Senti, stavo pensando che più tardi potremmo… ecco… fare una passeggiata insieme, se ti va. 

Addirittura? Cos'era, la giornata delle novità? Sospirò, senza neppure sapere come sentirsi. Le aveva appena proposto di uscire. Un appuntamento. Doveva esserne felice? Lusingata? Chissà per quale motivo, allora, l'unica cosa che le riuscì di provare fu una fastidiosa stretta allo stomaco che parve farsi più forte, quando lo vide muovere qualche passo verso di lei. 

-Scusami ma, vedi, sono un po' stanca. Perciò, se non ti dispiace, preferirei riposare. 

Menti`, senza immaginare quanto il ragazzo avesse faticato a trasformare le intenzioni in parole. 

"Certo, non c'è problema. Dammi pure buca. Tanto, peggio di così…" 

In tutto quel tempo di convivenza forzata non era riuscito a fare grandi progressi con lei, che la maggior parte delle volte pareva evitarlo. Ma non lo avrebbe fatto per sempre. Doveva darsi una mossa. Adesso. Inutile indugiare oltre. Raccolse tutto il coraggio che possedeva per annullare in breve tempo la distanza che ancora li separava, posando lentamente le mani sulle sue spalle e deglutendo con forza quando la sentì sussultare. Era il momento di agire. In fondo erano fidanzati, no? 

-Akane.

Disse, cercando con tutte le forze di ignorare l'improvviso calore che aveva intanto reso le sue guance incandescenti. 

-Sì, Ryoga? 

Sussurrò lei, anche se sapeva già cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Nonostante sentisse crescere l'agitazione, però, si costrinse a restare dov'era, serrando i pugni e le palpebre a un tempo mentre, con tutto il corpo in tensione, aspettava di ricevere quel bacio. Se lo avesse baciato, infatti, forse avrebbe potuto finalmente fare chiarezza riguardo i suoi sentimenti. Già, forse. Valeva comunque la pena tentare. Ryoga si avvicinò di più, arricciando le labbra e cercando faticosamente di placare il suo cuore, che sentiva ora battere all'impazzata. 

"Coraggio, cosa aspetti? Sei un uomo oppure un lombrico?" 

Akane avvertì il suo respiro sulle guance e dischiuse d'istinto le labbra, pronta a unirle a quelle di lui. 

"No. Non posso." 

All'ultimo momento le mani si mossero da sole, spingendolo via da sé con più forza di quanta intendesse usarne, finendo per fargli perdere l'equilibrio prima di vederlo stramazzare al suolo, coprendosi la bocca con una mano. 

-Oddio, mi dispiace tanto! Ryoga, stai bene? 

Si chinò su di lui per tastargli il polso, preoccupata. Per fortuna era soltanto svenuto, ma questo non la fece sentire meglio. 

-Kasumi, corri! 

Gridò, in preda all'angoscia. 



 

-Non volevo fargli del male, è stato un incidente. 

Spiegò per l'ennesima volta alla sorella maggiore mentre, entrambe ai piedi del suo letto, attendevano impazienti che il giovane riprendesse conoscenza. 

-Cerca di stare più attenta, per favore, o la prossima volta rischierai di ucciderlo. Hai visto che razza di bernoccolo ha sulla testa? 

-Sono desolata. 

La piccola abbassò lo sguardo, sinceramente dispiaciuta per l'accaduto. Non era certo sua intenzione atterrarlo a quel modo, ma era stato più forte di lei. 

-Cos'è successo Akane, ti va di parlarmene? 

La voce di Kasumi, di colpo dolcemente rassicurante, la rincuoro` a tal punto da spingerla a raccontarle ogni cosa. 

-Ecco, prima lui si è… avvicinato troppo, e io l'ho spinto via. Non so perché l'ho fatto, è stata come una specie di riflesso condizionato. È solo che non riesco mai a lasciarmi andare con lui e non ne capisco il motivo, così ho pensato che se lo avessi… baciato, le cose si sarebbero fatte più chiare. Ma non ce l'ho fatta. 

La sentì sospirare, prendendole una mano per stringerla fra le proprie. 

-Oh, Akane. 

-Dimmi - continuò, a disagio - era così anche prima? Intendo, prima che perdessi la memoria. Nutrivo dei sentimenti per Ryoga o mi era del tutto indifferente, proprio come adesso? Perché credo di non provare nulla per lui. Non lo amo, Kasumi, e questo mi fa sentire molto in colpa nei suoi confronti. È sempre tanto dolce e gentile con me e non vorrei mai ferirlo, ma… non è il ragazzo di cui sono innamorata. 

La sua mano sgusciò via da quelle della sorella, posandosi in grembo insieme all'altra in un gesto di afflizione tale da non sfuggire all'attenzione della più grande che, dal canto suo, non riuscì a esimersi dal chiederglielo. In fondo, pareva così evidente. 

-C'è per caso qualcun altro di cui dovrei sapere? È questo che stai cercando di dirmi? 

Akane arrossì fino alla radice dei capelli, ma non vedeva motivi per esitare. Si fidava di lei, poteva lasciarsi andare. 

-Sai, ho conosciuto una persona. Si chiama Yu e, ogni volta che lo vedo, ho come l'impressione che il cuore mi esploda nel petto. Sono sicura di non aver mai provato niente di simile con Ryoga in tutto questo tempo, ecco perché ti ho chiesto se le cose stessero così anche prima dell'incidente. 

Le fece un timido sorriso sentendosi finalmente più leggera, ma il lungo momento di silenzio che ne seguì la impensieri` non poco, spingendola a chiedersi se quella di parlargliene fosse stata davvero la scelta giusta. Kasumi sapeva bene che prima o poi sarebbe accaduta una cosa del genere, era solo questione di tempo. Quella che aveva appena ascoltato era la voce del suo cuore che, pur privo di ricordi, si stava ribellando alla vita che le era stata imposta. Il minimo che lei potesse fare, a quel punto, era dirle la verità. Al diavolo le conseguenze. Era della sua amata sorella che si stava parlando. 

-Akane - cominciò così, la voce tremante e insicura - in merito a questo, c'è qualcosa che dovresti sapere… 

-Allora, come sta il nostro povero superstite della tua furia cieca? Siamo alle solite, sorellina, con o senza memoria, resti sempre la solita pazzoide scatenata e violenta! 

Nabiki irruppe all'improvviso nella camera che era stata di Ranma e suo padre, interrompendo qualunque cosa stesse per dire per mettere in atto il suo diabolico passatempo: stuzzicare la "vittima" preferita a qualunque ora del giorno. Specie, poi, se le premesse erano tanto accattivanti da servirgliela proprio su un piatto d'argento. Akane sbuffò, incrociando le braccia. 

-Smettila, non l'ho certo fatto apposta! 

Ribatte`, offesa. 

Mentre le sentiva discutere animatamente, Ryoga strinse più forte le palpebre per costringersi a non riaprire gli occhi. Non voleva si accorgessero che era di nuovo vigile, non voleva affrontare le conseguenze di ciò che aveva appena appreso. Sarebbe stato ancora più doloroso per lui. Akane non lo amava e questo gli spezzò il cuore e, come se non bastasse, nei suoi pensieri c'era un altro. Yu. Chi diavolo era Yu? Lo ignorava, ma aveva intenzione di scoprirlo molto presto. 

 

continua… 

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Capitolo 6
*** Parte 6 - Punto di rottura ***


 

 

-Sei bravo nelle arti marziali, grazie per avermi aiutata ad allenarmi anche oggi. 

Sussurrò Akane, mentre seduta su una delle panchine del parco dondolava le gambe avanti e indietro, guardandosi intorno in quella che anche quel giorno appariva come una splendida mattina soleggiata. Si sentiva euforica e allegra, come tutte le volte che Yu le stava vicino ed era felice di rilassarsi in mezzo alla natura in sua compagnia, in quello che ormai per loro era diventato un appuntamento fisso. Nonostante trascorressero insieme tutto quel tempo, però, si era resa conto che, a parte il nome e la capacità di praticare le arti marziali come un vero maestro degno di questo nome, non sapeva nulla di lui e non osava neppure chiedergli di più, forse per timore di infastidirlo o offenderlo in qualche modo. Del resto, sembrava sempre così riservato. Non che ci fosse qualcosa di male in questo, anzi, quell'aria misteriosa e spesso malinconica lo rendevano ancora più speciale e affascinante ai suoi occhi. Occhi che, a volte, non era proprio capace di staccargli di dosso. Che stupida, se continuava di questo passo prima o poi avrebbe finito per farsi scoprire, ne era sicura. A una parte di lei però non importava, poiché avrebbe passato ore intere ad accarezzare con lo sguardo il suo bellissimo profilo, incorniciato da folti capelli neri che gli ricadevano disordinatamente sulla fronte, o la morbida curva delle labbra ben disegnate, tutte le volte che le sorrideva. Per non parlare di quei grandi occhi color del cielo, penetranti e profondi come due laghi azzurri dentro ai quali, una volta o l'altra, avrebbe seriamente finito per perdersi. Sentì il cuore, gonfio d'emozione, farle una capriola in petto, in una dolcissima testimonianza dei sentimenti che già da un po' nutriva nei suoi confronti e che non aveva più voglia di ignorare. Lo vide alzare le spalle con noncuranza, come se fosse perfettamente normale prodigarsi a quel modo per un'autentica frana come lei. Già. Per quanto provasse a superare i propri limiti non si sentiva mai alla sua altezza, e avere a che fare con quella consapevolezza la rendeva fortemente insicura. In fondo, cosa se ne faceva di una come lei? Probabilmente aveva una sfilza di ragazze che gli correvano dietro, pronte a cadere ai suoi piedi al primo schiocco di dita. 

"Però passa con te gran parte del suo tempo." 

Niente di più vero, ma… 

Nessun ma, accidenti. Rilassati. 

Non poteva lasciare che tutti quei dubbi offuscassero il suo giudizio, prendendo il sopravvento sull'unica sicurezza che aveva. 


§

 

-Non devi ringraziarmi, lo faccio con piacere. 

Ranma scruto` di sottecchi il suo bel viso, sollevato di come apparisse roseo e in salute rispetto alla prima volta che l'aveva rivista, dopo l'incidente. Stava lentamente tornando in forma e sembrava stare bene, anche se la sua memoria continuava miseramente a fallire. Tutte le volte che la sorprendeva a guardarlo con aria assorta, infatti, si chiedeva come facesse a non riconoscere nei suoi lineamenti qualcosa di familiare e, tutte le volte, era un dolore che si rinnovava. 

"Guarda come l'hai ridotta, è stata tutta colpa tua." 

Si morse le labbra, lasciando che le dita stringessero la stoffa sottile dei  pantaloni fino a farsi sbiancare le nocche, mentre con la mente tornava a quell'orribile sera in cui… l'aveva persa per sempre. Eppure era lì, seduta vicino a lui a sorridergli allegra, senza neppure sospettare quanto di sé gli stesse negando, tenendoglielo nascosto. Se solo… no, non poteva rivelarle la verità. Era fuori questione. 

-Spesso mi chiedo perché tu sia così gentile con me. 

La sua voce lo strappo` a quelle cupe e dolorose riflessioni, costringendolo a voltarsi verso di lei che, improvvisamente a disagio, evitava ora di incrociare il suo sguardo. 

-Siamo amici, no? E il minimo che possa fare è aiutarti a tornare in forma, dopo il brutto periodo che hai passato. 

-Amici… 

Una parola lasciata in sospeso cui ne sarebbero di certo seguite altre, se non avesse notato quella strana inflessione nel suo tono, quasi a voler aggiungere qualcos'altro, per poi pentirsi subito dopo. 

Amici. Soltanto amici. 

Come avrebbero mai potuto esserlo, se lui l'amava più di qualunque altra cosa al mondo? 

"Come mai oggi sei così pensierosa, Akane?" 

-Qualcosa non va? 

Azzardo`, dando voce ai suoi pensieri. La sentì sospirare con forza. 

-Ieri ho rifiutato il mio fidanzato. 

Perché adesso se ne usciva con una cosa del genere? Ogni volta che la giovane gli parlava del misterioso fidanzato, era come ricevere un pugno dritto nello stomaco. Avrebbe pagato oro per scoprire l'identità di colui che Soun aveva messo al suo posto, rifilando probabilmente alla figlia un sacco di bugie, ma… non era forse ciò che anche lui stava facendo? Con che diritto poteva giudicare, allora? La vita di Akane non era affar suo. Non più, ormai.


§

 

-Mio padre dice che stiamo insieme già da un po' eppure io l'ho rifiutato, perché non riesco a vederlo in alcun modo, se non come un estraneo. Con te, invece, è tutto diverso. È come se ti conoscessi da sempre. Riesci a indovinare i miei pensieri prima ancora che li esprima ad alta voce e sembri comprendermi meglio di chiunque altro, per questo non potrò mai amare il mio promesso sposo… 

Si interruppe bruscamente, prendendo un respiro profondo. 

-Ne` essere tua amica. 

Concluse in un soffio, avvampando dall'imbarazzo. 

-Cosa… cosa stai cercando di dirmi? 

Lo sentì balbettare dopo un breve momento di silenzio, chiaramente sulle spine, quasi avesse paura di conoscere già la risposta. 

"Avanti, diglielo Akane. Non puoi più tacere, a questo punto." 

-Mi sono innamorata di te, Yu, probabilmente fin dal primo istante in cui ti ho conosciuto e ora non so proprio che cosa fare. So solo che ho provato in ogni modo a reprimere questo sentimento, arrivando a negarlo persino a me stessa, ma non è servito a niente. In realtà è sempre stato dentro di me, chiaro come il sole, forse prima ancora che ti incontrassi. Dimmi, com'è possibile tutto questo? 

Si costrinse stavolta a cercare i suoi occhi che, inquieti e ormai privi di direzione, si spostavano da un punto all'altro del parco, senza mai posarsi su di lei. 

-Akane. 

Fu tutto ciò che disse, stuzzicandosi con forza la pelle attorno al pollice in un gesto meccanico che tradiva enorme disagio. 

Ecco, lo aveva spaventato. Cavolo, che cretina. Doveva aspettarselo che lanciarsi in una dichiarazione del genere lo avrebbe come minimo destabilizzato. Uffa, che ne sapeva lei di come andavano dette certe cose? Del resto, era la prima volta che si addentrava in qualcosa di tanto delicato. Si schiarì la voce, lottando con se stessa nel faticoso tentativo di tenere a bada il cuore, che sentiva scuoterle violentemente il petto in una forsennata danza d'amore. 

-Se ti sto dicendo queste cose - riprese, sempre più agitata - è perché sono sicura che anche tu provi lo stesso, te lo leggo negli occhi ogni volta che mi guardi. Non posso sbagliarmi. Perciò no, noi due non potremo mai essere amici. Ma se ci tieni a me, se non ti sono del tutto indifferente… 

-Faresti meglio a dimenticarmi. 

Per un attimo temette di non aver capito bene, poi, lentamente, si costrinse a fare i conti con la realtà. Perché la prima frase di senso compiuto, dopo aver ascoltato la sua accorata confessione, doveva essere proprio quella? 

 

§

 

No. No, no. Maledizione, no. Questo non doveva succedere. 

Il cuore batteva come un tamburo, le mani sudavano e la lingua pareva praticamente incollata al palato, ma questo non gli impedì certo di lanciarsi nell'infelice frase appena pronunciata, semplicemente perché era la cosa giusta da fare. 

-È tutto qui quello che sai dire? Ti ho appena aperto il mio cuore, rivelandoti i miei sentimenti e tu… reagisci come se ti avessi offeso. 

La sua voce si stava incrinando. Dovette fare uno sforzo tremendo per ignorare ciò che questo gli provocava dentro. 

-Non sono il ragazzo adatto a te. 

Insistette, serrando forte le palpebre come se avesse appena ricevuto un pugno in pieno viso. 

-Questo lascia che sia io a deciderlo. 

La sentì ribattere, risoluta. Dannazione, per quale motivo si ostinava a rendergli le cose ancora più difficili di quanto non fossero già? 

"Testona che non sei altro, non capisci che è per te che lo sto facendo?" 

E va bene, non c'era altra soluzione. Se non lo capiva con le buone… 

Si rialzò in piedi con uno scatto improvviso che la fece sussultare, parandolesi davanti in un'espressione tutt'altro che amichevole. 

-Non mi conosci, Akane - esclamò - non sai niente di me e non puoi avere la presunzione di affermare che anch'io provi i tuoi stessi sentimenti! 

-Se non è così dimmelo guardandomi negli occhi, e ti crederò. 

Guardarla negli occhi? E cosa credeva che stesse facen…

Un momento. 

Non la stava affatto guardando. Per quanto ci provasse, infatti, il suo sguardo preferiva posarsi sui rigogliosi cespugli ricoperti da fiori variopinti, sul maestoso albero secolare che gli stava proprio di fronte, le cui chiome fluenti parevano sfiorare addirittura il cielo… ma mai su di lei. Come sarebbe riuscito a risultare convincente, se quelle erano le premesse? Ma doveva. Anche a costo di ferirla. 

-Se ho fatto qualcosa che ti ha spinta a credere il contrario mi dispiace, ma le cose non stanno affatto come pensi. 

A quel punto la notò rialzarsi a sua volta, decisa più che mai nel far valere le proprie ragioni. 

-No, non posso essermi sbagliata. Guardami in faccia e dimmelo! 

Gli ci volle uno sforzo sovrumano, l'ennesimo quella mattina, per incrociare i suoi occhi addolorati, gridando con quanto fiato aveva in corpo: -Non provo nulla per te, non sono innamorato né mai lo sarò! Ti è chiaro, adesso? 

Fu di colpo così aggressivo da spaventarla mentre l'afferrava per i polsi, scrollandola fino a vedere i suoi occhi riempirsi di lacrime cocenti. A quel punto lasciò la presa, accorgendosi solo allora di aver alzato la voce più di quanto fosse necessario. La sua espressione incredula e disperata gli provocò una violenta stretta allo stomaco che provo` a ignorare, resistendo a stento all'irrefrenabile impulso di stringerla forte a sé per rassicurarla sui suoi sentimenti, per dirle che niente di ciò che le aveva urlato contro era reale e che aveva ragione. Non si era sbagliata. L'amava. L'amava come non gli era mai successo di amare qualcuno in vita sua. Sapeva però che, così facendo, avrebbe mandato tutto all'aria. Akane aveva già sofferto abbastanza per colpa sua, non meritava di continuare a farlo. Decidere di riavvicinarsi solo perché non riusciva a stare senza di lei era stato un grosso errore. Doveva allontanarla, era l'unica soluzione. Avrebbe sofferto e magari finito per odiarlo ma prima o poi se ne sarebbe fatta una ragione, tornando finalmente a sorridere. A essere felice con qualcuno che non era lui e non importava quanto questo lo avrebbe fatto star male, devastandolo fino a fargli desiderare di morire, perché era la cosa più giusta per lei. Era proprio a questo che pensava quando la guardò voltargli le spalle, scosse dai singhiozzi, per allontanarsi mestamente come un cucciolo ferito, senza neppure provare a fermarla. 

"Perdonami, Akane. È per il tuo bene, soltanto per il tuo bene." 

Continuò a ripetersi, cercando di convincersi di aver preso la decisione migliore, ma il dolore non diminui`. Si fece anzi sempre più forte, spingendolo a desiderare di strapparsi il cuore dal petto per non essere più costretto a sentirlo, per metterlo finalmente a tacere. Ma forse, anche così, non sarebbe riuscito a liberarsene. 

-Maledetto Ranma, come hai osato far piangere la mia futura sposa? 

Ma cosa… 

Ryoga. Che diavolo ci faceva lì e perché gli era apparso davanti così all’improvviso? E poi, cos'è che aveva appena detto? 

Ma certo, adesso era tutto chiaro. 

-Quindi saresti tu il famoso fidanzato di cui mi parlava - considerò e le sue labbra si incresparono in un sorriso amaro - scommetto che è stato Soun a convincerti a portare avanti questa penosa farsa, e qualcosa mi dice che bramavi di avvicinarti così ad Akane, non è forse vero? Dovresti vergognarti di te stesso, la stai solo ingannando! 

-Ma senti da che pulpito - ribatte` l'altro, senza perdere un colpo - mi sembra che anche tu ti sia comportato esattamente alla stessa maniera, spacciandoti per un altro solo per poterla circuire di nuovo, prima di abbandonarla come una scarpa vecchia. Sei l'essere più ignobile della terra e non ti perdonerò mai per quello che hai fatto. Preparati a morire! 

Si lanciò contro di lui, cercando di colpirlo con una raffica di calci e pugni che Ranma si limitò a schivare a lungo, rifiutandosi di combattere. 

-Non hai capito niente come al solito, razza di scemo! 

Rispose, parando con impareggiabile maestria l'ennesimo colpo che, anziché abbattersi sulla sua faccia, finì per sfiorare l'aria a soli pochi centimetri dalla sua guancia, provocando l'ira feroce dell'avversario che, più agguerrito che mai, non aveva alcuna intenzione di perdere. 

-Stai zitto e combatti! 

-Non ho tempo per questo, smettila! 

-Ti farò pentire di essere nato! 

-Credimi, lo sono già. 

-Fai anche lo spiritoso, adesso? Pusillanime che non sei altro, ti chiuderò quella bocca per sempre! 

Gli lanciò contro il pesante ombrello con cui era solito viaggiare, inseparabile arma di cui il ragazzo col codino riuscì ad appropriarsi prima di atterrarlo con un calcio ben assestato, premendolo contro il suo petto fino a fargli mancare il respiro. 

-Adesso basta, pezzo di imbecille - gridò a un centimetro dal suo viso - non capisci che ho rinunciato a lei per sempre? Non si può più tornare indietro, è finita! È finita davvero, stavolta. Ti prometto che non mi avrete mai più tra i piedi, in cambio ti chiedo solo di prendertene cura. Sai, sono contento che sia tu e non un altro, perché ti conosco e so che, qualunque cosa accada, saprai tenerla al sicuro. 

Ranma si allontanò di scatto, facendo un balzo indietro e il rivale sentì con sollievo che l'aria tornava a riempirgli i polmoni mentre l'altro lanciava l'arma ai suoi piedi, voltandogli le spalle per nascondere le lacrime che, ormai incapace di frenare, si divertivano a pungergli le palpebre come dispettosi spilli. Ma era troppo tardi. Ryoga si era accorto del dolore che si portava dentro, rimanendone talmente colpito da non riuscire proprio a smettere di pensarci neppure quando, ormai rimasto solo, decise di tornare a casa. Semmai avesse ritrovato la strada. 


§

 

Akane si sentiva umiliata e provava tanta vergogna. Come aveva fatto a equivocare tutto? Accidenti, che stupida era stata a credere che anche lui provasse qualcosa di più che una semplice amicizia, ma evidentemente così non era. Si era comportato in modo talmente aggressivo che non c'erano proprio dubbi in proposito. Si era sbagliata e non poteva certo fargliene una colpa, ma gridarle contro a quel modo… 

 D'un tratto il ragazzo gentile e disponibile che aveva conosciuto era svanito, lasciando il posto a un individuo tanto rabbioso e irruento da intimidirla non poco. Eppure, il modo in cui l'aveva sempre guardata… 

La sua indole, all'apparenza tranquilla e pacata… 

No, era tutta un'enorme bugia. Quella era la sua vera natura e al momento giusto l'aveva mostrata, infischiandosene delle conseguenze. Non gli importava di lei, dopotutto. Come poteva non averlo capito subito? Un'ingenua, ecco cos'era stata. Suo malgrado riprese a singhiozzare senza controllo, asciugandosi in fretta il viso bagnato di lacrime quando sentì qualcuno bussare alla porta della sua camera. 

-Avanti. 

Disse, tentando con scarsi risultati di assumere un tono di voce normale. Poi, accadde tutto in un attimo. Lo vide inciampare nella libreria lasciata fuori posto e questa gli cadde rovinosamente addosso con un sordo tonfo, seppellendolo sotto una montagna di libri. 

-Oddio Ryoga, sei tutto intero? Mi dispiace tanto, è colpa mia, volevo spostare la libreria dall'altra parte della parete e lo avrei fatto a breve, ma non potevo certo immaginare che l'avresti beccata in pieno. Perdonami, ti prego, a quanto pare non ne faccio una giusta! 

Si precipitò sul luogo del disastro con aria colpevole, aiutandolo a rialzarsi. Ci aveva messo un intero pomeriggio a ritrovare la strada di casa ed era quella l'accoglienza che meritava? Maledizione, non gliene andava bene una.

-Non preoccuparti, sto bene. 

Disse, sospirando affranto, togliendosi di bocca un pezzo di carta finito accidentalmente tra le sue labbra. 

Ehi, un momento. 

Non si trattava affatto di un comune pezzo di carta. Era una fotografia e l'immagine che rimandava pareva tra le più felici che avesse mai visto. La rigiro` tra le dita, mentre sentiva il cuore andare a fondo come una pietra. Nella foto Akane era insieme a Ranma ed entrambi sorridevano allegri. Probabilmente la custodiva dentro a uno dei suoi libri e in tutta quella confusione era venuta fuori, magari per ricordargli il peso di una triste realtà che ancora faticava ad accettare. Sollevò lo sguardo verso la ragazza, leggendo nei suoi occhi arrossati dal pianto lo stesso dolore già incontrato in quelli di Ranma. Per quanto ci provasse, non riusciva proprio a togliersi dalla mente quell'espressione disperata dipinta sul suo viso, così come non poteva ignorare le lacrime di Akane. Aveva sperato che, trascorrendo del tempo insieme, lei avrebbe presto imparato ad amarlo ma, a quanto pare, era e sarebbe per sempre rimasto un bellissimo sogno. Il suo sogno, ormai miseramente crollato come un castello di carte. Doveva imparare ad accettarlo e andare avanti. Quella foto li ritraeva felici e uniti, continuare a tenerli separati non era giusto. Akane doveva conoscere la verità. Le si avvicinò timidamente,  porgendole la piccola immagine che la minore delle Tendo si ritrovò a fissare a lungo con gli occhi sgranati, paralizzata dallo shock. 

-Akane, ascoltami bene ora. C'è qualcosa di molto importante di cui devo parlarti… 


§

 

Era ormai sera quando raggiunse il locale a testa bassa, trovandola intenta a riporre ordinatamente gli utensili da cucina nei capienti cassetti, esibendosi in un largo sorriso non appena si accorse della sua presenza. 

-Ranma, che bella sorpresa! Un secondo e sono da te. Vedrai, ti preparerò una okonomiyaki ai gamberetti da leccarsi i baffi. Sai, ho appena inventato una salsa che devi assolutamente provare! 

-Ti ringrazio, ma non ho fame. In realtà avrei solo bisogno di un'amica, adesso. 

Rispose di rimando, prendendo posto su uno dei comodi sgabelli messi a disposizione dei clienti. 

"Sai bene che potrei essere molto più di questo, se solo tu lo volessi." 

-Hai un'aria così seria, cos'è successo? 

Il ragazzo si lasciò andare a un lungo sospiro rassegnato, prendendosi la testa fra le mani. Aveva vagato in lungo e in largo per la città praticamente per l'intera giornata nella speranza di mettere ordine nella sua testa, ormai sempre più somigliante a una enorme matassa infeltrita di cui, neppure volendo, sarebbe mai riuscito a ritrovare il bandolo. 

-Perché, in un modo o nell'altro, finisco sempre per fare del male alle persone che amo? Cosa c'è che non va in me, Ukyo, si può sapere? 

Mormorò senza guardarla mentre la giovane lasciava la sua postazione dietro al bancone per sedergli accanto, l'aria preoccupata. 

-Ehi, non c'è… assolutamente niente che non vada in te. Anzi, sei perfetto così come sei. Si può sapere da dove ti vengono certe idee? 

Chiese, sfiorandogli una spalla in segno di conforto. Fu allora che Ranma sollevò finalmente lo sguardo. 

-L'ho ferita di nuovo - disse con espressione vuota - non so se riuscirò mai a perdonarmelo. 

La vide mordersi le labbra e scuotere la testa più volte, come a voler cancellare le sue parole prima di decidersi a rispondere. 

-Stai per caso parlando di Akane? Già, cosa te lo chiedo a fare. Del resto è perfettamente naturale che invece di venire a trovare me entri qui per parlarmi della tua ex fidanzata, che a questo punto avresti dovuto lasciarti definitivamente alle spalle! Ma no, continui a rimuginarci sopra sperando che le cose tra voi tornino a posto, invece di accettare una volta per tutte che è finita per sempre! Quand'è che la smetterai di trattarmi come il tuo capro espiatorio e ti accorgerai finalmente che anch'io sono una donna? Una donna che, se glielo chiedessi, farebbe di tutto per te. Perché non lo capisci? 

Quell'improvvisa sfuriata lo colse in contropiede, lasciandolo sbalordito. Conosceva da tempo i suoi sentimenti, tuttavia non ebbe la forza per occuparsi anche di quello. 

-Mi dispiace, Ukyo - disse a voce bassa - ma non posso darti ciò che vuoi. Ti voglio bene e per me resterai sempre la mia migliore amica, ma non potrai mai essere più di questo. Scusami, ho avuto una giornata dura. Avevo solo bisogno di sfogarmi. 

-E ai miei, di sfoghi, chi ci pensa? 

Esclamò lei con voce rotta, tornando in fretta dietro al banco da lavoro e voltandogli le spalle per fingersi in gran faccende, nel tentativo di nascondere le sue lacrime. 

-Ukyo, io non… 

-Vai via, per favore. 

-Ehi, non fare così. 

Sussurrò, pieno di rimorsi. 

-Ti ho detto di andartene! Cos'è, sei sordo per caso? 

La sentì gridargli dietro. Sussultò, poi si avviò lentamente verso l'uscita. Benissimo. La degna conclusione di una giornata da dimenticare. Ora, per colpa sua, ben due donne stavano soffrendo.

 Complimenti Ranma, ottimo lavoro. 

In procinto di lasciare il ristorante si accorse di una figura familiare che, proprio dall'altra parte della strada, correva in direzione del parco. Quella era… Akane? Cosa ci faceva in giro dopo il tramonto, e per quale motivo aveva l'aria di essere tanto sconvolta? D'un tratto non importava più la promessa fatta a se stesso di restarle lontano, e al diavolo anche Ryoga. Doveva seguirla. 

 

continua… 







 

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Capitolo 7
*** Parte 7 - Ti ricordi di me? ***



Ranma passò in rassegna ogni angolo del parco alla sua ricerca, ma di lei nessuna traccia. A quel punto sospirò affranto, pensando di gettare la spugna. Probabilmente aveva preso una cantonata, Akane doveva per forza trovarsi altrove ma, proprio quando stava per andarsene, un singhiozzo convulso nelle vicinanze catturò la sua attenzione. Tese l'orecchio in direzione di quel pianto sommesso, e fu allora che comprese. Ma certo. Era l'unico posto in cui non aveva controllato, e quei grossi tubi di metallo accatastati vicino al tronco di un albero, erano sicuramente abbastanza larghi da permettere a una persona di rifugiarvisi dentro. Avanzò molto lentamente, stando bene attento a fare il meno rumore possibile, poi si chinò su uno di essi. Akane era lì, rannicchiata su se stessa e sembrava… disperata. Possibile che stesse in quelle condizioni per ciò che lui le aveva detto quella mattina? Se così fosse stato, non se lo sarebbe perdonato. Ma doveva comunque saperne di più. 

-Akane, ehi, che succede? Cosa ci fai qui a quest'ora? 

Sussurrò cercando di non spaventarla, allungando un braccio e sfiorandole appena una spalla nel tentativo di consolare quel pianto dirotto che tanto lo stava straziando. La ragazza rispose con un violento strattone che lo fece sussultare, costringendolo a ritirare la mano mentre la vedeva sollevare il viso, ormai inondato di lacrime cocenti. 

-Vattene via, sei solo un bugiardo! 

Gridò, e le sue guance si arrossarono per lo sforzo. Seppur impressionato da quelle parole, Ranma decise di non darsi per vinto. Si inoltro` così all'interno del tubo, accoccolandosi accanto a lei. C'era uno strano odore stantio lì dentro, che gli diede la nausea. Doveva portarla via al più presto da quel luogo polveroso. 

-Cosa stai dicendo - chiese, e d'un tratto fu come se una mano gelida gli artigliasse la nuca - non è che per caso, tu… 

Lasciò la frase in sospeso, senza avere la forza di continuare. Akane si accascio` portandosi le mani alla testa, ora stretta in una spasmodica e dolorosa spirale di luci, suoni e odori che con forza si fecero strada in lei, violandole il cuore e la mente in una violenta esplosione di ricordi che la fece capitolare. 

-La mia testa… falla smettere, ti prego! Falla smettere! 

Continuò a urlare in preda al panico finché Ranma non la prese fra le braccia, cercando di calmarla. 

-Akane, che cos'hai? Dimmelo! 

Esclamò preoccupato, guardandola dimenarsi contro di lui che, completamente impotente, non poteva far altro che aspettare che quella crisi spaventosa si placasse. 

-La testa… mi fa tanto male! Non riesco a… Ranmaaaaaaa! 

Quel nome, d'improvviso chiaro e prepotente, sboccio` dalle sue labbra come un fiume in piena e senza che potesse fermarlo prima che le ultime forze rimastele venissero meno, facendola sprofondare nell'incoscienza. 


Le accarezzò una guancia col dorso della mano, attendendo pazientemente che si risvegliasse. Quando aveva perso i sensi, Ranma si era convinto che la soluzione migliore fosse quella di portarla a casa propria. I suoi genitori erano partiti per un viaggio e non sarebbero tornati prima di qualche giorno, almeno non avrebbe dovuto loro alcuna spiegazione al riguardo. L'aveva adagiata sul futon, coprendola con lenzuola leggere e aprendo la finestra per far arieggiare la stanza. Voleva metterla il più possibile a suo agio dopo la tremenda crisi affrontata.

Prima, in preda al dolore, aveva gridato il suo nome. Sì, non poteva di certo sbagliarsi. Questo significava una sola cosa. Akane si era ricordata di lui. Il sollievo però lasciò ben presto il posto all'inquietudine, rendendolo preda di mille dubbi. E adesso, in che modo avrebbe affrontato la situazione? 

"Niente panico, risolveremo il problema non appena si presenterà." 

Giusto. Doveva prima esserne assolutamente sicuro. Avvertì il lento fruscio delle lenzuola, segno evidente che la giovane aveva appena ripreso conoscenza. E infatti eccola lì, intenta a riaprire gli occhi poco dopo, solo per guardarsi intorno con aria smarrita. 

-Ciao, come ti senti? 

Mormorò il ragazzo col codino, rivolgendole un timido sorriso. 

-Dove mi trovo? 

La sentì domandare dopo qualche istante, fissandolo come se non riuscisse a metterlo bene a fuoco. 

-Sei a casa mia, ti ho portata qui perché eri svenuta. Stai meglio, adesso? 

Si stropicciò gli occhi più volte, confusa e disorientata, poi tornò a incrociare i suoi, indugiandovi a lungo come se volesse leggergli dentro prima di bisbigliare tra sé: - Yu… 

E poi, con la stessa potenza di uno tsunami, i ricordi si susseguirono nella sua mente come vivide istantanee. Il primo incontro a casa… il tavolo che gli aveva lanciato addosso quando, trasformatosi in ragazza, le aveva fatto notare quanto il suo fisico fosse migliore del proprio… il loro primo bacio, nel buio della sua camera e tutti i meravigliosi momenti trascorsi insieme. Ma anche la rovinosa caduta dalle scale, le sue ignobili bugie e l'orribile modo in cui l'aveva trattata nel momento in cui, credendo che fosse sincero gli aveva aperto il cuore, rivelandogli i suoi sentimenti… 

Ma lui non era stato sincero. L'aveva ingannata nel peggiore dei modi e si era fidata come una stupida. Il rancore l'assali` di colpo, scorrendole dentro fino a bruciarle le vene. 

-Ranma! 

Gridò, abbandonando il letto per fulminarlo con un'occhiata sinistra che lo raggelo`all'istante mentre scrocchiava le dita una ad una, pregustando già il momento in cui le avrebbe strette attorno al suo collo. E, a giudicare da come lo guardava, quel momento era di sicuro molto vicino. 

-Ti ricordi di me? Questo vuol dire che ti è tornata la memoria? 

Domandò lui, cercando vigliaccamente di prendere tempo. Ma Akane, livida di rabbia, continuava ad avanzare minacciosa nella sua direzione e questo non lo aiutava certamente a pianificare le prossime mosse. Anche se, ormai, di fronte a quella furia cieca, qualsiasi cosa avesse fatto gli si sarebbe ritorta contro. 

-Maledetto, idiota schifoso! Come hai potuto prenderti gioco di me, approfittandoti della mia vulnerabilità? Come hai fatto a guardarmi negli occhi per tutto questo tempo e negarmi la verità? Mi hai preso in giro, ti odio! 

Mentre parlava le sue mani afferrarono la preziosa lampada variopinta sul comodino, minacciando di scagliargliela addosso e costringendolo così a strisciare lungo le pareti come un ninja, nel faticoso tentativo di raggiungere la porta e fuggire verso il soggiorno nel minor tempo possibile. 

-Cosa fai? Quella no, mia madre ci tiene molto! Mettila giù, se dovesse rompersi mi ucciderebbe! 

Esclamò, guardandola con orrore brandirla per aria come un'arma prima di prepararsi a scivolare nella minuscola intercapedine creatasi tra lei e la libreria, che avrebbe di certo ritardato la sua morte, fosse anche solo per guadagnare qualche prezioso secondo di vantaggio. 

-Non preoccuparti di questo, perché sarò io a ucciderti per prima! 

-Fermati, ti prego, lascia che ti spieghi! 

-Cosa vorresti spiegarmi, traditore e bugiardo che non sei altro! Mi hai mentito, mi avete mentito tutti… ma tu, tu sei il peggiore! Chissà quante grasse risate ti sarai fatto alle mie spalle. Vieni qui e fatti colpire! 

Continuò a inseguirlo per tutta la stanza, finché Ranma si accorse di aver appena esaurito le opzioni a sua disposizione. Fece un passo indietro, rendendosi conto solo allora che Akane non aveva fatto che girare in tondo, quasi seguisse uno schema ben preciso, prevedendo le sue mosse fino a inchiodarlo alla parete. Era in trappola. Dannazione. Come mai, di punto in bianco, quell'imbranata era diventata tanto abile nel fregarlo? Sembrava parecchio migliorata, doveva ammettere di averla sottovalutata. 

-Cerca di calmarti, non giungiamo a conclusioni affrettate! 

Disse, sollevando un braccio a mezz'aria per proteggersi dai suoi eventuali attacchi. Non voleva certo mettersi a lottare contro di lei, né tantomeno farle male. 

-Yu, eh? Come diavolo ti è venuto in mente di spacciarti per un altro, si può sapere? 

Fiamme ardenti parevano danzare nei suoi occhi scuri. 

-Era l'unico modo per starti vicino. 

Provò a giustificarsi ma, a giudicare dall'espressione che aveva, le sue parole non sortirono l'effetto sperato. 

-Di che accidenti stai parlando? Piantala di arrampicarti sugli specchi, sei solo bravo a raccontare bugie! 

Gridò, infatti, con quanto fiato aveva in corpo. Se pensava di cavarsela rifilandole simili stupidaggini era completamente fuori strada. 

-Akane, ascoltami, non ti sto mentendo. Non stavolta. 

Ritento`. 

-Come posso crederti dopo quello che mi hai fatto? 

Porto` indietro le braccia, preparandosi a scaraventargli contro l'elegante oggetto che, presa com'era dalla voglia matta di farlo secco seduta stante, non si era neppure preoccupata di identificare, afferrando la prima cosa che le era capitata a tiro. Il giovane voltò la testa dall'altra parte, trattenendo il respiro. 

-Nasconderti la mia vera identità era l'unica maniera che avevo per restarti accanto, non c'era altra soluzione. 

-Avresti potuto continuare a farlo, come sempre! 

-No che non potevo! 

-Perché no? 

-Perché tuo padre mi ha costretto ad andarmene di casa! 

Urlo`, serrando forte le palpebre in attesa del colpo di grazia, che però non arrivò. Quando riaprì lentamente gli occhi la piccola Tendo lo fissava a bocca aperta e solo per un pelo riuscì, grazie ai suoi attenti riflessi, a mettere in salvo la lampada che la ragazza, in preda allo stupore più totale, aveva inavvertitamente lasciato cadere, rischiando di ridurla in mille pezzi. 

-Per quale motivo mio padre avrebbe fatto una cosa del genere? 

Chiese, non appena ritrovò la voce. 

"Per lo stesso motivo per cui ti ha fatto credere di essere fidanzata con Ryoga." 

La rabbia era di colpo sbollita, lasciandole dentro solo un grande e doloroso senso di vuoto. 

-Anche se è stata Ranko a spingerti giù per le scale - spiegò Ranma, più calmo - Soun ha pensato che fossi l'unico responsabile dell'incidente che ti ha portato via la memoria, così… 

-Ma è ridicolo - lo incalzò - sapeva che non mi avresti mai fatto alcun male! Tu e Ranko eravate due individui separati in quel momento e neanche volendo avresti potuto prevedere le sue mosse, perciò non è stata affatto colpa tua e lo sai bene.

Silenzio. Cercò il suo sguardo sfuggente. 

-Ranma? Lo sai, non è vero? 

Lo vide abbassare la testa con aria colpevole. Oh, no. Anche lui credeva… 

Beh, stando così le cose, non c'era altra soluzione. Lo investì con una secchiata d'acqua gelida che lo colse alla sprovvista, facendolo annaspare. 

-Ma che fai, è freddissima! 

Protesto` con la voce squillante della sua controparte che, com'era prevedibile, si materializzo` davanti a lei, togliendole ogni dubbio ancora esistente. A quanto poteva vedere, la maledizione non era svanita. Ranko era tornata al suo posto, non avrebbe più potuto nuocere a nessuno. 

-Stai zitto e seguimi! 

Disse, tirandolo per una manica. Lo trascinò in fretta di fronte allo specchio, incrociando le braccia al petto in una leggera espressione di rimprovero. 

-Guardati, adesso. Qualunque cosa ti abbia messo in testa mio padre per riempirti di sensi di colpa, non è assolutamente vera. So bene che non potresti farmi del male. Non ho paura di te, che tu sia uomo o donna. E nemmeno tu dovresti averne di te stesso. Non sei responsabile di niente. 

 

Ranma fissò a lungo con gli occhi sgranati l'immagine che lo specchio gli rimandava, finché una teiera d'acqua calda non gli restituì le sembianze di un uomo. Akane aveva ragione. Non c'era nulla che non andasse in lui, non doveva più aver paura. In quello stesso istante, l'insopportabile peso che dal giorno dell'incidente gravava sulle sue spalle si dissolse lentamente nell'aria, permettendogli di riprendere a respirare. Mentre la vedeva avvicinarsi, notò con sollievo che sul suo bel viso non vi era più traccia di quella rabbia furiosa che solo poco prima le aveva distorto i lineamenti, rendendola facile preda di violente emozioni. Sembrava più serena adesso e non poté che esserne felice. 

-Devi toglierti questi vestiti bagnati di dosso, altrimenti ti verrà un raffreddore. 

La sentì dire e, prima che potesse risponderle, le sue mani gli avevano già sollevato la maglietta con l'intento di aiutarlo a sfilarla via ma, d'un tratto, senza neppure sapere il perché, si era ritrovata a indugiare sulla pelle calda e umida di quei pettorali ben scolpiti da duri allenamenti, accarezzandoli timidamente e facendolo fremere e arrossire insieme. I muscoli si tesero sotto il suo tocco delicato, in un chiaro invito a proseguire. La ragazza attirò quindi la sua testa verso il basso, specchiandosi solo per un attimo negli occhi chiari del fidanzato per poi dedicarsi alle sue labbra, che catturò in un bacio al quale Ranma rispose con tutto l'ardore di cui era capace, prendendole il volto fra le mani e finendo - preso com'era dall'improvviso entusiasmo - per spingerla contro la parete di fronte, bloccandola col proprio corpo. A quel punto, vergognoso e con le guance ormai paonazze si ritrasse bruscamente, staccandosi da lei con il respiro corto e sforzandosi di ignorare il suo debole mugolio di protesta, non appena lo fece. 

-Mi dispiace, io… è meglio se ci fermiamo. 

Bofonchio`, facendosi di mille colori. Akane si incupì, scuotendo piano la testa. 

-Cosa ti fa pensare che abbia voglia di lasciarti andare? 

Mormorò ammiccante, facendogli desiderare di tornare ad assaggiare quelle labbra morbide che il lungo bacio di prima aveva reso tumide e per questo ancor più invitanti. Quanto gli era mancato il suo dolce sapore. Fece un respiro profondo, tentando faticosamente di riprendere il controllo delle emozioni. Cosa piuttosto difficile, se gli era tanto vicina da poter sentire il profumo che emanava la sua pelle. 

-Akane, se continui a baciarmi così credo che non riuscirò più a… 

-Non farlo, allora - lo interruppe, speranzosa, mentre le guance candide si tingevano di rosa - non di nuovo. Non questa volta. Ho bisogno di sentirti vicino. 

La fissò, sorpreso. 

-Tu… tu lo vuoi davvero? 

-Con tutto il cuore - rispose - e… tu? 

Il giovane sorrise. 

-Non c'è niente che desidero di più. 

A quel punto i baci si fecero via via più ardenti e impetuosi e la passione prese ben presto il sopravvento, spingendoli a raggiungere il futon per liberarsi febbrilmente dei vestiti, divenuti d'un tratto troppo stretti. Ranma si fermò un attimo per riprendere fiato, staccandosi a fatica dall'umido calore di quelle labbra dischiuse per contemplarla in tutto il suo magnifico splendore ora che, completamente nuda giaceva al suo fianco, facendola avvampare di vergogna ed eccitazione insieme. 

-Non guardarmi in quel modo - disse infatti - mi metti in imbarazzo. 

-S… scusami, è che… sei… sei… 

Il viso raggiunse le tonalità del porpora. 

-Sei così bella che… 

-Ranma, stai tremando. 

Considerò lei, sfiorandogli le braccia per accarezzarle in tutta la loro lunghezza, sperando così di riuscire a placare anche i battiti impazziti del proprio cuore, rapito ormai da un'altalena di emozioni e sensazioni completamente nuove per entrambi. 

-Io… non so che cosa fare. 

Lo sentì balbettare in preda  all'agitazione e questo la riempì di tenerezza. 

-Lo scopriremo insieme. 

Disse, sorridendogli rassicurante e attirandolo a sé per ricominciare a baciarlo con trasporto. Sentì le dita, inesperte e tremanti farsi lentamente strada su di lei, percorrendole i fianchi sinuosi in una tenera carezza che la fece rabbrividire di piacere prima di risalire piano lungo le spalle color alabastro, ansimando più forte e vedendolo sussultare quando il palmo della sua mano incontrò la morbida curva di uno dei seni. Fu un tocco gentile e leggero come un battito d'ali, ma tanto bastò a farle capire quanto fosse grande il suo bisogno di prolungare quel contatto il più possibile, per essere sicura che non si trattasse di un sogno. Che fossero davvero lì, insieme, distesi sul futon e rapiti l'uno dall'altra. 

-Non fermarti, ti prego. Toccami. 

Gli prese la mano guidandola verso il suo petto, dove la pelle calda parve tendersi sotto le sue dita timorose. Ranma deglutì con forza, accorgendosi solo allora di aver trattenuto il respiro. Come aveva potuto accusarla di non essere abbastanza femminile, quando era perfettamente consapevole di non aver mai visto nulla di più bello di quelle curve meravigliose, in tutta la sua vita? Dio, quanto la voleva. Si spostò su di lei, alternando baci e carezze nella lenta esplorazione del corpo candido della donna che amava, assaporandolo a lungo fino a strapparle intensi mugolii di piacere, facendole tremare le ginocchia e infiammandola di desiderio mentre la sentiva avvolgere le gambe attorno ai suoi fianchi, pronta ad accoglierlo dentro di sé. 

-Ti amo, Akane. 

Le bisbigliò all'orecchio con voce arrochita, affondando dolcemente in lei. Era così calda. La baciò con passione, raccogliendo con la lingua i suoi gemiti e lasciando che si inarcasse contro di lui al ritmo di ogni sua  spinta, finché vedere i suoi occhi riempirsi di lacrime non lo destabilizzo`, costringendolo a irrigidirsi di colpo. 

-Ti ho fatto male? 

Azzardo`, preoccupato. Probabilmente era stato un po' troppo impetuoso, ma il bisogno di possederla si era fatto d'un tratto così forte da non poter resistere oltre. Akane scosse lentamente la testa. 

-Sto bene. 

Disse, ed era vero. Il dolore iniziava pian piano a diminuire, lasciando il posto a un indescrivibile piacere che dal basso ventre si irradiava lungo tutto il suo corpo, portandola a fremere senza controllo tra le forti braccia che la stringevano. 

-Sicura? Stai piangendo. 

Le fece notare, scrutandola con leggera apprensione. 

-È solo che… è la prima volta che dici di amarmi. 

Le labbra del ragazzo si aprirono in un largo sorriso poco prima che, finalmente rincuorato, tornasse a occuparsi di lei, asciugando le sue lacrime con una scia di morbidi baci che la piccola Tendo si guardò bene dall'interrompere. 

-Ranma? 

Sussurrò infine, guardandolo con occhi ardenti di desiderio.

-Mmm? 

-Ti amo anch'io. Ti amo da morire. 

 Fu l'ultima cosa che disse prima che gemiti e sospiri prendessero il posto delle parole, trascinandoli in un vortice di crescente passione da cui non riuscirono a fare ritorno se non alle prime luci dell'alba quando, esausti e appagati, scivolarono pian piano nel sonno stretti l'uno all'altra. 


continua… 

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Capitolo 8
*** Parte 8 - Perdonami, Akane ***



Quando Akane si svegliò Ranma non era più al suo fianco e questo la destabilizzo`, mettendole in testa delle idee che, solo qualche secondo più tardi, giudico` come ridicole. Accidenti, che sciocca era. Come poteva pensare che l'avesse abbandonata? Dove voleva che andasse, in fondo quella era pur sempre casa sua. Scosse la testa divertita, poi sospirò ravviandosi i capelli mentre sgusciava via dalle lenzuola, raggiungendo a piedi nudi l'armadio di fianco al letto. Da lì, dopo una veloce occhiata, scelse una semplice camicia di almeno due taglie più grandi che non perse tempo a indossare, arrotolando le maniche fin sopra i gomiti. A quel punto si rimirò allo specchio soddisfatta e fece una piroetta, senza riuscire a smettere di ridere. Si sentiva talmente felice ed euforica da avere quasi l'impressione di camminare sulle nuvole. La notte appena trascorsa insieme al fidanzato era stata la più bella di tutta la sua vita, tanto che avrebbe voluto non finisse mai. Arrossendo fino alla radice dei capelli e con un sorriso da un orecchio all'altro si ritrovò a ripercorrere con la mente i magici momenti passati tra le sue braccia, dove le parole avevano di colpo perso ogni significato. Dove l'intima comunione dei loro corpi, stretti l'uno all'altra, era l'unica cosa che importasse davvero. Era quella la vera felicità? Non seppe dirlo con certezza, ma di una cosa era assolutamente sicura: per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva davvero bene. Uscì dalla stanza per raggiungere la cucina, allettata da un delizioso profumino che le riempì le narici, risvegliandole velocemente l'appetito. Fu allora che lo vide. Di spalle e totalmente immerso in ciò che stava facendo, non si accorse della presenza della ragazza finché lei non lo abbracciò da dietro, cogliendolo di sorpresa. 

-Buongiorno - disse allegra, posandogli un bacio sulla spalla - che buon profumo. 

-Ehi - fece lui, senza voltarsi - ben svegliata. Sto preparando del riso al vapore e una zuppa di *miso e *tsukemono. 

-Non vedo l'ora di assaggiare tutto! 

Con un salto si appollaiò sullo spazioso ripiano da lavoro, senza neppure curarsi del fatto che avrebbe potuto sporcarsi facilmente. 

-È quasi pronto. 

Annunciò Ranma e solo allora si voltò verso Akane, restando a bocca aperta. 

Ma cosa… 

Come le era venuto in mente di indossare una delle sue camicie? 

-Che ti sei messa? 

Chiese, increspando le labbra in un sorriso sornione. Dio, se le donava! Le guance rosse e gli occhi accesi, insieme a quel candido indumento le conferivano l'aspetto di un angelo appena disceso dal cielo. Il suo angelo. Completamente ignara del tumulto di emozioni che, con la sua sola presenza era in grado di scatenare nel cuore del giovane, la piccola Tendo abbassò la testa, scrutandosi imbronciata. 

-L'ho presa in prestito dal tuo armadio - disse - è un po' larga, ma… 

-Ti sta bene. 

La interruppe, annullando con un passo la distanza che li separava per sistemarsi tra le sue gambe flessuose che la camicia lasciava in parte scoperte, accarezzandole i fianchi attraverso la stoffa leggera fino a farla rabbrividire di piacere, resistendo all'impulso di sfilargliela di dosso e ricondurla nella sua camera per una nuova "sessione amorosa". Akane però sembrava ancora un po' stanca ed entrambi avevano bisogno di mettere qualcosa nello stomaco. Si limitò così a stringerla a sé, affondando la testa nell'incavo della sua spalla per respirarne il dolce profumo. La fidanzata gli cinse il collo con le braccia. 

Cavolo, com'era sexy con quel grembiule colorato addosso! 

-Perdonami - lo sentì sussurrare, di punto in bianco contro la sua pelle - per tutto quanto. Non volevo ferirti col mio comportamento, ma rinunciare a te era troppo difficile. Poi, quando mi hai confessato i tuoi sentimenti sono andato in confusione, credendo di aver sbagliato e che la decisione migliore, a quel punto, fosse quella di allontanarti da me… 

-Perché anche tu, come mio padre, eri convinto che la colpa di tutto fosse tua. 

Fini` la frase per lui, avvertendo il suo respiro farsi sempre più pesante. 

-Oh Ranma, va tutto bene - aggiunse, stringendolo più forte per rassicurarlo - non parliamone più. 

Il ragazzo col codino sollevò lentamente la testa. 

-C'è una cosa che mi stavo chiedendo. 

Disse a voce bassa. 

-Dimmi. 

Affondo` le mani tra i suoi folti capelli corvini, ravviandoli in una tenera carezza. 

-Come hai fatto a recuperare i ricordi, è successo all'improvviso? 

-Sono state le parole di Ryoga a richiamare la memoria - spiegò Akane dopo un breve momento di silenzio - Lui mi ha messo tra le mani una fotografia in cui noi due eravamo ritratti insieme, rivelandomi che tu eri il mio vero e unico fidanzato, che tutti mi avevano mentito e… lo shock è stato tale da spingermi a scappare di casa senza dire una parola. Avrei dovuto quantomeno ringraziarlo per essere stato l'unico ad avermi rivelato la verità, invece l'ho piantato lì e sono fuggita. 

Se le cose stavano davvero così, anche Ranma avrebbe dovuto tenere a mente di ringraziarlo, prima o poi. Le prese il viso fra le mani, baciandola a lungo sulla bocca con una naturalezza che stupì persino se stesso poiché, se solo ripensava alla sera prima, quando timido e vergognoso aveva lasciato che le dita tremanti si facessero strada su di lei, gli pareva quasi di essere una persona diversa. Più consapevole dei suoi sentimenti. Quel ragazzino insicuro e spaurito faceva indubbiamente ancora parte di lui, ma i suoi movimenti erano di certo più fermi e sicuri adesso, a testimonianza della tenera complicità creatasi tra i due, dopo aver dedicato un'intera notte alla lenta esplorazione di quel corpo meraviglioso, di cui ormai era sicuro di conoscere a menadito ogni minuscolo anfratto. La realtà, però, pendeva inesorabile sulle loro teste come un'impietosa spada di Damocle e, per quanto fosse fastidioso ammetterlo, non avrebbero potuto fuggirla per sempre. 

-Akane - sussurrò così sulle sue labbra, ottenendo in risposta un piccolo suono che pareva tanto assomigliare a un gemito infastidito - credo che… 

-No. Non dirlo. 

-Dovresti… 

-Stai rovinando il momento. 

-Tornare dalla tua famiglia. 

La fidanzata sbuffò. 

-Ecco. Lo hai appena rovinato. 

Sentenziò, accigliata. Ranma sospirò. 

-Sai che ho ragione. 

-Non tornerò a casa. Mi hanno mentito tutti quanti. 

Insistette, irremovibile. I penetranti occhi chiari del giovane catturarono i suoi in una morsa invisibile, indugiandovi a lungo fino a specchiarcisi dentro. 

-Anch'io ti ho mentito. 

Ammise, lapidario, ma la vide scuotere energicamente la testa. 

-È diverso. Non avevi scelta. 

-Per favore, ascoltami… 

-No, ascoltami tu - lo incalzò, agitandosi sul ripiano e costringendolo a indietreggiare di qualche passo - potrei anche passare sopra al fatto che si siano divertiti a raccontarmi un sacco di bugie, e sarebbe già uno sforzo enorme da parte mia, ma non posso perdonare che mio padre ti abbia praticamente sbattuto fuori di casa senza troppe cerimonie, dandoti colpe che non avevi. 

-È stato solo per proteggerti. 

-In che modo mi avrebbe protetta, allontanandomi da te? Non tornerò lì, Ranma, è fuori questione! 

L'improvviso e insistente suono del campanello li interruppe di colpo, costringendoli a ricomporsi. 

-Aspetti qualcuno? 

Domandò Akane, rimettendosi velocemente in piedi. Il ragazzo fece spallucce. 

-No. È presto perché i miei rincasino e poi mio padre ha la chiave. Sarà meglio che vada a vedere chi è. 

Si diresse verso la porta d'ingresso, aprendola con uno scatto e… restando completamente di sasso. Davanti a lui, le sorelle Tendo. Spostò lo sguardo inebetito dall'una all'altra, notando che Kasumi era intenta ad asciugarsi gli occhi con un fazzoletto ormai intriso di lacrime. I loro volti scavati dalla preoccupazione lo supplicavano, muti. La minore fece un balzo indietro, affrettandosi a nascondersi nell'ombra e sperando di non essere già stata notata. 

-Ciao, Ranma - esordì Nabiki dopo un lungo e imbarazzato silenzio, rotto solo dall'insistente ticchettio dell'orologio da parete - so che siamo le ultime persone che ti saresti aspettato di vedere ma, credimi, se siamo qui è per una buona ragione. Akane è sparita all'improvviso, ieri sera. L'abbiamo cercata per tutta la notte senza alcun risultato e a questo punto siamo tutti davvero preoccupati, perciò pensavo che avresti… potuto aiutarci a ritrovarla. 

-Anche Ryoga se ne è andato portando via le sue cose, ma non credo proprio siano insieme. 

Le fece eco la maggiore, in crescente apprensione. Accidenti, non sapeva proprio cosa dire. Tenerle ancora sulle spine però sarebbe stato inutile, oltre che crudele da parte sua. Aprì di più la porta con un lungo sospiro, rivelando così alle ragazze la figura della sorella perduta che, dal canto suo, non poté far altro che incenerirlo con un'occhiata feroce quando lo sentì bisbigliare: - È qui. 

-Grazie tante! 

Gridò al suo indirizzo prima di correre a rifugiarsi in bagno, richiudendosi la porta alle spalle con un tonfo e facendo scattare la serratura, per impedir loro di entrare. Maledizione, come aveva potuto lasciare che la scoprissero a quel modo? Stupido traditore! Kasumi si accostò subito alla porta, bussando timidamente un paio di volte. 

-Akane, grazie al cielo stai bene, eravamo tanto in pena! Perché ti nascondi? 

Esclamò con voce tremante, visibilmente angosciata per quello strano gesto che, per quanti sforzi facesse, non riusciva proprio a spiegarsi. 

-Già, per quale motivo ti sei chiusa dentro, adesso? Su, esci da lì e torniamo a casa. 

Aggiunse Nabiki incrociando le braccia al petto, l'espressione incredula. 

-Mai! 

Fu ciò che ottennero in risposta. 

-Ma… 

-Con voi non verrò da nessuna parte, andate all'inferno! 

-Sì può sapere cosa diavolo sta succedendo? 

Domandò a quel punto, esterrefatta, facendo veramente fatica a non perdere la pazienza mentre indicava a Ranma la porta chiusa di fronte a loro. 

-Ecco… Akane ha recuperato la memoria. 

Spiegò lui, cauto. 

-Sul serio? Quando è successo? 

Chiese la più grande delle sorelle, giungendo le mani a mo` di preghiera ma rabbuiandosi subito dopo poiché, in quell'attimo, comprese finalmente il motivo del suo strano comportamento. 

-Ieri. Per questo, ora… 

Ranma lasciò la frase in sospeso, facendo un cenno eloquente in direzione della porta. 

-Capisco. Ecco perché è venuta da te. 

Considerò Nabiki con un sospiro sconsolato. 

-Sono stato io a portarla qui - continuò il giovane - era talmente sconvolta che non ho potuto fare altrimenti. 

Gli occhi di Kasumi tornarono a riempirsi di lacrime. 

-Akane, so che ce l'hai con noi, ma ti prego, perdonaci. Non avevamo intenzione di… 

-Vattene via, non voglio ascoltarti! 

Fu l'ennesima, secca risposta della piccola Tendo. Ranma si grattò la nuca, palesemente a disagio. 

-Sentite, io credo sia il caso di lasciarla calmare un po', per adesso. 

Disse. 

-Certo. Immagino tu abbia ragione. 

Convenne Nabiki e fece per andarsene ma all'improvviso parve ripensarci, trattenendosi davanti all'uscio e saltellando, sulle spine, da un piede all'altro, quasi incerta sul da farsi prima di riprendere la parola. 

-Eri tu il misterioso Yu, vero? 

Chiese a bruciapelo, cogliendolo alla sprovvista. 

-Come… come fai a saperlo? 

Sul viso della ragazza si dipinse un inequivocabile sorrisetto sornione. 

-Semplice, Akane si è confidata con Kasumi e, uno: non avrebbe mai potuto innamorarsi di nessun altro. Due: le ha fatto una bella descrizione del tuo aspetto, perciò, a meno che non si trattasse del tuo gemello… 

Alzò le spalle. 

Beh, lo avevano scoperto. Negare, a quel punto, sarebbe stato del tutto inutile. 

-Io… non sarei mai voluto arrivare a questo. Mi dispiace. 

-No, sono io quella che deve scusarsi. Chiederti di rinunciare a mia sorella è stato scorretto e meschino da parte mia, lo ammetto, per questo ti prego di perdonarmi. Riconosco che voi due siete davvero fatti l'uno per l'altra e, anche lontani, i vostri cuori hanno trovato il modo di ricongiungersi. 

Non sapeva cosa dire. L'imperturbabile Nabiki Tendo gli stava davvero chiedendo scusa? 

-Perdona anche me, Ranma - si intromise l'altra, la voce ridotta a un flebile sussurro - per non aver avuto la forza di fermare mio padre quando ti ha cacciato di casa. Ti prego, prenditi cura di lei. 

-Lo farò. Non state in pena, proverò a convincerla a tornare da voi. 

Sorrise ricambiando il loro cenno di saluto, poi attese che si allontanassero prima di richiudere l'uscio. A quel punto, bussò alla porta del bagno. 

-Akane, puoi aprire adesso. Se ne sono andate. 

-Non ci penso neppure! Voi tre vi siete messi d'accordo per incastrarmi! 

Nonostante la sua voce risultasse attutita, non poté fare a meno di notare quanto fosse vibrante di rabbia e questo lo preoccupò non poco. Anche se sapeva quanto avesse ragione. Quello che Kasumi e Nabiki le avevano fatto bruciava ancora dolorosamente dentro di lei, ma quelle ragazze rappresentavano pur sempre la sua famiglia e non poteva avercela con loro per sempre. Continuare a serbare rancore non era giusto. 

-Ma che stai dicendo? Smettila di fare la bambina e apri la porta! 

-È così. Altrimenti per quale motivo le avresti fatte entrare? 

Ranma sbuffò. 

-Le ho fatte entrare perché sono le tue sorelle ed erano molto preoccupate per te. 

Provò a spiegare. Maledizione, perché doveva sempre essere così cocciuta? 

-Non ci torno a casa, perciò non provare a farmi cambiare idea! 

Di fronte alla sua ostinazione non vide altra soluzione che arrendersi, almeno finché le acque non si fossero calmate. Akane era ferita e quello era uno dei suoi momenti, non sarebbe riuscito a smuoverla né a farla ragionare. Ormai la conosceva bene. Tanto valeva gettare la spugna o, almeno, lasciarglielo credere. 

-Come vuoi tu - disse - non te lo chiederò di nuovo. Ma adesso, per favore, apri. 

Dopo un paio di interminabili secondi la serratura scattò lentamente. 

-Posso restare da te ancora un po'? 

Chiese con voce lamentosa, facendo capolino e sfoderando uno di quei dolcissimi sguardi supplicanti al quale il giovane sapeva di non poter resistere a lungo. Fece mente locale. I suoi genitori non sarebbero tornati prima di qualche giorno, del resto era così raro che si permettessero una vacanza. E poi, l'idea di vedersela girare per casa con solo quella camicia addosso non gli dispiaceva affatto. 

"Beh, solo per un po'." 

-Come faccio a dirti di no? 

Considerò rassegnato prima che la fidanzata gli saltasse al collo con un gridolino di gioia, scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia. 

 

Qualche ora più tardi, dopo aver consumato un ottimo pranzetto preparato da Ranma, per non essere da meno Akane si mise subito a riordinare, facendo però un tale fracasso con stoviglie e porcellane da riuscire a mettere in allarme il fidanzato. 

-Non c'è bisogno che ti metta a sparecchiare. 

Disse, cercando con più tatto possibile di dissuaderla da quell'ammirevole quanto pericoloso intento mentre, chino sul lavabo, lavava e risciacquava accuratamente le varie padelle e pentole utilizzate. Gli venne in mente che, visti a quel modo, potevano benissimo apparire come una coppia sposata. Sorrise a quel pensiero. Era la prima volta che la parola "matrimonio" faceva capolino nella sua testa e si chiese per quale motivo non ne fosse affatto spaventato. Non sapeva perché, ma l'idea di sposare Akane gli mise addosso una strana euforia che si sforzò però di mitigare, costringendosi a tornare al presente. Era decisamente troppo presto per quelle cose. 

-È il minimo - rispose la giovane - considerando che non mi hai neppure permesso di avvicinarmi ai fornelli. 

-Per forza, non sono mica scemo. 

Borbottò tra sé, evidentemente non abbastanza sottovoce da non farsi sentire. 

-Hai detto qualcosa? 

La sentì chiedere infatti, sussultando vistosamente. 

-No, niente. In realtà stavo solo… Ehm… 

"Cavolo, se mettessi giù quei piatti che, tra parentesi, fanno parte del servizio buono di mia madre e che tu hai insistito per tirar fuori a tutti i costi, te ne sarei davvero molto grato." 

Akane lo sfidò con lo sguardo. 

-Cos'è, hai paura che li faccia cadere? 

Insinuò, piccata, alludendo alle preziose porcellane che teneva tra le mani. 

Come diavolo faceva a indovinare sempre a cosa stesse pensando? 

-Credi che sia stupida, per caso? 

Continuò, sempre più agitata. Possibile che per lei ogni scusa fosse buona per mettersi a litigare? 

-Non ho detto questo, e se tu mi lasciassi parlare una volta tanto… 

-Come posso lasciarti parlare se ogni volta che apri bocca lo fai per screditarmi? 

La fissò, basito. 

-Ma se non ho ancora detto niente! 

Replicò, punto sul vivo. La amava più di quanto fosse disposto ad ammettere, ma quella ragazza pareva possedere la strana capacità di fargli saltare i nervi praticamente in ogni occasione. 

-Sei sempre il solito, io… 

Per la seconda volta, quel giorno, il suono del campanello li sorprese, interrompendo qualunque cosa Akane stesse per dire e mettendoli entrambi in allarme. 

Quando Ranma si ritrovò di fronte Soun, il sordo rumore di vetri che si infrangevano sul pavimento lo costrinse a serrare le palpebre in una smorfia dolorosa, come se avesse appena ricevuto un pugno nello stomaco. Ecco. Proprio quel che temeva. E non si riferiva solo ai piatti che la fidanzata, chiaramente sconvolta, aveva appena lasciato cadere dietro di lui, ma anche a una sua eventuale reazione che, com'era prevedibile, non tardò ad arrivare e non fu certo delle migliori. Si lasciò sfuggire dalle labbra un lungo sospiro rassegnato quando la sentì urlare, tutt'altro che amichevole in direzione del padre che, dal canto suo, parve incassare tutto senza batter ciglio. A quel punto, la sua espressione all'apparenza impenetrabile sembrò mutare di colpo, adattandosi ai suoi movimenti mentre al colmo dello stupore lo videro, mesto e colpevole, protrarsi lentamente ai loro piedi. 

-Perdonami, figliola - mormorò, chinando a terra il capo - se ti ho mentito, l'ho fatto solo per il tuo bene. 

-Per il bene del dojo, vorrai dire! È per questo che hai approfittato della situazione per convincermi a sposare Ryoga, non è così? 

Sbotto` Akane, livida di rabbia. 

-Non dire questo, ti prego. La mia intenzione è sempre stata quella di tenerti al sicuro, ma non avevo capito. Sono stato cieco e per questo, Ranma, chiedo perdono anche a te. Dal profondo del cuore. Sono tanto pentito per ciò che è accaduto. 

Disse con voce rotta. A quelle parole il ragazzo col codino sentì stringersi il cuore. Nonostante avesse provato in ogni modo a tenerlo lontano dalla figlia, lui non era mai riuscito a odiarlo davvero. Non poteva. Comunque fossero andate le cose, vederlo umiliare così era decisamente troppo. Mosse qualche passo verso la sua figura rannicchiata sul pavimento, scuotendo piano la testa. 

-Soun, per favore, non c'è bisogno di… 

-Avresti dovuto pensarci prima di costringerlo a lasciare casa nostra - strillo` Akane, incalzandolo senza alcun riguardo - se la signora Nodoka non fosse stata in città cosa avresti fatto, avresti gettato lui e suo padre in mezzo a una strada senza preoccupartene troppo? Come hai potuto fare una cosa tanto ignobile? Come hai potuto anche solo credere che Ranma fosse responsabile dell'incidente, quando sai bene che in varie occasioni ha rischiato più volte la vita per salvare la mia? E come hai fatto a mentire a me, tua figlia, raccontandomi un cumulo di dannate bugie perché ti faceva comodo, senza nemmeno fermarti a pensare quanto questo mi avrebbe fatto soffrire? Io… io non ti riconosco più, tu non sei mio padre. 

-Akane! 

La riprese il fidanzato, facendole notare quanto stesse esagerando con le parole, ma lei non vi badò affatto. 

-In te non è rimasto neppure l'ombra dell'uomo giusto e generoso che ricordavo - proseguì, rincarando la dose - perciò no, non sei mio padre. Mi dispiace, ma non riesco più a considerarti come tale dopo che hai ordito alle nostre spalle per provare a separarci, ma sai che c'è? Non ci sei riuscito perché, come puoi vedere, io e Ranma siamo di nuovo insieme e così sarà sempre, capito? Ora vattene da qui e non tornare, non voglio più vederti! 

Dopo quella tremenda sfuriata, talmente avvilito e mortificato da non avere il coraggio di replicare il signor Tendo si rialzò in piedi con gli occhi pieni di lacrime, apprestandosi a uscire prima ancora che Ranma potesse dire qualcosa, qualunque cosa servisse a trattenerlo in qualche modo. Ma era tardi, ormai. Qualcosa era appena andato irrimediabilmente in pezzi dentro di lui. Sua figlia aveva ragione. L'aveva delusa. 

-Akane, non credo che parlargli così fosse davvero necessario. 

Il ragazzo fu il primo a prendere la parola quando, avvicinandosi cauto, la notò controllarsi a stento mentre stringeva i pugni e le palpebre a un tempo, il viso ancora paonazzo dall'agitazione. 

-Stai zitto - replicò lei a denti stretti - da che parte stai tu, eh? 

-Qui non si tratta di stare dalla parte di nessuno, sto soltanto cercando di farti capire che si tratta pur sempre dell'unico genitore che ti è rimasto e che dovresti correre fuori e convincerlo a tornare indietro. Per parlare e provare una volta per tutte ad appianare le cose. 

Le sfiorò una spalla ma la vide ritirarsi bruscamente, guardandolo accigliata. 

-Come puoi chiedermi questo dopo l'orribile modo in cui si è comportato con te, con me, dopo che ha… 

Si interruppe bruscamente, mordendosi le labbra. Un improvviso nodo in gola le impedì di proseguire. 

-Ascolta - riprovo` Ranma - so che sei arrabbiata e ferita, ma questo non è il modo giusto per affrontare la faccenda. 

-E chi ti dice che voglia affrontarla? 

La sentì gridare con quanto fiato aveva in corpo prima di voltargli le spalle e correre nella stanza di fianco, rifugiandosi sotto le lenzuola come una bimba capricciosa. Abbassò lo sguardo, affranto. Aveva evidentemente bisogno di tempo per incassare il colpo. Decise che l'avrebbe lasciata tranquilla, senza pressarla oltre finché, verso sera, una telefonata che mai si sarebbe aspettato di ricevere non interruppe d'un tratto quell'ostinato silenzio, squarciandolo prepotentemente per costringerlo a tornare sui propri passi. 

-Akane - mormorò quindi con accento grave, richiamandola con forza dal torpore nel quale pareva essere sprofondata - non spaventarti, ma dobbiamo subito raggiungere l'ospedale. Si tratta di tuo padre… 

 

continua… 

 

*Miso= condimento derivato dai semi della soia gialla. 

*Tsukemono= sottaceti tipici della cucina giapponese. 


 

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Capitolo 9
*** Parte 9 - Per sempre ***




 

-Kasumi, che cosa è successo? 

Gridò Akane, sconvolta, raggiungendo la sorella in sala d'aspetto e scuotendola con forza nella disperata ricerca di notizie concrete. Aveva raggiunto l'ospedale insieme a Ranma e per l'intero tragitto il cuore non aveva smesso di martellarle furiosamente in petto, trasformando di colpo la sua mente in un'intricata matassa di lana infeltrita e le sue ginocchia in gelatina. Si sentiva mancare il fiato, ma doveva resistere. Sapere. A ogni costo. La maggiore delle Tendo le prese il viso fra le mani, trattenendo a stento le lacrime. 

-Akane - disse con voce rotta - siete qui, finalmente! Papà ha avuto un malore improvviso, e… 

Si interruppe, tirando su col naso, senza avere la forza di proseguire. 

-Come sta, si sa qualcosa? 

Si intromise Ranma, rabbuiandosi in volto quando la vide scuotere la testa, affranta. 

-Niente, ancora. 

Mormorò. Poco più in là Nabiki attendeva impaziente dietro una porta chiusa, tamburellando nervosamente le dita sulla parete bianca di fronte a sé finché la figura alta e slanciata del dottor Tofu, che aveva appena lasciato la stanza, non catturò la sua attenzione. 

-Allora dottore, come sta mio padre? 

Chiese in evidente apprensione. 

-Ci dica qualcosa, la prego! 

Le fece eco Akane, precipitandosi da lui e cercando con tutte le forze di mantenere i nervi saldi. Nonostante provasse a zittire l'impietosa voce interiore che già da un po' la stava tormentando, si sentiva talmente responsabile che, se all'amato genitore fosse accaduto qualcosa di brutto, non sarebbe mai riuscita a perdonarselo. Il buon dottore sorrise, incoraggiante. 

-Le sue condizioni sono stabili, adesso - spiegò - potete stare tranquilli, non è nulla di grave ma ha avuto un crollo emotivo, probabilmente dovuto a un forte stress. Vedrete però che con un po' di sano riposo e un'alimentazione equilibrata si riprenderà presto. Al momento gli ho dato un sedativo perciò sarà meglio lasciarlo tranquillo, almeno per questa notte. Domani lo sottoporrò a ulteriori esami ma non c'è da preoccuparsi, è solo per precauzione e, se tutto andrà per il meglio, fra qualche giorno potrete riportarlo a casa. 

Fu allora che tutta la forza raccolta fino a quel momento parve sciogliersi come neve al sole, facendola crollare all'improvviso. Akane scoppiò così in un pianto dirotto che non poté controllare, lasciando perplesso il giovane medico che, ancora una volta, si affrettò a rassicurarla. 

-Non disperarti, piccola Akane, in fondo rappresenta una buona notizia. Non è nulla che un po' di riposo non possa rimettere a posto. 

Per tutta risposta la ragazza prese a singhiozzare più forte, correndo via prima che qualcuno potesse fermarla. Ranma la seguì, raggiungendola sulla minuscola panchina appena fuori dall'ospedale. 

-Ehi, tutto bene? 

Sussurrò, circondandole le spalle con un braccio. La vide scuotere la testa senza sollevare lo sguardo, che teneva fisso sulla punta delle sue scarpe, come se questo potesse infonderle il coraggio necessario per ritrovare la voce. 

-Avevi ragione, sai? Avrei dovuto fermarlo, parlargli e provare ad appianare le cose quando ne ho avuto l'occasione. Forse, se mi fossi comportata diversamente, niente di tutto questo sarebbe successo. 

Disse con accento grave, asciugandosi in fretta le lacrime che rigavano le sue guance infuocate. Il fidanzato sospirò con forza, coprendole una mano con la propria mentre la sentiva irrigidirsi. 

-Oh Akane, non hai sentito cosa ha detto il dottor Tofu? Tuo padre starà bene. 

-È tutta colpa mia, Ranma. Soltanto colpa mia. 

Replicò, come se non lo avesse neppure sentito. 

-Non dire così, non è vero. 

-Sì, invece. L'ho offeso, dicendogli delle cose tremende e questo deve averlo fatto stare molto male. Se solo… 

La disperazione prese di nuovo il sopravvento, impedendole di formulare una frase di senso compiuto. Riprese a singhiozzare e Ranma la strinse forte contro il suo petto, attendendo con pazienza che si tranquillizzasse. 

-Vedrai che si sistemerà tutto - disse, sfiorandole con le labbra i capelli arruffati - potrai parlare con lui quando sarà il momento. 

La invitò a sollevare la testa, impegnandosi a cancellare con le dita l'impronta che le copiose lacrime le avevano lasciato sul viso, guardandola con infinita tenerezza. 

-Su, non piangere più. 

La piccola fece un paio di respiri profondi, concentrandosi su quelle mani calde che tanto amava sentire sulla propria pelle e che, quasi come un balsamo dalle proprietà miracolose, parvero ben presto lenire ogni ferita interiore. 

-Il dottore dice che possiamo andare a casa, torneremo domani. Vieni con noi, vero Akane? 

I due giovani si accorsero della presenza di Nabiki solo quando la sentirono parlare, voltandosi all'unisono verso di lei. 

-Non andrò da nessuna parte - chiari` Akane, risoluta - non senza Ranma. 

-Beh, questo era implicito. Naturalmente Ranma ci seguirà, non è forse così? 

Aggiunse Kasumi che li aveva intanto raggiunti a sua volta, sorridendo dolcemente a entrambi. Il ragazzo col codino si grattò la fronte, a disagio, chiedendosi se fosse davvero il caso di rimettere piede in quella casa dopo essere stato invitato - e non troppo gentilmente - a lasciarla per sempre. 

-Ecco, veramente… pensavo di aspettare i miei, prima. Torneranno a giorni, e… 

Esitò, temporeggiando. 

-Possiamo aspettarli tutti insieme, che ne dici? 

Nabiki provò a toglierlo dall'imbarazzo, strizzandogli l'occhio giocosamente. 

-Torna a casa insieme a noi, Ranma, ti prego. So che anche papà lo vorrebbe tanto. 

Insistette la più grande delle sorelle, mentre il suo bel sorriso restava immutato. Incrocio` lo sguardo supplicante della fidanzata e a quel punto, finalmente, piego` la testa in un lieve cenno di assenso. Se era per lei, poteva anche farcela. 

Così fu. Quella sera stessa, dopo tanto tempo, Ranma tornò in quella che era stata la sua casa per più di due meravigliosi anni e che ora si apprestava a riaccoglierlo tra le sue familiari mura. Chissà come l'avrebbe presa suo padre, di sicuro ne sarebbe stato molto felice. Era a questo che pensava quando, mettendo in ordine le proprie cose, riprese possesso della sua camera, rimasta esattamente come la ricordava. Si guardò intorno, rabbuiandosi però subito dopo. Probabilmente era lì che Ryoga aveva dormito per tutto il tempo in cui gli era stato promesso che il suo sogno di sposare Akane sarebbe presto diventato realtà. No, non doveva più pensarci, poiché le cose ormai erano completamente diverse. Anche se per merito suo, questo non poteva certo dimenticarlo. Si ritrovò a considerare quanto grande e generoso fosse il cuore di quello strano ragazzo che ormai per lui rappresentava non più un rivale, bensì un amico prezioso su cui contare. Chissà se lo avrebbe mai rivisto. Sperò con tutto il cuore che il suo pessimo senso dell'orientamento lo riportasse a Nerima, prima o poi. 

 

Quella notte Akane si rigirò sul futon di Ranma, senza riuscire a chiudere occhio. Credeva che dormire insieme al fidanzato l'avrebbe aiutata a placare le sue angosce, ma così non era stato. Decise quindi di alzarsi, stando ben attenta a non disturbarne il sonno prima di lasciare la camera da letto in punta di piedi. Raggiunse lentamente il piano di sotto per uscire in giardino, quando una voce alle sue spalle la sorprese, costringendola a voltarsi. 

-Nemmeno tu riesci a dormire? 

Chiese l'elegante e slanciata figura che, nella penombra della stanza, la osservava ora con crescente curiosità. 

-Nabiki, cosa ci fai qui? 

La vide alzare le spalle e muovere qualche passo verso di lei. 

-Quello che ci fai tu, suppongo. Aspetto l'alba. Non mi riesce di chiudere gli occhi al pensiero che papà non sia con noi. Non sono abituata a non averlo intorno e questo mi fa sentire un po' sola e inquieta. 

Disse. La minore delle due si accigliò. 

-È per questo che hai insistito affinché io e Ranma tornassimo a casa? Perché ti sentivi sola? 

Domandò a bruciapelo, osservandola lasciarsi andare a un lungo sospiro spazientito. 

-Akane, se ho insistito affinché tornaste è solo perché questa è anche casa vostra ed era giusto così. 

-Allora per quale motivo non ti sei opposta quando nostro padre ha cacciato via Ranma? 

Silenzio. 

-Ci ho provato, credimi, ma non ne ho avuto la forza. Puoi continuare a odiarmi, se vuoi ma, per quel che vale, mi dispiace davvero tanto di aver pensato che tenerti lontana da Ranma fosse la migliore soluzione. Soprattutto perché, così facendo, avrei potuto averlo tutto per me. 

Butto` lì, scrutandola di sottecchi. Akane la fissò con gli occhi sgranati. 

-Stai scherzando, spero! Non vorrai ricominciare con quella storia e sperare che stavolta me la beva! 

Esclamò, agitandosi. Nabiki increspò le labbra in uno dei suoi furbi sorrisetti. 

-Ma è ovvio che scherzo, dai - rispose - Stai tranquilla, non potrei mai innamorarmi del tuo ragazzo. Quel timidone non è proprio il mio tipo. Forse. 

E giù a spanciarsi dalle risate. Sapeva da sempre che sua sorella avesse uno strano senso dell'umorismo, ma questo… questo era decisamente fuori luogo. 

-Sei veramente incorreggibile, lo sai? Come fai a divertirti anche in un momento simile? Che scema! 

Sbotto`. 

-Però stai sorridendo. 

-Ti sbagli! 

-Guarda che ci vedo bene. 

-Come potrei sorridere al pensiero di te e Ranma che… 

Si bloccò, ammutolendo. Era vero, stava sorridendo senza neppure accorgersene. Dopotutto, a quella storia non ci credeva mica. Una volta era già stata più che sufficiente, cascarci di nuovo sarebbe servito solo a renderla ridicola.

Cavolo, accidenti a lei. Scosse la testa, indecisa se picchiarla oppure… abbracciarla? Ne aveva davvero così tanta voglia? Sì, persino il suo terribile umorismo le era mancato. Sussultò, presa alla sprovvista quando Nabiki le prese le mani. 

-Scusa, sorellina. Sono sincera, adesso. 

Rafforzò la stretta sulle sue dita, specchiandosi nei suoi occhi scuri e fugando ogni dubbio ancora esistente. In quell'istante la maggiore delle Tendo si materializzo` di fronte a loro, tra le mani un vassoio ricolmo di invitanti dolcetti. 

-Anche voi sveglie? 

Esordì con un sorriso. 

-Kasumi, non riesci a dormire neanche tu? 

-Già, e per distrarmi ho preparato dei mochi. Qualcuno ne vuole un po'? 

Fu raggiunta dalle ragazze e tutte e tre rientrarono in casa, pronte a consumare insieme un allettante spuntino notturno che parve dissipare pian piano ogni ombra tra loro, riportando il sereno e unendole più di prima. L'unico uomo presente in casa le osservava intanto a debita distanza, sollevato e felice per loro. Si era svegliato all'improvviso e, accortosi dell'assenza di Akane era sceso a cercarla, ritrovandosi acquattato dietro la parete - perché timoroso di rovinare, con la sua sola presenza, quel magico momento tra sorelle - a indugiare a lungo sul suo bel viso finalmente sereno, scoprendosi ancor più innamorato di quanto non fosse già. 


Il tempo snocciolo` lento i suoi giorni, tanto che Akane ebbe l'amara impressione che quella settimana non finisse mai, ma per fortuna il momento tanto atteso arrivò. Soun lasciò l'ospedale in una bella mattina di sole, tornando finalmente a casa. Una casa fin troppo vuota senza di lui, ma pronta a riaccoglierlo tra cori di festa e striscioni colorati preparati apposta per l'occasione. Immersi in quel clima allegro e gioioso Akane e suo padre parlavano fitto, ritrovando la complicità perduta e perdonandosi a vicenda. Quando la splendida festa di bentornato si concluse, Nabiki raggiunse la sua stanza e Kasumi si ritirò in cucina per rigovernare insieme a Nodoka, che l'aveva volentieri aiutata a preparare lo squisito pranzetto appena consumato. A quel punto il signor Tendo e il signor Saotome divennero d'un tratto molto seri, richiamando l'attenzione dei rispettivi figli. 

-Ranma, Akane - cominciò Soun - c'è qualcosa di importante di cui vorremmo parlarvi, figlioli. 

I ragazzi si guardarono, senza capire. 

-Vi ascoltiamo. 

Rispose infine Akane. Il padrone di casa si schiarì la voce. 

-Vedete, ciò che mi è successo e questa esperienza passata in ospedale, mi hanno fatto capire che non sono più giovane come una volta. 

-Papà… 

Sollevò una mano a mezz'aria per zittire la figlia. 

-Dicevo, non sono più giovane come una volta e non posseggo le energie necessarie per continuare a occuparmi di questo posto. Ragion per cui, è arrivato il momento. Dovete subentrare. 

-E questo… cosa vorrebbe dire? 

Chiese Ranma, anche se temeva di conoscere già la risposta. 

-Semplice, figlio - spiegò Genma e il viso purpureo - merito di tutto il sake che senza batter ciglio era riuscito a ingurgitare - si piego` in una buffa smorfia compiaciuta - a questo punto non c'è più ragione di attendere oltre, perciò abbiamo deciso che voi due vi sposerete fra due giorni. 

-Due giorni? Ma non è troppo presto? 

Protesto` Akane sgranando gli occhi, esterrefatta. 

-E poi siamo ancora minorenni! 

Aggiunse il fidanzato, con la fastidiosa sensazione di avere un macigno incastrato all'altezza dello stomaco. Soun proruppe in una risata, poi disse asciutto: - Questo è del tutto irrilevante, considerando che avete il nostro permesso. Inoltre, due giorni saranno più che sufficienti per organizzare le nozze. Miei cari ragazzi, il dojo è nelle vostre mani. 

-Rendeteci fieri. 

Gli fece eco l'altro, sorridendo da un orecchio all'altro. Subito dopo se ne andarono canticchiando allegri, lasciandoli soli. 

-Tu cosa ne pensi? 

Fu Ranma a rompere per primo quell'opprimente silenzio, vedendola alzare le spalle con aria di mesta rassegnazione. 

-Beh, in tutta sincerità non avrei mai creduto che ci saremmo ritrovati a parlare di questo tanto presto, ma… 

-"Ma" cosa? 

Sbuffò, abbassando lo sguardo. 

-Insomma, andiamo ancora a scuola e quando si spargerà la voce… 

-Scoppierà il caos. 

Considerò il giovane, completando la sua frase. 

-Per non parlare - continuò lei, concentrata sui suoi pensieri - del da fare che avrò nel tenere a bada quelle matte delle tue spasimanti. 

-Guarda che nemmeno i tuoi scherzano. 

-Hai paura? 

La fissò come se di colpo le fossero spuntate due teste. 

-Di battermi con quell'imbecille di Kuno? Stai scherzando? 

Akane incrocio` le braccia. 

-Mi riferivo al matr… al matrimonio. 

Cosa le prendeva, si era anche messa a balbettare adesso? Accidenti. Non sapeva neppure come sentirsi. Lo vide scuotere piano la testa. 

-Non avrò paura di niente, finché resterai al mio fianco. 

Ecco, lo aveva detto. E senza impappinarsi. Stava decisamente migliorando. 

-Davvero? 

La sentì sussurrare, speranzosa, e quando si specchiò in quei dolcissimi occhi scuri il suo cuore perse un battito. 

-Davvero. 

Disse, intrecciando le dita alle sue e rafforzando la stretta sulla sua mano quando, appena due giorni più tardi, splendida nel candido *Shiromuku che indossava, la vide piegare le labbra dipinte di rosso in un timido sorriso. Durante la cerimonia, come da tradizione gli sposi, emozionati e felici, bevvero per tre volte dalla stessa tazza di sake, sancendo così la loro unione. Mentre si scambiavano le fedi nuziali, tornarono con la mente a quel giorno ormai lontano in cui si erano conosciuti e alla prima di una lunga serie di litigate che li avevano visti protagonisti, senza neppure immaginare cosa il futuro avesse in serbo per loro. Ma eccoli lì, insieme, legati ora da un vincolo indissolubile che li avrebbe cambiati per sempre, aprendo le porte alla nuova vita che li attendeva. Alla fine del lungo ricevimento, tenutosi in gran segreto al fine di evitare brutte sorprese (come l'arrivo di tre squinternate a caso, per esempio) Akane si rifugiò sul tetto, sollevando il *Wataboshi fin sopra gli occhi per poi lasciarlo ricadere sulle spalle, scoprendo l'acconciatura tipica di cui non perse tempo a liberarsi, scuotendo più volte la testa affinché i suoi capelli arruffati tornassero a posto. Accolse poi a pieni polmoni l'aria fresca della sera, grata di poter finalmente riprendere a respirare, anche se sotto tutti quegli strati di trucco il suo viso accaldato non poté fare lo stesso. A tempo debito, però, avrebbe pensato anche a quello. Ora, l'unica cosa che desiderava era avere un po' di tranquillità. Giocherello` distrattamente con il minuscolo anello che portava al dito, muto testimone di ciò che, ebbra di felicità aveva appena vissuto, sbattendo più forte le palpebre quando le lacrime salirono a offuscarle la vista, ricordandole che non si trattava di un sogno. Sì, era tutto vero e quel prezioso cerchietto dorato lo dimostrava. 

-Ecco dov'eri finita! Come hai fatto a salire fin quassù con quel vestito addosso? 

La voce del neo marito la strappo` a quei piacevoli pensieri, facendola di colpo tornare coi piedi per terra. 

-Beh, ormai dovresti saperlo che ho mille risorse. E poi mi andava di guardare le stelle. 

Gli rispose facendo spallucce mentre lo guardava, elegante e bello da togliere il fiato, prendere lentamente posto accanto a lei. Una tegola scricchiolo` sotto il suo peso ma, preso com'era a canzonarla, non vi badò neppure. Quel tetto aveva proprio bisogno di una bella riparazione. 

-Sei il solito maschiaccio. 

La provocò ridendo, osservando di sottecchi il bel viso della moglie impegnarsi ad assumere un'espressione offesa. Ma era tutto inutile, non ci sarebbe cascato. E poi si vedeva benissimo che stava ridendo sotto i baffi. 

-Che vorresti insinuare? 

Gli fece una linguaccia. 

-Esattamente quello che ho detto. 

Rispose, rifacendole il verso. 

-Dunque è fatta - aggiunse dopo un breve momento di silenzio - siamo marito e moglie. Da domani toccherà a noi occuparci di questo posto. 

-Non proprio da domani. Siamo in luna di miele adesso, e questa è la nostra prima notte di nozze. 

-Già. A questo proposito, hai intenzione di passare sul tetto il resto della nottata? 

-Perché? Ha qualcosa in serbo per me, signor Saotome? 

Akane gli lanciò un'occhiata di traverso e il suo sorrisetto malizioso non sfuggì di certo all'attenzione del ragazzo che, ritrovandosi ben presto a imitarla, tornò a stringerle le mani fra le proprie. 

-Solo due o tre cosette che potrebbero interessarla, signora Saotome. 

Disse con accento mellifluo. 

-Dammi un indizio, così scoprirò se ne vale la pena. 

-Cos'è, una sfida? 

Lei rise, poi lo attirò a sé. 

-Dai baciami, stupido! 

Esclamò prima di catturargli le labbra in un bacio carico di passione che lo stordì, togliendogli il respiro. 

-Sì, direi che ne vale decisamente la pena. 

Mormorò poi sulla sua bocca, staccandosi a fatica da lui solo per incontrare quei grandi occhi color del cielo che amava tanto. 

-Dimmi che sarà per sempre. 

Il bellissimo sorriso del marito valse più di mille parole. 

 

Fine. 

 

*Shiromuku: kimono bianco da cerimonia nuziale. 

*Wataboshi: una sorta di cappuccio usato per la cerimonia nuziale. 




 

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