Just a Little Pinprick

di ClostridiumDiff2020
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Scontro ***
Capitolo 2: *** 2. Il Silenzio ***
Capitolo 3: *** 3. I'm Not Okay ***
Capitolo 4: *** 4. I'm Not Okay ***
Capitolo 5: *** 5. Ogni Parte di Te ***
Capitolo 6: *** 6. The Fall... ***
Capitolo 7: *** 7. Love ***
Capitolo 8: *** 8. Ritornerei Sempre da Te... ***



Capitolo 1
*** 1. Scontro ***


1. Scontro
 


 
William rovinò a terra e il colpo gli mozzò il fiato. Si raggomitolò tossicchiando e quando si pulì la manica vide il sangue. Lo aveva gettato in un cassonetto come un sacco di spazzatura. Quasi certamente lo aveva dato per morto. Si sospinse in piedi finendo per urtare il bidone restando stordito.
Ogni cosa era andata in pezzi. Stava per voltarsi quando un sacchetto volò sopra la sua testa andando a sbattere contro la parete e finendo nel cassonetto.
“Oh cavolo”
 
William sollevò lo sguardo seguendo la voce. Una ragazza con una cuffia viola e una divisa sporca d’ospedale lo osservava. Ma la cosa che non riusciva a non notare erano dei sacchi d’immondizia che ruotavano sopra la sua testa.
“Cosa… diamine…” farfugliò William
I sacchetti seguirono il primo schiantandosi contro la parete opposta.
La ragazza sollevò una mano puntandogli un dito contro.
“Tu non hai visto niente…”
 
A William scappò un mezzo sorriso prima di oscillare verso terra.
“Sei sempre così pallido?” chiese improvvisamente lei osservandolo
“Sto… sanguinando…” farfugliò lui mentre il mondo si sfocava.
Stava scivolando a terra quando una forza invisibile lo afferrò.
William sorrise chiudendo gli occhi, era come se delle gigantesche mani lo cullassero.
 

 
Il teschio ondeggiava davanti a lui, ma era sempre più sbiadito.
Era la prima volta dopo tanto che tornava da lui, forse voleva solo dirgli addio.
Non gli era davvero rimasto altro?
Poi lentamente riaprì gli occhi, si ritrovò sdraiato su un tavolo di metallo e l’odore del disinfettante gli pungeva le narici.
C’era una flebo che usciva dal suo braccio, una linea rossa che saliva verso l’alto.
 
“Sei più pallido dei miei cadaveri…”
La ragazza del vicolo emerse dalla penombra.
Aveva un volto rotondo incorniciati da lisci capelli neri. William si focalizzò sul cartellino appuntato sulla maglia di lei.
 
Jennefer B.
 
“Che cosa stai facendo?” farfugliò lui.
“Credevo fosse ovvio scemo! Una trasfusione… prima che tu passi da sembrare un cadavere a… esserlo…”
William stava per rispondere quando in lontananza qualcosa si mosse.
Jennefer lo osservò interdetta poi gli posò rapida una mano sulle labbra e gli fece cenno di tacere.
Fu un attimo, lo straniero lo osservava con i suoi grandi occhi scuri. La sua espressione passò da furiosa a incredula e poi tutto il terrore emerse.
Fa il morto per qualche momento…
La voce di Jennefer esplose nella sua testa prima che lei lo coprisse con un telo.
 
La stanza si era fatta improvvisamente gelida, William percepiva il calore della mano di Jennefer premuta sulla sua bocca.
Qualcosa nel profondo gli suggeriva di restare immobile.
Poi un soffio ghiacciato lo raggiunse qualcosa di freddo gli sfiorò il collo. Lo pervase una spiacevole sensazione di disagio, la gola gli si chiudeva ingabbiando ogni respiro.
Poi una porta sbattè con forza e quando Jennefer sollevò il lenzuolo la luce quasi gli ferì gli occhi.
 
“Ehi zombie stai bene?”
William si soprese ad ansimare sulla mano di lei, la voce bloccata in gola.
“Aspetta ti aiuto ad alzarti…” farfugliò Jennefer liberandogli la bocca e prendendolo per le spalle.
William la guardò, sentiva ancora quel tocco gelido e la sgradevole sensazione che gli penetrava sin nelle viscere.
“Scusa… Di solito non vengono quando non sono sola e… Se fosse stato un semplice spettro non sarebbe stato un problema. Ma quello era un Antico e… Alle volte possono essere davvero sgradevoli con i vivi, soprattutto se feriti. Deve aver sentito tutto quel sangue o… Hai forse più ferite di quelle che riesco a vedere? Perché … E questo sembrava davvero attratto da te… Incredibile… Quando ha cercato di afferrarti per un attimo ho pensato che potesse… Beh…”
William la interruppe con un movimento brusco.
“Se certi sguardi potessero uccidere… Ho una brutta notizia per te… Sono geneticamente immune dalla paura… come da qualsiasi altra emozione…”
William aprì la bocca per parlare, ma non riuscì ad emettere un solo suono.
Che cos’era? Che cosa mi succede? Sillabò, muovendo le labbra mute.
 
Jennefer lo ignorò chinandosi sulla gola di William, apparentemente non c’era nulla, neanche un segno.
 “Non riesco a crederci… Non è così visibile ma… Deve averti segnato in qualche modo… Prima parlavi e adesso…”
William la bloccò le prese i polsi e la obbligò a guardarla negli occhi
Che mi sta succedendo?
Il panico nei suoi occhi aumentava di minuto in minuto e per un attimo Jennefer ne fu come sopraffatta.
Ne aveva sempre sentito parlato ma a conti fatti, non le aveva mai davvero provate, le emozioni. Ma a lei non importava. Quella dolce insensibilità la proteggeva. Dalla pura che avrebbe potuta coglierla quando aveva visto il suo primo spettro. O quando aveva usato i suoi poteri per la prima volta. La sua apatia era sempre stata una confortevole protezione e stava svanendo. Osservava quegli occhi scuri in cui poteva intravedere un groviglio di emozioni che le riversavano addosso.
 
Che fosse stato l’antico? Uno spettro che aleggiava sulla terra da così tanto tempo da scordare persino il proprio volto. Che avesse impresso in lei le sensazioni dei vivi come a William aveva tolto la voce? Eppure sentiva che il fulcro di tutto era proprio quell’uomo tutt’occhi che la stava scrutando furente, così gli prese la testa e lo osservò. Come poteva sentire la sua paura e farla propria.
“Cosa succede e a te? Cosa stai facendo tu a me?” annaspò lei.  

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Capitolo 2
*** 2. Il Silenzio ***


2. Il Silenzio
 


 
William ripose il libro e si sedette, appoggiandosi con la schiena agli scaffali, massaggiandosi la gola. Era passato un anno ma ancora non era riuscito ad abituarsi al silenzio che era calato sulla sua vita, né a quanto gli potesse mancare il suono della sua voce, dei suoi discorsi persuasivi. Ne che potesse sentirsi così tanto strano, quasi menomato in quel silenzio forzato.
 
E stare così tanto in attesa, gli sarebbe parso pura follia, invece eccolo là, ingabbiato in un giorno uguale all’altro in una biblioteca. Quantomeno la compagnia era gradevole, i libri non gli rinfacciavano niente.
 
Quando Jennefer gli aveva offerto una stanza era rimasto sorpreso, per poi comprendere che lei era incuriosita da lui quanto lo era lui da lei.
La ragazza sembrava incapace di esprimere qualsiasi emozione, la sua non era una recita, non era eccessivo autocontrollo era realmente insensibile a qualsiasi stimolo, anche doloroso. Ma non quando passavano del tempo assieme. Da quella notte in obitorio, spesso la ragazza aveva riferito di vivere di emozioni riflesse. Lui le esprimeva e lei riusciva a percepirle come proprie. Dall’incontro con l’Antico erano cambiate così tante cose che William a stento riusciva a raccapezzarsi. Una parte di lui sentiva di essere morta in quel vicolo, in quel cassonetto, e la restante si muoveva come per inerzia. Il soprannome che Jennefer gli aveva dato se gli calzava a pennello, Zombie.  
  
L’insofferenza di lei al dolore fisico William lo aveva scoperto in un modo stranissimo, quando strappandogli il pugnale a scatto di mano con il suo potere se lo era inavvertitamente conficcato nella coscia. Lei lo aveva osservato con indifferenza ma poi aveva sorriso. “È strano, sento un formicolio…Oh ti prego fallo ancora”
Questa era Jennefer, una persona che lo sottoponeva continuamente a stimoli istigandolo a dar libero sfogo a tutte le sue emozioni mentre le assorbiva come una spugna.
 
Lo aveva salvato, afferrandolo in quel vicolo mentre stava scivolando tra le braccia della morte. E poi aveva incontrato uno spettro, altra cosa che pareva capitasse spesso attorno a quella strana ragazza. E così era morto, rinato e uno spettro gli aveva tolto la voce ed ad un anno di distanza se ne stava seduto nella sua tana prediletta, circondato da molte storie a sentirne la mancanza.
Era cose se senza la sua voce parte di sé fosse morta in quel vicolo.
O forse in un altro luogo ancora, forse si era ritrovato davanti a lui, la sua nemesi, quel teschio rosso che alla fine lo aveva divorato.
 
“Ehi Zombie, non sai cosa mi ha appena detto il tuo… suoeriore” 
William si voltò esasperato verso Jennefer che si era affacciata tra gli scaffali.
Lui si portò un dito alle labbra e lei sorrise divertita imitandolo.
Gli sedette accanto finché lui non le fece cenno di riprendere.
Lei gli si avvicinò abbassando la voce. “Mi ha detto che sei il suo miglior dipendente, il più silenzioso senza ombra di dubbio… Deve essere questo a renderti tanto prezioso, raramente si trovano persona che sanno dare valore al non detto”
A quelle parole William incrociò le braccia sul petto.
“Lo so… Ci sto lavorando… Ma non so dove possa essere finito il nostro Antico, ma ti giuro che lo sto cercando!”
William si portò una mano alla gola.
“Lo so che ti manca la tua voce, io l’ho appena sentita e in effetti non era così male. Giuro, la riavrai…”
 
William prese il suo zaino, quaderni, dove cercava di radunare i propri pensieri, trascrivendo le parole che non riusciva ad esprimere.
Cercò tra le pagine finché non trovò un ritaglio di giornale.
Una foto, una donna dai capelli neri. La allungò verso Jennefer.
Lei la prese, avevano parlato molte volte di lei. O meglio lei aveva letto nei suoi pensieri lasciando che le emozioni la travolgessero.
 
“Non l’ho vista…” sussurrò restituendogliela. “Però hanno fatto un bel discorso da me all’ospedale, le commemorazioni delle colleghe defunte sono il loro forte. Sono stati molto accorti a sorvolare sulle condizioni in cui è avvenuto l’incidente che poi l’ha uccisa. In fondo non sapevano proprio niente, quindi potevano anche evitarsi…”
 
William le afferrò un polso e lei si zittì di botto. “Scusami…” sussurrò mentre lui le si aggrappava al braccio. “Vedi è tutto nuovo per me… non sono abituata a questo a preoccuparmi delle emozioni degli altri.”
Poteva sentire il suo cuore accelerare, anche se non aveva bisogno della telepatia per percepire il suo cuore ferito e triste. I suoi occhi scuri erano ridotti, delle pozze di tenebra ricolmi di lacrime amare.
“Sai ti preferisco arrabbiato che triste…” borbottò lei.
 
Jennefer lo osservò incerta, non sapeva mai cosa dirgli e detestava quell’incertezza. Non aver provato nulla per tutta una vita non aiutava di certo e lei voleva solo vederlo di nuovo reattivo, anche se si sentiva decisamente in colpa per questo. È che adorava le emozioni filtrate attraverso William.
“Ti va di fare esplodere delle cose?”
Un enorme sorriso si allargò sul viso di lui e Jennefer comprese di aver fatto centro.
 
Lo tirava sempre su di morale fare qualche pericolosa insensata idiozia con lei.
Come quando aveva voluto provare a bloccare una bomba a mano con i suoi poteri telecinetici. All’inizio aveva sgranato gli occhi e lei gli aveva chiesto se stesse per aver un infarto, ancora non era brava a capire le emozioni del suo volto, ma in un anno si era decisamente perfezionata. Anche se non riteneva di saperlo fare al 100%. Ancora non comprendeva fino in fondo quell’alone di tristezza che alle volte vedeva apparire nei suoi occhi.
 
Lei si era sentita in obbligo di spiegargli che non era pazza, solo… Che non aveva mai sentito niente e adesso che standogli accanto il velo di apatia si sollevava voleva provare tutto.
 

 
 
L’esplosione li fece sobbalzare. William la guardò aprendo le braccia.
“Sì scusa, stavolta credevo di farcela…”
Lui si dette un colpetto alla testa e lei sbuffò.
“Te lo ripeto, non sono matta e sì lo so che è pericoloso, credevo fosse questo il bello no?”
William rise silenziosamente e per un attimo Jennefer desiderò sentire la sua voce, sentir vibrare la sua risata.
“Ancora?” chiese lei cercando di distogliere da quel pensiero, ma anche pe William.
 
Quell’anno di silenzio era stato particolarmente duro, come se perdere la voce gli avesse strappato ogni motivazione. Lo vedeva la mattina osservare il mondo fuori dalla finestra e lo leggeva nei suoi occhi, gli risultava estraneo.
Che la mancanza della voce fosse solo un sintomo d’altro? Forse il contatto con l’antico gli aveva impiantato qualcosa. Il germoglio di un disagio.
Mi sento morto, nonostante cammini, respiri… Mi sento distante dalla vita.
Le aveva scritto una volta.
 
Così lei aveva iniziato a far esplodere cose. Forse era egoista, ma quando aveva sentito accendersi nel proprio petto la medesima gioia che vedeva scintillare nel volto di Billy, aveva compreso quanto adorasse quella sensazione.
 
Ogni tanto le chiedeva di andare assieme in cerca di spettri, forse sperava di imbattersi nel medesimo ladro di voce.
Lei non aveva il cuore di dirgli che non aveva così tanta voglia di trovarlo.
Non si era mai sentita tanto legata a qualcuno, temeva che se avessero incontrato di nuovo l’Antico questi avrebbe potuto dividerli e lei sarebbe sprofondata di nuovo nell’apatia lasciandole solo un profondo senso di malinconia e mancanza
 
A William piacevano gli spettri, gli aveva confessato di sentirsi più simili a loro che ai viventi.
Sono come loro, sfioro la vita senza mai farne davvero parte.
Jennefer aveva desiderato obbiettare ma non aveva trovato il coraggio.
Avrebbe voluto che si sentisse a casa con lei, ma non glielo avrebbe mai imposto.
Quando le afferrò la mano indicandole il vicolo una scarica la attraversò.
Lui le indicò con un mezzo sorriso la strada, fu un attimo, nei suoi grandi occhi scuri lei lo vide, riflesso nel profondo vi era l’Antico. Non aveva un volto e la sua sagoma era qualcosa di indistinto avvolto dalle tenebre, e la stava indicando.
 
Fu la stretta di Billy alla sua mano a riportarla alla realtà, lo spettro era scomparso, rapido come era apparso.
Jennefer voleva fingere che non fosse accaduto nulla, ma il proprio battito le rimbombava ancora nella testa. Perché aveva indicato lei? perché si celava dentro William? Perché li aveva connessi rubando a lui la voce? Ogni domanda che non osava esprime le premeva per uscire. Ma le ricacciò indietro. A costo di farsi esplodere un’emicrania non avrebbe detto nulla. Strinse la mano di William e gli sorrise di rimando “Andiamo a cercare qualche spettro interessante prima dell’alba”

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Capitolo 3
*** 3. I'm Not Okay ***


3. How To Say Goodbye Forever?
 



 
William posò il libro massaggiandosi le tempie con forza. Aveva di nuovo mal di testa, come se una creatura artigliasse il suo cranio e premesse per uscire con forza.
Con le dita percorse le cicatrici che gli solcavano il volto, come se la creatura vi potesse uscire.
Una goccia di sudore scivolò lungo la curva della schiena facendolo rabbrividire.
Saltò in piedi e a grandi passi si recò in bagno.
Infilò la testa sotto il lavandino e aprì il rubinetto. Si mise le mani sul volto e chiuse gli occhi.
Era come se ogni goccia che scivolava via dai suoi capelli scorrendo lungo la pelle del suo viso lo graffiasse come mille spilli. Si appoggiò al lavandino e si osservò allo specchio con respiro ansate.
E in quel momento lo vide rabbrividendo.
Scattò verso lo specchio e sgranò gli occhi. L’antico era là, nel suo occhio sinistro, si stagliava la longilinea figura senza volto. L’essere parve notare la sua attenzione e allungò la sua pallida mano verso di lui. William sobbalzò andando a inciampando nei suoi piedi e cadendo a terra.
Il tempo di un battito di ciglia e l’antico apparve davanti a lui. L’indice su delle labbra mute, non poteva parlare ma William ebbe l’impressione di udire le sue grida riecheggiargli nella testa.
Le lunghe dita gli sfiorarono il volto e le tenebre calarono su di lui.
Il cuore di William accelerò, il battito gli rimbombava nella gola. Il suo respiro era come una presenza riecheggiava attorno a lui.
Percepiva il pavimento freddo sotto di se, sfiorò la parete fredda. Cercò di alzarsi e urtò con la spalla il tavolo vicino al bagno. Crollò di nuovo a terra. Era cieco? L’antico gli aveva tolto persino questo?
Si puntellò contro la parete e si spinse a forza in piedi, ma poi si paralizzò. Era paralizzato, bloccato dal proprio terrore.
 
Jennefer!
 
Le sue labbra si mossero senza emettere un suono.
 
Jennefer!
 
Cercò di urlare con forza fino a provare dolore alla gola. Ma non si arrese. Urlò in silenzio piantandosi le unghie nei palmi delle mani.
Poi un sospiro gelido gli carezzò il volto e delle gelide dita gli sfiorarono le labbra.
Si mosse con rabbia colpendo solo l’aria. Poi delle braccia spettrali lo strinsero. …
 
Una morsa al cuore, una stretta ghiacciata. Era la morte che lo stringeva tra le mani?
“Ehi Zombie, sei in ritardo…”
La voce di Jennefer afferrò la sua coscienza strappandola alla presa spettrale.
William sbattè le palpebre lentamente, il mondo tornava lentamente a fuoco come il suo corpo. Si sentiva zuppo di sudore I rumori, un fischio sordo copriva tutto il resto sovrastato solamente dal battito del suo cuore.
“Ehi Zombie sei… più pallido del solito…”
Il volto di Jennefer appariva lentamente vicino al suo.
William si pose il palmo della mano sull’occhio destro, percepiva una puntura di spillo al suo interno, come se lo spettro premesse dal suo interno.
William chiuse gli occhi, percepiva lo sguardo di Jennefer gravare come un macigno mentre cercava di riassemblare i pezzi di se scosso dai brividi. Un freddo che sembrava non voler mai lasciare la presa. Quando Jennefer gli afferrò la mano percepì il suo calore e il bisogno fu insopportabile. La afferrò e la trasse a sé stringendola con forza.
“Ehi Zombie… calma… sei… fradicio… che…” cercò di protestare la ragazza.
Lui nascose il volto cercando di calmarsi, Jennefer dopo le iniziali proteste rimase immobile come in attesa.
 
Quando Jenner pensò che potesse essere il giusto momento scostò William prendendolo per le spalle. Aveva uno sguardo assente e un respiro affannoso.
“William io… l’ho trovata…”
 
….
 
“Sai non esco spesso dall’obitorio e… di rado entro nei reparti, ma visto che ci tenevi tanto ho iniziato a bazzicare dalle stanze dove so che siete passati entrambi e… stamani lei ha trovato me…”
William osservò la camera, un’anonima stanza d’ospedale ma la ricordava bene. Era stata tutta la sua realtà per tanto, troppo tempo. E Lei era stata il suo unico vero contatto. La sola persona che tra tanti sguardi ostili si sforzava di ascoltarlo veramente.
Lei era in piedi e lo osservava, con lo stesso sguardo inarrivabile dei loro primi incontri. Sorrise, aveva sempre trovato frustrante tutto quel suo autocontrollo, qualunque cosa avesse fatto. Percepiva lo spettro premere dentro di se ma Krista era davvero davanti a lui, nient’altro importava.
 
William aprì la bocca ma la voce non giunse, di nuovo muto con una rabbia che gli bruciava l’anima. Aveva la tentazione di afferrare la prima cosa che aveva a portata di mano e lanciarla contro il muro.
Krista lo osservava in attesa, cosa poteva dirle? Che gli dispiaceva che fosse morta da sola? Che non avrebbe mai voluto questo per lei?
Lo spettro lo osservava silenzioso, che lo incolpasse? Forse adesso l’amore era diventato odio, magari per questo l’antico era entrato in lui, era marcio e corrompeva ogni cosa entrava in contatto con il suo spirito?
 
William sussultò quando la mano di Jennefer prese la sua. Si voltò verso di lei, i suoi grandi occhi scuri colmi di lacrime. Lei osservava lo spettro, impassibile come sempre, ma quando aprì bocca William si soprese nel percepire vibrante emozione nella voce di lei.
“Era a un passo da te…” prese parola Jennefer “E non avrebbe mai voluto che ti accadesse niente. Aveva preparato ogni cosa, per poter fuggire, non aveva mai desiderato niente così tanto prima di immaginare di iniziare una nuova vita assieme a te. Tutto quello che ti ha detto era vera, ogni momento è stato intenso… Adesso non può dirlo ma… Non è colpa tua né sua… anche se non ha voce il suo cuore non smette di parlare un solo istante… E chiede di te…”
Jennefer si voltò verso William cercando di dar voce a quella valanga di emozioni.
Lo spettro si avvicinò a Jennefer e quando le sue dita le sfiorarono il cuore Jennefer si un tramite tra due cuori connessi.
“Non sono brava a esprimere sentimenti perché… Non ho mai sentito nulla prima di… Prima del nostro disastroso contatto… e…”
Lasciami entrare…
La voce dello spettro era chiara, avvolgente e Jennefer aprì la sua anima.
“Non voglio che resti solo…” Era la voce di Krista che parlava tramite Jennefer.
William la osservò afferrò Jennefer e la strattonò verso se per baciarla con foga. Voleva percepire il sapore di Krista, l’odore dei suoi capelli, il suo suo e battere vicino al proprio. Ma quando Jennefer scivolò con i piedi a terra osservando la confusione nel suo sguardo comprese che lo spettro se n’era andato, svanito per sempre. Era andata oltre.
Jennefer rimase ad osservarlo interdetta.
“Non sono sicura ma… Credo di aver bisogno di bere dell’alcool. Molto, moltissimo alcool…”

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Capitolo 4
*** 4. I'm Not Okay ***


4. I'm Not Okay

 

 

 

William si svegliò quando la voce di Jennefer gli urlò nella mente
Ti prego alzati mi stai schiacciando…
Lui si sollevò ancora mezzo assonnato.
“Ti prego va in bagno… hai un alito che sa di uova marce e… cosa hai in tasca?”
William si passò la mano sulla nuca alzando gli occhi al cielo.
“Diavolo che mal di testa… Se questo è quello che succede quando si beve… non lo farò mai più… E perché non sei nel tuo letto, sei ancora sudato e… seriamente che diamine hai in tasca? È fastidiosamente duro…”
 
William si sedette sul bordo del letto massaggiandosi la testa. Voleva dirle quanto riuscisse ad essere brutalmente diretta e indelicata e la mancanza di voce lo snervava. Quanto odiava il sentirsi un ragazzino in un corpo d’adulto.
“Non sono indelicata è una constatazione…”
William scattò in piedi e si strascinò in bagno.
 
Si appoggiò al vetro, non ricordava nulla della sera prima. Jennefer aveva parlato per lui con lo spirito di Krista e si era sentito uno schifo.
Il secondo incontro con l’antico ancora lo faceva rabbrividire. L’essersi ritrovato cieco, terrorizzato da quella spettrale presenza. Ogni cosa spazzata via dalla definitiva perdita di lei, Krista se n’era andata. L’Antico non gli aveva solo tolto la voce lo aveva imprigionato in una realtà che riconosceva a stento con una persona folle con parole inopportune, frasi inopportune ma soprattutto che lo sapeva riafferrare ad ogni caduta. E adesso era chiuso in un bagno come un ragazzino alle sue prime esperienze, a cui preferiva non pensare, non mentre cercava di liberarsi di quel bisogno.
Voleva solo sfogarsi ma non riusciva a non pensare a quello strano calore che gli trasmetteva Jennefer.
Se solo non fosse stato certo che lei lo avrebbe guardato come una strana lumaca ci avrebbe anche provato. Forse non lo avrebbe fatto in passato, ma prima prendeva tutto in modo assolutamente superficiale e ne era pienamente consapevole. Tanto ogni volta che cercava di impegnarsi anche in quel caso lo faceva nel modo sbagliato quindi perché farlo?
Ma con Krista aveva davvero pensato di aver trovato il giusto equilibrio e adesso? Poteva sperare di iniziare di nuovo?
 
“Ehi zombie quanto ci metti, io dovrei davvero venire a fare una doccia… I cadaveri veri mi reclamano…” esclamò Jennefer entrando nella stanza. Fu un secondo, William con il volto in fiamme si voltò verso di lei accadde. Gemette e chiuse gli occhi mentre una scarica di inevitabile piacere lo attraversava. Quando riaprì gli occhi la vide, sulla guancia di lei il segno di quel che aveva fatto. Lui la osservò ansimando con occhi sgranati.
Jennefer si pulì la guancia con la manica del pigiama poi annusò incuriosita.
“Interessante, era l’ora che rispondessi alle mie domande in merito. Certo mi bastava una risposta scritta… però una dimostrazione pratica di come ti trastulli con il tuo giocattolo è altrettanto esaustiva… Curioso…”
 

Era rimasto seduto ad aspettare per ore finché Jennefer non era uscita in divisa.
Si indicò e poi indicò lei. Era stanco frustrato e stanco di sentirsi sempre così confuso, da quella strana assurda creatura.
Replicò il gesto ma lei lo guardò incerta prima di voltarsi per andarsene.
In altri tempi le avrebbe urlato, ma non aveva più voce, non aveva più niente di familiare, afferrò un vaso e lo fracassò contro la parete e quando Jennefer lo guardò con la sua consueta apatia lui si infuriò ancora di più.
 
“Vorrei dirti che non voglio farti arrabbiare ma… è piacevole sentire e la rabbia è una delle sensazioni più forti se si esclude l’amo…”
Il pungo sul tavolo la bloccò, anche se non appariva affatto spaventata, solo curiosa.
 
William si allontanò alzando le braccia al cielo e scuotendo con forza la testa.
Si indicò le tempie ma lei lo percepì forte nella sua mente, un grido penetrante.
Smettila! Non mi piace sentirmi così! Credi che mi diverta? Tutto questo mi dilania e mi manda in mille pezzi!!!
Jennefer percepì quel senso di rabbia aggrapparsi a lei entrarle dentro per esplodere come una bomba. Una forza eruppe da lei. La rabbia che aveva assorbito esplose e William venne scaraventato in alto.
Jennefer chiuse gli occhi mentre un grido le esplodeva nel petto. Quando riaprì gli occhi William se ne stava rannicchiato a terra sanguinava e il suo braccio destro stretto al petto stranamente piegato. Jennefer non ne era certo ma quella sensazione poteva essere orrore e paura. Più lo guardava più riusciva a sentire ogni muscolo teso, ogni osso che aveva involontariamente spezzato. Era questo l’effetto della rabbia incontrollata?
 
“Mi… mi dispiace… io…”  Non riusciva a parlare. Era preoccupata? Spaventata dal proprio potere per la prima volta perché aveva ferito la sola persona che contasse per lei e non sapeva come controllarlo.
E poi lo comprese, tutto quelle sensazioni venivano da lei, non da William.
Chiuse gli occhi e protese una mano verso di lui.
William la osservò incerto su cosa lei volesse. Osservò la sua mano protesa e poi si allungò verso di lei. Il braccio spezzato si mosse strappandogli un gemito ma non si ritrasse.
Quando le loro dita di sfiorarono Jennefer aprì gli occhi e gli prese la mano.  
 
 “Ti fidi di me?”
William sgranò gli occhi annaspò incredulo. Poi abbassò gli occhi incerto.
“Vorrei che ti fidassi di me… Io mi fido della tua imprevedibilità, perché è ciò che amo, mi fa sentire viva. Sei come un oceano…Lo osservi è bellissimo, indomabile. Ho scoperto tutto questo con te… Mi dispiace se non riesco a esprimere in modo normale quello che sento o a capire gli altri, sto solo cercando di capire cosa sono tutte queste sensazioni… Ma credo almeno di capire la paura, perché so che ho paura che tu sparisca e che con te se ne vada per sempre il mio cuore. Anche se senza di te non credo che vorrei averne uno…”
Quando lei sollevò lo sguardo su di lui sbuffò “Ma perché fai così? Sei di nuovo tutto occhi… Ho di nuovo detto la cosa sbagliata? Io… mi sono aggrovigliata… Volevo dire che… Vorrei provare a sistemarti il braccio e mi sono ingarbugliata. Se la metti di guardarmi in quel modo, come un gatto che sta per essere investito da un’auto…”
 
William rise e gli porse il braccio.
“Non deve essere tanto complicato… Posso alterare le molecole della realtà che ci circonda, sollevare un oggetto o convincere le tue ossa a ri assemblarsi, quanto può essere diverso…”
Si sentiva stranamente nervosa.
Era strano, erano stati molto vicini altre volte, lui le aveva letteralmente dormito addosso ma quel tipo di contatto era diverso, era come se riuscisse a percepire ogni molecola del suo corpo. Lo sentiva come qualcosa di molto più intimo. Neanche vederlo nudo le aveva lasciato la stessa impressione.
“Mi piace sentire i tuoi pensieri, ma vorrei sentire la tua voce…” voleva distogliere l’attenzione ma non eccessivamente. Voleva guarirlo con tutta se stessa ma più manteneva il contatto, più sentiva l’irresistibile impulso di baciarlo, come se volesse assaporarlo.
 
Scosse la testa, non aveva alcun senso, lei…
Gli aveva detto di amare il suo modo di essere, amare? Era quella la parola che tanto aveva cercato di capire a adesso l’aveva sputata senza riflettere. Però era tutto vero. E se lo amava doveva dirgli la verità, per quanta paura potesse fare.
 
“Will… Ho visto lo spettro… Non sapevo come dirtelo perché non mi era mai…”
Lei rimase ad occhi bassi, lo sentiva fremere sotto le sue dita. Era sempre più difficile concentrarsi, era tutto maledettamente intenso.
“L’ho visto nei tuoi occhi, come se si annidasse dentro di te io… Non so come e perché ma… Lo scoprirò”
 

 

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Capitolo 5
*** 5. Ogni Parte di Te ***


5. Ogni Parte di Te

 
 
Scottava, si era agitato nel letto cercando di liverarsi, come se fosse imprigionato da lacci invisibili. Jennefer non aveva mai sentito un simile panico e non sapeva dire se fosse suo o di William. Spogliarlo sembrava la sola cosa sensata
L’aria fredda a contatto con la pelle sembrava calmarlo.
Jennefer prese una bacinella, un panno e iniziò tamponargli la fronte. “Non sono abituata a prendermi cura dei vivi sai? Tu sei il primo…” borbottò a un addormentato William.
 
Non capiva cosa potesse essere successo, stava bene fino al giorno prima, gli aveva confessato di aver visto lo spettro nei suoi occhi e era certa che in qualche modo avrebbe trovato una risposta. Poi nella notte gli era salita la febbre.
 
Jennefer prese il lenzuolo e distogliendo lo sguardo lo sollevò per coprirlo, bagnò il panno e lo poggiò di nuovo sulla fronte di William che sussultò.
“Temo che sia lo spettro a farti questo, quando eri nella biblioteca, eri troppo sconvolto, non mi hai detto perché, ma immagino che fosse a causa sua. Un’anima così antica, temo che ti stia consumando…”
Jennefer si soprese perché dar voce a quei pensieri era come incidere una ferita, sentiva una morsa allo stomaco, un nodo alla gola, era quella la paura?
“Will… potresti svegliarti?” borbottò prendendo il panno e sfiorandogli il volto. Desiderava solo vedere i suoi occhi, la vita in essi, scacciare lo spettro.
 
Alla fine, si arrese e gli si sdraiò accanto. “Mi hai rubato il letto…” bofonchiò rannicchiandoglisi accanto. Ascoltava il suo respiro e gli poggiò una mano sul torace. Si sollevava a intervalli regolari. Il suo battito lento in contrasto con quello frenetico di Jennefer. “Sembra che ci siamo scambiati di ruolo…”
Da quando lo aveva incontrato in quel vicolo la sua vita era esplosa arricchendosi di sensazioni e colori e Jennefer amava ogni momento. Senza di lui non sapeva che non sarebbe riuscita nemmeno a dare un nome a tutto quello.
“Sai Will, sono preoccupata per te… Perché credo proprio di amarti, sarebbe così terribile?”
Quelle furono le ultime parole prima di sprofondare in un sonno profondo.
 
 
L’antico la osservava con il suo volto senza tempo.
“Lascialo andare…” dissero all’unisono, Jennefer sussultò ma recupererò subito la sua flemma. “Lascialo…” ripeté con tono di sfida allo spettro.
“Se ti dicessi che quella persona è pericolosa ma che tu lo sei ancora di più e che assieme potreste distruggere il mondo intero…”
“Lascialo andare…” ripeté Jennefer.
“Puoi scegliere, salvare il mondo o…”
“Sceglierei sempre lui” urlò Jennefer senza esitare.
“Allora lascialo andare, tu puoi guarire quei segni e dargli una nuova possibilità… Se vuoi che non bruci la sua anima, lascialo andare…”
 
Jennefer si svegliò quando sentì le sue braccia serrarsi attorno a lei e il suo respiro solleticarle il collo. Poi qualcosa di umido le carezzò la guancia e quando raggiunse le sue labbra aveva il salato sapore delle lacrime. Il dolore la raggiunse come una pugnalata. William ansimò nel sonno e Jennefer di istinto lo afferrò, era ancora così caldo, probabilmente doveva essere ancora febbricitante. Non sapeva nemmeno di preciso cosa la portasse a muoversi in quel modo.
Quell’uomo grande e grosso le appariva un bambino spaventato. Le parole dell’antico le rimbombava nella mente, doveva lasciare la presa eppure non ci riusciva. Come avrebbe potuto lasciare andare il suo cuore?
 
 

 
 
William le restituì il termometro e Jennefer lo scrutò dubbiosa. “Pare che com’è arrivata la tua febbre se ne sia andata…”
William si strinse nel lenzuolo e si indicò con un mezzo sorriso.
“Sì! Ti ho dovuto spogliare, ma non farti strane idee, stavi andando a fuoco, volevo solo impedirti di evaporare…”
William lasciò andare il lenzuolo ma Jennefer lo riafferrò prontamente ritrovandosi a un soffio dal suo viso. Jennefer lasciò il lenzuolo e posò una mano sulle sue labbra.
“Anche se non hai la febbre ci sono ancora cose che devo controllare piccolo trattore devo controllarti il naso…”
 
Si alzò ma sentiva ancora lo sguardo di lui, voleva baciarlo perché lo aveva fermato? Non si era mai sentita tanto confusa. Aprì la valigia che aveva lasciato sul mobile e la aprì. Ne prese un rinoscopio e si avvicinò verso William. Sul volto di lui apparve prima confusione, poi rabbia e infine un mezzo sorriso divertito e incredulo. Quando lei si protese chiedendogli di inclinare la tasta all’indietro si ritrasse scuotendo la testa e le afferrò i polsi.
Jennefer lo guardò interdetta “Sta tranquillo, non ti farà male… Beh, non troppo almeno… Vorrei solo controllare, qui hai un setto deviato, pensi che potresti esserti mai rotto il naso?”
William sollevò un sopracciglio.
“Già, scusa! Tu non lo ricordi… però…” allungò le dita sfiorando i segni sul volto di lui.
Erano quelli che lo spettro desiderava cancellare? Jennefer non capiva perché ma non voleva eliminare le cicatrici del suo volto. Ma non voleva pensarci. “Puoi lasciarmi i polsi?”
William si allontanò e lei sbuffò, non era spazientita ma voleva che lui lo credesse.
“Mi dormi addosso e se posso sopportare che tu sia una pesante calda coperta, almeno vorrei che non mi russassi nell’orecchio come un vecchio trattore arrugginito. Potrei dormire meglio.”
 
William lasciò la presa e Jennefer poggiò lo strumento che impugnava sul letto.
“Smettila di fare così…”
Non voleva ferirlo, ma non era in grado nemmeno di gestire quel flusso di emozioni che la travolgeva da quando lo aveva curato. Lo aveva già baciato ma William non aveva baciato lei ma lo spettro che aveva preso in prestito il suo corpo. Lui aveva baciato Krista attraverso di lei, forse non avrebbe mai desiderato farlo con lei se non in momenti di estrema fragilità ma lei non ne avrebbe mai approfittato a costo di essere brusca scostante.
Allungò la mano per contornargli il profilo prima di scostarsi “Ok, ne riparleremo un’altra volta” concluse prima di allontanarsi.
 

 
Jennefer lanciò il contenitore contro il muro, davvero qualcuno si sentiva meglio rompendo cose? Lei lo trovava altamente inutile.
Desiderava cancellare le parole dell’antico, era maledettamente egoista da parte sua, lo sentiva. Quando tornò a casa aveva ancora molti dubbi che le frullavano in testa ma tutto svanì quando trovò il suo appartamento vuoto.
Cercò di ignorare quel senso di vuoto che le si allargava nel cuore e quando si sdraiò nel suo letto per quanto si coprisse riuscì solo a provare freddo e la notte divenne lunga e insonne.
Ripensava alle parole dell’antico.
Se lei non lo avesse lasciato andare lo avrebbe forse ucciso? Perché? Come poteva William essere una minaccia per quella creatura?
 
Erano le 5:00 del mattino quando si arrese all’insonnia si alzò e decise di prendere il coro per e corna. Doveva trovare William.
 
Come immaginava era alla biblioteca, era il suo rifugio, lo trovò seduto a terra tra gli scaffali immerso nella lettura
Non sollevò lo sguardo, Jennefer avrebbe voluto recuperare la sua insensibilità, perché non voleva sentire quelle fitte causate da quell’apparente indifferenza.
“Vuoi restare qua tutta la notte?”
Lui scrollò le spalle.
“Potresti tornare a dormire a casa, un letto penso sia migliore di un pavimento”
Lui voltò pagina al suo libro e si sfiorò il naso.
Quando lei ripeté il gesto finalmente sollevò lo sguardo su di lei. I loro sguardi si incrociarono e Jennefer lo vide di nuovo, l’antico nel profondo dei suoi occhi scuri. Avrebbe voluto dirgli che non riusciva a dormire senza la sua calda presenza, che senza di lui ormai provava solo freddo, ma lo spettro era stato chiaro.
“Sai penso di poterle cancellare e darti la possibilità di iniziare una nuova vita, lo spettro me lo ha detto… Mi ha parlato in sonno e ha detto che devo lasciarti andare per la tua strada”
 
William chiuse il libro, prese un foglio e scrisse
 
NON SERVE, SE VUOI MANDARMI VIA NON TI SERVONO TANTI SFORZI.
 
Si sollevò e si allontanò.
“Will l’antico ti consumerà” gli urlò dietro.
Lui si voltò per guardarla, vi era tristezza nei suoi occhi, una supplica.
Non lasciarmi andare…
 
Lei lo raggiunse e si allungò per prendergli la mano ma si fermò poco prima sfiorandogli appena le dita.
“Non volevo farti male di nuovo e non sono in grado di gestire tutto questo… Scusa se non riesco mai a dire la cosa giusta… Il fatto è che…”
Sentiva lo sguardo di William gravare su di se ed era certo che anche l’antico la osservasse.
 
Se dovessi scegliere tra bruciare il mondo e salvare te sceglierei sempre te, senza esitare, perché sei la sola persona di cui mi importi davvero…
 
Avrebbe voluto dirgli questo ma scelse di restare in silenzio.
Un sorriso amaro si dipinse sul volto di William.
“Forse… Se ci allontaneremo l’antico avrà motivo di restare, dopotutto ti ha trovato tramite me…”
William annuì e uscì dalla stanza.
Jennefer rimase ad osservare il vuoto mentre i colori parevano svanire attorno a lei trascinati via dall’altro.
 
Il freddo era calato di nuovo su di lei, il suo appartamento era così grigio. Era sempre stato in quel modo, l’apatia non l’aveva mai infastidita ma adesso le era intollerabile.
Rimase in casa per poco, mentre sentiva i residui di emozione svanire lasciandole solo un divorante senso di solitudine. Voleva sentire qualcosa, anche solo un’ultima volta.
 
 

 
 
Jennefer osservò il bordo del palazzo.
Doveva essere freddo ma lei non avrebbe potuto dirlo se non fosse stato per quelle figure imbacuccate. Osservava il mondo al di sotto di lei da tetto dell’edificio, ormai anche il freddo sembrava averlo abbandonato.
Niente, non sentiva niente se non quel vago senso di vuoto dato dalla sua mancanza.
 
Se fosse saltata? Avrebbe sentito un dolore più forte di quello di aver dovuto dire addio a William? Allora non era vero che non sentiva nulla, le era rimasta la mancanza, la fame d’aria.
Si allontanò, chiuse gli occhi e prese la rincorsa. Stava per saltare quando la afferrarono per un braccio.
 
Adesso sentiva altro, forse panico? Ed era tra le braccia di William?
Chiuse gli occhi e trasse un profondo respiro, quell’odore familiare… William.
“Adoro il tuo odore… Odio quando svanisce dalla mia mente…”
Jennefer appoggiò la testa sul suo torace il suo cuore martellava con forza.
“Credevo di voler solo sentire di nuovo qualcosa… Ma in realtà volevo solo sentire di nuovo… Te…”
Sollevò il volto prima di baciargli il collo.
William la afferrò e la sollevò da terra in una stretta.
Lei osservò oltre le sue spalle e lo vide, l’Antico li osservava in silenzio e prima che Jennefer potesse dire qualcosa William la lasciò scivolare a terra e le prese il volto tra le mani e la baciò sulle labbra.
“Non… Non farlo mai più…” disse con voce roca e spezzata.
“Will… Tu… La tua voce…”

 

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Capitolo 6
*** 6. The Fall... ***


6. The Fall...


 


William gridò quando Jennefer poggiò la mano sul suo ginocchio e morse la felpa della ragazza cercando di trattenere un nuovo grido.
“Zombie… Calmo… Posso guarirti lo sai… Ma ti prego sta fermo…”
Avrebbe voluto dirgli che sapeva quanto potesse far male, ma la sua conoscenza era solamente teorica. Dovevano andarsene, quell’uomo sarebbe potuto arrivare da un momento all’altro ma William non era in grado di camminare. Era precipitato tutto rapidamente, metaforicamente e letteralmente…
 
Stava stringendo William poco prima, la sua voce era tornata e lui, l’aveva baciata. E poi quell’uomo era apparso, come emerso come dagli incubi di William, Jennefer lo aveva guardato perplessa e William aveva dato un nome a quella sagoma “Frank?”
Prima che potesse aggiungere altro il nuovo venuto aveva sparato. William era inciampato e era caduto verso il baratro. Jennefer aveva sentito come se il cuore le si fermasse in petto. Aveva cercato di afferrarlo ma gli era scivolato tra le dita. Il suo potere non riusciva a prenderlo. Era troppo lontana, che avesse sempre sopravvalutato le proprie capacità?
Non aveva esitato e si era lanciata verso il vuoto, ritrovandosi entrambi a precipitare verso la morte. Si era ritrovata a invocarlo, come se il suo nome potesse aiutarla a afferrarlo, aveva espanso i propri poteri e finalmente lo aveva afferrato arrestando la loro caduta a un soffio dal suolo. Lo aveva stretto percependo il respiro di William solleticargli la pelle.
Si era distratta solo un attimo e erano rovinati a terra William era crollato su di lei facendola imprecare. Lui se ne era rimasto tremante tra le sue braccia con il respiro ancora incerto “Sei… Morbida…”
“E tu sei pesante… Spostati!”
 
Ma William non si era mosso. “Mi hai afferrato…” Aveva ansimato.
“Stavi cadendo… di nuovo. Ti afferrerò sempre, per quanti passi falsi tu possa fare…”
Aveva cercato la sagoma di quell’uomo in lontananza e quando William aveva cercato di muoversi il dolore da lui era penetrato nella mente di lei.
Doveva aver perso molto sangue da quel ginocchio, ma Jennefer non si era rassegnata.
William gridò e le morse una spalla. Fu un secondo, Jennefer percepì una fitta, poteva sentire la morsa dell’altro. Era dolore? Stava fluendo da William a lei attraverso il loro legame?
Il corpo di William fu scosso da un fremito, Jennefer sentì la presa diminuire e il corpo di lui si afflosciò scivolando a terra. Lei strinse la gamba di lui richiamando ogni energia. Non era stato così difficile curargli il braccio, che le stava capitando?
Voleva che la sua energia fluisse in lui, si chinò percependo il suo flebile respiro.
“Ti prego Zombie... svegliati, dobbiamo andarcene…”
Jennefer sentiva le forse venire meno, stava svenendo, sarebbero rimasti inermi in quel vicolo alla mercé di quell’uomo?
 
“Devi lasciarlo andare…”
L’Antico era di fronte a lei e li osservava con il suo sguardo senza tempo.
“No… Non lo lascerò andare… Non importa quanto tu possa provare… Non… lo lascerò scivolare nella morte…”
“Morirete entrambi…”
Jennefer stava per rispondere quando una fitta all’addome la bloccò, non poteva permettersi di perder tempo con lo spettro. Poggiò la mano sul torace di William e lui si svegliò di soprassalto.
“Will…” sussurrò Jennefer con un sospiro di sollievo. “Dobbiamo andarcene subito…”
 

 
 
William entrò nella stanza e corse alla finestra ma di Frank pareva non esserci traccia.
“Non è possibile… Come… Come ha scoperto dove trovarmi…”
Jennefer si chiuse la porta alle spalle e ci si appoggiò. Lo vedeva impresso nel volto di William, quell’incontro aveva smosso un dolore seppellito nel profondo.
William si sedette sul letto e prese il volto tra le mani “Ancora, è ancora deciso a uccidermi…”
“Immagino che ci siano complessi trascorsi tra voi… E ti direi di parlarmene ma… Al momento credo di avere un piccolo problema…”
 
Quando William sollevò lo sguardo vide che sulla maglia di lei si stava allargando un’ampia macchia di sangue. Jennefer osservò la sua mano sporca di sangue. “Credo di aver sottovalutato la cosa…”
Non aveva capito subito di esser stata colpita dalle pallottole di Frank tanto era stata impegnata dal curare William, ma adesso comprendeva perché le era risultato tanto difficile e si era sentita di momento in momento sempre più debole perché stava sanguinando e ogni passo l’aveva sospinta verso la morte. Per questo l’Antico le era parso così tangibile come non mai. Poteva vederlo alle spalle di William.
“Non mi pentirò mai… di aver scelto lui… Che bruci il mondo… Per…”
L’antico svaniva ma Jennefer fu certa di averlo visto annuire. Se era arreso? O semplicemente la morte l’aveva afferrata?
No non era la morte a stringerla, riconobbe il profumo della pelle di William, il suo respiro sulla guancia. La stava chiamando, vi era disperazione nella sua voce?
“Va bene così Will…” sussurrò, era stranamente piacevole spengersi con il sapore delle sue lacrime sulle labbra.
“Jen… No ti prego… Mi dispiace…” lo sentì ansimare.
“Vale la pena vivere tutto questo per te… Vale la pena anche morire… Non piangere sei… perfetto…”
Vale la pena sacrificarsi per te Will…
Ma questo non riuscì a dirlo… Ogni sensazione svaniva e la fredda insensibilità la avvolgeva.
Stringimi ancora Will…



 

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Capitolo 7
*** 7. Love ***


7. Love



Un tempo le piaceva quell’apatico silenzio ma adesso le riportava solamente alla mente un senso di mancanza. Le mancava quel suo pacato modo di farle percepire la sua presenza. Come anche la stretta delle sue braccia, il suo respiro, il profumo della sua pelle e il sapore delle sue labbra. Perché doveva passare la morte a ricordare quella sensazione? Una vita di insensibilità e adesso la sola cosa che riusciva a rammentare era il tocco delle sue labbra.
Forse non era così male un’eterna morte posata su di esse.
Era solo cortesia, non poteva essere diversamente, di certo non l’aveva baciata perché ricambiava. Cosa poi…
Amore, per non aver mai amato nessuno Jennefer era straordinariamente certa che quello fosse amore.
“Almeno non ho dovuto dirtelo…” borbottò all’oscurità.
 
“Dirmi cosa?”
La voce di William si fece strada attraverso l’oscurità portandole la luce.
Jennefer aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu la mano di William appoggiata accanto alla sua con in pugno una pistola.
“Che diavolo… Possibile che anche nell’aldilà devo trovarti armato e non di buone intenzioni…” borbottò Jennefer
Adorò il modo in cui le cicatrici sul suo volto si piegarono assieme al suo sorriso.
“Diavolo se ti amo, non penso potrei mai più amare niente e nessuno più di te”
Jennefer si bloccò, che diavolo perché dava voce a tutti i suoi pensieri?
“La sincerità dell’anestesia colpisce ancora… Però mai avrei pensato di udire queste parole dalla tua bocca…”
 
Jennefer si voltò stordita dai farmaci e dal proprio imbarazzo. Il suo collega Alan li osservava. “Ben tornata nel mondo dei vivi Jen, puoi dire al tuo irritabile… amico… di mettere via quella? Non mi serviva nemmeno un incentivo per curarti, lo avrei fatto comunque…”
“Non senza tenere la bocca chiusa” ringhiò Billy stringendo l’arma.
“Vi lascio soli, prometto che non aprirò bocca con nessuno… per te Jen…”
Lei annuì e si voltò di nuovo verso William. “Che diavolo… cosa è successo?”
“Per quello posso rispondere io” bofonchiò Alan dalla porta “Questo bellimbusto si è presentato con te il braccio, ricoperto del tuo sangue, mi ha puntato una pistola in faccia urlandomi di salvarti o mi avrebbe ridotto a un colabrodo… Nonostante lo stress immotivato eccoci qua…”
 
Quando Alan fu uscito dalla stanza William crollò su di lei sforzandosi di non gravarle addosso. Il suo respiro era rapido, spezzato. “Ti avevo chiesto di non farlo… Perché? Perché ti sei spinta così al limite… Ti sei gettata da un palazzo, ti sei presa una pallottola, ti sei quasi dissanguata per donarmi energia… Perché?”
Jennefer cercò di alzarsi, era indignata. Non pretendeva che ricambiasse ma non poteva ignorarla completamente.
William lasciò la pistola e la afferrò “Ferma, ferma… ti…”
“Will… non ti sto chiedendo di ricambiare ma non puoi far finta che non ti abbia detto ripetutamente che ti amo… Non l’ho mai detto a nessuno mentre tu sicuramente avrai avuto modo… Magari non con me e non pretendo che tu… Insomma non sono proprio la persona… che…”
Le parole di parole di Jennefer furono catturate dalle labbra di William.
Non era il bacio disperato che le aveva dato sul tetto, era lento caldo. Si prese tutto il tempo per assaporare ogni parola che lei stava per dire. Quel bacio esprimeva tutto quello che voleva dirle. Quando si distaccò William le scostò una ciocca di capelli dalla fronte e quando lei gli carezzò la nuca con un sorriso incerto sul volto aprì la bocca ma la richiusa incapace di dar voce ai propri pensieri. Le parole erano la, incastrate nel suo cuore, incatenate dalla paura di esprimerle. Aveva detto ti amo solo a Krista e lei era morta. Aveva amato Frank e la sua famiglia e tutto era andato in mille pezzi e finì per chiedersi se non fosse maledetto? Dopotutto sua madre l’aveva abbandonato non appena l’aveva messo al mondo. Nessuno lo aveva voluto, che avessero visto qualcosa di guastato in lui? Qualcosa che finiva per contaminare tutto quello che lo circondava?
“Ti amo Will…” disse Jennefer spezzando il silenzio. “Non chiedermi di non buttarmi nel vuoto per te, lo farò sempre… Brucerei il mondo intero se servisse a tenerti al sicuro… Perché senza di te…”
Ma William la baciò di nuovo e poi si rannicchiò al suo fianco.
Ti prego, tienimi con te…
A Jennefer non servì udire quelle parole, si era abituata da tempo a comprendere i suoi silenzi. “Ti prego, resta!”

 

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Capitolo 8
*** 8. Ritornerei Sempre da Te... ***


8. Ritornerei Sempre da Te...





 

William la afferrò e la obbligò a stendersi di nuovo. Era l'ennesima vola che lei aveva cercato di alzarsi, Alan le aveva raccomandato massimo riposo. Oltretutto a lavoro erano stati lieti di metterla in ferie, visto che ne aveva accumulate tante da poter stare a casa un anno intero. William era perfettamente in grado di pensare a lei ma Jennefer era davvero caparbia, non che la cosa non gli piacesse, ma era troppo debole, persino i suoi poteri erano latitanti nonostante lei non volesse ammetterlo.
"Ma smettila sto benissimo..." bofonchiò Jennefer con un mezzo sorriso.
William sogghignò "Allora perché non mi allontani con il tuo potere?"
"Non voglio farti male... Visto che insomma... Mi hai salvato, in fondo te lo devo..."
"Certo... certo..." ridacchiò lui sporgendosi su di lei.
"Sei pesante..." borbottò Jennefer.
"Prima d'ora non ti sei mai lamentata..." sussurrò lui sfiorandole il collo.
"Ti sposterei però..."
"Sono la tua coperta calda..." concluse lui. "Jen... Devi riposare... Sai... Ti sei presa una pallottola, ti sei buttata giù da un palazzo..."
"Smettila il tuo respiro mi fa il solletico..."
William ridacchiò, la mano di Jennefer gli carezzò la nuca. "E tu smetti di fingere che ti dia noia... Ormai non ci casco più..."
Jennefer annuì baciandogli la fronte. "Sono sempre felice quando sono con te.... Sì, anche quando devo buttarmi da un palazzo se poi riesco ad afferrarti..."
Ripensò a quel vicolo mal illuminato e un'epifania le affiorò alla mente, oltre al fatto che prima di trovarci un William morente non aveva mai compreso né la felicità né l'amore. "Sarà indicativo che siamo quasi morti in quello stesso vicolo?"
"Non siamo quasi morti in quel vicolo... ci siamo salvati... Uniti da un'anima antica e..." le scostò una ciocca di capelli prima di darle un bacio leggero.
"Sai Will... Siamo a Natale e... Sei il primo regalo di Natale che abbia mai desiderato..."
"Per fortuna non mi hai incartato né messo sotto l'albero..." rispose William stringendola.
"Sei fortunato che non sono in condizione o il fiocco in testa non te lo toglieva nessuno..."

Jennefer rimase in silenzio, cullandosi con il respiro di lui ma poi la domanda che la assillava emerse.

"Se potessi tornare indietro cosa cambieresti?"

"Non so..." sussurrò William sdraiandosi accanto a Jennefer stringendosi a lei.
"Will... sei accaldato... Non è che ti sei preso un malanno?"
William ridacchio, si sentiva davvero molto accaldato ma voleva aspettare che lei stesse meglio. Cercò di spostarsi prima che lei potesse fare una delle sue inopportune considerazioni. Si maledì e affondò la testa nel cuscino. "Non sono un'adolescente e non devo andare in bagno per sfogarmi... Non..."
Un gemito gli risalì in gola quando Jennefer si voltò verso di lui.
"Hai notato che..."
"Sto per esplodere e non riesco a capire cosa vuoi? Ci hai preso!"
Jennefer si mosse di nuovo premendo il suo fianco con forza contro l'inguine di lui e Will trattenne a stento un'imprecazione. Non voleva seguire il suo istinto, perché con Jennefer era tutto diverso, le cose semplici si complicavano e quelle assurde erano facili. Lei poteva afferrarlo nel vuoto e metterlo in imbarazzo con poche parole come un ragazzino e da ogni momento sentiva esplodere un ardente bisogno di lasciarsi andare. Ma non riusciva a comprendere cosa lei volesse e lo stordiva, non era mai successo. Cercò di distrarsi e riagguantò la domanda di lei. "Tu invece cosa... cambieresti?"


Ti prego non dire me...

 

Jennefer lo scrutò "Le tue orecchie diventano scarlatte quando ti innervosisci lo sai?"
William spostò lo sguardo su di lei con un sorriso sghembo dipinto in volto.
"Vorrei tornare indietro di anni e cercarti..."
William si sollevò e lei gli contornò le cicatrici sul volto. "Mi immagino a trovare il tuo te, anche se faticherò a riconoscerti senza questa tua dirompente personalità sul volto che adoro... Il fatto è che vorrei avere anche tutti quegli anni e accumularli come un vecchio drago egoista... Immagini incontrare una povera pazza che ti direbbe che tra molti anni che amerà e vorrebbe solo fare con te..."
Ma William catturò quelle parole divorandola di baci.
Al diavolo i pensieri, le preoccupazioni e qualsivoglia paranoia che non era da lui.
"Dimmelo adesso o non dire niente e lasciami fare..."
"Will... forse sono io ad avere la febbre... Non ho mai avuto così caldo..."
Lui la baciò di nuovo "Lasciami fare..." le sussurrò guidandole le mani su di sé.
Percepì la sua resistenza svanire, fremeva impaziente. "Jen ti prego se mi trattengo ancora potrei esplodere..."
"In effetti ti sento più teso soprattutto più in..."
"Jen ti prego non adesso..." borbottò ridacchiando. Era sempre stato sicuro di come muoversi, cosa fare, quando cedere le redini senza mai farlo davvero ma adesso, voleva abbandonarsi completamente a lei e temeva che lei lo fermasse ancora. Ma Jen gli passò le mani lungo la schiena "Voglio perdermi anche io... Con te... Adesso!"
E fu lei a baciarlo con rinnovato trasporto. 

 

 

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