Incappucciato

di JoyStuck
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un vecchio accendino ***
Capitolo 2: *** Una fiamma ossidrica ***
Capitolo 3: *** Un'idea ***
Capitolo 4: *** Sana Frustrazione ***
Capitolo 5: *** Un'Auto ***
Capitolo 6: *** Alla Prigione ***



Capitolo 1
*** Un vecchio accendino ***


Premessa: Mid- Season 3, ad essere state rapite e consegnate al Governatore sono state Meggie e Beth, non Meggie e Glenn. Michonne si è offerta di guidare una squadra a WoodBury per salvarle.
 
Attesero che due guardie si dessero il campo.
Un soldato riccioluto si issò sulla scala di corda lamentando qualcosa sulla divisione di turni, e, approfittando della distrazione, Rick e Daryl scivolarono fino ad accovacciarsi proprio sotto la barriera fatta di lamine di metallo.
Da lì, attesero che Michonne segnalasse la via libera dalla propria posizione, alcuni metri più avanti, dove a suo dire c’era un’apertura che raggiunsero per intrufolarsi all’interno di Woodbury.
Se per i comuni cittadini era previsto un coprifuoco, negli spiazzi adiacenti la barriera diversi uomini -probabili membri delle squadre armate del Govenatore- si attardavano in gruppi, seduti a terra a giocare a carte o camminando lungo il perimetro con le armi in pugno.
Comunque non abbastanza all’erta da rendere difficile ai tre insinuarsi nei vicoli tra le prime case per portarsi all’interno.
 
-Dove tengono i prigionieri?- domandò Rick in un sussurro.
 Daryl fece loro cenno di fermarsi all’angolo con la strada principale. Si appiattirono dietro ad alcune grosse casse da magazzino, in tempo per non essere visti da due uomini che superavano il vicolo, ridacchiando fra loro riguardo un qualche commilitone fuori forma.
-Non lo so con certezza- soffiò Michonne mentre sondava la zona con lo sguardo –Ma so dove tengono i vaganti, in un punto lontano dalle case abitate. Se hanno altro da nascondere ai civili, è lì che dobbiamo cercare-
-Ci vuoi cacciare in mezzo ai vaganti senza sapere se le nostre amiche sono lì?-
La donna si portò avanti di un paio di metri senza staccare la schiena dalla parete esterna di un’abitazione
–Preferisci perlustrare le case una ad una? Non siamo in un borgo disabitato pronto da razziare, qualcuno può vederci da un momento all’altro. Vi ho portato dentro e vi ho dato una pista, ora fate come vi pare.-
Daryl soppesò la balestra che teneva pronta in mano, poi la usò per indicare in direzione di Michonne.
-Se dobbiamo andare alla cieca, meglio cominciare da una parte meno frequentata.- convenne con una scrollata di spalle.
Rick armò la pistola con un sospiro, e fece cenno agli altri di proseguire.
 
Raggiunsero il grande magazzino dismesso senza incontrare nessuno. Ne circondarono cautamente il perimetro per non far agitare i vaganti all’interno, poi si divisero a sbirciare nei capannoni adiacenti in cerca di indizi sulle due prigioniere.
Fu Daryl a richiamare i compagni con un fischio.  Accovacciato contro un bancale rovesciato, aspettò che i compagni lo raggiungessero per indicare davanti a sé.
A pochi metri si estendeva una lunga fila di garage dalle serrande aperte, ad eccezione di due. Davanti a una di queste giaceva un corpo riverso a faccia in giù, un lungo dardo che sporgeva dalla nuca.
Questo forniva due informazioni utili: quelle serrande erano sorvegliate, e la guardia non era più un problema.
Rick perquisì il cadavere fino a sfilare un mazzo di chiavi. Riuscì a trovare quella giusta per la prima serranda e la sollevò, aiutato da Daryl che aveva recuperato il dardo per rimetterlo in cocca.
La fioca luce notturna illuminò uno spazio spoglio, e una figura minuta acquattata in un angolo che prese a squittire non appena i nuovi arrivati si stagliarono contro il cielo notturno.
Rick le corse incontro facendole dolcemente segno di tacere.
Beth aveva il viso sporco solcato dalle lacrime e i capelli biondi appiccicati sulla fronte, ma non mostrava segni di ferite visibili, escluso un livido verdastro sulla tempia sinistra.
-TI hanno fatto del male?- si accertò comunque lo sceriffo.
La ragazza scosse il capo con un singhiozzo e si fece aiutare a tornare in piedi prima di saltargli al collo.
-Ho avuto così tanta paura, e non so dov’è Maggie!-
- È qui- Michonne aveva aperto la seconda serranda, e ora era comparsa all’entrata della prima sostenendo Meggie con un braccio intorno al fianco. La giovane donna sembrava più abbattuta della sorella, ma alle richieste di Rick rispose con un gesto secco.
-Ti prego, andiamocene di qui- squittì Beth scossa da brividi.
- È una buona idea, non sappiamo se fosse previsto un cambio- concordò Daryl scostando con un calcio il cadavere della guardia per liberarsi la strada.
Maggie lanciò uno sguardo strano alla guardia, e gli sputò addosso davanti agli sguardi interrogativi dei compagni. Si chinò e trafugò la pistola che teneva alla cintura, poi fece segno di andare.
Il gruppo si affrettò a ritroso lungo il percorso che avevano fatto per raggiungere i capannoni.
Arrivarono in uno spiazzo a pochi metri dalla breccia, con Michonne in testa al gruppo che sbirciava oltre il vicolo per assicurarsi di non essere visti.
Non fu una precauzione sufficiente, perché un proiettile sibilò a poche spanne da loro e si andò a conficcare nella veranda con una nuvola di schegge di legno a schizzare in tutte le direzioni.
Alle loro spalle, un uomo ordinò loro di fermarsi, ma fu zittito da un colpo sparato da Rick, che lo costrinse a nascondersi dietro ad un’abitazione.
Il frastuono aveva però attirato altri uomini, i cui passi si avvicinavano pericolosamente in fretta.
 
-Di corsa, via!- gridò Michonne guidando gli altri in direzione della breccia.
Non più preoccupati di essere silenziosi quanto veloci, corsero tra le case finché altri proiettili non presero a fischiare da più parti.
A quel punto si barricarono dietro alcuni veicoli parcheggiati e risposero al fuoco.
Meggie e Rick colpirono un paio di uomini, poi Daryl tirò un dardo contro un soldato che aveva cercato di prenderli alle spalle.
-Ne continueranno ad arrivare, superiamo la breccia o finisce male!- gridò l’arciere accovacciandosi di fianco a Michonne per ricaricare.
-Serve un diversivo!- ricambiò lei estraendo la spada.
Daryl esaminò con sguardo torvo il furgone che usavano come protezione, poi si saldò con entrambe le mani al finestrino abbassato e colpì la marmitta con un calcio.
Al secondo colpo, un liquido denso sgocciolò nell’erba sottostante, al terzo la carcassa metallica si ruppe mandando olio e grasso a spandersi in una macchia scura.
-Cominciate a correre!- gridò Daryl lanciandosi indietro per avere una visuale migliore sui soldati che correvano nella loro direzione.
Gli altri scattarono lontano dalle auto verso la breccia ormai a pochi metri da loro, e l’arciere estrasse l’accendino rinvenuto pochi giorni prima nella prigione.
Maledicendo chissà quando ne avrebbe trovato un altro, lo azionò e lo lanciò dritto nella pozza di olio.
Fece appena in tempo ad arretrare con un salto quando una fiammata si accese violentemente davanti ai soldati, poi il furgone esplose.
Si levarono altre grida, ma il diversivo colpì meno uomini del previsto, gli altri evitarono le auto prima che queste prendessero fuoco a loro volta e si portarono avanti, solo per venire raggiunti dai dardi dell’arciere.
-Vi copro, levatevi di torno!- ordinò Daryl sopra gli spari e il boato dei veicoli in fiamme.
Si girò un momento a vedere Rick, l’unico che ancora non aveva superato la breccia, tendere il braccio e sparare a un soldato troppo vicino all’amico prima che questi lo raggiungesse. Gli fece cenno in modo brusco di allontanarsi, poi riprese a tirare.
Quando terminò i dardi, lasciò cadere la balestra e si avventò sugli uomini brandendo il proprio coltello.
Ne mandò giù almeno quattro prima che gli altri gli fossero addosso e a forza lo inchiodassero a terra

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Capitolo 2
*** Una fiamma ossidrica ***


Si era beccato diversi colpi in faccia quando aveva cercato di resistere, ma era comunque riuscito a rendere legarlo a quella specie di uncino una vera impresa.
Ora, anche appeso come un animale da macello al centro dello stanzone, la maggior parte del peso sui polsi stretti da una spessa corda, ad un altezza che a malapena gli permetteva di tenersi sui piedi, fissava con sguardo beffardo i due uomini in piedi a pochi passi da lui.
A distanza di sicurezza per non beccarsi un calcio.
-Quando la bionda si è lasciata sfuggire che ci fosse un gruppo più grande, pensavamo a una banda di disperati, invece siete venuti qui e avete ferito o ucciso diversi dei miei uomini.- cominciò quello bianco e più alto con voce melliflua.
Doveva essere il capo, se chiamava i soldati “i suoi uomini”. Bene, si sarebbe ricordato la sua faccia quando, una volta scappato, sarebbe stata l’ora di tagliare la testa al toro.
-Avevamo intenzione di far cantare le fringuelle con le buone, con te non saremo tanto leggeri, ci hai già dato rogne a sufficienza- il tizio alto prese a camminare intorno a Daryl, descrivendo un semicerchio a larghi passi.
-Ci tengo a mantenere una parvenza di civiltà, nei miei metodi, cominciamo dalle presentazioni. Con chi ho il piacere di parlare?-
-Daryl- sputò fuori l’arciere contorcendosi sulla corda per non dare le spalle a nessuno dei suoi aguzzini, sebbene la posizione non gli desse grande margine di movimento. Notò tuttavia  l’incedere dell’uomo avere un’incertezza a sentire il suo nome. Fu appena un istante, e non vi diede troppa importanza
–Tu invece chi cazzo sei?-
-Puoi chiamarmi il Governatore.- dal tono si sarebbe detta una nobile concessione, ma Daryl fece una smorfia di scherno a sentire l’appellativo. Un idiota pomposo.
-Il vostro gruppo, da quanti è formato? Sono tutti combattenti o avete anche dei civili?-
L’arciere si limitò a dare uno strattone alla corda, ignorando il Governatore finché un colpo dritto allo stomaco gli mozzò il fiato
-Ti ha fatto una domanda- rimbeccò l’altro uomo, un latino con una barbetta incolta sul mento e una bandana a coprirgli i capelli. Daryl ricambiò con un calcio, e il latino indietreggiò di un passo, poi furibondo estrasse un coltello e glielo piazzò alla base della gola.
L’arciere sollevò il mento nel sentire la vena sul collo pulsare contro il metallo freddo, ma fissò con arroganza l’altro dritto negli occhi.
-Non troppo in fretta, Martinez, prima dobbiamo scoprire con chi abbiamo a che fare- sentenziò il Governatore.
Il latino allontanò il coltello con una smorfia di disgusto, ma non mancò di colpirlo con l’elsa sulla tempia.
 La testa di Daryl scattò all’indietro, e un rivolo di sangue prese a discendere sulla guancia.
Rispose con un altro calcio, e questa volta Martinez gli piantò con forza la lama nella gamba.
 
Daryl ruggì e si dimenò quando il dolore esplose dalla coscia e serpeggiò in tutto il corpo.
-Ho detto che lo voglio vivo.- sentì la voce annoiata del Governatore sopra il pulsare feroce del sangue nelle orecchie. Ansimò a fatica e tirò con forza per liberarsi dalla stretta ai polsi, prima di urlare di nuovo con rabbia quando Martinez estrasse il coltello dalla carne.
-Si può rimediare- disse mentre arretrava fino alla parete dove erano stipati alcuni attrezzi. Con la vista annebbiata, Daryl lo vide prendere un oggetto verdastro che terminava con un lungo beccuccio.
Capì cos’era quando vide scintillare una fiammella azzurrina con una striscia rossa alla base.
La fiamma ossidrica sembrò penetrargli nella carne più in profondità del coltello, e l’arciere serrò i denti al punto da far schioccare la mascella mentre lo stanzone si riempiva di un acre odore di bruciato.
-Come ho già accennato, non ho il tempo di prenderti con le buone, vista la vostra recente scorrazzata tra le nostre case- continuò il Governatore come se non fosse successo nulla di interessante –Proverò con un’altra domanda- l’uomo si portò davanti al prigioniero in modo da poterlo guardare negli occhi -Dove è localizzata la vostra base, e di quante armi siete in possesso?-
Per tutta risposta, Daryl gli sputò dritto in faccia, saliva mista a sangue per essersi morso la lingua pochi attimi prima. La mossa gli costò un pugno dritto sui denti, a cui reagì con una risata isterica -Vai a farti fottere- ringhiò sfidando a viso aperto gli occhi crudeli che lo fissavano.
Il Governatore aggrottò la fronte in un’espressione imperscrutabile. Qualcosa nel suo sguardo fece vacillare per un attimo l’atteggiamento spavaldo dell’arciere.
Fece un cenno a Martinez, e indietreggiò di un passo per far spazio allo sgherro, che afferrò la camicia consumata del prigioniero per strappare via i bottoni, scoprendo il torace dove tracciò quasi con delicatezza due profondi tagli con il coltello.
Quelli non fecero troppo male.
 La fiamma che ci passò poi sopra, invece, fu un vero inferno.
 
-So che avete con voi donne e bambini, se collabori potremmo decidere di risparmiare gli indifesi- proclamò il Governatore quando la nuova serie di grida si fu placata.
Forse erano state Meggie e Beth a dirglielo, ma poteva benissimo trattarsi di un bluff, e Daryl non aveva intenzione di dargli corda.
Martinez si avvicinò di nuovo con gli occhi famelici illuminati dalla fiamma ossidrica.

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Capitolo 3
*** Un'idea ***


Bisognava riconoscere al Governatore di essere un uomo paziente.
Le domande successive non ebbero miglior esito delle prime, anche quando torace, braccia e volto di Daryl si tramutarono in una rete di tagli e lividi sotto i colpi di Martinez. Tante cose si potevano contestare al suo collaboratore, ma non la precisione in quel genere di lavori.
Anche quando le gambe del prigioniero avevano ceduto lasciandolo pendere a peso morto con la testa abbandonata sul petto, Martinez si era assicurato che mantenesse un livello di coscienza sufficiente a reagire alle torture che continuavano.
Qualcuno avrebbe trovato seguire la scena un buon intrattenimento, ma il Governatore non era quel genere di uomo. Inoltre aveva diverse mansioni da sbrigare durante la giornata.
-Basta così- decretò a un certo punto non prima di notare come Daryl avesse quasi smesso di muoversi.
 
Nome non comune, Daryl.
Come non era comune andare in giro per l’Apocalisse con una balestra in pugno.
Aveva ordinato di far sparire i corpi prima che i civili attratti dal rumore avessero raggiunto la zona dove si era svolto l’attacco, per poi elargire un accorato discorso sul gruppo di razziatori che senza alcun apparente motivo li avevano attaccati nel sonno, rimarcando quando fosse essenziale contare gli uni sugli altri e su quelli che ogni giorno e ogni notte erano pronti a dare la vita per proteggerli.
Avrebbe potuto definirlo un discorso particolarmente toccante, se fosse stato incline all’autocompiacimento.
 
Gli uomini che avevano catturato l’arciere erano stati istruiti a non rivelare dettagli per nessun motivo su come si fosse svolta l’aggressione, e sul nuovo prigioniero.
Il Governatore fu particolarmente grato a sé stesso per quell’accortezza.
Con un mezzo sorriso, assaporò un’idea che gli girovagava per la testa da diversi minuti.  Una piccola spensieratezza di cui solo lui sarebbe stato a conoscenza.
Rovesciò una scatola sul pavimento con un piede, facendo tintinnare gli attrezzi lì contenuti e trovando quello che cercava. Porse a Martinez un grosso pezzo di stoffa perché imbavagliasse l’uomo legato, e si rigirò con delicatezza un sacchetto di juta tra le dita mentre si avvicinava per un’ultima occhiata.
Daryl non riuscì a sollevare la testa, ma aprì gli occhi abbastanza per lanciargli un’ultimo sguardo infuocato attraverso i capelli appiccicati alla fronte sudata. Il Governatore ricambiò con aria divertita, poi gli coprì la testa con il sacchetto, assicurandosi che non fosse in grado di toglierselo.
-Martinez e io abbiamo da fare, manderemo  un altro dei nostri migliori uomini a tenerti compagnia. Confido sarà abbastanza persuasivo da farti rispondere con maggiore collaborazione, al nostro ritorno.-
Con queste parole fece cenno allo sgherro di aprire la serranda, e uscirono lasciando Daryl solo nel buio.

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-Merle, il Governatore ha un incarico speciale per te- Martinez si arrampicò con malagrazia oltre la veranda che separava la strada dalla rimessa dove un uomo alto e ossuto era piegato a terra a cercare di fare ordine tra diversi rottami.
-Quei maledetti dell’altra sera ci hanno fatto fuori diversi mezzi- commentò quando il latino gli fu accanto –Speravo di recuperare qualche pezzo, ma non so quanti di questi torneranno a lavorare.-
-Puoi riferirlo a uno di loro, è nostro ospite dietro il magazzino.-
Merle sollevò lo sguardo dai ricambi, guardandosi intorno per accertarsi che fossero soli prima di replicare –Ma davvero? Avete scambiato le due puttanelle per un tizio a cui piace dare fuoco alle cose? Non ti facevo quel tipo di uomo. - Abbaiò una risata quando evitò il calcio che Martinez mollò nella sua direzione, poi si tirò in piedi massaggiandosi la spalla con la mano buona.
-Cosa devo cavare fuori a quel bastardo, a parte l’intestino e tutti i denti?-
-Niente. Il Governatore vuole fare le domande di persona. Devi limitarti a piegarlo a sufficienza perché decida che valga la pena disertare il suo gruppo-
Merle si sfregò il moncone a lato della testa, lasciando una macchia d’olio scura tra i capelli.
-Sarà divertente sentirlo piangere e pregare la madre, peccato che la soddisfazione di quando cominciano a parlare se la prenda sempre il Governatore. –
-È imbavagliato e bendato. il Governatore ha specificato che deve rimanere così-
-Quell’uomo diventa più sadico ogni giorno che passa, non trovi?-
Martinez passò a Merle una chiave con un gesto brusco –Fai il tuo lavoro, noi usciamo a seguire le tracce degli altri. Se sono armati, meglio non dare loro tempo di organizzarsi-
Merle gli strappò la chiave di mano e arraffò un panno unto dal bancone per asciugarsi la fronte.
Ecco il premio per aver perso la pista della nera: gli altri fuori, e lasciavano lui a fare il lavoro sporco.
L’idiota che si era fatto prendere avrebbe rimpianto di non essersi ammazzato.

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Capitolo 4
*** Sana Frustrazione ***


Merle si intrufolò sotto la serranda mezza aperta senza prendersi la briga di sollevarla prima di chiudersela alle spalle.
A colpo d’occhio valutò che Martinez aveva già fatto un discreto lavoro sul prigioniero. Non gli dispiaceva, si sarebbe risparmiato la noiosa parte in cui il disgraziato di turno opponeva resistenza e si ribellava.
E se arrivato a quel punto non aveva ancora parlato, probabilmente era un osso duro, avrebbe dato soddisfazione schiacciarlo.
Ignorò il mezzo tentativo che l’uomo fece di reggersi sui piedi al suono della serranda abbassata, e passò in rassegna gli attrezzi che Martinez aveva abbandonato sparsi sul pavimento.
In un mondo del genere non avere rispetto per le cose era da idioti, ma intanto gli aveva lasciato un’ampia scelta.
Sollevò appena lo sguardo quando sentì il tizio alle sue spalle mugugnare sotto il cappuccio.
-Non sono la fata madrina venuta a liberarti, se te lo stavi chiedendo- si piegò a prendere una pesante chiave inglese, poi cambiò idea ed estrasse dalla cintura una lama che fissò al moncone facendo scattare il meccanismo.
-Sono solo il peggiore degli stronzi del Governatore, ho fallito un lavoro del cazzo e ora mi spediscono qui a farti la festa mentre loro si divertono fuori.
Come puoi immaginare, la cosa mi fa veramente incazzare.- sottolineò l’ultima frase mollando un gancio dritto allo stomaco del prigioniero. Lo sentì tossire e sputare, ma attraverso la benda non dava abbastanza soddisfazione.
-Oh certo, per una volta non sono io a rischiare il culo per questo posto di merda, la cosa non mi dispiace, ma è il principio che mi rode.-
Tracciò il percorso di alcuni tagli aperti con la propria lama, non trattenendo un mezzo sorriso quando il prigioniero si contrasse con forza lasciandosi sfuggire un gemito.
-Vedi, la gratitudine non è un principio conosciuto, a questo mondo.- continuò.
-L’ultima volta che ho cercato di dare una mano a un branco di disperati, mi sono trovato a dovermela tagliare di netto-
Con un gesto secco, tracciò una nuova linea rosso lucente a incrociare la precedente, più profonda e sbeccata di quelle fatte da Martinez. La sua lama non era affilata come un coltello, ma per lo scopo faceva il suo sporco lavoro. Il ragazzo era il giocattolo perfetto su cui sfogare la propria frustrazione.
-Giusto per essere chiari, tu sei qui a farti ridurre uno straccio, mentre i tuoi amici stanno belli nascosti nella loro tana, credi che ti saranno grati per questo?- domandò con spregio –Non hai tra le gambe niente per cui valga la pena rischiare la pelle a venirti a riprendere, se sono un minimo furbi staranno già levando le tende.-
Tirò un calcio al prigioniero quando si rese conto di avere perso la sua attenzione, accontentandosi del debole movimento della testa sotto il cappuccio per valutare che non avesse perso di nuovo i sensi.
-Il Governatore qui non è meno ipocrita di altri disgraziati, con i suoi discorsi su cosa sia giusto per il suo popolo o come cazzo li chiama ogni volta che fa spettacolo.-
Forse Martinez ci aveva dato più pesante del previsto.
 
Se l’idiota moriva prima del loro ritorno sarebbe stato Merle a pagarne le conseguenze.
 
-Ma ha un buon spirito di organizzazione, questo glielo devo concedere. Anche voi non siete allo sbando, mi è sembrato di capire. Avete abbastanza proiettili da sprecare in una missione di salvataggio, magari i tuoi amici venderanno cara la pelle quando il Governatore li scoverà. Spero di esserci, quando succederà. Avete qualche negro, nel gruppo? Ho un certo conto in sospeso con un negro che mi ha perso una chiave, se prima mi facevano abbastanza schifo ora troverei molto divertente eliminare la categoria. Ne chiuderei diversi su un tetto ad ascoltarsi i vaganti che salgono le scale. Un vero spasso.-
 
Il prigioniero aveva ripreso a mugolare attraverso la benda.
Merle lo squadrò irritato. Ora non lo stava nemmeno toccando, e detestava essere interrotto. Sollevò il moncone per zittirlo con un colpo, ma si fermò quando gli arrivò un suono più articolato.
Mmrl?
Doveva avere passato troppe ore a sudare sui rottami, se ora gli sembrava che il bastardo lo chiamasse per nome.
Mmrl?!
Il metallo duro della protesi lo raggiunse alla tempia, la testa incappucciata si rovescio inerte sul petto e le gambe cedettero facendo crollare tutto il peso sulle braccia legate.
 
Doveva avere sentito il Governatore e Martinez parlare di lui. Bella stronzata. Per quanto poco valesse il suo nome, non gli andava a genio sentirlo usare per implorare pietà.
In quel momento la serranda si sollevò con uno stridio e dall’esterno fece capolino il cranio rasato di Jerry, uno dei soldati di vedetta.
-Ho sentito che ti stai divertendo con uno dei bastardi dell’altra notte. Scoperto qualcosa?-
-Il Governatore gli vuole parlare di persona, sono qui solo per fargli passare la voglia di tirare calci.-
Jerry si avvicinò al prigioniero e con un gesto fulmineo gli puntò la pistola sulla fronte, assicurandosi di far sentire chiaramente il suono della carica mentre premeva al punto da sollevargli la testa di peso.
-Che cazzo fai?- Merle lo afferrò per la spalla, ma Jerry sollevò un dito a far segno di aspettare.
-Questo figlio di puttana ha ammazzato Marco di spalle, mentre era di guardia alle due ragazze. Come un codardo.-
-Beh, avrà modo di pentirsi, ma non prima di averci aiutati a trovare gli altri. – Merle usò la mano buona per scansare la pistola verso l’alto, e spinse il soldato verso l’uscita. -Magari se lo chiedi il Governatore ti farà far fuori il loro capo.-
-Nah, è lui che voglio.- ringhiò Jerry –è lui il codardo con le sue frecce del cazzo. Abbiamo preso la sua balestra quando lo abbiamo catturato.-
 
Con le ultime parole a Merle sembrò andasse qualcosa di traverso. Storse la bocca da una parte e lanciò una rapida occhiata al prigioniero appeso al centro dello stanzone.
Il soldato non parve notare la reazione, perché sferrò un calcio contro una delle pareti e si chinò per superare la serranda.
-Tornerò quando avrà parlato.- sentenziò prima di abbassarsela alle spalle, lasciando uno spiraglio aperto che Merle non si curò di richiudere.
 
Si portò davanti al prigioniero, la testa piegata di lato e gli occhi socchiusi mentre gli dava per la prima volta uno sguardo attento.
Ebbe appena un attimo di esitazione prima di strappargli con forza il cappuccio dalla testa, rivelando il volto pallido e insanguinato del fratello.
-Quel sadico figlio di puttana…- mormorò a mezza voce. Poi –Sveglia.- ordinò picchiettando le dita sulla guancia di Daryl, che non reagì.
Lo liberò dal bavaglio strattonandolo giù sul collo, poi gli tirò uno schiaffo più deciso –Sveglia, ti porto via di qui.-
Il ragazzo sollevò appena le palpebre senza mettere a fuoco, ma Merle se lo fece bastare e afferrò la corda sopra i polsi del fratello usando poi la lama della protesi per reciderla. Daryl crollò giù incastrandosi con le braccia legate al collo dell’uomo, e Merle ne approfittò per sorreggerlo al fianco con la mano sana.
-Non ho intenzione di portarti in braccio, principessa, quindi cammina.- Daryl obbedì d’istinto seguendo un passo alla volta il fratello che fece forza sulla serranda per passare allo spiazzo aperto fuori.
La fortuna cominciò dalla loro, Jerry era tornato a posto in fretta, e la zona sembrava deserta.
 
Barcollarono fin dietro alla fila di garage, e Merle poté sfruttare le proprie conoscenze come parte delle forze speciali del Governatore.
I vaganti venivano raccolti in grossi camion e trasportati all’interno di Woodbury senza passare dalla strada principale. Era l’ennesimo tentativo ipocrita di dare un’apparenza di normalità al posto-qualunque cosa significasse normalità di recente- evitando ai civili lo spettacolo dei cadaveri putrescenti che tendevano le mani dalle travi di legno. Poco importava se la sera stessa i vaganti venivano messi in piena mostra a donne e bambini nell’arena per il loro divertimento.
Dopotutto a Merle non fregava niente dei ragionamenti contorti del Governatore o della sua gente.
 
Arrancò verso una parete di lamiera ricoperta da rampicanti secchi, che scostò con la protesi prima di spingere con una certa fatica una lastra di metallo mobile,  liberando un passaggio sufficiente per attraversarlo. Lo stridere della lamiera sulle adiacenti fece irritare i vaganti rinchiusi nel magazzino, che con i loro gemiti si rivelarono funzionali a coprire il rumore della loro fuga.
Richiudere l’apertura dall’esterno si rivelò più difficile, ma Merle si diede il tempo di mimetizzare il tutto. Meglio non rendere troppo evidente da che parte erano scappati.
-Non cercare di renderti troppo utile, mi faresti commuovere.- raspò in tono sarcastico, a voce abbastanza alta da riscuotere Daryl che cominciava a pesargli troppo sulla spalla.
-Sei vivo…- biascicò ancora poco lucido.
-Perché, credevi che un mezzo sceriffo sciroccato e quattro vaganti potessero farmi le scarpe?-  Merle si allontanò dalla barriera con un verso, e prese a trascinare il fratello fino alla macchia di alberi che circondava Woodbury, ringraziando le lunghe giornate passate a bonificare i dintorni da qualunque cosa che camminasse su due gambe.
-Quanto è durato, quel Rick Grimes? Non so se mi divertirei di più a sapere che si è trasformato o che è finito a far da spuntino a un branco affamato-
-No…- mormorò il ragazzo scuotendo la testa per mettere a fuoco davanti a sé.
-No? È ancora vivo? Non starai ancora con quella banda di sbandati, mi auguro tu abbia proseguito con il nostro piano e te la sia filata con il camper appena ne hai avuto occasione.-
Daryl inciampò e Merle si ritrovò a tenerlo su di peso, ondeggiando violentemente per non perdere l’equilibrio.
-Levati i tacchi e continua a camminare, ragazzina.- abbaiò l’uomo bruscamente
-Fottiti, Merle- fu la risposta a voce appena udibile, poi i due proseguirono tra gli alberi.

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Capitolo 5
*** Un'Auto ***


I piedi di Daryl incespicavano quasi ad ogni passo, e Merle si stancò presto di lanciargli frecciate sarcastiche quando si trovò a trainarlo avanti per buona parte del tempo. Continuò fino ad assicurarsi di essersi allontanato a sufficienza da Woodbury, poi valutò che non si sarebbero accorti comunque della loro fuga fino al ritorno del Governatore e della squadra di ricerca.
Voleva dire almeno un paio d’ore di vantaggio, pensò svincolandosi dalla presa del fratello sul collo e lasciandolo cadere su una chiazza erbosa tra le radici di un albero, per poi buttarsi di malagrazia con la schiena contro un tronco adiacente, sistemandosi con i gomiti sulle ginocchia per riprendere fiato.
 
-Ma di che ti sei fatto, per essere così fuori? Eh?- rimarcò colpendo Daryl con due dita sulla guancia.
Il ragazzo aprì gli occhi e batté le palpebre un paio di volte, poi li richiuse e abbandonò la testa sul tronco, senza rispondere.
-Non ti mettere troppo comodo, dobbiamo trovare un posto dove rintanarci.- Merle si sfregò malamente il naso sul braccio, e studiò gli alberi che si distendevano in tutte le direzioni.
-Ora sarebbe utile sapere dov’è il tuo gruppo.- commentò a voce alta scandendo le parole come se cercasse di farsi capire a un bambino –Non posso tornare a Woodbury dopo averti fatto scappare, e se posso vorrei passare la notte col culo al caldo, invece che come esca per vaganti-
-La prigione…- Merle aggrottò la fronte chiedendosi se avesse sentito male. O se il fratello avesse cominciato a delirare.
-Prigione? Ci sono stato, nell’unica prigione qui in giro, e brulica di cadaveri.- esclamò –Fra l’altro è in mezzo alla nostra zona nera, impossibile che siate arrivati fin lì tutti interi.-
-Saresti- Daryl doveva inspirare tra una parola e l’altra, forse per i colpi alle costole delle ore prima -…sorpreso- tossì a fatica, piegandosi in avanti mentre arrancava per riprendere fiato.
-Non azzardarti a crepare- Merle si staccò stancamente dall’albero e lo afferrò per la camicia per sorreggerlo prima che scivolasse disteso sull’erba -Devo farti vedere ai tuoi amichetti per convincerli a farmi entrare-
Daryl scostò la mano con un gesto pesante, e ritornò con la schiena contro il tronco ricoperto di muschio.
Merle si guardò intorno ancora una volta, coprendosi la fronte con il braccio monco per pararsi dal sole alto di mezzogiorno.
Un ramo spezzato attirò la sua attenzione, giusto in tempo per vedere un vagante sbucare dagli alberi e incespicare alle loro spalle.
Sarebbe stato un ragazzone alto e ben piazzato, non fosse per i brandelli di carne marci semiscollati a scoprire ossa e muscoli che ballonzolavano a ogni movimento. Merle imprecò a denti stretti e si alzò controvoglia, avanzando a grandi passi e prendendosi il tempo di posizionare bene la punta della lama a premere contro il berretto giallo che ancora copriva il cranio del vagante, prima di perforarlo fino a far sporgere il metallo insanguinato dalla nuca.
Tra un sospiro e una smorfia, fece schioccare il collo da una parte e dall’altra mentre tornava indietro, poi afferrò il fratello per le spalle e sistemò le braccia legate ad avvolgerlo nella stessa presa precedente.
-Ci serve un’auto. - dichiarò fermo mentre faceva forza per sollevare entrambi.
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Un grosso ratto schizzò fuori dal proprio nascondiglio sotto alcune travi accatastate e si strofinò il muso nelle zampette. Gli occhi rossi scattarono verso l’alto, poi seguirono coi baffi vibranti il profilo della strada ormai dissestata su cui si trovava, e la bestiola si dileguò rapida come era comparsa giusto un attimo prima che due uomini comparissero dalla curva, incedendo a passi pesanti.
Merle sbuffò e imprecò negli ultimi metri che lo separavano dalla sua meta. Arrivati sotto l’insegna del vecchio distributore che avevano raggiunto, lasciò scivolare Daryl a terra e finalmente si decise a recidere le corde ai polsi con la lama. Gli diede un colpetto sul petto per rianimarlo, poi si spostò davanti a un enorme telo scuro di plastica che scostò pesantemente maledicendo l’unica mano che si ritrovava.
Sotto, scoprì il profilo di una Honda grigia, tutto sommato ben tenuta se si escludevano tutti e quattro i finestrini infranti e la tappezzeria sbiadita dal sole.
L’uomo ridacchiò nell’ammirare  il piccolo gioiello che aveva tenuto da conto tra una perlustrazione e l’altra, e aprì la porta del passeggero per trascinarvi dentro il fratello.
Si spostò poi dal lato del guidatore e si sdraiò sul sedile, i piedi fuori dalla vettura e la testa sotto il volante per armeggiare con lo scomparto dove già una volta aveva attivato i fili d’accensione.
E lì la loro fortuna decise di andare in pausa.  Il dannato motore non aveva intenzione di partire.
Dopo avere maledetto mezzo pianeta, Merle scivolò fuori dall’auto e tirò bruscamente la leva per aprire il cofano, ma quando si portò sul davanti dell’auto un rumore di travi rovesciate lo fece voltare di scatto.
La lama della protesi scintillò al riflesso del sole alto, e la vagante comparsa all’improvviso tese le braccia verso la carne viva a pochi passi da sé.
Altri lugubri gemiti fecero eco ai suoi, e Merle ruotò su sé stesso per vedere come dall’edificio di cassa e dai bagni del distributore altri cadaveri sbucavano stringendo un cerchio  di cui lui era il centro.
Forse aveva imprecato a voce troppo alta.
 
Ne contò sei, abbastanza lenti per farli fuori prima che gli fossero addosso tutti insieme. Per primo raggiunse quella che aveva rovesciato le travi, spingendola indietro fino a farla cadere e conficcando la lama al centro della stopposa frangia bionda.
Scattò in piedi e si girò a bloccare un altro più vicino, infilzandolo dalla gola alla nuca.
Un terzo lo afferrò per la protesi prima che potesse estrarla, ma stupido com’era morse il metallo, e Merle lo scansò con un calcio e lo finì schizzando di sangue scuro l’asfalto dissestato sotto di loro.
Altri due vaganti fecero velocemente la fine dei primi, e l’uomo si concesse un attimo di fiato prima di sistemare l’ultimo. Si asciugò la fronte con il braccio buono e piantò con una mossa decisa la lama nell’orbita vitrea di una donna di mezza età. In quel momento sentì dita putride serrargli la spalla. Mascelle schioccarono a pochi centimetri dal suo orecchio prima che potesse divincolarsi, poi il settimo vagante –da dove era sbucato?- gli fu strappato di dosso.
Con la coda dell’occhio vide Daryl rovesciarsi a terra rotolando prima che il cadavere gli finisse sopra, e con un calcio spaccargli il naso per poi frantumargli il cranio con un altro.
Merle fece leva sul corpo della donna per tirare fuori la lama, e si girò scuotendo il braccio mandando schizzi di sangue in tutte le direzioni.
Daryl lo guardò storto ansimando rumorosamente, poi gli occhi persero la messa a fuoco e il ragazzo crollò lungo disteso ancora con lo stivale immerso nelle viscide cervella del vagante.
Il fratello si inginocchiò rapido accanto a lui, e lo scosse per la spalla –Niente sonnellino sotto il sole, forza- gli afferrò il mento con le dita e agitò, ma non ottenne alcuna reazione
-Daryl- chiamò con tono deciso, senza migliore fortuna. Trasse un sospiro a denti stretti, e si sfregò con sgarbo la mano sulla nuca ragionando su come far ripartire quella dannata auto.

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Capitolo 6
*** Alla Prigione ***


Carl stava esplorando un angolo del cortile dietro la torrette quando un rombo in lontananza attirò la sua attenzione.
Trottò in direzione dei cancelli in tempo per vedere suo padre correre davanti alla rete seguito da Michonne, Maggie e Glenn, tutti e quattro con le armi salde in pugno.
Un’auto grigia percorse il tratto sterrato per portarsi davanti al gruppo, fermandosi con il muso a poca distanza dalla rete. Un vagante attirato dal motore si aggrappò al finestrino rotto del guidatore, ma una lama sporca sgusciò fuori a infilzarlo da parte a parte.
La portiera venne aperta da un calcio e ne uscì Merle, girato sulla strada appena percorsa per scrutare i vaganti che li avevano seguiti in lontananza. Erano almeno una decina, e in pochi minuti avrebbero raggiunto la rete.
Ebbe un leggero fremito quando alle proprie spalle sentì il suono di più armi che venivano caricate.
 Con cautela sollevò entrambe le braccia e si voltò a guardare il gruppo.
-Chi non muore si rivede, Grimes- ridacchiò accennando un saluto –Lascerei cadere le armi, ma è un po’ complicato smontare questo affare- indicò la lama che sporgeva dalla protesi con aria colpevole.
-Lo conosci?- il tono di Michonne era basso e inquisitorio –Quello è il braccio destro del Governatore. Se ci ha trovati, avremo la sua squadra alla porta prima ancora di averlo fatto fuori-
-è lui che ci ha catturate- rincarò Meggie –e ci ha…-
-Se posso dare la mia versione- interruppe Merle sbrigativo –Non conoscevo nessuna di voi donzelle, siete venute a minacciare il mio gruppo e ho agito di conseguenza. Non venitemi a raccontare che siete ancora vivi in mezzo a questa merda e non vi siete mai sporcati le mani.-
-Questo non significa niente-  ribatté Rick mantenendo la pistola puntata nella sua direzione –Come ci hai trovati?-
-C’è mio fratello, con me.- rispose l’uomo indicando con la testa l’interno dell’auto –Si è fatto prendere e pestare per salvarvi il culo, dovrà pur dire qualcosa per voi. Per riportarvelo mi sono giocato il favore del Governatore- fece per abbassare le braccia, ma uno scatto del fucile di Meggie lo convinse a tornare in posizione –Di’ Grimes, siete ancora uno di quei gruppi che crede nel bene delle persone? Dubito che la cosa sia mai andata a vostro vantaggio, però Daryl ha bisogno di una mano, e io gradirei non rimanere troppo fuori a richiamare cadaveri. Conviene anche a voi non far capire che qui intorno gira cibo fresco.-
Rick piegò la testa per guardare meglio l’interno dell’auto. Il sole si rifletteva sul parabrezza impolverato, ma riusciva a intravedere una figura abbandonata sul sedile del passeggero.
 
Daryl non li avrebbe mai traditi, questo era certo, ma Merle poteva avere ingannato lui tanto quanto cercava di fare con loro.
Poteva chiedere di entrare per sondare ogni debolezza e riferire tutto alla loro nuova minaccia.
Avevano ucciso dei loro uomini. Questo Governatore cercava sicuramente vendetta.
-Lascia che freni le rotelle che hai in testa prima che ti fumi il cervello.- lo sbeffeggiò Merle senza nascondere una punta di agitazione –Se il Governatore sapesse dove siete avreste un centinaio di uomini armati alle vostre porte, non due disperati in auto. Vi avrebbe chiesto gentilmente di aprire prima di giustiziarvi, e al vostro rifiuto avrebbe bombardato la tana. Almeno un paio di voi se ne sarebbe andato così, voi quattro invece sareste stati bucherellati sul posto.-
Abbassò le braccia con un gesto irritato –Non vorrei ricordarti che sei in debito nei miei confronti, facci entrare e basta-
Rick abbassò la pistola e si morse il labbro. –Lo sai che questa è una prigione, vero?- gridò in rimando –Ti terremo sotto chiave, non vogliamo che torni dal Governatore a rivelare la nostra posizione.-
 –Rick, non vorrai…- lo sceriffo interruppe Meggie con un gesto –A questo punto è più sicuro averlo sotto osservazione- mormorò avvicinandosi appena alla ragazza –E lo faccio per Daryl- sollevò di nuovo la pistola verso l’uomo oltre la rete, ma fece cenno a Glenn di aprire il cancello.
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Merle piegò la testa indietro per guardare oltre la cella in cui era rinchiuso, attirato dal suono di passi irregolari che scendevano le scale dall’altro lato del corridoio. Tirò un mezzo sorriso quando nel suo campo visivo entrò una figura poco sicura sulle gambe, che si piazzò davanti alle sbarre reggendosi con la schiena alla parete opposta e incrociando le braccia scoperte sul petto.
-Fai davvero schifo, fratellino- sogghignò ignorando l’occhiata risentita che gli lanciò Daryl e portandosi all’ingresso della cella sistemandosi con gli avambracci che sporgevano pigramente dalle sbarre.
-Il mondo non è cambiato più di tanto, vengo ancora a raccattarti dopo che ti sei fatto sbattere in prigione.- commentò l’altro in tono serio.
Merle scrollò le spalle –Oh, certo che è cambiato, adesso starmene dietro un solido paio di sbarre mi sembra una vacanza.-
-Parlerò con Rick, dirò che ti terrò d’occhio e ti faranno uscire.- replicò Daryl –Anche senza una spia, quel Governatore non ci metterà molto a scovarci, sarebbe da stupidi rinunciare a un uomo in più –
-Proposta interessante, lascia che te ne faccia una più sensata- l’arciere sbuffò con gli occhi al cielo, ma continuò ad ascoltare il fratello. –Avete fatto un lavoro sorprendente, qui alla prigione, persino il Governatore ne prenderebbe atto. E non vedrà l’ora di metterci le mani sopra, a costo di raderla al suolo se dovesse risultare troppo difficile. Sai, è uno di quelli che deve compensare mostrando la fortezza più grossa degli altri.-
-Intendi aiutarci o no?-
-Ho contribuito ai colpi in testa che ti sei preso, quindi te lo ripeterò: dai tempo una settimana, e avremo una splendida replica della guerra del Vietnam sotto casa, e credimi se ti dico che per allora vorrai essere il più lontano possibile dalla linea di fuoco.-
Daryl spostò il peso da una gamba all’altra, e lanciò un’occhiata alla cima delle scale –Non siamo nelle condizioni di scappare velocemente, per ora.-
-Ma quando cazzo hai cominciato a dire “siamo”? Ti ho tirato fuori io da sotto il naso del Governatore, mentre i tuoi nuovi amici si raggomitolavano qui dentro. Pensi che la prossima volta sarà diverso? Tirami fuori di qui, rubiamo armi e cibo e ce ne andiamo per la nostra strada come avremmo dovuto fare dall’inizio.-
-Non se ne parla-
Merle si passò la mano sulla testa con aria stanca –è bastato poco a farti il lavaggio del cervello, fratellino, eh? TI sei rammollito quanto loro o sapresti ancora ammazzare un vagante? Ti hanno insegnato a lasciare esche sul tetto e scappare?-
-TI siamo venuti a cercare- sentenziò Daryl –E lo sai benissimo, visto che ti sei preso il furgone e ci hai seminati. Non sono sprovveduti come credi, hanno buone probabilità di farcela-
-Le mie preghiere saranno con loro, ma in tutto ciò perché noi dovremmo rischiare? Ce la siamo sempre cavata da soli, e alla grande- concluse con una risata roca che lasciava scoperti i denti sconnessi.
-Il mondo è cambiato.- rispose l’arciere –Se vogliamo sopravvivere, ci serve un gruppo. E dare un contributo. Non sarà poi così diverso che stare dalla parte del Governatore.-
-Quanti siete?- tagliò corto Merle –E quante armi avete? Perché il bastardo dall’altra parte verrà con un fottuto esercito.-
-Se conosci bene le loro forze e le loro tattiche, puoi aiutarci a prevederle. Potresti riconquistarti la fiducia degli altri.- le ultime parole di Daryl avevano un tono strano, ma vista l’idiozia del contenuto, Merle non se ne curò più di tanto.
-Continuo a sperare che passata la botta tu ricominci a ragionare- sbuffò con sguardo ironico –Fino ad allora, fa’ come ti pare. E di’ a Grimes che la prossima cella la voglio più comoda.-
Daryl abbozzò un mezzo sorriso e si staccò dalla parete, voltò le spalle al fratello e ripercorse i gradini mugugnando –Che bastardo…-

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