Believer di kamy (/viewuser.php?uid=60751)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap.1 Capendo di amarti ***
Capitolo 2: *** Cap.2 Pattinaggio ***
Capitolo 3: *** Cap.3 Dichiarazioni il giorno di San Valentino ***
Capitolo 4: *** Cap.4 La trota ***
Capitolo 5: *** Cap.5 Sul treno ***
Capitolo 6: *** Cap. 6 La luce del cuore ***
Capitolo 7: *** Cap.7 La melodia dell’anima ***
Capitolo 8: *** Cap.8 Scala di grigi ***
Capitolo 9: *** Cap.9 Visita al cimitero ***
Capitolo 10: *** Cap.10 Aspettando Pasqua ***
Capitolo 11: *** Cap.11 Giudicati ***
Capitolo 12: *** Cap.12 Infiammazione da sella ***
Capitolo 13: *** Cap.13 Dopo le esplosioni al mattatoio ***
Capitolo 1 *** Cap.1 Capendo di amarti ***
Ringrazio anche solo chi legge.
Scritta col prompt
dell’iniziativa ‘I prompt del
lunedì’ di
Il giardino di Efp.
Prompt di Koa Sato: Prompt 2:
Holmes/Watson. Durante Game of
Shadow. Watson si è appena sposato con Mary, ma invece che
essere con lei in
luna di miele, se ne sta su un treno con Holmes a farsi sparare. Il
momento in
cui si rende conto che è felice solo facendo questa vita,
è anche lo stesso in
cui comprende quel che prova per Holmes.
Cap.1 Capendo di amarti
Ho lasciato i
proiettili volare, oh, li ho lasciati piovere.
Watson ansimò e si
voltò, accanto a lui era ancora steso
Holmes. I frammenti di legno volati dalla cabina traforata dai
proiettili gli
erano ricaduti addosso.
Holmes aveva le labbra sporche di
rossetto piegate in un
ghigno e stava fumando dalla propria pipa. I suoi occhi truccati di
azzurro si
muovevano inquieti e brillavano di luce.
Watson avvertì il battito
cardiaco accelerato, era vicino
all’altro abbastanza da sentire l’odore del
tabacco, da avvertire il corpo
sudato e in tensione dell’altro.
“Ha visto? Giacendo con me
tutto è andato per il meglio.
Sua moglie, inoltre, con mio
fratello, non corre alcun
pericolo” disse Holmes con voce sicura di sé.
Watson si rialzò di
malagrazia e si passò le mani tra i capelli,
scuotendo il capo.
< Ho il battito cardiaco a
mille. Dannato lui, le sue
folli idee! > pensò.
“In che guaio mi ha messo
questa volta?” gemette.
“Se lei non avesse avuto
tutta questa fretta di sposarsi…”.
Iniziò a dire Holmes.
“Holmes…”
ringhiò Watson.
“Avevo cercato di
avvertirla che la più grande mente criminale
di tutti i tempi era in azione. Lei non ha voluto credermi, non ha
voluto
seguire la mia tela di ragno…”.
Proseguì Holmes.
“… Oh,
adesso…” gemette Watson.
“… Ha deciso che
per fermarmi utilizzare lei sarebbe stata
la mossa migliore. Per me era un gatto che giocava col topo usando un
fioretto,
per lui è una partita a scacchi tra
trote…”. Continuò Holmes.
“La prego!”
sbraitò Watson.
“Suvvia. Questa
è la nostra ultima collaborazione di coppia.
Un po’ forzata dagli eventi, ma non mi dica che non la sta
apprezzando anche
lei.
Si sarebbe annoiato in una noiosa
luna di miele” ribatté
Holmes.
Watson si deterse le labbra secche
con la lingua e sospirò.
< Ha ragione. Fuggo dalla
guerra e dall’azione, ma sono
per me una droga, una dipendenza ben maggiore rispetto a quella del
tabacco.
Non posso fare a meno d’impugnare una pistola
come… Non sono in grado di stare
lontano da lei, Holmes! > pensò.
Si lasciò cadere seduto
pesantemente e sospirò.
“Ha gettato mia moglie da
un treno proprio durante il nostro
viaggio di nozze” gemette.
“Si calmi. In fondo andremo
a Parigi, quale luogo migliore
per un viaggio di nozze?” chiese Holmes.
“Io lo volevo fare con
Mary, non con lei! Le ricordo che non
l’ho sposata” piagnucolò Watson.
Holmes scrollò le spalle,
il tabacco arrossato gl’illuminava
il volto di riflessi vermigli nella penombra.
“Su, andiamo, non faccia il
bambino. C’ero anche io in
Chiesa e ho tenuto le fedi” ribatté Holmes.
< Queste donne sono
così sopravvalutate. Non si devono di
certo sposare per forza > pensò.
“Lei era il testimone, non
la sposa” brontolò Watson.
< Sono più felice a
stare su un treno con lui a farmi
sparare che con l’unica donna con cui io abbia avuto un
rapporto profondo.
Diamine! Credo di essere innamorato
di lei, Holmes. Questi
discorsi non mi aiutano affatto.
Ho appena compreso di avere una
qualche malattia mentale
perché mi sento attratto, non da un uomo qualsiasi, ma
proprio da lei! >
pensò. Si massaggiò le tempie, sentendole pulsare.
“Ci divertiremo a Parigi e,
poi, ho intenzione di portarla a
teatro” lo confortò Holmes.
“Non credo di avere altra
scelta, mio malgrado” esalò John.
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Capitolo 2 *** Cap.2 Pattinaggio ***
“Questa storia partecipa a
“Una Challenge sotto l’Albero”
indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.
Prompt: 24) A non sa pattinare e B
prova a insegnarglielo.
Scritta sentendo: Imagine Dragons
– Believer; https://www.youtube.com/watch?v=7wtfhZwyrcc;
http://www.testimania.com/testitradotti/29118.html.
Cap.2 Pattinaggio
Prima di tutto,
Dirò tutte
le parole che ho dentro la mia testa.
“Watson, mi lasci dire
ciò che penso di questa idea…” disse
Holmes.
Watson si strinse nella sciarpa di
una misura più grande,
fatta a maglia, e si raddrizzò il cilindro che portava in
testa.
“Lei non poteva rimanere
ancora rinchiuso nel suo
appartamento…” lo richiamò.
“Il nostro”
ribatté Holmes e rischiò di cadere.
Watson gli passò le
braccia sotto le ascelle e lo sostenne,
appoggiandosi alla transenna.
“Il suo, ormai. Io mi sono
trasferito” lo richiamò.
“Lo ammetta, tutto questo
è solo per insegnarmi un altro
sport su cui vuole scommettere i suoi guadagni” lo
richiamò Sherlock.
“Sono sei mesi che
è rinchiuso. Come suo medico, come suo
amico, le impongo di prendere una boccata d’aria”
lo richiamò Watson.
Pattinò più
indietro sulla spessa lastra di ghiaccio,
raddrizzando Holmes, che indossava dei bianchi e sgualciti stivaletti
da
pattinatore.
“L’unica cura
alla mia malattia, il tedio, è un nuovo caso.
Se lei li seguisse insieme a me, saprebbe che al momento che non ce ne
sono d’interessanti”
lo richiamò Holmes.
“Si lasci insegnare a
pattinare” lo pregò Watson.
Holmes assottigliò gli
occhi, notò il bastone di John
appoggiato su uno dei gradini di legno oltre il parapetto, il sorriso
sotto i
suoi baffi e le sue gote arrossate dal freddo, il fiato che si
condensava
davanti al suo viso.
< Per prima cosa, come sempre,
ho detto tutte le parole
che mi passavano in testa. Nei suoi confronti sono assai più
infantile e
polemico di quanto mi appartiene.
La presenza di Mary è
deleteria per il nostro rapporto!
Ora, però, è
tempo di arrivare alle giuste conclusioni.
Avete dimenticato il conflittuale
rapporto con la vostra
gamba e mi state rallegrando in queste tetre feste prive di omicidi
interessanti. Per il vostro bene, posso anche lasciarmi convincere a
proseguire
quest’arte ludica assolutamente insensata >
pensò.
“Mi faccia vedere come devo
fare” disse, richiudendosi uno
dei bottoni della giacca che gli si era sciolto. I capelli scuri gli
ricadevano
disordinati ai lati del viso.
Watson gli porse il braccio e Holmes
gli passò intorno il
suo. John lo condusse con sé lungo la pista, sollevandolo le
diverse volte in
cui rischiava di cadere.
“Si lasci andare e
vedrà che si divertirà” lo
spronò John.
“Lei è un
inguaribile ottimista se pensa che riusciremo in
questa folle impresa” disse Holmes, lasciandosi guidare.
John ridacchiò, il suo
uscì di gola, leggermente gracchiante.
Il freddo gli faceva pizzicare il naso.
“Lei è riuscito
a insegnarmi a ballare il valzer egregiamente,
forse un giorno a seguire scimmiescamente le sue orme. Non vedo
perché io non
debba riuscire in questa impresa” lo rassicurò.
Holmes gli sorrise.
“Vedremo” disse.
< Anche se sono più
propenso a credere che in questo caleidoscopio
d’informazioni, tra gli altri clienti e le innumerevoli
sfaccettature e crepe
del ghiaccio, cadrò a terra schiantata e sopraffatto.
Però, per averla vista
così contenta e fiduciosa, ne sarà valsa la pena
> pensò.
Watson gli fece fare alcuni giri, se
lo appoggiò contro per non
farlo precipitare, ed entrambi arrossirono con aria impacciata.
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Capitolo 3 *** Cap.3 Dichiarazioni il giorno di San Valentino ***
“Questa storia partecipa a
“Garden in love (attività miste)”
indetta dal gruppo facebook Il Giardino di Efp.
Prompt di L.A.: A trova il coraggio
di dichiararsi a B il
giorno di San Valentino. Ma anche C si dichiara ad A.
Cap.3 Dichiarazioni il giorno di San
Valentino
Sono pieno e stanco
per il modo in cui le cose sono sempre andate,
oh-ooh.
Holmes si allacciò un
foulard rosso intorno al collo e si
passò la mano tra i morbidi capelli scuri, si
allontanò dallo specchio e proseguì
nel corridoio, scese dalle scale ed estrasse la chiave dalla tasca del
cappotto, raggiunse la porta e l’aprì.
L’aria fredda e uggiosa lo
investì, arrossandogli le guance,
il cielo era grigio e l’ambiente era illuminato da dei
lampioni, si muoveva silenziosamente,
fischiettando ogni tanto. La luce soffusa si mischiava alla bassa
nebbia,
creando dei giochi di ombre giallastre.
Holmes roseguì in strada
con passo veloce, rubò un mazzo di
rose che un uomo teneva dietro le spalle, mentre era intento a bussare
ad una
porta. Holmes accelerò il passo ed entrò al volo
in una carrozza parcheggiata. Si
sedette, affacciò la testa e gridò
l’indirizzo al guidatore, che spronò i
cavalli e partì.
Il rumore degli zoccoli risuonava
mischiandosi allo stridio
delle ruote di metallo, confondendosi al suono prodotto dalle altre
carrozze
nella strada.
Holmes guardò le rose e ne
ispirò il profumo, socchiudendo
gli occhi.
< I fumi dell’oppio
di cui ho abusato ieri notte mi
confonde le idee, ma so benissimo che oggi è il momento a
cui mi stavo
preparando. In fondo San Valentino è il giorno migliore per
dichiararsi >.
Un petalo rosso gli finì sulle gambe e ticchettò
con la scarpa contro il sedile
su cui era accomodato.
< Non mi sono annunciato, ma
so che Watson sarà in casa
per tutta la giornata. Dopo avermi abbandonato da solo nel nostro
appartamento
per quel piccolo studio medico non dovrei neanche parlargli, dovrebbe
ringraziarmi di questa mia scelta.
No, non è vero, lo
amo… >. Chiuse gli occhi e visualizzò
la scena diverse volte, studiando le possibili espressioni o le frasi
di Watson.
< Non trovo un finale
positivo, ma sono sicuro che ci
riuscirò. Nessuno può rifiutare le avance di un
Holmes > si rassicurò
Sherlock.
La carrozza parcheggiò
davanti a una fila di edifici con
giardino, uno di questi aveva un gazebo.
Holmes scese e lanciò una
moneta, che il guidatore si
affrettò a prendere al volo.
“D’oro? Guardi
che bastava d’argento” disse l’uomo, con
voce
tremante.
Sherlock scrollò le spalle
e si avviò, stringendo il mazzo
di rose al petto.
“Il resto lo tenga di
resto” disse, raggiunse la porta e
bussò, si accorse che la porta era socchiusa. Le tempie gli
pulsarono, notò
delle impronte di fango oltre a quelle di Watson, il tappetino per
pulirsi le
scarpe leggermente spostato e un forte profumo da donna.
< Strano… Non ci
sono clienti, non sento il loro vociare
e questo profumo… >. Il battito cardiaco gli
accelerò, mentre i suoi occhi
si arrossavano. < Tutti gli indizi portano ad un’unica
conclusione, ma non può
essere, non voglio accettarlo. Non posso saltare frettolosamente a una
risoluzione sbagliata > rifletté.
S’irrigidì
vedendo Watson seduto accanto a una donna dal
sorriso gentile ed i vestiti semplici.
“John, so che è
inusuale che una donna si dichiari ad un
uomo…” disse Mary con voce tremante.
“No, Mary, lo avrei fatto
io se non lo avessi fatto tu. Attendevo
solo perché so che è abusato dichiararsi a San
Valentino. Non desidero altro
che averti come mia fidanzata, ma, tu sei sicura?”
domandò John con voce
tremante, gli occhi liquidi.
“Certo che
voglio” sussurrò Mary e gli avvolse il capo con
le braccia.
Watson chiuse gli occhi e la
baciò con trasporto.
Holmes se ne andò con
passo felpato, senza farsi notare,
gettò i fiori in una spazzatura e corse verso
un’altra carrozza. Aveva iniziato
a piovere, l’acqua gelida gli scivolò lungo il
viso, mentre la nebbia londinese
s’inspessiva.
< Sono stanco di come le cose
vanno sempre nella mia vita
> pensò Holmes, fu colto da un capogiro e
rischiò di cadere a terra.
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Capitolo 4 *** Cap.4 La trota ***
“Questa storia partecipa
alla Red Challenge indetta dal
gruppo facebook Il Giardino di Efp”.
Prompt: 1. Tortura.
Cap.4 La trota
Il modo in cui le
cose sono sempre andate, oh-ooh.
Moriarty danzava sul posto, con le
braccia aperte, cantando
a squarciagola.
Nell’intera cittadina
industriale risuonava, dagli
altoparlanti, la melodia della trota, che lui cantava a sua volta in
perfetto
tedesco.
Le urla di dolore di Holmes, mentre
l’amo penetrava nella
carne della sua spalla, risuonava insieme alla melodia. La carne era
squarciata, i muscoli dilaniati.
Sherlock era sempre più
pallido, mentre il sangue sgorgava
dalla ferita, la sua vista era completamente annebbiata e respirava a
fatica.
Per terra si era venuta a creare una sinistra pozza nero-vermiglia,
densa,
costellata da macchie prodotte da gocce sporadiche
tutt’intorno.
Moriarty sorrise e fece finire
più a fondo l’uncino, la sua
risata arrivava deformata alle orecchie della vittima.
< Sei uno sciocco. Pensavi
davvero di potermi fermare? Io
sono il progresso. La guerra mondiale si farà che io ci sia
oppure no, fa parte
dell’animo umano il voler combattere, distruggersi a vicenda
e conquistare.
Tutti sono assetati di potere.
Io voglio soltanto avvantaggiarmi.
Aiutare l’offerta ad
esserci un po’ prima, per potermi arricchire. Le armi che ho
creato, queste
tecnologie, arriveranno comunque. Io le ho solo anticipate, fornendole
diventerò ricco e potente quanto si merita una mente
superiore e geniale come
la mia.
Un peccato che un genio come il tuo,
quasi all’altezza del
mio, non capisca che un’alleanza tra noi è molto
più conveniente per entrambi.
Beh, peccato, quando due corpi celesti come noi si scontrano, gente
inferiore
come il suo Watson è solo un danno collaterale. Mi
sforzerò di fargli avere una
morte dignitosa, interessante più di quanto sia stata la sua
stessa vita >
pensò.
La tortura stava andando avanti ormai
da almeno una decina
di minuti.
“Allora, non voglio
domandarglielo più. A chi ha mandato
quel telegramma?” domandò il carnefice, con gli
occhi febbricitanti. Fece una
smorfia infastidita non riuscendo a comprendere cosa diceva Holmes, lo
afferrò
per una gamba e lo scese, ignorò l’urlo di dolore
dovuto allo strappo e si
piegò. Avvicinò il suo viso a quello
dell’altro, portandogli l’orecchio
all’altezza
della bocca.
“A chi ha mandato quel
telegramma?” scandì piano.
“A mio fratello…
Mycroft…” esalò Sherlock con le sue
ultime
energie. Nascose il libretto rosso che aveva scambiato con un abile
gesto della
mano nella sua giacca.
< Mi dispiace di averla
coinvolta in tutto questo,
Watson. Probabilmente rischieremo entrambi di morire. Soltanto che ero
geloso
di lei. Perché ha sposato Mary? Io non le bastavo? Questa
per me era un po’ una
luna di miele tra noi, per farle capire che sarei stato un compagno di
certo
migliore. Sono stato così egoista.
Non mi sono reso conto che avrei
dovuto tenerla al sicuro.
Una volta averla salvata, avrei dovuto celarla agli occhi di questo
‘diavolo’
venendo qui da solo. Lei è sempre stata la cosa
più preziosa per me.
Io la amo > pensò.
Moriarty fece un ghigno storto.
“Ora voglio che lei si
faccia una domanda. Chi è tra noi il pescatore e chi la
trota?” soffiò,
arcigno.
Un’esplosione fece crollare
il tetto, travolgendo entrambi
in una pioggia di calcinacci.
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Capitolo 5 *** Cap.5 Sul treno ***
“Questa storia partecipa
alla Red Challenge indetta dal
gruppo facebook Il Giardino di Efp”.
Prompt: 2. Bollente
Cap.5 Sul treno
Come seconda cosa non
dirmi cosa pensi che io possa essere.
“Questa doveva essere la
mia prima notte di nozze. Lo
ammetta, quello non è il suo travestimento peggiore. Lo ha
fatto di proposito!”
sbraitò Watson. Era steso sul vagone che andava
all’indietro, guardando il
cielo attraverso il buco che si era creato nel tetto.
“Io le apro finestre di
opportunità che lei non coglie. Mi
costringe a stare qui a fumare, quando potremmo avere un momento bollente” sussurrò
Sherlock.
John schioccò la lingua
sul palato, poggiandogli la testa
sulla spalla, graffiandogli il petto muscoloso e nudo. “Io
dovrei essere con
Mary, adesso! Lei ha buttato mia moglie giù dal
treno” sibilò. Gli morse la
spalla con foga. “Solo per obbligarmi a giacere con
lei” sibilò.
“Io non uso questi
mezzucci. La nostra relazione atipica è
stata messa in crisi dalla sua folle idea di sposarsi, lo ammetto.
Però ero qui
per salvarvi! Sua moglie sta bene, è con mio fratello le ho
detto. Un’orchestrazione
perfetta” borbottò Holmes. Si lasciò
sfuggire un basso verso roco, mentre John
gli accarezzava il petto, scendendo con le dita febbricitanti fino al
fianco.
Watson si lasciò sfuggire
un sospiro lussurioso. “Non si può
avere una relazione stabile con lei. Da quando la conosco il mio vizio
del
gioco d’azzardo è peggiorato. Ho perso il conto di
quante volte mi sono
ubriacato e…”.
Sherlock gli avvolse il braccio
intorno alla vita e lo
trasse a sé, lo issò, facendolo stendere sopra di
sé. Avvertiva il proprio
membro sempre più eccitato, un bisogno impellente.
“Non dia la colpa a me. Lo
sa che è quando balla che esagera
col bere. Dovrebbe smettere di farlo, le fa un effetto simile
alla…”. Lo
interruppe Holmes.
John gli parlo a sua volta di sopra:
“Alla droga? Mi faccia
il piacere! Come suo medico, e suo amico, so benissimo che è
lei ad avere un
problema in quel senso. Abusa di cose che avrebbero dovuto ucciderla
molto
tempo fa”. Gli leccò le labbra, inumidendole di
saliva.
< … Ed io che
speravo di avere tutto questo la notte del
mio addio al celibato. Così da poter chiudere
definitivamente con lei, e con la
passione che cresce nel mio cuore ogni volta che la guardo. Io
l’ammiro e la
desidero, lei è il mio Don Giovanni, il mio tentatore che mi
spinge al peccato
> pensò, sentendo la gola secca.
“Lei passa da momenti di
pura eccitazione, a settimane in
cui non fa nulla. Non esce di casa, non vede nessuno come
un’eremita, non si
concede neanche la luce del sole.
Io non posso continuare a vivere
così. Ho bisogno di una
vita normale” si lamentò.
“Oh, andiamo. Lei si
annoierebbe con una vita normale”
ribatté Sherlock. Gli sollevò i vestiti,
accarezzandogli i fianchi. “Ormai lei
è un po’ come me. I miei metodi sono entrati in
lei, è come se le avessi infuso
una parte di me”.
Watson iniziò a
spogliarsi, col vestito corto.
< Non si può dire
che non mi abbia corteggiato in tutti i
modi. Mi ha insegnato a danzare come farebbe una donna. Mi ha ricoperto
di rose,
mi ha regalato gioielli. Mi ha deliziato col suo violino e ha voluto
sentire
quello che scrivevo, elogiandomi. Allo stesso tempo si è
fatto spesso salvare da
me. Mi ha cullato e mi ha allacciato la cravatta come se fosse la mia
sposa.
Sì, la nostra è
stata proprio una relazione atipica >
pensò. “Lei è un perverso!”
si lamentò.
“Soprattutto con lei, mio
buon dottore” sussurrò roco
Sherlock, con le pupille dilatate. Si era denudato completamente e ora
risaltava la sua evidente eccitazione. Il trucco pesante, sciolto sul
suo viso,
faceva risaltare i suoi occhi, mentre le sue labbra erano accentuate
dal
rossetto sbavato che arrivava fino alle sue guance.
Persino
la sua pelle
è bollente >
pensò Watson.
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Capitolo 6 *** Cap. 6 La luce del cuore ***
"Questa storia partecipa alla
Valentine's Day Run indetta
dal forum Piume d'Ottone".
Prompt: 1 - Glow!AU (quando si
è vicino alla propria anima
gemella per la prima volta il petto si illumina).
Cap. 6 La luce del cuore
Sono io al timone,
sono io il padrone del mio mare, oh-ooh
La luce della lampadina, tremante,
era circondata da falene,
ed illuminava l’ufficio in penombra.
La lampada sul soffitto era fulminata
e la tapparella rotta,
che ricadeva storta, filtrava le luci della città, lasciando
entrare qualche
spiraglio colorato.
Holmes era seduto in poltrona, con la
schiena appoggiata al
sedile. Indossava un completo nero e un cappello a falde larghe gli
copriva in
parte il viso aguzzo, dal naso pronunciato. Si grattò il
mento tagliente ed
ispirò dalla sua pipa, espirando il fumo dalle narici.
Teneva i piedi appoggiati sulla
scrivania, con i talloni
sopra un dossier ingiallito, e le gambe incrociate.
Sprofondò nella poltrona,
scendendo più in basso. Il suo
volto, particolarmente lungo, aveva dei riflessi vermigli dovuti alla
brace
della pipa.
< Nessun caso ormai da due
settimane. La mia vita è di
nuovo diventata monotona, appiattita in un grigiore ripetuto. I volti
delle
persone si confondono e i dettagli danzano davanti a me, pronti a far
sprofondare
ciò che rimane della mia sanità mentale >.
Si deterse le labbra sottili con
la lingua, facendo delle smorfie.
La lampada sulla scrivania si
fulminò, con uno scoppiettio e
un bagliore, lasciandolo completamente al buio. Imprecando a mezza
voce, si piegò
in avanti, facendo cadere un po’ del tabacco della pipa sul
pavimento lercio.
Frugò nei cassetti e,
tastando con le dita adunche, riuscì a
trovare una candela. Recuperò dal taschino un accendino
d’oro, su cui risaltava
lo stemma della casata Holmes, e l’accese. Si
scottò le dita e la mise nella
tazzina del caffè, ancora un po’ sporca di
zucchero.
Tornò a sprofondare nella
poltrona.
La luce della candela
illuminò una siringa abbandonata su un
laccio emostatico, accanto a quest’ultima c’era un
cofanetto di metallo con
della polverina candida.
< Ho bisogno di applicare la
mia mente, di trovare un
colpevole, di rimuovere ogni informazione non essenziale >
implorò. Si
grattò gli zigomi pronunciati, su cui colava del sudore
gelido. Lo stesso che
percorreva la sua schiena, inumidendogli la camicia.
La sua spina dorsale, come il resto
delle ossa, premeva
sulla pelle ed era ben visibile dal collo in giù.
La porta, su cui si erano staccate in
parte le lettere del
suo nome, le stesse riportate su una targhetta dorata abbandonata su un
divano
sfondato, si aprì con un cigolio.
“S-scusi… Trovo
qui il signor Holmes?” domandò un uomo,
entrando. Era appoggiato ad un bastone, i capelli ricadevano su un viso
segnato
dal tempo.
< Un soldato, sicuramente. In
congedo permanente, a
giudicare dai troppi indizi. Per non parlare del fatto che è
un medico fin
nelle ossa > rifletté Holmes.
“Mi hanno detto che cercava
un coinquilino con cui dividere
le spese del suo appartamento” biascicò lo
sconosciuto.
I suoi occhi incontrarono quelli di
Sherlock, febbricitanti.
Holmes si portò una mano
al petto e rabbrividì, scottandosi.
< Sembra che la mia defunta
lampadina si sia accesa nel
mio cuore. Il mio petto non è solo bollente, ma brilla
> rifletté.
“N-non è
possibile” esalò Watson, vedendo che anche il suo
petto risplendeva.
Sherlock si alzò in piedi.
“Secondo la cultura
corrente, lei è venuto qui per molto di
più che un appartamento. Crede nei soulmates? Dicono che
quando s’incontra la
propria anima gemella la prima volta il petto
s’illumina” disse.
Watson arrossì.
“C-ci credo…
Ecco io… Ci dev’essere un errore,
però…”
balbettò.
Sherlock posò la pipa
sulla scrivania e lo raggiunse.
“Posso sapere il suo
nome?” domandò.
“John”
esalò Watson, con aria sconcertata.
“Sherlock Holmes,
piacere” si presentò Sherlock.
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Capitolo 7 *** Cap.7 La melodia dell’anima ***
"Questa storia partecipa alla
Valentine's Day Run
indetta dal forum Piume d'Ottone".
Prompt:4. Song!AU (Non fai che
sentire in testa a
ripetizione la canzone con cui la tua anima gemella è in
fissa in questo
momento)
Cap.7 La melodia dell’anima
Il padrone del mio
mare, oh-ooh.
Sulla parete, dalla carta da parati
marrone, c’era un grande
specchio dalla cornice in argento.
Sotto di esso c’erano dei
fori di proiettile e una freccetta
tribale, in legno e piume rosse, conficcata.
Watson osservò Holmes
portarsi la pipa alla bocca. Il
fortissimo odore del tabacco riempiva il salottino.
“Lo ammetta, da quando vive
con Mary non ascolta più buona
musica” disse Sherlock.
Watson ribatté:
“Io e Mary andiamo regolarmente a teatro”.
< … E lei lo sa, e
non solo perché ogni volta lei è
misteriosamente uno degli altri spettatori.
Nessuno dei due lo ha mai ammesso, ma
siamo soulmates. Una
cosa così rara nel nostro mondo, da essere leggenda, alla
stregua della magia
nera.
Io non lo dirò mai,
perché voglio seguire le convenzioni
sociali. Non c’è spazio per l’amore tra
due uomini, sarebbe fatale per la mia
carriera di medico e lei distruggerebbe il buon nome della sua famiglia.
Lei non ammetterà mai che
esistono cose così ‘sovrannaturali
> pensò.
“Io non mi riferisco a
quello” ribatté Holmes.
< A cosa, allora?
Ogni volta che lei pensa ad una
melodia, o canticchia tra sé
e sé un motivo, questo risuona nella mia testa fino a farmi
impazzire >
pensò Waston.
Sherlock assottigliò gli
occhi, rispondendo: “Mi riferisco
al fatto che Mary non suona”.
Watson schioccò la lingua
sul palato.
“Oh andiamo, non
è possibile”. Scosse il capo, passandosi la
mano tra i capelli. “Non penserà davvero che io
possa sentire la mancanza di
lei che strimpella col suo violino alle tre di notte”.
“Mio fratello Mycroft ha
proposto d’insegnare a Mary a
suonare. Potremmo andare tutti insieme alla casa di campagna.
Mentre loro fanno lezione, noi due
potremmo appartarci. In
questo modo le potrò far sentire un po’ di musica,
sopperendo alla sua mancanza
finché Mary non sarà adeguatamente
preparata” disse Sherlock.
John sospirò.
“Io non posso crederci. Lei
non finirà mai di sorprendermi”
esalò.
< Così finalmente
potrei convincere Mary a suonare quelle
melodie, per illudermi almeno per un po’ che vengano dal
mondo circostante e
non dal legame tra le nostre mani > pensò.
|
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Capitolo 8 *** Cap.8 Scala di grigi ***
"Questa
storia partecipa alla Valentine's Day Run indetta
dal forum Piume d'Ottone".
Prompt:
2 - ColorBlind!AU (il
mondo è in una scala di grigi fino a quando non si incontra
l'anima gemella)
Sono
stato spezzato in giovane età
Sherlock
era seduto in una poltrona, davanti ad una ciotolina colma di
gamberetti.
<
I primi colori che dimentichi sono il marrone ed il rosso. Inizi a
confonderli e man mano non sei più sicuro di quale fosse uno
e quale l'altro >. Afferrò un paio di bacchette e li
prese uno a
uno, portandoseli alla bocca.
Aveva
un tovagliolo posato sulle gambe e aveva controllato, prima di iniziare
a mangiare, l’orario riportato dal suo cipollone
d’oro.
<
Non puoi certo chiedere ai camerieri di che colore sono le cose che
stai mangiando o rivangare i bei vecchi tempi in cui non avevi perso la
possibilità di scorgere i colori uno dopo l’altro.
È
convenzione sociale che non si parli mai dei colori. Sarebbe
un’offesa per i diversamente ‘percettivi’.
Io
la trovo una baggianata. Non mi è mai importato molto di
ferire gli altri, ma non voglio perdere i miei privilegi in questo club.
Io
e Watson ci venivamo tutti i venerdì sera. Era un circolo
che frequentava con gli altri medici e non voleva separarsi della mia
compagnia neanche in quei momenti.
Qui
tutto mi parla di lui >. Si deterse le labbra con un tovagliolo.
<
Nel nostro mondo si può passare tutta la vita come se si
fosse in parte ciechi. L’essere umano è
deficitario di una parte di anima, finché non incontra il
tassello mancante.
Trovo
i Soulmates una
cosa così svilente. Gli animali o le piante possono
sopravvivere anche da soli, al contrario dell’uomo. Nasciamo
senza artigli, incapaci di camminare o badare a noi stessi senza
l’ausilio di un genitore >. Socchiuse gli occhi, gli
bruciavano ed erano arrossati.
<
L’essere umano non riesce a percepire i colori. Potrebbe
anche vivere tutta la sua vita così.
Io
la trovo un’assurdità. Io, ossessionato come sono
dal cogliere i dettagli, la trovavo una mancanza assurda e profonda.
Watson
aveva un’ottica più poetica >.
Diversi
capelli di Holmes erano ingrigiti ed il suo viso era una ragnatela di
rughe.
“Io
la trovo una cosa romantica, è come nascere di nuovo.
Il
mondo è in una scala di grigi fino a quando non si incontra
l'anima gemella. A quel punto è come se si togliesse un velo
ed i colori esplodono davanti a te. Tutto il mondo si colora,
è travolgente” disse Watson.
Sherlock
smise di suonare il violino, facendo una smorfia.
“L’ho
trovato alquanto stordente” borbottò.
John
giocherellò con il lobo del suo orecchio.
“Oh,
andiamo. Al contrario di me, lei l’ha superata benissimo. Non
è neanche caduto a terra” si lamentò.
Sherlock
scrollò le spalle.
“Devo
dire che la devo ringraziare. La sua provvidenziale apparizione, e la
sua successiva collaborazione, mi hanno aiutato a risolvere diversi
casi” disse.
Watson
si sporse e gli posò un bacio sulla testa.
“Lo
ammetta, musone, neanche a lei è dispiaciuto scoprire i
colori insieme a me” borbottò.
<
Watson ed io litigavamo tutto il giorno. Sembrava che non apprezzasse
niente di me, e forse è quello che più mi manca.
Tutta
la mia vita era improntata proprio sul dargli fastidio. Non amavo
niente di più che indisporlo.
Forse
non c’era niente che amassi più di lui, nella sua
interezza.
Non
mi sorprende che fosse proprio lui, nella mia esistenza, ad essere
associato ai colori > pensò Sherlock.
Posò
le bacchette, la ciotolina era vuota, quella con la salsina da
abbinarci ancora colma.
<
Si può vivere tutta la vita senza colori. Se non li hai mai
conosciuti, puoi vivere senza, ti sai ben giostrare nella scala di
grigi.
Quando
il tuo soulmates muore,
portandosi quel pezzo essenziale di anima, e perdi
quell’arcobaleno perenne… tutto cambia.
Ti
fa quasi venire voglia di non averlo mai incontrato >. Una
lacrima solitaria gli solcò il viso, mentre guardava la
sedia vuota davanti a lui.
“Mi
manca, Watson” esalò con voce roca.
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Capitolo 9 *** Cap.9 Visita al cimitero ***
Seguito
di: Scala di grigi. Che aveva partecipato alla Valentine's Day Run indetta
dal forum Piume d'Ottone.
"Questa
storia partecipa alla White Day Run indetta
dal forum Piume d'Ottone";
Tenendo
il muso alle masse
Il
rumore dei grilli risuonava per il grande giardino, insinuandosi tra i
grandi olmi ai lati delle strade ciottolate. Ovunque vi erano
innumerevoli statue in marmo di angeli piangenti.
Holmes
si sedette sull'erba, davanti alla tomba di Watson.
"Sa,
aveva ragione il nostro vecchio comune nemico”
sussurrò. Si accese il sigaro e mosse la mano su e
giù per spegnere il fiammifero. Se lo infilò in
tasca, ancora annerito.
“Non
c'è stato modo di fermare non una, ma ben due guerre
mondiali.
La
sua amata patria l'ha tradita. Ha voluto una prima guerra ed ora
è cominciata la seconda. Un nuovo conflitto
totale”.
<
Oggi ho perso la capacità di vedere il colore verde.
Costantemente viene sempre a mancarmi qualche colore in più,
a ricordarmi di averla persa > rifletté.
"Potrebbe
obiettare dicendomi che anch'io sono inglese, ma... Lei mi gridava
spesso che io non sono umano ed io non ci tengo a far parte di una
razza così stupida" borbottò. Espirò
una nuvoletta di fumo.
"Ero
venuto per festeggiare con lei il suo compleanno, ma suppongo che lei
troverebbe ben poco per cui allietarsi.
Mi
limiterò perciò a farle compagnia" propose,
chiudendo gli occhi.
Holmes
si sistemò il fazzoletto sulle gambe e l’orologio
d’oro nel taschino.
“Ha
già ordinato?” domandò.
Osservò i muscoli massicci di Watson, ancora allenati
nonostante il bastone appoggiato accanto a lui. Si soffermò
sul suo corpo ben proporzionato e sorrise.
<
Gli altri non hanno mai visto quanto è bello il suo corpo
ignudo. Quanto siano affascinanti i suoi glutei. Non molti uomini sono
dotati come lui.
Nonostante
non abbia mai avuto altri amanti, ai miei occhi non sfuggono nemmeno
dettagli come questi > pensò.
Holmes
socchiuse gli occhi.
“Dapprima
di lei” mormorò. “In fondo io sono
sempre puntuale, al contrario di voi medici”.
Watson
sussurrò: “La prego di non mettermi in
imbarazzo”.
“Potrei
dirle la stessa cosa, ma non lo farò per educazione. Non
voglio rovinarle il compleanno”.
John
infilò la mano sotto il tavolo e gli sfiorò il
ginocchio.
“Le
sono molto grato” sussurrò. Addolcì lo
sguardo in sorriso. “Quando vuole sa essere
premuroso”.
Sherlock
lo indicò con la forchetta.
<
Dovrei odiare i colori. Mi hanno dato fin troppi elementi in
più per affaticare la mia mente sovraeccitata.
Però
mi permettono di vedere ogni dettaglio di lui e questo mi fa impazzire.
Non credo ci sia niente di eguale a lui in tutto il creato >
pensò.
“Non
si abitui. Da domani desidero di nuovo che mi affianchi in un caso.
La
sua mente è più acuta di quanto lei stesso non
creda” sussurrò.
John
assottigliò gli occhi.
“Mi
sorprende non mi abbiate trascinato in qualche investigazione segreta
questa notte stessa” borbottò.
Sherlock
finì di fumare il tabacco nella pipa.
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Capitolo 10 *** Cap.10 Aspettando Pasqua ***
Partecipa
a PROMPT DI SCORTA, WEEK #1 di LandediFandom.
Prompt:
D1) “Stare con un’altra persona è
complesso, perché non sarà mai noi.”
(Diodato)
Fandom:
Sherlock Holmes (Downey movie)
Annotando
le mie poesie per pochi
Sherlock
si portò la forchetta alle labbra e gustò
lentamente, espirando dalle narici.
“Possibile
che lei non riesca ad amare neanche la Pasqua?”
domandò Watson con tono polemico.
Sherlock,
seduto a tavola, era intento a tagliare una bistecca. Alzò
lo sguardo ed osservò John.
“Io
non disprezzo nessuna festività, né il Natale,
né la Pasqua, né qualunque altra cosa del genere.
Semplicemente non vi trovo alcuna attrattiva” rispose
Sherlock.
John
era in piedi davanti alla finestra, camminava avanti e indietro con
sguardo truce.
“Capisco
che non vi piacciano le persone, ma di sicuro è meglio che
vedere il peggio di questo mondo attraverso i vostri casi”.
Osservò il calendario appeso alla parete, la carta da parati
aveva bruciature per spari di pistola, buchi prodotti da delle
freccette e dei tagli di pugnale.
“Ditemi
un’azione legata a queste feste che non sia pacchiana, per
non dire inutile” ribatté Sherlock.
<
A lui piacciono sciocchezze come incontrarsi con gli amici, fare
comunella con i parenti > pensò.
Watson
gli rispose: “Quello che lei considera inutile per me non lo
è affatto. Vogliamo parlare delle splendide decorazioni alle
uova? O dei meravigliosi dolci del periodo?”.
Sherlock
inarcò un sopracciglio.
“Si
possono gustare prelibatezze anche lontano dalle feste”
ribatté.
“Non
vi sarà volta in cui non pioverà. Inoltre
né a me né a mio fratello sono mai piaciute le
scampagnate” si lamentò.
Fuori
dalla finestra aveva iniziato a piovere. La giornata era grigia e cupa.
Innumerevoli
carrozze passavano davanti agli alti edifici tutti uguali, che si
confondevano nel grigiore uggioso che li circondava.
“Ci
sarà pur qualcosa di positivo che
l’appassioni” si lamentò John.
<
Qualcosa che posso regalarle o un modo in cui possiamo condividere un
momento positivo senza orrendi omicidi o rischi di morte >
pensò.
<
Evidentemente vuole farmi un regalo. Come se non sapessi ogni volta di
cosa si tratta. Posso indovinarlo molto prima che decida anche solo di
comprarlo, ma se anche avessi dei dubbi questi scompaiono molto prima
che io li scarti > rifletté Sherlock.
“Suppongo
che parlarle dei miei incontri clandestini, nonostante lei ci scommetta
il nostro affitto, non rientri nel discorso” disse.
Watson
si abbandonò su una sedia a braccia aperte.
“Forse
dovrei rinunciarci” gemette.
Sherlock
si pulì il viso con un tovagliolo, rispondendogli:
“Lei”.
“Cosa?”
domandò John, con aria confusa.
Lei
mi appassiona” spiegò Sherlock.
Watson
aggrottò la fronte.
<
Stare con lui è così dannatamente complicato.
Però non è solo colpa di Holmes.
Stare
con un’altra persona è sempre complesso,
perché non sarà mai noi. Non possiamo mai capirla
fino in fondo > rifletté.
Watson
si alzò dalla sedia e gli si avvicinò.
“Allora
festeggerà Pasquetta con me anche se dovesse
piovere?” domandò.
“Possiamo
andare alla tenuta di mio fratello. Anche se dovesse piovere nel
giardino potremmo sempre trovare rifugio in casa” propose.
“Bene,
abbiamo un accordo. Però, con la scusa, questa volta non si
prenda la mia giacca. Non è neanche della sua
misura” borbottò.
Sherlock
ribatté: “Quest’ultima cosa non posso
promettergliela”.
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Capitolo 11 *** Cap.11 Giudicati ***
Ha
partecipato a PROMPT DI SCORTA, WEEK #1 di LandediFandom.
Prompt:
J1) Oh My God, They Were Roommates
Che
mi esaminavano, mi scuotevano
La
gitana era seduta a gambe incrociate accanto ad uno dei suoi
uomini.
Quest'ultimo
le domandò: “Quei due...", facendo un gesto
eloquente della mano, "... Stanno insieme?".
Simza rispose:
"Certo. Dichiaratamente. Ero presente al loro addio al celibato"
rispose lei con spiccato accento francese.
Il
suo compagno le disse: " a me hanno raccontato di essere coinquilini".
La
zingara sgranò gli occhi. Osservò Sherlock posare
la testa sulla spalla di Watson, John gli avvolse il braccio intorno
alle spalle.
Holmes
sbadigliò, addormentandosi.
John
gli sorrise, posando la testa sulla sua. I capelli di entrambi erano
aggrovigliati, i loro vestiti strappati erano sporchi di terra e sangue.
"Oh
mio Dio, erano coinquilini? Avrebbero dovuto aspettare il matrimonio
per vivere insieme. Poi dicono che siamo noi zingari i promiscui" si
lamentò Simza.
Il
suo compagno ridacchiò.
“Certo
che gl’inglesi sono strani. Fanno anche sposare gli uomini
tra loro” borbottò. Giocherellando con la sciarpa
di lana fatta a mano di Mary.
<
Ha detto che gliel’aveva regalata sua moglie. Ho capito che
quel tipo è un fifone, non ha avuto il coraggio neanche di
salire su un cavallo, ma potrebbe anche non fingere che sia una donna
> pensò.
“Dici
che stanno parlando di noi?” domandò John, rivolto
a Sherlock.
“Mnh mnh…”
mugolò Holmes, con voce sonnolenta.
<
Ho rischiato di perderlo. Non riesco a credere che ora sia qui, accanto
a me. Quando ho udito le sue urla ho pensato d’impazzire
> pensò Watson. Sorrise notando che Sherlock si era
addormentato, lo fece stendere, mettendogli la testa sulle proprie
gambe.
Osservava
fuori dal portellone aperto del treno lo scenario che si susseguiva. Il
sole illuminava delle campagne verdeggianti puntellate da paeselli e
campi di girasoli.
Simza pensò,
guardandoli: < Non ho bisogno di leggere le carte per sapere che
il loro legame è così forte da poter abbattere
qualsiasi ostacolo.
Seguendo
quei due possono accadere miracoli. Anche l’impossibile
diventa possibile.
Posso
ritrovare il mio adorato fratello persino in questo mondo impazzito, in
cui i diavoli sembrano ballare sulla Terra >.
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Capitolo 12 *** Cap.12 Infiammazione da sella ***
Partecipa
all'#HARDBLUSHINGCHALLENGE della pagina: Hurt/Comfort
Italia - Fanfiction & Fanart.
Prompt:
Prompt: Personaggio A e personaggio B affrontano un viaggio a cavallo.
La sella provoca una bruttissima irritazione a Personaggio A.
Cap.12
Infiammazione da sella
Sentendomi
cantare per il dolore al cuore
“Holmes
la vuole smettere di muoversi una buona volta? Sto cercando di
disinfettarla” si lamentò Watson.
Holmes
incrociò le braccia dietro la testa, fissando il cielo
stellato che s’intravedeva tra gli alberi. Sentiva i sassi
sotto di lui fargli dolere la schiena.
“Lo
sapevo che ci sarebbero state delle conseguenze. Non si possono
utilizzare creature così demoniache senza pagarne un qualche
prezzo” si lamentò. Socchiuse gli occhi e
guardò il medico intento a sfregargli vigorosamente la mano
sui glutei. “Se lei mi avesse lasciato portare un
po’ delle mie droghe adesso avrei almeno quelle a lenire
questa sofferenza…”.
John
gli rivolse uno sguardo carico di rabbia.
“Se
lei non avesse mandato a monte il mio viaggio di nozze ora non ci
ritroveremmo in questa spiacevole situazione”
ribatté.
Holmes
schioccò la lingua sul palato.
“Anche
l’utilizzo della mia amata pipa potrebbe darmi
refrigerio”.
“La
smetta di cambiare discorso” borbottò.
Sherlock
fece un mezzo sorrisetto mellifluo.
“Non
sto prendendo il discorso più interessante per risparmiarla.
In fondo non sono io che sto palpeggiando le terga di un altro uomo da
più di mezz’ora con incredibile naturalezza2.
John
arrossì di colpo, incassando il capo tra le spalle e
deglutì a vuoto un paio di volte, avvertendo la bocca secca.
“Si
vede che lei non è abituato ad andare a cavallo. Ha lasciato
che la sella le provocasse una terribile irritazione cutanea. Con
quello che le sto dando riusciremo a tenere a bada
l’infiammazione e il sovvenire di patologie più
gravi.
Quando
risalirà sull’asino cerchi di stare più
attento” lo richiamò.
Sherlock
chiuse gli occhi.
“Ne
ho avuto di peggiori da bambino. Anche mio padre aveva
l’insana fissazione di andare in giro su esseri senzienti
dotati di loro volontà e quattro poderose armi di
morte” rispose.
Watson
domandò inarcando un sopracciglio:
“Armi?”.
“Gli
zoccoli, Watson. Quegli zoccoli sono montati su delle micidiali zampe e
sono pronti a spaccarti la testa” spiegò Holmes.
John
si rialzò in piedi, sospirando.
Sherlock
gli domandò: “Sicuro che non vuole godersi un
altro po’ la vista, dottore?”.
Watson
strillò: “Si rivesta!”.
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Capitolo 13 *** Cap.13 Dopo le esplosioni al mattatoio ***
Scritto per il Writeptember.
26 giorno.
Prompt: 2. Ricerca;
L’immagine rappresentava una scena H/C
come questa tra Sherlock e Watson.
What if.
Cap.13 Dopo le esplosioni al mattatoio
Prendi il mio
messaggio dalle vene.
Holmes spense la fiamma e
versò il contenuto della pentola
in un piatto: si trattava di minestra bollente. Aveva ancora i capelli
umidi e
gocciolanti, il corpo bagnato, sotto l'accappatoio, la vita stretta una
fascia
di seta. Riempì un bicchiere d'acqua con una brocca di
cristallo e raggiunse
l'altra stanza, camminando a piedi nudi sul tappeto. Passò
oltre una vecchia
cassapanca, al suo interno vi era incastonato un orologio antico; la
carta da
parati riportava delle bruciature da polvere da sparo e buchi di
pistola.
«Watson, si
svegli» chiamò gioviale. «Le ho portato
qualcosa
che la farà sicuramente sentire meglio».
Scostò i tendaggi del grande letto in
mogano, dai disegni geometrici, al contrario le lenzuola erano decorate
da
disegni floreali.
John si alzò lentamente
seduto con la schiena ritta, mugolò
per soffocare un gemito. Aveva il petto e una spalla fasciati, le bende
sporche
di sangue, la stoffa era sporca di sangue e nella pelle c'erano le
cicatrici
lasciate dai frammenti della bomba. Guardò Holmes porgergli
un vassoio dove
aveva sistemato tutti gli alimenti.
«Lei cosa ci fa a casa
mia?» domandò John.
«Mi sono finto il suo
medico, ma sua fidanzata mi ha
riconosciuto. Ha chiamato un vero chirurgo, ma mi ha permesso di
rimanere qui a
curarla» spiegò Sherlock.
«Lei... LEI... Lei
è ricercato» sibilò Watson.
Sherlock gli sistemò il
vassoio sulle gambe. «Watson,
nessuno mi troverà. Sto per infilarmi
nella tana del Bianconiglio e lasciarmi guidare in una ricerca profonda
nelle
arti oscure. Troverò ciò che il nostro uomo
nasconde» gli fu risposto.
Il soldato sospirò,
pensando: "Cercare di capirlo, è
impossibile"; il dolore gli fece avere uno spasmo, serrò un
pugno e con
l'altra mano si strinse la spalla.
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