Anche il vino mente

di VigilanzaCostante
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nemici ***
Capitolo 2: *** Amici ***
Capitolo 3: *** Amanti ***



Capitolo 1
*** Nemici ***


Questa storia partecipa ai primi tre giorni del #writober


   Anche il vino mente

 

         
        Parte prima: Nemici

 

#vino


«Vino elfico».
«Vino elfico? A fare queste vittime è del banale vino elfico?».
«Potter, so che per una mente come la tua la comprensione non è cosa immediata, ma abbi la decenza di non farmi ripetere dieci volte le stesse due parole».
Draco tamburella con le dita sulla scrivania di Harry Potter. Quell’uomo ha un problema con il disordine, sospetta realmente sia patologico, dato che un Auror in ufficio non ci sta così spesso e la magia dovrebbe risolvere la metà dei problemi quotidiani. Ma con Harry Potter i “dovrebbe” sembrano non valere mai, in lui regna l’anarchia, e il disordine, e l’incoerenza.
«Cristo, Malfoy, anche io odio lavorare con te, ma capita una volta all’anno e ti pregherei di non rendere tutto più complicato».
Harry, sconsolato, alza gli occhi al cielo. È snervante trovarsi in quella situazione, anche se rara. Da quando è diventato Auror ne ha dovute affrontare di circostanze difficili: dire a dei genitori che il loro figlio scomparso è stato ritrovato morto, dover affrontare dei criminali che volevano la sua testa più di qualsiasi altra cosa, stare sveglio fino alle 2 di notte su casi irrisolvibili. Ma la cosa più difficile rimane quella: vedere Draco Malfoy, vestito elegantemente di nero, entrare nel suo ufficio e iniziare a dettare legge. Lo trova presuntuoso, infantile e dannatamente fastidioso. Ma gli serve un pozionista e, per quanto gli costi ammetterlo, lui è uno dei migliori in circolazione.
Negli ultimi dieci mesi si sono ripetuti casi, sporadici ma costanti, di morti improvvise. Tutte donne della stessa età, trovate avvelenate per colpa di non si sa quale combo letale. Alla settima segnalazione gli Auror hanno cambiato strategia e hanno iniziato a pensare a degli omicidi collegati, un unico serial killer.
«Ora, è necessario distillare il miscuglio e valutare la composizione una volta portato a termine il processo.  In questo modo è possibile ricondursi alle varie parti, grazie a un’analisi dei punti di ebollizione e volatilità del composto».
Quando Draco finisce la spiegazione, Harry sembra più inebetito di prima.
«Ti sembro un pozionista, Malfoy?».
«Ma per entrare qua dentro non serviva Eccellente in pozioni?».
Harry fa spallucce: «Lumacorno adorava mia madre e ho salvato il mondo magico».
«Il solito raccomandato» sibila il biondo con evidente disgusto a disegnargli il contorno delle labbra.
«Vuoi spiegarmi o vogliamo rimanere qui per tutta la notte?».
Il sole, infatti, sta calando e la stanchezza appesantisce le spalle di uno come dell’altro.
«Alla prossima vittima, bisogna tentare di separare i resti di vino elfico dal veleno, in modo da capire che veleno è stato usato e che effetti ha sull’organismo. Non è molto per capire chi è il colpevole, ma è un inizio. Il veleno scelto può dire molto del criminale che lo usa».
Un’ombra attraversa il volto minuto di Draco Malfoy, che sembra già aver inteso la battuta che gli potrebbe fare l’altro. E il veleno che in passato hai scelto, cosa dice di te, Malfoy? Che sei un codardo?
Ma non gli dà il tempo di farla, quella battuta che quasi riesce a intravedere sulla punta della lingua.
«Quando avrò aggiornamenti ti manderò un gufo, Potter. Buona serata» e in modo elegante, ma silenzioso, si chiude la porta alle spalle.
 
×××

Prima dell’ottava vittima passa un lungo mese.
L’ottava vittima arriva con l’ovvia conseguenza di doversi di nuovo interfacciare con Draco Malfoy, con il suo solito completo nero, con quell’odore di laboratorio che c’ha sempre addosso. A volte si chiede come faccia a rimanere così tanto tempo solo con la sua mente, tra ampolle e calderoni. Non deve essere facile per un ex Mangiamorte pentito convivere con i propri sensi di colpa.
“Sempre che ne abbia, di sensi di colpa” sibila la voce maligna dentro la sua testa.
L’ottava vittima ha venticinque anni ed è talmente giovane che a Harry fa male il cuore. Osserva le foto nel suo fascicolo che sorridono in movimento, con il figlio in braccio e i ciuffi corti a coprirle la fronte. Non riesce a fare a meno di pensare che sua mamma era ancora più giovane quando era morta, una madre bambina con i capelli rossi e non bruni, ma sempre con la stessa speranza negli occhi.
«Cosa sappiamo di questa ragazza?» chiede a Roger Davies, suo collega e compagno per quel caso. Nell’angolo della stanza c’è Draco, un blocchetto di appunti in mano. Non si sa bene chi l’abbia coinvolto, ma lui non dovrebbe essere lì, e questo è certo. Non serve un pozionista in questo preciso momento.
Roger sembra pensarla allo stesso modo, e lo guarda senza scrupoli dall’alto in basso: «Malfoy, non mi ricordo di averti convocato».
«Davies» inizia con la sua voce strascicante, e facendo leggera pressione con il busto per staccarsi dal muro. «Da quando saresti tu il capo? Tra i due è Potty quello con più libertà decisionale, lo sai anche tu. Ma più di tutti, ce l’ha Shacklebolt, che mi ha invitato a darvi una mano».
«Malfoy, piantala» grugnisce Harry per zittirlo, ma consapevole di non avere alcun tipo di facoltà per cacciarlo da lì.
In compenso tira fuori i dati anagrafici della vittima per cercare di capire di chi si sta parlando.
«Bethany Collins, donna di venticinque anni, strega nata da genitori maghi. Sposata» si ferma un attimo per leggere meglio «anzi, no, divorziata da un uomo babbano. Il figlio ha cinque anni».
Un groppo in gola gli fa quasi pizzicare gli occhi dietro le lenti. Ma Draco Malfoy lo sta osservando con un sopracciglio alzato e non ha intenzione di mostrarsi debole.
«Il bambino dov’è?».
«Dai nonni paterni, a quanto pare».
«Perché non con il padre?» a chiederlo è Malfoy, con un’ovvietà tale da farlo quasi vergognare.
«Magari non sa del bambino? Da quanto sono divorziati?» suggerisce Davies.
«I nonni lo sanno, ma il padre no? Per le mutande di Merlino, ma ogni giorno prendono chiunque in questa dannata topaia? Davies ma non eri Corvonero?».
«Malfoy. Piantala, ho detto» Harry quasi ringhia dalla rabbia, perché non riesce a concentrarsi ed è stanco.
«Davies cerca informazioni su Stan McCoy, l’ex marito di Bethany. Malfoy, noi dobbiamo andare sulla scena del delitto».
E nel farlo, senza pensarci, gli tende il braccio. Ha dato per scontato la smaterializzazione congiunta, ma evidentemente il biondo no, e lo squadra con poca convinzione. Ma prima che Harry possa, imbarazzato, tirare indietro il braccio, lui lo afferra. Le sue mani sono dinoccolate e ossute, ma la presa è ferrea e pare quasi oltrepassare il tessuto.
Una stretta allo stomaco, il solito vorticare e poi l’angoscia lo assale.

 
×××

L’hotel è appena fuori Londra, e tutto sommato non sembra nemmeno così cupo come Draco si sarebbe aspettato. È una struttura babbana, inserita all’interno di altri edifici, di uno smorto grigio. Perché Bethany si trovava lì? Cosa l’aveva spinta?
«Dobbiamo controllare la prenotazione» bisbiglia Harry.
Quando entrano nella hall, piccola e non troppo arredata, la receptionist nemmeno li degna di un’occhiata. Smanetta sul suo cellulare babbano e si arrotola una ciocca rosa tinta sull’indice.
Avanti, indietro, avanti. Harry è quasi ipnotizzato, da quel movimento fluido e inconsapevole. Si guarda gli abiti babbani che ha addosso, la spilla con scritto “Polizia” sulla giacca. Spera che vada bene per passare in sordina, per non sembrare altro che forze dell’ordine comuni.
Quando finalmente si accorge di loro, la ragazza alza lo sguardo macchiato d’ombretto scuro e fa un piccolo scatto in avanti.
«Siete per la ragazza della camera 106?».
«Sì, prima di andare lì però vorremo farti qualche domanda».
Sembra riluttante, quasi timida. È questo che fa la polizia ai babbani? Li fa diventare più timorosi, più rispettosi? La ragazza sfrontata che mastica la chewing gum sembra sparita, e Draco osserva quella mutazione con curiosità.
«La prenotazione è a nome di Bethany Collins, giusto? Per una o due persone?».
Prende in mano la lista di prenotazioni e con il dito smaltato di nero percorre tutto l’elenco fino alla camera 106.
«Ha preso una stanza piccola con letto matrimoniale, l’ha prenotata a suo nome. È venuta da sola e mi ha chiesto se c’è la colazione gratis, credo che avesse intenzione di passare qui tutta la notte. Non è venuto nessuno a chiedere di lei per raggiungerla».
Mostrata la prenotazione, e dove si trovasse la stanza, la ragazza li lascia da soli.
«Sei sicuro di voler entrare? D’altra parte, non è il tuo…».
«Potter» lo interrompe prima ancora di fargli finire la frase «so badare a me stesso. Mica vorrai preoccuparti per me?».
E per dimostrare che no, non ha nessun tipo di remora, o di paura, o di angoscia, stringe il pomello d’ottone e spinge.

Il corpo – grazie a Merlino – è stato già tolto dai medimaghi legali che si occupano del caso. Ma l’aria sa di morto, e Draco si stupisce di quanto questo lo sconvolga. Ha già visto delle persone morire, ha visto la vita abbandonare degli occhi innocenti. Ha pianto per quelle morti, nel segreto del suo bagno, al riparo dagli occhi indiscreti dei genitori. Ma quell’odore che impregna le tende, il tappetto marrone, le lenzuola, di quella camera d’albergo, lo sconvolge. Non c’è sangue, nessun segno che possa far capire loro che qualcuno lì è passato a miglior vita. Ma si sente nell’aria, o almeno loro sanno che è successo, e questo fa la differenza.
«Ci è venuta consapevolmente, da sola. Era sotto la maledizione imperio?».
«O forse non sapeva di non potersi fidare dell’assalitore».
Lasciata intatta da chi li ha preceduti, c’è una bottiglia di vino elfico, la targhetta della migliore marca in circolazione, il colore ambrato non alterato dal veleno all’interno.
Draco la fa lievitare e la inserisce in un sacco sterile per le prove. Potrebbero andarsene, o almeno lui sicuramente, ma qualcosa lo trattiene. Il destino di quella donna lo angoscia più di quanto voglia ammettere. Aveva la loro età.
Mettono da parte tutti gli oggetti che possono essere utili al caso. Trovano il portafoglio di Bethany, appoggiato malamente sul comodino di mogano, con dentro la sua carta d’identità magica. Stato di sangue: purosangue.
«Le altre vittime avevano genitori maghi?» chiede Draco, riflettendo. Ma Harry non lo sta ascoltando.
«Manca la bacchetta».
«Eh?».
«Non c’è da nessuna parte la bacchetta della vittima… a meno che non sia stata portata via dai medimagi con il corpo».
Harry alza finalmente gli occhi su di lui e lo guarda fisso, un po’ inebetito e sconvolto dalle implicazioni che questo fatto potrebbe avere. Draco percepisce la sua agitazione, anche se non è così palese: Potter, per quanto sia difficile ammetterlo, è abbastanza in grado di gestire la situazione. È sicuramente meno avventato ed emotivo rispetto a quando era un’adolescente, e tenta di essere più lucido. Tenta.
«Malfoy, dobbiamo contattare il San Mungo e cercare di capire. Poi, in base a come risponderanno, cerchiamo di trarne delle conclusioni. E con ‘cerchiamo’, intendo io e Davies. Tu dovrai occuparti del vino e…».
«Voglio partecipare alle indagini».
«Non è il tuo lavoro».
«Ma sono sveglio, intuitivo, ti servo Potter».
Harry non crede alle sue orecchie, e si accorge di aver spalancato inconsciamente la bocca, il labbro inferiore tremolante.
«No, che non mi servi, so fare il mio lavoro. Davies sa fare il suo lavoro. E potremmo, per favore, parlarne fuori da qui?».
Escono da quella stanza angusta e scendendo le scale hanno la decenza di non continuare a litigare, per paura che qualcuno possa sentirli. Salutano la ragazza nella hall, ed escono finalmente all’aria aperta.
«Allora tu fai le tue elucubrazioni con quel Davies, e poi fuori dall’orario di lavoro ne discutiamo insieme».
«Credo che potrei essere licenziato per una cosa simile» e si massaggia le tempie con aria sconsolata.
«Però non hai detto di no» gli fa notare il biondo, e Harry si accorge che è vero. È che Draco ha delle buone idee, fa le giuste domande, e forse non è così inutile. Non gli serve, ma potrebbe essere un valore aggiunto.
«Va bene. Domani, alle 19, nel tuo laboratorio».
«Non mi ricordo di averti invitato».
«Malfoy, ragiona. Non possiamo stare nel mio ufficio, è sospetto» dice con un’ovvietà tale da farsi sorridere da solo. «Porto io da mangiare».
E prima di dargli tempo di rispondere, o di cambiare idea, o di indispettirlo, si smaterializza via da lì. A casa. Lontano dalla scena del delitto, dall’odore della morte, dal viso pallido di Malfoy e da quella strana – e pericolosa – collaborazione.

 
×××

Iniziano a vedersi tutte le sere, fino a tarda notte, con una strana routine che grava sul loro sonno.
«Potter rovini il mio riposo di bellezza ogni dannatissima sera» borbotta ciclicamente Draco quando gli apre la porta e lo fa entrare.
D’altro canto, Harry, si diverte a proporgli ogni sera qualche invenzione culinaria babbana.
Quella sera, insieme a ravioli di gamberi e sashimi al salmone, Harry porta con sé i dossier delle sette vittime precedenti.
«C’è un collegamento» esclama Draco, sfogliandoli. «Come avete fatto a non notarlo prima?».
«Certo che l’abbiamo notato» borbotta l’altro di rimando.
«Sì, ma siete stati troppo superficiali, Potter. Non me ne stupisco comunque» e tra un insulto e l’altro continua a sfogliare quelle immagini e quei dati anagrafici.
Harry stringe forte la mascella, e per un attimo teme di star procurando danni irreparabili ai denti che digrignano. Come hanno fatto ancora a non ammazzarsi nell’arco di quelle serate?
Gli strappa i fascicoli di mano e lo trafigge con aria truce.
«Fammi vedere».
«Vedi, hanno tutte un figlio maschio. E chi non ce l’aveva ancora, era incinta quando è successo».
«Ed erano tutte mamme single, con marito deceduto o separato» esclama Harry, con il fervore di chi sta collegando i punti.
«Vedi, Potter? Ecco che, forse, ti meriti il tuo lavoro».
Si scambiano un brevissimo scambio di intesa, prima di tornare al lavoro.
«E il veleno? Novità?».
«Il processo sta prendendo più tempo del previsto» e indica un calderone fumante. «A quanto pare ha unito sostanze diverse per depistare le tracce del veleno».
«Mi sa che a causa di tutta questa storia non berrò più vino elfico» sospira Harry laconico. «Anche tu Malfoy dovrai adattarti al lambrusco babbano».
Continuano a parlare, confrontare e speculare. A volte scappa una risata, a volte qualche insulto masticato. Quando escono finalmente dal laboratorio è mezzanotte e l’aria di Londra fa venire loro la pelle d’oca.
«Comunque, Potter sono convinto che tu mi abbia propinato il chushi per vendicarti di qualche dispetto» Draco accompagna la parola con un gesto vago della mano «di quando eravamo dei ragazzini innocenti».
«Tu? Un ragazzino innocente non lo sei mai stato. Mai» ci manca poco che Harry gli rida in faccia. «E poi il sushi, per i babbani, è chic. Sai, a Teddy fa impazzire».
Un’ombra oscura il viso del moro, che smette di sentire ciò che Draco gli risponde. Tutto diventa ovattato e gli sembra di essere tornato nel corpo del sé quindicenne, che con uno scatto di impulsività era corso all’Ufficio Misteri per salvare Sirius.
Inizia a correre. Inghiotte il vento che gli sferra addosso, sente mancare i suoi polmoni per la foga con cui sta scappando. No, non sta scappando, sta correndo verso casa Tonks.
Si dimentica del fatto che fino a qualche secondo prima stava ridendo insieme alla figura allampata di Draco Malfoy.
«Potter, cosa diavolo stai facendo?». Viene tirato bruscamente per il polso e quell’attimo di follia che l’ha pervaso sembra svanire in un soffio.

 
×××
 
«Ti sei fumato il cervello?».
Harry si guarda intorno e si accorge di aver superato il quartiere magico dove è situato il laboratorio di Draco. Si trovano sul marciapiede di uno stradone vuoto, unicamente illuminato dai lampioni. Ha perso il senso dell’orientamento e dei minuti, e si sta dando mentalmente dello stupido nell’unica lingua che conosce.
«Io… è che ho pensato che sono coinvolti dei bambini… Teddy è ancora piccolo, ed è di sangue misto e…».
«Potter, sei un emerito imbecille» sbotta Draco. «Ma come fai a fare l’Auror? Riesci a scindere la tua fottuta vita privata? Mi hai fatto spaventare! Hai iniziato a correre come un pazzo!».
«E a te cosa diavolo importa Malfoy, eh?».
«M’importa perché la sicurezza pubblica è messa a rischio da un incompetente come te che viene privilegiato solo per i traumi che ha dovuto subire!».
Il primo pugno colpisce lo zigomo di Draco con un rumore netto. Il biondo rimane un attimo basito e intontito prima di reagire di rimando.
Il secondo pugno lo scaglia Draco e colpisce Harry all’altezza occhio, gli occhiali fanno un rumore stridente quando cadono per terra.
Ben presto i pungi smettono di poter essere contati, diventano confusi e necessari. C’è furia in quella voglia di annientarsi, di farsi male, di colpirsi per ristabilire la natura del loro rapporto.
«Sei un viziato figlio di papà che non ha idea di cosa significhi tenere a qualcuno» Harry straccia quel silenzio fatto di ansimi con una frase a forma di sputo.
«Ah no?» e Draco di rimando scaglia un altro pugno. «Tu» e un calcio «non» uno spintone «sai» un momento di respiro «niente di me».
«So quello che tu hai voluto far vedere di te, Malfoy».
Si fermano, guardandosi reciprocamente quei visi tumefatti e quei capelli arruffati. E smettono di lottare.
Riprendono fiato, affaticati, e si rendono conto entrambi di star trattenendo a stento le risate. Che situazione assurda, che situazione paranormale.
«Ti rendi conto che avresti potuto semplicemente smaterializzarti a casa Tonks, vero?» dice Draco ridacchiando in modo ormai palese.
«Uhm, quando sono agitato mi dimentico di essere un mago» sussurra Harry, guardando fisso nei piedi che strascicano per terra.
Malfoy inizia a ridere, quasi a ululare, di gusto «Potter tu hai il cervello fuso». Harry gli tira di rimando un pugno sulla spalla, ma non forte, anzi, quasi amichevole.
«Quindi secondo te Teddy non è in pericolo?».
«No, Potter. Non so quanto c’entri lo status di sangue in questo caso, ma le vittime sono sempre state donne purosangue. I bambini sono sempre stati risparmiati» e accenna una forma di sorriso nei confronti del moro. Capisce, anche se l’altro non lo sa, la paura di perdere la propria famiglia.
Fanno per salutarsi, quando Harry aggrotta le sopracciglia e si gira di nuovo verso Draco.
«Ehi, Malfoy, ti va di venire a bere una tazza di the caldo da me? Si gela, questa notte».
«È troppo presto per fare una battuta sul volermi avvelenare?».
«Io sono un ragazzino innocente che non ti farebbe mai alcun tipo di dispetto» replica occhieggiando al sushi appena mangiato.
Porge, per la seconda volta nel giro di una settimana, il braccio a Draco Malfoy. E lui, stupendolo nuovamente, lo stringe.
Una stretta allo stomaco, il solito vorticare, e poi casa. Il tepore che lo accoglie gli fa dimenticare che ha ospitato nella sua vita il suo più acerrimo nemico. 









 
Nda:
Ciao a tutti! Shippo Drarry da tempi immemori, ma per la prima volta trovo il coraggio di scrivere qualcosa di più lungo di un OS. Questa sarà una minilong di tre capitoli, ognuno ispirato ai prompt del #writober.
Il prompt centrale di questo capitolo è: vino. Ma ho cercato di inserire lateralmente anche altri due prompt di due liste differenti (dispetto e enemies to lovers).
I prossimi due capitoli li pubblicherò domani e domenica! Spero che la storia sia di vostro gradimento, e soprattutto spero di essere riuscita a rendere Draco e Harry IC!
Ringrazio di cuore LadyPalma per avermi dato una mano non solo spronandomi a scrivere, ma anche dandomi ottimi consigli  "true crime"
Un bacio
Mati

 

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Capitolo 2
*** Amici ***


Questa storia partecipa ai primi tre giorni del #writober


   Anche il vino mente

 

         
        Parte seconda: Amici

 

#speranza

Il tempo sembra scorrere inesorabile e i giorni si susseguono portandosi dietro qualche novità. La bacchetta di Bethany è stata portata via insieme al corpo dai medimaghi, e con l’autopsia si è fatto anche un controllo degli ultimi incantesimi fatti. La vittima non sembra aver avuto un rapporto sessuale con l’assalitore, prima della morte, ma il prior incantatio ha rilevato che è stato utilizzato un incantesimo contraccettivo. Quindi, presumibilmente, il carnefice è un uomo, in grado di smaterializzarsi nella stanza d’albergo senza passare per la receptionist, e che prima dell’atto sessuale ha fatto sì che la vittima bevesse un bicchiere di vino avvelenato.
Draco e Harry si ripetono le stesse tre cose tutte le sere, nel tentativo spasmodico di capire qualcosa in più. Con il passare dei giorni sembra essere nata tra di loro una strana amicizia, e Harry ha smesso di interrogarsi sulla cosa catalogandola come una questione di lavoro.
«Amico, non potrei sopportare che tu mi sostituisca con Draco Malfoy, voglio che tu lo sappia» borbotta Ron ogni qualvolta che escono per bere una roba. Ma non è come con Ron, con Draco è tutto più semplice e complesso al tempo stesso. Capiscono subito cosa voglia dire l’altro, ma questo non evita i continui battibecchi e rimbrotti.
Il tè di mezzanotte sembra essere diventato una routine e non è del tutto sicuro di volerci rinunciare anche risolto il caso.
«Davies ha parlato con il marito di Bethany, l’ha interrogato, ma si può escludere. Il suo alibi è fortissimo, era con il bambino la sera dell’omicidio». Come ogni sera, c’è il momento del recap della giornata trascorsa.
«Dovremmo controllare che il bambino stia bene? Vedere dove vive, anche per capire il rapporto che Bethany aveva con i suoceri».
Harry sembra rifletterci su. Vuole farlo, questo è certo, perché sente di avere un debito con quel bambino che potrebbe essere lui. Avrebbe voluto che qualcuno lo tutelasse quando viveva dai Dursley. Ma non vuole mettere troppo di sé in quel caso, non più di quello che già ha fatto e sta facendo.
«E tu che c’entri?».
«Ancora? Perfino il capo Auror ha capito che sono coinvolto nel caso e sto dando una mano».
Draco beve l’ultimo sorso di tè e si alza dal divano per riporre la tazza nel lavello. Le gambe magre sono fasciate da pantaloni di tuta, e sembra spaventosamente a suo agio nell’appartamento a Godric’s Hallow. 
«Vuoi fermarti a dormire? È tardi» gli propone un po’ titubante.
«Potter, non mi diventare sentimentale ora. È un altro livello di amicizia quello in cui mi permetti di dormire sul tuo divano» e nel dire questo fa per prendere la sua roba. «Ma toglimi una curiosità, com’è finita con la piattola femmina Weasley?».
Harry sobbalza, come se si fosse dimenticato della sua vita sentimentale passata.
«Dopo due anni di relazione, eravamo quasi diventati amici. Parlavamo sempre di tutto, ma non come due partner, era come con Hermione e con Ron. Quindi è semplicemente finita».
«Tutto qui? Nessuna scenata? Nessuna rottura con i Weasley? Che noia, Potty» e alza gli occhi al cielo fin troppo teatralmente.
«E tu? È vero che avevi una tragica storia d’amore con quel folle di Blaise Zabini?» cerca di essere naturale nel chiederglielo, ma in realtà un po’ gli imbarazza parlare di quelle cose con Malfoy. Non si sopportavano fino alla settimana prima.
«Sì, facevamo tira e molla dai tempi di Hogwarts» Draco mentre parla sta guardando per terra, il chè sembra così strano e poco da lui. «Ma cosa ci si poteva aspettare da uno la cui madre ha avuto sette mariti? Alta infedeltà, Potter, solo quello».
«Oh Malfoy, la tua rottura sembra molto più burrascosa della mia. Sicuro di non volere del tè o del caffè corretto?».
Draco ride ma si avvia verso la porta e Harry non ha più cuore di chiedergli di restare. Non capisce nemmeno, perché vuole che resti. Forse ha ragione lui, sta diventando troppo sentimentale.
«Ci vediamo domani in Surrey Quays Road per incontrare i suoceri e il bambino. Buonanotte!» e con quella frase chiude di scatto la porta e, da dentro, Harry sente il solito pop che gli fa capire che se ne è andato.

×××

«Riesco a respirare la tua agitazione anche con la dovuta distanza di sicurezza».
«Non è vero, non sono agitato».
«Sì che sei agitato» e sospira nel dirlo «smettila di fare il gradasso e vergognartene».
«Se sono agitato io, sei agitato anche tu Malfoy».
«Io non sono un sentimentale come te, io…».
Smettono di punzecchiarsi perché qualcuno viene ad aprire loro la porta. Una signora alta e tarchiata, con un grembiule sporco di farina e una linea al posto del sorriso li accoglie nella sua dimora.
Dietro a quell’armadio di donna, si nasconde un ciuffo di capelli scuri e un viso da bambino.
«Ciao, avete trovato la mia mamma?» chiede con una voce fin troppo squillante e Harry sente sprofondare una voragine dentro di sé.
«Ciao Mark, ti chiami Mark giusto?» gli chiede facendo un sorriso.
Nel mentre, la nonna ammonisce il bambino: «Mark, ti ho spiegato che la tua mamma non può essere trovata. Non tornerà, piccolo».
Gli occhi del bambino si riempiono di lacrime che traboccano come se fosse un vaso riempito fino all’orlo. Ma con un respiro forte le fa tornare indietro e finge di andare a giocare con il gatto.
«Volete accomodarvi? Mio figlio è a lavoro, purtroppo, è molto impegnato. Vive con noi, da dopo la separazione».
Si siedono su un divano in finta pelle, tutto screpolato. Sono a disagio così vicini, striminziti, ma cercano di comporre il loro volti e sembrare professionali. Fanno qualche domanda di circostanza, un po’ per tastare il terreno, un po’ per rompere il ghiaccio. La signora McCoy, per quanto algida e scorbutica, sembra una brava donna, affettuosa con il nipote, un po’ estraniata quando si parla di mondo magico.
«Sapevo della natura di Bethany, ma l’ho saputo solo dopo la separazione tra lei e mio figlio. Non so quanto lui sapesse, ma ne è uscito distrutto».
«Portavate rancore nei suoi confronti?».
La signora sembra pensarci su, e nel farlo inizia a lisciare nervosamente il suo grembiule.
«No, non rancore, direi di no. Ma non volevamo che tornassero insieme. Stan aveva il cuore spezzato, e Mark non ha bisogno di illudersi che i genitori tornino insieme…».
Mark, sentendosi nominare, si avvicina quatto quatto al divano e inizia a volersi inserire nel discorso. Harry, per cercare di farlo rilassare, gli propone di mettersi in mezzo tra lui e Draco.
Gli piacciono i bambini, ci sa fare con Teddy, ma non sa bene come comportarsi nel ruolo che riveste.
Mark infila la manina paffuta in quella di Harry e lo guarda speranzoso con quegli enormi occhi marroni. «Di cosa state parlando con la nonna?».
«Cose da grandi» risponde Draco lapidario. Harry lo guarda truce.
«Ehi! Ma io sono grande!» esclama il bambino, girandosi totalmente verso il biondo. Draco si volta di rimando, e dal suo viso scompare quell’espressione scocciata e compare un ghigno. Si avvicina con la bocca all’orecchio di Mark, e gli sussurra qualcosa a voce talmente bassa che Harry non sente.
Mark cambia completamente espressione, sorride soddisfatto, e si appoggia con la testa sulla spalla di Malfoy come se lo conoscesse da sempre.

«Grazie per averci ospitato, signora McCoy. Mark sembra molto felice con voi» dice Harry stringendo la mano enorme della donna.
«Non c’è di chè, figlioli. Spero che scopriate chi sia il colpevole, è tremendo tutto quello che è successo. Gli esseri umani, che siano con poteri magici o meno, sono davvero spietati a volte».
E una frase del genere, detta da una voce così grezza, senza pregiudizi, lascia un segno indelebile nel cuore di Harry. Abbraccia con lo sguardo quella casa, con la speranza che sia il rifugio giusto per quel bambino.
«Non andatevene» Mark piagnucola aggrappato alle spalle di Draco, neanche lui troppo intenzionato a lasciarlo andare.
«Mark, lascia andare i signori a fare il loro lavoro» gli suggerisce la nonna, prendendolo in braccio e liberando Draco da quella presa.
Se ne vanno promettendogli di tornare a trovarlo, anche se probabilmente sanno che non lo faranno. Sarebbe poco professionale, e li legherebbe ancora di più a quelle persone. In un modo in cui non si dovrebbe.
«Chi era quello sentimentale?» Harry la butta sul ridere spintonando Draco mentre camminano.
«Potter se lo dici a qualcuno io…».
«Sì, sì, bla bla, fai pure finta di non avere un cuore, Draco».
E sorride, sperando che l’altro non si sia accorto che l’ha chiamato per nome. Come se fossero davvero amici, e non solo colleghi. Sente di aver varcato una soglia invarcabile, e l’altro pensa evidentemente lo stesso, mal celando uno sguardo sorpreso.

 
×××

Uscire con Ron ed Hermione, nell’ultimo periodo, è snervante. Sono nel mezzo dei preparativi per il matrimonio, e non fanno altro che bisticciare davanti a lui riguardo a cose assurde.
«Harry, ma ci stai ascoltando? Mi preoccupi ultimamente…».
«Si, ragazzi, scusate, è quel caso che occupa tutto il mio tempo…».
«Ma è domenica… cerca di rilassarti, amico».
Cerca di rilassarti. È facile per lui, che ora lavora insieme a George e si è lasciato alle spalle le responsabilità da Auror. È facile per lui, che non deve vedere bambini senza madre, o cercare di trovare assassini senza volto in un marasma di prove senza senso.
È pronto a rispondere, ma tutti e tre vengono interrotti e spaventati da un pop che pervade l’aria.
«Malfoy?».
«Da quando lui ha il permesso di smaterializzarsi direttamente dentro casa tua?» ¹.
«Da quando lavoriamo insieme, Ron» risponde Harry piccato, guardando male il suo migliore amico. «Però è domenica, che ci fai qua?».
«Ho scoperto qual è il veleno!» Draco sta quasi saltellando dalla frenesia di comunicare quello che ha scoperto a Harry. E Harry scatta in piedi a quella risposta, quasi tentato di abbracciarlo.
«E quindi qual è?».
Ron si gratta imbarazzato la nuca, rosso in volto, ed Hermione osserva Draco in maniera fin troppo penetrante. Lo sta studiando, per capire le sue intenzioni, e Harry vorrebbe prendere entrambi e sbatterli fuori da casa sua. Sembrano di troppo, tra lui e Malfoy.
«Io e Ron dobbiamo andare alla Tana per salutare Molly e Arthur. Passate una buona domenica ragazzi, e non lavorate troppo». Hermione è sbrigativa nell’andarsene, forse ha capito che è il momento di levare le tende, e Harry ne è grato. Ron saluta con un grugnito, ancora rosso in volto, esattamente con la stessa espressione di quando a quattordici anni si sentiva tradito da Harry.
Quando si chiudono la porta alle spalle, Draco sembra ancora più esaltato di prima e inizia a fare avanti indietro nel salotto di Harry. Divano, tavolo – prendendo una coscia di pollo di quelle rimaste nel vassoio – poi divano, lavello della cucina e di nuovo tavolo.
«Malfoy, sputa il rospo!».
«Distillato della morte vivente».
«Ma non è un veleno!» esclama Harry, ripescando le poche reminiscenze degli insegnamenti di Lumacorno.
«No, infatti, per un attimo ho pensato che queste donne non fossero morte, ma lo sembrassero sole» spiega Draco, sedendosi finalmente e smettendo di fare la trottola. «Ma poi ho capito che è impossibile e ho lavorato di più sul composto».
«E?».
«Vino elfico, distillato di morte vivente, e un veleno babbano chiamato cantarella». ²
Rimangono in silenzio per un po’, guardando entrambi il vuoto e persi nelle proprie elucubrazioni.
«Non capisco questo cosa voglia dire» ammette Harry sconsolato. «Speravo che sapere il veleno ci aiutasse in qualche modo».
Ma Draco, come spesso accade quando è concentrato, non lo sta ascoltando.
«Il distillato della morte vivente si ottiene aggiungendo radice di asfodelo in polvere in un infuso di artemisia».
«Uhm, immagino di sì?».
«Potter! Sei andato benissimo in quella lezione al sesto anno! Stupido raccomandato» e gli tira uno schiaffetto sulla nuca. Sono di nuovo vicini, sul divano, a confabulare come al loro solito. Solo che è domenica, e la domenica sa di casa e di amicizia e di vita, non di lavoro.
«L’asfodelo è un tipo di giglio e significa ricordato oltre la tomba o anche il mio dispiacere ti segue fino alla tomba».
Mentre Draco parla (mica lo sapeva, che studiando pozioni bisognasse sapere anche il linguaggio dei fiori), qualcosa dentro di Harry si agita incessantemente. Lily, giglio. Sembra come un puzzle quasi completato, ma manca l’intuizione che gli può far comprendere l’insieme delle cose.
«L’artemisia invece è spesso associato con il rimorso o l’amarezza» continua l’altro.
Harry salta in piedi. Inizia a cercare sul piano della cucina le chiavi dello studio al Ministero, ma l’agitazione lo pervade e gli fa andare in tilt il cervello.
«Malfoy, devo chiederti un favore enorme».
Sento lo sguardo di Draco da dietro le spalle, e vorrebbe veramente non costringerlo a lavorare di domenica. Ma forse ha capito, forse è arrivata quell’intuizione.
«La Parkinson lavora ancora alla Gazzetta del Profeta?».
«Sì, certo. Come può esserti utile?» chiede Draco aggrottando le sopracciglia. Sono ancora amici loro due.
«Un paio di anni fa, nella “posta del cuore”, c’era uno strano tizio che pubblicava con lo pseudonimo del Principe mezzosangue. Dopo un po’ di uscite gli hanno impedito di pubblicare, perché sembrava irrispettoso nei confronti di Piton. Te lo ricordi?».
«Uhm, non proprio…».
«Chiedi a Pansy se si può risalire alle pubblicazioni di quell’anno, il 2003 se non sbaglio. E se si può raggirare l’anonimato, in qualche modo».
Insieme a quelle poche informazioni gli passa una delega, in modo che Draco possa fare quel tipo di indagini in modo pulito, grazie al permesso di un Auror.
«Quando finisci, ci vediamo nel mio studio. Ti spiegherò tutto, te lo prometto» e con la stessa foga con cui sta parlando, si smaterializza via da lì.

 
×××


Draco bussa alla porta dell’ufficio di Harry con un plico di giornali in mano e l’aspettativa nel cuore.
Quando il moro gli apre, vorrebbe quasi prendere di nuovo a pugni quel faccino, perché è stato troppo tempo senza informazioni e vuole dannatamente sapere.
«Non avrai questi giornali fino a quando non mi spiegherai che cosa hai capito, stupido imbecille» gli ringhia contro, dopo aver appoggiato i giornali sulla sedia e il suo sedere sopra di essi. Le immagini ancora in movimento sbuffano offese di quel trattamento.
«Le nostre vittime sono tutte donne, mamme e purosangue. Giusto?» e si ferma come per aspettare una risposta affermativa. Draco lo accontenta e gli fa un cenno con la testa.
«Ma non abbiamo considerato un altro denominatore comune: il padre del bambino è sempre babbano. Come abbiamo fatto a non prestare attenzione? Ho controllato ora tutti i dossier per avere la conferma».
Draco prende in mano i dossier e li sfoglia quasi automaticamente, mentre fa un gesto a Harry per intimargli di continuare.
«Quindi ho iniziato ad abbozzare il profiling. Deve essere un uomo, perché stava frequentando le vittime in senso romantico prima del delitto. Direi sui trentacinque, quarant’anni. Ho pensato: e se il motivo per cui compie questi omicidi, deriva dal suo background famigliare?»
«Per quello mi hai chiesto di cercare il Principe Mezzosangue? Pensi che abbia una storia simile a quella di Severus Piton?».
«Piton aveva madre maga e padre babbano, le cose sono finite male per colpa dei modi violenti di Tobias Piton. Ma Severus ha mitizzato il mondo magico da cui proviene la madre, se invece il nostro assassino fosse finito a condannarlo? A incolpare un’ipotetica madre maga per la separazione con il padre babbano?».
«Ha senso, Potter. Non c’è dubbio. E quindi cerca donne purosangue, separate da uomini babbani e con un figlio maschio. Per Merlino, se è inquietante» Draco rabbrividisce. È per questo motivo che per parecchio tempo si è fatto convincere dagli ideali dei genitori. Diffondere la magia e rischiare che il mondo babbano ne venga sempre più a conoscenza, è rischioso. Mette in pericolo quelli come loro.
«Bingo. Per questo motivo ti ho chiesto di ritrovare quegli articoli. Forse è una pista folle, ma alla luce di ciò che abbiamo scoperto dal veleno, non escluderei che non possa essere un fan di Severus».
«Quindi abbiamo un serial killer fanatico, che odia la razza magica? Fantastico».
«Non chiamarla razza, Malfoy, e concentrati un attimo. Continua a seguire il mio ragionamento. Il modo in cui si crea il Distillato della morte vivente me lo chiese Piton come prima domanda alla prima lezione di Pozioni. Quando l’abbiamo preparato con Lumacorno, ho usufruito degli appunti del Principe mezzosangue. La storia di Severus è diventata famosa dopo la guerra».
«Potter, è tutto molto bello, ma Pansy mi ha detto che non si può risalire oltre all’anonimato. Inviavano i messaggi della “Posta del cuore” già con lo pseudonimo» gli spiega, porgendogli i giornali. «Ho provato a rileggere quegli stralci, ma non mi sembrano granchè utili. Che è uno squilibrato, si capisce già così, ma quanto può essere utile la sua patetica vita amorosa?».
Le spalle di Harry si abbassano, deluso, quando prende tra le mani i giornali. Gli tremano, e Draco in un momento di follia vorrebbe intrecciare le loro dita per smettere di vedere quei sussulti ansiogeni.
Ci deve essere un modo per seguire questa pista, perché la strada sembra essersi illuminata davanti a loro è ignorarlo è da stupidi. Inizia a macchinare dentro di sé per trovare una soluzione. E per un lungo attimo si chiede perché lo sta facendo. Per riabilitare il suo nome? Per sentirsi meglio con sé stesso? Per salvare quelle povere vittime? O per stare vicino a Potter? Sa di aver sempre desiderato un’amicizia con quel Grifondoro impulsivo, dalla prima volta che sul treno gli ha offerto la sua mano. Ma poi c’è stata solo rivalità, odio e angoscia. Angoscia dovuta dal rimorso, dall’amarezza.
Rimorso. Amarezza. Ha capito.
«Harry» nemmeno si accorge di averlo chiamato per nome. «Ricordi quello che ti ho spiegato prima sull’asfodelo e sull’artemisia?». Il moro alza la testa e fa scontrare i suoi occhi verdi in quelli di Draco.
«Rimorso, amarezza, il mio dispiacere ti segue fino alla tomba. Piton forse pensava a tua madre, ma se il nostro assassino pensasse alla sua? Il fattore scatenante potrebbe essere la morte della madre. Ecco perché sta facendo tutte queste vittime, per una sorta di strano senso di colpa».
Il volto di Potter si illumina di una luce nuova. «Allora basta risalire ai necrologi di circa un anno fa, prima dell’inizio delle vittime. Trovare una donna purosangue, separata da un uomo babbano, con un figlio. Magari assomiglia anche a queste vittime!». È una pista, è speranza.
Harry si lancia verso di lui, e per un momento Draco teme stia di nuovo per tirargli un pugno. Chiude gli occhi di riflesso, ma invece delle nocche, a infrangersi sulle sue labbra sono altre labbra. Labbra sottili, labbra da uomo. Harry Potter lo sta baciando.
Si ritrova ad approfondire il bacio, carpendo i fianchi dell’altro e attirandoli verso di sé. Ardore, passione, rabbia, voglia di giustizia, condensati in unico bacio. Insensato, avventato, probabilmente sbagliato.
Ma il tepore di quelle labbra calde che lo accolgono, gli fa dimenticare che ha ospitato nella sua vita il suo più acerrimo nemico.  








 
¹ Mi sono sempre chiesta se per privacy ci si possa smaterializzare direttamente a casa di qualcun altro. E mi piace pensare che certe persone lo possano fare, se hanno un "permesso" dal proprietario di casa. Per quello Ron chiede come mai Draco abbia questo permesso. 
² La cantarella è una variante dell'arsenico. Questo veleno è ottenuto cospargendo d'arsenico le viscere di suini, poi essiccandole ed infine macinandole

Questo è il secondo capitolo di questo folle progetto. Nella mia testa, come si sta risolvendo il caso, ha un suo senso, e spero che per gli amanti dei gialli non stia sembrando troppo macchinoso. 
Ringrazio chi sta seguendo questa piccola cosuccia, spero sia di vostro gradimento. 

Un bacio
Mati
 

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Capitolo 3
*** Amanti ***


Questa storia partecipa ai primi tre giorni del #writober


   Anche il vino mente

 

         
        Parte terza: Amanti

 

#cera

La questione bacio è finita dentro al cassetto dei calzini, per Harry Potter, che continua a ignorare l’accaduto come se non fosse mai successo. Perché no, nel bel mezzo della svolta delle indagini non può pensare alla sensazione delle mani di Malfoy sui suoi fianchi o al calore della sua bocca che si apre per accoglierlo. Quindi “la questione bacio”, come la chiama nella sua mente, deve rimanere stipata dentro al cassetto dei calzini.
Dopo quella cosa, Draco aveva sputato un “Non fai altro che incasinare le cose, Potter” ed era uscito dal suo ufficio sbattendo rumorosamente la porta. Da allora, nulla.
Ed è per questo che non si guardano nemmeno negli occhi, quando devono vedersi per il caso, e non si trattengono mai oltre le 19. Non mangiano più sushi, o cibo cinese, o carbonara, perché quell’era è finita nel giro di una settimana e va bene così. Sta anche cercando di convincersi che tutto quello non gli faccia male, male in un modo che non sa neanche spiegarsi.
Harry Potter e Draco Malfoy non sono fatti per ignorarsi, ecco tutto. Per odiarsi, sì, per stuzzicarsi, picchiarsi, maltrattarsi, quello assolutamente e inderogabilmente, sì. Ma non sono fatti per voltare la testa dall’altra parte quando l’altro passa. Ammazza tutta l’adrenalina che quel rapporto era in grado di dare loro sin dal primo incontro al primo anno.
«Buongiorno», biascica quando Draco entra nel suo studio insieme a Davies.
Si sono resi conto che il lavoro di controllo necrologi non è immediato come pensavano. Troppi nomi, troppe morti, troppe donne. Ma hanno notato che l’etichetta purosangue, non è così facile da trovare. Quindi, mentre spulciano le donne mezzosangue dagli elenchi infiniti che hanno in mano, sperano che l’assassino non trovi altre vittime.
«Ce l’ho!» a esclamarlo è Davies, lo sguardo carico di trionfo. «Abigail Barn. È morta a settant’anni, dopo un lungo coma. Potrebbe essere un’assonanza con il distillato della morte vivente!».
«Cos’altro sappiamo?».
«Purosangue, gestiva una biblioteca magica a Diagon Alley. Non sapevo ci fossero biblioteche a Diagon Alley. Il marito, babbano, si chiama Jonathan Priceton».
«E il figlio?» chiede Harry, impaziente.
«Edward Priceton».
Si dividono i compiti, e decidono di informarsi su quest’uomo che potrebbe essere il loro uomo. È anche giunto il momento di documentare ciò che hanno trovato al Capo Auror, e Harry sa di dover affrontarlo lui di persona.
Ma è stanco, e non riesce a smettere di guardare di sottecchi Malfoy, i suoi lineamenti pronunciati, le sue labbra corrucciate, i suoi occhi cerulei. Non è neanche così bello, Draco, eppure è l’unico uomo che ha sentito l’urgenza di baciare. Perché l’ha fatto? Perché gli è piaciuto così tanto? Lo odia, lo odia da morire per essere entrato nella sua vita e starlo sconvolgendo in quel modo.
Davies è uscito dalla stanza e Draco si sta muovendo a mettere via le sue cose per evitare di stare solo con lui.
«Ti va se ci vediamo stasera?» se ne pente un secondo dopo; non sa nemmeno che gli è preso, è ridicolo.
Draco ride, beffardo: «Un appuntamento galante? No, grazie, sto bene così» fa per uscire ma Harry è più veloce e gli chiude la porta e si antepone a essa.
«Io, io non me ne sono pentito».
La risata graffiata di Malfoy lo sconvolge. «Ora, non te ne penti. Ma che cosa vuoi? Non hai mai avuto un rapporto con un uomo, e non me la sento di essere la persona con cui esperimenti. Non ho tempo, né testa. O vuoi una relazione? Con me, Potter? Fino a un mese fa ci odiavamo a morte. Forse ora pensi anche di volerlo, ma quando dovrai dirlo a Weasley e Granger, non ne sarai così felice. Harry Potter e Draco Malfoy non sono fatti per frequentarsi».
«Harry Potter e Draco Malfoy non sono fatti per ignorarsi, invece» sbotta in risposta. «Perché abbiamo risolto il caso, secondo te? Grazie a Davies? No. Perché funzioniamo insieme, cazzo». E nel dirlo alza la voce, con la sua solita foga, con la sua solita imprudenza. E poi lo bacia di nuovo. E la “questione bacio” smette di rimanere stipata in quel cassetto dei calzini, e viene fuori prepotente a colpirli. Lo bacia di nuovo e non gli lascia via di fuga, perché blocca la porta con il suo corpo e lo risucchia tra le sue braccia.
Draco si stacca – di nuovo – con i capelli scompigliati come quando si erano presi a pugni.
«Come fai ad agire senza mai riflettere?» sbuffa esasperato, ma non arrabbiato.
«Vieni a cena da me, stasera» gli sussurra nell’orecchio, sentendosi sempre più audace. Audace perché, in fin dei conti, Draco non si è allontanato dal suo corpo anche se avrebbe fisicamente potuto.
«Ci penserò. Ora vado, Potter» e si svincola bruscamente, fintamente infastidito.
«Alle 19 da me!».
«Non essere invadente, ho detto che ci penso» ma nel dirlo sorride, ed esce.
Harry non riesce a non considerarla come una piccola e succosa vittoria.

 
×××

Guarda la fiamma consumare la cera della candela. Ha sempre trovato ipnotico il fuoco, e continua a fissarlo per non pensare alla cocente delusione che ha appena subito. Perché ha pensato che Draco si sarebbe presentato? È stato stupido crederlo. Sono due adulti che hanno imparato a tollerarsi, non per questo deve nascere un grande amore. E poi a lui non piacciono gli uomini. O sì?
È ipnotico il tremolare della candela, vedere la cera calda che si scioglie. Allunga il dito per sentire se quel liquido formatosi è bollente. Lo è, brucia leggermente ma sembra non importargli. Perché diavolo non si è presentato? E perché lui ha preparato una cena come se fosse un vero appuntamento galante?
Si sente umiliato. E la rabbia prende il posto della delusione, una rabbia che cova da fin troppo tempo, che lo mangia da anni e non è in grado di abbandonare.
Come si è permesso di farlo sentire in questo modo? In modo automatico mette i piatti nel lavello, butta gli avanzi di quella cena a malapena toccata, si butta sul divano e si lascia andare a un confuso e turbato sonno.

 
×××

La mattina dopo Draco Malfoy aspetta i due Auror appoggiato al muro fuori dalla porta. Gioca con un’ampolla di Veritasserum tra le mani, e sul volto ha quell’espressione di costante noia che Harry vorrebbe tanto cancellargli dalla faccia a suon di pugni (o, ancora meglio, di baci).
«Harry, il Capo Auror ha firmato il mandato per interrogare il sospettato. Sei pronto a farlo stamattina?» Davies lo chiede con rispetto, un po’ titubante. Non è mai facile affrontare dei possibili assassini, fare le domande giuste, rimanendo distaccato senza farsi coinvolgere.
Prima di rispondere, guarda negli occhi Malfoy.
«Sì Roger, facciamolo oggi» e solo dopo aver pronunciato quelle parole, gira la testa e si rivolge al collega. «Prepara tutto, intanto, fammi risolvere una cosa qua».
Quando rimangono soli, Draco non sembra sorpreso. Il suo viso pallido è ancora impassibile, ancora annoiato, sembra non pensare nemmeno che meriti la sua attenzione.  
«Sei arrabbiato perché non mi sono presentato, Potter?» chiede beffardo.
«Penso tu non sia più il benvenuto qui, il tuo lavoro l’hai svolto. Non servono più indagini riguardanti le pozioni, e una scorta di Veritasserum ce l’ha anche il Ministeror» cerca di mantenere un tono calmo, neutrale. È che sa di essere troppo focoso, troppo istintivo, e controllare la voce è l’arma più affilata con cui può difendersi. Draco sembra davvero esserci rimasto male, ma non ha la forza per dispiacersene.
«Harry, non dirai sul serio».
«Non puoi assistere all’interrogatorio, è una cosa che dobbiamo fare io e Davies» e questo, a ragion del vero, non è scorretto.
«L’ho praticamente risolto io questo caso» Draco è scioccato, nella sua rabbia contenuta.
«Fatti l’apprendistato Auror e risolverai anche tu dei casi, Malfoy. Altrimenti, rimani nel tuo laboratorio. Questo non è il tuo posto».
Fa per andarsene, ma Draco lo trattiene per un polso, con una presa troppo forte, gli fa bruciare la pelle quel contatto, vuole svincolarsi.
«Ci ho già provato a entrare nel corpo Auror, non mi hanno fatto nemmeno iniziare l’apprendistato. A quanto pare è il posto perfetto solo per gli eroi» e pronuncia quella parola con disgusto vivo. Ma invece di lasciargli il polso, lo attira a sé e lo bacia. Lo bacia in modo irruento, mordendogli il labbro inferiore, facendosi spazio per entrare nella sua bocca. Ma il Ministero è troppo affollato e sono costretti a staccarsi per non essere beccati in fragrante.
«Funziona così? Mi baci solo quando sei incazzato? Non puoi entrare in quella stanza, Malfoy. E non credo nemmeno di volerti far entrare nella mia vita». Per quanto sia sorpreso dalla dichiarazione, cerca di non darlo a vedere.
Sente il rumore dei suoi passi mentre si allontana, sente lo sguardo di Draco che carico di astio gli perfora la schiena. Sembra un’altra persona a stringere la maniglia al posto suo, ad aprire la porta in modo automatico, a fare un cenno a Davies per assicurargli che va tutto bene.
Ma torna a essere Harry Potter nel momento in cui incatena il suo sguardo in quello di Edward Priceton. Davanti a sé ha un uomo dai capelli ricci, crespi, occhi come spille nere e la pelle ruvida, con ancora i segni di un’acne infantile. Un uomo che a trent’anni sembra aver vissuto dieci vite.
Quando si trova davanti Edward Priceton, lascia il resto fuori da quella stanza.

 
×××

Draco, ogni mattina, fa colazione insieme a sua madre. Il Maniero è troppo grande solo per lei, quindi ha accettato di vivere nella dimora di famiglia fino a che il padre non finisce di scontare la sua pena ad Azkaban. Odia quel posto, odia quello che gli fa ricordare, i fantasmi delle persone che l’hanno popolato. Sul tavolo su cui sta appoggiando i piedi, mentre sfoglia il giornale, non molti anni prima si è accasciata priva di vita Charity Burbage. Quel salotto è stato pervaso dalle urla di Hermione Granger. Quando si sarebbero decisi a vendere? Non poteva lasciarla sola, non voleva farlo, avrebbe solo desiderato ricominciare da capo in un altro luogo. Magari lontano anche dall’Inghilterra o da Harry Potter, e tutto quello che si porta dietro.
Sta giusto leggendo l’articolo scritto da Pansy riguardo a Edward Priceton. Era lui che scriveva alla “Posta del cuore”. Ha sempre vissuto male la separazione dei genitori, ha attribuito tutta la colpa alla madre maga per non aver parlato della sua vera natura al padre. Eppure, non ha rinnegato l’uso della magia e, anzi, se ne aveva ben usufruito per fare tutte quelle morti. Fa scivolare sul tavolo il pezzo di carta con disgusto, passandolo alla madre.
«Caro, c’è un gufo del Ministero fuori dalla finestra. Prova ad aprirgli, magari manda notizie su tuo padre».
Sbuffa leggermente, come fosse ancora adolescente, ma evita di far alzare la madre e va lui. Il gufo gli mordicchia le dita mentre tenta di slegare la lettera, e scocciato gli rifila qualcosa da mangiare.
«No mamma, è indirizzata a me, non credo c’entri papà» la avvisa, sperando di non dover di nuovo aiutare Harry Potter e i suoi colleghi auror. È passato un mese dall’ultima volta che l’ha visto, e se ci pensa ancora gli si stringe il petto in maniera dolorosa. È stato così bravo ad allontanare di nuovo Potter, è riuscito ad auto-sabotarsi come ogni volta che gli interessa qualcosa o qualcuno. Dovrebbe essere contento, invece è solo arrabbiato con se stesso. E con Harry Potter, ovviamente, perché sospetta di dover vivere un’intera esistenza odiandolo.


Egregio signor Malfoy,
siamo lieti di informarLa che, grazie all’aiuto che ha offerto nella risoluzione del caso Priceton, ha la possibilità di iniziare i tre anni di Apprendistato Auror, sotto la gentile raccomandazione del signor. Harry Potter.
Ci mandi una missiva di risposta nel caso fosse interessato, che procederemo all’iscrizione.
Cordiali saluti
Mathilda Orbay, segretaria dell’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia.

 
O forse no. O forse sarebbe stato impossibile odiarlo, perché è così schifosamente corretto, e leale, e vero. Come forse lui non è in grado di essere.
Saluta di corsa la madre, si veste con il suo solito completo nero, ma invece di dirigersi nel suo laboratorio, si prepara a smaterializzarsi a casa di Harry. Guarda l’ora sul suo orologio da polso magico, e incrocia le dita con la speranza di trovarlo ancora intento a fare colazione.
Ma poi indugia, fissandosi la punta delle scarpe nere lucide. Avrà ancora il permesso di smaterializzarsi a casa sua? Sarà ancora in grado di guardarlo negli occhi? Dove troverà il coraggio di ringraziarlo? Lui che non ha nemmeno il coraggio di abbandonare i demoni del suo passato, di eliminare il marchio dal suo braccio, di trasferirsi in un posto meno scuro e più spazioso. Dove troverà il coraggio di abbandonare il suo laboratorio, per buttarsi su un lavoro che ha scoperto solo da poco di essere in grado a fare?
Ci sono certe cose che bisogna farle senza pensare – è questo che cerca di ripetersi. Bisogna solo chiudere forti gli occhi, prendere un respiro profondo e buttarsi. Perché non c’è sempre un morbido cuscino a pararti la caduta, a volte bisogna anche rischiare di rompere qualche osso e di uscirne un po’ malandati. Allora si smaterializza, sentendo il solito vorticare, la solita stretta allo stomaco. Ha paura di andarsi a schiantare contro un muro, invece quando sente di nuovo la terra ferma, è nel salotto di casa Potter. E Harry è davanti a lui, con il cucchiaio a mezz’aria, i capelli scomposti e gli occhi stropicciati dal sonno – ma che strabuzzano e si spalancano quando si accorgono di chi hanno davanti.

 
×××

«Buongiorno, sono qui per ringraziarti» Draco vorrebbe sembrare più affettuoso, ma per quanto ci provi, la sua voce rimane ferma e fredda.
Harry sembra ancora scioccato, forse avrebbe dovuto avvisarlo prima. Per fortuna non l’ha beccato con nessuno, quello avrebbe fatto parecchio male, almeno al suo orgoglio.
«Oh, sei qui per quello» Harry sembra deluso. «Non devi ringraziarmi, hai dimostrato molto talento e penso che sia ingiusto tu non abbia avuto la possibilità di provarci».
«Ho provato a entrare negli Auror per te».
Harry quasi sputa il succo di zucca che sta bevendo. Si alza dal tavolo e si avvicina leggermente al biondo.
«Cosa significa?».
«Per me il rapporto con te è sempre stato su un piano totalmente competitivo. Giocavo molto meglio a Quidditch quando le partite erano contro i Grifondoro. Volevo dimostrare a me stesso che sono più bravo di te, per quello ho provato a entrare».
Harry ride, buttando la testa all’indietro, in modo stranamente sincero.
«Non è così romantica, detta così».
«Se fossi romantico, non ti piacerei per niente Potter» e accenna una forma di sorriso sul suo viso.
«Chi ti ha detto che mi piaci?».
Draco fa finta di rifletterci su, picchiettando l’indice affilato sul mento. «Uhm, forse mi hanno confuso la serie di baci che ci siamo scambiati».
«Ma poi sei scappato» gli ricorda Harry, ma avvicinandosi un po’ di più.
«Quello che fanno i codardi Serpeverde, no?» e accompagna quella frase amara con una risata. «Insomma, Potter, come fai a non aver paura?».
«Di cosa?».
«Del tuo primo rapporto con un uomo, di una relazione con un ex Mangiamorte, di rimanere coinvolto, di rimanere ferito. Come fai a non avere paura?».
«Magari ce l’ho, Draco. Magari per quello ho reagito così l’altra volta, non pensi? Mi sono sentito umiliato, a guardare la cera di una stupida candela che si scioglie» e inizia ad alzare il tono della voce.
«Eppure?».
«Eppure, forse, se tu lo volessi, ci proverei. Ne vale la pena, no?».
«Non posso sapere se ne vale la pena» sospira Draco, frustrato.
Vorrebbe solo che Harry lo baciasse, che svuotasse il suo cervello da quelle domande. Perché preoccuparsi di fare congetture proprio ora? Vorrebbe sentire quelle labbra sottili, quella pressione gentile, quella lingua ruvida. Ma Harry non lo bacia, resta a fissarlo in attesa di una mossa. Non è disposto più a infrangersi contro un muro, e come biasimarlo?
«Okay, proviamoci» sibila, a bassa voce, sperando quasi che l’altro non lo senta.
«Che intendi?».
«Possiamo uscire o mangiare chusci o quello che vuoi, Potter».
«Ci stiamo frequentando, quindi?» e un sorriso da bambino gli illumina la faccia. «Ah! Ho vinto!» e inizia a saltellargli intorno, per stuzzicarlo.
«Sei un bambino!» esclama Draco, scioccato. «Ora puoi fermarti un attimo e baciarmi come Merlino comanda?».
E Harry, nonostante il tono snervante, e saccente, e fastidioso che l’altro sa assumere, lo asseconda. Il calore che sente ad altezza stomaco gli fa dimenticare che ha ospitato nella sua vita il suo più acerrimo nemico.









 
Nda: 
Ciao a tutti! Sono molto contenta di aver portato a termine questo progetto, anche se quest'ultimo capitolo non mi convince in toto. Voglio specificare che in quest'ultima parte ho accantonato un po' il caso - per me sostanzialmente risolto - per potermi dedicare maggiormente al rapporto tra Harry e Draco, e dare una sorta di conclusione al percorso che hanno fatto. Nemici - Amici - Amanti. 
Spero vi sia piaciuto! 
Continuerò il mio #Writober, ma con raccolte diverse. Da domani, mi concentrerò su una raccolta lunga sette giorni sulla Old generation!
Un bacio
Mati

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