Frammenti dello Zuairo

di Cladzky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Basso Zagros ***
Capitolo 2: *** Le apparizioni dei profeti ***



Capitolo 1
*** Basso Zagros ***


Dal mai finito canto quarto: Il re dei Circassi, Sacripante, comandante del califfo, insegue Agricane, re dei Tartari e tribuno dell'emiro ribelle, lungo le pendici boscose dei monti Zagros. Finalmente l'avversario si ferma e comincia un violento confronto, destinato a protrarsi per il resto del poema. In seguito, il Circasso, si incontrerà con Ariosparte, ciclope alleato, proveniente dalla Sicilia, che inseguiva un altro nemico, ora svanito.

1
Sacripante audace e Agricane altiero
L’un verso l’altro vanno a cozzarsi
Com’è l’tratto il magnete al fero
E gli occhi lor sfavilla a tracannarsi.
Del Circasso e il Tartaro nemmeno ci spero
Di dir la metà, in tal versi sparsi,
De lor gagliardezza ch’è for de misura
Sol l’un dell’altro essi han paura.
 
2
Sacripante rintana lo core che trema
E crida –Cavaliere! Io non te cognosco,
Eppur già sento che invano è la spema
Di schiantarmi a un vile, truffaldino e losco.
Lo nome tuo proprio suona ad anatema
Tanto lo trovo terribile e fosco.
Mai l’ho udito priori a stamane
Ma l’aura tua prepondera Agricane!-
 
3
-Tu mischi arguto, a sperticate lodi,
Preghier sol, poscia, ti lasci fuire-
Così l’accusa e non v’è chi non odi
Lo riverbero a valli e miglia a non finire
-Se convincermi vuoi che tu non mi odi
E porti rispetto, dimostralo, non dire!
Voglio battere immane lo brando teco
Che per tutto Zagroso s’ispanda l’eco.-
4
D’appria offeso, si f’è poi allegro
Lo Circasso che a battaglia anela
E dando al vento lo pennachio negro
Addosso lo incalza e nella man cela
Feral zagaglia, atto allo sbrego
Del Tartaro imposto verso cui vela.
Quello, fisso, l’offerta si incassa
E nella celata la lanza fracassa.
 
5
La pria delle sei perdé Sacripante
Che lo nimico crede d’aver già stroncato
E si dole assai che in un solo istante
Lo Tartaro, a Caron, sia ormai trabuccato.
Si volta e meraviglia! Lo vede prestante
E vivo e forte, in sella ben saldato.
Lo punteruol monco è ai piedi nell’erba
E Agrican dolore nasconde e riserba.
 
6
-È tutto qui quel ch’hai da offrire?-
Chiede innocente come un apostolo
-Niuna difesa ho alzato al tuo venire
Eppur mira!- Si gongola il mongolo.
Trasso lo ferro e ogni sua ire
Vol dare sfogo di rabbia e indolo
Che un altro minuto non vuol restare
Nel trattenersi sanza colpo pugnare.
 
7
In capo la testa un colpo gli mena
E lo scudo, il Circasso, alza a difesa,
Ma quella spata niun forza frena,
E in due tronconi la schermata è lesa,
Cascando al suolo in doppia pena.
Bianca la faccia a Sacripante è resa
E indietro a risposta lo palo sistema
Che la virtude altrui vuol fare scema.
 
8
La lanza affonda, è deviata e piglia
Dritto alla gola del cavallo la vena.
Una rossa fontana il campo sparpiglia
E muore la bestia di colpo sanza mena.
Precipita l’equino e Agrican si scarpiglia
Li bei capei suoi, al franger nella rena,
Per la perdita grave di un gran palafreno
Dal valore tale a ch’il groppa un po’ meno.
 
9
Ma nulla attende e ratto fe vendetta:
Cadendo il freno altrui afferra
Di quel Circasso e, in una gran fretta,
Al cavallo stringe finché tocca terra.
Dolorante, l’equino, al cielo s’impetta
E prende a scappare, che dolore serra
Nei denti suoi, o povera bestia,
Sacripante, menato, bestemmia sanza resta.
 
10
Via se lo porta quel ronzin meschino,
Per un gran tratto pria che si fermi
E il re Circasso -fra l’abete e il pino
Del basso Zagroso parmi vedermi.
Dove m’hai condotto, o cavallo, fino?
M’operi contro e vuoi forse sperdèrmi?-
E tutto ancora ingiuriava l’animale
Cui sangue in bocca bruciava come sale.
 
11
Tutto si volta a cercar qualcuno
Nel mentre, che offeso, pensa ad Agricane:
Che scorno gli fece, assai inopportuno
È un cavaliere che agisce come un cane.
Infine ravvisa lo scalpo di uno
Degli alleati suoi, in vesti di lane,
Ch’è il re pastore, lo siculo Ariosparte
Alle cui spalle ogni fronda è in disparte.
 
12
Stava Ariosparte, con lo capo deforme
Sbucante tra i rami che a sé lontanava,
E tutto cercava, con lo bulbo suo enorme
L’avverso che da lui all’imboscar si dava.
E coll’occhio anche il braccio, suo forte, non dorme:
La quercia e lo pioppo di radici strappava
Finché tutto intorno un cerchio si è fatto
D’alberi tronchi, quell’insan contraffatto.
 
13
E dove lo braccio a sufficer non puote
L’obelisco adopra e tutto giù tira
Ma non gli riesce a trovar chi f’è vote
Di fargli gran strazio e il cor gli è una pira,
Tutto gli brucia, lo fegato s’arrote
E gli si contorce, picchia in preda all’ira.
Sacripante, alfine, raggiunge quel siculo,
E calmargli vole lo pazzo ventriculo.
 
14
Alle spalle giunge del matto scatenato
Che di colpo lo nota e ci vede un villano,
Addosso gli getta un macigno muschiato
Che in petto lo abbraccia e di sella s’invòlano.
Sacripante col masso al suolo è schiantato
E più sotto che sopra sta nel pantano.
-T’ho colto alfine, Libico bastardo
Spargerò le tue membra lardo per iardo!-
 
15
-Se l’antico compare, ch’è dotto e saggio,
Detto Archimede, della tua Siracusa,
Or ti vedesse, gran testa di faggio,
Sai che direbbe, cervella in disusa?
“Padre d’Asclepio, avvera un miraggio,
Affonda Sicilia, se gente tal fusa
Ci vive, campa e ne fa l’imbarazzo”
Ahi te, Siculo, quintessenza del pazzo!-
 
16
Così si lamenta, viperato e dolorante,
Lo possente Circasso, disteso al suolo,
Respirar gli è un fardello ben pesante,
È cremisi il viso e l’alma già in volo,
Quando, il ciclope, leva a Sacripante
Lo masso dal petto e ringraziar può solo.
Ariosparte si prostra e dimmanda, penitente,
E mille volte ancora una scusa indulgente.
 
17
In piedi lo rimette e l’elmo gli porge,
Il cavallo gli porta e gl’offre da bere.
I due si siedono, col sole che sorge
Arretro a loro e non paiono vere
Quanto diversa altezza li discorge.
Un nano e un gigante son queste fiere
Eppur l’alme loro son tali e quali
Ma più non perdiamoci in dettagli veniali.
 
18
-Inseguivi lo Libico, dunque, Ariosparte?-
Affanna e chiede lo Circasso sudato.
-Io lo cercavo per ogni via e parte
Eppur fra le frasche, quel lercio, s’è imbucato.
Te, piuttosto, non giocavi le tue carte
Col Tartaro in fondo la valle qui a lato?-
-Vero dicesti e piantommi in asso
Storcendo lo freno al ronzin mio lasso.-
 
19
-Checcè cavalieri parvermi talpe-
Commentò Ariosparte con grande indigno.
-Pur non pugnar scapperebbero oltralpe!-
Che gli è impossibile codardia e frigno.
-Io credo invece, che son dotte scalpe.-
Qui Sacripante –Scaltre sviano a svigno.
Divisi siam’ora, con l’inganno, pei colli
Che cognoscono loro e vaghiam sicché polli.

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Capitolo 2
*** Le apparizioni dei profeti ***


Dal mai finito canto sesto. Zuairo, disperato, finito di raccontare ai pastori la sua miseria, giunge sul monte Qasioun, da cui vede tutta la rovina di Damasco, rasa al suolo dagli Abbassidi, che trasferiscono la capitale a Bagdad. Cala la notte e si addormenta piangendo, di fronte alla bocca della caverna sacra. Lo risveglia l’apparizione dello spettro di suo padre, morto combattendo a Damasco, che lo incita a non autocommiserarsi e tenere alta la testa, perché gli predice che un compito, il cielo, sta per assegnargli, a simbolo di tutto il popolo eletto. Come Enea, anche Zuairo prova a riabbracciare lo spirito.
 

1
Per tre e tre volte, quell'ombra istrana
Cercai d'abbracciare e tre volte mi sfuma.
L'adocchio e la vedo definita, soprana
Ma quando la tocco fra le dita ho la spuma.
Una quarta tento e strascico in piana
Che lo sbalzo su alcuno corpo si consuma,
E mi slancio solo, sbucciando insu le pietre,
Ma più mi dole il core, per l'intagibil tetre.
 
2
-Cruccio non porta virtute e canoscenza-
Rimbrottò severa l’ombra mia paterna,
Alzando li bracci di sol dura parvenza.
-Se qui sto io è per gloria ch’etterna
Dio donò in abnegazion d’indolenza
E vol chi miei passi ti sian da lanterna
In tempi sì bui e poscia lo tuo ardire
Esser per tutti un’imago a seguire.-
 
Apparizione del profeta Maometto, che gli illustra i suoi predecessori in una lunga parata, uscente dalla bocca della caverna.
 
6
-In testa alla fila avanza l'Adamo
Che gran cicatrice ei porta al costato,
In una man regge lo disgraziato ramo
E nell'altra Eva, che stuzzicò il palato
Ma se per lor erro, tutti a morte samo
E l'omo conobbe ogni bene e peccato
Non tener cruccio a loro o il serpente,
Ma chi, senziente, erra fra la gente.
 
7
Eccoti poi, un fiero invero onesto
Abel lo pastore, il primo che f’occiso
Per man del fratello, Caino, quel lesto
Che eterno, nel sangue, ha le genti diviso.
Il corpo lo trovi alla moschea del sol mesto
Ma l'alme sua sta con me in paradiso.
Mai più avverrà alcuna dipartita
Nella prima famiglia, di grazia rivestita.
 
8
Ecco vien’ora Set il canoscente,
Che è il terzo seme della prima unione,
Così detto perché è il geloso reggente
D'un libro antico e senza traduzione
I figli di Giuda lo studiano incontinente
Cabala è detta, questa gran tradizione
Novecento e dodici'anni fu la sua vetusta
E fu progenitore di ogni cosa giusta.
 
9
Ecco, t'appare Enoch l'astronòmo
Da cui la civitade ebbe a imparare
Si ebbe da lui il mattone e il primo tomo
E spiegò fenomeni di terra, cielo e mare.
Trecentossessantacinque anni fu un uomo
E sempre accanto Dio ebbe a camminare
Ma poi niun lo vide, perché ei se lo prese
Chi dice ch’è morto, Oppur ch’al cielo ascese.
 
10
Ecco ora quello, il canuto Matusa
Che molti e altr'anni ebbe lui a patire
L'umana gente, che di peccato era infusa
l'anno del diluvio fu pur del suo morire
E mai vide egli la bel fede diffusa
Almeno da vivo e sol ora può gioire,
Lo avo fu egli dell'arca l'architetto
E in cantiere servì finché aria ebbe n’petto
 
11
Ecco, dicevo, quello è l'architetto
Che tu vedi venire con pialla e martello
Lo primo naviglio del popol bendetto
Foggiò le sue mani e di Dio è il cervello
Lamech il padre e Noè lui è detto.
Quaranta notti il legno ebbe a ostello
E da lui discesero i Semiti, gli Europei,
Liberi, schiavi, Africani e Cananei.-
 
Seguono il comandante Giosuè, il forte Sansone e i re Saul, David e Salomone. Si arriva al fine della parata.
 
20
-Ecco qui viene quel  Nazareno
Che per li cristiani è uno e pur trio
A Betlemme ei nacque nel gelido fieno
D'una mangiatoia, l'infante e rio.
Presso gli sta l'alma sanza freno
Giovanni Battista, acefalo e pio,
Quel maldiceva, predicando al Giordano,
Salomè, Erode e l'imperator Romano.-
 
21
Quando la luna soggiunse in cielo
Dipanando le nuvole, il profeta mi disse,
-L’unica dama casta e sanza velo
Che mai vedrai, là fra stelle fisse,
Quel simbolo, lo stesso, che veglia ogni stelo
Di Mesopotamia e segno d'eclisse,
La crescente, ella, è l'Islam del presente
Piena al futuro e vota il precedente.-
 
22
Al ché, a luce nova, la schiera potei mirare
Assai più distinta e sbigottì di sconcerto,
Che quelli null'ombra avean da proiettare,
Su pelle, su vesti o la rena del deserto,
Che quasi parevano impressi su un altare
Di profondità e prospettiva, niuno era certo
E mi voltai al profeta, a dimandar ragione
Che avea lui un'ombra in giusta stazione.
 
23
-O gran profeta, pace e benedetto,
Che mai significa questo loro apparire?
Paiono carte e tu, om perfetto,
Uno fra tutti che un'ombra ha al seguire.-
E quello a me -Da Dio prediletto,
Di lor condizione non averti a stupire,
Ché niuno è invero in codesto loco
Ma sol l'alma nostra è qui e per poco.
 
24
Per quanto concerne lo spirto ai miei piedi
Ombra non è, bensì un maledetto
Che dio ha rinnegato e che è come tu vedi
Tanto corrotto ch'è privo d'intelletto.
Il nome non dico, anche se richiedi
Perché a dio spiacque che di tale reietto
Lo nome si sappia e lo si possa venerare
Com'anche il viso, le gesta e il predicare.
 
25
Questi è colui che con gran menzogna
Messaggero e profeta vol farsi nomato
Quando ancor vivevo, se tu puoi, sogna.
Paragonossi a me, quello sfrontato
Trucchi e magheggi fe alla bisogna
Per apparire come chi è d'eterno stato
Parte e uguale a dio ei si fece
E ora giace innocuo come pece.
 
26
Più non ti dico e or questo ignoto
Dallo spirto fiacco per l’eterno m’insegue
Come in vita uguale i miei passi e annoto
Imitò contraffatto, camaleonte stregue.
Io questo ti ho detto perché ti sia noto
Lo destino di chi i profeti non segue
Ma più non svaghiamo, la favella è lunga
Tutto finiamo pria che il sol ci punga.-

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