Gajeel in: I Promessi Sposi

di striscia_04
(/viewuser.php?uid=1156705)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO 5 ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO 6 ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO 7 ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO 8 ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO 9 ***
Capitolo 11: *** EPILOGO ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


Il silenzio della notte avvolgeva l’intera città di Magnolia, completamente deserta.
Soltanto il frusciare del vento interrompeva di volta in volta, quell’atmosfera di pace; ma esso con il suo sibilare sembrava cullare dolcemente il sonno degli abitanti, tutti distesi sui propri letti, ormai da ore prigionieri nelle braccia di Morfeo.
Tutti nella città riposavano felici, o quasi.
C’era infatti, in una certa casa, un certo Dragon Slayer, intento in uno scontro feroce contro la propria insonnia, il quale strenuamente cercava in tutti i modi di addormentarsi.
Un mugugno proveniente dall’altra parte del letto lo fece bloccare, e il moro voltandosi si ritrovò davanti il volto angelico e beato della sua compagna.
Comprendendo di doversi fermare, per evitare di svegliarla, ormai rassegnato alla sconfitta, Gajeel si rigirò dall’altro lato e si mise a sedere.
Lentamente ed in punta di piedi si avvicinò alla porta socchiusa della loro camera, e con tutta la delicatezza di cui era capace, riuscì ad aprirla senza farla cigolare, - miracolo per uno il cui muoversi ricordava quello di un elefante-.
Giunto fuori dalla stanza, proseguì fino alla cucina e si versò un bicchiere d’acqua, che subito trangugiò. Ma neanche dopo essersi dissetato, sentì l’irrefrenabile desiderio di rimettersi a dormire, e non volendo rischiare di svegliare Levy, si mise a sedere sul divano.
Fu allora, che per puro caso, lo sguardo gli cadde sulla gigantesca pila di scaffali, stracolmi di ogni sorta di volume, che costituivano la libreria della fidanzata.
Rimase a fissare quell’agglomerato di libri, finché un ricordo non gli stuzzicò la mente…

“Ehi Levy! Levy! LEVY!”, la turchina sollevò immediatamente la testa dal volume, che ormai da un’ora stava divorando.
“Gajeel, non urlare ci sento benissimo.” protestò,
“Ah sì, eppure sarà la decima volta che ti chiamo. Si può sapere cosa combini.”
“Non vedi?! Sto leggendo.”
“Ah già, tu e la tua mania dei libri. Che poi io non capisco che gusto ci proviate tu e la biondina ad appiccicarvi a tutta quella sfilza di parole, scritte su un pezzo di carta. Leggere, è una vera perdita di tempo, non serve proprio a nient-”
SBANG
Un pezzo di ferro lo centrò in pieno, facendolo cadere a terra, con le mani serrate sul cranio, da cui comparve un grosso bernoccolo.
“Aho! Ma che ti è pre-”, lo sguardo glaciale che gli lanciò Levy, lo mise a tacere, e piccole goccioline di sudore presero a rigargli il viso.
“L-Levy?”
“Gajeel, se osi di nuovo insultare la lettura, finirai a dormire per strada, sono stata abbastanza chiara?!” tuonò, abbassandosi in modo tale che i loro volti fossero alla stessa altezza.
“Io ho solo detto la verità.” abbozzò un sorriso il moro, ma subito se ne pentì, perché Levy lo colpì nuovamente sulla testa.
“Se tu e Natsu leggeste di più, invece di fare sempre a botte, diventereste delle persone molto più colte.”
“Cosa centra adesso questo?”
“Centra eccome, considerando che tra tutti e due, non siete in grado di fare altro, se non litigare e fare a pugni, manco aveste cinque anni.”
“Levy, adesso smettila e non paragonarmi a Salamander.” si irritò Gajeel,
“Io la smetterò, quando tu imparerai il rispetto per i libri.”
“Guarda che io i libri li rispetto tantissimo! Sono utilissimi per scaldare il fuoco e come rimedio naturale contro l’insonnia.” rise divertito il mago.
Ma l’ennesimo attacco di Levy lo mise a tacere.
 
Gajeel si massaggiò la testa al ricordo di tutti quei colpi, doveva riconoscerlo, Levy non era forte fisicamente, ma in tutti quegli anni era migliorata e i colpi che gli dava quando era arrabbiata facevano male.
Però la sua opinione non cambiava, i libri servivano solo contro l’insonnia, e questo era proprio il momento adatto per dimostrare la sua teoria.
Si tirò a sedere e si diresse verso gli scaffali: erano pieni di ogni sorta di manoscritto, grandi, piccoli, pesanti, medi, leggeri. Trattavano centinaia di argomenti, dalla magia, alla storia, alla scienza, c’erano pure libri di fiabe.
Gli faceva quasi impressione constatare, che il suo ‘gamberetto’ avesse letto tutta quella roba.
Continuò a scrutare annoiato i vari titoli, quando la sua attenzione ricadde su un volume, piuttosto ampio, di un colore azzurro brillante, separato da una striscia bianca.
Afferrò l’oggetto, e si mise ad analizzare la copertina: al centro di essa c’era un bel disegno di un uomo con un buffo cappello che camminava su una stradina, ed in fondo al sentiero, appoggiati ad un muro due uomini, anch’essi dal buffo abbigliamento.
In alto al centro della striscia bianca, era scritto a caratteri cubitali “I PROMESSI SPOSI”.
Che titolo assurdo. Beh, l’importante è che mi faccia dormire.” pensò il Dragon Slayer, avviandosi verso il divano, con in mano il libro.
Seduto nuovamente sul divano, l’uomo spalancò la prima pagina.
“Introduzione alla lettura dei Promessi Sposi.” lesse già annoiato, “Ma che roba è?”, e prese a sfogliare velocemente le pagine, fino a giungere al primo capitolo.
“Ah ecco, inizia da qui.” disse e cominciò a leggere.
Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di mont…
ZZZ ZZZ
 

Nota d’autore: bene eccomi tornata, come avevo promesso, sul mondo di Fairy Tail.
Questa volta mi sono gettata nel genere parodico, e quale miglior primo tentativo se non scrivere una parodia, su quella Magna opera che è “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni?!
Ora, ci tengo a precisare, che io sono forse una delle poche persone a cui “I Promessi Sposi” sono piaciuti! (TADADAM TADADAM, parte in sotto fondo una musica inquietante).
Ecco, già mi vedo arrivare in contro, pronti a staccarmi la testa, tutti gli studenti, che negli anni sono stati costretti a leggere, studiare, riassumere, questo mattone di trent’otto capitoli. XD
Scherzi a parte, io ho sempre appezzato quest’opera, forse perché mi piace la storia, forse perché prima di leggere il libro effettivo ho visto migliaia di parodie comiche, come quella del Trio, o quella degli Oblivion. (consiglio a tutti quelli, che non le hanno mai viste, o ne hanno vista solo una, di andarsele a recuperare, non ve ne pentirete.)
Comunque, l’idea di scrivere questa fiction ce l’avevo da un pezzo e finalmente mi è tornata l’ispirazione, quindi mi sono messa subito a lavoro.
Per quanto riguarda la sua effettiva lunghezza, inizialmente l’idea era di scrivere un solo capitolo, o al massimo dividerla in due parti, ma come sa chi ha letto le mie storie, non sono brava ad accorciare; quindi, ho deciso di dividerla in più capitoli.
Per adesso non è ancora finita e visto che è ricominciato l’anno scolastico non so se riuscirò ad aggiornare regolarmente, ma ci proverò.
So che il prologo non è un gran che, diciamo che la storia effettiva comincia dal prossimo capitolo.
Grazie per l’attenzione e spero che la mia parodia vi faccia ridere, almeno un pochino.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** CAPITOLO 1 ***


Gajeel spalancò gli occhi, infastidito dai raggi del sole, che lo centravano in pieno volto. Era certo di aver chiuso le tende la sera prima, come faceva il sole ad entrare in casa? Poi guardandosi intorno strabuzzò gli occhi, non ritrovandosi le mura di casa a circondarlo, bensì la vastità di verdi campi.
“Ma dove sono finito?” si chiese, scrutando quell’infinita distesa di terreno.
Si stava ancora interrogando su come avesse fatto a giungere in quel luogo, quando volgendo la testa, vide giungere dall’alto della piccola collinetta una figura.
Non riuscì a distinguerla bene a causa del sole che gli batteva in faccia, solo quando l’uomo, percorrendo il sassoso sentiero, gli passò accanto lo riconobbe.
“Ma quello è il tizio della sabbia!” esclamò, riconoscendo un suo compagno di gilda, in quel buffo individuo.
L’uomo, infatti, vestiva in una maniera alquanto insolita, era coperto da una lunga veste nera, che arrivava quasi a nascondergli i piedi, e sulla testa portava un cappello dello stesso colore.
Il suo volto, però, non lasciava trasparire alcun dubbio nel moro, quell’uomo dai corti capelli marrone terra, dalla barbetta incolta, e dagli occhi piccoli, era proprio il suo compagno di gilda, Max Alors.
Ora, Gajeel, era certo di non conoscere molto bene l’uomo, d'altronde si erano parlati in quegli anni solo una manciata di volte, e nessuno dei due poteva definirsi amico dell’altro. Per Gajeel era uno delle comparse abituali, uno di quegli imbranati rimasti a vegliare sulla gilda durante i sette anni, che aveva trascorso su Tenro.
Lo aveva però visto tantissime volte alla sede, ed era certo, che ciò che indossava in quel momento non fosse il suo normale abbigliamento; come avrebbe potuto esserlo?! Sembrava un pagliaccio o un tizio uscito da un libro di storia.
Comunque, il moro decise di ignorare questo particolare, era felice di aver trovato un volto amico, in quel misterioso luogo.
Stava per corrergli in contro, quando sporgendo lo sguardo oltre la figura, vide alla fine del sentiero due uomini, anch’essi vestiti in modo insolito ed appoggiate al muro.
Gajeel spalancò la bocca, riconoscendo i due uomini, come Jet e Droy, i compagni di squadra di Levy, nonché i due rimbambiti, che ogni volta lo seguivano in qualche missione pericolosa, e che puntualmente era costretto a salvare.
I due però, sembravano diversi dal solito, il loro volto sembrava più minaccioso e serio, e al Dragon Slayer, non sfuggì l’occhiata spaventata che Max lanciò, da dietro il suo libricino, alle due figure.
Quando finalmente i tre furono l’uno davanti all’altro, l’uomo incuriosito si avvicinò per ascoltare la loro conversazione.
“Buongiorno signor curato.” disse Jet, ghignando malevolo,
“B-buongiorno.” farfugliò Max, tentando di allontanarsi dai due.
“C-cosa desiderano lor signori, dalla mia u-umile persona?” domandò il prete,
“Lei ha intenzione, domani di celebrare il matrimonio tra Gajeel Tramaglino e Levy Mondella, giusto?”
“S-si, sarò io a sposarli.” disse l’uomo già intuendo dove stava andando a parare la conversazione.
Gajeel rimase paralizzato sul posto all’udire quella frase.
Lui e Levy si sarebbero sposati l’indomani? E quando gli aveva fatto la proposta? Gliel’aveva forse fatta lei? In quel caso s’nera completamente scordato, e questo era un male. Anzi era terribile! Come avrebbe fatto a preparare tutto per il giorno dopo?! E gli invitati, la torta, i suoi compagni di gilda lo sapevano? Ovviamente si, se lo sapevano quei due, anche gli altri dovevano esserne al corrente.
Come aveva potuto scordarsi una cosa così importante? Dov’era Lily a ricordarglielo? Forse aveva picchiato forte la testa, e soffriva di amnesia? Questo poteva spiegare, anche come mai si fosse svegliato in quel luogo sperduto.
Oh mio Dio, domani mi sposo con Levy!” pensò e la sua faccia si tinse di rosso, mentre portava una mano alla bocca.
“Beh, lei non dovrà sposarli, né domani né mai!” tuonò Droy.
Ci pensò questa frase a far tornare Gajeel alla realtà. Ciò che avevano appena detto, non aveva senso! Sapeva che quei due erano gelosi, ma non credeva arrivassero a tanto. Non li faceva così stupidi, da pensare che non gliel’avrebbe fatta pagare, per quello scherzo.
Si, perché già la gioia per la lieta notizia, si era tramutata in furia, e solo le parole dell’altro lo bloccarono dall’andare a prendere quei due a calci.
“Ma lor signori, son così giusti e buoni. Sono solo gente del volgo, quale fastidio può arrecarvi il loro matrimonio?”
“A noi personalmente niente.” rispose freddo Jet, e questo lasciò Gajeel di stucco.
Quindi chi è che vuole impedire il mio matrimonio?” si chiese il Dragon Slayer.
“Ma il nostro signore Don Rodrigo, non vuole assolutamente che questo matrimonio venga celebrato. E ci ha mandato a fartelo sapere, sai bene cosa possa succedere se non si rispetta gli ordini del nostro padrone.” disse Droy.
Chi cavolo è questo Don Podrigo? E perché vuole impedire il suo matrimonio? Non sapeva con chi aveva a che fare? Doveva solo provarci! Appena lo avesse trovato, lo avrebbe massacrato di botte!
In quel momento però, rimase immobile, attendendo la risposta di Max, lui era un suo compagno di gilda, e sicuramente avrebbe riso in faccia a quei due e l’indomani avrebbe celebrato le sue nozze.
“Si, capisco e obbedisco!” rispose invece il religioso, ed a Gajeel cadde la mascella per lo stupore. Subito dopo, però, la sorpresa si tramutò in ira, e senza attendere il continuo della conversazione si avvicinò ai tre.
“COME SAREBBE A DIRE OBBEDISCO! BASTARDO AMANTE DELLE SCOPE, COME OSI BOICOTTARE IL MIO MATRIMONIO!” urlò, facendo sussultare i tre, che vedendoselo venire incontro, si bloccarono sul posto.
“IIIIH! G-Gajeel T-Tramaglino!” squittì Max, facendosi da parte, notando che l’uomo si avvicinava agli altri due.
“COME VI PERMETTETE VOI DUE, DI METTERVI IN MEZZO! E CHI CAZZO È QUESTO DON GODRIGO?!” urlò l’uomo, ai due che cercando di sembrare più coraggiosi di quello che erano, mostrarono un sorriso di scherno, e gli si avvicinarono.
“Bene, bene. Guarda chi c’è… lo sposo.” disse Jet ridendo,
“Come mai da queste parti? Non dovresti essere intento a preparare il tuo matrimonio?” lo schernì Droy.
Gajeel non disse nulla, era troppo arrabbiato e quella presa in giro, non lo stava certo aiutando a calmarsi, riuscì solo a ghignare in direzione dei due, mentre sentiva le mani prudergli.
“Comunque, non importa. Ci hai risparmiato la fatica.” disse Jet, “Nulla di personale, ma tu domani non ti sposi, oppure…”, un pugno lo centrò in volto e lo fece ruzzolare per terra.
Il colpo, che mai i due Bravi si sarebbero aspettati, lì spiazzò, ma ben presto sui loro volti comparve il terrore, alla vista dell’espressione sadica dipinta sulla faccia del moro.
Jet si sollevò lentamente in piedi, e rimanendo a debita distanza, cominciò a sudare freddo.
“Oppure cosa?” chiese Gajeel, con la lingua fuori dalla bocca, ed un sorriso demoniaco.
I due Bravi impallidirono a quella vista, e si fecero sempre più indietro.
“O-oppure t-ti prenderai una s-schioppettata sulla schiena.” farfugliò il Bravo, ma subito, prima che potessero allontanarsi ulteriormente, Gajeel li afferrò per il bavero della camicia e se li riportò vicini.
“Ah sì?” chiese.
E i due comprendendo di essere spacciati, tentarono di tirarsi fuori da quella storia.
“N-non è c-colpa nostra. N-noi non abbiamo nulla contro di t-te. È stato il nostro c-capo, ad ordinarci di v-venire a m-minacciare il c-curato. E noi da bravi Bravi…”
“Anche se siamo cattivi.” si intromise Droy, “Chiudi la bocca!” gli urlò contro il compagno.
“Dicevo, e noi non potendo disubbidire agli ordini del nostro signore, abbiamo accettato questo incarico.”
Gajeel comprese metà di quanto appena riferitogli, ma quello che comprese gli bastò per farlo incazzare ulteriormente.
“Bene! Allora, voi adesso tornate da questo Don Lodrigo, e gli dite che se vuole impedire il mio matrimonio con Levy, dovrà venire di persona. E ditegli anche di non farsi vedere troppo in giro, perché appena lo becco, io lo massacro, chiaro?”
“M-m-ma, n-noi n-non p-possiamo! C-ci era s-stato o-ordinato d-di m-minacciare il p-prete.” tentò di difendersi Jet.
“G-già e p-poi questo matrimonio n-non sa da fare.” continuò Droy.
Questa fu la goccia che fece traboccare il vaso, furioso e confuso come non mai, Gajeel Tramaglino, si fiondò sui due Bravi, e presto le loro grida di dolore furono avvertite in tutto il territorio circostante.
Le udì pure Max o Don Abbondio, che una volta ritrovatosi davanti lo sposo, aveva pensato bene di filarsela il prima possibile da quel luogo e di barricarsi in casa, appena ci fosse giunto.
Stufo di picchiare quei due, Gajeel mollò la presa, e i poveri Bravi, malconci e pieni di bernoccoli, se la diedero a gambe, e scomparvero lungo la strada più veloci di due cavalli al trotto.
Intenzionato a suonarle anche al terzo, il moro si voltò, ma del prete ormai non c’era più traccia. Annusò l’aria e seguendo la scia dell’odore si mise alle calcagna di Max, riuscendo perfino a raggiungerlo.
 
Perpetua Laki, stava giusto in quel momento pulendo l’uscio di casa, quando vide giungergli in contro, a tutta velocità, il suo padrone.
“Don Abbondio!” gridò per la sorpresa, ma l’altro non si fermò neanche quando gli fu vicino, varcò la porta di casa, e si chiuse dentro, sbarrò le finestre, salì le scale e andò a nascondersi sotto le coperte del suo letto, continuando a tremare per la paura.
Laki, rimase immobile come uno stoccafisso, non comprendendo cosa potesse essere successo, poi prima che potesse voltarsi, si ritrovò davanti Gajeel Tramaglino, che si guardava intorno.
“Buongiorno.” azzardò la donna,
“Poche chiacchiere quattr’occhi! Sto cercando, quel cretino della sabbia, so che è entrato in casa.”
“Ti riferisci a Don Abbondio?”
“Non so perché lo chiami così, ma si. Mi riferisco a quel tizio, che è appena corso a rintanarsi in casa.” disse, poi alzando lo sguardo ad una finestra gridò: “SO CHE CI SEI! VIENI FUORI, CHE TE LE SUONO!”
Una scopata lo colpì sulla testa, prima che potesse tentare di sfondare la porta, e voltandosi vide Laki, che armata di scopa lo fissava furiosa.
“Come osi!” gridò la donna, puntandogli contro la spazzola dell’utensile, “Non solo tenti di sfondarci casa, ma minacci pure un religioso. Sta attento Gajeel Tramaglino o l’ira di Dio ti colpirà!”
“Qui l’unico, che verrà colpito, sarà quel bastardo della sabbia, se non scende e mi promette di celebrare il matrimonio.”
“Come scusa? Ma le nozze non sono domani?”
“Dovrebbero, se quel tonto di un prete non se la fa sotto.”
“Aspetta qui, vado a parlare con Don Abbondio.” detto questo, prese un mazzo di chiavi dalla gonna e aprì la porta, che subito richiuse, lasciando il moro in mezzo alla strada.
Salite le scale, entrò in camera del curato e lo trovò rannicchiato sotto le coperte, tutto tremante.
“Don Abbondio, si può sapere cosa le prende?”
“Ah, Perpetua Laki, sei tu.” pianse l’uomo, uscendo dal suo nascondiglio, “Se n’è andato quel pazzo?”
“Intendi Gajeel Tramaglino? No, è qua sotto, che aspetta di parlarti.”
“Quello non vuole parlarmi, quello vuole farmi la pelle!” sbraitò l’uomo.
“Ma si può sapere cosa le ha fatto? E poi cos’è questa storia, che non vuole celebrare il matrimonio.”
“Perpetua, non posso parlartene. Sei troppo pettegola, se te lo dico, tra te e Kinana lo racconterete a tutto il villaggio.”
“Ah! Io sarei troppo pettegola, eh?! Bene, allora faccio salire Gajeel, e potrete discuterne in santa pace.”
“Sei pazza! Quello mi stacca la testa dal collo appena mi vede. Vuoi davvero essere indirettamente responsabile della morte del tuo povero padrone?”
“Stia tranquillo, Don Abbondio. Ho saputo che le casse da morto, in questo periodo costano poco, le faremo un degno funerale.” rispose Laki, risoluta, diretta alla porta della camera.
“NO! TI PREGO, NON FARLO ENTRARE!” gridò il curato aggrappandosi con le mani alle spalle della donna, nel vano tentativo di fermarla, mentre dai suoi occhi uscivano fontane.
“Se non vuole, che lo faccia entrare, mi spieghi subito cosa è successo.” lo minacciò la serva.
“Va bene, mi arrendo.” sospirò rassegnato, “Stavo tornando dalla mia passeggiata, quando mi si fanno incontro due loschi figuri…” e prese a raccontargli gli eventi di poco prima, mentre la Perpetua lo ascoltava in silenzio.
Terminato il racconto, tacque attendendo una risposta dalla donna, che non si fece attendere.
“Don Abbondio, sa che le dico: lei è proprio un allocco!”
“Ehi, piano con le parole!”
“È vero, lei fa tutto questo baccano per un non nulla!”
“Un non nulla! Un non nulla! Ma ti rendi conto, che oggi ho rischiato la vita ben due volte!”
“Si, ma adesso è tutto finito. Può tranquillamente sposare quei due, ora che Gajeel ha messo in fuga i Bravi.”
“Ecco lo vedi che non capisci mai nulla di quello che dico.” protestò il curato.
PUM
Il povero Don Abbondio, non la vide neanche arrivare, sentì solo il dolore, che quella scopata gli provocò alla testa.
“E poi sarei io quella che deve moderare i termini!”
“Ahi, ma come ti permetti. Ricordati, che io sono un uomo di chiesa, e tu una semplice serva. Non dovresti neanche pensare di fare certe cose.” sbraitò l’altro toccandosi il punto leso, mentre una lacrimuccia gli rigava il viso.
“Scusi Don Abbondio, ma quando ci vuole ci vuole. Comunque, perché non vuole sposare quei due poveri figliuoli?”
“Semplice, perché Don Rodrigo, non la prenderà bene. E verrà a rifarsi con me, soprattutto sapendo che tipo è Gajeel. Tutte le colpe ricadranno su di me, e sarò io a prendermi una schioppettata sulla schiena.”
“Si, ma se non li sposa, Gajeel le frantumerà la testa.”
“Accidenti a questi giovani d’oggi, ma devono proprio sposarsi, non gli andrebbe bene, di convivere soltanto? No, devono mettere nei casini me.”
“Perché non glielo va a dire in faccia?”
“Certo, perché non mi scavo la fossa da solo? Lasciamo stare.” disse esasperato.
“Quindi che cosa ha intenzione di fare adesso?”
“Non ne ho la più pallida idea, ma sono pronto ad accettare consigli.”
“Ok, facciamo così: sapendo che tanto è un codardo di prima categoria…”
“Ehi!”
“Vuole forse negarlo? Appunto, allora taccia e mi faccia finire. Dicevo: potrei dire a Gajeel, che lei è malato e che il matrimonio non può essere celebrato domani, e di andare a parlarne con Levy.”
“Geniale! Forza vai a dirglielo.” e si rintanò sotto le coperte.
Sbuffando, la serva scese le scale e comunicò la notizia al moro, che ormai aveva messo ragnatele, per quanto aveva atteso.
Inutile dire, che non la prese affatto bene, e che tentò pure di sfondare la porta, ma la determinazione della Perpetua prevalse e alla fine, stanco, confuso e furioso, Gajeel si incamminò verso la casa di Levy, per comunicarle l’annullamento della cerimonia, prevista per il giorno dopo.
Intanto il povero Don Abbondio, era ancora rintanato nel suo letto, quando la Perpetua tornò, tutta vestita e con un cesto in mano.
“Dove vai?” chiese l’uomo,
“Vado a fare la spesa in paese.”
“Cosa! E mi lasci qui da solo!”
“Don Abbondio.” mugugnò esasperata la donna, “E’ un prete o un bambino di cinque anni?”
“Tu scherza pure, ma se arrivano i Bravi a farmi la pelle, o peggio quel pazzo ci ripensa e torna in dietro, che faccio? Potresti non trovarmi più, quando torni.”
Che liberazione sarebbe.” pensò Laki.
“La smetta per favore. Tenga, gli affido questa.” e gli lanciò la scopa.
“E cosa dovrei farmene della mia adorata scopa?”
“Semplice, è un’arma di difesa.” rispose schietta la donna, prima di voltarsi verso l’uscita.
“Mi raccomando, acqua in bocca! Hai capito Perpetua!”
“Si, si, ho capito. Non farò un fiato.”
Non vedo l’ora di raccontare a tutte le mie amiche questa storia.” pensò la donna, uscendo di casa.
Il povero prete, invece, si rannicchiò sotto le coperte, all’improvviso gli era preso un gran freddo. Alla fine, dopo tutte quelle avventure, si era veramente ammalato.
 

Nota d’autore: ecco qui il primo capitolo effettivo della storia.
Devo dirlo scrivere l’incontro-scontro tra Gajeel e i Bravi mi ha veramente divertito. Ho voluto farglieli incontrare, perché mi sono sempre chiesta come sarebbe andata la vicenda se un Renzo, con la personalità dei Dragon Slayer di Fairy Tail, avesse incontrato questi due loschi figuri, da cui si origina tutta la storia.
Ovviamente per i Bravi, non potevo non scegliere Jet e Droy, quei due per colpa del moro hanno avuto una marea di delusioni sia a livello amoroso sia a livello di autostima, e come sempre anche in questo contesto non possono che soccombere di fronte al “povero popolano”, che, come carattere, risulta più delinquente di loro.
Per quanto riguarda Don Abbondio e Perpetua, la scelta è ricaduta su Max e Laki, per svariati motivi: primo, volevo dare spazio anche a quei personaggi, che purtroppo nell’opera originale vengono così tanto sprecati, e questi due sono tra i miei preferiti, secondo, ce li vedo bene insieme come coppia, e diciamocelo, per quanto nascosto il rapporto fra Don Abbondio e Perpetua, anche nell’opera originale ricorda molto quello di una coppia sposata. Terzo, Max per quanto se ne sappia poco, lo vedo il tipo un po' fifone e rinunciatario – non ai livelli del curato, però simile-, e Laki è una che dice sempre tutto quello che le passa per la testa, anche se sono argomenti imbarazzanti o poco educati, quindi ce la vedo nel ruolo della pettegola.
Ringrazio chi ha letto questo capito e vi invito a dirmi cosa ne pensate. Se tutto va bene, il prossimo dovrebbe uscire domani.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** CAPITOLO 2 ***


Gajeel falciava le strade del paesello, intenzionato a giungere alla casa di Levy, il più in fretta possibile per comunicarle la tremenda notizia.
Nel mentre, che rifletteva come dirle, che non si sarebbero sposati il giorno dopo, squadrava con circospezione gli abitanti. Indossavano tutti dei vestiti assurdi, e quel luogo tutto pareva tranne la città di Magnolia.
Ancora continuava a chiedersi come ci fosse finito e perché Levy non gli avesse mai detto di avere una casa in quel paesello. Oltre ciò, c’erano ancora centinaia di interrogativi che gli si mescolavano nel cervello. Uno tra questi riguardava il suo buffo abbigliamento.
Era stato troppo arrabbiato per accorgersi, che quelli che aveva indosso non erano proprio i suoi vestiti, bensì un giacchettino marrone, un paio di stivali dello stesso colore, ornati con pantaloni nerastri.  In tasca si era pure ritrovato un cappelletto, piuttosto consumato, che per comodità si era appoggiato sulla testa.
Con questi cazzo di vestiti sembro un poveraccio.” pensò.
Ignorando i saluti che ogni tanto qualche passante gli lanciava, prosegui per la sua strada, fino a giungere ai confini del paese. Qui, seguendo le indicazioni fornitegli da Perpetua, proseguì dritto, percorrendo il sentiero sassoso e rimirando di tanto in tanto il panorama.
Finalmente scorse davanti a sé, al lato destro della strada, una casetta tutta bianca con il tetto scuro ed un piccolo orticello affiancato.
Senza alcuna cerimonia spalancò la porta, e si ritrovò davanti Levy, vestita con il suo abito da sposa, e accanto a lei Lucy, che la stava aiutando a prepararsi.
“GAJEEL! Maleducato, non si entra senza bussare!” gli inveì contro la futura moglie, mentre Lucy lo guardava infastidita.
“S-scusa, è che devo dirti una cosa importante.”
“Non poteva aspettare, siamo intente a terminare i preparativi per domani.” disse Lucy.
“E’ proprio di questo che devo parlarvi. Il coglione del prete ha deciso di non sposarci più.”
“CHE COSA!” urlarono le due.
“E perché? Cosa gli passa per la testa? Gli è successo qualcosa? Come sarebbe a dire che non vi sposa più? Ha idea di quanti soldi abbiamo speso per preparare la cerimonia?” prese a tartassarlo di domande Lucy.
“M-mamma ti prego smettila. Lascialo parlare.”
“MAMMA!” gridò Gajeel, fissando le due con occhi sgranati, “C-come sarebbe a dire mamma?”
“Cos’è, per caso mi state prendendo in giro?”
“Gajeel, si può sapere cosa ti prende?” chiese Levy, preoccupata per l’improvviso pallore sul volto del compagno.
“L-Levy, t-tu e la b-biondina sareste parenti?”
“Ma certo Gajeel, io sono sua madre. Cos’è hai picchiato la testa che non riconosci la tua futura suocera, Lucy Agnese Mondella?”
“A-Agnese?”
“Si, è il mio secondo nome. Si può sapere cosa ti prende?”
Disorientato il moro, prese una sedia e ci sprofondò sopra, cominciando a fissare prima Levy e poi Lucy. Poi un dubbio gli sorse e chiese: “Levy, se lei è tua madre, allora tuo padre è…”
“Natsu Mondella.” e prese una foto, sulla quale era raffigurato Natsu, con un buffo cappellino sulla testa, e vicino a lui sua moglie Lucy, ed una piccola Levy.
Mi sposerò con la figlia di Salamander! No, aspetta, qui c’è qualcosa che non torna. Come fa Levy ad essere figlia loro, non assomiglia a nessuno dei due. Inoltre, chi sene frega, Levy resta sempre Levy.”
“Ti senti meglio Gajeel?” chiese Lucy, vedendolo riacquistare colore, “Adesso puoi spiegarci, perché il signor curato non vuole sposarci?” domandò Levy.
Ricordando il motivo della sua visita il volto del moro si incupì, e ripensando al suo incontro con i due Bravi e con il prete prese a raccontare la situazione.
“Quel codardo amante delle scope, se l’è fatta sotto, perché due tizzi chiamati Bravi, lo hanno minacciato, per conto di un tal Don Codrigo e lui ha pensato ben bene di chiudersi in casa e fingersi malato. In sostanza, anche se le ho suonate a quei due bastardi, non è intenzionato a celebrare le nozze.”
“COME SCUSA? HAI COMBATTUTTO CONTRO DEI BRAVI!”
“Oh, mio Dio! Gajeel stai bene? Ti hanno ferito?” chiese Levy iniziando a perquisirlo alla ricerca di possibili ferite.
“Figurati gamberetto, se quei due falliti potevano farmi qualcosa. Li ho stesi con un colpo.”
“Gajeel, tu sei fuori di testa!” si intromise Lucy, “Hai idea di cosa farà Don Rodrigo, appena lo verrà a sapere? Ti darà la caccia, finché non ti avrà ucciso! È un uomo molto influente, potrebbe pure farti arrestare!”
“Che ci provi pure. Appena lo becco, lo riduco in polpette!”
Sentite tali parole, Levy scoppiò in lacrime, “Sing… sing… È tutta colpa mia… sing… sob… se non avessi taciuto, forse quel villano non sarebbe arrivato a tanto.”
“Di che stai parlando figliola? Cosa non ci hai detto?”
“Adesso vi racconto… è successo una settimana fa, mentre tornavo dal fare la spesa…”
 
Stavo camminando tutta allegra e spensierata, felice di aver appena comprato l’ultimo volume della mia serie preferita, quando mi si parano davanti tre uomini.
“Wow, sei davvero bellissima.” disse quello con i capelli marrone chiaro,
“Un vero raggio di sole.” disse l’altro dalla pelle scura.
“Posso chiamarti sorellona?” mi chiese il più giovane.
In sostanza erano tutti e tre dei bei ragazzi, che ci stavano provando e nonostante fosse alquanto imbarazzante e volessi solo tirarmi fuori da quella situazione, rimasi a fissarli. Quando, d’un tratto si fece avanti un uomo basso, il cui volto era talmente “particolare” che ritengo sia impossibile da descrivere.
Quest’uomo era Don Rodrigo, in persona, che vistami ordinò agli altri tre di farsi da parte, e guardandomi, in una maniera che mi provocò dei brividi, mi disse: “Men! Il tuo parfum è delizioso, per una popolana, vieni a vivere con me al mio castello.”
Io lo guardai come fosse scemo e fui tentata di proseguire senza rispondere, ma comprendendo che era giusto essere educata, soprattutto di fronte ad un nobile dissi: “Non posso proprio accettare! Tra una settimana mi sposerò con Gajeel Tramaglino!” detto questo lo scavalcai poiché era anche un nano, e proseguì.
Sentì, però da lontano l’uomo che diceva agli altri tre: “Scommettiamo che quella ragazza cadrà ai miei piedi.”
Io fui tentata di tornare indietro e piantare una cestinata sulla testa di quei quattro pervertiti, ma mi trattenni e tornai a casa.
Terminato il racconto Levy riprese a singhiozzare, “Non potevo certo immaginare, che sarebbe arrivato a tanto. Se lo avessi saputo, gliel’avrei fracassata quella testaccia.”
“Tranquilla Levy.” ghignò sadico Gajeel, “Voi ditemi solo dove abita Ichiya e io vado a riempirgli la testa di ferro.”
Ma la futura sposa, supportata dalla madre lo trattenne, “Non puoi! Non hai sentito cosa ha detto mia madre? Rischi di essere arrestato e poi addio per sempre al matrimonio.”
Questa prospettiva per nulla piacevole frenò il moro, “E allora cosa dovremmo fare?”
“Tranquilli figliuoli, io ho un’idea.” si vantò Lucy, “Basterà chiamare qui Fra Cristoforo, lui sicuramente ci aiuterà.”
“Oh, sì. Fra Cristoforo.”
“Cosa, un altro prete? Siamo sicuri ci possa aiutare?”
“Tranquillo Gajeel, Fra Cristoforo è un uomo giusto e buono, sicuramente saprà consigliarci una soluzione.”
“Bene, allora aspettiamo l’arrivo di questo frate.” assentì Gajeel rimettendosi a sedere.
 
Non dovettero attendere molto, pochi minuti dopo, qualcuno bussò alla porta, e senza aspettare entrò.
I tre si ritrovarono davanti un uomo completamente nudo.
“KYAAAA!” gridarono Lucy e Levy, mentre Gajeel fissava il nuovo arrivato infastidito.
“FRA CRISTOFORO! I SUOI VESTITI!” urlò Lucy,
“WHAA!” urlò il frate cappuccino, accorgendosi solo in quel momento di essere completamente nudo.
“LA MIA TONACA! LA MIA TONACA! HO PERSO LA MIA TONACA! COME HO FATTO A NON ACCORGERMI, DI ESSERMELA TOLTA!”, poi il suo sguardo si fece pensieroso e alla fine disse: “Ecco perché tutti i fedeli, che incontravo per strada scappavano o si chiudevano gli occhi.”
“Si vesta, invece di dire stupidaggini!” gli urlò Lucy,
“E con cosa? Gajeel, figliolo, potresti prestarmi i tuoi vestiti? Mi accontento anche solo delle mutande.”
“Non ci penso nemmeno nudista! E tu dovresti darci una mano?”
“Come scusa? Osi mettere in dubbio la mia capacità di supporto ai fedeli?”
Scintille attraversarono l’aria, mentre i due si guardavano in cagnesco. Fu Levy a mettere fine alla lite, prima ancora che iniziasse, vedendo fuori dalla sua casa, abbandonata per strada la tunica del frate.
Subito gliela lanciò, e l’altro ritrovata la calma, che si addiceva ad un individuo del suo calibro, si rivestì in tutta fretta.
Una volta pronto si rivolse alle due donne: “Ditemi figliole, cosa intendeva questo rozzo, quando diceva che vi serve il mio aiuto?”
“Chi sarebbe il rozzo?! Parla per te frate spogliarellista!”
“Gajeel intendeva.” prese la parola Lucy, mentre Levy metteva a tacere Gajeel, “Che il loro matrimonio è saltato.”
“Come saltato? È successo qualcosa a Don Abbondio?”
“Sì purtroppo, Don Rodrigo, ha minacciato il signor curato, perché si è invaghito di mia figlia e vuole impedire a tutti i costi le sue nozze.”
“Come osa, quel bifolco perdigiorno. Oh, ma adesso vado al suo castello e gliele suono. Si pentirà di aver architettato tali imbrogli.” E subito si diresse alla porta, intenzionato a correre fino al maniero del nobiluomo e massacrarlo di botte.
“No, Fra Cristoforo! È impazzito forse? Lei è un frate cappuccino, un uomo di Chiesa, non può andare in giro a picchiare chiunque non le vada a genio.”
“Avete ragione, figliole.” disse calmandosi, “Accidenti a me, e a quando ho deciso di farmi frate!”
“Già, si può sapere, come sei finito a fare il prete?” chiese Gajeel.
“Sono un frate, non un prete. Comunque, la mia tragica storia risale alla mia giovinezza. Lasciate che ve la racconti…”
 
Un tempo, quando ancora portavo il nome di Gray, vivevo in un’altra città. Qui essendo giovane, come tutti i giovani, volevo divertirmi e spassarmela. Quindi, passavo le giornate a fare a pugni con tutti quelli che non sopportavo.
Un giorno, dopo aver picchiato un nobile, che si era permesso di tagliarmi la strada, e mi aveva pure insultato, poiché non portavo vestiti, feci la conoscenza di una certa ragazza.
Questa giovane donna, il cui nome è Juvia, appena mi vide, si invaghì subito di me. Io dal canto mio, non volevo averci nulla a che fare, -era troppo appiccicosa, e non faceva altro che seguirmi ovunque, inoltre in quel periodo non ero affatto interessato a trovarmi una ragazza-, semplicemente la ignorai.
Successe, però, che la giovine venne a chiedere il permesso a mio padre di sposarmi, quest’ultimo forse per farmi un dispetto, -la ragazza non era nobile, né una borghese- accettò subito la sua proposta, pur di sbarazzarsi di me. Forse avevo esagerato con le risse, o si vergognava, per la mia pessima abitudine di spogliarmi in pubblico, non so.
Tanto sta, che mi venne a comunicare la notizia il mio buon amico e confidente Cristoforo, così cominciammo a escogitare un modo per liberarmi da quella situazione.
Alla fine, comprendendo entrambi, che quella stalker non si sarebbe arresa, e anche se fossi fuggito, avrebbe continuato ad inseguirmi all’infinito, presi la mia decisione: sarei diventato frate!
Il giorno dopo, di buon mattino, dopo aver detto addio alla mia vecchia vita mi recai in convento, e dopo quasi un anno, che passai a correggere il mio atteggiamento, riuscì a convincere i frati di quel convento a farmi diventare uno di loro.
Finalmente ero libero!
O così credevo, perché Juvia, non era affatto una che si arrendeva e tentò ogni inganno per farmi sposare con lei. Alla fine, pur di liberarmene -poiché non voleva proprio arrendersi, nonostante gli avessi fatto notare, che un religioso non poteva sposarsi-, pur di sfuggirle mi diedi alla fuga.
“Cavolo Frate, che destino avverso.” disse Lucy,
“Si, ed il peggio deve ancora arrivare. Non so come, ma quella matta riesce sempre a trovarmi. Sembra abbia un radar. Solo pochi minuti fa, sono riuscito a sbarazzarmene, spero non mi scopra.”
“Ghi hi hi! Voi due siete d’avvero matti da legare!” rise divertito Gajeel,
“Zitto, non accetto la predica da un rozzo come te!”
“Come mi hai chiamato prete nudista?”
“Sono un frate, poveraccio da quattro soldi.”
“Smettetela subito di litigare!” urlò Lucy, afferrando una padella pronta a darla in testa al frate e al futuro genero, se non avessero obbedito.
Vedendo la mal parata i due, compresero che era meglio smettere di litigare, e tornare a concentrarsi sulla questione del matrimonio.
“Allora, Fra Cristoforo, pensa di poterci aiutare?” chiese Levy,
“Tranquilla, mi metto subito in cammino, giungerò al castello di quel borioso e ne dirò quattro a Don Rod-”
“GRAY-SAMA, SO CHE SEI QUI!” la voce proveniente dall’esterno della casa, fece zittire il frate, al quale si gelò il sangue nelle vene.
“E’ qui.” bisbigliò nascondendosi dietro una finestra, dalla quale sbirciò la figura di Juvia, che lo attendeva fuori dalla casa.
“Presto Fra Cristoforo, da questa parte.” disse Lucy, indicando al pover’uomo l’uscita sul retro.
L’altro ringraziando il Signore ed i tre, aprì lentamente la porta, pronto a fare il giro della casa, e correre il più velocemente possibile verso il castello del nobile, cercando di sfuggire a Juvia. Ma, appena messo piede fuori dall’abitazione, fu avvinghiato da un paio di mani e soffocato in un abbraccio, per nulla gradito.
“Ti ho trovato Gray-sama.” disse Juvia felice.
Con una mossa, degna dei migliori campioni di judo, il prete si liberò dalla presa atterrando la giovane, per poi mettersi a correre senza guardarsi in dietro, mentre Juvia riprendeva ad inseguirlo.
Quando fu ormai molto lontano, i tre lo sentirono gridare: “APPENA MI SARO’ SBARAZZATO DI QUESTA MIGNATTA, ANDRO’ SUBITO A PARLARE CON DON RODRIGO!”
Stiamo freschi.” fu il pensiero generale, mentre i tre rincasavano.


Nota d’autore: ecco il capitolo due. Spero sia stato abbastanza divertente, perché io mi sono divertita molto a scriverlo.
Gajeel, tra nobili opprimenti, frati nudisti e stalker ossessionate, si starà ancora chiedendo come è possibile che Levy e Natsu siano imparentati; molto probabilmente alla fine di questa storia chiederà il consulto di uno psicologo, per riprendersi dai traumi, che sta vivendo.
A proposito di traumi, la povera Levy è quella messa peggio, finché si trattava dei Trimers, poteva anche starci, ma adesso si trova davanti a Don Rodrigo.
Chi ha letto aveva già dei sospetti, su chi potessi aver scelto per interpretare questo ruolo? Onestamente ho scelto Ichiya, perché volevo rendere la situazione ridicola ed inquietante al tempo stesso, e perché nessun altro personaggio avrebbe svolto, a mio avviso, questo ruolo meglio di lui.
Gray, invece, nei panni di Fra Cristoforo, mi è nato così dal nulla, e ovviamente tutta la sua conversione non poteva non essere basata su un tentativo, ovviamente fallito di liberarsi di Juvia. La quale si rifiuta di abbandonarlo, pronta a rendergli la vita un inferno. (gli sta bene, così impara a sposarsi con chi lo ama, invece di escogitare piani assurdi ed insensati. XD)
Il prossimo capitolo dovrebbe uscire domani e tratterà di una delle mie parti preferite del romanzo, inoltre ho aggiunto anche i miei due personaggi preferiti; quindi, diciamo che sono molto affezionata al capitolo tre. Spero la storia vi stia piacendo e divertendo, fatemi sapere cosa ne pensate.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** CAPITOLO 3 ***


 Al castello di Don Rodrigo, il malvivente stava discutendo con i due Bravi.
“Come sarebbe a dire, Men, che ve le siete fatte dare da Gajeel Tramaglino!” urlò indicando i lividi ed i bernoccoli, che ricoprivano l’intero volto dei due.
“E’ proprio così, capo.” disse Jet,
“Noi stavamo tranquillamente minacciando il prete, quando dal nulla è comparso quel pazzo esaltato.” continuò Droy.
“E ce le ha suonate di santa ragione.”
“Che vergogna e voi sareste Bravi?!”
“Veramente siamo i cattivi.” disse Droy, guadagnandosi un pugno sulla testa da parte del compagno.
“Come faccio adesso?” pensò fra sé Don Rodrigo.
“Stia tranquillo capo, il prete ha già detto che non li sposerà.” disse Jet.
“Quel che ha detto non significa nulla. Se questo Gajeel è talmente forte da togliervi di mezzo, convincerà sicuramente il curato a sposarli, e tanti saluti alla mia scommessa.”
“Ci scusi capo.” dissero i due Bravi, prima di essere cacciati a calci dalla stanza.
“Non mi resta che questa opzione.” rifletté il nobile, “Griso, vieni subito qui!” gridò e sulla porta comparve un uomo alto, di bell’aspetto, con i capelli azzurri e uno strano tatuaggio all’occhio destro.
“Mi ha chiamato padrone?”
“Si, Griso. Ho un incarico della massima importanza per te. Portati dietro la squadra d’élite dei Bravi, Crime Soierce, e vai a rapire Levy Mondella.”
“Ma signore, rapire una persona è un’azione illegale!” esclamò il Bravo.
“Lo so anch’io, ma tu sei un Bravo, ovvero un criminale e sei al mio servizio. Quindi obbedisci e fa come ti ho ordinato; Men!”
“M-ma…”
“Se farai come ti ho detto, in cambio ti organizzerò un incontro con la ragazza che ti piace.” disse l’uomo, ed il viso del Bravo, a quella prospettiva, assunse il colore delle aragoste.
“Come desidera, signore.” e congedandosi, uscì a preparare il rapimento.
 
A casa Mondella, intanto, i tre malcapitati continuavano a discutere, su come celebrare il matrimonio, ma senza alcun risultato.
Più di una volta Gajeel si era offerto di andare al castello di Don Rodrigo e raderlo al suolo, oppure di tornare da Don Abbondio e costringerlo a celebrare le nozze.
Entrambe le idee, però, erano state scartate dalle due donne, ed i tre si ritrovavano ancora al punto di partenza.
Infine, a Lucy venne un’idea: “Ho trovato!” esclamò, facendo sobbalzare i due.
“Che cosa?” chiese Levy speranzosa.
“Faremo esattamente come abbiamo fatto io e tuo padre, quando ci siamo sposati. A quel tempo Natsu non si decideva a volersi maritare con me, ed il prete ce l’aveva con lui per aver dato fuoco alla Chiesa durante una messa. Quindi io, escogitai un piano per sposarci, senza che quei due sospettassero qualcosa.
Un giorno ci recammo con una scusa alla casa del curato, e organizzammo un matrimonio a sorpresa!”
“Matrimonio a sorpresa? Che razza di nome cretino.” disse Gajeel,
“L’ho chiamato così, perché per la sorpresa il prete cadde dalla sedia e Natsu svenne sul pavimento.”
“Quindi stai dicendo, che hai truffato Salamander e con l’inganno lo hai convinto a sposarti?” chiese il moro, con una gocciolina che gli colava sulla fronte.
“Ho dovuto, altrimenti quello non avrebbe mai acconsentito. Non che non mi amasse, semplicemente era un sempliciotto con la testa un po' bacata.” disse Lucy.
“Oh, mamma. Non potevi proprio evitare di raccontarci questa storia?!” disse Levy tra lo sconsolato e l’imbarazzato.
“Non capite? Se agirete in questo modo potrete sposarvi. Per la festa ci penseremo dopo, organizzeremo un grande banchetto e festeggeremo come è giusto. E quel bifolco di Don Rodrigo, saprà che siete marito e moglie, quando ormai sarà troppo tardi.”
“Mi piace quest’idea.” sorrise Gajeel,
“Si, facciamolo!” disse Levy risoluta, “Solo, non so come potremmo eludere la sorveglianza di Perpetua Laki.”
“Per quello lascia fare a me.” disse la madre, “Basterà che chieda aiuto a Kinana. Quelle due si metteranno a chiacchierare e noi ne approfitteremo per mettere in atto il nostro piano.”
“Si, ma come faremo a sposarci senza il consenso del prete?” chiese Levy,
“Lo pestiamo finché non accetta!” si intromise Gajeel, ma una padellata da parte di Agnese lo fece tacere.
“Semplice, basterà dire: questo che ho qui accanto è mio marito, e questa che ho accanto è mia moglie, davanti al curato, e sarete sposati.”
“Wow, è semplicissimo!” esclamò Levy, “Ma allora perché, le altre persone perdono tempo in quelle lunghe e barbose cerimonie?”
“Semplice, perché non hanno nulla di meglio da fare.” rispose Lucy, gonfiando il petto, come se avesse appena detto qualcosa di molto intelligente.
“Comunque abbiamo un altro problema.” disse Levy, “Da quel che so per queste pratiche serve un testimone, almeno per lo sposo. Come facciamo a trovare qualcuno che ci aiuti?”
“Tranquilla figlia mia, basterà chiedere al marito di Kinana. Voi due siete anche amici.” disse la bionda voltandosi verso Gajeel.
“D’avvero?”, “Certo, tu ed Erik andate d’accordo, quando non siete impegnati a fare a pugni.”
Erik? E chi sarebbe?”
“Comunque, per me va bene. Possiamo anche andare a chiedere a Kinana e a suo marito di aiutarci.” disse Levy.
Così i tre usciti di casa, si incamminarono verso il paesello, fino a giungere ad una casetta, piuttosto carina, situata nel centro.
“Eccoci, siamo arrivati!” gioì Lucy, e il moro non se lo fece ripetere due volte, spalancò la porta e si fiondò in casa.
Ad accoglierlo, però, ci pensò un coltello, che per poco non lo colpì al volto. Schivato il colpo, rimase allibito, ritrovandosi davanti l’artefice dell’attentato, ovvero un uomo, dalla pelle abbronzata, i capelli marroni appuntiti ed una cicatrice che gli copriva un occhio, perennemente chiuso.
“COBRA! Brutto bastardo! Cosa ti è passato per la testa? Per poco non mi facevi fuori!”
L’uomo lo fissò infastidito, poggiando l’arma sul tavolo alle sue spalle.
“Ah, sei tu Gajeel. Dovevo immaginarmelo, solo un’idiota come te poteva irrompere in quel modo in casa mia.”
“Chi sarebbe l’idiota?”
E subito i due presero a guardarsi in cagnesco, mentre sull’uscio arrivavano anche Levy e Lucy, e da dietro la porta della cucina, spuntava la figura di Kinana, che incuriosita dal trambusto si era recata in soggiorno.
“Kinana!” esclamò Levy, attirando a sé la donna.
“Oh, Levy, signora Lucy. Allora siete voi.” disse salutando le sue “ospiti”.
“E-Erik, potresti smetterla di fare a pugni con Gajeel.”
Disse la violetta, rivolta al marito, che aveva di nuovo in mano il coltello, che tentava di conficcare sulla fronte del moro, il quale schivava gli attacchi alla bene e meglio, cercando di colpire l’avversario con un pugno.
“Si, infatti, piantatela voi due.” intervenne Levy, “Ti sei scordato perché siamo venuti?”
“Hai ragione.” concordò l’uomo fermando l’attacco, per poi concentrarsi sull’altro ragazzo: “Se ti ammazzo, come fai a farmi da testimone al matrimonio.” disse ghignando.
“Ancora non hai trovato un testimone, razza di idiota!” lo schernì l’altro, “Il tuo matrimonio è domani!”
“Non esattamente.”
“Che vuoi dire?” chiese perplessa Kinana,
“Adesso vi spieghiamo.”
Così i quattro riuniti intorno al fuoco, si misero ad ascoltare il racconto di Lucy, sulla faccenda del matrimonio.
“Che tragedia!” esclamò Kinana, una volta che il racconto ebbe fine.
“Questi stronzi di nobili, devono sempre fare il bello e il cattivo tempo. Non li sopporto.” disse Cobra. “Comunque, non capisco perché vogliate perdere tutto questo tempo, con questo stupido matrimonio a sorpresa.” proseguì guadagnandosi l’attenzione di tutti.
“Basta recarsi al castello di Don Rodrigo, pestarlo di botte, finché non giura di non darvi più fastidio, e se le botte non bastano, tanto vale accopparlo. Un rompiscatole in meno al mondo non fa male a nessuno.” disse sorridendo sadico.
“E’ quello che dicevo io!” esclamò Gajeel, ma entrambi ottennero solo, come risultato, un’occhiataccia da parte delle tre donne, e compresero che era meglio chiudere la bocca.
“Levy, signora Lucy! Io e mio marito vi daremo tutto il nostro appoggio, per mettere in atto il vostro piano.” disse guardando Erik, che fece un cenno affermativo con la testa.
“Vi ringrazio infinitamente.” disse Levy.
Continuarono a parlare dei dettagli del piano e dell’ora stabilita per recarsi a casa di Don Abbondio, ma sia Gajeel, sia Cobra, annoiati da tutti quei discorsi, decisero di uscire fuori.
“Si può sapere, perché hai scelto me per farti da testimone?” chiese Cobra, una volta fuori.
“Semplice, me lo ha consigliato Levy. Inoltre, non conosco nessun altro, che possa aiutarmi in questo momento. E poi…”, qui il suo volto fu attraversato da un ghigno malefico, e portato un braccio sulle spalle del compare se lo avvicinò, per evitare che qualcuno sentisse.
“Se quel bastardo di un prete, amante delle scope, non volesse sposarci o rendere ufficiale il matrimonio, tu sei la persona più indicata, per aiutarmi a convincerlo, se capisci cosa intendo.” A quell’affermazione, anche Cobra ghignò.
“E io che pensavo, che questa sera mi sarei annoiato.” rise divertito, prima di rientrare in casa.
Gli amici salutatisi, tornarono rispettivamente alle proprie abitazioni, per consumare la cena, con la promessa di rivedersi quella stessa notte.
Così, qualche ora dopo, erano tutti riuniti nei pressi della casa del curato, per mettere in atto il matrimonio.
Nel mentre, l’ignaro Don Abbondio, era seduto in camera sua, a leggere il breviario. Finalmente la febbre era scesa, e la paura si era acquietata. Così riprese le forze, dopo aver cenato, si era messo ad ingannare la mente, leggendo qualche preghiera.
Intanto, Laki era uscita un’istante a fare quattro passi, quando si ritrovò davanti due figure familiari.
“Buonasera signora Lucy, e anche a te Kinana.”
“Buonasera Perpetua.”
“Ciao Laki. Come te la passi?”
E da lì le tre donne iniziarono la loro chiacchierata serale, parlando del più e del meno, dal raccolto poco abbondante dell’anno, allo stesso Don Abbondio, il quale Perpetua si mise a canzonare.
La donna intenta a conversare, non si rese conto di tre figure alle sue spalle, che quatte come topi, si insinuarono nel l’uscio, lasciato aperto, e ancor più silenziosamente salirono diretti verso la camera del curato.
Quado furono di fronte alla porta semiaperta, Gajeel disse: “Cobra, va prima tu.”
“Cosa? Perché io?”
“Cerca di distrarre il prete. Noi, intanto, ci prepariamo e alla prima occasione saltiamo fuori.” spiegò Levy.
“Sì, così otteniamo l’effetto sorpresa.” rise Gajeel.
“Tsk. E va bene, facciamola finita.”
“C’è qualcuno?” chiese Don Abbondio, già allarmato da quella voce misteriosa.
“Rilassati prete, sono io.” rispose Cobra, varcando la porta, mentre si guardava attorno.
“E tu cosa ci fai qui?”
“Io e mia moglie stavamo facendo una passeggiata. Poi si è messa a parlare con la serva, ed io annoiato ho pensato di venire a farti un salutino.” mentì l’altro, sfoggiando un sorriso per nulla rassicurante.
“Ti ringrazio figliolo, sei stato molto gentile.” disse il prete, guardando però il ragazzo con una certa circospezione, e non poco timore.
Perché una ragazza da bene, giusta, dolce e rispettosa come Kinana, si deve essere sposata, con questo delinquente attacca brighe.”
Come se gli avesse appena letto nel pensiero, Cobra lo guardò torvo, poi disse: “Sai, io e mia moglie ci conosciamo da una vita. E a differenza di te, sa vedere il buono nelle persone, anche quando esso è molto nascosto.”
Il curato lo guardò impietrito, cercando di non incrociare mai il suo sguardo, prese a girare la testa per tutta la stanza, ed un imbarazzante silenzio cadde sui due.
“Comunque, sono qui anche per ringraziarti, per averci sposato.” continuò Erik.
“Ah, ma figurati. Dovere caro figliolo, dovere.”
“Immagino.” rispose freddamente, “E tu sei proprio la persona, che questo genere di doveri li rispetta sempre, anche quando mettono i bastoni tra le ruote, a certi individui.” disse ghignando, e Don Abbondio si sentì mancare.
“N-non c-capisco a cosa t-ti riferisci.”
“Beh, immagino di no. Lasciamo perdere, di questo potrai rispondere direttamente a loro.” disse l’uomo, e subito sulla porta si fecero avanti, Gajeel e Levy, vestiti da sposi.
“Cosa significa tutto questo!” urlò il curato.
“Questo che è qui accanto a me è mio marito…” proruppe Levy,
“Questa che è qui accanto a me è mia mo… AHO!” si interruppe Gajeel, quando si ritrovò la scopa del curato piantata sulla testa. Infatti, comprendendo quello che avevano in mente, Don Abbondio, preso dal panico aveva afferrato l’oggetto e senza riflettere lo aveva dato sulla testa dello sposo.
Adesso, però, vedendo la faccia da indemoniato di Gajeel, se ne pentiva amaramente. Prima che potesse fare qualcosa, fu spinto via, e cadendo la candela che illuminava la stanza fu spenta lasciando tutti al buio.
Subito, strisciando sul pavimento, il curato corse a barricarsi nella stanza accanto, mentre Gajeel aiutava Levy, inciampata sul pavimento, a rialzarsi, e Cobra si guardava intorno, cercando di scorgere la figura del prete nell’oscurità.
Giunto alla finestra della stanza, dopo aver bloccato la porta, il povero Don Abbondio, prese a gridare come un matto: “AIUTOOO! PERPETUAAA! QUALCUNO MI AIUTI, ATTENTANO ALLA MIA VITA!”
“Don Abbondio! Che succede? Sono tornati i Bravi di Don Rodrigo?” chiese la serva, attirata lì dal fracasso.
“Peggio! È tornato Gajeel Tramaglino! Ed insieme a lui c’è quel delinquente, del marito di Kinana! VOGLIONO FARMI FUORI! SALVAMIII!” riprese a gridare ancora più forte.
“Si può sapere cosa succede?” chiese Laki rivolta alle due amiche, che imbarazzate abbassarono la testa.
“Ecco adesso ti spiego…” cominciò Kinana.
Intanto, il povero prete, chiuso nella stanza continuava a gridare, e le sue urla attirarono i suoi “aguzzini”.
“Esci subito da qui, stupido amante delle scope!” sentì gridare da dietro la porta, riconoscendo Gajeel.
“Andate via! Non osate toccarmi! Io sono un uomo di Chiesa, fatemi del male e Dio vi punirà.”
“Io intanto sfondo la porta e ti pesto, poi vediamo se la Punizione Divina mi colpirà!” rispose l’altro e prese a forzare la maniglia.
“Lascia fare a me.” disse Erik, e forzando la serratura riuscì a spalancare la porta.
Terrorizzato Don Abbondio tornò a gridare dalla finestra, ma due paia di mani lo afferrarono e lo trascinarono via, sotto gli sguardi esasperati di Perpetua, Lucy e Kinana.
“Tranquillo Gajeel! Con tutto quello che ho fatto, io ho già un biglietto di sola andata per l’Inferno; quindi, anche se lo pesto a sangue, non succederà nulla.” rise Erik, mentre Don Abbondio, si dimenava nel vano tentativo di liberarsi.
“Ehi, Erik!” sentirono gridare da fuori, ed il diretto interessato si affacciò, guardando in direzione della moglie.
“Guai a te se picchi il signor curato!”
“Ma Kinana…”
“Se lo fai, giuro che ti caccio di casa.” disse la donna, fissando seria il marito.
“D’accordo. Non gli torco un capello.” rispose lui, per nulla contento della prospettiva.
Tenendo saldo il prete i due lo trascinarono via dalla finestra, e per evitare che facesse ulteriore rumore, lo legarono ad una sedia, e lo imbavagliarono.
“Quindi, che facciamo?” chiese Erik,
“Tu avrai anche le mani legate. Ma io non sono ancora sposato, e non temo certo questo mollusco.” disse ghignando l’altro, mentre faceva scrocchiare le nocche.
Afferrò il bavero della tunica del prete, e sollevando il pugno si preparò a colpirlo, ma qualcosa colpì lui sulla testa.
Voltandosi vide Levy, che lo squadrava furiosa, ed in mano teneva un soprammobile, mentre ai suoi piedi, c’era un calamaio, che la ragazza gli aveva appena lanciato.
“Sei impazzita, gamberetto?”
“Giù le mani dal signor curato.”
“Ma Levy, se non uso le maniere forti, questo qui non ci sposerà mai.”
“Gajeel, mi meraviglio di te! Come puoi dire certe cose?!”
“Io non capisco quale sia il problema, voglio solo pestarlo un po', nulla di più.”
“Se ti comporti così, che differenza c’è tra te e Don Rodrigo?”
“Ehi Levy, non esagerare adesso! Io e quel bastardo non abbiamo nulla in comune!”
“Si, ma tu stai facendo proprio come lui! Minacci il signor prete, per costringerlo a fare qualcosa che non vuole.”
“Se questo scemo avesse seguito le regole, noi domani saremmo già marito e moglie. Invece, codardo com’è, ha pensato bene di tirarsi fuori. E adesso se non lo convinco così, non ci sposerà mai!” disse e tornò a concentrarsi su Don Abbondio, che tutto tremante, piangeva in preda al panico.
“Gajeel, tocca il prete ed io mi rifiuto di sposarti!” urlò Levy, ed il moro si bloccò fissandola allibito.
“Che cosa?”
“Mi hai sentito.” rispose, incrociando le braccia, la turchina.
“Oh divertente… gnam gnam… voglio proprio vedere… gnam… come finirà questa storia.” disse Cobra fissando divertito il dramma, che si stava tenendo in quella stanza, mentre mangiava un secchiello di Popcorn, che Dio solo sapeva dove lo avesse trovato.
“Ok, Levy. Non torcerò un capello a questo prete mollusco.” disse il moro dopo un eterno silenzio, per poi mollare la tonaca del curato.
“Uffa, già finito il dramma sentimentale?” scherzò Cobra.
“Piantala.” rispose irritato il moro.
“Quindi, adesso che facciamo? Il vostro piano del matrimonio a sorpresa è saltato, e non possiamo costringere il prete a sposarvi.”
“Sono sicura, che riusciremo a trovare un accordo.” disse Levy, dirigendosi verso la sedia per liberare Don Abbondio.
Un forte trambusto, proveniente dall’esterno, però, mise in allarme i tre, che subito si affacciarono alla finestra.
“Che succede?” chiese Levy,
“Le urla di quel rompiscatole, devono aver attirato i paesani.” spiegò Cobra, indicando un cumulo di polvere, che si avvicinava pericolosamente alla casa.
“Voi tre, scendete!” gridò Lucy, “Se quelli ci beccano qui, sono capaci di farci a polpette!”
“Presto andiamocene.” disse Levy,
“Potrei prenderli a pugni. Sono certo di poterli battere.” protestò Gajeel,
“Taci Gajeel. E fa quello che ti ha detto la tua futura moglie.” gli rispose Erik, prendendo a trascinarlo di peso fuori dalla stanza.
Giunti nel giardino, si riunirono con Kinana e Lucy, “Che facciamo adesso?”
“Corriamo tutti a casa nostra.” rispose Lucy.
“Si, andate.” si intromise Laki, “A cacciare la folla, e ad evitare che Don Abbondio faccia la spia, ci penso io.”
“Grazie mille Laki.” l’abbracciò Kinana.
“Figurati è a questo che servono le amiche.”
Salutata la serva, i cinque fecero il giro della casa, e partirono a tutta corsa verso l’abitazione delle Mondella, cercando di evitare il più possibile la folla.
Di fretta Laki corse al piano di sopra, per assicurarsi che il suo padrone stesse bene, lo trovò nella stanza legato e imbavagliato ad una sedia.
Una volta libero, l’uomo diede sfogo a tutta la sua rabbia: “Quei delinquenti! Quei mascalzoni! Peggio dei Bravi sono! Oh, ma questa volta non gliela faccio passare liscia!
Prima faccio finire in galera quel criminale di Erik, e dopo quei due possono scordarsi che io celebri il loro matrimonio. Non li sposerò neanche morto!”
“Che a giudicare dalla velocità con cui arriva la folla, dovrebbe avvenire tra poco.”
“Di che stai parlando!” urlò furioso l’uomo,
“Nulla, stavo solo riflettendo, che un intero gruppo di paesani armati, si sta dirigendo qui. Credevano tutti che lei fosse in pericolo di vita, e vorranno sicuramente delle spiegazioni. Cosa gli dirà? Scusate l’ora, Gajeel Tramaglino e Levy Mondella hanno fatto irruzione in casa mia, per celebrare un matrimonio, religiosamente illegale? E questi chiederanno perché, e non vorranno certo andarsene senza una risposta.
Cosa gli dirà, che lei, il curato di questo paese, non ha voluto sposare due giovani, perché Don Rodrigo l’ha minacciata? Se non si infurierà la folla, lo farà sicuramente lui, e sono sicura che la schioppettata a quel punto, non gliela leverà nessuno.
Inoltre, se racconta la verità, perderà la faccia di fronte al popolo. Lei, il buon curato, che urla come una gallina, perché un paio di disgraziati le entrano in casa?”
“M-ma io, veramente…” farfugliò il prete,
“Lei può dire la verità, oppure posso farlo io al suo posto. Sono proprio curiosa di sapere cosa penserà sua eccellenza l’Arcivescovo, quando verrà a conoscenza di questa storia.”
“Per l’amor di Dio, Perpetua, taci!” gli ordinò il prete, ma più che un ordine era una supplica.
“Se vuole però,” continuo la donna, “Posso uscire e raccontare, che un gruppo di malviventi è entrato in casa, ed ha tentato di derubarla. Per fortuna, però, rendendosi conto dell’arrivo della folla si sono dileguati. E lei è impossibilitato a descriverne il volto, perché coperti da dei mantelli.”
“Si, ti prego, racconta questo alla folla. E mandali via.” disse l’uomo,
“Certo, ma lei deve venire con me, in modo tale che i fedeli la vedano sano e salvo e si calmino.”
“D’accordo, d’accordo. Ma con quei disgraziati, come facciamo?”
“Semplice, dovrà solo chiudere un occhio. E far finta che non sia successo nulla.”
“Ma…”
“Le ho già fatto notare cosa succederà, se non fa come le dico.”
“Va bene mi arrendo.” disse l’altro esasperato, mentre cercava di rassettarsi e si preparava al suo incontro con la folla, che ovviamente avrebbe tenuto dalla finestra.
Figuriamoci se andava a rischiare di incontrare, di persona, quella marmaglia di esaltati.
 
Levy ed i suoi amici, avevano finalmente superato la folla, e si stavano dirigendo in tutta fretta, verso la sua casa, ormai mancavano pochi metri. In lontananza scorse l’abitazione, e si sentì sollevata come non mai, ma poco prima di giungere davanti all’edificio, gli si pararono davanti cinque figure.
I cinque individui erano nascosti da un lungo mantello, e sopra le teste portavano un cappuccio, che rendeva impossibile identificarne il volto.
“E voi chi siete?” chiese Lucy, facendo qualche passo indietro.
Quello che stava al centro fece un passo avanti e disse: “Noi siamo i Bravi di Don Rodrigo! Siamo qui per rapire Levy Mondella!”
“Che cosa!” gridarono Lucy e Gajeel all’unisono, portandosi davanti alla turchina, pronti a fargli da scudo se necessario.
“Non opponete resistenza, o vi sarà fatto del male!” disse un’altra delle figure, che dal tono di voce doveva essere una donna.
“Guai a voi se toccate mia figlia!” rispose Lucy.
“Ehi Gerard, ragazzi. La volete piantare!” si intromise Erik, mettendosi davanti ai tre, sorridendo verso i Bravi, che subito tacquero.
Poi, quella che aveva parlato per seconda, si tolse il cappuccio, rivelandosi come una giovane donna dai lunghi capelli bianchi. E subito saltò al collo dell’uomo, stringendolo in un abbraccio.
“Erik! Quanto tempo, mi sei mancato!” disse gioiosa, mentre tutti gli altri Bravi, si scoprivano il volto.
“Cosa ci fai qui, amico?” chiese uno di loro, dalla buffa capigliatura bionda, appuntita, ed un paio di strani occhiali da sole, che gli nascondevano gli occhi.
“Che bello rivederti.” disse un energumeno con la faccia spigolosa, ed i capelli arancioni, ed un paio di baffetti dello stesso colore.
Al gruppo si avvicinò, anche una ragazza, con capelli fucsia, che strinse l’amico in un poderoso abbraccio.
Infine, si avvicinò anche il loro capo, che scoperto il viso si rivelò essere il Griso, o Gerard come lo chiamavano gli amici.
“Cosa ci fai qui?” chiese l’albina,
“Beh, è una lunga storia, Sorano.”
“Certo, che potresti passare a farci un salutino ogni tanto.” disse il biondo,
“Scusa Sawyer, ma ultimamente ho avuto molto da fare.”
“Immaginiamo.” intervenne la ragazzina, “D’altronde da quando ti sei sposato, hai molte responsabilità.”
“L’amore è una cosa meravigliosa.” proruppe l’energumeno,
“Ti prego Richard, basta con questa cantilena.” lo ammonì Sorano.
Poi guardando dietro l’amico, scorse la figura di Kinana e si fiondò a salutare anche lei: “Kina, da quanto tempo!” esclamò stringendole le mani.
“Ciao Sorano, mi fa molto piacere rivederti.”
“E dimmi, quel cafone di Erik si comporta bene con te?”
“Chi sarebbe il cafone? Guarda che ti sento!” protestò il diretto interessato.
“No, no, Erik è bravissimo! Lavora sodo ed è sempre molto gentile.”
“Mi fa piacere sentirlo.” sorrise l’albina.
“Comunque, non riesco ancora a credere, che tu ti sia sposato, con una ragazza così bella.” lo prese in giro Sawyer, mentre l’altro rifletteva su come uccidere l’uomo, nel modo peggiore possibile.
“Questo è l’amore!”, “Sta zitto Richard!” gridarono i due.
“Quando avete finito la rimpatriata, possiamo tornare alle cose serie?” chiese l’altra ragazza, che rispondeva al nome di Meredy.
“Su, non rovinarci il divertimento.” si lamentò Sorano,
“Meredy ha ragione!” intervenne Gerard, “Dobbiamo concentrarci sulla missione.”
“Va bene, va bene. Quanto sei noioso.” si lamentò il biondo.
Finalmente il gruppo di Bravi, tornò a concentrarsi su Levy, ed i suoi parenti.
“Dove eravamo rimasti? Ah sì! Noi siamo i Bravi di Don Rodrigo, che ci ha mandato a rapirti, seguici senza fare storie Levy Mondella.”
“Già mai!” gridò la ragazza.
“Su fai la brava.” cercò di convincerla Meredy,
“Ma per la verità i Bravi siamo noi, anche se siamo catt…”
“Sta zitto Richard!” urlarono tutti i delinquenti.
“Sentite ragazzi, non è che potreste chiudere un occhio?” si intromise Kinana,
“Mi dispiace Kina, ma non è possibile. Cerca di capire, non abbiamo nulla contro i tuoi amici, dobbiamo solo svolgere il nostro lavoro.”
“Neanche se velo chiedo io?” domandò Erik,
“No, mi dispiace.”
A quel punto, stanco di essere ignorato, Gajeel si fece avanti: “Cobra! Si può sapere, come conosci questi tizzi?”
“Non urlarmi nelle orecchie!” protestò l’altro, piantandogli una testata.
“Se ti interessa tanto saperlo, anni fa ero un Bravo e lavoravo al servizio del padre di Don Rodrigo.”
“Già, era un nostro compagno.” intervenne Sorano.
“CHE COSA!” gridarono Lucy, Levy e Gajeel.
“Esatto, ero un Bravo. Però, quando salì al potere Don Rodrigo, mi fece finire in prigione- per questo spero, che quel bastardo crepi male-, dopo tre anni di galera, fui rilasciato, e rincontrai Kinana, ed un anno dopo, ci siamo sposati.” spiegò, mentre la moglie annuiva.
“Dopo il matrimonio, io ed Erik andammo a vivere insieme, e lui si mise a svolgere la professione di contadino.” spiegò la violetta.
“Chi se lo sarebbe immaginato, che uno di noi sarebbe diventato un’onesta persona e avrebbe messo su famiglia.” rise Sawyer divertito.
“Beh, era ovvio, con la faccia che ti ritrovi, non potevi che essere stato un delinquente.” disse Gajeel.
“Guarda che la tua faccia è peggio della mia!”
“Cos’è, vuoi la rissa?”
“No, non ricominciate a litigare voi due.” li fermarono Levy e Kinana.
“Scusate, se non vi disturbo troppo, possiamo riprendere da dove eravamo rimasti? Sapete, io ho altre cose da fare.” chiese Meredy, scocciata da quanto tempo ci volesse per svolgere quel rapimento.
“Provateci se ne avete il coraggio! Ma sappiate, che chiunque voi siate, se toccate Levy, vi faccio a pezzi!” urlò Gajeel.
“Scusate, ma sono con lui.” disse Erik,
“Noi vorremo evitare di coinvolgervi. Ma non possiamo sottrarci agli ordini.” tentò di scusarsi Gerard.
“Ed io vorrei evitare, che la folla inferocita, vi faccia a pezzi!” rispose Cobra,
“Come scusa?”
“Sto parlando del gruppo di popolani, recatisi da Don Abbondio. Posso mettermi ad urlare, e sta pur certo, che in pochissimo tempo, vi saranno addosso. E neppure voi, ve ne andrete illesi.”
“Ci faresti una cosa del genere?” chiese Sorano.
“Io non vorrei, ma siete voi a costringermi.”
“E se cercassimo un accordo.” si fece avanti Sawyer.
“Sono tutto orecchie.” rispose l’altro, mentre esibiva un sorriso vittorioso.
“Tu che ne pensi, Gerard?” chiese Meredy al suo capo.
“Se devo essere onesto, vorrei evitare di consegnare quella ragazza nelle mani di Don Rodrigo, ma non possiamo certo disubbidire agli ordini.”
“Non sarà necessario.” si intromise Cobra, “Basterà che torniate dal vostro capo, e gli diciate, che non avete trovato nessuno in casa. Inoltre, a causa della folla, siete dovuti fuggire e tornare subito al castello.”
“Potrebbe funzionare.” disse Sawyer, “E non dovremmo compiere un crimine così efferato.” continuò Richard.
“E sia, seguiremo il tuo piano Erik.” disse il Griso.
“Resta, però, un problema.” intervenne Sorano, “Questa sera noi eviteremo di rapire Levy, anche per fare un favore ad un vecchio amico, ma la prossima volta non potremmo sottrarci al nostro compito.”
“Oh, no!” esclamò disperata la turchina.
“Si, Sorano ha ragione. L’unica soluzione è che voi tre scappiate dal villaggio. Se vi allontanerete, potrete sfuggire a Don Rodrigo.” spiegò Erik.
“Stai dicendo, che dovremmo lasciare la nostra casa, il luogo dove siamo nati e cresciuti!” esclamò Lucy,
“Purtroppo non avete altra scelta.”
“Ma…”, “Lo faremo. Ce ne andremo. Scapperemo lontano, dove Don Rodrigo, non potrà trovarci.” parlò Levy, che nonostante le lacrime, pareva risoluta e pronta ad affrontare quella dolorosa decisione.
“Io sono d’accordo con Levy. Sicuramente se ce ne andiamo, sarà al sicuro.” disse Gajeel.
“Quindi siete d’avvero disposti a partire?!” chiese Lucy, e ad un cenno affermativo di entrambi, prese un respiro profondo ed esclamò: “Bene, allora io verrò con voi. Non posso abbandonare mia figlia ed il mio futuro genero da soli. Vi seguirò nel vostro viaggio, ed un giorno finalmente vi vedrò marito e moglie.”
“Oh, mamma.” la strinse forte Levy.
“Ok, allora noi torniamo al castello. E riferiamo il nostro fallimento a Don Rodrigo.” disse Gerard.
“Noi, invece, torniamo a casa nostra.” disse Kinana, abbracciando forte Lucy e Levy.
“Mi raccomando Gajeel, vedi di non fare uno dei tuoi soliti casini.”
“Ma sta zitto Cobra. Quando tornerò finiremo lo scontro iniziato a casa tua.”
“Vedo che ti piace prenderle.”, risero prima di salutarsi.
“Un’ultima cosa!” gridò Sorano, quando ormai il gruppo di Bravi era lontano, “Per sbaglio, vi abbiamo sfondato la porta e rotto una finestra!”
“Che cosa!” urlò Lucy, “Come cavolo avete fatto! Avete idea di quanto costino le riparazioni?!”, ma già i Bravi si erano dileguati.
“Dannati delinquenti!” sbraitò Lucy, e la sua furia crebbe, quando giunta davanti a casa poté constatare di persona i danni: la porta era stata scardinata, e giaceva abbandonata nel giardino; la finestra, invece, presentava un gigantesco squarcio ed i vetri erano ammucchiati sul pavimento.
Ciò, che però, lasciò i tre allibiti, fu la presenza di un uomo, vestito come i Bravi, che dormiva a gambe e braccia incrociate, su una sedia.
“Chi cavolo sei tu?” urlò Gajeel, e l’uomo dai lunghi capelli neri e bianchi raccolti in una treccia, si svegliò, guardando i tre sorpreso.
“Salve.” disse semplicemente, prima di rimettersi a dormire.
“Ma quale ‘salve’?! Svegliati rimbambito!” gridò il moro, ormai prossimo a perdere la pazienza.
L’altro aprì gli occhi e guardò i tre, poi si sollevò in piedi e chiese: “Chi di voi è Levy Mondella?”
“Si, va bene lasciamo perdere.” intervenne Lucy, “Abbiamo già parlato con i tuoi compagni, ed hanno deciso di tornare al castello di Don Rodrigo, senza rapire mia figlia. Se ti muovi li raggiungi. Ah, un’ultima cosa, ti saluta Erik.” disse, prima di cacciare fuori di casa, il Bravo.
Quest’ultimo, alzando le spalle, si appoggiò ad un noce vicino casa, e si addormentò nuovamente.
“Eccolo, lo abbiamo trovato!” esclamò Meredy, quando lo vide dormire sotto l’albero, “Ma guarda te, dove era andato a cacciarsi.” si lamentò Sawyer.
“Poche chiacchiere, prendi Macbeth e riportiamolo al castello.”,
“Perché devo fare tutto io?” chiese il biondo, sollevando il compagno ancora addormentato, “Perché è troppo pesante per me.”
Ed i due Bravi, appesantiti dalla presenza del compagno, imboccarono il sentiero diretti verso il luogo dove i loro compagni li aspettavano.


Nota d’autore: finalmente pubblico il capitolo tre! Sono così felice, perché rileggendolo mi sono sentita ancor più fiera di me stessa.
Questo capitolo, non solo tratta uno degli argomenti che più mi è piaciuto del romanzo originale, ovvero il matrimonio a sorpresa. (È stato forse uno dei miei momenti preferiti, immaginarmi Don Abbondio, che si mette a gridare come un pazzo alla finestra, mentre in casa Renzo e Lucia, tentano di celebrare il matrimonio; e dopo il curato è costretto a cacciare in maniera ridicola i paesani che lui stesso ha richiamato. XD) Spero che anche la mia versione vi faccia ridere.
Oltre a questo, non potevo non aggiungere Erik e Kinana, la OTP meritava almeno un po' di spazio, così mi sono arrovellata il cervello per rendere significativa la loro presenza, e sono felice del risultato ottenuto.
La parte finale, invece, mi è venuta in mente all’improvviso, ce lo vedo Macbeth ad addormentarsi in casa Mondella durante la missione, ed i suoi compagni a perderlo di vista.
Grazie a chi leggerà questo capitolo, e spero vi piaccia, ditemi cosa ne pensate.
Il prossimo uscirà domani e tratterà dell’“Addio ai monti”.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** CAPITOLO 4 ***


Terminati i preparativi, i tre sfigati, corsero a perdifiato verso il lago.
“Dobbiamo proprio affittare una barca?” chiese il moro, sentendosi già male al solo pensiero di salire su un mezzo in movimento.
“Come pensi di attraversarlo il lago, a nuoto?”
“Sempre meglio che in barca.”
“Su sbrighiamoci.” disse Levy.
Finalmente arrivarono nei pressi del lago, e optarono per farsi traghettare su una barchetta, poco cara e molto piccola; giusto per evitare di dare nell’occhio.
Levy fissava sconsolata il suo paese natale, cercando di trattenere le lacrime, cominciò a decantare: “Addio monti sorgenti…, addio adorato villaggio, addio libreria vicino casa, addio mia amata collezione di libri; quanto già mi manchi! Oltre tutto questo fine settimana, c’era pure lo sconto sui libri di storia.” pianse.
“Suvvia tesoro, non fare così.” cercò di consolarla Lucy, “Ti sei portata dietro un sacco di libri.” disse indicando l’immenso borsone, che la giovane teneva accanto a sé.
Era talmente pieno, che alcuni volumi fuoriuscivano dal suo interno, e così grande da essere il doppio della ragazza.
“Quella che dovrebbe essere triste sono io.” si lamentò Lucy, “Addio mio adorato paese natale, addio mio bell’orticello rigoglioso, addio Chiesa a cui Natsu ha dato fuoco. E addio a te, mia adorata casetta! Weeeh, non è giusto avevo appena finito di pagare il mutuo, e quei disgraziati me l’hanno pure distrutta!” pianse, mentre la figlia cercava di consolarla.
“E addio…” sentirono mormorare a Gajeel,
“Cosa hai detto Gajeel?” chiese Levy,
“HO DETTO: ADDIO, MIO ADORATO PRANZO!” urlò l’uomo prima di dare di stomaco fuori dalla barca.
“Tsk, che mezza calzetta.” lo derise uno dei barcaioli,
“Già, possibile che si riduca così, solo per un giretto in barca?!” rincarò la dose l’altro.
Ora, fosse stata una situazione normale, Gajeel gli avrebbe volentieri spaccato la faccia, ma visto che stava praticamente vomitando anche l’anima, non poté fare altro, che fissare i due uomini, i quali sentendosi i suoi occhi sulla nuca, si voltarono.
Il moro sgranò gli occhi, riconoscendo in quei due, i volti di Sting e Rogue, i due Draghi Gemelli della gilda di Saberthooth. I due fissavano il moro, con un sorriso di superiorità, ma esso era messo in ridicolo dalle numerose gocce di sudore, che gli coprivano il viso, e dal pallore della loro pelle.
All’ennesima oscillazione, Gajeel gettò nuovamente la testa fuori dall’imbarcazione, ed i due, non riuscendo più a trattenersi, lasciarono i remi e presero ad imitarlo.
“E voi due, osate pure prendermi in girò!” urlò il moro, quando i conati di vomito si fermarono.
“Si, scusaci, hai ragione.” disse Sting,
“E’ così imbarazzante per un barcaiolo, soffrire il mal di mare.” disse Rogue.
Il tragitto prosegui senza intoppi, se non si considera il fatto che i tre uomini rischiarono di dare di stomaco, ogni secondo.
Erano ormai arrivati a metà del loro tragitto, quando sentirono una voce che li chiamava: “EHI, VOI SULLA BARCA, FERMATEVI UN’ATTIMO!”
“Oh, mio Dio!” esclamò Levy preoccupata, “Che sia un altro tizio al servizio di Don Rodrigo?”
Trepidanti attesero, che l’uomo sull’altra barca li raggiungesse, e tirarono un sospiro di sollievo, quando riconobbero Fra Cristoforo.
“Frate!” esclamò Lucy felice, “Cosa ci fa qui?” chiese Levy.
“Poche chiacchere. Ho saputo da Gerard, che Don Rodrigo, lì ha mandati a rapirti.”
“Si, è vero.”
“M-ma t-tu, n-non a-avevi d-detto, c-che s-saresti andato a p-parlarci?” chiese Gajeel moribondo.
“Purtroppo, non ce l’ho fatta. Sono riuscito ora a sbarazzarmi di Juvia.”
Dannata donna della pioggia!” pensò Gajeel.
“Comunque, appena ho sentito del tentato rapimento e della vostra fuga, ho preso una barca e mi sono diretto qui.” continuò il frate, “Sono certo che non abbiate idea di dove andare. Correggetemi se sbaglio.”
“No, ha ragione frate.” disse Lucy, “Nessuno di noi tre ha mai lasciato il villaggio. E non sappiamo dove nasconderci da Don Rodrigo.”
“Lo sapevo, ma state tranquilli, ci sono io!” disse orgoglioso il frate, gonfiando il petto e sollevandosi in piedi, senza rendersi conto di aver nuovamente perso la tunica.
“F-Frate i suoi vestiti.”
“Lascia stare i miei vestiti per il momento, e prendete queste.” disse porgendo una lettera a Levy ed una a Gajeel.
“C-Cosa s-sono?”
“Sono lettere zoticone, cos’è non ci vedi.”
“So benissimo cosa sono! Voglio sapere cosa c’è scritto!”
“Sono lettere, che dovrete consegnare ad i frati e alle monache, che vi ospiteranno nei conventi da me assegnativi. Tu Levy, ti recherai a Monza, là nel convento vive una monaca dalla forza leggendaria, che ti proteggerà. Tu, invece, zotico ti recherai a Milano, lì c’è un convento formato da miei amici frati.”
“Perché dobbiamo separarci, frate?” chiese Levy, già tristissima al pensiero di dover lasciare il suo fidanzato.
“E’ per il vostro bene. Se vi dividete in due gruppi, Don Rodrigo faticherà molto di più a trovarvi.”
“Ma che stupidaggine è questa.” proruppe Gajeel, “E’ molto più sicuro se rimaniamo uniti. Io basto ed avanzo per proteggere Levy e la biondina.”
“Senti, non rompere le scatole. La trama di questo cavolo di libro non l’ho scritta io! Però, dice chiaramente che a questo punto voi due dovete separarvi, quindi zitto e attieniti al copione.”
“Tsk, e va bene.”
Calmati gli animi, il buon frate, era pronto a tornare a riva, ma dal lago si levò una voce: “GRAY-SAMA!”, e tutti voltandosi in dietro videro Juvia, che nuotava più veloce di un motoscafo e stava guadagnando terreno.
Terrorizzato oltre l’inverosimile, da quella vista, che gli ricordava le leggende sul mostro del lago, Gray prese mano ai remi, e partì a tutta carica. Cominciando a fendere le onde, mentre la donna gli nuotava dietro.
Quando il gruppo di Gajeel giunse sull’altra sponda, quei due erano ancora lì, ed avevano percorso il lago almeno un centinaio di volte.
“BUONA FORTUNA!” gridò Fra Cristoforo, mentre tentava per l’ennesima volta di distanziare l’inseguitrice.
“Poveretto, che vita difficile.” disse Lucy,
“Gli sta bene.” fu la secca risposta di Gajeel.


Nota d’autore: eccoci al quarto capitolo! Che sorpresa delle sorprese è ancor più corto di quel che ricordavo. Beh, non posso farci niente, questa parte della storia, con tutta la sua descrizione barbosa e prolissa, non sono mai riuscita a sopportarla. E non capisco come si possa definirla una delle parti più belle dell’opera.
Io personalmente, quando l’ho studiata ho faticato molto a non addormentarmi.
Forse è per questo, che ho deciso di riscriverla, in forma umoristica, giusto per alleggerire un po' l’addio dei personaggi al loro paese natale.
Infondo, questa è una parte importante, da qui il gruppo si separerà e vedremo nuovi personaggi come la Monaca di Monza o l’Innominato.
Non vedo l’ora di arrivare a caricare quella parte. Per adesso, però, vi lascio godere questo.
Grazie a chiunque leggerà e fatemi sapere cosa ne pensate.
Domani uscirà il quinto capitolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** CAPITOLO 5 ***


“Ti prego Gajeel fa attenzione.” gli disse Levy abbracciandolo.
“E mi raccomando, sta lontano dai guai.” lo ammonì Lucy.
“Ghjijiji. Tranquille me la caverò.”
“Devo confessarti che ho paura di separarmi da te.” bisbigliò Levy, stringendosi più forte al suo petto.
“Ma via, piccoletta. Di cosa devi avere paura. Passerai del tempo in mezzo ad un mucchio di donne, e ti divertirai così tanto a spettegolare, che non ti accorgerai nemmeno del tempo che passa.”
“Guarda che le donne non passano tutte le loro giornate, solo a chiacchierare.”
“Hai ragione, tu passeresti tutto il giorno incollata ad un libro.” rise il moro.
Anche Levy si abbandonò ad un sorriso, e abbracciato un’ultima volta, si separò dal ragazzo, accompagnata da Lucy, diretta al convento di Monza.
Gajeel, invece, ne approfittò per dirigersi a Milano, ovviamente a piedi, non sarebbe salito su una carrozza, neanche sotto tortura.
Così, dopo cinque giorni di cammino, giunse nella grande città.
Appena messo piede in centro, però, lo trovò completamente deserto.
Cominciò ad osservarsi intorno alla ricerca di un qualunque segno di vita, quando superato il centro, si ritrovò davanti una folla inferocita, che senza badare gli andò contro, rischiando di calpestarlo.
“Cosa siete pazzi, in questa città?!” gridò cercando di non farsi calpestare.
Quando la marmaglia fu sparita, l’uomo si sollevò dolorante in piedi. Doveva riconoscere, che farsi usare come zerbino, faceva proprio male. Stava per correre dietro ai pazzi, giusto per ripagarli con la stessa medicina, quando qualcuno lo urtò.
Il tizio, sembrava intenzionato a raggiungere i suoi compagni, ma Gajeel lo afferrò per la maglietta e se lo trascinò davanti.
“Ehi tu, lasciami andare!” gridò l’uomo, ma si bloccò nel momento in cui vide la faccia imbufalita del moro.
Chi cavolo è questo tizio?” si chiese, dimenandosi nel vano tentativo di liberarsi.
“Tu sei con quel gruppo di esaltati, che prima mi ha calpestato?” chiese il moro.
“IIIIHHH! N-No, no, io non c’entro niente! Te lo giuro!”
“E allora perché correvi da questa parte?”
La domanda fece sparire la paura dal suo volto, e subito un fremito di rabbia lo scosse.
“Perché in questa città si muore di fame! E proprio oggi hanno alzato il prezzo del pane, e pure del ferro! Quindi ci siamo armati pronti a combattere contro la tirannia di quei buzzurri dei nobili!” e quasi urlò l’ultima esclamazione.
Gajeel lo fissò rintontito da tutte quelle parole, poi il suo cervello si fermò su una parte della conversazione, e il suo animo si infiammò: “Quindi, non solo quei bastardi dei nobili impediscono il mio matrimonio, ma si permettono di vendere il ferro ad un prezzo esorbitante! Questa, giuro che gliela faccio pagare!”
“Grande, quindi sei dalla nostra parte! Forza andiamo a dare fuoco alla casa del Viceré.” disse il ragazzo, indicando un edificio lontano.
“Fuoco? Ho un’idea migliore… Ghjijiji!” disse Gajeel, prima di partire e giungere all’abitazione a capo della folla di rivoltosi.
Fu così, che la sera dopo, tra le varie notizie, dell’assalto ai forni di Milano, non mancò quella secondo cui la casa del Viceré fosse stata ricoperta da palizzate di ferro, e che il colpevole, un tale Gajeel Tramaglino, aveva lasciato la città inseguito dalle autorità.
Quando la notizia dell’attacco al Viceré raggiunse le due fanciulle, ancor prima di conoscere il colpevole, Levy e Lucy, si fecero scappare un pensiero: “E meno male, che aveva promesso di stare lontano dai guai.”
Gajeel rimase in fuga per giorni, nonostante la polizia cercasse sempre di acciuffarlo, lui era sempre più lontano, e durante la sua fuga giunse nei pressi dell’Adda.
Qui incontrò un forzuto barcaiolo: “Ehi tu! Non è da veri uomini, non attraversare il fiume sulla mia barca.” lo incitò l’uomo, vedendo l’esitazione del moro a salire.
Alla fine, Gajeel, si fece coraggio e affrontando la chinetosi, riuscì ad arrivare sull’altra sponda. I poliziotti, però, per nulla intenzionati ad arrendersi, presero a distribuire per tutto il Paese, manifesti con taglie segnaletiche, e Gajeel fu costretto a scappare per tutta l’Italia, pur di non farsi catturare.
“Lasciamo perdere. Io mi arrendo.” disse l’ufficiale Dorambalt, dopo l’ennesimo tentativo.
“Cosa stai dicendo?!” lo rimproverò Lahar, “Stiamo parlando di lasciar libero, il nemico pubblico numero uno di tutta l’Italia! Non possiamo sospendere le ricerche!”
“Senti Lahar, è da quasi un anno che inseguiamo questo tizio. Io sono stufo, non riusciremo mai ad acciuffarlo. Ho deciso: torno a Milano, racimolo un bel gruzzoletto, e me la do a gambe, prima che arrivi la peste.”
“Ehi, non spoilerare la trama ai lettori!”
“Ah… ops, scusate. Fate finta non abbia detto nulla.”
“Uff, però hai ragione, questo inseguimento è andato per le lunghe. Ed anche io mi sono stufato. Basta, mi licenzio!”
“Bravo, così mi piaci.”
“Bravi? Dove sono?”
“No, intendevo… ehm, lascia perdere, andiamocene.”
Fu così che i poliziotti smisero di dare la caccia a Gajeel, e finalmente il moro poté tirare un sospiro di sollievo, raggiungendo una città, Bergamo, dove si mise a lavorare, come fabbro.
 
 
Qualche mese prima, invece, Levy e Lucy, giungevano al monastero di Monza.
Subito furono accolte, e portate al cospetto della Monaca di Monza, una donna che di monaca, aveva solo il titolo.
La donna, infatti, nonostante fosse costretta a vivere in una gabbia, - che le avevano costruito a causa di tutti i suoi tentativi di fuga-, non indossava il velo o la tonaca, ma un vestitino succinto, che le metteva in risalto tutte le curve.
I lunghi capelli rossi, erano lasciati liberi al vento, e nella parete dietro la sua stanza erano attaccate, una marea di armi: dalle spade, ai coltelli, alle balestre. Oltre a ciò, c’era un armadio in legno, con l’anta aperta che mostrava un’infinità di vestiti, c’era pure un’armatura da cavaliere.
E questa sarebbe una monaca? Sembra più una scostumata ed una maniaca delle armi.” fu il pensiero di Levy, e di sua madre.
“Avvicinatevi.” disse la monaca, che proprio in quel momento era intenta ad azzannare una coscia di tacchino.
“Vi prego, ditemi qual è il problema che vi affligge.”
“Vede signora monaca…” cominciò Levy,
“Non chiamarmi a quel modo.” la interruppe la rossa, “E’ troppo formale, chiamami pure Elsa.”
“O-ok, allora Elsa la monaca, deve sapere, che noi siamo state mandate qui, da Fra Cristoforo.”
“Oh, da Gray! Come sta? Ha ancora la mania di spogliarsi?”
“S-si.” intervenne Lucy.
“Bene, la prossima volta che lo vedo, gliele suono.” disse la monaca lasciando le due senza parole.
“Eh?” si fece coraggio Lucy,
“Ho detto che la prossima volta, che incontro Gray, gliele darò di santa ragione. Non avete idea di quante volte gli ho detto di perdere quella brutta abitudine.
Lasciamo stare adesso, continua pure cara.” disse riportando la sua attenzione su Levy.
“V-va bene. Dicevo, che io e mia madre siamo state costrette a fuggire dal nostro paese perché un nobile ha tentato di rapirmi, per impedire il mio matrimonio con il mio futuro sposo.”
“COME OSA!” tuonò la monaca, mentre il suo volto diventava quello di un mostro assetato di sangue: “Quel bastardo! Impedire il matrimonio, tra due giovani innamorati, è imperdonabile! Ora evado da questa cella, e corro ad infilzarlo con la spada! Lo ridurrò ad un colabrodo!”
“M-ma signora m-monaca! L-lei non può, va contro i suoi principi.” balbettò Lucy, rimanendo però a distanza, terrorizzata dallo sguardo della monaca.
“Sing… è vero, dannato voto.” si lamentò la donna, “Pensate, che io nemmeno volevo diventare monaca, è stato mio padre a costringermi!”
“Come? L’ha costretta suo padre?” chiese Levy, impietosita.
“Si. Lasciate che vi racconti la mia storia.”
 
Un tempo, durante il periodo della mia giovinezza, quando ancora ero considerata una donna di stampo nobile, vivevo in un bel castello.
Essendo una delle ultime genite, come era tradizione, io sarei dovuta diventare badessa, mentre i miei fratelli- escluso il primo genito, accidenti alla sua fortuna- sarebbero dovuti diventare cardinali.
Ora dovete sapere, che io non volevo affatto diventare una monaca, segretamente sognavo di diventare un giorno un’avventuriera, e di viaggiare per lungo ed in largo, combattendo contro mostri e nemici potenti.
Purtroppo, mio padre non era dello stesso avviso, e così decise di chiudermi in camera ed impedire ad i miei familiari di rivolgermi la parola.
Alla fine, stanca di quella situazione cedetti, e chiesi a mio padre un incontro.
Lui accettò, pensando che mi fossi finalmente rassegnata, io invece, quando giunse nella mia stanza, gli parlai del mio sogno, ma lui non volle sentir ragioni.
Allora feci quello che ogni buona ragazza e figlia farebbe, afferrai una statuetta in pietra e la spaccai sulla testa di quel vecchio bacucco. Poi, raccolte provviste me la diedi a gambe.
La fortuna, però, non fu dalla mia parte, e mio padre sopravvissuto al colpo, - aveva la testaccia dura-, dopo essere guarito dalla commozione cerebrale, mi diede la caccia, e una volta catturata mi chiuse qui in questo convento, dove mi ha abbandonato a me stessa.
“Da allora tento in tutti i modi la fuga, ma ancora oggi sono bloccata qui. Sapete, fuori da queste mura, c’è un bel ragazzo, che mi aspetta ed io non vedo l’ora di poterlo rivedere.” terminò il suo racconto, sotto gli sguardi sorpresi ed un po' divertiti delle ascoltatrici.
“Ora capisco perché tu e Fra Cristoforo andate d’accordo.” disse Lucy.
“Levy, non preoccuparti, ti proteggerò io da questo malvivente!” disse Elsa, alzando il pollice.
“Grazie mille, mi sento già più sicura.”
“Ora toglimi una curiosità: in quel borsone che ti sei portata dietro, ci sono solo libri?”
“Eh… ah, sì. C’è una parte della mia collezione, che sono riuscita a portarmi dietro.”
“Grandioso, io adoro i libri. I miei preferiti, però sono i libri un po' ‘spinti’. Ne hai qualcuno?”
“Cavoli, sei proprio una pervertita.” si lasciò sfuggire Lucy, e subito la monaca le piantò la testa nel muro.
“M-Mamma.” esclamò Levy, terrorizzata alla vista della madre, con la testa spiaccicata contro la parete, da cui stava colando sangue.
Ma chi è questo mostro di monaca.” pensò.
Quando Agnese si fu ripresa dalla botta, le due uscirono subito dalla stanza, mentre Elsa era impegnata a leggere uno dei libri, che la turchina le offrì.
“Quella tizia è spaventosa.” disse Levy,
“Si, ma se rimarremo qui, nessuno oserà tentare di farci del male. Voglio proprio vedere come farà Don Rodrigo a superare la Monaca.” disse Lucy speranzosa.
“Ti va di andare ad esplorare questo posto?”
“Sì, così magari incontriamo, qualche monaca simpatica.” disse felice la bionda, incamminandosi lungo un vasto corridoio.
Giunte davanti ad una fila di porte presero ad aprirne una dietro l’altra, ritrovandosi davanti le monache più insolite, che si potessero vedere.
Nella prima porta incontrarono una monaca dai lunghi capelli verdi, che, come passatempo, si divertiva a sparare proiettili ad un manichino, appeso al muro della sua stanza.
Nella seconda, si trovarono davanti una monaca vestita da cameriera, che porse una frusta a Lucy, chiedendole di punirla. La poveretta, per nulla abituata a tali pratiche, richiuse subito la porta.
Nella terza stanza, comparve una monaca vestita da pecorella, con sopra la testa due corna.
In quella successiva, una monaca, con una strana coda da pesce tentò di annegare le due, perché erano entrate nella sua stanza senza permesso, e perché solo la vista del volto di Lucy, la mandava in bestia.
Poi incontrarono una monaca, molto piccola e carina, che teneva nella sua stanza una gattina tutta bianca, ed era l’unica ad essere vestita come una donna del suo rango sociale. Anche se era ancora una bambina, le due convennero, che era più matura e mentalmente sensata di tutte le altre.
Infine, arrivarono davanti ad una grande stanza, sulla cui porta c’era scritto: “PERDETE OGNI SPERANZA VOI CHE ENT… (No, storia sbagliata, volevo dire) VIETATO L’INGRESSO A CHIUNQUE ABBIA CON SÉ DELL’ALCOL.”
“Che cosa significa? Chi potrebbe mai portare dell’alcol qui dentro?” si chiese Lucy.
“Considerando le persone che abitano questo luogo, non lo darei così per scontato.” disse Levy, con una gocciolina in testa.
Messa una mano sulla maniglia, Lucy aprì piano piano la porta, ritenendosi mentalmente pronta ad affrontare tutto ciò, che l’attendeva dall’altra parte.
Così, però, non fu!
Le due, infatti, si ritrovarono in una stanza con al centro una donna dai lunghi capelli marroni, in reggiseno, circondata da bottiglie vuote, e con un barile più grande di lei, davanti alla bocca.
L’ultima monaca, smise di scolarsi la birra, e sorrise alle due popolane, che la guardavano a bocca aperta.
“Salve, se non sbaglio voi due dovreste essere quelle due popolane, fuggite qui per chiedere protezione ad Elsa.”
E le due ebbero solo la forza di ammiccare con la testa, troppo prese a fissare quella figura e quel barile.
“Beh, allora benvenute. Gradite farvi un goccetto?”
“Ehm, mia figlia è minorenne, non può bere.”
“Sciocchezze, non si è mai troppo piccole, per farsi un goccetto.”
Ed afferrata Levy per un braccio, le mise una bottiglia in bocca, e la costrinse a scolarsela, finché la turchina, non divenne paonazza e prese a ridere.
“Ma sei fuori di testa! Come hai potuto far ubriacare mia figlia!”
“Rilassati, ce n’è per tutti.” disse la monaca, e mise un’altra bottiglia nella bocca di Agnese.
Il risultato fu, che i canti e le risate delle tre furono udite in tutto il monastero.
“Cana è sempre la solita.” bofonchiò Elsa, prima di tornare al suo libro.

Nota d’autore: eccoci giunti al quinto capitolo! Gajeel ha avuto una tipica accoglienza alla milanese, e sono certa gli sia bastata. Per un po' non lo vedremo, dovremmo concentrarci su Levy e Lucy impegnate al convento.
Quelle due avranno un bel po' da fare per riuscire a sopportare tutte quelle monache pazze e squinternate. Soprattutto Elsa la Monaca di Monza, che con il suo pugno di ferro comanda a mo di dittatore tutto il convento, o almeno ci prova. Come si è visto le monache fanno un po' tutto quello che gli pare.
Per il resto non c’è nulla da dire, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.
Domani uscirà il sesto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** CAPITOLO 6 ***


I giorni passavano, ed al paesello la notizia della fuga delle due Mondella, nonché delle azioni compiute da Gajeel a Milano, ormai viaggiavano per il villaggio.
Giunsero così, anche alle orecchie di Don Rodrigo.
“MEEN! Dannazione! Quella dolce fanciulla è fuggita! E quel delinquente del suo fidanzato continua a combinare guai per tutta l’Italia! Uno così è impossibile da fermare perfino per me.” cominciò a disperarsi il nobile.
“Oltre tutto non ho idea di come poter rapire nuovamente Levy. Ora che è sotto la protezione della Monaca, è praticamente impossibile per me raggiungerla!”
“Suvvia padrone, perché se la prende tanto?” chiese Sorano,
“Infatti, sa quante altre donne può rapire.” cercò di consolarlo Sawyer.
“L’amore non si può comprare, sono certo che un giorno troverà una bella ragazza disposta a sposarlo.”
“E’ più facile trovare uno stormo di asini volanti, che una moglie al padrone.” si fece sfuggire Meredy.
“Smettetela di prendermi in giro!” urlò il tappetto offeso.
“Se voi non aveste fallito la missione, a quest’ora la ragazza sarebbe già qui. Ed io avrei vinto la mia scommessa con i miei amici. Se non riesco a vincerla, diventerò lo zimbello di tutto il rango nobiliare.”
“Non lo è già?” chiese Macbeth, prima di cadere nuovamente addormentato.
“Oltre tutto, è anche un bifolco a scommettere su certe cose.” disse l’albina, “Ed anche un pervertito.” rincarò la dose Meredy.
“Non si dovrebbe scommettere sull’amore, è da delinquenti.”
“Smettetela subito di insultarmi, Men. Sono io che vi mantengo, e pretendo rispetto!”
“Non ci chieda l’impossibile capo.” disse Sawyer, e tutti gli altri si misero a ridere.
Stufo di essere deriso dai suoi stessi servitori, l’uomo li cacciò malamente e fece giungere al suo cospetto il Griso.
“Griso, i tuoi colleghi sono dei veri maleducati! Non la smettevano più di insultarmi.”
“Li scusi capo, sono indisciplinati, in quest’ultimo periodo.”
“Ma se mi trattano così, da quando li ho assunti.”
“È stato un ultimo periodo davvero molto lungo. Parlando d’altro, a cosa devo l’onore di questa udienza?”
“Beh, vedi mio caro Griso, ricordi che ti avevo promesso un appuntamento con quella ragazza che ti piace tanto?”
“Si, ricordo che me lo aveva promesso, ma io ho fallito la missione.”
“Bene, visto che ho pagato i tuoi compagni, ho deciso di permetterti di recarti a Monza ad incontrare la fanciulla.”
“Dice d’avvero!”
“Certo. Purché tu la conduca fuori dal monastero, per un certo periodo di tempo.”
“Sarà fatto, mio signore.”
“Un’ultima cosa.” disse bloccando il Bravo sulla porta.
“Quando l’avrai rivista, mandagli questo da parte mia.” e schioccò un bacio, che si disperse nell’aria, mentre il volto del Bravo diventava dello stesso colore dei suoi capelli.
Disgustato, Gerard, tentò in tutti i modi di togliersi dalla testa quell’ordine, allietando la mente con il ricordo di Elsa.
“Bene e adesso, che la monaca è fuori dai piedi, non mi resta che mandare un telegramma al mio amico.” disse Don Rodrigo, sfregandosi le mani.
“Sawyer, vieni subito qui!” e come un razzo, il biondo comparve sulla porta.
“Mi ha chiamato?”
“Si, voglio che ti rechi subito al castello del mio caro amico l’Innominato, e gli consegni questa lettera.”
“Corro e torno in un secondo.” e partì a tutta carica verso il maniero.
 
Ignare del piano di Ichiya, Levy e Lucy, passavano le loro giornate all’interno del monastero. Quello che all’inizio gli era apparso come l’ingresso per l’Inferno, si rivelò, invece, un luogo bellissimo.
Le due, infatti, sotto costrizione di Elsa presero parte a tutte le attività del tempio, così facendo impararono a sparare da monaca Viska, appresero l’arte della frusta da monaca Virgo, si divertirono a saltare sul letto di cotone di monaca Aries, cercarono di non farsi annegare da monaca Aquarius.
Passarono del tempo, con la piccola monaca Wendy, apprendendo le vere usanze di una religiosa, e si ubriacarono, quasi tutte le sere con monaca Cana.
Insomma, un vero e proprio ritiro spirituale, degno dei migliori conventi cristiani!
Eppure, nonostante tutto, Levy percepiva insopportabile la lontananza con Gajeel, e continuava a pregare e sperare, che il ragazzo fosse al sicuro.
Ne parlò perfino, ad uno dei pigiama party, indetto da Elsa, che subito tentò di consolarla: “Tranquilla Levy, da quel che ho potuto sentire, il tuo fidanzato è molto forte, oltre che stupido e un po' suonato; sicuramente si sarà messo in salvo ed attenderà impaziente il vostro incontro.”
“Adesso, però, basta con questi discorsi. Facciamo il gioco della Badessa!”
“Gioco della Badessa?” chiese Lucy, vedendo che le altre monache si facevano indietro.
“Si, è un gioco molto divertente. Si mettono dei bastoncini, con incisi dei numeri, in un contenitore, ed ognuna ne prende uno, stando ben attenta a non farselo vedere. Su uno dei bastoncini, ci attacchiamo il disegno di una monaca, ad indicare la Badessa.
Chiunque ottenga quel bastoncino, dice ad alta voce due numeri, e coloro che sono state chiamate devono obbedire agli ordini, senza protestare.”
“Sembra divertente.” disse Lucy, ma lo sguardo impaurito delle altre gli fece sorgere dei dubbi.
Il gioco fu subito pronto, ed avvenute le estrazioni, Elsa tutta contenta, - forse anche a causa delle cinque bottiglie, che si era scolata-, gridò: “Sono io la Badessa!”
A quelle parole la stanza si fece carica di tenzione ed i sorrisi scomparvero dai volti di tutte.
“Bene, il mio primo ordine è questo: il numero 3 ed 7 si diano un bacio in bocca.” disse, mentre le due popolane sgranavano gli occhi.
“È inaudito!” gridò Lucy, “Io e mia figlia ci rifiutiamo di fare certe cose!”, ma fu nuovamente spiaccicata, con la testa contro la parete.
Il gioco infernale inventato da Elsa, prosegui per ore, mentre le sfide si facevano sempre più imbarazzanti. Alla fine, tutte le ragazze erano riverse, completamente nude, sul pavimento, distrutte dalle ore di gioco.
 
Trascorse quindi, un’altra settimana, ed il piano di Don Rodrigo fu messo in atto, un pomeriggio, mentre tutte le monache sonnecchiavano.
Elsa, annoiata nella sua gabbia, fissava distrattamente il cielo, sospirando rumorosamente.
“Disturbo?” chiese una voce, a lei fin troppo familiare. Ed abbassata la testa si ritrovò davanti il volto di Gerard il Griso, che le sorrideva innamorato.
“Gerard!” esclamò al colmo della gioia la rossa.
“Ciao Elsa, sono passato a farti un salutino.” disse il ragazzo, afferrando la mano, che la donna gli aveva posto oltrepassando le sbarre.
“Quanto ci hai messo!” rispose lei, leggermente contrariata,
“Perdonami, ma il mio padrone, non mi ha permesso di venire prima.”
“Quel bastardo di Ichiya, solo guardarlo mi mette a disagio.”
“Capisco, mi fa lo stesso effetto.” rispose l’uomo, mentre l’ultimo colloquio con il padrone gli passava davanti al volto.
“Pensiamo alle cose importanti.” proseguì il Bravo scuotendo la testa per riprendersi, “Non sono venuto qui solo per salutarti…”
“Ci mancherebbe, che sei venuto qui solo per quello.” disse Elsa, infastidita.
“Si, infatti, sono venuto qui, per chiederti di scappare via con me. Mi sono licenziato e so che hai fatto il voto, e sei una monaca quindi questo genere di rapporto è definito delittuoso. Ma io ti amo Elsa, e voglio trascorrere la mia vita con te! Che cosa ne dici?” chiese il Griso, già tutto sudato per l’agitazione e l’imbarazzo.
“Dico… PERCHE’ CAVOLO ME LO CHIEDI SOLO ADESSO! SONO ANNI CHE ASPETTO QUESTA PROPOSTA! ACCETTO, SCAPPIAMO INSIEME VIA DI QUI!” e subito scomparve dietro la grata, sotto lo sguardo estasiato e curioso di Gerard.
Senza perdere tempo, Elsa la monaca, afferrò una vanga, che teneva nascosta sotto al letto, e prese a scavare, e a scavare, e a scavare; fin quando il Griso non avvertì la terra muoversi sotto i suoi piedi, e scansatosi, vide la ragazza fuoriuscire dalla buca.
Subito se la caricò in braccio ed i due scapparono in mezzo alla foresta, lasciandosi per sempre, il convento, alle spalle.
Nella foga della corsa non notarono tre figure nascoste all’ombra di un albero.
“E questa è fatta.”
“Adesso che ci siamo liberati della monaca, sarà una passeggiata compiere la missione.”
“Forza, andiamo a rapire Levy Montella, per sua eccellenza, il nostro signore l’Innominato.” e si diressero verso il monastero.
 
Proprio in quel momento, la turchina stava tranquillamente sdraiata sul proprio letto, a divorare l’ultimo volume della sua serie fantasy preferita, quando i tre sfondarono la porta e gli si pararono davanti.
“Chi siete!” urlò Levy, ai due uomini e alla donna, che subito si richiuse la porta alle spalle.
“Noi siamo i Bravi di sua eccellenza l’Innominato.” disse il capo dei tre, ovvero un ragazzo piuttosto giovane dai lunghi capelli verdi.
“E siamo qui per rapirti.” disse l’altro ragazzo, il cui volto era coperto da un elmetto, “Quindi non opporre resistenza e seguici.”, continuò, tirando fuori la lingua.
“Bravi?! Come avete fatto ad entrare? E dove sono le monache?”
“Abbiamo disattivato l’allarme, e per quanto riguarda le monache sono tutte ubriache distese sul proprio letto.”
Dannata monaca Cana.” pensò Levy.
“Perché i Bravi dell’Innominato vogliono rapirmi?” chiese Levy, “E’ stata una richiesta fatta da Don Rodrigo, al nostro signore.”
“Che cosa, di nuovo quel viscido pervertito?!”
“Eh già, proprio lui.” rispose il Bravo Bixlow,
“Noi vorremmo evitare scontri inutili. Quindi seguici senza fare storie.” disse il Bravo Freed.
“Ma voi sapete da chi volete portarmi?”
“Purtroppo si, e vorremmo evitarlo.” disse la Brava Evergreen.
“Sappiamo benissimo, che quel vecchio è un pervertito. E ci piange il cuore a doverti consegnare a lui.”
“Ora basta.” li rimproverò il loro capo, “Il nostro signore ci ha dato un ordine, e noi lo porteremo a termine. Mi rifiuto di deluderlo!”
Detto questo, misero Levy in un sacco, e fuggirono dalla stanza, mentre Lucy attirata dal fracasso, che uno di loro aveva fatto buttando in terra un vaso, diede l’allarme.
I tre, però, erano già lontani, e le monache armate di tutto punto non riuscirono ad acciuffarli.


Nota d’autore: siamo giunti al capitolo sei!
E tra l’evasione di Elsa, i giochi assurdi e perversi delle monache, ed il rapimento di Levy da parte dei Bravi; si può dire che è risultato piuttosto folle.
Il gioco della Badessa, come penso avrà notato chi ha letto o visto lo special di Natale, è ispirato al gioco del Master. Come nell’originale, Elsa governa indiscussa la partita, e tutte le altre sono costrette ad obbedire.
Don Rodrigo, intanto è entrato in azione, e Levy è stata rapita. Purtroppo, le monache non hanno saputo assolvere al proprio compito, e la poveretta si ritroverà in una brutta situazione.
Parlando, invece, dell’Innominato, mi sembra ormai ovvio chi sia…
Alla fine, gli unici che in questo capitolo sono stati veramente felici, sono il Griso e la Monaca, che finalmente potranno vivere la loro vita e consumare il proprio amore.
Domani uscirà il settimo, e vedremo sua “eccellenza” l’Innominato.
Spero il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia fatto ridere.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** CAPITOLO 7 ***


Nel tardo pomeriggio, i tre Bravi giunsero ai piedi dell’alta collina, dove risiedeva la dimora del loro padrone.
Senza perdere tempo, corsero verso il castello, ma non avevano considerato la pendenza dell’altopiano, e la Brava Evergreen, si rese ben presto conto, che correre lungo una sommità rocciosa, munita di tacchi alti, non era proprio ottimale.
Giunsero, però, alla loro meta, - certo dopo aver perso i sensi un paio di volte a causa della mancanza d’aria, ed aver rischiato di rompersi le caviglie-.
“L-la prossima v-volta prendiamo la carrozza.” disse la donna massaggiandosi i piedi.
“D-di c-cosa t-ti lamenti. S-siamo noi c-che dobbiamo p-portare il sacco.”
“Siamo in ritardo, sua eccellenza ne sarà contrariato.” disse Freed, appuntandosi qualcosa su un taccuino.
“Cosa scrivi?”
“Un promemoria: da domani ci iscriviamo in palestra.”
“Buona idea.”
Entrando nel lugubre castello si diressero verso la sala principale.
Giunti qui, si inginocchiarono davanti ad un trono, ed aprendo il sacco, fecero uscire Levy, alla quale erano state legate braccia e gambe.
La giovane, aperti gli occhi prese a guardarsi intorno, e l’atmosfera lugubre, che quel luogo emanava, le fece venire i brividi.
L’immenso luogo, infatti, era molto tetro poiché le tende coprivano le finestre, le pareti rovinate dall’umidità, donavano a quella stanza un che di spettrale, cancellando l’antico splendore, che forse un tempo, quel castello aveva avuto.
Ciò, che però, fece gelare il sangue alla ragazza, fu la figura nascosta in penombra, che la scrutava da sopra il suo trono.
Appena lo vide, la ragazza, subito lo identificò come il padrone del castello, quell’uomo così malvagio, pericoloso e spaventoso, che la gente del posto, per la paura, non osava nemmeno pronunciare il suo nome.
Impietrita solo dalla sua ombra, si fece indietro, ma uno dei Bravi la trattenne per un braccio.
“Capo.” cominciò Freed, “Ecco a lei Levy Mondella.”
“Siete in ritardo.” parlò l’ombra, con voce roca e minacciosa, al punto che anche i suoi Bravi presero a tremare.
“C-Ci perdoni, abbiamo impiegato più tempo del previsto.” cercò di giustificarsi Evergreen.
“Questo non vi giustifica.” rispose l’uomo, assottigliando gli occhi.
“Ha ragione capo!” proruppe Freed, sollevandosi in piedi, mentre estraeva il suo fioretto. “Come comandante della missione, richiedo l’omicidio collettivo della squadra!”
“MA ANCHE NO!”
“RAZZA DI PAZZO, COSA TI PASSA PER LA TESTA!”
Gridarono spaventati e furiosi gli altri due.
“Silenzio, abbiamo deluso il nostro signore! Se non ne avete il coraggio, lo farò io!” e si portò la spada davanti al petto.
“LUXUS, PERDONAMI!”
“Zitto! Non chiamare per nome il padrone!” lo rimproverò Bixlow.
“Ops… VEDETE CHE DEVO SUICIDARMI! NON AVEVO ALCUN DIRITTO DI NOMINARE IL NOME DEL PADRONE INVANO! BASTA, ADDIO MONDO!”
Ma subito gli altri due gli furono addosso, e disarmato presero a pestarlo di botte, per poi legarlo ad una colonna.
“Quando ti saranno passate certe idee, ti libereremo.” disse la Brava, ignorando i lamenti del compagno.
“Perché sono circondato da deficienti.” proruppe l’innominato, battendosi una mano sulla fronte.
E finalmente, grazie all’unico spiraglio di luce, filtrato dalle finestre, Levy poté distinguerne i lineamenti: si trattava di un uomo, piuttosto giovane. La ragazza si sorprese di quanto le storie narrate lo descrivessero molto più vecchio, di come era in realtà. Era anche vero, che chiunque lo avesse visto dal vivo non era mai sopravvissuto per raccontare qualcosa.
L’Innominato, il cui vero nome era Luxus, teneva i capelli biondi spettinati e ritti sulla testa, il suo volto era caratterizzato da una cicatrice a forma di fulmine, che gli attraversava l’occhio destro, il mento era spigoloso, ed il suo volto trascurato e sporco incuteva un certo timore, anche se Levy doveva riconoscere, che era un bell’uomo. La sua corporatura era alta e massiccia, al punto che tali dettagli erano visibili, anche se l’uomo stava seduto.
Quando si sollevò incamminandosi verso di lei, la turchina tremò alla vista di quell’energumeno, alto come una montagna, che la squadrava con i suoi grandi occhi color ambra.
“Freed!” tuonò ed il Bravo smise di dimenarsi ed urlare, “Piantala con tutto questo chiasso, non puoi ancora morire, gente come te mi è molto utile.”
L’altro liberandosi, come per magia, dalle corde, si sollevò in piedi e disse con le lacrime agli occhi: “Come desideri padrone! Giuro di morire il più vecchio possibile!”
“Ora basta con queste stupidaggini, prendete la ragazzina e chiudetela nella prigione.” disse indicando Levy, che tremava come una foglia.
“Subito.” disse Freed, afferrando la prigioniera per un braccio, prima di trascinarla via.
“Senta capo, mi tolga una curiosità: come mai ha deciso di accettare un lavoro da quel vecchio di Don Rodrigo?” chiese Bixlow.
“Già, aveva detto, che non avrebbe mai più lavorato con o per quel tizio.”
“Semplice, avevo bisogno di soldi, e quel vecchio, mi pagherà bene se gli consegno quella popolana.”
“Capisco. Certo poverina, mi fa un po' pena.” disse la bruna, “Già, dobbiamo proprio consegnarla a quel vecchio pervertito?!”
“Se oserà torcerle un capello giurò, che nobile o meno, lo ricoprirò di cemento e gli spaccherò un martello sulla testa.” disse la donna.
“Piantatela con questi discorsi.” lì ammonì Luxus, “Ricordate che noi siamo stati identificati come i cattivi della storia, quindi, anche se non vi piace, comportatevi come tali.”
“Si, capo.” dissero i due, dirigendosi verso le catacombe.
Levy fu spinta malamente dentro la prigione, e cadendo il vestito le si sgualcì.
“Comportati bene. La cena ti sarà servita alle otto, se hai qualche intolleranza alimentare o vuoi sporgere reclamo verso la gestione di questo posto, puoi farlo sapere al cameriere.” disse Freed, richiudendosi la porta blindata alle spalle.
“Altro che se ho delle lamentele da fare!” gridò Levy, più a sé stessa che al Bravo, “Mi lamenterò con il direttore. Il servizio in questo hotel è pessimo, non meritate neanche una stella.” disse prima di sedersi al tavolino, posto al centro della stanza, iniziando a sfogliare il menù.
 
Mentre Levy era intenta ad ordinare la cena, ai piedi del colle si riunirono quattro individui.
“P-perché devo salire lassù?” pianse Don Abbondio abbracciando la sua fidata scopa, mentre Perpetua lo incitava a suon di calci nel fondoschiena.
“Perché tutta questa storia è iniziata per colpa tua!” intervenne Fra Cristoforo, “Quindi ora mi seguirai al castello dell’Innominato e mi aiuterai a salvare Levy.”
“Ma stiamo parlando di uno dei più pericolosi e sanguinari uomini del nostro tempo. Appena ci vedrà, ci farà fuori.”
“Rilassati, se necessario ho questa.” disse mostrandogli un foglio, su cui c’era scritto: “Revoca temporanea per il voto di non violenza e belligeranza di Fra Cristoforo. In parole povere, hai un giorno di tempo per picchiare o accoppare chi non ti va a genio, senza incorrere nel divieto divino.
Firmato sua eccellenza il Cardinale.”
“Vedi?! Con questo potrò difenderci, se quel tizio tenterà di farci del male.”
“Si, va bene. Ma io non sono per nulla convinto, non potresti andare da solo?”
“Senti, i Bravi di Don Rodrigo, scoperto il piano di quel disgraziato, hanno rischiato il licenziamento per venirci ad avvertire. Quindi, noi li ripagheremo e saliremo lassù a salvare Levy.”
“Accidenti a loro! Sono Bravi, no?! Che continuino a comportarsi come gente del loro grado, e non prendano a fare buone azioni a destra e manca! Poi a rimetterci, per colpa di quelle canaglie siamo sempre noi preti.”
Ma un pugno sulla testa da parte di Fra Cristoforo ed un calcio nel sedere da Perpetua, lo stesero.
“Adoro il nostro caro Cardinale.” disse il frate,
“I-io un po' meno.” gemette l’altro, tenendosi la testa.
“Gray-sama, Juvia è molto preoccupata. Ti prego, permettile di accompagnarti.”
“No Juvia, è troppo pericoloso. Resta qui e fa compagnia a Perpetua Laki. Io e questo pavido prete ci rechiamo dall’Innominato e non ce ne andiamo finché non fa quello che vogliamo.”
“Scherzi spero.” pianse il curato, ma già Gray lo aveva afferrato per il collo della tunica, e lo stava trascinando di peso, su per la collina.
“Lasciami, non voglio morire giovane! Ho ancora così tante cose da fare! E forse l’Innominato non è neanche in casa.”, piangeva e si dimenava.
 Un altro colpo, questa volta più forte, mise a tacere le lagne del prete.
Una volta che furono lontani, Perpetua si avvicinò a Juvia e chiese: “Allora, tu e Fra Cristoforo da quanto state insieme?”
“Oh, io e Gray-sama coltiviamo la nostra relazione da anni. E presto ci sposeremo, e avremo tantissimi bambini.”
“Sul serio! Sono felice per voi, ma se posso darti un consiglio: sposatevi in comune, la Chiesa ormai certe cose non le sa, più fare e si finisce in queste situazioni.”
 
Levy piangeva, inginocchiata nella prigione.
La cena non sarebbe arrivata prima delle 10:30, che razza di ristorante serviva così tardi? Inoltre, quella cella era brutta, piccola e sporca; era certa di aver visto, pure la coda di un topo.  E le ragnatele erano ovunque.
“Mi lamenterò, anche di questo! Non si fa mangiare una signorina, in un posto così sporco!”
Sconfortata si sdraiò sul letto, ma una molla oltrepassò l’imbottitura e le colpì la schiena costringendola a sollevarsi di scatto.
“Anche questa adesso! Si può sapere cosa ho fatto di male?! Giuro, che se metto le mani addosso a Manzoni, lo strozzo!”
Sbollita la rabbia a suon di imprecazioni, oltre alla fame, le crebbe anche la tristezza; cominciò a pensare a sua madre, - quanto doveva essere in pena per lei-, alle monache del convento, e a Gajeel.
Incrociò le mani, pregando perché il ragazzo fosse sano e salvo, e si chiese se non fosse stato meglio dargli retta, e mandarlo a sfasciare il palazzo a Don Rodrigo. Forse si sarebbero risparmiati tutte quelle seccature, e sarebbero già marito e moglie.
Riprese a piangere, riflettendo sul suo matrimonio, che ormai le sembrava un sogno utopistico.
La tristezza, però, lasciò presto spazio al disgusto e alla paura, quando si rese conto, che l’indomani sarebbe finita nelle mani di quel perverso di un nobile.
Subito, prese a camminare in cerchio, riflettendo sul modo migliore di evadere da quella stanza. Cercando sotto il letto, trovò un vecchio attrezzo appuntito e si mise a limare le sbarre della cella.
Aveva già lasciato dei poderosi solchi, quando il vecchio oggetto si ruppe, ormai arrugginito. Sconfortata, cominciò a mettere a soqquadro la cella, ma non trovò altro.
In un disperato gesto sollevò il tavolino e lo scagliò contro la porta blindata, ma esso si ruppe in pezzi.
Ormai prossima ad arrendersi, si fece scivolare vicino alla finestra, e copertasi la testa con le mani riprese a piangere.
Intenta a dare sfogo al suo dolore non fece caso alla piccola luce azzurra, che proveniente dalla stella più luminosa del cielo, attraversò le sbarre e giunse nella stanza.
Sorpresa da quell’improvvisa luminosità, Levy, sollevò la testa e cacciò un urlo alla vista di quello strano fenomeno.
“Sta tranquilla, non aver paura.” disse una voce profonda, che la turchina identificò, come appartenente alla stella.
“Non ti farò alcun male. Io sono venuto qui per aiutarti.”, e la luce scomparve rivelando una minuta creatura, con le sembianze di un gatto marrone provvisto di un paio di ali bianche, che sorrideva fiducioso alla ragazza.
“E-E tu c-chi sei?” chiese con un filo di voce la ragazza, mantenendo una certa distanza dal gatto alato.
“Io solo l’Arcangelo Lily!” rispose solenne l’altro, ingrossando il petto.
“Cosa! Tu saresti un Arcangelo!”
“Certamente. Non hai notato le ali?”
“S-si, ma, ecco… sei un po' diverso da come ti descrivono.”
“D’avvero? E come mi descrivono?”
“Beh, innanzi tutto, molto più alto di così. E poi, diciamo… un po' meno peloso.” abbozzò un sorriso, cercando di sembrare naturale.
“Voi umani avete proprio tanta fantasia.” disse la creatura divina, prima che uno strano squillo inondasse la stanza.
“Che cos’è?” chiese Levy, tappandosi le orecchie.
“Oh, nulla di che. Solo la mia sveglia, che mi annuncia l’ora di cena.” rispose l’altro, e fece comparire un piccolo bavaglio, un coltello, una forchetta, ed infine un piatto, su cui era posto un kiwi.
Tagliato un pezzo del frutto, se lo portò alla bocca ed iniziò a masticare, mentre lacrime di delizia sgorgavano dai suoi occhi.
Levy, fissava la scena con la bava alla bocca, e quando l’angelo se ne rese conto, infilzando l’altro pezzo glielo mise davanti e chiese: “Ne vuoi un po'?”
“Si, ti prego. Sto morendo di fame.”
“Serviti pure.”
Lei non se lo fece ripetere due volte, afferrò il mezzo frutto e se lo fece scomparire nella bocca.
“Delizioso.” disse quando ebbe finito di masticare.
“Sono felice ti piaccia. Sai, i kiwi sono il cibo migliore che sia mai esistito.”
“Ma, quindi, anche voi angeli avete bisogno di mangiare?”
“Non proprio, ma io adoro i kiwi. Così succosi, così polposi, e poi con la buccia hanno un sapore ancora migliore. Non riesco a resistere al loro retrogusto frizzantino.”
“Wow, ti piacciono proprio tanto.”
“Sono il cibo degli Dei!” rispose l’altro con gli occhi brillanti.
“C-Capisco.”
“Voi umani dovreste sentirvi onorati a potervi nutrire di una tale pietanza. Pensa, un tempo i tuoi antenati disprezzavano questo frutto, ed io adirato con loro chiesi a mio Padre di punirli. Lui scatenò un diluvio gigantesco, che inghiottì la Terra. Sopravvissero solo coloro che apprezzavano questo frutto. Mi sembra, che il rappresentante della specie umana, avvertito in tempo da mio Padre, si chiamasse Noè. Non ne sono sicuro, però, sai sono passati millenni da allora.”
Ma guarda un po', se il Diluvio Universale, doveva avvenire a causa dei kiwi.” pensò Levy.
“Senti, non per interromperti, ma avevi detto mi avresti aiutato. Per favore, puoi farmi uscire da questa cella.”
“Mi dispiace ma non posso farlo. Sono ancora al livello tre di magie angeliche, e non sono in grado di trasportare via le persone. Se vuoi puoi aspettare che raggiunga il livello cinque.”
“D’accordo. Ma quanto ci vuole?”
“Ultimamente la segreteria, che si occupa della prenotazione, per l’apprendimento degli angeli, è occupata. Direi almeno un migliaio di anni.”
“U-UN M-M-MIGLIAIO DI A-ANNI!”
“Secolo più, secolo meno.”
“No, no. Non posso aspettare così a lungo. Non c’è un’altra soluzione?”
“L’unica opzione è chiedere aiuto alla Madonna, lei sicuramente ti potrà salvare, ma solo se farai un voto sincero.” detto questo il gatto-angelo si dissolse nell’aria, lasciando Levy a fissare il muro davanti a sé.
La ragazza, ripresasi dalla confusione di quell’assurda chiacchierata, si portò entrambe le mani al petto, e pregando verso il cielo, disse: “Madre, ti prego, se mi salverai da questa situazione, io rinuncerò al matrimonio. Non sposerò più Gajeel, giuro. Ovviamente, però, quando lo saprà e darà di matto, ci penserai tu o il tuo amico angelo a spiegarglielo, visto che mi avete costretto voi!”
 
Giunto davanti al portone del castello, Fra Cristoforo, prese a bussare battendo la mano sul legno, ma nessuno venne ad aprirgli.
“Visto?! Non c’è nessuno in casa.” disse Don Abbondio, “Molto probabilmente sono partiti per una vacanza. Su torniamo in dietro, sono sicuro che a salvare Levy, ci penserà la Provvidenza.”
Ma l’altro non si fece dissuadere, e tenendolo ben saldo, afferrò una corda, che si trovava al lato della porta, e la tirò.
DING DONG   
Risuonò nell’aria il campanello ed una voce si levò sopra le mura: “Chi è?” chiese.
“Siamo un frate cappuccino ed il suo amico prete, siamo qui per parlare con l’Innominato.”
“Andate via! Non compriamo niente!”
“Ma cosa hai capito, siamo qui per parlare di Levy Mondella!” tentò nuovamente Gray.
“Ah, quindi siete al servizio di Don Rodrigo? Strano, aveva detto avrebbe mandato qualcuno domani mattina. Non potreste tornare tra qualche ora?”
“No, dobbiamo parlare subito con il tuo padrone.”
“Eh, quanta fretta. Solo un istante, apro il portone.”, e scomparve nuovamente dentro il castello. Qualche istante dopo, la porta si aprì e Bixlow fece entrare i due religiosi.
Senza perdere tempo li condusse nella stanza del trono, dove l’Innominato soleva riposare dopo cena.
“Padrone, sono giunti due uomini di Chiesa per parlarle.”
“Che ci fanno qui? Non sanno che sono solito dare in pasto ai cani i corpi, di quelli come loro?”
Ed a questa esclamazione, Don Abbondio cambiò colore e quasi svenne per la paura.
“Si, ma sono qui, per parlarle di quella popolana, che oggi abbiamo rapito.”
“Portali al mio cospetto.”
L’incappucciato fece avvicinare i due al trono, e appena il frate vide il volto del biondo, lo riconobbe: “Ma tu sei Luxus!”
“Taci, stupido frate! Nessuno può chiamare per nome l’Innominato!” gli urlò contro Bixlow.
“E tu, invece, sei quello scostumato di Gray. Da quando ti sei fatto frate? E quella ragazzina ti dà sempre la caccia?” chiese il biondo prima di scoppiare a ridere.
“Sta zitto Luxus, e non prendermi in giro.”
“Dico solo la verità. Dove si è mai visto un frate che si presenta a quel modo?” chiese indicando il ragazzo, che, come al solito, aveva perso per strada i vestiti.
“Waaah! La mia tonaca! L’ho persa di nuovo!”
“Ah ah ah! Sei proprio divertente frate nudista.” rise Bixlow.
“Bixlow, da un paio di vestiti a questo scemo.” e l’altro obbedì, lanciando addosso al frate una maglia ed un paio di pantaloni, che lui indossò velocemente.
“Fra Cristoforo, si può sapere come conosci l’Innominato?” chiese Don Abbondio.
“Guarda che lui non è l’Innominato, è Luxus.”
“Sono entrambi.” rispose il diretto interessato,
“E perché ti fai chiamare a quel modo?”
“Sei sicuro di volerlo sapere, Gray? Sai tutti quelli che hanno scoperto il mio segreto non sono più in questo mondo.”
“No, no, non vogliamo sapere niente. Per me tu sei e resterai sempre l’Innominato, non sono interessato a conoscere l’origine del tuo nome. Quindi non serve disturbarsi!” tentò di intervenire il curato, terrorizzato da quella minaccia.
“Avanti Luxus, mettimi alla prova, sono proprio curioso.”
“Bene, visto che desideri morire giovane, ti accontenterò!”
“Freed, spengi le candele, Bixlow porta la scatola, Evergreen a te il compito di sistemare il resto.”
“Agli ordini capo.” dissero i tre, prima di dividersi e tornare pochi secondi dopo, con in mano l’occorrente.
Bixlow porse la scatola ad Evergreen, che si avvicinò al trono, proprio quando Freed spegneva l’ultima candela, lasciando tutti i presenti al buio.
“IIIIH! Aiuto, vogliono ucciderci a sorpresa!” guaì Don Abbondio aggrappandosi a Gray.
“E mollami, sei più appiccicoso di Juvia.” Ed il povero curato, obbedendo prese a stringersi al petto la sua unica grande amica, la scopa di Perpetua.
D’un tratto davanti allo sguardo terrorizzato di Don Abbondio, comparve una luce, che prese ad illuminare il volto dell’Innominato e poi tutta una parte della stanza.
I due clerici rimasero immobili con la bocca spalancata, mentre Gray si strofinava gli occhi: davanti a loro c’era il volto di Luxus, ed attaccate alle sue orecchie, sulla corona che portava in testa ed in bocca aveva… delle lampadine!
Proprio così, la faccia dell’uomo era coperta di lampadine gialle, che miracolosamente senza essere attaccate ad un generatore emanavano luce, illuminando la stanza.
“M-Ma cos…” farfugliò Don Abbondio,
“Wha ah ah ah! Ma che cosa ti sei messo in bocca Luxus?! Sembri una lampada!” scoppiò a ridere Fra Cristoforo, cadendo addirittura in terra, mentre si reggeva la pancia.
I commenti, però, non piacquero per nulla al biondo, e le lampadine presero ad emanare sempre più luce, mentre il suo volto si contraeva e sulla fronte gli compariva una vena pulsante. Alla fine, per l’eccessiva quantità di energia immessa, gli oggetti gli esplosero in faccia, e la stanza tornò buia.
Si udirono solo i continui schiamazzi di Gray, che quest’ultimo inconveniente fece aumentare. Poi la luce tornò, grazie alle candele, che uno dei tre Bravi riaccese.
“Piantala di ridere!” gridò Luxus, e l’altro tacque vedendo gli sguardi omicidi che lui ed i Bravi gli stavano lanciando.
“Ok, mi hai mostrato il tuo giochetto di prestigio, ma cosa centra con il tuo nome?” domando il ragazzo tirandosi a sedere.
“Molti anni fa, quando ero ancora un bambino, fui colpito da un fulmine in una notte di pioggia, d’allora ottenni il potere…”
“Della super velocità?!” azzardò il nudista, ricevendo un’occhiataccia dall’altro,
“Di illuminare gli spazzi intorno a me e generare piccole scosse elettriche. Quando crebbi e presi a svolgere la professione di malvivente, questo potere mi fu molto utile per eliminare la concorrenza e chi non mi andava a genio.
Successivamente, non volendo mantenere il mio vero nome, decisi di scegliermi uno pseudonimo, e divenni… l’Illuminato!”
“L’Illuminismo nascerà come corrente, tra un secolo o giù di lì, sei in anticipo.”
“Ma quale illuminismo, ha detto Illuminato. Razza di prete rincretinito e spogliarellista!”
“Sono un frate, rincretinito e spogliarellista, e non c’è bisogno di insultare.”
“Come puoi dimostrare tu stesso, Gray.” continuò l’Illuminato, “Questo nome era fonte di fraintendimenti e prese in giro, così decisi di cambiarlo.”
“E perché proprio Innominato?” domandò Don Abbondio.
“Non avevo né tempo né voglia di trovarmene uno più complicato.”
“Capisco.”
“Ora che vi ho raccontato il mio segreto, prima di eliminarvi, ditemi cosa siete venuti a fare.”
“Semplice, siamo qui per liberare Levy. Non te la lascerò consegnare nelle mani di Don Rodrigo.” rispose Gray.
“La prego signor Illuminato ci risparmi, non dirò a nessuno il suo segreto. E se proprio non può farne a meno, ammazzi lui! È colpa sua se siamo qui, e non dimentichi che ad insistere per sapere questa storia è stato il frate.” pianse Max, gettandosi in ginocchio, pronto a baciare i piedi del biondo se necessario.
“Taci codardo.” lo zitti Gray, “Luxus ti avverto, libera Levy Mondella, se il suo fidanzato, Gajeel Tramaglino, scoprisse che è tenuta qui prigioniera non esiterebbe un attimo, e verrebbe qui a raderti al suolo il castello.”
“Gajeel Tramaglino? Ho già sentito questo nome. Non è quell’idiota che ha raso al suolo la casa del Viceré?! È stato perfino accusato della rivolta ai forni di Milano e ritenuto uno dei criminali più pericolosi di tutta l’Italia. Da quel che so, sulla sua testa pende anche una taglia, ma si sono perse le sue tracce nell’ultimo periodo.”
“Proprio lui, quel bifolco imbecille farà di tutto pur di riprendersi la sua fidanzata. Ti consiglio di non sottovalutarlo.”
“E chi lo sottovaluta. Ah ah ah ah! Che venga pure, lo accoglierò come merita!” ed un mare di scintille presero a circondargli il corpo.
“Ora, in quanto a voi due…” e qui Don Abbondio fu vicinissimo a crepare d’infarto, “Visto che ci conosciamo da anni Gray, ti concedo una possibilità: vattene immediatamente dal mio castello, e non farti più vedere da queste parti.”
“Io non me ne vado da qui senza Levy!”
Un fulmine gli passò sopra la testa, ed il religioso cadde a sedere, mezzo rintronato ed abbagliato.
“Non dimenticare con chi stai parlando! Vi do tre secondi per sparire o vi scateno contro i miei Bravi!”
“Cosa pensi di ottenere con le minacce?!”
“Uno…”
“Aiutooo!” gridò Max prima di lanciarsi contro la porta.
“Due…”
“Tornerò Luxus e salverò la mia fedele!” gridò Gray prima di imboccare la porta.
“Tre!”
“Li inseguiamo?” chiese la Brava.
“Lasciali correre.”
I due religiosi fuggirono dal castello, prendendo a correre in discesa, senza guardarsi in dietro. D’un tratto, però, Fra Cristoforo inciampò su una radice, e rotolando su sé stesso investì in pieno Don Abbondio, così che i due si ritrovarono a ruzzolare per tutta la collina.
Su un piccolo rialzo i due presero velocità e volarono sempre più in basso, sfracellandosi ai piedi della collina.
Per Don Abbondio l’atterraggio non fu molto piacevole, poiché cadde su un ammasso di pietre, ammaccandosi tutte le ossa, mentre Gray atterrò su qualcosa di molto morbido.
Ripresosi dalla caduta il ragazzo guardò su dove era atterrato, e si ritrovò davanti il volto di Juvia, che riaperti gli occhi, dopo l’impatto, svenne per la gioia di quell’evento, così fortunato, per cui ringraziò il Signore.


Nota d’autore: eccoci giunti al settimo capitolo! Finalmente è comparso sua eccellenza l’Innominato, o dovrei dire Illuminato. XD
Freed è sempre il solito, leale e pronto a sacrificare tutto per il suo capo non che amico. Levy, invece, ha dovuto gestire un Arcangelo peloso amante dei kiwi. Quindi gente, mi raccomando, se non volete un altro Diluvio Universale mangiate tutti i kiwi. XD
Il primo tentativo di salvataggio di Fra Cristoforo e Don Abbondio non è andato a buon fine, ma Gray non è uno che demorde facilmente, purtroppo per Max. Dal prossimo capitolo i quattro dovranno per forza salvare Levy!
Intanto, Juvia si può già considerare soddisfatta, dopo che il suo amato frate le è caduto addosso, si sentirà in Paradiso.
Grazie in anticipo a chi leggerà e recensirà questo capitolo.
Il prossimo uscirà domani.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** CAPITOLO 8 ***


L’alba giunse anche nei pressi del castello dell’Illuminato, ed i quattro amici, dopo aver trascorso la notte in una tenda, si misero seduti attorno ad un fuocherello, consumando una discreta colazione a base di latte e cereali.
“Dobbiamo trovare il modo di salvare Levy.” continuava a ripetere Gray,
“Si, ma è più facile a dirsi che a farsi.” gli rispose Perpetua, stufa di quella cantilena.
“E se chiedessimo aiuto a Gajeel-kun?” propose Juvia.
“Nessuno di noi ha idea di dove si trovi. E se non ci sbrighiamo, Don Rodrigo invierà presto i Bravi qui, a portarsi via Levy.”
“Io so solo, che non metterò più piede in quel castello.” disse Don Abbondio, ma gli altri ignorarono i suoi capricci infantili, troppo concentrati a trovare una soluzione.
Tutti erano raccolti nel proprio silenzio di riflessione, ma all’improvviso Perpetua scattò in piedi ed esclamò: “E se chiedessimo aiuto a sua eccellenza il Cardinale Borromeo?! Da quel che so, doveva venire a predicare nella chiesa vicina. Sono sicura che ci riceverà, e potrà aiutarci a salvare Levy.”
“Tsk, si vede che sei una serva ottusa ed ignorante. Sua eccellenza Borromeo, non ha certo tempo da perdere con cose di così poca importanza. Sicuramente ha moltissimi altri impegni e neanche ci permetteranno di avvicinarci.” rispose Don Abbondio, ricevendo l’ennesimo colpo sulla testa.
“Io sarei un’ignorante! Certe idee dovrebbero venire in mente a lei! Se avesse chiesto aiuto fin dall’inizio tutto questo non sarebbe successo! Ora veda di tacere, che forse riesce a salvare in parte la sua dignità.”
“Purtroppo, temo che il curato codardo abbia ragione.” intervenne Gray, arrestando la ramanzina di Perpetua, “Sua eccellenza Borromeo, è un uomo dall’animo buono e giusto, ma proprio per questo è sempre sommerso di impegni.”
“Ma Gray-sama, potremmo pur sempre tentare. D’altronde non abbiamo nulla da perdere, e se il Cardinale non ci aiuterà di persona, forse qualche suo surrogato, potrà farlo.”
“Hai ragione, dobbiamo almeno fare un tentativo. Forza dirigiamoci verso la chiesa.”
“Si, ma se i Bravi arrivano e portano via Levy, mentre noi non ci siamo?” domandò l’occhialuta.
“Sta tranquilla, sarà Crime Soierce ad occuparsi della missione, e Sawyer ha promesso di avvertirmi prima del loro arrivo.”
“Se sono così gentili, perché non la salvano loro Levy?” chiese Don Abbondio.
“Perché hanno già rischiato il licenziamento per aver fatto trapelare il piano, e non ci tengono a perdere il posto. Inoltre, proprio perché sono Bravi, è già tanto che abbiano fatto questo.” rispose infastidito il frate.
“Uffa.”
I quattro abbandonato il loro accampamento, si diressero lungo la pianura verso il villaggio vicino. Dove giunsero, dopo qualche ora di cammino.
“Arff… Arff… Non possiamo f-fare una pausa?”
“Non faccia lo smidollato e si muova. Ancora qualche metro e ci siamo.”
“Eccoci!” esclamò Juvia prendendo a correre verso la chiesa, distanziando gli altri tre, “E’ in una chiesa come questa che noi due ci sposeremo, Gray-sama!” esclamò elettrizzata, trascinando per il braccio il ragazzo, che tentava in tutti i modi di liberarsi, venendo però spostato di peso dentro l’edificio.
“Buongiorno cari fedeli.” li accolse un vecchio prete, intento a riposarsi su una delle panche.
“Cosa posso fare per voi?”
“Io e Gray-sama vogliamo sposarci, subito!”
“Ma neanche per sogno!” gridò l’altro, prima di tornare a concentrarsi sul vecchio che li fissava stranito, “Siamo qui per incontrare sua eccellenza illustrissima, il Cardinale.”
“Oh, capisco. Purtroppo, però, non è possibile. Sua eccellenza è assente da questa mattina.”
“E sa dirmi quando tornerà?”
“Chi può dirlo. Un uomo come lui ha un’infinità di impegni e pratiche da rispettare, per questo quando può saltare il lavoro, non ci pensa due volte e scappa via. Non avete idea di quanto ci faccia disperare, una volta abbiamo perfino dovuto sguinzagliargli dietro i cani da ricerca. Lo abbiamo trovato due giorni dopo, in un pub di una città, ad ubriacarsi.”
E meno male che era un sant’uomo!” fu il pensiero dei quattro, a cui si formarono delle goccioline sulla nuca.
“So che può sembrare disdicevole, per un uomo del suo stampo sociale,” continuò il vecchio prete, “Ma lui è fatto così, e nonostante questo suo carattere tutti lo amano e lo rispettano, perfino io. Possiamo definirci amici di lunga data, e forse per questo il suo atteggiamento non mi sorprende più.
Potrebbe sembrare un tipo un po' suonato e ‘birichino’, se capite cosa intendo; ma ha un cuore d’oro, e vede tutti i suoi fedeli, come i suoi figli, ed è disposto a tutto pur di proteggerli ed aiutarli.
Sono certo che una volta tornato vi saprà aiutare con il vostro problema.” disse il prete, prima di tornare a sedersi sulla panca, ed invitare il gruppetto a fare altrettanto.
I quattro, comprendendo che l’unica soluzione, era attendere pazientemente il ritorno del vecchio, fecero come gli era stato chiesto.
 
Passarono così la bellezza di cinque ore, ma del vecchio Cardinale neanche l’ombra.
Per l’attesa ed anche la fame, -l’ora di pranzo era passata da un pezzo, e nessuno aveva portato con sé del cibo-, il gruppetto si addormentò.
Neanche la messa delle dodici riuscì nell’impresa di destarli, anzi lo strazio che furono costretti a sentire gli diede il colpo di grazia.
Si ripresero solo quando avvertirono un odorino delizioso provenire da dietro il trono, dove il prete predicava la messa. Ed incuriositi si fecero avanti, spostando l’altare, scoprirono dietro di esso il vecchio prete intento a cuocere del formaggio e della carne, su un fornello incavato sotto l’altare.
Il vecchietto sapendo che sarebbe stato punito, per quella trovata poco ortodossa, cercò di comprare il silenzio del gruppo mediante un pranzo a base di carne e formaggio, ed i quattro furono ben lieti di farsi corrompere, riuscendo finalmente a riempirsi lo stomaco.
“Dobbiamo tornare in dietro.” disse Gray, una volta finito il pranzo.
“Hai ragione, presto arriveranno i Bravi e porteranno via Levy. Dovremmo arrangiarci senza l’aiuto del Cardinale.”
“Juvia è pronta a combattere per difendere l’amore delle fanciulle oneste.” rispose l’altra, estraendo dal vestito una fiaccola ed un forcone.
“E quelli da dove spuntano?” chiesero Laki e Gray.
“Bene, allora visto che siamo a posto organizziamoci.” parlò Max, “Voi tornate ad assaltare il castello dell’Illuminato, io invece resto qui ed attendo l’arrivo del Cardinale, una volta arrivato veniamo a darvi man forte.”
Ma né Perpetua né Gray si fecero abbindolare e afferrato il prete per le gambe e per le braccia iniziarono a trascinarlo via, sotto lo sguardo allibito del vecchio religioso.
“Appena il mio amico tornerà gli farò sapere, che lo stavate cercando.” disse al gruppo che si stava incamminando.
Giunti a metà strada, però, l’animo di tutti cominciò a vacillare, nessuno di loro sapeva come avrebbero potuto competere con Luxus ed i suoi Bravi, né avevano un piano di infiltrazione da portare a termine. Sapevano solo di dover salvare Levy, ma non avevano idea di come fare, e man mano che si avvicinavano al castello, sentivano crescersi in corpo lo sconforto e la paura.
Ma, quando ormai stavano per abbandonarsi alla disperazione, scorsero in lontananza una figura, che gli si faceva incontro.
L’individuo altro non era che un uomo molto vecchio e basso, con un paio di baffoni e con pochi capelli ai lati della testa, con indosso un’elegante veste rossa e sopra la sua testa uno zucchetto, più alto di lui.
“Salve figlioli.” disse portandosi alla bocca un boccale stracolmo di birra,
“E tu chi sei?” chiese curiosa Perpetua.
“A Juvia i tuoi vestiti ricordano quelli di un Cardinale.”
“Se questo vecchio ubriacone è un cardinale io sono il sovrano spagnolo.”
“Molto probabilmente è un ladro che ha fregato questi vestiti a qualche povero prete. Tu vecchio, non sai che certi atti sono eresie?! Potresti bruciare sul rogo per questo genere di furti.” lo accusò Max
“Mi sembrate un po' suonati giovanotti, io sto solo facendo una passeggiata e per quanto riguarda questi abiti pomposi e scomodi, sono purtroppo costretto ad indossarli a causa del ruolo che ricopro.”
“Ma non dire corbellerie vecchio rimbambito.” gli rispose Don Abbondio,
“Appunto.” rincarò la dose Fra Cristoforo, afferrando lo zucchetto, che il nonnetto teneva sulla testa.
“Gray-sama, se fosse in te, Juvia, non lo farebbe.”
“Don Abbondio, non insulti gli anziani.”
Ma era troppo tardi, intorno al vecchio comparve un’aura nera, e questa volta quando parlò il suo tono divenne molto più severo e minaccioso: “Voi due giovanotti, non conoscete l’educazione. Tranquilli, come vostro superiore sono pronto ad impartirvela.”
E prima che i due potessero dire o fare qualcosa, furono afferrati dal vecchio e scomparvero in una nube di polvere. Solo le loro urla di dolore furono avvertite dalle loro compagne, che una volta dissipatosi il polverone, poterono vedere i due religiosi a terra, con un paio di bernoccoli sulla testa, ed il vecchio che seduto su una roccia, aveva ripreso a bere.
“D-Don Abbondio…”
“Gray-sama…”
“…state bene?”
“Aho.” mugugnò il prete massaggiandosi la testa.
“Quel vecchio è fortissimo.” si lamentò Gray.
“Adesso Juvia ne è proprio sicura. Quella forza incredibile, quella postura così minuta ed il vestito da Cardinale, quest’uomo non può essere altri che sua eccellenza…  il Cardinale Borromeo!”
“Già, sono proprio io. Però potete chiamarmi Makarov.”
“EEEEEHHHHH!” urlarono gli altri tre, con gli occhi sgranati oltre l’inverosimile, fissi ad osservare il nonnetto, che continuava a bere come una spugna.
“Q-q-quindi, t-tu saresti sue eccellenza illustrissima?” farfugliò Gray, indicandolo con un dito.
“Mi sembra di avervi già risposto.”
“Non ci posso credere!” esclamò Don Abbondio, “E’ completamente diverso da come lo descrivono.”
Poi ricordandosi il loro status sociale di subordinazione, i due si inginocchiarono davanti al Cardinale: “Chiediamo scusa per averle mancato di rispetto.”
“Non fa niente, sono felice che la situazione si sia risolta.” sorrise il vecchietto.
“Questo, comunque, deve essere quello che chiamano aiuto Provvidenziale.” si intromise Juvia, “Sa, sua eccellenza, Juvia ed i suoi amici stavano giusto tornando dalla chiesa del paese accanto. Ci si erano recati proprio per chiedere il suo aiuto.”
“Il mio aiuto? E in cosa posso esservi utile giovanotti?”
“Una nostra cara amica è stata rapita da un perfido uomo, e tenuta prigioniera nel suo castello. Se non andiamo a salvarla verrà consegnata nelle mani di un nobile lestofante e pervertito, che è arrivato addirittura ad impedire il suo matrimonio.”
“E’ TERRIBILE!” proruppe il Cardinale, al quale uscì un fiotto di birra dalla bocca, “Dobbiamo subito raggiungerla e salvarla! Ditemi chi è il lestofante, che la tiene prigioniera.”
“L’Innominato, anzi l’Illuminato, insomma Luxus.” rispose Gray.
All’udire quel nome, il volto del vecchio si incupì, e senza attendere ulteriori spiegazioni si mise subito a correre lungo la strada che portava alla collina. Gli altri vedendolo partire a corsa si misero ad inseguirlo, ma lo persero di vista, incapaci di eguagliare la sua velocità.
Presero, però, a marciare spediti intenzionati a raggiungerlo, quando sulla strada incontrarono una donna dai lunghi capelli bianchi, dal volto angelico, ed il vestito elegante.
“Buongiorno signori.” li salutò la ragazza, “Posso chiedervi se per caso avete incrociato il cammino con un vecchietto vestito da cardinale?”
“Intende il Cardinale Borromeo?” chiese Juvia,
“Proprio lui! Lo avete visto, allora? Potreste dirmi la direzione che ha preso?”
“Certo, lo abbiamo incontrato pochi minuti fa. Gli abbiamo anche chiesto aiuto, e lui è partito a tutto razzo verso il castello dell’Innominato.”
“Come scusa? È diretto verso il castello di Luxus! Oh no, dobbiamo sbrigarci a raggiungerlo.” ed anche lei si mise a correre in direzione del maniero.
“Ehi, aspetta! Si può sapere chi sei?” gli gridò dietro Gray
“Io sono l’assistente di sua eccellenza il Cardinale, potete chiamarmi Mira.”, rispose la donna con appresso il gruppetto.
“Mira, si può sapere perché sua eminenza si è così agitato, quando ha saputo che il rapitore della nostra amica era Luxus?” chiese Perpetua.
“Quindi quel disgraziato di Luxus si è rimesso a rapire le persone.” disse Mira, mentre la sua espressione passava dal preoccupato al furioso.
“Juvia presume, che voi due conosciate Luxus.”
“È vero?” chiese Max stupito.
“Si, sia io sia il Cardinale conosciamo Luxus fin da quando era un ragazzino. E questo perché Luxus è il nipote del Cardinale Borromeo!”
“EEEEEEEEHHHHHHHHHH!” urlarono i quattro, cadendo in terra, come schiacciati da quell’assurda rivelazione.
“Q-q-quindi L-L-Luxus e…”
“… i-i-il C-C-Cardinale B-Borromeo…”
“…s-sono im-imparentati?!
“N-n-n-nipote!”
“Già! Non avete notato che si assomigliano come gocce d’acqua?”
“MA DOVE!” gridarono gli altri.
“Non abbiamo tempo da perdere.” disse Mira, tornando seria, “Dobbiamo subito raggiungere quei due, se si mettono a combattere provocheranno un cataclisma! Inoltre, io conosco Luxus, so che dentro di lui c’è una brava persona, e voglio aiutarlo a tirarla fuori.”
“Va bene Mira.” disse Gray, “Ti appoggeremo, ma prima dobbiamo salvare Levy, ed impedire che cada nelle mani di Don Rodrigo.”
I cinque ripresero a correre, giungendo finalmente al castello dell’Innominato, che sorpresa delle sorprese, si reggeva a stento in piedi! Tutta la struttura era pericolante ed una parte della facciata era crollata, mentre l’anta destra era traballante ed una delle torri stava crollando proprio in quel momento. Dall’interno del palazzo si sentivano gridare i Bravi, mentre onde di luce dorata e saette si disperdevano all’esterno.
“IIIIIHHHH! I-Io mi s-sono appena r-ricordato di avere un impegno.” farfugliò Don Abbondio, tentando di darsela a gambe, ma Juvia lo trattene e iniziò a trascinarlo per la tonaca.
“Se devo essere onesta, l’idea di entrare non mi fa impazzire.”
“Neanche a me. Ma non abbiamo scelta.” disse il frate alla serva.
“Forza, sbrighiamoci!” disse l’albina, precedendo i quattro verso la porta.
Facendosi coraggio il gruppetto varcò il grande portone in legno e seguendo il lungo corridoio, dal cui soffitto continuavano a cadere calcinacci, giunse davanti alla sala del trono.
“Siete pronti?” chiese Mira, poggiando la mano sulla maniglia della porta, gli altri ammiccarono con la testa, e la donna spalancò l’ingresso.
Lo spettacolo che gli si parò davanti fece indietreggiare tutti, con le bocche spalancate, gli occhi strabuzzati, cercarono di non cadere in terra per lo stupore, sostenendosi a vicenda per le spalle.
Davanti a loro si stagliava il vecchio Cardinale, solo che adesso non sembrava più il piccolo ed innocente vecchietto di poco prima, anzi non sembrava più neanche un essere umano!
Il suo corpo era esponenzialmente più grande, la sua statura ricordava quella di un gigante, al punto che per poco con la testa non sfondava il soffitto.
Il gigante, però, non era solo grande era anche molto muscoloso, ma la cosa più spaventosa era la sua faccia: i suoi occhi erano completamente bianchi, i suoi capelli erano rizzati sulla testa, ed una gigantesca vena varicosa gli era comparsa sulla fronte.
“Oh no, è troppo tardi. Lo scontro è già iniziato.” disse Mira, indicando con un dito i tre Bravi distesi incoscienti sul pavimento, con tre giganteschi bernoccoli.
Solo l’Innominato era ancora in piedi, anche se i cinque poterono vedere la stanchezza, e forse un pizzico di paura dipinta sul suo volto. Eppure, nonostante questo, l’uomo dai capelli biondi non indietreggiava e continuava ad emanare dal suo corpo un’infinità di saette.
“Luxus!” tuonò Makarov facendo tremare l’intero edificio, solo con il timbro della voce, “Ho saputo che hai nuovamente causato un sacco di danni ai poveri abitanti di questo paese. Quando imparerai la lezione?! Ora ti sei messo a rapire pure le innocenti!”
“Quello che faccio non è affar tuo, nonno! Concentrati sui tuoi stupidi doveri, e lasciami svolgere il mio lavoro!”
“Consideri una professione far soffrire le altre persone?! Non sono io che devi temere, ma il castigo divino!”
“Piantala! Sempre a parlare di Dio!” gridò sprezzante il giovane, “Per farti prete hai completamente ripudiato la tua famiglia biologica! Tutti parlano del grande Cardinale come un uomo buono e giusto, che vede i fedeli come i suoi stessi figli; ma in realtà sei solo un’egoista che non ha esitato a ripudiare il suo stesso figlio, pur di vivere una vita agiata!”
“Il motivo per cui ho abbandonato Ivan non c’entra con la ricchezza, ma con la mia fede. In quanto a te, è colpa delle tue azioni sconsiderate e delittuose se sono stato costretto ad allontanarmi da te!”
“Te ne sei andato perché ti vergognavi ad avermi come nipote, mi hai imposto pure di non rivelare mai nemmeno il mio vero nome, perché cavolo credi mi sia scelto tutti questi ridicoli soprannomi?!”
“Mi dispiace immensamente, che tu abbia sofferto. So bene quanto può essere duro il nostro mondo, ma questo non ti autorizza a far soffrire chi ti sta intorno!”
“Tu sapresti quanto è duro il mondo?! Ma non farmi ridere! Hai sempre vissuto nell’ozio e nella ricchezza, ricevendola grazie al tuo status sociale, io invece mi sono dovuto costruire il mio potere, con le mie sole forze. Non hai il diritto di venire qui a farmi la predica, dopo anni. Non sono più un bambino, e sono libero di scegliere la mia strada!”
“Ti sbagli Luxus! Non sono venuto qui a farti una ramanzina, sono qui perché se non libererai la povera ragazza che tieni prigioniera nel castello, entro tre secondi ti scatenerò addosso tutto il mio potere.”
“Avanti, provaci! Credi che tema la tua forza?” gli urlò contro il biondo, mettendosi in difesa pronto a parare i colpi avversari.
“Io ti ho avvertito. UNO…”
La tensione era palpabile in tutta la stanza ed il gruppetto di spettatori non osava neanche respirare per la paura.
“…DUE…”
“C-Cosa sta per fare sua eccellenza?” chiese Max.
“Qualcosa di molto stupido! Devo fermarlo!” urlò Mira, mettendosi a correre verso il colosso.
“…TR...”
“FERMOO!”
Entrambi si voltarono verso l’albina, che più veloce che poteva si era aggrappata all’immensa caviglia del vecchio e non sembrava intenzionata a staccarsi.
“M-Mira?” disse Luxus, riconoscendo la ragazza, “Cosa ci fai qui?”
La diretta interessata, ignorando volutamente la domanda si portò una mano al viso, per asciugarsi le lacrime che avevano preso a rigarglielo. Nello stesso momento Makarov, vedendola in quello stato, prese a rimpicciolirsi.
“Cosa state facendo?!” sbottò infine, dopo essersi ripresa, “Io capisco che entrambi abbiate le vostre motivazioni per essere arrabbiati, ma siete una famiglia! Come potete anche solo pensare di volervi distruggere a vicenda?!”
“E’ il vecchio che si presenta qui dopo anni e pretende di dar…”
“CHIUDI LA BOCCA!” urlò la giovane facendolo ammutolire.
“Mira, ascolta queste sono questioni di famiglia, tu non c’ent…”
“STIA ZITTO ANCHE LEI!”
I due fissarono l’albina con un misto di timore e sconforto, al punto che per l’imbarazzo abbassarono lo sguardo.
Il silenzio calò sulla stanza, e nessuno osò tentare di dire o produrre alcun rumore, solo un sospiro di Mira, mise fine a quella pace.
“Sentite, io sono solo un’assistente e so che non dovrei intromettermi nelle vostre questioni familiari, ma come amica d’infanzia di Luxus e come aiutante di sua eccellenza sono disposta a tutto per farvi cessare questo assurdo conflitto che va avanti da anni…”
“Assurdo conflitto…?!”, lo sguardo che gli rivolse Mira, mise fine sul nascere alla polemica di Luxus.
“Fammi finire… Io so meglio di chiunque altro, quanto sia stato difficile per tutti e due allontanarvi, anche se siete troppo orgogliosi per ammetterlo. Luxus, quello che ti ha fatto il Cardinale è orribile, so come ci si sente a non avere qualcuno pronto a sostenermi nella mia crescita, e so anche che il vostro rapporto si è incrinato quando tuo nonno ha deciso di farsi prete. Inoltre, avendo avuto a che fare con un uomo come tuo padre, che ti ha inculcato nella testa l’odio per suo padre ed una marea di insegnamenti tutt’altro che virtuosi, questa poteva essere, forse, l’unica strada che potessi abbracciare.
Ti sei sentito ferito e abbandonato, hai desiderato che tuo nonno tornasse da te, che ti coprisse di attenzioni, che passasse del tempo con te, che la tua esistenza apparisse ai suoi occhi più importante della fede divina.”
“L-Luxus, è vero questo?” chiese il Cardinale, al quale gli occhi si erano già fatti umidi e per la vergogna ed il senso di colpa non riusciva a guardare in faccia il nipote.
“In quanto a lei Cardinale Borromeo, io comprendo perfettamente, che dopo la morte di sua moglie, lei si sentisse distrutto e spaesato, che volesse solo ricominciare la sua vita da qualche parte, dimenticando il suo passato. Ma questo l’ha portata ad ignorare e ripudiare la sua stessa famiglia per concentrarsi solo sul suo lavoro, non è un mistero che sia suo figlio sia suo nipote la odino.”
“Si, è vero.” bisbigliò l’altro.
Intanto, ancora appoggiati alla porta i quattro amici fissavano la scena sconcertati, da un lato vedere il Cardinale Borromeo e l’Innominato ricevere quella paternale li sorprendeva, dall’altro lo trovavano anche un po' ridicolo, e si vergognavano di aver temuto solo pochi secondi prima quei due.
L’immagine del gigante, però, gli tornò alla mente e tutti rabbrividirono, solo Juvia rimase fissa ad ascoltare le parole di Mira, come ipnotizzata.
“Tutto questo però, non ti autorizza, Luxus, a commettere azioni tanto mostruose.” prosegui, fissando rabbiosa l’uomo, che intimorito deglutì: “Il fatto che tuo nonno si sia convertito ed abbia intrapreso la via cardinalizia, non ti autorizza ad imboccare la strada opposta e diventare un criminale, solo per fargli un dispetto.”
“Ma che ne sai tu di me. Smettila di parlare di cose che non sai!”
“So molto, invece. Ho sentito centinaia e centinaia di racconti sul tuo conto. Ho sentito tutto quello che hai fatto in questi anni, tutte le persone che hai ucciso, in maniere orribili e disumane, ho saputo di tutto il dolore, che hai arrecato alla povera gente. Sei conosciuto come uno dei criminali più pericolosi e sanguinari del nostro tempo, ed invece di provarne vergogna te ne vanti!”
“Esatto, se la cosa non ti sta bene, puoi anche toglierti di torno, o preferisci che ti tolga di mezzo io?” disse puntandogli una mano contro.
Mira, però, non si fece intimorire dalla minaccia, ed anzi prese ad avvicinarsi al ragazzo, nonostante tutti gli urlassero di fermarsi.
“Guai a te, se osi fare un altro passo!” gli urlò contro il biondo, ma lei continuò ad ignorarlo, finché non le fu davanti.
“Tu hai commesso una marea di crimini, ma non è troppo tardi per rimediare. Non ti chiedo di perdonare tuo nonno, solo di renderti conto di dove ti porterà questa strada.”
“Vuoi stare zitta! Chi ti credi di essere, per venire qui a dirmi certe cose! Io sono l’Innominato! Non mi pento di nulla, tutto quello che ho fatto lo volevo fare. Tu e quello stupido vecchio dovete togliervi dai piedi!”
“Luxus, ti prego cerca di ascoltare Mira. Lo sta dicendo solo per il tuo bene.” intervenne Makarov, “Mi rendo conto di aver commesso tanti errori, troppi e che avrei dovuto esserti accanto. Non posso colpevolizzarti per essere finito qui, ti chiedo solo di ricordare che persona eri prima, e di non farti influenzare dall’animo corrotto di Ivan.”
“Non parlare di mio padre in quel modo! Vecchio maledetto, dopo anni ti presenti qui e speri che solo chiedendomi scusa tutto si risolverà?! Niente si risolverà! Quattordici anni della mia vita non torneranno in dietro! Ho smesso di aspettarti!”
“Luxus, ti prego. Non sono qui solo per chiederti perdono, ma per salvare la tua anima dai peccati, ed imparare a convivere con il tuo passato, prima che esso ti distrugga.”
“Lasciami in pace! Chi ti ha chiesto niente! Io non verrò schiacciato da niente e nessuno! Ho accettato il mio passato, e adesso sono questo; quindi, vedete di rassegnarvi e di andarvene.”
“No! Tu non sei questo, Luxus! Dentro di te c’è ancora quel bambino dolce e gentile con cui giocavo quando ero piccola. Qui dentro,” disse toccando con la mano il petto dell’uomo, “C’è ancora una brava persona, persa tra il dolore, l’odio, la solitudine ed i rimpianti. Io voglio solo aiutarti a trovarla.”
“P-perché?” chiese, con voce tremante, il biondo, abbassando il suo sguardo per potersi specchiare negli occhi color cielo di Mira.
“Perché…” fu un instante, la ragazza si sollevò sulle punte dei piedi, fin quando i loro volti non furono alla stessa altezza, e le loro labbra si sovrapposero.
A quel contatto Luxus spalancò gli occhi, e rimase congelato, senza riuscire a separarsi da Mira, che non si mosse di un millimetro, anzi si spinse ulteriormente in avanti, tenendo gli occhi chiusi. Quando ad entrambi mancò l’aria, si separarono: Luxus fissava la donna, completamente rosso in viso, lei, invece, sorrideva angelica.
“Perché ti amo, razza di tonto.” disse.
“WHUAAAA! È così romantico. Juvia è così felice per loro, che non può smettere di piangere!”
“Piantala Juvia, allagherai tutto il castello!” gli urlava Gray, mentre si aggrappava alla porta per non essere trascinato via dalla corrente di lacrime, che aveva inondato la stanza.
“Aiutooo! Non so nuotare!” gridava Don Abbondio,
“Neanche io!” strillò Perpetua, saltando sulle spalle del religioso, usandolo a mo’ di imbarcazione.
“Quelli sono proprio matti.” disse Luxus, osservando infastidito il siparietto,
“A me sembrano simpatici.” rispose Mira.
“WHUUUAAAAAAAA! LUXUS, MIRA, PERCHE’ NON ME LO AVETE MAI DETTO?” piangeva ancor più forte il vecchio Makarov, “Sono così felice per voi, figlioli.”
“Piantala vecchio! Tra te e quella donna mi trasformerete il maniero in un acquario!”
“Luxus!” gridarono tre voci, “Non ci avevi mai detto di essere fidanzato!” urlò Evergreen.
“E che schianto di fidanzata.” rise Bixlow.
“Voi due piantatela, e non chiamatelo per nome.” urlò Freed, agitando la spada verso i due.
“E’ geloso fradicio.” fu il pensiero dei due ragazzi.
“Ok, adesso basta con la commedia romantica.” intervenne Gray che, come al solito, era in mutande, “Dobbiamo salvare Levy.”
“Ehi, frena un attimo, frate nudista.” lo bloccò il biondo, “Non ho mai detto di aver accettato di fare nulla, né tanto meno di liberare quella popolana.”
“Come! Dopo tutto questo, ancora non ti sei deciso a convertirti al bene?! Adesso vengo lì e ti converto io, a suon di pugni!” disse il frate facendo scrocchiare le nocche.
“Provaci, se ne sei capace.”
“OK, ho capito. Dovrò ricorrere alla mia arma segreta.” si intromise nuovamente Mira, che afferrato l’Illuminato, per un braccio, lo trascinò fino ad una porta, che conduceva ad un piccolo ufficio. Si chiuse la porta alle spalle, e sotto lo sguardo curioso di tutti calò il silenzio.
Un secondo dopo, si sentirono dei piccoli gemiti provenire dalla stanza, e dei fulmini fuoriuscirono dai lati della porta, fin quando anche questi non cessarono.
Tutti attesero, con il fiato sospeso; poi la porta si aprì e Mira uscì, un po' spettinata e con il suo solito sorriso angelico ad incorniciarne il volto.
Subito dopo, anche Luxus, la seguì: l’uomo aveva lo sguardo vuoto, bloccato a fissare un punto imprecisato della sala, anche i suoi capelli erano spettinati ed il suo giacchetto era indossato solo da un lato.
“Mi converto!” fu l’unica cosa, che riuscì a dire, sotto lo sguardo stupito e confuso dei presenti.
“M-ma cosa gli hai fatto?” chiese Gray all’albina.
“E’ un segreto.” sorrise sorniona Mira.
“Anche Juvia vuole fare quello! Gray-sama, accompagna Juvia in quella stanza!”
“Nemmeno per scherzo!” urlò il ragazzo cominciando a correre per tutta la stanza inseguito da Juvia.
“Sono felice che tu abbia capito, nipote.” sorrise Makarov,
“Si, va bene. Ma non ti ho ancora perdonato.” rispose l’altro, roteando gli occhi, “In quanto a voi, branco di pazzi esaltati.” disse allo strano gruppetto, che subito si radunò vicino a lui.
“Ho deciso di lasciare andare la popolana. Per scusarmi gli offrirò la dote nuziale, così non avrà problemi per il matrimonio. Con Don Rodrigo parlerò io, quindi non dovrete preoccuparvi di quel vecchio.”
“Grazie, Luxus-sama.”
“Finalmente salveremo Levy.” gioì Gray.
“In quanto a te.” continuò il biondo, squadrando Don Abbondio, dall’alto in basso: “Vedi di sposare questi due disgraziati, o mi assicurerò personalmente di fartela pagare. Sono stato chiaro?!”
“Si, s-signore, chiarissimo.” pianse il curato, ritrovandosi per l’ennesima volta, nella merda fino al collo, “Perché toccano sempre tutte a me?! Se sono un codardo, perché l’autore mi fa sempre finire in queste situazioni. Tu sia maledetto, Manzoni!”
“Bene, visto che è tutto risolto, e che d’ora in avanti saremmo brave persone vi portiamo dalla vostra amica.” disse Evergreen.
“Su seguiteci, gente.”
Così il gruppetto dei tre Bravi e dei quattro salvatori si recò nelle catacombe, giunti alla cella di Levy, spalancarono la porta e…
Fra Cristoforo, che era il primo della fila, si ritrovò colpito in faccia da un candelabro, e cadde dolorante sul pavimento.
“Ma sei impazzita!” gridò, una volta attenuato il dolore,
“Fra Cristoforo, è lei?!”
“Certo che sono io Levy. Siamo venuti a liberarti.” disse l’uomo indicando i suoi compagni.
“Levy, come stai, cara?” chiese Laki avvicinandosi alla ragazza, e prendendole le mani.
“Come sto?! Come volete che stia!” sbottò la ragazza, “Sono stata rapita da questi lestofanti, chiusa in questa prigione, il mio matrimonio è rovinato, non so come stiano mia madre e Gajeel, per avere un pasto decente in questo postaccio ci vogliono ore, - a proposito, vi meritate zero stelle, il servizio è pessimo-, mi è comparso davanti un arcangelo gatto amante dei kiwi, ho fatto voto di castità, ho dovuto dormire in quel letto vecchio e polveroso, - anche il pavimento è più comodo-; e quel che è peggio, mi avete abbandonato qui senza nulla da fare o da leggere!”
L’ondata di lamentele colpì in pieno i sette, che ne furono schiacciati e non riuscirono neanche a protestare.
“Secondo me, è impazzita.” disse Don Abbondio,
“La solitudine fa male.”
“Juvia, pensa che sia in astinenza da lettura.”
“Ecco, e così ci siamo giocati la sposa.” si lamentò Gray, tappandosi le orecchie per non sentire più le urla della turchina.
Qualche ora dopo, comprendendo che Levy, non stava molto bene né fisicamente, né mentalmente, tutti convennero sul mandarla a casa della vecchia fattucchiera, amica del cardinale, che viveva nel bosco lì vicino.
 
“Siamo sicuri sia una buona idea?” chiese Perpetua,
“Tranquilla, la mia amica Polyushika è una grande curatrice, sono sicuro che sotto di lei la vostra amica tornerà in forma.”
“Perché questa vecchia vive in mezzo alla foresta?” chiese Don Abbondio intimorito.
“A lei non piace la compagnia delle persone, ma tranquilli non mi negherà un favore.”
 
“No!” fu la secca risposta, che diede l’anziana signora dai capelli fuxia, quando Makarov, ebbe terminato di raccontarle la storia di Levy.
“Ma Polyushika! Questa povera fanciulla è mal nutrita e debole, solo tu puoi aiutarla, inoltre se rimanesse qui con te sarebbe al sicuro da quel lestofante, che le sta dando la caccia.”
“La mia risposta è sempre no. Non voglio per casa nessuno, io odio le persone, figuriamoci le sfortunate ragazzine, che ogni due per tre mi ricorderebbero il motivo per cui gli uomini fanno schifo.”
“Ti prego in nome della nostra amicizia, aiuta questa poverina, non ha altro posto dove andare.”
“Non è un mio problema.”, “Vecchia egoista.”
“E’ così che parli alle persone a cui chiedi un favore.” disse la donna sbattendogli la porta di casa in faccia.
“Cavoli, quella nonnetta ha un pessimo carattere.” disse Gray,
“A Juvia è parsa un po' triste.”
“Si, dovete sapere, che solo pochi mesi fa, la sua nipotina è partita per Monza e si è fatta monaca, per riuscire a pagare le spese delle sue erbe curative, e da allora lei ne sente molto la mancanza.”
“Una delle monache di Monza, non è che forse la sua nipotina si chiama Wendy?” domandò Levy
“Si, proprio lei! La conosci?”
“L’ho incontrata al monastero. Sono rimasta sorpresa, che una ragazzina così piccola fosse già una monaca. Wendy è proprio una ragazzina ben educata e carina, molto ligia alle regole e sempre gentile.”
La porta della casa si aprì e tutti si voltarono, sulla soglia l’anziana signora fissava il gruppetto con aria arcigna.
“Puoi venire a stare da me, ma dovrai aiutarmi in casa.” disse, “E guai a te se ti sentirò lamentarti! Intanto, potrai raccontarmi come se la passa mia nipote al monastero.”
“Si signora.” gli sorrise Levy.
Il gruppo si separò, lasciando Levy dalla vecchia Polyushika, e dopo aver salutato Mira, Luxus ed il vecchio Cardinale, i quattro partirono per fare ritorno al loro paese, e magari ricevere qualche notizia di Gajeel.
 
“Che bello, finalmente questa storia è quasi finita.” disse sereno Don Abbondio,
“Già, peccato che stia per iniziare la parte peggiore.” mugugnò Perpetua,
“Che vorresti dire?”.
“Lo ha letto il copione? Dal prossimo capitolo scoppierà la peste.”
“COOOOSAAAAAA! Ma come, ma quando?” urlò il curato prendendo in mano un plico di fogli.
“Prima il copione non era così! Quando è stata aggiunta questa parte?”
“Una settimana fa. Sa l’autore ha pensato che non ci fosse abbastanza dramma nella sua opera; quindi, ha deciso di metterci anche l’arrivo della peste.”
“Non può farlo così all’improvviso! Ci sono troppe battute da imparare, e rischiamo di lasciarci la pelle! Perché sono sempre l’ultimo a sapere le cose?!”
“Guardi che c’erano già stati molti spoiler. È colpa sua, che non è mai aggiornato su nulla.”


Nota d’autore: ecco qui l’ottavo capitolo!
Ora, so che questo capitolo è un po' diverso dagli altri: tra discorsi seri, Cardinali che diventano giganti e copioni che cambiano all’ultimo minuto; penso di aver un po' esagerato. XD
Dovevo però aggiungerci quella discussione di Mira con Luxus e Makarov, in certi casi un po' di dramma fa sempre comodo, e questo mi ha permesso di rendere più bello e meno forzato il momento Miralux. (spero si scriva così, non sono brava ad unire i nomi.)
Spero che sia piaciuto a tutti i fan di questa coppia, personalmente fa parte della mia top five, e l’ho sempre trovata carina, perché quei due sono completamente diversi, almeno in apparenza, ma si comprendono alla perfezione.
Per il resto ho deciso di far svolgere a Makarov il ruolo di Borromeo, anche se effettivamente centra poco con la conversione di Luxus, colei che bisogna ringraziare è Mira. A proposito di questa miracolosa trasformazione, lascio immaginare a voi, cosa hanno effettivamente fatto quei due nella stanza.
Infine, nel prossimo capito giungerà la tremenda peste. (So che Don Abbondio vorrà strozzarmi, ma io sono innocente, sto solo seguendo un copione già scritto, che se la prenda con Manzoni. XD)
Scherzi a parte, ho un’importante notizia da dare a chi segue e legge questa storia: il capitolo nove non uscirà né domani né prossimamente. (Mi dispiace tanto darvi questa delusione.)
Purtroppo, non è ancora finito, ed essendo molto lungo, poiché è il penultimo capitolo ci sto impiegando molto tempo a scriverlo. Inoltre, in questo periodo è proprio il tempo materiale per lavorarci che mi manca.
Forse riuscirò a farlo uscire mercoledì o giovedì, ma non prometto nulla.
Ora, però, basta con le brutte notizie.
Ringrazio chiunque leggerà e recensirà questo nuovo capitolo, e spero di riuscire a postare presto il prossimo. Grazie.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** CAPITOLO 9 ***


E così, come era stato ampiamente spoilerato, alla fine tutta l’Italia fu colpita, proprio quello stesso anno, da una tremenda e contagiosa epidemia.
Essa si sviluppò, inizialmente in Europa e poi si diffuse anche in Italia, portando morte e sofferenza agli abitanti di tutta la penisola.
Ecco, quindi, che anche gli italiani si ritrovarono ad affrontare la tremenda epidemia chiamata Covid 19… ehm Peste! Il nome dell’epidemia era Peste! La stessa che nel ‘300 aveva causato lo sterminio di due terzi della popolazione dell’emisfero occidentale.
La colpa dell’arrivo del Cov… della Peste in Italia, venne attribuita dai politici e dal re, ad un certo paziente zero, non ben identificato, che però venne ritenuto parte dei lanzichenecchi. Ovviamente, tutto ciò avvenne quando il governo si rese conto dello scoppio dell’epidemia, e soprattutto tirò fuori le palle, e disse chiaramente che un’altra ondata di Peste era scoppiata.
Ormai, però, era tardi ed il morbo si era già diffuso, grazie all’ignoranza dei popolani, che rassicurati dalle notizie locali continuarono a svolgere liberamente le proprie attività.
Fu in questo periodo, che Gajeel, dopo aver superato tranquillamente la Peste, con una normale febbre ed un po' di raffreddore, comprese che era inutile continuare a nascondersi e decise di partire per cercare Levy.
Questa sua scelta dipese, anche dal fatto, che gli affari ormai non gli andavano più bene, anzi non gli erano mai andati bene.
Inizialmente, aveva provato a svolgere al meglio la professione di fabbro, ma si era subito reso conto, che ai suoi clienti gli oggetti mangiucchiati non piacevano molto. Ciò nonostante, ignorando le continue lamentele si era messo a lavorare, ma ora che tutto il Paese era nel caos e la gente si rifiutava pure di uscire di casa, comprese che era arrivato il momento di chiudere bottega.
Un giorno non precisato di quell’anno, lasciandosi indietro Bergamo riprese diretto al villaggio dove sperava di rivedere la fidanzata, o almeno di ritrovare Gray o Cobra, per chiedere informazioni.
 
Proprio in quel periodo, anche al villaggio era scoppiata la peste, uccidendo molti degli abitanti. Lo stesso Don Abbondio si era messo a letto, ed era rimasto in uno stato comatoso per mesi.
“Maledetto autore, e a quando hai deciso di cambiare il copione! Chi te lo ha chiesto tutto questo dramma! Ma se ti metto le mani addosso altro che Peste, ti faccio vedere io!” ripeteva tra un delirio febbrile e l’altro, mentre la Perpetua lo assisteva, più amorevolmente che poteva.
Fu così che anche lei si ammalò e fu costretta a starsene a letto, e Don Abbondio; invece, si ritrovò a dover soddisfare tutti i suoi capricci.
DRING DRING
“Arrivo, arrivo! Solo un attimo, la minestra è quasi pronta.” urlò l’uomo prima di afferrare un mestolo e rovesciare il contenuto di una pentola dentro un piatto. Fatto ciò, prese a zoppicare, facendo pressione sul manico della sua fidata amica, e salì piano piano i gradini, mentre il trillare del campanello si faceva sempre più forte ed insistente.
“Alla buon’ora!” gli urlò Laki, quando l’uomo aprì la porta, “Qui c’è una povera ragazza, molto ammalata e forse prossima a spirare, che vuole solo godersi una minestra calda, e lei la fa pure attendere!”
“Beh, scusa tanto se non sono bravo in cucina, non fa parte delle mie mansioni.”
“Non sa svolgere bene, nemmeno le proprie.” bofonchiò, portandosi il cucchiaio pieno di minestra alla bocca.
“Bleah! Don Abbondio ha messo lo zucchero nella minestra! Cosa sta tentando di fare, avvelenarmi?!” sbraitò disgustata la serva, dopo aver sputato l’intruglio in faccia al prete.
“Magari. Sai quanta pace e silenzio ci sarebbero dopo, in casa.” rispose l’altro.
La Perpetua, però, non apprezzò molto la battuta e gli scaraventò in faccia il piatto con la minestra, inzuppandolo ed ustionandogli il volto.
“Adesso scende e me ne prepara un altro pentolone, e veda che questa volta sia buona.” disse, ignorando i lamenti del curato, che rassegnato a quella tirannia imboccò la porta.
“Uffa, si può sapere come fa ad avere tutta questa forza se è malata?! E se ne ha così tanta, perché cavolo non guarisce, sono mesi che è a letto e mi comanda a bacchetta. -Non che non lo abbia mai fatto, ma da quando gli ho dato quel campanello, fa il doppio del rumore. -”
Stufo e rassegnato, il prete si mise nuovamente a preparare la cena, quando…
CRACK
Il rumore proveniente dal piano di sopra lo fece sussultare, e lasciando tutto acceso corse come un matto verso la stanza di Laki. Nella sua mette si affacciavano gli scenari peggiori, e temeva di entrare e trovarsi la donna spirata e riversa sul pavimento.
La sua idea non fu molto diversa da ciò che vide, una volta spalancata la porta: sul pavimento c’era, effettivamente, Laki, ma non era morta, anzi era più che viva. Aveva la testa nascosta sotto il letto, e stava raccogliendo vetri rotti.
Solo dopo un’attenta osservazione Max si rese conto, che stava raccogliendo pezzi del termometro, caduti sul pavimento ed inzuppati in una poltiglia nera; accanto ad essi, il prete distinse il manico di una tazzina. Ed il suo cervello ci mise un secondo a fare due più due.
“BUGIARDA! IMBROGLIONA! Come hai potuto fare una cosa del genere! Io sono qui a spaccarmi la schiena da tre mesi, preoccupato per la tua salute e tu per tutto il tempo TI FINGI MALATA! HAI D’AVVERO LA PESTE?! RISPONDI!”
Per tutto quel baccano Laki, che fino a quel momento non aveva notato la presenza del padrone, si sollevò, sbattendo la testa contro lo stipite del letto.
“Don Abbondio, cosa sta dicendo? Io sono veramente ammalata.” disse indicandogli la sua faccia, ma l’altro non si fece abbindolare dal pallore della sua pelle.
Subito le arrivò davanti, e fatto passare un dito sulla sua guancia, lo ritrovò sporco di una sostanza biancastra.
“Questa è farina!”
“Ops… uffa, sapevo che non dovevo usarla, era troppo scontata. Certo mi sarei aspettata lo scoprisse un po' prima, ma sapendo che era un alloco, ho pensato sarebbe bastata per ingannarla.” gli fece la linguaccia la quattrocchi.
“Ma sei fuori di testa! Perché cavolo hai finto tutto questo tempo?”
“E’ molto semplice, durante il suo periodo di convalescenza lei non ha fatto altro che ordinarmi sempre l’impossibile: quando la minestra era troppo fredda, quando la luce dalle finestre filtrava troppo, quando il cuscino non era abbastanza comodo… insomma non ne potevo più! Poi un giorno le sento dire ‘se tu fossi al mio posto, io mi fare in quattro per te ’.  Così dopo un periodo tanto stancante, ho deciso di testare la veridicità delle sue parole, e mi sono finta ammalata.”
“Ma io ti disintegro, hai idea di quanto sia stato faticoso starti dietro!” gli inveì contro il prete.
“Non faccia tanto l’esagerato, mi sono pure contenuta. E, comunque, adesso sa come mi sento io tutti i giorni a dover soddisfare tutti i suoi bisogni. Visto, non è poi così facile mantenersi calmi con tutto quello che c’è da fare, e con qualcuno che ti urla ordini a destra e manca. Nonostante questo, devo farle i miei più sinceri complimenti, lei si è comportato veramente bene in questo periodo, e per premiarla ho deciso di rimettermi a lavorare.”
E così Don Abbondio, rimase imbambolato come un salame, mentre Perpetua riprendeva a pulire casa. Il curato non sapeva se essere arrabbiato per l’inganno o essere felice perché la sua serva si era ripresa, stava bene, e soprattutto si era rimessa a svolgere il suo lavoro.
“DON ABBONDIO, HA LASCIATO I FORMELLI ACCESI! E HA BRUCIATO ANCHE LA MINESTRA!” sentì Laki inveire al pianterreno, e la sua gioia si tramutò in sconforto.
“Che Dio mi aiuti!” pregò, con le mani unite e lo sguardo rivolto verso il cielo.
 
Altrettanto drammatica era la situazione che si stava tenendo al castello di Don Rodrigo.
Anche il nobile, infatti, aveva contratto il morbo che lo aveva costretto a letto e lo aveva privato di tutte le forze.
Si era reso conto di essere ammalato, una sera, mentre tornava ubriaco da un party. Ovviamente, figuriamoci se a quella festa la gente aveva rispettato le norme di distanziamento o l’uso delle mascherine protettive.
Così da allora era riverso nel suo giaciglio, con un febbrone da cavallo ed una marea di pustole nere su tutta la pelle.
DRING DRING
Il campanello trillò ed i Bravi di Crime Soierce, eccetto il Griso, comparvero nella stanza.
“Bleah! Che schifo.” esclamò Sorano, volgendo la testa.
“Padrone, ha proprio una pessima cera.” disse Sawyer,
“Già, la Peste non solo l’ha debilitato, ma lo ha reso ancor più brutto di quanto non fosse già.” disse Meredy.
“Non credevo fosse possibile.” continuò Richard.
“E’ anche più spaventoso dei miei peggiori incubi.” disse Macbeth, prima di riappisolarsi, rifugiandosi nel mondo dei sogni.
“Smettetela, M-Men! I-io s-sono il v-vostro p-padrone! E s-sono s-sempre s-stato un uomo b-bellissimo! È t-tutta c-colpa d-di questa d-dannata Peste, s-se sono ridotto i-in questo stato. I-invece di deridermi, c-cercate un modo per curarmi!”
“Tsk, mi chiedo perché siamo ancora qui ad obbedire a questo tizio.” protestò Meredy.
“Perché siamo Bravi leali.” tentò Richard, ma fu zittito da un’occhiataccia dei compagni, “Perché ci paga bene e ci mantiene.” corresse Sawyer, mentre tutti gli altri approvavano.
“Adesso basta, ragazzi!” li zitti Sorano, “Visto che il nostro padrone è stato così misericordioso da farci rimanere al suo servizio, noi dobbiamo supportarlo e trovargli una cura o un dottore.”
“Finalmente, Men. Una che ragiona, tra voi c’è! Giuro che una volta guarito vi riempirò d’oro, a tal punto che vi uscirà pure dalle orecchie. Ora, però, uno di voi vada a chiamare il dottore, che abita nel villaggio, è un mio caro amico. Mi raccomando, però, massima segretezza, nessuno deve sapere che sono ammalato, soprattutto i Monatti.”
“Lasci fare a noi, capo.” disse Sorano, per poi tirare fuori dalla tasca del suo vestito un foglio di carta ed una penna, “Adesso, però, prima di proseguire deve rinnovare i nostri contratti di lavoro, sono scaduti proprio oggi.” e gli porse la penna, con il foglio davanti, stando ben attenta a non toccarlo.
L’uomo, troppo affaticato, firmò subito la ricevuta, senza neanche leggerne il contenuto e la porse alla Brava, che munita di guanti l’afferrò e prese a disinfettare la penna.
Infine, dopo aver dato una lettura veloce al foglio, sollevò un pollice, e si rivolse al suo compagno: “Perfetto, Sawyer adesso puoi andare a chiamare i Monatti!”
“Corro!” e sfrecciò via.
A Don Rodrigo si rizzarono i capelli in testa ed il pallore sulla sua pelle aumentò, “Cos’è uno scherzo?! Perché se lo è, è di pessimo gusto!”
“Nessuno scherzo, Don Rodrigo.” prese la parola Meredy, “Ci siamo solo stufati di avere a che fare con un bifolco come lei. Quindi, ci licenziamo. Per quanto riguarda la sua situazione, dopo tutto quello che ha fatto a questo paesello non possiamo certo lasciarla impunito, ci penserà la Peste a fargliela pagare. Ovviamente, non possiamo certo lasciarla qui da solo, in fondo è stato il nostro ex capo, abbiamo quindi deciso che potrà riposarsi nel Lazzaretto, che si trova a Cantù.”
“VOI, TRADITORI! INFAMI! DOPPIO GIOCHISTI! MEEEEEN! MA NON AVRETE UN SOLDO, UNA VOLTA CHE SARO’ GUARITO VE LA FARO’ PAGARE CARA! VI DARO’ LA CACCIA, NON AVRO’ ALCUNA PIETA’.”
“Ehi, perché il capo urla tanto? Glielo avete già detto?” chiese Macbeth svegliato da tutto quel fracasso.
“Non abbiamo ancora finito con le sorprese.” disse Sorano,
“Di cosa stai parlando, imbrogliona?”
“Semplice, ha presente quel pezzo di carta che ha firmato poco fa?” chiese l’albina ad Ichiya che ormai a causa della febbre e di tutte quelle rivelazioni, stava per svenire.
“Beh, deve sapere, che non ha rinnovato i nostri contratti. Con quel foglio, lei ci ha appena resi i possessori di tutte le sue ricchezze, e non avendo eredi tutto il suo patrimonio adesso ci appartiene.”
“MEEEEEEEEENNNNNNN!” gridò disperato Don Rodrigo, mettendosi quasi a piangere, mentre tentava inutilmente di sollevarsi in piedi.
Alla porta bussarono, ed un attimo dopo comparve Sawyer seguito da due Monatti.
“Urgh! Che schifo!” esclamò uno dei due,
“Bleah, mi viene da vomitare solo a guardarlo.”
“Un altro poveraccio colpito dalla peste.” continuò il primo.
“Già, ma in questo caso, è stata davvero una bastarda, guarda come lo ha ridotto.” disse indicando il volto di Ichiya, completamente bianco e opaco, con gli occhi scavati ed il moccio che gli colava dal naso.
“Tranquilli, lui era già tremendo quando era sano.” disse Meredy.
“Si può sapere chi è?” chiese il Monatto,
“Ma come, non lo riconoscete? È Don Rodrigo!” disse Richard.
“Don Rodrigo! Quel buzzurro di un nobile! Quello che solo un anno fa, la faceva da padrone per tutto il villaggio?!”
“Proprio lui. Potete sbrigarvi a portarlo via. Solo la sua faccia ci disgusta.” disse Macbeth.
“Ovviamente, dopo anni di tirannia, questo schifoso vecchiaccio avrà quel che merita!”
Disgustati solo dal doverlo sollevare, per caricarlo sul carretto, i due uomini legarono i polsi e le caviglie del nobile ad un bastone e se lo caricarono in spalla. Mentre il poveraccio si dimenava e tentava di liberarsi, gridando come un matto minacce e contro minacce verso i suoi servitori; che in tutta risposta lo salutarono sorridenti.
“Finalmente siamo liberi di fare quel che più ci piace.” rise Sawyer, stiracchiandosi.
“Già, più nessuno a darci ordini a destra e manca, o a farci fare cose che non vogliamo.”
“Viva l’amore e la libertà.”
“Inoltre, siamo tutti ricchi sfondati.” disse Macbeth.
“È vero, ma ve lo immaginate. Potremmo vivere come re, dove più ci piace. Addio vita da delinquenti!” gioì il biondo.
“Che ne dite, se donassimo una parte dei nostri soldi ad Erik e Kinana?” chiese Richard.
“Potremmo anche farlo, ma non credo che Erik accetterà mai i soldi di Don Rodrigo. Ricordiamoci che è stato lui a farlo finire in prigione.”
“Potremmo non dirgli da dove vengono i soldi.” consigliò Meredy, e tutti approvarono l’idea.
Stavano rientrando nel maniero pronti a svaligiarlo di tutte le sue ricchezze, quando…
“FERMI TUTTI DOVE SIETE!” gridò Sorano, e gli altri si paralizzarono sul posto.
“E adesso che c’è?” chiese il biondo, “Dobbiamo muoverci o ci metteremo una vita a preparare tutto.”
“Io ho sonno, quindi facciamo in fretta.”
“Razza di incoscienti! Vi rendete conto del pericolo che stiamo vivendo? Don Rodrigo era ammalato ed i suoi germi si saranno attaccati a tutto quello che ha toccato in questi giorni. Non possiamo metterci a svaligiare tranquillamente la casa! Rischiamo di prenderci la peste, e fare la sua stessa fine!”
A quella prospettiva tutti i Bravi tremarono. Comprendendo le parole della compagna rimasero in attesa di una soluzione, che non tardò ad arrivare.
“Venite qui!” ordinò l’albina, “Lavatevi le mani…” disse indicando il catino di acqua insaponata, che aveva alle spalle, “Dopo di che, prendete guanti, mascherine e spray disinfettante ed andiamo ad igienizzare l’intero palazzo.”
Così disse, e così fecero. Pulirono ogni centimetro quadrato dell’immenso maniero, e poi presero a svaligiarlo, portando via tutto quello che ritenevano avesse un certo valore.
Il carico totale si rivelò talmente vasto, che ci vollero ben cinque carri, stracolmi di ogni ben di Dio, per trasportare via quella roba.
Ormai lontani i cinque criminali, non notarono il crollo del castello. Avevano trafugato talmente tante cose, che l’intero edificio ormai vecchio e spoglio, cedette.
Fu così, che i cinque Bravi lasciarono il paesello e decisero di fuggire verso la campagna, luogo isolato, dove speravano di scampare alla peste.
 
Durante il tragitto si imbatterono in una loro vecchia conoscenza.
“Ehi signora Mondella!” la chiamò Sorano, e la bionda si voltò.
Appena Agnese vide quei cinque carri stracolmi di ogni ricchezza, sgranò gli occhi paralizzandosi sul posto.
“M-Ma voi siete i Bravi di Don Rodrigo.” disse riconoscendo i cinque individui,
“Ex Bravi. Ci siamo appena licenziati.” la corresse Meredy.
“E già che c’eravamo, abbiamo pensato di svaligiargli il castello.” disse Sawyer, indicando le montagne di oggetti.
“Adesso ci stiamo dirigendo verso la campagna, vuole venire con noi?” chiese Richard.
“Mi piacerebbe, ma devo raggiungere Milano, mia figlia si trova al Lazzaretto vicino Cantù.”
“Sapevamo che era fuggita dal palazzo dell’Innominato, ma non credevamo che fosse ammalata.” disse Macbeth.
“Non credo che abbia la peste, ma ho saputo che è diventata l’assistente di una vecchia dottoressa, e che la sta aiutando con gli appestati.”
“Capisco, senta che ne dice se la accompagniamo noi, a Milano. Faremo sicuramente prima che a piedi.”
“Davvero sareste così gentili?” chiese la ragazza, con sguardo supplichevole.
“Ma certo.” disse Sorano, “Tutto per gli amici dei nostri amici.” e fece accomodare Lucy sul carretto.
“A proposito, questi sono per lei.” le porse un sacchetto Meredy.
“Cosa sono?”, “Il pagamento per la finestra e la porta.”
“Finalmente vi siete decisi a risarcirmi! Sono mesi che vi invio ogni sorta di lettera.”
“Già, ci scusi, ma le ha ricevute tutte Macbeth e si è addormentato sempre prima di consegnarcele, e poi se ne è dimenticato.” spiegò Meredy, indicando il compagno addormentato.
 
Gajeel giunse al villaggio nel tardo pomeriggio, e lo trovò completamente abbandonato, oltre che lurido e decadente. Il piccolo sobborgo gioioso ed accogliente ormai era un lontano ricordo, che a causa di tutto quel degrado si era tramutato in un paesello fantasma.
Ignorando l’aria cupa e deprimente che quel luogo emanava, il moro prosegui spedito per il centro, fino a giungere davanti all’abitazione di Erik.
La casetta in legno presentava sbarre alle finestre e tutti gli scuri erano chiusi, scavalcando tranquillamente il cancello, il Dragon Slayer non perse tempo e scardinò la porta entrando nel soggiorno.
Qui, però, non trovò nessuno. Quasi gli dispiacque di non essere accolto da una coltellata, ma ci pensò la sorpresa di pochi secondi dopo a fargli passare quel desiderio.
Infatti, dopo aver fatto appena tre passi nella stanza, inciampò in una corda e subito dai muri si aprirono dei forellini, dai quali schizzarono fuori una marea di freccette.
Con tutta l’agilità di cui era capace il moro, saltò, schivò e si abbassò, riuscendo ad evitare tutti i colpi.
Ma, quando credette, che ormai il pericolo fosse scampato, un gigantesco ariete fatto di legno scivolò dal soffitto e lo prese in pieno busto, lanciandolo nuovamente fuori casa. Nel punto del giardino in cui atterrò, erano state appositamente preparate una marea di tagliole, ed il poveraccio ci finì sopra.
“WHAAAIOOO!” gridò dal dolore, mentre le trappole per topi, gli si conficcavano ovunque, facendogli sanguinare la carne. Disorientato, fece qualche passo in dietro e mise un piede su un rastrello prendendo il manico in pieno muso. Infine, girandosi su sé stesso un paio di volte, mise piede sul terreno friabile e cadde in una fossa, appositamente scavata.
Rimase ko, per non seppe nemmeno lui quanto tempo, quando il dolore e la confusione si attenuarono riuscì ad aprire di nuovo gli occhi, e lentamente, dopo essersi messo a sedere, prese a togliersi le tagliole.
Cercando di ignorare le fitte di dolore portò a compimento l’ingrato compito ed una volta riuscito a sollevarsi in piedi, aggrappandosi con le mani alla parete rocciosa, uscì dalla fossa, riuscendo a rivedere nuovamente il cielo sopra la sua testa.
Stando ben attento ad evitare il rastrello, ancora poggiato a terra, e pronto a fargli qualche nuovo scherzo, il ragazzo si diresse in punta di piedi verso l’uscio di casa.
Finalmente giunto davanti alla porta, che stranamente si era richiusa da sola, ci trovò attaccato un pezzetto di carta. Afferrato, se lo porto davanti al muso e prese a leggere ciò che c’era scritto…
Salve a te, ladro malintenzionato! Se stai leggendo questo messaggio significa, che da bravo bastardo quale sei, volevi entrare e svaligiarmi casa, peccato ti sia andata male! Comunque, se sei qui a leggere questo foglio di carta, significa che sei sopravvissuto alle mie trappole mortali. Questo significa che sei stato o molto fortunato o molto abile, -buon per te. Ora sparisci dal mio giardino! –
Se, invece, vuoi ignorare questo mio avvertimento e tentare la sorte sei libero di rientrare, ma ti avverto subito il meccanismo delle trappole cambia ad ogni ingresso, ed esse sono sempre più pericolose e nocive! Inoltre, sappi che sono molto esperto e conosco bene il ramo della delinquenza, se riuscirai a derubarmi, prima o poi ti rintraccerò, e per allora sarà meglio per te aver già fatto testamento!”
Gajeel fissò intontito il foglietto di carta, quella era sicuramente la scrittura di Cobra, solo che il messaggio non era rivolto a lui. Fu, però, incuriosito dalla seconda parte dello scritto.
… QUESTA PARTE È DESTINATA A GAJEEL TRAMAGLINO, -se non lo sei per il rispetto della privacy non leggere, vedi sopra cosa ti succederà se non ubbidirai-.
GAJEEL, BRUTTO IDIOTA! NON PERDERE TEMPO, VA SUBITO NEL CESPUGLIO VICINO A CASA E CERCA UNA FIALETTA DI COLORE VERDE! Molto probabilmente in questo momento ti sentirai stanco e spossato, è perché sei stato colpito da uno dei dardi avvelenati, CORRI SUBITO A PRENDERE L’ANTIDOTO!”
“Merda!” esclamò il moro, sbiancando per la paura.
Aveva effettivamente avvertito una leggera stanchezza, e il suo stomaco era in subbuglio. Sollevandosi in piedi prese ad ispezionarsi fino a trovare sul polpaccio destro un piccolo forellino; dovuto sicuramente ad uno dei dardi avvelenati che lo avevano accolto nell’ingresso.
Senza perdere tempo corse verso il cespuglio, ed estirpando la piccola ramificazione erbosa, trovò la fialetta indicata. Senza attendere oltre, stappò il recipiente e prese a berne il contenuto. Appena la brodaglia amarognola gli fu passata giù per il gargarozzo, si sentì rinascere, ed osservando la puntura sulla gamba destra vide, che si era sgonfiata e stava lentamente sparendo.
Comprendendo, che quel giardino era forse il luogo più pericoloso dei dintorni, varcò subito il cancellino allontanandosi dalla proprietà dell’amico.
Distanziatosi di parecchi metri si sedette su un rialzo sassoso e riprese la lettura…
Gajeel! Se stai leggendo il continuo di questa lettera vuol dire che sei sopravvissuto! Ne sono molto felice! In caso contrario, pace all’anima tua! Spero tu possa goderti il tuo riposo eterno e che ti accolgano in Paradiso! ...”
Dannato bastardo, fottiti.”
“… Questo ti serva di lezione a non sfondarmi la porta di casa! -Perché anche se non sono lì e non ti ho visto, so che lo hai fatto! Guai a te se ci riprovi! –
Ti starai sicuramente chiedendo dove siamo io e Kinana, beh come ovviamente saprai è scoppiata la peste, e noi abbiamo deciso di darcela a gambe, visto che stavano praticamente morendo tutti nel villaggio. Ci siamo recati nella nostra casetta di campagna, e lì resteremo, -sperando di non contrarre il morbo-, fin quando la situazione non migliorerà.
Certamente sarai venuto a cercarmi per sapere qualcosa su Levy: non ne so molto. Sapevo che era stata rapita dall’Innominato, ma che grazie a Fra Cristoforo era stata tratta in salvo e fatta risiedere in un luogo nascosto, ma non so dirti altro.”
“Quando incontro di nuovo quel frate nudista, devo ringraziarlo.” pensò Gajeel, “Mi chiedo chi sia questo Innominato, preghi che Levy stia bene e che durante la sua reclusione non abbia sofferto troppo o giuro che lo ammazzo.”
Curioso e deciso a terminare quella lettura, continuò…
Sono certo che Agnese ti saprà aggiornare meglio di me.
Parlando d’altro, io e Kinana abbiamo già preparato il regalo per il matrimonio, quindi vedete di muovervi a sposarvi, che questa storia è andata per le lunghe! Ci rivedremo alla cerimonia.
Vi auguro ogni bene, e buona fortuna.
P.S. Quest’ultima frase è di Kinana: io non ti auguro un bel niente se non di muoverti a sposarti, e soprattutto di darti una calmata. Dopo tutto quello che hai combinato a Milano, spero tu abbia imparato la lezione.
Ci rivedremo presto dal vivo, e termineremo la nostra sfida. Guai a te se muori di peste, imbecille con il ferro al posto del cervello!”
Il messaggio terminò lì, ed il moro non riuscì a reprimere un sorriso divertito, mentre l’ultima frase gli ricompariva in testa.
“Quel cretino di Cobra è proprio intenzionato a prendere una sonora batosta.” disse iniziando a ridere, mentre si incamminava verso casa Mondella.
Il sole era quasi calato, quando giunse davanti all’abitazione. Prima di entrare, però, si ritrovò sulla porta un altro biglietto, che recitava: “Gajeel, spero che tu sia vivo e vegeto, e che tu stia leggendo questa lettera. Sono appena partita per Milano, quando ho scoperto che Levy si trovava nel Lazzaretto. -So, che sei un ignorante di prima categoria, e sicuramente ti starai chiedendo cos’è un lazzaretto: è il luogo dove vengono ricoverati tutti quelli che hanno contratto in forma grave la peste!”
A quella notizia Gajeel si sentì sprofondare la terra sotto i piedi; miliardi di domande gli frullarono nel cervello: Levy aveva contratto la peste? Era moribonda su un letto? Era già morta? Cosa cavolo c’era andata a fare in un posto tremendo come quello? Perché nessuno lo aveva avvertito? Qual era il modo peggiore e più doloroso, per uccidere l’autore, che lì aveva costretti a quella situazione?
Se non fosse stato per l’improvvisa fiacchezza, che quella notizia ed i venti chilometri di camminata, gli avevano procurato, sarebbe partito a corsa per la città.
Distrutto, però, da quella rivelazione rimase immobile, fin quando la sua mente non si decise a riprendere la lettura…
Sta tranquillo, Levy non è ammalata!”
Quasi scoppiò a piangere a quella notizia, mentre una parte di lui malediceva Lucy per non aver scritto quella parte prima o più grande.
Nonostante questo, dobbiamo subito recarci a Cantù, per assicurarci che stia bene, e perché voi due dovete sposarvi! Non so quando leggerai questo messaggio, ma sbrigati a partire, che con questo clima di miseria e paura non si sa mai cosa possa succedere.
Un’ultima cosa: non entrare assolutamente in casa! Ho attivato l’allarme, e se non vuoi essere folgorato, fatto a pezzi o bruciato vivo, allontanati immediatamente dalla porta.”
“Ma che problemi hanno tutti quanti con i sistemi d’allarme?! Poveracci quei ladri che tenteranno nell’impresa di svaligiare queste case. Io, comunque, non ci penso neanche ad entrare, figuriamoci se voglio ritrovarmi di nuovo in quella situazione.” si disse prima di mettersi a correre il più lontano possibile dalla casa, temendo esplodesse all’improvviso.
 
Giunta la sera, si interrogava su come raggiungere Milano e se partire subito o attendere il mattino.
Il problema più grave era rappresentato dai mezzi di trasporto. Si era, infatti, reso conto che ad andare a piedi ci avrebbe messo troppo; quindi, doveva per forza usufruire di un veicolo.
L’idea, però, gli procurava dei tremendi conati di vomito, ed il solo pensiero di salire su un traghetto o su un carro, lo terrorizzava.
Mettendo da parte la paura ed il voltastomaco, si incamminò verso i confini del villaggio, dove aveva letto, solo poche ore prima, un’insegna, su cui era scritto: “COMPAGNIA DI TRASPORTO CAROVANO. GRATUITO IL PRIMO VIAGGIO INAUGURALE.”
Arrivato davanti al grande cartello, sotto cui era riposto un calesse con attaccato un cavallo, avvertì subito il suo stomaco contrarsi; ma scuotendo la testa si fece avanti.
Grande fu la sua sorpresa quando scoprì che i due guidatori, erano sue vecchie conoscenze.
“Che ci fate qui voi due?” chiese ai due ragazzi, seduti sopra il carretto, intenti a leggersi due giornalini.
“Ehi, ma tu sei quello che un anno fa abbiamo traghettato dall’altra parte del lago!” esclamò Sting montando giù dal carretto, pronto ad abbracciare il moro, ma Rogue lo trattene ricordandogli le norme per la sicurezza.
I tre dovettero accontentarsi di un saluto a distanza.
“Come mai sei tornato in questo sfortunato paese?” chiese Rogue,
“Ero venuto a cercare Levy. Voi invece, come mai non traghettate più la gente?”
“Semplice!” intervenne Sting, “Con l’arrivo della peste nessuno viaggia più in barca, inoltre visto che ci sentivamo sempre male, i nostri clienti ci scambiavano in continuazione per untori, e ci stavano alla larga. Gli affari andavano malissimo, e non riuscivamo a mantenere le nostre famiglie.”
“Famiglie?”
“Ebbene sì, proprio un mese fa io e Rogue ci siamo sposati! Le nostre mogli sono quelle due ragazze che lavorano alla filanda cittadina, Yukino e Minerva.” disse orgoglioso il biondo, esibendo un sorriso a trentadue denti.
“Praticamente manchi solo tu a sposarti.” gli disse Rogue.
“Guarda che lo so benissimo!” rispose l’altro irritato, e forse un po' invidioso.
“Sono venuto qui proprio per questo! Voglio andare a Milano, i possessori di questa carrozza mi ci devono portare!”
“Ehi, guarda che siamo noi i padroni di questo mezzo!” disse Sting accigliato, “Ti abbiamo detto che stavamo fallendo come barcaioli; quindi, ci siamo dati alla guida delle carovane! Sei il nostro primo cliente, quindi non dovrai pagare nulla, forza salta su ti portiamo a Milano!”
L’altro, però, rimase immobile.
Vedendo la sua esitazione i due non poterono trattenersi dal commentare: “Andiamo non ti sentirai male anche sui carri?!”, “Certo che hai lo stomaco delicato! Sta tranquillo andremo piano.”
Il moro, sorprendentemente non si infuriò per i commenti, anzi scoppiò in una fragorosa risata.
“Cosa c’è da ridere?” chiesero i due, fissandolo in cagnesco.
“Ghjijiji! Si vede proprio che non avete mai messo piede su un carro. Va bene salgo, ma preparatevi, perché anche quest’attività non vi frutterà un bel niente.”
“Che vuoi dire?” chiese Rogue, “Vedrai!”
 
E, infatti, entrambi i Dragon Slayer, scoprirono ben presto che salire su un carro gli faceva un effetto ancora peggiore di stare su una barca!
Ad ogni curva, sasso, rialzo e buca sentirono il pranzo muoversi nella pancia, e dopo l’ennesimo sobbalzo non riuscirono a resistere e diedero di stomaco.
Tutto questo, senza aver percorso nemmeno mezzo metro: dovevano ancora fare, la bellezza di venti chilometri, prima di vedere le porte di Milano.
A quella prospettiva i tre rischiarono lo svenimento e divennero, prima bianchi, poi blu ed infine verdi.
Nonostante questo Gajeel prese in mano la situazione e riuscì a convincere quei due, che supportati dal proprio orgoglio professionale e da due pugni ben assestati sul cranio, si fecero forza e ripresero il viaggio.
Scorsero l’ingresso della città nel momento in cui il sole sorgeva, avevano proseguito tutta la notte, il viaggio, ed erano talmente ridotti male, che la gente che li incontrava lungo la strada si metteva a correre gridando: “AIUTOOOO! C’E’ UN’INVASIONE DI ZOMBIIII!”
I tre ‘morti viventi’, non facendo molto caso alle grida dei passanti, - troppi erano i problemi di cui la loro mente doveva occuparsi in quel momento-, giunsero per grazia ricevuta al portone; e subito smontarono dal calesse, respirando a pieni polmoni l’aria fresca del mattino e baciando la terra.
“Non metterò mai più piede su un mezzo di trasporto!” gridò Gajeel, “Nemmeno noi!” convennero gli altri due, cominciando a prendere a calci il veicolo.
“E come ci tornate a casa?”, “A piedi!” gli gridarono dietro, prima di incamminarsi, abbandonando il carro davanti alla città.
Titubante il moro varcò la porta, quel luogo gli riportava alla mente troppi ricordi, e temeva di essere riconosciuto.
Ma, nell’istante in cui giunse nel centro città, si rilassò, constatando che era praticamente deserto, fatta eccezione per i Monatti, che, come al solito, caricavano gli appestati, e per qualche disgraziato riverso sul pavimento, intento ad esalare l’ultimo respiro.
Intristito da tutta quella sofferenza proseguì il suo cammino, ma non ancora ripresosi dal viaggio, si appoggiò ad un muro, e qui fu nuovamente testimone della grande e benevola accoglienza milanese.
“UNTOREEEE!” gridò un disgraziato indicandolo con un dito, e subito dalle case comparvero gli abitanti armati di torce, forconi, fruste, corde e pure asce.
Si misero ad inseguirlo per tutte le strade ed i vicoli, intenzionati ad accopparlo.
Il poveraccio, percorse l’intero sobborgo cittadino, con alle calcagna quei pazzi furiosi, “Pazzi scatenati! Maniaci! Questa città è malata, ma non di peste! Non ci metterò più piede! È peggio di Salem!”
Alla fine, riuscì a scampare al rogo, salendo su uno dei carri dei Monatti, che gentilmente lo accompagnarono al Lazzaretto.
 
Quando varcò la soglia del Lazzaretto, si sentì mancare il fiato in gola: davanti a lui si estendevano un’infinità di giacigli, su cui venivano malamente deposti gli appestati, dai Monatti.
Tra i malati, si distinguevano i moribondi, che distesi su letti sporchi, maleodoranti e spagliati, avevano soltanto la forza di respirare, e pian piano anch’essa li stava abbandonando.
Questo lo constatò avvicinandosi ad un letto, dove riposava una bambina, di appena sette anni, la quale era distesa sul sudicio materasso, incapace perfino di sollevare le palpebre. Il moro rimase a fissarla impietrito, ed impotente osservò il suo respiro farsi sempre più lieve, fino all’ultimo grande sospiro, simile ad un rantolo, il quale non fu preceduto da nient’altro, se non da un rilassamento totale dell’esile corpicino.
La morte di quella bambina gli procurò un tremendo dolore al petto, come se gli avessero appena trapassato il cuore. Asciugandosi una lacrima, diede le spalle alle due infermiere, che velocemente venivano a liberare il letto, per fare spazio al nuovo arrivato.
Girando a destra, dove si formava una curva separata dal resto da un vecchio muro, si ritrovò in un’altra area della struttura. Qui vide una marea di uomini vestiti con tonache, che portavano ciotole e mestoli, oppure che si sedevano vicini agli allettati e cercavano di dargli conforto.
Fu, qui, che tra mille volti riconobbe un uomo che non vedeva da un anno: “Gray!” esclamò facendosi in contro all’amico, che riconoscendolo a sua volta gli si fece in contro zoppicando.
I due si salutarono felici di essersi ritrovati, ma subito Gajeel notò qualcosa di strano nel frate. Aveva, infatti, un colorito per nulla naturale, ansimava e tremava tutto.
“Si può sapere cos’hai?”
“Cosa vuoi che abbia, se mi trovo qui dentro?!”
“Peste!”
“Proprio lei! L’ho contratta due mesi fa, quando ho preso servizio qui dentro come supporto spirituale per i malati.”
“E Juvia?” chiese Gajeel preoccupato per le sorti dell’amica.
“Mi ha seguito qui dentro. Ha preso la peste tre mesi fa, ma per fortuna è guarita e adesso sta bene. Ha sofferto molto di più qualche mese fa.”
“Certamente, anche se l’ha contratta in forma minore stiamo pur sempre parlando di peste…”
“Ma quale peste?! Io sto parlando delle nuove norme per il distanziamento emanate mesi fa! Allora era tristissima perché non poteva più starmi appiccicata.”
Non riuscendo a trattenersi l’altro scoppiò a ridere: “Ma guarda un po' se doveva venire la peste per impedirgli di fare la sanguisuga.”
“C’è poco da ridere.” disse Gray in tono serio, “Adesso che ha avuto la peste, non potrà più prenderla. Quindi per lei queste norme non contano più, sono io quello che deve disperarsi!”
“Perché? È un’infermiera così pessima?”
“Figurati, è bravissima, gentile, delicata, ma è troppo appiccicosa ed ora che sono ammalato è diventata ancora più apprensiva. Pensa che l’altro giorno per impedirmi di lavorare, mi ha incatenato al letto!”
“Ghijijijijij! Quella donna della pioggia è completamente ammattita!”
“Tu piuttosto, sei qui perché…”
“Rilassati ho già avuto la peste e sono guarito. Sono qui per cercare Levy. Sai dove si trova?”
“Molto probabilmente nella seconda area. Ma prima che tu vada a cercarla, devo mostrarti una cosa.” disse Gray incamminandosi per il corridoio, seguito dal moro, che non aveva la più pallida idea di che cosa volesse mostrargli.
Arrivato davanti ad una stanza, che non era una vera e propria stanza, bensì un’anta della struttura separata dalle altre, grazie ad un lenzuolo; si fermò.
“Oltre questo lenzuolo si trova un appestato.” cominciò a spiegare il frate, vedendo sul volto dell’amico la confusione.
“È stato messo qui per una ragione: il suo volto si è talmente rovinato a causa del morbo da portare chiunque lo guardi a morire, a causa della sua bruttezza! Per questa ragione gli è stata pure messa in volto una maschera di ferro, per coprirglielo ed impedirgli di essere visto.”
“Perché mi dici questo?”
“Perché tu conosci bene la persona che si trova oltre questa tenda.” disse cominciando a togliere il panno, “Qui è disteso colui che ha provocato a te a Levy tutti quei problemi. Colui che fino ad ora ha compiuto ogni sorta di bricconeria pur di impedire il vostro matrimonio. Qui si trova ciò che resta del nobile spagnolo conosciuto come… Don Rodrigo!”
“MEEEEN!” guaì il diretto interessato sentendosi chiamare per nome.
“Tsk, stupido autore, c’era bisogno di enfatizzare così tanto questo momento?! Lo avevano capito tutti che era Don Rodrigo!” si lamentò Fra Cristoforo, stracciando il foglietto dove erano appuntate le sue battute.
“I-Ichiya! Cosa ci fa lui qui!”
“Te l’ho già detto: ha contratto il morbo! È da giorni che si trova lì, aggrappato tra la vita e la morte!” gli rispose Gray.
“Perché mi hai portato qui?”
“Mi aspettavo ci arrivassi da solo, razza di zuccone! Ormai questo disgraziato non può più nuocere a nessuno. Ma credo che tu abbia molte cose da dirgli.”
“Puoi scommetterci!” urlò il moro, arrivando con un solo balzo al capezzale del nobile, per afferrarlo per il collo del giacchetto, sollevando il pugno, pronto a colpirlo.
“Non hai idea da quanto aspetti questo momento! Finalmente potrò fracassarti tutte le ossa!” gridò, mentre l’altro si dibatteva cercando invano di allontanarsi.
“Ma che cazzo fai, scemo!” gli urlò Gray, trattenendolo per le spalle.
“Si può sapere che ti prende?” chiese Gajeel fissandolo stranito.
“Non ti ho portato qui per ucciderlo! Ti ho portato qui, perché tu possa perdonarlo prima che schianti!”
“Perdonarlo?! Non ci penso nemmeno! Hai idea di cosa ho passato per colpa di questo bastardo! Il mio matrimonio è saltato, Levy è stata rapita, e adesso si trova qui, nel posto peggiore di tutta l’Italia! E tutto per colpa di questo vecchio pervertito!” disse indicandolo con un dito.
“Lo so, ma non ti fa pena, ora che è ormai ad un passo dalla morte?”
Gajeel si voltò per fissare il nobile, di cui a causa della maschera si potevano vedere solamente i grandi occhi da cucciolo lacrimoso che gli stava rivolgendo.
Gajeel continuò a fissarlo senza batter ciglio…
“No!” fu la sua risposta, prima di afferrarlo per la manica della giacca e piantargli un pugno sul testone, frantumando una parte della maschera, e facendo svenire Ichiya, che prese a vedere le stelle.
“Lo sapevo, sei proprio un imbecille!” lo apostrofò Gray, assicurandosi che il moribondo non esalasse l’ultimo respiro.
“Bene, adesso dimmi dove si trova Levy.”
“Prima perdona questo disgraziato!”
“Mi rifiuto!”
“Smettila di fare così! Dovresti mostrarti migliore di lui, e compassionevolmente riuscire a perdonare le sue azioni!”
“Perché dovrei? Non sono certo così buono! Che crepi male, il mio perdono non lo avrà!”
“Guarda che se ti comporti così ti abbassi al suo stesso livello! Sarai esattamente come lui!” gli urlò in faccia Fra Cristoforo, e qualcosa in Gajeel Tramaglino si mosse.
“Io non mi ridurrò mai in quello stato! Nessuna forza della natura riuscirà mai a trasformarmi in un mostro tanto orribile! Ma se è questo che temi, allora lo perdono e non parliamone più.” disse, con non poco timore e disgusto il moro; e Fra Cristoforo si accontentò, accettando per quella volta il fraintendimento del suo discorso.
I due abbandonarono Don Rodrigo e si misero finalmente alla ricerca di Levy, durante questo tragitto, si rincontrarono con Lucy, Juvia e Crime Soierce, che aveva accettato di accompagnare Agnese dentro il Lazzaretto.
“Gajeel!” gridò la bionda aggrappandosi alla vita del ragazzo, “Sono così felice che tu stia bene, e che tu abbia ricevuto il mio messaggio.”
“Si, e sono venuto qui per trovare Levy e poterla sposare. Si può sapere dov’è?”
“Stavamo giusto andando a cercarla.” si intromise Sorano.
“Voi che ci fate qui?” chiese il moro.
“Stavamo fuggendo in campagna, ma durante il tragitto abbiamo incontrato la signora Agnese. E dopo che ci ha raccontato dove si trovava la figlia abbiamo deciso di portarla qui ed aiutarla a cercarla.” spiegò Meredy.
“E Gerard dov’è?”
“Si è licenziato un anno fa ed è fuggito con la monaca di Monza per terre straniere, non lo abbiamo più visto.” disse Sawyer, mentre un risolino si levava dagli altri ex Bravi.
“GRAY-SAMAAAA!” ci pensò l’urlo di Juvia a metterli in guardia e a rompergli i timpani.
La ragazza senza perdere tempo si avvicinò al frate e lo afferrò per un braccio sostenendolo. Aveva infatti notato che il suo stato di salute era peggiorato, ed il poveretto non riusciva più a reggersi in piedi.
“Oh, sua eccellenza l’Arcivescovo davvero mi nomina suo segretario! Cosa! Potrò tornare a picchiare tutti quelli che non mi vanno a genio! E inaugurerà ‘la giornata dello Svestimento mondiale’! Tutti dovranno andare nudi in giro per un giorno intero, evviva nessuno mi ricorderà in continuazione la mia pessima abitudine!” prese a delirare il povero Gray, disteso dolcemente da Juvia sul pavimento, mentre il suo volto diventava di mille colori ed i suoi occhi assumevano la forma delle girandole.
“Poveraccio, lui la peste l’ha presa veramente brutta!” disse Macbeth,
“Preghiamo Dio, che lo salvi da questo male!” pregava Richard, mentre intorno al frate si radunavano tutti i suoi amici.
“Gray-sama, resisti, Juvia troverà il modo di curarti.” piangeva disperata la turchina, mentre stringeva l’amato in un abbraccio.
“Non possiamo fare nulla per lui?” chiese Lucy,
“Purtroppo no, chi viene colpito di peste quasi sempre va in contro alla morte.” rispose l’albina, guardando con sconforto la scena.
“E se chiedessimo a quella vecchia fattucchiera, che miracolosamente ha curato molti appestati! Si trova proprio qui!” esclamò Meredy, e in tutti i presenti si riaccese una flebile speranza.
“Forza aiutatemi a caricarmelo sulle spalle.” disse Sawyer a Macbeth e Richard, avvicinandosi al frate e abbassandosi pronto a sollevarlo.
Stavano per metterglielo addosso, quando tutti e tre furono spinti via, picchiando una bella musata sul terreno.
Infuriati si voltarono intenzionati a scuoiare l’autore di quello scherzo, ma il volto demoniaco di Juvia, li paralizzò sul posto.
“Nessuno… nessuno, può portare Gray-sama sulle proprie spalle, eccetto Juvia! Guai a voi se ci provate di nuovo!”
“Tienitelo pure!” squittì il biondo, lanciandogli il ragazzo, che subito Juvia afferrò e si caricò addosso.
Proseguirono in gruppo fino al portone che collegava la prima area del Lazzaretto alla seconda. Qui dovettero separarsi, a causa delle guardie che si rifiutavano di far passare tutta quella gente, alla fine gli unici che riuscirono a farsi strada e a penetrare nell’altra struttura furono Lucy e Gajeel.
Ignorando i richiami dei soldati, che gli ordinavano di fermarsi e tornare in dietro, si mischiarono alla folla di ammalati e riuscirono a seminarli, entrando in una stanza.
“Gajeel, mamma!”
Quella voce, così familiare ad entrambi li paralizzò sul posto, lentamente come congelati si voltarono e Lucy scoppiò a piangere, quando riconobbe davanti a sé la figura minuta, dai lineamenti delicati, della figlia.
Non riuscendo più a trattenersi le due si strinsero in un abbraccio, prendendo a versare tutte le lacrime, che si erano ripromesse di piangere una volta ricongiunte.
“Sing… sing… Bambina mia! Quanto sono felice di rivederti! Non ci speravo più!”
“MAMMA! Whaa! Mi sei mancata così tanto! Ero così in pensiero! Credevo che non ti avrei più rivisto!”
Si strinsero nuovamente, riprendendo a piangere a dirotto, mentre Gajeel le fissava sorridendo felice.
Quando finalmente Levy si ricordò di lui, la sua gioia crebbe ancora di più! E subito gli si avvinghiò, talmente forte, che a Gajeel mancò quasi il fiato.
Ma ciò, era forse dovuto, più all’emozione di aver rivisto finalmente la fidanzata, che dall’abbraccio di Levy.
“Gajeel! Brutto idiota! Hai idea di quanto mi hai fatto preoccupare?! Cosa hai combinato a Milano, eppure ti avevamo avvertito di stare tranquillo! Accidenti, sono così felice di rivederti, che non riesco nemmeno a rimproverarti come devo.” pianse Levy.
“Tranquilla, avrai tutto il tempo di farmi la predica quando saremo sposati!” rise divertito il moro, carezzandogli una guancia, per asciugargli una lacrimuccia.
Il volto di Levy a quella esclamazione si abbuiò e subito si staccò dal ragazzo, portando entrambe le mani davanti alla bocca, mentre il suo intero corpo era scosso da fremiti.
“Oh no, no! I-io e t-te n-non p-possiamo sposarci! No, non possiamo…”
Sia Gajeel sia Lucy la fissarono sconcertati non riuscendo a capire il motivo di tutta quell’improvvisa agitazione.
Poi al moro venne l’illuminazione: “Ah! Non preoccuparti per Ichiya, è qui ed è praticamente mezzo morto, non potrà più impedire il nostro matrimonio.” disse, con Lucy che ammiccava cercando di incoraggiare la figlia, ma quest’ultima non sembro calmarsi, nemmeno a quella notizia.
“No, non è per quello. Io non posso sposarti Gajeel!”
“Sei forse preoccupata perché è diventato un ricercato?” chiese Lucy, “Tranquilla tesoro, anche Natsu non era un Santo, ma nessuno ci ha impedito di sposarci.”
Ma l’altra scosse energicamente la testa, riprendendo a singhiozzare più forte di prima.
“Levy si può sapere qual è il problema?” chiese Gajeel sentendosi sempre più a disagio.
“Ho fatto un pasticcio!” riuscì a bisbigliare la ragazza, “Pasticcio? Hai preparato la cena?” chiese il moro.
“Ma che hai capito!” gli urlò contro la fidanzata, “Ho fatto una grande cazzata! Quando ero prigioniera dell’Innominato, in un momento di disperazione ho fatto un voto di castità!”
“COSAAAAA!” gridarono Gajeel e Lucy.
“C’erano le elezioni e nessuno mi ha avvertito!” cominciò ad agitarsi il ragazzo, “E quale partito ha vinto?”
Esasperate le due si picchiarono una manata sulla testa.
“Gajeel, non ci sono state le elezioni! Ho fatto un voto di castità alla Madonna, che mi impone di rimanere vergine per il resto della vita. Ergo non potremmo né sposarci né avere figli! Ti è chiaro adesso?”
L’altro si immobilizzò, fissandola con sguardo inebetito, al punto che le due donne presero a preoccuparsi, che quella terribile notizia lo avesse fatto ammattire.
“G-Gajeel? Stai bene?”
“L-Levy, c-cosa hai appena d-detto?”
“Ho detto che non possiamo sposarci a causa del voto di castit…”
“WHAAAAAAAAAAAAAAAAA!”
“KYAA!” gridarono le due popolane, spaventate da tale reazione, correndo ad abbracciarsi.
“TUUUUUUUU! DANNATISSIMO AUTOREEEEEEEE! IO TI AMAZZOOOOOO!”
Le urla e le minacce si udirono in tutto il Lazzaretto e per tutta Milano, al punto che il gruppetto di amici dei tre, riuscì a rintracciarli in un baleno.
“Levy-sama!” l’abbracciò Juvia.
“Ciao, Juvia.”
“Quanto chiasso fa quel matto!” si lamentò Sorano,
“Cosa gli prende?”
“Perché urla così?”
“Potete dirgli di stare zitto, non riesco a dormire.”
“Vi spiego perché fa così…” si intromise Lucy, iniziando a raccontare.
“Cavoli, tesoro l’hai combinata grossa.” la rimproverò Sorano.
“Questo giuramento mette un freno all’amore! E’ una cosa terribile!” pianse Richard.
“Levy-sama, Juvia ti consiglia di fare come lei e di ignorare il voto. Infondo lei con Gray-sama fa sempre così.” disse la donna della pioggia all’amica, mentre stringeva un in cosciente Gray.
“È vero!” gridò Lucy, facendo, quasi venire un infarto a tutti gli altri.
“Fra Cristoforo può aiutarci.” continuò, ignorando le occhiatacce dei suoi compagni, “Lui è un frate, comprende queste cose di Chiesa molto più di tutti noi, forse troverà un modo per annullare il voto.”
“Si, ma Gray-sama sta malissimo! In queste condizioni non può fare nulla.” lo abbracciò Juvia, come a proteggerlo da un grave pericolo.
“Lo sveglio io!” urlò Gajeel, che aveva smesso di lanciare ogni sorta di malaugurio sullo scrittore. Così afferrato il frate moribondo per la tonaca, prese a scuoterlo con forza urlandogli in faccia: “Svegliati spogliarellista! Devi aiutarmi a sposare Levy! Svegliatiii!”
Non lo avesse mai fatto!
Subito si ritrovò Juvia avvinghiata al collo, pronta a strangolarlo, mentre con una fiaccola spenta gli piantava in testa, certe legnate, che avrebbero steso pure un elefante.
“GAJEEL-KUNNNN! NON TI PERMETTERO’ DI FARE DEL MALE A GRAY-SAMA! MOLLALO IMMEDIATAMENTE O JUVIA TI SPACCHERA’ LA TESTA!”
“Lasciami stupida donna della pioggia! Così mi uccidi!”
“E’ questo l’intento di Juvia!”
Ci volle l’intervento di tutti i Bravi e delle due popolane, e nonostante questo la ragazza si scollò dall’uomo, solo quando quest’ultimo, ormai a corto di fiato, abbandonò la presa sul frate.
 
“Che facciamo adesso?” chiese Levy, pochi minuti dopo, quando finalmente gli animi di tutti si furono calmati, e Juvia aveva abbandonato l’intento di strozzare Gajeel, per concentrarsi unicamente sul suo amato frate.
Tranquilla giovane fanciulla, ci penso io!” si levò una voce angelica, che circondò tutto il luogo, inebriandolo di un buon odore di kiwi e riscaldando la stanza di un piacevole tepore.
Una luce accecante si diramò per i dintorni e quando essa si attenuò davanti a Levy comparve l’Arcangelo Lily, con in mano ovviamente un kiwi.
“Signor Arcangelo gatto!” esclamò Levy sorpresa.
“Arcangelo…” urlarono tutti i Bravi,
“…Gatto!” disse Lucy, vicina allo svenimento.
“Lilyyyy!” gridò, invece, Gajeel che subito abbracciò il felino, mentre dai suoi occhi sgorgavano fontane.
L’altro non fu molto felice di quel contatto, ma attese pazientemente finché il moro non si stufò di strapazzarlo.
“Gajeel, conosci l’Arcangelo Lily?” chiese Levy stupita.
“Ma quale Arcangelo! Lily è il mio gatto!”
“Certo che no!” gli urlò in faccia il diretto interessato.
“E invece, si!”
“NO!”
“SI!”
“NO!”
“SI!”
“Ok, piantatela o qui non la finiremo più!” disse Levy, già stufa di quella lite insensata.
“Giusto, ho cose più importanti da fare!” si ricompose il felino,
“Sono venuto qui, mia giovane ragazza, perché sarò io ad annullare il voto di castità!”
“Davvero puoi annullare un voto fatto alla Madonna?” domandò Lucy.
“Certamente. Lasciate fare a me…”
E tutti attesero con il fiato sospeso, il verdetto angelico, che però non si decideva ad arrivare.
“Qualcosa non va?” chiese Levy, al gatto, la cui fronte si era riempita di rughe per lo sforzo cerebrale.
“No è solo che non ricordo la formula magica.”
“Formula magica?”
“Si, per annullare certi giuramenti serve una formula magica, ma non era né Abracadabra, né Bibidi Bobidy Buu…
Ah, ecco! Adesso ricordo!” esclamò raggiante, prima di schiarirsi la voce e prendere a cantare: “IL VOTO SCIOLGO VOLENTIERIII, GRAZIE AI MIEI SUPERPOTERIII E LA FEDE ED I SUOI MISTERIII! La la la.”
Il gruppo lo fissò imbambolato, mentre quasi tutti si tappavano le orecchie.
“Era proprio necessario questo strazio canoro?” chiese Levy,
“Ghjijiji! Bravissimo Lily! Adesso tocca a me cantare!”
“Non pensarci nemmeno!” gli gridarono contro tutti gli altri.
“Uffa, non apprezzate il talento canoro. Va beh, potrò cantare quanto mi pare alla mia festa di matrimonio.”
“Quindi il voto è annullato?” chiese Levy speranzosa.
“Come se non lo avessi mai fatto.” gli sorrise l’angelo.
A quelle parole la turchina non perse tempo, e si fiondò sulle braccia di Gajeel, baciandolo con passione, finalmente libera da ogni vincolo ed impedimento.
“Adesso possiamo sposarci.” gli sorrise, quando si separarono da quel contatto,
“Non ce la facevo più ad aspettare.” ricambiò il sorriso il moro.

Nota d’autore: salve gente! Sono tornata! Ed ecco qui il capitolo nove, penultimo di questa parodia. Appena potrò caricherò anche l’epilogo finale.
Per adesso dovrete accontentarvi di questo, che non è nemmeno tanto corto.
Scherzi a parte, spero vi piaccia. Ci ho messo un bel po' a scriverlo, e ho tentato di far convergere tutti gli elementi significativi della peste.
Finalmente abbiamo rivisto Gajeel e il Covid, anzi la Peste ha distrutto Milano! Spero vi sia piaciuta quella piccola citazione al periodo di pandemia che stiamo vivendo. Praticamente di Covid si parla ovunque, quindi ero titubante ad inserirlo anche qui, ma considerando come la situazione Milanese e italica del ‘600 sia stata simile a quella attuale, una minuscola citazione, era d’obbligo.
Don Rodrigo è spirato, e se devo essere onesta mi dispiace un po' per lui, in questo capitolo l’ho maltrattato davvero parecchio. (Don Abbondio si sentirà spodestato. XD.)
Gray sta veramente male, ed è stato quello che ha subito gli effetti del malanno maggiormente. Poveretto, speriamo ce la faccia.
Comunque, lo vedrete durante l’epilogo finale.
Spero il capitolo vi sia piaciuto, e mi scuso per la lunga attesa, ma dovrete pazientare ancora un po' prima di leggere la fine.
Un saluto e a presto.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** EPILOGO ***


DING DONG DAN
Il suono delle campane risuonava in tutto il villaggio, in quello splendido giorno di sole.
Il grande corpo celeste illuminava tutti i dintorni, mentre fresca brezza primaverile inondava i passanti con il suo dolce profumo di fiori.
La peste, dopo aver tragicamente condannato migliaia di migliaia di famiglie, se ne era andata, così come era arrivata.
Nel cuore di tutti gli abitanti della penisola le cicatrici per le tremende perdite subite erano ancora fresche, ma nonostante questo, proprio in un momento tanto oscuro e desolato, la bontà umana era emersa, e tutti si erano dati da fare per rendersi utili.
Si sperava, che piano piano grazie alla solidarietà reciproca si potesse riprendere a vivere normalmente, magari cresciuti e maturati.
C’era chi non ce l’aveva fatta, erano tanti, e tra questi in quel piccolo villaggio, nella primavera dell’anno seguente, fu identificato Don Rodrigo.
Nessuno pianse per una tale perdita, troppo era il dolore per le brave persone che erano effettivamente morte; e forse c’era anche un pizzico di gioia e speranza, per la scomparsa di un uomo tanto egoista e prepotente, quanto brutto. Non era certo stato l’unico a tirare le cuoia, ma era la persona di cui si continuava ancora a sparlare, e la cui assenza allietava i giorni di quei poveri individui, che avevano effettivamente perso dei cari.
Quel giorno, però, non c’era tempo né di rivangare il passato, né di piangere i morti; era troppo importante per essere rovinato da malinconie e tristi presagi.
Tutti gli abitanti del paese, dai vecchi ai giovani, dalle donne alle bambine, dagli onesti ai disonesti cittadini, -insomma tutto il villaggio-, si radunarono, a mezzo giorno in chiesa, per assistere alla cerimonia di nozze di due semplici popolani.
Due popolani di cui si era talmente tanto discusso, che le loro avventure e disavventure erano divenute leggende. Si parlava dello sposo come colui che si era ribellato a Milano attaccando il castello del Viceré, per annientare la tirannia nobiliare, si raccontava che la sposa era stata rapita da quel losco figuro di cui solo il nome faceva tremare le ginocchia, si parlava del fatto che entrambi avevano lottato con le unghie e con i denti per celebrare tale matrimonio.
Insomma, sia Gajeel che Levy in un singolo anno erano diventati l’oggetto di attenzione di tutti i pettegoli ed i curiosi; e quando finalmente Don Abbondio si decise a fissare la data per le nozze ufficiali, tutti quanti vollero partecipare, e quindi tutti furono invitati.
 
Gajeel sudava come una spugna, in quel ridicolo abito da pinguino che lo avevano costretto ad indossare. Era paralizzato sull’altare ad attendere impaziente l’arrivo di Levy, fissando la porta da ormai una ventina di minuti.
Davanti a lui mille volti lo fissavano, sorridendogli fiduciosi. Nelle prime panche riconobbe tutti i suoi amici.
In prima fila erano seduti: Lucy, Cobra, Kinana, Perpetua Laki, Juvia, Gray.
Il frate, infatti, grazie al provvidenziale intervento di Polyushika era riuscito a sopravvivere alla peste, e dopo un periodo di convalescenza si era finalmente ripreso.
La sua fantastica guarigione, però, non si doveva solo alla fattucchiera, Juvia gli era rimasta accanto per tutto l’anno precedente assistendolo in mille modi, con il lavoro e la riabilitazione.
Alla fine, lo stesso Gray aveva riconosciuto tutto l’amore e il bene, che quella ragazza gli voleva, e, forse in fondo si pentiva di essere diventato un uomo di Chiesa solo per non sposarla.
“Gray-sama, abbraccia Juvia. E firma questo contratto per il matrimonio forzato.” gli propose la turchina, mentre l’altro si assicurava di strappare il foglio che gli aveva appena dato.
“Tu non impari mai.” disse, ma il sorriso che le lanciò stringendosela accanto, rese la sua predica tutt’altro che autentica.
Gajeel rise guardando la sua amica ed il frate chiacchierare, mentre con lo sguardo ripercorreva le panche piene di tutti i suoi amici.
Accanto a Juvia erano sedute tutte le monache, che gli sorridevano contente, mentre Cana si scolava un’altra bottiglia e Wendy chiacchierava amorevolmente con la sua zietta, che nonostante la sua asocialità aveva deciso di partecipare all’evento.
Vicino alla vecchia dottoressa, il moro scorse le figure del Griso e di Elsa, che sentendosi osservati gli lanciarono un saluto.
Nella seconda fila sedevano Luxus, con accanto Mira e Makarov, in compagnia dei tre Bravi. Poi c’era Crime Soierce, i due barcaioli e le loro mogli, e tantissimi altri volti nuovi o conosciuti, che si erano imbucati alla festa.
Eppure, nonostante tutte queste persone di Levy non c’era ancora traccia, e Don Abbondio, vestito dei suoi abiti migliori si stava spazientendo ad aspettare.
“Uffa, quanto ci mette…” si interruppe vedendo Levy, con indosso il più bell’abito bianco, varcare la soglia della Chiesa.
Se Gajeel era già teso, quella vista angelica quasi lo fece svenire, e fu necessario l’intervento di Fra Cristoforo per evitargli la caduta.
“Riprenditi, rimbambito.” gli bisbigliò in un orecchio, dandogli un energico scossone.
“S-si.” farfugliò l’altro, tornando ad ammirare Levy, che ormai era davanti all’altare.
Gli porse la mano per aiutarla a salire, ed i due si ritrovarono ad osservarsi uno di fronte all’altra, mentre il prete iniziava il suo lungo e noioso sproloquio.
“Ce l’abbiamo fatta.”
“Finalmente! Non ce la facevo più ad aspettare!”
“Già, neanche io. Se non ci fossimo sposati oggi stesso, sarei impazzita.” rise Levy.
“…E se qualcuno ha qualcosa da dire, per cui questi giovani non debbano unirsi in matrimonio, parli ora o taccia per sempre!” terminò Don Abbondio, e l’unica cosa che si levò, per tutta la sala, furono applausi di incitamento.
“Bene.” continuò il prete, “Io vi dichiaro marito e moglie. Puoi baciare la sposa.” disse Max a Gajeel.
Sul volto del Dragon Slayer si dipinse un sorriso radioso, mentre fissava Levy, che ricambiò il gesto. Poi entrambi chiusero gli occhi e presero ad avvicinarsi.
Le loro bocche erano a pochi centimetri di distanza, mancava pochissimo perché si toccassero, quando…
SBANG
Il frastuono del portone, che si spalancò all’improvviso a causa di un forte urto, fece voltare tutti i presenti, compresi i due sposi.
Davanti a tutti, illuminato dai raggi del sole si ergeva la figura di un uomo, dai corti capelli rosa, appuntiti, che subito prese a gridare: “IO MI OPPONGO!”
Un’infinità di brusii si levarono per tutta la stanza, ma furono presto sovrastati dalla voce di Agnese, che facendosi largo tra la folla si diresse verso il nuovo arrivato.
“NATSU!” urlò ed il mormorio si fece più forte.
“Ma quello non è il marito della signora Mondella?”
“Ma non era morto?”
“Sei sicura sia lui?”
“Ti dico di sì.”
“Lo riconosco anch’io, è quello che diede fuoco alla Chiesa tanti anni fa.”
“Ma siete sicuri?”
“Certo, è Natsu Mondella! Il padre della sposa!”
“Ma se lo hanno dato per morto un anno fa?!”
“IIIHH! È un fantasma!”
“Va de retro demonio!”
Questo e altro gridavano e dicevano gli invitati, mentre Lucy si avvicinava al marito, squadrandolo con circospezione.
“Lucy! Ciao, da quanto tempo non ci vediamo.” le sorrise il rosato.
“Natsu? Sei proprio tu?”
“Certo che sono io. Cos’è non mi riconosci?”
“Ma io credevo fossi morto anni fa in quell’incidente.” pianse la bionda, portandosi le mani davanti alla bocca.
“Ah, quello! No, no adesso ti spiego.” disse il signor Mondella sorridendo nervosamente.
“Si, ci devi una spiegazione. Bifolco di un piromane.”
“Taci frate nudista! A te non devo alcuna spiegazione. Quanto ancora vuoi chiamarmi a quel modo.”
“Quanto mi pare! Non ho scordato, razza di pazzo maniaco del fuoco, che anni fa incendiasti la Chiesa, che con tanta fatica avevo ristrutturato solo pochi mesi prima.” gli rispose Gray, fissandolo furioso, mentre le loro fronti si scontravano una sull’altra.
“Smettila di rinfacciarmelo! È stato un’incidente ed ho riparato l’intero edificio completamente da solo.”
“Si, ma lo hai ricostruito talmente male, che un mese dopo è crollato.” gli urlò contro il frate, e ben presto vennero alle mani.
“La volete piantare di fare tutto questo chiasso?!” intervenne Cobra, “Si, infatti, qui c’è un matrimonio da celebrare. Levati di torno morto vivente.” disse Luxus.
“Tacete voi due, che nemmeno vi conosco. E per quanto riguarda il matrimonio, mi oppongo!” gridò il rosato, con tutto il fiato che aveva in gola.
“COME SCUSA!” urlò Gajeel avvicinandosi pericolosamente al futuro suocero.
“Hai sentito bene Gajeel, io sono il padre di Levy e non permetterò ad un rozzo bifolco zoticone, come te, di sposare mia figlia!”
“Papà, smettila te l’ho già detto, che io Gajeel lo avrei sposato!” intervenne Levy.
“Non senza il mio permesso!”
“Natsu, falla finita!” lo colpì sulla testa la moglie, “Sparisci per anni, non si sa bene dove, ed ora torni qui e vuoi impedire il matrimonio di nostra figlia?! Esigo una spiegazione!”
Spaventato dalla faccia di Lucy, Natsu si calmò e cominciò a raccontare: “Vedete quando Lucy mi sposò con l’inganno, io sarei stato anche disposto ad accettare, e a vivere con lei e Levy per il resto dei miei giorni. Ma mi mancava il brivido dell’avventura, e non volevo rimanere tutta la vita in mezzo ad un campo a piantare patate. Così un giorno decisi di scappare di casa, per sbaglio caddi da una montagna e tutti mi diedero per morto.
Mi dissi che una volta portato a termine questo nuovo viaggio, sarei tornato a casa e avrei spiegato tutto a Lucy e Levy. Ma un anno fa, sento dire che mia figlia si voleva sposare con Gajeel e che Don Rodrigo aveva tentato di impedire il matrimonio, quindi parto subito per l’Italia, - visto che stavo viaggiando all’estero-, intenzionato a tornare qui per impedire il matrimonio di questi due! GAJEEL! Lo ribadisco: non ti lascerò mai sposare mia figlia! Non diventerai mai un mio parente!”
“Ma vai a quel paese Salamander! Anzi, tornatene all’inferno. Ho atteso anni questo momento e tu non me lo rovinerai!” gridò di rimando il moro.
I due presero subito a squadrarsi, intenzionati a spaccarsi la faccia, ma Lucy fu più rapida di loro, ed afferrata la scopa di Don Abbondio la fracassò sulla testa di Natsu.
“Nooo! La mia povera scopa!” pianse Don Abbondio.
“NATSUUUU! COME HAI POTUTO FARMI QUESTO! HAI IDEA DI QUANTO ABBIA SOFFERTO IN TUTTI QUESTI ANNI!”
“NO, Lucy! Ti prego fermati!” pianse Natsu, ma Agnese non si fece intenerire, ed il rosato si ritrovò la faccia piena di bernoccoli e lividi, mentre riverso a terra tentava di rimanere in vita.
“Quanto chiasso a questa cerimonia.” disse Gerard.
“Questa situazione mi riporta alla mente brutti ricordi.” disse Elsa, “Quel Natsu merita una lezione, proprio come mio padre.”
Ed imbracciata la spada si diresse come una furia verso l’uomo, che ripresosi dalla batosta continuava ad inveire contro Gajeel, che dal canto suo era trattenuto a forza da Luxus ed Erik.
“Piantala di rovinare la giornata a tutti!” tuonò l’ex Monaca di Monza, piantando una spadata sul cranio del rosato, che svenne all’istante.
“Ben ti sta!” rise Gajeel, ma l’altro si rialzò quasi subito e gli saltò addosso.
Fu così che iniziò la rissa tra genero e suocero, mentre tutti i popolani fissavano la scena, chi con terrore, chi con stupore e chi con gioia.
“Questi giovani d’oggi sono tutti pazzi.” disse Borromeo bevendo da un boccale,
“Lei dice? Io li trovo divertenti.” rise Mira.
“Il matrimonio più strano a cui abbia mai assistito.” disse Sorano.
“Ma si sono sposati?” chiese Yukino a Sting.
“Tecnicamente si. Nessuno si è opposto quando il prete lo ha chiesto.” gli rispose Rogue.
“Dovrebbero però, sigillare l’unione con un bacio, no?” chiese Minerva.
“Non so se è proprio necessario.” disse Sting.
 
“Avanti combatti!”
“Ti rispedirò nella tomba Salamander!”
Tra minacce e botte lo scontro non sembrava finire più, ma ad un tratto Gajeel avvertì la testa farsi più pesante e lo sguardo gli si annebbiò. Sentì Levy aggrapparglisi alla schiena, e scuoterlo con forza.
“Gajeel, svegliati.” le sentì dire,
“Ma che dici Levy? Io sono sveglio.”
“Gajeel svegliati.”, tutto intorno a lui si fece confuso, continuò a percepire solo la voce di Levy, che gli diceva di svegliarsi e continuava a scuoterlo per le spalle.
 
“Gajeel ti vuoi svegliare?!”
Il moro spalancò gli occhi, sollevando la testa, mentre al lato della bocca gli colava un rivolo di saliva.
Si guardò intorno spaesato, non riuscendo a capire dove si trovava. Poi tutto gli fu più chiaro e si rese conto di trovarsi sul divano, nel soggiorno di casa sua.
“Gajeel?” lo chiamò per l’ennesima volta la turchina, “L-Levy?” farfugliò l’altro, ancora mezzo addormentato.
“Finalmente ti sei svegliato! Sono ore che dormi.”
“Ore? E il matrimonio? Gli invitati? La chiesa? Dove sono finiti tutti?”
“Ma di cosa parli?”
“Parlo della chiesa di Don Abbondio, della Monaca di Monza, di Fra Cristoforo. Che fine hanno fatto? E dov’è Salamander?”
“Sei sicuro di sentirti bene?” gli chiese una voce alle sue spalle, e voltandosi il moro riconobbe l’inconfondibile figura di Lily.
“Lily! Tu non eri tornato in Paradiso?”
“In Paradiso?”
“Ma si, avevi sciolto il voto di castità con una canzone ed eri tornato a svolgere i tuoi compiti di angelo custode.”
“Gajeel, sei sicuro di sentirti bene? Perché hai citato i personaggi de ‘I Promessi Sposi’?”
“Promessi Sposi?”
“Si, il libro che ti ho trovato addosso stamattina.” disse Levy, afferrando il volume che aveva temporaneamente poggiato sul tavolo.
Quando Gajeel riconobbe la copertina del tomo, nella sua mente affiorarono i ricordi della sera prima: aveva avuto problemi ad addormentarsi e si era messo a leggere un libro, ma si era subito addormentato…
“Mi stai forse dicendo, che hai letto tutto il libro?” chiese Lily sorpreso,
“D’avvero Gajeel, lo hai letto?” chiese a sua volta Levy, con gli occhi che le brillavano per l’emozione. “E dimmi, cosa ne pensi? Ti è piaciuto? Finalmente hai rivalutato la lettura? Su dimmi.”
Gajeel la fissò inebetito, mentre tutto il sogno gli si ripresentava davanti agli occhi, poi il suo sguardo si fece duro, e la sua bocca si contrasse in una smorfia.
“Puoi scommetterci.” quasi gridò: “Ho imparato la lezione! I libri non servono contro l’insonnia… andrebbero tutti bruciati! Giuro che non leggerò mai più un libro, finché campo, d’ora in avanti li userò solo come carta da fuoco! Sono troppo pericolosi! Anzi dovresti evitare di leggerli prima di dormire.” gli disse, mentre la gioia abbandonava lo sguardo della turchina, ed un sorriso divertito si dipingeva sul volto di Lily.
Prima, però, che Levy potesse dire o fare qualunque cosa, il ragazzo la fermò: “Inoltre, ho capito una cosa ancora più importante: se un giorno io e te dovessimo sposarci, non lo diremo a nessuno! Mi rifiuto di invitare quei pazzi dei nostri compagni, sarebbero capaci di rovinare tutto!”
Detto questo, lasciando gli altri due imbambolati nel soggiorno, si diresse verso la porta ed uscì, continuando a sbraitare e a lanciare improperi.
“Secondo te sta male?” chiese Levy preoccupata,
“Sarà meglio seguirlo, non credo che stia molto bene.” disse il gatto volante.
Così i due presero a correre dietro al Dragon Slayer, senza accorgersi di aver dimenticato il libro sul tavolo.
Quando l’intera casa fu deserta, una strana luce avvolse il tomo, e l’immagine di Don Abbondio e dei Bravi, prese a cambiare, lasciando spazio ad un nuovo disegno, con al centro Levy e Gajeel vestiti da sposi, e dietro tutti loro amici che sorridevano felici.
Il libro si sollevò in aria, sempre attorniato dalla misteriosa luce, e tornò al suo posto nello scaffale della libreria.

Nota d’autore: Ed è finita! Ho terminato la mia prima parodia! Sono così contenta, che non riesco a smettere di sorridere.
Non mi aspettavo di riuscire a terminare l’epilogo entro oggi, credevo ci avrei messo più tempo, ma d’altronde non c’era più molto da raccontare.
Piaciuto il ritorno del redivivo Natsu? All’inizio non ero certa, che lo avrei inserito, questa storia aveva come protagonista Gajeel, e volevo usare Natsu come personaggio di sfondo. Poi, però, mi viene l’idea di aggiungercelo, e quindi mi dico che devo farlo comparire alla fine. Figuriamoci poi, se avrebbe mai accettato di diventare parente di Gajeel!
Comunque, la storia è finita, e mi sono divertita molto a scriverla.
Ringrazio The Rosablue91 e Sissi1978, per aver recensito la fiction e per tutto il supporto dato alla parodia.
Quando ho iniziato a scriverla non mi sarei mai aspettata tutto questo successo, era iniziata come un’idea che doveva terminare con un capitolo e si è trasformata in una storia. Grazie mille.
Per quanto riguarda progetti futuri, ho molte idee ma non ne ho ancora realizzata nessuna, penso che tornerò presto a scrivere, sempre sui personaggi di Fairy Tail, ma non sono sicura di quando lo farò. In questo periodo sono piena di impegni.
Ringrazio ancora tutti coloro che hanno letto e che leggeranno questa mia storia. Spero di avervi fatto apprezzare maggiormente l’opera di Manzoni.
Grazie ancora e tanti saluti.
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3993710