La vita alternativa di Severus Piton

di deborahdonato4
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Una nuova realtà ***
Capitolo 2: *** 2. La famiglia Piton ***
Capitolo 3: *** 3. I Potter ***
Capitolo 4: *** 4. Il giorno di Natale del 1997 ***
Capitolo 5: *** 5. Tutti i ricordi ***
Capitolo 6: *** 6. La ricercatrice ***
Capitolo 7: *** 7. Una sola esistenza ***



Capitolo 1
*** 1. Una nuova realtà ***


  Severus Piton riaprì gli occhi con un sussulto. Brividi di paura gli correvano lungo la schiena, facendolo tremare davanti alla luce bianca. Una mano gli salì sulla gola liscia, dove riusciva a sentire le fauci del serpente Nagini, che gli perforavano la pelle e lo facevano inondare di sangue caldo, dal forte odore di ferro.
  L'ultima cosa che ricorda, però, non è la sua morte, così terribile, imprevedibile e dolorosa. Ma gli occhi verdi della sua amata Lily fissi nei suoi, che lo avevano cullato nei suoi ultimi istanti di vita.
  Piton richiuse gli occhi, sperando di riuscire a sottrarsi alla luce intensa almeno per qualche secondo. Sapeva quello che lo aspettava ora, ma temeva di perdere i suoi ricordi, i suoi pensieri sulla sua amata. Passò le dita leggere sul collo, sentendo il calore della luce. Non aveva mai immaginato che l'aldilà potesse essere così caldo. Non pensava di provare qualunque cosa, in effetti. E ora, dopo aver ripensato a Lily, notò che, oltre la sensazione di calore sul suo corpo, era presente anche un forte odore di biscotti al cioccolato.
  Piton aggrottò la fronte. Nell'aldilà c'erano i biscotti al cioccolato? Oltre un calore opprimente sulla pelle e una luce accecante?
  Riaprì cautamente gli occhi, che impiegarono qualche secondo ad abituarsi. Sopra la sua testa c'era un lampadario, nero, con una luce accesa. Spostò lo sguardo, lasciandolo scivolare lungo le pareti e scoprì di essere in una stanza, sdraiato su un letto matrimoniale ricoperto di soffici lenzuola nere con i cuscini rossi.
  Non era la sua casa a Spinner's End. Non era nemmeno la sua stanza al castello di Hogwarts. Non riconobbe nessuno dei fronzoli davanti alla grande finestra. Non aveva nemmeno dei quadri appesi o delle cornici posate sul cassettone di fronte a lui.
  Mentre cercava di capire cosa vi fosse raffigurato nella foto, Piton udì dei passi di corsa provenire dalla porta chiusa. Non ebbe il tempo di decidersi ad alzarsi che la porta si spalancò, facendogli saltare il cuore in gola. Una parte del suo cervello gli urlò nella testa di non preoccuparsi, perché i serpenti non possedevano piedi.
  «Sei sveglio?»
  La voce di una bambina, così simile a quella di Lily, lo fece sobbalzare, più della possibilità di ritrovarsi di fronte Nagini.
  «Mamma ha detto che devi svegliarti.» aggiunse la voce, con una nota divertita. «La colazione è già pronta. E ha detto di dirti che... che tra poco arriveranno gli altri e non puoi continuare a russare!»
  Con un'espressione perplessa, Piton si mise seduto, spostando lo sguardo verso la porta. Gli si seccò la gola. I suoi occhi neri ne incrociarono un altro paio simile, a mandorla, nel volto di una bambina di non più di sette anni. Nonostante gli occhi scuri, somigliava in modo impressionante a Lily, con il suo sorrisetto furbo e i capelli rosso scuro.
  «L-Lily?» balbettò Piton, sconvolto. Era la prima parola che pronunciava in quel luogo misterioso. La bambina di fronte a lui era la prova certa che si trovasse in paradiso. Era tornato ai tempi in cui l'aveva conosciuta?
  La piccola dai capelli rossi rise di gusto, scuotendo con forza la testa.
  «No, papà, sono Lucy. L U S I!» gridò, scandendo le lettere del suo nome, aggrottando la fronte non appena ebbe finito di parlare. Sembrò ripetere il suo nome tra sé prima di correggersi: «No, non era così. L U C Y!»
  Sorrise entusiasta per essere riuscita a correggere il proprio errore e tornò a guardare l'uomo, sbiancato dalle sue parole. Piton pensò di aver sbagliato: non si trovava in paradiso, bensì all'inferno. Chi altri poteva prendersi così gioco di lui? In quale universo poteva aver avuto una figlia di nome Lucy, dall'aspetto così simile a quello della sua Lily?
  «Dai, papà, sbrigati, la mamma ti aspetta!» esclamò Lucy, battendo le mani e corse via nel corridoio, con i piccoli piedi che battevano allegramente sul pavimento, lasciando Piton sul letto, più confuso che mai.

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Capitolo 2
*** 2. La famiglia Piton ***


Nonostante la paura ormai tangibile di trovarsi all'inferno, Piton si alzò dal letto, posando i piedi nudi sul pavimento. Il freddo sembrò risalirgli lungo le gambe, facendogli provare una nuova serie di brividi al pensiero che quel gelo somigliasse quasi a un serpente.

I suoi occhi si posarono sullo stendardo rosso di un leone rampante, vicino la finestra. Vicino, c'era lo stendardo di un serpente. Il cuore sembrò saltargli un battito nel vedere il leone, pensando che soltanto un Grifondoro avrebbe potuto appendere una cosa del genere in una stanza già abbellita da uno stendardo Serpeverde.

Mosse qualche passo per la stanza, sempre più sorpreso di come il suo corpo rispondesse bene ai movimenti, nonostante la morte. Il suo sguardo vagò per la camera, cercando di non dar troppo peso all'odore sempre più forte di biscotti e alla bambina vista poco prima. Forse erano solo degli sporchi trucchetti per farlo cadere in trappola. Cercò la bacchetta, sorvolò le foto sul mobiletto e... si fermò, trattenendo un grido di sorpresa.

Vagamente conscio di star respirando e quindi che non era possibile che fosse davvero morto, Piton si avvicinò al mobiletto e allungò una mano pallida verso la cornice più vicina. La toccò con dita tremanti, sentendo il freddo del vetro come se fosse una sensazione lontana, estranea. Gli occhi erano puntati sulla fotografia, scattata in un giardino, con una meravigliosa donna dai capelli rossi vestita da sposa.

Lily Evans era bellissima, in quella foto. I capelli le scendevano a boccoli sulla schiena e sul petto, con quelli che sembravano fiori in alcune ciocche. Sorrideva raggiante verso il fotografo, stringeva un bouquet di fiori d'arancio con una mano e con l'altra stringeva una mano pallida. Il suo sguardo verde si spostava dal fotografo all'uomo al suo fianco, che la fissava come se non esistesse altro al mondo.

Piton afferrò la cornice e avvicinò la foto al viso, sfiorando il vetro con la punta del naso. Fissò il ragazzo dai capelli corvini, cercando di capire se fosse una montatura, perché non era possibile che l'uomo fosse lui, elegante in un smoking nero, i capelli neri ben pettinati e un sorriso smagliante. Non guardava mai verso il fotografo, ma non sembrava che alla ragazza importasse.

«Non è possibile.» mormorò tra sé, posando la foto sul mobile con dita tremanti. Aveva sposato Lily, avevano avuto una figlia. Perché la Morte gli faceva questo? Perché non poteva perdere tutti i suoi ricordi e basta, anziché scoprire di avere avuto una vita migliore in quel mondo che non gli apparteneva?

Faceva molto più male del morso di Nagini.

Decise di non guardare oltre. Voleva morire, voleva smettere di esistere, voleva smettere di provare quel dolore immenso al petto. Voleva ritornare nella rimessa delle barche, con il sangue caldo che gli colava sulla mano e gli occhi di Lily fissi nei suoi, per l'eternità.

«Sev!»

La voce di Lily lo riscosse dai suoi pensieri. Guardò il lungo corridoio che si stendeva davanti a sé oltre la porta. L'odore di biscotti era invitante, ma non quanto la voce della sua amata. Forse... prima di risvegliarsi o di morire del tutto... forse poteva incontrarla un'ultima volta.

Uscì dalla camera da letto, lanciando rapide occhiate alle porte aperte che superò senza fermarsi, e ignorò i quadri appesi. Vedeva le figure muoversi, ma nessuna di loro attirò la sua attenzione. Quel lungo corridoio, e poi le scale, verso la stanza dalla quale proveniva l'odore di biscotti, gli portò alla mente quando era entrato in casa dei Potter, scoprendo il cadavere del suo nemico di scuola, James, e poi quello di Lily. Vedendo James, Piton aveva già capito cosa avrebbe visto più avanti, nella stanza dove un bambino dagli occhi verdi piangeva a dirotto.

«Sev, ti sei svegliato.»

Piton si fermò di scatto alla vista della donna dai capelli rossi che sbucò infondo al corridoio. Indossava un vestito a fiori, quasi del tutto coperto da un grembiule bianco. Teneva in mano una bacchetta e un mestolo, aveva un po' di panna sulla guancia e il suo sorriso la illuminava.

«Grazie per esserti alzato.» disse Lily, osservandolo con un sorriso. «Però mi sarebbe piaciuto se ti fossi anche vestito. Tra poco arriveranno i nostri ospiti, ricordi?»

Indicò l'albero di Natale addobbato alle sue spalle, ma Piton non lo guardò. Guardava lei, e lei soltanto. Non era giovane come l'aveva vista l'ultima volta, fredda sul pavimento della stanza del figlio. L'età era passata per lei, ma le rughe attorno agli occhi la rendevano molto più bella. Cercò di bearsi di quella vista, ed ebbe paura che, smettendo di guardarla, lei sarebbe sparita.

Lentamente, Lily ripose la bacchetta e il mestolo nella tasca del grembiule e avanzò qualche passo verso di lui, titubante.

«Ti senti bene, Sev? Sei pallido... più del solito, oserei dire.» disse Lily, posandogli una mano sulla guancia. Piton sussultò a quel tocco, sorpreso che quel palmo aperto sulla guancia emettesse così tanto calore.

«Tu sei... viva.» mormorò Piton, e Lily aggrottò la fronte.

«Viva e davvero stanca.» annuì lei, lanciando un'occhiata all'orologio. «Tra meno di venti minuti arriveranno gli altri e...»

Piton le posò le mani sui fianchi, spinto da un istinto irrefrenabile. Portò le labbra sulla bocca semi aperta della donna e la baciò, aspettandosi di ricevere uno schiaffo o di tornare alla crudele realtà, dove lei era morta da anni e lui sul punto di morire dissanguato e avvelenato.

Con sua somma sorpresa, Lily ricambiò il bacio. Sapeva di fragole e panna. Gli portò le braccia attorno al collo, come a volersi aggrappare. Piton la strinse tra le braccia, senza riuscire a smettere di baciarla. Non gli sarebbe dispiaciuto scomparire in quel momento.

«Bleah!»

Piton spostò le labbra da quelle di Lily e si guardò attorno, incrociando di nuovo gli occhi neri della piccola Lucy, comparsa nel soggiorno. La presenza della bambina fece spostare Lily di qualche passo.

«Lucy, ti ho detto mille volte di non interrompere!» esclamò, ma era allegra. Piton si domandò quante altre volte fosse accaduto. Si portò le dita sulle labbra: era tutto un sogno, lo sapeva, ma quel bacio era così reale, così vero, così caldo.

La bambina si limitò a scrollare le spalle, lanciando un'occhiata verso la cucina, dalla quale ora arrivava non solo odore di biscotti, ma anche di arrosto.

«Vai a svegliare tuo fratello.» aggiunse Lily, posandosi una mano sulla pancia. «Io e papà dobbiamo parlare.»

«Non è vero!» scattò la bambina, con un sorrisetto furbo. «Non dovete parlare, continuerete a sbaciucchiarvi!»

«Lucy Ellen Piton! Chi ti ha insegnato a parlare così? Horace?!»

Lucy fece la linguaccia ai genitori, e scappò via senza rispondere, su per le scale che portavano al piano di sopra.

«Devo proprio fare due chiacchiere con Horace.» borbottò Lily, prima di voltarsi di nuovo verso il marito e baciandolo a stampo. «Dopo cena gli farò un bel discorsetto.»

Piton non le rispose. Quel nome non gli diceva niente. Teneva gli occhi sul suo volto.

«Stai bene?» gli ripeté Lily, osservandolo. «Sei così silenzioso, oggi.»

«Io...» Come spiegarle che quello non era il suo posto? Che nella realtà lei aveva sposato James Potter e aveva avuto un unico figlio?

«Ti dispiacerebbe cambiare Alan? Credo di aver sbagliato la ricetta di Molly... devo rivedere l'arrosto!» esclamò Lily, rientrando in cucina, borbottando un incantesimo in direzione del forno.

Piton fece qualche passo in avanti verso la cucina, osservando la donna intenta a fare magie, ma prima di poter dire qualcosa, udì dall'alto la voce di Lucy.

«Papà, Alan è sveglio!»

Lily si voltò verso di lui, ma prima che potesse dirgli qualcosa, Piton tornò sui propri passi, salendo la lunga scala per il piano superiore. Si soffermò a guardare la foto di una piccola Lucy tra le sue braccia. Non ricordava di aver mai avuto quell'aspetto così felice. Il Piton della foto gli fece l'occhiolino, forse per scacciare lacrime di gioia. Finì di salire le scale con un groppo in gola e seguì la voce della figlia fino ad una cameretta.

Trovò Lucy appoggiata contro un lettino, intenta a giocare con un sonaglio e con un bambino dai capelli neri, che non poteva avere più di tre anni. Il bambino rideva e saltava nel lettino, dicendo alla sorella di continuare a suonare. Ad un certo punto si voltò, come se lo avesse percepito, e Piton sentì un brivido lungo la schiena nell'incrociare gli occhi verdi di Lily in quel volto così simile al suo.

«Pa-pa!» lo salutò il piccolo, ignorando la bambina e avvicinandosi a lui per quanto possibile dal piccolo lettino con le sbarre in cui si trovava. «Bracio!»

Allungò le manine verso di lui e Piton, superato il momento di shock, lo prese in braccio. Lo strinse contro di sé, guardando Lucy, che gli indicò dei vestiti ben piegati su una sedia a dondolo.

«Mettigli quelli per la festa.» disse, uscendo dalla camera saltellando.

Piton avrebbe preferito che rimanesse. Non aveva idea di come cambiare un bambino. Non sapeva nemmeno dove fosse la sua bacchetta, non l'aveva vista nella sua camera. Dondolò il piccolo Alan per qualche minuto, poi lo posò sul letto per cambiarlo. Il bambino si agitava e farfugliava parole che Piton non riusciva ben a capire. Quando riuscì a rivestirlo, lo riprese in braccio, strofinando appena la punta del naso sulla sua testa. Emanava un odore di fiori, così estraneo quanto familiare.

Uscì dal corridoio e questa volta si fermò a guardare un'altra foto. Lui e Lily erano abbracciati, con Lucy e il piccolo Alan, più giovani di quanto non fossero in quel momento. Sorridevano tutti, felici. Osservando il volto di Lily, Piton pensò che non voleva più risvegliarsi da quel sogno meraviglioso.

Allungò la mano verso la foto e una scarica sembrò attraversargli il braccio. La sua mente fu invasa dai ricordi: Lucy lo prendeva per mano e gli indicava il prato, mentre Lily li seguiva spingendo Alan sul passeggino, scattando loro delle foto con una vecchia macchina fotografica babbana. Ricordava la pressione delle piccole dita della figlia sulla mano, il profumo di neonato provenire da Alan...

Piton scostò bruscamente la mano dalla cornice, posandola sul bambino che teneva in braccio. Quei ricordi falsi avevano invaso la sua mente così all'improvviso che per un attimo la testa gli girò. Non era mai successo, non era mai andato al parco con Lily adulta e i bambini... Cosa stava succedendo? Quale magia era in corso?

Alan borbottò qualcosa e Piton si riscosse. Fu sul punto di scendere le scale ma si voltò verso la camera dalla quale era uscito chissà quanto tempo prima. Posò il bambino sul letto, distraendolo con un peluche a forma di leone, e si diresse verso l'armadio. Vesti di mago e abiti babbani erano sistemati composti al suo interno. Si cambiò con semplici abiti babbani neri, sperando che andassero bene, e mentre si infilava il maglione, si bloccò alla vista del suo avambraccio nudo. Passò le dita sulla pelle, sorpreso dalla mancanza del Marchio Nero. Non esisteva il Signore Oscuro, in quel posto misterioso? Oppure non si era mai unito ai Mangiamorte?

Sistemò il maglione e si diresse verso il bambino. Ebbe il tempo di prenderlo in braccio e voltarsi verso la porta prima che il campanello squillasse, facendo vibrare per un secondo tutta la casa.

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Capitolo 3
*** 3. I Potter ***


Piton portò una mano nella tasca dei pantaloni, con la speranza di prendere la bacchetta, ma non la trovò. Si domandò dove potesse essere. Nella sua veste alla rimessa delle barche? Non gli era molto utile lì, così lontana. Scese le scale, sulle spine, gli occhi puntati verso la porta d'ingresso. Aveva un brutto presentimento. E quando vide Lily avvicinarsi alla porta, per un momento la rivide morta davanti a sé.

«Aspetta!» esclamò, affrettandosi a scendere le scale, ma ormai la donna dai capelli rossi aveva spalancato la porta. Piton ebbe paura per i bambini e Lily, e impiegò qualche secondo a metabolizzare ciò che si trovò davanti.

«Ciao mamma.» salutò Harry Potter, sorridendo alla vista di Lily.

«Oh, Harry!» esclamò lei, abbracciandolo. Indossava ancora il grembiule bianco sul vestito a fiori, ma era sempre stupenda. «Sei cresciuto così tanto dall'ultima volta che ti ho visto! Dov'è tuo padre?»

«Si smaterializzerà qui tra un po'.» disse Harry, ricambiando l'abbraccio e provando ad arruffarle i capelli.

«E...»

«Abbiamo preso il Nottetempo.» spiegò Harry, entrando e sfilandosi la sciarpa Grifondoro che portava al collo. «Volevo Smateriallizzarmi, ma ho pensato che non fosse il caso di lasciare Horace indietro.»

«Perché poi mi sarei arrabbiata con te?» domandò Lily, osservando il figlio maggiore.

«O perché io mi sarei arrabbiato con te?» borbottò un ragazzo alto, dai capelli rossi, entrando in casa. Per un attimo Piton pensò di trovarsi di fronte Ronald Weasley, ma quando il ragazzo incrociò il suo sguardo, capì di essersi sbagliato. Il nuovo arrivato aveva gli stessi occhi verdi di Lily, come i capelli rossi, ma i tratti del viso gli ricordarono James Potter.

«Ti ho offerto un passaggio.» gli fece notare Harry, calmo, appendendo il giubbotto mentre la madre chiudeva la porta scuotendo la testa.

«Lo sai che non mi piace Smaterializzarmi!» esclamò il ragazzo, abbracciando Lily.

«Be', siamo in due, Horace.» sbuffò Harry, e il suo sguardo si posò su di lui. «Ehm... professor Piton, salve.» aggiunse, imbarazzato.

Piton non replicò. Harry era proprio come se lo ricordava, con i capelli sempre arruffati e gli occhi di sua madre nascosti dagli spessi occhiali rotondi. Ma quando il giovane si portò indietro i capelli ribelli, mostrò una fronte liscia, priva di cicatrice a forma di saetta.

«Potter.» salutò Piton, rigido. Prima di morire, aveva visto gli occhi di Lily, ma sul volto di Harry Potter. Lui per caso lo ricordava?

Ma com'era possibile? Quella non era la stessa vita che aveva lasciato. Era una strana forma di paradiso, inferno o purgatorio, o qualsiasi altra cosa esistesse dopo la morte. Era morto, ne era certo, aveva provato un dolore inimmaginabile. Ed Harry Potter davanti a sé, con i genitori vivi, senza cicatrice sulla fronte, ne era la prova.

«Non siate così rigidi.» disse Lily, osservandoli. «Non siete a scuola.»

«Per me sarà sempre il professor Piton, mamma.» sbuffò Harry.

«Per me no.» sorrise Horace, guardandoli. «Ciao, Sev.»

Senza volerlo, Piton lo fulminò con lo sguardo. Horace avvampò e allungò le braccia in direzione del piccolo Alan.

«Posso, professore..?» borbottò, suscitando una risata da parte della madre. Piton fu tentato di scuotere la testa, ma ormai Alan allungava le mani in direzione del fratello, felice di vederlo.

Non c'erano dubbi che Horace fosse figlio di Lily e James, proprio come Harry. Entrambi avevano preso molto dal padre, sebbene i lineamenti di Harry erano dolci come quelli di Lily e Horace avesse preso i suoi colori. Harry doveva avere diciassette anni e Horace, forse, quattordici.

«Horace! Harry!»

La piccola Lucy comparve dalla porta della cucina e corse verso i fratelli. Harry ebbe giusto il tempo di chinarsi che la bambina gli volò tra le braccia. Lucy iniziò subito ad arruffargli i capelli, chiedendogli se giocasse ancora a Quidditch e se avesse vinto altre partite dall'ultima lettera che gli aveva scritto.

Chiacchierando, i quattro fratelli andarono in soggiorno, sedendosi sul divano. Piton li osservò, pensando che fosse così strano avere in casa Harry Potter che non lo guardava con lo stesso disprezzo che gli riservava a scuola.

«Ti senti meglio?» domandò Lily, posandogli una mano sulla schiena e avvicinandosi a lui. Piton annuì, incrociando il suo sguardo.

«Sto bene, sì.» disse Piton, cercando di credere alle sue stesse parole. Non stava bene, ma l'unica cosa che poteva fare era continuare a seguire quello strano sogno e vedere fin dove l'avrebbe portato. Forse ne avrebbe trovato la fonte.

«Okay.» Lily gli accarezzò il braccio, poi aggiunse, piano: «Non litigare con James, d'accordo? So che non lo sopporti, ma i ragazzi ci tengono tanto a passare il Natale con lui e noi, e non voglio deluderli.»

James Potter.

Da un minuto all'altro, il suo nemico di scuola sarebbe entrato in quella casa. Si domandò come avrebbe reagito alla sua vista, se l'odio nei suoi confronti fosse maggiormente ricambiato, ora che era sposato con Lily.

La donna lo baciò sulla guancia e tornò in cucina. Piton fu tentato di seguirla, ma rimase a guardare i ragazzi. Harry, con in braccio la sorellina, stava descrivendo nei dettagli la sua ultima partita di Quidditch, Grifondoro contro Tassorosso. Lucy sembrava piuttosto rapita dal racconto del fratello maggiore, e lanciava urletti entusiasti ogni volta che Harry le diceva del punteggio e della caccia al boccino. Horace, invece, giocava con Alan, canticchiandogli delle canzoncine e facendogli battere le mani a tempo. Di tanto in tanto scoccava un'occhiataccia a Harry, che lo ignorava.

«Sai, se Ginny Weasley non mi avesse rubato la pluffa, probabilmente avreste perso.» disse Horace, sorridendo, quando Harry finì di parlare.

«Purtroppo sei stato tanto stupido da fartela rubare.» ribatté Harry, con un'alzata di spalle.

Horace borbottò qualcosa che sentì solo Alan, che avendo tre anni non ripeté. Harry portò una mano alla tasca per prendere la bacchetta, ma Piton tossicchiò per evitare che la estraesse. Non gli sembrava una grande idea guardare i fratelli Potter sfidarsi, con in mezzo due bambini. Tralasciando che Horace, al contrario di Harry, non doveva essere ancora maggiorenne.

«Professor Piton.» disse Harry, guardandolo, lasciando perdere la bacchetta. «Ha già, mh, corretto il compito di Pozioni?»

Piton si domandò di quale compito stesse parlando e scosse la testa. Sapere che nemmeno quello fosse cambiato lo fece arrabbiare: perché Silente non gli aveva lasciato la cattedra di Difesa contro le Arti Oscure? Cosa c'era da temere, in quello strano nuovo mondo senza Lord Voldemort?

Piton lasciò scorrere lo sguardo su Harry e si soffermò a guardare Horace Potter. Come il fratello, anche lui portava al collo una sciarpa di Hogwarts, ma solo in quel momento si accorse che non aveva i colori di Grifondoro. La sua sciarpa era gialla e nera, i colori di Tassorosso. Ciò spiegava il piccolo battibecco sulla partita.

«È possibile avere almeno una A?» aggiunse Harry, sempre rivolto a Piton. «Non so ancora cosa farò dopo il diploma, ma una A potrebbe spingermi a studiare per una E...»

Piton sogghignò. Il fatto che Harry non fosse bravo in Pozioni lo rassicurò. Non tutto era diverso. «Ti conviene iniziare a studiare per una A.» gli disse.

Horace ridacchiò, Harry arrossì leggermente e Lucy guardò il padre e il fratello, non capendo forse il collegamento tra le varie lettere.

«Se non sono troppo ottimista, dovrei aver preso una E.» disse Horace, con tono pomposo. «Pozioni è una delle mie materie preferite, come Storia della Magia e Difesa contro le Arti Oscure...»

«Difesa è fantastica.» lo interruppe Harry. «Abbiamo un eccellente insegnante di Difesa.» Poi, cogliendo lo sguardo di Piton, aggiunse in fretta: «Non che lei, professore, non abbia fatto un buon lavoro...»

Piton aggrottò la fronte, non capendo. Prima che potesse chiedere, però, Horace sbuffò forte.

«A me sarebbe piaciuto avere lei come insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, professore.» disse Horace, mentre Alan gli tirava la sciarpa e Lucy si affrettò ad evitare che il fratellino lo strozzasse.

«Sono certo che se mi piace Difesa contro le Arti Oscure, è tutto merito suo.» aggiunse Harry con un sorriso speranzoso, guardando Piton sempre più perplesso. Aveva insegnato Difesa?

«Sev, mi dai una mano in cucina?»

La voce di Lily lo salvò. Si allontanò dal soggiorno, rimuginando sulle parole dei due giovani Potter, ma quando Lily lo baciò, quasi dimenticò ogni parola.

«Scusa, ti ho mentito.» disse lei, sottovoce. «I ragazzi si stanno comportando da sciocchi, non volevo che rischiassi di togliergli punti pure in vacanza.»

«Sono dei Potter.» disse Piton, senza riflettere, e Lily sbuffò come Horace, alzando gli occhi al soffitto.

«Queste battute faresti bene ad evitarle, dopo, in presenza di James.» disse Lily, scuotendo appena la testa e dandogli un secondo bacio. «È una testa calda, e non voglio rovinare il Natale a nessuno, specialmente ai bambini.»

«D'accordo, starò zitto.» annuì Piton. Spostò lo sguardo sulla cucina, indugiando per un momento sul forno, dal quale proveniva un odorino delizioso. «Senti... posso chiederti una cosa?»

«Ma certo.» annuì Lily, lanciandosi un'occhiata alle spalle. Le risate di Lucy e Alan arrivavano fino a lì.

«Ecco...» Piton si portò per un attimo la mano sull'avambraccio, pensando al Marchio che non c'era più. «Insegnavo Difesa contro le Arti Oscure?»

Lily batté le palpebre, stupita dalle sue parole. Studiò il volto del marito, poi gli posò una mano sulla fronte. «Strano, non sei caldo.» disse lei. «Ma dici cose senza senso.»

Piton si strinse nelle spalle, un lieve rossore gli invase le guance.

«Hai insegnato Difesa per... mh, dodici anni.» disse Lily, decidendo di rispondere lo stesso a quella strana domanda. «Hai fatto domanda per il posto subito dopo il M.A.G.O. e il professor Silente ha aspettato tre anni per assumerti. Avevi bisogno di un po' di esperienza sul campo, e l'hai fatta.»

Piton trattenne a stento un sorriso. Allora la cattedra di Difesa non era mai stata maledetta!

«E... perché l'ho lasciata?» aggiunse Piton, curioso. Insegnare Difesa era sempre stato il suo sogno, oltre venire ricambiato da Lily.

«Be', quando hai saputo che Remus stava cercando lavoro, lo hai proposto al tuo posto ad Albus, che ha accettato. E visto che Lumacorno ha deciso di andare in pensione anticipata, hai preso il suo posto come insegnante di Pozioni.»

Piton si appoggiò contro il muro, trattenendo una risata amara. Aveva lasciato la cattedra per il lavoro dei suoi sogni a Remus Lupin? Quasi gli mancava, la sua vecchia vita.

«A mio parere, è stato un gesto molto eroico da parte tua.» disse Lily, guardandolo seria. «Hai capito le difficoltà di Remus nel trovare un posto di lavoro e, nonostante tutto quello che è successo in passato, gli hai lasciato il tuo posto. Sono fiera dell'uomo che ho sposato.»

Gli si avvicinò e lo baciò di nuovo, a lungo, e Piton pensò che non gli mancasse poi così tanto la sua vecchia vita.

«Torna di là, ora.» disse Lily, punzecchiandogli il fianco. «E fai in modo che Horace non insegni nuove parole a Lucy. O peggio, ad Alan. Ah, e non ti far scappare niente, okay?» aggiunse, con un enorme sorriso. «Voglio che siamo insieme, quando glielo diremo.»

Piton aggrottò la fronte, ma annuì, non volendo ammettere che non avesse idea di quello di cui parlava. Erano troppe le cose che ignorava, e non voleva allarmarla.

Rientrò in soggiorno, e scoprì che i ragazzi non si erano mossi dal divano. Ora Alan giocava con Harry, e Horace raccontava a Lucy delle festicciole che organizzavano i Tassorosso ogni volta che qualcuno prendeva un brutto voto, per far sì che non ci pensasse troppo e non perdesse la voglia di studiare. Era al quinto anno, e nel giro di qualche mese avrebbe dovuto affrontare i G.U.F.O., gli esami di Hogwarts.

Allora aveva quindici anni... Era nato due anni dopo Harry, il che significava che, nella vecchia vita, Lord Voldemort non aveva ucciso solo James e Lily, ma anche il piccolo Horace non ancora nato.

Piton si ritrovò a studiare il ragazzo dai capelli rossi. Somigliava molto a Lily alla sua età. Da come parlava, cercava di vedere il meglio in tutti. Giocava come Cacciatore nella squadra dei Tassorosso, e il resoconto della partita contro Grifondoro raccontata da lui, prendeva una piega ben diversa. Harry lo ignorò, ma propose a Lucy di spostarsi e insieme si misero a guardare l'albero di Natale. Lucy allungò la mano verso il padre, quando gli passò vicino.

«Sei così silenzioso, papà.» gli disse, e toccandole la mano, Piton fu invaso da un altro ricordo non suo. La piccola Lucy, nata da non più di una settimana, gli tendeva la piccola manina paffuta. Era stato ben felice di prenderla.

Il ricordo lo invase per qualche secondo, facendogli provare tutto l'amore che provava per la figlia. La guardò, pensando che fosse stupenda. Ed era tutto merito di Lily.

Il campanello suonò e Piton si irrigidì. Si avviò alla porta, desiderando la sua bacchetta, e si ritrovò a fronteggiare James Potter. I loro occhi si incrociarono e Piton fu sorpreso di notare che non provava alcun rancore nei suoi confronti.

«Severus.» lo salutò James, esitante. «Ti vedo in forma.»

«Anch'io.» disse Piton, facendogli cenno di entrare.

James si lanciò un'occhiata alle spalle ed entrò, guardando per un attimo una fotografia di Lily e Severus il giorno del matrimonio.

«Spero non vi dispiaccia, ma ho invitato anche...» disse James, in fretta, e una persona dai capelli neri arrivò alle sue spalle.

«Mocciosus.» lo salutò Sirius Black. Il suo aspetto sano e giovane, così diverso dal Sirius Black che aveva conosciuto dopo dodici anni di Azkaban e uno di fuga, lo fece ammutolire, ma solo per un secondo.

«Black.» ringhiò Piton, stringendo la presa sulla maniglia.

«Sirius...» lo ammonì James, fissando torvo l'amico. Si scambiarono un'occhiata e Sirius sospirò.

«Scusa, Severus.» disse, facendo un passo avanti. «Ho pensato che sarebbe stato carino se mi fossi unito a voi per Natale.»

«Sarebbe stato più carino avvertire.» sbottò Piton. «Ti avremmo preparato una ciotola...»

Sirius portò la mano alla vita, dove teneva la bacchetta, ma la mano pronta di James gli si posò sulla spalla. Gli mormorò qualcosa vicino all'orecchio e Sirius perse subito la voglia di vendicarsi.

«Zio Sirius!» disse Harry, portando con sé Alan. «Non ti aspettavamo!»

«Ho voluto farvi una sorpresa.» disse Sirius, avvicinandosi al nipote acquisito e abbracciandolo. Strinse brevemente anche Alan, che provava a pronunciare il suo nome e si lasciò prendere in braccio.

James fece un cenno di saluto ai figli prima di voltarsi verso Piton. Sembrò sul punto di scusarsi per il comportamento dell'amico, ma Piton si allontanò nel soggiorno, prima che potesse parlare. Ora che aveva visto Sirius, i suoi sentimenti su James erano ritornati, prepotenti. Ora capiva perché Lily gli aveva chiesto di comportarsi bene. Gli anni ad Hogwarts non erano cambiati, nonostante la mancanza del Signore Oscuro.

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Capitolo 4
*** 4. Il giorno di Natale del 1997 ***


Lily spuntò dalla cucina senza più grembiule, e senza più panna sulla guancia. Il vestito a fiori le donava moltissimo e Piton rimase folgorato dalla sua bellezza mentre la guardava avvicinarsi a Sirius. I due si abbracciarono, ridendo e prendendosi in giro con fare amorevole, poi Lily si allontanò dall'amico e si avvicinò a James. Lui non provò ad abbracciarla, né lo fece lei.

«Ciao James.» disse Lily, circospetta. «Sei arrivato, finalmente.»

James si strinse nelle spalle. «Stavo parlando con Remus.» disse, con una scrollata di spalle. «Ho provato ad invitarlo qui, ma ha preferito rimanere ad Hogwarts. Ha detto che a causa dell'ultima luna piena è rimasto indietro con la correzione dei test, e vuole mettersi in pari.»

Lily annuì e si voltò di nuovo verso Sirius. James cercò di nascondere la delusione e si avvicinò a Harry, che stava mostrando a Lucy una scia di stelle colorate con la bacchetta.

Piton si ritrovò a guardare la scena di fronte a sé, sentendosi un estraneo sebbene quella fosse casa sua. Non sapeva se avvicinarsi a Lily o ai figli, oppure affrontare James e Sirius. O chiedere a Harry come se la fosse cavata come insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, sebbene gli avesse insegnato solo per due anni.

«Prima che me lo dimentico...» disse Harry, attirando l'attenzione di tutti su di lui. «Ron ci ha invitato a pranzo domani alla Tana, siete tutti invitati. Anche il professor Lupin.»

Horace sogghignò. «È stato Ron ad invitarti... oppure Ginny?»

Harry arrossì leggermente e non rispose.

«Esci ancora con Ginny Weasley?» domandò James, sorpreso. «Pensavo vi foste lasciati.»

«Si sono lasciati per una settimana, durante l'estate.» gli ricordò Lily, muovendo la bacchetta verso il tavolo del soggiorno. Una tovaglia rossa comparve sul tavolo, con tanto di piatti e candele. «Ma si sono subito rimessi insieme.»

«Tre giorni fa li ho beccati a pomiciare in una stanza vuota del terzo...» svelò Horace, ma subito tacque a causa di un incantesimo lanciato dal fratello maggiore. Aveva estratto la bacchetta e fatto un incantesimo non verbale in modo così veloce che Piton ne rimase impressionato.

«Harry!» urlò Lily, mentre Horace provava a parlare. «Anche se sei maggiorenne e puoi usare la magia, questo non significa che la devi usare contro tuo fratello!»

«I veri uomini si prendono a pugni!» esclamò Sirius, e Lily gli scoccò un'occhiataccia mentre Lucy ridacchiava.

Harry sciolse la fattura fatta al fratello, mettendosi a braccia conserte, per nulla scocciato dalle parole della madre. Guardò Horace come a sfidarlo a dire un'altra parola su lui e Ginny, ma il fratello aveva capito di dover restarsene zitto. Oppure stava preparando una vendetta contro il fratello.

«Harry, dammi una mano.» brontolò Lily, sparendo in cucina. Il figlio maggiore la seguì controvoglia e Sirius sghignazzò nel sentire la voce arrabbiata di Lily provenire dalla porta non appena Harry la raggiunse.

Sirius convinse Alan e Lucy a lavarsi le mani e a sedersi a tavola. James lo accompagnò, non sapendo se seguire l'ex moglie in cucina per sgridare il figlio o lasciare che lo facesse tutto da sola. Piton si avvicinò alla porta, cercando di non sembrare troppo contento per la sgridata di Harry e per il fatto che James non sapesse cosa fare.

«Porta questi di là.» sbottò Lily, mettendo in braccio al figlio un vassoio colmo di aperitivi. «E non mangiare niente!»

«Ma è Natale.» borbottò Harry.

«Per te sarà Natale quando smetterai di comportarti da idiota verso Horace!»

Brontolando, Harry uscì dalla cucina con l'espressione rassegnata. Piton aspettò che la porta si chiudesse alle sue spalle prima di avvicinarsi alla moglie. Le posò una mano sulla schiena, felice di poterla toccare in quel modo tanto intimo.

«Non so più cosa fare.» disse lei, appoggiandosi contro il suo petto.

«Ha agito di istinto, non con cattiveria.» disse Piton, portandole una mano tra i capelli, pensando quanto fosse strano difendere Harry Potter. «E sono quasi certo che non appena Horace compirà diciassette anni, si vendicherà.»

Lily si lasciò scappare una risatina. «Spero proprio di non assistere alla scena, allora. Lascerò che sia James a vedersela con loro.»

Lily lo baciò sul mento poi gli prese la mano. Piton le sorrise, e aggrottò la fronte mentre Lily posava la mano sulla propria pancia.

«Speriamo che questo non abbia intenzione di vendicarsi sui fratelli.» disse e Piton capì. Gli si inumidirono gli occhi mentre abbassava lo sguardo. Avrebbero avuto un altro figlio... Di nuovo, la sua mente fu invasa da pensieri non suoi. Le sue labbra ardevano contro quelle di Lily, i loro corpi si intrecciavano sul letto morbido della stanza al piano di sopra...

«Torniamo di là.» mormorò Lily, baciandolo un'ultima volta e spegnendo il forno. «Così posso ridare a Harry l'opportunità di mangiare prima di beccarlo con la bocca piena.»

Lily gli prese la mano e lo condusse fino al soggiorno, dove presero posto con gli altri invitati. Piton guardò i suoi figli giocare e ridere con i figli di James Potter, e pensò che, tutto sommato, quel sogno non era male. Desiderò non svegliarsi più. Voleva continuare a vivere lì, in un mondo dove lui e Lily Evans si erano sposati, dove avevano avuto due figli meravigliosi ed erano in attesa del terzo.

Harry e Horace fecero la pace in fretta, decisi a non far arrabbiare la madre per il resto della giornata. Piton si ritrovò a parlare con loro di Hogwarts, degli insegnanti, di Silente ancora preside. Sapere che fosse vivo e in perfetta salute migliorò il suo umore. Non vedeva l'ora di rincontrarlo, il mese successivo. Forse avrebbe potuto fargli delle domande riguardo Voldemort, piuttosto che allarmare le persone a tavola.

Piton scoprì che non erano solo i Weasley ad averli invitati il giorno dopo, ma anche i Malfoy, che avevano dovuto rinviare il pranzo al giorno successivo. Harry non sembrava molto intenzionato ad unirsi, e Horace provò a spronarlo, dicendogli che doveva dimenticare i vecchi rancori con Draco e provare ad andare d'accordo. Era una frase molto da Tassorosso, e Lily si intromise dicendo al figlio che, nel caso Draco fosse stato scortese con lui, poteva sempre affatturarlo. Sirius rise a tale proposta e James si lasciò scappare un sorriso. Horace guardò i fratelli minori borbottando di non ascoltare la madre e si misero tutti a ridere.

Tra una portata e l'altra, lo sguardo di Piton si puntava su Harry Potter. Vederlo senza cicatrice era così strano... come era strano vederlo ridere e scherzare in compagnia dei genitori e del fratello che in un'altra vita non era mai nato.

Guardò Sirius, e da ciò che stava raccontando a Lucy, Piton capì che era diventato giornalista per una rivista babbana. La motivazione era piuttosto semplice, e la disse non appena Piton glielo chiese: voleva che i suoi genitori si rigirassero nella tomba nel sapere che il loro figlio Purosangue, oltre ad essere Grifondoro, frequentasse i babbani. Provava a viaggiare con i mezzi babbani, ma preferiva Smaterializzarsi quando era sicuro che nessuno lo vedesse. Mostrò ai bambini le buffe banconote babbane e lasciò che Lucy scegliesse quella che le piaceva di più.

Come aveva sempre sospettato Piton, James viveva dell'eredità dei suoi genitori, ma di tanto in tanto aiutava Sirius con il suo lavoro babbano. Spesso viaggiavano insieme per il mondo, incontrando maghi di culture diverse. Nel tempo libero scriveva un libro sul loro viaggio, ma non rispose a nessuna delle domande dei figli o dell'ex moglie.

«Troverò il libro.» promise Horace, guardando il padre. «Tanto appena finisce la scuola, sarò di nuovo a casa tua.»

James sorrise e gli fece l'occhiolino. «Vedremo.» disse.

Lily ridacchiò. Piton la fissò, ricordando tutte le volte che l'aveva intravista nei corridoi di Hogwarts al settimo anno, in compagnia di James. Erano quasi sempre mano nella mano, intenti a parlare e ad ignorarlo quando gli passava affianco. Rideva proprio così, con lui... La gelosia lo attanagliò per un momento, subito interrotto dallo sguardo che Lily gli lanciò, uno sguardo così carico di amore che lo fece pentire di essere così insicuro.

Quando il pranzo finì, Harry puntò la bacchetta sul tavolo prima che potesse farlo sua madre e fece viaggiare i piatti e gli avanzi fino alla cucina. Strinse gli occhi quando si udì un rumore di vetri infranti e corse a vedere cosa fosse successo, gridando che era tutto a posto. Lily alzò gli occhi al cielo, trattenendosi dall'andare a controllare il figlio maggiore che riparava gli oggetti.

«Non fa altro che usarla per ogni minima cosa.» disse Lily. «Da quando è diventato maggiorenne.»

«L'abbiamo fatto tutti.» provò a tranquillizzarla Sirius, e James si alzò in piedi per soccorrere il figlio.

Horace giocherellò con la tovaglia, e Piton immaginò che anche lui non vedesse l'ora di diventare maggiorenne. Come dargli torto? Probabilmente aveva una lista di incantesimi da usare sul fratello non appena avesse compiuto diciassette anni.

Lucy batté le mani per attirare l'attenzione su di sé. Gli sguardi di tutti coloro presenti in sala da pranzo si puntarono su di lei. Non arrossì, sembrava piuttosto a suo agio.

«Apriamo i regali?» domandò, seria, e Lily sorrise.

«Direi che è ora.» disse, lanciando un'occhiata a Piton, che ricambiò il sorriso.

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Capitolo 5
*** 5. Tutti i ricordi ***


Severus passò l'ora successiva sul divano, con in braccio i due figli intenti a scartare i loro regali. Sorrise e li incoraggiò ad aprirli, senza sapere cosa vi fosse all'interno. Era così strano: da una parte li considerava degli estranei, non suoi, e dall'altra ricordava il momento della loro nascita, il modo in cui li aveva guardati la prima volta e come gli si era scaldato il cuore.

Qualcosa in lui stava cambiando, se ne rendeva conto ogni minuto che scorreva in quella sala da pranzo con l'albero di Natale acceso. Più tempo passava con quelle persone, alcune diverse da come le aveva conosciute e altre nuove, estranee, più sentiva di far parte di quella strana famiglia.

Ricordava come gli si era rigirato lo stomaco alla vista di Harry undicenne, che lo fissava il primo giorno di scuola. Ricordava di essere stato su di giri alla vista degli occhi di Lily. Ricordava Silente che gli chiedeva di prendersi cura di lui. Al tempo stesso, però, altri ricordi si sovrapponevano a quelli che immaginava fossero veri: la lettera di Lily arrivata nel tardo pomeriggio che lo avvisava della nascita di suo figlio Harry e lo invitava a vederlo; il piccolo Harry neonato che lo guardava dalla culla, mentre al piano di sotto James e Sirius borbottavano, contrari alla sua presenza in quella casa.

Quando guardava Lily in piedi nel soggiorno, che rideva alla vista di Horace, inorridito dal disegno sul cappello regalatogli dal fratello maggiore – un leone che sbrana un tasso – vedeva la bambina dai capelli rossi che era stata un tempo, la bambina con la quale si vedeva tra una lezione e l'altra e con la quale frequentava le lezioni in comune. Vedeva la ragazza di quindici anni che trasaliva per l'insulto di cattivo gusto che le aveva gridato in un momento difficile, e che qualche ora più tardi troncava la loro amicizia. Vedeva la giovane donna morta nella cameretta del figlio.

Ma vedeva anche la ragazza che, a sedici anni, intenerita, accettava le sue scuse e gli proibiva di riutilizzare quella parola contro di lei o contro chiunque altro. Erano tornati ad essere amici negli ultimi due anni ad Hogwarts, e Piton sopportava con un certo peso l'avvicinamento della rossa a James Potter. Aveva partecipato al loro matrimonio come testimone, sebbene si sentisse morire. Vedeva la giovane donna dai capelli rossi con l'aria distrutta ma con il sorriso che gli mostrava il suo bambino appena nato, e un mese più tardi la vedeva raggiante di felicità nello scoprire che era stato assunto come insegnante di Difesa contro le Arti Oscure ad Hogwarts. Vedeva la donna che, due anni più tardi, di fronte alla stessa culla ma con un bambino dai capelli rossi, gli chiedeva di fare da padrino al piccolo che portava il nome del loro vecchio insegnante di Pozioni. Vedeva la donna che gli confessava di non provare più amore per James, la donna che si era trasferita per un paio di settimane a casa sua con i bambini mentre si occupava del divorzio.

Vedeva tutto questo, e sapeva che non era mai successo, perché lei era morta un anno dopo la nascita del primo figlio, ancora prima di scoprire di essere in attesa del secondo. Ma i ricordi che aveva di lei erano così veri che cominciava a dubitare della sua mente. C'era qualcosa nel suo cervello che non andava. Era malato.

Socchiuse gli occhi mentre Lily accettava il regalo da parte di James e Sirius e lo scartava, cercando di trattenere la curiosità. Si illuminò nel vedere un vestito verde bottiglia, e li abbracciò per ringraziarli, dicendo loro che era stupendo.

Nella sua testa, nuovi ricordi presero forma. Una Lily in lacrime che accettava di sposarlo e che poi gli confessava di essere incinta. Avevano comprato quella casa in periferia di Londra, a pochi chilometri di distanza dalla casa dei Weasley e dei Lovegood, molto distanti però da sua sorella Petunia, che non voleva avere niente a che fare con lei e la sua famiglia matta. Lily gli stava mostrando trionfante l'esito dei suoi esami per diventare Guaritrice. Era stato così orgoglioso di lei... e nove mesi dopo era nato Alan.

Piton si portò una mano sulla fronte. A causa di tutti quei pensieri estranei, gli era venuta l'emicrania. Sentiva la testa pesante, indolenzita, come se fosse sul punto di spaccarsi a metà. Alan appoggiò la guancia contro il suo petto, muovendo per qualche secondo il leone che Harry gli aveva regalato e si assopì, esausto per tutte le emozioni della giornata. Piton lo osservò, pensando che anche a lui sarebbe piaciuto dormire.

Una mano sulla spalla gli fece sollevare lo sguardo.

«Tutto okay?» gli chiese Horace, sedendosi sul bracciolo del divano. «Sei così pallido... più del solito, oserei dire, se mi è permesso, professore.»

Piton accennò un sorriso. Era la stessa frase che gli aveva rivolto Lily quel mattino.

«Sto bene.» annuì, portando una mano sulla schiena di Alan, accarezzandola. Lucy si era alzata in piedi da un po', per giocare con la finta bacchetta che Sirius le aveva regalato. «Ho solo mal di testa.»

Horace aggrottò la fronte. «Non ha qualche pozione già pronta?»

«Non credo.»

«Posso farne una io.» si illuminò Horace, balzando in piedi. «Ci metterò giusto mezz'ora, se trovo tutti gli ingredienti... e se funziona, potresti mettermi una E...?»

«Cosa sentono le mie orecchie.» disse Harry, divertito, fissando il fratello. «Un Prefetto che sta cercando di comprarsi il professore di Pozioni.»

«Non ho bisogno di comprarmi il professore di Pozioni, visto che sono uno dei suoi studenti migliori...» disse Horace, facendo un gestaccio al fratello quando questi lo prese in giro con una risata.

Lily guardò il figlio allarmata, poi spostò in fretta lo sguardo sui bambini. Alan dormiva in braccio al padre, e Lucy dava le spalle a Horace, distratta dalla sua bacchetta finta. Tirò un sospiro di sollievo, poi fulminò James con lo sguardo.

«Ehi, camminano per le strade babbane, non devono per forza averlo imparato da me.» disse lui, mite, con una scrollata di spalle.

Lily decise di non aggiungere altro. Si avvicinò a Piton, prendendo Alan in braccio e portandolo al piano di sopra, nel suo lettino. Non appena Lily e Alan sparirono su per le scale, la testa di Piton cominciò a fare meno male. Si chiese, distratto, se fossero loro la causa dei suoi dolorosi ricordi.

Horace tornò a sedersi al suo fianco, mentre Harry occupava il posto libero infilandogli a forza sui capelli rossi il cappello con il leone che sbranava il tasso. Il disegno si muoveva appena, quel giusto che bastava al leone per strappare la pelle dalle ossa del tasso.

«Piantala.» brontolò Horace, togliendosi il cappello.

Harry gli mostrò la bacchetta. «Fai il bravo.» gli disse, gongolando.

Piton li guardò mentre battibeccavano sottovoce per non farsi udire dalla madre e da Lucy, che rischiava di imparare parole nuove. Guardando Horace, Piton si ricordò di quella volta in cui, nel cuore della notte, si era svegliato per confortarlo da un incubo. Lily viveva da lui da tre giorni, e quella sera aveva accettato un doppio turno al San Mungo. Aveva portato Horace nel suo letto e gli aveva letto tre delle Fiabe di Beda il Bardo prima che si addormentassero. Lily aveva scattato loro una foto quando era rientrata in casa alle otto del mattino, la custodiva nel cassetto insieme a molte altre.

«Non è mai successo!» esclamò Piton all'improvviso, e i giovani Potter al suo fianco smisero di litigare.

«Cosa?» gli domandò Harry, confuso.

Piton scosse la testa con rabbia, alzandosi in piedi. Era nervoso, e in collera con coloro che lo stavano prendendo in giro. Era stufo di quella farsa, voleva che finisse. Voleva morire, passare del tutto dall'altra parte, e smetterla di stare lì, tra quelle persone, tre delle quali morte, tre che non esistevano e una che lo odiava con tutto il cuore.

Si portò le mani sulla testa, desiderando che tutto quello finisse. Voleva tornare nella rimessa delle barche e lasciare che Nagini finisse il suo lavoro.

«Papà?»

Piton abbassò le mani e guardò gli occhi scuri della bambina che gli era arrivata di fronte. Era strano vedere come somigliasse a Lily nei tratti del volto, ma con i suoi occhi neri, intelligenti e allegri.

Cercò di non lasciarsi incantare da quello sguardo. Non era sua figlia. Non aveva avuto figli nella sua vita. Non aveva nemmeno mai baciato Lily. Non l'aveva mai guardata in quel modo, almeno non quando lei gli rivolgeva la parola.

«Papà, stai bene?» gli chiese Lucy, guardandolo preoccupata.

Piton distolse lo guardo e lo puntò su James e Sirius, che ricambiarono la sua occhiata. Eccoli lì, i due ragazzi che gli avevano reso la vita impossibile. James, che aveva sposato l'amore della sua vita. Sirius, che l'aveva deriso fin dal primo giorno di scuola. Entrambi morti. Guardò Harry e Horace, Harry con il destino intrecciato a quello di Lord Voldemort, Horace che non era mai nato. Lucy, che lo chiamava papà, e Alan che aveva dormito con la testa appoggiata al suo petto come se fosse davvero suo padre. E Lily... che aveva amato per tutta la sua vita, e anche dopo.

«Tutto questo...» mormorò Piton, muovendo appena la mano, «non esiste.»

«Sì che esiste.» ribatté Sirius. «Noi esistiamo.»

«Siamo qui, davanti a te.» aggiunse James.

«Stiamo parlando con te.» continuò Horace, osservandolo. Poi si corresse: «Con lei, professore.»

«Non sono il tuo professore.» sbottò Piton. «Non lo sono mai stato.»

«Sì che lo sei.» disse Harry. «Sei il nostro insegnante di Pozioni.»

«Sei il mio papà.» mormorò Lucy. «Questo è vero, papà.»

«Non...» fu sul punto di dire Piton, esasperato, ma si trattenne. Quegli occhi neri erano per forza i suoi.

Un pensiero improvviso lo bloccò sul posto. Era davvero morto. Quella era la Morte, una derisione della sua vita, tutti i suoi pensieri nascosti riversati lì. Aveva una famiglia, Lily era sua moglie, James lo guardava con gelosia, proprio come un tempo aveva fatto lui. La Morte si era presa gioco di lui, forse perché aveva guardato la Pietra della Resurrezione con bramosia, quando Silente gliel'aveva mostrata l'anno prima. Doveva essere per quello...

Le mani di Lucy, piccole e calde e così vere, si posarono sulle sue, facendolo rabbrividire. Abbassò lo sguardo su di lei, e mille immagini gli passarono di fronte gli occhi: la nascita di Lucy il due maggio, la mano di Lily che stringeva la sua; il momento esatto in cui si era reso conto di essere diventato padre, mentre la teneva in braccio e la guardava dormire; Lucy che gli andava incontro camminando malferma sulle gambe paffute, dopo un'intensa giornata di lezioni; Lucy che balbettava papà, provocandogli decine di emozioni diverse.

Piton spostò le mani, ma i ricordi continuavano ad affluire nella sua testa, come se li avesse vissuti. Ricordava ogni sensazione, ogni emozione che lo aveva attraversato il primo Natale della bambina o tutte le notti insonni che aveva passato mentre Lily fingeva di dormire quando lei piangeva. Nel cortile giocavano a rincorrersi con la palla, che Lucy considerava buffa. Ricordò l'amore che provava per lei.

Fece un passo indietro, gli occhi umidi. Lei era sua figlia... ma allora perché pensava che non lo fosse? Si portò una mano sulla fronte mentre Lucy gli dava le spalle e tornava dai fratelli, James gli consigliò di andare di sopra da Lily, magari di riposarsi, e Piton obbedì. Aveva bisogno di trovarsi tra le sue braccia, baciarla.

Salì le scale barcollando, e dal piano di sopra udì le voci allegre di Sirius e Harry che ripresero a giocare con Lucy, per distrarla dallo strano comportamento del padre. Si aggrappò al corrimano e si fermò a guardare le foto. Ne toccò una, e i ricordi della giornata lo assalirono: erano usciti presto quel mattino, per fare un giro a Diagon Alley e comprare un regalo a Horace per il compleanno. Avevano mangiato il gelato prima di decidere di fare la foto sotto proposta di Lily. Amava le fotografie.

Piton riprese a salire le scale e si fermò alla vista di Lily che gli dava le spalle. Stava spiando Alan con la porta socchiusa, forse per assicurarsi che stesse davvero dormendo. Ma nel sentire lo scricchiolio del pavimento, si voltò verso di lui, e sorrise.

«Stavo per scendere.» disse Lily, piano, chiudendo la porta della stanza e avvicinandosi verso di lui. «Ma mi sono fermata a guardare Alan... Ogni volta che lo guardo, non faccio altro che pensare a quanto sia bello. Lui e Lucy... sono meravigliosi, non trovi?»

Piton annuì lentamente, e Lily gli posò le mani sul petto. La guardò, e ogni dubbio, ogni pensiero che lo aveva attraversato, sparì. Lei era sua moglie, era la madre dei suoi due figli, quasi tre. Aveva i suoi ricordi nella mente, e nel corpo. Aveva vissuto una vita meravigliosa con lei al suo fianco, e perché rimuginare sul passato, sul dolore che aveva provato nella vita in cui aveva finito di esistere?

Non sapeva se quello fosse reale o solamente frutto della sua immaginazione. Ma lo avrebbe vissuto e goduto fino a quando fosse durato.

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Capitolo 6
*** 6. La ricercatrice ***


Quando Severus e Lily tornarono in soggiorno mano nella mano, scoprirono che i ragazzi si erano messi a giocare a scacchi magici. Horace giocava da solo, mentre Lucy e Harry facevano squadra. Ogni volta che un pezzo di Horace veniva mangiato, Lucy gioiva e Harry gongolava. Il Potter più giovane non sembrava molto contento, ma aveva imparato a tenere la bocca chiusa.

«Sirius, che stai facendo?» domandò Lily, lasciando la mano del marito per correre dall'amico e strappargli di mano il ricettario.

«Lo sto migliorando.» disse Sirius, mettendo via la bacchetta in tutta fretta e guardando soddisfatto la donna che sfogliava le pagine alla ricerca di quelle contraffatte.

«Appena lo trovo, giuro che ti affatturo.» disse la donna a denti stretti, e Sirius ridacchiò sotto i baffi.

Severus si appoggiò allo stipite della porta, osservando la moglie per un attimo, poi spostò lo sguardo su James Potter, che osservava la partita di scacchi. Di tanto in tanto il suo sguardo si spostava su Lily, e Severus si riconobbe in quelle occhiate. Erano le stesse che le lanciava da adolescenti, prima che tutto cambiasse.

Severus chiuse gli occhi, ripensando alla sua giovinezza. In quella esistenza, era molto simile alla vecchia. I suoi genitori litigavano spesso, e lui cercava di passare più tempo possibile fuori casa. E lì, lontano dalla sua famiglia, aveva fatto conoscenza con Lily Evans. La sua vita non aveva fatto altro che migliorare, da quel momento in poi. Certo, c'erano alcuni periodi che desiderava dimenticare, come quando l'aveva insultata al quinto anno, ma ce n'erano molti altri positivi. Gli tornò in mente quando, per evitare la punizione, si erano nascosti nel bagno femminile del secondo piano, privo di fantasmi. O quando Hagrid il guardiacaccia li aveva scoperti a gironzolare nel bosco in piena notte, alla ricerca di un unicorno. Lily aveva undici anni e non vedeva l'ora di vederne uno.

«Sì!»

L'esclamazione di Horace riportò Severus alla realtà. Lo guardò mentre agitava il pugno in aria in segno di vittoria e faceva la linguaccia a Harry e Lucy, che sbuffava infastidita.

«Smettila Horace.» borbottò la sorellina, ma Horace continuò.

«È tutto il giorno che me ne sto bravo e zitto.» ribatté Horace, gongolando. «Ora che finalmente mi posso vendicare, ho intenzione di prendervi in giro per aver perso!»

«Horace Peter Potter, hai solo vinta una partita a scacchi.» gli fece notare il padre, divertito. «Mica la coppa del Quidditch.»

«Da piccoli passi, otterrò il successo.» sogghignò Horace, con un'alzata di spalle.

Horace Peter.

Severus ricordò improvvisamente che Peter Minus era morto sedici anni prima, in un incidente babbano. Non ricordava i dettagli, ma ricordava come Lily avesse accolto la notizia. Perdere un amico le aveva quasi fatto perdere il bambino che portava in grembo, bambino a cui aveva poi deciso di dare il nome di Peter. James non aveva avuto nulla da obiettare.

Lily trovò le pagine manomesse da Sirius e si affrettò a modificarle a colpi di bacchetta, inveendo sottovoce contro l'amico. James stava riprendendo il figlio minore, distraendolo mentre Harry, sorridendo a Lucy, gli faceva crescere una ciocca di capelli.

A quella vista, Severus decise di allontanarsi dal soggiorno, prevedendo una lite furibonda tra i tre Potter. Gli dispiacque lasciare la figlia in mezzo al trambusto, ma conoscendola nessuno l'avrebbe condotta fuori dalla stanza.

Girò per il primo piano della casa, soffermandosi a guardare le foto sue e di Lily e dei bambini. Alcune non si muovevano, altre sì, e gli sorridevano come se potessero vederlo. Salì al piano di sopra, e aprì di qualche centimetro la porta della camera di Alan, per controllare che il piccolo stesse ancora dormendo. Lily aveva ragione: era bellissimo.

Severus riprese a girare nel corridoio, fermandosi di fronte alla cameretta di Lucy. Il letto era in ordine, come la scrivania, ma diversi giocattoli erano sparpagliati per la stanza. Non c'era nulla di strano, lì, e fu sul punto di uscire quando vide una bacchetta abbandonata sopra il cesto dei giochi. Le si avvicinò, pensando che Lucy fosse troppo giovane per possedere una sua bacchetta, e la prese, scoprendo che si trattava della propria.

La rigirò nella mano, pensando al da farsi. Da quando si era svegliato, non aveva pensato ad altro che riavere la sua bacchetta, ma ora che l'aveva trovata, non sapeva cosa farci. Non ricordava più cosa l'avesse spinto a volerla. Se non lo ricordava, non era nulla di importante.

Agitò la bacchetta davanti a sé e riordinò i giocattoli della figlia. Ciondolò nella stanza per qualche altro secondo, poi uscì. Continuò a girare come un estraneo nella propria casa, e si ritrovò dentro una camera utilizzata come ufficio. C'era una scrivania ben ordinata con una serie di libri di medicina. Lily doveva studiare lì. Si avvicinò ai libri e li sfiorò, notando alla sua destra una parete ricoperta da una grossa libreria di mogano. Centinaia di libri rilegati lo stavano osservando.

Severus sapeva di amare i libri, e a quanto sembrava, li amava pure sua moglie. Passò le dita sui volumi più bassi, notando che erano per lo più libri contro le arti oscure, sulla storia della magia e l'erbologia. Nascosto sopra un volume di trasfigurazione, trovò il suo vecchio libro di pozioni: lo prese e lo sfogliò, leggendo gli incantesimi da lui inventati e le correzioni alle pozioni. Sorrise, pensando che avrebbe dovuto spostarlo più in alto per evitare che la figlia lo trovasse. Immaginò che Lily non sarebbe stata affatto felice di scoprire che Lucy aveva imparato i suoi incantesimi.

Severus afferrò il libro e lo nascose nel piano più alto della libreria. Stava per decidersi ad uscire dalla stanza quando un romanzo attirò la sua attenzione. Lo prese e studiò la copertina, che recava gli stemmi di Hogwarts: Guida ai fondatori di Hogwarts era proprio il titolo.

Lo aprì, sfogliando e leggendo qualche pezzo qui e lì. Le grandi gesta di Godric Grifondoro, l'intelligenza superiore di Priscilla Corvonero, l'armonia di Tosca Tassorosso e l'ambizioso Salazar Serpeverde. Su di lui non c'erano molte pagine, e Severus sapeva perché: era morto poco dopo la creazione di Hogwarts, a seguito di un litigio con Godric Grifondoro. Si diceva che fosse stato lo stesso Serpeverde a causare la propria morte, sotto gli occhi degli altri tre fondatori. Non aveva avuto eredi dalla moglie, la sua linea di sangue si era interrotta con lui.

Severus chiuse il libro, domandandosi perché si fosse messo a leggerlo. Il romanzo era stato scritto una ventina di anni prima da Mirtilla Elizabeth Warren, una studentessa Corvonero divenuta una nota ricercatrice. Aveva trovato diari e lettere appartenuti ai fondatori, nonché tre dei quattro oggetti magici lasciati in eredità: il medaglione di Salazar Serpeverde, trovato nell'eredità lasciata dalla moglie; la Coppa d'oro di Tosca Tassorosso, passata di mano tra i suoi eredi fino a quando non era stato venduto a Magie Sinister; il Diadema perduto di Priscilla Corvonero, trovato in Albania, rubato secoli prima dalla figlia della fondatrice. Mirtilla aveva donato gli oggetti magici ad Hogwarts, dicendo che quello era il loro posto. Severus li vedeva tutti i giorni, in una teca della Sala Grande. Della Spada di Godric Grifondoro, Mirtilla Warren non aveva trovato tracce, a parte una leggenda: in una lettera, Godric aveva accennato a Tassorosso che solo un vero Grifondoro avrebbe trovato la spada.

Severus continuò a guardare la copertina, poi rimise il libro al suo posto. Era una buona lettura, ma non aveva scoperto niente che non sapesse già.

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Capitolo 7
*** 7. Una sola esistenza ***


 

«Sev?»

La voce di Lily lo fece girare verso la porta. La donna lo guardava preoccupata.

«Stai bene?» aggiunse, osservandolo.

«Sto bene.» annuì Severus, avvicinandosi a lei.

«Oggi ti comporti in modo strano.» notò Lily, lanciando un'occhiata alla libreria.

«Non trovavo più la mia bacchetta.» le confidò Severus. «La stavo cercando.»

«E l'hai trovato nel libro della Warren?»

Severus scosse la testa. «In camera di Lucy.»

Lily aggrottò la fronte. Dalla sua espressione, Severus capì che non ne era affatto sorpresa. Si domandò quante altre volte era successo, che la figlia gli rubasse la bacchetta. Oppure l'aveva lasciata da lei la sera prima?

«Torniamo di sotto.» disse Lily, prendendolo per mano. «Horace ha tirato un pugno a Harry.»

Severus si ritrovò a sogghignare. «Ben gli sta.» mormorò sottovoce.

Lily lo sentì e gli scoccò un'occhiataccia, ma Severus poté giurare di aver visto un sorrisetto sulle sue labbra rosse.

Quando scesero al piano di sotto, Severus vide subito Harry seduto sul divano con una busta del ghiaccio sulla faccia e gli occhiali sul tavolo, appena riparati dal padre. Horace e Sirius erano in piedi vicino all'albero di Natale, gli occhi verdi di Horace puntati sul volto del fratello. Lucy sedeva vicino Harry, mettendo via gli scacchi magici con un'espressione divertita.

«Ti ha fatto tanto male?» domandò Severus a Harry, che annuì.

«Le risse babbane non sono poi così male.» disse Sirius, sogghignando in direzione del figlioccio. Harry e Lily gli scoccarono un'occhiataccia, e Horace e Severus si trattennero dal ridere.

«Dovevi finire in Serpeverde.» disse Severus a Horace.

«Lo credo anch'io.» annuì Horace, mite. «Ma la mia immensa pazienza mi ha fatto andare in Tassorosso.»

«Se finiva in Serpeverde, non lo avrei fatto entrare in casa.» borbottò Harry, spostando per un attimo il ghiaccio dall'occhio.

«Perché, c'è qualcosa di male nell'essere Serpeverde?» domandò Severus, sedendosi al fianco della figlia.

«No, nulla.» disse in fretta James, prima che Harry o, peggio, Sirius, potessero dire qualcosa.

Severus aggrottò la fronte, ma decise di non aggiungere altro. Aiutò la figlia a mettere via i pezzi degli scacchi magici e guardò Lily rientrare in soggiorno portando davanti a sé una torta alle fragole e panna.

«Ho portato il dolce.» disse, posando il piatto sul tavolo.

«E io il vino.» disse Sirius, agitando la bacchetta e facendo comparire bicchieri e bottiglie sul tavolo. «E della burrobirra per i ragazzi.» aggiunse in fretta, all'occhiataccia di Lily.

«Sarà meglio.» brontolò lei, guardando il vino con desiderio. Severus si ritrovò a tossicchiare, e la donna si affrettò a servire la torta. Quando fu il turno di servire i figli maggiori, Lily fu tentata di non dargli nemmeno una fragolina, ma rinunciò. Non voleva altre liti e, dopotutto, li amava entrambi alla follia.

Mangiarono in silenzio, rotto solo da qualche domanda di Lucy a James e Sirius. Sembrava curiosa del loro lavoro babbano, e Sirius provò a rispondere a tutte le sue numerose domande.

«Tra poco dovrò andare.» disse Harry, togliendosi il ghiaccio dal viso e rimettendo gli occhiali. Notò che tutti lo stavano fissando. «Mh, devo vedermi con Hermione, ho dei compiti in sospeso.»

James fissò il figlio. «In vacanza?»

«Si fanno i compiti, in vacanza.» gli fece notare Severus.

«Ma non Harry.» ribatté Lily, divertita. «Dove devi andare, in realtà?»

Harry arrossì e finì di mangiare la torta. «Devo vedermi con Ginny.»

«Ohh, Ginny!» esclamò Lucy.

Harry si alzò in piedi. «È meglio che me ne vada.» borbottò.

«Credo sia il momento che andiamo anche noi.» disse Sirius, guardando James. «Così possiamo fare un salto a Hogsmeade da Remus, e salutare Silente.»

«D'accordo.» annuì James. «Lily, Severus, grazie per l'ospitalità.»

«Figurati.» Lily si avvicinò all'ex marito e lo abbracciò velocemente. «Grazie per il regalo.»

«Grazie a te.»

Si allontanarono subito, e Severus notò di non essersi nemmeno allarmato. Lily aveva lasciato James per un motivo, dopotutto, non doveva aver paura che tornassero insieme. Soprattutto ora che...

«Lily.» disse Severus. «Non dovremmo dir loro quella cosa..?»

La moglie lo guardò, per un attimo perplessa, chiedendosi a cosa si stesse riferendo. Poi capì.

«Oh giusto! Quella cosa, sì!»

Harry prese la sciarpa Grifondoro e se la mise al collo, guardando la madre con curiosità. Anche Horace e Lucy rivolsero lo stesso sguardo alla donna, ma Severus notò uno strano scintillio negli occhi del ragazzo, come se lui già sapesse. Forse l'aveva intuito, era piuttosto intelligente per essere figlio di James Potter.

«Quale cosa?» domanda Sirius, finendo il suo bicchiere di vino. «Avete intenzione di trasferirvi?»

«Hai ottenuto una promozione?» aggiunse James, guardando Lily. «Da Guaritrice a, mh... altro? O vuoi lavorare per i babbani?»

«Nessuna di queste.» disse Lily, e guardò la figlia, che si stava già preoccupando alle parole dello zio. «E non abbiamo nessuna intenzione di trasferirci.»

«Oh, meno male.» sospirò Lucy, tranquillizzata. «Mi piace troppo la mia stanza.»

«Allora cosa dovete dirci?» chiese Horace, trattenendo un sorriso.

Lily si avvicinò al marito e lo prese a braccetto, guardando prima James e Sirius, poi i suoi figli. Prima che potesse aprire bocca, però, Harry la interruppe, capendo. Aveva già visto quello sguardo negli occhi di sua madre.

«Oh, mamma.» gemette. «Di nuovo?!»

Horace soffocò una risatina mentre Lily decideva di ignorare i figli maggiori.

«Aspettiamo un bambino.» confermò, e Severus riuscì a captare la gioia che quelle poche parole provocarono nella donna della sua vita. Dirlo ad alta voce, alle persone che amava, la rese più raggiante e più meravigliosa del solito. Severus la baciò sulla tempia.

«Oh!» esclamò James, meravigliato, non sapendo cos'altro aggiungere.

Sirius si affrettò a posare il bicchiere sul tavolo e si avvicinò all'amica. «Congratulazioni!» esclamò, abbracciandola. «Sono così felice per voi!»

«Grazie, Sirius.» Lily aveva le lacrime agli occhi.

«Ora capisco perché, alla tua età, hai bevuto la burrobirra.»

«Non c'è nulla di male nel bere la burrobirra alla mia età.»

Sirius annuì. «Ma certo.» le disse, dandole un buffetto sulla guancia, con un tono che faceva capire tutt'altro.

Prima che Lily potesse ribattere, Horace le si avvicinò, abbracciandola e congratulandosi con lei. Anche Harry si avvicinò alla madre e al fratello, entrambi molto più alti di lei.

«Papà, ma la mamma aspetta una femmina?» domandò Lucy, rivolgendosi a Severus, che abbassò lo sguardo alle sue parole.

«È presto per dirlo.» le disse il padre, ma quando notò il suo sguardo, i suoi occhi pieni di lacrime lo convinsero ad aggiungere: «Ma lo è sicuramente.»

La bambina sembrò rallegrarsi a quelle parole e lo abbracciò per un secondo, prima di raggiungere la madre. Severus rimase in disparte a guardare Lily, circondata dai suoi figli che le manifestavano il proprio amore per la nuova gravidanza. Lucy cercò di farsi spiegare come fosse possibile, e Horace la distrasse con il pensiero che potesse essere una femmina, e a quanto si sarebbero divertite insieme.

James, notò Severus, aveva urgenza di uscire dalla casa, ma non lo fece, forse per evitare di litigare con l'ex moglie e i figli. Sirius gli passò una mano sul braccio, forse per fargli capire che gli era vicino. Severus incrociò gli occhi scuri dell'uomo, un tempo suo avversario... e si accorse di non provare più rabbia nei suoi confronti.

Quando i giovani Potter decisero che fosse il momento di andare, salutarono Severus e uscirono fuori di casa, discutendo nella neve su quale nome la madre avrebbe scelto per il nuovo bebè. Severus decise di non ascoltarli, e fu sul punto di chiudere la porta, ma si trovò davanti James. Il suo corpo reagì di istinto.

«Buona Natale, James.» disse Severus, allungando la mano verso l'uomo.

James sussultò per un secondo, osservando la mano, poi si decise a stringerla. «Buon Natale anche a te, Severus.» disse, e aggiunse: «E congratulazioni.»

Severus lo ringraziò e guardò i vecchi compagni di scuola che raggiungevano i due ragazzi, ancora animati da una forte discussione sul nome. Di tanto in tanto Harry lanciava occhiate all'orologio che portava al polso, forse per evitare di fare tardi al suo appuntamento con Ginny Weasley. Quando furono tutti e quattro vicini, li vide discutere per un attimo prima che James afferrasse il figlio minore per il braccio e si smaterializzasse, subito seguito dagli altri due.

«Horace sarà davvero arrabbiato.» disse Lucy, prima che potesse farlo Lily.

«Non lo sarà solo Horace.» la avvisò Lily, con gli occhi fiammeggianti.

Severus chiuse la porta, osservando per un attimo la moglie e la figlia.

«Perché non vai di sopra a riposarti?» disse Severus, guardando Lily. «Sistemo io, qui sotto.»

Lily annuì, prendendo la figlia per mano e dirigendosi verso le scale. Avevano appena salito un gradino, quando Severus udì la moglie domandare alla figlia come mai la sua bacchetta fosse nella sua stanza. L'uomo non udì la risposta borbottata di Lucy ed entrò in soggiorno, un po' sorpreso di sorridere.

Con un colpo di bacchetta, sparecchiò il tavolo, rispendendo le bottiglie di vino da dove era venute, ovvero la dispensa dei Black. Puntò la bacchetta in cucina, lavando i piatti e facendo sparire ogni traccia di sporco in meno di cinque minuti. Quando ebbe finito, salì al piano di sopra.

Sentiva Lucy canticchiare dalla sua camera, e la trovò intenta a pettinare le bambole ricevute poche ore prima. Alan dormiva ancora, lo intravide dalla porta socchiusa. E Lily era nella loro camera da letto. Si era cambiata, indossava il vestito che Sirius e James le avevano regalato. Le metteva molto in risalto il colore degli occhi, oltre che le curve.

«Ti piace?» domandò Lily, guardando il marito.

«Molto.» annuì Severus, che sperava se lo togliesse.

«Be', credo che fino al prossimo mese continuerò ad indossarlo, visto che poi non potrò più farlo.» sospirò Lily, toccandosi la pancia.

«Potrai indossarlo di nuovo tra otto, nove mesi.» la confortò Severus, posandole le mani sui fianchi e guardandola negli occhi. La moglie lo baciò sul mento.

«Non sono proprio le parole che voglio sentire in questo momento.» ammise lei.

«Vuoi allargare il vestito?»

«E nemmeno questo!»

Severus le prese il volto tra le mani e la baciò dolcemente. Lily ricambiò il bacio, passandogli le braccia dietro al collo. Voleva continuare a baciarla in eterno, e una parte di lui gli fece notare che lo avrebbe fatto.

«Questo va un po' meglio.» mormorò Lily contro le sue labbra, sorridendo.

Tenendosi per mano, andarono sul letto, guardandosi negli occhi. Severus ricordava ogni secondo passato con lei durante il loro matrimonio, e anche il periodo in cui non stavano insieme, a scuola, mentre lei era sposata con James. L'infanzia passata a guardarla da lontano, e poi a parlare con lei per ore e ore, senza preoccuparsi di mancare da casa. Ricordava ogni cosa.

E una parte di lui si domandò come avesse fatto a dimenticarsi di tutto.

C'era qualcosa quel mattino che l'aveva preoccupato, ma non ricordava cosa fosse. Aveva forse qualcosa a che fare con un serpente? Guardando la stanza vide lo stendardo Serpeverde: forse era dovuto a quello, il serpente.

Passò le dita sulle lenzuola, cercando di tornare ai pensieri di quel mattino. Qualcosa lo aveva spinto a scendere giù dal letto, ma cosa?

«Mamma? Papà?»

Lily e Severus si voltarono verso la porta, notando Lucy che li guardava titubante.

«Sì, piccola?» domandò Lily.

«Alan si è svegliato.»

«Vado io.» disse Severus, prima che Lily riuscisse a rispondere. «Tu riposati.»

La baciò sulla fronte prima di alzarsi e seguire la figlio fino alla camera di Alan. Trovò il bambino seduto e assonnato, intento a giocare con un peluche. Severus lo prese in braccio e lo cambiò, sotto lo sguardo attento di Lucy, che cominciò a chiedergli se potessero andare al parco giochi non appena avesse smesso di nevicare. Severus annuì, pensando che poteva sempre lanciare qualche incantesimo per proteggere i bambini dalla neve e dal freddo.

Lucy sembrava felice che il padre avesse accettato la sua proposta, e saltellò nel corridoio, fino ad arrivare dalla madre. Severus, ripreso il bambino in braccio, la seguì.

Meno di un minuto dopo, erano tutti sdraiati sul letto matrimoniale, i bambini in mezzo intenti a tirarsi il peluche. Severus rimase a guardarli per un po', poi voltò la testa, scoprendo che Lily lo stava osservando.

«Tutto sommato, è stata una bella giornata, non ti pare?» mormorò Lily, accarezzando i capelli di Lucy.

«Sì.» annuì Severus, passando il braccio attorno alle spalle della moglie.

«Ti sei anche comportato bene.» notò Lily, sorridendo. «Non hai litigato con nessuno. E le possibilità di farlo erano alte.»

«Pensando a te, sono riuscito a controllarmi.» le rispose Severus, guardandola.

Lily arrossì. Era rimasta senza parole, il che significava solamente che il marito l'aveva sorpresa. Gli prese la mano e intrecciò le dita alle sue, guardando i bambini, le guance rosse.

Severus rimase a guardarla per qualche altro minuto, sorridendo tra sé, poi spostò lo sguardo su Lucy e Alan. Avevano smesso di litigare per il peluche, e ora ci giocavano a turno, muovendolo fin dove riuscivano ad arrivare.

Osservandoli, Severus tornò con la mente a quel mattino: era stata Lucy a spingerlo ad alzarsi dal letto, e poi la voce di Lily provenire dal piano di sotto. Una parte di lui sapeva dell'arrivo degli ospiti imminenti, ma chissà come mai, quel mattino si era mosso al pari di un manichino. Forse, durante la notte, aveva avuto un incubo, il che avrebbe dato al serpente un significato tutto nuovo.

Un incubo... Severus si sforzò di ripensare a quell'incubo, e alcune immagini comparvero di fronte a lui, alcune senza il minimo senso: una cicatrice a forma di saetta, il marchio di un teschio e di un serpente sull'avambraccio, la rimessa delle barche di Hogwarts. Non andava mai, da quelle parti, perché recuperare gli studenti del primo anno era compito di Hagrid, il guardiacaccia.

E la cicatrice non significava nulla, per lui. Nessuno tra quelli che conosceva aveva una cicatrice del genere. Certo, il volto di Remus Lupin era pieno di cicatrici, ma nessuna poteva considerarsi simile ad una saetta.

Severus si portò una mano sulla tempia, in attesa che gli venisse il mal di testa, ma ciò non successe. Quelle immagini erano così prive di significato che, piano piano, stavano scomparendo dalla sua mente.

«Ti senti bene?» gli domandò Lily, notando il movimento della sua mano.

«Sto bene.» la rassicurò Severus, tornando a guardare la moglie e i figli. «Mai stato meglio, in verità.»

Non gli importava più cosa gli fosse successo quel mattino e perché quelle immagini si erano fatte strada nella sua mente. Era insieme alla donna che aveva amato per tutta la vita, a guardare le creature nate dal loro lungo matrimonio. Nel giro di qualche mese ne sarebbe arrivata un'altra. La sua vita era perfetta così, non aveva bisogno di conoscere qualche alternativa.

 

 

FINE

 

 

Avviso

 

Grazie per aver letto questa mia breve storia, spero vi sia piaciuta quanto è piaciuta a me <3

Debby

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